Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria - D.L. 98/2011 - A.C. 4509 - Sintesi delle modifiche introdotte al Senato e schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 4509/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 522
Data: 14/07/2011
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2011 0098   FINANZA PUBBLICA
SPESA PUBBLICA     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
Altri riferimenti:
AS N. 2814/XVI     

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni urgenti
per la stabilizzazione finanziaria

D.L. 98/2011 – A.C. 4509

Sintesi delle modifiche introdotte al Senato
e schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 522

Edizione provvisoria

 

 

14 luglio 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Area finanza pubblica

( 066760-9496 * st_finanze@camera.it
( 066760-9932 * st_bilancio@camera.it

Ha collaborato, per le disposizioni sulla copertura finanziaria, la Segreteria della V Commissione Bilancio

 

 

 

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File: D11098.doc

 


INDICE

Sintesi delle modifiche apportate dal Senato..................... 3

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Livellamento remunerativo Italia-Europa)................................... 13

§      Articolo 2 (Auto blu)...................................................................................... 19

§      Articolo 3 (Aerei blu)..................................................................................... 21

§      Articolo 4 (Benefits)...................................................................................... 23

§      Articolo 5 comma 1 (Economie degli organi costituzionali)......................... 25

§      Articolo 5 comma 2 (Riduzione dotazioni di organi di rilievo costituzionale e di organismi amministrativi).............................................................................................. 26

§      Articolo 5, comma 2-bis (Organi collegiali che operano presso il Ministero dell’ambiente)29

§      Articolo 6 (Finanziamento dei partiti politici)................................................. 31

§      Articolo 7 (Election day)............................................................................... 34

§      Articolo 8 (Obblighi di trasparenza per le società a partecipazione pubblica)37

§      Articolo 9 (Fabbisogni standard, spending review e superamento della spesa storica delle Amministrazioni dello Stato)......................................................................... 38

§      Articolo 10, commi 1- 5 (Riduzione delle spese dei Ministeri)..................... 44

§      Articolo 10, comma 6 (Abrogazione dell’articolo 8, comma 5 del decreto legge n. 78/2010 in materia di razionalizzazione e riduzione delle spese per consumi intermedi delle amministrazioni dello Stato)48

§      Articolo 10, comma 7 (Definanziamento delle leggi di spesa non utilizzate nell’ultimo triennio)    49

§      Articolo 10, commi 8-10 (Disposizioni sui residui: riduzione del termine di perenzione, procedura di ricognizione e abrogazione delle norme sulla conservazione dei residui di stanziamento)51

§      Articolo 10, commi 11-13 (Disposizioni in materia di impegni )................... 56

§      Articolo 10, commi 14 e 15 (Flessibilità di bilancio)..................................... 59

§      Articolo 10, comma 16 (Modifica del termine per la ricognizione delle amministrazioni del conto della P.A. effettuata dall’Istat)................................................................................ 62

§      Articolo 10, comma 17 e 18 (Estinzione di crediti maturati nei confronti dei Ministeri)   63

§      Articolo 10, comma 19 (Elenco dei rappresentanti del MEF nei collegi di revisione delle amministrazioni pubbliche)........................................................................... 66

§      Articolo 10, comma 20 (Limiti per amministrazioni pubbliche a spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre)........................................................................................ 68

§      Articolo 10, comma 21 (Titoli sequestrati)................................................... 70

§      Articolo 11 (Interventi per la razionalizzazione dei processi di approvvigionamento di beni e servizi della Pubblica Amministrazione).................................................................. 71

§      Articolo 12 (Acquisto, vendita, manutenzione e censimento di immobili pubblici)77

§      Articolo 13, comma 1 (Riduzione del Fondo “deposito dormienti”).............. 81

§      Articolo 13, comma 2 (Riduzione fondo di finanziamento degli interventi urgenti e indifferibili)     82

§      Articolo 13, comma 3 (Riduzione fondo strategico per il paese a sostegno  dell’economia reale)    83

§      Articolo 14, commi 1-5 (Commissione di vigilanza sui fondi pensione - COVIP)  84

§      Articolo 14, commi 6-14 (Istituto Luce - Cinecittà)....................................... 87

§      Articolo 14, comma 15 (Norma interpretativa soppressione enti D.L. 78 del 2010, art. 7, co. 20)    92

§      Articolo 14, comma 16 (Comitato Sir).......................................................... 95

§      Articolo 14, commi 17-27 (ICE).................................................................... 97

§      Articolo 14, commi 28 e 29 (UNIRE)......................................................... 101

§      Articolo 15 (Liquidazione degli enti dissestati e misure di  razionalizzazione dell’attività dei commissari straordinari)................................................................................................ 102

§      Articolo 16 (Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico).... 106

§      Articolo 17 (Razionalizzazione della spesa sanitaria)................................ 119

§      Articolo 18 (Interventi in materia previdenziale)......................................... 125

§      Articolo 19, commi 1-3 (Sistema nazionale di valutazione della scuola)... 142

§      Articolo 19, commi 4 e 5 (Autonomia scolastica e dirigenza).................... 146

§      Articolo 19, comma 6 (Esonero e semiesonero dalle attività didattiche).. 148

§      Articolo 19, commi 7-11 (Dotazioni organiche del personale scolastico).. 149

§      Articolo 19, commi 12-15 (Docenti inidonei all’insegnamento).................. 154


§      Articolo 19, comma 16 (Raccordo fra Istruzione e formazione professionale e secondo ciclo di istruzione)................................................................................................... 155

§      Articolo 20 (Nuovo patto di stabilità interno: parametri di virtuosità).......... 156

§      Articolo 21, comma 1 (Controllo del territorio)........................................... 168

§      Articolo 21, commi 2 e 3 (Trasporto pubblico locale)................................ 170

§      Articolo 21, comma 4, lettera a) (Sovrapprezzo al canone per il trasporto passeggeri sulle linee ad alta velocità)............................................................................................... 172

§      Articolo 21, comma 4, lett. b) (Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari)174

§      Articolo 21, comma 5 (Gestioni commissariali governative ferroviarie)... 176

§      Articolo 21, comma 6 (Partecipazione a banche e fondi internazionali).... 177

§      Articolo 21, comma 7 (Riduzione Fondo esigenze urgenti e indifferibili)... 179

§      Articolo 21, comma 8 (Accordi internazionali con oneri finanziari)............ 180

§      Articolo 21, comma 9 (Flotta aerea protezione civile. Riduzione 8 per mille)181

§      Articolo 21, comma 10 (Ulteriore voce Fondo spese urgenti e indifferibili)183

§      Articolo 21, comma 11 (Crediti da gestioni di ammasso obbligatorio prodotti agricoli)   184

§      Articolo 22 (Conto di disponibilità).............................................................. 185

§      Articolo 23, commi 1-4 (Ritenuta su interessi prestiti obbligazionari a soggetti non residenti)188

§      Articolo 23, commi 5 e 6 (Maggiori entrate per riduzione trasferimenti per incremento IRAP società concessionarie, banche e assicurazioni)................................................... 190

§      Articolo 23, comma 7 (Maggiori entrate per incremento imposta di bollo sui conti di deposito titoli)192

§      Articolo 23, comma 8 (Riduzione aliquota ritenuta d’acconto su pagamenti  spese di ristrutturazione e altri oneri detraibili)...................................................................................... 194

§      Articolo 23, comma 9 (Riduzione della quota deducibile in ciascun anno  delle perdite fiscali pregresse).................................................................................................. 195

§      Articolo 23, commi 10 e 11 (Limite alla deducibilità degli accantonamenti per i concessionari di autostrade e trafori).................................................................................... 197

§      Articolo 23, commi 12-15 (Imposta sostitutiva per il riallineamento dei valori fiscali e civilistici avviamento e altre attività immateriali)...................................................... 198

§      Articolo 23, comma 16 (Disapplicazione delle sanzioni erogate ai soggetti tenuti alla restituzione di agevolazioni fiscali indebitamente fruite).................................................... 201

§      Articolo 23, commi 17-20 (Eliminazione obbligo di prestazione di garanzia per fruire  della rateazione del pagamento dei debiti tributari).............................................................. 203

§      Articolo 23, comma 21 (Addizionale erariale bollo per autoveicoli con potenza fiscale superiore a 225 kw).............................................................................................................. 205

§      Articolo 23, commi 22 e 23 (Partite IVA inattive)....................................... 206

§      Articolo 23, commi 24-27 (Razionalizzazione e potenziamento delle indagini finanziarie)   207

§      Articolo 23, comma 28 (Studi di settore).................................................... 210

§      Articolo 23, comma 29 (Razionalizzazione dei procedimenti di irrogazione delle sanzioni)212

§      Articolo 23, comma 30 (Differimento della data di inizio dell’applicazione della norma in tema di concentrazione della riscossione nell’accertamento)................................ 213

§      Articolo 23, comma 31 (Riduzione delle sanzioni per brevi ritardi negli adempimenti connessi ai versamenti dei tributi non assistiti da garanzia)......................................... 214

§      Articolo 23, commi 32 e 33 (Rimborsi spese ai concessionari per procedure esecutive.)215

§      Articolo 23, comma 34 (Proroga termini inesigibilità)................................ 217

§      Articolo 23, commi 35 e 36 (Norma in materia di gestione dei crediti di giustizia  da parte di Equitalia Giustizia S.p.A.).......................................................................................... 219

§      Articolo 23, commi 37-40 (Crediti privilegiati per tributi diretti dello Stato). 220

§      Articolo 23, comma 41 (Spesometro - Obbligo di comunicazione all'agenzia delle entrate  da parte degli istituti finanziari emittenti di carte di credito delle operazioni rilevanti ai fini IVA)    224

§      Articolo 23, comma 42 (Noleggio autoveicoli)........................................... 225

§      Articolo 23, comma 43 (Imprenditori agricoli in crisi)................................. 226

§      Articolo 23, commi 44 e 45 (Sospensioni versamenti tributi e contributivi e zona franca urbana a Lampedusa)............................................................................................... 227

§      Articolo 23, comma 46 (Nuova finalità 5 per mille (beni paesaggistici)).... 229

§      Articolo 23, comma 47 (Regime fiscale ammortamento beni materiali e immateriali)   231


§      Articolo 23, commi 48-50 (Indicazione codice fiscale in atti di organi giurisdizionali)233

§      Articolo 23, commi 50-bis e 50-ter (Regime fiscale di bonus e stock options percepiti dagli operatori del settore finanziario)................................................................................ 234

§      Articolo 23, comma 50-quater (Aliquote di accisa su benzina e gasolio).. 236

§      Articolo 24, commi 1-7 (Liquidazione automatica dell’imposta unica sulle scommesse e sui giochi a distanza)..................................................................................................... 237

§      Articolo 24, commi 8-16 (Competenze in materia di giochi)...................... 239

§      Articolo 24, commi 17 e 18 (Determinazione del prelievo unico erariale). 241

§      Articolo 24, commi 19-23 (Divieto di gioco per minori).............................. 242

§      Articolo 24, commi 24-27 (Requisiti per le società partecipanti a gare nel settore dei giochi)244

§      Articolo 24, commi 28 (Titolarità o conduzione di esercizi con offerta di giochi)    245

§      Articolo 24, commi 29-31 (Obblighi di segnalazioni per operatori finanziari)246

§      Articolo 24, commi 32 (Destinazione del 3% spese pubblicità giochi  al finanziamento della carta acquisti)...................................................................................................... 247

§      Articolo 24, commi 33 (Bingo a distanza).................................................. 248

§      Articolo 24, commi 34 (Tornei non a distanza di poker sportivo).............. 249

§      Articolo 24, commi 35 e 36 (Nuovo affidamento in concessione di videoterminali VLT)     250

§      Articolo 24, commi 37 e 38 (Assegnazione di concessioni per l’esercizio di giochi e scommesse su base ippica e sportiva)............................................................................... 251

§      Articolo 24, commi 39 e 40 (Introduzione di forme innovative per il gioco del Lotto e dell’Enalotto)  252

§      Articolo 24, commi 41 (Incremento del contributo annuale di iscrizione all’elenco degli operatori degli apparecchi da gioco).................................................................................. 253

§      Articolo 24, commi 42 (Rivendite ordinarie e speciali di generi di monopolio)254

§      Articolo 25 (Misure in materia di razionalizzazione dello spettro radioelettrico)     255

§      Articolo 26 (Contrattazione aziendale)........................................................ 259

§      Articolo 27 (Regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità)262

§      Articolo 28 (Razionalizzazione della rete distributiva dei carburanti)......... 265

§      Articolo 29, comma 1 (Liberalizzazione del collocamento)........................ 270

§      Articolo 29, commi 1-bis e 2-4 (Liberalizzazione dei servizi e delle attività economiche)    272

§      Articolo 29, comma 1-ter (Programma di dismissione di partecipazioni pubbliche)  273

§      Articolo 30 (Finanziamento della banda larga)........................................... 275

§      Articolo 31 (Interventi per favorire l’afflusso di capitale di rischio  verso le nuove imprese)    277

§      Articolo 32, comma 1 (Fondo infrastrutture ferroviarie e stradali)............. 279

§      Articolo 32, commi 2-7 (Opere del Programma infrastrutture strategiche)281

§      Articolo 32, comma 8 (Potenziamento sistema informativo MIT)............. 284

§      Articolo 32, comma 9 (Servizio intermodale Autostrada Ferroviaria Alpina)285

§      Articolo 32, commi 10 e 11 (Copertura oneri commi 8 e 9)....................... 286

§      Articolo 32, comma 12 (Interpretazione in merito all’applicazione del codice degli appalti ad associazioni e fondazioni).......................................................................... 287

§      Articolo 32, commi 13-15 (Sessione della Conferenza Stato-regioni per la coesione territoriale)     289

§      Articolo 32, comma 16 (Utilizzo del Fondo infrastrutture stradali e ferroviarie per interventi a favore dei beni culturali)......................................................................................... 291

§      Articolo 32, commi 17 e 18 (Expo 2015).................................................... 293

§      Articolo 33 (Disposizioni in materia di valorizzazione del patrimonio immobiliare)     295

§      Articolo 34 (Modifiche al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001,n. 327)............................................................................................................. 300

§      Articolo 35, commi 1-3 (Salvaguardia delle risorse ittiche)....................... 304

§      Articolo 35, commi 4 e 5 (Semplificazioni in materia di impianti di telecomunicazioni)   305

§      Articolo 35, commi 6 e 7 (Regime sperimentale di apertura e chiusura per gli esercizi commerciali nelle località turistiche e città d’arte)........................................................... 307

§      Articolo 35, commi 8 e 9 (Riconversione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati ad olio combustibile).............................................................................................. 309

§      Articolo 36, commi 1-10 (Disposizioni in materia di riordino dell’ANAS S.p.A.)     310


§      Articolo 36, comma 10-bis (Sanzioni in materia di pubblicità lungo le strade)314

§      Articolo 37, commi 1-5 (Programma per la gestione dei procedimenti civili, amministrativi etributari e formazione presso gli uffici giudiziari)........................................................ 315

§      Articolo 37, commi 6-19 (Spese di giustizia).............................................. 316

§      Articolo 37, comma 20 (Revisione contabile)............................................ 324

§      Articolo 37, comma 21 (Sedi disagiate)..................................................... 325

§      Articolo 38 (Disposizioni in materia di contenzioso previdenziale e assistenziale)     326

§      Articolo 39 (Disposizioni in materia di riordino della giustizia tributaria)..... 330

§      Articolo 40 (Disposizioni finanziarie)........................................................... 335

 


Sintesi delle modifiche apportate dal Senato


LE MODIFICHE APPORTATE DAL SENATO

Quadro di sintesi

Nel corso dell’esame al Senato sono state apportate alcune modificazioni al decreto legge in oggetto di cui si fornisce di seguito una sintetica rassegna.

(Livellamento remunerativo Italia-Europa)

All’articolo 1 è stato specificato il trattamento economico di titolari di cariche elettive e i vertici di enti e istituzioni non può superare la media, ponderata rispetto al PIL, degli analoghi trattamenti economici percepiti dai titolari di omologhe cariche negli altri sei principali Stati dell'area euro. Nella formulazione originaria il riferimento è alla media tra tutti gli Stati dell’area euro e senza alcun richiamo a criteri di ponderazione.

(Benefits)

L'articolo 4 pone il divieto di attribuire una serie di benefici ai titolari di incarichi o cariche pubbliche, elettive o conseguite per nomina, dopo la cessazione dall’ufficio. In base alla modifica introdotta dal Senato, la limitazione dei benefici per i Presidenti delle Camere e della Corte costituzionale riguarda non i benefici riconosciuti, ma quelli che vengono riconosciuti.

(Norma di interpretazione autentica)

Il comma 2-bis dell’articolo 5, inserito durante l’esame al Senato, reca una norma di interpretazione autentica che esclude la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale – VIA e VAS e la Commissione istruttoria per l’autorizzazione integrata ambientale – IPPC dall’ambito di applicazione di alcune disposizioni di carattere generale riguardanti gli organi collegali introdotte dal decreto-legge 112/2008 e dal decreto-legge 223/2006, quali i limiti alla proroga, la valutazione di perdurante utilità, il limite della durata biennale con proroga legata ad obiettivi di risparmio.

(Trattamento malattia personale del comparto sicurezza e difesa)

Al comma 1 dell’articolo 16, ove si prevede, tra le ulteriori possibili misure di risparmio e razionalizzazione della spesa delle pubbliche amministrazioni, l’estensione al personale del comparto sicurezza e difesa (con eccezione di quello impegnato in attività operative o missioni), delle disposizioni di cui all'articolo 71 del D.L. 112/2008, che hanno introdotto forme di penalizzazione economica per le assenze per malattia nella P.A., è stato precisato che resta comunque ferma la norma (articolo 71, comma 1-bis) che per tali categorie di personale ha stabilito che con non viene comunque mai meno il trattamento accessorio.

(Razionalizzazione spesa sanitaria)

Le modifiche apportate all’articolo 17, comma 6, riducono a 105 milioni di euro - dai 486,5 inizialmente previsti – l’incremento del livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale per il 2011 a cui concorre ordinariamente lo Stato. Viene infatti anticipata alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, la ripresa dell’efficacia delle disposizioni che prevedono la quota di partecipazione di 10 euro, a carico dei cittadini non esenti, per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale.

(Interventi in materia previdenziale)

L’articolo 18 è stato ampiamente modificato e integrato al Senato.

Per quanto concerne la rivalutazione dei trattamenti pensionistici, è stato previsto che essa operi, per il biennio 2001-2013, esclusivamente con riferimento ai trattamenti di importo superiore a 5 volte il trattamento minimo INPS. Per tali trattamenti la rivalutazione opera nella misura del 70% per la sola fascia di importo inferiore a 3 volte il trattamento minimo (comma 3) .

Nel testo originario del decreto-legge era previsto che,per il medesimo biennio, l'indice di rivalutazione dei trattamenti pensionistici non si applicasse in alcuna misura per la fascia di importo dei trattamenti superiore a cinque volte il trattamento minimo INPS e si applicasse nella misura del 45% per la fascia di importo dei trattamenti compresa tra tre e cinque volte il predetto trattamento minimo.

Per quanto riguarda l’adeguamento dei requisiti pensionistici all’incremento della speranza di vita rilevata dall’ISTAT, è stato disposto l’anticipo del primo adeguamento al 1° gennaio 2013 (comma 4).

Nel testo originario del decreto-legge l’anticipo era fissato al 1° gennaio 2014, mentre nella normativa previgente il primo adeguamento era previsto per 1° gennaio 2015.

Il nuovo comma 22-bis ha introdotto un contributo di perequazione, applicabile dal 1° agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, sui trattamenti pensionistici più elevati corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, pari al 5% per gli importi che superino i 90.000 euro lordi annui e fino a 150.000 euro, e del 10% per la parte eccedente i 150.000 euro.

I nuovi commi 22-ter, 22-quater e 22-quinquies prevedono un posticipo delle decorrenze del pensionamento di anzianità, pari a 1 mese per coloro che maturano i requisiti nel 2012, a 2 mesi per coloro che maturano i requisiti nel 2013 e a 3 mesi per coloro che maturano i requisiti a decorrere dal 2014; le decorrenze previgenti continuano tuttavia ad applicarsi a un contingente di 5.000 lavoratori che si trovino in particolari condizioni.

(Patto di stabilità)

Le modifiche apportate dal Senato all’articolo 20, recante disposizioni in materia di patto di stabilità, riguardano principalmente i parametri di virtuosità da applicare a regioni ed enti locali ai fini della redistribuzione degli obiettivi del patto fra le singole amministrazioni e il taglio – per gli enti locali - dei rimborsi e delle compensazioni relativi alle imposte.

Nello specifico le modifiche riguardano le seguenti disposizioni:

§      al comma 1, è soppresso l'automatismo dell'esclusione dal 'patto concordato' delle regioni che nel triennio precedente non abbiano rispettato il patto o siano sottoposte al piano di rientro dal deficit sanitario;

§      al comma 2 viene modificato l'elenco dei parametri di virtuosità e vengono inseriti due ulteriori disposizioni. Il comma 2-bis introduce tra i parametri di virtuosità, indicatori quantitativi e qualitativi relativi agli output dei servizi resi (in relazione all'esercizio delle funzioni soggette a livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali); il comma 2-ter introduce, ai fini della valutazione dei parametri, la nozione di un coefficiente di correzione connesso alla dinamica di miglioramento conseguito dalle singole amministrazioni (da individuare con lo stesso decreto che dovrà ripartire tra gli enti l'ammontare del concorso agli obiettivi di finanza pubblica);

§      il comma 2-quater determina parametri demografici minimi per i comuni al fine dell'esercizio associato delle funzioni fondamentali;

§      al comma 3 è anticipato al 2012, per le sole province, il termine di decorrenza dell’esclusione degli enti appartenenti alla prima classe di virtuosità dal concorso agli obiettivi di finanza pubblica; il contributo degli enti appartenenti alla prima classe è, inoltre, ridotto di 200 milioni di euro (è soppresso il carattere facoltativo della riduzione, disposta dalla stesura iniziale del testo).

§      il comma 17-bis dispone il taglio dei rimborsi e delle compensazioni relativi alle imposte degli enti locali, a compensazione della soppressione del taglio dei trasferimenti agli enti locali (disposto dai commi 6-8 che vengono ora soppressi).

(Sovraprezzo canone trasporto alta velocità)

L’articolo 21, comma 4, lett. a), introduce un sovrapprezzo al canone per il trasporto di passeggeri sulle linee ad alta velocità. La determinazione del sovrapprezzo dovrà essere effettuata in conformità al diritto comunitario. Nel corso dell’esame da parte del Senato è stato specificato che si dovrà tenere conto in particolare della direttiva 2007/58/CE, finalizzata a favorire l’apertura del mercato dei servizi ferroviari passeggeri all’interno della Comunità.

(Disposizioni in materia di IRAP)

I commi 5 e 6 dell'articolo 23, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 6 luglio 2011 incrementano l'aliquota IRAP applicata nei confronti di alcuni soggetti passivi:

§       per le banche e gli altri enti e società finanziari, l’aliquota è aumentata al 4,65 per cento (+0,75 per cento rispetto a quella ordinaria);

§       per i soggetti operanti nel settore assicurativo l’aliquota viene portata al 5,90 per cento (+2 per cento rispetto a quella ordinaria);

§       con le modifiche operate durante l’esame alSenato, l’aliquota è aumentata al 4,20 per cento (+0,30 per cento rispetto all’aliquota ordinaria, pari al 3,9 per cento) anche nei confronti delle società esercenti attività in concessione, purché diverse da quelle di costruzione e gestione di autostrade e trafori.

(Imposta di bollo deposito titoli)

Il comma 7 dell'articolo 23 incremental’ammontare dell'imposta di bollo sulle comunicazioni relative ai depositi di titoli inviati dagli intermediari finanziari.

Nella formulazione originaria della norma, tale imposta era portata a 120 euro l'anno sino al 2012; dal 2013 era incrementata a 150 euro l'anno per i depositi inferiori a 50 mila euro e a 380 euro per i depositi con valore superiore a 50 mila euro.

La lettera b) del comma 7, oggetto di novella, sottopone le comunicazioni relative ai depositi di titoli a imposta di bollo secondo le seguenti modalità:

-       per i depositi di titoli il cui complessivo valore nominale o di rimborso presso ciascuna banca sia inferiore a cinquantamila euro, dal 2011 per ogni esemplare di comunicazione inviato con periodicità annuale l’imposta è aumentata ammonterà a 34,20 euro (ossia 17,1 euro per quelle con periodicità semestrale, 8,55 euro con periodicità trimestrale e 2,85 euro con periodicità mensile); rispetto alla formulazione previgente della norma, per i depositi di tali entità non è previsto un ulteriore incremento dell’imposta nel tempo;

-       per le comunicazioni relative a depositi di ammontare pari o superiore alla predetta soglia di 50.000 euro, le norme dispongono un graduale aumento dell’imposta nel tempo, variabile secondo l’entità dei depositi.

(Deducibilità accantonamenti imprese concessionarie)

I commi 10 e 11 dell'articolo 23, limitano all’1 per cento - in luogo del 5 per cento previgente- la deducibilità degli accantonamenti per spese di ripristino o di sostituzione dei beni gratuitamente devolvibili e per spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, nei confronti delle imprese concessionarie di costruzione e gestione di autostrade e trafori.

(Gestione crediti Equitalia Giustizia)

Il comma 35 dell'articolo 23 attribuisce a Equitalia Giustizia S.p.A. anche la gestione dei crediti relativi alle spese di giustizia riguardanti provvedimenti divenuti definitivi prima del 1° gennaio 2008 o il mantenimento in carcere per condanne per cui sia cessata l’espiazione in istituto prima del 1° gennaio 2008. Sono poi definite le modalità di gestione, da parte dell’ente stesso, dell’attività di recupero dei crediti di giustizia, prevedendo in particolare che i dipendenti della predetta società possano essere delegati a firmare i ruoli da questa formati.

 

Il comma 36 abroga conseguentemente le disposizioni della legge finanziaria 2010, che disciplinano la gestione dei predetti crediti e fanno salve le disposizioni del testo unico sulle spese di giustizia relative alla natura del credito.

A seguito di una modifica apportata al Senato:

§      viene mantenuta la destinazione delle entrate - prevista dalla medesima legge finanziaria 2010 - ad un piano straordinario per lo smaltimento dei processi civili e al potenziamento dei servizi istituzionali dell’amministrazione giudiziaria, con particolare riferimento all’assunzione di personale del Corpo di polizia penitenziaria, previa verifica della compatibilità finanziaria;

§      viene specificato che la predetta assunzione avviene nei limiti delle risorse derivanti da alcune disposizioni in materia di spese di giustizia.

(Regime fiscale stock options e bonus)

I commi 50-bis e 50-ter dell’articolo 23, modificano la disciplina fiscale delle cd. stock options e dei bonus corrisposti a dirigenti e collaboratori di imprese operanti nel settore finanziario, mediante l’aumento della quota di reddito imponibile colpita dall’addizionale nella misura del 10 per cento: per i compensi percepiti dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, essa si applicherà sull’ammontare che eccede la parte fissa della retribuzione (in luogo dell’ammontare che eccede il triplo della parte fissa della retribuzione).

(Aliquote di accisa sui carburanti)

Il comma 50-quater dell’articolo 23, conferma dal 1° gennaio 2012 gli aumenti delle aliquote di accisa sui carburanti disposte dalla determinazione del Direttore dell’Agenzia delle Dogane n. 77579 del2011: nel dettaglio tale determinazione fissa dal 1° luglio 2011 l’aliquota di accisa sulla benzina a 613, 20 euro per mille litri e quella sul gasolio a 472,20 euro per mille litri.

(Regime fiscale contribuenti minimi)

L'articolo 27 prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, il regime fiscale semplificato per i cosiddetti contribuenti minimi si applica, per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro successivi, esclusivamente alle persone fisiche che intraprendono un’attività d’impresa, arte o professione o che l’abbiano intrapresa dopo il 31 dicembre 2007. Pertanto la platea dei beneficiari del c.d. “forfettone” (una tassazione forfettaria del 20 per cento per i titolari di partite Iva e i lavoratori autonomi che a fine anno incassano meno di 30 mila euro) è ridotta a coloro i quali hanno iniziato l'attività negli ultimi tre anni e mezzo o vorranno iniziarla adesso. Contestualmente l’imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali viene ridotta al 5 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2012.

Con una norma introdotta nel corso dell’esame al Senato è previsto che il suddetto regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile si applica anche oltre il quarto periodo d’imposta successivo a quello di inizio dell’attività, ma non oltre il periodo d’imposta di compimento del trentacinquesimo anno d’età.

(Liberalizzazione servizi e attività economiche)

Il comma 1-bisdell’articolo 29, introdotto dal Senato, prevede che il Governo, sentita l’Alta Commissione di cui al comma 2, elaborerà proposte di riforma in materia di liberalizzazione dei servizi e delle attività economiche da presentare alle categorie interessate. In ogni caso, decorso il termine di 8 mesi dalla conversione del D.L. in esame, tali servizi e attività economiche si intenderanno liberalizzati, salvo quanto espressamente regolamentato con apposite norme. Questa liberalizzazione non si applica alle categorie implicitamente menzionate dall’art. 33, comma 5, della Costituzione, che fa riferimento alle professioni per le quali è prescritto un esame di Stato abilitante all’esercizio professionale.

(Dismissioni partecipazioni azionarie)

Il nuovo comma 1-ter dell’articolo 29 prevede l’approvazione, entro il 31 dicembre 2013, da parte del Ministro dell’economia e finanze, previo parere del Comitato di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni, su conforme deliberazione del Consiglio del Ministri, di uno o più programmi di dismissione di partecipazioni azionarie dello Stato e di enti pubblici non territoriali.

(Concessioni autostradali)

Al comma 2, lettera b), numero 3 dell’articolo 36 si prevede che l’Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali, nell’esercizio delle funzioni in qualità di amministrazione concedente di autostrade, possa procedere alla selezione dei concessionari autostradali e alla relativa aggiudicazione, o in alternativa all’affidamento diretto ad Anas s.p.a. delle concessioni, in scadenza o revocate, per la gestione di autostrade, nonché delle concessioni per la costruzione e gestione di nuove autostrade.

(Sanzioni amministrative pubblicità stradali)

Il nuovo comma 10-bis dell’articolo 36 aumenta la sanzione amministrativa pecuniaria per la mancata osservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione alla collocazione di mezzi pubblicitari lungo le strade. Si prevede inoltre la responsabilità solidale del soggetto pubblicizzato con il contravventore.

(Soglia esenzione contributo unificato controversie di lavoro)

Con una modifica al comma 6, lettera b), numero 2, dell’articolo 37, è stata ampliata l’area dell’esenzione dal contributo unificato per le controversie in materia di lavoro: il pagamento del contributo è dovuto dalle parti titolari di un reddito IRPEF pari a tre volte il reddito massimo richiesto per l’accesso al gratuito patrocinio, ovvero almeno 31.884,48 euro (il testo del decreto legge richiedeva invece un reddito di almeno 21.256,32 euro).

(Disposizioni in materia di contenzioso previdenziale e assistenziale)

Con una modifica al comma 1, lett. b), numero 1), dell’articolo 38 è stato individuato nel tribunale del circondario di residenza dell’attore (rispetto all’atecnica definizione “tribunale del capoluogo di provincia…”, del testo vigente), il giudice competente a ricevere il ricorso per richiedere l’accertamento tecnico preventivo volto alla verifica delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa giudiziale.

Una seconda modifica ha soppresso il comma 8 (comma 7 nel testo originario dell’art. 38, anteriore alla rinumerazione ad opera del maxiemendamento) che interveniva sull’articolo 10, comma 6-bis, del D.L. 203/2005 in materia di assistenza del medico legale dell'INPS.

(Disposizioni in materia di giustizia tributaria)

Nel corso dell’esame al Senato, l’articolo 39 è stato modificato nel senso di prevedere, ai fini della determinazione delle cause di incompatibilità dei giudici tributari, che i per coniugi, conviventi o parenti fino al terzo grado o gli affini in primo grado sussistano contemporaneamente le due condizioni - prima alternative - di iscrizione in albi professionali ed esercizio delle attività individuate nella lettera i) nella regione e nelle province confinanti con la predetta regione dove ha sede la commissione tributaria provinciale ovvero nella regione dove ha sede la commissione tributaria regionale o nelle regioni con essa confinanti. E’ inoltre stabilito che all’accertamento della sussistenza delle cause di incompatibilità provvede il Consiglio di Presidenza.

(Disposizioni finanziarie)

L’articolo 40, recante disposizioni finanziarie, è stato modificato, prevedendo, al comma 1, l’incremento della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica sia pari, per l’anno 2012, a 2.850 milioni di euro (in luogo dei 5850 milioni originariamente previsti).

Il nuovo comma 1-bis, prevede che gli accantonamenti disposti, prima della data di entrata in vigore del decreto, ai sensi del terzo periodo dall’articolo 1, comma 13, terzo periodo, della legge di stabilità per il 2011, in relazione all'assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze radioelettriche, siano resi definitivi con le modalità previste nella medesima disposizione. Le entrate derivanti dall’assegnazione delle frequenze, stimate dalla legge di stabilità in misura non inferiore a 2.400 milioni di euro, sono conseguentemente destinate al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.

Il nuovo comma 1-terdispone la riduzionedel 5 per cento per l’anno 2013 e del 20 per cento a decorrere dall’anno 2014 dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale di cui all’allegato C-bis. Per i casi nei quali tale riduzione non sia suscettibile di diretta ed immediata applicazione, con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabilite le modalità tecniche per l’attuazione con riferimento ai singoli regimi interessati.

Il nuovo comma 1-quater prevede che tale disposizione non si applichi qualora entro il 30 settembre 2013 siano adottati provvedimenti legislativi in materia di riordino della spesa fiscale e assistenziale, tali da determinare effetti positivi, ai fini dell’indebitamento netto, non inferiori a 4.000 milioni di euro per l’anno 2013 ed a 20.000 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2014.

Le modifiche apportate al comma 2 rimodulano taluni importi riferiti all’anno 2012 relativi alla copertura delle minori entrate e delle maggiori spese derivanti da specifici articoli del decreto-legge in esame.


Schede di lettura

 


 

Articolo 1
(Livellamento remunerativo Italia-Europa)

 

 

L'articolo 1, modificato nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, prescrive che il trattamento economico di titolari di cariche elettive e i vertici di enti e istituzioni non può superare la media, ponderata rispetto al PIL, degli analoghi trattamenti economici percepiti dai titolari di omologhe cariche negli altri sei principali Stati dell'area euro.

 

Nella formulazione originaria del decreto-legge, la norma fissa il tetto massimo del trattamento economico di titolari di cariche elettive o di incarichi di vertice alla media dei trattamenti economici di tutti gli Stati dell’area euro, mentre l’emendamento approvato al Senato restringe il confronto ai sei “principali” Paesi che adottano la moneta unica e introduce il criterio della ponderazione rispetto al prodotto interno lordo.

 

Il comma 1, primo periodo, stabilisce che il trattamento economico omnicomprensivo annualmente corrisposto ai titolari di cariche elettive ed incarichi di vertice o quali componenti degli organismi, enti e istituzioni, anche collegiali, elencati nell’allegato A del decreto, non può superare la media degli analoghi trattamenti economici percepiti annualmente dai titolari di omologhe cariche e incarichi negli altri sei principali Stati dell’Area Euro.

La definizione di Stati principali è presumibilmente da intendersi riferita agli Stati con maggior numero di abitanti.

 

L'euro costituisce valuta ufficiale per Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Spagna.

Secondo i dati Eurostat, tra questi i più popolosi, esclusa l’Italia, sono: Francia, Germania, Spagna, Paesi Bassi, Grecia e Belgio[1].

 

A differenza del successivo comma 2, il comma 1 non contiene la definizione del trattamento economico omnicomprensivo.

 

L'Allegato A di cui al decreto in commento comprende:

-        Senato della Repubblica;

-        Camera dei Deputati;

-        Corte Costituzionale;

Per quanto riguarda il trattamento economico dei giudici della Corte costituzionale, si ricorda che la legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, dispone, all'art. 6, che "I giudici della Corte costituzionale hanno una retribuzione mensile che non può essere inferiore a quella del più alto magistrato della giurisdizione ordinaria ed è determinata con legge." La materia è disciplinata dall'art. 12 della legge 11 marzo 1953, n. 87[2].

Alla luce della richiamata legge costituzionale n. 1 del 1953, sembra che l'applicazione del meccanismo disegnato nel comma stesso potrebbe condurre (ove la media individuata ai sensi del comma 1 fosse inferiore alla retribuzione mensile del più alto magistrato della giurisdizione ordinaria) ad esiti confliggenti con quanto disposto dalla legge costituzionale stessa.

-        organi di autogoverno della magistratura ordinaria, amministrativa, contabile, tributaria e militare;

-        Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL);

-        autorità amministrative indipendenti, di cui all’elenco ISTAT[3] previsto dall’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196[4], compresa l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ed esclusa la Banca d’Italia.

L'elenco ISTAT a cui l’Allegato A fa rinvio già ricomprende l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ed esclude la Banca d'Italia.

In merito all’esclusione di quest’ultima, si segnala che la natura di autorità indipendente della Banca d’Italia, discussa in passato, sembra potersi ritenere assodata in virtù del nuovo statuto di questa (DPR 12 dicembre 2006) che, all’art. 1, afferma testualmente come nell'esercizio delle proprie funzioni, la Banca d'Italia e i componenti dei suoi organi operino con autonomia e indipendenza nel rispetto del principio di trasparenza, e non possano sollecitare o accettare istruzioni da altri soggetti pubblici e privati, alla stregua dei componenti delle authorities.

-        Commissione Nazionale per la Società e Borsa – CONSOB;

-        Presidenti delle Regioni e delle Province; sindaci; consiglieri regionali, provinciali e comunali;

-        Agenzia italiana del farmaco;

-        Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie;

-        Agenzia nazionale per la sicurezza del volo – ANSV;

-        Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali – AGE.NA.S;

-        Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione;

-        Agenzia per le erogazioni in agricoltura – AGEA;

-        Agenzia nazionale per la rappresentanza negoziale P.A. - ARAN;

-        DIgitPA;

-        Agenzia nazionale per il turismo;

-        Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata;

-        Agenzia per la sicurezza nucleare;

-        Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale;

-        Agenzia nazionale di vigilanza sulle risorse idriche;

-        Commissione indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l' Integrità delle amministrazioni pubbliche.

La disposizione in esame si applica dunque, fra gli altri, agli organi costituzionali Senato della Repubblica, Camera dei Deputati e Corte Costituzionale, ad eccezione della Presidenza della Repubblica, non menzionata nell'Allegato A, e a tutte le Autorità indipendenti, con espressa esclusione della Banca d'Italia.

 

Il comma 1, secondo periodo, stabilisce per i componenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, fermo il principio costituzionale di autonomia delle Camere, che il costo relativo al trattamento economico omnicomprensivo annualmente corrisposto in funzione della carica ricoperta non può superare la media del costo relativo ai componenti dei Parlamenti nazionali.

 

Si ricorda che l'art. 69 della Costituzione prevede che i membri del Parlamento ricevano un'indennità fissata dalla legge; la legge 31 ottobre 1965, n. 1261[5] - che determina l'indennità in attuazione di tale articolo - individua un tetto massimo, parametrato al trattamento dei magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione, demandando poi agli Uffici di Presidenza delle due Camere la concreta determinazione dell'indennità entro quel limite (un meccanismo che trova applicazione anche per la determinazione della diaria). Si ricorda altresì che gli Uffici di Presidenza delle Camere disciplinano, con autonome deliberazioni, adottate ai sensi dei rispettivi Regolamenti, istituti aventi effetti economici, che potrebbero essere ricompresi nella nozione di “trattamento economico onnicomprensivo”.

Si constata che il trattamento economico omnicomprensivo annualmente corrisposto per i componenti della Camera e del Senato è oggetto di previsione finalizzata alla parametrazione sia nel comma 1 (che richiama l’Allegato A in cui sono espressamente citate entrambe le Camere) che nel comma 2 nel quale il riferimento ai Parlamenti nazionali non è accompagnato dalla specificazione dell’appartenenza a Stati dell’Area Euro. Inoltre, solo il comma 2 reca il richiamo al principio costituzionale dell’autonomia delle Camere del quale occorre valutare l’effettivo rispetto, posto che in entrambi i commi non sono richiamate le autonome deliberazioni di tali organi, menzionate invece dal successivo art. 5 con riferimento alle spese di natura amministrativa e per il personale.

Il comma 2 dispone che il tetto di cui sopra si applica anche ai segretari generali, ai capi dei dipartimenti, ai dirigenti generali e ai titolari degli uffici a questi equiparati, definendo, ai soli fini del comma de quo, il trattamento economico omnicomprensivo come il complesso delle retribuzioni e delle indennità a carico delle pubbliche finanze percepiti dal titolare delle predette cariche, ivi compresi quelli erogati dalle amministrazioni di appartenenza.

 

Si ricorda che l'ordinamento delle amministrazioni delle Camere (pianta organica, competenze, attribuzioni degli uffici e tutte le norme regolatrici del personale) è riservato, ai sensi dei rispettivi Regolamenti, ad appositi regolamenti la cui approvazione spetta agli Uffici di Presidenza (art. 166.2 Reg. Senato e artt. 67.1 e 12.3, lett. c) e d) Reg. Camera).

L’organizzazione interna delle Camere, compresa la disciplina del trattamento giuridico e economico del personale, è riservata in via esclusiva alla potestà regolamentare di ciascuna assemblea, costituzionalmente garantita ex art. 64 Cost.; le Camere hanno inoltre autonomia contabile, fondata, secondo la Corte costituzionale, su una vera e propria consuetudine costituzionale (cfr. sent. n. 129/1981), e dispongono di un proprio bilancio le cui modalità di approvazione sono riservate a norme dei regolamenti parlamentari (art. 10 r.C. e art. 10 r.S.) rappresentando la definizione dell’ammontare delle somme occorrenti al fabbisogno annuale una scelta autonoma di ciascuna Camera[6].

 

Per quanto riguarda l’autonomia finanziaria riconosciuta alla Corte costituzionale la già ricordata legge n. 87/1953, prevede all’art. 14 che la Corte può disciplinare l’esercizio delle sue funzioni con regolamento approvato a maggioranza dei suoi componenti e che, nei limiti di un fondo stanziato a tale scopo con legge del Parlamento, provvede alla gestione delle spese, dei servizi e degli uffici, e stabilisce, in apposita pianta organica, il numero, la qualità e gli assegni, nonché le attribuzioni, i diritti ed i doveri dei funzionari addetti a ciascun ufficio. Il Regolamento generale della Corte (art. 26) demanda all’Ufficio di Presidenza della Corte l’esame degli indirizzi generali per la gestione finanziaria e amministrativa, da sottoporre all’approvazione della Corte. Il Regolamento dei Servizi e del personale attualmente vigente è stato adottato con deliberazione della Corte del 10 febbraio 1984.

Anche per quanto riguarda la Corte costituzionale, il comma in esame sembra incidere su materie disciplinate dai regolamenti della Corte, che autorevole dottrina[7] ha riconosciuto fondarsi su una sorta di riserva regolamentare costituzionalmente stabilita, direttamente discendente dalla posizione della Corte nel sistema.

 

Il comma 3 prevede l’istituzione, con D.P.C.M. da adottarsi entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame,di una Commissione, presieduta dal Presidente dell’ISTAT e composta da quattro esperti, che durano in carica quattro anni, la quale, entro il 1° luglio di ciascun anno e con provvedimento pubblicato in Gazzetta Ufficiale, provvede alla ricognizione e all’individuazione della media dei trattamenti economici di cui sopra riferiti all’anno precedente, ed aggiornati all'anno in corso sulla base delle previsioni dell'indice armonizzato dei prezzi al consumo contenute nel documento di economia e finanza. La partecipazione alla commissione è a titolo gratuito.

La ricognizione e l'individuazione riferite all'anno 2010 sono provvisoriamente effettuate entro il 31 dicembre 2011 ed eventualmente riviste entro il 31 marzo 2012.

Sarebbe opportuno approfondire il rapporto tra la disposizione in esame e l'articolato e stratificato corpo normativo che disciplina attualmente gli ordinamenti e i trattamenti economici delle Amministrazioni cui si applica. La disposizione in esame, infatti, senza operare alcuna abrogazione espressa, introduce una regolamentazione innovativa, il cui impatto sull'ordinamento viene però demandato alla valutazione dell'interprete.

Appare inoltre problematico il conferimento ad un organo amministrativo di nomina governativa del compito di individuare, nell'ambito degli ordinamenti degli Stati dell'Area Euro, quali siano le cariche e gli incarichi omologhi a quelli dei componenti degli organi costituzionali nazionali ricompresi nell'Allegato A e quale ne sia il "trattamento economico omnicomprensivo".

 

Ai sensi del comma 4, le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 costituiscono, norme di principio in materia di coordinamento della finanza pubblica ex art. 117, comma 3 della Costituzione. Entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame, le Regioni sono tenute a adeguare la propria legislazione alle previsioni suddette. Le Regioni a statuto speciale e le Province autonome devono adeguare la propria legislazione alle disposizioni di cui ai commi precedenti, secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.

 

Ai sensi della citata disposizione costituzionale, il coordinamento della finanza pubblica - insieme con quello del sistema tributario e l’armonizzazione dei bilanci pubblici – è materia di legislazione concorrente, rispetto alla quale spetta allo Stato la determinazione dei principi fondamentali. Secondo il costante orientamento della Corte costituzionale, le disposizioni statali possono solo prevedere «criteri ed obiettivi cui dovranno attenersi le Regioni e gli enti locali nell'esercizio della propria autonomia finanziaria, senza invece imporre loro precetti specifici e puntuali (fra le molte, si vedano le sentenze n. 157 e 95 del 2007, n. 449 del 2005 e n. 390 del 2004).». In siffatta prospettiva, secondo la Corte, risulta quindi decisivo verificare se «la norma statale, emanata nell’esercizio della competenza concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica, sia di principio ovvero di dettaglio, dovendosi considerare soltanto in quest’ultimo caso illegittima. Né, ove fosse di principio, sarebbe necessaria la previsione di un meccanismo di coinvolgimento regionale nella scelta dei contenuti della relativa disciplina.». Come è noto, «la portata di principio fondamentale va riscontrata con riguardo alla peculiarità della materia. […] nel coordinamento della finanza pubblica, ciò che viene in particolare evidenza è la finalità cui la disciplina tende» (C. cost. n. 139/2009).

Con riferimento a singole disposizioni e sulla base dei principi enunciati, la Corte ha, ad esempio, ritenuto infondate le questioni di legittimità costituzionale riferite ad una disposizione che prevedeva l’adozione da parte delle regioni di disposizioni, normative o amministrative, finalizzate ad assicurare la riduzione degli oneri degli organismi politici e degli apparati amministrativi, con particolare riferimento alla diminuzione dell'ammontare dei compensi e delle indennità dei componenti degli organi rappresentativi e del numero di questi ultimi, con un miglioramento dei saldi dei bilanci regionali del 10 per cento rispetto all’anno precedente (sentenza n. 159/2008). Contra, la Consulta ha dichiarato l’incostituzionalità della riduzione delle indennità corrisposte ai titolari degli organi politici regionali nella misura del 10 per cento rispetto alla data del 30 settembre 2005, poiché porrebbe «un precetto specifico e puntuale, comprimendo l’autonomia finanziaria regionale» (sentenza n. 157/2007).

 

Il comma 5 prevede, poi, che i componenti delle autorità amministrative e i dipendenti delle autorità e delle agenzie elencate nell'allegato B al decreto-legge in esame, che sono dipendenti pubblici, siano collocati in aspettativa non retribuita, salvo che optino per il mantenimento, in via esclusiva, del trattamento economico dell'amministrazione di appartenenza.

Il comma 6, infine, stabilisce che le suddette disposizioni, ad eccezione del comma 3, si applicano a decorrere dalle prossime elezioni, nomine o rinnovi, e, comunque, per i compensi, le retribuzioni e le indennità che non siano stati ancora determinati, alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame.


 

Articolo 2
(Auto blu)

 

 

L'articolo 2 reca disposizioni in materia di autovetture di servizio delle pubbliche amministrazioni, disponendo un tetto alla cilindrata e prevedendo l'adozione di una nuova disciplina volta a ridurre il numero e il costo delle c.d. auto blu.

Più specificamente si prevede che la cilindrata delle auto di servizio non possa superare i 1600 cc. con l’unica eccezione concernente le auto in dotazione al Capo dello Stato, ai Presidenti del Senato e della Camera, del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Presidente della Corte costituzionale nonché le auto blindate adibite ai servizi istituzionali di pubblica sicurezza. Le auto ad oggi in servizio (atteso che sembrerebbe riferirsi alle auto con cilindrata superiore al limite dei 1600 cc., sarebbe opportuno una precisazione in tal senso) possono essere utilizzate solo fino alla loro dismissione o rottamazione e non possono essere sostituite. Con D.P.C.M. sono disposti modalità e limiti di utilizzo delle autovetture di servizio al fine di ridurne numero e costo.

 

L’esigenza di razionalizzare l’uso delle autovetture in dotazione alle amministrazioni pubbliche (le autovetture di Stato o “auto blu”) ha portato, a partire almeno dai primi anni ‘90 (L. 412/1991), all’adozione di diversi provvedimenti in materia, finalizzati prevalentemente al contenimento delle spese destinate al parco macchine delle pubbliche amministrazioni (D.P.C.M. 28 febbraio 1997 e D.P.C.M. 11 aprile 1997). A partire del 2004 la materia viene disciplinata prevalentemente con provvedimenti di rango legislativo.

In principio è intervenuta la legge finanziaria 2005 (art. 1, co. 12-14, della L. 311/2004) le cui disposizioni sono state successivamente aggiornate ad opera della legge finanziaria 2006 (art. 1, co. 11, della L. 266/2005, n. 266) che ha introdotto una disciplina più restrittiva delle spese sostenibili dalle pubbliche amministrazioni per l’acquisto, la manutenzione, il noleggio e l’esercizio di autovetture. Si è in particolare previsto che, a decorrere dal 2006, le pubbliche amministrazioni, ad eccezione di quelle operanti per l’ordine e la sicurezza pubblica, non possano effettuare spese in tale ambito di ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2004. La legge finanziaria 2007 (art. 1, co. 505, della L. 296/2006) ha, poi, esteso le disposizioni della finanziaria 2006 in materia di limitazione delle spese per auto di servizio a tutte le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni[8]. La legge finanziaria 2008 (art. 2, co. 588 e da 594 a 598 della L. 244/2007) già dispone, a decorrere dal 2008, un limite alla cilindrata media delle autovetture di servizio (1600 centimetri cubici) assegnate in uso esclusivo e non esclusivo nell’ambito delle magistrature e di ciascuna amministrazione civile dello Stato, precisando che il limite non si applica alle autovetture di vigili del fuoco, forze di polizia e protezione civile. Inoltre, si prescrive l’adozione, da parte delle pubbliche amministrazioni, di piani triennali per la razionalizzazione dell’uso di diversi beni (telefoni, immobili, ecc.) tra cui anche le autovetture di servizio, attraverso il ricorso, previa verifica di fattibilità, a mezzi alternativi di trasporto, anche cumulativo.

Il decreto-legge 78/2010 ha previsto una ulteriore riduzione della spesa per le autovetture a disposizione delle amministrazioni dello Stato. E, contestualmente, la Direttiva n. 6/2010 del Ministro per la Pubblica Amministrazione, emanata a maggio 2010, ha inteso riprendere tutte le normative precedenti circa gli aventi diritto all’utilizzo (in uso esclusivo e non esclusivo) delle autovetture, coordinando le normative relative alle modalità di acquisizione e gestione delle autovetture, individuando anche modalità innovative e misure incentivanti della mobilità collettiva e ridefinendo l’ambito dei destinatari della normativa che, in quanto finalizzata al contenimento e alla razionalizzazione della spesa deve intendersi come riferita “al complesso delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato di cui all’elenco ISTAT”. Ha, inoltre, previsto l’avvio di un monitoraggio del parco autovetture delle amministrazioni interessate alla direttiva da avviare contestualmente all’emanazione della stessa Direttiva.

Si segnala, da ultimo, la Relazione sullo stato della pubblica amministrazione (relativa all'anno 2009), presentata alle Camere dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione in data 21 ottobre 2010, recante, in allegato, il monitoraggio sulle autovetture di servizio in dotazione alle pubbliche amministrazioni. Il monitoraggio promosso dal Ministro per la pubblica amministrazione e l’Innovazione ha interessato tutte le amministrazioni pubbliche, con esclusione delle scuole, inserite nell'elenco ISTAT ed è stato esteso al periodo 2008-2010 (fino ad aprile). Le amministrazioni invitate a partecipare alla rilevazione sono state 9.227, quelle che hanno aderito sono state 3.8814, cui vanno aggiunte 1.190 amministrazioni prive di auto, per un totale di 5.570 amministrazioni; il 55% del totale, che diventa oltre il 71% se si escludono i Comuni minori. Le amministrazioni rispondenti gestiscono attualmente il 66% del parco autovetture delle Pubbliche Amministrazioni registrate presso il Pubblico Registro Automobilistico. Il numero di autovetture stimato risulta di circa 86.000 auto (approssimazione 2%), di cui 5.000 circa sono auto "blu-blu" (di rappresentanza politico-istituzionale a disposizione di autorità e alte cariche dello Stato e delle amministrazioni locali), 10.000 auto "blu" (di servizio con autista a disposizione di dirigenti apicali) e circa 71.000 auto "grigie" (senza autista, a disposizione degli uffici per attività strettamente operative). L’indagine ha rilevato una tendenza alla riduzione delle auto nel corso del triennio considerato (circa 400 autovetture in meno nelle amministrazioni centrali e 370 nelle amministrazioni locali); riduzione che si è sicuramente accentuata dal 2010 in seguito alla rilevazione[9].


 

Articolo 3
(Aerei blu)

 

 

L'articolo 3 stabilisce che i voli di Stato siano limitati ai Presidenti degli organi costituzionali prevedendo la possibilità di eccezioni purché specificamente autorizzate, soprattutto con riferimento agli impegni internazionali, e pubbliche sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, salvi i casi di segreto per ragioni di Stato.

Il testo non chiarisce chi è il soggetto competente ad autorizzare il ricorso a voli di Stato per soggetti diversi da quelli elencati al comma 1.

 

Ai sensi dell'art. 747, quarto comma, del codice della navigazione, i criteri e le modalità per l'attribuzione della qualifica di volo di Stato all'attività di volo esercitata nell'interesse delle autorità e delle istituzioni pubbliche sono stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Il trasporto aereo di Stato è attualmente regolato dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 luglio 2008. Al fine di conferire certezza nei tempi e celerità nei trasferimenti delle Autorità per consentire alle stesse di attendere più efficacemente e compiutamente allo svolgimento dei propri compiti istituzionali, ovvero ad assicurare loro un adeguato livello di tutela o il trattamento protocollare connesso al rango rivestito, il trasporto aereo di Stato è disposto in favore delle seguenti Autorità:

a)       Presidente della Repubblica;

b)       Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati;

c)       Presidente del Consiglio dei Ministri;

d)       Presidente della Corte costituzionale;

e)       ex Presidenti della Repubblica.

Il trasporto aereo di Stato può essere disposto per i Ministri e per le delegazioni ufficiali degli Organi costituzionali, ove ricorrano entrambe le condizioni di seguito indicate: comprovate ed inderogabili esigenze di trasferimento connesse all'efficace esercizio delle funzioni istituzionali; indisponibilità di voli di linea o altre modalità di trasporto compatibili con l'efficace svolgimento di dette funzioni. Tale disposizione può trovare applicazione ai Vice Ministri e ai Sottosegretari di Stato solo in casi eccezionali.

Con l'articolo in esame sono assunte in un testo legislativo previsioni già contenute nella citata direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri che regola il trasporto aereo di Stato, con le seguenti differenze: manca la previsione che il trasporto aereo di Stato possa essere disposto a favore degli ex Presidenti della Repubblica; non viene chiarito quali siano i soggetti che, al di fuori delle massime cariche dello Stato, possono beneficiare, in via eccezionale, dei voli di Stato e quali siano le circostanze che possano giustificare l'eccezione, al di là del riferimento a impegni internazionali che parrebbe tuttavia inserito solo a titolo esemplificativo;si prevede che le eccezioni debbano essere rese pubbliche.


 

Articolo 4
(Benefits)

 

 

L'articolo 4 pone il divieto di attribuire una serie di benefici ai titolari di incarichi o cariche pubbliche, elettive o conseguite per nomina, dopo la cessazione dall’ufficio.

 

Il comma 1 individua l’ambito, oggettivo e soggettivo, di applicazione della norma.

Dal punto di vista oggettivo, il divieto riguarda:

§      l'utilizzo di immobili pubblici, anche ad uso abitativo;

§      l'impiego di personale pubblico;

§      l'impiego di mezzi di trasporto o apparati di comunicazione e di informazione appartenenti ad organi o enti pubblici o da questi comunque finanziati.

Con una clausola di salvaguardia, sono escluse dall’applicazione della disposizione, le misure aventi medesimo contenuto, ma adottate in attuazione di norme in materia di sicurezza nazionale o di protezione personale (ad es., le scorte).

 

Dal punto di vista soggettivo, il divieto riguarda i titolari di qualsiasi incarico o carica pubblica, elettiva o conseguita per nomina, inclusi quelli assunti in organi costituzionali o di rilevanza costituzionale, compresi Consigli, Giunte e Presidenti regionali. L'unica eccezione consentita riguarda il trattamento degli ex Presidenti della Repubblica.

Il successivo comma 3 “autoqualifica” la limitazione prevista ai sensi del comma 1 principio di coordinamento della finanza pubblica ex art. 117, terzo comma, della Costituzione.

 

Ai sensi della citata disposizione costituzionale, infatti, il coordinamento della finanza pubblica - insieme con quello del sistema tributario e l’armonizzazione dei bilanci pubblici – è materia di legislazione concorrente, rispetto alla quale spetta allo Stato la determinazione dei principi fondamentali. Secondo il costante orientamento della Corte costituzionale, le disposizioni statali possono solo prevedere «criteri ed obiettivi cui dovranno attenersi le Regioni e gli enti locali nell'esercizio della propria autonomia finanziaria, senza invece imporre loro precetti specifici e puntuali (fra le molte, si vedano le sentenze n. 157 e 95 del 2007, n. 449 del 2005 e n. 390 del 2004).». In siffatta prospettiva, secondo la Corte, risulta quindi decisivo verificare se «la norma statale, emanata nell’esercizio della competenza concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica, sia di principio ovvero di dettaglio, dovendosi considerare soltanto in quest’ultimo caso illegittima. Né, ove fosse di principio, sarebbe necessaria la previsione di un meccanismo di coinvolgimento regionale nella scelta dei contenuti della relativa disciplina.». Come è noto, «la portata di principio fondamentale va riscontrata con riguardo alla peculiarità della materia. […] nel coordinamento della finanza pubblica, ciò che viene in particolare evidenza è la finalità cui la disciplina tende» (C. cost. n. 139/2009).

Con riferimento a singole disposizioni e sulla base dei principi enunciati, la Corte ha, ad esempio, ritenuto infondate le questioni di legittimità costituzionale riferite ad una disposizione che prevedeva l’adozione da parte delle regioni di disposizioni, normative o amministrative, finalizzate ad assicurare la riduzione degli oneri degli organismi politici e degli apparati amministrativi, con particolare riferimento alla diminuzione dell'ammontare dei compensi e delle indennità dei componenti degli organi rappresentativi e del numero di questi ultimi, con un miglioramento dei saldi dei bilanci regionali del 10 per cento rispetto all’anno precedente (sentenza n. 159/2008). Contra, la Consulta ha dichiarato l’incostituzionalità della riduzione delle indennità corrisposte ai titolari degli organi politici regionali nella misura del 10 per cento rispetto alla data del 30 settembre 2005, poiché porrebbe «un precetto specifico e puntuale, comprimendo l’autonomia finanziaria regionale» (sentenza n. 157/2007).

 

Peraltro, sembra che la portata del divieto previsto dal comma 1 in relazione ai titolari di cariche pubbliche negli organi costituzionali – da valutare alla luce della natura degli ordinamenti degli organi costituzionali - sia ridimensionata dalla disposizione di cui al comma 2, che prevede che il Senato della Repubblica, la Camera dei deputati e la Corte costituzionale non eliminino, bensì limitino nel tempo i suddetti benefici riconosciuti ai rispettivi Presidenti dopo la cessazione della carica. A tal fine, assumono le opportune deliberazioni nell’ambito della propria autonomia. Tale disposizione è stata modificata dal Senato che ha sostituito il riferimento ai benefici riconosciuti ai Presidenti con quello ai medesimi benefici che “vengono” riconosciuti, sembrando così riferire la limitazione a riconoscimenti non ancora in atto.


 

Articolo 5 comma 1
(Economie degli organi costituzionali)

 

 

L’articolo 5 comma 1 dispone in ordine alla riduzione delle dotazioni finanziarie di organi costituzionali.

 

In particolare, il comma 1 prevede che, a decorrere dal 2012, gli importi corrispondenti alle riduzioni di spesa, anche amministrativa e per il personale, che saranno deliberate, autonomamente e con le modalità previste dai rispettivi ordinamenti, entro il 31 dicembre 2013, da Senato della Repubblica, Camera dei deputati e Corte costituzionale siano versati al bilancio dello Stato e utilizzati dallo Stato per gli interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione dei beni culturali previsti dall'art. 48 della L. 222/1985[10].

Si osserva che la disposizione in esame riproduce l'art. 5, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78[11], dal quale si differenzia per i seguenti profili:

§      viene inserito un riferimento esplicito al principio costituzionale di autonomia;

§      mentre per il D.L. 78/2010 le riduzioni di spesa riguardavano il triennio 2011, 2012 e 2013, il provvedimento in esame prevede che esse decorrano dal 2012 ma siano deliberate entro il 2013;

§      contrariamente al D.L. 78/2010, il provvedimento in esame non prevede riduzioni di spesa della Presidenza della Repubblica;

§      gli importi derivanti dalle suddette riduzioni di spesa non saranno più destinati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, ma agli interventi di interesse sociale o di carattere umanitario a gestione statale, cui sono destinate le risorse dell'8 per mille.

Si ricorda che gli organi costituzionali oggetto della disposizione in esame godono di autonomia contabile: il bilancio dello Stato fissa le quote del finanziamento di ciascun degli organi citati, che approvano il proprio bilancio interno.

L’ammontare delle spese destinate al funzionamento degli organi costituzionali è iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze e precisamente nell’unità previsionale di base 21.1.3 nell’ambito della missione n. 1 (Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del Consiglio dei ministri), programma 1.1.


 

Articolo 5 comma 2
(Riduzione dotazioni di organi di rilievo costituzionale
e di organismi amministrativi)

 

 

Il comma 2 prevede che, a decorrere dal 2012, subiscano una riduzione del 20%, rispetto al 2011, gli stanziamenti:

§       del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro - CNEL;

Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro è organo di rilievo costituzionale previsto dall’articolo 99 della Costituzione svolge funzioni di consulenza delle Camere e del Governo e ha il potere di proporre al Parlamento progetti di legge nelle materie economiche e sociali. Il CNEL è composto da esperti e da rappresentanti delle categorie produttive in proporzione alla loro importanza. La composizione e le funzioni del CNEL sono disciplinate dalla legge n. 936/1986[12].

§       degli organi di autogoverno della magistratura ordinaria, amministrativa, contabile, tributaria e militare;

Si ricorda che gli organi di autogoverno della magistratura sono: il Consiglio superiore della magistratura; il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa; il Consiglio di presidenza della Corte dei conti; il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria; il Consiglio della magistratura militare.

Il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa e il Consiglio di presidenza della Corte dei conti non sono inclusi nell'elenco degli organismi ed organi collegiali finanziati attraverso capitoli iscritti nel bilancio statale, riportato nella relazione tecnica al provvedimento in esame (A.S. 2814).

§       delle autorità indipendenti, compresa la Consob.

Mentre il comma 2 si riferisce alle "autorità indipendenti", nell'art. 1 e nell'Allegato A del provvedimento in esame si richiamano invece le "autorità amministrative indipendenti, di cui all'Elenco (ISTAT) previsto dall'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196".

