Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo - D.L. 5/2012 ' A.C. 4940-A schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 4940-A/XVI   AC N. 4940/XVI
DL N. 5 DEL 09-FEB-12     
Serie: Progetti di legge    Numero: 595    Progressivo: 2
Data: 09/03/2012
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2012 0005   PIANI DI SVILUPPO
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
X-Attività produttive, commercio e turismo

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo

D.L. 5/2012 – A.C. 4940-A

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 595/2

 

 

 

9 marzo 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni

( 066760-9475 / 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it

Ha partecipato alla redazione del dossier il seguente Ufficio:

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

 

 

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File: D12005c.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Modifiche alla legge 7 agosto 1990, n. 241 in materia di conclusione del procedimento e poteri sostitutivi) 3

§      Articolo 2 (Semplificazione delle procedure amministrative mediante SCIA) 11

§      Articolo 3 (Riduzione degli oneri amministrativi e disposizioni in tema di verifica dell’impatto della regolamentazione - VIR) 13

§      Articolo 4 (Semplificazioni in materia di documentazione per le persone con disabilità e patologie croniche e partecipazione ai giochi paraolimpici) 25

§      Articolo 5 (Cambio di residenza in tempo reale) 29

§      Articolo 6 (Comunicazione di dati per via telematica tra amministrazioni) 35

§      Articolo 6-bis (Disposizioni per il pagamento dell’imposta di bollo per via telematica) 39

§      Articolo 6-ter (Modifica all’articolo 5 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, in materia di pagamenti alle pubbliche amministrazioni con modalità informatiche) 40

§      Articolo 7 (Disposizioni in materia di scadenza dei documenti d’identità e di riconoscimento) 42

§      Articolo 8 commi 1-3 (Semplificazioni per la partecipazione a concorsi e prove selettive, nonché sulla composizione della Commissione per l’esame di avvocato) 44

§      Articolo 8, comma 4 (Composizione della Commissione per l’esame di avvocato) 47

§      Articolo 9 (Dichiarazione unica di conformità degli impianti termici) 49

§      Articolo 10 (Parcheggi pertinenziali) 52

§      Articolo 11 (Semplificazioni in materia di circolazione stradale, abilitazioni alla guida, affidamento del servizio informazioni sul traffico, “bollino blu” e apparecchi di controllo della velocità) 54

§      Articolo 11-bis (Disciplina sanzionatoria per le esercitazioni di guida in autostrada o su strade extraurbane principali) 64

§      Articolo 12 (Semplificazione procedimentale per l'esercizio di attività economiche e segnalazione certificata di inizio attività in caso di esercizio congiunto dell’attività di estetista, anche non prevalente, con altre attività commerciali) 66

§      Articolo 12-bis (Riduzione degli oneri delle comunicazioni a carico dei comuni) 72

§      Articolo 13 (Modifiche al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773) 73

§      Articolo 14 (Semplificazione dei controlli sulle imprese) 77

§      Articolo 15 (Misure di semplificazione in relazione all'astensione anticipata dal lavoro delle lavoratrici in gravidanza) 82

§      Articolo 16, commi 1-4 (Misure per la semplificazione dei flussi informativi in materia di interventi e servizi sociali) 84

§      Articolo 16, commi 5 e 8 (Verifica della fruizione di prestazione sociali agevolate e recupero di prestazioni previdenziali non dovute) 94

§      Articolo 16, comma 6 (Misure per lo scambio dei dati tra Amministrazioni) 99

§      Articolo 16, comma 6-bis (Controllo sui percettori di trattamenti previdenziali) 101

§      Articolo 16, comma 7 (Pagamenti con strumenti elettronici in sedi INPS) 102

§      Articolo 16, commi 9-10 (Patrocinio nel contenzioso in materia di invalidità civile) 104

§      Articolo 17 (Semplificazione in materia di assunzione di lavoratori extra UE e di documentazione amministrativa per gli immigrati) 105

§      Articolo 18 (Semplificazione in materia di assunzioni e di collocamento obbligatorio) 111

§      Articolo 19 (Semplificazione in materia di libro unico del lavoro) 115

§      Articolo 20 (Modifiche al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82) 117

§      Articolo 21 (Responsabilità solidale negli appalti) 138

§      Articolo 22, comma 1 (Modifiche alla normativa per l’adozione delle delibere CIPE) 140

§      Articolo 22, commi 2-3 (Norme di salvaguardia delle procedure in corso per la stipula dei contratti di programma con le Società di gestione aeroportuali) 142

§      Articolo 23 (Autorizzazione unica in materia ambientale per le piccole e medie e imprese) 145

§      Articolo 24 (Modifiche alle norme in materia ambientale di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 148

§      Articolo 25 (Misure di semplificazione per le imprese agricole) 158

§      Articolo 26 (Definizione di bosco e di arboricoltura da legno) 162

§      Articolo 27 (Esercizio dell’attività di vendita diretta) 165

§      Articolo 28 (Modifiche relative alla movimentazione aziendale dei rifiuti e al deposito temporaneo) 167

§      Articolo 29 (Disposizioni a favore del settore bieticolo-saccarifero) 169

§      Articolo 30 (Misure di semplificazione in materia di ricerca internazionale e di ricerca industriale) 171

§      Articolo 31 (Misure di semplificazione in materia di ricerca di base) 175

§      Articolo 31-bis (Scuola sperimentale di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute - GSSI) 180

§      Articolo 32 (Misure di semplificazione delle procedure istruttorie, valutative, di spesa e di controllo nel settore della ricerca) 184

§      Articolo 33 (Aspettativa per l’attribuzione di borse di studio, assegni o altre forme similari di sovvenzione dell’Unione europea o internazionali e semplificazioni per la ricerca) 190

§      Articolo 34 (Riconoscimento dell'abilitazione delle imprese esercenti attività di installazione, ampliamento e manutenzione degli impianti negli edifici) 193

§      Articolo 35, commi 1 e 2 (Disposizioni in materia di controllo societario) 194

§      Articolo 35, co. 2-bis (Partecipazione agli organi collegiali) 199

§      Articolo 35, commi 3 e 4 (Disposizioni in materia di trasferimento e conferimento di funzioni ai magistrati ordinari) 201

§      Articolo 36 (Privilegio dei crediti dell’impresa artigiana) 204

§      Articolo 37 (Comunicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata al registro delle imprese) 207

§      Articolo 38 (Semplificazione degli adempimenti per la tenuta dei gas medicinali) 208

§      Articolo 39 (Soppressione del requisito di idoneità fisica per avviare l'esercizio dell'attività di autoriparazione) 210

§      Articolo 40 (Soppressione del vincolo in materia di chiusura domenicale e festiva per le imprese di panificazione di natura produttiva) 211

§      Articolo 41 (Semplificazione in materia di somministrazione temporanea di alimenti e bevande) 212

§      Articolo 42 (Razionalizzazione delle misure di sostegno finanziario per gli interventi conservativi sui beni culturali) 213

§      Articolo 43 (Semplificazioni in materia di verifica dell'interesse culturale nell'ambito delle procedure di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico) 215

§      Articolo 44 (Semplificazioni in materia di interventi di lieve entità) 220

§      Articolo 45 (Semplificazioni in materia di dati personali) 223

§      Articolo 46 (Disposizioni in materia di enti pubblici non economici vigilati dal Ministero della difesa e di Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti) 226

§      Articolo 47 (Agenda digitale italiana) 228

§      Articolo 47, comma 2-quater (Accesso all’ingrosso alla rete fissa di telecomunicazioni) 234

§      Articolo 47-bis (Semplificazioni in materia di sanità digitale) 236

§      Articolo 47-ter (Digitalizzazione e riorganizzazione) 238

§      Articolo 47-quater (Indice degli indirizzi delle pubbliche amministrazioni) 242

§      Articolo 47-quinquies (Organizzazione e finalità dei servizi in rete) 243

§      Articolo 47-sexies (Istanze e dichiarazioni presentate alle pubbliche amministrazioni per via telematica) 245

§      Articolo 48 (Dematerializzazione di procedure in materia di università) 247

§      Articolo 49 (Misure di semplificazione e funzionamento in materia di università) 250

§      Articolo 50 (Attuazione dell’autonomia) 268

§      Articolo 51 (Potenziamento del sistema nazionale di valutazione) 280

§      Articolo 52 (Misure di semplificazione e promozione dell'istruzione tecnico-professionale e degli istituti tecnici superiori - ITS) 286

§      Articolo 53 (Modernizzazione del patrimonio immobiliare scolastico e riduzione dei consumi e miglioramento dell'efficienza degli usi finali di energia) 293

§      Articolo 54 (Tecnologi a tempo determinato) 301

§      Articolo 55 (Misure di semplificazione in materia di ricerca universitaria) 306

§      Articolo 56, commi 1 e 2 (Disposizioni per il settore turistico) 307

§      Articolo 56, comma 3 (Disposizioni per l'EXPO) 310

§      Articolo 57 (Disposizioni per le infrastrutture energetiche strategiche, la metanizzazione del mezzogiorno e in tema di bunkeraggio) 312

§      Articolo 57-bis (Individuazione delle infrastrutture energetiche strategiche nei settori dell’elettricità e del gas naturale) 319

§      Articolo 58 (Modifiche al decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93) 322

§      Articolo 59 (Disposizioni in materia di credito d’imposta) 324

§      Articolo 60 (Sperimentazione finalizzata alla proroga del programma "carta acquisti") 333

§      Articolo 61 (Norme transitorie e disposizioni in materia di atti amministrativi sottoposti a intesa) 337

§      Articolo 62 (Abrogazioni) 343

§      Articolo 62-bis (Clausola di salvaguardia) 345

 

 


 

Schede di lettura

 


 

Articolo 1
(
Modifiche alla legge 7 agosto 1990, n. 241 in materia di conclusione
del procedimento e poteri sostitutivi
)

1. All'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, i commi 8 e 9 sono sostituiti dai seguenti:

"8. La tutela in materia di silenzio dell'amministrazione è disciplinata dal codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. Le sentenze passate in giudicato che accolgono il ricorso proposto avverso il silenzio inadempimento dell'amministrazione sono trasmesse, in via telematica, alla Corte dei conti.

9. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.

9-bis. L'organo di governo individua, nell'ambito delle figure apicali dell'amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia. Nell'ipotesi di omessa individuazione il potere sostitutivo si considera attribuito al dirigente generale o, in mancanza, al dirigente preposto all'ufficio o in mancanza al funzionario di più elevato livello presente nell'amministrazione.

9-ter. Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento o quello superiore di cui al comma 7, il privato può rivolgersi al responsabile di cui al comma 9-bis perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario.

9-quater. Il responsabile individuato ai sensi del comma 9-bis, entro il 30 gennaio di ogni anno, comunica all'organo di governo, i procedimenti, suddivisi per tipologia e strutture amministrative competenti, nei quali non è stato rispettato il termine di conclusione previsto dalla legge o dai regolamenti. Le Amministrazioni provvedono all'attuazione del presente comma, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

9-quinquies. Nei provvedimenti rilasciati in ritardo su istanza di parte sono espressamente indicati il termine previsto dalla legge o dai regolamenti di cui all'articolo 2 e quello effettivamente impiegato.".

2. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei procedimenti tributari e in materia di giochi pubblici, per i quali restano ferme le particolari norme che li disciplinano.

 

 

L’articolo 1 introduce alcune novità in materia di conclusione del procedimento amministrativo mediante novella dell’articolo 2 della legge n. 241/1990[1] che stabilisce la disciplina generale dell’obbligo di provvedere in capo alle pubbliche amministrazioni. In particolare, le disposizioni sono volte a rafforzare le garanzie del privato contro il ritardo dell’amministrazione nel provvedere, prevedendo l’esercizio di poteri sostitutivi in caso di inerzia, nonché il riconoscimento della responsabilità disciplinare, amministrativa e contabile del dirigente o del funzionario responsabile.

Le modifiche al testo della L. 241/1990 sono evidenziate nel testo a fronte che segue.

 

Legge 7 agosto 1990, n. 241

Legge 7 agosto 1990, n. 241
come mod. da A.C. 4940

Art. 2

Art. 2

Conclusione del procedimento

Conclusione del procedimento

1-7 [omissis]

1-7 [omissis]

8. La tutela in materia di silenzio dell’amministrazione è disciplinata dal codice del processo amministrativo.

8. La tutela in materia di silenzio dell’amministrazione è disciplinata dal codice del processo amministrativo. Le sentenze passate in giudicato che accolgono il ricorso proposto avverso il silenzio inadempimento dell’amministrazione sono trasmesse, in via telematica, alla Corte dei Conti.

9. La mancata emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale.

9. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.

 

9-bis. L’organo di governo individua, nell’ambito delle figure apicali dell’amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia. Nell’ipotesi di omessa individuazione il potere sostitutivo si considera attribuito al dirigente generale o, in mancanza al dirigente preposto all’ufficio o in mancanza al funzionario di più elevato livello presente nell’amministrazione.

 

9-ter. Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento o quello superiore di cui al comma 7, il privato può rivolgersi al responsabile di cui al comma 9-bis perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario.

 

9-quater. Il responsabile individuato ai sensi del comma 9-bis, entro il 30 gennaio di ogni anno, comunica all’organo di governo, i procedimenti, suddivisi per tipologia e strutture amministrative competenti, nei quali non è stato rispettato il termine di conclusione previsti dalla legge e o dai regolamenti. Le Amministrazioni provvedono all’attuazione del presente comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

9-quinquies. Nei provvedimenti rilasciati in ritardo su istanza di parte è espressamente indicato il termine previsto dalla legge o dai regolamenti di cui all’articolo 2 e quello effettivamente impiegato.

 

 

La materia è stata oggetto di un recente intervento legislativo, ad opera dell’articolo 7 della legge n. 69/2009[2], al fine di ridurre i termini di conclusione dei procedimenti ed assicurare l'effettività del loro rispetto da parte delle amministrazioni.

 

All’esito di tale intervento, l’articolo 2 della legge 241/1990 stabilisce che i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro trenta giorni (termine in precedenza fissato in novanta giorni), a meno che disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di natura regolamentare, da emanarsi da parte di ciascuna amministrazione ai sensi dei commi 3, 4 e 5 dell’art. 2 della legge 241, prevedano un termine diverso.

All'adozione di tali provvedimenti si provvede con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri competenti e di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa, che individuano i termini di conclusione dei procedimenti di competenza delle amministrazioni statali.

L’altra novità introdotta dalla legge n. 69 del 2009 è che, in ogni caso, i termini fissati dalle amministrazioni non possono comunque essere superiori ai novanta giorni (laddove in precedenza non era fissato alcun limite temporale nella autonoma determinazione dei termini da parte delle amministrazioni).

La legge ammette tuttavia la possibilità di prevedere termini superiori ai novanta giorni in considerazione della «sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento». In questi casi, tuttavia, il termine massimo di durata non può oltrepassare comunque i centottanta giorni[3] e per l’adozione del relativo regolamento è necessaria sia la proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione e per la semplificazione normativa, sia la previa deliberazione del Consiglio dei Ministri[4].

I termini per la conclusione del procedimento decorrono dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte.

 

Oltre a stabilire una rideterminazione dei termini procedimentali, la legge n. 69/2009, con l’obiettivo di dare effettività a tali disposizioni, ha disciplinato le conseguenze del ritardo da parte dell'amministrazione, sia nei riguardi dei cittadini destinatari dell’azione amministrativa, sia nei riguardi dei dirigenti ai quali si possa far risalire la responsabilità del ritardo medesimo.

 

Sotto il primo aspetto, l’articolo 2-bis della L. 241 (introdotto dal citato art. 7) prevede l’obbligo del risarcimento del danno ingiusto cagionato al cittadino in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento.

Quanto al secondo, l’articolo 2, comma 9, prevede che la mancata emanazione del provvedimento nei termini previsti costituisce elemento di valutazione ai fini della responsabilità dirigenziale.

 

Le modifiche introdotte dall’articolo 1 in esame riguardano proprio le garanzie in merito all’effettività della tutela in caso di violazione da parte dell’amministrazione dell’obbligo di provvedere nei termini prescritti.

Con una prima novella, si aggiunge un periodo al comma 8 dell’articolo 2 della legge 241, che rinvia la disciplina della tutela avverso il silenzio dell’amministrazione alle disposizioni del Codice del processo amministrativo[5].

 

La disciplina del rito contro l’inerzia della pubblica amministrazione è disciplinato nel Libro IV, all'articolo 117 del Codice, ed in parte dell’articolo 31 quanto all’azione.

Il ricorso può essere proposto anche senza necessità di previa diffida all’amministrazione inadempiente con atto notificato all'amministrazione e ad almeno un controinteressato nel termine di un anno dalla scadenza del termine per la conclusione del procedimento (co. 1).

Il ricorso è deciso con sentenza in forma semplificata e in caso di totale o parziale accoglimento il giudice ordina all’amministrazione di provvedere entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni (co. 2).

Con la sentenza, o anche successivamente su istanza di parte, il giudice amministrativo può procedere alla nomina di un commissario ad acta che si sostituisca all’amministrazione in caso di sua persistente inerzia (co. 3). La competenza del giudice a decidere è estesa a tutte le questioni relative agli atti del commissario che non dovranno, dunque, essere impugnati con ricorso ordinario di legittimità (co. 4).

Nell’ipotesi in cui il provvedimento venga adottato in corso del giudizio, ovvero sopravvenga un atto connesso con l’oggetto della controversia, questo può essere impugnato anche con motivi aggiunti, nei termini e con il rito previsto per il nuovo provvedimento, e l’intero giudizio prosegue con tale rito (co. 5).

Analoga concentrazione è prevista con riferimento all'azione risarcitoria che può essere proposta congiuntamente con il ricorso avverso il silenzio amministrativo ma, in tal caso, mentre l’azione avverso il silenzio sarà trattata con rito camerale, la domanda risarcitoria sarà trattata con il rito ordinario (co. 6).

Secondo quanto stabilito dall’articolo 31, comma 3, del Codice, il giudice può pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa solo qualora non residuino margini di discrezionalità amministrativa e non siano necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione.

 

La novella introduce l’obbligo di trasmettere, in via telematica, alla Corte dei conti le sentenze passate in giudicato che accolgono il ricorso proposto avverso il silenzio inadempimento. Ciò, verosimilmente al fine di agevolare la possibilità di esercitare l’azione, ove se ne ravvisino i presupposti, per la responsabilità amministrativa.

 

Inoltre, viene riformulato il comma 9 dell’art. 2 della citata legge n. 241, che, come accennato, prevede che la mancata emanazione del provvedimento nei termini previsti costituisce elemento di valutazione ai fini della responsabilità dirigenziale.

 

In proposito, come chiaramente evidenziato nelle citate Linee di indirizzo per l’attuazione dell’articolo 7 della L. 69/2009, il rispetto dei termini del procedimento rappresenta un elemento di valutazione dei dirigenti, di cui si tiene conto al fine della corresponsione della retribuzione di risultato e la mancata emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale.

In base agli indirizzi amministrativi, al fine di valutare la responsabilità del dirigente, «ciò che rileva è la grave e ripetuta inosservanza dell’obbligo di provvedere in relazione ai risultati complessivi prodotti dalla organizzazione alla quale il dirigente è preposto, ferma restando la necessità di procedere ad una valutazione caso per caso che tenga conto della situazione concreta in cui il dirigente opera in relazione agli incarichi, alla struttura organizzativa, alle difficoltà, ai motivi dell’agire e al danno concretamente cagionato al privato. Non si dovrà attribuire rilievo determinante agli episodi sporadici ed occasionali di inosservanza dell’obbligo di provvedere, conformemente alle indicazioni contenute nella legge, né tantomeno potrà considerarsi inadempimento la mancata emanazione del provvedimento nelle ipotesi di silenzio assenso».

 

Tale disposizione è completamente riformulata, precisando che:

§         l’inerzia dell’amministrazione costituisce elemento di valutazione non solo della responsabilità disciplinare, ma altresì della performance individuale e della responsabilità amministrativo-contabile;

 

Sul punto, la novella opera una ricognizione delle forme di responsabilità ricollegabili all’inerzia. Innanzitutto si fa rifermento alla valutazione della performance individuale, introdotto dalla legge delega n. 15 del 2009 e dal successivo D.Lgs. 150/2009[6].

In proposito, l’articolo 9, co. 1, del citato D.Lgs. 150/2009 prevede che il personale con incarico dirigenziale sia valutato in relazione agli indicatori di performance relativi all'ambito organizzativo di diretta responsabilità; al raggiungimento di specifici obiettivi individuali; alla qualità del contributo assicurato alla performance generale della struttura, alle competenze professionali e manageriali dimostrate; alla capacità di valutazione dei propri collaboratori, dimostrata tramite una significativa differenziazione dei giudizi.

Il successivo comma, prevede che la misurazione e la valutazione svolte dai dirigenti sulla performance individuale del personale non dirigenziale sono collegate: a) al raggiungimento di specifici obiettivi di gruppo o individuali; b) alla qualità del contributo assicurato alla performance dell’unità organizzativa di appartenenza, alle competenze dimostrate ed ai comportamenti professionali e organizzativi.

In secondo luogo, l’inosservanza all’obbligo di provvedere può comportare una ipotesi di responsabilità disciplinare.

Sul punto, merita inoltre ricordare la specifica misura disciplinare prevista dall’art. 55-sexies, co. 1, del D.Lgs. 165/2001[7], introdotto dall’art. 69 del D.Lgs. 150/2009. Tale disposizione stabilisce che la condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno per violazione da parte del dipendente degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa (stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento), impongono nei confronti dello stesso dipendente l’applicazione - ove già non ricorrano i presupposti per l’applicazione di un’altra sanzione disciplinare - della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni ad un massimo di tre mesi, in proporzione all’entità del risarcimento.

In terzo luogo, l’inerzia del dipendente può integrare una fattispecie di responsabilità amministrativa e contabile.

Si ricorda, in merito che la responsabilità amministrativa è la responsabilità a contenuto patrimoniale di amministratori o dipendenti pubblici per i danni causati all’ente nell’ambito o in occasione del rapporto d’ufficio. Affinché un soggetto possa essere chiamato a rispondere in sede di responsabilità amministrativa occorre che lo stesso, con una condotta dolosa o gravemente colposa collegata o inerente al rapporto esistente con l’amministrazione, abbia causato un danno pubblico risarcibile che si ponga come conseguenza diretta e immediata di detta condotta.

L’accertamento della responsabilità comporta la condanna al risarcimento del danno a favore dell’amministrazione danneggiata. L’azione di rivalsa dell’amministrazione è fondata, secondo l’art. 18 del D.P.R. n. 3/1957, sulla violazione degli obblighi di servizio ed è attribuita alla giurisdizione della Corte dei conti.

Con l’espressione responsabilità contabile, ci si riferisce alla responsabilità di quei soggetti (agenti contabili) che avendo avuto in consegna (a vario titolo) denaro, beni o altri valori pubblici, o comunque avendone avuto la disponibilità materiale, non adempiano all’obbligo di restituzione che a loro incombe. Pertanto, tale responsabilità si basa sul mancato adempimento di un obbligo di restituzione di un bene (compreso il denaro) dell’amministrazione.

 

§         le fattispecie di responsabilità sorgono non unicamente nell’ipotesi di mancata emanazione del provvedimento nei termini, ma altresì in caso di tardiva adozione del provvedimento;

§         la responsabilità non è limitata al dirigente, ma si estende anche al funzionario inadempiente.

 

Il sistema di classificazione del personale nella P.A. è lo strumento che identifica, rispetto ai fini e agli obiettivi dell'ente ed in armonia con l'organizzazione del lavoro, le diverse tipologie professionali graduandole a seconda della consistenza professionale, del livello di autonomia e responsabilità nonché dei criteri e requisiti per l'accesso.

In particolare, dal sistema di classificazione per gradi del 1923, si è passati al sistema delle carriere, introdotto con il D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, che prevedeva l'inquadramento del personale delle pubbliche amministrazioni in quattro distinte carriere (direttiva, alla quale, in mancanza di una specifica definizione, si potevano ricondurre le figure dei funzionari, di concetto, esecutiva, ausiliaria, tra loro in rapporto gerarchico di funzione), sistema soppresso dalla L. 11 Luglio 1980 n. 312, e sostituto da quello delle qualifiche funzionali. Successivamente il sistema delle qualifiche funzionali è stato sostituito da quello delle aree o categorie professionali (sotto la generale diversificazione tra personale dirigenziale e non dirigenziale) le cui declaratorie sono descritte nei diversi CCNL. Attualmente, quindi, il CCNL del 14 settembre 2007 relativo al personale del comparto ministeri per il quadriennio normativo 2006 – 2009 e biennio economico 2006 – 2007, ispirato ai principi della valorizzazione delle professionalità interne, ai fini del conseguimento di prestazioni di elevata qualificazione ed efficacia, e della flessibilità nella gestione delle risorse umane ha articolato il personale non dirigenziale in tre aree - denominate Prima, Seconda e Terza – caratterizzate da livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità necessarie per l’espletamento di una gamma di attività lavorative.

In particolare, per quanto riguarda i lavoratori che possono rivestire la “qualifica di funzionario”, si evidenzia che appartengono all’Area Terza i lavoratori che, nel quadro di indirizzi generali, per la conoscenza dei vari processi gestionali, svolgono, nelle unità di livello non dirigenziale a cui sono preposti, funzioni di direzione, coordinamento e controllo di attività di importanza rilevante, ovvero lavoratori che svolgono funzioni che si caratterizzano per il loro elevato contenuto specialistico.

 

L’articolo in esame, aggiunge inoltre all’articolo 2 della legge n. 241 i commi da 9-bis a 9-quinquies.

 

Il comma 9-bis prevede una misura di pianificazione organizzativa, in base alla quale nell’ambito delle pubbliche amministrazioni, l’organo di governo deve individuare, tra le figure apicali, il soggetto a cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia.

La medesima disposizione stabilisce in proposito alcuni criteri suppletivi ove l’organo di governo non provveda all’individuazione: infatti, in tal caso, il potere sostitutivo si intende attribuito al dirigente generale. In mancanza di questi, al dirigente preposto all’ufficio o in mancanza al funzionario di più elevato livello presente nell’amministrazione.

 

L’espressione “organi di governo” è utilizzata dal D.Lgs. 165/2001 (art. 4) per indicare i soggetti nelle amministrazioni pubbliche che “esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti”.

A tale funzione, attribuita agli organi di governo, si contrappone quella attribuita ai dirigenti, ai quali, "spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo”.

 

Il comma 9-ter garantisce al privato in attesa del provvedimento dell’amministrazione, ove il termine per la conclusione del procedimento sia inutilmente decorso, la possibilità di rivolgersi direttamente al titolare del potere sostitutivo (individuato ai sensi del comma precedente) affinché concluda il procedimento medesimo o attraverso le strutture competenti o ricorrendo alla nomina di un commissario.

In ogni caso, il provvedimento finale dovrà essere adottato entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto.

In tal modo, l’introduzione a regime di un potere sostitutivo attribuisce al privato in attesa del provvedimento, prima di ricorrere all’azione giudiziale, un ulteriore strumento esperibile a garanzia dell’effettività dell’azione amministrativa.

 

Tra gli oneri incombenti in capo al titolare del potere sostitutivo, secondo quanto previsto dal comma 9-quater, vi è quello di comunicare all’organo di governo, i procedimenti, suddivisi per tipologia e strutture amministrative competenti, nei quali non è stato rispettato il termine di conclusione previsti dalla legge e o dai regolamenti.

L’adempimento di tale onere non può comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

In base al comma 9-quinquies, l’amministrazione deve “riconoscere” l’eventuale ritardo nell’adempimento, indicando in tutti i provvedimenti rilasciati su istanza di parte, sia il termine previsto per disposizione di legge o regolamentare, sia quello effettivamente impiegato.

 

Nel corso dell’esame in sede referente è stato aggiunto il comma 1-bis, che esclude dall’ambito di applicazione delle disposizioni del presente articolo i procedimenti tributari e in materia di giochi pubblici, per i quali restano ferme le particolari norme che li disciplinano.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame esclude dall’applicazione delle disposizioni introdotte i procedimenti tributari e in materia di giochi pubblici, con l’effetto di mantenere ferma la disciplina di settore.

In proposito, si segnala che andrebbe valutata l’opportunità di riformulare tale disposizione di esclusione come novella alla Legge n. 241 del 1990, coordinandola con l’art. 13 della medesima legge, che già concerne l’ambito di applicazione della stessa limitatamente alla partecipazione al procedimento amministrativo.


 

Articolo 2
(
Semplificazione delle procedure amministrative mediante SCIA)

1. All'articolo 19, della legge 7 agosto 1990, n. 241, al comma 1, dopo le parole: "decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nonché" sono inserite le seguenti: ", ove espressamente previsto dalla normativa vigente,".

 

 

L’articolo 2, con una modifica all’articolo 19 della legge n. 241/1990, stabilisce che la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) sia corredata dalle attestazioni e asseverazioni dei tecnici abilitati non più in via generale, ma solo ove previsto dalle norme di settore.

 

Si rammenta che la SCIA è stata introdotta dal comma 4-bis dell'art. 49 del decreto legge n. 78/2010[8] sostituendo integralmente la disciplina della dichiarazione di inizio attività contenuta nel previgente articolo 19 della legge 7 agosto 1990 n. 241. Tale riforma risponde all’esigenza di liberalizzare l'attività d'impresa, consentendo di iniziare immediatamente l’attività stessa.

La Scia, infatti, consente di iniziare l’attività immediatamente e senza necessità di attendere la scadenza di alcun termine, ciò traducendosi in una sostanziale accelerazione e semplificazione rispetto alla precedente disciplina contenuta nell’articolo 19 della legge n. 241 del 1990, che prevedeva il decorso del termine di trenta giorni prima di poter avviare l’attività oggetto della Dia e legittimava l’esercizio di poteri inibitori da parte dell’amministrazione entro l’ulteriore termine di trenta giorni dalla comunicazione di avvio della medesima attività.

Quanto all’ambito di applicazione, si segnala che con la circolare del 16 settembre 2010 il Ministero per la semplificazione normativa ha chiarito che la SCIA non si applica solo all'avvio dell'attività di impresa ma sostituisce anche la DIA in edilizia, eccetto la DIA alternativa al permesso di costruire (c.d. superDIA), consentendo di avviare i lavori il giorno stesso della sua presentazione, mentre con la Dia occorre attendere 30 giorni. Successivamente tale interpretazione è stata confermata con l’art. 5, comma 2, lett. b), n. 2) e lett. c) del decreto legge n. 70/2011, ove è stato anche precisato che essa venga corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dei relativi elaborati tecnici a cura del professionista abilitato il quale se dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti previsti è punito con la reclusione da uno a tre anni. Si ricorda, infine, che sono stati esclusi dalla SCIA i casi relativi alla normativa antisismica e quelli in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali.

 

Ai sensi dell’articolo 19, comma 1, nel testo novellato da ultimo dal D.L. 70/2011[9], la Scia tiene luogo di "ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi” ed è corredata dalla documentazione specificamente richiesta dalla normativa di settore.

In particolare, la norma richiede espressamente che alla segnalazione certificata di inizio attività sia allegata della documentazione, tra cui, le “attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati”, con gli elaborati progettuali necessari per consentire le verifiche successive di competenza dell’amministrazione.

Con la modifica introdotta dall’articolo in esame, le segnalazioni certificate di inizio attività dovranno essere corredate dalle attestazioni e asseverazioni dei tecnici abilitati solo nel caso in cui queste siano espressamente previste dalle norme vigenti di settore. Pertanto, ove non previsto da alcuna disposizione, non sarà più necessario allegare tale documentazione.

 

Le attestazioni e asseverazioni dei tecnici abilitati sono obbligatorie qualora gli interventi debbano rispettare le norme di sicurezza, antincendio, igienico e sanitarie, quelle relative all’efficienza energetica.

In estrema sintesi si ricorda, per quanto riguarda le norme di sicurezza, esse sono contenute nel TU dell’edilizia (DPR 380/2001) sia negli artt. 52- 76 che recano le disposizioni di carattere generale per assicurare la sicurezza e la stabilità di tutte le tipologie di costruzioni, che nelle norme tecniche di cui al DM 14 gennaio 2008, nonché la normativa relativa alla sicurezza degli impianti contenuta negli artt. 107 - 121 del TU dell’edilizia.

In relazione alle norme antincendi per gli edifici di civile abitazione, esse sono contenute nel DM 16 maggio 1987, n. 246, le norme igienico sanitarie nel DM Sanità del 5 luglio 1975, successivamente integrato dal DM 9 giugno 1999. In tale DM sono indicati i requisiti dimensionali minimi dei locali di abitazione, le dotazioni minime dei servizi igienici, ed il parametri di illuminazione e di ventilazione.

Le norme sulla sicurezza degli impianti sono, invece, contenute nella Parte II, Capo V del TU dell’edilizia (artt. 107-121), mentre quelle relative al contenimento del consumo di energia negli edifici nel Capo VI (artt. 122- 135).

 


 

Articolo 3
(
Riduzione degli oneri amministrativi e disposizioni in tema di verifica dell’impatto della regolamentazione - VIR)

1. All'articolo 8 della legge 11 novembre 2011, n. 180, il comma 2 è sostituito dai seguenti:

«2. Entro il 31 gennaio di ogni anno, le amministrazioni statali trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei Ministri una relazione sul bilancio complessivo degli oneri amministrativi, a carico di cittadini e imprese, introdotti e eliminati con gli atti normativi approvati nel corso dell'anno precedente, ivi compresi quelli introdotti con atti di recepimento di direttive dell’Unione europea che determinano livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive medesime come valutati nelle relative analisi di impatto della regolamentazione (AIR), in conformità ai criteri di cui all'articolo 6, comma 3. Per gli atti normativi non sottoposti ad AIR, le Amministrazioni utilizzano i medesimi criteri per la stima e la quantificazione degli oneri amministrativi introdotti o eliminati. Per oneri amministrativi si intendono i costi degli adempimenti cui cittadini ed imprese sono tenuti nei confronti delle pubbliche amministrazioni nell'ambito del procedimento amministrativo, compreso qualunque adempimento comportante raccolta, elaborazione, trasmissione, conservazione e produzione di informazioni e documenti alla pubblica amministrazione.

2-bis. Sulla base delle relazioni di cui al comma 2 verificate, per quanto di competenza, dal Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (DAGL) della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Dipartimento della funzione pubblica predispone, sentite le associazioni imprenditoriali e le associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante Codice del consumo, una relazione complessiva, contenente il bilancio annuale degli oneri amministrativi introdotti e eliminati, che evidenzia il risultato con riferimento a ciascuna amministrazione. La relazione è comunicata al DAGL e pubblicata nel sito istituzionale del Governo entro il 31 marzo di ciascun anno.

2-ter. Per ciascuna Amministrazione, quando gli oneri introdotti sono superiori a quelli eliminati, il Governo, ai fini del relativo pareggio, adotta, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro novanta giorni dalla pubblicazione della relazione di cui al comma 2-bis, uno o più regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per la riduzione di oneri amministrativi di competenza statale previsti da leggi. I regolamenti sono adottati, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri competenti e sentite le associazioni di cui al comma 2-bis, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) proporzionalità degli adempimenti amministrativi alle esigenze di tutela degli interessi pubblici coinvolti in relazione ai diversi soggetti destinatari, nonché alla dimensione dell'impresa e al settore di attività;

b) eliminazione di dichiarazioni, attestazioni, certificazioni, comunque denominati, nonché degli adempimenti amministrativi e delle procedure non necessari rispetto alla tutela degli interessi pubblici in relazione ai soggetti destinatari e alle attività esercitate;

c) utilizzo delle autocertificazioni e, ove necessario, delle attestazioni e delle asseverazioni dei tecnici abilitati nonché delle dichiarazioni di conformità da parte dell'Agenzia delle imprese;

d) informatizzazione degli adempimenti e delle procedure amministrative, secondo la disciplina del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;

e) coordinamento delle attività di controllo al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni, assicurando la proporzionalità delle stesse in relazione alla tutela degli interessi pubblici coinvolti.

2-quater. Per la riduzione di oneri amministrativi previsti da regolamenti si procede, nel rispetto dei criteri di cui comma 2-ter, con regolamenti, adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri competenti e sentite le associazioni di cui al comma 2-bis.

2-quinquies. Per la riduzione di oneri amministrativi previsti da regolamenti ministeriali, si procede, nel rispetto dei criteri di cui comma 2-ter, con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sulla proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro dello sviluppo economico e dei Ministri competenti per materia, sentite le associazioni di cui al comma 2-bis.

2-sexies. Alle attività di cui al presente articolo, le amministrazioni provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2-septies. Le disposizioni del presente articolo non si applicano con riferimento agli atti normativi in materia tributaria, creditizia e di giochi pubblici».

2. All'articolo 14, comma 4, della legge 28 novembre 2005, n. 246, il secondo ed il terzo periodo sono soppressi.

3. All'articolo 15, comma 2, lettera a), della legge 12 novembre 2011, n. 183, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole «dopo il comma 5» sono sostituite dalle seguenti: «dopo il comma 5-bis»;

b) le parole «5-bis.» sono sostituite dalle seguenti: «5-ter.».»

3-bis. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto è adottato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previa intesa in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Programma 2012-2015 per la riduzione degli oneri amministrativi gravanti sulle amministrazioni pubbliche nelle materie di competenza statale. Per la riduzione relativa alle materie di competenza regionale, si provvede ai sensi dell'articolo 20-ter della legge 15 marzo 1997, n. 59, e dei successivi accordi attuativi.

3-ter. Il Programma di cui al comma 3-bis individua le aree, i tempi e le metodologie di intervento garantendo la partecipazione e la consultazione, anche attraverso strumenti telematici, delle amministrazioni ai fini dell'individuazione degli adempimenti amministrativi da semplificare e della elaborazione delle conseguenti proposte. Per l'attuazione del programma si applicano le disposizioni di cui ai commi da 2 a 7 dell'articolo 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.133, e successive modificazioni.

3-quater. Sulla base degli esiti delle attività definite nel Programma di cui al comma 3-bis il Governo emana, entro il 31 dicembre di ciascun anno, uno o più regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni per la riduzione di oneri amministrativi, previsti da leggi dello Stato, gravanti sulle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. I regolamenti sono adottati, sentita la Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e successive modificazioni, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con gli altri Ministri competenti per materia, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) eliminazione o riduzione degli adempimenti ridondanti e non necessari rispetto alle esigenze di tutela degli interessi pubblici;

b) eliminazione o riduzione degli adempimenti eccessivi e sproporzionati rispetto alle esigenze di tutela degli interessi pubblici;

c) eliminazione delle duplicazioni e riduzione della frequenza degli adempimenti;

d) informatizzazione degli adempimenti e delle procedure.

3-quinquies. Per la riduzione degli oneri amministrativi derivanti da regolamenti o atti amministrativi statali si procede attraverso l’attuazione di appositi piani, adottati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con gli altri Ministri competenti per materia, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, nei quali sono indicate le misure normative, organizzative e tecnologiche da adottare, assegnando i relativi obiettivi ai dirigenti titolari dei centri di responsabilità amministrativa.

3-sexies. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 25 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione previa intesa in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è adottato, nel quadro delle indicazioni e delle raccomandazioni dei competenti organismi dell’Unione europea, il programma 2012-2015 per la misurazione e la riduzione dei tempi dei procedimenti amministrativi e degli oneri regolatori gravanti su imprese e cittadini, ivi inclusi gli oneri amministrativi. Il programma è ispirato al principio della proporzionalità degli oneri alla tutela degli interessi pubblici, tiene conto dei risultati delle attività di misurazione e di riduzione già realizzate e individua, in raccordo con il programma di cui al comma 3-bis, le aree di regolazione, i tempi e le metodologie di intervento nonché gli strumenti di verifica dei risultati, assicurando la consultazione dei cittadini, delle imprese e delle loro associazioni. Per la riduzione degli oneri nelle materie di competenza regionale si provvede ai sensi dell'articolo 20-ter della legge 15 marzo 1997, n. 59, e dei successivi accordi attuativi.

3-septies. Per l'attuazione del programma di cui al comma 3-sexies si applicano le disposizioni di cui ai commi da 2 a 7 dell'articolo 25 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni.

3-octies. Entro il 31 gennaio di ciascun anno, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione rende comunicazioni alle Camere sullo sviluppo e sui risultati delle politiche di semplificazione nell'anno precedente, con particolare riguardo all'attuazione del presente decreto e dei programmi di cui al presente articolo.

 

 

L’articolo 3, al comma 1 introduce alcune misure in tema di riduzione degli oneri amministrativi, - tema che si inquadra nella cornice europea ed è stato perseguito, nel corso della legislatura, in base all’impegno assunto dallo Stato italiano nel corso della riunione del Consiglio dei ministri europeo dell’8-9 marzo 2007 - attraverso una novella all’articolo 8 della L. 180/2011[10] (c.d. statuto delle imprese).

Tali misure, anche a seguito di modifiche introdotte in sede referente, intervengono su materia nella quale si sono susseguiti diversi interventi normativi, costituiti non solo dal citato articolo 8, ma anche dalla legge n. 246 del 2005[11], dall’articolo 1 del D.L. n. 4 del 2006[12], dall’articolo 25 del D.L. 112/2008[13].

Le disposizioni in esame, almeno per il 2012, recano previsioni che si intrecciano con quelle previste da alcune delle disposizioni ricordate, apparendo quindi opportuno un coordinamento delle discipline stabilite.

 

L’articolo 8 del c.d. statuto delle imprese prevede un meccanismo di compensazione degli oneri amministrativi, in base al quale negli atti normativi e nei provvedimenti amministrativi a carattere generale che regolano l'esercizio di poteri autorizzatori, concessori o certificatori, nonché l'accesso ai servizi pubblici o la concessione di benefici, non possono essere introdotti nuovi oneri regolatori, informativi o amministrativi a carico di cittadini, imprese e altri soggetti privati senza contestualmente ridurne o eliminarne altri, per un pari importo stimato, con riferimento al medesimo arco temporale (comma 1).

Con la medesima finalità di garantire la trasparenza amministrativa, già l’art. 6, co. 2, lett. b), numero 5, del D.L. 70/2011[14] prescrive a carico delle amministrazioni dello Stato l’obbligo di allegare ai regolamenti ministeriali o interministeriali ovvero ai provvedimenti amministrativi a carattere generale adottati per regolare l’esercizio di poteri autorizzatori, concessori o certificatori, l’accesso ai servizi pubblici o la concessione di benefici un elenco degli oneri informativi a carico dei cittadini e delle imprese, introdotti ovvero eliminati in virtù degli atti medesimi.

 

In particolare, viene interamente sostituito il comma 2 del citato articolo 8, che nella formulazione originaria, rendeva obbligatoria – ferma restando la disciplina dell’analisi di impatto della regolazione (AIR) – una apposita valutazione preventiva degli oneri previsti dagli schemi di provvedimenti normativi e amministrativi.

 

Secondo la formulazione originaria della disposizione, tale valutazione deve anche essere funzionale ad individuare altri oneri regolatori, informativi o amministrativi previsti dalle norme già in vigore, da ridurre o eliminare allo scopo di garantire l'invarianza degli oneri sui privati connessi alle nuove norme o prescrizioni.

 

In sostituzione di tale disposizione, i nuovi commi da 2 a 2-septies introducono un meccanismo più complesso, che può essere schematizzato come di seguito.

Le amministrazioni statali devono trasmettere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri entro il 31 gennaio di ogni anno una relazione a consuntivo dell’anno precedente, relativa agli oneri amministrativi a carico di cittadini ed imprese, introdotti ed eliminati con gli atti normativi approvati nel corso dell'anno medesimo (comma 2), compresi quelli – come specificato nel corso dell’esame in sede referente - introdotti con atti di recepimento di direttive comunitarie che determinano livelli di regolazione superiore a quelli minimi richiesti dalle direttive medesime. A tal fine, gli oneri sono valutati come nelle relative analisi di impatto della regolamentazione (AIR).

L’inclusione nella valutazione (consuntiva) degli oneri amministrativi, operata in sede referente, di quelli introdotti nel recepimento di direttive comunitarie, è correlata a quella (preventiva) già prevista dalla normativa vigente, ed in particolare dalla Legge 183/2011.

 

L’art. 15, co. 2, della legge 183/2011 (legge di stabilità 2012) prevede, attraverso una novella della legge di semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005 (legge 246/2005) che, in sede di recepimento di direttive comunitarie non possano essere introdotti o mantenuti, salvo circostanze eccezionali valutate nell’Analisi di impatto della regolamentazione (AIR), livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle suddette direttive, il cui impatto sulle piccole e medie imprese, nonché la valutazione dei conseguenti oneri amministrativi e dei relativi costi introdotti od eliminati nei confronti di cittadini ed imprese, dovrà essere illustrato in apposita sezione dell’AIR[15].

 

In relazione alle misure previste dalle disposizioni in esame, si ricorda che l’articolo 14 della legge 246/2005[16] assoggetta tutti gli atti normativi del Governo, salvo i casi di esenzione[17], all’analisi di impatto della regolamentazione (AIR), definita come la «valutazione preventiva degli effetti di ipotesi di intervento ricadenti sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull’organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni, mediante comparazione di opzioni alternative»[18].

La relazione AIR, secondo quanto previsto dall’art. 6, co. 2, della legge 180/2011, dà conto, tra l'altro, in apposite sezioni, della valutazione dell'impatto sulle piccole e medie imprese e degli oneri informativi e dei relativi costi amministrativi, introdotti o eliminati a carico di cittadini e imprese. I relativi criteri per l’effettuazione della stima dei costi amministrativi (art. 6, co. 3) sono stabiliti con DPCM, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge 180/2011 (e non ancora adottato).

A tali criteri rinvia la norma in commento ai fini della valutazione degli oneri in sede di AIR. Per quanto riguarda, invece, gli atti normativi non sottoposti ad AIR, si specifica unicamente che le amministrazioni utilizzano i medesimi criteri per la stima e la quantificazione degli oneri amministrativi introdotti o eliminati.

 

La disposizione specifica cosa debba intendersi per “oneri amministrativi”, individuandoli nei “costi degli adempimenti cui cittadini ed imprese sono tenuti nei confronti delle pubbliche amministrazioni nell'ambito del procedimento amministrativo, compreso qualunque adempimento comportante raccolta, elaborazione, trasmissione, conservazione e produzione di informazioni e documenti alla pubblica amministrazione”.

 

In merito si ricorda che il legislatore, ai sensi del comma 5-bis dell’art. 14 della l. 246/2005, come introdotto dall’art. 6 della legge 180/2011, nonché dell’art. 6, co. 2, lett. b), numero 5, del D.L. 70/2011, ha utilizzato l’espressione “onere informativo” per indicare “qualunque adempimento comportante raccolta, elaborazione, trasmissione, conservazione e produzione di informazioni e documenti alla pubblica amministrazione”.

 

Entro il 31 marzo di ciascun anno, dovrà essere pubblicata sul sito del Governo una relazione complessiva, che il Dipartimento della funzione pubblica predispone sulla base delle relazioni delle amministrazioni, sentite le associazioni imprenditoriali e le associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale ai sensi del Codice del consumo e previa verifica a cura del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (DAGL) della Presidenza del Consiglio dei Ministri (comma 2-bis). Tale relazione contiene il bilancio annuale degli oneri amministrativi introdotti e eliminati, indicando il risultato con riferimento a ciascuna amministrazione.

La relazione è strumentale all’adozione di misure di compensazione tese a ridurre gli oneri amministrativi nei settori e per le amministrazioni in cui si evidenzi che gli oneri introdotti dalle disposizioni normative sono superiori a quelli eliminati, ponendo così il presupposto di interventi di “pareggio”(comma 2-ter).

 

Si rileva però, che il vigente comma 1 dell’articolo che è parzialmente novellato, prevede espressamente che non possono essere introdotti nuovi oneri a carico di cittadini, imprese e altri soggetti privati senza contestualmente ridurne o eliminarne altri, il che quindi esclude che si possa verificare proprio il presupposto del procedimento introdotto dalle novelle in esame.

 

Il comma 2-ter prevede che si proceda alla suddetta riduzione con atti normativi adottati, entro novanta giorni dalla pubblicazione della relazione generale e previa consultazione delle associazioni imprenditoriali e le associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale, nel rispetto di alcuni princìpi e criteri direttivi puntualmente indicati dal comma 2-ter:

a) proporzionalità degli adempimenti amministrativi alle esigenze di tutela degli interessi pubblici coinvolti in relazione ai diversi soggetti destinatari, nonché alla dimensione dell'impresa e al settore di attività;

b) eliminazione di dichiarazioni, attestazioni, certificazioni, comunque denominati, nonché degli adempimenti amministrativi e delle procedure non necessari rispetto alla tutela degli interessi pubblici in relazione ai soggetti destinatari e alle attività esercitate;

c) utilizzo delle autocertificazioni e, ove necessario, delle attestazioni e delle asseverazioni dei tecnici abilitati nonché delle dichiarazioni di conformità da parte dell'Agenzia delle imprese;

d) informatizzazione degli adempimenti e delle procedure amministrative, secondo la disciplina del Codice dell’amministrazione digitale, adottato con decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;

e) coordinamento delle attività di controllo al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni, assicurando la proporzionalità degli stessi in relazione alla tutela degli interessi pubblici coinvolti.

 

Nel rispetto di questi principi generali, l’atto normativo da utilizzare varia in relazione alla fonte degli oneri:

a)   per la riduzione di oneri amministrativi di competenza statale previsti da leggi, occorre adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, uno o più regolamenti di delegificazione, ai sensi dell'articolo 17, co. 2, della legge n. 400/1988 (comma 2-ter);

I regolamenti sono adottati, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dello sviluppo economico.

b)   per la riduzione di oneri amministrativi previsti da regolamenti si procede, con regolamenti governativi (non di delegificazione) adottati ai sensi dell'articolo 17, co. 1, della legge n. 400/1988 (comma 2-quater);

I regolamenti sono adottati, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri competenti.

c)   per la riduzione di oneri amministrativi previsti da regolamenti ministeriali, si procede con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati ai sensi dell'articolo 17, co. 3, della legge n. 400/1988 (comma 2-quinquies).

I regolamenti sono adottati, su proposta Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro dello sviluppo economico e dei Ministri competenti per materia.

 

Infine, il comma 2-sexies stabilisce l’invarianza della spesa in quanto le amministrazioni devono provvedere alle attività previste con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, mentre il comma 2-septies esclude dall’applicazione dell’art. 8, come riformulato, gli atti normativi in materia tributaria, creditizia e di giochi pubblici.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame elimina l’obbligo di periodicità biennale della verifica dell’impatto della regolamentazione (VIR), mediante abrogazione del terzo e del quarto periodo dell’articolo 14, co. 4, della legge 246/2005[19].

 

Si ricorda che l’articolo 14, co. 4, della legge 246/2005 affianca all’analisi preventiva di impatto (AIR) la verifica dell’impatto della regolamentazione (VIR), la quale consiste «nella valutazione, anche periodica, del raggiungimento delle finalità e nella stima dei costi e degli effetti prodotti da atti normativi sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull’organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni»[20].

Nella formulazione originaria, la VIR è applicata dopo il primo biennio dalla data di entrata in vigore della legge oggetto di valutazione. Successivamente essa è effettuata periodicamente a scadenze biennali.

 

Il comma 3 apporta una correzione formale all’articolo 15, co. 2, della legge 183/2011, derivante dal fatto che con due distinte novelle sono stati introdotti due commi 5-bis all’articolo 14 della legge n. 246/2005.

 

Infatti, il citato comma 5-bis è stato dapprima aggiunto dalla lettera c) del comma 2 dell’art. 6, L. n. 180/2011, a decorrere dal 15 novembre 2011 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 21 della stessa legge n. 180/2011, e nuovamente inserito, con diverso testo, dalla lettera a) del comma 2 dell’art. 15, L. n. 183/2011, a decorrere dal 1° gennaio 2012, ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 36 della stessa legge n. 183/2011.

 

Pertanto, con la opportuna novella, l’articolo 15, co. 2, della legge 183/2011 introduce il comma 5-ter dell’articolo 14 della legge n. 246/2005.

 

Dal punto di vista del coordinamento delle illustrate disposizioni del comma 1 con la normativa già vigente – come sopra accennato - si rileva che il procedimento per la rimozione degli oneri amministrativi che è introdotto si affianca al meccanismo del c.d. taglia-oneri amministrativi, già previsto dal citato articolo 25 del D.L. 112/2008[21], finalizzato alla misurazione degli oneri amministrativi derivanti da obblighi informativi nelle materie affidate alla competenza dello Stato ed alla loro riduzione.

 

La disposizione del taglia-oneri amministrativi, di cui al citato art. 25, come modificato dall’art. 6, co. 2, lett. f), del D.L. 70/2011, prevede la riduzione degli oneri amministrativi, entro il 31 dicembre 2012, per una quota complessiva del 25 per cento, ottemperando all’impegno assunto, in sede di Unione europea, dallo Stato italiano. Tale finalità è perseguita attraverso tre passaggi:

Ø       l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri, di un programma di misurazione degli oneri amministrativi, predisposto dal Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e dal Ministro per la semplificazione normativa (comma 1).

Ø       l’adozione da parte di ciascun Ministro, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione ed il Ministro per la semplificazione normativa, di un piano di riduzione degli oneri amministrativi, che definisce le misure normative, organizzative e tecnologiche finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo della riduzione stessa (comma 3);

Ø       sulla base degli esiti della misurazione degli oneri amministrativi gravanti su ciascun settore, congiuntamente ai piani di cui al comma 3, e comunque entro il 30 settembre 2012, il Governo è autorizzato ad adottare uno o più regolamenti di delegificazione su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e del Ministro per la semplificazione normativa, di concerto con il Ministro o i Ministri competenti, contenenti gli interventi normativi volti a ridurre gli oneri amministrativi gravanti sulle imprese e sui cittadini nei diversi settori ed a semplificare e riordinare la relativa disciplina[22].

Si stabiliscono, inoltre, alcune specifiche modalità operative per l’estensione del meccanismo taglia-oneri alle regioni e agli enti locali, prevedendo che questi adottino, nell’ambito delle rispettive competenze, interventi di tipo normativo, amministrativo o organizzativo tesi alla riduzione degli oneri amministrativi, da stabilirsi sulla base delle risultanze delle attività di misurazione.

Per coordinare le attività di misurazione e le iniziative di riduzione da parte dei diversi livelli istituzionali, la novella prevede l’istituzione di un comitato paritetico in seno alla Conferenza unificata[23].

Secondo quanto previsto dall’art. 6, co. 3, del citato D.L. 70/2011, anche le autorità amministrative indipendenti con funzioni di vigilanza e garanzia, effettuano, nell'ambito dei propri ordinamenti e con le risorse disponibili a legislazione vigente, la misurazione degli oneri amministrativi a carico delle imprese con l'obiettivo di ridurre tali oneri entro il 31 dicembre 2012. A tal fine, possono proporre le misure legislative e regolamentari ritenute funzionali all’obiettivo.

 

I due procedimenti sembrano avere, almeno parzialmente, le medesime finalità ed il medesimo contenuto. Pertanto, al fine di evitare duplicazioni organizzative e stratificazioni normative, appare opportuno coordinare le disposizioni attualmente vigenti in materia.

 

Tale coordinamento appare ancor più auspicabile in relazione alle ulteriori novelle introdotte nel corso dell’esame in sede referente con i commi da 3-bis a 3-septies.

 

Tali commi, pur novellando il citato art. 8 della legge n. 180 del 2011, introducono disposizioni in tema di programmazione e pianificazione, nelle pubbliche amministrazioni, per la riduzione degli oneri amministrativi, che sembrano anch’esse in parte sovrapponibili a quelle già vigenti dell’articolo 25 del D.L. 112/2008[24], convertito dalla legge 6 agosto 2008, n.133, che vengono anche espressamente richiamate dai commi 3-ter , 3-sexies e 3-septies ponendo taluni problemi interpretativi più avanti illustrati.

Le disposizioni già vigenti specificano che esse si applicano agli oneri amministrativi derivanti da obblighi informativi e prescrivono adempimenti da realizzare entro il 2012, mentre quelle in esame distinguono gli oneri amministrativi in base alla fonte o alla natura regolatoria (comma 3-sexies) e si riferiscono agli anni 2012-2015. Quanto alla natura degli oneri, la qualificazione “regolatori” introduce una qualificazione ulteriore rispetto alla definizione stabilita nel novellato comma 2, della quale andrebbe chiarito il significato.

 

La disciplina introdotta nel corso dell’esame in sede referente stabilisce, per gli oneri nelle materie di competenza regionale, il ricorso, ai fini del rispetto del principio di leale collaborazione, a pareri, accordi o intese in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano o di Conferenza unificata.

Nella normativa già introdotta dal citato art. 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, per il coordinamento delle metodologie della misurazione e riduzione degli oneri invece è istituito un Comitato paritetico presso la Conferenza unificata.

 

Per le materie di competenza regionale i commi 3-bis e 3-sexies richiamano l’art. 20-ter della legge n. 59 del 1997, introdotto dalla legge n. 246 del 2005 che stabilisce che il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione, concludono, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano o di Conferenza unificata, anche sulla base delle migliori pratiche e delle iniziative sperimentali statali, regionali e locali, accordi ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281 decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, o intese ai sensi dell'articolo 8 della legge 5 giugno 2003 n. 131 per il perseguimento delle comuni finalità di miglioramento della qualità normativa nell'àmbito dei rispettivi ordinamenti, al fine, tra l'altro, di:

a) favorire il coordinamento dell'esercizio delle rispettive competenze normative e svolgere attività di interesse comune in tema di semplificazione, riassetto normativo e qualità della regolazione;

b) definire princìpi, criteri, metodi e strumenti omogenei per il perseguimento della qualità della regolazione statale e regionale, in armonia con i princìpi generali stabiliti dalla presente legge e dalle leggi annuali di semplificazione e riassetto normativo, con specifico riguardo ai processi di semplificazione, di riassetto e codificazione, di analisi e verifica dell'impatto della regolazione e di consultazione;

c) concordare, in particolare, forme e modalità omogenee di analisi e verifica dell'impatto della regolazione e di consultazione con le organizzazioni imprenditoriali per l'emanazione dei provvedimenti normativi statali e regionali;

d) valutare, con l'ausilio istruttorio anche dei gruppi di lavoro già esistenti tra regioni, la configurabilità di modelli procedimentali omogenei sul territorio nazionale per determinate attività private e valorizzare le attività dirette all'armonizzazione delle normative regionali.

 

Sono previsti tre procedimenti a seconda degli oneri considerati:

§         riduzione di oneri amministrativi in generale, senza ulteriore specificazione (commi 3-bis, 3-ter e 3-quater);

§         riduzione gli oneri amministrativi derivanti da regolamenti o atti amministrativi (comma 3-quinquies)

§         misurazione e riduzione di tempi, procedimenti e oneri regolatori, gravanti su cittadini e imprese, inclusi gli oneri amministrativi (commi 3-sexies e 3-septies).

 

Per il primo procedimento, che appare riferito agli oneri derivanti da leggi statali, è prevista l’adozione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, un Programma 2012-2015 per la riduzione degli oneri amministrativi gravanti sulle amministrazioni pubbliche.

Il comma 3-ter , secondo periodo, prevede che per l'attuazione del programma si applicano le disposizioni di cui ai commi da 2 a 7 dell'articolo 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

 

Come accennato tale richiamo pone problemi interpretativi in quanto:

§         il primo periodo del comma 3-ter attribuisce al Programma 2012-2015 approvato con D.P.C.M. la competenza ad individuare le aree, i tempi e le metodologie di intervento garantendo la partecipazione e la consultazione, anche attraverso strumenti telematici, delle amministrazioni ai fini dell'individuazione degli adempimenti amministrativi da semplificare e della elaborazione delle conseguenti proposte; mentre il richiamato art. 25 prevede che “ciascun Ministro, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e con il Ministro per la semplificazione normativa, adotta il piano di riduzione degli oneri amministrativi relativo alle materie affidate alla competenza di ciascun Ministro” (comma 3) e che “con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e del Ministro per la semplificazione normativa, si provvede a definire le linee guida per la predisposizione dei piani di cui al comma 3 e delle forme di verifica dell'effettivo raggiungimento dei risultati, anche utilizzando strumenti di consultazione pubblica delle categorie e dei soggetti interessati” (comma 4);

§         il comma 3-quater prevede che, sulla base degli esiti delle attività definite nel Programma di cui al comma 4 – il riferimento dovrebbe essere in realtà al comma 3-bis - il Governo emana, entro 31 dicembre di ciascun anno, uno o più regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per la riduzione di oneri amministrativi; invece, il richiamato art. 25, comma 5, prevede l’adozione di regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 per la previsione di interventi che devono confluire nel processo annuale di semplificazione di cui all’art. 20 della legge n. 59 del 1997.

 

Per il secondo procedimento, relativo oneri amministrativi derivanti da regolamenti o atti amministrativi (comma 3-quinquies) è prevista l'attuazione di appositi piani, adottati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con gli altri Ministri competenti per materia, sentita la Conferenza Unificata nei quali sono indicate le misure normative, organizzative e tecnologiche da adottare, assegnando i relativi obiettivi ai dirigenti titolari dei centri di responsabilità amministrativa.

Tale comma non contiene alcun richiamo alle disposizioni del citato articolo 25, che, al comma 3, prevede piani di riduzione di oneri amministrativi di competenza di ciascun Ministro 1 che confluiscono nel “piano di azione per la semplificazione e la qualità della regolazione” di cui al comma 2 dell’art. 1 del D.L. n. 4 del 2006, conv. con modificazioni dalla legge n. 80 del 2006.

Anche in tal caso sembra opportuno chiarire il coordinamento con le norme già vigenti, perché il suddetto art. 1 del D.L. n. 4 del 2006, prevede che l'attività di indirizzo e la guida strategica delle politiche di semplificazione e di qualità della regolazione sono attribuite ad un Comitato interministeriale di indirizzo, presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro da lui delegato, che predispone, entro il 31 marzo di ogni anno, un piano di azione per il perseguimento degli obiettivi del Governo in tema di semplificazione, di riassetto e di qualità della regolazione per l'anno successivo. Tale piano – che pone quindi un adempimento a regime - sentito il Consiglio di Stato, è approvato dal Consiglio dei Ministri e trasmesso alle Camere.

 

Il terzo procedimento, previsto dal comma 3-sexies, riguarda la misurazione e riduzione di tempi, procedimenti e oneri regolatori, gravanti su cittadini e imprese, inclusi gli oneri amministrativi.

Quest’ultima precisazione evidenzia la possibilità di sovrapposizioni con i procedimenti previsti dai precedenti commi, rendendo opportuno in tal caso un coordinamento non solo con i procedimenti già previsti a legislazione vigente, ma anche con quelli previsti sopra illustrati.

Il procedimento di cui al comma 3-sexies si incentra sull’adozione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la Pubblica amministrazione e la semplificazione previa intesa in sede di Conferenza Unificata, di un programma 2012-2015, “nel quadro delle indicazioni e delle raccomandazioni dei competenti organismi comunitari”.

Anche per l’attuazione di tale programma sono richiamati, dal comma 3-septies, i già citati commi da 2 a 7 dell’art. 25 del D.L. 112/2008.

 

Inoltre, il comma 3-octies prevede che, entro il 31 gennaio di ciascun anno, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione rende comunicazioni, senza precisare se a mezzo di presentazione di relazione, alle Camere sullo sviluppo e sui risultati delle politiche di semplificazione nell'anno precedente, con particolare riguardo all'attuazione del presente decreto e dei programmi di cui al presente articolo.

Non è chiaro se la disposizione si riferisca solo agli anni 2012-2015 o sia a regime; in ogni caso essa introduce un ulteriore adempimento di comunicazione del Governo alle Camere in materia di semplificazione che si aggiunge a quello già previsto dall’art. 1 del D.L. n. 4 del 2006, conv. con modificazioni dalla legge n. 80 del 2006, con l’effetto che, entro il 31 gennaio di ogni anno, è resa alle Camere una comunicazione sullo sviluppo e sui risultati delle politiche di semplificazione nell'anno precedente ed entro il 31 marzo di ogni anno è trasmesso un piano di azione.

 


 

Articolo 4
(
Semplificazioni in materia di documentazione per le persone con disabilità e patologie croniche e partecipazione ai giochi paraolimpici)

1. I verbali delle commissioni mediche integrate di cui all'articolo 20, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, riportano anche l'esistenza dei requisiti sanitari necessari per la richiesta di rilascio del contrassegno invalidi di cui al comma 2 dell'articolo 381 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, e successive modificazioni, nonché per le agevolazioni fiscali relative ai veicoli previsti per le persone con disabilità.

2. Le attestazioni medico legali richieste per l'accesso ai benefìci di cui al comma 1 possono essere sostituite dal verbale della commissione medica integrata. Il verbale è presentato in copia con dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà sulla conformità all'originale, resa dall'istante ai sensi dell'articolo 19 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che dovrà altresì dichiarare che quanto ivi attestato non è stato revocato, sospeso o modificato.

2.-bis. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro della salute, previo parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1987, n. 281, e successive modificazioni, sono disciplinate le modalità per il riconoscimento della validità su tutto il territorio nazionale del contrassegno invalidi di cui al comma 2 dell’articolo 381, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, e successive modificazioni.

3. Il Governo è autorizzato ad emanare uno o più regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, volti ad individuare gli ulteriori benefìci per l'accesso ai quali i verbali delle commissioni mediche integrate di cui all'articolo 20 del citato decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78 attestano l'esistenza dei requisiti sanitari, nonché le modalità per l'aggiornamento delle procedure informatiche e per lo scambio dei dati per via telematica.

4. I regolamenti di cui al comma 3 sono emanati su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dei Ministri interessati, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sentito l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, di cui alla legge 3 marzo 2009, n. 18.

4-bis. Al fine di ridurre gli adempimenti amministrativi per le persone affette dalle malattie croniche e invalidanti di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, ed eliminare oneri di accertamento impropri a carico della pubblica amministrazione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, è definito, con decreto del Ministro della salute, previo accordo con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni  e le province autonome di Trento e di Bolzano, il periodo minimo di validità dell’attestato di esenzione dalla partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie in relazione alle diverse patologie, e alla possibilità di miglioramento, valutata in base alle evidenze scientifiche.

5. Al fine di dare continuità all'attività di preparazione in vista della partecipazione ai giochi paralimpici di Londra 2012, è autorizzata in favore del Comitato italiano paralimpico la spesa di 6 milioni di euro per l'anno 2012. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, relativa al Fondo per interventi urgenti ed indifferibili, come integrata, da ultimo, dall'articolo 33, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183.

 

 

Il comma 1 stabilisce che, al fine di evitare duplicazioni negli accertamenti sanitari previsti, nei verbali delle commissioni mediche integrate ASL, riguardanti l’invalidità civile e la disabilità, sia inclusa l’attestazione dell’esistenza dei requisiti sanitari necessari per:

§         il contrassegno invalidi[25], che agevola la circolazione e la sosta dei veicoli;

§         le agevolazioni fiscali per l’acquisto di autoveicoli o motoveicoli (IVA agevolata al 4%, detrazioni d’imposta[26], esenzione bollo auto e della trascrizione al Pubblico registro automobilistico in occasione della registrazione dei passaggi di proprietà)

 

L’art. 20 del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78[27] (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini) prevede che, dal 1° gennaio 2010, un medico INPS integri le commissioni mediche ASL[28], competenti in materia di accertamenti per le invalidità civili e gli stati di handicap, la cui definizione finale è in capo all’Inps.

 

Il comma 2 prevede che per l’accesso ai benefici di cui al comma 1, al fine di evitare pratiche elusive, è possibile presentare copia[29] del verbale della commissione medica integrata, che sostituisce le attestazioni medico legali richieste, con dichiarazione che il verbale è conforme all’originale e che non è stato revocato o sospeso o modificato successivamente al primo rilascio.

Il comma 2-bis, aggiunto durante l’esame in sede referente, prevede la modalità per il riconoscimento della validità su tutto il territorio nazionale del contrassegno invalidi, da disciplinarsi con decreto del Ministro dei trasporti e delle infrastrutture e della salute, e previo parere della Conferenza unificata.

Va osservato che la disposizione in esame non prevede un termine per l’emanazione del decreto ministeriale.

Il comma 3 stabilisce che il Governo è delegato ad emanare uno o più regolamenti[30], per individuare gli ulteriori benefici, a cui è possibile applicare le norme di semplificazione in esame, nonché le modalità per l’aggiornamento delle procedure informatiche e per lo scambio dei dati per via telematica.

Il comma 4 prevede che i regolamenti di cui al comma 3 sono emanati su proposta del Ministro del lavoro e delle Politiche Sociali, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dei Ministri interessati, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza unificata[31], sentite le associazioni di tutela dei diritti delle persone con disabilità.

In proposito va osservato che la disposizione in commento non indica il termine per l’emanazione dei regolamenti.

Il comma 4-bis, aggiunto durante l’esame in sede referente, rimette la definizione del periodo minimo di validità dell'attestato di esenzione dalla partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie in relazione alle diverse patologie croniche e invalidanti[32] e l’indicazione sulla possibilità di miglioramento della malattia - valutata in base alle evidenze scientifiche -, ad un decreto del Ministro della salute da emanarsi, previo accordo con la Conferenza Stato-regioni, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto. La disposizione è diretta a ridurre gli adempimenti amministrativi per le persone affette da malattie croniche ed invalidanti e ad eliminare oneri di accertamento impropri a carico della pubblica amministrazione.

Il comma 5 autorizza la spesa di 6 milioni di euro per il 2012 - a valere sulle risorse del Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili -a favore del Comitato italiano paralimpico, al fine di dare continuità all’attività di preparazione in vista della partecipazione ai giochi paralimpici di Londra 2012.

Il Comitato italiano Paralimpico (CIP) è l'ente deputato a riconoscere e coordinare le Federazioni Sportive Paralimpiche che organizzano l'attività sportiva per le persone disabili sul territorio nazionale[33]. Tra i suoi compiti istituzionali vi è la preparazione delle squadre agonistiche top level in vista dei Giochi Paralimpici estivi ed invernali, oltre che la promozione a tutti i livelli e in ogni fascia di età e di popolazione della pratica sportiva delle persone disabili.

Il finanziamento del CIP disposto dall'art. 1, co. 580, della L. 266/2005, pari a 500.000 euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, è stato incrementato di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 dall’art. 1, co. 1298, della L. 266/2005. La stessa legge ha disposto un contributo di 3 milioni di euro per il 2009.

L’art. 2, co. 568 della L. 244/2007 ha poi incrementato il contributo per il 2008 di 2 ulteriori milioni di euro, il contributo per il 2009 di 1 milione di euro e ha stanziato un contributo di 1 milione di euro per il 2010. Il D.L. 93/2008 ha, invece, operato una riduzione di 2 milioni di euro per il 2008 e 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010.

A sua volta, l’art. 63, co. 9-bis, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) ha incrementato di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 il contributo di cui all’art. 1, co. 580, della legge 266/2005.

L’art. 1, co. 23-ter, del D.L. 194/2009 (L. 25/2010) ha incluso il CIP tra i destinatari delle risorse del Fondo per le esigenze urgenti ed indifferibili istituito dall'art. 7-quinquies del D.L. n. 5/2009 (L. 33/2009), mentre il co. 23-octiesdecies, lett. b), dello stesso art. 1 ha autorizzato la spesa di 3,2 milioni di euro per il 2010.

Da ultimo, con risoluzione 8-00117, la V Commissione della Camera, il 7 aprile 2011 ha impegnato il Governo a destinare al CIP 6 milioni di euro nell'ambito dell’incremento delle risorse del Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili disposto dalla L. di stabilità 2011. Il Fondo è stato ulteriormente incrementato, per il 2012, dall’art. 33, co. 1, della legge 183/2011 (L. di stabilità 2012), che ha previsto che la dotazione sia ripartita, con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, tra le finalità indicate nell'elenco n. 3 allegato. La stessa disposizione ha previsto che una quota pari a 100 milioni di euro dell’incremento disposto è destinata al finanziamento di interventi urgenti finalizzati, tra l’altro, alla promozione di attività sportive. Il DPCM non risulta ancora intervenuto. A fronte di ciò, la disposizione in esame garantisce al CIP l’assegnazione di 6 milioni di euro per l’anno 2012.

 


 

Articolo 5
(
Cambio di residenza in tempo reale)

1. Le dichiarazioni anagrafiche di cui all'articolo 13, comma 1, lettere a), b) e c), del regolamento di cui al decreto del Presidente del Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, sono rese nel termine di venti giorni dalla data in cui si sono verificati i fatti utilizzando una modulistica conforme a quella pubblicata sul sito istituzionale del Ministero dell'interno. Nella modulistica è inserito il richiamo alle sanzioni previste dall'articolo 76 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in caso di false dichiarazioni.

2. Le dichiarazioni di cui al comma 1 sono rese e sottoscritte di fronte all'ufficiale di anagrafe ovvero inviate con le modalità di cui all'articolo 38, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

3. Fermo quanto previsto dagli articoli 5 e 6 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l'ufficiale d'anagrafe, nei due giorni lavorativi successivi alla presentazione delle dichiarazioni di cui al comma 1, effettua, previa comunicazione al comune di provenienza, le iscrizioni anagrafiche. Gli effetti giuridici delle iscrizioni anagrafiche e delle corrispondenti cancellazioni decorrono dalla data della dichiarazione.

4. In caso di dichiarazioni non corrispondenti al vero si applicano le disposizioni previste dagli articoli 75 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Ove nel corso degli accertamenti svolti entro il termine di cui al comma 5 emergano discordanze con la dichiarazione resa, l'ufficiale di anagrafe segnala quanto è emerso alla competente autorità di pubblica sicurezza e al comune di provenienza.

5. Entro il termine di cui al comma 6, con regolamento adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera a), della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sono apportate al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, le modifiche necessarie per semplificarne la disciplina e adeguarla alle disposizioni introdotte con il presente articolo, anche con riferimento al ripristino della posizione anagrafica precedente in caso di accertamenti negativi o di verificata assenza dei requisiti, prevedendo altresì che, se nel termine di quarantacinque giorni dalla dichiarazione resa o inviata ai sensi del comma 2 non è stata effettuata la comunicazione di cui all'articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, con l'indicazione degli eventuali requisiti mancanti o degli accertamenti svolti con esito negativo, quanto dichiarato si considera conforme alla situazione di fatto in essere alla data della dichiarazione, ai sensi dell'articolo 20 della stessa legge n. 241 del 1990.

5-bis. In occasione di consultazioni elettorali o referendarie, qualora l’ufficiale di anagrafe proceda al ripristino della posizione anagrafica precedente ai sensi del comma 5 in tempi non utili ai fini degli adempimenti di cui all’articolo 32, primo comma, n. 4), del testo unico delle leggi per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali, di cui del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, le conseguenti variazioni alle liste elettorali sono apportate non oltre il quindicesimo giorno antecedente la data della votazione.

6. Le disposizioni del presente articolo acquistano efficacia decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto.

 

 

L’articolo 5, modificato nel corso dell’esame in sede referente, interviene sulla disciplina di alcune delle dichiarazioni anagrafiche previste da fonte secondaria costituita dal “Regolamento anagrafico della popolazione residente” contenuto nel D.P.R. n. 223 del 1989, differendo però l’efficacia di quanto previsto decorsi 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge.

Tale intervento sul Regolamento anagrafico è effettuato in più direzioni: sia riproducendone in parte il contenuto (ad esempio, per la previsione del termine di venti giorni, dalla data in cui si sono verificati i fatti, entro il quale i cittadini effettuano le dichiarazioni anagrafiche, di cui all’art. 13 comma 2 del D.P.R.); sia modificandone non testualmente alcune previsioni; sia, ancora, rinviando ad un successivo regolamento l’adozione di modifiche del citato D.P.R. per una semplificazione della disciplina e per l’adeguamento a quanto stabilito dallo stesso art. 5.

Appare opportuno valutare la coerenza delle modalità di intervento in esame con le esigenze di semplificazione dell'ordinamento vigente sotto il profilo di un coerente utilizzo delle fonti, in quanto l’intervento della fonte primaria in senso confermativo o modificativo di disposizioni della fonte secondaria può conferire a quest’ultima un diverso grado di resistenza, rispetto ai principi generali, ad interventi modificativi successivi.

 

L’intervento normativo riguarda solo le dichiarazioni anagrafiche concernenti i trasferimenti di residenza da altro comune o dall'estero ovvero i trasferimenti di residenza all'estero, la costituzione di nuova famiglia o di nuova convivenza, ovvero mutamenti intervenuti nella composizione della famiglia o della convivenza nonché i cambiamenti di abitazione.

 

Non riguarda, quindi, le altre dichiarazioni anagrafiche previste dal citato art. 13 relative a: cambiamento dell'intestatario della scheda di famiglia o del responsabile della convivenza; cambiamento della qualifica professionale; cambiamento del titolo di studio. Per esse resta ferma la previsione dell’art. 13 del citato regolamento che prevede che “possono essere rese anche a mezzo di lettera raccomandata”.

 

Per le dichiarazioni anagrafiche prese in considerazione, il comma 1 prevede che esse - che già in base al citato regolamento devono essere rese nel termine di venti giorni dalla data in cui si sono verificati i fatti che ne sono il presupposto – siano effettuate utilizzando una modulistica conforme a quella pubblicata sul sito istituzionale del Ministero dell'interno in cui sia inserito anche il richiamo alle sanzioni previste dal Testo unico in materia di documentazione amministrativa (art. 76 D.P.R. n. 445/2000) in caso di false dichiarazioni.

 

Rispetto alle previsioni dell’art. 13 del D.P.R. n. 223/1989, che al comma 2, stabilisce che solo le dichiarazioni concernenti il trasferimento di residenza da altro comune o dall'estero ovvero i trasferimenti di residenza all'estero devono essere rese mediante modello conforme all'apposito esemplare predisposto dall'Istituto centrale di statistica con rilascio di ricevuta ai dichiaranti, si introducono con il comma 1 due innovazioni:

§         l’utilizzazione di un modello diverso dall’attuale che è individuato dall’Istituto centrale di statistica;

§         l’estensione dell’utilizzazione di tale modello anche alle dichiarazioni anagrafiche concernenti la costituzione di nuova famiglia o di nuova convivenza, ovvero mutamenti intervenuti nella composizione della famiglia o della convivenza nonché i cambiamenti di abitazione, che, invece, ai sensi del regolamento anagrafico, possono essere rese con lettera raccomandata a.r.;

§         l’introduzione in tale modello del riferimento all’art. 76 del D.P.R. n. 445/2000.

 

In base al comma 2 le suddette dichiarazioni anagrafiche sono rese e sottoscritte di fronte all'ufficiale di anagrafe, ovvero inviate secondo le modalità di cui all'art. 38 del D.P.R. n. 445/2000.

 

Ai sensi del citato art. 38, tutte le istanze e le dichiarazioni da presentare alla pubblica amministrazione o ai gestori o esercenti di pubblici servizi possono essere inviate anche per fax e via telematica, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 65 del D.Lgs. n. 82/2005 (Codice dell'amministrazione digitale).

Si consideri che il citato art. 65 prevede che le istanze e le dichiarazioni sono valide solo se sottoscritte mediante la firma digitale; quando l'autore è identificato dal sistema informatico con l'uso della carta d'identità elettronica o della carta nazionale dei servizi, nei limiti di quanto stabilito da ciascuna amministrazione ai sensi della normativa vigente; ovvero quando l'autore è identificato dal sistema informatico con i diversi strumenti di cui all'articolo 64, comma 2, nei limiti di quanto stabilito da ciascuna amministrazione ai sensi della normativa vigente; ovvero se trasmesse dall'autore mediante la propria casella di posta elettronica certificata purché le relative credenziali di accesso siano state rilasciate previa identificazione del titolare, anche per via telematica secondo modalità definite con regole tecniche adottate ai sensi dell'articolo 71, e ciò sia attestato dal gestore del sistema nel messaggio o in un suo allegato.

Le istanze e le dichiarazioni inviate o compilate sul sito secondo le suddette modalità sono equivalenti alle istanze e alle dichiarazioni sottoscritte con firma autografa apposta in presenza del dipendente addetto al procedimento.

 

Si introduce quindi espressamente la precisazione dell’effettuazione di alcune dichiarazioni di fronte all'ufficiale di anagrafe, attualmente prevista dal regolamento anagrafico solo all’art. 12 per la fattispecie delle comunicazioni concernenti lo stato civile qualora il relativo ufficio sia organicamente distinto dall’ufficio di anagrafe.

L’art. 13 del D.P.R. 223/1989, al comma 2, si limita a stabilire che le dichiarazioni di cui alle lettere precedenti (quindi tutte) devono essere rese nel termine di venti giorni dalla data in cui si sono verificati i fatti attraverso un modello individuato dall’Istituto centrale di statistica. Che le dichiarazioni siano rese di fronte all'ufficiale di anagrafe si può desumere dalla disposizione che obbliga il rilascio di ricevuta ai dichiaranti. Tale obbligo si ritiene possa essere assolto anche con la ricevuta di ritorno della raccomandata con la quale si spedisce il modello debitamente compilato.

 

Quanto al riferimento all’art. 38 del D.P.R. n.445/2000 si nota che, poiché tale articolo già riguarda tutte le istanze e le dichiarazioni da presentare alla pubblica amministrazione, comprendendo quindi anche le dichiarazioni anagrafiche, il suddetto  richiamo sembra non avere portata innovativa.

 

Si ricorda, altresì che l’art. 76 (Norme penali) del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, tra l’altro, punisce ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia afferma chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal testo unico medesimo.

 

Ai sensi del comma 3, le dichiarazioni anagrafiche di cui al comma 1, producono immediatamente gli effetti giuridici dell'iscrizione, nonché quelli della corrispondente cancellazione, come previsto da un emendamento approvato in sede referente.

 

Con altro emendamento approvato in sede referente, è stato soppresso l’obbligo, contenuto nel comma 3, a carico dell'ufficiale d'anagrafe, che abbia ricevuto la dichiarazione, di provvedere nel termine di due giorni lavorativi ad informare il comune di precedente iscrizione anagrafica.

Appare opportuno chiarire se tale soppressione elimini solo il carattere preventivo della comunicazione rispetto all’iscrizione anagrafica, come sembra doversi ritenere, e non abbia carattere assoluto perché mancherebbe il necessario strumento di conoscenza delle variazioni avvenute per il comune di provenienza.

 

Le disposizioni illustrate mirano quindi ad un effetto acceleratorio della produzione degli effetti giuridici dell’iscrizione delle dichiarazioni anagrafiche relative ai trasferimenti di residenza da altro comune o dall'estero, ai trasferimenti di residenza all'estero, alla costituzione di nuova famiglia o di nuova convivenza, ai mutamenti intervenuti nella composizione della famiglia o della convivenza nonché ai cambiamenti di abitazione.

 

Nel regolamento anagrafico è previsto che l'ufficiale di anagrafe deve effettuare le registrazioni nell'anagrafe entro tre giorni dalla data di ricezione delle comunicazioni dello stato civile o delle dichiarazioni rese dagli interessati, ovvero dagli accertamenti da lui disposti. (art. 17) nonché una procedimentalizzazione per i trasferimenti di residenza (art. 18) i cui termini sono finalizzati all’effettuazione di controlli; tuttavia tale procedimentalizzazione consente, comunque, che la decorrenza del trasferimento di residenza sia quella della data della dichiarazione di trasferimento resa dall'interessato nel comune di nuova residenza (art. 18, comma 2).

 

L’art. 18 del regolamento anagrafico, con riferimento alle sole dichiarazioni anagrafiche concernenti il trasferimento di residenza, stabilisce che esse devono essere trasmesse, entro venti giorni, dall'ufficiale di anagrafe che le ha ricevute o adottate, al comune di precedente iscrizione anagrafica per la corrispondente cancellazione. Le notizie anagrafiche rese dagli interessati all'atto delle dichiarazioni di devono essere controllate, ed eventualmente rettificate, dal comune di precedente iscrizione anagrafica, sulla base degli atti anagrafici in suo possesso. Lo stesso comune, ove lo ritenga necessario, deve disporre gli opportuni accertamenti per appurare se sussistono i motivi per la cancellazione dall'anagrafe. I termini per la registrazione anagrafica decorrono così dal giorno di ricezione della conferma di cancellazione. Ai sensi del comma 2, la cancellazione dall'anagrafe del comune di precedente iscrizione e l'iscrizione nell'anagrafe di quello di nuova residenza devono avere sempre la stessa decorrenza, che è quella della data della dichiarazione di trasferimento resa dall'interessato nel comune di nuova residenza Il comune di precedente iscrizione, che per giustificati motivi non sia in grado di ottemperare alla richiesta di cancellazione nel termine di venti giorni, deve darne immediata comunicazione al comune richiedente, precisando le ragioni e fissando il termine entro il quale provvederà agli adempimenti richiesti. Qualora, trascorso quest'ultimo termine, non si fosse fatto luogo agli adempimenti richiesti, il comune richiedente ne solleciterà l'attuazione, dando nel contempo comunicazione alla prefettura dell'avvenuta scadenza dei termini da parte del comune inadempiente. Quando, a seguito degli accertamenti, l'ufficiale di anagrafe ritiene di non accogliere la richiesta di iscrizione, deve darne immediata comunicazione all'interessato, specificandone i motivi.

 

Il comma 4 dispone che, in caso di false dichiarazioni, trovano applicazione le norme di cui agli artt. 75 e 76 del D.P.R. n. 445/2000.

Come rilevato per l’art. 38 del DPR 445/2000, anche il richiamo all’art. 76 D.P.R. n. 445/2000 contenuto nel comma 4 sembra non avere portata innovativa in quanto si tratta di norma già applicabile alle fattispecie in esame.

 

Ove nel corso degli accertamenti, da svolgersi entro quarantacinque giorni dalla dichiarazione resa o inviata, emergano discordanze con la dichiarazione resa, l'ufficiale di anagrafe segnala quanto emerso alla competente autorità di pubblica sicurezza.

L’art. 75 del Testo unico in materia di documentazione amministrativa prevede che, fermo restando quanto previsto dall'art. 76 (vedi supra), qualora emerga la non veridicità del contenuto di una dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera.

 

Il comma 5 rimette ad un regolamento di esecuzione, ex art. 17, co. 1, lett. a) della legge n. 400/1988, da emanarsi entro novanta giorni su proposta del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, l’individuazione delle modifiche da apportare al D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223 (Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente), necessarie a semplificarne la disciplina e adeguarla alle disposizioni introdotte con il presente articolo.

Si prevede, inoltre, che, se nel termine di quarantacinque giorni dalla dichiarazione resa o inviata, non è stato comunicato il preavviso di rigetto dell'istanza, con l'indicazione degli eventuali requisiti mancanti o degli accertamenti svolti con esito negativo, quanto dichiarato si considera comunque conforme alla situazione di fatto in essere alla data della dichiarazione secondo le norme che disciplinano il silenzio-assenso.

 

Si ricorda che l’art. 20 della legge n. 241/1990 ha generalizzato l’istituto del silenzio-assenso attribuendo al comportamento inerte della pubblica amministrazione il significato di accoglimento dell’istanza, fatta salva l’applicazione delle norme di cui al precedente art. 19 (Segnalazione certificata di inizio attività - Scia).

L'art. 10-bis della stessa legge n. 241/1990 stabilisce che, nei procedimenti ad istanza di parte, il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Si segnala che la comunicazione del preavviso di rigetto è sottoposta al medesimo regime stabilito per la comunicazione di avvio del procedimento, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 21-octies della medesima legge n. 241, la sua omissione non comporta l’annullabilità dei provvedimenti vincolati, qualora sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, e di quelli discrezionali qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (sul punto cfr. da ultimo TAR Lazio, Roma, sez. III, 18 gennaio 2011, n. 237).

 

Il rinvio al regolamento di esecuzione non è accompagnato dalla definizione delle semplificazioni della disciplina vigente, diverse dal mero adeguamento, da effettuare nel regolamento anagrafico. Al regolamento è, inoltre, rinviata la disciplina necessaria per il ripristino della posizione anagrafica precedente alle dichiarazioni in caso di esito negativo dei successivi accertamenti.

In merito a tale previsione, considerato che il comma 3 prevede un’immediata produzione di effetti giuridici, si valuti se sia opportuno demandare a fonte secondaria la suddetta disciplina perché essa si dovrebbe estendere alla cancellazione di tutti gli effetti giuridici già prodotti che potrebbero non essere circoscritti a quelli della dichiarazione anagrafica.

 

Nel corso dell’esame in sede referente è stato introdotto il comma 5-bis che riguarda le variazioni delle liste elettorali da effettuare in base all’art. 32 del D.P.R. 223/1967[34], stabilendo un termine massimo - non oltre il quindicesimo giorno antecedente la data della votazione per la consultazione elettorale o referendaria - entro il quale devono essere effettuate tali variazioni quando debbano essere ripristinate posizioni anagrafiche precedenti a causa della mancanza dei presupposti della variazione.

 

Come già anticipato, le disposizioni del presente articolo non producono effetti immediati, bensì, ai sensi del comma 6, decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione in Gazzetta ufficiale del presente decreto, in coincidenza, quindi, con il termine per l’emanazione dell’atto che dovrà modificare il regolamento anagrafico.

 

 

 


 

Articolo 6
(
Comunicazione di dati per via telematica tra amministrazioni)

1. Sono effettuate esclusivamente in modalità telematica in conformità alle disposizioni del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni:

a) le comunicazioni e le trasmissioni tra comuni di atti e di documenti previsti dai regolamenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 e al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, nonché dal testo unico delle leggi per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223;

b) le comunicazioni tra comuni e questure previste dai regolamenti di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394;

c) le comunicazioni inviate ai comuni dai notai ai fini delle annotazioni delle convenzioni matrimoniali a margine dell'atto di matrimonio ai sensi dell'articolo 162 del codice civile;

d) le trasmissioni e l'accesso alle liste di cui all'articolo 1937 del codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.

2. Con uno o più decreti del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono disciplinati le modalità e i termini per l'attuazione del comma 1, lettere a), b) e c).

3. Con uno o più decreti del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono disciplinati le modalità e i termini per l'attuazione del comma 1, lettera d).

3-bis. All’articolo 99 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente: “2-bis. Fino all’adozione dei regolamenti di cui al comma 1, le amministrazioni acquisiscono d’ufficio la certificazione antimafia e la certificazione camerale con la dicitura antimafia”.

 

 

L’articolo 6 reca norme in materia di comunicazione dei dati per via telematica tra le amministrazioni.

Il comma 1 prescrive l’obbligo che alcune comunicazioni previste da leggi e regolamenti siano effettuate esclusivamente in modalità telematica in conformità alle disposizioni di cui al Codice dell'amministrazione digitale (CAD) e successive modificazioni.

 

Le disposizioni in materia di attività digitale delle pubbliche amministrazioni sono raccolte e riordinate nel Codice dell'amministrazione digitale (CAD), adottato con il D.Lgs. 82/2005[35] in attuazione della delega contenuta nell’art. 10 della legge 229/2003[36] (legge di semplificazione 2001); il CAD è già stato oggetto di modifiche apportate dal D.Lgs. 159/2006[37] e dal D.Lgs. 235/2010[38].

Il Codice disciplina in modo organico l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nell'attività amministrativa, nei suoi aspetti organizzativi e procedimentali, stabilendo princìpi giuridici fondamentali come quelli relativi al documento informatico ed alla firma digitale, in precedenza contenuta nel testo unico in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445).

In particolare l’articolo 47 del CAD, modificato dal citato D.Lgs. 235/2010 concerne la trasmissione dei documenti attraverso la posta elettronica tra le pubbliche amministrazioni. Il comma 1 dell’articolo prevede che le comunicazioni di documenti tra le pubbliche amministrazioni avvengono mediante l'utilizzo della posta elettronica o in cooperazione applicativa e che esse sono valide ai fini del procedimento amministrativo una volta che ne sia verificata la provenienza. La disposizione prevede, altresì, una serie di condizioni per la validità delle comunicazioni ai fini della verifica della provenienza. L’articolo 48 del CAD dispone che la trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata.

 

Ebbene, la portata innovativa delle disposizioni contenute nell’articolo in esame, rispetto alle norme contenute nel CAD, consiste, in primo luogo, nella previsione dell’esclusività del supporto telematico quale modalità di trasmissione di alcune tipologie di atti.

Più specificamente, la norma concerne:

-            le comunicazioni e le trasmissioni tra comuni di atti e di documenti previsti: dal regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396; dal regolamento anagrafico della popolazione residente di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223;

-            le comunicazioni e le trasmissioni tra comuni di atti e di documenti previsti dal testo unico delle leggi per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223;

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 2, comma 6 del CAD le disposizioni del codice non si applicano alle consultazioni elettorali. Gli atti contemplati dalla norma in commento dunque non sono compresi nell’ambito di applicazione del CAD.

-            le comunicazioni tra comuni e questure le comunicazioni tra comuni e questure previste: dal regolamento di esecuzione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635; dal regolamento di attuazione del Testo unico sull'immigrazione al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394;

Ai sensi dell’articolo 2, comma 6 del CAD le disposizioni del codice non si applicano all'esercizio delle attività e funzioni di ordine e sicurezza pubblica.

-            le comunicazioni inviate ai comuni dai notai ai fini delle annotazioni delle convenzioni matrimoniali a margine dell’atto di matrimonio ai sensi dell’art. 162 del codice civile;

Si ricorda che e convenzioni matrimoniali, con le quali le parti possono derogare al regime legale di comunione, debbono essere stipulate per atto pubblico sotto pena di nullità. È prevista per esse una forma di pubblicità dichiarativa sia per la stipula che per la modifica, attraverso la loro annotazione a margine dell’atto di matrimonio, pena la inopponibilità ai terzi. Qualora abbiano, poi, ad oggetto beni immobili, vanno trascritte (pubblicità notizia irrilevante ai fini della opponibilità ai terzi).

 

-            le trasmissioni e l’accesso alle liste di leva di cui all’art. 1937 del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare).

Compiute le operazioni relative alla lista definitiva di leva, la lista, ai sensi del citato art. 1937, è firmata dal Sindaco e, nei primi dieci giorni del mese di aprile, è trasmessa per copia autentica, ovvero resa accessibile al Ministero della difesa, anche per via telematica.

Ai sensi dell’articolo 2, comma 6 del CAD le disposizioni del codice non si applicano all'esercizio delle attività e funzioni di difesa e sicurezza nazionale.

 

Un ulteriore elemento innovativo attiene, dunque, all’individuazione della tipologia di atti oggetto di comunicazione o trasmissione. Alcuni degli atti elencati dalla norma in commento, per i quali viene introdotto l’obbligo di comunicazione e trasmissione in modalità esclusivamente telematica, sono infatti espressamente esclusi dall’ambito di applicazione del CAD.

Il comma 2 è volto ad assicurare l’effettiva concretizzazione di quanto sopra esposto, attraverso l’adozione della normativa secondaria di riferimento, rimettendo la disciplina delle modalità e dei termini per l’attuazione del comma 1, lettere a), b) e c), a uno o più decreti ministeriali (del Ministro dell’interno di concerto col Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione), sentita la Conferenza Stato - città ed autonomie locali, da emanare entro centottanta giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame.

Il comma 3, negli stessi termini di cui sopra, rimette a uno o più decreti del Ministro dell’interno, ma di concerto con il Ministro della difesa, la disciplina delle modalità e dei termini per l’attuazione della lettera d) del comma 1.

 

Si segnala infine che l’articolo 6, riproduce ampiamente i contenuti dell’articolo 22 del disegno di legge S. 2243-bis, risultante dallo stralcio, deliberato dall’Assemblea del Senato il 28 giugno 2011, degli articoli da 1 a 40 e 44 del disegno di legge S. 2243, recante Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica Amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l’emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione. Tale disegno di legge (C. 3209-bis) era già stato approvato dalla Camera.

 

Il comma 3-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, novella l'articolo 99 del c.d. Codice antimafia (D.Lgs. n. 159/2011) relativo alle modalità di funzionamento della banca dati nazionale della documentazione antimafia.

 

Si ricorda che è stato recentemente approvato il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (decreto legislativo n. 159 del 2011), con il quale il Governo ha dato attuazione alla delega per l'aggiornamento e la semplificazione della normativa in materia di documentazione antimafia (contenuta nell'art. 2 della legge n. 136 del 2010).

In particolare, il libro II del codice chiarisce che con l’espressione “documentazione antimafia” si intendono due distinte attestazioni (art. 84 e ss.):

a) la comunicazione antimafia, che consiste nella verifica circa l’applicazione di una misura di prevenzione personale da parte dell’autorità giudiziaria, e che ha validità semestrale;

b) l’informazione antimafia, che ha un contenuto più ampio, prevedendo, oltre alla verifica precedente, anche una verifica sulla “sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della società o dell’impresa”. Questo tipo di documentazione ha validità annuale laddove non siano intervenuti cambiamenti rilevanti nell’assetto dell’impresa.

Il Codice antimafia individua inoltre i soggetti obbligati ad acquisire la documentazione antimafia prima di concludere accordi o concedere provvedimenti di favore ai privati e amplia il catalogo dei soggetti nei cui confronti deve essere svolta l’indagine antimafia al fine del rilascio della documentazione. E' inoltre disciplinata la Banca dati nazionale della documentazione antimafia, istituita presso il Ministero dell’interno, indicando i soggetti abilitati a consultarla e rinviando ad un regolamento la definizione delle modalità di funzionamento (art. 99).

 

Si segnala, ad ogni modo, che le disposizioni sulla comunicazione e sull'informazione antimafia non sono ancora entrate in vigore. L'art. 119 del Codice stabilisce infatti che entreranno in vigore decorsi 24 mesi dalla data di pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell'ultimo dei regolamenti attuativi (previsti dall'art. 99).

Con la novella apportata dal comma in esame, si specifica che nelle more della piena operatività della nuova disciplina, le amministrazioni dovranno continuare ad acquisire d’ufficio la certificazione antimafia (rilasciata dalla prefettura) e la certificazione della camera di commercio con la dicitura antimafia.

 

 


Articolo 6-bis
(Disposizioni per il p
agamento dell’imposta di bollo
per via telematica
)

1. Al fine di consentire a cittadini e imprese di assolvere per via telematica a tutti gli obblighi connessi all’invio di un’istanza ad una pubblica amministrazione o a un qualsivoglia ente o autorità competente, con decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la Pubblica amministrazione e la semplificazione, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità per il calcolo e per il pagamento dell’imposta di bollo per via telematica, anche attraverso l’utilizzo di carte di credito, di debito o prepagate per tutti i casi in cui questa è dovuta.

 

 

L’articolo 6-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente dalle Commissioni riunite I e X, prevede l’emanazione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della pubblica amministrazione e della semplificazione da emanarsi entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, con cui sono stabilite le modalità per il calcolo e il pagamento dell'imposta di bollo per via telematica, anche attraverso l'utilizzo di carte di credito, di debito o prepagate per tutti i casi in cui questa è dovuta.

Lo scopo della norma è quello di permettere a cittadini e imprese di assolvere per via telematica a tutti gli obblighi connessi all'invio di un'istanza ad una pubblica amministrazione o a un qualsivoglia ente o autorità competente.

 

 


 

Articolo 6-ter
(
Modifica all’articolo 5 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, in materia di pagamenti alle pubbliche amministrazioni con modalità informatiche)

1. All'articolo 5, comma 1, del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «A tal fine sono tenute:

a) a pubblicare sui propri siti istituzionali e sulle richieste di pagamento i codici identificativi dell'utenza bancaria sulla quale i privati possono effettuare i pagamenti mediante bonifico;

b) a specificare i dati e i codici da indicare obbligatoriamente nella causale di versamento».

2. Gli obblighi introdotti per le amministrazioni pubbliche con le disposizioni di cui al comma 1 acquistano efficacia decorsi novanta giorni dalla data entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

 

 

L’articolo 6-ter, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, è volto a specificare le norme concernenti l’effettuazione dei pagamenti attraverso modalità informatiche, disponendo in particolare, al comma 1, attraverso una modifica all’art. 5 del Codice dell’amministrazione digitale, che le pubbliche amministrazioni pubblichino, sui propri siti istituzionali e sulle richieste di pagamento, i codici identificativi dell'utenza bancaria sulla quale i privati possono effettuare i pagamenti mediante bonifico (lett. a) oltreché l’indicazione specifica dei dati e codici da indicare obbligatoriamente nella causale di versamento (lett. b).

 

L’articolo 5 del CAD (D.Lgs. 82/2005), riguardante l’effettuazione dei pagamenti con modalità informatiche, è ricompreso tra le disposizioni della sezione II del capo I, relativa ai diritti dei cittadini e delle imprese. In generale, le pubbliche amministrazioni sono tenute a consentire, sul territorio nazionale, l'effettuazione dei pagamenti ad esse spettanti, a qualsiasi titolo dovuti, fatte salve le attività di riscossione dei tributi regolate da specifiche normative, con l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (comma 1).

Le pubbliche amministrazioni centrali possono, inoltre, avvalersi di prestatori di servizi di pagamento per consentire ai privati di effettuare i pagamenti in loro favore attraverso l'utilizzo di carte di debito, di credito o prepagate e di ogni altro strumento di pagamento elettronico disponibile. In tal caso, il prestatore dei servizi di pagamento ricevente l'importo, ne effettua il riversamento al tesoriere dell'ente, registrando in apposito sistema informatico, a disposizione dell'amministrazione, il pagamento eseguito e la relativa causale, la corrispondenza di ciascun pagamento, i capitoli e gli articoli d'entrata oppure le contabilità speciali interessate (comma 2).

Con riferimento, poi, al ruolo di DigitPA, si prevede che questo, attraverso il Sistema pubblico di connettività, metta a disposizione la piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati (art. 81 comma 2-bis).

Sul punto si ricorda, altresì, che con il D.Lgs. 27 gennaio 2010 n. 11 è stata data attuazione alla direttiva 2007/64/CE, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno.

La norma in commento sembrerebbe diretta a perseguire un effetto di semplificazione strettamente connesso al noto concetto di e-payment (pagamento elettronico) inteso come qualunque transazione finanziaria eseguita in via elettronica o digitale che comporti il trasferimento di moneta tra due o più parti. In questa accezione, qualsiasi pagamento che non sia effettuato con modalità cartacea è considerato una transazione di e-payment.

Appare, infatti, certo che i pagamenti elettronici rivestano un ruolo significativo nelle attività di digitalizzazione della pubblica amministrazione, considerato che già a partire dagli anni novanta dello scorso secolo il processo di ammodernamento dell’apparato pubblico nell’ambito dei pagamenti è stato avviato con l’approvazione del DPR 367/94 (Regolamento recante semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili), seguito dalla creazione del Sistema Informatizzato dei Pagamenti della Pubblica Amministrazione (SIPA) che ha coinvolto le amministrazioni centrali dello Stato nella gestione dei mandati di pagamento a favore di cittadini e imprese.

Il predetto percorso di innovazione ha trovato ulteriore slancio nel 2003, con riferimento agli enti locali, con l’approvazione di un Protocollo sulle regole tecniche e lo standard per l’emissione dei documenti informatici relativi alla gestione dei servizi di tesoreria e di cassa degli enti del comparto pubblico, predisposto e concordato in sede ABI dai competenti organismi interbancari e condiviso con la Banca d’Italia e successivamente approvato dal CNIPA (oggi DigitPA).

Una disamina approfondita dell’articolo in commento, in termini di razionalizzazione e semplificazione per cittadini e imprese, porta a considerare, quali possibili benefici derivanti da una effettiva digitalizzazione dei pagamenti verso l’amministrazione, sia la certezza dell’importo dovuto e il valore liberatorio del pagamento sia la rimozione dell’obbligo di recarsi fisicamente presso le strutture della burocrazia.

A ciò si aggiunga che l’implementazione degli strumenti di pagamento elettronico potrebbe tendenzialmente ridurre la diffusione del contante oltre a garantire, per la pubblica amministrazione, maggiore rapidità degli incassi, riconciliazione automatica e una più efficace rendicontazione[39].

 

In conclusione, il comma 2, stabilisce che i suddetti obblighi acquistano efficacia decorsi novanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.

 


Articolo 7
(
Disposizioni in materia di scadenza dei documenti d’identità
e di riconoscimento
)

1. I documenti di identità e di riconoscimento di cui all'articolo 1, comma 1, lettere c), d) ed e), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sono rilasciati o rinnovati con validità fino alla data, corrispondente al giorno e mese di nascita del titolare, immediatamente successiva alla scadenza che sarebbe altrimenti prevista per il documento medesimo.

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica ai documenti rilasciati o rinnovati dopo l'entrata in vigore del presente decreto.

3. Le tessere di riconoscimento rilasciate dalle amministrazioni dello Stato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1967, n. 851, hanno durata decennale.

 

 

L’articolo 7 stabilisce, al comma 1, che i documenti di identità e di riconoscimento sono rilasciati o rinnovati con validità fino alla data, corrispondente al giorno e mese di nascita del titolare, immediatamente successiva alla scadenza che sarebbe altrimenti prevista per il documento medesimo. Ai sensi del comma 2, si delimita l’applicazione della suddetta disposizione ai documenti rilasciati o rinnovati dopo l’entrata in vigore del decreto in esame.

 

I documenti oggetto della norma in commento sono, per esplicito richiamo, quelli di cui all’articolo1 del D.P.R. n. 445/2000 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa).

In particolare, il comma 1 definisce il documento di riconoscimento come ogni documento munito di fotografia del titolare e rilasciato, su supporto cartaceo, magnetico o informatico, da una pubblica amministrazione italiana o di altri Stati, che consenta l'identificazione personale del titolare (lett. c)); il documento d'identità come la carta d'identità ed ogni altro documento munito di fotografia del titolare e rilasciato, su supporto cartaceo, magnetico o informatico, da una pubblica amministrazione competente dello Stato italiano o di altri Stati, con la finalità prevalente di dimostrare l'identità personale del suo titolare (lett. d)) e il documento d'identità elettronico come il documento analogo alla carta d'identità elettronica rilasciato dal comune fino al compimento del quindicesimo anno di età (lett. e)).

In definitiva si prevede che, per tutti i predetti documenti d’identità, rilasciati o rinnovati dopo l’entrata in vigore del provvedimento, la scadenza coinciderà con il giorno del compleanno, immediatamente successivo alla scadenza che era originariamente prevista sul documento.

 

Il comma 3, prevede che le tessere di riconoscimento rilasciate dalle amministrazioni dello Stato hanno durata decennale.

 

In via generale il D.P.R. 28 luglio 1967 n. 851 disciplina le tessere di riconoscimento rilasciate dalle amministrazioni dello Stato. Giova ricordare che a tutti i dipendenti delle amministrazioni di cui sopra viene rilasciata gratuitamente, a richiesta, la tessera personale di riconoscimento (Mod. AT); la stessa viene inoltre rilasciata al coniuge del dipendente, ai figli minori di anni 18, ai figli maggiori di anni 18 inabili al lavoro ed a carico del dipendente (Mod. BT). In base all’art. 35 comma 2 del D.P.R. n. 445/2000, la tessera personale di riconoscimento è documento valido ai fini dell'identità personale del titolare, purché munite di fotografia e di timbro o di altra segnatura equivalente, rilasciate da una amministrazione dello Stato, e, sulla base della normativa comunitaria e di accordi bilaterali o multilaterali in vigore, costituisce titolo equipollente al passaporto per i seguenti Stati: Austria, Belgio, Croazia, Francia, Germania, Grecia, Liechtenstein, Lussemburgo, Malta, Monaco, Olanda, Portogallo, Slovenia, Spagna, Svizzera. La validità della tessera è di 5 anni dalla data del rilascio e alla scadenza del quinto anno occorre convalidarla presso lo stesso ufficio del rilascio (hanno di fatto, una validità che risulta già pari a 10 anni).

 

In conclusione, si segnala che è stato approvato presso il Senato il disegno di legge Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante  disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività (A.S. 3110), attualmente in corso di esame presso la Camera dei deputati (A.C. 5025) ove l’art. 40 (Disposizioni in materia di carta di identità e in materia di anagrafe degli italiani residenti all’estero e di attribuzione del codice fiscale ai cittadini iscritti) reca, tra l’altro, norme concernenti la carta di identità. Più specificamente, l’articolo, al comma 1, modifica l'art. 10, comma 2, del D.L. n. 70/2011[40] al fine di prevedere la definizione di una tempistica graduale per il rilascio della carta d’identità elettronica a partire da quei comuni che verranno identificati con un decreto ministeriale mentre il comma 2 modifica l’art. 3 del T.U.L.P.S., prevedendo al secondo comma dello stesso che le carte d’identità elettroniche di cui all'art. 7-vicies ter (Rilascio documentazione in formato elettronico) del D.L. n. 7/2005[41] devono essere munite anche della fotografia e delle impronte digitali della persona a cui si riferiscono.

 

 

 


 

Articolo 8 commi 1-3
(
Semplificazioni per la partecipazione a concorsi e prove selettive, nonché sulla composizione della Commissione per l’esame di avvocato)

1. Le domande e i relativi allegati per la partecipazione a selezioni e concorsi per l'assunzione nelle pubbliche amministrazioni centrali banditi a decorrere dal 30 giugno 2012 sono inviate esclusivamente per via telematica secondo le modalità di cui all'articolo 65 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Sono nulle le clausole dei bandi in contrasto con la presente disposizione. Le amministrazioni provvedono a quanto previsto dal presente comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Le Regioni adeguano i propri ordinamenti a quanto previsto nel comma 1.

3. L'articolo 38, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«3. Nei casi in cui non sia intervenuta una disciplina adottata al livello dell’Unione europea, all'equiparazione dei titoli di studio e professionali provvede la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, sentito il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Secondo le disposizioni di cui al primo periodo è altresì stabilita l'equivalenza tra i titoli accademici e di servizio rilevanti ai fini dell'ammissione al concorso e della nomina.».

 

 

L’articolo 8 reca semplificazioni per la partecipazione a concorsi e prove selettive, nonché norme sulla composizione della Commissione per l’ esame di avvocato.

In particolare, ai sensi del comma 1 si stabilisce l’obbligo di invio esclusivo in via telematica delle domande e dei relativi allegati per la partecipazione a selezioni e concorsi per l’assunzione nelle pubbliche amministrazioni centrali banditi a decorrere dal 30 giugno 2012.

A tal fine, si seguono le modalità di cui all’articolo 65 del D.Lgs. 7 marzo 2005, n.82[42].

Tale articolo individua, in particolare, le condizioni di validità delle istanze e delle dichiarazioni presentate alle pubbliche amministrazioni per via telematica, le quali appunto si ritengono valide:

·       se sottoscritte mediante la firma digitale, il cui certificato è rilasciato da un certificatore accreditato;

·       ovvero, quando l'autore è identificato dal sistema informatico con l'uso della carta d'identità elettronica o della carta nazionale dei servizi, nei limiti di quanto stabilito da ciascuna amministrazione ai sensi della normativa vigente;

·       ovvero quando l'autore è identificato dal sistema informatico con i diversi specifici strumenti, nei limiti di quanto stabilito da ciascuna amministrazione ai sensi della normativa vigente nonché quando le istanze e le dichiarazioni sono inviate con le modalità di cui all'articolo 38, comma 3, del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445[43];

·       ovvero se trasmesse dall'autore mediante la propria casella di posta elettronica certificata purché le relative credenziali di accesso siano state rilasciate previa identificazione del titolare, anche per via telematica secondo modalità definite con specifiche regole tecniche, e ciò sia attestato dal gestore del sistema nel messaggio o in un suo allegato. In tal caso, la trasmissione costituisce dichiarazione vincolante. Sono fatte salve le disposizioni normative che prevedono l'uso di specifici sistemi di trasmissione telematica nel settore tributario.

Le istanze e le dichiarazioni inviate o compilate sul sito secondo le modalità previste dal comma 1 sono equivalenti alle istanze e alle dichiarazioni sottoscritte con firma autografa apposta in presenza del dipendente addetto al procedimento. Lo stesso articolo prevede poi la possibilità, mediante apposito decreto interministeriale, di individuare i casi in cui è richiesta la sottoscrizione mediante firma digitale.

 

Viene inoltre disposta la nullità delle clausole dei bandi in contrasto con la presente disposizione. Le amministrazioni devono comunque provvedere a quanto previsto dal comma in esame con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Infine, con una modifica intervenuta in sede di esame nelle Commissioni, si prevede che le domande inviate in via telematica dovranno essere comprensive dei relativi allegati e copia di un documento di identità valido. A fini dell’ammissione al concorso, la norma impone l’invio di tutti i files tramite posta elettronica (domanda, allegati alla domanda, documento di identità, ecc.) esclusivamente in formato PDF.

 

Il successivo comma 2 stabilisce l’obbligo, per le Regioni, di adeguare i propri ordinamenti a quanto previsto in precedenza.

 

Il successivo comma 3 apporta alcune modifiche all’articolo 38 del D.Lgs. 165/2001, che disciplina l’accesso dei cittadini degli Stati membri della Unione europea ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche, a condizione che non implichino esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengano alla tutela dell'interesse nazionale.

 

Più specificamente, si sostituisce interamente il comma 3 del richiamato articolo 38.

Tale comma prevedeva che, nei casi in cui non fosse intervenuta una disciplina di livello comunitario, si provvedesse all'equiparazione dei titoli di studio e professionali con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta dei Ministri competenti. Con eguale procedura si stabiliva altresì l'equivalenza tra i titoli accademici e di servizio rilevanti ai fini dell'ammissione al concorso e della nomina.

 

Il nuovo testo del comma 3 prevede che alla richiamata equiparazione, sempre nei casi in cui non sia intervenuta una disciplina di livello comunitario, debba provvedere la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, sentito il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Con eguale procedura si stabilisce l'equivalenza tra i titoli accademici e di servizio rilevanti ai fini dell'ammissione al concorso e della nomina.

 

Al riguardo si segnala che il testo non appare chiaro laddove non specifica con quale tipologia di regolamento venga realizzata l’equivalenza in questione.

 

 

 


 

Articolo 8, comma 4
(
Composizione della Commissione per l’esame di avvocato)

4. All'articolo 22, comma 3, del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, le parole: «un titolare ed un supplente sono professori ordinari o associati di materie giuridiche presso un'università della Repubblica ovvero presso un istituto superiore» sono sostituite dalle seguenti: «un titolare ed un supplente sono professori ordinari, professori associati o ricercatori di materie giuridiche presso un'università della Repubblica ovvero presso un istituto superiore.».

 

 

Il comma 4 dell’articolo 8 interviene sulla composizione delle commissioni per l’esame di avvocato, per consentire anche ai ricercatori, oltre ai professori ordinari e associati, di farne parte.

 

Si ricorda che attualmente legge professionale (R.D.L. n. 1578 del 1933[44]) affida la gestione degli esami per l’iscrizione all’albo egli avvocati ad una commissione centrale, istituita presso il Ministero della giustizia, composta da 5 membri titolari e 5 supplenti (2 + 2 scelti tra avvocati iscritti all’Albo da almeno 12 anni; 2 + 2 tra magistrati con qualifica non inferiore a magistrato di Corte di appello; 1 + 1 tra professori ordinari o associati in materie giuridiche presso sedi universitarie italiane o presso istituti superiori). Compito della Commissione è definire i criteri per la valutazione degli elaborati scritti e delle prove orali, dandone comunicazione alle sottocommissioni. Lo stesso provvedimento ha infatti previsto sottocommissioni presso le singole corti d’appello, con composizione identica alla Commissione centrale. l presidente e il vicepresidente della commissione e di ogni sottocommissione sono nominati dal Ministro, che li sceglie tra i componenti avvocati. Ad ogni sottocommissione non può essere assegnato un numero di candidati superiore a 300; in caso di numero superiore, un decreto del Ministro della giustizia nominerà ulteriori sottocommissioni.

 

Il decreto-legge novella l’art. 22 della legge professionale intervenendo così tanto sulla commissione centrale quanto sulle sotto-commissioni, consentendo che ne facciano parte non solo professori ordinari e associati in materie giuridiche, ma anche ricercatori.

