Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 738 del 26/1/2006


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI

La seduta comincia alle 10,05.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Amoruso, Ballaman, Benvenuto, Berselli, Boato, Brugger, Carrara, Colucci, Gianfranco Conte, Cordoni, Cusumano, Di Virgilio, Giordano, Intini, Leo, Mancini, Martusciello, Mazzocchi, Moroni, Antonio Pepe, Pistone, Ramponi, Sergio Rossi, Rosso, Scarpa Bonazza Buora, Scherini, Sgobio, Stefani, Stucchi, Valpiana, Viceconte, Violante e Zanella sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono centodue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione di un documento in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione (ore 10,13).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione di un documento in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Ricordo che per l'esame del documento è assegnato a ciascun gruppo un tempo di cinque minuti (dieci minuti per il gruppo di appartenenza del deputato interessato). A questo tempo si aggiungono cinque minuti per ciascuno dei relatori, cinque minuti per richiami al regolamento e dieci minuti per interventi a titolo personale.

(Discussione - Doc. IV-ter, n. 17-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla discussione del seguente documento:
Richiesta di deliberazione ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del deputato Cicchitto (Doc. IV-ter, n. 17-A).
La Giunta propone di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse dal deputato Cicchitto nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare la relatrice, onorevole Mazzoni.

ERMINIA MAZZONI, Relatore. Signor Presidente, la richiesta di deliberazione che abbiamo in discussione è stata avanzata dall'onorevole Fabrizio Cicchitto. La richiesta è pervenuta in data 12 settembre 2005 dal GIP del tribunale di Roma, Barbara Callari, con ordinanza in data 8 agosto del 2005, con la quale il GIP ha sospeso il procedimento penale n. 12591/05 nei confronti dell'onorevole Cicchitto.
L'onorevole Cicchitto, nell'ambito di questo procedimento, ha eccepito l'applicabilità della regola dell'insindacabilità parlamentare, ex articolo 68 della Costituzione, ma non avendo il giudice accolto tale richiesta, ha trasmesso gli atti alla Camera dei deputati.


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La querela che dà origine al procedimento è stata sporta dalla dottoressa Mariaclementina Forleo, magistrato addetto alle funzioni di giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Milano.
La dottoressa Forleo aveva, in data 24 gennaio 2005, emanato una sentenza nella quale, all'esito di un giudizio abbreviato a carico di cinque imputati accusati della violazione del testo unico delle leggi sull'immigrazione, di ricettazione, di associazione con finalità di terrorismo, aveva ritenuto non sussistere l'ipotesi di reato di terrorismo. In particolare, la dottoressa Forleo aveva distinto la nozione di terrorismo da quella di resistenza e di guerriglia, ritenendo quindi sussistere unicamente la seconda e la terza ipotesi nel caso dei cinque imputati.
L'onorevole Cicchitto ha avuto occasione di intervenire con una dichiarazione all'ANSA, all'esito di questa sentenza, molto discussa - peraltro l'onorevole Cicchitto non è il solo ad aver commentato quella sentenza - e nel formulare la sua dichiarazione alle agenzie di stampa ha tra l'altro affermato che: «la sentenza rappresenta un colpo durissimo alla lotta al terrorismo, dà prospettive di impunità a quei fondamentalisti che tuttora lavorano in Italia per fare proselitismo (...) una sentenza così aberrante (...) determinata da una forte motivazione politica fondata sulla solidarietà con la resistenza irachena, tipica dei gruppi politici più estremi che evidentemente hanno trovato una sponda anche in qualche esponente della magistratura, (...) è legittimo porsi l'interrogativo su quale ruolo stia svolgendo la dottoressa Forleo (...)». Sicuramente sono affermazioni forti, ma non si può negare il collegamento stretto e funzionale, per essere più tecnici, con il ruolo politico ed istituzionale ricoperto dall'onorevole Cicchitto.
Egli è, infatti, deputato e vicecoordinatore nazionale di Forza Italia ed ha avuto più volte occasione di intervenire doverosamente, in quest'aula e al di fuori di essa, sugli argomenti gravissimi e delicatissimi legati alla minaccia del terrorismo internazionale.
Indubbiamente, questa vicenda è legata alla grande difficoltà che oramai, da anni, il Governo italiano e, a livello internazionale, gli altri Governi stanno cercando di affrontare per difendere le democrazie di tutti paesi del mondo.
L'interpretazione contenuta in quella sentenza è stata, peraltro, successivamente posta in discussione, tant'è vero che tale decisone è stata anche annullata. Chiaramente, ciò rappresenta un motivo aggiunto rispetto alla fondatezza dei rilievi formulati dall'onorevole Cicchitto, sebbene con espressioni forti, nei confronti della sentenza.
Il riferimento alla dottoressa Forleo si può definire, nel caso di specie, solo casuale; le considerazioni che l'onorevole Cicchitto ha formulato sono chiaramente riferite ad un caso politico grave, di cui anche le aule parlamentari si sono ulteriormente occupate, promuovendo un intervento modificativo dell'articolo del codice penale richiamato nel processo che vedeva imputati i cinque extracomunitari, per precisare ed approfondire la nozione di reato di terrorismo.
Credo, quindi, che, nel caso di specie, sussistano tutti gli elementi per accogliere la richiesta di insindacabilità avanzata dall'onorevole Fabrizio Cicchitto.

PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
Dovremmo ora passare al voto...

RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, a nome del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo chiedo la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Innocenti.

(Dichiarazioni di voto - Doc. IV-ter, n. 17-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.


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Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bielli. Ne ha facoltà.

VALTER BIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, annuncio subito che il nostro non sarà un voto contrario, bensì di astensione. Sarà un voto di astensione - lo dico molto tranquillamente - anche sofferto, per una ragione abbastanza semplice: la relazione e le affermazioni svolte in Assemblea dalla relatrice dimostrano due cose. In primo luogo, sicuramente, questa Assemblea ha affrontato i problemi del terrorismo internazionale. Sarebbe stato strano se, di fronte agli accadimenti che hanno sconvolto il mondo, non vi fosse stata una discussione attorno a problemi così drammatici e tragici.
È altrettanto vero che l'onorevole Cicchitto, di fronte a fatti così gravi e drammatici, aveva giustamente la facoltà di esprimersi su tali problemi; e, da questo punto di vista, è lecita anche ogni polemica politica.
Tuttavia, quella dell'onorevole Cicchitto non è stata una semplice critica politica nei confronti della sentenza della dottoressa Forleo. Invito i colleghi a prestare un minimo di attenzione. Non si tratta solamente di critica politica, perché nelle affermazioni rese dall'onorevole Cicchitto c'è qualcosa che va oltre la politica ed oltre il lecito...

LUIGINO VASCON. Mamma mia!

VALTER BIELLI. È qualcosa su cui lo stesso onorevole Cicchitto oggi dovrebbe riflettere in maniera molto seria. Rispetto alla sentenza in questione, l'onorevole Cicchitto ha fatto un'affermazione che, onorevole colleghi, vi invito a valutare per la sua gravità. Egli ha detto che vi è una situazione in cui i terroristi, evidentemente, hanno trovato una sponda anche in qualche esponente della magistratura. Se così fosse, saremmo di fronte a qualcosa rispetto a cui sarebbe d'obbligo un intervento.
Se ci fosse una magistratura connivente con il terrorismo, tutta l'aula si dovrebbe attivare contro atti di questo tipo. Ma la situazione, onorevole Cicchitto - lo dico anche a lei, onorevole Mazzoni, che è la relatrice - è diversa, perché, quei cosiddetti «terroristi» alla fine sono stati assolti.
Quindi, ci siamo trovati di fronte al tentativo di infangare un giudice, dicendo che in qualche modo era connivente, lasciando intendere che potesse sostenere il terrorismo. Questa non è più una battaglia politica, non è un'opinione, ma un atteggiamento che non è giusto da parte di nessun parlamentare.
L'onorevole Cicchitto è andato oltre le righe, sicuramente ha esagerato e ha commesso un errore politico. Infatti, nell'audizione ha cercato di prendere le distanze da quell'affermazione, dicendo che era stata travisata.
Prendo atto, onorevole Cicchitto, che si è rimangiato quelle affermazioni, perché se fossero state tali, non si poteva avere un atteggiamento di astensione. Ma, proprio perché lei ha riconosciuto il suo errore, credo che anche il nostro gruppo oggi si possa astenere.

PRESIDENTE. Ricordo che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,24).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 10,25, è ripresa alle 10,50.

Si riprende la discussione.

(Votazione - Doc. IV-ter, n. 17-A)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega


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Nord Federazione Padana). Onorevoli colleghi, aspetto che prendiate posto: non vi agitate...
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento di cui al Doc. IV-ter, n. 17-A, concernono opinioni espresse dal deputato Cicchitto nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 342
Votanti 211
Astenuti 131
Maggioranza 106
Hanno votato
210
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che gli onorevoli Filippo Drago, Milioto, Volontè e Lezza non sono riusciti ad esprimere il proprio voto e che l'onorevole Lezza avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Prima di passare al secondo punto all'ordine del giorno vorrei rivolgere, anche a nome dell'Assemblea, un saluto al baby consiglio comunale di Castelvetrano, presente in tribuna (Applausi).

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 3, recante attuazione della direttiva 98/44/CE in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche (A.C. 6258) (ore 10,51).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 3, recante attuazione della direttiva 98/44/CE in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche.
Ricordo che nella seduta del 23 gennaio 2006 si è conclusa la discussione sulle linee generali.
Avverto che prima della seduta è stato ritirato dal presentatore l'emendamento Didonè 4.10.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 6258)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 6258 sezione 4).
Ricordo che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge (vedi l'allegato A - A.C. 6258 sezione 5).
Avverto che non sono state presentate proposte emendative riferite all'articolo unico del disegno di legge di conversione.
Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (vedi l'allegato A - A.C. 6258 sezioni 2 e 3).
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 96-bis, comma 7, del regolamento, l'articolo aggiuntivo Rosato 12.010, non previamente presentato in Commissione, volto a differire il termine entro il quale devono essere concluse le procedure transattive in materia di danno ambientale al fine di non applicare le disposizioni di cui ai commi da 439 a 441 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2006, in quanto non strettamente attinente alla materia oggetto del decreto-legge (vedi l'allegato A - A.C. 6258 sezione 1).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Bogi. Ne ha facoltà.

GIORGIO BOGI. Signor Presidente, il provvedimento all'esame si presenta, per un certo verso, come obbligato. Lo scopo più diretto è evitare una sanzione finanziaria allo Stato italiano per il largo superamento dei termini di recepimento della direttiva 98/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante la protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche.


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Colpisce il fatto che il rischio di una sanzione finanziaria, ancorché rilevante, abbia avuto ragione delle cause che hanno portato ad un iter parlamentare lungo, tormentato ed inconcludente. La direttiva è del luglio 1998; il termine di recepimento era il luglio 2000. Oggi concludiamo con questo decreto-legge un iter certamente inconcludente fino a questo momento. A nulla era valsa una procedura di infrazione contro l'Italia ed una condanna, il 16 giugno 2005, da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea. A nulla era valso anche il disagio e la grave difficoltà che coinvolsero il mondo della ricerca e dell'impresa in tutta Italia per il ritardo. Allo stesso modo, a nulla valse il fatto che il nostro paese veniva esposto a condizioni di inferiorità commerciale rispetto a paesi concorrenti nei quali la protezione brevettuale in questo settore era molto forte.
E tutto ciò mentre si continuava a parlare di investire in ricerca scientifica e tecnologica, dell'esigenza di promuovere prodotti che per il contenuto innovativo fossero sottratti alla semplice concorrenza di prezzo. Subivamo, invece, il gioco di pregiudizi culturali e, soprattutto, di interessi particolari, politici ed economici, contro la ricerca e l'applicazione di biotecnologie che l'Unione europea intendeva, come intende, tutelare nel rispetto della sicurezza.
La questione della brevettazione di materiale biologico è certamente delicata e richiede punti di riferimento ben definiti. Si tratta di campioni biologici che contengono informazioni genetiche autoriproducibili o capaci di riprodursi in un sistema biologico e, quindi, il loro trattamento può interferire con i diritti fondamentali propri della dignità ed integrità della persona e dell'ambiente. Come sappiamo, la questione dei diritti fondamentali in questo ambito è tuttora aperta ad un confronto.
Nella vicenda una questione politicamente rilevante è il perché questo iter parlamentare, finora appunto inconcludente, si sia potuto verificare attraverso due legislature a diversa maggioranza parlamentare. Credo abbia senso cercare di capire quali siano le cause che ci hanno portato a tanto, perché non sono eliminate dal provvedimento in esame e, quindi, agiranno ancora in ambiti simili a quello in oggetto.
Emergono elementi che, per un certo verso, illuminano aspetti della condizione politica del nostro paese. Sullo sfondo, come un «brodo di coltura», negli ultimi anni ha giocato un ruolo rilevante il rapporto non buono, almeno quanto sarebbe opportuno, fra scienza e società. I motivi sono diversi e non è opportuno descriverli ora, ma ciò che è rilevante è che la maggior parte delle dirigenze politiche non ha ritenuto utile migliorare questo rapporto, cioè non sono intervenute.
Sulla scorta del fatto che nel sistema politico italiano i principali schieramenti possono essere condizionati anche da consensi fortemente minoritari ma ben accorpati, è nata una sorta di «rendita identitaria» astratta, incapace di governare la modernità ma con un rapporto emotivo con la popolazione, che ha potuto carpire un consenso certamente minoritario, ma tale da condizionare negativamente ogni tentativo di governo della situazione indipendentemente dallo schieramento di appartenenza. Un atteggiamento, nella sostanza, concretamente antiscientifico che ha condizionato, da parte di gruppi minoritari, il comportamento dei due schieramenti.
Un simile risultato è ottenibile, come è stato, anche dalla tutela di comparti produttivi, in specie in agricoltura, non estesi ma capaci di controllare una quantità di consenso elettorale incidente, per i motivi indicati prima, sul comportamento di uno schieramento. Sono attivi interessi economici particolari che si sentono minacciati dall'evoluzione scientifica e tecnologica e che sono in grado di aprire e mantenere un contenzioso e di influenzare la comunicazione.
Ha avuto peso la condizione oggettiva di insufficienza della comunicazione sui fenomeni scientifici e sulle applicazioni degli esiti della ricerca. A dimostrazione di ciò, vi cito rapidamente un episodio. Un grande quotidiano nazionale, riferendosi ad un documento, esito di una ricerca


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commissionata dal Ministero dell'ambiente britannico ad un autorevole centro di studi, titolava: «Da un OGM l'erbaccia immortale». La ricerca voleva accertare la contaminazione in campo aperto di piante selvatiche da piante modificate OGM. L'incidenza di contaminazione fu di 21 centomillesimi di punto percentuale, di gran lunga al di sotto di qualsiasi soglia di tolleranza si possa immaginare, tanto che il ministro britannico, riferendosi a giornali inglesi, parlò di notizie gravemente irresponsabili. Ma il titolo di un nostro grande quotidiano nazionale giocava sull'emozione suscitabile nella popolazione.
Emergeva inoltre un ultimo elemento - ultimo non certo per importanza -, vale a dire un forte pregiudizio culturale rispetto alla scienza ed all'applicazione degli esiti della ricerca che coinvolge non raramente le autorità religiose.
Questo complessivo atteggiamento fu ed è foriero di ritardi nell'evoluzione produttiva, ma anche civile, ed è causa indiretta, ma importante, di tensione sociale, per non saper o non aver mezzi per rispondere alla domanda sociale nella modernità.
Il governo dell'applicazione degli esiti della ricerca scientifica - che costituisce questione delicata e complessa per motivi etici, economici e civili -, non può quindi essere affidato all'autonomia del mondo accademico né ad enti che abbiano pregiudizi culturali nei confronti della scienza, comprese le autorità religiose.
La politica ha la responsabilità di questo governo nei suoi aspetti, appunto, etici, economici, civili e di tolleranza sociale nell'applicazione degli esiti della ricerca. Nel caso in questione la politica è risultata inattiva, con un meccanismo di condizionamento che ha attraversato entrambi gli schieramenti.
Pertanto, non basta accettare una soluzione dovuta ad una pressione esterna e non ad una volontà espressa sul merito del problema, tuttavia non è certo opportuno ostacolarla, nel caso particolare del decreto in discussione.
Queste condizioni di fondo si sono ripercosse sulla struttura concreta del provvedimento, giungendo in qualche caso a definizioni più restrittive della direttiva. In particolare, l'articolo 4 prevede che è esclusa dalla brevettabilità ogni utilizzazione di embrioni umani, ivi incluse le linee di cellule staminali embrionali umane. Personalmente, non condivido il testo, ma vorrei far notare che una espressione di questo genere vieta addirittura la ricerca e la brevettazione anche su linee staminali embrionali umane oggi nella disponibilità dei nostri laboratori, anche di quelli cattolici. L'articolo 5 stabilisce poi che, in relazione a richieste di brevetto, il Ministero si esprime sentite le associazioni dei produttori. Questo parere può contrastare le attività innovative, non condivise dalle associazioni non tanto per considerazioni oggettive, quanto per interessi particolari.
In conclusione, intendo sottolineare che gli squilibri che certamente la modernità induce non sono correggibili senza un buongoverno della ricerca scientifica e un atteggiamento responsabile nella applicazione degli esiti della ricerca. Solo la modernità tiene in equilibrio la modernità e non atteggiamenti insulsamente conservatori, come quelli determinatisi nell'ambito di entrambi gli schieramenti parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA. Signor Presidente, vorrei iniziare il mio intervento ricordando l'iter lungo e complesso che ha caratterizzato il recepimento della direttiva 98/44/CE. Tuttavia, si è trattato di un'occasione formidabile per approfondire tutti quegli aspetti che non inquietano soltanto gli insulsi o le insulse presenti in questo Parlamento, ma anche il Parlamento europeo, la scienza, la Commissione europea e che hanno sicuramente inquietato noi che, per diversi anni, abbiamo discusso e migliorato il testo originario contenuto nel disegno di legge - nato dallo stralcio dell'articolo 6, in materia di iniziativa privata e sviluppo della concorrenza,


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contenuto nel collegato alla legge finanziaria per il 2002 - relativo alla delega al Governo in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche.
Nel testo sottoposto alla nostra attenzione sono state recepite molte importanti proposte emendative che noi abbiamo presentato in Commissione ed anche in Assemblea. Quindi, non possiamo certo non sottolineare questo aspetto: sia a livello nazionale sia a livello europeo le profonde preoccupazioni e convinzioni dei Verdi, degli ambientalisti ed anche degli esponenti di quel movimento che si batte contro la proprietà e l'appropriazione del vivente hanno trovato riscontri sempre più significativi ed importanti.
La direttiva in oggetto è la stessa contro cui l'Olanda presentò ricorso nell'ottobre del 1998, chiedendone l'annullamento; tale ricorso fu appoggiato nel 1999 anche dall'Italia ma, come è noto, fu respinto dalla Corte di giustizia europea. Quindi, grande cautela e riflessione hanno accompagnato fin dall'inizio un provvedimento di portata davvero cruciale e storica.
Personalmente, desidererei che, quando si affronta il problema dato dai prodotti geneticamente modificati, non si confondesse il dibattito sugli OGM con il tema relativo alla brevettazione: si tratta di due ambiti che si incrociano, ma che sono anche differenti.
Questa direttiva consente di conseguire il brevetto, quindi la proprietà industriale, su materiale vivente, inclusi elementi isolati del corpo umano. Colleghi e colleghe, vengono elencate tutta una serie di disposizioni, non sempre molto chiare, che stabiliscono ciò che può essere oggetto di brevetto e ciò che, invece, non può esserlo. Vedete, questa ambiguità diventa davvero problematica se consideriamo che il provvedimento deve essere letto in combinato disposto con quanto forma oggetto di altri trattati internazionali. Inoltre, vi è anche la fortissima tendenza a ridurre a merce, facendone occasione di business, i beni comuni come l'acqua, i saperi tradizionali e persino ciò che si pensava essere indisponibile ad ogni forma di alienazione mercantile o di possibile espropriazione: mi riferisco alle parti o ai prodotti del corpo umano di genere maschile o femminile.
La questione maggiormente rilevante è che la direttiva offre una protezione giuridica - il diritto di proprietà - agli inventori di biotecnologie creando delle posizioni dominanti, un diritto di esclusiva. In questo modo, riguardo ad una materia strategica come questa, si crea un monopolio sull'invenzione: ciò, comporta dipendenza dal punto di vista dell'approvvigionamento stesso delle materie prime elementari. Si producono impoverimenti genetici, danni alla biodiversità e conflitti, che ricadono, soprattutto, sui paesi del sud del mondo che, come è noto, hanno conservato per millenni - pensiamo alle aree tropicali e subtropicali - il patrimonio genetico fondamentale per lo sviluppo della vita e, in questo momento, della ricerca.
Nella recente risoluzione del Parlamento europeo sui brevetti relativi alle invenzioni biotecnologiche, approvata nell'ottobre dello scorso anno, vi è un riferimento sul punto della brevettabilità e della ricerca, laddove al considerando, indicato con la lettera l), si sottolinea proprio questo, ossia che una concessione eccessivamente generosa di brevetti può bloccare e soffocare l'innovazione. Andiamo, quindi, cauti. Riteniamo, e non siamo i soli, che sia indispensabile ripensare proprio il regime del brevetto in quanto tale, anche rispetto alla distinzione, davvero problematica, che viene pur fatta dalla direttiva, tra invenzione e scoperta. Anche alla luce della dottrina e del contenzioso più recente vediamo quanto sia difficile in realtà operare questa distinzione, in materia biotecnologica, tra il momento dell'invenzione e quello della scoperta e come, in realtà, ciò che determina il quid novi sia l'applicabilità di tale scoperta al processo industriale. Che la scoperta si possa definire, in realtà, come invenzione è dovuto al fatto che entra nel circuito, nella filiera del processo industriale.
Se con la brevettabilità i ricercatori trarranno beneficio dalla loro attività di