 

Si segnala, peraltro, che il già ricordato elenco degli organismi ed organi collegiali finanziati attraverso capitoli iscritti nel bilancio statale, riportato nella relazione tecnica (A.S. 2814), menziona i seguenti soggetti: Commissione nazionale per le società e la borsa; Autorità per le garanzie nelle comunicazioni; Garante per la tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali; Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture; Autorità garante della concorrenza e del mercato; Commissione di garanzia per l'attivazione della legge sullo sciopero dei servizi pubblici; Commissione di vigilanza dei fondi pensione.

L'elenco ISTAT di cui al Comunicato del 24 luglio 2010, indica, invece, tra le agenzie amministrative indipendenti, i seguenti soggetti: Agenzia per il terzo settore; Autorità garante della concorrenza e del mercato - AGCM; Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture; Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - AGCOM; Autorità per l'energia elettrica e il gas; Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali; Garante per la protezione dei dati personali.

 

Si ricorda che misure di contenimento della spesa relative agli organismi indicati al comma 2 sono state adottate anche nell’ambito della manovra finanziaria per il 2011. in particolare, l’art. 5, co. 3, del citato D.L. 78/2010, ha ridotto del 10%, rispetto all'importo complessivo erogato nel corso del 2009, i compensi, escluso il trattamento retributivo di servizio, dei componenti del CNEL e degli organi di autogoverno delle magistrature.

 

Per quanto riguarda le autorità amministrative indipendenti, esiste una disciplina disomogenea del finanziamento.

 

Alcune autorità (CONSOB, AGCOM, AVCP, COVIP) godono di un finanziamento cd. misto, ossia una parte delle entrate è assicurata direttamente dallo Stato, mentre la rimanente parte è a carico dei soggetti operanti nel settore di competenza. Altre autorità (AGCM, Garante per la protezione dei dati personali, Commissione di vigilanza sull’attuazione della legge n. 146/1990, CIVIT), beneficiano prevalentemente o esclusivamente di stanziamenti a carico del bilancio generale dello Stato. Infine, solo due autorità (AEEG, ISVAP) godono di una piena autonomia finanziaria, potendo interamente far fronte alle spese di gestione e funzionamento con i contributi provenienti dal relativo mercato regolamentato.

 

Questo assetto è stato determinato all’esito di una serie di interventi normativi che nelle ultime tre legislature hanno ridotto gli stanziamenti gli stanziamenti a carico dello Stato, a favore delle autorità indipendenti. L’ultima disposizione di rilievo è contenuta nell’articolo 2, comma 241, della L. n. 191/2009 (legge finanziaria per il 2010), che attua un trasferimento di risorse tra autorità indipendenti.

Il meccanismo previsto è rappresentato da una sorta di prestito a carico di alcune autorità in favore di altre per il triennio 2011-2013[13]. Successivamente, “con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le autorità interessate, sono stabilite, senza maggiori oneri per la finanza pubblica, misure reintegrative in favore delle autorità contribuenti, nei limiti del contributo versato, a partire dal decimo anno successivo all'erogazione del contributo, a carico delle autorità indipendenti percipienti che a tale data presentino un avanzo di amministrazione”. La ratio di queste disposizioni è di creare una perequazione tra le autorità che per finanziarsi possono attingere al mercato di riferimento e quelle autorità che non possono fare altrettanto avendo competenze trasversali.

 

Ai fini della riduzione delle dotazioni di bilancio di cui al comma 2 della disposizione in esame, gli stanziamenti vanno considerati al netto degli oneri relativi al personale dipendente, nonché, per quanto riguarda gli organi di autogoverno, degli oneri per la formazione e l'aggiornamento del personale.


 

Articolo 5, comma 2-bis
(Organi collegiali che operano presso il Ministero dell’ambiente)

 

 

Il comma 2-bis dell’articolo 5, inserito durante l’esame del provvedimento al Senato, esclude la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale – VIA e VAS e la Commissione istruttoria per l’autorizzazione integrata ambientale – IPPC dall’ambito di applicazione di alcune disposizioni di carattere generale riguardanti gli organi collegiali introdotte dal decreto-legge 112/2008 e dal decreto-legge 223/2006, quali i limiti alla proroga, la valutazione di perdurante utilità, il limite della durata biennale con proroga legata ad obiettivi di risparmio.

 

Si ricorda che la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale - VIA e VAS (art. 8 del D.Lgs. n. 152/2006, cd. Codice ambientale) e la Commissione istruttoria per l'autorizzazione integrata ambientale – IPPC (art. 8-bis del D.Lgs. n. 152/2006) rilasciano il parere sui progetti statali e sui piani e programmi sottoposti a VIA e VAS, nonché le autorizzazioni integrate ambientali sugli impianti di competenza statale ai fini della prevenzione e riduzione dell'inquinamento. Entrambe le Commissioni svolgono, inoltre, attività di supporto tecnico scientifico, anche attraverso sopralluoghi e verifiche per il rilascio delle citate autorizzazioni. Ai fini di garantirne l'operatività, le spese di funzionamento delle citate Commissioni sono coperte con le entrate derivanti dagli oneri istruttori posti a carico dei richiedenti le relative autorizzazioni (art. 33 D.Lgs. n. 152/2006).

 

In particolare, il comma in esame reca una norma di interpretazione autentica secondo la quale l’esclusione degli organi operanti presso il Ministero dell’ambiente dall’onorarietà della partecipazione agli organi collegiali prescritta in generale dall’art. 6, comma 1, secondo periodo del decreto-legge 78/2010 si deve intendere, limitatamente alle due commissioni sopra citate, nel senso che ad esse non si applicano neanche gli altri limiti disposti in via generale per gli organi collegiali dall’art. 68 del D.L. 112/2008 e dall’art. 29 del D.L. 248/2006.

L’art. 6, comma 1 del decreto-legge 78/2010 rende onorifica la partecipazione agli organi collegiali di cui all'art. 68, comma 1, del decreto-legge 112/2008, n. 112.

Pertanto, la partecipazione ai suddetti organismi può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute, ove previsto dalla normativa vigente ed eventuali gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta giornaliera. La disposizione individua una serie di organismi esclusi dall’ambito di applicazione della norma tra cui gli organi previsti per legge che operano presso il Ministero per l'ambiente.

L’art. 29 del D.L. 223/2006 ha disposto, a fini di riduzione delle spese per le amministrazioni statali e per eliminare duplicazioni organizzative e funzionali, il riordino degli organi collegali e degli altri organismi, comunque denominati, anche monocratici, delle amministrazioni pubbliche – fatta eccezione per le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale, per cui la previsione costituisce principio di coordinamento della finanza pubblica – anche mediante soppressione o accorpamento delle strutture, da realizzare attraverso regolamenti di delegificazione (ex art. 17, co. 2, L. 400/1988) ovvero decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Il comma 2-bis, in particolare, prevede che la Presidenza del Consiglio possa, prima della scadenza del termine di durata degli organismi individuati dai provvedimenti poc’anzi indicati, proporre le iniziative per l’eventuale proroga della durata dell’organismo, in base alla valutazione della perdurante utilità di quest’ultimo prevedendo il concerto dell’amministrazione competente.

Più specificamente il citato art. 68 del D.L. n. 112/2008, reca disposizioni volte ad accelerare il processo di riordino degli organismi collegiali operanti presso le pubbliche amministrazioni, e a realizzare, entro il triennio 2009-2011, la graduale riduzione di tali organismi fino al definitivo trasferimento delle attività ad essi demandate nell’ambito di quelle istituzionali delle Amministrazioni. Il comma 1 esclude dalla proroga (che il co. 2-bis del citato art. 29 del D.L. 223/2006 consente in base a una valutazione di perdurante utilità) alcune categorie di organismi collegiali e cioè quelli:

-        istituiti in data antecedente al 30 giugno 2004 da disposizioni legislative od atti amministrativi la cui operatività è finalizzata al raggiungimento di specifici obiettivi o alla definizione di particolari attività previste dai provvedimenti di istituzione e che non abbiano ancora conseguito le predette finalità;

-        istituiti successivamente alla data del 30 giugno 2004 che non operavano da almeno 2 anni antecedenti alla data di entrata in vigore del decreto 112/2008;

-        svolgenti funzioni riconducibili alle competenze previste dai regolamenti di organizzazione per gli uffici di struttura dirigenziale di 1° e 2° livello dell'Amministrazione presso la quale gli stessi operano ricorrendo, ove vi siano competenze di più amministrazioni, alla conferenza di servizi.

Il comma 2 prevede che, nei casi in cui, in attuazione del comma 2-bis dell'articolo 29 del citato decreto-legge n. 223 sia riconosciuta l'utilità degli organismi collegiali, la proroga è concessa per un periodo non superiore a due anni ed, inoltre, contestualmente alla concessione della proroga dovranno essere fissati ulteriori obiettivi di contenimento dei trattamenti economici da corrispondere ai componenti.


 

Articolo 6
(Finanziamento dei partiti politici)

 

 

L'articolo 6 riduce del 10% l'ammontare dei rimborsi delle spese elettorali sostenute dai partiti politici per le campagne per il rinnovo del Senato, della Camera dei deputati, del Parlamento europeo e dei consigli regionali.

 

La disciplina dei rimborsi per le spese elettorali è recata principalmente dalla legge 157/1999[14], anche attraverso rinvii, per quanto attiene ai criteri per il riparto delle somme da assegnare, alla legge 515/1993[15] ed alla legge 43/1995[16].

Le campagne elettorali per le quali è previsto il rimborso delle spese si riferiscono al rinnovo dei seguenti organi:

-    Camera dei deputati;

-    Senato della Repubblica;

-    Parlamento europeo;

-    Consigli regionali.

I rimborsi sono corrisposti ripartendo, tra i movimenti o partiti politici aventi diritto, quattro fondi, connessi al rinnovo dei suddetti organi. L’ammontare di ciascuno dei quattro fondi è pari, per ciascun anno di legislatura degli organi stessi, alla somma risultante dalla moltiplicazione dell’importo di 1 euro per il numero dei cittadini della Repubblica iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei deputati (art. 1, commi 1, 3 e 5).

Per il rimborso a partiti o movimenti politici delle spese sostenute in campagna elettorale nella circoscrizione Estero sono state introdotte specifiche disposizioni. Esse prevedono l’incremento dell’ammontare dei due fondi relativi alle spese elettorali per il rinnovo del Senato e della Camera nella misura dell’1,5%, destinando tali somme integrative alle formazioni politiche concorrenti per tali consultazioni elettorali nella circoscrizione Estero (art. 1, commi 1-bis e 5-bis).

Si ricorda, inoltre, che l’art. 6-bis, comma 2, della legge 157/1999, prevede che, per il soddisfacimento dei debiti dei partiti e movimenti politici maturati in epoca anteriore all’entrata in vigore della legge 157/1999, è istituito un fondo di garanzia alimentato dall’1 per cento delle risorse stanziate per l’erogazione dei rimborsi elettorali[17].

Sono escluse dal rimborso le campagne per le elezioni comunali e provinciali (ad eccezione delle consultazioni per il rinnovo dei consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano, l’insieme dei cui componenti forma il Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige)[18].

La legge prevede anche una forma di rimborso per le campagne relative ai referendum abrogativi di cui all’art. 75 ed ai referendum costituzionali ex art. 138 della Costituzione (art. 1, comma 4). Viene attribuito ai comitati promotori un rimborso, da erogarsi in unica soluzione, pari alla somma risultante dalla moltiplicazione dell’importo di 1 euro per il numero delle firme valide raccolte fino alla concorrenza della cifra minima necessaria per la validità della richiesta e, comunque, entro un limite massimo pari complessivamente a 2.582.285 euro annui e sempre che sia raggiunto il quorum previsto.

Quanto alle modalità di corresponsione dei rimborsi delle spese elettorali, il contributo è versato per ciascun anno di legislatura degli organi interessati entro il 31 luglio di ogni anno. A seguito delle modifiche apportate dal decreto-legge 273/2005, in caso di scioglimento anticipato del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati il versamento delle quote annuali dei relativi rimborsi è comunque effettuato (ma tale disposizione è stata abrogata con effetto dal prossimo rinnovo, v. infra). L'erogazione dei rimborsi è disposta con decreti del Presidente della Camera dei deputati per quanto riguarda il rinnovo della Camera dei deputati, del Parlamento europeo e dei consigli regionali, nonché per i comitati promotori dei referendum, e con decreto del Presidente del Senato della Repubblica, per il rinnovo del Senato della Repubblica.

 

I rimborsi elettorali hanno già subito due riduzioni, nel recente passato, di cui la disposizione in esame fa salvi gli effetti.

La legge finanziaria 2008 ha ridotto di 20 milioni di euro a decorrere dal 2008 l’autorizzazione di spesa destinata all’erogazione dei rimborsi ai partiti e movimenti politici delle spese elettorali e referendarie, di cui alla L. 157/1999 (L. 244/2007, art. 2, co. 275)[19].

Successivamente, l'art. 5, comma 4, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78[20] ha ridotto del 10% l'importo di 1 euro che, ai sensi del già ricordato art. 1, comma 5, primo periodo, della legge 157/1999, deve essere moltiplicato per il numero di cittadini della Repubblica iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera, al fine di determinare l'ammontare dei fondi per i rimborsi, per ciascun anno di legislatura.

 

Ora il comma 1 della disposizione in esame apporta un'ulteriore riduzione del 10% al suddetto importo, che si viene a cumulare alle due riduzioni sopra ricordate in modo da raggiungere una riduzione complessiva del 30%. In effetti, anche la prima riduzione, nel 2008, che interveniva in termini assoluti (20 milioni) e non percentuali, ha avuto l’effetto di una riduzione di circa il 10%.

Ai sensi del comma 3, la riduzione de qua troverà applicazione a decorrere dal primo rinnovo del Senato, della Camera, del Parlamento europeo e dei consigli regionali successivo alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame.

Come per la riduzione del 2010, anche quella disposta dall’articolo in esame non incide sull’ammontare dei rimborsi destinati ai comitati promotori dei referendum.

 

Il comma 2, sostituendo i periodi terzo e quarto del comma 6 dell'art. 1 della legge 157/1999, sopprime la previsione secondo la quale l'erogazione dei rimborsi non è vincolata alla prestazione di alcuna forma di garanzia bancaria o fidejussoria da parte dei movimenti o partiti politici aventi diritto e prevede che, in caso di scioglimento anticipato del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, il versamento delle quote annuali dei relativi rimborsi sia interrotto. La versione precedente all'entrata in vigore del decreto-legge in esame prevedeva infatti che, anche in caso di scioglimento anticipato delle Camere, il versamento delle quote annuali dei rimborsi fosse comunque effettuato.

 

Poiché la sostituzione del quarto periodo comporta la ripetizione, per due volte, della previsione – contenuta anche nel quinto periodo - per cui "Il versamento della quota annua di rimborso, spettante sulla base del presente comma, è effettuato anche nel caso sia trascorsa una frazione di anno", a fini di coordinamento il Senato ha approvato un emendamento che sopprime la ripetizione.

 

Tuttavia, il quinto periodo sarà abrogato dal già menzionato art. 5, comma 4, del decreto-legge 78/2010, a decorrere dal primo rinnovo di Camera, Senato, Parlamento europeo e consigli regionali. Pertanto, l’effetto della disposizione in esame potrebbe rendere la nuova disciplina applicabile anche alla legislatura in corso, in caso di scioglimento anticipato.


 

Articolo 7
(Election day)

 

 

L'articolo 7 prevede la concentrazione delle elezioni politiche, regionali, provinciali e comunali in un'unica data, qualora si svolgano nello stesso anno.

 

Il comma 1 prevede che, a decorrere dal 2012, le consultazioni elettorali per le elezioni dei sindaci, dei presidenti delle province e delle regioni, dei consigli comunali, provinciali e regionali, del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, si svolgano in un’unica data nell’arco dell’anno.

La disposizione in esame non si applica, dunque, ai referendum.

Lo svolgimento delle suddette elezioni in un'unica data avverrà solo laddove sia compatibile con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti.

 

Per quanto riguarda la fissazione della data di svolgimento delle elezioni politiche, si ricorda che l’art. 61, primo comma, della Costituzione stabilisce il termine ultimo entro il quale devono tenersi le elezioni delle nuove Camere, prevedendo che esse abbiano luogo entro 70 giorni dalla fine delle precedenti. La prima riunione delle nuove Camere deve tenersi entro il 20° giorno dalla data delle elezioni.

La data delle elezioni è deliberata dal Consiglio dei ministri. Le elezioni sono indette con decreto del Presidente della Repubblica, che deve essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale non oltre il 45° giorno antecedente quello del loro svolgimento. Con lo stesso decreto viene fissata la data della prima seduta delle nuove Camere (D.P.R. 361/1957, n. 361[21], art. 11; D.Lgs. 533/1993[22], art. 4).

Per quanto riguarda la data di svolgimento delle elezioni amministrative, l’art. 1 della legge 182/1991[23] stabilisce che le elezioni dei consigli comunali e provinciali si svolgono in un turno annuale ordinario da tenersi in una domenica compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno, nel caso in cui il mandato scada nel primo semestre dell’anno; le elezioni si tengono nello stesso periodo dell’anno successivo se il mandato dell’organo elettivo interessato scade nel secondo semestre. Quanto alle elezioni dei consigli comunali e provinciali che devono essere rinnovati per motivi diversi dalla scadenza del mandato, l’art. 2 dispone che esse si svolgano nella stessa giornata domenicale di cui all'art. 1 se le condizioni che rendono necessario il rinnovo si sono verificate entro il 24 febbraio, ovvero nello stesso periodo dell'anno successivo, se le condizioni si sono verificate oltre tale data. La data per lo svolgimento delle elezioni amministrative è fissata dal Ministro dell’interno non oltre il 55° giorno precedente quello della votazione ed è comunicata immediatamente ai prefetti perché provvedano alla convocazione dei comizi (art. 3). Il prefetto, d’intesa col presidente della corte d’appello, fissa la data dell’elezione per ciascun comune e la comunica al sindaco, il quale ne dà avviso agli elettori mediante l’affissione di manifesti da pubblicarsi 45 giorni prima di tale data (art. 18, comma 1, del D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570[24]).

Per quanto concerne le regioni a statuto ordinario, si ricorda che l'art. 122 Cost. stabilisce che il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi.

La L. 165/2004[25] ha dato attuazione all'art. 122, primo comma, Cost., stabilendo in via esclusiva i principi fondamentali concernenti il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali. L'art. 5 stabilisce che gli organi elettivi delle regioni durano in carica per cinque anni, fatta salva, nei casi previsti, l'eventualità dello scioglimento anticipato del Consiglio regionale. Il quinquennio decorre per ciascun consiglio dalla data dell'elezione.

In assenza della legge elettorale regionale, la data delle elezioni è fissata dal Governo ed i comizi elettorali sono convocati con decreto del prefetto del capoluogo di regione in qualità di rappresentante dello Stato per i rapporti con le autonomie, ex-commissario del Governo (L. 131/2003)[26]. Alcune regioni – in base alle rispettive leggi elettorali – rimettono la convocazione dei comizi alla competenza presidente della giunta regionale. Solitamente però le regioni si adeguano alla data scelta dal Governo, in modo tale che tutte le regioni a statuto ordinario votano lo stesso giorno.

 

Ai sensi del comma 2, qualora nel medesimo anno si svolgano le elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, le consultazioni di cui al comma 1 si effettuano nella data stabilita per le elezioni del Parlamento europeo.

 

Si ricorda che nell’ordinamento vigente, anche se non è previsto l’obbligo di abbinare più consultazioni elettorali, tale ipotesi non è vietata. L’unica eccezione è costituita dai referendum abrogativi che non possono svolgersi nello stesso anno delle elezioni politiche (L. 352/1970, art. 34)[27].

Nella storia repubblicana si registrano diversi casi di contemporaneo svolgimento di consultazioni elettorali diverse. Due provvedimenti regolano il procedimento elettorale nella eventualità che si svolgano negli stessi giorni consultazioni elettorali diverse:

-        il D.L. 161/1976[28] che disciplina alcuni aspetti del procedimento elettorale nel caso di contemporaneo svolgimento delle elezioni politiche con quelle regionali (anche a statuto speciale), provinciali e comunali;

-        il D.L. 21 maggio 1994, n. 300[29], che ha dettato disposizioni per permettere lo svolgimento contemporaneo delle elezioni europee, regionali ed amministrative.

Manca un provvedimento che regoli il procedimento elettorale in caso di svolgimento contemporaneo delle elezioni politiche e di quelle europee, eventualità che, del resto, non si è mai verificata dal 1979 ad oggi.


 

Articolo 8
(Obblighi di trasparenza per le società a partecipazione pubblica)

 

 

L'articolo 8 prevede che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, tutti gli enti e gli organismi pubblici inseriscano sul proprio sito istituzionale, curandone altresì il periodico aggiornamento:

§       l'elenco delle società di cui detengono, direttamente o indirettamente, quote di partecipazione anche minoritaria, indicandone l'entità;

§       una rappresentazione grafica che evidenzia i collegamenti tra l'ente o organismo ovvero tra le società controllate;

§       l'indicazione se, nell'ultimo triennio dalla pubblicazione, le singole società abbiano raggiunto il pareggio di bilancio.

 

Si valuti l'opportunità di coordinare la disposizione in esame con l'art. 54 del Codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, che elenca il contenuto dei siti delle pubbliche amministrazioni, eventualmente riformulandola in termini di novella.

 


 

Articolo 9
(Fabbisogni standard, spending review e superamento
della spesa storica delle Amministrazioni dello Stato)

 

 

L'articolo 9 introduce, a decorrere dall’anno 2012, l'avvio di un ciclo di analisi e valutazione della spesa (c.d. “spending review”) diretto alla definizione dei fabbisogni standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato.

La realizzazione della spending review è affidata al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base di un atto di indirizzo del Ministro dell’Economia e delle finanze e d’intesa con i Ministeri interessati. Tale attività è diretta a superare il criterio della spesa storica, nonché a razionalizzare la spesa delle amministrazioni (comma 1).

L'analisi condotta deve servire ad individuare, tra l'altro:

§      criticità concernenti la produzione e l'erogazione dei servizi pubblici;

§      possibili duplicazioni di strutture;

§      possibili strategie di miglioramento dei risultati ottenibili con le risorse disponibili.

 

Per quanto concerne, invece, le amministrazioni periferiche dello Stato, si prevede la proposizione di specifiche metodologie per quantificarne i fabbisogni. La disposizione non individua tuttavia alcun termine per l'avvio del suddetto sistema di quantificazione dei fabbisogni per le amministrazioni periferiche dello Stato.

 

Le attività di analisi e valutazione della spesa

 

L’esigenza di un’analisi puntuale dei meccanismi che incidono sull’andamento della spesa pubblica e l’individuazione d’interventi mirati al contenimento e alla sua progressiva riqualificazione, sono divenuti, negli ultimi anni, temi fondamentali della politica finanziaria e di bilancio, resi ancor più stringenti alla luce del percorso di consolidamento dei conti pubblici necessario ai fini del rispetto degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea.

E’ in questa prospettiva che si colloca l’avvio, sin dalla XV legislatura, di un programma straordinario di analisi e valutazione della spesa, comunemente denominato, sulla base di analoghe esperienze internazionali, “spending review”.

Tale programma si configura come uno strumento di programmazione economico-finanziaria, volto a fornire una metodologia sistematica per migliorare sia il processo di decisione delle priorità e di allocazione delle risorse, sia la performance delle amministrazioni pubbliche in termini di economicità, qualità ed efficienza dei servizi offerti ai cittadini.

Tra gli obiettivi sottesi ad un programma di analisi e revisione della spesa vi è quello di superare un approccio "incrementale" nelle decisioni di bilancio, in base al quale si tende a concentrarsi sulle nuove iniziative di spesa ovvero sulle risorse (aggiuntive) da destinare ai programmi di spesa già in atto, piuttosto che sulle analisi di efficienza, efficacia e congruità con gli obiettivi della spesa in essere. Attraverso tale metodo s’intende, pertanto, realizzare in via tendenziale il passaggio da un criterio contabilistico di spesa storica al principio, sperimentato in altri ordinamenti, del cosiddetto bilancio a base zero (zero base budgeting). A tale finalità si aggiunge quella di implementare nella Pubblica Amministrazione le attività di misurazione dei risultati raggiunti dall’azione amministrativa e di verifica dell’efficienza dell’organizzazione amministrativa, anche mediante l’individuazione, in relazione agli obiettivi di ciascun programma di spesa, di indicatori verificabili ex post.

 

Avviato in via sperimentale in base alle disposizioni della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006), il programma di analisi e valutazione della spesa - volto a riesaminare in modo sistematico l’insieme dei programmi di spesa, valutandone efficacia, efficienza ed economicità di gestione - è divenuto permanente con la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007), che ne ha previsto la prosecuzione e l’aggiornamento con riferimento alle missioni e ai programmi in cui si articola il bilancio dello Stato, affidandone la realizzazione alla Ragioneria generale dello Stato, con il coordinamento del Servizio studi dipartimentale ivi incardinato.

In seguito, è intervenuta la legge n. 196 del 2009 (la nuova legge di contabilità e finanza pubblica) che oltre a prevedere la graduale estensione del programma alle altre amministrazioni pubbliche, ha disposto l’istituzionalizzazione del processo di analisi e valutazione della spesa delle amministrazioni centrali, da realizzarsi in collaborazione tra il Ministero dell’economia e delle finanze e le amministrazioni centrali dello Stato, attraverso la costituzione di appositi nuclei di analisi e valutazione della spesa. E stata, inoltre, prevista la presentazione, ogni tre anni, di uno specifico rapporto sulla spesa delle amministrazioni dello Stato, volto ad illustrare la composizione e l’evoluzione della spesa, i risultati conseguiti con le misure adottate ai fini del suo controllo e quelli relativi al miglioramento del livello di efficienza delle medesime amministrazioni.

Rispetto alle disciplina vigente di contabilità generale dello Stato, va segnalato l'articolo 39 della legge di contabilità prevede espressamente che il Ministero dell'economia e delle finanze debba avviare specifiche attività di analisi e valutazione della spesa volte ad implementare il livello di efficienza delle amministrazioni centrali dello Stato. In tale programma, un ruolo cruciale è rivestito dai nuclei di valutazione istituiti presso ciascun ministero nella composizioni ivi puntualmente definiti al comma 1 del citato articolo 39 della legge.

Va rammentato, inoltre, che una specifica e sistematica attività di analisi e valutazione della spesa è prevista dallo schema di decreto legislativo di attuazione della delega di cui all’articolo 49 della legge n. 196/2009, recentemente adottato dal Governo – ma allo stato non ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – il quale detta norme per il potenziamento e la graduale estensione a tutte le amministrazioni pubbliche dell'attività di analisi e valutazione della spesa e per la riforma del sistema dei controlli di regolarità amministrativa e contabile. Conformemente ai principi contenuti nella legge di contabilità, tale ultimo provvedimento pone in risalto la funzione strategica dell’attività di analisi e valutazione della spesa, qualificata come attività sistematica di analisi della programmazione e della gestione delle risorse finanziarie e dei risultati conseguiti dai programmi di spesa, finalizzata al miglioramento del grado di efficienza ed efficacia della spesa pubblica in relazione al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.

Tali attività dovranno essere realizzate mediante l'elaborazione e l'affinamento di metodologie - provenienti anche dall'analisi economica e statistica – per la definizione dei fabbisogni di spesa, la verifica e il monitoraggio dell'efficacia delle misure volte al miglioramento della capacità di controllo della spesa medesima, in termini di quantità e di qualità. Per le amministrazioni centrali dello Stato le attività di analisi e valutazione della spesa si svolgono nell'ambito dei predetti nuclei di analisi e valutazione della spesa. All’attività di analisi concorrono diversi soggetti, quali gli uffici centrali di bilancio, le Ragionerie territoriali dello Stato e i Servizi ispettivi di finanza. In conformità ai principi di delega della legge n. 196/2009, per lo svolgimento delle attività di analisi e valutazione della spesa il predetto provvedimento prevede il potenziamento delle strutture e degli strumenti di controllo e monitoraggio della Ragioneria generale dello Stato, chiamata a svolgere, con il coordinamento dei nuclei, un ruolo centrale.

E’ infine previsto che il programma di analisi e valutazione della spesa, inizialmente previsto per le sole amministrazioni centrali dello Stato, sia progressivamente - ed in via sperimentale - esteso alle altre amministrazioni sottoposte alla vigilanza dei Ministeri, in collaborazione con le amministrazioni vigilanti. Viene, infine, affermato il principio in base al quale le altre amministrazioni pubbliche svolgono attività di analisi della spesa, di monitoraggio e valutazione degli interventi nell'ambito della propria autonomia.

 

I fabbisogni standard

 

Per quanto concerne i fabbisogni standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali che dovrebbero essere definiti con la spending review, si ricorda che, secondo la definizione data dalla legge n. 42 del 2009 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale), il fabbisogno standard “valorizzando l’efficienza e l’efficacia, costituisce l’indicatore rispetto al quale comparare e valutare l’azione pubblica”. Sulla base di tale espressa indicazione legislativa il fabbisogno standard appare dunque costituire il livello ottimale di un servizio valutato a costi standard.

 

Si ricorda altresì che, in attuazione di alcune disposizioni della citata legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, è stato emanato il D.Lgs. 26 novembre 2010, n. 216 sui fabbisogni standard degli enti locali. In tale provvedimento i fabbisogni standard costituiscono i nuovi parametri cui ancorare il finanziamento delle spese fondamentali di comuni, città metropolitane e province, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica.

Tale superamento costituisce uno dei punti cardine del nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali delineato dalla legge delega sul federalismo fiscale, incentrato sull’abbandono del sistema di finanza derivata e sull’attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa a enti locali e regioni, nel rispetto dei principi di solidarietà e di coesione sociale.

In base al decreto il computo delle occorrenze finanziarie derivante dai fabbisogni standard andrà effettuato rispetto alle funzioni fondamentali dei comuni e delle province, espressamente individuate nel provvedimento. La metodologia per la determinazione dei fabbisogni costituisce una operazione tecnicamente complessa, per la cui effettuazione il decreto definisce una serie di elementi da utilizzare, ed in particolare:

-        l'individuazione dei modelli organizzativi e dei livelli quantitativi delle prestazioni, determinati sulla base di un sistema di indicatori in relazione a ciascuna funzione fondamentale e ai relativi servizi;

-        l'analisi dei costi finalizzata alla individuazione di quelli più significativi e alla determinazione degli intervalli di normalità;

-        l'enucleazione di un modello di stima dei fabbisogni sulla base di criteri di rappresentatività attraverso la sperimentazione di diverse tecniche statistiche;

-        la definizione di un sistema di indicatori per valutare l'adeguatezza dei servizi e consentire agli enti locali di migliorarli.

La procedura di messa in pratica di tale metodo è affidata alla Società per gli studi di settore - S.O.S.E. s.p.a., società per azioni che opera per la elaborazione degli studi di settore. A tal fine la società potrà avvalersi dell’Istituto per la finanza e per l’economia locale IFEL, nonché dell'ISTAT.

 

La procedura per la realizzazione della spending review dettata dall'articolo 9 prevede i seguenti passaggi:

1. il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’economia e delle finanze richiede i dati e le informazioni necessarie alle amministrazioni centrali dello Stato, fissando un termine;

2. le amministrazioni centrali trasmettono tali dati per via telematica. Esse, inoltre, facilitano l’accesso ad altri dati provenienti dal SISTAN, senza oneri a carico del bilancio dello Stato (comma 2). Al fine di dare effettività alla disposizione è prevista la possibilità di ridurre del 2 per cento la retribuzione di risultato dei dirigenti responsabili qualora l’amministrazione competente ometta di trasmettere i dati senza motivata giustificazione entro il termine previsto nella richiesta (comma 3).

Si ricorda che il Sistema statistico nazionale (SISTAN) è la rete di soggetti pubblici e privati che fornisce l'informazione statistica ufficiale. Del SISTAN fanno parte: l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT); gli enti ed organismi pubblici d'informazione statistica (ISAE, INEA, ISFOL); gli uffici di statistica delle amministrazioni dello Stato e delle aziende autonome; gli uffici di statistica delle amministrazioni ed enti pubblici individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri; gli uffici di statistica degli Uffici territoriali del Governo; gli uffici di statistica di regioni e province autonome; gli uffici di statistica di province, comuni (singoli o associati), aziende sanitarie locali, camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura; gli uffici di statistica di soggetti privati che svolgono funzioni o rendono servizi di interesse pubblico che si configurano come essenziali per il raggiungimento degli obiettivi del Sistema stesso.

Tutti questi uffici, pur rimanendo incardinati nelle rispettive amministrazioni di appartenenza, sono uniti dalla funzione di fornire l'informazione statistica ufficiale;

3. il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato effettua la spending review i cui risultati, a decorrere dal 2013, sono comunicati dal Ministero alle competenti Amministrazioni centrali dello Stato (comma 4);

4. le Amministrazioni coinvolte, sulla base dei suddetti risultati, propongono norme volte a realizzare il superamento della spesa storica e la graduale convergenza verso gli obiettivi identificati dalla norma in esame. Le norme proposte dalle amministrazioni - in coerenza con gli obiettivi indicati nel Documento di economia e finanza (DEF) - potranno formare oggetto di apposito disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica oppure essere inserite nella legge di stabilità; tali attività sono effettuate dalle amministrazioni nell’ambito di accordi triennali con il Ministero dell’economia e delle finanze (comma 5);

5. il monitoraggio dell’attuazione e dei risultati derivanti dalle norme proposte ai sensi del comma 5 è affidato ai Nuclei di analisi e valutazione della spesa previsti dall’articolo 39 della legge n. 196 del 2009, che devono segnalare eventuali scostamenti al Ministro dell’economia e delle finanze e al Ministro competente (comma 6);

L’articolo 39 della legge n. 196 del 2009 prevede, come accennato, l’avvio di una collaborazione del Ministero dell’economia e delle finanze con le amministrazioni centrali dello Stato, per il tramite di appositi nuclei di analisi e valutazione della spesa, finalizzata alla verifica dei risultati programmatici rispetto agli obiettivi relativi all’indebitamento netto, al saldo di cassa e al debito delle amministrazioni pubbliche, nonché alla pressione fiscale complessiva. I predetti nuclei di analisi e valutazione della spesa vengono istituiti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze che disciplina composizione e modalità di funzionamento. L’attività di collaborazione tra Ministero dell’economia e le amministrazioni centrali nell’ambito degli appositi nuclei di analisi e valutazione della spesa è diretta in particolare a svolgere verifiche: sull’articolazione dei programmi che compongono le missioni; sulla coerenza delle norme autorizzatorie rispetto al contenuto dei medesimi programmi e sulla rimodulabilità delle risorse iscritte in bilancio, secondo i previsti meccanismi di flessibilità. Le attività svolte dai predetti nuclei devono altresì essere funzionali: alla formulazione delle proposte di rimodulazione delle risorse finanziarie tra i diversi programmi di spesa e alla predisposizione del rapporto allegato al rendiconto generale del bilancio dello Stato sui risultati e la realizzazione degli obiettivi indicati nel bilancio di previsione.

6. l'ultimo passaggio previsto è il Rapporto sulla spesa delle amministrazioni centrali dello Stato di cui all’articolo 41 della legge n. 196 del 2009, con il quale - ai sensi del comma 7 - saranno evidenziati i risultati di tutte le suddette attività.

 

Si ricorda che il citato articolo 41 della legge di contabilità detta la disciplina per l’elaborazione e la presentazione, da parte del dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’economia e delle finanze, di un Rapporto sulla spesa delle amministrazioni dello Stato.

Tale Rapporto - che è elaborato ogni tre anni a partire da quello successivo all’istituzione della banca dati delle amministrazioni pubbliche prevista dall'articolo 13 delle legge - deve illustrare la composizione e l’evoluzione della spesa, i risultati conseguiti con le misure adottate ai fini del controllo della stessa, nonché i risultati relativi al miglioramento del livello di efficienza delle amministrazioni.

Il termine per la predisposizione del Rapporto, che è successivamente inviato al Parlamento, è fissato entro il 20 luglio dell’ultimo anno di ciascun triennio.


 

Articolo 10, commi 1- 5
(Riduzione delle spese dei Ministeri)

 

 

I commi da 1 a 5 dell'articolo 10 recano disposizioni finalizzate alla riduzione delle spese delle amministrazioni centrali dello Stato a decorrere dal 2012.

In particolare, il comma 2 stabilisce che, a decorrere dall’anno 2012, le amministrazioni centrali dello Stato devono assicurare una riduzione della spesa sia in termini di saldo netto da finanziare sia in termini di indebitamento netto, corrispondente agli importi individuati nell'allegato C al decreto in esame.

La riduzione di spesa è complessivamente pari, in termini di saldo netto, a 1.500 milioni di euro nel 2012, a 3.500 milioni nel 2013 e a 5.000 milioni di euro nel 2014; in termini di indebitamento netto a 1.000 milioni nel 2012, a 3.500 milioni nel 2013 e a 5.000 milioni nel 2014.

Si riporta qui di seguito il contenuto dell’allegato C al decreto, in cui sono le riduzioni di spesa ripartite tra i diversi Ministeri.

 

RIDUZIONI DI SPESA DEI MINISTERI
(milioni di euro)

 

SALDO NETTO DA FINANZIARE

INDEBITAMENTO NETTO

MINISTERI

2012

2013

2014

2012

2013

2014

ECONOMIA E FINANZE

711,7

735,2

1.390,1

409,2

735,2

1.390,1

SVILUPPO ECONOMICO

95,3

1.880,2

1.963,4

47,6

1.880,2

1.963,4

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

22,2

22,9

42,7

14,3

22,9

42,7

GIUSTIZIA

54,5

66,7

124,4

41,8

66,7

124,4

AFFARI ESTERI

42,6

49,0

91,3

29,7

49,0

91,3

ISTRUZIONE, UNIVERSITA' RICERCA

30,0

33,7

62,9

25,9

33,7

62,9

INTERNO

113,0

141,6

263,8

96,7

141,6

263,8

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

25,7

30,8

57,5

13,1

30,8

57,5

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

46,0

55,4

103,2

26,4

55,4

103,2

DIFESA

299,6

413,5

769,1

249,4

413,5

769,1

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

33,1

40,5

74,6

22,1

40,5

74,6

BENI ATTIVITA' CULTURALI

12,5

14,9

27,8

11,7

14,9

27,8

SALUTE

13,7

15,7

29,3

12,1

15,7

29,3

TOTALE

1.500

3.500

5.000

1.000

3.500

5.000

 

Dalle riduzioni di spesa sono esclusi (comma 1):

§      il Fondo per il finanziamento ordinario delle università;

§      le risorse destinate alla ricerca, all’istruzione scolastica e al finanziamento del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche;

§      il fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge n. 163 del 1985[30];

§      le risorse destinate alla manutenzione ed alla conservazione dei beni culturali;

§      il fondo per le aree sottoutilizzate (per il solo anno 2012).

A tali tipologie di spese non si applicano neanche le successive disposizioni di cui ai commi da 3 a 5.

 

Nelle more della definizione degli interventi correttivi volti al conseguimento degli obiettivi di riduzione sopra indicati, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad accantonare e rendere indisponibile una quota delle risorse iscritta nel bilancio pluriennale dello Stato, per un ammontare pari agli importi indicati nell'allegato C (comma 3).

L’accantonamento è effettuato nell'ambito delle spese rimodulabili, di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge n. 196 del 2009, delle missioni di spesa di ciascun Ministero interessato.

Ai sensi dell'articolo 21, comma 5 della legge n. 196 del 2009[31], concernente il bilancio di previsione, le spese, nell'ambito di ciascun programma si ripartiscono in:

a) spese non rimodulabili;

b) spese rimodulabili.

 

Mentre le spese non rimodulabili sono quelle per le quali l'amministrazione non ha la possibilità di esercitare un effettivo controllo, in via amministrativa, sulle variabili che concorrono alla loro formazione, allocazione e quantificazione, le spese rimodulabili si dividono a loro volta in:

-        fattori legislativi, ossia le spese autorizzate da espressa disposizione legislativa che ne determina l'importo, considerato quale limite massimo di spesa, e il periodo di iscrizione in bilancio;

-        spese di adeguamento al fabbisogno, ossia spese non predeterminate legislativamente che sono quantificate tenendo conto delle esigenze delle amministrazioni.

Le autorizzazioni di spesa di fattore legislativo sono rimodulabili con il disegno di legge di bilancio, per motivate esigenze, in via compensativa.

 

Spetta ai Ministri competenti proporre - in sede di predisposizione del disegno di legge di stabilità per il triennio 2012-2014 - gli interventi correttivi necessari per la realizzazione degli obiettivi di riduzione di spesa indicati nell'allegato C.

Il Ministro dell’economia e delle finanze verifica gli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica derivanti dagli interventi proposti, ai fini del rispetto degli obiettivi di risparmio prefissati (comma 4).

 

Nel caso in cui, a seguito della verifica, gli interventi correttivi predisposti dai Ministri competenti non risultino adeguati al conseguimento dei prefissati obiettivi in termini di indebitamento netto, si prevede che:

§      il Ministro dell’economia e delle finanze riferisca al Consiglio dei Ministri;

§      ed eventualmente, con la legge di stabilità, è disposta la corrispondente riduzione delle dotazioni finanziarie, nell'ambito delle spese rimodulabili delle missioni di spesa di ciascun Ministero interessato, a valere sulle risorse provvisoriamente accantonate e rese indisponibili nelle more della definizione degli interventi correttivi (comma 5).

 

Le relazioni tecnica allegata al provvedimento evidenzia come le norme in esame mirino a superare il criterio dei cosiddetti “tagli lineari” ai fini del concorso al raggiungimento degli obiettivi programmati di finanza pubblica delle Amministrazioni centrali dello Stato. Si prevede, infatti, che in luogo del criterio della riduzione lineare delle dotazioni finanziarie delle spese rimodulabili previste a legislazione vigente, i Ministeri propongano, in sede di predisposizione del disegno di legge di stabilità per il triennio 2012 – 2014, le iniziative legislative necessarie ai fini del conseguimento degli obiettivi di riduzione di spesa fissati nella tabella allegata al decreto. Ai fini del rispetto degli obiettivi medesimi, gli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica derivanti dagli interventi correttivi proposti saranno sottoposti a verifica del Ministro dell’Economia e della Finanze.

 

Si ricorda che l’utilizzo dei tagli lineari è stato strumento più volte utilizzato al fine del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica. Tale utilizzo, a seguito della riforma di contabilità nazionale, avvenuta con legge n. 196/2009, si è concretizzato anche nei termini di clausola di salvaguardia degli effetti finanziari dei provvedimenti legislativi adottati.

Da ultimo, si ricorda in proposito l’articolo 2 del decreto-legge n. 78 del 2010[32], che ha disposto, a decorrere dal 2011, una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie, iscritte nel bilancio dello Stato a legislazione vigente nell’ambito delle spese rimodulabili delle missioni di spesa di ciascun Ministero, con l’esclusione delle risorse destinate al fondo ordinario delle università; all’informatica; alla ricerca; al 5 per mille del gettito IRE.

Si richiama, inoltre, l’articolo 1, comma 13 della legge n. 220/2010 (legge di stabilità 2011) la quale ha stimato in non meno di 2.400 milioni di euro per il 2011 i proventi relativi all’assegnazione dei diritti d’uso di frequenze radioelettriche per servizi di comunicazione elettronica (commi 8-12), stabilendo che, nel caso di scostamenti rispetto alla previsione di entrata, il Ministro dell’economia provvede con decreto alla riduzione lineare, sino a concorrenza, delle spese rimodulabili delle missioni di spesa di ciascun Ministero. Dalla riduzione è escluso il Fondo ordinario delle università e le risorse destinate alla ricerca ed al finanziamento del 5 per mille.

Con riferimento a tale previsione, si osserva che il comma 1-bis dell’articolo 40 del decreto legge in esame, introdotto nel corso dell’esame al Senato, prevede che gli accantonamenti disposti, prima della data di entrata in vigore del provvedimento in commento ai sensi della citata disciplina, sono resi definitivi e che le entrate previste per l’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze radioelettriche, pari a 2.400 milioni di euro, siano conseguentemente destinate al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.


 

Articolo 10, comma 6
(Abrogazione dell’articolo 8, comma 5 del decreto legge n. 78/2010 in materia di razionalizzazione e riduzione delle spese per consumi intermedi delle amministrazioni dello Stato)

 

 

Il comma 6 dell'articolo 10 dispone l'abrogazione dell’articolo 8, comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2010[33], che recava disposizioni volte ad ottimizzare la spesa per consumi intermedi delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato al fine di conseguire una riduzione annua della medesima spesa in misura pari al 3 per cento nel 2012 e al 5 per cento a decorrere dal 2013 rispetto alla spesa del 2009.

 

In particolare, la norma prevedeva che il Ministero dell'economia, entro il 31 marzo 2011, fornisse criteri di riferimento ed indicazioni per l'efficientamento della spesa, sulla base della rilevazione effettuata utilizzando le informazioni ed i dati forniti dalle Amministrazioni, nonché sulla base del programma di razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi.

La Consip S.p.A. doveva fornire supporto a tale iniziativa, potendo prendere in considerazione le eventuali proposte formulate dai nuclei interministeriali di analisi e valutazione della spesa.

Entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge n. 78 (31 luglio 2010) la norma abrogata prevedeva l’adozione da parte del Ministero dell’economia e finanze di una circolare volta a fissare schemi nonché modalità di trasmissione per la comunicazione al medesimo Ministero da parte delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato di dati ed informazioni sulle voci di spesa per consumi intermedi.

La circolare in oggetto è stata adottata in data 22 dicembre 2010.

Sulla base dei criteri e delle indicazioni fornite dal Ministero dell’economia e finanze, le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato erano tenute ad elaborare piani di razionalizzazione finalizzati a ridurre la spesa annua per consumi intermedi del 3 per cento nel 2012 e del 5 per cento a decorrere dal 2013 rispetto alla spesa del 2009 al netto delle assegnazioni per il ripiano dei debiti pregressi di cui all'articolo 9 del decreto-legge n. 185 del 2008.

I piani dovevano essere trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze entro il 30 giugno 2011 ed attuati dalle predette amministrazioni al fine di garantire i risparmi previsti.

In caso di mancata elaborazione o comunicazione dei piani, si sarebbe operata riduzione del 10 per cento degli stanziamenti relativi alla predetta spesa.

In caso di mancato rispetto degli obiettivi del piano, le risorse dell'Amministrazione inadempiente sarebbero state ridotte dell'8 per cento rispetto allo stanziamento dell'anno 2009.

Il comma, infine, prevedeva un aggiornamento annuale del piano di razionalizzazione affinché la spesa complessiva non superasse il limite fissato.


 

Articolo 10, comma 7
(Definanziamento delle leggi di spesa non utilizzate
nell’ultimo triennio)

 

 

Il comma 7 dell'articolo 10 dispone il definanziamento delle autorizzazioni di spesa i cui stanziamenti annuali, iscritti nel bilancio dello Stato relativamente agli esercizi 2008, 2009 e 2010, sulla base delle risultanze del rendiconto generale dello Stato dei relativi esercizi finanziari, risultano non impegnati.

 

La norma sembra far riferimento, come precisato nella relazione tecnica (A.S. 2814), a quelle autorizzazioni di spesa i cui stanziamenti annuali siano risultati totalmente non impegnati con riferimento a ciascuno degli anni indicati, ossia che abbiano costituito economie di bilancio in ciascuno degli esercizi finanziari 2008, 2009 e 2010.

 

Tali autorizzazioni di spesa da definanziare sono individuate, per ciascun Ministero, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, entro il 30 settembre 2011, successivamente, quindi, alla definizione degli stanziamenti suddetti in sede di consuntivo 2010[34].

Nel citato DPCM saranno indicate anche le effettive disponibilità finanziare esistenti per l’anno 2010, per ciascuna autorizzazione legislativa, alla data di entrata in vigore del provvedimento.

Le disponibilità finanziarie, come individuate dal DPCM, sono destinate al fondo ammortamento titoli di Stato, previa rassegnazione all’entrata del bilancio dello Stato.

 

Il Fondo ammortamento titoli di Stato è stato istituito dalla legge 27 ottobre 1993, n. 432 con l’obiettivo di destinare i proventi delle operazioni di privatizzazione alla riduzione del debito pubblico, è attualmente disciplinato dal D.Lgs. 30 dicembre 2003, n. 396 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di debito pubblico” (Testo A), Capo III del Titolo I (artt. 44-52).

Per quanto concerne i meccanismi di funzionamento del Fondo si ricorda che inbase all’art. 48 del D.P.R. n. 397/2003 le disponibilità che affluiscono al Fondodebbono essere interamente impiegate nell'acquisto di titoli di Stato o nel rimborso di titoli in scadenzaa decorrere dal 1995, nonché per l'acquisto di partecipazioni azionarie possedute da società delle quali il Tesoro sia unico azionista, ai fini della loro dismissione.

Le risorse finanziarie di cui il Fondo può disporre sono individuate dall’art. 45 del D.Lgs. n. 396/2003 in:

a)       titoli di Stato corrisposti dagli acquirenti come prezzo dovuto per la vendita di beni del patrimonio immobiliare ovvero di partecipazioni dello Stato;

b)       proventi relativi alla vendita di partecipazioni dello Stato; sono in ogni caso esclusi i proventi derivanti dalle dismissioni immobiliari;

c)       gettito derivante da entrate straordinarie dello Stato;

d)       eventuali assegnazioni da parte del Ministero dell’economia e delle finanze;

e)       proventi derivanti da donazioni o da disposizioni testamentarie, comunque destinate al conseguimento delle finalità del Fondo;

f)        proventi derivanti dalla vendita di attività mobiliari e immobiliari confiscate dall'autorità giudiziaria e corrispondenti a somme sottratte illecitamente alla pubblica amministrazione.

Le somme destinate al Fondo affluiscono all’entrata del bilancio dello Stato, per essere poi trasferite ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’economia (capitolo 9565 dell’UPB 26.2.9) ed essere, infine, accreditate presso la Banca d'Italia, in un conto intestato appunto al Fondo.

 

Si evidenziain proposito che l’articolo 1 del decreto legge n. 78/2010[35] già dispone il definanziamento delleautorizzazioni di spesa i cui stanziamenti annuali, iscritti nel bilancio dello Stato relativamente agli esercizi 2007, 2008 e 2009, sulla base delle risultanze del rendiconto generale dello Stato dei relativi esercizi finanziari, risultano non impegnati.


 

Articolo 10, commi 8-10
(Disposizioni sui residui: riduzione del termine di perenzione, procedura di ricognizione e abrogazione delle norme sulla conservazione dei residui di stanziamento)

 

 

I commi da 8 a 10 recano disposizioni modificative della disciplina sui termini di perenzione dei residui e della procedura di ricognizione annuale degli stessi, nonché abrogazioni di norme che dispongono la conservazione in deroga dei residui di stanziamento.

 

Il comma 8 dell'articolo 10 – mediante una novella ai primi tre commi dell'articolo 36 del regio decreto n. 2440 del 1923[36] - dispone la riduzione del termine per la perenzione dei residui passivi propri di conto capitale e di alcuni residui passivi di parte corrente.

 

Più in dettaglio, secondo quanto previsto dal primo comma del citato articolo 36 viene anzitutto ridotto da tre [37] a due anni il termine di perenzione dei residui passivi propri di conto capitale (ossia il termine di iscrizione in bilancio delle somme di conto capitale impegnate ma non pagate nel corso degli esercizi precedenti, i c.d. residui[38]), analogamente a quanto già previsto per i residui passivi di parte corrente.

 

Il previgente articolo 36, terzo comma, del regio decreto n. 2440 del 1923 stabiliva invece che i residui delle spese in conto capitale, derivanti da importi che lo Stato avesse assunto obbligo di pagare per contratto o in compenso di opere prestate o di lavori o di forniture eseguiti, non pagati entro il terzo esercizio successivo a quello in cui era stato iscritto il relativo stanziamento, si intendessero perenti agli effetti amministrativi.

 

Si ricorda che la perenzione amministrativa consiste nell'eliminazione dalla contabilità finanziaria dei residui passivi, una volta decorso un determinato lasso di tempo. La perenzione, fino alla decorrenza dei termini per la prescrizione, non comporta la decadenza del diritto del creditore: nel momento in cui deve essere effettuato il relativo pagamento, le somme di volta in volta occorrenti devono essere reiscritte in bilancio per essere pagate (D.P.R. 24 aprile 2001, n. 270).

 

La novella apportata all'articolo 36, primo comma, prevede altresì la soppressione della disposizione che consentiva, per i residui di spese correnti concernenti spese per lavori, forniture e servizi, di essere mantenuti in bilancio fino al terzo esercizio successivo a quello in cui era stato iscritto il relativo stanziamento. Anche per tali residui, pertanto, il termine di perenzione viene portato a due anni.

 

Per effetto della modifica apportata all'articolo 36, secondo comma, del Regio Decreto n. 2440 del 1923 le somme stanziate per spese in conto capitale non impegnate alla chiusura dell'esercizio costituiscono economie di bilancio.

Fanno eccezione gli stanziamenti iscritti in forza di disposizioni legislative entrate in vigore nell'ultimo quadrimestre del precedente esercizio, che possono essere mantenuti in bilancio come residui non oltre l'esercizio successivo a quello cui si riferiscono.

 

Il previgente secondo comma dell'articolo 36 prevedeva invece che le suddette somme stanziate e non impegnate alla chiusura dell'esercizio potessero essere mantenute in bilancio come residui non oltre l'esercizio successivo a quello cui si riferivano.

Tuttavia, nel caso di stanziamenti iscritti in forza di disposizioni legislative entrate in vigore nell'ultimo quadrimestre dell'esercizio precedente, il periodo di conservazione in bilancio era protratto di un anno.

 

Infine il nuovo articolo 36, terzo comma, del regio decreto n. 2440 del 1923 disciplina le somme che hanno costituito economie di bilancio relative alla prima annualità di una autorizzazione di spesa pluriennale: per tali somme si prevede che possano essere reiscritte con la legge di bilancio, per un solo esercizio finanziario, nella competenza dell’esercizio successivo a quello terminale della stessa autorizzazione.

Tale disposizione non si applica tuttavia alle autorizzazioni di spesa permanenti e dei fondi del personale, del fondo occupazione, del fondo opere strategiche e del fondo per le aree sottoutilizzate. Per tali fondi, continuano ad applicarsi le attuali disposizioni di conservazione in deroga.

 

Il comma 9 dell'articolo 10 introduce talune modifiche alla disciplina, di cui all’articolo 3, comma 39, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), che reca le modalità di quantificazione dell’ammontare degli stanziamenti in conto residui da eliminare a seguito di apposito programma di ricognizione, e le modalità di successivo utilizzo.

 

Si ricorda che con i commi da 37 a 39 dall’articolo 3 della legge n. 244 del 2007 è stata avviata una riqualificazione del bilancio dello Stato attraverso un programma di ricognizione dei residui passivi.

In particolare il comma 37 ha previsto che, con cadenza triennale a partire dal 2008, si debba effettuare l'analisi e la valutazione dei residui passivi propri di conto capitale, consistenti in somme riferibili ad impegni registrati dalle amministrazioni in base ad atti formali[39], al fine di verificare la permanenza dei presupposti per il loro mantenimento in bilancio, cioè l’esistenza di obbligazioni giuridicamente perfezionate.

Il comma 38 ha dettato le modalità con le quali opera la ricognizione di cui al comma 37. In particolare, si prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con le amministrazioni interessate, promuova un programma di ricognizione dei residui passivi, da attuare in seno alla Conferenza permanente tra i rappresentanti degli uffici centrali del bilancio e quelli dei corrispondenti uffici delle amministrazioni interessate, istituita presso ciascun ufficio centrale del bilancio. Il programma di ricognizione deve concludersi entro il 30 aprile, con l'individuazione dei residui passivi per i quali non ricorrono più i presupposti (cioè l’esistenza di un’obbligazione giuridicamente perfezionata sottostante) per il loro mantenimento in bilancio.

Il comma 39, nel testo vigente anteriormente alla modifiche ad esso apportate dal provvedimento in esame, ha previsto altresì che, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati, venga quantificato:

-        l’ammontare degli stanziamenti in conto residui da eliminare ai sensi del comma precedente, che devono essere conseguentemente versati dalle amministrazioni interessate all’entrata del bilancio dello Stato;

-        l’ammontare degli stanziamenti da iscrivere, compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica e comunque nei limiti degli effetti positivi stimati in ciascun anno in termini di indebitamento netto conseguenti alla eliminazione dei residui, in appositi fondi da istituire negli stati di previsione delle amministrazioni medesime per il finanziamento di nuovi programmi di spesa o di quelli già esistenti. L’utilizzazione di tali fondi doveva essere disposta con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro interessato, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

Le modifiche apportate dalla norma in esame all’articolo 3, comma 39, della legge n. 244 del 2007 sono sostanzialmente le seguenti:

a)      viene introdotto un limite massimo (pari del 50 per cento dei versamenti) all’ammontare degli stanziamenti da iscrivere in bilancio compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica e comunque nei limiti degli effetti positivi stimati in ciascun anno in termini di indebitamento netto conseguenti alla eliminazione dei residui;

b)      si prevede che i suddetti stanziamenti siano iscritti in apposito fondo da istituire nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per il finanziamento di nuovi programmi di spesa o di quelli già esistenti. Quest'unico fondo va pertanto a sostituire la pluralità di fondi che - secondo la norma previgente - andavano appositamente istituiti negli stati di previsione delle amministrazioni interessate.

 

Il comma 10 dispone l'abrogazione, a decorrere dal 1° gennaio 2012, di tutte le norme che dispongono la conservazione nel conto dei residui di somme iscritte negli stati di previsione dei Ministeri, non impegnate al termine dell'esercizio precedente, ai fini del loro utilizzo nell'esercizio successivo.

 

Si ricorda che, per quanto concerne gli impegni di spesa, l'articolo 34 della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità) prevede che le spese sono impegnate ed ordinate, nei limiti delle risorse assegnate in bilancio, dai dirigenti, nell'ambito delle attribuzioni ad essi demandate per legge.

Formano impegni sugli stanziamenti di competenza le sole somme dovute dallo Stato a seguito di obbligazioni giuridica­mente perfezionate.

Gli impegni assunti possono riferirsi soltanto all'esercizio in corso. Previo assenso del Ministero dell'economia e delle finanze, con salvaguardia della compatibilità con il fabbisogno e l'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, per le spese correnti possono essere assunti impegni estesi a carico di esercizi successivi, nei limiti delle risorse stanziate nel bilancio pluriennale a legislazione vigente, ove ciò sia indispensabile per assicurare la continuità dei servizi, e quando si tratti di spese continuative e ricorrenti, se l'amministrazione ne riconosca la necessità o la convenienza.

Le spese per stipendi ed altri assegni fissi equivalenti, pensioni ed assegni congeneri sono imputate alla competenza del bilancio dell'anno finanziario in cui vengono disposti i relativi pagamenti, fatta eccezione per le competenze dovute a titolo di arretrati relativi ad anni precedenti derivanti da rinnovi contrattuali per le quali è consentita l'imputazione in conto residui.

Per gli impegni di spesa in conto capitale che prevedano opere o interventi ripartiti in più esercizi si applicano le disposizioni dell'articolo 30, comma 2, che prevedono che i relativi pagamenti devono, comunque, essere contenuti nei limiti delle autorizzazioni annuali di bilancio.

Alla chiusura dell'esercizio finanziario il 31 dicembre, nessun impegno può essere assunto a carico dell'esercizio scaduto. Gli uffici centrali del bilancio e le ragionerie territoriali dello Stato per le spese decentrate si astengono dal ricevere atti di impegno che dovessero pervenire dopo tale data, fatti salvi quelli diretta­mente conseguenti all'applicazione di provvedimenti legislativi pubblicati nell'ultimo quadrimestre dell'anno.

 

Sono tuttavia escluse dall'abrogazione disposta dalla disposizione in esame le norme relative:

§      ai fondi del personale;

§      al fondo occupazione;

§      al fondo opere strategiche;

§      al fondo per le aree sottoutilizzate.

 

Al riguardo, si ricorda che, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 88 del 2011[40], il Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all'articolo 61 della legge n. 289 del 2002, ha assunto la denominazione di Fondo per lo sviluppo e la coesione.

Il Fondo per lo sviluppo e la coesione è finalizzato a dare unità programmatica e finanziaria all'insieme degli interventi aggiuntivi a finanziamento nazionale, che sono rivolti al riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese.


 

Articolo 10, commi 11-13
(Disposizioni in materia di impegni )

 

 

I commi da 11 a 13 dell'articolo 10 recano disposizioni in materia di impegni di spesa.

 

In particolare il comma 11 prevede l’obbligo per gli uffici centrali del bilancio e le ragionerie territoriali dello Stato per le spese decentrate di verificare, ai fini della registrazione dell’impegno di spesa, l’effettiva sussistenza dell’obbligazione giuridicamente perfezionata che, ai sensi della legge di contabilità (articolo 34, comma 2, legge 196/2009) deve essere ad esso sottostante, identificando l'atto o il contratto cui da consegue l’obbligo dello Stato ed il conseguente diritto di terzi.

 

I commi 12 e 13 prevedono la possibilità di limitare l'assunzione di impegni in determinate circostanze.

 

Il comma 12 stabilisce che il Ministro dell'economia e delle finanze - in presenza di uno scostamento rilevante rispetto agli obiettivi indicati per l'anno considerato dal Documento di economia e finanza (c.d. DEF) e da eventuali aggiornamenti - previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, con proprio decreto da pubblica in Gazzetta ufficiale, possa disporre la limitazione:

§      all'assunzione di impegni di spesa

§      all'emissione di titoli di pagamento a carico del bilancio dello Stato.

Il blocco può essere disposto entro limiti percentuali determinati in misura uniforme rispetto a tutte le dotazioni di bilancio.

 

Dal blocco sono comunque escluse le cosiddette spese obbligatorie ai sensi dell’articolo 21, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 21, comma 6 citato le spese obbligatorie - che rientrano tra i c.d. oneri inderogabili - sono quelle relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse, le spese per interessi passivi, quelle derivanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento di mutui, nonché quelle così identificate per espressa disposizione normativa.

 

Contestualmente alla loro adozione, i decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, di cui all’articolo 3, comma 39 della legge finanziaria 2008 (legge n. 244/2007), con i quali è quantificato l’ammontare degli stanziamenti in conto residui da eliminare, corredati da apposite relazioni, sono trasmessi alle Camere.

E’ presumibile che il richiamo qui effettuato a tali decreti - disciplinati dall’articolo 3, comma 39 della legge n. 244/2007, disposizione peraltro modificata dal precedente comma 12 dell’articolo 10 del decreto in esame - si debba intendere nel senso che, in tali decreti in sede di quantificazione dei residui da eliminare sono indicate le somme per cui è stato disposto il blocco degli impegni.

 

La relazione tecnica (A.S. 2814) afferma che il meccanismo del blocco degli impegni e dei pagamenti sopra delineato ripropone per la massima parte l’analoga misura contenuta nell’articolo 1, comma 3 del decreto legge n. 194/2002[41].

 

Il comma 13 prevede che, per le medesime finalità di cui al comma precedente (ossia, si presume, nell'ipotesi di uno scostamento rilevante rispetto agli obiettivi indicati nel DEF), il Ministro dell'economia e delle finanze possa disporre, con proprio decreto, sentito il Ministro vigilante, la riduzione delle spese di funzionamento degli enti e organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato, inclusi nell’elenco degli enti appartenenti al conto economico consolidato della pubblica amministrazione redatto dall’ISTAT, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge di contabilità (legge n. 196 del 2009)[42].

 

 

La disposizione non si applica comunque

§      agli enti territoriali;

§      agli enti vigilati dagli enti territoriali;

§      agli organi costituzionali.

Gli organismi interni di revisione e di controllo vigilano sull’applicazione di tale decreto, assicurando la congruità delle conseguenti variazioni di bilancio.

Si osserva che non è specificato con quali modalità potrà operare la riduzione delle spese di funzionamento : se in maniera uniforme per i vari enti ed organismi coinvolti (in relazione alle rispettive dotazioni di bilancio) o se saranno possibili interventi selettivi.

