Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: I temi dell'attività parlamentare nella XVI legislatura - Scuola e università
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 1    Progressivo: 31
Data: 15/03/2013
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione

La documentazione di inizio legislatura - accessibile dalla home page della Camera dei deputati - dà conto delle principali politiche pubbliche e delle attività svolte dalle Commissioni parlamentari nella XVI legislatura, suddivise in Aree tematiche, a loro volta articolate per Temi e Approfondimenti. L'accesso è disponibile per Commissione ovvero per Area tematica.

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Indice

Scuola e università 1
L'organizzazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 5
Interventi per la scuola 8
Il riordino della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione 15
Il riordino degli istituti di istruzione secondaria superiore 19
L'istruzione tecnico-professionale, l'istruzione e formazione professionale, il sistema di istruzione e formazione tecnica superiore 24
Gli interventi normativi in materia di dotazioni organiche della scuola nella XVI legislatura 31
La rete scolastica 38
La valutazione degli studenti 42
Libri di testo 47
Precari della scuola 52
Sicurezza degli edifici scolastici 55
Francia: legge sulla lotta contro l'assenteismo scolastico 65
Regno Unito: legge sugli istituti di istruzione primaria e secondaria 67
Formazione iniziale degli insegnanti 68
Integrazione scolastica dei minori stranieri 71
Centri d'istruzione per gli adulti 73
Interventi per l'università 76
La nuova governance e la nuova organizzazione interna delle università statali 82
La nuova disciplina per il reclutamento dei professori e ricercatori universitari 87
Misure per la qualità del sistema universitario 94
Il diritto allo studio nell'istruzione universitaria 98
Contabilità, dissesto finanziario e commissariamento delle università e novità in materia di tesoreria unica 105
Personale delle Università e degli Enti di ricerca 109
Fondazioni universitarie di diritto privato 112
Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università 113
Germania: legge sulle borse di studio universitarie 117
I test di ammissione alle facoltà universitarie nei principali paesi europei (17 ottobre 2011) 118
Sanità universitaria 123
Innovazione digitale nella scuola e nell'università 134
Istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM) 137

Scuola e università



Premessa

Le politiche perseguite nel corso della XVI legislatura in ambito scolastico e universitario hanno inteso riorganizzare i relativi sistemi, tenendo conto anche della necessità di razionalizzare la spesa.

In particolare, sul fronte della razionalizzazione della spesa, le riduzioni agli stanziamenti dei Ministeri determinate da vari interventi normativi (dal D.L. 112/2008, al D.L. 95/2012) per il MIUR hanno determinato una riduzione - al netto degli oneri relativi al rimborso del debito pubblico - da 58.649 milioni di euro risultanti dal Rendiconto 2008, a 51.084 milioni di euro risultanti dalla Legge di bilancio 2013, con una incidenza percentuale sulla spesa finale del bilancio dello Stato che passa, nel periodo indicato, dal 10,6% al 9,1%.

L’intervento normativo si è attuato soprattutto tramite decreti-legge e regolamenti di delegificazione. Fa eccezione la riforma del sistema universitario, operata con una legge la quale, a sua volta, ha previsto l’emanazione di numerosi decreti legislativi e regolamenti di delegificazione, che, a loro volta, hanno fatto rinvio all’intervento di successivi atti secondari.

Le principali novità intervenute nel corso della legislatura sono, dunque, di iniziativa governativa, in vari casi, comunque, adottate previo parere parlamentare.

L’unico grande tema dibattuto durante la legislatura per iniziativa parlamentare ha avuto per oggetto, nel testo finale - meno ampio di quello iniziale - l’autogoverno delle istituzioni scolastiche (A.C. 953 e abb.): dopo essere stato approvato dalla Camera, il provvedimento non ha, però, concluso il suo iter al Senato.



Da due Ministeri a uno

Ad un più adeguato uso delle risorse può essere riferita la riunificazione delle funzioni in materia di istruzione, università e ricerca in un solo Ministero (D.L. 85/2008), come già disposto dal d.lgs. 300/1999, cui, tuttavia, aveva fatto seguito la nuova suddivisione in due Ministeri (D.L. 181/2006).



Scuola

Per la scuola, il motore delle riforme è stato rappresentato dall’art. 64 del D.L. 112/2008 che, disponendo l’intervento di vari regolamenti di delegificazione, ha avviato una revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico, con riferimento a dotazioni organiche , curricoli e piani di studio , costituzione delle classi ,rete scolastica.

L’art. 64 citato ha determinato un ulteriore intervento della Corte costituzionale sul nuovo assetto delle competenze delineato dall’art. 117 della Costituzione.

Con la sentenza 200/2009, la Corte, proseguendo un ragionamento già avviato con la sentenza 279/2005, ha ritenuto attribuibili alla competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lett. n), Cost.), in quanto norme generali, le disposizioni atte a definire la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e ad assicurare, mediante un’offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento fra gli utenti (fra le altre, la regolamentazione dell'accesso al sistema ed i termini del diritto-dovere alla sua fruizione, la definizione degli standard minimi formativi richiesti per la spendibilità nazionale dei titoli, i princípi della valutazione complessiva del sistema e quelli della valutazione degli insegnanti). La Corte ha, invece, ribadito - sancendo l’illegittimità costituzionale di alcune disposizioni dell’art. 64 citato - che appartengono alla competenza concorrente di Stato e regioni, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., le disposizioni incidenti più direttamente sulle realtà territoriali, quali quelle relative al dimensionamento della rete scolastica.

Per quanto riguarda la connessione tra sistema formativo e mondo del lavoro, è stato operato il rilancio dell’offerta formativa tecnico-professionale. Pertanto: sono stati riordinati i relativi segmenti tecnico-professionali dell’istruzione secondaria di secondo grado (DPR 87 e 88 del 2010); sono stati avviati, a regime, i percorsi di istruzione e formazione professionale, di competenza regionale (sulla base dell’Accordo raggiunto in Conferenza Stato-regioni il 29.4.2010); dal 2011, sono stati avviati i percorsi degli Istituti tecnici superiori, quale canale formativo di livello postsecondario, parallelo ai percorsi accademici; è stato ridisciplinato l’apprendistato (d.lgs. 176/2011), finalizzandone due tipologie al conseguimento di titoli di studio. Ora è in corso, ai sensi dell’art. 52 del D.L. 5/2012 un processo volto a realizzare un'offerta coordinata tra i diversi percorsi formativi tecnici e professionali , a sostegno dello sviluppo delle filiere produttive del territorio e dell’occupazione dei giovani.
Nello stesso ambito, occorre, altresì, ricordare l’estensione agli istituti di istruzione secondaria di secondo grado dell’obbligo, già previsto per le università, di rendere pubblici e gratuitamente accessibili sui relativi siti istituzionali, i curricula dei propri studenti all'ultimo anno di corso, nonché l’inclusione dei consorzi universitari fra i soggetti che possono svolgere attività di intermediazione in materia di lavoro (art. 29 D.L. 98/2011).

Per assicurare maggiore qualità al sistema scolastico e superare le carenze della scuola italiana sul terreno degli apprendimenti degli studenti, sono state ridisegnate, sulla base di una previsione recata dalla legge finanziaria 2008, le modalità della formazione iniziale degli insegnanti (DM 249/2010). Il disegno riformatore, tuttavia, è ancora in corso di attuazione: infatti, in occasione della presentazione, il 23 gennaio 2013, dello schema di DM (Atto 535) che, modificando il DM 249/2010, dispone l’istituzione di percorsi abilitanti speciali per i docenti precari in possesso di determinati requisiti di servizio, il Governo ha rappresentato le difficoltà derivanti dalla mancata attivazione delle lauree magistrali e dei diplomi accademici di secondo livello validi ai fini dell’abilitazione nelle classi di concorso della scuola secondaria di secondo grado, nonché dalla mancata conclusione dell’iter volto alla revisione delle classi di concorso.

Non è stato, poi, avviato un ragionamento sulle modalità di reclutamento dei docenti, previsto dalla stessa legge finanziaria 2008.

E’ stato, invece, varato  un piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente e ATA per gli anni 2011-2013 (art. 9, co. 17, D.L. 70/2011) – che dovrebbe determinare, al termine del periodo, l’assunzione, al massimo, di circa 74.000 unità di personale docente e di circa 50.000 unità di personale ATA -; nella seconda parte della legislatura, inoltre, è stato emanato, con riferimento ai posti risultanti vacanti e disponibili negli a.s. 2013/2014 e 2014/2015, un bando di concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento, su base regionale, di 11.542 docenti nelle scuole dell'infanzia, primaria, secondaria di I e II grado (GU n. 75 del 25.09.2012).

E’ stata, altresì, prevista l’individuazione di un nuovo sistema nazionale di valutazione del sistema scolastico, costituito da Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE), Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e formazione (INVALSI), e corpo ispettivo (art. 2, co. 4-undevicies, D.L. 225/2010), per la quale il Governo ha presentato alle Camere, il 23 gennaio 2013, lo schema di regolamento n. 536 , approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri l'8 marzo 2013.

Nell’ambito del processo di ricorso alle nuove tecnologie è stata prevista la progressiva adozione di libri di testo digitali (da ultimo, art. 11 D.L. 179/2012). Inoltre, è stata avviata, dall’a.s. 2012/2013, l’iscrizione on line  ed è stata prevista la redazione della pagella on line (art. 7, co. 27-32, D.L. 95/2012).

Per gli studenti, oltre agli interventi di riordino dei percorsi di istruzione secondaria di secondo grado e agli altri interventi per favorire il raccordo fra istruzione e lavoro, sopra ricordati, le principali novità sono consistite nella reintroduzione del voto in condotta nelle scuole secondarie di I e II grado e della valutazione con voto in decimi nelle scuole primarie e secondarie di I grado (artt. 2 e 3 D.L. 137/2008).



Università e Istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale


Con riguardo all’universita' , alle istituzioni di alta cultura e alle accademie, le disposizioni legislative costituiscono limiti all’interno dei quali si sviluppa l’autonomia riconosciuta dall’art. 33 Cost.

Il settore universitario è stato oggetto di un complessivo intervento di riforma (L. 240/2010, che ha fatto seguito alle misure adottate con il D.L. 180/2008)  volto - come esplicitato già nelle Linee guida del Governo per l’università del novembre 2008 - a  coniugare autonomia e responsabilità,  valorizzare il merito, combinare didattica e ricerca. 

Sono stati, pertanto, ridefiniti i meccanismi di governance e il sistema di reclutamento del personale docente e sono stati previsti l'accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio - come condizione per la loro sussistenza - la revisione del sistema di contabilita' universitario, l’introduzione del costo standard per studente, l’applicazione di meccanismi premiali nella distribuzione dei fondi, l’attribuzione di una quota del FFO (Fondo per il finanziamento ordinario) sulla base della valutazione delle politiche di reclutamento.

Non è stato, invece, istituito un apposito fondo di rotazione a garanzia del riequilibrio finanziario degli atenei, pur previsto dalla L. 240/2010, in quanto, come evidenziato nella relazione illustrativa dello schema di d.lgs. n. 437, non sono state reperite le risorse finanziarie necessarie a garantirne la copertura.

Alcuni dei provvedimenti adottati necessitano, tuttavia, per la piena operatività, dell’intervento di ulteriori atti normativi, allo stato non intervenuti.

Con la stessa L. 240/2010 è stato, inoltre, istituito un Fondo per il merito, volto alla promozione dell’eccellenza degli studenti universitari attraverso un sistema di prestiti e premi di studioe, successivamente, è stata costituita la Fondazione per il merito come strumento operativo di gestione. Alla Fondazione possono affluire capitali pubblici e privati. In particolare, la norma istitutiva della stessa Fondazione ha previsto un’autorizzazione di spesa di 9 milioni di euro per il 2011 e di 1 milione di euro a decorrere dal 2012 (art. 9, co. 3 e ss. D.L. 70/2011).

Infine, sono state ridefinite le modalità di valutazione del sistema universitario e della ricerca: in particolare, il 2 maggio 2011 si è insediata l’Agenzia nazionale per la valutazione dell’università e della ricerca (ANVUR), istituita con l’art. 2, co. 138-142, del D.L. 262/2006, ma non divenuta operativa fino all’intervento del DPR 76/2010, che ne ha delineato struttura e funzionamento.

Con riferimento alle Istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM), i principali interventi hanno riguardato la determinazione di settori artistico disciplinari, obiettivi formativi e ordinamenti didattici, così come già fatto per i corsi universitari (D.L. 180/2008), nonché la definizione di un sistema di equipollenza dei titoli di studio da esse rilasciati con i titoli di studio universitari (L. 228/2012).

L'organizzazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca

Nella XVI legislatura le funzioni in materia di istruzione, università e ricerca sono state riunificate in un solo Ministero. E' stato, conseguentemente, adottato, previo parere parlamentare, un nuovo regolamento di organizzazione. Al momento è peraltro in corso l'adozione di un DPCM di ulteriore riorganizzazione del MIUR.

Premessa

 Nella XVI legislatura le funzioni in materia di istruzione, università e ricerca sono state riunificate in un solo Ministero (D.L. 85/2008), come già disposto dal d.lgs. 300/1999, cui, tuttavia, aveva fatto seguito la nuova suddivisione in due Ministeri competenti, rispettivamente, in materia di Istruzione e in materia di Università e ricerca (D.L. 181/2006).

L’organizzazione del nuovo Ministero è stata definita, previo parere parlamentare, con il D.P.R. 17/2009. Con il D.P.R. 16/2009, adottato sempre previo parere parlamentare, è stata, invece, definita l’organizzazione degli uffici di diretta collaborazione con il Ministro.

In seguito, il D.P.R. 17/2009 è stato modificato con il D.P.R. 132/2011, in attuazione dell’art. 2, co. 8-bis, del D.L.194/2009, che ha previsto un’ulteriore diminuzione degli uffici e delle dotazioni organiche.

Altre riduzioni sono state disposte, senza modificare il D.P.R. 132/2011, a seguito dell’art. 1, co. 3, del D.L. 138/2011.

Da ultimo, l’art. 2 del D.L. 95/2012 ha disposto un’ulteriore riduzione degli uffici e delle dotazioni organiche dei Ministeri, disponendo che a ciò si deve provvedere con DPCM. Quest’ultimo è in fase di adozione.

Attuale articolazione centrale del MIUR

A livello centrale, il MIUR è articolato in 3 dipartimenti e 12 direzioni generali, a ciascuna delle quali è assegnato un determinato numero di uffici dirigenziali non generali (individuati con il DM 27 luglio 2009), fino a un massimo di dieci.

Dipartimenti

Direzioni generali

Istruzione

- Ordinamenti scolastici e autonomia scolastica

- Istruzione e formazione tecnica superiore e rapporti con i sistemi formativi delle regioni

- Personale scolastico

- Studente, integrazione, partecipazione e comunicazione

Università, alta formazione artistica, musicale e coreutica e ricerca

 - Università, studente e diritto allo studio universitario

- Alta formazione artistica, musicale e coreutica

- Coordinamento e sviluppo della ricerca

- Internazionalizzazione della ricerca

Programmazione e gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali

- Risorse umane del Ministero, acquisti e affari generali

- Politica finanziaria e per il bilancio

- Studi, statistica e sistemi informativi

- Affari internazionali

Il D.P.R. 132/2011 ha apportato alcune modifiche, in particolare, alle competenze della direzione generale per la politica finanziaria e per il bilancio, al fine di allinearle alle innovazioni introdotte dalla legge di contabilità (L. 196/2006).

Attuale articolazione periferica del MIUR

A livello periferico operano 18 uffici scolastici regionali (USR), che hanno sede in ciascun capoluogo di regione e ai quali, in particolare, spetta la vigilanza sul rispetto delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni, sull'attuazione degli ordinamenti scolastici, sui livelli di efficacia dell'azione formativa, nonché la cura dei rapporti con l’amministrazione regionale e con gli enti locali.

Per ciascun USR è stabilito il numero degli uffici dirigenziali non generali in cui esso si articola. Per l’individuazione degli stessi uffici dirigenziali non generali sono stati emanati altrettanti decreti ministeriali in data 29 dicembre 2009, pubblicati nella Gazzetta ufficiale n. 88 del 2010.

A seguito del D.P.R. 132/2011 l’USR non costituisce più un autonomo centro di responsabilità amministrativa, né assegna le risorse finanziarie alle istituzioni scolastiche. Infatti, secondo la L. 196/2006, centro di responsabilità organizzativa sono le unità organizzative di primo livello, cioè i dipartimenti.

Il coordinamento

 La funzione di coordinamento tra i diversi uffici è garantita dalla conferenza permanente dei capi dipartimento e dei direttori generali degli uffici centrali e degli USR, convocata in adunanza plenaria almeno ogni sei mesi.

Attuale dotazione organica del MIUR

Il D.P.C.M. 22 giugno 2012, adottato a seguito delle riduzioni di organico previste dall’art. 1, co. 3, del D.L. 138/2011, ha disposto che:

L'ulteriore riorganizzazione del MIUR

Nella seduta dell’Assemblea della Camera del 14 novembre 2012 il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, rispondendo all’interrogazione a risposta immediata n. 3-02602, ha fatto presente che, in attuazione dell'art. 2 del D.L. 95/2012, è in corso di adozione uno schema di DPCM di riorganizzazione del MIUR, che prevede la riduzione di sette uffici dirigenziali generali (dunque, da 34 a 27) e l'accorpamento degli uffici scolastici delle regioni con il minor bacino di popolazione studentesca. Ha, peraltro, precisato che nelle regioni coinvolte dall'accorpamento degli uffici scolastici non cambierà il servizio prestato all'utenza, grazie all'utilizzo delle nuove tecnologie.

 

 

 

Dossier pubblicati

Interventi per la scuola

Gli interventi per la scuola sviluppati nella XVI legislatura hanno riguardato organici, ordinamenti e rete scolastica, valutazione degli studenti e previsione di un nuovo sistema nazionale di valutazione della scuola, formazione iniziale degli insegnanti, vari aspetti inerenti la didattica, nonchè dematerializzazione delle procedure. Alla Camera è stato approvato anche un testo per l'autogoverno delle istituzioni scolastiche statali, che non ha però concluso il suo iter al Senato.

Organici, ordinamenti e rete scolastica

L’ art. 64 del D.L. 112/2008 e i regolamenti conseguenti

L’art. 64 del decreto-legge 112/2008 ha disposto interventi di riorganizzazione della scuola incentrati su 3 linee direttrici:

Gli interventi sono stati specificati dal Governo in un Piano programmatico (Atto n. 36) - sul quale si sono espresse le Commissioni parlamentari di Camera e Senato - cui sono seguiti i regolamenti di delegificazione riguardanti rete scolastica e razionale utilizzo delle risorse umane (D.P.R. 81/2009), scuola dell'infanzia e primo ciclo di istruzione (D.P.R. 89/2009), organici ATA (D.P.R. 119/2009), riordino dell'istruzione secondaria superiore (D.P.R. 87/2010, D.P.R. 88/2010, D.P.R. 89/2010).

Inoltre, il D.P.R. 29 ottobre 2012, n. 263 (Atto 194) ha riguardato la riorganizzazione dei Centri per l'istruzione degli adulti.

Non è, invece, stato presentato alle Camere lo schema di regolamento relativo alle classi di concorso, di cui il Consiglio dei Ministri ha svolto l'esame preliminare il 12.6.2009.

Altri interventi relativi alla scuola primaria

Con riferimento all’organizzazione didattica della scuola primaria, è stata prevista, a partire dall'a.s. 2009/2010 per le prime classi, la costituzione di classi affidate ad un unico insegnante e funzionanti su 24 ore settimanali, tenendo comunque conto delle esigenze delle famiglie di una più ampia articolazione del tempo-scuola (art. 4 del D.L. 137/2008).

Altri interventi in materia di rete scolastica

Con riferimento alla rete scolastica, sono intervenuti anche l’art. 3 del D.L. 154/2008, modificato durante l’esame parlamentare, e l’art. 19, co. 4, del D.L. 98/2011, poi dichiarato incostituzionale dalla Corte con sentenza 147/2012. La Corte ha altresì dichiarato incostituzionali, con sentenza n. 200/2009, le disposizioni in materia recate dall’art. 64 del D.L. 112/2008, mentre con sentenza n. 92/2011 la Corte ha annullato l'art. 2, co. 4 e 6, del D.P.R. 89/2009.

Altri interventi in materia di personale della scuola

In materia di personale della scuola sono intervenute varie, altre, disposizioni, che hanno riguardato diversi aspetti.

Innanzitutto, sono stati definiti i requisiti e le modalità della formazione iniziale degli insegnanti (DM 249/2010) - oggetto di ulteriori proposte di modifica dopo lo scioglimento delle Camere (Atto 535) - ed è stato previsto un piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente e ATA per gli anni 2011-2013 (art. 9, co. 17, D.L. 70/2011).

 Inoltre:

- la non applicazione del d.lgs. 368/2001 ai contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze nella scuola;
- dall'a.s. 2011-2012, l'aggiornamento delle graduatorie degli insegnanti ogni 3 anni, con possibilità di trasferimento in un'unica provincia;
- la possibilità di trasferimento dopo 5 anni di effettivo servizio.

- dall'a.s. 2012/2013, il mantenimento al massimo delle dotazioni organiche di personale docente ed ATA relative all'a.s. 2011/2012;
- nuove misure in materia di organico di sostegno e di personale docente inidoneo per motivi di salute.

- la riduzione del personale impegnato presso le scuole italiane all'estero;

- nuove misure per il transito nei ruoli ATA di personale docente inidoneo per motivi di salute e per l'utilizzazione dei docenti in esubero.

Altre disposizioni hanno previsto misure di sostegno per i precari per gli a.s. 2009-2010, 2010-2011 e 2011-2012.

 

 

Didattica

Libri di testo

L'art. 15 del D.L. 112/2008 aveva previsto che dall’a.s. 2008/2009 doveva essere data la preferenza, nelle scelte dei docenti, a libri di testo disponibili, in tutto o in parte, nella rete internet e che questa diventava la regola entro l’a.s. 2011/2012.

L'art. 5 del D.L. 137/2008 aveva poi disposto che le adozioni erano consentite, di norma, ogni 5 anni per le scuole primarie e ogni 6 per le scuole secondarie di I e II grado (v. anche art. 1-ter D.L. 134/2009).

Da ultimo, l'art. 11 del D.L. 179/2012 ha disposto che, a decorrere dalle adozioni riferite all’a.s. 2014/2015, progressivamente - a partire dalle classi I e IV della scuola primaria, dalla I classe della scuola secondaria di I grado e dalla I e III classe della scuola secondaria di II grado -, il collegio dei docenti adotta esclusivamente libri nella versione digitale o mista. Ha altresì disposto l’abrogazione, dal 1° settembre 2013, dell’art. 5 del D.L. 137/2008.

Cittadinanza e Costituzione

L’art. 1 del D.L. 137/2008 ha previsto, a decorrere dall’a.s. 2008/2009, l’avvio di una sperimentazione nazionale per l’insegnamento, nel I e nel II ciclo di istruzione, di «Cittadinanza e Costituzione». Il Documento di indirizzo è stato emanato dal MIUR il 4.3.2009.

In tale ambito, la legge n. 222/2012 ha disposto che, a decorrere dall’a.s. 2012/2013, nelle scuole di ogni ordine e grado sono organizzati percorsi didattici, iniziative e incontri celebrativi sugli eventi e sul significato del Risorgimento, nonché sulle vicende che hanno condotto all’Unità nazionale, alla scelta dell’Inno di Mameli - di cui è previsto l’insegnamento - e della bandiera nazionale e all’approvazione della Costituzione. Sull'argomento, il 6 marzo 2013 è intervenuta una nota ministeriale.

Disturbi specifici di apprendimento

La L. 170/2010 ha inteso sostenere il successo scolastico degli alunni affetti da disturbi specifici di apprendimento (dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia), individuando misure didattiche di supporto e autorizzando il finanziamento di un milione di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per la formazione del personale dirigente e docente.

Valutazione degli studenti e sistema nazionale di valutazione della scuola

Gli articoli 2 e 3 del D.L. 137/2008 hanno reintrodotto, a decorrere dall'a.s. 2008-2009, la valutazione del comportamento degli studenti nella scuola secondaria di primo e secondo grado e l'utilizzo del voto per la valutazione degli apprendimenti anche nella scuola primaria e secondaria di primo grado.

 L'art. 2, co. 4-undevicies, del D.L. 225/2010, ha previsto che con regolamento di delegificazione è individuato un nuovo sistema nazionale di valutazione della scuola, costituito da Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE), Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e formazione (INVALSI), e corpo ispettivo. In seguito, l'art. 51 del D.L. 5/2012 ha affidato all'INVALSI il coordinamento funzionale del sistema e ha disposto che le scuole partecipano come attività ordinaria di istituto alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti. L'anagrafe nazionale degli studenti (art. 3 d.lgs. 76/2005) costituisce anche supporto del sistema nazionale di valutazione (art. 48 del D.L. 5/2012).

Inoltre, al nuovo sistema nazionale di valutazione l’art. 9, co. 8, D.L. 70/2011 ha affidato la realizzazione delle prove per l'accesso al fondo per il merito degli studenti universitari (art. 4 L. 240/2010).

Sull'argomento sono intervenuti anche l'art. 19, co. 1-3, del D.L. 98/2011, e l'art. 4, co. 82, della L. 183/2011 che ha istituito il "Fondo per la valorizzazione dell’istruzione scolastica, universitaria e dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica” destinato, fra l'altro, allo sviluppo del sistema nazionale di valutazione.

Lo schema di regolamento relativo all’istituzione del nuovo sistema nazionale di valutazione della scuola (Atto 536) è stato presentato alle Camere il 23 gennaio 2013. Sullo stesso, si è espressa solo la 7a Commissione del Senato, che il 14 febbraio 2013 ha approvato un parere favorevole con osservazioni. Il Consiglio dei Ministri ha approvato definitivamente il regolamento l'8 marzo 2013.

Utilizzo delle nuove tecnologie

Si veda il tema Innovazione digitale nella scuola e nell'universita'.

L'autogoverno delle istituzioni scolastiche statali e ulteriori iniziative legislative non concluse

Il 10 ottobre 2012 la VII Commissione della Camera ha concluso l'esame del testo unificato dell' A.C. 953 e abb, apportando alcune modifiche.
Il provvedimento - che prevedeva l'autonomia statutaria e ridefiniva il sistema degli organi collegiali - non ha concluso il suo iter al Senato (A.S. 3542).

Inoltre, durante la legislatura erano state avviate iniziative parlamentari volte ad introdurre l'insegnamento delle specificità antropologiche, culturali e storiche delle comunità territoriali (A.C. 1428), approvato in un nuovo testo, in sede legislativa, il 19 dicembre 2012, ma di cui il Senato non ha avviato l’esame (A.S. 3639) e lo studio dell'universal design nei programmi delle scuole secondarie di secondo grado a indirizzo tecnico (A.C. 2367), nonché volte a favorire la continuità didattica delle scuole situate nei territori di montagna, nelle piccole isole e nei territori a bassa densità demografica (A.C. 5268).

Approfondimenti

Dossier pubblicati

Documenti e risorse web

Approfondimento: Il riordino della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione



Premessa

L'art. 64, co. 4, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), nell’ambito della revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, ha previsto la rimodulazione dell'organizzazione didattica della scuola primaria.

Immediatamente dopo, l’art. 4 del D.L. 137/2008 ha previsto, a partire dall'a.s. 2009/2010 per le prime classi, la costituzione di classi affidate ad un unico insegnante e funzionanti su 24 ore settimanali, tenendo comunque conto delle esigenze delle famiglie di una più ampia articolazione del tempo-scuola.

Si tratta della principale novità che ha interessato la scuola primaria.

 Su tali basi, è stato emanato il D.P.R. 20 marzo 2009, n. 89, concernente la scuola dell’infanzia e il primo ciclo di istruzione, che ha fatto salve, fra le altre, le disposizioni recate dai d.lgs. 59/2004 (che, sulla base della delega conferita dalla L. 53/2003, ha dettato le norme generali relative a tali ordini di scuole).



Le Indicazioni nazionali per il primo ciclo

 L’art. 1 del D.P.R. 89/2009 ha disposto che, per un periodo non superiore a tre a.s., a partire dall'a.s. 2009-2010, si applicavano le Indicazioni nazionali di cui agli allegati da A a D del d.lgs. 59/2004, come aggiornate dalle Indicazioni per il curriculo di cui al DM 31 luglio 2007.

Tali Indicazioni stabiliscono conoscenze, abilità e competenze che gli studenti devono acquisire a conclusione di ogni fase d’istruzione.

Sulla base di un monitoraggio delle attività delle istituzioni scolastiche, previsto dallo stesso D.P.R. 89/2009, il regolamento ministeriale n. 254 del 16 novembre 2012 ha sostituito le precedenti Indicazioni. Ad esse le scuole devono fare riferimento dall’a.s. 2012/2013, mentre l’editoria scolastica adegua i contenuti dei libri di testo a partire dalle adozioni per l’a.s. 2014-2015.

Con riferimento alle discipline di insegnamento nel primo ciclo, il regolamento fa riferimento a italiano, lingua inglese e seconda lingua comunitaria, storia, geografia, matematica, scienze, musica, arte e immagine, educazione fisica, tecnologia. Nell'ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale è assicurato l’insegnamento di Cittadinanza e costituzione (introdotto dall’art. 1 del D.L. 137/2008).

Con decreto ministeriale sarà costituito un Comitato scientifico nazionale per l’attuazione delle Indicazioni nazionali e il miglioramento continuo dell’insegnamento.

 



Scuola dell'infanzia

Ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. 89/2009, la scuola dell’infanzia accoglie i bambini di età compresa tra i 3 e i 5 anni compiuti entro il 31 dicembre dell'a.s. di riferimento. A questi si possono aggiungere, su richiesta delle famiglie e a determinate condizioni - riguardanti, fra l’altro, la possibilità materiale di accoglienza e la valutazione pedagogica e didattica da parte dei docenti - i bambini che compiono 3 anni entro il 30 aprile dello stesso a.s. (c.d. anticipi).

Agli anticipi si aggiungono, per i bambini dai due ai tre anni di età, gli interventi delle sezioni primavera, previo accordo in sede di Conferenza unificata.

Si ricorda che l’anticipo nell’iscrizione alla scuola dell’infanzia era previsto dall’art. 2, co. 1, lett. e), della L. 53/2003 e dall’art. 2 del d.lgs. n. 59/2004.

L’art. 2 del d.lgs. n. 59/2004 è stato, poi, abrogato dall’art. 1, co. 630, della L. 296/2006, che ha previsto l’attivazione di sezioni sperimentali (c.d. classi primavera) destinate ai bambini dai 24 ai 36 mesi di età, previo accordo in sede di Conferenza unificata.

Il D.P.R. 89/2009 ha, dunque, confermato la possibilità di attivare sezioni primavera e ha ripristinato l’istituto degli anticipi.

L'orario di funzionamento della scuola dell’infanzia è stabilito in 40 ore settimanali, con possibilità di estensione sino a 50 ore. È possibile il tempo scuola ridotto, limitato alla sola fascia del mattino, per 25 ore settimanali.

Ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. n. 59/2004, l'orario annuale delle attività educative per la scuola dell'infanzia si diversifica da un minimo di 875 ad un massimo di 1700 ore, a seconda dei progetti educativi delle singole scuole, tenuto conto delle richieste delle famiglie.

 Con sentenza n. 92/2011, la Corte Costituzionale ha annullato i co. 4 e 6 dell'art. 2 del DPR n. 89/2009, i quali disponevano, rispettivamente:

Al riguardo, la Corte ha evidenziato che non spettava allo Stato intervenire, perché la materia attiene in maniera diretta al dimensionamento della rete scolastica sul territorio, che rientra nelle competenze concorrenti tra Stato e regioni.



Primo ciclo di istruzione

 Il primo ciclo di istruzione è costituito dalla scuola primaria, della durata di 5 anni, e dalla scuola secondaria di primo grado, della durata di 3 anni. La frequenza di questi percorsi è obbligatoria per tutti i bambini italiani e stranieri.

La riforma del primo ciclo ha avuto inizio, a seguito del d.lgs. 59/2004, con l’a.s. 2004-2005. Tra gli elementi innovativi introdotti va ricordata la previsione di apprendimento di una seconda lingua dell’UE nella scuola secondaria di primo grado. Il percorso si conclude con un esame di Stato che dà titolo all’accesso al secondo ciclo (art. 4 d.lgs. 59/2004).

In base all’art. 3 del D.P.R. n. 89/2009, l'istituzione e il funzionamento di scuole statali del primo ciclo è affidata a collaborazioni tra l’amministrazione scolastica e i comuni interessati, anche riuniti in consorzi.



Scuola primaria

 Ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. 89/2009, sono iscritti alla scuola primaria i bambini che compiono 6 anni entro il 31 dicembre dell'a.s. di riferimento e possono esservi iscritti, su richiesta, anche quelli che compiono 6 anni entro il 30 aprile dello stesso anno. 

Il tempo scuola è articolato, nei limiti delle risorse di organico assegnate, in un orario scolastico settimanale di 24, 27 e 30 ore (nel caso delle 27 ore sono escluse le attività opzionali e gratuite che le scuole possono organizzare per complessive 99 ore annue; esse sono, invece, incluse nel caso delle 30 ore), secondo il modello dell'insegnante unico, che supera il precedente assetto del modulo e delle compresenze.

Se il docente non è in possesso di specifici titoli per l'insegnamento della lingua inglese e della religione cattolica, possono essere previsti ulteriori docenti.

Rimane affidato all'autonomia delle singole istituzioni scolastiche adeguare i diversi modelli orario agli obiettivi formativi e dei piani di studio.

E’ previsto, altresì, il modello delle 40 ore, corrispondente al tempo pieno (reintrodotto dall’art. 1, co. 1, del D.L. 147/2007 – L. 176/2007). In tal caso, sono previsti due docenti per classe, eventualmente coadiuvati da insegnanti di inglese e di religione cattolica. Per il potenziamento del tempo pieno è prevista l’attivazione di piani pluriennali sulla base di intese con le rappresentanze dei comuni, precedute da un accordo-quadro con le autonomie locali in sede di Conferenza unificata.

Sulla base dell'orario da soddisfare, è determinata la dotazione organica di ciascun istituto: in particolare, per le classi funzionanti secondo il modello del maestro unico, la dotazione è fissata in 27 ore settimanali. In aggiunta, devono essere considerati il fabbisogno per l'integrazione degli alunni disabili e per il funzionamento delle classi a tempo pieno.

Sulla base di quanto previsto dall’art. 4, co. 10, del D.P.R. 89/2009, con il decreto ministeriale 31 gennaio 2011 n. 8 sono stati individuati i titoli prioritari per impartire l'insegnamento di musica e pratica musicale.



Scuola secondaria di primo grado

 L'orario annuale obbligatorio è fissato in 990 ore, corrispondente a 29 ore settimanali, più 33 ore annuali da destinare ad attività di approfondimento delle materie letterarie. 

E’, peraltro, previsto il tempo prolungato, mediamente per 36 ore settimanali, elevabili fino a 40 in presenza di una richiesta della maggioranza delle famiglie. Le classi funzionanti a tempo prolungato sono ricondotte all'orario normale in mancanza di servizi e strutture idonei.

E' definito, poi, il quadro orario settimanale e annuale delle discipline e le classi di concorso, distinguendo tra orario normale e tempo prolungato.

L’insegnamento “Cittadinanza e Costituzione” è inserito nell'area disciplinare storico-geografica. I corsi a indirizzo musicale si svolgono oltre l’orario obbligatorio delle lezioni.

E' previsto il potenziamento dell'insegnamento della lingua inglese, ovvero della lingua italiana per gli alunni stranieri, utilizzando le due ore di insegnamento della seconda lingua comunitaria, a richiesta delle famiglie e compatibilmente con le disponibilità di organico e l’assenza di esuberi della seconda lingua comunitaria.



Documenti e risorse web

MIUR - Coordinamento gruppo paritetico nazionale sezioni primavera –Monitoraggio 2011 del sistema “sezioni primavera”

Approfondimento: Il riordino degli istituti di istruzione secondaria superiore



Premessa

L’art. 64 del D.L. del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), nell’ambito della revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, ha previsto la ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali.

Su questa base, sono stati adottati i regolamenti di riordino degli istituti di istruzione secondaria superiore, pubblicati nella Gazzetta ufficiale del 15 giugno 2010.

Inoltre, le Camere hanno espresso il parere sullo schema di regolamento per l'organizzazione dei percorsi della sezione liceale ad indirizzo sportivo (Atto n. 501) che è stato approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri l’11 gennaio 2013, ma che non è ancora stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale.



I nuovi regolamenti

ll 23 ottobre 2009 sono stati presentati alle Camere gli schemi di regolamento per il riordino di licei (Atto n. 132), istituti tecnici (Atto n. 133) e istituti professionali (Atto n. 134). Su tali testi la VII Commissione della Camera ha espresso 3 pareri favorevoli con condizioni e osservazioni il 20 gennaio 2010, mentre la 7a Commissione del Senato ha espresso i pareri il 27 gennaio 2010.

I regolamenti sono stati adottati con D.P.R. 15 marzo 2010, n. 87, D.P.R. 15 marzo 2010, n. 88 e D.P.R. 15 marzo 2010, n. 89, relativi, rispettivamente, agli istituti professionali, agli istituti tecnici ed ai licei.

Il testo dei provvedimenti, che recepisce varie indicazioni contenute nei pareri parlamentari, delinea il seguente quadro:

- i percorsi di istruzione secondaria superiore continuano ad avere durata quinquennale, e sono articolati in 2 bienni (di cui, il I è finalizzato all’assolvimento dell’obbligo scolastico) e in un V anno. Al termine, si sostiene l’esame di Stato, che dà accesso all’istruzione post-secondaria (universitaria e non);

- i licei sono sei e l’orario settimanale è, con alcune eccezioni, di 27 ore nel primo biennio  e 30 ore nel secondo biennio e nel quinto anno:

- gli istituti tecnici si articolano in 2 settori (a fronte dei precedenti 10) e 11 indirizzi (a fronte di 39). L'orario settimanale è di 32 ore.

Settore

Indirizzi

Economico

  • Amministrazione, finanza e marketing
  • turismo

Tecnologico

  • Meccanica, meccatronica ed energia
  • Trasporti e logistica
  • Elettronica ed elettrotecnica
  • Informatica e telecomunicazioni
  • Grafica e comunicazione
  • Chimica, materiali e biotecnologie
  • Sistema moda
  • Agraria e agroindustria
  • Costruzioni, ambiente e territorio

 

Gli istituti professionali si articolano in 2 settori (a fronte di 5) e 6 indirizzi (a fronte di 27). L’orario settimanale è di 32 ore.

Settore

Indirizzi

Servizi

  • Servizi per l’agricoltura e lo sviluppo rurale
  • Servizi socio sanitari
  • Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera
  • Servizi commerciali

Industria e artigianato

  • Produzioni industriali e artigianali
  • Servizi per la manutenzione e l’assistenza tecnica

 

Sia per gli istituti tecnici che per i professionali è prevista la possibilità di attivare opzioni legate al mondo del lavoro e al territorio.

Relativamente alle novità didattiche, si ricordano, per il V anno dei licei, l’insegnamento in lingua straniera di una disciplina non linguistica; per gli istituti tecnici e professionali, l’insegnamento, nel primo biennio, di “Scienze integrate” (a cui concorrono “Scienze della terra e biologia”, “Fisica” e “Chimica”) e l’aumento delle ore di laboratorio.

Il sistema sarà costantemente monitorato e i risultati di apprendimento saranno periodicamente valutati.

Altre novità organizzative riguardano la possibilità di costituire, presso le istituzioni scolastiche autonome, dipartimenti (come articolazioni funzionali del collegio dei docenti per il sostegno alla didattica e alla progettazione) e un comitato scientifico, composto da docenti ed esperti (con funzioni di proposta per l’organizzazione degli spazi di autonomia).

Le nuove regole sono state applicate, a partire dall’a.s. 2010-2011, alle I classi. Negli istituti tecnici e professionali, le classi successive a quelle interessate dall’applicazione piena delle nuove regole hanno proseguito secondo i piani di studio precedenti, ma con un orario inferiore.

La sezione ad indirizzo sportivo nell'ambito del liceo scientifico potrà essere attivata dall'a.s. successivo a quello della pubblicazione del regolamento nella Gazzetta ufficiale, ossia, come esplicitato dal MIUR con nota n. 170 del 22 gennaio 2013, dall’a.s. 2014/2015.



Misure di accompagnamento della riforma

Al fine di accompagnare la transizione tra vecchio e nuovo ordinamento, recependo le istanze provenienti dalle istituzioni e dalle associazioni degli insegnanti, è stata costituita presso il MIUR una Cabina di regia con il compito di coordinare e orientare i diversi provvedimenti collegati al nuovo ordinamento dei licei (DM 5 agosto 2009 n. 75).

È stata, inoltre, istituita una Commissione di studio, composta da membri aventi specifiche professionalità (DM 11 marzo 2010 n. 26), al fine di coordinare e orientare le Indicazioni nazionali per gli stessi licei, nonché per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo.

Per attuare sperimentalmente le principali innovazioni organizzative, metodologiche e didattiche previste dal riordino degli istituti tecnici, nell’a.s. 2009/2010 è stata costituita una “Unità di consegna” dell’innovazione, denominata Delivery Unit Nazionale (decreto MIUR, AOOUFGAB/2081/GM, 6/03/2009), composta da esperti del mondo della scuola, dell’università e della ricerca, nonché dai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali di Lazio, Lombardia, Puglia, Sicilia, Veneto. Sono state costituite, inoltre, anche Delivery Unit Regionali, per coordinare la sperimentazione a livello territoriale.

