Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 741 dell'1/2/2006


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI

La seduta comincia alle 10.

TIZIANA VALPIANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Aprea, Armani, Armosino, Ballaman, Giovanni Bianchi, Boato, Bricolo, Burani Procaccini, Caligiuri, Carrara, Cicu, Colucci, Contento, Deodato, Di Virgilio, Giordano, Lucchese, Martusciello, Moroni, Patria, Pistone, Romani, Romano, Rosso, Santelli, Saponara, Scarpa Bonazza Buora, Trupia, Valentino, Valpiana, Viceconte, Violante, Vitali e Zanella sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono ottantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 6277 (ore 10,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'assegnazione di una proposta di legge a Commissione in sede legislativa.
A norma del comma 1 dell'articolo 92 del regolamento, propongo alla Camera che la seguente proposta di legge sia assegnata, in sede legislativa, alla IV Commissione permanente (Difesa):
S. 2274-2275 - Senatori BONATESTA; NIEDDU ed altri: «Norme per la concessione di contributi statali alle associazioni combattentistiche» (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (6277) - Parere delle Commissioni I e V.

Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

Discussione di un documento in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione (ore 10,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione di un documento in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Ricordo che a ciascun gruppo, per l'esame del documento, è assegnato un tempo di cinque minuti (dieci minuti per il gruppo di appartenenza del deputato interessato). A questo tempo si aggiungono cinque minuti per ciascuno dei relatori, cinque minuti per richiami al regolamento e dieci minuti per interventi a titolo personale.

(Discussione - Doc. IV-ter, n. 20-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla discussione del seguente documento:
Richiesta di deliberazione ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione,


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nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del deputato Menia (Doc. IV-ter, n. 20-A).

ELIO VITO. Presidente, la Giunta per le autorizzazioni è ancora riunita!

PRESIDENTE. Colleghi, un attimo di pazienza...
Poiché i membri della Giunta per le autorizzazioni non sono presenti in aula, sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 10,10, è ripresa alle 10,20.

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione della richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del deputato Menia.
La Giunta propone di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse dal deputato Menia nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Siniscalchi.

VINCENZO SINISCALCHI, Relatore. Signor Presidente, la Giunta riferisce su una richiesta di deliberazione pervenuta in data 5 gennaio 2006 dal GIP del tribunale di Trieste, dottor Truncellito, il quale, con ordinanza in data 20 dicembre 2005, ha sospeso il procedimento penale nei confronti di Roberto Menia e chiesto alla Camera una deliberazione in materia d'insindacabilità.
Infatti, nell'ambito del predetto procedimento, l'onorevole Menia ha eccepito, in data 25 novembre 2005, l'applicabilità della regola dell'insindacabilità parlamentare ex articolo 68, primo comma, della Costituzione, ma il giudice non ha accolto l'eccezione.
La querela che dà origine al procedimento è stata sporta da Alessandro Metz, consigliere regionale del Friuli-Venezia Giulia, che aveva considerato alcune affermazioni rese dal Menia offensive della sua reputazione.
In particolare, in data 30 maggio 2003, era apparso su Il Piccolo di Trieste un articolo relativo ad un incontro pubblico organizzato da Alleanza Nazionale sul tema «Stampa, televisione e libertà», nel corso del quale era intervenuto l'onorevole Menia, il quale, criticando duramente la candidatura di Riccardo Illy a «governatore» della regione Friuli-Venezia Giulia, aveva dichiarato, tra l'altro: «Ha pure per amichetto un tale Alessandro Metz che compare anche sui manifesti elettorali e che è un noto devastatore di beni pubblici».
La Giunta ha esaminato il caso nella seduta del 25 gennaio 2006, ascoltando anche l'onorevole Menia, il quale ha esposto che, nell'occasione in esame, aveva partecipato ad un'iniziativa elettorale contraria alla candidatura di Riccardo Illy, allora deputato, alla presidenza della giunta regionale friulana. In tale circostanza, aveva elencato quelle che, a suo avviso, erano le contraddizioni della storia amministrativa e del progetto politico di Illy: aveva ricordato le supposte incongruenze del piano del traffico, delle scelte urbanistiche e, secondo lui, del non sempre coerente richiamo alla legalità. A tale ultimo proposito, aveva citato l'amicizia tra Illy e Alessandro Metz, a suo avviso noto appartenente all'area della disobbedienza e dei centri sociali. Secondo il Menia, il Metz era ed è noto anche per aver riportato condanne per danneggiamento relative ad episodi di distruzione di attrezzature pubbliche, quali, per esempio, le sbarre del confine orientale dell'Italia e l'assalto ad un centro di permanenza temporanea.
In audizione, inoltre, l'onorevole Menia ha chiarito che la definizione «amichetto», da lui usata, non aveva alcun riguardo alle inclinazioni sessuali del Metz, che, anzi, gli risulta avere due figli. «Amichetto» stava, in realtà, per «amico» nel contesto del linguaggio vezzeggiativo ironico


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che a Trieste talora si usa nei confronti di Riccardo Illy, noto per la sua appartenenza all'élite della città.
A parere dei componenti intervenuti, la vicenda può essere ricondotta nel contesto del dibattito politico-parlamentare. Considerando che l'incontro organizzato da Alleanza nazionale presso la stazione marittima di Trieste aveva avuto luogo in piena campagna elettorale per il rinnovo del consiglio regionale e l'elezione del presidente della giunta, carica a cui, come detto, aspirava un deputato; ritenuto altresì che dalla documentazione depositata dall'onorevole Menia risulta che, nel 1998, in effetti, il Metz era rimasto coinvolto in tafferugli per un assalto al CPT di Gradisca (fatto per cui il tribunale di Trieste, prima, e la corte d'appello, poi, lo hanno condannato, sia pure in epoca successiva alle dichiarazioni qui in contestazione); constatato altresì che il Menia aveva presentato, già nel 1996, nel 1998, nel 2000 e nel 2001, diversi atti di sindacato ispettivo concernenti anche vicende in cui erano coinvolti gli animatori dei centri sociali del Triveneto, è apparso prevalente nella controversia giudiziaria l'aspetto politico-parlamentare rispetto al profilo della contesa personale.
Per questi motivi, la Giunta, all'unanimità, propone all'Assemblea di deliberare nel senso che i fatti oggetto del procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.

PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
Dobbiamo ora passare alla votazione. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,28).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 10,30, è ripresa alle 10,50.

Si riprende la discussione.

(Votazione - Doc. IV-ter, n. 20-A)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento di cui al Doc. IV-ter, n. 20-A, concernono opinioni espresse dal deputato Menia nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 378
Votanti 374
Astenuti 4
Maggioranza 188
Hanno votato
374).

Prendo atto che l'onorevole Petrella non è riuscito a votare.

Seguito della discussione della proposta di legge Pecorella: Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento (Rinviata alle Camere dal Presidente della Repubblica) (A.C. 4604-C) (ore 10,52).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta


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di legge d'iniziativa del deputato Pecorella, rinviata alle Camere dal Presidente della Repubblica: Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per il seguito del dibattito è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori (vedi calendario).
Ricordo che nella seduta di ieri sono iniziati gli interventi sul complesso delle proposte emendative riferite all'articolo 1.
Avverto che la Commissione ha presentato gli ulteriori subemendamenti 0.1.100.2 e 0.11.100.3, che sono in distribuzione.

(Ripresa esame dell'articolo 1 - A.C. 4604-C)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4604-C sezione 1).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Annunziata. Ne ha facoltà.

ANDREA ANNUNZIATA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione del primo presidente della Corte di cassazione svolta in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario rappresenta una pesantissima e legittima censura dell'operato di questo Governo nel campo della giustizia. Dalla riforma dell'ordinamento giudiziario, passando per la ex Cirielli - definita, addirittura, una amnistia mascherata - ed a finire con la inappellabilità delle sentenze, le parole del primo presidente della Corte di cassazione suonano come una indiretta bocciatura totale per il governo della giustizia. Nella sua autorevole relazione, infatti, il presidente Marvulli ha voluto sottolineare come questo Governo e questa maggioranza si siano resi responsabili di scelte legislative le quali - usando le sue stesse parole - si sono rincorse nella ricerca di una esasperata tutela garantistica che, spesse volte, è servita a pregiudicare la sollecita definizione dei processi. Questo è avvenuto in un contesto di grave crisi dell'amministrazione della giustizia e di fronte ad un preoccupante aumento della conflittualità della società italiana. L'esasperata lentezza della giustizia, determinata anche dalla mancata copertura delle piante organiche fortemente evidenziata dall'alto magistrato, si traduce, nel campo civile, in una vera e propria denegata giustizia che danneggia chi ha già subito un torto e, nel campo penale, nella neutralizzazione della sanzione se non, addirittura, in un riconoscimento dell'innocenza così tardivo da vanificarne gli effetti. Ecco perché, in questo avvilente scenario, merita davvero il massimo apprezzamento il ruolo di garanzia svolto dal Capo dello Stato, al quale va tutto il nostro plauso per l'equilibrio e la fermezza usati in questi anni di mandato, a fronte di aggressioni talvolta gravissime.
In materia di giustizia i cittadini vedono da soli lo stato di degrado prodotto dal Presidente del Consiglio e dal suo Governo e sono ben in grado di giudicare da soli le varie leggi di favore che la maggioranza si è approvata. L'elenco è lungo, ma vale sempre la pena ricordarle, per quanti avessero la memoria corta: la legge sulle rogatorie internazionali; la legge sulla depenalizzazione del falso in bilancio; la legge Cirami sul legittimo sospetto; il lodo Schifani; il condono fiscale; la legge sulle successioni e sulle donazioni; la legge Gasparri e il decreto «salva Retequattro». Tra una legge, ad personam, e l'altra, ad personas, si è giunti alla proposta di legge oggi in discussione, l'ultima, in ordine di tempo, delle leggi favorevoli a qualcuno. Caso vuole, infatti, che, grazie a questa legge, il Presidente del Consiglio eviterebbe il processo di appello per il caso SME. Qualcuno - non ricordo chi - per spiegare il contenuto di questa legge ironicamente è ricorso ad un'efficace paragone calcistico: è come se si vietasse il secondo tempo quando sta vincendo il Milan. Intanto, oggi siamo qui per questa proposta di legge. È stata bocciata dal Presidente della Repubblica che, suffragato dal parere delle massime autorità giuridiche del paese, ha inteso accogliere tutti quei rilievi, eccezioni e contraddizioni


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che, nel corso dell'iter parlamentare, noi dell'opposizione abbiamo, invano, sollevato.
Innanzitutto, va osservato che l'articolo 7 della legge modifica l'articolo 606 del codice di rito che disciplina i casi di ricorso per cassazione, stabilendo che tra essi rientrano «la mancata assunzione di una prova decisiva quando la parte ne ha fatto richiesta, sempre che la stessa fosse ammissibile», nonché la mancanza o la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione.
Tali modificazioni sopprimono le condizioni che la precedente formulazione dell'articolo 606 prevedeva per la rilevanza di tali motivi di ricorso, vale a dire: quanto alla prova non assunta, la condizione per cui essa fosse stata addotta come controprova rispetto a fatti posti a carico del pubblico ministero o a discarico dell'imputato; quanto alla motivazione, la condizione che il vizio emergesse dal testo del provvedimento impugnato.
La eliminazione di tali condizioni determina che la formulazione di siffatti motivi di ricorso costringe la Suprema Corte ad una completa lettura e rivisitazione di tutto il materiale processuale raccolto nel corso del giudizio di merito. Tale improvvida e superficiale motivazione comporta le seguenti straordinarie conseguenze negative - che appaiono, inique perché offendono la sostanziale esigenza di giustizia; ingiuste, nel senso proprio di contra ius; disastrose, infine, perché minacciano la tenuta di un processo già sgangherato, così come rilevato dal Capo dello Stato -: stravolgimento del ruolo della Cassazione - come, appunto, osserva il Presidente della Repubblica - da giudice di legittimità a giudice di merito, in palese contrasto con quanto stabilito dall'articolo 111 della Costituzione, che, al penultimo comma, dispone che «Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge»; aumento della durata dei processi: è palese la violazione che il sistema sopra descritto determina, nel suo complesso, del principio della ragionevole durata del processo espressamente consacrato dal secondo comma dell'articolo 111 della Costituzione; ancora, il carattere disorganico e asistematico della riforma approvata è proprio quanto sta alla base delle rilevate «palesi» incostituzionalità: una delle finalità della legge avrebbe dovuto essere quella della deflazione del carico di lavoro della giustizia penale mentre, come si è più sopra posto in luce, la legge approvata provocherà un insostenibile aggravio di lavoro, un allungamento certo dei tempi del processo; ingestibilità, infine, della Cassazione per moltiplicazione dei ricorsi, anche strumentali e dilatori.
Ma il vulnus ancora più stupefacente e decisivo della legge - denominata, da qualche mordace umorista, legge «Vaporella», perché destinata a pulire lo «sporco di casa» - è quello inflitto al principio di eguaglianza; infatti, è stata da tutti sottolineata la clamorosa disparità tra le parti nel processo, così bene riassunta nelle argomentazioni del Presidente Ciampi. Le asimmetrie tra accusa e difesa costituzionalmente compatibili non devono mai travalicare i limiti fissati dal secondo comma dell'articolo 111 della Costituzione, a norma del quale «Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale.(...)».
Infine - non lo si dimentichi -, è parte del processo anche la vittima del reato costituitasi parte civile, che vede compromessa, dalla legge approvata, la possibilità di far valere la sua pretesa risarcitoria all'interno del processo penale.
Inoltre, un'ulteriore incongruenza della nuova legge sta nel fatto che il pubblico ministero totalmente soccombente non possa proporre appello, mentre ciò gli è consentito quando la sua soccombenza sia solo parziale, avendo ottenuto una condanna diversa da quella richiesta.
Se combiniamo tutti questi rilievi con la riduzione dei tempi di prescrizione, giusta la legge ex Cirielli, possiamo tranquillamente


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osservare che gli effetti di questo provvedimento saranno ancora più sconvolgenti.
Onorevoli colleghi, auspicavamo che almeno questi ultimi giorni di legislatura si concludessero con una certa decenza istituzionale, dedicando eventualmente il nostro impegno al varo di qualcuno dei tanti provvedimenti davvero utili a tutti cittadini di questo paese ed elusi, nella presente legislatura, per le tante distrazioni del Governo, e della sua maggioranza impegnata su provvedimenti ad personam.
Invece, come ha argutamente sottolineato qualche illustre collega, sembra di essere agli ultimi giorni di Pompei.
Nonostante gli autorevoli rilievi formulati dal Capo dello Stato, si impone alla maggioranza l'approvazione di una proposta di legge che risulta in evidente contrasto con il disegno costituzionale, e si obbliga anche a vararla al più presto, poiché il capo della coalizione ed i suoi amici ne hanno assolutamente bisogno!
Con la scusa del garantismo, la Casa delle libertà ha gettato la maschera, e nel processo penale ha apprestato difese a favore non delle persone offese dai reati, ma degli imputati, meglio, ovviamente, se «eccellenti». Si tratta di un provvedimento gravemente errato e lesivo del principio di parità tra accusa e difesa, nonché degli interessi di categorie di grande rilievo all'interno del processo penale, in particolare di coloro che sono vittime del reato. Ciò proprio quando a tale categoria di soggetti si è fatto più volte cenno, retoricamente, nel momento in cui si è affrontato il tema della repressione penale.
Si è cercato di fare una «toeletta» alla proposta di legge in esame, nuda nelle sue finalità e nella sua ratio ispiratrice, tentando, in qualche modo, di giustificarla. Qualcuno ha sostenuto che, poiché nel nostro ordinamento vi è la presunzione di innocenza, una volta che il primo giudice ha assolto l'imputato, è normale che non si insista nella pretesa punitiva con il processo di appello.
Tale argomento, signori, è puerile, se non ridicolo. Va in primo luogo rilevato, infatti, che la presunzione di innocenza stabilita dall'articolo 27 della Costituzione non è destinata ad influire sullo svolgimento del processo, ma costituisce solamente una garanzia sostanziale della persona, che deve essere verificata nel suo fondamento e nei suoi esatti limiti.
La presunzione d'innocenza sussiste fino alla condanna definitiva, sicché essa, così come non cade rispetto ad una qualunque condanna non definitiva, non può tuttavia mutilare l'iter del processo che a tale decisione irrevocabile vuole giungere. Tale presunzione, in sostanza, proprio perché assiste l'imputato lungo l'intero arco del processo penale, attende di essere confermata o meno solo da una sentenza definitiva, ma non può esercitare alcuna influenza sui tempi e sui modi con cui essa deve essere verificata.
In secondo luogo, esiste un'intima contraddizione nell'avversa tesi prospettata. Invero, se la presunzione di innocenza si stabilizza al momento della prima pronuncia del giudice al punto da diventare innocenza non più presunta, ma conclamata, allora perché è previsto il ricorso per cassazione, con eccezionali «sforamenti» anche all'esame di merito?
Vorrei rilevare che l'appello si giustifica perché il primo giudice può sbagliare, può essere negligente o può non aver verificato una circostanza degna di essere controllata. Esso risponde ad un'esigenza di cautela, nonché alla necessità di emarginare, il più possibile, il rischio di commettere un errore.
Tale realtà...

PRESIDENTE. Onorevole Annunziata, si avvii a concludere!

ANDREA ANNUNZIATA. ... è fortemente vera in caso sia di condanna, sia di assoluzione, per cui nessuna acrobazia logica, o politica, può giustificare la sostanziale iniquità del provvedimento in esame.
Signor Presidente, ho praticamente concluso il mio intervento. Se si vorrà essere coerenti con le continue proclamazioni di ispirarsi ai paesi occidentali, questo Governo e la sua maggioranza non si


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devono opporre ad ogni prospettiva di unificazione dei sistemi giuridici europei e non devono allontanare sempre più la Corte di cassazione italiana dal modello del giudice di legittimità, proprio dei migliori sistemi giudiziari dei paesi dell'Unione europea.
Vogliamo augurarci che tutto ciò stia a cuore a molti e che, questa volta, gli interessi generali, nonché quelli elementari di un'ordinata convivenza, prevalgano su quelli personali. So bene tuttavia, onorevoli colleghi, che, purtroppo, ciò resterà, ancora una volta, un bel sogno (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Falanga. Ne ha facoltà.
Onorevole Falanga, le ricordo che ha due minuti di tempo a disposizione.

CIRO FALANGA. Signor Presidente, ricordo che all'inizio dell'attuale legislatura, quando condivisi posizioni del centrodestra, avevo a mente il comma 34 della Magna charta libertatum (siamo ai primi secoli del primo millennio dopo Cristo).
Tale norma prevedeva che ogni cittadino non potesse essere giudicato e condannato, se non a seguito di un giusto processo. Si era nei primi secoli del primo millennio. Quindi, ho condiviso l'impostazione che veniva data dal programma del centrodestra. Oggi, mi trovo in quest'aula a discutere di un provvedimento di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, laddove si prevede - ed in particolare, mi riferisco all'articolato che viene sottoposto all'esame dell'Assemblea quest'oggi - la possibilità per il pubblico ministero di proporre appello soltanto quando egli presenti una nuova, e determinante, prova. Si tratta di un giudizio di valutazione che viene affidato al giudice di appello, ma ciò che è più rilevante è il concetto di nuova prova che il pubblico ministero deve eventualmente proporre al giudice del gravame. Cosa significa ciò? Che nei trenta giorni di tempo - quindici nel caso in cui nella sentenza vi sia anche la lettura della motivazione in udienza - il pubblico ministero deve raccogliere una nuova prova e tale nuova prova deve essere eventualmente valutata dal giudice dell'appello, appunto quale prova determinante. Ciò non significa aver risolto il problema, ma avere, ancora una volta, raggirato i principi generali e non aver modificato nulla.
Questo è il punto: l'abilità - e, per la verità, l'astuzia di «bassa lega», oserei definirla così - di raggirare i principi che reggono il sistema giudiziario del nostro paese, per raggiungere sempre il medesimo scopo.
Per tale ragione, l'articolato che viene oggi sottoposto all'esame dell'Assemblea non rappresenta altro che un escamotage e, quindi, a nome dei Repubblicani europei, confermo il nostro «no», determinato, deciso e convinto all'approvazione di questo provvedimento.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione sulle proposte emendative presentate all'articolo 1.

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.100 e del suo subemendamento 0.1.100.2 ed esprime parere contrario su tutte le restanti proposte emendative presentate all'articolo 1.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Il parere del Governo è conforme a quello espresso del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Finocchiaro 1.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, giova ricordare, prima di entrare nel merito di questo emendamento, che peraltro coinvolge, essendo di carattere soppressivo, il giudizio politico e tecnico-


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giuridico sull'intera norma, che l'esame in atto da parte della Camera dei deputati non è di quelli che appartengono al lavoro ordinario della Camera medesima. Non ci stiamo, infatti, confrontando, maggioranza e opposizione, in ordine ad una norma che taluno vuole scritta in un modo e tal altro scritta in un altro modo. Stiamo, viceversa, vivendo un momento istituzionalmente particolare ed importante, giacché stiamo riesaminando un provvedimento che ci è stato rinviato dal Presidente della Repubblica, il quale, nell'esercizio dei suoi poteri costituzionali, ha rilevato una serie di incongruenze, inopportunità e palesi profili di incostituzionalità che ha affidato ad un messaggio indirizzato le Camere. Ciò significa che, se noi crediamo ad una democrazia normale, nel momento in cui siamo chiamati a delibare una messaggio presidenziale, dobbiamo esprimere, al nostro massimo livello, serenità istituzionale e correttezza istituzionale.
Ulteriore conseguenza di questa premessa è che se la Camera intende, come pure è nel suo potere secondo il dettato costituzionale, riproporre il testo restituitoci dal Presidente della Repubblica, lo deve fare all'esito di un approfondito esame e di un dibattito serio dal quale possa emergere con nettezza una motivazione politica forte a sostegno di una ipotesi normativa che il Presidente - lo ha già detto chiaramente - non condivide.
Allora, venendo all'esame dell'emendamento che, come prima anticipavo, è soppressivo dell'articolo 1, che sostanzialmente costituisce il cuore della proposta di legge sulla inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, dobbiamo chiederci con serietà istituzionale se ed in quale misura l'articolo 1, come risulta emendato dalla Commissione all'esito del messaggio presidenziale, rispetti l'osservazione del Presidente della Repubblica. La nostra risposta è che l'emendamento proposto dalla maggioranza in nessun modo corrisponde alle aspettative presidenziali. Anzi, sotto molti profili, attesa la sua pochezza tecnico-giuridica, esso si presenta come un insulto al Presidente della Repubblica. Questo non giova alla nostra democrazia nè al rafforzamento delle nostre istituzioni ed è opportuno sottolineare che disattendere il messaggio presidenziale non costituisce indebolimento del Presidente della Repubblica il quale, come è noto, gode di grande favore e di estrema popolarità nel paese, ma indebolisce l'istituzione parlamentare che rispetto a quell'alto messaggio reputa e ritiene di non adeguarsi. L'unica modifica proposta dalla maggioranza all'articolo 1, che affermava il principio dell'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, riguarda l'ipotesi, francamente minimale, in cui il pubblico ministero, nel tempo necessario per la proposizione del gravame, venga in possesso di prove decisive al fine di arricchire la deliberazione del giudicante. Come si evince chiaramente, trattasi di un intervento assolutamente minimale che, rispetto al chiaro messaggio presidenziale, francamente, nulla dice di sostanzialmente innovativo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 1.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 426
Maggioranza 214
Voti favorevoli
202
Voti contrari
224).

Prendo atto che l'onorevole Bolognesi non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Finocchiaro 1.6.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, anche questo emendamento insiste


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sull'articolo 1, contenente il principio fondamentale di riforma dell'appello. Naturalmente, su questo tema è impossibile sfuggire ad una riflessione un po' più organica e di fondo. Se posso agganciarmi persino agli spunti di cronaca, questa notte ho ascoltato in una nota trasmissione televisiva il Presidente del Consiglio dei ministri ricordare come sia ingiusto che un cittadino che ha affrontato la già oggettiva pena del processo e che sia stato prosciolto in primo grado debba subire un nuovo processo. Mi permetto di citare - solo ai fini di una migliore comprensione - anche l'argomento che egli ha usato, affermando che negli Stati Uniti un fatto del genere non accadrebbe: il cittadino americano non sarebbe sottoposto ad un secondo grado di giudizio dopo essere stato assolto.
Ho anche apprezzato l'onestà del Presidente del Consiglio quando, dinanzi all'obiezione che nel rito anglosassone non esiste il grado di appello (perlomeno, nel modo in cui noi lo concepiamo), ha riconosciuto di non essere un tuttologo.
In buona sostanza, voglio dire che uno degli elementi decisivi della nostra riflessione e del messaggio del Presidente della Repubblica di rinvio alle Camere sta proprio nel richiamo al principio secondo cui abolire l'appello solo per il pubblico ministero nei confronti delle sentenze di proscioglimento, e non anche relativamente all'imputato, crea una disparità, un'asimmetria troppo forte rispetto alle asimmetrie di tipo funzionale che possono esistere legittimamente nel processo, anche sul piano costituzionale, tra pubblico ministero e imputato. In altri termini, il Capo dello Stato afferma che l'eliminazione della possibilità di ricorrere contro la sentenza solo per la parte pubblica crea una disparità troppo forte, anche ai sensi dell'articolo 111 della Costituzione.
Credo che questo argomento, che ispira l'emendamento all'esame dell'Assemblea, nonché gli altri che abbiamo presentato, sia assolutamente degno di riflessione.
Obiettivamente, non ci sfugge l'argomento secondo cui, anche sul piano testuale, la parità tra le parti si realizza soprattutto nel contraddittorio. Tuttavia, non si può dimenticare che, con la riforma del 1988, abbiamo scelto, sia pure in modo non limpidissimo, il rito accusatorio, con cui si tende a ridurre le conseguenze dell'errore umano nel giudicare, non mediante la tecnica dei riti inquisitori - quindi, l'appello - ma attraverso maggiori garanzie nel momento della formazione e dell'assunzione della prova e attraverso i noti principi dell'immediatezza, dell'oralità, del contraddittorio, degli incidenti probatori, e così via.
È impossibile non vedere che la somma di entrambe le garanzie - quelle del rito inquisitorio e del rito accusatorio - determina quelle lungaggini dei processi che, nel 70-80 per cento dei casi, sfociano nelle prescrizioni, che davvero riconducono alla nostra responsabilità una patologia gravissima.
Pertanto, siamo dell'avviso che sia giusto un ripensamento, anche ai fini dell'eliminazione dell'appello nel rito accusatorio (all'inizio della legislatura, io stesso ho presentato una proposta di legge in tal senso), poiché il processo di appello si svolge in modo cartaceo, al di fuori delle garanzie del rito accusatorio di primo grado.
Concludendo, signor Presidente, questa è la linea che ispira l'emendamento in esame e gli altri da noi presentati: realizzare una riforma organica, esattamente quella che ci suggerisce il Capo dello Stato quando afferma che l'eliminazione, solo per la parte pubblica, della possibilità di appellare, nell'ambito di una riforma disorganica, determina una lesione del principio di parità di cui all'articolo 111 della Costituzione.

GAETANO PECORELLA, Presidente della II Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GAETANO PECORELLA, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, vorrei rivolgermi all'onorevole Mantini, il


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quale ha ricordato il riconoscimento da parte del Presidente del Consiglio di non essere un tuttologo: la differenza è che, evidentemente, il Presidente del Consiglio ci ha «azzeccato» comunque, mentre l'onorevole Mantini ha «toppato» clamorosamente.
Infatti, è sufficiente leggere un qualunque manuale sul processo penale statunitense per capire che caratteristica originale del sistema statunitense si dimostra la asimmetria dei ricorsi. Mentre l'imputato già condannato può esperire un numero indeterminato di reclami avverso la pronuncia che ne accerti la responsabilità, lo stesso non può praticarsi per l'organo dell'accusa, il quale addirittura non ha neanche poteri di intervento laddove ci sia l'appello, il double jeopardy, dell'imputato.
Se così stanno le cose, forse prima di dare notizie così poco avvedute sui sistemi paralleli al nostro basati sulla democrazia liberale, bisognerebbe informarsi.
Inoltre, vorrei porre una domanda all'onorevole Mantini: lei sarebbe d'accordo se facessimo una legge che prevede che l'imputato può servirsi della polizia giudiziaria, per il principio di parità, e che può intercettare le telefonate, sempre per il principio di parità?
Credo proprio che, quando si parla di parità, si deve avere ben presente che essa è limitata al momento del contraddittorio e nulla c'entra con la posizione delle parti nel corso del processo, tant'è che la Corte costituzionale lo ha ripetuto più volte. Quindi, restiamo nella realtà dei fatti e non alteriamo né il diritto comparato, né la Costituzione repubblicana (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 1.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 436
Maggioranza 219
Voti favorevoli 198
Voti contrari 238).

Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio palese.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 1.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 429
Maggioranza 215
Hanno votato
193
Hanno votato
no 236).

Prendo atto che gli onorevoli Perrotta e Cima non sono riusciti a votare e che quest'ultima avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Zaccaria 1.8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, trovo abbastanza logico che ci sia un confronto su questo principio, che è quello ispiratore della riforma, anche se, forse, il collega, presidente Pecorella, potrebbe farlo con maggiore garbo e con maggiore attenzione ai temi.
Infatti, se vuole affermare che nel sistema americano e in quello anglosassone di tipo accusatorio vi è lo stesso tipo di appello, con la devoluzione dell'intera materia che c'è nel sistema a rito inquisitorio, allora se ne assume la responsabilità, con conseguente autovalutazione dell'affermazione e del possibile errore che ne deriva. Infatti, il sistema delle impugnazioni nel rito anglosassone, cui spesso si fa riferimento


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in modo inappropriato, è completamente diverso da quello che abbiamo nel nostro sistema e in tutti quelli a rito inquisitorio.
Non cogliere questa anomalia è grave, perché si continua a ragionare sul processo penale solo ed esclusivamente in termini di aggiunta di garanzie, magari superando anche quel break-even fisiologico costituito dal fatto che aggiungere, anche disordinatamente, garanzie porta alla conseguenza che il processo penale non funziona. Così, in effetti, non funziona.
Se questo fatto viene ritenuto positivo, perché in tal modo i cittadini italiani sono più liberi e si è più liberali, devo dire, in senso politico, di non essere affatto d'accordo, poiché nella società esistono diritti e doveri. Tra i primi doveri vi è quello di non delinquere e tra i primi diritti della società, non dell'individuo, vi è quello alla certezza della pena e all'efficienza della giustizia.
Quindi, vorrei che i colleghi assumessero almeno l'idea che c'è un problema di bilanciamento tra questi valori.
Quando mi si oppone l'argomento - che, in questo caso sì, devo definire risibile - secondo cui l'imputato non governa la polizia giudiziaria e, magari, ha più problemi sulle consulenze o sull'uso di altri mezzi istruttori, vorrei ricordare ai colleghi del centrodestra che questo non lo pone assolutamente in credito rispetto all'ordinamento processuale, tanto che debba avere altre chances rispetto a quelle della pubblica accusa.
Ricordo anche che, per quanto si sia tentato, neppure con la riforma dell'ordinamento giudiziario da poco approvata si è eliminato nel nostro ordinamento il principio secondo cui il pubblico ministero è obbligato a ricercare gli elementi di colpevolezza, ma anche gli elementi di non colpevolezza. Dunque, non si è riusciti a trasformare il pubblico ministero in un mero avvocato di accusa, con preoccupanti problemi di equilibrio e di parità nell'uso dei mezzi ai fini della dimostrazione della tesi processuale. Quindi, abbiamo altre garanzie interne al gioco tra le parti; mi meraviglia che non vengano avvertite.
Il Capo dello Stato - la cui tesi può essere, in linea teorica, discussa dal Parlamento, ma immagino che si voglia seriamente prenderla in considerazione e rispettarla - ci dice che una riforma che lascia due chances all'imputato e, invece, nega al pubblico ministero soccombente la possibilità in assoluto di ricorrere è una riforma che crea gravi squilibri ed una troppo forte asimmetria di sistema. Ribadisco che siamo e saremmo stati, come abbiamo dimostrato anche con le proposte di legge presentate, più favorevoli a discutere della revisione tout court, più complessiva ed organica, del grado di appello nel rito accusatorio, ovviamente modificando - in quel caso sì - anche alcune competenze della Corte di cassazione, che non a portare avanti una riforma giudicata disorganica ed incostituzionale dallo stesso Presidente della Repubblica.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 11,30)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, intervengo sull'emendamento in esame anche per esortare i colleghi a rifiutare un confronto che lasci sullo sfondo, mentre viceversa deve essere il cuore della nostra discussione, il messaggio presidenziale. Dunque, dobbiamo chiedere al presidente della Commissione giustizia ed agli egregi colleghi non tanto di evocarci il diritto processuale americano, ma di rispondere ad una domanda che ha un grande contenuto istituzionale ed un grande significato politico.
Il Presidente della Repubblica, nel suo messaggio, ci dice che la modifica dell'articolo 593 del codice di procedura penale, recante la rubrica «Casi di appello», operata dal Parlamento, è una modifica che, a causa della disorganicità della riforma, fa sì che venga prodotta una condizione di


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disparità che supera quella compatibile con la diversità delle funzioni svolte dalle parti stesse del processo. Il Presidente della Repubblica ammonisce, altresì, che a suo avviso - e si tratta di alto opinamento - vi è violazione dell'articolo 111 della Costituzione laddove la nostra suprema Carta stabilisce che ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità.
Ebbene, stiamo discutendo di questo: se le osservazioni del Presidente della Repubblica trovano, poi, rispondenza nelle modifiche che la Commissione ha apportato al testo originariamente approvato e che stiamo sottoponendo adesso alla delibazione della Camera. Di questo dobbiamo occuparci, evidentemente anche esprimendo l'opinione, se qualcuno ce l'ha, che il Presidente della Repubblica ha errato; ma questo va detto chiaramente e va, possibilmente, motivato davanti all'opinione pubblica ed al popolo italiano (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che le prossime votazioni avranno luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zaccaria 1.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 437
Votanti 436
Astenuti 1
Maggioranza 219
Voti favorevoli 198
Voti contrari 238).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 1.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 437
Maggioranza 219
Voti favorevoli 197
Voti contrari 240).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Finocchiaro 1.15.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.

VINCENZO SINISCALCHI. Signor Presidente, con l'emendamento in esame si arriva al cuore del problema posto dal dibattito suscitato dalla proposta di legge dell'onorevole Pecorella.
Come abbiamo ripetuto sia io sia l'onorevole Finocchiaro, stiamo cercando di capire perché (mi rivolgo in particolare all'onorevole Taormina, che ieri mi ha citato), partendo da un principio certamente condivisibile sul piano generale, cioè quello di non incalzare nei confronti di una riconosciuta innocenza, certa, verificata in un primo dibattimento, si debba andare oltre, verso un sostanziale blocco nei casi in cui l'innocenza non è riconosciuta dalla prima parte dell'articolo 530 del codice di procedura penale, come sanno benissimo i colleghi e come più volte abbiamo ripetuto.
Il principio europeo, e non solo, non concerne affatto il complesso sistema che ci riguarda. Penso, ad esempio, all'ipotesi in cui avessimo esaminato la proposta di legge, nella versione iniziale, con la sussistenza ancora nel nostro ordinamento della formula dell'insufficienza di prove. Non è un caso che da parte della maggioranza si sia aggiunto il riferimento alla formula della condanna soltanto oltre ogni ragionevole dubbio; si potrebbe dire che la


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stessa formula può valere nel caso dell'assoluzione.
Infatti, il nostro legislatore, all'articolo 530 del codice di procedura penale, prevede esattamente il dubbio, cioè chiede che, innanzi alla corte d'appello, le parti, nel quadro dell'articolo 111 della Costituzione (ma non occorre nemmeno il riferimento al testo costituzionale, che abbiamo approvato insieme nella scorsa legislatura), possano interloquire in un grado di appello. Altrimenti, si andrebbe lentamente, ma con una chiara determinazione, alla riduzione dell'unico grado di giudizio di merito.
L'emendamento in esame pone un altro problema. Non si è ancora capito per quale motivo il pubblico ministero, anche nell'interesse delle parti offese, che non necessariamente sono quelle che chiamiamo «vittime» in modo purtroppo troppo retorico e qualche volta obsoleto, non debba impugnare una sentenza di riconoscimento della prescrizione con il giudizio di merito sulle attenuanti generiche. Lo potrà fare in Cassazione; però, rimane la domanda se il giudizio sulla concessione delle attenuanti generiche sia o no un giudizio di fatto, sia o no un giudizio ancorato alle prove.
Do atto, anche in relazione al segnale fatto dall'onorevole Pecorella, che nel nuovo testo si è aggiunto il comma 2, ma esso riguarda il trasferimento, nel quadro della rinnovazione del dibattimento, di un problema che viene ulteriormente complicato, mentre potrebbe essere esclusa la prima parte dell'articolo 530, che avremmo tranquillamente accettato mantenendo, però, la possibilità di presentare appello quando vi è il dubbio sull'innocenza dell'imputato, chiunque esso sia, nell'interesse di tutte le parti e, probabilmente, anche nell'interesse dello stesso imputato, che - com'è noto - può proporre appello contro la sentenza che gli concede le attenuanti generiche.
La prescrizione, come l'insufficienza di prove, non significa che il fatto non è stato commesso. Pertanto, in appello si può ottenere una verifica in ordine a tale fatto. Per questo motivo, insisto perché si approvi l'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Passiamo voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 1.15, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 437
Maggioranza 219
Voti favorevoli
201
Voti contrari
236).

Passiamo alla votazione del subemendamento Kessler 0.1.100.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Kessler. Ne ha facoltà.

GIOVANNI KESSLER. Signor Presidente, colleghi, non si può dire che la maggioranza non abbia tenuto in alcun conto il messaggio del Capo dello Stato; messaggio severo, articolato e ben motivato. Infatti, la scorsa settimana, in sede di Commissione, la maggioranza ha approvato un importante emendamento che poneva rimedio ad uno dei difetti più gravi, ad un'ingiustizia stridente del testo di legge originario. Mi riferisco alla previsione secondo la quale, se, dopo la sentenza di primo grado, fossero state scoperte nuove prove di colpevolezza dell'imputato, non se ne poteva più fare niente.
È completamente assurdo! La persona viene assolta per insufficienza di prove o perché queste difettano; successivamente, si scopre l'esistenza delle suddette, ma tali prove di colpevolezza non possono esser acquisite in alcun modo in un giudizio giusto al fine di determinare la colpevolezza o l'innocenza dell'imputato.