 

Il maggiore avanzo derivante dalle riduzioni di spese disposte ai sensi della norma in esame è indisponibile; è possibile tuttavia, con successivo decreto, che esso possa essere reso disponibile.

 


 

Articolo 10, commi 14 e 15
(Flessibilità di bilancio)

 

 

Il comma 14 dell'articolo 10 consente, per gli anni 2012, 2013 e 2014, in via sperimentale e nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, la possibilità di adottare variazioni compensative tra le dotazioni finanziarie relative alle spese rimodulabili del bilancio dello Stato (di cui all’articolo 21, comma 5, lettera b), della legge n. 196 del 2009), nell’ambito di ciascun Ministero, anche tra programmi differenti.

La misura della variazione, qualora siano interessate autorizzazioni di spesa di fattore legislativo, non deve comunque pregiudicare il conseguimento delle finalità definite dalle relative norme sostanziali, e, comunque non può superare il limite del 20 per cento delle risorse finanziarie complessivamente stanziate.

 

La disposizione ribadisce, inoltre, il divieto di dequalificazione della spesa, affermando che resta precluso l'utilizzo degli stanziamenti in conto capitale per il finanziamento delle spese di parte corrente.

 

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 21 della legge n. 196 del 2009[43], concernente il bilancio di previsione, le spese, nell'ambito di ciascun programma si ripartiscono in:

a)       spese non rimodulabili;

b)       spese rimodulabili.

 

Mentre le spese non rimodulabili sono quelle per le quali l'amministrazione non ha la possibilità di esercitare un effettivo controllo, in via amministrativa, sulle variabili che concorrono alla loro formazione, allocazione e quantificazione, le spese rimodulabili si dividono a loro volta in:

-        fattori legislativi, ossia le spese autorizzate da espressa disposizione legislativa che ne determina l'importo, considerato quale limite massimo di spesa, e il periodo di iscrizione in bilancio;

-        spese di adeguamento al fabbisogno, ossia spese non predeterminate legislativamente che sono quantificate tenendo conto delle esigenze delle amministrazioni.

Le autorizzazioni di spesa di fattore legislativo sono rimodulabili con il disegno di legge di bilancio, per motivate esigenze, in via compensativa.

 

La procedura delineata dalla disposizione in esame per l'adozione delle variazioni delle dotazioni delle spese rimodulabili è la seguente:

§      la variazione viene disposta con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente. Viene altresì precisato che le variazioni disposte con tali decreti hanno effetto esclusivamente per l’esercizio in corso;

§      sugli schemi di decreto è previsto il parere delle Commissioni competenti per materia e per i profili di carattere finanziario, che deve essere espresso entro quindici giorni dalla data di trasmissione; i decreti possono comunque essere adottati qualora sia decorso il termine senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza. Nell’ipotesi in cui siano interessate autorizzazioni di spesa di fattore legislativo, invece, vi deve essere il parere favorevole delle competenti commissioni parlamentari.

§      qualora il Parlamento non approvi la variazione corrispondente in sede di esame del disegno di legge di assestamento, i suddetti decreti perdono efficacia fin dall’inizio.

 

Al riguardo, si ricorda che, secondo quanto stabilito dall'articolo 33, comma 3, della legge di contabilità, con il disegno di legge di assestamento possono essere proposte, limitatamente all'esercizio in corso, variazioni compensative tra le dotazioni finanziarie relative a programmi di una stessa missione con le modalità previste per la legge di bilancio.

 

Il successivo comma 15 reca una norma interpretativa dell’articolo 21, comma 6, secondo e terzo periodo, della legge di contabilità (legge n. 196/2009), il quali indicano le spese che rientrano nella categoria delle spese non rimodulabili del bilancio dello Stato.

 

Il comma 6 dell'articolo 21 della legge n. 196 del 2009 disciplina, nell'ambito del bilancio di previsione, le c.d. spese non rimodulabili.

Tali spese, ai sensi del primo periodo del comma, sono quelle per le quali l'amministrazione non ha la possibilità di esercitare un effettivo controllo, in via amministrativa, sulle variabili che concorrono alla loro formazione, allocazione e quantificazione. Esse, afferma il secondo periodo, corrispondono alle spese definite «oneri inderogabili», in quanto vincolate a particolari meccanismi o parametri che regolano la loro evoluzione, determinati sia da leggi sia da altri atti normativi.

Ai sensi del terzo periodo del comma 6, rientrano tra gli oneri inderogabili le cosiddette spese obbligatorie, ossia quelle relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse, le spese per interessi passivi, quelle derivanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento di mutui, nonché quelle così identificate per espressa disposizione normativa.

 

 

 

Per effetto della norma in esame, nell’ambito degli oneri inderogabili rientrano esclusivamente le spese cosiddette obbligatorie, ossia:

§      le spese relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse;

§      le spese per interessi passivi;

§      le spese derivanti da obblighi comunitari e internazionali;

§      le spese per ammortamento di mutui;

§      le spese vincolate a particolari meccanismi o parametri, determinati da leggi che regolano la loro evoluzione.


 

Articolo 10, comma 16
(Modifica del termine per la ricognizione delle amministrazioni del conto della P.A. effettuata dall’Istat)

 

 

Il comma 16 dell'articolo 10 dispone il posticipo - dal 31 luglio al 30 settembre - del termine entro cui l'ISTAT effettua annualmente, con proprio provvedimento, la ricognizione delle amministrazioni pubbliche ai fini della legge n. 196 del 2009.

 

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1della legge n. 196 del 2009[44], l'ISTAT opera annualmente, con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (entro il 31 luglio secondo il testo previgente), la ricognizione delle amministrazioni pubbliche.

Ai fini della legge di contabilità, per amministrazioni pubbliche si intende l'insieme degli enti e degli altri soggetti che costituiscono il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche individuati dall'ISTAT sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti comunitari.

 

Si ricorda altresì che da ultimo, con il Comunicato 24 luglio 2010[45],sono state individuate le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato.


 

Articolo 10, comma 17 e 18
(Estinzione di crediti maturati nei confronti dei Ministeri)

 

 

I commi 17 e 18 dell'articolo 10 recano disposizioni concernenti l'estinzione di crediti maturati nei confronti dei Ministeri al 31 dicembre 2010.

 

Il comma 17 stabilisce che - per provvedere all'estinzione dei crediti, maturati nei confronti dei Ministeri alla data del 31 dicembre 2010 – un incremento per l'anno 2011 il fondoper l'estinzione dei debiti pregressi delle amministrazioni centrali di cui all'articolo 1, comma 50, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

Deve comunque trattarsi di crediti:

§      il cui pagamento rientranti tra le regolazioni debitorie pregresse, in base ai criteri di contabilità nazionale;

§      il cui ammontare è accertato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, anche sulla base delle risultanze emerse con circolare n. 38 del 15 dicembre 2010[46].

 

Si ricorda che l'articolo 1, comma 50, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un Fondo destinato a provvedere all'estinzione dei debiti pregressi contratti dalle amministrazioni centrali dello Stato nei confronti di enti, società, persone fisiche, istituzioni ed organismi vari. La norma ha altresì previsto che alla ripartizione del predetto Fondo si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze su proposta del Ministro competente.

Il citato comma ha inizialmente dotato il Fondo di 170 milioni di euro per l'anno 2006 e a 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008.

Con diverse successive disposizioni normative (art. 9 del decreto-legge 185 del 2008, art. 6, comma 1-bis, D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, art. 9 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78) sono state previste dotazioni aggiuntive del fondo debiti pregressi, da ripartire tra le amministrazioni interessate, sulla base di apposite ricognizioni del debito complessivo, con riferimento agli esercizi 2007-2008.

Pertanto, la relazione tecnica (A.S. 2814) chiarisce, che l’intervento contenuto nel comma in esame è riferito al debito emergente nel biennio 2009-2010.

 

L'incremento per l’anno 2011 del fondo per l'estinzione dei debiti pregressi viene disposta mediante:

§      utilizzo delle disponibilità, per l’anno 2011, del fondo sospesi con la Banca d’Italia di cui all’articolo 2, comma 250, ultimo periodo, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010)

La relazione tecnica afferma che si tratta, al riguardo, di utilizzo di disponibilità del fondo relative ad interventi che hanno già esplicato in passato i loro effetti.

Trattasi infatti, rispettivamente, della cancellazione di scritturazioni in conto sospeso di titoli rimasti insoluti alla chiusura dell’esercizio finanziario di emissione, di speciali ordini di pagamento contabilizzati in conto sospeso ai sensi dell'art. 14 del D.L. n. 669 del 1996 in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali aventi efficacia esecutiva e di anticipazioni agli enti locali in attuazione dell’art. 9 del D.L. n. 669 del 1996.

§      versamento al bilancio dello Stato di una quota - fino a 2 miliardi di euro - delle risorse disponibili relative a rimborsi e compensazioni di crediti di imposta. Si tratta di risorse esistenti presso la contabilità speciale 1778 "Agenzia delle entrate - Fondi di Bilancio".

 

Sempre con riferimento ai crediti maturati nei confronti dei Ministeri alla data del 31 dicembre 2010, il comma 18 ne consente l'estinzione anche ai sensi dell’articolo 1197 del codice civile, in presenza:

§      di richiesta del creditore;

§      di parere conforme dell’Agenzia del demanio.

 

Si ricorda che l'articolo 1197 del codice civile disciplina la prestazione in luogo dell'adempimento (c.d. datio in solutum).

Esso prescrive in particolare che il debitore non può liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta, anche se di valore uguale o maggiore, salvo che il creditore consenta. In questo caso l'obbligazione si estingue quando la diversa prestazione è eseguita.

Se la prestazione consiste nel trasferimento della proprietà o di un altro diritto, il debitore è tenuto alla garanzia per l'evizione e per i vizi della cosa secondo le norme della vendita, salvo che il creditore preferisca esigere la prestazione originaria e il risarcimento del danno.

In ogni caso non rivivono le garanzie prestate dai terzi.

 

Si ricorda altresì che, ai sensi dell'articolo 65 del decreto legislativo n. 300 del 1999[47], all'agenzia del demanio è attribuita l'amministrazione dei beni immobili dello Stato, con il compito di razionalizzarne e valorizzarne l'impiego, di sviluppare il sistema informativo sui beni del demanio e del patrimonio, utilizzando in ogni caso, nella valutazione dei beni a fini conoscitivi ed operativi, criteri di mercato, di gestire con criteri imprenditoriali i programmi di vendita, di provvista, anche mediante l'acquisizione sul mercato, di utilizzo e di manutenzione ordinaria e straordinaria di tali immobili. All'agenzia è altresì attribuita la gestione dei beni confiscati.

 

Si ricorda, peraltro, che ai sensi dell’articolo 1, comma 479, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006), al fine di ottimizzare le attività istituzionali dell'Agenzia del demanio, è operante, nell'ambito dell'Agenzia medesima, la Commissione per la verifica di congruità delle valutazioni tecnico-economico-estimativa con riferimento a vendite, permute, locazioni e concessioni di immobili di proprietà dello Stato e ad acquisti di immobili per soddisfare le esigenze di amministrazioni dello Stato nonché ai fini del rilascio del nulla osta per locazioni passive riguardanti le stesse amministrazioni dello Stato nel rispetto della normativa vigente.

 

Come riportato nella Relazione tecnica (A.S. 2814), la disposizione consentirebbe in sostanza ai Ministeri di estinguere un debito attraverso la cessione di beni immobili e mobili statali destinati alla vendita o comunque alla dismissione. Tale procedura di estinzione dei debiti dei Ministeri risulterebbe essere facoltativo e, quindi, suscettibile di una valutazione caso per caso da parte del soggetto pubblico debitore nonché dell’Agenzia del Demanio. Detta valutazione dovrebbe concernere, da un lato, l’opportunità e la convenienza economica della diversa prestazione resa al creditore e, dall’altro lato, la verifica dell’assenza di situazioni debitorie in capo al creditore stesso che, ad esempio, potrebbero determinare la compensazione dei crediti.

 

Si segnala come la norma in esame non individua alcun criterio a cui i Ministeri interessati e l'Agenzia del demanio dovrebbero fare ricorso per valutare l'opportunità e la convenienza di ricorrere all'istituto della datio in solutum; non viene peraltro delineata alcuna procedura a cui fare riferimento.

Potrebbe essere utile al riguardo quanto affermato nella relazione tecnica (A.S. 2814) circa la necessità di valutare l’opportunità e la convenienza economica della diversa prestazione resa al creditore nonché l'opportunità di verificare l’assenza di situazioni debitorie in suo capo.

Si segnala, inoltre, che la disposizione non prevede una espressa clausola di salvaguardia per i beni di carattere storico-artistico, di rilevanza ambientale ecc.


 

Articolo 10, comma 19
(Elenco dei rappresentanti del MEF nei collegi di revisione delle amministrazioni pubbliche)

 

 

Il comma 19 dell'articolo 10 stabilisce che i rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze nei collegi di revisione o sindacali delle pubbliche amministrazioni (di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001[48]), e delle autorità indipendenti sono iscritti in un elenco, tenuto dal Ministero medesimo.

L'iscrizione nell'elenco è riservata a soggetti in possesso di requisiti professionali adeguati per l’espletamento dell’incarico - che saranno stabiliti con successivo decreto di natura non regolamentare - e diventa requisito necessario per poter rappresentare il Ministero nei collegi di revisione.

 

La disposizione prevede peraltro che, in sede di prima applicazione, siano iscritti nell’elenco in parola:

§      i soggetti che svolgono funzioni dirigenziali, o di pari livello, presso il Ministero dell’economia e delle finanze (ed i soggetti equiparati);

§      i dipendenti del Ministero che, alla data di entrata in vigore del decreto in esame, sono già componenti dei collegi di cui al presente comma.

 

Si segnala che la disposizione in esame non individua una data da cui l'iscrizione nell'elenco inizierà ad espletare la sua efficacia; peraltro anche per l'emanazione del decreto con cui saranno individuati i requisiti professionali necessari per lo svolgimento dell’incarico non viene fissato alcun termine. Viceversa la norma transitoria che prevede, in sede di prima applicazione, l'iscrizione nell'elenco di determinati soggetti, appare di immediata efficacia.

 

Il comma prevede altresì che tanto i soggetti menzionati (dirigenti del Ministero dell’economia e delle finanze e soggetti equiparati, nonché dipendenti del Ministero componenti dei collegi), quanto i magistrati della Corte dei conti possano, comunque, far parte dei collegi di revisione o sindacali delle pubbliche amministrazioni, anche se non iscritti nel registro dei revisori legali e delle società di revisione di cui all’articolo 6 del decreto legislativo n. 39 del 2010[49].

 

Si ricorda che l'articolo 2 del decreto legislativo n. 39 del 2010 ha riservato l’esercizio della revisione legale ai soggetti iscritti in apposito Registro.

Ai sensi del citato articolo 6 il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, sentita la Consob, con proprio regolamento, stabilisce:

a)       il contenuto e le modalità di presentazione delle domande di iscrizione nel Registro dei revisori legali e delle società di revisione;

b)       modalità e termini entro cui esaminare le domande di iscrizione e verificare i requisiti.

Il Ministero dell’economia e delle finanze, se accerta l’insussistenza dei requisiti per l’abilitazione, ne dà comunicazione all’iscritto, assegnandogli un termine non superiore a sei mesi per sanare le carenze. Qualora entro il termine assegnato l’iscritto non abbia provveduto, il Ministero dell’economia e delle finanze sentito l'interessato, dispone con proprio decreto la cancellazione dal Registro.


 

Articolo 10, comma 20
(Limiti per amministrazioni pubbliche a spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre)

 

 

L'articolo 10, comma 20, novella l'ultimo periodo dell’articolo 6, comma 8, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78[50], che disciplina le esclusioni dai limiti alla spesa annua per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza, sostenuta dalle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato.

In particolare, il comma 20 interviene limitatamente alla parte concernente le mostre autorizzate dal Ministero per i beni e le attività culturali, stabilendo che le disposizioni di contenimento di cui al citato comma 8 non si applicano per il 2012, alle mostre autorizzate, nel limite di spesa complessivo di euro 40 milioni di euro, nel rispetto dei limiti derivanti dalla legislazione vigente, nonché dal patto di stabilità interno, dal Ministero per i beni e le attività culturali di concerto, ai soli fini finanziari, con il Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Il citato comma 8 ha ridotto, a decorrere dal 2011, la spesa annua per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza. Tale spesa non potrà essere superiore al 20% della spesa sostenuta nell'anno 2009 per le medesime finalità.

A partire dal 1° luglio 2010, l'organizzazione di convegni, di giornate e feste celebrative, nonché di cerimonie di inaugurazione ed eventi similari, da parte delle amministrazioni dello Stato e delle Agenzie, nonché da parte degli enti e delle strutture da esse vigilati è subordinata alla preventiva autorizzazione del Ministro competente.

L’autorizzazione è concessa solo nei casi in cui non sia possibile limitarsi all’uso dei mezzi di comunicazione istituzionale via internet. In ogni caso, gli eventi autorizzati non devono comportare aumento delle spese destinate alla predette finalità e si devono svolgere al di fuori dell'orario di ufficio, senza comunque corresponsione di compensi per lavoro straordinario o indennità.

La versione originaria dell’ultimo periodo del comma ha previsto che i suddetti limiti non si applicano:

-        ai convegni organizzati dalle università e dagli enti di ricerca;

-        alle mostre realizzate, nell'ambito dell'attività istituzionale, dagli enti vigilati dal Ministero per i beni e le attività culturali;

-        agli incontri istituzionali connessi all'attività di organismi internazionali o comunitari;

-        alle feste nazionali previste da disposizioni di legge e a quelle istituzionali delle Forze armate e di Polizia.

Il comma 20 in esame stabilisce ora che ad essere sottratte all'applicazione del limite di cui all'art. 6, comma 8, del decreto-legge 78/2010 non sono le mostre realizzate, nell'ambito dell'attività istituzionale, dagli enti vigilati dal Ministero per i beni e le attività culturali, bensì quelle che, per il 2012, sono autorizzate, nel limite di spesa complessivo di 40 milioni di euro, nel rispetto dei limiti derivanti dalla legislazione vigente nonché dal patto di stabilità interno, dal medesimo Ministero di concerto, ai soli fini finanziari, con il Ministero dell'economia e delle finanze.


 

Articolo 10, comma 21
(Titoli sequestrati)

 

 

Il comma 21 dell’articolo in commento dispone che i titoli (azioni, obbligazioni, Bot, Cct, ecc.) sequestrati nell'ambito di procedimenti penali o in applicazione di misure di prevenzione patrimoniali o a seguito di irrogazione di sanzioni amministrative (cui fa riferimento l’articolo 2 del D.L. n. 143 del 2008[51]) siano venduti.

La vendita dovrà essere effettuata nel rispetto dei princìpi indicati dall’articolo 6, comma 21-quinquies, del D.L. n. 78 del 2010[52], e secondo i termini e le modalità individuati con il decreto di natura non regolamentare ivi previsto e nei limiti entro i quali è possibile l’utilizzo di beni e valori sequestrati.

 

La disposizione cui si rinvia stabilisce che - con decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri della giustizia e dell’interno, che doveva essere emanato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (legge n. 122 del 30 luglio 2010) – siano dettate specifiche disposizioni per disciplinare termini e modalità per la vendita dei titoli sequestrati, così da garantire la massima celerità del versamento del ricavato dell’alienazione al Fondo unico giustizia, che deve avvenire comunque entro 10 giorni dalla notifica del provvedimento di sequestro, nonché la restituzione all’avente diritto, in caso di dissequestro, esclusivamente del ricavato dell’alienazione.


 

Articolo 11
(Interventi per la razionalizzazione dei processi di approvvigionamento di beni e servizi della Pubblica Amministrazione)

 

 

L'articolo 11 reca disposizioni volte a razionalizzare la spesa per l’acquisto di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione, in particolare attraverso l'incremento dei processi di centralizzazione degli acquisti.

 

L'art. 26 della legge finanziaria per il 2000 (legge 23 dicembre 1999, n. 488) ha assegnato al Ministero dell'economia e delle finanze il compito di stipulare convenzioni quadro per l'approvvigionamento di beni e servizi per la pubblica amministrazione, attraverso l'espletamento di procedure ad evidenza pubblica, avvalendosi di una società che il Ministero ha poi individuato, con D.M. 24 febbraio 2000, nella Consip.

Tale disposizione da dato il via al Programma di razionalizzazione degli acquisti e al complessivo sistema di ottimizzazione e razionalizzazione degli acquisti pubblici.

Il D.P.R. 4 aprile 2002, n. 101[53] ha dettato criteri e modalità per l'espletamento da parte delle amministrazioni pubbliche di procedure telematiche di acquisto per l'approvvigionamento di beni e servizi.

La legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) ha introdotto obblighi di acquisto tramite convenzioni da parte delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, riferiti a determinate tipologie di beni e servizi. Per quanto riguarda le restanti tipologie di beni e servizi, rimane la facoltà delle amministrazioni utilizzare le convenzioni. É stato poi previsto che le centrali regionali e la Consip S.p.a. costituiscono un sistema a rete, perseguendo l'armonizzazione dei piani di razionalizzazione della spesa e realizzando sinergie nell'utilizzo degli strumenti informatici per l'acquisto di beni e servizi. Nel quadro del patto di stabilità interno, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano approva annualmente i programmi per lo sviluppo della rete delle centrali di acquisto della pubblica amministrazione e per la razionalizzazione delle forniture di beni e servizi, definisce le modalità e monitora il raggiungimento dei risultati rispetto agli obiettivi.

Il quadro normativo di riferimento è stato successivamente arricchito dalla legge finanziaria per il 2008, dal decreto-legge 112/2008, dalla legge finanziaria per il 2010 e dal decreto-legge 78/2010.

 

Il comma 1 prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze, a decorrere dal 30 settembre 2011, nell’ambito del Programma di razionalizzazione degli acquisti (cfr. supra), debba:

§      avviare un piano volto all’ampliamento della quota di spesa per gli acquisti di beni e servizi gestita attraverso gli strumenti di centralizzazione;

§      pubblicare sul sito www.acquistinretepa.it con cadenza trimestrale le merceologie per le quali viene attuato il piano.

 

Il Programma per la razionalizzazione degli acquisti nella pubblica amministrazione di Consip mette a disposizione delle amministrazioni strumenti di e-procurement (acquisti in rete) e ha il suo centro operativo nel portale www.acquistinretepa.it.

 

Secondo la relazione illustrativa (A.S. 2814), il piano straordinario sarà attuato partendo da un'analisi ad ampio raggio delle categorie merceologiche di beni e servizi considerati spesa comune (PC, stampanti, buoni pasto, ecc.) e spesa specifica per il settore sanitario (beni e servizi utilizzati nello specifico contesto di riferimento, oltre quelli già trattati, come, ad esempio, ecotomografi, chimica clinica, ecc.). L'attività di analisi porterà all'individuazione delle categorie di beni e servizi per le quali saranno attivate specifiche iniziative di centralizzazione che il Ministero dell'economia realizzerà utilizzando i propri strumenti di negoziazione.

 

Ai sensi del comma 2, il Ministero dell’economia e delle finanze, anche avvalendosi di Consip, deve mettere a disposizione nel contesto del sistema a rete (cfr. supra) il proprio sistema informatico di negoziazione in riuso, anche ai sensi del Codice dell'amministrazione digitale di cui del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, secondo quanto definito con apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporto tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Ai sensi del comma 3, le amministrazioni pubbliche possono altresì richiedere al Ministero dell’economia e delle finanze l’utilizzo del sistema informatico di negoziazione in modalità ASP (Application Service Provider).

Secondo la relazione illustrativa (A.S. 2814), la disposizione in esame è finalizzata a favorire l'utilizzo di strumenti telematici di acquisto anche per le amministrazioni pubbliche che non partecipano propriamente al sistema a rete o che non siano in grado di parteciparvi per ragioni di carattere organizzativo e tecnologico.

Con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze sono previste le relative modalità e tempi di attuazione, nonché i meccanismi di copertura dei costi relativi all’utilizzo, e degli eventuali servizi correlati, del sistema informatico di negoziazione, anche attraverso forme di remunerazione sugli acquisti a carico degli aggiudicatari delle procedure realizzate.

 

Il comma 4 prevede che, per le merceologie per le quali viene attuato il piano previsto dal comma 1, Consip predispone e mette a disposizione delle amministrazioni pubbliche strumenti di supporto alla razionalizzazione dei processi di approvvigionamento di beni e servizi.

A tal fine, Consip:

a)      elabora appositi indicatori e parametri per supportare l’attività delle amministrazioni di misurazione dell’efficienza dei processi di approvvigionamento con riferimento, tra l’altro, all’osservanza delle disposizioni e dei principi in tema di razionalizzazione e aggregazione degli acquisti di beni e servizi, alla percentuale di acquisti effettuati in via telematica, alla durata media dei processi di acquisto;

b)      realizza strumenti di supporto per le attività di programmazione, controllo e monitoraggio svolte dalle amministrazioni pubbliche;

c)      realizza strumenti di supporto allo svolgimento delle attività di controllo da parte dei soggetti competenti sulla base della normativa vigente.

 

Secondo la relazione illustrativa (A.S. 2814), la disposizione in esame ha la finalità di favorire non solo l'attuazione, ma anche il monitoraggio e il controllo del piano straordinario da parte delle amministrazioni acquirenti. Tale disposizione si ricollegherebbe, peraltro, in modo implicito, alle norme contenute nell'art. 2, commi 570-572, della legge finanziaria per il 2008, analoghe e di portata generale.

 

I richiamati commi 570-572 dell'art. 2 della legge finanziaria per il 2008 hanno previsto che il Ministero dell’economia, avvalendosi di Consip, individua indicatori di spesa sostenibile per il soddisfacimento dei fabbisogni collegati funzionalmente alle attività da svolgere, tenendo conto delle caratteristiche di consumo delle specifiche categorie merceologiche e dei parametri dimensionali della singola amministrazione, nonché dei dati di consuntivo. Gli indicatori ed i parametri di spesa sostenibile così definiti sono messi a disposizione delle amministrazioni, anche attraverso la pubblicazione sul portale degli acquisti in rete del Ministero dell’economia e delle finanze e di Consip, quali utili strumenti di supporto e modelli di comportamento secondo canoni di efficienza, nell’attività di programmazione degli acquisti di beni e servizi e nell’attività di controllo. In relazione ai parametri di prezzo-qualità di cui al comma 3 dell’art. 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, il Ministero dell’economia, attraverso Consip, predispone e mette a disposizione delle amministrazioni pubbliche gli strumenti di supporto per la valutazione della comparabilità del bene e del servizio e per l’utilizzo dei detti parametri, anche con indicazione di una misura minima e massima degli stessi.

 

Il comma 5 dispone che dalle attività di cui ai commi da 1 a 4 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Ai sensi del comma 6, laddove non si ricorra alle convenzioni quadro stipulate da Consip, di cui all’art. 1, comma 449, della legge finanziaria per il 2007, gli atti e i contratti posti in essere in violazione dei relativi parametri prezzo-qualità sono nulli, costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilità erariale. Restano escluse le procedure di approvvigionamento già attivate alla data di entrata in vigore del presente provvedimento.

 

Il citato articolo 1, comma 449 della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006) prevede in sintesi che:

-        per le amministrazioni statali centrali e periferiche - ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie - un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze individui, entro il mese di gennaio di ogni anno, le tipologie di beni e servizi per le quali le suddette amministrazioni sono obbligate ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni – quadro stipulate dalla CONSIP. Le tipologie di beni e servizi per le quali vi è l’obbligo di aderire alle convenzioni CONSIP sono state individuate, da ultimo, con il D.M. del 17 febbraio 2009;

-        per le restanti amministrazioni pubbliche (di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 165/2001, tra le quali gli enti territoriali), la facoltà di ricorrere alle convenzioni CONSIP (quelle cui le amministrazioni statali sono invece obbligate ad aderire) o alle convenzioni stipulate dalle centrali regionali di acquisto, ovvero l’obbligo di utilizzarne i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipula dei contratti (art. 26, comma 3, come implicitamente modificato all’articolo 1, comma 449 della legge n. 296/2006)

-        gli enti del servizio sanitario nazionale (aziende sanitarie ed ospedaliere) sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi di beni e servizi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di acquisto di riferimento.

 

La relazione illustrativa (A.S. 2814) evidenzia come la disposizione in esame sia volta a rendere più stringente il vincolo del rispetto dei parametri prezzo-qualità fissati da Consip e dalle centrali regionali, per l’acquisto di beni e servizi.

 

Ai sensi del comma 7, le comunicazioni che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori sono tenuti a effettuare nei confronti dell'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, ai sensi dell’art. 7, comma 8, del Codice degli appalti (D.Lgs. n. 163/2006), sono rese disponibili, anche attraverso accesso al casellario informatico di contratti pubblici di lavori servizi e forniture, agli organi di controllo per la verifica del rispetto dei parametri prezzo qualità di cui al comma 6.

 

Il comma 8 reca una disciplina speciale per gli enti del Servizio Sanitario Nazionale, ai quali si applicano le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo in esame, ferme restando le disposizioni di governance di settore in materia di verifica degli adempimenti (articolo 2 del decreto-legge n. 347/2001 e articolo 22, comma 8, del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78) ai fini dell’applicazione del sistema premiale e sanzionatorio previsto dalla legislazione vigente.

Ai sensi del citato articolo 2 del D.L. n. 347/2001, per gli enti del servizio sanitario nazionale (aziende sanitarie ed ospedaliere) sono le regioni competenti ad attuare le iniziative necessarie per assicurare l’attuazione dei principi relativi al rispetto dei parametri prezzo qualità (comma 1).

 

Il comma 9 prevede che il Ministero dell'economia stipuli - su richiesta delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1 del decreto legislativo 165/2001[54] - convenzioni per l’erogazione dei servizi di pagamento delle retribuzioni, che devono essere efficaci a decorrere dal 1° gennaio 2013.

Con decreto del Ministro dell’economia di natura non regolamentare viene fissato l’elenco dei servizi connessi ai pagamenti ed il relativo contributo da versare su apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnato ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

La relazione illustrativa (A.S. 2814) ricorda che attualmente il Ministero dell'economia eroga servizi c.d. di pay roll nei confronti delle sole amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, incluse le agenzie fiscali, con alcune eccezioni (forze armate), e che diverse amministrazioni territoriali hanno fatto richiesta di accesso a tali servizi, a cui non si è potuto dare seguito in assenza di specifica regolamentazione. La relazione sottolinea che la norma in esame non contiene elementi di obbligatorietà di utilizzo degli strumenti da parte delle amministrazioni pubbliche non statali e, nella logica di leale collaborazione tra diversi livelli di governo nel concorrere agli obiettivi di finanza pubblica concordati con lo Stato in sede europea, consente la discrezionalità nella scelta, fermi restando i canoni di efficienza che riguardano l'intera attività amministrativa.

 

Il comma 10 reca una disposizione speciale per il Ministero della giustizia.

Esso prevede che - con riferimento alle voci di spesa aventi maggiore impatto sul bilancio del Ministero suddetto ed al fine del contenimento della spesa medesima - il Ministero della giustizia, con decreto di concerto con il Ministero dell’economia, individua periodicamente i beni e i servizi strumentali all’esercizio delle competenze istituzionali, per l’acquisizione dei quali il Ministero della giustizia si avvale di Consip, in qualità di centrale di committenza.

Il suddetto decreto definisce altresì i termini principali della convenzione tra il Ministero della giustizia e Consip e può prevedere, previa verifica della insussistenza di effetti finanziari negativi, anche indiretti, sui saldi di finanza pubblica, meccanismi di remunerazione sugli acquisti da porre a carico dell’aggiudicatario delle procedure di gara svolte da Consip.

 

Il comma 11 sostituisce l’art. 1, comma 453 della legge finanziaria per il 2007, al fine di estendere alle nuove iniziative - siano esse convenzioni, ovvero accordi quadro o gare su delega - il meccanismo di remunerazione sugli acquisti da imporre a carico degli aggiudicatari, gia previsto dall’articolo 453, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006).

 

Ai sensi del comma 12, la relazione di cui all’articolo 26, comma 4, della legge finanziaria per il 2000 (legge n. 488/1999), deve illustrare i risultati, in termini di riduzione di spesa, conseguiti attraverso l'attuazione di quanto previsto dall'articolo in esame per ciascuna categoria merceologica.

Tale relazione deve essere inviata alla Ragioneria generale dello Stato entro il mese di giugno di ciascun anno.

 

L'articolo 26, comma 4, della legge finanziaria per il 2000 stabilisce che, nell'ambito di ciascuna pubblica amministrazione gli uffici preposti al controllo di gestione, verificano l'osservanza dei parametri prezzo-qualità di cui alle convenzioni Consip, richiedendo eventualmente al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica il parere tecnico circa le caratteristiche tecnico-funzionali e l'economicità dei prodotti acquisiti. Annualmente i responsabili dei predetti uffici sottopongono all'organo di direzione politica una relazione riguardante i risultati, in termini di riduzione di spesa, conseguiti attraverso l'attuazione di quanto previsto dal medesimo art. 26. Tali relazioni sono rese disponibili sui siti internet di ciascuna amministrazione. Nella fase di prima applicazione, ove gli uffici preposti al controllo di gestione non siano costituiti, i compiti di verifica e referto sono svolti dai servizi di controllo interno.


 

Articolo 12
(Acquisto, vendita, manutenzione e censimento di immobili pubblici)

 

 

L'articolo 12 dispone in ordine alle operazioni di acquisto, vendita, manutenzione e censimento degli immobili di proprietà pubblica da parte delle pubbliche amministrazioni. All'Agenzia del demanio è attribuito il compito di gestire in maniera accentrata le decisioni di spesa per la manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati dalle pubbliche amministrazioni. Le relative risorse - previa corrispondente riduzione degli stanziamenti a disposizione delle amministrazioni interessate, fatte salve quote residuali necessarie per piccole manutenzioni e per altri interventi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - confluiranno in appositi fondi di parte corrente e di conto capitale presso il Ministero dell'economia e delle finanze.

 

Si ricorda preliminarmente che all’Agenzia del demanio è stata riconosciuta dal D.Lgs. n. 173 del 2003 la natura di ente pubblico economico, regolato dal codice civile e dalle altre leggi relative alle persone giuridiche private. All’ente è stato inoltre attribuito un patrimonio costituito da un fondo di dotazione e dai beni mobili ed immobili strumentali alla sua attività. Nel 2004, in occasione della costituzione, nell’ambito del Ministero dell’economia e finanze, del Fondo immobili pubblici (F.I.P.), composto esclusivamente da immobili in uso da parte di amministrazioni pubbliche, l’Agenzia è stata chiamata ad effettuare un’attività di supporto per l’individuazione e la ricognizione degli immobili da apportare al fondo. La legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 2004) ha previsto inoltre, ai commi 433-438, norme per il riordino e la razionalizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, individuando gli immobili da alienare secondo un piano di attività che l’Agenzia del demanio è stata autorizzata a svolgere e che la medesima Agenzia sta tuttora proseguendo.

Da ultimo, l’articolo 2, comma 222, della legge finanziaria 2010,ha previsto specifici obblighi di comunicazione all’Agenzia del demanio relativi agli immobili utilizzati dalle amministrazioni dello Stato, allo scopo di unificare in capo alla stessa Agenzia le procedureriguardanti le locazioni passive edi razionalizzare gli spazi utilizzati dalle medesime amministrazioni, nonché obblighi di comunicazione da parte delle altre amministrazioni pubbliche, anche al fine di redigere il conto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato. In particolare, le Amministrazioni dello Stato sono tenute a comunicare all’Agenzia del demanio, entro il 31 gennaio di ogni anno, la previsione triennale del loro fabbisogno di spazio allocativo edelle superfici da esse occupate che non risultano più necessarie.

 

Il comma 1 dell’articolo in commento subordina, a partire dal 1° gennaio 2012, le operazioni di acquisto e vendita degli immobili da parte delle amministrazioni pubbliche alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica, da attuarsi con decreto non regolamentare del Ministero dell’economia e delle finanze.

Le amministrazioni pubbliche sono individuate con riferimento all’elenco compilato dall’ISTAT ai sensi del comma 3 dell’art. 1 della legge 196/09 (legge di contabilità e finanza pubblica). Da tale ambito sono esclusi gli enti territoriali, gli enti del servizio sanitario nazionale, nonché il Ministero degli affari esteri con riferimento ai beni immobili ubicati all’estero. Per gli enti previdenziali pubblici e privati si rimanda alle disposizioni di cui al comma 15 dell’art. 8 del D.L. 78/2010, le quali già prevedono una normativa identica.

 

I commi da 2 ad 11 dispongono in merito alle attività di manutenzione degli immobili pubblici, e stabiliscono come spetti all'Agenzia del demanio la gestione accentrata delle risorse necessarie alla loro manutenzione ordinaria e straordinaria. Tali risorse confluiscono in appositi fondi di parte corrente e di conto capitale appositamente istituiti presso il Ministero dell'economia e delle finanze, escluse le quote residuali di interventi di pertinenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e, limitatamente ad opere di piccola manutenzione, delle singole Amministrazioni che gestiscono gli immobili.

Il comma 2 attribuisce all’Agenzia del demanio i compiti di gestione e di spesa relativamente agli interventi di manutenzione sugli immobili di proprietà dello Stato utilizzati per finalità istituzionali e sui beni immobili di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo da parte delle pubbliche amministrazioni (sono esclusi gli interventi di piccola manutenzione curati in proprio dagli utilizzatori).

L’ambito soggettivo è individuato con riferimento all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/01[55]. Sono inclusi espressamente la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le Agenzie. Sono fatte salve le specifiche norme riguardanti il Ministero della difesa, il Ministero degli affari esteri, il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero delle infrastrutture e i trasporti.

Per quanto riguarda gli interventi di manutenzione su beni immobili e su infrastrutture diversi da quelli sopra individuati, rimane ferma la competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il quale è tenuto a comunicare preventivamente i relativi interventi all’Agenzia del demanio per il necessario coordinamento.

 

Il comma 3 prevede per le Amministrazioni pubbliche l’obbligo di comunicare annualmente (entro il 31 gennaio, a decorrere dal 2012) la previsione triennale dei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria che intendono effettuare sugli immobili di proprietà dello Stato alle stesse in uso e dei lavori di manutenzione ordinaria che intendono effettuare sugli immobili in locazione passiva ovvero utilizzati a qualsiasi titolo.

L’Agenzia del demanio, sulla base delle previsioni presentate e delle verifiche svolte, assume le decisioni di spesa sulla base di un piano generale degli interventi per il triennio successivo. La finalità è quella di recuperare spazi all’interno degli immobili di proprietà dello Stato e di ridurre le locazioni passive. L’Agenzia del demanio può stipulare accordi quadro con società specializzate nella riorganizzazione dei processi di funzionamento (comma 4).

Per realizzare gli interventi di manutenzione l’Agenzia del demanio può stipulare convenzioni quadro con le strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, senza nuovi o maggiori oneri, ovvero accordi quadro con società specializzate o con altri soggetti pubblici per la gestione degli appalti (comma 5).

 

Il comma 6 prevede che gli stanziamenti per gli interventi di manutenzione in esame confluiscono, a decorrere dal 2013, in due fondi (per le spese di parte corrente e per quelle in conto capitale) alimentati dalle riduzioni di stanziamenti di ciascuna amministrazione, sulla base di quanto comunicato ai sensi dell’art. 2, comma 222, della L. 191/09 (legge finanziaria 2010).

Il comma 222 (paragrafo 10) prevede che “a decorrere dal 1° gennaio 2010, fermo restando quanto previsto dall’ articolo 2, commi 618 e 619, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le amministrazioni interessate comunicano semestralmente all’Agenzia del demanio gli interventi manutentivi effettuati sia sugli immobili di proprietà dello Stato, alle medesime in uso governativo, sia su quelli di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo, nonché l’ammontare dei relativi oneri”.

Restano fermi i limiti quantitativi previsti dallo stesso comma 222, per cui gli stanziamenti alle singole amministrazioni per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, a decorrere dall'esercizio finanziario 2011, non potranno eccedere gli importi spesi e comunicati all'Agenzia del demanio, e comunque entro il limite del 2 per cento del valore dell'immobile utilizzato stabilito, da ultimo, dall’art. 8 del D.L. 78 del 2010.

 

Il comma 7 prevede che fino alla stipula degli accordi o delle convenzioni quadro di cui al comma 5 e, comunque, per i lavori già appaltati, gli interventi manutentivi continuano ad essere gestiti dalle amministrazioni interessate. Successivamente alla stipula dell'accordo o della convenzione quadro, è nullo ogni nuovo contratto di manutenzione ordinaria e straordinaria non affidato dall'Agenzia del demanio. Fanno eccezione i contratti stipulati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dichiarati indispensabili per la protezione degli interessi della sicurezza dello Stato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

L’Agenzia del demanio verifica e monitora gli interventi necessari di manutenzione ordinaria e straordinaria, avvalendosi delle strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (senza oneri) o selezionando, con procedure ad evidenza pubblica, società specializzate e indipendenti (comma 8).

 

Al fine di attuare in modo compiuto la disposizione in materia di comunicazioni annuali all’Agenzia del demanio del fabbisogno di spazio allocativo e delle superfici occupate non più necessarie, il comma 9 dispone che le amministrazioni dello Stato comunichino annualmente, a decorrere dal 1° gennaio 2013, all'Agenzia del demanio le previsioni relative alle nuove costruzioni la cui realizzazione sia programmata nel successivo triennio.

 

Il comma 10 demanda ad uno o più decreti ministeriali di natura non regolamentare il compito di definire le attività dei Provveditorati per le opere pubbliche e le modalità, i termini, i criteri e le risorse disponibili.

 

Il comma 13 dispone che la violazione degli obblighi di comunicazione stabiliti dall'articolo 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 è causa di responsabilità amministrativa. Le amministrazioni soggette ai suddetti obblighi devono individuare, secondo le rispettive strutture organizzative e i relativi profili di competenza, i responsabili della comunicazione stessa.

 

Infine i commi 11, 12, 14 e 15, introducono novelle in alcune delle disposizioni normative sopra richiamate conformi al contenuto innovativo dell'articolo in titolo.

 

Con particolare riferimento al comma 14, nella relazione tecnica (A.S. 2814)al provvedimento in esame si specifica come le previsioni ivi contenute abbiano natura meramente ordinamentale, finalizzate a definire il discrimine tra il Rendiconto patrimoniale a valori di mercato, curato dal Dipartimento del Tesoro, ed il Conto generale del patrimonio dello Stato redatto dalla Ragioneria Generale dello Stato, a norma degli articoli 36 e 37 della sopra richiamata legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di contabilità e finanza pubblica, articoli che dettano norme, rispettivamente, in materia di elementi del conto del bilancio e del conto del patrimonio e di parificazione del rendiconto.

Per quanto concerne invece la disposizione recata dal comma 15, essa estende al Dipartimento del Tesoro, per gli atti di competenza, la possibilità di effettuare la segnalazione alla Corte dei Conti in caso di inadempimento agli obblighi di comunicazione in discorso.


 

Articolo 13, comma 1
(Riduzione del Fondo “deposito dormienti”)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 13 rimodula, tenuto conto delle effettive esigenze di cassa, la dotazione del c.d. "fondo depositi dormienti" di cui all’articolo 1, comma 343, della legge n. 266 del 2005[56], prevedendo che essa sia:

§      ridotta dell’importo di 100 milioni per l’anno 2011;

§      incrementata di 100 milioni di euro per l’anno 2015.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 343, della legge finanziaria 2006, per indennizzare i risparmiatori che, investendo sul mercato finanziario, sono rimasti vittime di frodi finanziarie e che hanno sofferto un danno ingiusto non altrimenti risarcito, ha costituito, a decorrere dall'anno 2006, un apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

 

La dotazione del fondo è stata successivamente incrementata, per l’anno 2011, di 103 milioni di euro dall’articolo 8-octies, comma 3, del decreto-legge n. 5 del 2009[57].


 

Articolo 13, comma 2
(Riduzione fondo di finanziamento
degli interventi urgenti e indifferibili)

 

 

Il comma 2 riduce di 49,5 milioni di euro per l’anno 2011 la dotazione del Fondo per esigenze urgenti ed indifferibili, di cui al comma 1 dell'articolo 7-quinquies del decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33,

 

La relazione tecnica (A.S. 2814) afferma che la riduzione è relativa alla quota rassegnata nel 2011 e non ancora utilizzata, in relazione alle economie derivanti dai definanziamenti 2007-2009 previsti dall'articolo 1 del decreto-legge n. 78/2010.

 

Il comma 1 dell'articolo 7-quinquies del decreto-legge n. 5 del 2009 ha istituito un fondo nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, al fine di assicurare il finanziamento di interventi urgenti e indifferibili, con particolare riguardo ai settori dell’istruzione e agli interventi organizzativi connessi ad eventi celebrativi.

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 3, comma 2-bis del decreto-legge n. 225/2010, ha disposto l’assegnazione al Fondo esigenze urgenti ed indifferibili delle disponibilità di bilancio derivanti dal definanziamento delle autorizzazioni di spesa i cui stanziamenti per gli anni 2007, 2008 e 2009 risultavano non impegnati (ex art. 1, D.L. n. 78 del 2010); si tratta di circa 49,5 milioni di euro per il 2011.

Relativamente al Fondo in oggetto, si segnala altresì che il comma 7 dell'articolo 21 del decreto in esame ne reca un’ulteriore riduzione di 12,5 milioni di euro per l’anno 2011.

L'articolo 21, comma 10, del decreto legge, inserisce inoltre gli "eventi celebrativi di carattere internazionale" tra le finalità previste dall’ultima voce dell’elenco 1 della legge di stabilità 2011 (legge 13 dicembre 2010, n. 220), relativo agli interventi che posso essere finanziati per il 2011 a valere sulle risorse del Fondo in oggetto.


 

Articolo 13, comma 3
(Riduzione fondo strategico per il paese a sostegno
dell’economia reale)

 

 

Il comma 3 riduce la dotazione del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri dall'articolo 18, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge n. 185 del 2008[58].

In dettaglio, la dotazione del fondo viene ridotta dei seguenti importi:

§      252 milioni di euro per l'anno 2012;

§      392 milioni di euro per l’anno 2013;

§      492 milioni di euro per l’anno 2014;

§      592 milioni di euro per l’anno 2015;

§      542 milioni di euro per l’anno 2016;

§      442 milioni di euro per l’anno 2017;

§      342 milioni di euro per l’anno 2018;

§      292 milioni di euro per l’anno 2019;

§      242 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020.

 

Come specificato nella relazione tecnica (A.S. 2814), si tratterebbe in sostanza dei risparmi di spesa della riforma pensionistica, con particolare riferimento alla quota concernente l’aumento dell’età pensionabile delle lavoratrici dipendenti pubbliche, ai sensi dell'articolo 22-ter del decreto-legge n. 78 del 2009[59] e successive modificazioni, che confluiscono nel suddetto Fondo strategico, per essere successivamente destinati a interventi per le politiche sociali e familiari.


 

Articolo 14, commi 1-5
(Commissione di vigilanza sui fondi pensione - COVIP)

 

 

Nell’ambito delle disposizioni inerenti la soppressione, incorporazione e riordino di enti ed organismi pubblici disposta dall’articolo in esame, i commi da 1 a 5 attribuiscono alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP), a decorrere dall’entrata in vigore del provvedimento in esame e nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 8, comma 15, del D.L. 78/2010[60], i compiti di controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie e sulla composizione del patrimonio degli enti gestori di forme previdenziali obbligatorie di base privatizzati in seguito alle disposizioni di cui al D.Lgs. 509/1194 e al D.Lgs. 103/1996. Nell'esercizio di tali attività, la COVIP può effettuare anche ispezioni, richiedendo la produzione di atti e documenti.

 

Per quanto riguarda in particolare gli enti gestori di forme di previdenza per i liberi professionisti, occorre ricordare che le Casse di previdenza cui sono iscritti coloro che esercitano attività professionali sono state privatizzate nell’ambito del riordino generale degli enti previdenziali disposto con l’art. 1, commi da 32 a 38 della L. 24 dicembre 1993, n. 537 .

In attuazione della delega è stato emanato il D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, che ha disposto la trasformazione in associazione o fondazione, con decorrenza dal 1° gennaio 1995, dei seguenti enti:

-        Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense;

-        Cassa di previdenza tra dottori commercialisti;

-        Cassa nazionale previdenza e assistenza geometri;

-        Cassa nazionale previdenza e assistenza architetti ed ingegneri liberi professionisti;

-        Cassa nazionale del notariato;

-        Cassa nazionale previdenza e assistenza ragionieri e periti commerciali;

-        Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio (ENASARCO);

-        Ente nazionale di previdenza e assistenza consulenti del lavoro (ENPACL);

-        Ente nazionale di previdenza e assistenza medici (ENPAM);

-        Ente nazionale di previdenza e assistenza farmacisti (ENPAF);

-        Ente nazionale di previdenza e assistenza veterinari (ENPAV);

-        Ente nazionale di previdenza e assistenza per gli impiegati dell'agricoltura (ENPAIA);

-        Fondo di previdenza per gli impiegati delle imprese di spedizione e agenzie marittime (FASC);

-        Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI);

-        Opera nazionale assistenza orfani sanitari italiani (ONAOSI).

Benché con qualche ritardo rispetto al termine inizialmente stabilito (1° gennaio 1995), tutti gli enti elencati hanno proceduto, nel corso del 1995 e nei primi mesi del 1996, alla trasformazione in associazione o fondazione di diritto privato. Solo l’ENPAF ha perfezionato il processo di privatizzazione nel novembre 2000 (DM 7/11/2000).

Successivamente, il comma 25 dell’art. 2 della Legge n. 335/1995 ha delegato il Governo ad emanare norme volte ad assicurare tutela previdenziale in favore dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione, senza vincolo di subordinazione, il cui esercizio è subordinato all'iscrizione ad appositi albi o elenchi. In attuazione di tale norma è stato emanato il D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103, recante norme in materia di tutela previdenziale obbligatoria dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione.

In attuazione del D.Lgs. n. 103/1996 sono stati istituiti i seguenti enti privatizzati:

-        Ente nazionale di previdenza e assistenza psicologi (ENPAP);

-        Ente nazionale di previdenza e assistenza periti industriali (EPPI);

-        Ente nazionale di previdenza e assistenza infermieri professionali, assistenti sanitari e vigilatrici d’infanzia (ENPAPI);

-        Ente nazionale di previdenza e assistenza biologi (ENPAB);

-        Ente nazionale di previdenza e assistenza pluricategoriale per agronomi forestali, attuari, chimici e geologi (EPAB).

 

La COVIP, inoltre, subentra al Nucleo di valutazione della spesa previdenziale (di seguito Nucleo)[61] per quanto concerne i compiti di controllo sugli enti previdenziali privatizzati affidati a quest’ultimo dall’articolo 3, comma 12, della L. 335/1995, in ordine alle indicazioni sulla redazione dei bilanci tecnici, alle valutazioni sul riequilibrio economico-finanziario e alla nomina del commissario straordinario in caso di mancato riequilibrio (comma 5). Ad ogni modo, il Nucleo continua a svolgere compiti di osservazione, monitoraggio ed analisi della spesa previdenziale ed assistenziale degli enti in esame.

 

Le modalità attraverso le quali la COVIP riferisce ai Ministeri vigilanti sull’attività di controllo effettuata sono demandate ad un apposito decreto interministeriale (comma 2).

Si segnala, al riguardo, che il testo non prevede un termine entro il quale il richiamato decreto debba essere emanato.

 

Il comma 3 demanda ad un decreto interministeriale, da emanarsi entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, la definizione delle disposizioni in materia di investimento delle risorse finanziarie degli enti previdenziali, di conflitti di interessi e di banca depositaria.

 

Infine, i nuovi compiti di vigilanza della COVIP sono esercitati, ai sensi del comma 4, con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. Ai fini dell'assolvimento dei propri compiti istituzionali, la COVIP può inoltre avvalersi di un contingente di personale, stabilito con apposito decreto interministeriale, acquisito da altre pubbliche amministrazioni mediante collocamento in posizione di comando fuori ruolo, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, con contestuale indisponibilità dei posti nell'amministrazione di provenienza.


 

Articolo 14, commi 6-14
(Istituto Luce - Cinecittà)

 

 

L’articolo 14, commi da 6 a 14, introduce una serie di disposizioni volte al riordino della società per azioni Cinecittà Luce[62], attraverso la costituzione della società a responsabilità limitata Istituto Luce – Cinecittà.

 

In particolare, il comma 6 dispone, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, la costituzione della società a responsabilità limitata Istituto Luce- Cinecittà, con sede in Roma: ciò, nell’ambito di quanto previsto dall’art. 3, commi 27-29 della legge finanziaria 2008in tema di limitazione delle partecipazioni in società detenute da pubbliche amministrazioni[63], e al fine di salvaguardare le attività e le funzioni, ritenute di preminente interesse generale, attualmente svolte dalla Cinecittà Luce s.p.a.

Il capitale sociale della società viene stabilito in 15.000 euro. La titolarità della relativa partecipazione – che non può formare oggetto di diritti a favore di terzi – è assunta dal MEF, mentre i diritti del socio sono esercitati dal MIBAC, sentito il MEF, relativamente ai profili patrimoniali, finanziari e statutari.

 

La normativa dello Stato concernente le attività della società è costituita dall’art. 1 del DPR 905/1984 e dall’art. 5-bis del D.L. 118/1993 (L. 202/1993).

Il D.P.R. 905/1984 dispone, approvando il nuovo testo dello statuto dell’Ente autonomo di gestione per il cinema (DPR 575/1958), che l'Ente provvede a gestire, operando secondo criteri di economicità, le partecipazioni statali ad esso trasferite o da esso acquisite nel settore della produzione cinematografica, nel quale l’attività dell'Ente dovrà tendere precipuamente a fornire una produzione nazionale di qualità artistica e culturale, che costituisca veicolo di informazione e strumento di formazione del pubblico. La norma prevede poi che l'Ente possa costituire società per azioni o assumere partecipazioni in società aventi il medesimo oggetto e procedere al riassetto e alla riorganizzazione delle società controllate, in modo da assicurarne l’efficienza e coordinarne le iniziative.

A sua volta, l’art. 5-bis del D.L. 118/1993 (L. 202/1993), come modificato ed integrato da successivi interventi legislativi, dopo aver disposto la trasformazione dell’Ente in società per azioni, ha assegnato la titolarità della partecipazione societaria dello Stato al Ministro del tesoro e l’esercizio dei diritti dell’azionista al Ministro per i beni e le attività culturali, sentito il Ministro del tesoro per quanto riguarda i profili patrimoniali, finanziari e statutari. Il medesimo articolo ha stabilito che la società deve presentare annualmente al Ministro, unitamente alle società in essa inquadrate, una proposta di programma di produzione, distribuzione e promozione in Italia e all’estero di opere cinematografiche di interesse culturale, un programma di attività nei settori dell’esercizio, delle industrie tecniche e dei servizi, nonché una proposta di programma di attività finanziaria volta al potenziamento del cinema nazionale e un programma di riconversione e restauro di pellicole e materiali cinematografici dei propri archivi. Ha previsto, altresì, che la società deve presentare un programma di acquisizione e potenziamento di sale cinematografiche per promuovere in particolare la programmazione della cinematografia italiana ed europea. Sulla base del programma preventivamente approvato, il Mibac assegna ed eroga le relative sovvenzioni a valere sul FUS. Il programma deve essere realizzato entro il 31 dicembre del secondo anno successivo alla data della sua approvazione.

A seguito di una deliberazione dell’assemblea, il 30 marzo 1998 l’Ente cinema ha assunto il nome di Cinecittà Holding s.p.a. Quest’ultima si è configurata come società di diritto privato volta, però, a conseguire fini eminentemente pubblici, sulla base di direttive impartite dal Ministro per i beni e le attività culturali, e sottoposta al controllo della Corte dei Conti.

Come è stato osservato nella determinazione n. 98/2010 della Corte dei conti[64] – Sezione del controllo sugli enti, “la normativa suindicata non risponde ormai interamente alle esigenze del settore. E’ opportuno infatti rilevare come l’attuale norma di riferimento per l’attività dell’ente non sembri del tutto coerente con la normativa più recente, in particolar modo con il disposto della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (c.d. Legge Finanziaria 2008) che prevede l’obbligo di cessione delle partecipazioni, detenute da Enti, in società la cui attività potrebbe creare effetti distorsivi sul mercato e alterarne la concorrenza”[65].

Nel corso del 2009 il Ministro per i beni e le attività culturali ha emanato due atti di indirizzo, alle date del 3 aprile e del 10 dicembre 2009, in cui ha individuato gli obiettivi prefissati per la società. Con riferimento alle attività indicate – continua la determinazione della Corte dei Conti – “si può affermare che la società è investita formalmente di un ruolo di servizio, in quanto soggetto esecutore di iniziative di esclusivo interesse generale nell’ottica del pieno supporto al settore cinematografico. Purtuttavia, è doveroso segnalare come questa vocazione al ruolo di servizio, se da un lato è pienamente coerente con l’avvenuta dismissione delle attività e delle partecipazioni strettamente di mercato, dall’altro non trova corrispondenza in un adeguato ed aggiornato quadro normativo di riferimento, dal quale risultino compiutamente i nuovi compiti della Società”.

 

Il comma 7 stabilisce che all'onere derivante dalla sottoscrizione delle quote di capitale per la costituzione della società - pari a 15.000 euro per l’anno 2011- si provvede attraverso la riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui alla legge n. 163 del 1985, concernente la dotazione del FUS, come determinata dalla tabella C della legge di stabilità 2011.

 

Il comma 8 dispone che l'individuazione delle risorse umane, strumentali e patrimoniali, appartenenti alla Cinecittà Luce S.p.A[66], da trasferire alla società Istituto Luce – Cinecittà a titolo gratuito, è effettuata con decreto di natura non regolamentare emanato dal Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di costituzione della società a responsabilità limitata.

 

Ai sensi del comma 9, il Ministro per i beni e le attività culturali emana, con cadenza annuale, un atto di indirizzo contenente gli obiettivi strategici della società, con riferimento a tre esercizi sociali. L'atto di indirizzo riguarda attività e servizi di interesse generale fra i quali sono ricomprese:

a)   attività di conservazione, restauro e valorizzazione del patrimonio filmico, fotografico e documentaristico trasferito alla società;

b)   distribuzione di opere prime e seconde e cortometraggi ammessi ai benefici di cui al D.Lgs. n. 28 del 2004, nonché produzione documentaristica basata sul patrimonio di cui alla lett. a).

Il medesimo comma precisa, inoltre, che nell’atto di indirizzo possono essere ricomprese attività strumentali, di supporto, e complementari ai compiti espletati nel settore cinematografico dalle competenti strutture del MIBAC.

In particolare, il riferimento è alla promozione del cinema italiano all’estero, alla gestione dei diritti filmici a qualunque titolo detenuti dallo Stato, nonché all’eventuale gestione, per conto del MIBAC, del Fondo per la produzione, la distribuzione, l’esercizio e le industrie tecniche, e dell’annessa contabilità speciale.

Non possono, invece, essere ricomprese attività di produzione cinematografica, ovvero di distribuzione di opere filmiche diverse da quelle indicate nel punto b).

Il D.Lgs. n. 28/2004 – nel delineare una nuova disciplina organica in materia di cinematografia – ha ridefinito il sostegno pubblico al cinema, mediante l’istituzione presso il MIBAC del Fondo per la produzione, la distribuzione, l’esercizio e le industrie tecniche (art. 12)[67]. In particolare, l’art. 12, comma 7, del decreto ha previsto che il Ministero gestisce il Fondo avvalendosi di appositi organismi e mediante la stipula di convenzioni con uno o più istituti di credito, selezionati, ai sensi delle disposizioni vigenti, in base ai criteri delle più vantaggiose condizioni di gestione offerte e dell'adeguatezza delle strutture tecnico-organizzative ai fini della prestazione del servizio. Le risorse del Fondo sono versate su apposita contabilità speciale, intestata all'organismo affidatario del servizio.

 

Il comma 10 prevede che la società Istituto Luce – Cinecittà sottopone all’approvazione del Ministro per i beni e le attività culturali una proposta di programma annuale delle attività, coerente con gli obiettivi strategici contenuti nell'atto di indirizzo. Il Ministro assegna anche le risorse finanziarie necessarie allo svolgimento del programma annuale, nonché al funzionamento della società, inclusa la copertura dei costi per il personale.

 

Il comma 11 dispone che la Cinecittà Luce s.p.a. è posta in liquidazione e trasferita alla Società Fintecna S.p.A. (o a società da essa interamente controllata), a decorrere dalla data di emanazione del decreto ministeriale di cui al comma 8, sulla base del rendiconto finale delle attività e della situazione economico-patrimoniale aggiornata alla medesima data, da redigere, entro 30 giorni dalla messa in liquidazione, da parte degli amministratori e del collegio sindacale già in carica presso la società posta in liquidazione.

 

Il comma 12 disciplina la nomina di un collegio di tre periti – designati, rispettivamente, dalla società trasferitaria, dal MIBAC e dal MEF (quest'ultimo con funzioni di presidente), e il cui compenso è determinato con decreto del MEF – con il compito di realizzare, entro 90 giorni dalla data di consegna della situazione economico-patrimoniale della società, una verifica della medesima situazione economico-patrimoniale e una valutazione estimativa dell'esito finale della liquidazione della società trasferita.

Il valore stimato dell'esito finale della liquidazione costituisce il corrispettivo per il trasferimento della società, che sarà conferito al MIBAC.

Il medesimo comma prevede, quindi, la disciplina dell'eventuale maggiore o minore importo risultante dalla differenza tra il valore stimato dell'esito finale della liquidazione e il corrispettivo versato dalla società trasferitaria al Ministero: nel caso in cui il primo sia maggiore, il relativo importo eccedente è attribuito alla società trasferitaria in ragione del miglior risultato conseguito con la liquidazione; al contrario, qualora esso sia minore, il collegio dei periti determina l'importo che il Ministero corrisponderà annualmente alla società trasferitaria al fine di garantire la copertura dei costi di gestione della società posta in liquidazione.

A tale eventuale onere il Ministero farà fronte con le risorse destinate al settore cinematografico nell’ambito del riparto del fondo unico per lo spettacolo.

 

Il comma 13 stabilisce che il decreto ministeriale di cui al comma 8 può prevedere il trasferimento al MIBAC di alcune funzioni attualmente svoltedalla Cinecittà Luce s.p.a. Il medesimo decreto individua, altresì, le risorse umane e strumentali, nonché quelle finanziarie a legislazione vigente da attribuire al MIBAC, mediante corrispondente riduzione del trasferimento a favore di Cinecittà Luce s.p.a.

Per il trasferimento delle funzioni, i dipendenti assunti a tempo indeterminato, che non abbiano qualifica dirigenziale, in servizio presso la società Cinecittà - Luce S.p.A. che non vengono trasferiti alla nuova s.r.l. Istituto Luce – Cinecittà, sono inquadrati nei ruoli del Ministero per i beni e le attività culturali, sulla base di un'apposita tabella di corrispondenza, approvata nel medesimo decreto di cui al comma 8, e previo espletamento di una procedura selettiva di verifica dell'idoneità. E’ previsto il mantenimento del trattamento economico per il personale inquadrato e, nel caso di trattamento più elevato rispetto a quello del personale del Ministero, l’attribuzione per la differenza di un assegno ad personam riassorbibile.

 

Al terzo periodo il riferimento corretto è alla società di cui al secondo periodo del comma.

 

Il comma 14 stabilisce che tutte le operazioni compiute in attuazione dei commi dal 6 al 13 sono esenti da qualunque imposta diretta o indiretta, tassa, obbligo e onere tributario comunque inteso o denominato.


 

Articolo 14, comma 15
(Norma interpretativa soppressione enti
D.L. 78 del 2010, art. 7, co. 20)

 

 

L'articolo 14, comma 15, reca un'interpretazione autentica dell'art. 7, comma 20, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78[68], che ha disposto la soppressione di una serie di enti elencati nell'Allegato 2 al medesimo decreto-legge (cfr. infra) e il trasferimento dei compiti e delle attribuzioni esercitati ad altre amministrazioni.