Per dare, quindi, continuità al lavoro svolto, nel successivo a.s. le Delivery sono state costituite anche in altre regioni, estendendo la sfera di competenza delle stesse a tutti gli ordini scolastici. Presso ogni USR sono stati dunque attivati: un gruppo regionale di coordinamento, uno sportello unico territoriale; tre gruppi di lavoro, rispettivamente per l’istruzione liceale, tecnica e professionale (nota prot. 269 del 14 gennaio 2011).



Gli atti successivi

Gli atti intervenuti a seguito dei D.P.R. 87/2010, D.P.R. 88/2010 e D.P.R. 89/2010 sono pubblicati sul sito dell’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE).

Tra i principali, si ricordano in questa sede:



Dossier pubblicati

Revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei - Schema di regolamento n. 132 (art. 17, co. 2, L. 400/1988 e art. 64, co. 4, D.L. 1122008) Elementi per l'istruttoria normativa (03/11/2009)

Norme sul riordino degli istituti tecnici - Schema di regolamento n. 133 (art. 17, co. 2, L. 400/1988 e art. 64, co. 4, D.L. 1122008) Elementi per l'istruttoria normativa (03/11/2009)

Norme sul riordino degli istituti professionali - Schema di regolamento n. 134 (art. 17, co. 2, L. 400/1988 e art. 64, co. 4, D.L. 1122008) Elementi per l'istruttoria normativa (03/11/2009)

Riforma del secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione- Schemi di regolamento nn. 132 (licei), 133 (istituti tecnici), 134 (istituti professionali) (art. 17, co. 2, L. 400/1988 e art. 64, co. 4, D.L. 1122008) Normativa di riferimento e documentazione (12/11/2009)

(Schema di decreto del Presidente della Repubblica n. 132) Regolamento concernente la revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei - Verifica delle quantificazioni (19/11/2009)

(Schema di decreto del Presidente della Repubblica n. 133) Regolamento concernente norme sul riordino degli istituti tecnici - Verifica delle quantificazioni (19/11/2009)

(Schema di decreto del Presidente della Repubblica n. 134) Regolamento concernente norme sul riordino degli istituti professionali - Verifica delle quantificazioni (19/11/2009)

Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria - D.L. 98/2011 - A.C. 4509 - Sintesi delle modifiche introdotte al Senato e schede di lettura (art. 19, comma 16) (14/07/2011)

Regolamento di organizzazione della sezione ad indirizzo sportivo del sistema dei licei - Schema di regolamento n. 501 (art. 17, co. 2, L. 400/1988; art. 64, co. 4, lett. b), D.L. 112/2008; art. 3, co. 2, D.P.R. 89/2010) - Elementi per l'istruttoria normativa (26/09/2012)



Legislazione comparata

Istituti tecnici e professionali. Organi collegiali interni (01/03/2010)



Documenti e risorse web

Ministero della Pubblica Istruzione - I percorsi formativi della scuola secondaria di secondo grado statale tra corsi di ordinamento, sperimentazioni e autonomia (Marzo 2007)

ISTAT, Noi Italia 2010, 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo, Istruzione (edizione 2013)

MIUR - Nota del 9 dicembre 2010: Avvio delle attività di formazione dei docenti di disciplina non linguistica (DNL) in lingua straniera, secondo la metodologia Content and Language Integrated Learning (CLIL)

MIUR - Focus "Le iscrizioni al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione" - Anno Scolastico 2012/2013 (marzo 2012

MIUR - La scuola secondaria superiore. Profili e quadri orari (edizione 2011)

Approfondimento: L'istruzione tecnico-professionale, l'istruzione e formazione professionale, il sistema di istruzione e formazione tecnica superiore



Premessa

L’art. 52 del D.L. 5/2012 ha dettato disposizioni per la semplificazione e la promozione dell’istruzione tecnico-professionale - riordinata con il D.P.R. 87/2010 e il D.P.R. 88/2010 - e degli Istituti tecnici superiori (ITS).

In particolare, esso ha previsto la definizione di linee guida da adottare con decreto interministeriale, d’intesa con la Conferenza unificata.

Quest’ultima è stata raggiunta il 26 settembre 2012. Il MIUR ne ha dato notizia con un comunicato del 27 settembre 2012, al quale è allegato, fra l’altro, lo schema di decreto, al momento non ancora formalmente adottato.



L'art. 52 del D.L. 5/2012

In base all’art. 52 del D.L. 5/2012, le linee guida sono volte al coordinamento:

a) a livello territoriale, dell’offerta dei percorsi di istruzione secondaria di secondo grado di tipo tecnico e professionale e dei percorsi di istruzione e formazione professionale di competenza regionale.

Al riguardo si ricorda, peraltro, che l’art. 19, co. 16, del D.L. 98/2011 aveva previsto l’emanazione, entro il 6 luglio 2012, di un regolamento di delegificazione volto a garantire la piena coerenza dei percorsi di istruzione e formazione professionale di cui al D.lgs. 226/2005 con le modifiche ordinamentali apportate al secondo ciclo dell’istruzione ai sensi dell’art. 64 del D.L. 112/2008. Il regolamento non risulta intervenuto;

b) a livello nazionale, dell’offerta di percorsi degli Istituti tecnici superiori (istruzione terziaria non universitaria), in modo da valorizzare la collaborazione multiregionale e facilitare l’integrazione delle risorse disponibili con la costituzione, al massimo, di un ITS in ogni regione per la medesima area tecnologica e relativi ambiti.

Ulteriori obiettivi riguardano:

c) la promozione della costituzione dei poli tecnico-professionali;

d) la promozione della realizzazione di percorsi in apprendistato per il conseguimento della qualifica e del diploma professionale;

e) la semplificazione degli organi di indirizzo, gestione e partecipazione previsti dagli statuti delle fondazioni ITS;

f) la previsione, nel rispetto del principio di sussidiarietà, che le delibere del consiglio di indirizzo degli ITS possano essere adottate con voti di diverso peso ponderale e con diversi quorum funzionali (prevedendo, cioè un diverso numero di voti minimo per l’adozione di ciascuna decisione), e strutturali (prevedendo, cioè, un diverso numero legale necessario per la valida costituzione delle diverse sedute).



Il riordino dell’istruzione tecnica e professionale

Con riferimento all’obiettivo di cui alla lett. a), si ricorda che per gli istituti professionali e gli istituti tecnici le principali linee generali del riordino - attuato con i D.P.R. 87/2010 e D.P.R. 88 del 15 marzo 2010, sulla base dell’art. 64, co. 4, del D.L. 112/2008 - sono consistite, come illustrato nelle rispettive relazioni governative, nel semplificare i piani di studio, ridurre gli indirizzi curriculari e l’orario settimanale di lezione, potenziare la dimensione laboratoriale dell’apprendimento, tener conto della specificità del territorio e dell’utenza. A tal fine, è stata prevista la creazione di un Comitato tecnico-scientifico finalizzato a rafforzare il raccordo tra gli obiettivi educativi della scuola, le innovazioni della ricerca, le esigenze del territorio e i fabbisogni del mondo produttivo. E’ stato, inoltre, ribadito l’obiettivo di fornire agli studenti competenze spendibili per l’inserimento nel mondo del lavoro e per il passaggio ai livelli superiori di istruzione. Pertanto, fra gli strumenti didattici sono stati inseriti stage e alternanza scuola-lavoro.

Per quanto riguarda gli istituti tecnici, l’articolazione è stata prevista in 2 settori (a fronte dei precedenti 10) e in 11 indirizzi (a fronte di 39), con un orario settimanale di 32 ore. Per gli istituti professionali, l’articolazione è stata definita in 2 settori (a fronte di 5) e 6 indirizzi (a fronte di 27), con un orario settimanale di 32 ore. Sia per gli istituti tecnici che per i professionali è prevista la possibilità di attivare opzioni legate al mondo del lavoro e al territorio.

I relativi percorsi continuano ad avere durata quinquennale, articolati in 2 bienni (di cui, il primo è finalizzato all’assolvimento dell’obbligo scolastico) e in un V anno, al termine del quale si sostiene l’esame di Stato.

Con Direttive del Ministro n. 57 del 15 luglio 2010 e n. 65 del 28 luglio 2010 sono state emanate le linee guida per il primo biennio, rispettivamente, degli istituti tecnici e degli istituti professionali; con Direttive del Ministro n. 4 e n. 5 del 16 gennaio 2012 sono state emanate le linee guida per il secondo biennio e il quinto anno di entrambi i percorsi.

In base alle indicazioni contenute nelle linee guida, i nuovi istituti tecnici sono chiamati ad intercettare l’evoluzione del fabbisogno di competenze che emerge dalle richieste del mondo del lavoro e ad offrire una risposta alle nuove necessità occupazionali; gli istituti professionali perseguono, invece, l’obiettivo di far acquisire al diplomato, nell’ambito di settori produttivi relativamente ampi, capacità operative che lo mettano in grado di applicare le tecnologie a processi specifici e di prospettare e realizzare soluzioni anche innovative.

Pertanto, il riordino di entrambi i segmenti formativi vuole corrispondere alla necessità non solo di modernizzare l’impianto curricolare, ma anche di aumentare le possibilità di scelta degli studenti oltre il ciclo secondario, anche verso il “nuovo cantiere” dell’Istruzione tecnica superiore.



Il sistema IeFP

Per il sistema di istruzione e formazione professionale (IeFP) - i cui percorsi rappresentano una delle componenti del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione - la competenza legislativa esclusiva è delle regioni, spettando allo Stato la garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni. In particolare, ai sensi del D.lgs. 226/2005, le regioni assicurano l'articolazione di percorsi di durata triennale - che si concludono con il conseguimento di un titolo di qualifica professionale, che consente l'accesso al quarto anno del sistema dell'istruzione e formazione professionale - e di percorsi di durata almeno quadriennale - che si concludono con il conseguimento di un titolo di diploma professionale, che consente l’accesso all’istruzione e formazione tecnica superiore.

Chiusa una fase di sperimentazione, il primo anno di attuazione dei percorsi di IeFP (nei quali può essere assolto l’obbligo di istruzione, ex art. 64, co. 4-bis, del D.L. 112/2008), coincidente con l’anno scolastico e formativo 2010-2011, è stato avviato sulla base dell’Accordo raggiunto in Conferenza Stato-regioni il 29.4.2010, poi recepito con D.I. 15.6.2010. In particolare, l’Accordo, prodromico alla disciplina specifica definita da ciascuna regione, ha individuato le figure professionali e gli standard minimi formativi.

Nel frattempo, l’art. 2, co. 3, del già citato D.P.R. 87/2010 ha disposto che, nel rispetto delle competenze esclusive delle regioni, gli Istituti professionali possono svolgere, in regime di sussidiarietà, un ruolo integrativo e complementare nei confronti dell’offerta delle istituzioni formative del sistema IeFP ai fini del conseguimento, anche nell'esercizio dell'apprendistato, di qualifiche professionali (in esito a percorsi triennali) e diplomi (in esito a percorsi quadriennali).

Il 16 dicembre 2010 è stata poi raggiunta un’intesa in Conferenza Unificata in ordine all’approvazione delle linee guida (di cui all’art. 13, co. 1-quinquies, del D.L. 7/2007) finalizzate alla realizzazione di raccordi tra i percorsi degli istituti professionali e i percorsi IeFP. Le linee guida sono state adottate con DM 18 gennaio 2011.

Nell’intesa si sottolinea che i raccordi sono in particolare finalizzati a sostenere e garantire l’organicità sul territorio dell’offerta dei percorsi a carattere professionale, prevenire la dispersione scolastica e formativa, facilitare i passaggi tra i sistemi formativi. Si stabilisce, inoltre, che la prima attuazione delle linee guida è oggetto di specifici accordi territoriali tra i competenti Assessorati delle regioni e gli Uffici scolastici regionali, e che ciascuna regione stabilisce i percorsi che gli istituti professionali possono erogare in regime sussidiario.

Il 27 luglio 2011, in sede di Conferenza Stato-Regioni, è stato poi raggiunto l’accordo - recepito con DM 11 novembre 2011 - riguardante gli atti necessari per il passaggio a nuovo ordinamento dei percorsi di istruzione e formazione professionale. La messa a regime del Capo III del d.lgs. n. 226/2005 riguarda, a partire dall'a.s. e formativo 2011-2012, i percorsi di durata triennale e quadriennale.



I poli tecnico-professionali

Con riferimento all’obiettivo di cui alla lett. c), si ricorda che l’art. 13, co. 2, del D.L. 7/2007 ha disposto che possono essere istituiti, a livello provinciale o sub-provinciale, “poli tecnico-professionali” tra gli istituti tecnici e gli istituti professionali, le strutture della formazione professionale accreditate ai sensi dell’art. 1, co. 624, della L. 296/2006, e gli istituti tecnici superiori (per i quali, v. infra).

I “poli” sono costituiti sulla base della programmazione dell’offerta formativa a livello regionale, che comprende anche la formazione tecnica superiore. Le regioni pertanto concorrono alla realizzazione degli stessi con strutture formative di competenza regionale. Essi sono costituiti in forma di consorzio, secondo le modalità già previste per le reti di scuole ai sensi dell’art. 7, co. 10, del D.P.R. 275/1999, con il fine di promuovere in modo stabile e organico la diffusione della cultura scientifica e tecnica e di sostenere le misure per la crescita sociale, economica e produttiva del Paese, e sono dotati di propri organi indicati in base alle convenzioni stipulate con gli enti interessati.



L’apprendistato per la qualifica e il diploma

Con riferimento all’obiettivo di cui alla lett. d), si ricorda che, sulla base della delega recata dall’art. 46 della L. 183/2010 (il cui art. 48, co. 8, ha previsto che l’obbligo di istruzione si intende assolto anche nei percorsi di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione), è intervenuto il D.lgs. n. 167/2011, che ha confermato, nella sostanza, le tre tipologie di apprendistato esistenti, di cui due finalizzate al conseguimento di titoli di studio. In particolare, la tipologia cui fa riferimento l’art. 52 del D.L. 5/2012 è quella di cui all’art. 3, vale a dire l’apprendistato per i giovani dai 15 ai 25 anni finalizzato alla qualifica e al diploma professionale (e pertanto all’assolvimento dell’obbligo di istruzione), la cui regolamentazione con riferimento ai profili formativi è rimessa alle regioni e alle province autonome.

Al riguardo, si ricorda che il 15 marzo 2012 è stato raggiunto, nell’ambito della Conferenza Stato-regioni, l’accordo per la regolamentazione dei profili formativi dell'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale mentre il 19 aprile 2012, nel medesimo ambito, è stato raggiunto l’accordo per la certificazione delle competenze acquisite in apprendistato, poi recepito con DI 26 ottobre 2012.



Gli Istituti tecnici superiori

Con riferimento all’obiettivo di cui alla lett.b), si ricorda, preliminarmente, che l’art. 69 della L. 144/1999 ha istituito il sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS), disponendo che allo stesso si accede, di norma, con il possesso del diploma di scuola secondaria superiore. Si tratta, dunque, di un sistema di formazione terziaria non universitaria.

Successivamente, l’art. 1, co. 631, della L. 296/2006 ha stabilito, a decorrere dal 2007, una riorganizzazione del sistema IFTS, secondo linee guida da adottare con DPCM. A tal fine, il co. 875 ha previsto l’istituzione di un apposito Fondo (v. infra).

E’ stato pertanto emanato il D.P.C.M. 25 gennaio 2008 che ha stabilito che la riorganizzazione, da realizzare progressivamente a partire dal triennio 2007-2009, comprende tre tipologie di intervento. Si tratta degli ITS - già citati dall’art. 13 del D.L. 7/2007-, dei percorsi di IFTS e dei poli tecnico-professionali.

Gli ITS possono essere costituiti se previsti nei piani territoriali adottati ogni triennio dalle regioni nell’ambito della programmazione dell’offerta formativa di loro competenza, con riferimento agli indirizzi della programmazione nazionale in materia di sviluppo economico e rilancio della competitività. Alla realizzazione dei piani concorrono le risorse messe a disposizione dal MIUR a valere sul Fondo di cui si è detto, oltre che risorse delle regioni o messe a disposizione da soggetti pubblici e privati e dall’UE. Ai fini del sostegno dei piani, il Ministero verifica preventivamente la sussistenza di alcuni elementi, fra i quali la messa a disposizione, da parte delle regioni e delle province autonome, di risorse finanziarie pari ad almeno il 30% del contributo del Ministero stesso.

Gli ITS realizzano percorsi di durata biennale (per particolari figure, i percorsi possono avere durata superiore, nel limite massimo di sei semestri) volti al conseguimento di un diploma di tecnico superiore riferito alle aree tecnologiche considerate prioritarie dagli indirizzi nazionali di programmazione economica, con riferimento al quadro strategico dell’Ue (efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie della vita, nuove tecnologie per il made in Italy, tecnologie innovative per i beni e le attività culturali, tecnologie dell’informazione e della comunicazione).

Con DI 7 settembre 2011 sono state definite le norme generali concernenti i diplomi degli ITS e le relative figure nazionali di riferimento, la verifica e la certificazione delle competenze.

Gli ITS sono configurati secondo il modello della fondazione di partecipazione (alla quale possono partecipare: un istituto tecnico o professionale, statale o paritario, che risulti ubicato nella provincia sede della fondazione; una struttura formativa accreditata dalla regione per l'alta formazione, anch’essa ubicata nella provincia; un’impresa del settore produttivo cui si riferisce l'ITS; un dipartimento universitario o altro organismo appartenente al sistema della ricerca scientifica e tecnologica; un ente locale) e acquistano la personalità giuridica mediante l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche istituito presso le prefetture (art. 1 del D.P.R. 361/2000). Gli istituti tecnici e professionali ne costituiscono gli enti di riferimento, pur conservando, ai sensi dell’all. A) del DPCM, la distinta e autonoma soggettività giuridica rispetto all’ITS .

L’all. A del DPCM prevede che gli organi degli ITS sono costituiti da Consiglio di indirizzo, Giunta esecutiva, Presidente, Comitato tecnico-scientifico, Assemblea di partecipazione e un Revisore dei conti. Le relative funzioni sono indicate nell’all. B, che riporta lo schema di statuto delle Fondazioni.

Infine, con riferimento alla gestione della fondazione, il predetto all. A dispone che il patrimonio degli ITS è composto: da un fondo di dotazione (costituito dai conferimenti, in proprietà, uso o possesso a qualsiasi titolo di denaro o beni mobili e immobili, o altre utilità impiegabili per il perseguimento degli scopi, effettuati dai Fondatori all'atto della costituzione e dai partecipanti); dai beni mobili e immobili; dalle elargizioni fatte da enti o da privati con espressa destinazione a incremento del patrimonio; da contributi attribuiti al patrimonio dall'Unione europea, dallo Stato, da enti territoriali o da altri enti pubblici.

Da settembre 2011 sono stati attivati 62 ITS.



Le linee guida adottate dalla Conferenza unificata il 26 settembre 2012

In base alle linee guida sulle quali è stata raggiunta l’intesa in Conferenza unificata il 26 settembre 2012, in particolare:

L’intesa ha, inoltre, disciplinato l’organizzazione delle commissioni chiamate ad esaminare gli studenti a conclusione dei percorsi biennali degli ITS e ha fissato gli indicatori per il monitoraggio e la valutazione (tra cui composizione della domanda, efficacia interna del percorso ordinamentale, qualità della formazione, indicatori di rete, di efficienza e di risultato).

Con riferimento alle risorse per gli ITS - oggetto di intervento normativo, da ultimo, ex art. 7, co. 37-ter, del D.L. 95/2012 - le linee guida hanno disposto che le risorse stanziate sul Fondo previsto dall’art. 1, co. 875, della L. 296/2006 sono assegnate agli ITS sulla base sia di criteri e requisiti minimi di avvio e riconoscimento del titolo, sia di indicatori di realizzazione e di risultato.

Al riguardo si ricorda che l’art. 1, co. 875, della L. 296/2006, al fine di assicurare una più efficace utilizzazione delle risorse finanziarie destinate all’attuazione degli interventi di riorganizzazione dell’Istruzione e formazione tecnica superiore, ha istituito nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, come ante accennato, il Fondo per l’istruzione e la formazione tecnica superiore.

Il D.P.C.M. 25 gennaio 2008, dando attuazione all’art. 1, co. 631, della stessa L. 296/2006, ha poi stabilito che il 5% delle risorse complessivamente disponibili sul Fondo è destinato alla realizzazione delle misure nazionali di sistema, compresi il monitoraggio e la valutazione, il 70% alla realizzazione degli ITS e il 30% alla realizzazione dei percorsi di IFTS. Tuttavia, lo stesso DPCM ha disposto che per il triennio 2007-2009 le risorse destinate alla istituzione degli ITS sono determinate nel 50% delle risorse stanziate. Tale previsione è stata poi prorogata fino al 31.12.2010 – nel limite di spesa di 10 milioni di euro – dall’art. 7, co. 5-quater, del D.L. 194/2009.

Da ultimo, in base alla modifica all’art. 1, co. 875, della L. 296/2006 recata dal D.L. 95/2012, al Fondo confluisce, per essere destinata agli ITS, quota parte, pari a 14 milioni di euro, dell’autorizzazione di spesa di cui all’art. 1, co. 634, della stessa L. 296/2006 (che è finalizzata anche alla riorganizzazione dell’Istruzione e formazione tecnica superiore), mentre non confluiscono più le risorse previste sul Fondo per l’offerta formativa di cui alla L. 440/1997 (in parte finalizzate anche alla formazione post-secondaria non universitaria).

Rimangono in ogni caso iscritte al Fondo le risorse assegnate dal CIPE, per quanto riguarda le aree sottoutilizzate, per progetti finalizzati alla realizzazione dell’istruzione e formazione tecnica superiore, con l’obiettivo di migliorare l’occupabilità dei giovani che hanno concluso il secondo ciclo di istruzione e formazione.

 



Dossier pubblicati

Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo - D.L. 5/2012 - A.C. 4940-A - Schede di lettura (art. 52 Misure di semplificazione e promozione dell'istruzione tecnico-professionale e degli istituti tecnici superiori - ITS) (9 marzo 2012)

Proroga di termini previsti da disposizioni legislative - D.L. 194/2009 - A.C. 3210 - Schede di lettura (art. 7, comma 5-quater Istituti tecnici superiori) (17 febbraio 2010)



Documenti e risorse web

Gli Istituti tecnici superiori

Primo rapporto sull’attività realizzata dagli istituti scolastici nell’applicazione delle Linee guida per il primo biennio degli Istituti tecnici e professionali per l’a.s. 2010/2011. L’attività è stata monitorata da Ansas - Indire su incarico MIUR

Approfondimento: Gli interventi normativi in materia di dotazioni organiche della scuola nella XVI legislatura



Le previsioni generali per il ridimensionamento delle dotazioni organiche

L’art. 64 del decreto-legge 112/2008 (L. 133/2008) - facendo seguito ad analoghi interventi degli anni precedenti (in particolare, art. 1, co. 605-620, della L. 296/2006) - ha previsto:

Inoltre, ha disposto, fra l’altro, la revisione dei criteri per la determinazione delle dotazioni organiche del personale docente e ATA.

La relazione tecnica al D.L. stimava la riduzione del numero di docenti in 87.341 unità (con una riduzione di 42.105 unità nell’a.s. 2009/2010, di 25.560 unità nell’a.s. 2010/2011 e di 19.676 unità nell’a.s. 2011/2012) e quella del personale ATA in 42.500 unità (con una riduzione di 14.166 unità in ciascun anno del triennio).

Il piano programmatico conseguentemente presentato dal Governo (Atto n. 36) ha poi indicato le misure attraverso le quali si sarebbe concretizzata la riduzione del personale docente, fra le quali il ricorso ai criteri di flessibilità nell’utilizzo, la riconduzione a 18 ore di tutte le cattedre di scuola secondaria di I e II grado, il superamento delle attività di codocenza, la ridefinizione dell’organico dei docenti impegnati nei corsi di istruzione per gli adulti con riferimento alla serie storica degli alunni scrutinati e non di quelli iscritti, il sostegno allo sviluppo di sistemi di istruzione a distanza, la graduale, piena, attuazione della disciplina di cui all’art. 2, co. 413, della L. 244/2007, relativa alla determinazione dei posti di sostegno per gli alunni disabili, la formazione dei docenti che non avevano ancora il titolo per poter insegnare inglese nella scuola primaria, l’attivazione di corsi di riconversione professionale per i docenti facenti parte delle classi di concorso in esubero, nonché l’attivazione di corsi per altri docenti, finalizzati all’inserimento in classi di concorso più ampie, la revisione degli istituti giuridici relativi a comandi, collocamenti fuori ruolo, utilizzazioni, al fine di ridurre l’incidenza della spesa rappresentata dal pagamento dei supplenti in sostituzione.

Gran parte di queste previsioni sono state declinate nel D.P.R. 81/2009, emanato sulla base dell’art. 64 del D.L. 112/2008 (v. in particolare: art. 7 - formazione delle classi e dei corsi per l’istruzione degli adulti; art. 10 - insegnamento della lingua inglese nella scuola primaria; art. 15 - organizzazione per moduli flessibili dell’attività didattica nelle sezioni di scuola media funzionanti in situazioni di particolare isolamento; art. 18 - costituzione di classi di educazione fisica negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado; art. 19 - riconduzione a 18 ore settimanali delle cattedre di scuola secondaria di primo e di secondo grado; art. 23 - modalità di utilizzo del personale docente in esubero. Quest’ultima materia è stata, peraltro, in seguito ridisciplinata dall’art. 14, co. 17-20 e co. 21, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012).

In materia di comandi sono, invece, intervenuti, l’art. 4, co. 68, della L. 183/2011 – che ha ridotto da 500 a 300 unità il contingente di docenti e dirigenti scolastici di cui l’amministrazione scolastica centrale e periferica può avvalersi per compiti connessi con l’attuazione dell’autonomia scolastica – e l’art. 1, co. 57-59, della L. 228/2012, che ha ulteriormente ridotto tale contingente a 150 unità e ha disposto la riduzione da 100 a 50 unità del contingente da destinare alle associazioni professionali del personale direttivo e docente e agli enti cooperativi da esse promossi, nonché agli enti che operano nel campo della formazione e della ricerca educativa e didattica, facendo salvi i provvedimenti di collocamento fuori ruolo già adottati per l’a.s. 2012/2013.

Quanto al personale ATA, il piano programmatico ha disposto che la riduzione del 17% sarebbe stata attuata mediante la revisione delle tabelle relative alla determinazione dell’organico dei vari profili professionali e ha previsto la promozione di iniziative di qualificazione professionale, procedendo anche alla costituzione dell’organico dell’area C, riferito alla figura dei coordinatori amministrativi o tecnici.

 Gli organici del personale docente per i tre anni scolastici interessati dalla riduzione prevista dall’art. 64 del D.L. 112/2008, ossia 2009/2010, 2010/2011, 2011/2012, sono stati definiti - da ultimo - con D.I. 98, 99 e 100 del 2011, pubblicati nel S.O. n. 21 della GU del 27 gennaio 2012. In base agli stessi D.I., le riduzioni di posti complessive (escluso il sostegno) sono state pari a 42.104 nell’a.s. 2009/2010, 25.617 nell’a.s. 2010/2011, 19.699 nell’a.s. 2011/2012.

 L’art. 19, co. 7, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011) ha, poi, disposto un consolidamento delle riduzioni complessive di personale scolastico, stabilendo che, a decorrere dall'a.s. 2012/2013, le dotazioni organiche del personale docente, educativo ed ATA non devono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche dello stesso personale determinata nell'a.s. 2011/2012.

Per l’a.s. 2011-2012, il D.I. 100/2011 ha indicato la consistenza degli organici di personale docente in 81.216 unità per la scuola dell’infanzia, 198.339 unità per la scuola primaria, 132.192 unità per la scuola secondaria di primo grado, 189.073 unità per la scuola secondaria di secondo grado (per un totale di 600.820 unità), 90.469 unità (in organico di fatto) per i posti di sostegno.

Per l’a.s. 2012-2013, il D.I. 75 del 22 agosto 2012, pubblicato nella GU n. 276 del 26 novembre 2012, richiamato in premessa quanto previsto dall’art. 19, co. 7, del D.L. 98/2011, indica la consistenza organica complessiva del personale docente in 600.839 unità, indicandola quale “identica” a quella relativa all’a.s. 2011/2012.

Per quanto concerne il personale ATA, la dotazione organica complessiva relativa all’a.s. 2011-2012 fissata dal D.I. 29 luglio 2011, pubblicato nella GU n. 239 del 13 ottobre 2011, è stata pari a 207.123 unità, comprensive dei posti da accantonare a seguito della terziarizzazione dei servizi, quantificati in 11.857 unità.

Per l’a.s. 2012-2013, il MIUR ha trasmesso lo schema di D.I. con nota prot. 5060 del 3 luglio 2012, nella quale si fa presente che la consistenza dell’organico di tutti i profili professionali è mantenuta immutata a livello nazionale, fatta eccezione per il decremento (pari a 2.234 unità) di quella relativa ai direttori dei servizi generali e amministrativi, in applicazione dell’art. 4, co. 70, della legge di stabilità 2012. Infatti, l’art. 4, co. 70, della L. 183/2011 ha disposto che, a decorrere dall’a.s. 2012/2013, alle istituzioni scolastiche con meno di 600 studenti, ridotto fino a 400 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, non può essere assegnato in via esclusiva un posto di direttore dei servizi generali ed amministrativi e stabilendo, dunque, che il posto è assegnato in comune con altre istituzioni scolastiche individuate fra quelle nella medesima situazione.

 Da ultimo, l’art. 50 del D.L. 5/2012 (L. 35/2012) ha previsto l’adozione con decreto interministeriale di linee guida (il decreto sarebbe dovuto intervenire entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione), in particolare stabilendo:

La relazione tecnica qualificava l’organico dell’autonomia come “dotazione di personale docente, educativo ed ATA che consenta alle istituzioni scolastiche di far fronte a tutte le esigenze derivanti sia dall’organizzazione delle attività didattiche ordinarie, sia dalle situazioni di fatto che, all’avvio o nel corso dell’anno scolastico, determinino scostamenti dalle previsioni iniziali (variazione di alunni rispetto al valore stimato prima delle iscrizioni, aumento delle certificazioni mediche per il sostegno o assenze brevi e temporanee dei docenti, fenomeni di dispersione scolastica, etc.)”;

Il decreto per la determinazione degli organici per gli a.s. 2013-2014, 2014-2015, 2015-2016 doveva essere adottato entro 120 giorni dall’entrata in vigore del DDL di conversione.

In materia, è opportuno ricordare che è stato previsto il passaggio nei ruoli ATA di personale docente dichiarato permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti, e di personale docente appartenente ad alcune classi di concorso (si vedano art. 19, co. 12-15, del D.L. 98/2011 e art. 14, co. 13-15, del D.L. 95/2012). Ulteriori disposizioni per l’accantonamento di posti di assistente tecnico sono state recate dall’art. 4, co. 81, della L. 183/2011.



I criteri per la definizione delle dotazioni organiche

Preliminarmente, si evidenzia che l’art. 19, co. 10, del D.L. 98/2011, recante interpretazione autentica dell'art. 22, co. 2, della L. 448/2001 (L. finanziaria 2002), ha disposto che il parere delle competenti Commissioni parlamentari deve essere acquisito ogni volta che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, modifica i parametri per la determinazione della consistenza complessiva degli organici del personale docente ed ATA.

Per completezza si evidenzia, peraltro, che l’art. 22, co. 2, della L. 448/2001 riguarda esclusivamente il personale docente.



Criteri per la definizione delle dotazioni organiche del personale docente (esclusi gli insegnanti di sostegno)

 I criteri per la determinazione delle dotazioni organiche del personale docente sono attualmente recati dal D.P.R. 81/2009.

 In particolare, l’art. 2 prevede che le dotazioni organiche complessive sono definite annualmente sia a livello nazionale che per ambiti regionali (in questo secondo caso sentita la Conferenza unificata, anche ai fini della distribuzione) tenuto conto degli assetti ordinamentali, dei piani di studio e delle consistenze orarie previsti dalle norme in vigore, nonché dei criteri da esso recati, in base: a) alla previsione dell'entità e della composizione della popolazione scolastica e con riguardo alle esigenze degli alunni disabili e degli alunni di cittadinanza non italiana; b) al grado di densità demografica delle province di ogni regione e della distribuzione della popolazione tra i comuni di ogni circoscrizione provinciale; c) alle caratteristiche geo-morfologiche e alle condizioni socio-economiche e di disagio delle diverse realtà territoriali; d) all'articolazione dell'offerta formativa; e) alla distribuzione degli alunni nelle classi sulla base di un incremento del rapporto medio, a livello nazionale, alunni/classe di 0,40 da realizzare nel triennio 2009-2011; f) alle caratteristiche dell'edilizia scolastica.

Sotto quest’ultimo profilo, il DPR ha previsto, in particolare, che:

Inoltre, l’art. 8 ha disposto che nelle scuole di determinate realtà (piccole isole, comuni montani, zone abitate da minoranze linguistiche, aree a rischio di devianza minorile o con rilevante presenza di alunni con particolari difficoltà di apprendimento e di scolarizzazione), possono essere costituite classi uniche per anno di corso e indirizzo di studi, con un numero di alunni inferiore a quello minimo previsto per la scuola primaria e la scuola secondaria di primo e di secondo grado. Inoltre, l’art. 11 del D.L. 179/2012 (L. 221/2012) ha previsto che, nelle stesse realtà, possono essere istituiti centri scolastici digitali.

 Sempre l’art. 2 del D.P.R. 81/2009 ha disposto che le dotazioni dell'istruzione secondaria di I e II grado sono, inoltre, determinate con riguardo alle diverse discipline ed attività contenute nei curricoli delle singole istituzioni.

Ha, altresì, disposto che i dirigenti preposti agli uffici scolastici regionali provvedono alla ripartizione delle consistenze organiche a livello provinciale. L'assegnazione delle risorse è effettuata con riguardo alle specifiche esigenze ed alle diverse tipologie e condizioni di funzionamento delle istituzioni scolastiche (tenendo conto delle condizioni di disagio legate a specifiche situazioni locali, con particolare riguardo ai comuni montani e alle piccole isole, nonché alle aree che presentano elevati tassi di dispersione e di abbandono), nonché alle possibilità di impiego flessibile delle stesse risorse, in coerenza con quanto previsto dal D.P.R. 275/1999.



Criteri per la definizione delle dotazioni organiche di sostegno

In materia di organico di sostegno, l’art. 5 del D.P.R. 81/2009 aveva disposto che le dotazioni organiche complessive dei posti di sostegno restavano definite ai sensi dell'art. 2, co. 413 e 414, della L. 244/2007.

Il co. 413 della L. 244/2007 ha fatto salvo l’art. 1, co. 605, lett. b), della L. finanziaria 2007, che ha disposto la modifica del rapporto docenti di sostegno/alunni - definito dall’art. 40, co. 3, della L. 449/1997 in ragione di uno ogni 138 alunni frequentanti le scuole della provincia – procedendo all’individuazione di organici corrispondenti alle effettive esigenze. Ha disposto, inoltre, che il numero dei posti dei docenti di sostegno attivabili a decorrere dall’a.s. 2008-2009 non deve superare il 25% del numero di sezioni e classi dell’organico di diritto dell’a.s. 2006-2007, mediante criteri definiti con D.I. Il co. 414 ha disposto la progressiva rideterminazione della dotazione organica di diritto dei docenti di sostegno nel triennio 2008-2010, fino al raggiungimento del 70% del numero dei posti di sostegno attivati nell’a.s. 2006-2007. Ha modificato, inoltre, l’art. 40, co. 1, della L. 449/1997, sopprimendo la previsione di nomina di docenti di sostegno con contratto a tempo determinato, in deroga al rapporto alunni-docenti.

In seguito, con sentenza n. 80/2010, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del co. 413 citato nella parte in cui ha fissato un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno, e del co. 414 nella parte in cui ha escluso la possibilità di assumere insegnanti di sostegno in deroga.

A seguire, l’art. 19, co. 11, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011) ha disposto che l’organico dei posti di sostegno è determinato applicando quanto previsto dall’art. 2, co. 413 e 414, della L. 244/2007, ma con possibilità di istituire posti in deroga in relazione a situazioni di particolare gravità, e che è assegnato complessivamente alla scuola o alle reti di scuole appositamente costituite, considerando un docente ogni due alunni disabili. Ha, altresì, disposto che l’azione didattica e di integrazione degli alunni disabili è assicurata sia dai docenti di sostegno che dai docenti di classe.

Il D.I. n. 75 del 22 agosto 2012 indica la consistenza dell’organico di fatto degli insegnanti di sostegno per l’a.s. 2012/2013 in 90.469 unità - salve le deroghe da autorizzare - identica a quella fissata per l’a.s. 2011/2012 e, già prima, per l’a.s. 2010/2011.







Criteri per la determinazione delle dotazioni organiche del personale ATA

Per quanto concerne le dotazioni organiche del personale ATA, l’art. 1 del D.P.R. 119/2009 ha disposto che la consistenza numerica complessiva è definita a livello nazionale in base ai criteri da esso previsti e secondo i parametri di calcolo previsti dalle annesse tabelle 1, 2, 3/A, 3/B e 3/C.

L’art. 2 ha disposto che la consistenza numerica complessiva dei posti definita a livello nazionale è ripartita in dotazioni organiche regionali, sentita la Conferenza unificata, con riguardo alle specificità degli ambiti territoriali interessati, alle peculiarità strutturali, organizzative e operative delle istituzioni scolastiche, alle diversità conseguenti alle situazioni ambientali e socio-economiche, alle funzioni ed ai compiti previsti per i profili professionali del personale. Nella ripartizione si tiene conto altresì, in relazione ai diversi contesti territoriali, dei fenomeni migratori, dei piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, delle condizioni logistico-strutturali, delle distanze e dei collegamenti tra le istituzioni scolastiche situate nei comuni montani e nelle piccole isole.

Il dirigente regionale provvede alla ripartizione della dotazione organica regionale in dotazioni organiche provinciali. Inoltre, nel limite della dotazione organica regionale, determina le dotazioni organiche di istituto.

L’art. 4 ha disposto che nelle istituzioni scolastiche in cui i compiti del profilo di collaboratore scolastico sono assicurati, in tutto o in parte, da personale esterno all'amministrazione, è indisponibile, a qualsiasi titolo, il 25% dei posti del corrispondente profilo professionale. Ha disposto, inoltre, che il dirigente regionale può promuovere intese finalizzate al più efficace ed efficiente utilizzo del personale già addetto ai lavori socialmente utili, attualmente impegnato nelle istituzioni scolastiche in compiti di carattere amministrativo e tecnico, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, con conseguente accantonamento di un numero di posti della dotazione organica del profilo di appartenenza, corrispondente al 50%.



Dirigenti scolastici

L’art. 19, co. 5, del D.L. 98/2011 ha previsto che la direzione delle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 500 unità, ridotto fino a 300 per specifici contesti (istituzioni site in piccole isole, comuni montani, aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche) è assegnata in reggenza a dirigenti scolastici già titolari di incarico per altri istituti.

In seguito, l’art. 4, co. 69, della L. 183/2011 ha innalzato da 500 a 600 (e da 300 a 400 per i contesti specifici) il numero di alunni al di sotto del quale la direzione è affidata in reggenza.

L’art. 14, co. 16, del D.L. 95/2012, con norma di interpretazione autentica, ha poi disposto che per "aree geografiche caratterizzate da specificità linguistica", ai fini dell'applicazione dei parametri per l'assegnazione dei dirigenti scolastici, si intendono quelle nelle quali sono presenti minoranze di lingua madre straniera (e non quelle in cui vi sono minoranze linguistiche riconosciute ex L. 482/1999)

I criteri per l’applicazione di tali previsioni per l’a.s. 2012/2013 sono stati indicati con Nota prot. n. 4488 del 13 giugno 2012.



Piano di assunzioni di personale docente e ATA 2011-2013 e nuovo reclutamento di personale docente

L’art. 9, co. 17, del D.L. 70/2011 (L. 106/2011) - anche in tal caso facendo seguito ad analoghi interventi degli anni precedenti (in particolare, art. 1, co. 605, lett. c), della L. 296/2006) - ha disposto che, all’esito di una sessione negoziale concernente interventi in materia contrattuale per il personale della scuola, con decreto interministeriale sarebbe stato definito un piano triennale per l’assunzione a tempo indeterminato di personale docente, educativo e ATA per gli anni 2011-2013, sulla base dei posti vacanti e disponibili in ciascun anno e nel rispetto degli obiettivi programmati di finanza pubblica, stabilendo, altresì, che ogni anno si doveva procedere alla verifica del piano ai fini di eventuali rimodulazioni.

La programmazione triennale delle assunzioni è stata effettuata con DM 3 agosto 2011, pubblicato nella GU n. 250 del 26/10/2011: per l’a.s. 2011/2012 è stata prevista l’assunzione di 30.300 unità di personale docente ed educativo, di cui 10.000 a completamento della richiesta di assunzioni effettuata per l'a.s. 2010/2011, con retrodatazione giuridica al medesimo anno e utilizzando per le assunzioni le graduatorie ad esaurimento vigenti nell'anno 2010/2011, e 36.000 unità di personale ATA; per ciascuno degli a.s. 2012/2013 e 2013/2014 è stata prevista l'assunzione di un numero massimo, rispettivamente, di 22.000 docenti e di 7.000 unità ATA, in ogni caso previa verifica circa la concreta fattibilità del piano. Con DM 10 agosto 2012, n. 74, è stata prevista l’assunzione a tempo indeterminato di 21.112 unità di personale docente ed educativo per l’a.s. 2012/2013.

Con bando di concorso, per titoli ed esami, pubblicato nella GU n. 75 del 25.09.2012, è stato, infine, avviato il reclutamento, su base regionale, di 11.542 docenti nelle scuole dell'infanzia, primaria, secondaria di I e II grado, autorizzato con DPCM 12 settembre 2012 (GU n. 247 del 22 ottobre 2012). Il bando si riferisce ai posti risultanti vacanti e disponibili negli a.s. 2013/2014 e 2014/2015.

Approfondimento: La rete scolastica

 



Il quadro normativo vigente all'avvio della XVI legislatura

Gli articoli 137 e 138, co. 1, lett. b), del d.lgs. n. 112/1998 hanno, rispettivamente, confermato l’attribuzione allo Stato delle funzioni concernenti i criteri e i parametri per l'organizzazione della rete scolastica, previo parere della Conferenza unificata, e delegato alle regioni le funzioni amministrative relative alla programmazione della medesima rete, sulla base dei piani provinciali.

Subito dopo, il D.P.R. 233/1998, recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche, ha disposto, all’art. 2, che l’autonomia amministrativa, organizzativa, didattica, nonché di ricerca e progettazione educativa, è riconosciuta alle istituzioni scolastiche che raggiungono le dimensioni idonee a garantire l’equilibrio ottimale fra domanda di istruzione e organizzazione dell’offerta formativa, prevedendo, a tal fine, la definizione dei piani provinciali di dimensionamento.

In particolare, ha stabilito che, per acquisire o mantenere la personalità giuridica, gli istituti devono avere, di norma, una popolazione, consolidata e prevedibilmente stabile per almeno un quinquennio, compresa fra 500 e 900 unità, con alcune deroghe (in particolare, nelle piccole isole, nei comuni montani, nonché nelle aree geografiche contraddistinte da specificità etniche o linguistiche, gli indici di riferimento possono essere ridotti fino a 300 alunni per gli istituti comprensivi di scuola materna, elementare e media, o per gli istituti di istruzione secondaria superiore che comprendono corsi o sezioni di diverso ordine o tipo). Per agevolare il conseguimento dell’autonomia, ha altresì previsto, per le scuole che non raggiungono gli indici di riferimento, l’unificazione orizzontale con le scuole dello stesso grado comprese nel medesimo ambito territoriale, ovvero l’unificazione verticale in istituti comprensivi.

In base all’art. 3 del medesimo DPR - del quale poi è stata prevista l’abrogazione nei termini che si diranno - i piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche sono definiti in conferenze provinciali di organizzazione della rete scolastica, nel rispetto degli indirizzi di programmazione e dei criteri generali preventivamente adottati dalle regioni. Le regioni approvano il piano regionale di dimensionamento, sulla base dei piani provinciali.

Ai sensi dell’art. 4, infine, agli enti locali è attribuita la competenza in materia di soppressione, istituzione, trasferimento di sedi, plessi, unità delle istituzioni scolastiche che abbiano ottenuto l’autonomia. Tale competenza è esercitata su proposta e, comunque, previa intesa, con le istituzioni scolastiche interessate.



Gli interventi normativi e le vicende che si sono sviluppati nella XVI legislatura

L’art. 64, co. 4, lett. f-bis) ed f-ter), del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) ha previsto la definizione di criteri, tempi e modalità per l’azione di ridimensionamento della rete scolastica e la possibilità che lo Stato, le regioni e gli enti locali prevedano misure finalizzate a ridurre il disagio degli utenti nel caso di chiusura o accorpamento di istituti scolastici localizzati nei piccoli comuni.

Il piano programmatico conseguentemente presentato dal Governo (Atto n. 36), precisando che sarebbero stati individuati parametri e criteri per il dimensionamento e per l’individuazione dei punti di erogazione del servizio, che le regioni dovevano tenere presente nell’esercitare la loro competenza in materia di programmazione della rete scolastica, ha motivato l’intervento facendo riferimento allo scostamento che si è registrato, negli anni, fra numero di alunni previsto perché alla scuola potesse essere riconosciuta l’autonomia e numero di alunni effettivo.

Complessivamente, il piano stimava che una percentuale di istituzioni scolastiche compresa fra il minimo certo del 15% e il massimo probabile del 20% non fosse legittimata a funzionare come istituzione autonoma. Quanto al numero degli alunni, evidenziava che, su poco più di 28.000 punti di erogazione del servizio, il 15% aveva meno di 50 alunni e un altro 21% aveva meno di 100 alunni.

Nel frattempo, l’art. 3 del D.L. 154/2008 (L. 189/2008) aveva previsto che i piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche dovevano essere ultimati dalle regioni e dagli enti locali competenti entro il 30 novembre di ogni anno. In caso di inadempienza, disponeva l’attivazione del potere di diffida ad adottare gli atti necessari entro 15 giorni dalla scadenza del termine e, in caso di inutile decorso del termine, la nomina di un commissario ad acta, con addebito alle regioni e agli enti locali delle eventuali, relative, spese.

Durante l’esame parlamentare, tuttavia, l’art. 3 indicato è stato modificato, prevedendo che per l'a.s. 2009/2010 le regioni e gli enti locali dovevano assicurare il dimensionamento delle istituzioni scolastiche nel rispetto dei parametri fissati dall'art. 2 del D.P.R. 233/1998 e che per tale a.s. la consistenza numerica dei punti di erogazione dei servizi scolastici non doveva superare quella relativa all’a.s. 2008/2009.

Per gli a.s. 2010/2011 e 2011/2012, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, dovevano promuovere, entro il 15 giugno 2009, la stipula di un'intesa in sede di Conferenza unificata per disciplinare l'attività di dimensionamento della rete scolastica, con particolare riferimento ai punti di erogazione del servizio scolastico. In particolare, l’intesa doveva prevedere appositi protocolli d'intesa tra le regioni e gli uffici scolastici regionali.

A sua volta, l’art. 1 del D.P.R. n. 81/2009 - adottato sulla base dell’art. 64 del D.L. 112/2008 -, ha disposto che alla definizione dei criteri e dei parametri per il dimensionamento della rete scolastica e per la riorganizzazione dei punti di erogazione del servizio scolastico si provvedesse con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata, rimanendo ferma, fino alla data di entrata in vigore dello stesso, la normativa previgente. L'art. 24 dello stesso DPR ha quindi disposto l’abrogazione dell’art. 3 del D.P.R. 233/1998 con decorrenza dall'adozione del decreto interministeriale.

Il percorso in Conferenza unificata si è peraltro interrotto (come riferito dal Governo il 6 settembre 2011, in risposta all’interrogazione 4-11383) a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 200/2009, che ha confermato l’esclusiva competenza delle regioni in materia di determinazione della rete scolastica, disponendo l’illegittimità costituzionale delle disposizioni recate dalle lett. f-bis) ed f-ter) del co. 4 dell’art. 64 del D.L. 112/2008 e ribadendo che, dunque, tale materia non può formare oggetto di disciplina regolamentare da parte dello Stato.

In particolare, con riferimento alla lett. f-bis) del co. 4 dell’art. 64 del D.L. 112/2008, la Corte ha evidenziato che, alla luce del fatto che già la normativa antecedente alla riforma del Titolo V della parte II della Costituzione prevedeva la competenza regionale in materia di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, “è da escludersi che il legislatore costituzionale del 2001 abbia voluto spogliare le Regioni di una funzione che era già ad esse conferita sia pure soltanto sul piano meramente amministrativo”. “Ed in effetti, se si ha riguardo all'obiettivo perseguito dalla disposizione in esame, si deve constatare che la preordinazione dei criteri volti alla attuazione di tale dimensionamento ha una diretta ed immediata incidenza su situazioni strettamente legate alle varie realtà territoriali ed alle connesse esigenze socio-economiche di ciascun territorio, che ben possono e devono essere apprezzate in sede regionale”. La Corte ha altresì rilevato che “non è senza significato che il comma 4-quater dello stesso art. 64, introdotto dall'art. 3, comma 1, del successivo decreto-legge n. 154 del 2008, come convertito nella legge n. 189 del 2008, abbia previsto – in sostanziale discontinuità con quanto contenuto nella disposizione censurata – che le Regioni e gli enti locali, «nell'ambito delle rispettive competenze (…) assicurano il dimensionamento delle istituzioni scolastiche»â€ť.

Analoghe considerazioni la Corte ha svolto per la lettera f-ter) del co. 4 dell’art. 64 del D.L. 112/2008, rilevando che la stessa “opera una estensione allo Stato di una facoltà di esclusiva pertinenza delle Regioni, mediante l'attribuzione allo stesso di un compito che non gli compete, in quanto quello della chiusura o dell'accorpamento degli istituti scolastici nei piccoli Comuni costituisce un ambito di sicura competenza regionale proprio perché strettamente legato alle singole realtà locali, il cui apprezzamento è demandato agli organi regionali”.

Nel prosieguo, la Corte ha censurato ulteriori disposizioni ritenute attinenti al dimensionamento della rete scolastica.

In particolare, con sentenza n. 92/2011, ha annullato i co. 4 e 6 dell’art. 2 del D.P.R. 89/2009 – adottato sulla base dell’art. 64 del D.L. 112/2008 – i quali disponevano, rispettivamente, con riferimento alla scuola dell’infanzia:

Al riguardo, la Corte ha evidenziato che non spettava allo Stato disciplinare l’istituzione di nuove scuole dell’infanzia e di nuove sezioni della scuola dell’infanzia, nonché la composizione di queste ultime.

In particolare, con riferimento al co. 4 dell’art. 2 del D.P.R. 89/2009, la Corte ha rilevato che “la istituzione di nuove scuole e di nuove sezioni nelle scuole dell’infanzia già esistenti, attiene, in maniera diretta, al dimensionamento della rete scolastica sul territorio”, mentre, con riferimento al co. 6, ha rilevato che “Le misure previste dal comma in questione del suddetto regolamento sono chiaramente volte ad eliminare o ridurre il disagio dell’utenza del servizio scolastico” nelle realtà indicate. “È, dunque, del tutto ovvio che spetta alle Regioni, nell’esercizio della loro competenza legislativa concorrente in materia di istruzione pubblica, non disgiunta (è bene aggiungere) da rilevanti aspetti di competenza regionale, di carattere esclusivo, in tema di servizi sociali, l’adozione di misure volte alla riduzione del disagio di tali particolari utenti del servizio scolastico”.

Con sentenza 147/2012, la Corte ha poi sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, co. 4, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011) che aveva disposto che, dall’a.s. 2011/2012, le scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado fossero aggregate in istituti scolastici comprensivi, con conseguente soppressione delle corrispondenti istituzioni scolastiche autonome e che, per il conseguimento dell’autonomia scolastica, i citati istituti comprensivi dovessero avere un numero minimo di 1000 alunni, ridotti a 500 per le scuole collocate in piccole isole, comuni montani e aree geografiche con specifiche caratteristiche linguistiche.

In particolare, la Corte ha rilevato che “è indubbio che la disposizione in esame incide direttamente sulla rete scolastica e sul dimensionamento degli istituti”. “Il carattere di intervento di dettaglio nel dimensionamento della rete scolastica emerge, con ancor maggiore evidenza, dalla seconda parte del comma 4, relativa alla soglia minima di alunni che gli istituti comprensivi devono raggiungere per ottenere l’autonomia: in tal modo lo Stato stabilisce alcune soglie rigide le quali escludono in toto le Regioni da qualsiasi possibilità di decisione, imponendo un dato numerico preciso sul quale le Regioni non possono in alcun modo interloquire”.

Inoltre, la Corte ha evidenziato che â€śÈ indubbio che competa allo Stato la definizione dei requisiti che connotano l’autonomia scolastica, ma questi riguardano il grado della loro autonomia rispetto alle amministrazioni, statale e regionale, nonché le modalità che la regolano, ma certamente non il dimensionamento e la rete scolastica, riservato alle Regioni nell’ambito della competenza concorrente”.

A seguito della sentenza 147/2012, la 7a Commissione del Senato il 10 luglio 2012 ha approvato la risoluzione Doc. VII-bis, n. 1, impegnando il Governo “a rispettare le specificità regionali, stabilendo parametri da considerare come media regionale; in particolare, si sottolinea la necessità di individuare un parametro che consenta di determinare il contingente di dirigenti scolastici da assegnare a ciascuna Regione nell'ambito del quale ciascuna possa compiere le scelte più adatte al proprio territorio. Esso deve essere basato, da un lato, sul numero di alunni di ciascuna Regione e, dall'altro, sull'esigenza di contenimento della spesa pubblica, tenendo in debito conto anche le caratteristiche dei territori, al fine di permettere alle amministrazioni regionali di definire la propria rete scolastica autonomamente, senza dover rispettare un numero di alunni uguale per tutte le scuole, dimensionando queste ultime a seconda delle diverse realtà territoriali. Alla luce della normativa vigente, si suggerisce ad esempio un parametro medio regionale non superiore a 900 alunni”.

Alla Camera, invece, rispondendo all’interrogazione in Commissione 5-07243 il 4 luglio 2012, il Governo ha evidenziato che “tenuto conto delle argomentazioni svolte dalla Corte nella sentenza n. 147 del 2012, la strada per la corretta attuazione della suddetta pronuncia può individuarsi nella costituzione di un tavolo di concertazione con la Conferenza unificata, nell'ambito del quale dovranno essere individuate le soluzioni più appropriate alla questione in argomento. A tal fine, il Ministero sta elaborando un parametro che consenta di determinare il contingente di dirigenti scolastici da assegnare a ciascuna regione e tale parametro dovrà rispondere a due criteri fondamentali: il numero di alunni di ciascuna regione ed il contenimento della spesa pubblica, già raccomandato in sede di accertato mancato raggiungimento degli obiettivi previsti dall'articolo 64.

L'assegnazione di un contingente di dirigenti scolastici consentirà alla regione di definire la propria rete scolastica prescindendo da un numero fisso di alunni, minimo o massimo, per ciascuna istituzione scolastica e definendo il dimensionamento delle stesse a seconda delle esigenze legate alle varie realtà territoriali, con particolare riferimento alle scuole di montagna e delle piccole isole”.

Approfondimento: La valutazione degli studenti



Premessa

Per gli studenti dei diversi ordini di scuola è prevista una valutazione periodica e una valutazione finale, riferite sia ai livelli di apprendimento acquisiti, sia al comportamento.

Le ultime novità in materia sono state introdotte con gli articoli 2 e 3 del D.L. 137/2008 che hanno previsto, rispettivamente, la reintroduzione del “voto in condotta” nella scuola secondaria di primo e di secondo grado e la valutazione in decimi del rendimento nella scuola primaria e secondaria di primo grado.

Le disposizioni in materia di valutazione degli studenti sono state coordinate, come previsto dallo stesso D.L. 137/2008, con il D.P.R. 122/2009 che, in relazione alla ridefinizione degli assetti del sistema scolastico derivanti dall’art. 64 del D.L. 112/2008, potrà essere oggetto di modifiche ed integrazioni (art. 14, co. 8).

Il regolamento era stato preceduto dal decreto ministeriale 16 gennaio 2009, n. 5 (poi abrogato dal D.P.R. 122/2009) - che aveva definito le modalità applicative dell’art. 2 del D.L. 137/2008 e aveva esplicitato le finalità della valutazione del comportamento, nonché indicato i criteri per l’attribuzione di una valutazione insufficiente - e da due circolari ministeriali (Circolari n. 10 del 23 gennaio 2009 e n. 50 del 20 maggio 2009).

Successivamente al D.P.R. 122/2009 è, invece, intervenuto il DM 16 dicembre 2009, n. 99 in materia di criteri per l’attribuzione della lode nei corsi di studio di istruzione secondaria superiore e tabelle di attribuzione del credito scolastico.

Annualmente, inoltre, il MIUR fornisce indicazioni operative per la valutazione (con riferimento agli a.s. dal 2010/2011 al 2012/2013 sono intervenute, tra le altre, la nota del 9 novembre 2010 e le circolari n. 94 del 18 ottobre 2011 e n. 89 del 18 ottobre 2012).

 A decorrere dall’a.s. 2012-2013, la pagella in cui e' espressa la valutazione degli studenti e' redatta in forma elettronica (art. 7, co. 29, D.L. 95/2012).



La valutazione del rendimento scolastico nel primo ciclo

In base all’art. 3 del D.L. 137/2008 e agli artt. 2 e 3 del D.P.R. 122/2009:

In entrambi gli ordini di scuola, fa eccezione la valutazione dell’insegnamento della religione cattolica, che è espressa senza voto (art. 2, co. 4, D.P.R. 122/2009 e art. 309, co. 4, d.lgs. 297/1994).

Nella scuola primaria, i docenti possono non ammettere l’alunno alle classi successive con decisione all’unanimità e solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione.

Nella scuola secondaria di primo grado, invece, è ammesso all’anno successivo o all’esame a conclusione del ciclo lo studente che ha ottenuto, con decisione assunta a maggioranza dal consiglio di classe, almeno sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline (nonché un voto di comportamento non inferiore a sei decimi; è, altresì, richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell'orario annuale, salvo deroghe in casi eccezionali, deliberate dal collegio dei docenti a condizione che le assenze complessive non pregiudichino la possibilità di procedere alla valutazione: art. 2, co. 10, D.P.R. 122/2009).

In entrambi gli ordini di scuola, i docenti di sostegno partecipano alla valutazione di tutti gli alunni (art. 2, co. 5, D.P.R. 122/2009).

I docenti esterni e gli esperti di cui si avvale la scuola, che svolgono attività per l’ampliamento dell’offerta formativa, compresi i docenti incaricati delle attività alternative all’insegnamento della religione cattolica, forniscono preventivamente ai docenti della classe elementi conoscitivi sull’interesse manifestato e sul profitto raggiunto da ogni alunno.

Conseguono il diploma a conclusione del primo ciclo gli studenti che ottengono una valutazione non inferiore a sei decimi.

Il voto finale è costituito dalla media dei voti in decimi ottenuti nelle singole prove scritte e orali - inclusa la prova scritta nazionale di cui all’art. 11, co. 4-ter, del d.lgs. 59/2004 - e nel giudizio di idoneità necessario per sostenere l’esame.

Ai candidati che conseguono il punteggio di dieci decimi, la Commissione può assegnare, all’unanimità, la lode.

L’esito dell’esame finale è illustrato con una certificazione analitica dei traguardi di competenza raggiunti.

All’esame sono ammessi anche i candidati privatisti che abbiano compiuto, entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento, il tredicesimo anno di età e che siano in possesso del titolo di ammissione alla prima classe della scuola secondaria di primo grado, nonché i candidati che abbiano conseguito il predetto titolo da almeno un triennio e i candidati che nell'anno in corso compiano ventitre anni di età.



La valutazione del rendimento scolastico nel secondo ciclo

Per gli studenti della scuola secondaria di secondo grado, l’art. 3 del D.L. 137/2008 non ha introdotto novità.

Le norme vigenti sono state coordinate dagli artt. 4 e 6 del D.P.R. 122/2009.

Gli apprendimenti continuano ad essere valutati in decimi (art. 193, co. 1, D.lgs. 297/1994), fatta eccezione, anche in tal caso, per la valutazione dell’insegnamento della religione cattolica.

La valutazione, periodica e finale, degli stessi apprendimenti è effettuata dal consiglio di classe, con deliberazione assunta a maggioranza.

Anche in tal caso, i docenti di sostegno partecipano alla valutazione di tutti gli alunni.

Per il personale docente esterno e gli esperti vale quanto esposto nel precedente paragrafo.

Sono ammessi alla classe successiva gli alunni che in sede di scrutinio finale hanno riportato una votazione non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline (nonché un analogo voto di comportamento: anche in tal caso, inoltre, è richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell'orario annuale, salve deroghe in casi eccezionali, deliberate alle stesse condizioni già viste per il primo ciclo: art. 14, co. 7, D.P.R. 122/2009).

Nello scrutinio finale, il consiglio di classe sospende il giudizio per gli alunni che non hanno conseguito la sufficienza in una o più discipline. A conclusione dei corsi di recupero, il consiglio di classe accerta il superamento delle carenze formative e procede alla formulazione del giudizio finale che, in caso di esito positivo, determina l’ammissione alla classe successiva.

 Gli stessi requisiti sono richiesti per l’ammissione all’esame di Stato (disciplinato dalla L. 425/1997, come modificata dalla L. 1/2007).

Per gli esami di Stato relativi all’a.s. 2008/2009, tuttavia, l’ordinanza ministeriale n. 40 dell’8 aprile 2009 (pubblicata nella GU n. 139 del 18 giugno 2009) ha ritenuto necessario che l’ammissione all’esame di Stato restasse regolata dal DM 22 maggio 2007, che richiedeva la “media del 6”.

All’esame di Stato sono ammessi anche, a domanda, i cosiddetti “ottisti”.

Si tratta di studenti che non hanno frequentato l’ultimo anno di corso, ma che nel quarto anno hanno riportato una votazione di almeno otto decimi in ogni disciplina o gruppo di discipline e nella valutazione del comportamento, nonché hanno riportato una votazione di almeno sette decimi in ogni disciplina o gruppo di discipline e di almeno otto decimi nella valutazione del comportamento negli scrutini finali del secondo e del terzo anno e non sono incorsi, negli stessi anni, in ripetenze.

Allo scrutinio finale partecipano tutti i docenti della classe, compresi gli insegnanti di educazione fisica e gli insegnanti di religione cattolica, limitatamente agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento.



La valutazione del comportamento nel primo e nel secondo ciclo

L’art. 2 del D.L. 137/2008 ha reintrodotto la valutazione del comportamento, a decorrere dall’a.s. 2008/2009, per gli studenti delle scuole secondarie di primo e di secondo grado, in sede di scrutinio intermedio e finale e con riferimento anche alle attività realizzate dalle scuole fuori della propria sede, mediante l’attribuzione di un voto espresso in decimi.

La valutazione inferiore a sei decimi comporta la non ammissione alla classe successiva o all’esame conclusivo del ciclo (al riguardo, si ricorda che il giudizio di ammissione agli esami di maturità è stato reintrodotto dalla L. 1/2007, mentre quello di ammissione dell’esame di Stato conclusivo della scuola secondaria di primo grado è stato ripristinato dall’art. 1, co. 4, del D.L. 147/2007).

Il “voto in condotta” nella scuola secondaria di secondo grado era previsto dall’art. 193, co. 1, del D.lgs. 297/1994, ai sensi del quale concorreva, insieme con il voto di profitto, a determinare l’esito dello scrutinio finale. In particolare, ai fini della promozione era necessario un voto in condotta non inferiore a otto decimi. Esso era poi stato eliminato sulla base dell’abrogazione, con effetto dal 1° settembre 2000, disposta dall’art. 17 del D.P.R. 275/1999.

Per la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, il riferimento alla valutazione del comportamento è presente negli artt. 8, co. 1, e 11, co. 1, del d.lgs. 59/2004.

Il D.P.R. 122/2009 ha precisato (art. 2, co. 8) che nella scuola primaria la valutazione del comportamento è espressa dal docente - o dai docenti contitolari della classe - attraverso un giudizio.

Nella scuola secondaria di primo grado e di secondo grado la valutazione in decimi è espressa collegialmente: in quest’ultima, inoltre, tale valutazione concorre alla determinazione dei crediti scolastici e dei punteggi utili per beneficiare degli interventi in materia di diritto allo studio.

L’art. 7 del D.P.R. 122/2009 ha ricapitolato – facendo seguito all’abrogato DM 5/2009 – le finalità della valutazione del comportamento e ha disciplinato l’attribuzione di un voto inferiore a sei decimi, che deve essere motivata.

Quest’ultimo può essere attribuito per gravi violazioni dei doveri degli studenti definiti dallo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria (D.P.R. n. 249/1998), purché prima sia stata irrogata una sanzione disciplinare.



La valutazione degli alunni disabili, degli alunni con DSA e degli alunni in ospedale

L’art. 9 del D.P.R. 122/2009 dispone che la valutazione degli alunni con disabilità certificata è riferita al comportamento e alle attività svolte sulla base del piano educativo personalizzato ed è espressa con voto in decimi.

Per l’esame conclusivo del primo ciclo sono predisposte prove d’esame differenziate - comprensive della prova a carattere nazionale -, corrispondenti agli insegnamenti impartiti, idonee a valutare il progresso dell’alunno in rapporto alle sue potenzialità e ai livelli di apprendimento iniziali.

Le prove sono sostenute con l’uso di ogni attrezzatura tecnica o sussidio didattico necessario.

Nel diploma è riportato il voto finale in decimi, senza menzionare le modalità di svolgimento e di differenziazione delle prove.

Per l’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo, sono richiamate le modalità di cui all’art. 318 del D.lgs. 297/1994 che, in particolare, prevedono prove equipollenti e tempi più lunghi per l'effettuazione delle prove scritte o grafiche e la presenza di assistenti per l'autonomia e la comunicazione.

Con riferimento agli alunni che presentano difficoltà specifiche di apprendimento adeguatamente certificate (ai sensi della L. 170/2010, si tratta di dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia), l’art. 10 del D.P.R. n. 122/2009 prevede che la valutazione e la verifica degli apprendimenti, anche in sede di esame conclusivo dei cicli, devono tenere conto delle specifiche situazioni soggettive; a tal fine, nello svolgimento dell’attività didattica e delle prove di esame devono essere adottati gli strumenti metodologico-didattici compensativi e dispensativi ritenuti più idonei.

Anche in tal caso, nel diploma finale non sono menzionate le modalità di svolgimento e di differenziazione delle prove.

Per gli alunni che frequentano per periodi rilevanti corsi di istruzione funzionanti in ospedale, l’art. 11 del D.P.R. 122/2009 dispone che i docenti che impartiscono gli insegnamenti trasmettono alla scuola elementi di conoscenza per la valutazione periodica e finale; tuttavia, se la frequenza in ospedale è prevalente rispetto a quella nella classe di appartenenza, lo scrutinio è effettuato dai docenti in ospedale, previa intesa con la scuola di riferimento. Si procede allo stesso modo quando l’alunno, ricoverato nel periodo di svolgimento degli esami conclusivi, deve sostenere le prove in ospedale.



Dossier pubblicati

Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università D.L. 137/2008 - A.C. 1634 - Schede di lettura (10/09/2012)

Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università D.L. 137/2008 - A.C. 1634 - Elementi per l'istruttoria legislativa (10/09/2012)

Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università D.L. 137/2008 - A.C. 1634 - Elementi per l'esame in Assemblea (25/09/2012)

Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università (D.L. 137/2008) - Verifica delle quantificazioni (24/09/2008)



Documenti e risorse web

Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione

MIUR - Focus in breve sull'istruzione - Aggiornamento sugli esiti degli esami di Stato della scuola secondaria di II grado - Andamento nel quinquennio 2004/2005-2008/2009 (giugno 2010)

MIUR - Comunicato stampa del 15 luglio 2010 - Presentanzione del Piano nazionale Qualità e merito

INVALSI - Rilevazioni nazionali sugli apprendimenti 2011/2012

MIUR - Servizio Statistico - Notiziario. Esiti dell’esame di Stato e degli scrutini nella scuola secondaria di I grado (settembre 2012)

MIUR - Notiziario - Esiti degli scrutini e degli Esami di Stato del secondo ciclo di istruzione (Settembre 2012)

Approfondimento: Libri di testo



La gratuità e il prezzo massimo di copertina

Con la L. n. 719/1964 si è disposta la distribuzione gratuita dei libri di testo a tutti gli alunni delle scuole elementari (ora, scuola primaria).

La norma è, in seguito, confluita nel “Testo unico della scuola” (D.lgs. n. 297/1994); quest’ultimo, nello stabilire che i libri di testo sono adottati dal collegio dei docenti, sentiti i consigli di classe, prevede, all’articolo 156, la fornitura gratuita da parte dei comuni, secondo modalità indicate dalla legge regionale.

L’art. 27 della L. 448/1998 ha poi previsto che nell’a.s. 1999-2000 i comuni dovevano garantire la gratuità, totale o parziale, dei libri di testo agli alunni della scuola dell’obbligo (allora comprendente, oltre ai 5 anni della scuola elementare, i 3 anni della scuola media), e dovevano assicurare la fornitura in comodato agli studenti delle scuole secondarie superiori.

Per tali finalità, il provvedimento ha autorizzato una spesa non superiore a 200 miliardi di lire, rinviando ad un D.P.C.M. l’individuazione dei requisiti per fruire delle agevolazioni.

Il D.P.C.M. 320/1999 ha quindi indicato in trenta milioni di lire (ora, 15.493,71 euro) il reddito annuale massimo del nucleo familiare necessario per l’accesso al beneficio.

L’applicazione delle misure agevolative è stata estesa all'anno scolastico 2000-2001 dalla legge finanziaria 2000 (art. 53 della L. 488/1999), che ha confermato la spesa di 100 miliardi di lire, integrandola con ulteriori 100 miliardi di lire (tabella D della stessa legge finanziaria).

La fornitura gratuita dei libri di testo è stata, quindi, rifinanziata per gli anni seguenti, sempre per l’importo di 200 miliardi di lire - divenuti 103,3 milioni di euro con l’introduzione della nuova moneta - con la tabella D di successive leggi finanziarie. Da ultimo, per gli esercizi 2007, 2008, 2009, è stata rifinanziata dalla legge finanziaria 2007 (L. 296/2006).

Per gli anni 2010, 2011 e 2012 le risorse sono state individuate dalle leggi finanziarie (poi, di stabilità) nell’ambito del Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili, istituito dall’art. 7-quinquies, co. 1, del D.L. 5/2009 nello stato di previsione del MEF, sempre nella misura di € 103 mln. Da ultimo, l’art. 23, co. 5, del D.L. 95/2012 ha autorizzato in via permanente, a decorrere dal 2013, la spesa di € 103 mln.

Al riparto delle somme tra le regioni - ivi comprese, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 419 del 2001, il Friuli-Venezia Giulia e la Valle d’Aosta, nonché le Province autonome di Trento e Bolzano - provvedono, in ragione del numero degli alunni, decreti dirigenziali emanati annualmente. Per l’anno scolastico 2012/2013 è stato emanato il decreto dirigenziale 11 luglio 2012 (G.U. n. 167 del 19 luglio 2012).

L’art. 27 della L. 448/1998 ha, inoltre, introdotto un “tetto” alla spesa delle famiglie per i testi scolastici prevedendo che, con decreto del Ministro della pubblica istruzione, dovevano essere individuati i criteri per la determinazione del prezzo massimo complessivo della dotazione libraria necessaria per ciascun anno della scuola dell’obbligo, da assumere come limite all’interno del quale i docenti dovevano operare le proprie scelte.

Nel frattempo, è intervenuta la L. 9/1999, che ha elevato l’obbligo di istruzione a 10 anni disponendo, però, che fino ad un riordino generale del sistema scolastico, l’obbligo aveva durata novennale.

Il DM n. 547 del 1999,  emanato in attuazione della L. 448/1998, e che ha considerato l’innovazione introdotta dalla L. 9/1999, ha fissato i criteri per la determinazione del prezzo dei testi scolastici fino al primo anno di corso della scuola superiore, a decorrere dall’a.s. 2000-2001. Il medesimo DM ha indicato, altresì, le avvertenze tecniche per la compilazione del libro di testo da utilizzare nella scuola dell'obbligo.

La legge finanziaria 2007 (art. 1, commi 622, 628, 629), contestualmente all’elevazione dell’obbligo scolastico ad almeno dieci anni (coincidenti con i sedici di età e con il secondo anno del percorso successivo al primo ciclo), ha, poi, disposto:

Da ultimo, per l’a.s. 2012-2013, il DM 11 maggio 2011, n. 42 ha fissato i prezzi di copertina dei libri di testo della scuola primaria, stabilendo che per gli acquisiti effettuati a carico del MIUR e degli enti locali viene praticato uno sconto non inferiore allo 0,25 per cento. Il prezzo massimo complessivo della dotazione libraria necessaria per ciascun anno di ciascuna tipologia di scuola secondaria superiore è stato invece fissato con DM 11 maggio 2011, n. 43, ai sensi del quale eventuali incrementi degli importi indicati sono consentiti entro il limite del 10%. In tal caso, le delibere di adozione dei testi scolastici devono essere adeguatamente motivate da parte del Collegio dei docenti e approvate dal Consiglio di istituto.



Libri di testo non cartacei

Alcune disposizioni hanno innovato in maniera significativa la disciplina relativa alle modalità di fruizione dei libri di testo, anche allo scopo di ridurre progressivamente i costi sostenuti dalle famiglie.

Innanzitutto, l’articolo 15 del D.L. 112/2008 aveva introdotto nuove modalità di adozione, realizzazione e fruizione dei testi didattici. In particolare, aveva previsto che:

Aveva, inoltre, previsto che le Università e le Istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, nel rispetto della loro autonomia, predisponevano per l’adozione dei testi di studio linee di indirizzo ispirate agli stessi principi indicati per i percorsi scolastici.

Il medesimo art. 15 aveva, poi, fatto rinvio ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca per la determinazione:

Successivamente, l'articolo 11, comma 1, del D.L. 179/2012 - nel testo approvato dalle Camere - ha novellato l'art. 15 del D.L. 112/2008 introducendo, anzitutto, la versione digitale del libro di testo (che va a sostituire quella on line scaricabile da internet) e fornendo una definizione legislativa di versione mista, in base alla quale la stessa è costituita, alternativamente, da un testo in formato cartaceo e contenuti digitali integrativi, ovvero da una combinazione di contenuti digitali e digitali integrativi accessibili o acquistabili in rete anche in modo disgiunto.

A decorrere dall’a.s. 2014/2015, il collegio dei docenti adotta esclusivamente libri nella versione digitale o mista, progressivamente a partire dalle classi prima e quarta della scuola primaria, dalla prima classe della scuola secondaria di primo grado e dalla prima e terza classe della scuola secondaria di secondo grado.



I termini di adozione dei libri di testo

L’art. 5 del D.L. 137/2008, sempre con lo scopo di ridurre i costi per le famiglie, aveva disposto l’adozione di testi in relazione ai quali l’editore si fosse impegnato a mantenere invariato il contenuto per un quinquennio, fatta salva l’eventuale predisposizione di appendici di aggiornamento, da rendere comunque disponibili separatamente.

Aveva stabilito, inoltre, che l’adozione dei libri di testo doveva avvenire con cadenza pluriennale - ogni cinque anni nella scuola primaria, e ogni sei nella scuola secondaria di primo e secondo grado -, a meno che non ricorressero specifiche e motivate esigenze. Con riferimento a queste ultime, l'art. 1-ter del D.L. 134/2009, introdotto durante l'esame parlamentare, aveva precisato che esse dovessero essere connesse con la modifica degli ordinamenti scolastici o con la scelta di testi in formato misto o scaricabili da internet.

Spettava al dirigente scolastico l’obbligo di vigilare affinché i collegi dei docenti assumessero le proprie determinazioni in materia di libri scolastici nel rispetto della normativa vigente.

Successivamente, il comma 2 del già citato art. 11 del D.L. 179/2012 ha disposto, dal 1° settembre 2013, l'abrogazione dell'art. 5 del D.L. 137/2008.

Al riguardo, connota MIUR prot. 378 del 25 gennaio 2013, è stato chiarito che è da ritenere che il legislatore ha inteso mantenere invariata per l'a.s. 2013-2014 la dotazione libraria già in uso. Inoltre, non essendo ancora intervenuto al momento delle adozioni per l'a.s. 2013-2014 (seconda decade di maggio) l’effetto abrogativo del vincolo temporale, risulta ancora pienamente applicabile l'art. 5 del D.L. 137/2008, inclusa, quindi, la riserva che fa salva la ricorrenza di specifiche e motivate esigenze, connesse con la modifica di ordinamenti scolastici. La nota ha, inoltre, fatto presente che il passaggio ai libri di testo nella nuova versione digitale richiede, in ogni caso, l'adozione del DM che ne deve definire le caratteristiche tecniche.



I provvedimenti di attuazione dell'art. 15 del D.L. 112/2008 e dell'art. 5 del D.L. 137/2008

In relazione alla disciplina previgente il D.L. 179/2012, dettata dall’art. 15 del D.L. 112/2008 e dall’art. 5 del D.L. 137/2008, sono stati emanati, da ultimo, la Circolare n. 18 del 9 febbraio 2012, che ha definito le indicazioni operative per l’adozione dei testi per l’anno scolastico 2012/2013, ed il DM 8 aprile 2009, n. 41, che ha definito le caratteristiche tecniche dei libri di testo nella versione a stampa e nella versione on line e mista.

La circolare n. 18/2012, richiamando integralmente il contenuto della precedente circolare ministeriale n. 16 del 10 febbaio 2009, ha fornito alcune precisazioni in merito alla scelta dei libri di testo nelle scuole statali di ogni ordine e grado, ferma restando la cadenza pluriennale (ogni cinque anni per la scuola primaria e ogni sei per la scuola secondaria di I e II grado) delle adozioni. In particolare, la circolare ha specificato che per l'a.s. 2012/2013 non potevano più essere adottati né mantenuti in adozione testi scolastici esclusivamente cartacei.

In particolare, la citata circolare n. 16/2009, oltre ad illustrare le disposizioni normative (allora) recentemente introdotte, confermava il possibile ricorso al comodato d’uso gratuito e al noleggio dei testi scolastici. Con riguardo agli alunni con disabilità visiva, prescriveva l’utilizzo di testi trascritti in Braille, per allievi non vedenti, o con caratteri ingranditi, per allievi ipovedenti, anche in relazione alle regole per l’accessibilità agli strumenti didattici e formativi dettate dal D.P.C.M. 30 aprile 2008, emanato in attuazione della L. 4/2004, recante disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici. Inoltre, nello specificare le procedure di adozione ed i relativi vincoli – che si applicavano per le nuove adozioni di libri di testo per l'a.s. 2009-2010, non per le conferme - la circolare escludeva che l’assegnazione di altro docente nella classe, a decorrere dal 1° settembre 2009, potesse comportare modifiche alle scelte già deliberate entro il 15 aprile 2009 per le classi di scuola secondaria di I grado ed entro la seconda decade di maggio per tutte le classi di scuola primaria e secondaria di II grado. Veniva richiamato, in proposito, l’obbligo di vigilanza dei dirigenti scolastici.

Per completezza di informazione si ricorda, inoltre, che, con ordinanza 7 maggio 2009, n. 2049, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio aveva accolto la richiesta di sospensiva della Circolare ministeriale n. 16/2009, nella parte in cui prevedeva che l'assegnazione di altro docente nella classe, a decorrere dal 1° settembre 2009, non consentisse in alcun modo una diversa scelta di libri di testo già effettuata. Ad avviso del giudice amministrativo, il provvedimento ministeriale non era conforme al disposto dell’art. 5 del D.L. n. 137/2008, in quanto non contemplava la possibilità di derogare alla cadenza quinquennale o sessennale prescritta per le adozioni nel caso di "specifiche e motivate esigenze" quale, ad esempio, il cambio di docente; si configurava, pertanto, la circostanza che con una norma di rango sub secondario (la circolare), venissero dettati criteri più restrittivi di quelli stabiliti dalla norma di rango primario (la legge).

Il Consiglio di Stato, con ordinanza 19 maggio 2009, n. 2540, aveva, poi, accolto l'appello presentato dal MIUR per l'annullamento dell'ordinanza n. 2049/2009, con la seguente motivazione: “l’impostazione seguita dall’amministrazione nella circolare impugnata, secondo la quale il trasferimento dell’insegnante non costituisce specifica e motivata esigenza che consente, ai sensi dall’art. 5 del decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137, il cambio di libri di testo prima del decorso del quinquennio, appare conforme al dettato normativo, che sottolinea l’eccezionalità dei casi nei quali è consentito il suddetto cambio, e non appare irrazionale, in quanto le valutazioni del docente subentrante non costituiscono evento obiettivo, tale da imporsi come eccezione alla volontà del legislatore”.

In relazione a tale decisione, il MIUR, con nota del 20 maggio 2009, prot. 5361, aveva chiarito che la circolare ministeriale n. 16 del 10 febbraio 2009 restava in vigore.

In seguito, con sentenza 24 luglio 2009, n. 7528, il TAR del Lazio ha accolto nel merito il ricorso e, sostanzialmente ribadendo le argomentazioni già adottate con l'ordinanza, ha disposto l'annullamento della circolare n. 16/2009, nella parte in cui non prevede la deroga recata dall'espressione "Salva la ricorrenza di specifiche e motivate esigenze" stabilita dal secondo periodo dell'art. 5 del D.L. 137/2008 nella cadenza quinquennale per l'adozione dei libri di testo.

Con ordinanza 25 agosto 2009, n. 4328, il Consiglio di Stato aveva confermato l'orientamento già espresso in precedenza sulla questione; pertanto la piena validità della circolare n. 16/2009 è stata confermata dal MIUR con circolare 15 settembre 2009, n. 80.

Per affrontare la situazione così determinatasi, è intervenuto l'art. 1-ter del D.L. 134/2009, di cui si è dato conto nel paragrafo relativo ai termini di adozione dei libri di testo.

Approfondimento: Precari della scuola



Il decreto-legge 134/2009

Il D.L. 134/2009, convertito dalla L. 167/2009, ha stabilito in primo luogo che i contratti a tempo determinato del personale della scuola non possono in alcun caso trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato prima dell'immissione in ruolo.

La questione della continuità didattica e lavorativa del personale è affrontata con l'introduzione di specifici benefici, economici e di carriera, a favore dei precari già titolari di incarico annuale (o fino al termine della attività didattiche) nel precedente anno scolastico 2008-2009 (circa 18 mila lavoratori), nonchè dei docenti che nell'anno scolastico 2008-2009 abbiano conseguito, attraverso graduatorie d'istituto, una supplenza temporanea di almeno 180 giorni, ai quali non sia stato rinnovato il contratto per carenza di posti disponibili.

Ai lavoratori precari in questione viene innanzitutto riconosciuta, in deroga alla normativa vigente, precedenza assoluta nel conferimento delle supplenze per l’anno scolastico 2009-2010 nel caso in cui, per carenza di posti disponibili, non abbiano potuto ottenere il rinnovo dell’incarico annuale.

Inoltre, si introduce la facoltà per l'amministrazione scolastica di promuovere, in collaborazione con le regioni e a valere su risorse finanziarie messe a disposizione dalle regioni medesime, specifici progetti per attività di carattere straordinario, di durata variabile da 3 a 8 mesi, da realizzare prioritariamente mediante l'utilizzo dei suddetti lavoratori precari, percettori di indennità di disoccupazione, ai quali può anche essere corrisposto un compenso di partecipazione.