 

In merito si segnala che anche l’AC 3900 - che prevede un’organica riforma della professione forense, e che è ora all’esame della Commissione giustizia dopo essere stato approvato dal Senato - dispone (articolo 46, comma 1) che delle commissioni d’esame possano far parte anche i ricercatori, prevedendo però che si tratti di “ricercatori confermati”[45].

 

Per quanto riguarda la scelta di inserire anche i ricercatori nelle commissioni d’esame, si sottolinea l’esigenza di tener conto della riforma operata dalla legge n. 240 del 2010[46]. La riforma dell’università, infatti, ha soppresso la figura del ricercatore a tempo indeterminato, consentendo solo, dal 29 gennaio 2011, la stipula di contratti di ricerca a tempo determinato (art. 24 e art. 29, comma 1). I ricercatori in base al precedente ordinamento continuano ovviamente ad operare, fino ad “esaurimento”.

Per quanto attiene invece alla formulazione del testo, si evidenzia che il decreto-legge conferma il riferimento agli “istituti superiori”. Tale riferimento è arcaico in quanto risalente al TU dell'istruzione superiore (R.D. 31 agosto 1933, n. 1592), il cui art. 1 dispone che l'istruzione superiore è impartita nelle Regie università e nei Regi istituti superiori, indicati nelle annesse tabelle A e B, nonché nelle Università e negli Istituti superiori liberi.

Il legislatore potrebbe dunque valutare la possibilità di sostituire a tale espressione quella di "Università statali" e "Università non statali legalmente riconosciute".

 


 

Articolo 9
(
Dichiarazione unica di conformità degli impianti termici)

1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti è approvato il modello di dichiarazione unica di conformità che sostituisce i modelli di cui agli allegati I e II del decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37, e con riferimento agli impianti termici rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 1 del predetto decreto n. 37 del 2008, la dichiarazione di cui all'articolo 284, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

2. La dichiarazione unica di conformità e la documentazione allegata sono conservate presso la sede dell'interessato ed esibite, a richiesta dell'amministrazione, per i relativi controlli. Resta fermo l'obbligo di comunicazione ai fini del rilascio del certificato di agibilità da parte del comune o in caso di allacciamento di una nuova fornitura di gas, energia elettrica o acqua.

 

 

Il comma 1 dell'articolo in esame demanda a un decreto interministeriale, adottato dai Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, di cui non viene indicato il termine per l’emanazione, l’approvazione di un modello di dichiarazione unica di conformità degli impianti, che sostituirà le dichiarazioni previste dalla normativa vigente.

Nel corso dell’esame in sede referente la rubrica dell’articolo, che nel testo iniziale faceva riferimento ai soli impianti termici, è stata modificata al fine di riferire la norma a tutti gli impianti.

 

In particolare, il modello di dichiarazione unica di conformità sostituirà:

§      i modelli di cui agli allegati I e II del D.M. 22 gennaio 2008, n. 37;

Si ricorda che il citato decreto (pubblicato nella G.U. 12 marzo 2008, n. 61), recante il “Regolamento concernente l'attuazione dell'articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a) della legge n. 248 del 2 dicembre 2005, recante riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all'interno degli edifici”, si applica agli impianti posti al servizio degli edifici, indipendentemente dalla destinazione d'uso, collocati all'interno degli stessi o delle relative pertinenze. L’art. 1, comma 2, del medesimo decreto prevede la seguente classificazione degli impianti citati:

a)    impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell'energia elettrica, impianti di protezione contro le scariche atmosferiche, nonché gli impianti per l'automazione di porte, cancelli e barriere;

b)    impianti radiotelevisivi, antenne e impianti elettronici in genere;

c)    impianti di riscaldamento, di climatizzazione, di condizionamento e di refrigerazione di qualsiasi natura o specie, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e delle condense, e di ventilazione ed aerazione dei locali;

d)    impianti idrici e sanitari di qualsiasi natura o specie;

e)    impianti per la distribuzione e l'utilizzazione di gas di qualsiasi tipo, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e ventilazione ed aerazione dei locali;

f)      impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, di montacarichi, di scale mobili e simili;

g)    impianti di protezione antincendio.

 

L’art. 6 del D.M. 37 impone la realizzazione degli impianti secondo la regola dell'arte, in conformità alla normativa vigente, prevedendo altresì che gli impianti, realizzati in conformità alla vigente normativa e alle norme dell'UNI, del CEI o di altri enti di normalizzazione appartenenti agli Stati membri dell'Unione europea o che sono parti contraenti dell'accordo sullo Spazio economico europeo, si considerano eseguiti secondo la regola dell'arte.

Il successivo art. 7 prevede che, al termine dei lavori, previa effettuazione delle verifiche previste dalla normativa vigente, comprese quelle di funzionalità dell'impianto, l'impresa installatrice rilasci al committente la dichiarazione di conformità degli impianti realizzati nel rispetto delle norme di cui all'art. 6. Lo stesso articolo dispone che tale dichiarazione sia resa sulla base del modello di cui all'allegato I .

Viene altresì previsto che la medesima dichiarazione venga rilasciata anche dai responsabili degli uffici tecnici interni delle imprese non installatrici. In tal caso il modello da utilizzare è quello di cui all'allegato II.

 

§      e anche la dichiarazione di cui all’art. 284 del D.Lgs. 152/2006. Nel corso dell’esame in sede referente è stato chiarito che tale sostituzione opera per i soli impianti termici rientranti nell'ambito di applicazione dell'art. 1 del D.M. 37/2008.

Si ricorda, in proposito, che l’art. 284 citato prevede, per gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia (0,035MW), che l'installatore verifichi e dichiari che l'impianto è conforme alle caratteristiche tecniche previste dall’art. 285 ed è idoneo a rispettare i valori limite di emissione di cui all'art. 286 [47]. Tali dichiarazioni, secondo il medesimo art. 284, devono essere espressamente riportate in un atto allegato alla dichiarazione di conformità.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame prevede che la dichiarazione unica di conformità e la documentazione allegata siano conservate presso la sede dell’interessato ed esibite, a richiesta dell’amministrazione, per i relativi controlli.

Resta fermo l’obbligo di comunicazione ai fini:

§      del rilascio del certificato di agibilità da parte del comune;

L’art. 9 del D.M. 37/2008 dispone che il certificato di agibilità è rilasciato dalle autorità competenti previa acquisizione della dichiarazione di conformità di cui all'articolo 7, nonché del certificato di collaudo degli impianti installati, ove previsto dalle norme vigenti.

§      o dell’allaccio di una nuova fornitura di gas, energia elettrica o acqua.

L’obbligo di comunicazione, in tali casi, è attualmente previsto dall’art. 8, comma 3, del D.M. 37/2008, che fissa il termine di 30 giorni dall’allacciamento, entro i quali il committente è tenuto a consegnare al distributore o al venditore copia della dichiarazione di conformità dell'impianto, resa secondo l'allegato I.

 

Si fa presente che l’art. 11 del D.M. 37 reca taluni obblighi in ordine al deposito della dichiarazione di conformità presso lo sportello unico per l’edilizia e l’art. 284 del D.Lgs. 152/2006 prevede obblighi di inoltro alle autorità competenti. Dovrebbe ritenersi che tali obblighi sono superati dalla norma in esame (al riguardo, potrebbe essere opportuno un chiarimento).

 

Si segnala, infine, che nel comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 12 del 27/01/2012 [48], in cui è stato inizialmente approvato il testo del decreto-legge, è stato sottolineato che la norma in commento “elimina una inutile duplicazione nelle certificazioni di conformità, con un risparmio stimato in oltre 50 milioni di euro all’anno”.

 

 


 

Articolo 10
(Parcheggi pertinenziali)

1. L'articolo 9, comma 5, della legge 24 marzo 1989, n. 122, è sostituito dal seguente:

«5. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 41-sexies, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni, e l'immodificabilità dell'esclusiva destinazione a parcheggio, la proprietà dei parcheggi realizzati a norma del comma 1 può essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali, solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune.I parcheggi realizzati ai sensi del comma 4 non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale e i relativi atti di cessione sono nulli ad eccezione di espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata con il Comune, ovvero quando quest’ultimo abbia autorizzato l’atto di cessione.[49]».

 

 

L’articolo in esame novella l’art. 9 della legge 122/1989 (c.d. legge Tognoli) al fine – evidenziato nella relazione illustrativa – di consentire il trasferimento della proprietà dei parcheggi a condizione che diventino pertinenza di un altro immobile sito nel medesimo comune, con esclusione dei parcheggi realizzati in diritto di superficie su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse.

 

Il nuovo testo del comma 5 dell’articolo 9 della legge 122/1989 provvede infatti, fermo restando quanto previsto dall’art. 41-sexies della L. 1150/1942, e l’immodificabilità dell’esclusiva destinazione a parcheggio, a disciplinare distintamente due fattispecie:

§         al primo periodo, i parcheggi realizzati a norma del comma 1 dell’articolo 9 (solitamente si tratta di parcheggi pertinenziali su aree private, realizzati dai proprietari di immobili nel sottosuolo o al piano terreno dei fabbricati): in tal caso viene consentito il trasferimento della proprietà, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali, ma solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di un’altra unità immobiliare sita nello stesso comune;

Si ricorda che il citato comma 1 dispone che i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici.

Si fa notare, con riferimento al secondo periodo della norma citata, che «secondo il più recente orientamento del Consiglio di Stato, l’area esterna di pertinenza, al di sotto della quale possono realizzarsi i parcheggi in deroga agli strumenti urbanistici generali, ex art. 9 della legge Tognoli, può appartenere anche a terzi, essendo sufficiente che venga garantito il predetto rapporto di “pertinenzialità”. E tale requisito di legge può ritenersi idoneamente soddisfatto qualora venga limitato il raggio di pertinenzialità dell’immobile per così dire “dominante” entro una determinata (e contenuta) distanza dal garage “servente”, con vincolo reso certo mediante apposito atto notarile redatto prima del rilascio dei necessari provvedimenti abilitativi edilizi»[50].

 

Si ricorda inoltre che l’art. 41-sexies della L. 1150/1942 dispone che “nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione” e che “gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse”.

 

§           Al secondo periodo, i parcheggi realizzati ai sensi del comma 4 dell’articolo 9 (si tratta dei parcheggi realizzati in diritto di superficie su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse e destinati a pertinenza di immobili privati): in tal caso viene confermata la disciplina previgente, vale a dire il divieto di cessione separata dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale e la nullità dei relativi atti di cessione; nel corso dell’esame in sede referente il secondo periodo è stato integrato al fine di prevedere, quale eccezione alla disciplina ivi contemplata, l’espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata con il Comune o l’autorizzazione dello stesso Comune dell'atto di cessione.

Si ricorda che il comma 5 del testo previgente dell’art. 9 disponeva che tutti i parcheggi realizzati ai sensi del presente articolo (quindi sia quelli ex comma 1 che quelli ex comma 4) “non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale. I relativi atti di cessione sono nulli”.

 

 


 

Articolo 11
(
Semplificazioni in materia di circolazione stradale, abilitazioni
alla guida, affidamento del servizio informazioni sul traffico,
“bollino blu” e apparecchi di controllo della velocità
)

1. Al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, recante «Nuovo Codice della strada», e di seguito denominato «Codice della strada», sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 115, l'abrogazione del comma 2-bis, disposta dall'articolo 2 del decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59, è anticipata alla data di entrata in vigore del presente decreto;

b) all'articolo 119, comma 4, l'alinea è sostituito dal seguente: «4. L'accertamento dei requisiti psichici e fisici è effettuato da commissioni mediche locali, costituite dai competenti organi regionali ovvero dalle province autonome di Trento e di Bolzano che provvedono altresì alla nomina dei rispettivi presidenti, nei riguardi:»;

c) all'articolo 119, comma 4, la lettera b-bis), inserita dall'articolo 7 del decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59, è soppressa;

d) all'articolo 122, comma 2, l'ultimo periodo è soppresso;

e) all'articolo 126, comma 6, come modificato dal decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59, le parole: «, previa verifica della sussistenza dei requisiti fisici e psichici presso una commissione medica locale, ai sensi dell'articolo 119, comma 4, lettera b-bis» sono soppresse.

2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 28 del decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59, la disposizione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), dello stesso decreto legislativo entra in vigore alla data di pubblicazione del presente decreto.

3. Nelle more dell'entrata in vigore delle disposizioni di cui al decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59, fermo restando quanto previsto dall'articolo 115, comma 2, del Codice della strada, i titolari di certificato di idoneità alla guida del ciclomotore ovvero di patente di guida, al compimento dell'ottantesimo anno di età, rinnovano la validità dei predetti titoli abilitativi ogni due anni.

4. Il Governo, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, provvede a modificare l'articolo 330 del regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della strada, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, in conformità alle modifiche introdotte dalla lettera b) del comma 1 del presente articolo.

5. All'articolo 7, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) alla lettera b), le parole: «in aggiunta a quelli festivi;» sono sostituite dalle seguenti: «in aggiunta a quelli festivi, da individuarsi in modo da contemperare le esigenze di sicurezza stradale, connesse con le prevedibili condizioni di traffico, con gli effetti che i divieti determinano sulla attività di autotrasporto nonché sul sistema economico produttivo nel suo complesso.»;

b) la lettera c) è abrogata.».

6. Ai sensi degli articoli 8 e 9 del regolamento (CE) n. 1071/2009, sono dispensate dalla frequenza di uno specifico corso di formazione preliminare per l'esame di idoneità professionale le persone che hanno assolto all'obbligo scolastico e superato un corso di istruzione secondaria di secondo grado; sono dispensate dall'esame per la dimostrazione dell'idoneità professionale le persone che dimostrano di aver diretto, in maniera continuativa, l'attività in una o più imprese di trasporto italiane o di altro Stato dell’Unione europea da almeno dieci anni precedenti il 4 dicembre 2009 e siano in attività alla data di entrata in vigore del presente decreto. Restano ferme le disposizioni concernenti i corsi di formazione previsti ai sensi dell'articolo 8, paragrafi 5 e 6, del regolamento (CE) n. 1071/2009.

6-bis. Sono incluse nell'ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 1071/2009 le imprese che esercitano o che intendono esercitare la professione di trasportatore di merci su strada con veicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 1,5 tonnellate, o con complessi formati da questi veicoli. Le condizioni da rispettare per i requisiti per l'esercizio della professione di trasportatore su strada di cui all'articolo 3 del regolamento (CE) n. 1071/2009 sono quelle previste dal regolamento stesso, come individuate nel decreto del Capo del dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 25 novembre 2011, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 277 del 28 novembre 2011. Per le imprese di trasporto di merci su strada per conto di terzi che esercitano solo con veicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 tonnellate, il requisito di idoneità professionale è soddisfatto attraverso la frequenza di uno specifico corso di formazione preliminare e di un corso di formazione periodica ogni dieci anni, organizzati e disciplinati ai sensi dell'articolo 8, comma 8, del citato decreto dipartimentale 25 novembre 2011.

6-ter. Le imprese di trasporto su strada già in attività alla data del 4 dicembre 2011 e autorizzate provvisoriamente all'esercizio della professione, ove non soddisfino i requisiti per l'accesso alla professione entro i termini stabiliti ai sensi dell'articolo 12 del decreto del Capo del dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 25 novembre 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 277 del 28 novembre 2011, sono cancellate, a cura del Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici, dal Registro elettronico nazionale delle imprese che esercitano la professione di autotrasportatore su strada e, per le imprese di trasporto di merci su strada per conto terzi, dall'Albo nazionale delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l'autotrasporto di cose per conto di terzi. Le imprese di trasporto di merci su strada per conto di terzi che esercitano la professione solo con veicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 tonnellate devono dimostrare di soddisfare i requisiti per l'accesso alla professione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

6-quater. I soggetti che svolgono le funzioni di gestore dei trasporti ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1071/2009, in possesso dei requisiti di onorabilità e di idoneità professionale, possono essere designati a svolgere tali funzioni presso una sola impresa e non possono essere chiamati a svolgere le medesime funzioni ai sensi del paragrafo 2 del citato articolo. I soggetti che svolgono le funzioni di gestore dei trasporti ai sensi della lettera b) del paragrafo 2 dell'articolo 4 del regolamento (CE) n. 1071/2009 possono essere designati da una sola impresa con un parco complessivo al massimo di cinquanta veicoli e non possono avere legami con nessuna altra impresa di trasporto su strada.

6-quinquies. Le imprese di trasporto di merci su strada che intendono esercitare la professione solo con veicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 tonnellate, per accedere al mercato del trasporto di merci per conto di terzi, devono essere in possesso dei requisiti per l'accesso alla professione ed iscritte all'Albo nazionale delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l’autotrasporto di cose per conto di terzi, e sono tenute a dimostrare di aver acquisito, per cessione di azienda, altra impresa di autotrasporto, o l'intero parco veicolare, purché composto di veicoli di categoria non inferiore a Euro 5, da altra impresa che cessa l'attività di autotrasporto di cose per conto di terzi, oppure di aver acquisito e immatricolato almeno due veicoli adibiti al trasporto di cose di categoria non inferiore ad Euro 5.

6-sexies. All'articolo 2, comma 227, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le parole: «Euro 3» sono sostituite dalle seguenti: «Euro 5».

7. Il centro di coordinamento delle informazioni sul traffico, sulla viabilità e sulla sicurezza stradale di cui all'articolo 73 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, è autorizzato ad affidare in concessione, ai sensi dell'articolo 30 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, i servizi di produzione, distribuzione e trasmissione, sul canale radiofonico e televisivo, delle informazioni sul traffico e sulla viabilità, nonché ogni altro servizio utile al proprio funzionamento, qualora da detto affidamento derivi un minor onere per il bilancio dello Stato.

8. A decorrere dall'anno 2012 il controllo obbligatorio delle emissioni dei gas di scarico degli autoveicoli e dei motoveicoli è effettuato esclusivamente al momento della revisione obbligatoria periodica del mezzo.

9. Gli apparecchi di controllo sui veicoli adibiti al trasporto su strada disciplinati dal regolamento (CEE) n. 3821/85, e successive modificazioni, sono controllati ogni due anni dalle officine autorizzate alla riparazione degli apparecchi stessi. L'attestazione di avvenuto controllo biennale deve essere esibita in occasione della revisione periodica prevista dall'articolo 80 del codice della strada.

10. All'articolo 10 del decreto-legge 6 febbraio 1987, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 marzo 1987, n. 132, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) i commi 1 e 4 sono abrogati;

b) al comma 2, dopo le parole: «Le officine» sono inserite le seguenti: «autorizzate alla riparazione dei tachigrafi» e le parole: «di cui al comma 1» sono soppresse.

 

 

I commi da 1 a 4 dell’articolo 11 apportano alcune modifiche agli articoli 115, 119, 122 e 126 del Codice della Strada (D.Lgs. n. 285 del 2992 e successive modificazioni), in materia di abilitazioni alla guida, recentemente modificate dal D.Lgs. n. 59 del 2011, che aveva dato attuazione alle direttive 2006/126/CE e 2009/113/CE concernenti la patente di guida.

 

Il comma 1, lett. a), b) e c), modifica come segue gli articoli 115 e 119 del Codice della Strada:

- la lett. a) interviene sull’art. 115 del Codice della strada, recante i requisiti per la guida dei veicoli, anticipando alla data di entrata in vigore del presente decreto l’abrogazione del comma 2-bis, che era stata disposta dall’art. 2 del D.Lgs. n. 59 del 2011 con decorrenza dal 19 gennaio 2013. Si tratta della norma in base alla quale gli ultraottantenni possono continuare a condurre ciclomotori e veicoli per i quali sia richiesta la patente delle categorie A, B, C ed E, qualora abbiano conseguito uno specifico attestato rilasciato dalla commissione medica locale, a seguito di visita medica specialistica biennale rivolta ad accertare la persistenza dei requisiti fisici e psichici prescritti.

Viene pertanto anticipata l’abrogazione della norma che prevede il passaggio dalla commissione medica locale, definendo peraltro una disciplina transitoria nel successivo comma 3.

La modifica va infatti coordinata con quella disposta dal comma 3 dell’art. 11 che prevede che nelle more dell'entrata in vigore delle disposizioni di cui al decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59 (quindi fino al 18 gennaio 2013) , fermo restando quanto previsto dall'articolo 115, comma 2, del Codice della strada – cioè i limiti massimi di età previsti per guidare autotreni, autoarticolati nonché per autobus, autocarri, autotreni, autoarticolati, autosnodati, adibiti al trasporto di persone - i titolari di certificato di idoneità alla guida del ciclomotore ovvero di patente di guida, al compimento dell'ottantesimo anno di età, rinnovino la validità dei predetti titoli abilitativi ogni due anni. Per tali soggetti ultaottantenni, compresi coloro che hanno l’idoneità alla guida del ciclomotore, sarà quindi sufficiente l’accertamento biennale tramite l’unità sanitaria locale territorialmente competente o gli altri medici abilitati, come previsto dall’art. 119, comma 2 del codice.

A tale proposito si ricorda che l’art. 126, comma 1 del Codice della strada prevede che le patenti di guida delle categorie A e B siano valide per tre anni per chi abbia superato il settantesimo anno di età.

Si ricorda inoltre che la data del 19 gennaio 2013 è prevista dalla direttiva 2006/126/CE come data a partire dalla quale dovranno essere applicate le nuove disposizioni sulle patenti recate dalla direttiva. La direttiva fissa anche limiti d'età, differenziati per categoria di autoveicoli, per ottenere la patente di guida, lasciando agli Stati un certo margine di manovra per innalzare o abbassare l'età minima.

 

La lett. c ) del comma 1, provvede conseguentemente ad abrogare la lettera b-bis) dell’art. 119, comma 4, che aveva inserito gli ultraottantenni tra i soggetti per i quali era previsto lo specifico accertamento da parte delle commissioni mediche della sussistenza dei requisiti fisici e psichici per conseguire la patente.

La lett. e ) del comma 1 modifica conseguentemente anche l’art. 126, comma 6 del Codice della Strada sopprimendo la parte del comma che faceva riferimento necessità di sottoporre a verifica della sussistenza dei requisiti fisici e psichici presso una commissione medica locale, ai sensi dell'articolo 119, comma 4, lettera b-bis), i titolari delle patenti di guida che al compimento dell'ottantesimo anno di età rinnovassero la validità della patente posseduta ogni due anni.

 

La lett. b) del comma 1 dispone invece, modificando il comma 4 dell’art. 119, che l’accertamento dei requisiti psichici e fisici per il conseguimento della patente di guida sia effettuato da commissioni mediche locali, costituite dai competenti organi regionali, ovvero dalle province autonome di Trento e Bolzano, che provvedono altresì alla nomina dei rispettivi presidenti, per una serie di soggetti per i quali tale accertamento è ritenuto indispensabile. Si tratta dell’accertamento nei confronti dei seguenti soggetti:

a) dei mutilati e minorati fisici;

b) di coloro che abbiano superato i sessantacinque anni di età ed abbiano titolo a guidare autocarri di massa complessiva, a pieno carico, superiore a 3,5 t, autotreni ed autoarticolati, adibiti al trasporto di cose, la cui massa complessiva, a pieno carico, non sia superiore a 20 t, macchine operatrici;

c) di coloro per i quali sia fatta richiesta dal prefetto o dall'ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri;

d) di coloro nei confronti dei quali l'esito degli accertamenti clinici, strumentali e di laboratorio faccia sorgere dubbi circa l'idoneità e la sicurezza della guida;

d-bis) dei soggetti affetti da diabete per il conseguimento, la revisione o la conferma delle patenti C, D, CE, DE e sottocategorie

 

La norma che si va a modificare prevedeva invece che l'accertamento dei requisiti fisici e psichici per il conseguimento della patente di guida fosse effettuato da commissioni mediche locali, ma costituite in ogni provincia, presso le unità sanitarie locali del capoluogo di provincia. L’art. 330 del Regolamento di attuazione del Codice della strada prevede a tale proposito che il presidente della commissione medica locale sia nominato con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione di concerto con il Ministro della sanità su designazione del responsabile dell'unità sanitaria locale presso la quale opera la commissione. La norma andrebbe quindi coordinata con la lettera b) del comma 1 che prevede la nomina dei presidenti delle commissioni mediche locali da parte dei competenti organi regionali.

Su tale norma del regolamento di attuazione interviene peraltro il comma 4 dell’art. 11 disponendo che Il Governo, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, provveda a modificare l'articolo 330 del regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della strada, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, in conformità alle modifiche introdotte dalla lettera b) del comma 1. Al riguardo si segnala che la versione iniziale richiamava, presumibilmente per errore, la sola lettera a) del comma 1 che dispone l’abrogazione della norma che prevede il passaggio degli ultraottantenni per le commissioni mediche locali ed il rinvio alla quale risultava quindi non coerente.

 

La lett. d) del comma 1 modifica l’art. 122 del Codice della Strada in materia di esercitazioni di guida, sopprimendo la norma che prevede, per lo svolgimento delle esercitazioni obbligatorie per gli aspiranti alla patente di guida, che qualora il veicolo non sia munito di doppi comandi a pedale almeno per il freno di servizio e per l'innesto a frizione, l'istruttore che deve affiancare l’aspirante non possa avere età superiore a sessanta anni.

Si ricorda infatti che a chi ha fatto domanda per sostenere l'esame per la patente di guida, ovvero per l'estensione di validità della patente ad altre categorie di veicoli ed è in possesso dei requisiti fisici e psichici prescritti, è rilasciata un'autorizzazione per esercitarsi alla guida, la quale consente all'aspirante di esercitarsi purché al suo fianco si trovi, in funzione di istruttore, persona di età non superiore a sessantacinque anni, munita di patente valida per la stessa categoria, conseguita da almeno dieci anni, ovvero valida per la categoria superiore. Se mancano i doppi comandi il limite di età è di sessanta anni.

 

Il comma 2 dell’art. 11 è stato soppresso, in sede di coordinamento formale, in quanto ripetitivo del disposto di cui al comma 1, lettera a).

 

Il comma 5 dell’art. 11 modifica l’art. 7, comma 2, lett. b) e c), del regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della strada, relativo alle limitazioni alla circolazione dei mezzi pesanti (i veicoli per il trasporto di cose, aventi massa complessiva massima autorizzata superiore a 7,5 t, i veicoli eccezionali e adibiti a trasporto eccezionale).

La norma dell’art. 7 comma 2 lett. b), che prevede attualmente la possibilità di vietare la circolazione in altri giorni oltre a quelli festivi, viene modificata specificando che tali ulteriori giorni vadano individuati in modo da contemperare le esigenze di sicurezza stradale, connesse con le prevedibili condizioni di traffico, con gli effetti che i divieti determinano sull’attività di autotrasporto nonché sul sistema economico produttivo nel suo complesso. La modifica intende quindi rendere più flessibili i divieti di circolazione dei mezzi pesanti.

Viene conseguentemente abrogata la lett. c) dell’art. 7, comma 2, che prevedeva la possibilità di disporre il divieto di circolazione anche nell'eventuale o negli eventuali giorni precedenti o successivi a quelli indicati nelle lettere a) e b).

 

Il comma 6 dell’art. 11 semplifica le disposizioni relative al corso per l’idoneità professionale per gli autotrasportatori, prevedendo, in conformità a quanto disposto dagli articoli 8 e 9 del regolamento (CE) n. 1071/2009, che sia dispensato dalla frequenza di uno specifico corso di formazione preliminare per l'esame di idoneità professionale chi abbia assolto all'obbligo scolastico e superato un corso di istruzione secondaria superiore. Vengono altresì dispensate dall'esame per la dimostrazione dell'idoneità professionale le persone che dimostrano di aver diretto, in maniera continuativa, l'attività in una o più imprese di trasporto italiane o comunitarie da almeno dieci anni precedenti il 4 dicembre 2009 e siano in attività alla data di entrata in vigore del decreto.

Restano invece fermi i corsi di formazione previsti ai sensi dell'articolo 8, paragrafi 5 e 6, del regolamento (CE) n. 1071/2009.

Si tratta della possibilità per gli Stati membri di promuovere una formazione periodica sulle materie elencate nell’allegato I del Regolamento a intervalli di dieci anni per garantire che i gestori dei trasporti siano informati dei cambiamenti che intervengono nel settore (par. 5), nonché di esigere che le persone che sono in possesso di un attestato di idoneità professionale ma che, nei cinque anni precedenti, non hanno diretto un’impresa di trasporti di merci su strada o un’impresa di trasporti di persone su strada effettuino una riqualificazione per aggiornare la loro conoscenza dei recenti sviluppi della legislazione (par. 6).

 

Nel corso dell’esame in Commissione sono stati introdotti i commi aggiuntivi da 6-bis a 6-sexies, relativi all’ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 1071/2009 che disciplina l'accesso alla professione di trasportatore su strada e l'esercizio della stessa.

In particolare il comma aggiuntivo 6-bis include nell'ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 1071/2009 le imprese che esercitano o che intendono esercitare la professione di trasportatore di merci su strada con veicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 1,5 tonnellate, o con complessi formati da questi veicoli.

Si ricorda che il Regolamento n. 1071/2009 si applica a tutte le imprese stabilite nella Comunità che esercitano la professione di trasportatore su strada e che, a meno che il diritto nazionale disponga altrimenti, esso non si applica:

a) alle imprese che esercitano la professione di trasportatore di merci su strada esclusivamente con veicoli a motore singoli o con insiemi di veicoli accoppiati la cui massa a carico tecnicamente ammissibile non superi le 3,5 tonnellate. Tuttavia, gli Stati membri possono diminuire tale soglia per la totalità o per una parte delle categorie di trasporto su strada;

b) alle imprese che effettuano esclusivamente trasporti di persone su strada a fini non commerciali o che non esercitano la professione di trasportatore di persone su strada come attività principale;

c) alle imprese che esercitano la professione di trasportatore su strada esclusivamente con veicoli a motore la cui velocità massima autorizzata non superi i 40 km/h.

 

La disposizione prevede altresì che le condizioni da rispettare per i requisiti per l'esercizio della professione di trasportatore su strada definite nell’articolo 3 del regolamento n. 1071/2009 - che le imprese che esercitano la professione di trasportatore su strada abbiano una sede effettiva e stabile in uno Stato membro; siano onorabili, possiedano un'adeguata idoneità finanziaria e l'idoneità professionale richiesta - siano quelle previste dal regolamento stesso, come attuate nel decreto del Capo Dipartimento per i trasporti, del 25 novembre 2011.

Circa l’idoneità professionale il comma dispone che per le imprese di trasporto di merci su strada per conto di terzi che esercitano solo con veicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 tonnellate, il requisito di idoneità professionale sia soddisfatto attraverso la frequenza di uno specifico corso di formazione preliminare, e di un corso di formazione periodica ogni dieci anni, organizzati e disciplinati ai sensi dell'articolo 8, comma 8 del citato decreto 25 novembre 2011.

 

Il comma aggiuntivo 6-ter dispone poi che le imprese di trasporto su strada già in attività al 4 dicembre 2011 ed autorizzate provvisoriamente all'esercizio della professione, ove non soddisfino i requisiti per l'accesso alla professione entro i termini stabiliti ai sensi dell'articolo 12 del citato decreto ministeriale 25 novembre 2011, siano cancellate , a cura del Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici, dal Registro degli autotrasportatori e, per le imprese di trasporto di merci su strada per conto di terzi, dall'Albo nazionale delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l'autotrasporto di cose per conto di terzi.

Il comma dispone inoltre , per le imprese di trasporto di merci su strada per conto di terzi che esercitano solo con veicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 tonnellate, che queste debbano dimostrare di soddisfare i requisiti per l'accesso alla professione entro 12 mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

 

Il comma aggiuntivo 6-quater attiene ai soggetti che svolgono le funzioni di gestore dei trasporti ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1 del regolamento (CE) n. 1071/2009, in possesso dei requisiti di onorabilità e di idoneità professionale, disponendo che tali persone fisiche possano essere designate a svolgere tali funzioni presso una sola impresa e non possano essere chiamate a svolgere le medesime funzioni ai sensi del paragrafo 2 dello stesso articolo.

Si ricorda che i gestori dei trasporti sono quei soggetti, persone fisiche indicati dall’impresa di trasporto come coloro che dirigono effettivamente e continuativamente le attività di trasporto dell'impresa, hanno un vero legame con l'impresa, essendo per esempio dipendenti, direttore, proprietario o azionista e siano residente nella Comunità.

I soggetti che svolgono le funzioni di gestore dei trasporti se manca l’idoneità professionale richiesta, possono essere designati da una sola impresa con un parco complessivo al massimo di cinquanta veicoli e non possono avere legami con nessuna altra impresa di trasporto su strada.

 

Il comma aggiuntivo 6-quinquies prevede che le imprese di trasporto di merci su strada che intendono esercitare solo con veicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 tonnellate per accedere al mercato del trasporto di merci per conto di terzi debbano essere in possesso dei requisiti per l'accesso alla professione ed iscritte all'Albo degli autotrasportatori per conto di terzi, e siano tenute a dimostrare di aver acquisito, per cessione di azienda, altra impresa di autotrasporto, o l'intero parco veicolare, purché composto di veicoli di categoria non inferiore a Euro 5, da altra impresa che cessa l'attività di autotrasporto per conto di terzi, oppure di aver acquisito ed immatricolato almeno due veicoli adibiti al trasporto di cose di categoria non inferiore ad Euro 5.

Il comma aggiuntivo 6-sexies, modifica l'articolo 2, comma 227, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, relativamente ai requisiti delle imprese di autotrasporto di cose.

Il comma 227 ha disposto che le imprese che intendono esercitare la professione di autotrasportatore di cose per conto di terzi, in possesso dei requisiti di onorabilità, capacità finanziaria e professionale, ed iscritte all’albo degli autotrasportatori per conto di terzi, siano tenute a dimostrare di aver acquisito, per cessione di azienda, altra impresa di autotrasporto, o l’intero parco veicolare, purché composto di veicoli di categoria non inferiore a Euro 3, di altra impresa che cessa l’attività di autotrasporto per conto di terzi, oppure di aver acquisito ed immatricolato, singolarmente o in forma associata, veicoli adibiti al trasporto di cose di categoria non inferiore a Euro 3 e aventi massa complessiva a pieno carico non inferiore a ottanta tonnellate.

Con la modifica il riferimento alla categorie Euro 3 viene aggiornato con quello alla categoria Euro 5.

 

Il comma 7 dell’art. 11 dispone che il centro di coordinamento delle informazioni sul traffico, sulla viabilità e sulla sicurezza stradale (CCISS) di cui all'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, sia autorizzato ad affidare in concessione, ai sensi dell'articolo 30, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, i servizi di produzione, distribuzione e trasmissione, sul canale radiofonico e televisivo, delle informazioni sul traffico e sulla viabilità, nonché ogni altro servizio utile al proprio funzionamento, qualora da detto affidamento derivi un minor onere per il bilancio dello Stato.

Il richiamato art. 30 del Codice dei contratti pubblici prevede che nella concessione di servizi la controprestazione a favore del concessionario consista unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio. Il soggetto concedente stabilisce in sede di gara anche un prezzo qualora sia necessario assicurare al concessionario il perseguimento dell’equilibrio economico - finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualità del servizio da prestare. La scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità. E’ necessaria la previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all’oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi.

 

Il comma 8 dell’art. 11 dispone che a decorrere dall'anno 2012 il controllo obbligatorio dei dispositivi di combustione e scarico degli autoveicoli e dei motoveicoli (c.d. bollino blu) sia effettuato esclusivamente al momento della revisione obbligatoria periodica del mezzo.

Nel corso dell’esame in Commissione il comma 8 è stato modificato per fare riferimento, più correttamente, al controllo obbligatorio delle emissioni dei gas di scarico.

 

I commi 9 e 10 disciplinano il controllo periodico dell’apparecchio di controllo (tachigrafo digitale), montato sui veicoli adibiti al trasporto su strada, prevedendo che, dal 2012, lo stesso venga effettuato ogni due anni, anziché ogni anno, come precedentemente prescritto.

 

L’apparecchio di controllo (tachigrafo digitale) è disciplinato dal regolamento (CEE) n. 3821/85, il quale ne impone il montaggio e l’utilizzo sui veicoli adibiti al trasporto su strada di viaggiatori o di merci,[51] immatricolati in uno Stato membro. L’apparecchio ha la funzione di misurare i tempi di guida e di riposo di ciascun conducente e di registrare altri elementi riguardanti la marcia del veicolo, quali velocità e percorso, per verificare il rispetto della normativa europea in materia sociale nel settore dei trasporti su strada, dettata dal regolamento (CEE) n. 561/2006.

 

Il comma 9 prescrive che gli apparecchi di controllo siano controllati ogni due anni, ad opera delle officine autorizzate alla riparazione degli apparecchi stessi. L’attestazione dell’avvenuto controllo deve essere esibita all’atto della revisione periodica del veicolo, disciplinata dall’articolo 80 del Codice della strada.

Si segnala che anche il citato regolamento (CEE) n. 3821/85 prescrive che l’apparecchio di controllo sia controllato almeno ogni due anni (allegato I-VI).

 

Il successivo comma 10 abroga i commi 1 e 4 dell’articolo 10 del D.L. n. 16/1987[52], che, anteriormente all’entrata in vigore del decreto-legge in esame, disciplinavano il controllo periodico dell’apparecchio di controllo.

Il comma 1 del citato articolo 10 stabiliva che gli apparecchi fossero controllati annualmente dalle officine autorizzate alla loro riparazione. Il comma 4 disponeva che l’attestazione di avvenuta revisione annuale dell’apparecchio fosse esibita in occasione della revisione periodica del veicolo.[53]

E’ inoltre modificato, per motivi di coordinamento formale, il comma 2 del citato articolo 10.

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 19 luglio 2011 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2011)454), corredata di una proposta di regolamento (COM(2011)451 recante modifica del regolamento (CEE) n. 3821/85 relativo all'apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada.

Il pacchetto prospetta una revisione della legislazione in materia di tachigrafi digitali al fine di renderli più efficienti, garantire l’osservanza da parte dei conducenti professionisti del trasporto su strada delle regole sul tempo di guida e sui periodi di riposo e sfruttare pienamente le opportunità offerte dalle nuove tecnologie quali i sistemi di posizionamento satellitari. Nelle intenzioni della Commissione tali misure contribuiranno a ridurre le frodi e gli oneri amministrativi (per un importo stimato in 515 milioni di euro all’anno), migliorando nel contempo la sicurezza dei conducenti.

La proposta di regolamento segue la procedura legislativa ordinaria. Il pacchetto dovrebbe essere esaminato dalla commissione Trasporti del Parlamento europeo il 26 marzo 2012 e dalla plenaria l’11 giugno 2012. Il Consiglio trasporti del 12 dicembre 2011 ha raggiunto un orientamento generale sulla proposta di regolamento.

 


 

Articolo 11-bis
(
Disciplina sanzionatoria per le esercitazioni di guida in autostrada
o su strade extraurbane principali
)

1. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono disciplinate le condizioni alle quali il minore conducente, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 11 novembre 2011, n. 213, può esercitarsi alla guida in autostrada o su strade extraurbane principali, ovvero in condizione di visione notturna, prevedendo in particolare che, nelle autostrade con carreggiate a tre o più corsie, sia vietato al predetto minore di impegnare altre corsie all'infuori delle due più vicine al bordo destro della carreggiata. Si applica, in tal caso, la sanzione di cui all'articolo 176, comma 21, del Codice della strada, e successive modificazioni.

2. Fermo restando quanto prescritto dall'articolo 122, comma 5-bis, del Codice della strada, la disposizione di cui al comma 1 del presente articolo si applica anche al titolare di autorizzazione ad esercitarsi alla guida, di cui all'articolo 122 citato, che si eserciti in autostrada o su strade extraurbane principali, ovvero in condizioni di visione notturna. In tal caso, al di fuori delle esercitazioni con un'autoscuola, sul veicolo non può prendere posto, oltre al conducente, un'altra persona che non sia l'accompagnatore. Si applica la sanzione di cui al medesimo articolo 122, comma 9, Codice della strada, e successive modificazioni.

 

 

L’articolo 11-bis, introdotto nel corso dell’esame in Commissione, è diretto a consentire ai minori autorizzati alla guida accompagnata e ai titolari di autorizzazione ad esercitarsi alla guida (c.d. foglio rosa) di esercitarsi alla guida in autostrada o su strade extraurbane principali, ovvero in condizione di visione notturna.

 

Si ricorda che l’articolo 16 della legge n. 120/2010 ha introdotto il nuovo istituto della guida accompagnata consentendo ai minori che abbiano compiuto i diciassette anni e siano titolari di patente di guida (il riferimento è alla patente di categoria A, che abilita alla guida di motoveicoli di cilindrata fino a 125 cc), la guida di autoveicoli di massa non superiore a 3,5 t.

La guida è consentita alle seguenti condizioni:

§         che il minorenne sia accompagnato da un conducente, titolare di patente di categoria B, o superiore, da almeno dieci anni;

§         che sia stata rilasciata autorizzazione da parte del Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici, su istanza del genitore o rappresentante legale del minore;

§         che sia stato preventivamente effettuato un corso pratico di guida, presso un’autoscuola con istruttore autorizzato, di durata pari ad almeno dieci ore, delle quali quattro in autostrada o su strade extraurbane e due in condizione di visione notturna.

Le disposizioni attuative della guida accompagnata sono state dettate dal D.M. 11 novembre 2011, n. 213, “Regolamento recante disciplina del rilascio dell'autorizzazione a minore ai fini della guida accompagnata e relativa modalità di esercizio”, che entrerà in vigore il 21 aprile 2012.

 

Il comma 1 stabilisce che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti dovrà emanare un decreto con il quale sono disciplinate le condizioni alle quali è consentito ai minori autorizzati alla guida accompagnata di esercitarsi alla guida in autostrada o su strade extraurbane principali, ovvero in condizione di visione notturna.

Nel decreto dovrà essere in particolare prescritto che il predetto minore, nelle autostrade con carreggiate a tre o più corsie, sia tenuto a circolare nelle due corsie più vicine al bordo destro della carreggiata. In caso di violazione si applica la sanzione amministrativa di cui all’articolo 172, comma 21, del D.Lgs. n. 285/1992 (Codice della strada), ovvero il pagamento di una somma da euro 80 a euro 318.

Il decreto ministeriale in oggetto dovrà essere emanato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.

 

Il comma 2 dispone che la stessa possibilità di esercitarsi in autostrada o su strade extraurbane principali, ovvero in condizione di visione notturna sia riconosciuta anche ai titolari di autorizzazione ad esercitarsi alla guida (c.d. foglio rosa).

In tal caso, al di fuori delle esercitazioni con un'autoscuola, sul veicolo non può prendere posto, oltre al conducente, un'altra persona che non sia l'accompagnatore.

In caso di violazione delle disposizioni di cui al comma in esame si applica la sanzione amministrativa di cui all’articolo 122, comma 9, del D.Lgs. n. 285/1992 (Codice della strada), ovvero il pagamento di una somma da euro 80 a euro 318.

E’ confermato quanto stabilito dall’articolo 122, comma 5-bis. del Codice della strada, ai sensi del quale, per conseguire la patente di guida di categoria B è necessario aver effettuato esercitazioni in autostrada o su strade extraurbane e in condizione di visione notturna presso un'autoscuola con istruttore abilitato e autorizzato.

 

Non appare del tutto chiaro se anche per dare attuazione al comma 2 sia necessario emanare un decreto ministeriale, come previsto dal comma 1.

 


 

Articolo 12
(Semplificazione procedimentale per l'esercizio di attività economiche
e segnalazione certificata di inizio attività in caso di esercizio congiunto dell’attività di estetista, anche non prevalente,
con altre attività commerciali
)

1. Fermo restando quanto previsto dalle norme di liberalizzazione delle attività economiche e di riduzione degli oneri amministrativi per le imprese e tenendo conto anche dei risultati del monitoraggio di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160, le Regioni, le Camere di commercio industria agricoltura e artigianato, i comuni e le loro associazioni, le agenzie per le imprese ove costituite, le altre amministrazioni competenti e le organizzazioni e le associazioni di categoria interessate, comprese le organizzazioni dei produttori di cui al decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, possono stipulare convenzioni, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e per lo sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata Stato regioni ed autonomie locali, per attivare percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa per gli impianti produttivi e le iniziative ed attività delle imprese sul territorio, in ambiti delimitati e a partecipazione volontaria, anche mediante deroghe alle procedure ed ai termini per l'esercizio delle competenze facenti esclusivamente capo ai soggetti partecipanti, dandone preventiva ed adeguata informazione pubblica.

2. Nel rispetto del principio costituzionale di libertà dell'iniziativa economica privata in condizioni di piena concorrenza e pari opportunità tra tutti i soggetti, presenti e futuri, che ammette solo i limiti, i programmi e i controlli necessari ad evitare possibili danni alla salute, all'ambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e possibili contrasti con l'utilità sociale, con l'ordine pubblico, con il sistema tributario e con gli obblighi comunitari ed internazionali della Repubblica, il Governo adotta uno o più regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al fine di semplificare i procedimenti amministrativi concernenti l'attività di impresa, compresa quella agricola, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) semplificazione e razionalizzazione delle procedure amministrative, anche mediante la previsione della conferenza di servizi telematica ed aperta a tutti gli interessati, e anche con modalità asincrona;

b) previsione di forme di coordinamento, anche telematico, attivazione ed implementazione delle banche dati consultabili tramite i siti degli sportelli unici comunali, mediante convenzioni fra Anci, Unioncamere, Regioni, Agenzie per le imprese e Portale nazionale impresa in un giorno, in modo che sia possibile conoscere contestualmente gli oneri, le prescrizioni ed i vantaggi per ogni intervento, iniziativa ed attività sul territorio;

c) individuazione delle norme da abrogare a decorrere dall'entrata in vigore dei regolamenti e di quelle tacitamente abrogate ai sensi della vigente normativa in materia di liberalizzazione delle attività economiche e di riduzione degli oneri amministrativi sulle imprese;

c-bis) definizione delle modalità operative per l’integrazione dei dati telematici tra le diverse amministrazioni.

3. I decreti di cui al comma 2 sono adottati entro il 31 dicembre 2012, tenendo conto dei risultati della sperimentazione di cui al comma 1 e di quanto previsto dai regolamenti di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previo parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato che si intende reso in senso favorevole decorsi trenta giorni dalla richiesta.

4. Con i regolamenti di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, sono altresì individuate le attività sottoposte ad autorizzazione, a segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) con asseverazioni o a segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) senza asseverazioni ovvero a mera comunicazione e quelle del tutto libere.

4-bis. A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le disposizioni di cui al comma 2 dell’articolo 10 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, e successive modificazioni, si applicano anche in caso di esercizio congiunto dell’attività di estetista con altra attività commerciale, a prescindere dal criterio della prevalenza.

5. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nell'esercizio della loro potestà normativa, disciplinano la materia oggetto del presente articolo nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 29 della legge 7 agosto 1990 n. 241, dall'articolo 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 e dall'articolo 34 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. A tale fine, il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, promuovono anche sulla base delle migliori pratiche e delle iniziative sperimentali statali, regionali e locali, accordi, o intese ai sensi dell'articolo 20-ter della legge 15 marzo 1997, n. 59.

6. Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente articolo i servizi finanziari, come definiti dall'articolo 4 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, nonché i procedimenti tributari e in materia di giochi pubblici e di tabacchi lavorati, per i quali restano ferme le particolari norme che li disciplinano.

 

 

La norma si colloca nel quadro già delineato dalle norme sulle liberalizzazioni delle attività economiche e di riduzione degli oneri amministrativi per le imprese di cui agli articoli 3 del D.L. 138/2011[54], 34 del D.L. 201/2011[55] e 11 del D.P.R. 160/2010.

 

Si ricorda che l’articolo 3 del D.L. 138/2011 prevede l’abrogazione delle indebite restrizioni all'accesso e all'esercizio delle professioni e delle attività economiche. Più in particolare stabilisce un meccanismo di abrogazione a termine[56] per tutte le disposizioni normative statali ad oggi esistenti, che risultano incompatibili con il principio secondo cui l’iniziativa e l’attività economica privata sono libere. Tuttavia il principio di piena libertà dell’iniziativa e attività economica può esser limitato quando esistano vincoli imposti dall’ordinamento comunitario, dalla Costituzione, quando vi siano ragioni di tutela della sicurezza e dignità umana, protezione della salute umana, conservazione della flora e fauna, dell’ambiente e del patrimonio culturale.

L’articolo 34 del D.L. 201/2011 tende a promuovere una sostanziale liberalizzazione riferita a tutte le categorie di attività economiche: imprenditoriali, commerciali, artigianali e autonome. A tal fine la norma elenca alcune tipologie di restrizioni, eventualmente preesistenti, da considerarsi abrogate, tra queste vi rientrano le norme che prevedono l’imposizione di distanze minime per l’esercizio di determinate attività e il divieto, nei confronti di alcune categorie, di commercializzazione di taluni prodotti. Tali disposizioni non si applicano alle professioni, al trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea, ad alcuni servizi finanziari[57] e ai servizi di comunicazione[58].

L’articolo 11 del D.P.R. 160/2010 prevede il raccordo tra istituzioni al fine di predisporre forme di monitoraggio sistematico sull’attività e il funzionamento del SUAP[59].

 

Il comma 1, dell’articolo 12, prevede che le misure per semplificare i procedimenti possano essere attivate attraverso un insieme di regole nella forma della convenzione. Tale convenzione è proposta dai Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e per lo sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata Stato regioni ed autonomie locali. I soggetti che possono stipulare le convenzioni sono le Regioni, le Camere di commercio industria e artigianato, i comuni e le loro associazioni, le agenzie per le imprese, le altre amministrazioni competenti e le organizzazioni e le associazioni di categoria interessate. Le Commissioni riunite hanno ricompreso, all’interno delle associazioni di categoria, le organizzazioni dei produttori di cui al decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228[60].

Si segnala che il riferimento normativo al D.Lgs n. 228/2001 va aggiornato con il D.Lgs. 102/2005.

Le Organizzazioni dei produttori sono infatti attualmente regolate dall’articolo 2 D.Lgs. 102/2005 (Regolazioni dei mercati agroalimentari, che ha sostituito ed abrogato la normativa recata originariamente dall’articolo 26 del D.L.gs 228/2001.

Le organizzazioni di produttori hanno come scopo principale la commercializzazione della produzione dei produttori aderenti per i quali sono riconosciute ed in particolare di:

-        assicurare la programmazione della produzione e l'adeguamento della stessa alla domanda, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo;

-        concentrare l'offerta e commercializzare direttamente la produzione degli associati; partecipare alla gestione delle crisi di mercato;

-        ridurre i costi di produzione e stabilizzare i prezzi alla produzione;

-        promuovere pratiche colturali e tecniche di produzione rispettose dell'ambiente e del benessere degli animali,

-        assicurare la trasparenza e la regolarità dei rapporti economici con gli associati nella determinazione dei prezzi di vendita dei prodotti;

-        realizzare iniziative relative alla logistica; adottare tecnologie innovative;

-        favorire l'accesso a nuovi mercati, anche attraverso l'apertura di sedi o uffici commerciali.

Le organizzazioni di produttori possono costituire fondi di esercizio alimentati da contributi degli aderenti.

Con le convenzioni possono essere attivati percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa per gli impianti produttivi e le iniziative ed attività delle imprese sul territorio, che possono anche derogare alle procedure e ai termini per l’esercizio delle competenze facenti esclusivamente capo ai soggetti partecipanti. I soggetti interessati hanno l’obbligo di dare informazione pubblica delle citate convenzioni.

 

Il comma 2 prevede l’adozione da parte del Governo di uno o più regolamenti di delegificazione[61] al fine di semplificare i procedimenti amministrativi concernenti l’attività d’impresa. Le Commissioni riunite hanno precisato che va ricompresa anche l’attività agricola.

Tali regolamenti devono essere emanati nel rispetto del principio costituzionale di libertà d’iniziativa economica privata in condizioni di piena concorrenza e pari opportunità tra tutti i soggetti. Viene precisato, inoltre, che tale principio ammette limitazioni e controlli solo al fine di evitare danni alla salute, all’ambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, per non contrastare con l’ordine pubblico, con il sistema tributario e con gli obblighi comunitari ed internazionali.

Tali regolamenti devono essere adottati tenendo conto dei seguenti principi e criteri direttivi:

§      semplificazione e razionalizzazione delle procedure amministrative, anche mediante la previsione della conferenza di servizi telematica ed aperta a tutti gli interessati, e anche con modalità non simultanea;

§      previsione di forme di coordinamento, anche telematico, attivazione ed implementazione delle banche dati consultabili tramite i siti degli sportelli unici comunali, mediante convenzioni fra Anci, Unioncamere, Agenzie per le imprese, Regioni e Portale nazionale impresa in un giorno, in modo che sia possibile conoscere contestualmente gli oneri, le prescrizioni ed i vantaggi per ogni intervento, iniziativa ed attività sul territorio;

§      individuazione delle norme da abrogare a decorrere dall’entrata in vigore dei regolamenti e di quelle tacitamente abrogate ai sensi della vigente normativa in materia di liberalizzazione delle attività economiche e di riduzione degli oneri amministrativi sulle imprese;

§      definizione delle modalità operative per l’integrazione dei dati telematici tra le diverse amministrazioni (tale principio è stato introdotto dalle Commissioni riunite).

 

Il comma 3 prevede che I regolamenti di cui al comma precedente siano adottati su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e per lo sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata[62], e previo parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. I regolamenti, inoltre, sono adottati entro il 31 dicembre 2012, tenendo conto anche dei risultati dei percorsi sperimentali di semplificazione normativa previsti al comma 1.

 

Il comma 4 estende la portata dell’articolo 1, comma 3, del D.L. 1/2012, attualmente all’esame della Camera (A.C. 5025) in seconda lettura, prevedendo che con i regolamenti ivi previsti siano altresì individuate le attività sottoposte ad autorizzazione, a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) con asseverazioni, a SCIA senza asseverazioni, a mera comunicazione e quelle del tutto libere.

Il comma 3 dell’articolo 1 del D.L. 1/2012 prevede che il Governo, previa approvazione da parte delle Camere di una sua relazione che specifichi, periodi ed ambiti di intervento degli atti regolamentari, è autorizzato ad adottare entro il 31 dicembre 2012 uno o più regolamenti[63], per individuare le attività per le quali permane l'atto preventivo di assenso dell'amministrazione, e disciplinare i requisiti per l'esercizio delle attività economiche, nonché i termini e le modalità per l'esercizio dei poteri di controllo dell'amministrazione, individuando le disposizioni di legge e regolamentari dello Stato che vengono abrogate a decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti stessi. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato rende parere obbligatorio, nel termine di trenta giorni decorrenti dalla ricezione degli schemi di regolamento, anche in merito al rispetto del principio di proporzionalità. In mancanza del parere nel termine, lo stesso si intende rilasciato positivamente.

 

Il comma 4-bis, inserito nel corso dell’esame in sede referente dalle Commissioni riunite I e X, estende la portata normativa dell’articolo 10, comma 2, del D.L. 7/2007[64], prevedendo che la segnalazione di inizio attività (SCIA) si applichi all’attività di estetista anche quando la stessa sia esercitata in concomitanza con un'altra attività commerciale, a prescindere dal criterio di prevalenza.

Si ricorda che Il comma 2 dell’articolo 10 del D.L. 7/2007 prevede che l'attività di estetista[65], sia soggetta alla sola dichiarazione di inizio attività da presentare allo sportello unico del comune, laddove esiste, o al comune territorialmente competente ai sensi della normativa vigente. Inoltre l’attività non può essere subordinata al rispetto del criterio della distanza minima o di parametri numerici prestabiliti, riferiti alla presenza di altri soggetti svolgenti la medesima attività, e al rispetto dell'obbligo di chiusura infrasettimanale.

 

Il comma 5 prevede che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nel disciplinare la materia oggetto dell’articolo in esame, siano tenute al rispetto delle disposizioni previste dall’articolo 29 L. 241/1990, dall’articolo 3 del D.L. 138/2011 e dall’articolo 34 del D.L. 201/2011.

A tal fine, il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, promuovono. anche sulla base delle migliori pratiche e delle iniziative sperimentali statali, regionali e locali, accordi o intese ai sensi dell’articolo 20-ter della legge 15 marzo 1997, n. 59.

Si ricorda che  l’articolo 29 della L. 241/1990 disciplina l’ambito di applicazione delle norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

L’articolo 20-ter della L. 59/1997[66] disciplina la procedura relativa alla conclusione di  accordi e intese tra governo, regioni ed enti locali in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per il conseguimento della finalità del miglioramento della qualità normativa.

 

Il comma 6 dell’articolo 12 esclude dall’applicazione delle disposizioni di semplificazione recate dall’articolo medesimo i seguenti settori, che rimangono disciplinati dalle relative norme:

§      i servizi finanziari, come definiti dall’articolo 4 del D.Lgs. n. 59/2010[67].

Ai sensi della richiamata disposizione, in seno alla definizione di “servizi finanziari” (articolo 4, comma 1) sono inclusi i servizi bancari e nel settore del credito, i servizi assicurativi e di riassicurazione, il sevizio pensionistico professionale o individuale, la negoziazione dei titoli, la gestione dei fondi, i servizi di pagamento e quelli di consulenza nel settore degli investimenti. Dal momento che le norme fanno riferimento all’intero articolo 4 del D.Lgs. 59/2010, sembra desumersi l’esclusione dall’ambito applicativo dell’articolo in commento anche di  quelle attività finanziarie e creditizie ammesse al mutuo riconoscimento in ambito UE (elencate all'articolo 1, comma 2, lettera f), del Testo Unico Bancario, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385) nonché le attività, i servizi di investimento ed i servizi accessori aventi ad oggetto specifici strumenti finanziari (ovvero quelli elencati nell’Allegato al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 – Testo Unico Finanziario[68]);

§      i procedimenti tributari;

§      i procedimenti in materia di giochi pubblici;

§      i procedimenti in materia di tabacchi lavorati (quest’ultima esclusione è stata inserita dalle Commissioni riunite)

 


 

Articolo 12-bis
(
Riduzione degli oneri delle comunicazioni a carico dei comuni)

1. Al fine di semplificare l'attività dei responsabili finanziari degli enti locali e ridurre la duplicazione delle comunicazioni dei dati correlati alla gestione contabile, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro delle economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sono adottate nuove modalità per le comunicazioni obbligatorie di dati a carico dei comuni nei confronti di altre amministrazioni pubbliche, finalizzate all'utilizzo di un unico modulo per la trasmissione dei dati, da comunicare a soggetti diversi appartenenti alla pubblica amministrazione.

2. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

L’articolo 12-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, demanda ad un decreto interministeriale – adottato dal Ministro degli interni, di concerto con il Ministro delle economia e finanze e il Ministro per la semplificazione entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame – la definizione di nuove modalità per le comunicazioni obbligatorie di dati a carico dei comuni nei confronti di altre amministrazioni pubbliche, al fine di semplificare l'attività dei responsabili finanziari degli enti locali e ridurre la duplicazione delle comunicazioni dei dati di gestione contabile (comma 1).

In particolare, dovrà essere adottato un unico modulo per la trasmissione dei dati da comunicare a soggetti diversi appartenenti alla pubblica amministrazione.

 

Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria delle disposizioni recate dal comma 1.

 

 


 

Articolo 13
(
Modifiche al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773)

1. Al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 13, primo comma, le parole: "un anno, computato" sono sostituite dalle seguenti: "tre anni, computati";

b) all'articolo 42, terzo comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "La licenza, la cui durata non sia diversamente stabilita dalla legge, ha validità annuale";

c) all'articolo 51, primo comma, le parole: "durano fino al 31 dicembre dell'anno in cui furono rilasciate" sono sostituite dalle seguenti: "hanno validità di tre anni dalla data del rilascio";

d) all'articolo 75-bis, comma 1, l'ultimo periodo è soppresso;

e) all'articolo 99, primo comma, le parole: "agli otto giorni" sono sostituite dalle seguenti: "ai trenta giorni";

f) all'articolo 115:

1) al primo comma, le parole: "senza licenza del Questore" sono sostituite dalle seguenti: "senza darne comunicazione al Questore";

2) al secondo e al quarto comma, la parola: "licenza" e' sostituita dalla seguente: "comunicazione";

3) il sesto comma è sostituito dal seguente: "Le attività di recupero stragiudiziale dei crediti per conto di terzi sono soggette alla licenza del Questore. A esse si applica il quarto comma del presente articolo e la licenza del questore abilita allo svolgimento delle attività di recupero senza limiti territoriali, osservate le prescrizioni di legge o di regolamento e quelle disposte dall'autorità.";

g) gli articoli 12, primo comma, 86, secondo comma, 107, 115, terzo comma, sono abrogati.

2. Gli articoli 121, 123, secondo comma, 124, secondo comma, 159, 173 e 184 del regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, sono abrogati.

 

 

L’articolo 13, composto da due commi, reca una serie di puntuali modifiche al Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (R.D. 18 giugno 1931 n. 773).

In particolare, al comma 1, lett. a), viene modificato l’art. 13, primo comma, del TULPS, in modo da prolungare a tre anni (in luogo di un anno), quando la legge non disponga altrimenti, la validità delle autorizzazioni di polizia.

 

La novella, alla lett. b), modificata nel corso dell’esame in sede referente, investe, poi, l’art. 42, comma 3, prevedendo che le licenze rilasciate dal Questore, per porto d'armi lunghe da fuoco e dal Prefetto, di portare rivoltelle o pistole di qualunque misura o bastoni animati con lama in caso di dimostrato bisogno, abbiano validità annuale, qualora la durata non sia diversamente stabilita dalla legge.

Anche prima dell’entrata in vigore del D.L. in commento la durata delle licenze di cui all’art. 42 del TULPS era di un anno, in quanto, in caso di mancanza di specifica disposizione, si applicava l’articolo 13, comma 1, dello stesso TULPS che prevedeva la durata di un anno di tutte le autorizzazioni di polizia. Con la modifica dell’articolo 13 che ha prolungato a tre anni la durata delle suddette autorizzazioni si è voluto specificare che la licenza del porto d’armi di cui all’art. 42, la cui durata non sia diversamente stabilita ex lege, ha validità annuale.

 

L’articolo 42, terzo comma, non prescriveva, prima dell’entrata in vigore del D.L. in commento una durata della licenza per il porto d’armi per difesa personale; da ciò derivava l’applicazione dell'art. 13 del TULPS (“Quando la legge non disponga altrimenti, le autorizzazioni di polizia hanno la durata di un anno, computato secondo il calendario comune, con decorrenza dal giorno del rilascio”). Con la modifica apportata dal comma 1 dell’articolo 13 come si è detto la durata delle autorizzazioni di polizia è prolungata a tre anni, mentre la durata del porto d’armi per armi lunghe da fuoco e per difesa personale resta fissata ad un anno, salva diversa previsione di legge.

Con la precisazione introdotta nel corso dell’esame in Commissione, viene chiarito l’ambito applicativo della lettera b) avuto particolare riferimento a: porto d'armi per l'esercizio dello sport del tiro a volo, con riguardo al quale il secondo comma dell'articolo unico della L. 18 giugno 1969, n. 323 (Rilascio del porto d'armi per l'esercizio dello sport del tiro a volo), stabilisce la durata di sei anni dell'autorizzazione in parola, richiamando all'osservanza delle disposizioni contenute nel TULPS; porto di fucile per uso di caccia, la cui durata è stabilita in sei anni dall’art. 22, comma 9, della L. 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio).

Quanto sopra trova giustificazione nel fatto che l'art. 42 del TULPS prevede in via generale la competenza di questore e prefetto a rilasciare il porto d'armi di qualsiasi genere e, pertanto, il porto d'armi per uso di caccia e per tiro a volo, in assenza di specifica esclusione, avrebbero potuto essere considerati come una specificazione di tale competenza a rilasciare licenza per porto d'armi lunghe da fuoco, con la conseguenza che la durata di tutte le licenze per porto d’armi sarebbe stata fissata in un anno. Quanto sopra rileva anche in considerazione dell’elevato numero dei porto d'armi rilasciati per uso sportivo e per uso di caccia[69], in relazione ai quali il rinnovo annuale potrebbe comportare un aggravio degli oneri amministrativi.

 

Con la lett. c), modificata nel corso dell’esame in sede referente, si prevede che le licenze per la vendita di esplodenti di qualsiasi specie abbiano validità di tre anni dalla data del rilascio (e non di due come previsto dal testo iniziale del decreto).

L’articolo 51 del TULPS, oggetto della modifica, limita la durata delle suddette licenze al 31 dicembre dell'anno in cui furono rilasciate.

Si segnala, peraltro, che la modifica intervenuta in Commissione si adegua alla durata della licenza di vendita delle armi comuni, che l’art. 3, comma 1, lett. b), n. 2 del D.Lgs. n. 204/2010 ha già portato a tre anni, realizzando una sostanziale armonizzazione delle procedure concernenti gli esercizi di vendita minuta.

 

La lett. d) incide sull’art. 75-bis del TULPS abrogando la disposizione in base alla quale l’iscrizione nel registro delle attività commerciali in materia di prodotti audiovisivi deve essere rinnovata ogni anno.

L’articolo 75 del TULPS stabilisce che chiunque intenda esercitare, a fini di lucro, attività commerciali in materia di prodotti audiovisivi deve darne preventivo avviso al questore che ne rilascia ricevuta, attestando l'eseguita iscrizione in apposito registro.

 

Con la lett. e) si stabilisce che nel caso di chiusura di un esercizio pubblico per un tempo superiore ai trenta giorni (e non più otto giorni), senza che sia dato avviso all'autorità locale di pubblica sicurezza, la licenza è revocata.

L’articolo 99, comma 1, del TULPS modificato dalla lettera e) in esame stabilisce che nel caso di chiusura dell'esercizio per un tempo superiore agli otto giorni, senza che sia dato avviso all'autorità locale di pubblica sicurezza, la licenza è revocata.

 

La lett. f) reca una serie di modifiche all’articolo 115 del TULPS, concernente le agenzie pubbliche.

In particolare, il comma 1, sostituisce al rilascio della licenza da parte del questore la semplice comunicazione allo stesso, quale condizione per aprire o condurre agenzie di affari, anche sotto forma di agenzie di vendita, esposizioni, mostre o fiere campionarie e simili (punto 1).

Quale conseguenza della suddetta modifica, il riferimento alla comunicazione investe anche i commi 2 e 4 dell’art. 115 (punto 2).

 

La novella espungendo il richiamo alla licenza del Questore, introduce una nuova forma di notizia, rivolta all’autorità provinciale di pubblica sicurezza, qualificata come comunicazione. Giova ricordare che le licenze costituiscono una delle più discusse categorie di provvedimenti amministrativi incidenti su diritti e doveri. La dottrina dominante (cfr. per tutti, Virga) riconduce le licenze alla figura dell’autorizzazione, considerandole provvedimenti permissivi miranti alla rimozione di un limite legale che si frappone all’esercizio di un’attività inerente a un diritto soggettivo o a una potestà pubblica, rendendo così possibile l’esercizio del diritto medesimo. Per altri (cfr. per tutti Sandulli) se alla licenza preesiste un interesse legittimo (come parrebbe nel caso di specie) ci si troverebbe di fronte alle cd. licenze in senso tecnico, subordinate alla valutazione discrezionale dell’amministrazione circa la rispondenza dell’interesse pubblico dell’attività che s’intende svolgere.

 

Il comma sesto dell’art. 115 del TULPS, viene integralmente sostituito. In base alle modifiche apportate si specifica che le attività di recupero stragiudiziale dei crediti per conto di terzi restano soggette alla licenza del Questore. Ad esse, a differenza di quanto previsto in precedenza, si applica il quarto comma del medesimo art. 115 (ai sensi del quale la licenza, ora comunicazione, vale esclusivamente per i locali in essa indicati) ed è specificato che la licenza del questore abilita allo svolgimento delle attività di recupero senza limiti territoriali, osservate le prescrizioni di legge o di regolamento e quelle disposte dall'autorità (punto 3).

 

Si ricorda che il comma oggetto di modifica è stato aggiunto dall'art. 4 del D.L. 8 aprile 2008, n. 59 (Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee) al fine di integrare le disposizioni del TULPS in materia di agenzie di affari e di vigilanza privata provvedendo all’adeguamento delle norme relative al recupero stragiudiziale dei crediti e alla regolamentazione dei servizi privati di vigilanza che la Corte di giustizia delle Comunità europee ha dichiarato in contrasto con il diritto dell’Unione e, in particolare, con i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.

Con la lett. g) si dispone l’abrogazione degli artt. 12, primo comma; 86, secondo comma, 107, 115, terzo comma concernenti il divieto di rilascio di autorizzazioni di polizia a chi non abbia rispettato l’obbligo di provvedere all’istruzione dei figli; l’obbligo della licenza per la vendita di bevande alcoliche nei circoli privati; l’obbligo di denuncia al prefetto dell’apertura e chiusura delle fabbriche o dei depositi di essenze per la confezione delle bevande alcoliche; la previsione che tra le agenzie pubbliche di cui all’art. 115 del TULPS siano comprese le agenzie per la raccolta di informazioni a scopo di divulgazione mediante bollettini od altri simili mezzi.

 

L’art. 12, comma 1, prescrive che le persone che hanno l'obbligo di provvedere all'istruzione elementare dei fanciulli ai termini delle leggi vigenti, non possono ottenere autorizzazioni di polizia se non dimostrano di avere ottemperato all'obbligo predetto, l’art. 86, al comma 2, stabilisce che la licenza è necessaria anche per lo spaccio al minuto o il consumo di vino, di birra o di qualsiasi bevanda alcoolica presso enti collettivi o circoli privati di qualunque specie, anche se la vendita o il consumo siano limitati ai soli soci; l’art. 107 prescrive ai fabbricanti e agli esportatori di essenze per la confezione delle bevande alcooliche l’obbligo di denunciare al Prefetto l'apertura e la chiusura delle fabbriche o dei depositi e di uniformarsi alle altre norme e prescrizioni stabilite con decreto (reale), sentito il consiglio superiore di sanità; il terzo comma dell’art. 115, infine, prevede che tra le agenzie indicate in questo articolo sono comprese le agenzie per la raccolta di informazioni a scopo di divulgazione mediante bollettini od altri simili mezzi.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame, abroga infine alcune disposizioni contenute nel regolamento di attuazione del TULPS di cui al R.D. n. 635/1940.

 

In particolare l’art. 121 concerne le gare sportive di ogni specie, eseguite a scopo di trattenimento pubblico, per le quali deve essere preventivamente comunicato all'autorità di pubblica sicurezza l'apposito regolamento del giuoco; l’art. 123, comma 2, stabilisce che qualora l'autorità di pubblica sicurezza ritenga che una manifestazione sportiva assuma carattere di spettacolo o intrattenimento pubblico, invita subito i promotori a munirsi della licenza prescritta ex legge informandone il Questore; l’art. 124, comma 2, prevede che sono soggetti alla licenza dell'autorità di pubblica sicurezza gli spettacoli di qualsiasi specie eseguiti nei pubblici esercizi; l’art. 159 stabilisce che gli enti collettivi e i circoli privati autorizzati alla vendita di bevande alcooliche ai propri soci, possono esercitare la vendita al pubblico senza bisogno di altra licenza; l’art. 173 prevede che l'autorità competente a fissare gli orari dei pubblici esercizi, ha facoltà di consentire, eccezionalmente, il prolungamento dell'orario anche, ove occorra, durante tutta la notte, tenendo conto delle esigenze e delle consuetudini locali con esclusione dell'esercizio di giochi, ancorché sia stata conseguita la relativa licenza; l’art. 184 concerne la denuncia di apertura di fabbriche o depositi di essenze, per la confezione delle bevande alcoliche di qualsiasi genere, che deve essere presentata al Prefetto quindici giorni prima dell'apertura, insieme con l'elenco delle essenze che s'intende di fabbricare o di tenere in deposito. La denuncia di chiusura deve, poi, presentarsi per iscritto, al Prefetto, non oltre il termine di quindici giorni.

 

 


 

Articolo 14
(
Semplificazione dei controlli sulle imprese)

1. La disciplina dei controlli sulle imprese, comprese le aziende agricole, è ispirata, fermo quanto previsto dalla normativa dell’Unione europea, ai princìpi della semplicità, della proporzionalità dei controlli stessi e dei relativi adempimenti burocratici alla effettiva tutela del rischio, nonché del coordinamento dell'azione svolta dalle amministrazioni statali, regionali e locali.

2. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono tenute a pubblicare sul proprio sito istituzionale e sul sito www.impresainungiorno.gov.it la lista dei controlli a cui sono assoggettate le imprese in ragione della dimensione e del settore di attività, indicando per ciascuno di essi i criteri e le modalità di svolgimento delle relative attività.

3. Al fine di promuovere lo sviluppo del sistema produttivo e la competitività delle imprese e di assicurare la migliore tutela degli interessi pubblici, il Governo è autorizzato ad adottare, anche sulla base delle attività di misurazione degli oneri di cui all'articolo 25, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, uno o più regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, volti a razionalizzare, semplificare e coordinare i controlli sulle imprese.

4. I regolamenti sono emanati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro dello sviluppo economico e dei Ministri competenti per materia, sentite le associazioni imprenditoriali e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative su base nazionale, in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi, nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 20, 20-bis e 20-ter, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni:

a) proporzionalità dei controlli e dei connessi adempimenti amministrativi al rischio inerente all'attività controllata, nonché alle esigenze di tutela degli interessi pubblici;

b) eliminazione di attività di controllo non necessarie rispetto alla tutela degli interessi pubblici;

c) coordinamento e programmazione dei controlli da parte delle amministrazioni in modo da assicurare la tutela dell'interesse pubblico evitando duplicazioni e sovrapposizioni e da recare il minore intralcio al normale esercizio delle attività dell'impresa, definendo la frequenza e tenendo conto dell'esito delle verifiche e delle ispezioni già effettuate;

d) collaborazione amichevole con i soggetti controllati al fine di prevenire rischi e situazioni di irregolarità;

e) informatizzazione degli adempimenti e delle procedure amministrative, secondo la disciplina del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante codice dell'amministrazione digitale;

f) razionalizzazione, anche mediante riduzione o eliminazione di controlli sulle imprese, tenendo conto del possesso di certificazione del sistema di gestione per la qualità ISO, o altra appropriata certificazione emessa, a fronte di norme armonizzate, da un organismo di certificazione accreditato da un ente di accreditamento designato da uno Stato membro dell'Unione europea ai sensi del Regolamento 2008/765/CE, o firmatario degli Accordi internazionali di mutuo riconoscimento (IAF MLA).

5. Le regioni, le Province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, nell'ambito dei propri ordinamenti, conformano le attività di controllo di loro competenza ai princìpi di cui al comma 4. A tale fine, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono adottate apposite Linee guida mediante intesa in sede di Conferenza unificata.

6. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai controlli in materia fiscale, finanziaria e di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, per i quali continuano a trovare applicazione le disposizioni previste dalle vigenti leggi in materia.

6-bis. Nell'ambito dei lavori pubblici e privati dell'edilizia, le amministrazioni pubbliche acquisiscono d'ufficio il documento unico di regolarità contributiva con le modalità di cui all'articolo 43 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni.

 

 

L’articolo 14 detta i principi cui deve ispirarsi l'attività delle pubbliche amministrazioni in materia di controlli sulle imprese, comprese quelle agricole, ad esclusione dei controlli in materia fiscale e finanziaria e di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro per i quali continuano ad applicarsi le normative vigenti.

 

Il comma 1 prevede che tali principi siano la semplicità, la proporzionalità rispetto alla tutela del rischio ed il coordinamento dell'azione svolta dai diversi livelli dell'amministrazione pubblica:statale, regionale e locale.

 

Il comma 2 prevede che le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165[70] siano obbligate a pubblicare la lista dei controlli cui sono assoggettate le imprese, sul proprio sito istituzionale e sul sito www.impresainungiorno.gov.it. Inoltre è previsto che per ciascuno di tali controlli devono essere indicati i criteri e le modalità di svolgimento delle relative attività.

 

Il comma 3 prevede l’adozione da parte del Governo di uno o più regolamenti di delegificazione[71] volti a razionalizzare, semplificare e coordinare i suddetti controlli, anche sulla base delle attività di misurazione degli oneri di cui all’articolo 25, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.

Si ricorda che l’articolo 25 del D.L. 112/2008 prevede l’approvazione di un programma, da parte dei ministri competenti, per la misurazione degli oneri amministrativi derivanti da obblighi informativi nelle materie affidate alla competenza dello Stato, con l'obiettivo di giungere, entro il 31 dicembre 2012, alla riduzione di tali oneri per una quota complessiva del 25%, come stabilito in sede europea.

Si segnala che non è previsto un termine per l’adozione dei regolamenti di delegificazione.

 

Il comma 4 prevede che i regolamenti siano emanati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro dello sviluppo economico e dei Ministri competenti per materia, sentite le associazioni imprenditoriali, nonché le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative su base nazionale (riferimento, questo secondo, aggiunto da un emendamento durante l’esame in Commissioni riunite).

Tali regolamenti devono essere adottati nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 20, 20-bis e 20-ter, della legge 15 marzo 1997, n. 59[72], e successive modificazioni e tenuto conto dei seguenti principi e criteri direttivi:

§      proporzionalità dei controlli e dei connessi adempimenti amministrativi al rischio inerente all’attività controllata, nonché alle esigenze di tutela degli interessi pubblici;

§      eliminazione di attività di controllo non necessarie rispetto alla tutela degli interessi pubblici;

§      coordinamento e programmazione dei controlli da parte delle amministrazioni in modo da assicurare la tutela dell’interesse pubblico evitando duplicazioni e sovrapposizioni e da recare il minore intralcio al normale esercizio delle attività dell’impresa, definendo la frequenza e tenendo conto dell’esito delle verifiche e delle ispezioni già effettuate;

§      collaborazione con i soggetti controllati al fine di prevenire rischi e situazioni di irregolarità (l’aggettivo “amichevole”, riferito alla collaborazione e presente nel testo originario, è stato soppresso da apposito emendamento durante l’esame in Commissioni riunite);

§      informatizzazione degli adempimenti e delle procedure amministrative secondo la disciplina del D.Lgs. 82/2005 (codice dell’amministrazione digitale);

§      razionalizzazione – in base a quanto stabilito a seguito di una modifica approvata nel corso dell’esame in sede referente - anche mediante riduzione o eliminazioni, di controlli sulle imprese, tenendo conto del possesso di certificazione del sistema di gestione per la qualità ISO o altra appropriata certificazione emessa, a fronte di norme armonizzate, da un organismo di certificazione accreditato da un ente di accreditamento designato da uno Stato membro dell’Unione europea ai sensi del Regolamento 2008/765/CE, o firmatario degli Accordi internazionali di mutuo riconoscimento (IAF MLA).

 

Il comma 5, come emendato durante l’esame in Commissione, prevede che le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e gli enti locali, nell’ambito delle attività di controllo di loro competenza si conformano ai principi elencati dal comma 4, a tal fine entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto adottano apposite Linee giuda mediante intesa in conferenza unificata.

 

Infine il comma 6 prede l’esclusione dall’ambito di applicazione delle norme del presente articolo le attività di controllo in materia fiscale e finanziaria, nonché, come specificato nel corso dell’esame presso le competenti Commissioni, in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

 

Il comma 6-bis, introdotto nel corso dell’esame presso le competenti Commissioni, prevede l’acquisizione d’ufficio, da parte delle amministrazioni pubbliche ai sensi dell’articolo 43 del D.P.R. 28 dicembre 200, n. 445[73], del DURC nell'ambito dei lavori pubblici e privati dell'edilizia.

 

Al riguardo, l’articolo 43 del D.P.R. 445/2000, dispone l’obbligo, per le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi, ad acquisire d'ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive di certificazioni inerenti lo status della persona e degli atti di notorietà, nonché tutti i dati e i documenti che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni, previa indicazione, da parte dell'interessato, degli elementi indispensabili per il reperimento delle informazioni o dei dati richiesti, ovvero ad accettare la dichiarazione sostitutiva prodotta dall'interessato.

Inoltre, le amministrazioni certificanti, al fine di agevolare l'acquisizione d'ufficio di informazioni e dati relativi a stati, qualità personali e fatti, contenuti in albi, elenchi o pubblici registri, sono tenute a consentire alle amministrazioni procedenti, senza oneri, la consultazione per via telematica dei loro archivi informatici, nel rispetto della riservatezza dei dati personali.

 

Si ricorda che il Documento unico di regolarità contributiva (DURC) attesta la regolarità dei versamenti dovuti agli Istituti previdenziali e, per i datori di lavoro dell'edilizia, la regolarità dei versamenti dovuti alle Casse edili. La sua validità è mensile, mentre per il settore degli appalti privati[74] la validità è trimestrale, ai sensi dell’articolo 39-septies, del D.L. 273/2005[75].

Il DURC è stato introdotto dal D.Lgs. 494/1996, laddove si è previsto che il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica impresa, fosse tenuto a chiedere un certificato di regolarità contributiva rilasciato, oltre che dall'INPS e dall'INAIL, anche dalle casse edili sulla base di una apposita convenzione stipulata con i predetti istituti.

In seguito, tale obbligo è stato esteso dapprima alle ipotesi di imprese affidatarie di un appalto pubblico, tenute alla presentazione del documento alla stazione appaltante a pena di revoca dell'affidamento[76], e successivamente per l’accesso da parte delle imprese ai benefici e alle sovvenzioni comunitari[77] anche per la realizzazione di investimenti[78].

L’articolo 1, comma 1176 della legge 296/2006 (Finanziaria per il 2007) ha poi generalizzato l’applicazione del DURC a settori e situazioni ulteriori. In particolare, con il D.M. 24 ottobre 2007, Ministro del lavoro e della previdenza sociale, recante “Documento unico di regolarità contributiva”, sono state definite le modalità di rilascio, i contenuti analitici della certificazione e le tipologie di pregresse irregolarità previdenziali relative al rapporto di lavoro che non impediscono il rilascio della certificazione. Inoltre, vengono indicati come soggetti obbligati al possesso del documento:

-        i datori di lavoro ai fini della fruizione dei benefici normativi e contributivi in materia di lavoro e di legislazione sociale previsti nonché ai fini della fruizione dei benefici e sovvenzioni previsti dalla disciplina comunitaria;

-        i datori di lavoro e i lavoratori autonomi nell'ambito delle procedure di appalto di opere, servizi e forniture pubblici e nei lavori privati dell'edilizia.

I soggetti competenti al rilascio del DURC sono l'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) e l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e, previa apposita convenzione con i predetti enti, gli altri istituti previdenziali che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria. Per il settore edile il documento può essere rilasciato anche dalle Casse edili costituite da una o più associazioni dei datori o dei prestatori di lavoro.

 

 


 

Articolo 15
(
Misure di semplificazione in relazione all'astensione anticipata dal lavoro delle lavoratrici in gravidanza)

1. A decorrere dal 1° aprile 2012, all'articolo 17 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente: "2. La Direzione territoriale del lavoro e l’azienda sanitaria locale dispongono, secondo quanto previsto dai commi 3 e 4, l'interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza fino al periodo di astensione di cui alla lettera a), comma 1, dell'articolo 16 o fino ai periodi di astensione di cui all'articolo 7, comma 6, e all'articolo 12, comma 2, per uno o più periodi, la cui durata sarà determinata dalla Direzione territoriale del lavoro o dalla azienda sanitaria locale, per i seguenti motivi: a) nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza; b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino; c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo quanto previsto dagli articoli 7 e 12.";

b) al comma 3, le parole: "è disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro" sono sostituite dalle seguenti: "è disposta dall'azienda sanitaria locale, con modalità definite con Accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano,";

c) al comma 4, le parole: "può essere disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro" sono sostituite dalle seguenti: "è disposta dalla Direzione territoriale del lavoro". Al medesimo comma la parola: "constati" è sostituita dalla seguente: "emerga";

d) al comma 5, le parole: "dei servizi ispettivi" sono soppresse.

 

 

L’articolo 15 apporta una serie di modifiche all'articolo 17 del D.Lgs. 151/2011[79] in tema di astensione anticipata dal lavoro delle lavoratrici in gravidanza con effetto a decorrere dal 1° aprile 2012.

 

Al comma 2 dell’articolo 17, che disciplina l’estensione del divieto di adibire al lavoro le donne, si trasferisce dal Servizio Ispettivo del Ministero del lavoro alla Direzione territoriale del lavoro e alla ASL il potere di disporre l’interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza anticipato a due mesi dalla data presunta del parto nei casi di lavori ritenuti gravosi o pregiudizievoli (lettera a).

Inoltre, l’intervento degli organismi citati si svolge secondo le previsioni dei successivi commi 3 e 4 dell’articolo 17.

 

Al comma 2 dell’articolo 17 del citato Decreto n. 151 si prevedeva che il servizio ispettivo del Ministero del lavoro, sulla base di accertamento medico e avvalendosi dei competenti organi del SSN, potesse disporre l'interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza fino a due mesi dalla data presunta del parto, o per uno o più periodi, fino al raggiungimento dei periodi di astensione obbligatoria, per i seguenti motivi:

§       nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza (lettera a);

§       quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino (lettera b);

§       quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni non pregiudizievoli per il suo stato (lettera c).

 

Al successivo comma 3 l'astensione dal lavoro di cui alla lettera a) del comma 2 (casi di gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti forme morbose) viene disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, secondo le risultanze dell'accertamento medico ivi previsto, con un provvedimento da emanato tassativamente entro sette giorni dalla ricezione dell'istanza della lavoratrice.

Infine, al comma 4 l'astensione dal lavoro di cui alle lettere b) e c) del comma 2 può essere disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, d'ufficio o su istanza della lavoratrice, qualora nel corso della propria attività di vigilanza constati l'esistenza delle condizioni che danno luogo all'astensione medesima.

 

Con la modifica di cui al comma 3 si trasferisce dal Servizio Ispettivo del ministero del lavoro alla ASL, in luogo del servizio ispettivo del Ministero del lavoro, il potere di disporre l'astensione dal lavoro nei casi di gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti forme morbose (lettera b).

 

Al comma 4 si trasferisce dal Servizio Ispettivo del Ministero del lavoro alla Direzione territoriale del lavoro l’accertamento delle condizioni che danno luogo all'astensione (lettera c), sulla cui procedura vi è una modifica formale (“emerga” in luogo di “constati”).

 

Infine, al comma 5 si interviene con modifiche formali, attraverso la soppressione delle parole “dei servizi ispettivi” (lettera d).

 

 


 

Articolo 16, commi 1-4
(
Misure per la semplificazione dei flussi informativi in materia di interventi e servizi sociali)

1. Al fine di semplificare e razionalizzare lo scambio di dati volto a migliorare il monitoraggio, la programmazione e la gestione delle politiche sociali, gli enti erogatori di interventi e servizi sociali inviano all’INPS le informazioni sui beneficiari unitamente e sulle prestazioni concesse, raccordando i flussi informativi di cui all'articolo 21, della legge 8 novembre 2000, n. 328, agli articoli 13 e 38 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nonché all'articolo 5, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Lo scambio di dati avviene telematicamente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e nel rispetto delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, secondo modalità definite con provvedimento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

2. Le comunicazioni di cui al comma 1, integrate con i dati relativi alle condizioni economiche dei beneficiari, nonché con gli altri dati pertinenti presenti negli archivi dell'INPS, alimentano il Casellario dell'assistenza, di cui all'articolo 13, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Le informazioni di cui al periodo precedente, unitamente alle altre informazioni sulle prestazioni assistenziali presenti nel Casellario, sono utilizzate e scambiate, nel rispetto delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, con le amministrazioni competenti per fini di gestione, programmazione, monitoraggio della spesa sociale e valutazione dell'efficienza e dell'efficacia degli interventi e per elaborazioni a fini statistici, di ricerca e di studio. In particolare, le informazioni raccolte sono trasmesse in forma individuale, ma anonima, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché, con riferimento al proprio ambito territoriale di azione, alle regioni e province autonome, ai comuni e agli altri enti pubblici responsabili della programmazione di prestazioni e di servizi sociali e socio-sanitari, ai fini dell'alimentazione del Sistema informativo dei servizi sociali, di cui all'articolo 21, della legge 8 novembre 2000, n. 328. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali presenta, entro il 28 febbraio di ogni anno, alla Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, di cui all'articolo 56 della legge 9 marzo 1989, n. 88, una relazione sullo stato di completamento del Casellario dell'assistenza nonché sulla fruibilità dei dati da parte di tutte le istituzioni pubbliche ai sensi del presente comma. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

3. Per le medesime finalità di cui al comma 2, nonché al fine di poter disporre di una base unitaria di dati funzionale ad analisi e studi mirati alla elaborazione e programmazione integrata delle politiche socio-sanitarie e di rendere più efficiente ed efficace la relativa spesa e la presa in carico della persona non autosufficiente, le informazioni di cui al comma 2, anche sensibili, trasmesse dagli enti pubblici responsabili dell'erogazione e della programmazione di prestazioni e di servizi sociali e socio-sanitari attivati a favore delle persone non autosufficienti sono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, integrate e coordinate dall'INPS con quelle raccolte dal Nuovo sistema informativo sanitario e dagli altri sistemi informativi dell'INPS. Le informazioni raccolte ai sensi del presente comma sono trasmesse dall'INPS in forma individuale, ma anonima, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero della salute, nonché, con riferimento al proprio ambito territoriale di azione, alle regioni e province autonome, ai comuni e agli altri enti pubblici responsabili della programmazione di prestazioni e di servizi sociali e socio-sanitari. L'INPS rende note le informazioni così raccolte all'interno del bilancio sociale annuale nel quale devono essere distinte le entrate e le uscite attinenti rispettivamente alla previdenza e all'assistenza. Al fine di una migliore programmazione delle politiche sociali e a supporto delle scelte legislative, entro il 31 marzo di ogni anno, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali presenta alle Camere una relazione sulle politiche sociali e assistenziali, riferita all'anno precedente.

4. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze  e con il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono disciplinate le modalità di attuazione del comma 3.

 

 

I commi 1-4 dell’articolo in esame intendono semplificare e razionalizzare i flussi informativi in materia di interventi e servizi sociali contribuendo in tal modo a perfezionare il monitoraggio, la programmazione e la gestione delle politiche sociali.

A tal fine il comma 1, modificato nel corso dell’esame in Commissione (emendamento 16.4 rif.), prevede che gli enti erogatori di interventi e servizi sociali debbano inviare all’INPS le informazioni sui beneficiari unitamente a quelle sulle prestazioni concesse, raccordando i flussi informativi del Sistema informativo servizi sociali, del Casellario dell’assistenza nonché dei dati relativi alle prestazioni sociali agevolate e dei dati sui controlli ISEE. La necessaria definizione delle modalità per lo scambio telematico dei dati viene demandata a un provvedimento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e nel rispetto del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. 196/2003).

In particolare, gli enti erogatori di interventi e servizi sociali devono inviare all’INPS le informazioni sui beneficiali e sulle prestazioni concesse, raccordando tali informazioni ai flussi informativi relativi a:

§         il Sistema informativo dei servizi socialiSISS. Ai sensi dell’articolo 21 della L. 328/2000[80], il SISS è istituito dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per assicurare una compiuta conoscenza dei bisogni sociali, del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali e per poter disporre tempestivamente di dati e informazioni necessari alla programmazione, alla gestione e alla valutazione delle politiche sociali, per la promozione e l'attivazione di progetti europei, per il coordinamento con le strutture sanitarie, formative, con le politiche del lavoro e dell'occupazione. Si rileva che, a distanza di oltre un decennio, la previsione della L. 328/2000 non ha generato un quadro di riferimento compiuto in merito ad architettura, obiettivi, funzioni, priorità, fabbisogni, strumenti e procedure del SISS nazionale[81], che rimane pertanto ancora un progetto da definire. D’altra parte, la situazione a livello locale  è in rapida evoluzione e molti sono i progetti di sviluppo che interessano le Regioni[82]. In tale contesto, a livello centrale, la fonte oggi più utilizzata per delineare un quadro degli interventi e servizi sociali è quella fornita dalle indagini multiscopo ISTAT.

A livello nazionale è ancora assente una definizione di un modello architetturale compiuto, anche se sono stati recentemente sviluppati alcuni moduli del costituendo SISS, quali:

a)       il Sistema Informativo Nazionale per le Non Autosufficienze (SINA) già in avanzata fase di sperimentazione, come primo modulo del sistema informativo dei servizi sociali nella prospettiva dell'integrazione dei flussi informativi con quelli raccolti dal Nuovo sistema informativo sanitario. A oggi risulta che numerose regioni hanno iniziato ad alimentare il repository costituito presso l’INPS (ente partner del progetto) attraverso invii di lotti di dati individuali in XML, o attraverso la compilazione diretta da parte degli attori territorio del tracciato record individuale attraverso la piattaforma “SINA-WEB”. Si ricorda che il D.M. 4 ottobre 2010, Ripartizione delle risorse finanziarie assegnate al Fondo per le non autosufficienze, prevedeva che quote della parte ministeriale del Fondo fossero utilizzate per lo sviluppo del SINA;

b)       il Sistema Informativo cura e protezione dei bambini e delle loro famiglie (SINBA) che si propone di definire un set minimo di dati individuali da raccogliere in modo omogeneo a livello nazionale per il tramite delle Regioni, per ciascun intervento realizzato a favore dei bambini e delle loro famiglie. A tal fine, il Ministero del lavoro e delle politiche Sociali ha sottoscritto protocolli con le regioni per la realizzazione di un Progetto sperimentale.

c)       Sul versante della rilevazione dei servizi e degli interventi sociali, il Libro bianco sul welfare del 2003 ha sottolineato l’importanza dello sviluppo di un sistema informativo fortemente centrato sul potenziamento delle statistiche ufficiali in ambito SISTAN e in particolare sulle indagini multiscopo dell’Istat. Tra le fonti che rilevano in questo ambito si ricordano:

d)       l'indagine sugli interventi e i servizi sociali dei Comuni, avviata nel 2003, che ha consentito di raccogliere annualmente dati dettagliati sulla spesa sostenuta e sulle attività realizzate in campo socio-assistenziale da parte di una molteplicità di comuni e di enti associativi.

e)       l’offerta comunale di asili nido e altri servizi socio-educativi per la prima infanzia, relativa alla spesa e agli utenti dei servizi socio-educativi per la prima infanzia;.

f)         l’assistenza residenziale e socio-assistenziale in Italia livello regionale. Le informazioni raccolte riguardano tutte le strutture residenziali in cui trovano alloggio persone che si trovano in stato di bisogno per motivi diversi: anziani soli o con problemi di salute, disabili, minori sprovvisti di tutela, giovani donne in difficoltà, stranieri o cittadini italiani con problemi economici e in condizioni di disagio sociale. I dati contenuti vengono raccolti ogni anno a partire dal 1999, tramite un questionario postale. Gli ultimi dati disponibili si riferiscono al 2006.

 

§         il Casellario dell’assistenza (articolo 13 del D.L. 78/2010[83]);

§         dati relativi ai soggetti che hanno beneficiato delle prestazioni sociali agevolate, comprese quelle sul diritto allo studio universitario, erogate ai cittadini richiedenti in base all’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) e alla presentazione della dichiarazione sostitutiva unica (DSU) (articolo 38 del D.L. 78/2010);

L’art. 38 del D.L. 78/2010 prevede che gli enti erogatori delle prestazioni sociali agevolate, condizionate all’ISEE e alla presentazione della DSU, comunichino all’INPS, con modalità telematica, i dati dei soggetti che hanno beneficiato delle prestazioni agevolate. Le informazioni raccolte sono trasmesse in forma anonima anche al Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai fini dell’alimentazione del Sistema informativo dei servizi sociali (comma 1). Una convenzione tra l’INPS e l’Agenzia delle entrate definisce le modalità attuative e le specifiche tecniche per lo scambio di informazioni necessario ai fini dell’accertamento della sussistenza o meno – in relazione al reddito – del diritto alle prestazioni sociali godute (comma 2). In caso di illegittima fruizione delle prestazioni godute – in relazione al maggior reddito accertato o anche alla discordanza tra il reddito dichiarato ai fini fiscali e quello indicato nella DSU -, l’INPS dispone sanzioni pecuniarie da 5.00 a 5.000 euro (comma 3).

L’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 1 del D.Lgs. 109/1998[84] allo scopo di individuare criteri unificati di valutazione della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni o servizi sociali o assistenziali non destinati alla generalità dei soggetti o comunque collegati nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche[85] .

Al momento di avvio del sistema, l’ISEE è stato utilizzato soprattutto a livello nazionale[86] per le prestazioni previste dalla normativa di settore, successivamente le amministrazioni locali lo hanno utilizzato in virtù delle capacità selettive e della semplicità di utilizzazione del Sistema informativo[87]. A legislazione vigente, la platea dei beneficiari delle prestazioni erogate attraverso l’ISEE non può essere esclusivamente identificata con le famiglie in condizione di bisogno economico: l’ISEE è infatti utilizzato anche per stabilire la compartecipazione al costo di servizi a destinazione generale (prestazioni per il diritto allo studio universitario e per gli asili nido). D’altra parte, alcune prestazioni destinate alle persone in povertà – gli assegni sociali – sono tuttora escluse dall’ambito di applicazione dell’ISEE, mentre altre - Carta Acquisti – vi rientrano.

 

§         sistema di controlli dell’ISEE, da effettuarsi attraverso la condivisione degli archivi cui accedono la pubblica amministrazione e gli enti pubblici nonché costituzione di una banca dati delle prestazioni sociali agevolate, condizionate all’ISEE (articolo 5 del D.L. 201/2011[88]).

L’articolo 5 del D.L. 201/2011 intende rivedere le modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’ISEE. A tal fine viene rafforzata la rilevanza degli elementi collegati alla ricchezza patrimoniale della famiglia e ai trasferimenti monetari, anche se esenti da imposizione fiscale. La disposizione inoltre stabilisce che, con decreto interministeriale, siano definite le modalità con cui rafforzare il sistema dei controlli anche attraverso la condivisione degli archivi cui accedono la pubblica amministrazione e gli enti pubblici nonché costituzione di una banca dati delle prestazioni sociali agevolate. Si ricorda che nel corso delle audizioni svolte in sede referente del disegno di legge delega al Governo per la riforma fiscale e assistenziale (A.C. 4566), ora all’esame della Camera, da più parti è emersa la constatazione che, mentre le prestazioni di natura previdenziale erogate dallo Stato sono note, non vi è alcuna rilevazione di carattere complessivo riguardante le prestazioni sociali e assistenziali rese ai diversi livelli di governo; tale circostanza, secondo gli auditi, non consente una valutazione oggettiva rispetto all’entità e alla qualità di dette prestazioni.

Il comma 1, come sopra illustrato, interviene su una serie di disposizioni non ancora pienamente attuate, vale a dire su sistemi informativi e banche dati ancora in corso di definizione (Sistema informativo dei servizi sociali, sistemi di controllo ISEE). Sarebbe pertanto opportuno fornire una più precisa definizione dei tempi e dei modi attraverso i quali addivenire alla puntuale attuazione del processo delineato. Si ricorda inoltre che alcune delle richiamate modalità, indicate di seguito, non sono ancora state rese effettive, poiché non sono ancora stati emanati gli atti previsti. Si tratta, in particolare:

§         relativamente ai dati dei beneficiari delle prestazioni sociali agevolate: Convenzione tra l’INPS e l’Agenzia delle entrate che definisce le modalità attuative e le specifiche tecniche per lo scambio di informazioni necessario ai fini dell’accertamento della sussistenza o meno – in relazione al reddito – del diritto alle prestazioni sociali godute (art. 38 D.L. 78/2010);

§         relativamente ai sistemi di  controlli ISEE: Decreto interministeriale che definisce le modalità con cui rafforzare il sistema dei controlli anche attraverso la condivisione degli archivi cui accedono la pubblica amministrazione e gli enti pubblici nonché costituzione di una banca dati delle prestazioni sociali agevolate (art. 5 D.L. 201/2011).

 

Il comma 2, emendato nel corso dell’esame in sede referente, stabilisce che le comunicazioni di cui al precedente comma 1, integrate con le condizioni economiche dei beneficiari, nonché con gli altri dati pertinenti presenti negli archivi INPS, alimentano il Casellario dell’assistenza. Tali informazioni, insieme alle altre informazioni sulle prestazioni assistenziali presenti nel Casellario, sono utilizzate e scambiate, nel rispetto delle disposizioni del Codice in materia di protezione dei dati personali, con le amministrazioni competenti per fini di gestione, programmazione, monitoraggio della spesa sociale e valutazione dell’efficienza e dell’efficacia degli interventi e per elaborazioni a fini statistici, di ricerca e di studio. In particolare, le informazioni raccolte sono trasmesse in forma individuale, ma anonima, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché, con riferimento al proprio ambito territoriale di azione, alle regioni e province autonome, ai comuni - la previsione dei comuni è stata inserita nel corso dell’esame in sede referente -[89] e agli altri enti pubblici responsabili della programmazione di prestazioni e di servizi sociali e socio-sanitari, ai fini dell'alimentazione del Sistema informativo dei servizi sociali. Dall’attuazione della disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Nel corso dell’esame in sede referente[90], è stato previsto che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali presenti una relazione sullo stato di completamento del Casellario dell’assistenza, nonché sulla fruibilità dei dati da parte di tutte le istituzioni pubbliche, alla Commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e di assistenza sociale. La Relazione deve essere presentata entro il 28 febbraio di ogni anno.

L’articolo 56 L. 88/1989[91] ha previsto l’istituzione di una Commissione bicamerale di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, composta da nove senatori e nove deputati, nominati in rappresentanza e proporzionalmente ai vari gruppi parlamentari dai Presidenti delle due Camere, che esercita il controllo parlamentare sull’attività di tali enti. A tale Commissione vengono attribuite le funzioni svolte in precedenza dalla Commissione di vigilanza sull’amministrazione della Cassa depositi e prestiti e sugli Istituti di previdenza a composizione mista, nominata ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 327 del 1973, le cui competenze erano sostanzialmente quelle dell’approvazione dei rendiconti e del parere sulle previsioni delle spese di amministrazione e di gestione del patrimonio immobiliare degli Istituti di previdenza. L’articolo 56, al comma 2, prevede che la Commissione vigili:

a) “sull'efficienza del servizio in relazione alle esigenze degli utenti, sull'equilibrio delle gestioni e sull'utilizzo dei fondi disponibili”;

b) “sulla programmazione dell'attività degli enti e sui risultati di gestione in relazione alle esigenze dell'utenza”;

c) “sull'operatività delle leggi in materia previdenziale e sulla coerenza del sistema con le linee di sviluppo dell'economia nazionale”.

Tali funzioni di vigilanza e controllo vengono svolte attraverso l’acquisizione da parte della Commissione dei bilanci consuntivi e preventivi dell’anno precedente, nonché dei bilanci tecnico-attuariali, e la conseguente espressione sugli stessi di un parere non obbligatorio e non vincolante.

Si specifica inoltre che, ai sensi del comma 3 del richiamato articolo, con relazione annuale, i presidenti degli enti espongono la situazione dei rispettivi enti anche al fine di correlare l’attività gestionale degli enti medesimi con le linee di tendenza degli interventi legislativi.

 

Il comma 3, modificato nel corso dell’esame in seder referente con l’introduzione di obblighi conoscitivi in capo all’INPS e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, risponde alle generiche finalità di gestione, programmazione, monitoraggio della spesa sociale nonché di valutazione dell’efficienza e dell’efficacia degli interventi e per elaborazioni a fini statistici, di ricerca e di studio (medesime finalità del comma 2). D’altra parte, la finalità centrale indicata dal comma 2 appare essere la costituzione di una base unitaria di dati funzionale ad analisi e studi mirati alla elaborazione e programmazione integrata delle politiche socio-sanitarie per rendere più efficiente ed efficace la relativa spesa e la presa in carico della persona non autosufficiente. A tal fine, l’INPS integra e coordina tali informazioni, anche sensibili, trasmesse dagli enti pubblici responsabili dell’erogazione e della programmazione di prestazioni e di servizi sociali e socio-sanitari a favore delle persone non autosufficienti, con le informazioni del Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) e con quelle contenute negli ulteriori sistemi informativi dell’INPS. Successivamente, l’INPS trasmette le informazioni così raccolte in forma individuale, ma anonima, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero della salute, nonché, con riferimento al proprio ambito territoriale di azione, alle regioni, alle PA, ai comuni e agli altri enti pubblici responsabili della programmazione di prestazioni e di servizi sociali e socio-sanitari. L’INPS rende note le informazioni così raccolte all’interno del bilancio sociale annuale[92], nel quale devono essere distinte le entrate e le uscite attinenti rispettivamente alla previdenza e all’assistenza. Al fine di una migliore programmazione delle politiche sociali entro il 31 marzo di ogni anno, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali presenta al Parlamento la Relazione sulle politiche sociali ed assistenziali riferito all’anno precedente. Dall’attuazione del comma in esame non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

L’esigenza, da più parti rilevata, di quantificare in maniera puntuale la spesa sociale distinguendo con chiarezza le prestazioni previdenziali da quelle assistenziali, appare soddisfatta dalla previsione dell’obbligo informativo all’interno del bilancio sociale INPS. In materia di monitoraggio della spesa sociale, si ricorda inoltre che, fra le finalità di cui al comma 2, è previsto un interscambio di informazioni fra le banche dati INPS e il Sistema informativo dei servizi sociali (SISS). Tale interscambio può di fatto avvenire soltanto con riferimento alle prestazioni di servizi sociali e socio sanitari attivati per la non autosufficienza, che, come sopra illustrato, costituiscono il primo modulo del SISS da integrarsi con i flussi informativi del Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS). In tale contesto, per offrire un quadro completo delle componenti della spesa sociale, la Relazione al Parlamento sulle politiche sociali ed assistenziali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dovrebbe illustrare puntualmente il sistema di interventi e servizi sociali delle regioni e degli enti locali.

In Italia le persone dai 65 anni rappresentano oltre il 20 per cento della popolazione, con una tendenza in costante e continua crescita nei prossimi anni, fra questi molti sono gli anziani non autosufficienti[93]. La fonte nazionale disponibile per delineare un primo quadro del fenomeno relativo alla non autosufficienza, è quella fornita dall’indagine ISTAT sulle Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari[94], che individua in 2.600.000 le persone in condizione di disabilità che vivono in famiglia, pari al 4,8 per cento della popolazione. L’indagine non tiene conto dei minori di 6 anni, che si stimano attorno ai 200.000. Ben 2.000.000 sono persone anziane. La letteratura scientifica, le rilevazioni ISTAT e i dati INPS sull’invalidità, confermano la stretta correlazione tra invecchiamento della popolazione e non autosufficienza. D’altra parte, i principali strumenti per l’accertamento del bisogno assistenziale della persona non autosufficiente e per la conseguente attivazione dei servizi sono: il riconoscimento della invalidità civile e dell’indennità di accompagnamento (INPS), gli accertamenti per l’accesso ai servizi sanitari (ASL) e ai servizi sociali (Comuni). In Italia, nell’offerta di servizi agli anziani non autosufficienti ha un peso rilevantissimo il ruolo assistenziale svolto dalla famiglia. L’area degli interventi socio-sanitari e sanitari è invece quasi interamente svolta dal settore pubblico, secondo forme di collaborazione e modalità operative differenziate da Regione a Regione.

 

Dalla tabella sopra riportata, si può rilevare come l’area d’intervento relativa alla non autosufficienza trovi risposte diverse anche se il più delle volte riferibili all’area dell’integrazione socio-sanitaria, ovvero alle prestazioni nelle quali la componente sanitaria e quella sociale risultano operativamente poco distinguibili. Informazioni preziose al riguardo sono contenute nel Sistema Informativo Sanitario (NSIS), che si propone quale strumento essenziale per il governo della sanità a livello nazionale. In tal senso, il protocollo d'intesa del 23 marzo 2005[95] e successivamente il Patto per la Salute del 28 Settembre 2006 hanno ribadito l'utilizzo del NSIS per le misure di qualità, efficienza ed appropriatezza del SSN, evidenziando il conferimento dei dati al Sistema Informativo Sanitario fra gli adempimenti a cui sono tenute le Regioni. La corretta progettazione e lo sviluppo del NSIS, basato sulla cooperazione e l'integrazione dei diversi sistemi informativi regionali e locali, hanno richiesto la disponibilità di un linguaggio comune per consentire l'interscambio informativo con i sistemi sanitari regionali. In particolare si è evidenziata la necessità di disporre di: dati classificati e codificati in modo omogeneo; approcci omogenei per la creazione, a livello locale del SSN, dei dati resi poi disponibili al livello regionale e nazionale del SSN; metodologie condivise per la costruzione delle misure per il bilanciamento tra qualità e costi nel sistema sanitario. A questi elementi comuni è stato dato il nome di "Mattoni del SSN". All’interno di tale sistema di rilevazione, il Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 17 dicembre 2008[96], ha istituito la banca dati per il monitoraggio delle prestazioni residenziali e semiresidenziali per anziani o persone non autosufficienti in condizioni di cronicità e/o relativa stabilizzazione delle condizioni cliniche, prestazioni riconducibili nell'ambito del programma ««Mattoni del Servizio Sanitario Nazionale», al Mattone 12 «Prestazioni Residenziali e Semiresidenziali».

 

Il comma 4, integralmente sostituito nel corso dell’esame in sede referente[97], demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e della salute, d’intesa con la Conferenza unificata, la disciplina di attuazione del comma 3.

 

Si rileva che non vengono fornite indicazioni circa il termine di emanazione del decreto interministeriale.

 


 

Articolo 16, commi 5 e 8
(Verifica
della fruizione di prestazione sociali agevolate e
recupero di prestazioni previdenziali non dovute
)

5. All'articolo 38, comma 3, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo periodo la parola: «INPS» è sostituita dalle seguenti: «ente erogatore»;

b) il terzo periodo è soppresso;

c) al quarto periodo, le parole: «discordanza tra il reddito dichiarato ai fini fiscali e quello indicato nella dichiarazione sostitutiva unica» sono sostituite dalle seguenti: «discordanza tra il reddito dichiarato ai fini fiscali o altre componenti dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), anche di natura patrimoniale, note all'anagrafe tributaria e quanto indicato nella dichiarazione sostitutiva unica»;

d) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «In caso di discordanza rilevata, l'INPS comunica gli esiti delle verifiche all'ente che ha erogato la prestazione, nonché il valore ISEE ricalcolato sulla base degli elementi acquisiti dall'Agenzia delle Entrate. L'ente erogatore accerta se, in esito alle risultanze della verifica effettuata, il beneficiario non avrebbe potuto fruire o avrebbe fruito in misura inferiore della prestazione. Nei casi diversi dall'accertamento del maggior reddito in via definitiva, per il quale la sanzione è immediatamente irrogabile, l'ente erogatore invita il soggetto interessato a chiarire i motivi della rilevata discordanza, ai sensi della normativa vigente. In assenza di osservazioni da parte dell'interessato o in caso di mancato accoglimento delle stesse, la sanzione è irrogata in misura proporzionale al vantaggio economico indebitamente conseguito e comunque nei limiti di cui al primo periodo.».

 

 

8. Alla legge 30 dicembre 1991, n. 412, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 13 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sono individuate le fattispecie e i termini entro i quali, su proposta del Presidente dell'INPS motivata da obiettive ragioni di carattere organizzativo e funzionale anche relative alla tempistica di acquisizione delle necessarie informazioni da parte dell'Amministrazione finanziaria, il termine del recupero di cui al comma 2 è prorogato, in ogni caso, non oltre il secondo anno successivo a quello della verifica.»;

b) all'articolo 16, comma 6, dopo il terzo periodo sono inseriti i seguenti: «Le domande, gli atti e ogni altra documentazione da allegare ai sensi e per gli effetti del presente comma sono inviate all'Ente mediante l'utilizzo dei sistemi di cui all'articolo 38, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Con le medesime modalità l'Ente comunica gli atti e gli esiti dei procedimenti nei confronti dei richiedenti ovvero degli intermediari abilitati alla trasmissione della documentazione lavoristica e previdenziale e degli istituti di patronato e di assistenza sociale. Agli effetti di tutto quanto sopra previsto, nonché di quanto stabilito dal citato articolo 38, l'obbligo della conservazione di documenti in originale resta in capo ai beneficiari della prestazione di carattere previdenziale o assistenziale.».

 

 

Il comma 5 dispone alcune modifiche all’articolo 38, comma 3, del D.L. 78/2010.

L’articolo 38 del D.L. 78/2010 dispone sui controlli riguardanti le prestazioni sociali agevolate - comprese quelle sul diritto allo studio universitario - erogate ai cittadini richiedenti, in base all'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) [98] e alla presentazione della dichiarazione sostitutiva unica[99], per valutare la situazione economica del richiedente, al fine di ottenere, dietro presentazione della suddetta dichiarazione sostitutiva unica, determinate prestazioni sociali, assistenziali e sanitarie agevolate - a livello nazionale e locale - con l’esclusione di determinate prestazioni di natura previdenziale e assistenziale.

Per le agevolazioni riguardanti il diritto allo studio universitario, l’indicatore economico (ISEE) utilizzato è stato definito con il D.P.C.M. 9 aprile 2001[100].

In particolare, il comma 3, oggetto della disposizione in commento, prevede una sanzione pecuniaria da 500 a 5.000 euro, irrogata dall'INPS, in caso di illegittima fruizione delle prestazioni godute, in relazione al maggior reddito accertato o anche alla discordanza tra il reddito dichiarato ai fini fiscali e quello indicato nella suddetta dichiarazione sostitutiva unica.

Resta ferma la restituzione del vantaggio indebitamente conseguito, per cui l'INPS comunica l'esito degli accertamenti agli enti erogatori la prestazione non dovuta.

 

Anzitutto, si rimette a ciascun ente erogatore la competenza ad irrogare le previste sanzioni pecuniarie in caso di illegittima fruizione delle prestazioni godute (lettera a)).

 

Viene poi disposta la soppressione del terzo periodo del comma 3 sopra indicato, nel quale si prevedeva che, ai fini della restituzione del vantaggio indebitamente conseguito, l'INPS comunicasse l'esito degli accertamenti agli enti che, sulla base delle comunicazioni di cui al precedente comma 1[101] risultino aver erogato prestazioni agevolate ai soggetti emersi (lettera b)).

 

Inoltre, con la modifica del quarto periodo del comma 3, si prevede che nelle discordanze tra reddito dichiarato ai fini fiscali e quanto indicato nella dichiarazione sostitutiva unica di cui all’articolo 4 del D.Lgs. 109/1998, ai fini dell’applicazione delle sanzioni previste, si tenga conto anche delle altre componenti dell’ISEE, anche di natura patrimoniale, note all’anagrafe tributaria (lettera c).

Nella disposizione previgente tali sanzioni si applicavano nei confronti di coloro per i quali si accerti sulla base dello scambio di informazioni tra l'lNPS e l'Agenzia delle Entrate una discordanza tra il reddito dichiarato ai fini fiscali e quello indicato nella dichiarazione sostitutiva unica di cui all’articolo 4 del D.Lgs. 109/98, qualora in ragione di tale discordanza il soggetto abbia avuto accesso alle prestazioni agevolate di cui al comma 1.

 

Infine, viene introdotta una ulteriore disposizione (lettera d)) per cui in caso di discordanza rilevata, l’INPS comunica gli esiti delle verifiche all’ente che ha erogato la prestazione, nonché il valore ISEE ricalcolato sulla base degli elementi acquisiti dall’Agenzia delle Entrate. Sulla base di tale comunicazione, l’ente erogatore accerta se, in esito alle risultanze della verifica effettuata, il beneficiario non avrebbe potuto fruire o avrebbe fruito in misura inferiore della prestazione.

Nei casi diversi dall’accertamento del maggior reddito in via definitiva, per il quale la sanzione è immediatamente irrogabile, l’ente erogatore invita il soggetto interessato a chiarire i motivi della rilevata discordanza, ai sensi della normativa vigente. In assenza di osservazioni da parte dell’interessato o in caso di mancato accoglimento delle stesse, la sanzione è irrogata in misura proporzionale al vantaggio economico indebitamente conseguito e comunque nei limiti di cui al primo periodo[102].

Il comma 8 prevede alcune modifiche alla legge 30 dicembre 1991, n. 412[103].

