Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||||
Altri Autori: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||||
Titolo: | Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo - D.L. 5/2012 ' A.C. 4940-A schede di lettura | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 595 Progressivo: 2 | ||||
Data: | 09/03/2012 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
X-Attività produttive, commercio e turismo |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Disposizioni
urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo D.L. 5/2012 – A.C. 4940-A |
Schede di
lettura |
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n. 595/2 |
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9 marzo 2012 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni ( 066760-9475 / 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it |
Ha partecipato alla redazione del dossier il seguente Ufficio: |
Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea ( 066760-2145 – * cdrue@camera.it |
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I dossier dei servizi e degli uffici
della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per
l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei
deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o
riproduzione per fini non consentiti dalla legge. |
File: D12005c.doc |
INDICE
§
Articolo 2 (Semplificazione
delle procedure amministrative mediante SCIA)
§
Articolo 5 (Cambio
di residenza in tempo reale)
§
Articolo 6 (Comunicazione
di dati per via telematica tra amministrazioni)
§
Articolo 6-bis (Disposizioni
per il pagamento dell’imposta di bollo per
via telematica)
§
Articolo 7 (Disposizioni
in materia di scadenza dei documenti d’identità e di riconoscimento)
§
Articolo 8, comma 4 (Composizione
della Commissione per l’esame di avvocato)
§
Articolo 9 (Dichiarazione
unica di conformità degli impianti termici)
§
Articolo 10 (Parcheggi pertinenziali)
§
Articolo 12-bis (Riduzione degli oneri delle comunicazioni a
carico dei comuni)
§
Articolo 14 (Semplificazione
dei controlli sulle imprese)
§
Articolo 16, comma 6 (Misure per lo scambio dei dati tra
Amministrazioni)
§
Articolo 16, comma 6-bis (Controllo
sui percettori di trattamenti previdenziali)
§
Articolo 16, comma 7 (Pagamenti
con strumenti elettronici in sedi INPS)
§
Articolo 16, commi 9-10 (Patrocinio nel contenzioso in materia di
invalidità civile)
§
Articolo 18 (Semplificazione
in materia di assunzioni e di collocamento obbligatorio)
§
Articolo 19 (Semplificazione
in materia di libro unico del lavoro)
§
Articolo 21 (Responsabilità
solidale negli appalti)
§
Articolo 22, comma 1 (Modifiche
alla normativa per l’adozione delle delibere CIPE)
§
Articolo 23 (Autorizzazione
unica in materia ambientale per le piccole e medie e imprese)
§
Articolo 25 (Misure
di semplificazione per le imprese agricole)
§
Articolo 26 (Definizione di bosco e di arboricoltura da
legno)
§
Articolo 27 (Esercizio
dell’attività di vendita diretta)
§
Articolo 28 (Modifiche
relative alla movimentazione aziendale dei rifiuti e al deposito temporaneo)
§
Articolo 29 (Disposizioni
a favore del settore bieticolo-saccarifero)
§
Articolo 31 (Misure
di semplificazione in materia di ricerca di base)
§
Articolo 35, commi 1 e 2
(Disposizioni
in materia di controllo societario)
§
Articolo 35, co. 2-bis (Partecipazione
agli organi collegiali)
§
Articolo 36 (Privilegio
dei crediti dell’impresa artigiana)
§
Articolo 38 (Semplificazione degli adempimenti per la
tenuta dei gas medicinali)
§
Articolo 41 (Semplificazione in materia di
somministrazione temporanea di alimenti e bevande)
§
Articolo 44 (Semplificazioni
in materia di interventi di lieve entità)
§
Articolo 45 (Semplificazioni
in materia di dati personali)
§
Articolo 47 (Agenda
digitale italiana)
§
Articolo 47, comma 2-quater (Accesso all’ingrosso alla rete fissa di telecomunicazioni)
§
Articolo 47-bis (Semplificazioni
in materia di sanità digitale)
§
Articolo 47-ter (Digitalizzazione e riorganizzazione)
§
Articolo 47-quater (Indice degli indirizzi delle
pubbliche amministrazioni)
§
Articolo 47-quinquies (Organizzazione e finalità dei
servizi in rete)
§
Articolo 48 (Dematerializzazione
di procedure in materia di università)
§
Articolo 49 (Misure
di semplificazione e funzionamento in materia di università)
§
Articolo 50 (Attuazione
dell’autonomia)
§
Articolo 51 (Potenziamento
del sistema nazionale di valutazione)
§
Articolo 54 (Tecnologi
a tempo determinato)
§
Articolo 55 (Misure
di semplificazione in materia di ricerca universitaria)
§
Articolo 56, commi 1 e 2
(Disposizioni per il settore turistico)
§
Articolo 56, comma 3 (Disposizioni per l'EXPO)
§
Articolo 58 (Modifiche al decreto legislativo 1° giugno
2011, n. 93)
§
Articolo 59 (Disposizioni
in materia di credito d’imposta)
§
Articolo 60 (Sperimentazione
finalizzata alla proroga del programma "carta acquisti")
§
Articolo 61 (Norme
transitorie e disposizioni in materia di atti amministrativi sottoposti a
intesa)
§
Articolo 62-bis (Clausola
di salvaguardia)
Articolo 1
(Modifiche
alla legge 7 agosto 1990, n. 241 in materia di conclusione
del procedimento e poteri sostitutivi)
1. All'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, i commi 8 e 9 sono sostituiti dai seguenti:
"8. La tutela in materia di silenzio dell'amministrazione è disciplinata dal codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. Le sentenze passate in giudicato che accolgono il ricorso proposto avverso il silenzio inadempimento dell'amministrazione sono trasmesse, in via telematica, alla Corte dei conti.
9. La mancata o tardiva emanazione del
provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della
performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile
del dirigente e del funzionario inadempiente.
9-bis. L'organo di governo individua, nell'ambito delle figure apicali dell'amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia. Nell'ipotesi di omessa individuazione il potere sostitutivo si considera attribuito al dirigente generale o, in mancanza, al dirigente preposto all'ufficio o in mancanza al funzionario di più elevato livello presente nell'amministrazione.
9-ter. Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento o quello superiore di cui al comma 7, il privato può rivolgersi al responsabile di cui al comma 9-bis perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario.
9-quater. Il responsabile individuato ai sensi del comma 9-bis, entro il 30 gennaio di ogni anno, comunica all'organo di governo, i procedimenti, suddivisi per tipologia e strutture amministrative competenti, nei quali non è stato rispettato il termine di conclusione previsto dalla legge o dai regolamenti. Le Amministrazioni provvedono all'attuazione del presente comma, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
9-quinquies.
Nei provvedimenti rilasciati in ritardo su istanza di parte sono espressamente indicati il termine
previsto dalla legge o dai regolamenti di cui all'articolo 2 e quello
effettivamente impiegato.".
2. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei procedimenti tributari e in materia di giochi pubblici, per i quali restano ferme le particolari norme che li disciplinano.
L’articolo 1 introduce alcune novità in materia di conclusione del procedimento amministrativo mediante novella dell’articolo 2 della legge n. 241/1990[1] che stabilisce la disciplina generale dell’obbligo di provvedere in capo alle pubbliche amministrazioni. In particolare, le disposizioni sono volte a rafforzare le garanzie del privato contro il ritardo dell’amministrazione nel provvedere, prevedendo l’esercizio di poteri sostitutivi in caso di inerzia, nonché il riconoscimento della responsabilità disciplinare, amministrativa e contabile del dirigente o del funzionario responsabile.
Le modifiche al testo della L. 241/1990 sono evidenziate nel testo a fronte che segue.
Legge 7 agosto 1990, n. 241 |
Legge 7 agosto 1990, n. 241 |
Art. 2 |
Art. 2 |
Conclusione del procedimento |
Conclusione del procedimento |
1-7 [omissis] |
1-7 [omissis] |
8. La tutela in materia di silenzio dell’amministrazione è disciplinata dal codice del processo amministrativo. |
8. La tutela in materia di silenzio dell’amministrazione è
disciplinata dal codice del processo amministrativo. Le sentenze passate in giudicato che accolgono il ricorso proposto
avverso il silenzio inadempimento dell’amministrazione sono trasmesse, in via
telematica, alla Corte dei Conti. |
9. La mancata emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale. |
9. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente. |
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9-bis. L’organo di governo individua, nell’ambito delle figure apicali dell’amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia. Nell’ipotesi di omessa individuazione il potere sostitutivo si considera attribuito al dirigente generale o, in mancanza al dirigente preposto all’ufficio o in mancanza al funzionario di più elevato livello presente nell’amministrazione. |
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9-ter. Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento
o quello superiore di cui al comma 7, il privato può rivolgersi al
responsabile di cui al comma 9-bis
perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto,
concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina
di un commissario. |
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9-quater. Il responsabile individuato ai sensi del comma 9-bis, entro il 30 gennaio di ogni anno,
comunica all’organo di governo, i procedimenti, suddivisi per tipologia e
strutture amministrative competenti, nei quali non è stato rispettato il
termine di conclusione previsti dalla legge e o dai regolamenti. Le
Amministrazioni provvedono all’attuazione del presente comma con le risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. |
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9-quinquies. Nei provvedimenti rilasciati in ritardo su istanza di
parte è espressamente indicato il termine previsto dalla legge o dai
regolamenti di cui all’articolo 2 e quello effettivamente impiegato. |
La materia è stata oggetto di un recente intervento legislativo, ad opera dell’articolo 7 della legge n. 69/2009[2], al fine di ridurre i termini di conclusione dei procedimenti ed assicurare l'effettività del loro rispetto da parte delle amministrazioni.
All’esito di tale intervento, l’articolo 2 della legge 241/1990 stabilisce che i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro trenta giorni (termine in precedenza fissato in novanta giorni), a meno che disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di natura regolamentare, da emanarsi da parte di ciascuna amministrazione ai sensi dei commi 3, 4 e 5 dell’art. 2 della legge 241, prevedano un termine diverso.
All'adozione di tali provvedimenti si provvede con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri competenti e di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa, che individuano i termini di conclusione dei procedimenti di competenza delle amministrazioni statali.
L’altra novità introdotta dalla legge n. 69 del 2009 è che, in ogni caso, i termini fissati dalle amministrazioni non possono comunque essere superiori ai novanta giorni (laddove in precedenza non era fissato alcun limite temporale nella autonoma determinazione dei termini da parte delle amministrazioni).
La legge ammette tuttavia la possibilità di prevedere termini superiori ai novanta giorni in considerazione della «sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento». In questi casi, tuttavia, il termine massimo di durata non può oltrepassare comunque i centottanta giorni[3] e per l’adozione del relativo regolamento è necessaria sia la proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione e per la semplificazione normativa, sia la previa deliberazione del Consiglio dei Ministri[4].
I termini per la conclusione del procedimento decorrono dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte.
Oltre a stabilire una rideterminazione dei termini procedimentali, la legge n. 69/2009, con l’obiettivo di dare effettività a tali disposizioni, ha disciplinato le conseguenze del ritardo da parte dell'amministrazione, sia nei riguardi dei cittadini destinatari dell’azione amministrativa, sia nei riguardi dei dirigenti ai quali si possa far risalire la responsabilità del ritardo medesimo.
Sotto il primo aspetto, l’articolo 2-bis della L. 241 (introdotto dal citato art. 7) prevede l’obbligo del risarcimento del danno ingiusto cagionato al cittadino in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento.
Quanto al secondo, l’articolo 2, comma 9, prevede che la mancata emanazione del provvedimento nei termini previsti costituisce elemento di valutazione ai fini della responsabilità dirigenziale.
Le modifiche introdotte dall’articolo 1 in esame riguardano proprio le garanzie in merito all’effettività della tutela in caso di violazione da parte dell’amministrazione dell’obbligo di provvedere nei termini prescritti.
Con una prima novella, si aggiunge un periodo al comma 8 dell’articolo 2 della legge 241, che rinvia la disciplina della tutela avverso il silenzio dell’amministrazione alle disposizioni del Codice del processo amministrativo[5].
La disciplina del rito contro l’inerzia della pubblica amministrazione è disciplinato nel Libro IV, all'articolo 117 del Codice, ed in parte dell’articolo 31 quanto all’azione.
Il ricorso può essere proposto anche senza necessità di previa diffida all’amministrazione inadempiente con atto notificato all'amministrazione e ad almeno un controinteressato nel termine di un anno dalla scadenza del termine per la conclusione del procedimento (co. 1).
Il ricorso è deciso con sentenza in forma semplificata e in caso di totale o parziale accoglimento il giudice ordina all’amministrazione di provvedere entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni (co. 2).
Con la sentenza, o anche successivamente su istanza di parte, il giudice amministrativo può procedere alla nomina di un commissario ad acta che si sostituisca all’amministrazione in caso di sua persistente inerzia (co. 3). La competenza del giudice a decidere è estesa a tutte le questioni relative agli atti del commissario che non dovranno, dunque, essere impugnati con ricorso ordinario di legittimità (co. 4).
Nell’ipotesi in cui il provvedimento venga adottato in corso del giudizio, ovvero sopravvenga un atto connesso con l’oggetto della controversia, questo può essere impugnato anche con motivi aggiunti, nei termini e con il rito previsto per il nuovo provvedimento, e l’intero giudizio prosegue con tale rito (co. 5).
Analoga concentrazione è prevista con riferimento all'azione risarcitoria che può essere proposta congiuntamente con il ricorso avverso il silenzio amministrativo ma, in tal caso, mentre l’azione avverso il silenzio sarà trattata con rito camerale, la domanda risarcitoria sarà trattata con il rito ordinario (co. 6).
Secondo quanto stabilito dall’articolo 31, comma 3, del Codice, il giudice può pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa solo qualora non residuino margini di discrezionalità amministrativa e non siano necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione.
La novella introduce l’obbligo di trasmettere, in via telematica, alla Corte dei conti le sentenze passate in giudicato che accolgono il ricorso proposto avverso il silenzio inadempimento. Ciò, verosimilmente al fine di agevolare la possibilità di esercitare l’azione, ove se ne ravvisino i presupposti, per la responsabilità amministrativa.
Inoltre, viene riformulato il comma 9 dell’art. 2 della citata legge n. 241, che, come accennato, prevede che la mancata emanazione del provvedimento nei termini previsti costituisce elemento di valutazione ai fini della responsabilità dirigenziale.
In proposito, come chiaramente evidenziato nelle citate Linee di indirizzo per l’attuazione dell’articolo 7 della L. 69/2009, il rispetto dei termini del procedimento rappresenta un elemento di valutazione dei dirigenti, di cui si tiene conto al fine della corresponsione della retribuzione di risultato e la mancata emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale.
In base agli indirizzi amministrativi, al fine di valutare la responsabilità del dirigente, «ciò che rileva è la grave e ripetuta inosservanza dell’obbligo di provvedere in relazione ai risultati complessivi prodotti dalla organizzazione alla quale il dirigente è preposto, ferma restando la necessità di procedere ad una valutazione caso per caso che tenga conto della situazione concreta in cui il dirigente opera in relazione agli incarichi, alla struttura organizzativa, alle difficoltà, ai motivi dell’agire e al danno concretamente cagionato al privato. Non si dovrà attribuire rilievo determinante agli episodi sporadici ed occasionali di inosservanza dell’obbligo di provvedere, conformemente alle indicazioni contenute nella legge, né tantomeno potrà considerarsi inadempimento la mancata emanazione del provvedimento nelle ipotesi di silenzio assenso».
Tale disposizione è completamente riformulata, precisando che:
§ l’inerzia dell’amministrazione costituisce elemento di valutazione non solo della responsabilità disciplinare, ma altresì della performance individuale e della responsabilità amministrativo-contabile;
Sul punto, la novella opera una ricognizione delle forme di responsabilità ricollegabili all’inerzia. Innanzitutto si fa rifermento alla valutazione della performance individuale, introdotto dalla legge delega n. 15 del 2009 e dal successivo D.Lgs. 150/2009[6].
In proposito, l’articolo 9, co. 1, del citato D.Lgs. 150/2009 prevede che il personale con incarico dirigenziale sia valutato in relazione agli indicatori di performance relativi all'ambito organizzativo di diretta responsabilità; al raggiungimento di specifici obiettivi individuali; alla qualità del contributo assicurato alla performance generale della struttura, alle competenze professionali e manageriali dimostrate; alla capacità di valutazione dei propri collaboratori, dimostrata tramite una significativa differenziazione dei giudizi.
Il successivo comma, prevede che la misurazione e la valutazione svolte dai dirigenti sulla performance individuale del personale non dirigenziale sono collegate: a) al raggiungimento di specifici obiettivi di gruppo o individuali; b) alla qualità del contributo assicurato alla performance dell’unità organizzativa di appartenenza, alle competenze dimostrate ed ai comportamenti professionali e organizzativi.
In secondo luogo, l’inosservanza all’obbligo di provvedere può comportare una ipotesi di responsabilità disciplinare.
Sul punto, merita inoltre ricordare la specifica misura disciplinare prevista dall’art. 55-sexies, co. 1, del D.Lgs. 165/2001[7], introdotto dall’art. 69 del D.Lgs. 150/2009. Tale disposizione stabilisce che la condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno per violazione da parte del dipendente degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa (stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento), impongono nei confronti dello stesso dipendente l’applicazione - ove già non ricorrano i presupposti per l’applicazione di un’altra sanzione disciplinare - della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni ad un massimo di tre mesi, in proporzione all’entità del risarcimento.
In terzo luogo, l’inerzia del dipendente può integrare una fattispecie di responsabilità amministrativa e contabile.
Si ricorda, in merito che la responsabilità amministrativa è la responsabilità a contenuto patrimoniale di amministratori o dipendenti pubblici per i danni causati all’ente nell’ambito o in occasione del rapporto d’ufficio. Affinché un soggetto possa essere chiamato a rispondere in sede di responsabilità amministrativa occorre che lo stesso, con una condotta dolosa o gravemente colposa collegata o inerente al rapporto esistente con l’amministrazione, abbia causato un danno pubblico risarcibile che si ponga come conseguenza diretta e immediata di detta condotta.
L’accertamento della responsabilità comporta la condanna al risarcimento del danno a favore dell’amministrazione danneggiata. L’azione di rivalsa dell’amministrazione è fondata, secondo l’art. 18 del D.P.R. n. 3/1957, sulla violazione degli obblighi di servizio ed è attribuita alla giurisdizione della Corte dei conti.
Con l’espressione responsabilità contabile, ci si riferisce alla responsabilità di quei soggetti (agenti contabili) che avendo avuto in consegna (a vario titolo) denaro, beni o altri valori pubblici, o comunque avendone avuto la disponibilità materiale, non adempiano all’obbligo di restituzione che a loro incombe. Pertanto, tale responsabilità si basa sul mancato adempimento di un obbligo di restituzione di un bene (compreso il denaro) dell’amministrazione.
§ le fattispecie di responsabilità sorgono non unicamente nell’ipotesi di mancata emanazione del provvedimento nei termini, ma altresì in caso di tardiva adozione del provvedimento;
§ la responsabilità non è limitata al dirigente, ma si estende anche al funzionario inadempiente.
Il sistema di classificazione del personale nella P.A. è lo strumento che identifica, rispetto ai fini e agli obiettivi dell'ente ed in armonia con l'organizzazione del lavoro, le diverse tipologie professionali graduandole a seconda della consistenza professionale, del livello di autonomia e responsabilità nonché dei criteri e requisiti per l'accesso.
In particolare, dal sistema di classificazione per gradi del 1923, si è passati al sistema delle carriere, introdotto con il D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, che prevedeva l'inquadramento del personale delle pubbliche amministrazioni in quattro distinte carriere (direttiva, alla quale, in mancanza di una specifica definizione, si potevano ricondurre le figure dei funzionari, di concetto, esecutiva, ausiliaria, tra loro in rapporto gerarchico di funzione), sistema soppresso dalla L. 11 Luglio 1980 n. 312, e sostituto da quello delle qualifiche funzionali. Successivamente il sistema delle qualifiche funzionali è stato sostituito da quello delle aree o categorie professionali (sotto la generale diversificazione tra personale dirigenziale e non dirigenziale) le cui declaratorie sono descritte nei diversi CCNL. Attualmente, quindi, il CCNL del 14 settembre 2007 relativo al personale del comparto ministeri per il quadriennio normativo 2006 – 2009 e biennio economico 2006 – 2007, ispirato ai principi della valorizzazione delle professionalità interne, ai fini del conseguimento di prestazioni di elevata qualificazione ed efficacia, e della flessibilità nella gestione delle risorse umane ha articolato il personale non dirigenziale in tre aree - denominate Prima, Seconda e Terza – caratterizzate da livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità necessarie per l’espletamento di una gamma di attività lavorative.
In particolare, per quanto riguarda i lavoratori che possono rivestire la “qualifica di funzionario”, si evidenzia che appartengono all’Area Terza i lavoratori che, nel quadro di indirizzi generali, per la conoscenza dei vari processi gestionali, svolgono, nelle unità di livello non dirigenziale a cui sono preposti, funzioni di direzione, coordinamento e controllo di attività di importanza rilevante, ovvero lavoratori che svolgono funzioni che si caratterizzano per il loro elevato contenuto specialistico.
L’articolo in esame, aggiunge
inoltre all’articolo 2 della legge n. 241 i
commi da 9-bis a 9-quinquies.
Il comma 9-bis prevede una misura di pianificazione organizzativa, in base alla quale nell’ambito delle pubbliche amministrazioni, l’organo di governo deve individuare, tra le figure apicali, il soggetto a cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia.
La medesima disposizione stabilisce in proposito alcuni criteri suppletivi ove l’organo di governo non provveda all’individuazione: infatti, in tal caso, il potere sostitutivo si intende attribuito al dirigente generale. In mancanza di questi, al dirigente preposto all’ufficio o in mancanza al funzionario di più elevato livello presente nell’amministrazione.
L’espressione “organi di governo” è utilizzata dal D.Lgs. 165/2001 (art. 4) per indicare i soggetti nelle amministrazioni pubbliche che “esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti”.
A tale funzione, attribuita agli organi di governo, si contrappone quella attribuita ai dirigenti, ai quali, "spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo”.
Il comma 9-ter garantisce al privato in attesa del provvedimento dell’amministrazione, ove il termine per la conclusione del procedimento sia inutilmente decorso, la possibilità di rivolgersi direttamente al titolare del potere sostitutivo (individuato ai sensi del comma precedente) affinché concluda il procedimento medesimo o attraverso le strutture competenti o ricorrendo alla nomina di un commissario.
In ogni caso, il provvedimento finale dovrà essere adottato entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto.
In tal modo, l’introduzione a regime di un potere sostitutivo attribuisce al privato in attesa del provvedimento, prima di ricorrere all’azione giudiziale, un ulteriore strumento esperibile a garanzia dell’effettività dell’azione amministrativa.
Tra gli oneri incombenti in capo al titolare del potere sostitutivo, secondo quanto previsto dal comma 9-quater, vi è quello di comunicare all’organo di governo, i procedimenti, suddivisi per tipologia e strutture amministrative competenti, nei quali non è stato rispettato il termine di conclusione previsti dalla legge e o dai regolamenti.
L’adempimento di tale onere non può comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
In base al comma 9-quinquies, l’amministrazione deve “riconoscere” l’eventuale ritardo nell’adempimento, indicando in tutti i provvedimenti rilasciati su istanza di parte, sia il termine previsto per disposizione di legge o regolamentare, sia quello effettivamente impiegato.
Nel corso dell’esame in sede referente è stato aggiunto il comma 1-bis, che esclude dall’ambito di applicazione delle disposizioni del presente articolo i procedimenti tributari e in materia di giochi pubblici, per i quali restano ferme le particolari norme che li disciplinano.
Il comma 2 dell’articolo in esame esclude dall’applicazione delle disposizioni introdotte i procedimenti tributari e in materia di giochi pubblici, con l’effetto di mantenere ferma la disciplina di settore.
In proposito, si segnala che
andrebbe valutata l’opportunità di riformulare tale disposizione di esclusione
come novella alla Legge n. 241 del 1990, coordinandola con l’art. 13 della
medesima legge, che già concerne l’ambito di applicazione della stessa
limitatamente alla partecipazione al procedimento amministrativo.
Articolo 2
(Semplificazione delle procedure
amministrative mediante SCIA)
1. All'articolo 19, della legge 7 agosto 1990, n. 241, al comma 1, dopo le parole: "decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nonché" sono inserite le seguenti: ", ove espressamente previsto dalla normativa vigente,".
L’articolo 2, con una modifica all’articolo 19 della legge n. 241/1990, stabilisce che la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) sia corredata dalle attestazioni e asseverazioni dei tecnici abilitati non più in via generale, ma solo ove previsto dalle norme di settore.
Si rammenta che la SCIA è stata introdotta dal comma 4-bis dell'art. 49 del decreto legge n. 78/2010[8] sostituendo integralmente la disciplina della dichiarazione di inizio attività contenuta nel previgente articolo 19 della legge 7 agosto 1990 n. 241. Tale riforma risponde all’esigenza di liberalizzare l'attività d'impresa, consentendo di iniziare immediatamente l’attività stessa.
La Scia, infatti, consente di iniziare l’attività immediatamente e senza necessità di attendere la scadenza di alcun termine, ciò traducendosi in una sostanziale accelerazione e semplificazione rispetto alla precedente disciplina contenuta nell’articolo 19 della legge n. 241 del 1990, che prevedeva il decorso del termine di trenta giorni prima di poter avviare l’attività oggetto della Dia e legittimava l’esercizio di poteri inibitori da parte dell’amministrazione entro l’ulteriore termine di trenta giorni dalla comunicazione di avvio della medesima attività.
Quanto all’ambito di applicazione, si segnala che con la circolare del 16 settembre 2010 il Ministero per la semplificazione normativa ha chiarito che la SCIA non si applica solo all'avvio dell'attività di impresa ma sostituisce anche la DIA in edilizia, eccetto la DIA alternativa al permesso di costruire (c.d. superDIA), consentendo di avviare i lavori il giorno stesso della sua presentazione, mentre con la Dia occorre attendere 30 giorni. Successivamente tale interpretazione è stata confermata con l’art. 5, comma 2, lett. b), n. 2) e lett. c) del decreto legge n. 70/2011, ove è stato anche precisato che essa venga corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dei relativi elaborati tecnici a cura del professionista abilitato il quale se dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti previsti è punito con la reclusione da uno a tre anni. Si ricorda, infine, che sono stati esclusi dalla SCIA i casi relativi alla normativa antisismica e quelli in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali.
Ai sensi dell’articolo 19, comma 1, nel testo novellato da ultimo dal D.L. 70/2011[9], la Scia tiene luogo di "ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi” ed è corredata dalla documentazione specificamente richiesta dalla normativa di settore.
In particolare, la norma richiede espressamente che alla segnalazione certificata di inizio attività sia allegata della documentazione, tra cui, le “attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati”, con gli elaborati progettuali necessari per consentire le verifiche successive di competenza dell’amministrazione.
Con la modifica introdotta dall’articolo in esame, le segnalazioni certificate di inizio attività dovranno essere corredate dalle attestazioni e asseverazioni dei tecnici abilitati solo nel caso in cui queste siano espressamente previste dalle norme vigenti di settore. Pertanto, ove non previsto da alcuna disposizione, non sarà più necessario allegare tale documentazione.
Le attestazioni e asseverazioni dei tecnici abilitati sono obbligatorie qualora gli interventi debbano rispettare le norme di sicurezza, antincendio, igienico e sanitarie, quelle relative all’efficienza energetica.
In estrema sintesi si ricorda, per quanto riguarda le norme di sicurezza, esse sono contenute nel TU dell’edilizia (DPR 380/2001) sia negli artt. 52- 76 che recano le disposizioni di carattere generale per assicurare la sicurezza e la stabilità di tutte le tipologie di costruzioni, che nelle norme tecniche di cui al DM 14 gennaio 2008, nonché la normativa relativa alla sicurezza degli impianti contenuta negli artt. 107 - 121 del TU dell’edilizia.
In relazione alle norme antincendi per gli edifici di
civile abitazione, esse sono contenute nel DM
16 maggio 1987, n. 246, le norme igienico
sanitarie nel DM Sanità del 5 luglio
1975, successivamente integrato dal DM 9 giugno 1999. In tale DM sono
indicati i requisiti dimensionali minimi dei locali di abitazione, le dotazioni
minime dei servizi igienici, ed il parametri di illuminazione e di
ventilazione.
Le norme sulla sicurezza degli impianti
sono, invece, contenute nella Parte II, Capo V del TU dell’edilizia (artt.
107-121), mentre quelle relative al contenimento
del consumo di energia negli edifici nel Capo VI (artt. 122- 135).
Articolo
3
(Riduzione degli oneri amministrativi e disposizioni in tema di verifica
dell’impatto della regolamentazione - VIR)
1. All'articolo 8 della legge 11 novembre
2011, n. 180, il comma 2 è sostituito dai seguenti:
«2. Entro il 31 gennaio di ogni anno,
le amministrazioni statali trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri una relazione sul bilancio complessivo degli oneri amministrativi, a
carico di cittadini e imprese, introdotti e eliminati con gli atti normativi
approvati nel corso dell'anno precedente,
ivi compresi quelli introdotti con atti
di recepimento di direttive dell’Unione europea che determinano livelli di
regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive medesime
come valutati nelle relative analisi di impatto della regolamentazione (AIR),
in conformità ai criteri di cui all'articolo 6, comma 3. Per gli atti normativi
non sottoposti ad AIR, le Amministrazioni utilizzano i medesimi criteri per la
stima e la quantificazione degli oneri amministrativi introdotti o eliminati.
Per oneri amministrativi si intendono i costi degli adempimenti cui cittadini
ed imprese sono tenuti nei confronti delle pubbliche amministrazioni
nell'ambito del procedimento amministrativo, compreso qualunque adempimento
comportante raccolta, elaborazione, trasmissione, conservazione e produzione di
informazioni e documenti alla pubblica amministrazione.
2-bis. Sulla base delle relazioni di cui al comma
2 verificate, per quanto di competenza, dal Dipartimento per gli affari
giuridici e legislativi (DAGL) della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il
Dipartimento della funzione pubblica predispone, sentite le associazioni
imprenditoriali e le associazioni dei consumatori rappresentative a livello
nazionale ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante
Codice del consumo, una relazione complessiva, contenente il bilancio annuale
degli oneri amministrativi introdotti e eliminati, che evidenzia il risultato
con riferimento a ciascuna amministrazione. La relazione è comunicata al DAGL e
pubblicata nel sito istituzionale del Governo entro il 31 marzo di ciascun
anno.