Ai fini dell’attribuzione del punteggio nelle graduatorie, infine, ai suddetti lavoratori precari viene riconosciuta, indipendentemente dall’effettiva durata dell’impiego nel corso dell’anno scolastico, la valutazione dell’intero anno di servizio.

Il provvedimento, poi, ha definito le modalità di collocamento nelle graduatorie di province diverse da quella di residenza ed è ha riconosciuto la validità del titolo di abilitazione conseguito da alcune categorie di docenti ammessi con riserva a corsi abilitanti speciali. Altre disposizioni riguardano, infine, la validità di taluni concorsi a dirigente scolastico (poi abrogate dal D.L. 170/2009), il controllo sugli insegnanti che si avvalgono dei benefici di cui alla L. 104/1992 (per l'assistenza a familiari disabili) che chiedano l'inserimento in una provincia diversa da quella di residenza, il recupero di risorse inutilizzate dalle scuole, l'adozione e il formato dei libri di testo, l’implementazione dell’anagrafe degli studenti e gli esami preliminari agli esami di Stato per i candidati "esterni".



Il decreto-legge 194/2009

L'articolo 7, comma 4-ter, del decreto-legge 194/2009 (proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, ha disposto la proroga all’anno scolastico 2010-2011 dei benefici previsti dal decreto-legge 134/2009 (precedenza assoluta nel conferimento delle supplenze; partecipazione a progetti per attività di carattere straordinario promossi dalle scuole in collaborazione con le regioni; valutazione dell'intero anno scolastico per l'attribuzione del punteggio nelle graduatorie) concernenti il personale a tempo determinato della scuola titolare di incarico a tempo determinato annuale o fino al termine delle attività didattiche nell’anno scolastico 2008-2009.



Il decreto-legge 70/2011

Da ultimo, interventi in materia di personale precario della scuola sono recati dall'articolo 9, commi 17-21, del D.L. 70/2011, convertito dalla L. 106/2011. In particolare, si prevede:

- la definizione di un piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente e ATA per gli anni 2011-2013, sulla base dei posti vacanti e disponibili (piano approvato con il DM 3 agosto 2011, che ha previsto l'assunzione di 30.300 unità di personale docente ed educativo e 36.000 unità di personale ATA per l'anno scolastico 2011-2012, nonchè l'assunzione di 22.000 unità di personale docente ed educativo e 7.000 unità di personale ATA per ciascuno degli anni scolastici 2012-2013 e 2013-2014);

- la non applicazione del D.Lgs. 368/2001 (che disciplina il contratto a tempo determinato, prevedendo, in particolare, l'automatica trasformazione del rapporto di lavoro in rapporto a tempo indeterminato nel caso rinnovi oltre il triennio) ai contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze nella scuola;

- la stabilizzazione al 31 agosto di ogni anno del termine per le assunzioni a tempo indeterminato e per i provvedimenti di assegnazione o utilizzazione comunque di durata annuale del personale insegnante e ATA di ruolo (incluse le supplenze annuali), nonché per il conferimento degli incarichi di presidenza;

- dall'anno scolastico 2011-2012, l'aggiornamento delle graduatorie degli insegnanti ogni 3 anni, con possibilità di trasferimento in un'unica provincia (in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 41 del 2011);

- la possibilità per gli insegnanti con nomina a tempo indeterminato decorrente dallo stesso anno scolastico di chiedere il trasferimento dopo 5 anni di effettivo servizio nella provincia di titolarità;

- la proroga per l'anno scolastico 2011-2012 di specifiche disposizioni del decreto-legge 134/2009 (precedenza nelle assegnazioni delle supplenze; facoltà, per l'amministrazione scolastica, di promuovere, in collaborazione con le regioni, specifici progetti inerenti ad attività straordinarie della durata di tre mesi, prorogabili a otto; riconoscimento di specifici punteggi ai fini del collocamente nelle graduatorie ai docenti ed al personale ATA utilizzati per le supplenze temporanee o per i progetti regionali di formazione) relativamente al personale che, nel richiamato anno, non abbia potuto stipulare, per carenza di posti, contratti di supplenza della stessa tipologia di quello dell’anno precedente o, comunque, dell’ultimo anno lavorativo nel triennio precedente.



Dossier pubblicati

Approfondimento: Sicurezza degli edifici scolastici

Gli stanziamenti per la messa in sicurezza degli edifici scolastici hanno seguito, nell’ultimo decennio, tre filoni di intervento: un primo filone scaturito dalle risorse individuate nell’ambito del Programma delle infrastrutture strategiche avviato dalla c.d. legge obiettivo (L. 443/2001), un secondo filone derivante dalla programmazione dell'edilizia scolastica prevista dalla L. 23/1996 e, infine, un terzo filone residuale, contenente ulteriori interventi finalizzati all’adeguamento antisismico delle strutture scolastiche, avviato con la finanziaria 2008 (L. 244/2007).

Con l'emanazione del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, è stato poi previsto un nuovo "Piano nazionale di edilizia scolastica" nell'ambito di una serie di disposizioni (recate dall'art. 53 del decreto) finalizzate alla modernizzazione e all'efficientamento energetico del patrimonio immobiliare scolastico.



Gli interventi inseriti nel Programma delle infrastrutture strategiche (PIS)



Il 1° piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici

In seguito al crollo della scuola elementare “Francesco Iovine” di San Giuliano di Puglia, avvenuto in data 31 ottobre 2002, con la legge finanziaria 2003 (art. 80, comma 21, della L. 289/2002) è stato istituito, nell’ambito del "Programma delle Infrastrutture Strategiche" (PIS), un "Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici".

Esso risulta articolato in due stralci (approvati con le delibere CIPE 102/2004 e 143/2006) per complessivi 489,083 milioni di euro (come attestati dalla delibera ricognitiva del CIPE n. 10/2009) riferiti a 1.594 interventi,

Sullo stato di attuazione del Piano il Governo ha risposto all'interpellanza urgente n. 2-00635 nella seduta dell’Assemblea della Camera dell'11 marzo 2010 nonché all'interrogazione n. 5-02369 nella seduta del 9 marzo 2010 della VII Commissione Cultura.
Successivamente, con la delibera n. 76/2011 il CIPE ha approvato la "Relazione semestrale al 31 dicembre 2010 sullo stato di avanzamento del 1° e del 2° programma stralcio".
In relazione al 1° Programma stralcio, la relazione ha evidenziato che risulterebbero non avviati interventi per un valore di 18,5 milioni di euro (11% del totale) a causa di ritardi relativi all'autorizzazione e alla sottoscrizione dei relativi contratti di mutuo; con riferimento al 2° Programma stralcio si sono riscontrati ritardi analoghi con interventi non avviati per un ammontare di 91,2 milioni di euro (pari al 30% del totale).
La successiva delibera CIPE n. 66 del 30 aprile 2012, ha preso atto che sono stati attivati dagli enti locali beneficiari 1.320 interventi (pari all'83% dei 1.593 interventi programmati) dell'importo di 386 milioni di euro (il 79% del valore dell'intero Piano). Risultano completati 329 interventi (21%) per un importo complessivo di 85,3 milioni di euro (17 % del totale). Gli importi complessivi assegnati al Mezzogiorno assommano a circa il 67 % del totale delle risorse.

Per approfondimenti sul citato Piano, si veda la scheda n. 181 del 7° rapporto per la VIII Commissione Ambiente - L’attuazione della legge obiettivo (19 dicembre 2012).

E' stato inoltre previsto un terzo programma stralcio, da alimentare con le risorse stanziate dall’art. 7-bis del D.L. 137/2008 e quantificate dalla delibera CIPE 114/2008 in due contributi annuali di 10,5 milioni di euro a valere sui contributi quindicennali autorizzati dall’art. 21 del decreto-legge n. 185/2008.

Si ricorda, in proposito, che il comma 1 dell'art. 7-bis del D.L. 137/2008 ha previsto l’assegnazione, al Piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici di un importo non inferiore al 5% delle risorse stanziate per il PIS, all'interno del quale il piano stesso è ricompreso.
Il punto 2.1. della delibera CIPE 114/2008 ha accantonato, a valere sullo stanziamento di cui all’art. 21 del D.L. 185/2008, per la prosecuzione dell’attuazione del piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, una quota di 3 milioni di euro per 15 anni, a valere sul contributo di 60 milioni di euro decorrente dal 2009, ed una una quota di 7,5 milioni di euro per 15 anni, a valere sul contributo di 150 milioni di euro decorrente dal 2010. La stessa delibera ha previsto che “la definitiva assegnazione delle quote di cui al punto 2.1 avverrà sulla base del 3° programma stralcio”.

Nelle more dell’adozione del 3° programma stralcio, la legge finanziaria 2010 (art. 2, comma 239, L. 191/2009) ha introdotto alcune norme procedurali finalizzate a garantire condizioni di massima celerità nella realizzazione degli interventi necessari per la messa in sicurezza e l’adeguamento antisismico delle scuole. Tale comma ha infatti previsto, previa approvazione di apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari, l’individuazione (entro il 30 giugno 2010) di interventi "di immediata realizzabilità fino all’importo complessivo di 300 milioni di euro, con la relativa ripartizione degli importi tra gli enti territoriali interessati, nell’ambito delle misure e con le modalità previste ai sensi dell’articolo 7-bis del decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137”.

Nonostante la risoluzione sia stata approvata il 25 novembre 2010 dalle Commissioni Bilancio e Cultura della Camera (risoluzione n. 8-00099) e successivamente riapprovata in data 2 agosto 2011 (risoluzione n. 8-00143), l’approvazione del 3° stralcio non è intervenuta.
La riapprovazione della risoluzione n. 8-00099 è stata decisa dalle medesime Commissioni, sulla base delle risultanze dell'audizione svolta dal Sottosegretario per le infrastrutture presso le Commissioni riunite V e VII, in data 21 luglio 2011, che ha evidenziato la necessità, per i soggetti richiedenti i finanziamenti, di produrre idonea certificazione della sussistenza dei requisiti previsti dalla legge finanziaria 2010.

Al fine di addivenire all'approvazione di tale 3° stralcio, l’art. 30, comma 5-bis, del D.L. 201/2011 (convertito dalla L. 214/2011, pubblicata sulla G.U. del 27 dicembre 2011) ha imposto al Governo, al fine di garantire la realizzazione di interventi necessari per la messa in sicurezza e l’adeguamento antisismico delle scuole, di dare attuazione entro il 12 gennaio 2012 (vale a dire, così recita la norma, entro “quindici giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione" del decreto-legge) al citato atto di indirizzo approvato il 2 agosto 2011.

In attuazione delle norme citate, con il D.M. Infrastrutture e trasporti 3 ottobre 2012, pubblicato nella G.U. del 9 gennaio 2013, si è provveduto all'approvazione del programma di edilizia scolastica in attuazione della citata risoluzione n. 8-00143.Ai sensi dell'art. 1 di tale D.M., il programma riguarda 989 edifici scolastici per un costo stimato complessivo di 111,8 milioni di euro.
Nelle tabelle allegate al decreto sono elencati gli interventi, con l'indicazione del comune, la denominazione dell'edificio scolastico e l'importo preventivato per gli interventi corrispondente al limite superiore del finanziamento statale.




Il 2° piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici o “Piano straordinario stralcio”

L'art. 18 del decreto-legge 185/2008, convertito con modificazioni dalla legge 2/2009, ha previsto, al comma 1, lettera b), che il CIPE provveda all'assegnazione, per la messa in sicurezza delle scuole, di una quota delle risorse nazionali del FAS (Fondo aree sottoutilizzate) al Fondo infrastrutture di cui all'art. 6-quinquies del decreto-legge 112/2008.

La delibera CIPE 3/2009 ha quindi assegnato al Fondo Infrastrutture 1 miliardo di euro da destinare al Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici. La successiva delibera 32/2010 del 13 maggio 2010 (rettificata dalla delibera 67/2010) ha assegnato la prima quota del miliardo di euro (358,42 milioni) per il “Piano straordinario stralcio”, da erogare “secondo modalità temporali compatibili con i vincoli di finanza pubblica correlati all’utilizzo delle risorse FAS”.
La successiva delibera CIPE n. 66 del 30 aprile 2012, ha preso atto che gli enti locali hanno sottoscritto 1.630 convenzioni con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per un valore di circa 347 milioni di euro (97% del totale) e i pagamenti effettuati sono stati pari a 59,5 milioni di euro (16,6 %). La stessa delibera ha evidenziato che l’attuazione del piano è stata ritardata dalla mancata messa a disposizione di parte delle relative risorse, a seguito della legge di stabilità 2012 (v. infra), risorse poi ristorate con la delibera CIPE n. 6/2012.

Per approfondimenti sul citato Piano, si veda la scheda n. 186 del 7° rapporto per la VIII Commissione Ambiente - L’attuazione della legge obiettivo (19 dicembre 2012).



Le disposizioni del D.L. 201/2011

Con il decreto-legge 201/2011 sono state introdotte due disposizioni relative alla sicurezza degli edifici scolastici. La prima, contenuta nell'art. 25, comma 1-bis, prevede che le somme non impegnate alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (vale a dire il 28 dicembre 2011) per la realizzazione degli interventi necessari per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole, di cui all'art. 2, comma 239, della legge finanziaria 2010, in misura pari all'importo di 2,5 milioni di euro, come indicato nella risoluzione approvata dalle competenti Commissioni della Camera il 2 agosto 2011, sono destinate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato di cui all' art. 44 del D.P.R. 398/2003.

La seconda disposizione introdotta dal D.L. 201/2011 è quella recata dall'art. 30, comma 5-bis, che, al fine di garantire la realizzazione di interventi necessari per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole, ha imposto al Governo di provvedere, entro il 12 gennaio 2012:

Il comma 5-bis prevede anche che il Governo deve riferire alle Camere in merito all'attuazione delle disposizioni in esso recate.
Relativamente all'art. 33, commi 2-3, della legge 183/2011, si ricorda invece che esso ha previsto che le risorse del FSC (istituito dall'art. 4 del D.lgs. n. 88/2011 in luogo del Fondo per le aree sottoutilizzate - FAS - di cui all'art. 61 della legge 289/2002) vengano assegnate dal CIPE con indicazione delle relative quote annuali e che a tale fondo venga assegnata una dotazione finanziaria di 2.800 milioni per l'anno 2015 per il periodo di programmazione 2014-2020, “da destinare prioritariamente alla prosecuzione di interventi indifferibili infrastrutturali, nonché per la messa in sicurezza di edifici scolastici, per l'edilizia sanitaria, per il dissesto idrogeologico e per interventi a favore delle imprese sulla base di titoli giuridici perfezionati alla data del 30 settembre 2011, già previsti nell'ambito dei programmi nazionali per il periodo 2007-2013. I predetti interventi sono individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro delegato per la politica di coesione economica, sociale e territoriale, su proposta del Ministro interessato al singolo intervento”.



Le misure per gli edifici scolastici dell'Abruzzo

L’art. 4, comma 4, del decreto-legge 39/2009, convertito con modificazioni dalla legge 77/2009, ha previsto misure per la messa in sicurezza delle scuole mediante la destinazione alla regione Abruzzo di una quota aggiuntiva delle risorse del Fondo infrastrutture.

Con l’art. 15 dell’O.P.C.M. 3782/2009 è stato, quindi, conferito l'incarico al Presidente della Regione Abruzzo, in qualità di Commissario delegato, d’intesa con il Presidente della Provincia dell’Aquila e i Sindaci dei Comuni interessati, di elaborare un programma-stralcio di interventi urgenti sull’edilizia scolastica per consentire l’avvio regolare dell’anno scolastico 2009/2010 nei Comuni colpiti dal terremoto.
Lo stesso art. 15 ha previsto al comma 3, nel testo integrato dall’O.P.C.M. 3820/2009, che “per le finalità di cui al presente articolo si provvede”, nel limite di 30,6 milioni di euro, “a valere sulle risorse previste dall'art. 18 del decreto-legge 29 novembre 2009, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, destinate al finanziamento degli interventi in materia di edilizia scolastica. Le predette somme sono trasferite ad apposita contabilità speciale da istituire presso la Tesoreria dello Stato di L'Aquila in favore del competente Provveditore interregionale alle opere pubbliche, che opera quale soggetto attuatore degli interventi”.

Successivamente la delibera CIPE 47/2009, ha destinato 226,4 milioni di euro in favore della regione Abruzzo per il finanziamento degli interventi di edilizia scolastica connessi agli eventi sismici.
Nella Relazione del Ministro per la Coesione Territoriale del 12 giugno 2012 sullo” Stato di avanzamento delle misure urgenti per la semplificazione, il rigore e il superamento dell’emergenza del dopo-sisma in Abruzzo”, per quanto riguarda la “Messa in sicurezza edifici scolastici” si evidenzia che sono stati programmati 269 interventi (166 in provincia dell’Aquila, 15 in provincia di Chieti, 40 in provincia di Pescara, 48 in provincia di Teramo) e che rimangono da utilizzare 144,8 milioni di euro.

Per approfondimenti si veda la scheda n. 183 del 7° rapporto per la VIII Commissione Ambiente - L’attuazione della legge obiettivo (19 dicembre 2012).



La programmazione dell'edilizia scolastica

La legge 23/1996 (art. 4, comma 2)  ha previsto che  la programmazione dell'edilizia scolastica si realizza mediante piani generali triennali e piani annuali di attuazione predisposti e approvati dalle regioni. Tali piani, sentiti gli uffici scolastici regionali, sono adottati sulla base delle proposte formulate dagli enti territoriali competenti, sentiti gli uffici scolastici provinciali. A tale scopo, questi uffici sono chiamati ad adottare le procedure consultive dei consigli scolastici distrettuali e provinciali.

La procedura per l’emanazione dei suddetti piani, disciplinata ai successivi commi 3-9, prevede l’emanazione di un decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentita la Conferenza Stato-regioni, che fissa gli indirizzi per assicurare il coordinamento degli interventi ai fini della programmazione scolastica nazionale, stabilisce i criteri per la ripartizione dei fondi fra le regioni, indica le somme disponibili nel primo triennio suddividendole per annualità. Successivamente alla pubblicazione del decreto, le regioni approvano e trasmettono al MIUR i piani generali triennali contenenti i progetti preliminari, la valutazione dei costi e l’indicazione degli enti territoriali competenti che, in assenza di osservazione del Ministero, vengono pubblicati nei rispettivi bollettini ufficiali. In seguito, gli enti territoriali competenti approvano i progetti esecutivi degli interventi previsti nel primo anno del triennio e provvedono a richiedere la concessione dei mutui alla Cassa depositi e prestiti che è chiamata, dopo il ricevimento della deliberazione di assunzione del mutuo e la comunicazione dell’avvenuta concessione, a darne avviso alle regioni. Specifici termini sono previsti anche per i piani generali triennali che sono formulati dalle regioni successivamente al primo: nella ripartizione dei fondi disponibili, infatti, si tiene conto, oltre che dei criteri di riparto, anche dello stato di attuazione dei piani precedenti. Se gli enti territoriali non provvedono agli adempimenti di loro competenza, in via sostitutiva le regioni o le province autonome provvedono automaticamente; in caso di inadempienza di regioni e province autonome, provvede in via sostitutiva il commissario di Governo. Come previsto dal'articolo 7  della medesima legge 23, inoltre, per la programmazione delle opere di edilizia scolastica le regioni e gli enti locali interessati possono avvalersi dei dati dell'anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica.

In materia è di recente intervenuto l’art. 11, commi da 4-bis a 4-octies, del D.L. 179/2012, che ha indicato nuove modalità di predisposizione e approvazione di appositi piani triennali di interventi di edilizia scolastica, nonché dei relativi finanziamenti, senza, tuttavia, chiarire il raccordo con le previsioni della L. 23/1996 (alle quali, come si vedrà infra, fa riferimento l’art. 53 del D.L. 5/2012, che ha previsto l’approvazione di un nuovo Piano nazionale di edilizia scolastica).

In particolare, i commi indicati hanno previsto che con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, d’intesa con la Conferenza unificata, sono definiti le priorità strategiche, le modalità e i termini per l’approvazione dei predetti piani che saranno articolati per ciascuna annualità al fine di consentire il regolare svolgimento del servizio scolastico in ambienti adeguati e sicuri.

Per l’inserimento in tali piani, gli enti locali proprietari degli immobili adibiti all’uso scolastico presentano un’apposita richiesta alle rispettive regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano. Tali enti, sulla base delle richieste pervenute da parte degli enti locali, trasmettono al MIUR il piano di interventi nei termini indicati dal decreto ministeriale, pena la decadenza dai finanziamenti assegnabili nell’arco del triennio.

Il MIUR deve verificare i piani trasmessi dalle regioni e dalle province autonome e, in assenza di osservazioni da formulare, comunica l’avvenuta approvazione alle regioni affinché siano pubblicati, nei successivi trenta giorni, sui rispettivi bollettini ufficiali regionali.

Nell’assegnazione delle risorse si tiene conto della capacità di spesa degli enti locali nell’utilizzo delle risorse assegnate nell’annualità precedente, “premiando” le regioni “virtuose” con l’attribuzione di una quota non superiore al venti per cento, aggiuntiva rispetto all’entità di risorse spettanti in sede di riparto.

Per le predette finalità è stata prevista l’istituzione, a decorrere dal 2013, di un Fondo unico per l’edilizia scolastica nello stato di previsione del MIUR, al quale confluiscono tutte le risorse iscritte nel bilancio dello Stato destinate agli interventi di edilizia scolastica.

Quanto alle misure di finanziamento, si ricorda che la legge finanziaria 2007 (art. 1, comma 625, della legge 296/2006) ha autorizzato la spesa di 250 milioni di euro per il triennio 2007-2009 (50 milioni di euro per l'anno 2007 e 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009) per i piani di edilizia scolastica di cui all'art. 4 della legge 23/1996. Con il D.M. 16 luglio 2007 sono stati ripartiti i finanziamenti autorizzati dalla predetta legge finanziaria 2007  a favore delle regioni, per l'attivazione dei piani di edilizia scolastica, per il triennio 2007-2009.

Il predetto D.M. 16 luglio 2007 ha, peraltro, indicato, come si legge nella premessa, anche gli indirizzi volti ad assicurare il coordinamento degli interventi regionali. In base alle citate norme, il 50% delle predette risorse è destinato al completamento delle attività di messa in sicurezza e di adeguamento a norma degli edifici scolastici da parte dei competenti enti locali; per questi specifici interventi le regioni e gli enti locali interessati, nell’ambito dei piani sopra citati, concorrono al finanziamento, ciascuno nella misura di un terzo.

Si segnala, poi, che il 28 gennaio 2009 è stata sottoscritta un’intesa in sede di Conferenza unificata sugli «indirizzi per prevenire e fronteggiare eventuali situazioni di rischio connesse alla vulnerabilità di elementi anche non strutturali negli edifici scolastici». Essa prevede la costituzione, presso ciascuna regione e provincia autonoma, di appositi gruppi di lavoro, composti da rappresentanze degli Uffici Scolastici Regionali, dei Provveditorati Interregionali alle Opere Pubbliche, dell’ANCI, dell’UPI e dell’UNCEM, con il compito di creare apposite squadre tecniche incaricate dell’effettuazione di sopralluoghi sugli edifici scolastici del rispettivo territorio e di compilare apposite schede, il cui contenuto è destinato a confluire successivamente nell’Anagrafe nazionale dell’edilizia scolastica. L’intera iniziativa dovrà essere completata entro sei mesi dalla pubblicazione dell’intesa ed, a tal fine, sono stati previsti 10 giorni per la costituzione dei gruppi di lavoro e 15 per la formazione delle squadre. E’ stato altresì previsto che eventuali ritardi, superiori ai 40 giorni, comporteranno l’intervento sostitutivo del Prefetto.

Per il triennio 2010-2012, non sono state stanziate risorse nazionali per i piani triennali ex art. 4 della L. 23/1996, e la formulazione degli indirizzi per la programmazione in materia di edilizia scolastica è stata effettuata a livello regionale. In proposito nella delibera CIPE n. 66/2012 si sottolinea che, a partire dal 2009, la predetta legge non è stata più rifinanziata con risorse nazionali.



Ulteriori interventi per l'adeguamento antisismico

La legge finanziaria 2008 (art. 2, comma 276, L. 244/2007) ha previsto un finanziamento di 20 milioni di euro attraverso l’incremento del Fondo per gli interventi straordinari della Presidenza del Consiglio (istituito dall’art. 32-bis del decreto-legge 269/2003, per la realizzazione di interventi infrastrutturali con priorità per quelli volti alla riduzione del rischio sismico).

Il citato Fondo è stato quindi incrementato, ai sensi del citato comma 276, di 20 milioni di euro a decorrere dal 2008, al fine di conseguire l'adeguamento strutturale ed antisismico degli edifici del sistema scolastico, nonché la costruzione di nuovi immobili sostitutivi degli edifici esistenti, laddove indispensabili a sostituire quelli a rischio sismico.

Con successive ordinanze di protezione civile sono state determinate le modalità di attivazione del citato Fondo ed i criteri per l'assegnazione delle risorse.
L’O.P.C.M. 3728/2008 ha ripartito tra le regioni e le province autonome la somma di 20 milioni di euro relativa all'anno 2008, prevedendo che gli interventi da realizzare e le risorse da destinare a ciascun intervento siano individuati, conformemente a quanto previsto nei piani predisposti dalle regioni, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M. 12 gennaio 2010). Il riparto per gli anni 2009, 2010 e 2011 è stato successivamente effettuato con le ordinanze 3864/2010, 3879/2010 e 3927/2011. Si segnala, inoltre, che con il D.P.C.M. 2 marzo 2011 sono state assegnate alle regioni le risorse del Fondo a valere sulle risorse già assegnate con O.P.C.M. 3864/2010, riprogrammando, per ogni regione, il piano degli interventi a valere sulle assegnazioni 2009 e sulle riassegnazioni non utilizzate 2008. Con il successivo D.P.C.M. 28 ottobre 2011, infine, sono state ripartite tra le regioni le risorse a valere sulle assegnazioni 2011 (Allegato 4 O.P.C.M. 3927/2011) e sui residui derivati dalle somme non trasferite nelle annualità 2008, 2009 e 2010.

Dalla possibilità di beneficiare dello stanziamento in parola sono stati esclusi gli interventi già finanziati nell'ambito del piano straordinario di cui all'art. 80, comma 21, della L. 289/2002 (v. supra).

Ulteriori interventi di adeguamento antisismico degli edifici del sistema scolastico sono stati previsti dall’art. 2, comma 1-bis, del D.L. 137/2008 (convertito dalla L. 169/2008), che ha disposto il versamento al bilancio dello Stato di somme iscritte nel conto dei residui del bilancio medesimo per l'anno 2008, a seguito di quanto disposto dall'art. 1, commi 28-29, della L. 311/2004 e non utilizzate alla data di entrata in vigore della relativa legge di conversione, da destinarsi al finanziamento di interventi per l'edilizia scolastica e per la messa in sicurezza degli istituti scolastici ovvero di impianti e strutture sportive dei medesimi.
Si ricorda che i citati commi 28-29 hanno finanziato una serie di interventi rivolti a tutelare l'ambiente e i beni culturali e, in generale, a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio per il triennio 2005-2007.

Lo stesso comma 1-bis ha demandato il riparto delle risorse, con l'individuazione degli interventi e degli enti destinatari, ad apposito decreto interministeriale, da emanarsi in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.
In attuazione di tale disposizione, in data 23 dicembre 2008, le Commissioni riunite V e VI della Camera hanno approvato la risoluzione n. 8-00025 di indirizzo al Governo, cui quest'ultimo ha dato seguito con il D.M. 29 aprile 2009 (pubblicato nella G.U. n. 102 del 5 maggio 2009 (pag. 12), che ha provveduto a ripartire, tra gli enti indicati in allegato al decreto stesso, la somma di 12,5 milioni di euro.



Il (nuovo) "Piano nazionale di edilizia scolastica"

Al fine di garantire su tutto il territorio nazionale l’ammodernamento e la razionalizzazione del patrimonio immobiliare scolastico, anche in modo da conseguire una riduzione strutturale delle spese correnti di funzionamento, l’art. 53 del D.L. 5/2012 ha previsto l’approvazione da parte del CIPE di un Piano nazionale di edilizia scolastica.

Si ricorda in proposito che, in precedenza, la sentenza n. 552 del 20 gennaio 2011 del Tar del Lazio, confermata dal Consiglio di Stato (sentenza n. 3512 del 9 giugno 2011) ha accolto parzialmente un ricorso presentato dal Codacons, ordinando al MIUR e al MEF l’emanazione del piano generale di edilizia scolastica previsto dal’art. 3 del DPR 81/2009. La sentenza ha infatti evidenziato che avendo tale decreto innalzato il limite massimo di alunni per aula, si è dato carico delle conseguenti implicazioni in termini di maggiore affollamento delle aule e di possibile inidoneità delle stesse a contenere gli alunni in condizioni di sicurezza, salubrità e vivibilità. In particolare, con l’art. 3, co. 2, il decreto avrebbe inteso imporre al MIUR di attendere, d’intesa con il MEF, non soltanto all’individuazione delle istituzioni scolastiche da sottrarre temporaneamente (per il solo anno scolastico 2009-2010) all’immediata operatività dei nuovi limiti massimi di alunni per aula, quanto piuttosto alla elaborazione di un vero e proprio atto generale, a natura programmatica.

Il comma 1 del citato articolo disciplina il procedimento di approvazione del piano stabilendo, tra l’altro, che essa avvenga su proposta dei Ministri dell’istruzione, e delle infrastrutture (di concerto con i Ministri dell’economia e dell’ambiente, previa intesa in sede di Conferenza unificata) ed intervenga entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto.

A tutt’oggi tale Piano non è tuttavia ancora stato emanato.

La norma stabilisce altresì che l’approvazione avvenga sulla base delle indicazioni fornite dalle regioni, dalle province e dai comuni, tenendo conto di quanto stabilito dagli articoli 3 e 4 della L. 23/1996 (vedi supra).

 Il comma 2 specifica in dettaglio gli interventi da realizzare attraverso il Piano, che dovranno essere sia di ammodernamento e recupero del patrimonio scolastico esistente, anche ai fini della messa in sicurezza degli edifici, sia di costruzione e completamento di nuovi edifici scolastici. Lo stesso comma elenca i criteri generali che dovranno guidare l’attuazione del Piano; viene infatti previsto che gli interventi citati dovranno essere realizzati in un’ottica di razionalizzazione e contenimento delle spese correnti di funzionamento, nonché di efficientamento energetico e di riduzione delle emissioni inquinanti e favorendo il coinvolgimento di capitali pubblici e privati.

Tra gli interventi strumentali alla realizzazione del Piano, il comma 2, come novellato dal comma 4 dell’art. 11 del D.L. 179/2012, ricorda, come utilizzabili:

 

Per le finalità indicate dal comma 2, viene previsto l’utilizzo delle risorse di cui all'art. 33, comma 8, della L. 183/2011, nonché delle risorse a valere sui fondi di cui all'art. 33, comma 3, della medesima legge, già destinate con delibera CIPE n. 6/2012 alla costruzione di nuove scuole.

La legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012), all'art. 33, comma 8, ha previsto l'istituzione per l'anno 2012 di un apposito fondo con una dotazione di 750 milioni di euro, destinato, tra l’altro, quanto a 100 milioni di euro al MIUR per la messa in sicurezza degli edifici scolastici. La ripartizione del citato fondo è operata dal Ministro dell'economia e delle finanze. Il comma 3 del medesimo articolo 33 assegna al Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) una dotazione finanziaria di 2.800 milioni per l'anno 2015 per il periodo di programmazione 2014-2020, da destinare prioritariamente alla prosecuzione di interventi indifferibili infrastrutturali, nonché per la messa in sicurezza di edifici scolastici, per l'edilizia sanitaria, per il dissesto idrogeologico e per interventi a favore delle imprese. La relazione tecnica al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 5/2012 (A.S. 3533) evidenziava che le risorse sono state destinate con delibera CIPE 20 gennaio 2012, n. 6, alla costruzione di nuove scuole; e considerato che l'art. 5, comma 1-bis, del D.L. n. 74 del 2012 ha destinato il 60 per cento delle predette risorse alla ripresa delle attività scolastiche nelle aree interessate dal sisma in Emilia del 20 maggio 2012, le risorse disponibili ammonterebbero complessivamente a 80 milioni di euro, di cui i 40 milioni relativi al FSC soggiacciono al vincolo di destinazione territoriale dell'85 per cento nelle regioni del Mezzogiorno.

Da segnalare altresì le disposizioni dettate dal comma 3 che prevede la stipula di appositi accordi di programma per concentrare gli interventi sulle esigenze dei singoli contesti territoriali e promuovere e valorizzare la partecipazione di soggetti pubblici e privati per sviluppare utili sinergie.

Ancora più rilevante il disposto del comma 5 che individua i seguenti interventi urgenti da attuare nelle more della definizione e approvazione del Piano, al fine di assicurare il tempestivo avvio di interventi prioritari e immediatamente realizzabili di edilizia scolastica coerenti con gli obiettivi di cui ai commi 1 e 2:

Si ricorda che il citato comma 626, nella logica degli interventi per il miglioramento delle misure di prevenzione di cui al D.Lgs. 38/2000 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), ha previsto la definizione, in via sperimentale per il triennio 2007-2009, da parte dell’INAIL, d'intesa con i Ministri del lavoro e dell’istruzione e con gli enti locali competenti, di indirizzi programmatici per la promozione ed il finanziamento di progetti degli istituti di istruzione secondaria di primo grado e superiore per l'abbattimento delle barriere architettoniche o l'adeguamento delle strutture alle vigenti disposizioni in tema di sicurezza e igiene del lavoro. Lo stesso comma ha demandato all’INAIL la determinazione dell'entità delle risorse da destinare annualmente alle finalità di cui al presente comma, la definizione dei criteri e delle modalità per l'approvazione dei singoli progetti, nonché l’approvazione dei finanziamenti dei singoli progetti. In attuazione di tale disposizione la delibera del Consiglio di Indirizzo e di Vigilanza dell'INAIL n. 8 del 3 aprile 2007 ha determinato in 100 milioni di euro per il triennio 2007/2009 l'entità delle risorse da destinare alle finalità di cui al citato comma 626.

Ulteriori disposizioni riguardano la semplificazione delle procedure e l’emanazione di norme tecniche-quadro volte a garantire indirizzi progettuali di riferimento adeguati e omogenei sul territorio nazionale, nonché ulteriori norme relative a misure di gestione, conduzione e manutenzione degli edifici adibiti a istituzioni scolastiche, università ed enti di ricerca e finalizzate all’efficientamento energetico sulla base di apposite linee guida ministeriali.



Dossier pubblicati



Documenti e risorse web

Approfondimento: Francia: legge sulla lotta contro l'assenteismo scolastico



Loi n. 2010-1127 du 28 septembre 2010 visant à lutter contre l?absentéisme scolaire (J.O. del 29 settembre 2010)

http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000022862522&fastPos=1&fastReqId=1614682703&categorieLien=cid&oldAction=rechTexte

 La legge in esame ha l’obiettivo di contrastare il fenomeno dell’assenteismo scolastico, che negli ultimi dieci anni si è intensificato, divenendo un tema cui è particolarmente attenta la classe politica francese, che ne ha spesso rilevato anche le dannose conseguenze sul piano della crescita dei fenomeni di marginalizzazione sociale e di delinquenza. Il provvedimento dispone essenzialmente alcune modifiche alla procedura di sospensione dei sussidi familiari nel caso di non rispetto dell’obbligo scolastico.

Ai sensi dell’art. L 131-1 del Code de l’éducation l’istruzione è obbligatoria per i cittadini francesi e gli stranieri residenti in Francia che abbiano un’età compresa tra i 6 e i 16 anni.

Il mancato rispetto dell’obbligo scolastico è sottoposto sia a sanzioni penali (art. 227-17 e R 624-7 del Code pénal), che a sanzioni amministrative.

In particolare, con la loi n. 2006-396 du 31 mars 2006 pour l’égalité des chances, è stato istituitoil “contratto di responsabilità genitoriale”, mediante il quale si è inteso responsabilizzare i genitori creando un legame diretto tra l’assegnazione di sussidi familiari e il rispetto dell’obbligo scolastico. In generale, in caso di assenteismo scolastico, di disturbi arrecati al funzionamento dell’istituto scolastico e di ogni altra difficoltà legata alla carenza dell’autorità genitoriale su un determinato alunno, il presidente del Consiglio generale del dipartimento competente è autorizzato a proporre ai genitori o al rappresentante legale del minore un “contratto di responsabilità genitoriale”, che richiama gli obblighi dei titolari dell’autorità e prevede le misure di aiuto e di azione sociale volte a risolvere la situazione (art. L222-4-1 del Code de l’action sociale et des familles, inserito dall’articolo 48 loi n.2006-396). La legge ha inoltre previsto che alla famiglia cui è proposto tale contratto siano sospesi i sussidi familiari relativi al figlio, per un periodo di tre mesi. La sospensione è rinnovabile fino ad un massimo di dodici mesi (art. L552-3 del Code de la sécurité sociale, inseritodall’art. 49 della loi n.2006-396).

La loi n. 2010-1127, che si compone di sette articoli, reca nuove disposizioni nell’ambito della disciplina relativa ai “contratti di responsabilità genitoriale”. Nell’ “Exposée des motifs”che precede la proposta di legge in materia, oltre ad essere rilevato l’aumento dell’assenteismo scolastico, è in particolare notato lo scarso riscorso al dispositivo dei “contratti di responsabilità genitoriale” nei dipartimenti, ad eccezione del caso del dipartimento delle Alpi-Marittime.

L’art. 1 della legge modifica l’art. L131-8 del Code de l’éducation, che riguarda i soggetti coinvolti nel rilevamento dell’assenteismo scolastico di un alunno. Le modifiche riguardano in particolare tre aspetti. In primo luogo l’avviso (avertissement) con cui “l’ispettore di accademia” (ossia il funzionario pubblico del Ministero dell’educazione nazionale, i cui compiti sono disciplinati dagli artt. R241-18 e ss. del Code de l’éducation) comunica ai genitori (o ai rappresentanti legali del minore) l’assenza ingiustificata dello stesso dalle aule scolastiche o la sua assenza senza motivo legittimo per almeno quattro mezze giornate nell’arco di un mese. Nell’avertissement sono comunicate ai genitori non solo le sanzioni penali del mancato obbligo scolastico, come era prima del 2010, ma anche le sanzioni amministrative. Inoltre, sono comunicate, in tale circostanza, anche le misure di “assistenza dei genitori” alle quali essi possono ricorrere per sanare la situazione di non frequentazione della scuola da parte del minore. In secondo luogo, è specificato che “l’ispettore di accademia” possa immediatamente informare il presidente del Consiglio generale del dipartimento competente di eventuali casi di assenteismo scolastico, ai fini di una rapida predisposizione delle misure di assistenza ai genitori dell’alunno inadempiente, come ad esempio la stipulazione di un “contratto di responsabilità genitoriale”. In terzo luogo, nel nuovo articolo L131-8 del Codice dell’educazione sono disciplinati i casi della recidiva di assenteismo scolastico. In particolare è previsto che, se un minore compie, nello stesso anno scolastico, una nuova assenza di almeno quattro mezze giornate in un mese, l’ “ispettore di accademia” può contattare direttamente il direttore dell’organismo che gestisce i sussidi familiari per far sospendere immediatamente il versamento degli stessi. È dunque stabilito che un funzionario pubblico possa autonomamente decidere i casi di sospensione dei pagamenti dei sussidi nei casi di recidiva, senza ottenere l’assenso del presidente del Consiglio generale di dipartimento, in modo tale da rendere la misura sanzionatoria più rapida ed efficace. Sono comunque previste alcune garanzie per i responsabili del minore inadempiente, come ad esempio la possibilità riconosciuta alle famiglie di presentare le proprie osservazioni prima che l’ispettore decida la sospensione dei sussidi.L’art. 2 dispone l’introduzione del nuovo art. L491-3 nel Codice dell’educazione, relativo alla presentazione ai genitori di un alunno del progetto della scuola e del regolamento interno.

Gli altri articoli della legge si limitano a disporre le modifiche da apportare ad altri Codici in seguito alla nuova disciplina disposta nell’art. L131-8 del Codice dell’educazione. L’art. 3 apporta modifiche al Codice della sicurezza sociale, stabilendo le nuove funzioni riconosciute all’ “ispettore di accademia” e al direttore della cassa per i sussidi familiari. L’art. 4 introduce modifiche al Codice dell’azione sociale e delle famiglie, con riferimento ai nuovi ruoli ricoperti dall’ “ispettore di accademia” e dal presidente del Consiglio generale del dipartimento in materia di assenteismo scolastico. È inoltre stabilito nel nuovo art. L222-4-1 di tale Codice che anche i genitori di un alunno possano domandare la stipulazione di un “contratto di responsabilità genitoriale”, prerogativa che era riconosciuta, nella loi n. 2006-396, esclusivamente al presidente del Consiglio generale del dipartimento. L’art. 5 reca alcune modifiche al medesimo Codice relative alla misura di sospensione dei sussidi familiari. L’art. 6 stabilisce che i Consigli di scuola, per le scuole primarie e i Consigli di amministrazione, per gli istituti di istruzione secondaria, presentino una volta all’anno un rapporto d’informazione sull’assenteismo scolastico. L’art. 7 dispone che, entro il 31 dicembre 2011 il Governo presenti al Parlamento un rapporto di valutazione sui dispositivi introdotti per combattere tale fenomeno sulle eventuali proposte di modifiche legislative o regolamentari in materia.

Approfondimento: Regno Unito: legge sugli istituti di istruzione primaria e secondaria



Academies Act 2010 (Legge promulgata il 27 luglio 2010)

La legge abilita gli istituti di istruzione scolastica primaria e secondaria ad ottenere la qualifica di academy, alla quale si correlano, oltre al conferimento di fondi pubblici, particolari condizioni di autonomia gestionale, organizzativa e con riguardo alla la predisposizione dell’offerta formativa.

Dotate di un riconoscimento ministeriale (academy order) che dà titolo a ricevere finanziamenti statali, le academies si avvalgono frequentemente del patrocinio di enti privati a carattere culturale, economico, volontaristico oppure confessionale, e si pongono in particolare relazione con l’ambito territoriale in cui esse sono istituite, talora con la finalità di rilevare le funzioni assolte da altri istituti scolastici e di migliorare l’offerta formativa.

La legge stabilisce i requisiti necessari affinché gli istituti scolastici esistenti possano convertirsi in accademie, differenziandoli sulla base dell’orientamento dei loro programmi, generalista oppure rivolto a specifiche esigenze educative.

Nel primo caso è richiesta a tali istituti la formulazione di programmi ampi e bilanciati nei contenuti (balanced and broadly based curriculum), nei quali sia previsto, ove si tratti di istituti di istruzione secondaria, l’insegnamento di alcune materie specialistiche; nel secondo caso sono fatte salve le caratteristiche organizzative dirette a soddisfare, come previsto dalla legislazione vigente, i particolari bisogni educativi degli alunni più svantaggiati (special educational needs).

Il finanziamento pubblico, della durata minima di sette anni, è conferito a questi istituti sulla base di un accordo tra l’autorità ministeriale e l’ente proprietario o titolare della loro gestione (academy arrangements), oppure attraverso specifici accordi di assistenza finanziaria già disciplinati dall’Education Act 2002 (arrangement for academy financial assistance). Gli accordi dell’uno e dell’altro tipo sono oggetto di una relazione presentata al Parlamento dal competente Secretary of State all’inizio di ogni anno accademico.

Formazione iniziale degli insegnanti

Nella XVI legislatura sono state ridisegnate le modalità della formazione iniziale degli insegnanti: in particolare, il DM 249/2010 ha inteso contemperare il rafforzamento delle conoscenze disciplinari con lo sviluppo di capacità didattiche, psico-pedagogiche, organizzative, relazionali e comunicative. Dopo lo scioglimento, le Camere hanno esaminato uno schema di DM che apporta alcune modifiche al DM 249/2010, in particolare per consentire l'istituzione di percorsi abilitanti speciali.

IL DM 249/2010

Il regolamento in materia di formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di I e II grado (DM 249/2010) dà seguito all’art. 2, c. 416, della L. finanziaria 2008 (L. 244/2007), ma in coerenza con le previsioni del piano programmatico di interventi adottato sulla base dell’art. 64 del D.L. 112/2008 (v. Interventi per la scuola).

La relazione introduttiva dello schema presentato alle Camere (Atto 205) evidenziava che l’esigenza di intervenire derivava dai risultati non buoni conseguiti dalla scuola italiana, in occasione di ricerche nazionali e internazionali, per le conoscenze disciplinari, in particolare linguistiche e di scienze matematiche, fisiche e naturali. Occorreva, quindi, puntare ad un rafforzamento delle conoscenze disciplinari e allo sviluppo di capacità didattiche, psico-pedagogiche, organizzative, relazionali e comunicative, affinché l’insegnante fosse capace di orientarsi a seconda delle diverse fasce di età degli studenti e potesse individuare le modalità educative adatte a promuovere il successo scolastico.

La VII Commissione della Camera ha espresso parere favorevole con condizioni e osservazioni il 26 maggio 2010. La 7ª Commissione del Senato ha espresso parere favorevole con osservazioni il 7 luglio 2010. Nel testo finale sono state recepite alcune delle indicazioni formulate.

L’accesso ai nuovi percorsi formativi - che devono essere attivati a decorrere dall'anno accademico 2011/2012 - è a numero programmato e prevede il superamento di una prova. Il numero dei posti annualmente disponibili è determinato sulla base della programmazione del fabbisogno di personale docente nelle scuole statali, maggiorato nel limite del 30% in relazione al fabbisogno dell’intero sistema nazionale di istruzione (costituito da scuole statali e paritarie).

Il percorso per insegnare nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria si articola in un corso di laurea magistrale quinquennale a ciclo unico, cui si accede con il diploma di istruzione secondaria di II grado. Dal II anno è previsto un tirocinio di 600 ore: esso si conclude con la discussione di tesi e relazione finale, che costituiscono esame con valore abilitante.

Il percorso per insegnare nella scuola secondaria di I e II grado si articola in un corso di laurea magistrale (biennale) – o, per l’insegnamento di discipline artistiche, musicali e coreutiche, in un corso di diploma accademico di II livello - e in un tirocinio formativo attivo, al quale accedono coloro che hanno conseguito la laurea magistrale. Il TFA è un “corso di preparazione all’insegnamento” che sostituisce il percorso effettuato, fino all’a.a. 2007-2008, nelle scuole di specializzazione (SSIS). Esso si conclude con la stesura di una relazione e con l’esame finale con valore abilitante. La gestione delle attività è affidata al consiglio del corso di tirocinio.

Per tutti i percorsi formativi si prevedono tutor coordinatori e tutor dei tirocinanti. Nei corsi di laurea magistrale a ciclo unico sono presenti anche tutor organizzatori. I tutor sono docenti e dirigenti in servizio nelle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione.

La specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni disabili, in attesa della istituzione di specifiche classi di abilitazione, si consegue solo presso le università, con la partecipazione a un corso di durata almeno annuale, a numero programmato, che deve comprendere almeno 300 ore di tirocinio. Possono partecipare gli insegnanti abilitati. A conclusione, si sostiene un esamefinale che consente l’iscrizione negli elenchi per il sostegno.

Presso le università sono, inoltre, istituiti corsi di perfezionamento per l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera (CLIL): possono partecipare gli insegnanti abilitati per l’insegnamento nella scuola secondaria di II grado che abbiano competenze linguistiche certificate di livello avanzato. I corsi durano almeno un anno e comprendono almeno 300 ore di tirocinio. A conclusione, si sostiene un esame finale e si consegue un certificato che attesta le competenze acquisite.

Le università possono attivare Centri interateneo per assicurare supporto e coordinamento didattico ai corsi di laurea magistrale e alle attività relative al TFA.

I percorsi formativi sono oggetto di monitoraggio e valutazione da parte del MIUR, che può avvalersi di ANVUR, ANSAS (sostituita, dal 1° settembre 2012, da INDIRE, ex art. 19, co. 1, D.L. 98/2011) e INVALSI.

Sono previste, infine, norme transitorie e finali.

I provvedimenti adottati sulla base del DM 249/2010

A seguire sono intervenuti vari atti applicativi. In particolare: con DM 4 aprile 2011, n. 139 sono stati definiti i requisiti necessari per l'istituzione e l'attivazione dei corsi di studio per la formazione iniziale degli insegnanti; con DM 4 agosto 2011 sono state definite le modalità di svolgimento e le caratteristiche delle prove di accesso ai corsi di laurea magistrale quinquennale a ciclo unico per l'insegnamento nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria; con DM 30 settembre 2011, sono stati definiti criteri e modalità per lo svolgimento dei corsi di perfezionamento per l'insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera nelle scuole; con DM 11 novembre 2011 sono state definite le modalità di svolgimento e le caratteristiche delle prove di accesso ai percorsi di TFA per i soggetti di cui all'art. 15, co. 1, lett. a), b) e c); con altro DM 11 novembre 2011 sono state definite le caratteristiche delle prove di accesso e le modalità di svolgimento dei percorsi di abilitazione per la scuola dell'infanzia e la scuola primaria riservati ai diplomati che hanno titolo all'insegnamento nella scuola materna o primaria ai sensi del DM 10.3.1997; con ulteriore DM 11 novembre 2011, n. 194 sono state definite le caratteristiche delle prove di accesso ai corsi accademici di II livello per l'insegnamento delle discipline artistiche e musicali nella scuola secondaria di I grado; con D.M. 8 novembre 2011 sono stati riordinati i corsi biennali di secondo livello ad indirizzo didattico attivati presso i conservatori di musica, gli istituti musicali pareggiati e le accademie di belle arti; con DM 14 marzo 2012, n. 31 sono stati definiti i posti disponibili a livello nazionale per l'a.a. 2011/2012 per le immatricolazioni al TFA per l'insegnamento nella scuola secondaria di I grado (4.275) e per l'insegnamento nella scuola secondaria di II grado (15.792); con D.M. 30 settembre 2011 sono stati definiti criteri e modalità per lo svolgimento dei corsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attivita' di sostegno; con D.M. 8 novembre 2011 è stata definita la disciplina per la determinazione dei contingenti di personale della scuola necessario per lo svolgimento dei compiti di tutor, la loro ripartizione e i criteri per la selezione; con DD 23 aprile 2012, n. 74 sono state fornite le indicazioni operative per le prove di selezione per l'accesso al TFA.

Da ultimo, con nota Prot. 549 del 28 febbraio 2013 il MIUR ha fornito chiarimenti su diverse problematiche inerenti l'organizzazione e lo svolgimento dei percorsi di abilitazione, per coordinare le azioni della fase di prima attuazione e maturare orientamenti univoci.

Lo schema di DM Atto n. 535

Il 23 gennaio 2013 è stato presentato alle Camere lo schema di DM Atto 535 che apporta alcune modifiche al DM 249/2010: le principali riguardano il meccanismo per la determinazione del numero dei posti annualmente disponibili per l’accesso ai percorsi formativi e la previsione di percorsi abilitanti speciali per i docenti non abilitati che hanno prestato servizio per almeno tre anni.

La 7^ Commissione del Senato ha espresso parere favorevole con osservazioni il 29 gennaio 2013, mentre la VII Commissione della Camera ha espresso parere favorevole con condizioni e osservazioni il 6 febbraio 2012. Tra le condizioni è stata inserita la necessità di differenziare, attraverso i punteggi da attribuire, la condizione di coloro che sosterranno il TFA speciale da quella di coloro che stanno partecipando al TFA ordinario e la necessità che sia considerato valido per il raggiungimento dei cinquecentoquaranta giorni il servizio scolastico prestato nell'a.s. 2012/2013.

Dossier pubblicati

Documenti e risorse web

Integrazione scolastica dei minori stranieri

Nella XVI legislatura, la Commissione Cultura della Camera ha svolto un'indagine conoscitiva sulle problematiche connesse all'accoglienza dei minori stranieri nelle scuole italiane. Con alcuni atti di indirizzo, inoltre, il Governo si è impegnato ad assumere iniziative volte all'integrazione scolastica.

Nell'ambito del fenomeno "immigrazione", primario è da considerarsi il ruolo della scuola per la piena integrazione degli stranieri. Il rapporto degli alunni stranieri sul totale degli alunni è in continua crescita per ciascun ordine di studio: nell'a.s. 2011/2012, su 100 alunni, 8,4 erano stranieri, a fronte del 7,9% sul totale registrato nell'a.s. 2010/2011, del 7,5% registrato nell'a.s. 2009/2010 e dell'1,5% registrato nell'a.s. 1999/2000.

L'integrazione dei minori stranieri

L’art. 38 del d.lgs. n. 286 del 1998 stabilisce che i minori stranieri presenti sul territorio nazionale sono soggetti all’obbligo scolastico e che ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all’istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica.

In base all'art. 45 del Regolamento sull'immigrazione (D.P.R. n. 394 del 1999), i minori stranieri hanno diritto all’istruzione - indipendentemente dalla regolarità della propria posizione -, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani. L’iscrizione può essere richiesta in qualunque periodo dell’anno scolastico.

Per quanto concerne l’inserimento, lo stesso art. 45 prevede che i minori sono iscritti alla classe corrispondente all’età anagrafica, salvo che il collegio dei docenti deliberi l’iscrizione ad una classe diversa, tenendo conto di: ordinamento degli studi del Paese di provenienza, corso di studi seguito, livello di preparazione raggiunto.

Sempre il collegio dei docenti definisce il necessario adattamento dei programmi di insegnamento. Allo scopo, possono essere adottati specifici interventi individualizzati o per gruppi di alunni per facilitare l’apprendimento della lingua italiana. Il consolidamento della conoscenza della lingua italiana può essere realizzato anche mediante l’attivazione di corsi intensivi sulla base di specifici progetti.

L'attività parlamentare

Il 12 gennaio 2011 la Commissione Cultura della Camera ha approvato il documento conclusivo di un’indagine conoscitiva deliberata il 5 maggio 2009 per approfondire le problematiche connesse all’accoglienza dei bambini stranieri nelle scuole italiane, anche in confronto con le politiche scolastiche di altri paesi UE.

Nel documento, la Commissione ha sottolineato che è compito precipuo della scuola offrire alle nuove generazioni gli strumenti cognitivi e formativi per affrontare il nuovo mondo globale, con solide basi culturali che permettano di capire le lingue degli altri. L’interculturalità, intesa come rispetto e dialogo tra le culture, è il primo passo per arrivare ad un contesto co-culturale in cui, accanto alla cultura propria di ciascuno, si forma una cultura condivisa, fatta di valori e conoscenze comuni, su cui fondare la convivenza. Da qui, l’attenzione non solo agli alunni immigrati, ma all’intera popolazione scolastica.

La Commissione ha evidenziato, quindi, l’importanza di misure che siano di sostegno al compito di docenti e dirigenti. In particolare, si è auspicato: la previsione di risorse certe; un veloce adeguamento delle competenze richieste sia a livello centrale, sia nelle singole istituzioni scolastiche; un continuo monitoraggio della presenza di alunni non italofoni e degli esiti attesi; l’accertamento delle conoscenze pregresse degli studenti e, in particolare, della lingua italiana, con la connessa possibilità di mettere tempestivamente in atto corsi per l’apprendimento dell’italiano lingua seconda; la previsione, nell’ambito della formazione iniziale e in servizio di docenti e dirigenti scolastici, di moduli su didattica e pedagogia interculturale; la dimensione interculturale delle singole discipline; l’avvio di un percorso per mettere a punto sinergie fra i diversi attori e pervenire ad un accordo quadro in sede di Conferenza unificata.

Precedentemente, con alcuni atti di indirizzo, la Camera aveva impegnato il Governo a:

Al riguardo, l'8 gennaio 2010 il MIUR ha emanato la circolare n. 2 che ha stabilito, in particolare, che dall'a.s. 2010-2011 il numero degli alunni con cittadinanza non italiana presenti in ogni classe non può superare, di norma, il 30% del totale degli iscritti. Il limite è stato introdotto in modo graduale, a partire dal primo anno di tutti gli ordini di scuola. In vista dell'applicazione di tale provvedimento, il Servizio Statistico del MIUR, elaborando i dati dell'Anagrafe degli studenti, ha pubblicato un Focus, al fine di dare conto della dimensione del fenomeno.

Documenti e risorse web

Centri d'istruzione per gli adulti

Il 25 febbraio 2013 è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale il DPR 263/2012, recante norme generali per la ridefinizione dell'assetto organizzativo-didattico dei Centri di istruzione per gli adulti, compresi i corsi serali. Il DPR, adottato in adempimento del Piano programmatico predisposto sulla base dell'art. 64 del decreto-legge 112/2008, era stato oggetto di esame parlamentare nel 2010.

L'iter dello schema di regolamento: in particolare, i pareri parlamentari

Nell’ambito della riorganizzazione della scuola, il 3 marzo 2010 era stato presentato alle Camere lo schema di regolamento relativo alla ridefinizione dell’assetto organizzativo-didattico dei Centri di istruzione per gli adulti (Atto n. 194), di cui si prevedeva l'avvio dall’anno scolastico 2010-2011.

La 7a Commissione del Senato aveva espresso parere favorevole con condizioni il 20 ottobre 2010. In particolare, aveva chiesto che l'età per l'accesso ai Centri fosse abbassata a 15 anni e che fosse possibile conseguire altri diplomi di istruzione liceale, oltre a quello di liceo artistico.

La VII Commissione della Camera aveva approvato un parere favorevole con condizioni e osservazione il 10 novembre 2010.

Tra le condizioni, era stata segnalata la necessità di:

Il DPR è stato approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 4 ottobre 2012 ed è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 25 febbraio 2013.

Il DPR 263/2012

Nella premessa del DPR si evidenzia che le condizioni contenute nei pareri delle Commissioni parlamentari sono state accolte compatibilmente con i vincoli imposti dalla finanza pubblica.

Tempi della ridefinizione dell’assetto organizzativo-didattico dei Centri di istruzione degli adulti

La ridefinizione dell’assetto organizzativo-didattico dei Centri di istruzione degli adulti, compresi i corsi serali, si attua gradualmente, a partire dall’a.s. 2013/2014 e, comunque, entro l’a.s. 2014/2015: in particolare, le nuove disposizioni si applicano, a partire dall’a.s. 2013/2014, alle classi prime, seconde, terze e quarte dei corsi serali dell’istruzione tecnica, dell’istruzione professionale e dei licei artistici, al fine di rendere conformi gli ordinamenti di tali corsi con quelli dei corsi diurni in vigore per le citate quattro classi nello stesso a.s.

Il passaggio al nuovo ordinamento è definito da linee guida approvate con decreto interministeriale (per la cui emanazione non è indicato un termine) ed è accompagnato da misure di sistema per l’aggiornamento di dirigenti, docenti e personale amministrativo, tecnico ed ausiliario dei Centri. Altre misure di sistema saranno destinate a favorire gli opportuni raccordi fra le diverse tipologie di percorsi (v. infra).

I nuovi percorsi per l’istruzione degli adulti

Per effetto della ridefinizione, i percorsi di istruzione degli adulti sono riorganizzati in:

a) percorsi di primo livello, finalizzati al conseguimento del titolo di studio conclusivo del primo ciclo di istruzione e della certificazione attestante l’acquisizione delle competenze di base connesse all’obbligo di istruzione;

b) percorsi di secondo livello, finalizzati al conseguimento del diploma di istruzione tecnica, professionale e artistica;

c) percorsi di alfabetizzazione e di apprendimento della lingua italiana, finalizzati al conseguimento del titolo di conoscenza della lingua italiana corrispondente almeno al livello A2.

I percorsi di cui alle lett. a) e c) sono realizzati dai Centri per l’istruzione degli adulti, mentre quelli di cui alla lett. b) sono realizzati dalle istituzioni scolastiche presso le quali funzionano i percorsi di istruzione tecnica, professionale e liceale artistica. Le istituzioni scolastiche presso le quali funzionano i percorsi di istruzione liceale possono prevedere la realizzazione di percorsi finalizzati al conseguimento di diplomi ulteriori rispetto a quello di liceo artistico, nei limiti delle risorse finanziarie ed umane disponibili.

I percorsi per il conseguimento del diploma conclusivo del primo ciclo si svolgono in 400 ore, incrementabili fino ad un massimo di altre 200 ore.

Gli altri percorsi hanno un orario complessivo obbligatorio pari al 70% di quello previsto dai corrispondenti ordinamenti.

I percorsi sono organizzati in modo personalizzato, sulla base del patto formativo individuale, che costituisce anche la base della valutazione. L’obiettivo è la valorizzazione di tutte le competenze acquisite dall’adulto nel corso della vita.

Specifiche disposizioni riguardano gli organi collegiali dei Centri e le dotazioni organiche.

Utenza

Ai Centri per l’istruzione degli adulti possono iscriversi:

a) gli adulti, anche stranieri, che non hanno assolto l’obbligo di istruzione o non sono in possesso del titolo di studio conclusivo del primo ciclo di istruzione, nonché – con riferimento ai percorsi di alfabetizzazione e apprendimento della lingua italiana e ai fini del superamento del test necessario per il rilascio del permesso di soggiorno di lungo periodo – gli adulti stranieri in età lavorativa, anche se in possesso di titoli di studio conseguiti nel paese di origine;

b) coloro che hanno compiuto 16 anni e che non sono in possesso del titolo di studio conclusivo del primo ciclo di istruzione. A seguito di accordi specifici fra regioni e uffici scolastici regionali, possono iscriversi, in presenza di particolari e motivate esigenze, e nei limiti dell’organico assegnato, anche coloro che hanno compiuto 15 anni.

Alle istituzioni scolastiche possono iscriversi:

a) gli adulti, anche stranieri, che sono in possesso del titolo di studio conclusivo del primo ciclo di istruzione;

b) coloro che hanno compiuto 16 anni e che, già in possesso del titolo di studio conclusivo del primo ciclo di istruzione, dimostrano di non poter frequentare il corso diurno.

Monitoraggio e rapporto alle Camere

Il sistema sarà costantemente monitorato da parte del MIUR, anche attraverso l’INDIRE, e i risultati di apprendimento saranno periodicamente valutati dall’INVALSI.

Ogni tre anni il Ministro presenterà al Parlamento un rapporto sui risultati del monitoraggio e della valutazione.

Dossier pubblicati

Interventi per l'università

La legge 240/2010 ha ridisciplinato governance degli atenei, stato giuridico e reclutamento del personale, e ha delegato il Governo ad adottare incentivi per la qualità. Le Camere hanno dunque esaminato vari provvedimenti attuativi. Numerose modifiche sono state poi apportate alla L. 240 dal D.L. 5/2012 e dal D.L. 95/2012. Altri interventi hanno riguardato corsi e classi di laurea e laurea magistrale.

I principi ispiratori della L. 240/2010 - promulgata il 30.12.2010 dal Presidente della Repubblica, che ha contestualmente inviato una lettera al Presidente del Consiglio, e che è in vigore dal 29.01.2011 - fanno riferimento, come indicato dalle ”Linee guida del Governo per l’Università”, ai concetti di autonomia e responsabilità; valorizzazione del merito; combinazione di didattica e ricerca.
Vari passaggi della L. 240/2010 sono stati modificati con gli artt. 31, 49 e 54 del D.L. 5/2012, nonchè con l'art. 7, co. 42-ter del D.L. 95/2012.

Organi e articolazione interna

La L. 240/2010 ha delineato indirizzi per la revisione degli statuti delle università statali riguardo a composizione, durata e funzioni degli organi, organizzazione interna. In particolare, ha previsto un limite al mandato del rettore (6 anni, non rinnovabile), che può essere sfiduciato, e l’istituzione presso ogni università del collegio di disciplina, nonchè l'adozione del codice etico. Ha, poi, stabilito che i componenti del nucleo di valutazione devono essere in prevalenza esterni e ha distinto le funzioni di Senato accademico (scientifiche) e Consiglio di amministrazione (gestionali); ha sostituito la figura del direttore amministrativo con quella del direttore generale; ha individuato i dipartimenti quale luogo di raccordo fra ricerca e didattica.

Disposizioni particolari riguardano le università che hanno conseguito stabilità di bilancio e risultati di elevato livello e gli istituti ad ordinamento speciale.

L'art. 7, co. 42-ter, del D.L. 95/2012 ha, poi, disposto una interpretazione autentica in materia di prorogatio dei rettori.

Reclutamento

In materia di reclutamento la L. 240/2010 - i cui interventi hanno fatto seguito a quelli adottati con il D.L. 180/2008 volti, tra l’altro, a subordinare le assunzioni ad una gestione responsabile delle risorse finanziarie e a privilegiare il ricambio generazionale incentivando le assunzioni dei ricercatori - ha previsto:

Ha previsto anche la chiamata di professori di II fascia dal 2011, utilizzando parte delle risorse del FFO. Sono stati dunque adottati il DM 15.12.2011, relativo alle chiamate per il 2011, e il DM 28.12. 2012, relativo alle chiamate per il 2012 e il 2013. Sull'argomento sono intervenuti anche l'art. 1, co. 5, e l'art. 14, co. 2-quater, del D.L. 216/2011, nonchè l'art. 49 del D.L. 5/2012.

Infine, la L. 240 ha ridisciplinato i settori concorsuali (DM 336/2011 e 159/2012), la chiamata diretta di studiosi impegnati all'estero, i contratti per attività di insegnamento, gli assegni di ricerca.

In presenza di determinati vincoli di parentela o affinità fino al IV grado, è vietato partecipare ai reclutamenti.

Qualità del sistema universitario e della ricerca

Con D.P.R. 76/2010 è stato adottato il regolamento concernente l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), argomento sul quale la 7^ Commissione del Senato il 19.4.2011 ha approvato la risoluzione Doc. XXIV, n. 21. Il 7.11.2011 l'ANVUR ha approvato il bando per la valutazione della qualità della ricerca 2004-2010.

La L. 240/2010, al fine di favorire il rilancio di qualità ed efficienza del sistema universitario, ha delegato il Governo, in particolare, ad adottare misure per:

Inoltre, sono stati istituiti:

Infine:

Con l'art. 16 del D.L. 112/2008 era stata prevista la possibilità per le università di trasformarsi in fondazioni di diritto privato.

Il 1.2.2012 la 7^ Commissione del Senato ha approvato il documento conclusivo di una indagine conoscitiva sull'eventuale abolizione del valore legale del diploma di laurea. Sullo stesso tema, il 22.3.2012 il MIUR ha avviato una consultazione pubblica, chiusa il 24.4.2012.

Stato giuridico ed economico di professori e ricercatori

La L. 240/2010 ha confermato che il regime di impegno di professori e ricercatori è a tempo pieno o definito e ha introdotto un impegno orario figurativo pari a 1500 ore per il tempo pieno (750 per il tempo definito). Una quota di tale orario, specificamente indicata, è riservata a compiti di didattica e di servizio agli studenti. Sono state disciplinate, inoltre, le incompatibilità, ed introdotti incentivi per la mobilità interuniversitaria.

Per la revisione del trattamento economico è stato emanato il D.P.R. 232/2011. In materia è intervenuto anche l'art. 5, co. 10-ter, del D.L. 95/2012.

La L. di stabilità 2012 (art. 4, co. 78 e 79, L. 183/2011) e l'art. 49 del D.L. 5/2012 sono intervenuti in materia di c.d. anno sabbatico di cui possono fruire professori e assistenti universitari per attività di studio e ricerca.

Diritto allo studio

Sulla base della delega conferita dalla L. 240/2010 a rivedere le norme sul diritto allo studio e a definire i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), anche con riferimento ai requisiti di merito ed economici, per assicurare a tutti il conseguimento del successo formativo, è stato emanato il d.lgs. 68/2012.

Corsi e classi di laurea e di laurea magistrale

E' stata abrogata l'equipollenza della laurea in scienze motorie a quella in fisioterapia (L. 63/2011) ed è stata definita la classe di laurea magistrale in restauro dei beni culturali (DM 2 marzo 2011).

Le Camere hanno, inoltre, espresso il parere sugli schemi di DM per l'adeguamento degli ordinamenti del corso di laurea magistrale in giurisprudenza (Atto 227) e del corso di laurea e di laurea magistrale in scienze della difesa e della sicurezza (Atto 355) che, tuttavia, non risultano aver concluso il proprio iter.

La VII Commissione ha, inoltre, esaminato l' A.C. 121, che prevedeva una riserva di posti per i cittadini italiani residenti all'estero ai fini dell'accesso ai corsi a numero programmato. L'esame non si è concluso.

Approfondimenti

Dossier pubblicati

Documenti e risorse web

Approfondimento: La nuova governance e la nuova organizzazione interna delle università statali

L’art. 2 della legge 240/2010 – come successivamente modificato dall’art. 49, co. 1, lett. a), del D.L. 5/2012 (L. 35/2012) – ha fissato gli indirizzi per la revisione degli statuti delle università statali riguardo a composizione, durata e funzioni degli organi, nonché all’organizzazione interna.

Peraltro, in base all’art. 1 della legge, le università che hanno conseguito stabilità e sostenibilità del bilancio e risultati di livello elevato nel campo della didattica e della ricerca possono sperimentare propri modelli organizzativi e funzionali, comprese modalità di costituzione e composizione degli organi di governo e forme sostenibili di organizzazione della didattica e della ricerca su base policentrica diverse da quelle indicate dall’art. 2, sulla base di accordi di programma con il MIUR.

Inoltre, ai sensi dell’art. 2, anche gli istituti di istruzione universitaria ad ordinamento speciale adottano proprie modalità organizzative, pur nel rispetto di alcuni principi indicati per le università statali, e fatto salvo il controllo di legittimità e di merito degli statuti e dei regolamenti di ateneo, da parte del Ministro.

Al riguardo si ricorda che gli Istituti universitari statali ad ordinamento speciale sono: la Scuola Normale Superiore di Pisa; l’Università per stranieri di Perugia; la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (S.I.S.S.A.) di Trieste; la Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento “S. Anna” di Pisa; l’Università per stranieri di Siena; l’Istituto Universitario di Studi Superiori (I.U.S.S.) di Pavia; la Scuola IMT (Istituzioni, Mercati, Tecnologie) Alti Studi di Lucca; l’Istituto Italiano di Scienze Umane di Firenze. L’Università per stranieri “Dante Alighieri”, con sede a Reggio Calabria, è, invece un istituto non statale con ordinamento speciale.



Organi delle università statali

Gli organi necessari sono sei: rettore, senato accademico, consiglio di amministrazione, collegio dei revisori dei conti, nucleo di valutazione, direttore generale.



Rettore

E’ stata prevista una ridefinizione del ruolo del rettore, quale “organo propulsore delle attività scientifiche e didattiche e dello sviluppo strategico dell’ateneo nel suo complesso” (cfr. A.S. 1905, relazione introduttiva): a tale figura fanno capo la rappresentanza legale dell’università e la responsabilità del perseguimento delle finalità.

Sotto quest’ultimo profilo, in particolare, al rettore sono attribuite funzioni di indirizzo, di iniziativa e di coordinamento delle attività scientifiche e didattiche, funzioni di proposta del direttore generale, del documento di programmazione triennale di ateneo (art. 1-ter, D.L. 7/2005 – L. 43/2005) – tenuto anche conto delle proposte e dei pareri del senato accademico –, e dei documenti di bilancio, nonché funzioni di iniziativa dei procedimenti disciplinari.

 

Altre novità hanno riguardato:



Senato accademico e Consiglio di amministrazione

E’ stata introdotta una distinzione delle funzioni del senato accademico (scientifiche) e del consiglio di amministrazione (gestionali).

In particolare, al Senato accademico sono attribuite, oltre alla proposizione della mozione di sfiducia nei confronti del rettore:

Al Consiglio di amministrazione sono, invece, attribuite:

Con riguardo alla composizione:

Per i componenti di entrambi gli organi sono stabilite norme in materia di incompatibilità. In particolare, sussiste il divieto di:



Direttore generale

La figura del direttore generale ha sostituito quella del direttore amministrativo.

Al direttore generale sono affidati, in particolare - sulla base degli indirizzi forniti dal Cda -, la complessiva gestione e organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico-amministrativo dell’ateneo. Il direttore generale partecipa, altresì, alle sedute del Cda, senza diritto di voto.

L’incarico è conferito dallo stesso Cda (su proposta del rettore, sentito il parere del Senato accademico) a personalità di elevata qualificazione professionale e comprovata esperienza. La durata massima dell’incarico – regolato con contratto di lavoro di diritto privato – è pari a quattro anni ed è rinnovabile.

La definizione di criteri e parametri per la determinazione del trattamento economico spettante al direttore generale è stata demandata ad un decreto interministeriale MIUR-MEF. In attuazione di tale disposizione, per il triennio 2011-2013 è stato emanato il D.M. 21 luglio 2011, n. 315 (G.U. n. 254 del 2011).



Collegio dei revisori dei conti

Il collegio dei revisori dei conti ha tre componenti effettivi - dei quali, due devono essere iscritti al Registro dei revisori contabili (ora, ai sensi dell’art. 37 del d.lgs. n. 39/2010, di recepimento della direttiva 2006/43/CE, Registro dei revisori legali) e uno, con funzioni di presidente, deve essere scelto tra i magistrati amministrativi e contabili e tra gli avvocati dello Stato - e due supplenti. L’incarico, conferito con decreto rettorale, dura al massimo quattro anni, è rinnovabile una sola volta e non può essere conferito a personale dipendente della medesima università.



Nucleo di valutazione

Per il nucleo di valutazione dell’ateneo, le novità principali rispetto alla normativa previgente (L. n. 370/1999) attengono al fatto che esso è composto in prevalenza da soggetti esterni all’ateneo e che vi fa parte anche una rappresentanza degli studenti. Il coordinatore può essere individuato tra i professori di ruolo dell’ateneo.

Il nucleo ha funzioni di verifica della qualità e dell’efficacia dell’offerta didattica, verifica dell'attività di ricerca svolta dai dipartimenti, verifica della congruità del curriculum scientifico o professionale degli esperti titolari dei contratti di insegnamento.

Il nucleo svolge anche, in raccordo con l’attività dell’ANVUR, le funzioni dell’organismo di valutazione della performance di cui all’art. 14 del d.lgs. 150/2009, relative alle procedure di valutazione delle strutture e del personale.

Come già nella legislazione previgente, non è stabilito un termine di durata dell’organo.



Avvicendamento e regime di prorogatio degli organi

Sono state previste disposizioni distinte per gli organi collegiali e per il rettore.

Per gli organi collegiali, è stata prevista la decadenza al momento della costituzione di quelli previsti dal nuovo statuto.

L’art. 49 del D.L. n. 5/2012 (L. 35/2012) ha esteso agli “organi monocratici elettivi” la previsione di decadenza al momento della costituzione di quelli previsti dai nuovi statuti. Al riguardo, il rappresentante del Governo, rispondendo all’interrogazione 5-06528 il 24 aprile 2012, ha chiarito che l’innovazione introdotta “non riguarda specificamente la carica rettorale, già disciplinata da disposizioni speciali, come tali prevalenti”. Peraltro, secondo quanto riferito dalla stampa “a livello ministeriale (…) si spiega che gli «organi monocratici elettivi» indicati dalla norma sono quelli a capo delle varie articolazioni universitarie, ma non i rettori, a cui continuano ad applicarsi le vecchie regole” (Il Sole 24 ore, 2 aprile 2012).

Per il mandato dei rettori sono state disciplinate diverse fattispecie. In particolare, è stato previsto che:



Articolazione interna delle università statali

In tale ambito, i criteri direttivi per le modifiche statutarie hanno riguardato, in particolare, l’attribuzione di un ruolo centrale ai dipartimenti.

 



Dipartimenti e strutture di raccordo

Al dipartimento competono sia funzioni di ricerca scientifica, sia attività didattiche e formative (queste ultime precedentemente attribuite alle facoltà), nonché attività rivolte all’esterno. Ad essi deve afferire un numero minimo di professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato, appartenenti a settori scientifico-disciplinari omogenei.

La novità ha inteso ampliare le maglie del previgente assetto organizzativo, anche al fine di creare una base più ampia per la costituzione delle commissioni esaminatrici (Cfr. A.S. 1905, relazione introduttiva).

 E’ stata, peraltro, prevista la possibilità di istituire strutture di raccordo – comunque denominate – fra più dipartimenti (raggruppati secondo criteri di affinità disciplinare), in un numero proporzionale alle dimensioni dell’ateneo e comunque non superiore a dodici, con un proprio organo deliberante.

Ulteriore novità è stata costituita dalla previsione che in ogni dipartimento, o in ogni struttura di raccordo, è presente una commissione paritetica docenti-studenti, competente a svolgere attività di monitoraggio dell’offerta formativa, della qualità della didattica e dell’attività di servizio agli studenti, ad individuare indicatori per la valutazione dei risultati delle stesse e a formulare pareri sull’attivazione e sulla soppressione di corsi di studio.

 Per gli atenei con un organico inferiore a 500 unità è prevista la possibilità di darsi un’articolazione organizzativa interna semplificata, nell’ambito della quale le funzioni attribuite alle strutture di raccordo sono assegnate ai dipartimenti.



Rappresentanza degli studenti

La rappresentanza elettiva degli studenti nel senato accademico, nel consiglio di amministrazione, nel nucleo di valutazione, nell’organo deliberante delle strutture di raccordo, nella commissione paritetica docenti-studenti è stata confermata in misura non inferiore al 15%. Ogni mandato è di durata biennale ed è rinnovabile una sola volta.



Documenti e risorse web

CRUI - Elenco delle modifiche agli statuti universitari, a seguito della L. 240/2010

CRUI - Scadenze del mandato di alcuni rettori delle università statali

Approfondimento: La nuova disciplina per il reclutamento dei professori e ricercatori universitari



Premessa

La L. 240/2010, riprendendo il meccanismo a suo tempo previsto dalla L. 230/2005, ma mai diventato operativo, ha disposto che per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari (rispettivamente, ordinari e associati) è necessario acquisire un’abilitazione scientifica nazionale, che consente di partecipare alle procedure di chiamata indette dalle singole università.

Per i ricercatori, la L. 240/2010 ha confermato, anticipandola, la scelta, già fatta dalla L. 230/2005, di messa ad esaurimento dei ricercatori a tempo indeterminato. In particolare, ha disposto - previo il superamento di una selezione di ateneo – la stipula di un contratto a tempo determinato, articolato in due tipologie successive, e l'eventuale passaggio al ruolo degli associati, previo conseguimento dell'abilitazione.

Si tratta delle sole procedure che possono essere avviate a decorrere dal 29 gennaio 2011, data di entrata in vigore della legge indicata.



Accesso al ruolo dei professori universitari



L’abilitazione scientifica nazionale

L’abilitazione scientifica nazionale – prevista dall’art. 16 della L. 240/2010, come successivamente modificato dall’art. 49 del D.L. 5/2012 e dall’art. 1, co. 398, della L. 228/2012 – attesta la qualificazione scientifica necessaria per l’accesso alla prima e alla seconda fascia del ruolo dei professori, ha durata quadriennale e richiede requisiti differenti per la fascia dei professori ordinari e per quella dei professori associati. Il suo conseguimento non costituisce titolo di idoneità, né dà alcun diritto per il reclutamento in ruolo o per promozioni, se non nell’ambito delle procedure previste dagli artt. 18 e 24, commi 5 e 6, della medesima L. 240/2010 (v. infra).

Le procedure per il conseguimento dell'abilitazione sono svolte per settori concorsuali, raggruppati in macrosettori concorsuali. Ciascun settore concorsuale può essere articolato a sua volta in settori scientifico-disciplinari (art. 15, L. 240/2010).

I settori concorsuali sono stati determinati con DM 336/2011 e successivamente rideterminati con DM 159/2012.



Le procedure finalizzate al conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale

Le modalità di espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento dell’abilitazione sono state disciplinate con il DPR 222/2011 – emanato previo parere parlamentare –, cui ha fatto seguito il DM 76/2012.

In particolare, il DPR 222/2011, come modificato dall’art. 1, co. 399, della L. 228/2012, ha disposto che le procedure per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale sono indette ogni anno entro il mese di ottobre. Ha disposto inoltre, che esse devono concludersi (di regola) entro cinque mesi dalla pubblicazione del bando (salvi meccanismi di proroga e di eventuale sostituzione della commissione). L’art. 1, co. 398, della L. 228/2012, tuttavia, modificando l’art. 16 della L. 240/2010, ha disposto che il termine di cinque mesi decorre dalla data di scadenza del termine per la presentazione delle domande da parte dei candidati.

Il primo bando è stato pubblicato il 27.7.2012. Il secondo bando è stato pubblicato il 28.1.2013.

Per l’espletamento delle procedure è prevista, ogni due anni, la costituzione di una commissione nazionale per ciascun settore concorsuale, composta da cinque membri, di cui quattro sono professori ordinari di università italiane sorteggiati all’interno di una lista formulata dal MIUR fra quanti – in possesso di determinati requisiti – abbiano avanzato domanda per esservi inclusi. Il quinto commissario è individuato mediante sorteggio all'interno di una lista, predisposta dall'ANVUR, composta da almeno quattro studiosi o esperti di pari livello, in servizio presso università di un Paese aderente all’OCSE, diverso dall'Italia.

La procedura per la formazione delle Commissioni nazionali è stata definita con Decreto Direttoriale 27 giugno 2012, n. 181, poi integrato con Decreto Direttoriale 10 agosto 2012, n. 251.

La commissione, deliberando a maggioranza dei quattro quinti dei componenti, attribuisce l'abilitazione con motivato giudizio espresso sulla base di criteri e parametri differenziati per funzioni e per area disciplinare, e fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche presentati da ciascun candidato, previa sintetica descrizione del contributo individuale alle attività di ricerca e sviluppo svolte. Essa può acquisire pareri scritti pro veritate da parte di esperti revisori.

Il mancato conseguimento dell'abilitazione preclude la partecipazione alle procedure di abilitazione indette nel biennio successivo per il medesimo settore concorsuale della medesima fascia, ovvero della fascia superiore.

Il DM 76/2012 ha, invece, definito i criteri e parametri utilizzabili ai fini della valutazione dei candidati e dell’accertamento della qualificazione degli aspiranti commissari. Con il medesimo decreto è stato fissato, altresì, il numero massimo di pubblicazioni, distinto per fascia e per area, che ciascun candidato può presentare nella procedura di abilitazione, comunque non inferiore a 12.

Con riferimento al conseguimento dell’abilitazione, gli artt. 4 e 5 del DM stabiliscono, rispettivamente per la prima e per la seconda fascia, che la commissione si attiene nella valutazione delle pubblicazioni scientifiche a criteri e parametri relativi tra l’altro, alla qualità della produzione scientifica, valutata all’interno del panorama internazionale della ricerca, sulla base dell’originalità, del rigore metodologico e del carattere innovativo. Per la valutazione dei titoli sono individuati diversi parametri cui la commissione deve attenersi, il primo dei quali è l’impatto della produzione scientifica complessiva, valutato sulla base di indicatori numerici specifici e delle relative regole di utilizzo (definiti negli allegati A e B al medesimo decreto).

In particolare, per ciascuno degli indicatori si calcola la mediana della distribuzione distintamente per i professori di prima e di seconda fascia di ogni settore concorsuale.

L’art. 1, co. 1, lett. p), del DM 76/2012 definisce mediana il valore di un indicatore o altra modalità prescelta per ordinare una lista di soggetti, che divide la lista medesima in due parti uguali.