Anzitutto, all’articolo 13 si introduce il comma 2-bis, con il quale si prevede che con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono individuate le fattispecie e i termini entro i quali, su proposta del Presidente dell’INPS, motivata da obiettive ragioni di carattere organizzativo e funzionale anche relative alla tempistica di acquisizione delle necessarie informazioni da parte dell’ Amministrazione finanziaria, può essere prorogato il termine per il recupero di quanto non dovuto, in ogni caso, non oltre il secondo anno successivo a quello della verifica (lettera a).

Secondo il comma 2 sopra indicato, l'INPS procede annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e provvede, entro l'anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza.

 

Successivamente, all’articolo 16, comma 6, si introducono alcune disposizioni nelle quali si prevede, anzitutto, che le domande, gli atti e ogni altra documentazione da allegare ai sensi e per gli effetti del comma 6 sono inviate all’Ente mediante l’utilizzo dei sistemi di cui all’articolo 38, comma 5, del D.L. 78/2010.

Con le medesime modalità l’Ente comunica gli atti e gli esiti dei procedimenti nei confronti dei richiedenti ovvero degli intermediari abilitati alla trasmissione della documentazione lavoristica e previdenziale e degli istituti di patronato e di assistenza sociale. La norma introdotta precisa che agli effetti di tutto quanto sopra previsto, nonché di quanto stabilito dal citato articolo 38, l’obbligo della conservazione di documenti in originale resta in capo ai beneficiari della prestazione di carattere previdenziale o assistenziale (lettera b).

 

L’articolo 16, comma 6 della L. 412/1991 prevede che gli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria siano tenuti a corrispondere gli interessi legali, sulle prestazioni dovute, a decorrere dalla data di scadenza del termine previsto per l'adozione del provvedimento sulla domanda, laddove quest'ultima risulti completa di tutti gli atti, documenti ed altri elementi necessari per l'avvio del procedimento, salvi i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, già in possesso della pubblica amministrazione procedente o di altre pubbliche amministrazioni acquisibili d'ufficio ai sensi e per gli effetti dell’articolo 18, comma 2, della legge 241/1990[104]. Nel caso in cui la domanda risulti incompleta, gli interessi legali ed altri oneri accessori decorrono dalla data del suo perfezionamento. Gli enti indicano preventivamente attraverso idonei strumenti di pubblicità l'elenco completo della documentazione necessaria al fine dell'esame della domanda. L'importo dovuto a titolo di interessi è portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ristoro del maggior danno subito dal titolare della prestazione per la diminuzione del valore del suo credito.

 

L’articolo 38, comma 5, del D.L. 78/2010, al fine di estendere e potenziare i servizi telematici, prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze e le Agenzie fiscali, nonché gli enti previdenziali, assistenziali e assicurativi, con propri provvedimenti possano definire termini e modalità per l'utilizzo esclusivo dei propri servizi telematici ovvero della posta elettronica certificata, anche a mezzo di intermediari abilitati, per le seguenti finalità:

§       presentazione da parte degli interessati di denunce, istanze, atti e garanzie fideiussorie;

§       esecuzione di versamenti fiscali, contributivi, previdenziali, assistenziali e assicurativi;

§       richiesta di attestazioni e certificazioni.

I suddetti enti ed amministrazioni definiscono l'utilizzo dei servizi telematici o della posta certificata, anche per gli atti, comunicazioni o servizi dagli stessi resi.

In particolare, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate sono definiti gli atti per i quali la registrazione prevista per legge è sostituita da una denuncia esclusivamente telematica di una delle parti[105].

Essa assume qualità di fatto ai sensi dell'articolo 2704, primo comma, del codice civile[106], in ordine alla computabilità della data della scrittura riguardo a terzi.

Infine, con la modifica dell'articolo 3-ter, comma 1, del D.Lgs. 463/1997[107], in tema di procedure di controllo sulle autoliquidazioni, viene allungato a sessanta giorni il termine, dalla presentazione del modello unico informatico, entro il quale gli uffici finanziari notificano apposito avviso di liquidazione per l'integrazione dell'imposta versata, in sede di controllo di regolarità dell'autoliquidazione e del versamento delle imposte.

 

 


 

Articolo 16, comma 6
(Misure per lo scambio dei dati tra Amministrazioni)

6. All'articolo 7, comma 2, lettera h), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, dopo le parole: "in via telematica," sono inserite le seguenti: "nel rispetto dei principi di cui agli articoli 20, commi 2 e 4, e 22 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196," e, alla medesima lettera, dopo le parole: "informazioni personali" sono inserite le seguenti: ", anche sensibili".

 

 

Il comma 6 novella l’articolo 7, comma 2, lettera h) del decreto-legge n. 70 del 2011, che disciplina le convenzioni tra le agenzie fiscali e gli enti di previdenza con le amministrazioni pubbliche, per l’acquisizione di dati. La disposizione specifica che lo scambio di informazioni dovrà avvenire nel rispetto dei principi dettati dal Codice della privacy.

 

Si tratta della disposizione che consente alle agenzie fiscali, agli enti di previdenza e assistenza obbligatoria e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali di stipulare, nei limiti delle risorse disponibili in base alla legislazione vigente, apposite convenzioni con le Amministrazioni pubbliche (di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), gli enti pubblici economici e le Autorità amministrative indipendenti per acquisire, in via telematica, i dati e le informazioni personali, anche in forma disaggregata, che le stesse detengono per obblighi istituzionali.

Tale acquisizione è volta:

§         a ridurre gli adempimenti dei cittadini e delle imprese e rafforzare il contrasto alle evasioni e alle frodi fiscali e contributive;

§         per accertare il diritto e la misura delle prestazioni previdenziali, assistenziali e di sostegno al reddito.

Le predette convenzioni indicano i motivi che rendono necessari i dati e le informazioni medesime.

La mancata fornitura di tali dati costituisce evento valutabile ai fini della responsabilità disciplinare e, ove ricorra, della responsabilità contabile.

 

Come detto, il decreto-legge specifica che lo scambio di informazioni dovrà avvenire nel rispetto dei principi dettati dagli articoli 20, commi 2 e 4, e 22 dal Codice della privacy (D.Lgs. n. 196 del 2003) per il trattamento dei dati sensibili.

 

In merito si ricorda che, ai sensi dell’art. 19 del Codice, le comunicazioni di dati personali da parte di un soggetto pubblico ad altri soggetti pubblici quando ciò sia previsto da una norma di legge o di regolamento, è lecita. Peraltro, ai sensi dell’art. 39 del Codice, il fatto che la comunicazione tra soggetti pubblici sia prevista dalla legge esonera il soggetto pubblico titolare del trattamento dei dati personali dalla preventiva comunicazione al Garante della trasmissione dei dati ad altro soggetto pubblico effettuata in qualunque forma anche mediante convenzione (come nel caso di specie).

 

Il decreto-legge richiama di principi dell’articolo 20, commi 2 e 4, del Codice della privacy, a norma dei quali se la legge non specifica i tipi di dati sensibili e di operazioni eseguibili, il trattamento è consentito solo in riferimento ai tipi di dati e di operazioni identificati e resi pubblici con atto di natura regolamentare – da aggiornare periodicamente - adottato in conformità ad un parere espresso dal Garante (le Amministrazioni pubbliche che trattano tali dati hanno già provveduto all’emanazione del regolamento attuativo). L’articolo 22 del Codice specifica che i soggetti pubblici devono effettuare il trattamento dei dati sensibili e giudiziari secondo modalità volte a prevenire violazioni dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità dell'interessato. In particolare, se si tratta di dati contenuti su supporti elettronici, dovranno essere rispettate particolari cautele che li rendono temporaneamente inintelligibili anche a chi è autorizzato ad accedervi e permettono di identificare gli interessati solo in caso di necessità. Inoltre, il legislatore ha chiarito che i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale devono essere conservati separatamente da altri dati personali trattati per finalità che non richiedono il loro utilizzo e che non possono essere diffusi.

 

 


 

Articolo 16, comma 6-bis
(Controllo sui percettori di trattamenti previdenziali)

6-bis. All'articolo 20, comma 12, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dopo le parole «relative» sono inserite le seguenti: «alle cancellazioni dall'anagrafe della popolazione residente per irreperibilità,».

 

 

Il comma 6-bis, introdotto nel corso dell’esame presso le competenti Commissioni riunite, reca disposizioni in materia di trasmissione di dati anagrafici da parte dei comuni all’INPS, ai fini della corresponsione dei trattamenti previdenziali.

Più specificamente, modificando l’articolo 20, comma 12, del D.L. 25 giungo 2008, n. 112, si dispone l’obbligo, per l’INPS, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore dello stesso D.L. 112/2008 (e cioè entro il 25 settembre 2008), di mettere a disposizione dei comuni una piattaforma informatica per la trasmissione delle comunicazioni relative, oltre che ai decessi e alle variazioni di stato civile, anche alle cancellazioni dall’anagrafe della popolazione residente per irreperibilità, trasmissione da effettuarsi obbligatoriamente entro due giorni dalla data dell’evento.

In sostanza, la norma in esame avrebbe lo scopo di favorire lo scambio di informazioni tra comuni e INPS ai fini del controllo sulla effettiva residenza in Italia dei percettori di trattamenti previdenziali.

 

L’obbligo di cui al richiamato comma 12 dell’articolo 20 del D.L. 112/2008 viene ulteriormente rafforzato al successivo comma 13, precisando che, in caso di ritardo nella trasmissione di tali dati anagrafici, il responsabile del procedimento, ove ne derivi pregiudizio, risponde a titolo di danno erariale. Conseguentemente, con il comma 14 viene soppresso il primo periodo dell’articolo 31, comma 19, della L. 289/2002 , il quale prevedeva l’effettuazione da parte dei Comuni delle comunicazioni relative ai matrimoni ed ai decessi entro 15 giorni dall’evento.

 

 


 

Articolo 16, comma 7
(
Pagamenti con strumenti elettronici in sedi INPS)

7. Al fine di favorire la modernizzazione e l'efficienza degli strumenti di pagamento, riducendo i costi finanziari e amministrativi derivanti dalla gestione del denaro contante e degli assegni, a decorrere dal 1o maggio 2012 per i pagamenti effettuati presso le sedi dell'Istituto nazionale della previdenza sociale si utilizzano esclusivamente strumenti di pagamento elettronici bancari o postali, ivi comprese le carte di pagamento prepagate e le carte di cui all'articolo 4 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

 

 

Il comma 7 dispone che dal 1° maggio 2012 i pagamenti effettuati presso le sedi INPS avvengano esclusivamente mediante l’utilizzo di strumenti di pagamento elettronici, bancari o postali.

Nella suddetta categoria sono comprese le carte di pagamento prepagate e le carte elettroniche istituzionali, disciplinate dall’articolo 4 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78[108].

 

Il richiamato articolo 4 del decreto-legge n. 78 del 2010 reca norme volte a rafforzare l’ambito delle iniziative che mirano alla modernizzazione e al miglioramento dell’efficienza delle pubbliche amministrazioni. Si tratta, in particolare, di disposizioni per la promozione, da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, della realizzazione di un servizio nazionale per pagamenti su carte elettroniche istituzionali, tra cui la tessera sanitaria, al fine di favore l’efficienza nei pagamenti e nei rimborsi dei tributi effettuati da enti e amministrazioni pubbliche a cittadini e utenti. Il cittadino infatti può avvalersi della facoltà di ricevere le somme dovute dalla pubblica amministrazione mediante accredito sulle carte elettroniche istituzionali già avviate a regime, quali la tessera sanitaria o la carta multi servizi dell’INPS.

L’articolo definisce i contenuti che devono presentare i provvedimenti approvati dal Ministero per dare attuazione all’articolo in esame. In particolare, essi dovranno:

-        individuare gli standard tecnici del servizio di pagamento e le modalità con cui gli enti della pubblica amministrazione distributori di carte elettroniche istituzionali possono avvalersene;

-        individuare il soggetto gestore del servizio, selezionato sulla base dei requisiti qualitativi e del livello di servizio offerto;

-        disciplinare le modalità di utilizzo del servizio da parte dei soggetti pubblici, anche diversi dal soggetto distributore delle carte, che intendono offrire ai propri utenti tale modalità di erogazione di pagamenti;

-        stabilire un canone a carico del gestore finanziario del servizio, definito nella misura dello 0,20% calcolato sulle commissioni di interscambio che vengono conseguite dal gestore del servizio per pagamenti diretti effettuati dai cittadini tramite le carte[109];

-        disciplinare le modalità di certificazione degli avvenuti pagamenti;

-        stabilire le modalità di monitoraggio del servizio e dei flussi di pagamento.

Si prevede inoltre che il corrispettivo a carico del gestore finanziario del servizio sia versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, tra i soggetti pubblici distributori delle carte elettroniche, i soggetti pubblici erogatore dei pagamenti e lo stesso Ministero dell'economia e delle finanze.

 

L’intervento è volto a favorire la modernizzazione e l’efficienza degli strumenti di pagamento, riducendo i costi finanziari e amministrativi derivanti dalla gestione del denaro contante e degli assegni.

 

Si ricorda che l’articolo 12 del D.L. 201 del 2011 (norma modificata dall’articolo 27 del decreto-legge “liberalizzazioni”, D.L. 24 gennaio 2012 n. 1, attualmente in esame al Senato per la conversione in legge) reca disposizioni complessivamente volte a ridurre l’utilizzo del contante e semplificare i sistemi di pagamento, in particolare nei rapporti con le Pubbliche Amministrazioni.

Per favorire la modernizzazione e l’efficienza degli strumenti di pagamento, la richiamata disposizione impone infatti alle Pubbliche Amministrazioni centrali e locali di effettuare le operazioni di pagamento delle loro spese mediante l’utilizzo di strumenti telematici. Le PPAA, pertanto, sono obbligate ad avviare il processo di superamento di sistemi basati sull’uso di supporti cartacei.

Inoltre, i pagamenti delle spese della PA devono essere effettuati ordinariamente tramite accreditamento sui conti correnti o di pagamento dei creditori, ovvero su altri strumenti di pagamento elettronici prescelti dal beneficiario. Gli eventuali pagamenti per cassa non possono, comunque, superare l’importo di 1.000 euro. Gli stipendi, le pensioni e i compensi comunque corrisposti dalla pubblica amministrazione centrale e locale e dai loro enti, e ogni altro tipo di emolumento a chiunque destinato, di importo superiore a mille euro (somma modificabile con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze) debbono essere erogati mediante l’utilizzo di strumenti di pagamento elettronici, comprese le carte di pagamento prepagate e le carte elettroniche istituzionali.

Anche sul fronte delle entrate è incentivato l’utilizzo di strumenti diversi dal contante, fatte salve le attività di riscossione dei tributi regolate da specifiche normative. A tal fine il Ministero dell’economia e delle finanze promuove la stipula, tramite la Consip di una o più convenzioni con prestatori di servizi di pagamento, affinché le pubbliche amministrazioni possano dotarsi di POS (point of sale) a condizioni agevolate.

Le predette norme devono trovare applicazione entro il 6 marzo 2012 (ovvero entro tre mesi dall’entrata in vigore del D.L. 201/2011), termine prorogabile con DPCM per specifiche e motivate esigenze.

Per contemperare le esigenze di semplificazione con la tutela dei soggetti che versano in condizioni di svantaggio economico e sociale, le medesime disposizioni prevedono l’esenzione dall’imposta di bollo per i rapporti su cui vengono accreditati trattamenti pensionistici minimi, assegni e pensioni sociali, qualora i rispettivi titolari rientrino nelle fasce di clientela socialmente svantaggiate. In ordine a tali rapporti è fatto divieto alle banche, alla società Poste italiane Spa e agli altri intermediari finanziari di addebitare alcun costo[110].

 


 

Articolo 16, commi 9-10
(Patrocinio nel contenzioso in materia di invalidità civile)

9. All'articolo 10, comma 6, terzo periodo, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, le parole: «limitatamente al giudizio di primo grado» sono sostituite dalle seguenti: «con esclusione del giudizio di cassazione».

10. Dall'attuazione del comma 9 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

I commi 9 e 10 dell’articolo 16 intervengono sul patrocinio dell’INPS nei procedimenti giurisdizionali in materia di invalidità civile, ampliando le possibilità di patrocinio diretto dell’Istituto da parte dei propri dipendenti.

In particolare, il comma 9, interviene sul decreto-legge 203/2005[111] per novellare l’art. 10, comma 6.

 

L’articolo 10 del decreto legge attribuisce all’INPS le competenze residuate allo Stato in materia di invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità, già appartenenti al Ministero dell’economia e delle finanze.

In particolare, la disposizione stabilisce che dalla data di effettivo esercizio da parte dell'INPS delle funzioni trasferite, gli atti introduttivi dei procedimenti giurisdizionali, nonché le sentenze ed ogni provvedimento reso in detti giudizi devono essere notificati anche all'INPS.

Per quanto attiene ai procedimenti giurisdizionali l'INPS è liteconsorte necessario ai sensi dell’art. 102 c.p.c. e, in base a quanto disposto dal comma 6 prima dell’entrata in vigore del decreto-legge, l’Istituto di previdenza è rappresentato e difeso in giudizio direttamente da propri dipendenti, limitatamente al giudizio di primo grado.

 

Il decreto-legge amplia le possibilità di patrocinio diretto dell’INPS da parte dei propri dipendenti al giudizio di appello, richiedendo l’intervento dell’Avvocatura dello Stato solo per i procedimenti in Corte di cassazione.

 

Il comma 10 specifica che tale intervento non deve comportare maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

 


 

Articolo 17
(
Semplificazione in materia di assunzione di lavoratori extra UE e di documentazione amministrativa per gli immigrati)

1. La comunicazione obbligatoria di cui all'articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, assolve, a tutti gli effetti di legge, anche agli obblighi di comunicazione della stipula del contratto di soggiorno per lavoro subordinato concluso direttamente tra le parti per l'assunzione di lavoratore in possesso di permesso di soggiorno, in corso di validità, che abiliti allo svolgimento di attività di lavoro subordinato di cui all'articolo 5-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

2. All'articolo 24 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Qualora lo sportello unico per l'immigrazione, decorsi i venti giorni di cui al comma 2, non comunichi al datore di lavoro il proprio diniego, la richiesta si intende accolta, nel caso in cui ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:

a) la richiesta riguardi uno straniero già autorizzato l'anno precedente a prestare lavoro stagionale presso lo stesso datore di lavoro richiedente;

b) il lavoratore stagionale nell'anno precedente sia stato regolarmente assunto dal datore di lavoro e abbia rispettato le condizioni indicate nel permesso di soggiorno.».

b) dopo il comma 3, è inserito il seguente:

«3-bis. Fermo restando il limite di nove mesi di cui al comma 3, l'autorizzazione al lavoro stagionale si intende prorogato e il permesso di soggiorno può essere rinnovato in caso di nuova opportunità di lavoro stagionale offerta dallo stesso o da altro datore di lavoro.».

3. L'autorizzazione al lavoro stagionale di cui agli articoli 38 e 38-bis del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, può essere concessa, nel rispetto dei limiti temporali minimi e massimi di cui all'articolo 24, comma 3, del testo unico, anche a più datori di lavoro, oltre al primo, che impiegano lo stesso lavoratore straniero per periodi di lavoro successivi ed è rilasciata a ciascuno di essi, ancorché il lavoratore, a partire dal secondo rapporto di lavoro, si trovi legittimamente presente nel territorio nazionale in ragione dell'avvenuta instaurazione del primo rapporto di lavoro stagionale. In tale ipotesi, il lavoratore è esonerato dall'obbligo di rientro nello Stato di provenienza per il rilascio di ulteriore visto da parte dell'autorità consolare e il permesso di soggiorno per lavoro stagionale deve essere rinnovato, nel rispetto dei limiti temporali minimi e massimi di cui all'articolo 24, comma 3, del testo unico, fino alla scadenza del nuovo rapporto di lavoro stagionale.

4. Al comma 3 dell'articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, dopo l'ultimo periodo è aggiunto il seguente: "La richiesta di assunzione, per le annualità successive alla prima, può essere effettuata da un datore di lavoro anche diverso dal datore di lavoro che ha ottenuto il nullaosta triennale al lavoro stagionale.".

4-bis. All'articolo 3, comma 2, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, le parole: “, fatte salve le speciali disposizioni contenute nelle leggi e nei regolamenti concernenti la disciplina dell'immigrazione e la condizione dello straniero” sono soppresse.

4-ter. All'articolo 2, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni, le parole: “, fatte salve le disposizioni del testo unico o del presente regolamento che prevedono l'esibizione o la produzione di specifici documenti” sono soppresse.

4-quater. Le disposizioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter acquistano efficacia a far data dal 1° gennaio 2013.

4-quinquies. Con decreto del Ministro dell'interno, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sono individuate le modalità per l'acquisizione d'ufficio dei certificati del casellario giudiziale italiano, delle iscrizioni relative ai procedimenti penali in corso sul territorio nazionale, dei dati anagrafici e di stato civile, delle certificazioni concernenti l'iscrizione nelle liste di collocamento del lavoratore licenziato, dimesso o invalido, di quelle necessarie per il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio nonché le misure idonee a garantire la celerità nell'acquisizione della documentazione.

 

 

L’articolo 17 reca disposizioni in materia di assunzione di lavoratori extracomunitari.

Il comma 1 precisa che, a decorrere dal 1° gennaio 2013, come precisato dal successivo comma 4-quater inserito nel corso dell’esame in sede referente, la comunicazione obbligatoria di instaurazione di rapporto di lavoro di cui all’articolo 9-bis, comma 2, del D.L. 1° ottobre 1996, n. 510, convertito dalla L. 28 novembre 1996, n. 608[112] (per una disamina più puntuale della normativa si rimanda alla scheda sull’articolo 16), assolve, a tutti gli effetti di legge, anche agli obblighi di comunicazione della stipula del contratto di soggiorno per lavoro subordinato concluso direttamente tra le parti per l’assunzione di lavoratore in possesso di permesso di soggiorno, in corso di validità, che abiliti allo svolgimento di attività di lavoro subordinato di cui all’articolo 5-bis del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286[113].

 

Tale articolo ha disposto che il contratto di soggiorno per lavoro subordinato stipulato fra un datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia e un prestatore di lavoro, cittadino di uno Stato extra Unione europea o apolide, debba contenere la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio per il lavoratore, rientrante nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica; nonché l'impegno al pagamento da parte del datore di lavoro delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza.

Non costituisce titolo valido per il rilascio del permesso di soggiorno il contratto che non contenga le richiamate dichiarazioni.

Infine, il contratto di soggiorno per lavoro è sottoscritto presso lo sportello unico per l'immigrazione della provincia nella quale risiede o ha sede legale il datore di lavoro o dove avrà luogo la prestazione lavorativa secondo specifiche modalità.

 

Il comma 2, attraverso puntuali modifiche all'art. 24 del D.Lgs. n. 286/1998, introduce, a decorrere dal 1° gennaio 2013, come precisato dal successivo comma 4-quater inserito nel corso dell’esame in sede referente, una procedura agevolata di silenzio-assenso per l’assunzione di lavoratori stagionali, qualora lo sportello unico per l'immigrazione, decorsi i venti giorni dalla data di ricezione della richiesta, non comunichi al datore di lavoro il proprio diniego, nel caso in cui ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:

a) la richiesta riguardi uno straniero già autorizzato l'anno precedente a prestare lavoro stagionale presso lo stesso datore di lavoro richiedente;

b) il lavoratore stagionale nell'anno precedente sia stato regolarmente assunto dal datore di lavoro e abbia rispettato le condizioni indicate nel permesso di soggiorno.

Viene, inoltre, inserito un nuovo comma 3-bis in virtù del quale, fermo restando il limite di nove mesi di validità massima, in caso di nuova opportunità di lavoro stagionale offerta dallo stesso o altro datore di lavoro l'autorizzazione al lavoro stagionale s’intende prorogato e il permesso di soggiorno può essere rinnovato.

 

Il comma 3 prevede la possibilità di concedere l’autorizzazione al lavoro stagionale di cui agli articoli 38 e 38-bis del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394[114], nel rispetto dei limiti temporali minimi e massimi di cui all'articolo 24, comma 3, D.Lgs. 286/1998 (da 20 giorni ad un massimo di 9 mesi), anche a più datori di lavoro, oltre al primo, che impiegano lo stesso lavoratore straniero per periodi di lavoro successivi.

 

L’articolo 38 infatti precisa che il nullaosta al lavoro stagionale, anche con riferimento all'accorpamento di gruppi di lavori di più breve periodo da svolgere presso diversi datori di lavoro, ha validità da 20 giorni ad un massimo di 9 mesi decorrenti dalla data di sottoscrizione del contratto di soggiorno, ed è rilasciato dallo Sportello unico, per la durata corrispondente a quella del lavoro stagionale richiesto, non oltre 20 giorni dalla data di ricevimento delle richieste di assunzione del datore di lavoro, attraverso specifiche modalità.

Lo stesso articolo stabilisce altresì una specifica procedura al fine dell’occupazione dei lavoratori nazionali, comunitari o extracomunitari regolarmente iscritti nelle liste di collocamento disponibili o, comunque, censiti come disoccupati in cerca di occupazione a ricoprire l'impiego stagionale offerto.

Ai fini dell'autorizzazione, è prevista un diritto di precedenza presso lo stesso datore di lavoro, o nell'ambito delle medesime richieste cumulative, nonché nelle richieste senza indicazione nominativa, per i lavoratori stranieri che hanno fatto rientro nello Stato di provenienza alla scadenza del permesso di soggiorno rilasciato l'anno precedente per lavoro stagionale, rispetto ai lavoratori stranieri che non si trovano nelle stesse condizioni.

L’autorizzazione al lavoro stagionale a più datori di lavoro che impiegano lo stesso lavoratore straniero per periodi di lavoro complessivamente compresi nella stazione, nel rispetto dei richiamati limiti temporali, minimi e massimi, deve essere unica, su richiesta dei datori di lavoro, anche cumulativa, presentata contestualmente, ed è rilasciata a ciascuno di essi. Sono ammesse ulteriori autorizzazioni anche a richiesta di datori di lavoro diversi, purché nell'ambito del periodo massimo previsto.

Ai sensi del successivo articolo 38-bis, inoltre, Il datore di lavoro dello straniero che dimostri di essere venuto in Italia almeno due anni di seguito per prestare lavoro stagionale, può richiedere il rilascio del nullaosta al lavoro pluriennale in favore del medesimo lavoratore. Lo Sportello unico, accertati i requisiti di cui al medesimo articolo, rilascia il nullaosta secondo le modalità di cui al richiamato articolo 38.

 

L’autorizzazione è rilasciata a ciascuno dei datori di lavoro, ancorché il lavoratore, a partire dal secondo rapporto di lavoro, si trovi legittimamente presente nel territorio nazionale in ragione dell'avvenuta instaurazione del primo rapporto di lavoro stagionale. In tale ipotesi, si prevede l’esonero per il lavoratore interessato dall'obbligo di rientro nello Stato di provenienza per il rilascio di ulteriore visto da parte dell'autorità consolare e il permesso di soggiorno per lavoro stagionale deve essere rinnovato, nel rispetto dei richiamati limiti temporali minimi e massimi, fino alla scadenza del nuovo rapporto di lavoro stagionale.

 

Infine, il comma 4, aggiungendo un periodo al comma 3 dell’articolo 38-bis del richiamato D.P.R. 394/1999, prevede che la richiesta di assunzione, per le annualità successive alla prima, possa essere effettuata da un datore di lavoro anche diverso dal datore di lavoro che ha ottenuto il nullaosta triennale al lavoro stagionale.

 

Il richiamato comma 3 ha individuato la procedura per i visti di ingresso dei lavoratori extracomunitari sulla base del nullaosta triennale al lavoro stagionale. In particolare, i visti di ingresso per le annualità successive alla prima sono concessi dall'autorità consolare, previa esibizione della proposta di contratto di soggiorno per lavoro stagionale, trasmessa al lavoratore interessato dal datore di lavoro, che provvede, altresì, a trasmetterne copia allo Sportello unico competente. Entro 8 giorni dalla data di ingresso nel territorio nazionale, il lavoratore straniero si reca presso lo Sportello unico per sottoscrivere il contratto di soggiorno per lavoro, secondo specifiche disposizioni.

 

Nel corso dell’esame del provvedimento in sede referente, sono stati introdotti i nuovi commi da 4-bis a 4-quinquies, che intervengono in materia di documentazione amministrativa per gli immigrati.

In particolare, i commi 4-bis e 4-ter vanno nella direzione di un’equiparazione dello straniero regolarmente soggiornante in Italia con il cittadino per quanto concerne l’utilizzo delle dichiarazioni sostitutive limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani.

Infatti, il comma 4-bis modifica la disposizione di cui all’art. 3, co. 2, del D.P.R. 445/2000[115] (Testo unico in materia di documentazione amministrativa), che consente ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione regolarmente soggiornanti in Italia di utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 del testo unico, limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani, eliminando ogni riferimento all’applicazione di speciali disposizioni contenute nelle leggi e nei regolamenti concernenti la disciplina dell'immigrazione e la condizione dello straniero.

 

Gli articoli 46 e 47 del TU riguardano rispettivamente le dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà.

Per quanto riguarda la prime, si tratta di dichiarazioni, anche contestuali all'istanza, sottoscritte dall'interessato e prodotte in sostituzione delle normali certificazioni, che comprovano una serie di stati, qualità personali e fatti dell’interessato, quali la data e il luogo di nascita, residenza, cittadinanza, godimento dei diritti civili e politici ecc.

L’atto di notorietà concerne invece stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato. Esso è stato sostituito dalla dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, e consiste in una dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo in presenza del dipendente addetto ovvero sottoscritte e presentate, anche per via telematica, unitamente a una fotocopia di un documento di identità del sottoscrittore. Il comma 3 dell’art. 47 prevede che fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell'articolo 46 sono comprovati dall'interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

 

In via analoga, il comma 4-ter interviene sulla disposizione speciale, prevista dal regolamento di attuazione del testo unico in materia di immigrazione (D.lgs. 394/1999[116]) che, all’articolo 2, co. 1, riconosce ai cittadini stranieri regolarmente soggiornanti il diritto di utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui sopra, fatte salve le disposizioni del testo unico o del regolamento che prevedono l'esibizione o la produzione di specifici documenti.

Con l’abrogazione dell’ultimo periodo del comma 1, viene pertanto soppresso il riferimento all’applicabilità di disposizioni speciali contenute nella normativa di settore.

 

Il comma 4-quater specifica la decorrenza delle disposizioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter dell’articolo in esame, a partire dal 1° gennaio 2013.

 

Il comma 4-quinquies rinvia ad un decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, l’individuazione delle modalità per l’acquisizione d’ufficio di una serie di documenti, nonché delle misure idonee a garantire la celerità nell’acquisizione della documentazione.

In particolare, l’acquisizione d’ufficio riguarda:

-          i certificati del casellario giudiziale italiano;

-          le iscrizioni relative ai procedimenti penali in corso sul territorio nazionale;

-          i dati anagrafici e di stato civile;

-          le certificazioni concernenti l’iscrizione nelle liste di collocamento del lavoratore licenziato, dimesso o invalido;

-          le certificazioni necessarie per il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio.

 

In merito, si ricorda che l’art. 43 del Testo unico in materia di documentazione amministrativa, come modificato dall’art. 15, L. 183/2011[117], stabilisce che le amministrazioni pubbliche sono tenute ad acquisire d'ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive (di certificazione e di atto di notorietà) nonché tutti i dati e i documenti che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni, previa indicazione, da parte dell'interessato, degli elementi indispensabili per il reperimento delle informazioni o dei dati richiesti. Tali disposizioni si applicano, secondo quanto previsto dall’articolo 3 del medesimo TU, ai cittadini italiani e dell'Unione europea, oltre che alle persone giuridiche, alle società di persone, alle pubbliche amministrazioni e agli enti, alle associazioni e ai comitati aventi sede legale in Italia o in uno dei Paesi dell'Unione europea.

 

Pertanto, alla luce della normativa vigente e del contesto della disposizione in esame, nonché della rubrica dell’articolo 17 (che fa riferimento alla documentazione in materia di immigrazione), sembrerebbe che il comma 4-quinquies si riferisca alla individuazione di modalità specifiche per quanto concerne l’acquisizione d’ufficio di informazioni relative allo straniero.

 

Il termine per l’adozione del decreto ministeriale di cui sopra è di novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 5/2012.

 

 


 

Articolo 18
(
Semplificazione in materia di assunzioni e di collocamento obbligatorio)

1. All'articolo 9-bis, comma 2, terzo periodo, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, dopo le parole: "Nel settore turistico" sono inserite le seguenti: "e dei pubblici esercizi".

1-bis. All'articolo 9-bis del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, dopo il comma 2-bis, è inserito il seguente: «2-ter. In caso di assunzione contestuale di due o più operai agricoli a tempo determinato da parte del medesimo datore di lavoro, l'obbligo di cui al comma 2 è assolto mediante un'unica comunicazione contenente le generalità del datore di lavoro e dei lavoratori, la data di inizio e di cessazione della prestazione, le giornate di lavoro presunte e l'inquadramento contrattuale.

2. All'articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e successive modificazioni, il secondo periodo è sostituito dal seguente: "La comunicazione dell'assunzione deve essere effettuata al centro per l'impiego entro il giorno antecedente l'instaurazione del rapporto di lavoro."

3. All'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 2000, n. 333, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 1, le parole: «al competente servizio provinciale» sono sostituite dalle seguenti: «al servizio provinciale per il collocamento mirato competente sul territorio dove si trova la sede legale dell'impresa”;

b) al comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “In caso di unità produttive ubicate in più province, l'ufficio del collocamento mirato competente sul territorio dove si trova la sede legale dell'impresa provvede ad istruire la pratica e provvede d'ufficio alla comunicazione dovuta ai servizi provinciali per il collocamento competenti sui territori dove sono ubicate le unità produttive dell'impresa procedente;”

c) al comma 3, primo periodo, le parole: «al servizio provinciale competente» sono sostituite dalle seguenti: «al servizio provinciale per il collocamento mirato competente sul territorio dove si trova la sede legale dell'impresa».

 

 

L’articolo 18 reca alcune semplificazioni relative a specifiche disposizioni in materia di assunzioni e di collocamento obbligatorio.

Il comma 1 modifica il terzo periodo del comma 2 dell’articolo 9-bis del D.L. 1° ottobre 1996, n. 510, convertito dalla L. 28 novembre 1996, n. 608, concernente le comunicazioni da effettuare all’atto dell’instaurazione del rapporto di lavoro, al fine di estendere a tutti pubblici esercizi la possibilità (attualmente prevista per il solo settore turistico), per il datore di lavoro che non sia in possesso di uno o più dati anagrafici inerenti il lavoratore, di integrare la comunicazione entro il terzo giorno successivo a quello dell'instaurazione del rapporto di lavoro, a condizione che dalla comunicazione preventiva risultino in maniera inequivocabile la tipologia contrattuale e l'identificazione del prestatore di lavoro.

 

La normativa sugli obblighi informativi relativi all’instaurazione del rapporto di lavoro e alle successive variazioni è contenuta in varie disposizioni[118].

In particolare, si ricorda che l’articolo 9-bis, comma 2, del D.L. 1° ottobre 1996, n. 510[119], convertito dalla L. 28 novembre 1996, n. 608[120], ha stabilito l’obbligo, per i datori di lavoro privati, ivi compresi quelli agricoli, gli enti pubblici economici e le pubbliche amministrazioni, in caso di instaurazione del rapporto di lavoro subordinato, nonché di lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, di socio lavoratore di cooperativa e di associato in partecipazione con apporto lavorativo, di comunicazione dell’instaurazione del rapporto di lavoro al Servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro (quindi la Direzione provinciale del lavoro) entro il giorno antecedente a quello di instaurazione dei relativi rapporti, mediante documentazione avente data certa di trasmissione (primo periodo).

La richiamata comunicazione deve indicare i dati anagrafici del lavoratore, la data di assunzione, la data di cessazione qualora il rapporto non sia a tempo indeterminato, la tipologia contrattuale, la qualifica professionale nonché il trattamento economico e normativo applicato (secondo periodo).

Il terzo periodo, in particolare, prevede una deroga degli obblighi a carico del datore di lavoro per il settore turistico, consistente nella possibilità, per il datore di lavoro che non sia in possesso di uno o più dati anagrafici inerenti il lavoratore, di integrare la comunicazione entro il terzo giorno successivo a quello dell'instaurazione del rapporto di lavoro, a condizione che dalla comunicazione preventiva risultino in maniera inequivocabile la tipologia contrattuale e l'identificazione del prestatore di lavoro.

 

Il comma 1-bis, introdotto dalle Commissioni riunite I e X, aggiunge all'articolo 9-bis del D.L. 510/1996[121], il comma 2-ter nel quale si prevede che, in caso di assunzione contestuale di due o più operai agricoli a tempo determinato da parte del medesimo datore di lavoro, l'obbligo di comunicazione al Servizio competente in caso di instaurazione del rapporto di lavoro (di cui al comma 2) è assolto mediante un'unica comunicazione contenente le generalità del datore di lavoro e dei lavoratori, la data di inizio e di cessazione della prestazione, le giornate di lavoro presunte e l'inquadramento contrattuale.

 

Il comma 2, modificato dalle Commissioni riunite I e X, interviene sulle disposizioni di cui all’articolo 10, comma 3, del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368[122], in materia di lavoro a tempo determinato, prevedendo che la comunicazione dell'avvenuta assunzione deve essere effettuata al centro per l'impiego entro il giorno antecedente l'instaurazione del rapporto di lavoro (e non entro 5 giorni, come in precedenza previsto).

 

Il D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368[123], disciplina, attuazione della direttiva 1999/70/CE, il lavoro a tempo determinato. L’articolo 10, comma 3, in particolare,  prevede la possibilità, nei settori del turismo e dei pubblici esercizi, di assumere direttamente manodopera per l'esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni, determinata dai contratti collettivi stipulati con i sindacati locali o nazionali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Nel testo previgente era previsto che dell'avvenuta assunzione doveva essere data comunicazione al centro per l'impiego entro cinque giorni.

 

Si segnala che ulteriori disposizioni in materia di lavoro a tempo determinato sono contenute nel successivo articolo 54, alla cui scheda si rimanda.

 

Il comma 3 reca alcune modifiche all’articolo 4 del D.P.R. 10 ottobre 2000, n. 333, concernente la sospensione degli obblighi in materia di collocamento obbligatorio.

 

L’articolo 4 del D.P.R. 10 ottobre 2000, n. 333[124] prevede l’obbligo, ai fini della fruizione dell'istituto della sospensione dagli obblighi di assunzione obbligatoria di cui all'articolo 3, comma 5, della L. 68/1999[125], a carico del datore di lavoro privato, di presentare un’apposita comunicazione al competente servizio provinciale, corredata da documentazione idonea a dimostrare la sussistenza di una delle condizioni di cui al richiamato comma 5, allegando il relativo provvedimento amministrativo che riconosce tale condizione (comma 1).

La sospensione opera per un periodo pari alla durata dei trattamenti di cui all'articolo 3, comma 5, della L. 68/1999, e cessa contestualmente al termine del trattamento che giustifica la sospensione stessa. Entro 60 giorni da tale data, il datore di lavoro interessato deve presentare la richiesta di avviamento dei lavoratori da assumere ai sensi dell'articolo 9, comma 1, della L. 68/1999, che prevede appunto l’obbligo, per i datori di lavoro, di presentare agli uffici competenti la richiesta di assunzione entro sessanta giorni dal momento in cui sono obbligati all'assunzione dei lavoratori disabili (comma 2).

In attesa dell'emanazione del provvedimento che ammette l'impresa ad uno dei trattamenti di cui al richiamato articolo 3, comma 5, il datore di lavoro interessato deve presentare domanda al servizio provinciale competente ai fini della concessione della sospensione temporanea degli obblighi. Il servizio, valutata la situazione dell'impresa, può concedere la sospensione con provvedimento di autorizzazione per un periodo non superiore a tre mesi, rinnovabile una sola volta (comma 3).

Infine, la richiamata sospensione degli obblighi occupazionali può riguardare anche i lavoratori orfani e dei coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell'aggravarsi dell'invalidità riportata per tali cause, nonché dei coniugi e dei figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro e dei profughi italiani rimpatriati (comma 4).

 

Sulla base delle modifiche introdotte al comma in commento durante l’esame presso le Commissioni riunite I e X, le comunicazioni previste a carico del datore di lavoro al fine di poter usufruire della sospensione dagli obblighi di assunzione, devono essere presentate al competente servizio provinciale per il collocamento mirato competente sul territorio dove si trova la sede legale dell'impresa (ovvero al Ministero del lavoro e delle politiche sociali in caso di unità produttive ubicate in più province). Spetta altresì allo stesso Ministero, oltre che al servizio competente, la facoltà di concedere la sospensione richiamata in precedenza.

Inoltre, si prevede altresì che in caso di unità produttive ubicate in più province, l'ufficio del collocamento mirato competente sul territorio dove si trova la sede legale dell'impresa provveda ad istruire la pratica e provveda d'ufficio alla comunicazione dovuta ai servizi provinciali per il collocamento competenti sui territori dove sono ubicate le unità produttive dell'impresa procedente.

 

 


 

Articolo 19
(
Semplificazione in materia di libro unico del lavoro)

1. All'articolo 39, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: "Ai fini del primo periodo, la nozione di omessa registrazione si riferisce alle scritture complessivamente omesse e non a ciascun singolo dato di cui manchi la registrazione e la nozione di infedele registrazione si riferisce alle scritturazioni dei dati di cui ai commi 1 e 2 diverse rispetto alla qualità o quantità della prestazione lavorativa effettivamente resa o alle somme effettivamente erogate.".

 

 

L’articolo 19 reca disposizioni in materia di libro unico sul lavoro, istituito dall’articolo 39 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112[126].

Al fine di introdurre alcune misure di semplificazione riguardanti gli adempimenti obbligatori di natura formale nella gestione dei rapporti di lavoro, con l’articolo 39 del D.L. 112/2008 è stato appunto istituito il libro unico del lavoro, in sostituzione dei libri che il datore di lavoro doveva obbligatoriamente istituire ai sensi della normativa precedente (il libro matricola e il libro paga, e nel settore agricolo, il registro d’impresa).

Nel libro unico del lavoro istituito e tenuto da ogni datore di lavoro privato (con la sola esclusione del datore di lavoro domestico) sono iscritti tutti i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo. Inoltre, per ciascun lavoratore devono essere indicati il nominativo, il codice fiscale e, ove ricorrano, la qualifica e il livello, la retribuzione base, l’anzianità di servizio, nonché le relative posizioni assicurative.

Inoltre, deve essere annotata ogni dazione in danaro o in natura corrisposta o gestita dal datore di lavoro, indicando distintamente le somme erogate a titolo di premio o per lavoro straordinario. Il libro unico del lavoro deve altresì contenere un calendario delle presenze del lavoratore, da cui deve risultare, per ogni giornata, il numero di ore di lavoro effettuate da ciascun lavoratore dipendente, nonché l’indicazione delle ore di lavoro straordinario, delle assenze dal lavoro, delle ferie e dei riposi.

I dati sopra indicati, devono essere riportati per ciascun mese di riferimento e, nella normativa previgente al decreto in esame, entro il 16 del mese successivo.

Un decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali disciplina le modalità e i tempi di tenuta e conservazione del libro unico del lavoro nonché del relativo regime transitorio[127].

 

In particolare, l’articolo in esame aggiunge un periodo all’articolo 39, comma 7, del D.L. 112/2008.

 

Il richiamato comma 7 ha previsto specifiche sanzioni per irregolarità nella tenuta del libro unico del lavoro:

§       una sanzione pecuniaria amministrativa da 150 a 1.500 euro nei casi di omessa o infedele registrazione dei dati relativi ai nominativi dei lavoratori impiegati, alle retribuzioni e alle dazioni in danaro o in natura, nonché quelle relative alle presenze (di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo in esame), qualora tali violazioni determinano differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali. Tale sanzione va da 500 a 3000 euro se tale violazione si riferisce a più di dieci lavoratori.

§       una sanzione pecuniaria amministrativa da 100 a 600 euro se la violazione si riferisce all’obbligo di riportare i dati per ciascun mese di riferimento (di cui al comma 3 dell’articolo in esame). Tale sanzione va da 150 a 1.500 euro se tale violazione si riferisce a più di dieci lavoratori.

§       una sanzione pecuniaria amministrativa da 100 a 600 euro nel caso di mancata conservazione[128] del libro unico del lavoro per il periodo temporale stabilito nel D.M. 9 luglio 2008, recante la disciplina di attuazione (di cui al comma 4 del medesimo articolo 39).

Infine, si precisa che alla contestazione delle sanzioni amministrative esaminate provvedono gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro e previdenza e che l’autorità competente a ricevere il rapporto ai sensi dell’articolo 17 della L. 689/1981[129] è la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente.

 

Il nuovo periodo precisa che la nozione di omessa registrazione si riferisce alle scritture complessivamente omesse e non a ciascun singolo dato di cui manchi la registrazione, mentre la nozione di infedele registrazione si riferisce alle scritturazioni dei dati di cui ai commi 1 e 2 dello stesso articolo 39 (vedi supra), diverse rispetto alla qualità o quantità della prestazione lavorativa effettivamente resa o alle somme effettivamente erogate.

 

Si ricorda, infine, che da ultimo l’articolo 40, comma 4, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201[130], modificando il comma 3 del più volte richiamato articolo 39 ha disposto che la compilazione del libro debba avvenire entro la fine del mese successivo e non più entro il giorno 16 del mese successivo.

 

 


 

Articolo 20
(
Modifiche al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82)

1. Al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo l'articolo 6 è inserito il seguente:

"Art. 6-bis (Banca dati nazionale dei contratti pubblici). - 1. Dal 1° gennaio 2013, la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo ed economico-finanziario per la partecipazione alle procedure disciplinate dal presente Codice è acquisita presso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, istituita presso l'Autorità dall'articolo 62-bis del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, della quale fanno parte i dati previsti dall'articolo 7 del presente codice.

2. Per le finalità di cui al comma 1, l'Autorità stabilisce con propria deliberazione, i dati concernenti la partecipazione alle gare e la valutazione delle offerte in relazione ai quali è obbligatoria l'inclusione della documentazione nella Banca dati, nonché i termini e le regole tecniche per l'acquisizione, l'aggiornamento e la consultazione dei predetti dati contenuti nella Banca dati.

3. Le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori verificano il possesso dei requisiti di cui al comma 1 esclusivamente tramite la Banca dati nazionale dei contratti pubblici. Ove la disciplina di gara richieda il possesso di requisiti economico finanziari o tecnico organizzativi diversi da quelli di cui è prevista l'inclusione nella Banca dati ai sensi del comma 2, il possesso di tali requisiti e' verificato dalle stazioni appaltanti mediante l'applicazione delle disposizioni previste dal presente codice e dal regolamento di cui all'articolo 5 in materia di verifica del possesso dei requisiti.

4. A tal fine, i soggetti pubblici e privati che detengono i dati e la documentazione relativi ai requisiti di cui al comma 1 sono tenuti a metterli a disposizione dell'Autorità entro i termini e secondo le modalità previste dalla stessa Autorità. Con le medesime modalità, gli operatori economici sono tenuti altresì ad integrare i dati di cui al comma 1, contenuti nella Banca dati nazionale dei contratti pubblici.

5. Fino alla data di cui al comma 1, le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori verificano il possesso dei requisiti secondo le modalità previste dalla normativa vigente.

6. Per i dati scambiati a fini istituzionali con la banca dati unitaria delle amministrazioni pubbliche istituita dall'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non si applica l'articolo 6, comma 10, del presente decreto.";

b) all'articolo 26 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al comma 1, dopo le parole: "spese dello sponsor" sono inserite le seguenti: "per importi superiori a quarantamila euro";

2) dopo il comma 2, è aggiunto il seguente: "2-bis. Ai contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi e forniture aventi ad oggetto beni culturali si applicano altresì le disposizioni dell'articolo 199-bis del presente codice.";

c) all'articolo 27, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "L'affidamento dei contratti di finanziamento, comunque stipulati, dai concessionari di lavori pubblici che sono amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori avviene nel rispetto dei principi di cui al presente comma e deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti.";

d) all'articolo 38, comma 1-ter, le parole: "per un periodo di un anno" sono sostituite dalle seguenti: "fino ad un anno";

e) all'articolo 42, al comma 3-bis, le parole: «prevista dall'articolo 62-bis del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82» sono sostituite dalle seguenti: «di cui all'articolo 6-bis del presente Codice»;

f) all'articolo 48, comma 1, le parole: «prevista dall'articolo 62-bis del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82» sono sostituite dalle seguenti: «di cui all'articolo 6-bis del presente Codice»;

g) all'articolo 189, comma 3, nono periodo, le parole: "i certificati sono redatti in conformità al modello di cui all'allegato XXII" sono sostituite dalle seguenti: "i certificati sono redatti in conformità ai modelli definiti dal regolamento.";

h) dopo l'articolo 199, è inserito il seguente:

"Art. 199-bis (Disciplina delle procedure per la selezione di sponsor). - 1. Al fine di assicurare il rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, di cui all'articolo 27, le amministrazioni aggiudicatrici competenti per la realizzazione degli interventi relativi ai beni culturali integrano il programma triennale dei lavori di cui all'articolo 128 con un apposito allegato che indica i lavori, i servizi e le forniture in relazione ai quali intendono ricercare sponsor per il finanziamento o la realizzazione degli interventi. A tal fine provvedono a predisporre i relativi studi di fattibilità, anche semplificati, o i progetti preliminari. In tale allegato possono essere altresì inseriti gli interventi per i quali siano pervenute dichiarazioni spontanee di interesse alla sponsorizzazione. La ricerca dello sponsor avviene mediante bando pubblicato sul sito istituzionale dell'amministrazione procedente per almeno trenta giorni. Di detta pubblicazione è dato avviso su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, nonché per contratti di importo superiore alle soglie di cui all'articolo 28, nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea. L'avviso contiene una sommaria descrizione di ciascun intervento, con l'indicazione del valore di massima e dei tempi di realizzazione, con la richiesta di offerte in aumento sull'importo del finanziamento minimo indicato. Nell'avviso è altresì specificato se si intende acquisire una sponsorizzazione di puro finanziamento, anche mediante accollo, da parte dello sponsor, delle obbligazioni di pagamento dei corrispettivi dell'appalto dovuti dall'amministrazione, ovvero una sponsorizzazione tecnica, consistente in una forma di partenariato estesa alla progettazione e alla realizzazione di parte o di tutto l'intervento a cura e a spese dello sponsor. Nel bando, in caso di sponsorizzazione tecnica, sono indicati gli elementi e i criteri di valutazione delle offerte. Nel bando e negli avvisi è stabilito il termine, non inferiore a sessanta giorni, entro il quale i soggetti interessati possono far pervenire offerte impegnative di sponsorizzazione. Le offerte pervenute sono esaminate direttamente dall'amministrazione aggiudicatrice o, in caso di interventi il cui valore stimato al netto dell'imposta sul valore aggiunto sia superiore a un milione di euro e nei casi di particolare complessità, mediante una commissione giudicatrice. L'amministrazione procede a stilare la graduatoria delle offerte e può indire una successiva fase finalizzata all'acquisizione di ulteriori offerte migliorative, stabilendo il termine ultimo per i rilanci. L'amministrazione procede, quindi, alla stipula del contratto di sponsorizzazione con il soggetto che ha offerto il finanziamento maggiore, in caso di sponsorizzazione pura, o ha proposto l'offerta realizzativa giudicata migliore, in caso di sponsorizzazione tecnica.

2. Nel caso in cui non sia stata presentata nessuna offerta, o nessuna offerta appropriata, ovvero tutte le offerte presentate siano irregolari ovvero inammissibili, in ordine a quanto disposto dal presente codice in relazione ai requisiti degli offerenti e delle offerte, o non siano rispondenti ai requisiti formali della procedura, la stazione appaltante può, nei successivi sei mesi, ricercare di propria iniziativa lo sponsor con cui negoziare il contratto di sponsorizzazione, ferme restando la natura e le condizioni essenziali delle prestazioni richieste nella sollecitazione pubblica. I progetti per i quali non sono pervenute offerte utili, ai sensi del precedente periodo, possono essere nuovamente pubblicati nell'allegato del programma triennale dei lavori dell'anno successivo.

3. Restano fermi i presupposti e i requisiti di compatibilità stabiliti dall'articolo 120 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio, nonché i requisiti di partecipazione di ordine generale dei partecipanti stabiliti nell'articolo 38 del presente codice, nonché, per i soggetti incaricati di tutta o di parte della realizzazione degli interventi, i requisiti di idoneità professionale, di qualificazione per eseguire lavori pubblici, di capacità economica e finanziaria, tecnica e professionale dei fornitori e dei prestatori di servizi, di cui agli articoli 39, 40 41 e 42, oltre ai requisiti speciali e ulteriori di cui all'articolo 201 del presente codice.".

2. In materia di contratti di sponsorizzazione, resta fermo il disposto dell'articolo 2, comma 7, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75.

3. Al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 73, comma 3, alinea, dopo le parole: "In aggiunta alla sanzione pecuniaria," sono inserite le seguenti: "in caso di violazioni commesse, secondo valutazione da parte dell'Autorità, con dolo o colpa grave,";

b) l'articolo 84 è sostituito dal seguente:

"Art. 84 (Criteri di accertamento e di valutazione dei lavori eseguiti all'estero). - 1. Per i lavori eseguiti all'estero da imprese con sede legale in Italia, il richiedente produce alla SOA la certificazione di esecuzione dei lavori, corredata dalla copia del contratto, da ogni documento comprovante i lavori eseguiti e, laddove emesso, dal certificato di collaudo.

2. La certificazione è rilasciata, su richiesta dell'interessato, da un tecnico di fiducia del consolato o del Ministero degli affari esteri, con spese a carico del medesimo interessato; da essa risultano i lavori eseguiti secondo le diverse categorie, il loro ammontare, i tempi di esecuzione, indicazioni utili relative all'incidenza dei subappalti per ciascuna categoria nonché la dichiarazione che i lavori sono stati eseguiti regolarmente e con buon esito. I relativi importi sono inseriti nel certificato con le indicazioni necessarie per la completa individuazione dell'impresa subappaltatrice, del periodo di esecuzione e della categoria dei lavori eseguiti. La certificazione è rilasciata secondo modelli semplificati, individuati dall'Autorità, sentito il Ministero per gli affari esteri per gli aspetti di competenza ed è soggetta, ove necessario, a legalizzazione da parte delle autorità consolari italiane all'estero.

3. Per i soli lavori subappaltati ad imprese italiane, i subappaltatori, ai fini del conseguimento della qualificazione, possono utilizzare il certificato rilasciato all'esecutore italiano ai sensi del comma 2 e, qualora non sia stato richiesto dall'esecutore, il certificato può essere richiesto direttamente dal subappaltatore secondo quanto previsto dal predetto comma.

4. La certificazione è prodotta in lingua italiana ovvero, se in lingua diversa dall'italiano, è corredata da una traduzione certificata conforme in lingua italiana rilasciata dalla rappresentanza diplomatica o consolare ovvero una traduzione in lingua italiana eseguita da un traduttore ufficiale. Il consolato italiano all'estero, una volta conseguita la certificazione, la trasmette alla competente struttura centrale del Ministero degli affari esteri che provvede ad inserirla nel casellario informatico di cui all'articolo 8, con le modalità stabilite dall'Autorità secondo i modelli semplificati sopra citati.

5. Qualora l'interessato abbia ultimato i lavori e non disponga più di propria rappresentanza nel Paese di esecuzione o la rappresentanza non sia in grado di svolgere a pieno le proprie funzioni a causa di palesi difficoltà nel medesimo Paese, può fare riferimento alla struttura competente del Ministero degli affari esteri.".

4. A quanto previsto dall'articolo 6-bis del decreto legislativo n. 163 del 2006, introdotto dal comma 1, lettera a), del presente articolo, le amministrazioni provvedono con le risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

 

L’articolo in esame reca una serie di novelle al D.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici, d’ora in poi Codice) e al relativo Regolamento di attuazione volte a introdurre importanti innovazioni, tra le quali le più rilevanti riguardano l’introduzione della disciplina della Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici, che sarà operativa a decorrere dal 1° gennaio 2013, e delle procedure per la selezione dello sponsor per il finanziamento e la realizzazione degli interventi relativi ai beni culturali, nonché la modifica dei criteri di accertamento e di valutazione dei lavori eseguiti all’estero da parte di imprese italiane. Per la piena operatività delle disposizioni riguardanti la disciplina delle procedure per la selezione dello sponsor si segnala che l’art. 61, comma 1, demanda a un decreto ministeriale l’approvazione di linee guida applicative di tale disciplina da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto. Con riferimento ai lavori eseguiti all’estero, la nuova disciplina volta a introdurre semplificazioni in tale norma è immediatamente applicativa, ma si prevede che la certificazione verrà rilasciata secondo modelli semplificati individuati dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici. Di rilevante importanza, inoltre, anche la norma riguardante il certificato di esecuzione dei lavori del contrante generale il cui modello verrà definito nel Regolamento di attuazione, ma anche in questo caso la norma di cui all’art. 61, comma 1, provvede a disciplinare la fase transitoria.

Comma 1, lett. a) –Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP)

La prima modifica, attraverso l’introduzione dell’art. 6-bis nel D.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici, d’ora in poi Codice), dispone che, a partire dal 1° gennaio 2013, la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo ed economico-finanziario richiesti per la partecipazione alle procedure disciplinate dal Codice avvenga attraverso la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP), istituita presso l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (AVCP) dall’art. 62-bis del D.lgs. n. 82/2005 (Codice dell'amministrazione digitale).

Nella BDNCP dovranno confluire i dati previsti dall'art. 7 del Codice, ovvero tutti i dati che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori sono tenuti a comunicare all'Osservatorio dei contratti pubblici di cui all’art. 7 del citato Codice (comma 1 dell’art. 6-bis).

 

La relazione illustrativa sottolinea come dall’istituzione della BDNCP deriverà una riduzione degli oneri informativi per la partecipazione alle gare di appalto con un conseguente risparmio stimato per le PMI in circa 140 milioni di euro l’anno.

 

Si fa presente che la stessa AVCP, nella segnalazione n. 1 del 2012[131], “Misure per la riduzione dei costi amministrativi negli appalti pubblici”, propone alcune modifiche alla legislazione sui contratti pubblici, tra le quali la necessità di una rapida attivazione della BDNCP quale misura volta a ridurre gli oneri amministrativi ed i costi a carico delle stazioni appaltanti e delle imprese. E’ necessario, rileva l’Autorità, far sì che la BDNCP “diventi il punto di raccordo delle banche dati delle amministrazioni certificanti attraverso un sistema di cooperazione applicativa: l’utilizzo della BDNCP dovrebbe permettere di centralizzare il processo di controllo dei requisiti, consentendo, a regime, una verifica in tempo reale delle informazioni relative al possesso dei requisiti di ordine generale, tecnico ed economico, mediante accesso ad un unico sistema e secondo modalità che consentano di tracciare le verifiche effettuate. Per raggiungere tale scopo, è necessario stabilire ex lege un obbligo, a carico delle amministrazioni e degli enti certificanti, di cooperare con l’Autorità, mettendo a disposizione i dati in proprio possesso attraverso sistemi di cooperazione applicativa”[132]. Il sistema sarebbe, quindi, preordinato al raggiungimento di una effettiva semplificazione del processo di partecipazione, qualificazione e verifica dei requisiti per l’aggiudicazione di appalti pubblici, con rilevanti vantaggi per tutti gli attori del sistema:

- gli operatori economici vedrebbero attenuato il pericolo di incorrere in false dichiarazioni, che purtroppo caratterizzano non poco il sistema, producendo rischi di sospensione dal mercato;

- le stazioni appaltanti sarebbero supportate nella verifica dei requisiti, usufruendo di un unico sistema in cui reperire la documentazione necessaria e garantendo un risparmio di tempi e costi, nonché la certezza dei controlli;

- le amministrazioni certificanti usufruirebbero di un unico interlocutore (AVCP) per la raccolta della documentazione”. 

Viene rilevato che lo sviluppo delle potenzialità della BDNCP, infatti, sia in termini di  riduzione dei costi (sostituzione della documentazione da cartacea a digitale, assenza di costi legati all’autenticazione dei documenti, riduzione del contenzioso, ecc.) che di accelerazione e maggiore trasparenza del processo di gara, rappresenta, per la generalità delle imprese, un valore reale, in quanto consentirebbe di adempiere, una sola volta, agli oneri informativi relativi alla propria qualificazione. Al tempo stesso, divenendo automatico e semplificato, per le stazioni appaltanti, il controllo dei requisiti di partecipazione alle gare delle imprese concorrenti, attraverso l’accesso alla BDNCP, verrebbe salvaguardato l’interesse dell’amministrazione a reperire sul mercato un contraente affidabile, che garantisca la correttezza dell’esecuzione della prestazione. Inoltre, l’accentramento del sistema di controllo presso la BDNCP potrebbe attenuare le criticità attualmente connesse alla problematica delle false dichiarazioni in sede di gara.

 

Si ricorda, infatti, che l’art. 62-bis del citato D.lgs. n. 82/2005, introdotto dall’art. 44 del d.lgs. n. 235/2010, ha previsto l’istituzione, presso l’Autorità, della Banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP) al fine di favorire la riduzione degli oneri amministrativi derivanti dagli obblighi informativi ed assicurare la trasparenza e il controllo in tempo reale dell'azione amministrativa per l'allocazione della spesa pubblica in lavori, servizi e forniture, nonché al fine del rispetto della legalità e del corretto agire della p.a. e di prevenire fenomeni di corruzione. Si ricorda, inoltre, che l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, attraverso l’Osservatorio dei contratti pubblici, provvede alla raccolta e alla elaborazione dei dati informativi concernenti i contratti pubblici e, in particolare, i bandi e gli avvisi di gara, le aggiudicazioni e gli affidamenti, le imprese partecipanti, l'impiego della manodopera e le relative norme di sicurezza, i costi e gli scostamenti rispetto a quelli preventivati, i tempi di esecuzione e le modalità di attuazione degli interventi, i ritardi e le disfunzioni; a tal fine l’Osservatorio ha costituito il sistema SIMOG, che consente alle stazioni appaltanti di richiedere il codice identificativo gara (CIG) necessario alle stazioni appaltanti per adempiere agli obblighi di comunicazione su gare e stati di avanzamento lavori, agli operatori economici per partecipare alle gare di appalti pubblici e, a seguito dell’approvazione della legge n. 136 del 2010 (Piano straordinario contro le mafie), per garantire la tracciabilità dei flussi finanziari nelle procedure relative a lavori, servizi e forniture pubbliche.

 

Viene, quindi, demandato all’AVCP, il compito di stabilire, con propria deliberazione, le modalità per l’acquisizione, l’aggiornamento e la consultazione dei dati contenuti nella BDNCP (comma 2).

Le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori potranno verificare il possesso dei requisiti previsti dal comma 1 unicamente attraverso la BDNCP e, qualora la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di carattere economico-finanziario o tecnico-organizzativo non sia presente nella Banca dati, si applicano le disposizioni già previste dal Codice e dal Regolamento di attuazione di cui al D.P.R. n. 207/2010 in materia di verifica del possesso dei requisiti (comma 3).

 

Si ricorda che, secondo l’art. 48 del Codice relativo ai controlli sul possesso dei requisiti, le stazioni appaltanti verificano il possesso del requisito di qualificazione per eseguire lavori attraverso il Casellario informatico di cui all’art. 7, comma 10, ovvero attraverso il sito del MIT per i contratti affidati a contraente generale. Il casellario informatico è istituito presso l’Osservatorio dei contratti pubblici e le modalità di funzionamento sono disciplinate dal Regolamento di attuazione, D.P.R. n. 207/2010, agli artt. 7 ed 8. In particolare l’art. 8 prevede che il Casellario informatico sia articolato in tre sezioni distinte, contenenti i dati relativi agli operatori economici per l'esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi. I dati aggregati del casellario sono resi pubblici a cura dell'Osservatorio e sono a disposizione delle amministrazioni aggiudicatrici e delle stazioni appaltanti per l'individuazione degli operatori economici nei cui confronti sussistono cause di esclusione dalle procedure di affidamento, nonché delle SOA per lo svolgimento dell'attività di attestazione e di verifica e controllo.

Nella citata segnalazione n. 1/2012 dell’AVCP si sottolinea come l’implementazione della BDNCP consentirebbe anche “di risolvere a monte i problemi interpretativi sorti con l’introduzione, da parte della legge n. 180/2011 sullo Statuto delle imprese, di un regime semplificato - ed in parte derogatorio - del sistema attualmente previsto dall’art. 48 del Codice in tema di controlli sui requisiti di partecipazione alle gare di appalto, nei confronti delle MPMI (Micro-Piccole e Medie Imprese). Il quadro normativo, nel condivisibile intento di non gravare le MPMI di oneri sproporzionati legati alla partecipazione alle gare, si è evoluto nel senso di abbassare il livello di controllo pubblico sul possesso dei requisiti da parte di tali imprese, stabilendo di richiedere la documentazione probatoria solo all'impresa aggiudicataria. L’obiettivo della riduzione degli oneri a carico del sistema imprenditoriale, tuttavia, potrebbe essere ugualmente raggiunto preservando, al contempo, un elevato livello di garanzie sull’affidabilità dell’impresa, proprio mediante l’utilizzo della BDNCP”.

Infine, anche nel corso di alcune audizioni svoltesi presso la 10ª Commissione del Senato (Industria, commercio, turismo)[133] durante l’iter di conversione del decreto legge n. 1/2012, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, l’AVCP ha sottolineato come la previsione della BDNCP presso l’Autorità rappresenti un importante potenziamento degli strumenti di conoscenza e di controllo sui mercati, contribuendo ad una consistente riduzione dei costi amministrativi per le imprese e per le amministrazioni e ad un miglior assetto della finanza pubblica.

 

Il comma 4 prevede, pertanto, che i soggetti pubblici e privati che detengono i dati e la documentazione relativi ai suddetti requisiti siano tenuti a metterli a disposizione dell’AVCP entro i termini e secondo le modalità che dovranno essere stabilite dalla stessa AVCP. Con le stesse modalità gli operatori economici sono tenuti altresì ad aggiornare, in caso di variazioni, i dati trasmessi ai sensi del comma 1 alla BDNCP.

 

Il comma 5 reca una norma transitoria che prevede che, fino al 1° gennaio 2013, le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori verificano il possesso dei requisiti secondo le modalità previste dalla normativa vigente.

 

Il comma 6 prevede che ai dati scambiati a fini istituzionali con la banca dati unitaria delle amministrazioni pubbliche istituita dall’art. 13 della legge n. 196/2009, non si applichi l’art. 6, comma 10, del Codice.

Si ricorda che l’art. 6, comma 10, del Codice prevede che tutte le notizie, le informazioni o i dati riguardanti gli operatori economici oggetto di istruttoria da parte dell'AVCP sono tutelati, sino alla conclusione dell'istruttoria medesima, dal segreto di ufficio anche nei riguardi delle pubbliche amministrazioni. I funzionari dell'AVCP, nell'esercizio delle loro funzioni, sono pubblici ufficiali. Essi sono vincolati dal segreto d'ufficio. Si rammenta, inoltre, che con l’art. 13 della legge n. 196/2009 è stata istituita la Banca dati delle amministrazioni pubbliche, al fine di assicurare un efficace controllo e monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica, nonché per dare attuazione e stabilità al federalismo fiscale. Essa è istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) e le amministrazioni pubbliche provvedono ad inserire in tale banca dati unitaria i dati concernenti i bilanci di previsione, le relative variazioni, i conti consuntivi, quelli relativi alle operazioni gestionali, nonché tutte le informazioni necessarie all'attuazione della stessa legge.

Comma 1, lett. b) - I contratti di sponsorizzazione

La lettera in commento reca modificazioni all’art. 26 del Codice, che riguarda i contratti di sponsorizzazione.

In particolare, la novella al comma 1 specifica che ai contratti di sponsorizzazione e ai contratti a questi assimilabili si applicano i principi del Trattato UE per la scelta dello sponsor, nonché le disposizioni in materia di requisiti di qualificazione dei progettisti e degli esecutori del contratto, quando i lavori, i servizi e le forniture sono acquisiti e realizzati a cura e a spese dello sponsor per importi superiori a quarantamila euro.

Il nuovo comma 2-bis dell’art. 26 precisa che ai contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi e forniture aventi ad oggetto beni culturali vengono applicate anche le nuove norme di cui all’art. 199-bis, introdotto dalla lett. h) del comma 1 del presente articolo che riguarda la disciplina delle procedure per la selezione dello sponsor.

 

Si fa presente che nel Codice dei contratti pubblici il contratto di sponsorizzazione rientra tra i contratti esclusi in tutto o in parte dall’applicazione dello stesso Codice. Esso è disciplinato all’art. 26 ove ha ad oggetto lavori, servizi o interventi di restauro e manutenzione di beni sottoposti a tutela ai sensi del d.lgs. 42/2004. Per approfondimenti su tale tipologia di contratto si rinvia a quanto riportato più avanti con riguardo al nuovo art. 199-bis.

Comma 1, lett. c) - I contratti di finanziamento

Con la novella al comma 1 dell’art. 27 del Codice si prevede che l’affidamento dei contratti di finanziamento stipulati dai concessionari di lavori pubblici che sono amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori avvenga nel rispetto dei principi elencati nello stesso articolo 27 per i contratti esclusi. Si specifica che tale affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti (Si osserva che l’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 27 già prevede che l’affidamento debba essere preceduto da un invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto, pertanto si potrebbe riformulare la novella in esame inserendola dopo il primo periodo del comma 1 e sopprimendo il riferimento all’invito ai cinque correnti, al fine di evitare ripetizioni).

 

La relazione tecnica precisa che tale modifica è volta a semplificare i contratti di finanziamento connessi ad operazioni di partenariato pubblico privato che rientrano tra quelli esclusi dall’applicazione del Codice e dunque per l’affidamento è sufficiente il rispetto dei principi generali e l’esperimento di una gara informale tra almeno cinque soggetti. La relazione precisa, inoltre, che la norma non comporta maggiori oneri a carico della finanza pubblica in quanto il meccanismo concorrenziale previsto garantisce all’amministrazione aggiudicatrice di ottenere risparmi di spesa attraverso il confronto tra più offerenti.

 

Si ricorda che i contratti esclusi in tutto o in parte dall’applicazione del Codice, devono comunque rispettare, ai sensi dell’art. art. 27 dello stesso Codice una serie di principi che sono: i principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. L’affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto. Inoltre si applicano anche i principi indicati nell’art. 2, commi 2, 3 e 4 del Codice (il principio di economicità subordinato a criteri ispirati a esigenze socio-ambientali; il rispetto delle disposizioni sul procedimento amministrativo di cui alla legge n. 241/1990 e delle norme del Codice civile). Infine, lo stesso art. 27 dispone che le amministrazioni aggiudicatrici possono stabilire se è ammesso o meno il subappalto e le relative condizioni di ammissibilità.

Comma 1, lett. d)- Le sanzioni per falsa dichiarazione o documentazione

La modifica all’art. 38, comma 1-ter prevede che la durata dell’iscrizione nel Casellario informatico ai fini dell’esclusione dalla partecipazione alle gare e agli affidamenti di subappalto, nei casi di falsa dichiarazione o falsa documentazione in merito ai requisiti per la partecipazione alle gare, possa essere anche di durata inferiore all’anno. Sarà quindi l’AVCP sempre a decidere, caso per caso, ma con la nuova formulazione l’esclusione dalle gare potrà essere anche inferiore ad un anno, anziché per un periodo di un anno come previsto nel testo previgente.

Tale modifica recepisce quanto segnalato sul punto dall’AVCP nella segnalazione n. 1 del 2012[134] che giudica le previsioni del novellato comma 1-ter dell’art. 38, novellato dal n. 3) della lett. b) del comma 2 dell’art. 4 del decreto legge n. 70/2011, non proporzionali all’intrinseca gravità del fatto e, pertanto, non consentono di effettuare una differenziazione tra comportamenti oggettivamente diversi. L’AVCP ritiene, quindi, opportuno modificare il comma 1-ter dell’art. 38 del Codice, nel senso di attribuire all’Autorità, analogamente a quanto previsto all’art. 48 in sede di verifica dei requisiti speciali, il potere di graduare la sanzione dell’esclusione del concorrente dalle gare pubbliche da un minimo di un mese ad un massimo di un anno. L’AVCP precisa, inoltre, che l’attuale misura punitiva di un anno di sospensione non raggiunge, tra l’altro, neanche il risultato della maggior tutela indiretta dei diritti dei lavoratori e delle imprese “sane”, ma, al contrario, rischia di causare la definitiva chiusura di realtà imprenditoriali medio-piccole e la svendita del complesso aziendale. La disposizione risulta, quindi, incoerente poiché, da un lato, conferisce all’Autorità il potere di utilizzare determinati parametri, escludendo la comminazione automatica della sanzione, e, dall’altro, non consente l’applicazione di una misura in termini proporzionali rispetto alla gravità del comportamento illecito riscontrato.

 

Si ricorda, infatti che il citato comma 1-ter dell’art. 38 - recentemente introdotto dal n. 3) della lett. b) del comma 2 dell’art. 4 del decreto legge n. 70/2011 - riguarda la causa di esclusione per falsa dichiarazione o falsa documentazione in merito a requisiti rilevanti per la partecipazione alle gare e per l’affidamento dei subappalti. In tali casi è previsto che le false dichiarazioni o le false documentazioni, per comportare l’esclusione, siano imputabili a dolo o colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti. Qualora l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (AVCP) ne rilevi la sussistenza, ordina l’iscrizione nel Casellario informatico (istituito dall’art. 7, comma 10, del Codice). Tale iscrizione, che ha validità annuale, costituisce causa ostativa alla partecipazione alle gare e agli affidamenti di subappalto.

Comma 1, lett. e) e f) - Coordinamento formale con le nuove disposizioni riguardanti la BDNCP

Le modifiche agli artt. 42 e 48 del Codice sono di mero coordinamento formale e conseguenti all’introduzione del nuovo articolo 6-bis sulla BDNCP.

Comma 1, lett. g) - Il certificato di esecuzione lavori del contraente generale

La modifica al comma 3, nono periodo, dell’art. 189 concernente la disciplina dei requisiti di ordine speciale, mira a semplificare i certificati dei lavori ai fini della dimostrazione della adeguata idoneità tecnica e organizzativa, che dovranno essere redatti, non più in conformità al modello di cui all'allegato XXII del Codice, ma secondo i modelli che dovranno essere definiti dal Regolamento di attuazione.

 

La relazione tecnica motiva tale modifica con la necessità di semplificare e coordinare le disposizioni contenute attualmente nell’allegato XXII al Codice, intendendo disciplinare per intero la materia nel regolamento attuativo del Codice, al fine di eliminare le sovrapposizioni oggi esistenti tra norme di rango primario e norme regolamentari.

 

Si valuti l’opportunità di coordinare la disposizione in esame con la normativa vigente, atteso che l’art. 100, comma 1, lettera c.2), del regolamento di cui al D.P.R. n. 207/2010 - relativo alla documentazione che deve presentare il contraente generale per comprovare il possesso dei requisiti di qualificazione di ordine speciale - reca un rinvio espresso ai certificati lavori di cui all'allegato XXII al Codice.

 

Per quanto riguarda la disciplina transitoria conseguente all’attuazione di tale disposizione, si rinvia alla scheda riguardante l’art. 61, comma 2, del decreto legge.

Comma 1, lett. h) - La disciplina delle procedure per la selezione di sponsor

L’ultima modifica del comma 1 introduce, con un nuovo art. 199-bis al Codice dei contratti pubblici, la disciplina delle procedure per la selezione di sponsor per interventi relativi ai beni culturali.

 

Pertanto, il comma 1 del nuovo art. 199-bis, al fine di assicurare il rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità previsti dall’art. 27 del Codice per i contratti esclusi in tutto o in parte dall’applicazione del Codice – tra cui rientra anche il contratto di sponsorizzazione - le amministrazioni aggiudicatrici competenti per la realizzazione degli interventi relativi ai beni culturali integrano il programma triennale relativo alla programmazione dei lavori pubblici previsto dall’art. 128 del Codice con un apposito allegato che indica i lavori, i servizi e le forniture per i quali intendono far ricorso ad uno sponsor per il finanziamento o per la realizzazione degli stessi interventi. A tal fine devono predisporre i relativi studi di fattibilità, anche in forma semplificata o i progetti preliminari. Nell’allegato possono essere inseriti anche gli interventi per i quali siano pervenute dichiarazioni spontanee di interesse alla sponsorizzazione.

Il procedimento per la ricerca dello sponsor inizia con la pubblicazione del bando sul sito istituzionale dell’amministrazione procedente per almeno 30 giorni e di tale pubblicazione viene anche dato avviso su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e sulla G.U. della Repubblica italiana, nonché, per contratti di importo superiore alle soglie di cui all’art. 28, anche sulla G.U. dell’Unione europea.

Sono soggetti ad obblighi di pubblicazione sopranazionale, ai sensi dell’art. 66, i contratti pubblici di rilevanza comunitaria, cd. appalti sopra soglia,come indicati nell’art. 28, ovvero gli appalti di lavori pubblici o concessioni pari o superiori a 5.278.000 euro euro, a 137.000 euro per appalti di forniture e servizi pubblici e a 211.000 euro per i contratti stipulati dagli altri soggetti tenuti all’osservanza delle direttive comunitarie.

In merito alla necessità di dare ampia pubblicità al ricorso a tale tipo di contratto si è pronunciata anche l’AGCM con l’atto di segnalazione AS907 del 2011[135] nella quale ha formulato una serie di osservazioni in merito alla procedura seguita per la stipula dell’accordo di sponsorizzazione per i lavori di restauro dell’Anfiteatro Flavio (anche noto come “Colosseo”). L’Autorità ha rilevato alcuni aspetti anticoncorrenziali derivanti sia dalle modalità che dalla tempistica nella selezione del contraente. Tra essi l’Autorità ha sottolineato come l’ampiezza applicativa a cui un simile contratto può andare incontro richiede che l’amministrazione appaltante dia la più ampia pubblicità alla possibilità di fare ricorso a tale rapporto, anche al fine di non vanificare il richiamo ai principi comunitari di trasparenza, par condicio e tutela della concorrenza previsto  dall’art. 26 del Codice. Non pare rispondere a tale criterio il ricorso - all’indomani della gara – ad una procedura negoziata, condotta interpellando un numero di soggetti estremamente limitato, senza aver dato adeguata pubblicità alla possibilità di fare ricorso alla mera sponsorizzazione finanziaria. Ulteriori rilievi sono stati infine mossi per quanto riguarda i tempi ristretti entro cui si è svolta la trattativa privata con i soggetti interessati.

Si segnala, infine, che l’AVCP, con deliberazione n. 9 dell’8 febbraio 2012[136], avente anch’essa ad oggetto la procedura di sponsorizzazione riguardante l’Anfiteatro Flavio, ha ritenuto conforme ai principi di legalità e trasparenza la procedura seguita. Ha ritenuto, infatti, che: i contratti di sponsorizzazione tecnica di cui all’art. 26 del D.Lgs. n. 163/2006, sono sottoposti agli obblighi di pubblicità e trasparenza enunciati nel successivo art. 27; i contratti di sponsorizzazione di puro finanziamento, in quanto contratti attivi, sono sottratti alla disciplina del D.Lgs. n. 163/2006 e sottoposti alle norme di contabilità di Stato, le quali richiedono l’esperimento di procedure trasparenti; la mutata volontà della stazione appaltante di concludere un contratto di sponsorizzazione di puro finanziamento in luogo del contratto di sponsorizzazione tecnica ex art. 26 del Codice, nei termini indicati, giustifica il ricorso ad una procedura negoziata con gli operatori interessati alla precedente procedura ad evidenza pubblica e non appare in contrasto con i principi di legalità, buon andamento e trasparenza dell’azione amministrativa.

 

L’avviso dovrà contenere: una generica descrizione di ciascun intervento con l’indicazione del valore di massima; i tempi di realizzazione; la richiesta di offerte in aumento sull’importo del finanziamento minimo indicato.

 

In relazione alla formulazione appare opportuno chiarire il riferimento al termine “valore di massima”, intendendosi presumibilmente l’importo di massima stimato per ciascuno intervento.

 

L’avviso dovrà altresì precisare la forma di sponsorizzazione, ossia se le amministrazioni aggiudicatrici intendano ricorrere:

§         ad una sponsorizzazione di puro finanziamento, anche mediante accollo, da parte dello sponsor, delle obbligazioni di pagamento dei corrispettivi dell’appalto dovuti dall’amministrazione stessa;

§         oppure ad una sponsorizzazione tecnica consistente in una forma di partenariato estesa alla progettazione e alla realizzazione di parte o di tutto l’intervento a cura e a spese dello sponsor.

 

Come viene evidenziato anche nella relazione tecnica, viene introdotta la distinzione tra la sponsorizzazione “pura”, che riguarda solo l’apporto di finanziamento da parte dello sponsor mentre l’onere della realizzazione delle opere rimane in capo all’amministrazione aggiudicatrice, e la sponsorizzazione “tecnica” estesa alla progettazione e alla realizzazione di parte o di tutto l’intervento a cura e a spese dello sponsor.

 

Qualora si tratti di sponsorizzazione tecnica, il bando dovrà indicare anche gli elementi ed i criteri in base ai quali verranno valutate le offerte.

 

Nel bando e negli avvisi dovrà comunque essere stabilito il termine, non inferiore a 60 giorni, entro il quale i soggetti interessati possono presentare le offerte impegnative (con riferimento a tale termine, appare opportuno un chiarimento per una migliore comprensione della portata della norma) di sponsorizzazione.

Sulla necessità di definire il più possibile le prestazioni derivanti dal contratto di sponsorizzazione e di dare al contempo ampia pubblicizzazione alla possibilità di fare ricorso a tale tipologia contrattuale si è espressa anche l’AGCM nell’atto di segnalazione AS439 del 2008[137]. A fronte dell’ampiezza applicativa a cui un simile rapporto contrattuale può andare incontro e considerando il riferimento di cui all’art. 26 del Codice circa il rispetto dei principi del Trattato CE, nonché della rigorosa considerazione dei requisiti di qualificazione dei soggetti interessati, l’Autorità raccomanda alle competenti amministrazioni di adottare la maggior cura: 1) nella rigorosa definizione di prestazioni e controprestazioni del rapporto derivante dal contratto di sponsorizzazione tramite l’adozione di atti contrattuali in forma scritta, comprensivi della determinazione del valore dei beni e/o servizi interessati, della durata del rapporto sponsoristico e di tutte le fasi operative necessarie all’esecuzione del contratto, oltre all’indicazione di un soggetto responsabile della realizzazione e supervisione del relativo procedimento amministrativo; 2) nella pubblicizzazione della possibilità di fare ricorso a tale rapporto con la P.a., della concreta stipula di un contratto e dei suoi relativi termini operativi attraverso la pubblicazione di avvisi di sponsorizzazione nella maniera più ampia e diffusa al fine di porre ogni soggetto interessato nelle condizioni di prendere piena conoscenza delle eventuali esigenze di sponsorizzazione espresse dalle amministrazioni competenti; 3) nell’evitare ogni possibile distorsione della concorrenza derivante dal ricorso a tale tipologia contrattuale, che di fatto può anche determinare un’eliminazione del confronto concorrenziale con altri operatori, motivando specificamente l’opportunità di ricorrere a tale forma contrattuale, quantomeno nei casi in cui risultino interessate opere e/o servizi di entità economica non trascurabile.

 

Le offerte pervenute saranno, quindi, esaminate direttamente dall’amministrazione aggiudicatrice oppure, da una commissione giudicatrice per interventi il cui valore stimato - al netto dell’IVA - sia superiore a un milione di euro e per casi di particolare complessità.

 

Analogamente a quanto disposto dall’art. 84 del Codice in merito all’istituzione di un’apposita Commissione giudicatrice nel caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, si potrebbe valutare l’opportunità di precisare le modalità di nomina e la composizione della prevista Commissione. Si fa presente, inoltre, che il comma 10 del citato art. 84 precisa anche che la nomina dei commissari e la costituzione della commissione devono avvenire dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte.

 

L’amministrazione procede a stilare la graduatoria delle offerte e può indire una successiva fase finalizzata all’acquisizione di ulteriori offerte migliorative, stabilendo il termine ultimo per i rilanci.

 

Si perviene quindi alla stipula, da parte dell’amministrazione, del contratto di sponsorizzazione:

§         con il soggetto che ha offerto il finanziamento maggiore se si tratta di sponsorizzazione di puro finanziamento;

§         con colui che ha proposto l’offerta realizzativa giudicata migliore nel caso di sponsorizzazione tecnica.

 

Il comma 2 dell’art. 199-bis disciplina i casi in cui non venga presentata nessuna offerta o nessuna offerta venga giudicata appropriata, oppure le offerte presentate risultino irregolari o inammissibili in relazione ai requisiti degli offerenti e delle offerte o non siano rispondenti ai requisiti formali della procedura.

Solo in tali casi la stazione appaltante può, nei successivi sei mesi, ricercare di propria iniziativa lo sponsor con cui negoziare il contratto di sponsorizzazione, ferme restando la natura e le condizioni essenziali delle prestazioni richieste nella sollecitazione pubblica. Tale ultimo inciso è stato modificato durante l’esame in sede referente con il seguente “restando immutate la natura e le condizioni delle prestazioni” richieste nella sollecitazione pubblica. L’espunzione del termine “essenziale” relativo alle prestazioni richieste comporta che la stazione appaltante faccia riferimento, nella negoziazione del contratto con il nuovo sponsor, a tutte le prestazioni originariamente previste e non solo a quelle essenziali.

 

Dal punto di vista della formulazione, si valuti l’opportunità di sostituire il termine “sollecitazione pubblica” con il riferimento ai bandi ed agli avvisi per una maggiore conformità con la terminologia utilizzata nel Codice dei contratti pubblici.

 

L’ultimo periodo del comma 2 contempla, infine, la possibilità, per i progetti per i quali non siano pervenute offerte utili ai sensi del precedente periodo, di essere nuovamente pubblicati nell’allegato del programma triennale dei lavori dell’anno successivo.

 

Il comma 3 dell’art. 199-bis prevede, infine, che, restano fermi i presupposti e i requisiti di compatibilità stabiliti dall’art. 120 del D.Lgs. n. 42/2004 (cd. Codice dei beni culturali), nonché i requisiti di ordine generale previsti per i partecipanti alle procedure di affidamento dall’art. 38 del Codice dei contratti pubblici, nonché, per i soggetti incaricati di tutta o di parte della realizzazione degli interventi, i requisiti di idoneità professionale, di qualificazione per eseguire lavori pubblici, di capacità economica e finanziaria, tecnica e professionale dei fornitori e dei prestatori di servizi previsti dagli artt. 39, 40, 41 e 42, oltre ai requisiti speciali e ulteriori di cui all’art. 201 dello stesso Codice dei contratti pubblici.

Si segnala, infine, che l’articolo 61 , comma 1, del decreto-legge demanda a un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali l’emanazione di norme tecniche e linee guida applicative delle disposizioni contenute nell’art. 199-bis nonché di quelle contenute nell’art. 120 del d.lgs. 42/2004.

 

L’art. 120 del D.Lgs. n. 42/004 (Codice dei beni culturali) definisce la sponsorizzazione di beni culturali come ogni contributo, anche in beni o servizi, erogato per la progettazione o l'attuazione di iniziative in ordine alla tutela ovvero alla valorizzazione del patrimonio culturale, con lo scopo di promuovere il nome, il marchio, l’immagine, l’attività o il prodotto dell’attività del soggetto erogante. La norma stabilisce, altresì, che possono essere oggetto di sponsorizzazione iniziative del Ministero, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali nonché di altri soggetti pubblici o di persone giuridiche private senza fine di lucro, ovvero iniziative di soggetti privati su beni culturali di loro proprietà. La verifica della compatibilità di dette iniziative con le esigenze di tutela è effettuata dal MIBAC (comma 1). La promozione di cui al comma 1 avviene attraverso l'associazione del nome, del marchio, dell'immagine, dell'attività o del prodotto all'iniziativa oggetto del contributo, in forme compatibili con il carattere artistico o storico, l'aspetto e il decoro del bene culturale da tutelare o valorizzare, da stabilirsi con il contratto di sponsorizzazione (comma 2). Da ultimo il comma 3 prevede che con il contratto di sponsorizzazione vengono altresì definite le modalità di erogazione del contributo nonché le forme del controllo, da parte del soggetto erogante, sulla realizzazione dell'iniziativa cui il contributo si riferisce.

Si ricorda, inoltre, che gli artt. 38-42 del Codice dei contratti pubblici recano i requisiti di ordine generale, nonché tecnico-organizzativi ed economico-finanziari, richiesti agli esecutori di lavori pubblici e ai fornitori e prestatori di servizi, mentre l’art. 201 del Codice rinvia, per gli specifici requisiti di qualificazione previsti per i soggetti esecutori dei lavori sui beni culturali al regolamento approvato con DPR 207/2010, ove le norme sono contenute nell’art. 248.

Il possesso dei requisiti viene, tra l’altro anche auspicato dall’AVCP nella determinazione n. 24 del 2001 (vedi infra) qualora la sponsorizzazione riguardi anche la realizzazione dell'opera da parte dello sponsor. L’Autorità sottolinea, inoltre, anche  la necessità di un’efficace attività di sorveglianza da parte della P.A.

 

 

 

 

Occorre ricordare che il contratto di sponsorizzazione è stato ufficialmente introdotto nella P.a. dall’art. 43 della legge n. 449/1997 che, coordinato con l'art. 119 del d.lgs. n. 267/2000 sugli enti locali, ha disposto espressamente che le P.a. hanno la facoltà di stipulare tali tipi di contratto. Dal punto di vista privatistico la sponsorizzazione è, comunque, un contratto atipico (art. 1322 del Codice civile), a forma libera (art. 1350), di natura patrimoniale (art. 1174) , a prestazioni corrispettive (sinallagmatico).

Nel D.Lgs. n. 163/2006, il contratto di sponsorizzazione rientra tra i contratti esclusi in tutto o in parte dall’applicazione dello stesso Codice: esso è disciplinato all’art. 26 ove ha ad oggetto lavori, servizi o interventi di restauro e manutenzione di beni sottoposti a tutela ai sensi del d.lgs. 42/2004 e non è soggetto alla normativa sugli appalti pubblici, ma unicamente al rispetto dei principi del Trattato per la scelta dello sponsor, nonché alle disposizioni in materia di requisiti di qualificazione dei progettisti e degli esecutori del contratto. Lo stesso articolo dispone che l’amministrazione aggiudicatrice avrà comunque l’obbligo di impartire le opportune prescrizioni relative alla progettazione, nonché alla direzione ed esecuzione del contratto. Si rammenta che in tale articolo sono confluite le disposizioni sui contratti di sponsorizzazione disseminate nelle disposizioni legislative citate in precedenza, nonché le indicazioni fornite su tali tipi di contratti dall’AVCP nella determinazione n. 24 del 2001 (vedi infra). Il successivo art. 27 riporta quindi i principi che devono comunque rispettare i contratti esclusi (tra i quali rientrano quelli di sponsorizzazione) in tutto o in parte dall’applicazione del Codice: i principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. L’affidamento deve essere preceduto da un invito ad almeno 5 concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto. Inoltre si applicano anche i principi indicati nell’art. 2, commi 2, 3 e 4 del Codice (principio di economicità subordinato a criteri ispirati a esigenze socio-ambientali; il rispetto delle disposizioni sul procedimento amministrativo di cui alla legge 241/1990 e delle norme del Codice civile). Infine, lo stesso art. 27 dispone che le amministrazioni aggiudicatrici possono stabilire se è ammesso o meno il subappalto, e le relative condizioni di ammissibilità.

Considerando, nello specifico, l'ipotesi dell'utilizzo da parte delle P.a. e degli enti locali del contratto di sponsorizzazione con riferimento alla normativa dei lavori pubblici si rammenta la citata determinazione dell'AVCP n. 24/2001[138] sulla possibilità di applicare il contratto di sponsorizzazione alla realizzazione delle opere pubbliche. Secondo l'AVCP la sponsorizzazione non può rientrare nella disciplina dei lavori pubblici poiché il contratto di sponsorizzazione non è direttamente riferibile alla realizzazione di opere pubbliche: la sponsorizzazione non comporta infatti oneri economici per la P.a. ma piuttosto, come si argomenta dal diritto positivo, consente un risparmio di spesa. Da ciò al contratto di sponsorizzazione non sono applicabili le normative per gli appalti pubblici ma, in ogni caso, è necessaria l'applicazione di regole che possano garantire in relazione alla scelta del contraente sponsor, la trasparenza, l'efficacia e l'efficienza amministrativa. Viene, altresì precisato che, nel caso in cui la sponsorizzazione riguardi anche la realizzazione dell'opera da parte dello sponsor, lo stesso è tenuto ad interpellare ditte esecutrici, così come anche i progettisti, che devono essere qualificate, nonché ad esercitare un’attività di sorveglianza sull’attività dello sponsor.

Comma 2 – I contratti di sponsorizzazione per l’area archeologica di Pompei

Il comma 2 dell’articolo in esame dispone che resta, inoltre, fermo quanto previsto dall’art. 2, comma 7, del decreto legge n. 34/2011, in materia di contratti di sponsorizzazione per l’area archeologica di Pompei.

 

L’art. 2, comma 7, del decreto legge n. 34/2011 ha, infatti, introdotto alcune norme relative ai contratti di sponsorizzazione al fine di favorire l'apporto di risorse provenienti da soggetti privati per l'esecuzione di lavori, servizi e forniture nell’area archeologica di Pompei. Si è precisato che i contratti di sponsorizzazione dovranno essere stipulati nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità previsti dagli artt. 26 e 27 del Codice dei contratti pubblici per tali tipologie di contratti. Tali obblighi si considerano assolti con la pubblicazione di un avviso pubblico contenente l’elenco degli interventi da realizzare, con l'importo di massima stimato per ciascuno intervento:

§         nella G. U. della Repubblica italiana e, ove occorrente, nella G.U. dell'Unione europea;

§         su due quotidiani a diffusione nazionale per almeno trenta giorni.

In caso di presentazione di una pluralità di proposte di sponsorizzazione, la Soprintendenza potrà:

§         assegnare a ciascun candidato gli specifici interventi definendo le modalità di valorizzazione del marchio o dell’immagine aziendale dello sponsor secondo quanto previsto dall’art. 120 del Codice dei beni culturali di cui al D.lgs. n. 42/2004;

§         ricercare ulteriori sponsor, senza altre formalità e anche mediante trattativa privata qualora, invece, le candidature risultino insufficienti o non ne venga presentata alcuna.

Comma 3, lett. a) - Le sanzioni nei confronti delle SOA

Con una novella all’art. 73 del Regolamento di attuazione del Codice, approvato con D.P.R. n. 207/2010, viene introdotta una modifica alle disposizioni in materia di sanzioni nei confronti delle SOA, prevedendo che la sanzione della sospensione dell’autorizzazione all'esercizio dell'attività di attestazione, aggiuntiva a quella pecuniaria, sia prevista unicamente per violazioni commesse, secondo valutazione da parte dell’Autorità, con dolo o colpa grave.

Comma 3, lett. b) - I criteri di valutazione per lavori eseguiti all’estero

Attraverso la sostituzione dell’art. 84 del Regolamento di attuazione del Codice, D.P.R. n. 207/2010, viene rivisitata in termini semplificatori la disciplina relativa alla qualificazione delle imprese che hanno eseguito lavori all’estero, ma con sede legale in Italia, come si evince dal seguente testo a fronte.

La relazione tecnica precisa che con tali modifiche “si superano anche le criticità verificatesi in relazione al rilascio della certificazione in Paesi nei quali, a causa di particolari gravi crisi politico-istituzionali, l’impresa non disponga più di propria rappresentanza prevedendo che, in tali situazioni, si possa fare riferimento alla struttura competente del Ministero degli affari esteri”.

 

 

 

Testo previgente dell’art. 84 - Criteri di accertamento e di valutazione dei lavori eseguiti all'estero

Art. 84 come sostituito dall’art. 20, co. 3, lett. b), del D.L. in esame

1. Per i lavori eseguiti all'estero da imprese con sede legale in Italia, il richiedente produce alla SOA la certificazione di esecuzione dei lavori, corredata dalla copia del contratto, da ogni documento comprovante i lavori eseguiti e, laddove emesso, dal certificato di collaudo.

1. Per i lavori eseguiti all’estero da imprese con sede legale in Italia, il richiedente produce alla SOA la certificazione di esecuzione dei lavori, corredata dalla copia del contratto, da ogni documento comprovante i lavori eseguiti e, laddove emesso, dal certificato di collaudo.

2. Nel caso di lavori eseguiti su committenza pubblica, la certificazione è acquisita dall'interessato direttamente presso il committente; nel caso di lavori eseguiti su committenza privata, per i quali nel Paese di esecuzione degli stessi è prevista una certificazione da parte di organismi pubblici, la certificazione è acquisita dall'interessato direttamente presso l'organismo pubblico. In entrambi i casi l'interessato richiede la relativa legalizzazione, salvo il diverso regime previsto da convenzioni internazionali che sopprimono la legalizzazione, quando lo Stato estero vi ha aderito. La legalizzazione è rilasciata dalle autorità consolari italiane all'estero.

 

Nel caso di lavori eseguiti su committenza privata, per i quali nel Paese di esecuzione degli stessi non è prevista una certificazione da parte di organismi pubblici, la certificazione è rilasciata da un tecnico di fiducia del consolato, con spese a carico dell'impresa, dalla quale risultano i lavori eseguiti, il loro ammontare, i tempi di esecuzione nonché la dichiarazione che i lavori sono stati eseguiti regolarmente e con buon esito.

2. La certificazione è rilasciata, su richiesta dell’interessato, da un tecnico di fiducia del consolato o del Ministero degli affari esteri, con spese a carico del medesimo interessato, dalla quale risultano i lavori eseguiti secondo le diverse categorie, il loro ammontare, i tempi di esecuzione, indicazioni utili relative all’incidenza dei subappalti per ciascuna categoria nonché la dichiarazione che i lavori sono stati eseguiti regolarmente e con buon esito. I relativi importi sono inseriti nel certificato con le indicazioni necessarie per la completa individuazione dell’impresa subappaltatrice, del periodo di esecuzione e della categoria dei lavori eseguiti. La certificazione è rilasciata secondo modelli semplificati, individuati dall’Autorità, sentito il Ministero per gli affari esteri per gli aspetti di competenza ed è soggetta, ove necessario, a legalizzazione da parte delle autorità consolari italiane all’estero.

 

3. Per i soli lavori subappaltati ad imprese italiane, i subappaltatori, ai fini del conseguimento della qualificazione, possono utilizzare il certificato rilasciato all’esecutore italiano ai sensi del comma 2 e, qualora non sia stato richiesto dall’esecutore, il certificato può essere richiesto direttamente dal subappaltatore secondo quanto previsto dal predetto comma.

3. Alla certificazione legalizzata dalla autorità consolare o non legalizzata, nei casi individuati al comma 2, ed a quella proveniente da un tecnico di fiducia del consolato italiano è allegata una traduzione certificata conforme in lingua italiana rilasciata dalla rappresentanza diplomatica o consolare ovvero una traduzione in lingua italiana eseguita da un traduttore ufficiale; in tutti i casi, il consolato italiano all'estero, una volta conseguita la certificazione in uno dei modi indicati al comma 2, la trasmette alla competente struttura centrale del Ministero degli affari esteri che provvede ad inserirla nel casellario informatico di cui all'articolo 8, secondo le modalità stabilite dall'Autorità.

 

 

 

4. La certificazione è prodotta in lingua italiana ovvero, se in lingua diversa dall’italiano, è corredata da una traduzione certificata conforme in lingua italiana rilasciata dalla rappresentanza diplomatica o consolare ovvero una traduzione in lingua italiana eseguita da un traduttore ufficiale. Il consolato italiano all’estero, una volta conseguita la certificazione, la trasmette alla competente struttura centrale del Ministero degli affari esteri che provvede ad inserirla nel casellario informatico di cui all’articolo 8, con le modalità stabilite dall’Autorità secondo i modelli semplificati sopra citati.

 

5. Qualora l’interessato abbia ultimato i lavori e non disponga più di propria rappresentanza nel paese di esecuzione o la rappresentanza non sia in grado di svolgere a pieno le proprie funzioni a causa di palesi difficoltà nel medesimo paese, può fare riferimento alla struttura competente del Ministero degli affari esteri.

 

Pertanto, rispetto alla precedente procedura, la legalizzazione rilasciata dalle autorità consolari italiane all’estero sembra circoscritta unicamente ai casi ove venga ritenuto necessario (ultimo periodo del comma 2), mentre ordinariamente si fa ricorso ad una certificazione rilasciata, su richiesta e a spese dell’interessato, da un tecnico di fiducia del consolato o del Ministero degli affari esteri, precedentemente contemplata solo per lavori eseguiti su committenza privata per i quali nel Paese di esecuzione degli stessi non era prevista una certificazione da parte di organismi pubblici.

Si ricorda che ai sensi dell’art. 33 del T.U. n. 445/2000 (in materia di documentazione amministrativa) le firme sugli atti e documenti formati nello Stato e da valere all'estero davanti ad autorità estere sono, ove da queste richiesto, legalizzate a cura dei competenti organi, centrali o periferici, del Ministero competente, o di altri organi e autorità delegati dallo stesso. In base al comma 2, le firme sugli atti e documenti formati all'estero da autorità estere e da valere nello Stato sono legalizzate dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane all'estero. Le firme apposte su atti e documenti dai competenti organi delle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane o dai funzionari da loro delegati non sono soggette, invece, a legalizzazione. Il comma 3 prevede poi che agli atti e documenti indicati nel comma precedente, redatti in lingua straniera, debba essere allegata una traduzione in lingua italiana certificata conforme al testo straniero dalla competente rappresentanza diplomatica o consolare, ovvero da un traduttore ufficiale.

 

Se da un lato la certificazione dovrà contenere, oltre a quanto già previsto dal previgente art. 84 (lavori eseguiti secondo le diverse categorie, il loro ammontare, i tempi di esecuzione, indicazioni relative ai subappalti per ciascuna categoria, nonché la dichiarazione di aver eseguito i lavori regolarmente e con buon esito), anche gli importi dei lavori con le indicazioni necessarie per la completa individuazione dell’impresa subappaltatrice, del periodo di esecuzione e della categoria dei lavori eseguiti, dall’altro l’AVCP dovrà elaborare modelli di certificazione semplificati, dopo aver sentito il Ministero per gli affari esteri per gli aspetti di competenza.

La certificazione sarà soggetta a legalizzazione da parte delle autorità consolari italiane all’estero unicamente ove venga ritenuto necessario.

Per i soli lavori subappaltati ad imprese italiane, i subappaltatori, ai fini del conseguimento della qualificazione, possono utilizzare il certificato rilasciato all’esecutore italiano dal comma 2 e, qualora non sia stato richiesto dall’esecutore, il certificato può essere richiesto direttamente dal subappaltatore secondo quanto previsto dal predetto comma.

Viene, infine, contemplato il caso in cui l’interessato possa fare riferimento direttamente alla struttura competente del Ministero degli affari esteri, qualora, ultimati i lavori, non disponga più di una propria rappresentanza nel Paese di esecuzione o la rappresentanza non sia in grado di svolgere a pieno le proprie funzioni a causa di palesi difficoltà.

Comma 4 – Adempimenti conseguenti all’istituzione della BDNCP

Il comma 4 dispone che a quanto previsto in conseguenza dell’attivazione della BDNCP provvedano le amministrazioni con le risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili allo stato disponibili a legislazione vigente.

Come rileva la relazione tecnica, le nuove modalità di verifica dei requisiti di partecipazione alle gare presso la BDNCP da parte delle stazioni appaltanti non comportano nuovi o maggiori oneri in quanto trattasi di adempimenti (verifica presso la BDNCP, anziché mediante acquisizione della documentazione da altre Amministrazioni o dagli operatori economici interessati) che non richiedono l’approntamento di ulteriori attrezzature rispetto alle normali apparecchiature informatiche già in dotazione agli uffici né richiedono personale aggiuntivo rispetto a quello già preposto alle verifiche del possesso dei requisiti attualmente prevista con differenti modalità; quindi, le nuove modalità di verifica saranno poste in essere dalle stazioni appaltanti mediante l’utilizzo delle risorse finanziarie, umane e strumentali di cui già dispongono a legislazione vigente.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 20 dicembre 2011 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure volte ad operare una profonda modernizzazione della politica dell’UE in materia di appalti pubblici che comprende:

·      una proposta di direttiva sugli appalti nei cosiddetti “settori speciali, vale a dire acqua, energia, trasporti e servizi postali (COM(2011)895);

·      una proposta di direttiva sugli appalti pubblici (COM(2011)896);

·      una proposta di direttiva sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (COM(2011)897).

Le nuove norme sono volte a sostituire le direttive 2004/17/CE (appalti degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali) e 2004/18/CE (aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi), allo scopo di avvicinare, per quanto possibile, la disciplina dei settori “speciali” a quella dei settori classici.

Secondo la tabella di marcia fissata per l’esame, le nuove direttive dovrebbero essere approvate entro la fine del 2012 ed essere recepite negli Stati membri entro il 30 giugno 2014.

La revisione prospettata dalla Commissione è intesa a perseguire tra gli altri i seguenti obiettivi: semplificare e rendere più flessibile il quadro normativo e le procedure sugli appalti; creare mercati per gli appalti pubblici a livello europeo; garantire che le procedure di aggiudicazione degli appalti producano i migliori risultati possibili in termini di rapporto costi-efficacia.

Tra le misure volte a perseguire il raggiungimento di tali obiettivi figurano:

·      la possibilità per i candidati e gli offerenti di presentare in via preliminare, nella fase d selezione, autocertificazioni al fine di dimostrare il possesso dei requisiti richiesti, e di procedere solo in una fase successiva alla presentazione effettiva di prove documentali che tuttavia sarà facilitata dall’introduzione del passaporto europeo per gli appalti pubblici. Il passaporto europeo dovrà contenere l’identificazione dell'operatore economico, attestare che quest’ultimo non è stato condannato con sentenza definitiva per uno dei motivi precedentemente richiamati e non è oggetto di una procedura di insolvenza o di liquidazione, dimostrare la sua iscrizione in un albo professionale o in un registro commerciale e il possesso di una particolare autorizzazione. Il passaporto europeo dovrà essere riconosciuto da tutte le amministrazioni aggiudicatrici come prova del rispetto delle condizioni di partecipazione in esso previste. Secondo le stime della Commissione, l’adozione dell'approccio secondo cui solo l'aggiudicatario vincitore dell'appalto dovrà fornire documenti giustificativi porterebbe ad un abbattimento dell'80% dei costi amministrativi;

·      al fine di facilitare gare d'appalto transfrontaliere, si prospetta la creazione di un registro online dei certificati, e-Certis, che dovrà essere aggiornato e verificato su base volontaria dalle autorità nazionali. L’utilizzo di e-Certis sarà obbligatorio; inoltre, le amministrazioni aggiudicatrici saranno tenute a richiedere soltanto i modelli di certificati o formulari di prova documentale disponibili in e-Certis entro due anni dalla data di recepimento della futura direttiva. L'obiettivo è quello di agevolare lo scambio di certificati e altri documenti probatori, spesso richiesti dalle amministrazioni aggiudicatrici.

Nei documenti di gara le amministrazioni aggiudicatrici potranno chiedere (o essere obbligate da uno Stato membro a chiedere) al candidato di indicare nella propria offerta l’eventuale parte dell’appalto che intende subappaltare a terzi, nonché gli eventuali subappaltatori. Qualora sia consentito dalla natura dell’appalto, l’amministrazione aggiudicatrice potrà effettuare direttamente al subappaltatore, su sua richiesta, i pagamenti dovuti per le forniture o i lavori forniti al contraente principale. Le suddette disposizioni lasciano impregiudicata la questione della responsabilità dell'operatore economico principale.

Le proposte, che seguono la procedura legislativa ordinaria, dovrebbero essere esaminate dal Parlamento europeo in prima lettura in occasione della plenaria del 10 dicembre 2012.


 

Articolo 21
(
Responsabilità solidale negli appalti)

1. L'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è sostituito dal seguente:

«2. In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento. Ove convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all'appaltatore, il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell'appaltatore medesimo. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di entrambi gli obbligati, ma l'azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l'infruttuosa escussione del patrimonio dell'appaltatore. L’eccezione può essere sollevata anche se l’appaltatore non è stato convenuto in giudizio, ma in tal caso il committente imprenditore o datore di lavoro deve indicare i beni del patrimonio dell’appaltatore sui quali il lavoratore può agevolmente soddisfarsi. Il committente imprenditore o datore di lavoro che ha eseguito il pagamento può esercitare l'azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali.».

 

 

L’articolo 21 reca disposizioni in materia di responsabilità solidale negli appalti di opere o servizi.

In particolare, tale articolo sostituisce interamente il comma 2 dell’articolo 29 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276[139].

 

Si ricorda che l’articolo 29 del richiamato D.Lgs. 276/2003 distingue il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell'articolo 1655 c.c., dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell'opera o del servizio dedotti in contratto, dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d'impresa (comma 1).

Il successivo comma 2 stabilisce l’obbligazione solidale, in caso di appalto di opere o di servizi, tra il committente imprenditore o datore di lavoro e l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, consistente nella corresponsione, ai lavoratori, dei trattamenti retributivi e dei contributi previdenziali dovuti.

 

L’articolo in esame, modificando il richiamato comma 2, dispone, nell’ambito della corresponsione dei trattamenti spettanti ai lavoratori:

·       che le retribuzioni da corrispondere ai lavoratori siano comprensive delle quote di trattamento di fine rapporto;

·       che oltre ai contributi previdenziali debbano essere anche corrisposti i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto;

·       che resti escluso dalla corresponsione qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento.

 

Nel corso dell’esame in sede referente, le Commissioni hanno integrato il testo dell’articolo per disciplinare il procedimento di escussione di appaltatore e committente per i crediti di lavoro.

La disposizione prevede che, nonostante la responsabilità solidale, il committente convenuto in giudizio per il pagamento possa eccepire nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore, in deroga al principio generale di cui all’articolo 1292 del codice civile.

In questo caso si aprono due possibilità:

§         se il committente è convenuto in giudizio unitamente all’appaltatore, il giudice deve accertare la responsabilità solidale e determinare il diritto del ricorrente, ma la successiva azione esecutiva si dirigerà verso l’appaltatore. Solo se il patrimonio di quest’ultimo risulterà insufficiente l’azione potrà essere rivolta verso il patrimonio del committente;

§         se il committente è il solo ad essere convenuto in giudizio, nella prima difesa deve non solo eccepire la preventiva escussione dell’appaltatore, ma anche indicare i beni del patrimonio sui quali il lavoratore può soddisfarsi.

La disposizione specifica che se a pagare è il committente, imprenditore o datore di lavoro, questi potrà esercitare azione di regresso nei confronti del coobbligato.

 

 


 

Articolo 22, comma 1
(
Modifiche alla normativa per l’adozione delle delibere CIPE)

1. All'articolo 41, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole: "delle opere pubbliche" sono sostituite dalle seguenti: "dei progetti e dei programmi di intervento pubblico";

b) le parole: "relativamente ai progetti di opere pubbliche" sono soppresse;

c) le parole: "il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti" sono sostituite dalle seguenti: "il Ministro proponente, sentito il Segretario del CIPE,".

 

 

Il comma 1 interviene nuovamente sulla disciplina riguardante l’adozione delle delibere del CIPE, che è stata introdotta recentemente dall’art. 41, comma 4, del decreto legge 201/2011[140] per le opere pubbliche, al fine di prevedere tempi certi con particolare riferimento alla fase di formalizzazione e di trasmissione delle delibere medesime al Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Si ricorda che recentemente, con il citato art. 41, commi da 3 a 5, del decreto legge n. 201/2011, sono state introdotte alcune modifiche alle modalità di adozione delle delibere CIPE al fine di garantire la certezza dei finanziamenti destinati alla realizzazione delle opere pubbliche. In particolare, il comma 4 (novellato dall’articolo in esame) ha previsto che le delibere del CIPE relative ai progetti di opere pubbliche vengano formalizzate e trasmesse al Presidente del Consiglio dei Ministri per la firma che dovrà avvenire entro 30 giorni decorrenti dalla seduta in cui è assunta la delibera. Qualora, per criticità procedurali, non sia possibile rispettare tale termine, il MIT è tenuto a riferire al Consiglio dei Ministri per le conseguenti determinazioni.

 

Come si evince dalla tabella seguente, viene ampliato l’ambito di applicazione della disposizione prevedendo che si tratti di finanziamenti destinati ai progetti e ai programmi di intervento pubblico e che, in caso di criticità procedurali che non permettano il rispetto dei termini previsti per la trasmissione della delibera al CIPE, sia il Ministro proponente, anziché il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il segretario del CIPE, a riferire al Consiglio dei ministri per le conseguenti determinazioni.


 

Testo previgente dell’art. 41, comma 4,
del D.L. 201/2011

Art. 41, comma 4, come novellato
dal D.L. 5/2012

4. Al fine di garantire la certezza dei finanziamenti destinati alla realizzazione delle opere pubbliche, le delibere assunte dal CIPE relativamente ai progetti di opere pubbliche, sono formalizzate e trasmesse al Presidente del Consiglio dei Ministri per la firma entro trenta giorni decorrenti dalla seduta in cui viene assunta la delibera. In caso di criticità procedurali tali da non consentire il rispetto del predetto termine il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti riferisce al Consiglio dei Ministri per le conseguenti determinazioni.

4. Al fine di garantire la certezza dei finanziamenti destinati alla realizzazione dei progetti e dei programmi di intervento pubblico, le delibere assunte dal CIPE relativamente ai progetti di opere pubbliche, sono formalizzate e trasmesse al Presidente del Consiglio dei Ministri per la firma entro trenta giorni decorrenti dalla seduta in cui viene assunta la delibera. In caso di criticità procedurali tali da non consentire il rispetto del predetto termine il Ministro proponente, sentito il segretario del CIPE, riferisce al Consiglio dei Ministri per le conseguenti determinazioni.

 

 

 


 

Articolo 22, commi 2-3
(
Norme di salvaguardia delle procedure in corso per la stipula dei contratti di programma con le Società di gestione aeroportuali)

2. Il recepimento della direttiva 2009/12/CE in materia di diritti aeroportuali, di cui al Capo II, articoli da 71 a 82, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, fa comunque salvo il completamento delle procedure in corso volte alla stipula dei contratti di programma con le società di gestione aeroportuali, ai sensi degli articoli 11-nonies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e 17, comma 34-bis, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102. Tali procedure devono concludersi entro e non oltre il 31 dicembre 2012 e, comunque, la durata dei contratti di programma stipulati secondo quanto disposto nel primo periodo è fissata nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria in materia e dei rispettivi modelli tariffari.

3. La misura dei diritti aeroportuali stabilita nei contratti di programma stipulati anteriormente all'entrata in vigore del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, può essere determinata secondo le modalità di cui al capo II del decreto medesimo alla scadenza dei contratti stessi.

 

 

Il comma 2 dell’articolo 22 fa salvo il completamento delle procedure per la stipula dei contratti di programma[141] con le società di gestione aeroportuale, attualmente in corso, nonostante l’entrata in vigore del Titolo III, Capo II (articoli da 71 a 82) del D.L. n. 1/2012[142], il quale, recependo la direttiva 2009/12/CE, modifica la normativa in materia di diritti aeroportuali.[143] Tali procedure dovranno concludersi entro il 31 dicembre 2012. La norma fa inoltre salva la durata dei suddetti contratti, determinata in relazione ai modelli tariffari adottati, nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria in materia.

 

Si ricorda che, anteriormente all’entrata in vigore del D.L. n. 1/2012, i diritti aeroportuali erano determinati ai sensi degli articoli 11-nonies del D.L. n. 203/2005 e 17, comma 34-bis, del D.L. n. 79 (rectius 78)/2009, entrambi richiamati dalla disposizione in esame.