2-ter. Per ciascuna Amministrazione, quando gli
oneri introdotti sono superiori a quelli eliminati, il Governo, ai fini del
relativo pareggio, adotta, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica, entro novanta giorni dalla pubblicazione della relazione di cui al
comma 2-bis, uno o più regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 2,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, per la riduzione di oneri amministrativi di
competenza statale previsti da leggi. I regolamenti sono adottati, su proposta
dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dello sviluppo
economico, di concerto con i Ministri competenti e sentite le associazioni di
cui al comma 2-bis, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri
direttivi:
a) proporzionalità degli adempimenti
amministrativi alle esigenze di tutela degli interessi pubblici coinvolti in
relazione ai diversi soggetti destinatari, nonché alla dimensione dell'impresa
e al settore di attività;
b) eliminazione di dichiarazioni,
attestazioni, certificazioni, comunque denominati, nonché degli adempimenti
amministrativi e delle procedure non necessari rispetto alla tutela degli
interessi pubblici in relazione ai soggetti destinatari e alle attività
esercitate;
c) utilizzo delle autocertificazioni e, ove
necessario, delle attestazioni e delle asseverazioni dei tecnici abilitati
nonché delle dichiarazioni di conformità da parte dell'Agenzia delle imprese;
d) informatizzazione degli adempimenti e delle
procedure amministrative, secondo la disciplina del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo
7 marzo 2005, n. 82;
e) coordinamento delle attività di controllo
al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni, assicurando la
proporzionalità delle stesse in
relazione alla tutela degli interessi pubblici coinvolti.
2-quater. Per la riduzione di oneri amministrativi
previsti da regolamenti si procede, nel rispetto dei criteri di cui comma 2-ter,
con regolamenti, adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23
agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e
la semplificazione, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri competenti e sentite
le associazioni di cui al comma 2-bis.
2-quinquies. Per la riduzione di oneri amministrativi
previsti da regolamenti ministeriali, si procede, nel rispetto dei criteri di
cui comma 2-ter, con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri,
adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n.
400, sulla proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la
semplificazione, del Ministro dello sviluppo economico e dei Ministri
competenti per materia, sentite le associazioni di cui al comma 2-bis.
2-sexies. Alle attività di cui al presente articolo,
le amministrazioni provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie
disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
2-septies. Le disposizioni del presente articolo non
si applicano con riferimento agli atti normativi in materia tributaria,
creditizia e di giochi pubblici».
2. All'articolo 14, comma 4, della legge 28
novembre 2005, n. 246, il secondo ed il terzo periodo sono soppressi.
3. All'articolo 15, comma 2, lettera a),
della legge 12 novembre 2011, n. 183, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole «dopo il comma 5» sono sostituite
dalle seguenti: «dopo il comma 5-bis»;
b) le parole «5-bis.» sono sostituite
dalle seguenti: «5-ter.».»
3-bis.
Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione
del presente decreto è adottato, con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri previa intesa in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell'articolo 9
del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Programma 2012-2015 per la
riduzione degli oneri amministrativi gravanti sulle amministrazioni pubbliche
nelle materie di competenza statale. Per la riduzione relativa alle materie di
competenza regionale, si provvede ai sensi dell'articolo 20-ter della
legge 15 marzo 1997, n. 59, e dei successivi accordi attuativi.
3-ter.
Il Programma di cui al comma 3-bis
individua le aree, i tempi e le metodologie di intervento garantendo la
partecipazione e la consultazione, anche attraverso strumenti telematici, delle
amministrazioni ai fini dell'individuazione degli adempimenti amministrativi da
semplificare e della elaborazione delle conseguenti proposte. Per l'attuazione
del programma si applicano le disposizioni di cui ai commi da 2 a 7
dell'articolo 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.133, e successive modificazioni.
3-quater.
Sulla base degli esiti delle attività definite nel Programma di cui al comma 3-bis il Governo emana, entro il 31
dicembre di ciascun anno, uno o più regolamenti ai sensi dell'articolo 17,
comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni per la
riduzione di oneri amministrativi, previsti da leggi dello Stato, gravanti
sulle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165. I regolamenti sono adottati, sentita la
Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281 e successive modificazioni, su proposta del Ministro per la
pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con gli altri
Ministri competenti per materia, nel rispetto dei seguenti principi e criteri
direttivi:
a)
eliminazione o riduzione degli adempimenti ridondanti e non necessari rispetto
alle esigenze di tutela degli interessi pubblici;
b)
eliminazione o riduzione degli adempimenti eccessivi e sproporzionati rispetto
alle esigenze di tutela degli interessi pubblici;
c)
eliminazione delle duplicazioni e riduzione della frequenza degli adempimenti;
d)
informatizzazione degli adempimenti e delle procedure.
3-quinquies.
Per la riduzione degli oneri amministrativi derivanti da regolamenti o atti
amministrativi statali si procede attraverso l’attuazione di appositi piani,
adottati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la
semplificazione, di concerto con gli altri Ministri competenti per materia,
sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, nei quali sono indicate le
misure normative, organizzative e tecnologiche da adottare, assegnando i
relativi obiettivi ai dirigenti titolari dei centri di responsabilità
amministrativa.
3-sexies.
Fermo restando quanto previsto dall'articolo 25 del decreto legge 25 giugno
2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e
successive modificazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la
semplificazione previa intesa in sede di Conferenza Unificata ai sensi
dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è adottato, nel
quadro delle indicazioni e delle raccomandazioni dei competenti organismi dell’Unione
europea, il programma 2012-2015 per la misurazione e la riduzione dei tempi dei
procedimenti amministrativi e degli oneri regolatori gravanti su imprese e
cittadini, ivi inclusi gli oneri amministrativi. Il programma è ispirato al
principio della proporzionalità degli oneri alla tutela degli interessi
pubblici, tiene conto dei risultati delle attività di misurazione e di
riduzione già realizzate e individua, in raccordo con il programma di cui al
comma 3-bis, le aree di regolazione, i tempi e le metodologie di
intervento nonché gli strumenti di verifica dei risultati, assicurando la
consultazione dei cittadini, delle imprese e delle loro associazioni. Per la
riduzione degli oneri nelle materie di competenza regionale si provvede ai
sensi dell'articolo 20-ter della legge 15 marzo 1997, n. 59, e dei
successivi accordi attuativi.
3-septies.
Per l'attuazione del programma di cui al comma 3-sexies si applicano le
disposizioni di cui ai commi da 2 a 7 dell'articolo 25 del decreto legge 25
giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008,
n. 133, e successive modificazioni.
3-octies.
Entro il 31 gennaio di ciascun anno, il Ministro per la pubblica
amministrazione e la semplificazione rende comunicazioni alle Camere sullo
sviluppo e sui risultati delle politiche di semplificazione nell'anno
precedente, con particolare riguardo all'attuazione del presente decreto e dei
programmi di cui al presente articolo.
L’articolo
3, al comma 1 introduce alcune
misure in tema di riduzione degli oneri
amministrativi, - tema che si inquadra nella cornice europea ed è stato
perseguito, nel corso della legislatura, in base all’impegno assunto dallo
Stato italiano nel corso della riunione del Consiglio dei ministri europeo
dell’8-9 marzo 2007 - attraverso una novella all’articolo 8 della L. 180/2011[10] (c.d. statuto delle imprese).
Tali misure, anche a seguito di modifiche introdotte in sede referente,
intervengono su materia nella quale si sono susseguiti diversi interventi
normativi, costituiti non solo dal citato articolo 8, ma anche dalla legge n.
246 del 2005[11], dall’articolo 1 del D.L. n. 4 del 2006[12], dall’articolo 25 del D.L. 112/2008[13].
Le
disposizioni in esame, almeno per il 2012, recano previsioni che si intrecciano
con quelle previste da alcune delle disposizioni ricordate, apparendo quindi
opportuno un coordinamento delle discipline stabilite.
L’articolo 8 del c.d. statuto delle
imprese prevede un meccanismo di compensazione degli oneri amministrativi, in
base al quale negli atti normativi e nei provvedimenti amministrativi a
carattere generale che regolano l'esercizio di poteri autorizzatori, concessori
o certificatori, nonché l'accesso ai servizi pubblici o la concessione di
benefici, non possono essere introdotti nuovi oneri regolatori, informativi o
amministrativi a carico di cittadini, imprese e altri soggetti privati senza
contestualmente ridurne o eliminarne altri, per un pari importo stimato, con
riferimento al medesimo arco temporale (comma 1).
Con la medesima
finalità di garantire la trasparenza amministrativa, già l’art. 6, co. 2, lett.
b), numero 5, del D.L. 70/2011[14] prescrive a carico delle amministrazioni dello Stato
l’obbligo di allegare ai regolamenti ministeriali o interministeriali ovvero ai
provvedimenti amministrativi a carattere generale adottati per regolare
l’esercizio di poteri autorizzatori, concessori o certificatori, l’accesso ai
servizi pubblici o la concessione di benefici un elenco degli oneri informativi
a carico dei cittadini e delle imprese, introdotti ovvero eliminati in virtù
degli atti medesimi.
In particolare, viene interamente sostituito
il comma 2 del citato articolo 8, che nella formulazione originaria, rendeva
obbligatoria – ferma restando la disciplina dell’analisi di impatto della
regolazione (AIR) – una apposita valutazione
preventiva degli oneri previsti dagli schemi di provvedimenti normativi e
amministrativi.
Secondo la formulazione originaria della
disposizione, tale valutazione deve anche essere funzionale ad individuare
altri oneri regolatori, informativi o amministrativi previsti dalle norme già
in vigore, da ridurre o eliminare allo scopo di garantire l'invarianza degli
oneri sui privati connessi alle nuove norme o prescrizioni.
In sostituzione di tale disposizione, i nuovi
commi da 2 a 2-septies introducono un
meccanismo più complesso, che può essere schematizzato come di seguito.
Le amministrazioni statali devono
trasmettere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri entro il 31 gennaio di
ogni anno una relazione a consuntivo dell’anno precedente, relativa agli oneri
amministrativi a carico di cittadini ed imprese, introdotti ed eliminati con
gli atti normativi approvati nel corso dell'anno medesimo (comma 2), compresi
quelli – come specificato nel corso dell’esame in sede referente - introdotti con atti di recepimento di direttive comunitarie che determinano
livelli di regolazione superiore a quelli minimi richiesti dalle direttive
medesime. A tal fine, gli oneri sono valutati come nelle relative analisi di
impatto della regolamentazione (AIR).
L’inclusione nella valutazione
(consuntiva) degli oneri amministrativi, operata in sede referente, di quelli
introdotti nel recepimento di direttive comunitarie, è correlata a quella
(preventiva) già prevista dalla normativa vigente, ed in particolare dalla
Legge 183/2011.
L’art. 15, co. 2, della legge 183/2011 (legge di stabilità 2012) prevede, attraverso una novella della legge di semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005 (legge 246/2005) che, in sede di recepimento di direttive comunitarie non possano essere introdotti o mantenuti, salvo circostanze eccezionali valutate nell’Analisi di impatto della regolamentazione (AIR), livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle suddette direttive, il cui impatto sulle piccole e medie imprese, nonché la valutazione dei conseguenti oneri amministrativi e dei relativi costi introdotti od eliminati nei confronti di cittadini ed imprese, dovrà essere illustrato in apposita sezione dell’AIR[15].
In relazione alle misure previste dalle
disposizioni in esame, si ricorda che l’articolo 14 della legge 246/2005[16] assoggetta tutti gli atti normativi del Governo, salvo i
casi di esenzione[17], all’analisi di impatto della regolamentazione (AIR),
definita come la «valutazione preventiva degli effetti di ipotesi di intervento
ricadenti sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull’organizzazione e
sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni, mediante comparazione di
opzioni alternative»[18].
La relazione
AIR, secondo quanto previsto dall’art. 6, co. 2, della legge 180/2011, dà
conto, tra l'altro, in apposite sezioni, della valutazione dell'impatto sulle
piccole e medie imprese e degli oneri informativi e dei relativi costi
amministrativi, introdotti o eliminati a carico di cittadini e imprese. I
relativi criteri per l’effettuazione della stima dei costi amministrativi (art.
6, co. 3) sono stabiliti con DPCM, da adottare entro centoventi giorni dalla
data di entrata in vigore della legge 180/2011 (e non ancora adottato).
A tali criteri
rinvia la norma in commento ai fini della valutazione degli oneri in sede di
AIR. Per quanto riguarda, invece, gli atti
normativi non sottoposti ad AIR, si specifica unicamente che le amministrazioni
utilizzano i medesimi criteri per la stima e la quantificazione degli oneri
amministrativi introdotti o eliminati.
La disposizione specifica cosa debba
intendersi per “oneri amministrativi”,
individuandoli nei “costi degli adempimenti cui cittadini ed imprese sono
tenuti nei confronti delle pubbliche amministrazioni nell'ambito del
procedimento amministrativo, compreso qualunque adempimento comportante
raccolta, elaborazione, trasmissione, conservazione e produzione di
informazioni e documenti alla pubblica amministrazione”.
In merito si ricorda che il legislatore,
ai sensi del comma 5-bis dell’art. 14
della l. 246/2005, come introdotto dall’art. 6 della legge 180/2011, nonché
dell’art. 6, co. 2, lett. b), numero
5, del D.L. 70/2011, ha utilizzato l’espressione “onere informativo” per indicare “qualunque adempimento comportante
raccolta, elaborazione, trasmissione, conservazione e produzione di informazioni
e documenti alla pubblica amministrazione”.
Entro
il 31 marzo di ciascun anno, dovrà essere
pubblicata sul sito del Governo una relazione
complessiva, che il Dipartimento
della funzione pubblica predispone sulla base delle relazioni delle amministrazioni,
sentite le associazioni imprenditoriali e le associazioni dei consumatori
rappresentative a livello nazionale ai sensi del Codice del consumo e previa
verifica a cura del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (DAGL)
della Presidenza del Consiglio dei Ministri (comma 2-bis). Tale relazione contiene il bilancio annuale degli oneri
amministrativi introdotti e eliminati, indicando il risultato con riferimento a
ciascuna amministrazione.
La relazione
è strumentale all’adozione di misure di compensazione tese a ridurre gli oneri
amministrativi nei settori e per le amministrazioni in cui si evidenzi che
gli oneri introdotti dalle disposizioni normative sono superiori a quelli
eliminati, ponendo così il presupposto di interventi di “pareggio”(comma 2-ter).
Si
rileva però, che il vigente comma 1 dell’articolo che è parzialmente novellato,
prevede espressamente che non possono essere introdotti nuovi oneri a carico di
cittadini, imprese e altri soggetti privati senza contestualmente ridurne o
eliminarne altri, il che quindi esclude che si possa verificare proprio il
presupposto del procedimento introdotto dalle novelle in esame.
Il comma 2-ter prevede che si proceda alla suddetta riduzione con atti
normativi adottati, entro novanta giorni dalla pubblicazione della relazione
generale e previa consultazione delle associazioni imprenditoriali e le
associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale, nel rispetto di alcuni princìpi e criteri
direttivi puntualmente indicati dal comma 2-ter:
a) proporzionalità degli adempimenti
amministrativi alle esigenze di tutela degli interessi pubblici coinvolti in
relazione ai diversi soggetti destinatari, nonché alla dimensione dell'impresa
e al settore di attività;
b) eliminazione di dichiarazioni,
attestazioni, certificazioni, comunque denominati, nonché degli adempimenti
amministrativi e delle procedure non necessari rispetto alla tutela degli
interessi pubblici in relazione ai soggetti destinatari e alle attività
esercitate;
c) utilizzo delle autocertificazioni e,
ove necessario, delle attestazioni e delle asseverazioni dei tecnici abilitati
nonché delle dichiarazioni di conformità da parte dell'Agenzia delle imprese;
d) informatizzazione degli adempimenti e
delle procedure amministrative, secondo la disciplina del Codice
dell’amministrazione digitale, adottato con decreto legislativo 7 marzo 2005,
n. 82;
e) coordinamento delle attività di
controllo al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni, assicurando la
proporzionalità degli stessi in relazione alla tutela degli interessi pubblici
coinvolti.
Nel rispetto di questi principi generali,
l’atto normativo da utilizzare varia in relazione alla fonte degli oneri:
a) per la riduzione di oneri amministrativi di competenza
statale previsti da leggi, occorre adottare, senza nuovi o maggiori oneri per
la finanza pubblica, uno o più regolamenti
di delegificazione, ai sensi dell'articolo 17, co. 2, della legge n.
400/1988 (comma 2-ter);
I regolamenti sono adottati, su proposta
dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dello
sviluppo economico.
b) per la riduzione di oneri amministrativi previsti da
regolamenti si procede, con regolamenti
governativi (non di delegificazione) adottati ai sensi dell'articolo 17,
co. 1, della legge n. 400/1988 (comma 2-quater);
I regolamenti sono adottati, su proposta
dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro
dello sviluppo economico e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,
di concerto con i Ministri competenti.
c) per la riduzione di oneri amministrativi previsti da
regolamenti ministeriali, si procede con decreti
del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati ai sensi dell'articolo
17, co. 3, della legge n. 400/1988 (comma 2-quinquies).
I regolamenti sono adottati, su proposta
Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro
dello sviluppo economico e dei Ministri competenti per materia.
Infine, il comma 2-sexies stabilisce
l’invarianza della spesa in quanto le amministrazioni devono provvedere alle
attività previste con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a
legislazione vigente, mentre il comma 2-septies esclude dall’applicazione
dell’art. 8, come riformulato, gli atti normativi in materia tributaria, creditizia
e di giochi pubblici.
Il comma
2 dell’articolo in esame elimina
l’obbligo di periodicità biennale della verifica dell’impatto della
regolamentazione (VIR), mediante abrogazione del terzo e del quarto periodo
dell’articolo 14, co. 4, della legge 246/2005[19].
Si ricorda che l’articolo 14, co. 4, della legge 246/2005 affianca all’analisi preventiva di impatto (AIR) la verifica dell’impatto della regolamentazione (VIR), la quale consiste «nella valutazione, anche periodica, del raggiungimento delle finalità e nella stima dei costi e degli effetti prodotti da atti normativi sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull’organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni»[20].
Nella formulazione originaria, la VIR è applicata dopo il primo biennio dalla data di entrata in vigore della legge oggetto di valutazione. Successivamente essa è effettuata periodicamente a scadenze biennali.
Il comma
3 apporta una correzione formale all’articolo 15, co. 2, della legge
183/2011, derivante dal fatto che con due distinte novelle sono stati
introdotti due commi 5-bis
all’articolo 14 della legge n. 246/2005.
Infatti, il citato comma 5-bis è stato dapprima aggiunto dalla lettera c) del comma 2 dell’art. 6, L. n. 180/2011, a decorrere dal 15 novembre 2011 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 21 della stessa legge n. 180/2011, e nuovamente inserito, con diverso testo, dalla lettera a) del comma 2 dell’art. 15, L. n. 183/2011, a decorrere dal 1° gennaio 2012, ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 36 della stessa legge n. 183/2011.
Pertanto, con la opportuna novella,
l’articolo 15, co. 2, della legge 183/2011 introduce il comma 5-ter dell’articolo 14 della legge n.
246/2005.
Dal punto di vista del coordinamento
delle illustrate disposizioni del comma 1 con la normativa già vigente – come
sopra accennato - si rileva che il procedimento per la rimozione degli oneri
amministrativi che è introdotto si affianca al meccanismo del c.d. taglia-oneri amministrativi, già previsto dal
citato articolo 25 del D.L. 112/2008[21], finalizzato alla misurazione degli oneri amministrativi
derivanti da obblighi informativi
nelle materie affidate alla competenza dello Stato ed alla loro riduzione.
La disposizione del taglia-oneri
amministrativi, di cui al citato art.
25, come modificato dall’art. 6, co. 2, lett. f), del D.L. 70/2011, prevede la riduzione degli oneri
amministrativi, entro il 31 dicembre 2012, per una quota complessiva del 25 per
cento, ottemperando all’impegno assunto, in sede di Unione europea, dallo Stato
italiano. Tale finalità è perseguita attraverso tre passaggi:
Ø
l’approvazione da
parte del Consiglio dei ministri, di un programma
di misurazione degli oneri amministrativi, predisposto dal Ministro per la
pubblica amministrazione e l’innovazione e dal Ministro per la semplificazione
normativa (comma 1).
Ø
l’adozione da parte di
ciascun Ministro, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e
l’innovazione ed il Ministro per la semplificazione normativa, di un piano di riduzione degli oneri
amministrativi, che definisce le misure normative, organizzative e
tecnologiche finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo della riduzione
stessa (comma 3);
Ø
sulla base degli esiti
della misurazione degli oneri amministrativi gravanti su ciascun settore,
congiuntamente ai piani di cui al comma 3, e comunque entro il 30 settembre 2012, il Governo è autorizzato ad adottare uno o più regolamenti di delegificazione
su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e del
Ministro per la semplificazione normativa, di concerto con il Ministro o i
Ministri competenti, contenenti gli interventi normativi volti a ridurre gli
oneri amministrativi gravanti sulle imprese e sui cittadini nei diversi settori
ed a semplificare e riordinare la relativa disciplina[22].
Si stabiliscono, inoltre, alcune
specifiche modalità operative per l’estensione del meccanismo taglia-oneri alle
regioni e agli enti locali, prevedendo che questi adottino, nell’ambito delle
rispettive competenze, interventi di tipo normativo, amministrativo o
organizzativo tesi alla riduzione degli oneri amministrativi, da stabilirsi
sulla base delle risultanze delle attività di misurazione.
Per coordinare le attività di misurazione
e le iniziative di riduzione da parte dei diversi livelli istituzionali, la
novella prevede l’istituzione di un comitato
paritetico in seno alla Conferenza unificata[23].
Secondo quanto previsto dall’art. 6, co.
3, del citato D.L. 70/2011, anche le autorità
amministrative indipendenti con funzioni di vigilanza e garanzia,
effettuano, nell'ambito dei propri ordinamenti e con le risorse disponibili a
legislazione vigente, la misurazione degli oneri amministrativi a carico delle
imprese con l'obiettivo di ridurre tali oneri entro il 31 dicembre 2012. A tal fine,
possono proporre le misure legislative e regolamentari ritenute funzionali
all’obiettivo.
I
due procedimenti sembrano avere, almeno parzialmente, le medesime finalità ed
il medesimo contenuto. Pertanto, al fine di evitare duplicazioni organizzative
e stratificazioni normative, appare opportuno coordinare le disposizioni
attualmente vigenti in materia.
Tale coordinamento appare ancor più
auspicabile in relazione alle ulteriori novelle introdotte nel corso dell’esame
in sede referente con i commi da 3-bis a 3-septies.
Tali commi, pur novellando il citato art.
8 della legge n. 180 del 2011, introducono disposizioni
in tema di programmazione e pianificazione, nelle pubbliche
amministrazioni, per la riduzione degli
oneri amministrativi, che sembrano
anch’esse in parte sovrapponibili a quelle già vigenti dell’articolo 25 del
D.L. 112/2008[24], convertito dalla legge 6 agosto 2008, n.133, che vengono
anche espressamente richiamate dai commi 3-ter
, 3-sexies e 3-septies ponendo taluni problemi interpretativi più avanti
illustrati.
Le disposizioni già vigenti specificano
che esse si applicano agli oneri amministrativi derivanti da obblighi
informativi e prescrivono adempimenti da realizzare entro il 2012, mentre
quelle in esame distinguono gli oneri amministrativi in base alla fonte o alla
natura regolatoria (comma 3-sexies) e
si riferiscono agli anni 2012-2015. Quanto
alla natura degli oneri, la qualificazione “regolatori” introduce una
qualificazione ulteriore rispetto alla definizione stabilita nel novellato comma
2, della quale andrebbe chiarito il significato.
La disciplina
introdotta nel corso dell’esame in sede referente stabilisce, per gli oneri
nelle materie di competenza regionale,
il ricorso, ai fini del rispetto del principio
di leale collaborazione, a pareri,
accordi o intese in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano o di Conferenza unificata.
Nella normativa già introdotta dal citato
art. 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, per il coordinamento delle
metodologie della misurazione e riduzione degli oneri invece è istituito un
Comitato paritetico presso la Conferenza unificata.
Per le materie di competenza regionale i commi 3-bis e 3-sexies richiamano l’art. 20-ter della legge n. 59 del 1997, introdotto dalla legge n. 246 del 2005 che stabilisce che il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione, concludono, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano o di Conferenza unificata, anche sulla base delle migliori pratiche e delle iniziative sperimentali statali, regionali e locali, accordi ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281 decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, o intese ai sensi dell'articolo 8 della legge 5 giugno 2003 n. 131 per il perseguimento delle comuni finalità di miglioramento della qualità normativa nell'àmbito dei rispettivi ordinamenti, al fine, tra l'altro, di:
a) favorire il coordinamento dell'esercizio delle rispettive competenze normative e svolgere attività di interesse comune in tema di semplificazione, riassetto normativo e qualità della regolazione;
b) definire princìpi, criteri, metodi e strumenti omogenei per il perseguimento della qualità della regolazione statale e regionale, in armonia con i princìpi generali stabiliti dalla presente legge e dalle leggi annuali di semplificazione e riassetto normativo, con specifico riguardo ai processi di semplificazione, di riassetto e codificazione, di analisi e verifica dell'impatto della regolazione e di consultazione;
c) concordare, in particolare, forme e modalità omogenee di analisi e verifica dell'impatto della regolazione e di consultazione con le organizzazioni imprenditoriali per l'emanazione dei provvedimenti normativi statali e regionali;
d) valutare, con l'ausilio istruttorio anche dei gruppi di lavoro già esistenti tra regioni, la configurabilità di modelli procedimentali omogenei sul territorio nazionale per determinate attività private e valorizzare le attività dirette all'armonizzazione delle normative regionali.
Sono previsti tre procedimenti a seconda degli oneri
considerati:
§
riduzione di oneri amministrativi in generale, senza ulteriore specificazione
(commi 3-bis, 3-ter e 3-quater);
§
riduzione gli oneri amministrativi derivanti
da regolamenti o atti amministrativi (comma 3-quinquies)
§
misurazione e riduzione di tempi, procedimenti e oneri regolatori, gravanti su cittadini e imprese, inclusi gli oneri
amministrativi (commi 3-sexies e
3-septies).
Per
il primo procedimento, che appare riferito
agli oneri derivanti da leggi statali, è prevista l’adozione, con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, un Programma 2012-2015 per la riduzione
degli oneri amministrativi gravanti sulle amministrazioni pubbliche.
Il comma 3-ter , secondo periodo, prevede che per l'attuazione del programma
si applicano le disposizioni di cui ai commi da 2 a 7 dell'articolo 25 del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
Come
accennato tale richiamo pone problemi interpretativi in quanto:
§
il primo periodo del
comma 3-ter attribuisce al Programma
2012-2015 approvato con D.P.C.M. la competenza ad individuare le aree, i tempi
e le metodologie di intervento garantendo la partecipazione e la consultazione,
anche attraverso strumenti telematici, delle amministrazioni ai fini
dell'individuazione degli adempimenti amministrativi da semplificare e della
elaborazione delle conseguenti proposte; mentre il richiamato art. 25 prevede
che “ciascun Ministro, di concerto con il Ministro per la pubblica
amministrazione e l'innovazione e con il Ministro per la semplificazione
normativa, adotta il piano di riduzione degli oneri amministrativi relativo
alle materie affidate alla competenza di ciascun Ministro” (comma 3) e che “con
decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e del
Ministro per la semplificazione normativa, si provvede a definire le linee
guida per la predisposizione dei piani di cui al comma 3 e delle forme di
verifica dell'effettivo raggiungimento dei risultati, anche utilizzando
strumenti di consultazione pubblica delle categorie e dei soggetti interessati”
(comma 4);
§
il comma 3-quater prevede che, sulla base degli
esiti delle attività definite nel Programma di cui al comma 4 – il riferimento dovrebbe essere in realtà al
comma 3-bis - il Governo emana,
entro 31 dicembre di ciascun anno, uno o più regolamenti ai sensi dell'articolo
17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per la riduzione di oneri
amministrativi; invece, il richiamato art. 25, comma 5, prevede l’adozione di
regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.
400 per la previsione di interventi che devono confluire nel processo annuale
di semplificazione di cui all’art. 20 della legge n. 59 del 1997.
Per il secondo procedimento, relativo oneri amministrativi derivanti da regolamenti o atti amministrativi (comma 3-quinquies) è prevista l'attuazione di appositi piani, adottati su proposta del Ministro
per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con gli altri
Ministri competenti per materia, sentita la Conferenza Unificata nei quali sono
indicate le misure normative, organizzative e tecnologiche da adottare,
assegnando i relativi obiettivi ai dirigenti titolari dei centri di
responsabilità amministrativa.
Tale comma non contiene alcun richiamo
alle disposizioni del citato articolo 25, che, al comma 3, prevede piani di
riduzione di oneri amministrativi di competenza di ciascun Ministro 1 che
confluiscono nel “piano di azione per la semplificazione e la qualità della
regolazione” di cui al comma 2 dell’art. 1 del D.L. n. 4 del 2006, conv. con
modificazioni dalla legge n. 80 del 2006.
Anche
in tal caso sembra opportuno chiarire il coordinamento con le norme già
vigenti, perché il suddetto art. 1 del D.L. n. 4 del 2006, prevede
che l'attività di indirizzo e la guida strategica delle politiche di
semplificazione e di qualità della regolazione sono attribuite ad un Comitato interministeriale di indirizzo,
presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro da lui
delegato, che predispone, entro il 31
marzo di ogni anno, un piano di
azione per il perseguimento degli obiettivi del Governo in tema di
semplificazione, di riassetto e di qualità della regolazione per l'anno
successivo. Tale piano – che pone quindi un adempimento a regime - sentito il
Consiglio di Stato, è approvato dal Consiglio dei Ministri e trasmesso alle Camere.
Il terzo procedimento, previsto dal comma
3-sexies, riguarda la misurazione e riduzione di tempi, procedimenti e oneri regolatori, gravanti
su cittadini e imprese, inclusi gli oneri amministrativi.
Quest’ultima
precisazione evidenzia la possibilità di sovrapposizioni con i procedimenti
previsti dai precedenti commi, rendendo opportuno in tal caso un coordinamento
non solo con i procedimenti già previsti a legislazione vigente, ma anche con
quelli previsti sopra illustrati.
Il procedimento di cui al comma 3-sexies si incentra sull’adozione, con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per
la Pubblica amministrazione e la semplificazione previa intesa in sede di
Conferenza Unificata, di un programma 2012-2015, “nel quadro delle indicazioni
e delle raccomandazioni dei competenti organismi comunitari”.
Anche per l’attuazione di tale programma
sono richiamati, dal comma 3-septies,
i già citati commi da 2 a 7 dell’art. 25 del D.L. 112/2008.
Inoltre, il comma 3-octies prevede
che, entro il 31 gennaio di ciascun anno, il Ministro per la pubblica
amministrazione e la semplificazione rende comunicazioni, senza precisare se a mezzo di presentazione di relazione, alle
Camere sullo sviluppo e sui risultati delle politiche di semplificazione
nell'anno precedente, con particolare riguardo all'attuazione del presente
decreto e dei programmi di cui al presente articolo.
Non
è chiaro se la disposizione si riferisca solo agli anni 2012-2015 o sia a
regime; in ogni caso essa introduce un ulteriore
adempimento di comunicazione del Governo alle Camere in materia di
semplificazione che si aggiunge a quello
già previsto dall’art. 1 del D.L. n. 4 del 2006, conv. con modificazioni dalla
legge n. 80 del 2006, con l’effetto che, entro
il 31 gennaio di ogni anno, è resa alle Camere una comunicazione sullo
sviluppo e sui risultati delle politiche di semplificazione nell'anno
precedente ed entro il 31 marzo di ogni
anno è trasmesso un piano di azione.