 

In particolare, l'art. 7, comma 20, del decreto-legge 78/2010 prevede che gli enti di cui all'Allegato 2 sono soppressi e i compiti e le attribuzioni esercitati sono trasferiti alle amministrazioni corrispondentemente indicate nel medesimo allegato.

La disposizione in esame chiarisce che le amministrazioni di destinazione subentrano direttamente nella titolarità di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi degli enti soppressi, senza che tali enti siano previamente assoggettati a una procedura di liquidazione.

Il successivo art. 15 che interviene in materia di liquidazione di enti prevede la liquidazione coatta amministrativa degli enti dissestati.

 

Ai sensi del predetto comma 20, il personale a tempo indeterminato degli enti soppressi viene trasferito alle amministrazioni subentranti ed è inquadrato sulla base di una tabella di corrispondenza che dovrà essere approvata con decreto del Ministro interessato, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione.

Conseguentemente, le amministrazioni subentranti dovranno adeguare le proprie dotazioni organiche mediante provvedimenti previsti dai rispettivi ordinamenti.

I dipendenti trasferiti mantengono il trattamento economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento dell'inquadramento.

Nel caso in cui esso risulti più elevato rispetto a quello previsto per il personale dell'amministrazione subentrante, i dipendenti trasferiti percepiscono per la differenze un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti.

Dall'attuazione delle predette disposizioni non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Gli stanziamenti a carico del bilancio dello Stato previsti, alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, per le esigenze degli enti soppressi confluiscono nello stato di previsione della spesa o nei bilanci delle amministrazioni subentranti, insieme alle eventuali contribuzioni a carico degli utenti dei servizi per le attività rese dai medesimi servizi pubblici.

Alle amministrazioni subentranti sono altresì trasferite tutte le risorse strumentali attualmente utilizzate dagli enti soppressi.

Al fine di garantire la continuità delle attività di interesse pubblico già facenti capo agli enti soppressi fino al processo di riorganizzazione indicato, l'attività facente capo agli enti soppressi continua ad essere esercitata presso le sedi e gli uffici già a tal fine utilizzati.

Una specifica procedura è prevista per alcuni enti (le stazioni sperimentali, l'Istituto nazionale delle conserve alimentari - INCA e il banco nazionale di prova per le armi da fuoco portatili) per i quali si rimanda all’adozione di un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che individui tempi e concrete modalità di trasferimento dei compiti e delle attribuzioni, nonché del personale e delle risorse strumentali e finanziarie.

 

Si riporta di seguito l'Allegato 2 al decreto-legge 78/2010.

 

Enti soppressi

Amministrazione subentrante nell'esercizio dei relativi
compiti ed attribuzioni

Stazione Sperimentale per l'Industria delle Conserve Alimentari (SSICA)

CCIAA Parma

Stazione Sperimentale del vetro

CCIAA Venezia

Stazione Sperimentale per la seta



CCIAA Milano

Stazione Sperimentale per i combustibili

Stazione Sperimentale Carta, Cartoni e Paste per carta (SSCCP)

Stazione Sperimentale per le Industrie degli Oli e dei Grassi (SSOG)

Stazione Sperimentale per le Industrie delle Essenze e dei Derivati dagli Agrumi (SSEA)

CCIAA Reggio Calabria

Stazione Sperimentale delle Pelli e Materie Concianti, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 540

CCIAA Napoli

Banco nazionale di prova per le armi da fuoco portatili e per le munizioni commerciali[69]

CCIAA Brescia

IPI, istituto per la promozione industriale

Ministero dello sviluppo economico

Centro per la Formazione in Economia e Politica dello Sviluppo Rurale, istituito ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 454




Ministero per le politiche agricole e forestali

Comitato Nazionale Italiano per il collegamento tra il Governo e la FAO, istituito con decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1182

Ente teatrale italiano, di cui alla legge 14 dicembre 1978, n. 836

Ministero per i beni e le attività culturali

Ente nazionale delle Sementi Elette (ENSE), istituito con decreto del Presidente della Repubblica 12 novembre 1955, n. 1461


Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 454

Istituto Nazionale Conserve Alimentari

 


 

Articolo 14, comma 16
(Comitato Sir)

 

 

Il comma 16 del D.L. in esame modifica l’art. 6, comma 16, del D. L. 78/ 2010[70] (soppressione del Comitato per l’intervento nella Sir).

 

Si ricorda che Il Comitato per l'intervento nella Sir (Società italiana resine), istituito con DPCM 5 settembre 1980 presso il Ministero delle partecipazioni statali, ha avuto nel tempo compiti di partecipazione, a fini di risanamento, a diverse società[71]. Il comma 16 dell’articolo 6 del D.L. 78/2010, ne ha previsto la soppressione disponendo che la società trasferitaria[72] versi al bilancio dello Stato, la somma di 200 milioni di euro entro il 15 dicembre 2010. La norma prevede che Il patrimonio residuo, al netto del versamento al bilancio dello Stato della suddetta somma di 200 milioni di euro, è trasferito con ogni sua attività, passività e rapporto - ivi incluse le partecipazioni nella REL S.p.A. (Ristrutturazione elettronica) in liquidazione e nel Consorzio Bancario Sir S.p.A. in liquidazione - alla Fintecna S.p.A.. o a società da essa interamente controllata, sulla base del rendiconto finale delle attività e della situazione economico-patrimoniale aggiornata alla medesima data, da redigere da parte del Comitato entro 60 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge.

 

In particolare, la disposizione del D.L. in esame prevede:

§      Il differimento di un anno (e quindi fino al 15 dicembre 2011) del termine per il versamento al bilancio dello Stato del corrispettivo di 200 milioni di euro da parte della società Fintecna S.p.A. o Società da essa interamente controllata - che subentra nel patrimonio residuo dell’ente soppresso - a valere sulle disponibilità del soppresso Comitato per l’intervento nella Sir.

§      Una modifica nella composizione del collegio di tre periti chiamato a verificare la situazione economico patrimoniale redatta dal Comitato Sir. Si prevede, in particolare, che i tre periti siano nominati rispettivamente uno dal MEF, uno dalla società trasferitaria, e il terzo infine, con funzioni di presidente, d’intesa tra società trasferita ria e MEF. Viene meno quindi la previsione, recata dalla precedente versione della norma, che uno dei tre periti fosse nominato con la partecipazione dei componenti del soppresso Comitato Sir.

 

Si ricorda che il collegio dei periti predispone una valutazione estimativa dell’esito finale della liquidazione del patrimonio trasferito. La valutazione deve, fra l'altro, tenere conto di tutti i costi e gli oneri necessari per la liquidazione del patrimonio trasferito, ivi compresi quelli di funzionamento, nonché dell'ammontare del compenso dei periti, individuando altresì il fabbisogno finanziario stimato per la liquidazione stessa. Il valore stimato dell'esito finale della liquidazione costituisce il corrispettivo per il trasferimento del patrimonio, che è corrisposto dalla società trasferitaria al Ministero dell'economia e delle finanze. L'ammontare del compenso del collegio di periti è determinato con decreto dal Ministro dell'economia e delle finanze. La disposizione specifica che, al termine della liquidazione del patrimonio trasferito, il collegio dei periti determina l'eventuale maggiore importo risultante dalla differenza fra l'esito economico effettivo consuntivato alla chiusura della liquidazione ed il corrispettivo pagato. Di tale eventuale maggiore importo il 70% è attribuito al Ministero dell’economia e delle finanze – e viene da questo versato all'entrata del bilancio dello Stato affinché sia riassegnato al Fondo ammortamento dei titoli di Stato - e la residua quota del 30% è di competenza della società trasferitaria in ragione del migliore risultato conseguito nella liquidazione.


 

Articolo 14, commi 17-27
(ICE)

 

 

I commi da 17 a 27 sopprimono l’Istituto nazionale del commercio estero (comma 17), disciplinano il passaggio delle funzioni del soppresso ICE, nonché delle risorse umane, strumentali e finanziarie, al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero degli affari esteri per le parti di rispettiva competenza e, infine, abrogano la relativa legge[73] di riforma dell’ICE (comma 27).

 

Si ricorda che l'ICE, Istituto nazionale per il Commercio Estero, è stato fondato nel 1926; è l'ente che ha il compito di sviluppare, agevolare e promuovere i rapporti economici e commerciali italiani con l'estero, con particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese, dei loro consorzi e raggruppamenti. A tal fine l'ICE, ai sensi della legge 25 marzo 1997 n. 68, in stretta collaborazione con il Ministero dello sviluppo economico elabora il Programma delle Attività promozionali, assumendo le necessarie iniziative e curandone direttamente la realizzazione. L'ICE ha la propria sede centrale in Roma, dispone di una rete composta da 17 Uffici in Italia e da 115 Uffici in 88 Paesi del mondo e rientra tra le "Amministrazioni Centrali" dell'elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e di finanza pubblica) [74].

 

Il comma 18 dispone il trasferimento al Ministero dello sviluppo economico (MiSE) di “funzioni, risorse di personale, finanziarie e strumentali" e dei rapporti giuridici attivi e passivi dell’ente soppresso, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione, anche giudiziale.

Il personale in servizio presso gli uffici dell’ICE all’estero è assegnato ad istituende apposite sezioni nell’ambito delle rappresentanze diplomatiche e consolari (cfr. commi 21-24 dell’art. 14 in esame).

Inoltre è previsto che le risorse già destinate all’ICE per il finanziamento dell’attività di promozione e di sviluppo degli scambi internazionali, come determinate nella Tabella C della L. 220/2010, sono trasferite in un apposito Fondo per la promozione degli scambi e l’internazionalizzazione delle imprese da istituire nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico.

 

Si ricorda che attualmente la legge 13 dicembre 2010 n. 220 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2011) in tabella C (Stanziamenti autorizzati in relazione a disposizioni di legge la cui quantificazione annua è demandata alla legge di stabilità) reca le seguenti previsioni:

 

COMMERCIO INTERNAZIONALE ED INTERNAZIONALIZZAZIONE DEL SISTEMA PRODUTTIVO

 

 

 

 

Sostegno all'internazionalizzazione delle imprese e promozione del made in Italy

 

 

 

 

Ministero dello sviluppo economico

 

 

 

 

Legge n. 549 del 1995: Misure di razionalizzazione della finanza pubblica:

 

 

 

 

- Art. 1, comma 43: Contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed

 

 

 

 

altri organismi (4.2 - cap. 2501)

Cp

12.054

12.286

12.286

 

Cs

12.054

12.286

12.286

Legge n. 68 del 1997: Riforma dell'Istituto nazionale per il commercio estero:

 

 

 

 

- Art. 8, comma 1, lettera a): Spese di funzionamento ICE

 

 

 

 

(4.2 - cap. 2530)

Cp

14.588

14.869

14.869

 

Cs

14.588

14.869

14.869

- Art. 8, comma 1, lettera b): Attività promozionale delle esportazioni

 

 

 

 

italiane (4.2 - cap. 2531)

Cp

36.807

37.516

37.516

 

Cs

36.807

37.516

37.516

Totale missione

Cp

63.449

64.671

64.671

 

Cs

63.449

64.671

64.671

 

Ai fini di una ricostruzione cronologica degli adempimenti previsti dalle disposizioni in esame è utile leggere il comma 18 in correlazione con il comma 20.

La successione dei vari adempimenti dovrebbe essere la seguente:

§       Fase 1. L'ufficio per gli affari generali e le risorse del MiSE cura, anche con la collaborazione dei competenti dirigenti del soppresso ICE, la ricognizione delle risorse e dei rapporti attivi e passivi da trasferire (necessaria per la adozione degli atti di cui alla fase 3) e provvede alla gestione delle attività strumentali al loro trasferimento. Si tratta di un ufficio che svolgerà funzioni fino alla fase 6.

§       Fase 2. Fino alla fase 3 sono fatti salvi gli atti e le iniziative relativi ai rapporti giuridici già "facenti capo" all'ICE, per i quali devono intendersi autorizzati i pagamenti a fronte di obbligazioni già assunte.

§       Fase 3. Entro 30 giorni dal 6 luglio 2011 avviene l'emanazione di uno o più D.P.C.M. (su proposta dei Ministri degli affari esteri e dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) per l'individuazione delle risorse umane, strumentali, finanziarie, nonché dei rapporti giuridici attivi e passivi trasferiti, rispettivamente, al Ministero degli affari esteri (MAE) e al MiSE.

§       Fase 4. Con i "medesimi" decreti il Ministro dello sviluppo economico provvede a rideterminare le dotazioni organiche in misura corrispondente alle unità di personale in servizio a tempo indeterminato trasferito [75].

§       Fase 5. Fino alla fase 6, le attività relative all'ordinaria amministrazione già facenti capo all'ICE continuano ad essere svolte presso le sedi e con gli uffici già a tal fine utilizzati. Per garantire la continuità dei rapporti che facevano capo all'ICE e la correttezza dei pagamenti, il citato ufficio per gli affari generali del Ministero dello sviluppo economico può delegare un dirigente per lo svolgimento delle attività di ordinaria amministrazione.

§       Fase 6.Entro il 31 dicembre 2011 con regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 300 del 1999, il MiSE ed il MAE sono soggetti a riorganizzazione e ad individuazione delle articolazioni necessarie all'esercizio delle funzioni trasferite.

 

Al comma 19 si conferisce ai due Ministeri (MiSE e MAE) il potere di indirizzo e vigilanza in materia di promozione e di internazionalizzazione delle imprese, che entrambi esercitano in una "cabina di regia", nella quale i tre organi pubblici (Ministri degli affari esteri, dello sviluppo economico e dell'economia) sono numericamente controbilanciati da tre soggetti di diritto privato (un rappresentante, rispettivamente, di Unioncamere, della Confederazione generale dell'industria italiana e della Associazione bancaria italiana). Si tratta di un organo competente su un aspetto fondamentale delle funzioni pubblicistiche di indirizzo: la fissazione delle "linee guida e di indirizzo strategico per l'utilizzo delle relative risorse", dalla quale discende anche l'apertura e la chiusura delle Sezioni presso gli uffici diplomatico-consolari.

 

I commi 21-24 prevedonol'istituzione delle Sezioni per la promozione degli scambi nelle Rappresentanze diplomatiche e consolari e la disciplina relativa al personale in servizio presso i soppressi uffici ICE all’estero e quello locale impiegato anche a tempo indeterminato.

L’apertura e chiusura delle Sezioni presso gli uffici diplomatico-consolari, il numero degli addetti, l’uso e la destinazione dei loro locali sono deliberate dal Consiglio di amministrazione del MAE tenuto conto degli indirizzi forniti dalla “cabina di regia” di cui al comma 19 (comma 24)

Le Sezioni sono coordinate dal Capo Missione[76] (comma 22) e, all’interno delle stesse, opera il personale in servizio presso i soppressi uffici ICE all’estero fino alla scadenza dell’incarico. Le predette Sezioni sono istituite nell’ambito delle risorse trasferite al MAE con DPCM ai sensi del comma 20. Infine, il personale locale impiegato, anche a tempo indeterminato, è attribuito al MAE (comma 21).

Il MiSE può destinare alle Sezioni all’estero un contingente massimo di 100 unità, previo nulla osta del MAE e accreditato in conformità alle convenzioni di Vienna (sulle relazioni diplomatiche e consolari), tenendo conto delle consuetudini esistenti nei Paesi di accreditamento e secondo le procedure previste dall'articolo 31 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18.

 

La disposizioni citata prevede che al servizio delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari è adibito esclusivamente personale di ruolo e a contratto dell'Amministrazione degli affari esteri, Sono ammesse eccezioni solo per l'espletamento di specifici incarichi che richiedano particolare competenza tecnica e ai quali non si possa sopperire con funzionari diplomatici - in questo caso si può ricorrere ad esperti tratti da personale dello Stato o di Enti pubblici appartenenti a carriere direttive o di uguale rango (articolo 168 del D.P.R. 18/1967) -, e infine nel caso di missione temporanea. Inoltre è previsto il divieto di conferimento a titolo onorifico di incarichi presso uffici all'estero, di qualifiche diplomatiche e consolari e di accreditamenti di qualsiasi genere, salvo per questi ultimi quanto può essere disposto con decreto del Ministro, su motivata proposta del Consiglio di amministrazione, per eccezionali esigenze.

 

Inoltre è previsto che il funzionario responsabile sia accreditato presso le autorità locali in lista diplomatica, mentre il restante personale è notificato nella lista del personale tecnico (comma 24).

Infine, le modalità di impiego di tutte le risorse assegnate alle Sezioni sono disciplinate con DPCM, su proposta del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione (comma 24).

 

I commi 25 e 26 disciplinano l’inquadramento giuridico e il trattamento economico dei dipendenti a tempo indeterminato (ex ICE) trasferiti al MiSE.

Il comma 25 prevede che l’inquadramento nei ruoli del MiSE debba avvenire sulla base di apposite tabelle di corrispondenza approvate con uno o più decreti del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, assicurando l’invarianza della spesa complessiva.

Il comma 26 dispone che i dipendenti trasferiti mantengono il trattamento economico fondamentale e accessorio limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento dell'inquadramento. Nel caso in cui tale trattamento risulti più elevato rispetto a quello previsto per il personale del Ministero o della regione, è attribuito per la differenza un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici "a qualsiasi titolo" conseguiti. inoltre è previsto che per i restanti rapporti di lavoro le amministrazioni di destinazione subentrano nella titolarità dei rispettivi rapporti.

Infine è previsto che dall'attuazione del comma non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

Articolo 14, commi 28 e 29
(UNIRE)

 

 

Il comma 28 trasforma l’UNIRE in Agenzia per lo sviluppo del settore ippico – ASSI, struttura a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale, secondo quanto previsto dall’art. 8 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, sotto la vigilanza del Ministro delle politiche agricole.

I nuovi compiti dell’Agenzia sono così individuati:

§      promuovere l’incremento ed il miglioramento delle razze equine;

§      gestire i libri genealogici;

§      rivedere la programmazione delle corse e dei programmi di allevamento;

§      affidare il servizio di diffusione delle riprese televisive delle corse;

§      valutare le strutture degli ippodromi e degli impianti di allevamento ed allenamento.

L’agenzia subentra nella titolarità dei rapporti giuridici facenti capo all’Unire; la durata dell’incarico del direttore generale, dei componenti del comitato direttivo e del collegio dei revisori è fissata in tre anni.

 

Il comma 29 specifica alcuni aspetti inerenti il rapporto di lavoro del personale dell’Unire, di cui ne viene assicurata la continuità.

In data 24 marzo 2011, in occasione di un’audizione presso la Commissione agricoltura della Camera, il Commissario straordinario dell’UNIRE, chiamato a riferire sulla situazione e sull'attività dell'ente, rappresentava come l’ente risenta, da un lato, della mancanza di una propria entrata il cui ammontare sia preventivabile e certo, dall’altro, di una caratterizzazione strutturale, quella di ente pubblico, nata negli anni Trenta per perseguire certe finalità ma non più attuale. Infatti, proprio in ragione della prevalenza di attività di carattere commerciale svolte dall’Ente (allevamento, montepremi, gestione degli ippodromi), l’utilizzazione di una forma giuridica più snella e la definizione preventiva delle risorse assegnate annualmente faciliterebbe gli investimenti dei privati nel settore ed agevolerebbe, di conseguenza, il raggiungimento degli obiettivi assegnati.


 

Articolo 15
(Liquidazione degli enti dissestati e misure di
razionalizzazione dell’attività dei commissari straordinari)

 

 

L'articolo 15 introduce, al comma 1, una disciplina generale per i casi di dissesto degli enti sottoposti alla vigilanza dello Stato, restando comunque salva – viene espressamente precisato - la disciplina speciale vigente per determinate categorie di enti pubblici. Si dispone inoltre che il comma medesimo non trova applicazione per gli enti territoriali[77] ed agli enti del servizio sanitario nazionale

La nuova disciplina trova applicazione quando:

§      la situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell'ente raggiunga un livello di criticità tale da non potere assicurare la sostenibilità e l’assolvimento delle funzioni indispensabili;

§      ovvero l’ente stesso non possa far fronte ai debiti liquidi ed esigibili nei confronti dei terzi.

In tal caso, con decreto del Ministro vigilante, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze:

§      l’ente è posto in liquidazione coatta amministrativa;

§      i relativi organi decadono;

§      è nominato un commissario

Il commissario provvede alla liquidazione dell’ente, non procede a nuove assunzioni, neanche per la sostituzione di personale in posti che si rendono vacanti, e provvede all’estinzione dei debiti esclusivamente nei limiti delle risorse disponibili alla data della liquidazione ovvero di quelle che si ricavano dalla liquidazione del patrimonio dell’ente; ogni atto adottato o contratto sottoscritto in violazione di tali disposizioni è nullo.

Le funzioni, i compiti ed il personale a tempo indeterminato dell’ente sono allocati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro vigilante di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nel Ministero vigilante, in altra pubblica amministrazione, ovvero in una agenzia, con la conseguente attribuzione di risorse finanziarie comunque non superiori alla misura del contributo statale già erogato in favore dell’ente[78]; il personale trasferito mantiene il trattamento economico fondamentale ed accessorio (eventualmente con assegno ad personam, se il trattamento medesimo è superiore a quello previsto nell’ente di destinazione), limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento del trasferimento nonché l’inquadramento previdenziale.

 

Il comma 2 prevede che possano essere revocati in ogni momento, con le modalità previste per la nomina:

§      i commissari straordinari del Governo nominati, ai sensi dell'art. 11 della legge 400/1988[79], al fine di realizzare specifici obiettivi determinati in relazione a programmi o indirizzi deliberati dal Parlamento o dal Consiglio dei ministri o per particolari e temporanee esigenze di coordinamento operativo tra amministrazioni statali;

§      i commissari straordinari delegati nominati, ai sensi dell'art. 20 del decreto-legge 185/2008[80], al fine di vigilare sui tempi di realizzazione degli investimenti pubblici di competenza statale ritenuti prioritari per lo sviluppo economico del territorio nonché per le implicazioni occupazionali ed i connessi riflessi sociali;

§      i commissari straordinari del Governo nominati, ai sensi dell'art. 1 del decreto legge 105/2010[81], per la realizzazione di interventi urgenti ed indifferibili, connessi alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione dell'energia e delle fonti energetiche che rivestono carattere strategico nazionale, ovvero per i quali ricorrono particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico;

§      i commissari e sub commissari ad acta nominati, ai sensi dell’art. 4 del decreto legge 1° ottobre 2007, n. 159[82], per l'attuazione dei piani di rientro sanitari.

Inoltre, viene stabilito che ai commissari o sub commissari revocati spetta soltanto il compenso previsto con riferimento all’attività effettivamente svolta.

 

Il comma 3 reca una disciplina di carattere generale per la determinazione di compensi dei commissari e dei sub commissari suddetti (ad eccezione dei commissari per i piani di rientro, cfr. comma 4).

Per tali organi non è attualmente ravvisabile una disciplina sugli emolumenti economici avente carattere di generalità, atteso che tutte le disposizioni citate al comma 2 demandano – senza prevederne specifici criteri - le modalità di determinazione dei compensi a decreti da emanarsi da parte delle autorità (di norma, Ministri di settore o Presidente del Consiglio dei ministri) che nominano i commissari.

 

Ai prevede pertanto che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, il compenso dei commissari o sub commissari suddetti sia composto:

§      da una parte fissa, che non può superare 50 mila euro annui e

§      da una parte variabile, strettamente correlata al raggiungimento degli obiettivi ed al rispetto dei tempi di realizzazione degli interventi ricadenti nell’oggetto dell’incarico commissariale. Anche la parte variabile non può superare 50 mila euro annui.

Con la medesima decorrenza si procede alla rideterminazione nei termini stabiliti dai periodi precedenti dei compensi previsti per gli incarichi di commissario e sub commissario conferiti prima di tale data.

La violazione delle disposizioni contenute nel comma in esame costituisce responsabilità per danno erariale.

Ai sensi del comma 4, i compensi dei commissari per i piano di rientro sanitari restano determinati secondo la metodologia di calcolo e negli importi indicati nei relativi decreti del Ministro dell’economia e finanze, di concerto col Ministro della salute.

Il comma 5 prevede che il commissario monocratico delle grandi imprese in stato di insolvenza ammesse ad amministrazione straordinaria sia affiancato da due ulteriori commissari.

La finalità dichiarata dalla disposizione in esame è quella di contenere i tempi di svolgimento delle procedure di amministrazione straordinaria delle imprese di cui all’art. 2, comma 2, del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347[83], nelle quali sia avvenuta la dismissione dei compendi aziendali e che si trovino nella fase di liquidazione.

I due ulteriori commissari sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro dello sviluppo economico con le modalità di cui all’art. 38 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270[84].

Poiché, inoltre, come precisato nel comma 5 medesimo, le nuove disposizioni sui commissari straordinari non devono comportare aumento dei costi delle procedure, si dispone che i compensi ora riconoscibili al commissario vengano ripartiti per i tre commissari.


 

Articolo 16
(Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico)

 

 

L'articolo 16 reca disposizioni volte al contenimento delle spese in materia di pubblico impiego.

 

 

Consolidamento delle economie già previste in materia di pubblico impiego

(Commi 1-3)

 

 

Il comma 1 contiene una serie di interventi volti ad assicurare:

§      il consolidamento delle misure di razionalizzazione e di contenimento della spesa in materia di pubblico impiego adottate nell'ambito della manovra di finanza pubblica per gli anni 2011-2013;

§      ulteriori risparmi in termini di indebitamento netto, non inferiori a 30 milioni di euro per il 2013, 740 milioni di euro per l'anno 2014, 340 milioni di euro per l'anno 2015 e 370 milioni di euro a decorrere dal 2016.

 

Le suddette finalità vengono perseguite autorizzando il Governo ad adottare uno o più regolamenti di delegificazione, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 400/1988.

Si ricorda che l'articolo 17, comma 2, della legge 400/1988 stabilisce che, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro 30 giorni dalla richiesta, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.

 

Al riguardo si osserva che l'autorizzazione alla delegificazione recata dal comma in esame non appare formulata in conformità al modello previsto dall'art. 17, comma 2, della legge 400/1988, in quanto non sono indicate le "norme generali regolatrici della materia", né sono indicate espressamente le norme di rango primario abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti.

 

Le lettere da a) a g) del comma 1 elencano i possibili contenuti dei suddetti regolamenti di delegificazione.

 

 

Proroga delle limitazioni del turn over nelle amministrazioni dello Stato (lettera a) e lettera e))

La lettera a) autorizza il Governo a prorogare di un anno l'efficacia delle vigenti limitazioni del turn overnelle amministrazioni dello Stato, nelle agenzie fiscali, negli enti pubblici non economici e negli altri enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001, con esclusione dei Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

 

Si ricorda che già nell'articolo 3, comma 102, della legge 244/2007 (Finanziaria per il 2008) sono contenute limitazioni in tema di assunzione di personale a tempo indeterminato per l’anno 2010 per le pubbliche amministrazioni indicate all'articolo 1, comma 523, della legge finanziaria 296/2006 (Finanziaria per il 2007), vale a dire amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, agenzie, ivi comprese le agenzie fiscali, enti pubblici non economici ed enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001. Tali amministrazioni potevano procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per l’anno 2010 nei limiti di un contingente di personale corrispondente ad una spesa complessiva pari al 60% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente.

Successivamente, l'articolo 66, comma 7, del D.L. 112/2008[85] ha ridotto il contingente di personale assumibile dal 60% al 20% del personale cessato nell'anno precedente e ha esteso la limitazione anche al 2011.

L'articolo 2, comma 206, della legge 191/2009 (Finanziaria per il 2010)[86] ha escluso da tale limitazione i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco. Il successivo comma 208 ha previsto che, per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, i suddetti Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell’anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell’anno precedente.

I suddetti limiti alle assunzioni a tempo indeterminato previsti per gli anni 2010 e 2011 sono stati estesi dall'articolo 9, comma 5, del D.L. 78/2010[87] agli anni 2012 e 2013.

 

Per quanto concerne i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, la legge finanziaria per il 2010 ha introdotto un regime speciale in base al quale sono consentite assunzioni di personale a tempo indeterminato, nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell’anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell’anno precedente. Tale regime speciale aveva carattere provvisorio, in quanto previsto per il triennio 2010, 2011 e 2012. L'articolo 9, comma 6, del D.L. 78/2010 ha reso permanente, a decorrere dall'anno 2010, il regime speciale per le assunzioni nei suddetti Corpi.

 

La successiva lettera e) prevede la possibilità che l'ambito applicativo delle disposizioni di cui alla lettera a) venga differenziato in ragione dell'esigenza di valorizzare ed incentivare l'efficienza di determinati settori.

 

 

Limiti alla crescita dei trattamenti economici dei dipendenti pubblici (lettera b), lettera e) e comma 2)

La lettera b) proroga al 31 dicembre 2014 le vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici, anche accessori, del personale delle pubbliche amministrazioni.

 

Si ricorda che l'articolo 9 del D.L. 78/2010 reca una serie di disposizioni complessivamente finalizzate a contenere le spese di parte corrente relative ai redditi da lavoro dipendente delle pubbliche amministrazioni, definendo parametri massimi di aumento, operando riduzioni del trattamento, non applicando talune corresponsioni ed incidendo sulle dinamiche retributive contrattuali.

-        blocco per il triennio 2011-2013 del trattamento economico individuale complessivo dei dipendenti pubblici, anche di qualifica dirigenziale, prevedendo che non possa in ogni caso superare il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010 (comma 1);

-        previsione per il triennio 2011-2013, una riduzione, rispettivamente del 5 e del 10%, dei trattamenti economici complessivi dei dipendenti pubblici superiori a 90.000 euro e a 150.000 euro annui (comma 2);

-        previsione per il triennio 2011-2013, che l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale pubblico non possa superare il corrispondente importo dell'anno 2010 e che esso venga automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio (comma 2-bis);

-        non applicazione delle disposizioni normative e contrattuali che autorizzano la corresponsione, a favore dei dirigenti pubblici, di una quota dell'importo derivante dall'espletamento di incarichi aggiuntivi (comma 3);

-        previsione che i rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici per il biennio 2008-2009 non possano prevedere miglioramenti economici per il medesimo biennio superiori al 3,2% (comma 4).

-        blocco della contrattazione nel pubblico impiego per il triennio 2010-2012 attraverso la sospensione (senza possibilità di recupero) delle procedure contrattuali e negoziali del triennio 2010-2012, facendo salva la sola erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale (comma 17), la rideterminazione delle risorse previste per i rinnovi contrattuali per il personale statale (comma 18) per cui le risorse comprendono anche gli oneri riflessi a carico delle amministrazioni (comma 19) e la rideterminazione da parte delle amministrazioni non statali delle risorse per il rinnovo contrattuale per l’anno 2011 e a partire dal successivo 2012 (comma 20);

-        per gli anni 2011, 2012 e 2013 non applicazione al personale in regime di diritto pubblico (articolo 3 D.Lgs. 165/2001) dei meccanismi di adeguamento retributivo previsti dall’articolo 24 della legge 448/1998, ancorché a titolo di acconto ed escludendo successivi recuperi (comma 21);

-        disposizioni specifiche per il personale di cui alla legge 27/1981 (magistrati, avvocati e procuratori dello Stato) (comma 22).

 

La lettera e) prevede la possibilità che, all'esito di apposite consultazioni con le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative del pubblico impiego, l'ambito applicativo delle disposizioni di cui alla lettera b) sia differenziato, in ragione dell'esigenza di valorizzare ed incentivare l'efficienza di determinati settori.

 

Il comma 2 precisa che le disposizioni di cui alla lettera b) riguardanti il personale dipendente del Servizio sanitario nazionale si applicano anche al personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.

 

 

Indennità di vacanza contrattuale (lettera c))

La lettera c) autorizza il Governo a fissare le modalità di calcolo relative all'erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale per gli anni 2015-2017.

 

 

Mobilità del personale pubblico (lettera d))

La lettera d) autorizza il Governo a semplificare, rafforzare e rendere obbligatorie le procedure di mobilità del personale tra le pubbliche amministrazioni.

 

 

Estensione dei destinatari delle misure di razionalizzazione della spesa (lettera f))

La lettera f) autorizza il Governo ad includere tutti i soggetti pubblici tra i destinatari in via diretta delle misure di razionalizzazione della spesa, con particolare riferimento a quelle previste dall'articolo 6 del D.L. 78/2010. Sono espressamente escluse le regioni, le province autonome e gli enti del servizio sanitario nazionale.

L'articolo 6 del D.L. 78/2010, prevede una serie di disposizioni volte al contenimento della spesa degli apparati amministrativi[88].

I commi da 1 a 5 sono volti alla riduzione dei costi degli organi collegiali: rendendo onorifica la partecipazione agli organi collegiali di cui all'articolo 68, comma 1, del D.L. 112/2008 (comma 1) e agli organi collegiali degli enti che ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche (comma 2); riducendo del 10% i compensi dei componenti degli organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati di tutte le pubbliche amministrazione comunque denominate (comma 3); prevedendo che i compensi dovuti al dipendente pubblico che sia autorizzato a partecipare all'amministrazione o a fare parte di collegi sindacali di società o enti siano corrisposti non all'impiegato stesso ma all'amministrazione di cui egli fa parte (comma 4); ponendo un limite al numero di componenti degli organi di amministrazione e controllo di tutti gli enti pubblici, anche economici e di tutti gli organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato (comma 5). Il comma 6 riduce del 10% il compenso dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo di società pubbliche (inserite nel conto economico consolidato della P.A.oppure totalmente possedute, alla data del 31 maggio 2010, direttamente o indirettamente dalle P.A.).

I commi da 7 a 10 prevedono riduzioni alle spese – sostenute dalle pubbliche amministrazioni appartenenti al conto economico consolidato della P.A., incluse le autorità indipendenti – effettuate per studi e consulenze (comma 7), pubbliche relazioni, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza (comma 8), nonché il divieto di spese per sponsorizzazioni (comma 9). Ai medesimi principi di riduzione si devono conformare le società inserite nel conto economico consolidato dell'ISTAT (comma 11)

Il comma 12 introduce limiti alle spese per missioni da parte delle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della P.A., incluse le autorità indipendenti (a decorrere dal 2011, divieto di effettuare spese per missioni per un ammontare superiore al 50% della spesa del 2009).

Il comma 13, riduce del 50% rispetto a quella sostenuta nel 2009 la spesa annua, sostenuta dalle P.A. inserite nel conto economico consolidato della P.A., incluse le autorità indipendenti, per attività esclusivamente di formazione del personale.

Il comma 14, riduce, a decorrere dal 2011, la spesa per acquisto, manutenzione, noleggio e esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi, sostenuta dalle p.a. inserite nel conto economico consolidato della P.A., incluse le autorità indipendenti.

Il comma 19 prevede che le p.a. inserite nel conto economico della P.A. non possano effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali.

 

 

Ulteriori misure di risparmio, razionalizzazione e qualificazione della spesa (lettera g))

La lettera g) autorizza il Governo ad adottare ulteriori misure di risparmio, razionalizzazione e qualificazione della spesa delle amministrazioni centrali, attraverso una serie di misure elencante nella disposizione, quali:

§      digitalizzazione e semplificazione delle procedure;

§      riduzione dell'uso delle autovetture di servizio (al riguardo si ricorda che l'art. 2, comma 4, del provvedimento in esame prevede che, con DPCM, siano disposti modalità e limiti di utilizzo delle autovetture di servizio al fine di ridurne il costo);

§      lotta all'assenteismo, anche mediante l'estensione al personale del comparto sicurezza e difesa, con eccezione di quello impegnato in attività operative o missioni, delle disposizioni di cui all'articolo 71 del D.L. 112/2008. Il Senato ha specificato che resta comunque fermo quanto previsto all’articolo 71, comma 1-bis, il quale ha previsto l’equiparazione degli emolumenti di carattere continuativo caratteristici del comparto sicurezza e difesa, nonché del personale del dei Vigili del fuoco, e correlati allo specifico status e alle peculiari condizioni di impiego di tale personale, al trattamento economico fondamentale (per effetto di tale equiparazione, nei casi di assenze per malattia, per tali categorie di personale non viene mai meno il trattamento accessorio).

 

Si ricorda che l'articolo 71, comma 1, del decreto-legge 112/2008 prevede che, per i periodi di assenza per malattia, di qualunque durata, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, nei primi 10 giorni di assenza è corrisposto il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio.

Resta comunque fermo il trattamento più favorevole eventualmente previsto dai contratti collettivi o dalle specifiche normative di settore per le assenze per malattia dovute ad infortunio sul lavoro o a causa di servizio, oppure a ricovero ospedaliero o a day hospital, nonché per le assenze relative a patologie gravi che richiedano terapie salvavita. Inoltre, è previsto che i risparmi derivanti dall’applicazione della disposizione in esame, che comunque non sono utilizzabili per incrementare i fondi per la contrattazione integrativa, costituiscono economie di bilancio per le amministrazioni dello Stato e concorrono per gli enti diversi dalle amministrazioni statali al miglioramento dei saldi di bilancio

Il successivo comma 1-bis stabilisce che per il personale del comparto sicurezza e difesa nonché quello del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, limitatamente alle assenze per malattia suddette, gli emolumenti di carattere continuativo correlati allo specifico status e alle peculiari condizioni di impiego di tale personale sono equiparati al trattamento economico fondamentale.

 

Il comma 3 reca la clausola di salvaguardia finanziaria, ai sensi dell'art. 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196[89], per i casi in cui i provvedimenti previsti dal comma 1 non vengano adottati, ovvero si verifichino risparmi di spesa minori.

L'art. 17, comma 1, della legge 196/2009 prevede che, in attuazione dell'art. 81, quarto comma, Cost., ciascuna legge che comporti nuovi o maggiori oneri indica espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia, per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime. In ogni caso la clausola di salvaguardia deve garantire la corrispondenza, anche dal punto di vista temporale, tra l'onere e la relativa copertura. Ai sensi del comma 12, la clausola di salvaguardia deve essere effettiva e automatica. Essa deve indicare le misure di riduzione delle spese o di aumenti di entrata, con esclusione del ricorso ai fondi di riserva, nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni indicate dalle leggi al fine della copertura finanziaria. In tal caso, sulla base di apposito monitoraggio, il Ministro dell'economia e delle finanze adotta, sentito il Ministro competente, le misure indicate nella clausola di salvaguardia e riferisce alle Camere con apposita relazione. La relazione espone le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini della revisione dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione degli oneri autorizzati dalle predette leggi.

 

Nel caso di specie, il Ministro dell'economia e delle finanze provvederà, con proprio decreto, alla riduzione fino a concorrenza dello scostamento finanziario riscontrato, delle dotazioni finanziarie iscritte nel bilancio dello Stato a legislazione vigente, nell'ambito delle spese rimodulabili, delle missioni di spesa di ciascun Ministero.

Dalle predette riduzioni sono esclusi:

§      il Fondo per il finanziamento ordinario dell'università;

§      le risorse destinate alla ricerca;

§      le risorse destinate al finanziamento del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche;

§      le risorse destinate all'istruzione scolastica;

§      il Fondo unico dello spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163;

§      le risorse destinate alla manutenzione ed alla conservazione dei beni culturali.

 

Piani triennali di razionalizzazione e riqualificazione della spesa

(Commi 4-6)

 

 

Il comma 4 autorizza le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001 ad adottare, entro il 31 marzo di ogni anno, piani triennali di razionalizzazione e riqualificazione della spesa, di riordino e ristrutturazione amministrativa, di semplificazione e digitalizzazione, di riduzione dei costi della politica e di funzionamento, ivi compresi gli appalti di servizio, gli affidamenti alle partecipate e il ricorso alle consulenze attraverso persone giuridiche. I piani devono indicare la spesa sostenuta a legislazione vigente per ciascuna delle voci di spesa interessate e i correlati obiettivi in termini fisici e finanziari.

Rimane fermo quanto previsto dall'articolo 11 del provvedimento in esame, in materia di razionalizzazione dell'approvvigionamento di beni e servizi della pubblica amministrazione.

Le eventuali economie aggiuntive così realizzate rispetto a quelle già previste dalla normativa vigente dall’articolo 12 (in materia di acquisto, vendita, manutenzione e censimento di immobili pubblici) e dal presente articolo 16 possono essere utilizzate annualmente, nell'importo massimo del 50%, per la contrattazione integrativa, di cui il 50% destinato alla erogazione dei trattamenti accessori collegato alla performance individuale di cui all'articolo 19 del D.Lgs. 150/2009, n. 150 (comma 5).

L’articolo 19 del D.Lgs. n. 150 del 2009 prevede che in ogni amministrazione, l'Organismo indipendente compili una graduatoria delle valutazioni individuali del personale dirigenziale, distinto per livello generale e non, e del personale non dirigenziale. In ogni graduatoria il personale è distribuito in differenti livelli di performance in modo che: il venticinque per cento è collocato nella fascia di merito alta, alla quale corrisponde l'attribuzione del cinquanta per cento delle risorse destinate al trattamento accessorio collegato alla performance individuale; il cinquanta per cento è collocato nella fascia di merito intermedia, alla quale corrisponde l'attribuzione del cinquanta per cento delle risorse destinate al trattamento accessorio collegato alla performance individuale; il restante venticinque per cento è collocato nella fascia di merito bassa, alla quale non corrisponde l'attribuzione di alcun trattamento accessorio collegato alla performance individuale.

 

La restante quota è versata annualmente dagli enti e dalle amministrazioni dotate di autonomia finanziaria ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato. Tale disposizione non si applica agli enti territoriali e agli enti, di competenza regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano, del Servizio sanitario nazionale.

Le suddette eventuali economie aggiuntive sono utilizzabili solo se a consuntivo è accertato, con riferimento a ciascun esercizio, dalle amministrazioni interessate, il raggiungimento degli obiettivi fissati per ciascuna delle singole voci di spesa previste nei piani di razionalizzazione e i conseguenti risparmi.

I risparmi devono essere certificati, ai sensi della normativa vigente, dai competenti organi di controllo.

Per la Presidenza del Consiglio del ministri e i ministeri la verifica viene effettuata dalla Ragioneria generale dello Stato, per il tramite, rispettivamente, dell'UBRRAC (Ufficio del bilancio e per il riscontro di regolarità amministrativo-contabile) e degli uffici centrali di bilancio e dal Dipartimento della funzione pubblica.

Ai sensi dell'art. 40 del D.P.C.M. 1 marzo 2011, recante "Ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei Ministri", l'Ufficio del bilancio e per il riscontro di regolarità amministrativo-contabile (UBRRAC):

-        predispone il bilancio preventivo, le relative variazioni ed il conto finanziario della gestione;

-        svolge, ai sensi dell'art. 2 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, l'attività connessa al controllo della regolarità amministrativa e contabile sui provvedimenti e sui titoli di spesa emessi dai centri di responsabilità della Presidenza;

-        espleta il controllo di regolarità amministrativa e contabile sui provvedimenti emessi dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione (S.S.P.A.);

-        provvede alla registrazione dei relativi impegni, nonché alla validazione dei titoli di spesa dei vari centri ed esercita la vigilanza sui cassieri;

-        svolge le funzioni di controllo di cui all'art. 29, comma 3, lett. d), della legge 3 agosto 2007, n. 124, con le modalità ivi indicate.

All'Ufficio sono trasmessi per l'annotazione tutti gli atti di organizzazione e gestione. Esso riferisce al Segretario generale eventuali osservazioni. Cura i rapporti con il Ministero dell'economia e delle finanze relativamente alle variazioni di bilancio ed agli accrediti a favore della Presidenza, nonché i rapporti con la Corte dei conti, relativamente ai provvedimenti di competenza soggetti al controllo.

 

Ai sensi del comma 6, i piani adottati dalle amministrazioni sono oggetto di informazione alle organizzazioni sindacali rappresentative.

 

 

Effetti di pronunce giurisdizionali

(Commi 7 e 8)

 

 

Il comma 7 prevede che qualora, per qualsiasi ragione, inclusa l'emanazione di provvedimenti giurisdizionali diversi dalle decisioni della Corte costituzionale, non siano conseguiti gli effetti finanziari utili conseguenti alle disposizioni di cui all'articolo 9, commi 2 e 22, del D.L. 78/2010, i medesimi effetti finanziari sono recuperati con misure di carattere generale, nell'anno immediatamente successivo nei riguardi delle stesse categorie di personale cui si applicano le predette disposizioni.

La disposizione in esame sembrerebbe dunque voler garantire il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, in caso di provvedimento giurisdizionale che accolga uno dei ricorsi presentati avverso i provvedimenti attuativi del taglio agli stipendi più alti disposti dal decreto-legge 78/2010, con riferimento al pubblico impiego.

Si ricorda che l'articolo 9, comma 2, del D.L. 78/2010 prevede, per il triennio 2011-2013, una riduzione, rispettivamente del 5 e del 10%, dei trattamenti economici complessivi dei dipendenti pubblici superiori a 90.000 euro e a 150.000 euro annui.

Il comma 22, concernente i magistrati e gli avvocati e i procuratori dello Stato, prevede che, per gli adeguamenti retributivi previsti dall'articolo 24 della legge 448/1998, a tali soggetti non siano erogati, senza possibilità di recupero, gli acconti degli anni 2011, 2012 e 2013 ed il conguaglio del triennio 2010-2012; per tale personale, per il triennio 2013-2015 l'acconto spettante per l'anno 2014 è pari alla misura già prevista per l'anno 2010 e il conguaglio per l'anno 2015 viene determinato con riferimento agli anni 2009, 2010 e 2014. Per il predetto personale, l’indennità giudiziaria - ovvero la speciale indennità prevista dall'articolo 3 della legge 27/1981 "in relazione agli oneri che gli stessi incontrano nello svolgimento della loro attività"- , spettante negli anni 2011, 2012 e 2013, è ridotta del 15% per l’anno 2011, del 25% per l’anno 2012 e del 32% per l’anno 2013.

 

Il comma 8 disciplina il caso in cui venga dichiarata l'illegittimità costituzionale di disposizioni sulla base delle quali pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, abbiano adottato provvedimenti in materia di personale, quali inquadramenti, promozioni e assunzioni a tempo indeterminato, incluse quelle derivanti dalla stabilizzazione o trasformazione di rapporti a tempo determinato.

In tal caso:

§      il provvedimento in questione è nullo di diritto;

§      viene ripristinata la situazione preesistente a far data dalla pubblicazione della relativa sentenza della Corte costituzionale;

§      il dirigente competente procede obbligatoriamente e senza indugio a comunicare agli interessati gli effetti della predetta sentenza sul relativo rapporto di lavoro e sul correlato trattamento economico e al ritiro degli atti nulli.

 

Viene fatta salva l'eventuale applicazione dell'art. 2126 c.c. in relazione alle prestazioni eseguite.

L'art. 2126 c.c., (recante "Prestazione di fatto con violazione di legge"), prevede che la nullità o l'annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall'illiceità dell'oggetto o della causa. Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione.

Secondo la relazione illustrativa (A.S. 2814), la disposizione in esame è volta a garantire, attraverso anche la responsabilizzazione del dirigente competente, una tempestiva ed immediata esecuzione di sentenze della Corte costituzionale, la cui ritardata o mancata attuazione potrebbe determinare la illegittima prosecuzione di rapporti di lavoro ovvero l'indebita attribuzione di trattamenti economici superiori.

 

 

Controlli sulle assenza per malattia dei pubblici dipendenti

(Commi 9 e 10)

 

 

Il comma 9 interviene sull'articolo 55-septies, del D.Lgs. 165/2001, modificando il comma 5 e introducendo ulteriori due disposizioni (commi 5-bis e 5-ter). In particolare si prevede che:

§      le pubbliche amministrazioni dispongono il controllo sulle assenze per malattia dei dipendenti, valutando la condotta complessiva del dipendente e gli oneri connessi all’effettuazione della visita, tenendo conto dell’esigenza di contrastare e prevenire l’assenteismo. Inoltre, il controllo è in ogni caso richiesto sin dal primo giorno quando l’assenza si verifica nelle giornate precedenti o successive a quelle non lavorative (comma 5);

§      un decreto ministeriale determini le fasce orarie di reperibilità e il regime delle esenzioni dalla reperibilità[90]. Inoltre, qualora il dipendente debba allontanarsi dall'indirizzo comunicato durante le fasce di reperibilità per effettuare visite mediche, prestazioni o accertamenti specialistici o per altri giustificati motivi, che devono essere, a richiesta, documentati, è tenuto a darne preventiva comunicazione all'amministrazione (comma 5-bis);

§      nel caso in cui l'assenza per malattia abbia luogo per l'espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche o esami diagnostici, l'assenza è giustificata mediante la presentazione di attestazione rilasciata dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione (comma 5-ter).

 

Si ricorda che l’articolo 55-septies, comma 5, del D.Lgs. n. 165 del 2001, precedentemente in vigore, prevedeva che l'Amministrazione disponesse il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative.

 

Il comma 10 estende la suddetta disciplina anche al personale non contrattualizzato indicato all’articolo 3 del D.Lgs. 165/2001.

Il personale indicato nella disposizione richiamata è composto da magistrati, avvocati e procuratori dello Stato, dal personale militare e Forze di polizia di Stato, dal personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia.

 

 

Risoluzione unilaterale del contratto di lavoro al compimento di 40 anni di anzianità contributiva
(Comma 11)

 

 

Il comma 11 prevede che, in caso di risoluzione del rapporto di lavoro derivante dall’esercizio della facoltà prevista all’articolo 72, comma 11, del D.L. 112/2008, la pubblica amministrazione non debba fornire ulteriori motivazioni, qualora essa abbia preventivamente determinato in via generale appositi criteri applicativi con atto generale di organizzazione interna, sottoposto al visto dei competenti organi di controllo.

L’articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, ha introdotto la facoltà per le amministrazioni pubbliche (per il triennio 2009-2011) in caso di compimento dell’anzianità massima contributiva di 40 anni del personale dipendente, di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro con un preavviso di sei mesi.

La disposizione non si applica nei confronti dei magistrati e dei professori ordinari.

Per il personale dei comparti sicurezza e difesa, le modalità applicative della disposizione sono rinviate a un decreto del Presidente del Consiglio, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, su proposta del ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze, sentiti i ministri dell’interno e della difesa (il DPCM in questione non risulta fin qui adottato).

Successivamente, l’articolo 6, comma 3, della legge 4 marzo 2009, n. 15, ha modificato il testo del richiamato articolo 72, comma 11, del D.L. 112/2008, disponendo che l’istituto si applicasse non al compimento dell’anzianità massima contributiva di 40 anni, bensì al compimento dell'anzianità massima di servizio effettivo di 40 anni (per il periodo 20 marzo - 4 agosto 2009, prima delle ulteriori modifiche apportate dal decreto-legge 78/2009, in vigore dal 5 agosto 2009).

Da ultimo, l’articolo 17, comma 35-novies, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, è intervenuto nuovamente sulla materia (riscrivendo il testo dell’articolo 72, comma 11, del D.L. n. 112/2008), prevedendo, in particolare:

-        che la citata facoltà sia esercitabile, per il triennio 2009-2011, in caso di compimento dell’anzianità massima contributiva di 40 anni;

-        che la fattispecie si applichi anche al personale dirigenziale;

-        che tale facoltà rientri nei poteri di organizzazione della P.A. ai sensi dell’articolo 5 del D.Lgs. 165/2001;

-        la non applicazione della norma anche per i dirigenti medici responsabili di struttura complessa;

-        l’applicazione di quanto disposto anche nei confronti dei pubblici dipendenti sospesi o collocati a riposo per procedimenti penali e reintegrati in seguito a sentenza definitiva di proscioglimento.

 

Si fa presente che una disposizione di contenuto analogo è prevista all’articolo 1 dello schema di decreto legislativo n. 364, recante disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo n. 150 del 2009, sul quale le commissioni riunite I e XI della Camera hanno espresso il parere di competenza il 13 luglio 2011.

 


 

Articolo 17
(Razionalizzazione della spesa sanitaria)

 

 

Commi da 1 a 3 - Disposizioni in materia di spesa sanitaria

 

Il comma 1 stabilisce:

§      un incremento del livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale per gli anni 2013 e 2014, rispettivamente, dello 0,5 per cento del livello vigente del 2012 e dell’1,4 per cento del livello 2013;

La relazione tecnica (A.S. 2814) del decreto-legge evidenzia che gli incrementi, inferiori a quelli previsti dalla legislazione vigente, pari al 2,8 per cento per il 2013 e al 4,0 per cento nel 2014, determinano riduzioni di spesa per 2.500 milioni nel 2013 e per 5.450 milioni nel 2014. Conseguentemente, il livello di finanziamento del SSN è quantificato in 109.294 milioni per il 2013 (a legislazione vigente è pari a 111.794 milioni) e in 110.786 milioni per il 2014 (a legislazione vigente è pari a 116.236 milioni).

 

§      il conseguimento di tali obiettivi, attraverso:

-       un’intesa Stato-Regioni, da stipularsi entro il 30 aprile 2012;

-       ovvero, in caso di mancato accordo, l’applicazione delle seguenti disposizioni:

a)   dal 1° luglio 2012, l'Osservatorio dei contratti pubblici[91]fornisce alle Regioni i prezzi di riferimento dei beni, compresi dispositivi medici e farmaci, prestazioni e servizi, sanitari e non sanitari, individuati dall'Agenzia per i servizi sanitari regionali, tra quelli di maggiore impatto, in termini di costo, per il SSN. Le Regioni intervengono, a loro volta, sulla spesa per le prestazioni sanitarie erogate da enti privati accreditati (lettera a));

b)   dal 2013, le aziende farmaceutiche saranno tenute a versare direttamente alle regioni una quota, non superiore al 35 per cento dell'eventuale sforamento del tetto di spesa del 2,4 per cento, fissato per la spesa farmaceutica ospedaliera. L'onere è imputato alle aziende in proporzione ai fatturati relativi ai farmaci ceduti alle strutture pubbliche. L'attuazione della norma è demandata ad un regolamento governativo, da emanarsi, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il 30 giugno 2012. Qualora tale termine non venga rispettato, l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) aggiorna, dal 2013, le tabelle di raffronto tra la spesa farmaceutica territoriale delle singole regioni, con la conseguente definizione delle migliori soglie di appropriatezza relative alla prescrizione dei farmaci generici da parte dei medici del SSN. La norma, contenuta nel D.L. 78/2010, ha inteso monitorare, utilizzando i dati del sistema Tessera sanitaria, la spesa farmaceutica territoriale al fine di individuare la quota ottimale dei farmaci equivalenti prescritti a prezzo minore per categoria terapeutica equivalente, ovvero uguale composizione in principi attivi. Conseguentemente, a decorrere dal 2013, il tetto di spesa per l’assistenza farmaceutica territoriale è rideterminato nella misura del 12,5 per cento, in luogo del tetto attuale fissato al 13,3 per cento (lettera b)).

c)   dal 2013, la spesa per l'acquisto di dispositivi medici non può superare il limite del 5,2 per cento del fabbisogno sanitario standard nazionale e regionale[92]. Il valore assoluto dei due limiti è annualmente stabilito da un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia. Il superamento del limite regionale è interamente a carico della regione ed è escluso l'obbligo di ripianamento per le regioni in equilibrio economico complessivo (lettera c));

d)   dal 2014, è prevista una compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria (farmaceutica e altre prestazioni sanitarie), stabilita con regolamento governativo. Tale misura, aggiuntiva a quanto già disposto dalle regioni, può essere ridotta dalle medesime regioni, assicurando comunque l’equilibrio economico finanziario, con misure alternative, certificate, preventivamente, dal Comitato permanente per i LEA e dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti[93]. La quota di compartecipazione per la spesa farmaceutica non concorre alla determinazione del tetto di spesa farmaceutica territoriale (lettera d)).

 

Il comma 2 prevede che gli importi derivanti dalle misure previste dalle lettere a), b), c) e d):

§      sono stabiliti nella citata Intesa Stato-regioni;

§      ovvero, in caso di mancato accordo, gli importi:

-       per il 2013, al netto degli effetti da economie di spesa per il personale sanitario dipendente e convenzionato[94], sono nelle percentuali del 30, 40 e 30 per cento per le misure delle lettere a), b), e c);

-       per il 2014, sono nelle percentuali del 22, 20, 15 e 40 per cento per le misure delle lettere a), b) c) e d). Il residuo 3 per cento corrisponde alle economie di spesa per il personale sanitario dipendente e convenzionato, con facoltà di rideterminare proporzionalmente le suddette percentuali, in caso di incidenza delle economie di spesa per il personale sanitario, differente dal 3 per cento previsto. Conseguentemente, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, può essere rideterminato il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale.

 

Il comma 3 estende al 2013 e al 2014 le norme per il contenimento della spesa per il personale del SSN previste, dall'articolo 2, commi 71, 72 e 73, della legge 23 dicembre 2009, n. 191[95], per il triennio 2010-2012.

Per il triennio 2010-2012, in materia di spese per il personale (compresi i soggetti non inquadrati come lavoratori dipendenti) del Servizio sanitario nazionale, il citato articolo 2, commi 71, 72 e 73, della legge n. 191 del 2009 stabilisce misure di contenimento delle spese, ai fini del concorso al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e al rispetto dei livelli di finanziamento previsti per il Servizio sanitario nazionale.

Il comma 71 ridefinisce la disciplina sui vincoli alla spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale[96] e, dopo aver confermato i vincoli alla spesa per il personale già stabiliti, per il triennio 2007-2009, dall’articolo 1, comma 565, della legge finanziaria per il 2007[97], dispone che tali enti adottino le misure necessarie a garantire che la spesa per il personale per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012 sia ridotta dell'1,4 per cento rispetto a quella del 2004.

Il comma 72 prevede, per il conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa sanitaria da parte degli enti del SSN, comprendendo in tale ambito anche le azioni riguardanti i processi di riorganizzazione e la razionalizzazione e l’efficientamento della rete ospedaliera, i seguenti adempimenti: programma annuale di riduzione della spesa per il personale[98] e conseguente ridimensionamento dei fondi della contrattazione integrativa; individuazione standard delle strutture semplici e complesse e delle posizioni organizzative e di coordinamento, rispettivamente, delle aree della dirigenza e del personale del comparto del Servizio sanitario nazionale, secondo la disponibilità dei fondi della contrattazione integrativa.

Il comma 73 affida la verifica del raggiungimento, per il triennio 2010-2012, degli obiettivi stabiliti dai commi 71 e 72, al Tavolo di verifica degli adempimenti, previsto dall’articolo 12 della citata Intesa 23 marzo 2005.

 

Comma 4 - Regioni sottoposte ai piani di rientro dal disavanzo sanitario

 

Il comma 4 concerne le Regioni sottoposte ai piani di rientro dal disavanzo sanitario. La Relazione tecnica (A.S. 2814) afferma che il presente comma mira a potenziare la strumentazione concernente i Piani di rientro dai deficit sanitari e quindi a rafforzare il sistema di governance nel settore sanitario.

La lettera a) dispone che qualora l’attuazione dei piani di rientro o dei programmi operativi (di cui alla successiva lettera b)) sia ostacolata da disposizioni legislative regionali, gli organi di attuazione ne facciano segnalazione al Consiglio regionale che deve assumere le conseguenti determinazioni entro i successivi 60 giorni. Scaduto tale termine provvede il Consiglio dei Ministri, nell’esercizio dei poteri sostitutivi di cui all’articolo 120 della Costituzione, adottando misure anche normative. La lettera b) inserisce una norma di interpretazione autentica (comma 88-bis) all’articolo 2 della legge finanziaria per il 2010[99], diretta a chiarire che i programmi operativi - previsti dalla citata legge finanziaria per la prosecuzione dei piani di rientro oltre i termini stabiliti – predisposti dalle regioni sottoposte ai Piani di rientro costituiscono non solo una prosecuzione ma anche un aggiornamento del Piano tenuto conto del possibile mutato quadro ordinamentale di riferimento in termini di finanziamento assicurato dallo Stato e di nuovi obblighi pattizi o legislativi in capo alle regioni. Le lettera c) e d), riguardanti la regione Abruzzo, dispongono l’approvazione del programma operativo per l’esercizio 2010 e l’adozione del piano sanitario regionale 2011-2012 da parte del commissario ad acta in modo da garantirne la coerenza con l’obbiettivo dell’equilibrio del bilancio sanitario in relazione alle modifiche ordinamentali e finanziarie successivamente intervenute. La lettera e) differisce dal 31 dicembre 2011 al 31 dicembre 2012 il termine finale di applicazione del divieto transitorio di intraprendere o proseguire azioni esecutive[100] nei confronti delle aziende sanitarie ed ospedaliere sottoposte ai piani di rientro e in cui, alla data del 1 gennaio 2011, operi il commissario ad acta. Alle finalità del divieto si aggiunge quella di consentire “l’espletamento delle funzioni istituzionali in situazioni di ripristinato equilibrio finanziario”. La lettera f) riguarda le regioni sottoposte ai piani di rientro per le quali operi il blocco automatico del turn over del personale del Servizio sanitario regionale[101] per le quali viene consentita una limitata deroga al blocco - da disporre con decreto interministeriale su richiesta della regione interessata - in ordine al conferimento di incarichi di dirigenti medici responsabili di struttura complessa, nel rispetto di determinate condizioni.

 

Comma 5 Accertamenti medico-legali sui dipendenti pubblici assenti dal servizio per malattia

 

Il comma 5 riguarda la materia dell’onerosità degli accertamenti medico-legali sui dipendenti pubblici assenti dal servizio per malattia, al fine di tener conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 207/2010[102] che ha stabilito che gli oneri per tali accertamenti non possono restare a carico delle aziende sanitarie locali e gravare sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Conseguentemente il comma in esame prevede la destinazione di risorse , nel limite massimo di 70 milioni di euro annui, per la copertura di oneri a carico delle pubbliche amministrazioni derivanti dall’eventuale applicazione di tariffe da parte delle regioni. Alle risorse si fa fronte per gli anni 2011 e 2012, a valere sulla quota delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale non impiegata, in sede di riparto, a seguito della citata sentenza della Corte e, a decorrere dall’esercizio 2013, mediante riduzione di 70 milioni di euro del livello di finanziamento del SSN.

 

Comma 6 – Livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale per il 2011

 

Il comma 6, modificato nel corso dell’esame presso il Senato,incrementa di 105 milioni di euro, per il 2011, il livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale a cui concorre ordinariamente lo Stato. L’articolo 61, commi 19, del Decreto legge n. 112/2008 ha abolito, per gli anni 2009, 2010 e 2011, la quota di compartecipazione di 10 euro, a carico degli assistiti non esenti, sulle ricette per l’assistenza specialistica ambulatoriale, di cui all’articolo 1, comma 796, lettera p), primo periodo della legge n. 296/2006[103]. Si è reso necessario garantire alla Regioni, in attuazione del Patto per la salute 2010-2012[104], risorse in misura corrispondente. Le modifiche approvate anticipano, tuttavia, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, la ripresa dell’efficacia delle norme che stabiliscono la citata quota di compartecipazione di 10 euro - di cui alle lettere p) e p)-bis della legge n. 296/2006 sopra illustrate - disponendo contestualmente la cessazione dell’efficacia delle disposizioni di cui al comma 19 dell’articolo 61 del D.L. 112/2008.e rideterminano, pertanto, in 105 milioni di euro l’importo inizialmente previsto e pari a 486,5 milioni di euro.

 

Commi da 7 a 9 - Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti ed il contrasto delle malattie della povertà (INMP)

 

Il comma 7 contempla la proroga fino al 31 dicembre 2013 del progetto di sperimentazione gestionale, coordinato dall'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti ed il contrasto delle malattie della povertà (INMP) e volto alla ricerca, alla formazione, alla prevenzione ed alla cura delle malattie connesse alle migrazioni ed alla povertà. Tale proroga è disposta con decreto del Ministro della salute, previo protocollo d’intesa con le regioni Lazio, Puglia, Siciliana e con le altre regioni interessate. Il comma 9 prevede, in relazione alla proroga, un finanziamento di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011-2013; alla copertura si fa fronte, per il 2011, riducendo l'autorizzazione di spesa per l'attuazione del cosiddetto Trattato Italo-Libico (fatto a Bengasi il 30 agosto 2008) e, per gli anni 2012-2013, nell'ambito di un apposito progetto interregionale per la cui realizzazione, sulle risorse del fondo sanitario nazionale destinate alla realizzazione di specifici obiettivi del Piano sanitario nazionale, è vincolata la somma di 5 milioni di euro annui, secondo i termini stabiliti dal medesimo comma 9. In base al comma 8, il Ministero della salute verifica l'andamento della sperimentazione gestionale, ai fini della definizione dell'assetto a regime dell'INMP o della soppressione del medesimo Istituto.

 

Comma 10 - Agenzia Italiana del Farmaco

 

Il comma 10 prevede che, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sia modificato il regolamento ministeriale di organizzazione e funzionamento dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), sulla base dei seguenti criteri: affidamento al Cda delle modifiche sull’assetto organizzativo dell’Agenzia; riorganizzazione della Commissione tecnico-scientifica e del Comitato prezzi e rimborsi, prevedendo un numero massimo di componenti pari a 10 (3 designati dal Ministro della Salute, uno dal Ministro dell’economia, 4 dalla Conferenza Stato- regioni oltre al Direttore Generale dell’AIFA e al Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità); indennità ai componenti di detti organismi non superiori alla misura media di quelle corrisposte ai componenti degli analoghi organismi degli Stati membri dell’Ue; indicazione dei servizi e relativi compensi che l’AIFA potrà fornire a terzi; introduzione di un diritto annuale per ciascun azienda farmaceutica che copra i costi della banca dati e delle procedure, con una riduzione per le piccole e medie imprese.


 

Articolo 18
(Interventi in materia previdenziale)

 

 

L’articolo 18 reca disposizioni in materia previdenziale.

In particolare, si dispone:

§      a decorrere dal 2020, il progressivo innalzamento a 65 anni del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia e per il trattamento pensionistico liquidato esclusivamente con il sistema contributivo, con riferimento alle lavoratrici del settore privato (comma 1);

§      la modifica della normativa in materia di ammortizzatori sociali per i lavoratori non rientranti nell'ambito di applicazione dell'indennità di mobilità (comma 2);

§      per il biennio 2012 e 2013, limitazionialla rivalutazione automatica sui trattamenti pensionistici di importo superiore a 5 volte il trattamento minimo INPS (comma 3). In seguito alla modifica apportata al Senato, per tali trattamenti pensionistici è stata in particolare prevista la rivalutazione nella misura del 70% per la sola fascia di importo inferiore a 3 volte il trattamento minimo (comma 3).;

§      la modifica (consistente nell’anticipo dell’entrata in vigore delle previsioni) della disciplina relativa all'elevamento dei requisiti per i trattamenti pensionistici e per l'assegno sociale in relazione all'incremento della speranza di vita (con un ulteriore anticipo di un anno, rispetto a quanto previsto nel testo originario del decreto-legge, in seguito all’approvazione di un emendamento al Senato) (comma 4);

§      la riduzione, con effetto sulle pensioni decorrenti dal 1° gennaio 2012, dell’aliquota percentuale della pensione dei superstiti nei casi in cui il matrimonio con il dante causa fosse stato contratto ad età del medesimo superiore a 70 anni e la differenza di età tra i coniugi fosse superiore a 20 anni (comma 5);

§      la modifica, attraverso norme di interpretazione autentica, di parte della disciplina concernente i criteri di calcolo, vigenti in passato, della perequazione automatica dell'indennità integrativa speciale dei trattamenti pensionistici degli ex dipendenti pubblici (commi 6-9);

§      un’interpretazione autentica sul riparto degli oneri finanziari relativi alla corresponsione dei trattamenti pensionistici del personale di enti pubblici creditizi (e dei relativi soggetti in cui gli enti si siano trasformati), per i quali fossero state previste forme pensionistiche alternative al regime generale INPS (comma 10);

§      la natura obbligatoria della contribuzione, in tutte le forme previdenziali obbligatorie di base gestite da soggetti di diritto privato, nonché nelle altre forme gestite dalle Casse privatizzate, anche per i titolari di un trattamento pensionistico, qualora essi percepiscano redditi derivanti dallo svolgimento di attività professionali rientranti nel campo di applicazione di una di tali forme previdenziali (commi 11-12);

§      la conferma che l'obbligo di iscrizione all’ENASARCO non esclude in alcun caso l'obbligo di iscrizione alla gestione pensionistica INPS relativa agli esercenti attività commerciali (comma 13);

§      la stipula di specifiche convenzioni tra Ministero del lavoro e diversi Enti ed Istituti per il contrasto dell'omissione ed evasione contributiva, mediante l'incrocio dei dati e delle informazioni (comma 14);

§      che la definizione delle disposizioni attuative dei commi da 11 a 14 sia demandata ad un apposito decreto interministeriale (comma 15);

§      l’obbligo, a decorrere dal 1° maggio 2011, per i datori di lavoro, di versare i contributi relativi ai trattamenti economici di malattia corrisposti dall'INPS, con riferimento a tutti i lavoratori per i quali la relativa assicurazione sia applicabile (comma 16);

§      la reviviscenza, con effetto retroattivo dal 16 dicembre 2010, dell'articolo 43 del D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n. 369, che ha fatto salve le disposizioni contenute nei contratti collettivi e negli accordi economici delle organizzazioni sindacali fasciste (comma 17);

§      la specificazione, con norma di interpretazione autentica, che la base di calcolo delle prestazioni temporanee degli operai agricoli a tempo determinato, nonché la relativa base imponibile contributiva, non comprendono le voci di trattamento di fine rapporto (comunque esse siano denominate dalla contrattazione collettiva) (comma 18);

§      una norma di interpretazione autentica relativa ai dipendenti degli enti pubblici rientranti nella cosiddetta area del cd. parastato, iscritti alle relative forme integrative della previdenza obbligatoria, forme poi soppresse a decorrere dal 1° ottobre 1999 (comma 19);

§      la possibilità, a decorrere dal 1° ottobre 2011, che la contribuzione al Fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari sia effettuata anche tramite esercizi commerciali convenzionati (comma 20);

§      la proroga dell'incarico di direttore generale dell'ISPESL fino al compimento della fase transitoria relativa alla soppressione dell’ISPESL medesimo e del suo assorbimento da parte dell’INAIL, e comunque non oltre il 31 dicembre 2011 (comma 21);

§      l’affidamento all’INPS, da parte delle regioni, mediante la stipula di convenzioni, delle funzioni relative all'accertamento dei requisiti sanitari in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità (comma 22).

 

In seguito alle modifiche apportate al Senato, sono stati introdotti i commi da 22-bis a 22-quinquies. In particolare:

§      Il comma 22-bis, introduce un contributo di perequazione sui trattamenti pensionistici più elevati corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, pari 5% per gli importi che superino i 90.000 euro lordi annui e fino a 150.000 euro e al 10% per la parte eccedente i 150.000 euro. Tale norma si applica a decorrere dal 1° agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014;

§      i commi 22-ter, 22-quater e 22-quinquies prevedono un posticipo delle decorrenze del pensionamento di anzianità, pari a 1 mese per coloro che maturano i requisiti nel 2012, a 2 mesi per coloro che maturano i requisiti nel 2013 e a 3 mesi per coloro che maturano i requisiti a decorrere dal 2014; le decorrenze previgenti continuano tuttavia ad applicarsi a un contingente di 5.000 lavoratori che si trovino in particolari condizioni.

Requisiti anagrafici per il pensionamento di vecchiaia delle lavoratrici (comma 1)

Il comma 1 dispone, a decorrere dal 1° gennaio 2020, un progressivo innalzamento, da 60 a 65 anni, del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia, per le lavoratrici dipendenti e autonome la cui pensione è liquidata a carico dell'AGO o di forme sostitutive della stessa o della gestione separata INPS di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 335/1995.

L’innalzamento opera ferma restando la disciplina vigente in materia di decorrenza del trattamento pensionistico e di adeguamento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico agli incrementi della speranza di vita ai sensi dell'articolo 12 del D.L. 78/2010.

 

In particolare, il requisito anagrafico di 60 anni per il sistema retributivo e misto e il requisito di 60 anni di cui all’articolo 1, comma 6, lettera b), della L. 243/2004 vengono incrementati di 1 mese. Tali requisiti sono ulteriormente incrementati di 2 mesi a decorrere dal 2021, di 3 mesi dal 2022, di 4 mesi dal 2023, di 5 mesi dal 2024, di 6 mesi dal 2025 per ogni anno fino al 2031 e di ulteriori 3 mesi a decorrere dal 2032.

Si ricorda che tali valori devono comunque tenere conto degli innalzamenti derivanti dalla disciplina di cui all’articolo 12, commi da 12-bis a 12-quinquies, del D.L. 78/2010, che ha legato l'adeguamento dei requisiti anagrafici ai fini dei trattamenti pensionistici di vecchiaia agli incrementi della speranza di vita (disciplina modificata dal comma 4 dell’articolo in esame: v. oltre).

 

Si ricorda infine che, per le dipendenti pubbliche, l'articolo 12, comma 12-sexies, del D.L. 78/2010 ha modificato la disciplina del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia e per il trattamento pensionistico liquidato esclusivamente con il sistema contributivo. Tale comma ha disposto l'elevamento del requisito da 61 a 65 anni con decorrenza dal 1° gennaio 2012. Resta fermo il diritto al trattamento per le lavoratrici che maturino, entro il 31 dicembre 2011, i requisiti anagrafici e contributivi vigenti alla suddetta data; tali dipendenti possono chiedere all'ente pensionistico di appartenenza la certificazione del diritto.

Ammortizzatori sociali per i lavoratori non rientranti nell'ambito di applicazione dell'indennità di mobilità (comma 2)

Il comma 2 abroga, a decorrere dall’entrata in vigore del provvedimento in esame,l’articolo 19, comma 10-bis, del D.L. 185/2008, che ha riconosciuto, a favore dei lavoratori non destinatari dell’indennità di mobilità ai sensi della normativa a regime (di cui all’articolo 7 della L. 223/1991), la possibilità di ricevere un trattamento di ammontare equivalente all’indennità di mobilità nell’ambito delle risorse finanziarie destinate per l’anno 2009 agli ammortizzatori sociali in deroga alla vigente normativa. Per gli stessi lavoratori è stata prevista altresì l’applicazione della normativa di disoccupazione, di cui all’articolo 19, primo comma del R.D.L. 636/1939, esclusivamente per quanto concerne la contribuzione figurativa per i periodi previsti dall’articolo 1, comma 25, della L. 247/2007. La validità dell’erogazione è stata prorogata per il 2010 ed il 2011, rispettivamente, dall’articolo 2, comma 136, della L. 191/2009, e dall’articolo 2, comma 36, della L. 220/2010.

In luogo del trattamento soppresso, a decorrere dalla medesima data, nell'ambito delle risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del richiamato D.L. 185/2008, è riconosciuta la facoltà, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di erogare un trattamento aggiuntivo, pari alla differenza tra il trattamento di disoccupazione spettante e l'indennità di mobilità, per un numero di mesi pari alla durata dell'indennità di disoccupazione, ai lavoratori non destinatari dell’indennità di mobilità, in caso di licenziamento o di cessazione del rapporto di lavoro e qualora i lavoratori medesimi siano percettori dell'indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali.

Rivalutazione automatica delle pensioni (comma 3)

Il comma 3 (come modificato al Senato)ha introdotto, a titolo di concorso per il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, limitazioni alla rivalutazione automatica sui trattamenti pensionistici di importo superiore a 5 volte il trattamento minimo INPS. Per tali trattamenti pensionistici la rivalutazione non è concessa, con esclusione della fascia di importo inferiore a 3 volte il trattamento minimo, con riferimento alla quale la rivalutazione è applicata nella misura del 70%.

Sempre per le pensioni di importo superiore a cinque volte il trattamento minimo e inferiore a tale limite incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante sulla base della normativa vigente, l’aumento di rivalutazione è comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato.

 

La disposizione è stata modificata al Senato. Nella formulazione originaria della norma era previsto che, per il medesimo biennio, l'indice di rivalutazione dei trattamenti pensionistici non si applicasse in alcuna misura per la fascia di importo dei trattamenti superiore a cinque volte il trattamento minimo INPS e si applicasse nella misura del 45% per la fascia di importo dei trattamenti compresa tra tre e cinque volte il predetto trattamento minimo.

 

Si ricorda che la perequazione automatica viene attribuita sulla base della variazione del costo della vita, con cadenza annuale e con effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento. Più in particolare, la rivalutazione si commisura al rapporto percentuale tra il valore medio dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati relativo all'anno di riferimento e il valore medio del medesimo indice relativo all'anno precedente. Tale percentuale è applicata, in base all’articolo 69, comma 1, della L. 388/2000, - fatte salve le modifiche transitorie di cui al presente comma 3:

-        nella misura del 100% per la fascia di importo dei trattamenti pensionistici fino a 3 volte il trattamento minimo INPS (pari, nel 2011, a 6.076,59 euro);

-        nella misura del 90% per la fascia di importo dei trattamenti pensionistici compresa tra 3 e 5 volte il predetto trattamento

-        nella misura del 75% per la fascia di importo dei trattamenti superiore a 5 volte il medesimo trattamento minimo.

Il meccanismo di rivalutazione si applica, ai sensi dell’articolo 34, comma 1, della L. 448/1998, tenendo conto dell'importo complessivo dei diversi trattamenti pensionistici eventualmente percepiti dal medesimo soggetto. L'aumento derivante dalla rivalutazione viene attribuito, per ciascun trattamento, in misura proporzionale all'importo del medesimo trattamento rispetto all'ammontare complessivo.

Adeguamento dei requisiti pensionistici all’incremento della speranza di vita (comma 4)

Il comma 4 modifica la disciplina normativa introdotta dall’articolo 12 del decreto legge n. 78 del 2010, che precede l’adeguamento dei requisiti pensionistici all’incremento della speranza di vita rilevato dall’ISTAT.

 

Il comma 2 dell’articolo 22-ter del decreto-legge 78/2009, convertito dalla legge 102/2009, aveva disposto un intervento di portata generale rivolto a tutti i lavoratori, sia pubblici sia privati. Esso stabiliva che a decorrere dal 1° gennaio 2015 i requisiti anagrafici per l’accesso al sistema pensionistico italiano dovessero essere adeguati all’incremento della speranza di vita accertato dall’ISTAT e convalidato dall’EUROSTAT, con riferimento ai 5 anni precedenti.

L’attuazione della relativa normativa tecnica era demandata ad un apposito regolamento di delegificazione, da emanare entro il 31 dicembre 2014. In ogni caso, in sede di prima attuazione il richiamato incremento riferito ai 5 anni antecedenti non poteva superare i 3 mesi.

Successivamente, l’articolo 12, commi 12-bis - 12-quinquies, del decreto-legge n. 78/2010, ha dato attuazione alle disposizioni del richiamato articolo 22-ter, modificandole in alcune parti. In particolare, si prevede l’adeguamento con cadenza triennale dei requisiti di accesso ai trattamenti, al fine di adeguarli all’incremento della speranza di vita rilevato annualmente dall’ISTAT, entro il 30 giugno, a decorrere dal 2015. In sede di prima applicazione tale aggiornamento non può in ogni caso superare i 3 mesi. Il secondo aggiornamento è previsto a decorrere dal 2019, mentre successivamente si procederà ad aggiornamenti con cadenza triennale. Per valori del requisito anagrafico superiori a 65 anni si dispone, poi, l’adattamento dei coefficienti di trasformazione, al fine di assicurare trattamenti pensionistici correlati alla maggiore anzianità lavorativa richiesta.

 

La disposizione (come modificata al Senato) in particolare prevede:

§      modificando il comma 12-bis del richiamato articolo 12, l’anticipo al 1° gennaio 2013 (invece del 1° gennaio 2015) del primo adeguamento dei trattamenti pensionistici all’indice di speranza di vita. (lettera a)).

Nel testo originario del decreto-legge l’anticipo era fissato al 1° gennaio 2014;

§      modificando il successivo comma 12-ter, l’anticipo al 2011 (in luogo del 2014) dell’obbligo per l'ISTAT di rendere disponibili i dati relativi alla variazione della speranza di vita, richiamato in precedenza. Inoltre, viene posticipato al 31 dicembre di ciascun anno (in luogo del 30 giugno) l’obbligo per l'ISTAT di rendere disponibile il dato relativo alla variazione nel triennio precedente della speranza di vita all'età corrispondente a 65 anni; infine, attraverso l’abrogazione dell’ultimo periodo del comma 12-ter, viene eliminata la previsione che il secondo adeguamento fosse calcolato su base biennale (tutti gli adeguamenti successivi al primo avranno pertanto cadenza triennale) (lettera b)).

Nel testo originario del decreto-legge l’anticipo era fissato al 1° gennaio 2012 e veniva fatta salva la previsione che il secondo adeguamento fosse biennale.

Pensioni ai superstiti (comma 5)

Il comma 5 riduce, con effetto sulle pensioni decorrenti dal 1° gennaio 2012, l'aliquota percentuale della pensione a favore dei superstiti dell’assicurato o pensionato deceduto, nell'ambito del regime dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme esclusive o sostitutive di detto regime, nonché della gestione separata INPS ex articolo 2, comma 26, della L. 335/1995.

La riduzione opera nei casi in cui il matrimonio con il dante causa sia stato contratto ad età del medesimo superiori a 70 anni e la differenza di età tra i coniugi sia superiore a 20 anni, del 10% in ragione di ogni anno di matrimonio con il dante causa mancante rispetto al numero di 10.

In caso di frazione di anno la riduzione percentuale è proporzionalmente rideterminata. Le disposizioni richiamate non si applicano nei casi di presenza di figli di minore età, studenti, ovvero inabili. Resta fermo il regime di cumulabilità disciplinato dall'articolo 1, comma 41, della citata L. 335.

 

Merita ricordare, al riguardo, che la Corte costituzionale ha prodotto un’ampia giurisprudenza in merito, formatasi in relazione a norme volte a limitare i benefici previdenziali del coniuge superstite[105].

 

Si ricorda che attualmente sono all’esame della XI Commissione Lavoro della Camera dei deputati varie proposte di legge[106] che recano disposizioni in materia di pensione di reversibilità.

Indennità integrativa speciale (commi da 6 a 9)

I commi da 6 a 9 recano alcune norme di interpretazione autentica, concernenti i criteri di calcolo, vigenti in passato, della perequazione automatica dell'indennità integrativa speciale (I.I.S.) dei trattamenti pensionistici.

In particolare:

§      si specifica che l'articolo 10, quarto comma, del D.L. 17/1983, che attribuiva per intero le variazioni dell'I.I.S. dalla data del raggiungimento dell'età di pensionamento da parte del titolare della pensione - ovvero dalla data di decorrenza della pensione di riversibilità a favore dei superstiti -, deve intendersi abrogato implicitamente a causa delle disposizioni di cui all’articolo 21 della L. 730/1983, che lega l’I.I.S. alla normale perequazione automatica dei trattamenti previdenziali (comma 6);

§      si puntualizza che l'articolo 21, ottavo comma, della stessa L. 730/1983 si interpreta nel senso che le percentuali di incremento dell'I.I.S. previste debbano essere corrisposte nell'aliquota massima, calcolata sulla quota dell'indennità medesima effettivamente spettante in proporzione all'anzianità conseguita alla data di cessazione dal servizio. Tale comma ha disposto che le pensioni alle quali si applica la disciplina dell'I.I.S. a decorrere dal 1° maggio 1984 siano considerate comprensive dell'indennità stessa. Gli aumenti dovuti sull'importo non eccedente il doppio del trattamento minimo del F.P.L.D., inoltre, devono essere attribuiti sull'I.I.S., ove competa, e sulla pensione con le modalità che saranno stabilite con specifico decreto interministeriale (comma 7);

§      si evidenzia che il nono comma del più volte richiamato articolo 21 della L. 730, si interpreta nel senso che è fatta salva la disciplina prevista per l'attribuzione, all'atto della cessazione dal servizio, dell'I.I.S., compresa la normativa stabilita dall'articolo 10 del D.L. 17 ad eccezione del richiamato quarto comma. Tale comma dispone la salvaguardia della disciplina prevista per l'attribuzione, all'atto della cessazione dal servizio, dell'I.I.S., compresa la normativa stabilita dall'articolo 10 del richiamato D.L. 17/1983 (comma 8);

§      infine, vengono salvaguardati i trattamenti pensionistici più favorevoli in godimento alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, già definiti con sentenza passata in autorità di cosa giudicata o definiti irrevocabilmente dai Comitati di vigilanza dell'INPDAP, con riassorbimento sui futuri miglioramenti pensionistici (comma 9).

Secondo la relazione tecnica allegata (A.S. 2814), il contenzioso oggetto delle norme di interpretazione autentica riguarda trattamenti con decorrenza iniziale compresa tra il gennaio 1983 e il dicembre 1994 (nel periodo successivo, ha trovato applicazione la nuova disciplina di cui all'articolo 15 della L. 724/1994, che ha unificato il trattamento pensionistico base dei dipendenti pubblici e l'I.I.S.).

Trattamenti pensionistici personale enti creditizi (comma 10)

Il comma 10 reca una norma di interpretazione autentica sul riparto degli oneri finanziari relativi alla corresponsione dei trattamenti pensionistici del personale di enti pubblici creditizi – nonché dei relativi soggetti in cui gli enti si siano trasformati -, di cui all’articolo 3, comma 2, del D.Lgs. 357/1990, per il quale fossero previste forme pensionistiche alternative al regime generale INPS.

Tale norma ha disposto che la gestione speciale assume a proprio carico, per ciascun titolare di trattamento pensionistico in essere all'entrata in vigore della L. 218/1990, una quota del trattamento stesso determinata secondo specifiche misure percentuali. Per i titolari di trattamenti pensionistici con decorrenza tra l'entrata in vigore della richiamata L. 218 ed il 31 dicembre 1990, la quota a carico della gestione speciale è determinata secondo la disciplina in vigore per l'assicurazione generale obbligatoria ai fini del diritto e dell'ammontare del trattamento stesso.

 

Il comma in esame stabilisce che il richiamato articolo 3, comma 2, si interpreta nel senso che la quota a carico della gestione speciale dei trattamenti pensionistici in essere alla data di entrata in vigore della L. 218/1990 va determinata con esclusivo riferimento all'importo del trattamento pensionistico effettivamente corrisposto (cioè corrente) dal fondo di provenienza alla predetta data, con esclusione della quota eventualmente erogata ai pensionati in forma capitale.

Si ricorda che, ai sensi dello stesso D.Lgs. 357/1990, il richiamato personale, a partire dal 1° gennaio 1991, è iscritto ad una gestione speciale INPS e che una quota percentuale dei trattamenti, liquidati entro il 21 agosto 1990 dalle suddette forme pensionistiche soppresse, è posta a carico della medesima gestione speciale.

Obbligatorietà di iscrizione e contribuzione agli enti previdenziali privatizzati dei soggetti già pensionati (commi 11 e 12)

Il comma 11 dispone l’obbligo dell'iscrizione e della contribuzione a carico dei soggetti, già pensionati, che risultino aver percepito un reddito, derivante dallo svolgimento della relativa attività professionale, ed impone agli enti previdenziali di diritto privato di cui ai D.Lgs. 509/1994 e D.Lgs. 103/1996 (vedi supra), di adeguare allo scopo i propri statuti e regolamenti entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

Secondo la relazione illustrativa al provvedimento (A.S. 2814), il principio contenuto negli statuti e nei regolamenti delle Casse privatizzate secondo il quale la contribuzione è volontaria una volta liquidato il trattamento pensionistico, si è rivelato non coerente con il principio generale per il quale i redditi prodotti devono essere assoggettati a contribuzione previdenziale, per cui l’INPS nella sua attività di contrasto all’evasione ed elusine contributiva, “ha ritenuto di contestare in tali ipotesi il mancato versamento della contribuzione alla gestione separata” di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995. Analoghe considerazione sono state sottolineate in riferimento al comma 12.

 

Per i richiamati soggetti è previsto un contributo soggettivo minimo con aliquota non inferiore al 50% di quella ordinaria per gli iscritti a ciascun Ente.

Nel caso in cui gli Enti previdenziali non abbiano provveduto ad adeguare i propri statuti e regolamenti entro il termine indicato Qualora entro il predetto termine gli enti non abbiano provveduto ad adeguare i propri statuti e regolamenti, l’aliquota trova in ogni caso applicazione.

 

Il successivo comma 12 fornisce un’interpretazione autentica dell’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995, che ha istituito la gestione separata INPS, in merito all’ambito soggettivo di iscrizione alla gestione stessa.

Più specificamente, il comma precisa che i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all'iscrizione presso la richiamata gestione sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività non subordinate all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti previdenziali privatizzati di cui al comma precedente, ad esclusione dei soggetti richiamati nello stesso comma, per i quali sussiste appunto l’obbligo di iscrizione e contribuzione alle Casse privatizzate. Resta comunque ferma la possibilità di includere i propri iscritti nella gestione separata INPS ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 103/1996. Infine, Sono fatti salvi i versamenti già effettuati ai sensi del citato articolo 2, comma 26, della L. 335/1995.

 

Ai sensi del comma 15, le disposizioni attuative dei commi in esame sono demandate ad un apposito decreto interministeriale.

Si segnala che il testo non prevede un termine per l’emanazione del richiamato decreto.

Iscrizione all’ENASARCO (comma 13)

Il comma 13 conferma che l'obbligo di iscrizione alla forma di previdenza gestita dalla Fondazione ENASARCO (Ente privatizzato ai sensi del D.Lgs. 509/1994) non esclude in alcun caso l'obbligo di iscrizione alla gestione pensionistica INPS relativa agli esercenti attività commerciali, in quanto integrativa alla stessa, così come confermato già dall’articolo 2, primo comma, della L. 12/1973.

Ai sensi del comma 15, le disposizioni attuative del comma in esame sono demandate ad un apposito decreto interministeriale.

Si segnala che il testo non prevede un termine per l’emanazione del richiamato decreto.

Contrasto all’evasione contributiva (comma 14)

Il comma 14 prevede la stipulazione di apposite convenzioni per il contrasto dell'omissione ed evasione contributiva, mediante l'incrocio dei dati e delle informazioni da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'INPS, l'INAIL, l'Agenzia delle Entrate e gli Enti previdenziali privatizzati.

Ai sensi del comma 15, le disposizioni attuative del comma in esame sono demandate ad un apposito decreto interministeriale.

Si segnala che il testo non prevede un termine per l’emanazione del richiamato decreto.

Indennità di malattia (comma 16)

Il comma 16 reca nuove disposizioni in materia di indennità di malattia, attraverso la modifica l’articolo 20, comma 1, del D.L. 118/2008, e la contestuale introduzione di un nuovo comma 1-bis allo stesso articolo.

Il comma 1 dell’articolo 20 è intervenuto, con una norma interpretativa, sul secondo comma dell’articolo 6 della L. 138/1943, che ha stabilito che l’indennità di malattia non è dovuta quando il trattamento economico di malattia è corrisposto per legge o per contratto collettivo dal datore di lavoro o da altri enti in misura pari o superiore a quella fissata dai contratti collettivi ai sensi del medesimo articolo. Viene inoltre precisato che le prestazioni corrisposte da terzi in misura inferiore a quella della indennità di malattia sono integrate dall'ente sino a concorrenza dell’importo della medesima indennità.

Il comma 1 del richiamato articolo 20 ha disposto che il secondo comma richiamato in precedenza si interpreta nel senso che i datori di lavoro che hanno corrisposto per legge o per contratto collettivo, anche di diritto comune, il trattamento economico di malattia, con conseguente esonero dell’INPS dall’erogazione della predetta indennità, non sono tenuti al versamento della relativa contribuzione al medesimo Istituto. Si precisa inoltre che restano acquisite alla gestione previdenziale e conservano la loro efficacia le contribuzioni versate per i periodi anteriori alla data del 1° gennaio 2009.

 

Con il comma 16 in esame:

§      si introduce il nuovo comma 1-bis al più volte citato articolo 20, che stabilisce l’obbligo, a decorrere dal 1° maggio 2011, per i datori di lavoro individuati dal precedente comma 1 al versamento della contribuzione di finanziamento dell'indennità economica di malattia, ai sensi dell'articolo 31 della L. 41/1986 (concernente la contribuzione per il S.S.N.), e per le categorie di lavoratori cui la suddetta assicurazione è applicabile ai sensi della normativa vigente (lettera a));

§      modificando il comma 1 dello stesso articolo 20, si prevede che le contribuzioni restino acquisite alla gestione previdenziale e conservino la loro efficacia non per i periodi anteriori al 1° gennaio 2009 bensì per quelli anteriori al 1° maggio 2011 (lettera b)).

Secondo la relazione illustrativa al provvedimento (A.S. 2814), l’interpretazione autentica in esame ha la necessità di evitare, anche in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 48 dell’8 febbraio 2010, che avrebbe potuto consentire ai datori di lavoro di essere esentati dal versamento della contribuzione di malattia nel caso in cui essi fossero stati sottoposti dalla contrattazione collettiva all’obbligo di pagamento dell’indennità di malattia, che si determinino effetti distorsivi nei confronti dei lavoratori.

Organizzazioni sindacali fasciste (comma 17)

Il comma 17 dispone il ripristino, con effetto retroattivo, dell'articolo 43 del D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n. 369, recante la soppressione delle organizzazioni sindacali fasciste e la liquidazione dei rispettivi patrimoni. Tale articolo ha fatto salve - ferme restando, naturalmente, le successive modifiche - le disposizioni contenute nei contratti collettivi e negli accordi economici delle organizzazioni sindacali fasciste.

Secondo la relazione illustrativa (A.S. 2814) al provvedimento, tale norma fa salve le disposizioni dei contratti collettivi corporativi , recanti la disciplina integrativa dell’assicurazione di malattia di cui alla L. 138/1943, da cui è possibile rilevare le categorie dei lavoratori aventi titolo all’indennità giornaliera di malattia.

 

 

 

Prestazioni temporanee in agricoltura (comma 18)

Il comma 18 reca un’interpretazione autentica di due specifiche norme, l’articolo 4 del D.Lgs. 146/1997 e l’articolo 1, comma 5, del D.L. 2/2006.

Sotto il profilo della redazione formale del testo, si segnala che occorre fare riferimento all’articolo 01, comma 5, del D.L. 2/2006

L’articolo 4 del D.Lgs. 146 stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 1998 il salario medio convenzionale, determinato con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e rilevato nel 1995, resta fermo, ai fini della contribuzione e delle prestazioni temporanee, fino a quando il suo importo per le singole qualifiche degli operai agricoli non sia superato da quello spettante nelle singole province, in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.

L’articolo 01, comma 5, del D.L. 2/2006 ha stabilito che la retribuzione imponibile per il calcolo dei contributi agricoli unificati, dal 1° gennaio 2006, vale anche ai fini del calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato.

 

Il comma 18 in esame, attraverso un’interpretazione autentica, specifica che la base di calcolo delle prestazioni temporanee degli operai agricoli a tempo determinato, nonché la relativa base imponibile contributiva, non comprendono le voci di trattamento di fine rapporto, comunque denominate dalla contrattazione collettiva.

Secondo la relazione illustrativa al provvedimento (A.S. 2814), tale interpretazione autentica “sancisce la correttezza della liquidazione al netto del TFR e anche sulla base del salario corrispondente alla qualifica denunciata dal datore di lavoro ai fini contributivi”, e risponde alla necessità di fornire risposte in merito al contenzioso sul cd. “salario reale” in agricoltura, avente per oggetto la liquidazione delle prestazioni temporanee sulla base del salario contrattuale provinciale, piuttosto che sul salario medio convenzionale, così come stabilito dai richiamati articoli. Ad ogni modo, la stressa relazione ha evidenziato che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 10546 del 9 maggio 2007 ha ritenuto che dal salario giornaliero vada scomputata la quota di TFR per il calcolo della prestazione temporanea.

Contributo di solidarietà (comma 19)

Con un’interpretazione autentica, il comma 19 interviene sulla disciplina della previdenza integrativa dei dipendenti degli enti pubblici.

In particolare, si interviene sull’articolo 64, comma 5, della L. 144/1999, che ha disposto l’applicazione, a decorrere dal 1° ottobre 1999, di un contributo di solidarietà, pari al 2%, sulle prestazioni integrative dell'assicurazione generale obbligatoria erogate o maturate presso i fondi e la gestione speciale per i dipendenti degli enti pubblici nonché della gestione speciale costituita presso l'INPS per il personale delle A.S.L., fondi soppressi, a decorrere dalla medesima data, dal comma 2 del medesimo articolo 64.

Il comma 19 in esame specifica che tale contributo è dovuto sia dagli ex-dipendenti, già collocati a riposo, sia dai lavoratori ancora in servizio. In questo ultimo caso il contributo è calcolato sul maturato di pensione integrativa alla data del 30 settembre 1999, ed è trattenuto sulla retribuzione percepita in costanza di attività lavorativa.

Si valuti, al riguardo, l’opportunità di definire in termini più espliciti la posizione dei soggetti privi di retribuzione, come, per esempio, i dipendenti collocati in aspettativa non retribuita.

Gestione “mutualità pensioni” (comma 20)

Il comma 20 prevede che, dal 1° ottobre 2011, il finanziamento al "Fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari" di cui al D.Lgs. 565/1996, la cui iscrizione è volontaria, possa essere effettuata secondo il meccanismo di finanziamento introdotto per sovvenzionare il cd. Fondo per le casalinghe. Secondo tale meccanismo di finanziamento, l’azienda emittente la carta di credito o di debito può essere delegata al versamento, con cadenza trimestrale, al fondo pensione dell’importo relativo agli abbuoni accantonati a seguito di acquisti effettuati tramite moneta elettronica presso i centri vendita convenzionati Le modalità attuative e di regolamentazione sono demandate all'INPS.

Si segnala, al riguardo, che una procedura praticamente identica di finanziamento al richiamato Fondo è contenuta nell’articolo 8, comma 12, del D.Lgs. 252/2005.

Proroga della carica di direttore generale dell’ISPESL (comma 21)

Il comma 21 ha il fine di consentire, come riportato nella relazione illustrativa (A.S. 2814) al provvedimento, un trasferimento organico e ordinato delle competenze dell’ISPESL, Istituto soppresso dall’articolo 7, comma 1, del D.L. 78/2010 con contestuale trasferimento di compiti e funzioni all’INAIL, in vista della costituzione del polo della salute e della sicurezza dei lavoratori.

A tal uopo,, introducendo il comma 5-bis nell’articolo 7 del D.L. 78/2010, dispone una proroga dell'incarico di direttore generale dell'ISPESL, per il completamento della fase transitoria e comunque non oltre il 31 dicembre 2011.

Inoltre, la norma ammette il conferimento di un incarico di livello dirigenziale generale, presso l'INAIL, per l'esercizio delle funzioni di ricerca nel campo della sicurezza sul lavoro e delle malattie professionali, di cui all’articolo 9, comma 6, del D.Lgs. 81/2008, a valere sui posti della consistenza organica trasferita ai sensi del comma 4 dello stesso articolo 9.

L'incarico può essere affidato ad un soggetto in possesso di determinati requisiti e anche in deroga alla quota percentuale di incarichi dirigenziali attribuibili a soggetti esterni alla pubblica amministrazione, indicate dall’articolo 19, comma 6, del D.Lgs. 165/2001.

Accertamento dei requisiti di invalidità (comma 22)

Il comma 22 prevede che le regioni affidino all'INPS, tramite specifiche convenzioni, le funzioni relative all'accertamento dei requisiti sanitari in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità.

Si ricorda che, in base alla normativa vigente, ai fini degli accertamenti sanitari summenzionati, le commissioni mediche delle A.S.L. sono integrate da un medico dell'INPS e che, in ogni caso, l'accertamento definitivo è effettuato dall'INPS, così come previsto dall’articolo 20 del D.L. 78/2009.

Nella relazione illustrativa al provvedimento (A.S. 2814) si sottolinea come la norma in esame si pone in linea con le recenti tendenze legislative con l’obiettivo di assicurare maggiore snellezza e celerità a tutto il procedimento, per un definitivo superamento della frammentazione delle competenze, di un’uniformità dei criteri e di una maggiore funzionalità della gestione coerentemente con la finalità di assicurare e consolidare la tutela dell’unità giuridica, dei livelli essenziali delle prestazioni di invalidità civile, del contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica.

Contributo di solidarietà sui trattamenti pensionistici superiori a determinati importi (comma 22-bis)

Il comma 22-bis, introdottoal Senato, dispone un contributo di perequazione sui trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie nella seguente modalità:

§      per gli importi che superino i 90.000 euro lordi annui e fino a 150.000 euro, il contributo è pari al 5% della parte eccedente il predetto importo;

§      per la parte eccedente i 150.000 euro pari al 10%.

 

In ogni caso, a seguito della predetta riduzione il trattamento pensionistico complessivo non può essere inferiore a 90.000 euro lordi annui.

La norma in esame si applica a decorrere dal 1° agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014.

La disposizione è motivata dalla eccezionalità della situazione economica internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica.

 

Si ricorda che analoghi interventi in tema di contributi di solidarietà sono stati previsti dalle seguenti disposizioni:

-        articolo 3, commi 102-103, della Legge 350/2003[107], che ha previsto un contributo di solidarietà del 3% sui trattamenti pensionistici corrisposti dagli enti gestori della previdenza obbligatoria con importi complessivamente superiori a 25 volte (170.914,25 euro) il trattamento minimo delle pensioni nel regime generale INPS (6.836,57 euro) stabilito secondo l’articolo 38, comma 1 della legge L 448/2001;

-        articolo 1, comma 2, lettera u) primo e secondo periodo, della legge 243/2004[108], che ha disposto un contributo di solidarietà del 4% per le pensioni elevate su importi maggiori di 25 volte il trattamento minimo, rivalutabile per gli anni successivi al 2007, in base alle variazioni integrali del costo della vita (pensioni d’oro); secondo i successivi periodi concorrono ai fini del contributo di solidarietà i trattamenti integrativi per i soggetti con prestazioni aggiuntive o integrative (BI-UIC, enti pubblici creditizi, dipendenti pubblici, personale imposte consumo aziende gas esattorie e ricevitorie imposte dirette);

-        articolo 1, commi 222-223 della legge 296/2006[109], che hanno previsto un contributo di solidarietà a partire dal 1° gennaio 2007 del 15% sul TFR o il TFS e i trattamenti integrativi di importo complessivo superiore a 1,5 mln €[110].

 

La norma in commento, inoltre, stabilisce che ai predetti importi concorrono anche i trattamenti erogati da forme pensionistiche che garantiscono prestazioni definite in aggiunta o ad integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio, ivi comprese quelle di cui:

§      al D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 563, recante “Attuazione della delega conferita dall'art. 2, comma 23, lettera b), della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di trattamenti pensionistici, erogati dalle forme pensionistiche diverse da quelle dell'assicurazione generale obbligatoria, del personale degli enti che svolgono le loro attività nelle materie di cui all'art. 1 del D.Lgs. C.P.S. 17 luglio 1947, n. 691;

§      al D.Lgs. 20 novembre 1990, n. 357, Disposizioni sulla previdenza degli enti pubblici creditizi

§      al D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, recante “Disciplina delle forme pensionistiche complementari”;

§      i trattamenti che assicurano prestazioni definite dei dipendenti delle regioni a statuto speciale, nonché degli enti di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70, recante “Disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente”,

§      la gestione speciale ad esaurimento di cui all’articolo 75 del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, in tema di “Stato giuridico del personale delle Unità sanitarie locali”;

§      le gestioni di previdenza obbligatorie presso l’INPS per il personale addetto alle imposte di consumo, per il personale dipendente dalle aziende private del gas e per il personale già addetto alle esattorie e alle ricevitorie delle imposte dirette.

 

In pratica, si tratta del personale della Banca d’Italia, dell’UIC, degli enti pubblici creditizi, delle regioni, del c.d. parastato, del personale addetto alle imposte di consumo, delle aziende del gas, delle esattorie e delle ricevitorie (platea peraltro già individuata, in termini analoghi, all’articolo 1, comma 2, lettera u) della legge 243/2004).

 

Ai fini applicativi, si prevede che la trattenuta relativa al contributo qui esaminato viene applicata, in via preventiva e salvo conguaglio, a conclusione dell’anno di riferimento, all’atto della corresponsione di ciascun rateo mensile. Inoltre, viene preso a riferimento il trattamento pensionistico complessivo lordo per l’anno considerato.

La norma attribuisce poi all’INPS, sulla base dei dati del Casellario centrale dei pensionati[111], il compito di fornire a tutti gli enti interessati i necessari elementi per l’effettuazione della trattenuta del contributo di perequazione.

Infine, la disposizione prevede che le somme trattenute dagli enti vengono versate all’entrata del bilancio dello Stato, entro il quindicesimo giorno dalla data di erogazione del trattamento su cui è effettuata la trattenuta.

Posticipo delle decorrenze dei trattamenti pensionistici di anzianità (commi 22-ter, 22-quater e 22-quinquies)

 

I commi da 22-ter a22-quinquies, introdottial Senato, recano disposizioni in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici di anzianità.

 

In particolare, il comma 22-ter, introducendo un periodo alla fine del comma 2 dell’articolo 12 del D.L. 78/2010, posticipa la decorrenza dei trattamenti pensionistici di anzianità.

L’articolo 12, commi 1 e 2 del D.L. 78/2010 ha disposto, rispettivamente, per i soggetti che, a decorrere dal 2011 maturino il requisito anagrafico per il diritto, rispettivamente, alla pensione di vecchiaia (comma 1) e alla pensione di anzianità (comma 2), che il termine di decorrenza della pensione di vecchiaia (compresi i trattamenti liquidati interamente con il sistema contributivo) sia pari:

-        per i lavoratori dipendenti, a 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti per il relativo trattamento;

-        per gli iscritti alle gestioni INPS relative agli artigiani, commercianti, coltivatori diretti e alla Gestione separata INPS, 18 mesi dalla data di maturazione dei requisiti.

 

La modifica prevede che i soggetti richiamati che maturino i requisiti per il diritto al pensionamento indipendentemente dall’età anagrafica (cioè raggiungano i 40 anni di contributi versati) conseguano il diritto alla decorrenza con un posticipo ulteriore pari a:

§      un mese dalla data di maturazione dei requisirti previsti rispetto a quelli stabiliti dallo stesso comma 2 per i soggetti che maturino i requisiti nel 2012;

§      due mesi per i soggetti che maturino i requisiti nel 2013;

§      tre mesi per i soggetti che maturino i requisiti a decorrere dal 1° gennaio 2014.

Per il personale della scuola resta fermo quanto stabilito dall’articolo 59, comma 9, della L. 449/1997.

 

Il successivo comma 22-quater prevede che le disposizioni previgenti in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici continuano ad applicarsi a un contingente di 5.000 lavoratori, riconducibili alle seguenti categorie:

§       lavoratori collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della L. 223/1991, sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 30 aprile 2010, e che maturino i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità (articolo 7, comma 2, della L. 223/1991) (lettera a));

§       lavoratori collocati in mobilità lunga, ai sensi dell’articolo 7, commi 6 e 7, della L. 223/1991, per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 30 aprile 2010 (lettera b));

§       lavoratori che, all’entrata in vigore del provvedimento in esame, siano titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore di cui all’articolo 2, comma 28, della L. 662/1996 (lettera c)).

 

Infine, il comma 22-quinquies prevede un monitoraggio da parte dell’INPS, sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro, delle domande di pensionamento presentate ai sensi del precedente comma, che intendano avvalersi, a decorrere dal 1° gennaio 2012, del regime previgente delle decorrenze. Nel caso in cui dal monitoraggio risulti il raggiungimento del limite di 5.000 domande in precedenza richiamato, l’INPS non può prendere in esame ulteriori domande di pensionamento finalizzato alla fruizione dei benefici di cui al precedente comma.


 

Articolo 19, commi 1-3
(Sistema nazionale di valutazione della scuola)

 

 

I commi da 1 a 3 dell’art. 19 intervengono in materia di disciplina del sistema nazionale di valutazione della scuola, richiamando anzitutto la necessità di dare attuazione nei tempi stabiliti a quanto previsto dall’art. 2, commi da 4-septiesdecies a 4-undevicies, del D.L. 225/2010 (L. 10/2011).

 

Le norme richiamate hanno disposto:

-        la proroga dell’incarico del Commissario straordinario operante presso l'Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell'Autonomia Scolastica (ANSAS) fino al 31 agosto 2012;

-        la riorganizzazione della funzione ispettiva all’interno del MIUR, finalizzata alla definizione del sistema nazionale di valutazione in tutte le sue componenti, da attuare con regolamento di delegificazione entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (quindi, entro il 27 aprile 2011);

-        l’individuazione, con altro regolamento di delegificazione, da emanare nel termine sopra indicato, del sistema nazionale di valutazione, costituito da INDIRE, INVALSI, corpo ispettivo.

 

Il comma 1 dispone che i commissari straordinari di ANSAS e INVALSI[112] avviano un programma straordinario di reclutamento da concludere entro il 31 agosto 2012, realizzato nel limite della dotazione organica, nonché entro il limite dell’80% delle proprie entrate correnti complessive[113].

La decorrenza giuridica ed economica delle assunzioni è fissata al 1° settembre 2012, data nella quale il personale comandato presso l’ANSAS rientra in servizio nelle istituzioni scolastiche. Dalla stessa data l’ANSAS è soppresso ed è ripristinato l’INDIRE, che:

§       assume la natura di ente di ricerca con autonomia scientifica, finanziaria, patrimoniale, amministrativa e regolamentare;

§       si articola in 3 nuclei territoriali;

§       si raccorda con le regioni.

Si dispone, conseguentemente, l’abrogazione dei commi 610 e 611 dell’art. 1 della L. 296/2006, ferma restando, tuttavia, la soppressione degli exIRRE.

 

L’abrogazione dei commi 610 e 611 dell’art. 1 della L. 296/2006 dovrebbe decorrere dal 1° settembre 2012, venendo altrimenti meno la disposizione istitutiva dell’ANSAS - che, retta dal commissario straordinario, funziona fino al 31 agosto 2012 – nonché la disposizione che demanda al regolamento (v. infra) la definizione della dotazione organica dell’Agenzia, alla quale occorre fare riferimento per il reclutamento straordinario.

L’art. 1, commi 610 e 611, della L. finanziaria per il 2007 (L. 296/2006) ha istituito l’ANSAS, destinata ad assumere i compiti di aggiornamento, ricerca e documentazione espletati dagli Istituti regionali di ricerca educativa (IRRE) e dall’Istituto nazionale di documentazione e ricerca educativa (INDIRE), contestualmente soppressi[114].

L’ordinamento dell’Agenzia è stato demandato ad un regolamento, da emanarsi ai sensi dell'art. 17, c. 2, della L. 400/1988, indicante anche la dotazione organica nel limite complessivo del 50% dei contingenti assegnati alle strutture soppresse. Per assicurare comunque l’avvio delle attività della nuova struttura, si è prevista la nomina di uno o più commissari straordinari.

Fino al 31.12.2009, sono stati nominati e via via prorogati tre commissari straordinari. Il D.P.C.M. 27.1.2010 ha poi disposto la nomina di un solo commissario straordinario. L’incarico, conferito fino al 30.6.2010, è stato prorogato al 31.12.2010con DPCM 30.7.2010. L’ulteriore proroga, fino al 31.8.2012, è stata disposta con l’art. 2, c. 4-septiesdecies, del D.L. 225/2010 che, al contempo, come ante si è visto, ha fatto riferimento all’INDIRE nel processo di organizzazione del nuovo sistema di valutazione[115].

Nel frattempo, peraltro, le Camere hanno esaminato lo schema di regolamento concernente approvazione dello statuto e organizzazione dell’ANSAS (Atto 326, presentato il 14 gennaio 2011)[116]. Per quanto qui interessa, si ricorda che l’art. 10 dello schema - che non risulta aver concluso il suo iter -riguardava la dotazione organica dell’Agenzia, definita dalla tab. A allegata in 302 unità, distinte per profilo e per livello professionale. La relazione illustrativa (A.S. 2814) evidenziava che tale consistenza risultava dal calcolo del 50% delle unità previste per l’INDIRE (49) e per gli IRRE (595) - in applicazione dell’art. 1, c. 611, della L. 296/2006 - e dalla sottrazione di ulteriori 20 unità per effetto dell’art. 17 del D.L. 78/2010. Lo schema individuava anche le modalità per la copertura dell’organico, secondo il modello previsto per le Agenzie dagli articoli 8 e 9 del D.Lgs. 300/1999[117].

 

La relazione tecnica (A.S. 2814) al decreto-legge in esame precisa che, a fronte di attuali 306 unità comandate presso l’ANSAS, potranno essere assunte, al fine del rispetto del limite percentuale sopra indicato, 144 unità.

L’INVALSI, invece, a fronte di 25 unità di personale attualmente in servizio, ne potrà assumere altre 20, per un totale, dunque, di 45 unità. In tal modo, specifica la stessa relazione, si perverrà alla copertura quasi completa della pianta organica[118].

 

Il comma 2 specifica che, dopo la conclusione del programma straordinario di reclutamento, INVALSI e INDIRE devono rispettare i limiti per le assunzioni previsti per gli enti di ricerca dall’art. 9, co. 9, del D.L. 78/2010 (L. 122/2010).

 

La disposizione citata, modificando l’art. 66, c. 14, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) – al quale sarebbe stato preferibile fare riferimento - ha previsto, per quanto qui interessa, che per il triennio 2011-2013 gli enti di ricerca possono procedere in ciascun anno, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni a tempo indeterminato entro il limite dell’80% delle proprie entrate correnti complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell’anno precedente, purché entro il limite del 20% delle risorse relative alla cessazione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato intervenute nell’anno precedente. La facoltà di assunzione è nella misura del 50% nel 2014 e del 100% a decorrere dal 2015.

Si ricorda, infine, che l’INVALSI è stato qualificato “ente di ricerca” dall’art. 2 del D.Lgs. 286/2004. Tale natura giuridica è stata confermata dall’art. 17 del D.Lgs. 213/2009.

 

Il comma 3 dispone che con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono individuate, per il triennio 2012-2014, le risorse finanziarie derivanti dagli interventi di razionalizzazione previsti dall’articolo (letteralmente, il riferimento è al complesso dell’articolo, ma dalla relazione tecnica (A.S. 2814) si evince che ci si intenda riferire agli specifici interventi di riorganizzazione di Indire e Invalsi[119]), iscritte nello stato di previsione del MIUR, da destinare ad un nuovo fondo da istituire nello stesso stato di previsione, finalizzato al finanziamento del sistema nazionale di valutazione.

Si dispone, peraltro, che dal 2013 le risorse in questione confluiscono sul Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricercaper essere destinate al funzionamento di INDIRE e INVALSI.

 

Occorrerebbe chiarire il raccordo fra la previsione di destinare le risorse ad un nuovo fondo finalizzato al finanziamento del sistema nazionale di valutazione e la previsione di far confluire le stesse risorse sul Fondo per gli enti di ricerca, finalizzandole al funzionamento dei due enti.

 


 

Articolo 19, commi 4 e 5
(Autonomia scolastica e dirigenza)

 

 

I commi 4 e 5 dell’articolo19 operano la riduzione del numero delle istituzioni scolastiche dotate di autonomia e degli incarichi di dirigente scolastico.

In particolare, il comma 4 dispone che, dall’anno scolastico 2011/2012, le scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado sono aggregate in istituti scolastici comprensivi,con conseguente soppressione delle attuali corrispondenti istituzioni scolastiche autonome.

Per il conseguimento dell’autonomia scolastica I citati istituti comprensivi devono avere un numero minimo di 1000 alunni, ridotti a 500 per le scuole collocate in piccole isole, comuni montani e aree geografiche con specifiche caratteristiche linguistiche.

Il comma 5 prevede che la direzione delle istituzioni scolastiche autonome di fatto attualmente ospitanti un numero di alunni inferiore a 500 unità, ridotto fino a 300 per specifici contesti (istituzioni site in piccole isole, comuni montani, aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche) è assegnata in reggenza a dirigenti scolastici già titolari di incarico per altri istituti.

 

La relazione illustrativa (A.S. 2814) specifica che, lasciando inalterati i punti di erogazione del servizio, le istituzioni scolastiche autonome saranno ridotte di 1130 unità, con conseguente riduzione dei posti di dirigente scolastico e di direttore dei servizi generali e amministrativi.

 

Si ricorda, in proposito, che la nozione di istituto comprensivo è già prevista nella disciplina vigente, a partire dall’art. 51 del D.Lgs. 297/1994[120].

In seguito, il D.P.R. 233/1998, recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche, ha fissato (art. 2) tra i 500 ed i 900 alunni (salvo deroghe per situazioni socio-geografiche particolari) il requisito necessario a ciascuna scuola per l’attribuzione dell’autonomia scolastica. Qualora le singole scuole non raggiungono gli indici di riferimento indicati, esse sono unificate orizzontalmente con le scuole dello stesso grado comprese nel medesimo ambito territoriale o verticalmente in istituti comprensivi che ospitano vari gradi di istruzione.

Più recentemente, l’art. 1 del D.P.R. 81/2009, recante norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale utilizzo delle risorse umane, nell’affidare ad un decreto di natura regolamentare - risultante dal concerto tra MIUR e MEF, previa intesa in sede di Conferenza unificata -, la definizione dei parametri per il dimensionamento della rete scolastica e la riorganizzazione dei punti di erogazione del servizio, dispone che, nelle more, si fa riferimento ai parametri già previsti in precedenti decreti (DDMM 15 marzo 1997, n. 176, e 24 luglio 1998, n. 331), nonché nel citato DPR 233/1999[121], e specifica che dall’attuazione del dimensionamento della rete scolastica deve conseguire una economia di spesa non inferiore a 85 mld di euro entro l’a.s. 2011/2012[122].

Attualmente, in attesa dell’adozione del regolamento previsto dal D.P.R. 81/2009, numerose istituzioni scolastiche autonome – rientranti a suo tempo (1° settembre 2000) nei parametri di cui al DPR 233/2009 – risultano sottodimensionate.

 

L’istituto della reggenza è regolato, unitamente ad altri Incarichi aggiuntivi, dall’art. 19 del Contratto collettivo nazionale per il personale dirigente dell’area V siglato l’11 aprile 2006. Esso si configura come incarico di natura obbligatoria, non declinabile, conferito dall’amministrazione e remunerato con compenso integralmente e direttamente percepito dal dirigente.


 

Articolo 19, comma 6
(Esonero e semiesonero dalle attività didattiche)

 

 

Il comma 6 dell’articolo 19 limita la possibilità di esonero e semiesonero dall'insegnamento per i docenti con funzioni vicarie dei dirigenti scolastici; a tale scopo abroga l’art. 459, comma 4, del D.Lgs. 297/1994, che consentiva a condizioni più favorevoli (sulla base di un numero di classi inferiori di un quinto rispetto alle ipotesi contemplate nei commi 2 e 3) l’esonero o il semiesonero nel caso di scuole o istituti funzionanti con plessi di qualunque ordine di scuola, sezioni staccate o sedi coordinate.

 

La relazione tecnica (A.S. 2814) specifica che l’intervento comporta il contenimento della spesa per supplenze a tempo determinato ed è, quindi, strumentale al raggiungimento degli obiettivi previsti dall’art. 64, co. 6, del D.L. 112/2008.

 

I commi 2 e 3 del citato TU prevedono che l’esonero possa essere concesso ai docenti della scuola materna e primaria quando si tratti di un circolo didattico con almeno 80 classi e agli insegnanti di istituti di istruzione secondaria di primo e secondo grado e di istituti comprensivi di scuole di tutte i gradi di istruzione con almeno 55 classi (il semiesonero in caso di istituti con almeno 20 classi[123]).


 

Articolo 19, commi 7-11
(Dotazioni organiche del personale scolastico)

 

 

I commi da 7 a 9 dell’articolo 19 sono finalizzati al consolidamento delle riduzioni complessive di personale scolastico.

In particolare, il comma 7 dispone che, a decorrere dall’a.s. 2012/2013, le dotazioni organiche del personale docente, educativo ed ATA della scuola non devono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche determinata nell’a.s. 2011/2012[124], assicurando in ogni caso, in ciascun anno, la quota delle economie lorde di spesa che devono derivare per il bilancio dello Stato dall'applicazione dell’articolo 64 del D.L. 112/2008.

Il comitato di verifica tecnico-finanziaria istituito ai sensi dello stesso articolo 64 provvede annualmente al monitoraggio e alla verifica del conseguimento degli obiettivi summenzionati, al fine di adottare eventuali interventi correttivi nel caso di scostamento (comma 8).

Per garantire l'effettivo conseguimento degli obiettivi di risparmio, si applica la procedura prevista dall'art. 1, co. 621, lett. b), della L. finanziaria 2007, che prevede la riduzione lineare delle dotazioni complessive di bilancio del Ministero, ad eccezione di quelle relative alle competenze spettanti al personale della scuola e dell'amministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione, fino a concorrenza degli importi indicati (comma 9).

Il comma 6 dell'art. 64 del D.L. 112/2008 richiede, a decorrere dal 2012, economie lorde di spesa per il bilancio dello Stato non inferiori a 3.188 milioni di euro, ferme restando le misure di razionalizzazione e le economie disposte dall’art. 2, co. 411 e 412, della L. finanziaria 2008, quantificate - per quanto qui interessa - in 1.432 milioni di euro dal 2011.

Il comma 9 riserva - a decorrere dal 2010 - il 30% delle economie conseguite all’incremento delle risorse finanziarie destinate dalla contrattazione alla valorizzazione del personale della scuola, costituendo a tal fine un apposito Fondo nello stato di previsione del Ministero. Dispone, inoltre, che le somme in questione saranno iscritte in bilancio a decorrere dall’anno successivo alla realizzazione delle economie e rese disponibili con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, subordinatamente alla verifica dell’effettivo ed integrale conseguimento delle stesse[125].

Come sopra anticipato, il processo attuativo è monitorato, ai sensi del comma 7, da un comitato di verifica tecnico-finanziaria composto da rappresentanti di MIUR e MEF.

 

Il comma 10 reca l'interpretazione autentica dell'art. 22, comma 2, della L. 448/2001 (L. finanziaria 2002), disponendo che il parere delle competenti Commissioni parlamentari deve essere acquisito ogni volta che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, modifica i parametri per la determinazione della consistenza complessiva degli organici del personale docente ed ATA.

 

L'art. 22, comma 2, dellaL. finanziaria 2002 riguarda esclusivamente il personale docente. In particolare, una volta definiti, al comma 1, i criteri per la determinazione delle dotazioni organiche del personale docente delle istituzioni scolastiche autonome, il comma 2 prevede che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca determina con proprio decreto, emanato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, i parametri per l'attuazione di quanto previsto nel comma 1 e provvede alla determinazione della consistenza complessiva degli organici del personale docente ed alla sua ripartizione su base regionale.

 

La relazione tecnica (A.S. 2814) specifica che, in relazione al contenzioso sorto in materia, è necessario precisare il corretto iter dei provvedimenti ministeriali indicanti la consistenza degli organici[126].

Pertanto, essendo i parametri definiti dall'art. 2 del DPR 81/2009 per il personale docente[127] e dal DPR 119/2009 per il personale ATA, le dotazioni organiche saranno determinate con decreti del MIUR, di concerto con il MEF, senza l’acquisizione dei pareri delle Commissioni parlamentari.

 

Il comma 11 reca disposizioni in materia di organico di sostegno, azioni integrative per gli studenti disabili e conseguente formazione del personale docente, commissioni mediche chiamate a formulare la diagnosi che dà diritto all’assegnazione del docente di sostegno.

In particolare, esso prevede che:

§       l’organico di sostegno è determinato applicando quanto previsto dall’art. 2, commi 413 e 414, della L. finanziaria per il 2008 (L. 244/2007), ma con possibilità di istituire posti in deroga in relazione a situazioni di particolare gravità;

§       lo stesso organico è assegnato complessivamente alla scuola o alle reti di scuole appositamente costituite, considerando un docente ogni due alunni disabili;

§       l’azione didattica e di integrazione degli alunni disabili è assicurata sia dai docenti di sostegno che dai docenti di classe. Conseguentemente, nell’ambito delle risorse assegnate per la formazione del personale docente, si dà priorità agli interventi di formazione sulle modalità di integrazione degli alunni disabili, rivolti a tutti i docenti.

Dispone, infine, che le commissioni mediche di cui all’art. 4 della legge 104/1992, chiamate a formulare la diagnosi funzionale che dà diritto all’assegnazione del docente di sostegno all’alunno disabile, sono integrate con un rappresentante dell’INPS, che partecipa a titolo gratuito.

Con riferimento a quest’ultima previsione, si evidenzia che, sostanzialmente, l’individuazione dell’alunno come persona con handicap, presupposto necessario per consentirgli la fruizione degli strumenti di integrazione didattica, finora oggetto di una normativa specifica, sembra ricondotta alla disciplina generale applicata in materia (v. infra).

 

La relazione illustrativa (A.S. 2814) specifica che il comma è formulato nel rispetto della sentenza della Corte costituzionale n. 80/2010, che ha dichiarando la parziale illegittimità dei commi 413 e 414 dell’art. 2 della L. 244/2007, ripristinando la possibilità di istituire posti di sostegno in deroga per gli alunni con disabilità grave.

 

Il co. 413 della L. 244/2007 fa, anzitutto, salvo l’art. 1, co. 605, lett. b), della L. finanziaria 2007, che ha disposto la modifica del rapporto docenti di sostegno/alunni - definito dall’art. 40, co. 3, della L. 449/1997 in ragione di uno ogni 138 alunni frequentanti le scuole della provincia – procedendo all’individuazione di organici corrispondenti alle effettive esigenze, rilevate attraverso certificazioni idonee a definire appropriati interventi formativi. Dispone, quindi,che il numero dei posti dei docenti di sostegno attivabili a decorrere dall’a.s. 2008-2009 non superi il 25% del numero di sezioni[128] e classi dell’organico di diritto dell’a.s. 2006-2007, mediante criteri definiti con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze[129].

Il co. 414 dispone che sia rideterminata progressivamente la dotazione organica di diritto dei docenti di sostegno nel triennio 2008-2010, fino al raggiungimento del 70% del numero dei posti di sostegno attivati nell’a.s. 2006-2007. Modifica, inoltre, l’art. 40, co. 1, della L. 449/1997, sopprimendo la previsione di nomina di docenti di sostegno in deroga[130], e prescrive l’abrogazione delle disposizioni incompatibili con la nuova disciplina.

 

La graduale piena attuazione della disciplina di cui all’art. 2, co. 413, della L. finanziaria 2008, relativo alla determinazione dei posti di sostegno per gli alunni disabili, era stata prevista dal Piano programmatico conseguente all’art. 64 del D.L. 112/2008.

Ma il 22 febbraio 2010, la Corte costituzionale, con sentenza n. 80, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del co. 413 nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno, e del co. 414 nella parte in cui esclude la possibilità di assumere insegnanti di sostegno in deroga.

Rispondendo all’interrogazione 4-09239 il 31 maggio 2011, il rappresentante del Governo ha evidenziato che, in attuazione della sentenza, sono stati istituiti a livello nazionale oltre 3.300 posti in deroga in aggiunta ai 90.469 posti istituiti in organico di fatto per l'a.s. 2010-2011. Inoltre, sono state autorizzate “ben 5.022 assunzioni di personale docente ed educativo nel sostegno, che rappresentano circa il 50 per cento delle assunzioni autorizzate nell'anno scolastico 2010/2011”.

Lo schema di decreto interministeriale relativo agli organici 2011/2012 - di cui alla circolare n. 21 del 14/3/2011 - determina un organico di diritto di 63.348 posti, pari al numero di posti attivati in organico di diritto nell’a.s. 2010-2011, e un organico di fatto pari a 90.469 posti. A tale dotazione complessiva, devono essere aggiunti gli eventuali posti in deroga. Al riguardo, rispondendo all’interrogazione 4-08641 nella stessa giornata del 31.5.2011, il rappresentante del Governo ha evidenziato che “In tal modo si passa da 90.031 insegnanti di sostegno dell'a.s. 2009/2010 agli attuali 94.430, con la conseguente riduzione del rapporto alunni disabili docenti di sostegno dal 2,01 del 2009/2010 al 2,00 del corrente anno”.

 

Con riguardo alla procedura indicata nell’ultimo periodo del comma 7, ovvero all’accertamento dell'handicap tramite le commissioni mediche indicate dall’art. 4 della L. 104/1992[131], si segnala che a tale diagnosi si provvedeva, ai sensi degli artt. 12 e 13 dellacitata legge quadro e dell’art. 10, comma 5, del D.L. 78/2010 (L. 122/2010), attraverso apposite verifiche collegiali disposte dalle Aziende sanitarie[132] ed affidate ad un’unità multidisciplinare composta dal medico specialista nella patologia segnalata, dallo specialista in neuropsichiatria infantile, dal terapista della riabilitazione, dagli operatori sociali in servizio presso l’unità sanitaria locale o in regime di convenzione con la medesima.


 

Articolo 19, commi 12-15
(Docenti inidonei all’insegnamento)

 

 

I commi da 12 a 15 disciplinano le modalità di impiego del personale docente permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, collocato fuori ruolo ed idoneo ad altri compiti.

In particolare, si prevede che tale categoria di personale, entro 30 giorni dalla dichiarazione di inidoneità da parte della Commissione medica operante presso le ASL, può presentare istanza per rimanere nei ruoli scolastici con la qualifica di assistente amministrativo o tecnico (ATA), con attribuzione di priorità alla provincia di appartenenza in caso di assegnazione (comma 12).

Nel caso in cui l’istanza non venga presentata o sia rigettata, è prevista la mobilità intercompartimentale nei ruoli delle Amministrazioni dello Stato, degli enti pubblici non economici e delle università, con garanzia del riconoscimento dell’anzianità maturata e dell’eventuale maggior trattamento stipendiale mediante assegno personale pensionabile riassorbibile (comma 13). La mobilità intercompartimentale si realizza nel quadro delle facoltà assunzionali previste dalla legislazione vigente per le singole amministrazioni (comma 14). La definizione delle modalità applicative della mobilità intercompartimentale è rimessa a un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro per la P.A. e l’innovazione e il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (comma 15).

 

Si fa presente che una analoga procedura di mobilità straordinaria del personale docente dichiarato permanentemente inidoneo ai compiti dell’insegnamentoper motivi di saluteè già stata definita dall’articolo 3, comma 127, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008),il quale ha previsto l’iscrizione di tale personale in un apposito ruolo speciale ad esaurimento. La norma prevede che nelle more della contrattazione collettiva relativa all’equiparazione dei profili professionali, con apposito DPCM, su proposta del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, vengano definiti provvisoriamente i criteri per l’inquadramento dei docenti in questione in profili professionali amministrativi, nonché gli specifici percorsi di formazione per la riconversione professionale.

 


 

Articolo 19, comma 16
(Raccordo fra Istruzione e formazione professionale
e secondo ciclo di istruzione)

 

 

Il comma 16 dell’articolo 19 prevede l’emanazione, entro il 6 luglio 2012, di un regolamento di delegificazione (ex art. 17, comma 2, L. 400/1988) volto a garantire la piena coerenza dei percorsi di istruzione e formazione professionale di cui al D.Lgs. 226/2005 con le modifiche ordinamentali apportate al secondo ciclo dell’istruzione secondaria superiore ai sensi dell’art. 64 del D.L. 112/2008. Il regolamento - per il quale non vengono determinate le norme generali regolatrici della materia, né le disposizioni da abrogare - è emanato su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa con la Conferenza unificata.

Per il sistema di istruzione e formazione professionale (IeFP) - i cui percorsi rappresentano una delle componenti del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione - la competenza legislativa esclusiva è delle regioni, spettando allo Stato la garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni. In particolare,ai sensi del D.Lgs. 226/2005,le regioni assicurano l'articolazione di percorsi di durata triennale - che si concludono con il conseguimento di un titolo di qualifica professionale, che consente l'accesso al quarto anno del sistema dell'istruzione e formazione professionale - e di percorsi di durata almeno quadriennale -che si concludono con il conseguimento diun titolo di diploma professionale, che consente l’accesso all’istruzione e formazione tecnica superiore.

Chiusa una fase di sperimentazione, il primo anno di attuazione dei percorsi di IeFP (coincidente con l’anno scolastico e formativo 2010-2011) è stato avviato sulla base dell’Accordo raggiunto in Conferenza Stato - regioni il 29.4.2010, poirecepito con D.L: 15.6.2010. In particolare, l’Accordo, prodromico alla disciplina specifica definita da ciascuna regione, ha individuato le figure professionali e gli standard minimi formativi.

Nel frattempo, dando seguito a quanto disposto dall’art. 64 del D.L. 112/2008, si è proceduto al riordino del secondo ciclo di istruzione. In particolare, l’art. 2, co. 3, del D.P.R. 87/2010, concernente il riordino degli istituti professionali, ha disposto che essi possono svolgere, in regime di sussidiarietà, un ruolo integrativo e complementare nei confronti dell’offerta formativa del sistema di IeFP.

Con decreto MIUR 18 gennaio 2011 sono state definite - secondo quanto previsto dall'art. 13, co. 1-quinquies del D.L. 7/2007 (L. 40/2007) - le Linee guida per la realizzazione di raccordi tra i percorsi degli istituti professionali e i percorsi di istruzione e formazione professionale[133].


 

Articolo 20
(Nuovo patto di stabilità interno: parametri di virtuosità)

 

 

L'articolo 20 dispone in merito al concorso degli enti territoriali alla manovra di finanza pubblica, attraverso modifiche ed integrazioni alla disciplina del patto di stabilità e ad altre disposizioni in materia di finanza locale.

 

Le norme recate dai commi da 1 a 5 dispongono in materia di :

§       redistribuzione degli obiettivi del patto fra le singole amministrazioni sulla base di nuovi criteri di virtuosità”, con effetti di minore incidenza finanziaria dei vincoli per gli enti virtuosi e di maggiore incidenza per gli altri enti (commi da 1 a 3);

§       aumento del concorsodi regioni ed enti locali al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica in misura pari a complessivi 3.200 milioni di euro per il 2013 e complessivi 6.400 milioni di euro a decorrere dal 2014 (commi 4 e 5);

Il testo originario del provvedimento prevedeva inoltre, ai commi 6-8, un taglio delle risorse erariali spettanti agli enti locali, con esclusione di quelli appartenenti a specifiche classi di virtuosità. I commi in oggetto sono stati soppressi dal Senato e, a copertura della soppressione, è stato introdotto il comma 17-bis. che dispone una riduzione delle risorse destinate a legislazione vigente ai rimborsi e alle compensazioni relativi alle imposte.

 

I commi da 9 a 16 contengono disposizioni di carattere ordinamentale finalizzate ad accrescere l’efficacia della disciplina del patto di stabilità interno. In particolare tali misure riguardano:

§      le assunzioni di personale da parte degli enti locali (comma 9, che modifica il comma 7 dell'articolo 76 del decreto legge 112/2008);

§      disposizioni di carattere antielusivo inerenti la disciplina del patto di stabilità interno (commi 10-12, che introducono i commi 111-bis e 111-ter dopo il comma 111 dell'articolo 1 della legge 220/2010);

§      l'obbligo, da parte dei comuni, di scioglimento delle società in perdita (comma 13, che modifica il comma 32 dell'articolo 14 del decreto legge 78/2010);

§      l'obbligo di adeguamento, da parte delle regioni, della propria normativa a seguito di sentenze della Corte costituzionale (commi 14 e 15);

§      le modalità applicative delle riduzioni di trasferimenti agli enti locali nell’ambito nuovo regime di 'federalismo fiscale municipale' dettato dal D.Lgs. 23/2011 (comma 16).

 

Infine il comma 17 riguarda gli accertamenti di somme relativi a Roma capitale.

Commi da 1 a 3 – Articolazione del patto sulla base di criteri di virtuosità

Il comma 1 prevede, a decorrere dal 2012, l’introduzione di una nuova forma di concertazione per la definizione delle modalità di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica delle regioni e degli enti locali del loro territorio.

 

La ”concertazione” delle modalità attuative del patto assume carattere innovativo con riferimento alle regioni a statuto ordinario, in quanto attualmente limitata alle sole regioni a statuto speciale[134]. Per quanto attiene invece a forme di flessibilità a livello regionale del patto per gli enti locali di ciascuna regione, esse sono già previste nella disciplina vigente.

Secondo quanto disposto dalla legge di stabilità 2011 (legge 220/2010 art. 1 commi 138-143) le regioni possono autorizzare gli enti locali compresi nel proprio territorio a peggiorare il saldo programmatico, consentendo un aumento dei pagamenti in conto capitale e procedere contestualmente alla rideterminazione del proprio obiettivo di risparmio per un ammontare pari all'entità complessiva dei pagamenti in conto capitale autorizzati, al fine di garantire – considerando insieme regione ed enti locali - il rispetto degli obiettivi finanziari. Le norme citate consentono inoltre una rimodulazione 'orizzontale' tra gli enti locali della regione, in relazione alla diversità delle situazioni finanziarie esistenti, sempre a patto che venga garantito il rispetto degli obiettivi complessivi.

 

Le regioni possono concordare le predette modalità di raggiungimento degli obiettivi singolarmente con lo Stato, previo accordo concluso in sede di Consiglio delle autonomie locali (C.A.L.)[135]. Se il C.A.L. non dovesse essere stato istituito l'accordo va raggiunto con i rappresentanti dell’ANCI e dell’UPI regionali.

Le modalità che vengono così definite devono essere conformi a criteri europei” per quanto riguarda l'individuazione delle entrate e delle spese valide per il patto.

La nozione di criteri europei”,non ulteriormente specificata, richiama implicitamente i criteri di contabilità economica definiti in sede comunitaria[136], sulla cui base sono costruiti gli aggregati contabili soggetti ai parametri del Patto di stabilità e crescita.

 

In materia di sanzioni, la norma in esame prevede altresì che le regioni e le province autonome rispondano allo Stato del mancato rispetto degli obiettivi, concorrendo - nell’anno successivo a quello di riferimento - per un maggiore importo, pari alla differenza tra l’obiettivo e il risultato conseguito.

Restano ferme:

§      le vigenti sanzioni a carico degli enti responsabili del mancato rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno (disciplinate dall'art. 1 della legge di stabilità 2011 ai commi 147-149 e dall'art. 14, comma 4 del decreto legge 78/2010);

§      il monitoraggio a livello centrale (legge 220/2010, art. 1 commi 144-145);

§      il termine perentorio del 31 ottobre per la comunicazione della rimodulazione degli obiettivi (legge 220/2010, art. 1, comma 142).

Alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica[137], con il supporto tecnico della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale[138], è attribuito un generale potere di monitoraggio dell'applicazione della disposizione in esame.

Un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Unificata, stabilisce - entro il 30 novembre 2011 - le modalità per l’attuazione del disposto in esame.

Una modifica introdotta dal Senato specifica che il decreto ministeriale dovrà stabilire anche le modalità e le condizioni della eventuale esclusione dal 'patto concordato' delle regioni che nel triennio precedente non abbiano rispettato il patto o siano sottoposte al piano di rientro dal deficit sanitario.

Conseguentemente viene soppresso il periodo che, nel testo precedente, disponeva comunque l'esclusione di queste regioni dall'applicazione dell'intero comma.

Al decreto ministeriale sono dunque demandate le scelte se e con quali modalità escludere le regioni che non hanno rispettato il patto e che sono in deficit sanitario.

In merito alle regioni inadempienti nei tre esercizi antecedenti al 2012 si rileva che, ferma restando l'indisponibilità di dati per l’esercizio in corso, nel Rapporto 2011 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti (sez. unite in sede di controllo, maggio 2011) si legge : ” Secondo i primi dati del monitoraggio, sia le regioni a statuto ordinario che quelle a statuto speciale hanno nel 2010 rispettato gli obiettivi previsti.”. Per il 2009 la Corte dei Conti (sez. aut., 4 agosto 2010) ha reso noto che ”..sulla base dei dati del monitoraggio 12 Regioni a statuto ordinario hanno rispettato i limiti del patto di stabilità. Una sola Regione, la Puglia, non ha rispettato il patto nei due saldi, 2 Regioni, la Campania e il Molise non hanno rispettato i limiti del saldo di cassa. Tutte le Regioni a Statuto speciale hanno rispettato i limiti del patto di stabilità, tranne la Sicilia con riguardo al saldo di cassa."

Quanto alle regioni sottoposte ai piani di rientro dal disavanzo sanitario nel triennio 2007-2009 sono otto: Liguria, Lazio, Campania, Abruzzo, Molise, Calabria, Sicilia e Sardegna. Di queste, nel 2010, sono 'uscite' dal piano solo le regioni Liguria e Sardegna, mentre altre due regioni Puglia e Piemonte sono state sottoposte a piani di rientro per il triennio 2010-2012[139].

 

Il comma 2 prevede la ripartizione, con decreto ministeriale, degli enti sottoposti al patto in quattro classi, definite sulla base di dieci parametri di virtuosità, al fine di distribuire il concorso agli obiettivi finanziari di ciascun singolo livello di governo.

La norma indica i seguenti parametri di virtuosità, modificati nel corso dell’esame da parte del Senato:

a)   prioritaria considerazione della convergenza tra spesa storica e costi e fabbisogni standard;

b)   rispetto del patto di stabilità interno;

c)   incidenza della spesa del personale sulla spesa corrente dell'ente in relazione al numero dei dipendenti in rapporto alla popolazione residente, alle funzioni svolte anche attraverso esternalizzazioni nonché all'ampiezza del territorio;per la valutazione di questo parametro si tiene conto del suo andamento nell'intera legislatura o consiliatura;

d)   autonomia finanziaria;

e)   equilibrio di parte corrente;

f)     tasso di copertura dei costi dei servizi a domanda individuale per gli enti locali;

g)   rapporto tra gli introiti derivanti dall'effettiva partecipazione all'azione di contrasto all'evasione fiscale e i tributi erariali, per le regioni;

h)   effettiva partecipazione degli enti locali all'azione di contrasto all'evasione fiscale;

i)      rapporto tra le entrate di parte corrente riscosse e accettate;

l)      l'aver operato dismissioni di partecipazioni societarie nel rispetto della normativa vigente.

I successivi commi 2-bis, 2-ter introdotti dal Senato, dispongono ulteriormente riguardo ai criteri di virtuosità:

§      il comma 2-bis, dispone che, a decorrere dalla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e dalla definizione degli obiettivi di servizio - cui gli enti territoriali devono tendere nell’esercizio delle funzioni soggette a livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali – si considerino, tra i parametri di virtuosità, indicatori quantitativi e qualitativi relativi agli output dei servizi resi, anche utilizzando come parametro di riferimento realtà rappresentative dell’offerta di prestazioni con il miglior rapporto qualità-costi;

§      il comma 2-ter dispone che il decreto ministeriale previsto dal comma 2 dovrà, tra l'altro, individuare un coefficiente di correzione che tenga conto per l'andamento dei parametri nel tempo, del miglioramento conseguito dalle singole amministrazioni rispetto a quelle precedenti;

Il comma 2-quater – anch'esso introdotto dal Senato -infine, fissa i parametri demografici minimi dell’insieme dei comuni tenuti ad esercitare le funzioni fondamentali in forma associata[140] e definisce la tempistica per l’attuazione dell’esercizio associato delle funzioni fondamentali da parte dei piccoli comuni[141].

 

Ai sensi del comma 3, gli enti locali e le regioni che risulteranno collocati nella classe più virtuosa non concorrono, a decorrere dal 2013, agli obiettivi fissati dall’art. 14, comma 1, del DL n. 78/2010[142], né agli ulteriori obiettividi finanza pubblica definiti dal comma 5 dell’articolo in esame(cfr. infra). Il Senato ha anticipato al 2012 il termine di decorrenza della citata disposizione per quanto riguarda le province.

L’anticipo al 2012 dell’esclusione dal concorso della manovra per le province deve, naturalmente, intendersi come riferito alla sola manovra disposta dal citato dall’art. 14, comma 1, del DL n. 78/2010, in quanto il relativo incremento, operato ai sensi del comma 5 dell’articolo in esame, decorre dal 2013.

Per gli enti locali virtuosi”, l'obiettivo strutturale è fissato in un saldo finanziario uguale a zero - escludendo pertanto che agli enti in questione possa essere richiesto di esporre posizioni di avanzo, come invece richiesto dal citato DL 78/2010 - mentre per le regioni virtuose”, l'obiettivo è pari a quello risultante dall’applicazione alle spese finali medie 2007-2009[143] della percentuale annua di riduzione stabilita per il calcolo dell’obiettivo 2011 dal decreto legge n. 112 del 2008.

Il comma 3 dell'art. 77-ter - patto di stabilità delle regioni - del d.l. 112 del 2008 prevede che il complesso delle spese finali di ciascuna regione a statuto ordinario non possa, per il 2011, essere superiore al complesso delle corrispondenti spese finali dell'anno precedente, calcolato assumendo il pieno rispetto del patto di stabilità interno, diminuito dello 0,9 per cento.

 

E’ comunque previsto che resti fermo l’obiettivo complessivo del comparto: tale clausola sembra implicare che il peso del concorso alle due manovre citate, per la quota non più gravante sugli enti appartenenti alla prima classe di virtuosità, si sposti sugli enti delle altre classi.

 

Il contributo degli enti appartenenti alla prima classe di virtuosità alla manovra per l'anno 2012 è ulteriormente ridotto, con decreto ministeriale, in modo tale che non derivino effetti negativi, in termini di indebitamento netto e fabbisogno, superiori a 200 milioni di euro (ultimo periodo del comma in esame)[144].

Tale importo costituisce pertanto un alleggerimento della manovra posta a carico degli enti locali dalla normativa vigente per il 2012, del quale beneficiano i soli enti appartenenti alla prima classe di virtuosità.

Per quanto concerne i meccanismi di premialità previsti dal comma in esame, gli stessi sembrano configurarsi come aggiuntivi rispetto a quelli previsti dalla normativa vigente per gli enti rispettosi del patto di stabilità interno[145].

Commi 4 e 5 - Aumento della manovra per regioni ed enti locali

Il comma 4 estende anche agli anni 2014 e successivi le misure di contenimento finanziario già previste per l’anno 2013 (il riferimento è all’articolo 14, comma 1, del d.l. 78/2010).

 

Il D.L. 78/2010, all’articolo 14, comma 1, ha così determinato il concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2011-2013, in termini di fabbisogno e indebitamento netto:

a)    regioni a statuto ordinario: 4.000 milioni di euro per l'anno 2011 e per 4.500 milioni di euro annui per il 2012 e il 2013;

b)    regioni a statuto speciale e province autonome di Trento e Bolzano: 500 milioni di euro per l'anno 2011 e 1.000 milioni di euro annui per il 2012 e il 2013;

c)    province: 300 milioni di euro per l'anno 2011 e per 500 milioni di euro annui per il 2012 e il 2013;

d)    comuni: 1.500 milioni di euro per l'anno 2011 e 2.500 milioni di euro annui per il 2012 e il 2013.

Per le province e i comuni, è specificato che il concorso alla manovra avvenga attraverso la riduzione dei trasferimenti di cui al comma 2 del medesimo articolo 14.

L’estensione al 2014 e seguenti della disposizione sopra indicata sembra riguardare anche la riduzione dei trasferimenti nei confronti degli enti locali di cui al comma 2 del medesimo articolo 14: tale disposizione è infatti richiamata dal comma 1, oggetto di proroga da parte della norma in esame.

La disposizione è disegnata come norma transitoria, valida fino alla entrata in vigore di un nuovo patto di stabilità interno fondato, nel rispetto dei principi del federalismo fiscale di cui all’articolo 17, comma 1, lettera c), della legge 42/2009, sui saldi, sulla virtuosità degli enti e sulla riferibilità delle regole a criteri europei con riferimento all’individuazione delle entrate e delle spese valide per il patto, ai fini della tutela dell'unità economica della Repubblica.

 

L’estensione agli esercizi 2014 e seguenti della manovra disposta per il 2013 dal citato articolo 14, comma 1, del DL 78/2010, pur venendo operata dal comma in esame, risulta già scontata negli andamenti tendenziali. Il prospetto riepilogativo degli effetti del provvedimento computa infatti i soli effetti derivanti dall’incremento della manovra disposto dal successivo comma 5, senza operare, per il 2014, la somma del predetto incremento con l’importo della manovra già quantificato, per il 2013, dal citato DL 78 ed esteso al 2014 dal comma in esame.

 

Il comma 5 prevede, a partire dal 2013, l’ulteriore concorso al miglioramento dei saldi di fabbisogno e di indebitamento netto da parte degli enti sottoposti al patto, collocati nelle classi di virtuosità successive alla prima, nella misura seguente:

 

 

2013

2014 (e segg.)

Regioni S.O.

800

1.600

Autonomie speciali

1.000

2.000

Province

400

800

Comuni > 5.000 ab.

1.000

2.000

Totale

3.200

6.400

 

Il riparto dell’ulteriore concorso alla manovra, al pari di quello già previsto, a decorrere dal 2013, dal citato DL 78/2010[146], grava sulle sole amministrazioni locali appartenenti alle classi di virtuosità successive alla prima.

Comma 17-bis – riduzioni di rimborsi e compensazioni agli enti locali

Il comma 17-bis, introdotto dal Senato, prevede, a copertura della soppressione dei commi da 6 a 8, la riduzione, per un importo pari a 700 mln per il 2013 e a 1.400 mln a decorrere dal 2014, delle risorse destinate a legislazione vigente ai rimborsi e alle compensazioni relativi alle imposte.

La disposizione in esame è posta a copertura della eliminazione del taglio delle risorse di provenienza erariale nei confronti degli enti locali appartenenti alle ultime due classi di virtuosità, originariamente previsto dai commi 6-8 dell’articolo in esame, soppressi nel corso dell’esame del provvedimento da parte del Senato.

 

Il comma 6 escludeva gli enti locali collocati nelle prime due classi più virtuose dall'applicazione, per gli anni 2013 e successivi, dal taglio dei trasferimenti a carico degli enti locali, operato ai sensi dei successivi commi 7 e 8.

Il comma 7 disponeva la riduzione dei fondi perequativi, nonché i trasferimenti erariali ai comuni e alle province delle regioni a statuto ordinario e della Regione Sicilia e della Regione Sardegna, per un totale di:

-        per i comuni, 1.000 milioni di euro per l’anno 2013 e di 2.000 milioni di euro annui per gli anni 2014 e successivi;

-        per le province, 400 milioni di euro per l’anno 2013 e di 800 milioni di euro annui per gli anni 2014 e successivi;

Gli importi sopra indicati sarebbero stati rideterminati (leggasi ridotti) fino a un massimo della metà in conseguenza dell’applicazione del comma 6 sulla virtuosità”.

Il comma 8 disponeva che la riduzione dei trasferimenti erariali, comprensivi della compartecipazione Irpef, fosse ripartita tra gli enti locali della Regione Siciliana e della Regione Sardegna proporzionalmente.

Commi 9 - 16 – Disposizioni di carattere ordinamentale finalizzate ad accrescere l’efficacia della disciplina del patto di stabilità interno.

Il comma 9 concernele assunzioni di personale da parte degli enti locali. La norma in esame aggiunge due periodi al comma 7 dell’articolo 76 del D.L. 112/2008 (modificato da ultimo dalla legge 220/2010, art. 1, comma 118) tesi ad includere nella disciplina di contenimento delle assunzioni degli enti, anche le spese sostenute da alcuni tipi di società locali.

Il citato comma 7, in particolare, fa divieto agli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale sia pari o superiore al 40 per cento delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale; i restanti enti possono procedere ad assunzioni di personale nel limite del 20 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente. Per gli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale sia pari o inferiore al 35 per cento delle spese correnti sono ammesse, in deroga al limite del 20 per cento e comunque nel rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno e dei limiti di contenimento complessivi delle spese di personale, le assunzioni per turn-over che consentano l'esercizio delle funzioni fondamentali.

La disposizione in esame include - ai fini del computo della percentuale delle spese per il personale in relazione al totale delle spese correnti - anche le spese sostenute dalle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che abbiano le seguenti caratteristiche:

§      siano titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara,

§      svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale,

§      svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica.

La norma precisa inoltre che la disposizione non si applica alle società quotate su mercati regolamentari.

 

I commi 10-12 introducono misure 'antielusive' delle regole del patto di stabilità nell'ambito della disciplina del patto di stabilità per gli enti locali, dettata dalla legge di stabilità 2011.

Il comma 10 aggiunge il comma 111-bis all’articolo 1 della legge 220/2010, legge di stabilità 2011, disponendo la nullità dei contratti di servizio e degli altri atti posti in essere dalle regioni e dagli enti locali che si configurano elusivi delle regole del patto di stabilità interno.

Il successivo comma 11 applica la norma ai (soli) contratti di servizio e agli atti posti in essere dopo l’entrata in vigore del decreto in esame.

La normativa vigente (articolo 1, commi 119 e 148-bis della legge 220/2010, come modificato dal d.l. 225/2010) fa divieto di stipulare contratti di servizio che si configurino come elusivi della disposizione che vieta nuove assunzioni agli enti locali ed alle regioni inadempienti al Patto.

Il comma 12 aggiunge un comma 111-ter all’articolo 1, della citata legge 220/2010, che prevede sanzioni pecuniarie per i responsabili di atti elusivi delle regole del patto di stabilità interno.

In particolare, il comma assegna alle Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei Conti - quando accertino che il rispetto del patto di stabilità interno è stato artificiosamente conseguito mediante una non corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai pertinenti capitoli di bilancio o altre forme elusive - il compito di irrogare le seguenti sanzioni pecuniarie:

§      fino a dieci volte l’indennità di carica percepita al momento di commissione dell’elusione, per gli amministratori che hanno posto in essere atti elusivi;

§      fino a 3 mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali, per il responsabile del servizio economico-finanziario.

 

Il comma 13 concernel'obbligo, da parte dei comuni, di scioglimento delle società in perdita. La disposizione sopprime l'ultimo periodo dell’articolo 14, comma 32, del d.l. 78/2010 che prevedeva un decreto interministeriale per l'attuazione del divieto di costituire società per i comuni sotto i 30.000 abitanti e dal correlato obbligo di scioglimento, nonché per ulteriori ipotesi di esclusione dal relativo ambito di applicazione.

La disposizione rende perciò operativo l'obbligo di scioglimento – entro il 31 dicembre 2013 - delle società in perdita da parte dei comuni.

Il citato comma 32 vieta ai comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti di costituire società. Entro la scadenza del 31 dicembre 2013, tali comuni mettono in liquidazione le società già costituite alla data del 31 maggio 2010 ovvero ne cedono le partecipazioni. Questa disposizione non si applica alle società costituite da più comuni, la cui popolazione complessiva superi i 30.000 abitanti, con partecipazione paritaria ovvero con partecipazione proporzionale al numero degli abitanti, che abbiano, al 31 dicembre 2013, il bilancio in utile negli ultimi tre esercizi e che non abbiano subìto, nei precedenti esercizi, riduzioni di capitale conseguenti a perdite di bilancio, oppure perdite di bilancio per le quali il comune sia stato gravato dell’obbligo di procedere al ripiano delle perdite medesime.

 

I commi 14 e 15 riguardano l'adeguamento della normativa regionale a seguito di sentenza della Corte costituzionale.

Il comma 14, dispone - ai fini del coordinamento della finanza pubblica - che le regioni tenute a conformarsi a decisioni della Corte costituzionale, anche con riferimento all’attività di enti strumentali o dipendenti, comunichino alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli affari regionali, tutte le attività intraprese, gli atti giuridici posti in essere e le spese affrontate o preventivate ai fini dell’esecuzione, entro tre mesi dalla pubblicazione della decisione sulla Gazzetta Ufficiale. In caso di 'mancata o non esatta conformazione alle decisioni della Corte - dispone a seguire il comma 15 - il Governo esercita il potere sostitutivo di cui al l'articolo 120, secondo comma della Costituzione.

La norma sembrerebbe riferita a specifiche sentenze ed alla conseguente necessità che la regione compia atti al fine di 'adeguare' la propria normativa ai limiti e/o agli obblighi posti dal legislatore statale ai fini del coordinamento della finanza pubblica[147].

Quanto all'esercizio del potere sostitutivo da parte del Governo, questo è previsto nei casi elencati all'articolo 120, secondo comma della Costituzione "mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali" - ed è esercitabile secondo la procedura disciplinata dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

Peraltro, poiché l'esercizio del potere sostitutivo è comunque possibile nei termini stabiliti dalla Costituzione e con le modalità fissate dalla legge (la legge non può introdurre un'altra fattispecie di esercizio di potere sostitutivo), la norma in esame si limita ad introduce un termine (tre mesi) entro cui la regione dovrebbe adeguare la propria normativa.

 

Il comma 16 estende alle risorse di carattere perequativo[148] la riferibilità delle disposizioni che prevedono, a vario titolo, la riduzione dei trasferimenti erariali agli enti locali. La disposizione opera a decorrere dalla data di entrata in vigore delle disposizioni soppressive dei trasferimenti statali in favore degli enti locali, adottate in attuazione delle legge sul federalismo fiscale[149].

In caso di incapienza dei predetti Fondi, gli enti locali sono tenuti a versare all’entrata del bilancio dello Stato le somme residue.

Comma 17 – Disposizioni per Roma capitale

Il comma 17 sostituisce l'ultimo periodo dell’articolo 78, comma 6, del d.l. 112/2008, precisando la portata della disposizione già vigente che assegna alla gestione corrente di Roma capitale tutte le entrate di competenza a partire dall'anno 2008.

 

La disposizione in esame precisa che tutte le entrate del comune (di Roma) di competenza dell’anno 2008 e dei successivi anni sono attribuite alla gestione corrente di Roma Capitale, e vi comprende espressamente quelle riferibili ad atti e fatti antecedenti all’anno 2008, purché accertate successivamente al 31 dicembre 2007.


 

Articolo 21, comma 1
(Controllo del territorio)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 21 proroga fino al 31 dicembre 2011 il piano di impiego del personale militare destinato al controllo del territorio.

 

In particolare, il primo periodo, del comma 1, al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi di cui all'articolo 24, commi 74 e 75, del decreto-legge 78/2009, autorizza la proroga, fino al 31 dicembre 2011, del piano di impiego, previsto dall'art. 7-bis, comma 1, del decreto-legge 92/2008, di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate, e preferibilmente composto da carabinieri impiegati in compiti militari o comunque volontari delle stesse Forze armate specificatamente addestrati, per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità.

 

Si ricorda che l'art. 7-bis, comma 1, del decreto-legge 92/2008 ha infatti previsto la possibilità di autorizzare un piano di impiego di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate, per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, ove risulti opportuno un accresciuto controllo del territorio. Tale personale, ai sensi dell’art. 13 della legge 121/1981, è posto a disposizione dei prefetti per servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili, nonché di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia. Il piano può essere autorizzato per un periodo di sei mesi, rinnovabile per una volta, per un contingente non superiore a 3.000 unità. Inoltre, è prevista la corresponsione al personale impiegato nel piano, di un’indennità onnicomprensiva determinata e comunque non superiore al trattamento economico accessorio previsto per le Forze di polizia, individuata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell’interno e della difesa.

Il comma 74 dell'art. 24 del decreto-legge 78/2009 ha autorizzato la proroga del piano suddetto, a decorrere dal 4 agosto 2009, per due ulteriori semestri per un contingente di militari incrementato con ulteriori 1.250 unità, interamente destinate a servizi di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia.

A tal fine era autorizzata la spesa di 27,7 milioni di euro per l'anno 2009 e di 39,5 milioni di euro per l'anno 2010.

Il successivo comma 75 prevede che al personale delle Forze di polizia impiegato nei suddetti servizi di perlustrazione e pattuglia sia attribuita un'indennità di importo analogo a quella onnicomprensiva, di cui al medesimo art. 7-bis, comma 4, del decreto-legge 92/2008, corrisposta al personale delle Forze armate. Quando non è prevista la corresponsione dell'indennità di ordine pubblico, l'indennità è attribuita anche al personale delle Forze di polizia impiegato nei servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili svolti congiuntamente al personale delle Forze armate, ovvero in forma dinamica dedicati a più obiettivi vigilati dal medesimo personale.

Gli oneri relativi erano quantificati in 2,3 milioni di euro per l'anno 2009 e in 3,3 milioni di euro per l'anno 2010.

 

Il piano è stato poi ulteriormente prorogato, fino al 31 dicembre 2010, dall'art. 55, comma 3, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 e fino al 30 giugno 2011, dall'art. 1, comma 28, del decreto-legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità per il 2011).

 

Il secondo periodo prevede che si applichino le disposizioni di cui al già ricordato art. 7-bis, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 92/2008.

 

Segnatamente, come si è anticipato, il comma 1 prevede che, per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, ove risulti opportuno un accresciuto controllo del territorio, può essere autorizzato un piano di impiego di personale militare. Il comma 2 dispone che il piano sia adottato con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica integrato dal Capo di Stato maggiore della Difesa, previa informazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Inoltre, il Ministro dell’interno deve riferire in proposito alle competenti Commissioni parlamentari. Nell’esecuzione dei servizi di cui al comma 1, il personale delle Forze armate non appartenente all’Arma dei carabinieri agisce con le funzioni di agente di Pubblica sicurezza e può procedere alla identificazione e alla immediata perquisizione sul posto di persone e mezzi di trasporto a norma dell’art. 4 della legge n. 152/1975, con esclusione delle funzioni di polizia giudiziaria. Ai fini di identificazione, per completare gli accertamenti e per procedere a tutti gli atti di polizia giudiziaria, il personale delle Forze armate accompagna le persone indicate presso i più vicini uffici o comandi della Polizia di Stato o dell’Arma dei carabinieri.

 

Il terzo periodo, al fine di prorogare il suddetto piano di impiego del personale militare preposto al controllo del territorio, prevede l’autorizzazione per il 2011 della spesa di 36,4 milioni di euro, dei quali 33,5 milioni destinati al piano di impiego del personale delle Forze armate e 2,9 milioni per il personale delle Forze di polizia destinato ai servizi di perlustrazione e pattuglia nell'ambito del piano medesimo o nei servizi di vigilanza ad obiettivi sensibili.


 

Articolo 21, commi 2 e 3
(Trasporto pubblico locale)

 

 

I commi 2 e 3 dell’articolo 21 in esame contengono disposizioni in materia di risorse statali da destinare al finanziamento del trasporto pubblico locale.

Il comma 2, in particolare, dispone che una quota, pari a 314 milioni di euro, delle risorse derivanti dalla normativa prevista in materia di recupero di aiuti di Stato illegittimamente corrisposti, secondo quanto previsto dall’articolo 24 del decreto-legge n. 185 del 2008 (legge n. 2/2009), che risulta versata all’entrata del bilancio statale, possa essere destinata alle regioni a statuto ordinario per le esigenze del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, connesse all’acquisto del materiale rotabile, fermo restando l’assoggettamento di tale quota ai vincoli del Patto di stabilità interno. A tal fine si prevede l’emanazione di un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.

Si ricorda che la decisione n. 2003/193/CE la Commissione europea ha sancito la illegittimità degli aiuti equivalenti alle imposte non corrisposte e dei relativi interessi in seguito all’applicazione del regime di esenzione fiscale concessi in favore delle società per azioni a partecipazione pubblica maggioritaria esercenti servizi pubblici locali (c.d. ex municipalizzate)[150]. Al fine di dare più completa attuazione alla predetta decisione, l’articolo 24 del sopra citato D.L. 185 del 2008 ha stabilito che il recupero dei predetti aiuti dovuti al regime di esenzione fiscale previsto per le società “ex municipalizzate” in base al combinato disposto di cui all’articolo 3, comma 70, della legge n. 549/1995[151] e all’articolo 66, comma 14, del D.L. n. 331/1993 (legge n. 427/1993), possa essere effettuato dall'Agenzia delle entrate secondo i principi e le ordinarie procedure di accertamento e riscossione previste per le imposte sui redditi.

Secondo quanto stabilito dall’articolo 27 della legge n. 62 del 2005 (legge comunitaria 2004), inoltre, le maggiori entrate derivanti dal recupero dei predetti aiuti affluiscono in un’apposita contabilità speciale (la n. 3205) intestata al dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell’economia e delle finanze. In base a quanto riportato nella relazione tecnica (A.S. 2814) a corredo del provvedimento in esame, le risorse attualmente giacenti nella predetta contabilità speciale di Tesoreria sono quantificabili in 323 milioni di euro. Ai sensi dell’articolo 25, comma 5, del sopra citato decreto-legge n. 185/2008 tali risorse sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ad un Fondo da ripartire tra gli enti pubblici territoriali per le esigenze di trasporto locale a carattere non ferroviario. La disposizione in esame, pertanto, ha lo scopo di estendere l’assegnazione delle predette risorse alle finalità di trasporto pubblico locale ferroviario delle regioni a statuto ordinario, secondo quanto stabilito con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a seguito d’intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni.

Tale nuova finalizzazione, come spiegato nella relazione tecnica(A.S. 2814), non determina effetti negativi sui saldi di finanza pubblica in quanto ripartisce risorse già assegnate che peraltro soggiacciono alla disciplina prevista per il Patto di stabilità interno.

 

Il comma 3 istituisce, a decorrere dall’anno 2011, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, il fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, con dotazione di 400 milioni di euro annui, il cui utilizzo è escluso dai vincoli del Patto di stabilità.

Tale comma è peraltro richiamato nel successivo articolo 40, comma 2, del decreto in esame, ove si provvede a definirne idonea e integrale copertura.

 

Si ricorda che, con l’accordo Stato-regioni e province autonome del 16 dicembre 2010, il Governo, considerando strategica l’attuazione della legge delega n. 42/2009 per il federalismo fiscale, ha assunto l’impegno ad operare un reintegro di 400 milioni di euro per l’anno 2011,per le esigenze di trasporto pubblico locale, dei trasferimenti alle regioni a statuto ordinario già oggetto di riduzione ai sensi dell’articolo 14, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 78 del 2010, a fronte del completo adempimento da parte delle regioni dell’accordo del 12 febbraio 2009, sancito dall’intesa dell’8 aprile 2009, in materia di ammortizzatori sociali in deroga da finanziare tramite il cofinanziamento del Fondo sociale europeo.

A tale scopo, l’articolo 40 del D.Lgs. n. 68 del 2011[152], al comma 2, ha corrispondentemente disposto il reintegro di 400 milioni di euro per il 2011 dei trasferimenti statali alle regioni per le esigenze del trasporto pubblico locale, provvedendo contestualmente al comma 3 a garantirne l’esclusione dalla disciplina del patto di stabilità interno, esclusivamente per il medesimo anno 2011.


 

Articolo 21, comma 4, lettera a)
(Sovrapprezzo al canone per il trasporto passeggeri
sulle linee ad alta velocità)

 

 

L’articolo 21, comma 4, lettera a), introduce un sovrapprezzo al canone per il trasporto di passeggeri sulle linee ad alta velocità, destinando i relativi introiti alla diminuzione del costo di accesso all’infrastruttura ferroviaria per i servizi oggetto di contratti di servizio pubblico. La disposizione in esame introduce tre nuovi commi dopo il comma 11-bis dell’articolo 17, del decreto legislativo 188/2003[153], che detta i criteri di determinazione del canone.

 

Il nuovo comma 11-ter introduce, a decorrere dal 13 dicembre 2011, un sovrapprezzo al canone dovuto per l'esercizio dei servizi di trasporto passeggeri a media e lunga percorrenza, non forniti nell'ambito di contratti di servizio pubblico, per la parte espletata su linee appositamente costruite o adattate per l'alta velocità, intendendosi con tale espressione una velocità non inferiore a 250 chilometri orari. Il sovrapprezzo viene introdotto per consentire uno sviluppo dei processi concorrenziali nel settore dei trasporti ferroviari, in armonia con la necessità di assicurare la copertura deglioneri per i servizi universali di trasporto ferroviario di interesse nazionale oggetto di contratto di servizio pubblico.

 

La misura del sovrapprezzo (nuovo comma 11-quater), che è aggiornata ogni tre anni, è determinata, conformemente al diritto comunitario e ai principi di equità, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito l’Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari[154], sulla base dei costi dei servizi ferroviari oggetto dei contratti di servizio pubblico, senza compromettere la redditività economica del servizio di trasporto ad alta velocità.

L’ultimo periodo del comma fissa un limite all’importo dei proventi derivanti dall’imposizione del sovrapprezzo. Questi non possono eccedere quanto necessario per coprire, in tutto o in parte, i costi originati dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico, tenendo conto degli introiti relativi agli stessi obblighi di servizio pubblico e di un margine di utile ragionevole per l’adempimento di detti obblighi.

Con le modifiche apportate dal Senato, in relazione alla conformità al diritto comunitario della determinazione del sovrapprezzo, è stato aggiunto un espresso rinvio alla direttiva 2007/58/CE[155], recepita in Italia con il D.Lgs. 25 gennaio 2010, n. 15.

Si ricorda che la citata direttiva è finalizzata a favorire l’apertura del mercato dei servizi ferroviari internazionali di trasporto passeggeri all’interno della Comunità, consentendo tale servizio senza l’obbligo dell’associazione di impresa.

 

Gli introiti derivanti dall’introduzione del sovrapprezzo sono integralmente versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere utilizzati per contribuire al finanziamento degli oneri dei servizi universali di trasporto ferroviario di interesse nazionale, oggetto di contratti di servizio pubblico (nuovo comma 11-quinquies).

 

Si ricorda che, ai sensi del citato articolo 17 del D.Lgs. n. 188/2003, ai fini della determinazione del canone dovuto per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria sono presi in considerazione i costi diretti e indiretti dei servizi di gestione d'infrastruttura forniti, i costi di energia sostenuti dal gestore dell'infrastruttura ferroviaria per lo svolgimento della corrispondente attività, nonché le spese generali dirette e quota di quelle indirette.Per il calcolo e la fissazione del canone si applicano una serie di parametri, riferiti: alla qualità dell'infrastruttura ferroviaria, alla saturazione, legata alla densità dei convogli sulle singole tratte infrastrutturali all'interno della giornata e all'intensità di utilizzo dei nodi ferroviari, all’usura del binario e della linea elettrica, alla velocità e al consumo energetico. Il canone è soggetto a revisione annuale in base al tasso di inflazione programmato; l'incremento annuo del canone dovuto per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria alta velocità/alta capacità non deve comunque risultare inferiore al 2 per cento.


 

Articolo 21, comma 4, lett. b)
(Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari)

 

 

La lettera b) dell’articolo 21, comma 4, novella l’articolo 37 del D.Lgs. n. 188/2003[156], relativo all’Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari, allo scopo di superare i rilievi mossi dalla Commissione Europea con la procedura di infrazione n. 2008/2097.

Si ricorda che il 26 giugno 2008 la Commissione ha deciso di inoltrare un ricorso alla Corte di giustizia contro l’Italia, nell’ambito della procedura di infrazione n. 2008/2097, per la non corretta trasposizione delle direttive 91/440/CEE,relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie, e 2001/14/CE, relativa alla ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria, all'imposizione dei diritti per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria e alla certificazione di sicurezza.

I rilievi formulati dalla Commissione riguardano:

-        la violazione del principio dell’indipendenza delle funzioni essenziali fissato dalle citate direttive 91/440/CEE e 2001/14/CE inteso a garantire un accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture ferroviarie a tutte le imprese e a promuovere un mercato europeo dei trasporti ferroviari competitivo.

-        la non corretta trasposizione delle disposizioni della direttiva 2001/14/CE relative all’imposizione di diritti per l’accesso ferroviario;

-        la non corretta trasposizione dell’articolo 30 della direttiva 2001/14/CE in base al quale l’organismo di regolamentazione è indipendente, sul piano organizzativo, giuridico, decisionale e della strategia finanziaria, dai gestori dell’infrastruttura, dagli organismi preposti alla determinazione dei diritti e da quelli preposti all’assegnazione nonché dai richiedenti.

L’Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari (URSF), istituito dall’articolo 16 del D.P.R. 2 luglio 2004, n. 184 e disciplinato dall’articolo 37 del D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 188, è l’organismo di regolazione nazionale italiano del settore ferroviario, previsto dall’articolo 30 della direttiva 2001/14/CE.

L’Ufficio opera nell’ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed è posto alle dirette dipendenze del Ministro. L’Ufficio è pienamente indipendente sul piano organizzativo, giuridico, decisionale e della strategia finanziaria, dall'organismo preposto alla determinazione dei canoni di accesso all'infrastruttura, dall'organismo preposto all'assegnazione della capacità e dai richiedenti l’accesso alle infrastrutture. È inoltre funzionalmente indipendente da qualsiasi autorità competente preposta all'aggiudicazione di un contratto di servizio pubblico.

L’Ufficio vigila sulla concorrenza nei mercati del trasporto ferroviario, con particolare riferimento all’attività del gestore dell’infrastruttura, e provvede alla risoluzione del relativo contenzioso.

 

La lettera b), n. 1) del comma in esame sostituisce l’articolo 37, comma 1-bis), del citato D.Lgs. n. 188/2003. Il testo previgente prevedeva che all'Ufficio di regolazione fossero assegnate le risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per lo svolgimento dei propri compiti, nell'ambito delle risorse stanziate nel bilancio di previsione della spesa del predetto Ministero. Il nuovo testo dispone invece che il predetto Ufficio è dotato di autonomia organizzativa e contabile nei limiti delle risorse economico-finanziarie assegnate.

La norma prevede inoltre che l’Ufficio riferisca annualmente al Parlamento sull’attività svolta.

 

La lettera b), n. 2), aggiunge un nuovo comma 1-ter) al citato articolo 37 del D.Lgs. n. 188/2003, relativo al soggetto preposto all’Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari.

Tale soggetto è scelto tra persone dotate di indiscusse moralità e indipendenza, alta e riconosciuta professionalità e competenza nel settore dei servizi ferroviari ed è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ai sensi dell’articolo 19, commi 4, 5-bis e 6, del D.Lgs. n. 165/2001[157], che disciplina il conferimento degli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale. La proposta di nomina è preventivamente sottoposta al parere delle competenti Commissioni parlamentari, le quali si esprimono entro 20 giorni dalla richiesta e possono procedere all’audizione della persona designata.

Il soggetto preposto dura in carica tre anni e può essere confermato una sola volta. La carica è incompatibile con incarichi politici elettivi. Non può essere nominato chi è portatore di interessi, di qualunque natura, in conflitto con le funzioni dell’ufficio.

Il responsabile dell’Ufficio, a pena di decadenza, non può, direttamente o indirettamente:

§       esercitare attività professionali o di consulenza;

§       essere amministratore o dipendente di soggetti pubblici o privati;

§       ricoprire altri uffici pubblici;

§       avere interessi diretti o indiretti nelle imprese operanti nel settore.

L’attuale Direttore dell’Ufficio resta in carica fino alla scadenza dell’incarico.

Attualmente, ai sensi dell’articolo 16, comma 6, del sopra citato D.P.R. n. 184/2004, all’Ufficio è preposto un dirigente di livello dirigenziale generale, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.


 

Articolo 21, comma 5
(Gestioni commissariali governative ferroviarie)

 

 

Il comma 5 dell’articolo 21 attribuisce alla competente Direzione generale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti le funzioni e i compiti delle gestioni commissariali governative ferroviarie.

I commissari governativi attualmente in carica cessano dall’incarico e dall’esercizio delle funzioni a decorrere dal 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del decreto-legge in esame).

Scopo della norma è il contenimento della spesa pubblica e il completamento delle procedure di trasferimento alle regioni dei compiti e delle funzioni di programmazione ed amministrazione relativi alle ferrovie in regime di gestione commissariale governativa, come previsto dall’articolo 8, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 422/1997[158].

 

Si ricorda che le ferrovie in gestione commissariale governativa sono ferrovie la cui costruzione ed esercizio erano stati originariamente concessi a privati. In caso di cessazione della concessione (per inadempienze e irregolarità nello svolgimento del servizio, per fallimento o per altri motivi), l’articolo 184 del R.D. 9 maggio 1912, n. 1447, prevedeva che l’allora Ministero delle Comunicazioni potesse assumere la gestione delle ferrovie, tramite un Commissario governativo. Anche in seguito al commissariamento queste ferrovie restano distinte dalla ferrovie statali e sono soggette alla disciplina propria delle ferrovie in concessione.

L’articolo 2, commi da 1 a 10, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (collegato alla legge finanziaria per il 1997) ha dettato disposizioni per la ristrutturazione delle ferrovie in gestione commissariale governativa, prevedendo che tale compito fosse affidato alla società Ferrovie dello Stato S.p.A., la quale avrebbe dovuto gestire, per non più di tre anni, i relativi servizi di trasporto. La ristrutturazione era finalizzata anche alla trasformazione societaria delle gestioni governative.

Da ultimo si segnala il sopra citato articolo 8 del D.Lgs. n. 422 del 1997, che ha delegato alle regioni le funzioni e i compiti di programmazione e di amministrazione inerenti le ferrovie in gestione commissariale governativa, affidate per la ristrutturazione alla società Ferrovie dello Stato S.p.A.. Le regioni subentrano allo Stato, quali concedenti delle ferrovie, sulla base di accordi di programma, stipulati a norma dell'articolo 12 del medesimo decreto legislativo. Gli accordi di programma definiscono in particolare, il trasferimento dei beni, degli impianti e dell'infrastruttura a titolo gratuito alle regioni.

 


 

Articolo 21, comma 6
(Partecipazione a banche e fondi internazionali)

 

 

Il comma 6 dell'articolo 21 autorizza, per l'anno 2011, la spesa di 200 milioni di euro per adempiere agli impegni dello Stato italiano derivanti dalla partecipazione a banche e fondi internazionali.

 

La partecipazione italiana alle banche e fondi di sviluppo a carattere multilaterale è regolata dalla legge 26 febbraio 1987, n. 49, in base alla quale la cooperazione allo sviluppo viene realizzata attraverso due modalità: il dono ed il credito d'aiuto. Ciascuna di queste modalità viene poi attuata tramite due canali: quello bilaterale e quello multilaterale.

La gestione degli aiuti a dono è affidata alla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari esteri, che la attua sia attraverso la cura dei rapporti bilaterali con i singoli Paesi, sia partecipando alla cooperazione multilaterale con contributi obbligatori o volontari agli organismi delle Nazioni Unite, nonché con contributi finalizzati ai progetti a dono attuati da organismi sovranazionali (cooperazione multi-bilaterale).

La gestione del credito d'aiuto è invece affidata al Ministero dell’economia e delle finanze, che la attua attraverso il Fondo rotativo del Mediocredito centrale, per quanto riguarda i rapporti bilaterali, e attraverso la partecipazione a banche e fondi di sviluppo per il canale multilaterale, versando contributi che vanno a costituire il capitale di tali istituti.

La partecipazione finanziaria al capitale di banche e fondi di sviluppo rappresenta pertanto uno degli strumenti attraverso i quali il nostro Paese partecipa alla cooperazione internazionale allo sviluppo. La gestione dei rapporti con tali organismi è stata a suo tempo affidata al Ministero del Tesoro, in forza dell’articolo 4 della legge 49/1987, in considerazione del loro carattere di istituzioni finanziarie. Per il perseguimento dei loro fini, tali enti si avvalgono dei fondi messi a disposizione dagli Stati membri e dei fondi raccolti sui mercati finanziari.

I Paesi membri conferiscono il capitale alle banche e fondi di sviluppo in proporzione alle quote azionarie da loro possedute, da cui discendono altresì il diritto di voto e di rappresentanza negli organi di amministrazione. I maggiori azionisti sono i Paesi industrializzati, e le risorse raccolte sono utilizzate per effettuare prestiti a Paesi in via di sviluppo. Il capitale viene ricostituito ogni 3-5 anni attraverso contribuzioni a fondo perduto da parte dei Paesi industrializzati.

Le banche di sviluppo non hanno scopo di lucro e i prestiti che effettuano ai Paesi in via di sviluppo hanno condizioni particolarmente agevolate: i tassi d'interesse praticati coprono i costi e le spese amministrative. I fondi di sviluppo sono stati creati per sostenere i Paesi più poveri, e utilizzano i contributi a fondo perduto dei Paesi donatori per concedere prestiti a tasso zero e con condizioni di restituzione molto agevolate.

Nel decennio trascorso si sono susseguiti alcuni interventi legislativi intesi a garantire la partecipazione del nostro Paese al finanziamento di questi organismi multilaterali: da ultimo, l’art. 2, comma 17-bis del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, in base al quale, al “fine di fronteggiare la crisi finanziaria e in attuazione degli impegni internazionali assunti in occasione del Vertice G20 di Londra e di Pittsburgh del 2009, del Vertice G20 di Toronto del 2010 e della risoluzione del Consiglio dei Governatori della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) del 14 maggio 2010, le disposizioni di cui all’ articolo 3 della legge 18 maggio 1998, n. 160, sono prorogate per consentire l’estensione della partecipazione al capitale della BERS, nella misura di ulteriori 76.695 azioni di capitale a chiamata, cui corrisponde un valore di 766.950.000 euro”. La norma precisa che, trattandosi “di capitale a chiamata, non sono previsti pagamenti per tale sottoscrizione”.

Si riporta di seguito un elenco delle Banche e Fondi di sviluppo internazionali cui l’Italia partecipa, sulla scorta della relazione annuale al Parlamento relativa al 2009, trasmessa dal Ministro degli Affari esteri il 25 maggio 2011:

-        Il Gruppo della Banca mondiale, checomprende un nucleo centrale - la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (IBDR) e l’Associazione internazionale per lo sviluppo (IDA) -, coadiuvato da tre Agenzie affiliate, ovvero la Società finanziaria internazionale (IFC), l’Agenzia multilaterale per la garanzia degli investimenti (MIGA) e il Centro internazionale per la risoluzione delle controversie in materia di investimenti (ICSID). Vi è infine il Fondo globale per l’ambiente (GEF), amministrato dalla Banca Mondiale;

-        Il Gruppo della Banca interamericana di sviluppo, che comprende la Banca interamericana di sviluppo (IDB), la Società interamericana d'investimento (IIC) e il Fondo multilaterale d'investimento (MIF);

-        Il Gruppo della Banca asiatica di Sviluppo, che comprende la Banca asiatica di sviluppo (AsDB) propriamente detta, nonché il Fondo asiatico di sviluppo (AsDF), altri sei Fondi speciali e un Organo ausiliario;

-        Il Gruppo della Banca africana di Sviluppo, che comprende la Banca africana di sviluppo (AfDB), il Fondo africano di sviluppo (AfDF) e il Fondo speciale della Nigeria (NTF);

-        La Banca di sviluppo dei Caraibi (CDB), con il relativoFondo Speciale di Sviluppo;

-        La Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) – in questo caso, i fondi italiani sono principalmente destinati ai Balcani occidentali;

-        il Fondo Internazionale dell’ONU per lo sviluppo agricolo (IFAD).


 

Articolo 21, comma 7
(Riduzione Fondo esigenze urgenti e indifferibili)

 

 

Il comma 7 dell'articolo 21 riduce di 12,5 milioni di euro per l’anno 2011, la dotazione del Fondo esigenze urgenti ed indifferibili, di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge n. 5 del 2009[159].

 

Si tratta del fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, diretto ad assicurare il finanziamento di interventi urgenti e indifferibili, con particolare riguardo ai settori dell’istruzione e agli interventi organizzativi connessi ad eventi celebrativi.

 

Relativamente al Fondo in oggetto, si osserva che il decreto in esame, all’articolo 13, comma 2, riduce ulteriormente la dotazione dello stesso, di 49,5 milioni di euro per il 2011.

L'articolo 21, comma 10 del decreto legge in esame, inserisce, inoltre gli "eventi celebrativi di carattere internazionale" tra le finalità previste dall’ultima voce dell’elenco 1 della legge di stabilità 2011 (legge 13 dicembre 2010, n. 220), che indica gli interventi che posso essere finanziati per il 2011 a valere sulle risorse del Fondo in oggetto.


 

Articolo 21, comma 8
(Accordi internazionali con oneri finanziari)

 

 

Il comma 8 dell'articolo 21 prescrive il rilascio di un’’”autorizzazione” del Ministro degli affari esteri, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, relativamente agli aspetti di carattere finanziario, per tutti gli accordi ed i trattati internazionali nonché gli obblighi di carattere internazionale “in qualsiasi forma assunti”, dai quali possa derivare l’impegno ad adottare provvedimenti amministrativi o legislativi che determinino oneri di carattere finanziario ; sia rilasciata di intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze per quanto concerne gli aspetti di carattere finanziario,

Tale autorizzazione è necessaria anche qualora l’impegno ad adottare provvedimenti da cui possono scaturire oneri di natura finanziari sia meramente politico.

Secondo quanto riportato nella relazione tecnica (A.S. 2814), allegata al ddl presentato al Senato (A.S. 2814), tale disposizione, di natura procedimentale, è finalizzata ad un maggior controllo preventivo sui possibili oneri derivanti da trattati internazionali, in attuazione dell’articolo 80 della Costituzione.

 

Si rileva come la disposizione in oggetto possa investire la totalità degli obblighi di carattere internazionale, assunti dal nostro Paese, indipendentemente dalla forma, solenne o semplificata, che assumono gli atti internazionali che li pongono in essere.

Stante tale formulazione normativa, che ricomprende tutti i trattati e accordi internazionali la cui ratifica non necessita di autorizzazione parlamentare, non appare chiaro il riferimento all’attuazione dell’articolo 80 della Costituzione.

Sembra inoltre che il termine “autorizzazione” – che deve essere rilasciata dal Ministro degli Affari esteri e, per gli aspetti finanziari, dal Ministro dell’economia - sia da intendersi in senso atecnico, poiché non sono richiamati la forma, l’oggetto, il contenuto, i soggetti destinatari dell’atto autorizzativo e la fase procedimentale in cui tale atto verrebbe ad inserirsi.

La norma modifica inoltre indirettamente quanto disposto dall’1 del DPR 5 gennaio 1967, n. 18 e dall’art. 12, comma 1 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, che attribuisce al Ministero degli Affari esteri “le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di […] stipulazione e di revisione dei trattati e delle convenzioni internazionali e di coordinamento delle relative attività di gestione”.


 

Articolo 21, comma 9
(Flotta aerea protezione civile. Riduzione 8 per mille)

 

 

L'articolo 21, comma 9, stanzia 64 milioni di euro annui, a decorrere dal 2011, da destinare alle spese per la gestione dei mezzi della flotta aerea del Dipartimento della protezione civile.

Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 47, secondo comma, della legge n. 222/1985, relativa alla quota destinata allo Stato dell'8 per mille dell’IRPEF.

La relazione tecnica (A.S. 2814) chiarisce che la flotta garantisce l'espletamento delle attività antincendio boschivo di cui alla legge quadro n. 353/2000.

 

Si ricorda che l’art. 7 della legge quadro sugli incendi boschivi (L. 353/2000) affida al Dipartimento della Protezione civile (DPC), attraverso il COAU (Centro Operativo Aereo Unificato), il coordinamento dei mezzi della flotta aerea antincendio dello Stato resi disponibili dal Corpo Forestale, dall'Aeronautica Militare, dall'Esercito, dai Vigili del Fuoco e dalla Marina Militare, assicurandone l'efficacia operativa e provvedendo al potenziamento e all'ammodernamento di essa.

 

Nella recente audizione del Capo del Dipartimento della protezione civile presso le Commissioni riunite V e VIII del 7 luglio 2011, il Prefetto Gabrielli ha sottolineato come sono state programmate, per il 2011, per la gestione della flotta aerea spese incomprimibili per complessivi 150,6 milioni di euro, pari al 46% del totale. Ha altresì puntualizzato come lo stanziamento disposto con il comma in esame sarà “finalizzato alla gestione della flotta aerea Canadair del Dipartimento della protezione civile. Ciò consentirà l'immediata indizione della gara di appalto per la gestione operativa e tecnico-manutentiva della predetta flotta per la durata di 3 anni, rinnovabile per altri 3 anni”.

 

Si ricorda che ai sensi dell'art. 47, commi 2 e 3, della legge n. 222/1985, una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica. Tali destinazioni vengono stabilite sulla base delle scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi. In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse. Il successivo articolo 48 della legge n. 222/1985 dispone che le quote dell’8 per mille sono utilizzate dallo Stato - per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali – e dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.

Si segnala, infine, che il decreto legge in esame, a decorrere dal 2012, stabilisce che gli importi corrispondenti alle riduzioni di spesa, anche amministrativa e per il personale, che saranno deliberate, autonomamente e con le modalità previste dai rispettivi ordinamenti, entro il 31 dicembre 2013, da Senato della Repubblica, Camera dei deputati e Corte costituzionale siano versati al bilancio dello Stato e utilizzati dallo Stato per gli interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione dei beni culturali di cui al citato art. 48 della legge n. 222/1985.


 

Articolo 21, comma 10
(Ulteriore voce Fondo spese urgenti e indifferibili)

 

 

L’articolo 21, comma 10, inserisce gli “eventi celebrativi di carattere internazionale” tra le finalità previste dall’ultima voce dell’elenco 1 della legge di stabilità 2011 (legge 13 dicembre 2010, n. 220), il quale indica gli interventi che, ai sensi dell’articolo 1, comma 40 della medesima legge, possono essere finanziati a valere sulle risorse per il 2011 del Fondo esigenze urgenti ed indifferibili (istituito dall’art. 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge n. 5/2009[160]).

L’art. 1, comma 40, della legge di stabilità 2011 stabilisce infatti che la dotazione del fondo di cui all’art. 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge 5/2009 è incrementata di 924 milioni di euro per l’anno 2011.

Una quota delle risorse di cui al primo periodo, pari a 874 milioni di euro per l’anno 2011, è ripartita, con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, tra le finalità indicate nell’elenco 1 allegato alla legge stessa. Le risorse, pari a 250 milioni di euro, di cui all’ultima voce del suddetto elenco 1 – sulla quale interviene l’art. 21, comma 10, in esame – sono contestualmente ripartite con un unico decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, previo conforme parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario, da rendere entro trenta giorni dalla trasmissione della richiesta. Al fine di assicurare il finanziamento di interventi urgenti finalizzati al riequilibrio socio-economico e allo sviluppo dei territori, alle attività di ricerca, assistenza e cura dei malati oncologici e alla promozione di attività sportive, culturali e sociali, è destinata una quota del fondo di cui al primo periodo, pari a 50 milioni di euro per l’anno 2011. Alla ripartizione della predetta quota e all’individuazione dei beneficiari di provvede con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario. Entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della medesima legge di stabilità, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabiliti i criteri per l’effettuazione di interventi in favore del settore dell’autotrasporto di merci.

Si ricorda, da ultimo che il D.P.C.M. 18 maggio 2011 ha provveduto alla ripartizione delle risorse finanziarie del Fondo esigenze urgenti ed indifferibili previste dall’articolo 1, comma 40, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, relativamente alle prime 5 voci dell’elenco 1 della medesima legge.


 

Articolo 21, comma 11
(Crediti da gestioni di ammasso obbligatorio prodotti agricoli)

 

 

Ai sensi del comma 11, sono estinti i crediti derivanti dalle gestioni di ammasso obbligatorio per gli anni 1948/49, 1954/55, 1961/62, svolte dall'Ente risi per conto e nell'interesse dello Stato. Per la regolazione del debito è autorizzata per l’anno in corso la spesa di 33.692.020 euro da corrispondere alla Banca d’Italia e di 661.798 euro da corrispondere all’Ente Risi.

All'onere derivante si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa alla sistemazione contabile delle partite iscritte al conto sospeso con la Banca d’Italia. I giudizi pendenti sono estinti di diritto ed i provvedimenti giudiziali non ancora passati in giudicato restano privi di effetti.

La relazione illustrativa (A.S. 2814) afferma che tale intervento è volto a prevenire ogni possibile rilievo in sede europea circa la configurabilità di tale credito come forma di finanziamento da parte della Banca d’Italia allo Stato italiano.

 

Nella determinazione n. 50/2010 della Corte dei Conti, sezione del controllo sugli enti, inerente l’attività dell’Ente risi nel 2009, si richiama l’attenzione sulle poste classificate “gestioni speciali”, iscritte in bilancio dell’Ente, riguardanti tre campagne di ammasso (1948/1949- 1954/1955. 1961/1962), i cui rendiconti non sono stati approvati dal Ministero dell’agricoltura per carenze nella documentazione dell’epoca. Ricorda la Corte che la parte più ingente del credito è costituita dalle spese di gestione, destinate a lievitare di anno in anno in ragione degli interessi stabiliti nella misura del 4,4 per cento; nel 2009, tale somma ammontava a 78 milioni di euro, cui vanno aggiunte le somme corrisposte direttamente dall’Ente agli Istituti bancari per un importo di 661.797. Con riferimento a tale ultima somma, la Corte di Appello di Roma aveva condannato nel 2003 il Ministero delle politiche agricole a corrispondere all’Ente Risi, 729.053 euro. L’ente è, invece, risultato soccombente nel ricorso in Cassazione; in tale occasione la Suprema Corte, con sentenza n. 2863 del 14 ottobre 2008, ha rinviato la decisione alla Corte di Appello rilevando, in diritto, come dal complesso della risalente legislazione emerga l’obbligo di rendicontazione delle campagne di ammasso, e, quindi, la necessità della documentazione a supporto degli esisti della gestione. La Banca d’Italia detiene dal 1994 effetti cambiari, regolarmente scontati, per 33,7 milioni di euro, non più rinnovabili in base al Trattato di Maastricht e, quindi, congelati. Secondo il prospetto riportato nella determinazione della Corte dei Corti sopra richiamata, dei 113.8 milioni che compongono il prospetto gestioni speciali allegato al bilancio 2009, 27,4 riguardano la gestione 1948/49, 71,2 la gestione 1954/55, 15,1 quella relativa agli anni 1961/62.


 

Articolo 22
(Conto di disponibilità)

 

 

L'articolo 22 prevede una serie di interventi in materia di programmazione dei flussi di cassa finalizzati a migliorare l'allocazione delle risorse finanziarie giacenti sul conto intrattenuto dal Tesoro presso la Banca d’Italia per il servizio di tesoreria (e sui conti ad esso assimilabili).

 

Più in dettaglio il comma 1, sostituendo l’articolo 46 della legge n. 196 del 2009[161] dedicato alla programmazione finanziaria, modifica in modo significativo gli obblighi informativi - introdotti dalla legge di contabilità - finalizzati a garantire un’adeguata programmazione dei flussi di cassa ai fini di una gestione ottimale del debito e della liquidità del conto “Disponibilità del Tesoro” presso la Banca d’Italia.

 

Si ricorda che, ai sensi del previgente articolo 46, è previsto che le amministrazioni statali presentino, entro il 31 dicembre di ciascun anno, una previsione dell’evoluzione attesa dei flussi di cassa per l’anno seguente e che aggiornino tale previsione entro il giorno 10 di ciascun mese.

La rilevazione dei dati revisionali è effettuata sulla base di uno schema predefinito, oggetto di apposito decreto del MEF - Dipartimento RGS.

Inoltre, sempre con decreto del MEF sono individuate le cadenze giornaliere per l’effettuazione di pagamenti di natura ricorrente, nonché le modalità ed i tempi di trasmissione da parte delle amministrazioni statali delle informazioni sui flussi di cassa utili per le previsioni sui prelevamenti dalla Tesoreria statale, ai fini di una ottimale gestione della liquidità del conto “Disponibilità”.

Analogo provvedimento, adottato previa consultazione della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, di cui all’articolo 5 della legge n. 42 del 2009[162], definisce i tempi le modalità di trasmissione delle informazioni a fini previsionali sui flussi di cassa da parte degli enti territoriali assoggettati al Patto di stabilità interno. Le previsioni di tali flussi non costituiscono, tuttavia, alcun vincolo all’attività gestionale dell’ente.

E’ prevista la possibilità per il MEF di adottare protocolli di intesa con gli enti pubblici che detengono conti presso la Tesoreria dello Stato.

 

Il nuovo articolo 46 della legge di contabilità introdotto dal comma in esame prevede che le amministrazioni statali, incluse le loro articolazioni, e le amministrazioni pubbliche titolari di conti accesi presso la tesoreria dello Stato devono comunicare telematicamente al Ministero dell’Economia e delle Finanze la stima dei flussi di cassa giornalieri; modalità e cadenze della suddetta comunicazione saranno individuate con decreto del MEF. E’ prevista inoltre una sanzione pecuniaria, pari al 5 per cento della retribuzione di risultato per il dirigente titolare del centro di responsabilità amministrativa, in caso di mancata ottemperanza all’obbligo di comunicazione

Con riferimento agli enti territoriali diversi dallo viene disposto che il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato e la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica[163] svolgano con cadenza annuale, entro 90 giorni dalla chiusura di ciascun esercizio, un’attività di monitoraggio degli scostamenti dei dati effettivi rispetto a quelli comunicati. In sede di Conferenza permanente saranno altresì adottati gli interventi necessari per migliorare la previsione giornaliera dei flussi e eventualmente ridefinire le sanzioni in caso di mancato rispetto dell’obbligo di comunicazione.

Viene precisato che per i medesimi enti territoriali le norme contenute nel nuovo articolo 46 costituiscono principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione; esse si applicano altresì alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano nel rispetto di quanto previsto dai relativi statuti.

Inoltre, al fine di migliorare la prevedibilità degli incassi che affluiscono alla tesoreria dello Stato, si stabilisce che tutti i versamenti e riversamenti di tributi e contributi nella tesoreria statale superiori a 500 mila euro devono essere eseguiti con l’utilizzo di bonifici di importo rilevante (B.I.R.), regolati attraverso il sistema Target[164]. In tale ipotesi, nonché per i riversamenti effettuati dagli intermediari relativi alla procedura di delega unica di cui all’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997[165], gli ordini di riversamento alla Tesoreria statale devono essere immessi nella procedura nel giorno lavorativo precedente alla data di regolamento.

La relazione illustrativa(A.S. 2814) segnala come tali disposizioni consentiranno al MEF di disporre già in prima mattinata di informazioni relative alla liquidità necessaria per assicurare i pagamenti già nel corso della giornata, e ad impiegare alle migliori condizioni nel mercato la liquidità eccedente.

 

Il mancato rispetto di tali disposizioni comporta, a carico dei soggetti inadempienti, l’obbligo di versare al bilancio dello Stato gli interessi legali calcolati per un giorno sull’importo versato ..

 

Il comma 2 dell'articolo 22 in esame prevede l'adeguamento alle disposizioni recate dal comma precedente delle convenzioni con cui sono disciplinate modalità e tempi di riversamento di tributi e contributi nella tesoreria dello Stato.

È previsto in particolare che le convenzioni con cui è regolato il servizio di riscossione dei versamenti unitari, ai sensi dell’articolo 19, comma 5, del decreto legislativo n. 241 del 1997[166], possano prevedere, oltre all’applicazione dell’interesse determinato ai sensi della legge di contabilità, anche ulteriori penalità per il mancato rispetto degli obblighi previsti dall'articolo in commento.

 

Il comma 3 prevede l'avvio di una sperimentazione finalizzata:

§      all’ottimizzazione dell’attività di previsione giornaliera dei flussi finanziari che transitano presso la tesoreria statale e di quella relativa alla gestione della liquidità;

§      al monitoraggio dell’efficacia degli strumenti adottati a tal fine.

Tale sperimentazione, la cui durata prevista è di diciotto mesi, avrà inizio il 1° agosto 2011.

 

Il comma 4 detta infine una disciplina transitoria con riferimento alle sanzioni e agli interessi introdotti, rispettivamente, dal comma 2 e dal comma 5 dell’articolo 46 della legge n. 196 del 2009 come novellata dall'articolo in esame. In particolare dette sanzioni ed interessi:

§      non sono applicati nei primi 150 giorni del periodo di sperimentazione

§      sono ridotti del 50 per cento nel rimanente periodo di sperimentazione.

 

Tale disposizione non si applica tuttavia ai soggetti che effettuano riversamenti nella tesoreria dello Stato con la procedura di delega unica di cui all’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997: per tali soggetti in particolare il versamento degli interessi previsto dal comma 5 citato si applica a partire dal 1° agosto 2011.


 

Articolo 23, commi 1-4
(Ritenuta su interessi prestiti obbligazionari a soggetti non residenti)

 

 

Il commi da 1 a 4 dell’articolo 23 introducono una ritenuta del 5 per cento sugli interessi pagati alle società consociatesite in altri Stati membri UE, a specifiche condizioni e ove i predetti pagamenti siano destinati a finanziare la corresponsione di interessi e altri proventi su prestiti obbligazionari quotati emessi dai soggetti percettori, garantiti dalle società che pagano gli interessi o da altre società del gruppo.

Tale prescrizione si applica agli interessi corrisposti a decorrere dal 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del decreto in esame), mentre per i prestiti in corso alla predetta data opera una ritenuta del 6 per cento anche sugli interessi già corrisposti.

 

Nel dettaglio, il comma 1 introduce il comma 8-bis all’articolo 26-quater del D.P.R. n. 600/1973[167].

Il citato articolo prevede un regime di non imponibilità per gli interessi e i canoni corrisposti a società residenti in Stati membri dell'Unione Europea, in presenza di determinate condizioni.

 

Con le modifiche introdotte si dispone l’applicazione di una ritenuta del 5 per cento sugli interessi corrisposti ai soggetti consociati non residenti, a condizione che detti interessi siano destinati a finanziare il pagamento di interessi e altri proventi su prestiti obbligazionari emessi dai percettori che siano:

§      negoziati in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo, inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996[168] e successive modificazioni e integrazioni;

§      garantiti dai soggetti, obbligati alla ritenuta d’acconto, che corrispondono gli interessi ovvero dalla società capogruppo controllante (ai sensi delle disposizioni del codice civile) , ovvero da altra società controllata dalla stessa controllante. Ai sensi del successivo comma 3 dell’articolo, l’atto di garanzia dei prestiti obbligazionari è comunque soggetto ad imposta di registro con aliquota dello 0,25 per cento.

La ritenuta opera ove i soggetti percettori non siano “beneficiari effettivi” degli interessi, ovvero quando manchi il requisito - necessario per godere dell'esenzione - indicato nel comma 4, lettera c), dello stesso articolo 26-quater.

 

Ai sensi del comma 2, la novella si applica agli interessi corrisposti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto in esame.

Con riferimento ai prestiti in corso alla data di entrata in vigore del decreto, le disposizioni introdotte dal comma 1 sono applicabili anche agli interessi già corrisposti, purché il sostituto d’imposta provveda entro il 30 novembre 2011 al versamento della ritenuta e dei relativi interessi legali. In tal caso è prevista l'applicazione di una ritenuta del 6 per cento su tali interessi già corrisposti, che è anche sostitutiva dell’imposta di registro sull’atto di garanzia (comma 4).


 

Articolo 23, commi 5 e 6
(Maggiori entrate per riduzione trasferimenti per incremento IRAP società concessionarie, banche e assicurazioni)

 

 

I commi 5 e 6 dell'articolo 23, oggetto di modifica durante l’esame del provvedimento al Senato, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 6 luglio 2011 incrementano l'aliquota IRAP da applicare nei confronti di alcuni soggetti passivi.

Nel dettaglio:

§       per effetto delle modifiche operate durante l’esame al Senato, nei confronti delle società di capitali e degli enti commerciali (di cui all’articolo 5 del D.Lgs. n. 446/1997) esercenti attività di imprese concessionarie - diverse da quelle di costruzione e gestione di autostrade e trafori - l’aliquota è innalzata al 4,20 per cento (+0,30 per cento rispetto all’aliquota ordinaria, pari al 3,9 per cento);

§       per i soggetti operanti nei settori bancario e finanziario (di cui all’articolo 6 del D.Lgs. n. 446/1997) l’aliquota è aumentata al 4,65 per cento (+0,75 per cento rispetto a quella ordinaria);

§       per i soggetti operanti nel settore assicurativo (di cui all’articolo 7 del D.Lgs. n. 446/1997) l’aliquota viene portata al 5,90 per cento (+2 per cento rispetto a quella ordinaria).

 

Tale modifica è operata (comma 5) inserendo il comma 1-bisall’articolo 16 del decreto legislativo n. 446 del 1997 (istitutivo dell’imposta regionale sulle attività produttive -IRAP) col quale, in deroga all’aliquota ordinaria del 3,9 per cento sono inseriti i predetti incrementi.

Di conseguenza, il comma in esame reca modifiche anche al comma 3 dell’articolo 16, in modo tale da estendere il potere di modifica ordinariamente attribuito alle Regioni anche alle aliquote testé maggiorate.

Il citato comma 3 consente alle regioni di modificare, in aumento o in diminuzione fino ad un massimo di un punto percentuale, l’aliquota IRAP nonché di applicare aliquote differenziate per settori di attività e per categorie di soggetti passivi.

 

Il comma 6 dispone che le norme introdotte si applichino a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del decreto legge in esame); per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, la suddetta modifica sarà operativa con riferimento al periodo d’imposta 2011.

Tale disposizione, con caratteri di retroattività, opera espressamente in deroga all’articolo 3 dello statuto del contribuente (legge 27 luglio 2000, n. 212), ai sensi del quale - salvo i casi di adozione di norme interpretative - le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo; relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.

 

Si ricorda in questa sede che l’articolo 5 del D.Lgs. n. 68 del 2011 in materia di federalismo fiscale regionale e provinciale ha attribuito alle regioni a statuto ordinario la facoltà, con decorrenza dal 2013, di ridurre l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) fino anche ad azzerarla, ovvero di disporre deduzioni dalla base imponibile nel rispetto della normativa comunitaria e degli orientamenti giurisprudenziali della Corte di Giustizia dell’Unione europea, fermo restando il potere di modifica di cui al citato articolo 16, comma 3. Il conseguente minor gettito è esclusivamente a carico della regione stessa e non comporta alcuna forma di compensazione perequativa. Le regioni che hanno deliberato un incremento dell’addizionale regionale IRPEF (ai sensi dell’articolo 6, comma 2 del medesimo decreto legislativo) superiore allo 0,5% non possono disporre la riduzione dell’aliquota IRAP.


 

Articolo 23, comma 7
(Maggiori entrate per incremento imposta di bollo
sui conti di deposito titoli)

 

 

Il comma 7 dell'articolo 23, modificato durante l’esame del provvedimento al Senato, incremental’ammontare dell'imposta di bollo sulle comunicazioni relative ai depositi di titoli inviati dagli intermediari finanziari.

 

Nella formulazione originaria della norma, tale imposta era portata a 120 euro l'anno sino al 2012; dal 2013 era incrementata a 150 euro l'anno per i depositi inferiori a 50 mila euro e a 380 euro per i depositi con valore superiore a 50 mila euro.

 

Nel dettaglio, la disposizione in commento modifica l’articolo 13 della Tariffa allegata al D.P.R. n. 642 del 1972 recante la disciplina dell'imposta di bollo (tale tariffa è contenuta nel D.M. 20 agosto 1992).

In particolare, la lettera a)del comma 7 modifica il comma 2-bis del citato articolo 13, eliminando le comunicazioni relative ai depositi di titoli inviati dalle banche ai clienti ai sensi dell'articolo 119 del Testo unico bancario di cui al D.Lgs. 385 del 1993 (norma che disciplina le comunicazioni periodiche alla clientela nei contratti di durata) dal novero dei documenti attualmente sottoposti a imposta di bollo pari a 22,80 euro per ogni esemplare di comunicazione inviato con periodicità annuale (ossia 11,40 euro con periodicità semestrale, 5,70 euro con periodicità trimestrale e 1,90 euro con periodicità mensile). Per tali comunicazioni viene disposta un’apposita disciplina alla successiva lettera b).

 

 

La lettera b), novellata durante l’esame del provvedimento al Senato, inserisce il comma 2-ter al citato articolo 13.

Per effetto delle nuove norme, le comunicazioni relative ai depositi di titoli verranno sottoposte a imposta di bollo secondo le seguenti modalità:

§       per le comunicazioni concernenti i depositi di titoli il cui complessivo valore nominale o di rimborso presso ciascuna banca sia inferiore a cinquantamila euro, dal 2011 l’imposta è aumentata rispetto agli importi previsti al citato comma 2-bis, ma il nuovo ammontare non viene incrementato nel tempo. Infatti, per ogni esemplare di comunicazione inviato con periodicità annuale l’imposta ammonterà a 34,20 euro (ossia 17,1 euro con periodicità semestrale, 8,55 euro con periodicità trimestrale e 2,85 euro con periodicità mensile);

§       per le comunicazioni relative a depositi di ammontare pari o superiore alla predetta soglia di 50.000 euro, le norme dispongono un graduale aumento dell’imposta nel tempo, variabile secondo l’entità dei depositi. Le modalità di incremento sono illustrate nella seguente tabella:

 

 

Importi dei depositi (euro)

Periodicità
comunicazione

imposta (euro)
dal 2011

imposta (euro)
dal 2013

Tra 50.000 e 149.999

annuale

70,00

230,00

semestrale

35,00

115,00

trimestrale

17,5

57,50

mensile

5,83

19,17

Tra 150.000 e 499.999

annuale

240,00

780,00

semestrale

120,00

390,00

trimestrale

60,00

195,00

mensile

20,00

65,00

Pari o superiore a 500.000

annuale

680,00

1.100,00

semestrale

340,00

550,00

trimestrale

170,00

275,00

mensile

56,67

91,61

 


 

Articolo 23, comma 8
(Riduzione aliquota ritenuta d’acconto su pagamenti
spese di ristrutturazione e altri oneri detraibili)

 

 

Il comma 8 dell'articolo 23 – novellando l’articolo 25, comma 1 del decreto-legge n. 78 del 2010 - riduce dal 10 al 4 per cento la ritenuta operata da banche e Poste sugli accrediti di bonifici disposti per beneficiare di alcune deduzioni e detrazioni.

 

Il citato articolo 25 aveva infatti assoggettato a ritenuta del 10 per cento, a titolo di acconto dell’imposta sul reddito, i pagamenti effettuati mediante bonifici disposti per beneficiare di deduzioni o detrazioni d’imposta.

La ritenuta è operata da Poste Italiane SPA o dalle banche del beneficiario del bonifico, nel momento in cui le somme sono accreditate in favore del soggetto. La decorrenza è fissata dal 1° luglio 2010. Il versamento delle ritenute deve essere effettuato secondo le modalità ordinarie, ossia entro il 16 del mese successivo a quello in cui è stata operata la ritenuta (ai sensi di quanto previsto dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).

Il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 giugno 2010 ha individuato le tipologie di pagamenti interessate dalla disposizione nelle spese di intervento di recupero del patrimonio edilizio e le spese per interventi di risparmio energetico, nonché le modalità con cui dovranno essere effettuati gli adempimenti relativi alla certificazione e alla dichiarazione delle ritenute.

In particolare, le banche e le Poste Italiane S.p.A. devono:

§      versare la ritenuta con le modalità ordinarie, utilizzando l’apposito codice tributo;

§      certificare al beneficiario l’ammontare delle somme erogate e delle ritenute effettuate;

§      indicare nella dichiarazione dei sostituti d’imposta i dati relativi al beneficiario nonché le somme accreditate e le ritenute effettuate.

 

La riduzione è disposta, secondo la lettera della legge, “per minimizzare gli adempimenti in occasione di pagamenti effettuati tramite bonifici”. La relazione illustrativa (A.S. 2814) a proposito osserva che, in fase di prima applicazione della disposizione, si è rilevato che l’originaria misura della ritenuta potesse pregiudicare le disponibilità finanziarie delle imprese e, in particolare, delle piccole imprese artigiane. Fermo restando l’impianto normativo esistente e l’efficacia antievasiva della disposizione, la riduzione consente di che si temperino i soli effetti finanziari e si eviti l’insorgere di crediti di imposta.


 

Articolo 23, comma 9
(Riduzione della quota deducibile in ciascun anno
delle perdite fiscali pregresse)

 

 

L’articolo 23, comma 9 modifica il regime di riporto delle perdite a fini IRES, novellando a tal fine i primi due commi dell’articolo 84 del Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917).

Con le modifiche introdotte, si dispone che per le società di capitali le perdite relative ai periodi di imposta precedenti diventino riportabili senza limite di tempo, ma con un limite quantitativo, ovvero in misura non superiore all'ottanta per cento del reddito per ciascun anno. Tale regola non vale per le perdite dei primi tre esercizi, che rimangono interamente compensabili senza limiti di tempo.

 

Il previgente articolo 84 del TUIR prevedeva (comma 1) una riportabilità delle perdite (ovvero, la possibilità di computare le perdite di un periodo d'imposta in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi) limitata nel tempo – ovvero non oltre il quinto periodo d’imposta successivo - e per l'intero ammontare che trovasse capienza nel reddito imponibile di ciascuno dei periodi d’imposta successivi.

Per effetto delle modifiche è eliminato il limite del quinto periodo di imposta successivo ai fini del computo delle perdite in diminuzione del reddito; d’altro canto, la perdita potrà essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi in misura non superiore all’ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi, per l'intero importo che trovi capienza in tale ammontare.

 

Il comma 2 dell’articolo 84 prevede che le perdite realizzate nei primi tre periodi d'imposta dalla data di costituzione possano computarsi in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d'imposta successivi senza limite di tempo, a condizione che siano riferite a una nuova attività produttiva; le modifiche operate precisano che tali perdite sono riportabili entro il limite del reddito imponibile di ciascuno dei periodi d’imposta successivi, per l'intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi.

 

Secondo quanto riportato nella relazione tecnica (A.S. 2814), in mancanza di una norma relativa al periodo transitorio, “le perdite pregresse maturate nei periodi di imposta precedenti a quello in corso mantengono il trattamento fiscale secondo la normativa originaria per quanto riguarda i cinque esercizi di utilizzabilità”.

Dalle indicazioni della relazione tecnica (A.S. 2814), dunque, sembrerebbe evincersi l’operatività delle norme in esame già a partire dall’esercizio di imposta in corso alla data del 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del decreto in commento); sembrerebbe a tal fine opportuno chiarire il termine di vigenza delle norme in esame ed eventualmente specificare – come previsto ai commi 6 e 11 dell’articolo 23 in commento – se esse derogano alle prescrizioni in materia di irretroattività delle norme tributarie recate dall’articolo 3 della legge n. 212/2000 (Statuto del contribuente).


 

Articolo 23, commi 10 e 11
(Limite alla deducibilità degli accantonamenti per i concessionari
di autostrade e trafori)

 

 

I commi 10 e 11 dell'articolo 23, oggetto di modifica durante l’esame del provvedimento al Senato, limitano all’1 per cento - in luogo del 5 per cento previgente- la deducibilità degli accantonamenti per spese di ripristino o di sostituzione dei beni gratuitamente devolvibili e per spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, nei confronti delle imprese concessionarie di costruzione e gestione di autostrade e trafori.

 

In particolare il comma 10 - per effetto delle modifiche operate al Senato – aggiunge un periodo all’articolo 107, comma 2, del TUIR (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), in tema di deducibilità degli accantonamenti. Al fine di rendere più rigoroso il regime di deducibilità degli accantonamenti, per le imprese concessionarie di costruzione e gestione di autostrade e trafori è stabilito il limite dell’1 per cento per le spese di ripristino o di sostituzione dei beni gratuitamente devolvibili e per le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione (cosiddetto “fondo di ripristino”).

Nella formulazione originaria del decreto, le norme modificavano la disciplina fiscale dell’ammortamento finanziario dei beni gratuitamente devolvibili alla scadenza di una concessione, inserendo un limite alla deducibilità delle quote di ammortamento dei suddetti beni, pari all’1 per cento del loro costo.

 

Ai sensi del comma 11, la disposizione così modificata si applica a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 6 luglio 2011, data di entrata in vigore del decreto legge in esame, espressamente in deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (statuto del contribuente), ai sensi del quale le norme tributarie – salve le disposizioni interpretative - non hanno effetto retroattivo e in particolare, relativamente ai tributi periodici, le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.


 

Articolo 23, commi 12-15
(Imposta sostitutiva per il riallineamento dei valori fiscali e civilistici avviamento e altre attività immateriali)

 

 

I commi da 12 a 15 dell'articolo 23 ampliano l’operatività delle norme (articolo 15, comma 10 del decreto-legge n. 185 del 2008[169]) che consentono il riallineamento delle divergenze che emergono a seguito di operazioni aziendali straordinarie (aggregazioni aziendali disciplinate dagli articoli 172, 173 e 176 del TUIR ovvero, rispettivamente, fusione, scissione e conferimenti d’azienda) relativamente agli avviamenti, ai marchi d'impresa e alle altre attività immateriali mediante pagamento di un’imposta sostitutiva con aliquota al 16 per cento.

Con le norme in esame la facoltà di affrancamento è estesa anche ai maggiori valori attribuiti alle partecipazioni di controllo iscritti in bilancio a seguito dell'operazione straordinaria, a titolo di avviamento, marchi d'impresa e altre attività immateriali.

 

In estrema sintesi, Il citato comma 10 ha introdotto, per le imprese coinvolte nelle citate operazioni straordinarie, la facoltà (ulteriore rispetto a quella ordinariamente prevista dall’articolo 176, comma 2-ter del TUIR) di affrancare fiscalmente i maggiori valori risultanti dalle operazioni di fusione, scissione e conferimenti aziendali, applicabile limitatamente alle voci relative all’avviamento, ai marchi d’impresa e alle altre attività immateriali. La nuova facoltà si concretizza col pagamento di un’imposta sostitutiva in misura pari al 16% econ un riconoscimento ai fini fiscali dei maggiori valori che decorre dal periodo d’imposta nel quale è versata l’imposta sostitutiva.

 

Sostanzialmente, obiettivo delle norme in esame è rendere possibile l’affrancamento anche quando le attività immateriali non emergono in via immediata nel bilancio individuale di ciascuna società, in quanto ricomprese nei maggiori valori attribuiti alle partecipazioni presenti.

 

Al riguardo, la relazione illustrativa (A.S. 2814) del provvedimento ricorda che l’articolo 15, comma 10, del D.L. 185/2008 consente l’affrancamento delle attività immateriali solo se iscritte in modo autonomo nel bilancio di esercizio delle società risultanti dalle operazioni straordinarie. Vi sono però operazioni in cui tali poste non sono iscrivibili autonomamente in bilancio; è il caso in cui l’attivo di bilancio delle società coinvolte in operazioni straordinarie sia rappresentato, in tutto o in parte, da partecipazioni di controllo (è il caso delle holding). I valori relativi alle attività immateriali, in tali casi, sono infatti inclusi nel valore di carico delle partecipazioni e non possono essere iscritti autonomamente in bilancio.

Nel dettaglio, il comma 12 in esame aggiunge all’articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008 i commi 10-bis e 10-ter.

 

Il comma 10-bis,come già anticipato, estende le previsioni del citato comma 10 anche ai maggiori valori delle partecipazioni di controllo, iscritti in bilancio a seguito dell’operazione straordinaria a titolo di avviamento, marchi d’impresa e altre attività immateriali.

Si specifica peraltro che per partecipazioni di controllo si intendono:

§      quelle incluse nel consolidamento ai sensi del Capo III del decreto legislativo n 127 del 1991[170].

Si tratta delle disposizioni (articoli 25-43 del decreto legislativo n 127 del 1991) che disciplinano la redazione del bilancio consolidato da parte di società per azioni, in accomandita per azioni, e a responsabilità limitata che controllano un'impresa;

§      quelle incluse nel consolidamento ai sensi delle relative previsioni per le imprese tenute ad applicare i principi contabili internazionali di cui al regolamento n 1606/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 luglio 2002[171].

L’importo assoggettato ad imposta sostitutiva non rileva ai fini del valore fiscale della partecipazione stessa.

 

Il successivo comma 10-ter introduce la possibilità di applicare l’affrancamento anche ai maggiori valori, attribuiti ad avviamento e altre attività immateriali, iscritti nel bilancio consolidato e derivanti da acquisti di partecipazioni di controllo in cessioni di azienda.

 

Secondo quanto riportato nella relazione tecnica (A.S. 2814), nel settore bancario sussisterebbero ipotesi in cui, a seguito di un’operazione straordinaria, l’avviamento e le altre attività immateriali non vengono (autonomamente) iscritte nel bilancio di esercizio dell’avente causa pur essendo stati “pagati”. L’esempio sarebbe quello della fusione di una società il cui attivo è costituito, esclusivamente o prevalentemente, da partecipazioni. In tal caso, gli eventuali maggiori valori sono incorporati nelle partecipazioni e sono iscritti dall’avente causa come partecipazioni e non come avviamento o altre attività immateriali. Tale fenomeno accadrebbe anche nel più semplice caso di cessione/acquisto di una partecipazione.

Sulla base della normativa previgente, prosegue la relazione, questi maggiori valori “incorporati” nel costo della partecipazione non risulterebbero affrancabili mediante imposta sostitutiva, in quanto non autonomamente iscritti nel bilancio di esercizio dell’acquirente come avviamento o altre attività immateriali. La norma in esame mirerebbe a superare tale situazione in quanto, per le partecipazioni di controllo, la parte del valore di carico delle partecipazioni che costituisce avviamento risulta in via autonoma dal bilancio consolidato (pur non risultando dal bilancio individuale): il riferimento ai valori risultanti dal bilancio consolidato servirebbe pertanto a consentire il riallineamento mediante pagamento della sostitutiva.

 

Il successivo comma 13 disciplina la decorrenza delle disposizioni introdotte. Esse si applicano in particolare:

§      alle operazioni effettuate nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2010;

§      alle operazioni effettuate nei periodi di imposta precedenti.

 

Per le operazioni effettuate in periodi d’imposta anteriori a quello in corso al 1° gennaio 2011, il versamento dell’imposta sostitutiva è dovuto in un’unica soluzione entro il 30 novembre 2011.

 

Per quanto concerne invece gli effetti del riallineamento effettuato ai sensi del comma 12, questi decorrono dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2012 (comma 14).

 

Il comma 15 demanda ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia dell’entrate l'individuazione delle modalità attuative delle disposizioni così introdotte.


 

Articolo 23, comma 16
(Disapplicazione delle sanzioni erogate ai soggetti tenuti alla restituzione di agevolazioni fiscali indebitamente fruite)

 

 

Il comma 16 dell'articolo 23 dispone che non siano applicate le sanzioni irrogate ai soggetti destinatari delle disposizioni per la ristrutturazione e per la disciplina del gruppo creditizio (di cui al decreto legislativo n. 356 del 1990) in sede di recupero di alcune agevolazioni fiscali indebitamente percepite (in particolare, l’abbattimento dell’IRPEG previsto dall’articolo 6 del D.P.R. n. 601 del 1973, in materia di agevolazioni tributarie, e l’esonero della ritenuta sui dividendi previsto dall’articolo 10-bis della legge n. 1745 del 1962, che ha istituito la ritenuta d'acconto o di imposta sugli utili distribuiti dalle società e modificato la disciplina della nominatività obbligatoria dei titoli azionari), anche ove sui provvedimenti interessati penda ricorso per revocazione.

 

Nel dettaglio, non sono dovute le sanzioni irrogate nei confronti del gruppo creditizio in sede di recupero delle seguenti agevolazioni, indebitamente fruite:

§      riduzione a metà dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche (già IRPEG), disposta dall’articolo 6 del D.P.R. n. 601 del 1973 nei confronti di specifici soggetti, purché aventi personalità giuridica (tra di essi: enti e istituti di assistenza sociale; istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro; enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di istruzione; istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, e loro consorzi);

§      esenzione dalla ritenuta a titolo di imposta sui dividendi (prevista dall’articolo 10-bis della legge 1745 del 1962) .spettanti a persone giuridiche pubbliche o fondazioni, esenti dall'imposta sulle società, che hanno esclusivamente scopo di beneficenza, educazione, istruzione, studio e ricerca scientifica.

 

La disposizione consente la disapplicazione delle sanzioni anche se irrogate con provvedimenti interessati da ricorso per revocazione, ai sensi dell’articolo 395 del codice di procedura civile.

 

La norma è emanata in applicazione dell’articolo 6, comma 2 del decreto legislativo n. 472 del 1997in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, e dell’articolo 10, comma 2, della legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente).

 

L’articolo 6, comma 2 del decreto legislativo n. 472 del 1997 prevede che non è punibile l'autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono, nonché da indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazione e per il pagamento.

 

L’articolo 10, comma 2, della legge n. 212 del 2000 stabilisce che non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell'amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall'amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell'amministrazione stessa.


 

Articolo 23, commi 17-20
(Eliminazione obbligo di prestazione di garanzia per fruire
della rateazione del pagamento dei debiti tributari)

 

 

I commi da 17 a 20 dell'articolo 23 eliminano l’obbligo di prestazione di garanzia per accedere alla rateazione di debiti tributari superiori a 50 mila euro conseguenti ad alcuni istituti deflativi del contenzioso, ovvero all’accertamento con adesione e alla conciliazione giudiziale.

 

A tal fine, il comma 17 novella l’articolo 8 del decreto legislativo n. 218 del 1997 (in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale), norma che disciplina, tra l’altro, gli adempimenti successivi all’atto di accertamento con adesione e i versamenti delle somme dovute per effetto dell'accertamento medesimo.

Per effetto delle norme in esame:

§      viene modificato il comma 2 del citato articolo 8, eliminando in tal modo l’obbligo per il contribuente di prestare idonea garanzia (nella forma di polizza fideiussoria o di fideiussione bancaria, ovvero di garanzia rilasciata da Confidi, per il periodo di rateazione aumentato di un anno) al fine di accedere al beneficio della rateazione dei pagamenti, conseguenti ad accertamento con adesione, di importo superiore a 50.000 euro;

§      analogamente, al comma 3 viene soppresso il riferimento alla documentazione relativa alla prestazione di garanzia e al comma 3-bis è eliminato il riferimento alla preventiva richiesta di pagamento al garante (dunque, nell'ipotesi di mancato pagamento anche di una sola rata diversa dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, l'Agenzia delle entrate iscriverà direttamente a ruolo le residue somme dovute e la sanzione, applicata in misura doppia, sul residuo importo dovuto a titolo di tributo).

 

Con finalità di coordinamento, il successivo comma 18 dell'articolo in esame novella l’articolo 9 del D.Lgs. n. 218 del 1997 (in materia di perfezionamento dell’accertamento con adesione) sopprimendo il riferimento ivi previsto alla prestazione della garanzia.

 

Il comma 19 reca analoghe prescrizioni in materia di conciliazione giudiziale, disciplinata dall’articolo 48 del decreto legislativo n. 546 del 1992 recante disposizioni sul processo tributario.

 


Per effetto delle modifiche apportate dal comma 19:

§      al comma 3 dell’articolo 48 del decreto legislativo n. 546 del 1992 viene soppresso l'obbligo per il contribuente di prestare idonea garanzia (nella forma di polizza fideiussoria o di fideiussione bancaria, ovvero di garanzia rilasciata da Confidi, per il periodo di rateazione aumentato di un anno) al fine di accedere al beneficio della rateazione dei pagamenti, conseguenti a conciliazione giudiziale, di importo superiore a 50.000 euro;

§      analogamente, al comma 3 viene soppresso il riferimento alla prestazione di garanzia, con riferimento al perfezionamento della procedura di conciliazione e al comma 3-bis è eliminato il riferimento alla preventiva richiesta di pagamento al garante (dunque, nell'ipotesi di mancato pagamento anche di una sola rata diversa dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, l'Agenzia delle entrate iscriverà direttamente a ruolo le residue somme dovute e la sanzione, applicata in misura doppia, sul residuo importo dovuto a titolo di tributo).

 

Il comma 20 dispone che le suddette disposizioni non si applichino:

§      agli atti di adesione;

§      alla rinuncia del contribuente ad impugnare l'avviso di accertamento o di liquidazione e a formulare istanza di accertamento con adesione (definizione ai sensi dell’articolo 15 del medesimo D.Lgs. n. 218 del 1997, con pagamento delle somme complessivamente dovute entro il termine per la proposizione del ricorso);

§      alle conciliazioni giudiziali già perfezionate, anche con la prestazione della garanzia, alla data del 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del decreto-legge in esame).


 

Articolo 23, comma 21
(Addizionale erariale bollo per autoveicoli
con potenza fiscale superiore a 225 kw)

 

 

Il comma 21 dell'articolo 23 introduce, a partire dal 2011, una addizionale erariale della tassa automobilistica per le autovetture e per gli autoveicoli per il trasporto promiscuo di persone e cose, pari a dieci euro per ogni chilowatt di potenza del veicolo superiore a 225 chilowatt.

 

L'importo dell'addizionale, da versare alle entrate del bilancio dello Stato, ammonta a dieci euro per ogni chilowatt di potenza del veicolo superiore a duecentoventicinque chilowatt.

 

Si evidenzia che, secondo quanto riportato nella relazione tecnica (A.S. 2814), all’archivio dell’anagrafe tributaria risulterebbe che le autovetture interessate dalla norma aventi potenza superiore ai 225 KW sarebbero circa 98 mila.

 

La norma rinvia ad provvedimento del Ministero dell’Economia e delle finanze, d’intesa con l’Agenzia delle entrate, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame, per l'individuazione di modalità e termini di pagamento dell'imposta.

 

La sanzione da applicare nell'ipotesi di omesso o insufficiente versamento dell’addizionale è quella di cui all’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997[172], pari al 30 per cento dell’importo non versato.


 

Articolo 23, commi 22 e 23
(Partite IVA inattive)

 

 

I commi 22 e 23 dell'articolo 23, perseguono l’intento di ricondurre il numero delle partite IVA a quelle effettivamente in attività, anche al fine di incrementare le attività di prevenzione e repressione dei fenomeni di frode in materia di IVA nazionale e comunitaria. È prevista la cancellazione d’ufficio delle partite IVA inattive da tre anni; è altresì prevista una sanatoria per l'ipotesi di mancata dichiarazione di cessazione dell'attività.

 

Più in dettaglio, il comma 22, al fine di apportare chiarimenti in relazione a partite IVA inattive da tempo, inserisce un nuovo comma (il 15-quinquies) all’articolo 35 del D.P.R. n. 633 del 1972.

 

Il comma 15-quinquies prevede in particolare che l’attribuzione del numero di partita IVA è revocata d’ufficio qualora per tre annualità consecutive il titolare:

§      non abbia esercitato l’attività d’impresa o di arti e professioni;

§      o, se obbligato alla presentazione della dichiarazione annuale in materia di IVA, non abbia adempiuto a tale obbligo.

Viene altresì affermata l'impugnabilità del provvedimento di revoca davanti alle Commissioni tributarie.

 

Il comma 23 introduce una sanatoria per i titolari di partita IVA che, sebbene obbligati, non abbiano tempestivamente presentato la dichiarazione di cessazione di attività. In tal modo si intende agevolare l’adempimento spontaneo dei contribuenti.

La sanatoria si effettua con il versamento, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, di un importo pari alla sanzione minima indicata nell’articolo articolo 5, comma 6, primo periodo, del decreto legislativo n. 471 del 1997[173], ridotta ad un quarto (129 euro).

Non è tuttavia possibile accedere alla sanatoria se la violazione sia già stata constatata con atto portato a conoscenza del contribuente.


 

Articolo 23, commi 24-27
(Razionalizzazione e potenziamento delle indagini finanziarie)

 

 

I commi da 24 a 27 dell'articolo 23 recano norme aventi la finalità di ampliare i destinatari delle richieste di indagini finanziarie dell’Amministrazione fiscale, consentendo agli uffici dell’amministrazione finanziaria di acquisire informazioni anche da società ed enti di assicurazione per quanto riguarda le attività di natura finanziaria; sono introdotte inoltre norme volte a razionalizzare l’attività di indagine, mediante accesso, sull’industria finanziaria.

 

I commi 24 e 25 modificano anzitutto le procedure di cd. “indagine finanziaria” da parte degli Uffici delle Entrate e della Guardia di Finanza, ovvero quell’attività di richiesta di informazioni ad enti creditizi e finanziari finalizzata all’acquisizione di elementi utili a ricostruire l’effettiva disponibilità reddituale (o l’effettivo volume di operazioni imponibili a fini IVA e degli acquisti effettuati dal contribuente).

Nell’esercizio del predetto potere, l’Amministrazione – previa autorizzazione dei competenti organi e uffici delle Entrate e della Guardia di Finanza - può raccogliere dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, tra enti creditizi e finanziari e i rispettivi clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi.

 

In particolare il comma 24 modifica le norme (articolo 32, comma primo, numeri 5) e 7) del D.P.R. n. 600/1973) che individuano i poteri degli uffici di effettuare indagini finanziarie in sede di accertamento delle imposte sui redditi.

L’articolo 32, comma 1, n. 5) consente infatti all’Amministrazione di richiedere dati e notizie su soggetti - indicati singolarmente ovvero per categorie - ad organi e Amministrazioni statali, a enti pubblici non economici, a società ed enti di assicurazione, a società ed enti che effettuano riscossioni e pagamenti per conto di terzi. Sono previsti tuttavia dei limiti per le società e gli enti di assicurazione, in relazione ai rapporti con gli assicurati del ramo vita: ad essi possono essere richiesti dati e notizie attinenti esclusivamente alla durata del contratto di assicurazione, all'ammontare del premio e alla individuazione del soggetto tenuto a corrisponderlo; le informazioni sulla categoria devono essere fornite, a seconda della richiesta, cumulativamente o specificamente per ogni soggetto che ne fa parte.

Tra i soggetti cui non si applica questa disposizione rientrano l’ISTAT, gli ispettorati del lavoro per alcune rilevazioni e, salvi i poteri di indagini finanziarie (disciplinati al successivo n. 7)), le banche e Poste italiane S.p.A. per le attività finanziarie e creditizie, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli OICR, le società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie. Per effetto delle modifiche operate dalle norme in esame, tra tali soggetti vengono anche inserite le società e gli enti di assicurazione, per quanto riguarda le attività finanziarie

Il successivo n. 7) disciplina lo svolgimento delle procedure di cd. “indagine finanziaria”.

Per effetto delle modifiche in esame, previa autorizzazione dei competenti organi dell’Agenzia delle entrate o della Guardia di Finanza, l’Amministrazione potrà esercitare il proprio potere di richiesta anche nei confronti di società ed enti di assicurazione per le attività finanziarie (oltre che a banche, a Poste italiane S.p.A., per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli OICR, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie).

Un secondo ordine di modifiche riguarda l’ampliamento dell’oggetto delle richieste dell’Amministrazione. Essa potrà infatti chiedere dati, notizie e documenti relativi anche alle garanzie prestate dagli operatori finanziari cui è indirizzata la richiesta, nonché le generalità dei soggetti per i quali gli stessi operatori finanziari abbiano effettuato operazioni e servizi, o con i quali abbiano intrattenuto rapporti di natura finanziaria.

 

Il comma 25 reca analoghe modifiche all’articolo 51, secondo comma, numeri 5) e 7) del D.P.R. n. 633 del 1972, concernenti i poteri di indagine finanziaria dell’Amministrazione nell’accertamento dell’IVA.

 

I commi 26 e 27 coordinano la materia dei poteri di accesso dell’Amministrazione in sede di accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA con quanto disposto in precedenza relativamente ai poteri di indagine.

In particolare, il comma 26 modifica la disciplina di accessi, ispezioni e verifiche da parte degli uffici del fisco in sede di accertamento delle imposte dirette (secondo e sesto comma dell’articolo 33 del D.P.R. n. 600 del 1973).

Con un primo ordine di modifiche, volte a coordinare la disciplina degli accessi con le nuove procedure di indagine finanziaria, si specifica che l’accesso dell’Amministrazione è consentito anche presso gli operatori finanziari destinatari delle indagini finanziarie (di cui al n. 7) del citato articolo 32).

Inoltre, per esigenze di snellimento e semplificazione, le norme in commento precisano che scopo dell’accesso è l’acquisizione diretta di dati, notizie e documenti relativi ai rapporti ed alle operazioni oggetto delle richieste rivolte agli operatori finanziari (a norma del citato n. 7)) ove questi non siano stati trasmessi tempestivamente, ovvero la rilevazione diretta della completezza o dell'esattezza delle risposte, allorché l'ufficio abbia fondati sospetti che le pongano in dubbio.

Le norme novellano inoltre il sesto comma dell'articolo 33 al fine di raccordare le procedure e le autorizzazioni in materia di accesso con la nuova organizzazione interna sia dell’Amministrazione finanziaria, sia del Corpo della Guardia di finanza (autorizzazione del Direttore centrale dell'accertamento o del Direttore regionale delle Entrate; del Comandante regionale della GdF); viene specificato, rispetto alla formulazione vigente, che gli accessi devono avvenire in orari diversi da quelli di sportello aperto al pubblico.

Viene eliminata la previsione che affidava a un decreto ministeriale la determinazione delle modalità di esecuzione degli accessi.

Viene infine modificato (comma 27)l’articolo 52 del D.P.R. 633/1972 in materiadi accertamento dell’ IVA, rinviando, per quanto riguarda la disciplina degli accessi presso pubbliche amministrazioni ed enti, nonché presso operatori finanziari, a quanto disposto dalle novellate disposizioni in tema di accertamento delle imposte sui redditi (in particolare, ai novellati secondo e sesto comma del citato articolo 33 del D.P.R. n. 600/1973).


 

Articolo 23, comma 28
(Studi di settore)

 

 

Il comma 28 dell'articolo 23 reca una serie di disposizioni in materia di studi di settore dirette, in estrema sintesi:

§      a differire i termini di pubblicazione degli studi di settore;

§      ad aumentare la sanzione per omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore;

§      a consentire l'accertamento induttivo nei casi di omessa o infedele indicazione di specifici dati;

§      a modificare il contenuto degli atti di accertamento nel caso di congruità alle risultanze degli studi di settore;

§      ad innalzare del 50 per cento la misura della sanzione minima e massima per l'ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti.

 

In primo luogo, la lettera a) (aggiungendo il comma 1-bis all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 195 del 1999) dispone che, a decorrere dall'anno 2012, gli studi di settore siano pubblicati nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre del periodo d’imposta nel quale entrano in vigore; entro il 31 marzo del periodo d’imposta successivo a quello della loro entrata in vigore devono invece essere pubblicate in Gazzetta Ufficiale le eventuali integrazioni necessarie per tenere conto degli andamenti economici e dei mercati, con particolare riguardo a settori o aree territoriali.

 

La lettera b) (aggiungendo un periodo all’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997) prevede l'applicazione della sanzione in misura massima (pari a 4 milioni di lire, 2065,8 euro) nelle ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, ove tale adempimento sia dovuto ed il contribuente non abbia provveduto alla presentazione del modello anche a seguito di specifico invito da parte dell’Agenzia delle Entrate.

 

Per effetto delle modifiche operate dalla lettera c) (che aggiunge la lettera d-ter) al secondo comma dell’articolo 39 del DPR 600 del 1973), l'ufficio delle imposte può procedere ad accertamento induttivo – determinando quindi il reddito d'impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili e di avvalersi anche di presunzioni semplici - anche quando viene rilevata l’omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché l’indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti.

La disposizione è applicabile a condizione che siano irrogabili le sanzioni di cui al comma 2-bis dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 471 del 1997[174] come rileva al riguardo la relazione illustrativa (A.S. 2814), essa non opera se il maggior reddito d'impresa ovvero di arte o professione, accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per cento del reddito d'impresa o di lavoro autonomo dichiarato.

 

La lettera d) modifica le disposizioni (recate dal comma 4-bis dell’articolo 10 della legge n. 146 del 1998) relative ai poteri di accertamento dell’Amministrazione finanziaria nel caso di congruità di un soggetto alle risultanze degli studi di settore. Resta ferma la previsione secondo cui in questo caso l’ufficio non può procedere a rettifiche sulla base di presunzioni semplici, ma viene eliminato l’obbligo dell’amministrazione di evidenziare, nella motivazione dell’atto di eventuale rettifica, le ragioni che inducono l'ufficio a disattendere le risultanze degli studi di settore in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente.

 

Le lettere e), f) e g), recando analoghe modifiche alla normativa in materia di imposte sui redditi, IVA e IRAP, elevano del 50 per cento gli importi delle sanzioni minima e massima in caso di rettifica delle dichiarazioni dei redditi, IVA e IRAP compiuta a seguito di accertamento effettuato sulla base delle risultanze degli studi di settore, nelle ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione dei medesimi studi di settore, laddove tale adempimento sia dovuto ed il contribuente non abbia provveduto alla presentazione del modello anche a seguito di specifico invito da parte dell’Agenzia delle Entrate.


 

Articolo 23, comma 29
(Razionalizzazione dei procedimenti di irrogazione delle sanzioni)

 

 

Il comma 29 dell'articolo 23, detta norme volte a razionalizzare i procedimenti di irrogazione delle sanzioni, modificando gli articoli 16 e 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997[175] al fine, rispettivamente, di:

§      ampliare l’operatività della definizione agevolata delle sanzioni anche al caso in cui esse siano state rideterminate dall’ufficio, a seguito dell’accoglimento delle deduzioni prodotte dal contribuente;

§      rendere obbligatoria l’irrogazione immediata delle sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono, con atto contestuale all’avviso di accertamento o di rettifica.

 

Nel dettaglio, la lettera a) del comma 29 aggiunge il comma 7-bis al citato articolo 16, che disciplina la procedura di irrogazione delle sanzioni da parte dell'ufficio o dall'ente competenti all'accertamento del tributo cui le violazioni si riferiscono.

Per effetto delle modifiche in commento, le sanzioni rideterminate a seguito di deduzioni presentate dal contribuente sono definibili, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, con il pagamento di un importo ridotto, pari ad un terzo della sanzione indicata e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo, senza sanzioni accessorie (ai sensi del comma 3 dello stesso articolo 16).

La predetta disposizione introdotta all’articolo 16 si applica:

§      agli atti di irrogazione delle sanzioni notificati dopo il 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del decreto in esame);

§      agli atti di irrogazione delle sanzioni notificati anche prima della predetta data, ove risultino ancora pendenti i termini per la proposizione del ricorso.

 

La lettera b) del comma 29 modifica l’articolo 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997, che disciplina l'ipotesi di irrogazione immediata delle sanzioni.

In particolare, per effetto della modifica apportata al comma 1 dell'articolo 17 citato, viene resa obbligatoria (e non più facoltativa) l'irrogazione delle sanzioni collegate al tributo, senza previa contestazione e con l'osservanza, in quanto compatibili, delle disposizioni che regolano il procedimento di accertamento del tributo medesimo, con atto contestuale all'avviso di accertamento o di rettifica, motivato a pena di nullità.

L'applicazione della predetta disposizione è prevista per gli atti emessi a decorrere dal 1° ottobre 2011.


 

Articolo 23, comma 30
(Differimento della data di inizio dell’applicazione della norma
in tema di concentrazione della riscossione nell’accertamento)

 

 

Il comma 30 dell'articolo 23 differisce dal 1° luglio al 1° ottobre 2011 la data di inizio dell'applicazione della disposizioni relative al cd. “accertamento esecutivo”, disciplinato dall’articolo 29, comma 1, primo periodo, del decreto legge n. 78 del 2010, come recentemente modificato dal D.L. n. 70 del 2011[176].

Si tratta degli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle entrate contenenti l’intimazione al pagamento degli importi ivi stessi indicati.

 

In sintesi, l’articolo 29, comma 1 del D.L. 78/2010 ha introdotto la possibilità che l'avviso di accertamento ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta sulle attività produttive e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché il connesso provvedimento sanzionatorio contengano anche l'intimazione al pagamento degli importi indicati negli stessi entro il termine di presentazione del ricorso; in sostanza, in applicazione delle disposizioni in esame, l'avviso di accertamento così emesso ed il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni costituiscono titolo esecutivo.

Il provvedimento di irrogazione della sanzione e gli atti in cui siano rideterminati gli importi da pagare diventano esecutivi decorsi 60 giorni dalla notifica (comma 1, lettera b) dell’articolo 29) e devono espressamente recare l'avvertimento che, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste è affidata in carico agli agenti della riscossione anche ai fini dell'esecuzione forzata; tuttavia è prevista la sospensione dell’esecuzione forzata per un periodo di centottanta giorni dall’affidamento in carico agli agenti della riscossione degli atti.

Il ricorso avverso i predetti atti non sospende la riscossione; tuttavia l'ufficio delle entrate o il centro di servizio ha facoltà di disporre la sospensione della riscossione in tutto o in parte, fino alla data di pubblicazione della sentenza della commissione tributaria provinciale, con provvedimento motivato notificato al concessionario e al contribuente.


 

Articolo 23, comma 31
(Riduzione delle sanzioni per brevi ritardi negli adempimenti connessi ai versamenti dei tributi non assistiti da garanzia)

 

 

Il comma 31 dell'articolo 23 estende l'applicazione delle sanzioni in misura ridotta (ai sensi dell’articolo 13, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo n. 471 del 1997) a tutti i versamenti di tributi effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, in luogo dei soli adempimenti relativi a crediti assistiti da garanzia reale o personale.

 

L’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997 disciplina i ritardati od omessi versamenti diretti di tributi. Ai sensi del primo periodo, chi non esegue tempestivamente ed esattamente i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione (detratto in questi casi l'ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati), è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile.

 

Il secondo periodo, come novellato dal comma in esame, disciplina l'ipotesi di riduzione della sanzione per i citati “ritardi brevi”: la sanzione del trenta per cento degli importi non versati, oltre ad essere ridotta ad un decimo del minimo (secondo quanto previsto dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997, nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto eseguito poi nel termine di trenta giorni dalla data della sua commissione), è ulteriormente ridotta ad un importo pari ad un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo.


 

Articolo 23, commi 32 e 33
(Rimborsi spese ai concessionari per procedure esecutive.)

 

 

I commi 32 e 33 dell'articolo 23 recano disposizioni sul rimborso delle spese relative alle procedure esecutive all'agente della riscossione. Esso viene svincolato dalla presentazione di comunicazione di inesigibilità del ruolo e, con riferimento alle spese maturate nel corso di ciascun anno solare e richiesto entro il 30 marzo dell’anno successivo, deve essere erogato entro il 30 giugno dello stesso anno.

 

In dettaglio, il comma 32 (lettera a)) modifica l’articolo 17 del decreto legislativo n. 112 del 1999, che disciplina la remunerazione del servizio della riscossione.

L’attività degli agenti della riscossione è remunerata con un aggio, pari al nove per cento delle somme iscritte a ruolo riscosse e dei relativi interessi di mora, che è parzialmente o totalmente a carico del debitore, a seconda della tempestività del pagamento delle somme recate dalla cartella di pagamento.

 

All'agente della riscossione spetta il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive. Tale rimborso è carico:

§      dell'ente creditore, nel caso di annullamento del ruolo per effetto di provvedimenti di sgravio e, secondo la previgente formulazione dell’articolo 17, comma 6, lettera a), nel caso di trasmissione da parte dell'agente della riscossione della comunicazione di inesigibilità del ruolo;

§      del debitore, nelle altre ipotesi.

 

Con le modifiche in commento – che intervengono sulla citata lettera a) del comma 6 – si svincola il diritto al rimborso dall’obbligo dell'agente della riscossione di trasmettere la comunicazione di inesigibilità.

Esso rimane dunque a carico dell'ente creditore se il ruolo viene annullato per effetto di provvedimenti di sgravio o in caso di inesigibilità dello stesso.

 

In virtù del successivo comma 33, che reca l’efficacia temporale delle norme introdotte, il previgente testo del novellato comma 6 continua ad applicarsi ai rimborsi spese maturati fino al 31 dicembre 2010.

 

La lettera b) del comma 32 inserisce il comma 6-bis al citato articolo 17, stabilendo che il rimborso delle spese maturate nel corso di ciascun anno solare e richiesto entro il 30 marzo dell’anno successivo venga erogato entro il 30 giugno dello stesso anno.

In caso di mancata erogazione del rimorso, l’agente della riscossione viene autorizzato a compensare il relativo importo con le somme da riversare.

Viceversa, nel caso in cui vi sia stato il diniego, a titolo definitivo, del discarico della quota per il cui recupero sono state svolte le procedure che determinano il rimborso, l’agente della riscossione è obbligato a restituire all’ente l’importo anticipato, maggiorato degli interessi legali. Detta restituzione deve avvenire entro dieci giorni dalla richiesta.

È infine stabilito che l’importo dei rimborsi spese riscossi dopo l’erogazione o la compensazione, maggiorato degli interessi legali, sia riversato entro il 30 novembre di ciascun anno.

Ai sensi del successivo comma 33, il comma 6-bis si applica ai rimborsi spese maturati a partire dall’anno 2011.


 

Articolo 23, comma 34
(Proroga termini inesigibilità)

 

 

Il comma 34 dell'articolo 23 proroga i termini per la presentazione, da parte degli agenti della riscossione, delle comunicazioni di inesigibilità dei ruoli.

Si ricorda preliminarmente che la disciplina della comunicazione di inesigibilità, inviata dall’agente della riscossione al creditore del debito tributario, al fine di ottenere nei casi previsti dalla legge il rimborso delle spese sostenute per le procedure esecutive, è stata modificata dai commi 32 e 33 dell’articolo 23 in commento, alla cui scheda di lettura si rinvia.

In sostanza, il diritto di ottenere dall’ente creditore il rimborso delle spese per le procedure esecutive sostenute in relazione a ruoli divenuti inesigibili è stato svincolato dall’obbligo dell'agente della riscossione di trasmettere la relativa comunicazione di inesigibilità (novellato articolo 17, comma 6, lettera a) del D.Lgs. n. 112 del 1999).

Tuttavia le novelle hanno previsto che, per i ruoli maturati sino al 31 dicembre 2010, continui ad applicarsi la normativa previgente e che, dunque, per ottenere il rimborso delle spese sostenute per ruoli inesigibili il concessionario debba inviare la relativa comunicazione.

 

La lettera a) del comma 34 proroga di un anno (al 30 settembre 2012) i termini di presentazione delle comunicazioni di inesigibilità per gli agenti della riscossione rimodulando, per un analogo periodo di tempo, anche i termini per l’esame delle comunicazioni da parte degli uffici competenti. A tal fine, è modificato il comma 12 dell’articolo 3 del D.L. n. 203 del 2005, rinviandosi dal 30 settembre 2011 al 30 settembre 2012 il termine di presentazione delle comunicazioni di inesigibilità per i ruoli consegnati fino al 30 settembre 2009.

 

La disposizione modificata prevedeva originariamente che le comunicazioni di inesigibilità relative ai ruoli consegnati fino al 31 agosto 2005, da parte degli agenti della riscossione, dovessero essere presentate alle società partecipate da Equitalia S.p.A. entro il 31 ottobre 2008. Tali termini sono stati successivamente prorogati nel tempo, da ultimo, dall'articolo 1, comma 12, del decreto legge n. 194 del 2009.

 

La lettera b) proroga anche i termini della sanatoria degli illeciti amministrativi disposta, in favore dei concessionari della riscossione, dall'articolo 36, commi 4-quinquies e 4-sexies del decreto legge n. 248 del 2007..

 

L’articolo 1, commi 426 e 426-bis, della legge finanziaria 2005 ha previsto la sanatoria degli illeciti amministrativi posti in essere da società concessionarie del servizio di riscossione dei tributi, sia del già esaminato articolo 3, comma 12, del D.L. n. 203 del 2005.

Per effetto del citato comma 4-quinquies dell’articolo 35 del D.L. 248/2007, le società aderenti alla sanatoria e la cui maggioranza del capitale sociale fosse stata successivamente acquistata da Equitalia S.p.A., potevano presentare entro il 30 settembre 2010, anche ai fini della stessa sanatoria, le comunicazioni di inesigibilità relative a tutti i ruoli consegnati fino al 30 settembre 2007; entro tale termine, potevano altresì integrare le comunicazioni già presentate con riferimento agli stessi ruoli, fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

Il comma 4-sexies è intervenuto in tema di decorrenza del termine per il discarico del concessionario per l’inesigibilità delle somme iscritte a ruolo: in particolare, disponendo che per tutte le comunicazioni di inesigibilità il cui termine di presentazione fosse fissato al 30 settembre 2010, il termine di tre anni dalla comunicazione di inesigibilità trascorsi i quali il concessionario è automaticamente discaricato decorresse dal 1° ottobre 2010.

Tutti i suddetti termini sono stati successivamente posticipati di un anno dall'articolo 1, comma 13, del decreto legge n. 194 del 2009.

 

Nel dettaglio, con la proroga prevista dalle disposizioni in commento, si dispone che:

§      le società che hanno aderito alla sanatoria degli illeciti amministrativi possono presentare, anche ai fini della stessa sanatoria, entro il 30 settembre 2012 (anziché entro il 30 settembre 2011), le comunicazioni di inesigibilità relative a tutti i ruoli consegnati fino al 30 settembre 2009 (anziché al 30 settembre 2008) (novellato articolo 36, comma 4-quinquies);

§      per tutte le comunicazioni di inesigibilità delle somme iscritte a ruolo, anche integrative, il cui termine di presentazione è fissato al 30 settembre 2012 (anziché al 30 settembre 2011) - il termine previsto per il discarico del concessionario decorre dal 1° ottobre 2012 (anziché dal 1° ottobre 2011) (novellato articolo 36, comma 4-sexies).

 

La lettera c) infine novella l’articolo 19, comma 2, lettera d) del decreto legislativo n. 112 del 1999: per effetto delle modifiche in commento, il mancato svolgimento dell’azione esecutiva mobiliare non è più causa di perdita del diritto al discarico.

 

In merito, la relazione illustrativa (A.S. 2814) rileva che la procedura mobiliare nell’esperienza concreta degli ultimi anni è risultata inefficace, ove adottata in maniera non mirata.


 

Articolo 23, commi 35 e 36
(Norma in materia di gestione dei crediti di giustizia
da parte di Equitalia Giustizia S.p.A.)

 

 

Il comma 35 dell'articolo 23 attribuisce a Equitalia Giustizia S.p.A. anche la gestione dei crediti relativi alle spese di giustizia riguardanti provvedimenti divenuti definitivi prima del 1° gennaio 2008 o il mantenimento in carcere per condanne per cui sia cessata l’espiazione in istituto prima del 1° gennaio 2008. Sono poi definite le modalità di gestione, da parte dell’ente stesso, dell’attività di recupero dei crediti di giustizia, prevedendo in particolare che i dipendenti della predetta società possano essere delegati a firmare i ruoli da questa formati.

 

Il comma 36 abroga conseguentemente le disposizioni della legge finanziaria 2010, che disciplinano la gestione dei predetti crediti e fanno salve le disposizioni del testo unico sulle spese di giustizia relative alla natura del credito.

A seguito di una modifica apportata al Senato:

§      viene mantenuta la destinazione delle entrate - prevista dalla medesima legge finanziaria 2010 - ad un piano straordinario per lo smaltimento dei processi civili e al potenziamento dei servizi istituzionali dell’amministrazione giudiziaria, con particolare riferimento all’assunzione di personale del Corpo di polizia penitenziaria, previa verifica della compatibilità finanziaria;

§      viene specificato che la predetta assunzione avviene nei limiti delle risorse derivanti da alcune disposizioni in materia di spese di giustizia.


 

Articolo 23, commi 37-40
(Crediti privilegiati per tributi diretti dello Stato)

 

 

I commi da 37 a 40 dell'articolo 23 modificano alcune previsioni del codice civile al fine di ampliare l'ambito di applicazione dei privilegi già previsti per i crediti tributari.

A tal fine, i privilegi per i crediti tributari riguardanti le somme iscritte nei ruoli resi esecutivi nell’anno in cui l’agente della riscossione promuove l’esecuzione o vi interviene e nell’anno precedente, vengono estesi anche alle somme iscritte a ruolo in anni precedenti; viene esteso alle sanzioni irrogate ai sensi della normativa sulle imposte dirette il medesimo privilegio già ora attribuito alle sanzioni in materia di IVA; viene soppressa la previsione che accorda un privilegio speciale sugli immobili siti nel Comune in cui è effettuata la riscossione per le imposte sui redditi immobiliari; vengono anteposti ai chirografari i crediti per i tributi nel caso vi sia un residuo ricavato dalla vendita degli immobili.

 

Si segnala che, secondo quanto riportato nella relazione tecnica (A.S. 2814), per effetto delle norme in esame viene stimato un ampliamento "sino al doppio" dei crediti tributari cui viene riconosciuto il privilegio nell’ambito delle sole procedure regolate dalla legge fallimentare.

 

Più in dettaglio il comma 37 modifica il primo comma dell'articolo 2752 del codice civile.

 

Si ricorda che l'art 2752, comma 1, nella formulazione previgente, nel riconoscere il privilegio generale mobiliare ai crediti dello Stato per l'imposta sul reddito delle persone giuridiche, per l'imposta regionale sulle attività produttive e per l'imposta locale sui redditi, ne limitava l'efficacia, sotto il profilo temporale, rispetto alla disciplina prevista per gli altri creditori.

Detta disposizione prevedeva, infatti, che per i crediti suddetti il privilegio si estendesse unicamente a quelli iscritti nei ruoli resi esecutivi nell'anno in cui l'agente della riscossione promuove l'esecuzione o vi interviene e nell'anno precedente.

 

La disposizione in esame provvede, pertanto, anzitutto ad eliminare la suddetta limitazione di efficacia temporale, sopprimendo al comma 1 dell'articolo 2752 del Codice Civile il riferimento ai crediti diversi da quelli indicati nel primo comma dell'art. 2771, iscritti nei ruoli resi esecutivi nell'anno in cui il concessionario del servizio di riscossione procede o interviene nell'esecuzione e nell'anno precedente.

Lo stesso comma 37 provvede altresì anche a ricomprendere tra i crediti assistiti dal privilegio di cui al primo comma dell'articolo 2752 anche le sanzioni relative alle imposte dirette. Per effetto di tale modifica, pertanto, viene esteso alle imposte dirette quanto già previsto dal terzo comma dello stesso articolo 2752 alle sanzioni in materia di IVA.

La modifica apportata all'articolo 2752 tiene altresì conto, peraltro, dell'avvenuta introduzione dell'imposta sul reddito delle società (IRES) in sostituzione dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG).

 

Il comma 38 sopprime l'articolo 2771 del codice civile, che accorda per le imposte dovute sui redditi immobiliari un privilegio speciale sugli immobili del contribuente situati nel Comune in cui è effettuata la riscossione.

 

Più in dettaglio, si ricorda che il citato articolo 2271 prevedeva che i crediti dello Stato per l'imposta sul reddito delle persone fisiche, per l'imposta sul reddito delle persone giuridiche e per l'imposta locale sui redditi, limitatamente all'imposta o alla quota proporzionale di imposta imputabile ai redditi immobiliari, compresi quelli di natura fondiaria non determinabili catastalmente, fossero privilegiati sopra tutti gli immobili del contribuente situati nel territorio del comune in cui il tributo si riscuote e sopra i frutti, i fitti e le pigioni degli stessi immobili, senza pregiudizio dei mezzi speciali di esecuzione autorizzati dalla legge.

Il privilegio suddetto era limitato alle imposte iscritte nei ruoli resi esecutivi nell'anno in cui il concessionario del servizio di riscossione procede o interviene nell'esecuzione e nell'anno precedente.

Qualora l'accertamento del reddito iscritto a ruolo fosse stato determinato sinteticamente ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, la ripartizione proporzionale dell'imposta sopra richiamata veniva effettuata sulla base dei redditi iscritti o iscrivibili ai fini dell'imposta locale sui redditi.

 

Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa (A.S. 2814), la ratio di tale soppressione sarebbe da rinvenire nella inadeguatezza dell'articolo 2771, nella sua attuale formulazione, a tutelare i crediti dello Stato attraverso il riconoscimento del diritto di preferenza.

 

La norma, prosegue la relazione, ben si prestava al raggiungimento di tale finalità in un'epoca, in cui i redditi fondiari o comunque rivenienti da immobili costituivano la fonte quantitativamente più importante di entrate per i soggetti d'imposta. Oggi, invece, le imposte che colpiscono i redditi immobiliari possono considerarsi residuali rispetto ad altre fattispecie impositive, da cui l'inadeguatezza della norma a garantire efficacemente il soddisfacimento della pretesa erariale. Inoltre, conclude la relazione, anche il fatto che il privilegio previsto dall'articolo 2771 si applichi ai soli immobili situati nel territorio del comune in cui il tributo viene riscosso appare una limitazione anacronistica in una realtà caratterizzata dall'ampiezza della circolazione della ricchezza e dalla mobilità dei capitali d'investimento.

 

Il comma 39 modifica il terzo comma dell'articolo 2776 del codice civile, in tema di collocazione sussidiaria sugli immobili.

 

Si ricorda che l'articolo 2776 del codice civile prevede che alcuni crediti assistiti da privilegio generale sui beni mobili, in caso di esecuzione infruttuosa sugli stessi, sono collocati sussidiariamente sul ricavato della vendita forzata degli immobili, con preferenza rispetto ai credili chirografari, in grado posteriore rispetto ai privilegi immobiliari e alle ipoteche.

A loro volta il concorso di tali crediti è regolato da un ordine di priorità che:

-        vede al primo posto i crediti relativi al trattamento di fine rapporto e alle indennità di cui all'articolo 2118 del codice civile;

-        a seguire i crediti indicati dagli articoli 2751, 2751-bis e 2753;

-        in ultimo grado, i crediti IVA dello Stato per imposte, pene pecuniarie e soprattasse, assistiti dal privilegio generale mobiliare di cui all'articolo 2752, terzo comma.

 

Per effetto della modifica apportata dal comma 39 all'articolo 2776 del codice civile viene attribuito il suddetto privilegio - già previsto in via sussidiaria per i crediti relativi all'imposta sul valore aggiunto - anche ai crediti concernenti le imposte sui redditi ed alle relative sanzioni.

 

Viene precisato, sia al comma 37 sia al comma 39, che le disposizioni si osservano anche per i crediti sorti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto in esame (6 luglio 2011). Tenendo conto di ciò il comma 40 detta disposizioni a tutela delle posizioni soggettive degli altri creditori privilegiati che potrebbero subire un pregiudizio a seguito dell'entrata in vigore delle modifiche al codice civile disposte dai commi precedenti. Gli strumenti giurisdizionali a cui è possibile fare ricorso sono, nell'ordinaria procedura di espropriazione, l'articolo 512 del codice di procedura civile, che definisce l'introduzione e la risoluzione delle controversie insorte in sede distributiva, e, nella procedura fallimentare, l'articolo 98, comma 3, del regio decreto n. 267 del 1942, che regolamenta l'impugnazione dei crediti, facenti capo al concorrente, ammessi al passivo.

 

Si ricorda che l'articolo 512 del codice di procedura civile disciplina la risoluzione delle controversie insorte in sede distributiva. Esso prevede che, se in sede di distribuzione, sorge controversia tra i creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all'espropriazione, circa la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, il giudice dell'esecuzione, sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti, provvede con ordinanza, impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'articolo 617, secondo comma.

Il giudice può, anche con l'ordinanza di cui al primo comma, sospendere, in tutto o in parte, la distribuzione della somma ricavata.

 

L'articolo 98 del regio decreto n. 267 del 1942 stabilisce che contro il decreto che rende esecutivo lo stato passivo può essere proposta opposizione, impugnazione dei crediti ammessi o revocazione.

Con l'opposizione il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la propria domanda sia stata accolta in parte o sia stata respinta; l'opposizione è proposta nei confronti del curatore.


 

Articolo 23, comma 41
(Spesometro - Obbligo di comunicazione all'agenzia delle entrate
da parte degli istituti finanziari emittenti di carte di credito delle operazioni rilevanti ai fini IVA)

 

 

Il comma 41 dell'articolo 23 modifica le norme (recate dall’articolo 21 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78e recentemente novellate dall’articolo 7, comma 2, lettera o) del decreto-legge n. 70 del 2011[177]) concernenti l'obbligo di comunicazione telematica all’Amministrazione finanziaria delle operazioni rilevanti a fini IVA di importo non inferiore a 3.000 euro (cd. “spesometro”).

Il D.L. 70/2011 ha escluso dal predetto obbligo di comunicazione le operazioni effettuate nei confronti di contribuenti non soggetti passivi, in tutti i casi in cui il pagamento dei corrispettivi avvenga mediante carte di credito, di debito o prepagate emesse da operatori finanziari obbligati alla comunicazione dei rapporti e delle operazioni con la clientela all’Anagrafe tributaria (ai sensi dell’art. 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605).

 

Per effetto delle modifiche in commento – che aggiungono il comma 1-ter all’articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010 – si stabilisce che gli operatori finanziari che emettono carte di credito, di debito o prepagate e che sono soggetti ai predetti obblighi di comunicazione all’Anagrafe Tributaria devono altresì comunicare all’Agenzia delle entrate le operazioni effettuate nei confronti di contribuenti non soggetti passivi IVA, in relazione alle quali il pagamento dei corrispettivi sia avvenuto mediante carte di credito, di debito o prepagate emesse dagli operatori finanziari stessi.

Si demanda a un provvedimento direttoriale dell’Agenzia delle Entrate l’individuazione di termini e modalità di tale comunicazione.


 

Articolo 23, comma 42
(Noleggio autoveicoli)

 

 

Il comma 42 dell'articolo 23, per i soggetti che esercitano attività di locazione di veicoli senza conducente, al fine di semplificare i relativi adempimenti, sopprime l'obbligo di rilascio della ricevuta fiscale e prevede l'emissione della fattura ai sensi dell’articolo 21 del D.P.R. n. 633/72, (analogamente a quanto avveniva fino al 1992).

 

Si prevede che nella fattura emessa dopo il pagamento debbano essere indicati gli estremi identificativi del contratto di noleggio a cui fa riferimento. Si stabilisce, inoltre, che la fattura deve essere consegnata al cliente (e non inviata al domicilio) qualora l'autovettura sia riportata direttamente ad un punto noleggio dell'azienda in grado di emettere il documento.


 

Articolo 23, comma 43
(Imprenditori agricoli in crisi)

 

 

Il comma 43 dell'articolo 23, in attesa di una revisione complessiva della disciplina dell’imprenditore agricolo in crisi, consente agli imprenditori agricoli in stato di crisi o di insolvenza di accedere agli accordi di ristrutturazione dei debiti ed alla transazione fiscale di cui agli articoli 182-bis e 182-ter del regio decreto n. 267 del 1942 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa).

 

L'articolo 182-bis del regio decreto n. 267 del 1942 disciplina gli accordi di ristrutturazione dei debiti. In sintesi, la norma prevede che l'imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione necessaria, l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista in possesso dei necessari requisiti sull'attuabilità dell'accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei.

L'accordo è pubblicato nel registro delle imprese e acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione. Dalla data della pubblicazione e per sessanta giorni i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore. Entro trenta giorni dalla pubblicazione i creditori e ogni altro interessato possono proporre opposizione. Il tribunale, decise le opposizioni, procede all'omologazione in camera di consiglio con decreto motivato.

 

L'articolo 182-ter del regio decreto n. 267 del 1942 disciplina la transazione fiscale. La norma prevede, in sintesi, che il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea; con riguardo all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento. Se il credito tributario o contributivo è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie; se il credito tributario o contributivo ha natura chirografaria, il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari ovvero, nel caso di suddivisione in classi, dei creditori rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole.


 

Articolo 23, commi 44 e 45
(Sospensioni versamenti tributi e contributivi
e zona franca urbana a Lampedusa)

 

 

In considerazione del permanere dello stato di crisi nell’isola di Lampedusa in relazione all’afflusso di cittadini provenienti dai Paesi del Nord Africa, il comma 44 differisce il termine - dal 16 dicembre 2011 al 30 giugno 2012 - previsto dall’art. 3 dell’OPCM 3497/2011 - relativo alla sospensione dei versamenti tributari, nonché dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, compresa la quota a carico dei lavoratori dipendenti nonché di quelli con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, per i datori di lavoro privati ed i lavoratori autonomi, anche del settore agricolo, operanti nel territorio dell'isola di Lampedusa alla data della dichiarazione dello stato di emergenza.

 

Si ricorda che lo stato di emergenza nell’isola di Lampedusa è stato dichiarato con DPCM del 12 febbraio 2011.La precedente sospensione, fino al 16 dicembre 2011, dei citati contributi era stata disposta dall’art. 3, comma 2, della citata OPCM 3947/2011. Il comma 3 aveva altresì sospeso, sempre fino al 16 dicembre 2011, i termini relativi agli adempimenti ed ai versamenti tributari nei confronti delle persone fisiche, anche in qualità di sostituti d'imposta, che, alla data del 12 febbraio 2011, avevano il domicilio fiscale nel comune di Lampedusa. Il comma 4 aveva, infine, previsto l’applicabilità del comma 3 anche nei confronti dei soggetti diversi dalle persone fisiche, compresi i sostituti d'imposta, aventi il domicilio fiscale o la sede operativa nel comune Lampedusa.

 

Il comma 45 stabilisce che il territorio del comune di Lampedusa costituisce zona franca urbana ai sensi dell’art. 1, commi da 340 a 343, della legge n. 296/2006.

L'efficacia della disposizione è tuttavia subordinata alla preventiva autorizzazione da parte dell'UE al fine di assicurarne l’effettiva compatibilità comunitaria.

 

La relazione tecnica (A.S. 2814) precisa che tale norma permetterà alle piccole e micro imprese di usufruire di alcune agevolazioni fiscali quali l’esenzione, per i primi cinque anni, dalle imposte sui redditi, dall’imposta regionale sulle attività agricole e dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro.

 

Si ricorda, infatti, che i citati commi 340-343 dell’art. 1 della legge n. 296/2006 - da ultimo modificati dall'art. 9, comma 4, del decreto legge n. 194/2009 - hanno istituito le zone franche urbane con un numero di abitanti non superiore a 30.000 abitanti, al fine di contrastare i fenomeni di degrado urbano e sociale. Viene previsto che le piccole e microimprese, che iniziano, nel periodo compreso tra il 1/1/2008 e il 31/12/2012, una nuova attività economica nelle zone franche urbane, possono fruire di una serie di agevolazioni per i primi 5 periodi di imposta, quali: l’esenzione dalle imposte sui redditi; l’esenzione dall’imposta regionale sulle attività produttive; l’esenzione dell'ICI per i soli immobili siti nelle zone franche posseduti dalle stesse imprese ed utilizzati per l’esercizio delle nuove attività economiche; l’esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente a determinate condizioni. Sono, in ogni caso, escluse dal regime agevolativo alcune tipologie di imprese (costruzione di automobili, costruzione navale, fabbricazione di fibre tessili artificiali/sintetiche, siderurgia e trasporto su strada). Il comma 341-bis ha anche previsto che le piccole e le micro imprese che hanno avviato la propria attività in una zona franca urbana antecedentemente al 1° gennaio 2008 possono fruire delle agevolazioni previste, nel rispetto del citato regolamento (CE) n. 1998/2006.

Da ultimo il CIPE, con delibere n. 5/2008 (Criteri e indicatori per l'individuazione e la delimitazione delle zone franche urbane) e n. 14/2009 (Selezione e perimetrazione delle zone franche urbane e ripartizione delle risorse) ha provveduto a definire i criteri per l'individuazione e la delimitazione delle zone franche urbane.


 

Articolo 23, comma 46
(Nuova finalità 5 per mille (beni paesaggistici))

 

 

Il comma 46 dell'articolo 23 consente al contribuente di destinare, a decorrere dall'anno finanziario 2012, la quota del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche anche al finanziamento delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici.

La disposizione rimanda ad un successivo decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, al fine di individuare:

§      le modalità di richiesta;

§      le liste dei soggetti ammessi al riparto;

§      le modalità di riparto delle somme.

 

Si ricorda che la possibilità di destinare una quota pari al 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche in favore di enti che svolgono attività socialmente rilevanti in base alla scelta del contribuente è stata inizialmente prevista, a titolo sperimentale, dai commi 337-340 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006) e successivamente riproposta di anno in anno.

Da ultimo con il comma 4-novies dell'articolo 2 del decreto legge n. 40 del 2010[178] è stato disposto che per l’anno finanziario 2010, con riferimento alle dichiarazioni dei redditi relative al periodo d’imposta 2009, sulla base dei criteri e delle modalità di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 20 gennaio 2006, fermo quanto già dovuto dai contribuenti a titolo di imposta sul reddito delle persone fisiche, una quota pari al cinque per mille dell’imposta stessa è destinata in base alla scelta del contribuente alle seguenti finalità:

-        sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all’ articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali previsti dall’ articolo 7 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, e delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’ articolo 10, comma 1, lettera a), del citato decreto legislativo n. 460 del 1997;

-        finanziamento della ricerca scientifica e dell’università;

-        finanziamento della ricerca sanitaria;

-        sostegno delle attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente;

-        sostegno delle associazioni sportive dilettantistiche, riconosciute ai fini sportivi dal Comitato olimpico nazionale italiano a norma di legge, che svolgono una rilevante attività di interesse sociale.

 

La clausola "di natura non regolamentare" riferita all'emanando decreto è volta, nella sostanza, a escludere l'applicazione dell'art. 17, comma 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400[179], che reca la procedura per l'approvazione dei regolamenti (prevedendo fra l'altro il parere del Consiglio di Stato) e, qualora il contenuto del decreto abbia natura normativa, si configura come tacita deroga alla legge n. 400.


 

Articolo 23, comma 47
(Regime fiscale ammortamento beni materiali e immateriali)

 

 

Il comma 47 dell'articolo 23, in attesa della riforma del sistema fiscale (come esplicitamente previsto dalla norma stessa), affida a un regolamento il compito di apportare modifiche al regime fiscale degli ammortamenti dei beni materiali e immateriali, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2012.

 

L’ammortamento è la procedura che consente la ripartizione in più anni, ai fini fiscali, del costo sostenuto per l’acquisto di beni ad utilità pluriennale. La legge (e in particolare il Testo Unico delle imposte sui redditi - TUIR) stabilisce le modalità di calcolo delle quote che possono essere dedotte dal reddito a titolo di ammortamento dei beni, secondo regole che variano secondo la natura dei beni considerati.

Per quanto concerne l’ammortamento dei beni materiali, il decreto del Ministero delle finanze del 31 dicembre 1988 ha individuato i coefficienti di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali impiegati nell'esercizio di attività commerciali, arti e professioni.

L'articolo 6 del decreto legge n. 78 del 2009 ha poi previsto una revisione di detti coefficienti che si sarebbe dovuta concludere entro il 31 dicembre 2009, per tenere conto della mutata incidenza sui processi produttivi dei beni a più avanzata tecnologia o che producono risparmio energetico, compensando tale revisione con diversi coefficienti per i beni industrialmente meno strategici.

 

Più in dettaglio, la norma in esame stabilisce che la modifica del regime degli ammortamenti sia affidata a un regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988.

 

I predetti regolamenti (cd. regolamenti di delegificazione) sono emanati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia: essi disciplinano quelle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi ordinarie della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.

 

Tale revisione deve effettuarsi sulla base di criteri di sostanziale semplificazione, e prevede l’individuazione di:

§      attività ammortizzabili individualmente, in base alla vita utile e a quote costanti;

§      attività ammortizzabili cumulativamente, con aliquota unica di ammortamento.

 

Secondo quanto riportato nella relazione tecnica (A.S. 2814), la revisione della tabella dei coefficienti di ammortamento dei beni materiali ed immateriali dovrebbe essere effettuata secondo lo schema del pooling, ovvero prevedendo l’individuazione di macro-categorie di beni cui applicare un unico coefficiente di ammortamento.

La revisione si proporrebbe pertanto di ridurre il numero dei coefficienti di ammortamento attualmente vigente, attraverso l’aggregazione dei beni in gruppi definiti pool, aventi la caratteristica di contenere beni di natura omogenea. I nuovi coefficienti saranno applicati sia ai beni di nuova acquisizione, sia allo stock dei beni già posseduti e parzialmente ammortizzati.

 

Si segnala, in materia, quanto previsto dalla proposta di direttiva della Commissione europea COM(2011)121 definitiva del 16 marzo 2011 relativa a una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società, già sottoposta all’esame delle competenti Commissioni parlamentari. Nella seduta del 25 maggio 2011 la Commissione VI Finanze della Camera ha approvato il documento finale relativo alla predetta proposta.

Al considerando n. 14 la proposta rileva che le attività materiali e immateriali di lunga durata dovrebbero essere ammortizzate singolarmente, mentre le altre dovrebbero confluire in un paniere. Il raggruppamento delle attività immobilizzate in un paniere semplificherebbe infatti le procedure sia per le autorità tributarie che per i contribuenti, in quanto si eviterebbe di dover stilare e aggiornare un elenco contenente ogni tipo di attività immobilizzata e la sua vita utile.

L’articolo 36 della proposta prevede che le attività cd. “di lunga durata” siano ammortizzate individualmente lungo la loro vita utile e secondo il metodo delle quote costanti. Tra di esse rientrano gli edifici e le attività immateriali (nel periodo in cui beneficiano di protezione giuridica o per le quali il diritto d'uso è concesso in concessione).

L’articolo 40 della proposta esclude dagli ammortamenti i beni materiali immobilizzati non soggetti a deterioramento fisico e obsolescenza (terreni, oggetti d'arte, pezzi d'antiquariato o gioielli) e le attività finanziarie.

Tutte le attività diverse da quelle “di lunga durata” e da quelle non ammortizzabili verrebbero (articolo 39) ammortizzate insieme in un paniere di attività, ad un tasso percentuale (25%) del valore ammortizzabile.

 

Si segnala che specifiche disposizioni in materia di ammortamento finanziario dei beni gratuitamente devolvibili alla scadenza di una concessione sono contenute nell’articolo 23, commi 10 e 11 del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia.


 

Articolo 23, commi 48-50
(Indicazione codice fiscale in atti di organi giurisdizionali)

 

 

I commi da 48 a 50 dell'articolo 23 recano disposizioni finalizzate ad introdurre l'obbligo di indicazione del codice fiscale negli atti degli organi giurisdizionali e in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, con riferimento sia alle parti sia ai rappresentanti in giudizio.

 

Più in dettaglio il comma 48 novella l’articolo 6, primo comma, del D.P.R. n. 605 del 1973 (Disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti), in cui sono elencati gli atti in cui è obbligatorio indicare il numero di codice fiscale. È resa obbligatoria l'indicazione del codice fiscale per le richieste di registrazione degli atti da registrare in termine fisso o in caso d'uso relativamente ai soggetti destinatari degli effetti giuridici immediati dell'atto nonché, per gli atti degli organi giurisdizionali, anche relativamente ai difensori. In base al testo previgente l'indicazione del codice fiscale era invece esclusa per gli atti degli organi giurisdizionali.

 

Il comma 49 modifica il primo comma dell’articolo 11 del D.P.R. n. 131 del 1986 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro) estendendo anche agli atti degli organi giurisdizionali l'obbligo di registrazione in duplice esemplare su appositi stampati conformi al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze.

 

Il comma 50, infine, stabilisce che in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l’azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa, devono essere indicati:

§      le generalità complete della parte;

§      la residenza o sede;

§      il domicilio eletto presso il difensore;

§      il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio.


 

Articolo 23, commi 50-bis e 50-ter
(Regime fiscale di bonus e stock options percepiti dagli operatori del settore finanziario)

 

 

I commi 50-bis e 50-ter dell’articolo 23, inseriti durante l’esame del provvedimento al Senato, modificano la disciplina fiscale delle cd. stock options e dei bonus corrisposti a dirigenti e collaboratori di imprese operanti nel settore finanziario, mediante l’aumento della quota di reddito imponibile colpita dall’addizionale nella misura del 10 per cento.

 

Le stock options sono opzioni call, ovvero strumenti finanziari derivati che conferiscono al possessore il diritto - ma non l’obbligo - di acquistare azioni di una società quotata ad un determinato prezzo d'esercizio (strike price).

Esse sono conferite gratuitamente ai dipendenti (solitamente ai manager): i dipendenti non pagano alcun prezzo d'acquisto; l'opzione perde ogni valore dopo la scadenza e, dunque, prima della scadenza viene esercitata ove ciò sia conveniente, ovvero se il prezzo d'esercizio (strike price) è inferiore al valore di mercato cui è quotata l'azione sottostante.

In relazione al loro trattamento fiscale, la legge ne prevedeva inizialmente un regime agevolato (disciplinato dall’articolo 51, comma 2, lettera g-bis) del Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR, D.P.R. n. 917 del 1986) consistente nell’esclusione da imposizione, in capo al lavoratore dipendente, del reddito in natura derivante dalla assegnazione di azioni della società con la quale il lavoratore intratteneva il rapporto di lavoro o di altra società del gruppo. In seguito l’articolo 82, comma 23, del D.L. n. 112 del 2008 ha abolito il suddetto regime agevolato; a seguito di tali modifiche, la differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione del diritto di opzione e l’ammontare corrisposto dal dipendente concorre sempre a formare il reddito imponibile da lavoro dipendente.

 

Nel dettaglio, le norme in commento aggiungono il comma 2-bis all’articolo 33 del D.L. 78 del 2010.

L’articolo 33 del D.L. n. 78/2010, oggetto di modifica con le disposizioni in commento, ha introdotto un’addizionale del 10 per cento che incide sui compensi corrisposti sotto forma di bonus e stock options eccedenti il triplo della parte fissa della retribuzione, nei confronti di dirigenti e collaboratori operanti nel settore finanziario.

Ai fini dell'applicazione dell'addizionale, è necessario che i compensi in parola siano attribuiti ai seguenti soggetti operanti nel settore finanziario:

-        dipendenti che rivestono la qualifica di dirigenti;

-        titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.

L’addizionale è disciplinata dalle ordinarie disposizioni in materia di imposte sul reddito relative ad accertamento, riscossione, sanzioni e contenzioso, ed è trattenuta dal sostituto d’imposta al momento di erogazione degli emolumenti.

 

Per effetto delle modifiche operate dalle norme in esame (combinato disposto dei commi 50-bis e 50-ter), per i bonus e le stock optionspercepiti a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, l’addizionale del 10 per cento si applica sull’ammontare che eccede la parte fissa della retribuzione (in luogo dell’ammontare che eccede il triplo della parte fissa della retribuzione).


 

Articolo 23, comma 50-quater
(Aliquote di accisa su benzina e gasolio)

 

 

Il comma 50-quater dell’articolo 23, inserito durante l’esame del provvedimento al Senato, conferma dal 1° gennaio 2012 gli aumenti delle aliquote di accisa sui carburanti disposte dalla determinazione del Direttore dell’Agenzia delle Dogane n. 77579 del 28 giugno 2011.

 

Tale determinazione,pubblicata sul sito internet dell’Agenzia il 28 giugno 2011 ha modificato le aliquote di accisa dei suddetti prodotti energetici con le cadenze temporali esposte nella seguente tabella (i valori sono espressi in euro per mille litridi prodotto):

 

 

28 giugno 2011-
30 giugno 2011

1° luglio 2011-
31 dicembre 2011

Benzina e benzina con piombo

611,30

613,20

Gasolio carburazione

470,30

472,20

 

Ai sensi delle disposizioni in commento (tramite rinvio all’articolo 1, comma 4, terzo periodo del D.L. 34 del 2011), non operano le norme che limitano gli effetti dell’aumento dell'accisa rispetto alle eventuali forme di imposizione regionale vigenti :(nel dettaglio, quelle contenute nell’articolo 1, comma 154, secondo periodo, della legge n. 662 del 1996).

In sostanza, l’aumento dell’aliquota dell’accisa sulla benzina si somma all’imposta regionale sulla benzina eventualmente vigente nelle regioni a statuto ordinario.

 

Sono altresì confermate le disposizioni di favore nei confronti di alcuni soggetti esercenti l’attività di trasporto.

Viene disposto il rimborso del maggior onere derivante dagli aumenti di accisa nei confronti di:

§       soggetti esercenti le attività di trasporto merci (articolo 5, comma 1 del decreto-legge n. 452 del 2001) con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate;

§       enti pubblici e imprese pubbliche locali esercenti l'attività di trasporto pubblico locale;

§       imprese esercenti autoservizi di competenza statale, regionale e locale;

§       enti pubblici e imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico per trasporto di persone.


 

Articolo 24, commi 1-7
(Liquidazione automatica dell’imposta unica
sulle scommesse e sui giochi a distanza)

 

 

I commi da 1 a 7 introducono la liquidazione automatica dell’imposta unica dovuta sulle scommesse e sui giochi a distanza.

 

In particolare il comma 1 stabilisce che l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS), avvalendosi di procedure automatizzate, proceda:

§      alla liquidazione dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse,di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504,e dei relativi interessi e sanzioni;

§      al controllo della tempestività e della rispondenza in relazione ai versamenti effettuati dai concessionari abilitati alla raccolta dei giochi sulla base delle informazioni contenute della banca dati del Ministero dell’economia e delle finanze, prevista dall’articolo 2 del D.P.R. n. 66 del 2002 (Regolamento per la semplificazione degli adempimenti relativi all'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse)

 

In caso di omissioni o di carenze nei versamenti dovuti, l'esito del controllo automatizzato, per evitare la reiterazione degli errori, viene comunicato al concessionario (comma 2), che può, a sua volta, fornire i chiarimenti necessari all'ufficio dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato; quest'ultima, in caso sussista pericolo per la riscossione, provvede al controllo della tempestiva effettuazione dei versamenti dell'imposta unica (comma 3).

 

In mancanza di versamento, le somme che risultano dovute a titolo d'imposta unica, nonché di interessi e di sanzioni per ritardato od omesso versamento, sono iscritte direttamente nei ruoli resi esecutivi a titolo definitivo (comma 4).

Le cartelle di pagamento recanti i ruoli devono essere notificate, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello per il quale sia dovuta l’imposta unica (comma 6). È altresì previsto che in mancanza di pagamento delle cartelle esattoriali entro i termini di scadenza, l’AAMS possa procedere alla riscossione delle somme dovute anche tramite escussione delle garanzie presentate dal concessionario con la convenzione di concessione; in tal caso l’Amministrazione dovrà comunicare l’importo del credito per imposta, sanzioni ed interessi estinto tramite escussione delle garanzie ad Equitalia, affinché quest'ultima possa procedere a riscuotere coattivamente l’eventuale credito residuo.

L'iscrizione a ruolo non è eseguita se il concessionario provvede a pagare le somme dovute entro trenta giorni dalla comunicazione definitiva o derivante dal controllo automatizzato (comma 5).

Le disposizioni sulla rateazione delle somme dovute di cui all'articolo 3-bis del decreto legislativo n. 462 del 1997 (Unificazione ai fini fiscali e contributivi delle procedure di liquidazione, riscossione e accertamento), si applicano alle somme dovute a norma del presente articolo; le garanzie previste dallo stesso articolo non sono invece applicabili qualora si verifichi che la fideiussione già presentata dal soggetto passivo di imposta a garanzia degli adempimenti dell'imposta unica sia di importo superiore alla somma da rateizzare (comma 7).


 

Articolo 24, commi 8-16
(Competenze in materia di giochi)

 

 

I commi da 8 ad 11 dell'articolo in titolo concernono le competenze di accertamento in materia di giochi pubblici.

Analogamente alla disciplina che definisce i compiti dell'Agenzia delle entrate in materia di accertamenti sulle imposte sui redditi ed IVA – si prevede che le competenze in materia di rettifica e accertamento delle basi imponibili e delle imposte rilevanti ai fini dei singoli giochi spettino agli uffici dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS), anche sulla base di accertamenti constatati dalla Guardia di Finanza o da altri organi di Polizia (comma 8).

 

Gli avvisi relativi a rettifiche e accertamenti in materia di giochi pubblici con vincita in denaro devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello per il quale è dovuta l’imposta; in caso di violazioni tributarie e amministrative, si rinvia ai termini di decadenza e prescrizione previsti dall'articolo 20 del decreto legislativo n. 472 del 1997, nonché dall'articolo 28 della legge n. 689 del 1981 (comma 9).

Il richiamato articolo 20 stabilisce che l'atto di contestazione ovvero l'atto di irrogazione, devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto per l'accertamento dei singoli tributi. Qualora la notificazione è stata eseguita nei termini previsti dal comma 1 ad almeno uno degli autori dell'infrazione o dei soggetti obbligati in solido, il termine è prorogato di un anno. Il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni. L'impugnazione del provvedimento di irrogazione interrompe la prescrizione, che non corre fino alla definizione del procedimento.

 

Nei casi di scommesse non affluite al totalizzatore nazionale o nei casi di sottrazione di base imponibile all'imposta unica, l’Amministrazione dei monopoli di Stato determina l'imposta dovuta anche in modo autonomo mediante metodologie induttive (“elementi documentali comunque reperiti”). In caso di mancata collaborazione da parte del contribuente ai fini della determinazione dell’imposta unica si applica l’aliquota massima prevista per ciascuna tipologia di scommessa (comma 10).

Il contribuente cui sia stato notificato avviso di accertamento o di rettifica di presentare istanza di accertamento con adesione in carta libera, prima dell'impugnazione dell'atto innanzi la commissione tributaria provinciale (comma 11).

Il comma 12, allo scopo di uniformare alle vigenti proceduredi riscossione previste in materia di imposte sui redditi ed IVA quelle in materia di giochi, disciplina l'iscrizione nei ruoli in base ad accertamenti non definitivi. In particolare prevede che, anche in materia di imposta di giochi pubblici con o senza vincita in denaro, in conseguenza di accertamenti non ancora definitivi, gli ammontari dei tributi corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati siano iscrivibili a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la notifica dell'atto di accertamento, nella misura del 50 per cento.

 

I commi da 13 a 16 dell'articolo 24 dispongono in ordine alle attribuzioni degli uffici dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS)in materia di controllo e di accertamento, prevedendo per essi - in ragione della loro capacità di valutare, con immediatezza, l'entità della violazione - anche la possibilità di irrogare sanzioni tributarie ed amministrative.

In particolare si prevede che gli uffici rilevano le eventuali violazioni, occultamenti di base imponibile od omessi versamenti d’imposta e provvedono all’accertamento e alla liquidazione delle imposte o maggiori imposte dovute, vigilando altresì sull'osservanza degli obblighi previsti dalla legge (comma 13).

Si tratta, anche in questo caso, di una estensione all’AAMS relativamente alla materia del gioco pubblico delle disposizioni già vigenti per l’Agenzia delle entrate relativamente alle imposte sui redditi e all’IVA.

 

Per le attività riferibili agli uffici periferici il comma 14 attribuisce la competenza all’ufficio nella cui circoscrizione risulta il domicilio fiscale del soggetto alla data in cui è stata commessa la violazione o è stato compiuto l’atto illegittimo.

 

Gli appartenenti all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS), nell’esercizio dei poteri conferiti dalla legge assumono la qualità di agenti di polizia tributaria (comma 15).

 

I suddetti compiti sono svolti dall'AAMS con le risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente (comma 16).


 

Articolo 24, commi 17 e 18
(Determinazione del prelievo unico erariale)

 

 

I commi 17 e 18 dettano norme per la determinazione forfetaria del prelievo erariale unico (PREU)[180].

 

In particolare il comma 17 prevede che, nelle ipotesi in cui non sia leggibile il contatore degli apparecchi da divertimento, in quanto i dati non siano stati memorizzati, non siano leggibili, risultino memorizzati in modo non corretto o siano stati alterati, l'importo forfetario giornaliero, previsto dall’articolo 39-quater, comma 3, secondo periodo, del D.L. n. 269 del 2003, e definito con decreto direttoriale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sia raddoppiato.

L’importo forfetario giornaliero è attualmente determinato in 280 euro per apparecchio (decreto D.G. AAMS 29 maggio 2006).

 

Il successivo comma 18, novellando l’articolo 39-quinquies del D.L. n. 269 del 2003, provvede a raddoppiare le sanzioni previste per gli apparecchi che erogano vincite in denaro privi del necessario nulla osta e nelle ipotesi di apparecchi e congegni muniti del nulla osta il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo. Tali sanzioni – attualmente indicate in un importo variabile dal 120 al 240 per cento del PREU dovuto, con un minimo di 1.000 euro - vengono elevate ad un importo che va dal 240 al 480 per cento dell'ammontare del PREU dovuto, con un importo minimo di 5.000 euro.


 

Articolo 24, commi 19-23
(Divieto di gioco per minori)

 

 

I commi da 19 a 23 stabiliscono norme per il divieto di gioco per i minori.

 

Il comma 19 - per esigenze di coordinamento con la nuova disciplina proposta - dispone l'abrogazione parziale (secondo, terzo e quarto comma) dell'articolo 1, comma 70, della legge di stabilità 2011 (legge 13 dicembre 2010, n. 220) e dei commi 8, 8-bis e 9-ter (limitatamente al primo periodo) del Regio Decreto n. 773 del 1931 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza - TULPS), commi che dettano misure di contrasto al gioco da parte dei minori ed allo sviluppo delle ludopatie

Ilrichiamato articolo 1, comma 70, della legge di stabilità 2011 prevede, al primo periodo, la stipula di un’intesa in sede di Conferenza unificata per la prevenzione, il contrasto ed il recupero della ludopatia conseguente a gioco compulsivo.

Ai sensi dei successivi periodi (dei quali viene ora disposta l’abrogazione) è comunque vietato consentire la partecipazione ai giochi pubblici con vincita in denaro ai minori di anni 18. Il titolare dell'esercizio commerciale, del locale o del punto di offerta del gioco che consente la partecipazione ai giochi pubblici a minori di anni diciotto è punito con la sanzione amministrativa da 500 a 1.000 euro e con la chiusura dell'esercizio fino a 15 giorni.

Le disposizioni dell’articolo 110 del TULPS, che vengono abrogate, stabiliscono che:

-        l'utilizzo degli apparecchi e dei congegni da gioco è vietato ai minori di anni 18 (co. 8);

-        chiunque, gestendo apparecchi da gioco, ne consente l'uso in violazione del divieto posto dal comma 8 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro e con la chiusura dell'esercizio per un periodo non superiore a quindici giorni (co. 8-bis);

-        per la violazione del divieto di cui al comma 8 il rapporto è presentato al prefetto territorialmente competente in relazione al luogo in cui è stata commessa la violazione (art. 9-tre, primo periodo).

 

Il comma 20 esplicita il divieto di partecipazione dei minori di anni diciotto ai giochi pubblici che prevedano vincite in denaro.

 

Il successivo comma 21 dispone un inasprimento delle sanzioni già previste in materia dalla legge di stabilità (comma 70). In particolare il titolare dell'esercizio commerciale, del locale o del punto di offerta del gioco che consente la partecipazione ai giochi pubblici a minori di anni diciotto è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 20.000 euro (precedentemente da 500 a 1.000 euro), nonché con la chiusura dell'esercizio da dieci fino a trenta giorni (prima fino quindici giorni).

Per i soggetti che nel corso di un triennio commettono tre violazioni, anche non continuative, del presente comma è disposta la revoca di qualunque autorizzazione o concessione amministrativa.

Si prevede l’obbligo per il titolare dell’esercizio commerciale, del locale o, comunque, del punto di offerta del gioco, all’interno dei predetti esercizi, di identificare i giocatori mediante richiesta di esibizione di un idoneo documento di riconoscimento.

Le sanzioni sono applicate dall'ufficio territoriale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato competente in relazione al luogo e in ragione dell'accertamento eseguito.

Per le cause di opposizione ai provvedimenti emessi dall’ufficio territoriale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato è competente il giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio che ha emesso i provvedimenti stessi.

Una analoga disposizione è presente all’ultimo periodo del comma 9-ter, dell’articolo 110 del TULPS che stabilisce che per le cause di opposizione all'ordinanza-ingiunzione emessa per le violazioni di cui al comma 9 è competente il giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato che ha emesso l'ordinanza-ingiunzione.

Ai sensi del comma 22, nei casi in cui la violazione del divieto indicato al comma 20 (minori di anni 18) riguardi l'utilizzo degli apparecchi e dei congegni da gioco di cui al comma 6 dell’articolo 110 del TULPS,i concessionari per la gestione della rete telematica non possono intrattenere, neanche indirettamente, rapporti contrattuali funzionali all'esercizio delle attività di gioco con il trasgressore; qualora il titolare dell'esercizio sia una società, associazione o, comunque, un ente collettivo, le disposizioni si applicano alla società, associazione o all’ente e il rappresentante legale è obbligato in solido al pagamento delle sanzioni.

 

Il comma 23, da ultimo, prevede l'avvio in via sperimentale, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze e dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, di procedure di analisi e verifica dei comportamenti di gioco finalizzati alla introduzione di misure di prevenzione dei fenomeni ludopatici.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 70, primo periodo della legge di stabilità 2011, prevede l’emanazione di un decreto interdirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e del Ministero della salute per l’adozione, d'intesa con la Conferenza unificata, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa, di linee d'azione per la prevenzione, il contrasto e il recupero di fenomeni di ludopatia conseguente a gioco compulsivo.


 

Articolo 24, commi 24-27
(Requisiti per le società partecipanti a gare nel settore dei giochi)

 

 

I commi da 24 a 27 dell'articolo in titolo disciplinano i requisiti per la partecipazione a gare e per il rilascio di concessioni in materia di giochi.

 

In particolare il comma 24, novellandol'articolo 2 del D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 (Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia) estende l’ambito dei soggetti nei cui confronti devono essere effettuati gli accertamenti antimafia anche con riferimento alla materia dei giochi pubblici.

 

Il comma 25 non consente la partecipazione a gare né il rilascio o rinnovo di concessioni in materia di giochi pubblici al soggetto il cui titolare o il rappresentante legale risulti condannato anche con sentenza non definitiva, ovvero imputato o indagato per reati di associazione a delinquere (art. 416 c.p.), mafia (art. 416-bis c.p.), ricettazione (art. 648 c.p.), riciclaggio (art. 648-bis c.p.) o impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.) ovvero, se commesso all’estero, per un delitto di criminalità organizzata o di riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite.

Il medesimo divieto si applica anche al soggetto partecipato in misura superiore al 2 per cento del capitale o patrimonio da persone fisiche condannate, imputate o indagate, per uno dei predetti delitti.

 

A tal fine il comma 26 stabilisce che i soggetti, costituiti in forma di società di capitali, che partecipano a gare o a procedure ad evidenza pubblica nel settore dei giochi pubblici, devono dichiarare il nominativo dei soggetti che detengono una partecipazione superiore al 2 per cento; in caso di dichiarazione mendace è disposta l’esclusione dalla gara in qualsiasi momento della procedura. Per le concessioni in corso tale dichiarazione è richiesta in sede di rinnovo.

 

Infine il comma 27 dispone l'applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 24 a 26 per le gare indette successivamente all’entrata in vigore del decreto in esame.


 

Articolo 24, commi 28
(Titolarità o conduzione di esercizi con offerta di giochi)

 

 

Il comma 28, analogamente a quanto disposto dai precedenti, stabilisce i requisiti per la conduzione di esercizi di gioco pubblico, escludendo dalla possibilità di essere titolari o conduttori di esercizi commerciali, locali o altri spazi in cui sia offerto gioco pubblico:

§       le persone nei cui confronti sussistano le condizioni ostative di cui all'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575 (Legge antimafia).

Il richiamato articolo 10 stabilisce che le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una misura di prevenzione non possono ottenere:

a)       licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio;

b)       concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l'esercizio di attività imprenditoriali;

c)       concessioni di costruzione, nonché di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici;

d)       iscrizioni negli albi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione e nell'albo nazionale dei costruttori, nei registri della camera di commercio per l'esercizio del commercio all'ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all'ingrosso;

e)       altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati;

f)         contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali.

§       le società o imprese sulle quali penda la sussistenza di elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle informazioni del prefetto di cui all’articolo 10 del D.P.R. n. 252 del 1998 (Norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia).

L’articolo 10, al comma 7 prevede che le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa sono desunte:

a)    dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per taluno dei delitti di cui agli articoli 629, 644, 648-bis, e 648-ter c.p., o dall'articolo 51, comma 3-bis, c.p.p.;

b)    dalla proposta o dal provvedimento di applicazione di taluna delle misure di cui agli articoli 2-bis, 2-ter, 3-bis e 3-quater della legge n. 575 del 1965 ;

c)    dagli accertamenti disposti dal prefetto anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal Ministro dell'interno, ovvero richiesti ai prefetti competenti per quelli da effettuarsi in altra provincia.


 

Articolo 24, commi 29-31
(Obblighi di segnalazioni per operatori finanziari)

 

 

I commi da 29 a 31 dispongono l'obbligo di segnalare iltrasferimento di somme verso operatori di gioco illegali da parte delle società emittenti di carte di credito, degli operatori bancari, finanziari e postali.

 

In particolare il comma 29 - in conformità con quanto stabilito dalle norme sui giochi contenute (commi da 11 a 26) nell'articolo 24 della legge 7 luglio 2009, n. 88 (legge comunitaria 2008) relativo all'adeguamento comunitario di disposizioni tributarie, nonché al fine di contrastare il gioco irregolare ed illegale, l'evasione, l'elusione ed il riciclaggio e di garantire l'ordine pubblico e la tutela - impone alle società emittenti carte di credito, agli operatori bancari, finanziari e postali di segnalare telematicamente all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) i dati identificativi di coloro che dispongono trasferimenti di denaro a favore di operatori di gioco illegali, indicati in apposito elenco predisposto dalla stessa Amministrazione autonoma.

Secondo la norma sono considerati “operatori di gioco illegali” coloro che offrono nel territorio dello Stato, attraverso reti telematiche o di telecomunicazione, giochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro in difetto di concessione, autorizzazione, licenza od altro titolo autorizzatorio o abilitativo o, comunque, in violazione delle norme di legge o di regolamento o delle prescrizioni definite dalla predetta Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

 

Il comma 30 detta le conseguenti misure sanzionatorie (di tipo pecuniario, variabili da 300.000 a 1.300.000 euro) per le società emittenti ed operatori inadempienti, mentre il comma 31 affida ad uno più provvedimenti interdirigenziali del Ministero dell'economia e delle finanze e dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato la definizione delle modalità attuative di tali disposizioni.


 

Articolo 24, commi 32
(Destinazione del 3% spese pubblicità giochi
al finanziamento della carta acquisti)

 

 

Il comma 32 prevede che una quota pari al 3 per cento delle spese annue per la pubblicità dei prodotti di gioco, previste a carico dei concessionari relativamente al gioco del lotto, alle lotterie istantanee ed ai giochi numerici a totalizzatore, venga destinata al rifinanziamento della Carta acquisti prevista dall’articolo 81, comma 32, del D.L. 112/2008[181].

La norma in esame prevede il versamento ad apposito capitolo dell’entrata di bilancio dello Stato a cura dei concessionari e la conseguente riassegnazione alla suddetta carta acquisti, con corrispondente riduzione dell’ammontare che i concessionari devono destinare annualmente alla pubblicità dei prodotti.

 

Il decreto-legge 112/2008 ha disposto l’istituzione di un Fondo di solidarietà per i cittadini meno abbienti per la concessione della Carta acquisti. Successivamente sono stati individuati i titolari del beneficio, l’ammontare del beneficio unitario e le modalità di fruizione dello stesso, prevedendo la stipula di convenzioni tra i ministeri interessati ed il settore privato . La Carta acquisti viene concessa, con onere a carico dello Stato, ai richiedenti residenti con cittadinanza italiana che versano in condizione di maggior disagio economico, ovvero ai cittadini nella fascia di bisogno assoluto di età uguale o superiore ai 65 anni o con bambini di età inferiore ai tre anni. La Carta, utilizzabile per il sostegno della spesa alimentare e sanitaria e per il pagamento delle spese energetiche, vale 40 euro al mese e viene caricata ogni due mesi con 80 euro, sulla base degli stanziamenti disponibili. E’ stato inoltre previsto l'accredito di un importo aggiuntivo mensile (pari a 25 euro) a titolo di concorso alle spese occorrenti per l'acquisto di latte artificiale e pannolini . Le risorse sono state collocate nel Fondo Carta acquisti. In ultimo, è stato disposto l’accredito di un importo aggiuntivo mensile di 10 euro per i titolari della Carta Acquisti che siano utilizzatori, sul territorio nazionale, di gas naturale o GPL . Con il proroga termini 2011, ha preso avvio una sperimentazione, della durata di un anno e con un limite di impegno massimo di risorse fino a 50 milioni di euro, a favore degli enti caritativi operanti nei comuni con più di 250.000 abitanti. Si stima che le risorse ancora disponibili, a normativa vigente e al netto dei 50 milioni di euro destinati alla Carta Acquisti “sperimentale” (Enti caritativi), consentano la prosecuzione del programma Carta Acquisti fino al bimestre settembre-ottobre 2012.


 

Articolo 24, commi 33
(Bingo a distanza)

 

 

Il comma 33 istituisce il Bingo a distanza, con una aliquota di imposta stabilita al 10% delle somme giocate, diversificandolo dal Bingo "di sala".

 

Si ricorda che il comma 11 dell’articolo 24 della legge n. 88 del 2009, al fine di contrastare la diffusione del gioco irregolare ed illegale, sono intervenute sulla materia complessiva dei giochi a distanza (on line), prevedendo l’emanazione di regolamenti atti a disciplinare ex novo o ad ampliare le disposizioni circa l’esercizio e la raccolta a distanza dei seguenti giochi:

a)       scommesse, a quota fissa e a totalizzatore, su eventi, anche simulati; sportivi, inclusi quelli relativi alle corse dei cavalli, nonché su altri eventi;

b)      concorsi a pronostici sportivi e ippici;

c)       giochi di ippica nazionale;

d)       giochi di abilità;

e)       scommesse a quota fissa con interazione diretta tra i giocatori;

f)        bingo;

g)       giochi numerici a totalizzatore nazionale;

h)       lotterie ad estrazione istantanea e differita.

 

Per la definizione degli importi del diritto di partecipazione, del compenso del concessionario, delle modalità di versamento dell’imposta, nonché per l’individuazione della data di decorrenza delle nuove disposizioni la norma rinvia al comma 12 dell’articolo 24 della legge n. 88 del 2009.

Il richiamato comma 12 prevede che la disciplina di tali giochi sia introdotta ovvero adeguata con regolamenti. Nel rispetto della predetta disciplina, con provvedimenti del direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato si provvede alla istituzione di singoli giochi, alla definizione delle condizioni generali di gioco e delle relative regole tecniche, anche d’infrastruttura, della posta unitaria di partecipazione al gioco, anche sotto forma di prezzo di acquisto del titolo di legittimazione alla partecipazione al gioco, nonché della relativa variazione in funzione dell’andamento del gioco, considerato singolarmente ovvero in rapporto ad altri, alla individuazione della misura di aggi, diritti o proventi da corrispondere in caso di organizzazione indiretta del gioco, alla variazione della misura del prelievo, anche per imposte, nell’ambito della misura massima prevista per ciascun gioco ed in funzione del predetto andamento.


 

Articolo 24, commi 34
(Tornei non a distanza di poker sportivo)

 

 

Il comma 34 interviene in materia di regolamentazione del “poker sportivo” prevedendo che, con provvedimento del direttore generale dell'AAMS, siano disciplinati i tornei non a distanza di poker sportivo e siano altresì determinati l'importo massimo della quota di partecipazione al torneo e l’ulteriore partecipazione al torneo una volta esaurita la predetta quota.

L’aliquota d'imposta unica dovuta dal concessionario è stabilita in misura pari al 3 per cento della raccolta.

È altresì prevista l'aggiudicazione, tramite gara da bandire entro il 30 novembre 2011, di concessioni novennali per l’esercizio del poker sportivo, in numero non superiore a 1.000; i punti di esercizio sono aggiudicati ai soggetti che abbiano presentato le offerte economicamente più elevate rispetto ad una base di 100.000 euro.

La ratio dell'intervento, come esplicitato dalla relazione introduttiva (A.S. 2814), si fonda sulla necessità di recuperare alla legalità le migliaia di circoli di poker che già operano nel Paese, garantendo che l'esercizio di tali giochi sia svolto da soggetti affidabili.

 

L’articolo 24 della legge n. 88 del 2009, al comma 27, aveva previsto che, con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze (ex art. 16, co. 1, della legge n. 133/1999), adottato di concerto con il Ministro dell’interno, fossero disciplinati i “tornei non a distanza di poker sportivo”; con il medesimo regolamento sarebbero stati altresì determinati l’importo massimo della quota di modico valore di partecipazione al torneo e le modalità che escludono i fini di lucro e la ulteriore partecipazione al torneo una volta esaurita la predetta quota, nonché l’impossibilità per gli organizzatori di prevedere più tornei nella stessa giornata e nella stessa località.

 

Si ricorda come col termine "poker sportivo" si definisca una particolare forma di gioco del poker, l'unica non definita "d'azzardo", che si svolge in forma di torneo.


 

Articolo 24, commi 35 e 36
(Nuovo affidamento in concessione di videoterminali VLT)

 

 

I commi 35 e 36 dettano norme per regolamentare le procedure selettive di affidamento in concessione della rete telematica degli apparecchi da divertimento ed intrattenimento.

Il comma 35 in particolare stabilisce che entro il 30 settembre 2011 l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) avvii le procedure occorrenti per un nuovo affidamento in concessione della rete per la gestione telematica del gioco lecito prevedendo:

§      l’affidamento della concessione ad operatori di gioco, nazionali e comunitari, di dimostrata qualificazione morale, tecnica ed economica, mediante una selezione aperta basata sull’accertamento dei requisiti da parte dell’AAMS; i soggetti aggiudicatari sono autorizzati all’installazione dei videoterminali (da un minimo del 7 per cento fino a un massimo del 14 per cento del numero di nulla osta, dichiarati in sede di gara, effettivamente acquisiti ed attivati entro sei mesi) a fronte del versamento di euro 15.000 per ciascun terminale VLT (videolotteries);

§      la durata delle autorizzazioni all’installazione dei videoterminali fino al termine delle concessioni.

 

In vista della successiva gara per l’affidamento in concessione degli apparecchi da gioco, il comma 36 prevede l’istituzione di un contributo una tantum nella misura di 100 euro per ogni apparecchio installato a carico dei soggetti aggiudicatari delle relative procedure di gara sugli apparecchi per il gioco lecito che consentono vincite in denaro ex art. 110, co. 6 del T.U.L.P.S., comunemente definiti New Slot o AWP (Amusement with Price).


 

Articolo 24, commi 37 e 38
(Assegnazione di concessioni per l’esercizio di giochi e scommesse su base ippica e sportiva)

 

 

I commi 37 e 38 dispongono in ordine alla procedura di messa a gara di ulteriori punti vendita di giochi in luoghi in cui la pubblici.

 

Il comma 37, in particolare prevede che l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS), entro il 30 ottobre 2011, attui una o più procedure selettive aventi ad oggetto la concessione novennale dei diritti di esercizio e raccolta in rete fisica dei giochi su base ippica e sportiva presso punti di vendita (massimo 7.000 punti) aventi come attività principale o accessoria la commercializzazione di prodotti di gioco pubblici. Potranno partecipare soggetti italiani o di altri Stati dello Spazio economico europeo che, all’entrata in vigore del decreto-legge, sono in possesso dei requisiti di affidabilità già richiesti dalla normativa vigente ai soggetti che hanno conseguito concessioni per l’esercizio e la raccolta di giochi.

 

Le procedure per la realizzazione delle procedure selettive, individuate dal comma 38, devono rispondere a criteri di:

§      aggiudicazione di 5.000 diritti di esercizio e raccolta in rete fisica dei giochi su base ippica e sportiva, in misura non superiore al 25 per cento per ciascun concessionario, la cui base d’asta non può essere inferiore a 25.000 euro per ciascun punto di vendita avente come attività accessoria la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici. In caso di concessione a soggetti già titolari per concessione precedentemente acquisita mediante diritti di esercizio e raccolta in rete fisica di scommesse su base ippica ovvero su base sportiva, l’importo da corrispondere è ridotto del 7% per ogni anno intero mancante alla fine della concessione rispetto a quanto indicato nell’offerta e, all’atto di sottoscrizione della convenzione accessiva alla concessione, sono revocate le concessioni precedentemente detenute dai medesimi soggetti;

§      aggiudicazione di 2.000 diritti di esercizio e raccolta in rete fisica di scommesse su base sportiva ed ippica presso punti di vendita aventi quale attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici, secondo il criterio delle offerte economicamente più elevate rispetto ad una base d’asta non inferiore ad euro 40.000 per ciascun punto di vendita.

 


 

Articolo 24, commi 39 e 40
(Introduzione di forme innovative per il gioco del Lotto e dell’Enalotto)

 

 

I commi 39 e 40 dell'articolo in titolo disciplinano le forme di manutenzione dei giochi del lotto e dei giochi numerici a totalizzatore nazionale.

 

In particolare il comma 39 prevede che l’Amministrazione autonoma del monopoli di Stato (AAMS) con propri provvedimenti stabilisca innovazioni da apportare al gioco del lotto attraverso:

§      la rimodulazione delle sorti del gioco e dei premi delle relative combinazioni;

§      la rimodulazione o sostituzione di giochi opzionali e complementari;

§      l'introduzione di ulteriori forme di gioco anche prevedendo modalità di fruizione distinte da quelle attuali, al fine di ampliare l’offerta di giochi numerici a quota fissa.

 

Il comma 40 prevede invece l’introduzione di innovazioni da apportare ai giochi numerici a totalizzatore nazionale attraverso:

§      un nuovo concorso numerico in ambito europeo con giocata fissa da 2 euro, con destinazione del 50% della raccolta a montepremi, e con destinazione del 38% della raccolta nazionale ad imposta;

§      modifiche al gioco Win for Life,mantenendo un montepremi pari al 65% della raccolta e un imposta pari al 23% della raccolta;

§      l'introduzione, in via definitiva, del concorso speciale del gioco Enalotto (denominato "Si vince tutto superenalotto") per un numero massimo di 12 eventi.

Si ricorda che il montepremi del “SiVinceTutto SuperEnalotto”, diversamente dal “Superenalotto”, è distribuito interamente ai vincitori delle varie categorie di premi. Di conseguenza, per ciascun concorso, in mancanza di vincite di prima e seconda categoria, il relativo montepremi sarà attribuito in parti uguali al montepremi della terza e della quarta categoria ed in mancanza di vincite di prima, di seconda e di terza categoria, i relativi montepremi saranno attribuiti al montepremi della quarta categoria. Qualora poi in un determinato concorso non venisse realizzato alcun punteggio vincente, l'intero montepremi dell’estrazione speciale “SiVinceTutto SuperEnalotto” sarà suddiviso tra tutti i partecipanti, indipendentemente dall'esito del pronostico effettuato.


 

Articolo 24, commi 41
(Incremento del contributo annuale di iscrizione all’elenco degli operatori degli apparecchi da gioco)

 

 

Il comma 41 modifica le norme in materia di iscrizione degli operatori del settore degli apparecchi da gioco nell’apposito elenco tenuto dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ai sensi del comma 533 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006)

 

La legge di stabilità 2011 (legge n. 220 del 2010) all’articolo 1, comma 82 ha sostituito il comma 533 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006, ed inserito i commi 533-bis e 533-ter. Si è previsto, in particolare che presso l’A.A.M.S., venga istituito, a decorrere dal 1° gennaio 2011, un elenco riportante:

-        i soggetti proprietari o possessori degli apparecchi e terminali per l’esercizio dei giochi;

-        i concessionari per la gestione della rete telematica dei predetti apparecchi e terminali;

-        ogni altro soggetto che svolga attività relativa al funzionamento e al mantenimento in efficienza degli altri ovvero qualsiasi altra attività funzionale alla raccolta di gioco.

Vengono infine disciplinate la tenuta del relativo elenco e le modalità di iscrizione allo stesso, nonché la revoca della concessione in casi particolari.

 

In particolare il comma 41 in esame - novellando il richiamato comma 533-bis, della legge finanziaria 2006 – ricomprende anche la licenza ex art. 88 del TULPS (licenza per l'esercizio delle scommesse), oltre a quella ex art. 86, provvede ad aumentare (da 100 a 150 euro) la somma annuale dovuta per l’iscrizione, nonché a fissare un termine perentorio (il 31 ottobre 2011) per il relativo versamento, limitatamente all’anno 2011.


 

Articolo 24, commi 42
(Rivendite ordinarie e speciali di generi di monopolio)

 

 

Il comma 42 stabilisce che con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, da emanare entro il 31 dicembre 2011, siano dettate disposizioni concernenti le modalità necessarie per l'istituzione di rivendite ordinarie e speciali di genere di monopolio e per il rilascio ed il rinnovo del patentino.

I principi cui tali disposizioni dovranno attenersi sono:

§      la razionalizzazione della rete di vendita;

§      l’istituzione di rivendite ordinarie solo in presenza di determinati requisiti di distanza e produttività minima;

§      l'introduzione di un meccanismo di aggiornamento dei parametri di produttività minima;

§      i trasferimenti di rivendite ordinarie solo in presenza dei medesimi requisiti di distanza e, ove applicabili, anche di produttività minima l’istituzione di rivendite speciali solo in casi di effettive esigenze di servizio;

§      il rilascio ed i rinnovi dei patentini in relazione alla natura complementare e non sovrapponibile degli stessi rispetto alle rivendite di generi di monopolio.

 

Si ricorda che nella tipologia di rivendite ordinarie rientra la normale tabaccheria, accessibile al pubblico, che espone il numero della concessione sull'apposita insegna a "T". Per istituire una rivendita di tabacchi, devono sussistere le seguenti condizioni minime relativamente al locale proposto:

-        distanza dalla più vicina rivendita, con parametri variabili a seconda della popolazione del comune;

-        produttività, intesa come la potenzialità economica della nuova rivendita, calcolata dall'Ufficio regionale AAMS sulla base degli aggi realizzati, nell'anno precedente la richiesta, dalle tre rivendite più vicine.

 

Nella tipologia delle rivendite speciali rientrano le rivendite ubicate presso particolari strutture quali porti, aeroporti, stazioni ferroviarie, aree di servizio automobilistiche, caserme, istituti penali, etc. Le rivendite speciali possono essere istituite soltanto dove vengano riconosciute esigenze di servizio alle quali non si possa provvedere a mezzo di rivendite ordinarie o patentini, ovvero in contesti fruibili da un specifica tipologia di utenti o ubicati all’interno di strutture che non abbiano accesso diretto e autonomo dalla pubblica via.


 

Articolo 25
(Misure in materia di razionalizzazione dello spettro radioelettrico)

 

 

L’articolo 25 reca modifiche alla disciplina recata dalla legge di stabilità 2011 concernente l’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze da destinare ai servizi di comunicazione elettronica in larga banda con l'utilizzo della banda 790-862 MHz e di altre risorse eventualmente disponibili.

 

L’articolo 1, comma 8, della legge di stabilità 2011 (legge n. 220/2010) ha affidato all'Autorità per le garanzie delle comunicazioni il compito di dare avvio a una procedura di assegnazione di diritti d'uso delle frequenze radioelettriche, ai fini della loro destinazione a servizi di comunicazione elettronica mobili in larga banda. Una percentuale degli introiti della gara - valutati in 240 milioni di euro - sarà versata su un fondo istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, finalizzato a promuovere un uso più efficiente dello spettro attualmente destinato alla diffusione di trasmissioni in ambito locale.

L’Autorità ha provveduto all’adempimento della norma con la deliberazione 11 gennaio 2011, n. 3/11/CONS.,a cui è seguita un’attività di consultazione con i soggetti interessati e l’adozione di altre due deliberazioni.

Va ricordato che l’articolo 4, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge 34/2011, convertito con legge n. 75/2011, che ha dettato disposizioni sul medesimo argomento, senza novellare esplicitamente la legge 220/2010, ha fissato per l'assegnazione dei diritti di uso relativi alle frequenze radiotelevisive la data del 30 giugno 2012.

Gli ultimi due periodi del testo previgente dell’articolo 1, comma 8, della citata legge n. 220/2010, consentono al Ministero dello sviluppo economico di sostituire le frequenze già assegnate nella banda 790-862 MHz con quelle liberate e dispongono che il piano nazionale di ripartizione delle frequenze e il piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisive siano conseguentemente adeguati.

 

Il comma 1, lettera a) reca novelle all’articolo 1, comma 8, della citata legge di stabilità 2011.

Viene trasformato in perentorio il termine del 31 dicembre 2012 entro il quale deve realizzarsi la liberazione delle frequenze della banda 790-862 MHz per la loro destinazione ai servizi di comunicazione elettronica mobili in larga banda.

Mediante inserimento di tre nuovi periodi dopo il terzo periodo del citato articolo 1, comma 8, della legge 220/2011, si prevede inoltre:

§       un procedimento forzoso per la liberazione delle frequenze della banda 790-862 MHz dopo la scadenza del termine del 31 dicembre 2012, prevedendo che l’Amministrazione competente procede senza ulteriore preavviso alla disattivazione coattiva degli impianti avvalendosi degli organi della polizia postale e delle comunicazioni, ai sensi dell’articolo 98 del codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo n. 259/2003);

§       un meccanismo compensativo qualora, nonostante il predetto procedimento forzoso, le frequenze non siano disponibili: dalla scadenza del predetto termine del 31 dicembre 2012 e fino all’effettiva liberazione delle frequenze, g