L’articolo 11-nonies del D.L. n. 203/2005,[144] che ha novellato l’articolo 10, comma 10, della legge n. 537/1993,[145] stabiliva che la misura dei diritti aeroportuali fosse fissata per ciascun aeroporto con decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro delle economia e delle finanze, sulla base di criteri stabili dal CIPE. Tali decreti dovevano fissare anche la variazione massima annuale applicabile ai diritti aeroportuali, per un periodo compreso tra tre e cinque anni.

Successivamente l’articolo 17, comma 34-bis, del D.L. n. 78/2009,[146] al fine di incentivare l’adeguamento delle infrastrutture di sistemi aeroportuali di rilevanza nazionale, e comunque con traffico superiore a otto milioni di passeggeri annui, nonché quelli aventi strutture con sedimi in regioni diverse, e nella ipotesi in cui gli investimenti si fondassero sull’utilizzo di capitali di mercato del gestore, ha autorizzato l’ENAC a stipulare contratti di programma in deroga alla normativa vigente in materia, introducendo sistemi di tariffazione pluriennale che, tenendo conto dei livelli e degli standard europei, fossero orientati ai costi delle infrastrutture e dei servizi ed a obiettivi di efficienza, ovvero a criteri di adeguata remunerazione degli investimenti e dei capitali, con modalità di aggiornamento valide per l’intera durata del rapporto. Il contratto di programma poteva graduare le modifiche tariffarie, prorogando il rapporto in essere, per gli anni necessari ad un riequilibrio del piano economico-finanziario della società di gestione.

 

La direttiva 11 marzo 2009, n. 2009/12/CE, recepita con il citato D.L. n. 1/2012, stabilisce principi comuni per la riscossione dei diritti aeroportuali negli aeroporti della Comunità con riferimento a tutti gli scali comunitari con traffico annuale superiore a cinque milioni di movimenti passeggeri. Il provvedimento stabilisce criteri armonizzati per la fissazione delle tasse aeroportuali destinate a finanziare le misure di sicurezza dell'aviazione negli aeroporti europei. Gli obiettivi preminenti si possono sintetizzare nella volontà di garantire la non discriminazione, la trasparenza e la consultazione delle compagnie aeree qualora le autorità aeroportuali stabiliscano i diritti da applicare, nonché l'aderenza ai costi di tali diritti. Accanto a ciò viene proposta l'istituzione di un'autorità di vigilanza indipendente in ogni Stato membro.

Il termine per il recepimento della direttiva è scaduto il 15 marzo 2011.

 

Si ricorda che la delega per l’attuazione della direttiva 2009/12/CE era contenuta nella legge comunitaria 2009 (articolo 39 della legge n. 96/2010). A seguito della scadenza del termine di recepimento, la Commissione europea ha avviato, il 18 maggio 2011, una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia e il successivo 24 novembre ha inviato un parere motivato. Lo schema di decreto di recepimento della direttiva (atto n. 380) è stato presentato alle Commissioni parlamentari nel mese di luglio del 2011 e le Commissioni hanno espresso il prescritto parere, ma il decreto legislativo non è stato emanato.

A tal proposito si evidenzia che il parere espresso dalla Commissione trasporti della Camera sul citato atto n. 380 era sottoposto, tra le altre, alla condizione che fosse fissato con chiarezza un regime transitorio che assicurasse la salvaguardia dei contratti di programma in corso di definizione, al fine di evitare che una situazione di incertezza sulla disciplina applicabile si potesse riflettere negativamente sugli investimenti programmati dai gestori aeroportuali.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del presente decreto-legge sottolinea che la norma in esame “risponde all’esigenza di colmare, con assoluta urgenza, il vuoto legislativo determinatosi, nelle more dell’operatività del nuovo regime, in ordine alla disciplina delle procedure in corso per la conclusione dei contratti di programma tra l’ENAC e le società di gestione aeroportuali, senza peraltro incidere negativamente sull’entrata in vigore della normativa comunitaria, che viene anzi salvaguardata mediante la previsione di un termine finale certo di definizione delle procedure in corso”.

 

Il comma 3 dell’articolo 22 stabilisce che gli aeroporti, i cui contratti di programma siano stati già stipulati alla data di entrata in vigore del D.L. n. 1/2012 (24 gennaio 2012), possano applicare la nuova misura dei diritti aeroportuali, derivante dall’applicazione del citato decreto-legge, a partire dalla scadenza di detti contratti.

Procedure di contenzioso

Il 24 novembre 2011 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato (procedura n. 2011/608) per non aver comunicato le misure di recepimento della direttiva 2009/12/CE sui diritti aeroportuali il cui termine di recepimento era il 15 marzo 2011. Se entro due mesi l'Italia non notificherà le misure adottate per garantire la conformità al diritto dell'UE, la Commissione potrà adire la Corte di giustizia dell'UE.

 

 


 

Articolo 23
(
Autorizzazione unica in materia ambientale per le piccole
e medie e imprese
)

1. Ferme restando le disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale di cui al titolo 3-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, al fine di semplificare le procedure e ridurre gli oneri per le PMI e per gli impianti non soggetti alle citate disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale, anche sulla base dei risultati delle attività di misurazione degli oneri amministrativi di cui all'articolo 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il Governo è autorizzato ad emanare un regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, volto a disciplinare l'autorizzazione unica ambientale e a semplificare gli adempimenti amministrativi delle piccole e medie imprese, e degli impianti non soggetti alle disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi, nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 20, 20-bis e 20-ter, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni:

a) l'autorizzazione sostituisce ogni atto di comunicazione, notifica ed autorizzazione previsto dalla legislazione vigente in materia ambientale;

b) l'autorizzazione unica ambientale è rilasciata da un unico ente;

c) il procedimento deve essere improntato al principio di proporzionalità degli adempimenti amministrativi in relazione alla dimensione dell'impresa e al settore di attività, nonché all'esigenza di tutela degli interessi pubblici e non dovrà comportare l'introduzione di maggiori oneri a carico delle imprese.

2. Il regolamento di cui al comma 1 è emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e dalla data di entrata in vigore del medesimo regolamento sono identificate le norme, anche di legge, regolatrici dei relativi procedimenti che sono abrogate dalla data di entrata in vigore del medesimo regolamento.

2-bis. La realizzazione delle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici è sottoposta alla disciplina della segnalazione certificata di inizio attività di cui all'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

 

 

Il comma 1 dell'articolo in esame demanda a un regolamento di delegificazione (emanato su proposta dei Ministri dell’ambiente, dello sviluppo economico e per la pubblica amministrazione, sentita la Conferenza Unificata) la disciplina dell’autorizzazione unica ambientale (AUA), al fine di semplificare gli adempimenti amministrativi per le piccole e medie imprese (PMI), concentrando in un solo titolo abilitativo tutti gli adempimenti cui sono sottoposte, e anche, sulla base di una modifica approvata nel corso dell’esame in sede referente per gli impianti non soggetti ad autorizzazione integrata ambientale (AIA).

La nuova disciplina regolamentare dovrà essere emanata in base ai seguenti principi e criteri direttivi (nonché nel rispetto dei criteri generali dettati dagli artt. 20, 20-bis e 20-ter della L. 59/1997 per l’adozione di norme regolamentari), al fine di garantire che l’autorizzazione unica ambientale (AUA):

§         sostituisca ogni atto di comunicazione, notifica ed autorizzazione previsto dalla legislazione vigente in materia ambientale;

§         sia rilasciata da un unico ente;

§         sia rilasciata in seguito ad un procedimento improntato al principio di proporzionalità degli adempimenti amministrativi in relazione alla dimensione dell'impresa e al settore di attività, nonché all’esigenza di tutela degli interessi pubblici e non comporti l’introduzione di maggiori oneri a carico delle imprese.

 

Lo stesso comma 1 dispone che la semplificazione prevista dovrà avvenire:

§         ferme restando le disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale recate dal titolo III-bis del D.Lgs. 152/2006 (c.d. Codice ambientale);

Si ricorda che l'autorizzazione integrata ambientale (AIA), disciplinata dal citato titolo III-bis (artt. da 29-bis a 29-quattuordecies) ha per oggetto – ai sensi dell’art. 4, comma 4, lett. c), del D.Lgs. 152/2006 - la “prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento proveniente dalle attività di cui all'allegato VIII e prevede misure intese a evitare, ove possibile, o a ridurre le emissioni nell'aria, nell'acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente salve le disposizioni sulla valutazione di impatto ambientale”. Ai sensi dell’art. 6, comma 13, l'AIA è necessaria per i progetti di cui all'allegato VIII alla parte seconda del Codice nonché per le successive modifiche sostanziali.

Si fa notare che il campo di applicazione della disciplina relativa all’AIA è piuttosto limitato in termini numerici: sia perché l’allegato VIII riguarda solo alcune tipologie di attività industriali, sia perché vi sono ulteriori limitazioni relative alla capacità produttiva che deve essere superiore alle soglie indicate dall’allegato stesso. Dai dati trasmessi dal Ministero dell'ambiente[147] risulta che il numero degli impianti assoggettati ad AIA è di poco inferiore alle 6.000 unità, pari a circa l’1,3% del numero di imprese del settore industriale[148].

e, al fine di semplificare le procedure e ridurre gli oneri per le PMI, anche sulla base dei risultati delle attività di misurazione degli oneri amministrativi di cui all'art. 25 del D.L. 112/2008. Durante l’esame in sede referente l’ambito di applicazione della norma è stato esteso al fine di includere (in linea con quanto disposto in ordine alla prima modifica precedentemente rilevata), oltre alle PMI, anche gli impianti non soggetti ad AIA.

 

Relativamente all’articolo in esame la relazione illustrativa sottolinea che l’autorizzazione unica in materia ambientale per le PMI sostituirà gli attuali adempimenti di competenza di diverse amministrazioni (scarichi, emissioni, rifiuti, ecc.) che impongono oneri e generano costi sproporzionati con conseguente risparmio stimato in oltre un miliardo e trecento milioni di euro.

Si ricorda, inoltre, che con il D.P.R. 19 ottobre 2011, n. 227 (pubblicato nella G.U. 3 febbraio 2012, n. 28) è stato emanato, in attuazione dell'art. 49, comma 4-quater, del D.L. 78/2010, il regolamento per la semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle PMI (piccole e medie imprese), come definite dall’art. 2 del D.M. Attività produttive 18 aprile 2005 (Adeguamento alla disciplina comunitaria dei criteri di individuazione di piccole e medie imprese).

 

Il comma 2 fissa il termine di 6 mesi, decorrenti dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per l’emanazione del regolamento. Ai sensi dello stesso comma, dalla data di entrata in vigore del regolamento sono identificate le norme, anche di legge, regolatrici dei relativi procedimenti che sono abrogate dalla data di entrata in vigore del medesimo regolamento.

Si osserva che tale disposizione non appare conforme alla procedura di emanazione dei regolamenti di delegificazione di cui al comma 2 dell’art. 17 della L. 400/1988 da essa richiamata, considerato che tale norma prevede che siano le leggi, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, a disporre l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.

 

Durante l’esame in sede referente, infine, è stato introdotto il comma 2-bis che prevede che la realizzazione delle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici è sottoposta alla disciplina della Segnalazione Certificata di Inizio Attività (Scia) di cui all'art. 19 della legge n. 241/1990.

 

Si rammenta che la SCIA è stata introdotta dal comma 4-bis dell'art. 49 del decreto legge n. 78/2010[149] sostituendo integralmente la disciplina della dichiarazione di inizio attività contenuta nel previgente articolo 19 della legge n. 241/1990. Tale riforma risponde all’esigenza di liberalizzare l'attività d'impresa, consentendo di iniziare immediatamente l’attività stessa.

Quanto all’ambito di applicazione, si segnala che con la circolare del 16 settembre 2010 il Ministero per la semplificazione normativa ha chiarito che la SCIA non si applica solo all'avvio dell'attività di impresa ma sostituisce anche la DIA in edilizia, eccetto la DIA alternativa al permesso di costruire (c.d. superDIA), consentendo di avviare i lavori il giorno stesso della sua presentazione, mentre con la Dia occorre attendere 30 giorni. Successivamente tale interpretazione è stata confermata con l’art. 5, comma 2, lett. b), n. 2) e lett. c) del decreto legge n. 70/2011, ove è stato anche precisato che essa venga corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dei relativi elaborati tecnici a cura del professionista abilitato il quale se dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti previsti è punito con la reclusione da uno a tre anni. Si ricorda, infine, la sostituzione della SCIA è esclusa nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonché di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti dalla normativa comunitaria.


 

Articolo 24
(
Modifiche alle norme in materia ambientale di cui al decreto legislativo
3 aprile 2006, n. 152
)

1. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 6, comma 17, sesto periodo, dopo le parole: «titoli abilitativi già rilasciati alla stessa data» sono inserite le seguenti: «, anche ai fini delle eventuali relative proroghe»;

b) all'articolo 10, comma 1, secondo periodo, la parola: «richiesta» è sostituita dalla seguente: «rilasciata»;

c) all'articolo 29-decies, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per gli impianti localizzati in mare, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale esegue i controlli di cui al comma 3, coordinandosi con gli uffici di vigilanza del Ministero dello sviluppo economico.»;

d) all'articolo 109 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al comma 2, le parole da: «è rilasciata» a: «smaltimento alternativo» sono sostituite dalle seguenti: «è rilasciata dalla regione, fatta eccezione per gli interventi ricadenti in aree protette nazionali di cui alle leggi 31 dicembre 1982, n. 979 e 6 dicembre 1991, n. 394, per i quali è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,»;

2) al comma 3, dopo la parola «autorizzazione» è inserita la seguente «regionale»;

d-bis) all’articolo 194, comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Le imprese che effettuano il trasporto transfrontaliero di rifiuti, fra i quali quelli da imballaggio, devono allegare per ogni spedizione una dichiarazione dell’autorità del Paese di destinazione dalla quale risulti che nella legislazione nazionale non vi siano norme ambientali meno rigorose di quelle previste dal diritto dell’Unione europea, ivi incluso un sistema di controllo sulle emissioni di gas serra, e che l’operazione di recupero nel Paese di destinazione sia effettuata con modalità equivalente, dal punto di vista ambientale, a quelle previste dalla legislazione di rifiuti del Paese di provenienza”;

e) all'articolo 216-bis, comma 7, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Nelle more dell'emanazione del decreto di cui al primo periodo, le autorità competenti possono autorizzare, nel rispetto della normativa dell’Unione europea, le operazioni di rigenerazione degli oli usati anche in deroga all'allegato A, tabella 3, del decreto ministeriale 16 maggio 1996, n. 392, fermi restando i limiti stabiliti dalla predetta tabella in relazione al parametro PCB/PCT.»;

f) all'articolo 228, dopo il comma 3, è inserito il seguente: «3-bis. I produttori e gli importatori di pneumatici o le loro eventuali forme associate determinano annualmente l'ammontare del rispettivo contributo necessario per l'adempimento, nell'anno solare successivo, degli obblighi di cui al comma 1 e lo comunicano, entro il 31 ottobre di ogni anno, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare anche specificando gli oneri e le componenti di costo che giustificano l'ammontare del contributo. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, se necessario, richiede integrazioni e chiarimenti al fine di disporre della completezza delle informazioni da divulgare anche a mezzo del proprio portale informatico entro il 31 dicembre del rispettivo anno. È fatta salva la facoltà di procedere nell'anno solare in corso alla rideterminazione, da parte dei produttori e degli importatori di pneumatici o le rispettive forme associate, del contributo richiesto per l'anno solare in corso.»;

f-bis) all’articolo 242, comma 7, dopo il secondo periodo è inserito il seguente “Nell’ambito dell’articolazione temporale potrà essere valutata l’adozione di tecnologia innovative, di dimostrata efficienza ed efficacia, a costi sopportabili, resesi disponibili a seguito dello sviluppo tecnico-scientifico del settore”.

g) all'articolo 268, comma 1, alla lettera o) le parole: «per le piattaforme off-shore, l'autorità competente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio;» sono soppresse, e alla lettera p) le parole da: «per le piattaforme» alle parole «gas naturale liquefatto off-shore;» sono soppresse;

h) all'articolo 281, il comma 5, è sostituito dal seguente: «5-bis. Le integrazioni e le modifiche degli allegati alle norme in materia di tutela dell'aria e della riduzione delle emissioni in atmosfera del presente decreto sono adottate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro dello sviluppo economico e, per quanto di competenza, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.»;

i) all'allegato VIII alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il punto 1.4 è inserito il seguente: «1.4-bis terminali di rigassificazione e altri impianti localizzati in mare su piattaforme off-shore;».

 

 

L’articolo in esame reca, nelle varie lettere del comma 1, una serie di novelle alle disposizioni del Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006).

 

La lettera a) novella il comma 17 dell’art. 6 relativamente all’efficacia dei titoli abilitativi alla ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare rilasciati alla data del 26 agosto 2010.

Si ricorda che, ai sensi del citato comma 17 (introdotto nel Codice dell’ambiente dal D.Lgs. 128/2010, quindi entrato in vigore in data 26 agosto 2010[150]), le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della L. 9/1991 sono vietate:

§         all’interno del perimetro delle aree marine e costiere protette in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni internazionali;

§         nelle zone di mare poste entro 12 miglia marine dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette.

Per i soli idrocarburi liquidi le attività sono vietate:

§         nella fascia marina compresa entro 5 miglia dalle linee di base delle acque territoriali lungo l'intero perimetro costiero nazionale;

§         entro le 5 miglia dalla linea di costa, per la baia storica del Golfo di Taranto di cui all'art. 1 del D.P.R. 816/1977.

 

Al di fuori delle medesime aree, il comma 17 prevede che le predette attività siano autorizzate previa sottoposizione alla procedura di VIA (valutazione di impatto ambientale), sentito il parere degli enti locali, e che le disposizioni in esso contenute si applichino ai procedimenti autorizzatori in corso alla data di entrata in vigore del medesimo comma (vale a dire il 26 agosto 2010).

Il comma 17 dispone inoltre che “resta ferma l'efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla stessa data”.

 

La novella in questione specifica che tale efficacia resta ferma anche ai fini delle eventuali relative proroghe. Nel caso di proroghe, pertanto, l’efficacia dei titoli abitativi resta valida e non sarebbe necessaria la sottoposizione alla procedura di VIA (Sul punto potrebbe essere necessario acquisire un chiarimento).

 

La lettera b) novella l’art. 10, comma 1, al fine di precisare più opportunamente che l’autorizzazione integrata ambientale (AIA) è rilasciata anziché richiesta come era previsto nel testo previgente.

Si ricorda, infatti, che l’art. 10, comma 1, del D.Lgs. 152/2006, prevedeva, al secondo periodo, che per alcune tipologie di progetti (di cui al comma 7 dell’art. 6 del citato decreto [151]) l'autorizzazione integrata ambientale potesse essere richiesta solo nei casi in cui l'autorità competente avesse valutato di non assoggettare i progetti a valutazione di impatto ambientale (VIA).

 

La lettera c) novella il comma 1 dell’art. 29-decies al fine di prevedere che, per gli impianti localizzati in mare, l’ISPRA esegua i controlli, previsti in materia di AIA dal comma 3 del medesimo articolo, coordinandosi con gli uffici di vigilanza del Ministero dello sviluppo economico.

Tale modifica è collegata a quelle recate dalle lettere g) ed i) come si vedrà nel prosieguo.

 

Si ricorda che il citato comma 3 dell’art. 29-decies affida all’ISPRA, per gli impianti di competenza statale, e alle agenzie regionali e provinciali negli altri casi, il compito di accertare, con oneri a carico del gestore:

a) il rispetto delle condizioni dell'AIA;

b) la regolarità dei controlli a carico del gestore;

c) che il gestore abbia ottemperato ai propri obblighi di comunicazione e in particolare che abbia informato l'autorità competente regolarmente e, in caso di inconvenienti o incidenti che influiscano in modo significativo sull'ambiente, tempestivamente dei risultati della sorveglianza delle emissioni del proprio impianto.

 

La lettera d) reca due novelle all’art. 109 volte a modificare le procedure autorizzatorie per l’immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo.

Il comma 1 dell’art. 109 prevede che, “al fine della tutela dell'ambiente marino e in conformità alle disposizioni delle convenzioni internazionali vigenti in materia, è consentita l'immersione deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e da strutture ubicate nelle acque del mare o in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e terrapieni costieri, dei materiali seguenti di cui alle lettere a) e b):

a) materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;

b) inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilità e l'innocuità ambientale.

Relativamente alle procedure per l’autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di escavo di cui alla citata lettera a), il comma in esame modifica il comma 2 dell’art. 109 eliminando la condizione ostativa, prevista dal testo previgente, che consentiva il rilascio dell’autorizzazione solo ove fosse dimostrata, nell'ambito della relativa istruttoria, l'impossibilità tecnica o economica dell’utilizzo dei materiali a fini di ripascimento o di recupero oppure del loro smaltimento alternativo.

Viene inoltre chiarito quale sia l’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione, che viene individuata:

§         nel Ministero dell'ambiente, solamente per gli interventi ricadenti in aree protette nazionali di cui alle leggi n. 979/1982 (Disposizioni per la difesa del mare) e n. 394/1991 (Legge quadro sulle aree protette)[152];

§         nella regione, in tutti gli altri casi.

 

Il comma 3 dell’art. 109, che disciplina l’autorizzazione all’immersione di inerti, materiali geologici inorganici e manufatti (di cui alla lettera b) del comma 1 del medesimo art. 109), viene modificato unicamente al fine di chiarire che l’autorizzazione ivi contemplata è rilasciata dalla regione.

 

Relativamente alla lettera d) la relazione tecnica sottolinea che l’attribuzione alle regioni, ivi prevista, della competenza per il rilascio delle autorizzazioni per l’immersione in mare di materiale da escavo ha lo scopo di “semplificare l’intero processo autorizzatorio riconducendolo all’autorità istituzionale territoriale competente in attuazione del principio generale di sussidiarietà”. La stessa relazione aggiunge che la disposizione in esame “semplifica un procedimento autorizzatorio nel quale le regioni già svolgono un ruolo essenziale; infatti, allo stato, l’autorizzazione allo scarico in mare dei materiali di escavo da parte dell’autorità competente (oggi, il Ministero dell’ambiente) può essere rilasciata solo quando è dimostrata, nell’ambito della relativa istruttoria, l’impossibilità tecnica o economica del loro utilizzo ai fini di ripascimento o di recupero o del loro smaltimento alternativo. Queste ultime fattispecie sono state già rimesse alle competenze regionali dall’art. 21 della legge n. 179 del 2001. Con la presente norma verrebbe così a configurarsi un unico sportello per i richiedenti che abbiano ad operare per l’escavo dei fondali marini, con conseguente semplificazione burocratica e senza sovrapposizioni tra i diversi livelli istituzionali”.

Si fa notare che in verità il riferimento è all’art. 21 della L. 179/2002 secondo cui “per gli interventi di ripascimento della fascia costiera, nonché di immersione di materiali di escavo di fondali marini, o salmastri o di terreni litoranei emersi all'interno di casse di colmata, di vasche di raccolta o comunque di strutture di contenimento poste in àmbito costiero, l'autorità competente per l'istruttoria e il rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 35, comma 2, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, è la regione, nel rispetto dei criteri stabiliti dal medesimo articolo 35 e fermo restando quanto previsto dall'articolo 62, comma 8, del citato decreto legislativo n. 152 del 1999. In caso di impiego di materiali provenienti da fondali marini, la regione, all'avvio dell'istruttoria per il rilascio della predetta autorizzazione, acquisisce il parere della commissione consultiva della pesca istituita presso la capitaneria di porto interessata e ne informa il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio”.

 

La lettera d-bis), inserita durante l’esame in sede referente, introduce l’obbligo, per le imprese che effettuano il trasporto transfrontaliero di rifiuti, fra i quali quelli da imballaggio, di allegare per ogni spedizione una dichiarazione dell’autorità del Paese di destinazione.

La stessa disposizione disciplina il contenuto informativo della dichiarazione citata, prevedendo che dalla stessa deve risultare:

§         che nella legislazione nazionale non vi siano norme ambientali meno rigorose di quelle previste dal diritto comunitario, ivi incluso un sistema di controllo sulle emissioni di gas-serra;

§         e che l’operazione di recupero nel Paese di destinazione sia effettuata con modalità equivalenti, dal punto di vista ambientale, a quelle previste dalla legislazione in materia di rifiuti del Paese di provenienza.

 

In estrema sintesi, la disciplina comunitaria per il trasporto transfrontaliero dei rifiuti recata dal Regolamento (CE) n. 1013/2006 prevede due differenti procedure:

§         procedura di notifica ed autorizzazione scritte (iter autorizzativo);

§         procedura con obblighi generali di informazione (iter informativo).

La corretta applicazione dell’una o dell’altra procedura dipende:

§         dal tipo di operazione cui sono destinati i rifiuti (smaltimento o recupero): nel caso la destinazione sia lo smaltimento è sempre previsto l’iter autorizzativo;

§         se a recupero, dalla natura chimico-fisica e dalla pericolosità dei rifiuti (in proposito il Regolamento contempla due liste di rifiuti (elenco verde e elenco ambra) per le quali definisce, sotto il profilo procedurale, adempimenti diversi: per il trasporto dei rifiuti contenuti in lista verde è sufficiente che il materiale venga accompagnato dal modulo contenuto nell'Allegato VII e gestito in impianti autorizzati, mentre per il trasporto dei rifiuti in lista ambra è necessaria la preventiva procedura di notifica scritta.

Ai sensi dell’articolo 1, il regolamento si applica alle spedizioni di rifiuti: fra Stati membri, all'interno della Comunità o con transito attraverso paesi terzi; importati nella Comunità da paesi terzi; esportati dalla Comunità verso paesi terzi; in transito nel territorio della Comunità, con un itinerario da e verso paesi terzi.

 

Il seguente diagramma[153] sintetizza chiaramente le differenti procedure previste dal Regolamento 1013/2006.

 

 

Al riguardo si valuti l’opportunità di un approfondimento sulla portata della norma, anche rispetto al contesto normativo testé descritto. Per quanto concerne la formulazione, si osserva che non appare chiaro a quali “norme ambientali” si fa riferimento, né le “modalità equivalenti” con le quali si prevede la realizzazione dell’operazione di recupero.

 

 

La lettera e) del comma 1 dell'articolo in esame integra il disposto del comma 7 dell’art. 216-bis del Codice al fine di inserire una disposizione transitoria applicabile nelle more dell’emanazione delle norme tecniche per la gestione di oli usati, previste dal medesimo comma 7.

Tale disposizione transitoria è finalizzata a consentire l’autorizzazione, da parte delle autorità competenti, nel rispetto della normativa comunitaria, delle operazioni di rigenerazione degli oli usati anche in deroga all’Allegato A, tabella 3, del D.M. 392/1996 (parametri da sottoporre ad analisi, metodi di analisi e valori minimi massimi consentiti per l’eliminazione tramite rigenerazione), fermi restando i limiti stabiliti dalla predetta tabella in relazione al parametro PCB/PCT.

 

La norma in esame sembra finalizzata ad agevolare la filiera della rigenerazione (che costituisce il 25% del mercato italiano delle basi lubrificanti[154]), attraverso la deroga ai limiti previsti dal D.M. 392/1996 che ancora viene applicato in mancanza delle norme tecniche che avrebbero dovuto essere emanate entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. 205/10, che ha aggiunto l’art. 216-bis nel testo del Codice ambientale [155].

 

La lettera f) inserisce un comma 3-bis all’art. 228 del codice relativo al contributo ambientale per il recupero degli pneumatici usati istituito dal comma 2 del medesimo articolo 228.

Tale comma 2 ha infatti istituito un contributo, che deve essere indicato in fattura, per far fronte agli oneri derivanti dall'obbligo di cui al comma 1.

Il comma 1 dell’art. 228 dispone che “al fine di garantire il perseguimento di finalità di tutela ambientale secondo le migliori tecniche disponibili, ottimizzando, anche tramite attività di ricerca, sviluppo e formazione, il recupero degli pneumatici fuori uso e per ridurne la formazione anche attraverso la ricostruzione è fatto obbligo ai produttori e importatori di pneumatici di provvedere, singolarmente o in forma associata e con periodicità almeno annuale, alla gestione di quantitativi di pneumatici fuori uso pari a quelli dai medesimi immessi sul mercato e destinati alla vendita sul territorio nazionale, provvedendo anche ad attività di ricerca, sviluppo e formazione finalizzata ad ottimizzare la gestione dei pneumatici fuori uso”.

Al fine di dare attuazione alle disposizioni dettate dall’art. 228 è stato emanato il D.M. Ambiente 11 aprile 2011, n. 82 (Regolamento per la gestione degli pneumatici fuori uso)[156].

 

Il nuovo comma 3-bis introduce una specifica disciplina del procedimento da seguire per la determinazione del contributo citato.

Viene infatti previsto che:

a)           i produttori e gli importatori di pneumatici o le loro eventuali forme associate determinino annualmente l’ammontare del rispettivo contributo necessario per l’adempimento, nell’anno solare successivo, degli obblighi di cui al comma 1;

b)           gli stessi soggetti comunichino tale ammontare, entro il 31 ottobre di ogni anno, al Ministero dell'ambiente, anche specificando gli oneri e le componenti di costo che giustificano l’ammontare del contributo;

c)           il Ministero dell'ambiente, se necessario, richiede integrazioni e chiarimenti al fine di disporre della completezza delle informazioni da divulgare anche a mezzo del proprio portale informatico entro il 31 dicembre del rispettivo anno;

d)           è fatta salva la facoltà di procedere, nell’anno solare in corso, alla rideterminazione, da parte dei produttori e degli importatori di pneumatici o delle rispettive forme associate, del contributo richiesto per l’anno solare in corso.

 

Si segnala che l’art. 5, comma 2, del citato D.M. 82/2011 aveva già disciplinato la determinazione del contributo ambientale per la gestione degli PFU. La principale differenza tra le due discipline risiede nel fatto che la determinazione del contributo non viene più affidata al Ministero dell'ambiente (come accade nell’art. 5, comma 2, del D.M. 82/2011), ma a produttori e importatori di pneumatici o alle loro eventuali forme associate.

La relazione tecnica sottolinea che la disposizione in esame “è volta a snellire gli oneri ricadenti sulle imprese della filiera del recupero degli pneumatici e sulla stessa amministrazione, prevedendo, conformemente a quanto già accade per tutti gli altri consorzi di recupero delle diverse tipologie di rifiuti, che la determinazione del contributo ad essi spettante sia determinato dagli operatori”. In tal modo, prosegue la relazione, cioè eliminando la fase di approvazione del contributo da parte dell’Autorità competente, la norma in esame è suscettibile di comportare risparmi “non solo in termini di tempo e di oneri burocratici per le imprese del settore, ma anche per l’amministrazione, non più tenuta a munirsi di professionalità allo stato non disponibili”.

 

La lettera f-bis), inserita nel corso dell’esame in sede referente, novella il comma 7 dell’art. 242 del Codice al fine di prevedere che nell’ambito dell’articolazione per fasi temporali diverse dei progetti di interventi di bonifica o messa in sicurezza che presentino particolari complessità, possa essere valutata l’adozione di tecnologie innovative, di dimostrata efficienza ed efficacia, a costi sopportabili resesi disponibili a seguito dello sviluppo tecnico-scientifico del settore.

Si ricorda che il periodo del comma 7 cui si riferisce la novella in esame è stato introdotto dal comma 5 dell’art. 40 del D.L. 201/2011 e prevede che “nel caso di interventi di bonifica o di messa in sicurezza …, che presentino particolari complessità a causa della natura della contaminazione, degli interventi, delle dotazioni impiantistiche necessarie o dell'estensione dell'area interessata dagli interventi medesimi, il progetto può essere articolato per fasi progettuali distinte al fine di rendere possibile la realizzazione degli interventi per singole aree o per fasi temporali successive”.

 

La lettera g), modificata nel corso dell’esame in sede referente, sopprime le parti della lettera p) del comma 1 dell’art. 268 del Codice che individuavano il Ministero dell'ambiente quale autorità competente, nel caso delle piattaforme off-shore e dei terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore, all’effettuazione dei controlli. Rispetto al testo iniziale del decreto è stata invece espunta la novella che incide sulla lettera o) del medesimo articolo sopprimendo il riferimento al fatto che l’autorità competente al rilascio dell'autorizzazione alle emissioni per le piattaforme off-shore è il Ministero dell’ambiente.

 

Si ricorda che la lettera p) disponeva che “per le piattaforme off-shore e per i terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore l'autorità competente per il controllo è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che si avvale eventualmente dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e del sistema delle Agenzie ambientali, con oneri a carico del gestore. Si dispone, inoltre, che con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze da adottarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione sono determinate e aggiornate ogni due anni, sulla base del costo effettivo del servizio, le tariffe a carico del gestore e le relative modalità di versamento per la copertura delle spese relative ai controlli finalizzati alla verifica del rispetto delle condizioni stabilite dalle procedure di cui alla presente Parte V in relazione alle piattaforme off-shore e ai terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore.

 

Si noti che la modifica recata dalla lettera in esame è collegata a quella recata dalla lettera i), che assoggetta i terminali di rigassificazione e altri impianti localizzati in mare su piattaforme off-shore ad autorizzazione integrata ambientale (AIA).

 

Si segnala che la lettera p) su cui incide il comma in esame era stata modificata dall’art. 3, comma 2, del D.Lgs. 128/2010 (c.d. terzo correttivo al Codice dell’ambiente).

Relativamente alla novella operata dal D.Lgs. 128/2010 si ricorda che essa veniva giustificata, nella relazione illustrativa, in base alla necessità di colmare un vuoto normativo. Infatti, per i terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore, assoggettati dall’art. 46 del D.L. 159/2007 ad una speciale autorizzazione unica, non era regolamentata la fase dei controlli relativi alle emissioni in atmosfera. Per lo svolgimento di tale compito, in assenza di una disciplina di riferimento, si è ritenuto di prevedere che il Ministero dell'ambiente possa avvalersi dell'ISPRA ovvero delle Agenzie ambientali, con oneri a carico del gestore quantificati ed aggiornati biennalmente con apposito decreto interministeriale.

 

Si osserva che la modifica alla lettera p) dovrebbe essere riformulata per chiarire inequivocabilmente l’incidenza della novella, atteso che le parole: “gas naturale liquefatto off-shore” appaiono due volte in tale lettera. Nel caso in cui si volesse sopprimere anche il riferimento al decreto interministeriale di determinazione delle tariffe, sarebbe, pertanto, opportuno procedere a una riformulazione nel senso di sopprimere le parole da: “per le piattaforme” fino alla fine della lettera o fino a: “ai terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore”.

 

 

La lettera h) riscrive il comma 5 dell’art. 281 del Codice, volto a prevedere che le integrazioni e le modifiche degli allegati alle norme in materia di tutela dell’aria e della riduzione delle emissioni in atmosfera del presente decreto sono adottate con decreto interministeriale (adottato di concerto dai Ministri dell’ambiente, della salute e dello sviluppo economico e, per quanto di competenza, dal Ministro delle infrastrutture), sentita la Conferenza unificata.

Secondo la relazione illustrativa la norma in esame determina una semplificazione che snellisce l’iter di approvazione e aggiornamento delle norme tecniche del settore.

Si ricorda che il primo periodo del comma 5 dispone che “All'integrazione e alla modifica degli allegati alla parte quinta del presente decreto provvede il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281” e che tali “decreti sono adottati sulla base dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400”. Il testo iniziale del decreto-legge formula tale disposizione come aggiunta di un comma 5-bis con il quale si provvede a modificare gli allegati con un decreto interministeriale. Su tale disposizione il Comitato per la legislazione si è espresso nella seduta del 16 febbraio 2012 rilevando l’opportunità di sopprimerla in quanto introdurrebbe una modalità di delegificazione non conforme a quanto previsto dall’articolo 17, comma 2, della legge n. 400/1988. La Commissione ambiente, nel parere reso nella seduta del 6 marzo 2012, ha formulato un’osservazione invitando le Commissioni di merito a valutare l’opportunità di tale disposizione, che prevede in luogo del regolamento di delegificazione decreti interministeriali.

 

Si fa presente che la disposizione provvede a modificare disposizioni di rango legislativo con decreti interministeriali e che, pertanto, sarebbe opportuno valutare l’opportunità di una modifica al fine di renderla coerente rispetto al sistema delle fonti del diritto.

 

La lettera i) integra l’elenco recato dall’allegato VIII alla parte seconda del Codice, al fine di includere tra le attività assoggettate ad AIA (autorizzazione integrata ambientale) i terminali di rigassificazione e altri impianti localizzati in mare su piattaforme off-shore (nuovo punto 1.4-bis dell’allegato citato).

Si ricorda che ai sensi dell’Allegato XII alla Parte II del D.Lgs. 152/2006, che elenca le categorie di impianti soggetti ad autorizzazione integrata ambientale statale, sono soggetti ad AIA statale “Altri impianti rientranti nelle categorie di cui all'allegato VIII localizzati interamente in mare” (punto 6 dell’allegato XII).

Si stabilisce, pertanto, che l’AIA per le piattaforme off-shore e i terminali di rigassificazione è statale (quindi di competenza del Ministero dell'ambiente ai sensi dell’art. 7, comma 5, del Codice). La norma, come già sopra rilevato, va letta in combinato disposto con le lettere c) e g).

 

 

 


 

Articolo 25
(
Misure di semplificazione per le imprese agricole)

1. Al fine di semplificare e accelerare i procedimenti amministrativi per l'erogazione agli aventi diritto di aiuti o contributi previsti dalla normativa dell'Unione europea nell'ambito della Politica agricola comune, l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), per l'acquisizione delle informazioni necessarie, utilizza senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, secondo i protocolli standard previsti nel sistema pubblico di connettività, anche le banche dati informatiche dell'Agenzia delle entrate, dell'INPS e delle Camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura. Le modalità di applicazione delle misure di semplificazione previste dal presente comma sono definite con apposite convenzioni tra l'AGEA e le amministrazioni sopra indicate entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

2. I dati relativi alla azienda agricola contenuti nel fascicolo aziendale elettronico di cui all'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, e all'articolo 13, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, fanno fede nei confronti delle pubbliche amministrazioni per i rapporti che il titolare della azienda agricola instaura ed intrattiene con esse anche per il tramite dei Centri autorizzati di assistenza agricola di cui all’articolo 3-bis del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, e successive modificazioni, che ne curano la tenuta e l’aggiornamento. Le modalità operative per la consultazione del fascicolo aziendale elettronico da parte delle pubbliche amministrazioni sono definite con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

3. All'articolo 3, comma 5-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231, e' aggiunto il seguente periodo: "Gli organismi pagatori, al fine della compiuta attuazione del presente comma, predispongono e mettono a disposizione degli utenti le procedure, anche informatiche, e le circolari applicative correlate.".

 

 

L’articolo 25 dispone, da un lato, che diversi soggetti pubblici, custodi di informazioni organizzate in banche dati - segnatamente AGEA e organismi pagatori, Agenzia delle entrate, INPS, Camere di commercio - possano entrare in connessione tra loro, rendendo disponibili i dati in loro possesso, dall’altro, che i produttori agricoli possano avere accesso alle procedure informatiche degli organismi deputati al pagamento dei finanziamenti europei.

 

Il comma 1 prevede che l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), cui spetta il versamento del sostegno, possa acquisire le informazioni che le sono necessarie connettendosi alle banche dati dell’Agenzia delle entrate, INPS e Camere di commercio anche al fine di agevolare l’erogazione degli aiuti e dei contributi dovuti agli agricoltori in attuazione della PAC.

L’utilizzo da parte dell’Agenzia delle diverse banche dati dovrà avvenire secondo i protocolli standard previsti dal sistema pubblico di connettività, con le modalità operative che saranno definite da convenzioni tra AGEA e le diverse amministrazioni.

 

Il Sistema pubblico di connettività (SPC) è stato previsto dall’articolo 71, comma 1-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell'amministrazione digitale), in base al quale è stato adottato il DPCM 1 aprile 2008 (GU n. 144 /2008) che ha definito le regole tecniche e di sicurezza per il funzionamento del Sistema.

L'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) è stata istituita, in sostituzione della precedente AIMA, con D.Lgs. 27 maggio 1999, n. 165[157] che ne ha delineato le competenze.

Per quanto attiene alla realizzazione della politica europea l’Agenzia:

·       è l’organismo di coordinamento degli organismi pagatori regionali, ai quali è demandata la gestione degli aiuti derivanti dalla politica agricola comune (PAC). Nello svolgimento di tale funzione, all’Agenzia spetta di promuovere l’applicazione armonizzata della normativa europea, verificando la conformità e i tempi delle procedure istruttorie e di controllo seguite dagli organismi pagatori;

·       è il soggetto responsabile nei confronti dell’UE della realizzazione della PAC e degli interventi finanziati dal FEOGA[158], e pertanto ad essa compete la rendicontazione all’Unione Europea dei pagamenti effettuati da tutti gli organismi pagatori;

·       interinalmente, è essa stessa organismo pagatore, in attesa che tutte le regioni procedano alla istituzione di un proprio organismo regionale[159].

 

Il comma 2 stabilisce, per converso, che il fascicolo aziendale elettronico, tenuto da AGEA, sia accessibile da parte delle PP.AA, e che faccia fede per i rapporti che le stesse instaurano con il titolare dell’aziende agricola.

Le Commissioni I e X hanno approvato due identici emendamenti con i quali si specifica che l’utilizzo dei dati contenuti nel fascicolo aziendale da parte delle pubbliche amministrazioni è consentito anche nel caso in cui a curare la tenuta e l’aggiornamento dello stesso siano i Centri autorizzati di assistenza agricola.

Le modalità di consultazione saranno definite con un decreto del Mipaaf, da adottare entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto in commento, di concerto con quello per la pubblica amministrazione, sentita la conferenza Stato-regioni.

 

L’art. 3-bis del decreto legislativo n. 165 del 1999 disciplina le funzioni dei Centri autorizzati di assistenza agricola, prevedendo che gli organismi pagatori possono, con apposita convenzione, incaricare «Centri autorizzati di assistenza agricola» (CAA), ad effettuare, per conto dei propri utenti e sulla base di specifico mandato scritto, le seguenti attività:

a) tenere ed eventualmente conservare le scritture contabili;

b) assisterli nella elaborazione delle dichiarazioni di coltivazione e di produzione, delle domande di ammissione a benefìci comunitari, nazionali e regionali e controllare la regolarità formale delle dichiarazioni immettendone i relativi dati nel sistema informativo attraverso le procedure del SIAN;

c) interrogare le banche dati del SIAN ai fini della consultazione dello stato di ciascuna pratica relativa ai propri associati.

I Centri sono istituiti dalle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative, o da loro associazioni, da associazioni dei produttori e dei lavoratori, da associazioni di liberi professionisti e dagli enti di patronato e di assistenza professionale, che svolgono servizi analoghi, promossi dalle organizzazioni sindacali.

I Centri hanno, in particolare, la responsabilità della identificazione del produttore e dell'accertamento del titolo di conduzione dell'azienda, della corretta immissione dei dati, del rispetto per quanto di competenza delle disposizioni dei regolamenti (CE) n. 1287/95 e n. 1663/95, nonché la facoltà di accedere alle banche dati del SIAN, esclusivamente per il tramite di procedure di interscambio dati. La disponibilità dei dati relativi ai propri utenti che abbiano rilasciato delega espressa in tal senso non costituisce violazione di quanto disposto dalla legge 30 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni e integrazioni.

Il fascicolo aziendale, modello cartaceo ed elettronico preposto alla raccolta delle informazioni relative a ciascuna azienda agricola, è stato istituito, dapprima, in base al DPR 503/99 (articolo 9) e successivamente regolato dal decreto legislativo n. 99/2004 (articolo 13). Il fascicolo deve essere costituito per tutti i soggetti pubblici e privati, identificati dal Codice Fiscale (CUAA), esercenti attività agricola, agroalimentare o forestale, che intrattengano a qualsiasi titolo rapporti con la Pubblica Amministrazione centrale o regionale. Il fascicolo è gestito dalla società SIN (partecipata al 51% da AGEA) istituita nel 2005 con il compito di gestire e sviluppare il Sistema Informativo Agricolo Nazionale; fanno parte del patrimonio informativo della società anche il Registro Nazionale Titoli[160], nonché Sistema Informativo Territoriale (GIS), che include una banca dati grafica, comprensiva delle ortofoto di tutto il territorio nazionale.

 

Il comma 3 novella il D.L. 182/2005 che, con l’articolo 3 co. 5-quinquies, ha stabilito che le domande di aiuto presentate dai produttori agricoli per l'accesso al pagamento unico disaccoppiato[161] sono valide per richiedere gli stessi contributi europei anche per gli anni successivi a quello di presentazione, a condizione che non sia cambiato nessuno degli elementi delle domande previsti dalla normativa comunitaria. La novella richiede che, proprio per dare attuazione a tale previsione, gli organismi pagatori rendano accessibili ai produttori agricoli le proprie procedure informatiche e le correlate circolari applicative.

 

L’organismo pagatore, all’interno degli Stati membri dell’Unione Europea, svolge le funzioni di gestione, controllo e rendicontazione dei finanziamenti a favore del comparto agricolo che la Comunità assegna agli Stati membri nell’ambito delle politiche europee di sostegno all’agricoltura europea.

Nel 1999 (D.lgs. n. 165), fu assunta la decisione di decentrare le funzioni di organismo pagatore rimettendo a Regione e Province autonome l’istituzione di appositi servizi ed organismi. Solo in via transitoria, e in attesa della effettiva istituzione ed operatività degli organismi regionali e provinciali, le funzioni di organismo pagatore continuavano ad essere esercitate a livello nazionale da AGEA.

Al termine del 2010 risultavano costituiti sei Organismi pagatori regionali (Artea, Agrea, Avepa, Arcea, Arpea e Regione Lombardia), due per le provincie autonome di Trento e Bolzano e tre OP nazionali: AGEA (per le regioni che non hanno istituito un organismo pagatore e per tutte le funzioni non attribuite agli Organismi pagatori) Ente Risi (settore risicultura) e Saisa ( restituzioni alle esportazioni)[162].

L’attività svolta dagli OP (regolata dal Reg. CE n. 885/2006) si articola in tre fasi: autorizzazione dei pagamenti mediante determinazione dell'importo da pagare ai richiedenti; esecuzione dei pagamenti impartendo le istruzioni per il pagamento agli istituti "cassieri"; infine le operazioni di contabilizzazione, con la registrazione dei pagamenti eseguiti nei "libri contabili" e nella predisposizione di sintesi periodiche di spesa che consentano all’AGEA la consuntivazione alla Commissione.

 

 


 

Articolo 26
(Definizione di bosco e di arboricoltura da legno)

1. All'articolo 2 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3, lettera c), dopo le parole: "la continuità del bosco" sono aggiunte, in fine, le seguenti: "non identificabili come pascoli, prati e pascoli arborati";

b) al comma 6, dopo le parole: "i castagneti da frutto in attualità di coltura e gli impianti di frutticoltura e d'arboricoltura da legno di cui al comma 5" sono inserite le seguenti: "ivi comprese, le formazioni forestali di origine artificiale realizzate su terreni agricoli a seguito dell'adesione a misure agro ambientali promosse nell'ambito delle politiche di sviluppo rurale dell'Unione europea una volta scaduti i relativi vincoli, i terrazzamenti, i paesaggi agrari e pastorali di interesse storico coinvolti da processi di forestazione, naturale o artificiale, oggetto di recupero a fini produttivi" e, in fine, sono aggiunte le seguenti: "non identificabili come pascoli, prati o pascoli arborati o come tartufaie coltivate.".

 

 

L’articolo 26 rivede in senso restrittivo la definizione di bosco e di arboricoltura da legno in modo da escludere talune superfici dal regime vincolistico che si applica a tali territori. Tale misura è finalizzata, tra l’altro, a consentire il riutilizzo da parte degli agricoltori di quei territori che nel passato sono stati adibiti a bosco in seguito all’adozione di misure agro ambientali di carattere europeo finalizzate alla messa a riposo dei terreni.

 

L’articolo 2 del D.Lgs. 227/2001 chiarisce quale sia la definizione del bosco e dell’arboricoltura da legno nell’ordinamento nazionale.

Ai sensi del comma 6 pertanto, in assenza di diversa statuizione regionale, deve intendersi per bosco:

-      una estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati;

-      di larghezza media non inferiore a 20 metri;

-      con una copertura vegetale almeno pari al 20 per cento del territorio;

-      che abbia una copertura vegetale costituita da specie arboree naturali o artificiali (in presenza o meno di quelle arbustive), da castagneti, o da macchia mediterranea.

Ancora, rientrano nella definizioni di bosco:

-        i terreni coperti da querce sughere nei quali il numero delle sughere superi le 25 unità per ettaro. Sulla base dell’art. 12 della legge n. 759/56, alla quale si fa rinvio, nel bosco a sughera rientrano in ogni caso tutte le sugherete pure e miste di qualunque estensione.

Sono evidentemente esclusi dalla definizione di bosco i giardini sia privati che pubblici e le alberature stradali; e non rientrano nella definizione di bosco anche i castagneti da frutto in attualità di coltura, gli impianti di frutticoltura, e quelli di arboricoltura per la produzione di legno e biomassa.

Sono invece assimilate ai boschi le medesime superfici descritte alle lettere a) e c) del comma 3 e cioè:

a)         i fondi che, ancorché non coperti da vegetazione boschiva, siano gravati da un obbligo di rimboschimento a fini ambientali;

b)         le aree forestali che a causa dell’utilizzo del materiale di copertura o per eventi accidentali o avversità (inclusi gli incendi) siano temporaneamente prive di copertura vegetale;

c)         le radure, nonché qualunque superficie inferiore a 200 metri quadrati che interrompa la continuità di un bosco.

Qualunque territorio che rientri nelle definizioni di bosco sulla base dei parametri stabiliti dai commi 2 e 6 è assoggettato al regime vincolistico previsto dal D.Lgs. n. 490/1999 (T.U. sui beni culturali e ambientali, art. 146, co. 1 lett. g), ora sostituito dall’art. 142 del D.Lgs. 42/2004, lettera g)) e pertanto rientra tra i beni ambientali tutelati per legge in ragione del riconosciuto valore paesaggistico (così il comma 4).

 

Le modifiche apportate con l’articolo in esame sono volte a:

§      escludere dalle radure e da tutte le altre superfici d’estensione inferiore a 2000 mq che interrompono la continuità del bosco, assimilate al bosco dai co. 3 e 6 dell’art. 2 del D.Lgs. n.227/2001, quelle identificabili come pascoli, prati e pascoli arborati. Le Commissioni riunite I e X hanno approvato un emendamento che modifica il solo comma 6 aggiungendo le tartufaie coltivate tra le superfici escluse dall’assimilazione al bosco;

§      escludere dalla nozione di bosco:

-       le formazioni forestali di origine artificiale realizzate su terreni agricoli a seguito dell’adesione a misure agro ambientali promosse nell’ambito delle politiche di sviluppo rurale dell’Unione europea, una volta scaduti i relativi vincoli. Tali formazioni vengono, pertanto, assimilate agli impianti di frutticoltura e arboricoltura da legno;

-       i terrazzamenti;

-       i passaggi agrari e pastorali di interesse storico coinvolti da processi di forestazione, naturale o artificiale, oggetto di recupero a fini produttivi.

 

La politica di sviluppo rurale, cui partecipa anche il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) è disciplinata dal Regolamento CE 1698/2005 che ha abrogato il precedente reg. 1257/1999 ed ha introdotto anche per lo viluppo rurale un sistema di “condizionalità”, ovvero di riduzione del sostegno per il mancato rispetto di richieste ambientali. Il regolamento dispone che la politica di sviluppo rurale per il periodo 2007-2013 sia incentrata sui tre temi (o "assi tematici") seguenti: miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale; miglioramento dell'ambiente e dello spazio rurale; miglioramento della qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione dell'economia rurale. L’attuazione della politica comunitaria avviene con la elaborazione da parte di ogni stato membro di un piano strategico nazionale attuato mediante programmi di sviluppo rurale: PSR sono stati adottati dalle regioni e province autonome italiane.

In ordine alla modifica introdotta durante l’esame in sede referente, che esclude le superfici qualificabili come tartufaie coltivate dalla nozione di bosco, si ricorda che la raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo è disciplinata dalla legge 16 dicembre 1985 n. 752. Il provvedimento prevede all’art. 3 che la raccolta dei tartufi è libera nei boschi e nei terreni non coltivati e che hanno diritto di proprietà sui tartufi prodotti nelle tartufaie coltivate o controllate tutti coloro che le conducano; tale diritto di proprietà si estende a tutti i tartufi, di qualunque specie essi siano, purché vengano apposte apposite tabelle delimitanti le tartufaie stesse. Le tabelle devono essere poste ad almeno 2,50 metri di altezza dal suolo, lungo il confine del terreno, ad una distanza tale da essere visibili da ogni punto di accesso ed in modo che da ogni cartello sia visibile il precedente ed il successivo, con la scritta a stampatello ben visibile da terra: «Raccolta di tartufi riservata». Le regioni, su richiesta di coloro che ne hanno titolo, rilasciano le attestazioni di riconoscimento delle tartufaie controllate o coltivate. In materia la XIII Commissione Agricoltura sta esaminando due proposte di legge di riforma del settore (A.C. 1823 e 2132), di contenuto pressoché equivalente, prevedendo, in merito alle tartufaie coltivate, che le regioni definiscano la percentuale massima su base provinciale del territorio a produzione di tartufi che è possibile destinare alla raccolta riservata ed individuino le modalità per il controllo delle attestazioni di riconoscimento delle tartufaie coltivate o controllate, con particolare riferimento alla certificazione dell’impresa vivaistica relativa all’avvenuta micorizzazione.

 

 


Articolo 27
(
Esercizio dell’attività di vendita diretta)

1. All'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, il primo periodo è sostituito dal seguente:

"2. La vendita diretta dei prodotti agricoli in forma itinerante è soggetta a comunicazione al comune del luogo ove ha sede l'azienda di produzione e può essere effettuata a decorrere dalla data di invio della medesima comunicazione.".

 

 

L’articolo 27 interviene in materia di vendita diretta dei prodotti agricoli prevedendo, a parziale modifica della normativa in vigore (primo periodo del comma 2 dell’art. 4 del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228) che l’obbligo di comunicazione al comune non rivesta più carattere preventivo e che la vendita possa essere effettuata dalla data di invio della comunicazione e non più decorsi 30 giorni dal ricevimento della stessa.

 

Infatti, l’attuale articolo 4, comma 2, primo periodo del D.Lgs. 228/2001 (orientamento e modernizzazione del settore agricolo) prevede che la vendita diretta dei prodotti agricoli in forma itinerante è soggetta a previa comunicazione al comune del luogo ove ha sede l’azienda di produzione e può essere effettuata decorsi 30 giorni dal ricevimento della stessa comunicazione.

La vendita diretta rappresenta per l’agricoltore un modo per incrementare i margini di guadagno derivanti dalla sua attività, considerato che i prezzi dei prodotti agricoli subiscono un consistente rincaro lungo la filiera che vede i produttori interagire con la grande distribuzione fino ad arrivare al consumatore finale. I diversi passaggi determinano un forte aumento dei prezzi senza che il produttore iniziale ne benefici in alcun modo.

Per questi motivi da tempo sono sorte numerose iniziative collettive di vendite gestite direttamente dai produttori agricoli fino a quando con il decreto legislativo n. 228/2001 non si è ampliata (l’art. 1) la nozione di imprenditore agricolo, sostituendo l’originario articolo 2135 del codice civile; attualmente, quindi, si considerano connesse con l’attività di imprenditore agricolo “le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”.

L’articolo 4 del medesimo decreto ha poi definito le modalità di esercizio dell’attività di vendita dei prodotti agricoli, prevedendo:

-        che gli imprenditori agricoli possono vendere direttamente al dettaglio i prodotti dell’azienda purché siano osservate le disposizioni in materia di igiene e sanità (comma 1);

-        se la vendita avviene in forma itinerante, deve essere effettuata una previa comunicazione al comune del luogo ove ha sede l’azienda e la vendita può essere esercitata solo trascorsi 30 giorni dalla ricezione della stessa comunicazione (comma 2, primo periodo, oggetto di modifica);

-        nel caso di vendita esercitata su superfici all’aperto nell’ambito dell’azienda o in altre aree private non è richiesta la comunicazione di inizio di attività (comma 2, secondo periodo);

-        la comunicazione deve specificare i prodotti che si intendono vendere e le modalità con cui si vuole effettuare la commercializzazione, incluso il commercio elettronico (comma 3);

-        se la vendita avviene in forma non itinerante, la comunicazione deve essere indirizzata al sindaco del comune dove si vuole effettuare la vendita (comma 4);

-        la disciplina in esame si applica anche in caso di vendita di prodotti derivati, ottenuti a seguito di attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici (comma 5);

-        non possono esercitare l’attività di vendita diretta gli imprenditori agricoli che abbiano riportato condanne con sentenze passate in giudicato per delitti in materia di igiene e sanità o di frode nella preparazione degli alimenti nei cinque anni precedenti (comma 6);

-        alla vendita diretta dei prodotti agricoli non si applica il decreto legislativo n.114 del 1998, recante la disciplina del settore del commercio (comma 7);

-        qualora l’ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti non provenienti dalle rispettive aziende è superiore a 160.000 euro per gli imprenditori individuali o a 4 milioni di euro per le società si applica il D.Lgs. 114/1998 (comma 8)

Si ricorda, infine, che la XIII Commissione Agricoltura sta esaminando quattro proposte di legge in materia di prodotti agricoli provenienti dalla filiera corta (A.A.C.C. 1481, 2876, 3022 e 4544) e che nella seduta del 14 febbraio è stato deliberato di nominare un Comitato ristretto ai fini della predisposizione di un testo unificato delle stesse. Le proposte in esame intendono promuovere la domanda e l’offerta dei prodotti alimentari a chilometri zero provenienti da filiera corta, prevedendo, tra l’altro, che negli appalti pubblici sia previsto come criterio preferenziale l’utilizzo di tali prodotti, la riserva di specifiche aree nei mercati e all’interno delle strutture commerciali nonché l’istituzione del marchio “Chilometro zero”.

 

 


 

Articolo 28
(
Modifiche relative alla movimentazione aziendale dei rifiuti
e al deposito temporaneo
)

1. All'articolo 193 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il comma 9 è inserito il seguente:

«9-bis. La movimentazione dei rifiuti tra fondi appartenenti alla medesima azienda agricola, ancorché effettuata percorrendo la pubblica via, non è considerata trasporto ai fini del presente decreto qualora risulti comprovato da elementi oggettivi ed univoci che sia finalizzata unicamente al raggiungimento del luogo di messa a dimora dei rifiuti in deposito temporaneo e la distanza fra i fondi non sia superiore a dieci chilometri. Non è altresì considerata trasporto la movimentazione dei rifiuti effettuata dall'imprenditore agricolo di cui all'articolo 2135 del codice civile dai propri fondi al sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola di cui è socio, qualora sia finalizzata al raggiungimento del deposito temporaneo.».

2. All'articolo 183, comma 1, lettera bb), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo le parole: «nel luogo in cui gli stessi sono prodotti» sono inserite le seguenti: «o, per gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola di cui gli stessi sono soci».

 

 

Il comma 1 dell'articolo in esame inserisce un comma 9-bis all'art. 193 del D.Lgs. 152/2006 volto a specificare che taluni trasferimenti di rifiuti non devono essere considerati operazioni di “trasporto” ai fini dell’applicazione della disciplina di cui alla parte quarta del citato decreto. Si tratta in particolare delle seguenti operazioni:

§         movimentazione di rifiuti tra fondi appartenenti alla medesima azienda agricola distanti non più di 10 km, ancorché effettuata percorrendo la pubblica via, qualora risulti comprovato da elementi oggettivi ed univoci che sia finalizzata unicamente al raggiungimento del deposito temporaneo;

§         movimentazione di rifiuti effettuata dall'imprenditore agricolo di cui all'art. 2135 c.c. dai propri fondi al sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola di cui è socio, qualora sia finalizzata al raggiungimento del deposito temporaneo.

Si ricorda che ai sensi del citato art. 2135 c.c. è imprenditore agricolo “chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”[163].

 

Si ricorda che l’art. 193 del D.Lgs. 152/2006 (Codice ambientale) disciplina le operazioni di trasporto dei rifiuti prevedendo, per gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi e che non aderiscono su base volontaria al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), che i rifiuti debbano essere accompagnati da un formulario di identificazione. L’art. 190 prevede, inoltre, per i soggetti che non aderiscono al SISTRI, l’obbligo della tenuta di un registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti. Il comma 1-bis del medesimo articolo ha però escluso dall’obbligo di tenuta del citato registro "gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile che raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi di cui all'art. 212, comma 8, nonché le imprese e gli enti che, ai sensi dell'art. 212, comma 8, raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi di cui all'articolo 184, comma 3, lett. b)”.

 

La norma in questione dovrebbe consentire di semplificare le operazioni di movimentazione dei rifiuti agricoli in considerazione del fatto che sono frequenti i casi di fondi non contigui appartenenti alla medesima azienda.

 

Il comma 2 modifica la definizione di deposito temporaneo recata dall’art. 183, comma 1, lettera bb), del D.Lgs. 152/2006, al fine di renderla compatibile con la novella recata dal comma 1.

Si ricorda che ai sensi della citata lettera bb), il «deposito temporaneo» è il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle condizioni elencate dalla medesima lettera bb).

Il comma in esame integra il disposto citato al fine di chiarire che, nel caso degli imprenditori agricoli di cui all'art. 2135 c.c., il deposito temporaneo può avvenire non necessariamente nel luogo di produzione ma anche presso un sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola di cui gli stessi sono soci.

 


Articolo 29
(
Disposizioni a favore del settore bieticolo-saccarifero)

1. I progetti di riconversione del comparto bieticolo saccarifero, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, e successivamente approvati dal Comitato interministeriale istituito in base all'articolo 2, comma 1, del citato decreto-legge n. 2 del 2006, rivestono carattere di interesse nazionale anche ai fini della definizione e del perfezionamento dei processi autorizzativi e dell'effettiva entrata in esercizio.

2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Comitato interministeriale di cui al comma 1 dispone le norme idonee nel quadro delle competenze amministrative regionali atte a garantire l'esecutività dei progetti suddetti, nomina, nei casi di particolare necessità, ai sensi dell'articolo 20 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, un commissario ad acta per l'attuazione degli accordi definiti in sede regionale con coordinamento del Comitato interministeriale. Al Commissario non spettano compensi e ad eventuali rimborsi di spese si provvede nell'ambito delle risorse destinate alla realizzazione dei progetti.

 

 

L’articolo 29 dispone con il comma 1 che i progetti di riconversione del comparto bieticolo-saccarifero, realizzati ai sensi dell’articolo 2, comma 3, del D.L. n.2 del 2006, rivestono “carattere di interesse nazionale” anche ai fini della definizione e del perfezionamento dei processi autorizzativi e dell’effettiva entrata in esercizio.

 

Nel corso del 2006, con l’approvazione di un pacchetto di tre regolamenti, anche il settore dello zucchero, come in precedenza già disposto per altri, è stato toccato da una profonda riforma allo scopo di renderlo adeguato con gli impegni giuridici e politici assunti dall'Unione europea a livello internazionale.

Il regolamento n. 319/2006 ha previsto una specifica forma di aiuto, per un massimo di cinque anni consecutivi, destinata ad ammortizzare gli effetti del processo di ristrutturazione negli Stati membri che hanno rinunciato ad almeno il 50% della propria quota produttiva: in tali Stati è concesso un aiuto temporaneo nazionale ai produttori di barbabietole da zucchero rimasti attivi[164]. Il quinquennio di validità dell’aiuto decorre dall’anno in cui è stata raggiunta la riduzione del 50%, ma può essere erogato al più tardi nella campagna di commercializzazione 2013/2014.

L’Italia ha posto in atto un processo di ristrutturazione concordato in sede di tavolo di filiera bieticolo-saccarifera, e formalizzato nell’accordo sottoscritto in data 8 febbraio 2006[165]. Con tale accordo sono stati definiti gli impegni alla riconversione degli stabilimenti e si è giunti alla dimissione di 15 dei precedenti 19 impianti attivi, con una riduzione della produzione nazionale del 70%.

Per consentire la riconversione degli stabilimenti, in gran parte rivolti alla produzione di energia, l’articolo 2 del D.L. n. 2/2006[166] ha fondamentalmente disposto:

-        la istituzione di un Comitato interministeriale, allargato a tre presidenti regionali, con il compito di approvare (entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, ossia entro il 26 febbraio 2006) il Piano per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera, di coordinare le misure comunitarie e nazionali previste per la riconversione del settore e di formulare direttive per l’approvazione dei progetti di riconversione (commi 1 e 2)[167];

-        la presentazione (entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, ossia entro il 13 marzo 2006), da parte delle imprese saccarifere, di progetti di riconversione, soggetti all’approvazione del Ministero delle politiche agricole e forestali (comma 3).

Il Comitato, istituito con DPCM del 30 ottobre 2006, ha approvato 13 progetti di riconversione nella propria riunione del 19/3/2008; ma già nel 2009 (verbale del 9/9) il Comitato, prendendo atto che 7 progetti avevano problemi di attuazione, dichiarava i progetti di riconversione di interesse nazionale, e prendeva altresì in considerazione l’ipotesi di un commissariamento dei progetti con problemi di realizzazione. L’ipotesi di attribuire poteri commissariali ai Presidenti delle regioni, che consentano di adottare misure atte a garantire la tempestiva approvazione dei progetti, viene ribadita nella seduta del 12/10/2011.

 

Il comma 2 prevede che, entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto in commento, il Comitato interministeriale disponga le norme idonee a garantire l’esecutività dei progetti di conversione, e possa nominare un Commissario ad acta secondo quanto stabilito all’articolo 20 del D.L. n. 185/2008, che ha definito norme straordinarie per la velocizzazione delle procedure esecutive di progetti facenti parte del quadro strategico nazionale.

 

L’articolo 20 del decreto legge n. 185 con i commi 2-6 ha delineato una figura di commissario straordinario con il compito di vigilare su tutte le fasi dei procedimenti, con poteri di impulso e anche sostitutivi, al fine di accelerare le procedure di realizzazione dell’investimento. Il comma 3 attribuisce al commissario straordinario delegato una serie di funzioni di indirizzo e coordinamento per la realizzazione dell’investimento che si sostanziano nelle seguenti fattispecie:

-        monitorare l'adozione degli atti e dei provvedimenti necessari per l'esecuzione dell'investimento;

-        vigilare sull'espletamento delle procedure realizzative e su quelle autorizzative, sulla stipula dei contratti e sulla cura delle attività occorrenti al finanziamento, utilizzando le risorse disponibili assegnate a tale fine;

-        esercitare ogni potere di impulso, attraverso il più ampio coinvolgimento degli enti e dei soggetti coinvolti, per assicurare il coordinamento degli stessi ed il rispetto dei tempi. A tal fine ha facoltà di chiedere agli enti coinvolti qualsiasi documento utile per l'esercizio dei propri compiti.

 


 

Articolo 30
(Misure di semplificazione in materia di ricerca internazionale
e di ricerca industriale)

1. Al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2, dopo il comma 3, sono aggiunti i seguenti:

"3-bis. Ai fini della semplificazione dei rapporti istruttori e di gestione dei progetti di ricerca, per ciascun progetto i partecipanti possono individuare tra di loro un soggetto capofila. Il ricorso a tale soluzione organizzativa è incentivato secondo modalità e criteri fissati ai sensi dell'articolo 6, comma 2. Il soggetto capofila assolve i seguenti compiti:

a) rappresenta le imprese ed enti partecipanti nei rapporti con l'amministrazione che concede le agevolazioni, anche ai fini dell'avvalimento e della garanzia dei requisiti;

b) ai fini dell'accesso alle agevolazioni, presenta in nome proprio e per conto delle altre imprese ed enti partecipanti, la proposta o progetto di ricerca e le eventuali variazioni degli stessi;

c) richiede, in nome proprio e per conto delle imprese ed enti che realizzano i progetti e gli interventi, le erogazioni per stato di avanzamento, attestando la regolare esecuzione dei progetti e degli investimenti stessi nonché delle eventuali variazioni;

d) effettua il monitoraggio periodico sullo svolgimento del programma.

3-ter. E' consentita la variazione non rilevante dei progetti di ricerca industriale, in termini soggettivi nel limite del venti per cento dei soggetti che rappresentano il raggruppamento proponente, in qualsiasi forma giuridica organizzato e fatto salvo il minimo di uno, oppure in termini oggettivi di rappresentanza partecipativa fino al limite del venti per cento del valore del progetto, in fase di valutazione preventiva degli stessi ai fini dell'ammissione al finanziamento, nel caso in cui altri soggetti partecipanti alla compagine dimostrino di poter surrogare il soggetto rinunciatario o escluso per motivazioni di carattere economico-finanziario senza alterare la qualità e il valore del progetto, garantendo il raggiungimento degli obiettivi dichiarati.

3-quater. Nella fase attuativa del progetto, il comitato tecnico-scientifico di cui all'articolo 7 può valutare la rimodulazione del progetto medesimo per variazioni rilevanti, superiori al predetto limite del venti per cento e non eccedenti il cinquanta per cento, in caso di sussistenza di motivazioni tecnico-scientifiche o economico-finanziarie di carattere straordinario.

3-quinquies. Sulle richieste di rimodulazione di elementi o contenuti progettuali di secondaria entità, non rientranti nelle ipotesi di cui ai commi 3-ter e 3-quater, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca provvede direttamente, acquisito il parere dell'esperto incaricato nei casi più complessi.

3-sexies. La domanda di rimodulazione del progetto, nel caso di indicazione di sostituzione nelle attività facenti capo al soggetto rinunciatario o escluso, e' presentata dai partecipanti o dal soggetto capofila entro trenta giorni dall'accertamento formale, da parte del Ministero, della rinuncia o esclusione per motivazioni di carattere economico-finanziario.

3-septies. Sono inoltre considerati soggetti ammissibili i soggetti individuati come tali dai regolamenti comunitari, relativamente alle attività svolte nel quadro di programmi dell'Unione europea o di accordi internazionali.

3-octies. Le variazioni del progetto senza aumento di spesa approvate in ambito comunitario o internazionale sono automaticamente recepite in ambito nazionale.";

b) all'articolo 3, comma 1, lettera a), numero 2), sono inserite, in fine, le seguenti parole:", nonché sulla base di progetti cofinanziati dall'Unione europea a seguito di bandi internazionali di ricerca industriale";

c) all'articolo 6:

1) al comma 2, dopo le parole: "spese ammissibili," sono inserite le seguenti: "ivi comprese, con riferimento ai progetti svolti nel quadro di programmi dell'Unione europea o di accordi internazionali, quelle per la disseminazione dei risultati ottenuti e per il coordinamento generale del progetto,";

2) al comma 4 è aggiunto in fine il seguente periodo: "Una quota non inferiore al 15 per cento delle disponibilità complessive del Fondo agevolazioni ricerca e' comunque destinata al finanziamento degli interventi svolti nel quadro di programmi dell'Unione europea o di accordi internazionali.";

d) all'articolo 7, dopo il comma 4, sono aggiunti i seguenti:

"4-bis. La valutazione ex ante degli aspetti tecnico-scientifici dei progetti o programmi presentati di cui al comma 1 e il parere di cui al comma 2 non sono richiesti per i progetti già selezionati nel quadro di programmi dell'Unione europea o di accordi internazionali cofinanziati anche dalla stessa a seguito di bandi internazionali di ricerca. I progetti sono ammessi al finanziamento fino alla concorrenza delle risorse disponibili nell'ambito del riparto del Fondo agevolazioni ricerca.

4-ter. Al fine di accelerare l'iter di valutazione dei progetti di ricerca industriale presentati ai sensi del presente decreto legislativo e di snellire le procedure di controllo e di spesa, le imprese industriali, anche nelle forme associate di cui all'articolo 4, possono, in alternativa alle procedure ordinarie e con oneri a proprio carico, verificare e attestare il possesso dei requisiti di affidabilità economico-finanziaria, ovvero la regolare rendicontazione amministrativo-contabile delle attività svolte, attraverso una relazione tecnica e un'attestazione di merito rilasciata in forma giurata e sotto esplicita dichiarazione di responsabilità da soggetti iscritti nel registro dei revisori legali di cui all'articolo 1, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39. Su tali relazioni e attestazioni sono effettuate verifiche a campione.

4-quater. Al fine di favorire la realizzazione di progetti e attività di ricerca, in un'ottica di merito di progetto, in caso di insufficiente possesso dei previsti requisiti economico-finanziari da parte delle imprese proponenti, l’ammissione alle agevolazioni è comunque possibile sulla base della produzione di una polizza di garanzia a copertura dell'intero ammontare dell'agevolazione e di specifici accordi con una o più imprese utilizzatrici finali dei risultati del progetto ovvero nelle forme dell'avvalimento concesso da altro soggetto partecipante alla compagine in possesso dei necessari requisiti. In tal caso, la certificazione della rispondenza deve riguardare le sole imprese indicate per lo sfruttamento industriale dei risultati della ricerca.

4-quinquies. Nell'ipotesi di cui al comma 4-quater, la relazione tecnica contiene una compiuta analisi delle principali caratteristiche del progetto, con specifici approfondimenti dedicati alle prospettive industriali dello stesso e degli accordi stipulati tra il soggetto proponente e gli utilizzatori finali del risultato della ricerca.

4-sexies. Nelle procedure in cui la concessione degli incentivi è anche subordinata al positivo esito di sopralluoghi presso il soggetto richiedente, detto adempimento può avvenire nella fase successiva all'ammissione alle agevolazioni, ed ai fini della procedura valutativa l'amministrazione si avvale delle sole risultanze documentali, nel caso in cui le erogazioni siano coperte da polizza di garanzia. L'esito negativo di tali verifiche successive assume natura di condizione risolutiva del rapporto e di revoca dell'agevolazione, con recupero del finanziamento concesso.

4-septies. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono definite modalità di attuazione degli interventi previsti nel presente articolo.".

 

 

L’articolo 30 introduce misure di semplificazione al D.Lgs. n. 297/1999 in materia di riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica.

In particolare, l’articolo 2 del decreto citato individua i soggetti ammessi agli interventi di sostegno alla ricerca industriale, alla connessa formazione e alla diffusione delle tecnologie derivanti dalle medesime attività.

 

La lettera a) dell’articolo 30 in commento novella il citato articolo 2, aggiungendo sette nuovi commi dopo il comma 3, per facilitare i rapporti istruttori e di gestione dei progetti di ricerca. I partecipanti a ciascun progetto possono individuare tra di loro un soggetto capofila, che svolge compiti di: rappresentanza di imprese ed enti partecipanti nei rapporti con l'amministrazione che concede le agevolazioni; presentazione della proposta o progetto di ricerca; richiesta delle erogazioni per stato di avanzamento, attestando la regolare esecuzione dei progetti; monitoraggio periodico sullo svolgimento del programma (comma 3-bis).

Si consente la variazione dei progetti in termini soggettivi ed oggettivi, nel limite del venti per cento, rispettivamente, dei soggetti partecipanti e del valore del progetto, salva la qualità del progetto e il raggiungimento degli obiettivi (comma 3-ter).

Il comitato tecnico-scientifico previsto dall'articolo 7 del medesimo D.Lgs. 297/1999, può valutare la rimodulazione del progetto per variazioni superiori al citato limite del venti per cento e non eccedenti il cinquanta per cento, per motivi straordinari di carattere tecnico-scientifico o economico-finanziari (comma 3-quater). Per la rimodulazione di altri elementi di secondaria entità, provvede direttamente il Ministero dell'istruzione, acquisito il parere dell'esperto incaricato nei casi più complessi (comma 3-quinquies).

I tre commi successivi disciplinano i termini di presentazione della domanda di rimodulazione del progetto al Ministero; i soggetti ammissibili in quanto riconosciuti dai regolamenti comunitari per le attività svolte nel quadro dei programmi dell’UE o di accordi internazionali; l’automatica recezione nazionale delle variazioni di progetto approvate in ambito comunitario o internazionale.

 

La lettera b) dell’articolo 30 novella l’articolo 3 del D.Lgs. 297/1999 citato, in materia di attività finanziabili, estendendo il finanziamento alle attività svolte sulla base di progetti cofinanziati dall'Unione europea a seguito di bandi internazionali di ricerca industriale.

 

La lettera c) novella, invece, l’articolo 6 del decreto più volte citato, relativo alle modalità di attuazione, prevedendo che tra le spese ammissibili, da definire con decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'università, siano comprese, con riferimento ai progetti svolti nel quadro dei programmi dell'Unione europea o di accordi internazionali, quelle per la disseminazione dei risultati ottenuti e per il coordinamento generale del progetto. Si prevede, inoltre, che una quota non inferiore al 15 per cento delle disponibilità complessive del Fondo agevolazioni ricerca sia destinata al finanziamento degli interventi svolti nel quadro di programmi dell'Unione europea o di accordi internazionali.

 

La lettera d), infine, novella l’articolo 7, relativo a servizi e consulenza, aggiungendo sei nuovi commi dopo il comma 4.

Sono esclusi dalla valutazione ex ante degli aspetti tecnico-scientifici e dal parere del Comitato tecnico scientifico i progetti già selezionati nell’ambito dei programmi dell'Unione europea o di accordi internazionali, e sono ammessi al finanziamento fino alla concorrenza delle risorse disponibili nell'ambito del riparto del Fondo agevolazioni ricerca (comma 4-bis).

 

Per un approfondimento sui programmi dell’Unione europea, si rinvia al commento al successivo articolo 32.

 

Per velocizzare l'iter dì valutazione dei progetti di ricerca industriale, le imprese, in alternativa alle procedure ordinarie e con oneri a proprio carico, possono verificare e attestare il possesso dei requisiti di affidabilità economico-finanziaria o la regolare rendicontazione amministrativo-contabile delle attività svolte, con una relazione tecnica e un'attestazione di merito rilasciata in forma giurata e sotto esplicita dichiarazione di responsabilità da soggetti iscritti nel registro dei revisori legali di cui al D.Lgs. n. 39/2010 (comma 4-ter).

Per favorire la realizzazione di progetti e attività di ricerca, quando le imprese proponenti siano carenti dei requisiti economico-finanziari, è ugualmente possibile l’accesso alle agevolazioni a condizione che: venga prodotta una polizza di garanzia a copertura dell'intero ammontare dell'agevolazione; vi siano specifici accordi con una o più imprese utilizzatrici finali dei risultati del progetto. O, ancora, nelle forme dell'avvalimento, concesso da altro soggetto partecipante al gruppo, in possesso dei necessari requisiti (comma 4-quater). In questo caso la relazione tecnica dovrà contenere una compiuta analisi delle principali caratteristiche del progetto, con specifici approfondimenti dedicati alle prospettive industriali dello stesso e degli accordi stipulati tra il soggetto proponente e gli utilizzatori finali del risultato della ricerca (comma 4-quinquies).

Se la concessione degli incentivi è subordinata allo svolgimento di sopralluoghi presso il soggetto richiedente, possono aver luogo dopo l’ammissione alle agevolazioni, essendo sufficienti le sole risultanze documentali e una copertura assicurativa. L’esito negativo del sopralluogo comporterà la risoluzione del rapporto e la revoca dell’agevolazione (comma 4-sexies).

Il comma 4-septies attribuisce ad un decreto del Ministro dell'istruzione e dell'università le modalità di attuazione degli interventi.

 


 

Articolo 31
(
Misure di semplificazione in materia di ricerca di base)

1. Nelle more del riordino del sistema di valutazione, al fine di assicurare la semplificazione e l'accelerazione delle procedure di gestione dei progetti di ricerca di base, le verifiche scientifiche, amministrative e contabili relative ai risultati e alle attività dei progetti sono effettuate esclusivamente al termine degli stessi. Il costo delle valutazioni scientifiche ex post grava per intero sui fondi destinati al finanziamento dei progetti, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 21, comma 3, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.

2. I commi 313, 314 e 315 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono abrogati.

3. All'articolo 20, comma 1, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, il periodo da "Restano ferme le norme" fino alla fine del comma è sostituito dal seguente: "Una percentuale del dieci per cento del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST), di cui all'articolo 1 comma 870, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è destinata a interventi in favore di ricercatori di età inferiore a 40 anni, secondo procedure stabilite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.".

 

 

L’articolo 31 dispone alcune misure di semplificazione delle procedure di verifica relative alla ricerca di base. Conferma, inoltre, la destinazione del 10% del FIRST a giovani ricercatori, innovando, però, la procedura.

Ulteriori misure di semplificazione in materia di ricerca sono recate dall’art. 32 nonché, con riferimento alla ricerca applicata, dall’art. 30.

 

Al primo obiettivo è dedicato il comma 1 che dispone che, nelle more del riordino del sistema di valutazione, le verifiche scientifiche, amministrative e contabili relative ai risultati e alle attività dei progetti di ricerca di base sono effettuate esclusivamente al termine dei progetti stessi, al fine di accelerare le procedure di gestione. Il costo delle valutazioni scientifiche ex post grava interamente sui fondi destinati al finanziamento dei progetti. Al riguardo viene richiamato il rispetto dell’art. 21, comma 3, della L. 240/2010 (che, tuttavia, come meglio si vedrà infra, fa riferimento alla valutazione “preliminare”).

 

Per la ricerca di base occorre fare riferimento al Fondo per gli investimenti della ricerca di base (FIRB) e ai Progetti di ricerca di interesse nazionale delle università (PRIN). In estrema sintesi, la differenza fra i due strumenti è che, mentre nel caso dei progetti FIRB le tematiche o le esigenze sono individuate dal MIUR, nel caso dei progetti PRIN la ricerca è libera, cioè trae origine dalle indicazioni e dalle proposte degli stessi ricercatori e viene svolta, quindi, senza un obiettivo preordinato[168].

 

Il FIRB, di cui all’art. 104 della L. n. 388 del 2000, è stato istituito presso il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, a decorrere dall'esercizio 2001, al fine di favorire l'accrescimento delle competenze scientifiche del Paese e di potenziarne la capacità competitiva a livello internazionale. Esso finanzia, in particolare: progetti di potenziamento delle grandi infrastrutture di ricerca pubbliche o pubblico-private; progetti di ricerca di base di alto contenuto scientifico o tecnologico, anche a valenza internazionale, proposti da università, istituzioni pubbliche e private di ricerca, gruppi di ricercatori delle stesse strutture; progetti strategici di sviluppo di tecnologie pervasive e multisettoriali; costituzione, potenziamento e messa in rete di centri di alta qualificazione scientifica, pubblici o privati, anche su scala internazionale.

I criteri e le modalità procedurali per l’assegnazione delle risorse finanziarie del Fondo sono stati definiti prima con il DM 8 marzo 2001 e, poi, con il DM 26 marzo 2004.

In particolare, in base al DM citato, ai fini del FIRB, le attività di ricerca di base sono definite come attività che mirano all'ampliamento delle conoscenze scientifiche e tecniche non connesse a specifici ed immediati obiettivi industriali o commerciali (art. 1, co. 5).

Gli interventi di sostegno sono deliberati dal MIUR sulla base di proposte progettuali presentate da università, enti di ricerca, altri soggetti, con personalità giuridica, pubblici o privati, che, per prioritarie finalità statutarie, sono impegnati nello svolgimento, senza fini di lucro, di attività di ricerca scientifica-tecnologica. Per particolari progetti sono ammesse anche proposte di fondazioni di diritto privato che, per prioritarie finalità statutarie, sono impegnate nella promozione di attività di ricerca. I soggetti citati possono presentare proposte anche congiuntamente con imprese industriali produttrici di beni e/o di servizi, subordinatamente al rispetto di alcune condizioni inerenti i diritti di proprietà intellettuale sui risultati (art. 2).

Ai sensi dell’art. 3, il MIUR cura l'istruttoria dei progetti avvalendosi di una Commissione che, per gli aspetti di natura tecnico-scientifica delle iniziative, acquisisce il parere, con onere a carico del FIRB, di esperti, anche internazionali, all'uopo nominati dal MIUR[169] (al riguardo si veda, però, infra, quanto ha disposto la L. 240/2010).

Gli interventi del FIRB a sostegno dei progetti giudicati finanziabili sono concessi nella forma del contributo alla spesa e nella misura del 70% del relativo costo (art. 4, co. 1).

Le modalità procedurali di intervento si differenziano a seconda della tipologia del progetto. Nel caso di progetti di ricerca di base di alto contenuto scientifico/ tecnologico, ovvero di progetti strategici di sviluppo di tecnologie, il MIUR con proprio decreto invita università ed enti di ricerca a presentare gli stessi: il decreto di ammissione al finanziamento è predisposto in esito al superamento di una selezione effettuata in forma comparata e l’importo stabilito può essere anticipato fino alla quota del 30%; nel caso di progetti di potenziamento delle infrastrutture di ricerca private ovvero di costituzione, potenziamento e messa in rete di centri di alta qualificazione scientifica, si procede con modalità negoziale: pertanto, il MIUR sottoscrive con i soggetti interessati accordi nei quali si specificano costi e durata dei progetti, nonché modalità di erogazione, monitoraggio e controllo dei risultati (artt. 5-7).

Le modalità relative alle verifiche tecnico-scientifiche e/o amministrativo contabili in itinere e/o finali sono state disciplinate con circolare 8 luglio 2005, Prot. 1106[170] [171].

 

I Programmi di ricerca di rilevante interesse nazionale prevedono proposte di ricerca libere e autonome, nell’ambito delle 14 aree disciplinari di cui al DM n. 175 del 4 ottobre 2000[172]. Il MIUR cofinanzia ogni anno gli stessi, attraverso la pubblicazione di un bando a ricerca libera.

Il decreto ministeriale 12 gennaio 2012 - attualmente all’esame della Corte dei conti[173] - ha fissato le procedure per il finanziamento dei PRIN 2010-2011, introducendo alcune novità rispetto agli anni precedenti, anche sulla base delle novità derivanti dalla L. 240/2010.

Si ricorda, infatti, che l’art. 20 della L. 240/2010 ha disposto la sperimentazione triennale della tecnica di valutazione fra pari per la selezione dei progetti di ricerca finanziati a carico del Fondo sanitario nazionale e del Fondo per gli investimenti scientifici e tecnologici (FIRST), nel quale ultimo dovevano confluire, in base all’art. 1, co. 870, della L. 296/2006, le risorse FIRB e PRIN (si veda, più ampiamente, la scheda di lettura relativa all’art. 32 del decreto in esame). L’art. 20 prevede l’intervento di un DPCM (che doveva essere emanato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge) per disciplinare l’applicazione della tecnica e dispone che la valutazione deve essere svolta da comitati composti per almeno un terzo da studiosi operanti all’estero e nominati dal Comitato nazionale dei garanti (CNGR) istituito dall’art. 21. Il CNGR subentra alla Commissione istituita per la valutazione delle domande di accesso al FIRB e alla Commissione di garanzia prevista per la selezione dei PRIN (cioè, alle commissioni istituite per la valutazione “ex ante”)[174]. Al momento il CNGR non risulta costituito (sull’argomento, si veda anche quanto dispone l’art. 49 del decreto in esame).

In base all’art. 1 del DM 12 gennaio 2012, oggetto del bando è il rafforzamento delle basi scientifiche nazionali, anche in vista di una più efficace partecipazione alle iniziative europee relative ai Programmi Quadro dell'Unione Europea.

L’art. 2 prevede che la procedura di selezione delle proposte è curata sia dalle singole università – che, ai sensi dell’art. 5, operano (per la prima volta) una preselezione avvalendosi dell’opera di revisori anonimi, secondo il criterio della peer review - sia (in una fase successiva) dal Ministero; quest’ultimo opera non più attraverso la Commissione di garanzia, bensì mediante quattordici Comitati di Selezione (CdS) - uno per ogni area disciplinare - nominati con decreto direttoriale, previa designazione dei componenti da parte del CNGR, ai quali, ai sensi dell’art. 6, è affidata la valutazione scientifica dei progetti.

L’art. 3 dispone che il programma PRIN si prefigge di finanziare progetti che per complessità e natura richiedono di norma la collaborazione di più studiosi e di più organismi di ricerca, nazionali o internazionali, e le cui esigenze di finanziamento eccedono la normale disponibilità delle singole istituzioni, riconoscendo priorità, in termini di premialità valutativa, ai progetti che prevedano collaborazioni internazionali, fermo restando il divieto dell'utilizzo di fondi PRIN per la corresponsione di compensi a studiosi o ad organismi di ricerca stranieri, e che si riconducano agli obiettivi di Horizon 2020[175]. Dispone, altresì che i PRIN hanno durata triennale.

Ai sensi dell’art. 7, co. 3, per ogni progetto ammesso a finanziamento, e per ogni unità operativa ad esso partecipante, il MIUR garantisce un finanziamento pari al 70% dei costi riconosciuti congrui da ogni CdS.

La gestione e la rendicontazione dei progetti è disciplinata nell’art. 8. In particolare, la rendicontazione è effettuata dai Responsabili di unità e dal Coordinatore scientifico, nel rispetto del "criterio di cassa", entro 60 giorni dalla conclusione del progetto. Il Ministero procede a verifiche a campione delle rendicontazioni.

Ai sensi dell’art. 9, entro 90 giorni dalla conclusione del progetto, il Coordinatore scientifico redige una relazione scientifica conclusiva sullo svolgimento delle attività e sui risultati di ricerca ottenuti e la trasmette al Ministero. Lo stesso articolo dispone che la valutazione ex-post dei prodotti delle ricerche è di competenza dell’ANVUR, che la eserciterà secondo tempi, forme e modalità da essa stessa determinati.

L’art. 10, infine, dispone che il MIUR cofinanzia i PRIN nel limite massimo complessivo di € 175.462.100,00, al lordo della quota per il funzionamento del CNGR e dei CdS.

Al riguardo si ricorda che l’art. 21, co. 3, della L. 240/2010, richiamata nel comma 1 in commento, ha disposto che la spesa per il funzionamento del CNGR e per i compensi relativi alle procedure di selezione e valutazione dei progetti di ricerca è compresa nell’ambito dei fondi riguardanti il finanziamento dei progetti di ricerca, per un importo non superiore al 3% dei predetti fondi[176].

 

Il comma 2 dispone l’abrogazione dei commi 313, 314 e 315 dell’articolo 2 della legge finanziaria 2008 (L. 244/2007), riguardanti i progetti di ricerca dei giovani ricercatori.

La relazione tecnica evidenzia che la disposizione semplifica le procedure di valutazione dei progetti finanziati dal FIRST, sopprimendo il comitato di cui al co. 313 dell’art. 2 della L. 244/2007, per il funzionamento del quale era previsto un onere quantificato nel limite massimo di 100.000 euro annui. Tale minore spesa a regime dal 2012 fronteggia la corrispondente riduzione delle accise, conseguente al venir meno, per effetto della soppressione del co. 315, dell’incremento annuo per pari importo delle aliquote di base di cui all’art. 5 della L. 76/1985, per il calcolo dell’imposta sui tabacchi lavorati destinati alla vendita al pubblico nel territorio soggetto a monopolio.

 

Si segnala che, a seguito delle abrogazioni disposte, occorrerebbe sopprimere anche il co. 2 dell’art. 20 della L. 240/2010, che ha disposto una novella al co. 313 dell’art. 2 della L. 244/2007 (si veda infra).

 

L’art. 2, co. 313, della L. 244/2007 ha previsto che, a decorrere dal 2008, una quota non inferiore al 10% dello stanziamento complessivo del FIRST è destinata ai progetti di ricerca di base presentati da ricercatori di età inferiore ai quaranta anni operanti a qualunque titolo in attività di ricerca e previamente valutati, secondo il metodo della valutazione tra pari, da un comitato. Il comitato è composto da ricercatori, di nazionalità italiana o straniera, di età inferiore ai quaranta anni (L’art. 20, co. 2, della L. 240/2010 ha disposto che i membri del comitato devono essere “in maggioranza” di età inferiore a 40 anni) e riconosciuti di livello eccellente sulla base di indici bibliometrici, quali l’impact factor ed il citation index, nonchè operanti presso istituzioni ed enti di ricerca, almeno per la metà non italiani, che svolgono attività nei settori disciplinari relativi alla ricerca scientifica e tecnologica.

Il co. 314 ha demandato l’attuazione delle disposizioni recate dal co. 313 ad un decreto del Ministro dell’università e della ricerca - che non risulta intervenuto - mentre il co. 315 ha quantificato l’onere derivante dall’istituzione e dal funzionamento del comitato di cui al co. 313 nel limite massimo di 100.000 euro annui, stabilendo che alla sua  copertura si provvede mediante incremento delle aliquote di base per il calcolo dell’imposta sui tabacchi lavorati destinati alla vendita al pubblico nel territorio soggetto a monopolio[177].

 

Il comma 3 sostituisce il secondo e il terzo periodo dell’art. 20, co. 1, della L. 240/2010 disponendo che una percentuale del 10% del FIRST è destinata ad interventi in favore di ricercatori di età inferiore a 40 anni, secondo procedure stabilite con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca (per la cui emanazione non è indicato un termine).

In base alla relazione tecnica, in tal modo si prevede “una procedura per la valutazione dei medesimi più efficiente del precedente iter, maggiormente complicato e oneroso”.

 

Come si è visto, dunque, i commi 2 e 3 sono fra loro collegati. Infatti, con la modifica disposta dal comma 3, si rimette ad un decreto ministeriale la definizione delle procedure per l’attribuzione a progetti di giovani ricercatori di una percentuale del FIRST che resta invariata rispetto alle disposizioni finora vigenti, abrogate dal comma 2.

A seguito di questa modifica, scompare l’altro riferimento contenuto nel secondo periodo del comma 1 dell’art. 20 della L. 240/2010, in base al quale restavano ferme le disposizioni relative ai progetti di ricerca sanitaria presentati da ricercatori di età inferiore a 40 anni (di cui all’art. 1, co. 814 e 815, della L. 296/2006). In ogni caso, essendo le stesse contenute in disposizioni specifiche, che non sono oggetto di modifica, la situazione non dovrebbe variare.

Al contempo, scompare la previsione di far salvi, nel rispetto, ove possibile, della tecnica di valutazione fra pari, i vincoli già previsti di destinazione di quote dei suddetti stanziamenti (anche di quelli di relativi ai progetti di ricerca sanitaria) in favore di determinati settori, ambiti di soggetti o finalità.

 


 

Articolo 31-bis
(Scuola sperimentale di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute - GSSI)

1. Al fine di rilanciare lo sviluppo dei territori terremotati dell'Abruzzo mediante la ricostituzione e il rafforzamento delle capacità del sistema didattico, scientifico e produttivo e di realizzare un polo di eccellenza internazionale grazie alla valorizzazione di competenze e strutture altamente specialistiche già esistenti nel territorio, nonché di favorire l'attrazione di risorse di alto livello prevalentemente nel campo delle scienze di base, è istituita la Scuola sperimentale di dottorato internazionale denominata Gran Sasso Science Institute (GSSI).

2. La scuola ha come soggetto attivatore l'Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) e opera in via sperimentale per un triennio a decorrere dall'anno accademico 2013-2014. L'INFN, sulla base delle risultanze del lavoro del comitato ordinatore di cui al comma 4, coinvolge università e ove necessario altri enti di ricerca. 

3. La scuola ha l'obiettivo di attrarre competenze specialistiche di alto livello nel campo delle scienze di base e dell'intermediazione tra ricerca e impresa (fisica, matematica e informatica, gestione dell'innovazione e dello sviluppo territoriale) attraverso attività didattica post-laurea, e di formare ricercatori altamente qualificati. A tal fine, la scuola attiva, ai sensi e per gli effetti della vigente normativa in materia, secondo quanto previsto dalla legge 3 luglio 1998, n. 210, come da ultimo modificata dalla legge 30 dicembre 2010, n. 240, corsi di dottorato di ricerca, con particolare riguardo alla dimensione internazionale e al rapporto con le imprese ad alto contenuto scientifico e tecnologico, e cura altresì attività di formazione post-dottorato. 

4. Il piano strategico, che individua le istituzioni universitarie da coinvolgere, lo statuto e i regolamenti della scuola sono elaborati in fase di costituzione da un comitato ordinatore e approvati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Il comitato ordinatore, nominato con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, è composto da cinque esperti di elevata professionalità. Il comitato opera a titolo gratuito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. 

5. Fino al completamento del triennio di sperimentazione di cui al comma 2, per il finanziamento delle attività della scuola è autorizzata la spesa di 12 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, cui si fa fronte quanto a 6 milioni di euro annui a valere sui fondi per la ricostruzione dell'Abruzzo di cui all'articolo 14, comma 1, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, e quanto a 6 milioni di euro annui a valere sulle risorse destinate alla regione Abruzzo nell'ambito del Fondo per lo sviluppo e la coesione di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88. 

6. Allo scadere del triennio, previo reperimento di idonea copertura finanziaria, con apposito provvedimento legislativo, la scuola può assumere carattere di stabilità a seguito della valutazione dei risultati da parte dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, mediante decreto di riconoscimento e approvazione del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. 

7. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 

 

 

L’articolo aggiuntivo 31-bis, inserito durante l’esame in sede referente, istituisce sperimentalmente, a decorrere dall’a.a. 2013-2014, e per un triennio, la Scuola sperimentale di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute (GSSI). Successivamente al triennio, la Scuola potrà assumere carattere di stabilità, al verificarsi delle condizioni indicate.

La disciplina è diversa da quella prevista, da ultimo, dall’art. 19 della L. 240 del 2010 (pur richiamata nel comma 3) che, in particolare, prevede il previo accreditamento dei corsi di dottorato da attivare e affida ad un decreto ministeriale (allo stato non intervenuto) la regolamentazione delle modalità di individuazione delle qualificate istituzioni italiane di formazione e ricerca avanzate che possono attivare, in base alla innovazione introdotta dalla stessa L. 240/2010, gli stessi corsi.

 

In particolare, ai sensi del comma 1, la Scuola è istituita al fine di:

-       rilanciare lo sviluppo dei territori abruzzesi colpiti dal sisma del 2009 mediante la ricostituzione e il rafforzamento delle capacità del sistema didattico, scientifico e produttivo;

-       realizzare un polo di eccellenza internazionale valorizzando competenze e strutture specialistiche già presenti sul territorio;

-       favorire l’attrazione di risorse di alto livello, prevalentemente nel campo delle scienze di base.

 

Il comma 2 specifica che la Scuola è attivata dall’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) nell’ambito dei propri compiti istituzionali e opera in via sperimentale per un triennio, a decorrere dall’a.a. 2013-2014.

L’INFN può coinvolgere università e, se necessario, altri enti di ricerca, sulla base “delle risultanze del lavoro del comitato ordinatore di cui al comma 4”.

 

Il comma 3 esplicita gli obiettivi della Scuola e gli strumenti attraverso i quali conseguirli.

Lo scopo - già indicato, fra gli altri, nel comma 1 - è quello di attrarre competenze specialistiche di alto livello, mediante attività didattica post-laurea, nel campo delle scienze di base e dell’intermediazione fra ricerca e impresa: al riguardo, il testo fa riferimento a fisica, matematica e informatica, gestione dell’innovazione e dello sviluppo territoriale[178].

Gli strumenti consistono nell’attivazione di corsi di dottorato di ricerca – con particolare riguardo alla dimensione internazionale e al rapporto con le imprese ad alto contenuto scientifico e tecnologico – e nella cura di attività di formazione post-dottorale. Gli ambiti dei corsi e delle attività dovrebbero essere quelli ante indicati.

 

Il comma 4 reca disposizioni organizzative: in particolare specifica che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca nomina con proprio decreto (per la cui emanazione non è previsto un termine) un Comitato ordinatore, composto da 5 esperti di elevata professionalità - che opera a titolo gratuito - al quale spetta elaborare lo statuto e i regolamenti della Scuola, nonché il piano strategico, che indica le istituzioni universitarie da coinvolgere. Tutti gli atti elaborati dal Comitato ordinatore sono approvati dal MIUR, di concerto con il MEF per gli aspetti di competenza.

Sulla base del combinato disposto dei commi 2, secondo periodo, e 4, primo periodo, si evince, dunque, che, mentre per le università da coinvolgere l’INFN deve seguire le indicazioni del Comitato ordinatore, per gli enti di ricerca può procedere liberamente, sia pur con la specifica “ove necessario”.

 

Ferma restando tale distinzione, si valuti l’opportunità di disciplinare la questione in un unico passaggio del testo.

 

Il comma 5 reca l’autorizzazione di spesa e la relativa clausola di copertura finanziaria. In particolare, è autorizzata la spesa di 12 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015. A tale onere si fa fronte con:

 

La disposizione richiamata prevede l’assegnazione da parte del CIPE alla regione Abruzzo per gli interventi di ricostruzione post sisma di una quota non inferiore a 2 miliardi e non superiore a 4 miliardi del Fondo per le aree sottoutilizzate per il periodo di programmazione 2007-2013.

 

 

Il Fondo per lo sviluppo e la coesione, previsto dall’articolo 4 del D.Lgs. 88/2011 (in attuazione della legge n. 42/2009 sul federalismo fiscale), ha sostituito, ridenominandolo, il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS). Il Fondo ha mantenuto, pertanto, il carattere di fondo pluriennale ed è finanziato da stanziamenti deliberati dal CIPE con la finalità di sostenere il riequilibrio economico e sociale delle regioni del Mezzogiorno e di quelle del Centro-Nord[179].

Per quanto riguarda le risorse destinate alla Regione Abruzzo nell’ambito del Fondo per lo sviluppo e la coesione, si ricorda che l’ammontare della quota spettante alle regioni a valere sul ciclo di programmazione 2007-2013 è stata determinata dalle delibere CIPE n. 166 del 2007, n. 1 del 2009 e n. 1 del 2011. Con la delibera 30 settembre 2011, n. 79, il CIPE ha preso atto del “Programma attuativo regionale (PAR) della Regione Abruzzo” per un valore complessivo di risorse FAS 2007-2013 di 607,7 milioni[180].

 

Il comma 6 disciplina le condizioni alle quali, dopo il triennio di sperimentazione, e previo reperimento di idonea copertura finanziaria, con apposito provvedimento legislativo,  la Scuola può assumere carattere di stabilità. Allo scopo sarà necessaria la valutazione, operata dall’ANVUR, dei risultati conseguiti dalla Scuola e, inoltre, dovrà intervenire un “decreto di riconoscimento e approvazione” del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

Con riferimento al “decreto di riconoscimento e approvazione” si valuti l’opportunità di fare riferimento al concetto di “accreditamento” previsto dall’art. 19 della L. 240/2010.

 

Sull’argomento si ricorda che l’art. 19 della L. 240/2010, modificando l’art. 4 della L. 210/1998, ha introdotto, per l’istituzione di corsi di dottorato, il previo accreditamento da parte del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, su parere conforme dell’ANVUR.

Inoltre, ha previsto che i corsi possono essere istituiti, oltre che da università e da consorzi fra università, anche da qualificate istituzioni italiane di formazione e ricerca avanzate, nonché da consorzi fra università ed enti di ricerca pubblici e privati di alta qualificazione.

Le modalità di accreditamento e le condizioni di eventuale revoca dello stesso, nonché le modalità di individuazione delle qualificate istituzioni italiane di formazione e ricerca avanzate sono disciplinate con decreto del MIUR, su proposta dell’ANVUR. Con lo stesso decreto sono definiti i criteri e i parametri sulla base dei quali i soggetti accreditati disciplinano, con proprio regolamento, l’istituzione dei corsi, le modalità di accesso e di conseguimento del titolo, gli obiettivi formativi e il programma di studi, il contributo per l’accesso e la frequenza, il numero, le modalità di conferimento e l’importo delle borse di studio, nonché le convenzioni con soggetti pubblici e privati.

Allo stato il decreto non ha perfezionato il suo iter[181].

 

 


 

Articolo 32
(
Misure di semplificazione delle procedure istruttorie, valutative, di spesa e di controllo nel settore della ricerca)

1. Al fine di finanziare con risorse nazionali progetti a esclusiva ricaduta nazionale valutati positivamente in sede comunitaria ma non ammessi al relativo finanziamento, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sulla base di un avviso pubblico di presentazione di specifiche domande di finanziamento e fino alla concorrenza delle risorse stanziate per tali finalità, prende atto dei risultati delle valutazioni effettuate e delle graduatorie adottate in sede comunitaria. Nel predetto avviso pubblico può essere definita la priorità degli interventi, anche in relazione alla coerenza degli stessi con le strategie nazionali.

2. Al fine di consentire la semplificazione delle procedure di utilizzazione del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica, all'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 872 è sostituito dal seguente:

"872. In coerenza con gli indirizzi del Programma nazionale della ricerca, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca con proprio decreto di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze provvede alla ripartizione del fondo di cui al comma 870 tra gli strumenti previsti nel decreto di cui al comma 873, destinando una quota non inferiore al 15 per cento delle disponibilità complessive del fondo al finanziamento degli interventi presentati nel quadro di programmi dell’Unione europea o di accordi internazionali. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, con proprio decreto da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, provvede a fissare i criteri di selezione dei progetti, prevedendo misure premiali per quelli presentati da piccole e medie imprese”;

b) il comma 873 è sostituito dal seguente:

"873. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con decreto adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400, definisce i criteri di accesso e le modalità di utilizzo e gestione del fondo cui al comma 870 per la concessione delle agevolazioni per la ricerca di competenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al fine di garantire la massima efficacia e omogeneità degli interventi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica".

3. Gli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento delle commissioni tecnico scientifiche o professionali di valutazione e controllo dei progetti di ricerca, compresi i compensi a favore di esperti di alta qualificazione tecnico-scientifica, sono a carico delle risorse del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica di cui all’articolo 1, comma 870, della legge 24 dicembre 2006, n. 296, destinate ai medesimi progetti, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

L’articolo 32, modificato durante l’esame in sede referente, stabilisce misure di semplificazione in materia di ricerca ulteriori rispetto a quelle recate dall’art. 31, con riferimento alle procedure istruttorie, valutative, di spesa e di controllo. In particolare, dispone l’utilizzo di valutazioni e graduatorie già espresse ed adottate in sede comunitaria in relazione a progetti a esclusiva ricaduta nazionale (comma 1), e l’introduzione di alcune novità relative al Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST), tra le quali, come indicato dalla relazione illustrativa, la rimodulazione delle modalità di utilizzazione dello stesso (comma 2).

Il comma 1, in particolare, dispone che il MIUR, allo scopo di finanziare con risorse nazionali progetti ad esclusiva ricaduta nazionale già valutati positivamente in sede comunitaria, sebbene non ammessi al relativo finanziamento, sulla base di un avviso pubblico di presentazione di specifiche domande di finanziamento e fino alla concorrenza delle risorse che sono stanziate per tali finalità, prende atto dei risultati di tali valutazioni e delle graduatorie adottate in sede comunitaria.

Nel predetto avviso pubblico può essere definita la priorità degli interventi, anche in relazione alla coerenza degli stessi con le strategie nazionali.

 

Analoghe disposizioni di semplificazione procedurale per progetti già selezionati nel quadro di programmi dell’UE o di accordi internazionali cofinanziati dalla stessa, è contenuta, con riferimento alla ricerca applicata, nell’art. 30, co. 1, lett. d), del decreto in esame, che a tal fine novella l’art. 7 del D.lgs. n. 297 del 1999.

 

Si ricorda che a livello comunitario sono promossi, tra l’altro, i c.d. “Programmi quadro” (PQ)[182] che promuovono l’utilizzo di strumenti finanziari dell’UE per incentivare le attività di ricerca e sviluppo concernenti diverse discipline scientifiche. Attualmente è in corso il 7° PQ che ha durata settennale (2007-2013)[183] ed è stato istituito sulla base dei risultati conseguiti dai PQ precedenti, puntando alla creazione dello Spazio europeo della ricerca (c.d. “ERA), per realizzare lo sviluppo dell’economia e della società della conoscenza in Europa.

Si evidenzia, inoltre, che il 23 gennaio 2012 la Commissione europea ha presentato alla Commissione Industria Ricerca ed Energia (ITRE) del Parlamento europeo il pacchetto relativo al programma quadro “Horizon 2020” ("Orizzonte 2020"), che si inserisce nel quadro delle nuove prospettive finanziarie 2014-2020.

L’obiettivo è di sostenere la ricerca e l'innovazione attraverso l’unificazione dei finanziamenti attualmente erogati dall’UE nell’ambito del settimo quadro del Programma Quadro per la Ricerca e lo Sviluppo Tecnologico (7PQ), del Programma per la Competitività e l'Innovazione (CIP) e dei finanziamenti per l'Istituto Europeo di Innovazione e Tecnologia (EIT).

Il totale della somma messa a disposizione è di 80 miliardi di euro per il periodo dal 2014 al 2020, 26 miliardi in più rispetto agli ultimi 7 anni. Due terzi della somma saranno destinati alla ricerca applicata e all'innovazione, mentre un terzo riguarderà la ricerca accademica.

La proposta della Commissione individua tre settori di intervento: eccellenza scientifica, leadership industriale e sfide per la società[184].

 

Il comma 2 dispone alcune novità relative al FIRST di cui all’art. 1, co. 870, della L.F. 2007 (legge n. 296/2006), novellando i co. 872 e 873 del predetto art. 1:

 

Co. 872- 873

Co. 872-873 (testo novellato, che comprende le modifiche apportate durante l’esame in sede referente)

872. In attuazione delle indicazioni contenute nel Programma nazionale della ricerca di cui al decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, e successive modificazioni, il Ministro dell'università e della ricerca, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvede alla ripartizione delle complessive risorse del Fondo, garantendo comunque il finanziamento di un programma nazionale di investimento nelle ricerche liberamente proposte in tutte le discipline da università ed enti pubblici di ricerca, valutate mediante procedure diffuse e condivise nelle comunità disciplinari internazionali interessate.

872. In coerenza con gli indirizzi del Programma nazionale della ricerca, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca con proprio decreto di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze provvede alla ripartizione del fondo di cui al comma 870 tra gli strumenti previsti nel decreto di cui al comma 873, destinando una quota non inferiore al 15 per cento delle disponibilità complessive del fondo al finanziamento degli interventi presentati nel quadro di programmi dell’Unione europea o di accordi internazionali. Il Ministero dell'Università e della Ricerca, provvede con proprio decreto da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto a fissare i criteri di selezione dei progetti, prevedendo misure premiali per quelli presentati da piccole e medie imprese»;

873. Il Ministro dell'università e della ricerca, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definisce i criteri di accesso e le modalità di utilizzo e gestione del Fondo di cui al comma 870 per la concessione delle agevolazioni al fine di garantire la massima efficacia ed omogeneità degli interventi. Fino alla data di entrata in vigore del predetto regolamento trovano applicazione le disposizioni attualmente vigenti per l'utilizzo delle risorse di cui al comma 870. Al fine di potenziare e rendere immediatamente operativo il sostegno ai progetti di ricerca, si provvede all'attuazione del presente comma, per il triennio 2008-2010, con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, di natura non regolamentare, da adottarsi entro il 30 novembre 2007.

873. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, con decreto adottato ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n.400, definisce i criteri di accesso e le modalità di utilizzo e gestione del fondo cui al comma 870 per la concessione delle agevolazioni per la ricerca di competenza del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, al fine di garantire la massima efficacia e omogeneità degli interventi.

 

Preliminarmente, appare opportuno riepilogare sinteticamente la disciplina previgente relativa al FIRST.

Il FIRST è stato istituito dall’art. 1, co. 870–874, della legge finanziaria per il 2007 nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca. In esso confluiscono le risorse del Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR), del Fondo per gli investimenti della ricerca di base (FIRB), del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), per quanto di competenza del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, e le risorse annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale delle università (PRIN). Inoltre, ai sensi dell’art. 1, co. 758, della predetta legge finanziaria, il FIRST è finanziato a valere sulle risorse del Fondo per l’erogazione del trattamento di fine rapporto (TFR), istituito presso l’INPS. Il Fondo è alimentato in via ordinaria dai conferimenti annualmente disposti dalla legge finanziaria, dai rientri dei contributi concessi sotto forma di credito agevolato e dalle risorse assegnate dal CIPE, nell’ambito del riparto del FAS.

La ripartizione delle risorse del Fondo avviene con decreto interministeriale emanato dal MIUR, di concerto con il MEF, in attuazione delle indicazioni contenute nel Programma nazionale della ricerca di cui al D.Lgs. n. 204/1998[185].

La definizione dei criteri di accesso e delle modalità di utilizzo e gestione del fondo era stata rimessa a un regolamento ministeriale, stabilendo che, fino alla data di entrata in vigore del regolamento, trovano applicazione le disposizioni vigenti per l’utilizzo delle risorse.

Successivamente, la disciplina del FIRST è stata novellata con l’art. 13, co. 1, del D.L. 159/2007 (L. 222/2007). In particolare, la novella ha disposto – introducendo un periodo aggiuntivo all’art. 1, co. 873, della L. 296/2006 - che per il triennio 2008-2010 si sarebbe provveduto all’attuazione del medesimo co. 873 con decreto del MIUR di natura non regolamentare, da emanare entro il 30 novembre 2007.

Di fatto non sono intervenuti né il decreto ministeriale previsto per il triennio 2008-2010, né il regolamento.

Infatti, rispondendo all’interrogazione 5-02131 nella seduta della VII Commissione della Camera il 19 gennaio 2010, il sottosegretario competente aveva precisato che in attesa dell’emanazione del decreto il FIRST era stato utilizzato negli anni 2007, 2008 e 2009 ripartendo le risorse annuali con decreti ministeriali sulla base della normativa previgente[186].

 

Le novità derivanti dai nuovi commi 872 e 873 dell’art. 1 della L. finanziaria 2007 possono, dunque, essere così sintetizzate:

§      il FIRST non risulta più ripartito “in attuazione” del Programma nazionale della ricerca, bensì “in coerenza” con gli indirizzi recati da tale documento;

Sarebbe opportuno mantenere il riferimento normativo relativo al PNR “di cui al decreto legislativo 5 giugno 1998, n, 204, e successive modificazioni”.

§      con riferimento alle procedure per l’emanazione dei provvedimenti previsti ai co. 872 e 873, non è più previsto il coinvolgimento della Conferenza Stato-regioni.

Al riguardo, considerato che le relazioni allegate al decreto non commentano la disposizione in esame, appare opportuno un chiarimento su quali effetti potrebbero derivare dalla eliminazione del coinvolgimento della Conferenza Stato-regioni.

§      non è più previsto che venga comunque finanziato un programma nazionale di investimento nelle ricerche liberamente proposte in tutte le discipline da università ed enti pubblici di ricerca;

§      viene specificato che il Fondo deve essere ripartito tra gli strumenti previsti nel decreto di cui al comma 873, con un vincolo di destinazione del 15% delle risorse complessive al finanziamento degli interventi presentati nel quadro di programmi dell’Unione europea o di accordi internazionali (che si aggiunge al 10% destinato, ex art. 31, ai progetti di ricerca di giovani ricercatori).

Al riguardo, si evidenzia che il riferimento ai progetti “presentati” - invece che ai progetti “svolti”, previsto dal testo del D.L. - è intervenuto durante l’esame parlamentare, conseguentemente disponendosi che il MIUR provvede a fissare con decreto, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L., i criteri di selezione dei progetti, prevedendo misure di premialità per quelli presentati dalle piccole e medie imprese.

Dal punto di vista della formulazione del testo, le parole “Ministero dell’università e della ricerca” devono essere sostituite dalle parole “Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca”.

§         sia per la ripartizione del FIRST, che per la definizione dei criteri di accesso e delle modalità di utilizzo dello stesso fondo, è previsto un decreto di natura regolamentare.

§         viene specificato che le agevolazioni per la ricerca finanziate con il FIRST sono quelle di competenza del MIUR.