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ricerca, con la possibilità di sfruttamento dei risultati della ricerca stessa è del tutto realistico pensare - abbiamo visto, i farmaci ne sono un esempio - che i costi elevati legati ai diritti fissati dai brevetti finiranno per scaricarsi in modo negativo sui cittadini e sui sistemi sanitari dei diversi paesi, riducendo, peraltro, la possibilità di investire in altri settori della ricerca. È evidente il peso che le biotecnologie avranno nei prossimi anni; noi non lo neghiamo, anzi vediamo i risvolti estremamente positivi da tantissimi punti di vista, in quanto, tra l'altro, possono essere utilizzate anche per conservare il patrimonio e la ricchezza genetica.
Noi, comunque, crediamo che, per quanto riguarda soprattutto l'ambito della sanità e l'ambito della farmaceutica, dobbiamo veramente stare in guardia. Abbiamo già visto quanto sia stato perverso l'effetto che ha avuto il brevetto sui farmaci anti-AIDS e quante ingiustizie continuino a produrre le royalty sul farmaco, proprio a fronte della drammatica situazione delle popolazioni affette da AIDS; ciò non può che avere un risvolto estremamente negativo sulla nostra stessa realtà sociale ed economica. Non voglio ricordare qui tutti i nostri impegni rispetto al problema dell'aiuto alle aree povere afflitte da questo dramma.
Noi riteniamo che, nel consentire la brevettazione di piante, di animali, di parti del corpo umano - su questo punto siamo d'accordo anche con la Chiesa - si rischia di consegnare il patrimonio genetico nelle mani di poche industrie, con l'effetto che la ricerca scientifica risulterà non finalizzata al benessere collettivo, ma sottoposta al criterio, al principio e alla finalità del profitto, al mero sfruttamento economico e commerciale.
Ricordo che già il 19 novembre 2000 Greenpeace diffuse la notizia sull'identificazione di un brevetto, sconosciuto ma valido, su embrioni contenenti cellule umane e animali concesso nel 1999 dall'Ufficio brevetti europeo ad una compagnia australiana. Proprio per tale motivo, dobbiamo essere più attenti a quanto accade in quell'ufficio! Ad essere preoccupati non siamo soltanto noi, ma tale preoccupazione, oltre ad essere presa in considerazione nella risoluzione poc'anzi citata, è emersa anche nel corso di un dibattito svoltosi al Parlamento europeo. Di tale preoccupazione si tiene conto - non lo nego - nel provvedimento in esame, ma la questione va ben oltre e richiede che su di essa si apra un dibattito a diversi e più alti livelli.
Noi ribadiamo, in particolare, l'esigenza che nel trattare di questa materia si tenga anche conto di altri atti importantissimi, citati dai relatori, quali, ad esempio, la Convenzione sulle biodiversità, ratificata dall'Italia nel 1994, che pone in rilievo alcuni aspetti importantissimi. Faccio riferimento, in primo luogo, al fatto che si addivenga ad una giusta ed equa ripartizione dei benefici economici derivanti dall'utilizzazione delle risorse genetiche, da realizzarsi sia attraverso un accesso alle risorse stesse sia con un trasferimento di tecnologie, anche di quelle sottoposte a brevetto. In secondo luogo, tale Convenzione ribadisce con forza che gli Stati hanno diritti sovrani sulle loro risorse biologiche. Tale sovranità, lo ricordo, è stata poi ribadita con una risoluzione approvata in Belgio dall'Assemblea congiunta, Unione europea e ACP (riunisce 71 paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico). Ancora, ricordo il trattato ratificato dall'Italia sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura, che è stato poi adottato nel 2001 dalla Conferenza della FAO.
La problematica presenta, quindi, molti aspetti e molte sfaccettature che ovviamente non si possono esaurire con il semplice recepimento della direttiva 98/44/CE. Una direttiva, lo sottolineo, che noi abbiamo fortemente ostacolato e contrastato e sulla quale esprimiamo tutte le nostre perplessità e contrarietà.

PRESIDENTE. Onorevole Zanella, concluda.

LUANA ZANELLA. Concludo, Presidente. Nonostante ciò, crediamo che in futuro i tempi saranno migliori per affrontare


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e riportare su giusti binari la problematica: gli ultimi atti compiuti dal Parlamento europeo sembrano darci ragione perché vanno proprio nella direzione da noi auspicata (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Unione).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Provera. Ne ha facoltà.

MARILDE PROVERA. Signor Presidente, ho sentito richiamare l'irresponsabilità nei confronti di gruppi parlamentari o di persone perché affetti da troppi dubbi in ordine a quelle che sono, così dicono, le stupende prospettive che l'evoluzione scientifica e tecnologica possono offrire.
Ricordo che, nonostante quella di cui si discuta sia una materia estremamente delicata, il provvedimento che di essa si occupa viene riproposto in Assemblea proprio negli ultimi giorni della legislatura. Noi, invece, avremmo trovato più opportuno che su tale materia si fosse potuto svolgere un ulteriore e più approfondito esame.
Il fatto che esso si sia perso per troppo tempo nei meandri del Senato non ci ha consentito di affrontare con maggiore tranquillità la materia. Più specificamente, la discussione si è concentrata, purtroppo, sulle possibilità di sperimentazione delle cellule staminali, anziché approfondire l'insieme delle problematiche che il provvedimento tocca, tutte profondamente preoccupanti proprio per il peso che potranno avere sulla vita umana, su quella vegetale e su quella animale la proprietà ed il possesso di chi deterrà i brevetti su parti modificate di esse.
Così come si prefigura, il testo in esame è inutile e, per alcuni versi, anche dannoso. Gli emendamenti presentati - ne abbiamo presentati anche noi - cercano di limitare i danni. Il testo nasce con difficoltà e male, perché la stessa direttiva europea 98/44/CE è contestabile. Infatti, la direttiva è stata contestata, anche se la risposta, come ha ricordato la collega Zanella, non è stata favorevole alle nazioni che l'hanno impugnata. Purtroppo, dalle azioni intraprese da Olanda e Norvegia non sono sortiti effetti positivi.
Bisogna sapere che la direttiva europea consente di brevettare piante, animali, parti del corpo e che essa sta sollevando nel mondo intero forti dissensi. Essa riguarda anche la brevettabilità di organismi geneticamente manipolati o modificati nell'ambiente, ma non si è ancora visto un reale beneficio recato da tale diffusione, a fronte, invece, dei gravi rischi per l'ambiente e per la salute delle persone e di tutti gli esseri viventi, nonché del danno che si arreca alle economie dei paesi più poveri. La materia vivente deve rimanere patrimonio collettivo dell'umanità. In questo modo, invece, essa diventa privatizzatabile e privatizzata.
I brevetti sulle piante alimentari, concessi con l'alibi di una modifica genetica, attribuiscono a poche industrie il controllo sulla produzione alimentare del mondo intero, mentre i brevetti sui geni umani costituiscono, dal momento in cui questi ultimi vengono brevettati, appunto, un ostacolo per la ricerca scientifica e per la scoperta di nuove cure ed aprono la strada anche alla possibilità di modifiche della specie umana.
Il testo in esame recepisce gran parte del contenuto della direttiva, comprese alcune ambiguità, contraddizioni ed ipocrisie. Vorrei richiamare, a titolo puramente esemplificativo, l'esclusione dalla brevettabilità prevista dall'articolo 53, lettera b), della Convenzione sul brevetto europeo: per le varietà di piante, l'esclusione si applica indipendentemente dal modo come esse sono state prodotte. Perciò varietà di piante contenenti geni introdotti in una pianta ancestrale mediante la tecnologia di ricombinazione genica sono escluse dalla brevettabilità. Questo «piccolo» punto sarà di difficilissima applicazione e darà molto lavoro ad avvocati e tribunali.
In parole un po' più grezze - utilizzo un esempio proposto da altri, facendolo mio - la disposizione non appare più ragionevole di una legge che proibisca la bigamia, ma ammetta la poligamia ...! Essa contiene l'affermazione e la negazione dello stesso fatto!


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Vorrei sottolineare, ancora, che la direttiva prevede la possibilità di brevettare geni, cellule e tessuti OGM in base alla medesima ottica che si può avere per una qualsiasi altra invenzione. Invece, brevettare materiale biologico e organismi non significa inventare; accettarne la brevettabilità significa che abbiamo la presunzione di assurgere a inventori della vita, cosa che è palesemente falsa. Gli organismi non sono né macchine, né oggetti inventati; però, è proprio la loro equiparazione a «utensili» che permette una loro brevettazione e una loro più vasta mercificazione. In questa mercificazione di cose, di beni, di parti umane e della natura sta il vero concetto che attraversa l'insieme di questa legge, consentendone il possesso. Le industrie affermano che gli organismi transgenici - nei quali, cioè, è stato inserito un gene estraneo - si possono brevettare perché sono stati dotati di elementi innovativi. Tuttavia, aggiungere all'informazione complessiva del DNA di un organismo l'informazione di un gene di un'altra specie equivale a modificare solo una piccola parte, quasi come modificare una sola nota nello spartito di una canzone. A questo punto, pretendere i diritti d'autore sull'insieme del testo modificato, francamente, ci pare molto, troppo! I geni sono brevettati solo se isolati dall'organismo - dicono le imprese - e se si indica una loro applicazione industriale. Tuttavia, i geni devono per forza essere isolati da un organismo per essere usati, e le industrie del settore biotecnologico, che sono solite chiedere il brevetto, lo chiedono indicando una lunga serie di possibili applicazioni, che non hanno ancora verificato. In tal modo, però, le multinazionali che stanno brevettando si riservano, sia in agricoltura sia in medicina, la possibilità di coinvolgere i popoli come oggetto di sperimentazione e di sfruttamento.
La norma che prevede la brevettabilità determina anche una chiusura, come ricordavo all'inizio, un ostacolo alla ricerca scientifica perché, in realtà, il diritto brevettuale sottrae alla ricerca sia il gene brevettato, sia il prototipo in cui è inserito. Per contrapposto, si rischia anche di alimentare la pirateria nel mondo biotecnologico poiché, in tal modo, chiunque potrà cercare di apportare modifiche ad un prodotto, nel momento in cui ne è commercializzata anche solo una piccola parte, senza porsi il problema delle effettive conseguenze di quella piccola modifica su una ricerca non seguita, non effettuata e non completamente disponibile a tutto il mondo.
Opporre a queste considerazioni il fatto che, senza brevetto, ci sarebbe il segreto industriale, non ha alcun senso: infatti, qualunque testo di diritto brevettuale spiega che il segreto industriale costituisce una forma di tutela piuttosto evanescente, proprio per le ragioni appena esposte. Infatti, una volta commercializzato, il prodotto potrà essere studiato e copiato da concorrenti presenti sul mercato, mentre il brevetto continuerà a rimanere, e rimane, lo strumento più utile non solo per proteggere un'invenzione, ma anche per combattere la concorrenza. Vorrei illustrare un esempio: è stata la forte lobby delle multinazionali a imporre il brevetto biotecnologico. La società Monsanto, che sta per perdere, per scadenza di termini, il brevetto sull'erbicida Roundup, ha brevettato piante resistenti a tale erbicida, detenendo in tal modo il monopolio sia sui diserbanti sia sulle piante di interesse agricolo. Se si vuole difendere il diritto di chi vuole produrre nuove varietà di piante, non occorre un brevetto sui geni ma bastano le norme UPOV, quelle dell'Unione per i diritti dei costitutori, del 1961, che limitano il diritto dei costruttori di novità vegetali e garantiscono all'autore di una nuova varietà vegetale, o costitutore, il diritto di concederla a chi intende utilizzarla per scopi commerciali, dietro il pagamento di un compenso ma che esclude limitazioni per altri usi, come la ricerca, e non permette la biopirateria di cui ho detto.
Deve essere ricordato che, a differenza degli oggetti, gli organismi viventi si riproducono sicché, con il brevetto, sono oggetto di monopolio anche tutti i discendenti del seme acquistato, in tal modo vanificando il fondamentale diritto degli


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agricoltori di riproporre ed utilizzare le sementi ed affamando le popolazioni non detentrici dei brevetti di origine. A volte, peraltro, si tratta di prodotti che distruggono le realtà locali sulle quali si mantiene la possibilità alimentare e di commercio delle popolazioni stanziali.
Oggetto di monopolio con il brevetto, tali organismi arricchiscono quanti detengono il brevetto ed impoveriscono l'insieme delle popolazioni; inoltre, se veramente si ritiene giusto brevettarli quasi fossero invenzioni - e ribadisco che non lo sono -, perché non si vuole che tali organismi ed i loro prodotti siano etichettati? Perché non si sottopongono al principio di responsabilità le aziende che ottengono quei brevetti affinché rispondano dei danni eventualmente provocati? Ciò non viene previsto ma, al riguardo vorrei richiamare i danni che, in campo medicale, causò il talidomide: ancora oggi, esistono persone colpite dalle relative conseguenze le quali non sanno come vivere perché non è loro riconosciuta alcuna possibilità di risarcimento né da parte delle aziende né, in concorrenza, da parte degli Stati che non hanno attentamente vigilato.
Vorrei ricordare anch'io, come ha già fatto la collega Zanella, come, invece, per contro, le royality sui prodotti per combattere l'AIDS in campo medicale siano all'origine della morte di migliaia di persone in Africa; infatti, quei medicamenti continuano a costare troppo e, dunque, non sono applicati. Ma le aziende, che potrebbero porre rimedio ai danni che, provocati dalle loro scoperte, non siano stati attentamente definiti nel momento del loro varo, non risultano - e con questo tipo di leggi non risulteranno - responsabili di quanto hanno provocato.
Il testo in esame, mentre letteralmente ribadisce il rispetto di convenzioni internazionali, quali quella sulla biodiversità firmata a Rio de Janeiro e quella sui diritti e la dignità dell'essere umano siglata ad Oviedo, in realtà non sostiene con forza i principi da esse affermati.
Le uniche modifiche migliorative rispetto alla direttiva europea - e ciò, ne conveniamo, rappresenta comunque un passo avanti - sono l'obbligo del consenso informato, la possibilità di porre un limite a quanti detengono il brevetto (e quindi la possibilità anche per altri ricercatori di potere accedere in qualche misura, seppur con molti vincoli), il consenso del Ministero delle politiche agricole e forestali per i casi protetti da DOP ed IGP.
Non è molto; si tenta di apportare qualche elemento correttivo. Qualche modifica correttiva è contenuta nelle nostre proposte emendative tra le quali richiamo....

PRESIDENTE. Onorevole Provera...

MARILDE PROVERA. Concludo, signor Presidente. Non dovremo affrontare questo tipo di provvedimento con l'ottica puramente economica ed industriale, anche se ben sappiamo quanto in positivo peserà - lo speriamo, almeno (ma non è detto che ciò avvenga) - per le nostre imprese tale questione. Ebbene, con il mio emendamento 6.10, ad esempio, cerchiamo di spostare l'attenzione dal principio economico a quello «sanitario e sociale»: anche se respinto dalla Commissione, speriamo che l'Assemblea possa almeno compiere un piccolo sforzo ed approvarlo (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sul complesso degli emendamenti, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

FRANCESCO STAGNO d'ALCONTRES, Relatore per la XII Commissione. Signor Presidente, il parere delle Commissioni è favorevole sull'emendamento Didoné 1.10, mentre sugli emendamenti Valpiana 1.11 e 1.12 vi è un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario. Sugli emendamenti Zanella 3.10, 3.1 e 3.2, nonché sugli identici emendamenti Zanella 3.12 e Valpiana 3.15 il parere è contrario; inoltre, sugli identici emendamenti Zanella 3.11 e Valpiana 3.13 nonché sull'emendamento Valpiana 3.14 vi è un invito al ritiro, altrimenti


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il parere è contrario, mentre sull'emendamento Valpiana 3.16 il parere è favorevole.
Sugli identici emendamenti Zanella 4.14 e Valpiana 4.16, nonché sugli emendamenti Valpiana 4.17, 4.20 e 4.21, D'Agrò 4.12 e Didoné 4.13 vi è un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario; sugli emendamenti Valpiana 4.18, 4.22 e 4.23, nonché Zanella 4.1 e 4.15 il parere è contrario, mentre sull'emendamento Valpiana 4.19 il parere è favorevole.
Sugli emendamenti D'Agrò 5.10, 5.11, Zanella 5.14, 5.16 e 5.17, Didonè. 5.13, Provera 5.18 vi è un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario; sull'emendamento Zanella 5.15 il parere è contrario, mentre sull'emendamento Rava 5.12 il parere è favorevole.
Sull'emendamento Provera 6.10 il parere è favorevole se il presentatore accoglie la riformulazione che propongo: dopo la parola «economico» aggiungere «ovvero sanitario o sociale». Sull'emendamento Rava 8.10 vi è un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario.
Le Commissioni raccomandano l'approvazione dei loro emendamenti 8.50, 10.50 e 10.51, mentre sull'emendamento Valpiana 9.10 esprimono parere contrario. Sull'emendamento Provera 10.10 vi è un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario.
Infine, sull'emendamento Valpiana 11.10 il parere è contrario, mentre sull'emendamento 12.50, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento, il parere è favorevole.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo esprime un parere conforme a quello del relatore.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Didoné 1.10.
Nessuno chiedendo di parlare, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Didoné 1.10, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 365
Votanti 364
Astenuti 1
Maggioranza 183
Hanno votato
363
Hanno votato
no 1).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Valpiana 1.11.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

TIZIANA VALPIANA. No Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TIZIANA VALPIANA. Signor Presidente, il relatore ci ha invitati a ritirare questo emendamento, ma noi, evidentemente, non accederemo al ritiro di questo, come di tutti i successivi emendamenti. Tuttavia, ancora prima di entrare nella ratio di questo nostro emendamento, credo che ci sia da sottolineare il fatto che per quasi tutti gli emendamenti da noi presentati a questo decreto-legge è stato rivolto un invito al ritiro: quindi, non un parere contrario tout court, ma un invito di tipo dialogante. Questo vuol dire che, in realtà, il tempo necessario - e già tanto, come ha detto il collega Bogi, ne abbiamo impiegato - per affrontare un tema così profondo, ma soprattutto così controverso, dovrebbe essere molto di più. Credo anche che l'essere arrivati all'ultima settimana di legislatura, anzi, direi oltre l'ultima settimana di legislatura, per discutere un tema così straordinario come quello della brevettazione delle invenzioni biotecnologiche, come anche questo stesso invito al ritiro, consigli di riesaminare la materia nella prossima legislatura e di farlo con maggior ponderatezza.
Entrando nel merito del mio emendamento, sul quale è stato formulato un invito al ritiro, vorrei che i colleghi prestassero


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particolare attenzione al fatto che non chiediamo altro se non di menzionare, nell'articolo 1 del decreto-legge in esame (che si propone di stabilire norme in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche), anche il Trattato di Amsterdam.
Si tratta, evidentemente, di un Trattato cui anche il nostro paese ha aderito e che prevede semplicemente che, nel momento in cui si interviene su temi così innovativi, quali le invenzioni biotecnologiche e gli organismi geneticamente modificati, è necessario osservare il principio di precauzione. Infatti, è un principio cui credo dovrebbe fare riferimento tutta la nostra legislazione nel momento in cui si affrontano temi come quello in discussione.
Non riesco pertanto a comprendere il motivo di questa contrarietà a ricordare, nel testo di legge in esame, il principio di precauzione recato dal Trattato di Amsterdam (che ricordo essere stato sottoscritto anche dal nostro paese), che deve rappresentare il cardine nella disciplina di materie come le invenzioni biotecnologiche, in ordine alle quali si sa da dove si parte, ma si ignora dove si arriverà.
Non accedo, quindi, alla richiesta di ritiro, ed invito invece gli onorevoli relatori a rivedere il loro parere. Invito altresì l'intera Assemblea a votare a favore dell'inserimento, nel testo del decreto-legge in esame, dell'osservanza del principio di precauzione, che deve sottostare ad ogni nostra scelta nel campo della salute dei cittadini e del rispetto dell'ambiente.

MASSIMO POLLEDRI, Relatore per la X Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI, Relatore per la X Commissione. Signor Presidente, vorrei ricordare che il principio di precauzione ha già ispirato l'azione del Parlamento in quattro anni. Onorevole Valpiana, lei sa bene che non giungiamo solamente oggi a discutere della brevettabilità delle biotecnologie.
Infatti, un provvedimento in tale materia, come è stato già ricordato anche da alcuni colleghi dell'opposizione con cui abbiamo collaborato strettamente, anche questi giorni, ha già avuto tre passaggi parlamentari dopo che vi è stato lo svolgimento di un'indagine conoscitiva. Il principio di precauzione, dunque, è ben presente nell'attività di questo Parlamento.
Vorrei osservare che, a nostro giudizio, aggiungere il richiamo al Trattato di Amsterdam nel provvedimento non cambierebbe nulla. Infatti, il nostro paese ha già sottoscritto tale Trattato, e non ritengo vi sia bisogno di menzionare tutti i Trattati ratificati dall'Italia. In secondo luogo, onorevole Valpiana, vorrei segnalarle che forse troverà meglio esplicitato il principio di precauzione nell'articolo 4 del decreto-legge in esame, concernente le esclusioni dalla brevettabilità.
Innanzitutto, vorrei ricordare che stiamo parlando di brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche. Ebbene, il provvedimento esclude dalla brevettabilità il corpo umano e le invenzioni il cui sfruttamento commerciale è contrario alla dignità umana. Credo che il concetto di rispetto della dignità umana sia più esplicito del citato principio di precauzione. Ricordo che sono altresì escluse dalla brevettabilità le invenzioni il cui sfruttamento commerciale è contrario all'ordine pubblico, al buon costume ed alla tutela della salute e della vita delle persone e degli animali. Cosa rappresenta, allora, tale lista di esclusioni, se non un'enorme precauzione?
Sono inoltre escluse dalla brevettabilità le invenzioni il cui sfruttamento è contrario alla preservazione dei vegetali e della biodiversità, nonché alla prevenzione di gravi danni ambientali (peraltro, nell'articolo 4 del decreto-legge vengono ricordati i TRIPS). Mi sembra, pertanto, che il principio di precauzione sia meglio declinato nelle esclusioni recate dal citato articolo 4. A nostro avviso, l'emendamento in esame probabilmente appesantirebbe il testo del provvedimento, e non risponderebbe per nulla alle legittime preoccupazioni sollevate dall'onorevole Valpiana.