Articolo 4
(Semplificazioni in materia di documentazione
per le persone con disabilità e patologie croniche e partecipazione ai giochi paraolimpici)
1. I verbali delle commissioni mediche integrate di cui all'articolo 20, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, riportano anche l'esistenza dei requisiti sanitari necessari per la richiesta di rilascio del contrassegno invalidi di cui al comma 2 dell'articolo 381 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, e successive modificazioni, nonché per le agevolazioni fiscali relative ai veicoli previsti per le persone con disabilità.
2. Le attestazioni medico legali richieste per l'accesso ai benefìci di cui al comma 1 possono essere sostituite dal verbale della commissione medica integrata. Il verbale è presentato in copia con dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà sulla conformità all'originale, resa dall'istante ai sensi dell'articolo 19 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che dovrà altresì dichiarare che quanto ivi attestato non è stato revocato, sospeso o modificato.
2.-bis.
Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto
con il Ministro della salute, previo parere della Conferenza unificata di cui
all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1987, n. 281, e successive
modificazioni, sono disciplinate le modalità per il riconoscimento della
validità su tutto il territorio nazionale del contrassegno invalidi di cui al
comma 2 dell’articolo 381, del regolamento di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, e successive modificazioni.
3. Il Governo è autorizzato ad emanare uno o più regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, volti ad individuare gli ulteriori benefìci per l'accesso ai quali i verbali delle commissioni mediche integrate di cui all'articolo 20 del citato decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78 attestano l'esistenza dei requisiti sanitari, nonché le modalità per l'aggiornamento delle procedure informatiche e per lo scambio dei dati per via telematica.
4. I regolamenti di cui al comma 3 sono emanati su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dei Ministri interessati, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sentito l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, di cui alla legge 3 marzo 2009, n. 18.
4-bis. Al fine di ridurre gli adempimenti amministrativi per le persone affette dalle malattie croniche e invalidanti di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, ed eliminare oneri di accertamento impropri a carico della pubblica amministrazione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, è definito, con decreto del Ministro della salute, previo accordo con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il periodo minimo di validità dell’attestato di esenzione dalla partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie in relazione alle diverse patologie, e alla possibilità di miglioramento, valutata in base alle evidenze scientifiche.
5. Al fine di dare continuità all'attività di preparazione in vista della partecipazione ai giochi paralimpici di Londra 2012, è autorizzata in favore del Comitato italiano paralimpico la spesa di 6 milioni di euro per l'anno 2012. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, relativa al Fondo per interventi urgenti ed indifferibili, come integrata, da ultimo, dall'articolo 33, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183.
Il comma 1 stabilisce che, al fine di evitare duplicazioni negli accertamenti sanitari previsti, nei verbali delle commissioni mediche integrate ASL, riguardanti l’invalidità civile e la disabilità, sia inclusa l’attestazione dell’esistenza dei requisiti sanitari necessari per:
§ il contrassegno invalidi[25], che agevola la circolazione e la sosta dei veicoli;
§ le agevolazioni fiscali per l’acquisto di autoveicoli o motoveicoli (IVA agevolata al 4%, detrazioni d’imposta[26], esenzione bollo auto e della trascrizione al Pubblico registro automobilistico in occasione della registrazione dei passaggi di proprietà)
L’art. 20 del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78[27] (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini) prevede che, dal 1° gennaio 2010, un medico INPS integri le commissioni mediche ASL[28], competenti in materia di accertamenti per le invalidità civili e gli stati di handicap, la cui definizione finale è in capo all’Inps.
Il comma 2 prevede che per l’accesso ai benefici di cui al comma 1, al fine di evitare pratiche elusive, è possibile presentare copia[29] del verbale della commissione medica integrata, che sostituisce le attestazioni medico legali richieste, con dichiarazione che il verbale è conforme all’originale e che non è stato revocato o sospeso o modificato successivamente al primo rilascio.
Il comma 2-bis, aggiunto durante l’esame in sede referente, prevede la modalità per il riconoscimento della validità su tutto il territorio nazionale del contrassegno invalidi, da disciplinarsi con decreto del Ministro dei trasporti e delle infrastrutture e della salute, e previo parere della Conferenza unificata.
Va osservato che la
disposizione in esame non prevede un termine per l’emanazione del decreto
ministeriale.
Il comma 3 stabilisce che il Governo è delegato ad emanare uno o più regolamenti[30], per individuare gli ulteriori benefici, a cui è possibile applicare le norme di semplificazione in esame, nonché le modalità per l’aggiornamento delle procedure informatiche e per lo scambio dei dati per via telematica.
Il comma 4 prevede che i regolamenti di cui al comma 3 sono emanati su proposta del Ministro del lavoro e delle Politiche Sociali, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dei Ministri interessati, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza unificata[31], sentite le associazioni di tutela dei diritti delle persone con disabilità.
In proposito va osservato che
la disposizione in commento non indica il termine per l’emanazione dei
regolamenti.
Il comma 4-bis, aggiunto durante l’esame
in sede referente, rimette la definizione del periodo minimo di validità dell'attestato di esenzione dalla
partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie in relazione alle diverse
patologie croniche e invalidanti[32] e l’indicazione sulla possibilità di miglioramento
della malattia - valutata in base alle evidenze scientifiche -, ad
un decreto del Ministro della salute
da emanarsi, previo accordo con la
Conferenza Stato-regioni, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di
conversione del decreto. La disposizione è diretta a ridurre gli adempimenti
amministrativi per le persone affette da malattie croniche ed invalidanti e ad
eliminare oneri di accertamento impropri a carico della pubblica
amministrazione.
Il comma 5 autorizza la spesa di 6 milioni di euro
per il 2012 - a valere sulle risorse del Fondo per le esigenze
urgenti e indifferibili -a favore del Comitato
italiano paralimpico, al fine di dare continuità all’attività di
preparazione in vista della partecipazione ai giochi paralimpici di Londra
2012.
Il Comitato italiano Paralimpico (CIP) è l'ente deputato a riconoscere e coordinare le Federazioni Sportive Paralimpiche che organizzano l'attività sportiva per le persone disabili sul territorio nazionale[33]. Tra i suoi compiti istituzionali vi è la preparazione delle squadre agonistiche top level in vista dei Giochi Paralimpici estivi ed invernali, oltre che la promozione a tutti i livelli e in ogni fascia di età e di popolazione della pratica sportiva delle persone disabili.
Il finanziamento del CIP disposto dall'art. 1, co. 580, della L. 266/2005, pari a 500.000 euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, è stato incrementato di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 dall’art. 1, co. 1298, della L. 266/2005. La stessa legge ha disposto un contributo di 3 milioni di euro per il 2009.
L’art. 2, co. 568 della L. 244/2007 ha poi incrementato il contributo per il 2008 di 2 ulteriori milioni di euro, il contributo per il 2009 di 1 milione di euro e ha stanziato un contributo di 1 milione di euro per il 2010. Il D.L. 93/2008 ha, invece, operato una riduzione di 2 milioni di euro per il 2008 e 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010.
A sua volta, l’art. 63,
co. 9-bis, del D.L. 112/2008 (L.
133/2008) ha incrementato di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni
2008, 2009 e 2010 il
contributo di cui all’art. 1, co. 580, della legge 266/2005.
L’art. 1, co. 23-ter, del D.L. 194/2009 (L. 25/2010) ha
incluso il CIP tra i destinatari delle risorse del Fondo per le esigenze urgenti ed indifferibili istituito dall'art. 7-quinquies del D.L. n. 5/2009 (L.
33/2009), mentre
il co. 23-octiesdecies, lett. b), dello stesso art. 1 ha autorizzato
la spesa di 3,2 milioni di euro per il 2010.
Da ultimo, con risoluzione 8-00117, la V Commissione della Camera, il 7 aprile
2011 ha impegnato il Governo a destinare al CIP 6 milioni di euro nell'ambito
dell’incremento delle risorse del Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili
disposto dalla L. di stabilità 2011. Il Fondo è stato ulteriormente
incrementato, per il 2012, dall’art. 33, co. 1, della legge 183/2011 (L. di
stabilità 2012), che ha previsto che la dotazione sia ripartita, con decreti
del Presidente del Consiglio dei Ministri, tra le finalità indicate nell'elenco
n. 3 allegato. La stessa disposizione ha previsto che una quota pari a 100
milioni di euro dell’incremento disposto è destinata al finanziamento di
interventi urgenti finalizzati, tra l’altro, alla promozione di attività
sportive. Il DPCM non risulta ancora intervenuto. A fronte di ciò, la
disposizione in esame garantisce al CIP l’assegnazione di 6 milioni di euro per l’anno 2012.
Articolo 5
(Cambio di residenza in tempo reale)
1. Le dichiarazioni anagrafiche di cui all'articolo 13, comma 1, lettere a), b) e c), del regolamento di cui al decreto del Presidente del Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, sono rese nel termine di venti giorni dalla data in cui si sono verificati i fatti utilizzando una modulistica conforme a quella pubblicata sul sito istituzionale del Ministero dell'interno. Nella modulistica è inserito il richiamo alle sanzioni previste dall'articolo 76 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in caso di false dichiarazioni.
2. Le dichiarazioni di cui al comma 1 sono rese e sottoscritte di fronte all'ufficiale di anagrafe ovvero inviate con le modalità di cui all'articolo 38, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
3. Fermo
quanto previsto dagli articoli 5 e 6 del testo
unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l'ufficiale
d'anagrafe, nei due giorni lavorativi successivi alla presentazione delle
dichiarazioni di cui al comma 1, effettua,
previa comunicazione al comune di provenienza, le iscrizioni
anagrafiche. Gli effetti giuridici delle iscrizioni anagrafiche e delle corrispondenti cancellazioni
decorrono dalla data della dichiarazione.
4. In caso di dichiarazioni non corrispondenti al vero si applicano le disposizioni previste dagli articoli 75 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Ove nel corso degli accertamenti svolti entro il termine di cui al comma 5 emergano discordanze con la dichiarazione resa, l'ufficiale di anagrafe segnala quanto è emerso alla competente autorità di pubblica sicurezza e al comune di provenienza.
5. Entro il termine di cui al comma 6, con regolamento adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera a), della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sono apportate al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, le modifiche necessarie per semplificarne la disciplina e adeguarla alle disposizioni introdotte con il presente articolo, anche con riferimento al ripristino della posizione anagrafica precedente in caso di accertamenti negativi o di verificata assenza dei requisiti, prevedendo altresì che, se nel termine di quarantacinque giorni dalla dichiarazione resa o inviata ai sensi del comma 2 non è stata effettuata la comunicazione di cui all'articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, con l'indicazione degli eventuali requisiti mancanti o degli accertamenti svolti con esito negativo, quanto dichiarato si considera conforme alla situazione di fatto in essere alla data della dichiarazione, ai sensi dell'articolo 20 della stessa legge n. 241 del 1990.
5-bis.
In occasione di consultazioni elettorali o referendarie, qualora
l’ufficiale di anagrafe proceda al ripristino della posizione anagrafica
precedente ai sensi del comma 5 in tempi non utili ai fini degli adempimenti di
cui all’articolo 32, primo comma, n. 4), del testo unico delle leggi per la
disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste
elettorali, di cui del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967,
n. 223, le conseguenti variazioni alle liste elettorali sono apportate non
oltre il quindicesimo giorno antecedente la data della votazione.
6. Le
disposizioni del presente articolo acquistano efficacia decorsi novanta giorni
dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente
decreto.
L’articolo
5, modificato nel corso dell’esame in sede referente, interviene sulla disciplina di alcune delle dichiarazioni anagrafiche
previste da fonte secondaria costituita dal “Regolamento anagrafico
della popolazione residente” contenuto nel D.P.R. n. 223 del 1989, differendo
però l’efficacia di quanto previsto decorsi 90 giorni dall’entrata in vigore
del decreto legge.
Tale intervento sul Regolamento
anagrafico è effettuato in più direzioni: sia riproducendone in parte il contenuto
(ad esempio, per la previsione del termine di venti giorni, dalla data in cui
si sono verificati i fatti, entro il quale i cittadini effettuano le
dichiarazioni anagrafiche, di cui all’art. 13 comma 2 del D.P.R.); sia modificandone non testualmente alcune previsioni;
sia, ancora, rinviando ad un
successivo regolamento l’adozione di modifiche del citato D.P.R. per una
semplificazione della disciplina e per l’adeguamento a quanto stabilito dallo
stesso art. 5.
Appare
opportuno valutare la coerenza delle modalità di intervento in esame con le
esigenze di semplificazione dell'ordinamento vigente sotto il profilo di un
coerente utilizzo delle fonti, in quanto l’intervento della fonte primaria in
senso confermativo o modificativo di disposizioni della fonte secondaria può
conferire a quest’ultima un diverso grado di resistenza, rispetto ai principi
generali, ad interventi modificativi successivi.
L’intervento normativo riguarda solo le
dichiarazioni anagrafiche concernenti i trasferimenti di residenza da altro comune o dall'estero
ovvero i trasferimenti di residenza
all'estero, la costituzione di nuova
famiglia o di nuova convivenza,
ovvero mutamenti intervenuti nella
composizione della famiglia o della convivenza nonché i cambiamenti di abitazione.
Non
riguarda, quindi, le altre dichiarazioni anagrafiche previste dal citato art. 13
relative a: cambiamento dell'intestatario della scheda di famiglia o del
responsabile della convivenza; cambiamento della qualifica professionale;
cambiamento del titolo di studio. Per esse resta ferma la previsione dell’art.
13 del citato regolamento che prevede che “possono essere rese anche a mezzo di
lettera raccomandata”.
Per le dichiarazioni anagrafiche prese in
considerazione, il comma 1 prevede
che esse - che già in base al citato regolamento devono essere rese nel termine di venti giorni dalla
data in cui si sono verificati i fatti che ne sono il presupposto – siano
effettuate utilizzando una modulistica
conforme a quella pubblicata sul sito
istituzionale del Ministero dell'interno
in cui sia inserito anche il richiamo alle sanzioni
previste dal Testo unico in materia di documentazione amministrativa (art. 76
D.P.R. n. 445/2000) in caso di false dichiarazioni.
Rispetto
alle previsioni dell’art. 13 del D.P.R. n. 223/1989, che al comma 2,
stabilisce che solo le dichiarazioni concernenti il trasferimento di residenza
da altro comune o dall'estero ovvero i trasferimenti di residenza all'estero
devono essere rese mediante modello conforme all'apposito esemplare predisposto
dall'Istituto centrale di statistica con rilascio di ricevuta ai dichiaranti,
si introducono con il comma 1 due
innovazioni:
§
l’utilizzazione
di un modello diverso dall’attuale
che è individuato dall’Istituto centrale di statistica;
§
l’estensione dell’utilizzazione di tale modello anche alle dichiarazioni
anagrafiche concernenti la costituzione di nuova famiglia o di nuova
convivenza, ovvero mutamenti intervenuti nella composizione della famiglia o
della convivenza nonché i cambiamenti di abitazione, che, invece, ai sensi del
regolamento anagrafico, possono essere rese con lettera raccomandata a.r.;
§
l’introduzione
in tale modello del riferimento all’art. 76 del D.P.R. n. 445/2000.
In base al comma 2 le
suddette dichiarazioni anagrafiche sono rese e sottoscritte di fronte
all'ufficiale di anagrafe, ovvero inviate secondo le modalità di cui all'art.
38 del D.P.R. n. 445/2000.
Ai sensi del citato art. 38, tutte le istanze e le dichiarazioni da presentare alla
pubblica amministrazione o ai gestori o esercenti di pubblici servizi possono
essere inviate anche per fax e via telematica, nel rispetto di quanto previsto
dall’art. 65 del D.Lgs. n. 82/2005
(Codice dell'amministrazione digitale).
Si consideri che il citato art. 65
prevede che le istanze e le dichiarazioni sono valide solo se sottoscritte
mediante la firma digitale; quando l'autore è identificato dal sistema
informatico con l'uso della carta d'identità elettronica o della carta
nazionale dei servizi, nei limiti di quanto stabilito da ciascuna
amministrazione ai sensi della normativa vigente; ovvero quando l'autore è
identificato dal sistema informatico con i diversi strumenti di cui
all'articolo 64, comma 2, nei limiti di quanto stabilito da ciascuna
amministrazione ai sensi della normativa vigente; ovvero se trasmesse
dall'autore mediante la propria casella di posta elettronica certificata purché
le relative credenziali di accesso siano state rilasciate previa
identificazione del titolare, anche per via telematica secondo modalità
definite con regole tecniche adottate ai sensi dell'articolo 71, e ciò sia
attestato dal gestore del sistema nel messaggio o in un suo allegato.
Le istanze e le dichiarazioni inviate o
compilate sul sito secondo le suddette modalità sono equivalenti alle istanze e
alle dichiarazioni sottoscritte con firma autografa apposta in presenza del
dipendente addetto al procedimento.
Si introduce quindi espressamente la precisazione dell’effettuazione di
alcune dichiarazioni di fronte
all'ufficiale di anagrafe, attualmente prevista dal regolamento anagrafico solo
all’art. 12 per la fattispecie delle comunicazioni concernenti lo stato civile
qualora il relativo ufficio sia organicamente distinto dall’ufficio di
anagrafe.
L’art. 13 del D.P.R. 223/1989, al comma
2, si limita a stabilire che le dichiarazioni di cui alle lettere precedenti
(quindi tutte) devono essere rese
nel termine di venti giorni dalla data in cui si sono verificati i fatti
attraverso un modello individuato dall’Istituto centrale di statistica. Che le
dichiarazioni siano rese di fronte all'ufficiale di anagrafe si può desumere
dalla disposizione che obbliga il rilascio
di ricevuta ai dichiaranti. Tale obbligo si ritiene possa essere assolto
anche con la ricevuta di ritorno della raccomandata con la quale si spedisce il
modello debitamente compilato.
Quanto al riferimento all’art. 38 del D.P.R. n.445/2000 si nota che, poiché tale articolo già
riguarda tutte le istanze e le dichiarazioni da presentare alla pubblica
amministrazione, comprendendo quindi anche le dichiarazioni anagrafiche, il
suddetto richiamo sembra non avere
portata innovativa.
Si ricorda, altresì che l’art. 76 (Norme penali) del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, tra l’altro,
punisce ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia afferma
chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi
previsti dal testo unico medesimo.
Ai sensi del comma 3, le dichiarazioni
anagrafiche di cui al comma 1, producono
immediatamente gli effetti giuridici dell'iscrizione, nonché quelli della
corrispondente cancellazione, come previsto da un emendamento approvato in sede
referente.
Con altro emendamento approvato in sede referente, è stato soppresso l’obbligo, contenuto nel comma 3, a carico dell'ufficiale d'anagrafe, che abbia
ricevuto la dichiarazione, di provvedere
nel termine di due giorni lavorativi
ad informare il comune di precedente
iscrizione anagrafica.
Appare
opportuno chiarire se tale soppressione elimini solo il carattere preventivo
della comunicazione rispetto all’iscrizione anagrafica, come sembra doversi
ritenere, e non abbia carattere assoluto perché mancherebbe il necessario strumento
di conoscenza delle variazioni avvenute per il comune di provenienza.
Le disposizioni illustrate mirano quindi
ad un effetto acceleratorio della
produzione degli effetti giuridici
dell’iscrizione delle dichiarazioni anagrafiche relative ai trasferimenti
di residenza da altro comune o dall'estero,
ai trasferimenti di residenza all'estero, alla costituzione di nuova famiglia o
di nuova convivenza, ai mutamenti intervenuti nella composizione della famiglia
o della convivenza nonché ai cambiamenti di abitazione.
Nel regolamento anagrafico è previsto che
l'ufficiale di anagrafe deve effettuare le registrazioni nell'anagrafe entro tre giorni dalla data di ricezione
delle comunicazioni dello stato civile o delle dichiarazioni rese dagli
interessati, ovvero dagli accertamenti da lui disposti. (art. 17) nonché una
procedimentalizzazione per i trasferimenti di residenza (art. 18) i cui termini
sono finalizzati all’effettuazione di controlli; tuttavia tale procedimentalizzazione consente,
comunque, che la decorrenza del
trasferimento di residenza sia quella della data della dichiarazione
di trasferimento resa dall'interessato nel comune di nuova residenza (art. 18, comma
2).
L’art.
18 del regolamento anagrafico, con riferimento alle sole dichiarazioni anagrafiche concernenti il
trasferimento di residenza, stabilisce che esse devono essere trasmesse, entro venti giorni, dall'ufficiale di
anagrafe che le ha ricevute o adottate, al
comune di precedente iscrizione anagrafica per la corrispondente cancellazione.
Le notizie anagrafiche rese dagli interessati all'atto delle dichiarazioni di
devono essere controllate, ed eventualmente rettificate, dal comune di
precedente iscrizione anagrafica, sulla base degli atti anagrafici in suo
possesso. Lo stesso comune, ove lo ritenga necessario, deve disporre gli
opportuni accertamenti per appurare se sussistono i motivi per la cancellazione
dall'anagrafe. I termini per la
registrazione anagrafica decorrono così dal giorno di ricezione della conferma
di cancellazione. Ai sensi del comma 2, la
cancellazione dall'anagrafe del comune di precedente iscrizione e l'iscrizione
nell'anagrafe di quello di nuova residenza devono avere sempre la stessa decorrenza, che è quella della data della dichiarazione di
trasferimento resa dall'interessato nel comune di nuova residenza Il comune di
precedente iscrizione, che per giustificati motivi non sia in grado di
ottemperare alla richiesta di cancellazione nel termine di venti giorni, deve
darne immediata comunicazione al comune richiedente, precisando le ragioni e
fissando il termine entro il quale provvederà agli adempimenti richiesti.
Qualora, trascorso quest'ultimo termine, non si fosse fatto luogo agli
adempimenti richiesti, il comune richiedente ne solleciterà l'attuazione, dando
nel contempo comunicazione alla prefettura dell'avvenuta scadenza dei termini
da parte del comune inadempiente. Quando, a seguito degli accertamenti,
l'ufficiale di anagrafe ritiene di non accogliere la richiesta di iscrizione,
deve darne immediata comunicazione all'interessato, specificandone i motivi.
Il comma
4 dispone che, in caso di false
dichiarazioni, trovano applicazione le norme di cui agli artt. 75 e 76 del
D.P.R. n. 445/2000.
Come
rilevato per l’art. 38 del DPR 445/2000, anche il richiamo all’art. 76 D.P.R. n.
445/2000 contenuto nel comma 4 sembra non avere portata innovativa in quanto si
tratta di norma già applicabile alle fattispecie in esame.
Ove nel corso degli accertamenti, da
svolgersi entro quarantacinque giorni dalla dichiarazione resa o inviata, emergano
discordanze con la dichiarazione resa,
l'ufficiale di anagrafe segnala quanto emerso alla competente autorità di
pubblica sicurezza.
L’art.
75 del Testo unico in materia di documentazione amministrativa prevede che,
fermo restando quanto previsto dall'art. 76 (vedi supra), qualora emerga la non veridicità del contenuto di una
dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al
provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera.
Il comma
5 rimette ad un regolamento di
esecuzione, ex art. 17, co. 1,
lett. a) della legge n. 400/1988, da
emanarsi entro novanta giorni su proposta del Ministro dell'interno di concerto
con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, l’individuazione delle modifiche da
apportare al D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223 (Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente),
necessarie a semplificarne la disciplina e adeguarla alle disposizioni
introdotte con il presente articolo.
Si prevede, inoltre, che, se nel termine di quarantacinque giorni
dalla dichiarazione resa o inviata, non
è stato comunicato il preavviso di rigetto dell'istanza,
con l'indicazione degli eventuali requisiti mancanti o degli accertamenti
svolti con esito negativo, quanto
dichiarato si considera comunque conforme alla situazione di fatto in essere
alla data della dichiarazione secondo le norme che disciplinano il
silenzio-assenso.
Si ricorda che l’art. 20 della legge n. 241/1990 ha generalizzato l’istituto del
silenzio-assenso attribuendo al comportamento inerte della pubblica
amministrazione il significato di accoglimento dell’istanza, fatta salva
l’applicazione delle norme di cui al precedente art. 19 (Segnalazione
certificata di inizio attività - Scia).
L'art.
10-bis della stessa legge n.
241/1990 stabilisce che, nei procedimenti ad istanza di parte, il responsabile
del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un
provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che
ostano all'accoglimento della domanda. Si segnala che la comunicazione del
preavviso di rigetto è sottoposta al medesimo regime stabilito per la
comunicazione di avvio del procedimento, con la conseguenza che, ai sensi
dell’art. 21-octies della medesima
legge n. 241, la sua omissione non comporta l’annullabilità dei provvedimenti
vincolati, qualora sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe
potuto essere diverso da quello in concreto adottato, e di quelli discrezionali
qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del
provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato
(sul punto cfr. da ultimo TAR Lazio, Roma, sez. III, 18 gennaio 2011, n. 237).
Il rinvio al regolamento di esecuzione
non è accompagnato dalla definizione delle semplificazioni della disciplina
vigente, diverse dal mero adeguamento, da effettuare nel regolamento anagrafico.
Al regolamento è, inoltre, rinviata la disciplina necessaria per il ripristino
della posizione anagrafica precedente alle dichiarazioni in caso di esito
negativo dei successivi accertamenti.
In
merito a tale previsione, considerato che il comma 3 prevede un’immediata
produzione di effetti giuridici, si valuti se sia opportuno demandare a fonte
secondaria la suddetta disciplina perché essa si dovrebbe estendere alla
cancellazione di tutti gli effetti giuridici già prodotti che potrebbero non
essere circoscritti a quelli della dichiarazione anagrafica.
Nel
corso dell’esame in sede referente è stato
introdotto il comma 5-bis che riguarda le variazioni delle liste elettorali da effettuare in
base all’art. 32 del D.P.R. 223/1967[34], stabilendo un termine massimo - non oltre il quindicesimo
giorno antecedente la data della votazione per la consultazione elettorale o
referendaria - entro il quale devono essere effettuate tali variazioni quando
debbano essere ripristinate posizioni anagrafiche precedenti a causa della
mancanza dei presupposti della variazione.
Come già anticipato, le disposizioni del
presente articolo non producono effetti immediati, bensì, ai sensi del comma 6, decorsi novanta giorni dalla
data di pubblicazione in Gazzetta ufficiale del presente decreto, in
coincidenza, quindi, con il termine per l’emanazione dell’atto che dovrà
modificare il regolamento anagrafico.
Articolo 6
(Comunicazione
di dati per via telematica tra amministrazioni)
1. Sono effettuate esclusivamente in modalità telematica in conformità alle disposizioni del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni:
a) le comunicazioni e le trasmissioni tra comuni di atti e di documenti previsti dai regolamenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 e al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, nonché dal testo unico delle leggi per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223;
b) le comunicazioni tra comuni e questure previste dai regolamenti di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394;
c) le comunicazioni inviate ai comuni dai notai ai fini delle annotazioni delle convenzioni matrimoniali a margine dell'atto di matrimonio ai sensi dell'articolo 162 del codice civile;
d) le trasmissioni e l'accesso alle liste di cui all'articolo 1937 del codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.
2. Con uno o più decreti del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono disciplinati le modalità e i termini per l'attuazione del comma 1, lettere a), b) e c).
3. Con uno o più decreti del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono disciplinati le modalità e i termini per l'attuazione del comma 1, lettera d).
3-bis. All’articolo 99 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente: “2-bis. Fino all’adozione dei regolamenti di cui al comma 1, le amministrazioni acquisiscono d’ufficio la certificazione antimafia e la certificazione camerale con la dicitura antimafia”.
L’articolo 6 reca norme in materia di comunicazione dei dati per via telematica tra le amministrazioni.
Il comma 1 prescrive l’obbligo che alcune comunicazioni previste da leggi e regolamenti siano effettuate esclusivamente in modalità telematica in conformità alle disposizioni di cui al Codice dell'amministrazione digitale (CAD) e successive modificazioni.
Le disposizioni in materia di attività digitale delle pubbliche amministrazioni sono raccolte e riordinate nel Codice dell'amministrazione digitale (CAD), adottato con il D.Lgs. 82/2005[35] in attuazione della delega contenuta nell’art. 10 della legge 229/2003[36] (legge di semplificazione 2001); il CAD è già stato oggetto di modifiche apportate dal D.Lgs. 159/2006[37] e dal D.Lgs. 235/2010[38].
Il Codice disciplina in modo organico l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nell'attività amministrativa, nei suoi aspetti organizzativi e procedimentali, stabilendo princìpi giuridici fondamentali come quelli relativi al documento informatico ed alla firma digitale, in precedenza contenuta nel testo unico in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445).
In particolare l’articolo 47
del CAD, modificato dal citato D.Lgs. 235/2010 concerne la trasmissione dei
documenti attraverso la posta elettronica tra le pubbliche amministrazioni. Il
comma 1 dell’articolo prevede che le comunicazioni di documenti tra le
pubbliche amministrazioni avvengono mediante l'utilizzo della posta elettronica
o in cooperazione applicativa e che esse sono valide ai fini del procedimento
amministrativo una volta che ne sia verificata la provenienza. La disposizione
prevede, altresì, una serie di condizioni per la validità delle comunicazioni
ai fini della verifica della provenienza. L’articolo
48 del CAD dispone che la trasmissione telematica di comunicazioni che
necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene
mediante la posta elettronica
certificata.
Ebbene, la portata innovativa delle disposizioni contenute nell’articolo in esame, rispetto alle norme contenute nel CAD, consiste, in primo luogo, nella previsione dell’esclusività del supporto telematico quale modalità di trasmissione di alcune tipologie di atti.
Più specificamente, la norma concerne:
- le comunicazioni e le trasmissioni tra comuni di atti e di documenti previsti: dal regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396; dal regolamento anagrafico della popolazione residente di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223;
- le comunicazioni e le trasmissioni tra comuni di atti e di documenti previsti dal testo unico delle leggi per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223;
Si ricorda che ai sensi dell’articolo 2, comma 6 del
CAD le disposizioni del codice non si
applicano alle consultazioni
elettorali. Gli atti contemplati dalla norma in commento dunque non sono
compresi nell’ambito di applicazione del CAD.
- le comunicazioni tra comuni e questure le comunicazioni tra comuni e questure previste: dal regolamento di esecuzione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635; dal regolamento di attuazione del Testo unico sull'immigrazione al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394;
Ai sensi dell’articolo 2, comma 6 del CAD le
disposizioni del codice non si applicano
all'esercizio delle attività e funzioni
di ordine e sicurezza pubblica.
- le comunicazioni inviate ai comuni dai notai ai fini delle annotazioni delle convenzioni matrimoniali a margine dell’atto di matrimonio ai sensi dell’art. 162 del codice civile;
Si ricorda che e convenzioni matrimoniali, con le quali le parti possono derogare al regime legale di comunione, debbono essere stipulate per atto pubblico sotto pena di nullità. È prevista per esse una forma di pubblicità dichiarativa sia per la stipula che per la modifica, attraverso la loro annotazione a margine dell’atto di matrimonio, pena la inopponibilità ai terzi. Qualora abbiano, poi, ad oggetto beni immobili, vanno trascritte (pubblicità notizia irrilevante ai fini della opponibilità ai terzi).