Il comma 3 dispone che gli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento delle commissioni tecnico scientifiche o professionali di valutazione e controllo dei progetti di ricerca, compresi i compensi a favore di esperti di alta qualificazione tecnico-scientifica, sono a carico delle risorse del FIRST destinate agli stessi progetti, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Al riguardo, si ricorda che l’art. 31, comma 1, ultimo periodo, già dispone che il costo delle valutazioni scientifiche ex post relative ai progetti di ricerca di base gravano sui fondi destinati al finanziamento degli stessi progetti.

Pertanto, gli elementi “nuovi” presenti nell’art. 32, comma 3, sembrerebbero riguardare, da un lato, il riferimento agli oneri di controllo (da leggersi come “amministrativo”) - per FIRB, PRIN e FAR - dall’altro il riferimento alla verifica scientifica dei progetti FAR (cui, peraltro, è dedicato l’art. 30).

Si valuti, dunque, l’opportunità di disciplinare in un unico passaggio il tema degli oneri relativi alle valutazioni scientifiche e ai controlli amministrativi ex post relativi ai progetti di ricerca finanziati a valere sul FIRST.

 


 

Articolo 33
(
Aspettativa per l’attribuzione di borse di studio, assegni o altre forme similari di sovvenzione dell’Unione europea o internazionali e semplificazioni per la ricerca)

1. Il personale dipendente inquadrato nel ruolo dei ricercatori degli enti pubblici di ricerca e delle università che, in seguito all’attribuzione di borse di studio, assegni o altre forme similari di sovvenzione dell’Unione europea o internazionali, svolga la relativa attività di ricerca presso l'ente di appartenenza, è collocato in aspettativa senza assegni su richiesta, per il periodo massimo di durata della borsa di studio, assegno o altra forma similare di sovvenzione. Lo svolgimento dell’attività di ricerca inerente alla borsa di studio, assegno o altra forma similare di sovvenzione e la relativa retribuzione vengono regolati dall'ente mediante un contratto di lavoro a tempo determinato. La retribuzione massima spettante al ricercatore rimane a carico della borsa di studio, assegno o altra forma similare di sovvenzione dell’Unione europea o internazionale e non può eccedere quella prevista per il livello apicale, appartenente alla fascia di ricercatore più elevata del profilo di ricercatore degli enti pubblici di ricerca.

2. Al personale dipendente inquadrato nel ruolo dei ricercatori degli enti pubblici di ricerca e delle università che, in seguito all’attribuzione di borse di studio, assegni o altre forme similari di sovvenzione dell’Unione europea o internazionali, svolga la relativa attività di ricerca presso soggetti e organismi pubblici o privati, nazionali o internazionali si applica l'articolo 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

 

 

L’articolo 33, modificato durante l’esame in sede referente, prevede, al comma 1, il collocamento in aspettativa senza assegni per il personale dipendente inquadrato nel ruolo dei ricercatori degli enti pubblici di ricerca e delle università che, in seguito all'attribuzione di borse di studio, assegni o altre forme similari di sovvenzioni comunitarie o internazionali[187], svolga la relativa attività di ricerca presso l'ente di appartenenza. Il periodo massimo di tale collocamento coincide con la durata delle predette sovvenzioni.

La norma in esame prevede, inoltre, che lo svolgimento dell'attività di ricerca inerente l’oggetto delle borse di studio, assegni o altre forme similari di sovvenzioni comunitarie o internazionali, e la relativa retribuzione, viene regolato dall'ente mediante un contratto di lavoro a tempo determinato.

La retribuzione massima spettante al ricercatore rimane a carico delle predette sovvenzioni comunitarie o internazionali e non può eccedere quella prevista per il livello apicale, appartenente alla fascia di ricercatore più elevata del profilo di ricercatore degli enti pubblici di ricerca.

 

Il comma 2 dispone l’applicazione dell’articolo 23-bis del D.lgs. 165/2001[188] per il personale che, invece, svolga la relativa attività presso soggetti e organismi pubblici e privati, nazionali o internazionali.

 

L’articolo 23-bis sopra richiamato contiene disposizioni in materia di mobilità tra pubblico e privato e prevede, in deroga all'articolo 60 del D.P.R. 3/1957[189], il collocamento in aspettativa senza assegni per i dirigenti delle pubbliche amministrazioni, gli appartenenti alla carriera diplomatica e prefettizia e, limitatamente agli incarichi pubblici, i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato, salvo motivato diniego dell'amministrazione di appartenenza in ordine alle proprie esigenze organizzative, per lo svolgimento di attività presso soggetti e organismi, pubblici o privati, anche operanti in sede internazionale, che provvedono al relativo trattamento previdenziale.

Ferma restando la disciplina del collocamento fuori ruolo nei casi consentiti, il periodo di aspettativa comporta il mantenimento della qualifica posseduta, mentre è sempre possibile la ricongiunzione dei periodi contributivi a domanda dell'interessato[190].

Nel caso di svolgimento di attività presso soggetti diversi dalle amministrazioni pubbliche, il periodo di collocamento in aspettativa sopra indicato non può superare i cinque anni e non è computabile ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza.

Il comma 5 contiene alcuni casi di inammissibilità del collocamento in aspettativa sopra descritto:

§       laddove il personale sia stato, nei due anni precedenti, addetto a funzioni di vigilanza, di controllo o abbia stipulato contratti o formulato pareri o avvisi su contratti o concesso autorizzazioni a favore di soggetti presso i quali intende svolgere l'attività; nei casi di attività che si intende svolgere presso una impresa, le predette attività istituzionali abbiano interessato imprese che, anche indirettamente, la controllano o ne sono controllate, ai sensi dell'articolo 2359 del c.c. (lettera a);

§       il personale intende svolgere attività in organismi e imprese private che, per la loro natura o la loro attività possa cagionare nocumento all'immagine dell'amministrazione o comprometterne il normale funzionamento o l'imparzialità (lettera b).

In tal senso, il comma 6 precisa che il dirigente non può, nei successivi due anni, ricoprire incarichi che comportino l'esercizio delle funzioni sopra individuate alla lettera a) del comma 5.

Il comma 7 disciplina la mobilità tra pubblico e privato per il personale delle pubbliche amministrazioni indipendentemente dalla qualifica, stabilendo che le amministrazioni pubbliche possano disporre, per singoli progetti di interesse specifico dell’amministrazione e con il consenso dell’interessato, l’assegnazione temporanea di personale presso altre pubbliche amministrazioni o imprese private.

L’assegnazione temporanea, per la quale non sono fissati limiti temporali, è disposta sulla base di appositi protocolli di intesa tra le parti, i quali disciplinano le funzioni, le modalità di inserimento e l’onere relativo al trattamento economico posto a carico delle imprese destinatarie. In particolare, nel caso di queste ultime, i protocolli possono prevedere l’eventuale attribuzione di un compenso aggiuntivo.

Ai dipendenti che abbiano prestato servizio durante il periodo di assegnazione temporanea il comma 8 riconosce la valutabilità del servizio ai fini della progressione in carriera.

Infine, il comma 10 rinvia ad un regolamento[191] l’individuazione dei soggetti privati e degli organismi internazionali e la definizione delle modalità e delle procedure attuative dell’articolo 23-bis, provvedimento non ancora adottato.

 

Si evidenzia, dunque, che mentre l’art. 23-bis richiamato dalla disposizione in esame stabilisce che il periodo di collocamento in aspettativa, nel caso di svolgimento di attività presso soggetti diversi dalle amministrazioni pubbliche, non può superare i cinque anni, il periodo massimo di collocamento in aspettativa del personale che svolge l’attività di ricerca presso l’ente di appartenenza, di cui al comma 1, coincide con la durata della borsa di studio o delle altre sovvenzioni comunitarie o internazionali (che, almeno teoricamente, potrebbero avere un termine di durata superiore).

 


 

Articolo 34
(Riconoscimento dell'abilitazione delle imprese esercenti attività di installazione, ampliamento e manutenzione degli impianti negli edifici)

1. L'abilitazione delle imprese di cui all'articolo 3, del decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37, concerne, alle condizioni ivi indicate, tutte le tipologie di edifici indipendentemente dalla destinazione d'uso.

 

 

L’articolo 34 estende l’abilitazione concessa alle imprese che svolgono attività di installazione e manutenzione di impianti negli edifici ai sensi dell’articolo 3 del D.M. n. 37/2008 del Ministro dello Sviluppo economico. Si tratta delle imprese iscritte nell’apposito registro o nell’albo provinciale delle imprese artigiane, che trattano impianti elettrici di varia natura; radiotelevisivi; di riscaldamento, climatizzazione e ventilazione; idrici e sanitari; del gas; di protezione antincendio; ascensori, montacarichi, scale mobili e simili. Tali imprese sono abilitate a condizione che l'imprenditore individuale o il legale rappresentante ovvero il responsabile tecnico preposto da questi con atto formale, sia in possesso dei requisiti tecnico professionali previsti dal medesimo decreto.

 

In particolare, l’articolo 4 del D.M. prevede particolari titoli professionali: diploma di laurea in materia tecnica specifica conseguito presso una università statale o legalmente riconosciuta; diploma o qualifica conseguita al termine di scuola secondaria del secondo ciclo con specializzazione relativa al settore interessato, presso un istituto statale o legalmente riconosciuto, seguiti da un periodo di inserimento, di almeno due anni continuativi, alle dirette dipendenze di una impresa del settore; titolo o attestato conseguito ai sensi della legislazione vigente in materia di formazione professionale, previo un periodo di inserimento, di almeno quattro anni consecutivi, alle dirette dipendenze di una impresa del settore; prestazione lavorativa svolta, alle dirette dipendenze di una impresa abilitata nel ramo di attività cui si riferisce la prestazione dell'operaio installatore per un periodo non inferiore a tre anni, escluso quello computato ai fini dell'apprendistato e quello svolto come operaio qualificato, in qualità di operaio installatore con qualifica di specializzato nelle attività di installazione, di trasformazione, di ampliamento e di manutenzione degli impianti.

L’articolo 34 in commento dispone che l’abilitazione delle imprese citate riguarda tutte le tipologie di edifici, a prescindere dalla loro specifica destinazione d’uso, alle condizioni indicate dal decreto citato.

 


 

Articolo 35, commi 1 e 2
(
Disposizioni in materia di controllo societario)

1. Il terzo comma dell’articolo 2397, terzo comma, del codice civile è abrogato.

2. All'articolo 2477 del codice civile:

a) il primo comma è sostituito dal seguente: "L'atto costitutivo può prevedere, determinandone le competenze e i poteri, ivi compresa la revisione legale dei conti, la nomina di un organo di controllo o di un revisore. Se lo statuto non dispone diversamente, l'organo di controllo e' costituito da un solo membro effettivo.";

b) al secondo, terzo, quarto e sesto comma, le parole: "del sindaco" sono sostituite dalle seguenti: "dell'organo di controllo o del revisore";

c) il quinto comma è sostituito dal seguente: "Nel caso di nomina di un organo di controllo, anche monocratico, si applicano le disposizioni sul collegio sindacale previste per le società per azioni.".

 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo 35 tornano, a distanza di poco tempo dall’entrata in vigore della legge di stabilità (legge 12 novembre 2011, n. 183), sul tema del controllo delle società di capitali per novellare nuovamente gli articoli 2397 e 2477 del codice civile.

 

In particolare, il comma 1, nel testo approvato dalle Commissioni, abroga il terzo comma dell’art. 2397 del codice civile (inserito dall’art. 14, comma 14, della legge di stabilità), eliminando per le società per azioni la possibilità di nominare un sindaco unico in luogo del collegio sindacale.

 

Norma in vigore prima del D.L. “Semplificazioni”

Norma vigente (post D.L. “Semplificazioni”)

AC. 4940-A
Testo A “Semplificazioni”

Codice civile
Articolo 2397

Composizione del collegio

Il collegio sindacale si compone di tre o cinque membri effettivi, soci o non soci. Devono inoltre essere nominati due sindaci supplenti.

Identico.

Identico.

Almeno un membro effettivo ed uno supplente devono essere scelti tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro. I restanti membri, se non iscritti in tale registro, devono essere scelti fra gli iscritti negli albi professionali individuati con decreto del Ministro della giustizia, o fra i professori universitari di ruolo, in materie economiche o giuridiche.

Identico.

Identico.

Per le società aventi ricavi o patrimonio netto inferiori a 1 milione di euro lo statuto può prevedere che l'organo di controllo sia composto da un sindaco unico, scelto tra i revisori legali iscritti nell'apposito registro[192] (*).

Se lo statuto non dispone diversamente e se ricorrono le condizioni per la redazione del bilancio in forma abbreviata ai sensi dell’articolo 2435-bis, le funzioni del collegio sindacale sono esercitate da un sindaco unico, scelto tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro. L’assemblea provvede alla nomina del collegio sindacale, entro trenta giorni dall’approvazione del bilancio dal quale risulta che sono venute meno le condizioni per la redazione del bilancio in forma abbreviata. Scaduto il termine, provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato.

Abrogato.

 

Il testo originario del decreto-legge conferma la possibilità, per alcune società per azioni, di nominare un sindaco unico in luogo del collegio sindacale, scegliendo però un diverso criterio per identificare le società cui consentire questa semplificazione (prevedendola per le società che possono redigere il bilancio in forma abbreviata ai sensi dell’art. 2435-bis del codice civile)[193]. Il decreto-legge aggiunge inoltre:

-       che se la società approva un bilancio dal quale risulta che sono venuti meno i presupposti per il bilancio in forma semplificata, deve – entro 30 giorni – procedere alla nomina del collegio dei revisori, tornando dunque alla disciplina generale. In alternativa, spetta al Tribunale procedere alla nomina, su richiesta di qualsiasi interessato;

-       che per le società che possono redigere il bilancio in forma semplificata il sindaco unico rappresenta la regola, dalla quale possono discostarsi solo per espressa previsione statutaria.

 

Nel corso dell’esame in sede referente, le Commissioni riunite hanno abrogato il terzo comma dell’articolo 2397 c.c. decidendo di eliminare la possibilità concessa ad alcune società per azioni di nominare un sindaco unico.

A distanza dunque di pochi mesi dalla legge di stabilità, che aveva introdotto il terzo comma, e nonostante l’impostazione del decreto-legge in esame, che si limita a correggere alcuni aspetti della disposizione sostenendo però la scelta di fondo del sindaco unico, le commissioni parlamentari hanno espresso un orientamento opposto. Il testo del disegno di legge di conversione all’esame dell’Assemblea prevede che tutte le società per azioni affidino la revisione dei conti ad un collegio sindacale composto da 3 o 5 membri effettivi e due supplenti.

 

 

Il comma 2, non modificato nel corso dell’esame in sede referente, novella l’articolo 2477 del codice civile, in tema di controllo della società a responsabilità limitata.

Anche su questa disposizione era intervenuto l’art. 14 della legge di stabilità che, al comma 13, aveva sostituito anche nelle società a responsabilità limitata il collegio sindacale con un sindaco unico.

 

Si segnala, peraltro, che l’articolo 16 (Modifiche alla disciplina delle società di capitali) del decreto-legge n. 212 del 2011[194] prevede che nelle società a responsabilità limitata i collegi sindacali nominati entro il 31 dicembre 2011 rimangano in carica fino alla scadenza naturale del mandato dell’assemblea che li ha nominati.

 

 

Norma in vigore prima del D.L. “Semplificazioni”

Norma vigente (post D.L. “Semplificazioni”)

Articolo 2477

Sindaco e revisione legale dei conti

L'atto costitutivo può prevedere, determinandone le competenze e poteri, la nomina di un sindaco o di un revisore.

L’atto costitutivo può prevedere, determinandone le competenze e i poteri, ivi compresa la revisione legale dei conti, la nomina di un organo di controllo o di un revisore. Se lo statuto non dispone diversamente, l’organo di controllo è costituito da un solo membro effettivo.

La nomina del sindaco è obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le società per azioni.

La nomina dell’organo di controllo o del revisore è obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le società per azioni.

La nomina del sindaco è altresì obbligatoria se la società:

a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;

b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;

c) per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal primo comma dell'articolo 2435-bis.

La nomina dell’organo di controllo o del revisore è altresì obbligatoria se la società:

a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;

b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;

c) per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal primo comma dell'articolo 2435-bis.

L'obbligo di nomina del sindaco di cui alla lettera c) del terzo comma cessa se, per due esercizi consecutivi, i predetti limiti non vengono superati.

L'obbligo di nomina dell’organo di controllo o del revisore di cui alla lettera c) del terzo comma cessa se, per due esercizi consecutivi, i predetti limiti non vengono superati.

Nei casi previsti dal secondo e terzo comma si applicano le disposizioni in tema di società per azioni; se l'atto costitutivo non dispone diversamente, la revisione legale dei conti è esercitata dal sindaco.

Nel caso di nomina di un organo di controllo, anche monocratico, si applicano le disposizioni sul collegio sindacale previste per le società per azioni.

L'assemblea che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti indicati al secondo e terzo comma deve provvedere, entro trenta giorni, alla nomina del sindaco. Se l'assemblea non provvede, alla nomina provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato[195].

L'assemblea che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti indicati al secondo e terzo comma deve provvedere, entro trenta giorni, alla nomina dell’organo di controllo o del revisore. Se l'assemblea non provvede, alla nomina provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato.

 

Si ricorda che nelle società a responsabilità limitata la nomina di organi di controllo non è sempre obbligatoria, ma dipende da alcuni requisiti della società stessa.

Il decreto-legge dispone che quando la società deve o vuole dotarsi di un organo di controllo questo non debba essere necessariamente un sindaco unico (come disposto dalla legge di stabilità); la monocraticità dell’organo di controllo è infatti una regola derogabile attraverso l’atto costitutivo.

Peraltro, dalla novella dei commi primo e quinto si ricava che la revisione dei conti potrà essere affidata anche ad uno o più revisori, non necessariamente a sindaci. Conseguentemente, il decreto-legge sostituisce nell’art. 2477 l’espressione “del sindaco” con l’espressione “dell’organo di controllo o del revisore”, ovunque ricorra.

Il legislatore conferma, inoltre, che se la società a responsabilità limitata si dota di un organo di controllo (perché lo ha scelto o perché lo impone il codice), allo stesso si applicano le disposizioni sul controllo delle società per azioni.

 

 

 

 


 

Articolo 35, co. 2-bis
(Partecipazione agli organi collegiali)

2-bis. La disposizione di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, si interpreta nel senso che il carattere onorifico della partecipazione agli organi collegiali e della titolarità di organi degli enti che comunque ricevono contributi a carico della finanza pubblica è previsto per gli organi diversi dai collegi dei revisori dei conti e sindacali e dai revisori dei conti.

 

 

Il comma 2-bis, aggiunto durante l’esame in Commissione, reca una disposizione di interpretazione autentica dell’articolo 6, comma 2, del decreto-legge n.78/2010[196], con il quale è stata resa onorifica la partecipazione agli organi collegiali degli enti che ricevono contributi a carico della finanza pubblica, nonché la titolarità degli organi medesimi, e, nel contempo, ha stabilito che tale partecipazione o titolarità possano dar luogo solo al rimborso delle spese sostenute (ove previsto dalla normativa vigente) e che gli eventuali gettoni di presenza (anche essi solo se già previsti) non debbano superare l’importo di 30 euro per seduta giornaliera.

Il citato comma 2 trova applicazione, come detto, a tutti gli enti che ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche, ad eccezione dei seguenti soggetti:

§      enti previsti nominativamente dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300[197] (quali le Agenzie fiscali);

§      enti previsti nominativamente dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165[198] (quali gli Enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale, l’Aran);

§      università nonché enti e Fondazioni di ricerca e organismi equiparati;

§      camere di commercio;

§      enti del servizio sanitario nazionale;

§      enti indicati nella tabella C della legge finanziaria;

§      enti previdenziali ed assistenziali nazionali;

§      Onlus, ed associazioni di promozione sociale;

§      enti pubblici economici individuati con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze;

§      società.

Il comma 2-bis in esame precisa che il carattere onorifico in questione non si applica agli organi costituiti dai collegi dei revisori dei conti e sindacali, nonché dai revisori dei conti.

Com’è noto, il collegio sindacale è un organo di vigilanza presente nelle società di capitali, a norma dell’articolo 2397 del codice civile, la cui istituzione è obbligatoria nelle società che presentino specifici requisiti di capitalizzazione- come prescritti nell’articolo 2477 del codice medesimo - e può essere invece facoltativa, e prevista nello statuto, nelle altre società. I collegi dei revisori dei conti sono organi collegiali presenti sia in società di diritto privato che in società ed enti pubblici.


 

Articolo 35, commi 3 e 4
(
Disposizioni in materia di trasferimento e conferimento di funzioni ai magistrati ordinari)

3. Salvo quanto stabilito dall'articolo 195 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e per il conferimento delle funzioni direttive apicali di legittimità, la disposizione dell'articolo 194 del medesimo regio decreto si interpreta nel senso che il rispetto del termine ivi previsto e' richiesto per tutti i trasferimenti o conferimenti di funzioni, anche superiori o comunque diverse da quelle ricoperte, dei magistrati ordinari.

4. L'articolo 195 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, è sostituito dal seguente: "Art.195 - (Disposizioni speciali). Le disposizioni degli articoli 192 e 194 non si applicano al presidente aggiunto della corte di cassazione, al presidente del tribunale superiore delle acque pubbliche, al procuratore generale aggiunto presso la corte di cassazione, ai presidenti di sezione della corte di cassazione, agli avvocati generali della corte di cassazione, ai presidenti e ai procuratori generali di corte di appello.".

 

 

I commi 3 e 4 dell’articolo 35 chiariscono il campo d’applicazione delle disposizioni dell’ordinamento giudiziario che subordinano il trasferimento ad altra sede (o l’assegnazione ad altre funzioni) del magistrato, ad un periodo di permanenza triennale nella sede precedente.

In particolare, il comma 3, fornisce un’interpretazione autentica dell’art. 194 dell’ordinamento giudiziario (R.D. n. 12 del 1941).

 

E’ la disposizione in base alla quale «il magistrato destinato, per trasferimento o per conferimento di funzioni, ad una sede da lui chiesta, non può essere trasferito ad altre sedi o assegnato ad altre funzioni prima di tre anni dal giorno in cui ha assunto effettivo possesso dell'ufficio, salvo che ricorrano gravi motivi di salute ovvero gravi ragioni di servizio o di famiglia».

 

Il decreto-legge specifica che il rispetto del termine triennale di permanenza nella sede scelta è imposto a tutti i magistrati ordinari per ogni trasferimento o conferimento di funzioni, anche nell’ipotesi in cui si vedano attribuite funzioni superiori o comunque diverse da quelle ricoperte. Tale regola non si applica nelle seguenti ipotesi:

-               per i magistrati indicati dall’art. 195 dell’ordinamento giudiziario (come modificato dal successivo comma 4, v. infra);

-               per il conferimento delle funzioni direttive apicali di legittimità che - ai sensi dell’art. 10, comma 16, del d.lgs. n. 160 del 2006[199] - sono quelle di primo presidente della Corte di cassazione e quelle di procuratore generale presso la Corte di cassazione.

 

Il comma 4 sostituisce l’articolo 195 dell’ordinamento giudiziario che, prima dell’entrata in vigore del decreto-legge, stabiliva: «Le disposizioni degli articoli 192 e 194 non si applicano ai presidenti e ai procuratori generali di Corte di appello, nonché ai magistrati ad essi equiparati».

Come si evince dalla espressa formulazione, l’art. 195 ha dunque la funzione di costituire un limite all’applicazione dell’art. 194 (v. sopra): il che pone all’interprete il tema dell’esatta individuazione delle categorie di magistrati alle quali si riferisce la norma, ovvero quale sia il significato da attribuire all’espressione “magistrati ad essi equiparati”.

 

Infatti, se durante la vigenza della legge n. 831 del 1973[200], era opinione del tutto consolidata che l’espressione “magistrati equiparati” si riferisse ai Presidenti di Sezione della Corte di cassazione ed agli Avvocati generali presso la medesima Corte[201], con il D.Lgs. n. 160/2006 tale legge è stata abrogata ed il sistema delle qualifiche è stato soppresso. Ciò ha reso particolarmente complesso applicare la disposizione.

Sul punto è allora intervenuto il Consiglio superiore della magistratura, con la delibera del 12 gennaio 2011 (Applicazione dell'art. 195 dell'O.G. finalizzata, a norma degli artt. 15 e 31, ultimo comma del Regolamento Interno, ad individuare la legittimazione degli aspiranti in relazione al conferimento degli uffici direttivi e semidirettivi).

Il CSM, premettendo l’esigenza di dare alla disposizione un’interpretazione evolutiva, ha ritenuto che il giudizio di equiparazione dovesse essere effettuato sulla base dei requisiti previsti oggi per l’accesso alle funzioni direttive di presidente e procuratore generale di corte d’appello: per raggiungere tali funzioni l’art. 12, comma 7, del D.Lgs. n. 160/2006 richiede il conseguimento almeno della quinta valutazione di professionalità.

Conseguentemente, il Consiglio superiore della magistratura ha deciso di «prendere atto che l’art. 195 del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, laddove richiama la categoria dei “magistrati … equiparati” ai presidenti e ai procuratori generali di corte di appello, si riferisce:

-          al Primo Presidente della Corte di cassazione;

-          al Procuratore generale presso la Corte di cassazione;

-          al Presidente aggiunto della Corte di cassazione;

-          al Presidente del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche;

-          al Procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione;

-          ai Presidenti di Sezione della Corte di cassazione

-          ed agli Avvocati generali presso la Corte di cassazione.

 

Il decreto-legge sostituisce l’art. 195 dell’Ordinamento giudiziario codificando la decisione del CSM dell’11 gennaio 2011 e dunque elencando i magistrati che svolgono funzioni direttive ai quali non si applicano gli articoli 192 e 194 dell’OG.

 

 

Norma in vigore prima del D.L.

Norma vigente (post D.L. 5/2012)

R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, Ordinamento giudiziario

Art. 195

Disposizioni speciali per i presidenti e per i procuratori generali di corte di appello

Le disposizioni degli artt. 192 e 194 non si applicano ai presidenti e ai procuratori generali di corte di appello, nonché ai magistrati ad essi equiparati.

Le disposizioni degli articoli 192 e 194 non si applicano al presidente aggiunto della corte di cassazione, al presidente del tribunale superiore delle acque pubbliche, al procuratore generale aggiunto presso la corte di cassazione, ai presidenti di sezione della corte di cassazione, agli avvocati generali della corte di cassazione, ai presidenti e ai procuratori generali di corte di appello.

 


 

Articolo 36
(
Privilegio dei crediti dell’impresa artigiana)

1. All'articolo 2751-bis, primo comma, del codice civile, il numero 5) è sostituito dal seguente:

"5) i crediti dell'impresa artigiana, definita ai sensi delle disposizioni legislative vigenti, nonché delle società ed enti cooperativi di produzione e lavoro per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti;".

 

 

L’articolo 36 novella l’art. 2761-bis, comma 1, n. 5) del codice civile, nella parte in cui riconosce ai crediti delle imprese artigiane un privilegio generale sui beni mobili.

 

Si ricorda che i privilegi sono cause legittime di prelazione, che consentono ai creditori che ne sono provvisti di essere soddisfatti con preferenza rispetto ai restanti creditori. Sono decisi dal legislatore che concede il privilegio a determinate categorie di crediti in considerazione della loro causa, che li fa ritenere particolarmente meritevoli di tutela, e che per questo motivo provvede anche a ordinare minuziosamente i privilegi secondo una graduatoria che determina l'ordine di preferenza tra due crediti assistiti da privilegio. In questo caso l'ordine non dipende infatti dal tempo dell'iscrizione, ma esclusivamente dalla natura del credito.

I privilegi possono essere generali o speciali (art. 2746 c.c.); i privilegi generali si esercitano su tutti i beni mobili del debitore, quelli speciali invece si esercitano soltanto su determinati beni mobili o immobili del debitore.

 

Il decreto-legge, pur sostituendo integralmente il numero 5), in realtà si limita a specificare che i crediti cui è riconosciuto un privilegio generale sui beni mobili sono quelli dell’impresa artigiana, come “definita ai sensi delle disposizioni legislative vigenti”.

 

Norma in vigore prima del D.L.

Norma vigente (post D.L.)

Codice civile

Articolo 2751-bis

Crediti per retribuzioni e provvigioni, crediti dei coltivatori diretti, delle società od enti cooperativi e delle imprese artigiane

Hanno privilegio generale sui mobili i crediti riguardanti:

Identico:

omissis

omissis

5) i crediti dell'impresa artigiana e delle società od enti cooperativi di produzione e di lavoro, per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti;

5) i crediti dell'impresa artigiana, definita ai sensi delle disposizioni legislative vigenti, nonché delle società ed enti cooperativi di produzione e lavoro per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti;

omissis

omissis

 

 

Si ricorda che se il codice civile inserisce gli artigiani tra i piccoli imprenditori definiti dall’articolo 2083, mentre l’attività dell’impresa artigiana è disciplinata dalla legge-quadro sull’artigianato, legge 8 agosto 1985, n. 443, che, oltre a contenere la definizione di imprenditore artigiano e di impresa artigiana, provvede alla istituzione dell'albo provinciale delle imprese artigiane (articolo 5).

L’art. 2 della legge n. 443 del 1985, in particolare, definisce l’imprenditore artigiano come colui che esercita l’impresa artigiana personalmente, professionalmente e in qualità di titolare, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri ed i rischi inerenti alla direzione e alla gestione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo. Si richiede, altresì, per l’imprenditore artigiano, il possesso di particolari requisiti tecnico-professionali qualora previsti dalle leggi statali.

 

Secondo l'art. 3 deve considerarsi artigiana l'impresa esercitata dall'imprenditore artigiano, nei limiti dimensionali fissati dal successivo art. 4[202], per la produzione di beni e la prestazione di servizi, escluse le attività agricole e la prestazione di servizi commerciali, di intermediazione della circolazione dei beni, o ausiliarie a queste ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, salvo che si tratti di attività meramente accessorie all'esercizio dell'impresa. Il secondo comma dell'art. 3 disciplina il profilo della forma giuridica dell'impresa artigiana, prevedendo che essa possa essere costituita anche in forma di società, compresa quella cooperativa, a condizione che la maggioranza dei soci, ovvero uno nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e che nell'impresa il lavoro abbia funzione prevalente sul capitale; tuttavia, in ogni caso è esclusa la coesistenza della natura artigiana con alcune forme di società ed in particolare con la s.p.a. e la società in accomandita per azioni. Il successivo terzo comma detta invece particolari disposizioni relative alle s.r.l. con un unico socio (c.d. “unipersonali”) e alle società in accomandita semplice, prevedendo che tali società possono assumere la qualifica di imprese artigiane purché rispettivamente il socio unico o ciascun socio accomandatario abbia i requisiti dell’imprenditore artigiano ai sensi dell’art. 2 e non sia socio di altre analoghe società.

 

Ai sensi dell’art. 5 della legge n. 443 del 1985, le imprese artigiane in possesso dei requisiti di cui ai precedenti artt. 2, 3 e 4, sono tenute ad iscriversi tassativamente all'Albo delle imprese artigiane.

L'iscrizione all'Albo, oltre ad essere obbligatoria, è costitutiva dell'impresa artigiana ed è anche condizione necessaria per la concessione delle agevolazioni a favore di questo tipo di impresa.

A fronte di questo quadro normativo si deve peraltro evidenziare che la giurisprudenza appare invece ancora oggi divisa nella individuazione dei requisiti richiesti per poter essere configurata una impresa artigiana e nel valore da attribuire alla iscrizione nell'albo delle imprese artigiane prevista dall'art. 5 della legge n. 443 del 1985.

 

Il tenore della legge sembrava non offrire margine di dubbio atteso che a tale iscrizione viene attribuita efficacia costitutiva ed in alcune sentenze dei giudici di merito questa regola è stata puntualmente applicata anche ai fini del riconoscimento del privilegio generale in discorso. La Corte di Cassazione è però di diverso avviso. In più di una sentenza ha infatti fissato il principio secondo il quale l'iscrizione ha un ruolo costitutivo per godere delle agevolazioni tributarie previste a favore delle imprese artigiane, ma non ha alcun efficacia in ordine all'attribuzione del privilegio generale in commento (cfr. Cassazione, Sez. I, sent. n. 14365 del 03-11-2000[203]). Pertanto la produzione del certificato di iscrizione all'albo può valere come mero elemento indiziario che deve concorrere con altri fattori per far ritenere sussistente nella fattispecie i presupposti dell'impresa artigiana.

 

In assenza di indicazioni espresse nella relazione illustrativa, la novella pare perseguire l’intento di chiarire la portata applicativa del n. 5) dell’art. 2751-bis alla luce della non uniforme giurisprudenza nella ricostruzione del concetto di impresa artigiana.

Pare opportuno valutare se la novella introdotta possa assicurare l’auspicata uniformità interpretativa.

 

 


 

Articolo 37
(Comunicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata al registro delle imprese)

1. Dopo il comma 6 dell'articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, è inserito il seguente:

«6-bis. L'ufficio del registro delle imprese che riceve una domanda di iscrizione da parte di un'impresa costituita in forma societaria che non ha iscritto il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, in luogo dell'irrogazione della sanzione prevista dall'articolo 2630 del codice civile, sospende la domanda per tre mesi, in attesa che essa sia integrata con l'indirizzo di posta elettronica certificata ».

 

 

L’articolo 37, sostituito nel corso dell’esame in sede referente dalle Commissioni I e X, aggiunge il comma 6-bis, all’articolo 16 del D.L. 185/2008, convertito con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2[204]. Più in particolare la disposizione prevede che l’ufficio del registro delle imprese sospenda la domanda di iscrizione di quelle imprese, costituite in forma societaria, che non abbiano provveduto a comunicare l’indirizzo di posta elettronica certificata. Tale provvedimento si applica in luogo della sanzione prevista dall’articolo 2630 c.c. La domanda rimane sospesa per tre mesi fino a quando l’impresa non provvede a comunicare l’indirizzo di posta elettronica certificata.

 

Si ricorda che l’articolo 16, comma 6, prevede che le imprese costituite in forma societaria indichino il proprio indirizzo di posta elettronica certificata nella domanda di iscrizione al registro delle imprese o analogo indirizzo di posta elettronica basato su tecnologie che certifichino data e ora dell'invio e della ricezione delle comunicazioni e l'integrità del contenuto delle stesse, garantendo l'interoperabilità con analoghi sistemi internazionali. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore del provvedimento tutte le imprese, già costituite in forma societaria alla medesima data di entrata in vigore, devono comunicare al registro delle imprese l'indirizzo di posta elettronica certificata. L'iscrizione dell'indirizzo di posta elettronica certificata nel registro delle imprese e le sue successive eventuali variazioni sono esenti dall'imposta di bollo e dai diritti di segreteria.

Inoltre l’articolo 2630 del c.c prevede che chiunque, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società o in un consorzio, omette di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il registro delle imprese, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 103 euro a 1.032 euro.


 

Articolo 38
(Semplificazione degli adempimenti per la tenuta dei gas medicinali)

1. All'articolo 101, comma 2, del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, dopo le parole: «La persona responsabile di cui alla lettera b) del comma 1» sono inserite le seguenti: «e di cui al comma 2-bis» e il secondo periodo è sostituito dal seguente: "Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministero della salute, sentita l'AIFA, possono essere stabilite, per i depositi che trattano esclusivamente gas medicinali, deroghe al disposto di cui al primo periodo.».

2. All'articolo 101, del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, dopo il comma 2, sono inseriti i seguenti:

«2-bis. In deroga a quanto disposto dai commi 1 e 2, le funzioni di persona responsabile di depositi che trattano esclusivamente gas medicinali possono essere svolte dal soggetto che possieda almeno uno dei seguenti requisiti:

a) abbia conseguito una laurea specialistica, di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, o una laurea magistrale, di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270, appartenente a una delle classi di seguito specificate:

I. classe LM-8 Classe dei corsi di laurea magistrale in biotecnologie industriali;

II. classe LM-9 Classe dei corsi di laurea magistrale in biotecnologie mediche, veterinarie e farmaceutiche;

III. classe LM-21 Classe dei corsi di laurea magistrale in ingegneria chimica;

b) abbia conseguito una laurea di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, e al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270, appartenente a una delle classi di seguito specificate, a condizione che siano stati superati gli esami di chimica farmaceutica e di legislazione farmaceutica:

I. classe L-2 Classe dei corsi di laurea in biotecnologie;

II. classe L-9 Classe dei corsi di laurea in ingegneria industriale;

III. classe L-27 Classe dei corsi di laurea in scienze e tecnologie chimiche;

IV. classe L-29 Classe dei corsi di laurea in scienze e tecnologie farmaceutiche;

c) abbia svolto, per almeno cinque anni, anche non continuativi, successivamente all'entrata in vigore del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 538, funzioni di direttore tecnico di magazzino di distribuzione all'ingrosso o di deposito di gas medicinali;

2-ter. Sono comunque fatte salve le situazioni regolarmente in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto, anche in mancanza dei requisiti previsti dal comma 1, lettera b), e dal comma 2-bis.".

 

 

La disposizione in esame modifica la disciplina recata dall’art. 101 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 (Codice unico del Farmaco), al fine di consentire anche ai laureati in discipline diverse da quelle previste di svolgere le funzioni di responsabile di depositi che trattano esclusivamente gas medicinali.

 

All’articolo 101 del citato D.Lgs. 219/2006, recante le condizioni previste per l’autorizzazione alla distribuzione all'ingrosso dei medicinali, e che specifica, tra l’altro, i titoli posseduti dal responsabile di magazzino (comma 1, lettera b), è prevista, solo per quanto riguarda i depositi che trattano esclusivamente gas medicinali, una deroga al possesso dei titoli indicati[205], da attuarsi con decreto del Ministro della salute, sentita l'AIFA.

 

La novella in esame consente, con il comma 2-bis aggiunto all’art. 101, lo svolgimento delle funzioni di responsabile di depositi che trattano esclusivamente gas medicinali anche a chi possiede almeno uno dei seguenti requisiti:

      laurea specialistica[206] o laurea magistrale[207], appartenente a una delle classi di seguito specificate:

      classe LM-8 Classe dei corsi di laurea magistrale in biotecnologie industriali;

      classe LM-9 Classe dei corsi di laurea magistrale in biotecnologie mediche, veterinarie e farmaceutiche;

      classe LM-21 Classe dei corsi di laurea magistrale in ingegneria chimica;

 

      laurea[208], appartenente a una delle classi di seguito specificate, a condizione che siano stati superati gli esami di chimica farmaceutica e di legislazione farmaceutica:

      classe L-2 Classe dei corsi di laurea in biotecnologie;

      classe L-9 Classe dei corsi di laurea in ingegneria industriale;

      classe L-27 Classe dei corsi di laurea in scienze e tecnologie chimiche;

      classe L-29 Classe dei corsi di laurea in scienze e tecnologie farmaceutiche;

 

      cinque anni come direttore tecnico di magazzino di distribuzione all’ingrosso o di deposito di gas medicinali, anche non continuativi, successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 538[209], (comma 2).

Il comma 2 prevede, inoltre, con il comma 2-ter aggiunto all’art. 101, una sanatoria per i suddetti responsabili di magazzino non in possesso dei requisiti previsti dal comma 1, lettera b) e dal comma 2-bis), alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 219/2006.

 

 


 

Articolo 39
(
Soppressione del requisito di idoneità fisica
per avviare l'esercizio dell'attività di autoriparazione
)

1. All'articolo 7, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 122, la lettera c) è abrogata.

 

 

L’articolo 39, sopprimendo la lettera c) del comma 1 dell’articolo 7 della legge n. 122/1992,[210] elimina dall’elenco dei requisiti personali, richiesti ai responsabili tecnici delle imprese di autoriparazione, l’idoneità fisica all’esercizio dell’attività, da comprovare mediante certificazione rilasciata dall'ufficiale sanitario del comune di esercizio dell'attività.

 


 

Articolo 40
(Soppressione del vincolo in materia di chiusura domenicale e festiva per le imprese di panificazione di natura produttiva)

1. Il secondo periodo dell'articolo 11, comma 13, della legge 3 agosto 1999, n. 265, è soppresso.

 

 

L’articolo 40 sopprime le norme che impongono la chiusura domenicale e festiva per le imprese di panificazione di natura produttiva.

A tal fine, viene abrogato il secondo periodo dell’articolo 11, comma 13, della legge n. 265/1999[211].

 

Si ricorda che il citato comma 13 al secondo periodo prevede l’applicazione all'attività di panificazione degli articoli 11, comma 4, 12 e 13 del D.Lgs. n. 114/1998[212].

In particolare l’articolo 11, comma 4, dispone che gli esercizi di vendita al dettaglio osservino la chiusura domenicale e festiva dell'esercizio e, in taluni casi, la mezza giornata di chiusura infrasettimanale.

Da tale vincolo è possibile derogare, ai sensi del successivo articolo 12, nei comuni ad economia prevalentemente turistica, nelle città d'arte o nelle zone del territorio dei medesimi, in cui gli esercenti determinano liberamente gli orari di apertura e di chiusura. Gli esercizi del settore alimentare devono garantire l'apertura al pubblico in caso di più di due festività consecutive. Il sindaco definisce le modalità per adempiere a tale obbligo.

 

Si ricorda inoltre che alcune norme di liberalizzazione dell’attività di panificazione, che però non riguardavano gli orari di apertura, erano contenute nel D.L. 223/2006[213] (cd. decreto Bersani), all’articolo 4.

 

 


 

Articolo 41
(Semplificazione in materia di somministrazione temporanea
di alimenti e bevande)

1. L'attività temporanea di somministrazione di alimenti e bevande in occasione di sagre, fiere, manifestazioni religiose, tradizionali e culturali o eventi locali straordinari, è avviata previa segnalazione certificata di inizio attività priva di dichiarazioni asseverate ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e non è soggetta al possesso dei requisiti previsti dal comma 6 dell'articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59.

 

L’articolo 41 contiene disposizioni che semplificano l’esercizio dell’attività temporanea di somministrazione di alimenti e bevande in occasione di sagre, fiere, manifestazioni religiose, tradizionali e culturali o eventi locali straordinari.

Tale attività:

§      è avviata previa segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) priva di dichiarazioni asseverate ai sensi dell’articolo 19 della legge n. 241/1990[214];

§      non è soggetta al possesso dei requisiti previsti dal’articolo 71 del D.Lgs. n. 59/2010[215], di attuazione della “direttiva servizi”.

Il citato articolo 71 del decreto legislativo di recepimento della “direttiva servizi” riporta i requisiti di esercizio delle attività commerciali.

Il comma 6 consente invece l'esercizio, in qualsiasi forma, di un'attività di commercio relativa al settore merceologico alimentare e di un'attività di somministrazione di alimenti e bevande, a chi è in possesso di uno dei seguenti requisiti professionali:

a)  avere frequentato con esito positivo un corso professionale per il commercio, la preparazione o la somministrazione degli alimenti, istituito o riconosciuto dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano;

b)  avere prestato la propria opera, per almeno due anni, anche non continuativi, nel quinquennio precedente, presso imprese esercenti l'attività nel settore alimentare o nel settore della somministrazione di alimenti e bevande, in qualità di dipendente qualificato, addetto alla vendita o all'amministrazione o alla preparazione degli alimenti, o in qualità di socio lavoratore o, se trattasi di coniuge, parente o affine, entro il terzo grado, dell'imprenditore in qualità di coadiutore familiare, comprovata dalla iscrizione all'Istituto nazionale per la previdenza sociale;

c)  essere in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore o di laurea, anche triennale, o di altra scuola ad indirizzo professionale, almeno triennale, purché nel corso di studi siano previste materie attinenti al commercio, alla preparazione o alla somministrazione degli alimenti.


 

Articolo 42
(
Razionalizzazione delle misure di sostegno finanziario per gli interventi conservativi sui beni culturali)

1. All'articolo 31 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente: "2-bis. L'ammissione dell'intervento autorizzato ai contributi statali previsti dagli articoli 35 e 37 è disposta dagli organi del Ministero in base all'ammontare delle risorse disponibili, determinate annualmente con decreto ministeriale, adottato di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.".

 

 

L’articolo 42 novella l’articolo 31 del D.Lgs. n. 42 del 2004, in materia di interventi conservativi volontari sui beni culturali, prevedendo, come riportato nella relazione illustrativa, disposizioni di razionalizzazione delle misure di sostegno finanziario.

In particolare, si prevede che l’ammissione dell’intervento autorizzato ai contributi statali stabiliti agli artt. 35 (concorso alla spesa da parte del MIBAC) e 37 (contributi in conto interessi sui mutui per la realizzazione degli interventi) è disposta dagli organi del Ministero in base all’ammontare delle risorse disponibili, determinate annualmente con decreto ministeriale, adottato di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze.

La relazione tecnica precisa che in tal modo si introduce un meccanismo di salvaguardia che consente di predeterminare annualmente, con decreto, l’ammontare delle risorse disponibili, in base alle quali poter disporre l’ammissione dell’intervento autorizzato ai contributi statali.

 

Dal punto di vista della formulazione del testo, le parole “decreto ministeriale, adottato di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze” dovrebbero essere sostituite con le parole “decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze”.

 

Il dovere di conservazione del patrimonio culturale è richiamato tra i principi del Codice dei beni culturali[216]. In particolare, gli articoli da 30 a 40 disciplinano nel dettaglio gli obblighi di conservazione dei beni culturali, operando una distinzione tra beni appartenenti allo Stato – ovvero a regioni, altri enti pubblici territoriali e enti pubblici – e beni di proprietà di privati. Relativamente a quest’ultima categoria, il Codice distingue tra interventi conservativi volontari e imposti e detta la specifica procedura di esecuzione.

Gli interventi conservativi volontari, decisi su iniziativa del proprietario, sono subordinati ad autorizzazione del Soprintendente[217] ed eseguiti dal proprietario.

In sede di autorizzazione, il soprintendente si pronuncia, a richiesta dell'interessato, sull'ammissibilità dell'intervento ai contributi statali previsti dagli articoli 35 e 37 e certifica eventualmente il carattere necessario dell'intervento stesso ai fini della concessione delle agevolazioni tributarie previste dalla legge (art. 31)[218].

Il MIBAC ha facoltà di concorrere alla spesa sostenuta dal privato per un ammontare non superiore alla metà della stessa. Se gli interventi sono di particolare rilevanza o riguardano beni in uso o godimento pubblico, il Ministero può concorrere alla spesa fino al suo intero ammontare. Per la determinazione della percentuale del contributo di cui al comma 1 si tiene conto di altri contributi pubblici e di eventuali contributi privati relativamente ai quali siano stati ottenuti benefici fiscali (art. 35)[219].

Inoltre, il MIBAC può concedere contributi in conto interessi sui mutui o altre forme di finanziamento accordati da istituti di credito ai privati per la realizzazione degli interventi conservativi autorizzati. Il contributo è concesso nella misura massima corrispondente agli interessi calcolati ad un tasso annuo di 6 punti percentuali sul capitale erogato a titolo di mutuo ed è corrisposto direttamente dal Ministero all'istituto di credito secondo modalità da stabilire con convenzioni. Il predetto contributo può essere concesso anche per interventi conservativi su opere di architettura contemporanea di cui il soprintendente abbia riconosciuto, su richiesta del proprietario, il particolare valore artistico (art. 37).

 

 

 


 

Articolo 43
(
Semplificazioni in materia di verifica dell'interesse culturale nell'ambito delle procedure di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico)

1. Al fine di accelerare i processi di dismissione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico di cui all'articolo 6 della legge 12 novembre 2011, n. 183, all'articolo 66 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, all'articolo 27 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e agli articoli 307, comma 10, e 314 del Codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, nel rispetto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale, con decreto non avente natura regolamentare del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definite modalità tecniche operative, anche informatiche, idonee ad accelerare le procedure di verifica dell'interesse culturale di cui all'articolo 12, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio.

2. Le Amministrazioni provvedono all'attuazione del presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

L’articolo 43 è volto a semplificare le procedure di verifica dell’interesse culturale, di cui all’art. 12 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, al fine di accelerare la dismissione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico.

In particolare, il comma 1 richiama espressamente le procedure di dismissione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico di cui all’art. 6 della L. di stabilità 2012 e all’art. 66 del D.L. n. 1 del 2012 (trasferimento di beni immobili di proprietà dello Stato ad uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, nonché alienazione dei terreni agricoli di proprietà dello Stato non utilizzabili per altre finalità istituzionali), all’art. 27 del D.L. n. 201 del 2011 (L. n. 214 del 2011) (strumenti sussidiari per la gestione degli immobili pubblici, programmi unitari di valorizzazione territoriale per il riutilizzo funzionale e la rigenerazione degli immobili pubblici), e agli artt. 307, co. 10, e 314 del d.lgs. n. 66 del 2010 (dismissioni di beni immobili del Ministero della difesa, nonché trasferimento di immobili militari ad uno o più fondi comuni di investimento immobiliare) (per tutti si veda, più ampiamente, infra) e demanda la definizione delle modalità tecniche operative, anche informatiche, idonee ad accelerare le procedure di verifica dell’interesse culturale, nel rispetto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale, ad un decreto non avente natura regolamentare, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento, di concerto tra il Ministro per i beni e le attività culturali e il Ministro dell’economia e delle finanze.

Ai sensi del comma 2, all’attuazione delle disposizioni in commento si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

La relazione tecnica evidenzia che si intende accelerare le procedure di verifica dell’interesse culturale per i beni – aventi più di 50 anni se mobili o più di 70 se immobili e che presentino potenziale interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico - appartenenti ad enti pubblici o a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, nonché per i beni della Difesa oggetto di dimissione.

 

Con riferimento al “decreto non avente natura regolamentare”, si ricorda che la Corte costituzionale, con sentenza n. 116 del 2006, ha qualificato lo stesso come “un atto statale dalla indefinibile natura giuridica”.

Inoltre, relativamente al termine fissato per l’emanazione del decreto interministeriale, si valuti l’opportunità di far decorrere lo stesso dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

 

Al riguardo occorre ricordare, anzitutto, che il Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004) distingue, in linea generale, i beni in ogni caso inalienabili (art. 54) e quelli alienabili a determinate condizioni (artt. 55 e 56), tra i quali possono rientrare anche beni appartenenti al demanio culturale[220].

In particolare, per quanto qui interessa, ai sensi dell’art. 54, co. 2, del Codice, sono inalienabili le cose appartenenti ai soggetti indicati all’art. 10, co. 1 (Stato, regioni, altri enti pubblici territoriali, nonché ogni altro ente ed istituto pubblico e persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti), che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga, se mobili, ad oltre cinquanta anni o, se immobili, ad oltre settanta anni, fino alla conclusione del procedimento di verifica dell’interesse culturale di cui all’art. 12 del Codice. Se la verifica si conclude con esito negativo, le cose sono liberamente alienabili[221].

Ai sensi dell’art. 12, la verifica dell’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico (c.d. interesse culturale), è effettuata, d’ufficio o su richiesta dei soggetti cui le cose appartengono, da parte dei competenti organi del Ministero per i beni e le attività culturali[222], sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero medesimo, al fine di assicurare uniformità di valutazione. Il procedimento di verifica si conclude entro centoventi giorni dal ricevimento della richiesta.

Per le cose di cui all’art. 10, co. 1, del Codice[223], che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga al oltre cinquanta anni, se mobili, o ad oltre settanta anni, se immobili, vige la presunzione di interesse culturale – e le stesse sono sottoposte pertanto alle disposizioni di tutela – fino a quando non sia stata effettuata la relativa verifica. In caso di accertamento positivo dell’interesse culturale, i beni continuano ad essere soggetti alle disposizioni di tutela, mentre, nel caso di verifica con esito negativo, vengono esclusi dall’applicazione di tale disciplina.

Sotto il profilo procedurale, l’art. 12, co. 3, del Codice stabilisce che, per i beni immobili dello Stato, la richiesta è corredata da elenchi dei beni e dalle relative schede descrittive; i criteri per la predisposizione degli elenchi, le modalità di redazione delle schede descrittive e di trasmissione di elenchi e schede sono fissati con decreto del MIBAC adottato di concerto con l'Agenzia del demanio e, per i beni immobili in uso all'amministrazione della difesa, anche con il concerto della competente Direzione generale dei lavori e del demanio. Sempre con propri decreti il Ministero fissa i criteri e le modalità per la predisposizione e la presentazione delle richieste di verifica, e della relativa documentazione conoscitiva, da parte degli altri soggetti[224].

 

Con riferimento alle procedure di dismissione e valorizzazione esplicitamente citate nel comma 1 del testo in commento, si ricorda che:

Ø         l’art. 6 della legge di stabilità 2012 (L. n. 183 del 2011) ha autorizzato il MEF a conferire o a trasferire beni immobili di proprietà dello Stato ad uno o più fondi comuni di investimento immobiliari o a una o più società (di gestione del risparmio) anche di nuova costituzione. I proventi netti derivanti dalle cessioni delle quote dei fondi o delle azioni delle società sono destinati alla riduzione del debito pubblico.

       I beni immobili da conferire o trasferire sono individuati con uno o più DPCM, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze[225]. I conferimenti o i trasferimenti degli immobili individuati sono disposti mediante decreti di natura non regolamentare del MEF[226].

       La norma, altresì, aggiungendo un comma all’art. 33 del D.L. n. 98 del 2011 (L. 111/2011), ha previsto la possibilità di acquistare, con i fondi istituiti dalla Società di gestione del risparmio del MEF[227], immobili ad uso ufficio di proprietà degli enti territoriali, utilizzati dagli stessi o da altre pubbliche amministrazioni, nonché altri immobili di proprietà dei medesimi stessi enti di cui sia completato il processo di valorizzazione edilizio-urbanistico[228].

 

Ø         L'art. 66 del D.L. n. 1 del 2012 (in corso di conversione) ha abrogato l'articolo 7 della legge di stabilità 2012, che disponeva l’alienazione a cura dell’Agenzia del Demanio dei terreni agricoli di proprietà dello Stato non utilizzabili per altre finalità istituzionali, mediante trattativa privata per gli immobili di valore inferiore a 400 mila euro e mediante asta pubblica per quelli di valore pari o superiore a 400 mila euro. In base all’art. 66, la procedura negoziata può essere utilizzata per gli immobili di valore inferiore a 100.000 euro, mentre occorre l’asta pubblica per quelli di valore superiore a 100.000 euro. Si prevede altresì che ai terreni alienati non possa essere attribuita una destinazione urbanistica diversa da quella agricola prima del decorso di venti anni[229].

 

Ø         L’art. 27, co. 1, del D.L. n. 201 del 2011 (L. 214/2011) introduce l’art. 33-bis al D.L. n. 98/2011, sostanzialmente affidando all’Agenzia del Demanio il compito di promuovere iniziative volte alla costituzione di società, anche consortili, e fondi immobiliari in cui Stato ed enti territoriali, unitamente agli enti vigilati, conferiscono i propri immobili ovvero i diritti reali posseduti sugli immobili. L’Agenzia del Demanio, poi, oltre a verificare la fattibilità dell’operazione, partecipa alle società costituite, apportando immobili statali ovvero aderendo quale soggetto finanziatore, e seleziona con procedure di evidenza pubblica eventuali soggetti privati partecipanti. L’Agenzia può avvalersi di soggetti terzi specializzati nel settore.

       Il comma 2, introduce l’articolo 3-ter al D.L. n. 351 del 2001, al fine di  realizzare una migliore cooperazione e pianificazione delle iniziative in materia di territorio da parte dello Stato, delle Regioni e degli enti locali. Soprattutto alle Regioni – ma nel caso di territori più circoscritti l’iniziativa può essere anche a livello locale – è affidato il compito di promuovere iniziative volte alla formazione di programmi unitari di valorizzazione per il riutilizzo funzionale e la rigenerazione degli immobili pubblici. Attraverso programmi unitari, gli immobili individuati devono trovare un’adeguata valorizzazione in coerenza con lo sviluppo territoriale, fungendo anche da elemento di stimolo ed attrazione di investimenti.

Nel caso in cui la valorizzazione degli immobili appartenenti allo Stato comporti la loro vendita, una parte del ricavato, compresa tra il 5 ed il 15%, è corrisposta, a richiesta, all’ente territoriale interessato.

La disposizione, poi, delinea gli aspetti procedimentali, ponendo esplicite garanzie volte a presidiare il rispetto dei beni assoggettati o assoggettabili a tutela ai sensi del decreto legislativo n. 42/2004, oltre a dettare specifiche regole per gli immobili in uso al Ministero della Difesa.

 

Ø         Il co. 10 dell’art. 307 del Codice dell’ordinamento militare (D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66), relativo alle dismissioni dei beni immobili del Ministero della difesa, prevede che il medesimo Ministero, dopo aver sentito il MEF - Agenzia del demanio, individui, con uno o più decreti, gli immobili militari da alienare, non più utilizzati per finalità istituzionali. Detta, altresì, una serie di disposizioni procedurali riguardanti le alienazioni, le permute, le operazioni di valorizzazione e gestione dei richiamati beni immobili, con particolare riferimento alla determinazione del valore dei beni da porre a base d'asta, ai contratti di trasferimento di ciascun bene, alla determinazione dei proventi monetari derivanti dalle richiamate operazioni e la loro destinazione, pro quota, agli stati di previsione del MEF, della Difesa e agli enti territoriali interessati alle valorizzazioni.

L’art. 314, allo scopo di conseguire, attraverso la valorizzazione e l’alienazione degli immobili militari, le risorse necessarie a soddisfare le esigenze infrastrutturali e alloggiative delle Forze armate, autorizza il Ministero della difesa a promuovere la costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare d’intesa con i comuni nel cui territorio sono presenti gli immobili. Il  comma 2, nell’ambito delle procedure relative alla costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare finalizzati alla valorizzazione e all’alienazione degli immobili della difesa, affida ad uno o più decreti del Ministro della difesa il compito di individuare gli immobili da trasferire o da conferire ai citati fondi, che possono costituire oggetto di appositi accordi di programma di valorizzazione con i comuni nel cui ambito essi sono ubicati. L’inserimento degli immobili nei citati decreti ne determina la classificazione come patrimonio disponibile dello Stato.

 


 

Articolo 44
(
Semplificazioni in materia di interventi di lieve entità)

1. Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, d'intesa con la Conferenza unificata, salvo quanto previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono dettate disposizioni modificative e integrative al regolamento di cui all'articolo 146, comma 9, quarto periodo, del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, al fine di rideterminare e ampliare le ipotesi di interventi di lieve entità, nonché allo scopo di operare ulteriori semplificazioni procedimentali, ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1, e 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

2. All'articolo 181, comma 1-ter, primo periodo, del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, le parole: «la disposizione di cui al comma 1 non si applica» sono sostituite dalle seguenti: «non si applicano le sanzioni di cui ai commi 1 e 1-bis, lettera a)».

 

 

L’articolo 44, al comma 1, prevede l’emanazione, entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto, di un regolamento di delegificazione (su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, d’intesa con la Conferenza unificata, salvo quanto previsto dall’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281) volto a dettare modifiche e integrazioni al regolamento di cui al D.P.R. 139/2010 di disciplina del procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità, al fine di:

§         rideterminare e ampliare le ipotesi di interventi di lieve entità;

§         operare ulteriori semplificazioni procedimentali, ferme comunque le esclusioni previste dalla L. 241/1990:

-     all’art. 19, comma 1 (inapplicabilità della segnalazione certificata di inizio attività - SCIA - nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali);

-     all’art. 20, comma 4 (inapplicabilità del silenzio-assenso nei procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico e l’ambiente).

 

Si ricorda che il citato regolamento di delegificazione di cui al D.P.R. 9 luglio 2010, n. 139 è stato emanato in attuazione dell’ultimo periodo del comma 9 dell’art. 146 del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). Tale periodo ha infatti previsto l’emanazione di un regolamento di delegificazione (ai sensi dell'art. 17, comma 2, della L. 400/1988), su proposta del Ministro dei beni culturali d'intesa con la Conferenza unificata, salvo quanto previsto dall'art. 3 del D.Lgs. 281/1997, volto a stabilire “procedure semplificate per il rilascio dell'autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entità in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti, ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1, e 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni”.

Quanto alle disposizioni recate dall’art. 3 del D.Lgs. 281/1997 (recanti la disciplina dei procedimenti in cui la legislazione vigente prevede un'intesa nella Conferenza Stato-Regioni), fatte salve dalla norma in commento, si ricorda, in particolare, il contenuto dei commi 3 e 4. Ai sensi del comma 3, quando un'intesa espressamente prevista dalla legge non è raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata. Ai sensi del comma 4, in caso di motivata urgenza il Consiglio dei Ministri può provvedere senza l'osservanza delle disposizioni del presente articolo. In tal caso i provvedimenti adottati sono sottoposti all'esame della Conferenza Stato-regioni nei successivi quindici giorni e il Consiglio dei Ministri è tenuto ad esaminare le osservazioni della Conferenza Stato-regioni ai fini di eventuali deliberazioni successive.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame novella il comma 1-ter dell’art. 181 del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) al fine di escludere l’applicabilità delle sanzioni penali previste dall’art. 181, comma 1-bis, lettera a), in taluni casi nei quali venga accertata la compatibilità paesaggistica da parte dell’autorità amministrativa competente.

Si ricorda che il comma 1-ter dell’art. 181 esclude l’applicazione di sanzioni penali, ferma restando l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'art. 167, qualora, nei seguenti casi, l'autorità amministrativa competente accerti la compatibilità paesaggistica (secondo le procedure di cui al comma 1-quater):

a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi o aumento di quelli legittimamente realizzati;

b) per l'impiego di materiali non conformi all'autorizzazione paesaggistica;

c) per i lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. 380/2001 (T.U. edilizia).

 

Per i casi contemplati dalle lettere a), b) e c) del comma 1-ter viene quindi esclusa l’applicazione delle sanzioni penali:

§         di cui al comma 1 (che prevede l’applicazione delle pene previste dall’art. 44, lett. c), del D.P.R. 380/2001 per coloro che, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, eseguano lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici [230]);

§         nonché – in base alla novella recata dal comma in esame – di quelle previste dal comma 1-bis, lettera a), che prevede la reclusione da uno a quattro anni qualora i lavori di cui al comma 1 “ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche, siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori”.

 

Resta ferma l’applicazione della pena della reclusione da uno a quattro anni nel caso in cui i lavori ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell'art. 142 “ed abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi” (lettera b) del comma 1-bis dell’art. 181).

Quanto alle sanzioni pecuniarie previste dall’art. 167, si ricorda che ai sensi dei commi 4 e 5, che prevedono che l'autorità amministrativa competente accerti (su istanza del proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati) la compatibilità paesaggistica per i lavori elencati nelle lettere a), b) e c) del comma 4 (che riproducono la casistica recata dalle lettere a), b) e c) del comma 1-ter dell’art. 181):

§         qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L'importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima;

§         in caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui al comma 1 dell’art. 167.

 

 


 

Articolo 45
(
Semplificazioni in materia di dati personali)

1. Al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 21 dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Il trattamento dei dati giudiziari è altresì consentito quando è effettuato in attuazione di protocolli d'intesa per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di criminalità organizzata stipulati con il Ministero dell'interno o con i suoi uffici periferici di cui all'articolo 15, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, che specificano la tipologia dei dati trattati e delle operazioni eseguibili.»;

b) all'articolo 27, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Si applica quanto previsto dall'articolo 21, comma 1-bis.»;

c) all'articolo 34 è soppressa la lettera g) del comma 1 ed è abrogato il comma 1-bis;

d) nel disciplinare tecnico in materia di misure minime di sicurezza di cui all'allegato B sono soppressi i paragrafi da 19 a 19.8 e 26.

 

 

L’articolo 45 novella tre diversi articoli del Codice della privacy (D.Lgs. n. 196 del 2003) e sopprime alcuni paragrafi del disciplinare tecnico.

 

Le lettere a) e b) intervengono sulla disciplina del trattamento dei dati giudiziari per autorizzare espressamente il trattamento di tali dati per finalità di prevenzione e repressione della criminalità organizzata.

Si ricorda, infatti, che i dati relativi a provvedimenti giudiziari sono considerati dati sensibili che, ai sensi degli articoli 21 e 27 del Codice possono essere trattati da soggetti pubblici (art. 21) e da privati o enti pubblici economici (art. 27) solo in presenza di un’espressa disposizione di legge, o di un provvedimento del Garante che specifichino le finalità di rilevante interesse pubblico del trattamento, i tipi di dati trattati e di operazioni eseguibili.

 

In particolare, la lettera a) interviene sull’articolo 21 del Codice, che contiene i principi applicabili al trattamento di dati giudiziari da parte di soggetti pubblici, per inserirvi il comma 1-bis. La disposizione è volta a consentire espressamente il trattamento dei dati giudiziari anche da parte di soggetti che abbiano stipulato protocolli d’intesa con il Ministero dell’interno (o le sue articolazioni periferiche, es. questure e prefetture) per svolgere attività di prevenzione e contrasto della criminalità organizzata. Saranno gli stessi protocolli a dover specificare la tipologia dei dati trattati e le operazioni eseguibili. Le Commissioni riunite hanno modificato la disposizione richiedendo comunque che questo trattamento dati avvenga previo parere del Garante della privacy.

 

 

La lettera b) novella l’articolo 27 del Codice, che richiede l’espressa previsione legislativa o il provvedimento del Garante per consentire il trattamento di dati giudiziari da parte di privati o di enti pubblici economici. Anche in questo caso il decreto-legge, inserendo un ulteriore periodo nel comma 1 dell’articolo 27, estende anche a queste ipotesi la previsione dell’articolo 21, comma 1-bis (v. sopra). Conseguentemente, anche i privati o gli enti pubblici economici che abbiano stipulato protocolli d’intesa con il Ministero dell’Interno per la repressione e prevenzione della criminalità organizzata sono autorizzati dal legislatore a trattare i dati giudiziari, nei limiti previsti dagli stessi protocolli.

 

 

Le lettere c) e d) novellano il Codice della privacy per quanto riguarda i trattamenti con strumenti elettronici sopprimendo, per coloro che si avvalgono di tali strumenti, l’obbligo di tenere un aggiornato documento programmatico sulla sicurezza.

In particolare, tale finalità è raggiunta attraverso:

-          la soppressione della lettera g) del comma 1 dell’art. 34 del Codice, che tale obbligo prevede (lett. c));

-          l’abrogazione dei paragrafi da 19 a 19.8 e 26 del disciplinare tecnico allegato al Codice (lett. d)).

 

Il disciplinare tecnico in materia di misure minime di sicurezza disponeva, nei paragrafi abrogati dal decreto-legge, che entro il 31 marzo di ogni anno, il titolare di un trattamento di dati sensibili o di dati giudiziari dovesse redigere un documento programmatico sulla sicurezza. Il documento doveva contenere una serie analitica di dati, tra i quali, la distribuzione dei compiti e delle responsabilità nell'ambito delle strutture preposte al trattamento dei dati; l'analisi dei rischi che incombono sui dati; le misure da adottare per garantire l'integrità e la disponibilità dei dati, nonché la protezione delle aree e dei locali, rilevanti ai fini della loro custodia e accessibilità; la descrizione dei criteri e delle modalità per il ripristino della disponibilità dei dati in seguito a distruzione o danneggiamento; la previsione di interventi formativi degli incaricati del trattamento; la descrizione dei criteri da adottare per garantire l'adozione delle misure minime di sicurezza in caso di trattamenti di dati personali affidati, in conformità al codice, all'esterno della struttura del titolare; per i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, l'individuazione dei criteri da adottare per la cifratura o per la separazione di tali dati dagli altri dati personali dell'interessato (paragrafi da 19 a 19.8). Inoltre, il titolare del trattamento era tenuto a riferire, nella relazione di accompagnamento del bilancio d’esercizio, sull’avvenuta redazione o aggiornamento del documento programmatico sulla sicurezza (paragrafo 26).

 

Peraltro, dalla soppressione dell’obbligo di tenuta del documento discende – con finalità di coordinamento – l’abrogazione del comma 1-bis dell’articolo 34, che poneva un’eccezione a tale obbligo per talune categorie di soggetti (lett. c)).

 

Il comma 1-bis era stato introdotto dall’art. 6 del decreto-legge n. 70 del 2011[231] e prevedeva che, al posto della tenuta del documento programmatico sulla sicurezza (DPS) - i soggetti che trattano con strumenti elettronici soltanto dati personali non sensibili (e come unici dati sensibili e giudiziari quelli relativi ai propri dipendenti e collaboratori, anche se extracomunitari, ovvero al coniuge e ai loro parenti), potessero evitare il documento sulla sicurezza e limitarsi ad autocertificare (ex art. 47 TU D.P.R. 445/2000) il rispetto delle misure minime di sicurezza previste dal Codice della privacy e dal disciplinare tecnico, contenuto nell’allegato B) nel trattamento dei dati.

 

 

 


 

Articolo 46
(
Disposizioni in materia di enti pubblici non economici vigilati dal Ministero della difesa e di Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti)

1. Con uno o più regolamenti da emanare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro della difesa di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dell'economia e delle finanze, sentite le organizzazioni sindacali in relazione alla destinazione del personale, si può procedere alla trasformazione in soggetti di diritto privato secondo quanto previsto dell'articolo 2, comma 634, lettere b) ed f), della legge 24 dicembre 2007, n. 244, degli enti pubblici non economici vigilati dal Ministero della difesa, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

2. Anche al fine di assicurare il necessario coordinamento delle associazioni dei consumatori ed utenti in merito all'attuazione delle disposizioni di semplificazione procedimentale e documentale nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 136, comma 4, lettera h), del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, al Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti, di cui al medesimo articolo, non si applicano le vigenti norme in materia di soppressione degli organi collegiali e di riduzione dei relativi componenti, fatti salvi i risparmi di spesa già conseguiti ed il carattere gratuito dei relativi incarichi. Titolo II Disposizioni in materia di sviluppo Capo I Norme in materia di agenda digitale e sviluppo dei settori dell’innovazione, ricerca e istruzione, turismo e infrastrutture energetiche.

 

 

Il comma 1 dell’articolo 46 attribuisce al ministero della difesa la facoltà di procedere alla trasformazione in soggetti di diritto privato di enti non economici vigilati dal ministero della difesa. Il medesimo comma precisa che:

 

Ø      la richiamata trasformazione può essere realizzata entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, mediante l’adozione di un apposito regolamento adottato su proposta del Ministero della difesa, di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dell'economia e delle finanze, sentite le organizzazioni sindacali in relazione alla destinazione del personale;

 

Al riguardo, la disposizione in esame richiama espressamente la procedura indicata dal comma 2 dell’articolo 17 della legge n. 400 del 1988 in base alla quale con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.

 

 

Ø      la trasformazione può riguardare unicamente enti ed organismi pubblici che non svolgono funzioni e servizi di rilevante interesse pubblico (articolo 2, comma 634, lettera b) della legge 24 dicembre 2007, n. 244);

 

Ø      la trasformazione comporta l’abrogazione delle disposizioni legislative che prescrivono il finanziamento, diretto o indiretto, a carico del bilancio dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche, degli enti ed organismi pubblici trasformati in soggetti di diritto privato.

 

Il comma 2 fa salvo il Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti dall’applicazione delle vigenti norme in materia di soppressione degli organi collegiali e di riduzione dei relativi componenti, mantenendo i risparmi di spesa già conseguiti ed il carattere gratuito dei relativi incarichi.

La finalità è quella di assicurare il necessario coordinamento delle associazioni dei consumatori ed utenti in merito all'attuazione delle disposizioni di semplificazione procedimentale e documentale nelle pubbliche amministrazioni, di cui all'articolo 136, comma 4, lettera h), del Codice del Consumo (D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206).

 

Si ricorda che l’articolo 136 citato istituisce, presso il Ministero dello sviluppo economico, il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU), composto dai rappresentanti delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale e da un rappresentante designato dalla Conferenza unificata. Il CNCU è presieduto dal Ministro dello sviluppo economico e nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico. Dura in carica tre anni.

I compiti del Consiglio riguardano, fra l’altro, l’espressione di pareri, ove richiesto, sugli schemi di atti normativi che riguardino i diritti e gli interessi dei consumatori e degli utenti, la formulazione di proposte, la promozione di ricerche, l’elaborazione di programmi di informazione.

In particolare, ai sensi della lettera h) del comma 4 dell’articolo, spetta al CNCU segnalare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, eventuali difficoltà, impedimenti od ostacoli, relativi all'attuazione delle disposizioni in materia di semplificazione procedimentale e documentale nelle pubbliche amministrazioni. Le segnalazioni sono verificate dal predetto Dipartimento anche mediante l'Ispettorato della funzione pubblica e l'Ufficio per l'attività normativa e amministrativa di semplificazione delle norme e delle procedure.


 

Articolo 47
(
Agenda digitale italiana)

1. Nel quadro delle indicazioni dell'agenda digitale europea, di cui alla comunicazione della Commissione europea COM (2010) 245 definitivo/2 del 26 agosto 2010, il Governo persegue l'obiettivo prioritario della modernizzazione dei rapporti tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese, attraverso azioni coordinate dirette a favorire lo sviluppo di domanda e offerta di servizi digitali innovativi, a potenziare l'offerta di connettività a larga banda, a incentivare cittadini e imprese all'utilizzo di servizi digitali e a promuovere la crescita di capacità industriali adeguate a sostenere lo sviluppo di prodotti e servizi innovativi.

2. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, il Ministro per la coesione territoriale, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministro dell'economia e delle finanze, è istituita una cabina di regia per l'attuazione dell'agenda digitale italiana, coordinando gli interventi pubblici volti alle medesime finalità da parte di regioni, province autonome ed enti locali. All'istituzione della cabina di regia di cui al presente comma si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. 

2-bis. La cabina di regia di cui al comma 2, nell'attuare l'agenda digitale italiana nel quadro delle indicazioni sancite dall'agenda digitale europea, persegue i seguenti obiettivi di:

a) realizzazione delle infrastrutture tecnologiche e immateriali al servizio delle «comunità intelligenti» (smart communities), finalizzate a soddisfare la crescente domanda di servizi digitali in settori quali la mobilità, il risparmio energetico, il sistema educativo, la sicurezza, la sanità, i servizi sociali e la cultura; 

b) promozione del paradigma dei dati aperti (open data) quale modello di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico, al fine di creare strumenti e servizi innovativi;  

c) potenziamento delle applicazioni di amministrazione digitale (e-government) per il miglioramento dei servizi ai cittadini e alle imprese, per favorire la partecipazione attiva degli stessi alla vita pubblica e per realizzare un'amministrazione aperta e trasparente; 

d) promozione della diffusione e del controllo di architetture di cloud computing per le attività e i servizi delle pubbliche amministrazioni; 

e) utilizzazione degli acquisti pubblici innovativi e degli appalti pre-commerciali al fine di stimolare la domanda di beni e servizi innovativi basati su tecnologie digitali; 

f) infrastrutturazione per favorire l'accesso alla rete internet in grandi spazi pubblici collettivi quali scuole, università, spazi urbani e locali pubblici in genere; 

g) investimento nelle tecnologie digitali per il sistema scolastico e universitario, al fine di rendere l'offerta educativa e formativa coerente con i cambiamenti in atto nella società; 

h) consentire l'utilizzo dell'infrastruttura di cui all'articolo 81, comma 2-bis, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, anche al fine di consentire la messa a disposizione dei cittadini delle proprie posizioni debitorie nei confronti dello Stato da parte delle banche dati delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 2, comma 2, del citato codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, e successive modificazioni;

i) individuare i criteri e i tempi e le relative modalità per effettuare i pagamenti con modalità informatiche nonché le modalità per il riversamento, la rendicontazione da parte del prestatore dei servizi di pagamento e l'interazione tra i sistemi e i soggetti coinvolti nel pagamento, anche individuando il modello di convenzione che il prestatore di servizi deve sottoscrivere per effettuare il pagamento. 

2-ter. Le disposizioni di cui al comma 2-bis si applicano, ove possibile tecnicamente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ovvero direttamente o indirettamente, aumenti di costi a carico degli utenti, anche ai soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative. 

 

 

L’articolo 47 reca disposizioni relative all’agenda digitale italiana.

Il comma 1 contiene un’indicazione di principio relativa alle azioni che il Governo assumerà in attuazione dell’agenda digitale europea.

L’agenda digitale europea è stata adottata dalla Commissione europea con la comunicazione COM(2010)245. L’agenda costituisce una delle sette “iniziative faro” della Strategia UE 2020.

L’agenda prevede impegni a carico sia della Commissione che degli Stati nazionali. In particolare la Commissione si dovrebbe adoperare per:

·       creare un quadro giuridico stabile al fine di incentivare investimenti per internet ad alta velocità;

·       definire una politica efficiente in materia di spettro radio;

·       creare un vero e proprio mercato unico per i contenuti e i servizi online;

·       promuovere l'accesso a internet, in particolare mediante azioni a sostegno dell'alfabetizzazione digitale e dell'accessibilità.

Gli Stati membri dovrebbero:

·       elaborare strategie operative per internet ad alta velocità e orientare i finanziamenti pubblici, compresi i fondi strutturali, verso settori non totalmente coperti da investimenti privati;

·       creare un quadro legislativo per coordinare i lavori pubblici in modo da ridurre i costi di ampliamento della rete;

·       promuovere la diffusione e l'uso dei moderni servizi online.

 

Il comma 1 stabilisce che nell’ambito delle indicazioni dell’agenda digitale europea il Governo persegue l’obiettivo prioritario della modernizzazione dei rapporti tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese.

 

Le disposizioni in materia di attività digitale delle pubbliche amministrazioni sono raccolte e riordinate in un unico atto normativo, il Codice dell'amministrazione digitale (CAD), adottato con il D.Lgs. 82/2005 in attuazione della delega contenuta nell’art. 10 della legge 229/2003 (legge di semplificazione 2001) relativa al riassetto delle disposizioni vigenti in materia di Società dell’informazione.

Il CAD è già stato oggetto di modifiche apportate dal D.Lgs. 159/2006 e, in base alla delega contenuta nell’art. 33 della legge n. 69 del 2009, dal D.Lgs. 235/2010.

Alla base dell’adozione del Codice vi è l’intento di scopo di predisporre un quadro normativo adeguato a promuovere e disciplinare la diffusione dell'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione non solo nell'ambito dell'attività interna delle pubbliche amministrazioni, ma anche nei rapporti con i cittadini e con le imprese. In questa prospettiva il Codice costituisce un elemento fondamentale del processo di modernizzazione della pubblica amministrazione, con la prescrizione di strumenti normativi mediante i quali riconsiderare la propria organizzazione sulla base delle nuove tecnologie digitali per assicurare ai cittadini e alle imprese l'accesso in linea ai propri servizi, con l'obiettivo di realizzare una progressiva riduzione dei costi e, contestualmente, un incremento della efficienza e della trasparenza.

Il Codice disciplina in modo organico l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nell'attività amministrativa, nei suoi aspetti organizzativi e procedimentali, stabilendo princìpi giuridici fondamentali come quelli relativi al documento informatico ed alla firma digitale, nonché chiare indicazioni sulla validità e sull’efficacia probatoria del documento elettronico e specifiche regole tecniche per la creazione, la tenuta e la conservazione del documento digitale.

Occorre, inoltre, ricordare, che all’inizio della XVI legislatura, il Governo ha messo a punto un documento programmatico, confluito nel Piano e-Gov 2012 che definisce un insieme di progetti di innovazione digitale che si propongono di modernizzare, rendere più efficiente e trasparente la Pubblica Amministrazione, migliorare la qualità dei servizi erogati a cittadini e imprese e diminuirne i costi per la collettività. Il Piano individua circa 80 progetti, aggregati in 4 ambiti di intervento e 27 obiettivi[232].

 

In questa prospettiva la norma prevede l’adozione di azioni coordinate per realizzare i seguenti obiettivi specifici:

1.      favorire lo sviluppo di domanda e offerta di servizi digitali innovativi;

2.      potenziare l'offerta di connettività a larga banda;

3.      incentivare cittadini e imprese all'utilizzo di servizi digitali;

4.      promuovere la crescita di capacità industriali adeguate a sostenere lo sviluppo di prodotti e servizi innovativi.

Il comma 2 prevede l’istituzione di una cabina di regia per l'attuazione dell'agenda digitale italiana. La cabina dovrà anche coordinare gli interventi pubblici volti alle medesime finalità da parte di regioni, province autonome ed enti locali. All’istituzione si provvede con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, il Ministro per la coesione territoriale, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministro dell'economia e delle finanze. Dall’istituzione non dovranno derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Con comunicato del 9 febbraio 2012, il Ministero per lo sviluppo economico ha reso noto che, in pari data, si è già insediata la cabina di regia. La cabina ha specificamente il compito di accelerare il percorso di attuazione dell’agenda in raccordo con le strategie europee, predisponendo una serie di interventi normativi da attuare tra marzo e giugno prossimi.

 

Alla riunione erano presenti, tra gli altri, i Ministri Corrado Passera (Sviluppo Economico, Infrastrutture e Trasporti), Filippo Patroni Griffi (Funzione Pubblica) e Francesco Profumo (Istruzione, Università e Ricerca), il sottosegretario all’Editoria Paolo Peluffo e i rappresentanti del ministero dell’Economia e delle Finanze e della Coesione Territoriale.

 

Si è provveduto ad istituire sei gruppi di lavoro, suddivisi in base ai principali obiettivi della strategia, i quali agiranno in raccordo diretto con i ministri. Ognuno di essi sarà coordinato dai referenti del ministero che sarà maggiormente coinvolto, per quel determinato tema, ma vedrà la collaborazione di tutti gli altri dicasteri che partecipano alla cabina di regia. Inoltre, potranno partecipare anche esponenti di altri ministeri. In aggiunta, saranno organizzati gruppi di lavoro tematici che coinvolgeranno, di volta in volta, i principali attori del settore. Sia pubblici che privati.

 

Nello specifico, i sei gruppi di lavoro riguardano:

1.      Infrastrutture e sicurezza, (coordinato dall’Mise)

2.      E-Commerce (coordinato dall’ Mise e dal Dipartimento per l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri)

3.      E-government e Open data (coordinato da Miur e Dipartimento della funzione pubblica)

4.      Alfabetizzazione informatica (coordinato da Miur e Dipartimento della funzione pubblica)

5.      Ricerca e investimenti (coordinato da Miur e Mise)

6.      Smart Communities (coordinato da Miur e Dipartimento della Coesione territoriale)

 

Ciascun gruppo di lavoro dovrà, preliminarmente, censire le iniziative in corso. Quindi recepire l’agenda europea, individuare le migliori pratiche, ricostruire una visione strategica, definire il quadro finanziario di riferimento, predisporre le azioni normative e progettuali e valutare le relative ricadute.

 

Nel corso dell’esame in Commissione è stato approvato, nella seduta del 29 febbraio, un emendamento (4.8 nuova formulazione) che ha introdotto un nuovo comma dopo il comma 2 dell’articolo.

Il nuovo comma 2-bis definisce gli obiettivi specifici che devono essere perseguiti dalla cabina di regia nell'attuare l'agenda digitale italiana nel quadro delle indicazioni sancite da quella europea. Come si può notare, i primi sette obiettivi riprendono, in qualche modo, le tematiche generali intorno alle quali sono stati costituiti i gruppi di lavoro della Cabina di regia. Gli ultimi due punti, invece, intervengono invece sui temi specifici dell’informatizzazione dei pagamenti in favore delle pubbliche amministrazioni e dei sistemi di pagamento in generale.

In particolare, vengono indicati i seguenti obiettivi:

1) realizzazione delle infrastrutture tecnologiche e immateriali al servizio delle comunità intelligenti (le c.d. smart communities), finalizzate a soddisfare la crescente domanda di servizi digitali in settori quali la mobilità, il risparmio energetico, il sistema educativo, la sicurezza, la sanità, i servizi sociali e la cultura;

2) promozione del paradigma dei dati aperti (c.d. open data) quale modello di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico, al fine di creare strumenti e servizi innovativi;

3) potenziamento delle applicazioni di amministrazione digitale (c.d. e-government) per il miglioramento dei servizi ai cittadini e alle imprese, per favorire la partecipazione attiva degli stessi alla vita pubblica e per realizzare un'amministrazione aperta e trasparente;

4) promozione della diffusione e controllo di architetture di cloud computing (lett. “nuvola informatica”) per le attività e i servizi delle pubbliche amministrazioni;

5) utilizzazione degli acquisti pubblici innovativi e degli appalti pre-commerciali al fine di stimolare la domanda di beni e servizi innovativi basati su tecnologie digitali;

6) infrastrutturazione per favorire l'accesso alla rete internet in grandi spazi pubblici collettivi quali scuole, università, spazi urbani e locali pubblici in genere;

7) investimento nelle tecnologie digitali per il sistema scolastico e universitario, al fine di rendere l'offerta educativa e formativa coerente con i cambiamenti in atto nella società;

8) consentire l’utilizzo della piattaforma tecnologica di cui all’art. 81, comma 2-bis del D.Lgs. n. 82 del 2005 (codice dell’amministrazione digitale), anche al fine di rendere possibile da parte delle amministrazioni pubbliche centrali, regionali, locali, delle aziende e degli enti del servizio sanitario, e delle agenzie fiscali, la messa a disposizione dei cittadini delle proprie posizioni debitorie. Si ricorda che il citato comma 2-bis dispone, al fine di dare attuazione all’articolo 5 del codice, il quale prevede che le pubbliche amministrazioni consentano l’effettuazione dei pagamenti ad esse spettanti con l'uso delle tecnologie informatiche, che DigitPA, metta a disposizione, attraverso il Sistema pubblico di connettività, una piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati;

9) individuare criteri, tempi e modalità per effettuare i pagamenti con modalità informatiche, nonché le modalità per il riversamento, la rendicontazione da parte del prestatore dei servizi di pagamento e l'interazione tra i sistemi e i soggetti coinvolti nel pagamento, anche individuando il modello di convenzione che il prestatore di servizi deve sottoscrivere per effettuare il pagamento.

 

Il comma 2-bis si applica ove tecnicamente possibile e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 2-ter).

Documenti all’esame delle istituzioni UE

Il 19 maggio 2010 la Commissione europea ha adottato la comunicazione “Un’agenda digitale europea” (COM(2010)245) che, nell’ambito delle iniziative faro di “Europa 2020”, mira a stabilire il ruolo chiave delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) per raggiungere gli obiettivi che l'UE si è prefissata per il 2020.

 

In particolare, si individuano le azioni fondamentali per affrontare in modo sistematico sette aree problematiche nelle TIC, tra le quali: la frammentazione dei mercati digitali, la mancanza di interoperabilità, l’aumento della criminalità informatica, la mancanza di investimenti nelle reti, l’impegno insufficiente nella ricerca e nell’innovazione, la mancanza di alfabetizzazione informatica.

Nell’ambito dell’agenda digitale europea, il 20 settembre 2010 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo di fornire ai cittadini europei l’accesso alla banda larga (base per il 2013 e veloce per il 2020), composto da:

·      una proposta di decisione sulla creazione di un programma per la politica dello spettro radio (COM(2010)471), che espone orientamenti per la pianificazione strategica e l'armonizzazione dell'uso dello spettro radio per realizzare il mercato interno; mira a garantirne l'uso e la gestione efficiente, la promozione della neutralità della tecnologia e del servizio, l'applicazione di un sistema di autorizzazione più snello. Entro il 2015 la Commissione dovrà trasmettere una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio e gli Stati membri dovranno attuare la decisione.

L’esame in seconda lettura del Parlamento europeo dovrebbe concludersi il 19 aprile 2012 seguito dall’esame in seconda lettura da parte del Consiglio.

·      una comunicazione per promuovere gli investimenti nella rete di banda larga (COM(2010)472), che indica l’obiettivo di assicurare l’accesso a internet per tutti i cittadini ad una velocità di connessione superiore a 30 megabit per secondo, e per almeno il 50% delle famiglie la disponibilità di un accesso a internet con una velocità superiore a 100 Megabit per secondo entro il 2020; sulla comunicazione il Consiglio del 2-3 dicembre 2010 ha adottato conclusioni.

Sul documento il Consiglio del 3 ottobre 2010 ha adottato conclusioni e il Parlamento europeo il 6 luglio 2011 ha approvato una risoluzione.

·      una raccomandazione sull’accesso regolato alla rete Next Generation Access (NGA) (C(2010)6223, pubblicato in G.U.U.E. L. n. 251 del 25.9.2010), che mira a favorire lo sviluppo del mercato unico rafforzando la certezza del diritto e promuovendo gli investimenti, la concorrenza e l'innovazione sul mercato dei servizi a banda larga.

 

 


 

Articolo 47, comma 2-quater
(Accesso all’ingrosso alla rete fissa di telecomunicazioni)

2-quater. Al fine di favorire le azioni di cui al comma 1 e al fine di garantire la massima concorrenzialità nel mercato delle telecomunicazioni, in linea con quanto previsto dall'articolo 34, comma 3, lettera g), del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, i servizi di accesso all'ingrosso di rete fissa devono essere offerti agli operatori concorrenti in maniera disaggregata in modo che gli stessi operatori non debbano pagare per servizi non richiesti e si possa creare un regime concorrenziale anche per i servizi accessori. In particolare, il prezzo del servizio di accesso all'ingrosso di rete fissa deve indicare separatamente il costo della prestazione dell'affitto della linea e il costo delle attività accessorie quali il servizio di attivazione della linea stessa e il servizio di manutenzione correttiva. Con riferimento alle attività accessorie, deve essere garantito agli operatori richiedenti anche di poter acquisire tali servizi da imprese terze di comprovata esperienza che operano sotto la vigilanza dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in un regime di concorrenza.

 

 

Il comma 2-quater dell’articolo 47, introdotto durante l’esame in Commissione, stabilisce, al fine di favorire la diffusione dei servizi digitali, secondo quanto stabilito dal comma 1 dello stesso articolo, e di garantire la massima concorrenzialità nel mercato delle telecomunicazioni, che i servizi di accesso all’ingrosso di rete fissa, ovvero quelli connessi all’utilizzazione del cosiddetto ultimo miglio (la porzione di linea che collega la centrale telefonica con la sede dell’utenza finale) da parte degli operatori concorrenti, siano offerti dall’incumbent (Telecom Italia) in modo disaggregato, indicando separatamente il costo per l'affitto della linea ed il costo delle attività accessorie, quali il servizio di attivazione della linea stessa ed il servizio di manutenzione correttiva.

Dovrà inoltre essere garantito agli operatori di poter acquisire i servizi accessori da imprese diverse dall’incumbent, purché di comprovata esperienza ed operanti sotto la vigilanza dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in regime di concorrenza.

L’introduzione dell’obbligo di offrire agli operatori concorrenti i servizi di accesso all’ingrosso di rete fissa in maniera disaggregata è finalizzata a ridurre il potere di mercato dell’operatore proprietario della rete, di aumentare la concorrenza nell’offerta di servizi accessori e, in ultima analisi, di ridurre il costo per l’accesso alla rete da parte dei suddetti concorrenti.

 

Le previsioni della norma in commento vanno messe in relazione con quanto previsto dall’articolo 34, comma 3, lettera g), del D.L. n. 201/2011[233], il quale stabilisce che siano abrogate alcune restrizioni alla libertà di accesso, di organizzazione e di svolgimento delle attività economiche quale, tra gli altri, l'obbligo di fornitura di specifici servizi complementari all'attività svolta.

 


 

Articolo 47-bis
(Semplificazioni in materia di sanità digitale
)

1. Nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, nei piani di Sanità nazionali e regionali si privilegia la gestione elettronica delle pratiche cliniche, attraverso l'utilizzo della cartella clinica elettronica, così come i sistemi di prenotazione elettronica per l'accesso alle strutture da parte dei cittadini con la finalità di ottenere vantaggi in termini di accessibilità e contenimento dei costi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

L’articolo 47-bis[234], introdotto nel corso dell’esame in sede referente, intende introdurre semplificazioni in materia di sanità digitale.

L’articolo prevede che, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili, e senza maggiori o nuovi oneri per la finanza pubblica, si privilegi, nei piani di Sanità nazionali e regionali (rectius Piano sanitario nazione e Piani sanitari regionali), la gestione elettronica delle pratiche cliniche sia attraverso l’utilizzo della cartella clinica elettronica sia attraverso i sistemi di prenotazione elettronica per l’accesso alle strutture da parte dei cittadini con finalità di ottenere vantaggi in termini di accessibilità e contenimento dei costi.

Si osserva che nel Piano sanitario 2011-2013 fra gli ambiti progettuali di maggior interesse della sanità digitale sono già compresi lo sviluppo del Fascicolo sanitario elettronico e dei sistemi relativi ai Centri di prenotazione unica (CUP).

Infatti, il Piano[235] dedica un paragrafo alla sanità digitale (e-health) nel quale vengono enumerate le iniziative progettuali intraprese sul territorio. Fra gli ambiti progettuali di maggiore interesse è fra l’altro già compresa la disponibilità della storia clinica del paziente mediante i sistemi di Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), finalizzati a raccogliere e rendere disponibili, ai diversi soggetti deputati alla presa in carico degli assistiti e alla governance del sistema, informazioni socio-sanitarie e dati clinici associati alla storia clinica del paziente, generati dai vari attori del sistema sanitario[236].

 

Sarebbe anche opportuno precisare se con cartella clinica debba intendersi la descrizione degli eventi sanitari relativi all’interazione di un dato paziente con un determinato soggetto/struttura sanitaria oppure la cartella clinica costruita dal medico di medicina generale (MMG) o dal pediatra di libera scelta (PLS).

 

Tale precisazione sarebbe inoltre importante per collocare la norma in utile raccordo con quanto recentemente definito in materia di Fascicolo sanitario elettronico (FSE).

 

Il FSE raccoglie e rende disponibili tutti i documenti socio-sanitari generati dalle strutture cliniche all’atto dei rapporti dei pazienti con i diversi attori del SSN. Al fine di supportare la realizzazione di una cornice normativa unitaria, necessaria alla definizione di un modello di riferimento nazionale per il FSE, nel secondo semestre del 2008 è stato istituito dal Ministero della salute un tavolo interistituzionale a cui partecipano rappresentanti del Ministero per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione, oltre ai referenti regionali e ad un rappresentante dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali. Il Tavolo interistituzionale per il fascicolo sanitario elettronico ha successivamente previsto l’adozione di un regolamento attuativo per la definizione dei dati contenuti nel Fascicolo. Il 10 febbraio 2011 sono state approvate, in sede di Conferenza Stato-Regioni, le Linee guida sul fascicolo sanitario elettronico[237] proposte dal Ministero della Salute. Le Linee guida individuano gli elementi necessari per una progettazione omogenea del fascicolo elettronico su base nazionale ed europea.

 

Il PSN 2011-2013 comprende il Centro Unificato di Prenotazione (CUP), fra gli ambiti progettuali di e-health a maggiore priorità di intervento a livello regionale e locale, da portare avanti anche con il supporto di CONSIP. Il CUP potrebbe corrispondere ai sistemi di prenotazione elettronica per l’accesso alle strutture, di cui alla disposizione in esame.

 

Il CUP è il sistema centralizzato informatizzato di prenotazione delle prestazioni sanitarie, incaricato di gestire l'intera offerta dei servizi sanitari (SSN, regime convenzionato, intramoenia) presenti sul territorio di riferimento. Il 29 aprile 2010 è stata siglata dalla Conferenza Stato-Regioni l’intesa sulle Linee Guida nazionali del sistema CUP . Le Linee Guida, predisposte dal Ministero della salute in stretta collaborazione con le regioni, indicano il percorso per lo sviluppo di un centro CUP unificato a livello nazionale in cui far confluire i sistemi CUP, oggi presenti a livello provinciale e regionale, che operano spesso in modalità isolata e con canali differenziati.

 


 

Articolo 47-ter
(
Digitalizzazione e riorganizzazione)

1. Dopo il comma 3 dell'articolo 15 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, sono aggiunti i seguenti:

«3-bis. Le funzioni legate alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, di seguito denominate “funzioni ICT” nei comuni sono obbligatoriamente ed esclusivamente esercitate in forma associata, secondo le forme previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, da parte dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il comune di Campione d'Italia.

3-ter. Le funzioni ICT di cui al comma 3-bis comprendono la realizzazione e la gestione di infrastrutture tecnologiche, rete dati, fonia, apparati, di banche dati, di applicativi software, l'approvvigionamento di licenze per il software, la formazione informatica e la consulenza nel settore dell'informatica

3-quater. La medesima funzione ICT non può essere svolta da più di una forma associativa.

3-quinquies. Il limite demografico minimo che l'insieme dei comuni, che sono tenuti ad esercitare le funzioni ICT in forma associata, deve raggiungere è fissato in 30.000 abitanti, salvo quanto disposto dal comma 3-sexies.

3-sexies. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, nelle materie di cui all'articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, la regione individua con propria legge, previa concertazione con i comuni interessati nell'ambito del Consiglio delle autonomie locali, la dimensione territoriale ottimale e omogenea per area geografica per lo svolgimento, in forma obbligatoriamente associata da parte dei comuni con dimensione territoriale inferiore ai 5.000 abitanti, delle funzioni di cui al comma 3-ter, secondo i princìpi di economicità, di efficienza e di riduzione delle spese, fermo restando quanto stabilito dal comma 3-bis del presente articolo. 

3-septies. A partire dalla data fissata dal decreto di cui al comma 3-octies, i comuni non possono singolarmente assumere obbligazioni inerenti alle funzioni e ai servizi di cui ai commi 3-bis e 3-ter. Per tale scopo, all'interno della gestione associata, i comuni individuano un'unica stazione appaltante. 

3-octies. Le funzioni di cui al comma 3-bis e i relativi tempi di attuazione sono definiti con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione».

 

 

L’articolo 47-ter, introdotto nel corso dell’esame del provvedimento in sede referente, integra l’art. 15 del Codice dell’amministrazione digitale (CAD), adottato con D.Lgs. n. 82/2005[238]. In particolare si prevede che le funzioni legate alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (funzioni ICT) da parte dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti siano obbligatoriamente ed esclusivamente esercitate in forma associata, secondo le forme previste dal Testo unico degli enti locali (convenzione o forme di unione) e che queste non possano essere svolte da più di una forma associativa.

 

L’articolo 15, CAD, prevede che la riorganizzazione strutturale e gestionale delle pubbliche amministrazioni volta al perseguimento degli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione avviene anche attraverso il migliore e più esteso utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT) (comma 1).

A tal fine, le pubbliche amministrazioni provvedono in particolare a razionalizzare e semplificare i procedimenti amministrativi, le attività gestionali, i documenti, la modulistica, le modalità di accesso e di presentazione delle istanze da parte dei cittadini e delle imprese, assicurando che l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione avvenga in conformità alle prescrizioni tecnologiche definite nelle regole tecniche dettate con d.P.C.M. (comma 2). Nella valutazione dei progetti di investimento in materia di innovazione tecnologica, le pubbliche amministrazioni, tengono conto degli effettivi risparmi derivanti dalla razionalizzazione, nonché dei costi e delle economie che ne derivano (co. 2-bis).

Il comma 2-ter prevede che le pubbliche amministrazioni, quantificano annualmente, i risparmi effettivamente conseguiti in attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2. Tali risparmi sono utilizzati, per due terzi secondo quanto previsto dall’articolo 27, comma 1, del D.Lgs. n. 150 del 2009, relativamente al premio di efficienza, e in misura pari ad un terzo per il finanziamento di ulteriori progetti di innovazione.

 

In particolare, le disposizioni in esame disciplinano le modalità di esercizio delle funzioni legate alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (funzioni ICT) da parte dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole ed il comune di Campione d'Italia.

 

Per quanto riguarda il campo di applicazione delle disposizioni del CAD, in via generale si ricorda che l’art. 2, co. 2, prevede che il codice si applichi alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, salvo che sia diversamente stabilito, nel rispetto della loro autonomia organizzativa e comunque nel rispetto del riparto di competenza di cui all'articolo 117 della Costituzione.

Ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

Il Codice richiama il principio di autonomia organizzativa delle amministrazioni regionali e locali nel settore, tenuto conto che la disciplina del “coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale” ricade nell’ambito della competenza legislativa esclusiva dello Stato (ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. r), Cost.); come si riscontra in varie parti del testo, sono pertanto rivolte alle sole pubbliche amministrazioni centrali le disposizioni del Codice che si ritiene possano incidere immediatamente sulla potestà organizzativa delle autonomie territoriali.

 

Ai sensi del nuovo comma 3-bis dell’art. 15, CAD, tali funzioni sono obbligatoriamente ed esclusivamente esercitate in forma associata, secondo le forme previste dal Testo unico degli enti locali (D.Lgs. 267/2000).

Le funzioni ICT comprendono la realizzazione e la gestione di infrastrutture tecnologiche, rete, dati, fonia, apparati, di banche dati, di applicativi software, l'approvvigionamento di licenze per il software, la formazione informatica, la consulenza nel settore dell'informatica (comma 3-ter).

 

Si consideri che alcuni recenti interventi legislativi hanno reso l’obbligatorio l’esercizio di funzioni e servizi in forma associata da parte dei piccoli comuni.

In particolare, si ricorda che le disposizioni di cui all’articolo 14, commi 28-31, del D.L. 78/2010[239], che ha introdotto l’obbligo di esercizio in forma associata delle funzioni fondamentali, con finalità di contenimento della spesa pubblica, per i comuni con popolazione superiore a 1.000 e fino a 5.000 abitanti. Per adempiere tale obbligo, i comuni hanno facoltà di scelta della forma della convenzione o dell’unione. Per l’individuazione delle funzioni fondamentali, si rinvia all’elenco di cui all’articolo 21, comma. 3, della L. n. 42/2009 (c.d. legge delega sul federalismo fiscale):

a)    funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, nella misura complessiva del 70 per cento delle spese come certificate dall'ultimo conto del bilancio disponibile alla data di entrata in vigore della legge n. 42/2009;

b)    funzioni di polizia locale;

c)    funzioni di istruzione pubblica, compresi i servizi per gli asili nido e quelli di assistenza scolastica e refezione, nonché l'edilizia scolastica;

d)    funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti;

e)    funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell'ambiente, fatta eccezione per il servizio di edilizia residenziale pubblica e locale e piani di edilizia nonché per il servizio idrico integrato;

f)     funzioni del settore sociale.

Un ulteriore obbligo di esercizio associato delle funzioni comunali, finalizzato al contenimento delle spese degli enti territoriali, è previsto dall’articolo 16, commi 1-16, D.L. 138/2011[240].

Tali disposizioni prevedono, infatti, per i comuni con popolazione pari o inferiore a 1.000 abitanti, l’obbligo di esercitare in forma associata non solo tutte le funzioni amministrative, ma anche tutti i servizi pubblici spettanti a legislazione vigente, mediante l'unione già prevista dall'articolo 32 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUEL).

 

Il comma 3-quater specifica che una stessa funzione non può essere svolta da più di una forma associativa.

 

In proposito si ricorda che l’articolo 14, co. 29, del D.L. 78/2010, stabilisce il principio generale in base al quale i comuni non possono svolgere singolarmente le funzioni fondamentali svolte in forma associata. La medesima funzione non può essere svolta da più di una forma associativa.

 

Quanto al bacino demografico di riferimento per l’esercizio associato delle funzioni ICT, la novella stabilisce che il limite minimo che l'insieme dei comuni deve raggiungere è fissato in 30.000 abitanti, fatta salva la diversa individuazione ad opera delle regioni (comma 3-quinquies).

Infatti, il comma 3-sexies prevede la possibilità, nelle materie di competenza legislativa concorrente o residuale, per le regioni di individuare con legge la dimensione territoriale ottimale e omogenea per area geografica secondo i principi di economicità, di efficienza e di riduzione delle spese.

Tale individuazione deve essere fatta entro due mesi dalla data di entrata in vigore del D.L. 5/2012, previa concertazione con i comuni interessati espressa nell’ambito del Consiglio delle autonomie locali (CAL).

 

La novella rinvia in ogni caso ad un decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione la determinazione delle funzioni e dei tempi di attuazione delle disposizioni introdotte (comma 3-octies). In tale decreto verrà stabilita la data a partire dalla quale i comuni non possono singolarmente assumere obbligazioni inerenti alle funzioni ed ai servizi ICT. A tal fine, all'interno della gestione associata, i comuni individuano un'unica stazione appaltante (comma 3-septies).

 

Il decreto deve essere adottato entro 6 mesi dalla pubblicazione del D.L. 5/2012, in esame, con il coinvolgimento delle autonomie territoriali, nella forma dell’intesa con la Conferenza unificata.

 


Articolo 47-quater
(
Indice degli indirizzi delle pubbliche amministrazioni)

1. Il comma 3 dell'articolo 57-bis del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, è sostituito dal seguente:

«3. Le amministrazioni aggiornano gli indirizzi e i contenuti dell'indice tempestivamente e comunque con cadenza almeno semestrale secondo le indicazioni di DigitPA. La mancata comunicazione degli elementi necessari al completamento dell'indice e del loro aggiornamento è valutata ai fini della responsabilità dirigenziale e dell'attribuzione della retribuzione di risultato ai dirigenti responsabili».

 

 

L’articolo 47-quater, introdotto nel corso dell’esame del provvedimento in sede referente, modifica l’art. 57-bis del Codice dell’amministrazione digitale (CAD), introdotto di recente dal D.L. n. 78/2009[241], relativo all’indice degli indirizzi delle pubbliche amministrazioni, realizzato e gestito a cura di DigitPA. In particolare, si specifica che l’aggiornamento dei contenuti dell’indice da parte delle amministrazioni abbia comunque cadenza almeno semestrale secondo le indicazioni di DigitPA, sopprimendo la possibilità, attualmente prevista, di una diversa indicazione temporale da parte di DigitPA.

 

In particolare, l’art. 57-bis stabilisce che, al fine di assicurare la trasparenza delle attività istituzionali, è istituito l'indice degli indirizzi delle amministrazioni pubbliche, nel quale sono indicati gli indirizzi di posta elettronica da utilizzare per le comunicazioni e per lo scambio di informazioni e per l'invio di documenti a tutti gli effetti di legge fra le amministrazioni e fra le amministrazioni ed i cittadini (comma 1)[242]. La realizzazione e la gestione dell'indice è affidato al DigitPA, che può utilizzare a tal fine elenchi e repertori già formati dalle amministrazioni pubbliche (comma 2).

Nel testo attualmente vigente, le amministrazioni sono, poi, tenute ad aggiornare gli indirizzi ed i contenuti dell'indice con cadenza almeno semestrale, salvo diversa indicazione di DigitPA. La mancata comunicazione degli elementi necessari al completamento dell'indice e del loro aggiornamento è valutata ai fini della responsabilità dirigenziale e dell'attribuzione della retribuzione di risultato ai dirigenti responsabili (comma 3).

 

 


 

Articolo 47-quinquies
(Organizzazione e finalità dei servizi in rete)

1. Dopo il comma 3 dell'articolo 63 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, sono aggiunti i seguenti:

«3-bis. A partire dal 1° gennaio 2014, allo scopo di incentivare e favorire il processo di informatizzazione e di potenziare ed estendere i servizi telematici, i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, utilizzano esclusivamente i canali e i servizi telematici, ivi inclusa la posta elettronica certificata, per l'utilizzo dei propri servizi, anche a mezzo di intermediari abilitati, per la presentazione da parte degli interessati di denunce, istanze e atti e garanzie fideiussorie, per l'esecuzione di versamenti fiscali, contributivi, previdenziali, assistenziali e assicurativi, nonché per la richiesta di attestazioni e certificazioni.

3-ter. A partire dal 1° gennaio 2014 i soggetti indicati al comma 3-bis utilizzano esclusivamente servizi telematici o la posta certificata anche per gli atti, le comunicazioni o i servizi dagli stessi resi.

3-quater. I soggetti indicati al comma 3-bis, almeno sessanta giorni prima della data della loro entrata in vigore, pubblicano, sul sito web istituzionale, l'elenco dei provvedimenti adottati ai sensi dei commi 3-bis e 3-ter nonché termini e modalità di utilizzo dei servizi e dei canali telematici e della posta elettronica certificata.

3-quinquies. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le deroghe e le eventuali limitazioni al principio di esclusività indicato dal comma 3-bis, anche al fine di escludere l'insorgenza di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

 

 

L’articolo 47-quinquies novella l'art. 63 del D.Lgs. n. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale), disponendo che le amministrazioni pubbliche nonché le società partecipate utilizzino esclusivamente i canali e i servizi telematici, per determinate tipologie di atti, tra i quali merita in primo luogo richiamare la presentazione di denunce, garanzie fideiussorie, richieste di certificazioni.

 

Il citato art. 63 disciplina organizzazione e finalità dei servizi in rete, stabilendo che le pubbliche amministrazioni centrali individuano le modalità di erogazione dei servizi in rete in base a criteri di valutazione di efficacia, economicità ed utilità e nel rispetto dei princìpi di eguaglianza e non discriminazione, tenendo comunque presenti le dimensioni dell'utenza, la frequenza dell'uso e l'eventuale destinazione all'utilizzazione da parte di categorie in situazioni di disagio.

Inoltre le amministrazioni e i gestori di servizi pubblici progettano e realizzano i servizi in rete mirando alla migliore soddisfazione delle esigenze degli utenti, in particolare garantendo la completezza del procedimento, la certificazione dell'esito e l'accertamento del grado di soddisfazione dell'utente. A tal fine, sono tenuti ad adottare strumenti idonei alla rilevazione immediata, continua e sicura del giudizio degli utenti, in conformità alle regole tecniche da emanare ai sensi dell'art. 71. Per le amministrazioni e i gestori di servizi pubblici regionali e locali le regole tecniche sono adottate previo parere della Commissione permanente per l'innovazione tecnologica nelle regioni e negli enti locali di cui all'articolo 14, comma 3-bis.

Le pubbliche amministrazioni, infine, collaborano per integrare i procedimenti di rispettiva competenza al fine di agevolare gli adempimenti di cittadini ed imprese e rendere più efficienti i procedimenti che interessano più amministrazioni, attraverso idonei sistemi di cooperazione.

 

Più nei dettagli, in primo luogo viene introdotto un nuovo comma 3-bis ai sensi del quale, a partire dal 1o gennaio 2014, le amministrazioni pubbliche nonché le società partecipate da enti pubblici, al fine di incentivare il processo di informatizzazione e diffusione dei servizi telematici, utilizzano esclusivamente i canali e i servizi telematici ivi inclusa la posta elettronica certificata per l'utilizzo dei propri servizi, anche a mezzo di intermediari abilitati, per:

-              la presentazione da parte degli interessati di denunce, istanze e atti e garanzie fideiussorie;

-              l'esecuzione di versamenti fiscali, contributivi, previdenziali, assistenziali e assicurativi;

-              la richiesta di attestazioni e certificazioni.

 

Con il comma 3-ter si prescrive l’utilizzazione esclusiva, a partire dal 1o gennaio 2014, dei servizi telematici o della posta certificata anche per gli atti, comunicazioni o servizi resi.

 

Il comma 3-quater prescrive ai soggetti di cui sopra la pubblicazione sul sito web istituzionale dell'elenco dei provvedimenti adottati ai sensi dei commi precedenti, almeno 60 giorni prima della loro entrata in vigore, in aggiunta a termini e modalità di utilizzo dei servizi, dei canali telematici e della posta elettronica certificata.

In conclusione, ai sensi del comma 3-quinquies, deroghe e eventuali limitazioni al principio di esclusività indicato dal comma 3-bis devono essere stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sentita la Conferenza unificata, entro 180 giorni dalla pubblicazione del presente decreto, anche al fine di escludere l’insorgenza di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 


 

Articolo 47-sexies
(
Istanze e dichiarazioni presentate alle pubbliche amministrazioni
per via telematica
)

1. La lettera a), del comma 1 dell’articolo 65 del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 è sostituita dalla seguente:

a) se sottoscritte mediante la firma digitale o la firma elettronica qualificata, il cui certificato è rilasciato da un certificatore accreditato.”

 

 

L’articolo 47-sexies, introdotto nel corso dell’esame del provvedimento in sede referente, modifica uno dei requisiti di validità delle istanze e dichiarazioni presentate alle pubbliche amministrazioni per via telematica, rendendo possibile ai fini della validità dell’invio telematico la sottoscrizione anche mediante la “firma elettronica qualificata”, e non più attraverso la sola “firma digitale”.

 

L’articolo 38 del Testo unico in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. 445/2000[243]) prevede, infatti, che tutte le istanze e le dichiarazioni da presentare alla pubblica amministrazione o ai gestori o esercenti di pubblici servizi possono essere inviate anche per fax e via telematica. Queste ultime sono valide solo se effettuate ai sensi di quanto previsto dal CAD (articolo 65).

Le istanze e le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà da produrre agli organi della amministrazione pubblica o ai gestori o esercenti di pubblici servizi sono sottoscritte dall'interessato in presenza del dipendente addetto ovvero sottoscritte e presentate unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore. La copia fotostatica del documento è inserita nel fascicolo. La copia dell'istanza sottoscritta dall'interessato e la copia del documento di identità possono essere inviate per via telematica (art. 38, co. 3).

 

In base alla formulazione vigente dell’articolo 65 del Codice dell’amministrazione digitale (CAD)[244] la presentazione in via telematica è valida se le istanze e le dichiarazioni sono sottoscritte mediante la firma digitale, il cui certificato è rilasciato da un certificatore accreditato (lett. a)).

 

Per firma digitale si intende un particolare tipo di firma elettronica avanzata basata su un certificato qualificato e su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici (art. 1, co. 1, lett. s), CAD).

Si ricorda, inoltre, che le ulteriori condizioni di validità previste dall’articolo 65, oltre la sottoscrizione con particolare firma:

1) quando l'autore è identificato dal sistema informatico con l'uso della carta d'identità elettronica o della carta nazionale dei servizi, nei limiti di quanto stabilito da ciascuna amministrazione ai sensi della normativa vigente;

2) ovvero quando l'autore è identificato dal sistema informatico con i diversi strumenti che consentano l'individuazione del soggetto che richiede il servizio, nei limiti di quanto stabilito da ciascuna amministrazione ai sensi della normativa vigente nonché quando le istanze e le dichiarazioni sono inviate con le modalità di cui all'articolo 38, comma 3, D.P.R. n. 445/2000, sopra descritte.

 

Con la modifica introdotta dalla disposizione in esame, è sufficiente ai fini della validità dell’invio telematico la sottoscrizione anche mediante la firma elettronica qualificata.

 

La firma elettronica qualificata è un particolare tipo di firma elettronica avanzata basata su un certificato qualificato e realizzata mediante un dispositivo sicuro per la creazione della firma (art. 1, co. 1, lett. r), CAD).

 


 

 

Articolo 48
(
Dematerializzazione di procedure in materia di università)

1. Alla legge 2 agosto 1999, n. 264, dopo l'articolo 5, è inserito il seguente:

«Art. 5-bis. 1. Le procedure di iscrizione alle università sono effettuate esclusivamente per via telematica. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca cura la costituzione e l'aggiornamento di un portale unico, almeno in italiano e in inglese, tale da consentire il reperimento di ogni dato utile per l'effettuazione della scelta da parte degli studenti.

1-bis. Al fine di dare attuazione alle disposizioni del comma 1 e in relazione a quanto previsto dall'articolo 15 della legge 12 novembre 2011, n. 183, in materia di certificati e dichiarazioni sostitutive, le università possono accedere all'anagrafe nazionale degli studenti di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 15 aprile 2005 n. 76, e successive modificazioni, per verificare la veridicità dei titoli autocertificati.

2. A decorrere dall'anno accademico 2013-2014, la verbalizzazione e la registrazione degli esiti degli esami, di profitto e di laurea, sostenuti dagli studenti universitari sono eseguite esclusivamente con modalità informatiche senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le università adeguano conseguentemente i propri regolamenti.».

1-bis. L'anagrafe nazionale degli studenti di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76, e successive modificazioni, è utilizzata, oltre, che ai fini di cui agli articoli 1 e 2 dello stesso decreto legislativo n. 76 del 2005, per l’assolvimento dei compiti istituzionali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nonché come supporto del sistema nazionale di valutazione del sistema scolastico.

2. All'attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

L’articolo 48 introduce un nuovo articolo nella L. n. 264 del 1999, che disciplina gli accessi ai corsi universitari, in particolare distinguendo tra accessi programmati a livello nazionale e accessi programmati dalle università.