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA. Signor Presidente, chiedo innanzi tutto, anche a nome del collega Boato, di apporre la mia firma all'emendamento in esame, nonché al successivo emendamento Valpiana 1.12.
Vorrei rappresentare che non mi convincono affatto le giustificazioni addotte dal relatore testè intervenuto in ordine al rifiuto di accettare l'emendamento Valpiana 1.11. In effetti, gli emendamenti presentati dalle colleghe del gruppo di Rifondazione comunista potevano tranquillamente ottenere, a mio avviso, un parere favorevole da parte delle Commissioni.
Il principio di precauzione, d'altronde, è riconosciuto a livello internazionale: vorrei ricordare, infatti, che è stato sancito dalla Convenzione sulla biodiversità di Rio de Janeiro e che è stato altresì inserito nel Trattato sull'Unione europea. In base a tale principio, un prodotto o un processo produttivo può essere giudicato sicuro (e, quindi, può essere messo sul mercato) solamente quando sia stato eliminato qualsiasi dubbio in ordine alla sua nocività per la salute e per l'ambiente.
Quindi, chiedo ai relatori di rivedere il loro parere e di accogliere l'emendamento in questione ed anche quello successivo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Valpiana 1.11, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 368
Votanti 367
Astenuti 1
Maggioranza 184
Hanno votato
164
Hanno votato
no 203).

Passiamo all'emendamento Valpiana 1. 12.
Onorevole Valpiana, accede all'invito al ritiro del suo emendamento 1.12, formulato dal relatore per la XII Commissione?

TIZIANA VALPIANA. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TIZIANA VALPIANA. Signor Presidente, utilizzo il tempo a mia disposizione per ribadire il concetto che ho espresso in precedenza, nel senso che, in realtà, non ci convince ciò che è stato affermato dal relatore per la X commissione, onorevole Polledri, rispetto alla circostanza che, avendo l'Italia già sottoscritto il Trattato di Amsterdam ed il Trattato internazionale sulle risorse genetiche per l'agricoltura e l'alimentazione, sarebbe un «appesantimento» ricordarlo in questo testo. Ciò potrebbe essere vero, se non fossero ricordati, nel testo del decreto-legge, la Convenzione di Monaco sul brevetto europeo, la Convenzione sulla diversità biologica di Rio de Janeiro, la Convenzione di Oviedo ed un'altra serie di trattati internazionali (compreso il TRIPS), che, appunto, vengono precisamente ricordati.
Dunque, mi domando perché non si debba completare il richiamo delle convenzioni internazionali che l'Italia ha sottoscritto ed alle quali si deve obbligatoriamente attenere quando interviene sulla brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche, tra cui, ricordiamo, molte influiranno pesantemente sulla biodiversità, soprattutto nel campo dell'agricoltura.
Ritengo pertanto che ricordare l'obbligo di conformarsi alle linee di protezione dell'agrobiodiversità, così come l'Italia si è già impegnata a fare con il Trattato internazionale sulle risorse genetiche per l'agricoltura e l'alimentazione, approvato dalla Conferenza biennale della FAO il 3 novembre 2001, sia estremamente importante. Infatti, va ricordato che il provvedimento che oggi stiamo per votare riguarda


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sicuramente la legislazione del nostro paese, ma avrà influenze molto forti anche a livello mondiale, a causa degli influssi che ogni invenzione in questo campo ha su tutta la biodiversità del pianeta interno. Dunque, ritengo che ricordare la sottoscrizione di questa convenzione internazionale possa rappresentare solo un vantaggio ed un paletto in più rispetto ad un tema che di paletti ha necessità.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Valpiana 1.12, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 385
Votanti 382
Astenuti 3
Maggioranza 192
Hanno votato
176
Hanno votato
no 206).

Prendo atto che l'onorevole Ladu ha erroneamente espresso un voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zanella 3.10, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 386
Votanti 382
Astenuti 4
Maggioranza 192
Hanno votato
92
Hanno votato
no 290).

Prendo atto che l'onorevole Ladu ha erroneamente espresso un voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
Passiamo agli identici emendamenti Zanella 3.11 e Valpiana 3.13.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore per la XII Commissione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Zanella 3.11 e Valpiana 3.13, non accettati dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 389
Maggioranza 195
Hanno votato
17
Hanno votato
no 372).

Passiamo all'emendamento Valpiana 3. 14.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore per la XII Commissione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Valpiana 3.14, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 392
Maggioranza 197
Hanno votato
15
Hanno votato
no 377).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici


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emendamenti Zanella 3.12 e Valpiana 3.15, non accettati dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 395
Votanti 394
Astenuti 1
Maggioranza 198
Hanno votato
5
Hanno votato
no 389).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zanella 3.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 391
Votanti 390
Astenuti 1
Maggioranza 196
Hanno votato
13
Hanno votato
no 377).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Valpiana 3.16.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Valpiana. Ne ha facoltà.

TIZIANA VALPIANA. Signor Presidente, su questo emendamento è stato espresso un parere favorevole da parte delle Commissioni, e mi pare ovvio che sia così. Voglio tuttavia richiamare l'attenzione del Governo su come vengono scritti i decreti-legge legge e credo che la nostra ministra per le pari opportunità su ciò avrebbe bisogno di dire qualcosa in Consiglio dei ministri, nel senso che, ancora una volta, in questo decreto-legge è stata usata la parola «uomo» per intendere tutto il genere umano.
Io credo che il genere umano sia composto da uomini e da donne e che usare la definizione di «essere umano» sia molto più politicamente corretto che parlare semplicemente di «uomo». Invito quindi il Consiglio dei ministri ad essere attento quando sceglie le parole da inserire in un testo di legge ed a ricordare che le parole hanno un significato preciso.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Valpiana 3.16, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 397
Votanti 395
Astenuti 2
Maggioranza 198
Hanno votato
387
Hanno votato
no 8).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zanella 3.2, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge. (Vedi votazioni).

(Presenti 395
Votanti 394
Astenuti 1
Maggioranza 198
Hanno votato
45
Hanno votato
no 349).

Passiamo agli identici emendamenti Zanella 4.14 e Valpiana 4.16.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore per la XII Commissione.
Passiamo ai voti.


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Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Zanella 4.14 e Valpiana 41.16, non accettati dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 394
Maggioranza 198
Hanno votato
16
Hanno votato
no 378).

Passiamo all'emendamento Valpiana 4.17.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore per la XII Commissione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Valpiana 4.17, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge. (Vedi votazioni).

(Presenti 395
Votanti 249
Astenuti 146
Maggioranza 125
Hanno votato
22
Hanno votato
no 227).

Prendo atto che l'onorevole Rocchi si è erroneamente astenuta mentre avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Valpiana 4.18.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Valpiana. Ne ha facoltà.

TIZIANA VALPIANA. L'articolo 4 prevede l'ipotesi di esclusione dalla brevettabilità. Si tratta di una disposizione estremamente importante perché stabilisce che il corpo umano non è brevettabile, né lo sono le invenzioni il cui sfruttamento commerciale sia contrario alla dignità umana. Tra le esclusioni è anche ricompreso il tipo di invenzione il cui sfruttamento commerciale sia contrario all'ordine pubblico e al buon costume. Ritengo che questi due concetti siano talmente labili e obsoleti, dal mio punto di vista, da poter dare luogo ad interpretazioni estremamente diversificate. Qualcuno di noi, ad esempio, può essere contrario a un certo concetto di buon costume che è invece condiviso da altri. Si tratta dunque di concetti che, secondo me, non possono essere inseriti in questo contesto, perché troppo generici, opinabili e modificabili nel tempo.
Al contrario, mantenere il riferimento alla dignità umana è importante; è necessario infatti che tutto ciò che distrugge la biodiversità, mettendo in crisi intere economie dei paesi del sud del mondo, vada combattuto. È sufficiente quindi il riferimento alla dignità umana, alla tutela della salute degli uomini e degli animali, mentre - ripeto - il concetto di buon costume è astratto, spesso interpretato in maniera diversificata, a seconda delle ideologie delle persone, e quindi non consente una interpretazione univoca. Il nostro emendamento prevede quindi la soppressione di tale riferimento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Valpiana 4.18, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 394
Votanti 393
Astenuti 1
Maggioranza 197
Hanno votato
24
Hanno votato
no 369).


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Passiamo all'emendamento D'Agrò 4.12.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore per la XII Commissione.

LUIGI D'AGRÒ. Sì, signor Presidente, lo ritiro.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole D'Agrò.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Valpiana 4.19, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 396
Votanti 394
Astenuti 2
Maggioranza 198
Hanno votato
356
Hanno votato
no 38).

Passiamo all'emendamento Valpiana 4.20.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore per la XII Commissione.

TIZIANA VALPIANA. No, Signor Presidente, non accolgo l'invito al ritiro e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TIZIANA VALPIANA. Signor presidente, in questo provvedimento non vengono esclusi dalla brevettabilità le invenzioni che potrebbero recare gravi danni all'ambiente. Credo che se si pone mano ad un testo normativo su un tema così delicato, come è appunto quello della brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche, sia estremamente importante essere precisi e porre dei confini che siano inequivocabilmente fissati per tutti.
Allora parlare di gravi danni all'ambiente e non semplicemente, come noi proponiamo, di danni ambientali, rende la materia estremamente controversa. Ci saranno situazioni in cui dalla brevettabilità di alcune invenzioni deriveranno dei gravi danni ambientali e si dirà che tali danni non sono sufficientemente gravi da essere esclusi appunto dalla brevettabilità.
Pertanto, riteniamo che il danno ambientale, in quanto si ripercuote su tutto il pianeta e sulla situazione economica e di vivibilità dei popoli del sud del mondo, debba comunque essere considerato «grave». Quindi, non vi è necessità di inserire tale aggettivo nel testo in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Valpiana 4.20, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 386
Votanti 385
Astenuti 1
Maggioranza 193
Hanno votato
173
Hanno votato
no 212).

Passiamo all'emendamento Valpiana 4.21.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore per la XII Commissione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Valpiana 4.21, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.


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Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 393
Votanti 250
Astenuti 143
Maggioranza 126
Hanno votato
29
Hanno votato
no 221).

Passiamo all'emendamento Didonè 4.13.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore per la XII Commissione.

CESARE ERCOLE. Sì, signor Presidente, accettiamo l'invito delle Commissioni a ritirare il nostro emendamento.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ricordo che l'emendamento Didonè 4.10 è stato ritirato.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Valpiana 4.22, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 392
Votanti 387
Astenuti 5
Maggioranza 194
Hanno votato
26
Hanno votato
no 361).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zanella 4.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 389
Maggioranza 195
Hanno votato
18
Hanno votato
no 371).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zanella 4.15, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 391
Maggioranza 196
Hanno votato
13
Hanno votato
no 378).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Valpiana 4.23, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 392
Maggioranza 197
Hanno votato
16
Hanno votato
no 376).

Passiamo all'emendamento D'Agrò 5.10.
Prendo atto che l'onorevole D'Agrò accede all'invito al ritiro formulato dal relatore per la XII Commissione.
Passiamo all'emendamento Zanella 5.14.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore per la XII Commissione.
Passiamo ai voti.


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Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zanella 5.14, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 389
Votanti 383
Astenuti 6
Maggioranza 192
Hanno votato
159
Hanno votato
no 224).

Passiamo all'emendamento Didonè 5.13.
Prendo atto che i presentatori accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore per la XII Commissione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zanella 5.15, non accettato dalle Commissioni né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 392
Votanti 390
Astenuti 2
Maggioranza 196
Hanno votato
175
Hanno votato
no 215).

Passiamo all'emendamento Zanella 5.16.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore per la XII Commissione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zanella 5.16, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 389
Votanti 386
Astenuti 3
Maggioranza 194
Hanno votato
29
Hanno votato
no 357).

Passiamo all'emendamento D'Agrò 5.11.
Prendo atto che l'onorevole D'Agrò accede all'invito al ritiro formulato dal relatore per la XII Commissione.
Passiamo all'emendamento Provera 5.18.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore per la XII Commissione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Provera 5.18, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 392
Votanti 390
Astenuti 2
Maggioranza 196
Hanno votato
19
Hanno votato
no 371).

Passiamo all'emendamento Zanella 5.17.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore per la XII Commissione.


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Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zanella 5.17, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 393
Votanti 390
Astenuti 3
Maggioranza 196
Hanno votato
20
Hanno votato
no 370).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Rava 5.12, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 393
Votanti 390
Astenuti 3
Maggioranza 196
Hanno votato
376
Hanno votato
no 14).

Dobbiamo ora passare all'emendamento Provera 6.10.
Ricordo che le Commissioni ed il Governo hanno espresso parere favorevole a condizione che l'emendamento venga così riformulato: Al comma 4, lettera b), dopo la parola: economico, aggiungere le seguenti: ovvero sanitario o sociale.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione proposta.

MARILDE PROVERA. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Provera 6.10, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 395
Maggioranza 198
Hanno votato
387
Hanno votato
no 8).

Prendo atto che l'onorevole Mondello non è riuscita a votare.
Passiamo all'emendamento Rava 8.10.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore per la XII Commissione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Rava 8.10, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 392
Votanti 391
Astenuti 1
Maggioranza 196
Hanno votato
179
Hanno votato
no 212).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 8.50 delle Commissioni, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.


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Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 396
Votanti 393
Astenuti 3
Maggioranza 197
Hanno votato
390
Hanno votato
no 3).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Valpiana 9.10, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 392
Votanti 391
Astenuti 1
Maggioranza 196
Hanno votato
32
Hanno votato
no 359).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 10.50 delle Commissioni, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 396
Votanti 384
Astenuti 12
Maggioranza 193
Hanno votato
379
Hanno votato
no 5).

Passiamo all'emendamento Provera 10.10.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore per la XII Commissione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Provera 10.10, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 395
Votanti 239
Astenuti 156
Maggioranza 120
Hanno votato
27
Hanno votato
no 212).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 10.51 delle Commissioni, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 396
Votanti 385
Astenuti 11
Maggioranza 193
Hanno votato
382
Hanno votato
no 3).

Chiedo all'onorevole Valpiana, se acceda all'invito al ritiro del suo emendamento 11.10 formulato dal relatore per la XII Commissione.

TIZIANA VALPIANA. No, signor Presidente, non accedo all'invito al ritiro e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TIZIANA VALPIANA. Signor Presidente, credo che questo emendamento sia importante perché è finalizzato a prevedere che la relazione al Parlamento sull'applicazione della legge, che dovrebbe


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essere predisposta ogni anno a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge stessa, sia presentata dal ministro della salute, di concerto con i ministri delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, dell'ambiente e della tutela del territorio e dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Va considerato, infatti, che nel contesto definito, la possibilità di commercializzazione di nuove invenzioni biotecnologiche inciderà pesantemente sull'ambiente e sulla nostra salute. Quindi, ritengo abbia senso che ai fini della presentazione della relazione sia considerato prioritariamente il ministro della salute, che, essendo preposto alla tutela della salute dei cittadini e, quindi, della salute ambientale, potrà dedicare una particolare attenzione alle conseguenze che queste invenzioni potrebbero determinare sotto il profilo delle competenze attinenti, appunto, alla salute.
In sostanza, il «capofila», ai fini della predisposizione della relazione annuale non può essere il ministro delle attività produttive, quasi che dalla brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche dovessimo aspettarci solamente guadagni - vorrei ricordare che i guadagni saranno solo per alcuni -, e non pretendere, invece, che l'attenzione massima debba essere rivolta alla salute dei cittadini e dell'ambiente in cui essi vivono.
Quindi - mi appello anche al sottosegretario Di Virgilio -, ritengo che avrebbe un senso che la relazione al Parlamento fosse predisposta, in primis, dal ministro della salute.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Valpiana 11.10, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 385
Maggioranza 193
Hanno votato
21
Hanno votato
no 364).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 12.50, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 383
Votanti 382
Astenuti 1
Maggioranza 192
Hanno votato
378
Hanno votato
no 4).

Poiché il disegno di legge consiste in un articolo unico, si procederà direttamente alla votazione finale.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 6258)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA. Signor Presidente, il gruppo dei Verdi voterà contro questo provvedimento per le ragioni che ho cercato di esporre in relazione agli emendamenti presentati. Tali emendamenti sono stati tutti respinti, non solo i miei, ma anche la maggior parte di quelli, presentati dal gruppo di Rifondazione comunista, a fronte, invece, della necessità, a mio giudizio, di rivolgere particolare attenzione, precisione e rigore nel recepire la direttiva


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europea e, per quanto possibile, nel ridiscutere profondamente l'intera disciplina.
La richiesta di rivedere queste disposizioni, d'altronde, è stata formalizzata dallo stesso Parlamento europeo, come ho ricordato prima, nella risoluzione sui brevetti relativi alle invenzioni biotecnologiche del 26 ottobre 2005.
Vorrei sottolineare alcuni degli aspetti presenti in tale risoluzione, che tanto eco ha avuto anche a livello internazionale, mediatico, e di dibattito scientifico.
Uno dei «considerando» ricorda che il 2 febbraio 2005, quindi meno di un anno fa, l'Ufficio europeo dei brevetti ha concesso un brevetto - l'EP 1257168 - che comprende un metodo per la selezione di cellule germinali umane e delle cellule germinali stesse. Su questo, il Parlamento europeo chiede alla Commissione europea di presentare opposizione.
In un altro «considerando» viene affermato che l'Ufficio europeo dei brevetti ha concesso anche brevetti europei, due per la precisione, riguardanti cellule germinali umane. Un altro brevetto - l'EP 1121015 - riguarda gli embrioni umani congelati. Mi pare che questo Parlamento, sugli embrioni umani congelati, da tutelare o da evitare, si sia espresso ampiamente con la famosa legge n. 40 del 2004. Però, non ci si preoccupa del fatto che è già operante un brevetto sugli embrioni umani congelati. Non ve ne preoccupate! Così, l'Ufficio europeo dei brevetti ha la possibilità, in base alla direttiva, di brevettare il DNA umano, se pure in relazione ad una funzione, ma non è chiaro per nulla se il campo di applicazione del brevetto si limiti solo a detta funzione o se possa estendersi ad altre.
Inoltre, secondo la prima relazione presentata a norma dell'articolo 16, lettera c), della direttiva, la questione da esaminare è quella di stabilire se i brevetti su sequenze di DNA debbano essere autorizzati secondo il modello classico della richiesta di brevetto, in virtù del quale il primo inventore può rivendicare un'invenzione che copre possibili impieghi futuri di tale sequenza, oppure se il brevetto vada ristretto, in modo che possa essere rivendicato unicamente l'uso dichiarato nella richiesta di brevetto, cioè la tutela basata sugli scopi.
La direttiva - afferma nel dispositivo il Parlamento europeo - fornisce un quadro di riferimento adeguato nella maggior parte dei casi, ma lascia insolute - insolute: capite, colleghi? - talune questioni importanti, come quella della brevettabilità del DNA umano. Si osserva ancora che le cellule germinali non sono brevettabili in quanto parte del corpo umano e non sono certamente inventate. Tuttavia, il brevetto che ho citato prima - l'EP 1257168 - costituisce già una violazione alla direttiva stessa. La Commissione europea, come dicevo prima, chiede che vi sia rapidamente un'opposizione a tale brevetto ed invita l'Ufficio europeo dei brevetti e le autorità competenti degli Stati a collaborare con il Parlamento europeo per confermare che la direttiva esclude la brevettabilità di ogni forma di clonazione umana. Tuttavia, se questa è la preoccupazione del Parlamento, significa che la direttiva che recepiamo, seppure con questo tipo di indicazione, di per sé non è così chiara.
Questa risoluzione sollecita l'Ufficio europeo dei brevetti, in considerazione della delicatezza dell'argomento, a costituire un servizio incaricato di verificare i brevetti sensibili dal punto di vista etico, prima che vengano rilasciati.
Sono tutte preoccupazioni che dovrebbero essere nostre, e ne rivendichiamo la primogenitura. Il rispetto della vita e della dignità umana, infatti, non può che tradursi nel contrasto a qualunque utilizzo del vivente contrario a questo principio fondamentale e ad un utilizzo dello strumento dei brevetti finalizzato a costituire proprietà esclusiva, monopolio su caratteristiche genetiche e sui farmaci indispensabili alla sopravvivenza, come ho già detto in precedenza.
Vi è un altro aspetto che vorrei sottolineare: la concessione di brevetti sul materiale vegetale può condurre alla formazione di posizioni dominanti sul mercato delle sementi, con le conseguenti compromissioni nell'accesso per gli agricoltori a


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condizioni accettabili, a vantaggio, ovviamente, del profitto di poche multinazionali che si stanno già da anni arricchendo in questo ambito.
Vi è anche un'altra preoccupazione che non va sottovalutata e che intendo sottolineare, cioè che con questo tipo di provvedimenti si faciliti, si promuova la diffusione nell'ambiente di organismi geneticamente modificati, che sappiamo - indipendentemente da quanto dicono alcuni colleghi - essere causa di maggiori rischi, a tutt'oggi ancora troppo poco prevedibili e conosciuti, sia per la salute sia per l'ambiente, con modificazioni radicali degli equilibri naturali, creatisi nei millenni, ma anche per l'economia e per i rapporti socioculturali nel mondo. Sappiamo che la scelta di alcune - poche - specie di maggior rendimento è l'obiettivo sempre perseguito dalle industrie che detengono i brevetti, con conseguente pericolo per la biodiversità. In questo modo, inoltre, saranno penalizzati i paesi più poveri, le società che cercano di superare impossibilità di mantenere la propria sovranità alimentare.
Questi sono gli argomenti che ci inducono a dichiarare il voto contrario. Non ho tempo per sottolineare - ma sono resi espliciti nel testo degli emendamenti presentati - gli aspetti che ineriscono al mondo animale, che - come noto - ci preoccupa in maniera analoga a quello dell'ambiente ed a quello umano (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Unione e Misto-Popolari-UDEUR).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cialente. Ne ha facoltà.

MASSIMO CIALENTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor ministro, ci apprestiamo a votare a favore della conversione di questo decreto-legge, giunto alla Camera l'11 gennaio scorso. Abbiamo lavorato nelle Commissioni, direi, con l'acqua alla gola, esaminando il provvedimento in pochissime sedute, in minuti più che in ore.
Tutto ciò perché, come dice lo stesso Governo, il 16 giugno la Corte di giustizia ha condannato l'Italia in quanto non aveva provveduto al recepimento della direttiva 98/44/CE, rimanendo in compagnia soltanto della Lituania e della Lettonia e, avendo la Commissione notificato, il 19 dicembre 2005, la messa in mora, ci erano rimasti 60 giorni (oggi solo 23) per evitare l'applicazione di una penalità molto severa, dell'ordine di centinaia di milioni di euro.
Signor Presidente, signor ministro, colleghi, ritengo che la vicenda delle proprietà intellettuali e delle biotecnologie costituisca la prova provata della sciatteria con la quale il Governo ha affrontato tutte le questioni serie, gli impegni comunitari e - nell'assoluta mancanza di una qualsiasi idea di politica industriale - le vicende che si legano alla promozione della ricerca, dell'innovazione industriale e più in generale della competitività.
Mi spiace che il ministro sia occupato al telefono, ma occorre ricordare anche il caso delle invenzioni nei centri di ricerca pubblici e nelle università, caso nel quale il ministro scrive il piano dell'occupazione e dell'innovazione, senza figurare in ordine agli aspetti dei brevetti.
È chiaro che le biotecnologie rappresenteranno in questo secolo un settore fondamentale di sviluppo, assicurando le maggiori crescite del PIL. D'altra parte, non è un caso che l'Unione europea, sia nel VI sia nel VII programma quadro, abbia indicato proprio questo settore come quello destinato alla maggior quantità-proporzione di investimenti. È noto, inoltre, che una giusta e corretta legislazione del diritto di proprietà intellettuale può favorire la ricerca, la crescita delle imprese e, quindi, la competitività.
Il problema relativo alla proprietà intellettuale nel settore delle biotecnologie è molto complesso, in quanto pone grandi interrogativi che più volte abbiamo sentito echeggiare in quest'aula. In tale settore, anche gli aspetti etici, politici ed economici sono strettamente legati al problema delle differenze di legislazione.
Vorrei ricordare che la legislazione statunitense, quella giapponese e quella canadese in tema di biotecnologie sono particolarmente


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permissive ed elastiche, e ciò fa sì che nei nostri mercati acquistiamo prodotti tutelati da brevetti molto lontani dai principi etici e dai valori che ci appartengono. Il fatto che l'Europa non avesse una legislazione chiara in tale materia e che lo stesso ufficio brevetti di Monaco fosse arrivato a brevettare le cellule del cordone ombelicale - che non costituiscono un'invenzione, ma una semplice scoperta - ha spinto l'Unione europea a dotarsi di una legislazione comune; nasce così la direttiva del 1998.
Una volta adottata la suddetta direttiva, molti paesi europei dichiararono che non l'avrebbero recepita; in Italia, addirittura, entrambi i rami del Parlamento impegnarono il Governo ad opporsi all'approvazione della stessa. Successivamente, insieme all'Olanda, presentammo ricorso alla Corte di giustizia europea, a cui conseguì la nostra messa in mora.
Dunque, nel 1999, il Governo D'Alema presentò un primo testo di legge delega che, già dopo la prima seduta, si arenò al Senato, in quanto tutti i gruppi parlamentari avevano palesato grandi perplessità. Poi, nel gennaio 2002, il Governo Berlusconi, all'interno dell'articolo 6 di un provvedimento sulla concorrenza e sulla competitività delle imprese, ripropose l'identico testo presentato tre anni prima dal precedente Governo.
Fu allora che l'opposizione, in particolare il gruppo dei Democratici di sinistra, proprio alla luce del tormentato iter della direttiva in Europa e in Italia e del grande dibattito sviluppatosi in tutto il mondo, anche nell'ottica di un potenziamento della nostra industria e ricerca, chiese lo stralcio dell'articolo 6, che divenne così una proposta di legge autonoma.
Noi ci assumemmo una responsabilità, ritenendo che il Parlamento avesse più che il diritto, direi il dovere di avviare, comunque e finalmente, una riflessione seria, un dibattito approfondito su tale materia per giungere ad una sintesi positiva. In questo modo, signor ministro - la vedo occupato, ma non importa -, saremmo stati i primi in Europa a procedere alla modifica di alcune impostazioni di fondo della direttiva che giudicavamo profondamente ingiuste e sbagliate; tra l'altro, avremmo operato in modo trasversale, coinvolgendo sia la maggioranza sia la minoranza di questa Assemblea.
A questo progetto lavorammo molto, profondendo un impegno scrupoloso e procedendo anche a diverse consultazioni cosicché, nel giro di pochi mesi, il 26 settembre 2002, approvammo, pressoché all'unanimità, il primo testo, sul quale si registrarono solamente 15 voti contrari.
Signor ministro, si trattò di un risultato politico importante, poiché l'Italia risultò il primo dei grandi paesi europei - si ricorda, infatti, che paesi come la Francia e la Germania erano bloccati e non intendevano approvare il provvedimento? - a riconoscersi in una proposta legislativa avanzata concernente una problematica molto complessa; tutto ciò, tra l'altro, avveniva nel bel mezzo di un grande ed originale dibattito internazionale. Attraverso quel testo, si modificava il contenuto della direttiva, sempre ritenuto un tabù, conferendo particolare attenzione ad alcuni aspetti di fondo, oggetto dell'ampio dibattito in corso in tutto il mondo: questa era la questione.
Si trattava di una serie di proposte - adesso non posso ricordarle tutte per motivi di tempo - concernenti, ad esempio, la non brevettabilità del DNA, il brevetto di finalità e di scopo - che si contrapponeva al brevetto classico -, il recepimento degli obblighi assunti con la Convenzione di Rio de Janeiro, il consenso informato al prelievo e all'utilizzazione dei risultati da parte dei cittadini, il problema dei brevetti di sbarramento, la tutela della biodiversità. Quindi, non credo si sia trattato di un puro caso che il Senato abbia approvato il testo rapidamente e con poche modifiche legate, soprattutto, alla vicenda delle varietà autoctone vegetali del nostro paese.
Signor ministro, il testo venne sottoposto di nuovo all'esame di questa Assemblea e noi, in maniera rapida, lo trasmettemmo all'altro ramo del Parlamento poiché, il 26 giugno 2006, esso - lo ripeto - venne approvato quasi all'unanimità ed approdò


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al Senato, che lo sottopose all'esame della competente Commissione. Tutto questo per dire che al Senato, due anni e mezzo fa, sarebbe bastata una seduta di un'ora - era stato, infatti, presentato un solo ordine del giorno in Commissione - per dare la possibilità al Governo di esercitare la delega. Ciò vuol dire che, nel dicembre 2003, l'Italia avrebbe potuto recepire la delega o, al più - come sa anche il collega Gamba -, l'avrebbe potuta inserire all'interno del codice sulle proprietà intellettuali del febbraio 2004.
Signor ministro, perché non lo avete fatto? Questo è il grande mistero! Avete lasciato che il provvedimento «dormisse» per due anni e mezzo, ed oggi ce lo presentate sotto forma di un decreto identico a quello già approvato, con l'aggiunta dell'articolo 8 che noi, fortunatamente, abbiamo modificato; infatti, forse a causa della fretta, non ci si è accorti del fatto che l'articolo 8, ricopiando gli articoli 8 e 9 della direttiva, andava contro quello che noi avevamo fatto.
Dov'è l'occasione persa, signor ministro? Adesso la figuraccia si ripara: il decreto fra poco verrà presentato al Senato e, per fortuna, non pagheremo la multa. In ogni caso, siamo in presenza di un danno oggettivo - si sono persi due anni e mezzo - arrecato alla nostra industria e alla nostra ricerca. Tra l'altro, la cosa più grave è che siamo rimasti tagliati fuori da un grande dibattito sviluppatosi in Europa che, successivamente alla nostra scelta, ha portato la Germania e la Francia ad approdare allo stesso nostro risultato. In questo momento, lei dovrebbe saperlo signor ministro, la stessa Commissione europea, alla luce della legislazione di Francia e Germania, ha aperto il capitolo del brevetto di finalità per il DNA. Anche il Parlamento europeo si sta ponendo i problemi e le domande che ci eravamo posti noi relativamente alla questione concernente la brevettabilità del corpo umano e dello stesso DNA.
Colleghi, tutto ciò per dire che nel 2003 avevamo lavorato bene e che potevamo essere i primi in Europa a portare delle positive novità.
Concludo il mio intervento dichiarando che il mio gruppo si asterrà dal voto perché, pur apprezzando il lavoro che è stato portato avanti e che noi rivendichiamo, riteniamo che vi siano ancora dei punti oscuri.
In ogni caso, per i Democratici di sinistra la scelta di astensione rappresenta un impegno a fare in modo che il prossimo Governo partecipi in modo più coinvolgente al dibattito in Europa, come, peraltro, avrebbe dovuto fare questo Governo, affinché il problema della brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche venga risolto secondo i valori propri dell'Europa, che costituiscono il tessuto connettivo che tiene insieme i paesi membri dell'Unione europea (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Agrò. Ne ha facoltà.

LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ricordo che nella seduta del 26 settembre del 2002 fui io a svolgere la dichiarazione di voto su questo stesso provvedimento a nome dell'UDC. Il collega Cialente ha richiamato l'iter del provvedimento ed ha accusato il Governo di sciatteria, facendo riferimento al tempo improvvidamente trascorso da allora fino ad oggi. Ha ritenuto inoltre che oggi ci troviamo di fronte ad un decreto che in qualche modo ricalca pedissequamente quanto avevamo deciso di votare già allora. Credo che la sciatteria in questo campo appartenga un po' a tutti, alla maggioranza ed all'opposizione, perché, se ricordo bene, il provvedimento avrebbe dovuto essere approvato entro l'anno 2000, pena la sanzione a livello europeo: non credo che fino al 2000 vi sia una qualche responsabilità imputabile a questa maggioranza! Probabilmente, ha ragione Cialente laddove dice che sarebbe stato opportuno che il Senato provvedesse ad incardinare il provvedimento, evitando che trascorresse tanto tempo fino ad arrivare oggi alla presentazione di un decreto che


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presenta i caratteri dell'urgenza e della necessità e comporta per noi il problema di doverlo approvare obbligatoriamente.
Tra gli interventi svolti sul complesso degli emendamenti ve ne è stato uno che mi è parso estremamente interessante. In quell'intervento è stato sottolineato che su questo tema la politica ha dimostrato la propria incapacità o, meglio ancora, la propria inattività e che, in qualche modo, il problema del rapporto tra scienza e società è un problema difficile, e la politica, che dovrebbe governare questo processo, molte volte si sente quasi imbavagliata dalle lobby e, comunque, da una persecuzione di mancata conoscenza che alla fine avviluppa il tutto ad una situazione di non decisione. In effetti, ciò potrebbe essere vero; ho verificato infatti che in questo campo il Parlamento ha sempre trovato qualche difficoltà ad esprimersi, realizzando un percorso contorto nel decidere. Certamente ci troviamo di fronte ad un provvedimento che presentava e presenta problemi di carattere morale ed etico, problemi di cultura, anche rispetto alle diversità delle interpretazioni e delle sensibilità che vengono espresse dai soggetti che qui devono decidere.
In qualche modo, però, avevamo visto che il percorso, grazie ad un coinvolgimento di tutte le componenti, anche scientifiche, della comunità italiana aveva trovato un suo perfezionamento, e dispiace che l'onorevole Cialente oggi, a distanza di tempo, pur avendo maturato perfettamente la convinzione che quel lavoro era stato fatto in maniera egregia, preannunci un voto di astensione. Ricordo infatti che tutto l'iter, compresa la possibilità di estraniare dal provvedimento della concorrenza l'articolo 6, aveva individuato la necessità di un approfondimento serio, poi avvenuto, che aveva trovato le forze politiche concordi nel procedere, ma anche nel definire organicamente la norma.
Dobbiamo stare attenti, perché in questi anni abbiamo subito una inferiorità commerciale in questo ambito. Sappiamo perfettamente che il tema delle biotecnologie sarà il tema del futuro. Ambiente e vita saranno grandi temi che determineranno il grande cambiamento della società internazionale e planetaria. Rimanere tagliati fuori da queste prospettive per il nostro paese significa l'impossibilità di compiere uno scatto in avanti; uno scatto che in questa sede continuiamo ad evocare ma che purtroppo proprio ieri ci è stato ribadito non riusciamo a fare se non nel calcio o nella cucina.
Sono pertanto molto preoccupato dei tempi lunghi impiegati per decidere su questi problemi pur sapendo perfettamente che l'embrione, la clonazione e le stesse varietà di vegetali, una volte brevettate, fanno sorgere un grande problema di carattere etico.
Di fronte alle «esplosioni» avvenute in altre parti del mondo - faccio riferimento, in modo particolare, agli Stati Uniti, al Giappone e alla Cina -, osservare un'Europa così chiusa e ferma e il nostro paese, a distanza di anni, avviluppato ancora nella condizione di dover procedere per decreto-legge e non invece in via ordinaria in modo da recepire le riflessioni emerse dal grande dibattito culturale che in tale materia si è svolto, mi fa riflettere sul sistema decisionale che, in questa sede, seguiamo.
Non dobbiamo avere paura del rapporto scienza-etica, così come non dobbiamo avere paura del rapporto scienza-commerciabilità brevettuale. Noi sappiamo perfettamente che il nostro è il paese in cui ogni anno si registrano meno brevetti in Europa. E sappiamo perfettamente che i brevetti costituiscono uno strumento che consente di attirare capitali e risorse umane.
Arrivati a questo punto, tenuto conto del grande dibattito svolto e del fatto che nel preambolo al provvedimento sono riportati gli indirizzi assunti con le Convenzioni di Oviedo, di Parigi e quant'altro, che prevedono la tutela della brevettabilità delle cosiddette logiche che attengono ai temi dell'etica, credo che uno scatto in avanti vada fatto. Conseguentemente, se già a suo tempo avevamo deciso insieme di concedere fiducia al provvedimento che avevamo confezionato, oggi, per stato di necessità, lo facciamo a maggiore ragione,


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non mancando però di evidenziare l'imprudenza per avere fatto passare tutto questo tempo.
Dichiaro, quindi, a nome del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, il gruppo della Lega Nord esprimerà, sulla scia delle molte dichiarazioni che a questo riguardo abbiamo già rilasciato, un voto favorevole sul provvedimento in esame.
Ricordo che il provvedimento che ci accingiamo ad approvare è frutto di un lavoro che, come ricordava giustamente il collega Cialente, è stato portato avanti da tutto il Parlamento; un lavoro, quindi, che tutto sommato possiamo considerare bipartisan. Non mi preoccupa, pertanto, più di tanto il voto di astensione annunciato da alcuni, anche perché il lavoro, lo ripeto, è stato solitamente in gran parte condiviso.
Colleghi, molto spesso abbiamo parlato di innovazione tecnologica e, quindi, anche del futuro del paese. E nel futuro dell'Italia ci sarà molto delle biotecnologie rispetto alle quali non si possono lanciare dei proclami e poi non agire concretamente.
Le biotecnologie avranno un futuro sia industriale sia umano. Parlando di biotecnologie, noi avvertiamo un sentimento di ottimismo. Siamo convinti, anche per la nostra tradizione cristiana, che l'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio possa controllare - insieme alla natura - la natura stessa e migliorare, addirittura, l'inizio della creazione. Da altre parti, invece, riecheggiano preoccupazioni; sollevate, in particolare, dall'onorevole Zanella e dalla collega di Rifondazione comunista, per via di una visione secondo la quale l'uomo è visto come un elemento di disturbo dell'equilibrio naturale. In pratica, come se la modernità fosse da guardare con sospetto e l'uomo stesso fosse un elemento di turbamento dell'equilibrio.
Pertanto, bisognerebbe bloccare lo sviluppo e tornare indietro.
In questa visione culturale si può scorgere l'influenza del manicheismo, secondo il quale tutto ciò che è carne, tutto ciò che è impegno, è male. In questo senso, tutte le biotecnologie, tutti gli impegni a migliorare in qualche modo la natura (con i vincoli fondamentali che pure abbiamo posto), sarebbero un male. Tuttavia, va ricordato che tale concezione, alla quale può essere ascritto un ecologismo difficilmente sostenibile, ha portato il manicheismo alla dottrina estrema del catarismo (che predicava addirittura il suicidio), ad una cultura della morte, perché l'uomo doveva essere soltanto spirito (perciò, per dirla volgarmente, si doveva togliere dai piedi).
Alla luce di tale cultura si possono leggere altre propagande, quali l'incentivazione dell'interruzione di gravidanza, considerata un diritto e non un dramma, l'eutanasia, la selezione eugenetica.
Avendo riguardo a queste culture, ci sentiamo di dire che la lotta condotta da questo Parlamento, il ragionamento che ci ha portati a riconoscere la possibilità di brevettare le biotecnologie, si inserisce in un filone culturale di profonda fiducia nell'uomo, di profonda fiducia in un rapporto etico e costruttivo con la natura.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giulio Conti. Ne ha facoltà.

GIULIO CONTI. Signor Presidente, prendo lo spunto da quanto ho appena udito non soltanto per condividere, essenzialmente, il contenuto delle affermazioni del collega, ma anche per segnalare che il «bel» provvedimento che ci accingiamo ad approvare sarà licenziato con un ritardo che non risale al 2003, perché eravamo chiamati a recepire la direttiva europea 98/44/CE già nel 2000.
Ciò premesso, ho una preoccupazione: come faremo a proteggere i brevetti che


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abbiamo imposto per legge sulle biotecnologie dagli Stati canaglia, da quegli Stati che copieranno tutte le biotecnologie che scoprirà l'Europa, le diffonderanno in tutto il mondo, le strumentalizzeranno e le sfrutteranno commercialmente in ogni sito, in ogni dove?
Sotto questo profilo, ritengo che il Governo - al quale rivolgo un invito al riguardo, anche se il rappresentante del Governo non mi ascolta molto ... - debba farsi promotore di iniziative a livello europeo, affinché venga apprestata idonea protezione al brevetto. Mi rendo conto che è difficile, perché ci sono Stati che ci copiano tutto (ci copiano le scarpe; ci copieranno anche le biotecnologie). Tuttavia, si tratta di un dato, di un impegno che un Governo, e soprattutto l'Europa, deve sicuramente assumersi.
Dietro le biotecnologie ed i relativi brevetti si nascondono affari miliardari, multimiliardari. Anche per questo è in pericolo il rispetto dei principi e della natura umana (che il provvedimento impone). La clonazione degli animali ed il fatto che si cerchi di realizzarla anche per l'uomo, tentando di farla passare per progresso scientifico, ne sono un esempio. Sono queste le mie preoccupazioni.
Come ricordava il collega della Lega, anche i problemi eugenetici ci inducono ad essere molto attenti in relazione a tale procedura. Ritengo che sia un pericolo anche questo, ma dal tentativo di rifare l'uomo a nostra immagine e somiglianza, dal tentativo di riprodurre le cellule staminali con un procedimento di brevettazione biotecnologico, nasce la possibilità di fare altre sperimentazioni - se n'è parlato a lungo - per risolvere il problema di alcune malattie. Ritengo che questo sia un motivo per giustificare tutto. Però, dobbiamo stare attenti a questo passaggio, che aprirebbe possibilità molto pericolose.
Il mio appello non è volto a modificare il provvedimento, del quale accetto soprattutto lo spirito. Giudico importante il riconoscimento, anche da parte del collega dei DS, di un intento, della volontà comune di approvare una saggia legge e, soprattutto, di difendere i principi cardine che sono stati alla base della sua elaborazione (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Valpiana. Ne ha facoltà.

TIZIANA VALPIANA. Signor Presidente, l'India, il Brasile e la Thailandia, tre Stati martoriati dall'AIDS, nel 2001 sono stati fatti oggetto dell'accusa di avere violato le leggi sui brevetti: tentavano di autoprodurre a basso costo farmaci anti-AIDS che sul mercato ufficiale avevano prezzi inaccessibili. Nello stesso periodo, la Repubblica Sudafricana era quasi processata per aver osato stilare una legge, l'ormai famosa legge Mandela, che autorizzava il proprio Governo ad acquistare farmaci anti-AIDS da questi paesi.
Perché questo accanimento? Chi aveva interesse a schierarsi contro la produzione di medicinali necessari a quei paesi per combattere una tremenda epidemia? Chi c'era dietro quelle accuse? C'erano la statunitense Bristol-Mayers Squibb, la britannica Glaxo-Smith-Kline e la tedesca Boehringer-Ingelheim, tre grandi multinazionali che tenevano sotto brevetto quei farmaci; tre grandi multinazionali che, fino ad allora, li avevano venduti ai governi di quegli stessi paesi ad un prezzo dieci volte maggiore; tre multinazionali che riconoscevano, in quell'episodio, un pericoloso precedente che metteva in discussione il loro monopolio.
Ecco una dimostrazione lampante delle aberrazioni cui possono portare le norme sui brevetti e di come queste sono state sfruttate per ricavare il massimo profitto, finanche da farmaci di importanza vitale per una popolazione.
Come si vede, quindi, il provvedimento sul quale, oggi, siamo chiamati a pronunciarci riveste una importanza fondamentale non solo per la vita di ciascun cittadino del nostro paese ma per l'intera umanità. La brevettabilità della materia vivente rappresenta l'ultima frontiera della privatizzazione generalizzata delle risorse,


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messa in campo dalle istituzioni favorevoli alla globalizzazione neoliberista, volta a garantire i profitti e le posizioni di monopolio delle industrie biotecnologiche dei paesi più ricchi e disposta, a tal fine, allo sfruttamento ed alla commerciabilità dello stesso genoma umano. Tutto questo, a danno della sicurezza della salute e dell'alimentazione e del patrimonio di biodiversità che noi consideriamo un patrimonio indisponibile dell'umanità. Neppure si può dimenticare che i paesi del sud del mondo, attualmente, detengono l'80 per cento della biodiversità del pianeta, ma solo l'1 per cento dei brevetti biotecnologici. È lungi da noi sostenere un riequilibrio in termini di brevettazione; piuttosto, decisioni tanto cruciali per l'equilibrio dell'intero pianeta non possono essere guidate dai principi del massimo profitto e della privatizzazione del sapere e delle sue applicazioni.
L'argomento più frequentemente utilizzato per sostenere la necessità della protezione intellettuale delle scoperte scientifiche, anche oggi, in questa Assemblea, è quello dell'impossibilità altrimenti di reperire gli investimenti necessari allo sviluppo della ricerca. Invece, noi siamo convinti che siano proprio i brevetti e, quindi, l'impossibilità di utilizzare liberamente scoperte che non possono essere ascritte a singoli ma devono essere inserite, piuttosto, nel quadro più generale del sapere e del controllo pubblico e collettivo, a costituire uno sbarramento decisivo per la ricerca orientata alla soluzione di problemi di carattere universale, quale la messa a punto di nuovi farmaci per combattere le malattie più diffuse a costi accettabili anche nei paesi più poveri.
Per questo, insieme a milioni di persone in tutto il mondo, facciamo parte di quei movimenti che chiedono la definizione di un diritto di proprietà intellettuale collettivo che deve essere riconosciuto alle comunità, tanto più se si tratta di materie viventi. Il sapere non può essere considerato frutto dell'ingegno di un individuo o di un'impresa ma è un fenomeno collettivo, il cui obiettivo è il miglioramento delle condizioni di vita dell'umanità intera e non solo di quella minima parte in grado di affrontare i costi dell'innovazione.
In questa direzione va il Trattato di protezione delle risorse fito-genetiche, sottoscritto anche dal nostro paese, in sede FAO, che voi non avete voluto inserire in questo decreto-legge e che prevede, per la prima volta, la tutela dei paesi detentori delle biodiversità genetiche ed il principio di una equa condivisione dei benefici derivanti dall'utilizzazione scientifica di tale patrimonio, nonché la protezione dallo sfruttamento commerciale del genoma per un elenco prioritario di piante indispensabili per l'alimentazione umana.
Durante la lunga discussione che ha preceduto il dibattito di oggi, sono state spesso sollevate questioni etiche in relazione alla brevettabilità del vivente.
La partita che si sta giocando su questo provvedimento è di enorme portata, come dimostrano gli sforzi enormi compiuti dalle industrie biotecnologiche europee per giungere alla sua approvazione. Il mercato delle biotecnologie rappresenta oggi il settore in massima espansione nei paesi più avanzati; si calcola che nel 2005 il volume di affari generato dalle biotecnologie sia stato di circa 250 miliardi di euro ed esso si basa sulla costante espropriazione delle risorse genetiche di intere popolazioni.
Non mi soffermerò a lungo su numerosi casi di brevettazione di specie vegetali esistenti e utilizzate da secoli dal sapere indigeno, ma vorrei sottolineare come la ricerca nel settore delle biotecnologie non comporti mai sviluppo e miglioramento nelle condizioni di vita dei popoli nativi ma solo ricadute economiche per i detentori dei brevetti.
Per il genere umano e per il pianeta, quindi, si tratta solo di un esproprio il cui valore è incalcolabile; coerentemente con questo obiettivo, il provvedimento oggi in discussione non tutela la brevettabilità nemmeno del corpo umano. Infatti, avalla tutte le forme possibili di privatizzazione e sfruttamento del vivente, consentendo la


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brevettabilità anche di elementi del corpo umano in funzione di applicazioni industriali.
È per tale ragione che esprimeremo convintamente un voto contrario su questo provvedimento; infatti, noi riteniamo che quell'altro mondo, l'altra Europa possibile che vogliamo costruire, non dovrebbe consentire che le scoperte e le menzogne di pubblica utilità possano venire sfruttate da chi intende utilizzarle per il proprio utile personale e privato.
Alla fine della legislatura, vogliamo fare un regalo a tutti i colleghi; abbiamo quindi predisposto un modulo, a partire dalla campagna della rivista Azione Nonviolenta, per la brevettabilità. Ogni collega potrà brevettare se stesso riconoscendo in piena responsabilità di essere in possesso delle caratteristiche richieste per ottenere l'iscrizione all'ufficio brevetti, ai sensi del decreto che state per convertire, di poter avere una sicura utilizzazione industriale - alla quale siamo così contrari da volerci assicurare il brevetto, ciascuno per se stesso - e di avere, peraltro, un valore commerciale - così noi riteniamo, come persone - incommensurabile. Infatti, abbiamo, ciascuno di noi, parti assolutamente uniche, originali, che compongono il nostro essere, di incalcolabile valore.
Vi regaliamo, quindi, cari colleghi, alla fine di questa legislatura, la possibilità di brevettare voi stessi prima che qualcun altro ponga le mani sui vostri geni (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, desidero rivolgere un saluto alla V classe dell'istituto tecnico commerciale Raffaele Mattioli di San Salvo, presente in tribuna (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.

RUGGERO RUGGERI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale un po' come testimone dell'impegno profuso in questi anni dalla X Commissione, ai cui lavori partecipo ed ho partecipato. Posso osservare che la Margherita, come tutti gli altri gruppi, ha certamente concorso al miglioramento del testo; abbiamo però soprattutto portato avanti alcuni valori e principi, la maggior parte dei quali condivisi anche con gli amici della sinistra democratica.
Abbiamo limitato i danni di chi voleva andare oltre, di chi non aveva capito che le problematiche attinenti a questo settore sono sempre delicatissime e che, nella fattispecie, si introduceva il tema della brevettabilità e, quindi, dell'esclusività dell'utilizzo dei risultati della ricerca. Tale scelta non è condivisibile.
Posso infatti dire alla collega Valpiana che in gran parte sono d'accordo con le considerazioni da lei svolte; se la ricerca è su questi temi, se i brevetti riguardano soltanto piccoli gruppi e i risultati non sono estendibili alla collettività, e se i tempi ed i modi per l'utilizzo di tali risultati sono monopolio di alcune élite, la Margherita non può essere d'accordo, e certamente non posso esserlo io personalmente.
Il nostro partito ritiene - e concludo, signor Presidente - che il lavoro svolto sia stato utile, soprattutto perché il centrosinistra ha limitato i danni ed ha cercato, peraltro, di accelerare la soluzione di una questione che da tempo era necessaria e la cui individuazione è stata rallentata da questo Governo. Pertanto, noi ci asterremo dal voto sul provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stagno d'Alcontres. Ne ha facoltà.

FRANCESCO STAGNO d'ALCONTRES. Signor Presidente, intervengo a conclusione della disamina parlamentare svolta su questo provvedimento, che ormai ci occupa da parecchi anni. È stata una disamina attenta e accurata: se noi volessimo considerare effettivamente da quanto tempo il Parlamento sta lavorando su questa materia, basterebbe pensare che questo è il quarto passaggio tra le due Camere e che ci si appresta ad affrontare il quinto, al Senato.
Si tratta di un provvedimento che presenta profondi risvolti etici, che i colleghi


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hanno peraltro messo in evidenza. Vi sono posizioni molto integraliste che si rifanno a dogmi di estraneità naturale dell'uomo e che, dal mio punto di vista, sono richiami che vanno considerati e accolti come riflessioni. Tuttavia, dobbiamo dire che la scienza va avanti; peraltro la lentezza con cui siamo arrivati all'approvazione di questo provvedimento non è dovuta a un Governo di sinistra o a un Governo di destra. Infatti, nelle more dell'approvazione al Senato della legge delega, si è parlato di fecondazione assistita, di embrioni, di tanti problemi etici che hanno imposto uno stop a determinati provvedimenti che riguardavano questo settore.
Del resto, anche l'Europa, recentemente, ha dovuto fare marcia indietro. L'Ufficio europeo dei brevetti ha infatti rilasciato un brevetto sull'utilizzo di alcune cellule germinali: questo brevetto ha comportato una risoluzione europea che ha costretto l'Unione europea a fare marcia indietro per cercare di revocare quella decisione.
Come vedete, quando si parla di DNA, di genoma, di scienza e società, la politica, indubbiamente, incontra difficoltà a comprendere l'evoluzione e il progresso della scienza.
Quando si parla di brevetti, dobbiamo pensare che questi nascono dalla ricerca.
Vorrei ricordare una esperienza personale, all'epoca in cui lavoravo in un grande centro per ustionati del meridione e, per primi, ci siamo impegnati, insieme ad un istituto di Genova, nelle colture di cheratinociti, con degli americani, il professor Haronson e il professor Gallico. Ebbene, ogni coltura che ci consentiva di ottenere una porzione di pelle di 10 per 10 ci costava circa 20 milioni di lire. Di fronte alla vita di un ustionato, ci ponevamo chiaramente qualche quesito sulla liceità di andare avanti, ma alla fine abbiamo ottenuto i fondi per portare avanti questa ricerca e oggi, con la produzione di cute industriale, in 15 giorni riusciamo ad ottenere cute artificiale per ricoprire vaste perdite di sostanza cutanea. Pensate che questo è un prodotto del brevetto, della ricerca e del progresso!
Questo Parlamento, con responsabilità, sta adeguando il paese ad una normativa importante. La stiamo armonizzando nei confronti degli altri paesi europei che hanno colto l'importanza e la portata di questo provvedimento. Ebbene, io penso che, al di là delle divisioni ideologiche, noi dobbiamo riflettere. Quando mi si consegna un modulo per brevettare se stessi, io dico: allora, blocchiamo la produzione di insulina! Cosa facciamo? Quanti diabetici, quante persone malate oggi subirebbero un grave danno da questa provocazione? Ebbene, io dico soltanto che dobbiamo eliminare quei fenomeni che io definisco grettezze di carattere sociale.
Dobbiamo andare a guardare ciò che può veramente tornare utile a quel cittadino che crede in noi, che ci vota e che noi rappresentiamo in quest'aula. Dobbiamo essere leali con noi stessi e non assumere posizioni pregiudiziali nei confronti della scienza e del progresso.
Dobbiamo essere critici attenti, e dobbiamo valutare tali questioni. Per realizzare questo, sono necessari degli organi, e vorrei ricordare che, all'interno del provvedimento in esame, sono contemplati organismi deputati al controllo ed alla concessione dei brevetti relativi alle invenzioni biotecnologiche. Vorrei sottolineare che si tratta di organi importanti (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale). Abbiamo previsto, inoltre, limiti al rilascio di tali brevetti, nonché alcuni casi di esclusione.
Dobbiamo soltanto rivendicare, dunque, di star approvando un provvedimento importante non solo per i nostri cittadini, ma anche per l'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia). Il nostro paese, infatti, potrà presentarsi in Europa con una legislazione moderna, che tuttavia dovrà essere necessariamente aggiornata tra qualche anno (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.


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ENZO RAISI. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole del gruppo di Alleanza nazionale sul provvedimento in esame che reca una normativa la cui istruttoria è durata due anni.
Ritengo questo provvedimento importante per il nostro paese, poiché consentirà alle imprese italiane di rimanere competitive a livello europeo in un settore importante, quale le biotecnologie. Vorrei altresì ricordare che, nel corso di questo dibattito, sono stati trattati temi difficili, come gli embrioni o i cosiddetti TRIPS; questi ultimi, peraltro, sono tuttora in discussione in sedi importanti, come il WTO.
In conclusione, ribadisco che oggi il Parlamento consegna al paese una legislazione importante a favore della competitività delle nostre industrie in Italia, in Europa e nel mondo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.

(Coordinamento formale - A.C. 6258)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 6258)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 6258, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Conversione in legge del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 3, recante attuazione della direttiva 98/44/CE in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche) (6258):

(Presenti 336
Votanti 212
Astenuti 124
Maggioranza 107
Hanno votato
201
Hanno votato
no 11).

Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta, sospesa alle 12,55, è ripresa alle 15,10.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Armani, Boato, Brancher, Carrara, Cicu, Colucci, Contento, Di Virgilio, La Malfa, Moroni, Patria, Pistone, Rosso, Scarpa Bonazza Buora, Scherini, Sgobio, Stucchi, Tortoli, Valpiana, Vitali e Zanella sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono novantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.


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(Gare d'appalto per i servizi di pulizia di alcuni istituti scolastici in provincia de L'Aquila - n. 2-01795)

PRESIDENTE. L'onorevole De Laurentiis ha facoltà di illustrare l'interpellanza Volontè n. 2-01795 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1), di cui è cofirmatario

RODOLFO DE LAURENTIIS. Signor Presidente, ritorno nuovamente su un argomento che, in quest'aula, ho già sottoposto all'attenzione del Governo e dei colleghi della Camera dei deputati. Si tratta di una vicenda che vede coinvolte tre cooperative della provincia de L'Aquila che svolgono servizi di vigilanza e pulizia presso alcuni istituti scolastici della provincia stessa, costituite da lavoratori stabilizzati ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 468 del 1997 e che operano, appunto, nella provincia de L'Aquila. Nel corso della risposta... Signor presidente, chiederei l'attenzione del rappresentante del Governo...

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, il collega De Laurentiis, in sostanza, chiede di vedere il Governo «in faccia»: in questo caso, trattandosi dell'onorevole Aprea, vedere il Governo «in faccia» è senz'altro gradevole...

RODOLFO DE LAURENTIIS. Come stavo dicendo, il 3 novembre 2004, nel corso di un'interrogazione a risposta immediata, il Governo, nella persona del ministro competente, fornì precise rassicurazioni su una progressiva omogeneizzazione delle condizioni economiche riservate ai lavoratori transitati dagli enti locali allo Stato (ex lavoratori socialmente utili) con quelle riservate ai lavoratori dei consorzi nazionali, poiché il ministro dell'istruzione, università e ricerca stava effettuando, in collaborazione con la Consip, una ricognizione e gli ultimi approfondimenti per procedere alle nuove gare di appalto.
Successivamente, il 30 giugno 2005, con una circolare amministrativa, il MIUR ha disposto una proroga degli appalti fino alla stipula dei contratti con le stesse condizioni previste per l'anno trascorso.
Si deve tener presente che stiamo parlando di lavoratori le cui condizioni economiche sono esattamente il cinquanta per cento meno vantaggiose rispetto a quelle che riguardano i consorzi nazionali. Da fonti attendibili risulta che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sta predisponendo due bandi di gara: uno per gli appalti con i consorzi nazionali ed un altro, a livello regionale, per gli «appalti storici», tra i quali vengono erroneamente considerate anche le fattispecie di cui stiamo parlando.
È ovvio che tale scelta, anzitutto non consentirà di raggiungere l'obiettivo di una progressiva omogeneizzazione, anche a fronte delle assicurazioni fornite dal Governo in quest'aula ed anche - e soprattutto - perché ci troviamo di fronte alla regione Abruzzo, che non dispone dei fondi necessari e sufficienti a tale scopo.
Il protrarsi di tale situazione comporterà evidentemente una situazione di progressiva criticità, fino a dover prevedere anche un fallimento delle cooperative stesse, con ripercussioni sociali sui lavoratori impegnati, che lascio ben immaginare. Signor sottosegretario, tenga presente che le attuali condizioni economiche, in base al contratto collettivo nazionale di lavoro terziario e servizi, non riesce a coprire neanche il costo del lavoro rispetto alle remunerazioni date dagli appalti di cui godono queste tre cooperative.
Tutto ciò premesso, chiedo se sia vero che saranno espletati effettivamente due bandi di gara e con quale tempistica si possa immaginare il loro espletamento; se sia possibile, in caso di risposta affermativa, inserire tali appalti, relativi alle tre cooperative della provincia de L'Aquila, e comunque tutti i progetti di stabilizzazione realizzati dagli enti locali, ai sensi del decreto legislativo n. 468 della 1997, nell'ambito delle gare oggi riservate ai consorzi nazionali.


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Chiedo, inoltre, se, nelle more dell'avvio di queste procedure per le nuove gare d'appalto, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenda rivedere le convenzioni per migliorare le condizioni economiche, in modo da garantire almeno la sopravvivenza economico-finanziaria e la prestazione del servizio presso gli istituti scolastici interessati. Teniamo conto che queste cooperative - e concludo -, oltre ai servizi di pulizia, svolgono anche servizi di vigilanza. Si tratta, quindi, di una ulteriore prestazione accessoria rispetto a quella svolta dai consorzi nazionali.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, onorevole Aprea, ha facoltà di rispondere.

VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, com'è noto agli onorevoli interpellanti, la problematica delle cooperative appartenenti agli «appalti storici» è stata già oggetto di un'interrogazione parlamentare.
Ricordo che il servizio di pulizia di numerose istituzioni scolastiche pubbliche, oltre ad essere svolto da personale interno alla scuola (collaboratori scolastici), viene effettuato da personale esterno.
In tale ipotesi, le modalità di affidamento variano a seconda che il servizio sia assegnato ad imprese di pulizia «ereditate» dagli enti locali (tra le quali operano anche le cooperative sociali), già competenti in materia prima del passaggio allo Stato del rispettivo personale, ovvero da personale ex LSU, stabilizzato ai sensi della relativa normativa di riferimento.
Si ricorda che il fenomeno è abbastanza esteso, soprattutto nelle aree centromeridionali del territorio nazionale, per la notevole rilevanza, oltre che numerica, anche di carattere sociopolitico ed occupazionale.
Questa normativa, finalizzata a favorire la creazione di stabili opportunità occupazionali per gli interessati, ha previsto la stabilizzazione, mediante procedure di terziarizzazione dei servizi di pulizia nelle scuole, del personale già impegnato nelle scuole in attività socialmente utili, attraverso l'affidamento di questo servizio a consorzi di imprese, che hanno proceduto all'assunzione a tempo indeterminato di detto personale.
Nel corso del rapporto, è intervenuta, però, la procedura di infrazione n. 2002/4476 da parte della Commissione delle Comunità europee, per violazione della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi, censurando le modalità con le quali il ministero aveva proceduto all'affidamento degli appalti di pulizia svolti da personale ex LSU negli istituti scolastici, in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione.
Di tali censure ha preso atto la legge 31 ottobre 2003, n. 306, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee, che ha espressamente richiesto il rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti anche per i servizi in questione.
A seguito di ciò, sono state avviate le attività per la predisposizione delle gare, mentre, nelle more della loro definizione, a fronte delle risorse annualmente appostate in bilancio, è stata disposta la proroga dei contratti in esercizio fino alla stipula con i vincitori delle gare medesime. Ciò anche al fine di scongiurare ogni turbativa nella regolare prestazione del servizio scolastico all'utenza a causa dell'interruzione delle attività di pulizia nelle scuole interessate.
Premesso quanto sopra, per lo studio della problematica e per l'individuazione delle migliori soluzioni al riguardo, ha operato un apposito gruppo di lavoro costituito da funzionari del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Ministero dell'economia e della finanze e della Consip, che ha anche provveduto alla elaborazione e predisposizione della documentazione di gara.
Questa documentazione, sostanzialmente, si pone con procedure che prevedono l'emanazione del bando di gara da


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parte dei direttori degli uffici scolastici regionali, cui, tra l'altro, compete l'aggiudicazione sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa e la stipula di un contratto quadro con le ditte aggiudicatarie. Il concreto affidamento dei lavori viene, invece, effettuato, con il perfezionamento dei rispettivi contratti attuativi, da ogni singolo capo di istituto, che provvede, altresì, a pagare le fatture all'impresa affidataria, previa assegnazione delle somme a ciò destinate da parte del competente direttore regionale.
Come può rilevarsi, la procedura prefigurata è in gran parte accentrata sulle direzioni regionali cui fanno capo - nei rispettivi capitoli di bilancio - le relative risorse.
Per garantire una certa omogeneità di comportamento ed univocità interpretative nella definizione e gestione delle gare d'appalto da parte dei competenti direttori degli uffici scolastici regionali, sono state fornite istruzioni ed indirizzi comuni, con indicazioni uniformi riferibili all'intero territorio nazionale, omogeneizzando, così, nelle modalità di conferimento e nei tempi di decorrenza, il regime degli appalti, anche per maturare economie di scala attraverso l'indizione di gare di portata regionale.
A fronte di due diverse tipologie di modalità di affidamento del servizio, derivanti da diversa normativa di riferimento, istruzioni ed indicazioni sono state date con due apposite direttive (la n. 68 del 28 luglio 2005, per gli appalti storici, e la n. 92 del 23 dicembre 2005, per gli ex LSU), concordate con il Ministero dell'economia e delle finanze, in uno con la relativa documentazione di gara in esse richiamata. La prima direttiva è stata registrata il 28 settembre 2005 e la seconda è in corso di registrazione.
La suddetta documentazione, di natura strumentale, si pone come un contributo tecnico e di orientamento ed utile supporto per l'attività di competenza degli uffici scolastici regionali, ferma restando la possibilità, da parte di ciascun ufficio scolastico regionale, nell'ambito delle proprie autonome attribuzioni, valutazioni e potestà decisionali, di procedere ad eventuali modifiche o integrazioni della documentazione stessa, ove ritenuto opportuno o necessario, per contestualizzarla alle diverse e concrete esigenze e contingenze locali, eventualmente acquisendo anche i pareri preventivi delle avvocature distrettuali dello Stato e degli organi di controllo territorialmente competenti.
Ciò premesso, vorrei far presente che la direzione regionale dell'Abruzzo - come, peraltro, tutte le altre - dispone, ad oggi, di idonei finanziamenti, sia per gestire la proroga degli appalti in atto, sia per far fronte agli impegni dell'emananda gara.
Come già detto, la tematica è regolata da due direttive, sostanzialmente analoghe, ma che non possono non tener conto della normativa primaria di riferimento. Entrambe, però, contrariamente a quanto assunto dagli onorevoli interpellanti, prevedono bandi di gara di livello regionale, né è contemplato alcun percorso riservato per i consorzi degli ex LSU. Anzi, tutte le ditte di pulizia, ivi compresi i consorzi, le cooperative e le imprese che attualmente prestano servizio nelle scuole, possono, ove siano in possesso dei requisiti di legge, partecipare indifferentemente ad entrambe le gare, in pieno ossequio al principio della libera concorrenza propugnata dalla normativa indicata in precedenza.
Risulta che, al momento, i bandi di gara per gli appalti storici sono in fase di avvio. In particolare, per quanto riguarda la regione Abruzzo, la procedura di pubblicazione del bando è prossima alla conclusione, mentre, per quelli relativi agli ex LSU, dovrà attendersi quanto meno la registrazione alla Corte dei conti della relativa direttiva, attualmente in corso.
Al momento, infine, non sono ammissibili adeguamenti degli attuali compensi, salvo l'adeguamento relativo all'indice Istat, atteso che quella in corso è una mera proroga e non un rapporto novativo e, pertanto, non risulta possibile alcun intervento per il miglioramento delle condizioni economiche delle cooperative Perla, Quadrifoglio e Cospua; ciò, peraltro, in vista di una prossima conclusione delle gare, con conseguente successivo allineamento


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degli attuali compensi con le ordinarie, garantistiche e legittime procedure di gara.

PRESIDENTE. L'onorevole De Laurentiis ha facoltà di replicare.

RODOLFO DE LAURENTIIS. Signor Presidente, vorrei sottolineare due aspetti: il primo è quello cui faceva riferimento il sottosegretario, ossia la creazione, attraverso questo sistema, di una stabilità occupazionale. Questa è esattamente la procedura inversa, perché è evidente, anche dai dati che ho citato poc'anzi, che queste cooperative riusciranno a sopravvivere fino a giugno utilizzando il proprio TFR maturato fino ad ora. Quindi, successivamente vi sarà un serio pericolo di fallimento.
L'altro elemento che voglio sottolineare è come in quest'aula, nel 2004, nel corso dello svolgimento dell'interrogazione a risposta immediata dianzi richiamata, l'affermazione principale contenuta nella risposta del ministro fosse l'obiettivo della omogeneizzazione tra le diverse condizioni. Mi sembra che a tutt'oggi siano stati ribaditi due binari: da una parte, i consorzi nazionali e, dall'altra, le cooperative di cui stiamo parlando.
È evidente che, se è il mercato a porre le condizioni delle trattative, come è giusto che sia, non ci sarà alcuna possibilità di omogeneizzazione di queste due fattispecie, che svolgono la stessa attività, lo stesso servizio e anche servizi aggiuntivi, e che percepiscono circa 3 mila euro in meno all'anno.
Non si ritiene una discriminazione oggettiva, a parità di condizioni, il fatto che lavoratori che operano nello stesso settore percepiscano somme economiche notevolmente diverse? Non si ritiene un pericolo oggettivo che tali lavoratori debbano, per sopravvivere, utilizzare il proprio TFR? Infatti, sono costretti a consumare fino a giugno - così mi è stato detto - il loro accantonamento.
Questi sono i temi che ho voluto porre all'attenzione del Governo, sperando che la risposta andasse al di là del riferimento alle procedure. È necessario trovare una soluzione, forse attraverso un appalto unico, e comunque facendo di tutto per omogeneizzare le condizioni economiche e di lavoro di queste due categorie. Ripeto: è assurdo che due categorie svolgano lo stesso lavoro ed una, che anzi svolge attività maggiori, percepisca prestazioni economiche inferiori.
Su questo tema ci saremmo aspettati una risposta più concreta e più coerente con le affermazioni rese in quest'aula nel 2004.

(Trattative concernenti la società Parma Calcio rientrante nell'amministrazione straordinaria prevista per le società del gruppo Parmalat - n. 2-01798)

PRESIDENTE. L'onorevole Motta ha facoltà di illustrare l'interpellanza Marcora n. 2-01798 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2), di cui è cofirmataria.

CARMEN MOTTA. Signor Presidente, la squadra di calcio della città di Parma, il Parma A.C., di proprietà della famiglia Tanzi, è stata coinvolta nel crack Parmalat. Dunque, come la Parmalat e le altre società del gruppo, è stata affidata all'amministrazione straordinaria del dottore Enrico Bondi, anche se oggetto di una procedura concorsuale autonoma rispetto a Parmalat.
La squadra di calcio, attualmente in gara nel campionato di serie A, riveste per la città di Parma ed il suo territorio provinciale un importante valore dal punto di vista sociale, economico e di immagine. La società, infatti, nata nel lontano 1913, vanta una lunga e lusinghiera tradizione calcistica. Le vittorie, in campo nazionale ed europeo, conseguite dopo l'arrivo in serie A il 27 maggio 1990 hanno costituito motivo di orgoglio per i parmigiani e hanno contribuito a rafforzare il nome di Parma sul piano internazionale. Tre Coppe Italia, due Coppe Uefa, una Coppa delle coppe, una Supercoppa italiana ed una Supercoppa europea rap


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presentano un palmares di tutto rispetto per una società di provincia ed è innegabile che i risultati sportivi abbiano consentito non solo di affermare e rafforzare il marchio Parmalat, ma anche di valorizzare il marchio Parma, famoso nel mondo per l'alta qualità dei suoi prodotti alimentari, per l'industria di trasformazione dell'agroalimentare, per la tradizione e la promozione culturale.
Alla fine di giugno 2004 è nato il Parma F.C. e in esso sono state conferite tutte le attività sportive del Parma A.C. in amministrazione straordinaria. Si è trattato di una scelta importante per dare un futuro alla società sportiva coinvolta, suo malgrado, nel crack Parmalat.
Il Parma A.C., in amministrazione straordinaria, ha quindi posto in vendita il Parma F.C., di cui detiene il 100 per cento delle azioni. È una scelta importante di cui va riconosciuto il merito all'amministratore straordinario, dottor Bondi, assunta per ridare certezze al futuro della squadra e per rispondere in modo concreto a coloro che hanno subito il danno maggiore del crack finanziario, cioè i creditori. Il ricavato della vendita, infatti, servirà a pagare i creditori della società Parma A.C. in amministrazione straordinaria.
Nel corso dell'estate 2005 è stata avanzata una proposta di acquisto del Parma F.C. da parte dell'imprenditore Gaetano Valenza, transazione fallita nel giro di pochi giorni in quanto, da parte del gruppo rappresentato dal signor Valenza, non sono state fornite le necessarie garanzie economiche e non sono state eseguite le operazioni bancarie previste. Dopo il tentativo fallito di trovare la disponibilità di una cordata di aziende parmigiane all'acquisto della società, la Inversiones Renfisa, società di Lorenzo Sanz, imprenditore spagnolo ed ex presidente della squadra di calcio del Real Madrid, si è dichiarata intenzionata all'acquisto di Parma F.C..
In una dichiarazione ufficiale del 17 agosto 2005, il presidente ed amministratore delegato del Parma F.C., Gido Angiolini, afferma testualmente: «Il Parma A.C., in amministrazione straordinaria, ha accettato una proposta irrevocabile da parte di Inversiones Renfisa, società spagnola che fa capo a Lorenzo Sanz, per l'acquisto dell'intero pacchetto. La controparte ha versato un acconto, lo scorso 11 agosto. L'accordo prevede che, entro il 20 settembre, ci sia il passaggio delle quote ed il saldo del prezzo che è di 26,5 milioni di euro; quindi, il totale è di 27,5 milioni di euro. Può darsi che l'operazione» - aggiunge il dottor Angiolini - «si concluda prima del 20 settembre. Come procedura straordinaria ci accingiamo quindi a riconsegnare, se così si può dire, alla città di Parma uno dei suoi simboli, cioè la squadra di calcio. Lo facciamo con una certa soddisfazione affidandola sicuramente a mani più esperte delle nostre».
Sono affermazioni che ho ricordato perché importanti, cui sono seguite le dichiarazioni, altrettanto importanti, del procuratore della Inversiones Renfisa, Vittorio Alberini. Cito testualmente: «Lorenzo Sanz è un uomo vincente, non ama essere secondo a nessuno. Non penso venga qui per gestire una società di calcio mediocre. Lavoreremo per questo. Vogliamo portare il Parma a grandi livelli, ma, come dicevo prima, Sanz non è venuto a Parma solo per la squadra di calcio, ma anche per fare investimenti. È giusto e logico che pensi a come fare a rientrare delle spese. Lui è pronto a investire a Parma. Abbiamo fatto diversi progetti oltre allo stadio». E così via.
È iniziato, insomma da qui il lungo «tormentone» che ci ha portato a discutere, oggi, di questi problemi nelle aule parlamentati. È un «tormentone» fatto di annunci e controannunci, di conferme e di smentite, di proclami e controproclami, che ha gettato preoccupazione ed anche un po' di sconcerto nella città di Parma, nelle sue istituzioni e nella tifoseria. Vi è stata una serie di comunicati e controcomunicati che sembra opportuno ricordare per correttezza.
Il 19 settembre il Parma A.C. dichiara di aver accettato la proposta di Inversiones Renfisa di differire al 15 ottobre il termine nel quale concludere la vendita del 100 per cento delle azioni di Parma F.C.. In


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data odierna, Inversiones Renfisa ha effettuato un ulteriore versamento di 6,5 milioni di euro a favore di Parma A.C.. Complessivamente, ad oggi, Inversiones Renfisa ha versato a Parma A.C. una somma pari a 7,5 milioni di euro.
Ancora, il 14 ottobre, il Parma A.C. comunica che - testualmente - Inversiones Renfisa ha consegnato un assegno bancario a saldo del prezzo di vendita di Parma F.C.. Il passaggio di proprietà delle azioni di Parma F.C. è previsto non appena avvenuto l'incasso dell'assegno.
Il 3 novembre, vi è un nuovo comunicato stampa del Parma A.C.. Parma A.C. Spa in amministrazione straordinaria e Inversiones Renfisa SL, nel confermare la validità del contratto di cessione di Parma F.C. Spa e la comune volontà di concludere l'operazione nel più breve tempo possibile, comunicano che sono in via di definizione alcuni aspetti tecnici, prodromici alla formalizzazione del passaggio di proprietà.
Ancora, il 14 novembre, vi è l'ennesimo comunicato in cui si scrive che il passaggio delle azioni è previsto in tempo utile ad assicurare alla nuova proprietà la partecipazione alla prossima campagna acquisti, cui segue, infine, un ultimo comunicato del 17 gennaio che cito testualmente. «Parma associazione calcio in amministrazione straordinaria Spa comunica che nella giornata di ieri non è avvenuto il trasferimento delle azioni di Parma football club Spa a favore di Inversiones Renfisa SL, la quale ha dichiarato di non poter procedere al pagamento del prezzo entro i termini contrattuali per cause non imputabili alla sua volontà. Inversiones Renfisa SL ha, peraltro, richiesto di poter procedere al pagamento del prezzo nei prossimi giorni. Il commissario straordinario di Parma A.C. in amministrazione straordinaria si è riservato ogni decisione, anche alla luce delle dichiarazioni rilasciate nella serata di ieri dal signor Lorenzo Sanz Mancebo ad una emittente televisiva locale». Qui finiscono le dichiarazioni pubbliche.
È indubbio che l'amministrazione straordinaria abbia operato e stia operando nell'interesse della società calcistica. Riconosciamo al dottor Bondi di essersi fatto carico, con la costituzione del Parma F.C., di un'esigenza e di una richiesta avanzata dalla città, dalle sue istituzioni e dai tifosi, cioé dare un futuro al Parma calcio, e di essersi assunto un problema rilevante. Ma è altrettanto indubbio che sia mancata nei confronti della città un'informazione precisa e puntuale sulla situazione.
Con il massimo rispetto - e lo vogliamo dire - per il lavoro dell'amministratore straordinario, riteniamo però che debbano essere chiariti gli aspetti di questa intricata vicenda che tutti auspichiamo si possa concludere positivamente.
Credo, inoltre, vada dato atto e merito ai tifosi del Parma calcio di aver sempre mantenuto, nonostante la difficile ed incerta situazione, un atteggiamento corretto, rispettoso e costruttivo. Si tratta di tifosi che - voglio ricordarlo - hanno meritato più volte il premio fair play tra tutte le tifoserie italiane.
Sono queste, in sostanza, le ragioni che ci hanno indotto a chiedere al ministro di spiegarci: quale sia lo stato reale delle trattative con la famiglia Sanz; quali ostacoli impediscano una loro positiva conclusione; a quali eventuali alternative la società stia pensando e quali iniziative il Ministero delle attività produttive intenda assumere per assicurare un futuro alla società del Parma calcio e scongiurarne il fallimento. Parma lo chiede e crediamo che sinceramente lo meriti!
Personalmente, non sono un'esperta di calcio e non voglio camuffarmi come tale in questa occasione, ma ritengo sia a tutti evidente che la condizione di incertezza societaria può influire anche sul rendimento dei giocatori e sui risultati della squadra.
È evidente che dovrà essere il campo di calcio a decidere il futuro sportivo del Parma F.C. ed è sul campo di calcio che il Parma F.C. dovrà guadagnarsi la permanenza in serie A. Questo è ciò che tutti vorremmo accadesse e non altro!


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PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, onorevole Aprea, ha facoltà di rispondere.

VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, in relazione all'interpellanza in esame, si rappresenta quanto segue.
Successivamente all'ammissione di Parma A.C. all'amministrazione straordinaria, è emersa l'incompatibilità dello stato di insolvenza in cui versava la società con i parametri patrimoniali previsti dalla normativa di settore per la partecipazione al campionato per la stagione 2004/2005.
Conseguentemente, in data 24 maggio 2004, il commissario è stato autorizzato, nel rispetto delle regole concorsuali, a costituire una nuova società, mediante conferimento di ramo d'azienda, sostanzialmente finalizzata a consentire a Parma A.C. la partecipazione al campionato, nonché agli internazionali organizzati dall'UEFA ed essenziale sia per la conservazione del valore economico e patrimoniale di Parma A.C. che per garantire la continuità aziendale e la tutela dei diritti e degli interessi del ceto creditorio della società.
Il programma di Parma A.C., approvato il successivo 2 gennaio 2005, è stato preordinato a completare il procedimento di dismissione dell'originario complesso aziendale della società, già conferito in Parma F.C., ritenuto estraneo rispetto al core business del gruppo.
Il 9 settembre 2005 è stata quindi autorizzata la vendita della partecipazione totalitaria in Parma F.C. alla società Inversiones Renfisa SL.
Le trattative con tale società proseguono e, attualmente, non risulta esistano circostanze che possano minacciare la continuità del Parma F.C. al di fuori delle normali vicende sportive come auspicato dagli onorevoli interpellanti.
Mi associo anch'io agli auguri fatti dalla collega alla squadra del Parma.

PRESIDENTE. L'onorevole Marcora ha facoltà di replicare.

LUCA MARCORA. Signor Presidente, non posso che dichiararmi insoddisfatto, in quanto intendevamo ricevere alcune notizie, visto che il commissario Bondi è tenuto a riferire ed è autorizzato dal Ministero delle attività produttive per quanto concerne tutte le azioni relative al crack Parmalat e quindi anche con riferimento all'atto di cessione del Parma calcio F.C.
Mi rendo conto che l'onorevole Aprea non ha fatto altro che leggere la risposta predisposta dagli uffici, non essendo il sottosegretario preposto a tale materia. Comunque, non siamo così tranquilli, in quanto ci risulta che il termine previsto fosse quello del 15 gennaio, che ormai è scaduto.
Pertanto, proprio in considerazione di tale scadenza, chiedevamo al ministro Scajola qualche informazione. Si parlava di una possibilità di proroga al 26 gennaio, ma ad oggi non ci risulta sia arrivato il bonifico da parte di Inversiones Renfisa per il pagamento di quanto dovuto. Tale comportamento ci stupisce, in quanto il mancato rispetto del contratto presuppone la perdita della caparra, già versata da Sanz, pari a 7 milioni e mezzo di euro.
Quindi, questa situazione, nonostante la vostra risposta, rimane assolutamente confusa. Lo ripeto: in questo momento, ci troviamo di fronte ai tifosi di Parma e provincia che non sanno più cosa pensare. Voi ci rassicurate, come del resto sta facendo il commissario Bondi; i termini, però, sono ampiamente scaduti, anche se avessimo a che fare con un'interpretazione del contratto che vede il 26 gennaio come ultima data utile, e non, invece, il 15 gennaio, termine indicato, tra l'altro, nella nostra interpellanza urgente. Il 26 gennaio, infatti, è oggi e i soldi non sono stati ancora versati.
Ci sembra si stia attivando un circolo vizioso poiché, naturalmente, questa situazione rende difficile per tutto il Parma calcio (giocatori e staff tecnico) dare il meglio, in termini sportivi ed agonistici, nelle competizioni del campionato. Tutto ciò non fa altro che rendere sempre più critica la posizione in classifica di questa


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squadra e ciò vuol dire che la stima nei confronti del valore del Parma calcio sta continuando a diminuire; di conseguenza, forse, più diminuisce la stima nei confronti del valore del Parma calcio e meno sarà incentivato Sanz ad acquistare.
Naturalmente non me la prendo con lei, sottosegretario Aprea, ma concludo il mio intervento affermando che questo Parlamento ha operato molto per venire incontro al crack Parmalat. Si è fatto in modo che il commissario Bondi potesse avere tutti i poteri e le disponibilità per riuscire a rilanciare una società che era sana dal punto di vista industriale - non certo da quello finanziario - rendendola di nuovo un'azienda leader nel settore agroalimentare.
L'appoggio che questo Parlamento, compresa l'opposizione, ha dato per l'approvazione del provvedimento che ha istituito la figura del commissario straordinario - impersonata da Bondi - ci induce a chiedervi delle risposte più chiare. Non saremmo in aula a parlarne se le cose stessero in modo diverso; siccome però questa partita riguarda il ministro delle attività produttive Scajola - in quanto Bondi dipende direttamente dal suo ministero - chiediamo, assieme a tutta la cittadinanza di Parma, maggiore chiarezza.

(Iniziative volte a garantire il mantenimento dei livelli occupazionali presso la società Datamat - n. 2-01797)

PRESIDENTE. L'onorevole Giordano ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01797 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).

FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, nel panorama italiano la società Datamat opera da 30 anni nella progettazione e nella realizzazione di soluzioni in multiformi segmenti di mercato: difesa, spazio, pubblica amministrazione, banche, finanza, assicurazioni, telecomunicazioni, media e utilies.
Proprio la diversificazione di questa azienda, la polifunzionalità dei suoi settori ha permesso, nel corso della sua storia, di superare brillantemente anche diverse e multiformi congiunture economiche negative; credo che tutto ciò abbia determinato non solo la difesa, ma anche l'accrescimento dei livelli occupazionali.
Ad un certo punto della storia di questa azienda vi è stato un elemento di grande novità: infatti, nel luglio 2005 la Finmeccanica Spa ha rilevato, dai soci fondatori, la quota di maggioranza, divenendo di fatto l'azionista di riferimento; è proprio per questo motivo che oggi mi sto rivolgendo al Governo. Sin dall'inizio dell'ufficializzazione del perfezionamento della vendita le organizzazioni sindacali hanno chiesto, invano, di incontrare i rappresentanti dell'azienda per avere informazioni e garanzie sul futuro dei lavoratori. Stiamo parlando di un numero molto alto di occupati, quindi la questione interessa direttamente la vita concreta e materiale di settori ingenti delle maestranze.
Il 23 novembre 2005, con l'inizio del periodo di adesione all'OPA obbligatoria, nel documento di accompagnamento il nuovo azionista ha reso nota da una parte l'intenzione di acquistare l'intero capitale sociale dell'emittente dei titoli oggetto dell'OPA stessa, e dall'altra ha reso nota la sua linea strategica basata sulla focalizzazione del core business, rafforzando, quindi, con l'acquisto di Datamat il proprio posizionamento relativamente a: spazio, difesa e pubblica amministrazione. Sempre nel documento allegato all'offerta, al punto G 3.1, l'offerente ha dichiarato testualmente che, coerentemente con la strategia di focalizzazione sul core business, potrebbe valutare eventuali opportunità di valorizzazione, anche tramite dismissione - in quanto non strategiche per il gruppo Finmeccanica - delle attività svolte da Datamat nei settori: banche e finanza; telecomunicazioni civili e commerciali; sanità. Ad oggi Finmeccanica, secondo le ultime notizie stampa, detiene quasi il 90 per cento del capitale di Datamat S.p.A.


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Il punto è questo. Si è ormai creato un clima di voci di vendita dei settori non strategici ad acquirenti più o meno conosciuti e «chiacchierati» del panorama informatico nazionale e, naturalmente, vi sono le preoccupazioni dei lavoratori dipendenti di questa azienda che sono occupati nei settori ritenuti da Finmeccanica non strategici.
Ovviamente, a noi pare del tutto evidente come l'atteggiamento di politica industriale tenuto da Finmeccanica sia miope dal punto di vista degli assetti industriali, perché, come si è visto in questi anni, la forza di Datamat stava proprio nella diversificazione, ed è pertanto sbagliato ed ingiusto nei confronti dei lavoratori l'atteggiamento assunto. In particolar modo vorrei segnalare che anche le assicurazioni del presidente di Finmeccanica, il dottor Guarguaglini, nelle indicazioni di mercato sono tutte tese ad esplicitare con grande chiarezza il fatto che ci si voglia disfare di quelli, che vengono definiti rami improduttivi per l'assetto strategico, esattamente come è stato fatto con la Elsag di Genova.
Voglio specificare, poiché ho avuto segnalazioni in materia, che in Datamat, tra l'altro, vi sono lavoratori impiegati in Capitalia, ex Banca di Roma, da più di dieci anni. Questi lavoratori sono particolarmente danneggiati, perché la loro professionalità è compromessa, in quanto il lavoro ripetitivo e prettamente bancario non ha dato a questi dipendenti la possibilità di rinnovarsi. Si tratta di lavoratori impiegati da trent'anni con la Datamat, che all'improvviso vedono preclusa ogni possibilità di sviluppo della loro attività occupazionale, minacciato il proprio posto di lavoro. Stiamo parlando di lavoratori che hanno 40 o 50 anni, che in alcuni segmenti sono lontani dalla pensione anche se non sono più spendibili nel mercato. È un problema drammatico. Visto che si tratta di Finmeccanica, mi chiedo quali misure intendete prendere per difendere l'assetto industriale di questa azienda, che finora era andata splendidamente, e cosa intendete fare per evitare che questi lavoratori siano messi in una difficoltà così grande, secondo quanto loro stessi affermano anche in virtù delle intenzioni dichiarate da Finmeccanica.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, onorevole Aprea, ha facoltà di rispondere.

VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, con l'interpellanza urgente n. 2-01797, l'onorevole Giordano, premesso che la società Datamat è stata rilevata da Finmeccanica, chiede quali iniziative si intendano adottare per garantire i livelli occupazionali e per impedire che le eventuali scelte strategiche possano indebolire la struttura industriale della società stessa.
Sulla questione, la società Finmeccanica ha, innanzitutto, evidenziato la valenza industriale, per entrambe le società, dell'operazione di acquisizione della società Datamat Spa da parte di Finmeccanica. Tale operazione, nell'ambito della strategia Finmeccanica, mira a consolidare il settore aereospazio e difesa, in quanto rafforza le capacità di integratore di sistemi, la presenza in attività complementari sul piano della matrice tecnologie-prodotti e lo sviluppo della posizione sul mercato.
Inoltre, Datamat all'interno di Finmeccanica, potrà rafforzare le competenze nel campo della information technology; consolidare il posizionamento nei sistemi di comando, controllo e comunicazione; consolidare il posizionamento nei servizi di logistica integrata; rafforzare la presenza sul programma Eurofighter; acquisire una posizione di leadership nei sistemi di pianificazione delle missioni; consolidare le competenze nell'area dei sistemi per centri di controllo satellitare, acquisendo, al contempo, competenze nei sistemi di elaborazione e gestione dei dati satellitari per l'osservazione della terra. Pertanto, Datamat, inserendosi nel gruppo potrà valorizzare le proprie attività aziendali, già parte del core business di Finmeccanica, sia utilizzando il posizionamento internazionale


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di Finmeccanica, che permetterà a Datamat di inserirsi in mercati internazionali altrimenti difficilmente aggredibili, sia attraverso lo sviluppo di sinergie con attività industriali e tecnologiche già presenti in varie aziende del gruppo.
Per quanto riguarda, poi, il riferimento all'annunciata dismissione di attività non rientranti nel core business di Finmeccanica, quest'ultima ha precisato che essa viene perseguita secondo un criterio che consente la migliore allocazione delle attività interessate, ai fini del loro sviluppo e della salvaguardia dei relativi livelli occupazionali. Infatti, la strategia di sviluppo delle attività industriali, non core business di Finmeccanica, può essere meglio realizzata in realtà produttive che dedicano a tali settori una maggiore attenzione manageriale, crescenti volumi di investimenti e migliori sinergie commerciali.

PRESIDENTE. L'onorevole Giordano ha facoltà di replicare.

FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, come avvenuto per l'interpellanza urgente appena svoltasi, sappiamo perfettamente che il sottosegretario Aprea non si occupa di questa materia. In ciò, si evidenzia un aspetto che assume un rilievo politico.
Sottosegretario Aprea, se la stima nei suoi confronti rimane immutata per il lavoro che lei svolge nelle materie di sua competenza, è del tutto evidente che il giudizio politico sull'attenzione che il Governo - che, a me pare, essere ai saldi di fine stagione: ci chiede una proroga dei lavori parlamentari di due settimane per portare a compimento improrogabili impegni - presta su materie di grande rilievo, come sono quelle occupazionali, è tale per cui se io introducessi una variante qualsiasi nell'illustrazione della mia interpellanza ciò non farebbe mutare la risposta che gli uffici hanno preparato e che il sottosegretario Aprea ha letto. Questo, sottosegretario Aprea, rappresenta un problema. Ed è un problema grave! La mia stima nei suoi confronti, come detto, rimane immutata, ma il giudizio politico sul Governo è drastico! Di una irresponsabilità totale!
Sottosegretario Aprea, nell'illustrare l'interpellanza urgente, ho rivolto, non a lei perché non è di sua competenza, ma a chi di competenza in seno al Governo, due domande: che tipo di politica industriale intende adottare Finmeccanica? E che tipo di assicurazione Finmeccanica dà ai lavoratori? Il sottosegretario Aprea, per entrambe le domande, non ha fatto altro che ripetere «pezzi» del contenuto della mia interpellanza! Mi ha cioè confermato l'interesse strategico per alcuni settori e il disinteresse per altri. Ciò dimostra che quello che per noi rappresentava una ricchezza - l'unicità produttiva di Datamat - viene ad essere, nei fatti, distrutta dalla politica industriale adottata da Finmeccanica. Ciò, faccio notare, si riverbera immediatamente sui livelli occupazionali! Difatti, la sorte dei lavoratori che non sono impegnati in questi settori, quale sarà? Lavoratori che, come ho spiegato, hanno difficoltà a reinserirsi nel ciclo produttivo.
Sottosegretario Aprea, le chiedo: in base alla sua risposta, ad esempio, tutti coloro che lavoravano in Capitalia, alcuni dei quali sono stati nel frattempo assunti da Capitalia, saranno assunti? Da quello che lei mi ha detto con la sua risposta, debbo dedurre che Datamat assicura che quei lavoratori saranno assunti da Capitalia? Ma provi a chiedere ai lavoratori di Capitalia momentaneamente sistemati in tale società (ex Banca di Roma) se non avvertono angoscia in queste ore! La avvertono di sicuro, perché sanno perfettamente che saranno assunti con il misurino e che, di conseguenza, la maggior parte di essi sarà ancora in difficoltà. Eppure, si tratta di lavoratori che hanno alle spalle trent'anni di contratto con la Datamat! È questo il punto. Di fronte abbiamo un'azienda che è la Finmeccanica, alla quale fa capo, ormai, il 90 per cento delle azioni di Datamat. Si tratta di centinaia di lavoratori.
Francamente, sottosegretario Aprea, il tono burocratico della nota che l'azienda Finmeccanica le ha predisposto per rispondere,


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in quest'aula, alla mia interpellanza, sembra non avere alcun rispetto per le condizioni di vita dei lavoratori interessati: nessuna assicurazione, nessuna prospettiva! Ma questo è un problema di prima grandezza. Si tratta di gente che ha lavorato per tanto tempo, che vanta anche un certo bagaglio professionale in un settore produttivo di altissimo livello (informatica), ma che non può riversare il know how acquisito in altre attività lavorative perché Datamat, come si è visto, investe in altri settori. È per questo che le abbiamo chiesto un mutamento radicale di indirizzo della politica industriale.
La verità è che non mi dite niente, e non dite niente a questi lavoratori, perché non avete una politica industriale. Non esiste un Governo che dà lettura di una nota dell'azienda: il Governo deve fare una politica industriale, deve rassicurare i lavoratori e deve orientare l'indirizzo dell'azienda. Scusate, ma, se fa tutto il mercato, voi che cosa ci state a fare?

(Blocco dei lavori di adeguamento della strada statale n. 99 Matera-Altamura - n. 2-01796)

PRESIDENTE. L'onorevole Piglionica ha facoltà di illustrare l'interpellanza Adduce n. 2-01796 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4), di cui è cofirmatario.

DONATO PIGLIONICA. Signor Presidente, signor sottosegretario, dobbiamo rilevare che non siamo soli, perché a rispondere sarà un'asettica nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, non essendo il sottosegretario Valentino competente nello specifico settore. Quindi, anche l'interlocuzione non può non risentire di questo limite.
Comunque, il tema di cui vogliamo parlare è stato già oggetto di altri atti di sindacato ispettivo. Mi permetto di estendere il ragionamento dal tratto di statale Matera-Altamura (denominato strada statale n. 99) al complesso della strada che porta da Matera a Bari. Snodandosi per poco più di 50 chilometri, la statale in parola mette in collegamento un bacino di circa 600 mila cittadini (anzi, siamo anche al di sopra di tale cifra). Essa collega due regioni, la Basilicata e la Puglia e quest'ultima alla statale ionica, che, a sua volta, collega la Puglia alla Calabria e alla Sicilia.
Si tratta, dunque, di una strada di primaria importanza, che ha visto crescere enormemente il volume di traffico, anche perché nel territorio murgiano, quello servito da Matera fino a Bari, è cresciuta un'attività imprenditoriale importante (nella zona c'è il famoso distretto del mobile imbottito, con centinaia di imprese che debbono raggiungere il porto di Bari o altri, o aeroporti e stazioni ferroviarie).
Sebbene sia di vitale importanza, l'arteria è, per molti tratti, ancora a due corsie e ciò provoca un numero di incidenti e di vittime assolutamente insopportabile. Da tempo sono in atto progetti di ammodernamento e di adeguamento che consentirebbero non soltanto uno scorrimento più veloce del traffico, ma soprattutto l'abbattimento significativo del numero degli incidenti.
Voglio solo ricordare che, nell'unico tratto, di 6 chilometri, che è stato ampliato e portato a quattro corsie con una barriera di separazione tra i due sensi di marcia, sono scomparsi del tutto gli incidenti mortali, mentre, negli altri tratti, i problemi rimangono sostanzialmente immutati.
Pochi giorni fa, ho interrogato, in sede di Commissione ambiente, il viceministro Martinat su quello che, forse, è il destino dei due tratti della strada statale n. 96 che vanno da Altamura a Bari. Non voglio rammentare la vicenda relativa a questi tratti perché è estremamente complessa, sia per quanto riguarda il conseguimento della valutazione di impatto ambientale, sia per quanto concerne la stesura definitiva della progettazione, che ha registrato una serie di vicissitudini davvero grandi. Il dato è che, finalmente, i due progetti definitivi erano in dirittura di arrivo, in quanto l'uno è praticamente completo, l'altro ancora da completare.


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Anche la vicenda del finanziamento è stata piuttosto controversa, in quanto un tratto era finanziato mentre l'altro non lo era. Con una intesa tra ANAS e regione Puglia si è deciso che sarebbero stati finanziati entrambi.
Quindi, si aspettava con ansia che, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, fosse convocata la conferenza dei servizi, presso la Dicoter, per avviare la fase che prelude alla progettazione esecutiva o, in alternativa, all'appalto integrato con affidamento all'impresa esecutrice anche del perfezionamento della progettualità e della progettazione. Sapevamo che questo passaggio non sarebbe stato decisivo perché, per il tratto di cui specificamente ci occupiamo quest'oggi, un'altra parte di questa arteria, la relativa conferenza dei servizi risale, addirittura, al 31 ottobre 2001. In quella fase, in sostanza, era stato dato, in sostanza, il «via libera» da parte di tutti gli altri enti incaricati di occuparsi delle cosiddette interferenze. L'appalto è stato perfezionato soltanto nel 2005. Capirete come ognuno di noi immaginasse che, anche per l'altro tratto, sarebbero trascorsi diversi anni prima che fossero avviati i lavori. Tuttavia, era un momento importante. La risposta del viceministro Martinat, al di là della formalità, è stata, sostanzialmente: non siamo nelle condizioni di effettuare previsioni, anche per via del disastroso stato di finanziamento della stessa ANAS.
Non intendo ripercorrere tutta la vicenda relativa all'approvazione della legge finanziaria, agli interventi sull'ANAS ed alle difficoltà che quest'ultima incontra nel finanziare gli stati di avanzamento delle opere già appaltate ed in corso di realizzazione. Il sottosegretario comprenderà bene l'allarme lanciato riguardo ad un'opera ancora in via di perfezionamento. Infatti, le difficoltà finanziarie dell'ANAS sono sotto gli occhi di tutti. Voglio ricordare che un giornale non certamente vicino al centrosinistra ipotizzava difficoltà nel progredire dei lavori sul tratto Reggio Calabria-Salerno, sulla statale ionica, sulla Asti-Cuneo e nel famoso quadrilatero che interessa le Marche, ipotizzando anche la cassa integrazione per 30 mila lavoratori.
Ebbene, dato tale quadro, in questi giorni abbiamo assistito alla improvvisa sospensione dei lavori sulla statale n. 99, che aveva un vantaggio di diversi anni sugli altri due tratti. Abbiamo cercato di raccogliere informazioni e ci è stato detto che ci sono difficoltà negli espropri e, forse, anche difficoltà legate alle basse temperature che, in questo periodo, rendono più problematici i lavori. Tuttavia, il signor sottosegretario comprenderà come l'allarme sia dovuto anche al fatto che, probabilmente, ci sono difficoltà finanziarie, non sappiamo se dell'ANAS o dell'azienda. Le altre motivazioni che abbiamo citato, infatti, non giustificano il ricorso massiccio alla cassa integrazione per tutti i lavoratori per la bellezza di 13 settimane! Fossimo stati in ambienti siberiani, avremmo potuto pensare che le difficoltà climatiche perdurino ancora per 13 settimane; ma siamo nel sud d'Italia ed è evidentemente difficile immaginare che, tra 13 settimane, nel mese di aprile, ci saranno difficoltà a procedere nei lavori stradali.
Quindi, siamo preoccupati anzitutto per il blocco dei lavori; chiediamo al Governo di informarci su quali siano le reali motivazioni di tale blocco e su quale sia l'azione dell'ANAS e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per superare tali difficoltà e ridurre al minimo il periodo di cassa integrazione. Un periodo la cui durata ci sembra - lo ribadisco - assolutamente spropositata rispetto ai problemi denunciati.
Vogliamo comprendere quale sorte avranno, a questo punto, gli altri due tratti già appaltati ad imprese aggiudicatarie di un appalto integrato ed in fase di progettazione esecutiva da parte delle imprese vincitrici della gara di appalto. Dobbiamo attenderci anche su quei due tratti appaltati delle difficoltà? È peraltro chiaro che i tratti in fase di progettazione esecutiva in attesa della Conferenza dei servizi, a questo punto, si allontanano pericolosamente da una realizzazione concreta.


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PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, onorevole Valentino, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, con riferimento alle problematiche evidenziate dagli onorevoli interpellanti con l'atto ispettivo cui si risponde, l'ANAS ha riferito che i lavori di adeguamento della strada statale n. 99 Matera-Altamura sono in corso di esecuzione e rientrano nelle previsioni della legge obiettivo e sono inseriti nel contratto di programma 2003-2005.
In merito alla cassa integrazione guadagni che ha interessato alcuni operai, l'ANAS rappresenta che la stessa è da porre in relazione a talune lavorazioni, quali il movimento di materie, che non possono essere eseguite a regola d'arte per le attuali avverse condizioni meteorologiche e non per difficoltà connesse agli espropri o di altro genere. L'ANAS ritiene che, decorsa la stagione invernale, tali lavorazioni di movimentazioni di materie potranno essere riprese ed i lavoratori riassorbiti nel cantiere.
Per quanto attiene, infine, ai due lotti del versante pugliese, l'ANAS fa presente che, trattandosi di appalti integrati, sono in corso le progettazioni esecutive a cura delle imprese assuntrici dei lavori.

PRESIDENTE. L'onorevole Adduce ha facoltà di replicare.

SALVATORE ADDUCE. Signor Presidente, devo dire che siamo in grado di fornire noi qualche informazione in più all'illustre rappresentante del Governo. Quindi, non solo devo esprimere una certa insoddisfazione, ma devo anche lamentare la circostanza: per così dire, siamo venuti per avere «grazia» e, invece, «giustamente», abbiamo «giustizia»!
In verità, la sospensione dei lavori per tredici settimane, avendo praticamente comportato la messa in cassa integrazione di tutti i lavoratori che in questo momento lavorano nei cantieri aperti per l'adeguamento della strada statale n. 99 Matera-Altamura, non è giustificabile esclusivamente con le ragioni addotte dall'onorevole Valentino. Infatti, le previsioni meteorologiche, in tali casi, non si fanno né a tre, né a due e neanche ad un mese di distanza: se ci si accorge che vi sono problemi di tale genere - e nel settore dell'edilizia e delle costruzioni ciò avviene normalmente -, si sospendono i lavori per due settimane al massimo. La cassa integrazione, nel settore edilizio - mi spiace, sottosegretario, ma non so se se ne intenda -, si applica anche per alcune ore: i lavoratori si recano nel cantiere, si rendono conto che nevica o che piove copiosamente e vengono messi in cassa integrazione per ventiquattro ore (tale è il normale andamento dei lavori nel settore edilizio).
La verità è che proprio la lunga durata della cassa integrazione ha messo in allarme le istituzioni locali, i sindacati e le associazioni dei consumatori. Nella nostra interpellanza abbiamo citato tali associazioni, onorevole sottosegretario, per una ragione precisa; vi è una grande attenzione su un'arteria che, come abbiamo sostenuto nell'atto di sindacato ispettivo e come ha ribadito l'onorevole Piglionica, serve un bacino molto grande: oltre 600 mila abitanti, un distretto industriale tra i primi nel Mezzogiorno, con 14 mila addetti ed un traffico significativo di merci.
Il volume di traffico in questo caso è poderoso: parliamo di 800 veicoli all'ora, e forse di più. Quindi, ci rendiamo conto di come, alla già difficile situazione precedente, oggi, con il blocco dei cantieri, si aggiungano le difficoltà ulteriori che sono immaginabili. Ci sono deviazioni e noi sappiamo che, quando si abbandona un cantiere, si creano problemi perché le stradine che servono le nuove strade di accesso si logorano facilmente: quindi, ci sono difficoltà che si aggiungono ad altre difficoltà.
Vede, signor rappresentante del Governo, noi eravamo contenti di come andavano le cose su quella strada perché l'avanzamento dei lavori - lo abbiamo anche noi verificato - risulta del 30 per cento, in linea con i programmi; visto che


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i lavori sono iniziati il 26 gennaio 2005, essi dovrebbero terminare il 26 gennaio 2008. Tre anni: il 30 per cento significa che siamo, praticamente, a circa un terzo, e si stava andando avanti abbastanza bene. La sospensione per 13 settimane, cioé tre mesi e mezzo, di per sé inciderà per un buon 10 per cento sul cronoprogramma. Vi sarà già un ritardo, dovuto a questo blocco, per un buon 10 per cento e la nostra preoccupazione aumenta. Non si tratterà di espropri e spero proprio che non siano problemi legati a questioni burocratiche. Abbiamo però il sospetto che problemi di carattere finanziario ve ne siano.
Devo ricordare all'onorevole rappresentante del Governo che, nella legge finanziaria per il 2006, l'ANAS è obbligata a non sfondare il tetto di 1,7 miliardi di euro di spesa complessiva per gli investimenti. Questo determinerà certamente gravi difficoltà nell'avanzamento dei lavori; quindi, ci aspettiamo, purtroppo - ed è per questo che vogliamo mettere in allarme il Governo -, un ulteriore ritardo nell'avanzamento dei lavori. Ciò determinerà sicuramente problemi sui bilanci delle imprese e ripercussioni sui lavoratori.
Non è per amore di polemica, ma siamo in una fase delicata, in quanto si è praticamente aperta la campagna elettorale; va quindi detto che già da tanti mesi, se non da anni, avete gestito, signor rappresentante del Governo, con una propensione alla grande propaganda il tema delle grandi opere pubbliche, mentre l'Italia ha bisogno di molta attenzione, molto lavoro e grandi investimenti, perché servono ingenti risorse per realizzare tante piccole opere che risolvono i tanti grandi problemi del nostro paese. Voi vi siete appassionati all'effetto annuncio: la storia del ponte sullo Stretto, la storia del MOSE, e così via. Non voglio discutere se sono opere pubbliche buone o no: diamo per scontato che sono tutte buone. Tuttavia, nel frattempo, siete costretti nella legge finanziaria a ridurre il tetto di spesa per l'ANAS.
Allora, a che gioco giochiamo? Quali sono i termini entro i quali voi vi adoperate per risolvere i problemi in ogni parte d'Italia? Noi parliamo di un'area, la nostra, nella quale si sono determinate queste situazioni. Voglio ricordare, a proposito dei problemi meteorologici, che nei nostri territori (siamo a Matera, a ridosso di Bari) abbiamo la propensione a difenderci dal caldo, non a difenderci dal freddo. Abbiamo il problema della scarsità di precipitazioni meteorologiche, non il problema contrario. Pertanto, come può giustificare l'ANAS una interruzione per 13 settimane per difficoltà che hanno a che fare con previsioni di cattivo tempo? Da noi, il cattivo tempo dura giusto - come si dice - fino alla Candelora, dopodiché non ci sono più problemi. D'altra parte, l'impresa ha lavorato fino all'altro giorno, nei mesi in cui normalmente si registra una grande piovosità.
Ecco perché, signor rappresentante del Governo, insistiamo su questo problema. Veda, onorevole Valentino, la nostra insoddisfazione deriva non tanto dalla sua risposta, quanto nel fatto che il Governo ha incontrato problemi nel far intervenire, sull'interpellanza che abbiamo presentato, un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il quale, peraltro, in questi anni si è distinto per una certa difficoltà nello stare al passo con le esigenze del paese.
A proposito della realizzazione di grandi opere e dell'esigenza di effettuare piccoli, ma importantissimi interventi, vorrei ricordare che siamo sempre alle prese con il fatto che, quando si verifica qualche nevicata (o, comunque, vi è qualche problema di maltempo), nel nostro paese si bloccano strade ed autostrade. Come è possibile conciliare tutto ciò, allora, con gli annunci delle grandi e luminose «magnifiche sorti e progressive»?
Credo vi sia bisogno, invece, di una direzione politica all'interno dei ministeri - in questo caso, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - che sia capace di impostare programmi in grado di produrre risultati visibili, perché, nella situazione attuale, ciò è indispensabile.
È questo il motivo per cui mi trovo costretto a dichiarare - non me ne voglia


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il sottosegretario Valentino - la mia totale insoddisfazione per la risposta che il Governo è venuto a riferire in questa sede.

(Partecipazione di un magistrato ad una manifestazione sul tema delle unioni di fatto - n. 2-01784)

PRESIDENTE. L'onorevole Francesca Martini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01784 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).

FRANCESCA MARTINI. Signor Presidente, in data 14 gennaio 2006 in piazza Farnese, a Roma, si è tenuta una manifestazione provocatoria, finalizzata alla pressoché totale equiparazione al matrimonio delle unioni di fatto, con particolare riferimento alle persone omosessuali. A tale manifestazione hanno partecipato anche esponenti delle istituzioni (si tratta di rappresentanti, a vario titolo, del centrosinistra).
La manifestazione si è svolta ispirandosi - ritengo mendacemente - al rito del matrimonio civile, ed era diretta a dare un'investitura di tipo pseudoformale all'unione di alcune coppie dello stesso sesso.
Stando a quanto riportato dagli organi di stampa, a conferire solennità a questa palese messa in scena è intervenuto, nel ruolo di officiante, il magistrato padovano Giovanni Palombarini, già membro del Consiglio superiore della magistratura e attualmente avvocato generale presso la Corte di cassazione.
Vorrei ricordare, a tale riguardo, che la normativa vigente sul diritto di famiglia fa capo al principio generale sancito dall'articolo 29 della Costituzione: «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio».
È inaccettabile, a mio avviso, che un magistrato, con quello che, secondo gli interpellanti, è un abuso dell'esercizio delle proprie funzioni, si sia prestato, anche se apparentemente in modo inefficace e simbolico, ad una procedura che è apertamente in contrasto con le leggi dello Stato e, ancor di più, con i principi sanciti dalla Carta costituzionale.
Con l'interpellanza si chiede di sapere, quindi, se il ministro della giustizia, nell'esercizio delle proprie facoltà, secondo il disposto del comma 2 dell'articolo 107 della Costituzione, non ritenga opportuno promuovere un'azione disciplinare nei confronti del magistrato Palombarini, in relazione ai fatti esposti nelle premesse della stessa interpellanza.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, onorevole Valentino, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, gli onorevoli interpellanti pongono all'attenzione del ministro della giustizia l'inopinata partecipazione del dottor Giovanni Palombarini, avvocato generale presso la procura generale della Corte di cassazione, alla manifestazione provocatoria, tenutasi in data 14 gennaio 2006 in piazza Farnese, a Roma, a sostegno della pressoché totale equiparazione al matrimonio delle unioni di fatto.
Come auspicato nei giorni precedenti la manifestazione, non solo dal ministro della giustizia, ma anche dal presidente del Consiglio superiore della magistratura, il dottor Palombarini ha rinunziato ad officiare, contro la legge italiana, taluni «matrimoni» tra coppie «di fatto», cerimonia, questa, che avrebbe sicuramente offeso la sensibilità della maggioranza degli italiani e sarebbe andata contro principi costituzionali ed etici del nostro paese.
Risulta, in particolare che la mattina del 9 gennaio 2006 il procuratore generale della Suprema Corte, dottor Favara, abbia convocato il dottor Palombarini, ricevendo la rassicurazione che il medesimo non avrebbe celebrato o officiato alcunché. Come riferito dal procuratore generale, inoltre, in tale circostanza, il dottor Palombarini ha precisato che il suo intervento alla manifestazione pomeridiana sarebbe stato a titolo personale.
Sulla base degli elementi acquisiti dalla competente articolazione ministeriale, risulta


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che effettivamente il dottor Palombarini, nel corso della manifestazione a Palazzo Farnese, non ha svolto il «ruolo di officiante», ma si è, nella specie, «limitato ad articolare talune considerazioni de iure condendo, dopo essersi presentato come Giovanni Palombarini, di Magistratura democratica».
Il magistrato ha, inoltre, espresso in tale circostanza la sua solidarietà a coloro che, nella mattina dello stesso giorno, avevano manifestato a Milano in difesa della legge sull'interruzione di gravidanza, ha premesso che scopo della manifestazione era quello di chiedere al prossimo Parlamento di approvare una legge che assicuri alle coppie, eterosessuali od omosessuali, la possibilità di stabilire tra di loro un accordo riconosciuto a livello pubblico, al fine di regolare i rapporti patrimoniali e personali relativi alla loro vita in comune. Il dottor Palombarini ha, infine, sostenuto la validità di tale richiesta con vari argomenti.
Preso atto di quanto avvenuto in piazza Farnese il 9 gennaio ultimo scorso e delle precisazioni rese sul punto dal procuratore generale, dottor Favara, evidenzio che una manifestazione di tal genere, che ha connotati chiaramente politici, è certamente lecita per un libero cittadino, ma assume tutt'altra rilevanza se tale cittadino è anche magistrato della Repubblica.
La partecipazione del dottor Palombarini a quella manifestazione, fortemente connotata da ideologia e, dunque, politicità, è stata oltremodo inopportuna. Il ministro della giustizia si riserva conseguentemente di valutare se, con la sua condotta, il dottor Palombarini sia venuto meno al dovere di terzietà, anche apparente, che un magistrato deve sempre possedere.

PRESIDENTE. L'onorevole Francesca Martini ha facoltà di replicare.

FRANCESCA MARTINI. Signor Presidente, nel ringraziare il sottosegretario Valentino per il chiarimento, voglio evidenziare come diventi molto difficile per un magistrato assumere posizioni assolutamente in contrasto con le leggi dello Stato, dichiarando di farlo a titolo personale. La Costituzione stessa stabilisce che la magistratura debba assolutamente garantire i cittadini italiani circa l'alterità rispetto alle ideologie politiche dei magistrati e la capacità da parte di questi ultimi di essere super partes e, quindi, di poter giudicare, evitando completamente di «sposare» alcuna situazione di parte.
Con ciò vorrei di nuovo sollecitare il ministero ad assumere, senza indugio, gli atti ed i filmati dell'evento richiamato nell'interpellanza, per valutare, se sarà necessario, se detto comportamento non abbia in alcun modo inciso od offeso il ruolo che un magistrato assume nei confronti tutti gli altri cittadini.
La ringrazio nuovamente, onorevole Valentino.

(Rinvio interpellanza urgente - n. 2-01751)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del presentatore, sulla quale ha convenuto il Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Polledri n. 2-01751 è rinviato ad altra seduta.

(Interpretazione delle norme della nuova legge elettorale relative alla costituzione delle commissioni elettorali comunali - n. 2-01794)

PRESIDENTE. L'onorevole Bocchino ha facoltà di illustrare l'interpellanza Gamba n. 2-01794 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6), di cui è cofirmatario.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, rinunzio ad illustrarla e mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Bocchino.
Il sottosegretario di Stato per la giustizia, onorevole Valentino, ha facoltà di rispondere.


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GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, devo anzitutto precisare che la circolare diramata dalla prefettura di Milano il 5 gennaio scorso è conforme alle direttive fornite dal Ministero dell'interno al direttore centrale servizi elettorali, con circolare telegrafica urgente il precedente 4 gennaio, al fine di assicurare la tempestiva e puntuale applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 10 della legge 21 dicembre 2005, n. 270, concernente «Modifiche alle norme per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica».
Nella predetta circolare veniva indicato il termine del 30 gennaio prossimo per l'elezione della commissione elettorale comunale nella composizione prevista dall'articolo 10 della legge n. 270 del 2005, anche per i comuni con popolazione superiore ai quindicimila abitanti le cui commissioni elettorali risultassero avere un numero di componenti diverso da quello previsto dalla nuova legge.
Ricordo, infatti, che il comma 2 del predetto articolo 10 ha modificato la composizione della commissione elettorale comunale anche per la maggior parte dei comuni con popolazione superiore ai quindicimila abitanti.
Tale commissione, infatti, dovrà essere composta dal sindaco e da quattro componenti effettivi e quattro supplenti nei comuni al cui consiglio sono assegnati fino a 50 consiglieri, e da otto componenti effettivi e otto supplenti negli altri comuni.
Pertanto, i comuni con popolazione superiore a quindicimila abitanti, le cui commissioni elettorali risultino avere un numero di componenti diverso, dovranno procedere ad una nuova elezione di tutti i membri della commissione.
In mancanza di espresse disposizioni che colleghino, per i comuni superiori a quindicimila abitanti, il rinnovo delle commissioni elettorali a quello dei rispettivi consigli comunali, si ritiene che non si possa derogare al nuovo sistema di norme che hanno introdotto diversi criteri di composizione e di funzionamento delle commissioni in argomento.
In caso contrario, si esprime l'avviso che verrebbe ingiustificatamente differita l'attuazione della legge in un ampio arco temporale, che va dalla prossima primavera, per i comuni che andranno ad elezione nel 2006, fino agli anni successivi, per gli altri comuni, in relazione alle rispettive scadenze dei mandati. Ciò, evidentemente, potrebbe dar luogo ad un rilevante aumento del contenzioso, da evitare in ogni modo in un momento così delicato del procedimento elettorale.

PRESIDENTE. L'onorevole Bocchino ha facoltà di replicare.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, ringrazio il Governo, in particolare il sottosegretario Valentino, il quale, con competenza, ha fatto chiarezza su una vicenda che avrebbe potuto dare luogo ad equivoci nella fase di prima applicazione della nuova legge elettorale.

(Iniziative per ristabilire la legalità e la correttezza amministrativa presso il comune di Arezzo - n. 2-01792)

PRESIDENTE. L'onorevole Fanfani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01792 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).

GIUSEPPE FANFANI. Signor Presidente, se non erro, ho quindici minuti di tempo a disposizione...

PRESIDENTE. Al suo buon cuore...! Se lei intende affaticare il Presidente e tutta l'Assemblea, può anche parlare per quindici minuti; se, invece, ritiene che si possano dire le cose in maniera più «sobria», possiamo anche evitare...

GIUSEPPE FANFANI. Se conoscessi prima la risposta del Governo, potrei anche attenermi a tempi più ridotti.

PRESIDENTE. Ma lei può anche replicare in seguito; da questo punto di vista, non vi è alcun problema.


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GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. È talmente puntuale la sua interpellanza...

GIUSEPPE FANFANI. Cercherò di svolgere un intervento brevissimo.
Signor Presidente, signor sottosegretario, come ho rappresentato nella mia interpellanza, in data 7 dicembre 2005, in esecuzione di un provvedimento di custodia cautelare in carcere, emesso dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Arezzo, furono arrestati tre consiglieri comunali della mia città. Erano tre consiglieri comunali di maggioranza. Tale vicenda in una cittadina, tutto sommato tranquilla, come Arezzo ha destato particolare scalpore, sia perché si trattava di un provvedimento anomalo adottato dalla magistratura, che non si era mai occupata di questioni di carattere amministrativo, sia perché si contestava il reato di concussione aggravata e continuata. Tuttora, il provvedimento cautelare, seppure nella misura attenuata degli arresti domiciliari, permane.
Tale vicenda non sarebbe di per sé rilevante sotto questo profilo, né mi autorizzerebbe ad intervenire in questa sede, se non fosse particolarmente grave la situazione di illecito diffuso che è emersa a seguito di questo evento. Infatti, dall'ordinanza che ha disposto la custodia cautelare, che ha avuto larga diffusione ed è stata ampiamente pubblicata dagli organi di stampa, è emerso che sia il sindaco sia il vicesindaco erano stati portati a conoscenza di taluni episodi di concussione addirittura dalle persone offese da questo reato, cioè dalle persone alle quali erano state avanzate richieste di denaro.
Non avevano fatto nulla! Ciò ha fatto immaginare a tutti, non solo a me, che il sistema di illecito fosse diffuso e tollerato e che, soprattutto, fosse tollerato da coloro che avevano il dovere di intervenire.
Signor ministro, se qualcuno va da un sindaco e gli dice che è stato costretto a pagare da un membro della commissione tecnico-urbanistica perché, se non avesse pagato, un certo provvedimento non sarebbe stato adottato, oppure se una persona si reca dal vicesindaco e gli racconta che gli sono stati chiesti dei soldi, queste figure istituzionali hanno il dovere di intervenire o no, quanto meno per richiamare quelle persone all'ordine? Perché non lo fanno?
La risposta è molto semplice. Arezzo si trova in una situazione assolutamente anomala, derivante dalle elezioni del 2004, nelle quali si verificò un fatto raro, ma previsto nella legge, ossia una «crasi» tra la maggioranza politica del comune e quella che ha eletto il sindaco. Infatti, al primo turno il centrosinistra superò di poco il centrodestra (ottenne il 50 per cento dei voti), ma il candidato sindaco non superò di poco il 50 per cento, cosicché i consiglieri eletti furono 20 per il centrosinistra e 20 per il centrodestra.
Successivamente, al turno di ballottaggio, fu eletto sindaco il candidato di centrodestra, che si trova ora a governare con il suo unico voto di maggioranza. Gli contestai questo fatto moltissime volte: è ovvio che non sarebbe stato in grado di governare, perché avrebbe dovuto cedere alle pressioni di tutti. Chiunque fosse andato da lui a chiedergli qualcosa, egli avrebbe dovuto assentire, con l'aggravante che, essendo un noto professionista, titolare o già titolare, perché sembra che ne abbia dismesso le quote, di uno studio professionale tra i più noti della città, probabilmente non avrebbe potuto puntare i piedi nei confronti di richieste altrui.
Attorno al sistema urbanistico si è sviluppato tutto quel marcio che è venuto fuori in questa situazione, oggetto della mia interpellanza.
Perché chiedo cosa intende fare il Ministero dell'interno? Perché, se non si comprende che siamo di fronte ad uno dei casi tipici previsti dall'articolo 141 della legge sull'ordinamento degli enti locali, che prevede l'ipotesi di gravi e persistenti violazioni di legge, e se non ci si mettono le mani subito, questa situazione andrà avanti, perché uno dei peccati maggiori in queste situazioni è quello di avere arroganza e presunzione al tempo stesso.
Se lasciamo la situazione quale essa è, ciascuno di quei 20 consiglieri potrà pretendere


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tutto ciò che vuole e potrà portare quotidianamente al sindaco una richiesta di variante su piccoli terreni, perché un altro dei grossi problemi che si sono verificati nella nostra città è che il piano regolatore non è stato approvato. Si va avanti con le varianti e ciascun consigliere, del quale il sindaco ha bisogno come l'acqua, perché ognuno «fa maggioranza», potrà chiedere di apportare varianti, non certo direttamente, ma tramite qualche studio professionale di riferimento o qualche costruttore. Questo è ciò che si dice in città quotidianamente.
Per questo, chiedo al Governo e, in particolare, al ministro dell'interno, di intervenire, perché siamo in una situazione che o si stronca subito o farà emergere da se stessa il radicamento di illegalità che certamente esploderà in futuro e, probabilmente, in termini ben peggiori.
Questo è il motivo per il quale mi sono permesso di scomodare il ministro, invocando uno dei provvedimenti che sono tipici del suo dicastero.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, onorevole Valentino, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, l'onorevole Fanfani tocca, da par suo, il tema degli equilibri e dei rapporti fra i livelli di governo, il rispetto dell'autonomia costituzionale di enti politicamente rappresentativi, la tutela ed il rispetto della legalità ed i relativi interventi di competenza statale, nonché il sistema dei poteri sostitutivi che, soprattutto dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, è volto ad assicurare la salvaguardia di interessi ed esigenze di carattere unitario.
Devo innanzitutto precisare che, dopo la presentazione dell'interpellanza, nella giornata di martedì 24, venti consiglieri del comune di Arezzo hanno presentato, a norma dell'articolo 52, comma 2, del testo unico in materia di enti locali, il decreto legislativo n. 267 del 2000, una mozione di sfiducia nei confronti del sindaco.
Ricordo che, ai sensi di tale disposizione, la mozione deve essere messa in discussione non prima di dieci e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione viene approvata, si procede allo scioglimento del consiglio ed alla nomina di un commissario, ai sensi dell'articolo 141 del medesimo testo unico.
Quest'ultimo importante fatto fa seguito ad una delicata situazione venutasi a creare nei rapporti politici fra maggioranza ed opposizione, aggravati dai profili giudiziari della vicenda richiamata dall'onorevole Fanfani e sfociata, infine, nella impossibilità di procedere alla surroga - per reiterato mancato raggiungimento del numero legale nelle sedute del consiglio - dei tre consiglieri sottoposti alla misura restrittiva della libertà personale degli arresti domiciliari, e successivamente dimessisi.
In merito a tale ultima questione, ricordo che il 10 gennaio scorso i capigruppo di minoranza del consiglio comunale di Arezzo, nel corso di un incontro, hanno consegnato al prefetto un documento con il quale si chiedeva di avviare le procedure per lo scioglimento dell'ente a norma dell'articolo 141 del citato testo unico degli enti locali «per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico ed evidente impossibilità di ripristinarne il quorum strutturale e, comunque, di assicurarne il normale funzionamento», essendo ormai irrimediabilmente compromessi i necessari e condivisi presupposti di legalità e correttezza.
A questo proposito, sottolineo l'orientamento seguito dal Ministero dell'interno, da sempre connotato dall'assoluto rispetto dell'autonomia dell'ente locale e dalla massima cautela nell'adozione di misure di rigore nei confronti degli organi elettivi di amministrazioni comunali, per loro stessa natura senz'altro dirompenti.
Per questi motivi, assicuro che la situazione del comune di Arezzo è attentamente seguita dalla locale prefettura e che, nel caso dovessero verificarsi i presupposti, non si mancherà di adottare gli interventi previsti dalla legge.
Detto questo, aggiungo che, l'11 gennaio scorso, il sindaco ed il presidente del


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consiglio comunale hanno consegnato al prefetto copia della richiesta, depositata presso il difensore civico regionale, volta alla nomina di un commissario ad acta, ai sensi dell'articolo 136 del già citato testo unico, per provvedere alla surroga dei consiglieri dimissionari.
L'intervenuta decisione del difensore civico regionale di procedere d'ufficio alla nomina del commissario è stata oggetto di ricorso al tribunale amministrativo regionale, con richiesta di sospensiva, presentato lo scorso 23 gennaio da esponenti dell'opposizione consiliare.
In attesa della decisione del TAR in merito alla sospensiva, per la quale saranno necessari almeno dieci giorni, l'altro ieri - come ho premesso - si è verificata la presentazione della mozione di sfiducia che dovrà essere discussa nei ristretti termini previsti dall'ordinamento vigente.
Confermo, in conclusione, che il Ministero dell'interno e la prefettura di Arezzo seguono con la massima attenzione gli sviluppi della vicenda in corso e non mancheranno di adottare, in presenza dei presupposti, gli interventi eventualmente necessari.

PRESIDENTE. L'onorevole Fanfani ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE FANFANI. Signor Presidente, signor sottosegretario, le ricambio l'apprezzamento sullo stile, ma nel merito, ovviamente - e non lo dico perché vi è una distinzione di ruoli, lo dico perché ho notato un sostanziale laisser faire che non ho apprezzato - non posso condividere l'atteggiamento del Ministero. Nel momento stesso in cui lei per due volte, a metà del suo intervento ed al termine, ha assicurato che la situazione era seguita dal Ministero e dalla prefettura, ha ribadito implicitamente, non avendola mai smentita, che la situazione è certamente grave.
Nel momento stesso in cui si verificano fatti di questo tipo, non smentiti né dal sindaco, né dal presidente del Consiglio comunale, né da alcuno, la cui gravità non riguarda tanto il fatto che tre componenti della commissione tecnica di assetto del territorio siano accusati di reati gravissimi ma il fatto che il sindaco sapeva e non è intervenuto, le dico che siamo di fronte ad un illecito, ad una permeazione dell'illecito all'interno dell'istituzione, tollerata e gestita dal capo di quell'istituzione. Ciò non può lasciare indifferente il ministero.
Non è pensabile che la situazione (che le ho portato a conoscenza, ma che dalla sua risposta ho capito che lei conosce perfettamente) cambi. Se il sindaco o il vicesindaco non avessero saputo nulla, oggi avremmo potuto sperare che, avendola conosciuta, la situazione sarebbe potuta cambiare. Ma è già noto che il sindaco conosceva perfettamente la situazione e, ciò nonostante, ha tollerato l'illecito. Cosa vogliamo di più? Aspetta altre prove per dire che il sindaco cambierà il suo atteggiamento? Avrà sempre bisogno del voto di tutti perché o cambia la situazione data oppure non sarà modificabile!
Quando lei, signor sottosegretario, parla di surroga, promossa dal sindaco attraverso la richiesta di un commissario ad acta, avvalora la mia tesi. Il sindaco non si è reso conto della gravità del suo comportamento e dell'illecito che permea la sua amministrazione, al punto da voler continuare nella sua strada con l'unico voto di maggioranza rappresentato da se stesso, tanto da chiedere la surroga dei consiglieri che mancano.
Ma vi è di più e riguarda qualcosa che, probabilmente, all'esito del voto della mozione di sfiducia, sarà oggetto di un altro atto di sindaco ispettivo da parte mia. Cosa farà il sindaco alla votazione della mozione di sfiducia, cui lei ha fatto riferimento, ricordando che venti consiglieri di minoranza l'hanno presentata? Si immagina un comune in cui venti consiglieri comunali hanno votato la mozione di sfiducia al sindaco, altri venti probabilmente hanno riconfermato la fiducia, ed il sindaco che si domanda se debba dare la fiducia a se stesso, votando una mozione che lo riguarda personalmente? Credo che non possa votare. Ma se per caso dovesse non essere così, si troveranno in una situazione di illegalità formale e, anche se fosse una situazione di formale legalità, di


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legittimità formale, la invito, sottosegretario, a domandarsi in quale situazione si ridurrebbe una città civilissima e di antiche tradizioni democratiche, come Arezzo, in cui non si è mai vista (lo dico con assoluta laicità di pensiero), né da parte del centrodestra né da parte del centrosinistra, verificarsi una situazione così marcia come quella attuale.
Anche i «vecchi» politici, che ho conosciuto e praticato tutta la mia vita, di qualsiasi corrente politica o linea di pensiero fossero, avevano permeato nel loro animo quella legalità di fondo che veniva dalla collettività. Si poteva discutere sulle loro idee, ma certo non sulla loro moralità. Oggi, c'è un marcio di fondo, che il ministero non può sottacere, affermando «pilatescamente» di rispettare le autonomie locali e lo spirito di autonomia degli statuti locali, aspettando di vedere cosa accadrà dopo la votazione della mozione di sfiducia. Altrimenti, avrei continuato a svolgere la mia opposizione ad Arezzo ed a dare man forte a coloro che hanno chiesto la sfiducia del sindaco e che sono intervenuti chiedendo un cambiamento, nuove elezioni, e certamente non sarei ricorso all'organo superiore.
Sono ricorso al Ministero proprio perché mi rendo perfettamente conto che ci troviamo in una situazione che, più la si lascia com'è, più diventa marcia. Situazione nella quale il sindaco non è voluto intervenire prima e non interverrà dopo; nella quale il sindaco non aveva il potere di intervenire prima e non avrà il potere di intervenire dopo; nella quale vi è una connivenza generale in quanto sia il sindaco sia il vicesindaco sapevano e non hanno fatto nulla. E, in una situazione di questo tipo, come parlamentare, non avevo altra strada se non quella di rivolgermi al ministro, immaginando che il Ministero avesse la forza e anche il coraggio di fornire un segno di moralizzazione ad una città che è profondamente offesa da quanto accaduto.
Signor sottosegretario, auspico che le sue ultime parole e l'attenta vigilanza che lei ha assicurato sulla situazione politica della città di Arezzo, seguita come tale dal Ministero e dalla prefettura, autorizzino il Ministero stesso in un prossimo futuro a rivedere questa posizione (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 30 gennaio 2006, alle 11,30:

1. - Discussione della proposta di legge:
PECORELLA: Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento (Rinviata alle Camere dal Presidente della Repubblica) (4604-C).
- Relatore: Bertolini.

2. - Discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, recante misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione (6259-A).
- Relatore: Mazzoni.

3. - Discussione del disegno di legge:
S. 3684 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, recante misure urgenti in materia di università, beni culturali ed in favore di soggetti affetti da gravi patologie, nonché in tema di rinegoziazione di mutui (Approvato dal Senato) (6293).
- Relatore: Garagnani.

La seduta termina alle 16,45.