- le trasmissioni e l’accesso alle liste di leva di cui all’art. 1937 del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare).
Compiute le operazioni relative alla lista definitiva di leva, la lista, ai sensi del citato art. 1937, è firmata dal Sindaco e, nei primi dieci giorni del mese di aprile, è trasmessa per copia autentica, ovvero resa accessibile al Ministero della difesa, anche per via telematica.
Ai sensi dell’articolo 2, comma 6 del CAD le
disposizioni del codice non si applicano
all'esercizio delle attività e funzioni
di difesa e sicurezza nazionale.
Un ulteriore elemento innovativo attiene, dunque, all’individuazione della tipologia di atti oggetto di comunicazione o trasmissione. Alcuni degli atti elencati dalla norma in commento, per i quali viene introdotto l’obbligo di comunicazione e trasmissione in modalità esclusivamente telematica, sono infatti espressamente esclusi dall’ambito di applicazione del CAD.
Il comma 2 è volto ad assicurare l’effettiva concretizzazione di quanto sopra esposto, attraverso l’adozione della normativa secondaria di riferimento, rimettendo la disciplina delle modalità e dei termini per l’attuazione del comma 1, lettere a), b) e c), a uno o più decreti ministeriali (del Ministro dell’interno di concerto col Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione), sentita la Conferenza Stato - città ed autonomie locali, da emanare entro centottanta giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame.
Il comma 3, negli stessi termini di cui sopra, rimette a uno o più decreti del Ministro dell’interno, ma di concerto con il Ministro della difesa, la disciplina delle modalità e dei termini per l’attuazione della lettera d) del comma 1.
Si segnala infine che l’articolo 6, riproduce ampiamente i contenuti dell’articolo 22 del disegno di legge S. 2243-bis, risultante dallo stralcio, deliberato dall’Assemblea del Senato il 28 giugno 2011, degli articoli da 1 a 40 e 44 del disegno di legge S. 2243, recante Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica Amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l’emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione. Tale disegno di legge (C. 3209-bis) era già stato approvato dalla Camera.
Il comma 3-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, novella l'articolo 99 del c.d. Codice antimafia (D.Lgs. n. 159/2011) relativo alle modalità di funzionamento della banca dati nazionale della documentazione antimafia.
Si ricorda che è stato recentemente approvato il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (decreto legislativo n. 159 del 2011), con il quale il Governo ha dato attuazione alla delega per l'aggiornamento e la semplificazione della normativa in materia di documentazione antimafia (contenuta nell'art. 2 della legge n. 136 del 2010).
In particolare, il libro II del codice chiarisce che con l’espressione “documentazione antimafia” si intendono due distinte attestazioni (art. 84 e ss.):
a) la comunicazione antimafia, che consiste nella verifica circa l’applicazione di una misura di prevenzione personale da parte dell’autorità giudiziaria, e che ha validità semestrale;
b) l’informazione antimafia, che ha un contenuto più ampio, prevedendo, oltre alla verifica precedente, anche una verifica sulla “sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della società o dell’impresa”. Questo tipo di documentazione ha validità annuale laddove non siano intervenuti cambiamenti rilevanti nell’assetto dell’impresa.
Il Codice antimafia individua inoltre i soggetti obbligati ad acquisire la documentazione antimafia prima di concludere accordi o concedere provvedimenti di favore ai privati e amplia il catalogo dei soggetti nei cui confronti deve essere svolta l’indagine antimafia al fine del rilascio della documentazione. E' inoltre disciplinata la Banca dati nazionale della documentazione antimafia, istituita presso il Ministero dell’interno, indicando i soggetti abilitati a consultarla e rinviando ad un regolamento la definizione delle modalità di funzionamento (art. 99).
Si segnala, ad ogni modo, che le disposizioni sulla comunicazione e sull'informazione antimafia non sono ancora entrate in vigore. L'art. 119 del Codice stabilisce infatti che entreranno in vigore decorsi 24 mesi dalla data di pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell'ultimo dei regolamenti attuativi (previsti dall'art. 99).
Con la novella apportata dal comma in esame, si specifica che nelle more della piena operatività della nuova disciplina, le amministrazioni dovranno continuare ad acquisire d’ufficio la certificazione antimafia (rilasciata dalla prefettura) e la certificazione della camera di commercio con la dicitura antimafia.
Articolo 6-bis
(Disposizioni per il pagamento
dell’imposta di bollo
per via telematica)
1. Al
fine di consentire a cittadini e imprese di assolvere per via telematica a
tutti gli obblighi connessi all’invio di un’istanza ad una pubblica
amministrazione o a un qualsivoglia ente o autorità competente, con decreto del
Ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la
Pubblica amministrazione e la semplificazione, da emanare entro centottanta
giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto, sono stabilite le modalità per il calcolo e per il pagamento
dell’imposta di bollo per via telematica, anche attraverso l’utilizzo di carte
di credito, di debito o prepagate per tutti i casi in cui questa è dovuta.
L’articolo 6-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente dalle Commissioni riunite I e X, prevede l’emanazione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della pubblica amministrazione e della semplificazione da emanarsi entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, con cui sono stabilite le modalità per il calcolo e il pagamento dell'imposta di bollo per via telematica, anche attraverso l'utilizzo di carte di credito, di debito o prepagate per tutti i casi in cui questa è dovuta.
Lo scopo della norma è quello di permettere a cittadini e imprese di assolvere per via telematica a tutti gli obblighi connessi all'invio di un'istanza ad una pubblica amministrazione o a un qualsivoglia ente o autorità competente.
Articolo 6-ter
(Modifica all’articolo 5 del codice di cui al
decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, in materia di pagamenti alle pubbliche
amministrazioni con modalità informatiche)
1. All'articolo 5, comma 1, del codice
dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n.
82, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «A tal fine sono tenute:
a)
a pubblicare sui propri siti istituzionali e sulle richieste di pagamento i
codici identificativi dell'utenza bancaria sulla quale i privati possono
effettuare i pagamenti mediante bonifico;
b)
a specificare i dati e i codici da indicare obbligatoriamente nella causale di
versamento».
2. Gli obblighi introdotti per le
amministrazioni pubbliche con le disposizioni di cui al comma 1 acquistano
efficacia decorsi novanta giorni dalla data entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto.
L’articolo 6-ter, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, è volto a specificare le norme concernenti l’effettuazione dei pagamenti attraverso modalità informatiche, disponendo in particolare, al comma 1, attraverso una modifica all’art. 5 del Codice dell’amministrazione digitale, che le pubbliche amministrazioni pubblichino, sui propri siti istituzionali e sulle richieste di pagamento, i codici identificativi dell'utenza bancaria sulla quale i privati possono effettuare i pagamenti mediante bonifico (lett. a) oltreché l’indicazione specifica dei dati e codici da indicare obbligatoriamente nella causale di versamento (lett. b).
L’articolo 5 del CAD (D.Lgs. 82/2005), riguardante l’effettuazione dei pagamenti con modalità informatiche, è ricompreso tra le disposizioni della sezione II del capo I, relativa ai diritti dei cittadini e delle imprese. In generale, le pubbliche amministrazioni sono tenute a consentire, sul territorio nazionale, l'effettuazione dei pagamenti ad esse spettanti, a qualsiasi titolo dovuti, fatte salve le attività di riscossione dei tributi regolate da specifiche normative, con l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (comma 1).
Le pubbliche amministrazioni centrali possono, inoltre, avvalersi di prestatori di servizi di pagamento per consentire ai privati di effettuare i pagamenti in loro favore attraverso l'utilizzo di carte di debito, di credito o prepagate e di ogni altro strumento di pagamento elettronico disponibile. In tal caso, il prestatore dei servizi di pagamento ricevente l'importo, ne effettua il riversamento al tesoriere dell'ente, registrando in apposito sistema informatico, a disposizione dell'amministrazione, il pagamento eseguito e la relativa causale, la corrispondenza di ciascun pagamento, i capitoli e gli articoli d'entrata oppure le contabilità speciali interessate (comma 2).
Con riferimento, poi, al ruolo di DigitPA, si prevede che questo, attraverso il Sistema pubblico di connettività, metta a disposizione la piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati (art. 81 comma 2-bis).
Sul punto si ricorda, altresì, che con il D.Lgs. 27 gennaio 2010 n. 11 è stata data attuazione alla direttiva 2007/64/CE, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno.
La norma in commento sembrerebbe diretta a perseguire un effetto di semplificazione strettamente connesso al noto concetto di e-payment (pagamento elettronico) inteso come qualunque transazione finanziaria eseguita in via elettronica o digitale che comporti il trasferimento di moneta tra due o più parti. In questa accezione, qualsiasi pagamento che non sia effettuato con modalità cartacea è considerato una transazione di e-payment.
Appare, infatti, certo che i pagamenti elettronici rivestano un ruolo significativo nelle attività di digitalizzazione della pubblica amministrazione, considerato che già a partire dagli anni novanta dello scorso secolo il processo di ammodernamento dell’apparato pubblico nell’ambito dei pagamenti è stato avviato con l’approvazione del DPR 367/94 (Regolamento recante semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili), seguito dalla creazione del Sistema Informatizzato dei Pagamenti della Pubblica Amministrazione (SIPA) che ha coinvolto le amministrazioni centrali dello Stato nella gestione dei mandati di pagamento a favore di cittadini e imprese.
Il predetto percorso di innovazione ha trovato ulteriore slancio nel 2003, con riferimento agli enti locali, con l’approvazione di un Protocollo sulle regole tecniche e lo standard per l’emissione dei documenti informatici relativi alla gestione dei servizi di tesoreria e di cassa degli enti del comparto pubblico, predisposto e concordato in sede ABI dai competenti organismi interbancari e condiviso con la Banca d’Italia e successivamente approvato dal CNIPA (oggi DigitPA).
Una disamina approfondita dell’articolo in commento, in termini di razionalizzazione e semplificazione per cittadini e imprese, porta a considerare, quali possibili benefici derivanti da una effettiva digitalizzazione dei pagamenti verso l’amministrazione, sia la certezza dell’importo dovuto e il valore liberatorio del pagamento sia la rimozione dell’obbligo di recarsi fisicamente presso le strutture della burocrazia.
A ciò si aggiunga che l’implementazione degli strumenti di pagamento elettronico potrebbe tendenzialmente ridurre la diffusione del contante oltre a garantire, per la pubblica amministrazione, maggiore rapidità degli incassi, riconciliazione automatica e una più efficace rendicontazione[39].
In conclusione, il comma 2, stabilisce che i suddetti obblighi acquistano efficacia decorsi novanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.
Articolo 7
(Disposizioni in materia di scadenza dei
documenti d’identità
e di riconoscimento)
1. I documenti di identità e di riconoscimento di cui all'articolo 1, comma 1, lettere c), d) ed e), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sono rilasciati o rinnovati con validità fino alla data, corrispondente al giorno e mese di nascita del titolare, immediatamente successiva alla scadenza che sarebbe altrimenti prevista per il documento medesimo.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica ai documenti rilasciati o rinnovati dopo l'entrata in vigore del presente decreto.
3. Le tessere di riconoscimento rilasciate dalle amministrazioni dello Stato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1967, n. 851, hanno durata decennale.
L’articolo 7 stabilisce, al comma 1, che i documenti di identità e di riconoscimento sono rilasciati o rinnovati con validità fino alla data, corrispondente al giorno e mese di nascita del titolare, immediatamente successiva alla scadenza che sarebbe altrimenti prevista per il documento medesimo. Ai sensi del comma 2, si delimita l’applicazione della suddetta disposizione ai documenti rilasciati o rinnovati dopo l’entrata in vigore del decreto in esame.
I documenti oggetto della norma in commento sono, per esplicito richiamo, quelli di cui all’articolo1 del D.P.R. n. 445/2000 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa).
In particolare, il comma 1 definisce il documento di riconoscimento come ogni documento munito di fotografia del titolare e rilasciato, su supporto cartaceo, magnetico o informatico, da una pubblica amministrazione italiana o di altri Stati, che consenta l'identificazione personale del titolare (lett. c)); il documento d'identità come la carta d'identità ed ogni altro documento munito di fotografia del titolare e rilasciato, su supporto cartaceo, magnetico o informatico, da una pubblica amministrazione competente dello Stato italiano o di altri Stati, con la finalità prevalente di dimostrare l'identità personale del suo titolare (lett. d)) e il documento d'identità elettronico come il documento analogo alla carta d'identità elettronica rilasciato dal comune fino al compimento del quindicesimo anno di età (lett. e)).
In definitiva si prevede che, per tutti i predetti documenti d’identità, rilasciati o rinnovati dopo l’entrata in vigore del provvedimento, la scadenza coinciderà con il giorno del compleanno, immediatamente successivo alla scadenza che era originariamente prevista sul documento.
Il comma 3, prevede che le tessere di riconoscimento rilasciate dalle amministrazioni dello Stato hanno durata decennale.
In via generale il D.P.R. 28 luglio 1967 n. 851 disciplina le tessere di riconoscimento rilasciate dalle amministrazioni dello Stato. Giova ricordare che a tutti i dipendenti delle amministrazioni di cui sopra viene rilasciata gratuitamente, a richiesta, la tessera personale di riconoscimento (Mod. AT); la stessa viene inoltre rilasciata al coniuge del dipendente, ai figli minori di anni 18, ai figli maggiori di anni 18 inabili al lavoro ed a carico del dipendente (Mod. BT). In base all’art. 35 comma 2 del D.P.R. n. 445/2000, la tessera personale di riconoscimento è documento valido ai fini dell'identità personale del titolare, purché munite di fotografia e di timbro o di altra segnatura equivalente, rilasciate da una amministrazione dello Stato, e, sulla base della normativa comunitaria e di accordi bilaterali o multilaterali in vigore, costituisce titolo equipollente al passaporto per i seguenti Stati: Austria, Belgio, Croazia, Francia, Germania, Grecia, Liechtenstein, Lussemburgo, Malta, Monaco, Olanda, Portogallo, Slovenia, Spagna, Svizzera. La validità della tessera è di 5 anni dalla data del rilascio e alla scadenza del quinto anno occorre convalidarla presso lo stesso ufficio del rilascio (hanno di fatto, una validità che risulta già pari a 10 anni).
In conclusione, si segnala che è stato approvato presso il Senato il disegno di legge Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività (A.S. 3110), attualmente in corso di esame presso la Camera dei deputati (A.C. 5025) ove l’art. 40 (Disposizioni in materia di carta di identità e in materia di anagrafe degli italiani residenti all’estero e di attribuzione del codice fiscale ai cittadini iscritti) reca, tra l’altro, norme concernenti la carta di identità. Più specificamente, l’articolo, al comma 1, modifica l'art. 10, comma 2, del D.L. n. 70/2011[40] al fine di prevedere la definizione di una tempistica graduale per il rilascio della carta d’identità elettronica a partire da quei comuni che verranno identificati con un decreto ministeriale mentre il comma 2 modifica l’art. 3 del T.U.L.P.S., prevedendo al secondo comma dello stesso che le carte d’identità elettroniche di cui all'art. 7-vicies ter (Rilascio documentazione in formato elettronico) del D.L. n. 7/2005[41] devono essere munite anche della fotografia e delle impronte digitali della persona a cui si riferiscono.
Articolo 8 commi 1-3
(Semplificazioni
per la partecipazione a concorsi e prove selettive, nonché sulla composizione
della Commissione per l’esame di avvocato)
1. Le domande e i relativi allegati per la partecipazione a selezioni e concorsi per l'assunzione nelle pubbliche amministrazioni centrali banditi a decorrere dal 30 giugno 2012 sono inviate esclusivamente per via telematica secondo le modalità di cui all'articolo 65 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Sono nulle le clausole dei bandi in contrasto con la presente disposizione. Le amministrazioni provvedono a quanto previsto dal presente comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2. Le Regioni adeguano i propri ordinamenti a quanto previsto nel comma 1.
3. L'articolo 38, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
«3. Nei casi in cui non sia intervenuta una disciplina adottata al livello dell’Unione europea, all'equiparazione dei titoli di studio e professionali provvede la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, sentito il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Secondo le disposizioni di cui al primo periodo è altresì stabilita l'equivalenza tra i titoli accademici e di servizio rilevanti ai fini dell'ammissione al concorso e della nomina.».
L’articolo 8 reca semplificazioni per la partecipazione a concorsi e prove selettive, nonché norme sulla composizione della Commissione per l’ esame di avvocato.
In particolare, ai sensi del comma 1 si stabilisce l’obbligo di invio esclusivo in via telematica delle domande e dei relativi allegati per la partecipazione a selezioni e concorsi per l’assunzione nelle pubbliche amministrazioni centrali banditi a decorrere dal 30 giugno 2012.
A tal fine, si seguono le modalità di cui all’articolo 65 del D.Lgs. 7 marzo 2005, n.82[42].
Tale articolo
individua, in particolare, le condizioni di validità delle istanze e delle dichiarazioni
presentate alle pubbliche amministrazioni per via telematica, le quali appunto
si ritengono valide:
·
se sottoscritte
mediante la firma digitale, il cui certificato è rilasciato da un certificatore
accreditato;
·
ovvero, quando
l'autore è identificato dal sistema informatico con l'uso della carta
d'identità elettronica o della carta nazionale dei servizi, nei limiti di
quanto stabilito da ciascuna amministrazione ai sensi della normativa vigente;
·
ovvero quando
l'autore è identificato dal sistema informatico con i diversi specifici strumenti,
nei limiti di quanto stabilito da ciascuna amministrazione ai sensi della
normativa vigente nonché quando le istanze e le dichiarazioni sono inviate con
le modalità di cui all'articolo 38, comma 3, del D.P.R. 28 dicembre 2000, n.
445[43];
·
ovvero se
trasmesse dall'autore mediante la propria casella di posta elettronica
certificata purché le relative credenziali di accesso siano state rilasciate
previa identificazione del titolare, anche per via telematica secondo modalità
definite con specifiche regole tecniche, e ciò sia attestato dal gestore del
sistema nel messaggio o in un suo allegato. In tal caso, la trasmissione
costituisce dichiarazione vincolante. Sono fatte salve le disposizioni
normative che prevedono l'uso di specifici sistemi di trasmissione telematica
nel settore tributario.
Le istanze e le
dichiarazioni inviate o compilate sul sito secondo le modalità previste dal
comma 1 sono equivalenti alle istanze e alle dichiarazioni sottoscritte con
firma autografa apposta in presenza del dipendente addetto al procedimento. Lo
stesso articolo prevede poi la possibilità, mediante apposito decreto
interministeriale, di individuare i casi in cui è richiesta la sottoscrizione
mediante firma digitale.
Viene inoltre disposta la nullità delle clausole dei bandi in contrasto con la presente disposizione. Le amministrazioni devono comunque provvedere a quanto previsto dal comma in esame con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Infine, con una modifica intervenuta in sede di esame nelle Commissioni, si prevede che le domande inviate in via telematica dovranno essere comprensive dei relativi allegati e copia di un documento di identità valido. A fini dell’ammissione al concorso, la norma impone l’invio di tutti i files tramite posta elettronica (domanda, allegati alla domanda, documento di identità, ecc.) esclusivamente in formato PDF.
Il successivo comma 2 stabilisce l’obbligo, per le Regioni, di adeguare i propri ordinamenti a quanto previsto in precedenza.
Il successivo comma 3 apporta alcune modifiche all’articolo 38 del D.Lgs. 165/2001, che disciplina l’accesso dei cittadini degli Stati membri della Unione europea ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche, a condizione che non implichino esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengano alla tutela dell'interesse nazionale.
Più specificamente, si sostituisce interamente il comma 3 del richiamato articolo 38.
Tale comma
prevedeva che, nei casi in cui non fosse intervenuta una disciplina di livello
comunitario, si provvedesse all'equiparazione
dei titoli di studio e professionali con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta dei
Ministri competenti. Con eguale procedura si stabiliva altresì l'equivalenza
tra i titoli accademici e di servizio rilevanti ai fini dell'ammissione al
concorso e della nomina.
Il nuovo testo del comma 3 prevede che alla richiamata equiparazione, sempre nei casi in cui non sia intervenuta una disciplina di livello comunitario, debba provvedere la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, sentito il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Con eguale procedura si stabilisce l'equivalenza tra i titoli accademici e di servizio rilevanti ai fini dell'ammissione al concorso e della nomina.
Al riguardo si segnala che il
testo non appare chiaro laddove non specifica con quale tipologia di
regolamento venga realizzata l’equivalenza in questione.
Articolo 8, comma 4
(Composizione della Commissione per l’esame di
avvocato)
4. All'articolo 22, comma 3, del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, le parole: «un titolare ed un supplente sono professori ordinari o associati di materie giuridiche presso un'università della Repubblica ovvero presso un istituto superiore» sono sostituite dalle seguenti: «un titolare ed un supplente sono professori ordinari, professori associati o ricercatori di materie giuridiche presso un'università della Repubblica ovvero presso un istituto superiore.».
Il comma 4 dell’articolo 8 interviene sulla composizione delle commissioni per l’esame di avvocato, per consentire anche ai ricercatori, oltre ai professori ordinari e associati, di farne parte.
Si ricorda che attualmente legge professionale (R.D.L. n. 1578 del 1933[44]) affida la gestione degli esami per l’iscrizione all’albo egli avvocati ad una commissione centrale, istituita presso il Ministero della giustizia, composta da 5 membri titolari e 5 supplenti (2 + 2 scelti tra avvocati iscritti all’Albo da almeno 12 anni; 2 + 2 tra magistrati con qualifica non inferiore a magistrato di Corte di appello; 1 + 1 tra professori ordinari o associati in materie giuridiche presso sedi universitarie italiane o presso istituti superiori). Compito della Commissione è definire i criteri per la valutazione degli elaborati scritti e delle prove orali, dandone comunicazione alle sottocommissioni. Lo stesso provvedimento ha infatti previsto sottocommissioni presso le singole corti d’appello, con composizione identica alla Commissione centrale. l presidente e il vicepresidente della commissione e di ogni sottocommissione sono nominati dal Ministro, che li sceglie tra i componenti avvocati. Ad ogni sottocommissione non può essere assegnato un numero di candidati superiore a 300; in caso di numero superiore, un decreto del Ministro della giustizia nominerà ulteriori sottocommissioni.
Il decreto-legge novella l’art. 22 della legge professionale intervenendo così tanto sulla commissione centrale quanto sulle sotto-commissioni, consentendo che ne facciano parte non solo professori ordinari e associati in materie giuridiche, ma anche ricercatori.
In merito si segnala che anche l’AC 3900 - che prevede un’organica riforma della professione forense, e che è ora all’esame della Commissione giustizia dopo essere stato approvato dal Senato - dispone (articolo 46, comma 1) che delle commissioni d’esame possano far parte anche i ricercatori, prevedendo però che si tratti di “ricercatori confermati”[45].
Per quanto riguarda la scelta
di inserire anche i ricercatori nelle commissioni d’esame, si sottolinea
l’esigenza di tener conto della riforma operata dalla legge n. 240 del 2010[46]. La riforma dell’università, infatti, ha
soppresso la figura del ricercatore a tempo indeterminato, consentendo solo,
dal 29 gennaio 2011, la stipula di contratti di ricerca a tempo determinato
(art. 24 e art. 29, comma 1). I ricercatori in base al precedente ordinamento
continuano ovviamente ad operare, fino ad “esaurimento”.
Per quanto attiene invece
alla formulazione del testo, si evidenzia che il decreto-legge conferma il
riferimento agli “istituti superiori”. Tale riferimento è arcaico in quanto
risalente al TU dell'istruzione superiore (R.D. 31 agosto 1933, n. 1592), il
cui art. 1 dispone che l'istruzione superiore è impartita nelle Regie
università e nei Regi istituti superiori, indicati nelle annesse tabelle A e B,
nonché nelle Università e negli Istituti superiori liberi.
Il legislatore potrebbe
dunque valutare la possibilità di sostituire a tale espressione quella di
"Università statali" e "Università non statali legalmente
riconosciute".
Articolo 9
(Dichiarazione
unica di conformità degli impianti termici)
1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti è approvato il modello di dichiarazione unica di conformità che sostituisce i modelli di cui agli allegati I e II del decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37, e con riferimento agli impianti termici rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 1 del predetto decreto n. 37 del 2008, la dichiarazione di cui all'articolo 284, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
2. La dichiarazione unica di conformità e la documentazione allegata sono conservate presso la sede dell'interessato ed esibite, a richiesta dell'amministrazione, per i relativi controlli. Resta fermo l'obbligo di comunicazione ai fini del rilascio del certificato di agibilità da parte del comune o in caso di allacciamento di una nuova fornitura di gas, energia elettrica o acqua.
Il comma 1 dell'articolo in esame demanda a un decreto interministeriale, adottato dai Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, di cui non viene indicato il termine per l’emanazione, l’approvazione di un modello di dichiarazione unica di conformità degli impianti, che sostituirà le dichiarazioni previste dalla normativa vigente.
Nel corso dell’esame in sede referente la rubrica dell’articolo, che nel testo iniziale faceva riferimento ai soli impianti termici, è stata modificata al fine di riferire la norma a tutti gli impianti.
In particolare, il modello di dichiarazione unica di conformità sostituirà:
§ i modelli di cui agli allegati I e II del D.M. 22 gennaio 2008, n. 37;
Si ricorda che il citato decreto (pubblicato nella G.U. 12 marzo 2008, n. 61), recante il “Regolamento concernente l'attuazione dell'articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a) della legge n. 248 del 2 dicembre 2005, recante riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all'interno degli edifici”, si applica agli impianti posti al servizio degli edifici, indipendentemente dalla destinazione d'uso, collocati all'interno degli stessi o delle relative pertinenze. L’art. 1, comma 2, del medesimo decreto prevede la seguente classificazione degli impianti citati:
a) impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell'energia elettrica, impianti di protezione contro le scariche atmosferiche, nonché gli impianti per l'automazione di porte, cancelli e barriere;
b) impianti radiotelevisivi, antenne e impianti elettronici in genere;
c) impianti di riscaldamento, di climatizzazione, di condizionamento e di refrigerazione di qualsiasi natura o specie, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e delle condense, e di ventilazione ed aerazione dei locali;
d) impianti idrici e sanitari di qualsiasi natura o specie;
e) impianti per la distribuzione e l'utilizzazione di gas di qualsiasi tipo, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e ventilazione ed aerazione dei locali;
f) impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, di montacarichi, di scale mobili e simili;
g) impianti di protezione antincendio.
L’art. 6 del D.M. 37 impone la realizzazione degli impianti secondo la regola dell'arte, in conformità alla normativa vigente, prevedendo altresì che gli impianti, realizzati in conformità alla vigente normativa e alle norme dell'UNI, del CEI o di altri enti di normalizzazione appartenenti agli Stati membri dell'Unione europea o che sono parti contraenti dell'accordo sullo Spazio economico europeo, si considerano eseguiti secondo la regola dell'arte.
Il successivo art. 7 prevede che, al termine dei lavori, previa effettuazione delle verifiche previste dalla normativa vigente, comprese quelle di funzionalità dell'impianto, l'impresa installatrice rilasci al committente la dichiarazione di conformità degli impianti realizzati nel rispetto delle norme di cui all'art. 6. Lo stesso articolo dispone che tale dichiarazione sia resa sulla base del modello di cui all'allegato I .
Viene altresì previsto che la medesima dichiarazione venga rilasciata anche dai responsabili degli uffici tecnici interni delle imprese non installatrici. In tal caso il modello da utilizzare è quello di cui all'allegato II.
§ e anche la dichiarazione di cui all’art. 284 del D.Lgs. 152/2006. Nel corso dell’esame in sede referente è stato chiarito che tale sostituzione opera per i soli impianti termici rientranti nell'ambito di applicazione dell'art. 1 del D.M. 37/2008.
Si ricorda, in proposito, che l’art. 284 citato prevede, per gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia (0,035MW), che l'installatore verifichi e dichiari che l'impianto è conforme alle caratteristiche tecniche previste dall’art. 285 ed è idoneo a rispettare i valori limite di emissione di cui all'art. 286 [47]. Tali dichiarazioni, secondo il medesimo art. 284, devono essere espressamente riportate in un atto allegato alla dichiarazione di conformità.
Il comma 2 dell'articolo
in esame prevede che la dichiarazione unica di conformità e la documentazione
allegata siano conservate presso la sede
dell’interessato ed esibite, a richiesta dell’amministrazione, per i relativi
controlli.
Resta fermo l’obbligo di comunicazione ai fini:
§ del rilascio del certificato di agibilità da parte del comune;
L’art. 9 del D.M. 37/2008 dispone che il certificato di agibilità è rilasciato dalle autorità competenti previa acquisizione della dichiarazione di conformità di cui all'articolo 7, nonché del certificato di collaudo degli impianti installati, ove previsto dalle norme vigenti.
§ o dell’allaccio di una nuova fornitura di gas, energia elettrica o acqua.
L’obbligo di comunicazione, in tali casi, è attualmente previsto dall’art. 8, comma 3, del D.M. 37/2008, che fissa il termine di 30 giorni dall’allacciamento, entro i quali il committente è tenuto a consegnare al distributore o al venditore copia della dichiarazione di conformità dell'impianto, resa secondo l'allegato I.
Si fa presente che l’art. 11 del D.M. 37 reca taluni obblighi in ordine al deposito della dichiarazione di conformità presso lo sportello unico per l’edilizia e l’art. 284 del D.Lgs. 152/2006 prevede obblighi di inoltro alle autorità competenti. Dovrebbe ritenersi che tali obblighi sono superati dalla norma in esame (al riguardo, potrebbe essere opportuno un chiarimento).
Si segnala, infine, che nel comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 12 del 27/01/2012 [48], in cui è stato inizialmente approvato il testo del decreto-legge, è stato sottolineato che la norma in commento “elimina una inutile duplicazione nelle certificazioni di conformità, con un risparmio stimato in oltre 50 milioni di euro all’anno”.
Articolo 10
(Parcheggi pertinenziali)
1. L'articolo 9, comma 5, della legge 24 marzo 1989, n. 122, è sostituito dal seguente:
«5. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 41-sexies, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni, e l'immodificabilità dell'esclusiva destinazione a parcheggio, la proprietà dei parcheggi realizzati a norma del comma 1 può essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali, solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune.I parcheggi realizzati ai sensi del comma 4 non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale e i relativi atti di cessione sono nulli ad eccezione di espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata con il Comune, ovvero quando quest’ultimo abbia autorizzato l’atto di cessione.[49]».
L’articolo in esame novella l’art. 9 della legge 122/1989 (c.d. legge Tognoli) al fine – evidenziato nella relazione illustrativa – di consentire il trasferimento della proprietà dei parcheggi a condizione che diventino pertinenza di un altro immobile sito nel medesimo comune, con esclusione dei parcheggi realizzati in diritto di superficie su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse.