Inoltre, durante l’esame in sede referente, sono state introdotte nuove disposizioni concernenti l’anagrafe nazionale degli studenti (non universitari).

 

Il comma 1, capoverso 1, dispone l’obbligo di iscrizione telematica alle università e prevede che il MIUR costituisce e aggiorna un portale unico, almeno in italiano e in inglese, che consenta il reperimento di ogni dato utile per la scelta da parte degli studenti. In questo caso non è determinato, a differenza del capoverso 2, l’a.a. di avvio dell’obbligo.

Sembrerebbe dunque necessario indicare la decorrenza anche con riferimento all’obbligo di iscrizione telematica di cui al capoverso 1.

 

Il comma 1, capoverso 1-bis, introdotto durante l’esame in sede referente, al fine di dare attuazione alle disposizioni recate dal comma 1, e in relazione a quanto previsto dall’art. 15 della L. n. 183/2011 in materia di certificati e dichiarazioni sostitutive[245], dispone la possibilità per le università di accedere all’anagrafe nazionale degli studenti per verificare la veridicità dei titoli autocertificati.

 

Al riguardo appare dunque utile illustrare le disposizioni vigenti relative all’anagrafe degli studenti.

 

La disciplina dell’anagrafe degli studenti è recata dall’art. 3 del D.Lgs. n. 76/2005 -concernente l’istruzione e la formazione che la Repubblica assicura a tutti per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età - che, istituendola presso il MIUR, le ha attribuito il trattamento dei dati sui percorsi scolastici, formativi e in apprendistato dei singoli studenti, a partire dal primo anno della scuola primaria, ai fini di cui agli articoli 1 e 2 dello stesso D.Lgs., rispettivamente riguardanti il diritto-dovere all'istruzione e alla formazione e la sua concreta attuazione. Ciò deve peraltro avvenire nel rispetto delle disposizioni relative alla tutela della privacy, recante dal D.Lgs. n. 196 del 2003.

L’art. 1-quater del D.L. n. 134/2009 (L. n. 167/2009) ha successivamente novellato il predetto art. 3, disponendo che l’anagrafe deve operare il trattamento anche dei dati relativi alla valutazione degli studenti e che il MIUR deve acquisire dalle istituzioni scolastiche, sia statali che paritarie, i dati personali, sensibili e giudiziari, relativi agli studenti, oltre ad ulteriori dati che si rivelino utili per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della dispersione scolastica.

L’anagrafe è stata avviata con DM 5 agosto 2010, n. 74[246].

 

Il comma 1, capoverso 2, stabilisce, a partire dall’a.a. 2013-2014, l’obbligo di verbalizzazione degli esiti degli esami di profitto e di laurea con modalità informatiche, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le università sono conseguentemente tenute ad adeguare i propri regolamenti.

 

La relazione tecnica fa presente che è già operativo presso il MIUR il portale “Universo” (http://universo.miur.it), che permette agli studenti di procedere con la pre-iscrizione per via informatica, la quale si conclude direttamente presso le segreterie dei singoli atenei. Inoltre, utilizzando le informazioni già inserite dagli atenei nella “Banca dati dell’offerta formativa”, il MIUR è in grado di produrre un portale in cui sono inserite, in italiano e in inglese, le informazioni relative ai corsi di studio di tutte le università italiane.

A tal fine, prosegue la relazione tecnica, la realizzazione del sistema informativo del Ministero per la missione “università” è affidata ai consorzi interuniversitari di calcolo, allo scopo finanziati mediante destinazione agli stessi di una quota del FFO delle università.

Per quanto concerne le procedure di verbalizzazione elettronica degli esami, la relazione tecnica evidenzia che diverse università hanno già adottato modalità informatiche per la gestione della procedura di esame[247], traendone vantaggi in termini di semplificazione organizzativa, nonché di riduzione dei costi di archiviazione e di comunicazione (ad esempio, spese per locali e per consumi intermedi). Le poche università che non avessero ancora pienamente realizzato idonei sistemi informativi potranno provvedervi, conclude la relazione tecnica, mediante una razionalizzazione delle spese nell’ambito della propria autonomia di bilancio.

 

Il comma 1-bis, introdotto durante l’esame in sede referente, dispone che l’anagrafe nazionale degli studenti è utilizzata, oltre che per i fini riguardanti il diritto-dovere all'istruzione e alla formazione e la sua concreta attuazione, anche per l’assolvimento dei compiti istituzionali del MIUR, nonché come supporto del sistema nazionale di valutazione (sul quale interviene l’art. 51 del D.L. in esame).

La ratio della norma, pertanto, appare quella di valorizzare, anche in termini amministrativi, il patrimonio informativo dell’anagrafe, ampliando le possibilità di utilizzo dei dati in essa contenuti[248].

 

Con riferimento alla formulazione del testo:

-              le parole “all’assolvimento” devono essere sostituite dalle parole “ai fini dell’assolvimento”;

-              le parole “del sistema scolastico” devono essere sostituite con le parole “di cui all’art. 2, comma 4-undevicies, del decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10”.

 

Il comma 2 precisa che all’attuazione dell’articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 


 

Articolo 49
(
Misure di semplificazione e funzionamento in materia di università)

1. Alla legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2:

1) al comma 1, lettera m), secondo periodo, tra la parola: "durata" e la parola: "quadriennale" è inserita la seguente: "massima";

2) al comma 1, lettera p), le parole: "uno effettivo e uno supplente scelti dal Ministero tra dirigenti e funzionari del Ministero stesso" sono sostituite dalle seguenti: "uno effettivo e uno supplente designati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca";

3) al comma 9: al primo periodo, tra le parole: "organi collegiali" e: "delle università" sono inserite le seguenti: "e quelli monocratici elettivi";

a bis) all’articolo 4, comma 3, la lettera o) è abrogata;

b) all'articolo 6:

1) al comma 4 le parole: ", nonché compiti di tutorato e di didattica integrativa" sono soppresse;

2) al comma 12 il quinto periodo è soppresso;

c) all'articolo 7:

1) al comma 3 il secondo periodo è soppresso;

2) al comma 5 le parole: "corsi di laurea" sono soppresse;

d) all'articolo 10, comma 5, le parole: "trasmissione degli atti al consiglio di amministrazione" sono sostituite dalle seguenti: "avvio del procedimento stesso";

e) all'articolo 12, comma 3, le parole da: "individuate" fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: "che sono già inserite tra le università non statali legalmente riconosciute, subordinatamente al mantenimento dei requisiti previsti dai provvedimenti emanati ai sensi dell'articolo 5, comma 3, lettere a) e b)";

f) all'articolo 15, comma 1, terzo periodo, dopo le parole: "agli articoli" è inserita la seguente: "16,";

f-bis) all'articolo 16, comma 3, lettera e), primo periodo, la parola: "anche" è soppressa;

g) all'articolo 16, comma 4, le parole: "dall'articolo 18" sono sostituite dalle seguenti: "dagli articoli 18 e 24, commi 5 e 6";

h) all'articolo 18:

1) al comma 1, lettera a), dopo le parole: "procedimento di chiamata" sono inserite le seguenti: "sulla Gazzetta Ufficiale,";

2) al comma 1, lettera b), dopo le parole: "per il settore concorsuale" sono inserite le seguenti: "ovvero per uno dei settori concorsuali ricompresi nel medesimo macrosettore" e sono soppresse le seguenti parole: "alla data di entrata in vigore della presente legge";

3) al comma 3 le parole da: "di durata" e fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: "di importo non inferiore al costo quindicennale per i posti di professore di ruolo e di ricercatore di cui all'articolo 24, comma 3, lettera b), ovvero di importo e durata non inferiore a quella del contratto per i posti di ricercatore di cui all'articolo 24, comma 3, lettera a)";

4) al comma 5, lettera e), sono soppresse le parole: "a tempo indeterminato" e dopo la parola: "università" sono aggiunte le seguenti: "e a soggetti esterni";

5) al comma 5, lettera f), le parole: "da tali amministrazioni, enti o imprese, purché" sono soppresse;

i) all'articolo 21:

1) al comma 2 le parole: "valutazione dei risultati" sono sostituite dalle seguenti: "selezione e valutazione dei progetti di ricerca";

2) al comma 4 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ", purché nell'elenco predetto sia comunque possibile ottemperare a quanto previsto dal comma 1, secondo periodo. In caso contrario si procede a costituire un nuovo elenco con le modalità di cui al comma 1. L'elenco ha validità biennale e scaduto tale termine è ricostituito con le modalità di cui al comma 1.";

3) al comma 5 le parole: "tre componenti che durano in carica tre anni" sono sostituite dalle seguenti: "due componenti che durano in carica quattro anni";

l) all'articolo 23, comma 1:

1) al primo periodo, dopo la parola: "oneroso" sono inserite le seguenti: "di importo, non inferiore a quello fissato con il decreto di cui al comma 2", dopo le parole: "attività di insegnamento" sono inserite le seguenti: "di alta qualificazione" e le parole da "che siano dipendenti" fino alla fine del periodo sono soppresse;

2) il terzo periodo è soppresso;

m) all'articolo 24:

1) al comma 2, lettera a), dopo le parole: "pubblicità dei bandi" sono inserite le seguenti: "sulla Gazzetta Ufficiale,";

2) dopo il comma 9 è aggiunto il seguente:

"9-bis. Per tutto il periodo di durata dei contratti di cui al presente articolo, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati, senza assegni ne' contribuzioni previdenziali, in aspettativa ovvero in posizione di fuori ruolo nei casi in cui tale posizione sia prevista dagli ordinamenti di appartenenza.";

n) all'articolo 29:

1) al comma 9, dopo le parole: "della presente legge" sono inserite le seguenti: "e di cui all'articolo 1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230";

2) al comma 11, lettera c), dopo la parola "commi" è inserita la seguente: "7,".

2. All'articolo 4, comma 78, primo periodo, della legge 12 novembre 2011, n. 183, le parole da: "al medesimo" fino a: "decennio e" sono soppresse.

3. Dalle disposizioni di cui al comma 2 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

3-bis. A valere sulle risorse previste dall'articolo 29, comma 19, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e limitatamente all'anno 2012, è riservata una quota non superiore a 11 milioni di euro per le finalità di cui all'articolo 5, comma 3, lettera g), della medesima legge.

 

 

L’articolo 49 introduce varie novità nel sistema universitario, in gran parte modificando la recente legge di riforma del settore (L. n. 240 del 2010), in altra parte modificando una disposizione della legge di stabilità 2012 (L. n. 183/2011).

Durante l’esame in sede referente sono state introdotte ulteriori modifiche alla L. 240/2010, concernenti gli accessi alle borse di studio e le procedure per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale, ed è stata disposta l’utilizzazione di parte delle risorse stanziate dalla medesima legge 240/2010 per l’attribuzione di scatti economici su base meritocratica a professori e ricercatori universitari, ai fini dell’adeguamento del trattamento economico dei ricercatori non confermati nel primo anno di attività. E’ stata, inoltre, apportata una modifica ad una delle disposizioni già modificate dal testo originario del decreto-legge, in materia di corrispettivo per contratti per attività di insegnamento.

 

Ulteriori modifiche alla L. 240/2010 sono recate dagli artt. 31 e 54 del decreto in esame, mentre un’estensione della sua applicazione è prevista dall’art. 55.

 

Con riferimento alle modifiche apportate alla L. 240/2010 dall’articolo in esame, alcune delle novità operano un coordinamento fra varie disposizioni, altre appaiono avere una valenza di modifica sostanziale. Con due di queste ultime, in particolare, si recepiscono indicazioni formulate dal Presidente della Repubblica nella lettera al Presidente del Consiglio dei ministri[249] che aveva accompagnato la promulgazione della legge.

 

Il comma 1 è interamente dedicato a modifiche alla L. n. 240 del 2010.

 

La lettera a) interviene sull’art. 2 della legge, che detta indirizzi per la modifica delle disposizioni statutarie in materia di organi delle università statali. In particolare:

1)   la durata del mandato dei componenti del consiglio di amministrazione – fissata in 4 anni dall’art. 2, co. 1, lett. m), della L. 240/2010 – viene allineata alla durata in carica del medesimo organo, fissata “per un massimo di quattro anni” (con possibilità, dunque, per gli statuti, di prevedere un termine inferiore). Si tratta di una modifica di coordinamento. Resta invariata la durata del mandato dei rappresentanti degli studenti, fissato dalla stessa lett. m) in un biennio[250];

2)   l’ambito nel quale il MIUR designa i membri del collegio dei revisori dei conti non è più circoscritto ai dirigenti e funzionari dello stesso Ministero (art. 2, co. 1, lett. p), L. 240/2010)[251]. Si tratta di una modifica sostanziale;

3)   si estende agli “organi monocratici elettivi” la previsione, già valida per gli organi collegiali, di decadenza al momento della costituzione di quelli previsti dai nuovi statuti (art. 2, co. 9, primo periodo, L. 240/2010). Si tratta di una modifica sostanziale. La disposizione riguarda la sola figura del rettore, trattandosi dell’unico organo monocratico elettivo.

Infatti, per l’altro organo monocratico, il direttore generale - peraltro introdotto dalla L. 240/2010 -, l’incarico è conferito (art. 2, co. 1, lett. n)) dal consiglio di amministrazione, su proposta del rettore (sentito il parere del senato accademico), che lo sceglie tra personalità di elevata qualificazione professionale e comprovata esperienza pluriennale con funzioni dirigenziali. Non si è, cioè, in presenza di una elezione.

 

Appare pertanto opportuno utilizzare il singolare. Da un punto di vista di coordinamento normativo, è peraltro necessario coordinare il contenuto del primo periodo del comma 9, nel testo risultante a seguito delle modifiche apportate dalla disposizione in esame, con il contenuto della restante parte.

 

Si ricorda, infatti, che l’art. 2, co. 9, della L. 240/2010 dispone che gli organi collegiali decadono al momento della costituzione di quelli previsti dal nuovo statuto[252]. Per il rettore, invece, il medesimo comma individua diverse fattispecie: il mandato dei rettori in carica al momento dell’adozione del nuovo statuto è prorogato fino al termine dell’anno accademico successivo; se il mandato dei rettori in carica al momento dell’adozione del nuovo statuto scade dopo il termine dell’anno accademico successivo, esso arriva alla scadenza naturale; il mandato dei rettori che alla data di entrata in vigore della legge sono stati eletti o stanno espletando il primo mandato è prorogato di due anni e non è rinnovabile.

 

La lett. a-bis), introdotta durante l’esame in sede referente, dispone la soppressione dell’art. 4, comma 3, lett. o), della legge.

Si recepisce in tal modo una indicazione formulata dal Presidente della Repubblica in sede di promulgazione della legge. In particolare, il Presidente aveva evidenziato che [l’articolo 4] “appare non pienamente coerente con il criterio del merito nella parte in cui prevede una riserva basata anche sul criterio dell’appartenenza territoriale”.

Al riguardo si ricorda che il comma 3 citato indica gli aspetti da disciplinare nei decreti interministeriali di natura non regolamentare deputati a definire la disciplina di attuazione del Fondo per il merito degli studenti universitari istituito dal comma 1. In particolare, la lett. o) prevede di riservare una quota del 10 per cento agli studenti iscritti nelle università della regione in cui risultano residenti. Letteralmente, peraltro, in questa parte si citano le borse di studio e non le tipologie di strumenti di intervento introdotti dall’art. 4, ossia premi e buoni studio, nonché garanzie sulla solvibilità dei finanziamenti concessi dagli istituti.

 

La lettera b) modifica l’art. 6 della legge, concernente lo stato giuridico dei professori e dei ricercatori di ruolo. Nello specifico:

1)   ai ricercatori a tempo indeterminato, agli assistenti del ruolo ad esaurimento, ai tecnici laureati, che hanno svolto tre anni di insegnamento, e ai professori incaricati stabilizzati, non possono essere più affidati compiti di tutorato e di didattica integrativa (art. 6, co. 4, L. 240/2010).

La relazione tecnica considera la modifica come “norma di mero coordinamento”.

Gli stessi soggetti, dunque, potranno essere destinatari solo di corsi e moduli curricolari, compatibilmente con la programmazione didattica definita dai competenti organi accademici[253].

Appare necessario coordinare la disposizione in commento con il contenuto del comma 3 del medesimo articolo 6 della L. 240/2010.

Il comma 3 citato, infatti, fissa il limite massimo di ore che i ricercatori di ruolo devono riservare annualmente “a compiti di didattica integrativa e di servizio agli studenti, inclusi l’orientamento e il tutorato, nonché ad attività di verifica dell’apprendimento”.

Per completezza si ricorda anche che compiti di didattica integrativa e di servizio agli studenti sono previsti dall’art. 24 della L. 240/2010 per i destinatari di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato.

 

2)   si elimina la previsione secondo cui, nel caso di professori e ricercatori a tempo definito autorizzati a svolgere attività didattica e di ricerca presso università o enti di ricerca esteri, ai fini della valutazione delle attività di ricerca e delle politiche di reclutamento degli atenei, l’apporto dell’interessato è considerato in proporzione alla durata e alla quantità dell’impegno reso nell’ateneo di appartenenza (art. 6, co. 12, quinto periodo, L. 240/2010).

     La relazione tecnica evidenzia che si tratta di una norma di rigore che mira ad assicurare l’ordinaria attività del docente nell’ateneo di appartenenza eliminando il rischio che si debba ricorrere ad altre modalità di copertura delle esigenze didattiche. Pertanto non solo non genera nuovi oneri, ma concorre a tutelare il sistema dall’insorgenza degli stessi.

     Al riguardo si ricorda che il quarto periodo del comma 12 dell’art. 6 dispone che lo svolgimento di attività didattiche e di ricerca presso università o enti di ricerca esteri deve essere autorizzata dal rettore, che valuta la compatibilità con l’adempimento degli obblighi istituzionali.

Sembrerebbe opportuno chiarire perché, a fronte di tale soppressione, al comma 11 del medesimo art. 6 rimane invariata una disposizione analoga a quella soppressa, relativa ai professori e ai ricercatori a tempo pieno autorizzati a svolgere attività presso un altro ateneo.

 

La lettera c) apporta modifiche sostanziali all’art. 7 della legge, recante norme in materia di mobilità dei professori e dei ricercatori. In particolare:

1)   è revocata la possibilità di effettuare scambi di professori e ricercatori fra sedi universitarie consenzienti (art. 7, co. 3, secondo periodo, L. 240/2010).

Al riguardo si ricorda che questa previsione era stata inserita durante l’esame parlamentare come ulteriore misura di incentivazione della mobilità universitaria, in aggiunta alla previsione recata dal primo periodo dello stesso co. 3, ai sensi del quale possono essere attribuiti incentivi finanziari, a carico del FFO, ai professori e ai ricercatori che prendono servizio in atenei con sede in altra regione rispetto a quella della sede di provenienza, o nella stessa regione se previsto da un accordo di programma approvato dal Ministero, ovvero, a seguito di procedure di fusione o federazione fra atenei, in sede diversa da quella di appartenenza.

2)   si esclude dalle misure per favorire la mobilità interregionale dei professori universitari chi ha prestato servizio presso corsi di laurea soppressi a seguito di procedure di razionalizzazione dell’offerta didattica (art. 7, co. 5, L. 240/2010). Le stesse misure, dunque, varranno solo nel caso di sedi soppresse.

La relazione tecnica motiva la modifica evidenziando che, nel caso di corsi di laurea soppressi i professori possono utilmente essere ricollocati presso altri corsi di laurea dell’ateneo e sottolinea che anche in questo caso si tratta di norme che non solo non generano nuovi oneri, ma introducono elementi di rigore a tutela del sistema, anche sotto il profilo finanziario.

Al riguardo si ricorda che, in attuazione del co. 5 dell’art. 7 della L. 240/2010, è stato emanato il DM 26 aprile 2011, n. 166, che dovrà essere conseguentemente modificato.

 

La lettera d) riduce i tempi per l’estinzione del procedimento disciplinare, spostando la decorrenza del termine – previsto dall’art. 10, co. 5, L. 240/2010 in 180 giorni dalla data di trasmissione degli atti al consiglio di amministrazione da parte del collegio di disciplina – a partire dalla data di avvio del procedimento[254]. Si tratta di una modifica sostanziale.

 

La lettera e) contiene una modifica dell’art. 12, comma 3, della legge, disponendo che le università telematiche sono escluse dall’attribuzione della quota parte dei finanziamenti relativi alle università non statali finalizzata ad incentivare la qualità delle attività didattiche e di ricerca, fatta eccezione per quelle che già sono inserite tra le università non statali legalmente riconosciute, subordinatamente al mantenimento dei requisiti previsti dai provvedimenti attuativi dell’art. 5, co. 3, lettere a) e b), della stessa L. 240/2010, relative all’’introduzione di sistemi, rispettivamente, per l’accreditamento delle sedi e dei corsi di studio e per la valutazione periodica dell’efficienza e dei risultati conseguiti nell’ambito della didattica e della ricerca.

 

Appare preliminarmente utile ricordare che gli artt. 2 e 3 della L. n. 243 del 1991[255] hanno previsto l’assegnazione di contributi statali alle università e agli istituti superiori non statali legalmente riconosciuti che abbiano ottenuto l’autorizzazione a rilasciare titoli di studio universitario aventi valore legale. Il contributo è assegnato secondo criteri oggettivi stabiliti con decreto ministeriale.

L’art. 9, co. 4, del DM 5 agosto 2004, n. 262[256] ha poi stabilito che i contributi previsti, tra l’altro, dalla L. n. 243 del 1991 possono essere concessi alle università soltanto dopo la positiva valutazione del CNVSU al termine del quinto anno di attività[257].

Successivamente, l’art. 4 del D.L. n. 35 del 2005 (L. n. 80 del 2005), modificando l’art. 26, co. 5, della L. n. 289 del 2002, ha esteso alle università telematiche l’applicabilità delle norme relative alla concessione dei contributi statali di cui alla L. n. 243 del 1991.

Dunque, la possibilità per le università telematiche di accedere ai contributi previsti per le università non statali è prevista (in linea teorica) dal 2005[258].

Di recente, l’art. 12 della L. 240/2010, al fine di incentivare la qualità delle attività didattiche e di ricerca delle università non statali legalmente riconosciute, ha stabilito che una quota non superiore al 20% dei contributi di cui alla L. n. 243 del 1991, con progressivi incrementi negli anni successivi, è ripartita sulla base di criteri determinati con decreto del MIUR, sentita l’ANVUR, tenuto conto degli indicatori previsti, per le medesime finalità, per le università statali (comma 1).

In base al comma 3, “le previsioni di cui al presente articolo” (dunque, il riferimento, letteralmente, è alla previsione di una quota “premiale” [co. 1], destinata ad incremento annuale secondo le disposizioni del co. 2) non si applicano alle università telematiche, ad eccezione di quelle – individuate con decreto del Ministro, sentita l’ANVUR – che rispettano i criteri di cui al comma 1 (dunque, i criteri “di qualità”).

Peraltro, il DM 25 maggio 2011[259] ha stabilito che, a partire dall’anno 2011, possono accedere ai contributi di cui alla legge 243/1991 due università telematiche[260].

Per la definizione della quota da attribuire alle stesse, il co. 2 dell’art. 1 del DM dispone in termini analoghi a quelli previsti dall’art. 12, co. 1, della L. 240/2010 per la ripartizione della quota premiale, cioè fa riferimento a criteri determinati con decreto del Ministro, sentita l’ANVUR, tenuto conto degli indicatori definiti ai sensi dell’art. 2, co. 1, del D.L. 180/2008 (L. 1/2009).

Al contempo, l’art. 2 del DM dispone che con successivi decreti emanati ai sensi dell’art. 12, co. 3, della L. 240/2010, possono essere individuate altre università alle quali si applicano le previsioni di cui allo stesso art. 12.

La premessa dello stesso DM fornisce una interpretazione dell’art. 12, comma 3, della L. 240/2010 che non sembra quella letterale, laddove esplicita che, ai sensi della norma citata, “con decreto del Ministro […] sono individuate le università telematiche destinatarie dei contributi di cui alla legge 29 luglio 1991, n. 243, relativi alle università non statali legalmente riconosciute”. (Dunque, sembrerebbe evincersi che non tutte le università telematiche possono beneficiare dei contributi, bensì solo quelle individuate con un decreto ministeriale, alle quali, peraltro, come si è visto, spetta una quota determinata con il meccanismo previsto per la “quota premiale”).

Al contempo, sempre la premessa richiama l’articolo 26, co. 5, della L. 289/2002, “che ha stabilito che anche per le università telematiche trova applicazione quanto previsto dalla legge 29 luglio 1991, n. 243 (finanziamento ordinario delle università non statali)”.

 

Occorrerebbe chiarire se l’intenzione sia quella di ammettere ai contributi previsti dalla L. n. 243/1991 solo le università telematiche già esistenti che mantengono i requisiti previsti dalla disposizione in commento (relativi all’accreditamento delle sedi e dei corsi di studio e alla valutazione periodica dell’efficienza e dei risultati conseguiti nell’ambito della didattica e della ricerca): in tal caso, occorrerebbe modificare anche la prima parte dell’art. 12, comma 3, sostituendo alle parole “le previsioni di cui al presente articolo non si applicano alle università telematiche, ad eccezione di quelle” le parole “Sono destinatarie dei contributi di cui alla legge 29 luglio 1991, n. 243, le università telematiche…”.

Inoltre, si renderebbe opportuno un chiarimento anche sulla modifica proposta dalla norma in esame, al fine di esplicitare se il mantenimento dei requisiti ivi indicati sostituisca la previa valutazione positiva al termine del V anno di attività prevista dal DM n. 262/2004, ovvero se anche tale requisito permanga per la maturazione del diritto a ricevere i contributi. Occorre, inoltre, chiarire perché si faccia riferimento solo al mantenimento dei requisiti “previsti dai provvedimenti emanati ai sensi dell’art. 5, comma 3, lett. a) e b)”, e non anche a quelli di cui alle lett. c) e d)[261], considerato che l’insieme degli stessi è stato declinato con l’Atto n. 396, approvato definitivamente dal Consiglio dei ministri il 20 gennaio 2011.

 

La lettera f) – modificando l’art. 15, comma 1, terzo periodo, della L. 240/2010 – estende l’ambito di utilizzo dei settori scientifico-disciplinari alle procedure per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale. La modifica appare sostanziale.

Si ricorda che l’art. 15 della L. 240/2010 prevede che con decreto ministeriale sono definiti, secondo criteri di affinità, i settori concorsuali, in relazione ai quali si svolgono le procedure per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale[262].

I settori concorsuali sono raggruppati in macrosettori concorsuali. Ogni settore concorsuale può essere articolato in settori scientifico-disciplinari, che sono utilizzati esclusivamente per la chiamata dei professori, per il conferimento di assegni di ricerca, per la stipula di contratti per attività di insegnamento, ovvero di contratti di ricerca a tempo determinato, e per la definizione degli ordinamenti didattici.

In attuazione di tali previsioni è intervenuto il DM 29 luglio 2011.

 

La lettera f-bis), introdotta durante l’esame parlamentare, modifica l’art. 16, comma 3, lett. e), primo periodo, della legge, prevede esclusivamente l’utilizzo di modalità informatiche per l’espletamento delle procedure di abilitazione.

In tal modo “adegua” ex-post il disposto della legge alla scelta effettuata con il DPR attuativo della stessa.

Si ricorda, infatti, che il criterio indicato dall’art. 16, co. 3, lett. e), per l’emanazione del regolamento di delegificazione in materia disponeva che si individuassero i termini e le modalità di espletamento delle procedure di abilitazione, distinte per settori concorsuali, e le modalità, anche informatiche, idonee a consentire la conclusione delle stesse entro 5 mesi dall’indizione.

L’art. 3 del DPR 14 settembre 2011, n. 222 ha poi disposto che le domande, corredate da titoli e pubblicazioni scientifiche e dal relativo elenco, sono presentate al Ministero per via telematica, prevedendo, dunque, esclusivamente tale modalità[263].

Al riguardo, intervenendo durante la seduta della VII Commissione del 28 febbraio 2012[264], il rappresentante del Governo ha illustrato una proposta di modifica analoga a quella poi presentata dai relatori, facendo presente che con la stessa si intendeva superare un rilievo che la Corte dei conti ha formulato in sede di registrazione del DPR 222/2011.

 

La lettera g) contiene una disposizione volta a coordinare quanto previsto dall’art. 24, co. 5 e 6, con quanto previsto dall’art. 16, co. 4, della L. 240/2010, che specifica gli effetti del conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale, finora facendo riferimento solo alla chiamata dei professori ai sensi dell’art. 18. Con la modifica, invece, si introduce anche il richiamo all’art. 24, commi 5 e 6, della medesima legge.

L’art. 24, co. 5, della L. 240/2010 prevede, infatti, che, nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, le università, nel terzo anno di contratto stipulato ai sensi del co. 3, lett. b), del medesimo articolo, valutano il ricercatore titolare del contratto che abbia conseguito l’abilitazione scientifica nazionale. Se la valutazione ha esito positivo, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato come professore associato.

Il co. 6 prevede, altresì, che fino al 31 dicembre del sesto anno successivo alla data di entrata in vigore della legge, e sempre nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, la procedura di cui al co. 5 può essere utilizzata per la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato in servizio nell’università, che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica[265].

 

La lettera h) interviene sull’art. 18 della legge, in materia di chiamata dei professori, con modifiche in gran parte sostanziali. In particolare:

§      al comma 1, contenente i criteri cui le università devono attenersi nel disciplinare, con proprio regolamento, la chiamata dei professori di prima e seconda fascia:

1)        si dispone la pubblicità del procedimento – oltre che sui siti dell’ateneo, del MIUR e dell’Unione europea – nella Gazzetta Ufficiale (art. 18, co. 1, lett. a), L. 240/2010).

 

2)        l’ammissione al procedimento di chiamata è estesa agli studiosi in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale per uno dei settori concorsuali ricompresi nel macrosettore cui afferisce il settore concorsuale oggetto del procedimento, nonché (per i procedimenti afferenti alla medesima fascia di appartenenza) ai professori già in servizio, senza alcuna limitazione temporale. Il testo della disposizione modificata limitava questa possibilità ai professori in servizio alla data di entrata in vigore della legge (art. 18, co. 1, lett. b), L. 240/2010).

Con riferimento alla formulazione del testo, si segnala che l’espressione “per il medesimo macrosettore” non appare corretta, poiché il macrosettore non è mai stato nominato nell’ambito della lett. b).

§      al comma 3:

3)         Si interviene sulle caratteristiche delle convenzioni per la copertura degli oneri derivanti dalla chiamata di professori e dall’attribuzione dei contratti di ricerca a tempo determinato, necessarie per l’assunzione degli stessi oneri da parte di altri soggetti pubblici (diversi, cioè, dall’ateneo) e di soggetti privati. Il testo finora vigente richiedeva che la convenzione avesse durata almeno quindicennale per i professori e i ricercatori titolari del secondo contratto a tempo determinato (si richiamava il co. 5 dell’art. 24), ovvero durata almeno pari a quella del contratto per i ricercatori (non vi era un esplicito richiamo all’art. 24, co. 3, lett. a).

       La modifica proposta dal testo in commento dispone che:

-       l’importo della convenzione relativa alla chiamata di professori e all’attribuzione del secondo contratto di ricercatore a tempo determinato (per il quale si fa riferimento all’art. 24, co. 3, lett. b), invece che al co. 5 citato dalla norma previgente) non può essere inferiore al costo quindicennale per gli stessi posti. Scompare, invece, il riferimento alla durata della stessa convenzione (che permane per la seconda fattispecie);

-       l’importo e la durata della convenzione per l’attribuzione dei contratti di ricercatore a tempo determinato di cui all’art. 24, co. 3, lett. a), non può essere inferiore all’importo e alla durata degli stessi contratti.

Con riferimento alla prima tipologia di convenzione sembrerebbe opportuno valutare se non debba essere mantenuto il riferimento alla durata e il riferimento al co. 5 dell’art. 24 (in base al quale il ricercatore titolare del secondo contratto può essere valutato ai fini della chiamata nel ruolo di professore di seconda fascia), oltre che al comma 3, lett. b).

Per entrambi gli aspetti indicati nell’osservazione, d’altronde, è la stessa relazione tecnica che, testualmente, recita: [la lett. h] “modifica le disposizioni concernenti il finanziamento della chiamata di professori o di contratti di ricerca da parte di soggetti diversi dall’università, facendo riferimento non solo alla durata delle convenzioni ma soprattutto alla copertura dei costi nel periodo considerato dalla norma [importo non inferiore al costo quindicennale per i professori e per i titolari dei contratti di tipo b), che hanno diritto ad essere valutati ai fini dell’inquadramento nel ruolo dei professori associati; importo e durata non inferiori a quella del contratto per i titolari dei contratti di tipo a)]”.

 

§      al comma 5, che disciplina la partecipazione ai gruppi e ai progetti di ricerca delle università e lo svolgimento delle relative attività:

4)        la partecipazione del personale tecnico amministrativo non riguarda più solo quello a tempo indeterminato; al contempo, si introduce la partecipazione di soggetti esterni purché, come nel caso del personale tecnico amministrativo, in possesso di specifiche competenze nel campo della ricerca (art. 18, co. 5, lett. e);

5)        per quanto concerne la partecipazione dei titolari di borse di studio o di ricerca, non vi è più la limitazione alle borse bandite da altre pubbliche amministrazioni (diverse, cioè, dall’ateneo), enti pubblici o privati, imprese. Rimane comunque ferma la necessità della convenzione e l’assenza di oneri finanziari per l’università, ad eccezione dei costi diretti relativi allo svolgimento dell’attività di ricerca e degli eventuali costi assicurativi (art. 18, co. 5, lett. f).

 

La lett. i) apporta modifiche sostanziali all’art. 21 della L. 240/2010, concernente il Comitato nazionale dei garanti della ricerca (CNGR). In particolare, interviene sulle competenze, sulle modalità di sostituzione dei componenti dell’organo e sulle disposizioni da applicare in sede di prima applicazione.

Al riguardo appare preliminarmente utile sintetizzare gli aspetti di interesse nella disciplina recata dall’art. 21.

Il CNGR, istituito al fine di promuovere la qualità della ricerca e assicurare il buon funzionamento delle procedure di valutazione tra pari previste dall’art. 20 della L. 240/2010 per la selezione dei progetti di ricerca finanziati a carico del Fondo sanitario nazionale e del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST), è composto da sette studiosi, italiani o stranieri, di elevata qualificazione scientifica internazionale, appartenenti a varie aree disciplinari, di cui almeno 2 donne e 2 uomini. Essi sono nominati dal Ministro nell’ambito di un elenco, composto da non meno di 10 e non più di 15 persone, definito da un comitato di selezione (co. 1)[266]. Esso subentra alla commissione istituita per la valutazione delle domande per l'accesso al FIRB, nonché alla commissione di garanzia prevista per la selezione dei programmi di ricerca di interesse nazionale (PRIN), indica criteri generali per le attività di valutazione dei risultati, nomina gli studiosi membri dei comitati di selezione di cui all’art. 20, co. 1, e ne coordina le attività, può procedere alla selezione di progetti o programmi di ricerca attivati da enti pubblici o privati. Con riferimento al funzionamento del Comitato, il co. 4 stabilisce che i membri sono nominati per un triennio e non possono essere nuovamente nominati prima che siano trascorsi almeno 5 anni. Essi cessano automaticamente dalla carica al compimento del settantesimo anno di età. Se uno dei componenti cessa prima della scadenza del mandato, il componente nominato in sostituzione resta in carica per la durata residua del mandato ed è scelto nell’elenco formulato per la “prima” scelta.

Disposizioni transitorie sono dettate dal co. 5, primo periodo: si prevede, infatti, che, in sede di prima applicazione, sono individuati mediante sorteggio due componenti che durano in carica due anni e tre componenti che durano in carica tre anni.

Il 28 febbraio 2012 è stato diramato l’avviso pubblico per la selezione dei componenti del CNGR[267].

 

La disposizione in commento:

1)        affida al CNGR l’indicazione dei criteri generali, oltre che per la valutazione dei progetti di ricerca, anche per la selezione degli stessi (art. 21, comma 2);

2)        interviene in materia di sostituzione del componente che cessi dalla carica prima della scadenza del proprio mandato per aver compiuto il settantesimo anno di età, specificando che la scelta di un nuovo componente nell’ambito dell’elenco formulato per la “prima scelta” può essere effettuata solo a condizione che sia garantita la presenza di una pluralità di aree disciplinari, nonché di almeno due donne e due uomini, secondo le indicazioni di cui al secondo periodo del co. 1 dell’art. 21. Qualora ciò non sia possibile, si procede a costituire un nuovo elenco, con le modalità previste dal comma 1. Introduce, infine, la previsione per cui l’elenco ha validità biennale (art. 21, comma 4).

       Con riferimento a quest’ultima previsione, sembrerebbe che la sua collocazione migliore sia nell’ambito del comma 1 dell’art. 21;

3)        con riferimento alla prima applicazione, si sostituisce alla previsione di due componenti che durano in carica due anni e tre che durano in carica tre anni, quella di due componenti che durano in carica due anni e due che durano in carica quattro anni (art. 21, comma 5).

 

La lettera l) apporta modifiche sostanziali all’art. 23 della L. 240/2010, in materia di contratti per attività di insegnamento. Le modifiche riguardano la tipologia di contratti di cui al comma 1.

In base a tale disposizione, le università possono stipulare contratti per attività di insegnamento, della durata di un anno accademico e rinnovabili ogni anno per un periodo massimo di 5 anni,a titolo gratuito o oneroso – con esperti altamente qualificati in possesso di un significativo curriculum scientifico o professionale che siano dipendenti da altre amministrazioni, enti o imprese, ovvero pensionati, ovvero lavoratori autonomi, in possesso di un reddito annuo non inferiore a 40.000 euro lordi (primo periodo). Il terzo periodo dispone, peraltro, che i contratti a titolo gratuito possono essere stipulati esclusivamente con soggetti in possesso di un reddito da lavoro autonomo o dipendente, fermi restando i requisiti richiesti[268].

Sempre il co. 1 precisa che i contratti - che possono essere conclusi anche sulla base di apposite convenzioni con gli enti pubblici e le istituzioni di ricerca di cui all’art. 8 del DPCM n. 593 del 1993 – vengono stipulati dal rettore, su proposta dei competenti organi accademici[269]. Infine, il co. 1 dispone che i contratti a titolo gratuito, ad eccezione di quelli stipulati nell’ambito di convenzioni con enti pubblici, non possono superare il 5% dell’organico dei professori e dei ricercatori di ruolo in servizio nell’ateneo nell’anno accademico di riferimento.

A differenza di quanto disposto nei co. 2 e 3, nel co. 1 non è definita la procedura per la determinazione del trattamento economico spettante ai titolari dei contratti a titolo oneroso, né è esplicitato se la stipula di tali contratti è vincolata all’effettiva disponibilità di bilancio della singola università.

 

Con riferimento a tali previsioni si ricorda, anzitutto, che il Presidente della Repubblica, nella lettera al Presidente del Consiglio dei ministri che ha accompagnato la promulgazione, ha sottolineato che “l'art. 23, nel disciplinare i contratti per attività di insegnamento, appare di dubbia ragionevolezza nella parte in cui aggiunge una limitazione oggettiva riferita al reddito ai requisiti soggettivi di carattere scientifico e professionale”.

Alcune delle modifiche proposte vengono incontro a quanto rilevato dal Presidente della Repubblica.

In particolare, precisandosi che i contratti sono stipulati per attività di insegnamento “di alta qualificazione”, sopravvive esclusivamente il riferimento alla stipula degli stessi con esperti di alta qualificazione in possesso di un significativo curriculum scientifico o professionale. Si sopprime, invece, il riferimento ad ulteriori requisiti, quali essere lavoratore dipendente, pensionato o lavoratore autonomo, cadendo, conseguentemente, per quest’ultima fattispecie, anche il riferimento al reddito minimo. Si sopprime, altresì, la previsione per cui i contratti a titolo gratuito possono essere stipulati esclusivamente con soggetti in possesso di un reddito.

Infine, con riferimento ai contratti a titolo oneroso, si introduce il riferimento ad un importo non inferiore a quello fissato con il decreto ministeriale di cui al co. 2, relativo al trattamento economico dei titolari dei contratti stipulati per far fronte a specifiche esigenze didattiche, anche integrative[270].

Si tratta di un aspetto modificato durante l’esame in sede referente, laddove il testo del D.L. prevedeva un “importo coerente con i parametri previsti dal decreto di cui al comma 2”.

Al riguardo si ricorda che, in attuazione di quanto disposto al co. 2 citato, è intervenuto il DM n. 313 del 21 luglio 2011[271], che ha previsto che l’importo del trattamento è determinato tra un minimo di euro 25 ed un massimo di euro 100, per ciascuna ora di insegnamento. Entro tali importi, il trattamento economico è determinato da ogni università in relazione a tipologia dell'attività didattica o integrativa, numero degli studenti, eventuale qualificazione scientifica e/o professionale richiesta, disponibilità di bilancio.

La disciplina del decreto si applica alle università statali. Le università non statali e le fondazioni universitarie di cui all'art. 16 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) possono recepirla con deliberazioni adottate dai competenti organi accademici.

 

La lettera m) interviene sull’art. 24 della legge, concernente i ricercatori a tempo determinato, introducendo, tra l’altro, una modifica che immette nella L. 240/2010 una disposizione già presente nell’art. 1, co. 20, della L. n. 230/2005, sostanzialmente inapplicabile a seguito dell’abrogazione della norma ivi richiamata. Nello specifico:

1)        i bandi di selezione delle procedure sono resi pubblici – oltre che sui siti dell’ateneo, del MIUR e dell’Unione europea – nella Gazzetta Ufficiale (art. 24, co. 2, lett. a)). Al riguardo, si veda l’osservazione formulata con riferimento ad analoga previsione presente nella lett. h), punto 1);

2)        si introduce il comma 9-bis, in base al quale, per tutto il periodo di durata dei contratti di ricerca a tempo determinato, i dipendenti pubblici sono collocati, senza assegni né contribuzioni previdenziali, in aspettativa, ovvero in posizione di fuori ruolo nei casi in cui tale posizione sia prevista dagli ordinamenti di appartenenza.

Come ante accennato, si tratta di disposizione analoga a quella recata dall’art. 1, co. 20, della L. 230/2005, divenuta inapplicabile perché facente riferimento ai contratti a tempo determinato per attività di ricerca e di didattica integrativa di cui al co. 14 del medesimo articolo, disposizione successivamente abrogata dall’art. 29, co. 11, lett. c), della L. 240/2010.

Occorrerebbe a questo punto abrogare l’art. 1, co. 20, della L. 230/2005.

 

La lettera n) apporta modifiche all’art. 29 della legge, recante norme transitorie e finali. In particolare:

1)        il comma 9 dell’art. 29 è integrato al fine di permettere l’utilizzo delle risorse del piano straordinario per la chiamata dei professori di seconda fascia anche per la copertura di posti mediante chiamata diretta, di cui all’art. 1, co. 9, della L. n. 230/2005[272].

       La relazione tecnica specifica che la lett. n) “ricomprende fra le procedure da utilizzare per la chiamata di professori associati anche quella relativa alla chiamata di studiosi stranieri o italiani all’estero ai sensi dell’articolo 1, comma 9, della legge n. 230/2005, a valere sulle risorse destinate al piano straordinario per la chiamata di professori associati di cui al comma 9 dell’articolo 29. Si tratta solo di un ampliamento della tipologia delle procedure utilizzabili ed è pertanto esclusa la possibilità che le risorse del piano straordinario possano essere utilizzate per l’assunzione di una diversa categoria di personale”.

       Al riguardo, appare utile ricordare che l’art. 1, co. 24, della L. di stabilità 2011 (L. n. 220/2010) ha incrementato la dotazione del FFO delle università (per un importo pari a € 800 mln per il 2011 e a € 500 mln annui a decorrere dal 2012), destinandone una quota (non quantificata) al finanziamento di un piano straordinario per la chiamata di professori di seconda fascia per gli anni 2011-2016. A tal fine, ha disposto l’adozione, entro il 31 gennaio di ciascun anno, di un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze[273].

       Successivamente, l’art. 29, co. 9, della L. 240/2010, che ha fissato la misura delle risorse aggiuntive riservate a tal fine in non più di € 13 mln per il 2011, € 93 mln per il 2012 ed € 173 mln a decorrere dal 2013, ha stabilito che la chiamata deve essere effettuata secondo le procedure di cui agli artt. 18 e 24, co. 6, della medesima legge. La disciplina per l’utilizzo delle risorse è demandata ad un decreto del MIUR, di concerto con il MEF, previo parere conforme delle Commissioni parlamentari.

       In attuazione di quanto disposto è stato emanato il DM 15 dicembre 2011[274] che ha indicato i criteri di riparto delle somme fra le università per il 2011[275].

       Sull’argomento si ricorda anche che l’art. 1, co. 5, del D.L. 216/2011, in corso di esame, dispone che il termine per procedere alle assunzioni di professori universitari di seconda fascia, previste per il 2011 ai sensi dall’art. 29, co. 9, della L. 240/2010, è prorogato al 31 dicembre 2012, precisando che a tal fine il limite all’incidenza delle spese fisse e obbligatorie per il personale di ruolo delle università statali rispetto al FFO è considerato con riferimento al 31 dicembre 2010.

       Si ricorda, altresì, che l’art. 14, co. 2-quater, del medesimo D.L., introdotto durante l’esame in prima lettura alla Camera, dispone che le risorse destinate al medesimo piano per il 2012 e 2013 sono ripartite tra tutte le università statali e le istituzioni ad ordinamento speciale. Ai fini della ripartizione, la “distanza” dal limite massimo attualmente previsto per le spese fisse per il personale e quanto previsto in materia di assunzioni del personale dal decreto legislativo attuativo della delega di cui all’art. 5, co. 1, lett. b), sono presi in considerazione esclusivamente per graduare gli importi assegnati.

Si evidenzia che il decreto relativo all’utilizzo delle risorse per il 2011 è già stato adottato; la disposizione sembrerebbe riguardare la possibilità che le chiamate siano relative agli anni a partire dal 2012.

2)        modificando il comma 11, lett. c), si abroga l’art. 1, comma 7, della L. n. 230 del 2005, che consente di bandire procedure per la copertura dei posti di ricercatore ai sensi della L. 210 del 1998, fino al 30 settembre 2013.

       Si tratta di una modifica di coordinamento normativo fra la L. 240/2010 e la L. 230/2005: infatti, la legge 240/2010, all’art. 29, co. 1, ha disposto che, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, per la copertura dei posti di ricercatore si applicano esclusivamente le procedure da essa previste, ossia, ai sensi dell’art. 24, i contratti di ricerca a tempo determinato.

 

Il comma 2 interviene sull’art. 4, comma 78, della legge di stabilità 2012 (L. n. 183 del 2011), concernente il congedo per attività di studio e ricerca fruibile dai professori e dagli assistenti universitari, ai sensi dell’art. 17 del DPR 2/1980[276], dell’art. 8 della L. 349/1958[277], e dell’art. 10 della legge n. 311 del 1958[278].

Sostanzialmente, a fronte della riduzione disposta dalla legge di stabilità, il testo in esame ripristina la possibilità per i professori universitari di disporre del congedo per due anni accademici in un decennio e per gli assistenti di cinque anni accademici in un decennio. Rimane ferma la previsione che l’autorizzazione al congedo non può essere concessa oltre il compimento del trentacinquesimo anno di anzianità di servizio[279].

 

Il comma 3 dispone che dalle disposizioni del comma 2 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Al riguardo si segnala che la clausola di invarianza finanziaria contenuta nel comma 3 dovrebbe essere riportata nell’ambito della novella all’art. 4, comma 78, della L. 183/2011, recata dal comma 2.

 

Il comma 3-bis, introdotto durante l’esame parlamentare, dispone che una quota non superiore a 11 milioni di euro delle risorse destinate, per il 2012, alla corresponsione di scatti su base meritocratica a professori e ricercatori universitari (art. 29, co. 19, della L. 240/2010) è destinata alla revisione del trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo indeterminato, nel primo anno di attività.

Al riguardo si evidenzia che, intervenendo nella seduta della VII Commissione del 28 febbraio 2012, di cui già ante si è detto, il rappresentante del Governo ha illustrato una proposta di modifica analoga a quella poi presentata dai relatori, facendo presente che la previsione si rendeva necessaria per consentire il completamento dell’intervento di adeguamento del trattamento economico dei ricercatori non confermati nel primo anno di attività, che si chiude nel 2012: in particolare, ha specificato che la spesa riguarda i ricercatori che prenderanno servizio nel corso del 2012 e le mensilità residue rientranti nel primo anno di attività di coloro che hanno preso servizio nel 2011.

Da ciò sembra, dunque, doversi dedurre che la platea dei ricercatori interessati è più ampia di quella a suo tempo indicata (si veda infra).

 

Relativamente alle risorse cui si fa riferimento, si ricorda che l’art. 29, co. 19, della L. 240/2010, fermo restando il blocco degli scatti economici per anzianità nel triennio 2011-2013, disposto dall’art. 9, co. 21, del D.L. 78/2010, ha autorizzato la spesa di 18 milioni di euro per il 2011 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013[280] per l’attribuzione di scatti economici su base meritocratica a professori e ricercatori universitari, rimettendo ad un decreto interministeriale l’adozione dei criteri e delle modalità per la ripartizione delle risorse tra gli atenei e per la selezione dei destinatari degli interventi secondo criteri di merito scientifico e accademico[281].

 

Con riferimento alla destinazione di parte delle risorse indicate, si ricorda che l’art. 5 della L. 240/2010 ha previsto, nell’ambito della delega finalizzata alla riforma di differenti aspetti del sistema universitario, la valorizzazione della figura dei ricercatori, indicando quale relativo criterio direttivo – recato dal co. 3, lett. g) – la revisione del trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo indeterminato, nel primo anno di attività. Al riguardo l’art. 29, co. 22, primo periodo, ha indicato che all’onere derivante si provvede, nel limite massimo di 11 milioni di euro nel 2011, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al cofinanziamento degli assegni di ricerca di cui all’art. 5, co. 1, della L. 370/1999.

Per l’esercizio della delega, il 4 agosto 2011 è stato presentato alle Camere lo schema di d.lgs. Atto 396, il cui art. 15 dispone che ai ricercatori a tempo indeterminato non confermati è riconosciuto, fin dal primo anno di effettivo servizio, il trattamento economico pari al 70% di quello dei professori di seconda fascia a tempo pieno di pari anzianità (che, invece, l’art. 1, co. 2, del D.L. 7/2005 riconosceva dopo il primo anno di effettivo servizio e fino al giudizio di conferma). In base all’Analisi di impatto della regolamentazione allegata allo schema, i ricercatori interessati erano 1375[282].

Nella seduta del 14 dicembre 2011, esprimendo il parere di competenza, la VII Commissione della Camera ha inserito la condizione, fra le altre, relativa all’esplicitazione che della disposizione di cui all'articolo 15 beneficiano, in relazione al periodo che rientra nel primo anno di servizio ma successivo all'entrata in vigore della L. 240/2010, anche i ricercatori non confermati a tempo indeterminato assunti nel 2010[283].

Lo schema di d.lgs. è stato approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 20 gennaio 2012, ma non risulta ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale.

 


 

Articolo 50
(Attuazione dell’autonomia)

1. Allo scopo di consolidare e sviluppare l'autonomia delle istituzioni scolastiche, potenziandone l'autonomia gestionale secondo criteri di flessibilità e valorizzando la responsabilità e la professionalità del personale della scuola, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono adottate, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nel rispetto dei principi e degli obiettivi di cui all'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, linee guida per conseguire le seguenti finalità:

a) potenziamento dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, anche attraverso l'eventuale ridefinizione nel rispetto della vigente normativa contabile degli aspetti connessi ai trasferimenti delle risorse alle medesime, previo avvio di apposito progetto sperimentale;

b) definizione, per ciascuna istituzione scolastica, di un organico dell'autonomia, funzionale all'ordinaria attività didattica, educativa, amministrativa, tecnica e ausiliaria, alle esigenze di sviluppo delle eccellenze, di recupero, di integrazione e sostegno agli alunni con bisogni educativi speciali e di programmazione dei fabbisogni di personale scolastico, anche ai fini di una estensione del tempo scuola;

c) costituzione, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, di reti territoriali tra istituzioni scolastiche, al fine di conseguire la gestione ottimale delle risorse umane, strumentali e finanziarie;

d) definizione di un organico di rete per le finalità di cui alla lettera c) nonché per l'integrazione degli alunni con bisogni educativi speciali, la formazione permanente, la prevenzione dell'abbandono e il contrasto dell'insuccesso scolastico e formativo, e dei fenomeni di bullismo, specie per le aree di massima corrispondenza tra povertà e dispersione scolastica;

e) costituzione degli organici di cui alle lettere b) e d), nei limiti previsti dall'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni e integrazioni, sulla base dei posti corrispondenti a fabbisogni con carattere di stabilità per almeno un triennio sulla singola scuola, sulle reti di scuole e sugli ambiti provinciali, anche per i posti di sostegno, fatte salve le esigenze che ne determinano la rimodulazione annuale.

2. Gli organici di cui al comma 1 sono determinati, complessivamente, nel rispetto dell'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, fermo restando quanto previsto dall'articolo 19, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111[284] e fatto salvo anche per gli anni 2012 e successivi l'accantonamento in presenza di esternalizzazione dei servizi per i posti ATA.

3. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con cadenza triennale, nei limiti dei risparmi di spesa accertati con la procedura di cui al comma 9 dell'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è definita la consistenza numerica massima degli organici delle autonomie e di rete sulla base della previsione dell'andamento demografico della popolazione in età scolare. In sede di prima applicazione, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, è adottato il decreto di cui al presente comma per gli anni scolastici 2013-2014, 2014-2015 e 2015-2016. A decorrere dall'anno scolastico 2012-2013, continua ad applicarsi il comma 9 dell'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, per le finalità di cui all'articolo 8, comma 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con le modalità previste, per le necessità dell'organico dell'autonomia e per le finalità dell'organico di rete.

4. Il Ministero dell'economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con riferimento ai rapporti negoziali in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, verifica la possibilità di emanare, in analogia con la previsione di cui all'articolo 3, comma 83, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, misure in materia di giochi pubblici utili al fine di assicurare maggiori entrate. A decorrere dall'anno 2013, le eventuali maggiori entrate derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente comma, accertate annualmente con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sono riassegnate allo stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per essere destinate alle finalità di cui al presente articolo.

5. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

L’articolo 50, modificato durante l’esame in sede referente - con alcune puntualizzazioni nel comma 1 e con l’aggiunta del comma 2-bis - dispone l’adozione con decreto interministeriale di linee guida - inerenti, fra l’altro, la determinazione degli organici del personale docente e ATA (con modalità innovative rispetto ai criteri indicati dai DPR nn. 81 e 119 del 2009) e la realizzazione di reti scolastiche - volte al conseguimento dello sviluppo dell’autonomia scolastica.

La relazione tecnica al D.L. evidenzia che “si tratta di autonomia responsabile in quanto intesa a conciliare la migliore resa dei servizi istituzionalmente assegnati da realizzare mediante l’ottimale utilizzo, anche in forma comune, delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili”.

Come si vedrà, in parte si interviene su ambiti già disciplinati in passato con disposizioni similari, ma attuate solo in parte o, di fatto, superate per esigenze di contenimento della spesa.

Di seguito sarà esposto nella sua interezza, per una migliore visione d’insieme, il contenuto dell’articolo. A seguire saranno operate le ricognizioni normative di riferimento.

 

Il comma 1 dispone che, allo scopo di consolidare e sviluppare l’autonomia delle istituzioni scolastiche, potenziandone l’autonomia di gestione secondo criteri di flessibilità e valorizzando la responsabilità e la professionalità del personale, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-regioni, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. sono adottate linee guida che, nel rispetto dei principi e degli obiettivi di cui all’art. 64 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), sono finalizzate a:

a)             potenziare l’autonomia delle istituzioni scolastiche, anche attraverso l’eventuale ridefinizione, nel rispetto della vigente legislazione contabile[285], degli aspetti connessi ai trasferimenti di risorse alle stesse istituzioni scolastiche, previo avvio di un progetto sperimentale. La formulazione lascerebbe intendere che ci si voglia riferire essenzialmente all’autonomia finanziaria, ovvero all’autonomia contabile.

          Si valuti l’opportunità di introdurre una specifica.

b)             definire, per ogni istituzione scolastica, un “organico dell’autonomia” funzionale sia ad attività ordinarie - da questo punto di vista il testo fa riferimento all’attività didattica, educativa, amministrativa, tecnica e ausiliaria - sia ad altre esigenze, in parte anch’esse di carattere didattico, ossia a quelle di sviluppo delle eccellenze, di recupero, di integrazione e sostegno agli alunni con bisogni educativi speciali. Si fa riferimento anche alle esigenze di programmazione dei fabbisogni di personale scolastico, anche ai fini di una estensione del tempo scuola[286].

Sul punto, la relazione tecnica qualifica l’organico dell’autonomia come “dotazione di personale docente, educativo ed ATA che consenta alle istituzioni scolastiche di far fronte a tutte le esigenze derivanti sia dall’organizzazione delle attività didattiche ordinarie, sia dalle situazioni di fatto che, all’avvio o nel corso dell’anno scolastico, determinino scostamenti dalle previsioni iniziali (variazione di alunni rispetto al valore stimato prima delle iscrizioni, aumento delle certificazioni mediche per il sostegno o assenze brevi e temporanee dei docenti, fenomeni di dispersione scolastica, etc.)”.

c)             costituire, previa intesa con la Conferenza unificata, reti territoriali fra le istituzioni scolastiche, al fine di una gestione ottimale delle risorse umane, strumentali e finanziarie;

d)             definire un organico di rete, al fine di cui alla lett. c), nonché per le esigenze di integrazione degli alunni con bisogni educativi speciali, di formazione permanente, di prevenzione dell’abbandono e di contrasto dell’insuccesso scolastico e formativo e dei fenomeni di bullismo, in particolare per le aree di massima corrispondenza tra povertà e dispersione scolastica[287];

          Con riferimento ai punti c) e d), la relazione tecnica evidenzia che l’organico di rete non deve superare la somma dei singoli organici dell’autonomia delle istituzioni scolastiche incluse nella rete, al fine di garantire la neutralità finanziaria dell’iniziativa. Rileva, inoltre, che il contenuto innovativo risiede soprattutto nella possibilità di consentire, attraverso tale strumento, lo spostamento di posti che oggi si attribuirebbero a livello di singola scuola o provincia sul livello di rete, senza aggiungere nulla al fabbisogno, anche accorpando a livello di rete i posti frazionabili e riducendo o azzerando il (comunque ridotto) numero di ore. Segnala, infine, che le finalità indicate per l’organico di rete sono tutte già proprie degli organici attuali, cosicché il passaggio in Conferenza unificata permetterebbe alle reti di essere riconosciute da parte delle regioni e degli enti locali e quindi di essere effettivamente rappresentative;

e)             costituire gli organici dell’autonomia e di rete, nei limiti previsti dall’art. 64 del D.L. 112/2008, sulla base dei posti corrispondenti a fabbisogni con carattere di stabilità per almeno un triennio sulla singola scuola, sulle reti di scuole e sugli ambiti provinciali, anche per i posti di sostegno, fatte salve le esigenze che ne determinano la rimodulazione annuale.

 

Il comma 2 dispone che gli organici dell’autonomia e di rete sono determinati nel rispetto del già citato art. 64 del D.L. 112/2008, fermo restando che:

1)             come disposto dall’art. 19, co. 7, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011), a decorrere dall’a.s. 2012/2013, le dotazioni organiche del personale docente, educativo ed ATA della scuola non devono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche determinata nell’a.s. 2011/2012[288], assicurando in ogni caso, in ciascun anno, la quota delle economie lorde di spesa che devono derivare per il bilancio dello Stato dall'applicazione dello stesso articolo 64 del D.L. 112/2008[289].

2)             anche per gli anni 2012 e successivi si procede ad accantonamento in presenza di esternalizzazione dei servizi per i posti ATA.

 

Il comma 3, introdotto durante l’esame in sede referente, dispone che la consistenza numerica massima degli organici delle autonomie e di rete è definita, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca emanato ogni triennio, sulla base della previsione dell’andamento demografico della popolazione in età scolare e nei limiti della quota del 30 per cento dei risparmi di spesa derivanti dall’attuazione delle disposizioni in materia di riorganizzazione scolastica di cui all’articolo 64 del D.L. n. 112 del 2008 da destinare ai sensi del comma 9 del medesimo articolo alle risorse contrattuali per il personale della scuola.

 

L’articolo 64, comma 9, del D.L. 112 del 2008 prevede, infatti, che quota parte delle economie di spesa derivanti dalle misure di riorganizzazione previste dallo stesso art. 64, nella misura del 30 per cento, è destinata ad incrementare le risorse contrattuali stanziate per le iniziative dirette alla valorizzazione ed allo sviluppo professionale della carriera del personale della Scuola a decorrere dall'anno 2010, con riferimento ai risparmi conseguiti per ciascun anno scolastico. Sulla destinazione delle risorse in questione è successivamente intervenuto l’art. 8, commi 14 e 23, del D.L. 78/2010, sostanzialmente consentendo l’utilizzo di parte delle stesse per far fronte al blocco degli scatti disposto dallo stesso D.L. 78/2010.

 

Il comma 3 prevede inoltre che in sede di prima applicazione, entro 120 giorni dall’entrata in vigore del disegno di legge di conversione, è adottato il decreto di determinazione degli organici per gli anni scolastici 2013-2014, 2014-2015, 2015-2016. Si prevede anche che a decorrere dall’anno scolastico 2012-2013 continua a trovare applicazione il comma 9 dell’articolo 64 del D.L. n. 112 del 2008: al riguardo sono richiamate le finalità dell’articolo 8, comma 14, del D.L. n. 78 del 2010 - che, come si è visto ante, sostanzialmente ha consentito di utilizzare parte dei risparmi per far fronte al blocco degli scatti - per le necessità dell’organico dell’autonomia e le finalità dell’organico di rete.

 

Al riguardo appare opportuno un approfondimento sul coordinamento tra le disposizioni del comma 3, in materia di determinazione degli organici delle autonomie e di rete sulla base della previsione dell’andamento demografico della popolazione in età scolare, e quelle del comma 2 che mantengono ferme, nell’ambito della definizione dei medesimi organici le disposizioni del decreto legge n. 98 del 2011 le quali prevedono che comunque, a decorrere dall’a.s. 2012/2013, le dotazioni organiche del personale docente, educativo ed ATA della scuola non devono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche determinata nell’a.s. 2011/2012.

 

Con riferimento al comma 1, lett. b), d) ed e), e ai commi 2 e 2-bis, si ricorda quanto segue.

 

L’art. 64 del D.L. 112/2008 ha previsto il ridimensionamento delle dotazioni organiche dei docenti, attraverso l’incremento graduale, a partire dall’a.s. 2009-2010, del rapporto alunni/docente, fino al raggiungimento di un punto entro l’a.s. 2011-2012, pur tenendo conto delle esigenze degli alunni diversamente abili, e il ridimensionamento del personale ATA, attraverso la riduzione del 17% della consistenza accertata nell’a.s. 2007/2008, da conseguire nel triennio 2009-2011.

Ha, altresì, previsto una revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, attraverso l’intervento di regolamenti di delegificazione volti a razionalizzare e accorpare le classi di concorso, rimodulare l’organizzazione didattica della scuola primaria, ridefinire i curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola, i criteri in materia di formazione delle classi, l’assetto organizzativo-didattico dei centri di istruzione per gli adulti, i criteri per la determinazione della consistenza complessiva degli organici del personale docente e ATA, i criteri, i tempi e le modalità per l’azione di ridimensionamento della rete scolastica[290].

Le economie di spesa discendenti dalle misure indicate sono state quantificate in € 456 mln nel 2009, € 1.650 mln nel 2010, € 2.538 mln nel 2011, € 3.188 mln dal 2012[291].

In attuazione dell’art. 64 del D.L. 112/2008 sono intervenuti, in materia di definizione degli organici, il DPR 81/2009 (che detta anche disposizioni riguardanti la rete scolastica) e, per il personale ATA, il DPR 119/2009[292].

Per quanto qui specificamente interessa, l’art. 2 del DPR 81/2009 prevede che le dotazioni organiche complessive sono definite annualmente sia a livello nazionale che per ambiti regionali (in questo secondo caso sentita la Conferenza unificata, anche ai fini della distribuzione) tenuto conto degli assetti ordinamentali, dei piani di studio e delle consistenze orarie previsti dalle norme in vigore, in base: a) alla previsione dell'entità e della composizione della popolazione scolastica e con riguardo alle esigenze degli alunni disabili e degli alunni di cittadinanza non italiana; b) al grado di densità demografica delle province di ogni regione e della distribuzione della popolazione tra i comuni di ogni circoscrizione provinciale; c) alle caratteristiche geo-morfologiche e alle condizioni socio-economiche e di disagio delle diverse realtà territoriali; d) all'articolazione dell'offerta formativa; e) alla distribuzione degli alunni nelle classi sulla base di un incremento del rapporto medio, a livello nazionale, alunni/classe di 0,40 da realizzare nel triennio 2009-2011; f) alle caratteristiche dell'edilizia scolastica.

Le dotazioni dell'istruzione secondaria di I e II grado sono inoltre determinate con riguardo alle diverse discipline ed attività contenute nei curricoli delle singole istituzioni.

Il medesimo articolo dispone che i dirigenti preposti agli uffici scolastici regionali provvedono alla ripartizione delle consistenze organiche a livello provinciale. L'assegnazione delle risorse è effettuata con riguardo alle specifiche esigenze ed alle diverse tipologie e condizioni di funzionamento delle istituzioni scolastiche (tenendo conto delle condizioni di disagio legate a specifiche situazioni locali, con particolare riguardo ai comuni montani e alle piccole isole, nonché alle aree che presentano elevati tassi di dispersione e di abbandono), nonché alle possibilità di impiego flessibile delle stesse risorse, in coerenza con quanto previsto dal DPR 275/1999.

L’art. 4 detta disposizioni per assicurare stabilità alla previsione delle classi. In particolare, il co. 1 stabilisce che, al fine della stabilità citata e della riduzione al massimo degli scostamenti tra il numero delle classi previsto ai fini della determinazione dell'organico di diritto e quello delle classi effettivamente costituite all'inizio di ciascun anno scolastico, è consentito derogare, in misura non superiore al 10% per cento, al numero minimo e massimo di alunni per classe previsto, per ciascun tipo e grado di scuola, dal regolamento[293].

Gli organici del personale docente per gli a.s. 2009/2010, 2010/2011, 2011/2012 sono stati definiti - da ultimo - con D.I. 98, 99 e 100 del 2011, pubblicati nella GU del 27 gennaio 2012[294]. Le riduzioni sono state pari a 42.104 nell’a.s. 2009/2010, 25.617 nell’a.s. 2010/2011, 19.699 nell’a.s. 2011/2012 (in tutti e tre gli a.s., escluso il sostegno).

Per l’a.s. 2011-2012, il D.I. di riferimento indica la consistenza degli organici in 81.216 unità per la scuola dell’infanzia, 198.339 unità per la scuola primaria, 132.192 unità per la scuola secondaria di primo grado, 189.073 unità per la scuola secondaria di secondo grado, 90.469 unità (in organico di fatto) per i posti di sostegno[295].

 

In materia di organico di sostegno, occorre ricordare che il co. 11 dell’art. 19 del D.L. 98/2011 ha da ultimo disposto che esso è determinato applicando quanto previsto dall’art. 2, co. 413 e 414, della L. finanziaria per il 2008 (L. 244/2007), ma con possibilità di istituire posti in deroga in relazione a situazioni di particolare gravità, e che è assegnato complessivamente alla scuola o alle reti di scuole appositamente costituite, considerando un docente ogni due alunni disabili. Ha, altresì, disposto che l’azione didattica e di integrazione degli alunni disabili è assicurata sia dai docenti di sostegno che dai docenti di classe.

La relazione illustrativa (A.S. 2814) specificava che il comma era stato formulato nel rispetto della sentenza della Corte costituzionale n. 80/2010, che ha dichiarando la parziale illegittimità dei co. 413 e 414 dell’art. 2 della L. 244/2007[296], ripristinando la possibilità di istituire posti di sostegno in deroga per gli alunni con disabilità grave[297].

 

Per quanto concerne il personale ATA, l’art. 1 del DPR 119/2009 dispone che per ciascuno degli a.s. 2009-2010, 2010-2011 e 2011-2012 le dotazioni regionali sono definite con decreto MIUR-MEF[298].

L’art. 2 dispone che la consistenza numerica complessiva dei posti definita a livello nazionale è ripartita in dotazioni organiche regionali, sentita la Conferenza unificata, con riguardo alle specificità degli ambiti territoriali interessati, alle peculiarità strutturali, organizzative e operative delle istituzioni scolastiche, alle diversità conseguenti alle situazioni ambientali e socio-economiche, alle funzioni ed ai compiti previsti per i profili professionali del personale. Nella ripartizione si tiene conto altresì, in relazione ai diversi contesti territoriali, dei fenomeni migratori, dei piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, delle condizioni logistico-strutturali, delle distanze e dei collegamenti tra le istituzioni scolastiche situate nei comuni montani e nelle piccole isole (sull’argomento si veda anche l’art. 4).

Il dirigente regionale provvede alla ripartizione della dotazione organica regionale in dotazioni organiche provinciali. Inoltre, nel limite della dotazione organica regionale, determina le dotazioni organiche di istituto.

Il D.M. 29 luglio 2011 ha fissato la dotazione organica complessiva relativa all’a.s. 2011-2012 in 207.123 unità. In tale dotazione sono compresi i posti da accantonare a seguito della terziarizzazione dei servizi, quantificati in 11.857 unità.

Al riguardo si ricorda che il DPR 119/2009, richiamati, in premessa, l'art. 40, co. 5, della L. 449/1997 - che prevede che le istituzioni scolastiche, anche consorziate fra loro, possono deliberare l'affidamento in appalto dei servizi di pulizia dei locali scolastici e delle loro pertinenze, a condizione che si apporti una riduzione della dotazione organica di istituto in misura tale da consentire la compensazione dei costi contrattuali - e il co. 9 dell'art. 35 della L. 289/2002 - ai sensi del quale la terziarizzazione dei servizi comporta l'indisponibilità, per l'intera durata del contratto, dei posti della corrispondente qualifica della dotazione organica dell'istituzione scolastica, per un ammontare fissato con DM – dispone, all’art. 4, che nelle istituzioni scolastiche in cui i compiti del profilo di collaboratore scolastico sono assicurati, in tutto o in parte, da personale esterno all'amministrazione, è indisponibile, a qualsiasi titolo, il 25% dei posti del corrispondente profilo professionale. Dispone, inoltre, che il dirigente regionale può promuovere intese finalizzate al più efficace ed efficiente utilizzo del personale già addetto ai lavori socialmente utili, attualmente impegnato nelle istituzioni scolastiche in compiti di carattere amministrativo e tecnico, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, con conseguente accantonamento di un numero di posti della dotazione organica del profilo di appartenenza, corrispondente al 50%.

A partire dall’a.s. 2008/2009 e fino all’a.s. 2010/2011, sono stati accantonati e resi indisponibili per la nomina circa 11.800 posti di collaboratore scolastico[299].

 

Molto sinteticamente, si ricorda, infine, che l’organico dell’autonomia previsto dalla disposizione in commento potrebbe “richiamare” l’organico funzionale di cui l’art. 1, co. 72, della L. 662/1996 (L. finanziaria 2007) - abrogato dall’art. 24 del DPR 81/2009 – aveva disposto l’introduzione limitatamente alla scuola materna e alla scuola elementare. Successivamente, l’art. 21, co. 9, della L. 59/1997 ha finalizzato proprio all’autonomia delle istituzioni scolastiche la definizione di criteri per la determinazione degli organici funzionali di istituto.

La materia è quindi stata disciplinata a livello generale, per tutti gli ordini di scuole, nell’art. 5 del DPR 233 del 1998, che ha affidato ai dirigenti dell’amministrazione scolastica periferica la definizione dell’organico funzionale di ogni istituzione scolastica, entro il limite della dotazione organica provinciale complessiva, sulla base di elementi per molti aspetti analoghi a quelli citati nel testo in commento: a) numero degli alunni e delle classi previste; b) insegnamenti da impartire nelle classi; c) esigenze di sostegno dei portatori di handicap; d) attività didattiche finalizzate a recupero della dispersione scolastica e degli insuccessi formativi, sperimentazione di nuovi metodi didattici, adattamento e personalizzazione dei percorsi formativi, caratteristiche dell'economia regionale o locale ed evoluzione del mercato del lavoro; e) azioni di supporto socio-psico-pedagogico, organizzativo e gestionale, di ricerca educativa e scientifica, di orientamento scolastico e professionale e di valutazione dei processi formativi; f) esigenze specifiche delle istituzioni operanti in zone a rischio di devianza giovanile e criminalità minorile, o nelle comunità montane e nelle piccole isole; g) prevedibili necessità di copertura dei posti di insegnamento vacanti e di sostituzione degli insegnanti assenti per periodi di durata inferiore all'intero anno scolastico. Lo stesso articolo ha disposto che le risorse umane necessarie per le finalità indicate alle lett. d), e), f) e g) sono attribuite alle singole istituzioni scolastiche o a reti di scuole[300].

Si tratta di disposizioni mai abrogate, ma di fatto “superate” da esigenze di contenimento della spesa.

 

Con riferimento al comma 1, lett. c):

 

si ricorda che la possibilità per le istituzioni scolastiche di promuovere accordi di rete, ovvero aderire ad essi per il raggiungimento delle proprie finalità istituzionali è stata prevista in modo dettagliato dall’articolo 7 del regolamento in materia di autonomia (D.P.R. n. 275 del 1999).

L'accordo può avere ad oggetto attività didattiche, di ricerca, sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento; di amministrazione e contabilità, ferma rimanendo in ogni caso l'autonomia dei singoli bilanci; di acquisto di beni e servizi, di organizzazione e di altre attività coerenti con le finalità istituzionali[301].

Nell’ambito dell'accordo viene individuato l'organo responsabile della gestione delle risorse e del raggiungimento delle finalità del progetto, la sua durata, le sue competenze e i suoi poteri, nonché le risorse professionali e finanziarie messe a disposizione della rete dalle singole istituzioni[302].

Con riferimento al personale, si prevede che gli accordi possono prevedere lo scambio temporaneo di docenti, che liberamente vi consentono, fra le istituzioni che partecipano alla rete i cui docenti abbiano uno stato giuridico omogeneo. I docenti che accettano di essere impegnati in progetti che prevedono lo scambio devono rinunciare al trasferimento per la durata del loro impegno nei progetti stessi, con le modalità stabilite in sede di contrattazione collettiva. Si prevede, altresì, che gli organici funzionali di istituto possono essere definiti in modo da consentire l'affidamento a personale dotato di specifiche esperienze e competenze di compiti organizzativi e di raccordo interistituzionale e di gestione dei laboratori.

 

Con riferimento al comma 1, lett. a), si ricorda quanto segue.

In base all’assetto normativo vigente, le istituzioni scolastiche sono dotate di autonomia didattica e di ricerca, nonché di autonomia organizzativa, amministrativa e finanziaria. Quest’ultima si sostanzia in autonomia di destinazione della dotazione ordinaria statale (l’unico vincolo è quello dell'utilizzazione prioritaria per lo svolgimento delle attività di istruzione, di formazione e di orientamento) e autonomia di reperire risorse finanziarie aggiuntive, pubbliche e private, per l'attuazione di progetti promossi e finanziati con risorse a destinazione specifica (art. 21, co. 5, L. 59/1997; art. 6, DPR n. 233 del 1998). Alle istituzioni scolastiche è, altresì, riconosciuta autonomia contabile (art. 21, co. 1 e 14, L. 59/1997; DM n. 44 del 2001).

Si ricorda, inoltre, che l’art. 1, co. 601, della L. finanziaria 2007, al fine di aumentare l'efficienza e la celerità dei processi di finanziamento a favore delle scuole statali, ha istituito nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, a decorrere dal 2007, il “Fondo per le competenze dovute al personale delle istituzioni scolastiche, con esclusione delle spese per stipendi del personale a tempo indeterminato e determinato” e il “Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche”. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione sono stabiliti i criteri e i parametri per l'assegnazione diretta alle istituzioni scolastiche delle risorse.

Tuttavia da ultimo, in relazione all’introduzione del cosiddetto “cedolino unico”[303], ovvero al pagamento delle competenze accessorie del personale della scuola unitamente a quelle fisse, a partire dal bilancio 2011 gli stanziamenti relativi a tali competenze per il personale della scuola (docenti e ATA) sono stati allocati in un unico capitolo di ciascuno dei programmi di spesa dei vari gradi di istruzione. Conseguentemente, il Fondo per le competenze dovute al personale è utilizzato esclusivamente per il pagamento del personale incaricato di supplenze brevi e per la mensa scolastica e ha, pertanto, mutato in tal senso la sua denominazione.

 

Il comma 3, prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS), entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto stesso, relativamente ai rapporti negoziali in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto stesso, verifichi la possibilità di emanare, analogamente a quanto previsto dall’articolo 3, comma 83, della legge n. 662 del 1996, misure in materia di giochi pubblici utili al fine di assicurare maggiori entrate.

 

A decorrere dal 2013, le eventuali maggiori entrate derivanti dall’applicazione del presente comma 3, accertate annualmente con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sono rassegnate, come specificato in sede referente, allo stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca per essere destinate alle finalità indicate dall’articolo 50 in esame.

 

Il comma 4 reca una norma di salvaguardia contabile, stabilendo che dall’attuazione delle disposizioni del presente articolo 50 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Circa la formulazione del testo, si evidenzia la genericità del riferimento che la norma effettua a "misure in materia di giochi" utili per il raggiungimento dell'obiettivo di conseguire maggiori entrate.

 

Si ricorda che il richiamato articolo 3, comma 83 della legge n. 662 del 1996, al primo periodo, prevede che con decreto del Ministro delle finanze, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, sono stabiliti nuovi giochi ed estrazioni infrasettimanali del gioco del lotto.

 

In relazione al gioco del lotto si ricorda che con il decreto direttoriale AAMS 12 ottobre 2011 (G.U. n. 265 del 14 novembre 2011) sono stati individuati gli interventi in materia di giochi pubblici utili per assicurare le maggiori entrate (1.500 milioni a decorrere dal 2012) previste dall’articolo 2, comma 3, del D.L. n. 138 del 2011, rinviando a successivi provvedimenti le disposizioni di dettaglio per la concreta applicazione delle disposizioni contenute nel decreto direttoriale stesso. In particolare l’articolo 2 reca nuove modalità di gioco del Lotto, prevedendo che, al fine di ottimizzare l'offerta dei giochi pubblici con vincita in denaro, con successivo decreto direttoriale, da adottarsi entro il 31 dicembre 2012, in attesa di una più ampia revisione della relativa regolamentazione, è disciplinata la modalità di raccolta a distanza del gioco del Lotto e del gioco 10&Lotto nelle ore di chiusura delle rivendite di tabacchi.

Con successivo decreto direttoriale da adottarsi entro il 31 dicembre 2012, al gioco 10&Lotto sono apportate modifiche concernenti i seguenti punti:

a) orario di raccolta del gioco;

b) importo delle giocate;

c) numero dei concorsi giocabili in abbonamento.

Con ulteriore decreto direttoriale da adottarsi entro il 31 dicembre 2012, al gioco del Lotto sono apportate innovazioni concernenti i seguenti punti:

a) introduzione nuove sorti;

b) incremento del pay-out;

c) variazione in aumento delle frequenze di vincita mediante estrazione di più numeri, ovvero numeri extra;

d) revisione grafica del modulo di partecipazione al gioco;

e) indizione di «Concorsi speciali a tema», in concomitanza con particolari eventi o festività di rilievo nazionale.

 

 


 

 

Articolo 51
(
Potenziamento del sistema nazionale di valutazione)

1. Nelle more della definizione di un sistema organico e integrato di valutazione delle istituzioni scolastiche, dell'università, della ricerca e dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, l'INVALSI assicura, oltre allo svolgimento dei compiti di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213, e all'articolo 1, comma 613, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il coordinamento funzionale del sistema nazionale di valutazione di cui all'articolo 2, comma 4-undevicies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10. A tale fine, in via sperimentale, l'Invalsi si avvale dell'Agenzia per la diffusione di tecnologie per l'innovazione. Le Amministrazioni provvedono all'attuazione del presente comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Le istituzioni scolastiche partecipano, come attività ordinaria d'istituto, alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti, di cui all'articolo 1, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176. Sezione III Disposizioni per l'istruzione

 

 

L’articolo 51, comma 1, affida all’INVALSI[304], nelle more della definizione di un sistema organico e integrato di valutazione delle istituzioni scolastiche, dell’università, della ricerca e dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, il coordinamento funzionale del sistema nazionale di valutazione di cui all’art. 2, comma 4-undevicies, del D.L. 225/2010 (L. 10/2011), disponendo che, a tal fine, l’Istituto si avvale, in via sperimentale, dell’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione[305]. La nuova funzione si aggiunge a quelle previste dall’art. 1, comma 613, della L. 296/2006 e dall’art. 17 del d.lgs. 213/2009. Le disposizioni previste dal comma in esame devono essere attuate con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Preliminarmente, si evidenzia che non ancora intervenuto il regolamento di delegificazione previsto dall’art. 2, comma 4-undevicies, del D.L. 225/2010, con il quale doveva essere “individuato il sistema nazionale di valutazione, definendone l’apparato”.

 

Si ricorda che la denominazione corretta dell’Agenzia citata è “Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione”.

 

Al riguardo è utile ricordare che l’art. 1 del d.lgs. 286/2004 ha istituito il Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, con l'obiettivo di valutarne l'efficienza e l'efficacia, disponendo che, per l'istruzione e la formazione professionale, tale valutazione concerne esclusivamente i livelli essenziali delle prestazioni. Lo stesso articolo ha disposto che al conseguimento di tale obiettivo concorrono l'Istituto nazionale di valutazione del sistema di istruzione[306] - che assume l’attuale denominazione di INVALSI -, le istituzioni scolastiche e formative, nonché le regioni, le province ed i comuni in relazione ai rispettivi ambiti di competenza[307].

In seguito è intervenuto, senza disporre l’abrogazione di tali disposizioni, l’art. 2, comma 4-undevicies, del D.L. 225/2010 (L. 10/2011), che ha previsto l’intervento, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, di un regolamento di delegificazione che “individua il sistema nazionale di valutazione, definendone l’apparato”. Esso, in base alla disposizione citata, si articola in:

·         Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE)[308], cui competerà sostenere i processi di miglioramento e innovazione educativa, di formazione in servizio del personale della scuola e di documentazione e ricerca didattica;

·         Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e formazione (INVALSI), cui competerà predisporre prove di valutazione degli apprendimenti, partecipare alle indagini internazionali, proseguire le indagini nazionali periodiche;

·         corpo ispettivo, cui competerà valutare le scuole e i dirigenti scolastici, ai sensi del D.Lgs. 150 del 2009.

 

Per quanto concerne le funzioni dell’INVALSI, si ricorda che quelle enunciate nell’art. 3, comma 1, del d.lgs. 286/2004 sono state sostituite dalle funzioni indicate nell’art. 17 del D.Lgs. 213/2009 (il cui art. 18 ha disposto l’abrogazione della norma precedente).

In base a tale disposizione, nell'ambito della costruzione del sistema nazionale di valutazione l'INVALSI ha compiti di:

-      studio e predisposizione di strumenti e modalità oggettive di valutazione degli apprendimenti e cura dell'elaborazione e della diffusione dei risultati della valutazione[309];

-      promozione di rilevazioni nazionali periodiche sugli apprendimenti (sia per le istituzioni scolastiche che per quelle di istruzione e formazione professionale – si veda infra, commento comma 3);

-      studio di modelli e metodologie per la valutazione delle istituzioni scolastiche e di istruzione e formazione professionale;

-      predisposizione di prove a carattere nazionale per gli esami di Stato secondo le disposizioni vigenti[310];

-      ricerca e collaborazione alle attività di valutazione del sistema scolastico al fine di realizzare iniziative di valorizzazione del merito, anche in collaborazione con il sistema universitario;

-           ricerca, sia su propria iniziativa che su mandato di enti pubblici e privati, assicurando inoltre la partecipazione italiana a progetti internazionali in campo valutativo;

-      supporto e assistenza tecnica alle istituzioni scolastiche e formative, alle regioni e agli enti territoriali per la realizzazione di autonome iniziative di monitoraggio, valutazione e autovalutazione;

-      formazione del personale docente e dirigente della scuola sui temi della valutazione in collaborazione con l'ANSAS.

Le funzioni indicate si affiancano a quelle previste dall’art. 1, comma 613, della L. finanziaria per il 2007 (L. 296/2006) in materia di sistema di valutazione dei dirigenti scolastici. Si tratta di formulazione di proposte al Ministro e di proposte per la formazione dei componenti del team di valutazione, di definizione di procedure da seguire, di monitoraggio sullo sviluppo e sugli esiti del sistema di valutazione.

 

Con riferimento alle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, si ricorda che l’art. 19, comma 3, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011) ha disposto che con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono individuate, per il triennio 2012-2014, le risorse finanziarie conseguenti agli interventi di razionalizzazione previsti dallo stesso art. 19[311], iscritte nello stato di previsione del MIUR a legislazione vigente, da destinare ad un apposito fondo da istituire nel medesimo stato di previsione finalizzato al finanziamento del sistema nazionale di valutazione. Ha altresì disposto che le predette risorse confluiscono, a decorrere dal 2013, sul "Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca" per essere destinate al funzionamento dell'INDIRE e dell'INVALSI[312].

In seguito, l’art. 4, comma 82, della L. di stabilità 2012 (L. 183/2011) ha previsto l’istituzione nello stato di previsione del MIUR, a decorrere dal 2012, del “Fondo da ripartire per la valorizzazione dell’istruzione scolastica, universitaria e dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica”. La relazione (A.S. 2968) specificava che il Fondo è volto allo sviluppo del sistema nazionale di valutazione.

Il Fondo - al quale affluiscono le economie di spesa derivanti dalle misure disposte dai commi da 68 a 70 e da 73 a 81 e non destinate al raggiungimento degli obiettivi programmati di finanza pubblica di cui all’art. 10, co. 2, del D.L. 98/2011 - ha uno stanziamento di € 64,8 milioni nel 2012, € 168,4 milioni nel 2013, € 126,7 milioni dal 2014, destinato alle missioni istruzione scolastica, istruzione universitaria e ricerca ed innovazione[313]. Al riparto del Fondo fra le missioni si provvede con decreto MIUR-MEF.

 

Il comma 2 dispone che le istituzioni scolastiche partecipano, come attività ordinaria d’istituto, alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti, di cui all’articolo 1, comma 5, del D.L. 147/2007 (L. 176/2007).

La relazione tecnica evidenzia “che la norma si propone di far sì che le rilevazioni nazionali degli apprendimenti siano effettuate, in collegamento con l'Invalsi, dal 100% delle istituzioni scolastiche, mentre oggi, in assenza di uno specifico obbligo, circa il 5% delle scuole rifiuta con vari motivi di svolgerle o, comunque, non comunica i relativi dati all'Ente; il rimanente 95% le svolge già oggi come attività ordinaria, senza necessità di remunerazione aggiuntiva per il personale coinvolto”.

 

L’art. 1, co. 5, del D.L. 147/2007 (L. 176/2007) ha disposto che, a decorrere dall'a.s. 2007-2008 il Ministro della pubblica istruzione fissa, con direttiva annuale, gli obiettivi della valutazione esterna condotta dal Servizio nazionale di valutazione in relazione al sistema scolastico e ai livelli di apprendimento degli studenti, per effettuare verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti, di norma, alle classi seconda e quinta della scuola primaria, prima e terza della scuola secondaria di I grado e seconda e quinta della scuola secondaria di II grado[314].

Al riguardo si ricorda che, con nota prot. 2792 R.U./U./ del 20 aprile 2011[315], il Dipartimento per l’istruzione, Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e per l’autonomia scolastica, del MIUR aveva evidenziato che nelle classi individuate come campione la rilevazione nazionale degli apprendimenti era gestita direttamente dall’INVALSI tramite osservatori esterni, che si occupavano personalmente di somministrare e correggere le prove, mentre per le classi non rientranti nel campione la somministrazione e la correzione delle prove era affidata alle scuole[316].

La nota sottolineava che non si trattava di una attività richiesta alle scuole per rispondere ad obiettivi loro estranei, bensì di strumenti e modalità essenziali allo sviluppo dell’autonomia responsabile e ai necessari processi di autovalutazione di istituto e rilevava che gli esiti della rilevazione esterna mettevano il collegio dei docenti di ciascuna scuola nella condizione di disporre di ulteriori dati per svolgere a pieno la funzione prevista dall’art. 7, comma 2, lett. d), del d.lgs. 297/94 (valutazione periodica dell’andamento complessivo dell’azione didattica per verificarne l’efficacia e proposta delle misure per il miglioramento dell’attività scolastica).

Concludeva, dunque, evidenziando che emergeva con chiarezza che l’ordinamento scolastico richiedeva alle scuole il concorso istituzionale alle rilevazioni periodiche e di sistema e che, in linea di coerenza, anche il piano annuale delle attività, predisposto dal dirigente scolastico e deliberato dal collegio dei docenti, ai sensi dell’art. 28, co. 4, del vigente C.C.N.L, non poteva non contemplare tra gli impegni aggiuntivi dei docenti, anche se a carattere ricorrente, le attività di somministrazione e correzione delle prove INVALSI.

Conseguentemente, rilevava la nota, “ferma restando l’assoluta pertinenza sotto il profilo giuslavoristico con le mansioni proprie del profilo professionale, il riconoscimento economico per tali attività potrà essere individuato, in sede di contrattazione integrativa di istituto, ai sensi degli artt. 6 e 88 del vigente C.C.N.L. Ovviamente anche le funzioni deliberative del collegio dei docenti devono essere esercitate nel rispetto del ruolo di concorso istituzionale che l’ordinamento scolastico assegna alle scuole nell’ambito del Servizio nazionale di valutazione. Quindi apparirebbero quantomeno improprie le delibere collegiali che avessero ad oggetto la mancata adesione delle istituzioni scolastiche alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti, non solo in quanto esorbitanti dalle competenze deliberative proprie del collegio dei docenti elencate dall’art. 7 del d.lvo. 297/94, ma soprattutto perché in contrasto con la doverosità delle rilevazioni”.

La Direttiva n. 88 del 3 ottobre 2011, di cui in precedente nota si è data notizia, affida all’INVALSI la elaborazione di tutte le informazioni circa le date e le modalità di svolgimento e correzione delle prove, “per consentire alle scuole di predisporre per tempo le necessarie misure organizzative e ai dirigenti scolastici di assumere le opportune iniziative contrattuali finalizzate a compensare il personale scolastico coinvolto nelle attività di rilevazione[317]”.

 

 


 

Articolo 52
(
Misure di semplificazione e promozione dell'istruzione tecnico-professionale e degli istituti tecnici superiori - ITS)

1. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, adottato di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza unificata sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate linee guida per conseguire i seguenti obiettivi, a sostegno dello sviluppo delle filiere produttive del territorio e dell’occupazione dei giovani:

a) realizzare un'offerta coordinata, a livello territoriale, tra i percorsi degli istituti tecnici, degli istituti professionali e di quelli di istruzione e formazione professionale di competenza delle regioni;

b) favorire la costituzione dei poli tecnico-professionali di cui all'articolo 13 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40;

c) promuovere la realizzazione di percorsi in apprendistato, ai sensi dell’articolo 3 del testo unico di cui al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, anche per il rientro in formazione dei giovani.

2. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato d'intesa con la Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definite linee guida per:

a) realizzare un'offerta coordinata di percorsi degli istituti tecnici superiori (ITS) in ambito nazionale, in modo da valorizzare la collaborazione multiregionale e facilitare l'integrazione delle risorse disponibili con la costituzione di non più di un istituto tecnico superiore in ogni regione per la medesima area tecnologica e relativi ambiti;

b) semplificare gli organi di indirizzo, gestione e partecipazione previsti dagli statuti delle fondazioni ITS.

c) prevedere, nel rispetto del principio di sussidiarietà, che le deliberazioni del consiglio di indirizzo degli ITS possano essere adottate con voti di diverso peso ponderale e con diversi quorum funzionali e strutturali.

3. Le Amministrazioni provvedono all'attuazione del presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

L’articolo 52, modificato durante l’esame in sede referente - con particolare riferimento alla previsione di ulteriori concerti ministeriali, al coinvolgimento della Conferenza unificata (invece della Conferenza Stato-regioni) e alla puntualizzazione di alcuni obiettivi - detta disposizioni per la semplificazione e la promozione dell’istruzione tecnico-professionale e degli istituti tecnici superiori (ITS), attraverso la previsione dell’adozione di linee guida (per la cui emanazione con decreto interministeriale non è previsto un termine) volte, fra l’altro, al coordinamento:

-            a livello territoriale, dell’offerta dei percorsi di istruzione secondaria di secondo grado di tipo tecnico e professionale e dei percorsi di istruzione e formazione professionale di competenza regionale;

-            a livello nazionale, dell’offerta di percorsi degli Istituti tecnici superiori (istruzione terziaria non universitaria).

 

Con riferimento al primo obiettivo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 19, co. 16, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011) ha previsto l’emanazione, entro il 6 luglio 2012, di un regolamento di delegificazione (ex art. 17, co. 2, L. 400/1988) volto a garantire la piena coerenza dei percorsi di istruzione e formazione professionale di cui al D.lgs. 226/2005 con le modifiche ordinamentali apportate al secondo ciclo dell’istruzione secondaria superiore ai sensi dell’art. 64 del D.L. 112/2008. Il regolamento - per il quale non sono state determinate le norme generali regolatrici della materia, né le disposizioni da abrogare - è emanato su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa con la Conferenza unificata.

 

Più specificamente, il comma 1 prevede l’adozione di linee guida, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico[318] ed il Ministro dell’economia e delle finanze e d’intesa con la Conferenza unificata, per conseguire il raggiungimento dei seguenti obiettivi, a sostegno dello sviluppo delle filiere produttive del territorio e dell’occupazione dei giovani[319]:

a)        realizzare un’offerta coordinata, a livello territoriale, tra i percorsi degli istituti tecnici e degli istituti professionali e quelli di istruzione e formazione professionale di competenza delle regioni;

b)        favorire la costituzione dei poli tecnico-professionali di cui all’articolo 13 del D.L. n. 7 del 2007 (L. n. 40/2007);

c)        promuovere la realizzazione di percorsi in apprendistato per il conseguimento della qualifica e del diploma professionale, per il rientro in formazione dei giovani.

Il riferimento ai percorsi di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, di cui all’art. 3 del d.lgs. 167/2011, inserito durante l’esame parlamentare, ha operato una puntualizzazione non presente nel testo del decreto legge che faceva riferimento, più genericamente, ai “percorsi di apprendistato”.

 

Con riferimento all’obiettivo di cui alla lett. a), si ricorda che con DPR nn. 87 e 88, entrambi del 15 marzo 2010, sono stati adottati, sulla base dell’art. 64, co. 4, del D.L. n. 112/2008 (L. 133/2008), i regolamenti di riordino degli istituti professionali e degli istituti tecnici.

Le linee generali di riordino, come illustrato nelle rispettive relazioni governative, sono consistite nel riaffermare la specifica identità di ciascuno dei percorsi, semplificare i piani di studio, ridurre gli indirizzi curriculari e l’orario settimanale di lezione e nel potenziare la dimensione laboratoriale dell’apprendimento, garantendo allo stesso tempo l’autonomia alle istituzioni scolastiche, al fine di tener conto della specificità del territorio e dell’utenza. A tal fine, è stata prevista la creazione di un Comitato tecnico-scientifico finalizzato a rafforzare il raccordo tra gli obiettivi educativi della scuola, le innovazioni della ricerca, le esigenze del territorio e i fabbisogni del mondo produttivo. E’ stato, inoltre, ribadito l’obiettivo di fornire agli studenti competenze spendibili per l’inserimento nel mondo del lavoro e per il passaggio ai livelli superiori di istruzione. Pertanto, fra gli strumenti didattici sono stati inseriti stage e alternanza scuola-lavoro.

Per quanto riguarda gli istituti tecnici, l’articolazione è stata prevista in 2 settori (a fronte dei precedenti 10) e in 11 indirizzi (a fronte di 39), con un orario settimanale di 32 ore[320]. Per gli istituti professionali, l’articolazione è stata definita in 2 settori (a fronte di 5) e 6 indirizzi (a fronte di 27), con un orario settimanale di 32 ore[321]. Sia per gli istituti tecnici che per i professionali è prevista la possibilità di attivare opzioni legate al mondo del lavoro e al territorio.

Occorre sottolineare che i relativi percorsi continuano ad avere durata quinquennale, articolati in 2 bienni (di cui, il primo è finalizzato all’assolvimento dell’obbligo scolastico) e in un V anno, al termine del quale si sostiene l’esame di Stato.

Con Direttive del Ministro n. 57 del 15 luglio 2010 e n. 65 del 28 luglio 2010 sono state emanate le linee guida per il primo biennio, rispettivamente, degli istituti tecnici e degli istituti professionali; il 18 gennaio 2012, il Ministro ha firmato le direttive relative alle linee guida per il secondo biennio e il quinto anno di entrambi i percorsi, ora all’esame della Corte dei Conti[322].

Per il sistema di istruzione e formazione professionale (IeFP) - i cui percorsi rappresentano una delle componenti del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione - la competenza legislativa esclusiva è delle regioni, spettando allo Stato la garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni. In particolare, ai sensi del D.lgs. 226/2005, le regioni assicurano l'articolazione di percorsi di durata triennale - che si concludono con il conseguimento di un titolo di qualifica professionale, che consente l'accesso al quarto anno del sistema dell'istruzione e formazione professionale - e di percorsi di durata almeno quadriennale - che si concludono con il conseguimento di un titolo di diploma professionale, che consente l’accesso all’istruzione e formazione tecnica superiore.

Chiusa una fase di sperimentazione, il primo anno di attuazione dei percorsi di IeFP (coincidente con l’anno scolastico e formativo 2010-2011) è stato avviato sulla base dell’Accordo raggiunto in Conferenza Stato-regioni il 29.4.2010, poi recepito con D.L. 15.6.2010. In particolare, l’Accordo, prodromico alla disciplina specifica definita da ciascuna regione, ha individuato le figure professionali e gli standard minimi formativi[323].

Nel frattempo, l’art. 2, co. 3, del già citato D.P.R. n. 87/2010 ha disposto che, nel rispetto delle competenze esclusive delle Regioni, gli Istituti professionali possono svolgere, in regime di sussidiarietà, un ruolo integrativo e complementare nei confronti dell’offerta delle istituzioni formative del sistema di Istruzione e formazione professionale ai fini del conseguimento, anche nell'esercizio dell'apprendistato, di qualifiche professionali (in esito a percorsi triennali) e diplomi (in esito a percorsi quadriennali).

Il 16 dicembre 2010 è stata poi raggiunta un’intesa in Conferenza Unificata[324] in ordine all’approvazione delle linee guida (di cui all’art. 13, co. 1-quinquies del D.L. n. 7/2007) finalizzate alla realizzazione di raccordi tra i percorsi degli istituti professionali e i percorsi IeFP. Le linee guida sono state adottate con DM 18 gennaio 2011.

Nell’intesa si sottolinea che i raccordi sono in particolare finalizzati a sostenere e garantire l’organicità sul territorio dell’offerta dei percorsi a carattere professionale, prevenire la dispersione scolastica e formativa, facilitare i passaggi tra i sistemi formativi. Si stabilisce, inoltre, che la prima attuazione delle linee guida è oggetto di specifici accordi territoriali tra i competenti Assessorati delle Regioni e gli Uffici scolastici regionali, e che ciascuna Regione stabilisce i percorsi che gli Istituti Professionali possono erogare in regime sussidiario.

Da ultimo, il 27 luglio 2011 in sede di Conferenza Stato-Regioni è stato raggiunto l’accordo riguardante gli atti necessari per il passaggio a nuovo ordinamento dei percorsi di istruzione e formazione professionale, recepito con DM 11 novembre 2011. La messa a regime del Capo III del d.lgs. n. 226/2005 riguarda, a partire dall'a.s. e formativo 2011-2012, i percorsi di durata triennale e quadriennale.

 

Con riferimento all’obiettivo di cui alla lett. b), si ricorda che l’art. 13, co. 2, del D.L. 7/2007 (L. 40/2007) ha disposto che possono essere istituiti, a livello provinciale o sub-provinciale, “poli tecnico-professionali” tra gli istituti tecnici e gli istituti professionali, le strutture della formazione professionale accreditate ai sensi dell’art. 1, c. 624, della L. finanziaria 2007 (L. 296/2006)[325] e gli istituti tecnici superiori (per i quali si veda infra, commento comma 2).

Ipoli” sono costituiti sulla base della programmazione dell’offerta formativa a livello regionale, che comprende anche la formazione tecnica superiore. Le regioni pertanto concorrono alla realizzazione degli stessi con strutture formative di competenza regionale. Essi sono costituiti in forma di consorzio, secondo le modalità già previste per le reti di scuole ai sensi dell’art. 7, co. 10, del DPR 275/1999[326], con il fine di promuovere in modo stabile e organico la diffusione della cultura scientifica e tecnica e di sostenere le misure per la crescita sociale, economica e produttiva del Paese, e sono dotati di propri organi indicati in base alle convenzioni stipulate con gli enti interessati. Infine, il co. 13 ha disposto che all’attuazione delle disposizioni da esso recate si provvede con le risorse umane e finanziarie già disponibili a legislazione vigente, e ha fatto salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome[327].

In seguito, il DPCM 25 gennaio 2008 (v. infra) ha indicato, tra gli obiettivi da perseguire per sostenere in modo sistematico lo sviluppo economico e la competitività del sistema produttivo italiano, il rafforzamento della collaborazione tra il territorio, il mondo del lavoro, le sedi della ricerca scientifica e tecnologica ed il sistema della formazione professionale nell'ambito dei poli tecnico-professionali.

 

Con riferimento all’obiettivo di cui alla lettera c), si ricorda che, sulla base della delega recata dall’art. 46 della L. 183/2010 (il cui art. 48, co. 8, ha previsto che l’obbligo di istruzione si intende assolto anche nei percorsi di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione), è intervenuto il D.Lgs. n. 167 del 2011, il cui art. 1 sancisce che l’apprendistato è un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani.

Il TU conferma nella sostanza le tre tipologie di apprendistato esistenti, di cui due sono finalizzate al conseguimento di titoli di studio.

In particolare, la tipologia cui fa riferimento il testo in esame è quella di cui all’art. 3, vale a dire l’apprendistato per i giovani dai 15 ai 25 anni finalizzato alla qualifica e al diploma professionale (e pertanto all’assolvimento dell’obbligo di istruzione), la cui regolamentazione con riferimento ai profili formativi è rimessa alle regioni e alle province autonome[328].

Il comma 2 prevede la definizione di linee guida, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico[329] ed il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza unificata, al fine di:

a)        realizzare un’offerta coordinata di percorsi degli istituti tecnici superiori (ITS) in ambito nazionale, in modo da valorizzare la collaborazione multiregionale e facilitare l’integrazione delle risorse disponibili con la costituzione, al massimo, di un ITS in ogni regione per la medesima area tecnologica e relativi ambiti[330];

b)        semplificare gli organi di indirizzo, gestione e partecipazione previsti dagli statuti delle fondazioni ITS (il riferimento, come meglio si vedrà infra, sembra essere al Consiglio di indirizzo, alla Giunta esecutiva e all’Assemblea di partecipazione);

c)        prevedere, nel rispetto del principio di sussidiarietà, che le delibere del consiglio di indirizzo degli ITS possano essere adottate con voti di diverso peso ponderale e con diversi quorum funzionali e strutturali.

Si tratta di una novità intervenuta durante l’esame parlamentare che appare rivolta a consentire, in termini di possibilità, un diverso ruolo ai partecipanti alla fondazione nell’adozione delle deliberazioni (con ogni probabilità in ragione della quota di risorse con le quali ciascuno partecipa al sostegno della fondazione), e quorum diversi, sia strutturali (prevedendo, cioè, un diverso numero legale necessario per la valida costituzione delle diverse seduta), che funzionali (prevedendo, cioè, un diverso numero di voti minimo per l’adozione di ciascuna decisione).

Con riferimento alla lett. b), si segnala che la disciplina degli organi delle Fondazioni sarà in parte contenuta nel vigente DPCM, in parte nel nuovo D.L. dunque in due diverse tipologie di fonti normative.

In materia si ricorda, preliminarmente, che l’art. 69 della L. 144 del 1999 ha istituito, al fine di riqualificare e ampliare l'offerta formativa, nell'ambito del sistema di formazione integrata superiore (FIS), il sistema della istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS), disponendo che allo stesso si accede, di norma, con il possesso del diploma di scuola secondaria superiore. Si tratta, dunque, di un sistema di formazione terziaria non universitaria.

Successivamente, l’art. 1, co. 631, della legge 296/2006 ha stabilito, a decorrere dal 2007, una riorganizzazione del sistema IFTS, secondo le linee guida da adottare con D.P.C.M. Allo scopo, il co. 875 ha previsto l’istituzione di un apposito Fondo.

E’ stato pertanto emanato il DPCM 25 gennaio 2008 che ha stabilito che la riorganizzazione, da realizzare progressivamente a partire dal triennio 2007-2009, comprende tre tipologie di intervento. Si tratta degli ITS - già previsti, come si è visto, dall’art. 13 del D.L. 7/2007- , dei percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) e dei già citati poli tecnico-professionali.

Gli ITS possono essere costituiti se previsti nei piani territoriali adottati ogni triennio dalle regioni nell’ambito della programmazione dell’offerta formativa di loro competenza, con riferimento agli indirizzi della programmazione nazionale in materia di sviluppo economico e rilancio della competitività. Alla realizzazione dei piani concorrono le risorse messe a disposizione dal MIUR[331] a valere sull’apposito Fondo istituito dalla L. finanziaria 2007[332]. Ai fini del sostegno dei piani, il Ministero verifica preventivamente la sussistenza di alcuni elementi, fra i quali il provvedimento delle regioni e delle province autonome che stabilisce la messa a disposizione di risorse finanziarie pari ad almeno il 30% del contributo del Ministero stesso.

Gli ITS realizzano percorsi di durata biennale[333] volti al conseguimento di un diploma di tecnico superiore riferito alle aree tecnologiche considerate prioritarie dagli indirizzi nazionali di programmazione economica, con riferimento al quadro strategico dell’Ue (efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie della vita, nuove tecnologie per il made in Italy, tecnologie innovative per i beni e le attività culturali, tecnologie dell’informazione e della comunicazione)[334].

Essi sono configurati secondo il modello della fondazione di partecipazione (alla quale possono partecipare: un istituto tecnico o professionale, statale o paritario, che risulti ubicato nella provincia sede della fondazione; una struttura formativa accreditata dalla regione per l'alta formazione, anch’essa ubicata nella provincia; un’impresa del settore produttivo cui si riferisce l'ITS; un dipartimento universitario o altro organismo appartenente al sistema della ricerca scientifica e tecnologica; un ente locale) e acquistano la personalità giuridica mediante l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche istituito presso le prefetture (art. 1 del DPR n. 361 del 2000). Gli istituti tecnici e professionali ne costituiscono gli enti di riferimento, pur conservando, ai sensi dell’all. A) del DPCM, la distinta e autonoma soggettività giuridica rispetto all’ITS .

Da settembre 2011 sono stati attivati 59 ITS[335].

Riguardo agli organi degli ITS, l’all. A del DPCM prevede che sono costituiti da Consiglio di indirizzo, Giunta esecutiva, Presidente, Comitato tecnico-scientifico, Assemblea di partecipazione e un Revisore dei conti.

L’all. B - che riporta lo schema di statuto delle Fondazioni - attribuisce al Consiglio di indirizzo la deliberazione degli atti essenziali alla vita della Fondazione e al raggiungimento dei suoi scopi e dispone che esso si compone in modo che siano rappresentati tutti i soggetti fondatori ed altri rappresentanti eletti dall’Assemblea di partecipazione, fermo restando che il numero di questi ultimi non può superare un terzo dei soci fondatori.

Il Presidente - che presiede il Consiglio di indirizzo, la Giunta esecutiva e l’Assemblea di partecipazione - ha la rappresentanza legale dell’ente.

La Giunta esecutiva è composta da 5 membri, di cui due scelti dal Consiglio di indirizzo e uno scelto dall’Assemblea di partecipazione. Essa provvede all’amministrazione e alla gestione della Fondazione.

Il Comitato tecnico-scientifico formula proposte e pareri al Consiglio di indirizzo in ordine ai programmi e alle attività della Fondazione. I suoi componenti sono nominati nel numero massimo stabilito dal Consiglio di indirizzo fra persone particolarmente qualificate nel settore di interesse della Fondazione.

L’Assemblea di partecipazione è costituita dai Fondatori e dai partecipanti e formula pareri e proposte su attività e obiettivi della Fondazione e sui bilanci. Essa elegge nel suo seno i membri del Consiglio di indirizzo che rappresentano i partecipanti e un membro della Giunta esecutiva.

Infine, con riferimento alla gestione della fondazione, il predetto all. A dispone che il patrimonio degli ITS è composto: da un fondo di dotazione[336]; dai beni mobili e immobili; dalle elargizioni fatte da enti o da privati con espressa destinazione a incremento del patrimonio; da contributi attribuiti al patrimonio dall'Unione europea, dallo Stato, da enti territoriali o da altri enti pubblici.


 

Articolo 53
(Modernizzazione del patrimonio immobiliare scolastico e riduzione dei consumi e miglioramento dell'efficienza degli usi finali di energia)

1. Al fine di garantire su tutto il territorio nazionale l'ammodernamento e la razionalizzazione del patrimonio immobiliare scolastico, anche in modo da conseguire una riduzione strutturale delle spese correnti di funzionamento, il CIPE, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, approva un Piano nazionale di edilizia scolastica sulla base delle indicazioni fornite dalle regioni, dalle province e dai comuni, tenendo conto di quanto stabilito dagli articoli 3 e 4 della legge 11 gennaio 1996, n. 23, e successive modificazioni. La proposta di Piano è trasmessa alla Conferenza unificata entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto e il Piano e' approvato entro i successivi 60 giorni.

1-bis. Il piano di cui al comma 1 comprende la verifica dello stato di attuazione degli interventi e la ricognizione sullo stato di utilizzazione delle risorse precedentemente stanziate.

2. Il Piano di cui al comma 1 ha ad oggetto la realizzazione di interventi di ammodernamento e recupero del patrimonio scolastico esistente, anche ai fini della messa in sicurezza degli edifici, e di costruzione e completamento di nuovi edifici scolastici, da realizzare, in un'ottica di razionalizzazione e contenimento delle spese correnti di funzionamento, nel rispetto dei criteri di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni inquinanti, favorendo il coinvolgimento di capitali pubblici e privati anche attraverso i seguenti interventi:

a) la ricognizione del patrimonio immobiliare pubblico, costituito da aree ed edifici non più utilizzati, che possano essere destinati alla realizzazione degli interventi previsti dal presente articolo, sulla base di accordi tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, l'Agenzia del demanio, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero della difesa in caso di aree ed edifici non più utilizzati a fini militari, le regioni e gli enti locali;

b) la costituzione di uno o più fondi immobiliari destinati alla valorizzazione e razionalizzazione del patrimonio immobiliare scolastico ovvero alla promozione di strumenti finanziari immobiliari innovativi, articolati anche in un sistema integrato nazionale e locale, per l'acquisizione e la realizzazione di immobili per l'edilizia scolastica;

c) la messa a disposizione di beni immobili di proprietà pubblica a uso scolastico suscettibili di valorizzazione e dismissione in favore di soggetti pubblici o privati, mediante permuta, anche parziale, con immobili già esistenti o da edificare e da destinare a nuove scuole;

d) le modalità di compartecipazione facoltativa degli enti locali.

d-bis) la promozione di contratti di partenariato pubblico privato come definiti dall’articolo 3, comma 15-ter, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni.

3. In coerenza con le indicazioni contenute nel Piano, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare promuovono, congiuntamente la stipulazione di appositi accordi di programma, approvati con decreto dei medesimi Ministri, al fine di concentrare gli interventi sulle esigenze dei singoli contesti territoriali e sviluppare utili sinergie, promuovendo e valorizzando la partecipazione di soggetti pubblici e privati.

4. Nella delibera CIPE di cui al comma 1 sono inoltre disciplinate le modalità e i termini per la verifica periodica delle fasi di realizzazione del Piano, in base al cronoprogramma approvato e alle esigenze finanziarie, potendosi conseguentemente disporre, in caso di scostamenti, la diversa allocazione delle risorse finanziarie pubbliche verso modalità di attuazione più efficienti.

5. Nelle more della definizione e approvazione del Piano, al fine di assicurare il tempestivo avvio di interventi prioritari e immediatamente realizzabili di edilizia scolastica coerenti con gli obiettivi di cui ai commi 1 e 2:

a) il CIPE, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, approva un Piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici esistenti e di costruzione di nuovi edifici scolastici, anche favorendo interventi diretti al risparmio energetico e all'eliminazione delle locazioni a carattere oneroso, nell'ambito delle risorse assegnate al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dall'articolo 33, comma 8, della legge 12 novembre 2011, n. 183, pari a cento milioni di euro per l'anno 2012.

b) le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 626, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si applicano anche nel triennio 2012/2014, con estensione dell'ambito di applicazione alle scuole primarie e dell'infanzia, subordinatamente al rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica.

6. Al fine di semplificare le procedure relative alle operazioni di cui al presente articolo, il vincolo di destinazione a uso scolastico e' acquisito automaticamente per i nuovi edifici con il collaudo dell'opera e cessa per gli edifici scolastici oggetto di permuta con l'effettivo trasferimento delle attività scolastiche presso la nuova sede.

7. Al fine di adeguare la normativa tecnica vigente agli standard europei e alle più moderne concezioni di realizzazione e impiego degli edifici scolastici, perseguendo altresì, ove possibile, soluzioni protese al contenimento dei costi, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate le norme tecniche-quadro, contenenti gli indici minimi e massimi di funzionalità urbanistica, edilizia, anche con riferimento alle tecnologie in materia di efficienza e risparmio energetico e produzione da fonti energetiche rinnovabili, e didattica indispensabili a garantire indirizzi progettuali di riferimento adeguati e omogenei sul territorio nazionale.

8. All'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

9. Gli enti proprietari di edifici adibiti a istituzioni scolastiche, le università e gli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, adottano entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, misure di gestione, conduzione e manutenzione degli immobili finalizzate al contenimento dei consumi di energia e alla migliore efficienza degli usi finali della stessa, anche attraverso il ricorso, in deroga all'articolo 12 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, ai contratti di servizio energia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412 e al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, secondo le linee guida predisposte dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

L’articolo 53 prevede l’approvazione di un “Piano nazionale di edilizia scolastica” entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto e, nelle more dell’approvazione di tale Piano, di un “Piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici esistenti e di costruzione di nuovi edifici scolastici”, nonché l’adozione di misure per il miglioramento dell’efficienza degli usi finali di energia negli edifici adibiti a istituzioni scolastiche, università ed enti di ricerca entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del decreto sulla base di linee guida che dovranno essere predisposte entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto. Si demanda, inoltre, a un decreto interministeriale - da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto - la definizione delle norme tecniche-quadro con gli indici minimi e massimi di funzionalità urbanistica, edilizia e didattica, allo scopo di adeguare la normativa tecnica vigente agli standard europei e alle più moderne concezioni di impiego degli edifici scolastici.

 

Il comma 1 dispone dunque - al fine di garantire su tutto il territorio nazionale l’ammodernamento e la razionalizzazione del patrimonio immobiliare scolastico, anche in modo da conseguire una riduzione strutturale delle spese correnti di funzionamento – l’approvazione da parte del CIPE di un Piano nazionale di edilizia scolastica.