Per i settori concorsuali individuati dall’Allegato A, ottengono una valutazione positiva dell’importanza e dell’impatto della produzione scientifica complessiva i candidati all’abilitazione i cui indicatori sono superiori alla mediana in almeno due degli indicatori bibliometrici (numero di articoli su riviste contenute nei principali database internazionali e pubblicate nei dieci anni precedenti la pubblicazione del bando; numero di citazioni ricevute; indice h di Hirsch, anch'esso fondato su numero di lavori e citazioni ricevute); per i settori concorsuali individuati dall’Allegato B, ottengono una valutazione positiva i candidati all’abilitazione i cui indicatori sono superiori alla mediana in almeno uno degli indicatori di attività scientifica non bibliometrici ivi individuati (numero di libri e numero di articoli su rivista e di capitoli su libro dotati di ISBN pubblicati nei dieci anni precedenti la pubblicazione del bando; numero di articoli su riviste riconosciute come eccellenti a livello internazionale per il rigore delle procedure di revisione e per la diffusione, stima e impatto nelle comunità degli studiosi del settore, c.d. “riviste di classe A”).

Ai sensi dell’art. 3 del DM, l’individuazione del tipo di pubblicazioni, la ponderazione di ciascun criterio e parametro da prendere in considerazione e l’eventuale utilizzo di ulteriori criteri e parametri più selettivi ai fini della valutazione delle pubblicazioni e dei titoli sono predeterminati dalla Commissione, con atto motivato pubblicato sul sito del MIUR e dell’università sede della procedura di abilitazione. La ponderazione dei criteri e dei parametri deve essere equilibrata e motivata.

Sulle modalità di calcolo degli indicatori da utilizzare ai fini della selezione degli aspiranti commissari e della valutazione dei candidati per l’abilitazione scientifica nazionale è intervenuta anche la delibera ANVUR n. 50/2012.

Sull’argomento, si ricorda peraltro, che, in risposta ad alcuni dubbi circa l’applicazione della nuova disciplina, formulati da più parti – ed esplicitati anche in vari atti di sindacato ispettivo, tra i quali la mozione n. 1/01152 –, il MIUR ha emanato in data 11 gennaio 2013 la circolare prot. n. 754 con la quale, ricordando che, di norma, l’abilitazione deve essere attribuita dalle commissioni esclusivamente ai candidati che soddisfino entrambe le condizioni (giudizio di merito della produzione scientifica e superamento degli indicatori di impatto della medesima produzione), è stato evidenziato che, come previsto dall’art. 6, co. 5, del DM 76/2012, le commissioni possono discostarsi da tale regola generale dandone rigorosa motivazione, sia in sede di predeterminazione dei criteri che di giudizio finale.

Ciò significa che “le commissioni possono non attribuire l’abilitazione a candidati che superano le mediane prescritte per il settore di appartenenza, ma con un giudizio di merito negativo della commissione, ovvero possono attribuire l’abilitazione a candidati che, pur non avendo superato le mediane prescritte, siano stati valutati dalla commissione con un giudizio di merito estremamente positivo”.



La chiamata da parte delle università

Ai sensi dell’art. 18 della L. 240/2010 – come modificato dall’art. 49 del D.L. 5/2012 – la chiamata dei professori di prima e di seconda fascia è disciplinata dalle università con proprio regolamento, nel rispetto dei principi da esso indicati. In particolare, possono essere ammessi al procedimento di chiamata:

L’idoneità conseguita ai sensi della L. 210/1998 è equiparata all'abilitazione limitatamente al periodo di durata della stessa (art. 29, co. 8, L. 240/2010). Inoltre, chi ha conseguito l'idoneità per i ruoli di professore associato e ordinario può essere ancora destinatario di chiamata ai sensi della L. 210/1998, fino al termine del periodo di durata dell'idoneità stessa (5 anni dal conseguimento) (art. 29, co. 4, L. 240/2010).

Fino al 31 dicembre del sesto anno successivo alla data di entrata in vigore della legge, possono essere sottoposti a valutazione da parte dell’ateneo, ai fini della chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia, secondo la procedura di cui all’art. 24, co. 5, L. 240/2010 (v. infra), i professori di seconda fascia e i ricercatori a tempo indeterminato in servizio nell’università che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica (art. 24, co. 6, L. 240/2010).

Non possono partecipare ai procedimenti di chiamata coloro che hanno un grado di parentela o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata, o con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione dell’ateneo.

I procedimenti di chiamata sono effettuati sulla base della programmazione triennale dei reclutamenti e si concludono previa valutazione delle pubblicazioni scientifiche (di cui le università possono stabilire il numero massimo che, comunque, anche in tal caso, non può essere inferiore a 12), del curriculum e dell’attività didattica degli studiosi. Le università, inoltre, possono accertare le competenze linguistiche del candidato in relazione al profilo plurilingue dell’ateneo ovvero alle esigenze didattiche dei corsi di studio in lingua estera.

Per consentire l’accesso a soggetti esterni all’ateneo, ciascuna università statale deve riservare le risorse corrispondenti ad almeno un quinto dei posti disponibili di professore di ruolo alla chiamata di coloro che nell’ultimo triennio non hanno prestato servizio nella stessa università (ovvero non sono stati titolari di assegni di ricerca o iscritti a corsi universitari).

La proposta di chiamata è effettuata dal dipartimento con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei professori di prima fascia per la chiamata di professori di prima fascia e dei professori di seconda fascia per la chiamata di professori di seconda fascia ed è approvata con delibera del consiglio di amministrazione.



I contratti per ricercatori a tempo determinato

L’art. 24 della L. 240/2010 – come modificato dall’art. 49 del D.L. 5/2012 – individua due tipologie di contratto a tempo determinato per lo svolgimento di attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti.

I destinatari sono scelti mediante procedure pubbliche disciplinate con regolamento delle università, nel rispetto di alcuni criteri specifici. In particolare, sono ammessi alle procedure i possessori del titolo di dottore di ricerca o del diploma di specializzazione medica, nonché di eventuali ulteriori requisiti definiti dal regolamento di ateneo, con esclusione dei soggetti già assunti a tempo indeterminato come professori di prima o seconda fascia o come ricercatori, anche se cessati dal servizio.

In via transitoria, fino al 2015, possono partecipare alle procedure di selezione anche coloro che possiedono una laurea magistrale o equivalente e un curriculum scientifico professionale idoneo allo svolgimento di attività di ricerca.

Il procedimento di selezione è articolato in due stadi (tranne nel caso in cui il numero dei candidati è pari o inferiore a sei):

Sono escluse prove scritte e orali, ad eccezione di una prova orale volta ad accertare l’adeguata conoscenza di una lingua straniera, che si svolge contestualmente alla discussione di titoli e pubblicazioni.

La prima tipologia di contratto ha durata triennale, prorogabile per due anni (3+2), per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte, effettuata sulla base di modalità, criteri e parametri definiti con DM 242/2011. I contratti possono prevedere il regime di tempo pieno o di tempo definito, con un impegno annuo complessivo per lo svolgimento di attività di didattica, didattica integrativa e servizio agli studenti pari, rispettivamente, a 350 e a 200 ore.

La seconda tipologia consiste in contratti triennali stipulati esclusivamente in regime di tempo pieno, non rinnovabili, ed è riservata a candidati che hanno usufruito di contratti di cui alla prima tipologia ovvero, per almeno tre anni anche non consecutivi, di assegni di ricerca o di borse post-dottorato, oppure di contratti, assegni o borse analoghi in università straniere, nonché a coloro che hanno usufruito per almeno tre anni di contratti a tempo determinato stipulati ai sensi dell’art. 1, comma 14, della L. 230/2005.

Ai sensi dell’art. 24, co. 5, della L. 240/2010, il titolare del contratto che abbia conseguito l’abilitazione scientifica nazionale è sottoposto nel terzo anno di contratto alla valutazione dell’università, in conformità agli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale, individuati con un apposito regolamento di ateneo nell’ambito dei criteri fissati con DM 344/2011. Se la valutazione ha esito positivo, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato come professore associato.

In particolare, a decorrere dal settimo anno, l’università può utilizzare le risorse corrispondenti fino alla metà dei posti disponibili di professore di ruolo per le chiamate a professore associato dei ricercatori che hanno svolto la seconda tipologia di contratto e siano stati valutati positivamente (art. 24, co. 6, ultimo periodo, L. 240/2010).

I contratti a tempo determinato non danno luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli. Essi costituiscono titolo di preferenza nei concorsi per l’accesso alle pubbliche amministrazioni.

Per tutto il periodo di durata dei contratti, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati, senza assegni, né contribuzione previdenziale, in aspettativa o in posizione di fuori ruolo nei casi in cui tale posizione sia prevista dagli ordinamenti di appartenenza.



Chiamata diretta di professori e di ricercatori

L’art. 1, co. 9, della L. 230/2005 – come modificato, da ultimo, dall’art. 29, co. 7, della L. 240/2010 – prevede che le università, nell’ambito delle relative disponibilità di bilancio, possono procedere alla copertura dei posti di professore ordinario e associato e di ricercatore mediante chiamata diretta di:

Il programma c.d. “Rientro dei cervelli” è stato avviato dal DM 13/2001, al fine di incentivare la mobilità di studiosi ed esperti italiani e stranieri stabilmente impegnati all’estero. In particolare, il DM aveva stabilito diversi stanziamenti, a valere sul FFO: per la stipula di contratti di diritto privato (di durata fino a tre anni accademici) con studiosi ed esperti italiani e stranieri stabilmente impegnati all’estero da almeno un triennio in attività didattica e scientifica; per sostenere specifici programmi di ricerca da affidare ai titolari dei contratti suddetti; per sostenere ed incentivare le chiamate nel ruolo della docenza di prima fascia di professori stranieri o italiani stabilmente impegnati all’estero in attività didattiche o di ricerca. Successivamente, prima con DM 501/2003, poi con il DM 18/2005, si è previsto che ogni anno un’apposita quota del FFO fosse destinata alla stipula di contratti da parte delle università statali con studiosi ed esperti stranieri o italiani stabilmente impegnati all’estero in attività didattica e di ricerca. Il programma si rivolgeva a studiosi di ogni disciplina e nazionalità, purché in possesso almeno del titolo di dottore di ricerca o equivalente. L’art. 1, co. 9, della L. 230/2005 ha, poi, sancito a livello legislativo la chiamata diretta di studiosi italiani impegnati all’estero.

Nell’ambito delle relative disponibilità di bilancio, le università possono altresì procedere alla copertura di posti di professore ordinario mediante chiamata diretta di studiosi di chiara fama.



Piano straordinario per la chiamata di professori associati

L’art. 1, co. 24, della L. di stabilità 2011 (L. 220/2010) ha incrementato la dotazione del FFO delle università per un importo pari a € 800 mln per il 2011 e a € 500 mln annui a decorrere dal 2012, destinandone una parte (non quantificata) al finanziamento di un piano straordinario per la chiamata di professori di seconda fascia per gli anni 2011-2016.

Successivamente, l’art. 29, co. 9, della L. 240/2010 – come modificato dall’art. 49, D.L. 5/2012 –, ha fissato la misura delle risorse aggiuntive riservate a tal fine in non più di € 13 mln per il 2011, € 93 mln per il 2012 ed € 173 mln a decorrere dal 2013 e ha stabilito che la chiamata deve essere effettuata secondo le procedure di cui agli artt. 18 e 24, co. 6, della medesima L. 240/2010, ovvero mediante chiamata diretta (art. 1, co. 9, L. 230/2005). La disciplina per l’utilizzo delle risorse è stata demandata ad un decreto del MIUR, di concerto con il MEF, previo parere conforme delle Commissioni parlamentari.

In attuazione, sono stati emanati i DI 15 dicembre 2011 e DI 28 dicembre 2012 che hanno indicato, rispettivamente, i criteri per l’utilizzo delle risorse per il 2011 e per il 2012-2013.

Sull’argomento si ricorda che, ai sensi dell’art. 14, co. 2-quinquies, D.L. 216/2011, le risorse destinate al piano per il 2012 e 2013 sono da ripartire tra tutte le università statali e le istituzioni ad ordinamento speciale.



Documenti e risorse web

ANVUR, Abilitazione scientifica nazionale

Approfondimento: Misure per la qualità del sistema universitario



Le misure per la qualità del sistema universitario: dal D.L. 180/2008 alla L. 240/2010

Al fine di promuovere l’incremento qualitativo delle attività delle università statali e di migliorare l’efficacia e l’efficienza nell’utilizzo delle risorse, l’art. 2 del D.L. 180/2008 (L. 1/2009) – sul quale è poi intervenuto anche l’art. 13 della L. 240/2010 – ha previsto che, a decorrere dal 2009, una quota non inferiore al 7% (con incrementi negli anni successivi) del Fondo di finanziamento ordinario di cui all’art. 5 della L. 537/1993 – nonché del fondo straordinario per l’incremento dell’efficienza e dell’efficacia del sistema universitario istituito, per gli anni 2008-2010, dall’art. 2, co. 428, L. 244/2007 – è ripartita fra le università in base alla qualità dell’offerta formativa e dei risultati dei processi formativi, alla qualità della ricerca scientifica, alla qualità, efficacia ed efficienza delle sedi didattiche.

Il decreto ministeriale recante i criteri di ripartizione del FFO per l’anno 2010 ha riservato a tale quota premiale circa il 10% del totale delle risorse disponibili. Nei decreti di riparto relativi agli anni successivi, la quota premiale è stata pari al 12% e al 13% del totale (rispettivamente per il 2011 e per il 2012).

 Misure per promuovere la qualità delle attività didattiche e di ricerca sono state previste anche per le università non statali legalmente riconosciute dall’art. 12 della L. 240/2010, che ha stabilito che una quota non superiore al 20% dei contributi statali – erogati ai sensi della L. 243/1991 – , da incrementare progressivamente, è ripartita sulla base di criteri determinati tenuto conto degli indicatori previsti per le università statali.

 L’adozione di misure volte a valorizzare la qualità e l'efficienza delle università è stata, più in generale, oggetto della delega recata dall’art. 5 della stessa L. 240/2010 che, a tal fine, ha previsto:



Il D.Lgs. 19/2012

In attuazione della delega, il d.lgs. 19/2012 ha disciplinato l’introduzione del sistema nazionale di valutazione, assicurazione della qualità e accreditamento delle università, articolato in un sistema integrato di Autovalutazione, Valutazione periodica (esterna) e Accreditamento iniziale e periodico (c.d. AVA).

Tali disposizioni si applicano a tutte le istituzioni universitarie, statali e non statali, compresi gli istituti universitari ad ordinamento speciale e le università telematiche.

Con riferimento ai corsi di studio, tuttavia, le disposizioni sull’accreditamento non si applicano ai corsi di dottorato di ricerca, per i quali la disciplina è recata – in attuazione dell’art. 19 della L. 240/2010 – dal DM 8 febbraio 2013, n. 94.

Inoltre, il medesimo d.lgs. 19/2012 ha stabilito che la quota premiale di cui all’art. 2 del D.L. 180/2008 è ripartita annualmente tra gli atenei migliori, sulla base della relazione predisposta dall’ANVUR sui risultati dell’attività di monitoraggio e di autovalutazione, in cui sono evidenziati:

I nuovi sistemi di accreditamento e di valutazione entrano in vigore dall’a.a. successivo a quello di definizione degli indicatori.



Il sistema di accreditamento delle sedi e dei corsi di studio



Accreditamento iniziale

Il d.lgs. 19/2012 dispone che l’accreditamento iniziale – ossia l’autorizzazione ministeriale ad attivare sedi e corsi di studio – comporta l’accertamento della rispondenza degli stessi agli indicatori definiti ex ante dall’ANVUR, volti a misurare requisiti didattici, strutturali, organizzativi, di qualificazione dei docenti e della ricerca.

L’accreditamento delle sedi e dei corsi di studio è concesso (o negato) con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, su conforme parere dell’ANVUR.

In particolare, per sedi e corsi di studio già esistenti/attivati alla data di entrata in vigore del d.lgs., la procedura di accreditamento è rimessa ad un programma, stabilito dall’ANVUR, di durata massima quinquennale. Qualora non ottengono l’accreditamento iniziale, le sedi già esistenti e i corsi già attivati sono soppressi. Conseguentemente, l’ANVUR può proporre la federazione o fusione delle predette sedi ovvero l’accorpamento dei suddetti corsi o altre misure di razionalizzazione dell'offerta formativa.

La procedura di accreditamento di nuove sedi ha, invece, inizio con la presentazione al MIUR della richiesta di istituzione della sede e di contestuale accreditamento dei nuovi corsi che vi si intendono istituire. L’eventuale esito negativo dell’accreditamento di uno o più corsi non preclude l’accreditamento iniziale della sede.

Con riferimento all’accreditamento di nuovi corsi presso sedi già esistenti, è prevista la verifica preliminare – in ordine al rispetto degli indicatori di accreditamento iniziale definiti dall’ANVUR – da parte del nucleo di valutazione interna dell’università.



Definizione e monitoraggio degli indicatori per l’accreditamento

Gli indicatori per l’accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio universitari sono definiti dall’ANVUR – tenendo conto degli standard e delle linee guida stabilite dall’Associazione europea per l’assicurazione della qualità del sistema universitario, degli obiettivi qualitativi definiti annualmente dal MIUR, delle linee generali di indirizzo della programmazione triennale delle università, e dell’accertamento della sostenibilità economico-finanziaria – e adottati con decreto ministeriale.

In attuazione, è intervenuto il DM 30 gennaio 2013, n. 47 con il quale, tra l’altro, sono stati definiti i requisiti didattici, di qualificazione della ricerca, strutturali, organizzativi e di sostenibilità economico-finanziaria per l’accreditamento iniziale dei corsi di studio e delle sedi (rispettivamente, allegati A e B).

In base al d.lgs. 19/2012, gli indicatori sono revisionati periodicamente, con cadenza triennale per quelli relativi ai corsi di studio e quinquennale per quelli relativi alle sedi, al fine, fra l’altro, di tener conto degli esiti dell’attività di monitoraggio sulla loro applicazione.

Quest’ultima è svolta dall’ANVUR, avvalendosi del contributo dei nuclei di valutazione interna, i quali devono predisporre una relazione quinquennale sui risultati dell’applicazione degli indicatori alle sedi e una relazione triennale sui risultati dell’applicazione degli indicatori ai corsi di studio. Ferme restando tali scadenze, i nuclei devono comunicare tempestivamente l’eventuale mancata rispondenza delle sedi o dei corsi agli indicatori.

I risultati dell’attività di monitoraggio confluiscono nel Rapporto sullo stato del sistema universitario e della ricerca (il quale, ai sensi dell’art. 4, co. 3, del DPR 76/2010, è presentato, con cadenza biennale, dall’ANVUR al Ministro, che lo trasmette a sua volta a Governo, CIPE e Parlamento).



Accreditamento periodico delle sedi e dei corsi di studio

L’accreditamento periodico è basato sulla verifica della persistenza dei requisiti accertati per l’accreditamento iniziale, su ulteriori indicatori (anch’essi definiti ex ante dall’ANVUR – all. C del già citato DM 47/2013) e sugli esiti della valutazione periodica, ed è effettuato almeno ogni 5 anni per le sedi e almeno ogni 3 anni per i corsi di studio.

All’esito di tale verifica e in base alle risultanze dell’attività di monitoraggio sopra descritta, l’ANVUR propone al Ministero il mantenimento o la revoca dell’accreditamento della sede o dei corsi di studio. L’Agenzia può proporre, altresì, l’accorpamento dei corsi ovvero l’attivazione delle procedure di federazione e fusione di atenei e di razionalizzazione dell’offerta formativa.

La conferma – o la revoca – dell’accreditamento è disposta con decreto del ministro, su conforme parere dell’ANVUR.

 

 



Il sistema di accreditamento per i collegi universitari

Sulla base della delega recata dal medesimo art. 5 della L. 240/2010, il d.lgs. 68/2012 ha introdotto un sistema di riconoscimento e successivo accreditamento anche per i collegi universitari, subordinando a quest’ultimo l’assegnazione dei finanziamenti statali.

Nello specifico, il decreto legislativo ha disposto che, ai fini del riconoscimento da parte del MIUR, il collegio universitario deve dimostrare di possedere requisiti e standard minimi a carattere istituzionale, logistico e funzionale. L’accreditamento è concesso, in presenza di ulteriori requisiti, ai collegi universitari che abbiano ottenuto il riconoscimento da almeno cinque anni.



Il sistema di valutazione periodica (VP)

Nell’ambito del sistema integrato AVA, il d.lgs. 19/2012 ha demandato ad un decreto ministeriale l’adozione di criteri e indicatori, definiti dall’ANVUR, per la valutazione periodica dell’efficienza, della sostenibilità economico-finanziaria e dei risultati conseguiti dalle singole università e dalle loro articolazioni interne nell’ambito delle attività di didattica e ricerca.

I criteri e gli indicatori – elaborati sulla base degli stessi elementi utilizzati per la definizione dei parametri per l’accreditamento – sono soggetti a revisione periodica con cadenza triennale, anche al fine di tener conto degli esiti dell’attività di monitoraggio sulla loro applicazione, svolta dall’ANVUR. Anche i risultati di tale attività di monitoraggio confluiscono nel Rapporto sullo stato del sistema universitario e della ricerca.

In attuazione di tali previsioni, il citato DM 47/2013 (allegati E ed F) ha definito gli indicatori e parametri per la valutazione periodica delle attività formative, nonché quelli per la valutazione periodica della ricerca e delle attività di terza missione (brevetti, spin-off e altro, attività di “terza missione” rispetto a quelle formative e di ricerca) (v. Anvur, VQR 2004-2010, Bando di partecipazione, 7 novembre 2011).



Il potenziamento del sistema di autovalutazione

In base al d.lgs. 19/2012, i nuclei di valutazione interna svolgono il controllo annuale dell’applicazione dei criteri e degli indicatori per la valutazione periodica. A tal fine le università adottano metodologie interne di monitoraggio, anche prevedendo autonomi indicatori, adeguatamente armonizzati con quelli definiti dall’ANVUR.

Gli esiti dell’attività di controllo confluiscono nella relazione annuale dei nuclei di valutazione interna – redatta sulla base di specifiche indicazioni dell’ANVUR – che i nuclei trasmettono al MIUR e all’ANVUR. Nella relazione annuale i nuclei tengono conto, altresì, delle proposte inserite nella relazione annuale delle commissioni paritetiche docenti-studenti (di cui all’art. 2, co. 2, lett. g), L. 240/2010).

Le proposte delle commissione paritetiche – finalizzate a migliorare la qualità e l’efficacia delle strutture didattiche – sono elaborate anche sulla base delle risultanze di questionari somministrati agli studenti.

Approfondimento: Il diritto allo studio nell'istruzione universitaria



Il dettato costituzionale e la L. 240/2010

Le radici del diritto allo studio universitario sono rinvenibili negli artt. 3 e 34 della Costituzione.

Infatti, il secondo comma dell’art. 3 affida alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e la partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

L’art. 34 prevede, per quanto qui interessa, che i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi e stabilisce che la Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

 La riforma del titolo V della parte II della Costituzione – operata con la L. cost. 3/2001 – ha attribuito alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (art. 117, secondo comma, lett. m), Cost.).

Nell’ambito di tale titolo, la potestà legislativa in materia di diritto allo studio universitario spetta poi esclusivamente alle regioni, non rientrando né tra le materie di potestà esclusiva dello Stato, né tra quelle di legislazione concorrente.

In precedenza, invece, era stato realizzato un sistema di concorrenza tra norme statali e norme regionali, prima con l’art. 44 del DPR 616/1977 - attraverso il trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative esercitate dallo Stato in materia di assistenza scolastica a favore degli studenti universitari -, e, successivamente, con la L. 390/1991, mediante l’attribuzione allo Stato delle funzioni di indirizzo, coordinamento e programmazione in materia di diritto agli studi universitari, e alle regioni del compito di attivare gli interventi.

 Nel contesto costituzionale descritto, l’art. 5 della L. 240/2010 ha conferito al Governo una delega per la revisione – in attuazione del titolo V – della normativa di principio in materia di diritto allo studio, al fine di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l’accesso all’istruzione superiore, e per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) erogate dalle università statali.



La normativa vigente in materia di diritto allo studio: in particolare, il D.Lgs. 68/2012

In attuazione della delega recata dalla L. 240/2010, è stato emanato il d.lgs. 68/2012, le cui disposizioni hanno effetto a decorrere dall’a.a. 2012-2013 e riguardano gli studenti iscritti ai corsi svolti dalle università, dalle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) e dalle Scuole superiori per mediatori linguistici abilitate a rilasciare titoli equipollenti ai diplomi di laurea conseguiti presso le università.



La ripartizione delle competenze

L’art. 3 del d.lgs. 68/2012 prevede un sistema integrato di strumenti e servizi per la garanzia del diritto allo studio, al quale partecipano, nell’ambito delle rispettive competenze, diversi soggetti. In particolare:

 L’art. 12, inoltre, attribuisce al MIUR il compito di promuovere accordi di programma e protocolli di intese per favorire il raccordo tra le diverse istituzioni che concorrono al successo formativo degli studenti e potenziare la gamma di servizi e interventi posti in essere dalle stesse.



Gli strumenti per il conseguimento del successo formativo

L’art. 6 del d.lgs. 68/2012 indica gli strumenti e i servizi per il conseguimento del pieno successo formativo. Si tratta, in particolare, di servizi abitativi e di ristorazione, attività a tempo parziale, trasporti, assistenza sanitaria, accesso alla cultura, servizi di orientamento e tutorato, servizi per la mobilità internazionale, materiale didattico, nonché, per gli studenti meritevoli, anche se privi di mezzi, in possesso di determinati requisiti (v. infra), borse di studio. Regioni, province autonome, università, istituzioni AFAM, possono definire altri servizi.

L’entità, le modalità di erogazione e i requisiti per l’accesso ai servizi (ad eccezione delle borse di studio) sono stabiliti da regioni, province autonome, università e istituzioni AFAM – per gli interventi di rispettiva competenza – in coerenza con i requisiti economici fissati per l’accesso alle borse di studio (art. 8, co. 4, d.lgs. 68/2012). A tal fine, i soggetti indicati utilizzano risorse proprie (art. 18, co. 9, d.lgs. 68/2012).



La definizione dei livelli essenziali delle prestazioni

L’art. 7 del d.lgs. 68/2012 definisce i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) per il conseguimento del pieno successo formativo con riferimento all’assistenza sanitaria e alla borsa di studio.

In particolare, i LEP di assistenza sanitaria – garantiti a tutti gli studenti iscritti ai corsi, uniformemente su tutto il territorio nazionale – consistono nella fruizione dell’assistenza sanitaria di base nella regione o provincia autonoma in cui ha sede l’università (o istituzione AFAM) cui gli studenti sono iscritti, anche se diversa da quella di residenza.

Con riferimento alla borsa di studio, stabilisce che la determinazione dell’importo standard – cui si provvede con decreto MIUR-MEF, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, sentito il Consiglio nazionale degli studenti universitari (CNSU) – tiene in considerazione le differenze territoriali correlate ai costi di mantenimento agli studi. Questi ultimi sono calcolati, in maniera distinta per gli studenti in sede, pendolari o fuori sede, con riferimento alle voci di costo riferite a materiale didattico, trasporto, ristorazione, alloggio, accesso alla cultura.

Il decreto è aggiornato con cadenza triennale.

Una bozza di decreto interministeriale è attualmente all’esame della Conferenza Stato-regioni.

 Per l’a.a. 2012/2013, il DM 22 maggio 2012 – esplicitamente intervenuto nelle more dell’entrata in vigore della normativa di revisione in materia di diritto allo studio – ha definito gli importi minimi delle borse di studio in € 4.905,40 per gli studenti fuori sede, € 2.704,27 per gli studenti pendolari, € 1.848,95 per gli studenti in sede.



I requisiti per la concessione delle borse di studio

In base all’art. 8 del d.lgs. 68/2012, la concessione delle borse di studio è assicurata, nei limiti delle risorse disponibili, a tutti gli studenti in possesso dei requisiti relativi al merito e alla condizione economica definiti con il medesimo decreto interministeriale che fissa con cadenza triennale l’importo della borsa di studio.

Nelle more dell’emanazione del provvedimento, continuano ad applicarsi le disposizioni relative ai requisiti di merito e di condizione economica recate dal DPCM 9 aprile 2001.

Il DPCM 9 aprile 2001 individua i requisiti di merito utilizzando come parametro i crediti formativi universitari (CFU).

Le condizioni economiche dello studente sono individuate sulla base dell’ISEE. Sono previste come modalità integrative di selezione l’Indicatore della situazione economica all’estero e l’Indicatore della situazione patrimoniale equivalente. I limiti massimi di ciascun indicatore – entro cui regioni, province autonome e università (per gli interventi di rispettiva competenza) possono fissare la soglia massima – sono aggiornati annualmente con decreto ministeriale.

Per l’a.a. 2012/2013, un ulteriore DM 22 maggio 2012 – anch’esso esplicitamente intervenuto nelle more dell’entrata in vigore della normativa di revisione in materia di diritto allo studio – ha fissato i limiti massimi dell'ISEE tra i 15.093,53 ed i 20.124,71 euro e i limiti massimi dell'Indicatore della situazione patrimoniale equivalente tra i 26.413,70 ed i 33.960,46 euro.

 Con riguardo ai requisiti di merito, il d.lgs. 68/2012 stabilisce che essi sono stabiliti tenendo conto della durata normale dei corsi di studio, anche con riferimento ai valori mediani della relativa classe.

Le condizioni economiche saranno individuate sulla base dell’ISEE, anche tenendo conto della situazione economica del territorio in cui ha sede l’università o l’istituzione AFAM. Il d.lgs. dispone, inoltre, che si prevedono modalità integrative di selezione, quali l’Indicatore della situazione economica all’estero e l’Indicatore della situazione patrimoniale equivalente.



Il sistema di finanziamento delle borse di studio

L’art. 18 del d.lgs. 68/2012 dispone che – nelle more della completa definizione dei LEP e dell’attuazione delle disposizioni in materia di federalismo fiscale (d.lgs. 68/2011) – al fabbisogno finanziario necessario per garantire la concessione delle borse di studio si provvede, in particolare, attraverso:

In particolare, sul Fondo confluiscono le risorse del “Fondo integrativo per la concessione di borse di studio e prestiti d'onore” (art. 16, L. 390/1991). I criteri e le modalità di riparto saranno definiti con il D.I. che fissa l’importo della borsa di studio.

Per l’anno 2013, il DM 111878 del 31 dicembre 2012, di ripartizione in capitoli, reca in corrispondenza del Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio (cap. 1710, stato di previsione del MIUR) un importo pari a € 150,6 milioni.

La misura minima della tassa regionale è fissata, rispettivamente per le diverse fasce, in € 120, € 140 e € 160. Le regioni e le province autonome possono stabilire l’importo della tassa fino ad un massimo di € 200 (da aggiornare annualmente, in base al tasso di inflazione programmato). Qualora non vi provvedano, la stessa è fissata in € 140.



Il prestito d’onore

L’art. 3 del d.lgs. 68/2012 dispone che regioni, province autonome, università e istituzioni AFAM – nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio, e sulla base di criteri definiti con decreto MIUR-MEF, sentita la Conferenza Stato-regioni – disciplinano le modalità per la concessione di prestiti d’onore agli studenti che possiedono i requisiti di merito.

Il decreto non risulta ancora emanato.

I medesimi soggetti possono altresì concedere un prestito d’onore aggiuntivo rispetto alla borsa di studio – a condizioni agevolate e in misura massima pari all’importo della borsa – agli studenti iscritti ai corsi di laurea magistrale e di dottorato (nonché agli studenti iscritti almeno al quarto anno dei corsi di laurea magistrale a ciclo unico), in possesso dei requisiti per l’accesso alle borse di studio.



Tassa di iscrizione e contributi universitari

L’art. 9 del d.lgs. 68/2012 dispone l’esonero totale dal pagamento della tassa di iscrizione e dei contributi universitari per gli studenti in possesso dei requisiti per l’accesso alle borse di studio, gli studenti disabili con un’invalidità pari almeno al 66%, gli studenti stranieri beneficiari di borsa di studio erogata dal Governo italiano nell’ambito dei programmi di cooperazione allo sviluppo e degli accordi intergovernativi culturali e scientifici, gli studenti costretti a interrompere gli studi a causa di infermità gravi e prolungate (per il periodo di infermità), gli studenti che intendono ricongiungere la carriera dopo un periodo di interruzione.

Le università statali e le istituzioni AFAM – nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio – possono disporre autonomamente ulteriori esoneri (totali o parziali) dal pagamento della tassa di iscrizione e dei contributi universitari, tenuto conto della condizione economica degli studenti (che rileva, insieme con altri elementi, ai fini della graduazione dei contributi), in favore di studenti diversamente abili con invalidità inferiore al 66%, studenti che concludono gli studi entro i termini previsti dai rispettivi ordinamenti con regolarità nell’acquisizione dei crediti previsti dal piano di studi, studenti che svolgono una documentata attività lavorativa.

L’art. 9 del d.lgs. 68/2012 prevede anche che le università non statali legalmente riconosciute devono riservare una quota del contributo statale di cui alla L. 243/1991 per l’esonero totale in favore degli studenti in possesso dei requisiti di accesso alla borsa di studio e degli studenti disabili con invalidità superiore al 66%, nonché per eventuali ulteriori esoneri autonomamente stabiliti. Al tal fine, con il riparto dei contributi di cui alla L. 243/1991 sono definiti specifici incentivi che tengono conto dell’impegno nelle politiche per il diritto allo studio.

 In materia, l’art. 5 del DPR 306/1997 – come modificato dall’art. 7, co. 42, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012) – dispone che, con riguardo ai soli studenti in corso, il totale della contribuzione studentesca (contributi universitari e tassa di iscrizione) non può eccedere il limite del 20% del finanziamento ordinario annuale dello Stato (FFO).

L’ammontare della contribuzione degli studenti fuori corso non è invece computata ai fini del raggiungimento del limite del 20%. I relativi importi possono essere incrementati dalle università fino al doppio di quelli stabiliti per gli studenti in corso, secondo limiti e criteri individuati con decreto annuale del MIUR. Tali incrementi sono destinati, in misura pari almeno al 50%, a integrare le risorse disponibili per le borse di studio e, per la parte residua, a finanziare altri interventi di sostegno al diritto allo studio.

Per tre anni accademici a decorrere dall’a.a. 2013/2014, l’incremento della contribuzione per gli studenti in corso il cui ISEE familiare non superi i 40 mila euro non può essere maggiore dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività.



Servizi abitativi

Il d.lgs. 68/2012 dispone la collaborazione fra i soggetti che offrono servizi per il diritto allo studio, per il potenziamento dell'offerta abitativa nazionale e per la programmazione integrata della disponibilità di alloggi pubblici e privati.

In particolare, l’art. 13 demanda ad un decreto adottato dal MIUR, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, sentito il CNSU, la definizione, fra l’altro, delle caratteristiche tecniche peculiari delle diverse tipologie di alloggio.

Il decreto non risulta ancora emanato.

Con riguardo agli utenti delle strutture, l’art. 14 del d.lgs. prevede che agli studenti universitari venga destinata la prevalenza delle giornate di presenza (su base annua).

E’ inoltre consentito destinare i posti alloggio a dottorandi, borsisti, assegnisti, docenti e altri esperti coinvolti nell'attività didattica e di ricerca (eventualmente prevedendo una contribuzione alle spese differenziata), o a soggetti diversi, in particolare nei periodi di chiusura estiva.



Attività di collaborazione a tempo parziale per gli studenti

L’art. 11 del d.lgs. 68/2012 dispone che le università, le istituzioni AFAM e gli enti delle regioni e delle province autonome erogatori dei servizi per il diritto allo studio disciplinano con propri regolamenti forme di collaborazione degli studenti ad attività connesse ai servizi offerti (escluse attività di docenza, svolgimento di esami e assunzione di responsabilità amministrative). L’assegnazione delle collaborazioni avviene nei limiti delle rispettive risorse e sulla base di graduatorie formulate secondo criteri di merito e condizione economica.

Le prestazioni richieste non possono superare le 200 ore per a.a., per un importo massimo di 3.500 euro annui (esente da imposte). Il corrispettivo orario è determinato dalle università o dalle istituzioni, che provvedono anche alla copertura assicurativa contro gli infortuni.

Tale forma di collaborazione non si configura come rapporto di lavoro subordinato e non dà luogo ad alcuna valutazione ai fini dei pubblici concorsi.



Monitoraggio sull’attuazione del diritto allo studio

L'art. 20 del d.lgs. 68/2012 dispone l’istituzione – con decreto del MIUR – dell’Osservatorio nazionale per il diritto allo studio universitario, cui compete, in particolare, la creazione di un sistema informativo per il monitoraggio dell'attuazione delle disposizioni recate dal d.lgs., anche attraverso una banca dati dei beneficiari delle borse di studio.

Entro il mese di marzo di ogni anno l'Osservatorio presenta al MIUR una relazione annuale sull'attuazione del diritto allo studio.

A sua volta il Ministro presenta al Parlamento, ogni 3 anni, un rapporto sull'attuazione del diritto allo studio.



Fondo per il merito

Al fine di promuovere l’eccellenza e il merito fra gli studenti universitari, l’art. 4 della L. 240/2010 ha istituito presso il MIUR un Fondo destinato a erogare premi di studio (a fondo perduto) e buoni studio (di cui una quota, determinata in relazione ai risultati accademici conseguiti, corrisposta in forma di prestito) e a costituire una garanzia per finanziamenti concessi agli studenti.

I beneficiari delle provvidenze sono individuati, per gli iscritti al primo anno per la prima volta, mediante prove nazionali standard e, per gli iscritti agli anni successivi al primo, mediante criteri nazionali standard di valutazione.

 Successivamente, l’art. 9 del D.L. 70/2011 (L. 106/2011) ha istituito la Fondazione per il merito, come strumento operativo cui viene affidata la gestione del Fondo.

In particolare, la Fondazione attua il coordinamento operativo della somministrazione delle prove nazionali standard – cui partecipano gli studenti dopo l’esame di maturità – e disciplina criteri e modalità di utilizzo del Fondo, inclusa la ripartizione delle relative risorse tra le differenti destinazioni.

Alla Fondazione possono affluire capitali pubblici e privati. In particolare, per la costituzione del fondo di dotazione della Fondazione, l’art. 9, co. 15, del D.L. 70/2011 ha autorizzato la spesa di 9 milioni di euro per il 2011 e di 1 milione di euro a decorrere dal 2012.

Approfondimento: Contabilità, dissesto finanziario e commissariamento delle università e novità in materia di tesoreria unica



La nuova disciplina di contabilità degli atenei

L’art. 5 della L. 240/2010 ha delegato il Governo a rivedere la disciplina della contabilità degli atenei al fine di garantirne coerenza con la programmazione triennale di ateneo e maggiore trasparenza e omogeneità, nonché di consentire l’individuazione della esatta condizione patrimoniale dell’ateneo e dell’andamento complessivo della gestione.

 Il d.lgs. 18/2012, conseguentemente emanato, ha disposto che, entro il termine del 1° gennaio 2014, le università devono adottare un sistema di contabilità economico-patrimoniale e il bilancio unico di ateneo, e dotarsi di sistemi e procedure di contabilità analitica, ai fini del controllo di gestione.

Per le università che hanno adottato il sistema di contabilità economico-patrimoniale e il bilancio unico entro il 1° gennaio 2013, è stata prevista la concessione di una quota a valere sul FFO per il 2011 e 2012. Al riguardo, il DM 16 aprile 2012 n. 71, recante criteri di ripartizione del FFO per l’anno 2012, ha destinato a tale finalità € 500.000, da ripartire secondo le modalità indicate nell’all. 5. La stessa cifra era stata destinata per il 2011 dall’art. 12 del DM 3 novembre 2011, n. 439, recante criteri di ripartizione del FFO per l’anno 2011.

 In particolare, in base alle nuova normativa – che deve essere completata con l’emanazione di vari atti secondari – il quadro informativo economico-patrimoniale delle università è formato da: bilancio unico d’ateneo di previsione annuale autorizzatorio; bilancio unico d’ateneo di previsione triennale; bilancio unico d’ateneo di esercizio; bilancio consolidato con le proprie aziende, società o altri enti controllati.

Le sole università considerate amministrazioni pubbliche ai sensi della L. 196/2009 sono tenute anche a predisporre un bilancio preventivo unico d’ateneo non autorizzatorio e un rendiconto unico d’ateneo in contabilità finanziaria, al fine di consentire il consolidamento e il monitoraggio dei conti delle amministrazioni pubbliche.

Le medesime università considerate amministrazioni pubbliche predispongono il bilancio unico d’ateneo di previsione annuale strutturandolo in centri di responsabilità dotati di autonomia gestionale e amministrativa – la stessa attribuita ora ai dipartimenti, in luogo della pregressa “autonomia finanziaria ed amministrativa” – , nonché un apposito prospetto (da allegare al bilancio unico d’ateneo di previsione annuale e al bilancio unico d’ateneo di esercizio) contenente la classificazione della spesa complessiva per missioni e programmi.

Con riguardo ai termini annuali di approvazione dei documenti, si stabilisce che le università considerate amministrazioni pubbliche predispongono il bilancio unico d'ateneo di previsione annuale autorizzatorio, il bilancio unico d'ateneo di previsione triennale e il bilancio preventivo unico d'ateneo non autorizzatorio in contabilità finanziaria entro il 31 dicembre dell'anno precedente all'esercizio di riferimento.

Il bilancio unico d'ateneo d'esercizio (nonché, per le sole università considerate amministrazioni pubbliche, il rendiconto unico d'ateneo in contabilità finanziaria) è approvato entro il 30 aprile di ciascun anno ed è accompagnato da una relazione del collegio dei revisori dei conti che attesta la corrispondenza del documento alle risultanze contabili e che contiene valutazioni e giudizi sulla regolarità amministrativo-contabile della gestione e proposte in ordine alla sua approvazione.

 Il sistema è monitorato dalla Commissione per la contabilità economico-patrimoniale delle università.

 La nuova disciplina si applica alle “università non statali legalmente riconosciute” solo per la parte relativa all’adeguamento degli schemi di bilancio e dei principi contabili per “ragioni di comparazione e per gli obblighi di trasmissione legati al contributo pubblico di cui beneficiano” (Cfr. Atto del Governo n. 395, relazione illustrativa).



Rientro del sistema universitario nel regime di Tesoreria unica

L'art. 35, co. 8-13, del D.L. 1/2012 (L. 27/2012) ha previsto che, fino al 31 dicembre 2014, è sospeso lo speciale regime di tesoreria unica (c.d. “misto”, art. 7, d.lgs. 279/1997) – esteso, a decorrere dal 1999, anche alle università statali dall'art. 51, co. 3, L. 449/1997 – e, dunque, anche per le università torna ad applicarsi l’ordinarioregime di tesoreria unica (art. 1, L. 720/1984).

In sostanza, mentre con il regime speciale le università erano tenute a versare in tesoreria unica soltanto le entrate provenienti dal bilancio dello Stato (le entrate “proprie”, escluse dal riversamento nella tesoreria statale, dovevano essere depositate direttamente presso il sistema bancario e utilizzate prioritariamente per i pagamenti), con il regime ordinario di tesoreria unica tutte le entratedevono essere versate presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato.

In base alle disposizioni citate, il sistema di tesoreria unica è inoltre reintrodotto, fino all’adozione del bilancio unico di ateneo, anche per i dipartimenti universitari e gli altri centri di responsabilità dotati di autonomia gestionale e amministrativa, che ne erano fuoriusciti a decorrere dal 1999 (art. 29, co. 10, L. 448/1998, ora abrogato). E’ pertanto venuta meno la possibilità per i dipartimenti di utilizzare le proprie entrate per i pagamenti, senza versarle nella tesoreria statale.

Successivamente, a decorrere dall'adozione del bilancio unico d'ateneo –dunque, al massimo dal 1° gennaio 2014 –, le risorse liquide delle università, comprese quelle dei dipartimenti e degli altri centri dotati di autonomia gestionale e amministrativa, sono gestite in maniera accentrata. Si tratta, cioè, dell’introduzione di un sistema c.d. “cash pooling”.

Al riguardo, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, intervenendo il 29 novembre 2011 presso la VII Commissione della Camera nell’ambito dell’esame dello schema di decreto legislativo relativo al nuovo sistema di contabilità delle università, aveva evidenziato che, in alcune esperienze, si era cercato di ovviare alla dicotomia tra il bilancio dell'ateneo e il bilancio dei singoli dipartimenti – per cui si verificava che il bilancio di ateneo fosse costantemente senza cassa, mentre quello dei dipartimenti poteva finanziare gli investimenti avendo disponibili in cassa somme più o meno consistenti – con la modalità del cash pooling, vale a dire accentrando in capo ad un unico soggetto giuridico la gestione delle correnti disponibilità finanziarie, al fine di ottenere la miglior gestione della tesoriera aziendale in relazione ai rapporti con gli istituti di credito.



Disciplina del dissesto finanziario e del commissariamento delle università

Un ulteriore obiettivo fissato dalla L. 240/2010 – nell’ambito dell’art. 5 già citato – concerne l’individuazione di meccanismi di commissariamento in caso di dissesto finanziario degli atenei.

 In attuazione della delega, è stato emanato il d.lgs. 199/2011, le cui disposizioni – che si applicano a tutte le università statali, compresi gli istituti universitari ad ordinamento speciale – produrranno a pieno i loro effetti con l’adozione della contabilità economico-patrimoniale (nelle more, si applica una disciplina transitoria).

A regime, il provvedimento prevede, innanzitutto, che il Collegio dei revisori dei conti dell’ateneo, con la relazione annuale al bilancio unico di esercizio ed entro il 30 aprile di ciascun anno, verifica la condizione economica, finanziaria e patrimoniale dell’università applicando alle risultanze del bilancio unico d’esercizio i parametri economico-finanziari che saranno definiti con successivo regolamento.

Tali parametri individuano i valori critici e deficitari relativi a: sostenibilità del costo complessivo del personale di ruolo e di quello a tempo determinato rispetto alle entrate complessive; sostenibilità del costo dell’indebitamento; andamento e relazione tra proventi e costi della gestione corrente; andamento delle dinamiche dei crediti e dei debiti; presenza di anticipazioni di tesoreria negli ultimi due esercizi; adeguatezza dei fondi di riserva a garanzia dei contenziosi in corso; indicatori di regolarità contributiva previdenziale ed assistenziale.

All’esito di differenti combinazioni di valori critici e/o deficitari dei parametri, il decreto individua due distinte situazioni – di gravità crescente – cui solo eventualmente può far seguito il commissariamento dell’ateneo.



Situazione di criticità

La sussistenza di una situazione di criticità ricorre quando determinati parametri presentano valori compresi tra il livello critico e quello deficitario. In tale circostanza, il Collegio dei revisori dei conti deve redigere e trasmettere al MIUR e al MEF una relazione sull’andamento della gestione evidenziando, in particolare, l’evoluzione dei parametri negli ultimi due esercizi finanziari e il programma di azioni eventualmente adottato dall’ateneo per il ripristino della sostenibilità del bilancio.

Il programma di azioni – approvato dal Consiglio di amministrazione su proposta del Rettore, sentito il Senato accademico (per gli aspetti di competenza) – è articolato per obiettivi annuali e ha durata massima quinquennale.

In relazione al livello di criticità, il MIUR (sentito il MEF) può richiedere all’ateneo di aggiornare il programma di azioni adottato, ovvero di predisporne uno nuovo. Il monitoraggio sulla situazione dell’ateneo, con particolare riguardo all’andamento dei parametri e al grado di raggiungimento degli obiettivi definiti nel programma di azioni, è operato da entrambi i Ministeri.



Situazione di dissesto

L’esistenza di una situazione di dissesto può essere attestata:

Il dissesto finanziario è dichiarato dal Consiglio di amministrazione dell’università che, a seguito di ciò, è tenuto a rivedere il bilancio di previsione annuale già approvato, potendosi autorizzare solo le spese obbligatorie e quelle per le quali sia stato assunto un obbligo giuridicamente vincolante verso i terzi. Inoltre, sulla base delle linee guida stabilite da MIUR e MEF, deve essere predisposto – entro un termine stabilito – un piano di rientro che, articolato per obiettivi annuali e di durata massima quinquennale, deve essere sottoposto all’approvazione di entrambi i Ministeri. Il documento è deliberato dal Cda dell’ateneo su proposta del Rettore e previo parere del Senato accademico (per gli aspetti di competenza).

Il controllo annuale sull’attuazione del piano di rientro è effettuato dal MIUR, che provvede a comunicarne gli esiti a università, MEF e Procura regionale della Corte dei conti.



Commissariamento

Il commissariamento dell’ateneo – la cui durata non può comunque superare cinque anni – è deliberato dal Consiglio dei ministri, su proposta del MIUR e del MEF:

La delibera di commissariamento comporta innanzitutto la nomina di un organo commissariale – composto da uno o tre membri, a seconda delle dimensioni dell’ateneo, e da altrettanti supplenti –, di cui non possono far pare il rettore e coloro che hanno rivestito una qualunque carica negli organi dell’ateneo commissariato.

All’organo commissariale competono la rappresentanza legale dell’università (sottratta al rettore) e le funzioni del Cda (che decade), oltre alla amministrazione e gestione del dissesto finanziario, compresa l’eventuale elaborazione o modifica del piano di rientro – che deve essere comunque approvato da MIUR e MEF – e l’adozione degli atti necessari per la sua attuazione. In particolare, l’organo effettua una ricognizione dei creditori da inserire nel piano di rientro.

L’organo è tenuto a elaborare e a trasmettere a MIUR, MEF e Procura regionale della Corte dei conti una relazione annuale sullo stato di avanzamento del piano di rientro (che può contenere modifiche e integrazioni dello stesso), e una relazione finale, corredata dal rendiconto della gestione commissariale.

La relazione finale è poi trasmessa anche all'ANVUR che, oltre a valutare i risultati della fase di commissariamento, esprime il proprio parere circa il mantenimento dell’accreditamento dell’istituzione universitaria, e può avanzare proposte di federazione o fusione con altri atenei o di razionalizzazione dell’offerta formativa dell’ateneo commissariato.

Approfondimento: Personale delle Università e degli Enti di ricerca

Per quanto attiene il contenimento delle spese per il personale delle Università e degli Enti di ricerca, nel corso della XVI Legislatura sono stati emanati vari provvedimenti volti a limitare le facoltà assunzionali, peraltro attraverso una disciplina speciale rispetto a quella generale.

Anche in questo caso la principale norma è da rintracciare nel D.L. 112/2008, il cui articolo 66, comma 13, nella sua formulazione originaria, aveva previsto che per il triennio 2009-2011 le assunzioni delle atenei fossero soggette al limite del 20% della spesa relativa al personale cessato nell’anno precedente, e che, in ogni caso, il numero delle unità assunte non potesse eccedere, ogni anno, il 20% delle unità cessate l’anno precedente.

In seguito alle modifiche intervenute (da ultimo l’articolo 1, comma 3, del D.L. 216/2011, fermi restando i limiti in materia di programmazione triennale di cui all’articolo 1, comma 105, della L. 311/2004 (finanziaria per il 2005) che, abrogato dal 18 maggio 2012, prevedeva l’adozione di programmi triennali, da parte delle università statali, del fabbisogno di personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, a tempo determinato e indeterminato, per il quadriennio 2009-2012 le università statali hanno potuto procedere, per ogni anno, ad assunzioni di personale nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al50% di quella relativa al personale a tempo indeterminato cessato dal servizio nell’anno precedente.

Le richiamate limitazioni non si applicano alle assunzioni di personale appartenente alle categorie protette, mentre sono fatte salve le assunzioni dei ricercatori previste in attuazione del piano straordinario di assunzioni di cui all’articolo 1, comma 648, della L. 296/2006, nei limiti di specifiche risorse.

Lo stesso comma ha altresì disposto che nei limiti previsti fosse compreso, per l’anno 2009, anche il personale oggetto di procedure di stabilizzazione in possesso degli specifici requisiti previsti dalla normativa vigente.

Per completezza, si ricorda che l’articolo 1 del D.L. 216/2011, ha anche soppresso la norma (contenuta nello stesso articolo 66, comma 13), che introduceva, a decorrere dal 2012, anche il vincolo che il numero delle unità da assumere non potesse eccedere il 50% delle unità cessate nell’anno precedente.

Oltre a ciò, la norma ha prorogato al 31 dicembre 2012 il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato – tra l’altro – delle università statali e degli enti di ricerca relative alle cessazioni verificatesi negli anni 2009 e 2010. Le relative autorizzazioni ad assumere, ove previste, potevano essere concesse entro il 31 luglio 2012.

Per quanto attiene agli enti di ricerca, lo stesso D.L. 112/2008 (articolo 66, comma 13) così come modificato da successivi provvedimenti (articolo 35 del D.L. 207/2008, articolo 9 del D.L. 78/2010, articolo 14 del D.L. 95/2012), ha stabilito che i richiamati enti possano assumere personale a tempo indeterminato- per il quadriennio 2011-2014 - entro il limite del 20% delle risorse derivanti dai pensionamenti dell'anno precedente, nel 2015 entro il limite del 50% e nel 2016 entro il limite del 100%.

Il successivo articolo 74, inoltre, ha previsto l’obbligo, per gli stessi enti, di ridefinire la propria organizzazione e ridurre conseguentemente gli organici per tutti i livelli, nelle percentuali indicate per ciascuno, vietando, in caso di inadempienza, nuove assunzioni.

 

Il D.L. 180/2008 ha inoltre recato disposizioni in materia di reclutamento nelle università e per gli enti di ricerca.

In particolare, è stato previsto che le università statali che alla data del 31 dicembre di ogni anno abbiano superato il livello massimo di spesa per il personale di ruolo (fissato al 90% dei trasferimenti statali sul Fondo per il finanziamento ordinario delle università) non possano procedere all’indizione di procedure concorsuali e di valutazione comparativa, né all’assunzione di personale. Sono fatte salve, tuttavia, le disposizioni che escludono alcune voci di costo dal computo del 90%, nonché le assunzioni relative alle procedure concorsuali per ricercatore già espletate e a quelle in corso di svolgimento.

Allo stesso tempo, è stato elevato dal 20% al 50% il limite al turn-over nelle università, previsto dall’articolo 66 del D.L. 112/2008. Ciascuna università destina tale somma per una quotanon inferiore al 60% all’assunzione di ricercatori e per una quota non superiore al 10% all’assunzione di professori ordinari. Sono fatte salve le assunzioni di ricercatori previste in attuazione del piano straordinario di assunzioni di cui all’articolo 1, comma 648, della L. 296/2006.

 

Per gli enti di ricerca, l’articolo 1 del D.L. 180/2008 ha escluso i medesimi enti dall’obbligo di ridurre la spesa per il personale non dirigenziale, misura in seguito confermata dall’articolo 2, comma 8-bis, del D.L. 194/2009 (che per le P.A. in generale ha stabilito un'ulteriore riduzione degli organici).

Per quanto attiene alle università, invece, l’articolo 7, comma 4-bis, del D.L. 194/2009 ha previsto la non applicazione delle disposizioni che limitano il turn over nelle università ad alcuni istituti universitari ad ordinamento speciale (Istituto universitario di studi superiori di Pavia, Istituto italiano di scienze umane di Firenze e Scuola IMT - Istituzioni, Mercati, Tecnologie Alti Studi di Lucca).

 

Riguardo agli enti di ricerca, l'articolo 29, comma 28, del D.L. 78/2010 ha esentato i medesimi dall'obbligo di ridurre del 50%, rispetto al 2009, l'importo destinato al reclutamento di personale precario, confermando, allo stesso tempo, che la spesa in questione non possa superare il 35% delle somme impegnate per analoghe finalità nel 2003.

 

Successivamente, l’articolo 1 del D.L. 138/2011 ha stabilito per gli enti di ricerca (ed in generale per le amministrazioni pubbliche) l’impegno ad apportare, entro il 31 marzo 2012, all'esito dei processi di riduzione degli assetti organizzativi derivanti dal D.L. 112/2008, un'ulteriore riduzione degli uffici dirigenziali di livello non generale, e delle relative dotazioni organiche, in misura non inferiore al 10% di quelli risultanti a seguito dell'applicazione dell'art. 2, comma 8-bis, del D.L. 194/2009; nel contempo è stata confermata l'esenzione degli enti di ricerca dalla ulteriore rideterminazione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale, prevista per la generalità delle P.A. dallo stesso D.L. n. 138/2011.

 

Con specifico riferimento alla programmazione del reclutamento negli atenei, si ricorda che è in vigore dal 18 maggio 2012 il D.Lgs. 49/2012 che reca la disciplina per la programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle politiche di bilancio e di reclutamento, in attuazione dell’art. 5 della L. 240/2010. In particolare, gli articoli 3 e 4 del citato D. Lgs. introducono l’obbligo per le università di predisporre un piano triennale, rispettivamente, economico-finanziario e del personale. Il piano triennale comprende le previsioni relative al personale docente, ricercatori, dirigenti e tecnici-amministrativi, compresi i collaboratori ed esperti linguistici, a tempo indeterminato e determinato e di esso devono tenere conto le università al fine della predisposizione dei documenti di bilancio(secondo la nuova disciplina del sopra citato articolo 3, prevista a decorrere dal 2014).

La programmazione del reclutamento di ateneo, infatti, deve essere realizzata assicurando la piena sostenibilità delle spese di personale. Relativamente al primo triennio successivo all’entrata in vigore del decreto, tale programmazione segue specifici indirizzi, relativi al rapporto tra l’organico del personale dirigente e tecnico-amministrativo a tempo indeterminato, alla composizione dell’organico dei professori e al reclutamento dei ricercatori a tempo determinato ammessi con titolo di dottore di ricerca o con diploma di specializzazione medica.

 

Infine, l’articolo 14, comma 3, del D.L. 95/2012, il quale, novellando l’articolo 66 del D.L. 112/2008, ha sostanzialmente disposto che le università statali potranno procedere al turn-over nella misura del 20% del personale cessato dal servizio nell’anno precedente per il triennio 2012-2014, del 50% per il 2015 e del 100% dal 2016.

Le misure percentuali indicate valgono con riferimento “al sistema” nel suo complesso, mentre all’attribuzione del contingente di assunzioni spettante a ciascuna università si provvede con specifico decreto ministeriale, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 7 del D.Lgs. 49/2012 (relativo al rispetto dei limiti per le spese di personale e per le spese per indebitamento degli atenei).

Le disposizioni sul turn-over non si applicano, fino al 31 dicembre 2014, agli istituti universitari ad ordinamento speciale in precedenza richiamati.

 

Il D.L. 95/2012 è intervenuto anche sugli enti di ricerca. In particolare, l’articolo 2, comma 1, ha disposto la riduzione degli uffici e delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni dello Stato in misura non inferiore al 20% di quelle esistenti, per il personale dirigenziale (di livello generale e di livello non generale), nonché del 10% della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico, per il personale non dirigenziale: tale riduzione opera anche per il personale degli enti di ricerca, ad eccezione dei ricercatori e tecnologi.

Il successivo articolo 14, comma 4, disponendo, in merito ai limiti assunzionali per gli enti di ricerca, ha prevista che gli stessi potranno procedere al rinnovo del turn-over nella misura del 20% del personale cessato dal servizio nell’anno precedente per il triennio 2012-2014, del 50% per il 2015 e del 100% dal 2016.

Approfondimento: Fondazioni universitarie di diritto privato

L’art. 16 del decreto-legge 112/2008, convertito dalla legge 133/2008 (A.C. 1386) ha previsto che le università pubbliche possono deliberare la propria trasformazione in fondazioni di diritto privato ed ha dettato alcuni principi relativi allo status e al regime giuridico applicabile, nonché alle forme di vigilanza e controllo da parte dello Stato.

La fondazione universitaria è caratterizzata da autonomia gestionale, organizzativa e contabile. Essa subentra in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi dell'università, inclusa la titolarità del patrimonio, acquista la proprietà dei beni immobili già in uso all'ateneo, ed è ente non commerciale: pertanto, eventuali rendite, proventi o utili derivanti dallo svolgimento delle attività statutarie devono essere interamente reimpiegati in funzione degli scopi istituzionali.

La trasformazione è deliberata dal Senato accademico, a maggioranza assoluta, e approvata dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Ai due dicasteri spettano, altresì, l’approvazione dello statuto e dei regolamenti di amministrazione e di contabilità e l’esercizio delle funzioni di vigilanza; qualora si riscontrino gravi violazioni di legge relative alla corretta gestione della fondazione stessa, è prevista la nomina di un commissario straordinario e, quindi, la nomina dei nuovi amministratori.

La Corte dei Conti opera il controllo sulla gestione finanziaria e riferisce annualmente al Parlamento.

I contributi e le erogazioni liberali alle fondazioni sono esenti da tasse e imposte indirette e sono interamente deducibili dal reddito del soggetto erogante, mentre le spese notarili per gli atti di donazione sono ridotte: in tal modo, si è inteso incentivare l’afflusso di risorse private.

Resta, peraltro, fermo il sistema di finanziamento pubblico, per la cui ripartizione l'entità dei finanziamenti privati di ciascuna fondazione costituirà elemento di valutazione a fini perequativi.

Alle fondazioni universitarie continuano ad applicarsi tutte le disposizioni vigenti per le università statali, purché compatibili con la loro natura privatistica.

Approfondimento: Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università



L'istituzione e la struttura del Fondo

Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), istituito nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica (ora, MIUR) dall’art. 5, co. 1, lett. a), della L. 537/1993, è relativo alla quota a carico del bilancio statale delle spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, comprese le spese per il personale docente, ricercatore e non docente, per l'ordinaria manutenzione delle strutture universitarie e per la ricerca scientifica, ad eccezione della quota destinata ai progetti di ricerca di interesse nazionale – destinata a confluire nel Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) (art. 1, co. 870, L. 296/2006) – e della spesa per le attività sportive universitarie.

Lo stesso art. 5, co. 1, della L. 537/1993 ha previsto altresì l’istituzione del Fondo per l'edilizia universitaria e per le grandi attrezzature scientifiche (lett. b)), relativo alla quota a carico del bilancio statale per la realizzazione di investimenti per le università in infrastrutture edilizie e in grandi attrezzature scientifiche, compresi i fondi destinati alla costruzione di impianti sportivi, e del Fondo per la programmazione dello sviluppo del sistema universitario (lett. c)), relativo al finanziamento di specifiche iniziative, attività e progetti, compreso il finanziamento di nuove iniziative didattiche.

La legge istitutiva del FFO – come successivamente modificata, in particolare, dall’art. 51 della L. 449/1997 – ha previsto che il fondo sia articolato in una quota base, da ripartirsi tra le università in misura proporzionale alla somma dei trasferimenti statali e delle spese sostenute direttamente dallo Stato per ciascuna università nell'esercizio 1993, e una quota di riequilibrio, da ripartirsi sulla base di criteri determinati con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sentito il CUN e la CRUI, relativi a standard dei costi di produzione per studente, al minore valore percentuale della quota relativa alla spesa per il personale di ruolo sul FFO e agli obiettivi di qualificazione della ricerca. Ha, altresì, stabilito che, a partire dal 1995, la quota base è progressivamente ridotta e la quota di riequilibrio è aumentata almeno di pari importo. 



Lo stanziamento del Fondo

Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università è allocato sul cap. 1694 (Missione 2. Istruzione universitaria, Programma 2.3. Sistema universitario e formazione post-universitaria) dello stato di previsione del MIUR.

Fino al 2010, l’importo del FFO è stato determinato annualmente in tabella C della legge finanziaria. A partire dalla legge di bilancio e dalla legge di stabilità per il 2011, il cap. 1694 non è più esposto in tab. C, dalla quale, ai sensi dell’art. 52 della nuova legge di contabilità (L. 196/2009), sono state espunte le spese obbligatorie (sono tali le spese relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse, le spese per interessi passivi, quelle derivanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento di mutui, nonché quelle così identificate per espressa disposizione normativa: art. 21, co. 6, L. 196/2009).

Per l’anno 2013 gli stanziamenti del cap. 1694 – quali risultanti dal Decreto 111878 del 31 dicembre 2012, di ripartizione in capitoli delle unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e per il triennio 2013-2015 – ammontano a 6.694,7 milioni di euro.

Di seguito si riporta l'andamento delle risorse (in milioni di euro) allocate sul cap. 1694 negli anni 2008-2013: 

  2008 (consuntivo) 2009 (consuntivo) 2010 (consuntivo) 2011 (consuntivo) 2012 (assestamento) 2013 (bilancio)
cap. 1694 7.443,7 7.513,1 6.681,3 6.969,3 6.998,6 6.694,7


La ripartizione del FFO tra gli atenei

Il riparto del FFO fra gli atenei è effettuato con decreto ministeriale.

In prima applicazione è stato adottato un modello di ripartizione predisposto dalla Commissione Tecnica Spesa Pubblica (Ministero del Tesoro); nel 1998 è stato predisposto dall’Osservatorio nazionale per la valutazione del sistema universitario del Ministero un nuovo modello di riparto della quota di riequilibrio (Doc 3/98), che è stato applicato dal Ministero fino al 2003.

Nel gennaio 2004 è stato predisposto dal Comitato per la valutazione del sistema universitario (CNVSU) un ulteriore modello per la ripartizione annuale del FFO (Doc 1/04), poi approvato, con alcune integrazioni e precisazioni richieste dalla CRUI, con  DM 24 luglio 2004, n. 246. Il modello è stato adottato dal 2004 al 2009.

In sintesi, il modello teneva conto dei seguenti elementi:

Al riguardo, nel luglio 2007 la Commissione tecnica per la finanza pubblica (CTFP) del Ministero dell’Economia e delle finanze (istituita dalla legge finanziaria per il 2007) osservò come, a causa della situazione di crescente squilibrio finanziario delle università, “il FFO sia stato allocato quasi esclusivamente sulla base delle quote storiche di spesa, nonostante la predisposizione, da parte del CNVSU, di un modello di ripartizione” ed evidenziò che ciò aveva determinato università finanziate in eccesso (fino al 36%) e università finanziate per difetto (fino al 43,1%).

Si veda  Doc. 2007/3 bis, Misure per il risanamento finanziario e l’incentivazione dell’efficacia e dell’efficienza del sistema universitario, in particolare: pag. 8 e Tabella 4.

Dal 2010, come si evince anche dalla premessa al decreto di riparto del FFO per l’annualità indicata ( DM 655/2010), a seguito delle disposizioni introdotte, a decorrere dal 2009, dall’art. 2, D.L. 180/2008 – in base alle quali una quota non inferiore al 7% del FFO, con incrementi negli anni successivi, è ripartita tra le università in relazione alla qualita' dell’offerta formativa e dei risultati dei processi formativi, alla qualità della ricerca scientifica, alla qualità, efficacia ed efficienza delle sedi didattiche – si è ritenuto opportuno adottare un modello unico di finanziamento, all'interno del quale confluiscono gli elementi distintivi del modello di finanziamento teorico di cui al documento del CNVSU (Doc 1/04) e i criteri utilizzati per l'assegnazione della quota premiale.

A sua volta, al fine di accelerare il processo di riequilibrio delle università statali, l’art. 11 della L. 240/2010 ha previsto che, a decorrere dal 2011, una quota pari almeno all’1,5% del FFO è ripartita fra le università che, sulla base delle differenze percentuali del valore del FFO consolidato del 2010, presentino un situazione di sottofinanziamento superiore al 5% rispetto al modello per la ripartizione teorica del medesimo FFO elaborato dagli organi di valutazione del sistema universitario.

L’intervento perequativo è ridotto proporzionalmente laddove la situazione di sottofinanziamento deriva dall’applicazione delle misure di valutazione della qualità previste, in particolare, dall’art. 2 del D.L. 180/2008. Inoltre, il calcolo degli squilibri finanziari dei singoli atenei può tenere conto della specificità delle università che siano sede di facoltà di medicina e chirurgia collegate ad aziende ospedaliere nate da ex policlinici a gestione diretta, con esclusione di ogni intervento per il ripiano di eventuali disavanzi.

Inoltre, l'art. 5, commi 1, lett. c), e 5, della L. 240/201 ha previsto l'attribuzione di una quota non superiore al 10% del FFO correlata alla valutazione delle politiche di reclutamento degli atenei, da effettuare in base a meccanismi elaborati dall’ANVUR. In attuazione, è intervenuto l'art. 9 del d.lgs. 49/2012.

Per l’anno 2012, il DM 16 aprile 2012, n. 71 ha ripartito il fondo fra gli atenei destinando €. 5.560.719.948 alla quota base.
La quota residua è stata destinata, fra l'altro, a:

Approfondimento: Germania: legge sulle borse di studio universitarie



Gesetz zur Schaffung eines nationalen Stipendienprogramms (Stipendienprogramm-Gesetz - StipG) vom 7. Juli 2010 (BGBl. I, S. 957) (Legge per l'istituzione di un Programma nazionale di borse di studio)

Con la Legge per l’istituzione di un Programma nazionale di borse di studio, del 7 luglio 2010, il Parlamento federale si è posto l’obiettivo di sostenere gli studenti particolarmente dotati concedendo loro una borsa di studio universitaria sulla base del rendimento scolastico, accademico o professionale, nonché dell’evoluzione della loro personalità (§ 3). Inoltre, tra i criteri di selezione degli studenti più meritevoli vengono presi in considerazione: l’impegno sociale, la disposizione, l’assunzione di responsabilità o particolari circostanze sociali, familiari o personali che possano risultare dalla provenienza familiare o dal background migratorio (§ 3).

Il Programma nazionale di borse di studio (nationale Stipendienprogramm), voluto dai gruppi di maggioranza CDU/CSU e FDP, uniti dal comune obiettivo di valorizzare e sostenere le giovani leve, promuove lo sviluppo di una cultura delle borse di studio in Germania e favorisce un maggiore impegno da parte del mondo economico e dei soggetti privati. Obiettivo del Programma è di motivare i giovani dotati ad intraprendere un percorso di studi che ne valorizzi le capacità e di concluderlo con successo. Il programma è volto a favorire le prestazioni di eccellenza e, conseguentemente, a rendere la Germania più competitiva a livello internazionale e ad incrementarne la forza innovativa. Il Programma nazionale di borse di studio mira, infine, ad accrescere il numero di studenti, poiché un’offerta attendibile, ampia e diversificata di borse di studio universitarie può agevolare l’iscrizione ad un corso universitario ed impedire l’interruzione degli studi (dai risultati di una ricerca elaborata, nel dicembre 2009, dalla HIS Hochschul-Informations-System GmbH, società di consulenza e di assistenza nel settore universitario, si evince che tra le cause ed i motivi che inducono uno studente ad interrompere il corso di studi, oltre al rendimento scolastico, vi sono le difficoltà finanziarie).

La legge in oggetto dispone che le borse di studio siano finanziate dalla Federazione e dai Länder da una parte, e da investitori privati dall’altra (§ 11). I fondi privati vengono raccolti dalle università grazie ai contributi di aziende, fondazioni, associazioni, consorzi e privati. L’importo delle borse di studio ammonta a 300 euro mensili (§ 5).

In base al § 12 della legge, il Ministero federale per la formazione e la ricerca (Bundesministerium für Bildung und Forschung) è autorizzato ad istituire un organo di consulenza (Beirat) che ha il compito di riferire in ordine all’applicazione della legge e di verificare l’evoluzione dei regolamenti relativi alle borse di studio. Tale Consiglio è composto dai rappresentanti delle autorità regionali, degli studenti, delle università, degli investitori privati, della scienza, dei datori di lavoro e dei lavoratori, nominati dal Ministero federale per la formazione e la ricerca per una durata complessiva di quattro anni (§ 12).

Approfondimento: I test di ammissione alle facoltà universitarie nei principali paesi europei (17 ottobre 2011)



Francia

In Francia le disposizioni relative alle modalità di iscrizione al primo ciclo degli studi universitari sono contenute nell’articolo L612-3 del Code de l’Education, che consente l’iscrizione a tutti i titolari di baccalauréat (titolo di studio corrispondente alla maturità italiana) o di titolo equivalente, lasciando allo studente la scelta dell’ateneo, ma affermando il diritto di iscrizione in un’università situata nell’area territoriale in cui è stato conseguito il diploma di scuola secondaria superiore o di residenza dello studente. Qualora le domande di accesso ad un determinato ateneo dovessero eccedere rispetto alle possibilità di accoglienza dello stesso, spetta al “rettore cancelliere” pronunciarsi sulle iscrizioni, considerando il domicilio, la situazione familiare e le preferenze dei singoli candidati.

L’articolo L612-3 è stato di recente modificato dalla Loi n. 2007-1199 du 10 août 2007 relative aux libertés et responsabilités des universités. La nuova normativa, applicata a partire dall’anno accademico 2008-2009, ha sostanzialmente rafforzato il principio della libertà di iscrizione al primo ciclo di studi e della esclusione di qualsivoglia modalità di selezione, anche se in alcuni casi specifici il Ministro dell’istruzione superiore può disporre delle forme di selezione per limitare l’ingresso in determinati istituti universitari.

La riforma ha altresì introdotto l’obbligo della pre-iscrizione che offre ai candidati la possibilità di beneficiare dei servizi di informazione e orientamento che ogni singola università è tenuta ad organizzare.



Germania

In Germania le disposizioni normative che, a livello federale, regolano l’accesso degli studenti all’università sono contenute negli artt. 27-35 della Legge quadro sull’istruzione supeiore (Hochschulrahmengesetz – HRG) del 26 gennaio 1976, da ultimo modificata con una legge del 2007. Le novità più rilevanti nel sistema di ammissione agli studi universitari con accesso limitato sono state, tuttavia, introdotte dalla settima legge di modifica della legge quadro, in vigore dal 4 settembre 2004.

Il numero massimo di studenti che ciascuna università può accogliere, esclusivamente in relazione a singoli corsi di studio e per un periodo di tempo non superiore ad un anno, è stabilito con legge regionale, sulla base delle indicazioni fornite dagli stessi atenei alle autorità regionali competenti ed illustrate in un’apposita relazione.

Prima della riforma del 2004 la distribuzione dei posti nell’ambito dei percorsi universitari era stabilita esclusivamente dall’Ufficio centrale per l’assegnazione dei posti di studio (Zentralstelle für die Vergabe von Studienplätzen - ZVS).

Ora l’articolo 32 della legge dispone la seguente ripartizione:

dei restanti 7/10:

a. grado di qualifica (votazione media conseguita nell’esame finale di maturità);

b. singoli voti riportati nel titolo di studio, che possano fornire indicazioni sulle specifiche attitudini dello studente;

c. esito di un test che accerti le capacità del candidato rispetto a determinate materie di studio;

d. tipo di formazione professionale o l’attività lavorativa svolta;

e. risultato di un colloquio selettivo, volto ad accertare le motivazioni dello studente, nonché l’identificazione con il corso di studio scelto e con l’attività professionale auspicata.

Questi criteri, compresa la preferenza per una specifica sede universitaria, possono essere adottati dalle singole università anche nel caso in cui le stesse decidano di procedere ad una preselezione (Vorauswahl) per limitare il numero dei partecipanti alle prove successive.

Nell’ambito delle competenze che la normativa federale attribuisce alla legislazione regionale, i Länder possono prevedere l’adozione di ulteriori criteri selettivi, come le attività extrascolastiche, e impartire alle singole università specifiche direttive ai fini della procedura di selezione, prevedendo ad esempio come obbligatoria l’applicazione di criteri diversi accanto alla votazione media dell’esame di maturità.

Il testo completo della Legge quadro sull’istruzione superiore è consultabile anche in lingua inglese (testo aggiornato al 2005) all’indirizzo http://www.bmbf.de/pub/hrg_20050126_e.pdf.



Regno Unito

Le università del Regno Unito, in esercizio della loro autonomia, definiscono la struttura e il contenuto delle prove di ammissione per l’immatricolazione degli studenti, le quali si concretano nelle admissions policies predisposte dalle singole facoltà. L’intervento pubblico, in questo ambito, si è esplicato nella definizione di strumenti diretti, in una prospettiva di giustizia sociale e di promozione delle pari opportunità, a porre limiti massimi per l’incremento delle rette universitarie (tuition fees) e a garantire l’equità (fairness) dei criteri di ammissione.

In relazione a specifici corsi di studio, è frequente la condivisione, da parte delle università, di criteri standardizzati di ammissione riferiti alle singole discipline. E’ il caso, ad esempio, del National Admission Test for Law (LNAT) per gli studi giuridici, oppure del Graduate Medical School Admission Test (GAMSAT) e dello UK Clinical Aptitude Test (UKCAT) per gli studi medici.

Nel primo caso (LNAT) il test consiste nella compilazione di questionari a risposta multipla e nell’elaborazione di un testo scritto, che il candidato è chiamato a svolgere con strumenti informatici ed entro determinati limiti di tempo. Più in dettaglio, i questionari sono diretti a valutare le capacità di comprensione, di interpretazione, di analisi e deduttive del candidato, mentre la prova scritta verte su temi di attualità ed è finalizzata a mettere in luce la sua capacità di argomentazione e proprietà di linguaggio. Le prove in questione, che richiedono la previa registrazione in via telematica del candidato ed il pagamento di una tassa, si svolgono presso centri diffusi sul territorio nazionale, i quali provvedono a valutare i risultati e a trasmetterli alle sole università in cui i candidati medesimi hanno presentato domanda di iscrizione.

Nel 2003, il Dipartimento per l’istruzione ha diffuso un “Libro bianco” in cui si prefigurava l’adozione di misure rivolte ad introdurre criteri di equità e di pari opportunità nell’accesso all’istruzione universitaria. Nel documento, in particolare, veniva fatto riferimento ad accordi tra un soggetto regolatore di nuova istituzione e le singole università, alla cui ottemperanza da parte di queste ultime sarebbe stata condizionata l’erogazione di fondi pubblici. Tali misure, a fronte di un imminente incremento dei costi di iscrizione (determinatosi per effetto dell’introduzione, nel settembre 2006, delle variable tuition fees), venivano ritenute essenziali per garantire l’accesso all’istruzione universitaria da parte dei soggetti meno abbienti o appartenenti a gruppi sociali minoritari.

Facendo seguito a queste prime indicazioni, lo stesso Dipartimento annunciava la costituzione di un’apposita autorità indipendente con compiti di controllo e di supervisione, l’Office for Fair Access:  

http://www.dcsf.gov.uk/hegateway/strategy/hestrategy/pdfs/DfES-HigherEducation.pdf

http://www.dius.gov.uk/higher_education/~/media/publications/E/EWParticipation

Un’inchiesta sulle procedure di ammissione agli istituti di istruzione superiore ed universitaria veniva altresì condotta, ancora su impulso del Dipartimento per l’istruzione, da una commissione indipendente insediata allo scopo, la cui relazione finale, corredata da raccomandazioni di buona pratica, è stata pubblicata nel settembre 2004:

http://www.admissions-review.org.uk/downloads/finalreport.pdf

 Gli indirizzi delineati in tali documenti venivano recepiti dal legislatore nel 2004:

http://www.opsi.gov.uk/acts/acts2004/ukpga_20040008_en_1

 Istituito dalla legge del 2004, l’Office for Fair Access (OFFA) riporta nel proprio sito Internet gli accordi (access agreements) stipulati con le singole università, medianti i quali si intendono garantire la condizione di parità dei candidati all’ammissione ai corsi e la trasparenza dei relativi procedimenti:

http://www.offa.org.uk/access-agreements/

 All’interno del quadro normativo appena indicato (e fatto salvo il rispetto della legislazione in materia di diritti umani e contro le discriminazioni), i criteri di ammissione vengono autonomamente definiti dalle singole università. Nondimeno, è diffusa l’applicazione di schemi uniformi all’interno di raggruppamenti o di consorzi universitari, le cui previsioni hanno portata generale oppure sono riferite a specifici corsi universitari.

 Uno schema uniforme per l’espletamento di prove di ammissione, al quale hanno aderito diversi atenei del Regno Unito, è stato messo a punto congiuntamente da Cambridge Assessment - dipartimento dell’Università di Cambridge preposto ai sistemi di valutazione nel settore dell’istruzione superiore - e dall’Australian Council for Educational Research (ACER). Lo schema, finalizzato alla equità e alla trasparenza dei procedimenti di esame dei candidati, è stato oggetto nel 2006 di un rapporto in cui si è formulato un primo bilancio della sua applicazione:

Un “codice di buona pratica” per l’ammissione ai corsi universitari, nel quadro di parametri qualitativi individuati dalla Quality Assurance Agency for Higher Education (QAA), agenzia indipendente con compiti di valutazione delle università, è stato redatto nel 2006 e rimesso alla spontanea adesione degli atenei:

 Un servizio di orientamento per gli studenti, con indicazione dei requisiti specificamente richiesti per l’iscrizione alle diverse facoltà universitarie, è fornito dallo Universities and Colleges Admissions Service – UCAS:

http://www.dius.gov.uk/research_and_analysis/~/media/publications/D/DIUS_RR_09_02

Sempre l’UCAS riporta sul proprio sito le informazioni sulla struttura di ciascun test di ammissione e indica le università in cui esso è applicato:

http://www.ucas.ac.uk/students/choosingcourses/admissions/

I criteri di orientamento degli studenti che alla conclusione del ciclo scolastico si avviano alla scelta del corso universitario sono oggetto di un recente rapporto:

http://www.dius.gov.uk/research_and_analysis/~/media/publications/D/DIUS_RR_09_02



Spagna

In Spagna l’art. 38 della Ley Orgánica 2/2006, de 3 de mayo, de Educación prevede che l’accesso agli studi universitari sia subordinato al superamento di una prova preliminare (Prueba de acceso a la universidad – PAU) tesa a valutare in termini obiettivi la maturità accademica, le conoscenze acquisite e la capacità di portare a termine gli studi universitari dei richiedenti. Saranno ammessi a sostenere la prova suddetta gli studenti che sono in possesso del certificato di Bachillerato (titolo rilasciato al termine dei due anni di studio successivi al ciclo di istruzione obbligatoria).

A distanza di due anni e mezzo dall’approvazione della legge il Governo ha emanato il Real Decreto 1892/2008, de 14 de noviembre, vale a dire il regolamento attuativo dell’art. 38 della Legge del 2006.

La PAU è articolata in due parti, una generale, l’altra specifica.

La parte generale consiste in quattro esercizi relativi alle seguenti materie: lingua e letteratura spagnola; lingua straniera; una materia, a scelta del candidato, tra quelle del secondo anno di Bachillerato comuni a tutti gli indirizzi (“Storia della filosofia” e “Storia di Spagna” con l’eventuale aggiunta di “Scienza per il mondo contemporaneo” e “Filosofia e cittadinanza”); una materia, a scelta del candidato, tra quelle del secondo anno di Bachillerato proprie di un determinato corso di studi (materia de modalidad). Nelle Comunità Autonome in cui si utilizza una seconda lingua ufficiale è previsto un quinto esercizio sulla seconda lingua.

La parte specifica consiste in un questionario scritto sulle materie de modalidad (diverse da quella oggetto di uno degli esercizi della parte generale) indicate dal candidato al momento della presentazione della domanda di ammissione.

La votazione finale è data dalla ponderazione tra la qualificazione ottenuta nelle prove scritte (40%) e la qualificazione media del curriculum di Bachillerato (60%)

Per quanto concerne il numero di posti messo a disposizione, spetta alle Comunità Autonome, d’intesa con le stesse università, predisporre la programmazione degli insegnamenti a carattere ufficiale e dei posti disponibili nelle università pubbliche che insistono sul proprio territorio. Tale programmazione viene inviata entro il 1° aprile di ciascun anno al Consiglio di Coordinamento Universitario, che elabora l’offerta generale di posti e la rende pubblica sul Boletín Oficial del Estado (la Gazzetta Ufficiale spagnola) entro il successivo 1° giugno. L’aggiudicazione dei posti dipende dalla votazione finale riportata alle prove di accesso. A tal fine viene concessa agli studenti la possibilità di presentarsi agli appelli successivi, anche dopo aver superato la prova, per migliorare la loro qualificazione, tenendo sempre in considerazione il punteggio più alto conseguito in ciascuna prova.

Approfondimento: Sanità universitaria



Collegamento fra università ed assistenza ospedaliera

Il collegamento fra le università e le attività di assistenza ospedaliera è stato inizialmente previsto dalla legge 132/1968 che ha introdotto lo strumento della convenzione tra università ed enti ospedalieri stabilendo che l’ordinamento interno delle cliniche e degli istituti universitari deve essere adeguato all’ordinamento interno degli ospedali ed avere un’analoga organizzazione.

Il successivo, D.P.R. 129/1969, conferma lo strumento convenzionale, ed individua la materie oggetto del relativo accordo, rimandando, per le convenzioni, ad uno schema tipo emanato con decreto ministeriale 24 giugno 1971.

Il decreto ministeriale del 1971 definisce le relazioni intercorrenti fra le due istituzioni attraverso la creazione di strutture universitario-ospedaliere: l'ente ospedaliero assume la gestione dell'assistenza connessa con i fini istituzionali dell'università e utilizza l'assistenza fornita dalle cliniche e istituti universitari di ricovero e cura, d’altra parte le Università utilizzano il potenziale didattico e di ricerca dell’ente ospedaliero, sempre in base a precisi accordi.



La riforma sanitaria del 1978

Affinché le regioni e le università realizzino un idoneo coordinamento delle rispettive funzioni istituzionali, l’articolo 39 della legge 833/1978 riconferma transitoriamente, fino alla riforma dell'ordinamento universitario e delle facoltà di medicina, lo strumento della convenzione. In tal senso le convenzioni fanno parte dei piani sanitari regionali poiché disciplinano l'apporto delle facoltà di medicina alla realizzazione degli obiettivi della programmazione sanitaria regionale.

La legge 833/1978 delinea due diversi modelli organizzativi del collegamento università-assistenza ospedaliera:



Integrazione fra attività assistenziale, didattica e ricerca

Il D.Lgs. 502/1992, dedica l’articolo 6 ai rapporti tra università e SSN, stabilendo che, per soddisfare le specifiche esigenze del SSN connesse alla formazione degli specializzandi ed all’accesso ai ruoli dirigenziali del SSN, le università e le regioni stipulano specifici protocolli d’intesa per disciplinare le modalità di reciproca collaborazione. I rapporti in attuazione di tali intese sono regolati con appositi accordi tra università e Aziende ospedaliere, unità sanitarie locali e Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. La titolarità dei corsi di insegnamento universitari è affidata a dirigenti delle strutture presso le quali si svolge la formazione stessa, in conformità ai protocolli di intesa che fra l’altro sanciscono che la formazione del personale avvenga in sede ospedaliera.

Ferma restando la disciplina in tema di formazione dei medici specialisti di cui al D.Lgs. 257/1991, risulta pertanto chiara la volontà del legislatore di non considerare più in capo al solo medico universitario il compito di prestare servizio ai fini assistenziali, didattici e di ricerca. Anche al medico ospedaliero competono infatti funzioni e prerogative, oltre all’attività assistenziale, relative alle attività didattiche e di ricerca, intimamente collegate alla peculiarità del percorso formativo del personale medico.

Tale impostazione è allargata al personale infermieristico, tecnico e della riabilitazione di cui si prevede la formazione in sede ospedaliera ovvero in altre strutture del SSN.

Con il D.M. 31 luglio 1997 i Ministeri competenti, dell’Università e della Sanità d’intesa con la Conferenza Stato-Regione, licenziano le Linee Guida, che sulla scorta delle indicazioni fornite dal D.lgs. n. 502/92, forniscono le prime indicazioni utili per elaborare i Protocolli.



Definizione della disciplina in materia di collaborazione e coordinamento tra SSN e università - Decreto legislativo 517/1999

Il D.Lgs. 517/1999, tuttora vigente, norma i rapporti tra SSN e università, riunificando in un unico modello, l’Azienda ospedaliero–Universitaria (AOU), le funzioni di assistenza, ricerca e didattica. Il modello di azienda integrata nasce anche sulla base delle esperienze e delle soluzioni adottate per il Policlinico Umberto I di Roma, che condecreto legge 343/1999, è stato il primo policlinico universitario ad essere stato trasformato in azienda ospedaliero-universitaria.

In primo luogo si stabilisce che l'attività assistenziale, necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali delle università, è determinata nel quadro della programmazione nazionale e regionale in modo da assicurarne la funzionalità e la coerenza con le esigenze della didattica e della ricerca, secondo specifici protocolli d'intesa stipulati dalla Regione con le università ubicate nel proprio territorio.

In tal senso, vengono di fatto superati i precedenti diversi modelli aziendali (quali policlinici universitari e aziende miste) in favore di una nuova tipologia di azienda, che mira alla integrazione, e non più all’inscindibilità, di assistenza, didattica e ricerca.

Per conseguire simile obiettivo il D.Lgs. 517/1999 punta essenzialmente su due strumenti:

In particolare, i protocolli regionali devono: promuovere e disciplinare l'integrazione dell'attività assistenziale, formativa e di ricerca; definire le linee generali della partecipazione dell'università alla programmazione sanitaria; definire i parametri per l'individuazione delle attività necessarie allo svolgimento delle funzioni istituzionali e di ricerca; definire i parametri per l'individuazione delle strutture assistenziali complesse funzionali alle esigenze della didattica e della ricerca dei corsi di laurea delle Facoltà di Medicina e Chirurgia delle Aziende Integrate; definire il volume di attività ed il numero dei posti letto essenziali anche in rapporto al numero degli iscritti ai corsi di laurea con criteri e modalità di adeguamento agli standard fissati, secondo le indicazioni del Piano Sanitario Regionale; disciplinare le modalità di reciproca collaborazione per le esigenze del SSN connesse alla formazione degli specializzandi, alla formazione del personale sanitario mediante lo svolgimento delle attività formative presso le Aziende ospedaliere di riferimento o presso altre Aziende sanitarie pubbliche e private accreditate; definire i criteri generali per l'adozione dell'atto aziendale, per la costituzione, l'organizzazione ed il funzionamento dei dipartimenti integrati (DAI); definire forme e modalità di accesso dei dirigenti sanitari del SSN ai fondi di Ateneo e ad incarichi didattici; prevedere il trattamento economico aggiuntivo di cui all'art.6 del D.Lgs. 517/1999; definire i criteri generali per l'attuazione dei principali atti di gestione delle Aziende Ospedaliero-Universitarie.

Il D.Lgs. 517/1999, costituito da otto articoli, interviene sui seguenti aspetti:



Linee guida concernenti i protocolli di intesa da stipulare tra regioni ed università per lo svolgimento delle attività assistenziali delle università

La concreta ed omogenea attuazione del D.Lgs. 517/1999 è stata demandata ad atti di indirizzo e coordinamento, il principale dei quali è il D.P.C.M. del 24 maggio 2001 - Linee guida concernenti i protocolli di intesa da stipulare tra regioni ed università per lo svolgimento delle attività assistenziali delle università nel quadro della programmazione nazionale e regionale ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n.517.

Le Linee guida ribadiscono la partecipazione attiva degli atenei alla programmazione sanitaria regionale. Le università, attraverso la partecipazione al processo formativo dei piani sanitari regionali, devono concorrere, ai sensi dell'art. 7 del D.P.C.M., all'elaborazione dei medesimi relativamente alle esigenze didattiche e di ricerca biomedica, anche estese alla formazione specialistica, infermieristica, tecnica, riabilitativa e prevenzionale.

Inoltre prima dell'adozione o dell'adeguamento del piano sanitario regionale, le regioni sono tenute ad acquisire formalmente il parere delle università sedi della facoltà di medicina e chirurgia ubicate nel territorio della regione di riferimento. I pareri espressi dagli Atenei sono allegati al progetto di piano e trasmessi al Ministro della Sanità per l'espressione dell'avviso di congruità con il piano sanitario nazionale. Pertanto, il processo elaborativo si compone di due momenti: un primo momento caratterizzato dall’informalità, che si esprime attraverso un tavolo concertativo tra regioni ed atenei finalizzato alla realizzazione della bozza di piano, il secondo, invece, di carattere formale, che trova realizzazione nel parere sui contenuti di piano.

Le Linee guida specificano inoltre che i Protocolli d'Intesa devono contenere indicazioni relative alla tipologia delle strutture sanitarie coinvolte, ovvero delle Aziende Integrate. Sempre ai sensi delle Linee guida, i Protocolli d'Intesa devono inoltre individuare le modalità attraverso le quali le AOU concorrono alla realizzazione sia dei compiti istituzionali dell'università che di quelli assistenziali. Occorre però rilevare l'assenza, nel D.P.C.M. 24 maggio 2001, di qualsiasi indicazione in merito alla gerarchia delle possibili opzioni tra strutture pubbliche e private.

Relativamente al personale, sia universitario, sia sanitario, si prevede che i Protocolli d'Intesa debbano stabilire i criteri per la quantificazione dell'impegno assistenziale medio ed assicurare un equilibrato rapporto con quello della dirigenza sanitaria. Ciò è finalizzato alla determinazione delle dotazioni organiche e di programmazione dell'attività. Il legislatore, all'art. 3, comma 2, lett. c), delle Linee Guida, preferisce rinviare l'articolazione dell'orario di servizio del personale universitario a un piano di lavoro predisposto dalle singole strutture aziendali di appartenenza che deve essere oggetto d'intesa con l'Ateneo e deve tener conto sia dell'impegno assistenziale che di quello didattico scientifico.

Sempre relativamente al personale, i Protocolli d'Intesa devono inoltre prevedere che il trattamento economico integrativo dei docenti e ricercatori sia composto, in analogia al personale medico dipendente dal SSN, dalla retribuzione di posizione, correlata alla direzione di struttura (dipartimenti, unità operative complesse e semplici) e dalla retribuzione di risultato, rapportata ai risultati assistenziali conseguiti. L'importo del trattamento economico viene attribuito dall'azienda all'università e da questa ai docenti universitari.

Per quanto riguarda gli aspetti di tipo organizzativo, vengono disciplinati gli assetti istituzionali delle aziende, dei dipartimenti, delle strutture complesse e semplici nonché quelli relativi al dimensionamento delle strutture oggetto dei protocolli d'intesa.

Relativamente agli assetti istituzionali delle Aziende, le linee guida incaricano i Protocolli d'Intesa di determinare la composizione dell'Organo di Indirizzo di cui all'art. 4, comma 4 del D.Lgs. 517/99. Unica indicazione in merito è la previsione che i componenti devono essere paritariamente designati dalla Regione e dall'Università, tenendo conto di un membro di diritto rappresentato dal Preside della Facoltà di Medicina.

Le Linee Guida inoltre rimettono all'atto aziendale, di cui all'art. 3, comma 2, del D.Lgs. 517/99, l'organizzazione delle Aziende Ospedaliere Universitarie "in modo da assicurare il pieno svolgimento delle funzioni didattiche e scientifiche delle Facoltà di Medicina e Chirurgia in un quadro di coerente integrazione con l'attività assistenziale e con gli obiettivi della programmazione regionale”. Tale atto è assunto dal Direttore Generale d'intesa con il Rettore. La materia organizzativa viene inoltre regolata, in via preventiva, anche dai Protocolli d'Intesa cui spetta individuare, sulla base di specifici criteri di cui all'art. 4, comma 3, le strutture assistenziali complesse essenziali alle esigenze di didattica e di ricerca dei corsi di laurea di medicina e chirurgia. L'individuazione delle strutture assistenziali compete pertanto sia all'atto aziendale sia ai protocolli d'intesa, ed,al fine di evitare il conflitto di competenze, concordemente si assegna all'atto di organizzazione, assunto d'intesa con il Rettore, il compito di disciplinare gli assetti organizzativi interni, lasciando ai Protocolli d'intesa , il ruolo di disciplinare i criteri di massima.

Infine, le Linee Guida prevedono indicazioni circa i criteri della compartecipazione degli Atenei ai risultati delle Aziende Integrate da realizzarsi attraverso la definizione, nei Protocolli d'Intesa, dalla messa a disposizione del personale docente e non docente e dei beni mobili ed immobili. In caso di risultati positivi della gestione aziendale, gli utili vengono impiegati per il finanziamento di programmi di ricerca di interesse assistenziale e di sviluppo della qualità delle prestazioni. In caso invece di risultati negativi, la Regione e l'Università concordano specifici piani di rientro attraverso l'utilizzo delle risorse ordinarie delle Aziende Integrate. In caso di mancato accordo tra Regione ed Università, la Regione, dopo aver sentito il comitato regionale di coordinamento delle università, disdetta il Protocollo d'Intesa per quanto concerne l'azienda interessata e ripristina autonomamente l'equilibrio economico finanziario.

In ultimo, le Linee Guida impongono alle Regioni gli adeguamenti delle remunerazioni delle strutture oggetto dei Protocolli d'Intesa. L'art. 1, comma 7 prevede infatti che la Regione è tenuta a corrispondere alle aziende pubbliche e private coinvolte nei Protocolli d'Intesa i maggiori costi indotti sulle attività assistenziali dalle funzioni di didattica e di ricerca, detratta la quota derivante dai risparmi ottenuti dall'apporto del personale universitario. Ciò si traduce in un aumento dei Diagnosis Related Group (D.R.G.) che la Regione dovrà riconoscere in relazione alla produzione assistenziale assicurata, alle suddette Aziende.



Indagine del Ministero della salute sull'Integrazione tra Assistenza, Didattica e Ricerca

L’istituzione delle Aziende Ospedaliere Universitarie prevista dal D.Lgs. 517/1999, avrebbe dovuto superare il dualismo storico esistente tra Policlinici Universitari e Aziende Tuttavia tale risultato non è stato raggiunto soprattutto per un’applicazione disomogenea delle norme in materia, molto spesso condizionata dall’organizzazione a livello locale.

Nel 2011, il Ministero della salute ha realizzato una indagine sul grado di integrazione raggiunto, avvalendosi per l’occasione della collaborazione di un network composto da 24 strutture ospedaliero- universitarie (AOU).

L’indagine, relativamente ai protocolli siglati dalle regioni, rileva che “le norme contenute nei protocolli d’intesa risultano particolarmente astratte e generali, senza ricadute immediate dal punto di vista operativo. Solamente in rari casi vengono date delle indicazioni concrete in merito all’organizzazione delle AOU, mentre viene dato largo spazio a concetti generali ripresi soprattutto dalla normativa nazionale nessun protocollo presenta novità di particolare rilievo rispetto a quanto disciplinato dal legislatore statale”. Inoltre, l’indagine sottolinea che tali norme, già astratte e generiche, sono per lo più accompagnate da rimandi ad ulteriori protocolli attuativi, all’atto aziendale o ad altri accordi in ambito regionale e locale.

L’indagine sottolinea anche la difficoltà delle università italiane a garantire il turn over del personale docente e a fornire quindi un contributo costante alle attività assistenziali tramite tale tipologia di personale.

L’indagine sottolinea come “un vero fattore di originalità potrebbe essere costituito dalla possibilità di adottare e di disciplinare, all’interno dei protocolli, modelli comuni di organizzazione e funzionamento delle aziende ospedaliero-universitarie, più rispondenti alle esigenze di integrazione, pur preservandone la flessibilità di contestualizzazione a livello locale, e dalla possibilità di sviluppare soluzioni alle problematiche connesse ai rapporti tra università e SSN., mettendo a frutto l’interscambio di esperienze. Queste forme di coordinamento tra le aziende ospedaliero-universitarie su scala nazionale potrebbero portare da un lato a rafforzare e migliorare la potestà legislativa delle regioni e dall’altro ad adattare i modelli e le connesse modalità operative all’evoluzione dei rapporti tra il sistema della tutela della salute ed il sistema della formazione”.

Per quanto riguarda l’integrazione, viene misurata la dipendenza dell’università dal personale del SSR di riferimento, per le funzioni di didattica e ricerca. A questo proposito, sia nel 2008 che nel 2009 risulta che “la dipendenza dell’università dal personale del SSR è superiore all’entità della dipendenza del SSR dall’università” per le funzioni assistenziali. Relativamente alla presenza dei Dipartimenti ad attività integrata che possono diventare una sede unitaria per coordinarsi con le attività della facoltà di medicina, l’indagine segnala un miglioramento nel biennio 2008-2009: nel 2009 sono state rilevate sei aziende che hanno dichiarato di essere organizzate esclusivamente con dipartimenti ad attività integrata a fronte delle quattro del 2008. Più difficile l’integrazione delle procedure» (obiettivi di budget, programmazione, controllo, attività amministrative ecc.) dove l’indice di integrazione non supera il 50% nel 2009 (contro il 40% del 2008).



Legge 240/2010 - Riforma dell'università

In via preliminare occorre ricordare che il D.Lgs. 517/1999, all’articolo 8, comma 5, stabilisce che alle procedure concernenti il trasferimento o l'utilizzazione del personale non docente nelle aziende ospedaliero-universitarie si provvede con uno o più decreti interministeriali dei Ministri della salute, dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica (ora dell'istruzione, dell'università e della ricerca), della funzione pubblica (ora per la pubblica amministrazione e la semplificazione) e del tesoro (ora dell'economia e delle finanze), sentite le organizzazioni sindacali, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni. Come sottolineato dal rappresentante del Governo, nella risposta all’interrogazione 5-07050 dell'on. Palagiano, tali decreti non sono stati adottati in ragione di una divergenza di tesi interpretative della norma. In particolare, da un lato si riteneva  che il costo del personale delle AOU dovesse essere assunto dalle Regioni, e dall’altro si sosteneva – soprattutto da parte del Ministero Economia e Finanze, come più volte ribadito in sede di riunioni tecniche -, che le Università dovessero trasferire unitamente al personale anche le risorse necessarie per gestire il medesimo personale.

Successivamente è intervenuto l’articolo 6, comma 13, della legge 240/2010, in vigore dal 10 febbraio 2012, che prevede che il MIUR, di concerto con il Ministero della salute, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, sentita la Conferenza dei presidi delle facoltà di medicina e chirurgia, predisponga lo schema-tipo delle convenzioni al quale devono attenersi le università e le regioni per regolare i rapporti in materia di attività sanitarie svolte per conto del SSN. La schema-tipo deve essere predisposto con riguardo alle strutture cliniche e di ricerca traslazionale (trasformazione di scoperte fondamentali in applicazioni cliniche) necessarie per la formazione nei corsi di laurea di aerea sanitaria di cui alla direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali.

La direttiva europea 2005/36/CE, recepita in Italia con il D.Lgs. 206/2007, sostituisce le quindici direttive che precedentemente hanno disciplinato il riconoscimento delle qualifiche professionali riguardanti le professioni d'infermiere professionale, odontoiatra, veterinario, ostetrica, architetto, farmacista e medico. Nel quadro della disciplina concernente il riconoscimento delle qualifiche professionali acquisite in uno o più Stati membri dell'Unione europea ai fini dell'esercizio in Italia delle relative attività professionali, il D.Lgs. 206/2007 ha dettato specifiche norme in materia di formazione e di riconoscimento dei titoli relativi alle professioni sanitarie.

Nel maggio del 2011, il network di Aziende Ospedaliero-Universitarie che hanno partecipato all’indagine del Ministero della salute (v. supra), hanno elaborato un documento finalizzato alla predisposizione dello schema tipo di convenzioni al quale devono attenersi le università e le regioni nel regolare i rapporti in materia di attività sanitarie per conto del SSN, auspicando un ampio confronto con gli interlocutori istituzionali.

In ultimo, nel rispetto della norma della legge 240/2012, è stato predisposto lo schema di decreto volto a definire i rapporti tra università e regioni in materia di attività integrate di didattica, ricerca e assistenza. In particolare, sono state individuate:

Lo schema di decreto è all’esame del coordinamento tecnico della Commissione salute della Conferenza Stato-regioni dal 9 agosto 2012.



Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico - IRCCS

Gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) sono enti a rilevanza nazionale dotati di autonomia e personalità giuridica che, secondo standards di eccellenza, perseguono finalità di ricerca, prevalentemente clinica e traslazionale, nel campo biomedico ed in quello dell'organizzazione e gestione dei servizi sanitari, unitamente a prestazioni di ricovero e cura di alta specialità.

La peculiarità dell’attività di ricerca degli IRCCS sta quindi nello scambio continuo di conoscenze scientifiche fra laboratorio e clinica; ogni ricerca deve infatti trovare necessariamente sbocco in applicazioni terapeutiche ospedaliere.

Il D.Lgs. 288/2003 ha disposto il riordino degli IRCCS prevedendo come aspetto prioritario la condivisione tra il Ministero della Salute e le Regioni della trasformazione degli istituti pubblici in fondazioni e della definizione dei loro organi di gestione. Il decreto stabilisce, inoltre, che gli istituti che non verranno trasformati saranno organizzati sulla base di criteri che garantiscano le esigenze di ricerca e la partecipazione a reti nazionali di centri di eccellenza.

Gli IRCCS hanno natura giuridica diversa, pubblica o privata. Gli IRCCS pubblici sono veri e propri enti pubblici e si caratterizzano per la maggiore ingerenza dello Stato sull’andamento della loro gestione (al Ministro spetta la nomina del direttore scientifico). Dal 2003 gli IRCCS di diritto pubblico, su istanza della Regione in cui l'Istituto ha la sede prevalente di attività clinica e di ricerca, possono essere trasformati in Fondazioni di rilievo nazionale, aperte alla partecipazione di soggetti pubblici e privati e sottoposte alla vigilanza del Ministero della salute e del Ministero dell'economia e delle finanze. Gli enti trasformati assumono la denominazione di Fondazione IRCCS. Gli IRCCS privati invece hanno una maggiore libertà di azione ed il controllo su di essi viene effettuato soltanto sulla valenza delle ricerche effettuate.

Gli IRCCS sono sottoposti alla vigilanza del Ministero della Salute che garantisce che la ricerca da essi svolta sia finalizzata all’interesse pubblico e di supporto tecnico ed operativo agli altri organi del SSN per l'esercizio delle funzioni assistenziali al fine del perseguimento degli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale in materia di ricerca sanitaria e per la formazione del personale.

Realtà ospedaliere emergenti che trattano patologie di rilievo nazionale, vengono qualificate come IRCCS attraverso una procedura che riconosce il loro carattere scientifico. Tale riconoscimento conferisce il diritto alla fruizione di un finanziamento statale (che va ad aggiungersi a quello regionale) finalizzato esclusivamente allo svolgimento della attività di ricerca relativa alle materie riconosciute.

L'articolo 14, commi 9-bis-12, del decreto legge 158/2012 hanno proceduto ad una manutenzione del sistema regolatorio nazionale degli IRCCS, con disposizioni volte a precisare la procedura per il riconoscimento, la revoca del medesimo e la documentazione a tal fine necessaria. L’intervento è stato attuato intervenendo sul D.Lgs. 288/2003.

Ai sensi dell’art. 13 del decreto 288/2003, il riconoscimento del carattere scientifico è soggetto al possesso, in base a titolo valido, dei seguenti requisiti: personalità giuridica di diritto pubblico o di diritto privato; titolarità dell'autorizzazione e dell'accreditamento sanitari; economicità ed efficienza dell'organizzazione, qualità delle strutture e livello tecnologico delle attrezzature; caratteri di eccellenza del livello delle prestazioni e dell'attività sanitaria svolta negli ultimi tre anni; caratteri di eccellenza della attività di ricerca svolta nell'ultimo triennio relativamente alla specifica disciplina assegnata; dimostrata capacità di inserirsi in rete con Istituti di ricerca della stessa area di riferimento e di collaborazioni con altri enti pubblici e privati; dimostrata capacità di attrarre finanziamenti pubblici e privati indipendenti; certificazione di qualità dei servizi secondo procedure internazionalmente riconosciute. I commi 9-bis e 9-ter dell'articolo 14 del decreto legge 158/2012 hanno modificato un requisito, posto ai fini del riconoscimento dell'IRCCS e consistente (nella norma precedentemente vigente) nei caratteri di eccellenza del livello e di alta specialità dell'attività di ricovero e cura svolta negli ultimi tre anni. La novella
prevede che il requisito possa consistere, in alternativa, nel carattere di eccellenza del contributo tecnico-scientifico fornito - nell’àmbito di un’attività di ricerca biomedica riconosciuta a livello nazionale ed internazionale - , inteso ad assicurare una più altaqualità dell’attività assistenziale, ttestata da strutture pubbliche del SSN. Resta fermo il requisito concorrente del carattere di eccellenza dell'attività di ricerca svolta nell'ultimo triennio, relativamente alla specifica disciplina assegnata.

I commi 10 e 10-bis dell'articolo 14 del decreto legge 158/2012 sostituisce i commi 1 e 2 dell’articolo 14 del D.Lgs. 288/2003 in materia di procedimento per il riconoscimento del carattere scientifico. In tal senso si stabilisce che la domanda di riconoscimento è presentata, dalla struttura interessata, alla regione competente per territorio. Tale domanda è presentata unitamente alla documentazione, individuata con decreto del Ministro della salute, sentita la Conferenza Stato-regioni, comprovante la titolarità dei requisiti prima elencati. La regione inoltra la domanda al Ministero della salute. Nella domanda va precisata la sede effettiva di attività della struttura e la disciplina per la quale si richiede il riconoscimento, evidenziando la coerenza del riconoscimento con la propria programmazione sanitaria. Si ricorda che a legislazione previgente non era previsto il decreto ministeriale relativo alla documentazione. Per quanto riguarda la procedura di valutazione, il Ministro della salute nomina una commissione di valutazione formata da almeno due esperti nella disciplina oggetto della richiesta di riconoscimento. Gli esperti svolgono l’incarico a titolo gratuito. Entro trenta giorni dalla nomina, la commissione esprime il proprio parere motivato sulla sussistenza dei requisiti, sulla completezza della documentazione allegata alla domanda e su quella eventualmente acquisita dalla struttura interessata. La commissione può anche effettuare sopralluoghi. Entro dieci giorni dal ricevimento del parere, il Ministro della salute trasmette gli atti alla Conferenza Stato-regioni, che deve esprimersi sulla domanda di riconoscimento entro quarantacinque giorni dal ricevimento. Il riconoscimento è disposto con decreto del Ministro dalla salute, previa intesa con il Presidente della Regione interessata. L'eventuale decisione difforme dai pareri deve essere motivata.

Il procedimento di conferma e revoca del carattere scientifico è disciplinato ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs. 288/2003, completamente modificato dal comma 11 dell'articolo 14 del decreto legge 158/2012.Le Fondazioni IRCCS, gli Istituti non trasformati e quelli privati inviano ogni due anni, a legislazione previgente ogni tre anni, al Ministero della salute i dati aggiornati circa il possesso dei requisiti necessari per il riconoscimento. Innovando rispetto alla disciplina previgente, il Ministero della salute, nell’esercizio delle funzioni di vigilanza, può verificare in ogni momento la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento delle Fondazioni IRCCS, degli Istituti non trasformati e di quelli privati. Nel caso di sopravvenuta carenza di tali condizioni, il Ministero informa la regione territorialmente competente ed assegna all’ente un termine non superiore a sei mesi – precedentemente il termine era fissato a un anno - entro il quale reintegrare il possesso dei requisiti prescritti. Il Ministro della salute e la regione competente possono immediatamente sostituire i propri designati all’interno dei consigli di amministrazione e, innovando, sospendere cautelativamente l’accesso al finanziamento degli enti interessati. Alla scadenza di tale termine, sulla base dell’esito della verifica, il Ministro della salute, d’intesa con il Presidente della regione interessata, conferma o revoca il riconoscimento. In caso di revoca del riconoscimento, le Fondazioni IRCCS e gli Istituti, pubblici e privati, riacquistano la natura e la forma giuridica rivestite prima della concessione del riconoscimento, fermo restando l'obbligo di terminare i progetti di ricerca finanziati con risorse pubbliche o, in caso di impossibilità, di restituire i fondi non utilizzati.

Il decreto legge 158/2012 ha inoltre previsto che entro il 31 dicembre 2012 dovrà essere adottato un decreto del Ministro della salute, sentiti il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e la Conferenza Stato-regioni, in cui saranno stabiliti i criteri di classificazione degli IRCCS non trasformati, delle Fondazioni IRCCS e degli altri IRCCS di diritto privato sulla base di indicatori quali-quantitativi di carattere scientifico di comprovato valore internazionale. Il medesimo decreto dovrà individuare le modalità attraverso cui realizzare l’attività di ricerca scientifica in materia sanitaria a livello internazionale. Il decreto non è stato finora emanato.

Ricordiamo infine che gli IRCCS sono attori importanti della ricerca sanitaria: la normativa vigente li individua come destinatari istituzionali della ricerca sanitaria finalizzata, anche l'attività di ricerca sanitaria corrente è svolta dagli IRCCS attraverso l'elaborazione di progetti. Le attività di ricerca sanitaria corrente e finalizzata sono infatti svolte dalle regioni, dall'Istituto superiore di sanità, dall'INAIL (per le attività in precedenza svolte dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, ora soppresso), dall'Agenzia per i servizi sanitari regionali, dagli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e privati nonché dagli Istituti zooprofilattici sperimentali. Alla realizzazione dei progetti possono concorrere, sulla base di specifici accordi, contratti o convenzioni, le Università, il Consiglio nazionale delle ricerche e gli altri enti di ricerca pubblici e privati, nonché imprese pubbliche e private.

Innovazione digitale nella scuola e nell'università

Nell'ambito dei numerosi progetti per lo sviluppo delle tecniche digitali nel settore dell'istruzione, il D.L. 112/2008 aveva previsto il passaggio graduale a libri di testo per le scuole disponibili nella rete internet. Il D.L. 5/2012 ha poi disposto l'obbligo di iscrizione telematica alle università e la realizzazione di un portale in italiano e in inglese, mentre il D.L. 95/2012 ha disposto l'obbligo di iscrizione on line alle scuole e l'introduzione della pagella in formato elettronico. Da ultimo, il D.L. 179/2012 ha previsto diverse disposizioni volte ad accelerare il processo di dematerializzazione amministrativa in ambito scolastico e universitario, incluso il passaggio graduale a libri di testo nella versione digitale o mista.

Nell'obiettivo più generale dell'Informatizzazione della pubblica amministrazione, il MIUR e il Ministero per la Pubblica Amministrazione e l'innovazione hanno siglato il 30 ottobre 2008 un Protocollo d'intesa per la realizzazione di programmi di innovazione digitale nella scuola e nell'università.

Il protocollo prevedeva la realizzazione di 5 progetti: Scuole in rete, per il collegamento delle scuole italiane alla rete Internet; Contenuti digitali per la didattica, per l’innovazione delle metodologie didattiche; Servizi scuola-famiglia via Web, per semplificare le relazioni; Anagrafe scolastica nazionale, per realizzare una anagrafe scolastica unitaria; Servizi on-line e Wifi per le università; Università digitale.

Per la realizzazione dei progetti sono stati anche siglati protocolli d'intesa con realtà imprenditoriali e associazioni del settore.

Scuola e università nel Piano di e-government 2012

Il Piano di e-government 2012, presentato dal Governo nel gennaio 2009, ha definito circa 80 progetti, aggregati in 4 ambiti di intervento e 27 obiettivi, volti a modernizzare e rendere più efficiente e trasparente la PA, migliorando la qualità dei servizi erogati a cittadini e imprese e diminuendo i costi per la collettività. 

Con l'Obiettivo Scuola, il MIUR e il Ministero per la PA e l'Innovazione hanno avviato una serie di interventi volti all’innovazione digitale della scuola. In particolare, in tale ambito: è stato realizzato il portale Scuola Mia, che permette alle scuole aderenti all'iniziativa di erogare servizi digitali a studenti e famiglie; sono state distribuite nelle scuole statali oltre 40.000 lavagne interattive digitali (LIM); è stata avviata l’operazione Scuole in WiFi che mira a far sì che le scuole abbiano una connessione gratuita riservata alla didattica.

Il 18 settembre 2012, da ultimo, il MIUR ha stipulato convenzioni con 12 regioni - facendo seguito all'Accordo quadro approvato il 25 luglio 2012 in Conferenza Stato-Regioni - al fine di favorire la diffusione delle tecnologie digitali nel settore dell'istruzione.

L'Obiettivo Università è volto a incrementare l'efficacia e l'accessibilità dei sistemi di istruzione universitaria, semplificare le relazioni amministrative di famiglie e studenti con le istituzioni universitarie, nonché a realizzare la piena condivisione dei dati e l'automazione dei flussi amministrativi tra le stesse istituzioni universitarie e le altre pubbliche amministrazioni centrali e locali. L'obiettivo è articolato in due progetti: Servizi on-line e reti WiFi e Università digitale.
Nell'agosto 2012, da ultimo, il MIUR ha trasmesso agli atenei le nuove Linee Guida elaborate, in collaborazione con il Dipartimento per la digitalizzazione della PA e l'innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio, nell'ambito dell'obiettivo, invitando a recepirne le indicazioni.

I D.L. 112/2008, 5/2012, 95/2012 e 179/2012

L'art. 15 del D.L. 112/2008 aveva previsto che dall'a.s. 2008/2009 doveva essere data la preferenza, nelle scelte dei docenti, a libri di testo disponibili, in tutto o in parte, nella rete internet, e che questa diventava la regola entro l'a.s. 2011/2012. L'art. 11 del D.L. 179/2012 ha poi disposto che, a decorrere dalle adozioni riferite all'a.s. 2014/2015, progressivamente - a partire dalle classi I e IV della scuola primaria, dalla I classe della scuola secondaria di I grado e dalla I e III classe della scuola secondaria di II grado - il collegio dei docenti adotta esclusivamente libri nella versione digitale o mista.

L'art. 48 del D.L. 5/2012 ha disposto l'obbligo di iscrizione telematica alle università e, dall'a.a. 2013/14, la verbalizzazione elettronica degli esami di profitto e di laurea. Ha, inoltre, previsto la costituzione, da parte del MIUR, di un portale unico, almeno in italiano e in inglese, che faciliti agli studenti il reperimento di dati utili per la scelta.

L'art. 7, co. 27-32, del D.L. 95/2012 ha previsto che, dall'a.s. 2012/2013:

Al riguardo si ricorda che già il 2 ottobre 2008 era stato presentato il Progetto “Scuola/famiglia via web” (registro elettronico, rilevazione di assenze e presenze con comunicazione via cellulare o e-mail, accesso in rete al fascicolo dello studente, prenotazione dei colloqui, pagella on-line).
Inoltre, con circolare n. 108 del 27 dicembre 2011 il MIUR aveva comunicato la nascita, a partire dal 12 gennaio 2012, del progetto “Scuola in chiaro” che mette a disposizione in una forma organica le informazioni relative a tutte le scuole italiane di ogni ordine e grado. Con circolare n. 110 del 29 dicembre 2011, relativa alle iscrizioni per l’a.s. 2012/2013, è stata comunicata la possibilità di utilizzare a tal fine il portale Scuola in chiaro.

L'art. 10 e l' art. 11 del D.L. 179/2012 dispongono, oltre a quanto già visto per i libri di testo:

Dossier pubblicati

Documenti e risorse web

Istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM)

Nella XVI legislatura, gli interventi più rilevanti sulle Istituzioni AFAM sono rappresentati dall'art. 3-quinquies del D.L. 180/2008 - volto alla determinazione di settori artistico disciplinari, obiettivi formativi e ordinamenti didattici, così come già fatto per i corsi universitari - e dalla legge di stabilità 2013 che, in particolare, ha disposto l'equipollenza fra i titoli di studio rilasciati dalle stesse Istituzioni e alcuni titoli di studio rilasciati dalle Università.

Premessa

L'art. 2 della L. n. 508/1999 ha disposto che le Accademie di belle arti, l'Accademia nazionale di arte drammatica e gli Istituti superiori per le industrie artistiche (ISIA), nonché, con la trasformazione in Istituti superiori di studi musicali e coreutici, i Conservatori di musica, l'Accademia nazionale di danza e gli Istituti musicali pareggiati, costituiscono il sistema dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM).

Le istituzioni istituiscono e attivano corsi di formazione – ai quali si accede con il possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado –, nonché corsi di perfezionamento e di specializzazione e rilasciano diplomi accademici di primo e secondo livello, nonché di perfezionamento, di specializzazione e di formazione alla ricerca in campo artistico e musicale.

Il D.L. 180/2008 e i provvedimenti conseguenti

L'art. 3-quinquies del decreto-legge 180/2008 ha disposto che con decreti ministeriali sono determinati (come già avvenuto per i corsi di laurea e di laurea magistrale) i settori artistico disciplinari e gli obiettivi formativi delle Istituzioni AFAM.

Quanto al primo obiettivo, sono intervenuti il D.M. 3.7.2009, n. 89 per le Accademie di Belle Arti, il D.M. 3.7.2009, n. 90 per i Conservatori di musica (modificato e integrato dal D.M. 119/2013), il D.M. 30.9.2009, n. 125 per l' Accademia Nazionale di Danza, il D.M. 30.9.2009, n. 126 per l'Accademia Nazionale di Arte Drammatica, il D.M. 30.9.2009, n. 127 per gli istituti Superiori per le Industrie Artistiche.

Quanto al secondo obiettivo, con riferimento, per ora, agli ordinamenti didattici dei corsi di studio per il conseguimento dei diplomi accademici di primo livello, sono intervenuti il D.M. 30 settembre 2009, n. 123 per le Accademie di Belle Arti, il D.M. 30 settembre 2009, n. 124 per i Conservatori di Musica (modificato e integrato dal D.M.120/2013; per questi ultimi, inoltre, il 5 marzo 2010 il MIUR ha emanato le Linee guida per la formulazione del regolamento didattico dei corsi di diploma accademico di primo livello delle Istituzioni musicali AFAM), il D.M. 3 febbraio 2010, n. 17 per gli Istituti Superiori per le Industrie Artistiche, il D.M. 3 febbraio 2010, n. 22 per l'Accademia Nazionale di Arte Drammatica, il D.M.3 febbbraio 2010, n. 16, integrato dal D.M.25 giugno 2010, n.109, per l'Accademia Nazionale di Danza.

La legge di stabilità 2013 e l'A.C. 4822

L’art. 1, co. 102-107, della legge di stabilità 2013 (L. 228/2012) ha disposto, innanzitutto, un sistema di equipollenze fra i diplomi accademici di primo e di secondo livello rilasciati dalle istituzioni AFAM e, rispettivamente, i diplomi di laurea e di laurea magistrale appartenenti ad alcune classi, al fine esclusivo della partecipazione ai pubblici concorsi. In particolare:

Diploma accademico di I livello

Classe di laurea

  • Accademie di belle arti
  • Accademia nazionale arte drammatica
  • Istituti superiori per le industrie artistiche (ISIA)
  • Conservatori di musica
  • Accademia nazionale di danza
  • Istituti musicali pareggiati

L-3 (Discipline delle arti figurative, della musica, dello spettacolo e della moda)

Diploma accademico di II livello

Classe di laurea magistrale

  • Istituti superiori per le industrie artistiche (ISIA)
  • Accademie di belle arti (scuola di “Progettazione artistica per l’impresa”)

LM-12 (Design)

  • Conservatori di musica
  • Accademia nazionale di danza
  • Istituti musicali pareggiati

LM-45 (Musicologia e beni musicali)

  • Accademia nazionale di arte drammatica
  • Accademie di belle arti – scuole di “Scenografia” e di “Nuove tecnologie dell’arte”

LM-65 (Scienze dello spettacolo e produzione multimediale)

  • Accademie di belle arti (tutte le scuole ad eccezione di: “Progettazione artistica per l’impresa”, “Scenografia” e “Nuove tecnologie dell’arte”)

LM 89 (Storia dell'arte)

 Ha, altresì, disposto:

Sono stati in tal modo ripresi alcuni dei contenuti dell' A.C. 4822, già approvato dal Senato, di cui la VII Commissione della Camera aveva avviato l’esame - non concluso - il 18 gennaio 2012, in abbinamento con altre proposte di legge.

Ulteriori interventi normativi

L’art. 29, co. 21, della L. 240/2010 ha previsto la contemporanea iscrizione a corsi di studio universitari e a corsi di studio presso i conservatori di musica, gli istituti musicali pareggiati e l’Accademia nazionale di danza.
La disciplina applicativa è stata definita con DM 28 settembre 2011.

Nell’ottica di razionalizzare la spesa, la L. di stabilità 2012 (L. 183/2011) ha, tra l'altro: ridotto da 3 a 2 il numero dei revisori dei conti delle istituzioni AFAM e rideterminato il loro trattamento economico (art. 4, co. 71); disposto il blocco degli incrementi economici dei docenti per il triennio 2012-2014 e ridisciplinato le modalità di fruizione dei permessi per attività di studio, ricerca e produzione artistica (art. 4, co. 73-77); disposto che, in caso di esonero del direttore di un’istituzione dall’attività didattica, il posto non è coperto attraverso un supplente (art. 4, comma 80). Su quanto disposto è intervenuta la nota MIUR n. 6372 del 15 novembre 2011.

 Con l'art. 14, co. 2, del D.L. 216/2011 era stata disposta la proroga fino al 31 dicembre 2012 del Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale (CNAM).

Sull’argomento, l' A.C. 4822  prevedeva una nuova disciplina della composizione e delle modalità di designazione e di elezione dei membri del CNAM.

Infine, con DM 8 novembre 2011, sono stati riordinati i corsi biennali di secondo livello ad indirizzo didattico attivati presso i conservatori di musica, gli istituti musicali pareggiati e le accademie di belle arti.

 

Dossier pubblicati

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