Il nuovo testo del comma 5 dell’articolo 9 della legge 122/1989 provvede infatti, fermo restando quanto previsto dall’art. 41-sexies della L. 1150/1942, e l’immodificabilità dell’esclusiva destinazione a parcheggio, a disciplinare distintamente due fattispecie:
§ al primo periodo, i parcheggi realizzati a norma del comma 1 dell’articolo 9 (solitamente si tratta di parcheggi pertinenziali su aree private, realizzati dai proprietari di immobili nel sottosuolo o al piano terreno dei fabbricati): in tal caso viene consentito il trasferimento della proprietà, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali, ma solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di un’altra unità immobiliare sita nello stesso comune;
Si ricorda che il citato comma 1 dispone che i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici.
Si fa notare, con riferimento al secondo
periodo della norma citata, che «secondo
il più recente orientamento del Consiglio di Stato, l’area esterna di
pertinenza, al di sotto della quale possono realizzarsi i parcheggi in deroga
agli strumenti urbanistici generali, ex art. 9 della legge Tognoli, può
appartenere anche a terzi, essendo sufficiente che venga garantito il predetto
rapporto di “pertinenzialità”. E tale requisito di legge può ritenersi
idoneamente soddisfatto qualora venga limitato il raggio di pertinenzialità
dell’immobile per così dire “dominante” entro una determinata (e contenuta)
distanza dal garage “servente”, con vincolo reso certo mediante apposito atto
notarile redatto prima del rilascio dei necessari provvedimenti abilitativi edilizi»[50].
Si ricorda inoltre che l’art. 41-sexies della L. 1150/1942 dispone che “nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione” e che “gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse”.
§ Al secondo periodo, i parcheggi realizzati ai sensi del comma 4 dell’articolo 9 (si tratta dei parcheggi realizzati in diritto di superficie su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse e destinati a pertinenza di immobili privati): in tal caso viene confermata la disciplina previgente, vale a dire il divieto di cessione separata dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale e la nullità dei relativi atti di cessione; nel corso dell’esame in sede referente il secondo periodo è stato integrato al fine di prevedere, quale eccezione alla disciplina ivi contemplata, l’espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata con il Comune o l’autorizzazione dello stesso Comune dell'atto di cessione.
Si ricorda che il comma 5 del testo previgente dell’art. 9 disponeva che tutti i parcheggi realizzati ai sensi del presente articolo (quindi sia quelli ex comma 1 che quelli ex comma 4) “non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale. I relativi atti di cessione sono nulli”.
Articolo 11
(Semplificazioni
in materia di circolazione stradale, abilitazioni
alla guida, affidamento del servizio informazioni sul traffico,
“bollino blu” e apparecchi di controllo della velocità)
1. Al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.
285, e successive modificazioni, recante «Nuovo Codice della strada», e di
seguito denominato «Codice della strada», sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) all'articolo 115, l'abrogazione del comma
2-bis, disposta dall'articolo 2 del decreto legislativo 18 aprile 2011,
n. 59, è anticipata alla data di entrata in vigore del presente decreto;
b) all'articolo 119, comma 4, l'alinea è
sostituito dal seguente: «4. L'accertamento dei requisiti psichici e
fisici è effettuato da commissioni mediche locali, costituite dai competenti
organi regionali ovvero dalle province autonome di Trento e di Bolzano che
provvedono altresì alla nomina dei rispettivi presidenti, nei riguardi:»;
c) all'articolo 119, comma 4, la lettera b-bis),
inserita dall'articolo 7 del decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59, è
soppressa;
d) all'articolo 122, comma 2, l'ultimo periodo
è soppresso;
e) all'articolo 126, comma 6, come modificato
dal decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59, le parole: «, previa verifica
della sussistenza dei requisiti fisici e psichici presso una commissione medica
locale, ai sensi dell'articolo 119, comma 4, lettera b-bis» sono
soppresse.
2. Fermo restando quanto previsto
dall'articolo 28 del decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59, la disposizione
di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), dello stesso decreto
legislativo entra in vigore alla data di pubblicazione del presente decreto.
3. Nelle more dell'entrata in vigore delle
disposizioni di cui al decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59, fermo
restando quanto previsto dall'articolo 115, comma 2, del Codice della strada, i
titolari di certificato di idoneità alla guida del ciclomotore ovvero di
patente di guida, al compimento dell'ottantesimo anno di età, rinnovano la validità
dei predetti titoli abilitativi ogni due anni.
4. Il Governo, entro novanta giorni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, provvede a modificare
l'articolo 330 del regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della
strada, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n.
495, in conformità alle modifiche introdotte dalla lettera b) del comma 1 del
presente articolo.
5. All'articolo 7, comma 2, del decreto del
Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) alla lettera b), le parole: «in
aggiunta a quelli festivi;» sono sostituite dalle seguenti: «in aggiunta a
quelli festivi, da individuarsi in modo da contemperare le esigenze di
sicurezza stradale, connesse con le prevedibili condizioni di traffico, con gli
effetti che i divieti determinano sulla attività di autotrasporto nonché sul
sistema economico produttivo nel suo complesso.»;
b) la lettera c) è abrogata.».
6. Ai sensi degli articoli 8 e 9 del regolamento
(CE) n. 1071/2009, sono dispensate dalla frequenza di uno specifico corso di
formazione preliminare per l'esame di idoneità professionale le persone che
hanno assolto all'obbligo scolastico e superato un corso di istruzione
secondaria di secondo grado; sono dispensate dall'esame per la dimostrazione
dell'idoneità professionale le persone che dimostrano di aver diretto, in
maniera continuativa, l'attività in una o più imprese di trasporto italiane o di altro Stato dell’Unione europea da
almeno dieci anni precedenti il 4 dicembre 2009 e siano in attività alla data
di entrata in vigore del presente decreto. Restano ferme le disposizioni concernenti i corsi di formazione previsti ai
sensi dell'articolo 8, paragrafi 5 e 6, del regolamento (CE) n. 1071/2009.
6-bis.
Sono incluse nell'ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 1071/2009 le
imprese che esercitano o che intendono esercitare la professione di
trasportatore di merci su strada con veicoli di massa complessiva a pieno
carico superiore a 1,5 tonnellate, o con complessi formati da questi veicoli.
Le condizioni da rispettare per i requisiti per l'esercizio della professione
di trasportatore su strada di cui all'articolo 3 del regolamento (CE) n.
1071/2009 sono quelle previste dal regolamento stesso, come individuate nel
decreto del Capo del dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi
informativi e statistici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 25
novembre 2011, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 277 del 28
novembre 2011. Per le imprese di trasporto di merci su strada per conto di
terzi che esercitano solo con veicoli di massa complessiva a pieno carico fino
a 3,5 tonnellate, il requisito di idoneità professionale è soddisfatto
attraverso la frequenza di uno specifico corso di formazione preliminare e di
un corso di formazione periodica ogni dieci anni, organizzati e disciplinati ai
sensi dell'articolo 8, comma 8, del citato decreto dipartimentale 25 novembre
2011.
6-ter.
Le imprese di trasporto su strada già in attività alla data del 4 dicembre 2011
e autorizzate provvisoriamente all'esercizio della professione, ove non
soddisfino i requisiti per l'accesso alla professione entro i termini stabiliti
ai sensi dell'articolo 12 del decreto del Capo del dipartimento per i trasporti,
la navigazione ed i sistemi informativi e statistici del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti 25 novembre 2011, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 277 del 28 novembre 2011, sono cancellate, a cura del
Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e
statistici, dal Registro elettronico nazionale delle imprese che esercitano la
professione di autotrasportatore su strada e, per le imprese di trasporto di
merci su strada per conto terzi, dall'Albo nazionale delle persone fisiche e
giuridiche che esercitano l'autotrasporto di cose per conto di terzi. Le
imprese di trasporto di merci su strada per conto di terzi che esercitano la
professione solo con veicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 3,5
tonnellate devono dimostrare di soddisfare i requisiti per l'accesso alla
professione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto.
6-quater.
I soggetti che svolgono le funzioni di gestore dei trasporti ai sensi dell'articolo
4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1071/2009, in possesso dei requisiti di
onorabilità e di idoneità professionale, possono essere designati a svolgere
tali funzioni presso una sola impresa e non possono essere chiamati a svolgere
le medesime funzioni ai sensi del paragrafo 2 del citato articolo. I soggetti
che svolgono le funzioni di gestore dei trasporti ai sensi della lettera b) del paragrafo 2 dell'articolo 4 del
regolamento (CE) n. 1071/2009 possono essere designati da una sola impresa con
un parco complessivo al massimo di cinquanta veicoli e non possono avere legami
con nessuna altra impresa di trasporto su strada.
6-quinquies.
Le imprese di trasporto di merci su strada che intendono esercitare la
professione solo con veicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 3,5
tonnellate, per accedere al mercato del trasporto di merci per conto di terzi,
devono essere in possesso dei requisiti per l'accesso alla professione ed
iscritte all'Albo nazionale delle persone fisiche e giuridiche che esercitano
l’autotrasporto di cose per conto di terzi, e sono tenute a dimostrare di aver
acquisito, per cessione di azienda, altra impresa di autotrasporto, o l'intero
parco veicolare, purché composto di veicoli di categoria non inferiore a Euro
5, da altra impresa che cessa l'attività di autotrasporto di cose per conto di
terzi, oppure di aver acquisito e immatricolato almeno due veicoli adibiti al
trasporto di cose di categoria non inferiore ad Euro 5.
6-sexies.
All'articolo 2, comma 227, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le parole:
«Euro 3» sono sostituite dalle seguenti: «Euro 5».
7. Il centro di coordinamento delle informazioni sul traffico, sulla viabilità e sulla sicurezza stradale di cui all'articolo 73 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, è autorizzato ad affidare in concessione, ai sensi dell'articolo 30 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, i servizi di produzione, distribuzione e trasmissione, sul canale radiofonico e televisivo, delle informazioni sul traffico e sulla viabilità, nonché ogni altro servizio utile al proprio funzionamento, qualora da detto affidamento derivi un minor onere per il bilancio dello Stato.
8. A decorrere dall'anno 2012 il controllo obbligatorio delle emissioni dei gas di scarico degli autoveicoli e dei motoveicoli è effettuato esclusivamente al momento della revisione obbligatoria periodica del mezzo.
9. Gli apparecchi di controllo sui veicoli adibiti al trasporto su strada disciplinati dal regolamento (CEE) n. 3821/85, e successive modificazioni, sono controllati ogni due anni dalle officine autorizzate alla riparazione degli apparecchi stessi. L'attestazione di avvenuto controllo biennale deve essere esibita in occasione della revisione periodica prevista dall'articolo 80 del codice della strada.
10. All'articolo 10 del decreto-legge 6 febbraio 1987, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 marzo 1987, n. 132, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) i commi 1 e 4 sono abrogati;
b) al comma 2, dopo le parole: «Le officine» sono inserite le seguenti: «autorizzate alla riparazione dei tachigrafi» e le parole: «di cui al comma 1» sono soppresse.
I commi da 1 a 4 dell’articolo 11 apportano alcune modifiche agli articoli 115, 119, 122 e 126 del Codice della Strada (D.Lgs. n. 285 del 2992 e successive modificazioni), in materia di abilitazioni alla guida, recentemente modificate dal D.Lgs. n. 59 del 2011, che aveva dato attuazione alle direttive 2006/126/CE e 2009/113/CE concernenti la patente di guida.
Il comma 1, lett. a), b) e c), modifica come segue gli articoli 115 e 119 del Codice della Strada:
- la lett. a) interviene sull’art. 115 del Codice della strada, recante i requisiti per la guida dei veicoli, anticipando alla data di entrata in vigore del presente decreto l’abrogazione del comma 2-bis, che era stata disposta dall’art. 2 del D.Lgs. n. 59 del 2011 con decorrenza dal 19 gennaio 2013. Si tratta della norma in base alla quale gli ultraottantenni possono continuare a condurre ciclomotori e veicoli per i quali sia richiesta la patente delle categorie A, B, C ed E, qualora abbiano conseguito uno specifico attestato rilasciato dalla commissione medica locale, a seguito di visita medica specialistica biennale rivolta ad accertare la persistenza dei requisiti fisici e psichici prescritti.
Viene pertanto anticipata l’abrogazione della norma che prevede il passaggio dalla commissione medica locale, definendo peraltro una disciplina transitoria nel successivo comma 3.
La modifica va infatti coordinata con quella disposta dal comma 3 dell’art. 11 che prevede che nelle more dell'entrata in vigore delle disposizioni di cui al decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59 (quindi fino al 18 gennaio 2013) , fermo restando quanto previsto dall'articolo 115, comma 2, del Codice della strada – cioè i limiti massimi di età previsti per guidare autotreni, autoarticolati nonché per autobus, autocarri, autotreni, autoarticolati, autosnodati, adibiti al trasporto di persone - i titolari di certificato di idoneità alla guida del ciclomotore ovvero di patente di guida, al compimento dell'ottantesimo anno di età, rinnovino la validità dei predetti titoli abilitativi ogni due anni. Per tali soggetti ultaottantenni, compresi coloro che hanno l’idoneità alla guida del ciclomotore, sarà quindi sufficiente l’accertamento biennale tramite l’unità sanitaria locale territorialmente competente o gli altri medici abilitati, come previsto dall’art. 119, comma 2 del codice.
A tale proposito si ricorda che l’art. 126, comma 1 del Codice della strada prevede che le patenti di guida delle categorie A e B siano valide per tre anni per chi abbia superato il settantesimo anno di età.
Si ricorda inoltre che la data del 19 gennaio 2013 è prevista dalla direttiva 2006/126/CE come data a partire dalla quale dovranno essere applicate le nuove disposizioni sulle patenti recate dalla direttiva. La direttiva fissa anche limiti d'età, differenziati per categoria di autoveicoli, per ottenere la patente di guida, lasciando agli Stati un certo margine di manovra per innalzare o abbassare l'età minima.
La lett. c ) del comma 1, provvede conseguentemente ad abrogare la lettera b-bis) dell’art. 119, comma 4, che aveva inserito gli ultraottantenni tra i soggetti per i quali era previsto lo specifico accertamento da parte delle commissioni mediche della sussistenza dei requisiti fisici e psichici per conseguire la patente.
La lett. e ) del comma 1 modifica conseguentemente anche l’art. 126, comma 6 del Codice della Strada sopprimendo la parte del comma che faceva riferimento necessità di sottoporre a verifica della sussistenza dei requisiti fisici e psichici presso una commissione medica locale, ai sensi dell'articolo 119, comma 4, lettera b-bis), i titolari delle patenti di guida che al compimento dell'ottantesimo anno di età rinnovassero la validità della patente posseduta ogni due anni.
La lett. b) del comma 1 dispone invece, modificando il comma 4 dell’art. 119, che l’accertamento dei requisiti psichici e fisici per il conseguimento della patente di guida sia effettuato da commissioni mediche locali, costituite dai competenti organi regionali, ovvero dalle province autonome di Trento e Bolzano, che provvedono altresì alla nomina dei rispettivi presidenti, per una serie di soggetti per i quali tale accertamento è ritenuto indispensabile. Si tratta dell’accertamento nei confronti dei seguenti soggetti:
a) dei mutilati e minorati fisici;
b) di coloro che abbiano superato i sessantacinque anni di età ed abbiano titolo a guidare autocarri di massa complessiva, a pieno carico, superiore a 3,5 t, autotreni ed autoarticolati, adibiti al trasporto di cose, la cui massa complessiva, a pieno carico, non sia superiore a 20 t, macchine operatrici;
c) di coloro per i quali sia fatta richiesta dal prefetto o dall'ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri;
d) di coloro nei confronti dei quali l'esito degli accertamenti clinici, strumentali e di laboratorio faccia sorgere dubbi circa l'idoneità e la sicurezza della guida;
d-bis) dei soggetti affetti da diabete per il conseguimento, la revisione o la conferma delle patenti C, D, CE, DE e sottocategorie
La norma che si va a modificare prevedeva invece che l'accertamento dei requisiti fisici e psichici per il conseguimento della patente di guida fosse effettuato da commissioni mediche locali, ma costituite in ogni provincia, presso le unità sanitarie locali del capoluogo di provincia. L’art. 330 del Regolamento di attuazione del Codice della strada prevede a tale proposito che il presidente della commissione medica locale sia nominato con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione di concerto con il Ministro della sanità su designazione del responsabile dell'unità sanitaria locale presso la quale opera la commissione. La norma andrebbe quindi coordinata con la lettera b) del comma 1 che prevede la nomina dei presidenti delle commissioni mediche locali da parte dei competenti organi regionali.
Su tale norma del regolamento di attuazione interviene peraltro il comma 4 dell’art. 11 disponendo che Il Governo, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, provveda a modificare l'articolo 330 del regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della strada, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, in conformità alle modifiche introdotte dalla lettera b) del comma 1. Al riguardo si segnala che la versione iniziale richiamava, presumibilmente per errore, la sola lettera a) del comma 1 che dispone l’abrogazione della norma che prevede il passaggio degli ultraottantenni per le commissioni mediche locali ed il rinvio alla quale risultava quindi non coerente.
La lett. d) del comma 1 modifica l’art. 122 del Codice della Strada in materia di esercitazioni di guida, sopprimendo la norma che prevede, per lo svolgimento delle esercitazioni obbligatorie per gli aspiranti alla patente di guida, che qualora il veicolo non sia munito di doppi comandi a pedale almeno per il freno di servizio e per l'innesto a frizione, l'istruttore che deve affiancare l’aspirante non possa avere età superiore a sessanta anni.
Si ricorda infatti che a chi ha fatto domanda per sostenere l'esame per la patente di guida, ovvero per l'estensione di validità della patente ad altre categorie di veicoli ed è in possesso dei requisiti fisici e psichici prescritti, è rilasciata un'autorizzazione per esercitarsi alla guida, la quale consente all'aspirante di esercitarsi purché al suo fianco si trovi, in funzione di istruttore, persona di età non superiore a sessantacinque anni, munita di patente valida per la stessa categoria, conseguita da almeno dieci anni, ovvero valida per la categoria superiore. Se mancano i doppi comandi il limite di età è di sessanta anni.
Il comma 2 dell’art. 11 è stato soppresso, in sede di coordinamento formale, in quanto ripetitivo del disposto di cui al comma 1, lettera a).
Il comma 5 dell’art. 11 modifica l’art. 7, comma 2, lett. b) e c), del regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della strada, relativo alle limitazioni alla circolazione dei mezzi pesanti (i veicoli per il trasporto di cose, aventi massa complessiva massima autorizzata superiore a 7,5 t, i veicoli eccezionali e adibiti a trasporto eccezionale).
La norma dell’art. 7 comma 2 lett. b), che prevede attualmente la possibilità di vietare la circolazione in altri giorni oltre a quelli festivi, viene modificata specificando che tali ulteriori giorni vadano individuati in modo da contemperare le esigenze di sicurezza stradale, connesse con le prevedibili condizioni di traffico, con gli effetti che i divieti determinano sull’attività di autotrasporto nonché sul sistema economico produttivo nel suo complesso. La modifica intende quindi rendere più flessibili i divieti di circolazione dei mezzi pesanti.
Viene conseguentemente abrogata la lett. c) dell’art. 7, comma 2, che prevedeva la possibilità di disporre il divieto di circolazione anche nell'eventuale o negli eventuali giorni precedenti o successivi a quelli indicati nelle lettere a) e b).
Il comma 6 dell’art. 11 semplifica le disposizioni relative al corso per l’idoneità professionale per gli autotrasportatori, prevedendo, in conformità a quanto disposto dagli articoli 8 e 9 del regolamento (CE) n. 1071/2009, che sia dispensato dalla frequenza di uno specifico corso di formazione preliminare per l'esame di idoneità professionale chi abbia assolto all'obbligo scolastico e superato un corso di istruzione secondaria superiore. Vengono altresì dispensate dall'esame per la dimostrazione dell'idoneità professionale le persone che dimostrano di aver diretto, in maniera continuativa, l'attività in una o più imprese di trasporto italiane o comunitarie da almeno dieci anni precedenti il 4 dicembre 2009 e siano in attività alla data di entrata in vigore del decreto.
Restano invece fermi i corsi di formazione previsti ai sensi dell'articolo 8, paragrafi 5 e 6, del regolamento (CE) n. 1071/2009.
Si tratta della possibilità per gli Stati membri di promuovere una formazione periodica sulle materie elencate nell’allegato I del Regolamento a intervalli di dieci anni per garantire che i gestori dei trasporti siano informati dei cambiamenti che intervengono nel settore (par. 5), nonché di esigere che le persone che sono in possesso di un attestato di idoneità professionale ma che, nei cinque anni precedenti, non hanno diretto un’impresa di trasporti di merci su strada o un’impresa di trasporti di persone su strada effettuino una riqualificazione per aggiornare la loro conoscenza dei recenti sviluppi della legislazione (par. 6).
Nel corso dell’esame in
Commissione sono stati introdotti i commi aggiuntivi da 6-bis a 6-sexies, relativi all’ambito di applicazione del
regolamento (CE) n. 1071/2009 che disciplina l'accesso alla professione di
trasportatore su strada e l'esercizio della stessa.
In particolare il comma aggiuntivo 6-bis include nell'ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 1071/2009 le imprese che esercitano o che intendono esercitare la professione di trasportatore di merci su strada con veicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 1,5 tonnellate, o con complessi formati da questi veicoli.
Si ricorda che il Regolamento n. 1071/2009 si applica a tutte le imprese stabilite nella Comunità che esercitano la professione di trasportatore su strada e che, a meno che il diritto nazionale disponga altrimenti, esso non si applica:
a) alle imprese che esercitano la professione di trasportatore di merci su strada esclusivamente con veicoli a motore singoli o con insiemi di veicoli accoppiati la cui massa a carico tecnicamente ammissibile non superi le 3,5 tonnellate. Tuttavia, gli Stati membri possono diminuire tale soglia per la totalità o per una parte delle categorie di trasporto su strada;
b) alle imprese che effettuano esclusivamente trasporti di persone su strada a fini non commerciali o che non esercitano la professione di trasportatore di persone su strada come attività principale;
c) alle imprese che esercitano la professione di trasportatore su strada esclusivamente con veicoli a motore la cui velocità massima autorizzata non superi i 40 km/h.
La disposizione prevede altresì che le condizioni da rispettare per i requisiti per l'esercizio della professione di trasportatore su strada definite nell’articolo 3 del regolamento n. 1071/2009 - che le imprese che esercitano la professione di trasportatore su strada abbiano una sede effettiva e stabile in uno Stato membro; siano onorabili, possiedano un'adeguata idoneità finanziaria e l'idoneità professionale richiesta - siano quelle previste dal regolamento stesso, come attuate nel decreto del Capo Dipartimento per i trasporti, del 25 novembre 2011.
Circa l’idoneità professionale il comma dispone che per le imprese di trasporto di merci su strada per conto di terzi che esercitano solo con veicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 tonnellate, il requisito di idoneità professionale sia soddisfatto attraverso la frequenza di uno specifico corso di formazione preliminare, e di un corso di formazione periodica ogni dieci anni, organizzati e disciplinati ai sensi dell'articolo 8, comma 8 del citato decreto 25 novembre 2011.
Il comma aggiuntivo 6-ter dispone poi che le imprese di trasporto su strada già in attività al 4 dicembre 2011 ed autorizzate provvisoriamente all'esercizio della professione, ove non soddisfino i requisiti per l'accesso alla professione entro i termini stabiliti ai sensi dell'articolo 12 del citato decreto ministeriale 25 novembre 2011, siano cancellate , a cura del Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici, dal Registro degli autotrasportatori e, per le imprese di trasporto di merci su strada per conto di terzi, dall'Albo nazionale delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l'autotrasporto di cose per conto di terzi.
Il comma dispone inoltre , per le imprese di trasporto di merci su strada per conto di terzi che esercitano solo con veicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 tonnellate, che queste debbano dimostrare di soddisfare i requisiti per l'accesso alla professione entro 12 mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
Il comma aggiuntivo 6-quater attiene ai soggetti che svolgono le funzioni di gestore dei trasporti ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1 del regolamento (CE) n. 1071/2009, in possesso dei requisiti di onorabilità e di idoneità professionale, disponendo che tali persone fisiche possano essere designate a svolgere tali funzioni presso una sola impresa e non possano essere chiamate a svolgere le medesime funzioni ai sensi del paragrafo 2 dello stesso articolo.
Si ricorda che i gestori dei trasporti sono quei soggetti, persone fisiche indicati dall’impresa di trasporto come coloro che dirigono effettivamente e continuativamente le attività di trasporto dell'impresa, hanno un vero legame con l'impresa, essendo per esempio dipendenti, direttore, proprietario o azionista e siano residente nella Comunità.
I soggetti che svolgono le funzioni di gestore dei trasporti se manca l’idoneità professionale richiesta, possono essere designati da una sola impresa con un parco complessivo al massimo di cinquanta veicoli e non possono avere legami con nessuna altra impresa di trasporto su strada.
Il comma aggiuntivo 6-quinquies prevede che le imprese di trasporto di merci su strada che intendono esercitare solo con veicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 tonnellate per accedere al mercato del trasporto di merci per conto di terzi debbano essere in possesso dei requisiti per l'accesso alla professione ed iscritte all'Albo degli autotrasportatori per conto di terzi, e siano tenute a dimostrare di aver acquisito, per cessione di azienda, altra impresa di autotrasporto, o l'intero parco veicolare, purché composto di veicoli di categoria non inferiore a Euro 5, da altra impresa che cessa l'attività di autotrasporto per conto di terzi, oppure di aver acquisito ed immatricolato almeno due veicoli adibiti al trasporto di cose di categoria non inferiore ad Euro 5.
Il comma aggiuntivo 6-sexies, modifica l'articolo 2, comma 227, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, relativamente ai requisiti delle imprese di autotrasporto di cose.
Il comma 227 ha disposto che le imprese che intendono esercitare la professione di autotrasportatore di cose per conto di terzi, in possesso dei requisiti di onorabilità, capacità finanziaria e professionale, ed iscritte all’albo degli autotrasportatori per conto di terzi, siano tenute a dimostrare di aver acquisito, per cessione di azienda, altra impresa di autotrasporto, o l’intero parco veicolare, purché composto di veicoli di categoria non inferiore a Euro 3, di altra impresa che cessa l’attività di autotrasporto per conto di terzi, oppure di aver acquisito ed immatricolato, singolarmente o in forma associata, veicoli adibiti al trasporto di cose di categoria non inferiore a Euro 3 e aventi massa complessiva a pieno carico non inferiore a ottanta tonnellate.
Con la modifica il riferimento alla categorie Euro 3 viene aggiornato con quello alla categoria Euro 5.
Il comma 7 dell’art. 11 dispone che il centro di coordinamento delle informazioni sul traffico, sulla viabilità e sulla sicurezza stradale (CCISS) di cui all'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, sia autorizzato ad affidare in concessione, ai sensi dell'articolo 30, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, i servizi di produzione, distribuzione e trasmissione, sul canale radiofonico e televisivo, delle informazioni sul traffico e sulla viabilità, nonché ogni altro servizio utile al proprio funzionamento, qualora da detto affidamento derivi un minor onere per il bilancio dello Stato.
Il richiamato art. 30 del Codice dei contratti pubblici prevede che nella concessione di servizi la controprestazione a favore del concessionario consista unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio. Il soggetto concedente stabilisce in sede di gara anche un prezzo qualora sia necessario assicurare al concessionario il perseguimento dell’equilibrio economico - finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualità del servizio da prestare. La scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità. E’ necessaria la previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all’oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi.
Il comma 8 dell’art. 11 dispone che a decorrere dall'anno 2012 il controllo obbligatorio dei dispositivi di combustione e scarico degli autoveicoli e dei motoveicoli (c.d. bollino blu) sia effettuato esclusivamente al momento della revisione obbligatoria periodica del mezzo.
Nel corso dell’esame in Commissione il comma 8 è stato modificato per fare riferimento, più correttamente, al controllo obbligatorio delle emissioni dei gas di scarico.
I commi 9 e 10 disciplinano il controllo periodico dell’apparecchio di controllo (tachigrafo digitale), montato sui veicoli adibiti al trasporto su strada, prevedendo che, dal 2012, lo stesso venga effettuato ogni due anni, anziché ogni anno, come precedentemente prescritto.
L’apparecchio di controllo (tachigrafo digitale) è disciplinato dal regolamento (CEE) n. 3821/85, il quale ne impone il montaggio e l’utilizzo sui veicoli adibiti al trasporto su strada di viaggiatori o di merci,[51] immatricolati in uno Stato membro. L’apparecchio ha la funzione di misurare i tempi di guida e di riposo di ciascun conducente e di registrare altri elementi riguardanti la marcia del veicolo, quali velocità e percorso, per verificare il rispetto della normativa europea in materia sociale nel settore dei trasporti su strada, dettata dal regolamento (CEE) n. 561/2006.
Il comma 9 prescrive che gli apparecchi di controllo siano controllati ogni due anni, ad opera delle officine autorizzate alla riparazione degli apparecchi stessi. L’attestazione dell’avvenuto controllo deve essere esibita all’atto della revisione periodica del veicolo, disciplinata dall’articolo 80 del Codice della strada.
Si segnala che anche il citato regolamento (CEE) n. 3821/85 prescrive che l’apparecchio di controllo sia controllato almeno ogni due anni (allegato I-VI).
Il successivo comma 10 abroga i commi 1 e 4 dell’articolo 10 del D.L. n. 16/1987[52], che, anteriormente all’entrata in vigore del decreto-legge in esame, disciplinavano il controllo periodico dell’apparecchio di controllo.
Il comma 1 del citato articolo 10 stabiliva che gli apparecchi fossero controllati annualmente dalle officine autorizzate alla loro riparazione. Il comma 4 disponeva che l’attestazione di avvenuta revisione annuale dell’apparecchio fosse esibita in occasione della revisione periodica del veicolo.[53]
E’ inoltre modificato, per motivi di coordinamento formale, il comma 2 del citato articolo 10.
Documenti
all’esame delle istituzioni dell’UE
Il 19 luglio 2011 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2011)454), corredata di una proposta di regolamento (COM(2011)451 recante modifica del regolamento (CEE) n. 3821/85 relativo all'apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada.
Il pacchetto prospetta una revisione della legislazione in materia di tachigrafi digitali al fine di renderli più efficienti, garantire l’osservanza da parte dei conducenti professionisti del trasporto su strada delle regole sul tempo di guida e sui periodi di riposo e sfruttare pienamente le opportunità offerte dalle nuove tecnologie quali i sistemi di posizionamento satellitari. Nelle intenzioni della Commissione tali misure contribuiranno a ridurre le frodi e gli oneri amministrativi (per un importo stimato in 515 milioni di euro all’anno), migliorando nel contempo la sicurezza dei conducenti.
La proposta di regolamento
segue la procedura legislativa ordinaria. Il pacchetto dovrebbe essere
esaminato dalla commissione Trasporti del Parlamento europeo il 26 marzo 2012 e
dalla plenaria l’11 giugno 2012. Il Consiglio trasporti del 12 dicembre 2011 ha
raggiunto un orientamento generale sulla proposta di regolamento.
Articolo 11-bis
(Disciplina
sanzionatoria per le esercitazioni di guida in autostrada
o su strade extraurbane principali)
1. Con decreto del Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro trenta giorni dalla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono
disciplinate le condizioni alle quali il minore conducente, ai sensi del regolamento
di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 11 novembre
2011, n. 213, può esercitarsi alla guida in autostrada o su strade extraurbane
principali, ovvero in condizione di visione notturna, prevedendo in particolare
che, nelle autostrade con carreggiate a tre o più corsie, sia vietato al
predetto minore di impegnare altre corsie all'infuori delle due più vicine al
bordo destro della carreggiata. Si applica, in tal caso, la sanzione di cui
all'articolo 176, comma 21, del Codice della strada, e successive
modificazioni.
2. Fermo restando quanto prescritto
dall'articolo 122, comma 5-bis, del Codice
della strada, la disposizione di cui al comma 1 del presente articolo si
applica anche al titolare di autorizzazione ad esercitarsi alla guida, di cui
all'articolo 122 citato, che si eserciti in autostrada o su strade extraurbane
principali, ovvero in condizioni di visione notturna. In tal caso, al di fuori
delle esercitazioni con un'autoscuola, sul veicolo non può prendere posto, oltre
al conducente, un'altra persona che non sia l'accompagnatore. Si applica la
sanzione di cui al medesimo articolo 122, comma 9, Codice della strada, e
successive modificazioni.
L’articolo 11-bis, introdotto nel corso dell’esame in Commissione, è diretto a consentire ai minori autorizzati alla guida accompagnata e ai titolari di autorizzazione ad esercitarsi alla guida (c.d. foglio rosa) di esercitarsi alla guida in autostrada o su strade extraurbane principali, ovvero in condizione di visione notturna.
Si ricorda che l’articolo 16 della legge n. 120/2010 ha introdotto il nuovo istituto della guida accompagnata consentendo ai minori che abbiano compiuto i diciassette anni e siano titolari di patente di guida (il riferimento è alla patente di categoria A, che abilita alla guida di motoveicoli di cilindrata fino a 125 cc), la guida di autoveicoli di massa non superiore a 3,5 t.
La guida è consentita alle seguenti condizioni:
§ che il minorenne sia accompagnato da un conducente, titolare di patente di categoria B, o superiore, da almeno dieci anni;
§ che sia stata rilasciata autorizzazione da parte del Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici, su istanza del genitore o rappresentante legale del minore;
§ che sia stato preventivamente effettuato un corso pratico di guida, presso un’autoscuola con istruttore autorizzato, di durata pari ad almeno dieci ore, delle quali quattro in autostrada o su strade extraurbane e due in condizione di visione notturna.
Le disposizioni attuative della guida accompagnata sono state dettate dal D.M. 11 novembre 2011, n. 213, “Regolamento recante disciplina del rilascio dell'autorizzazione a minore ai fini della guida accompagnata e relativa modalità di esercizio”, che entrerà in vigore il 21 aprile 2012.
Il comma 1 stabilisce che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti dovrà emanare un decreto con il quale sono disciplinate le condizioni alle quali è consentito ai minori autorizzati alla guida accompagnata di esercitarsi alla guida in autostrada o su strade extraurbane principali, ovvero in condizione di visione notturna.
Nel decreto dovrà essere in particolare prescritto che il predetto minore, nelle autostrade con carreggiate a tre o più corsie, sia tenuto a circolare nelle due corsie più vicine al bordo destro della carreggiata. In caso di violazione si applica la sanzione amministrativa di cui all’articolo 172, comma 21, del D.Lgs. n. 285/1992 (Codice della strada), ovvero il pagamento di una somma da euro 80 a euro 318.
Il decreto ministeriale in oggetto dovrà essere emanato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.
Il comma 2 dispone che la stessa possibilità di esercitarsi in autostrada o su strade extraurbane principali, ovvero in condizione di visione notturna sia riconosciuta anche ai titolari di autorizzazione ad esercitarsi alla guida (c.d. foglio rosa).
In tal caso, al di fuori delle esercitazioni con un'autoscuola, sul veicolo non può prendere posto, oltre al conducente, un'altra persona che non sia l'accompagnatore.
In caso di violazione delle disposizioni di cui al comma in esame si applica la sanzione amministrativa di cui all’articolo 122, comma 9, del D.Lgs. n. 285/1992 (Codice della strada), ovvero il pagamento di una somma da euro 80 a euro 318.
E’ confermato quanto stabilito dall’articolo 122, comma 5-bis. del Codice della strada, ai sensi del quale, per conseguire la patente di guida di categoria B è necessario aver effettuato esercitazioni in autostrada o su strade extraurbane e in condizione di visione notturna presso un'autoscuola con istruttore abilitato e autorizzato.
Non appare del tutto chiaro se anche per dare attuazione al comma 2 sia necessario emanare un decreto ministeriale, come previsto dal comma 1.
Articolo 12
(Semplificazione procedimentale per l'esercizio di attività
economiche e
segnalazione certificata di inizio attività in caso di esercizio congiunto
dell’attività di estetista, anche non prevalente,
con altre attività commerciali)
1. Fermo restando quanto previsto dalle norme di liberalizzazione delle attività economiche e di riduzione degli oneri amministrativi per le imprese e tenendo conto anche dei risultati del monitoraggio di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160, le Regioni, le Camere di commercio industria agricoltura e artigianato, i comuni e le loro associazioni, le agenzie per le imprese ove costituite, le altre amministrazioni competenti e le organizzazioni e le associazioni di categoria interessate, comprese le organizzazioni dei produttori di cui al decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, possono stipulare convenzioni, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e per lo sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata Stato regioni ed autonomie locali, per attivare percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa per gli impianti produttivi e le iniziative ed attività delle imprese sul territorio, in ambiti delimitati e a partecipazione volontaria, anche mediante deroghe alle procedure ed ai termini per l'esercizio delle competenze facenti esclusivamente capo ai soggetti partecipanti, dandone preventiva ed adeguata informazione pubblica.
2. Nel
rispetto del principio costituzionale di libertà dell'iniziativa economica
privata in condizioni di piena concorrenza e pari opportunità tra tutti i
soggetti, presenti e futuri, che ammette solo i limiti, i programmi e i
controlli necessari ad evitare possibili danni alla salute, all'ambiente, al
paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, alla libertà,
alla dignità umana e possibili contrasti con l'utilità sociale, con l'ordine
pubblico, con il sistema tributario e con gli obblighi comunitari ed
internazionali della Repubblica, il Governo adotta uno o più regolamenti ai
sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al fine di
semplificare i procedimenti amministrativi concernenti l'attività di impresa, compresa
quella agricola, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) semplificazione e razionalizzazione delle procedure amministrative, anche mediante la previsione della conferenza di servizi telematica ed aperta a tutti gli interessati, e anche con modalità asincrona;
b) previsione di forme di coordinamento, anche telematico, attivazione ed implementazione delle banche dati consultabili tramite i siti degli sportelli unici comunali, mediante convenzioni fra Anci, Unioncamere, Regioni, Agenzie per le imprese e Portale nazionale impresa in un giorno, in modo che sia possibile conoscere contestualmente gli oneri, le prescrizioni ed i vantaggi per ogni intervento, iniziativa ed attività sul territorio;
c) individuazione delle norme da abrogare a decorrere dall'entrata in vigore dei regolamenti e di quelle tacitamente abrogate ai sensi della vigente normativa in materia di liberalizzazione delle attività economiche e di riduzione degli oneri amministrativi sulle imprese;
c-bis) definizione delle modalità operative per l’integrazione dei dati telematici tra le diverse amministrazioni.
3. I decreti di cui al comma 2 sono adottati entro il 31 dicembre 2012, tenendo conto dei risultati della sperimentazione di cui al comma 1 e di quanto previsto dai regolamenti di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previo parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato che si intende reso in senso favorevole decorsi trenta giorni dalla richiesta.
4. Con i regolamenti di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, sono altresì individuate le attività sottoposte ad autorizzazione, a segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) con asseverazioni o a segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) senza asseverazioni ovvero a mera comunicazione e quelle del tutto libere.
4-bis. A decorrere dalla data di entrata
in vigore della legge di conversione del presente decreto, le disposizioni di
cui al comma 2 dell’articolo 10 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7,
convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, e successive
modificazioni, si applicano anche in caso di esercizio congiunto dell’attività
di estetista con altra attività commerciale, a prescindere dal criterio della
prevalenza.
5. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nell'esercizio della loro potestà normativa, disciplinano la materia oggetto del presente articolo nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 29 della legge 7 agosto 1990 n. 241, dall'articolo 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 e dall'articolo 34 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. A tale fine, il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, promuovono anche sulla base delle migliori pratiche e delle iniziative sperimentali statali, regionali e locali, accordi, o intese ai sensi dell'articolo 20-ter della legge 15 marzo 1997, n. 59.
6. Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente articolo i servizi finanziari, come definiti dall'articolo 4 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, nonché i procedimenti tributari e in materia di giochi pubblici e di tabacchi lavorati, per i quali restano ferme le particolari norme che li disciplinano.
La
norma si colloca nel quadro già delineato dalle norme sulle liberalizzazioni
delle attività economiche e di riduzione degli oneri amministrativi per le
imprese di cui agli articoli 3 del D.L. 138/2011[54], 34 del D.L.
201/2011[55] e 11 del D.P.R.
160/2010.
Si ricorda che l’articolo 3 del D.L. 138/2011 prevede l’abrogazione delle indebite restrizioni all'accesso e all'esercizio delle professioni e delle attività economiche. Più in particolare stabilisce un meccanismo di abrogazione a termine[56] per tutte le disposizioni normative statali ad oggi esistenti, che risultano incompatibili con il principio secondo cui l’iniziativa e l’attività economica privata sono libere. Tuttavia il principio di piena libertà dell’iniziativa e attività economica può esser limitato quando esistano vincoli imposti dall’ordinamento comunitario, dalla Costituzione, quando vi siano ragioni di tutela della sicurezza e dignità umana, protezione della salute umana, conservazione della flora e fauna, dell’ambiente e del patrimonio culturale.
L’articolo 34 del D.L. 201/2011 tende a promuovere una sostanziale liberalizzazione riferita a tutte le categorie di attività economiche: imprenditoriali, commerciali, artigianali e autonome. A tal fine la norma elenca alcune tipologie di restrizioni, eventualmente preesistenti, da considerarsi abrogate, tra queste vi rientrano le norme che prevedono l’imposizione di distanze minime per l’esercizio di determinate attività e il divieto, nei confronti di alcune categorie, di commercializzazione di taluni prodotti. Tali disposizioni non si applicano alle professioni, al trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea, ad alcuni servizi finanziari[57] e ai servizi di comunicazione[58].
L’articolo 11 del D.P.R.
160/2010 prevede il raccordo tra istituzioni al fine di predisporre forme
di monitoraggio sistematico sull’attività e il funzionamento del SUAP[59].
Il comma 1, dell’articolo 12, prevede che le misure per semplificare i procedimenti possano essere attivate attraverso un insieme di regole nella forma della convenzione. Tale convenzione è proposta dai Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e per lo sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata Stato regioni ed autonomie locali. I soggetti che possono stipulare le convenzioni sono le Regioni, le Camere di commercio industria e artigianato, i comuni e le loro associazioni, le agenzie per le imprese, le altre amministrazioni competenti e le organizzazioni e le associazioni di categoria interessate. Le Commissioni riunite hanno ricompreso, all’interno delle associazioni di categoria, le organizzazioni dei produttori di cui al decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228[60].
Si segnala che il riferimento
normativo al D.Lgs n. 228/2001 va aggiornato con il D.Lgs. 102/2005.
Le Organizzazioni dei produttori sono infatti attualmente regolate dall’articolo 2 D.Lgs. 102/2005 (Regolazioni dei mercati agroalimentari, che ha sostituito ed abrogato la normativa recata originariamente dall’articolo 26 del D.L.gs 228/2001.
Le organizzazioni di produttori hanno come scopo principale la commercializzazione della produzione dei produttori aderenti per i quali sono riconosciute ed in particolare di:
- assicurare la programmazione della produzione e l'adeguamento della stessa alla domanda, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo;
- concentrare l'offerta e commercializzare direttamente la produzione degli associati; partecipare alla gestione delle crisi di mercato;
- ridurre i costi di produzione e stabilizzare i prezzi alla produzione;
- promuovere pratiche colturali e tecniche di produzione rispettose dell'ambiente e del benessere degli animali,
- assicurare la trasparenza e la regolarità dei rapporti economici con gli associati nella determinazione dei prezzi di vendita dei prodotti;
- realizzare iniziative relative alla logistica; adottare tecnologie innovative;
- favorire l'accesso a nuovi mercati, anche attraverso l'apertura di sedi o uffici commerciali.
Le organizzazioni di produttori possono costituire fondi di esercizio alimentati da contributi degli aderenti.
Con le convenzioni possono essere attivati percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa per gli impianti produttivi e le iniziative ed attività delle imprese sul territorio, che possono anche derogare alle procedure e ai termini per l’esercizio delle competenze facenti esclusivamente capo ai soggetti partecipanti. I soggetti interessati hanno l’obbligo di dare informazione pubblica delle citate convenzioni.
Il comma 2 prevede l’adozione da parte del Governo di uno o più regolamenti di delegificazione[61] al fine di semplificare i procedimenti amministrativi concernenti l’attività d’impresa. Le Commissioni riunite hanno precisato che va ricompresa anche l’attività agricola.
Tali regolamenti devono essere emanati nel rispetto del principio costituzionale di libertà d’iniziativa economica privata in condizioni di piena concorrenza e pari opportunità tra tutti i soggetti. Viene precisato, inoltre, che tale principio ammette limitazioni e controlli solo al fine di evitare danni alla salute, all’ambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, per non contrastare con l’ordine pubblico, con il sistema tributario e con gli obblighi comunitari ed internazionali.
Tali regolamenti devono essere adottati tenendo conto dei seguenti principi e criteri direttivi:
§
semplificazione
e razionalizzazione delle procedure amministrative, anche mediante la previsione della conferenza di servizi
telematica ed aperta a tutti gli interessati, e anche con modalità non
simultanea;
§
previsione
di forme di coordinamento, anche telematico, attivazione ed implementazione
delle banche dati consultabili
tramite i siti degli sportelli unici comunali, mediante convenzioni fra Anci,
Unioncamere, Agenzie per le imprese, Regioni e Portale nazionale impresa in un
giorno, in modo che sia possibile conoscere contestualmente gli oneri, le prescrizioni ed i vantaggi per ogni intervento,
iniziativa ed attività sul territorio;
§
individuazione
delle norme da abrogare a decorrere
dall’entrata in vigore dei regolamenti e di quelle tacitamente abrogate ai
sensi della vigente normativa in materia di liberalizzazione delle attività
economiche e di riduzione degli oneri amministrativi sulle imprese;
§
definizione
delle modalità operative per l’integrazione dei dati telematici tra le diverse
amministrazioni (tale principio è stato introdotto dalle Commissioni riunite).
Il comma 3 prevede che I regolamenti di cui al comma precedente siano
adottati su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la
semplificazione e per lo sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata[62], e previo parere dell’Autorità garante della
concorrenza e del mercato. I regolamenti, inoltre, sono adottati entro il 31 dicembre 2012, tenendo
conto anche dei risultati dei percorsi
sperimentali di semplificazione normativa previsti al comma 1.
Il comma 4 estende la portata dell’articolo 1, comma 3, del D.L.
1/2012, attualmente all’esame della Camera (A.C. 5025) in seconda lettura,
prevedendo che con i regolamenti ivi previsti siano altresì individuate le attività sottoposte ad
autorizzazione, a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) con
asseverazioni, a SCIA senza asseverazioni, a mera comunicazione e quelle del
tutto libere.
Il comma 3 dell’articolo 1 del D.L. 1/2012 prevede che il Governo, previa approvazione da parte delle Camere di una sua relazione che specifichi, periodi ed ambiti di intervento degli atti regolamentari, è autorizzato ad adottare entro il 31 dicembre 2012 uno o più regolamenti[63], per individuare le attività per le quali permane l'atto preventivo di assenso dell'amministrazione, e disciplinare i requisiti per l'esercizio delle attività economiche, nonché i termini e le modalità per l'esercizio dei poteri di controllo dell'amministrazione, individuando le disposizioni di legge e regolamentari dello Stato che vengono abrogate a decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti stessi. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato rende parere obbligatorio, nel termine di trenta giorni decorrenti dalla ricezione degli schemi di regolamento, anche in merito al rispetto del principio di proporzionalità. In mancanza del parere nel termine, lo stesso si intende rilasciato positivamente.
Il comma 4-bis, inserito nel
corso dell’esame in sede referente dalle Commissioni riunite I e X, estende la portata normativa dell’articolo 10,
comma 2, del D.L. 7/2007[64], prevedendo che la segnalazione di inizio
attività (SCIA) si applichi all’attività di estetista anche quando la
stessa sia esercitata in concomitanza con un'altra attività commerciale, a
prescindere dal criterio di prevalenza.
Si ricorda che Il comma 2 dell’articolo 10 del D.L. 7/2007 prevede che l'attività di estetista[65], sia soggetta alla sola dichiarazione di inizio attività da presentare allo sportello unico del comune, laddove esiste, o al comune territorialmente competente ai sensi della normativa vigente. Inoltre l’attività non può essere subordinata al rispetto del criterio della distanza minima o di parametri numerici prestabiliti, riferiti alla presenza di altri soggetti svolgenti la medesima attività, e al rispetto dell'obbligo di chiusura infrasettimanale.
Il comma 5 prevede che le Regioni e le Province autonome di Trento e
di Bolzano, nel disciplinare la materia oggetto dell’articolo in esame, siano
tenute al rispetto delle disposizioni previste dall’articolo 29 L. 241/1990,
dall’articolo 3 del D.L. 138/2011 e dall’articolo 34 del D.L. 201/2011.
A tal fine, il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, promuovono. anche sulla base delle migliori pratiche e delle iniziative sperimentali statali, regionali e locali, accordi o intese ai sensi dell’articolo 20-ter della legge 15 marzo 1997, n. 59.
Si ricorda che l’articolo 29 della L. 241/1990 disciplina l’ambito di applicazione delle norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.
L’articolo 20-ter della L. 59/1997[66] disciplina la procedura relativa alla conclusione di accordi e intese tra governo, regioni ed enti locali in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per il conseguimento della finalità del miglioramento della qualità normativa.
Il comma 6 dell’articolo 12 esclude dall’applicazione delle disposizioni di semplificazione recate dall’articolo medesimo i seguenti settori, che rimangono disciplinati dalle relative norme:
§ i servizi finanziari, come definiti dall’articolo 4 del D.Lgs. n. 59/2010[67].
Ai sensi
della richiamata disposizione, in seno alla definizione di “servizi finanziari”
(articolo 4, comma 1) sono inclusi i servizi bancari e nel settore del credito,
i servizi assicurativi e di riassicurazione, il sevizio pensionistico
professionale o individuale, la negoziazione dei titoli, la gestione dei fondi,
i servizi di pagamento e quelli di consulenza nel settore degli investimenti.
Dal momento che le norme fanno riferimento all’intero articolo 4 del D.Lgs.
59/2010, sembra desumersi l’esclusione dall’ambito applicativo dell’articolo in
commento anche di quelle attività
finanziarie e creditizie ammesse al mutuo riconoscimento in ambito UE (elencate
all'articolo 1, comma 2, lettera f),
del Testo Unico Bancario, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n.
385) nonché le attività, i servizi di investimento ed i servizi accessori
aventi ad oggetto specifici strumenti finanziari (ovvero quelli elencati nell’Allegato al decreto
legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 – Testo Unico Finanziario[68]);
§ i procedimenti tributari;
§ i procedimenti in materia di giochi pubblici;
§ i procedimenti in materia di tabacchi lavorati (quest’ultima esclusione è stata inserita dalle Commissioni riunite)
Articolo 12-bis
(Riduzione
degli oneri delle comunicazioni a carico dei comuni)
1. Al fine di semplificare l'attività dei
responsabili finanziari degli enti locali e ridurre la duplicazione delle
comunicazioni dei dati correlati alla gestione contabile, entro sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro
delle economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica
amministrazione e la semplificazione, sono adottate nuove modalità per le
comunicazioni obbligatorie di dati a carico dei comuni nei confronti di altre
amministrazioni pubbliche, finalizzate all'utilizzo di un unico modulo per la
trasmissione dei dati, da comunicare a soggetti diversi appartenenti alla
pubblica amministrazione.
2. Dall’attuazione del presente articolo
non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
L’articolo 12-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, demanda ad un decreto interministeriale – adottato dal Ministro degli interni, di concerto con il Ministro delle economia e finanze e il Ministro per la semplificazione entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame – la definizione di nuove modalità per le comunicazioni obbligatorie di dati a carico dei comuni nei confronti di altre amministrazioni pubbliche, al fine di semplificare l'attività dei responsabili finanziari degli enti locali e ridurre la duplicazione delle comunicazioni dei dati di gestione contabile (comma 1).
In particolare, dovrà essere adottato un unico modulo per la trasmissione dei dati da comunicare a soggetti diversi appartenenti alla pubblica amministrazione.
Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria delle disposizioni recate dal comma 1.
Articolo 13
(Modifiche
al testo unico delle leggi di
pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773)
1. Al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 13, primo comma, le parole: "un anno, computato" sono sostituite dalle seguenti: "tre anni, computati";
b) all'articolo 42, terzo comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "La licenza, la cui durata non sia diversamente stabilita dalla legge, ha validità annuale";
c) all'articolo 51, primo comma, le parole: "durano fino al 31 dicembre dell'anno in cui furono rilasciate" sono sostituite dalle seguenti: "hanno validità di tre anni dalla data del rilascio";
d) all'articolo 75-bis, comma 1, l'ultimo periodo è soppresso;
e) all'articolo 99, primo comma, le parole: "agli otto giorni" sono sostituite dalle seguenti: "ai trenta giorni";
f) all'articolo 115:
1) al primo comma, le parole: "senza licenza del Questore" sono sostituite dalle seguenti: "senza darne comunicazione al Questore";
2) al secondo e al quarto comma, la parola: "licenza" e' sostituita dalla seguente: "comunicazione";
3) il sesto comma è sostituito dal seguente: "Le attività di recupero stragiudiziale dei crediti per conto di terzi sono soggette alla licenza del Questore. A esse si applica il quarto comma del presente articolo e la licenza del questore abilita allo svolgimento delle attività di recupero senza limiti territoriali, osservate le prescrizioni di legge o di regolamento e quelle disposte dall'autorità.";
g) gli articoli 12, primo comma, 86, secondo comma, 107, 115, terzo comma, sono abrogati.
2. Gli articoli 121, 123, secondo comma, 124, secondo comma, 159, 173 e 184 del regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, sono abrogati.
L’articolo 13, composto
da due commi, reca una serie di puntuali modifiche al Testo unico delle leggi
di pubblica sicurezza (R.D. 18 giugno 1931 n. 773).
In particolare, al comma 1, lett. a), viene modificato l’art. 13, primo comma, del TULPS, in modo da prolungare a tre anni (in luogo di un anno), quando la legge non disponga altrimenti, la validità delle autorizzazioni di polizia.
La novella, alla lett. b), modificata nel corso dell’esame in sede referente, investe, poi, l’art. 42, comma 3, prevedendo che le licenze rilasciate dal Questore, per porto d'armi lunghe da fuoco e dal Prefetto, di portare rivoltelle o pistole di qualunque misura o bastoni animati con lama in caso di dimostrato bisogno, abbiano validità annuale, qualora la durata non sia diversamente stabilita dalla legge.
Anche prima dell’entrata in vigore del D.L. in commento la durata
delle licenze di cui all’art. 42 del TULPS era di un anno, in quanto, in caso
di mancanza di specifica disposizione, si applicava l’articolo 13, comma 1,
dello stesso TULPS che prevedeva la durata di un anno di tutte le
autorizzazioni di polizia. Con la modifica dell’articolo 13 che ha prolungato a
tre anni la durata delle suddette autorizzazioni si è voluto specificare che la
licenza del porto d’armi di cui all’art. 42, la cui durata non sia diversamente
stabilita ex lege, ha validità
annuale.
L’articolo 42, terzo comma, non prescriveva, prima dell’entrata in vigore del D.L. in commento una durata della licenza per il porto d’armi per difesa personale; da ciò derivava l’applicazione dell'art. 13 del TULPS (“Quando la legge non disponga altrimenti, le autorizzazioni di polizia hanno la durata di un anno, computato secondo il calendario comune, con decorrenza dal giorno del rilascio”). Con la modifica apportata dal comma 1 dell’articolo 13 come si è detto la durata delle autorizzazioni di polizia è prolungata a tre anni, mentre la durata del porto d’armi per armi lunghe da fuoco e per difesa personale resta fissata ad un anno, salva diversa previsione di legge.
Con la precisazione introdotta nel corso dell’esame in Commissione, viene chiarito l’ambito applicativo della lettera b) avuto particolare riferimento a: porto d'armi per l'esercizio dello sport del tiro a volo, con riguardo al quale il secondo comma dell'articolo unico della L. 18 giugno 1969, n. 323 (Rilascio del porto d'armi per l'esercizio dello sport del tiro a volo), stabilisce la durata di sei anni dell'autorizzazione in parola, richiamando all'osservanza delle disposizioni contenute nel TULPS; porto di fucile per uso di caccia, la cui durata è stabilita in sei anni dall’art. 22, comma 9, della L. 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio).
Quanto sopra trova giustificazione nel fatto che l'art. 42 del TULPS prevede in via generale la competenza di questore e prefetto a rilasciare il porto d'armi di qualsiasi genere e, pertanto, il porto d'armi per uso di caccia e per tiro a volo, in assenza di specifica esclusione, avrebbero potuto essere considerati come una specificazione di tale competenza a rilasciare licenza per porto d'armi lunghe da fuoco, con la conseguenza che la durata di tutte le licenze per porto d’armi sarebbe stata fissata in un anno. Quanto sopra rileva anche in considerazione dell’elevato numero dei porto d'armi rilasciati per uso sportivo e per uso di caccia[69], in relazione ai quali il rinnovo annuale potrebbe comportare un aggravio degli oneri amministrativi.
Con la lett. c), modificata nel corso dell’esame in sede referente, si
prevede che le licenze per la vendita di
esplodenti di qualsiasi specie abbiano validità
di tre anni dalla data del rilascio (e non di due come previsto dal testo
iniziale del decreto).
L’articolo 51 del TULPS, oggetto della modifica, limita la durata delle suddette licenze al 31 dicembre dell'anno in cui furono rilasciate.
Si segnala, peraltro, che la modifica intervenuta in Commissione si adegua alla durata della licenza di vendita delle armi comuni, che l’art. 3, comma 1, lett. b), n. 2 del D.Lgs. n. 204/2010 ha già portato a tre anni, realizzando una sostanziale armonizzazione delle procedure concernenti gli esercizi di vendita minuta.
La lett. d) incide sull’art. 75-bis del TULPS abrogando la disposizione in base alla quale l’iscrizione nel registro delle attività commerciali in materia di prodotti audiovisivi deve essere rinnovata ogni anno.
L’articolo 75 del TULPS stabilisce che chiunque intenda esercitare, a fini di lucro, attività commerciali in materia di prodotti audiovisivi deve darne preventivo avviso al questore che ne rilascia ricevuta, attestando l'eseguita iscrizione in apposito registro.
Con la lett. e) si stabilisce che nel caso di chiusura di un esercizio pubblico per un tempo superiore ai trenta giorni (e non più otto giorni), senza che sia dato avviso all'autorità locale di pubblica sicurezza, la licenza è revocata.
L’articolo 99, comma 1, del TULPS modificato dalla lettera e) in esame stabilisce che nel caso di chiusura dell'esercizio per un tempo superiore agli otto giorni, senza che sia dato avviso all'autorità locale di pubblica sicurezza, la licenza è revocata.
La lett. f) reca una serie di modifiche all’articolo 115 del TULPS, concernente le agenzie pubbliche.
In particolare, il comma 1, sostituisce al rilascio della licenza da parte del questore la semplice comunicazione allo stesso, quale condizione per aprire o condurre agenzie di affari, anche sotto forma di agenzie di vendita, esposizioni, mostre o fiere campionarie e simili (punto 1).
Quale conseguenza della suddetta modifica, il riferimento alla comunicazione investe anche i commi 2 e 4 dell’art. 115 (punto 2).
La novella espungendo il richiamo alla licenza del Questore, introduce una nuova forma di notizia, rivolta all’autorità provinciale di pubblica sicurezza, qualificata come comunicazione. Giova ricordare che le licenze costituiscono una delle più discusse categorie di provvedimenti amministrativi incidenti su diritti e doveri. La dottrina dominante (cfr. per tutti, Virga) riconduce le licenze alla figura dell’autorizzazione, considerandole provvedimenti permissivi miranti alla rimozione di un limite legale che si frappone all’esercizio di un’attività inerente a un diritto soggettivo o a una potestà pubblica, rendendo così possibile l’esercizio del diritto medesimo. Per altri (cfr. per tutti Sandulli) se alla licenza preesiste un interesse legittimo (come parrebbe nel caso di specie) ci si troverebbe di fronte alle cd. licenze in senso tecnico, subordinate alla valutazione discrezionale dell’amministrazione circa la rispondenza dell’interesse pubblico dell’attività che s’intende svolgere.
Il comma sesto dell’art. 115 del TULPS, viene integralmente sostituito. In base alle modifiche apportate si specifica che le attività di recupero stragiudiziale dei crediti per conto di terzi restano soggette alla licenza del Questore. Ad esse, a differenza di quanto previsto in precedenza, si applica il quarto comma del medesimo art. 115 (ai sensi del quale la licenza, ora comunicazione, vale esclusivamente per i locali in essa indicati) ed è specificato che la licenza del questore abilita allo svolgimento delle attività di recupero senza limiti territoriali, osservate le prescrizioni di legge o di regolamento e quelle disposte dall'autorità (punto 3).
Si ricorda che il comma oggetto di modifica è stato aggiunto dall'art. 4 del D.L. 8 aprile 2008, n. 59 (Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee) al fine di integrare le disposizioni del TULPS in materia di agenzie di affari e di vigilanza privata provvedendo all’adeguamento delle norme relative al recupero stragiudiziale dei crediti e alla regolamentazione dei servizi privati di vigilanza che la Corte di giustizia delle Comunità europee ha dichiarato in contrasto con il diritto dell’Unione e, in particolare, con i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.
Con la lett. g) si dispone l’abrogazione degli artt. 12, primo comma; 86, secondo comma, 107, 115, terzo comma concernenti il divieto di rilascio di autorizzazioni di polizia a chi non abbia rispettato l’obbligo di provvedere all’istruzione dei figli; l’obbligo della licenza per la vendita di bevande alcoliche nei circoli privati; l’obbligo di denuncia al prefetto dell’apertura e chiusura delle fabbriche o dei depositi di essenze per la confezione delle bevande alcoliche; la previsione che tra le agenzie pubbliche di cui all’art. 115 del TULPS siano comprese le agenzie per la raccolta di informazioni a scopo di divulgazione mediante bollettini od altri simili mezzi.
L’art. 12, comma 1, prescrive che le persone che hanno l'obbligo di provvedere all'istruzione elementare dei fanciulli ai termini delle leggi vigenti, non possono ottenere autorizzazioni di polizia se non dimostrano di avere ottemperato all'obbligo predetto, l’art. 86, al comma 2, stabilisce che la licenza è necessaria anche per lo spaccio al minuto o il consumo di vino, di birra o di qualsiasi bevanda alcoolica presso enti collettivi o circoli privati di qualunque specie, anche se la vendita o il consumo siano limitati ai soli soci; l’art. 107 prescrive ai fabbricanti e agli esportatori di essenze per la confezione delle bevande alcooliche l’obbligo di denunciare al Prefetto l'apertura e la chiusura delle fabbriche o dei depositi e di uniformarsi alle altre norme e prescrizioni stabilite con decreto (reale), sentito il consiglio superiore di sanità; il terzo comma dell’art. 115, infine, prevede che tra le agenzie indicate in questo articolo sono comprese le agenzie per la raccolta di informazioni a scopo di divulgazione mediante bollettini od altri simili mezzi.
Il comma 2 dell’articolo in esame, abroga infine alcune disposizioni contenute nel regolamento di attuazione del TULPS di cui al R.D. n. 635/1940.
In particolare l’art. 121 concerne le gare sportive di ogni specie, eseguite a scopo di trattenimento pubblico, per le quali deve essere preventivamente comunicato all'autorità di pubblica sicurezza l'apposito regolamento del giuoco; l’art. 123, comma 2, stabilisce che qualora l'autorità di pubblica sicurezza ritenga che una manifestazione sportiva assuma carattere di spettacolo o intrattenimento pubblico, invita subito i promotori a munirsi della licenza prescritta ex legge informandone il Questore; l’art. 124, comma 2, prevede che sono soggetti alla licenza dell'autorità di pubblica sicurezza gli spettacoli di qualsiasi specie eseguiti nei pubblici esercizi; l’art. 159 stabilisce che gli enti collettivi e i circoli privati autorizzati alla vendita di bevande alcooliche ai propri soci, possono esercitare la vendita al pubblico senza bisogno di altra licenza; l’art. 173 prevede che l'autorità competente a fissare gli orari dei pubblici esercizi, ha facoltà di consentire, eccezionalmente, il prolungamento dell'orario anche, ove occorra, durante tutta la notte, tenendo conto delle esigenze e delle consuetudini locali con esclusione dell'esercizio di giochi, ancorché sia stata conseguita la relativa licenza; l’art. 184 concerne la denuncia di apertura di fabbriche o depositi di essenze, per la confezione delle bevande alcoliche di qualsiasi genere, che deve essere presentata al Prefetto quindici giorni prima dell'apertura, insieme con l'elenco delle essenze che s'intende di fabbricare o di tenere in deposito. La denuncia di chiusura deve, poi, presentarsi per iscritto, al Prefetto, non oltre il termine di quindici giorni.
Articolo 14
(Semplificazione
dei controlli sulle imprese)
1. La disciplina dei controlli sulle imprese, comprese le aziende agricole, è ispirata, fermo quanto previsto dalla normativa dell’Unione europea, ai princìpi della semplicità, della proporzionalità dei controlli stessi e dei relativi adempimenti burocratici alla effettiva tutela del rischio, nonché del coordinamento dell'azione svolta dalle amministrazioni statali, regionali e locali.
2. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono tenute a pubblicare sul proprio sito istituzionale e sul sito www.impresainungiorno.gov.it la lista dei controlli a cui sono assoggettate le imprese in ragione della dimensione e del settore di attività, indicando per ciascuno di essi i criteri e le modalità di svolgimento delle relative attività.
3. Al fine di promuovere lo sviluppo del sistema produttivo e la competitività delle imprese e di assicurare la migliore tutela degli interessi pubblici, il Governo è autorizzato ad adottare, anche sulla base delle attività di misurazione degli oneri di cui all'articolo 25, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, uno o più regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, volti a razionalizzare, semplificare e coordinare i controlli sulle imprese.
4. I regolamenti sono emanati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro dello sviluppo economico e dei Ministri competenti per materia, sentite le associazioni imprenditoriali e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative su base nazionale, in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi, nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 20, 20-bis e 20-ter, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni:
a) proporzionalità dei controlli e dei connessi adempimenti amministrativi al rischio inerente all'attività controllata, nonché alle esigenze di tutela degli interessi pubblici;
b) eliminazione di attività di controllo non necessarie rispetto alla tutela degli interessi pubblici;
c) coordinamento e programmazione dei controlli da parte delle amministrazioni in modo da assicurare la tutela dell'interesse pubblico evitando duplicazioni e sovrapposizioni e da recare il minore intralcio al normale esercizio delle attività dell'impresa, definendo la frequenza e tenendo conto dell'esito delle verifiche e delle ispezioni già effettuate;
d)
collaborazione amichevole con i soggetti controllati al fine di
prevenire rischi e situazioni di irregolarità;
e) informatizzazione degli adempimenti e delle procedure amministrative, secondo la disciplina del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante codice dell'amministrazione digitale;
f) razionalizzazione, anche mediante riduzione o eliminazione di controlli sulle imprese, tenendo conto del possesso di certificazione del sistema di gestione per la qualità ISO, o altra appropriata certificazione emessa, a fronte di norme armonizzate, da un organismo di certificazione accreditato da un ente di accreditamento designato da uno Stato membro dell'Unione europea ai sensi del Regolamento 2008/765/CE, o firmatario degli Accordi internazionali di mutuo riconoscimento (IAF MLA).
5. Le regioni, le Province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, nell'ambito dei propri ordinamenti, conformano le attività di controllo di loro competenza ai princìpi di cui al comma 4. A tale fine, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono adottate apposite Linee guida mediante intesa in sede di Conferenza unificata.
6. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai controlli in materia fiscale, finanziaria e di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, per i quali continuano a trovare applicazione le disposizioni previste dalle vigenti leggi in materia.
6-bis. Nell'ambito dei lavori pubblici e privati dell'edilizia, le amministrazioni pubbliche acquisiscono d'ufficio il documento unico di regolarità contributiva con le modalità di cui all'articolo 43 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni.
L’articolo 14 detta i principi cui deve ispirarsi l'attività delle pubbliche amministrazioni in materia di controlli sulle imprese, comprese quelle agricole, ad esclusione dei controlli in materia fiscale e finanziaria e di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro per i quali continuano ad applicarsi le normative vigenti.
Il comma 1 prevede che tali principi siano la semplicità, la proporzionalità rispetto alla tutela del rischio ed il coordinamento dell'azione svolta dai diversi livelli dell'amministrazione pubblica:statale, regionale e locale.
Il comma 2 prevede che le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165[70] siano obbligate a pubblicare la lista dei controlli cui sono assoggettate le imprese, sul proprio sito istituzionale e sul sito www.impresainungiorno.gov.it. Inoltre è previsto che per ciascuno di tali controlli devono essere indicati i criteri e le modalità di svolgimento delle relative attività.
Il comma 3 prevede l’adozione da parte del Governo di uno o più regolamenti di delegificazione[71] volti a razionalizzare, semplificare e coordinare i suddetti controlli, anche sulla base delle attività di misurazione degli oneri di cui all’articolo 25, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.
Si ricorda che l’articolo 25 del D.L. 112/2008 prevede l’approvazione di un programma, da parte dei ministri competenti, per la misurazione degli oneri amministrativi derivanti da obblighi informativi nelle materie affidate alla competenza dello Stato, con l'obiettivo di giungere, entro il 31 dicembre 2012, alla riduzione di tali oneri per una quota complessiva del 25%, come stabilito in sede europea.
Si segnala che non è previsto
un termine per l’adozione dei regolamenti di delegificazione.
Il comma 4 prevede che i regolamenti siano emanati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro dello sviluppo economico e dei Ministri competenti per materia, sentite le associazioni imprenditoriali, nonché le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative su base nazionale (riferimento, questo secondo, aggiunto da un emendamento durante l’esame in Commissioni riunite).
Tali regolamenti devono essere adottati nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 20, 20-bis e 20-ter, della legge 15 marzo 1997, n. 59[72], e successive modificazioni e tenuto conto dei seguenti principi e criteri direttivi:
§ proporzionalità dei controlli e dei connessi adempimenti amministrativi al rischio inerente all’attività controllata, nonché alle esigenze di tutela degli interessi pubblici;
§ eliminazione di attività di controllo non necessarie rispetto alla tutela degli interessi pubblici;
§ coordinamento e programmazione dei controlli da parte delle amministrazioni in modo da assicurare la tutela dell’interesse pubblico evitando duplicazioni e sovrapposizioni e da recare il minore intralcio al normale esercizio delle attività dell’impresa, definendo la frequenza e tenendo conto dell’esito delle verifiche e delle ispezioni già effettuate;
§ collaborazione con i soggetti controllati al fine di prevenire rischi e situazioni di irregolarità (l’aggettivo “amichevole”, riferito alla collaborazione e presente nel testo originario, è stato soppresso da apposito emendamento durante l’esame in Commissioni riunite);
§ informatizzazione degli adempimenti e delle procedure amministrative secondo la disciplina del D.Lgs. 82/2005 (codice dell’amministrazione digitale);
§ razionalizzazione – in base a quanto stabilito a seguito di una modifica approvata nel corso dell’esame in sede referente - anche mediante riduzione o eliminazioni, di controlli sulle imprese, tenendo conto del possesso di certificazione del sistema di gestione per la qualità ISO o altra appropriata certificazione emessa, a fronte di norme armonizzate, da un organismo di certificazione accreditato da un ente di accreditamento designato da uno Stato membro dell’Unione europea ai sensi del Regolamento 2008/765/CE, o firmatario degli Accordi internazionali di mutuo riconoscimento (IAF MLA).
Il comma 5, come emendato durante l’esame in Commissione, prevede che le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e gli enti locali, nell’ambito delle attività di controllo di loro competenza si conformano ai principi elencati dal comma 4, a tal fine entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto adottano apposite Linee giuda mediante intesa in conferenza unificata.
Infine il comma 6 prede l’esclusione dall’ambito di applicazione delle norme del presente articolo le attività di controllo in materia fiscale e finanziaria, nonché, come specificato nel corso dell’esame presso le competenti Commissioni, in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Il comma 6-bis, introdotto nel corso dell’esame presso le competenti Commissioni, prevede l’acquisizione d’ufficio, da parte delle amministrazioni pubbliche ai sensi dell’articolo 43 del D.P.R. 28 dicembre 200, n. 445[73], del DURC nell'ambito dei lavori pubblici e privati dell'edilizia.
Al riguardo, l’articolo 43 del D.P.R. 445/2000, dispone l’obbligo, per le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi, ad acquisire d'ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive di certificazioni inerenti lo status della persona e degli atti di notorietà, nonché tutti i dati e i documenti che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni, previa indicazione, da parte dell'interessato, degli elementi indispensabili per il reperimento delle informazioni o dei dati richiesti, ovvero ad accettare la dichiarazione sostitutiva prodotta dall'interessato.
Inoltre, le amministrazioni certificanti, al fine di agevolare l'acquisizione d'ufficio di informazioni e dati relativi a stati, qualità personali e fatti, contenuti in albi, elenchi o pubblici registri, sono tenute a consentire alle amministrazioni procedenti, senza oneri, la consultazione per via telematica dei loro archivi informatici, nel rispetto della riservatezza dei dati personali.
Si ricorda che il Documento unico di regolarità contributiva (DURC) attesta la regolarità dei versamenti dovuti agli Istituti previdenziali e, per i datori di lavoro dell'edilizia, la regolarità dei versamenti dovuti alle Casse edili. La sua validità è mensile, mentre per il settore degli appalti privati[74] la validità è trimestrale, ai sensi dell’articolo 39-septies, del D.L. 273/2005[75].
Il DURC è stato introdotto dal D.Lgs. 494/1996, laddove si è previsto che il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica impresa, fosse tenuto a chiedere un certificato di regolarità contributiva rilasciato, oltre che dall'INPS e dall'INAIL, anche dalle casse edili sulla base di una apposita convenzione stipulata con i predetti istituti.
In seguito, tale obbligo è stato esteso dapprima alle ipotesi di imprese affidatarie di un appalto pubblico, tenute alla presentazione del documento alla stazione appaltante a pena di revoca dell'affidamento[76], e successivamente per l’accesso da parte delle imprese ai benefici e alle sovvenzioni comunitari[77] anche per la realizzazione di investimenti[78].
L’articolo 1, comma 1176 della legge 296/2006 (Finanziaria per il 2007) ha poi generalizzato l’applicazione del DURC a settori e situazioni ulteriori. In particolare, con il D.M. 24 ottobre 2007, Ministro del lavoro e della previdenza sociale, recante “Documento unico di regolarità contributiva”, sono state definite le modalità di rilascio, i contenuti analitici della certificazione e le tipologie di pregresse irregolarità previdenziali relative al rapporto di lavoro che non impediscono il rilascio della certificazione. Inoltre, vengono indicati come soggetti obbligati al possesso del documento:
-
i datori di lavoro ai fini della fruizione dei benefici normativi e
contributivi in materia di lavoro e di legislazione sociale previsti nonché ai
fini della fruizione dei benefici e sovvenzioni previsti dalla disciplina comunitaria;
-
i datori di lavoro e i lavoratori autonomi nell'ambito delle procedure
di appalto di opere, servizi e forniture pubblici e nei lavori privati
dell'edilizia.
I soggetti competenti al rilascio del DURC sono l'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) e l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e, previa apposita convenzione con i predetti enti, gli altri istituti previdenziali che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria. Per il settore edile il documento può essere rilasciato anche dalle Casse edili costituite da una o più associazioni dei datori o dei prestatori di lavoro.
Articolo 15
(Misure di semplificazione in relazione
all'astensione anticipata dal lavoro delle lavoratrici in gravidanza)
1. A decorrere dal 1° aprile 2012, all'articolo 17 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 2 è sostituito dal seguente: "2. La Direzione territoriale del lavoro e l’azienda sanitaria locale dispongono, secondo quanto previsto dai commi 3 e 4, l'interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza fino al periodo di astensione di cui alla lettera a), comma 1, dell'articolo 16 o fino ai periodi di astensione di cui all'articolo 7, comma 6, e all'articolo 12, comma 2, per uno o più periodi, la cui durata sarà determinata dalla Direzione territoriale del lavoro o dalla azienda sanitaria locale, per i seguenti motivi: a) nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza; b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino; c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo quanto previsto dagli articoli 7 e 12.";
b) al comma 3, le parole: "è disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro" sono sostituite dalle seguenti: "è disposta dall'azienda sanitaria locale, con modalità definite con Accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano,";
c) al comma 4, le parole: "può essere disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro" sono sostituite dalle seguenti: "è disposta dalla Direzione territoriale del lavoro". Al medesimo comma la parola: "constati" è sostituita dalla seguente: "emerga";
d) al comma 5, le parole: "dei servizi ispettivi" sono soppresse.
L’articolo 15 apporta una serie di modifiche
all'articolo 17 del D.Lgs. 151/2011[79] in tema di astensione anticipata dal lavoro delle
lavoratrici in gravidanza con effetto a decorrere dal 1° aprile 2012.
Al
comma 2 dell’articolo 17, che disciplina l’estensione del divieto di adibire al
lavoro le donne, si trasferisce dal
Servizio Ispettivo del Ministero del lavoro alla Direzione territoriale del lavoro e alla ASL il potere di
disporre l’interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza
anticipato a due mesi dalla data presunta del parto nei casi di lavori ritenuti
gravosi o pregiudizievoli (lettera a).
Inoltre,
l’intervento degli organismi citati si svolge secondo le previsioni dei
successivi commi 3 e 4 dell’articolo
17.
Al comma 2 dell’articolo
17 del citato Decreto n. 151 si prevedeva che il servizio ispettivo del
Ministero del lavoro, sulla base di accertamento medico e avvalendosi dei
competenti organi del SSN, potesse disporre l'interdizione dal lavoro delle
lavoratrici in stato di gravidanza fino a due mesi dalla data presunta del
parto, o per uno o più periodi, fino al raggiungimento dei periodi di
astensione obbligatoria, per i seguenti motivi:
§ nel caso di gravi complicanze della
gravidanza o di preesistenti forme morbose che si presume possano essere
aggravate dallo stato di gravidanza (lettera a);
§ quando le condizioni di lavoro o ambientali
siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino (lettera
b);
§ quando la lavoratrice non possa essere spostata
ad altre mansioni non pregiudizievoli per il suo stato (lettera c).
Al successivo comma 3
l'astensione dal lavoro di cui alla lettera a)
del comma 2 (casi di gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti
forme morbose) viene disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro,
secondo le risultanze dell'accertamento medico ivi previsto, con un
provvedimento da emanato tassativamente entro sette giorni dalla ricezione
dell'istanza della lavoratrice.
Infine, al comma 4 l'astensione dal lavoro di cui alle lettere b) e c) del comma 2 può essere disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, d'ufficio o su istanza della lavoratrice, qualora nel corso della propria attività di vigilanza constati l'esistenza delle condizioni che danno luogo all'astensione medesima.
Con
la modifica di cui al comma 3 si trasferisce
dal Servizio Ispettivo del ministero del lavoro alla ASL, in luogo del servizio ispettivo del Ministero del
lavoro, il potere di disporre l'astensione dal lavoro nei casi di gravi
complicanze della gravidanza o di preesistenti forme morbose (lettera b).
Al
comma 4 si trasferisce dal Servizio Ispettivo del Ministero del lavoro alla Direzione territoriale del lavoro
l’accertamento delle condizioni che danno luogo all'astensione (lettera c), sulla cui procedura vi è
una modifica formale (“emerga” in luogo di “constati”).
Infine,
al comma 5 si interviene con modifiche formali, attraverso la soppressione
delle parole “dei servizi ispettivi” (lettera
d).
Articolo 16,
commi 1-4
(Misure
per la semplificazione dei flussi informativi in materia di interventi e
servizi sociali)
1. Al fine di semplificare e razionalizzare lo scambio di dati volto a migliorare il monitoraggio, la programmazione e la gestione delle politiche sociali, gli enti erogatori di interventi e servizi sociali inviano all’INPS le informazioni sui beneficiari unitamente e sulle prestazioni concesse, raccordando i flussi informativi di cui all'articolo 21, della legge 8 novembre 2000, n. 328, agli articoli 13 e 38 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nonché all'articolo 5, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Lo scambio di dati avviene telematicamente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e nel rispetto delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, secondo modalità definite con provvedimento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
2. Le comunicazioni di cui al comma 1, integrate con i dati relativi alle condizioni economiche dei beneficiari, nonché con gli altri dati pertinenti presenti negli archivi dell'INPS, alimentano il Casellario dell'assistenza, di cui all'articolo 13, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Le informazioni di cui al periodo precedente, unitamente alle altre informazioni sulle prestazioni assistenziali presenti nel Casellario, sono utilizzate e scambiate, nel rispetto delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, con le amministrazioni competenti per fini di gestione, programmazione, monitoraggio della spesa sociale e valutazione dell'efficienza e dell'efficacia degli interventi e per elaborazioni a fini statistici, di ricerca e di studio. In particolare, le informazioni raccolte sono trasmesse in forma individuale, ma anonima, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché, con riferimento al proprio ambito territoriale di azione, alle regioni e province autonome, ai comuni e agli altri enti pubblici responsabili della programmazione di prestazioni e di servizi sociali e socio-sanitari, ai fini dell'alimentazione del Sistema informativo dei servizi sociali, di cui all'articolo 21, della legge 8 novembre 2000, n. 328. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali presenta, entro il 28 febbraio di ogni anno, alla Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, di cui all'articolo 56 della legge 9 marzo 1989, n. 88, una relazione sullo stato di completamento del Casellario dell'assistenza nonché sulla fruibilità dei dati da parte di tutte le istituzioni pubbliche ai sensi del presente comma. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
3. Per le medesime finalità di cui al comma 2, nonché al fine di poter disporre di una base unitaria di dati funzionale ad analisi e studi mirati alla elaborazione e programmazione integrata delle politiche socio-sanitarie e di rendere più efficiente ed efficace la relativa spesa e la presa in carico della persona non autosufficiente, le informazioni di cui al comma 2, anche sensibili, trasmesse dagli enti pubblici responsabili dell'erogazione e della programmazione di prestazioni e di servizi sociali e socio-sanitari attivati a favore delle persone non autosufficienti sono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, integrate e coordinate dall'INPS con quelle raccolte dal Nuovo sistema informativo sanitario e dagli altri sistemi informativi dell'INPS. Le informazioni raccolte ai sensi del presente comma sono trasmesse dall'INPS in forma individuale, ma anonima, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero della salute, nonché, con riferimento al proprio ambito territoriale di azione, alle regioni e province autonome, ai comuni e agli altri enti pubblici responsabili della programmazione di prestazioni e di servizi sociali e socio-sanitari. L'INPS rende note le informazioni così raccolte all'interno del bilancio sociale annuale nel quale devono essere distinte le entrate e le uscite attinenti rispettivamente alla previdenza e all'assistenza. Al fine di una migliore programmazione delle politiche sociali e a supporto delle scelte legislative, entro il 31 marzo di ogni anno, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali presenta alle Camere una relazione sulle politiche sociali e assistenziali, riferita all'anno precedente.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono disciplinate le modalità di attuazione del comma 3.
I commi 1-4 dell’articolo in esame intendono semplificare e razionalizzare i flussi informativi in materia di interventi e servizi sociali contribuendo in tal modo a perfezionare il monitoraggio, la programmazione e la gestione delle politiche sociali.
A tal fine il comma 1, modificato nel corso dell’esame in Commissione (emendamento 16.4 rif.), prevede che gli enti erogatori di interventi e servizi sociali debbano inviare all’INPS le informazioni sui beneficiari unitamente a quelle sulle prestazioni concesse, raccordando i flussi informativi del Sistema informativo servizi sociali, del Casellario dell’assistenza nonché dei dati relativi alle prestazioni sociali agevolate e dei dati sui controlli ISEE. La necessaria definizione delle modalità per lo scambio telematico dei dati viene demandata a un provvedimento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e nel rispetto del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. 196/2003).
In particolare, gli enti erogatori di interventi e servizi sociali devono inviare all’INPS le informazioni sui beneficiali e sulle prestazioni concesse, raccordando tali informazioni ai flussi informativi relativi a:
§ il Sistema informativo dei servizi sociali – SISS. Ai sensi dell’articolo 21 della L. 328/2000[80], il SISS è istituito dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per assicurare una compiuta conoscenza dei bisogni sociali, del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali e per poter disporre tempestivamente di dati e informazioni necessari alla programmazione, alla gestione e alla valutazione delle politiche sociali, per la promozione e l'attivazione di progetti europei, per il coordinamento con le strutture sanitarie, formative, con le politiche del lavoro e dell'occupazione. Si rileva che, a distanza di oltre un decennio, la previsione della L. 328/2000 non ha generato un quadro di riferimento compiuto in merito ad architettura, obiettivi, funzioni, priorità, fabbisogni, strumenti e procedure del SISS nazionale[81], che rimane pertanto ancora un progetto da definire. D’altra parte, la situazione a livello locale è in rapida evoluzione e molti sono i progetti di sviluppo che interessano le Regioni[82]. In tale contesto, a livello centrale, la fonte oggi più utilizzata per delineare un quadro degli interventi e servizi sociali è quella fornita dalle indagini multiscopo ISTAT.
A livello nazionale è ancora assente una definizione di un modello architetturale compiuto, anche se sono stati recentemente sviluppati alcuni moduli del costituendo SISS, quali:
a)
il Sistema Informativo Nazionale per le Non
Autosufficienze (SINA) già in avanzata fase di sperimentazione, come primo
modulo del sistema informativo dei servizi sociali nella prospettiva
dell'integrazione dei flussi informativi con quelli raccolti dal Nuovo sistema
informativo sanitario. A oggi risulta che numerose regioni hanno iniziato ad
alimentare il repository costituito
presso l’INPS (ente partner del
progetto) attraverso invii di lotti di dati individuali in XML, o attraverso la
compilazione diretta da parte degli attori territorio del tracciato record
individuale attraverso la piattaforma “SINA-WEB”. Si ricorda che il D.M. 4
ottobre 2010, Ripartizione delle risorse
finanziarie assegnate al Fondo per le non autosufficienze, prevedeva che
quote della parte ministeriale del Fondo fossero utilizzate per lo sviluppo del
SINA;
b) il
Sistema Informativo cura e protezione
dei bambini e delle loro famiglie (SINBA) che si propone di definire un set minimo di dati individuali da
raccogliere in modo omogeneo a livello nazionale per il tramite delle Regioni,
per ciascun intervento realizzato a favore dei bambini e delle loro famiglie. A
tal fine, il Ministero del lavoro e delle politiche Sociali ha sottoscritto
protocolli con le regioni per la realizzazione di un Progetto sperimentale.
c) Sul versante della rilevazione dei servizi e
degli interventi sociali, il Libro bianco sul welfare del 2003 ha sottolineato l’importanza dello sviluppo di un
sistema informativo fortemente centrato sul potenziamento delle statistiche
ufficiali in ambito SISTAN e in
particolare sulle indagini multiscopo dell’Istat.
Tra le fonti che rilevano in questo ambito si ricordano:
d)
l'indagine sugli interventi e i
servizi sociali dei Comuni, avviata nel 2003, che ha consentito di
raccogliere annualmente dati dettagliati sulla spesa sostenuta e sulle attività
realizzate in campo socio-assistenziale da parte di una molteplicità di comuni
e di enti associativi.
e) l’offerta
comunale di asili nido e altri servizi socio-educativi per la prima infanzia,
relativa alla spesa e agli utenti dei servizi socio-educativi per la prima
infanzia;.
f) l’assistenza residenziale e socio-assistenziale in Italia livello regionale. Le informazioni raccolte riguardano tutte le strutture residenziali in cui trovano alloggio persone che si trovano in stato di bisogno per motivi diversi: anziani soli o con problemi di salute, disabili, minori sprovvisti di tutela, giovani donne in difficoltà, stranieri o cittadini italiani con problemi economici e in condizioni di disagio sociale. I dati contenuti vengono raccolti ogni anno a partire dal 1999, tramite un questionario postale. Gli ultimi dati disponibili si riferiscono al 2006.
§ il Casellario dell’assistenza (articolo 13 del D.L. 78/2010[83]);
§ dati relativi ai soggetti che hanno beneficiato delle prestazioni sociali agevolate, comprese quelle sul diritto allo studio universitario, erogate ai cittadini richiedenti in base all’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) e alla presentazione della dichiarazione sostitutiva unica (DSU) (articolo 38 del D.L. 78/2010);
L’art. 38 del D.L. 78/2010 prevede che gli enti erogatori delle prestazioni sociali agevolate, condizionate all’ISEE e alla presentazione della DSU, comunichino all’INPS, con modalità telematica, i dati dei soggetti che hanno beneficiato delle prestazioni agevolate. Le informazioni raccolte sono trasmesse in forma anonima anche al Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai fini dell’alimentazione del Sistema informativo dei servizi sociali (comma 1). Una convenzione tra l’INPS e l’Agenzia delle entrate definisce le modalità attuative e le specifiche tecniche per lo scambio di informazioni necessario ai fini dell’accertamento della sussistenza o meno – in relazione al reddito – del diritto alle prestazioni sociali godute (comma 2). In caso di illegittima fruizione delle prestazioni godute – in relazione al maggior reddito accertato o anche alla discordanza tra il reddito dichiarato ai fini fiscali e quello indicato nella DSU -, l’INPS dispone sanzioni pecuniarie da 5.00 a 5.000 euro (comma 3).
L’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 1 del D.Lgs. 109/1998[84] allo scopo di individuare criteri unificati di valutazione della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni o servizi sociali o assistenziali non destinati alla generalità dei soggetti o comunque collegati nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche[85] .
Al momento di avvio del sistema, l’ISEE è stato utilizzato soprattutto a livello nazionale[86] per le prestazioni previste dalla normativa di settore, successivamente le amministrazioni locali lo hanno utilizzato in virtù delle capacità selettive e della semplicità di utilizzazione del Sistema informativo[87]. A legislazione vigente, la platea dei beneficiari delle prestazioni erogate attraverso l’ISEE non può essere esclusivamente identificata con le famiglie in condizione di bisogno economico: l’ISEE è infatti utilizzato anche per stabilire la compartecipazione al costo di servizi a destinazione generale (prestazioni per il diritto allo studio universitario e per gli asili nido). D’altra parte, alcune prestazioni destinate alle persone in povertà – gli assegni sociali – sono tuttora escluse dall’ambito di applicazione dell’ISEE, mentre altre - Carta Acquisti – vi rientrano.
§ sistema di controlli dell’ISEE, da effettuarsi attraverso la condivisione degli archivi cui accedono la pubblica amministrazione e gli enti pubblici nonché costituzione di una banca dati delle prestazioni sociali agevolate, condizionate all’ISEE (articolo 5 del D.L. 201/2011[88]).
L’articolo 5 del D.L. 201/2011 intende rivedere le modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’ISEE. A tal fine viene rafforzata la rilevanza degli elementi collegati alla ricchezza patrimoniale della famiglia e ai trasferimenti monetari, anche se esenti da imposizione fiscale. La disposizione inoltre stabilisce che, con decreto interministeriale, siano definite le modalità con cui rafforzare il sistema dei controlli anche attraverso la condivisione degli archivi cui accedono la pubblica amministrazione e gli enti pubblici nonché costituzione di una banca dati delle prestazioni sociali agevolate. Si ricorda che nel corso delle audizioni svolte in sede referente del disegno di legge delega al Governo per la riforma fiscale e assistenziale (A.C. 4566), ora all’esame della Camera, da più parti è emersa la constatazione che, mentre le prestazioni di natura previdenziale erogate dallo Stato sono note, non vi è alcuna rilevazione di carattere complessivo riguardante le prestazioni sociali e assistenziali rese ai diversi livelli di governo; tale circostanza, secondo gli auditi, non consente una valutazione oggettiva rispetto all’entità e alla qualità di dette prestazioni.
Il comma 1, come sopra
illustrato, interviene su una serie di disposizioni non ancora pienamente
attuate, vale a dire su sistemi informativi e banche dati ancora in corso di
definizione (Sistema informativo dei servizi sociali, sistemi di controllo
ISEE). Sarebbe pertanto opportuno fornire una più precisa definizione dei tempi
e dei modi attraverso i quali addivenire alla puntuale attuazione del processo
delineato. Si ricorda inoltre che alcune delle richiamate modalità, indicate di
seguito, non sono ancora state rese effettive, poiché non sono ancora stati
emanati gli atti previsti. Si tratta, in particolare:
§
relativamente
ai dati dei beneficiari delle prestazioni sociali agevolate: Convenzione tra
l’INPS e l’Agenzia delle entrate che definisce le modalità attuative e le
specifiche tecniche per lo scambio di informazioni necessario ai fini
dell’accertamento della sussistenza o meno – in relazione al reddito – del
diritto alle prestazioni sociali godute (art. 38 D.L. 78/2010);
§
relativamente
ai sistemi di controlli ISEE: Decreto
interministeriale che definisce le modalità con cui rafforzare il sistema dei
controlli anche attraverso la condivisione degli archivi cui accedono la
pubblica amministrazione e gli enti pubblici nonché costituzione di una banca
dati delle prestazioni sociali agevolate (art. 5 D.L. 201/2011).
Il comma 2, emendato nel corso dell’esame in sede referente, stabilisce che le comunicazioni di cui al precedente comma 1, integrate con le condizioni economiche dei beneficiari, nonché con gli altri dati pertinenti presenti negli archivi INPS, alimentano il Casellario dell’assistenza. Tali informazioni, insieme alle altre informazioni sulle prestazioni assistenziali presenti nel Casellario, sono utilizzate e scambiate, nel rispetto delle disposizioni del Codice in materia di protezione dei dati personali, con le amministrazioni competenti per fini di gestione, programmazione, monitoraggio della spesa sociale e valutazione dell’efficienza e dell’efficacia degli interventi e per elaborazioni a fini statistici, di ricerca e di studio. In particolare, le informazioni raccolte sono trasmesse in forma individuale, ma anonima, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché, con riferimento al proprio ambito territoriale di azione, alle regioni e province autonome, ai comuni - la previsione dei comuni è stata inserita nel corso dell’esame in sede referente -[89] e agli altri enti pubblici responsabili della programmazione di prestazioni e di servizi sociali e socio-sanitari, ai fini dell'alimentazione del Sistema informativo dei servizi sociali. Dall’attuazione della disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Nel corso dell’esame in sede referente[90], è stato previsto che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali presenti una relazione sullo stato di completamento del Casellario dell’assistenza, nonché sulla fruibilità dei dati da parte di tutte le istituzioni pubbliche, alla Commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e di assistenza sociale. La Relazione deve essere presentata entro il 28 febbraio di ogni anno.
L’articolo 56 L. 88/1989[91] ha previsto l’istituzione di una Commissione bicamerale di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, composta da nove senatori e nove deputati, nominati in rappresentanza e proporzionalmente ai vari gruppi parlamentari dai Presidenti delle due Camere, che esercita il controllo parlamentare sull’attività di tali enti. A tale Commissione vengono attribuite le funzioni svolte in precedenza dalla Commissione di vigilanza sull’amministrazione della Cassa depositi e prestiti e sugli Istituti di previdenza a composizione mista, nominata ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 327 del 1973, le cui competenze erano sostanzialmente quelle dell’approvazione dei rendiconti e del parere sulle previsioni delle spese di amministrazione e di gestione del patrimonio immobiliare degli Istituti di previdenza. L’articolo 56, al comma 2, prevede che la Commissione vigili:
a) “sull'efficienza del servizio in relazione alle esigenze degli utenti, sull'equilibrio delle gestioni e sull'utilizzo dei fondi disponibili”;
b) “sulla programmazione dell'attività degli enti e sui risultati di gestione in relazione alle esigenze dell'utenza”;
c) “sull'operatività delle leggi in materia previdenziale e sulla coerenza del sistema con le linee di sviluppo dell'economia nazionale”.
Tali funzioni di vigilanza e controllo vengono svolte attraverso l’acquisizione da parte della Commissione dei bilanci consuntivi e preventivi dell’anno precedente, nonché dei bilanci tecnico-attuariali, e la conseguente espressione sugli stessi di un parere non obbligatorio e non vincolante.
Si specifica inoltre che, ai sensi del comma 3 del richiamato articolo, con relazione annuale, i presidenti degli enti espongono la situazione dei rispettivi enti anche al fine di correlare l’attività gestionale degli enti medesimi con le linee di tendenza degli interventi legislativi.
Il comma 3, modificato nel corso dell’esame in seder referente con l’introduzione di obblighi conoscitivi in capo all’INPS e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, risponde alle generiche finalità di gestione, programmazione, monitoraggio della spesa sociale nonché di valutazione dell’efficienza e dell’efficacia degli interventi e per elaborazioni a fini statistici, di ricerca e di studio (medesime finalità del comma 2). D’altra parte, la finalità centrale indicata dal comma 2 appare essere la costituzione di una base unitaria di dati funzionale ad analisi e studi mirati alla elaborazione e programmazione integrata delle politiche socio-sanitarie per rendere più efficiente ed efficace la relativa spesa e la presa in carico della persona non autosufficiente. A tal fine, l’INPS integra e coordina tali informazioni, anche sensibili, trasmesse dagli enti pubblici responsabili dell’erogazione e della programmazione di prestazioni e di servizi sociali e socio-sanitari a favore delle persone non autosufficienti, con le informazioni del Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) e con quelle contenute negli ulteriori sistemi informativi dell’INPS. Successivamente, l’INPS trasmette le informazioni così raccolte in forma individuale, ma anonima, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero della salute, nonché, con riferimento al proprio ambito territoriale di azione, alle regioni, alle PA, ai comuni e agli altri enti pubblici responsabili della programmazione di prestazioni e di servizi sociali e socio-sanitari. L’INPS rende note le informazioni così raccolte all’interno del bilancio sociale annuale[92], nel quale devono essere distinte le entrate e le uscite attinenti rispettivamente alla previdenza e all’assistenza. Al fine di una migliore programmazione delle politiche sociali entro il 31 marzo di ogni anno, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali presenta al Parlamento la Relazione sulle politiche sociali ed assistenziali riferito all’anno precedente. Dall’attuazione del comma in esame non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
L’esigenza,
da più parti rilevata, di quantificare in maniera puntuale la spesa sociale
distinguendo con chiarezza le prestazioni previdenziali da quelle
assistenziali, appare soddisfatta dalla previsione dell’obbligo informativo
all’interno del bilancio sociale INPS. In materia di monitoraggio della spesa
sociale, si ricorda inoltre che, fra le finalità di cui al comma 2, è previsto
un interscambio di informazioni fra le banche dati INPS e il Sistema
informativo dei servizi sociali (SISS). Tale interscambio può di fatto avvenire
soltanto con riferimento alle prestazioni di servizi sociali e
socio sanitari attivati per la non autosufficienza, che, come sopra illustrato,
costituiscono il primo modulo del SISS da integrarsi con i flussi
informativi del Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS). In tale contesto,
per offrire un quadro completo delle componenti della spesa sociale, la
Relazione al Parlamento sulle politiche sociali ed assistenziali del Ministero
del lavoro e delle politiche sociali, dovrebbe illustrare puntualmente il
sistema di interventi e servizi sociali delle regioni e degli enti locali.
In Italia le persone dai 65 anni rappresentano oltre il 20 per cento della popolazione, con una tendenza in costante e continua crescita nei prossimi anni, fra questi molti sono gli anziani non autosufficienti[93]. La fonte nazionale disponibile per delineare un primo quadro del fenomeno relativo alla non autosufficienza, è quella fornita dall’indagine ISTAT sulle Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari[94], che individua in 2.600.000 le persone in condizione di disabilità che vivono in famiglia, pari al 4,8 per cento della popolazione. L’indagine non tiene conto dei minori di 6 anni, che si stimano attorno ai 200.000. Ben 2.000.000 sono persone anziane. La letteratura scientifica, le rilevazioni ISTAT e i dati INPS sull’invalidità, confermano la stretta correlazione tra invecchiamento della popolazione e non autosufficienza. D’altra parte, i principali strumenti per l’accertamento del bisogno assistenziale della persona non autosufficiente e per la conseguente attivazione dei servizi sono: il riconoscimento della invalidità civile e dell’indennità di accompagnamento (INPS), gli accertamenti per l’accesso ai servizi sanitari (ASL) e ai servizi sociali (Comuni). In Italia, nell’offerta di servizi agli anziani non autosufficienti ha un peso rilevantissimo il ruolo assistenziale svolto dalla famiglia. L’area degli interventi socio-sanitari e sanitari è invece quasi interamente svolta dal settore pubblico, secondo forme di collaborazione e modalità operative differenziate da Regione a Regione.
Dalla tabella sopra riportata, si può rilevare come l’area d’intervento relativa alla non autosufficienza trovi risposte diverse anche se il più delle volte riferibili all’area dell’integrazione socio-sanitaria, ovvero alle prestazioni nelle quali la componente sanitaria e quella sociale risultano operativamente poco distinguibili. Informazioni preziose al riguardo sono contenute nel Sistema Informativo Sanitario (NSIS), che si propone quale strumento essenziale per il governo della sanità a livello nazionale. In tal senso, il protocollo d'intesa del 23 marzo 2005[95] e successivamente il Patto per la Salute del 28 Settembre 2006 hanno ribadito l'utilizzo del NSIS per le misure di qualità, efficienza ed appropriatezza del SSN, evidenziando il conferimento dei dati al Sistema Informativo Sanitario fra gli adempimenti a cui sono tenute le Regioni. La corretta progettazione e lo sviluppo del NSIS, basato sulla cooperazione e l'integrazione dei diversi sistemi informativi regionali e locali, hanno richiesto la disponibilità di un linguaggio comune per consentire l'interscambio informativo con i sistemi sanitari regionali. In particolare si è evidenziata la necessità di disporre di: dati classificati e codificati in modo omogeneo; approcci omogenei per la creazione, a livello locale del SSN, dei dati resi poi disponibili al livello regionale e nazionale del SSN; metodologie condivise per la costruzione delle misure per il bilanciamento tra qualità e costi nel sistema sanitario. A questi elementi comuni è stato dato il nome di "Mattoni del SSN". All’interno di tale sistema di rilevazione, il Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 17 dicembre 2008[96], ha istituito la banca dati per il monitoraggio delle prestazioni residenziali e semiresidenziali per anziani o persone non autosufficienti in condizioni di cronicità e/o relativa stabilizzazione delle condizioni cliniche, prestazioni riconducibili nell'ambito del programma ««Mattoni del Servizio Sanitario Nazionale», al Mattone 12 «Prestazioni Residenziali e Semiresidenziali».
Il comma 4, integralmente sostituito nel corso dell’esame in sede referente[97], demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e della salute, d’intesa con la Conferenza unificata, la disciplina di attuazione del comma 3.
Si rileva che non vengono
fornite indicazioni circa il termine di emanazione del decreto
interministeriale.
Articolo 16, commi 5 e 8
(Verifica della fruizione di prestazione sociali
agevolate e
recupero di prestazioni previdenziali non dovute)
5. All'articolo 38, comma 3, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo periodo la parola: «INPS» è sostituita dalle seguenti: «ente erogatore»;
b) il terzo periodo è soppresso;
c) al quarto periodo, le parole: «discordanza tra il reddito dichiarato ai fini fiscali e quello indicato nella dichiarazione sostitutiva unica» sono sostituite dalle seguenti: «discordanza tra il reddito dichiarato ai fini fiscali o altre componenti dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), anche di natura patrimoniale, note all'anagrafe tributaria e quanto indicato nella dichiarazione sostitutiva unica»;
d) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «In caso di discordanza rilevata, l'INPS comunica gli esiti delle verifiche all'ente che ha erogato la prestazione, nonché il valore ISEE ricalcolato sulla base degli elementi acquisiti dall'Agenzia delle Entrate. L'ente erogatore accerta se, in esito alle risultanze della verifica effettuata, il beneficiario non avrebbe potuto fruire o avrebbe fruito in misura inferiore della prestazione. Nei casi diversi dall'accertamento del maggior reddito in via definitiva, per il quale la sanzione è immediatamente irrogabile, l'ente erogatore invita il soggetto interessato a chiarire i motivi della rilevata discordanza, ai sensi della normativa vigente. In assenza di osservazioni da parte dell'interessato o in caso di mancato accoglimento delle stesse, la sanzione è irrogata in misura proporzionale al vantaggio economico indebitamente conseguito e comunque nei limiti di cui al primo periodo.».
8. Alla legge 30 dicembre 1991, n. 412, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 13 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. Con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sono individuate le fattispecie e i termini entro i quali, su proposta del Presidente dell'INPS motivata da obiettive ragioni di carattere organizzativo e funzionale anche relative alla tempistica di acquisizione delle necessarie informazioni da parte dell'Amministrazione finanziaria, il termine del recupero di cui al comma 2 è prorogato, in ogni caso, non oltre il secondo anno successivo a quello della verifica.»;
b) all'articolo 16, comma 6, dopo il terzo periodo sono inseriti i seguenti: «Le domande, gli atti e ogni altra documentazione da allegare ai sensi e per gli effetti del presente comma sono inviate all'Ente mediante l'utilizzo dei sistemi di cui all'articolo 38, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Con le medesime modalità l'Ente comunica gli atti e gli esiti dei procedimenti nei confronti dei richiedenti ovvero degli intermediari abilitati alla trasmissione della documentazione lavoristica e previdenziale e degli istituti di patronato e di assistenza sociale. Agli effetti di tutto quanto sopra previsto, nonché di quanto stabilito dal citato articolo 38, l'obbligo della conservazione di documenti in originale resta in capo ai beneficiari della prestazione di carattere previdenziale o assistenziale.».
Il
comma 5 dispone alcune modifiche
all’articolo 38, comma 3, del D.L. 78/2010.
L’articolo 38 del D.L. 78/2010 dispone sui controlli riguardanti le prestazioni sociali agevolate - comprese quelle sul diritto allo studio universitario - erogate ai cittadini richiedenti, in base all'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) [98] e alla presentazione della dichiarazione sostitutiva unica[99], per valutare la situazione economica del richiedente, al fine di ottenere, dietro presentazione della suddetta dichiarazione sostitutiva unica, determinate prestazioni sociali, assistenziali e sanitarie agevolate - a livello nazionale e locale - con l’esclusione di determinate prestazioni di natura previdenziale e assistenziale.
Per le agevolazioni riguardanti il diritto allo studio universitario, l’indicatore economico (ISEE) utilizzato è stato definito con il D.P.C.M. 9 aprile 2001[100].
In particolare, il comma 3, oggetto della disposizione in commento, prevede una sanzione pecuniaria da 500 a 5.000 euro, irrogata dall'INPS, in caso di illegittima fruizione delle prestazioni godute, in relazione al maggior reddito accertato o anche alla discordanza tra il reddito dichiarato ai fini fiscali e quello indicato nella suddetta dichiarazione sostitutiva unica.
Resta ferma la restituzione del vantaggio indebitamente conseguito, per cui l'INPS comunica l'esito degli accertamenti agli enti erogatori la prestazione non dovuta.
Anzitutto,
si rimette a ciascun ente erogatore la competenza ad irrogare le previste
sanzioni pecuniarie in caso di illegittima fruizione delle prestazioni godute (lettera a)).
Viene
poi disposta la soppressione del terzo
periodo del comma 3 sopra indicato, nel quale si prevedeva che, ai fini
della restituzione del vantaggio indebitamente conseguito, l'INPS comunicasse
l'esito degli accertamenti agli enti che, sulla base delle comunicazioni di cui
al precedente comma 1[101] risultino aver
erogato prestazioni agevolate ai soggetti emersi (lettera b)).
Inoltre,
con la modifica del quarto periodo del
comma 3, si prevede che nelle discordanze tra reddito dichiarato ai fini
fiscali e quanto indicato nella dichiarazione sostitutiva unica di cui
all’articolo 4 del D.Lgs. 109/1998, ai fini dell’applicazione delle sanzioni
previste, si tenga conto anche delle altre
componenti dell’ISEE, anche di natura patrimoniale, note all’anagrafe
tributaria (lettera c).
Nella disposizione previgente tali sanzioni si applicavano nei confronti di coloro per i quali si accerti sulla base dello scambio di informazioni tra l'lNPS e l'Agenzia delle Entrate una discordanza tra il reddito dichiarato ai fini fiscali e quello indicato nella dichiarazione sostitutiva unica di cui all’articolo 4 del D.Lgs. 109/98, qualora in ragione di tale discordanza il soggetto abbia avuto accesso alle prestazioni agevolate di cui al comma 1.
Infine,
viene introdotta una ulteriore
disposizione (lettera d)) per cui in caso di discordanza
rilevata, l’INPS comunica gli esiti
delle verifiche all’ente che ha erogato la prestazione, nonché il valore
ISEE ricalcolato sulla base degli elementi acquisiti dall’Agenzia delle
Entrate. Sulla base di tale comunicazione, l’ente
erogatore accerta se, in esito alle risultanze della verifica effettuata,
il beneficiario non avrebbe potuto fruire o avrebbe fruito in misura inferiore
della prestazione.
Nei
casi diversi dall’accertamento del
maggior reddito in via definitiva, per il quale la sanzione è immediatamente
irrogabile, l’ente erogatore invita il soggetto interessato a chiarire i motivi
della rilevata discordanza, ai sensi della normativa vigente. In assenza di
osservazioni da parte dell’interessato o in caso di mancato accoglimento delle
stesse, la sanzione è irrogata in misura
proporzionale al vantaggio economico indebitamente conseguito e comunque
nei limiti di cui al primo periodo[102].
Il comma 8 prevede
alcune modifiche alla legge 30 dicembre 1991, n. 412[103].
Anzitutto,
all’articolo 13 si introduce il comma 2-bis, con il quale si prevede che con decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze, sono individuate le fattispecie e i termini
entro i quali, su proposta del Presidente dell’INPS, motivata da obiettive
ragioni di carattere organizzativo e funzionale anche relative alla tempistica
di acquisizione delle necessarie informazioni da parte dell’ Amministrazione
finanziaria, può essere prorogato il
termine per il recupero di quanto non dovuto, in ogni caso, non oltre il
secondo anno successivo a quello della verifica (lettera a).
Secondo il comma 2 sopra indicato, l'INPS procede annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e provvede, entro l'anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza.
Successivamente,
all’articolo 16, comma 6, si introducono alcune disposizioni nelle quali si
prevede, anzitutto, che le domande, gli atti e ogni altra documentazione da
allegare ai sensi e per gli effetti del comma 6 sono inviate all’Ente mediante
l’utilizzo dei sistemi di cui all’articolo 38, comma 5, del D.L. 78/2010.
Con
le medesime modalità l’Ente comunica gli atti e gli esiti dei procedimenti nei
confronti dei richiedenti ovvero degli intermediari abilitati alla trasmissione
della documentazione lavoristica e previdenziale e degli istituti di patronato
e di assistenza sociale. La norma introdotta precisa che agli effetti di tutto
quanto sopra previsto, nonché di quanto stabilito dal citato articolo 38,
l’obbligo della conservazione di documenti in originale resta in capo ai
beneficiari della prestazione di carattere previdenziale o assistenziale (lettera
b).
L’articolo 16, comma 6 della L. 412/1991 prevede che gli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria siano tenuti a corrispondere gli interessi legali, sulle prestazioni dovute, a decorrere dalla data di scadenza del termine previsto per l'adozione del provvedimento sulla domanda, laddove quest'ultima risulti completa di tutti gli atti, documenti ed altri elementi necessari per l'avvio del procedimento, salvi i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, già in possesso della pubblica amministrazione procedente o di altre pubbliche amministrazioni acquisibili d'ufficio ai sensi e per gli effetti dell’articolo 18, comma 2, della legge 241/1990[104]. Nel caso in cui la domanda risulti incompleta, gli interessi legali ed altri oneri accessori decorrono dalla data del suo perfezionamento. Gli enti indicano preventivamente attraverso idonei strumenti di pubblicità l'elenco completo della documentazione necessaria al fine dell'esame della domanda. L'importo dovuto a titolo di interessi è portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ristoro del maggior danno subito dal titolare della prestazione per la diminuzione del valore del suo credito.
L’articolo 38, comma 5, del D.L. 78/2010, al fine di estendere e potenziare i servizi telematici, prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze e le Agenzie fiscali, nonché gli enti previdenziali, assistenziali e assicurativi, con propri provvedimenti possano definire termini e modalità per l'utilizzo esclusivo dei propri servizi telematici ovvero della posta elettronica certificata, anche a mezzo di intermediari abilitati, per le seguenti finalità:
§
presentazione da parte degli interessati di denunce, istanze, atti e
garanzie fideiussorie;
§
esecuzione di versamenti fiscali, contributivi, previdenziali,
assistenziali e assicurativi;
§
richiesta di attestazioni e certificazioni.
I suddetti enti ed amministrazioni definiscono l'utilizzo dei servizi telematici o della posta certificata, anche per gli atti, comunicazioni o servizi dagli stessi resi.
In particolare, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate sono definiti gli atti per i quali la registrazione prevista per legge è sostituita da una denuncia esclusivamente telematica di una delle parti[105].
Essa assume qualità di
fatto ai sensi dell'articolo 2704, primo comma, del codice civile[106], in ordine alla computabilità della data
della scrittura riguardo a terzi.
Infine, con la modifica dell'articolo 3-ter, comma 1, del D.Lgs. 463/1997[107], in tema di procedure di controllo sulle autoliquidazioni, viene allungato a sessanta giorni il termine, dalla presentazione del modello unico informatico, entro il quale gli uffici finanziari notificano apposito avviso di liquidazione per l'integrazione dell'imposta versata, in sede di controllo di regolarità dell'autoliquidazione e del versamento delle imposte.
Articolo 16, comma 6
(Misure per lo scambio dei dati tra
Amministrazioni)
6. All'articolo 7, comma 2, lettera h), del
decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge
12 luglio 2011, n. 106, dopo le parole: "in via telematica," sono inserite
le seguenti: "nel rispetto dei principi di cui agli articoli 20, commi 2 e
4, e 22 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196," e, alla medesima
lettera, dopo le parole: "informazioni personali" sono inserite le
seguenti: ", anche sensibili".
Il comma 6 novella l’articolo 7, comma 2, lettera h) del decreto-legge n. 70 del 2011, che disciplina le convenzioni tra le agenzie fiscali e gli enti di previdenza con le amministrazioni pubbliche, per l’acquisizione di dati. La disposizione specifica che lo scambio di informazioni dovrà avvenire nel rispetto dei principi dettati dal Codice della privacy.
Si tratta della disposizione che consente alle agenzie fiscali, agli enti di previdenza e assistenza obbligatoria e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali di stipulare, nei limiti delle risorse disponibili in base alla legislazione vigente, apposite convenzioni con le Amministrazioni pubbliche (di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), gli enti pubblici economici e le Autorità amministrative indipendenti per acquisire, in via telematica, i dati e le informazioni personali, anche in forma disaggregata, che le stesse detengono per obblighi istituzionali.
Tale acquisizione è volta:
§ a ridurre gli adempimenti dei cittadini e delle imprese e rafforzare il contrasto alle evasioni e alle frodi fiscali e contributive;
§ per accertare il diritto e la misura delle prestazioni previdenziali, assistenziali e di sostegno al reddito.
Le predette convenzioni indicano i motivi che rendono necessari i dati e le informazioni medesime.
La mancata fornitura di tali dati costituisce evento valutabile ai fini della responsabilità disciplinare e, ove ricorra, della responsabilità contabile.
Come detto, il decreto-legge specifica che lo scambio di informazioni dovrà avvenire nel rispetto dei principi
dettati dagli articoli 20, commi 2 e 4, e 22 dal Codice della privacy
(D.Lgs. n. 196 del 2003) per il trattamento dei dati sensibili.
In merito si ricorda che, ai sensi dell’art. 19 del Codice, le comunicazioni di dati personali da parte di un soggetto pubblico ad altri soggetti pubblici quando ciò sia previsto da una norma di legge o di regolamento, è lecita. Peraltro, ai sensi dell’art. 39 del Codice, il fatto che la comunicazione tra soggetti pubblici sia prevista dalla legge esonera il soggetto pubblico titolare del trattamento dei dati personali dalla preventiva comunicazione al Garante della trasmissione dei dati ad altro soggetto pubblico effettuata in qualunque forma anche mediante convenzione (come nel caso di specie).
Il decreto-legge richiama di principi dell’articolo 20, commi 2 e 4, del Codice della privacy, a norma dei quali se la legge non specifica i tipi di dati sensibili e di operazioni eseguibili, il trattamento è consentito solo in riferimento ai tipi di dati e di operazioni identificati e resi pubblici con atto di natura regolamentare – da aggiornare periodicamente - adottato in conformità ad un parere espresso dal Garante (le Amministrazioni pubbliche che trattano tali dati hanno già provveduto all’emanazione del regolamento attuativo). L’articolo 22 del Codice specifica che i soggetti pubblici devono effettuare il trattamento dei dati sensibili e giudiziari secondo modalità volte a prevenire violazioni dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità dell'interessato. In particolare, se si tratta di dati contenuti su supporti elettronici, dovranno essere rispettate particolari cautele che li rendono temporaneamente inintelligibili anche a chi è autorizzato ad accedervi e permettono di identificare gli interessati solo in caso di necessità. Inoltre, il legislatore ha chiarito che i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale devono essere conservati separatamente da altri dati personali trattati per finalità che non richiedono il loro utilizzo e che non possono essere diffusi.
Articolo 16, comma 6-bis
(Controllo sui percettori di trattamenti
previdenziali)
6-bis. All'articolo 20, comma 12,
del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla
legge 6 agosto 2008, n. 133, dopo le parole «relative» sono inserite le
seguenti: «alle cancellazioni dall'anagrafe della popolazione residente per
irreperibilità,».
Il comma 6-bis, introdotto nel corso dell’esame presso le competenti Commissioni riunite, reca disposizioni in materia di trasmissione di dati anagrafici da parte dei comuni all’INPS, ai fini della corresponsione dei trattamenti previdenziali.
Più specificamente, modificando l’articolo 20, comma 12, del D.L. 25 giungo 2008, n. 112, si dispone l’obbligo, per l’INPS, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore dello stesso D.L. 112/2008 (e cioè entro il 25 settembre 2008), di mettere a disposizione dei comuni una piattaforma informatica per la trasmissione delle comunicazioni relative, oltre che ai decessi e alle variazioni di stato civile, anche alle cancellazioni dall’anagrafe della popolazione residente per irreperibilità, trasmissione da effettuarsi obbligatoriamente entro due giorni dalla data dell’evento.
In sostanza, la norma in esame avrebbe lo scopo di favorire lo scambio di informazioni tra comuni e INPS ai fini del controllo sulla effettiva residenza in Italia dei percettori di trattamenti previdenziali.
L’obbligo di cui al richiamato comma 12 dell’articolo 20 del D.L. 112/2008 viene ulteriormente rafforzato al successivo comma 13, precisando che, in caso di ritardo nella trasmissione di tali dati anagrafici, il responsabile del procedimento, ove ne derivi pregiudizio, risponde a titolo di danno erariale. Conseguentemente, con il comma 14 viene soppresso il primo periodo dell’articolo 31, comma 19, della L. 289/2002 , il quale prevedeva l’effettuazione da parte dei Comuni delle comunicazioni relative ai matrimoni ed ai decessi entro 15 giorni dall’evento.
Articolo 16,
comma 7
(Pagamenti
con strumenti elettronici in sedi INPS)
7. Al fine di favorire la modernizzazione e l'efficienza degli strumenti di pagamento, riducendo i costi finanziari e amministrativi derivanti dalla gestione del denaro contante e degli assegni, a decorrere dal 1o maggio 2012 per i pagamenti effettuati presso le sedi dell'Istituto nazionale della previdenza sociale si utilizzano esclusivamente strumenti di pagamento elettronici bancari o postali, ivi comprese le carte di pagamento prepagate e le carte di cui all'articolo 4 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
Il comma 7 dispone che dal 1° maggio 2012 i pagamenti effettuati presso le sedi INPS avvengano esclusivamente mediante l’utilizzo di strumenti di pagamento elettronici, bancari o postali.
Nella suddetta categoria sono comprese le carte di pagamento prepagate e le carte elettroniche istituzionali, disciplinate dall’articolo 4 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78[108].
Il richiamato articolo 4 del decreto-legge n. 78 del 2010 reca norme volte a rafforzare l’ambito delle iniziative che mirano alla modernizzazione e al miglioramento dell’efficienza delle pubbliche amministrazioni. Si tratta, in particolare, di disposizioni per la promozione, da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, della realizzazione di un servizio nazionale per pagamenti su carte elettroniche istituzionali, tra cui la tessera sanitaria, al fine di favore l’efficienza nei pagamenti e nei rimborsi dei tributi effettuati da enti e amministrazioni pubbliche a cittadini e utenti. Il cittadino infatti può avvalersi della facoltà di ricevere le somme dovute dalla pubblica amministrazione mediante accredito sulle carte elettroniche istituzionali già avviate a regime, quali la tessera sanitaria o la carta multi servizi dell’INPS.
L’articolo definisce i contenuti che devono presentare i provvedimenti approvati dal Ministero per dare attuazione all’articolo in esame. In particolare, essi dovranno:
- individuare gli standard tecnici del servizio di pagamento e le modalità con cui gli enti della pubblica amministrazione distributori di carte elettroniche istituzionali possono avvalersene;
- individuare il soggetto gestore del servizio, selezionato sulla base dei requisiti qualitativi e del livello di servizio offerto;
- disciplinare le modalità di utilizzo del servizio da parte dei soggetti pubblici, anche diversi dal soggetto distributore delle carte, che intendono offrire ai propri utenti tale modalità di erogazione di pagamenti;
- stabilire un canone a carico del gestore finanziario del servizio, definito nella misura dello 0,20% calcolato sulle commissioni di interscambio che vengono conseguite dal gestore del servizio per pagamenti diretti effettuati dai cittadini tramite le carte[109];
- disciplinare le modalità di certificazione degli avvenuti pagamenti;
- stabilire le modalità di monitoraggio del servizio e dei flussi di pagamento.
Si prevede inoltre che il corrispettivo a carico del gestore finanziario del servizio sia versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, tra i soggetti pubblici distributori delle carte elettroniche, i soggetti pubblici erogatore dei pagamenti e lo stesso Ministero dell'economia e delle finanze.
L’intervento è volto a favorire la modernizzazione e l’efficienza degli strumenti di pagamento, riducendo i costi finanziari e amministrativi derivanti dalla gestione del denaro contante e degli assegni.
Si ricorda che l’articolo 12 del D.L. 201 del 2011 (norma modificata dall’articolo 27 del decreto-legge “liberalizzazioni”, D.L. 24 gennaio 2012 n. 1, attualmente in esame al Senato per la conversione in legge) reca disposizioni complessivamente volte a ridurre l’utilizzo del contante e semplificare i sistemi di pagamento, in particolare nei rapporti con le Pubbliche Amministrazioni.
Per favorire la modernizzazione e l’efficienza degli strumenti di pagamento, la richiamata disposizione impone infatti alle Pubbliche Amministrazioni centrali e locali di effettuare le operazioni di pagamento delle loro spese mediante l’utilizzo di strumenti telematici. Le PPAA, pertanto, sono obbligate ad avviare il processo di superamento di sistemi basati sull’uso di supporti cartacei.
Inoltre, i pagamenti delle spese della PA devono essere effettuati ordinariamente tramite accreditamento sui conti correnti o di pagamento dei creditori, ovvero su altri strumenti di pagamento elettronici prescelti dal beneficiario. Gli eventuali pagamenti per cassa non possono, comunque, superare l’importo di 1.000 euro. Gli stipendi, le pensioni e i compensi comunque corrisposti dalla pubblica amministrazione centrale e locale e dai loro enti, e ogni altro tipo di emolumento a chiunque destinato, di importo superiore a mille euro (somma modificabile con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze) debbono essere erogati mediante l’utilizzo di strumenti di pagamento elettronici, comprese le carte di pagamento prepagate e le carte elettroniche istituzionali.
Anche sul fronte delle entrate è incentivato l’utilizzo di strumenti diversi dal contante, fatte salve le attività di riscossione dei