Lo stesso comma disciplina il procedimento di approvazione del piano stabilendo che essa avvenga:

§         su proposta dei Ministri dell’istruzione, dell’università e della ricerca, e delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa in sede di Conferenza unificata;

§         entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto (il comma in esame prevede infatti che la proposta di Piano sia trasmessa alla Conferenza unificata entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto e che il Piano sia poi approvato entro i successivi 60 giorni);

§         e, secondo quanto introdotto nel corso dell’esame in sede referente, sulla base delle indicazioni fornite da regioni, province e comuni, tenendo conto di quanto stabilito dagli artt. 3-4 della Legge 23/1996.

Si ricorda che gli articoli 3-4 della L. 23/1996 (recante “Norme per l'edilizia scolastica”) disciplinano le competenze degli enti locali e le procedure di programmazione, attuazione e finanziamento degli interventi di edilizia scolastica previsti dalla medesima legge (per un commento più approfondito delle disposizioni in essi contenute si rinvia al paragrafo “2) La programmazione dell'edilizia scolastica e l’Anagrafe dell’edilizia scolastica” del box intitolato “Le norme e gli stanziamenti per la messa in sicurezza degli edifici scolastici” in calce al commento dell'articolo in esame).

La finalità dell’emendamento è quella di prevedere un maggiore coinvolgimento degli enti territoriali  nell’ambito del nuovo processo di pianificazione.

 

Il comma 1-bis, inserito nel corso dell’esame in sede referente, prevede che il Piano di cui al comma 1 sia comprensivo:

§         della verifica dello stato di attuazione degli interventi;

§         e della ricognizione sullo stato di utilizzazione delle risorse precedentemente stanziate.

 

Si ricorda al riguardo che la disciplina vigente già reca norme e stanziamenti destinati all’edilizia scolastica e alla messa in sicurezza di tali edifici [337].

 

Il comma 2 specifica in dettaglio gli interventi da realizzare attraverso il Piano, nonché i criteri da seguire e gli strumenti da utilizzare per la loro realizzazione. Viene infatti statuito che il Piano ha ad oggetto la realizzazione di interventi:

§         di ammodernamento e recupero del patrimonio scolastico esistente, anche ai fini della messa in sicurezza degli edifici;

§         di costruzione e completamento di nuovi edifici scolastici.

 

Lo stesso comma elenca i criteri generali che dovranno guidare l’attuazione del Piano; viene infatti previsto che gli interventi citati dovranno essere realizzati:

§         in un’ottica di razionalizzazione e contenimento delle spese correnti di funzionamento;

§         nel rispetto dei criteri di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni inquinanti;

§         favorendo il coinvolgimento di capitali pubblici e privati[338].

 

Tra gli interventi strumentali alla realizzazione del Piano, il comma in esame ricorda, come utilizzabili:

a)   la ricognizione del patrimonio immobiliare pubblico, costituito da aree ed edifici non più utilizzati, da destinare agli interventi previsti dall’articolo in commento, sulla base di accordi tra il MIUR, l’Agenzia del demanio, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero della difesa in caso di aree ed edifici non più utilizzati a fini militari, le regioni e gli enti locali;

b)   la costituzione di uno o più fondi immobiliari destinati alla valorizzazione e razionalizzazione del patrimonio immobiliare scolastico ovvero alla promozione di strumenti finanziari immobiliari innovativi, articolati anche in un sistema integrato nazionale e locale, per l’acquisizione e la realizzazione di immobili per l’edilizia scolastica;

c)   la messa a disposizione di beni immobili di proprietà pubblica a uso scolastico suscettibili di valorizzazione e dismissione in favore di soggetti pubblici o privati, mediante permuta, anche parziale, con immobili già esistenti o da edificare e da destinare a nuove scuole;

d)   le modalità di compartecipazione facoltativa degli enti locali;

e)   e, in base a quanto introdotto durante l’esame in sede referente, la promozione di contratti di PPP (partenariato pubblico-privato) così come definiti dall’art. 3, comma 15-ter, del D.Lgs. 163/2006.

Si ricorda, in proposito, che ai sensi della definizione recata dall’art. 3, comma 15-ter, del D.Lgs. 163/2006, per contratti di partenariato pubblico privato si intendono i “contratti aventi per oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un'opera pubblica o di pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti. Rientrano, a titolo esemplificativo, tra i contratti di partenariato pubblico privato la concessione di lavori, la concessione di servizi, la locazione finanziaria, il contratto di disponibilità l'affidamento di lavori mediante finanza di progetto, le società miste. Possono rientrare altresì tra le operazioni di partenariato pubblico privato l'affidamento a contraente generale ove il corrispettivo per la realizzazione dell'opera sia in tutto o in parte posticipato e collegato alla disponibilità dell'opera per il committente o per utenti terzi”.

 

Il comma 3 prevede che, in coerenza con le indicazioni contenute nel Piano, i Ministeri dell’istruzione, dell’università e della ricerca, delle infrastrutture e dell’ambiente promuovano congiuntamente la stipulazione di appositi accordi di programma, approvati con decreto dei relativi Ministri, al fine di:

§         concentrare gli interventi sulle esigenze dei singoli contesti territoriali;

§         promuovere e valorizzare la partecipazione di soggetti pubblici e privati per sviluppare utili sinergie.

 

Il comma 4 prevede che nella delibera CIPE di approvazione del Piano siano altresì disciplinati modalità e termini per la verifica periodica delle fasi di realizzazione del Piano, in base al cronoprogramma approvato e alle esigenze finanziarie.

Tale verifica, in base al medesimo comma, sarà finalizzata anche a consentire, in caso di scostamenti, di destinare le risorse finanziarie pubbliche a modalità di attuazione più efficienti.

 

Il comma 5 individua i seguenti interventi urgenti da attuare nelle more della definizione e approvazione del Piano, al fine di assicurare il tempestivo avvio di interventi prioritari e immediatamente realizzabili di edilizia scolastica coerenti con gli obiettivi di cui ai commi 1 e 2:

§         approvazione, da parte del CIPE (su proposta dei Ministri dell’istruzione e delle infrastrutture, sentita la Conferenza unificata), di un Piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici esistenti e di costruzione di nuovi edifici scolastici, anche favorendo interventi diretti al risparmio energetico e all’eliminazione delle locazioni a carattere oneroso, nell’ambito delle risorse assegnate al Ministero dell’istruzione dall’art. 33, comma 8, della L. 183/2011 e pari a 100 milioni di euro per l’anno 2012.

Si ricorda che l’art. 33, comma 8, della L. 183/2011 (legge di stabilità 2012) ha istituito, per l’anno 2012, un apposito fondo con una dotazione di 750 milioni di euro, destinato “quanto a 100 milioni di euro al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per la messa in sicurezza degli edifici scolastici”.

 

Si osserva che, in considerazione del fatto che sono in corso altri programmi riguardanti l’edilizia scolastica appare opportuno che si chiarisca se e come il Piano di cui parla la presente disposizione andrà eventualmente a coordinarsi con i programmi esistenti. In tal senso, si segnala che il comma 1-bis, inserito nel corso dell’esame in seder referente prevede che il Piano di cui al comma 1 verifichi lo stato di attuazione degli interventi e la ricognizione sullo stato delle risorse precedentemente stanziate.

 

§         applicazione anche nel triennio 2012-2014 delle disposizioni di cui all’art. 1, comma 626, della L. 296/2006 (finanziaria 2007), con estensione dell’ambito di applicazione alle scuole primarie e dell’infanzia, subordinatamente al rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica.

Si ricorda che il citato comma 626, nella logica degli interventi per il miglioramento delle misure di prevenzione di cui al D.Lgs. 38/2000 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), ha previsto la definizione, in via sperimentale per il triennio 2007-2009, da parte dell’INAIL, d'intesa con i Ministri del lavoro e dell’istruzione e con gli enti locali competenti, di indirizzi programmatici per la promozione ed il finanziamento di progetti degli istituti di istruzione secondaria di primo grado e superiore per l'abbattimento delle barriere architettoniche o l'adeguamento delle strutture alle vigenti disposizioni in tema di sicurezza e igiene del lavoro. Lo stesso comma ha demandato all’INAIL la determinazione dell'entità delle risorse da destinare annualmente alle finalità di cui al presente comma, la definizione dei criteri e delle modalità per l'approvazione dei singoli progetti, nonché l’approvazione dei finanziamenti dei singoli progetti.

In attuazione di tale disposizione la delibera del Consiglio di Indirizzo e di Vigilanza dell'INAIL n. 8 del 3 aprile 2007 ha determinato in 100 milioni di euro per il triennio 2007/2009 l'entità delle risorse da destinare alle finalità di cui al citato comma 626.

 

Il comma 6, al fine di semplificare le procedure relative alle operazioni presenti nell’articolo, disciplina l’acquisizione e la cessazione del vincolo di destinazione a uso scolastico. Viene infatti previsto che tale vincolo:

§         sia acquisito automaticamente per i nuovi edifici con il collaudo dell’opera;

§         cessi per gli edifici scolastici oggetto di permuta con l’effettivo trasferimento delle attività scolastiche presso la nuova sede.

 

Il comma 7 prevede l’emanazione di un decreto interministeriale recante le norme tecniche-quadro, contenenti gli indici minimi e massimi di funzionalità urbanistica, edilizia (anche con riferimento alle tecnologie in materia di efficienza e risparmio energetici e produzione da fonti energetiche rinnovabili) e didattica indispensabili a garantire indirizzi progettuali di riferimento adeguati e omogenei sul territorio nazionale.

Lo stesso comma precisa che l’adozione di tale nuova normativa tecnica dovrà essere finalizzata ad adeguare la normativa tecnica vigente agli standard europei e alle più moderne concezioni di realizzazione e impiego degli edifici scolastici, perseguendo altresì, ove possibile, soluzioni protese al contenimento dei costi.

Relativamente alle modalità di adozione del decreto, il comma precisa che dovrà essere emanato, di concerto dai Ministri dell’istruzione dell’università e della ricerca, delle infrastrutture e dell’ambiente, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, sentita la Conferenza unificata.

In merito al comma in esame la relazione tecnica sottolinea come esso si proponga “di aggiornare le norme tecniche in materia di edilizia scolastica, ferme al 1975. Si tratta di aggiornamento dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di edilizia scolastica che consentirà, a parità di stanziamenti dedicati allo scopo dai competenti enti locali, di definire standard adeguati alle novità intercorse nel frattempo soprattutto in materia di sicurezza ed efficienza energetica”.

Si ricorda, in proposito, che le norme tecniche citate dalla relazione tecnica sono state emanate con il D.M. Lavori pubblici 18 dicembre 1975 (recante “Norme tecniche aggiornate relative all'edilizia scolastica, ivi compresi gli indici minimi di funzionalità didattica, edilizia ed urbanistica da osservarsi nella esecuzione di opere di edilizia scolastica”).

L'art. 12 della L. 11 gennaio 1996, n. 23 (Norme per l'edilizia scolastica), ha disposto che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge stessa, il citato D.M. non trova più applicazione, salvo quanto previsto dal comma 3 dell'art. 5 della suddetta legge. Tale comma 3 ha infatti previsto, fino all'approvazione delle nuove norme tecniche previste dall’art. 5 (mai emanate), che possono essere assunti quali indici di riferimento quelli contenuti nel citato decreto del Ministro dei lavori pubblici 18 dicembre 1975.

 

Al riguardo si segnala che il comma 7 interviene, con alcune novità, sull’argomento già trattato nell’art. 5 della L. 23 del 1996, e che pertanto andrebbe coordinato con tale disposizione.

 

Il comma 8 dispone che all’attuazione dell’articolo si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Il comma 9 prevede l’adozione, entro 24 mesi dall’entrata in vigore del decreto, di misure di gestione, conduzione e manutenzione degli immobili finalizzate al contenimento dei consumi di energia e alla migliore efficienza degli usi finali della stessa, da parte di:

§         enti proprietari di edifici adibiti a istituzioni scolastiche;

§         università;

§         enti di ricerca vigilati dal MIUR[339].

 

Il comma in esame prevede altresì che l’adozione delle misure indicate:

§         dovrà avvenire secondo linee guida ministeriali, predisposte dal MIUR, di concerto con i Ministeri dell’ambiente, dello sviluppo economico e delle infrastrutture, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto;

§         potrà avvenire anche attraverso il ricorso, in deroga all’art. 12 del D.L. 98/2011, ai contratti di servizio energia di cui al D.P.R. 412/1993 e al D.Lgs. 115/2008.

L’articolo 1, lett. p), del D.P.R. 412/1993 definisce come “contratto di sevizio energia” l'atto contrattuale che disciplina l'erogazione dei beni e servizi necessari a mantenere le condizioni di comfort negli edifici nel rispetto delle vigenti leggi in materia di uso razionale dell'energia, di sicurezza e di salvaguardia dell'ambiente, provvedendo nel contempo al miglioramento del processo di trasformazione e di utilizzo dell'energia.

L’allegato II del D.Lgs 115/2008 definisce i requisiti e le prestazioni che qualificano il contratto servizio energia.

 


 

Articolo 54
(
Tecnologi a tempo determinato)

1. Al fine di potenziare le attività di ricerca degli atenei anche nello svolgimento di progetti di ricerca finanziati dall'Unione europea e degli altri enti e organismi pubblici e privati, alla legge 30 dicembre 2010, n. 240, dopo l'articolo 24 è inserito il seguente:

"Art. 24-bis (Tecnologi a tempo determinato). - 1. Nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, al fine di svolgere attività di supporto tecnico e amministrativo alle attività di ricerca, le università possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato con soggetti in possesso almeno del titolo di laurea e eventualmente di una particolare qualificazione professionale in relazione alla tipologia di attività prevista. Il contratto stabilisce, sulla base dei regolamenti di ateneo, le modalità di svolgimento delle attività predette.

2. I destinatari dei contratti sono scelti mediante procedure pubbliche di selezione disciplinate dalle università, fermi restando l'obbligo di pubblicità dei bandi, in italiano e in inglese, sul sito dell'ateneo e su quelli del Ministero e dell'Unione Europea. Il bando deve contenere informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, i diritti e i doveri e il trattamento economico e previdenziale, nonché sui requisiti di qualificazione richiesti e sulle modalità di valutazione delle candidature.

3. I contratti hanno durata minima di 18 mesi e sono prorogabili per una sola volta e per un massimo di ulteriori tre anni. La durata complessiva degli stessi non può in ogni caso essere superiore a cinque anni con la medesima università. Restano ferme le disposizioni del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e successive modificazioni.

4. Il trattamento economico spettante ai destinatari dei contratti di cui al comma 1, in relazione ai titoli di studio e all'eventuale qualificazione professionale richiesta, e' stabilito dalle università ed e' determinato, in base ai requisiti richiesti, tra un importo minimo e massimo pari rispettivamente al trattamento complessivo attribuito al personale della categoria D posizione economica 3 ed EP posizione economica 3 dei ruoli del personale tecnico-amministrativo delle università. L'onere del trattamento economico è posto a carico dei fondi relativi ai progetti di ricerca.

5. I contratti di cui al presente articolo non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli del personale accademico o tecnico-amministrativo delle università.".

 

 

L’articolo 54 in esame introduce la possibilità per gli atenei di assumere tecnologi a tempo determinato, al fine di potenziare le attività di ricerca degli stessi atenei anche nello svolgimento di progetti di ricerca finanziati dall’Unione europea e dagli altri enti e organismi pubblici e privati

La relativa disciplina è contenuta nel nuovo articolo 24-bis introdotto nella legge n. 240/2010[340].

La possibilità è attivabile nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione.

Al riguardo si ricorda che l’art. 1, co. 105, della L. n. 311 del 2004 ha previsto che, a decorrere dal 2005, le università adottano programmi triennali del fabbisogno di personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, a tempo determinato e indeterminato, tenuto conto delle risorse a tal fine stanziate nei rispettivi bilanci. I programmi sono valutati dal MIUR ai fini della coerenza con le risorse stanziate nel FFO, fermo restando che la spesa per il personale di ciascun ateneo non deve superare il limite del 90% della quota del FFO, già fissato dall’art. 51, co. 4, della L. n. 449 del 1997.

Si tratta, peraltro, di una disciplina sulla quale è intervenuto l’art. 5, co. 4, lett. d), ed e) della L. n. 240 del 2010. In particolare, la lett. d) ha indicato tra i criteri direttivi per l’adozione di uno dei decreti legislativi previsti dal co. 1[341], la predisposizione di un piano triennale diretto a riequilibrare, entro intervalli di percentuali definiti dal Ministero, e secondo criteri di sostenibilità finanziaria, i rapporti di consistenza del personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, e il numero dei professori e ricercatori assunti per chiamata diretta, con previsione cha la mancata o parziale adozione del piano determina la non erogazione delle quote di finanziamento ordinario relative alle unità di personale che eccedono i limiti previsti. La lett. e) ha disposto la determinazione di un limite massimo all’incidenza complessiva delle spese per il personale di ruolo e a tempo determinato, inclusi gli oneri per la contrattazione integrativa, sulle entrate complessive dell’ateneo, al netto di quelle a destinazione vincolata.

Per l’esercizio di tale delega è stato di recente trasmesso alle Camere lo schema di d.lgs. Atto 437, il cui art. 4 prevede che le università adottano piani triennali per la programmazione del reclutamento del personale docente, ricercatore, dirigente e tecnico amministrativo, a tempo determinato e indeterminato e precisa gli indicatori e i criteri in base ai quali deve essere pianificato il reclutamento. L’art. 11 dispone, conseguentemente, l’abrogazione dell’art. 1, co. 105, della L. 311/2004.

In materia occorre anche ricordare che dal 2006, sulla base dell’art. 1-ter del D.L. n. 7 del 2005 (L. 43/2005), le università predispongono entro il 30 giugno di ogni anno piani triennali coerenti con le linee generali di indirizzo definite con decreto del Ministro che individuano, per quanto qui interessa, il fabbisogno di personale docente e non docente a tempo determinato e indeterminato, compreso il ricorso alla mobilità[342].

La norma introdotta prevede la figura dei Tecnologi a tempo determinato, soggetti chiamati a svolgere attività di supporto tecnico e amministrativo alle attività di ricerca, con i quali le università stipulano a tal fine contratti di lavoro subordinato a tempo determinato che stabiliscono, sulla base dei regolamenti di ateneo, le modalità di svolgimento delle attività predette. Essi devono disporre almeno del titolo di laurea ed anche di una particolare qualificazione professionale, così come modificato nel corso dell’esame presso le Commissioni competenti, in relazione alla tipologia di attività prevista (comma 1).

Il testo originario richiedeva che la qualificazione professionale fosse eventuale ai fini delle attività da svolgere.

 

Al riguardo si ricorda che, in base all’art. 3 del DM 270/2004, le università rilasciano, per quanto qui interessa, titoli di laurea – all’esito di percorsi di studio di durata, di norma, triennale – e titoli di laurea magistrale – all’esito di percorsi di studio di durata, di norma, pari ad ulteriori due anni. Si qualifica laurea, peraltro, anche quella rilasciata in base all’ordinamento previgente, all’esito di percorsi di studio di durata pari, di norma, a quattro anni.

I soggetti destinatari dei contratti sono scelti con procedure pubbliche di selezione disciplinate dalle università: i bandi sono pubblicati, in italiano e in inglese, sul sito dell’ateneo e su quelli del Ministero e dell’Unione Europea, e devono contenere informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri e sul trattamento economico e previdenziale, nonché sui requisiti di qualificazione richiesti e sulle modalità di valutazione delle candidature (comma 2).

E’ opportuno valutare se i bandi non debbano essere pubblicati anche nella Gazzetta ufficiale, al pari di ciò che è previsto dall’art. 49 del decreto in esame per la chiamata dei professori (art. 18 della L. 240/2010) e per la stipula di contratti di ricerca a tempo determinato (art. 24 della L. 240/2010).

Dal punto di vista della formulazione del testo, occorrerebbe utilizzare la preposizione “sui” prima della parola “diritti”, e la preposizione “sul” prima della parola “trattamento”, in sostituzione degli articoli “i” ed “il”.

I contratti previsti hanno durata minima di 18 mesi, prorogabili per una sola volta e per un massimo di ulteriori tre anni. La loro durata complessiva non può essere superiore a cinque anni con la medesima università. La norma in commento mantiene ferme le disposizioni del D.Lgs. 368/2001[343] (comma 3).

 

Il D.Lgs. 368/2001 ha introdotto una disciplina del lavoro a termine innovativa della previgente disciplina della L. 230/1962[344], di cui si è disposta contestualmente l’abrogazione. Successivamente, incisivi interventi vi sono stati con la L. 247/2007[345], e poi con il D.L. 112/2008[346].

In particolare, l’articolo 1 pone il principio secondo cui il contratto di lavoro subordinato di regola è stipulato a tempo indeterminato. L'apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato è consentita a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro. Inoltre, l'apposizione del termine deve risultare, direttamente o indirettamente, da atto scritto che specifichi le ragioni che la giustificano, pena l’inefficacia del termine, con il rapporto di lavoro che a quel punto si considera a tempo indeterminato sin dall’origine.

In tema di divieti, l’articolo 3 non ammette l'apposizione di un termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato nei casi di sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero o nelle unità produttive dove sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, o nei casi di licenziamenti collettivi riguardanti lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, o infine da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi della disciplina di settore.

Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solamente nel caso in cui la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni (articolo 4). In questi casi la proroga è ammessa una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi, la durata complessiva del rapporto a termine non può in ogni modo essere superiore ai tre anni. L’onere della prova relativa all’effettiva esistenza delle ragioni che giustificano la proroga del termine del contratto è a carico del datore di lavoro.

L’articolo 5 disciplina la scadenza del termine e la limitazione della possibilità di prevedere continui rinnovi dei contratti a tempo determinato con lo stesso lavoratore, in modo da evitare un uso improprio dello strumento del lavoro a termine.

In particolare, la possibilità di stipulare successivi contratti a termine con lo stesso lavoratore, è condizionata dal rispetto di determinati termini (10 giorni o 20 giorni a seconda della durata del contratto precedente) oltre il quale viene considerato a tempo indeterminato.

Inoltre, la possibilità di rinnovare i contratti a termine viene limitata al comma 4-bis dove si stabilisce che, ferma la disciplina contenuta nei commi precedenti e nella contrattazione collettiva, se per effetto della successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra il datore di lavoro e il lavoratore superi complessivamente i 36 mesi, comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l'altro, il rapporto di lavoro viene considerato a tempo indeterminato a decorrere dal superamento del predetto periodo (quindi non retroattivamente).

In deroga a tale disciplina, è possibile stipulare un ulteriore contratto a termine fra gli stessi soggetti, per una sola volta, a condizione che avvenga presso la Direzione provinciale del lavoro competente per territorio e con l’assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato, le quali, peraltro, stabiliscono con avvisi comuni la durata del predetto ulteriore contratto. In caso di mancato rispetto della descritta procedura, nonché nel caso di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato.

 

Il trattamento economico spettante ai destinatari dei contratti è stabilito dalle università ed è determinato, in base ai requisiti richiesti, tra un importo minimo e massimo pari, rispettivamente, al trattamento complessivo attribuito al personale della categoria D posizione economica 3 ed EP posizione economica 3 dei ruoli del personale tecnico-amministrativo delle università. L’onere del trattamento economico è posto a carico dei fondi relativi ai progetti di ricerca (comma 4).

Secondo il CCNL del Personale del Comparto Università (quadriennio normativo 2006-2009, biennio economico 2006-2007) del 16 ottobre 2008 per l’accesso alle categoria indicate nella norma in esame sono richiesti i seguenti titoli, integrabili dai Regolamenti di Ateneo con eventuali requisiti professionali specifici in relazione alla tipologia dell’attività lavorativa:

§       il diploma di laurea, per la Categoria D;

§       la laurea e l’abilitazione professionale ovvero la laurea e una particolare qualificazione professionale, per la Categoria EP.

Della categoria D fanno parte le aree amministrativa-gestionale, tecnica, tecnico-scientifica ed elaborazione dati, socio-sanitaria e biblioteche. Della categoria EP fanno parte l’area amministrativa-gestionale, tecnica, tecnico-scientifica ed elaborazione dati, medico - odontoiatrica e socio-sanitaria, e Biblioteche.

Secondo la tabella B, recante la nuova retribuzione tabellare, allegata al CCNL integrativo economico 2008-09 del 12 marzo 2009 del personale Università, per la categoria D, posizione economica 3, dal 1° gennaio 2009, la retribuzione prevista è di 23.695,02 euro, mentre per la categoria EP, posizione economica 3, la retribuzione prevista è di 27.748,27 euro.

 

Infine, la norma precisa che i contratti sopra indicati non danno luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli del personale accademico o tecnico-amministrativo delle università (comma 5).

Si tratta di una previsione analoga a quella recata dagli articoli 22 (titolari di assegni di ricerca), 23 (titolari di contratti per attività di insegnamento) e 24 (ricercatori a tempo determinato) della L. 240/2010.

Si segnala che ulteriori disposizioni in materia di lavoro a tempo determinato sono contenute nell’articolo 18 del provvedimento in esame, alla cui scheda si rimanda.


 

Articolo 55
(
Misure di semplificazione in materia di ricerca universitaria)

1. Le disposizioni di cui all'articolo 6, comma 11, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, si applicano anche ai rapporti tra università ed enti pubblici di ricerca e tra questi ultimi, fermo restando il trattamento economico e previdenziale del personale di ruolo degli enti di ricerca stessi.

 

 

L’articolo 55 stabilisce che le disposizioni di cui all’art. 6, comma 11, della L. 240/2010, in materia di attività didattica e di ricerca presso un ateneo diverso da quello di appartenenza, si applicano anche ai rapporti fra università ed enti pubblici di ricerca e fra questi ultimi, fermo restando il trattamento economico e previdenziale del personale di ruolo degli stessi enti di ricerca[347].

 

L’art. 6, co. 11, della L. 240/2010 prevede che i professori e i ricercatori a tempo pieno possono svolgere attività didattica e di ricerca anche presso un ateneo diverso da quello di appartenenza sulla base di una convenzione fra i due atenei, finalizzata al conseguimento di obiettivi di comune interesse.

I criteri per l’attivazione delle convenzioni sono stabiliti con decreto del Ministro. Le convenzioni, in ogni caso, stabiliscono, con l’accordo dell’interessato, le modalità di ripartizione fra i due atenei dell’impegno annuo, degli oneri stipendiali e delle modalità di valutazione. Per un periodo complessivamente non superiore a 5 anni, l’impegno può essere svolto totalmente presso il secondo ateneo, che corrisponde gli oneri stipendiali. In questa ipotesi, l’interessato esercita il diritto di elettorato attivo e passivo presso il secondo ateneo. Si dispone, infine, che ai fini della valutazione delle attività di ricerca (di cui al comma 7) e delle politiche di reclutamento degli atenei (di cui all’art. 5, comma 1, lett. c)), l’apporto dell’interessato è ripartito in proporzione alla durata e alla quantità dell’impegno in ciascuno degli atenei.

In attuazione, è stato emanato il DM 26 aprile 2011, n. 176[348]. In particolare, il decreto stabilisce che le convenzioni hanno durata minima di un anno e sono rinnovabili fino ad un massimo di cinque anni consecutivi in relazione al medesimo professore o ricercatore. La disciplina si applica alle università statali, inclusi gli istituti universitari ad ordinamento speciale, e alle università non statali legalmente riconosciute, ovvero, per quanto non già espressamente previsto dalla normativa, alle università straniere e ai centri internazionali di ricerca.

 

Al riguardo, appare necessario chiarire se alle nuove fattispecie di collaborazione si applicheranno le disposizioni del DM attuativo dell’art. 6, co. 11, L. 240/2010, ovvero se è necessario demandare la definizione dei criteri per l’attivazione delle convenzioni fra università ed enti pubblici di ricerca e fra questi ultimi ad uno specifico provvedimento secondario.


 

Articolo 56, commi 1 e 2
(Disposizioni per il settore turistico)

1. Al codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, di cui al decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 22, comma 2, al primo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "e della promozione di forme di turismo accessibile, mediante accordi con le principali imprese turistiche operanti nei territori interessati attraverso pacchetti a condizioni vantaggiose per i giovani, gli anziani e le persone con disabilità senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica";

b) all'articolo 27, comma 1, la lettera c) é abrogata.

2. I beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, individuati dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, che hanno caratteristiche tali da consentirne un uso agevole per scopi turistici possono essere dati in concessione secondo le modalità previste dall’articolo 48, comma 3, lettera c), del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, alle comunità, agli enti, alle associazioni e alle organizzazioni di cui all’articolo 48, comma 3, lettera c), del citato codice, attribuendo un titolo di preferenza alle cooperative o consorzi di cooperative sociali di giovani di età inferiore ai 35 anni. Per l'avvio e per la ristrutturazione a scopi turistici dell'immobile possono essere promossi dal Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport accordi e convenzioni con banche ed istituti di credito per finanziamenti a condizioni vantaggiose senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

Il comma 1 dell’articolo apporta alcune modifiche al Codice del turismo (D.Lgs. n. 79/2011):

§      all’articolo 22 viene integrata la definizione di “circuiti nazionali di eccellenza”, che sono i percorsi, i prodotti e gli itinerari tematici omogenei che collegano regioni diverse lungo tutto il territorio nazionale, anche tenendo conto della capacità ricettiva dei luoghi interessati. L’integrazione disposta dalla norma in esame prevede che si tenga in considerazione anche la promozione di forme di turismo accessibile, mediante accordi con le principali imprese turistiche operanti nei territori interessati, attraverso pacchetti a condizioni vantaggiose per i giovani, gli anziani e le persone con disabilità. Si precisa inoltre che non devono derivarne nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;

§      all’articolo 27, che elenca le tipologie di risorse che affluiscono al «Fondo buoni vacanze», istituito presso il Dipartimento per lo sviluppo e competitività del turismo, viene eliminata la lettera c), ove si prevede che, a decorrere dall’anno di imposta 2011, parte della quota dell’8 per mille destinata allo Stato confluisca al Fondo.

Il comma 2 prevede che i beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, individuati dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata che abbiano le caratteristiche necessarie per l’uso agevole a scopi turistici, possano essere dati in concessione. Con un emendamento introdotto durante l’esame in sede referente presso le Commissioni I e X, si è stabilito che detta concessione debba essere data secondo le modalità previste dall’articolo 48, comma 3, lettera c), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, agli enti, associazioni ed organizzazioni di cui alla medesima lettera c) del provvedimento citato. L’emendamento ha previsto, inoltre, che sia attribuito un titolo di preferenza alle cooperative o consorzi di cooperative sociali di giovani di età inferiore a 35 anni. Il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport può, inoltre, promuovere accordi e convenzioni con banche ed istituti di credito per l’avvio e per la ristrutturazione a scopi turistici di tali immobili, al fine di ottenere la concessione di finanziamenti a condizioni vantaggiose, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

L’Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata è stata istituita con il decreto-legge 4/2010 che l’ha posta sotto la vigilanza del Ministro dell'interno e ne ha individuato la sede a Reggio Calabria.

E’ successivamente entrato in vigore il citato D.Lgs. n. 159/2011 - Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, che ora racchiude tanto le disposizioni sull’Agenzia quanto, più in generale, la disciplina delle misure di prevenzione antimafia.

Analiticamente, l’Agenzia monitora i procedimenti di sequestro e confisca nell’ambito tanto dei procedimenti penali quanto dei procedimenti di prevenzione. In caso di confisca, compete all’Agenzia l’amministrazione del bene e la sua destinazione.

Si ricorda che con la confisca i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato liberi da oneri e pesi. La destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali è effettuata con delibera del Consiglio direttivo dell'Agenzia, sulla base di una stima del valore del bene.

Per i beni mobili l’Agenzia gestisce la vendita e versa poi al Fondo unico giustizia le somme ricavate; regole particolari sono dettate per i beni aziendali e per i beni immobili (cfr. art. 48, Codice delle leggi antimafia). Questi ultimi, in particolare, ai sensi del comma 3 dell’articolo sono:

a) mantenuti al patrimonio dello Stato per finalità di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile e, ove idonei, anche per altri usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento delle attività istituzionali di amministrazioni statali, agenzie fiscali, università statali, enti pubblici e istituzioni culturali di rilevante interesse, salvo che si debba procedere alla vendita degli stessi finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso;

b) mantenuti al patrimonio dello Stato e, previa autorizzazione del Ministro dell'interno, utilizzati dall'Agenzia per finalità economiche;

c) trasferiti per finalità istituzionali o sociali, in via prioritaria, al patrimonio del comune ove l'immobile e' sito, ovvero al patrimonio della provincia o della regione.

Gli enti territoriali provvedono a formare un apposito elenco dei beni confiscati ad essi trasferiti, che viene periodicamente aggiornato. L'elenco, reso pubblico con adeguate forme e in modo permanente, deve contenere i dati concernenti la consistenza, la destinazione e l'utilizzazione dei beni nonché, in caso di assegnazione a terzi, i dati identificativi del concessionario e gli estremi, l'oggetto e la durata dell'atto di concessione. Gli enti territoriali, anche consorziandosi o attraverso associazioni, possono amministrare direttamente il bene o, sulla base di apposita convenzione, assegnarlo in concessione, a titolo gratuito e nel rispetto dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità e parità di trattamento, a comunità, anche giovanili, ad enti, ad associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali, ad organizzazioni di volontariato, a cooperative sociali o a comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti, nonché alle associazioni di protezione ambientale riconosciute. La convenzione disciplina la durata, l'uso del bene, le modalità di controllo sulla sua utilizzazione, le cause di risoluzione del rapporto e le modalità del rinnovo. I beni non assegnati possono essere utilizzati dagli enti territoriali per finalità di lucro e i relativi proventi devono essere reimpiegati esclusivamente per finalità sociali. Se entro un anno l'ente territoriale non ha provveduto alla destinazione del bene, l'Agenzia dispone la revoca del trasferimento ovvero la nomina di un commissario con poteri sostitutivi. Alla scadenza di sei mesi il sindaco invia al Direttore dell'Agenzia una relazione sullo stato della procedura.

d) trasferiti al patrimonio del comune ove l'immobile è sito, se confiscati per il reato di cui all'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

 

I proventi derivanti dall'utilizzo dei beni di cui alla lettera b) affluiscono, al netto delle spese di conservazione ed amministrazione, al Fondo unico giustizia.

Se non è possibile destinare o trasferire il bene in base alle regole precedenti, anche i beni immobili confiscati possono essere venduti. In questo caso il legislatore ha però dato diritto di opzione nell’acquisto alle cooperative edilizie costituite dal personale delle Forze armate e delle Forze di polizia e diritto di prelazione agli enti territoriali.

 

 

 

 


 

Articolo 56, comma 3
(Disposizioni per l'EXPO)

3. All'articolo 54, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, le parole: "al 4" sono sostituite dalle seguenti: "all'11".

 

 

Il comma 3, con una novella al comma 1 dell’art. 54 del decreto legge n. 78/2010, eleva dal 4 all’11% la quota massima delle risorse utilizzabili per la prosecuzione delle attività riguardanti l'Expo Milano 2015 indicate all’art. 41, comma 16-quinquiesdecies, del D.L. 207/2008 a valere su quelle autorizzate dall’art. 14, comma 1, del decreto legge n. 112/2008 e destinate al  finanziamento delle opere delle quali la Società Expo 2015 S.p.A. è soggetto attuatore.

 

Si ricorda che con il citato comma 1 dell’art. 54 del D.L. 78/2010 è stato posto un tetto alle spese di funzionamento di Expo 2015 S.p.a., autorizzando per la prosecuzione, per gli anni 2010 e successivi, delle attività concernenti l'Expo Milano 2015 indicate all’art. 41, comma 16-quinquiesdecies, del D.L. 207/2008, fatto salvo il finanziamento integrale delle opere, l'utilizzo, in misura proporzionale alla partecipazione azionaria detenuta dallo Stato, di una quota non superiore al 4% delle risorse già autorizzate dall’art. 14, comma 1, del D.L. 112/2008 per il finanziamento delle opere delle quali la Società Expo 2015 S.p.A. è soggetto attuatore, ferma restando la partecipazione pro quota alla copertura delle medesime spese da parte degli altri azionisti, a valere sui rispettivi finanziamenti. Si rammenta che l’art. 41, comma 16-quinquiesdecies, del D.L. 207/2008, ha, infatti, autorizzato il MEF ad erogare, per l'esercizio 2009, a titolo di apporto al capitale sociale di EXPO 2015 S.p.A. fino a un massimo di 4 milioni di euro, a valere sulle risorse stanziate per il 2009 dall'art. 14, comma 1, del citato D.L.112/2008, precisando che tale apporto è necessario per permettere lo svolgimento di tutte le attività indicate dal D.P.C.M. 22 ottobre 2008 e, in particolare, di quelle previste dall'art. 1, comma 3, nonché  di  tutte  le  attività comunque utili od opportune ai fini della  realizzazione  dell'evento  EXPO  Milano  2015. L’art. 1, comma 3, del DPCM 22 ottobre 2008 dispone che gli interventi consistono in opere di preparazione e costruzione del sito; opere infrastrutturali di connessione del sito stesso; opere riguardanti la ricettività; opere di natura tecnologica (denominate «opere essenziali») e le attività di organizzazione e di gestione dell'evento, secondo quanto previsto nel dossier di candidatura approvato dal Bureau International des expositions - BIE (allegato 1 al decreto stesso). Precedentemente l’art. 14, comma 1, del D.L. 112/2008 aveva previsto un’autorizzazione di spesa pari a 1.486 milioni di euro per il periodo 2009-2015 per la realizzazione delle opere e delle attività connesse allo svolgimento del grande evento EXPO Milano 2015. In attuazione del citato D.L. 112/2008 è stato quindi emanato il D.P.C.M. 22 ottobre 2008 recante Interventi necessari per la realizzazione dell’Expo Milano 2015, poi integrato dal D.P.C.M. 1° marzo 2010. Il decreto ha istituito gli organi – tra i quali si ricorda la Società di gestione Expo Milano 2015 S.p.A. (Soge) - che provvedono a porre in essere tutti gli interventi necessari per la realizzazione dell'Expo, vale a dire le opere essenziali e le attività di organizzazione e di gestione dell'evento (indicate nell’allegato 1), nonché le opere connesse (descritte nell’allegato 2), secondo quanto previsto nel dossier di candidatura approvato dal BIE. Il 1° dicembre 2008 è stato approvato anche lo statuto della Società Expo 2015 Spa.

 

La relazione tecnica precisa che resta ferma la partecipazione pro-quota alla copertura delle medesime spese da parte degli altri azionisti della società, a valere sui rispettivi finanziamenti e che la norma non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato in quanto:

    la disposizione prevede che debba essere comunque assicurato l'integrale finanziamento delle opere da realizzare;

    i finanziamenti pubblici previsti nel piano finanziario allegato al DPCM sono comprensivi di IVA, mentre alla Società, costituita con provvedimento successivo, saranno erogati contributi al netto dell'imposta, tenuto conto che la stessa è in grado di recuperarla. Occorre inoltre considerare che è prevista una rimodulazione – al ribasso – del valore degli interventi infrastrutturali da realizzare, risultando quindi una ulteriore eccedenza delle risorse stanziate rispetto al fabbisogno, che può essere destinata all’organizzazione e gestione dell’evento.

 


 

Articolo 57
(Disposizioni per le infrastrutture energetiche strategiche, la metanizzazione del mezzogiorno e in tema di bunkeraggio)

1. Al fine di garantire il contenimento dei costi e la sicurezza degli approvvigionamenti petroliferi, nel quadro delle misure volte a migliorare l'efficienza e la competitività nel settore petrolifero, sono individuati, quali infrastrutture e insediamenti strategici ai sensi dell'articolo 1, comma 7, lettera i), della legge 23 agosto 2004, n. 239:

a) gli stabilimenti di lavorazione e di stoccaggio di oli minerali;

b) i depositi costieri di oli minerali come definiti dall'articolo 52 del Codice della navigazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328;

c) i depositi di carburante per aviazione siti all'interno del sedime aeroportuale;

d) i depositi di stoccaggio di prodotti petroliferi, ad esclusione del G.P.L., di capacità autorizzata non inferiore a metri cubi 10.000;

e) i depositi di stoccaggio di G.P.L. di capacità autorizzata non inferiore a tonnellate 200;

f) gli oleodotti di cui all'articolo 1, comma 8, lettera c), numero 6), della legge 23 agosto 2004, n. 239.

2. Fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano e le normative in materia ambientale, per le infrastrutture e insediamenti strategici di cui al comma 1, le autorizzazioni previste all'articolo 1, comma 56, della legge 23 agosto 2004, n. 239, sono rilasciate dal Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con le Regioni interessate.

3. L'autorizzazione di cui al comma 2 è rilasciata a seguito di un procedimento unico svolto entro il termine di centottanta giorni, nel rispetto dei principi di semplificazione di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241. Il procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale è coordinato con i tempi sopra indicati.

4. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le autorizzazioni, concessioni, concerti, intese, nulla osta pareri o assensi eventualmente previsti per le modifiche di cui all'articolo 1, comma 58, della legge 23 agosto 2004, n. 239, sono rilasciati entro il termine di centottanta giorni.

5. Dopo il comma 4 dell'articolo 18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, è inserito il seguente: "4-bis. Le concessioni per l'impianto e l'esercizio dei depositi e stabilimenti di cui all'articolo 52 del codice della navigazione e delle opere necessarie per l'approvvigionamento degli stessi, dichiarati strategici ai sensi della legge 23 agosto 2004, n. 239, hanno durata almeno decennale."

6. La disposizione di cui al comma 5 non trova applicazione alle concessioni già rilasciate alla data di entrata in vigore del presente decreto.

7. Al fine di ridurre gli oneri sulle imprese e migliorarne la competitività economica sui mercati internazionali, la semplificazione degli adempimenti, anche di natura ambientale, di cui ai commi 3 e 4, nonché assicurare la coerenza dei vincoli e delle prescrizioni con gli standard comunitari, il Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, promuove accordi di programma con le amministrazioni competenti, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, per la realizzazione delle modifiche degli stabilimenti esistenti e per gli interventi di bonifica e ripristino nei siti in esercizio, necessari al mantenimento della competitività dell'attività produttiva degli stabilimenti di lavorazione e di stoccaggio di oli minerali strategici per l'approvvigionamento energetico del Paese e degli impianti industriali.

8. Nel caso di trasformazione di stabilimenti di lavorazione e di stoccaggio di oli minerali in depositi di oli minerali, le autorizzazioni ambientali già rilasciate ai gestori dei suddetti stabilimenti, in quanto necessarie per l'attività autorizzata residuale, mantengono la loro validità fino alla naturale scadenza.

8-bis. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 8 si applicano anche alla lavorazione e allo stoccaggio di oli vegetali destinati ad uso energetico.

9. Nel caso di attività di reindustrializzazione dei siti di interesse nazionale, i sistemi di sicurezza operativa già in atto possono continuare a essere eserciti senza necessità di procedere contestualmente alla bonifica, previa autorizzazione del progetto di riutilizzo delle aree interessate, attestante la non compromissione di eventuali successivi interventi di bonifica, ai sensi dell'articolo 242 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

10. La durata delle nuove concessioni per le attività di bunkeraggio a mezzo bettoline, di cui all'articolo 66 del Codice della navigazione e all'articolo 60 del regolamento per l’esecuzione del medesimo codice della navigazione (Navigazione marittima), di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328, è fissata in almeno dieci anni.

11. E' abrogato il decreto del Ministro delle finanze 6 marzo 1997, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 64 del 18 marzo 1997 recante "Disposizioni in materia di sostituzione del tracciante acetofenone nella benzina super senza piombo con colorante verde".

12. Per gli interventi di metanizzazione di cui all'articolo 23, comma 4, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, i quali siano ancora in corso di esecuzione e non collaudati decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, i termini di cui allo stesso comma 4 decorrono dalla entrata in esercizio dell'impianto.

13. Sono fatte salve le disposizioni tributarie in materia di accisa.

14. Con determinazione del Direttore dell'Agenzia delle Dogane, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è consentito:

a) la detenzione promiscua di più parti del medesimo prodotto destinato per distinte operazioni di rifornimento;

b) l'utilizzo della bolletta doganale mensile che riepiloga le operazioni di bunkeraggio;

c) di effettuare le operazioni di rifornimento nell'arco delle ventiquattro ore con controllo a posteriori su base documentale.

15. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Nel quadro della finalità generale di semplificazione delle decisioni e procedure che caratterizza il D.L. 5/2012 in esame, i commi 1-4 dell’art. 57 stabiliscono, per il settore dell’energia, regole particolari riguardo alla individuazione e realizzazione di infrastrutture e insediamenti strategici.

 

Il comma 1, in particolare, individua/qualifica direttamente, con atto di rango legislativo, come strategici una serie di infrastrutture-insediamenti propri del settore energetico. La norma menziona: gli stabilimenti di lavorazione e stoccaggio di oli minerali, i depositi costieri di oli minerali, i depositi di carburante per aviazione siti nelle aree aeroportuali, i depositi di stoccaggio di prodotti petroliferi (escluso il GPL) di capacità superiore a 10.000 metri cubi, i depositi di stoccaggio di GPL di capacità non inferiore a 200 tonnellate, gli oleodotti facenti parte della rete nazionale degli oleodotti.

Viene in tal modo assunta direttamente a livello normativo, per il settore dell’energia, una scelta che la disciplina generale in tema di individuazione di infrastrutture e insediamenti strategici demanda ad un procedimento amministrativo di carattere programmatorio. Questa opzione è motivata (alinea del comma 1 dell’art. 57) con la finalità di “garantire il contenimento dei costi e la sicurezza degli approvvigionamenti petroliferi, nel quadro delle misure volte a migliorare l’efficienza e la competitività del settore petrolifero”.

Si ricorda che la disciplina generale in materia di infrastrutture ed insediamenti strategici è dettata dalla L. 21 dicembre 2001, n. 443 (nota come “Legge Obiettivo”) e dal Capo IV del Titolo III (artt. 161-194) del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163 del 12 aprile 2006, il quale ha sostituito la precedente normativa risultante dal D.Lgs. 190/2002). Questa normativa demanda la individuazione delle infrastrutture ed insediamenti strategici ad un programma che, predisposto dal Ministro dei Trasporti d’intesa con gli altri Ministri competenti e con le Regioni o Province autonome interessate, deve poi essere inserito – previo parere del CIPE e intesa con la Conferenza Unificata Stato-Regioni-Enti locali – nel Documento di Finanza Pubblica, indicando altresì i relativi stanziamenti (si vedano in particolare, oltre ai primi due commi dell’art. 1 della L. 443/2001, i commi da 1 a 1-quater dell’art. 161 del Codice dei contratti pubblici).

Va anche segnalato che, successivamente alla L. 443/2001 e prima del D.L. 5/2012 qui in esame, un intervento specifico sul tema della infrastrutture e insediamenti strategici nel settore dell’energia si è avuto anche ad opera della L. 23 agosto 2004, n. 239, in materia di “Riordino del settore energetico”. Questa legge – anche a fronte del nuovo quadro di competenze Stato-Regioni nel frattempo prodotto dall’entrata in vigore del nuovo Titolo V della Costituzione (L. cost. 18 ottobre 2001, n. 3) – ha precisato che “Sono esercitati dallo Stato, anche avvalendosi dell’Autorità per l’energia e il gas, i seguenti compiti e le funzioni amministrativi…individuazione delle infrastrutture ed insediamenti strategici ai sensi della L. 443/2001 e del D.Lgs. 190/2002, al fine di garantire la sicurezza strategica, ivi inclusa quella degli approvvigionamenti energetici e del relativo utilizzo, il contenimento dei costi dell’approvvigionamento energetico del Paese, lo sviluppo delle tecnologie innovative per la generazione di energia elettrica e l’adeguamento della strategia nazionale a quella comunitaria per le infrastrutture energetiche.” (cfr. art. 1, comma 7, lettera i)).

La formulazione di questa norma della L. 239/2004 è stata, per altro, oggetto di pronuncia additiva della Corte costituzionale, la quale (sentenza 383/2005) ne ha dichiarato la illegittimità “nella parte in cui non prevede che l’individuazione delle infrastrutture ed insediamenti strategici da parte dello Stato avvenga d’intesa con le Regioni e le Province autonome interessate”. L’art. 1, comma 7, della L. 239/2004 è stato dunque da tale momento reinterpretato/applicato nel senso di prevedere obbligatoriamente, nel procedimento programmatorio-amministrativo volto ad individuare infrastrutture ed insediamenti energetici strategici, l’intesa con la Regione/Provincia autonoma interessata.

E’ su questo sfondo, dunque, che si colloca l’intervento legislativo qui in esame, che assume direttamente a livello legislativo la individuazione di una serie di tipologie di infrastrutture e insediamenti qualificati come strategici nel settore dell’energia, e riserva invece al livello amministrativo (nel quale è acquisita l’intesa con le Regioni) la definizione delle specifiche procedure autorizzatorie, di VIA e di altro tipo prescritte dalle norme per la progettazione/realizzazione delle singole infrastrutture/insediamenti.

 

I commi 2-4 dell’art. 57 del D.L. in esame innovano sotto due distinti profili le procedure amministrative finalizzate alla effettiva realizzazione di infrastrutture ed insediamenti strategici nel settore dell’energia.

La prima innovazione riguarda lo spostamento dal livello Regione al livello Stato dell’iniziativa a rilasciare una serie di autorizzazioni concernenti le infrastrutture ed insediamenti già individuati dal comma 1 del D.L. in esame. Si tratta, in particolare, delle autorizzazioni menzionate dal comma 56 dell’art. 1 della L. 239/2004, concernenti l’installazione ed esercizio, la dismissione e la variazione della capacità di lavorazione o stoccaggio degli stabilimenti di lavorazione/stoccaggio di oli minerali.

Si ricorda che il comma 57 dell’art. 1 della L. 239/2004, demandava tali autorizzazioni all’esclusiva competenza amministrativa delle Regioni, che dovevano provvedervi sulla base degli indirizzi ed obiettivi generali di politica energetica, fatte salve le disposizioni in materia ambientale, sanitaria, fiscale, di sicurezza, di prevenzione incendi e di demanio marittimo.

 

In base alla nuova norma dell’art. 57, comma 2, del D.L. 5/2012 le medesime autorizzazioni sono ora rilasciate dallo Stato (e, in specie, dal Ministero dello Sviluppo economico, di concerto con il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti) d’intesa con le Regioni interessate. La competenza regionale è salvaguardata (anche in linea con la già citata sentenza n. 383/2005 della Corte costituzionale) dal meccanismo dell’intesa, ma l’avvio del procedimento e l’adozione del provvedimento conclusivo si spostano sull’amministrazione statale. Sono per altro fatte salve le particolari competenze in materia delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano, nonché le normative in materia ambientale.

La seconda innovazione riguarda la concentrazione dei procedimenti e la abbreviazione dei termini per la conclusione del procedimento.

In particolare, il comma 3 dell’art. 57 del D.L. in esame stabilisce che tutte le procedure afferenti al rilascio della autorizzazione ad infrastrutture e insediamenti strategici in campo energetico fanno parte di un procedimento unico cui si applicano i princìpi di semplificazione amministrativa stabiliti dalla L. 241/1990 (se ne veda, in particolare, il Capo IV), e in primis ove del caso le conferenze di servizi. Tale procedimento unico di autorizzazione deve essere completato entro il termine di 180 giorni. Il medesimo comma 3 dell’art. 57 del D.L. in esame impone che anche la tempistica del procedimento di VIA venga coordinata col suddetto termine finale di 180 giorni stabilito per la conclusione del procedimento autorizzatorio.

Allo stesso termine finale di 180 giorni è soggetto – in base al comma 4 dell’art. 57 del D.L. in esame - anche il rilascio di una serie di altri provvedimenti amministrativi (autorizzazioni, concessioni, concerti, intese, nulla osta, pareri e assensi) che siano eventualmente previsti, dalle normative di settore, per poter apportare le modifiche agli stabilimenti di lavorazione e ai depositi di oli minerali e agli oleodotti cui si riferisce il comma 58 dell’art. 1 della L. 239 del 2004.

 

Si segnala l’opportunità di precisare la formulazione del comma 4 dell’art. 57 del D.L. in esame per superare una sua possibile ambiguità. Attualmente la parola “modifiche” ivi contenuta sembra a prima vista riferita al testo dell’art. 1, comma 58, della L. 239/2004 quale testo normativo, mentre vuole in realtà riferirsi alle “modifiche degli stabilimenti di lavorazione o dei depositi (ecc)” di cui tale comma 58 si occupa. Si segnala altresì l’opportunità di precisare che il termine finale di 180 giorni vale anche qui per l’intero procedimento configurato come procedimento unico (anche ove comprensivo di più sub-procedimenti autorizzatori, concessori, d’intesa, di concerto, ecc), analogamente a quanto già prescritto per la procedura autorizzatoria di cui al comma 3 dell’art. 57 del D.L. in esame.

 

Come il comma 4, si occupano della modifica degli stabilimenti esistenti anche i commi 7-9 dell’art. 57 del D.L. 5/2012. E, analogamente a quanto previsto per i primi quattro commi dell’articolo in esame, la finalità è quella di ridurre gli oneri per le imprese, migliorarne la competitività, e semplificare gli adempimenti assicurando anche la coerenza con gli standard comunitari. Lo strumento individuato per raggiungere le finalità è, in questo caso, l’accordo di programma.

In particolare, il comma 7 prevede che specifici accordi di programma con le amministrazioni interessate - volti alla “realizzazione delle modifiche degli stabilimenti esistenti e (alla realizzazione) degli interventi di bonifica e ripristino nei siti in esercizio, necessari al mantenimento della competitività dell’attività produttiva e degli stabilimenti di lavorazione e di stoccaggio di oli minerali” - vengano promossi dal Ministero dello Sviluppo economico, d’intesa con il Ministero dell’Ambiente.

Si ricorda che l’accordo di programma è una convenzione tra enti territoriali ed altre amministrazioni pubbliche mediante la quale le parti coordinano le loro attività per la realizzazione di opere, interventi o programmi di intervento. Introdotto dall'art. 27 della L. 142/1990, ma con precedenti in alcune normative settoriali degli anni '80, l'accordo di programma è ora disciplinato dall'art. 34 del D.Lgs. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali). Secondo tale norma si può ricorrere all'accordo di programma per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province, di regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici (ad esempio, comunità montane) o comunque di due o più tra i soggetti predetti.

Le Commissioni riunite hanno inserito il comma 8-bis che prevede l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 8 anche alla lavorazione e allo stoccaggio di oli vegetali destinati ad uso energetico.

I commi 8 e 9, per parte loro, tendono a ridurre gli oneri amministrativi per la trasformazione degli stabilimenti di lavorazione e stoccaggio in depositi di oli minerali e per le attività di reindustrializzazione dei siti di interesse nazionale. Nel primo caso, si prevede che mantengano validità fino alla naturale scadenza le autorizzazioni ambientali già esistenti in capo agli stabilimenti; nel secondo caso, si consente di continuare ad utilizzare i sistemi di sicurezza operativa già in atto senza necessità di procedere alla contestuale bonifica del sito, purché l’autorizzazione al riutilizzo delle aree interessate previamente acquisita attesti che non vengono compromessi eventuali successivi interventi di bonifica che dovessero risultare necessari ai sensi dell’art. 242 del D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente).

Si segnala l’opportunità di un perfezionamento lessicale del comma 7 in questione, introducendo al secondo rigo, prima delle parole “la semplificazione degli adempimenti”, le parole “di promuovere” che sembrerebbero essere erroneamente state omesse.

I commi 5, 6 e 10 dell’art. 57 del D.L. in esame sono tutti rivolti ad armonizzare sulla durata minima decennale le nuove concessioni demaniali concernenti:

§      L’impianto e l’esercizio di depositi e stabilimenti cosiddetti “costieri“ (art. 52 Codice della navigazione) dichiarati strategici ai sensi della L. 239/204, nonché delle opere necessarie per l’approvvigionamento degli stessi (banchine, pontili, tubazioni, ecc.). A tal fine, il comma 5 dell’art. 57 in esame introduce un comma 4-bis nell’art. 18 della L. 84/1994, che disciplina le caratteristiche delle concessioni demaniali rilasciate dall’Autorità portuale o marittima in ordine ad aree comprese nell’ambito portuale o costiero.

§      Le attività di bunkeraggio a mezzo di bettoline (navi e galleggianti: artt. 66 Codice della navigazione a art. 60 relativo Regolamento di esecuzione): cfr. comma 10 dell’art. 57 in esame.

Si evidenzia che la durata minima decennale è stabilita solo per le nuove concessioni. Questo è precisato dal comma 6 per quanto concerne i depositi e stabilimenti di cui al comma 5, e per le attività di bunkeraggio di cui al comma 10 dal testo del medesimo comma 10.

La motivazione di questo intervento sulla durata delle concessioni è esplicitata dalla Relazione tecnica del Governo allegata al ddl di conversione del D.L. 5/2012. In essa si legge: “Il sistema delle concessioni demaniali marittime per usi energetici, in assenza di una norma che stabilisca una durata minima delle concessioni, risulta attualmente disomogeneo sia in termini di durata che di canone, e non tiene conto dell’entità economico/finanziaria degli impianti e degli ingenti investimenti … La durata media delle concessioni per tali impianti è oggi di soli 4 anni, periodo che non consente l’ammortamento degli investimenti effettuati…La durata della concessione non ha influenza sulla determinazione del canone e quindi la norma non è suscettibile di ridurre le entrate per detti canoni…La norma pertanto, stabilendo un termine minimo decennale di durata per tali concessioni consente di ridurre il numero dei procedimenti amministrativi e di ridurre gli oneri per l’amministrazione, e alle imprese di programmare gli investimenti su una scala temporale maggiore.

 

Il comma 11 dell’art. 57 del D.L. in esame dispone l’abrogazione del D.M. Finanze 6 marzo 1997 concernente la colorazione verde della benzina senza piombo.

Come esplicita la Relazione tecnica del Governo allegata al ddl di conversione del D.L. 5/2012, l’abolizione dell’obbligo di colorazione consegue al venir meno della commercializzazione di benzine diverse da quelle senza piombo.

 

Il comma 12 dell’art. 57 riguarda gli interventi per la metanizzazione del Mezzogiorno (disciplinati dall’art. 11 della L. 784/1990 e dall’art. 9 della L. 266/1997) e tende a superare alcune problematiche amministrative connesse ai ritardi nella loro realizzazione.

La questione concerne, in particolare, la decorrenza/durata delle concessioni e degli affidamenti previsti per la realizzazione delle reti e per la gestione della distribuzione del gas naturale. L’art. 23, comma 4, del D.L. 273/2005 (conv. dalla L. 51/2006) previde una proroga di 12 anni della durata di tali concessioni, stabilendo che tale termine dodicennale decorresse dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 164, ovvero dalla data successiva di entrata in vigore del D.M. Economia e Finanze concernente l’approvazione delle risultanze finali di ciascun singolo intervento di metanizzazione.

 

Il D.L. 5/2012, con il comma 12 dell’art. 57, constata che alcuni interventi di metanizzazione del Mezzogiorno sono ancora in corso di esecuzione e non collaudati e potrebbero rimanere tali ancora per oltre un anno. Conseguentemente, ridefinisce il dies a quo per la durata delle concessioni e affidamenti per la realizzazione delle reti e la gestione della distribuzione, individuando il nuovo inizio del termine dodicennale nella data futura di entrata in esercizio dell’impianto.

 

Il comma 13 fa salve le disposizione tributarie in materia di accisa.

Si tratta di una norma di salvaguardia avente lo scopo di continuare ad applicare la normativa sulle accise, in particolare l’istituto del deposito fiscale, ai siti (stabilimenti, depositi, ecc.) indicati quali “infrastrutture e insediamenti strategici” dal comma 1 dell’articolo in esame.

 

Il comma 14 rinvia ad una determinazione del direttore dell’Agenzia delle dogane, da emanare entro 6 mesi dall’entrata in vigore del presente decreto-legge, con cui definire:

a)      la detenzione promiscua di più parti del medesimo prodotto per distinte operazioni di rifornimento;

b)      l’utilizzo della bolletta doganale mensile che riepiloga le operazioni di bunkeraggio;

c)      la possibilità di effettuare le operazioni di rifornimento nell’arco delle 24 ore con controllo su base documentale da effettuare successivamente.

 

Ai sensi del comma 15 dall’attuazione del presente articolo 57 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Al riguardo la relazione tecnica afferma, peraltro, che i procedimenti amministrativi verranno svolti nell'ambito delle strutture ministeriali interessate esistenti; anzi, le semplificazioni procedurali introdotte consentiranno di ridurre gli oneri amministrativi e i relativi costi a carico delle amministrazioni e delle imprese.

 


 

Articolo 57-bis
(Individuazione delle infrastrutture energetiche strategiche nei settori dell’elettricità e del gas naturale)

1. Al fine di garantire il contenimento dei costi e la sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale e di energia elettrica, nel quadro delle misure volte a migliorare l'efficienza e la competitività nei mercati di riferimento, in sede di prima attuazione dell'articolo 3 del decreto legislativo 1o giugno 2011, n. 93, sono individuati, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, gli impianti e le infrastrutture energetiche ricadenti nel territorio nazionale e di interconnessione con l'estero identificati come prioritari, anche in relazione a progetti di interesse comune di cui alle decisioni del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di orientamenti per le reti transeuropee nel settore dell'energia e al regolamento (CE) n. 663/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009.

2. L'individuazione degli impianti e delle infrastrutture di cui al comma 1 è aggiornata con periodicità almeno biennale, nell'ambito delle procedure di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 1o giugno 2011, n. 93. 

 

 

L’articolo 57-bis, aggiunto dalle Commissioni riunite, introduce una nuova disposizione riguardo all’individuazione delle infrastrutture energetiche strategiche nei settori dell’energia elettrica e del gas naturale.

Sulla medesima materia era intervenuto in precedenza l’articolo 3 del decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 93[349], attuativo del cd. “terzo pacchetto energia” della UE, al quale la norma in esame mira a dare una prima attuazione.

Il citato articolo 3 dispone al comma 1 che con DPCM, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con la Conferenza Unificata siano individuate le necessità minime di realizzazione o di ampliamento di impianti di produzione di energia elettrica, di rigassificazione di gas naturale liquefatto, di stoccaggio in sotterraneo di gas naturale e di stoccaggio di prodotti petroliferi, e le relative infrastrutture di trasmissione e di trasporto di energia, anche di interconnessione con l’estero, tenendo conto della loro effettiva realizzabilità nei tempi previsti, al fine di conseguire gli obiettivi di politica energetica nazionale, anche con riferimento agli obblighi derivanti dall’attuazione delle direttive comunitarie in materia di energia, e di assicurare adeguata sicurezza, economicità e concorrenza nelle forniture di energia.

Il comma 2 prevede l’aggiornamento del suindicato DPCM con cadenza almeno biennale, in relazione alle esigenze di conseguimento degli obiettivi indicati, tenendo conto dell’effettiva evoluzione della domanda di energia, dell'integrazione del sistema energetico italiano nel mercato interno e dell'effettivo grado di avanzamento della realizzazione delle infrastrutture individuate.

Ai sensi del comma 3 ciascuna amministrazione coinvolta nelle procedure autorizzative relative alle infrastrutture individuate ai sensi del comma 1, è tenuta ad attribuire alle medesime carattere di priorità e urgenza.

In caso di mancato rispetto dei termini per l'espressione dei pareri o per l'emanazione degli atti di propria competenza da parte delle amministrazioni regionali, il comma 4 stabilisce che il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, assegni alla regione interessata un termine consistente per provvedere, che non sia comunque inferiore a due mesi. Decorso inutilmente tale termine il Consiglio dei ministri, sentita la regione interessata, procede, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, alla nomina di un commissario che provvederà all'espressione dei pareri o all'emanazione degli atti.

Ai sensi del comma 5, gli impianti e le infrastrutture individuati come sopra sono dichiarati, ai sensi delle norme vigenti, di pubblica utilità, nonché urgenti e indifferibili, mentre spetta alla valutazione dell'amministrazione competente l’eventuale dichiarazione di pubblica utilità anche per altri impianti e infrastrutture della stessa tipologia purché corrispondano agli obiettivi di cui al comma 1.

Il comma 6 stabilisce che la corrispondenza a detti obiettivi rientra tra i criteri di valutazione per il riconoscimento dell'esenzione dall'accesso dei terzi alle infrastrutture prevista per impianti e infrastrutture del sistema elettrico e del gas dalle vigenti disposizioni.

Il comma 7 prevede l'adozione di atti di indirizzo mediante DPCM, su proposta del Ministro dello sviluppo economico finalizzati al mantenimento, in via prioritaria per gli impianti e le infrastrutture individuate ai sensi del comma 1, delle misure esistenti volte a facilitare la realizzazione di impianti e infrastrutture di tale tipologia, nonché all’attribuzione agli impianti e alle infrastrutture che non ricadono negli obiettivi indicati dal comma 1 dei maggiori costi dei relativi potenziamenti o delle estensioni delle reti di trasmissione e di trasporto energetico necessari alla realizzazione degli stessi impianti e infrastrutture.

L’articolo 57-bis in esame prevede l’individuazione con decreto del Presidente del consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, degli impianti e delle infrastrutture energetiche ricadenti nel territorio nazionale e di interconnessione con l’estero identificati come prioritari, anche in relazione a progetti di interesse comune di cui alle decisioni del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di orientamenti per le reti trans europee nel settore dell’energia e al regolamento (CE) N. 663/2009[350] del Parlamento europeo e del Consiglio.

L’obiettivo della norma è di garantire il contenimento dei costi e la sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale e di energia elettrica, nel quadro delle misure volte a migliorare l'efficienza e la competitività nei mercati di riferimento (comma 1).

Il comma 2 prevede l’aggiornamento con periodicità almeno biennale dell’individuazione degli impianti e delle infrastrutture di cui sopra, nell’ambito delle procedure di cui all’articolo 3 del citato decreto legislativo n. 93/2011.

 

Rispetto all’articolo 3 del D.Lgs. 93/2011, il comma 1 della norma in esame, in sede di prima attuazione di tale articolo:

§      non prevede l’intesa con la Conferenza Unificata per l’adozione del DPCM;

§      fissa un termine di tre mesi per la sua emanazione.

Per gli aggiornamenti biennali, invece, il comma 2 riconduce le procedure all’interno di quelle previste dall’articolo 3 del D.Lgs. 93/2011.

 

Al riguardo, si segnala che la Corte costituzionale[351] ha più volte affermato il principio del “doveroso coinvolgimento delle regioni e degli enti locali nei processi decisionali di elaborazione e realizzazione delle politiche energetiche”. In particolare, la Corte ha affermato il principio in base al quale la legislazione statale che preveda e disciplini il conferimento delle funzioni amministrative a livello centrale nelle materie affidate alla potestà legislativa regionale “può aspirare a superare il vaglio di legittimità costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà”[352].


 

Articolo 58
(Modifiche al decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93)

1. Al decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 45, comma 6, dopo le parole: "comma 3 del presente articolo" sono aggiunte le seguenti: ", nonché, i casi in cui, con l'accordo dell'impresa destinataria dell'atto di avvio del procedimento sanzionatorio, possono essere adottate modalità procedurali semplificate di irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie.";

b) all'articolo 45, dopo il comma 6, è inserito il seguente: "6-bis. Nei casi di particolare urgenza l'Autorità per l'energia elettrica e il gas può, d'ufficio, deliberare, con atto motivato, l'adozione di misure cautelari, anche prima dell'avvio del procedimento sanzionatorio.".

 

 

Il comma unico dell’art. 58 apporta una limitata novella all’art. 45 del D.Lgs. n. 93/2011 (Attuazione di direttive CE concernenti norme comuni per il mercato interno dell’energia).

La novella attiene ai poteri dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas e, in particolare, i poteri sanzionatori e quelli cautelari.

Per quanto riguarda i poteri sanzionatori, si prevede (art. 58, comma 1, lett. a)) l’integrazione del regolamento dell’Autorità sui propri procedimenti sanzionatori mediante la introduzione di una procedura semplificata per la irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie. Tale procedura semplificata sarà attivabile, per altro, soltanto col previo accordo dell’impresa destinataria dell’atto di avvio del procedimento sanzionatorio.

Per quanto riguarda i poteri cautelari, si prevede invece (art. 58, comma 1, lett. b)) che l’Autorità possa, nei casi di particolare urgenza, deliberare d’ufficio, con atto motivato, l’adozione di misure cautelari anche prima dell’avvio del procedimento sanzionatorio.

 

Si ricorda che l’attribuzione, all’Autorità per l’energia elettrica e il gas, del potere di irrigare sanzioni amministrative risale alla L. 14 novembre 1995, n. 481, istitutiva dell’Autorità, e in particolare all’art. 2, comma 20, lett. c). La norma prevede sanzioni amministrative e la sanzione della sospensione dell’attività d’impresa fino a sei mesi, nonché la possibilità di proporre al Ministro per lo Sviluppo economico la sospensione o la decadenza dalla concessione. L’art. 28, comma 4, della L. 99/2009 ha ritoccato la misura edittale minima della sanzione amministrativa pecuniaria.

Sul punto dei poteri sanzionatori dell’Autorità per l’energia e il gas è di recente intervenuto in modo significativo il D.Lgs. 1° giugno 2011, n. 93, il cui art. 45 ha previsto una serie di ulteriori fattispecie applicative delle sanzioni amministrative pecuniarie, e ha rideterminato il minimo e massimo della sanzioni amministrative pecuniarie rispettivamente in 2.500 euro e 155 milioni di euro, stabilendo al contempo che dette sanzioni non possono comunque superare il 10 per cento del fatturato dell’impresa verticalmente integrata. Novità importante è inoltre la previsione (comma 3 dell’art 45) che, nel corso del procedimento sanzionatorio, l’impresa destinataria possa presentare “impegni” finalizzati alla salvaguardia degli interessi tutelati dalle norme/provvedimenti violati, e che ove tali impegni siano valutati positivamente l’Autorità possa concludere il procedimento sanzionatorio.

Fino ad oggi, per la contestazione e applicazione delle sanzioni dell’Autorità hanno trovato applicazione le regole di procedura generali valide per i procedimenti individuali di competenza della stessa. Lo stesso art. 45 del D.Lgs. 93/2011 sopra citato ha tuttavia, al comma 6, previsto l’adozione di un Regolamento dell’Autorità sui procedimenti sanzionatori di competenza, nel rispetto dei princìpi della piena conoscenza degli atti istruttori da parte degli interessati, del contraddittorio in forma scritta e orale, della verbalizzazione e della separazione tra funzioni istruttorie e decisorie. Tale Regolamento dovrà disciplinare le modalità procedurali per la valutazione degli impegni di cui all’art. 45, comma 3, del D.Lgs. 93/2011.

Il suddetto Regolamento autonomo sui procedimenti sanzionatori dell’Autorità per l’energia e il gas in materia (per il quale l’art. 45, comma 6, del D.Lgs. 93/2011aveva previsto l’entrata in vigore entro 90 giorni) è attualmente in corso di predisposizione. L’Autorità ha avviato il relativo procedimento con delibera ARG/com/136 del 6 ottobre 2011 ed è attualmente in corso la fase istruttoria, che implicherà prossimamente anche una fase di “consultazione”; al termine di questa istruttoria avrà luogo la definitiva adozione del Regolamento con delibera dell’Autorità. Dall’entrata in vigore di questo Regolamento sui procedimenti sanzionatori, diverranno naturalmente inapplicabili a tali procedimenti le regole generali in materia di procedimenti individuali dell’Autorità fino ad oggi applicate alla materia.

 

 


 

Articolo 59
(
Disposizioni in materia di credito d’imposta)

1. All'articolo 2 del decreto-legge 13 maggio 2011, n.70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n.106, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1 il secondo periodo è sostituito dal seguente: "L'assunzione deve essere operata nei ventiquattro mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto";

b) al comma 2 le parole: "nei dodici mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto," sono sostituite dalle seguenti: "nei ventiquattro mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto";

c) al comma 3 le parole: "alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto" sono sostituite dalle seguenti:"alla data di assunzione.";

d) al comma 6 le parole: "entro tre anni dalla data di assunzione" sono sostituite dalle seguenti: "entro due anni dalla data di assunzione";

e) al comma 7, lettera a), le parole: "alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto" sono sostituite dal seguente testo "alla data di assunzione";

f) dopo il comma 8 e' inserito il seguente: "8-bis. All'attuazione del presente articolo si provvede nel limite massimo delle risorse come individuate ai sensi del comma 9; con provvedimento dell'Agenzia delle entrate sono dettati termini e modalità di fruizione del credito di imposta al fine del rispetto del previsto limite di spesa.";

g) al comma 9, al primo periodo le parole: "comma precedente" sono sostituite dalle seguenti: "comma 8" e sono soppressi gli ultimi tre periodi.

2. Le modifiche introdotte con il comma 1 hanno effetto dal 14 maggio 2011, data di entrata in vigore del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106.

3. All'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Capo II Disposizioni per le imprese e i cittadini meno abbienti.

 

 

L’articolo 59 novellando l’articolo 2 del D.L. n. 70 del 2011 (c.d. decreto sviluppo), proroga di un anno il credito d’imposta per nuovo lavoro stabile nel Mezzogiorno.

 

Il richiamato articolo 2 prevede un credito d’imposta, in favore del datore di lavoro, per ogni lavoratore, "svantaggiato" o "molto svantaggiato", assunto nelle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Molise, Sardegna e Sicilia), con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato e ad incremento dell'organico, nei dodici mesi successivi all’entrata in vigore del decreto in esame. L'attuazione dell'istituto - demandata ad un decreto ministeriale (comma 8) - è subordinata all'espressione del consenso della Commissione europea sull'impiego dei fondi strutturali comunitari di cui al comma 9.

 

Con nota n. JP/hc ARES(2011) del 4 ottobre 2011 la Commissione europea ha espresso il proprio assenso circa l’utilizzo delle risorse dei Programmi Operativi Regionali FSE a copertura del credito d’imposta in oggetto.

 

Sulla materia è intervenuto, altresì, l’articolo 22 della legge di stabilità 2012 (legge n. 183 del 2011), che al comma 8, al fine di accelerare la piena operatività del credito di imposta per nuovo lavoro stabile nel Mezzogiorno previsto dall'articolo 2 del D.L. n. 70 del 2011, che la Conferenza Stato-Regioni sancisca l’intesa sul decreto di natura non regolamentare volto a stabilire i limiti di finanziamento garantiti da ciascuna delle regioni interessate, nonché le disposizioni di attuazione del medesimo articolo 2 entro il termine di 30 giorni dalla trasmissione dello schema di decreto.

Alla data odierna non risulta ancora nessun atto all’esame della Conferenza.

 

In particolare, con la disposizione in esame :

§      portando da 12 a 24 mesi dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 70 (14 maggio 2011), viene prorogato al 14 maggio 2013 il termine per effettuare l’assunzione (comma 1) e beneficiare dell’agevolazione fiscale (comma 2);

§      ai fini del calcolo dell’incremento occupazionale - che dà luogo al diritto del beneficio - la differenza dovrà essere riferita al numero di lavoratori a tempo indeterminato rilevato in ciascun mese rispetto a quello relativo alla media dei dodici mesi precedenti alla data di assunzione del lavoratore, invece che alla data del 13 luglio 2011, cioè alla data di entrata in vigore della legge n. 106 del 2011, di conversione del D.L. n. 70 (comma 3);

§      è disposta la riduzione da tre a due anni – rispetto alla data di assunzione – del periodo entro cui l’imprenditore può portare in compensazione il credito nella dichiarazione dei redditi (comma 6);

§      la decadenza dalla fruizione del credito di imposta nel caso di numero complessivo dei dipendenti a tempo indeterminato inferiore o pari dovrà essere riferita a quello rilevato mediamente nei dodici mesi precedenti alla data di assunzione, invece che alla data del 13 luglio 2011, cioè alla data di entrata in vigore della legge n. 106 del 2011, di conversione del D.L. n. 70 (comma 7, lett. a));

§      viene introdotto un comma 8-bis, specificando che all’attuazione del presente articolo si provvede nel limite massimo delle risorse come individuate ai sensi del comma 9; con provvedimento dell’Agenzia delle entrate saranno specificati termini e modalità di fruizione del credito di imposta al fine del rispetto del previsto limite di spesa;

§      ponendo la copertura dell’onere a carico dei Programmi Operativi Regionali (POR), cofinanziati dal Fondo sociale europeo, vengono soppressi tre periodi del comma 9 relativi al monitoraggio degli oneri, alla clausola di salvaguardia a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate e alla relativa comunicazione al Parlamento[353].

 

Il comma 2 dell’articolo 59 dispone l’efficacia retroattiva al 14 maggio 2011 - data di entrata in vigore del D.L. n. 70 del 2011 – delle modifiche apportate dal comma 1.

Il comma 3 specifica che all’attuazione delle disposizioni contenute ai commi precedenti si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

L’articolo 2 del D.L. n. 70 prevede un credito d’imposta, in favore del datore di lavoro, per ogni lavoratore, "svantaggiato" o "molto svantaggiato", assunto nelle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Molise, Sardegna e Sicilia), con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato e ad incremento dell'organico, nei dodici mesi successivi all’entrata in vigore del decreto in esame. L'attuazione dell'istituto - demandata ad un decreto ministeriale (comma 8) - è subordinata all'espressione del consenso della Commissione europea sull'impiego dei fondi strutturali comunitari di cui al comma 9.

Per "lavoratore svantaggiato" si intendono i soggetti rientranti in una delle seguenti categorie:

-        soggetti non aventi un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;

-        soggetti privi di un diploma di scuola media superiore o professionale;

-        lavoratori che abbiano superato i 50 anni di età;

-        soggetti che vivano soli con una o più persone a carico;

-        lavoratori occupati in professioni o settori contraddistinti da un tasso di disparità uomo-donna che superi almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici dello Stato membro interessato, qualora il lavoratore interessato appartenga al genere sottorappresentato;

-        membri di una minoranza nazionale (come definita nel citato numero 18).

Per "lavoratore molto svantaggiato" si intendono i soggetti privi di lavoro da almeno 24 mesi.

Ai sensi dei commi 1 e 3, il credito d’imposta è concesso per ogni nuovo lavoratore assunto nei dodici (ora ventiquattro) mesi successivi all’entrata in vigore del decreto. Il calcolo del beneficio è basato sulla differenza tra il numero di lavoratori a tempo indeterminato rilevato in ciascun mese e quello relativo alla media dei dodici mesi precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (ora precedenti alla data di assunzione).

Per ogni nuovo lavoratore assunto, la misura del credito d’imposta è pari al 50% dei costi salariali sostenuti nei dodici mesi successivi all’assunzione, nel caso di lavoratore "svantaggiato", e nei ventiquattro mesi successivi all’assunzione, nel caso di lavoratore "molto svantaggiato" (comma 2).

Nel caso di assunzioni di lavoratori con contratti a tempo parziale (sempre a tempo indeterminato), il credito d’imposta spetta in misura proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale (comma 3).

Il calcolo relativo all’incremento dei lavoratori occupati deve tener conto delle diminuzioni che si dovessero verificare, nello stesso periodo, nelle società controllate o collegate oppure facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto (comma 4).

Per i soggetti che assumano la qualifica di datori di lavoro a decorrere dal mese successivo a quello dell’entrata in vigore del decreto, ogni lavoratore assunto con contratto a tempo indeterminato costituisce - ai fini del credito d'imposta in esame - incremento della base occupazionale (comma 5).

 

Per quanto riguarda il ricorso alle risorse comunitarie (fondi strutturali) quale fonte di finanziamento del credito di imposta per nuovi occupati, si ricorda che già nell’aprile del 2011 il Ministro pro-tempore Fitto[354], evidenziando il notevole ritardo nell’utilizzo dei fondi strutturali ed il conseguente rischio di disimpegno automatico delle risorse non utilizzate entro il 31 dicembre 2011, avevo indicato il credito di imposta quale strumento per il loro utilizzo, comunicato che era stato avviato con le autorità comunitarie un confronto per l’individuazione dei settori di utilizzo del credito di imposta, quali la ricerca e il bonus occupazione, che in questo caso potrebbe accelerare la spesa delle risorse del Fondo sociale europeo (FSE). Dopo un accordo con il Commissario europeo Hahn ai primi di novembre 2011, il 15 dicembre 2011 il nuovo Governo e le Regioni del Mezzogiorno hanno condiviso un accordo per accelerare e riqualificare l’utilizzo dei Fondi strutturali comunitari, approvando un Piano d’azione coesione. Il Piano ha lo scopo di utilizzare interamente i fondi strutturali, concentrando gli investimenti in tre settori ad alto impatto socio-economico (scuola, ferrovie e agenda digitale) e di sostenere l’occupazione dei lavoratori svantaggiati. Esso provvede alla riallocazione di 3,1 miliardi di euro, così destinati: 974 milioni per la scuola, 423 milioni per l’agenda digitale e 142 milioni al credito per l’occupazione; 1,6 miliardi per la costituzione di un Fondo a favore di investimenti su reti e nodi ferroviari.

 

Si riporta di seguito un raffronto tra il testo dell’articolo 2 del D.L. n. 70 nella versione originaria e il testo risultante dalle modifiche disposte dall’articolo 59 in esame.

 

Testo previgente

Testo post D.L. n. 5/2012

1. In funzione e nella prospettiva di una sistematica definizione a livello europeo della fiscalità di vantaggio per le regioni del Mezzogiorno, fiscalità che deve essere relativa a lavoro, ricerca e imprese, coerentemente con la decisione assunta nel "Patto Euro plus" del 24-25 marzo 2011 dove si prevedono strumenti specifici ai fini della promozione della produttività nelle regioni in ritardo di sviluppo, viene, per cominciare, introdotto un credito d’imposta per ogni lavoratore assunto nel Mezzogiorno a tempo indeterminato. L’assunzione deve essere operata nei dodici mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto. In attesa di una estensione coerente con il citato "Patto Euro plus", il funzionamento del credito di imposta si basa sui requisiti oggi previsti dalla Commissione Europea e specificati nei successivi commi.

1. In funzione e nella prospettiva di una sistematica definizione a livello europeo della fiscalità di vantaggio per le regioni del Mezzogiorno, fiscalità che deve essere relativa a lavoro, ricerca e imprese, coerentemente con la decisione assunta nel "Patto Euro plus" del 24-25 marzo 2011 dove si prevedono strumenti specifici ai fini della promozione della produttività nelle regioni in ritardo di sviluppo, viene, per cominciare, introdotto un credito d’imposta per ogni lavoratore assunto nel Mezzogiorno a tempo indeterminato. L’assunzione deve essere operata nei ventiquattro mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto. In attesa di una estensione coerente con il citato "Patto Euro plus", il funzionamento del credito di imposta si basa sui requisiti oggi previsti dalla Commissione Europea e specificati nei successivi commi.

2. Nel rispetto delle disposizioni di cui al Regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE, ai sensi dell’ articolo 40 del predetto Regolamento, ai datori di lavoro che, nei dodici mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto, aumentano il numero di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato assumendo lavoratori definiti dalla Commissione Europea "svantaggiati" ai sensi del numero 18 dell’ articolo 2 del predetto Regolamento, nelle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Molise, Sardegna e Sicilia) è concesso per ogni nuovo lavoratore assunto un credito d’imposta nella misura del 50% dei costi salariali di cui al numero 15 del citato articolo 2 sostenuti nei dodici mesi successivi all’assunzione. Quando l’aumento del numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato riguardi lavoratori definiti dalla Commissione Europea "molto svantaggiati" ai sensi del numero 19 dell’ articolo 2 del predetto Regolamento, il credito d’imposta è concesso nella misura del 50% dei costi salariali sostenuti nei ventiquattro mesi successivi all’assunzione. Ai sensi dei numeri 18 e 19 dell'articolo 2 del citato Regolamento, per lavoratori svantaggiati si intendono lavoratori privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, ovvero privi di un diploma di scuola media superiore o professionale, ovvero che abbiano superato i 50 anni di età, ovvero che vivano soli con una o più persone a carico, ovvero occupati in professioni o settori con elevato tasso di disparità uomo-donna - ivi definito - ovvero membri di una minoranza nazionale con caratteristiche ivi definite; per lavoratori molto svantaggiati, si intendono i lavoratori privi di lavoro da almeno 24 mesi.

2. Nel rispetto delle disposizioni di cui al Regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE, ai sensi dell’ articolo 40 del predetto Regolamento, ai datori di lavoro che, nei ventiquattro mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto, aumentano il numero di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato assumendo lavoratori definiti dalla Commissione Europea "svantaggiati" ai sensi del numero 18 dell’ articolo 2 del predetto Regolamento, nelle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Molise, Sardegna e Sicilia) è concesso per ogni nuovo lavoratore assunto un credito d’imposta nella misura del 50% dei costi salariali di cui al numero 15 del citato articolo 2 sostenuti nei dodici mesi successivi all’assunzione. Quando l’aumento del numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato riguardi lavoratori definiti dalla Commissione Europea "molto svantaggiati" ai sensi del numero 19 dell’ articolo 2 del predetto Regolamento, il credito d’imposta è concesso nella misura del 50% dei costi salariali sostenuti nei ventiquattro mesi successivi all’assunzione. Ai sensi dei numeri 18 e 19 dell'articolo 2 del citato Regolamento, per lavoratori svantaggiati si intendono lavoratori privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, ovvero privi di un diploma di scuola media superiore o professionale, ovvero che abbiano superato i 50 anni di età, ovvero che vivano soli con una o più persone a carico, ovvero occupati in professioni o settori con elevato tasso di disparità uomo-donna - ivi definito - ovvero membri di una minoranza nazionale con caratteristiche ivi definite; per lavoratori molto svantaggiati, si intendono i lavoratori privi di lavoro da almeno 24 mesi.

3. Il credito di imposta è calcolato sulla base della differenza tra il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato mediamente occupati nei dodici mesi precedenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Per le assunzioni di dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale, il credito d’imposta spetta in misura proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale.

3. Il credito di imposta è calcolato sulla base della differenza tra il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato mediamente occupati nei dodici mesi precedenti alla data di assunzione. Per le assunzioni di dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale, il credito d’imposta spetta in misura proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale.

4. L’incremento della base occupazionale va considerato al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.

4. L’incremento della base occupazionale va considerato al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.

5. Per i soggetti che assumono la qualifica di datori di lavoro a decorrere dal mese successivo a quello dell’entrata in vigore del presente decreto, ogni lavoratore assunto con contratto a tempo indeterminato costituisce incremento della base occupazionale. I lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo parziale si assumono nella base occupazionale in misura proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale.

5. Per i soggetti che assumono la qualifica di datori di lavoro a decorrere dal mese successivo a quello dell’entrata in vigore del presente decreto, ogni lavoratore assunto con contratto a tempo indeterminato costituisce incremento della base occupazionale. I lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo parziale si assumono nella base occupazionale in misura proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale.

6. Il credito d’imposta va indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta per il quale è concesso ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’ articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, entro tre anni dalla data di assunzione. Esso non concorre alla formazione del reddito e del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

6. Il credito d’imposta va indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta per il quale è concesso ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’ articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, entro due anni dalla data di assunzione. Esso non concorre alla formazione del reddito e del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

7. Il diritto a fruire del credito d’imposta decade:

7. Il diritto a fruire del credito d’imposta decade:

a) se il numero complessivo dei dipendenti a tempo indeterminato è inferiore o pari a quello rilevato mediamente nei dodici mesi precedenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto;

a) se il numero complessivo dei dipendenti a tempo indeterminato è inferiore o pari a quello rilevato mediamente nei dodici mesi precedenti alla data di assunzione;

b) se i posti di lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di tre anni, ovvero di due anni nel caso delle piccole e medie imprese;

b) se i posti di lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di tre anni, ovvero di due anni nel caso delle piccole e medie imprese;

c) nei casi in cui vengano definitivamente accertate violazioni non formali, sia alla normativa fiscale che a quella contributiva in materia di lavoro dipendente per le quali siano state irrogate sanzioni di importo non inferiore a euro 5.000, oppure violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti disposizioni, nonché nei casi in cui siano emanati provvedimenti definitivi della magistratura contro il datore di lavoro per condotta antisindacale.

c) nei casi in cui vengano definitivamente accertate violazioni non formali, sia alla normativa fiscale che a quella contributiva in materia di lavoro dipendente per le quali siano state irrogate sanzioni di importo non inferiore a euro 5.000, oppure violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti disposizioni, nonché nei casi in cui siano emanati provvedimenti definitivi della magistratura contro il datore di lavoro per condotta antisindacale.

7-bis. Nei casi di cui alle lettere b) e c) del comma 7, i datori di lavoro sono tenuti alla restituzione del credito d’imposta di cui hanno già usufruito. Nel caso ricorra la fattispecie di cui alla lettera c) del comma 7, è dovuta la restituzione del credito maturato e usufruito dal momento in cui è stata commessa la violazione. Il credito d’imposta regolato dal presente articolo, di cui abbia già usufruito il datore di lavoro che sia sottoposto a una procedura concorsuale, è considerato credito prededucibile. Dalla data del definitivo accertamento delle violazioni di cui alla lettera c) del comma 7 decorrono i termini per procedere al recupero delle minori somme versate o del maggiore credito riportato, comprensivi degli interessi calcolati al tasso legale, e per l’applicazione delle relative sanzioni. (8)

7-bis. Nei casi di cui alle lettere b) e c) del comma 7, i datori di lavoro sono tenuti alla restituzione del credito d’imposta di cui hanno già usufruito. Nel caso ricorra la fattispecie di cui alla lettera c) del comma 7, è dovuta la restituzione del credito maturato e usufruito dal momento in cui è stata commessa la violazione. Il credito d’imposta regolato dal presente articolo, di cui abbia già usufruito il datore di lavoro che sia sottoposto a una procedura concorsuale, è considerato credito prededucibile. Dalla data del definitivo accertamento delle violazioni di cui alla lettera c) del comma 7 decorrono i termini per procedere al recupero delle minori somme versate o del maggiore credito riportato, comprensivi degli interessi calcolati al tasso legale, e per l’applicazione delle relative sanzioni. (8)

8. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale e con il Ministro della gioventù, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, e tenendo conto dei notevoli ritardi maturati, in assoluto e rispetto al precedente ciclo di programmazione, nell’impegno e nella spesa dei fondi strutturali comunitari, sono stabiliti i limiti di finanziamento garantiti da ciascuna delle Regioni di cui al comma 1 nonché le disposizioni di attuazione dei commi precedenti anche al fine di garantire il rispetto delle condizioni che consentono l’utilizzo dei suddetti fondi strutturali comunitari per il cofinanziamento del presente credito d’imposta.

8. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale e con il Ministro della gioventù, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, e tenendo conto dei notevoli ritardi maturati, in assoluto e rispetto al precedente ciclo di programmazione, nell’impegno e nella spesa dei fondi strutturali comunitari, sono stabiliti i limiti di finanziamento garantiti da ciascuna delle Regioni di cui al comma 1 nonché le disposizioni di attuazione dei commi precedenti anche al fine di garantire il rispetto delle condizioni che consentono l’utilizzo dei suddetti fondi strutturali comunitari per il cofinanziamento del presente credito d’imposta.

 

8-bis. All’attuazione del presente articolo si provvede nel limite massimo delle risorse come individuate ai sensi del comma 9; con provvedimento dell’Agenzia delle entrate sono dettati termini e modalità di fruizione del credito di imposta al fine del rispetto del previsto limite di spesa.

9. Le risorse necessarie all’attuazione del presente articolo sono individuate, previo consenso della Commissione Europea, nell’utilizzo congiunto delle risorse nazionali e comunitarie del Fondo Sociale Europeo e del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale destinate al finanziamento dei programmi operativi, regionali e nazionali nei limiti stabiliti con il decreto di cui al comma precedente. Le citate risorse nazionali e comunitarie per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013 sono versate all’entrata del bilancio dello Stato e successivamente riassegnate per le suddette finalità di spesa, ad apposito programma dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. A tal fine, le Amministrazioni titolari dei relativi programmi comunicano al Fondo di rotazione di cui all’ articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, gli importi, comunitari e nazionali, riconosciuti a titolo di credito di imposta dalla UE, da versare all’entrata del bilancio dello Stato. Ai sensi dell’ articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui al presente articolo. Nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni, il Ministro dell’economia e delle finanze, con proprio decreto, provvede alla riduzione, della dotazione del fondo per le aree sottoutilizzate in modo da garantire la compensazione degli effetti dello scostamento finanziario riscontrato, su tutti i saldi di finanza pubblica. Il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce senza ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause degli scostamenti e all’adozione delle misure di cui al precedente periodo.

9. Le risorse necessarie all’attuazione del presente articolo sono individuate, previo consenso della Commissione Europea, nell’utilizzo congiunto delle risorse nazionali e comunitarie del Fondo Sociale Europeo e del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale destinate al finanziamento dei programmi operativi, regionali e nazionali nei limiti stabiliti con il decreto di cui al comma 8. Le citate risorse nazionali e comunitarie per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013 sono versate all’entrata del bilancio dello Stato e successivamente riassegnate per le suddette finalità di spesa, ad apposito programma dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. A tal fine, le Amministrazioni titolari dei relativi programmi comunicano al Fondo di rotazione di cui all’ articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, gli importi, comunitari e nazionali, riconosciuti a titolo di credito di imposta dalla UE, da versare all’entrata del bilancio dello Stato.

 

 

 


 

Articolo 60
(
Sperimentazione finalizzata
alla proroga del programma "carta acquisti"
)

1. Al fine di favorire la diffusione della carta acquisti, istituita dall'articolo 81, comma 32, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, tra le fasce di popolazione in condizione di maggiore bisogno, anche al fine di valutarne la possibile generalizzazione come strumento di contrasto alla povertà assoluta, è avviata una sperimentazione nei comuni con più di 250.000 abitanti.

2. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti:

a) i nuovi criteri di identificazione dei beneficiari per il tramite dei Comuni, con riferimento ai cittadini italiani e di altri Stati dell’Unione europea ovvero ai cittadini di Stati esteri in possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo;

b) l'ammontare della disponibilità sulle singole carte acquisto, in funzione del nucleo familiare;

c) le modalità con cui i comuni adottano la carta acquisti, anche attraverso l'integrazione o evoluzione del sistema di gestione delle agevolazioni sulle tariffe energetiche (SGAte) come strumento all'interno del sistema integrato di interventi e servizi sociali di cui alla legge 8 novembre 2000, n. 328;

d) le caratteristiche del progetto personalizzato di presa in carico, volto al reinserimento lavorativo e all'inclusione sociale, anche attraverso il condizionamento del godimento del beneficio alla partecipazione al progetto;

e) la decorrenza della sperimentazione, la cui durata non può superare i dodici mesi;

f) i flussi informativi da parte dei Comuni sul cui territorio è attivata la sperimentazione, anche con riferimento ai soggetti individuati come gruppo di controllo ai fini della valutazione della sperimentazione stessa.

2. bis) i comuni, anche attraverso l’utilizzo della base dati SGAte relativa ai soggetti già beneficiari del bonus gas e del bonus elettrico possono, al fine di incrementare il numero di soggetti beneficiari della carta acquisti, adottare strumenti di comunicazione personalizzata in favore della cittadinanza.

3. Per le risorse necessarie alla sperimentazione si provvede, nel limite massimo di 50 milioni di euro, a valere sul Fondo di cui all'articolo 81, comma 29, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che viene corrispondentemente ridotto.

4. I commi 46, 47 e 48 dell'articolo 2 del decreto-legge 29 dicembre 2010 n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, sono abrogati. Titolo III Disciplina transitoria, abrogazioni ed entrata in vigore.

 

 

L'articolo 60, ai commi 1-4, prevede l'avvio di una sperimentazione nei comuni con più di 250.000 abitanti, per favorire la diffusione della carta acquisti[355] (comma 1), tra le fasce della popolazione in condizione di maggiore bisogno, anche al fine di valutarne la possibile generalizzazione come strumento di contrasto alla povertà assoluta (comma 1).

 

La Carta acquisti, istituita con il decreto-legge n. 112/2008[356], dispone di un Fondo di solidarietà per i cittadini meno abbienti, ed è concessa, con oneri a carico dello Stato, ai richiedenti residenti con cittadinanza italiana che versano in condizione di maggior disagio economico - i cittadini nella fascia di bisogno assoluto di età uguale o superiore ai 65 anni o con bambini di età inferiore ai tre anni. La Carta è utilizzabile per il sostegno della spesa alimentare e sanitaria e per il pagamento delle spese energetiche. La Carta vale 40 euro mensili e viene caricata ogni due mesi con 80 euro, sulla base degli stanziamenti disponibili.

Il decreto interdipartimentale del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali del 16 settembre 2008 ha dettato la disciplina sull’individuazione dei titolari del beneficio, sull’ammontare del beneficio unitario e sulle modalità di fruizione dello stesso, prevedendo la stipula di convenzioni tra i ministeri interessati ed il settore privato per il supporto economico dei titolari delle carte.

Il decreto direttivo 30 novembre 2009 ha disposto l’accredito di un importo aggiuntivo mensile di 10 euro per i titolari della Carta Acquisti che siano utilizzatori, sul territorio nazionale, di gas naturale o GPL.

Infine, il D.M. 2 settembre 2009 dispone l'accredito di un importo aggiuntivo mensile di 25 euro, per l'acquisto di latte artificiale e pannolini.

Le risorse sono collocate presso il Fondo Carta acquisti[357].

Per quanto riguarda le risorse a disposizione per il programma carta acquisti, Il Ministero dell’Economia[358] fa presente che le risorse disponibili per l’attuazione del Programma Carta Acquisti, oltre allo stanziamento iniziale di 170 milioni di euro, sono state determinate da vari provvedimenti legislativi e consistono nelle seguenti fonti di finanziamento:

-    una quota parte del fondo alimentato dall’importo dei conti correnti e dei rapporti bancari definiti dormienti (risorse non ancora disponibili)[359];

-    quanto destinato, sulla base di specifiche condizioni, dalle cooperative a mutualità prevalente, per un importo superiore a 10 milioni di euro[360];

-    ulteriori somme che, in base all’articolo 83, comma 22, del decreto-legge 112 del 2008, saranno versate all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva assegnazione al Fondo Carta Acquisti (risorse non ancora disponibili);

-    somme derivanti dal recupero di determinati aiuti di Stato da versare all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per la Carta Acquisti; le risorse così affluite ammontano a un importo superiore a 485 milioni di euro[361];

-    integrazione del Fondo Carta Acquisti: 6 milioni di euro per il 2009 e 15 milioni dall’anno 2010, per un totale di 21 milioni di euro, affluiti al Fondo[362];

-    risorse riguardanti le sanzioni comminate dall’Autorità sulla concorrenza integralmente affluite per un importo superiore a 259 milioni di euro[363].

Successivamente allo stanziamento iniziale di 170 milioni di euro, è stato versato nel Fondo e quindi erogato attraverso la Carta Acquisti l’importo di 2 milioni di euro al rimborso delle spese occorrenti per l’acquisto di latte in polvere e pannolini ai sensi dell’articolo 19, comma 18, del decreto-legge 185 del 2008[364].

Per quanto riguarda invece le risorse versate al Fondo da soggetti privati, sono da segnalare esclusivamente i contributi versati in esito alle convenzioni sottoscritte e richiamate nell’interrogazione.

A fronte delle erogazioni già effettuate alla data del 31 dicembre 2010 restano disponibili risorse per un ammontare complessivo di circa 680 milioni di euro che al netto della somma di circa 193 milioni di euro residua della donazione destinata esclusivamente ai beneficiari della Carta Acquisti utilizzatori di gas naturale o GPL, portano gli stanziamenti complessivi ancora disponibili per il programma Carta Acquisti a circa 487 milioni di euro.

In conclusione, a normativa vigente, con le citate risorse disponibili nel Fondo Carta Acquisti, il ministero dell’Economia stima che il programma potrebbe proseguire per tutto l’esercizio finanziario 2012[365].

 

Entro novanta giorni dalla entrata in vigore del decreto-legge, in un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definiti alcuni aspetti riguardanti (comma 2):

-    i criteri di identificazione dei beneficiari per il tramite dei comuni, con riferimento ai cittadini comunitari italiani e agli altri cittadini comunitari[366] - tale inciso è stato modificato nel corso dell’esame in sede referente - ovvero ai cittadini stranieri in possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (lettera a);

-    l’ammontare della disponibilità sulle singole carte acquisto, sulla base del nucleo familiare e del costo della vita nei comuni coinvolti dalla sperimentazione (lettera b);

-    le modalità di adozione della carta acquisti da parte dei comuni come strumento all’interno del sistema integrato di interventi e servizi sociali di cui alla legge n. 328/2000[367], anche attraverso l’integrazione e/o evoluzione del Sistema di Gestione delle Agevolazioni sulle tariffe energetiche (SGSte)[368]: tale ultima previsione è stata inserita nel corso dell’esame in sede referente (lettera c);

-    le caratteristiche del progetto personalizzato di presa in carico, volto al reinserimento lavorativo e all’inclusione sociale, anche mediante il condizionamento del beneficio alla partecipazione al progetto (lettera d);

-    la decorrenza della sperimentazione che non può superare i dodici mesi (lettera e);

-    i flussi informativi da parte dei Comuni sul cui territorio è attivata la sperimentazione anche con riferimento ai soggetti individuati come gruppo di controllo ai fini della valutazione della sperimentazione stessa (lettera f).

 

Va ricordato che l’articolo 2, commi 46-48 del decreto-legge 225/2010[369] (Proroga termini 2011) aveva già disposto una sperimentazione della Carta acquisti, della durata di un anno e con un limite di impegno massimo di risorse fino a 50 milioni di euro, a favore degli enti caritativi operanti nei comuni con più di 250.000 abitanti.

Sullo schema di decreto ministeriale emanato in attuazione delle disposizioni citate il Garante per la protezione dei dati personali ha emanato parere favorevole nel luglio dello scorso anno. Il decreto non è stato emanato.

 

Il comma 2-bis, aggiunto durante l’esame in Commissione, prevede che i comuni, anche attraverso l’utilizzo della base dati SGAte (vedi nota 14), possono adottare strumenti di comunicazione personalizzata in favore della cittadinanza, per incrementare il numero dei beneficiari della Carta acquisti.

Per le risorse necessarie alla sperimentazione si provvede, nel limite massimo di 50 milioni di euro a valere sul Fondo speciale per al soddisfacimento delle esigenze di natura alimentare e anche energetiche e sanitarie dei cittadini meno abbienti[370], (comma 3), che viene corrispondentemente ridotto.

Il comma 4 abroga i commi 46, 47 e 48 del decreto-legge n. 225/2010 che, come sopra ricordato, avevano disposto una sperimentazione della Carta acquisti della durata di un anno.

 

 


 

Articolo 61
(
Norme transitorie e disposizioni in materia di atti amministrativi sottoposti a intesa)

1. Il Ministro per i beni e le attività culturali approva, con proprio decreto da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, norme tecniche e linee guida applicative delle disposizioni contenute nell'articolo 199-bis del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché di quelle contenute nell'articolo 120 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, anche in funzione di coordinamento rispetto a fattispecie analoghe o collegate di partecipazione di privati al finanziamento o alla realizzazione degli interventi conservativi su beni culturali, in particolare mediante l'affissione di messaggi promozionali sui ponteggi e sulle altre strutture provvisorie di cantiere e la vendita o concessione dei relativi spazi pubblicitari.

2. Fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regolamentari attuative dell'articolo 189, comma 3, nono periodo, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, come modificato dall'articolo 20 del presente decreto, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al medesimo articolo 189, comma 3, nono periodo, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nella formulazione vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto, fatta salva la possibilità di definire, con provvedimento dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture d'intesa con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, modelli per la predisposizione dei certificati di esecuzione lavori del contraente generale. A decorrere dalla medesima data di cui al primo periodo, è abrogato l'allegato XXII al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

3. Fatta salva la competenza legislativa esclusiva delle Regioni, in caso di mancato raggiungimento dell'intesa richiesta con una o più Regioni per l'adozione di un atto amministrativo da parte dello Stato, il Consiglio dei Ministri, ove ricorrano gravi esigenze di tutela della sicurezza, della salute, dell'ambiente o dei beni culturali ovvero per evitare un grave danno all'Erario può, nel rispetto del principio di leale collaborazione, deliberare motivatamente l'atto medesimo, anche senza l'assenso delle Regioni interessate, nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine per la sua adozione da parte dell'organo competente. Qualora nel medesimo termine e' comunque raggiunta l'intesa, il Consiglio dei Ministri delibera l'atto motivando con esclusivo riguardo alla permanenza dell'interesse pubblico.

4. La disposizione di cui al comma 3 non si applica alle intese previste dalle leggi costituzionali, alle Regioni a Statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano.

 

 

Le disposizioni in esame istituiscono meccanismi di tipo sostitutivo delle prescritte intese con le regioni, per i casi in cui l’intesa non sia raggiunta o sia tardiva, nonché norme transitorie in materia di contratti pubblici. Esse sono contenute nel titolo III del provvedimento, dedicato anche alla disciplina transitoria, ma hanno effetti a regime.

 

In particolare, il comma 1 dispone che il Ministro per i beni e le attività culturali approvi, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge in esame, un apposito decreto in cui definisca le norme tecniche e le linee guida applicative della disciplina delle procedure per la selezione di sponsor del nuovo art. 199-bis del D.Lgs. n. 163/2006 (cd. Codice dei contratti pubblici), introdotto dall’art. 20, comma 1, lett. h), del decreto legge in esame alla cui scheda si rinvia, nonché di quelle recate dall’art. 120 del D.Lgs. n. 42/2004 (cd. Codice dei beni culturali), anche al fine di coordinare fattispecie analoghe di partecipazione di privati al finanziamento o alla realizzazione degli interventi su beni culturali, tra le quali, in particolare, si fa esplicito riferimento all’affissione di messaggi promozionali sui ponteggi del cantiere ed alla vendita o concessione dei relativi spazi pubblicitari.

 

Si ricorda che l’art. 120 del D.Lgs. n. 42/004 (Codice dei beni culturali) definisce la sponsorizzazione di beni culturali come ogni contributo, anche in beni o servizi, erogato per la progettazione o l'attuazione di iniziative in ordine alla tutela ovvero alla valorizzazione del patrimonio culturale, con lo scopo di promuovere il nome, il marchio, l’immagine, l’attività o il prodotto dell’attività del soggetto erogante. La norma stabilisce, altresì, che possono essere oggetto di sponsorizzazione iniziative del Ministero, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali nonché di altri soggetti pubblici o di persone giuridiche private senza fine di lucro, ovvero iniziative di soggetti privati su beni culturali di loro proprietà. La verifica della compatibilità di dette iniziative con le esigenze di tutela è effettuata dal MIBAC (comma 1). La promozione di cui al comma 1 avviene attraverso l'associazione del nome, del marchio, dell'immagine, dell'attività o del prodotto all'iniziativa oggetto del contributo, in forme compatibili con il carattere artistico o storico, l'aspetto e il decoro del bene culturale da tutelare o valorizzare, da stabilirsi con il contratto di sponsorizzazione (comma 2). Da ultimo il comma 3 prevede che con il contratto di sponsorizzazione vengono altresì definite le modalità di erogazione del contributo nonché le forme del controllo, da parte del soggetto erogante, sulla realizzazione dell'iniziativa cui il contributo si riferisce.

 

Il comma 2 reca una norma transitoria sulle modalità di redazione dei certificati di esecuzione dei lavori richiesti al contraente generale per la qualificazione nelle more dell’entrata in vigore dei nuovi modelli che saranno definiti nel Regolamento di attuazione ed esecuzione del Codice dei contratti pubblici. In particolare, si prevede che fino all’entrata in vigore delle norme regolamentari attuative dell’art. 189, comma 3, nono periodo, del D.Lgs. n. 163/2006, come modificato dall’art. 20, comma 1, lett. g), del decreto legge, in materia di certificati di esecuzione dei lavori richiesti al contraente generale, continuano ad applicarsi le disposizioni del citato art. 189, comma 3, nono periodo, nella formulazione vigente alla data di entrata in vigore del decreto legge  che rinviano all’allegato XXII dello stesso D.Lgs. n. 163.

Viene fatta comunque salva la facoltà dell’AVCP (Autorità di vigilanza sui contratti pubblici) di stabilire, d’intesa con il MIT (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti), appositi modelli per la predisposizione dei certificati di esecuzione lavori del contraente generale.

Da ultimo viene prevista l’abrogazione del citato allegato XXII a decorrere dall’entrata in vigore delle norme regolamentari previste dal primo periodo del comma in esame.

 

Si osserva che sembrerebbe opportuno coordinare tale disposizione con l’art. 100, comma 1, lett. c.2), del citato D.P.R. n. 207/2010, ove si fa un espresso riferimento all’allegato XXII del Codice.

 

Il comma 3, primo periodo, prevede che, fatta salva la competenza legislativa esclusiva delle Regioni, in caso di mancato raggiungimento dell’intesa richiesta con una o più regioni per l’adozione di un atto amministrativo da parte dello Stato, il Consiglio dei Ministri, ove ricorrano gravi esigenze di tutela della sicurezza, della salute, dell’ambiente o dei beni culturali ovvero per evitare un grave danno all’Erario può, nel rispetto del principio di leale collaborazione, deliberare motivatamente l’atto medesimo, anche senza l’assenso delle regioni interessate, nel corso dei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine per la sua adozione da parte dell’organo competente.

 

Nel quadro costituzionale che emerge dalla riforma del titolo V, attuata con la legge costituzionale n. 3 del 2001, i principi di leale cooperazione e di sussidiarietà, secondo l’interpretazione della Corte costituzionale (sent, 303/2003), trovano nell’intesa e nell’accordo con le regioni interessate strumenti fondamentali, che in determinate fattispecie hanno valore di strumenti di codecisione (e non di mera partecipazione), presupponendo il potere decisionale dei soggetti partecipanti alla definizione della materia di interesse comune.

In particolare, la Corte ha escluso la legittimità di discipline che, ai fini del perfezionamento dell’intesa, contengano la «drastica previsione» della decisività della volontà di una sola parte, affermando, al contrario, la necessità che il contenuto dell’atto sia frutto di una codecisione paritaria e indicando, altresì, la necessità di prevedere – in caso di dissenso – idonee procedure per consentire lo svolgimento di reiterate trattative volte a superare le divergenze (sentenze, n. 33 del 2011, n. 121 del 2010, n. 24 del 2007, n. 383 e n. 339 del 2005). Nel caso della sentenza n. 33/2011, la Corte non ha censurato la previsione, in caso di mancato raggiungimento dell’intesa, che ha introdotto un procedimento articolato dapprima, sulla nomina di un comitato a composizione paritaria per addivenire all’accordo, e quindi, in caso di esito negativo, sull’emanazione di un decreto del Presidente della Repubblica adottato previa deliberazione del Consiglio dei ministri cui prende parte il Presidente della Regione interessata.

Nella fattispecie, infatti la Corte ha considerato che veniva prevista e istituzionalizzata una fase di trattative ulteriori attraverso la nomina di un organo ad hoc; e che solo qualora, tuttavia, neppure ciò desse esito positivo, la decisione finale fosse rimessa ad un atto del Governo, con la forma del decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei ministri riunito con la partecipazione regionale. In questo caso quindi non è stata ravvisata “la violazione delle competenze regionali laddove si prevede che l’intesa – che per sua natura è un atto bilaterale – venga adottata dallo Stato con atto unilaterale” poiché non è stato previsto «un superamento “secco” dell’opposizione regionale stigmatizzato da questa Corte, in quanto il decreto del Presidente della Repubblica interviene solo dopo il fallimento delle ulteriori trattative tra le parti, svolte anche attraverso la attivazione del comitato interistituzionale».

Nella giurisprudenza costituzionale il principio di “leale collaborazione”, assume una precisa configurazione non solo in relazione a quello di sussidiarietà, ma anche nell’ambito della “leale cooperazione”, che adempie uno specifico ruolo nei confronti delle esigenze di partecipazione e di consultazione che emergono nei rapporti tra Stato e sistema delle autonomie, mediante diversi strumenti di collaborazione tra i quali quello dell’intesa. In questo senso, l’intesa consente di coordinare l’esercizio delle rispettive competenze e di svolgere attività di interesse comune, con valore di codecisione, esprimendo in alcuni casi un vero e proprio potere decisionale dei soggetti che partecipano.

Così la Corte è intervenuta sulla qualificazione giuridica dell’intesa individuandone due tipologie: le intese cd. deboli, equiparabili a un mero parere e le intese cd. forti, equiparabili a un vero e proprio accordo nel senso anzidetto di una paritaria codecisione in merito al contenuto dell’atto da realizzare (sent. 13 gennaio 2004, n. 6).

 

In materia di intese, oltre alle specifiche disposizioni di legge che, in determinati settori, prevedono le intese con le regioni interessate ed eventuali meccanismi sostitutivi, come, ad esempio, quelli cui si riferiscono le pronunce sopra ricordate, vi è una disciplina di carattere generale sia per le intese con la Conferenza permanente Stato regioni, contenute nell’art. 3 del D.Lgs. 281/1997[371] che disciplina la composizione e le funzioni dell’Organo, sia nella legge n. 241 del 1990, negli artt. 14 ss.. in tema di Conferenza di servizi.

La Conferenza Stato-Regioni è un organo misto, in quanto vi fanno parte sia esponenti regionali, sia esponenti statali; in particolare, è composta dai presidenti delle regioni a statuto speciale e ordinario e dai presidenti delle province autonome ed è presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri, che invita alle riunioni della Conferenza i ministri interessati agli argomenti iscritti all'ordine del giorno, nonché rappresentanti di amministrazioni dello Stato o di enti pubblici (art. 12, co. 2, L. n. 400/1988). Si rammenta che presso la I Commissione Affari Costituzionali della Camera dei deputati, è in corso di esame il disegno di legge recante Delega al Governo per l'istituzione e la disciplina della Conferenza permanente dei livelli di governo (A.C. 4567), volto a creare un nuovo organismo destinato a sostituire la Conferenza Stato – regioni, la Conferenza Stato – città ed autonomie locali e la Conferenza unificata.

Ai sensi del citato art. 3 del D.Lgs. 281/1997, quando un'intesa prevista da legge non è raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri può provvedere con deliberazione motivata. Peraltro, la possibilità di un meccanismo sostitutivo è esclusa per la peculiare tipologia di intese, prevista dalla legge 131/2001 (art. 8). Si tratta di intese, promosse dal Governo in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, espressamente finalizzate a:

·         favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni;

·         raggiungere posizioni unitarie;

·         conseguire obiettivi comuni.

 

Anche la legge 7 agosto 1990 n. 241, in materia di procedimento amministrativo e accesso agli atti, reca norme di carattere generale sulle conferenze di servizi prevedendo che, all'esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduti i termini per la conclusione di questi, l'amministrazione procedente, in caso di VIA statale, può adire direttamente il Consiglio dei Ministri ai sensi dell'art. 26, comma 2, del D.Lgs. n. 152/2006 (Norme in materia ambientale). Difatti, nell’ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA), l’art. 25, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006 prevede, tra l’altro, che le amministrazioni rendano le proprie determinazioni entro 60 gg. dalla presentazione dell'istanza presentata dal proponente all’autorità competente per la realizzazione dell'opera o dell'intervento, ovvero nell'ambito della Conferenza dei servizi istruttoria eventualmente indetta a tal fine dall'autorità competente. Ai sensi del successivo art. 26, commi 1 e 2, la procedura si conclude entro 150 giorni dalla presentazione dell’istanza con un provvedimento espresso e motivato; decorsi inutilmente tali termini, viene esercitato il potere sostitutivo da parte del Consiglio dei ministri (analogo potere sostitutivo dell’intesa è previsto dall’art. 27, commi 8, 9 e 15 del D.lgs. n. 31/2010 al fine di pervenire all’individuazione dell’area destinata ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi).

Avuto, ancora, riguardo alla disciplina generale della conferenza di servizi, qualora venga espresso motivato dissenso da parte di un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la questione, in attuazione e nel rispetto del principio di leale collaborazione e dell'art. 120 della Costituzione, è rimessa, dall'amministrazione procedente, alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, che si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa con le Regioni e le Province autonome interessate ovvero con gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali. Se l'intesa non è raggiunta entro trenta giorni, la deliberazione del Consiglio dei Ministri può essere comunque adottata; se il motivato dissenso è espresso, inoltre, da una Regione o da una Provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, il Consiglio dei Ministri delibera in esercizio del proprio potere sostitutivo con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate.