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In effetti, la Commissione, la settimana scorsa, ha previsto la possibilità di ricorrere in appello contro la sentenza di proscioglimento nel caso fossero state scoperte nuove prove sulla colpevolezza dell'imputato. In questo caso, l'appello è stato ammesso. Si tratta di una risposta positiva al Capo dello Stato, ma, prima ancora, alle ragioni del buon senso e della giustizia.
Evidentemente, questo atto deve aver colpito qualcuno. Questa prova di coraggio deve avere spaventato la stessa maggioranza (se si ragiona in questo modo, è come se si contraddicesse la stessa). Si prevede, infatti, che, in qualche caso, l'appello ha senso e ragione di esistere, come in effetti è.
Pertanto, con l'emendamento 1.100 della Commissione, al quale ho presentato il subemendamento 0.1.100.1 in esame, la maggioranza si accorge di essersi allargata forse un po' troppo sotto il profilo di un giudizio giusto sulla colpevolezza o innocenza di una persona imputata. Si ammette un nuovo giudizio sulle prove nuove, scoperte dopo la prima sentenza di proscioglimento, solo se le stesse risultano decisive.
Colleghi, è un bel passo indietro, assolutamente contraddittorio, rispetto all'apertura che si è manifestata in precedenza, rispetto al messaggio del Capo dello Stato, ai principi di giustizia. Vuol dire forse che solo per le prove decisive si ammette un processo di appello, una riconsiderazione del proscioglimento dell'imputato?
Se la nuova prova in sé non risulta decisiva, se non è la fotografia dell'imputato mentre commette un reato, ma una prova che il giudice di primo grado non aveva potuto conoscere e che, insieme alle altre, avrebbe fatto decidere per la colpevolezza dell'imputato, perché non possiamo tenerne conto?
Che giustizia è questa se l'importante è che l'imputato venga assolto in primo grado, anche se emergono altre prove che potrebbero valere contro di lui (se lo stesso è tanto bravo da tenerle nascoste è salvo, senza che nessuno potrà più tenerne conto)?
Come facciamo a spiegare tutto questo alla gente, ai nostri elettori, che ci chiedono semplicemente una giustizia che funzioni e che non operi secondo regole assurde, astratte o contro il buonsenso, come la legge oggi in discussione?
Ecco perché, colleghi, insisto per l'approvazione del mio subemendamento, che non fa altro che ripristinare la norma di buonsenso approvata la scorsa settimana dalla maggioranza in Commissione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Kessler 0.1.100.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 443
Maggioranza 222
Voti favorevoli 205
Voti contrari 238).

Passiamo al subemendamento 0.1.100.2 della Commissione.

GIOVANNI KESSLER. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI KESSLER. Signor Presidente, il subemendamento da lei citato non risulta pubblicato nel fascicolo.

PRESIDENTE. È nel fascicolo in distribuzione.
Passiamo ai voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio palese.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento


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0.1.100.2 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 446
Maggioranza 224
Hanno votato
244
Hanno votato
no 202).

Avverto che le prossime votazioni avranno luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.100 della Commissione, nel testo subemendato, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 445
Maggioranza 223
Voti favorevoli 249
Voti contrari 196).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Siniscalchi 1.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 450
Maggioranza 226
Voti favorevoli 203
Voti contrari 247).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Siniscalchi 1.13, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 449
Maggioranza 225
Voti favorevoli 202
Voti contrari 247).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Siniscalchi 1.14.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.

VINCENZO SINISCALCHI. Con il presente emendamento si tenta di aprire un varco all'interno della formula generica, quasi in forma di divieto, imposta al pubblico ministero, in base alla quale non è consentito promuovere appello contro le sentenze di assoluzione, senza fare alcuna distinzione e salvando tutto con un complicato gioco di trasferimento davanti alla Corte di cassazione del giudizio di merito.
Spesso si è affermato, anche in Commissione, che a tale proposito vi sono state diverse indicazioni anche in una famosa sentenza delle sezioni unite - che credo riguardi il processo Andreotti -, nella quale si è evidenziata la necessità di porre mano anche all'articolo 530 del codice di procedura penale. Per la verità, nella suddetta sentenza, che conferma in ordine all'appello del pubblico ministero innanzi al tribunale di Palermo la formula dell'articolo 530, comma 2, capoverso, tali segnali non si colgono. E nemmeno si colgono segnali in relazione all'altra sentenza, quella relativa al processo SME, con la quale si è concessa la prescrizione con riferimento alle circostanze generiche.


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Dobbiamo dare atto al Presidente del Consiglio che, durante la trasmissione televisiva di ieri, ha riconosciuto l'esattezza di un principio, che va verificati in relazione alla forza della prova di non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste e non in relazione alla cancellazione del reato, soltanto in quanto vi è il dubbio sulla commissione dello stesso.
Altrimenti, si altera il sistema; si viola l'articolo 111 della Costituzione; si comprime l'azione penale, evitando un dibattimento in appello, che è l'ultimo di quelli previsti dal nostro sistema. Come è noto, infatti, la Corte di cassazione non svolge dibattimento.
È questo il motivo per cui, come per l'emendamento precedente, chiediamo alla maggioranza una riflessione. Ho fatto riferimento a due processi perché se ne è parlato in Commissione: a me personalmente interessano poco. Interessa invece il guasto che si produrrebbe, ad esempio, nei confronti di coloro che attendono una decisione diversa e che, con riferimento all'appello del pubblico ministero contro tali decisioni di estinzione (che assomigliano ad una amnistia forzata e ad un dubbio), vorrebbero verificare nel grado di appello, nella libertà dell'acquisizione delle prove in sede di rinnovazione del dibattimento, la sussistenza dell'innocenza o della colpevolezza. Ripeto, infatti, che tale circostanza non viene esclusa rispetto alle sentenze previste dall'articolo 593.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.

GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la funzione dell'appello è quella di rimediare non all'imperfezione formale della pronuncia di primo grado, bensì all'ingiustizia della decisione. È il rapporto tra ordine giuridico e realtà, tra apparenza processuale e verità, che è in discussione, ma lo è anche la funzione del pubblico ministero, che è quella di vigilare non solo sul buon funzionamento del sistema giudiziario ma anche sulla corretta applicazione delle leggi.
Con queste modifiche, non incidiamo sulle semplici regole processuali, ma modifichiamo profondamente i principi su cui si regge il nostro sistema. Deroghiamo al principio dell'obbligatorietà ed universalità, dell'osservanza delle leggi; rinunciamo a perseguire nel processo penale la verità; optiamo, cioè, per una giustizia formale in alternativa a quella sostanziale. A ciò si sommano le osservazioni del Capo dello Stato, che mostrano come questa proposta di legge sia asistematica, irragionevole e generatrice di diseguaglianze.
Le censure costituzionali sono ancora più evidenti in un processo di parti, ormai clamorosamente sbilanciato per una congerie di apparenti garanzie che negano la principale delle garanzie del processo, e cioè il processo stesso. Un processo penale che non cerca la verità ma solo le colpe dello Stato non può appassionare gli studiosi, ma neppure i cittadini.
È una grave responsabilità politica quella che vi assumete. Potete anche cambiare la legge ma non imporre alle nostre coscienze, alle coscienze degli italiani di rinunciare alla verità e alla giustizia: su questo si aprirà la distanza tra questa maggioranza e il resto del paese!
Togliere alle vittime la possibilità di avere giustizia, sollecitando i poteri del pubblico ministero, è un errore umano prima ancora che giuridico; togliere la possibilità di avere giustizia in appello, quando la prova dell'innocenza è incerta, è anch'esso un errore umano grave. Per questo ci opponiamo alla legge e invitiamo a votare a favore di questo emendamento (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Siniscalchi 1.14, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.


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Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 453
Maggioranza 227
Voti favorevoli 204
Voti contrari 249).

Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio palese.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molinari 1.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 447
Maggioranza 224
Hanno votato
204
Hanno votato
no 243).

Prendo atto che l'onorevole Gironda Veraldi ha erroneamente espresso un voto favorevole, mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Giacomelli 1.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 447
Maggioranza 224
Hanno votato
208
Hanno votato
no 239).

Prendo atto che l'onorevole Gironda Veraldi non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 1.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 452
Maggioranza 227
Hanno votato
206
Hanno votato
no 246).

Passiamo alla votazione dell'articolo 1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannuzzi. Ne ha facoltà.

TINO IANNUZZI. Presidente, esprimeremo un voto contrario, convinto e motivato, sull'articolo 1 e sull'intera proposta di legge al nostro esame, che rappresenta l'ennesima espressione di legislazione giudiziaria assolutamente disorganica ed asistematica, che si è riprodotta in numerosi e negativi episodi dall'inizio della legislatura, sempre al di fuori di una riflessione di ampio respiro, serena ed approfondita, nonché avulsa da un disegno di riforma generale in grado finalmente di affrontare e di avviare a soluzione i veri nodi, le vere questioni del sistema e del pianeta giustizia, che tanta giusta e allarmata apprensione suscitano nei cittadini e nella comunità.
Ben diversa è stata la via che dall'inizio della legislatura questo Governo e la sua maggioranza parlamentare hanno voluto seguire con ostinazione; ostinazione e pervicacia, che si riproduce anche nell'approvazione a tamburo battente di questa proposta di legge, rispetto alla quale significativo è il giudizio, in occasione della recente inaugurazione dell'anno giudiziario, del primo presidente della Corte di cassazione, il quale ha rilevato come alcuni provvedimenti varati da questo Governo e da questa maggioranza, in particolare la legge ex Cirielli e la normativa in esame, sicuramente comprometteranno gravemente l'efficienza, già di per sé insufficiente allo stato attuale, del sistema giudiziario italiano.


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Il nostro voto contrario è motivato soprattutto dalla considerazione che i nodi e i profili di non conformità al dettato costituzionale, che il Presidente della Repubblica, nella sua autorevolezza, ha sottolineato, non sono stati affatto superati.
In primo luogo, è evidente che, anche attraverso le modifiche confuse, pasticciate, approssimative, ispirate ad una cultura legislativa di scarsissimo respiro, che vengono apportate alla possibilità di sostituire sostanzialmente il grado di appello con l'ampliamento del ricorso per Cassazione, si verifica un sostanziale e gravissimo snaturamento della funzione, del ruolo, del controllo che l'articolo 111, penultimo comma, della Costituzione assegna alla Corte di cassazione in relazione ai ricorsi per violazione di legge. Un controllo di legalità, di legittimità, che deve investire la sentenza ed il provvedimento impugnato, che non si può invece trasferire, ampliare ed estendere a tutto il fascicolo del processo di primo grado ed a tutti gli atti del processo.
È evidente che questo snaturamento, questo vulnus alla funzione di giudice di legittimità della Corte della cassazione ne comprometterà anche la vera funzione che, ai sensi dell'articolo 65 del vigente ordinamento giudiziario, è volta ad assicurare la uniforme interpretazione della legislazione vigente; soprattutto, ne deriverà anche l'impossibilità di funzionamento di quella sezione filtro, prevista dall'articolo 610, primo comma, del codice di procedura penale, che ha consentito l'abbattimento del contenzioso così elevato che si era instaurato innanzi alla Corte di cassazione, con una valutazione preventiva di ammissibilità. La Corte sarà gravemente menomata nella sua funzione primaria, quale organo supremo della nostra giustizia, di assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, ma ne deriveranno anche un vulnus al bene costituzionale primario dell'efficienza del processo nonchè la violazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo.
Non vi è dubbio che si sta per abbattere sulla Corte di cassazione un effetto inflattivo del contenzioso che produrrà un insostenibile aggravio di lavoro ed un allungamento certo e grave dei tempi del processo, che non sarà compensato dall'effetto deflattivo che pure voi avete cercato di delineare con l'eliminazione del grado di appello avverso le sentenze di proscioglimento di primo grado.
Infine, ne deriverà un ulteriore, gravissimo vulnus al secondo comma dell'articolo 111 della Costituzione, che ci indica come il processo debba svolgersi nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale.
Ogni ipotesi, come quella in esame nel progetto di legge che stiamo discutendo, destinatario del messaggio motivato di rinvio del Capo dello Stato, deve legarsi ad una riforma di carattere generale e sistematico; una visione organica nella quale il processo di primo grado sia sempre celebrato innanzi a magistrati togati, con le funzioni inquirenti svolte da pubblici ministeri togati, laddove molto spesso noi sappiamo che, per quanto riguarda gli organi giudiziari monocratici, i giudizi di primo grado si svolgono davanti a giudici che non sono magistrati togati.
Soltanto una visione di sistema avrebbe potuto consentire di affrontare temi così delicati come quelli che sono oggetto di questa proposta di legge.
I rilievi di non conformità, anzi di conflitto, con il dettato costituzionale, segnalati in relazione al parametro dell'articolo 111 della Costituzione, al secondo come al penultimo comma, non sono stati affatto superati. È questa l'ennesima, grave e inaccettabile dimostrazione di approssimazione, di confusione, di pressappochismo legislativo. Voi, ancora una volta, contrabbandate e confondete il compito del Parlamento di dettare regole legislative generali ed astratte con la necessità di dover coprire, tutelare e, in qualche modo, difendere situazioni che sono circoscritte, individuate e individuabili.
Per tutti questi motivi, noi esprimeremo convintamente il nostro voto contrario


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sull'articolo 1 del provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Finocchiaro. Ne ha facoltà.

ANNA FINOCCHIARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ritengo che l'illustrazione delle proposte emendative presentate da parte dei colleghi del mio gruppo e del gruppo della Margherita abbia chiarito all'Assemblea quale sia la questione di cui si discute e quale sia la nostra posizione al riguardo. Mi limiterò, pertanto, a svolgere alcune osservazioni con le quali tenterò di porre in rilievo i motivi della nostra opposizione e le nostre perplessità rispetto al modo con cui questa partita viene giocata.
Nel corso di questi cinque anni di legislatura si è evitato accuratamente di riflettere - e ciò ha rappresentato un difetto grave dell'attività di proposta della maggioranza e del Governo - sul fatto che, introdotto l'articolo 111 della Costituzione e stabilito che il giusto processo è quello che si celebra nella oralità del contraddittorio davanti al giudice terzo, il procedimento di appello, così come strutturato sulla scorta della riforma del 1989, rimane pur sempre un processo documentale perché la valutazione avviene, appunto, solo in base alle carte.
Se avessi potuto scegliere, avrei detto che la questione principale sulla quale il Parlamento nel corso di questa legislatura, la seconda dopo l'introduzione dell'articolo 111 della Costituzione, avrebbe dovuto riflettere era quella relativa alla necessità di dare attuazione all'articolo 111 guardando al complesso del sistema delle impugnazioni, ponendo particolare attenzione al diritto della difesa.
Quella attuale si vuole spacciare come una riforma attenta al diritto di difesa. A questo proposito, invito i colleghi a riflettere sul fatto che tale riforma - si tratta di un dato che ho colto dal tenore degli interventi svolti sia in Commissione sia in Assemblea - parte da un altro punto di vista. Si tratta di una questione di impostazione teorica, delicata e sottile, che forse sarebbe opportuno venisse esplicitata in maniera chiara. In altre parole, con questa riforma non si tenta in alcun modo di accrescere la qualità della decisione e dell'aderenza della decisione, nel rispetto di ogni garanzia, sia riguardo alla verità processuale sia riguardo all'efficacia del diritto-dovere dello Stato di punire l'illecito. No, non è così! Non è questo il punto di vista da cui si parte!
Il processo, infatti, viene visto non soltanto come una contesa tra le parti, che, fra l'altro, avviene fuori da ogni quadro di riferimento di valori e di doveri dello Stato, che sarebbero quelli di garantire la collettività in ordine alla commissione del crimine e di punire il crimine secondo la delega che dalla collettività viene allo Stato, ai suoi tribunali e al potere legislativo; no, qui, al processo si guarda come ad una contesa privata nella quale le due parti debbono essere tenute all'interno di un quadro nel quale vale solo l'istanza privata, mentre sparisce del tutto l'obiettivo finale di ogni ordinamento giuridico, vale a dire che, quando la legge è violata, è necessario che il potere giudiziario si attivi al fine di stabilire la verità processuale e, conseguentemente, assolvere o condannare. Se non fosse così, non capirei il motivo per il quale si muovono obiezioni alla nostra posizione, espressa con forza dal collega Siniscalchi ed articolata nella nostra pregiudiziale di costituzionalità, con la quale abbiamo posto in rilievo che non potrebbe essere sollevata alcuna questione quando il giudice di primo grado abbia avuto la possibilità di svolgere una valutazione compiuta del materiale probatorio.
Ma, nel momento in cui ciò non è potuto avvenire - perché la prova mancava o era insufficiente -, perché deve essere inibito allo Stato di verificare se la ricognizione non sia stata attenta e se le prove non siano state valutate secondo la loro concatenazione logica e nell'ambito del contesto?
La verità è che c'è diffidenza nei confronti della giurisdizione e, soprattutto,


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che il processo non viene più considerato luogo pubblico nel quale operano valori pubblici, che non sono soltanto quelli legati alla figura del pubblico ministero, ma quelli legati...

PRESIDENTE. Onorevole Finocchiaro...

ANNA FINOCCHIARO. ... alla finalità dell'ordinamento.
È questa la ragione per la quale, unendo le mie alle osservazioni già svolte dai colleghi a supporto degli emendamenti da noi presentati, annuncio il nostro voto contrario sull'articolo 1 (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 452
Maggioranza 227
Voti favorevoli
257
Voti contrari
195).

Prendo atto che l'onorevole Mattarella non è riuscito votare.

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 4604-C)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4604-C sezione 2).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario su tutte le proposte emendative presentate all'articolo 2.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Marino 2.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, l'articolo 2 adegua il principio ai riti abbreviati e, in buona sostanza, stabilisce che sia l'imputato sia il pubblico ministero non possono proporre appello contro le sentenze di proscioglimento, sopprimendo la precedente dizione che faceva riferimento ad una «diversa formula».
In questo campo, era possibile e necessario riconsiderare l'appello del pubblico ministero e dell'imputato nell'ambito di una visione più complessiva ed organica, come ci ha chiesto, rimanendo inascoltato sul punto, il Capo dello Stato. Voglio ricordare che il Presidente della Repubblica ci dice, nel messaggio di rinvio, due cose molto chiare: la prima è che la funzione compensativa attribuita all'ampliamento delle ipotesi di ricorso per cassazione ha un effetto inflativo dei ricorsi e del carico giudiziario superiore di gran lunga all'effetto deflativo derivante dalla soppressione dell'appello contro le sentenze di proscioglimento. Sul punto è stato approvato un emendamento in Commissione che ha parzialmente accolto la predetta preoccupazione (ma solo parzialmente).
Con riferimento all'altro aspetto, il Capo dello Stato afferma testualmente che la soppressione « (...) a causa della disorganicità della riforma fa sì che la stessa posizione delle parti nel processo venga ad assumere una condizione di disparità che supera quella compatibile con la diversità


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delle funzioni svolte dalle parti stesse nel processo» (viene citato, appunto, l'articolo 111 della Costituzione).
Che le cose stiano così è confermato da più parti. Un indizio in tal senso, se non una prova, è costituito dall'opinione di un autorevole processualpenalista italiano che è favorevole alla soppressione dell'appello del pubblico ministero (nel senso indicato dalla riforma). Sostiene esplicitamente l'autore in parola: «Eliminato l'appello del pubblico ministero, il profluvio degli appelli strumentali ed artificiosi non avrà remore e si gonfierà ulteriormente. Un inconveniente che già si prospetta e per il quale esisterebbe un rimedio tanto semplice quanto congruente con i principi: la sospensione del corso della prescrizione».
Ancora: «(...) È davvero difficile capire perché il corso della prescrizione non debba necessariamente essere o restare sospeso per tutta la durata del giudizio di impugnazione attivato ad esclusiva iniziativa dell'imputato».
Con questo discorso si vuole semplicemente ribadire che in una riforma organica e complessiva, così come chiesto dal Capo dello Stato, avremmo potuto e dovuto considerare molti aspetti, quindi anche la sperequazione denunciata dal Capo dello Stato, l'eccesso di asimmetria - per dirla con le parole del messaggio presidenziale - che in questo modo si determina, proprio per la mancanza di una valutazione complessiva del ruolo delle parti nel processo - in tutto il processo - e non solo rispetto al principio del contraddittorio: questo è il tema.
Ho citato un punto di vista che, per quanto nel merito sia coincidente con la tesi qui sostenuta dell'eliminazione della facoltà di impugnare in capo al solo pubblico ministero, tuttavia avrebbe immaginato una riforma di questo tipo all'interno di una serie di pesi e contrappesi incidenti, in questo caso, sulla sospensione della prescrizione, mentre invece, come sappiamo, la prescrizione è stata resa più facile e breve, a tutto detrimento della giustizia penale.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio palese.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Marino 2.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 443
Votanti 442
Astenuti 1
Maggioranza 222
Hanno votato
202
Hanno votato
no 240).

Avverto che le successive votazioni avranno luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 2.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 452
Maggioranza 227
Voti favorevoli 196
Voti contrari 256).

Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mattarella 2.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 443
Maggioranza 222
Voti favorevoli 197
Voti contrari 246).


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Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 2.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 455
Maggioranza 228
Voti favorevoli 202
Voti contrari 253).

Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Enzo Bianco 2.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 450
Maggioranza 226
Voti favorevoli 205
Voti contrari 245).

Passiamo alla votazione dell'articolo 2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.

VINCENZO SINISCALCHI. Onorevoli colleghi, vorrei richiamare la vostra - certamente vigile e responsabile - attenzione sulla novità veramente forte rappresentata da questo articolo che modifica una norma a danno sia del pubblico ministero sia, in questo caso, dell'imputato. Avete respinto alcuni emendamenti che si muovevano in direzione dell'interesse dell'azione penale ma anche della difesa (questo articolo, infatti, si riferisce anche agli imputati).
Per difendere il principio secondo cui il pubblico ministero non può impugnare contro le prescrizioni disposte - bene o male, non ci interessa - con la concessione delle attenuanti generiche, né contro le sentenze di assoluzione, si dice che anche l'imputato non può più impugnare, contrariamente a quanto stabilisce l'articolo 443 del nuovo - si fa per dire - codice di procedura penale (giudizio abbreviato o meno è il principio che conta) (Commenti del deputato Pecorella). Ringrazio l'onorevole Pecorella per il suggerimento, che però avevo perfettamente presente.
A me è capitato raramente che un imputato rinunziasse alla prescrizione: tuttavia, mi è capitato due volte, in casi riguardanti galantuomini appartenenti al mondo dell'università e al mondo politico. In particolare, mi riferisco all'ex segretario del partito socialdemocratico, onorevole Cariglia, il quale, dopo lunghissime vicende giudiziarie, assolto da tutto, ha voluto anche rinunziare alla prescrizione chiesta dal pubblico ministero ed ha ottenuto l'assoluzione con formula piena. La stessa cosa è accaduta nel caso della fortissima persecuzione giudiziaria nei confronti dell'ex rettore dell'università di Salerno, il professor Roberto Racinaro, il quale, al termine di un tormentoso itinerario processuale, ha voluto rinunziare alla prescrizione. Dobbiamo o non dobbiamo lasciare aperto questo varco ai galantuomini che non vogliano rifugiarsi dietro questa comoda soluzione? Vogliamo o non vogliamo dare un senso al principio, dal quale parte questa proposta di legge, secondo cui l'innocenza, una volta dimostrata, non può più formare oggetto di particolari esperimenti?
Questo è il principio giusto dal quale muove una proposta di legge che arriva a conclusioni ingiuste, a conclusioni che provocano squilibrio, come bene ha detto il Capo dello Stato. Noi, francamente, lo avevamo anticipato nel corso del lungo dibattito in sede di Commissione.
Ecco per quale motivo noi esprimeremo voto contrario su questo articolo 2. Infatti, se fossero stati approvati gli emendamenti con cui si manteneva, per l'imputato, la possibilità di impugnazione per la modifica del titolo del reato e di impugnazione nei confronti del sistema di


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circostanze aggravanti - o attenuanti, per la parte che riguarda il pubblico ministero -, vi sarebbe stato, almeno, un minimo di razionalità. Perché, adesso, con la scusa di premiare l'innocenza dimostrata alla luce del sole secondo quanto prevede la prima parte dell'articolo 530, dobbiamo nascondere anche coloro i quali non vogliono nascondersi dietro la prescrizione o impedire l'appello ai pubblici ministeri che ritengono, correttamente, che la prescrizione sia stata male applicata o che le attenuanti generiche siano state riconosciute in modo sbagliato? Perché?
Inoltre, resta un'ultima grande curiosità di carattere non certo particolarmente politico ma di carattere legislativo e di carattere tecnico, cioè la strana tempistica di questa legge, che parte da lontano - la proposta è molto remota - e subisce una incredibile accelerazione, tanto che l'Assemblea è stata inchiodata, addirittura, sulle questioni della giustizia, come se si trattasse di un problema prioritario all'interno di un processo penale che forma oggetto di elaborazione ancora da parte della commissione Nordio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Finocchiaro. Ne ha facoltà.

ANNA FINOCCHIARO. Intervengo a titolo personale, signor Presidente, perché mi è sfuggita l'occasione di intervenire sull'emendamento Enzo Bianco 2.6. In particolare, mi rivolgo ai colleghi di Alleanza nazionale che, con tanta forza e convinzione, hanno sostenuto la prima parte della legge ex Cirielli in materia di recidiva pensando fosse assolutamente giusto prevedere che ai recidivi non si potessero applicare le circostanze attenuanti generiche in sede di comparazione di circostanze, e che si trovano, adesso, in una paradossale situazione.
Si pensi, ad esempio, al caso in cui un giudice di primo grado, non disponendo del certificato penale aggiornato, non fosse in grado di conoscere il fatto che l'imputato fosse recidivo, oppure al caso in cui, avendo esaminato male il medesimo certificato e non avendo visto che era recidivo, abbia sbagliato ed abbia applicato le circostanze attenuanti generiche e, quindi, la prescrizione.
Dunque, la vostra previsione resta assolutamente priva della possibilità di essere affermata. Sostanzialmente, il ruggito del leone contenuto nella prima parte della legge ex Cirielli può restare assolutamente vanificato da questo nuovo meccanismo che avete introdotto. Questo solo per dire che - al di là del fatto di esprimere un voto contrario senza riflettere che, forse, anche dall'opposizione può venire una buona proposta - quando si interviene su un sistema bisogna stare molto attenti perché, se si tocca una parte di esso, necessariamente se ne squilibra qualunque altra.
Questa riforma, la volete fare tutti i costi: fatela! Finirà come è avvenuto con il testo sulla droga, quando siete stati costretti a rivedere la legge ex Cirielli perché il presidente Fini, incontrandosi con le comunità terapeutiche, ha capito il grave errore che avevate compiuto applicando le previsioni sulla recidiva anche ai tossicodipendenti!

GAETANO PECORELLA, Presidente della II Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GAETANO PECORELLA, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, vorrei far osservare molto semplicemente all'onorevole Finocchiaro come, ovviamente, il tentativo di raccogliere attorno a sé elementi della maggioranza si scontra con un dato molto semplice: abbiamo eliminato non il secondo grado di giudizio ma l'appello. Infatti, dinanzi ad una situazione quale quella testé denunciata, vale a dire dinanzi all'errore commesso dal giudice, si può, ovviamente, ricorrere in Cassazione.
Non credo siano commendevoli, pertanto, questi tentativi di alterare la realtà dei fatti, pur di avere - in ipotesi, con lo scrutinio segreto - qualche voto in più.


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PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio palese.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 447
Votanti 446
Astenuti 1
Maggioranza 224
Hanno votato
241
Hanno votato
no 205).

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 4604-C)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4604-C sezione 3).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario su tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 3.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Sgobio 3.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, molto testardamente e caparbiamente continuo ad alimentare questo dibattito tenendo come punto di riferimento non già la nostra posizione sulla giustezza o meno del testo che stiamo esaminando e votando, bensì un parametro diverso, giacché questo ci impone la natura del dibattito stesso.
Il parametro è, ovviamente, costituito dal messaggio del Presidente della Repubblica, il quale - lo ribadisco ancora un volta - censura il testo che gli era stato sottoposto per la firma sotto il profilo della sua disorganicità; parla, infatti, nel messaggio, di riforma disorganica. Ebbene, rispetto a tale parametro, chiedo ai colleghi della maggioranza in quale modo essi giudichino la nuova formulazione dell'articolo 405 del codice di procedura penale quale risulterebbe dall'approvazione della disposizione contenuta nell'articolo 3 del testo al nostro esame. La proposta di legge, infatti, era stata presentata per «riscrivere» le regole sull'appellabilità delle sentenze di proscioglimento mentre la disposizione che ci accingiamo a votare, viceversa, riguarda altro, e precisamente i modi attraverso i quali il codice prevede che termini la fase preparatoria del dibattimento. Si afferma un singolare principio in base al quale il giudizio della Cassazione sui provvedimenti di richiesta di misura cautelare avrebbero una loro influenza oltre quel giudizio particolare, compromettendo financo le decisioni del pubblico ministero in ordine all'opportunità o meno, alla giustezza o meno, alla legittimità o meno di promuovere il dibattimento.
Tuttavia, si è sempre insegnato nelle università e appreso dai testi che l'apertura del dibattimento viene chiesta quando vi è il ragionevole convincimento che quella fase possa essere utile all'accertamento della verità; quindi, non quando si abbia anche la certezza della colpevolezza. Soprattutto, poi, in un regime processuale come quello che governa oggi il nostro paese, la prova si forma nel dibattimento: perché, dunque, pregiudicare la possibilità di formare la prova in tale fase? E ciò, sulla base di che cosa? Di una decisione della Cassazione resa su materia totalmente diversa da quella che, appunto, riguarda l'opportunità o meno di passare


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alla fase del dibattimento. Questa è asistematicità, questa è disorganicità, questa è irragionevolezza pura!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio palese.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sgobio 3.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 444
Maggioranza 223
Hanno votato
205
Hanno votato
no 239).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fanfani 3.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 448
Maggioranza 225
Hanno votato
210
Hanno votato
no 238).

Prendo atto che l'onorevole Carra non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Fanfani 3.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gironda Veraldi. Ne ha facoltà.

AURELIO GIRONDA VERALDI. Signor Presidente, vorrei osservare che si tratta di uno degli articoli del provvedimento in esame che non è stato interessato dal messaggio del Presidente della Repubblica. Mi sembra di essere nel vero; ciò nonostante, è stato sottoposto all'esame dell'Assemblea.
Ricordo che, quando venne votato tale articolo, espressi un parere convintamente favorevole. Poiché non appartengo alla categoria dei parlamentari che, quando si sbagliano nell'esprimere il proprio orientamento, si difendono, mortificandosi, assumendo di essere stati indotti in errore, vorrei rappresentare che, personalmente, non sono stato indotto in errore.
Vorrei altresì osservare che le proposte emendative riferite all'articolo 3 confliggono con la volontà espressa, a suo tempo, dai firmatari. Ricordo, infatti, che fu proprio l'onorevole Siniscalchi a rilevare gli inconvenienti che, da tempo, si verificano allorché una sentenza della Corte di cassazione sancisce l'insussistenza degli indizi di colpevolezza a carico dell'imputato: ciò nonostante, infatti, il pubblico ministero chiede il rinvio a giudizio.
Allora, di fronte ad una misura di estrema civiltà, recata dall'articolo 3, che appartiene all'iniziativa lodevole, meritoria e motivata dell'opposizione, mi sembra fuori luogo proporre di sopprimerla o modificarla, come chiedono gli emendamenti in discussione. Pertanto, colleghi dell'opposizione, vi invito a respingere le vostre proposte emendative e ad approvare l'articolo in esame (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che le prossimi votazioni avranno luogo a scrutinio palese.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fanfani 3.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 444
Maggioranza 223
Hanno votato
203
Hanno votato
no 241).


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Prendo atto che l'onorevole Rocchi non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 3.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 444
Maggioranza 223
Hanno votato
201
Hanno votato
no 243).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fanfani 3.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 446
Maggioranza 224
Hanno votato
205
Hanno votato
no 241).

Passiamo alla votazione dell'articolo 3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Kessler. Ne ha facoltà.

GIOVANNI KESSLER. Signor Presidente, vorrei replicare che neanche io appartengo, onorevoli colleghi ed onorevole Gironda Velardi, alla categoria di coloro che si nascondono dietro al parere altrui o che hanno paura delle opinioni da loro precedentemente espresse.
Noi siamo contrari all'articolo 3 ed al principio in esso espresso: lo eravamo in sede di prima lettura del provvedimento e lo siamo anche oggi. Infatti, ci sembra, innanzitutto, che nulla abbia a che fare - e, su questo aspetto, siamo tutti d'accordo - con il sistema delle impugnazioni, con l'inappellabilità delle sentenze e con la riforma (che riteniamo negativa) che si sta operando in tale materia. Si tratta, a nostro avviso, di un argomento che è stato inserito erroneamente all'interno della proposta di legge in esame.
Vorrei rilevare che siamo di fronte ad una modifica normativa assai pericolosa e sbagliata, poiché affida alla Corte di Cassazione - che, ricordo, interviene solamente per compiere il riesame delle misure cautelari adottate (in altri termini, interviene nell'ambito di una fase iniziale del processo) - la valutazione dell'insussistenza di gravi indizi di colpevolezza che giustifichino l'adozione delle medesime misure cautelari.
Il principio affermato nell'articolo in esame, dunque, è che, se la Corte di cassazione ha accertato l'insussistenza di gravi indizi di colpevolezza - mi riferisco all'insussistenza di gravi indizi, onorevole Gironda Velardi, non di tutti gli indizi - in sede cautelare, allora non si può più chiedere di celebrare il processo.
Si nega al pubblico ministero, alla parte offesa ed anche all'imputato la possibilità di una valutazione delle prove, così come solo può essere svolta in dibattimento. Dunque, si nega la possibilità del dibattimento sulla base di un giudizio incidentale, preliminare, allo stato degli atti e solo «cartolare» della Corte di cassazione, attribuendone, dunque, un valore improprio.
Inoltre, onorevoli colleghi, vi è un ulteriore pericolo che potrebbe derivare dall'applicazione di questa norma. Quando il pubblico ministero chiede l'applicazione della misura cautelare, è noto che non è obbligato a scoprire tutte le sue carte; potrà allegare alla richiesta di misura cautelare solo le prove che ritiene sufficienti e necessarie per ottenere la misura cautelare stessa. Dunque, può darsi il caso che, per motivi di cautela processuale o per non scoprire indagini su altri indagati, egli non depositi tutte le prove di cui dispone a carico dell'imputato. Se, poi, sulla base delle prove parziali che, legittimamente, ha mandato alla Corte di cassazione, quest'ultima dovesse affermare che non si tratta di prove gravi, ebbene, secondo l'articolo 3 del provvedimento in


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esame, non si potrebbe più svolgere il processo, nemmeno se, allora, il pubblico ministero avesse disposto di più prove (Commenti del deputato Cola)... La discovery non è obbligatoria in quel momento; onorevole Pecorella, lei lo sa: l'obbligo della discovery delle prove vige solo al termine delle indagini. Vi possono essere motivi di cautela processuale che impongono al pubblico ministero di non scoprire tutte le prove. È onere del pubblico ministero allegare le prove che egli ritenga necessarie per ottenere la custodia cautelare.
Ecco, dunque, l'assurda conclusione cui si potrebbe pervenire per effetto di questo articolo 3, ossia che, pur sussistendo una quantità di prove sufficienti per il dibattimento, il pubblico ministero sia obbligato, per un assurdo automatismo che nulla ha a che fare con la verità processuale e con la giustizia giusta, a chiedere l'archiviazione.

SERGIO COLA. Ma è un'archiviazione: può essere ripresa!

GIOVANNI KESSLER. Si tratta, onorevoli colleghi, di un aspetto sul quale vorrei richiamare la vostra attenzione, perché è davvero un controsenso che stride con il senso di giustizia e di ragionevolezza della giustizia, che tutti dovremmo auspicare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cola. Ne ha facoltà.

SERGIO COLA. Signor Presidente, mi pare che stiamo andando contro ogni regola che deve presiedere ai criteri del giudizio. Ciò per una ragione molto semplice: se il tribunale del riesame ha ritenuto non gravi gli indizi di colpevolezza, il pubblico ministero, ove mai avesse altre prove, le può disvelare prima che la Cassazione si pronunzi.
Inoltre, aspetto ancora più importante, onorevole Kessler, il decreto o la sentenza di archiviazione non chiudono definitivamente il processo. Lei mi insegna che l'archiviazione non è assolutamente un giudicato, per cui il pubblico ministero, ove mai disponesse di altri elementi, successivi o qualora li avesse tenuti nascosti, li può sempre utilizzare successivamente e il processo si riaprirebbe. Quindi, questo è un falso problema che, al pari di tanti altri falsi problemi, voi usate pretestuosamente per opporvi a questa conquista di civiltà giuridica che è rappresentata dall'inappellabilità delle sentenze di assoluzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.

VINCENZO SINISCALCHI. Signor Presidente, io non sono riuscito a convincere l'onorevole Kessler e l'onorevole Kessler non è riuscito a convincere me...

PRESIDENTE. Capita...

VINCENZO SINISCALCHI. Allora, coerentemente con il lavoro svolto finora, mi permetto di esprimere il mio dissenso e di votare a favore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che la prossima votazione avverrà a scrutinio palese.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 438
Maggioranza 220
Hanno votato
238
Hanno votato
no 200).

(Esame dell'articolo 4 - A.C. 4604-C)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4604-C sezione 4).


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Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario su tutte le proposte emendative presentate all'articolo 4.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Finocchiaro 4.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, sempre tenendo presente i parametri che deduciamo dal messaggio del Presidente della Repubblica, sottolineiamo la disorganicità di questa norma così come essa si inserisce nel modello processuale delineato dal nostro codice di procedure in materia.
Con questa norma si muta la disciplina codicistica, non già relativa alla fase dibattimentale e agli esiti del dibattimento. Giova ricordare che la proposta del presidente Pecorella riguarda appunto questo: la possibilità o meno di impugnare una sentenza all'esito del dibattimento. L'articolo 4, viceversa, riguarda la parte del processo che si sviluppa prima del dibattimento ed esattamente il momento in cui la fase preparatoria del dibattimento si esaurisce.
Allora io mi chiedo che senso abbia trasferire i principi, che sono faticosamente stati delibati ed approvati con riferimento alla inappellabilità della sentenza dibattimentale di proscioglimento, alla fase della istruttoria e della sua conclusione. Tutti i principi teorici che sono stati evocati a sostegno della bontà della scelta fatta dalla maggioranza - scelta contrastata, come è noto, dal Presidente della Repubblica - perdono tutti integralmente il loro valore se rapportati e trasferiti alla conclusione dell'istruttoria. Questo a dimostrazione che si tratta di una norma profondamente sbagliata, che mi auguro fortemente l'aula voglia respingere.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 4.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 447
Maggioranza 224
Voti favorevoli 208
Voti contrari 239).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Kessler 4.20.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Kessler.
Avverto che il gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo ha esaurito il tempo a sua disposizione.

RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, intervengo brevissimamente. Vista la rilevanza del provvedimento, credo che sia importante avere tempo per poter motivare adeguatamente le nostre proposte emendative. Pertanto, le chiediamo di concedere quel tempo che normalmente il Presidente, in casi del genere, attribuisce non come concessione, ma come diritto dei gruppi. In particolare, le chiedo di attribuire almeno la metà del tempo che ci è stato assegnato in sede di prima calendarizzazione.


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PRESIDENTE. Onorevole Innocenti, potremmo convenire sull'attribuzione di un tempo «per motivare»... Quanto all'«adeguatamente»... Comunque, un certo ampliamento del tempo viene sempre concesso...
Aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Kessler. Ne ha facoltà.

GIOVANNI KESSLER. Signor Presidente, rinuncio ad intervenire. Lo farò successivamente, in sede dichiarazione di voto sull'articolo 4.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Avverto che le prossime votazioni avranno luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Kessler 4.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 447
Maggioranza 224
Voti favorevoli 202
Voti contrari 245).

Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 4.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

RENZO INNOCENTI. Presidente, ci sono doppi voti!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 450
Maggioranza 226
Voti favorevoli 207
Voti contrari 243).

Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio palese.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 4.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 449
Maggioranza 225
Hanno votato
207
Hanno votato
no 242).

Passiamo alla votazione dell'articolo 4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Kessler. Ne ha facoltà.

GIOVANNI KESSLER. Signor Presidente, intervengo per esprime la mia contrarietà all'articolo 4. La prima ragione è che proprio su questo punto il messaggio del Capo dello Stato parla di netto aggravamento della situazione della giustizia che ne deriverebbe. Infatti, colleghi, come vi ha già spiegato bene l'onorevole Bonito, con questo articolo tutte le sentenze di proscioglimento al termine della fase istruttoria di un processo non potranno più essere appellate, ma si potrà solamente proporre il ricorso in Cassazione.
Sono sentenze che entrano nel merito della causa e che vengono pronunciate allo stato degli atti, su materiale cartaceo, poiché non vi è stato ancora un dibattimento.
La Corte di cassazione, per poter valutare tali sentenze, dovrà consultare interi fascicoli processuali; dunque, la stessa si troverà sicuramente in difficoltà a giudicare su tali sentenze, per l'enorme quantità di ricorsi che la sommergeranno e per il tipo di esame che dovrà svolgere rispetto ad essi. Onorevoli colleghi, la soluzione naturale sarebbe che, su queste sentenze di proscioglimento istruttorio, giudicasse la corte d'appello.


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Lo hanno affermato il Capo dello Stato ed il presidente stesso della Corte di cassazione: quest'ultima non sarà in grado di affrontare l'enorme carico di lavoro che tale articolo comporterà.
Vorrei svolgere un'ultima notazione riguardante il diritto alla difesa. Doversi difendere tutte le volte a Roma, presso la Corte di cassazione, anziché presso la corte d'appello di casa, è un aggravio per tutti: per i pubblici ministeri e per le parti.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
(Segue la votazione).

PIERO RUZZANTE. Presidente, sono tutti voti doppi!

ELIO VITO. Guarda là (Commenti del deputato Gironda Veraldi)!

GIOVANNI KESSLER. Guarda dietro di te!

PRESIDENTE. Colleghi, data la situazione, vi prego di evitare doppi voti, di qua e di là.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 423
Votanti 422
Astenuti 1
Maggioranza 212
Voti favorevoli 249
Voti contrari 173).

(Esame dell'articolo 5 - A.C. 4604-C)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4604-C sezione 5).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario su tutte le proposte emendative presentate all'articolo 5.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Finocchiaro 5.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, non condividiamo l'articolo 5, su cui ci accingiamo ad esprimere il nostro voto. Con esso si modifica l'articolo 533 del codice di procedura penale e viene inserito il principio in forza del quale il giudice pronuncia sentenza di condanna se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio.
Ebbene, siamo contrari a questa formula, in primo luogo, perché, già adesso, il giudice non può condannare se non ha la certezza della colpevolezza dell'imputato: se sussiste il dubbio, la formula dovrà essere di tipo diverso; ossia, vi dovrà essere, comunque, un'assoluzione con formula piena, ma pronunciata in presenza di un dubbio. Se le cose, sostanzialmente, non si modificano, siamo contrari a questo articolo per due ordini di ragioni.
In primo luogo, la formula semantica usata è del tutto al di fuori della nostra tradizione giuridico-processuale. È una formula semantica chiaramente tratta da una cultura giuridica diversa dalla nostra, ossia dalla cultura anglosassone.
In secondo luogo, ci sembra che tale formula, in qualche modo, replichi quei divieti che si leggono da qualche parte, dove il divieto non è semplicemente tale,


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ma è un «severo» divieto: è severamente proibito. Dire che «è severamente proibito» è come affermare che «è proibito».
La terza ragione è ancora più delicata. Se, attraverso questa nuova formulazione, le cose sostanzialmente non si modificano, tuttavia può giungere all'interprete un messaggio assai pericoloso. Se il giudice che oggi assolve al di là di ogni ragionevole dubbio vede riproporre tale formula nel codice, come interprete, deve logicamente dedurre che il legislatore abbia inteso modificare qualcosa, esigendo qualcosa di più per il giudizio di colpevolezza.
Ciò può indurre a spiacevoli equivoci interpretativi che certamente non si risolveranno in favore degli imputati e, comunque, degli operatori del diritto.

PRESIDENTE. Avverto che, avendo acquisito l'orientamento del Presidente della Camera, il gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo potrà ususfruire di un tempo aggiuntivo pari alla metà di quello ad esso originariamente assegnato nell'ambito del contingentamento.
Passiamo ai voti.
Avverto che le prossime votazioni avranno luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 5.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 434
Maggioranza 218
Voti favorevoli 196
Voti contrari 238).

PIERO RUZZANTE. Tanto è inutile, Presidente! Possiamo scrivere sul regolamento che si vota per due!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sgobio 5.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 440
Maggioranza 221
Voti favorevoli 203
Voti contrari 237).

Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 445
Maggioranza 223
Voti favorevoli 249
Voti contrari 196).

(Esame dell'articolo 6 - A.C. 4604-C)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 (vedi l'allegato A - A.C. 4604-C sezione 6), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 454
Maggioranza 228
Voti favorevoli 253
Voti contrari 201).


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(Esame dell'articolo 7 - A.C. 4604-C)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4604-C sezione 7).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario su tutte le proposte emendative presentate all'articolo 7.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che le prossime votazioni avranno luogo a scrutinio palese.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fanfani 7.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 437
Maggioranza 219
Hanno votato
201
Hanno votato
no 236).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fanfani 7.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 447
Votanti 446
Astenuti 1
Maggioranza 224
Hanno votato
209
Hanno votato
no 237).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 7.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 448
Maggioranza 225
Hanno votato
210
Hanno votato
no 238).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 7.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 448
Maggioranza 225
Hanno votato
211
Hanno votato
no 237).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fanfani 7.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.


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Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 459
Maggioranza 230
Hanno votato
217
Hanno votato
no 242).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 462
Votanti 460
Astenuti 2
Maggioranza 231
Hanno votato
249
Hanno votato
no 211).

(Esame dell'articolo 8 - A.C. 4604-C)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 8 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4604-C sezione 8).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 8.100 ed esprime parere contrario su tutte le altre proposte emendative.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Siniscalchi 8.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, la riscrittura dell'articolo 8, già articolo 7 nel precedente testo, integra uno degli aspetti più gravi dell'atteggiamento della maggioranza a margine del provvedimento che stiamo esaminando.
Giova ricordare che il messaggio presidenziale ha dedicato alla nuova disciplina del giudizio di legittimità, così com'è delineato nella proposta Pecorella, gran parte del proprio testo. Le censure avanzate dalla Presidenza della Repubblica sono puntuali, numerose ed argomentate.
Il Presidente della Repubblica lamenta che il giudizio di Cassazione, così come è stato disciplinato, trasformerà la Cassazione medesima in terzo giudice di merito. In ciò il Presidente della Repubblica individua un grave vulnus al modello giurisdizionale, uno stravolgimento della funzione tipica del giudice di legittimità e una violazione palese dei principi della ragionevole durata del processo.
In ragione di tutte queste argomentazioni, che ovviamente ho dovuto sintetizzare, forte è stata la raccomandazione presidenziale affinché il Parlamento riveda la propria decisione, peraltro - giova ricordarlo - giustapposta alla proposta Pecorella, giacché la nuova disciplina del giudizio di Cassazione non era contemplata originariamente nella proposta del presidente Pecorella. Ebbene, di fronte alla preoccupazione fortissima del Presidente Ciampi, la Commissione giustizia, o per meglio dire la maggioranza, ha imposto lievissime correzioni che non modificano assolutamente l'allargamento della possibilità di ricorrere al giudice di legittimità ed il pericolo evidente di trasformare il giudice di legittimità in giudice di merito, con insopportabile allungamento del processo penale.
Dunque, raccomandiamo all'Assemblea l'approvazione dell'emendamento Siniscalchi 8.4 perché, almeno in questo, sia ascoltato l'alto messaggio del Presidente della Repubblica.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.


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Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Siniscalchi 8.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 443
Maggioranza 222
Voti favorevoli 201
Voti contrari 242).

Prendo atto che l'onorevole Buontempo non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 8.100 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 456
Votanti 254
Astenuti 202
Maggioranza 128
Voti favorevoli 243
Voti contrari 11).

Prendo atto che l'onorevole Ranieli non è riuscito a votare.
Passiamo all'emendamento Kessler 8.21.

GIOVANNI KESSLER. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI KESSLER. Signor Presidente, ho l'impressione, e chiedo a lei di verificare, che il mio emendamento 8.21 non sia più ammissibile dopo l'approvazione dell'emendamento 8.100 della Commissione.

PRESIDENTE. Onorevole Kessler, l'osservazione è esatta: il suo emendamento è assorbito dall'emendamento 8.100 della Commissione, dunque non verrà posto in votazione.
Passiamo ai voti.
Avverto che le prossime votazioni avranno luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Siniscalchi 8.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 450
Maggioranza 226
Voti favorevoli 204
Voti contrari 246).

Prendo atto che l'onorevole Ranieli non è riuscito a votare.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 8.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 459
Maggioranza 230
Voti favorevoli 211
Voti contrari 248).

Prendo atto che l'onorevole Ranieli non è riuscito a votare.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento


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Finocchiaro 8.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 457
Maggioranza 229
Voti favorevoli 210
Voti contrari 247).

Prendo atto che l'onorevole Ranieli non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Fanfani 8.20 e Kessler 8.22.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Kessler. Ne ha facoltà.

GIOVANNI KESSLER. Con gli identici emendamenti in esame ci proponiamo di limitare i danni assai gravi, già illustrati, che vengono inflitti da questo articolo al buon andamento della Corte di cassazione e della giustizia in generale. Tali danni sono stati illustrati da noi, ma ancora meglio e più autorevolmente dal Capo dello Stato, che denuncia il pericolo di snaturamento della Corte di cassazione ed il complessivo appesantimento del funzionamento della giustizia in Italia, cosa di cui non si sentiva oggi il bisogno.
Secondo la lettera e) dell'articolo 606, introdotta dalla norma in esame, la Corte di cassazione dovrebbe valutare la mancanza, la contraddittorietà o la illogicità della motivazione non più soltanto, com'è fino ad oggi, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato, ma anche quando i vizi di contraddittorietà o illogicità della motivazione risultino da qualsiasi altro atto processuale che viene indicato dalla difesa.
Ciò significa che la Corte di cassazione tornerà a vagliare nel merito le sentenze: oltre ad esaminare la motivazione, l'atto della sentenza, avrà l'onere di leggere tutti gli atti processuali, che potrebbero esseri immensi, se solo venissero indicati dalla difesa a base del proprio ricorso.
È palese che la Corte di cassazione diventerà il terzo giudice di merito nel nostro sistema, cosa che forse avveniva nel passato, anche se non in questa misura. Oggi (lo ricordo all'onorevole Cola, che ieri rivolgeva in Assemblea la domanda retorica se, una volta, fosse incostituzionale la Corte di cassazione) è stato approvato un nuovo articolo 111 della Costituzione, che stabilisce costituzionalmente tra i valori della nostra giustizia quello della durata ragionevole del processo.
Se approveremo la nuova formulazione dell'articolo 606, che trasforma la Corte di cassazione in giudice di merito e che le impone di studiare tutti gli atti del procedimento se indicati dal difensore, sicuramente dimenticheremo la ragionevole durata dei processi, snatureremo la Corte di cassazione e le impediremo di lavorare efficacemente, come sta avvenendo fino ad oggi.
Per questo motivo, raccomando l'approvazione degli identici emendamenti in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cola. Ne ha facoltà.

SERGIO COLA. Signor Presidente, intervengo per ricordare all'onorevole Kessler che l'articolo 111 della Costituzione è stato modificato alla fine del 1999, quando era al Governo il centrosinistra, ma non è stato assolutamente modificato nella parte in cui si prevede la possibilità di ricorso per cassazione, tanto che ciò che era il secondo comma dell'articolo 111, vecchia formulazione, senza alcuna modifica è diventato il penultimo comma del nuovo articolo 111: «Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge (...)». È lo stesso testo dell'articolo 111 previgente. È chiaro ed evidente che, essendovi l'obbligo della motivazione, se essa viene meno o per carenza totale o per illogicità o per contraddittorietà, ci troviamo nell'ambito della violazione di legge.


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Vi è un altro rilievo. L'onorevole Kessler ha parlato della difesa. Ma se abbiamo modificato l'articolo 111, lo abbiamo fatto soprattutto tenendo presenti quelli che erano - diciamo così - gli svantaggi del pubblico ministero al quale, non potendo proporre appello, nel presentare ricorso in cassazione abbiamo dato la possibilità, allargando i confini dell'articolo 606, di interloquire in modo più fermo nei confronti della Corte di cassazione per ottenere l'annullamento della sentenza.
Come al solito, nell'ambito di una parzialità ricorrente in alcuni interventi, si è fatto cenno solamente ai vantaggi che potrebbe avere la difesa, ma non al fatto che abbiamo modificato questo articolo per consentire al pubblico ministero di presentare un ricorso per cassazione serio.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Fanfani 8.20 e Kessler 8.22, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 446
Maggioranza 224
Voti favorevoli 202
Voti contrari 244).

Prendo atto che l'onorevole Ranieli non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'articolo 8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.

VINCENZO SINISCALCHI. Signor Presidente, siamo fermamente contrari a tale articolo. Così come abbiamo più volte affermato, esso stravolge completamente un sistema processuale che è stato regolato da una legge non remota; anzi, l'articolo in esame tende a riprodurre alcuni schemi che appartenevano al codice del 1931, quando il ricorso per cassazione presentava anche queste caratteristiche.
È vero che sono state segnalate più volte grandi difficoltà nel contenere negli spazi assoluti della censura del diritto i ricorsi per cassazione, ma è anche vero che, innanzi alla Corte di cassazione, per molto tempo si sono operati dei tentativi continui di dilatazione del contenuto giurisdizionale e tecnico di questo importante grado di giudizio.
Non è un caso che la Cassazione non dispone di elementi di dibattimento, non ha elementi diversi da quelli della discussione e del ricorso scritto.
Vorrei ricordare, così come ricorda anche il messaggio del Capo dello Stato e così come è pacifico per tutti, che il problema della Cassazione si pone in termini di controllo, non di valutazione.
Si tratta di un controllo di legittimità, di un controllo di regole, sostanziali e processuali, che possono esser state violate e che possono determinare l'annullamento della sentenza che ha adottato il giudice di appello o il giudice di primo grado.
Non siamo ingessati su questa valutazione, assolutamente formale, dei limiti del giudizio di cassazione. Ci domandiamo però, a parte le valutazioni preoccupanti espresse dal presidente della Corte suprema e dal procuratore generale nella cerimonia inaugurale, a cosa serva e, soprattutto, cui prodest questa irruzione all'interno della Cassazione.
È vero che si sono svolti dibattiti all'interno delle categorie interessate, nelle associazioni forensi, qualche volta anche in sede processuale, ma non abbiamo trovato un solo riferimento di dottrina moderna che ci dia la sensazione che si voglia rivedere alla base il giudizio di cassazione, facendone un giudizio dedicato alle prove ed agli stessi elementi di valutazione del merito.
Sono stati presentati alcuni emendamenti con i quali si è previsto che la mancata assunzione di una prova decisiva sia certamente un caso importante per


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quella famosa dimostrazione di innocenza di cui tante volte si è parlato; ma cosa si deve censurare? La mancata acquisizione di una prova o la mancanza di motivazione in ordine al diniego di acquisizione della prova?
Così si produrrà un carico maggiore nel corso del tempo, con effetti nefasti.
Qualcuno questa mattina o ieri ha sollevato autorevolmente una preoccupazione in rapporto alla necessità di trasmettere in Cassazione interi fascicoli per valutare se vi sia o non vi sia questa prova, ovvero alla necessità di trasformare la Cassazione in corte d'appello e riprodurre un processo in cui non è previsto il dibattimento.
Allora, perché, a fine legislatura, ancora una volta torna inquietante questo interrogativo? Perché una norma così divaricante? Perché una norma così grave? Perché una norma così impropria?
Perché una norma proprio ora, nel febbraio 2006, mentre sta per scadere il tempo massimo della legislatura, mentre non si è realizzata alcuna riforma organica del processo penale e mentre della Cassazione si è parlato solo in termini polemici con riferimento ad un carico eccessivo?
Certamente ciò non serve all'amministrazione della giustizia, non serve nemmeno all'evoluzione di un sistema serio di riflessioni sul processo penale italiano. Evoluzione che ci auguriamo possa essere realizzata nella prossima legislatura.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, preannunciando il voto contrario sull'articolo in esame, vorrei svolgere alcune considerazioni che riguardano il merito dell'articolo in ordine al ruolo della Cassazione e, più complessivamente, la filosofia con la quale ci si sta comportando in risposta al messaggio del Presidente della Repubblica.
In sede di discussione sulle linee generali, ho notato che l'onorevole Taormina si è spinto addirittura ad affermare che gli insistenti messaggi del Capo dello Stato vulnerano la sovranità del Parlamento. Non so se ci si stia rendendo conto di ciò che sta accadendo: il Presidente della Repubblica, esercitando un ruolo costituzionalmente previsto, si rivolge alle Camere affinché una norma rispetti quanto previsto dalla Costituzione e viene addirittura accusato di violare la sovranità del Parlamento, invece di prendere atto delle ragioni per le quali la norma approvata contrasta con il testo costituzionale. Siamo andati al di là di ogni ragionevole previsione delle storture che si stanno introducendo in questa legislatura nei rapporti tra i massimi organi istituzionali e costituzionali.
Sul merito, fermo restando che questo articolo, per quanto modificato, non cambia nella sostanza i rilievi mossi circa la mutazione quasi genetica della Corte di cassazione, occorre evidenziare che il presente articolo costituisce l'ennesima riprova che la maggioranza aveva la possibilità di approvare una norma conforme ai canoni costituzionali. Sarebbe bastato ascoltare quanto affermato dall'opposizione.
Se si svolge un'analisi comparata tra le osservazioni di merito rese dal Presidente della Repubblica e quanto da noi affermato - cito autorevoli colleghi, molto più competenti di me: gli onorevoli Siniscalchi, Pisapia e Fanfani -, si nota una sostanziale convergenza. Al riguardo ci è stato detto che si faceva dietrologia politica. Cari colleghi, la dietrologia l'avete fatta voi sulla nostra presunta dietrologia, a tal punto che è scomparso il merito.
Ricordo l'onorevole Mazzoni, la quale evidenziava che in una sede convegnistica si era parlato del sistema delle garanzie, con considerazioni che attenevano al tema dell'ontologia garantista, che tuttavia conduceva ad una considerazione di natura più deflazionistica: la deflazione del processo al fine di una sua accelerazione.


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Ricordo l'onorevole Taormina che, polemizzando con l'onorevole Bonito, ironizzava sul «cassazionicidio», come lo ha chiamato. Insomma, una serie di dichiarazioni divertissement, per parlare d'altro, piuttosto che parlare del merito.
Il merito è quello puntualmente rappresentato a questa Assemblea dal Presidente della Repubblica.
A proposito del merito, ricordo che, con le parole dell'onorevole Fanfani e di altri colleghi, non abbiamo espresso una pregiudiziale contrarietà alla modifica del sistema delle impugnazioni: abbiamo detto che tutto questo doveva avvenire all'interno di una revisione organica, di una trattazione dell'argomento che evitasse di introdurre (qualcuno insinua il dubbio che vi siano altre finalità, ma io non faccio dietrologia) modifiche che confliggessero platealmente con il testo costituzionale.

PRESIDENTE. Onorevole Duilio...!

LINO DUILIO. Per concludere, signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo contrari a questo articolo e ribadiamo la nostra contrarietà al provvedimento in esame proprio per il suo carattere parziale.
Ricordo che anche il Presidente della Repubblica ha sottolineato con alcuni aggettivi la precarierità del provvedimento in esame in rapporto all'organicità del testo costituzionale. Ha parlato, se non ricordo male, di un provvedimento disorganico, confuso; è un po' quello che anche noi avevamo detto documentandolo con dovizia di particolari.
Sarebbe meglio, con un po' di saggezza, chiudere i lavori parlamentari lasciando perdere questo provvedimento: ci penseremo noi, semmai, a fare una riforma organica e vi assicuriamo che, avendo noi il senso delle istituzioni, terremo conto anche delle vostre osservazioni (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Applausi polemici dei deputati dei gruppi di Forza Italia, della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.
Le ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione.

FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, naturalmente ascolto sempre con molta attenzione le opinioni espresse da valenti colleghi della maggioranza, come Sergio Cola, però, rispetto alla sua difesa d'ufficio del testo che stiamo contrastando, voglio ricordargli che egli sta contrastando non già l'opinione del sottoscritto o quella dell'opposizione: sta contrastando un'opinione, ampiamente motivata, espressa dalla più alta carica della Repubblica italiana, il Presidente della Repubblica, il quale ci ricorda che, ai sensi dell'articolo 111 della Costituzione - se modificato o non modificato poco rileva su questo punto - «è sempre ammesso ricorso per Cassazione per violazione di legge», che la proposta di legge approvata dalle Camere introduce «un'evidente mutazione delle funzioni della Corte di cassazione, da giudice di legittimità a giudice di merito», ed ancora che «il rischio è "- dice il Presidente -" che ne risulti compromesso il bene costituzionale dell'efficienza del processo, qual è enucleabile dai principi costituzionali che regolano l'esercizio della funzione giurisdizionale, e il canone fondamentale della razionalità delle norme processuali», mettendo in pericolo il precetto costituzionale del buon andamento dell'amministrazione, di cui all'articolo 97 della Costituzione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 8, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.


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Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 427
Maggioranza 214
Hanno votato
273
Hanno votato
no154

(Esame dell'articolo 9 - A.C. 4604-C)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 9 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4604 sezione 9).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sugli identici emendamenti Finocchiaro 9.4 e 9.100 della Commissione, interamente soppressivi dell'articolo 9.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Avverto che, essendo stati presentati esclusivamente emendamenti interamente soppressivi, porrò in votazione il mantenimento dell'articolo.
Passiamo dunque alla votazione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Finocchiaro. Ne ha facoltà.

ANNA FINOCCHIARO. Signor Presidente, il presidente Pecorella, dianzi, replicando ad un mio breve intervento, ha usato un metodo e degli argomenti che non solo non condivido ma che ho trovato inopportuni; lo dico con franchezza, visto che lavoriamo da tanti anni insieme.
Innanzitutto, credo che a nessuno di noi possa essere addebitato, come imputazione negativa, il fatto di voler persuadere l'Assemblea o alcuni settori di essa dell'erroneità del convincimento della maggioranza. A tale riguardo, mi sembra che il modo in cui l'onorevole Pecorella ha guardato all'intervento con il quale mi rivolgevo ai colleghi di Alleanza Nazionale sia stato «improprio».
Questa è una cosa che mi ha immediatamente colpito, ma mi colpisce ancora di più perché l'onorevole Pecorella ritiene che il mio argomentare nei confronti dei colleghi di Alleanza Nazionale possa essere collegato ad una mia presunzione circa il fatto che si possa cambiare opinione tra quei banchi. So benissimo che questo provvedimento è la parte del "bottino" di fine legislatura che tocca a Forza Italia ed interessa anche l'UDC, e che Alleanza Nazionale e la Lega hanno già avuto la loro parte, almeno fino a questo momento; adesso vi è una nuova spartizione in programma, e so bene che, neanche se io rivelassi chissà quale mistero eleusino, qualcuno cambierebbe opinione quest'aula. Quindi, certamente il presidente Pecorella mi sottovaluta se pensa che io possa nutrire questa opinione; ma egli mi sottovaluta anche sotto un altro punto di vista. Egli pensa che io adoperi gli argomenti in forma esclusivamente strumentale e, quindi, li sottovaluta.
Vede, onorevole Pecorella, io facevo riferimento all'esempio della recidiva puntualizzando che il caso in ipotesi di cui stavo ragionando era il caso in cui il giudice avesse un certificato penale non aggiornato, avesse smarrito e andasse a memoria sul certificato penale oppure avesse un certificato penale sbagliato. Si tratta, in sostanza, di ipotesi in cui il giudice si imbatte e resta preda di un errore di fatto, non di un errore nell'applicazione delle norme che riguardano la recidiva. Vi è una differenza sostanziale. Nel secondo caso ha ragione lei, e infatti io non ho citato quell'esempio, non ho parlato dell'erronea applicazione della norma in diritto; in quel caso, si può ricorrere in Cassazione, ai sensi dell'articolo 606, lettera b), del codice di procedura


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penale. Nella ipotesi da me citata non vi è rimedio all'errore di fatto nel quale è incorso il giudice.
Voglio aggiungere un'altra notazione, anche se so che non convincerò nessuno; ma forse un minimo di scrupolo critico potrebbe anche venire a qualcuno, pur obbedendo agli ordini di scuderia per quanto riguarda il voto.
Questo modo di liquidare in maniera infastidita ed anche, me lo lasci dire, un po' supponente la questione, con un «se salta l'appello tanto si va in Cassazione», trascura del tutto il fatto che, se il pubblico ministero impugna una sentenza di proscioglimento sulla base di questa legge e va in Cassazione, l'imputato che è stato assolto avrà la necessità di ricorrere in Cassazione. Mi chiedo quale grave limitazione del diritto alla difesa, sotto il profilo della qualità della difesa e dei costi della stessa, si carichi a questo punto sull'imputato prosciolto in primo grado.
Tutto questo, l'argomento del diritto alla difesa, di cui in quest'aula, dalla vostra parte, ci si è fatti tante volte scudo, non ha alcun rilievo. La verità è che questa legge è fondata sul censo, che essa consentirà di difendersi in Cassazione a chi avrà i soldi per pagarsi un avvocato cassazionista con lo studio a Roma e i soggiorni romani, perché questa volta la presenza della parte in Cassazione non sarà più così assolutamente non necessaria, come potrebbe essere nel classico giudizio di legittimità in Cassazione, poiché in questo caso torniamo a discutere del merito.
Come vedete, le ragioni che vengono spese dalla nostra parte a volte hanno qualche aggancio con la realtà e con opinioni che non sono esclusivamente e strumentalmente orientate a sostenere l'opposizione, ma cercano di trarre qualche ragione fuori dal coacervo delle molte mistificazioni che qui ascoltiamo continuamente (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori e per un richiamo al regolamento.
Mi riferisco a quanto previsto dall'articolo 30 del regolamento. Come lei sa, questo articolo, al comma 5, prevede che, salvo autorizzazione espressa del Presidente della Camera, le Commissioni non possono riunirsi nelle stesse ore nelle quali vi è seduta dell'Assemblea e che, in relazione alle esigenze dei lavori di questa, il Presidente della Camera può sempre revocare le convocazioni delle Commissioni.
Ho posto questo problema - facendo riferimento all'articolo 8 del nostro regolamento in base al quale si prevede che il Presidente assicura il buon andamento dei lavori - all'attenzione della Presidenza e dei colleghi al fine di avere un chiarimento in ordine alle modalità di svolgimento dei lavori parlamentari odierni, non avendo avuto finora informazioni in merito all'orario di sospensione della seduta antimeridiana dell'Assemblea.
A questo riguardo faccio rilevare che nel calendario odierno delle Commissioni parlamentari sono previste diverse convocazioni. In particolare, alle 13,45 si dovrebbe riunire il Comitato per la legislazione; alle 13,30 la Commissione finanze; per le 14 sono convocate le Commissioni affari costituzionali, giustizia, affari esteri, bilancio, cultura, ambiente, agricoltura e politiche dell'Unione europea. Si pone, poi, un problema aggiuntivo per le Commissioni bicamerali per le quali si prevede che il deputato debba avere il tempo di recarsi nelle sedi presso le quali tali Commissioni si riuniscono. Mi riferisco, in particolare, alle Commissioni per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi e a quella per l'infanzia, convocate per le ore 14.
Il motivo di questo mio intervento, per richiamo al regolamento e sull'ordine dei lavori, è quindi quello di comprendere se e quando la Presidenza intenda chiudere i lavori antimeridiani dell'Assemblea e se vi sia un'indicazione del Presidente della Camera in ordine all'eventuale sospensione dei lavori delle Commissioni.


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Ora, dato che la I Commissione si dovrebbe riunire alle 13,30, ritengo sarebbe opportuno sospendere i lavori dell'Assemblea subito dopo avere proceduto alla votazione relativa al mantenimento dell'articolo 9, sul quale è già intervenuta la collega Finocchiaro.

PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante, la soluzione al problema da lei posto è semplice ed era stata già prevista: alle 13,30 sospenderemo i lavori dell'Assemblea, consentendo, in tal modo, alle Commissioni parlamentari di potersi riunire.
Pertanto, andremo avanti con le votazioni fino alle ore 13,30. Riprenderemo quindi l'esame del provvedimento, con immediate votazioni, alle 16, dopo lo svolgimento del question time.
Colleghi, vi prego ora di prestare attenzione a quanto sto per dirvi. Sugli identici emendamenti Finocchiaro 9.4 e 9.100 della Commissione, soppressivi dell'articolo 9, è stato espresso parere favorevole dalla Commissione. Poiché all'articolo 9 sono stati presentati solo tali identici emendamenti soppressivi, sarà posto in votazione il mantenimento dell'articolo. Conseguentemente, chi vorrà ottemperare al parere espresso dalla Commissione dovrà votare contro il mantenimento dell'articolo 9 (Commenti). Non è chiaro? Colleghi, ripeto: in presenza unicamente di proposte emendative interamente soppressive dell'articolo, si procede alla votazione del mantenimento dell'articolo stesso. Nel caso in questione, siccome sugli identici emendamenti soppressivi la Commissione ha espresso parere favorevole, ripeto, chi voglia aderire a tale parere deve votare - chi vuole, ovviamente - contro il mantenimento dell'articolo 9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Kessler. Ne ha facoltà.

GIOVANNI KESSLER. Signor Presidente, la ringrazio per la sua precisazione doverosa e corretta. Noi voteremo contro il mantenimento dell'articolo 9.
In questo caso, intervengo per spiegare che voteremo - per una volta sola - insieme alla maggioranza (Commenti) ...

PRESIDENTE. Onorevole Kessler, le ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione.

GIOVANNI KESSLER. C'è qualche insofferenza, signor Presidente ...

PRESIDENTE. Non si preoccupi, onorevole Kessler, si tratta di turbamenti di fine mattinata ...!
Prosegua pure, onorevole Kessler.

GIOVANNI KESSLER. Signor Presidente, volevo spiegare che voteremo contro il mantenimento dell'articolo perché, dopo l'intervento del Capo dello Stato, la maggioranza ha introdotto, approvando un apposito emendamento, un nuovo articolo 6 mediante il quale si raggiunge lo stesso risultato. Considerato il nuovo testo dell'articolo 6, l'articolo 9 diventa superfluo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, desidero sottolineare un aspetto che ritengo importante, non foss'altro per gli argomenti che ho ripetutamente esposto in questa mattinata di lavori.
Com'è noto, ho sempre cercato di sviluppare le mie argomentazioni avendo come punto di riferimento non già la mia opinione ovvero quella del gruppo parlamentare al quale appartengo, bensì il messaggio presidenziale.
Anche in ordine alle facoltà ed ai poteri processuali delle parti civili, delle parti lese, il Presidente della Repubblica ha articolato ragionamenti ed ha operato esortazioni importanti. Credo di poter dire che, nell'ambito dell'esame che ci ha visti sin qui impegnati, troviamo finalmente una disposizione il cui contenuto dimostra che il messaggio presidenziale ha avuto, ancorché parzialmente, ascolto.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Colleghi, come ho già avuto modo di precisare, poiché sono stati presentati due identici emendamenti interamente soppressivi


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dell'articolo 9, sarà posto in votazione il mantenimento di tale articolo.
Avverto che la votazione avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul mantenimento dell'articolo 9.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 406
Votanti 405
Astenuti 1
Maggioranza 203
Voti favorevoli
16
Voti contrari
389).

Prendo atto che gli onorevoli Rampelli e Volontè non sono riusciti a votare.

(Esame dell'articolo 10 - A.C. 4604-C)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 10 (vedi l'allegato A - A.C. 4604-C sezione 10), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Kessler. Ne ha facoltà.

GIOVANNI KESSLER. Signor Presidente, premesso che siamo contro l'articolo 10, desidero precisare che non abbiamo presentato proposte emendative perché esso è inemendabile.
L'articolo in esame è stato introdotto dalla maggioranza dopo il messaggio del Capo dello Stato ma, a differenza di tutte le altre modifiche effettuate dalla maggioranza, esso non contiene aperture, neppure minime, parziali o soltanto formali, come quelle operate con altri emendamenti, ma si pone addirittura in contraddizione con il messaggio presidenziale. Cos'è successo?
Dopo avere criticato, in modo approfondito ed articolato, l'impostazione della legge ed il principio dell'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento da essa introdotto, il Capo dello Stato rileva, in fine, due contraddizioni. Dice, in sostanza, il Presidente della Repubblica che, rispetto al principio che informa di sé la legge approvata, l'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, vi sono due casi in cui viene lasciata al pubblico ministero o alla parte offesa la possibilità di appellare. Quasi a rafforzare il valore del suo messaggio contro il principio dell'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, il Presidente della Repubblica rileva, cioè, che lo stesso legislatore, la stessa maggioranza, ritiene l'inappellabilità non assoluta, poiché l'appello viene mantenuto in alcuni casi.
Ebbene, di fronte al rilievo di incoerenza del Capo dello Stato, cosa fa la maggioranza? Con l'articolo 10 in esame risolve il problema alla radice! Gli unici due casi di appellabilità che venivano lasciati alla parte offesa o al pubblico ministero vengono, con l'articolo 10, semplicemente cancellati. In realtà, di che cosa si tratta?
Cari colleghi, potete facilmente verificare come l'articolo 577 desse la possibilità alla parte offesa costituitasi in giudizio per i reati di ingiuria o diffamazione di impugnare la sentenza di proscioglimento, offrendo, cioè, la possibilità alla parte offesa di far valere un suo diritto in appello. Questo diritto, che era rimasto nella versione originaria della proposta di legge, viene ora cancellato: un diritto in meno alle parti private, una possibilità in meno di fare giustizia!
Inoltre, nello stesso articolo 10, si elimina anche la possibilità per il pubblico ministero di appellare alcune sentenze dei giudici di pace (dei giudici non togati), quelle sui reati più gravi su cui tali giudici sono chiamati ad esprimere un giudizio.
Cosa tutto questo abbia a che fare con una giustizia che tenda alla verità dei fatti e al rispetto dei diritti di tutte le parti nel processo è difficile comprenderlo!
Questi sono i motivi della nostra contrarietà all'articolo 10.


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fanfani, al quale ricordo che abbiamo preso l'impegno di sospendere la seduta alle 13.30, per l'inizio dei lavori nelle Commissioni. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FANFANI. Signor Presidente, dovrebbe rivolgere questa osservazione all'onorevole Boccia, che mi ha «ordinato» di parlare su un articolo, tutto sommato, di modesta rilevanza rispetto all'organicità del pensiero!

PRESIDENTE. Lei obbedisca con sobrietà!

GIUSEPPE FANFANI. Certamente, ma non potrei non obbedire anche al vicepresidente del mio gruppo. Condivido, comunque, le valutazioni espresse dal collega Kessler.
In realtà, nella lettera con la quale il Capo dello Stato ha rinviato la proposta di legge alle Camere si fa espresso riferimento al contenuto specifico dell'articolo 10, che è stato introdotto dalla Commissione, laddove si richiama l'articolo 577 del codice di procedura penale, il quale continua a prevedere l'impugnazione delle sentenze di proscioglimento per i reati di ingiuria e diffamazione senza specificare se essa riguardi anche l'appello. In relazione a ciò, avremmo preferito una formulazione diversa che, recependo l'osservazione del Capo dello Stato, non si fosse limitata esclusivamente ad eliminare la norma richiamata all'articolo 577, ma avesse correttamente specificato se la norma stessa riguardava anche i casi di appello.
La stessa valutazione vale anche con riferimento all'articolo 36 del decreto legislativo n. 274 del 2000, in relazione al quale era stata sollevata una questione, perché si sarebbe continuato a consentire l'appello del pubblico ministero contro alcuni tipi di sentenze di proscioglimento.
Non dico che non sia stata data risposta o seguito ai rilievi mossi dal Capo dello Stato ma, certamente, riteniamo che essi avrebbero consentito o imposto una valutazione più approfondita. Così, anche all'articolo 10, si sarebbe potuta prevedere, in relazione all'articolo 36 del decreto legislativo sopra richiamato, una disciplina diversa e più completa rispetto alla semplice abrogazione delle parole richiamate nell'articolato.
Anche per questo motivo, oltre che per le considerazioni svolte dal collega Kessler, che condivido, dichiaro il nostro voto contrario.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 10.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 381
Maggioranza 191
Voti favorevoli 244
Voti contrari 137).

Avverto che l'onorevole Leone mi ha chiesto di riprendere l'esame del provvedimento alle 16,30, poiché si prevede che i lavori della Giunta per le autorizzazioni si prolungheranno fino a quell'ora. Perciò, alle 15 avrà luogo lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata e alle 16,30 si riprenderà l'esame di questo punto all'ordine del giorno.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del regolamento, in sede referente alla II Commissione permanente (Giustizia):
S. 3715. - «Conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 271,


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recante proroga di termini in materia di efficacia di nuove disposizioni che modificano il processo civile» (Approvato dal Senato) (6309) - Parere della I Commissione.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dall'articolo 96-bis, comma 1, del regolamento, è altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Per un richiamo al regolamento (ore 13,33).

GABRIELE FRIGATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, intervengo molto brevemente soltanto per richiamare nuovamente l'articolo 135-bis del regolamento della Camera dei deputati, che disciplina le interrogazioni a risposta immediata o question time, come più velocemente si definiscono.
Ho già avuto modo di riferirmi a tale articolo la scorsa settimana, rivolgendomi al Presidente, proprio perché esso prevede che il Presidente del Consiglio partecipi alle sedute dedicate allo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata. In questi anni - voglio brevemente ricordarlo - il Presidente Berlusconi non ha mai rispettato questa norma del regolamento della Camera e non ha mai partecipato a questo appuntamento settimanale, adducendo a motivo sempre impegni di natura internazionale o di Governo o, comunque, di altissimo livello. Oggi, osserviamo che il Presidente Berlusconi è molto presente nei diversi programmi televisivi. Non voglio esprimere un giudizio su questo, ma soltanto ricordare una richiesta, che mi pare estremamente precisa, minimale e legittima, cioè quella che il Presidente Berlusconi, nell'ambito dei suoi impegni, trovi il modo, lo spazio e il tempo di rispettare quanto previsto dal regolamento della nostra Camera.
Pongo la questione per la seconda volta e mi auguro che il Presidente Casini voglia raccogliere questa preoccupazione, che ritengo non sia di tipo personale ma riguardi la dignità stessa ed il ruolo della Camera dei deputati.

PRESIDENTE. Onorevole Frigato, come lei sa, la Presidenza della Camera ha sollecitato più volte la Presidenza del Consiglio nel senso previsto dal regolamento e da lei richiamato. Tuttavia, si tratta di una battaglia persa! Poteri coercitivi non esistono...

PIERO RUZZANTE. Anche per i parlamentari! Chiederò di parlare su questo.

PRESIDENTE. La legislatura ormai è ai suoi sgoccioli; faremo in modo che la questione sia risolta nella prossima legislatura. La ringrazio, comunque, onorevole Frigato. La Presidenza ha sempre prestato attenzione alle sue sollecitazioni, come a quelle degli altri colleghi.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 13,35, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il ministro delle comunicazioni ed il ministro per i rapporti con il Parlamento.


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(Iniziative volte a ripristinare in provincia di Mantova il servizio del recapito celere della corrispondenza - n. 3-05321)

PRESIDENTE. L'onorevole Ruggeri ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-05321 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1).

RUGGERO RUGGERI. Signor ministro, ormai, dal 2000 ad oggi, sono state presentate migliaia di interrogazioni sul funzionamento del servizio pubblico postale in Italia; in provincia di Mantova, la situazione è emblematica. Il recapito è ormai al collasso e a Brescia vi sono circa 12 mila quintali di corrispondenza da smistare: inviti ai congressi delle categorie che non sono stati recapitati, fatture dell'ENEL, con conseguente interruzione delle forniture ad imprese privati, a cittadini e ad enti, fatture della Telecom e del gas, gare pubbliche che sono state disdette perché non sono stati recapitati gli avvisi e pertanto appalti, per così dire, sfumati.

PRESIDENTE. Onorevole Ruggeri, concluda!

RUGGERO RUGGERI. Non a caso, la provincia di Mantova, i sindaci, associazioni, partiti e sindacati hanno promosso una giornata di denuncia di tale caos.

PRESIDENTE. Il ministro delle comunicazioni, onorevole Landolfi, ha facoltà di rispondere.

MARIO LANDOLFI, Ministro delle comunicazioni. Signor Presidente, come l'onorevole interrogante sa, il Ministero delle comunicazioni è legato alla società Poste italiane da un contratto di programma attualmente in fase di rinnovo che, se non consente al Governo di intervenire nella gestione dell'azienda, assicura tuttavia al Ministero, quale autorità di regolamentazione del settore postale, una potestà di vigilanza per verificare il corretto espletamento del servizio universale. Quest'ultimo, pur rispettando l'equilibrio finanziario, dev'essere garantito su tutti i punti del territorio nazionale secondo criteri di ragionevolezza, attraverso un congruo numero di punti di accesso.
Il piano di razionalizzazione e di intervento per il 2005, comunicato da Poste italiane ai sensi dell'articolo 6 del contratto di programma, non riporta chiusure di uffici postali nella provincia di Mantova, dove sono presenti 128 uffici distribuiti in settanta comuni. Poste italiane ha comunicato, tuttavia, di avere attuato una riarticolazione temporanea dell'orario di apertura al pubblico, salvaguardando il presidio capillare del territorio stesso; nel mese di agosto 2005, diciannove uffici sono stati riorganizzati con un'apertura a giorni alterni su base settimanale. L'intervento di razionalizzazione ha coinvolto quindici comuni; nello scorso mese di febbraio, l'azienda ha assicurato che aumenterà di un giorno l'apertura a Solarolo e a Villastrada, frazioni rispettivamente dei comuni di Goito e Dosolo.
La concessionaria ha effettivamente trasferito, nello scorso mese di novembre, presso il centro di meccanizzazione postale di Brescia tutte le lavorazioni di smaltimento della corrispondenza in precedenza effettuate presso il centro operativo postale di Mantova, fermi restando in tale sede l'ufficio di recapito, il servizio accettazione grandi clienti ed il servizio trasporti. Tale iniziativa rientra nel progetto nazionale Nuova rete, che prevede la concentrazione delle operazioni di smistamento della corrispondenza in centri dotati di impianti ad elevata tecnologia in grado di automatizzare le operazioni in precedenza effettuate manualmente. Ciò, allo scopo di ridurre i tempi di lavorazione e ottimizzare i cicli produttivi per garantire un miglioramento degli standard di qualità.
Per affrontare il problema della distribuzione sul territorio degli uffici postali, il Ministero delle comunicazioni ha provveduto all'attivazione di un tavolo di lavoro con la società Poste italiane Spa finalizzato alla definizione dei criteri di distribuzione dei punti di accesso sul territorio,


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con la possibilità di demandare la concreta attuazione a sedi locali di concertazione. Nel contratto di programma 2006-2008 , in corso di definizione, il Ministero intende introdurre ulteriori indicatori di qualità del servizio postale universale, con particolare riferimento alla distribuzione dei punti di accesso sul territorio, agli orari di apertura degli sportelli, ai tempi di erogazione del servizio.
È stato, inoltre, richiesto l'impegno di Poste italiane Spa a non effettuare chiusure di uffici postali che non siano state preventivamente comunicate all'autorità ed adeguatamente giustificate.

PRESIDENTE. L'onorevole Ruggeri ha facoltà di replicare, per due minuti.

RUGGERO RUGGERI. Signor ministro, non ci siamo affatto: qui ci stiamo prendendo in giro! In primo luogo, mi domando cosa centri l'elevata tecnologia quando tutta la posta spedita da Mantova impiega 34 giorni per compiere un tragitto di 10 metri! Se si sposta tutta la corrispondenza a Brescia, poi deve tornare a Mantova: si tratta di 120 chilometri! Cosa c'entrano la tecnologia e l'efficienza? Stiamo scherzando?
In secondo luogo, le contesto il ruolo che lo Stato assume in questo momento. Altro che contratto di servizio: proprietario delle Poste italiane è, al 100 per cento, il Tesoro! Quindi, chi è che può garantire e tutelare l'universalità del servizio postale: l'azienda Poste italiane? Non solo, ma vorrei ricordare che il Governo ha affidato una missione a tale azienda, che consiste nel mostrare affidabilità e senso di responsabilità nell'esercizio delle attività che caratterizzano il servizio postale.
Quindi, caro signor ministro, non ci siamo assolutamente! La invito a ripristinare la logica ed il buon senso. La posta deve arrivare con puntualità, e l'alta tecnologia non ha niente a che vedere con la chiusura del centro di smistamento!
Lei comprende, signor ministro, che se domani dovesse essere chiuso anche il centro di smaltimento della corrispondenza di Brescia, centralizzando magari il servizio a Roma, la posta spedita da un mantovano ad un altro mantovano dovrà essere trasferita a Roma per poi tornare a Mantova (come accade oggi per Brescia). Il risultato sono 12 mila quintali di corrispondenza da smistare, proprio perché è stato chiuso il centro postale di smaltimento di Mantova! Questa è la realtà!
Vorrei tuttavia osservare che vi è una responsabilità da parte di questo Governo. Quando Berlusconi va in televisione e dice: «riforma della scuola: fatto!»...

PRESIDENTE. Onorevole Ruggeri, si avvii a concludere!

RUGGERO RUGGERI. ... dovrebbe aggiungere anche: «smantellamento dei servizi pubblici: fatto!» (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

(Iniziative per dare attuazione al federalismo fiscale e per attribuire alle regioni ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi del comma 3 dell'articolo 116 della Costituzione - n. 3-05322)

PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-05322 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2).

MARCO BOATO. Signor Presidente, signor ministro, due giorni fa il presidente della regione Lombardia, Formigoni, e qualche settimana fa il presidente della regione Veneto, Galan, hanno rivolto attacchi pesanti (quelli da parte di Galan sono stati anche volgari, mentre quelli di Formigoni sono stati più corretti) nei confronti delle autonomie speciali del Trentino e dell'Alto Adige.
Tuttavia, nulla risultano aver fatto né i due presidenti della Lombardia e del Veneto, né il Governo nazionale di centrodestra per attuare l'articolo 119 della Costituzione, modificato nell'ottobre del 2001, in materia di federalismo fiscale. Inoltre, nulla sembrano aver fatto Formigoni


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e Galan per acquisire le nuove competenze di cui potrebbero avvalersi, in forza del nuovo articolo 116, comma 3, della Costituzione.
Risultano, quindi, del tutto pretestuosi ed ingiustificati detti attacchi alle autonomie speciali...

PRESIDENTE. Onorevole Boato, concluda!

MARCO BOATO. ... da parte di due presidenti di regione che sono stati, come il Governo, totalmente inadempienti rispetto ai loro compiti istituzionali.

PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di rispondere.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, il primo quesito posto dall'onorevole Boato riguarda le iniziative assunte in materia di federalismo fiscale. Si ricorda, al riguardo, che la recente riforma costituzionale, concernente la Parte II della Costituzione, non modifica l'attuale assetto dell'articolo 119, di cui vengono ribaditi, dunque, contenuti e struttura.
Tale riforma reca, in particolare, una profonda modifica del bicameralismo, con la connessa istituzione del Senato federale quale espressione di sintesi delle autonomie territoriali. La medesima riforma prevede, inoltre, una revisione del sistema delle competenze legislative tra Stato e regioni.
In altre parole, il Governo ha dato priorità all'architettura istituzionale, che deve precedere, logicamente, la razionalizzazione e la revisione del sistema della finanza pubblica regionale e locale. Ciò comporta che debba essere delineato prima l'assetto delle competenze tra Stato e regioni, per poi dare corso alla legge di coordinamento della finanza pubblica, prevista in Costituzione, che dovrebbe tracciare le linee fondamentali del sistema tributario, ai diversi livelli di governo, e del sistema perequativo, nel rispetto dell'autonomia degli enti territoriali.
Sul piano dell'attuazione della riforma costituzionale varata nel 2001, si ricorda che, nel 2003, è stata approvata la cosiddetta legge La Loggia. Si segnala, in particolare, che, nel mese di luglio del 2005, il Consiglio dei ministri ha adottato in via preliminare, in attuazione di detta legge, uno schema di decreto legislativo di ricognizione dei principi fondamentali in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici.
Per quanto riguarda specificamente il coordinamento della finanza pubblica, con legge n. 289 del 2002 è stata istituita l'alta commissione di studio per indicare al Governo i principi generali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, ai sensi degli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione, in altre parole i principi cardine del federalismo fiscale.
Un ulteriore tassello in tema di federalismo fiscale è stata la questione correlata all'attuazione del decreto legislativo n. 56 del 2000, approvato nella scorsa legislatura. Tale decreto, tuttavia, ha mostrato gravi difetti, in particolare per quanto riguarda i meccanismi perequativi, non consentendo di eliminare i conflitti distributivi tra zone ricche e povere del paese. La perequazione prevista dal decreto legislativo citato è stata, tra l'altro, imperniata su tributi distribuiti in modo fortemente disomogeneo sul territorio nazionale.
A fronte di tali aspetti critici, evidenziati, in particolare da alcune regioni, si è reso necessario dapprima sospendere l'efficacia del decreto e, successivamente, intervenire soprattutto sulla base di un accordo raggiunto con le regioni nel 2005, attraverso la sua modifica, formalizzata nella recente legge finanziaria.
In prospettiva, il tema del federalismo fiscale assumerà una rilevanza sempre maggiore nell'agenda del Governo. Si tratterà, tuttavia, di un passo successivo rispetto alla redistribuzione delle competenze statali e regionali, sulle quali la recente riforma costituzionale è intervenuta sia per rafforzare l'autonomia regionale sia per correggere alcune palesi incongruenze contenute nella riforma del


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2001 sia, infine, per garantire la rappresentanza delle autonomie regionali nel Senato federale.
Una volta rimodulato il quadro delle competenze, finalmente si potranno affrontare compiutamente le tematiche correlate agli aspetti finanziari, anzitutto attraverso un efficace sistema di trasferimento delle risorse, che consentirà alle regioni di esercitare appieno le competenze loro assegnate e successivamente, entro tre anni, attraverso l'implementazione del meccanismo del federalismo fiscale.
L'ultimo aspetto da affrontare è relativo al regionalismo differenziato. Esso, sinora, non è stato utilizzato da alcuna regione, ma, come noto, è stato abrogato nella recente riforma costituzionale, proprio perché avrebbe provocato differenze non comprensibili e non accettabili tra le varie regioni italiane.

PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di replicare.

MARCO BOATO. Signor Presidente, ringrazio il ministro, per la risposta molto puntuale ed attenta che ha fornito. Tuttavia, debbo dire che rimane, purtroppo, confermato il giudizio che ho espresso.
Il ministro ha parlato di provvedimenti che saranno assunti entro i prossimi tre anni e di un'alta commissione di studio. Con le alte commissioni di studio, tuttavia, si studia, ma non si attua quel federalismo fiscale che è in Costituzione, in vigore dall'ottobre del 2001 e che è stato introdotto dalla riforma varata dal centrosinistra, riforma di cui - come ha affermato giustamente il ministro - il centrodestra non ha cambiato nemmeno una virgola, stando a significare che si tratta di una riforma assolutamente valida.
Le mie obiezioni sono in capo al Governo rispetto alla circostanza che più che commissioni di studio, sul piano operativo non ha fatto nulla, a distanza di quattro anni dall'introduzione del federalismo fiscale. Su tale terreno le mie obiezioni sono rivolte soprattutto ai due presidenti Formigoni e Galan, i quali, a loro volta, non hanno fatto assolutamente nulla per sollecitare il federalismo fiscale e si sono «svegliati» a poche settimane dalle elezioni. Questi ultimi non hanno fatto assolutamente nulla per avvalersi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, introdotto dal centrosinistra, che è in vigore e che potrebbe far acquisire loro nuove competenze ed autonomie. Nel frattempo, i medesimi criticano il Trentino e l'Alto Adige, che hanno uno statuto basato su un ancoraggio internazionale - ossia l'accordo De Gasperi-Gruber -, che hanno competenze che nessun'altra regione ha e che, quindi, hanno spese pubbliche enormemente superiori a quelle di qualsiasi altra regione a statuto ordinario, in materia di sanità, di scuola, di previdenza integrativa, di viabilità statale, ed altro. L'ignoranza colossale che Formigoni - sia pure con un linguaggio più rispettoso - e Galan - con un linguaggio offensivo e volgare - dimostrano nei confronti delle loro inadempienze, di quelle del Governo e delle capacità e competenze del Trentino e dell'Alto Adige è francamente sconcertante.
Prendo, tuttavia, in parola il ministro Giovanardi rispetto ai programmi futuri. Ritengo però che tali programmi forse li realizzerà - e lo auspico - il Governo Prodi.

(Traffico illecito di rifiuti pericolosi in Campania - n. 3-05323)

PRESIDENTE. L'onorevole Russo Spena ha facoltà di illustrare l'interrogazione Folena n. 3-05323 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3), di cui è cofirmatario.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Nei giorni scorsi, signor ministro, in Campania sono state arrestate tredici persone, tra le quali esponenti delle Forze dell'ordine, accusate di associazione per delinquere finalizzata al traffico di rifiuti ed al disastro ambientale.
Il giro di affari è stato quantificato in ben 27 milioni di euro, ai quali vanno


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aggiunti secondo la Guardia di finanza 750 mila euro di evasione delle ecotasse. Emerge quindi che nelle campagne di Acerra, nelle acque dei Regi Lagni e in quelle del golfo di Napoli sono finite in questi anni tonnellate di veleni.
Come intende intervenire il Governo? Quando e come intende, attraverso opere urgenti, bonificare il territorio? Soprattutto, perché non mette in atto - cosa che chiediamo da tempo - una moratoria per la costruzione del mega-inceneritore di Acerra, che dovrebbe essere costruito in un territorio in cui il disastro ecologico è già in stato avanzatissimo? Signor ministro, io credo che occorra fermarsi prima che sia troppo tardi.

PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di rispondere.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, in merito alle richieste dell'onorevole Russo Spena si precisa che, con riferimento alle attività previste per la bonifica delle aree comprese nel territorio del comune di Acerra ricadenti nel sito di interesse nazionale denominato Litorale Domizio-Flegreo e Agro Aversano, istituito con legge n. 426 del 1998, è stata stipulata nell'aprile 2005 una convenzione tra Sviluppo Italia ed il commissario di Governo per l'emergenza bonifiche a tutela delle acque nella regione Campania al fine di effettuare la subperimetrazione delle aree interessate da criticità ambientale ed elaborare progetti preliminari e definitivi di bonifica. Le attività che finora sono state svolte hanno riguardato: la ricognizione del territorio comunale ai fini della sua subperimetrazione per l'individuazione delle aree pubbliche e private potenzialmente inquinate su cui avviare il procedimento previsto dalle norme vigenti in materia (il documento di subperimetrazione è stato consegnato agli enti competenti e discusso nella Conferenza dei servizi del 26 gennaio 2006, recentissima); la predisposizione del piano di caratterizzazione relativo alle aree pubbliche o di competenza pubblica conseguente alla subperimetrazione del territorio comunale di Acerra e, da ultimo, la progettazione e gli interventi di messa in sicurezza ed emergenza sulla falda di Acerra. È stato progettato un test pilota per il dimensionamento del sistema del pompaggio e del trattamento chimico-fisico delle acque emunte. Il comune di Acerra ha in corso di espletamento un accordo con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e con il commissario per rendere disponibili cinque milioni di euro per l'avvio di questa attività.
In merito poi alla bonifica del golfo di Napoli, il 5 gennaio 2006 il commissario di Governo ha incaricato l'istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicato per la predisposizione del progetto preliminare per la bonifica dell'area sulla base dei risultati di caratterizzazione dei sedimenti dell'area marina perimetrata. Contestualmente alla predisposizione di tale progetto, Sviluppo Italia provvederà a predisporre in collaborazione con l'ICRAM, il progetto preliminare e definitivo di bonifica che sarà oggetto di esame in sede di una prossima Conferenza dei servizi ai sensi di legge.
Infine, in merito alla richiesta di mettere in moratoria la costruzione dell'inceneritore di Acerra, si è già avuto modo di rispondere più volte in quest'aula. Non può che ribadirsi la necessità di realizzare impianti collegati, inceneritore e termovalorizzatore, proprio al fine di evitare lo sfruttamento intensivo dei rifiuti e la gestione delle discariche abusive ad opera della criminalità organizzata. Le cose di cui stiamo parlando, i disastri ambientali, sono causa proprio di una presenza massiccia di criminalità organizzata che prospera sul mercato dei rifiuti e impedisce che vengano fatte opere regolari di smaltimento o di termovalorizzatori; qualche volta è anche dietro le proteste perché vuole continuare a lucrare sui traffici illeciti, mentre lo smaltimento dei rifiuti viene ad essere un'attività legale e monitorata proprio per evitare l'inquinamento del territorio.


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PRESIDENTE. L'onorevole Russo Spena ha facoltà di replicare.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Signor Presidente, il Governo in verità sembra essere posseduto da una sorta di coazione a ripetere dei suoi errori nella discussione che abbiamo fatto già altre volte in quest'aula. Il Governo non si rende conto, invece, che la moratoria della costruzione del megainceneritore ad Acerra è indispensabile proprio per evitare infiltrazioni camorristiche e per ricostruire un piano regionale dei rifiuti che abbia una sua validità, una sua efficacia e una sua scientificità. Infatti, ministro Giovanardi, su due punti perlomeno non si può che essere d'accordo, sono i fatti che parlano, è inutile intestardirsi in maniera autoritaria. Primo, si era detto che le comunità che protestavano contro il megainceneritore in qualche modo facevano opera di puro egoismo. Ebbene oggi, dallo stesso provvedimento del Governo approvato qualche giorno fa, si dimostra che vi erano una scientificità ed una tecnologia obsolete e che mancava la valutazione di impatto ambientale.
È stato rescisso - come chiedevamo da due anni - il contratto di gestione con la FIBE, per il quale i titoli della Impregilo, il gruppo di cui fa parte la FIBE, in borsa erano schizzati al rialzo, mentre aumentava l'ecodisastro.
La stessa Presidenza del Consiglio, attraverso la Protezione civile e il dottor Bertolaso, in seguito alle lotte, ha riconosciuto qualche tempo fa che il megainceneritore aveva bisogno, cito testualmente, di 27 sostanziali e costosissime variazioni strutturali. Altro che alta tecnologia!
Allora, ci chiediamo perché non vengano applicate le direttive europee che indicano la priorità della raccolta differenziata, eliminando l'ipotesi di completare il ciclo di smaltimento dei rifiuti costruendo i megainceneritori. Forse (mi pare che questa osservazione non sia malevola), perché esistono interessi economici enormi della potente lobby dei gestori degli inceneritori? È inutile essere ipocriti, perché i fatti hanno la testa dura e dimostrano che le comunità di Acerra hanno ragione.

(Disagi causati dal maltempo negli aeroporti e nelle stazioni ferroviarie del centro-nord - n. 3-05324)

PRESIDENTE. L'onorevole Rizzi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Dario Galli n. 3-05324 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4), di cui è cofirmatario.

CESARE RIZZI. Signor Presidente, una perturbazione intensa e duratura ha portato nella Pianura padana un'ondata di gelo e neve anche a basse quote, provocando gravi disagi soprattutto negli aeroporti lombardi e nelle stazioni ferroviarie del centro-nord.
Nelle giornate del 27 e 28 gennaio 2006, gli aeroporti di Linate e Malpensa sono stati chiusi a causa delle abbondanti nevicate, provocando gravi disagi per gli utenti del servizio, che hanno assistito alla cancellazione dei voli su tutti gli scali dell'area interessata.
Anche nelle stazioni ferroviarie, negli stessi giorni di maltempo, si è assistito a forti ritardi, i quali hanno stravolto la normale programmazione delle corse.
Oltretutto, le Ferrovie dello Stato hanno reso noto che, a causa delle eccezionali nevicate, 18 Eurostar sono stati soppressi e mandati nelle officine per un'accurata revisione.
La soppressione degli Eurostar per le tratte coperte e la soppressione dei voli hanno paralizzato l'intero settore dei trasporti.
Signor ministro, vorremmo sapere quali misure il Governo intenda adottare, al fine di evitare che, ogni qual volta si verificano situazioni del genere, si paralizzi completamente il paese.

PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di rispondere.


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CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevole Rizzi, vorrei svolgere una premessa, e mi rivolgo anche all'onorevole Ruggeri, per lo show che ha fatto prima. Ferrovie dello Stato e anche Poste italiane sono state sostanzialmente privatizzate dal Governo Prodi e dal centrosinistra ed hanno avuto una loro autonomia di gestione. Quindi, respingo al mittente le ironiche osservazioni svolte in precedenza.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, oltre ai fondi assegnati per la manutenzione straordinaria, ha previsto, nel terzo addendum al contratto di programma con le Ferrovie dello Stato, oneri per la manutenzione eccezionale per calamità naturali pari a 30 milioni di euro nel 2004 ed a 20 milioni di euro nel 2005.
Il contratto di programma prevede gli interventi necessari alla manutenzione ordinaria e straordinaria della rete ferroviaria per un totale di circa 1.200 milioni di euro annui; mentre è già stato avviato un piano di miglioramento finanziario per 2.100 milioni di euro che riguarda interventi sulle infrastrutture ferroviarie.
Per l'effettiva allocazione di dette risorse, nonché per la redazione del prossimo aggiornamento del piano prioritario degli investimenti, la società Rete ferroviaria italiana terrà conto dei recenti eventi atmosferici che hanno interessato le regioni del nord Italia.
Per quanto attiene al materiale rotabile sottoposto a revisione, risulta trattasi di treni Eurostar delle prime generazioni, che hanno manifestato problemi tecnici, che sono stati, comunque, già risolti nei convogli di successiva costruzione.
Nello specifico dei fatti straordinari delle ultime giornate dello scorso gennaio interessate da condizioni atmosferiche particolarmente critiche, soprattutto nel nord-ovest, Ferrovie dello Stato ha fatto sapere che la società Trenitalia ha messo a punto un programma di circolazione e di assistenza alla clientela, allo scopo di assicurare, comunque, la mobilità sia di media e lunga percorrenza sia di quella locale.
Per quanto riguarda la circolazione dei treni, il 90 per cento dei treni ha circolato regolarmente; sono stati impiegati oltre 10 mila addetti fra macchinisti, manovratori, personale di bordo e delle sale operative.
Riguardo all'assistenza, sono stati coinvolti circa 200 addetti, oltre a quelli normalmente impiegati nel settore, e sono state assunte tutte le opportune iniziative per far fronte all'emergenza. Ad esempio, tutte le sale d'aspetto sono rimaste aperte, sono state presidiate tutte le località critiche, sono stati messi a disposizione della clientela 220 taxi, sono state offerte 70 stanze d'albergo, sono stati impiegati 40 autobus per i servizi sostitutivi e distribuiti 3 mila kit di generi di conforto, distribuite centinaia di coperte e così via.
Infine, quale segno di attenzione commerciale nei confronti della clientela per il disagio affrontato nel viaggio, è stato disposto un rimborso ai viaggiatori in possesso dei biglietti per i treni coinvolti che sono arrivati in ritardo a causa del maltempo.
Ultima cosa: per quanto riguarda gli scali aeroportuali, l'ENAC ha fatto presente che l'operatività di Malpensa nelle giornate delle precipitazioni nevose è da considerarsi soddisfacente in considerazione dell'eccezionalità delle precipitazioni, continue ed abbondanti.
Non era possibile fare di più di quanto è stato fatto, tenendo soprattutto presente - ma questo vale per Malpensa e per gli aeroporti degli Stati Uniti e di tutta Europa - che quando ci sono diversità di questo tipo, bisogna equilibrare gli standard di sicurezza della navigazione aerea, sia in atterraggio che in partenza, con il problema della puntualità dei voli.
Quindi, quando le precipitazioni o il maltempo sono di un certo tipo, tutti gli aeroporti del mondo, per ragioni prudenziali, chiudono al traffico, proprio per evitare ciò che, purtroppo, è capitato alcune volte, ossia che aerei fatti partire in determinate condizioni meteorologiche - ricordo, per esempio, quello di Cuba - abbiano causato dei disastri aerei.


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PRESIDENTE. L'onorevole Rizzi ha facoltà di replicare.

CESARE RIZZI. Signor ministro, io posso condividere con lei il discorso sulle Ferrovie dello Stato, che sono state trascurate negli ultimi cinquant'anni. Ovviamente si è privilegiato tutto il traffico su gomma e si è trascurata completamente la rete ferroviaria. Questi sono i risultati che verifichiamo ultimamente.
Inoltre, signor ministro, ultimamente - guarda caso - abbiamo avuto una serie di scioperi nell'ambito della compagnia di bandiera, l'Alitalia, che hanno causato disagi per quei poveracci che non sapevano se potevano partire o meno.
Poi è arrivata l'eccezionale nevicata, che si è sommata a tutti i disagi che si sono avuti prima.
Vi sono treni sporchi e pieni di parassiti. Meglio non parlarne! Tante volte sembra di essere in un paese sottosviluppato, che non è in grado di fare le pulizie.
Sono sempre dell'avviso che, dopo 15 giorni di caos totale, con tutti quegli scioperi dei dipendenti... È da notare che qualche aereo, da quanto ho letto sui giornali, è stato anche boicottato.
Vi sono tutti questi personaggi, che pensano solo a scioperare, grazie ai sindacati! Non ho mai visto tanti scioperi come in questi ultimi anni. Si è svolta una serie di scioperi incredibile. Sono convintissimo che le stesse persone che scioperavano non sapevano per quale motivo lo facevano, ma avevano l'ordine di farlo.
Non si può più andare avanti così, con un paese paralizzato completamente, a discapito dei cittadini e degli utenti. Se la compagnia di bandiera non funziona, dobbiamo avere il coraggio di licenziarla. Sono fallite la Panam e la Swissair e altre grandissime compagnie aeree e non è successo niente.
Mandiamo allora a casa questi personaggi, che hanno dimostrato che se ne fregano completamente dell'interesse pubblico e privato (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

(Interventi presso l'Enac al fine di superare i problemi inerenti alla gestione degli aeroporti siciliani - n. 3-05325)

PRESIDENTE. L'onorevole Floresta ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-05325 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5).

ILARIO FLORESTA. Signor ministro, l'insularità della Sicilia e delle isole minori, come Lampedusa e Pantelleria, come si sa, pone notevoli problemi di contiguità territoriale laddove il sistema trasporti non dovesse funzionare.
Sappiamo tutti cosa abbiamo ereditato in Sicilia per quanto riguarda le ferrovie. La situazione è disastrosa e solo con il Governo Berlusconi si è dato luogo a grossi lavori e a progettazioni per l'ammodernamento della rete ferroviaria.
Abbiamo portato il ponte sullo Stretto di Messina - mi sia consentito il bisticcio di parole -, ma l'Unione non vuole unire la Sicilia e la penisola italiana attraverso il ponte.
Restano gli aeroporti e, in special modo, sia gli aeroporti grandi, sia quelli medi e piccoli della Sicilia. Ultimamente noi deputati siciliani e di Forza Italia ci siamo accorti - e per questo abbiamo presentato diverse interpellanze e questa interrogazione a risposta immediata -, che ci sono parecchi disguidi, tutti riportabili certamente all'Enac, che non è da considerare responsabile, ma è l'ente che controlla la gestione del traffico aereo e la gestione aeroportuale.
Pertanto, vogliamo sapere cosa intenda fare il Governo dei confronti dell'Enac.

PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di rispondere.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevole Floresta, in merito ai lavori per la realizzazione della nuova


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aerostazione di Catania si fa presente che il piano trasporti 2000-2006 prevede un finanziamento di oltre 75 milioni di euro, classificato come grande progetto da destinarsi all'aerostazione passeggeri. Per il prossimo 6 marzo il commissario straordinario per le opere strategiche di Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia ha indetto una specifica riunione per la verifica dello stato di avanzamento dei lavori, le relative criticità e cronoprogramma dei lavori stessi.
L'Enac ha fatto presente che l'aeroporto di Catania ha mostrato un trend di crescita significativo, superando i cinque milioni di passeggeri nel 2005. La società di gestione dell'aeroporto ha ritenuto opportuno riconsiderare l'assetto distributivo funzionale della nuova aerostazione, al fine di portare la capacità da cinque a sette milioni di passeggeri, con un incremento di due milioni rispetto a quanto previsto nel progetto appaltato. Inoltre, nel corso dell'appalto sono state emanate e rese attuative nuove norme circa gli aspetti di sicurezza, norme in materia di antincendio e di impianti elettrici, norme in materia antisismica, che hanno comportato gli inevitabili aggiustamenti ed il conseguente allungamento dei tempi.
Ad ogni modo, considerato lo stato di esecuzione delle opere, considerato che si è approntato un programma di verifica molto stringente circa la conclusione delle opere, si può affermare con ragionevole certezza che la prossima stagione estiva (summer) sarà operata utilizzando la nuova infrastruttura.
Per quanto riguarda, quindi, i collegamenti aerei per le isole minori e per la Sicilia in regime di continuità territoriale, nel corso della Conferenza dei servizi tenutasi per la definizione delle modalità di prosecuzione non sono emerse, da parte degli amministratori locali, particolari lacune organizzative. Tuttavia, in attesa di dare attuazione alla nuova articolazione di collegamenti programmati dalla Conferenza dei servizi, il Ministero delle infrastrutture sta vagliando l'opportunità di prorogare fino al 31 dicembre 2006 gli attuali collegamenti con le isole minori. Relativamente alla lamentata problematicità sui collegamenti effettuati da Meridiana e Air One in regime di oneri di servizio, l'Enac fa conoscere che, da un'indagine svolta, è emerso che negli ultimi tre mesi del 2005 le cause dei principali disservizi sono da ricercare nelle avverse condizioni meteorologiche, in special modo in partenza dall'aeroporto di Pantelleria, ove sono state registrate cancellazioni di undici voli di andata e ritorno a carico di Meridiana e cinque voli di andata e ritorno a carico di Air One.
In merito, infine, alle problematiche relative all'attuazione dell'accordo sottoscritto fra l'Enac e la regione Sicilia per la gestione degli scali di Pantelleria e Lampedusa, si fa presente che il nuovo codice della navigazione prevede, per il rilascio della concessione di gestione totale aeroportuale, l'espletamento di procedure di gara ad evidenza pubblica secondo la normativa comunitaria. In considerazione delle attuali disposizioni vigenti l'affidamento della concessione totale degli aeroporti di Pantelleria e Lampedusa, attualmente a gestione diretta dello Stato, dovrà pertanto avvenire secondo le previsioni normative.
Credo si possa dire, in conclusione, che, malgrado le difficoltà, siamo in un contesto di forte crescita del traffico aereo. Le infrastrutture, dunque, devono essere adeguate al momento di grande sviluppo, anche economico e turistico, sottostante alla suddetta crescita continua di trasporto aereo.

PRESIDENTE. L'onorevole Floresta ha facoltà di replicare.

ILARIO FLORESTA. Signor ministro, sa quanto io la apprezzi, ma debbo dire che la sua risposta non mi soddisfa molto perché è elusiva in alcuni passaggi. Avevamo chiesto per quale motivo vi è disparità di trattamento e di intervento dell'Enac nei vari aeroporti. Ad esempio, mentre a Trapani-Birgi si consente che una società non abbia alcuna carenza dal punto di vista gestionale, e l'Enac voleva


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ritirare la concessione, all'aeroporto di Borsellino si consente ad un'altra società di fare dumping, non rispettando il contratto nazionale collettivo degli aeroportuali.
A Lampedusa, ultimamente, si è avuta l'assegnazione di una gara: guarda caso, l'AST (società mista controllata al 51 per cento dalla regione siciliana) l'ha perduta a favore dell'EAS, una società controllata da Air One. Per quel caso vi sono forti dubbi, tant'è che esiste un ricorso al TAR per la regolarità della gara.
Per quanto riguarda la gestione di Lampedusa e Pantelleria, l'Enac è controllore e, pertanto, non può essere anche controllato: dovrebbe sbrigarsi ad effettuare tutte le procedure per cedere la gestione totale.
Veniamo, infine, all'aeroporto di Catania. Innanzitutto, conosco perfettamente il finanziamento avuto a suo tempo - devo riconoscerlo - dal ministro Burlando, con una mia fortissima pressione.
Però, in primo luogo il finanziamento non è sufficiente e, in secondo luogo, vi sono forti resistenze locali affinché questo aeroporto abbia uno sviluppo adeguato. Si tratta di un aeroporto che, se ben gestito, potrebbe arrivare ad avere anche 15 milioni di passeggeri, ma forse gli interessi di qualcuno fanno sì che ciò non avvenga per quel fantomatico aeroporto hub del Mediterraneo, che non potrà mai essere realizzato e che appartiene alla pura fantasia politica.
Per concludere, signor ministro, noi siciliani le chiediamo sentitamente di far sì che l'Enac controlli ed adotti gli stessi criteri e si attenga alle disposizioni di legge affinché gli aeroporti siciliani funzionino perfettamente. Noi siciliani, per le marginalità che abbiamo, non possiamo avere un servizio aeroportuale che non funziona. Credo che, in questo periodo, l'Enac non abbia ottemperato a ciò e ce ne dispiace. Quando al vertice dell'ente è stata nominata una persona siciliana, pensavamo che conoscesse perfettamente la situazione, mentre ci siamo accorti che a volte è disattenta.

(Interventi per garantire la sicurezza dei cittadini - n. 3-05326)

PRESIDENTE. L'onorevole Lucidi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-05326 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6).

MARCELLA LUCIDI. Signor Presidente, torniamo a parlare di sicurezza dei cittadini. Siamo preoccupati della violenza che cresce nelle nostre città, al nord come al sud. Due giorni fa, in Umbria, il carabiniere Donato Fezzuoglio è stato brutalmente ucciso durante una rapina in banca. In questi anni, sono aumentati i delitti ed allarmano le rapine nelle abitazioni, soprattutto nelle ville del Veneto e della Lombardia. Lo ha confermato il primo presidente della Corte di cassazione Marvulli inaugurando l'anno giudiziario. La criminalità si fa più aggressiva, restano ignoti molti autori dei reati e ciò giustifica un crescente allarme sociale. Intanto, tagliate le risorse alle Forze di polizia.
Vi domandiamo che idea avete di questa situazione e come intendete intervenire.

PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di rispondere.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, sin dall'inizio il Governo ha impostato la politica di sicurezza su tre pilastri fondamentali: controllo del territorio, prevenzione, coordinamento.
In tale quadro si iscrivono le più importanti iniziative di questi cinque anni: il nuovo piano per il controllo del territorio coordinato tra polizia e carabinieri, l'integrazione di 77 sale operative, 3.701 poliziotti e carabinieri di quartiere distribuiti in 748 aree territoriali, polizia dei parchi e pattugliamento di territori nuovi, come quelli virtuali di Internet, per il contrasto alla pedofilia, all'aggressione ed al terrorismo.


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Nella realizzazione di questa strategia, hanno assunto grande rilievo le operazioni ad alto impatto, rivolte a combattere le forme delinquenziali, che maggiormente incidono sulla sensazione di sicurezza dei cittadini.
Ricordo, più in particolare, le operazioni denominate «Vie libere», condotte contro il traffico di droga, la prostituzione, lo smercio di prodotti contraffatti e contro l'immigrazione clandestina che, nel complesso, hanno portato all'arresto di 18.386 persone e alla denuncia di altre 21.935, nonché al sequestro di 5.390 chilogrammi di droga e di circa 465 mila prodotti contraffatti. Sono stati espulsi 24.364 immigrati clandestini.
Nel quadriennio 2001-2005, si sono avuti importanti successi anche nella lotta al terrorismo interno, con la disarticolazione delle nuove Brigate rosse, l'arresto dei responsabili degli omicidi Biagi e D'Antona e di altre 94 persone, ed a quello internazionale, con l'arresto di 203 persone accusate di appartenenza a cellule eversive operanti in Italia. Quest'ultimo dato ci ricorda che tutto ciò è avvenuto nello stesso arco temporale, in cui è stato necessario rivedere a fondo le politiche di sicurezza a seguito dell'11 settembre 2001. Ricordo solo la vigilanza in essere di 13 mila obiettivi sensibili.
Veniamo ai dati. Rispetto al quadriennio precedente, sono diminuiti reati di forte impatto sociale: gli omicidi del 17 per cento, le rapine in banca del 9,7 per cento, le rapine agli uffici postali del 19 per cento, i furti in abitazione del 34,4 per cento, i furti di autoveicoli del 26,2 per cento, gli scippi del 24,8 per cento, i furti nei negozi del 21 per cento, i borseggi del 9,2 per cento, per non parlare dei reati connessi alla droga (diminuiti del 14,5 per cento), alla prostituzione (diminuiti del 25,2) e alle rapine in villa (fenomeno recente e grave), per le quali nel 2005 si è comunque registrata una diminuzione del 18 per cento.
Per quanto riguarda le risorse finanziarie, preciso innanzitutto che i tagli del 2006 non riguardano il comparto sicurezza, escluso sia dalle riduzioni di spesa per i consumi intermedi e per gli investimenti fissi lordi sia dalla riduzione del 10 per cento degli stanziamenti per il lavoro straordinario.
Ma vi è di più: con la legge finanziaria sono stati stanziati circa 300 milioni di euro per far fronte alle esigenze dell'amministrazione dell'interno, a quelle infrastrutturali e di investimento a favore delle Forze dell'ordine, nonché per il funzionamento dell'Arma dei carabinieri ed il potenziamento dell'attività della Guardia di finanza.
La legge finanziaria ha, altresì, previsto lo stanziamento di 136 milioni di euro a regime per l'integrazione del contratto economico del biennio 2004-2005, di 70 milioni per il 2006 e di 105 milioni, a decorrere dal 2007, a titolo di vacanza contrattuale per il biennio economico 2006-2007.
Sottolineo, infine, che, nell'ultimo quadriennio, si è registrato un incremento medio mensile delle retribuzioni del comparto sicurezza di quasi 400 euro lordi, a fronte di 250 del quadriennio precedente.
Quattrocento euro lordi magari saranno anche pochi, ma chi aveva assicurato alle Forze dell'ordine soltanto 250 euro credo non possa criticare chi ha quasi raddoppiato tale importo.

PRESIDENTE. L'onorevole Lucidi ha facoltà di replicare.

MARCELLA LUCIDI. Signor Presidente, la sicurezza dei cittadini è un bene fondamentale e oggi è un tema molto serio. Fino al 2001 i reati diminuivano, mentre in questi anni i reati sono cresciuti. Rispetto a quell'anno, il 2005 ne ha registrati 700 mila in più.
Le chiedo il motivo per cui vi coprite dietro le percentuali! Perché non ci dite i dati annuali dei reati, non le percentuali?

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Del quadriennio! Sono dati ufficiali!

MARCELLA LUCIDI. Nei giorni scorsi abbiamo ascoltato la protesta delle Forze


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di polizia che si oppongono al riordino delle carriere in assenza di risorse adeguate. Denunciano che la finanziaria non ha attribuito loro le risorse per il contratto, tagliando quelle per l'attività di indagine, per i servizi, per la strumentazione, per la formazione e per l'assistenza.
Sentiamo parlare di poliziotti di quartiere: sono una buona idea, ma pochi sono i cittadini che li incontrano. Vi sono zone delle città non presidiate, sedi dove il personale è scarso, vi è penuria di automezzi ed è debole il servizio nelle ore notturne!
Certo, sono aumentate le esigenze e vi è il rischio del terrorismo, ma, allora, non serve fare propaganda!
Confrontiamoci sulla violenza che cresce nelle strade, nelle case e tra i giovani, che diventa un messaggio urlato e ostentato negli stadi. Una violenza che chiama violenza e riproduce paura! Invece, continuate a dire che le cose migliorano; elogiate un sistema che non affronta le emergenze sociali, ma le reprime (immigrazione, devianza minorile, droga); è un sistema che invita i cittadini ad armarsi e li lascia sempre più soli.
Non vi è sicurezza se non vi è coesione sociale, se non vi è libertà! È un progetto impegnativo, ma possibile.
Non sappiamo chi governerà tra qualche mese, ma vi diciamo che, se saremo noi, vi proporremo di affrontare i problemi per come sono: guardandoli e non negandoli come, invece, avete fatto in questi anni (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!

(Iniziative volte a favorire l'assunzione di persone disabili - n. 3-05327)

PRESIDENTE. L'onorevole Giuseppe Gianni ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-05327 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7).

GIUSEPPE GIANNI. Signor Presidente, la legge 12 marzo 1999, n. 68, prevede il collocamento obbligatorio delle persone disabili, promuovendone l'inserimento e l'integrazione lavorativa. In base a tale legge, i datori di lavoro, pubblici e privati, sono tenuti ad assumere una determinata quota di lavoratori disabili rispetto al numero complessivo delle assunzioni.
Tale normativa non è sempre stata tenuta in considerazione e, quindi, spesso non si è proceduto ad assumere le persone che dovevano essere assunte, perché, magari, si è preferito assumere giovani agevolati dalla defiscalizzazione. Talvolta accade addirittura che i datori di lavoro, pur essendo obbligati all'assunzione, assumano tali categorie di persone per poi licenziarle, con la scusa dello scarso rendimento.
Vorrei chiedere al Governo quali iniziative intenda adottare per favorire ulteriormente l'assunzione delle persone disabili e se non sia opportuno introdurre una defiscalizzazione dei contributi in funzione delle assunzioni obbligatorie per le categorie protette.

PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di rispondere.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevole Gianni, molto serenamente le vorrei dire - non ho alcuna difficoltà ad ammetterlo - che la legge voluta dal centrosinistra ha sviluppato le sue potenzialità, giocando un ruolo di effettivo strumento innovativo di politica attiva del lavoro nei confronti di una categoria, i disabili, a forte svantaggio sociale.
Infatti, si è passati da una modalità di inserimento impositiva ad una modalità consensuale, trasformando il collocamento in un nuovo intervento più dinamico e in grado di realizzare pienamente le esigenze di domanda e di offerta di lavoro attraverso efficaci processi formativi e percorsi personalizzati in cui vanno implementate le attitudini e le capacità positive esistenti nella sfera del soggetto da collocare. Quindi, non più un'imposizione obbligatoria,


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bensì diritto al lavoro delle persone con disabilità.
L'obbligo di assunzione permane per il datore di lavoro, ma all'interno di un rapporto più equilibrato fra le parti e in una situazione non più imposta dall'alto, rigidamente determinata, ma in dialettiche contrattuali in cui le parti - datore di lavoro e lavoratore disabile, con la fattiva intermediazione dei servizi provinciali per l'impiego - devono costruire insieme un percorso di inserimento lavorativo il più possibile personalizzato. Il datore di lavoro deve creare i presupposti per l'espletamento efficace dell'inserimento lavorativo in azienda e il disabile deve mettere a disposizione le sue personali e particolari capacità che, se opportunamente valorizzate, gli permettono di esprimere al meglio le sue potenzialità, affinché sia agevolato nel suo percorso di inclusione sociale.
A tal fine la legge prevede una molteplicità di misure che permettono di trovare, con i dovuti accorgimenti e con l'utilizzo di strumenti idonei, la giusta collocazione del soggetto disabile in un contesto lavorativo. Il collocamento mirato, infatti, si fonda su interventi volti ad incentivare le assunzioni mediante la fiscalizzazione - totale o parziale a seconda del grado di disabilità - dei contributi previdenziali e assistenziali relativi ad ogni lavoratore disabile che venga assunto tramite convenzione. Infatti, le convenzioni, ex articolo 11, sono finalizzate ad un inserimento concordato - adempimento cadenzato degli obblighi convenzionali attraverso varie tipologie contrattuali - e permettono al datore di lavoro obbligato di accedere alla fiscalizzazione di cui sopra. La fiscalizzazione trova la sua legittimazione nelle somme messe a disposizione dal Ministero del lavoro, che annualmente ripartisce alle regioni la spesa prevista che grava sul fondo nazionale.
Inoltre, alla legge n. 68 del 1999 si è affiancato l'articolo 14 della cosiddetta legge Biagi, che consente alle imprese di conferire commesse di lavoro alle cooperative sociali che impiegano persone svantaggiate o disabili e, quando l'inserimento interessa lavoratori in particolari situazioni di disabilità, il loro avviamento al lavoro è considerato utile al fine della copertura della quota di riserva cui sono tenuti i datori di lavoro con almeno 15 dipendenti.
Tenuto conto dell'impianto del collocamento mirato, con l'intervento istituzionale di più soggetti (comitato tecnico, servizi sanitari e formativi, province e regioni) che seguono il disabile nel percorso lavorativo fino all'inserimento in azienda, si ritiene che i casi di licenziamento per scarso rendimento siano dovuti non tanto ad un difetto legislativo - infatti, il combinato disposto delle due disposizioni è efficace -, quanto ad un atteggiamento negativo e disonesto di alcuni datori di lavoro che, invece di applicare la legge, la disapplicano.

PRESIDENTE. L'onorevole Giuseppe Gianni ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE GIANNI. Condivido la risposta fornita dal ministro, che ritengo estremamente puntuale.
Invito, inoltre, il ministro ad un intervento ancora più forte nei confronti del Ministero competente, al fine di evitare la persistenza di questa discriminazione con riferimento a persone meno fortunate di noi. Signor ministro, sollecito inoltre un suo intervento affinché i nostri lavori possano essere seguiti anche dai sordomuti, sottotitolando gli interventi.

(Primo bilancio dell'attuazione del cosiddetto «superbonus» introdotto dalla recente riforma in materia di pensioni - n. 3-05328)

PRESIDENTE. L'onorevole Benedetti Valentini ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-05328 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8), di cui è cofirmatario.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor ministro, mentre la sinistra fa demagogia - ha fatto i cortei per i pensionati,


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li ha portati in gita -, peggiorando progressivamente la situazione dei pensionati e dissestando il sistema pensionistico e degli istituti previdenziali, lasciandoci un'eredità per la quale si rischiava da qui a pochi anni di non pagare più le pensioni, il nostro Governo ha cercato di sovvenire costruttivamente a queste situazioni, bonificando gli enti, elevando le pensioni minime, realizzando la tanto attesa totalizzazione dei periodi assicurativi - affinché non andasse disperso alcun periodo di lavoro contributivo -, liberalizzando l'età pensionabile per i lavoratori che lo volessero.
In questo quadro, che riteniamo ampiamente positivo pur a fronte delle ben note difficoltà finanziarie, le chiediamo come il Governo intenda utilizzare le risorse che si sono create e quelle che si creeranno, visto che, con il sistema della previdenza complementare (altra importante riforma del centrodestra) che andrà in vigore dal 1o gennaio 2008 e con il cosiddetto «superbonus», che consente di rimanere al lavoro con un alleggerimento dei contributi pensionistici da versare e un forte aumento della retribuzione, si sono realizzati dei grossi risparmi.
Il gruppo di Alleanza nazionale è interessato a conoscere l'utilizzazione sociale delle risorse che sono state create.

PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di rispondere.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, vorrei premettere che il Governo utilizzerà i risparmi derivanti dall'approvazione della norma cui si fa riferimento secondo quanto deciso dal Parlamento nella legge finanziaria per il 2006, all'articolo 1, comma 271, che ha previsto che la destinazione dei risparmi derivanti dal rinvio al 2008 delle misure inerenti la previdenza complementare siano destinate al miglioramento dei saldi di finanza pubblica per il conseguimento degli obiettivi concordati in sede di Unione europea.
Per quanto riguarda il bilancio dell'attuazione del «superbonus» sono in grado di fornire i dati aggiornati al 31 gennaio 2006. I soggetti richiedenti sono stati in totale 63.322, di cui 56.342 uomini e 6.980 donne; il numero delle domande accolte è stato di 51.655 con riferimento a 46.105 uomini e 5.560 donne.
Per una valutazione degli effetti della disposizione in questione si fa presente che tale analisi presuppone l'individuazione di due diversi tipi di richiedenti: soggetti che, in assenza del bonus, avrebbero immediatamente chiesto la pensione di anzianità (per tali lavoratori l'effetto sul bilancio dell'INPS risulta interamente positivo ed è rappresentato dalle rate di pensione non corrisposte; non si verifica invece alcuna perdita in termini di contributi che non sarebbero comunque stati versati a seguito del pensionamento dell'interessato); soggetti che, in assenza del bonus, avrebbero continuato a lavorare sotto l'ordinario regime di contribuzione (per tali lavoratori l'effetto sul bilancio dell'Istituto è invece da considerarsi negativo, in quanto non vi è un risparmio immediato, visto che l'interessato non avrebbe comunque richiesto la pensione, verificandosi invece un mancato introito contributivo pari all'ammontare del bonus).
In considerazione, quindi, dell'oggettiva difficoltà nell'individuazione delle due tipologie di richiedenti, nonché delle valutazioni in merito all'effettiva propensione dei soggetti ad aderire al bonus previdenziale, l'Istituto ha fornito un'ipotesi degli effetti economici relativi alla disposizione in questione.
Con riferimento alla domanda di bonus accolta entro il 31 dicembre 2005 (ricordo che usufruire del bonus significa continuare a lavorare, prendere uno stipendio maggiore e non pagare più i contributi, con grande beneficio per coloro che rimangono a lavorare) l'effetto netto del provvedimento, pari al saldo fra la minore spesa pensionistica e il mancato introito contributivo, sarebbe per l'anno 2005 il seguente: un effetto positivo di 635 milioni di euro nell'ipotesi in cui i casi di effettivo posticipo del pensionamento rappresentino i due terzi del totale; un effetto


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positivo di 247 milioni di euro nell'ipotesi in cui ne rappresentino il 50 per cento del totale.
È ragionevole ritenere che il risultato finale dovrebbe avvicinarsi alla seconda ipotesi, cioè ai 247 milioni di euro, anche se il dato complessivo degli effetti sarà disponibile solo quando sarà noto anche il periodo per il quale i soggetti hanno usufruito del bonus. Vi sono, dunque, già effetti positivi diretti, da una parte per i circa 50 mila lavoratori, che, continuando a lavorare, hanno usufruito di un aumento molto sensibile dello stipendio e dall'altra per l'erario relativamente ai 247 milioni di euro.
È chiaro che, se il Parlamento decidesse di utilizzare queste somme non a saldo del debito ma per altri impieghi, l'indicazione più utile da dare sarebbe quella di destinarli nell'ambito del sociale.

PRESIDENTE. L'onorevole Benedetti Valentini ha facoltà di replicare.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor ministro, la ringrazio. Mi sembra di poter positivamente dire che dalla sua risposta si evince in primo luogo che questo Governo sta cercando di risanare seriamente i nostri conti ed il nostro bilancio, contrariamente a quanto va dicendo Romano Prodi, che è il dissestatore di tutte le finanze ma che accusa gli altri di volerlo fare.
Il Governo, dunque, si sta muovendo su una linea di grande rigore e da questo punto di vista esprimo soddisfazione.
Del pari esprimo soddisfazione, perché i dati, non la propaganda, dimostrano che la operazione del «superbonus», cioè dell'incentivo a coloro che, volontariamente, liberamente e non necessariamente, scelgono di andare più tardi in pensione, continuando a dare il loro contributo di esperienza e di lavoro, percependo una retribuzione più abbondante grazie ai contributi pensionistici non versati, è un'operazione vincente di questo Governo.
Manifesto invece perplessità, o perlomeno giudizio di attesa, se mi consente, da alleato di Governo rispetto all'immediato futuro. Le dico, infatti, onorevole ministro, che Alleanza Nazionale punta molto sull'utilizzazione per fini sociali di queste risorse che noi, insieme a voi, avvedutamente abbiamo creato. Ci ripromettiamo di poter attuare una forma ragionevole e graduata di aggancio delle pensioni alla dinamica salariale e al costo della vita, con un paniere adattato e specifico per i ceti pensionati; interventi mirati e selezionati per le famiglie più in difficoltà, affinché trattengano in casa anziani, portatori di handicap e pluralità di figlioli.
Infine, ci ripromettiamo una seria e non demagogica operazione per elevare, nei limiti del possibile, ma sostanziosamente, gli assegni di accompagnamento e le pensioni di vera invalidità, sottoponendo ad una vera e seria azione di revisione e controllo quelle che non risultano giustificate.
Quindi, la nostra soddisfazione si unisce anche ad un impegno per destinare tali risorse a queste prioritarie finalità sociali (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 15,55, è ripresa alle 16,30.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Armani, Ballaman, Boato, Carrara, Di Virgilio, Duilio, Fontanini, Gasperoni, Giordano, Intini, Lucchese, Mantovani, Martusciello, Massidda, Moroni, Pistone, Romani, Rosso, Ruggeri, Saponara, Selva, Sgobio, Stucchi, Tremaglia, Valentino, Valpiana, Viceconte, Violante, Vitali, Volontè e Zanella sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono novantatré, come risulta


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dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione della proposta di legge n. 4604-C.

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è stato votato, da ultimo, l'articolo 10.

(Esame dell'articolo 11 - A.C. 4604-C)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 11 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4604-C sezione 11).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. La Commissione esprime parere contrario su tutte le proposte emendative presentate all'articolo 11, ad eccezione del subemendamento 0.11.100.3 e dell'emendamento 11.100 della Commissione, di cui raccomanda l'approvazione.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che le prossime votazioni avranno luogo a scrutinio palese.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 11.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 400
Maggioranza 201
Hanno votato
182
Hanno votato
no 218).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Finocchiaro 11.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.

VINCENZO SINISCALCHI. Signor Presidente, l'articolo 11 rappresenta il cuore del provvedimento in esame. In tale articolo, infatti, si rinvengono i punti che maggiormente hanno formato oggetto di attenzione da parte del Capo dello Stato.
Il Presidente della Repubblica, nel suo messaggio di rinvio alle Camere, ha ripreso sostanzialmente un aspetto che noi avevamo più volte evidenziato, sia in Commissione sia nel corso della discussione sulle linee generali in Assemblea, sia al momento in cui si è proceduto alla prima votazione del provvedimento.
L'articolo 11 crea i problemi maggiori nel momento in cui non pone alcun limite alla valenza del provvedimento, non opera alcuna distinzione e, come purtroppo è avvenuto con altri provvedimenti che hanno avuto ad oggetto situazioni particolari nel corso di questa legislatura, dichiara sostanzialmente l'immediata efficacia del sistema.
Noi segnaliamo, ancora una volta, all'Assemblea, in conformità sia al messaggio del Capo dello Stato sia al messaggio del presidente della Corte di Cassazione, che il testo risultante dal lavoro svolto dalla maggioranza in Commissione non rispecchia affatto le indicazioni contenute nel messaggio del Presidente della Repubblica.
Si era detto, e noi l'abbiamo più volte ripetuto, che si sono operati due stravolgimenti.
Uno riguarda l'acquisizione della prova, l'impugnabilità delle sentenze; un altro,


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assai allarmante (come si legge nei rilievi del primo presidente della Corte di cassazione), riguarda la sovversione sostanziale di tutto il sistema della Cassazione, presso la quale dovranno essere depositati i fascicoli.
Le norme che gli esponenti della maggioranza hanno approvato finora pongono alla Corte di cassazione problemi di cui essa non si è mai occupata: l'analisi del fatto, l'analisi delle prove. Evidentemente, si tratterà di un'analisi parziale perché, con i nuovi motivi di ricorso, previsti dal testo in esame, la Corte sarà costretta ad annullare sentenze nelle quali verrà individuato un punctum minoris resistentiae nella mancata acquisizione di una prova, nell'illogicità della motivazione, nella contraddizione tra sentenza e motivi di ricorso della difesa ed il vero e proprio fascicolo. In un processo per mafia, per omicidio, per corruzione o concussione, tutto il fascicolo rimane nella disponibilità del giudice di merito, perché non può formare oggetto di valutazione in Cassazione. Se, invece, sarà approvata la norma in esame, che rappresenta l'elemento più allarmante e più devastante di tutto il sistema che è stato costruito, i fascicoli dovranno essere portati davanti alla Corte di cassazione.
Non si tratta di un problema logistico, che potrebbe essere superato - il Capo dello Stato ed il primo presidente della Corte di cassazione non si sarebbero soffermati su una difficoltà di carattere logistico -, ma di un problema che rende ancor più incerta la giurisdizione. Proprio nel momento in cui si parte da esasperate ed inutili forme di garantismo, si costruisce un sistema che paralizza il giudizio di Cassazione e che dilata ulteriormente i tempi del processo. Infatti, dal momento che la legge entra in vigore immediatamente, bisognerà valutare i nuovi motivi, dando conto della loro valutazione nel procedimento e le udienze già fissate dovranno essere rinviate. Inoltre ...

PRESIDENTE. Onorevole Siniscalchi ...

VINCENZO SINISCALCHI. ... i nuovi motivi condurranno certamente, in molti casi, ad annullamenti, per compiere questo anomalo supplemento di valutazione del fatto.
C'è da chiedersi a chi giovi tutto ciò. Vi sono situazioni particolari? Se si fosse trattato di questo, probabilmente, non avremo nemmeno contrastato tanto il provvedimento in esame ed avremmo fatto in modo ...

PRESIDENTE. Onorevole Siniscalchi, dovrebbe concludere!

VINCENZO SINISCALCHI. ... che tali situazioni finalmente ricevessero una soluzione ad personam: piuttosto che irrompere nel sistema in questo modo, provocando un ulteriore elemento di collasso, sarebbe stato molto meglio fotografare la situazione!
Ecco perché invitiamo i colleghi a riflettere in maniera particolare sugli effetti devastanti dell'articolo 11.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, un minuto sarà più che sufficiente per stigmatizzare fermamente l'atteggiamento della maggioranza.
In relazione alla norma transitoria di cui ci stiamo occupando, il messaggio presidenziale contiene censure forti e decise. Rispetto ad esse, la maggioranza non ha operato alcuna modifica del testo al nostro esame, se non inserendo in esso l'irrilevante inciso: «dalla data di entrata in vigore della presente legge» (riferito ai motivi che possano essere presentati nella fase transitoria).
Noi riteniamo che l'atteggiamento di assoluta chiusura della maggioranza riguardo alle osservazioni presidenziali dovrebbe avere, per rispetto istituzionale, una motivazione parlamentare e politica, che finora è mancata.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.


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Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 11.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 431
Maggioranza 216
Hanno votato
204
Hanno votato
no 227).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 11.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 437
Maggioranza 219
Hanno votato
200
Hanno votato
no 237).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Kessler 11.20.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Kessler. Ne ha facoltà.

GIOVANNI KESSLER. Onorevoli colleghi, con questo emendamento vorremmo evitare che le disposizioni contenute nella proposta di legge che stiamo esaminando si applichino anche ai procedimenti già in corso presso la Corte di cassazione; come ci ha segnalato il Capo dello Stato e come è stato ribadito dall'onorevole Siniscalchi, la proposta di legge che state per approvare porterà ad una devastazione della Corte di cassazione.
Sarà difficilmente sopportabile per la Corte fare fronte allo snaturamento delle sue funzioni, che le viene imposto dal provvedimento, nonché difendersi dall'enorme appesantimento di carico di fascicoli e faldoni processuali che le verranno scaricati addosso.
Cito testualmente il Capo dello Stato quando affermo che tutto questo è aggravato dalla norma transitoria che prevede l'applicabilità anche ai procedimenti pendenti delle nuove disposizioni che ampliano i casi di ricorso per cassazione.
Non ha, invero, alcun senso, neppure nella vostra ottica, estendere l'enorme ampliamento del tema decidendum anche ai processi che già si trovano incardinati in cassazione, perché se posso capire - ma non condividere - che a una delle parti o a tutte sia stato negato il grado di appello e quindi voi vogliate in qualche modo compensare questa negazione mediante un allargamento della cognizione di cassazione, tuttavia non si capisce perché tale estensione debba riguardare anche quei processi pendenti che hanno già passato il vaglio di due gradi di giudizio. Questo è davvero - così come dice il Capo dello Stato - un aggravamento degli effetti già negativi della legge!
Forse, però, una ragione c'è (o, così come suggeriva l'onorevole Siniscalchi, ve ne è più d'una). Infatti, ricordo che, nel corso della prima lettura alla Camera della proposta di legge, intervenne l'onorevole Previti, negando che la stessa potesse in qualche modo riguardarlo o favorire una sua condotta processuale.
Ebbene, proprio questa norma transitoria che vogliamo modificare per salvare quel poco che ancora è salvabile della Corte di cassazione, in realtà, potrà essere ben sfruttata da imputati come l'onorevole Previti, che hanno pendente un processo in Cassazione su un tema decidendum ben definito e che, grazie a questa norma transitoria, potranno allargare a dismisura il tema decidendum anche ad altre prove (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia). L'onorevole Previti, come tanti altri, potrà lavorare per sfuggire al processo e per arrivare celermente alla «morte» del processo stesso per prescrizione, i cui termini, peraltro, sono stati accorciati da una recente legge approvata da questo Parlamento.


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Signor Presidente, nel chiedere di poter sottoscrivere l'emendamento in esame, vorrei svolgere due rapide considerazioni. Questa norma transitoria, oggettivamente, ha il sapore dello scandalo. Già è uno scandalo che si discuta in questi ultimi giorni di legislatura un provvedimento che avrebbe meritato maggiore approfondimento. Noi non abbiamo obiezioni in linea di principio a rivedere e riformare in maniera sistematica il regime delle impugnazioni (lo ha detto a luglio il collega Fanfani, che ha autorevolezza e competenza in questa materia). Tuttavia, siamo davvero avviliti perché - qui sta lo scandalo - ancora una volta, in questo Parlamento si discute di un provvedimento così importante ma che nasce da vicende giudiziarie di qualcuno.
Lo si fa nella fase di scioglimento del Parlamento. Credo che in nessuna democrazia al mondo vi siano situazioni e precedenti di questo genere! Altro che riforma della giustizia in favore dei cittadini, di tutti i cittadini! Con queste leggi ad personam la giustizia è vilipesa. Quando l'idea di giustizia veniva degradata, i greci parlavano di hybris, riferendosi al confine oltrepassato, alla misura superata, all'eccesso di forza, alla dismisura. Nella dismisura - diceva Platone - sta l'origine di ogni male e questo è un male grave che voi fate al paese ed alla giustizia (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Previti. Ne ha facoltà.

CESARE PREVITI. Sono anch'io con Platone. La dismisura è all'origine di ogni male ed è la vostra dismisura! L'onorevole Kessler, o killer, non so come si chiami (Proteste dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)... Insomma, questo signore non sa nulla del mio processo e quindi non può sapere...

RENZO INNOCENTI. Si vergogni!

PIERO RUZZANTE. Sono insulti! Vergogna!

PRESIDENTE. Onorevole Previti, rivolgendosi ad un collega, la prego...

CESARE PREVITI. ... se la norma riguardi il mio processo (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, onorevole Previti, ma credo che sarebbe...

CESARE PREVITI. Non conosco il suo nome e non lo voglio conoscere (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PIERO RUZZANTE. Smettila!

PRESIDENTE. Onorevoli Colleghi! Onorevoli colleghi, vi prego! Un attimo di silenzio!

ALFONSO GIANNI. Vergogna!

CESARE PREVITI. Stai zitto! Stai zitto!

PRESIDENTE. Un attimo di silenzio, onorevoli colleghi! Sto parlando con l'onorevole Previti (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)! Ho detto di fare silenzio, perché sto parlando con l'onorevole Previti!
Onorevole Previti, lei ha usato, nei confronti di un collega, un termine che non posso accettare. Quindi, la prego di scusarsi con l'onorevole Kessler (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!


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ANTONIO LEONE. E quello che dicono loro?

PRESIDENTE. Mi spiace ma « killer » non si può dire (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!

CESARE PREVITI. Signor Presidente, se lei trova questo termine inappropriato, mi scuso con lei e con l'Assemblea ma non con l'onorevole - come si chiama? - Kessler (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
In questa Assemblea, per cinque anni sono stato aggredito a sproposito (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo) e rifiuto queste forme di aggressione (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e Alleanza Nazionale)! Quella di oggi è particolarmente gratuita! Presso la Corte di cassazione pendono 90 mila ricorsi (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)... Pendono 90 mila ricorsi (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e Alleanza Nazionale)!

LUIGI OLIVIERI. Pensa ai soldi che hai, all'estero e in Italia!

CESARE PREVITI. Credo che l'onorevole Kessler, e magari tutti voi, sareste soddisfatti se fosse escluso solo il mio (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!
Questa è una vergogna! È una vergogna (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)! Siete aggressivi contro una persona (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)! Siete voi che volete le leggi contra personas, non io, non noi quelle ad personam!
Questa legge non mi riguarda e lo so io, perché conosco il mio ricorso! Uscirò da questa vicenda a testa non alta ma altissima! Lo so già (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
Nel frattempo, si saranno coperti di vergogna coloro i quali mi hanno aggredito gratuitamente (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale), senza nulla conoscere dei processi che mi riguardano, se non le aggressioni mefitiche di una certa stampa, che le ha fatte per ragioni che non sono certo di giustizia (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!
Ecco perché sento il dovere di intervenire, perché mai come questa volta sono chiamato in causa a sproposito su una legge che è giusta, sacrosanta, ben fatta e non mi riguarda (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU))!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Kessler 11.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 445
Maggioranza 223
Hanno votato
202
Hanno votato
no 243).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 11.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 444
Maggioranza 223
Hanno votato
198
Hanno votato
no 246).


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Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 11.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 453
Maggioranza 227
Hanno votato
206
Hanno votato
no 247).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Kessler 11.21.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Kessler (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo - Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
Onorevole Kessler, le devo fare presente che il suo gruppo ha terminato i tempi, compresi quelli aggiuntivi (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia) ... Colleghi, vi prego...
Tuttavia, utilizzando il tempo a disposizione per gli interventi a titolo personale, le concederò due minuti.

GIOVANNI KESSLER. La ringrazio, Presidente; per la verità, lei sa che avevo chiesto di parlare sul mio emendamento 11.21 già prima dell'intervento dell'onorevole Previti, per esporre pacatamente - come ho e abbiamo noi tutti sempre fatto - le nostre ragioni e senza offendere nessuno, a differenza di quanto ha fatto l'onorevole Previti (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
So che la verità fa male (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)! Nel mio intervento mi sono permesso di chiarire perché siamo contrari a questa norma e di ribadire le ragioni di merito, che sono poi le stesse del Capo dello Stato. Mi sono, altresì, permesso di aggiungere che si consentirà a molti imputati, i cui processi, oggi, sono già incardinati presso la Corte di cassazione, di ottenere più facilmente la «morte» del processo stesso per prescrizione. Tra tali imputati, vi è anche l'onorevole Previti e dalla sua reazione deduco di avere detto qualcosa (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale) ...

PRESIDENTE. Colleghi...

GIOVANNI KESSLER. ... che può dare fastidio.

MARIO PEPE. Vergogna!

GIOVANNI KESSLER. Se ciò è vero o non è vero, lo vedremo fra pochi mesi o tra poche settimane, per cui non vi è motivo di agitarsi; questa non è certo una aggressione nei confronti di nessuno! Non merita e non meritava le reazioni scomposte che vi sono state. Evidentemente, abbiamo toccato un nervo scoperto; ho dichiarato in Parlamento quanto molti colleghi della maggioranza dicono nei corridoi (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo - Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

GAETANO PECORELLA, Presidente la II Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GAETANO PECORELLA, Presidente la II Commissione. Signor Presidente, anzitutto ritengo che l'onorevole Kessler non possa permettersi di attribuire a colleghi della maggioranza - che certamente non parlano con lui, e non hanno alcun motivo di farlo - pensieri che non hanno e parole che non dicono (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale). Questo è il primo punto.
Il secondo punto del mio intervento è il seguente. Vorrei che ci spiegasse, onorevole Kessler, come può ancora sostenere che il Presidente della Repubblica ha censurato


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tale norma dopo che la Commissione, nell'esame che abbiamo svolto oggi, ha presentato una proposta emendativa che sostituisce interamente il testo del secondo e terzo comma con cinque nuovi commi, proprio in relazione alle indicazioni che ha dato il Presidente della Repubblica dichiarando che si deve evitare la conversione dell'appello in ricorso per Cassazione, il che noi abbiamo per l'appunto previsto.
Vengo alla terza e ultima osservazione. Vorrei capire come può l'onorevole Kessler sostenere che i processi vanno in prescrizione quando è stato previsto, al massimo, un termine di 45 giorni - giustamente, perché un cittadino non deve essere penalizzato solo perché vi sono dei pubblici ministeri che lo vogliono in galera a tutti i costi -; ebbene, vi sono 45 giorni e non credo proprio che il problema affrontato dall'onorevole Kessler...

GUGLIELMO ROSITANI. È un «killer» somaro!

GAETANO PECORELLA, Presidente la II Commissione. ...possa trovare la sua soluzione non nel merito, come sarà, ma nei 45 giorni. Quindi, non dichiariamo cose non vere pur di creare polemiche ed offendere le persone (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Kessler 11.21, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 445
Maggioranza 223
Hanno votato
200
Hanno votato
no 245).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Finocchiaro 11.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 453
Maggioranza 227
Hanno votato
205
Hanno votato
no 248).

Passiamo alla votazione del subemendamento Kessler 0.11.100.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Kessler, al quale ricordo che ha a disposizione due minuti. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Tempo, Presidente!

GIOVANNI KESSLER. Con questa proposta emendativa, veniamo ai commi che sarebbero modificati dalla proposta della Commissione; infatti, onorevole Pecorella, gli argomenti di cui parlavamo prima e che io ho ricordato per l'onorevole Previti attengono al primo comma, che non è mai stato modificato. Invece, vi è stata una lunga, faticosa e ripetuta modifica, da parte della maggioranza della Commissione, di questo comma che - attenzione, colleghi - prevede una cosa molto seria e dalle conseguenze molto gravi, che riguardano - stando a quanto si dice, dicono i giornali, dite nei corridoi (e che nessuno dice in questa sede) - un altro ex parlamentare, qui non presente (e pertanto non lo nomino, ma potete leggerlo sui giornali). Così si dice; io non lo so. Però, bisogna essere chiari; altrimenti, veramente di questa norma non si comprende la ragione.
Anche qui il problema sembra quello di risolvere e di chiudere velocemente un


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altro processo. Si dice che, se un imputato è stato assolto in primo grado e condannato in appello e poi la Cassazione annulla la sentenza di condanna con rinvio, il processo, secondo questa norma transitoria, una volta che torna in appello, finisce.
Ci si è accorti, tra ieri sera e questa mattina - o meglio, la maggioranza stessa se ne è accorta -, dell'assurdità di tale disposizione, poiché la Corte di cassazione potrebbe aver annullato la sentenza di condanna in appello magari in ordine all'entità della pena, oppure relativamente ad una recidiva concessa o meno, ma confermando comunque la colpevolezza.
Con l'approvazione del comma 4 dell'articolo 11 del provvedimento in esame, allora, si sarebbe gettata nel nulla tale sentenza: una scelta assurda ed incostituzionale! Adesso si cerca di rimediare attraverso il subemendamento della Commissione...

PRESIDENTE. Onorevole Kessler, si avvii a concludere!

GIOVANNI KESSLER. ... che esamineremo di qui a poco. Parlerò anche sulla successiva proposta emendativa, signor Presidente, in modo da concludere definitivamente il mio intervento.
Come dicevo, si vuole rimediare prevedendo che l'annullamento della sentenza di condanna in appello vale in tutti i casi, a meno che la Corte di cassazione abbia deciso su punti diversi dalla pena o dalla misura di sicurezza. Infatti, se la Cassazione sarà intervenuta annullando solo la pena o una misura di sicurezza, si andrà avanti.
Chiedo tuttavia a voi colleghi, nonché agli estensori di questa norma e, in particolare, al relatore: ma se la Corte di cassazione avesse annullato la sentenza di condanna dell'appello solo relativamente ad una circostanza aggravante o attenuante, oppure limitatamente alla concessione o meno della recidiva, cosa accadrebbe?

Una voce dai banchi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana: Tempo!

GIOVANNI KESSLER. Guardate che, in base alla normativa che proponete, il processo si concluderebbe! Infatti, se una persona è stata riconosciuta colpevole due volte, anche dalla Corte di cassazione, in via definitiva, e la stessa Cassazione rileva che vi è una recidiva da concedere o no, oppure un'attenuante da concedere o no, voi fate valere tale decisione come un'assoluzione. Si tratta di una scelta palesemente irragionevole, palesemente sbagliata e palesemente incostituzionale, di cui non vi siete ancora accorti!
Ve ne siete accorti, solo in parte, tra ieri sera e questa mattina, ma il vostro subemendamento ancora non basta. La fretta di portare a casa, a tutti i costi, questo risultato, al fine di ottenere vantaggi processuali a beneficio di alcuni imputati «eccellenti», vi tradirà (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Kessler 0.11.100.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 452
Votanti 451
Astenuti 1
Maggioranza 226
Hanno votato
204
Hanno votato
no 247).

Prendo atto che l'onorevole Ranieli non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento


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0.11.100.3 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 453
Votanti 451
Astenuti 2
Maggioranza 226
Hanno votato
288
Hanno votato
no 163).

Prendo atto che l'onorevole Ranieli non è riuscito a votare.
Prendo atto altresì che gli onorevoli Frigato, De Mita, Iannuzzi e Realacci hanno espresso erroneamente un voto favorevole, mentre avrebbero voluto esprimerne uno contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Kessler 0.11.100.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 452
Maggioranza 227
Hanno votato
206
Hanno votato
no 246).

Prendo atto che l'onorevole Ranieli non è riuscito a votare.
Prendo atto altresì che l'onorevole Viceconte ha erroneamente espresso un voto favorevole, mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 11.100 della Commissione, nel testo subemendato, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 452
Votanti 451
Astenuti 1
Maggioranza 226
Hanno votato
246
Hanno votato
no 205).

Prendo atto che l'onorevole Ranieli non è riuscito a votare.
Sono conseguentemente preclusi gli emendamenti Finocchiaro 11.9 e 11.10.
Passiamo alla votazione dell'articolo 11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Finocchiaro, alla quale ricordo che ha due minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

ANNA FINOCCHIARO. Signor Presidente, intendo ritornare sulla questione sollevata poc'anzi dall'onorevole Kessler, perché non vorrei che, in questa concitazione che si manifesta alla fine della discussione del testo, sfuggisse all'attenzione un problema molto serio. Si tratta di un'osservazione, onorevoli colleghi, che non è dettata dalla volontà di non agevolare qualcuno o di ostacolare la maggioranza nel percorso di approvazione della proposta di legge in esame.
La questione è semplice e l'onorevole Kessler l'ha spiegata bene. Credo che i numerosi colleghi della maggioranza appartenenti alla II Commissione - che sono avvocati, magistrati e giuristi - siano pienamente in grado di verificare la fondatezza dei rilievi sollevati dall'onorevole Kessler.
Infatti, la situazione cui si ha fatto riferimento il collega può senz'altro prodursi nella realtà, e poco importa - scusate, onorevoli colleghi - che possa verificarsi in 3 mila casi o in soli due casi. Ritengo, infatti, che l'impatto sarebbe, comunque, assolutamente contrastante anche con la stessa volontà della maggioranza.


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Ci troviamo, in altri termini, in una situazione nella quale viene annullata una sentenza di condanna da parte della Corte di cassazione. Sappiamo che la sentenza di condanna può essere annullata per ragioni molto diverse.
L'onorevole Kessler ha proposto un esempio che, forse, meglio di tutti gli altri spiega la nostra preoccupazione. La sentenza viene annullata, ad esempio, sulla considerazione che una determinata circostanza aggravante è stata presa in considerazione e un'altra circostanza attenuante non lo è invece, o per una questione che riguarda, ad esempio, la recidiva. In questo caso, di determinerebbe una situazione per cui si produrrebbe la chiusura del processo, la «cristallizzazione» dell'assoluzione per legge! Non credo che alcuno tra i colleghi della maggioranza - nemmeno il Governo - sia in condizione di accettare una possibile conseguenza di tal genere.
Peraltro i colleghi della maggioranza hanno regolato tale aspetto in maniera diversa, di volta in volta, continuando a presentare emendamenti nella Commissione di merito, perché non tornavano i conti. Molti di noi hanno partecipato alle sedute della Commissione giustizia e sanno quali discussioni si siano svolte tra l'onorevole Gironda Veraldi, l'onorevole Taormina, il presidente della stessa Commissione, noi, ed in quale difficoltà, ad un certo punto, la maggioranza si è venuta a trovare.
Non voler far fronte ad un errore macroscopico, al quale possiamo porre rimedio, francamente non capisco a quale logica ed a quale livello di responsabilità possa corrispondere.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 11, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 454
Maggioranza 228
Hanno votato
248
Hanno votato
no 206).

Prendo atto che l'onorevole Ranieli non è riuscito a votare.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4604-C)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Oricchio. Ne ha facoltà.

ANTONIO ORICCHIO. Signor Presidente, svolgerò poche brevi considerazioni, a nome del gruppo Misto-Popolari-UDEUR e ed anche a nome mio personale per un doveroso intervento su un provvedimento che segna l'ennesimo rinvio del Capo dello Stato. È una circostanza che non si era verificata in altre legislature. Vi è da ritenere che gli sforzi di questa fine legislatura non abbiano, per questo provvedimento, colmato il carattere disorganico ed asistematico che è stato posto in evidenza nel messaggio di rinvio del Capo dello Stato.
Lo stesso impianto legislativo dell'atto Camera n. 4604 si segnala per un'incongruenza dell'intero testo. Si elimina, infatti, una possibilità di secondo grado di giudizio di merito, di appello da parte della pubblica accusa e si dilata, in maniera irrazionale, la possibilità di ricorso per cassazione, con modifiche apportate dopo il rinvio, che sono inconsistenti ed ininfluenti ai fini di rimediare alle illegittimità costituzionali palesate e definite tali nello stesso messaggio di rinvio da parte del Capo dello Stato.
Deve essere segnalata la mutazione del ruolo della Corte di cassazione e l'ininfluenza della modifica apportata all'articolo


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7, comma 1, lettera b), che non riesce a far superare lo snaturamento del ruolo della Cassazione cui saremo costretti ad assistere. Vi è, infatti, un allargamento a dismisura della possibilità di ricorso per cassazione, che finirà per travolgere il ruolo che tale Corte aveva, con una dilatazione, tra l'altro, dei tempi processuali, in aperta violazione di quanto previsto dall'articolo 111 della Costituzione.
Sono convinto che se in quest'aula, nei mesi scorsi, dopo le elezioni regionali, vi fossero stati più parlamentari e più schieramenti politici che avessero operato per eliminare quest'ultimo anno di legislatura, sicuramente avremmo risparmiato alcune incongruenze inutili e dannose per il paese, quali questa legge, che si segnala ancora come l'ultimo atto, probabilmente, di un ultimo anno di legislatura che forse sarebbe stato meglio evitare al nostro paese, lasciando agli elettori, come avverrà tra pochi mesi, il compito di decidere su quale sarà la coalizione più giusta per governare il paese stesso (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Popolari-UDEUR e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marotta. Ne ha facoltà.

ANTONIO MAROTTA. Signor Presidente, oltre le sterili polemiche - che sono fisiologiche in un sistema bipolare e che ci vedono, purtroppo, sempre contrapposti - è necessario fare una valutazione seria ed articolata sull'importanza del provvedimento che ci avviamo a votare.
Il principio dell'appello solo per le sentenze di condanna è di grande rilievo. È nel primo grado del giudizio che si forma la prova.
Nel 1989, con il rito accusatorio, abbiamo introdotto un sistema nel quale l'oralità e l'immediatezza dovevano rappresentare tutto nel processo di primo grado, nel quale il giudice ha la possibilità di acquisire la prova direttamente attraverso le testimonianze e l'interrogatorio dell'imputato.
Allora, bisogna dare fiducia e forza a questo sistema e un passo significativo in tal senso è proprio quello rappresentato dal principio della inappellabilità della sentenza di assoluzione.
Tuttavia, noi - e parlo di noi come gruppo politico - abbiano fondato su due esigenze primarie le scelte e le decisioni in ordine al provvedimento. Una prima esigenza è legata ad un problema di fondo: il sistema giustizia in Italia è il più lontano dal sistema giustizia in Europa. Questo provvedimento ci avvicina all'Europa, anche se ancora ne siamo lontani, e di questo avevamo bisogno. Il protocollo n. 7 del 22 novembre 1984 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali aveva già individuato questo principio, reso peraltro esecutivo dall'articolo 2 della legge n. 98 del 1990. Quindi, si tratta di un passo in più perché il nostro sistema giudiziario si avvicini all'Europa, dalla quale peraltro - e di qui ad un momento lo vedremo - siamo ancora lontani.
Vi è poi un ulteriore aspetto importante. La nostra profonda esigenza culturale ci porta a privilegiare uno Stato in cui la necessità di punire ceda di fronte alla dignità e alla libertà di un uomo: questo è il fatto importante! Se è vero, com'è vero, che in Italia i processi durano il tempo che durano, se è vero che il processo segna la vita di un uomo, e di questo siamo tutti consapevoli, allora dobbiamo anche valutare questo provvedimento alla luce di questa esigenza, nonché di una profonda riflessione che ci avvicini ancora di più alla nostra capacità di esseri liberi e di sviluppare qualsiasi discorso in un sistema democratico e liberale. Da questi presupposti nasce la nostra esigenza di modificare e di approvare questo provvedimento.
Abbiamo letto con attenzione i rilievi e le osservazioni del Presidente della Repubblica; ci siamo resi conto di quello che il Capo dello Stato ha voluto dire, senza usare i toni allarmistici che ci sono stati propinati questa mattina e questo pomeriggio in quest'aula. Il Presidente della Repubblica, come è giusto che sia, ha individuato alcuni rilievi con riferimento ad un provvedimento. È la storia della


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nostra democrazia e della nostra Repubblica; di messaggi al Parlamento è piena la storia della democrazia italiana.
In buona sostanza, nel messaggio, la preoccupazione del Presidente della Repubblica - ed è fra l'altro anche la preoccupazione del Presidente della Suprema Corte - era quella che si snaturasse la funzione della Cassazione e che la Corte si trasformasse da giudice di legittimità in giudice di merito. Ebbene, basta rileggere l'articolo 606 del codice di procedura penale per rendersi conto che ciò, anche alla luce delle modifiche che abbiamo apportato, non si verifica. Infatti, se noi esaminiamo attentamente tale norma, ci rendiamo conto che gli interventi su cui ci siamo mossi sono ancora nell'alveo del contenuto del vecchio dettato dell'articolo 306: dico questo riferendomi alla lettera e), dove si parla di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato, ovvero da altri atti del processo specificatamente indicati nei motivi di gravame.
È su questo che la Corte di cassazione, sollecitata, deve concentrare il suo esame, e non sull'intera mole degli atti riferiti a quella sentenza o a quel processo. Essa deve concentrarsi esclusivamente sugli atti e sulle pagine del processo segnalati nei motivi di gravame.
Per il resto, mi sembra che l'articolo 606 del codice di procedura penale non sia stato stravolto; quindi, conseguenzialmente, non è stato stravolto il ruolo di giudice di legittimità della Corte di cassazione.
L'altro rilievo si riferisce alla parità delle parti nel processo. Anche in questo caso, siamo in buona compagnia: mi riferisco alla sentenza della Corte costituzionale n. 98 del 1994, che fa riferimento alle funzioni del pubblico ministero. In essa si afferma che le funzioni del pubblico ministero non sono assistite da garanzie pari a quelle assicurate all'imputato e previste dall'articolo 24 della Carta costituzionale.
Allora, in buona sostanza, la Corte costituzionale, anche alla luce dell'articolo 111 della Costituzione sul giusto processo, ha voluto dire che la parità non si riferisce ad identici strumenti processuali che devono essere messi a disposizione dell'imputato e del pubblico ministero; essa sta a significare che, nel processo, l'accusa e la difesa devono stare sullo stesso piano al cospetto del giudice terzo. Da tale punto di vista, la normativa in esame non entra assolutamente in rotta di collisione con il principio codificato - lo ripeto - dalla Corte costituzionale.
Questi sono gli elementi di cui dobbiamo discutere, se vogliamo modificare il nostro sistema processuale e confrontarci serenamente sui dubbi e sui problemi sollevati anche dal Presidente della Repubblica.
Sono stati svolti anche altri rilievi in merito al fatto che, in questo modo, viene meno l'obbligatorietà dell'azione penale da parte del pubblico ministero. Anche da tale punto di vista, siamo in ottima compagnia, perché la Corte costituzionale ha stabilito che l'appello non costituisce uno sviluppo necessario dell'azione penale.
Allora, stabilito che i diritti della parte offesa - nei cui confronti vi è stata, sempre e comunque, grande attenzione da parte della nostra forza politica - non sono affatto sacrificati, ma sono affidati al giudice civile, mi preme sottolineare un altro aspetto di estrema importanza.
Al di là del fatto di ancorarci a principi ormai presenti in tutti gli ordinamenti dei paesi europei, vorrei richiamare un elemento importante, sottolineato dal primo presidente della Cassazione all'inaugurazione dell'anno giudiziario. Quest'ultimo non solo ha menzionato tale normativa per gli aspetti riguardanti l'organo da lui presieduto, ossia la Corte di cassazione, ma ha denunciato un'altra problematica, che con il provvedimento in esame riteniamo di contribuire a risolvere. Mi riferisco alla ragionevole durata del processo. Se aboliamo un grado di giudizio - l'appello - nel momento in cui vi è una sentenza di assoluzione, non interveniamo anche sul problema della ragionevole durata del processo?
Vorrei portare un solo esempio: il processo nei confronti del senatore Giulio


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Andreotti è durato dieci anni. Se nel nostro sistema giudiziario questa normativa fosse già stata in vigore, il processo nei confronti del senatore Andreotti si sarebbe concluso in quattro anni!
Allora, per quanto tempo, uno Stato che si dica democratico e che privilegi i valori della libertà, deve perseguire un cittadino che è stato assolto da un giudice democratico, libero ed autonomo, il quale, nella sua libertà, ha ritenuto di assolverlo? Questo è un principio di civiltà giuridica di cui siamo pienamente convinti e che sosterremo con forza (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU) e di Forza Italia - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI. La Rosa nel Pugno conferma il giudizio fortemente negativo sul provvedimento in esame, giudizio che avevamo già manifestato in quest'aula a conclusione dell'esame in prima lettura.
Le modifiche apportate certamente sono insufficienti ed inadeguate a rispondere alle sollecitazioni del rinvio alle Camere da parte del Presidente della Repubblica.
In particolare, per noi rimane il contrasto forte con il principio di parità tra accusa e difesa previsto dall'articolo 111 della nostra Costituzione. Togliere la possibilità di appello a una delle parti significa certamente ledere il diritto e il principio di parità, anche se in presenza di assoluzione dell'imputato.
L'obiettivo del processo non è quello di concedere vantaggi all'una o all'altra parte, ma quello di ricercare, attraverso la dialettica delle posizioni, la verità, o, perlomeno, cercare di avvicinarsi il più possibile ad essa.
Noi pensiamo che questa legge complessivamente sia sbagliata. Pensiamo che, per rimediare anche all'esigenza di una più ragionevole durata del processo, la riflessione debba essere più ampia e non limitata soltanto a questo aspetto. Quindi, invocare questa modifica per raggiungere il risultato della riduzione dei tempi di durata del processo è certamente una giustificazione che non ci convince.
Per quanto riguarda la questione relativa all'onorevole Previti, voglio dire con molta franchezza che, per quanto riguarda il gruppo de La Rosa nel Pugno, il fatto che questa legge abbia influenza o meno sulla sua posizione processuale è irrilevante. La questione che ci preoccupa riguarda tutti gli italiani, siano essi imputati o vittime.
Noi pensiamo che questo provvedimento non sarà in grado di dare giustizia, anzi renderà più complessa la ricerca della verità.
È per queste ragioni, signor Presidente, che il gruppo de La Rosa nel Pugno voterà convintamente contro questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Russo Spena. Ne ha facoltà.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Signor Presidente, ci troviamo indubbiamente di fronte a una proposta di legge molto delicata, anche perché è stata rinviata al Parlamento dal Presidente della Repubblica. Quindi, è una legge che merita una riflessione attenta da parte di quest'aula, dopo che già il Senato in qualche modo, in maniera abbastanza frettolosa, l'ha approvata.
Qual è il punto fondamentale intorno al quale discutere? Il problema è se questa proposta si ponga in contrasto con i principi di parità fra accusa e difesa e di ragionevole durata dei processi di cui all'articolo 111 della Costituzione.
Credo che noi non dovremmo discutere in assoluto, in maniera complessiva, del problema della inappellabilità delle sentenze di proscioglimento da parte del pubblico ministero, ma dovremmo discutere nel merito della questione.
L'altro punto che richiamo e di cui poi brevemente parlerò riguarda il trasferimento dalla Corte d'appello alla Cassazione


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per l'impugnazione delle sentenze di non luogo a procedere, prescindendo dai motivi del ricorso. Ciò delinea un aspetto in cui la Cassazione, attraverso questo percorso, assume una cognizione nel merito.
Chiediamoci, dopo il rinvio del Capo dello Stato, di cui abbiamo discusso già a lungo, se il testo ora sia migliorato con le tre modifiche apportate oppure no. A me non pare.
La prima modifica, infatti, restringe l'ambito dei casi in cui il pubblico ministero può presentare appello contro la sentenza di proscioglimento. Questo è possibile solo se emerge una nuova prova considerata decisiva, come dice espressamente la proposta.
La seconda modifica, invece, stabilisce che il ricorso per cassazione possa essere proposto per mancata assunzione di una prova decisiva, nel caso in cui la parte ne abbia fatto richiesta nel corso dell'istruzione dibattimentale, ma anche per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato, ma anche da altri atti del processo. Così, però, colleghe e colleghi, si sovraccarica certamente la Corte di cassazione, chiamata in tal modo a valutare complessivamente tutte le prove. Da un lato, dunque, vi sarà un allungamento certo dei tempi del processo, anche se i proponenti affermano di volere realizzare il contrario; dall'altro vi sarà lo snaturamento del ruolo di giudice di legittimità della Corte di cassazione che finisce col diventare, in molti casi, giudice di merito, così che avremo tre o quattro giudizi di merito.
La terza ed ultima modifica è rilevante per comprendere il motivo di questa proposta di legge, che è stata portata alla discussione ed oggi viene riproposta, dopo il rinvio, in maniera non organica. Abbiamo sempre ritenuto che un disegno complessivo di riforma dovesse contenere in sé le singole ristrutturazioni dei singoli istituti, perché altrimenti ci troviamo di fronte ad un modo sgangherato di produrre una riforma della giustizia per segmenti, per pezzi. La terza modifica stabilisce che le misure sull'inappellabilità si applichino ai procedimenti in corso dall'entrata in vigore della legge: credo che qui vi sia un punto dolente.
Noi non siamo abituati, le colleghe ed i colleghi lo sanno, a fare propaganda sui punti che riguardano la riforma della giustizia e non siamo propensi a ritenere in maniera pregiudiziale che ci si trovi fronte a leggi ad personam. Preferiamo ricorrere nella discussione in sede legislativa, tanto più sui temi della giustizia e dello Stato di diritto, ad una grande sobrietà e ad un grande rigore. In questo caso, però, ci tocca far rilevare che vi è un aspetto tecnicamente delicato proprio dal punto di vista garantista che noi abbiamo sempre tentato - l'Assemblea ce ne darà atto, a volte anche votando in maniera difforme dalle altre forze di opposizione - di mantenere come punto di riferimento in tutte le discussioni sul tema della giustizia. Abbiamo sempre sentito il dovere di contrastare un garantismo per i potenti ed un giustizialismo verso i migranti: si tratta della forma di garantismo, come abbiamo sentito anche oggi in quest'aula, che ha caratterizzato le destre in tutta la legislatura. Si tratta di un punto fondamentale che giustifica il nostro voto contrario: ci pare che in questo caso la maggioranza di centrodestra abbia buttato via il bambino con l'acqua sporca, per usare un'espressione banale ma per comprenderci con forza sul piano politico. Infatti, di fronte ad alcuni processi, riguardanti ad esempio il Presidente del Consiglio, hanno voluto rendere inappellabili anche le assoluzioni ottenute con la vecchia formula dell'insufficienza di prove, mentre sarebbe stato importante riaffermare quel principio di civiltà giuridica a cui adesso ci richiama l'Europa, ma anche i principi della magistratura associata, tante volte ribaditi nel passato, secondo cui la pubblica accusa non deve accanirsi in presenza di un'assoluzione piena di primo grado, cioè un'assoluzione ottenuta al di là di ogni ragionevole dubbio.
Durante l'esame in Commissione - l'onorevole Pisapia lo ha detto più volte - avevamo avvertito le destre che stavano


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rendendo inapplicabile, con questa normativa, un giusto principio dello Stato di diritto, quello del non accanimento nell'appellabilità, perché la sua normazione era in qualche modo forzata, realizzata per scopi che prefiguravano un uso ad personam. Ha prevalso, invece, nelle destre la necessità, proprio per salvare Berlusconi, di rendere inappellabili anche le assoluzioni non piene, ottenute con la vecchia insufficienza di prove e per l'intervenuta prescrizione per la concessione delle attenuanti generiche. È ovvio che non si comprende, in questo caso, perché il pubblico ministero non possa produrre appello per chiedere, in un altro grado di giudizio, se quelle attenuanti generiche siano applicabili.
Concludo, motivando il nostro voto contrario al provvedimento. Per salvare Berlusconi, i parlamentari delle destre hanno tradotto in una norma incostituzionale un principio giusto, che noi intendiamo riaffermare e lo faremo, nel caso in cui le elezioni dessero un risultato a noi positivo, all'interno di una futura riforma complessiva del codice.
Sono stati aggirati anche i giusti rilievi del Capo dello Stato e vengono realizzate le riforme e le controriforme della giustizia in questa legislatura. Speriamo di poter realizzare riforme serie in questo campo nella prossima legislatura.

PRESIDENTE. Vorrei rivolgere un saluto agli studenti ed ai docenti dell'istituto tecnico industriale Righi di Cerignola, presenti in tribuna (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fanfani. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FANFANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ancora una volta, al termine di un procedimento di verifica parlamentare su una legge avente la caratteristica di intervenire incisivamente e pesantemente sull'intero sistema della giurisdizione, siamo costretti a denunciare, e non avremmo voluto farlo, la nostra profonda delusione in relazione al metodo, ancora prima che ai contenuti, del provvedimento.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 17,30)

GIUSEPPE FANFANI. Non posso iniziare il mio intervento, a nome del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo, senza rivolgere un pensiero di gratitudine alla Presidenza della Repubblica per avere, con il messaggio del 20 gennaio, indotto la maggioranza e tutti noi ad una più approfondita riflessione sugli effetti che la normativa in esame aveva nel sistema della giurisdizione penale; una riflessione poi tradotta dalla Camera in interventi emendativi che, se da un alto, sono da noi ritenuti insoddisfacenti, denunciano, dall'altro, la fretta con la quale il provvedimento era stato inizialmente varato, le sue lacune e denunciano anche, nella sua stesura finale oggi al nostro esame, la volontà di salvare un impianto iniziale senza curarsi della sostanza dei rilievi mossi, soprattutto in ordine alla disorganicità ed asistematicità dell'intervento nel suo complesso.
Onorevoli colleghi, in condizioni diverse avremmo, volentieri e con interesse culturale e scientifico, affrontato il problema dell'inappellabilità della sentenza di primo grado e dell'adeguamento del sistema dell'impugnazione alla riforma accusatoria del 1989, tutt'oggi restata in molte parti non completata. In condizioni diverse avremmo, volentieri, dato risposte all'esigenza duplice di certezza della decisione e di velocità della giurisdizione e del dovere di tutela nei confronti del cittadino coinvolto nel processo.
Sono culturalmente propenso alla revisione dell'appello (l'ho detto più volte) e lo sono da quindici anni perché ho sempre ritenuto, quello attuale, un sistema distorto e non corrispondente all'impianto complessivo del nostro codice di rito. Oggi, siamo in presenza di una revisione di merito assolutamente cartacea che comporta una lesione del principio di certezza e di immediatezza nella valutazione della prova.


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Tuttavia, sarebbe stato doveroso inserire la questione in un quadro generale di riforma del codice di rito.
Vi sono censure pesantissime nell'atto di rinvio a queste Camere, nel quale il problema dell'asistematicità del provvedimento e della sua disorganicità sono posti al centro della riflessione che ci viene imposta. Abbiamo assistito, per rimediare a questa censura, a tentativi vari, al fine di adattare le norme ai rilievi del Capo dello Stato (da ultimo si noti l'emendamento 1.100 della Commissione, al quale ha partecipato anche l'onorevole Taormina); sono stati presentati emendamenti a volte estemporanei, a volte cavillosi, pur di salvare il principio di fondo, rappresentato dall'inappellabilità della sentenza di primo grado, che non si doveva assolutamente e sotto nessun aspetto modificare.
Non voglio tornare sulla lesione del principio di universalità della destinazione della legge, né sull'interesse personale che sottostà, purtroppo, anche a questo provvedimento. Mi sembrerebbe di fare oltraggio all'evidenza delle cose ed all'intelligenza di chi ascolta, ma voglio affermare, con decisione, due principi che, da tempo - inascoltato - sto ripetendo in quest'aula.
Il primo è che non si può intervenire su un sistema già delicato come quello processuale penalistico con riforme approssimative e parziali. Il secondo è che non si può mettere costantemente a rischio l'organicità e la funzionalità del sistema per rispondere ad interessi particolari o, peggio, talvolta personalissimi. È già accaduto più volte, ne abbiamo già parlato. Sta diventando quasi un sistema e potrei snocciolare la corona dei provvedimenti, ma non lo faccio per rispetto non a coloro che li hanno votati, ma a quest'aula.
Credo che si debba avere il coraggio, una volta tanto, di aprire la mente ai problemi che riguardano l'universalità dei cittadini, i quali - credetemi - non tollerano privilegi e, soprattutto, non li tollerano nella legislazione. Sogno un processo serio, di primo grado, veloce, collegiale, approfondito che dia garanzia di certezze, con una sentenza pronunciata da giudici che hanno avuto modo di apprezzare personalmente e direttamente la prova.
Sogno anche un processo, nel quale giungano a dibattimento solo pochi casi da risolversi con i riti alternativi.
Sogno un processo nel quale il cittadino imputato o parte offesa che sia si senta tutelato nel bene o nel male. Non è possibile considerare oggi lecito affidare i processi che dispensano fino a dieci anni di reclusione ad un giudice monocratico.
Sogno una giustizia efficiente, nel quadro di una giustizia efficiente. Sogno anche la riforma del sistema delle impugnazioni, ma non è possibile non condividere oggi le censure del Capo dello Stato sull'effetto devastante che questa riforma avrà sul blocco della giustizia. Vi leggo solo alcuni passaggi, perché molti di voi il messaggio del Capo dello Stato non hanno avuto né modo né interesse di leggerlo. Nello stesso si afferma che questa circostanza, unita all'ampliamento dei motivi di ricorso per cassazione, condurrà alla crescita in termini esponenziali del carico di lavoro della Corte ed al progressivo accumulo di arretrato, fino ad una regressione del processo che ne allungherà inevitabilmente i tempi di definizione. Il tutto dovrebbe portare ad una situazione di collasso antinomica ad un'economia delle risorse.
Credo che il trasferimento in questa logica alla Corte di cassazione del giudizio di impugnazione non semplificherà, ma aggraverà il sistema, soprattutto, in un quadro nel quale le competenze e l'oggetto di sindacato possibile della Corte di cassazione è stato notevolmente ampliato dall'articolo 8, come tutti, in più occasioni, oggi hanno avuto modo di dire.
Oggi voi arrivate a completare un disegno di tutela che privilegia pervicacemente in alcuni aspetti l'interesse particolare rispetto a quello collettivo.
Non avreste avuto l'urgenza di portare questo provvedimento alla discussione di quest'aula insieme ad altri due provvedimenti che denunciano lo scambio partitico che vi è stato all'interno della maggioranza,


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perché, assieme all'inappellabilità, noi, questa volta, dovremmo parlare di droga e abbiamo già parlato di legittima difesa. Quasi che non si potesse far l'uno se non insieme agli altri e quasi che tutti questi tre provvedimenti corrispondessero ad una logica di cementificazione dei rapporti scollati esistenti all'interno della maggioranza.
Oggi, vi avviate a completare un disegno di tutela che presenta connotati di carattere individuale. È un vostro problema di coscienza e, se la coscienza vi assiste, sarete in pace con voi stessi; ve lo auguro! Tuttavia, vi avviate a determinare, in maniera definitiva, anche un effetto che, seppure previsto, non vi ha né scosso né condizionato, come non vi hanno indotto a miglior riflessione i richiami delle più alte cariche dello Stato. Troppo forti le necessità che vi hanno spinto a formulare ed oggi ad esaminare questa proposta espressa in una norma transitoria, da voi costantemente abusata quale metodo legislativo in questa legislatura.
Voi, maggioranza di questa legislatura, avete perso ancora una volta l'occasione di migliorare il sistema nell'interesse collettivo. Avete utilizzato i vostri grandi numeri in maniera distorta, dimenticando che la giustizia è di tutti e che la legge ha per sua natura una destinazione universale. Si tratta di una colpa imperdonabile per il legislatore!
Concludo citando una frase di Euripide, che recita (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)... Non vi allarmate, qualche volta in quest'aula qualcosa di colto l'ho sentito dire!
Diceva Euripide (e parliamo di un tempo in cui la democrazia era stata analizzata anche in termini filosofici, affinché diventasse il fondamento della cultura democratica della quale ancora oggi fruiamo) che non vi è cosa peggiore per la polis che un tiranno che si è appropriato personalmente della legge (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cola. Ne ha facoltà.

SERGIO COLA. Capisco l'imbarazzo dell'onorevole Fanfani, il quale ha dovuto motivare il suo intervento con ragioni di carattere politico e non di carattere prettamente tecnico, giacchè tutto può essere posto in dubbio fuorché il fatto che l'onorevole Fanfani non condivida il principio dell'inappellabilità delle sentenze di assoluzione.
Ho letto con attenzione il messaggio del Capo dello Stato e - absit iniuria verbis -, se dovessi affermare che questo messaggio contiene denunce di incostituzionalità, direi una bugia a me stesso e a voi. Infatti, i rilievi sono esclusivamente di carattere politico e, tra l'altro, neanche farina del suo sacco, ma recano la firma leggibile del presidente Marvulli, che si preoccupa dell'intasamento della Corte di cassazione a seguito dell'impatto con questa riforma.
D'altra parte, anche negli interventi di autorevoli rappresentanti del centrosinistra, ho potuto constatare una enorme difficoltà di esposizione in quanto, invece di soffermarsi sul tema della costituzionalità di questa norma, si sono soffermati su aspetti secondari, su aspetti di carattere logistico e di carico di lavoro, non giungendo - come avvenuto nel caso del messaggio del Capo dello Stato - alla conclusione che tutto ciò potesse comportare una violazione dell'articolo 97 della Costituzione che tutela il buon andamento della pubblica amministrazione.
Allora, vogliamo affrontare seriamente i problemi? Vogliamo verificare se esistono profili di incostituzionalità in questa legge? Si è affermato che vi sarebbe una disparità di trattamento delle parti, in violazione dell'articolo 111 della Costituzione. Ma, quando si è preteso di motivare siffatta affermazione, è calato il silenzio più totale da parte di chi ha reso tale affermazione, che è rimasta una mera petizione di principio.
Il primo rilievo, dunque, che già è stato più volte prospettato in quest'aula e che non posso assolutamente non richiamare,


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è che la parità delle parti è solo nella necessità di contraddittorio nella fase processuale. Non è peregrino affermare, secondo me, che, se si sono fino ad oggi creati squilibri fra pubblico ministero e difesa, questi sono chiaramente a sfavore dell'imputato, non certamente del pubblico ministero, che ha a disposizione mezzi, soldi, che conduce molte volte le indagini senza che l'indagato sappia che le stesse si stanno svolgendo nei suoi confronti e, magari, ne viene a conoscenza in occasione di avvisi di proroga delle indagini...

AURELIO GIRONDA VERALDI. Dalla stampa!

SERGIO COLA. ... o a seguito dell'applicazione dell'articolo 415-bis del codice di procedura penale, oppure dalla stampa: parlare di disparità di trattamento è veramente assurdo anche sotto questo profilo! Che fondamento costituzionale ha la disparità di trattamento?
A prescindere dai rilievi pregevoli di grandi giuristi come Franco Coppi, Spangher, Padovani e Stella, che sono tutti nel senso di approvare la legge sull'inappellabilità delle sentenze di assoluzione, vorrei ricordare a coloro che non hanno trattato questo argomento che l'Italia ha ratificato due convenzioni internazionali, la prima delle quali recepisce il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, firmato il 19 dicembre 1966 e ratificato con legge il 25 ottobre 1977, che all'articolo 5 recita: «Ogni individuo condannato per un reato ha diritto a che l'accertamento della sua colpevolezza e la condanna siano riesaminati da un tribunale di seconda istanza in conformità della legge». Vi è di più: anche questo argomento è stato completamente pretermesso nelle motivazioni adottate. Il protocollo addizionale n. 7 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Strasburgo il 22 novembre 1984 e reso esecutivo in Italia con la legge 9 aprile 1990, n. 98, all'articolo 2 recita: «Ogni persona dichiarata rea da un tribunale ha il diritto di far esaminare la dichiarazione di colpevolezza o la condanna da un tribunale della giurisdizione superiore. L'esercizio di tale diritto, ivi inclusi i motivi per cui esso può essere esercitato, è disciplinato dalla legge».
È pur vero che l'articolo 10 della Costituzione non dà un valore eccessivo alla ratifica, non la costituzionalizza, ma è anche vero che tali norme sono riconducibili all'articolo 24 della Costituzione, laddove si parla della inviolabilità del diritto di difesa, che non può non recepire anche questo atto.
Mi si vuol dire, di grazia, e mi rivolgo chiaramente ai rappresentanti dell'opposizione, quale provvedimento o norma, anche con riferimento all'articolo 111 della Costituzione, tuteli a livello costituzionale il diritto del pubblico ministero a proporre l'appello? Certamente ciò non ha senso in riferimento all'azione penale che è obbligatoria, soprattutto se si considera che il pubblico ministero può rinunciare a proporre l'appello: è un discorso, quindi, che non può essere assolutamente proposto.
Vi è di più: la questione più importante, caro onorevole Fanfani, e tu condividerai sicuramente queste mie affermazioni, è costituita da due pronunce molto importanti della Corte costituzionale, ed esattamente le sentenza n. 363 del 1991 e la n. 98 del 1994, nelle quali si afferma il diritto sacrosanto, costituzionalmente tutelato, dell'imputato a proporre l'appello; di converso la tutela a livello costituzionale viene esclusa per l'impugnazione da parte del pubblico ministero. Mi pare che queste siano cose scontate! Allora, che andate cianciando sulla violazione della parità delle parti processuali? Non credo che autorevoli esponenti e giuristi del centrosinistra presenti qui in aula non conoscano tali questioni. Bisogna dire la verità: o non le conoscono, la qual cosa è grave, o le conoscono e però le nascondono per un motivo di carattere strumentale e politico! Ciò non è serio né è degno di chi sostiene determinate tesi.
Il secondo argomento che pure ritengo sia rilevante, e che è stato oggetto di un accenno nel messaggio del Capo dello Stato, assolutamente non ricevibile in


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punto di diritto, è quello secondo cui attraverso la modifica dell'articolo 606, del codice di procedura penale, lettera d) - concepita non a favore dell'imputato, ma configurata, una volta eliminato il grado di appello, proprio per consentire al pubblico ministero di interloquire con il ricorso per cassazione in modo adeguato - si ripristinerebbe una giurisdizione di merito da parte della Corte di cassazione. Anche su questo argomento si è stati poco attenti nel valutare l'esatta interpretazione della legge, se è vero che, ancor prima della modifica dell'articolo 111 della Costituzione e ancor prima dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, avvenuta il 24 ottobre del 1989, l'articolo 606 era formulato proprio negli stessi termini di quello da noi modificato. Dovremmo giungere allora alla conclusione che tutto l'operato della Cassazione dal 1948 al 1989 è stato improntato e caratterizzato da profili di incostituzionalità. Ma vogliamo scherzare?
Tutto questo lo si fa per riparare ad errori marchiani, madornali - chi è addetto ai lavori lo sa - alla leggerezza di alcuni giudici di appello, ma anche di primo grado, che confermano sentenze di condanna con una preclusione assoluta in Cassazione proprio perché la formulazione di quel testo non dava alcuna possibilità di rivisitare sentenze manifestamente inique: altro non vi è.
Se non dovessimo approvare questa legge perché prima ci dobbiamo preoccupare dei suggerimenti del primo presidente della Corte di cassazione al Capo dello Stato, che sono stati espressi in maniera chiarissima, allora non approveremmo mai niente, perché per approvare una legge bisognerebbe prima preparare le strutture... Cosa significa tutto questo?
Onorevole Kessler, lei ha fatto riferimento a Previti, ma Previti non c'entra: c'entrano, invece, Gennaro Esposito di Napoli, Brambilla di Milano, Rossi il toscano e migliaia e migliaia di persone che, a suo modo di vedere, con l'entrata in vigore di una legge, non dovrebbero usufruire di una possibilità. Siamo veramente all'assurdo, alla dittatura della giustizia, nel vero senso della parola!
Questo, noi, come garantisti, come coloro che tendono sempre di più all'affermazione della nostra civiltà giuridica, non lo possiamo assolutamente condividere; anzi, denunciamo all'opinione pubblica questi vostri forcaioli e ingiustificati comportamenti!
Per le ragioni richiamate nel mio intervento, Alleanza Nazionale voterà a favore della proposta di legge (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.

VINCENZO SINISCALCHI. Presidente, il gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, in particolare i membri della Commissione giustizia, hanno lavorato con molta attenzione a questa proposta di legge e hanno maturato il proprio convincimento già in occasione della prima discussione che vi è stata intorno ai temi che questa proposta di legge affronta. Abbiamo proposto emendamenti, modifiche, e, con una pazienza che ormai dimostriamo da cinque anni in materia di giustizia, abbiamo cercato di ridurre il danno, che non riguarda tizio o caio, ma l'ordinamento, la giurisdizione ed i diritti delle parti, di tutte le parti, anche le grandi dimenticate, cioè le parti offese, le vittime.
Abbiamo lavorato e il nostro lavoro si è riflesso puntualmente nel messaggio del Capo dello Stato, nonché nell'accorato richiamo del primo presidente della Corte della cassazione, notoriamente due pericolosi «eversori» dell'ordine democratico, così come sono stati rappresentati nell'ultimo intervento...
È veramente singolare la tesi sostenuta dal collega Cola! Il Capo dello Stato, che ha raramente operato nel quadro dell'articolo 74 della Costituzione rinviando una legge alle Camere, sarebbe stato preso, seguendo quella logica, da un'improvvisa


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forma di amnesia, di confusione, di dipendenza dal presidente della Corte di cassazione. Se questa è la via per difendere il provvedimento in esame, non innanzi ad un'aula di tribunale ma davanti all'aula delle deliberazioni legislative sulle quali la Corte costituzionale inesorabilmente dovrà tornare, allora possiamo stare tranquilli che questo provvedimento non potrà avere un esito diverso da quello che l'attende: o verrà rinviato di nuovo e, probabilmente, vi sarà una richiesta di ulteriori sette-otto giorni di prolungamento dei lavori parlamentari, oppure sarà certamente dichiarato incostituzionale proprio per le ragioni che si leggono nel messaggio del Capo dello Stato. In tale messaggio, si dice, tra l'altro, che «è palese la violazione che il sistema sopradescritto determina, nel suo complesso, del principio della ragionevole durata del processo, espressamente consacrato nel secondo comma del già richiamato articolo 111 della Costituzione». Chissà perché questo articolo, che suscitò anche dibattiti e divisioni all'epoca della sua elaborazione, viene richiamato solo relativamente al primo comma e si dimentica costantemente il principio della ragionevole durata del processo.
Il Presidente della Repubblica, altresì, ha insistito in tema di impugnazioni. A tale riguardo, ricordo ai colleghi, e in particolare al collega Cola, quanto ha detto il Capo dello Stato: «Il sistema delle impugnazioni può essere ripensato alla luce dei criteri ispiratori del codice vigente dal 1989. Tuttavia, il carattere disorganico e asistematico della riforma approvata è proprio ciò che sta alla base delle rilevate palesi incostituzionalità». Ciò detto, il nostro problema, allora, non è quello di dolerci o di esprimere interessanti forme di dissenso personale in virtù di una nuova scienza della legislazione che pretenderebbe di decapitare l'autorità del Capo dello Stato nel quadro dell'articolo 74 della Costituzione.
Ma questo disordine, questo caos, queste nebbie, queste disorganicità sono state risolte o meno dal nuovo testo legislativo? Assolutamente no! Colleghi, dovreste porre mente alla parte finale del messaggio del Presidente della Repubblica dove, in via puramente secondaria ed accessoria, si fa riferimento ad alcune ulteriori modifiche che si suggeriscono, ma che non rappresentano affatto il corpo centrale della nostra denunzia la quale, nel nuovo testo del provvedimento, che voi avete imposto a questa Camera, è destinata inevitabilmente a fare esplodere la grave disorganicità, in forma di anticostituzionalità, delle norme che ci avete imposto attraverso un voto «bloccato».
Non abbiamo più tempo in questa legislatura per svolgere riflessioni sulla coincidenza dell'orologio legislativo con lo svolgimento di alcuni processi. Non è questo il punto: certo è che rimarrà consegnata alla storia di questa legislatura la singolare tempistica ed accelerazione registrate in materia di giustizia. E ciò è avvenuto nonostante l'evidente sfascio che in tale comparto si registra; sfascio a cui non si sono sottratti, nel denunciarlo, nemmeno i presidenti di corte di appello che, secondo la riforma, hanno preso il posto dei procuratori generali: invertendo l'ordine dei fattori, il prodotto è stato lo stesso.
I presidenti di corte d'appello - che non sono pubblici ministeri, parti, persone da bandire, persone da mortificare, affette da delirio, prevenute, che portano un costume degno dello psichiatra (come abbiamo letto in proposte di modifica dell'ordinamento giudiziario, non in proposte amene, secondarie, tra le tante che vengono presentate) - hanno denunciato la stessa situazione nei loro discorsi inaugurali: dobbiamo registrarlo ancora una volta.
Vogliamo che siano i cittadini che ci ascoltano in questo momento a porre agli esponenti della maggioranza la seguente domanda: se l'accorato intervento che abbiamo ascoltato poc'anzi, di un parlamentare stravolto per la sua condizione personale, ha veramente un suo fondamento, perché tutta questa accelerazione? Perché l'orologio ha scandito, ancora una volta in questi cinque anni, l'ora di un intervento che non sarà ad personam, ma che certamente


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avvantaggerà alcune persone? Noi non abbiamo segnato nei nostri calendari le date dei processi: ci interessano poco! Ma i cittadini potranno verificare - diciamoglielo da quest'aula - chi saranno i primi ad avvantaggiarsi delle norme che approverete. A parte la mano sul cuore, a parte gli interventi di carattere acceso ed accanito del collega che fa il suo dovere e che si lascia trascinare, ovviamente, dalla passione del momento, vedremo come reagiranno i cittadini se la legge riuscirà a superare la scure che l'attende per la sua ulteriore e palese incostituzionalità!
Si obietta che il principio è giusto e che, se la legge rende conformi a giustizia situazioni ingiuste, è irrilevante che la sua approvazione coincida con gli interessi di determinati imputati. Tuttavia, ditemi voi, colleghi, soprattutto voi che parteciperete con il voto - quindi, con piena coscienza - quale esigenza di giustizia si ponga con urgenza tale da richiedere l'immediata approvazione della legge. Ancora una volta, le vittime dei reati vengono cacciate a calci dal processo penale, i tempi del processo vengono dilatati ed un noto «eversore» che ricopre la carica di Primo presidente della Corte di cassazione, esasperato, è costretto a dire come stanno le cose!
Alla cortese relatrice ed al Governo, che si preoccupa molto poco di queste cose e si rimette all'Assemblea dopo avere preso parte ai mutamenti che la formulazione del provvedimento in esame ha continuamente subito...

PRESIDENTE. Onorevole Siniscalchi...

VINCENZO SINISCALCHI. Signor Presidente, la prego di concedermi ancora qualche attimo... Vogliamo porre le seguenti domande: quale principio giusto è stato codificato? Soprattutto, quale statistica di efficienza ci avete portato? Non avete indicato un solo elemento concreto, numerico! Non avete additato un solo errore giudiziario che sarebbe possibile evitare con la riforma!
Ci avete detto soltanto che, dovendo diventare definitive, le prescrizioni debbono essere sottratte al giudizio del giudice di appello e, quindi, al potere di impugnazione del pubblico ministero. Anche all'imputato, come abbiamo visto oggi, è vietato rinunciare alla prescrizione per dimostrare la propria innocenza!
Infine, alla Corte di cassazione, la quale, come sanno i colleghi professori, avvocati e giudici, ha dovuto istituire ...

PRESIDENTE. Onorevole Siniscalchi...

VINCENZO SINISCALCHI. ...la VII sezione proprio per definire le pendenze inutili, abbiamo «regalato»...

PRESIDENTE. Onorevole Siniscalchi...

VINCENZO SINISCALCHI. ...un blocco definitivo!
Siamo convinti che il provvedimento in esame verrà definitivamente spazzato via, se non dalla Corte costituzionale, dal centrosinistra, quando andrà al Governo nei prossimi mesi (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Taormina. Ne ha facoltà.

CARLO TAORMINA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi siamo certi che, guardando a questa proposta di legge con oggettività, essa non possa essere considerata altro che una buona proposta di legge. Si tratta non soltanto di una buona proposta di legge, ma anche di un provvedimento che interviene su momenti e situazioni processuali rispetto ai quali, da tempo, si era in attesa di modificazione dell'attuale disciplina, spesso ancora interessata da vecchie norme del codice di procedura penale.
È evidente che soltanto una valutazione di carattere politico - anzi, addirittura, di tipo partitico - può far vedere questa proposta di legge nell'ottica che ci è stata


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descritta in molteplici o quasi tutti gli interventi che si sono succeduti da parte dell'opposizione.
Ritengo che, con senso di responsabilità e guardando all'intimo della coscienza di ciascuno di noi, rileggendo queste norme ognuno sarebbe in grado di rendersi conto della bontà delle disposizioni che sono state predisposte.
Siamo partiti, in questo secondo round che ha riguardato la proposta di legge, da un messaggio del Presidente della Repubblica sul quale molte perplessità sono provenute anche dalla nostra parte politica - non soltanto da quella in nome della quale ho l'onore di parlarne - che, naturalmente, non mette in discussione il rispetto istituzionale verso il Capo dello Stato; le perplessità riguardano i contenuti che il Presidente della Repubblica ha ritenuto di affidare al messaggio di remissione della legge alle Camere.
La principale perplessità ha riguardato le ragioni di costituzionalità che sarebbero a fondamento della critica forte, vibrante, formulata nei confronti di questa proposta di legge.
Ritengo invece che il dibattito svolto con grande impegno e passione in quest'aula (e, prima ancora, in sede di Commissione giustizia) abbia dimostrato come le questioni di costituzionalità e le perplessità sulla legittimità costituzionale di alcune delle fondamentali norme di questa proposta di legge si siano via via sbriciolate.
L'onorevole Cola, che mi ha preceduto, è stato molto efficace nell'illustrare alcuni punti del provvedimento; non mi soffermerò, quindi, ulteriormente sul medesimo, perché ritengo inutile aggiungere commenti a quanto già esposto in maniera così pregevole.
Dobbiamo tuttavia ancora discutere della par condicio o della parità delle armi tra accusa e difesa quando si tenta, con questo argomento, di mettere in dubbio la costituzionalità della previsione dell'inappellabilità delle sentenze di primo grado?
Non ho ascoltato in questa sede un argomento di carattere costituzionale (cioè, un dato non dico testuale ma logico, estratto dall'ordinamento costituzionale) che potesse fungere da supporto alle affermazioni contenute nel messaggio del Capo dello Stato. Non c'è ombra di dubbio che il pubblico ministero sia una cosa e l'imputato che lo subisce sia un'altra, né c'è ombra di dubbio che nella Costituzione sia il diritto di difesa ad essere configurato come inviolabile e non certamente il diritto di perseguire ulteriormente rispetto all'esercizio dell'azione penale. Tuttavia, proprio per queste ragioni, ritengo che sia un po' difficile non dare torto a chi fa determinate affermazioni.
Vorrei però ora ricordare i due passaggi.
Un passaggio che, ancora adesso, è stato ribadito dall'onorevole Fanfani riguarda - lo ha detto, nella seduta di ieri, anche l'onorevole Meccanico, nel corso di un intervento che, per la verità, mi è molto piaciuto - la possibile compatibilità costituzionale che è stata affermata con riferimento al caso in cui la sentenza di assoluzione sia una sentenza di assoluzione piena, cioè secondo la previsione di cui al primo comma dell'articolo 530 del codice di procedura penale.
Vorrei soltanto ricordare che la assoluzione prevista dal secondo comma dell'articolo 530 citato - per semplificare, la vecchia insufficienza di prove - per legge è equiparata alla assoluzione piena. Come si fa a dire che si è contrari a questa normativa per ragioni costituzionali, quando, invece, si afferma, in tesi, che la compatibilità sarebbe accettabile e che si sarebbe disponibili a lavorare, sotto questo profilo, ad una revisione del sistema delle impugnazioni, senza cadere in una patente contraddizione?
La verità è che da nessuna parte e per nessun motivo c'è la possibilità di dare un minimo appiglio alla affermazione contenuta nel messaggio del Capo dello Stato, sul quale è stata svolta ampia riflessione, giungendo alle conclusioni che tutti conosciamo.
Con riferimento al problema della presunta trasformazione della Corte di cassazione in giudice di merito, per il fatto che controllerebbe tutti i vizi della motivazione,


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ribadiamo in questa sede quanto già abbiamo affermato nel corso della discussione sulle linee generali. Non ho ascoltato alcuna risposta all'osservazione secondo la quale la Costituzione repubblicana prevede che, quando un cittadino deve essere condannato e mandato in galera, deve essere detto dal giudice per quale ragione tutto ciò avviene e che questo è un dovere costituzionale, la cui inosservanza non può non cadere sotto il controllo di legalità della Corte di cassazione.
Allora, come vedete, non c'è spazio per alcuna delle argomentazioni che il Capo dello Stato ha ritenuto di inserire nel messaggio che ci è stato trasmesso. Noi crediamo che con questa proposta di legge abbiamo dato risposte importanti a domande, non degli addetti ai lavori, ma dei cittadini, domande che, come dicevo, sono antiche perché basate su una normativa anch'essa antica, vecchia ed ormai non più adeguata alle realtà che ci circondano. Non era possibile non rispondere ai cittadini i quali, nel corso di questi anni, hanno potuto osservare che cosa significhi coltivare i processi dopo una assoluzione in primo grado, processi nei quali l'esercizio del potere di impugnazione da parte del pubblico ministero si è tradotto in una attività durata per anni e conclusasi, normalmente e sempre, nello stesso modo in cui si era conclusa per il giudizio di primo grado. Questa era una risposta che noi abbiamo ritenuto dovesse essere data ai cittadini.
Allo stesso modo, credo che ci sia un'altra risposta da fornire ai cittadini. Quando discutiamo della Corte di cassazione, e della innovazione che abbiamo introdotto con questa legge, discutiamo di argomenti elementari. Oggi, alla Corte di cassazione è impedito di stabilire, di sapere, di accertare e di conoscere come stiano in realtà le cose, se qualcosa sia bianca o sia nera. Leggi liberticide come quelle che furono approvate a suo tempo, infatti, avevano impedito ed eliminato il potere di controllo della Corte di cassazione.
Tutto questo ha un significato, perché la Corte di cassazione subì una grave limitazione dei suoi poteri intorno alla fine degli anni Ottanta, quando i giudici di merito andavano alla ricerca di una sottrazione sistematica del loro lavoro al controllo di legalità da parte della Corte di cassazione. Di controllo di legalità si parla non soltanto riguardo alla violazione di legge in senso stretto ma anche, come vuole la Costituzione, quando si tratta di vizi di motivazione che, anzi, sono molto più importanti di altri, relativamente alla sorte di un processo ed all'affermazione, o meno, della responsabilità.
Dunque, ritengo che veramente si sia fatto un lavoro solo per i cittadini, soltanto per loro.
Infatti, vi erano questi debiti nei confronti di una giustizia spesso denegata per ragioni esclusivamente formali e noi siamo intervenuti per fare in modo che tali pause e carenze potessero essere in qualche modo colmate.

PRESIDENTE. Onorevole Taormina...

CARLO TAORMINA. Mi avvio alla conclusione, Presidente. Faccio talune osservazioni sulle ragioni per le quali questa legge oggi si presenta nei termini che tutti quanti conosciamo e con le disposizioni che abbiamo fino a questo momento votato. Vorrei dire che abbiamo preso lo spunto dal messaggio presidenziale senza venire meno a nessuno dei principi che erano stati affermati per migliorare il testo della legge. Così, ci siamo fatti carico, con senso di responsabilità e con grande equilibrio, di prevedere, a contrappeso dell'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, situazioni eccezionali nelle quali l'esigenza di rispondere ad una giustizia concreta rendesse possibile, in caso di sopravvenienza di nuove prove, la esperibilità dell'appello da parte del pubblico ministero. Abbiamo fatto in modo che la Corte di cassazione venisse in qualche maniera alleviata, senza pregiudicare la bontà che principio che abbiamo affermato,


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attraverso la possibilità di indicare alla Corte stessa i «pezzi» di processo, le «parti» di processo da riesaminare per fare in modo che la sentenza non sia soltanto un fatto cartaceo o formale ma risponda in effetti all'esigenza di giustizia. Queste ed altre modificazioni sono state apportate, alcune delle quali al di fuori dello spettro di cui al messaggio presidenziale; ma sotto tale profilo, se il miglioramento è stato dato a questa legge, allora l'occasione che ci è stata offerta l'abbiamo anche per certi aspetti gradita.

PRESIDENTE. Onorevole Taormina...

CARLO TAORMINA. Ritengo dunque che per tali ragioni si sia varata una legge importante che rappresenta un'autentica svolta nella nostra cultura giuridica ma soprattutto nella concreta amministrazione della giustizia. Una legge che con tranquillità, serenità - e vorrei aggiungere anzi: con orgoglio - dobbiamo approvare. Così farà, comunque, il gruppo di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni voto sul complesso del provvedimento.

(Coordinamento formale - A.C. 4604-C)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata a procedere al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 4604-C)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale, che avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 4604-C, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni - Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

(Pecorella: Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento ) (Rinviata alle Camere dal Presidente della Repubblica) (4604-C):

(Presenti e votanti 466
Maggioranza 234
Voti favorevoli 271
Voti contrari 195)

Prendo atto che l'onorevole Cosentino non è riuscito ad esprimere il proprio voto.

Proposta di trasferimento a Commissioni in sede legislativa di progetti di legge (ore 18,15).

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, dei seguenti progetti di legge, dei quali le sottoindicate Commissioni permanenti, cui erano stati assegnati in sede referente, hanno chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che propongo alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del regolamento:

alla VII Commissione permanente (Cultura):
S. 2221. - Senatori ASCIUTTI ed altri: « Misure speciali di tutela e fruizione delle città italiane, inserite nella


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"lista del patrimonio mondiale", poste sotto la tutela dell'UNESCO» (Approvata dalla VII Commissione permanente del Senato) (5614); VIGNI ed altri: «Disposizioni per la tutela dei beni culturali e ambientali inseriti nella "lista del patrimonio mondiale" dell'UNESCO» (4509); PERROTTA: «Disposizioni per la valorizzazione dei siti italiani posti sotto la tutela dell'UNESCO» (5896) (La Commissione ha proceduto all'esame abbinato).

alla XI Commissione permanente (Lavoro):
S.3234 - «Istituzione del profilo di docente presso la Scuola di lingue estere dell'Esercito» (approvata dalla IV Commissione permanente del Senato) (6023); PERROTTA: «Disposizioni per favorire l'attività della Scuola di lingue estere dell'Esercito» (5654) (La Commissione elaborato un nuovo testo del disegno di legge n. 6023).

Rimessione all'Assemblea di una proposta di legge.

PRESIDENTE. Comunico che, a norma del comma 4 dell'articolo 92 del regolamento, il Governo ha chiesto la rimessione all'Assemblea della seguente proposta di legge, già assegnata alla IV Commissione permanente (Difesa), in sede legislativa:
S. 2274-2275 - Senatori BONATESTA; NIEDDU ed altri: «Norme per la concessione di contributi statali alle associazioni combattentistiche» (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (6277).

La predetta proposta di legge resta, pertanto, all'esame della stessa Commissione in sede referente.

Discussione del disegno di legge: S. 3716 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, recante misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell'Amministrazione dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi (Approvato dal Senato) (A.C. 6297) (Esame e votazione di questioni pregiudiziali) (ore 18,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, recante misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell'Amministrazione dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi.

(Esame di questioni pregiudiziali - A.C. 6297)

PRESIDENTE. Avverto che, ai sensi dell'articolo 40, comma 2, del regolamento sono state presentate le questioni pregiudiziali Leoni ed altri n. 1 e Bressa ed altri n. 2 (vedi l'allegato A - A.C. 6297 sezione 1).
Ricordo che, a norma del comma 4 dell'articolo 40 del regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali avrà luogo un'unica discussione, nella quale potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti di ciascuno degli strumenti presentati, un deputato per ognuno degli altri gruppi.
Al termine della discussione, si procederà ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
L'onorevole Turco ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Leoni ed altri n. 1, di cui è cofirmataria.

LIVIA TURCO. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, questo provvedimento - e dispiace moltissimo dirlo -, che mette insieme il finanziamento delle Olimpiadi invernali e la lotta alle droghe, raggiunge il primo posto in classifica delle vostre «leggi vergogna», perché non si era mai vista (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)...


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RENZO INNOCENTI. Presidente, non è possibile!

PRESIDENTE. Prego i colleghi di ascoltare l'onorevole Turco!

LIVIA TURCO. ... un'iniziativa così inaudita, caro ministro Giovanardi, sotto ogni profilo costituzionale, in ordine al rispetto del paese e della tutela e della dignità della persona.
Infatti, una materia così complessa e così dura, come la lotta alle droghe, diventa parte di un decreto-legge, che persegue altre finalità (per l'appunto, il finanziamento delle Olimpiadi invernali), che viene approvato in fretta e furia, a fine legislatura, con l'intento dichiarato di usarlo come «clava» elettorale!
Tale provvedimento è incostituzionale innanzitutto perché rappresenta una grave offesa, nonché uno schiaffo pesantissimo nei confronti di quelle migliaia di persone - volontari, famiglie ed operatori - che, ogni giorno, lottano contro le droghe. A loro va il nostro ringraziamento, anche perché voi, in tutti questi anni, li avete ignorati e non li avete ascoltati, come ha dimostrato la finta conferenza che avete tenuto a fine legislatura (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
Siete ricorsi, a fine legislatura, all'adozione di un decreto-legge - che, ribadisco, reca altre finalità, come il finanziamento delle Olimpiadi invernali - perché siete divisi al vostro interno! Consentitemi, su questo punto, di fare un po' di cronologia.
Vienna 2001: il vicepremier Fini annuncia un provvedimento contro le droghe, ma non succede nulla. Nel 2003, alla conferenza dell'ONU, sempre il Vicepresidente del Consiglio annuncia un provvedimento contro le droghe. Finalmente, il relativo disegno di legge viene approvato in Consiglio dei ministri nel novembre 2003, ma poi giace sepolto, per due anni, al Senato.
Inizia, successivamente, l'iter al Senato: le audizioni del mondo del volontariato, dell'associazionismo e delle comunità terapeutiche (vale a dire, di coloro che se ne intendono) vengono svolte con una rapidità assoluta! Nonostante tale rapidità - e gli atti parlamentari lo testimoniano -, esse confermano che ciò di cui ha bisogno il paese, nel condurre la lotta alle droghe, non è quanto è contenuto all'interno della cosiddetta legge Fini.
Inoltre, emergono le vostre divisioni. Svolgete una finta conferenza sulle tossicodipendenze e, di fronte alle vostre divisioni, ricorrete ad un decreto-legge che, come documenta la Commissione bilancio del Senato, non reca neppure la copertura finanziaria!
Nel frattempo, avete totalmente abbandonato la lotta alle droghe, come dimostrano sia un dipartimento senza risorse, sia una consulta priva di pluralismo e fintamente consultata. Basterebbe andare in giro per l'Italia, chiedendo agli operatori dei SERT e delle comunità terapeutiche come fanno a tirare avanti ed a condurre ogni giorno la loro difficile battaglia, per sentire quanto pesi il definanziamento della sanità!
Quindi, tali ragioni di metodo sono pesanti come macigni, violano gli articoli fondamentali della nostra Costituzione che riguardano la dignità della persona.
Passo al merito, che voi non ci consentirete di discutere. È un merito che fa arretrare pesantemente il nostro paese, un merito che mette al centro la sostanza e cancella le persone, mentre la nostra politica, la politica che è stata portata avanti in tanti anni dalle comunità, dai SERT e dagli operatori - che sono una ricchezza del nostro paese - ci ha insegnato altro: che non conta la sostanza in quanto tale, ma la vita delle persone! Per la sostanza, basta unificare le tabelle; basta dire che droghe leggere e droghe pesanti sono uguali. Per le persone, invece, conta ben altro! Conta la presa in carico, conta la capacità di essere vicini, conta il funzionamento dei servizi, conta la capacità di personalizzazione dei servizi stessi. Tutto ciò voi cancellate in questo vostro provvedimento! Punire è la strategia che voi indicate. Voi insistete sulla strada della proibizione e della punizione, anche se, poi, non avete il coraggio di dirlo, perché


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vi affrettate sempre a dire che non è vero che vi sarà più carcere. Infatti, sapete anche voi che il carcere non è la strada giusta per combattere le droghe, ma questo vostro provvedimento dice che l'unico effetto sarà un inasprimento delle pene. Vi ostinate a non vedere che la strada della punizione ha fallito. Ha fallito in Italia ed ha fallito in Europa e non a caso l'Europa, - con governi di centrodestra e di centrosinistra, ricordo la Spagna di Aznar e la Svizzera -, ha intrapreso una via che si basa su quattro capisaldi, che nel vostro provvedimento non vi sono: la lotta al traffico ed ai trafficanti, la prevenzione, la presa in carico e le strategie di riduzione del danno.
Voi, invece, vi ostinate a non guardare in faccia la realtà, a non considerare ciò che ci insegnano gli straordinari operatori - volontari e famiglie - che ogni giorno si battono contro le droghe, per la presa in carico e per il recupero delle persone. Ebbene, tali persone ci insegnano e ci dicono che la via della proibizione è fallimentare, che bisogna mettere insieme prevenzione, recupero, servizi pubblici e servizi privati. Invece, voi riproponete la proibizione del consumo e l'unificazione delle sostanze, a prescindere dal grado della loro tossicità, venendo meno ad un'indicazione fondamentale dell'Organizzazione mondiale della sanità.
La certificazione dello stato di dipendenza la può fare qualsiasi struttura, anche quella pubblica. Ciò, per noi, è un punto fondamentale, non perché pensiamo che serva solo il pubblico. Infatti, sappiamo che in Italia una strada importante è stata l'integrazione tra pubblico e privato, ma certificare lo stato di dipendenza deve essere effettuato da un soggetto pubblico, perché è quello che maggiormente offre le garanzie di scientificità. Vi è, inoltre, un pesante aggravamento delle pene.
Per tali ragioni di metodo, per il modo in cui viene calpestata la nostra Costituzione - penso all'articolo 5, comma 2 - lo stralcio Giovanardi è ancora peggiore della legge Fini, perché demanda ad un provvedimento amministrativo ciò che dovrebbe essere, invece, trattato per legge: l'unificazione delle sostanze e la definizione delle tabelle, è demandato tutto ad un organo puramente amministrativo, assieme, come ricordavo, all'aggravamento delle pene; per l'arroganza con cui oggi voi usate cinicamente un tema cruciale quale quello della lotta alle droghe in un decreto-legge che parla di tutt'altro e, poi, per il merito del provvedimento stesso, noi vi diciamo che vi sono tutte le ragioni di incostituzionalità e che soprattutto porteremo avanti questa battaglia nel paese, perché sappiamo che il nostro paese ha bisogno di proposte e risposte concrete, quelle che voi non avete saputo dare! Quando torneremo a governare, questo provvedimento noi lo abrogheremo, proprio perché è lontano da qualsiasi civiltà giuridica, dall'Europa, ma soprattutto dall'esperienza di sofferenza che vivono le famiglie, gli operatori ed i tossicodipendenti (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. L'onorevole Zaccaria ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Bressa ed altri n. 2 di cui è cofirmatario.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, illustro questa pregiudiziale presentata insieme ai colleghi Bressa, Bindi, Burtone, Fanfani e Mantini. Devo dire che vorrei soltanto proseguire le considerazioni che ora ha evidenziato la collega Turco, ricordando che questo decreto-legge - che si iscrive in una serie di decreti-legge orribili, in pratica fatti nel dispregio totale dei principi contenuti nella nostra Costituzione - ha la caratteristica di essere gravemente viziato fin dal titolo. Voi pensate che non bisogna essere dei grandi esperti nel valutare l'omogeneità di un testo di un decreto-legge quando nel suo titolo si parla di Olimpiadi invernali e di recupero dei tossicodipendenti recidivi. Tra l'altro, vorrei dire al ministro per i rapporti con il Parlamento che ci segue che questa tecnica di inserire in un decreto-legge - che va, com'è noto,


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alla firma del Presidente della Repubblica per l'autorizzazione alla presentazione; quindi, come testo che poi ha un suo particolare valore di cogenza - una norma alla quale poi agganciare una serie di altri provvedimenti (nel caso particolare 24, 25 articoli di un complesso provvedimento depositato da tempo al Senato), rappresenta una chiara elusione della nostra Costituzione: elusione della Costituzione ed elusione delle prerogative del Capo dello Stato. Infatti, si fa firmare un provvedimento che ha un certo contenuto e poi, durante l'iter parlamentare, questo viene letteralmente travolto. Ricordo che in un messaggio del Presidente Ciampi all'inizio di questa legislatura si diceva con grande chiarezza che è responsabilità del Governo e delle Presidenze delle Camere vigilare perché i provvedimenti presentati rimangano sostanzialmente fedeli alla loro impostazione. Mi domando, signor ministro, come può essere fedele alla sua impostazione un decreto-legge che contiene quattro articoli e poi ne aggiunge altri 24 su una materia che, come diceva sostanzialmente l'onorevole Turco, rappresenta tutt'altra dimensione.
Allora, credo che dobbiate qualche volta guardare quanto dice il Comitato per la legislazione, che lo fa in due pagine che vi prego, non dico di condividere, ma almeno di leggere: reca un contenuto di eterogeneità; contiene disposizioni che non rispettano l'immediata applicabilità ed il rinvio all'emanazione dei decreti ministeriali; abroga una disposizione introdotta recentemente con un'altra legge del 5 dicembre 2005 e modifica l'articolo 5-bis di un altro decreto-legge; reca disposizioni contenenti richiami normativi che appaiono effettuati in forma generica; utilizza espressioni normative disomogenee che sarebbe invece opportuno uniformare; reca un riferimento all'articolo 1-bis sul fondo unificato per le vittime dell'usura del tutto improprio; la tecnica della novellazione non è utilizzata conformemente a quanto previsto nella circolare congiunta dei Presidenti di Camera e Senato; non è corredato dalla relazione sull'analisi tecnico-normativa e non è corredato dalla relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione. Ce n'è tantissimo anche per domandarsi - ed io credo che un cittadino se lo domandi quando legge il titolo di questo decreto-legge - chi vagli l'ammissibilità di queste norme che vengono aggiunte durante il dibattito parlamentare; e quando diciamo dibattito si fa per dire, perché al Senato è stata posta la questione di fiducia ed alla Camera potrebbe succedere la stessa cosa. Quindi, è un dibattito sui generis, questo, con riferimento a norme di una simile importanza.
In questa sede, non posso permettermi di sindacare i criteri di intervento del Presidente del Senato. Certo, risulta sorprendente il fatto che, sistematicamente, provvedimenti di questo tipo siano predisposti dal Governo, approdino al Senato, ove vengono «zavorrati» di ogni contenuto possibile, e poi giungano alla Camera.
Vorrei chiedere al Presidente della Camera se, nell'ambito delle intese che intercorrono tra i due rami del Parlamento, non vi sia anche il compito di vigilare sul fatto che il Presidente della Repubblica, che sottoscrive un testo, non si trovi successivamente di fronte ad un provvedimento radicalmente diverso. Questa è una responsabilità che spetta ad entrambi i Presidenti delle Camere in misura rilevante. Quindi: elusione del controllo presidenziale ed elusione del ruolo del Parlamento nell'esercizio della funzione legislativa.
Quantomeno (certo, è ridicolo dirlo!), in Senato si è potuto, in qualche modo, discutere in ordine alla materia al nostro esame relativa agli stupefacenti. Invece, in questo ramo del Parlamento, ci troviamo di fronte ad un testo che giunge improvvisamente, nella forma del decreto-legge, senza alcuna possibilità di riflessione. In questo caso, vi è una chiara violazione dell'articolo 70 della Costituzione, relativo alla funzione legislativa e al bicameralismo. Qui non vi è niente di tutto questo!
Vorrei dire ancora qualcosa su un aspetto di merito, che assume una rilevanza costituzionale molto significativa. L'articolo 4-bis stabilisce che viene punito,


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con una pena da sei a 20 anni (è, quindi, una pena rilevantissima), chi detiene illecitamente sostanze stupefacenti che, per quantità - in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del ministro della salute, emanato di concerto con il ministro della giustizia, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri - appaiono destinate ad uso non esclusivamente personale.
Possiamo pensare che vi sia rispetto dell'articolo 25 della Costituzione sulla tassatività delle pene, se praticamente un soggetto si trova a subire una condanna in conseguenza di un atto amministrativo (un decreto del ministro della salute), e non di una legge che disponga criteri rimessi alla valutazione del magistrato? Questa è una palese violazione dell'articolo 25 della Costituzione! È una violazione neppure indiretta, come le altre alle quali ho fatto riferimento. Siamo di fronte non soltanto ad una elusione della Costituzione, ma ad un contrasto frontale!
Considerati i voti espressi in questi giorni, non credo che vi sia una sensibilità di questo tipo; ma mi auguro che questa Camera abbia uno scatto d'orgoglio, affinché almeno si possa dire: abbiamo voluto approvare un provvedimento manifesto al Senato, ma in questa sede ritorniamo alla saggezza che la Costituzione ci richiede.
Credo che ciò si debba fare per rispetto al Presidente del Repubblica, per rispetto alla nostra Costituzione e, in definitiva, per rispetto a noi stessi (Applausi dei deputati del gruppo Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, riteniamo che vi siano tutte le condizioni per procedere, nel rispetto della Costituzione e di ogni altra norma, nell'iter del provvedimento d'urgenza in esame. Vi sono numerosi precedenti di decreti-legge che si sono arricchiti, nel corso dell'esame, di ulteriori materie.
Questo provvedimento, fin dall'origine, reca non soltanto norme riguardanti i giochi olimpici, ma anche norme riguardanti proprio la materia relativa alla tossicodipendenza, alle sanzioni penali, al coordinamento di norme recentemente introdotte in materia di recidiva con le normative esistenti. Quindi, il decreto-legge in esame, già all'atto del suo varo da parte del Consiglio dei ministri, conteneva richiami a materie che sono state poi estese riguardo al problema delle tossicodipendenze.
Occorre anche contestare un'altra considerazione svolta nelle questioni pregiudiziali.
Si dice che le disposizioni riguardanti la tossicodipendenza prevedono delle sanzioni penali che scattano non in base a ciò che c'è scritto direttamente nella norma di legge, ma nelle tabelle che riguardano le sostanze stupefacenti. Si afferma, quindi, che tutto ciò non sarebbe corretto, perché la sanzione penale deve essere collegata solo ad una norma di legge e non ad una tabella che nasce da un atto ministeriale.
Ebbene, la legge Jervolino-Vassalli del 1990, agli articoli 75 e 78, introduceva, come metodo legislativo, delle tabelle analoghe a quelle che si prevedono in questa legge, dalle quali scaturiva la definizione della dose media giornaliera di sostanze stupefacenti. Quindi, la fonte normativa era una tabella.
La Corte costituzionale, investita del problema nel 1991, ha dichiarato costituzionale quel modo di legiferare, che risale al 1990. Quindi, anche da questo punto di vista, vi sono dei precedenti autorevoli. Credo che l'allora ministro Jervolino e l'allora ministro Vassalli, noti per la loro esperienza giuridica, abbiano fatto una scelta corretta, che la Corte costituzionale ha avallato.
Ho detto ciò per riferire alcune considerazioni riguardanti la questione pregiudiziale che avete proposto. Tuttavia, mi sono reso conto che nel dibattito si è entrati nel merito del provvedimento. Non è questa la sede, ma credo che sia legittimo fare qualche considerazione al riguardo anche da parte del nostro gruppo.
Le norme riguardanti la tossicodipendenza sono state presentate oltre due anni fa


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dal Governo e sono state discusse lungamente al Senato nel corso di audizioni e approfondimenti da parte delle Commissioni giustizia e affari sociali. Ciò è tanto vero che il testo originario, in particolare la parte introdotta nel decreto, è stato largamente modificato e si è tenuto ampiamente conto del dibattito parlamentare, delle osservazioni che sono state avanzate e della necessità di coniugare la severità nei confronti dello spaccio con una volontà di recupero nei confronti del semplice consumatore.
Il testo è stato oggetto di una discussione approfondita in occasione della Conferenza nazionale sulle tossicodipendenze, che si è tenuta nel mese di dicembre a Palermo. Anche in base alle conclusioni di quella Conferenza - è presente in aula il ministro Giovanardi, che non è soltanto il ministro per i rapporti con il Parlamento, ma è anche titolare della delega per i problemi delle tossicodipendenze -, nel corso dell'esame al Senato sono state inserite modifiche al testo; peraltro la Conferenza nazionale di Palermo si svolge in attuazione di norme di legge. Non si tratta quindi di una conferenza privata, di partito o nell'ambito di dibattiti parziali, ma di una realtà istituzionale.
Le norme, inoltre, sono state scritte in modo impreciso - mi dispiace - anche dall'onorevole Turco, che pure conosce la materia. Infatti, in questo decreto si prevede addirittura l'innalzamento da quattro a sei anni della soglia di condanna, conseguita la quale un tossicodipendente che sta in carcere può chiedere di uscire e di scontare la pena agli arresti domiciliari presso una comunità.
Oggi, senza questa norma, la facoltà di uscire dal carcere - certo, per andare in una comunità, non per andare a delinquere nuovamente - si può applicare a chi ha subito condanne sino a quattro anni. Con questa nuova norma tale facoltà è estesa fino a condanne di sei anni.
Quindi, c'è una maggiore possibilità di alternativa al carcere per le persone che possono averne diritto. C'è inoltre la valorizzazione delle comunità terapeutiche, laiche e religiose, che vengono affiancate ai servizi pubblici. È inutile fare l'apologia delle comunità terapeutiche e poi votare contro chi aiuta a uscire le famiglie dalla droga, quanto e più delle strutture pubbliche.
Ecco perché riteniamo che vi siano tutte le condizioni di procedibilità, dopo un'ampia discussione nel paese, nell'ambito della Conferenza antidroga e in Parlamento. Sono state apportate modifiche, che hanno tenuto conto del dibattito che si è svolto, ad un decreto che conteneva già in origine norme relative alla tossicodipendenza, adottando una scelta che il Parlamento può assumere al termine della legislatura, dopo aver discusso ampiamente di questa materia.
Per questa ragione il gruppo di Alleanza nazionale voterà contro le pregiudiziali e auspica che questo dibattito porti a una normativa che coniughi la severità contro lo spaccio di droga alla maggiore solidarietà nei confronti di chi vuole uscire dalla droga (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, debbo confessare che è veramente «stupefacente» l'intervento dell'onorevole Gasparri, che ha dimenticato o ignorato che, in sede di conversione del decreto-legge in esame, sono stati inseriti ben ventitré articoli riguardanti la normativa sugli stupefacenti, in un decreto-legge che doveva occuparsi di problematiche relative alle Olimpiadi.
È altrettanto «stupefacente», tanto per rimanere in argomento, che il centrodestra abbia dimenticato che, nel 1993, con un referendum popolare, era stata abrogata proprio quella parte della legge Jervolino-Vassalli, che le norme che intendete approvare tende a ripristinare in senso peggiorativo e che quel referendum ebbe una differenza estremamente significativa tra i voti contrari all'abrogazione di quelle leggi punitive nei confronti dei tossicodipendenti e dei consumatori e i voti di chi


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riteneva che si dovesse finalmente invertire la rotta, puntare sulla riduzione dei danni, sulla depenalizzazione di tutti i reati minori e, in specifico, di chi usava o faceva abuso di sostanze stupefacenti. Sono stati il 55,4 per cento gli italiani che hanno votato nel 1993 «sì» in quel referendum che, oggi, con questo decreto-legge intendete completamente tradire.
Invece di prendere atto del fallimento, come purtroppo - ripeto purtroppo - dobbiamo constatare ogni giorno, delle politiche repressive e degli effetti positivi che in tutta Europa, e oserei in tutto il mondo, laddove sono state applicate, si è avuto dalle politiche di riduzione del danno...

CESARE ERCOLE. Non è vero!

GIULIANO PISAPIA. ...voi, con un decreto-legge truffa, un decreto-legge di truffa costituzionale, perché avete introdotto norme che contrastano con i principi costituzionali, attraverso il carcere e con controproducenti sanzioni di carattere amministrativo, ritenete di risolvere un problema così delicato come quello della tossicodipendenza, dell'uso e dell'abuso di sostanze stupefacenti.
Colleghi tutti, se vi è una tematica che pone nel contempo problemi profondamente delicati, di carattere ideologico, morale, giuridico, medico, psicologico e sociale, è proprio quella relativa all'uso ed all'abuso di sostanze stupefacenti, che nulla ha a che vedere, da ogni punto di vista, con la doverosa ed implacabile lotta contro gli spacciatori, contro chi specula e si arricchisce sfruttando le condizioni personali di chi fa uso o abuso di sostanze stupefacenti, contro i trafficanti ed i procacciatori di morte.
Proprio per questo era necessario, ministro Gasparri, onorevoli colleghi, un confronto serio, meditato ed approfondito e non un'ulteriore ed ennesima spoliazione del Parlamento, delle sue prerogative, non l'ennesima legge truffa che viola apertamente le norme costituzionali.
È già stata richiamata dall'onorevole Zaccaria la violazione dell'articolo 77 della Costituzione. Ma è stato violato anche un principio che il Presidente della Repubblica ha sancito con un suo recente messaggio alle Camere, proprio in una situazione analoga a quella che oggi dobbiamo affrontare.
Rinviando un decreto-legge relativo ad altra questione, con una missiva del 29 marzo 2002, il Presidente della Repubblica ha così scritto al Parlamento: «Nel corso dell'esame parlamentare, nel decreto-legge in questione, sono state aggiunte numerose norme nuove» - in questo decreto-legge sono stati inseriti 23 nuovi articoli - «sia di iniziativa del Governo sia per emendamenti parlamentari. In ordine a tali norme, a parte il fatto che non si ravvisa la sussistenza dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione» - ed è indubbio che nel caso attuale non vi siano questi requisiti in quanto le proposte di modifica della legge sugli stupefacenti risalgono all'inizio della legislatura - «si deve rilevare un'attinenza soltanto indiretta alla disposizione dell'atto originario, cosicché viene sottoposta per la promulgazione una legge che converte un decreto-legge notevolmente ed ampiamente diverso da quello, a suo tempo, da me emanato».
Questo modo di procedere, diceva il Presidente della Repubblica, configura uno stravolgimento dell'istituto del decreto-legge, non conforme al principio consacrato nell'articolo 77 della Costituzione.
Aggiungo che, dal punto di vista della costituzionalità, vi sono anche altre norme profondamente illegittime: parlo dell'equiparazione tra droghe leggere e droghe pesanti: è assolutamente inaccettabile mettere sullo stesso piano, a livello di rilevanza e di sanzione penale, chi è dedito allo spaccio e chi, invece, acquista una dose per uso personale sulla base di una tabella che, peraltro, non è neppure stata approvata dal Parlamento.
Gli articoli 4 e 4-bis del decreto-legge contrastano pienamente con il principio di eguaglianza. Infatti, vengono trattati nella stessa maniera, e cioè con il carcere, gli spacciatori, i procacciatori di morte e i tossicodipendenti; i carnefici e le vittime,


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chi compra e acquista droga per uso personale e chi detiene una analoga quantità di stupefacenti per finalità di spaccio.
Si viola anche il dovere di solidarietà sociale nei confronti di chi soffre, di chi, purtroppo, non è nella sua piena autodeterminazione ed, infine, si contrasta il principio del fine anche rieducativo della pena, sancito dall'articolo 27 della Costituzione. Esiste una disparità...

PRESIDENTE. Onorevole Pisapia, ha esaurito il tempo.

GIULIANO PISAPIA. Esiste chiaramente una disparità di trattamento allorché si considerano nello stesso modo situazioni diverse, perché, in caso di detenzione - lo dice la Corte costituzionale - di sostanze stupefacenti in misura appena superiore a quella personale, sarebbero sottoposti alla stessa sanzione sia il soggetto che ha ceduto la droga sia quello che l'ha acquistata e consumata.
Inoltre, risulta violato il principio della necessaria offensività del reato, che costituisce il limite alla discrezionalità del legislatore penale.
Infatti, nel caso della detenzione destinata al consumo o di effettivo consumo di sostanze stupefacenti, non sarebbe configurabile la lesione o l'esposizione a pericolo di un bene giuridico che possa giustificare la sanzione del carcere.
Posso solo aggiungere che, nel 1993, è stato un referendum ad affossare la legge Jervolino-Vassalli. Fra pochi mesi, vi sarà una nuova maggioranza e sarà il centrosinistra, con il consenso della maggioranza degli italiani, ad azzerare questa legge e ad iniziare una politica che porti veramente a risolvere il problema drammatico dell'abuso di sostanze stupefacenti (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Unione)!

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, passiamo ai voti.
Ricordo che è stata avanzata la richiesta di votazione segreta, che la Presidenza ha ritenuto ammissibile.
Indìco, pertanto, la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Leoni ed altri n. 1 e Bressa ed altri n. 2.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 459
Maggioranza 230
Voti favorevoli 195
Voti contrari 264
(La Camera respinge - Vedi votazioni).

Prendo atto che gli onorevoli Viceconte e Porcu non sono riusciti a esprimere il proprio voto.
Avverto che la discussione sulle linee generali avrà luogo in altra seduta.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 3684 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, recante misure urgenti in materia di università, beni culturali ed in favore di soggetti affetti da gravi patologie, nonché in tema di rinegoziazione di mutui (Approvato dal Senato) (A.C. 6293) (ore 18,52).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, recante misure urgenti in materia di università, beni culturali ed in favore di soggetti affetti da gravi patologie, nonché in tema di rinegoziazione di mutui (anche un mutuo può esser una patologia se non si è in grado di pagarlo; onorevole Rossi, vedo che scuote la testa).
Ricordo che nella seduta di ieri si sono conclusi gli interventi sul complesso degli emendamenti ed i relatori e il Governo hanno espresso il parere.


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(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 6293)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 6293 sezione 1), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 6293 sezione 2).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 6293 sezione 3).
Dobbiamo, pertanto, passare alla votazione dell'emendamento Titti De Simone 1.9, sul quale il parere del relatore e del Governo è contrario.

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori e, in maniera un po' forzata, per richiamo al regolamento, per porre alla sua attenzione una questione che, seppur al termine della legislatura potrebbe apparire improduttiva di effetti, ritengo possa essere utile proprio per lasciare alla prossima legislatura una traccia di riflessione. Mi riferisco all'assoluta totale indifferenza della Commissione di merito rispetto alle osservazioni del Comitato per la legislazione.
Su questo provvedimento il Comitato per la legislazione ha scritto tre pagine di osservazioni. Lei sa, Presidente, che tale Comitato - per la sua composizione, per la natura che lo contraddistingue e per le funzioni cui è preposto - ha un compito terzo nella vita della Camera e del procedimento legislativo. Infatti, è stato istituito proprio per favorire una corretta, trasparente e, dal punto di vista estetico, buona legislazione.
Signor Presidente, se si leggessero le osservazioni del Comitato per la legislazione, si riterrebbe oggettivamente che si sta predisponendo una pessima legge. Dunque, non si può con indifferenza prendere atto che si sta emanando una pessima legge e con indifferenza continuare a votarla.
Capisco tutto, ma questo andazzo pone una riflessione sul peso e sul ruolo del suddetto Comitato e pone una riflessione sul procedimento complessivo della legislazione, nonché su qualche condizionamento in più che, evidentemente, occorre introdurre rispetto ai pareri del Comitato per la legislazione.
Presidente, penso sia il caso che sia lasciato alla Giunta per il regolamento il segno della necessità di una riflessione. Ciò in quanto non possiamo supinamente accettare che noi stessi giudichiamo il testo della legge in contrasto con il quadro normativo, poco trasparente, poco coerente, non congruo rispetto alla legislazione per poi far finta di niente. Esiste un contrasto intrinseco che non può assolutamente lasciarci indifferenti, rimanendo senza alcuna osservazione.
Nel caso del presente provvedimento, tali contraddizioni, evidenziate dal Comitato per la legislazione, sono veramente macroscopiche.
Un'autorità «terza» che leggesse queste osservazioni non potrebbe dar corso al varo della legge in esame. In realtà, non facciamo altro che, affermando il nostro potere, condizionare anche quello delle altre autorità della Repubblica, la qual cosa, Presidente, è molto grave e sconveniente.
Mi rendo conto che alla fine della legislatura, avendolo fatto già altre volte e non essendovi stato posto rimedio, potrebbe apparire improduttivo, ma mi sembrava doveroso lasciare tracce di questa riflessione.

PRESIDENTE. Onorevole Boccia, non è la prima volta che la questione viene posta da lei e da altri colleghi.
Come è noto, il parere del Comitato per la legislazione non è vincolante per la Commissione di merito. Sul fatto che questo difetto sia eliminabile, non è facile dare una risposta né prospettare la soluzione del problema: considero il suo intervento


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come promemoria per la prossima legislatura, visto che quella attuale è ormai al suo epilogo.
Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento Titti De Simone 1.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bimbi. Ne ha facoltà.

FRANCA BIMBI. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere l'emendamento 1.9 della collega di Rifondazione, Titti De Simone, con il quale si propone di sostituire l'espressione: «consentire all'università di far fronte ai programmi di ricerca nei settori strategici per il paese», con quella di: «incentivare e sostenere la ricerca nelle università».
Perché lo sottoscrivo? Intanto perché questo articolo 1 fa davvero vergognare per come nel nostro paese non si incentivi affatto la ricerca, nemmeno nelle università.
Quest'anno il Ministero ha decurtato di circa il 50 per cento i progetti approvati come progetti di ricerca di interesse nazionale (i PRIN), che sono cofinanziati dalle università. Quelli riconosciuti «ammissibili» non sono stati finanziati per il loro fabbisogno ma per la metà dello stesso.
Sappiamo che la ricerca universitaria è svolta nei fatti quasi esclusivamente da giovani con assegni di ricerca, che sono prevalentemente giovani dottori di ricerca, in attesa di posizioni a tempo indeterminato; ed evidentemente uno dei modi, e quasi l'unico, di farsi i titoli scientifici è quello di partecipare a progetti di ricerca qualificati, come lo sono i progetti di ricerca di interesse nazionale.
Un assegno di ricerca ha uno stanziamento tra i 16 mila e i 19 mila euro annui, privi di previdenze per la malattia e la maternità. Questi giovani hanno finito il dottorato di ricerca e mediamente hanno tra i 28 e i 32 o 35 anni. Normalmente gli assegni di ricerca sono biennali, in primo luogo per incentivare davvero la ricerca, per dare cioè continuità ai gruppi di ricerca che sono coordinati da professori e da ricercatori, ma costituiscono anche l'occasione per giovani dottori di ricercato di «farsi le ossa».
Normalmente, si bandiscono, una volta vinti i progetti di ricerca di interesse nazionale, assegni biennali su questi fondi ministeriali e quasi tutte le università prevedono, alla fine del biennio, la possibilità di un rinnovo su valutazione del coordinatore della ricerca. Già ora, quindi, l'incentivo alla ricerca è piuttosto basso e non vi è dubbio che il Ministero non ha l'autorità di consentire all'università di fare ricerca. Le università cercano quanto possibile di far fronte ai programmi di ricerca, ma in questo caso dovrebbe essere il MIUR a fornire veri incentivi. Siamo, quindi, di fronte ad una situazione di insulto rispetto a giovani ricercatori che già sono in difficoltà.
Noi, con il programma dell'Unione vogliamo aumentare e qualificare decisamente la spesa per l'università e la ricerca, vogliamo dare una reale copertura complessiva, assicurativa e di sicurezza sociale anche agli assegni di ricerca, ai contratti post-doc e così via. Servono investimenti qualificati perché la ricerca è un investimento per la crescita del paese. Dobbiamo avere fondi non solo per il personale, ma perché i giovani siano sempre più attratti nelle università e negli enti di ricerca, non abbiano la tentazione di fuggire. È vero, una parte molto qualificata fugge all'estero, ma questa è ancora la parte visibile; noi abbiamo la parte invisibile, quei ragazzi che, essendo anche di origine sociale modesta, se vincono una borsa di studio all'estero non ce la fanno a mantenersi perché hanno al loro ritorno in Italia questo tipo di prospettive.
Noi, con questo provvedimento, non diamo affatto spazio ai giovani, ma diamo loro delle briciole come le diamo ai passerotti sulla neve. Non è neanche la sopravvivenza, questa, è un'elemosina, considerando che le persone che lavorano con contratti o con assegni di ricerca nei nostri gruppi sono persone selezionate da bandi a cui partecipano, il cui finanziamento viene attribuito attraverso valutazioni comparative. Sono quasi tutte persone che


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hanno trascorso un periodo all'estero; come minimo hanno passato sei mesi all'estero; nell'arco dei tre anni di dottorato, ma ormai mediamente si tratta di soggetti che hanno passato un anno di dottorato all'estero durante la formazione e spesso hanno titoli coordinati a livello europeo.
Noi non possiamo pensare che questo tipo di provvedimento sia un incentivo alle università. È un insulto ai giovani talenti nelle università.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grignaffini. Ne ha facoltà.

GIOVANNA GRIGNAFFINI. Grazie Presidente, anche io intervengo per chiedere di aggiungere la mia firma a questo emendamento presentato dalla collega De Simone. Se noi leggiamo il comma che si intende sostituire, capiamo qual è la filosofia che ispira l'azione del Governo nel settore della ricerca e dell'incentivazione delle politiche per i giovani ricercatori. Cosa dice infatti il testo originale? In sostanza il testo ci dice che questo Governo, dell'università, della ricerca e dei giovani se ne occupa solo se non ne può fare a meno, quasi che fosse costretto a questa azione dal fatto che esistono giovani che fanno ricerca nelle università e che ottengono anche straordinari successi all'estero.
La questione legata all'investimento previsto unicamente per i settori strategici, ci fa capire che questo Governo pensa, in prima istanza, alla ricerca applicata e non alla ricerca di base come elemento su cui investire. E ciò viene fatto andando contro ogni logica, ogni certificazione, ogni analisi di paese sviluppato a forte innovazione tecnologica e scientifica; gli Stati Uniti, ad esempio, destinano il 60 per cento dei finanziamenti alla ricerca di base, cioè quella a lungo termine che non produce risultati immediati ma che lavora per il futuro sviluppo tecnologico del paese.
Ma, al di là di questa doppia visione così sbagliata dal punto di vista del ruolo e della funzione della ricerca nelle società a sviluppo avanzato, quello che manca all'attuale Governo, e ciò si vede nel modo in cui è articolato il provvedimento in esame, è una visione integrata della ricerca tra università ed enti. Ciò rappresenta un aspetto molto critico su cui noi siamo intervenuti presentando delle apposite proposte emendative, proprio perché riteniamo che questa scissione, tra ricerca nell'università e ricerca negli enti, sia alla base di quel pregiudizio applicativo della nozione di ricerca cui prima facevo riferimento.
Da ultimo, segnalo un altro aspetto negativo insito nel provvedimento in esame su cui si è già soffermata la collega Bimbi; mi riferisco alla riduzione della durata degli assegni di ricerca da biennale ad annuale. Si prevede di operare tale riduzione come se nessuno sapesse che la ricerca ha bisogno di tempo, di progetto, di sperimentazione, di sedimentazione e di confronto. Un assegno di ricerca di durata annuale finanziato con le risorse previste nel provvedimento rappresenta, a nostro avviso, un affronto, un'elemosina. Si tratta delle famose briciole con cui si cercano di richiamare i passeri: spero che i passeri non rispondano all'appello di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Titti De Simone. Ne ha facoltà.

TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, intervengo per illustrare le ragioni che mi hanno indotto a presentare l'emendamento 1.9.
Noi riteniamo che la previsione contenuta all'articolo 1 del provvedimento in esame, che disciplina l'incentivazione della ricerca nelle università, sia assolutamente insufficiente. I colleghi che mi hanno preceduto hanno, infatti, parlato di poche briciole destinate ad un mare magnum di risorse umane, rispetto alle quali il Governo non ha praticamente investito nulla, ma, al contrario, ha mortificato le aspettative delle categorie interessate. A quest'ultimo riguardo, ricordo il provvedimento


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che ha modificato lo stato giuridico dei docenti universitari con il quale si è introdotta, di fatto, una precarizzazione infinita dei giovani ricercatori. L'attuale Governo non ha stabilizzato un solo giovane ricercatore ma, al contrario, ha precarizzato, in modo quasi permanente, quello status, ponendo il settore della ricerca nel nostro paese in una situazione di grande disagio. Questo Governo non ha, come detto, investito su un settore, quello della ricerca, che noi, invece, consideriamo strategico.
Con il provvedimento in esame si vogliono concedere delle briciole per gli assegni di ricerca la cui durata si prevede di ridurre da due ad un anno. Ciò risponde alla filosofia che sempre sottende all'operato di questo Governo nel settore della ricerca, cioè quella del ridurre il tempo, quando, invece, è risaputo che tale settore strategico ha bisogno di tempi molto lunghi per poter sedimentare, verificare, confrontare, approfondire e costruire quelle condizioni essenziali affinché l'elaborazione della conoscenza diventi strutturata.
Qui, invece, la filosofia è opposta: tutto è finalizzato ad una produttività immediata, ad una mercificazione che fa male al paese! Si vuole stanziare qualche spicciolo per un provvedimento con il quale il centrosinistra aveva inteso incentivare le borse di ricerca, per garantire ai giovani ricercatori l'ingresso nel mondo della ricerca e per provare, poi, a stabilizzarli in tempi molto brevi. La misura era prevista nella finanziaria del 1997 e, pertanto, non si tratta di un'invenzione di questo Governo! Siamo di fronte ad una vera e propria foglia di fico, che, tengo a rimarcarlo, non può certamente nascondere le gravi responsabilità che questo Governo si è assunto in questa legislatura.
Il Governo non ha soltanto operato per la riduzione delle risorse e degli investimenti, tagliando il 50 per cento dei progetti di interesse nazionale, ma ha anche alterato la filosofia di fondo dei precedenti interventi, ha capovolto la finalità sociale ed ha completamente distorto il senso e l'impatto sociale del settore della ricerca, pure straordinariamente produttivo, finalizzandolo alla mercificazione, al ricatto continuo, e precarizzando indefinitamente le giovani risorse, le giovani intelligenze, tante migliaia di ricercatori.
Sebbene vi siano quarantamila ricercatori precari nelle università, non un euro è stato investito per stabilizzare un solo giovane ricercatore! È inutile che il Presidente del Consiglio vada in giro a raccontare ai cittadini, in tutte le trasmissioni televisive, la favola delle meraviglie che questo Governo avrebbe prodotto anche nei settori della scuola, dell'università e della ricerca! La prova dei fatti - i fatti sono molto cocciuti! - dimostra che è avvenuto, purtroppo, l'esatto contrario!
Il mio emendamento - ringrazio le colleghe Bimbi e Grignaffini per averlo sottoscritto - vuole nuovamente denunciare l'attuale situazione; vogliamo anche lanciare ...

PRESIDENTE. Onorevole Titti De Simone...

TITTI DE SIMONE. ... un segnale al paese.
I partiti che compongono l'Unione considerano strategici i settori della ricerca, della scuola e dell'università e pensano che si debba investire, che si debba cambiare direzione, che occorra invertire la rotta: è un impegno che ci assumiamo di fronte al paese e che manterremo dopo il 9 aprile, quando sarete stati mandati a casa (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Titti De Simone 1.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.


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Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 377
Maggioranza 189
Hanno votato
161
Hanno votato
no 216).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Tocci 1.10.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Martella. Ne ha facoltà.

ANDREA MARTELLA. Signor Presidente, il decreto-legge in esame affronta, all'articolo 1, una questione seria; nel contempo, però, esso fornisce la dimostrazione di come la politica del Governo di centrodestra nei settore dell'università e della ricerca, nel corso di questi cinque anni, sia stata assolutamente fallimentare.
Come hanno già rilevato i colleghi che mi hanno preceduto, il provvedimento in esame mette insieme materie diverse, in molti casi senza che alcuna ragione imponesse di farne oggetto di un provvedimento d'urgenza.
L'articolo 1 al nostro esame, che tra non molto sarà votato, disciplina l'incentivazione della ricerca nelle università e si pone il problema, giusto in questo senso, del finanziamento degli assegni di ricerca.
Si tratta, quindi, di un aspetto importante, cioè, delle risorse per finanziare gli assegni dei nostri giovani ricercatori. Però, va detto che il Governo, pur affrontando una questione delicata e seria, fa ciò creando nel merito una serie di problemi, perché adotta delle misure che, alla fine, rischiano di tradursi in pura propaganda senza essere efficaci nel settore della ricerca. Il Governo fa ciò dimostrando che le università, di fatto, non sono in grado di fare fronte ai propri programmi di ricerca. Perché ciò avviene? Per le scelte compiute nel corso di questi anni, per la riduzione dei finanziamenti, per il blocco delle assunzioni, per l'incapacità di finanziare una serie di programmi che le università e gli enti di ricerca hanno dovuto interrompere in mancanza delle risorse finanziarie che dovevano essere messe a loro disposizione.
Quindi, il Governo di centrodestra con questo articolo mette mano ad una norma veritiera, ma proprio la necessità di prevedere un apposito fondo di 32 milioni di euro è la dimostrazione dello stato in cui si trova l'università italiana. Per questa ragione non è possibile alcuna forma di trionfalismo, come invece fino a questo momento è accaduto, né è possibile lanciare messaggi mediatici rispetto al fatto che l'università e la ricerca sono state finanziate nel corso di questi anni o che vi è stato un incremento di tali finanziamenti. In realtà, vi sono stati continui tagli che hanno allontanato il nostro paese dagli standard europei in questo settore e, adesso, con un intervento dell'ultimo minuto, si cerca di riparare stanziando risorse che però portano implicitamente a riconoscere la scarsità nonché la carenza delle risorse finanziarie sin qui previste.
Quindi, nel corso di questi anni, contrariamente a quanto si dice, non si è prodotto alcun aumento delle risorse per la ricerca nelle università né si è previsto il ricambio generazionale, anzi, con tutta una serie di norme - già esaminate in questa aula - si è scelto di premiare il criterio dell'anzianità. Inoltre, quando il Governo si è occupato dei giovani ricercatori, tranne che in questo provvedimento dell'ultimo minuto, si è fatto ciò perché l'opposizione aveva sollecitato interventi di tal genere e perché c'è stato un grande movimento che ha riguardato l'intero paese e che poneva il problema della ricerca come strategico e fondamentale. Ciò è avvenuto, per esempio, nel 2003 quando il Capo dello Stato ha posto con grande forza e autorevolezza la necessità di una deroga al blocco delle assunzioni di giovani talenti italiani, i quali minacciavano di dover andare all'estero.
Quindi, l'articolo 1 di questo provvedimento mette a disposizione delle risorse e, al contempo, dimostra come tutta la politica del centrodestra sia stata fallimentare (tanto che c'è bisogno di un decreto d'urgenza dell'ultimo minuto per fare un po' di propaganda intorno all'università).
Concludo il mio intervento dicendo che si tratta peraltro di una serie di misure


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fatte male, perché si prevede di dare un assegno di ricerca per un anno, quando tutti sanno che per svolgere un programma di ricerca servono due, tre o addirittura quattro anni (per poterlo portare a termine). Inoltre, si aumenta la platea di coloro che ne hanno diritto; quindi, si tratta di una misura del tutto propagandistica che non sarà efficace ma che, al contrario, si rivela un'ulteriore una tantum, senza possibilità di alcuna efficacia.
Infine (questo è il senso dell'emendamento successivo recante la mia firma, ma sul quale non interverrò), si escludono enti pubblici come il CNR, l'ENEA, l'Agenzia spaziale. Tutti questi enti non potranno utilizzare gli assegni di ricerca previsti e francamente non si capisce quale sia la ratio di ciò. Per questa ragione abbiamo presentato emendamenti con i quali ci proponiamo di correggere l'articolo 1 di questo decreto per porre con grande forza l'esigenza di un finanziamento degli assegni di ricerca, oltre che per le università anche per gli enti pubblici (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tocci 1.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 375
Maggioranza 188
Hanno votato
159
Hanno votato
no 216).

Prendo atto che l'onorevole Spina Diana non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Bimbi 1.3 e Martella 1.8, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 387
Maggioranza 194
Hanno votato
163
Hanno votato
no 224).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Bimbi 1.4 e Grignaffini 1.7, non accettati dalla Commissione né dal Governo e sui quali la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 390
Maggioranza 196
Hanno votato
165
Hanno votato
no 225).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Bimbi 1.5 e Tocci 1.6, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 389
Maggioranza 195
Hanno votato
163
Hanno votato
no 226).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Capitelli 1-bis.1, Zanella 1-bis.2 e Titti De Simone 1-bis.3.


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Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rusconi. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUSCONI. Signor Presidente, intervengo per chiarire la posizione mia personale e quella del gruppo della Margherita su questa serie di emendamenti soppressivi, che pensiamo siano in coerenza con quanto i colleghi hanno detto e fatto nella seduta di ieri. In tale seduta, infatti, il collega Zaccaria ha espresso in maniera opportuna le ragioni per cui, sul piano della costituzionalità, questo provvedimento è confuso e lacunoso. Ricordo soltanto la prima considerazione, che si riferisce al mancato rispetto del riparto delle competenze fra Stato e regioni alla luce delle modifiche introdotte con la riforma costituzionale del 2001.
La Corte costituzionale ha avuto occasione di pronunciarsi su questo aspetto e sull'inquadramento delle competenze in materia di istruzione, riconoscendo, alle regioni, potestà legislativa concorrente e, allo Stato, potestà legislativa esclusiva solo sulle norme generali in materia di istruzione. Per questo motivo, abbiamo firmato la pregiudiziale presentata dal gruppo dei Democratici di sinistra ed esprimeremo un orientamento contrario in sede di voto finale sul provvedimento, rivendicando, però, al nostro gruppo, insieme a tutto il centrosinistra, il merito della legge n. 62 del 2000, voluta e votata del centrosinistra.
Signor Presidente, chiederei un po' di silenzio (Commenti dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Forza Italia)...

PRESIDENTE. L'onorevole Rusconi ha chiesto silenzio, non rumore! Quindi, la cortesia vorrebbe che fosse esaudito.
Prego, onorevole Rusconi.

ANTONIO RUSCONI. Su tale legge il centrosinistra continuerà ad investire e lavorare, nel corso della prossima legislatura, possibilmente facendo meno promesse e convegni, trovando qualche risorsa in più, proprio perché crediamo nella libertà educativa, e ricordando le mancate promesse, in questo ambito, del centrodestra.
Vorrei ricordare brevemente le risposte non fornite alla FISM nazionale, la federazione italiana scuole materne non statali; vorrei ricordare gli accreditamenti in notevole ritardo; infine, vorrei ricordare al sottosegretario Aprea, che (probabilmente, al suo posto farei lo stesso) fa finta di non ascoltare e di essere impegnata in qualcos'altro,...

VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. No, sono qui!

ANTONIO RUSCONI. ... la mancanza del sostegno scolastico in numerose scuole materne, per il quale devono sostituirsi, allo Stato, i comuni, i quali già hanno subito limitazioni e tagli da parte dello Stato.
Proprio perché riteniamo che il ruolo delle scuole paritarie sia fondamentale nel sistema scolastico italiano, esprimeremo voto contrario sugli emendamenti soppressivi dell'articolo 1-bis, perché non si vuole dare spazio alla demagogia di una polemica strumentale del Governo rispetto alla nostra fedeltà e alla nostra coerenza sui contenuti della legge n. 62 del 2000 (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Titti De Simone. Ne ha facoltà.

TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, è soprattutto questa norma sulle scuole non statali che trova la nostra totale contrarietà; sia chiaro, non difendiamo la legge sulla parità nella parte in cui dispone o nel caso che disponga oneri per lo Stato. Riteniamo, anzi, che a tale riguardo bisognerebbe aprire una riflessione; l'esperienza fatta nel nostro paese, di legge finanziaria in legge finanziaria, di decreto-legge in decreto-legge, di atto in atto, sia a livello nazionale sia a livello regionale (a tale proposito va richiamata in particolar modo


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la situazione della Lombardia) e l'utilizzo di questa legge come copertura politica, se non legislativa, per favorire la destrutturazione del sistema pubblico dell'istruzione ed il finanziamento diretto, spesso clientelare, al di fuori di ogni vaglio critico e di verifica di qualità delle scuole private anche non paritarie, suggeriscono, a mio avviso, la necessità di una riflessione.
Ma se è vero, dunque, che la legge sulla parità, così come formulata, doveva essere modificata, è altresì vero che voi siete andati ben oltre, ridefinendo, di fatto, il sistema scolastico in una logica di scuole di tendenza che potranno operare sulla base delle regole di mercato, con evidenti finalità di scambio elettorale.
Leggendo questa disposizione, appare chiara la «voglia» di avere le mani libere dal controllo parlamentare, affidando ad un regolamento la definizione delle modalità per il riconoscimento della parità; analogamente, ad un regolamento viene affidata la definizione dei criteri per l'erogazione dei contributi alle scuole private, assicurando consistenti finanziamenti, e la costituzione dell'albo delle scuole non paritarie.
È fin troppo facile la previsione che le maglie si faranno molto, molto più larghe; soprattutto, si deduce che le scuole non paritarie potranno diventare sedi di assolvimento del diritto-dovere all'istruzione, togliendo al sistema statale e paritario di istruzione il carattere di unica sede per l'assolvimento di tale compito.
Inoltre, le scuole non paritarie potranno svolgere la propria attività con docenti privi di abilitazione all'insegnamento e senza alcun obbligo di rispettare i contratti collettivi di lavoro; non avranno, inoltre, alcun obbligo di accettare alunni disabili. Per ovviare a tale situazione, interverremo anche con ulteriori proposte emendative nel corso della discussione.
Voglio pertanto, in questa sede, richiamare l'attenzione su tali aspetti a proposito del funzionamento delle scuole private, che oggi vengono gestite come imprese e che possono assumere docenti precari con contratti di collaborazione a tempo determinato, continuando ad usufruire, però, delle agevolazioni e dei finanziamenti che spettano in base alla legge sulla parità scolastica. Questa è una vera e propria mostruosità!
Lo abbiamo dichiarato e, dunque, lo ribadiamo: è palese, con questo articolo 1-bis, che i vostri unici interessi risiedono nell'accaparrare voti ad ogni costo, del tutto incuranti delle regole della democrazia e, in questo caso, della salute della nostra scuola pubblica statale. Il bisogno di voti vi spinge a legiferare senza senso su materie fondamentali, stanziando e liberando risorse, come in questo caso, in settori che sono a sicuro scambio clientelare e sottraendole a comparti fondamentali per la cultura nel nostro paese.
Noi pensiamo che ciò sia estremamente grave e, per tali motivi, chiediamo la soppressione di questo articolo (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sasso. Ne ha facoltà.

ALBA SASSO. Signor Presidente, siamo giunti al varo di queste misure, inserite in un decreto omnibus - e voglio sottolineare tale circostanza -, perché l'attuale esecutivo, anche sul terreno del governo della scuola paritaria, è inadempiente e ritardatario.
Infatti, la legge sulla parità scolastica, approvata dal centrosinistra nella scorsa legislatura, prevedeva la presentazione, da parte del ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di una relazione sul suo stato di attuazione. Vorrei ricordare che anche la presentazione di tale relazione è stata tardiva.
Il ministro competente, inoltre, è venuto a denunciare, in sede di Commissione, ciò che il suo Ministero non ha saputo controllare e verificare. Il ministro Moratti, infatti, ha denunciato che gli esami di Stato nelle scuole paritarie, in alcune situazioni, non rispondevano a criteri di legalità. Vedo presente in aula il


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sottosegretario Aprea, che non può che darmi ragione, su questo punto, rispetto all'allarme lanciato dal ministro. Si tratta di uno strano allarme, poiché dimostra che non si è riusciti a governare tale situazione.
Vorrei altresì rilevare che il Governo non ha mai dato attuazione ad una disposizione, recata dall'articolo unico della legge n. 62 del 2000, che prevedeva una normativa secondaria di applicazione della stessa legge sulla parità scolastica. Ricordo che avete provato a farlo con un regolamento, ma il Consiglio di Stato ha espresso parere contrario, perché non recava neppure la copertura finanziaria.
Adesso ci provate con il decreto-legge in esame, che produce una normativa pasticciata e confusa! Infatti, come già rilevato, nella seduta di ieri, con la questione pregiudiziale presentata ed approvata da tutta l'Unione, fate una serie di pasticci!
Ciò perché, in primo luogo, affidate all'emanazione di un futuro regolamento governativo la concessione dei contributi alle scuole paritarie, non tenendo conto del fatto che, con la modifica del Titolo V della Costituzione, tale potere regolamentare è stato già devoluto alle regioni. Non solo, ma visto che il vostro precedente provvedimento amministrativo è stato bocciato dal Consiglio di Stato, adesso sostituite alle norme dell'articolo unico della citata legge n. 62 l'articolo 1-bis, introdotto dal Senato all'interno di un decreto-legge che trattava ben altre materie.
Con il citato articolo, inoltre, non fate che pasticciare, poiché, in realtà, fate riferimento a norme attuative della legge n. 62 del 2000. Allora, delle due l'una: o la citata legge n. 62 rappresenta la legge-quadro entro la quale varare le norme di attuazione - e, quindi, non vi è bisogno di un'altra normativa, come voi proponete -, oppure dovete emanare un regolamento attuativo.
Ribadisco che il decreto-legge in esame è un pasticcio: è illegittimo ed incostituzionale! Rispetto a ciò, allora, chiedo ai colleghi se sopprimere l'articolo 1-bis serva a difendere la legge n. 62 del 2000: è questo il punto sul quale dobbiamo discutere. Credo, personalmente, che l'approvazione degli identici emendamenti in esame serva a difendere la citata legge, poiché l'articolo 1-bis del decreto-legge in esame è un pasticcio illegittimo ed incostituzionale (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Capitelli 1-bis.1, Zanella 1-bis.2 e Titti De Simone 1-bis.3, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 364
Maggioranza 183
Hanno votato
127
Hanno votato
no 237).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Titti De Simone 1-bis.4 e Sasso 1-bis.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Titti De Simone. Ne ha facoltà.

TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, il comma 2 dell'articolo 1-bis del decreto-legge in esame fa riferimento al diritto-dovere all'istruzione e alla formazione, ed è questo il motivo per cui lo critichiamo. Infatti, consideriamo importante riportare il dibattito all'interno del concetto di obbligo scolastico.
Ci piace ancora meno, inoltre, il fatto che il diritto-dovere all'istruzione possa essere assolto nelle scuole private. Vogliamo pertanto ribadire la nostra posizione contraria all'appartenenza di scuole


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private, finanziate con risorse dello Stato, al sistema pubblico della scuola. Esiste, peraltro, un problema di controllo dei criteri con cui tali scuole rilasciano titoli, poiché sappiamo che tale controllo non è né approfondito, né attento.
Vogliamo ricordare, onorevole sottosegretario Aprea, i problemi che vi sono stati anche nel corso di questa legislatura rispetto alla questione dei cosiddetti «esamifici», dei «diplomifici» delle scuole private, che sono state oggetto anche di inchieste da parte della magistratura per aver rilasciato diplomi in condizioni del tutto illegali. Tali scuole non erano state verificate, non erano state controllate, non erano state sottoposte al necessario vaglio da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, eppure erano state accreditate.
Questo è un sistema di maglie molto larghe, che va sottoposto ad una lente d'ingrandimento. Con questo provvedimento, invece, togliete tale lente ed inserite sostanzialmente un circuito malsano nel sistema pubblico.
Il comma 2 prevede, all'ultimo periodo, anche le modalità procedimentali per il riconoscimento della parità scolastica e per il suo mantenimento. Tali modalità sono definite con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, sottraendo nei fatti, al Parlamento ed al dibattito, le norme in materia di parità scolastica. Stessa disposizione viene introdotta, tra l'altro, nel comma 5, terzo periodo, del medesimo articolo, per le scuole non paritarie.
Per tale insieme di ragioni, chiediamo la soppressione del comma 2 dell'articolo 1-bis.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Titti De Simone 1-bis.4 e Sasso 1-bis.5, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 355
Votanti 354
Astenuti 1
Maggioranza 178
Hanno votato
102
Hanno votato
no 252).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Titti De Simone 1-bis.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 356
Votanti 325
Astenuti 31
Maggioranza 163
Hanno votato
84
Hanno votato
no 241).

Prendo atto che il dispositivo di voto dell'onorevole Sasso non ha funzionato.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Titti De Simone 1-bis.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 359
Votanti 347
Astenuti 12
Maggioranza 174
Hanno votato
96
Hanno votato
no 251).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento


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Sasso 1-bis.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 364
Votanti 362
Astenuti 2
Maggioranza 182
Hanno votato
108
Hanno votato
no 254).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Titti De Simone 1-bis.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 365
Votanti 278
Astenuti 87
Maggioranza 140
Hanno votato
24
Hanno votato
no 254).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Titti De Simone 1-bis.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 351
Votanti 338
Astenuti 13
Maggioranza 170
Hanno votato
93
Hanno votato
no 245).

Prendo atto che gli onorevoli Carbonella e Rampelli non sono riusciti a votare e che quest'ultimo avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Sasso 1-bis.10.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sasso. Ne ha facoltà.

ALBA SASSO. Signor Presidente, in questo provvedimento molto pasticciato, per esempio nei commi 2 e 3 dell'articolo 1-bis, di cui abbiamo proposto la soppressione, si ribadiscono leggi già esistenti. Ho letto e riletto il testo, onorevole Aprea, ma non so chi possa inserire in un provvedimento legislativo disposizioni già contenute in un'altra legge. Quindi, si tratta di un provvedimento davvero predisposto in fretta e, come si dice, «la gatta frettolosa»...
Tuttavia, ciò che abbiamo rilevato, anche ieri, con le questioni pregiudiziali di costituzionalità, e che ci sembra particolarmente grave, sono i commi 4 e 5 dell'articolo 1-bis, laddove si prevede che per le scuole meramente private possano esservi controlli preventivi, istituendo, in tal modo, la strana ed ibrida figura di «scuole private paritarie». Considerate le condizioni per l'esistenza di tali scuole, esse sono molto simili alle condizioni previste per l'esistenza delle scuole paritarie. Lo abbiamo già ricordato ieri e lo ricordo ancora. I commi 4 e 5 sono in contrasto con l'articolo 33 della Costituzione: «L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento (...) Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole (...)».
Nei confronti di queste scuole nel 1958 è stata emanata una sentenza della Corte costituzionale, in base alla quale, nelle ipotesi in cui alcuni privati decidessero di istituire una scuola senza chiedere finanziamenti né il riconoscimento allo Stato, nei confronti di questa non ci potrebbe essere un'autorizzazione preventiva da parte dello Stato, il quale dovrebbe prendere atto dell'esistenza di queste scuole


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purché, come noi prevediamo nel nostro emendamento, esse dichiarino le proprie finalità educative e il rispetto delle norme igieniche e di sicurezza. Questa legge dice «no». Se ci si vuole fregiare del nome di scuola, ci si deve attenere ad alcuni criteri richiesti per le scuole paritarie! Allora, come diceva l'onorevole Tocci in sede di discussione sulle linee generali, non esisteranno più le scuole di sci, le scuole guida, le scuole bocciofile perché nessuna di queste si potrà fregiare del nome di scuola.
In realtà, voi, Casa delle libertà, con il provvedimento in esame state mettendo in discussione la libertà educativa di queste scuole, che non amo sicuramente ma di cui rispetto il diritto alla libertà. Voi per tutti questi cinque anni - altro che Casa delle libertà! -, avete riproposto un sistema accentrato, rigido e statalista, parlando invece di libertà: una contraddizione in termini che noi non condividiamo assolutamente.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sasso 1-bis.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 358
Votanti 357
Astenuti 1
Maggioranza 179
Hanno votato
113
Hanno votato
no 244).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Grignaffini 1-bis.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 350
Votanti 348
Astenuti 2
Maggioranza 175
Hanno votato
105
Hanno votato
no 243).

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa di una proposta di legge (ore 19,42).

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, della quale la XII Commissione permanente (Affari sociali), cui era stata assegnata in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che propongo alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del regolamento:
S. 404-B - Senatori Cozzolino e Servello: «Nuova regolamentazione delle attività di informazione scientifica farmaceutica e istituzione dell'albo degli informatori scientifici del farmaco» (Approvata dalla XII Commissione permanente del Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dalla XII Commissione permanente del Senato) (3204-B) (La Commissione ha elaborato un nuovo testo).

Trasmissione dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse (ore 19,44).

PRESIDENTE. Il presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, con lettera in data 1o febbraio 2006, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 ottobre 2001,


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n. 399, la Relazione territoriale sulla Campania, approvata dalla Commissione medesima nella seduta del 26 gennaio 2006 (Doc. XXIII, n. 17).
Detto documento sarà stampato e distribuito.

Per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 19,46).

PIETRO MAURANDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIETRO MAURANDI. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a fornire una risposta a tre mie interrogazioni. Mi riferisco all'interrogazione n. 3-04354, che risale al marzo 2005 e riguarda una società, già dell'ENI, da tempo in liquidazione: la Scaini. Si tratta di chiudere la procedura di vendita e di salvaguardare i lavoratori dipendenti.
Un'altra interrogazione, la n. 4-15527, risale al giugno 2005 e riguarda il mancato riconoscimento dell'esposizione all'amianto dei dipendenti della società Sanac dell'area industriale di Cagliari.
Una terza interrogazione, la n. 4-15771, del luglio 2005, riguarda le condizioni in cui è maturato il suicidio di un giovane detenuto nel carcere di Cagliari, successivamente riconosciuto innocente.
Poiché siamo giunti agli sgoccioli della legislatura, sarebbe il caso che il Governo fornisse alla fine una risposta a questi miei atti di sindacato ispettivo.

PRESIDENTE. Onorevole Maurandi, la Presidenza si farà carico di sollecitare la risposta del Governo alle interrogazioni da lei richiamate.

Sull'ordine dei lavori (ore 19,48).

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, intervengo affinché rimanga agli atti che, con riferimento all'esame del disegno di legge di conversione n. 6293, sugli identici emendamenti Capitelli 1-bis.1, Zanella 1-bis.2 e Titti De Simone 1-bis.3, alcuni colleghi della Margherita, per un errore di comunicazione, anziché esprimere un voto contrario, hanno votato a favore: è bene che ciò risulti dal resoconto della seduta odierna.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Boccia, la sua precisazione rimarrà agli atti della seduta.

Ordine del giorno delle sedute di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno delle sedute di domani.

Giovedì 2 febbraio 2006, alle 9,45 ed al termine della seduta ordinaria:

1. - Assegnazione a Commissione in sede legislativa dei progetti di legge nn. 5614 ed abbinate, nn. 6023 ed abbinata e n. 3204-B.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 3684 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, recante misure urgenti in materia di università, beni culturali ed in favore di soggetti affetti da gravi patologie, nonché in tema di rinegoziazione di mutui (Approvato dal Senato) (6293).
- Relatore: Garagnani.

3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, recante misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione (6259-A).
- Relatore: Mazzoni.


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4. - Discussione della proposta di legge:
GRANDI ed altri: Interventi dello Stato nel sistema fieristico nazionale (Approvata dalla Camera e modificata dalla X Commissione permanente del Senato) (2406-B).
- Relatore: Gamba.

5. - Discussione del testo unificato delle proposte di legge:
D'INIZIATIVA POPOLARE; D'INIZIATIVA POPOLARE; D'INIZIATIVA POPOLARE; MOLINARI; LUSETTI ed altri; TIDEI ed altri; ASCIERTO e LA RUSSA; BUEMI e NIGRA; BUONTEMPO; TUCCI ed altri; MARONE ed altri; DI TEODORO; RICCIOTTI; D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DELL'EMILIA ROMAGNA; SAIA ed altri; CÈ ed altri; FILIPPESCHI: Disposizioni in materia di polizia locale (2-3-5-558-1288-1292-2034-2139-2169-2431-2951-3198-3434-4560-4893-5541-6090-A).
- Relatore: Cristaldi.

(al termine della seduta ordinaria)

(Seduta straordinaria a norma del secondo comma dell'articolo 62 della Costituzione)

Discussione della mozione Violante ed altri 1-00513 concernente l'esenzione dalla raccolta delle firme per la presentazione delle candidature alle elezioni politiche per i partiti o i gruppi che abbiano dimostrato una reale rappresentatività.

PROGETTI DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA

VII Commissione permanente (Cultura):
S. 2221. - Senatori ASCIUTTI ed altri: «Misure speciali di tutela e fruizione delle città italiane, inserite nella "lista del patrimonio mondiale", poste sotto la tutela dell'UNESCO» (approvata dalla VII Commissione permanente del Senato) (5614); VIGNI ed altri: «Disposizioni per la tutela dei beni culturali e ambientali inseriti nella "Lista del patrimonio mondiale" dell'UNESCO» (4509); PERROTTA: «Disposizioni per la valorizzazione dei siti italiani posti sotto la tutela dell'UNESCO» (5896) (La Commissione ha proceduto all'esame abbinato).

XI Commissione permanente (Lavoro):
S. 3234. - «Istituzione del profilo di docente presso la Scuola di lingue estere dell'Esercito» (approvato dalla IV Commissione permanente del Senato) (6023); PERROTTA: «Disposizioni per favorire l'attività della Scuola di lingue estere dell'Esercito» (5654) (La Commissione ha elaborato un nuovo testo del disegno di legge n. 6023).

XII Commissione permanente (Affari sociali):
S. 404-B. - Senatori COZZOLINO e SERVELLO: «Nuova regolamentazione delle attività di informazione scientifica farmaceutica e istituzione dell'albo degli informatori scientifici del farmaco» (approvata dalla XII Commissione permanente del Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dalla XII Commissione permanente del Senato) (3204-B) (La Commissione ha elaborato un nuovo testo).

La seduta termina alle 19,50.