Con particolare riferimento, poi, ai presupposti di cui al comma 3, tali da giustificare il superamento dell’intesa (gravi esigenze di tutela della sicurezza, della salute, dell’ambiente o dei beni culturali ovvero per evitare un grave danno all’Erario), in via generale l’art. 20 della L. n. 241/1990 (Silenzio assenso) prevede, al comma 4, che la disciplina de qua non si applica agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l'immigrazione, l'asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più DPCM, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti.

 

In tema di potere sostitutivo si ricorda che l’art. 120 Cost., secondo comma, prevede che il Governo possa sostituirsi a organi delle regioni (delle città metropolitane delle province e dei comuni) solo nei seguenti casi: mancato rispetto di norme o trattati internazionali, o della normativa comunitaria, pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, quando lo richiedano la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Lo stesso articolo prevede che la legge definisca le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.

 

Pertanto l’art. 3, comma 1, della legge n. 131/2003 ha disposto che, nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegni all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.  Qualora l'esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia.

Ai fini dell’esame delle disposizioni in commento appare opportuno che ne sia valutata la portata alla luce della giurisprudenza costituzionale che, evidenziando l’accezione procedimentalizzata e dinamica dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, ha stigmatizzato fattispecie normative nelle quali è stato configurato in termini di rigido superamento l’effetto della mancata intesa.

 

Si rileva che la disposizione in esame prevede come facoltà l’intervento sostitutivo del Consiglio dei Ministri.

Inoltre, la stessa disposizione contiene l’inciso “anche senza l’assenso delle regioni interessate”, inciso del quale non appare chiara la portata, visto che il meccanismo sostitutivo si riferisce all’assenza di intesa. Tale intervento può essere effettuato nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine per l’adozione dell’atto da parte dell’organo competente, nel presupposto, evidentemente, che tale atto non sia stato comunque adottato.

 

Dal secondo periodo del comma 3 emerge la fattispecie di intesa raggiunta nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine stabilito per l’adozione dell’atto: in tal caso, nonostante si sia pervenuti all’intesa, è prevista – stavolta non in termini facoltativi, ma prescrittivi – una deliberazione sostitutiva da parte del Consiglio dei Ministri.

Appare pertanto opportuno un chiarimento in merito alla portata del meccanismo sostitutivo previsto dal secondo periodo del comma 3, che, in confronto con quello previsto dal primo periodo, appare necessario e non facoltativo e sembra condurre ad una deliberazione la cui motivazione non sembra incentrata sui precisi presupposti (gravi esigenze di tutela della sicurezza, della salute, dell’ambiente o dei beni culturali ovvero per evitare un grave danno all’Erario) richiesti ai fini del meccanismo sostitutivo facoltativo, ma solo sulla permanenza dell'interesse pubblico.

 

Il comma 4 prevede che i meccanismi sostitutivi previsti dal comma 3 non si applichino alle intese previste dalle leggi costituzionali, alle Regioni a Statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano.

 

 


 

Articolo 62
(
Abrogazioni)

1. A far data dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono o restano abrogate le disposizioni elencate nell'allegata Tabella A.

 

 

L’articolo 62 dispone che, dal sessantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione, “sono o restano abrogate” le disposizioni riportate nella tabella A, allegata al decreto, che contiene, nel testo integralmente sostituito durante l’esame nelle Commissioni riunite, un elenco di 298 atti di varia natura (leggi, regi decreti, regolamenti), a fronte dei 15 atti presenti nel testo approvato dal Consiglio dei ministri.

 

Si rileva che la formula utilizzata - "sono o restano abrogate" - appare suscettibile in taluni casi di ingenerare incertezza circa il “quando” dell’avvenuta abrogazione.

 

Si tratta di disposizioni, nella gran parte dei casi insuscettibili di essere ulteriormente applicate, ascrivibili ad alcuni specifici settori normativi (in particolare: disposizioni ordinamentali, statutarie e in materia concorsuale concernenti le università; disposizioni relative allo svolgimento di concorsi ed esami nel settore scolastico; disposizioni sullo stato giuridico, sui ruoli e sui concorsi del personale delle amministrazioni degli esteri e dell’interno; provvedimenti di fissazione delle date di inizio e della cessazione dell’ora legale adottati in anni pregressi; disposizioni sul fermo biologico o recanti contributi per la pesca; disposizioni di finanziamento degli enti locali, della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, della partecipazione dell’Italia a eventi internazionali svoltisi in passato; provvedimenti approvativi di accordi sindacali in alcuni settori del pubblico impiego; provvedimenti urgenti adottati in occasione di passati eventi calamitosi ovvero in favore di profughi italiani da situazioni di rischio; disposizioni recanti proroghe e differimento di termini; disposizioni recanti concessione di contributi o stanziamenti per enti o associazioni; disposizioni in materia di vini e vinificazione).

 

In alcuni casi, si abrogano alcuni provvedimenti che modificano precedenti atti, che non risultano espressamente abrogati. A titolo esemplificativo, si segnalano i seguenti:

• il n. 3) abroga il DPR 14 gennaio 1970, n. 63, che a sua volta novella il DPR 29 dicembre 1964, n. 1593, concernente l’ordinamento degli studi dell’Accademia del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza, che non risulta esplicitamente abrogato;

• il n. 9) abroga il DPR 26 marzo 1970, n. 1468, che a sua volta sostituisce l’articolo 13 del regolamento approvato con regio decreto 4 giugno 1938, n. 1269, che non risulta esplicitamente abrogato;

il n. 32) abroga il DPR 7 settembre 1971, n. 1274, il quale novella l’articolo 3 del regolamento di cui al DPR 21 marzo 1953, n. 738, che non risulta espressamente abrogato;

• il n. 297) abroga i commi 5-quater e 5-quinquies dell’articolo 2 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, che, a loro volta, novellano il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78.

 

In questi casi, andrebbe valutata l’opportunità di riferire le abrogazioni ai testi oggetto di modifica oltre che ai testi che tali modifiche hanno introdotto, per evitare eventuali dubbi interpretativi.

 

In qualche caso, si procede all’abrogazione del solo decreto-legge in quanto la legge di conversione risulta già abrogata ad opera dell’allegato A all’articolo 24 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112. Il n. 225), invece, abroga il decreto-legge 2 luglio 1986, n. 319, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 1986, n. 445, senza abrogare la relativa legge di conversione, che ad oggi non risulta espressamente abrogata.

 

Infine, si segnala che il n. 262 bis) abroga integralmente il comma 5-quinquies dell’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, il cui primo periodo, insieme al precedente comma 5-quater è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla recente sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 2012.

Il comma 5-quater dichiarato incostituzionale autorizzava le regioni, in caso di dichiarazione dello stato di emergenza, a deliberare aumenti, sino al limite massimo consentito dalla vigente legislazione, di tributi addizionali ed aliquote di competenza regionale. Il primo periodo del comma 5-quinquies, anch’esso caduto sotto la pronuncia di incostituzionalità, prevedeva che qualora le misure adottate ai sensi del comma 5-quater non si rivelassero sufficienti, potesse essere disposto l’utilizzo del Fondo nazionale di protezione civile. Con l’abrogazione dei successivi periodi del medesimo comma viene meno anche la possibilità di reintegrare, a fronte di situazioni emergenziali, il Fondo di riserva per le spese impreviste di cui all’articolo 28 della legge n. 196 del 2009 con le maggiori entrate derivanti dall’aumento dell’aliquota dell’accisa sulla benzina nonché dell’aliquota dell’accisa sul gasolio usato come carburante. La misura dell’aumento, non superiore a cinque centesimi al litro, è stabilita – in base alla disposizione ora abrogata – con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane.

Si segnala che la Commissione Bilancio nel proprio parere ha posto una condizione volta alla soppressione di tale numero così motivandola nelle premesse:

“l’abrogazione del comma 5-quinquies dell’articolo 5 della legge 225 del 1992, non può essere consentita in quanto farebbe venire meno la fonte di finanziamento del Fondo di cui all’art. 28 della legge n. 196 del 2009, e che, tenuto anche conto della serie storica delle spese sostenute relativamente al pregresso triennio per le emergenze, presumibilmente non si potrebbe far fronte alle finalità previste a legislazione vigente con le risorse iscritte a tale Fondo.”


 

Articolo 62-bis
(Clausola di salvaguardia)

1. Le disposizioni del presente decreto si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001. n. 3.

 

 

L'articolo in esame, inserito durante l'esame del provvedimento in sede referente, introduce nella legge – con riferimento a tutte le sue disposizioni - la clausola di “compatibilità” con l’ordinamento delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.

Le disposizioni della legge non modificano il quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale) e dalle relative norme di attuazione; esse si applicano pertanto in quegli ordinamenti solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di quegli enti.

L’esplicitazione di questo principio è stata introdotta in passato principalmente nelle leggi finanziarie per evitare che regioni e province autonome, nel dubbio sull’effettiva estensione di disposizioni che incidono sulle materie di loro competenza, ritenessero necessario chiedere una pronuncia alla Corte costituzionale. Proprio la Corte costituzionale tuttavia ha ribadito in una serie di pronunce concernenti le leggi finanziarie, che «simili clausole, formulate in termini generici, non hanno l'effetto di escludere una lesione della potestà legislativa regionale»[372].

 

La norma in esame richiama inoltre la legge costituzionale n. 3 del 2001, che, com'è noto, ha riformato il sistema delle autonomie, lasciando inalterato la distinzione tra autonomie ordinarie e speciali, ed ha introdotto la cosiddetta clausola di maggior favore.

L'articolo 10 della legge costituzionale 3/2001 ha infatti disposto la possibile applicazione delle disposizioni della legge costituzionale alle regioni a statuto speciale «per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite», fino all’adeguamento dei rispettivi statuti. In sostanza, la Corte costituzionale valuta in relazione a ciascuna questione di legittimità - se prendere a parametro l’articolo 117 Cost. anziché le norme statutarie, nel caso in cui la potestà legislativa da esso conferita nella materia oggetto della questione, assicura una autonomia più ampia di quella prevista dagli statuti speciali[373].

 

Il richiamo alla legge costituzionale 3/2001, si ritiene si debba intendere riferito in particolare all'articolo 10.

 

 

 


 

 



[1]     L. 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

[2]     L. 18 giugno 2009, n. 69, Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile.

[3]     Per i procedimenti amministrativi relativi all’acquisto della cittadinanza italiana e all’immigrazione non si applica il limite di durata massima di centottanta giorni.

[4]     Per l’attuazione dell’art. 7 della Legge n. 69/2009 sono state adottate Linee di indirizzo con D.M. 12 gennaio 2010, in base alla quali, in caso di termini procedimentali superiori a novanta giorni e comunque inferiori a centottanta giorni, le Amministrazioni dovranno fornire una motivazione puntuale, con riferimento a ciascuno dei singoli procedimenti per i quali esse ritengono di dover stabilire questo diverso e maggiore termine, con riferimento alle ragioni giustificatrici indicate dalla legge n. 69 del 2009 (sostenibilità dei tempi sotto il profilo della organizzazione amministrativa, natura degli interessi pubblici tutelati, particolare complessità del procedimento).

[5]     D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo.

[6]     D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.

[7]     D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[8]     D.L. 31 maggio 2010, n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito in legge, con modificazioni, da L. 30 luglio 2010, n. 122.

[9]     D.L. 13 maggio 2011, n. 70, Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia, convertito in legge, con modificazioni, da L. 12 luglio 2011, n. 106.

[10]    L. 11 novembre 2011, n. 180, Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese.

[11]    L. 28 novembre 2005, n, 246, Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005.

[12]    D.L. 10 gennaio 2006, Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 9 marzo 2006, n. 80.

[13]    D.L. 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito con modificazioni da L. 6 agosto 2008, n. 133.

[14]    D.L. 13 maggio 2011, n. 70, Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106.

[15]    La disposizione precisa altresì che costituiscono livelli di regolazione superiori:

      l’introduzione o il mantenimento di requisiti, standard, obblighi e oneri non strettamente necessari per l’attuazione delle direttive;

      l’estensione dell’ambito soggettivo o oggettivo di applicazione delle regole rispetto a quanto previsto dalle direttive, ove comporti maggiori oneri amministrativi per i destinatari;

      l’introduzione o il mantenimento di sanzioni, procedure o meccanismi operativi più gravosi o complessi di quelli strettamente necessari per l’attuazione delle direttive.

[16]    L. 28 novembre 2005, n. 246, Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005.

[17]    L'AIR non è effettuata per i disegni di legge costituzionale; gli atti normativi in materia di sicurezza interna ed esterna dello Stato; i disegni di legge di ratifica di trattati internazionali, che non comportino spese o istituzione di nuovi uffici.

[18]    Il regolamento di attuazione è stato adottato con D.P.C.M. 11 settembre 2008, n. 170, Regolamento recante disciplina attuativa dell'analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR), ai sensi dell'articolo 14, comma 5, della legge 28 novembre 2005, n. 246.

[19]    L. 28 novembre 2005, n. 246, Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005.

[20]    La disciplina attuativa della VIR è stata adottata con apposito regolamento (D.P.C.M. 19 novembre 2009, n. 212), che ne disciplina i casi di effettuazione, i contenuti e le modalità procedurali.

[21]    D.L. 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito con modificazioni da L. 6 agosto 2008, n. 133.

[22]    Il Piano per la semplificazione amministrativa per le imprese e le famiglie 2010-2012, presentato dal Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e accolto dal Consiglio dei Ministri del 7 ottobre 2010 ha definito obiettivi, strumenti, piani operativi e tempi per raggiungere entro il 2012 il traguardo di un taglio pari ad almeno il 25% dei costi della burocrazia, stimati complessivamente in circa 68 miliardi di euro l'anno. Inoltre dà conto delle attività fin qui svolte nel processo di misurazione degli oneri amministrativi nelle diverse aree amministrative.

[23]    I membri del Comitato, pari a dodici, sono per metà designati da autorità centrali, ovvero due dal Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione; due dal Ministro per la semplificazione normativa, due dal Ministro per i rapporti con le regioni, e per metà dalla Conferenza unificata, di cui tre tra i rappresentanti delle regioni, uno tra quelli delle province e due tra quelli dei comuni. I risultati della misurazione sono comunicati al Parlamento e ai Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa.

[24]    D.L. 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito con modificazioni da L. 6 agosto 2008, n. 133.

[25]    Art. 381, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495 e successive modificazioni (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada). In particolare, il contrassegno è rilasciato dal sindaco del comune di residenza, a cui si presenta la certificazione medica rilasciata dall'ufficio medico-legale dell'ASL di appartenenza, che accerta con visita medica l’effettiva capacità di deambulazione sensibilmente ridotta della persona richiedente. L'autorizzazione ha validità 5 anni. Il rinnovo avviene con la presentazione del certificato del medico curante che confermi il persistere delle condizioni sanitarie che hanno dato luogo al rilascio.

[26]    L'articolo 15, comma 1, lettera c) del D.P.R. 917/1986 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi) prevede, tra l’altro, una detrazione di imposta pari al 19% dell’ammontare della spesa, nei limiti di un importo di 18.075,99 euro.

[27]    Convertito con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.

[28]    Previste all’art.1, legge 15 ottobre 1990, n. 295 (In materia di revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti), che esercitano gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità dell'intervento assistenziale permanente e alla capacità complessiva individuale residua.

[29]    Con dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà sulla conformità all’originale, resa dall’istante ai sensi dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa).

[30]    Ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri). In particolare, su tali atti è previsto il parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia.

[31]    Di cui all'articolo 8, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali).

[32]    Articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124 (Ridefinizione del sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni, a norma dell'articolo 59, comma 50, della L. 27 dicembre 1997, n. 449).

[33]    Legge 15 luglio 2003, n 189, e Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 aprile 2004.

[34] D.P.R. 20 marzo 1967 n. 223, Approvazione del testo unico delle leggi per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali.

[35]    D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell’amministrazione digitale.

[36]    Legge 29 luglio 2003, n. 229, Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. Legge di semplificazione 2001.

[37]    D.Lgs. 5 aprile 2006, n. 159, Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante codice dell’amministrazione digitale.

[38]    D.Lgs. 30 dicembre 2010 n. 235 Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante Codice dell'amministrazione digitale, a norma dell'articolo 33 della legge 18 giugno 2009, n. 69.

[39]    Tali considerazioni sono emerse in occasione di un incontro tenutosi il 21 febbraio 2012, presso la sede di DigitPA, fra tale autorità e l’Associazione Italiana Istituti di Pagamento e di Moneta Elettronica volto a condividere, anche con gli operatori economici, i provvedimenti predisposti dal Gruppo di lavoro della Commissione SPC ai sensi dell’art. 5 comma 3 del CAD. il confronto ha avuto come obiettivo precipuo il coinvolgimento delle Payment Institution e gli IMEL nella definizione delle regole tecniche per l’effettuazione dei pagamenti alla pubblica amministrazione con modalità informatiche.

[40]    D.L. 13 maggio 2011 n. 70, Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia.

[41]    Disposizioni urgenti per l'università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti , convertito in legge, con modificazioni dall'art. 1, L. 31 marzo 2005, n. 43 (G.U. 1° aprile 2005, n. 75), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

[42]    “Codice dell’amministrazione digitale”.

[43]    “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa”. Tale comma, in particolare, ha disposto che le istanze e le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà da produrre agli organi della amministrazione pubblica o ai gestori o esercenti di pubblici servizi debbano essere sottoscritte dall'interessato in presenza del dipendente addetto ovvero sottoscritte e presentate unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore.

[44]    R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore. Si ricorda che per quanto riguarda l’esame per l’accesso alla professione, la legge professionale è stata modificata dal decreto-legge 21 maggio 2003, n. 112, Modifiche urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione alla professione forense, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 18 luglio 2003, n. 180.

[45]    Si ricorda che in base all'art. 31 del DPR 382/1980, i ricercatori sono soggetti alla conferma in ruolo tre anni dopo l’immissione, previa valutazione dell’attività scientifica e didattica da parte di una commissione nazionale composta, per ogni raggruppamento disciplinare, da tre professori di ruolo estratti su un numero triplo di docenti designati dal C.U.N. La Commissione si basa anche su una motivata relazione del Consiglio di facoltà o del dipartimento. Se il giudizio è favorevole, il ricercatore è immesso nella fascia dei ricercatori confermati.

[46]    Legge 30 dicembre 2010, n. 240, Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario.

[47]    Gli artt. 285 e 286 citati rinviano alle specifiche indicate dalle parti II e III dell'Allegato IX alla parte quinta del D.Lgs. 152/2006 e alle ulteriori caratteristiche tecniche e valori di emissione previsti dai piani e dai programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa, ove necessari al conseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell'aria.

[48]    www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/dettaglio.asp?d=66448.

[49] Correzione materiale del testo A annunciata dal Presidente all’Assemblea nella seduta dell’8 marzo 2012 (Resoconto stenografico dell’Assemblea, seduta dell’8 marzo 2012, pag. 23).

[50]    Domenico Chinello, I parcheggi interrati della “legge Tognoli” possono realizzarsi su aree pertinenziali esterne di terzi, in “Immobili e proprietà” n. 4/2011.

[51]    Più specificatamente si evidenzia che l’apparecchio di controllo è obbligatorio il trasporto di passeggeri effettuato con veicoli atti a trasportare più di nove persone compreso il conducente e il trasporto di merci effettuato con veicoli di massa massima ammissibile, compresi eventuali rimorchi o semirimorchi, superiore a 3,5 tonnellate.

[52]    D.L. 6 febbraio 1987, n. 16, recante “Disposizioni urgenti in materia di autotrasporto di cose e di sicurezza stradale” e convertito, con modificazioni dalla legge 30 marzo 1987, n. 132.

[53]    Il comma 4, relativamente alla revisione periodica del veicolo, faceva riferimento al vecchio codice della strada (testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393).

[54]    Convertito, con modificazioni, dalla L. 14 settembre 2011, n. 148.

[55]    Convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.

[56]    Il comma 8 prevede che l’abrogazione venga effettuata quattro mesi dopo l’entrata in vigore della norma.

[57]    Definiti dall’art. 4 del 26 marzo 2010, n. 59.

[58]    Definiti dall’art. 5 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59.

[59]    Lo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) è uno strumento di innovazione e semplificazione amministrativa nei rapporti tra la Pubblica Amministrazione (PA) e l’utenza. Articolo 38, comma 3, del D.L. 112/2008.

[60]    Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57.

[61]    Ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988,n. 400, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.

[62]    La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni (articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281).

[63] Ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

[64] Convertito, con modificazioni, dalla L. 40/2007.

[65] Di cui alla legge 4 gennaio 1990, n. 1.

[66] Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.

[67] D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59, recante l’attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno.

[68] Valori mobiliari, quote di OICVM, strumenti del mercato monetario, futures su strumenti finanziari, contratti a termine su tassi di interesse (FRA), swaps ed equity swaps, opzioni.

[69]    Cfr. rapporto Eurispes 2008 che ha diffuso i dati in possesso del Dipartimento armi ed esplosivi del Ministero dell’interno. Secondo tale studio, sarebbero 34 mila i cittadini italiani con un porto d’armi per difesa (erano 41.395 nel 2002); 750 mila i cacciatori con porto d’arma uso caccia; 178 mila i possessori di porto di fucile per tiro a volo.

[70]    L’articolo prevede che per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI.

[71]    Ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988,n.400, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.

[72]    Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.

[73]    “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa”.

[74]    Di cui all’articolo 3, comma 8, del D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, “Attuazione della direttiva 95/57/CE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili”.

[75]    D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, “Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti”, convertito in legge, con modificazioni dall'articolo 1, L. 23 febbraio 2006, n. 51.

[76]    Articolo 2, comma 1, D.L. 25 settembre 2002, n. 210, Disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di rapporti di lavoro a tempo parziale” convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, L. 22 novembre 2002, n. 266.

[77]    Articolo 10, comma 7, D.L. 30 settembre 2005, n. 203, “Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, L. 2 dicembre 2005, n. 248.

[78]    Articolo 1, comma 553, della L. 23 dicembre 2005, n. 266, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)”.

[79]    D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151,Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della L. 8 marzo 2000, n. 53”.

[80]    L. 8 novembre 2000, n. 328, Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

[81]    Sul punto, Gregori E., Viganò G., Liveas ed esperienze di monitoraggio. Verso la costruzione di un Sistema Informativo Nazionale dei Servizi Sociali, Paper for the Espanet Conference “Innovare il welfare. Percorsi di trasformazione in Italia e in Europa”, Milano, 29 Settembre — 1 Ottobre 2011 http://www.synergia-net.it/uploads/attachment/20-gregori-viga_1322066328.pdf.

      Sulle esperienze regionali legate alla creazione di Sistemi informativi dei servizi sociali o sull’adozione di cartelle sociali telematiche, come in Piemonte, si rinvia a: Busso S., Dagnes  J., Tra esigenze locali e necessità di coordinamento. Riflessioni sui meccanismi della multilevel governance a partire dal processo di adozione della cartella sociale informatizzata, Paper for the Espanet Conference “Innovare il welfare. Percorsi di trasformazione in Italia e in Europa”, Milano, 29 Settembre — 1 Ottobre 2011. http://www.espanet-italia.net/conferenza2011/edocs1/sess%2014/14-busso-dagnes.pdf.

[82]    Citiamo a titolo esemplificativo alcuni esempi: la Regione Lazio ha costituito il Sistema Informativo dei Servizi Sociali con Delibera di Giunta n. 814/2004 e Determinazione n. D1004/2005. Attraverso le rilevazioni effettuate presso le strutture dei servizi socio-assistenziali presenti sul territorio, il SISS raccoglie, elabora e diffonde i dati su l'offerta di servizi sociali nella regione; la regione Puglia ha avviato dal 2006, in virtù della LR 19 dello stesso anno, uno sperimentazione sui flussi informativi relativi ai servizi sociali, all’interno dei quali è ricompresa la gestione dei dati sulle residenze per anziani.

[83]    D.L. 31 maggio 2010, n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122.

[84]    D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109, Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della L. 27 dicembre 1997, n. 449.

[85]    Le informazioni contenute in questa sezione sono state tratte da: Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Rapporto ISEE 2011, Quaderni della ricerca sociale 13, marzo 2011. Il rapporto è consultabile online: http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/FD9DD2FE-182C-4054-81A5-0533E9AC2083/0/RapportoISEE2011.pdf.

[86]    A livello nazionale fra le prestazioni nazionali erogate sulla base dell’ISEE si ricordano: social card, assegno per nuclei familiari con almeno tre figli, assegni di maternità per madri prive di altra garanzia assicurativa, fornitura gratuita o semigratuita di libri di testo, erogazione borse di studio, prestazioni  del diritto allo studio universitario, tariffa sociale per il servizio di distribuzione o vendita dell’energia elettrica, agevolazioni per il canone telefonico.

[87]    A livello locale fra le prestazioni nazionali erogate sulla base dell’ISEE si ricordano:asili nidi e altri servizi per l’infanzia, mense scolastiche, servizi sociosanitari diurni e residenziali, altre prestazioni assistenziali.

[88]    D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici  convertito con modificazioni dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.

[89]    L’emendamento 16.12 ha introdotto i Comuni fra i destinatari delle informazioni del Casellario dell’assistenza. Tale esigenza è stata più volte ribadita nel corso dell’esame in Commissione XII (Affari sociali) della Camera.

[90]    Emendamento 16.2 dei Relatori.

[91]    L. 8 marzo 1989, n. 88, Ristrutturazione dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

[92]    Il Bilancio Sociale espone una sintesi ragionata delle molteplici funzioni svolte dall’INPS, approfondendo gli effetti redistributivi nell’ambito della spesa sociale. Scopo principale del Bilancio Sociale è quello di misurare gli effetti dell’azione dell’Inps sui beneficiari delle prestazioni e su coloro che a vario titolo sono interessati dall’agire dell’Istituto. Annualmente vengono pertanto evidenziati gli effetti dei trasferimenti complessivi sulle famiglie, le caratteristiche delle prestazioni sociali erogate e dei relativi beneficiari; nonché vengono approfonditi alcuni argomenti di particolare rilievo.

[93]    Molte delle informazioni riportate sono tratte da: Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Rapporto sulla non autosufficienza in Italia, febbraio 2011 http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/9B939247-1A95-468A-9A54-6E58BE0DD85C/0/Rapportononautosufficienza2010.pdf.

[94]    ISTAT, Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari: anno 2005, 2 marzo 2007. L’indagine dell’Istat utilizza la seguente definizione di disabilità: Una persona è definita “disabile” se presenta gravi difficoltà a carattere permanente in almeno una delle seguenti dimensioni: confinamento a letto, su una sedia o in casa; difficoltà di movimento; difficoltà nelle funzioni quotidiane (assenza di autonomia nelle essenziali attività quotidiane e di cura della persona – lavarsi o farsi il bagno da soli, mangiare da solo, mettersi a letto da soli, ecc.); difficoltà nella comunicazione (vista, udito e parola). Nel rilevare il fenomeno della disabilità l’Istat ha fatto sempre riferimento al questionario predisposto negli anni ’80 da un gruppo di lavoro dell’OCSE sulla base della classificazione OMS (ICIDH – International Classification of Impairment, Desease, Disability and Handicap -1980). Sebbene siano noti i limiti di tale strumento, non è a tutt’oggi disponibile una operazionalizzazione della nuova classificazione ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health), approvata dall’OMS nel 2001 e condivisa a livello internazionale.

[95]    Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, Intesa 23 marzo 2005 Intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131,in attuazione dell'articolo 1, comma 173, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

[96]    Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Decreto 17 dicembre 2008, Istituzione della banca dati finalizzata alla rilevazione delle prestazioni residenziali e semiresidenziali.

[97]    Emendamento 16.2 dei Relatori.

[98]    L’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) è costituito da una componente reddituale (indicatore della situazione reddituale, ISR) e da una componente patrimoniale (indicatore della situazione patrimoniale, ISP) ed è reso confrontabile per famiglie di diversa numerosità e caratteristiche mediante l’uso di una scala di equivalenza (SE).

[99]    Di cui all’articolo 4 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109, recante “Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della L. 27 dicembre 1997, n. 449, come modificato dal D.Lgs. 3 maggio 2000 n. 130”.

In particolare, la Dichiarazione sostitutiva unica (DSU) è il modello di autocertificazione con cui il cittadino richiede le prestazioni agevolate, sottoposte alla prova dei mezzi tramite ISEE. E’ “unica” in quanto vale per tutti i componenti il nucleo familiare e può essere usata da ciascuno di questi per la richiesta di prestazioni sociali nel corso della sua validità, pari ad un anno dalla sottoscrizione.

[100] D.P.C.M. 9 aprile 2001, “Disposizioni per l'uniformità di trattamento sul diritto agli studi universitari, a norma dell'art. 4 della L. 2 dicembre 1991, n. 390”.

[101] Il comma 1 sopra richiamato dispone che gli enti eroganti le prestazioni comunichino i dati dei soggetti beneficiari all'INPS; tali informazioni sono trasmesse, in forma anonima, anche al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini dell'alimentazione del Sistema informativo dei servizi sociali, istituito dall’articolo 21 della legge 8 novembre 2000, n. 328, recante “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, ed organizzato dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni, per gestire le informazioni sulle prestazioni sociali.

[102] Che fanno riferimento al limite dei 5.000 euro.

[103] Legge 30 dicembre 1991 n. 412, recante “Disposizioni in materia di finanza pubblica”.

[104] Legge 7 agosto 1990, n. 241, “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”. In particolare, la norma richiamata prevede che i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l'istruttoria del procedimento, sono acquisiti d'ufficio quando sono in possesso dell'amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L'amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti.

[105] In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi, per l'INPS, la Determinazione 24 giugno 2011, n. 277, recante “Istanze e servizi INPS - Presentazione telematica in via esclusiva – Decorrenza”.

[106] Ai sensi della citata norma, la data della scrittura privata di cui non sia autenticata la sottoscrizione non è certa e computabile riguardo ai terzi, se non dal giorno in cui la scrittura è stata registrata o dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di uno di coloro che l'hanno sottoscritta, o dal giorno in cui il contenuto della scrittura è riprodotto in atti pubblici o, infine, dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l'anteriorità della formazione del documento.

[107]  D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 463, recante “Semplificazione in materia di versamenti unitari per tributi determinati dagli enti impositori e di adempimenti connessi agli uffici del registro, a norma dell'articolo 3, comma 134, lettere f) e g), della L. 23 dicembre 1996, n. 662”.

[108] Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica. convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

[109]  La disposizione è stata modificata rispetto al testo iniziale durante l’esame in Commissione, chiarendo che la quota dello 0,20% è calcolata sulle commissioni di interscambio conseguite dalla gestione del servizio per i pagamenti diretti.

[110] Si ricorda infine che l’articolo 12, commi 3-8, demanda inoltre ad un’apposita convenzione – stipulata tra il Ministero dell’economia e delle finanze, la Banca d’Italia, l’Associazione bancaria italiana, Poste italiane SpA e le associazioni dei prestatori di servizi di pagamento - il compito di definire le caratteristiche di un conto corrente di base o di un conto di pagamento “di base”, che le banche, le Poste e i prestatori di servizi di pagamento saranno tenute ad offrire senza costi di gestione. Il rapporto del conto corrente di base è esente dall’imposta di bollo per le fasce socialmente svantaggiate di clientela.

[111] D.L. 30 settembre 2005, n. 203, Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248.

[112] “Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale”.

[113] “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”.

[114] Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'art. 1, comma 6, del  D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.

[115] D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa.

[116] D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'art. 1, comma 6, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.

[117] L. 12 novembre 2011, n. 183, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2012).

[118] Si ricorda, inoltre, che l’articolo 4-bis, comma 2, del D.Lgs. L. 21 aprile 2000, n. 181, recante disposizioni per agevolare l'incontro fra domanda ed offerta di lavoro, ha disposto l’obbligo, per i datori di lavoro pubblici e privati, all'atto della assunzione, prima dell'inizio della attività di lavoro, di consegnare ai lavoratori una copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro di cui al richiamato articolo 9-bis, comma 2, del D.L. 510/1996. Tale adempimento è valido altresì per la contestuale osservanza dell’obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro, di cui al D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152, recante l’attuazione della direttiva 91/533/CEE concernente l'obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro. L'obbligo si intende assolto nel caso in cui il datore di lavoro consegni al lavoratore, prima dell'inizio della attività lavorativa, copia del contratto individuale di lavoro che contenga anche tutte le informazioni previste dal richiamato D.Lgs. 152. Tale disposizione non si applica per il personale della P.A. in regime di diritto pubblico, di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 165/2001.

Il successivo comma 5 dello stesso articolo 4-bis ha inoltre previsto l’obbligo di comunicazione, per i datori di lavoro privati, gli enti pubblici economici e le pubbliche amministrazioni, per quanto di competenza, anche in caso di trasformazione da rapporto di tirocinio e di altra esperienza professionale a rapporto di lavoro subordinato, di determinate variazioni del rapporto di lavoro entro cinque giorni dal loro verificarsi, al servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro (le variazioni sono le seguenti: proroga del termine inizialmente fissato; trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato; trasformazione da tempo parziale a tempo pieno; trasformazione da contratto di apprendistato a contratto a tempo indeterminato; trasformazione da contratto di formazione e lavoro a contratto a tempo indeterminato; trasferimento del lavoratore; distacco del lavoratore; modifica della ragione sociale del datore di lavoro; trasferimento d'azienda o di ramo di essa).

[119]  “Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale”.

[120] “Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale”.

[121] D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, “Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo1 , comma 1, L. 28 novembre 1996, n. 608.

[122] “Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES”.

[123] “Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES”.

[124] “Regolamento di esecuzione della L. 12 marzo 1999, n. 68, recante norme per il diritto al lavoro dei disabili”.

[125] Si ricorda che il richiamato articolo 3 disciplina le modalità di computo della quota di riserva per il collocamento obbligatorio nonché le esclusioni dalla stessa. Più specificamente, il comma 5 stabilisce la facoltà, per i datori di lavoro pubblici o privati che occupano da 15 a 35 dipendenti, in caso di assunzione di un lavoratore disabile, con invalidità superiore al 50% o ascrivibile alla quinta categoria, in base alla tabella allegata al D.P.R. 18 giugno 1997, n. 246, con contratto a tempo parziale, di computare il lavoratore medesimo come unità, a prescindere dall'orario di lavoro svolto.

[126] “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”.

[127]  In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.M. 9 luglio 2008, Modalità di tenuta e conservazione del libro unico del lavoro e disciplina del relativo regime transitorio. Il D.M. è stato pubblicato nella Gazz. Uff. 18 agosto 2008, n. 192.

[128] Al riguardo il menzionato D.M. 9 luglio 2008, all’articolo 6 (Obbligo di conservazione), ha stabilito che il datore di lavoro ha l'obbligo di conservare il libro unico del lavoro per un periodo di 5 anni dalla data dell'ultima registrazione e di custodirlo nel rispetto del D.Lgs. 196/2003, in materia di protezione dei dati personali. L'obbligo di conservazione in questione è esteso ai libri obbligatori in materia di lavoro dismessi in seguito all'entrata in vigore della disciplina relativa al libro unico del lavoro di cui all'art. 39 del D.L. 112/2008 e alle disposizioni del medesimo D.M..

[129]  L. 24 novembre 1981, n. 689, Modifiche al sistema penale.

[130] “Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici”.

[131] http://www.avcp.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=4890.

[132] Si legge ancora nella segnalazione che “con l’intento di rendere effettivo, anche in materia di appalti, il principio dell’acquisizione d’ufficio della documentazione, l’Autorità ha già avviato una sperimentazione per la costituzione del “fascicolo virtuale dell’impresa”, come strumento base per lo scambio informativo con l’amministrazione, nel quale far confluire tutta la documentazione concernente i requisiti sia di ordine generale che speciale. In tal modo, l’impresa, anziché vedersi costretta a produrre la documentazione attestante il possesso dei requisiti gara per gara, assolverà a tale onere mediante un unico invio alla BDNCP, beneficiando di una consistente riduzione dei costi per la partecipazione alle procedure di gara, anche in termini di semplificazione dei relativi adempimenti.

[133] Audizione dell’AVCP nella seduta n. 46 del 2 febbraio 2012.

[134] http://www.avcp.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=4890.

[135] Pubblicata nel Bollettino dell’AGCM n. 2/2012 consultabile sul http://www.agcm.it/bollettino-settimanale/5877-bollettino-22012.html.

[136] Pubblicata sul sito dell’AVCP http://www.avcp.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=4911.

[137]http://www.agcm.it/component/domino/download/C12563290035806C/2F144F9C37B1C16AC12573D0003E0A6C.html?a=AS439.pdf.

[138] http://www.avcp.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=182.

[139] “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30”.

[140] D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, pubblicato nella G. U. 6 dicembre 2011, n. 284.

[141]  I contratti di programma sono stipulati tra l'Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) e le società di gestione aeroportuali e disciplinano il profilo tariffario, la realizzazione del piano degli investimenti e il rispetto degli obiettivi di qualità e di tutela ambientale relativi all’aeroporto per il quale il contratto è stipulato.

[142]  D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, recante “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, il cui disegno di legge di conversione è attualmente all’esame del Senato (A.S. 3110).

[143]  I diritti aeroportuali sono gli importi pagati dagli utenti dell'aeroporto per l'utilizzo delle infrastrutture e dei servizi forniti dal gestore aeroportuale, connessi all'atterraggio, al decollo, all'illuminazione e al parcheggio degli aeromobili e alle operazioni relative ai passeggeri e alle merci.

[144]  D.L. 30 settembre 2005, n. 203, recante “Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria” e convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 238.

[145]  Legge 24 dicembre 1993, n. 537, recante “Interventi correttivi di finanza pubblica”.

[146]  D.L. 1° luglio 2009, n. 78, recante “Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini”, e convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102. L’articolo 17, comma 34-bis, è stato successivamente modificato dall’articolo 47, comma 3-bis, del D.L. D.L. 31 maggio 2010, n. 78, recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, e convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

[147] Relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 5, commi 18 e 19, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, in materia di prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento (Doc. XXVII, n. 29), trasmessa alla Presidenza della Camera l'11 marzo 2011 (www.camera.it/_dati/leg16/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/027/029_RS/intero_com.pdf).

[148] Il numero delle imprese attive nel 2009 nel settore “Industria in senso stretto” è di circa 453.000 unità (www.istat.it/it/files/2011/06/Report.pdf?title=Struttura+e+dimensione+delle+imprese+-+01%2Fgiu%2F2011+-+Testo+integrale.pdf).

[149] D.L. 31 maggio 2010, n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito in legge, con modificazioni, da L. 30 luglio 2010, n. 122.

[150] Il D.Lgs. 128/2010 è infatti stato pubblicato nella G.U. 11 agosto 2010, n. 186, S.O.

[151] Si tratta: dei progetti elencati nell'allegato II (progetti di competenza statale) che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati per più di due anni; delle modifiche o estensioni dei progetti elencati nell'allegato II che possono avere impatti significativi e negativi sull'ambiente; dei progetti elencati nell'allegato IV Progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano).

[152] Si ricorda che l'Elenco ufficiale delle aree naturali protette, che raccoglie tutte le aree naturali protette, marine e terrestri che rispondono ai criteri stabiliti dalla Delibera del Comitato Nazionale per le Aree Naturali Protette del 1° dicembre 1993, attualmente in vigore è quello approvato con la Delibera della Conferenza Stato-Regioni del 17 dicembre 2009 e contenuto nel D.M. Ambiente 27 aprile 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 125 del 31 maggio 2010 (www.minambiente.it/export/sites/default/archivio/normativa/dm_27_04_2010.pdf).

[153] Tratto da M. Rotunno, Spedizioni Transfrontaliere di Rifiuti: regime normativo e quadro procedurale - Le spedizioni soggette ad obblighi generali di informazione e le esportazioni verso Paesi non-OCSE (2009), disponibile all’indirizzo internet (www.confindustriaravenna.it/admin/PagPar.php?op=fg&id_pag_par=3961&fld=file).

[154] Fonte: Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati, Rapporto di sostenibilità 2010 (www.coou.it/DOCS/EL_339_rapportoCOOU2010.pdf).

[155] D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, pubblicato nella G. U. 10 dicembre 2010, n. 288.

[156] Per approfondimenti sulla disciplina degli PFU si veda www.reteambiente.it/Pneumatici, nonché i testi dei decreti sul sito del Ministero dell'ambiente all’indirizzo www.minambiente.it/home_it/menu.html?mp=/menu/menu_attivita/&m=argomenti.html%7CRifiuti_e_bonifiche.html%7CRegolamento_gestione_pfu.html.

[157] Il D.Lgs. 27 maggio 1999, n. 165, è stato successivamente modificato ed integrato dal D.Lgs. 188/2000, cui si sono aggiunte le novelle recate dal D.L. 22 ottobre 2001, n. 381.

[158]  Va rammentato che il Reg. (CE) n. 1290/2005 del 21 giugno 2005, relativo al finanziamento della PAC, ha sostituito il FEOGA, distinto nelle due sezioni “garanzia” e “orientamento”, con due nuovi fondi: il Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) destinato a finanziare le misure di mercato, ed il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) riservato al finanziamento delle misure di sviluppo rurale..

[159]  Il D.Lgs. n. 165/1999 ha attribuito alle regioni l’incarico di istituire servizi e organismi (in possesso dei requisiti prescritti dai regolamenti comunitari) aventi le funzioni di organismo pagatore, spostando in questo modo a livello regionale la competenza sulla tenuta dei conti relativi ai finanziamenti Feoga.

[160] Il Registro Nazionale Titoli (RNT) è istituito da AGEA, presso il SIAN, ai sensi dell'articolo 3 del D.L. 182 del 9 settembre 2005 convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 11 novembre 2005, n. 231.

[161]Il Regolamento (CE) n. 1782/2003 ha stabilito la progressiva eliminazione degli aiuti diretti concessi agli agricoltori in relazione alla produzione, ed una loro sostituzione con forme di aiuto disaccoppiate che, prescindendo dalla produzione, assegnano all'agricoltore la più ampia facoltà di decidere in merito alla coltura da produrre. Il reg. 1782, che si applica dal 1° gennaio 2005, pur conservando vari regimi di pagamento diretto preesistenti, ha introdotto per la maggior parte delle organizzazioni comuni di mercato (OCM) un regime di pagamento unico che ha assorbito gli aiuti in precedenza erogati a numerose produzioni vegetali e animali, ed è determinato in base ai diritti maturati in precedenza, nell’arco di un periodo di riferimento, ma adattati sia in connessione con l’attuazione di Agenda 2000 che con le ulteriori disposizioni dello stesso re. 1782. Il diritto all’aiuto di cui sopra viene posto in relazione con la superficie traducendolo in diritti all’aiuto per ettaro, sulla base del numero medio di ettari che nel precedente triennio ha dato diritto ai pagamenti diretti di fonte comunitaria (art. 43 del regolamento). L’articolo 3 (commi 1 e 2) del D.L. n. 182/2005 ha assegnato all’Agea il compito di istituire un registro nel quale iscrivere per singolo agricoltore i diritti all’aiuto di cui è titolare sulla base del reg. CE 1782/2003. Tale provvedimento peraltro definisce il nuovo registro “Registro nazionale titoli”.

[162] Nel seguente sito sarebbero censiti altri organismi regionali in via di costituzione:

http://www.agrolinker.com/italiano/argomenti/politicagr/orgapagatori1.html

[163] Secondo lo stesso articolo 2135 “per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine” e “si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”.

[164]  L’aiuto temporaneo è definito all’art. 110-octodecies del regolamento 1782/2003 introdotto dall’articolo 1 punto 15) del regolamento n. 319/2006.

[165]  Protocollo quadro nazionale per il settore industriale saccarifero dell’8 febbraio 2006.

[166] D.L. 10 gennaio 2006 n. 2, “Interventi urgenti per i settori dell'agricoltura, dell'agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d'impresa”.

[167] Il Comitato è stato per la rima volta istituito con DPCM del 30 ottobre 2006.

[168] Per i concetti ricognitivi esposti, si veda http://www.ricercaitaliana.it/strumenti_ricerca_di_base.htm.

[169] La Commissione è stata nominata con DM 17 maggio 2004, n. 623/Ric, ed è stata rinnovata con DM 7 settembre 2007, n. 1132/Ric. e, da ultimo, con DM 5 novembre 2010, n. 727/Ric.

[170] http://attiministeriali.miur.it/anno-2005/luglio/nota-08072005-%282%29.aspx.

[171] I bandi attivi sono disponibili all’indirizzo http://www.istruzione.it/web/ricerca/normativa/bandi-attivi.

[172] Area 01 - Scienze matematiche e informatiche; Area 02 - Scienze fisiche; Area 03 - Scienze chimiche; Area 04 - Scienze della terra; Area 05 - Scienze biologiche; Area 06 - Scienze mediche; Area 07 - Scienze agrarie e veterinarie; Area 08 - Ingegneria civile e Architettura; Area 09 - Ingegneria industriale e dell'informazione; Area 10 - Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Area 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Area 12 - Scienze giuridiche; Area 13 - Scienze economiche e statistiche; Area 14 - Scienze politiche e sociali.

[173] http://attiministeriali.miur.it/anno-2012/gennaio/dm-12012012.aspx.

[174] Prevista dall’art. 3 del DM 4 dicembre 1997.

[175] Si veda la scheda relativa all’art. 32.

[176] Dati sui PRIN possono essere estratti dal sito http://prin.miur.it/.

[177] Con Decreto Direttoriale 19 dicembre 2008 n. 1463/ric, è stato emanato il Bando"Futuro in Ricerca” 2009. Con Decreto Direttoriale 27 settembre 2010 n. 584/ric è stato emanato il Bando "Futuro in Ricerca" 2010. Con Decreto Direttoriale 27 dicembre 2011 n. 1153/ric, ora all’esame della Corte dei conti, è stato adottato il Bando “Futuro in ricerca” 2012. http://attiministeriali.miur.it/anno-2011/dicembre/dd-27122011.aspx.

[178] Notizie di stampa riferiscono che la struttura organizzativa del GSSI si dispiega in tre raggruppamenti: Fisica delle particelle, Matematica e Scienze informatiche, Bussinness innovation e Sviluppo territoriale http://www.abruzzoweb.it/app/controllers/notizie/mobile.content.php?cid=4&nid=466936&title=laquila-innovazione-nasce-il-gran-sasso-science-institute.

[179] Da ultimo, nella seduta del 20 gennaio u.s., il CIPE ha definito il quadro finanziario del fondo di sviluppo e coesione per il periodo 2012-15, al netto delle riduzioni di spesa, pari a circa 10.440 milioni di euro, previste da precedenti disposizioni di legge, imputando tali riduzioni di spesa alle pregresse assegnazioni disposte ope legis o con delibere CIPE a valere sulla programmazione nazionale 2007-2013, 2000-2006 e antecedente. In tale seduta ha inoltre assegnato alle Amministrazioni centrali circa 2.584 milioni di euro a valere sulle disponibilità residue di cui all’articolo 33, comma 3, della legge n. 183/2011 (legge di stabilità per il 2012), che ha stabilito la dotazione finanziaria per l'anno 2015, pari a 2.800 milioni, (periodo di programmazione 2014-2020), da destinare prioritariamente alla prosecuzione di interventi indifferibili infrastrutturali, nonché per la messa in sicurezza di edifici scolastici, per l'edilizia sanitaria, per il dissesto idrogeologico e per interventi a favore delle imprese sulla base di titoli giuridici perfezionati alla data del 30 settembre 2011, già previsti nell'ambito dei programmi nazionali per il periodo 2007-2013.

[180] Tali interventi sono individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro delegato per la politica di coesione economica, sociale e territoriale, su proposta del Ministro interessato al singolo intervento.

[181] Il 3 novembre 2011 l’ANVUR ha trasmesso al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca il parere di competenza: http://www.anvur.org/sites/anvur-miur/files/parere15_11.pdf. Un ulteriore parere è stato espresso dal CUN il 5 ottobre 2011: http://www.cun.it/media/114180/ps_2011_10_05.pdf.

 

 

[182] I PQ sono proposti dalla Commissione Europea e adottati dal Consiglio e dal Parlamento Europeo con la procedura di codecisione. Essi vengono attuati dal 1984 e coprono periodi di cinque anni in cui l’ultimo anno di un PQ e il primo anno del PQ seguente si sovrappongono.

[183] Per il settennio 2007-2013, il VII Programma quadro ha impegnato un bilancio di oltre 53 miliardi di euro; gli obiettivi del VII Programma quadro sono riassunti al seguente indirizzo: http://cordis.europa.eu/fp7/faq_it.html#1. In proposito si veda anche il sito dell’Agenzia per la promozione della ricerca europea (APRE), ente privato di ricerca non profit sostenuto da Università e organizzazioni private e pubbliche del mondo della ricerca, dell'industria e della finanza, che dal 1990 fornisce informazione, assistenza e formazione sui Programmi quadro dell’Unione europea. http://www.apre.it/ricerca-europea/vii-programma-quadro/.

[184] Il pacchetto di misure proposte, illustrate in una comunicazione della Commissione del 30 novembre 2011, comprendono:

·       una proposta di regolamento relativa all’istituzione di un nuovo strumento di finanziamento per la ricerca e l'innovazione Horizon 2020;

·       una proposta di regolamento che ne stabilisce le regole di partecipazione;

·       una proposta di decisione che stabilisce il programma specifico d’esecuzione del programma quadro “Horizon 2020”;

·       una proposta di regolamento per le parti di "Horizon 2020" relative alla ricerca nucleare corrispondenti al trattato Euratom.

Nel contesto di Horizon 2020 la Commissione ha inoltre presentato:

·       una proposta di regolamento che prevede di potenziare le attività dell'Istituto europeo per la tecnologia (EIT) attraverso un contributo finanziario di circa 3,2 miliardi di euro;

·       una proposta di decisione  sull’agenda strategica per l'innovazione dell'EIT.

 

[185] Il D.Lgs. n. 204/1998 ha stabilito, all’art. 1, che il Governo, nel Documento di programmazione economica e finanziaria (DPEF) - ora sostituito, ai sensi della L. 196/2009, dalla Decisione di Finanza pubblica (DFP) -, determina gli indirizzi e le priorità strategiche per gli interventi a favore della ricerca scientifica e tecnologica, definendo il quadro delle risorse finanziarie da attivare. Sulla base degli indirizzi citati, nonché di altri elementi, è predisposto, approvato e aggiornato annualmente dal CIPE (le cui funzioni in materia sono coordinate dal Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica) il Programma nazionale per la ricerca (PNR), di durata triennale, che definisce gli obiettivi generali e le modalità di realizzazione degli interventi. Il PNR 2011-2013 è stato approvato dal CIPE con deliberazione n. 2/2011, pubblicata nella GU del 26 agosto 2011.

[186] Si segnala che le risorse assegnate al FIRST sono ripartite nell’ambito di due differenti programmi: “Ricerca scientifica e tecnologica applicata” (cap. 7320), e “Ricerca scientifica e tecnologica di base” (cap. 7245). Il cap. 7320 ha avuto uno stanziamento di competenza fino all’anno 2011 (€. 101,1 mln): nel bilancio di previsione approvato per il 2012, gli stanziamenti del FIRST relativi alla ricerca applicata sono di sola cassa (€ 94,7 mln). Il cap. 7245, invece, presenta stanziamenti per competenza e cassa per l’intero triennio di programmazione 2012-2014 (in competenza, € 83,8 mln per ciascun anno del triennio). Da ultimo, con DM 11 novembre 2011 (DM 955/ric), pubblicato nella GU n. 35 dell’11 febbraio 2012, si è provveduto alla ripartizione delle risorse FIRST per il 2011, pari ad € 83,8 milioni, dei quali € 75,5 destinati a interventi del PRIN ed € 8,4 per interventi del FIRB relativi ad iniziative di giovani ricercatori. Nella premessa del DM si evidenzia che “l’ulteriore importo iscritto in bilancio, pari ad € 101.070.000,00 deriva da assegnazioni FAS, disposte con delibera CIPE dell’anno 2005 e già completamente impegnate”.

[187] Si segnala che le parole “borse di studio, assegni o altre forme similari di sovvenzioni comunitarie o internazionali” hanno sostituito la parola grant” presente prima della modifica apportata in sede di esame referente delle Commissioni.

[188] D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.

[189] D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato.

[190] Ai sensi della legge 7 febbraio 1979, n. 29, “Ricongiunzione dei periodi assicurativi dei lavoratori ai fini previdenziali”.

[191] Da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della Legge 23 agosto 1988, n. 400, “Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”.

[192] Comma aggiunto dal comma 14 dell’art. 14, L. 12 novembre 2011, n. 183, a decorrere dal 1° gennaio 2012, ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 36 della stessa legge n. 183 del 2011.

[193] La disposizione introdotta dalla legge di stabilità si riferiva a “società aventi ricavi o patrimonio netto inferiori a un milione di euro”; il richiamo all’importo del ricavo o patrimonio netto avrebbe potuto peraltro comportare problemi in sede applicativa in quanto si tratta di un parametro variabile nel tempo.

L’articolo 2435-bis del codice civile consente il bilancio in forma abbreviata per le società che non hanno emesso titoli negoziati in mercati regolamentati quando, nel primo esercizio o, successivamente, per due esercizi consecutivi, non abbiano superato due dei seguenti limiti:

1) totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 4.400.000 euro;

2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 8.800.000 euro;

3) dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 50 unità.

[194] D.L. 22 dicembre 2011, n. 212, Disposizioni urgenti per l'efficienza della giustizia civile, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 17 febbraio 2012, n. 10.

[195] Il presente articolo è stato così sostituito dal comma 26 dell’art. 37, D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 39 e dal comma 13 dell’art. 14, L. 12 novembre 2011, n. 183, a decorrere dal 1° gennaio 2012 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 36 della medesima legge n. 183 del 2011.

[196] Recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, convertito, con modificazioni, dalla legge n.111/2010.

[197]  Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[198]  Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[199] D.Lgs. 5 aprile 2006, n. 160, Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della L. 25 luglio 2005, n. 150.

[200] Modifiche dell’ordinamento giudiziario per la nomina a magistrato di cassazione e per il conferimento degli uffici direttivi superiori.

[201] L’art. 19 della legge (Conferimento degli uffici direttivi superiori), stabiliva che «Il conferimento degli uffici direttivi di presidente di sezione della Corte di cassazione e avvocato generale presso la stessa Corte, di presidente delle corti d'appello e di procuratore generale presso le stessi corti, ha luogo a seguito di domanda o […]»; da ciò si ricavava come la sottoposizione ad identica disciplina di tali categorie di magistrati rappresentasse un criterio normativo inequivocabile di ‘equiparazione’, idoneo ad attribuire un significato univoco all’espressione “magistrati (…) equiparati”.

[202] Ai sensi di tale articolo, a seconda dei settori in cui opera e delle particolari modalità produttive dell’impresa, il suo numero massimo di dipendenti può variare tra gli 8 e i 40 dipendenti, compresi gli apprendisti.

[203] La Suprema Corte ha affermato che l’iscrizione nell'albo delle imprese artigiane costituisce, a norma dell'art. 5 della legge quadro per l'artigianato 8 agosto 1985, n. 443, presupposto per fruire delle agevolazioni tributarie disposte a favore di tale categoria di imprese, «ma non vale a rendere applicabile il privilegio previsto dall'art. 2751-bis cod. civ., n. 5, dettato in tema di privilegi, dovendosi, a tal fine, accertare la natura artigianale dell'impresa in base al positivo riscontro della coesistenza di tutti gli elementi indicati dalla legge».

[204] Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale.

[205] Diploma di laurea in farmacia o in chimica o in chimica e tecnologia farmaceutiche o in chimica industriale.

[206] Il corso dura 5 anni, vedi il Decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509.

[207] Il corso dura 5 anni, vedi il Decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270 (Modifiche al regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei, approvato con D.M. 3 novembre 1999, n. 509 del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica).

[208] Il corso dura tre anni, vedi il Decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509 e al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270.

[209] Attuazione della direttiva 92/25/CEE riguardante la distribuzione all'ingrosso dei medicinali per uso umano, abrogato dall'art. 158, D.Lgs. 24 aprile 2006, n. 219.

[210]  La legge 5 febbraio 1992, n. 122, recante “Disposizioni in materia di sicurezza della circolazione stradale e disciplina dell'attività di autoriparazione”, disciplina l'attività di manutenzione e di riparazione di tutte le tipologie di veicoli adibiti al trasporto su strada di persone e di cose.

      La legge distingue le attività di autoriparazione in quattro categorie: meccanica e motoristica; carrozzeria; elettrauto e gommista; si segnala che è attualmente all’esame della Commissione trasporti della Camera la proposta di legge A.C. 4574, che prevede l’accorpamento delle attività di meccanica e motoristica da una parte e elettrauto dall’altra. L’attività risultante dall’accorpamento dovrebbe assumere la denominazione di meccatronica.

[211] Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonché modifiche alla L. 8 giugno 1990, n. 142.

[212] Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[213] Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, convertito in legge n. 248/2006.

[214] Si tratta della legge recante “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”.

[215] Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno.

[216] Ai sensi dell’art. 29, la conservazione è assicurata mediante una coerente e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro, intendendo per restauro l'intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all'integrità materiale ed al recupero, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali.

[217]  L'autorizzazione è resa su progetto o, qualora sufficiente, su descrizione tecnica dell'intervento, presentati dal richiedente, e può contenere prescrizioni. Se i lavori non iniziano entro cinque anni dal rilascio dell'autorizzazione, il soprintendente può dettare prescrizioni ovvero integrare o variare quelle già date in relazione al mutare delle tecniche di conservazione (art. 21, co. 5).

[218] Gli interventi conservativi imposti, ordinati dal Ministero attraverso la Soprintendenza, sono eseguiti dal proprietario, previa approvazione del progetto da parte della stessa Soprintendenza; tuttavia, in caso di inadempimento, ovvero in caso di urgenza, vi provvede direttamente lo Stato (art. 32).

[219] Il contributo è concesso dal Ministero a lavori ultimati e collaudati sulla spesa effettivamente sostenuta. Possono essere erogati acconti sulla base degli stati di avanzamento dei lavori regolarmente certificati. Il beneficiario è tenuto alla restituzione degli acconti percepiti se gli interventi non sono stati, in tutto o in parte, regolarmente eseguiti (art. 36).

[220] Nell’ambito del demanio culturale sono ricondotte le tipologie di beni indicate all’art. 822 del Codice civile, che include nel demanio storico, artistico, archivistico e bibliografico gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico ed artistico, le raccolte dei musei, degli archivi, delle biblioteche e delle pinacoteche.

[221] L’art. 10, co. 1, del Codice definisce beni culturali – e quindi, come tali, sottoposti alle disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte seconda – le cose immobili e mobili  appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico.

[222] Funzione delegata ai direttori regionali per i beni culturali e paesaggistici con D.Dirett. 5 agosto 2004.

[223] Fra le quali vi sono ville, parchi e giardini che abbiano interesse artistico o storico, pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico.

[224] In attuazione di quanto disposto sono stati emanati: Decr. 25 gennaio 2005, Criteri e modalità per la verifica dell'interesse culturale dei beni immobili di proprietà delle persone giuridiche private senza fine di lucro, ai sensi dell'articolo 12 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42; D.Dirett. 27 settembre 2006, Criteri e modalità per la verifica dell'interesse culturale dei beni mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico ed etnoantropologico; D.Dirett. 22 febbraio 2007, Criteri e modalità per la verifica dell'interesse culturale dei beni immobili dello Stato in uso al Ministero della difesa, ai sensi dell'articolo 12 del D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

[225] Sono conferiti o trasferiti gli immobili di proprietà dello Stato e una quota non inferiore al 20 per cento delle carceri inutilizzate e dalle caserme assegnate in uso alle forze armate. Sono, invece, espressamente esclusi: gli immobili statali destinati ad uso residenziale; gli immobili statali che possono essere attribuiti a comuni, province, città metropolitane e regioni, i quali ne dispongono nell'interesse della collettività rappresentata favorendone la massima valorizzazione funzionale (d.lgs. 85/2010, in materia di federalismo demaniale); gli immobili degli enti pubblici non territoriali (le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato sono individuate con provvedimento dell’ISTAT, ai sensi dell’art. 1 della L. 196/2009).

[226] Con gli stessi decreti sono anche stabiliti i criteri e le procedure per l’individuazione o l’eventuale costituzione della (o delle) società di gestione del risparmio, nonché per il collocamento delle quote del fondo o delle azioni delle società e i limiti per l’eventuale assunzione di finanziamenti da parte del fondo e delle società.

[227] Si ricorda che l'art. 33 del D.L. n. 98/2011 ha istituito una Società di gestione del risparmio (SGR), con un capitale di 2 milioni di euro interamente posseduto dal MEF, con il compito di istituire fondi che partecipano a quelli immobiliari costituiti da enti territoriali, anche tramite società interamente partecipate, a cui siano conferiti immobili oggetto di progetti di valorizzazione.

[228] Per completezza si rammenta che il medesimo articolo ha previsto, altresì, la possibilità di dismettere il patrimonio dello Stato all’estero con procedure semplificate, ossia con trattativa privata e in deroga al parere della Commissione Immobili del Ministero degli Affari Esteri di cui al DPR n. 18/67. Le relative risorse nette sono destinate alla riduzione del debito pubblico. Gli immobili da dismettere sono individuati nel piano di razionalizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato ubicato all’estero elaborato dal Ministero degli Affari Esteri in collaborazione con l'Agenzia del demanio, ai sensi dell’art. 1, comma 1311, della legge n. 296/06.

[229] Come si legge nella relazione illustrativa dell’A.S. 3110, l’art. 7 della L. 183/2011 avrebbe fatto emergere “immediatamente problemi legati alle modalità di esecuzione delle disposizioni (con il rischio di mancato raggiungimento delle finalità della norma) nonché il rischio di speculazioni legato alla durata troppo breve del vincolo di destinazione d’uso”. Il medesimo art. 66 del provvedimento, pertanto, propone una nuova disciplina che prevede l’”introduzione di un vincolo di destinazione ad uso agricolo ventennale ed efficaci modalità di attuazione”.

 

[230] Ai sensi dell’art. 134 sono beni paesaggistici:

a) gli immobili e le aree di cui all'articolo 136 (immobili ed aree di notevole interesse pubblico), individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141 (che disciplinano il procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico);

b) le aree di cui all'art. 142 (aree tutelate per legge);

c) gli ulteriori immobili ed aree specificamente individuati a termini dell'articolo 136 e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156.

[231] D.L. 13 maggio 2011, n. 70, Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 12 luglio 2011, n. 106.

[232] Per informazioni sullo stato di attuazione del Piano si può consultare l’indirizzo http://www.e2012.gov.it/egov2012/index.php.

[233]  D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici”, convertito, con modificazioni, legge 22 dicembre 2011, n. 214.

[234] Emendamento 47.04.

[235] Il Piano sanitario nazionale (PSN), di durata triennale, è il principale strumento di pianificazione della politica sanitaria. Il PSN viene predisposto dal Governo su proposta del Ministro della salute tenuto conto delle proposte provenienti dalle Regioni; viene adottato con Decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, d'intesa con la Conferenza unificata.

[236] Ministero della salute, Schema di piano sanitario 2011-2013. Consultabile sul sito del Ministero della salute:

      http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1454_allegato.pdf.

[237] Conferenza permanente Stato, Regioni e Province Autonome, Intesa 10 febbraio 2011, n. 19/CSR, Intesa, ai sensi dell'articolo 8 comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante «Il fascicolo sanitario elettronico - Linee guida nazionali». (Rep. Atti n. 19/CSR del 10 febbraio 2011).

[238] D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell'amministrazione digitale.

[239] D.L. 31 maggio 2010, n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito in legge, con modificazioni, da L. 30 luglio 2010, n. 122.

[240]  D.L. 13 agosto 2011, n. 138, Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 settembre 2011, n. 148.

[241] Si v. art. 17, co. 29, D.L. 1 luglio 2009, n. 78, Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini, convertito con modificazioni dalla L. 3 agosto 2009, n. 102.

[242] Nella versione originaria del CAD, l’indice avrebbe dovuto contenere anche la struttura organizzativa, l'elenco dei servizi offerti e le informazioni relative al loro utilizzo.

[243] D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa.

[244] Adottato con D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82.

[245] L’art. 15 della richiamata legge n. 183/2011 ha previsto norme in materia di certificati e dichiarazioni sostitutive - con l’obiettivo di ridurre gli adempimenti a carico dei privati - novellando in più punti il testo unico sulla documentazione amministrativa (DPR 445/2000). Si veda Dossier n. 567/1, Tomo II, del 29 novembre 2011, p. 14 e ss.

[246] http://www.istruzione.it/web/istruzione/dm74_10.

[247] Si ricorda che nell’ambito del Piano di e-government 2012, presentato dal Governo nel gennaio 2009, il progetto Università digitale è volto a promuovere la semplificazione e la digitalizzazione amministrativa negli atenei, con particolare riferimento ai servizi per gli studenti (iscrizione on-line, verbalizzazione elettronica degli esami, casella di posta certificata) e all'eliminazione dei flussi cartacei. Nel febbraio 2011, il MIUR e il Dipartimento per la digitalizzazione della PA e l'innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio hanno trasmesso ai Rettori ed ai Direttori Amministrativi delle Università italiane le (Linee Guida http://www.ict4university.gov.it/media/56730/linee%20guida%20(revisione%2028%20febbraio%202011).pdf) elaborate nell'ambito del progetto, invitando gli atenei a recepirne le indicazioni. Le informazioni sullo stato di avanzamento del progetto sono presenti all’indirizzo http://www.ict4university.gov.it/.

[248] Da informazioni acquisite dal MIUR per le vie brevi, risulta che, ad esempio, i dati potrebbero essere utilizzati per i piani di dimensionamento scolastico e per la conseguente formazione delle classi.

[249] http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Comunicato&key=11150.

[250] In tutti i casi, il mandato è rinnovabile per una sola volta.

[251] Ai sensi della citata lett. p), il collegio dei revisori dei conti ha tre componenti effettivi e due supplenti, di cui: un membro effettivo, con funzioni di presidente, scelto tra i magistrati amministrativi e contabili e tra gli avvocati dello Stato; uno effettivo e uno supplente, designati dal MEF; uno effettivo e uno supplente, scelti dal MIUR tra i dirigenti e funzionari del Ministero stesso. Almeno due componenti del collegio devono essere iscritti al Registro dei revisori contabili.

[252] Per gli organi il cui mandato scadeva entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, era stata prevista la permanenza in carica fino alla costituzione dei nuovi organi.

[253] Ad essi è attribuito il titolo di professore aggregato per l’anno accademico in cui svolgono tali corsi e moduli. Il titolo è altresì conservato, esclusivamente per i ricercatori, nei periodi di congedo straordinario per motivi di studio di cui essi usufruiscono nell’anno successivo a quello in cui hanno svolto gli stessi corsi e moduli.

[254] La norma vigente dispone che l’avvio del procedimento disciplinare spetta al rettore che, per ogni fatto che possa dar luogo all’irrogazione di una sanzione più grave della censura, trasmette al collegio di disciplina gli atti entro 30 giorni dalla conoscenza dei fatti, formulando proposta motivata. Sulla proposta del rettore, il collegio di disciplina esprime il proprio parere entro 30 giorni. Il collegio, quindi, trasmette gli atti al consiglio di amministrazione per l’assunzione delle conseguenti deliberazioni. Il Cda, entro trenta giorni dalla ricezione del parere, infligge la sanzione ovvero dispone l’archiviazione del procedimento. Il procedimento si estingue ove tale decisione non interviene nel termine di 180 giorni dalla data di trasmissione degli atti al consiglio di amministrazione.

[255] Legge 29 luglio 1991, n. 243, Università non statali legalmente riconosciute.

[256]   Programmazione del sistema universitario per il triennio 2004-2006.

[257] Ai sensi della norma citata, infatti, il CNVSU provvede ad effettuare una valutazione dei risultati conseguiti al termine del terzo, quinto e settimo anno accademico di attività delle università.

Tale previsione è stata successivamente ribadita, con riferimento alle università non statali, dall’art. 6 del DM 23 dicembre 2010, n. 50, relativo alla programmazione 2010-2012. Il medesimo articolo ha disposto, altresì, che per il triennio 2010-2012 non possono essere istituite nuove università non statali telematiche.

[258] Il documento del CNVSU Doc. 04/10, Analisi della situazione delle Università Telematiche (http://www.cnvsu.it/_library/downloadfile.asp?ID=11682), evidenziava che a gennaio 2010 nessuna delle 11 università telematiche attive a quella data aveva maturato il diritto a ricevere i contributi, in quanto a quella data era stato pressoché completato solo il ciclo delle valutazioni richieste al termine del primo triennio di attivazione.

[259] Pubblicato nella GU del 23 settembre 2011.

[260] Si tratta delle università telematiche “Uninettuno” e “Guglielmo Marconi”.

Per completezza si evidenzia che nella premessa del decreto si richiamano le relazioni del CNVSU sulle verifiche effettuate al termine del quinquennio di attività di tre università. Di queste, solo le due indicate hanno ricevuto una valutazione positiva.

[261] I principi e criteri direttivi indicati sono relativi a:

§       introduzione di un sistema di accreditamento delle sedi e dei corsi di studio (lett. a));

§       introduzione di un sistema di valutazione periodica (lett. b));

§       potenziamento del sistema di autovalutazione(lett. c));

§       definizione del sistema di valutazione e di assicurazione della qualità degli atenei (lett. d).

[262] L’art. 16 della L. 240/2010 istituisce l’abilitazione scientifica nazionale quale requisito per l’accesso alla prima e alla seconda fascia del ruolo dei professori.

[263] Sull’argomento si ricorda che il Consiglio di Stato, esprimendo il parere di competenza sullo schema di regolamento (Atto 372) aveva sottolineato l’opportunità di limitare l’uso dell’informatica alla presentazione della domanda e dell’elenco dei titoli, poiché la trasmissione telematica dei titoli sarebbe potuta diventare troppo onerosa e richiedere tempi di lettura più lunghi. Si veda, più ampiamente, dossier n. 320/0 del 27 giugno 2011.

[264]http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/bollet/chiscobollt.asp?content=/_dati/leg16/lavori/bollet/framedin.asp?percboll=/_dati/leg16/lavori/bollet/201202/0228/html/07/

[265] Per completezza, si evidenzia che l’art. 3, co. 3, del DPR 14 settembre 2011, n. 222, Regolamento concernente il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso al ruolo dei professori universitari, a norma dell'articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, già dispone che “ai fini della partecipazione procedimenti di chiamata di cui agli articoli 18 e 24, commi 5 e 6, della legge, la durata dell'abilitazione è di quattro anni dal suo conseguimento”.

[266] Quest’ultimo è composto di cinque membri di alta qualificazione, designati, rispettivamente, dal Ministro, dal presidente del Consiglio direttivo dell'ANVUR, dal vice presidente del Comitato di esperti per la politica della ricerca (CEPR, istituito presso il MURST dall’art. 3 del D.Lgs. 204 del 1998), dal presidente dell'European Research Council, dal presidente dell'European Science Foundation.

[267] http://www.istruzione.it/web/ricerca/dettaglio-news/-/dettaglioNews/viewDettaglio/18911/11213.

[268] Nel dossier del Servizio Studi n. 387/3 dell’8 febbraio 2011 era stato fatto presente che il terzo periodo recava una specifica che non sembrava aver più significato, a seguito dell’introduzione, durante l’esame parlamentare, nel primo periodo, del requisito reddituale minimo riferito ad entrambe le tipologie di contratto.

[269] Nel medesimo dossier di cui alla nota precedente, era stato fatto presente che all’art. 2 - a differenza di quanto disposto per la chiamata dei professori e per la stipula dei contratti a tempo determinato – non è specificato l’organo competente a proporre la stipula dei contratti. Il co. 1, lett. r), di tale articolo, infatti, attribuisce al Nucleo di valutazione solo la funzione di verifica della congruità del curriculum scientifico o professionale dei titolari dei contratti di insegnamento.

[270] Più specificamente, il co. 2 prevede che le università possono anche stipulare contratti a solo titolo oneroso, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio, con soggetti in possesso di adeguati requisiti scientifici e professionali, per fare fronte a specifiche esigenze didattiche, anche integrative. A differenza della tipologia contrattuale prevista al co. 1, per questa seconda tipologia non sono previsti limiti di durata. Una ulteriore differenza è individuabile nel fatto che i contratti disciplinati dal co. 2 sono attribuiti previo espletamento di procedure, disciplinate con propri regolamenti e nel rispetto del codice etico, che assicurino la valutazione comparativa dei candidati e la pubblicità degli atti. Il possesso del titolo di dottore di ricerca, della specializzazione medica, dell’abilitazione scientifica nazionale, ovvero di titoli equivalenti conseguiti all’estero, costituisce titolo preferenziale.

[271] Pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 31 ottobre 2011.

[272] L’art. 1, co. 9, della L. n. 230 del 2005 – come modificato, da ultimo, dall’art. 29, co. 7, della L. 240/2010 – prevede che le università, nell’ambito delle relative disponibilità di bilancio, possono procedere alla copertura dei posti di professore ordinario e associato e di ricercatore mediante chiamata diretta di: studiosi impegnati all’estero da almeno un triennio in attività di ricerca o insegnamento universitario, che ricoprano una posizione accademica equipollente in istituzioni universitarie o di ricerca estere; studiosi che abbiano già svolto per chiamata diretta autorizzata dal MIUR, nell’ambito del “programma di rientro dei cervelli” un periodo di almeno 3 anni di ricerca e di docenza nelle università italiane e conseguito risultati scientifici congrui rispetto al posto per il quale ne viene proposta la chiamata; studiosi che siano risultati vincitori nell’ambito di specifici programmi di ricerca di alta qualificazione, identificati con decreto del MIUR, sentiti ANVUR e CUN finanziati dall’UE o dallo stesso MIUR (D.M. 1 luglio 2011, pubblicato nella G.U. 3 novembre 2011, n. 256). Nell’ambito delle relative disponibilità di bilancio, le università possono altresì procedere alla copertura di posti di professore ordinario mediante chiamata diretta di studiosi di chiara fama.

[273] Ha, altresì, disposto che alle chiamate in questione non si applica la disciplina sul turn over del personale universitario dettata dall'art. 66, comma 13, del D.L. n. 112 del 2008 (L. 133/2008).

[274] Pubblicato nella GU del 14 gennaio 2012.

[275] Sull’argomento, si veda anche la nota inviata dal MIUR ai rettori il 28 dicembre 2011: http://attiministeriali.miur.it/media/182300/nota%20di%20accompagnamento%20el%20ministro%2028%20dicembre%202011.pdf.

[276] Il primo e secondo comma dell’art. 17 del D.P.R. 382/1980 stabiliscono che, al fine di favorire piena commutabilità fra insegnamento e ricerca, il rettore, con proprio decreto, può autorizzare i professori ordinari, ovvero i professori associati confermati, a domanda, secondo un criterio di rotazione, tenendo conto delle esigenze di funzionamento dell’università, e sentito il consiglio della facoltà interessata, a dedicarsi periodicamente ad esclusive attività di ricerca scientifica in istituzioni di ricerca italiane, estere e internazionali, complessivamente per non più di due anni accademici in un decennio. Il quinto comma dispone che, per i casi di eccezionali e giustificate ragioni di studio o di ricerca scientifica, resta fermo quanto disposto dall'art. 10 della legge n. 311 del 1958, ai sensi del quale quando le ragioni di studio e ricerca richiedono la permanenza all'estero, il professore universitario può essere collocato in congedo per un intero anno solare. In base alla norma richiamata, il congedo, sentita la Facoltà a cui il professore appartiene, è accordato dal Ministro e non può essere riconfermato l'anno successivo.

[277] L'art. 8 della L. 349/1958 prevede che l'assistente, al quale sia stato conferito un incarico retribuito d'insegnamento presso altra università o istituto di istruzione superiore, è collocato in congedo senza assegni. A sua richiesta, può essere collocato in tale posizione, anche nel caso d'incarico conferito nella stessa università o istituto, in rapporto alle esigenze di servizio e qualora il Ministro ne riconosca l'opportunità. In entrambi i casi il congedo non può protrarsi oltre tre anni accademici. L’articolo specifica che, per giustificate ragioni di studio o di ricerca scientifica, il Ministro può concedere all'assistente un congedo straordinario per la durata di un anno solare, prorogabile sino a due anni. L'assistente non può fruire, nel decennio, di congedo per incarico d'insegnamento o per motivi di studio e di ricerca scientifica per un periodo complessivo superiore a cinque anni. Il periodo trascorso in congedo è valutato ai fini della progressione in carriera.

[278] In relazione alla citazione dell’art. 10 della L. 311/1958, nel dossier del Servizio Studi n. 567/1 del 29 novembre 2011 era stato evidenziato che il co. 1 dell’art. 1 del D.Lgs. 1° dicembre 2009, n. 179, in combinato disposto con l’all. 1 allo stesso decreto, come modificato dall'all. C al D.lgs. 13 dicembre 2010, n. 213, ha ritenuto indispensabile la permanenza in vigore della stessa legge, limitatamente agli articoli da 1 a 7, 8 comma 1, e da 9 a 31. L’art. 10 citato non risulta, pertanto, più in vigore.

[279] Il rettore, nel concedere le autorizzazioni, tiene conto delle esigenze di funzionamento dell'università, inclusa quella di contenimento della spesa per i docenti in sostituzione. I conseguenti risparmi rimangono alle università.

Si ricorda che il co. 79 dello stesso art. 4 stabilisce che anche le disposizioni del co. 78 non possono essere derogate dai contratti collettivi nazionali di lavoro e che le clausole contrattuali contrastanti sono disapplicate dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità.

[280] La disposizione ha previsto che alla copertura dell’onere si provvede, per quanto concerne il 2011, mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per l’attuazione dei piani di sviluppo delle università (cap. 1694), di cui all’art. 17 della L. 245/1990 e, per quanto concerne il 2012 e il 2013, mediante riduzione delle proiezioni, per il 2012, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del MEF, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al MIUR.

[281] E’ stato dunque adottato il DM 21 luglio 2011, n. 314, pubblicato nella GU n. 254 del 31 ottobre 2011, che ha indicato i criteri e le modalità per la ripartizione della quota relativa al 2011.

[282] La relazione tecnica allo schema, come già la relazione tecnica al progetto di legge di riforma universitaria (A.S. 1905, pag. 27), evidenziava che si trattava di un onere una tantum, ragione per la quale la copertura era limitata al 2011.

[283]http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/bollet/frsmcdin_wai.asp?AD=1&percboll=/_dati/leg16/lavori/bollet/201112/1214/html/07/|pagpro=72n1|all=off|commis=.

[284] Con una correzione materiale del testo A annunciata dal Presidente all’Assemblea nella seduta dell’8 marzo 2012 sono state espunte, al comma 2, dopo il riferimento all’art. 19, comma 7, del decreto-legge n. 98/2011 le parole “come sostituito dal comma 3 del presente articolo”, che, infatti, come osservato dal Presidente, “nella formulazione attuale non presenta alcuna novella” (Resoconto stenografico dell’Assemblea, seduta dell’8 marzo 2012, pag. 23).

[285] La relazione tecnica cita, in particolare, il rispetto dei limiti e dettami stabiliti dalla legge n. 196 del 2009.

[286] Il riferimento all’estensione del tempo scuola è stato introdotto durante l’esame in sede referente. Nella stessa sede il riferimento agli alunni diversamente abili è stato sostituito con il riferimento agli alunni con bisogni educativi speciali.

[287] Il riferimento ai fenomeni di bullismo e alla formazione permanente è stato introdotto durante l’esame in sede referente.

[288] E’ peraltro utile ricordare che l’art. 9, co. 17, del D.L. 70/2011 (L. 106/2011) ha disposto che,  all’esito di una sessione negoziale concernente interventi in materia contrattuale per il personale della scuola, con decreto interministeriale è definito un piano triennale per l’assunzione a tempo indeterminato di personale docente, educativo e ATA per gli anni 2011-2013, sulla base dei posti vacanti e disponibili in ciascun anno e nel rispetto degli obiettivi programmati di finanza pubblica. Ogni anno si procede a verifica del piano ai fini di eventuali rimodulazioni. Con DM 3 agosto 2011 (GU n. 250 del 26/10/2011), è stata effettuata la programmazione triennale di assunzioni: per l’a.s. 2011/2012 è stata prevista l’assunzione di 30.300 unità di personale docente ed educativo, di cui 10.000 a completamento della richiesta di assunzioni effettuata per l'a.s. 2010/2011, con retrodatazione giuridica al medesimo anno e utilizzando per le assunzioni le graduatorie ad esaurimento vigenti nell'anno 2010/2011, e 36.000 unità di personale ATA; per ciascuno degli a.s. 2012/2013 e 2013/2014 è stata prevista l'assunzione di un numero massimo, rispettivamente, di 22.000 docenti e e di 7.000 unità ATA, in ogni caso previa verifica circa la concreta fattibilità del piano.

[289] Il comitato di verifica tecnico-finanziaria istituito ai sensi dello stesso art. 64 provvede annualmente al monitoraggio e alla verifica del conseguimento degli obiettivi, al fine di adottare eventuali interventi correttivi nel caso di scostamento (art. 19, co. 8, D.L. 98/2011). Per garantire l'effettivo conseguimento degli obiettivi di risparmio, si applica la procedura prevista dall'art. 1, co. 621, lett. b), della L. finanziaria 2007, che prevede la riduzione lineare delle dotazioni complessive di bilancio del Ministero, ad eccezione di quelle relative alle competenze spettanti al personale della scuola e dell'amministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione, fino a concorrenza degli importi indicati (art. 19, co. 9, D.L. 98/2011).

[290] Quest’ultima previsione è stata giudicata illegittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 200 del 2009.

[291] Tali economie si sommano a quelle già indicate dall’art. 2, co. 412, della L. finanziaria 2008: € 535 mln nel 2008, € 897 mln nel 2009, € 1.218 mln nel 2010, € 1.432 mln dal 2011.

[292] Inoltre, sono stati adottati i seguenti ulteriori regolamenti: scuola dell'infanzia e primo ciclo di istruzione (DPR 89/2009); riordino dell’istruzione secondaria superiore (DPR 87/2010, 88/2010, 89/2010). Le Camere hanno poi espresso il parere sulla riorganizzazione dei Centri per l'istruzione degli adulti (Atto. 194), che non risulta aver concluso il suo iter. Infine, il 12.6.2009 il Consiglio dei Ministri ha svolto l'esame preliminare dello schema di regolamento relativo alle classi di concorso, non ancora trasmesso alle Camere.

[293] Si ricorda, infatti, che, annualmente, alla determinazione del c.d. “organico di diritto” segue, una volta che le classi siano state costituite, l’adeguamento dello stesso organico alle situazioni di fatto: da ultimo, si veda CM n. 63 del 13 luglio 2011, relativa all’a.s. 2011/2012: http://www.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/35f0ae61-6589-4259-9d31-d1393f1f58b9/cm63_11.pdf. In base alla relazione tecnica, come si è visto ante, l’organico dell’autonomia dovrebbe consentire di far fronte anche alle situazioni di fatto.

[294] Ciascuno dei tre decreti conferma i decreti già adottati e registrati dalla Corte dei conti (rispettivamente, D.I. n. 62 del 6.7.2009, registrato dalla Corte dei conti il 4.8.2009, reg. 5 - fgl. 381; D.I. n. 55 del 6.7.2010, registrato dalla Corte dei conti il 30.12.2010, reg.19 - fgl. 254; D.I. n. 57 del 5.7.2011, registrato dalla Corte dei conti l'8.9.2011, reg.11 - fgl. 311) che, a seguito della sentenza del Consiglio di Stato n. 4209 del 30.7.2011 (che ha annullato il D.I. relativo alla determinazione delle dotazioni organiche del personale docente per l'a.s. 2010/2011 per non aver acquisito il parere della Conferenza Unificata di cui all'art. 2 del D.P.R. n. 81/2009) erano stati sottoposti al parere della Conferenza unificata. Quest’ultima, nella seduta del 22.9.2011, ha espresso parere negativo in considerazione della mancata concertazione.

[295] Al riguardo, rispondendo all’interrogazione 4-08641 nella giornata del 31.5.2011, il rappresentante del Governo ha evidenziato che a tale dotazione complessiva devono essere aggiunti gli eventuali posti in deroga. “In tal modo si passa da 90.031 insegnanti di sostegno dell'a.s. 2009/2010 agli attuali 94.430, con la conseguente riduzione del rapporto alunni disabili docenti di sostegno dal 2,01 del 2009/2010 al 2,00 del corrente anno”.

[296] Il co. 413 della L. 244/2007 fa, anzitutto, salvo l’art. 1, co. 605, lett. b), della L. finanziaria 2007, che ha disposto la modifica del rapporto docenti di sostegno/alunni - definito dall’art. 40, co. 3, della L. 449/1997 in ragione di uno ogni 138 alunni frequentanti le scuole della provincia – procedendo all’individuazione di organici corrispondenti alle effettive esigenze, rilevate attraverso certificazioni idonee a definire appropriati interventi formativi. Dispone, quindi, che il numero dei posti dei docenti di sostegno attivabili a decorrere dall’a.s. 2008-2009 non superi il 25% del numero di sezioni e classi dell’organico di diritto dell’a.s. 2006-2007, mediante criteri definiti con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Il co. 414 dispone che sia rideterminata progressivamente la dotazione organica di diritto dei docenti di sostegno nel triennio 2008-2010, fino al raggiungimento del 70% del numero dei posti di sostegno attivati nell’a.s. 2006-2007. Modifica, inoltre, l’art. 40, co. 1, della L. 449/1997, sopprimendo la previsione di nomina di docenti di sostegno in deroga.

La graduale piena attuazione della disciplina di cui all’art. 2, co. 413, della L. finanziaria 2008 era stata prevista dal Piano programmatico conseguente all’art. 64 del D.L. 112/2008. Ma, con  sentenza n. 80 del 22 febbraio 2010 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del co. 413 nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno, e del co. 414 nella parte in cui esclude la possibilità di assumere insegnanti di sostegno in deroga.

[297] Rispondendo all’interrogazione 4-09239 il 31 maggio 2011, il rappresentante del Governo aveva evidenziato che, in attuazione della sentenza, erano stati istituiti a livello nazionale oltre 3.300 posti in deroga in aggiunta ai 90.469 posti istituiti in organico di fatto per l'a.s. 2010-2011. Inoltre, erano state autorizzate “ben 5.022 assunzioni di personale docente ed educativo nel sostegno, che rappresentano circa il 50 per cento delle assunzioni autorizzate nell'anno scolastico 2010/2011”.

[298] In attuazione sono intervenuti il DM 5.8.2010 (a.s. 2010-2011) e il D.M. 29.7.2011 (a.s. 2011-2012).

[299]    Dato riportato nella premessa della Direttiva 30 dicembre 2010, n. 103, nella quale si evidenziava che si riteneva necessario mantenere tali accantonamenti anche per l’a.s. 2011/2012. Per gli a.s. successivi si sarebbe provveduto sulla base di quanto previsto nel decreto interministeriale annuale di determinazione degli organici ATA. La medesima Direttiva, ricordato che alla data di entrata in vigore della L. 124/1999 - il cui art. 8 ha previsto il trasferimento di personale ATA dagli enti locali alle dipendenze dello Stato - gli enti locali davano attuazioni ai compiti propri dei collaboratori scolastici sia mediante personale dipendente, sia attraverso contratti di servizio con soggetti privati e con personale impegnato in progetti di lavoro socialmente utili, evidenziava che con il D.I. 23 luglio 1999, n. 184, e in particolare con l’art. 9, lo Stato è subentrato nei contratti stipulati dagli enti locali, per la parte concernente l’attuazione di compiti propri del personale ATA in luogo dell’assunzione di personale dipendente.

La Direttiva attribuiva, quindi, all’autonomia di ogni istituzione scolastica il compito di effettuare il procedimento di acquisizione per i servizi non assicurabili con il solo personale esterno e disponeva che sarebbe stata riconosciuta alle istituzioni scolastiche statali con posti di organico accantonati una maggiorazione del 30% sulle risorse finanziarie necessarie a coprire i posti con collaboratori scolastici, a valere sulle risorse del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche. La Direttiva è poi stata ritirata a seguito degli accordi del 14 giugno 2011 fra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il MIUR, e le organizzazioni datoriali e sindacali rappresentative delle ditte impegnate nell’espletamento dei servizi ausiliari nelle scuole. Con questo accordo, si legge nella nota MIUR Prot. 5309 del 28 giugno 2011 (http://www.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/7cf5233f-171b-4466-9c6a-889cadd39242/prot5309_11.pdf) le parti hanno concordato “a fronte della disponibilità finanziaria di euro 390 milioni su base annua, assicurata alle istituzioni scolastiche a decorrere dal primo luglio 2011 sino alla conclusione della procedura di gara avviata con CONSIP per l’acquisto dei servizi in parola, di proseguire l’esecuzione dei servizi medesimi per il periodo considerato. In pari data, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, d’intesa con le predette parti, ha assicurato l’uso di ammortizzatori sociali per gestire i risvolti occupazionali conseguenti alla progressiva riconduzione degli appalti all’effettivo fabbisogno dell’amministrazione”.

[300] Con DM 22 marzo 1999, n. 71 è stato previsto l’avvio di una sperimentazione del nuovo modello organizzativo di organico funzionale in un numero limitato di istituzioni scolastiche, nell’a.s. 1999/2000, allo scopo di agevolare la sperimentazione dell’autonomia. A seguito della deliberazione 79/99 emessa dalla Sezione di Controllo della Corte dei Conti nell'adunanza dell'8 luglio 1999, con la quale è stato ricusato il visto e la conseguente registrazione del citato decreto 71/99, è stato poi adottato il DM 3 aprile 2000, n. 105, che ha disposto l’applicazione del nuovo modello di organico funzionale anche nell'anno scolastico 2000/2001.

[301] Se l'accordo prevede attività didattiche o di ricerca, sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento, lo stesso deve essere approvato, oltre che dal consiglio di circolo o di istituto, anche dal collegio dei docenti delle singole scuole interessate per la parte di propria competenza.

[302] Le reti di scuole possono inoltre prevedere, nel loro ambito, laboratori finalizzati, tra l'altro, alla ricerca didattica e alla sperimentazione; alla documentazione, secondo procedure definite a livello nazionale per la più ampia circolazione, anche attraverso la rete telematica, di ricerche, esperienze, documenti e informazioni; alla formazione in servizio del personale scolastico e all'orientamento scolastico e professionale. Le scuole, sia singolarmente che collegate in rete, possono altresì stipulare convenzioni con università statali o private, ovvero con istituzioni, enti, associazioni o agenzie operanti sul territorio che intendono dare il loro apporto alla realizzazione di specifici obiettivi. La promozione e la partecipazione ad accordi e convenzioni delle istituzioni scolastiche è prevista anche al di fuori delle ipotesi riguardanti le “reti di scuole”, ai fini del coordinamento di attività di comune interesse che coinvolgono, su progetti determinati, più scuole, enti, associazioni del volontariato e del privato sociale. Le istituzioni scolastiche, infine, possono costituire o aderire a consorzi pubblici e privati per assolvere ai compiti istituzionali coerenti con il Piano dell'offerta formativa (di cui all'articolo 3 del D.P.R.) e per l'acquisizione di servizi e beni che facilitino lo svolgimento dei compiti di carattere formativo.

[303] L’art. 4, co. 4-septies, del D.L. 78/2010 ha disposto che, a modifica (non in forma di novella, peraltro) di quanto previsto dall’art. 1, co. 601, della L. finanziaria 2007, per il personale scolastico il pagamento delle competenze accessorie è effettuato congiuntamente a quello delle competenze fisse tramite ordini collettivi di pagamento), fatta eccezione per il personale incaricato di supplenze brevi nominato dai dirigenti scolastici, che continua ad essere pagato a carico dei bilanci delle scuole.

[304] http://www.invalsi.it/invalsi/index.php.

[305] L’art. 1, co. 368, lett. d), della L. 266/05 (Legge Finanziaria 2006) ha istituito l’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione, allo scopo di accrescere la capacità competitiva delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali attraverso la diffusione di nuove tecnologie e delle relative applicazioni industriali. All’Agenzia è stato affidato il compito di promuovere l'integrazione fra il sistema della ricerca ed il sistema produttivo attraverso l'individuazione, valorizzazione e diffusione di nuove conoscenze, tecnologie, brevetti ed applicazioni industriali prodotti su scala nazionale ed internazionale; è stato previsto che essa stipula convenzioni e contratti con soggetti pubblici e privati che ne condividono le finalità e che è soggetta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri che, con propri decreti di natura non regolamentare, sentiti MIUR, MEF, Ministero delle attività produttive, nonché Ministro per lo sviluppo e la coesione territoriale e Ministro per l'innovazione e le tecnologie, se nominati, definisce criteri e modalità per lo svolgimento delle attività istituzionali.

La Corte costituzionale, con sentenza 18 aprile-11 maggio 2007, n. 165 (Gazz. Uff. 16 maggio 2007, n. 19 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità di tale disposto, nella parte in cui non prevede che criteri e modalità per lo svolgimento delle attività istituzionali dell’ Agenzia siano definiti previa intesa con la Conferenza Stato-regioni.

Lo Statuto dell’Agenzia è stato approvato con DPCM 23 marzo 2011. L’art. 2 dispone che l’Agenzia svolge compiti di promozione e coordinamento di appositi percorsi formativi, nonché di accompagnamento dei processi di innovazione, fatte salve le specifiche competenze attribuite dalla normativa vigente al MIUR.

[306] Disciplinato dal D.Lgs. 20 luglio 1999, n. 258.

[307] Il co. 4 ha, inoltre, disposto la costituzione, presso il MIUR, di un Comitato tecnico permanente, cui partecipano i rappresentanti delle amministrazioni interessate, con il compito di assicurare l'interoperabilità fra le attività ed i servizi di valutazione.

[308] Per quanto concerne il riferimento all’INDIRE, soppresso, insieme con gli IRRE, dall’art. 1, co. 611, della L. 296/2006 (a seguito della istituzione, operata dal co. 610, dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica) e, quindi, impropriamente citato dal comma 4-undevicies del D.L. 225/2010, si ricorda il sottosegretario competente, intervenendo presso la 7a Commissione del Senato il 1° marzo 2011, aveva evidenziato che il testo originario dell'emendamento approvato al D.L. prevedeva il ripristino dell'INDIRE. In una sua successiva formulazione, erano stati tuttavia soppressi i commi che operavano il ripristino e nella versione definitiva (poi recepita nel maxi emendamento su cui era stata posta la questione di fiducia) era rimasto solo un riferimento, che risultava pertanto del tutto improprio. Aveva quindi concluso riferendo che, trattandosi di un errore materiale, gli uffici del Ministero erano al lavoro per correggere la situazione. L’art. 19 del D.L. 98/2011 (L. 111/2011) ha poi disposto che l’ANSAS è soppresso dal 1 settembre 2012 ed è ripristinato l’INDIRE e che sono conseguentemente abrogati i commi 610 e 611 dell'art. 1 della L. 296/2006, ferma restando la soppressione degli ex IRRE.

[309] L’art. 3, co. 2-4, del D.Lgs. 286/2004 dispone che sulle risultanze della propria attività l’ente redige un rapporto annuale e riferisce al Ministro, che ne dà comunicazione alla Conferenza unificata e relaziona al Parlamento, con cadenza triennale. Il Ministro, in data 5 agosto 2009, ha trasmesso alle Camere la prima Relazione sull’attività svolta dall’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, per il triennio 2005-2007 (Doc. CCXIX, n. 1).

[310] L’art. 3, co. 2, della L. 425/1997, come modificato dall’art. 1 della L. 1/2007, ha affidato all’INVALSI la predisposizione, sulla base di direttive ministeriali, dei modelli da fornire agli istituti scolastici per la formulazione della terza prova scritta degli esami conclusivi del secondo ciclo, nonché la valutazione dei livelli di apprendimento degli studenti in uscita dal percorso, tramite valutazione delle prove scritte.

Per quanto concerne il primo ciclo, l’art. 1, co. 4, del D.L. 147/2007, novellando l’art. 11 del d.lgs. 59/2004, ha introdotto nell’esame conclusivo una prova scritta a carattere nazionale ed ha attribuito all’Istituto il compito di predisporne i modelli. Analoga previsione è recata dall’art. 3 del DPR 122/2009, che ha operato un coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni.

Con Direttiva 3 ottobre 2011, n. 87 (http://www.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/5883d7a9-cfda-4cae-84b3-70d749abd300/direttiva87_11.pdf), il MIUR ha definito, ai sensi dell’art. 11, co. 4-ter, del D.Lgs. 59/2004, i criteri generali che l’INVALSI dovrà osservare nella predisposizione dei testi della prova scritta a carattere nazionale nell’ambito dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo d’istruzione per l’a.s. 2011/12. Oggetto della prova saranno le conoscenze e le abilità acquisite dagli studenti in italiano e matematica.

[311] Letteralmente, il riferimento è al complesso dell’articolo, ma dalla relazione tecnica (A.S. 2814) si evinceva che si intendeva fare riferire agli specifici interventi di riorganizzazione di INDIRE e INVALSI. Infatti, i commi 1 e 2 dell’art. 19 hanno disposto che i commissari straordinari di ANSAS e INVALSI avviano un programma straordinario di reclutamento da concludere entro il 31 agosto 2012, realizzato nel limite della dotazione organica, nonché entro il limite dell’80% delle proprie entrate correnti complessive. La decorrenza giuridica ed economica delle assunzioni è fissata al 1° settembre 2012, data nella quale il personale comandato presso l’ANSAS rientra in servizio nelle istituzioni scolastiche. Dalla stessa data l’ANSAS è soppresso ed è ripristinato l’INDIRE, ferma restando, come ante già detto, la soppressione degli ex IRRE. La relazione tecnica dell’A.S. 2814 specificava che, oltre ai risparmi di spesa derivanti dal rientro del personale scolastico attualmente impiegato presso l’ANSAS nel comparto di appartenenza, altri risparmi deriveranno dal fatto che delle 18 sedi regionali dell’ente - che si affiancano alla sede principale a Firenze - rimarranno 3 nuclei.

[312] Al riguardo il relatore nel Comitato per la legislazione, nella seduta del 14 luglio 2011 aveva evidenziato che sarebbe stato necessario chiarire la portata normativa dell’art. 19, co. 3, che, mentre nel primo periodo prevedeva la destinazione delle risorse ad un nuovo fondo finalizzato al finanziamento del sistema nazionale di valutazione, nel secondo periodo prevedeva di far confluire le stesse risorse sul Fondo per gli enti di ricerca, finalizzandole al funzionamento dei due enti. http://leg16.intra.camera.it/_dati/leg16/lavori/bollet/frsmcdin_wai.asp?percboll=/_dati/leg16/lavori/bollet/201107/0714/html/48/|pagpro=3n2|all=off|commis=48.

[313] Quest’ultima non presente nella denominazione del Fondo.

[314] Con direttiva n. 88 del 3 ottobre 2011 (http://www.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/d477404c-9cbe-4237-ad61-8f3ec16f27be/dm88_11.pdf) sono stati indicati gli obiettivi delle rilevazioni nazionali INVALSI sugli apprendimenti degli studenti per l’a.s. 2011/2012, mediante le rilevazioni nazionali sulle conoscenze e abilità in italiano e matematica degli studenti delle classi sopra indicate. La direttiva evidenzia che per la realizzazione di tali attività saranno utilizzate le risorse finanziarie stanziate sul capitolo 1298/1 del bilancio di previsione del MIUR per il 2011 per l’affidamento all’INVALSI del progetto sperimentale straordinario di progressiva costruzione e messa a punto del sistema di misurazione periodica e sistematica degli apprendimenti, nell’ambito della collaborazione al progetto sperimentale “Valutazione per lo sviluppo della qualità”.

[315] http://www.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/6119c2d9-5a98-42c3-86e6-2924e425fc8a/prot2792_11.pdf

[316] La nota evidenziava che le scuole ne dovevano riportare gli esiti su fogli risposta, mentre gli elaborati rimanevano a loro disposizione per tutte le ulteriori analisi e riflessioni e che alle singole istituzioni scolastiche sarebbe stato restituito un rapporto sui risultati degli apprendimenti, in forma strettamente riservata, aggregati a livello di classe e disaggregati per ogni singolo item, in modo da poter analizzare gli errori più frequenti sia in rapporto alle prove utilizzate in ogni singola scuola che in rapporto ai risultati nazionali.

[317] Le informazioni sono state fornite con lettera del Commissario straordinario INVALSI ai Dirigenti Scolastici del 18 ottobre 2011: http://www.invalsi.it/snv2012/documenti/Lettere/Presentazione_SNV2012.pdf.

[318] Tale concerto è stato inserito durante l’esame parlamentare.

[319] Quest’ultimo periodo è stato introdotto durante l’esame parlamentare.

[320] Si elencano qui di seguito i settori e, tra parentesi, i corrispondenti indirizzi: Economico (Amministrazione, finanza e marketing; Turismo) e Tecnologico (Meccanica, meccatronica ed energia; trasporti e logistica; Elettronica ed elettrotecnica; Informatica e telecomunicazioni; Grafica e comunicazione; Chimica, materiali e biotecnologie; Sistema moda; Agraria e agroindustria; Costruzioni, ambiente e territorio).

[321] Si elencano qui di seguito i settori e, tra parentesi, i corrispondenti indirizzi: Servizi (Servizi per l’agricoltura e lo sviluppo rurale; servizi socio sanitari; servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera; servizi commerciali) e Industria e artigianato (Produzioni industriali e artigianali; Servizi per la manutenzione e l’assistenza tecnica).

[322]  In base alle indicazioni contenute nelle recenti linee guida, i nuovi Istituti tecnici sono chiamati ad intercettare l’evoluzione del fabbisogno di competenze che emerge dalle richieste del mondo del lavoro e ad offrire una risposta alle nuove necessità occupazionali; gli Istituti professionali perseguono invece l’obiettivo di far acquisire al diplomato, nell’ambito di settori produttivi relativamente ampi, capacità operative che lo mettano in grado di applicare le tecnologie a processi specifici e di prospettare e realizzare soluzioni anche innovative.

Pertanto, il riordino di entrambi i segmenti formativi vuole corrispondere alla necessità non solo di modernizzare l’impianto curricolare, ma anche di aumentare le possibilità di scelta degli studenti oltre il ciclo secondario, anche verso il “nuovo cantiere” dell’Istruzione tecnica superiore.

[323] Sull’argomento è utile ricordare anche che, nel frattempo, l’art. 64, co. 4-bis, del D.L. n. 112 del 2008, modificando l’art. 1, co. 622, della L. n. 296/2006 (finanziaria 2007) – che ha elevato a 10 anni (16 anni di età) l’obbligo di istruzione – ha disposto che tale obbligo può essere assolto, oltre che negli istituti scolastici, anche nei percorsi di istruzione e formazione professionale.

[324] http://dirisp.interfree.it/norme/nm_3773_17-12-10_intesa.htm#i.

[325] L’art. 1, co. 624, della L. finanziaria 2007 ha autorizzato, fino alla messa a regime della nuova disciplina di cui al co. 622 - che, come si è già detto, ha ridefinito l’obbligo scolastico -, la prosecuzione dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale di cui all'art. 28 del citato D.lgs. 226/2005 (il quale ha previsto che, a partire dall’a.s. 2006-2007, il diritto- dovere all’istruzione di cui al d.lgs. 76/2005 comprende i primi tre anni degli istituti di istruzione secondaria superiore e dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale realizzati sulla base dell'accordo-quadro in sede di Conferenza unificata 19 giugno 2003). Lo stesso comma ha disposto che le strutture che realizzano tali percorsi sono accreditate dalle regioni sulla base dei criteri generali definiti con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, previa intesa con la Conferenza unificata. In attuazione, è intervenuto il D.I. 29 novembre 2007.

[326] Sull’argomento, si veda la scheda relativa all’art. 50.

[327] Per completezza si ricorda che l’art. 1, co. 15, del D.lgs. 226/2005, oltre a stabilire che i percorsi liceali e quelli del sistema di istruzione e formazione professionale possono essere realizzati in un'unica sede, anche sulla base di apposite convenzioni, ha previsto forme di raccordo tra i licei - specialmente quelli artistici nei vari indirizzi -, e i percorsi di IeFP, attraverso la costituzione di centri polivalenti denominati “Campus” ovvero “Polo formativo”.

[328] La seconda tipologia è costituita dall’apprendistato di alta formazione e ricerca per i giovani dai 18 ai 29 anni, per il conseguimento di diplomi di istruzione secondaria superiore, titoli di studio universitari o di alta formazione, compreso il dottorato di ricerca, diplomi rilasciati dagli ITS, nonché per attività di ricerca e per il praticantato finalizzato all’accesso alle professioni ordinistiche (art. 5). La terza tipologia, per i giovani dai 18 ai 29 anni, è quella dell’apprendistato a carattere professionalizzante (o contratto di mestiere), per il conseguimento di una qualifica professionale a fini contrattuali (art. 4).

[329] Il concerto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dello sviluppo economico è stato introdotto durante l’esame parlamentare. Con riferimento al concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, si ricorda che lo stesso è stato già previsto, in materia, dall’art. 69 della L. n. 144/1999 (con riferimento alla definizione delle condizioni di accesso ai corsi dell’Istruzione e formazione tecnica superiore -IFTS) e dall’art. 1, co. 631, della L. 296/2006 (che ha disposto la riorganizzazione dell'alta formazione professionale, prevedendo l’adozione di linee guida con DPCM, su proposta del Ministro dell’istruzione e del Ministro del lavoro. Le stesse linee guida sono state adottate con il DPCM 25 gennaio 2008 di cui si è già parlato nel testo).

[330] La specifica relativa agli ambiti è stata introdotta durante l’esame parlamentare.

[331] Oltre che risorse delle regioni o messe a disposizione da soggetti pubblici e privati e dall’UE.

[332] Il contributo è ripartito fra le regioni che hanno deliberato e avviato, con riferimento alla programmazione del triennio precedente, i piani territoriali, sulla base del criterio del numero di giovani di età compresa fra i 20 e i 34 anni rilevato dall’ultimo censimento ISTAT.

[333] Per particolari figure, i percorsi possono avere durata superiore, nel limite massimo di sei semestri.

[334] Con Decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 7 settembre 2011 sono state definite le norme generali concernenti i diplomi degli ITS e le relative figure nazionali di riferimento, la verifica e la certificazione delle competenze di cui all’art. 4, co. 3, e 8, co. 2, del DPCM 25 gennaio 2008.

[335] http://www.indire.it/its/.

[336] Costituito dai conferimenti, in proprietà, uso o possesso a qualsiasi titolo di denaro o beni mobili e immobili, o altre utilità impiegabili per il perseguimento degli scopi, effettuati dai Fondatori all'atto della costituzione e dai partecipanti.

[337] Alcuni dati sulla consistenza del patrimonio scolastico e le criticità in termini di sicurezza del medesimo patrimonio, nonché sulle iniziative intraprese negli ultimi anni, sono stati forniti dal settimanale Edilizia e territorio del Sole 24 ore del 13-18 febbraio 2012 (http://static.ilsole24ore.com/GG/GuidaEdiliziaTerritorio/Binary/13073001.44/13073001.pdf).

[338] Al link citato nella nota 1 e che si riporta nuovamente (http://static.ilsole24ore.com/GG/GuidaEdiliziaTerritorio/Binary/13073001.44/13073001.pdf)) è disponibile un approfondimento con riguardo al possibile coinvolgimento dei capitali privati nel Piano.

[339] Sull’argomento, si veda l’audizione del Ministro Profumo nella VII Commissione della Camera del 10 gennaio 2012 disponibile al link http://www.intra.camera.it/_dati/lavori/stencomm/07/audiz2/2012/0110/s000r.htm In particolare, per quanto qui interessa, il Ministro ha evidenziato che” oggi, in Italia, vi sono circa 64 milioni di metri quadri di scuole, il 75 per cento delle quali è stato costruito prima degli anni Ottanta. Le manutenzioni, dagli anni Novanta ad oggi, sono state estremamente limitate; sono stati effettuati interventi per poco più di 1.500 scuole, su un totale di circa 10.000 scuole e di circa 40.000 plessi scolastici. Il personale della scuola - insegnanti e personale amministrativo - ammonta a 800.000 unità e gli studenti, complessivamente, sono circa 8 milioni. Essendoci 8 milioni di studenti, a fronte dei 64 milioni di metri quadri di superficie di scuole, vi sono circa 8 metri quadri per studente: si tratta di una superficie che è superiore alla media europea del 30 per cento circa………moltissime di queste scuole, proprio perché sono vetuste e sono state costruite o gestite in questo modo, possiedono la classe energetica G, che è una classe estremamente povera dal punto di vista energetico: ciò significa che, in termini di spesa per l'energia, occorrono circa 200 euro all'anno per metro quadro. Moltiplicando 64 milioni di metri quadri per 200 euro per metro quadro, si ottiene una cifra che spaventa, ossia 12,5 miliardi di euro, che costituisce il costo energetico di queste scuole, che viene ripartito tra i comuni e le province. Pertanto, dobbiamo svolgere una riflessione su tale argomento, in questo momento di grande difficoltà per gli enti pubblici. Supponiamo di sognare. Il sogno ci porta a individuare una classe intermedia, la classe B, che consentirebbe di rigenerare le scuole esistenti o di costruirne di nuove. In questo caso, il costo per metro quadro sotto il profilo energetico scenderebbe a un terzo di quella cifra, cioè a 60 euro per metro quadro all'anno. Se invece si optasse per la classe energetica A - che è quanto ci viene richiesto a partire dal 2020 -, il costo energetico scenderebbe a 35 euro per metro quadro all'anno. Questo significa che, se si andasse in classe B, si scenderebbe da 12,5 miliardi di euro a 4 miliardi 100 milioni di euro, mentre, se si andasse in classe A, si scenderebbe a poco più di 3 miliardi di euro. Pertanto, con una reingegnerizzazione delle risorse - naturalmente questo fa ancora parte del sogno, ma bisogna trovare una modalità per realizzarlo -, metteremmo in gioco una quantità di risorse per un «progetto Paese» di un certo ammontare. Si tratta di una partita molto complessa, nella quale è importante anche l'elemento della gestione del transitorio.”.

[340] L. 30 dicembre 2010, n. 240, Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario.

[341] Si tratta del D.Lgs. per la revisione della disciplina concernente la contabilità, al fine di garantirne coerenza con la programmazione triennale di ateneo.

[342] Individuano, inoltre, i corsi di studio da istituire e da attivare, nel rispetto dei requisiti minimi essenziali in termini di risorse strutturali ed umane, nonché quelli da sopprimere; il programma di sviluppo della ricerca scientifica; le azioni per il sostegno ed il potenziamento dei servizi e degli interventi a favore degli studenti; i programmi di internazionalizzazione. I programmi, ad eccezione del profilo relativo al fabbisogno di personale, sono sottoposti alla valutazione del MIUR e periodicamente monitorati sulla base di parametri indicati dal Ministro con il supporto del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU – ora sostituito dall’ANVUR), e previo parere della CRUI. Sui risultati della valutazione il Ministro riferisce al Parlamento al termine di ciascun triennio. Dei programmi delle università si tiene conto nella ripartizione del FFO.

[343] D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, Attuazione della direttiva 1999/70CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES ( in attuazione della delega di cui alla L. 29 dicembre 2000, n. 422 -legge comunitaria per il 2000).

[344] L. 18 aprile 1962, n. 230, Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato.

[345] L. 24 dicembre 2007, n. 247, Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale.

[346] D.L. 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, L. 6 agosto 2008, n. 133.

[347] Il trattamento economico del personale degli istituti ed enti di ricerca è definito dalla contrattazione collettiva. Si ricorda, al riguardo, che il CCNL attualmente vigente è quello relativo al quadriennio normativo 2006-2009 ed al biennio economico 2008-2009, entrambi del 13 maggio 2009.

[348] Pubblicato nella GU n. 224 del 26 settembre 2011.

[349] “Attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica, nonché abrogazione delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE”.

[350] Regolamento (CE) n. 663/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un programma per favorire la ripresa economica tramite la concessione di un sostegno finanziario comunitario a favore di progetti nel settore dell’energia.

[351] Si veda ad esempio la sentenza n. 383 del 2005.

[352] Così nella sentenza n. 383/2005 citando la precedente sentenza n. 303/2003.

[353] Il comma 9 individua le risorse necessarie alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla concessione del credito di imposta per le nuove assunzioni a valere sulle risorse nazionali (legge n. 183/1987) e comunitarie del Fondo Sociale Europeo (FSE) e del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) destinate al finanziamento dei programmi operativi, regionali e nazionali, nei limiti stabiliti con il decreto ministeriale previsto dal precedente comma 8. Ai fini dell’utilizzo delle risorse nazionali e comunitarie, il comma stabilisce che esse siano versate, per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013, all’entrata del bilancio dello Stato e successivamente riassegnate ad apposito programma di spesa dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. Le Amministrazioni regionali titolari dei relativi programmi comunitari dovranno comunicare al Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (gestito dalla Ragioneria generale dello Stato - Ispettorato generale rapporti con l’Unione europea - IGRUE) l’ammontare degli importi, comunitari e nazionali, riconosciuti a titolo di credito di imposta dalla UE, da versare all’entrata del bilancio dello Stato.

[354] Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale: audizioni del 12 e 14 aprile 2011.

[355] Cfr. articolo 81, comma 32, del decreto-legge n. 112 del 2008 , convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

[356] Cfr. articolo 81, comma 32, del decreto-legge n. 112 del 2008.

[357] Cfr. articolo 81, comma 29, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.

[358] Cfr. risposta all’interrogazione a risposta immediata n. 3-01435, svolta presso l’Assemblea della Camera dei deputati in data 2 febbraio 2011.

[359] Articolo 1, comma  345-bis, Legge n.266/2005 (finanziaria 2006).

[360] Articolo 82, comma 25 e 26, D.L. 112/2008.

[361] Articolo 4, comma 1-bis, D.L. n.155/2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 190/2008.

[362] Articolo 24 della legge 88 del 2009 (legge comunitaria 2008).

[363] Articolo 24, comma 1, della legge n. 99 del 2009.

[364] Convertito con modificazioni dalla legge n. 2 del 2009.

[365] Risposta del Governo su chiarimenti in merito alle risorse pubbliche e private destinate alla social card per l'anno 2011 – interrogazione n. 3-01435, seduta n. 428 del 2 febbraio 2011 presso la Camera dei deputati.

[366] La disposizione, nella formulazione originaria, si riferiva ai cittadini comunitari ovvero ai cittadini stranieri in possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.

[367] Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

[368] Il Sistema di Gestione delle Agevolazioni sulle Tariffe Energetiche (SGAte) consente ai Comuni italiani di adempiere agli obblighi legislativi in tema di compensazione della spesa sostenuta per la fornitura di energia elettrica e di gas naturale dai clienti domestici disagiati.

SGAte gestisce l'intero iter necessario ad attivare il regime di compensazione a favore dei cittadini in possesso dei requisiti di ammissibilità. In proposito cfr. www.sgate.anci.it.

[369] Decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10.

[370] Cfr. articolo 81, comma 29, del decreto-legge n. 112 del 2008.

[371] Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

 

[372] Si vedano le numerose sentenze a riguardo, da ultimo, n. 326 del 2008, nn. 165, 162 e 105 del 2007 e nn. 234, 118 e 88 del 2006). “L'eccessiva vaghezza della loro formulazione, aggravata dalla complessa  struttura delle leggi finanziarie, frutto della prassi invalsa negli ultimi anni, non può valere ad escludere le autonomie speciali dall'applicazione delle norme contenute nelle suddette leggi” (sentenza n. 105/2007).

[373] A titolo esemplificativo si vedano le sentenze n. 326/2008 in materia di organizzazione degli uffici regionali e degli enti locali, n. 110/2007 in materia di tutela della salute e n. 165/2011 in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia.