Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento bilancio | ||||
Titolo: | I temi dell'attività parlamentare nella XVI legislatura - Politica economica e manovre finanziarie - Area n. 24 | ||||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 1 Progressivo: 24 | ||||
Data: | 15/03/2013 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | V-Bilancio, Tesoro e programmazione |
La documentazione di inizio legislatura - accessibile dalla home page della Camera dei deputati - dà conto delle principali politiche pubbliche e delle attività svolte dalle Commissioni parlamentari nella XVI legislatura, suddivise in Aree tematiche, a loro volta articolate per Temi e Approfondimenti. L'accesso è disponibile per Commissione ovvero per Area tematica.
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Nella XVI legislatura il procedimento di definizione della manovra di finanza pubblica ha presentato una rilevante discontinuità rispetto agli anni precedenti, nel corso dei quali, di norma, essa veniva decisa nel corso della sessione di bilancio, che di fatto per la discussione ed approvazione della legge finanziaria assorbiva i lavori parlamentari per la gran parte dell’ultimo trimestre dell’anno.
Per il triennio 2009-2011 viene invece decisa una linea di intervento nuova, sia per quanto concerne i tempi - anticipando l'intervento di manovra a prima dell'estate ed alleggerendo di conseguenza i contenuti della legge finanziaria - che per quanto concerne l'arco temporale di efficacia della manovra, che anziché essere rivolta solo al primo anno, è ora riferita ad un periodo di tre anni. Tale linea, scelta per ragioni di politica economica dal Governo nel Documento di programmazione economica (DPEF ) di inizio legislatura – vale a dire quello per il 2009-2011, presentato a giugno 2008 – è stata poi normata con la triennalizzazione della manovra di bilancio introdotta dalla nuova legge di contabilita' (legge n. 196/2009). Tale modalità di intervento viene confermata negli anni successivi, anche a causa del persistere e dell’intensificarsi della crisi finanziaria, che, nonostante un primo miglioramento, circoscritto all’anno 2010, torna a riacutizzarsi a partire dal secondo semestre 2011 e che, persistendo poi per tutto il 2012, rende necessario procedere a manovre di consolidamento dei conti pubblici nel corso di ciascun esercizio finanziario. Si discosta da questa linea la legge di stabilità (ex legge finanziaria, secondo le nuove regole dettate dalla nuova legge di legge di contabilità n. 196/2009) per il 2013 che, nel confermare comunque l'obiettivo del raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali per il medesimo anno, reca anche un moderato intervento espansivo.
Il piano di stabilizzazione della finanza pubblica adottato nel 2008
Nel mese di giugno 2008, con il decreto-legge 112/2008 è stata predisposta la decisione finanziaria per il 2009 e gli anni successivi. Con tale decreto è stato previsto un piano triennale (2009-2011) di stabilizzazione della finanza pubblica, volto ad attuare una politica di contenimento del deficit funzionale al raggiungimento dell’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2011, secondo gli impegni assunti in sede europea. A tale scopo il provvedimento comporta, secondo i dati risultanti dalla documentazione tecnica, un miglioramento dei saldi – vale a dire una riduzione dell’indebitamento netto – pari a circa 9,9 miliardi di euro nel 2009, con importi crescenti nei due anni successivi, in modo tale da consentire, sulla base degli andamenti di finanza pubblica previsti nel DPEF dell’anno, un sostanziale pareggio di bilancio nel 2011.
A seguito dell’intervento effettuato con tale decreto legge, la legge finanziaria per il 2009 (legge 203/2008), ha avuto un contenuto circoscritto ai suoi requisiti essenziali (cosiddetta finanziaria snella): indicazione dei livelli programmati dei saldi di finanza pubblica, proroghe di alcune agevolazioni fiscali, quantificazione delle risorse per i contratti del pubblico impiego, ammontare degli importi da iscrivere nelle tabelle di spesa previste nella legge stessa.
I decreti anticrisi 2008-2009
Dopo la presentazione del disegno di legge finanziaria alle Camere (30 settembre 2008), tuttavia, il quadro congiunturale ha evidenziato un rapido peggioramento, a causa dell’estendersi della crisi finanziaria all’economia reale. Pertanto, allo scopo di circoscrivere gli effetti della crisi sugli obiettivi di finanza pubblica previsti nella legge finanziaria, nel mese di novembre viene emanato il decreto-legge 185/2008 (primo decreto anticrisi), recante un insieme di misure volte al sostegno dell’economia. Nel rispetto dei vincoli finanziari, e pertanto senza peggiorare il quadro di finanza pubblica, il provvedimento reperisce risorse per circa 6,4 miliardi di euro per il 2009 mediante misure di natura fiscale (tra cui il potenziamento dell’attività di accertamento e riscossione ed aumento Iva sui servizi televisivi) o riduzioni di spese, che vengono contestualmente riallocate in diversi interventi, quali un trasferimento monetario una tantum a soggetti bisognosi, integrazioni al reddito di disoccupazione, contributi al pagamento dei mutui a tasso variabile ed altro.
Poiché, la tendenza all’acuirsi della crisi economica non si arresta – come confermato nel gennaio 2009 in una apposita Nota informativa presentata alle Camere dal Ministro dell’economia in occasione dell’aggiornamento del Programma di stabilità presso le istituzioni europee - nel mese di febbraio viene predisposto un ulteriore intervento di sostegno ad opera del decreto-legge 5/2009 (secondo decreto anticrisi). Questo provvedimento, oltre a prevedere incentivi per il rinnovo e la trasformazione dei veicoli circolanti e per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici, reca altresì misure di sostegno occupazionale; inoltre, interviene sulle risorse assegnate ad alcuni Fondi, al fine di accelerarne la spendibilità , sulla base di un reperimento complessivo di risorse di poco superiore al miliardo di euro e, pertanto, con effetti anche esso sostanzialmente neutrali sui saldi di finanza pubblica.
Pur in presenza dei predetti interventi, volti al contrasto ed al contenimento della crisi, le previsioni economiche e di finanza pubblica per il periodo 2009-2011 permangono consistentemente negative, come confermato dal Documento di Programmazione Economico-Finanziaria 2010-2013 , presentato in luglio. Viene conseguentemente varato un nuovo intervento volto al rilancio dell'economia, con il decreto-legge 78/2009 (terzo decreto anticrisi). Anche tale provvedimento, nel perseguire la finalità di contrastare l'andamento economico negativo, si muove nel rispetto dei saldi finanziari, confermando la linea di prudenza fiscale che ha caratterizzato la complessiva strategia di intervento sulla difficile situazione economico-finanziaria. Esso infatti reperisce risorse per circa 4,5 miliardi annui nel triennio 2009-2011, che vengono per un pari ammontare destinate a vari interventi di spesa. Il decreto, che come già avvenuto con il decreto-legge n. 112 del 2008 interviene a metà anno, ha inoltre l'obiettivo di aggiornare la manovra triennale 2009-2011 varata nell'anno precedente: a tale scopo reca una specifica disciplina concernente l'emersione delle attività detenute all'estero (“scudo fiscaleâ€), parte dei cui proventi (per circa 3,7 miliardi) vengono utilizzati per la manovra 2010-2012 ad opera della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (finanziaria 2010), mediante il differimento al 2010 una quota dell'acconto IRPEF dovuto dai contribuenti entro la fine del mese di novembre (differimento disposto dal decreto-legge 23 novembre 2009, n. 169, poi lasciato decadere ed il cui contenuto è confluito nella legge finanziaria).
Può osservarsi come nel biennio 2008-2009, attraversato da una crisi economico-finanziaria di impatto inusitato, per profondità e durata, rispetto a precedenti periodi di crisi, dopo il primo provvedimento di contrasto effettuato con il decreto-legge n.112/2008, che ha operato una significativa correzione dei conti, gli interventi successivi, vale a dire i tre decreti anticrisi e le due leggi finanziarie per il 2009 e per il 2010, non hanno effettuato ulteriori correzioni dei conti – atteso il dispiegarsi degli effetti del decreto-legge 112 per il triennio 2009-2011 – né, d’altro canto hanno introdotto misure fiscali espansive. Ciò, presumibilmente, ritenendosi che una scelta di politica espansiva, senz’altro opportuna ai fini del rilancio dell’economia, fosse tuttavia da evitare in presenza di un situazione critica dei conti pubblici, con riguardo anche all’elevato livello del debito pubblico. Tali interventi hanno peraltro operato manovre lorde (vale a dire misure comportanti minori entrate e/o maggiori spese) che, pur con impatto limitato o nullo sui saldi (manovra netta), in quanto compensate, in tutto o in parte, con un reperimento di mezzi finanziari (mediante maggiori entrate e/o minori spese) venivano comunque finalizzate, mediante la ricomposizione e la riallocazione di risorse – in taluni casi di notevole entità , come effettuato dal decreto-legge n. 78/2009, che ha movimentato importi per circa 17 miliardi nel quadriennio 2009-2012 - a favorire il superamento o l’attenuazione della crisi.
Gli interventi effettuati nel 2010
Tale linea di politica economica, che come detto ricomprende la legge finanziaria 2010, che anche essa mantiene la sostanziale neutralità fiscale rispetto ai saldi di finanza pubblica, viene tuttavia mutata nel corso del primo semestre del 2010. A seguito della emergenza finanziaria che ha interessato la Grecia , ed in presenza di alcuni forti segnali di tensione sui mercati finanziari nei confronti di altri paesi dell'area euro, viene infatti nuovamente emanato un provvedimento di manovra in corso d’anno, costituito dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, volto ad operare un intervento di stabilizzazione finanziaria e, nel contempo, ad introdurre misure di sostegno e rilancio dell'economia. Il provvedimento anticipa pertanto a metà anno la sessione di bilancio, effettuando la manovra finanziaria per il triennio 2011-2013 , recante la correzione dei saldi necessaria per assicurare il rispetto degli obiettivi programmatici stabiliti in sede europea, ed effettua una consistente correzione dei saldi: l’indebitamento netto viene sottoposto ad una riduzione pari a circa 12 miliardi per il 2011 ed a circa 25 miliardi in ciascuno degli anni 2012 e 2013, circa lo 0,75 per cento del PIL nel 2011 ed l’1,5 per cento nel 2012 e nel 2013.
Le ulteriori misure di stabilizzazione e sviluppo introdotte nel 2011
In presenza di un intervento correttivo di tale rilevanza, la legge finanziaria per il 2011 (L.220/2011), ora denominata legge di stabilità sulla base della riforma della disciplina contabile effettuata con la legge n. 196 del 2009, non produce effetti di rilievo sui saldi di finanza pubblica, contenendo norme attinenti esclusivamente al contenuto proprio previsto dalla legge n. 196 (livello programmatico del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato, regolazione quantitativa di alcune poste di spesa, determinazione degli importi da inserire nella parte tabellare del provvedimento).
Successivamente, a seguito dell’avvio del nuovo sistema di governance UE e delle nuove procedure finanziare previste nel c.d. “semestre europeo â€, viene emanato il decreto-legge 13 maggio 2011, n.70, contenente un ampio novero di misure , che, senza peggiorare i saldi di finanza pubblica, sono volte a stimolare la competitività e lo sviluppo. Il provvedimento fa riferimento al quadro macroeconomico e di finanza pubblica di aprile 2011, come delineato nel Documento di Economia e Finanza 2011 (poi adeguato ai dati a settembre 2011 dalla Nota di aggiornamento al DEF medesimo), nel quale, tra l’altro, si delinea un percorso programmatico volto al raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2014, secondo gli impegni assunti in sede europea.
Tale impegno viene tuttavia messo in seria difficoltà dal persistere e dall’intensificarsi di forti tensioni sui mercati finanziari derivanti dal peggioramento della situazione economica di alcuni paesi europei, ed in particolare dalla situazione della Grecia. Si rende pertanto necessario operare un forte intervento di manovra , effettuato con il decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, che reca una correzione sull’indebitamento netto pari a circa 2 miliardi nel 2011, 5,6 miliardi nel 2012, 24,4 miliardi nel 2013 e 47,9 miliardi nel 2014. Il decreto-legge reca interventi principalmente in materia di riduzione dei costi della politica e degli apparati, controllo e monitoraggio della spesa delle amministrazioni pubbliche, contenimento della spesa per pubblico impiego, sanità , istruzione, previdenza, enti territoriali nonché disposizioni in materia di entrate e misure per lo sviluppo.
Pur in presenza di quest’ultimo intervento, tuttavia, la crisi finanziaria si intensifica nel mese di agosto, investendo anche i tassi dei titoli del debito pubblico dell’Italia; viene conseguentemente emanato un nuovo provvedimento d’urgenza, il decreto-legge 13 agosto 2011, n.138, che reca misure di razionalizzazione e contenimento della spesa finalizzate al nuovo obiettivo concordato in sede europea di conseguire, già nell’anno 2013, il pareggio di bilancio, nonché interventi in materia di liberalizzazioni e privatizzazioni, per il rilancio dello sviluppo e il sostegno all’occupazione. Benché emanato ad un solo mese di distanza dal precedente provvedimento, anche il decreto-legge in questione interviene significativamente sui conti pubblici, operando un miglioramento dell’indebitamento netto di 0,7 miliardi nel 2011, 22,7 miliardi nel 2012, 29,9 miliardi nel 2013 e 11,8 miliardi nel 2014.
Poiché, come già avvenuto nell'anno precedente, i decreti legge n. 98 e 138 adottati nel corso dell' estate hanno anticipato la manovra finanziaria, operando i necessari aggiustamenti dei conti pubblici, la legge di stabilita' per il 2012 (legge 12 novembre 2011, n.183) non produce effetti correttivi sui saldi di finanza pubblica.
Tuttavia il ripresentarsi, nell'ultimo bimestre dell'anno, di nuovi e consistenti segnali di debolezza della congiuntura internazionale, nonché di un aumento delle tensioni sui mercati finanziari che si estende ora con maggiore intensità anche ai titoli dei debiti sovrani, incluso quello italiano, rendono necessaria, ad opera del nuovo Governo presieduto dal senatore Monti, una ulteriore manovra correttiva , effettuata con il decreto-legge 6 dicembre 2011, n.201. Il provvedimento è volto a perseguire una riduzione dell'indebitamento netto pari a circa l'1,3 per cento di Pil - equivalenti a circa 21 miliardi annui di manovra netta - per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014.
Nel corso del 2011 si realizza in tal modo una manovra di finanza pubblica senza precedenti, atteso che i tre provvedimenti di manovra determinano, in termini cumulati, una correzione di circa 2,9 miliardi nel 2011, 48,9 nel 2012, 75,7 nel 2013 e 81,3 nel 2014. Oltre che in termini numerici, l’intensità della crisi è particolarmente acuta anche sotto il profilo temporale, atteso che, in presenza di una correzione pari, in termini percentuali, a 3 punti di Pil nel 2012, 4,6 punti nel 2013 e 4,8 punti nel 2014, il Documento di economia e finanza presentato nel mese di aprile del medesimo anno 2011, prevedeva una correzione di gran lunga minore, pari a zero nel primo anno ed a 1,2 e 2,3 punti di Pil rispettivamente nel 2013 e 2014.
Il 2012: contenimento della spesa ed azioni per la crescita
A causa del persistere dell'indebolirsi del ciclo economico anche nei primi mesi del 2012, il DEF 2012 esaminato dalle Camere nel mese di aprile, rivede al ribasso le stime precedenti, prevedendo per l'anno una contrazione del Pil dell'1,2 per cento, con una lievissima ripresa nel 2013 (0,5 per cento) e poi una crescita più sostenuta solo a partire dal 2013 (1 per cento). Ciononostante, in virtù delle azioni di risanamento finora intraprese, il Documento conferma il già previsto raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali entro il 2013, anche in relazione alle misure di risanamento e crescita già avviate o ancora da avviare individuate nel Piano Nazionale di Riforma (PNR) contenuto nel DEF. Tali misure, che non prevedono ulteriori interventi di natura correttiva, e che recano norme finalizzate al contenimento della spesa pubblica ed azioni per favorire la crescita e lo sviluppo, sono introdotte dai due decreti-legge sul contenimento e razionalizzazione della spesa (spending review) emanati nel corso del primo semestre dell’anno, nonché da due successivi decreti-legge sullo sviluppo che interverranno nel secondo semestre.
Prima di esporre i contenuti di tali provvedimenti, va segnalato come il tema della bassa crescita sia stato oggetto, nella parte finale della legislatura, di uno specifico monitoraggio nell'ambito delle attività della Commissione bilancio, che sia nel corso del 2011 che del 2012 , ha effettuato due distine indagini conoscitive, in connessione con la comunicazione delle analisi annuali della crescita da parte della Commissione europea. Entrambe le indagini si sono concluse, rispettivamente il 7 aprile 2011 ed il 24 aprile 2012 , con l'approvazione di un documento conclusivo.
Venendo, ora, ai decreti-legge sopra citati, i primi due interventi attengono alla riduzione ed al miglioramento dell'efficacia della spesa pubblica, e sono costituiti al primo e dal secondo provvedimento sulla spending review , costituiti: dal decreto-legge 7 maggio 2012 , n. 52 , che reca un complesso di disposizioni , tra cui l’istituzione di un Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per beni e servizi, volte a consentire l'eliminazione di inefficienze e sprechi nella spesa, anche per reperire risorse da destinare alla crescita economica; dal decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, espressamente titolato "Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini ". In particolare tale secondo decreto reca un ampio numero di interventi la cui comune finalità è il contenimento e la razionalizzazione degli oneri a carico della finanza pubblica. In tale ambito esso reca anche alcune disposizioni, che si aggiungono ad analoghe norme già intervenute nella prima parte della legislatura, volte al controllo dei conti ed all'aumento della trasparenza delle societa' partecipate dalle pubbliche amministrazioni . Il provvedimento, come integrato presso il Senato dalle disposizioni contenute nel decreto-legge n. 87 del 2012, contiene altresì disposizioni in tema di valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico, nonché di rafforzamento degli assetti patrimoniali delle imprese del settore bancario. Sotto il profilo finanziario, esso reperisce risorse per circa 4,5 miliardi nel 2012, 10,9 nel 2013 e 11,7 nel 2014, in massima parte derivanti da riduzioni di spesa, attraverso le quali, oltre ad operare una lieve riduzione l’indebitamento netto del 2012 per circa 0,6 miliardi di euro, si finanziano alcune spese indifferibili o impreviste (tra cui quelle connesse con il terremoto in Emilia Romagna e con l’ampliamento della platea dei soggetti salvaguardati dall’incremento dei requisiti pensionistici disposto dalla recente legge di riforma delle pensioni) e si compensano gli effetti del differimento e della attenuazione dell’ innalzamento programmato dell’IVA.
Alla crescita ed allo sviluppo sono poi finalizzati due ulteriori provvedimenti, il primo dei quali è costituito dal decreto-legge 22 giugno 2012, n.83: esso reca norme per favorire la competitività nei settori delle infrastrutture, dell'edilizia e nei trasporti, misure per l’Agenda digitale italiana, nonché per il riordino degli incentivi per la crescita e lo sviluppo sostenibile finalizzate ad assicurare, nell'avversa situazione di crisi internazionale, un sostegno al sistema produttivo del paese. Il secondo intervento viene operato con il decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, contenente ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, che interviene nuovamente sull’Agenda digitale, sulla promozione della dotazione infrastrutturale, sul sostegno all’apparato produttivo (tra cui un regime giuridico di vantaggio per le imprese start-up innovative), nonché in materia di disciplina dei servizi pubblici locali.
Pur in presenza di tali interventi, che tuttavia richiedono ovviamente tempi di attuazione non immediati, la Nota di aggiornamento al Def 2012 , presentata a settembre 2012, evidenzia un sensibile peggiormento del quadro macroeconomico per l’anno in corso e per il triennio 2013-2015, rispetto alle previsioni formulate nel DEF. In particolare, per il 2012 la contrazione del PIL italiano è stimata pari al 2,4% rispetto all’1,2% precedentemente indicato. Una contrazione è attesa anche per il 2013, anno in cui il PIL è previsto ridursi dello 0,2%, principalmente per l’effetto di trascinamento del calo registrato l’anno precedente. Tale peggioramento, generato dal riacutizzarsi delle tensioni sui mercati del debito sovrano, con il conseguente aumento dei tassi di interesse, e dal rallentamento della crescita globale, si riflette sull’evoluzione della finanza pubblica. In ragione di ciò nella Nota l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche è stimato per il 2012 al 2,6% del PIL, superando di circa 1 punto percentuale il valore indicato nel DEF. In termini strutturali, ossia al netto della componente dovuta all’andamento negativo del ciclo economico, e delle misure una tantum, il percorso di risanamento delle finanze pubbliche rimane tuttavia sostanzialmente invariato rispetto a quanto programmato nel DEF 2012: pur in previsione di un indebitamento netto che rispetto alle stime di aprile peggiora di 0,9 punti nell’anno in corso (dall’1,7 al 2,6% del PIL) e di 1,1 punti nell’anno successivo (dallo 0,5 all’1,6%), in termini strutturali, nel 2013, il valore dell’indebitamento medesimo si prevede comunque confermare il raggiungimento del pareggio di bilancio (close to balance), rimanendo pressoché stabile nel prosieguo. Per quanto concerne il rapporto debito pubblico/PIL, esso si attesterebbe al 126,4% per tale anno, con un lieve ulteriore rialzo nel 2013, dove verrebbe raggiunto il valore massimo del 127,1%. Nel prosieguo, tuttavia, a partire dal 2014, il rapporto debito/PIL è previsto seguire un andamento decrescente.
In relazione a tale quadro, la legge di stabilita' per il 2013 , nel disporre l'allocazione di risorse (circa 2,9 miliardi) di poco inferiori a 0,2 punti di Pil, per misure espansive, prevede per il medesimo anno l'obiettivo programmatico dell'1,8 % di indebitamento, che in termini strutturali configura il pareggio di bilancio; viene inoltre confermato che per tutto il periodo 2013-2015 il valore dell'indebitamento medesimo risulta in linea con l'obiettivo di medio termine, secondo i parametri concordati in sede europea. Tale impostazione è stata confermata nel corso dell'esame parlamentare, nel quale si è pervenuti ad un testo della legge di stabilità (legge 24 dicembre 2012, n. 228) che, pur modificando consistentemente il provvedimento ed ampliandone i contenuti ne ha, per i profili finanziari, migliorato i saldi.
Le linee essenziali della decisione di bilancio sono state contestualmente definite nel DPEF 2009-2013, presentato nel giugno 2008 ed attuate con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito dalla legge 6 agosto 2008, n.133), attraverso l'adozione di un piano triennale 2009-2011 di stabilizzazione della finanza pubblica, volto ad attuare una politica di contenimento del deficit funzionale all'obiettivo, allora assunto in sede comunitaria, del raggiungimento del sostanziale pareggio di bilancio nel 2011.
Le linee portanti della manovra di finanza pubblica 2009-2011 sono state attuate con il decreto-legge 25 giugno 2008, n.112 (legge n.133/2008); assieme agli interventi contenuti in tale decreto-legge hanno concorso alla composizione della manovra la legge finanziaria per il 2009 (legge n. 203/2008), la legge recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 e il bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011 (legge n. 204/2008), nonché una serie di provvedimenti collegati, elencati nella Nota di aggiornamento al DPEF, in materia di processo civile, energia, lavoro e produttività del lavoro pubblico, nonché in materia di federalismo fiscale.
Stante l’anticipazione della manovra di finanza pubblica ad opera del decreto-legge 112/2008, la legge finanziaria per il 2009 non ha recato effetti in termini di variazione dell’indebitamento netto della P.A., né in termini di fabbisogno, limitandosi ad incidere marginalmente sul saldo netto da finanziare.
Il decreto-legge, anticipando gli effetti tipici della legge finanziaria, ha reperito un ammontare di risorse pari a 17,1 miliardi nel 2009, 22,9 miliardi nel 2010 e a 36,7 miliardi nel 2011.
Del complesso di tali risorse la quota prevalente (circa l’84 per cento dell’ammontare complessivo) è stata destinata ad una correzione progressivamente crescente nel triennio 2009-2011 dei conti pubblici, per circa 9,9 miliardi nel 2009, 17,1 miliardi nel 2010 e 30,9 miliardi nel 2011, pari rispettivamente ad una quota di Pil dello 0,6%, 1,0% ed 1,8%.
Le maggiori entrate derivano principalmente dagli interventi relativi al settore bancario e assicurativo, tramite misure di rimodulazione della base imponibile degli istituti e delle società , e alle industrie operanti nel settore dell’energia. Ulteriori misure sono destinate a potenziare la lotta all’evasione e al sommerso, anche mediante la predisposizione di un piano straordinario di controlli. Altri interventi attengono all’armonizzazione del regime fiscale delle cooperative e all’eliminazione dei requisiti di favore fiscale per gli extra-compensi (stock-option).
Le minori entrate sono dovute principalmente ad una serie di proroghe di agevolazioni fiscali, per le quali è stata prevista la costituzione di un apposito fondo.
Dal lato della spesa, l’azione correttiva deriva in larga parte dall’applicazione di un taglio lineare riferito al triennio 2009-2011, delle dotazioni finanziarie, a legislazione vigente, delle missioni di spesa dei Ministeri, ivi comprese le dotazioni relative a spese predeterminate per legge, disposto ai sensi del citato articolo 60, comma 1, del D.L. 112/2008.
Ulteriori interventi sono volti al contenimento della spesa nei settori del pubblico impiego, della finanza decentrata, della sanità e della previdenza.
In particolare, nel settore del pubblico impiego le minori spese, con un impatto finanziario crescente nel triennio, attengono al riordino del sistema di reclutamento, ad una rimodulazione delle spese per studi e consulenze esterne, nonché all’attuazione di un processo di razionalizzazione del personale della scuola pubblica.
Gli interventi sulla finanza decentrata prevedono risparmi correlati alla rinegoziazione del Patto di stabilita' interno per il triennio 2009-2011 nel quadro di una riorganizzazione dei rapporti finanziari fra amministrazione centrale e periferica. Sono inoltre previste norme per il contenimento dell’uso degli strumenti finanziari derivati.
Nel settore della sanità si prevedono risparmi crescenti nel triennio le cui modalità di conseguimento, fermo restando il rispetto dei Piani di rientro dei disavanzi, sono demandate alle Regioni nell’ambito di una intesa con lo Stato. Ulteriori misure di razionalizzazione della spesa attengono alla remunerazione delle strutture accreditate, al potenziamento dell’attività di verifica delle esenzioni e di controllo dell’appropriatezza nell’erogazione dell’assistenza sanitaria.
Nel settore della previdenza gli interventi comportano una riduzione della spesa per l’invalidità civile attraverso l’attivazione di un piano straordinario di verifica del diritto al beneficio.
Le maggiori spese correnti sono invece principalmente attribuibili: ai rinnovi contrattuali nel pubblico impiego; all’abolizione per gli anni 2009-2011 del ticket per l’assistenza specialistica; all’abolizione del divieto di cumulo fra pensioni e redditi da lavoro sia autonomo che dipendente; alle modifiche al Fondo interventi strutturali di politica economica e alle misure in favore di enti o società di pubblica utilità .
Le maggiori spese in conto capitale si riferiscono all’incremento per il 2009 dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per l’occupazione e all’istituzione del Fondo per la promozione e il sostegno del trasporto pubblico locale.
La manovra triennale ha previsto, infine, un intervento sui fondi destinati al riequilibrio territoriale, attraverso la concentrazione dei fondi pubblici per lo sviluppo su alcuni settori (infrastrutture, ricerca, energia).
Complessivamente il decreto-legge reperisce risorse pari a 17,1 miliardi nel 2009, 22,9 miliardi nel 2010 e 36,7 miliardi nel 2011, che in quota parte sono destinate alla copertura di minori entrate e nuove spese, per 7,2 miliardi nel 2009 e 5,8 miliardi per ciascuno dei due anni successivi. Come già ricordato sopra, la parte più consistente delle risorse reperite è stata finalizzata alla riduzione dell'indebitamento netto, per gli ammontari in precedenza indicati.
Dopo l’entrata in vigore del decreto-legge, il deteriorarsi della congiuntura economica internazionale, conseguente all’estendersi della crisi finanziaria all’economia reale, ha mutato il quadro macroeconomico di riferimento, inducendo il Governo a rivedere le previsioni e gli obiettivi di finanza pubblica e ad adottare conseguentemente una serie di ulteriori provvedimenti “anti-crisi†che, senza recare ulteriori interventi correttivi (in quanto le risorse da ciascuno di essi reperite sono interamente destinate al sostegno dell'economia) sono diretti a sostenere l’economia e l’occupazione: si tratta dei tre c.d. "decreti anticrisi" n. 185/2008, n. 5/2009 e n. 78/2009.
Le informazioni sulla situazione della finanza pubblica sono desumibili da alcuni indicatori rappresentativi degli andamenti dei conti del bilancio dello Stato e dell’aggregato delle pubbliche amministrazioni, con riguardo sia ai valori nell’anno di riferimento che a quelli per i periodi immediatamente successivi .
Risparmio pubblico
Sulla base della normativa contabile, ed in particolare delle disposizioni contenute nell'articolo 11 della legge n. 196/2009, il primo degli indicatori da considerare, seguendo il criterio dell’ampiezza degli aggregati contabili interessati, è costituito dal risparmio pubblico. Questo è il saldo della parte corrente del bilancio, dato dalla differenza tra le entrate correnti (tributarie ed extratributarie) e le spese correnti. Esso costituisce il parametro in base al quale si verifica il rispetto dell’obbligo di copertura da parte della legge di stabilità : questa può infatti introdurre nuovi oneri correnti (nella forma di maggiori spese e/o di minori entrate) solo in presenza di un ammontare equivalente di risorse correnti (minori spese e/o maggiori entrate) previste dalla legge finanziaria stessa. Gli eventuali margini di miglioramento del risparmio pubblico risultante a legislazione vigente possono essere utilizzati per la copertura finanziaria delle riduzioni di entrata (ma non degli aumenti di spesa) disposte dalla legge di stabilità stessa, purché si mantenga un valore positivo del risparmio in questione. Riferito ai conti consolidati della Pubblica Amministrazione e del Settore Pubblico Allargato esso misura, se positivo, la quota di risparmio prodotta (e, se negativo, la quota di risparmio assorbita) dai settori intestatari dei conti. Nel primo caso esso è denominato avanzo corrente, e nel secondo caso disavanzo corrente.
Saldo netto da finanziare
Il successivo indicatore da considerare è il saldo netto da finanziare, vale a dire la differenza tra le entrate finali e le spese finali, includendo pertanto in entrambe sia il conto capitale che le partite finanziarie (con esclusione solo delle voci relative all’accensione ed al rimborso dei prestiti). Il disegno di legge di stabilità indica espressamente l’importo del saldo netto da finanziare, il cui valore non può risultare modificato nel corso dell’ esame parlamentare del provvedimento: pertanto, qualora vengano introdotte nuove norme onerose, le stesse devono recare le corrispondenti risorse a compensazione, al fine di lasciare invariato tale saldo che, con riguardo al bilancio dello Stato, costituisce il perno attorno al quale viene strutturata la manovra annuale di bilancio.
Indebitamento netto
Un ulteriore indicatore è rappresentato dall’ indebitamento netto, che costituisce il saldo del conto economico delle amministrazioni pubbliche, dato dalla differenza tra le entrate finali e le spese finali, al netto delle operazioni finanziarie: esso, misurando il differenziale tra le entrate e le spese con riferimento al momento economico in cui si compie ciascuna operazione (e non al momento in cui se ne effettua la regolazione finanziaria) corrisponde in sostanza al saldo netto da finanziare, escluse le partite finanziarie sia di entrata che di uscita. L’indebitamento netto, in concreto, misura l’eccedenza della spesa rispetto alle risorse a disposizione del settore pubblico, da finanziare attraverso la vendita di attività o l’aumento delle passività : ne consegue che di fatto esso misura la variazione del debito pubblico prodotta a seguito del risultato di esercizio nell’anno di riferimento. Qualora abbia valore positivo, tale saldo indica invece l’ammontare delle risorse nette e disposizione dell’operatore pubblico, venendo in tal caso definito accreditamento netto.
Ricorso al mercato
L’ultimo differenziale da segnalare è il ricorso al mercato, che come il saldo netto da finanziare è anche esso indicato nella legge di stabilità ; esso costituisce il saldo congiunto del conto economico e delle operazioni finanziarie ed è dato dalla differenza tra tutte le entrate (escluse quelle per accensione di prestiti) e tutte le spese, incluso il rimborso dei prestiti. Corrisponde alla somma del saldo netto da finanziare e del rimborso dei prestiti e, pertanto, esprime l’ammontare massimo dell’indebitamento effettuabile in relazione all’esercizio finanziario.
Saldo di parte corrente e saldo primario
Oltre a tali saldi, può essere opportuno segnalare ulteriori indicatori che, pur avendo carattere parziale, possono risultare significativi per l’analisi della situazione e dell’evoluzione dei conti pubblici, tra cui il saldo di parte corrente, risultante dal differenziale tra le entrate e le uscite di parte corrente, che, qualora positivo, indica il “risparmio†delle pubbliche amministrazioni, ed il saldo primario.
Quest’ultimo, in particolare, riporta il differenziale tra le entrate complessive delle amministrazioni pubbliche e le uscite, con esclusione della spesa per interessi. Di fatto esso indica il risultato d’esercizio, al netto degli oneri, (costituiti dagli interessi) derivanti dai risultati negativi degli anni finanziari precedenti. Si tratta di un saldo che costituisce uno dei principali fattori che concorrono alla variazione annua del debito pubblico, ed ha pertanto uno specifico rilievo per l’analisi di sostenibilità del debito medesimo.
Nel rinviare più approfonditamente per tale questione alle analisi contenute nei dossier predisposti per l’esame dei documenti di finanza pubblica, da ultimo alla Nota di aggiornamento del DEF 2012 va preliminarmente precisato che i parametri presi in considerazione dai regolamenti europei nell’ambito delle procedure di sorveglianza ai fini della verifica di sostenibilità delle finanze pubbliche sono riferiti al conto economico consolidato delle Pubbliche amministrazioni.
Il conto delle pubbliche amministrazioni
Le informazioni principali di tale aggregato sono sintetizzate da alcuni indicatori (indebitamento netto, saldo primario, incidenza sul prodotto interno lordo delle entrate e delle spese, al lordo e al netto degli interessi), la cui analisi consente una rappresentazione dei conti pubblici, della loro recente evoluzione e dei valori previsti per l’anno in corso ed il successivo triennio.
In particolare, in base alla definizione del Sec95 (Regolamento UE 2223/96), il settore delle pubbliche amministrazioni comprende tutte le unità istituzionali che agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita, la cui produzione è finanziata in prevalenza da versamenti obbligatori effettuati da unità appartenenti ad altri settori e/o tutte le unità istituzionali la cui funzione principale consiste nella redistribuzione del reddito e della ricchezza del paese.
La lista delle unità istituzionali che fanno parte del settore delle amministrazioni pubbliche è predisposta e aggiornata annualmente dall’Istat. Esse si suddividono in amministrazioni centrali, locali ed enti di previdenza ed assistenza:
Le informazioni relative ai sottosettori vengono rielaborate dall’Istat e consolidate nel conto della P.A. secondo principi e regole contabili conformi al Sistema europeo dei conti nazionali (Sec 95). Tale sistema detta, infatti, una serie di regole necessarie per l’armonizzazione dei dati riferiti alla contabilità nazionale degli Stati membri, che assicurano la comparabilità delle informazioni relative alla contabilità nazionale e regionale.
Principio di competenza economica
Tali regole implicano la registrazione dei flussi secondo il principio della competenza economica (cosiddetto principio accrual), in base al quale un’operazione è considerata dal punto di vista contabile nel momento in cui si realizza il fatto economico e gestionale sottostante. In alcuni casi, come ad esempio per alcune voci della spesa in conto capitale, come dato più prossimo al criterio della competenza economica si utilizza la cassa. In sostanza tale principio, proprio del sistema di contabilità aziendale, comporta che un’operazione vada registrata nel momento in cui si producono i relativi effetti economici. I flussi sono pertanto contabilizzati allorché un valore economico è creato, trasformato o eliminato, ovvero allorquando crediti ed obbligazioni insorgono, sono trasformati o si estinguono. Non rilevano invece le modalità ed i tempi di pagamento. Si tratta quindi di regole sostanzialmente diverse da quelle che presiedono, nel nostro Paese, alla registrazione dei flussi nel bilancio dello Stato e della maggior parte degli enti pubblici, che adottano invece una contabilità di carattere finanziario, basata sulla rappresentazione dei dati di entrata e di spesa in termini di competenza giuridica e di cassa.
Comunicazioni Istat
Entro il 31 marzo ed il 30 settembre di ogni anno, l’Istat notifica alla Commissione UE - ai fini del monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica e del rispetto degli obiettivi del Patto di stabilità e di crescita - le stime aggiornate del prodotto interno lordo, dell’indebitamento netto e del debito delle P.A. per l’esercizio già concluso, nonché le revisioni apportate ai dati riferiti agli esercizi precedenti. Sono inoltre trasmesse le previsioni (elaborate dal Ministero dell’Economia e finanze) per l’esercizio in corso. Lo stock del debito (calcolato dalla Banca d’Italia) rappresenta il valore nominale di tutte le passività lorde (valutate al valore facciale di emissione), al netto delle attività detenute dal settore nei confronti di soggetti esterni, in essere in un determinato momento. Il valore del debito è consolidato all’interno del settore delle P.A.: da esso sono quindi escluse le passività che costituiscono nel contempo stesso attività di enti appartenenti al comparto delle Amministrazioni pubbliche.
Indebitamento netto nominale
Sulla base dei suddetti elementi e criteri viene determinato l’indebitamento netto nominale: esso misura la differenza tra le entrate e le uscite complessive del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche e rappresenta uno dei parametri di riferimento del Patto di stabilità e crescita.
Il dato costituito dall’indebitamento netto nominale è quello che rileva ai fini della procedura europea per deficit eccessivo. Il superamento della soglia del 3 per cento del rapporto indebitamento netto/PIL nel 2009 ha infatti comportato per l’Italia, così come per la maggior parte dei paesi europei colpiti dalla crisi economico-finanziario, l’attivazione della procedura per disavanzi eccessivi prevista dai regolamenti europei ed il conseguente impegno del nostro Paese a rientrare sotto tale soglia nel 2012.
Nel giugno 2012 il Consiglio Europeo ha approvato le raccomandazioni sul Programma nazionale di riforma 2012 dell'Italia ed il parere sul Programma di stabilità (PDS) per gli anni 2012-2015. Con riferimento a quest’ultimo, il Consiglio raccomanda di attuare la strategia di bilancio prevista dai documenti di finanza pubblica presentati dal Governo italiano e di garantire che il disavanzo eccessivo fosse corretto nel 2012. Il Consiglio rilevava che il programma di stabilità conferma l’obiettivo di medio termine (OMT) relativo ad una posizione di bilancio di sostanziale equilibrio in termini strutturali da raggiungere nel 2013, a fronte di uno sforzo medio annuo superiore allo 0,5 per cento e di una evoluzione della spesa in linea con il parametro di riferimento. Tale percorso, contraddistinto da avanzi primari strutturali positivi, consentiva di riportare il rapporto debito/Pil su un trend decrescente già dal 2013.
I dati ufficiali più recenti (Istat, 1° marzo 2013), con riferimento all’esercizio appena trascorso, indicano un indebitamento netto più elevato rispetto a quello stimato nel PDS - DEF 2012 (-1,7 per cento) e nella successiva Nota di aggiornamento (-2,6 per cento), e pari al 3 per cento: tale valore coincide con la soglia di riferimento prevista dal Trattato. Con riferimento al debito, il dato Banca d’Italia evidenzia un’incidenza sul PIL pari al 127 per cento (126,4 per cento nella Nota).
Indebitamento netto strutturale
Dati i parametri di bilancio e le procedure di valutazione degli impegni assunti dai singoli Stati membri con il Patto di Stabilità e Crescita ed il Fiscal compact, assume poi una particolare rilevanza, tra le variabili dei conti pubblici alla base della programmazione di medio periodo della finanza pubblica e delle decisioni di politica fiscale, un ulteriore risultato differenziale, costituito dall’indebitamento netto strutturale.
Il saldo così definito è pari all’indebitamento netto corretto per gli effetti del ciclo economico sulle componenti di bilancio e per gli effetti delle misure una tantum, che influiscono solo temporaneamente sull’andamento del disavanzo.
La fissazione degli obiettivi in termini di saldo strutturale riflettono, infatti, l’impegno del paese per il raggiungimento dell'Obiettivo di Medio Termine (OMT) concordato in sede europea, che risulta coerente con la riduzione programmatica del debito pubblico nel lungo periodo.
Dati gli obiettivi strutturali e considerata la posizione dell'economia rispetto al ciclo, ne deriva l’obiettivo di indebitamento netto della PA, cioè quel valore di saldo nominale che consente di realizzare il percorso di consolidamento desiderato.
L’obiettivo programmatico viene poi confrontato con l'andamento tendenziale per definire l'aggiustamento necessario.
L’indebitamento netto strutturale esprime il saldo corretto per il ciclo, vale a dire un risultato che misura il saldo del settore delle pubbliche amministrazioni al netto dell'impatto delle fluttuazioni economiche. Esso consente di distinguere le variazioni automatiche di entrata e di spesa rispetto alla componente discrezionale di politica fiscale, e di valutare il carattere espansivo o restrittivo di questa a fronte dell’andamento macroeconomico (fiscal stance).
Variabili utilizzate per il saldo strutturale
Le variabili utilizzate per l’analisi della finanza pubblica corretta per il ciclo sono costituite dal Pil potenziale, dall’ output gap e dalle misure una tantum.
Il PIL potenziale rappresenta il livello teorico massimo di produzione che un paese può raggiungere senza causare tensioni inflazionistiche. Esso esprime, pertanto, i fondamentali dell’economia e la componente strutturale della crescita, cui si confronta l’andamento registrato in un determinato momento del ciclo economico. Il PIL potenziale non è direttamente osservabile ma risulta, secondo la metodologia approvata dall’Ecofin e utilizzata dagli Stati membri per il calcolo degli indicatori strutturali richiesti dal Programmi di stabilità , dalla stima statistica prodotta utilizzando sia i valori effettivamente registrati a consuntivo negli anni precedenti, sia il valore del PIL atteso nel periodo di previsione.
La deviazione del PIL effettivo rispetto al valore potenziale è rappresentato dall’ output gap (pari alla differenza in livello tra PIL effettivo e PIL potenziale, rapportata al PIL potenziale).
Il prodotto tra l’output gap e la stima della sensibilità al ciclo delle entrate e delle spese correnti costituisce la componente ciclica del saldo di bilancio. La sensibilità del saldo di bilancio all’andamento del PIL è un parametro, il cui valore, individuato sulla base degli andamenti registrati nell’arco di un decennio, viene periodicamente aggiornato in sede europea; esso è attualmente pari per l’Italia a 0,5, quale somma delle elasticità delle entrate e delle spese.
Per ottenere il saldo strutturale (l’indebitamento netto o il saldo primario), occorre in primo luogo depurare il saldo nominale dalla sua componente ciclica: se negativa, tale componente migliora il saldo in termini strutturali; viceversa in caso di componente ciclica positiva.
Misure una tantum
Il saldo corretto per il ciclo va poi depurato delle misure una tantum, sottraendo sia le entrate che le spese identificate come straordinarie: in caso di prevalenza delle prime sulle seconde il saldo strutturale risulterà peggiore del saldo corretto per il solo ciclo, viceversa in caso di prevalenza delle spese sulle entrate. Deve peraltro segnalarsi come la normativa comunitaria (Codice di condotta) non individui precisi criteri di definizione in base ai quali catalogare con certezza le diverse misure di spesa o di entrata. Il Codice si limita a definire come una tantum e temporanee quelle misure che hanno un impatto transitorio sui saldi di bilancio e che non apportano variazioni significative all’evoluzione di lungo periodo della finanza pubblica. A fini esemplificativi sono incluse tra le una tantum la vendita di beni patrimoniali non finanziari, gli incassi derivanti da aste di vendita di licenze di proprietà pubblica, i condoni fiscali, gli incassi derivanti dal trasferimento di obblighi pensionistici e le spese di emergenza di breve periodo connesse a disastri naturali.
Output gap
Come evidenziato dalle variabili sopra descritte, sulla determinazione dei saldi strutturali risulta determinante sia il segno che l’ampiezza dell’output gap, ossia la distanza dell’economia dal suo potenziale di crescita. E’ pertanto da notare che in presenza di una crescita ridotta o nulla del PIL potenziale anche tassi estremamente contenuti del PIL effettivo possono contribuire alla chiusura dell’ output gap.
Poiché tuttavia tale grandezza non è direttamente osservabile ma è il risultato di stime, ne derivano due conseguenze: i) difficilmente il calcolo del PIL potenziale è in grado di cogliere appieno i punti di inversione del ciclo e gli effetti di cambiamenti strutturali; ii) la variazione del valore atteso del PIL per il periodo di previsione o le modifiche riguardanti i dati di consuntivo (conseguenti anche a revisioni contabili) determinano una revisione del PIL potenziale, e quindi dell’output gap, anche negli anni in cui non si è verificata alcuna variazione nella crescita effettiva (o attesa).
Il decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, reca una serie di misure finalizzate a stabilizzare, mediante un consistente intervento correttivo sui conti pubblici incentrato sul contenimento della spesa e sul contrasto all'evasione fiscale, il quadro finanziario per il triennio 2011-2013, in conformità agli impegni assunti in ambito europeo, nonché a sostenere, al contempo, lo sviluppo e la competitività economica nazionale.
Il D.L. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, contiene un articolato insieme di interventi, recanti riduzioni di spesa e di aumento delle entrate, diretti a conseguire gli obiettivi di finanza pubblica indicati nella Nota di aggiornamento al DPEF 2010-2013 e confermati in sede europea in occasione della presentazione, nel gennaio 2010, dell’aggiornamento annuale del Programma di stabilità .
La correzione dei conti pubblici prevista dal decreto risponde alla raccomandazione dell’Ecofin del 30 novembre 2009, che ha invitato l’Italia definire in dettaglio, nel corso del 2010, la strategia di consolidamento necessaria per la correzione del disavanzo eccessivo, al fine di riportare l’indebitamento netto al di sotto della soglia di riferimento del 3 per cento del PIL entro il 2012. Come specificato nella Nota informativa presentata dal Governo il 16 giugno 2010, poco dopo la presentazione del decreto , il provvedimento costituisce lo strumento per attuare la correzione delineata nella Relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica (RUEF) e risponde all’impegno concordato dal Governo in ambito europeo.
L’emergere di tensioni sui mercati finanziari a seguito della crisi della Grecia ha reso più urgente l’intervento, inducendo il Governo ad anticipare la manovra correttiva rispetto alla scadenza del 15 ottobre fissata dalla legge di contabilità (legge n. 196/2009) per la presentazione del progetto di bilancio e della legge di stabilità .
Le misure contenute nel decreto legge comportano un impatto limitato nel 2010 sull’indebitamento netto, mentre determinano una correzione del saldo medesimo pari a circa 12 miliardi per il 2011 ed a circa 25 miliardi in ciascuno degli anni 2012 e 2013, pari allo 0,75 per cento del PIL nel 2011 e all’1,5 per cento circa in ciascuno degli anni 2012 e 2013.
Le modifiche introdotte dal Senato e confermate dalla Camera hanno determinato una ulteriore lieve riduzione dell’indebitamento netto, che lascia comunque invariata l’incidenza sul PIL della manovra.
Per quanto concerne la sua composizione, gli effetti correttivi sono riconducibili prevalentemente (62,2 per cento nella media del triennio) ad un contenimento della spesa e, al suo interno, della componente di parte corrente.
Rispetto al testo iniziale, le modifiche introdotte determinano un maggior contributo alla manovra netta da parte delle entrate (dal 35,5 in media nel triennio nel testo iniziale al 37,8 per cento nel testo all’esame della Camera); all’interno della spesa si riduce invece l’apporto assicurato da quella in conto capitale (dal 4,6 al 3,1 per cento).
Rispetto agli andamenti tendenziali, come rilevati dalla RUEF, la manovra determina una riduzione della spesa primaria di circa l’1 per cento nel 2011 e del 2 per cento nel 2012.
Per quanto riguarda le entrate, le misure ne determinano un aumento rispetto alla legislazione vigente pari allo 0,6 per cento nel primo anno e all’1,4 per cento nel secondo.
Le misure correttive incidono soprattutto su alcuni settori.
Particolare rilievo assumono le misure correttive poste a carico delle Amministrazioni regionali e locali, che rappresentano una quota della manovra complessiva pari alla metà nell’esercizio 2011 (6.300 milioni) e a un terzo (8.500 milioni annui) nei due esercizi successivi.
Un ulteriore ambito di intervento è riferibile al pubblico impiego, per il quale si prevedono, in termini di indebitamento netto, minori spese pari a circa 921 milioni di euro per il 2011, 1.407 milioni di euro e 1.766 milioni di euro per il 2013. In tale ambito, tra le misure di contenimento delle spese si ricordano il blocco della contrattazione per il triennio 2010-2012, la riduzione dei trattamenti economici superiori ai 90.000 euro annuali, per la quota eccedente tale limite. Tale intervento è stato peraltro dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza della Corte Costituzionale n. 223 dell'11 ottobre 2012.
Vi è inoltre la previsione di limiti al trattamento retributivo dei magistrati, la sospensione dell’adeguamento retributivo ordinariamente spettante sia al personale dirigenziale che a quello delle qualifiche contrattualizzate. Una riduzione dei trattamenti è prevista anche in relazione a quelli spettanti a Ministri e Sottosegretari non parlamentari e agli addetti agli uffici di diretta collaborazione dei Ministri.
Numerose sono altresì le misure previste in materia di previdenza, nell’ambito della quale rilevano gli interventi per contrastare agli abusi in materia di invalidità civile e le misure, richieste dall’Unione europea, volte ad allineare l'età pensionabile delle donne nel pubblico impiego al requisito di 65 anni di età . Un ulteriore intervento, volto a conseguire effetti strutturali di minore spesa che si manifestano a partire dal 2012, concerne la modifica delle decorrenze (le c.d. “finestreâ€) per la decorrenza del trattamento pensionistico, che ha l’effetto di un posticipo dell’età effettiva di accesso al trattamento medesimo; sono state altresì introdotte alcune disposizioni concernenti la correlazione dell’età di pensionamento rispetto all’andamento della speranza di vita.
Sul versante delle entrate, particolare rilevo assumono gli interventi in materia tributaria, e segnatamente, le misure di potenziamento della lotta all’evasione di fiscale e contributiva, le quali operano su un duplice piano: da un lato, attraverso l’introduzione di più efficaci strumenti di accertamento, dall’altro, attraverso la focalizzazione dell’attività di ispezione e controllo su determinati segmenti di contribuenti, i cui comportamenti appaiono a più elevato rischio di evasione. In tale ambito si prevede, tra l’altro, l’adeguamento alle disposizioni comunitarie delle limitazioni all’uso del contante e dei titoli al portatore, un aggiornamento dell’accertamento sintetico (il c.d. redditometro), il contrasto al fenomeno delle imprese “apri e chiudi†nonché a quello delle imprese in perdita sistemica.
Unultimo filone di interventi, che configurano di norma misure espansive recanti maggiori spese o minori entrate, è finalizzato al sostegno dello sviluppo, anche attraverso misure di semplificazione burocratica. In tale ambito sono annoverabili gli interventi volti a realizzare una fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno, le norme dirette a istituire un regime fiscale di attrazione europea, gli interventi a favore delle reti di imprese, le misure tese ad istituire nel Meridione "zone a burocrazia zero", la semplificazione delle procedure per l'avvio e l'esercizio di imprese con la segnalazione certificata di inizio attività , nonché gli incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero.
Nella seconda metà del 2008 l’economia italiana ha cominciato a far registrare su base congiunturale gli effetti del deterioramento della crescita dovuti alle turbolenze dei mercati finanziari, innescate dalle insolvenze dei mutui sub-prime negli Stati Uniti già a partire dall’anno precedente, e alla forte contrazione del commercio internazionale.
Il Documento di programmazione economico-finanziaria 2009-2013 presentato dal nuovo Governo a fine giugno 2008 aveva evidenziato che le incognite sull’effettiva ampiezza e durata della crisi finanziaria internazionale, associata al forte rialzo del petrolio, delle materie prime e dei prodotti alimentari rappresentavano fattori di rischio che rendevano incerto il quadro della crescita.
In tale quadro di incertezza il Documento, nell’introdurre per la prima volta una manovra su base triennale, presentava un pacchetto di provvedimenti legislativi correttivi volti a ridurre la spesa pubblica, la riforma del federalismo fiscale e misure di perequazione tributaria, stimando una variazione positiva di PIL per il 2008 pari allo 0,5 per cento, ulteriormente rafforzata nel 2009 da una crescita in aumento allo 0,9 per cento.
Una prima rettifica in negativo di tali previsioni è stata effettuata a fine settembre 2008 con la presentazione della Nota di aggiornamento e della collegata Relazione previsionale e programmatica per il 2009 (RPP), considerato il netto peggioramento delle prospettive economiche, anche a causa della rapida trasmissione sull’economia reale della crisi finanziaria arrivata al suo apice con il fallimento della banca d’affari Lehman Brothers a metà settembre.
La RPP 2009 riduceva la stima della crescita nel 2008 a livelli prossimi allo zero (0,1%) e ritoccava quella per il 2009 allo 0,5 per cento. Anche i principali organismi internazionali di previsione riducevano le stime di crescita per l’Italia e alla fine del 2008 la Commissione europea ed il Fondo monetario internazionale stimavano per l’Italia una variazione della crescita a valori nulli e negativi per il 2008 e, ancora più marcatamente, per il 2009.
Per fronteggiare i crescenti timori sulla tenuta dei sistemi finanziari e i segnali di contrazione dell’economia, sono state adottate da parte dei governi e delle autorità monetarie numerose misure di contrasto della crisi. La Commissione europea, nel novembre 2008, ha presentato uno specifico piano di ripresa (European Economic Recovery Plan), provvedendo contestualmente a posticipare i termini per la presentazione dei Programmi di stabilità da parte dei Paesi membri, per consentire l’inserimento nei rispettivi quadri di finanza pubblica degli effetti delle nuove misure anticrisi adottate. L’Italia, in particolare, ha adottato nel mese di ottobre del 2008 due decreti-legge (155/2008 e 157/2008) che hanno introdotto misure straordinarie per garantire la stabilità del sistema bancario e la tutela del risparmio. Ulteriori interventi sono stati poi adottati, rispettivamente nei mesi di novembre 2008 e febbraio 2009, per ridurre l’impatto negativo della crisi sull’economia con il decreto-legge n. 185 del 2008 (c.d. primo decreto anticrisi) con il quale, oltre a norme concernenti il sistema creditizio, sono state introdotte misure di sostegno dell’economia. Tali misure sono state estese anche in altri ambiti dal secondo decreto anticrisi (D.L. 5/2009) che ha previsto, tra l’altro, incentivi per il rilancio dei consumi nel settore automobilistico e dei beni durevoli.
Rispetto alla previsioni formulate a settembre, pertanto, la Nota informativa del febbraio 2009, predisposta dal Ministro dell’economia e delle finanze in relazione all’aggiornamento del Programma di stabilita' dell’Italia presso le istituzioni europee, ha rivisto al ribasso tutti gli indicatori economici, riportando per la prima volta un dato negativo sulla crescita per il 2008 (-0,6%) e per il 2009 (-2%), al di sotto della media dell’Area euro. Il consuntivo della crescita del PIL per il 2008 è stato successivamente calcolato dall’ISTAT ad un livello del -1,0 per cento, due punti e mezzo più basso rispetto a quello dell’anno precedente (1,5% nel 2007).
La contrazione della crescita è proseguita per tutto il primo trimestre 2009, provocando in tutti i paesi industrializzati e in Europa, un rapido e progressivo calo degli indici relativi alla fiducia dei consumatori e degli investimenti privati e determinando un quadro congiunturale di recessione.
La Relazione unificata per l’economia e la finanza (RUEF 2009) dell’aprile 2009, conseguentemente, ha corretto ulteriormente la previsione del PIL per il 2009 a-4,2 per cento, in base al peggioramento delle stime riguardanti la spesa delle famiglie residenti, le esportazioni nette e gli investimenti delle imprese, benché parzialmente compensati da una variazione positiva della spesa pubblica, ascrivibile ai piani di intervento a sostegno dell’economia reale. La RUEF 2009, segnalava inoltre come la crescita dell’Italia potesse tornare su valori positivi già dal 2010 (+0,3%) e proseguire in aumento nel 2011 (+1,2%).
Successivamente, il Documento di programmazione economico-finanziaria 2010-2013 approvato nel luglio 2009, ha rivisto le previsioni per l’anno in corso alla luce delle nuove stime di carattere macroeconomico, meno favorevoli per tale anno ma con segnali di attenuazione delle spinte recessive per gli anni successivi.
Per il 2009 il PIL è stato infatti stimato in riduzione ad un livello del -5,2 per cento, rispetto al -4,2 per cento indicato nella RUEF 2009. La previsione relativa all’inversione del ciclo a partire dal 2010 è stata invece rafforzata al livello positivo dello 0,5% ed ulteriormente migliorata nel 2011 (+2,0%)
Il miglioramento è stato ascritto in particolare alle misure anticrisi adottate tra la fine del 2008 ed i primi mesi del 2009, alle quali si aggiunge il terzo provvedimento anticrisi, costituito dal decreto-legge 1° luglio 2009 n. 78 con cui, come precisato nel DPEF, sono stati previsti impieghi per circa 11,5 miliardi negli anni 2009-2012 (poi divenuti 17 miliardi a seguito delle modifiche introdotte nel corso dell’esame parlamentare), mediante l’utilizzo di quota parte delle maggiori entrate e delle minori spese legate al decreto stesso, con effetti neutrali sulla finanza pubblica. Nel Documento in particolare viene sottolineata l’importanza di proseguire nel dopo-crisi il percorso di risanamento dei conti, anche in continuità con gli impegni assunti in sede europea.
La Nota di aggiornamento al DPEF 2010-2013 e la Relazione previsionale e programmatica (RPP per il 2010), alla quale la Nota rinvia con riferimento all’analisi del quadro macroeconomico, presenta una revisione in positivo delle stime di crescita del PIL dell’Italia di quattro decimi di punto nel 2009 (-4,8%), sostanzialmente legate al rallentamento della crisi ed ai primi segnali di ripresa che si sono manifestati a livello internazionale a partire dall’estate. Anche il 2010 presenta un miglioramento della crescita che si attesta allo 0,7 per cento rispetto allo 0,5 per cento previsto nel DPEF 2010-2013.
La revisione del PIL per l’anno 2009 effettuata dalla Nota di aggiornamento risulta attestarsi su valori lievemente migliori di quelli contenuti nelle revisioni operate a settembre 2009 dall’OCSE (Interim Assessment) e dalla Commissione UE (Interim Forecast). In particolare, secondo le stime della Commissione, la contrazione del PIL in Italia per il 2009, pari al -5,0%, si mantiene di un punto percentuale peggiore rispetto alla media europea.
La Nota di aggiornamento 2010-2012, che è stata presentata dal Governo il 28 gennaio in concomitanza con l'aggiornamento 2009 del Programma di Stabilità dell'Italia, ha rivisto al rialzo di 0,4 punti percentuali, rispetto alla precedente Nota di aggiornamento al DPEF 2010-2013, le stime di crecita del Pil per il 2010 (fissate ora all'1,1%), lasciando invece immutate al 2% quelle relative al bienno 2011- 2012. Tale revisione delle previsioni ha tenuto conto delle attese di una ripresa più vigorosa del commercio mondiale e dell'andamento di alcuni indicatori, in base ai quali si evince, ad avviso del Governo, che le imprese stanno tra l'altro beneficiando delle agevolazioni da questo introdotte a favore degli investimenti in macchinari e degli acquisti di beni durevoli. Se, da una parte, si registrano alcuni segnali positivi, derivanti, ad esempio, dal grado di utilizzo degli impianti e dall'inversione del trend di caduta della produzione industriale, dall'altra permangono talune criticità , che si manifestano in particolare sul versante della concessione del credito bancario alle imprese, anche se effetti positivi potrebbero derivare, oltre che dalla c.d. "moratoria" sui prestiti alle imprese e alle famiglie, dalla costituzione di un fondo di investimento per le imprese, anche PMI, con l'apporto della Cassa depositi e prestiti S.p.A. e del sistema bancario, volto al rafforzamento strutturale delle imprese. Sullo sfondo rimangono comunque elementi di incertezza in ordine all'intensità e la tempistica della ripresa economica, anche in vista del venir meno delle misure di natura fiscale e monetaria adottate da governi e banche centrali per contrastare la crisi.
La revisione delle previsioni per il 2010 appare sostanzialmente in
linea con le nuove stime di crescita dell'Italia formulate dal FMI
con l'aggiornamento del World Economic Outlook di gennaio.
Il
grafico seguente riassume i valori relativi all’aggiustamento delle
previsioni operate dal Governo dall’inizio della legislatura con
riferimento alla crescita dell’economia italiana.
Il DPEF 2009-2013, primo documento programmatico della XVI Legislatura, presentato nel giugno 2008, ha introdotto una rilevante innovazione rispetto al passato prevedendo un’anticipazione della manovra triennale, con l’obiettivo del recupero di risorse finanziarie, pari ad un ammontare di circa 35 miliardi di euro, per la riduzione del deficit e del debito pubblico.
Il Documento tuttavia rivede in lieve peggioramento l’obiettivo di indebitamento netto per il 2008, fissandolo al 2,5 per cento del PIL rispetto al 2,4 per cento indicato dal precedente Governo nella Relazione unificata del marzo 2008, per cause ascrivibili al ridimensionamento del gettito tributario, ed in particolare delle imposte indirette e dell’IVA. Le nuove stime incorporano gli effetti delle misure adottate nei primi giorni della legislatura, finalizzate al sostegno della domanda e all’incremento della produttività , contenute nel D.L. n. 93 del 2008 . A consuntivo 2007, l’indebitamento netto era risultato pari all’1,9 per cento del PIL.
Nonostante gli effetti peggiorativi dovuti alla contrazione delle entrate tributarie anche per gli anni successivi al 2008, l’obiettivo programmatico di indebitamento netto fissato dal Governo per il 2009 viene stimato attestarsi su un livello pressoché coincidente con quello tendenziale, già individuato dalla RUEF di marzo, vale a dire il -2,0 per cento del PIL; ciò in considerazione dell’impatto correttivo della manovra, concentrato principalmente sulla riduzione della spesa pubblica attraverso l’applicazione di un limite preventivo alla crescita degli stanziamenti relativi alle missioni e ai programmi di bilancio. Per il 2010, l’indebitamento netto programmatico viene stimato al livello del -1,0 per cento, mentre nel 2011 tale saldo è previsto pressoché in pareggio (-0,1%).
La successiva Nota di aggiornamento (settembre 2008) ha rettificato di qualche decimo di punto i valori dell’indebitamento netto nel periodo di programmazione.
A seguito del consistente deterioramento del quadro economico, che ha causato la revisione al ribasso delle stime del tasso di crescita dell’economia alla fine del 2008 (v. § prec.), la Nota informativa 2009-2011 trasmessa alle Camere in relazione all’aggiornamento del Programma di stabilità e crescita presentato dall’Italia presso la Commissione europea nel febbraio 2009, ha previsto una sensibile correzione peggiorativa delle precedenti stime dei valori dell’indebitamento netto e dell’avanzo primario, con particolare riferimento al 2009 (rispettivamente da -2,1% a -3,7% e dal 3% all’1,3%) e agli anni successivi.
In relazione all’ulteriore caduta del PIL anche per il primo trimestre 2009 e in considerazione delle misure anticrisi varate per sostenere la crescita economica (v. § prec.), con la Relazione unificata per l’economia e la finanza (RUEF 2009) il Governo ha ulteriormente rettificato i saldi di finanza pubblica, rivedendo al ribasso gli obiettivi di indebitamento netto per il triennio 2009-2011, dopo la certificazione del risultato del 2008 (-2,7%) da parte dell’ISTAT.
Per il 2009 l’obiettivo di indebitamento è stato portato a -4,6 per cento del PIL, livello mantenuto pressoché stabile nei due anni successivi in considerazione della significativa riduzione delle entrate tributarie attese e dell’incremento della spesa corrente primaria per effetto delle misure anticicliche a sostegno dell’economia. Ad incidere su tale saldo è stato inoltre il ridimensionamento dell’avanzo primario, benchè lo stesso sia previsto mantenersi su livelli ancora positivi (0,4% nel 2009, 0,6% nel 2010 e 1,1% nel 2011).
Con il nuovo Documento di programmazione economico-finanziaria presentato 2010-2013, presentato nel luglio 2009, il Governo riduce ulteriormente le stime dell’indebitamento netto, pur affermando che grazie alla struttura del sistema finanziario dell’Italia, ed in particolare alla solidità derivante dal risparmio privato delle famiglie, vi sia minore necessità di intervenire a sostegno dello stesso rispetto a quanto previsto dalle strategie di contrasto della recessione adottate negli altri paesi industrializzati.
Il DPEF 2010-2013 afferma che, anche in considerazione dei vincoli di bilancio gravanti sull’Italia, gli interventi anticrisi sono stati varati curandone un impatto finale il più possibile neutrale sui saldi di finanza pubblica, attraverso l’utilizzo di coperture recate nei provvedimenti medesimi ovvero con riallocazione di risorse già disponibili.
Il peggioramento dell’indebitamento netto per l’anno in corso, rispetto alla precedente previsione della RUEF 2009, è stimato pari a 0,7 punti percentuali, vale a dire ad un livello del -5,3per cento nel 2009, con una progressiva risalita nel quadriennio successivo, benché in media su livelli di oltre 3 punti percentuali al di sotto del pareggio di bilancio. Secondo quanto riportato nel Documento, il peggioramento è sostanzialmente ascrivibile all’ulteriore ridimensionamento del gettito tributario, pari a circa lo 0,3 per cento del PIL, oltre che all’aumento della spesa pubblica derivante dall’impegno assunto dal Governo di accelerare i pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese.
Infine, la Nota di aggiornamento del DPEF 2010-2013, mantiene stabili gli obiettivi programmatici di indebitamento netto per il 2009 ed il 2010 previsti dal DPEF e, in linea con il miglioramento degli andamenti tendenziali, presenta una revisione - peraltro di modesta entità - degli stessi a partire dal 2011.
La Nota di aggiornamento 2010-2012 del gennaio 2010, che ha
riassunto l'aggiornamento 2009 del Programma di Stabilità dell'Italia ,
ha lasciato immutate le stime programmatiche relative all'indebitamento
netto nominale per il 2009 (-5,3) e per l'arco di previsione 2010
(-5,0%), 2011 (-3,9%) e 2012 (-2,7%). L'aggiornamento dei conti pubblici
ha rivisto alcune voci di entrata e di spesa corrente senza incidere
sui saldi complessivi. La spesa per interessi nel 2009 è risultata
più contenuta rispetto alle stime dello scorso settembre, mentre il
minore ammontare delle imposte dirette, causato dal ciclo economico
negativo, è stato sostanzialmente compensato dalle maggiori entrate in
conto capitale derivanti dagli introiti legati alla regolarizzazione dei
capitali detenuti all'estero (c.d. "scudo fiscale"). Per gli anni
successivi la diminuzione dell'indebitamento netto dovrebbe risultare
prevalentemente ascrivibile ad una correzione aggiuntiva sul saldo
primario.
Il progressivo mutare delle previsioni relative al
saldo dell’indebitamento netto, come sopra illustrate, è sintetizzato
nel grafico seguente.
L’andamento del debito pubblico dall’inizio della legislatura ha fatto registrare un andamento progressivamente crescente.
Il Documento di programmazione economico-finanziaria 2009-2013 (presentato nel giugno 2008) aveva fissato la previsione del debito pubblico in rapporto al PIL per il 2008 ad un livello del 103,9 per cento, più alto di 0,9 punti percentuali rispetto a quanto stimato dal precedente Governo nella RUEF del marzo 2008, ma sostanzialmente stabile rispetto al consuntivo del 2007 (104,1%).
Il quadro programmatico presentava una progressiva riduzione del debito negli anni, fino a raggiungere una soglia inferiore al 100% del PIL (97,2%) già nel 2011, anche grazie ad un costo medio di finanziamento tendenzialmente decrescente.
Con la Nota di aggiornamento al DPEF 2009-2013 (settembre 2008) il Governo confermava l’obiettivo del raggiungimento di un rapporto debito/PIL inferiore al 100% nel 2011, anche se per tale anno il valore stimato si collocava ad un livello più elevato (98,4% anziché 97,2%).
Una prima rilevante rettifica in aumento del rapporto debito/PIL si registra con la Nota informativa relativa al Programma di stabilità presentato dall’Italia alle istituzioni europee nel febbraio 2009, dovuta alla contrazione della crescita economica e all’incremento del fabbisogno annuo del settore statale per il 2008 di circa 0,5 punti di PIL rispetto alle stime delle RUEF 2008.
La dinamica di incremento del debito è ulteriormente rettificata in aumento con la Relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica dell’aprile 2009, che ne evidenzia un progressivo aumento fino al livello del 118,3 per cento nel 2011. A fine maggio 2009, la Banca d’Italia ha certificato un rapporto debito/PIL a consuntivo pari al 105,7 per cento nel 2008.
Con il DPEF 2010-2013 (presentato nel luglio 2009) la previsione relativa al debito per l’anno in corso è fissata al 115,3%, più alta di 9,6punti percentuali rispetto al risultato raggiunto nel 2008. Secondo il Documento tale peggioramento è prevalentemente ascrivibile alla contrazione del PIL nominale dovuta alle conseguenze della crisi finanziaria internazionale. La dinamica del rapporto è prevista in ulteriore aumento per il 2010 di quasi 3 punti percentuali rispetto all’anno precedente (+ 118,2%). Nel quadro programmatico delineato nel Documento, tuttavia, il debito pubblico dovrebbe tornare a ridursi a partire dal 2011, attestandosi al 118,0 per cento in tale anno, per poi continuare a scendere in modo più significativo nel biennio successivo.
Infine, la revisione degli obiettivi programmatici di debito contenuta nella Nota di aggiornamento al DPEF 2010-2013, presentata a settembre 2009, è in linea con gli andamenti tendenziali fino al 2010, in considerazione anche del criterio di prudenza fiscale scelto dal Governo nella strategia di contrasto della crisi, in base al quale le misure di spesa trovano copertura nell’ambito dei provvedimenti che le introducono.
A partire dal 2011, l’obiettivo di rapporto debito/PIL fissato dalla Nota di aggiornamento 2010-2012 evidenzia invece un percorso di riduzione lievemente più accentuato rispetto a quanto indicato nel DPEF, fino a raggiungere il 112,7% del PIL nel 2013.
La Nota di aggiornamento 2010-2012
del gennaio 2010 ha previsto il debito pubblico in rapporto al PIL in
aumento fino al 2010 e in discesa negli anni successivi, operando una
correzione migliorativa dell'andamento di 0,4 punti percentuali sia per
il 2010 che per il 2011.
Il grafico seguente riporta gli
aggiustamenti delle previsioni del rapporto debito/PIL contenuti dei
documenti di finanza pubblica del Governo.
Dopo la presentazione alle Camere del disegno di legge finanziaria per il 2009, in presenza dell’aggravarsi dei segnali di crisi economica che si manifestavano nel corso degli ultimi mesi del 2008, e che avevano dato luogo ad una revisione peggiorativa delle previsioni per il 2009 da parte di alcune istituzioni economiche internazionali (a novembre il PIL italiano 2009 veniva stimato con segno negativo da parte del Fondo Monetario Internazionale (FMI), con un -0,6%), viene effettuato un primo intervento d’urgenza con il decreto-legge 185/2008 che, oltre a misure di consolidamento del sistema finanziario, reca una serie di interventi di sostegno dell’economia.
Come riferisce la relazione illustrativa al provvedimento, le misure introdotte dal decreto-legge sono volte a:
Il provvedimento mantiene comunque l’obiettivo del rispetto dei vincoli finanziari, comportando effetti sostanzialmente neutrali sui saldi di finanza pubblica.
L’effetto anticongiunturale derivante dal decreto risulta pertanto affidato agli interventi di riallocazione e rimodulazione delle risorse, volti a conseguire effetti di sostegno ed impulso all’economia attraverso l’individuazione di specifiche misure e dei corrispondenti mezzi di copertura.
In relazione alla composizione ed all’ammontare della manovra, l’intervento di sostegno ammonta complessivamente, sia per nuove spese che per riduzioni di entrate, a circa 6,4 miliardi di euro per il 2009, 4,0 miliardi per 2010 e 4,9 miliardi per il 2011, utilizzati principalmente mediante le seguenti disposizioni:
Nell’intervento di sostegno rientrano altresì riduzioni fiscali connesse:
Ulteriori interventi di natura finanziaria sono effettuati mediante una riallocazione di risorse già previste a legislazione vigente: è questo il caso delle disposizioni che prevedono la riprogrammazione delle risorse nazionali finalizzate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate del Paese, che mira a concentrare le risorse che risultino disponibili nel Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) su obiettivi che vengono considerati prioritari per il rilancio dell’economia italiana, quali le opere pubbliche e l’emergenza occupazionale.
Per quanto concerne, infine, il reperimento dei mezzi finanziari necessari alla copertura delle misure sopraindicate, esso è affidato, oltre che ad alcune riduzioni di spesa, a nuove entrate pari complessivamente a circa 5,1miliardi euro per il 2009, 2,5 miliardi per il 2010 e 2,5 miliardi per il 2011. Le nuove entrate sono in particolare riferibili a disposizioni in materia di:
All'inizio del 2009 tutti gli indicatori economici evidenziavano un accentuarsi della crisi economica e, in conseguenza del peggioramento del quadro di finanza pubblica. Veniva perciò emanato, con il decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, un ulteriore intervento di sostegno all'economia.
Nonostante l’intervento operato con il primo decreto-legge anticrisi 185/2008 la congiuntura economica accentuava i segnali negativi, sia in Italia che negli altri paesi interessati dalla crisi, ove erano stati egualmente effettuati interventi di sostegno all’economia. Nella “Nota Informativa 2009-2011†prodotta dal Ministero dell’economia in relazione all’aggiornamento del Programma di stabilità presso le istituzioni europee, emergeva infatti un quadro connotato da peggioramenti sia della situazione macroeconomica (la previsione era per il 2009 di un PIL in diminuzione del 2%) sia, conseguentemente, degli indicatori di finanza pubblica, con riguardo in particolare alla crescita della spesa corrente primaria, alla riduzione delle entrate tributarie ed all’aumento dell’indebitamento.
Viene pertanto emanato un ulteriore provvedimento d’urgenza, costituito dal decreto-legge 5/2009 (A.C. 2187) con il quale si dispone un intervento di sostegno che dispiega i suoi effetti per il quinquennio 2009-2013. L’intervento ammonta complessivamente a poco meno di 1,8 miliardi di euro per il 2009 (e ad importi pari rispettivamente a 0,3 e0,4 miliardi per i due anni successivi), cui si fa fronte con un ammontare di risorse di pari importo, evitando in tal modo che ne derivino effetti negativi sui saldi finanziari.
L’intervento si attua principalmente attraverso le seguenti misure:
Come in precedenza detto, gli oneri derivanti dal provvedimento risultano coperti mediante alcune riduzioni di spesa (utilizzo di residui di bilancio concernenti agevolazioni non dovute) e maggiori entrate (da intensificazione dell’attività di controllo fiscale) al fine di realizzare - come l’altro intervento di sostegno operato con il decreto-legge 185/2008 - un effetto neutrale sui saldi di finanza pubblica.
Com’è noto, successivamente all’adozione di tale secondo provvedimento anticrisi, il quadro previsionale per l’anno in corso è rimasto fortemente negativo. In tale direzione risultano prospettati i dati previsionali contenuti nella Relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica (RUEF) presentata alla fine del mese di aprile, nella quale si stima una decrescita del PIL per il corrente anno pari al 4,2 per cento ed un debito pubblico che potrebbe raggiungere un livello pari al 117,1 per cento del PIL nel 2010 (rispetto al livello del 105,8 conseguito nel 2008). Tali stime venivano poi sostanzialmente confermate dalle previsioni di primavera della Commissione europea diffuse il 5 maggio.
L'andamento economico sfavorevole in corso nel 2009 persiste per tutto il primo semestre dell'anno, peggiorando, pur in presenza dei due decreti legge anti-crisi n. 185/2008 e n. 5/2009 già intervenuti, le previsioni sui conti pubblici per l'anno 2009 medesimo e per quello successivo. Con il decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, viene pertanto operato un nuovo intervento volto al rilancio economico. Il provvedimento reca inoltre un aggiornamento della manovra triennale varata nel 2008 con il decreto-legge n.112 del 2008.
Il quadro previsionale dei conti pubblici delineato nel mese di aprile dalla Relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica manifesta anche nei mesi successivi una tendenza al peggioramento, a causa del persistere della crisi economica. Nel Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) 2010-2013, presentato alle Camere nel mese di luglio, il Pil per il 2009 viene stimato su un valore negativo del 5,2 per cento, rispetto al -4,2 per cento previsto nella RUEF, ed analoghe dinamiche si registrano per tutti gli indicatori di finanza pubblica.
All’inizio del mese di luglio viene pertanto emanato il decreto-legge n. 78/2009 che, aggiungendosi alle misure già adottate con il decreto-legge n. 185/2008 e con il decreto-legge n. 5/2009, dispone un ulteriore intervento volto al contrasto della crisi ed al rilancio dell’economia. Il provvedimento conferma il criterio della prudenza fiscale che ha già caratterizzato i due precedenti decreti, disponendo impieghi pari complessivamente, secondo quanto stimato con riferimento al testo iniziale del provvedimento, a circa 11,5 mld. di euro per il quadriennio 2009-2012 – poi saliti a circa 17 mld. a seguito delle modifiche introdotte nel corso dell’esame parlamentare - per i quali la copertura è recata nelle maggiori entrate e nei risparmi di spesa derivanti dalle disposizioni del provvedimento medesimo, senza aggravi sui saldi di finanza pubblica.
Tali risorse sono reperite principalmente mediante:
Per quanto concerne gli impieghi possono tra l’altro segnalarsi:
Contestualmente alla entrata in vigore del decreto-legge in esame, è stato emanato il decreto-legge n. 103/2009, che ne ha modificato alcuni aspetti. In particolare è stata modificata la disciplina sulla regolarizzazione dei capitali detenuti all’estero, cosiddetto scudo fiscale, di cui è stato ampliato l’ambito di applicabilità , come più analiticamente illustrato nell’apposito tema.
Le maggiori entrate derivanti dalla misura in esame, non quantificate nel provvedimento, affluiscono ad apposita contabilità speciale per essere destinate all'attuazione della manovra di bilancio per gli anni 2010 e successivi.
Il vincolo della neutralità sui saldi finanziari mediante cui è stato operato l’intervento di rilancio contenuto nel decreto-legge in esame ne comporta una limitata efficacia correttiva sui conti pubblici. Il provvedimento, come precisa espressamente il DPEF, non incide sul livello dell’indebitamento per gli anni 2009-2012, determinando solo nel 2013 una marginale riduzione del deficit per 0,1 punti percentuali. Esso tuttavia determina una ricomposizione tra alcune voci dei conti medesimi, in tal modo aggiornando ed operando una “manutenzione†della manovra varata lo scorso anno con il decreto-legge n. 112 del 2008, cui si rinvia.
Il quadro dei saldi di finanza pubblica permane pertanto negativo nei primi anni del quinquennio considerato dal DPEF, in cui si prevede un indebitamento netto pari al 5,3 per cento del PIL nel 2009 ed al 5 per cento nel 2010, per giungere al 3,7 per cento al termine del periodo di previsione (2013). Peraltro, a seguito delle modiche apportate al decreto-legge n. 78/2009 nel corso dell’esame parlamentare, nonché in conseguenza di una evoluzione della crisi economica leggermente meno negativa di quanto previsto, nella Nota di aggiornamento presentata alle Camere a fine settembre, si prevede un andamento lievemente più positivo dei conti pubblici: l’indebitamento netto viene stimato infatti in miglioramento di complessivi 0,5 punti percentuali negli anni dal 2011 al 2013 rispetto a quanto previsto nel DPEF.
Il decreto legge 6 luglio 2011, n.98, convertito con con la legge 15 luglio 2011, n.111, reca misure per la stabilizzazione finanziaria e per il contenimento della spesa pubblica, con l'obiettivo di raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2014, secondo gli impegni assunti in sede europea. Dopo l'emanazione di tale provvedimento, tuttavia, il repentino acuirsi, nel mese di agosto, della crisi economico-finanziaria ha reso necessario un secondo intervento correttivo, operato con il decreto-legge 13 agosto 2011, n.138, per un ulteriore consolidamento dei conti e per l'anticipazione al 2013 del pareggio di bilancio.
Il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (L.n.111/2011) si inserisce nell’ambito del piano concordato in sede europea per il rientro dalla situazione di disavanzo eccessivo, in attuazione di quanto stabilito per il conseguimento degli obiettivi finanziari dal Documento di economia e finanza dell'aprile 2011. A tal fine il decreto-legge reca interventi principalmente in materia di riduzione dei costi della politica e degli apparati, controllo e monitoraggio della spesa delle amministrazioni pubbliche, contenimento della spesa per pubblico impiego, sanità , istruzione, previdenza, enti territoriali nonché disposizioni in materia di entrate e misure per lo sviluppo.
E’ previsto che il trattamento economico di titolari di cariche elettive e vertici di enti e istituzioni non possa superare la media ponderata rispetto al PIL degli analoghi trattamenti economici percepiti dai titolari di omologhe cariche nei 6 principali Stati dell'area Euro. Ulteriori misure riguardano: la riduzione del numero e del costo delle c.d. auto blu e aerei blu; il divieto di attribuire una serie di benefici ai titolari di incarichi o cariche pubbliche, elettive o conseguite per nomina, dopo la cessazione dall’ufficio; economie degli organi costituzionali e riduzioni delle dotazioni di CNEL, organi di autogoverno della magistratura e autorità indipendenti; la riduzione dell'ammontare dei rimborsi delle spese elettorali sostenute dai partiti politici.
Vengono ridotte le spese dei ministeri e si prevede l'avvio di un ciclo di analisi e valutazione della spesa (c.d. spending review) diretto alla definizione dei fabbisogni standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato, al fine di migliorarne l’efficacia e l’efficienza. Si dispone la soppressione, il riordino o la trasformazione di alcuni enti, quali la COVIP, Cinecittà –Luce, l' ICE e l' UNIRE.
Per la sanità è introdotta la quota di partecipazione di 10 euro, a carico dei cittadini non esenti, per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale. In materia previdenziale si dispone: un progressivo elevamento, a decorrere dal 1° gennaio 2020, da 60 a 65 anni del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia delle lavoratrici dipendenti private; il posticipo delle decorrenze del pensionamento di anzianità ; per il biennio 2012 e 2013, la disapplicazione della rivalutazione automatica dei trattamenti; l'applicazione anticipata al 1° gennaio 2013 dei nuovi criteri per l'elevamento dei requisiti per i trattamenti pensionistici e per l'assegno sociale in relazione all'incremento della speranza di vita; l’introduzione, dal 1° agosto e fino al 31 dicembre 2014, di un contributo di perequazione sui trattamenti pensionistici più elevati, pari al 5% per gli importi oltre i 90.000 euro lordi annui e fino a 150.000 euro, e del 10% per la parte eccedente i 150.000 euro.
Quanto al comparto istruzione, si prevedono la riduzione del numero delle istituzioni scolastiche dotate di autonomia e degli incarichi di dirigente scolastico, riduzioni complessive di personale e la razionalizzazione della spesa relativa all’organizzazione scolastica.
Nel patto di stabilita' interno si introducono nuovi criteri volti a premiare finanziariamente gli enti virtuosi e a penalizzare gli altri; viene aumentato il concorso di regioni ed enti locali al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.
Tra le misure tributarie si segnalano: l’incremento dell'aliquota IRAP nei confronti di alcuni soggetti passivi e dell’ammontare dell'imposta di bollo sulle comunicazioni relative ai depositi di titoli inviati dagli intermediari finanziari; l’introduzione, a partire dal 2011, di una addizionale erariale della tassa automobilistica per le autovetture e per gli autoveicoli per il trasporto promiscuo di persone e cose, pari a dieci euro per ogni chilowatt di potenza del veicolo superiore a 225 chilowatt; la conferma dal 1° gennaio 2012 degli aumenti delle aliquote di accisa sui carburanti. Sono inoltre razionalizzati i procedimenti di irrogazione delle sanzioni tributarie e di rimborso delle spese relative alle procedure esecutive all'agente della riscossione; viene introdotta una più restrittiva disciplina fiscale delle cd. stock options e dei bonus corrisposti a dirigenti e collaboratori di imprese operanti nel settore finanziario; un insieme di norme concernono, inoltre, la materia dei giochi e delle scommesse.
Tra le misure recanti un significativo impatto finanziario si segnala, infine, la riduzione del 5 per cento per l’anno 2013 e del 20 per cento a decorrere dall’anno 2014 dei numerosi regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale indicati in apposito allegato del decreto. Viene tuttavia disposta la c.d. "clausola di salvaguardia, stabilendo che tale disposizione non si applichi, qualora entro il 30 settembre 2013 siano adottati provvedimenti legislativi in materia di riordino della spesa fiscale e assistenziale, tali da determinare effetti positivi, ai fini dell’indebitamento netto, non inferiori a 4 miliardi di euro per il 2013 ed a 20 miliardi di euro annui a decorrere dal 2014.
Per quanto concerne le misure per lo sviluppo, tra esse si segnalano: alcune agevolazioni fiscali e contributive per il 2012 su emolumenti destinati ai lavoratori dipendenti del settore privato; un regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile ed i lavoratori in mobilità ; una razionalizzazione della rete distributiva dei carburanti; disposizioni in materia di liberalizzazione dei servizi e delle attività economiche; un progetto strategico per interventi finalizzati alla realizzazione dell’infrastruttura di telecomunicazione a banda larga e ultralarga; specifici incentivi a vantaggio dei sottoscrittori di "Fondi di Venture Capital" specializzati nelle fasi di avvio delle nuove imprese; l’istituzione di un nuovo “Fondo infrastrutture ferroviarie e stradaliâ€; l’istituzione di una Società di gestione del risparmio avente il compito di istituire fondi che partecipano a quelli immobiliari costituiti da enti territoriali; il regime sperimentale di apertura e chiusura per gli esercizi commerciali nelle località turistiche e città d’arte; l’istituzione dell’Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali.
In materia di ordinamento giudiziario si introducono disposizioni per la gestione dei procedimenti civili, amministrativi e tributari pendenti, nonché misure finalizzate a ridurre ed accelerare il contenzioso in materia previdenziale e assistenziale.
Il decreto legge contiene misure finanziarie dirette a conseguire gli obiettivi di finanza pubblica indicati nel Documento di economia e finanza (DEF) e nel Programma di Stabilità predisposti dal Governo nell‘aprile 2011 (ed oggetto di una raccomandazione del 7 giugno della Commissione europea).
Rispetto alla correzione indicata nel testo iniziale del provvedimento, pari a circa 18 miliardi nel 2013 e 25 miliardi nell’anno successivo, la manovra è stata rafforzata nel corso dell’esame presso il Senato, risultando pari, in termini di riduzione dell’indebitamento netto a circa 2,1 miliardi nell’esercizio in corso, 5,6 miliardi nel 2012, 24,4 miliardi nel 2013 e 47,9 miliardi (2,7, del Pil) nel 2014. In tal modo essa risulta anche superiore - mantendosi in tal modo un margine di manovrabilità rispetto alla futura evoluzione del quadro macroeconomico - a quanto previsto nel DEF e nel Programma di stabilità , ove era indicata una correzione pari a circa 20 miliardi nel 2013 e 40 miliardi nel 2014.
In aggiunta alla manovra di consolidamento già operata con il decreto-legge 6 luglio 2011, n.98, il provvedimento - che persegue l'obiettivo di anticipare al 2013 il conseguimento del pareggio di bilancio - reca un nuovo intervento correttivo sui conti pubblici, i cui effetti positivi sui saldi sono stati incrementati, rispetto a quanto previsto nel testo iniziale, nel corso dell’esame parlamentare. Esso prevede, in particolare, un miglioramento dell’indebitamento netto di 0,7 miliardi nel 2011, 22,7 miliardi nel 2012, 29,9 miliardi nel 2013 e 11,8 miliardi nel 2014 (in termini di Pil , pari rispettivamente allo 0,04 nel 2011, all’1,4 nel 2012, all’1,8 nel 2013 ed allo 0,7 nel 2014).
Per quanto concerne le entrate, i contributi più rilevanti derivano dagli interventi sui giochi e sulle accise dei tabacchi (1,5 mld annui), sulle rendite finanziarie (circa 3 mld nel biennio 2012-2013 e 1,9 mld. nel 2014), dalle norme di contrasto all’evasione (0,7 mld nel 2012 ed 1,6 mld negli anni successivi), dalla riduzione delle agevolazioni fiscali (4 mld nel 2012 e 16 mld nel 2013) e dall’aumento dell’IVA (4,2 mld annui). I risparmi di spesa sono riconducibili principalmente alle riduzioni delle dotazioni finanziarie dei Ministeri (6 mld nel 2012 e 2,5 mld nel 2013) e alla revisione del patto di stabilità interno per gli enti territoriali (4,2 mld nel 2012 e 3,2 mld nel 2013).
Sul versante della spesa si prevedono ulteriori riduzioni di 6 miliardi di euro per l'anno 2012 e di 2,5 miliardi di euro per l'anno 2013 delle dotazioni finanziarie dei Ministeri – accompagnate dal riconoscimento, in deroga alle norme di contabilità , di una ampia flessibilità nella possibilità di variare le relative dotazioni di bilancio. Viene inoltre disposta la presentazione al Parlamento, entro il 30 novembre 2011, di un programma per la riorganizzazione della spesa pubblica, diretto a implementare le possibili strategie di miglioramento dei risultati ottenibili con le risorse stanziate, cui dovrebbe seguire l’avvio, a partire dal 2012, di un ciclo di revisione della spesa mirata alla definizione dei costi standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato. Ulteriori misure attengono alla riduzione delle dotazioni organiche del personale.
In ordine agli enti territoriali viene ridefinita e anticipata all’anno 2012 la misura aggiuntiva del concorso finanziario loro imposto per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, nonché anticipata all’anno 2012 sia l’applicazione del meccanismo dei parametri di virtuosità ai fini della distribuzione tra gli enti territoriali degli obiettivi finanziari del Patto di stabilità interno, sia la possibilità per le regioni di modificare l’aliquota di base dell’addizionale regionale IRPEF. Le norme rimodulano, inoltre, le misure degli incrementi alle aliquote di base che possono essere apportati, nel tempo, dalle regioni e prevedono, dal 2012, il ripristino del potere, in capo ai comuni, di deliberare aumenti dell’aliquota dell’addizionale comunale all’IRPEF. Gli enti territoriali potranno tuttavia beneficiare delle maggiori entrate derivanti dalle modifiche alla disciplina dell’addizionale IRES per i soggetti operanti nel settore energetico. Ulteriori disposizioni sono, infine, volte complessivamente ad incentivare la partecipazione dei comuni all’attività di accertamento tributario.
In materia pensionistica, si modifica la disciplina sul progressivo elevamento del requisito anagrafico delle lavoratrici del settore privato per la pensione di vecchiaia e per il trattamento pensionistico liquidato esclusivamente con il sistema contributivo, prevedendo l’innalzamento progressivo dal 2014, (anziché dal 2020), con l’entrata a regime della disciplina il 1° gennaio 2026 (anziché il 1° gennaio 2032). S’interviene, inoltre, sui termini per la corresponsione dei trattamenti di fine servizio dei dipendenti pubblici, prevedendo un posticipo di 6 mesi per i trattamenti riconosciuti per il raggiungimento dei limiti di età o di servizio e un incremento a 24 mesi (rispetto ai 6 mesi previsti dalla legislazione previgente) del posticipo per i trattamenti di fine servizio a seguito di pensionamento anticipato.
Sul versante delle entrate, vengono anticipati gli effetti finanziari del precedente decreto legge di manovra n. 98/2011 relativi alla riduzione delle agevolazioni fiscali (non inferiori a 4 miliardi di euro per il 2013 ed a 20 miliardi di euro annui a decorrere dal 2014), fissandoli, rispettivamente, al 30 settembre 2012 e a decorrere dal 2013. Viene, inoltre, introdotto un contributo di solidarietà a carico di tutti i contribuenti il cui reddito sia superiore a 300.000 euro lordi annui, per il periodo 1° gennaio 2011 – 31 dicembre 2013, pari al 3 per cento della quota eccedente tale importo. In materia di imposte indirette si aumenta dal 20 al 21 per cento della base imponibile l’aliquota dell’IVA, applicabile alle operazioni effettuate a partire dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. In materia di redditi di natura finanziaria, si prevede, a decorrere dal 1° gennaio 2012, l’unificazione delle attuali aliquote del 12,50 per cento e del 27 per cento, previste sui redditi di capitale e sui redditi diversi, ad un livello intermedio fissato al 20 per cento, con esclusione dei titoli di Stato ed equiparati. E’ introdotta un’imposta di bollo sui trasferimenti di denaro all’estero, dovuta in misura pari al 2 per cento dell’importo trasferito per singola operazione effettuata mediante banche, agenzie di “money transfer†e altri intermediari, dalla quale sono esenti i trasferimenti effettuati da soggetti muniti di matricola INPS e codice fiscale. Viene aumentata l’addizionale Ires (portandola dal 6,5% al 10,5%) per le imprese operanti nel settore energetico (c.d. Robin Tax). Si dispone, inoltre, la riduzione dei benefici fiscali a vantaggio delle società cooperative. Ulteriori entrate derivano dall’attribuzione all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato di un'ampia potestà nell'emanazione di disposizioni in materia di giochi pubblici, e al direttore generale di tale Amministrazione del potere di proporre al Ministro dell’economia e delle finanze l’aumento dell'aliquota di base dell'accisa sui tabacchi.
Per quanto concerne le disposizioni volte al contrasto dell’evasione fiscale si ricordano: la riduzione da 5.000 a 2.500 euro la soglia massima per l’utilizzo del contante e dei titoli al portatore; l’introduzione di sanzioni a carico dei professionisti iscritti ad albi o ordini ai quali siano state contestate reiterate violazioni dell’obbligo di emettere il documento certificativo dei corrispettivi; la maggiorazione, per le cd. società di comodo, di 10,5 punti percentuali sull'imposta sul reddito delle società (IRES) e l’estensione dell’applicazione della maggiorazione alle società che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per tre periodi d'imposta consecutivi; l’introduzione di una nuova ipotesi di tassazione per l’uso di beni intestati fittiziamente a società e l’indeducibilità dei costi relativi ai beni concessi ai soci o ai familiari per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato. Sempre in tale ambito si prevede un potenziamento dell’attività di accertamento effettuata dall’Agenzia delle Entrate, la quale viene altresì autorizza a elaborare specifiche liste selettive di contribuenti da sottoporre a controllo. E’ inoltre rivista la disciplina dei reati tributari con l’intento generale di eliminare disposizioni di favore o abbassare la soglia d’imposta evasa a partire dalla quale scatta l'applicazione delle sanzioni penali. È infine previsto il recupero delle somme non riscosse con i condoni e le sanatorie previsti dalla legge finanziaria 2003.
Il provvedimento reca disposizioni volte a rimuovere le restrizioni all'accesso e all'esercizio delle professioni e delle attività economiche, sulla base del principio secondo cui l’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge, salvo alcune restrizioni dettate per ragioni di pubblico interesse. Viene poi sostanzialmente ridefinita la disciplina dell’affidamento dei servizi locali di rilevanza economica, privilegiando la loro liberalizzazione e lasciando uno spazio ridotto all'affidamento diretto "in house", nonché destinata una quota del Fondo infrastrutture ad investimenti infrastrutturali effettuati dagli enti territoriali che procedono alla dismissione di partecipazioni in società esercenti servizi pubblici locali di rilevanza economica, diversi dal servizio idrico. Sono, inoltre, introdotte misure di semplificazione in materia di segnalazione certificata di inizio attività , denuncia e dichiarazione di inizio attività , mentre viene soppressa la norma, prevista nel testo originario del decreto, che prevedeva l’ampliamento della liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande.
Il decreto reca disposizioni volte al sostegno della contrattazione collettiva di prossimità , in base alle quali i contratti collettivi di lavoro aziendali o territoriali, sottoscritti dalle associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative, ovvero dalle rappresentanze sindacali operanti in azienda, possano realizzare specifiche intese, con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati, a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario di rappresentanza sindacale, finalizzate, tra l’altro, alla maggiore occupazione e qualità dei contratti di lavoro. Nella materie inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione che posssono essere oggetto delle intese (tra cui rientrano le mansioni del lavoratore, i contratti flessibili, l'orario di lavoro e, in particolare, le conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro), è prevista la possibilità di definire deroghe alle norme di fonte pubblica o contrattuale, fermo restando il rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dalle normative comunitarie. Sotto altro versante, il provvedimento interviene sulla disciplina dei fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua e detta specifiche norme in materia di tirocini formativi e di orientamento. Viene, infine, introdotta nel codice penale la nuova fattispecie di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Il provvedimento prevede la riduzione delle indennità parlamentari; l’incompatibilità della carica di parlamentare e di membro del Governo con cariche pubbliche elettive monocratiche in enti pubblici territoriali; l’obbligo di svolgimento dei referendum in un’unica data annuale; il dimezzamento del numero dei consiglieri e degli assessori provinciali. S’introducono, inoltre, una serie di parametri cui le regioni – ordinarie e speciali - devono adeguare la propria normativa, al fine di accedere alle misure premiali previste dalla disciplina del patto di stabilità per gli enti più virtuosi, tra i quali la riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori regionali; l'adeguamento degli emolumenti percepiti dagli stessi entro il limite dell’indennità massima spettante ai membri del Parlamento. Ulteriori norme concernono la riduzione dei costi relativi alla rappresentanza politica nei comuni e la razionalizzazione dell'esercizio delle funzioni comunali, attraverso l’obbligatorio esercizio in forma associata delle funzioni amministrative e dei servizi dei comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti. Viene infine esteso l’ambito soggettivo di applicazione del patto di stabilità interno, prevedendo che, a decorrere dall'anno 2013, la disciplina vigente in materia si applichi nei riguardi di tutti i comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti. Il provvedimento reca, da ultimo, ulteriori disposizioni di razionalizzazione della spesa, tra le quali la riduzione del numero dei componenti del CNEL da 122 a 72 e l’obbligo per determinate categorie di soggetti che per esigenze di servizio utilizzano il mezzo di trasporto aereo per gli spostamenti nei Paesi del Consiglio d’Europa, di viaggiare in classe economica.
Va altresì segnalato che il disegno di legge di conversione del decreto prevede una delega al Governo per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, attraverso la riorganizzazione degli uffici di primo grado (tribunali e giudici di pace) e l'accorpamento degli uffici requirenti. La delega è stata successivamente attuata con i decreti legislativi n.155 e n.156 del 7 settembre 2012.
Il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, con la legge 12 luglio 2011, n.106, contiene le prime disposizioni urgenti per l'attuazione dei programmi di finanza pubblica nazionale nel quadro del "semestre europeo".
Da gennaio di quest'anno ha preso avvio il c.d. "semestre europeo" , in base al quale la sorveglianza multilaterale dei bilanci nazionali si articola in una serie di fasi che prevedono, tra l’altro, la presentazione contestuale - entro il 30 aprile di ciascun anno - da parte degli Stati membri, dei programmi di stabilità o di convergenza (PSC) e dei programmi nazionali di riforma (PNR). Tali programmi divengono i principali documenti della programmazione economico-finanziaria dei singoli Stati. Gli Stati membri si impegnano quindi ad adottare tutte le misure necessarie per stimolare la competitività e l’occupazione, concorrere alla sostenibilità delle finanze pubbliche e rafforzare la stabilità finanziaria.
Il decreto-legge 70/2011 detta disposizioni in diverse materie: sono innanzitutto istituiti un credito d’imposta in favore delle imprese che finanziano progetti di ricerca in Università o enti pubblici di ricerca nella misura del 90 per cento della spesa incrementale di investimento e un credito d’imposta per 12 mesi per ogni lavoratore assunto a tempo indeterminato nelle regioni del Mezzogiorno. Nei territori costieri sono inoltre istituiti i Distretti turistici, cui si applicano disposizioni agevolative in materia amministrativa, fiscale, finanziaria e per le attività di ricerca e sviluppo.
Nel corso dell'esame alla Camera, sono state soppresse le norme in materia di demanio marittimo che intoducevano un diritto di superficie ventennale sulle aree inedificate formate da arenili, con esclusione delle spiagge e delle scogliere, ed è stato rifinanziato il credito d'imposta per gli investimenti nelle aree sottoutilizzate, già previsto dall'articolo 1, commi da 271 a 279, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, mediante il ricorso ai fondi strutturali europei.
La disciplina sugli appalti è modificata con riguardo alla finanza di progetto, alle disposizioni in materia di varianti, riserve e opere compensative, all’accordo bonario, ai requisiti di partecipazione alle gare, anche con l’istituzione, presso le Prefetture, di elenchi di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso (cd. white lists), alla realizzazione di infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale ("Legge obiettivo"). Sono quindi innalzati i limiti di importo per l'affidamento degli appalti di lavori mediante procedura negoziata e si modifica la procedura semplificata ristretta. E’ altresì modificata la disciplina delle autorizzazioni nell’edilizia privata. Al fine di attivare una politica di riqualificazione urbana, di agevolare interventi di sostituzione edilizia di immobili dismessi nonché di razionalizzare il patrimonio edilizio esistente. Infine, è demandato alle regioni il compito di incentivare le demolizioni e successive ricostruzioni.
In tema di federalismo demaniale, è previsto che possano essere attribuiti agli enti territoriali i beni oggetto di accordi o intese per la razionalizzazione o la valorizzazione dei patrimoni immobiliari già sottoscritti.
Numerose disposizioni di dettaglio mirano a ridurre gli oneri derivanti dalla normativa vigente (privacy e semplificazione amministrativa, depositi Gpl, transazioni finanziarie delle Asl on line, meccanismo del c.d. taglia-oneri amministrativi), anche in materia tributaria (attività di controllo nei confronti di pmi e microimprese, deroga allo statuto del contribuente in materia di accessi, detrazioni per redditi di lavoro dipendente, riscossione, “spesometroâ€, abolizione della scheda carburante, detrazioni per ristrutturazioni edilizie, deduzione “accelerata†delle spese fino a 1000 euro, rateizzazione dei debiti tributari, versamenti fiscali degli enti pubblici, accisa e Iva sul gas naturale, rivalutazione di terreni e quote).
In particolare, sono state modificate nel corso dell'esame in sede referente le disposizioni sul processo tributario, al fine di prevedere che l'istanza di sospensione debba essere decisa entro centottanta giorni dalla data di presentazione.Sono inoltre innalzati gli importi minimi dei debiti tributari per cui è possibile iscrivere ipoteca sui beni immobili del contribuente, nonché procedere ad espropriazione immobiliare. Ai fini del calcolo degli interessi dovuti sulle somme indicate nella cartella di pagamento scaduta (quando sono decorsi 60 giorni dalla notifica) non si tiene conto delle sanzioni e degli interessi indicati nella cartella medesima (cd. meccanismo anatocistico).
In materia di mutui, è stato disposto l’ampliamento della platea dei destinatari della disciplina sulla rinegoziazione dei mutui ipotecari a tasso variabile.
Con riferimento alle piccole e medie imprese le principali norme riguardano il reinserimento delle donne nel mondo del lavoro, il regime di attrazione europea, le procedure di amministrazione straordinaria, i titoli di risparmio per l’economia meridionale (la cui disciplina di attuazione è contenuta nel DM del 1° dicembre 2011), il fondo di garanzia PMI, il tasso usurario, i servizi pubblici locali di rilevanza economica, la modifica delle condizioni dei contratti bancari nei riguardi delle imprese, la rinegoziazione e portabilità dei mutui, i servizi di pagamento, la tassazione dei fondi immobiliari chiusi, i brevetti, nonché la cessione dei crediti agricoli per finanziamento.
Nel corso dell'esame in sede referente è stata prevista la soppressione dell’intero comma 10 dell'articolo 8, che limitava la tutela ai sensi della legge del diritto d’autore alle opere del disegno industriale che, anteriormente alla data del 19 aprile 2001 erano divenute di pubblico dominio a seguito della cessazione degli effetti della registrazione.
Il decreto-legge introduce infine nuove forme di contratti di programma per la ricerca con soggetti pubblici o privati, disciplina l'istituzione di una apposita Fondazione per promuovere la cultura del merito e la qualità degli apprendimenti nel sistema scolastico e universitario e detta disposizioni in materia di personale scolastico, con particolare riferimento ad un piano triennale di assunzioni e alla questione delle graduatorie.
Il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, reca una ulteriore manovra correttiva per il triennio 2012-2014, che si aggiunge a quella già operata con i precedenti decreti-legge n. 98 e n. 138 del 2011, al fine di rafforzare il consolidamento dei conti pubblici in presenza dell'accentuarsi della crisi finanziaria.
Il contesto di riferimento
Nel corso dell’ultimo bimestre del 2011 la congiuntura internazionale ha mostrato, nelle principali economie, segnali di debolezza. Nell’area dell’euro continuano, inoltre, a registrarsi forti turbolenze sui mercati finanziari, con particolare riferimento ai titoli dei debiti sovrani.
Tale evoluzione si è riflessa sull’economia nazionale, determinando un indebolimento delle prospettive macroeconomiche: il profilo di crescita del PIL reale viene stimato, secondo quanto riportato nella Relazione al Parlamento 2011, pari allo 0,6 per cento nel 2011; esso dovrebbe invece contrarsi a -0,4 per cento nel 2012, per poi risalire allo 0,3 per cento nel 2013 e all’1 per cento nel 2014.
Il mutamento del quadro macroeconomico e i conseguenti impatti sull’andamento tendenziale dei conti pubblici, hanno indotto il Governo ad adottare un ulteriore manovra correttiva di finanza pubblica, volta a salvaguardare l’obiettivo del raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013, in linea con quanto indicato nella Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (DEF) 2011 presentata nel settembre 2011 e conformemente con quanto concordato al Consiglio Europeo di ottobre.
Con il decreto legge n. 201 - che si aggiunge alle manovre di consolidamento dei conti già operate con il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 e il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 - vengono quindi introdotti ulteriori interventi correttivi pari circa all’1,3 per cento del PIL per ciascun anno dal 2012 al 2014 – equivalenti a circa 21 miliardi annui di manovra fiscale netta - unitamente ad un insieme di misure (circa 12 miliardi annui) volte a favorire la crescita e sostenere il lavoro e il sistema produttivo.
Dal lato della spesa, le principali misure di contenimento riguardano le pensioni e i trasferimenti agli enti territoriali, cui si aggiungono interventi di riduzione dei costi di funzionamento degli enti pubblici e degli apparati istituzionali.
Secondo quanto riportato nella suddetta Relazione al Parlamento 2011, nel settore previdenziale, le principali economie derivano da una serie di interventi (c.d."riforma Fornero") quali: a) il congelamento dell’indicizzazione delle pensioni superiori a 3 volte il trattamento minimo INPS nel 2012 e nel 2013; b) una revisione complessiva dei requisiti e dei criteri per l’accesso al pensionamento, con riguardo, tra l'altro, alla soppressione delle "quote" per l'accesso alla pensione di vecchiaia nonchè delle cosiddette "finestre"; c) l’incremento delle aliquote contributive a carico dei lavoratori autonomi.
Inoltre, si prevede, dal 2012, l’estensione anche a coloro che avevano più di 18 anni di contributi nel 1995 del metodo di calcolo contributivo della pensione su base pro-rata.
Quanto alle pensioni di vecchiaia, viene accelerato l’allineamento del requisito anagrafico per le lavoratrici del settore privato, che dal 2018 sarà pari a 66 anni per tutti i lavoratori.
In ordine alle pensioni di anzianità , viene abolito il sistema delle quote e innalzata la soglia dei 40 anni di contribuzione per l’accesso al pensionamento, che sarà pari, nel 2012, a 41 anni e un mese per le donne e 42 anni e un mese per gli uomini; si dispone, inoltre, una penalizzazione per i pensionamenti prima di 62 anni, pari all'1% per ogni anno di anticipo rispetto a tale età , con l'elevazione al 2% per ogni ulteriore anno di anticipo rispetto a due anni.
Inoltre, dal 2019, l’adeguamento dei requisiti anagrafici e contributivi all’evoluzione della longevità e il ricalcolo dei coefficienti di trasformazione utilizzati nel sistema contributivo per trasformare il montante in rendita saranno effettuati con cadenza biennale anziché triennale.
Tra le misure con più immediato e rilevante effetto finanziario si annoverano l’aumento delle aliquote contributive per artigiani e commercianti, nella misura dell'1,3% a partire dal 2012 e dello 0,45% per ogni anno successivo, fino al raggiungimento del livello del 24%, nonchè l’introduzione di un contributo di solidarietà a carico dei pensionati dei fondi speciali.
Sempre nell’ambito delle riduzioni di spesa, risparmi sono attesi da una riduzione dei trasferimenti al comparto delle Regioni a Statuto speciale e degli Enti locali.
Ulteriori risorse deriveranno, inoltre, dalla soppressione di enti e organismi e dalla riduzione dei costi di funzionamento di Autorità indipendenti, Province e altri enti pubblici; in tale ambito si prevede, tra l’altro, il trasferimento all’INPS delle funzioni dell’INPDAP e dell’ENPALS.
Dal lato delle entrate, che compongono circa i due terzi della manovra, le maggiori risorse sono reperite attraverso: l’introduzione anticipata dal 2014 al 2012 dell’imposta municipale propria (IMU), che viene estesa anche alle abitazioni principali - con aliquota, per quest'ultime, dello 0,4 per cento e detrazione base di 200 euro, cui si aggiunge una detrazione di 50 euro per ciascun figlio a carico fino a 26 anni purchè residente nell'abitazione principale - e l’aumento delle rendite catastali diversificato in funzione della categoria, l’istituzione, a partire dal 2013, del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, maggiori accise sui carburanti; un prelievo straordinariouna tantum sulle attività che sono state oggetto in passato di “scudo fiscale†con una aliquota pari all'1 ed all'1,35 per mille rispettivamente negli anni 2012 e 2013, e pari al 4 per mille dal 2014 e l’incremento dell’addizionale regionale IRPEF dallo 0.9% all'1,3%. Misure di tassazione specifiche sono previste anche per i beni di lusso, come le auto di grossa cilindrata, le barche e gli aerei privati.
Ai fini del contrasto all’evasione fiscale, il decreto interviene ampliando gli obblighi di comunicazione degli operatori finanziari all’anagrafe tributaria delle movimentazioni dei rapporti, riducendo il limite per la tracciabilità dei pagamenti fino a 1.000 euro e prevedendo l’obbligo per la PA di pagamenti telematici oltre i 500 euro. S’introduce, inoltre, un regime tributario premiale, volto a favorire la trasparenza e l’emersione di base imponibile, a favore dei soggetti che instaurino rapporti trasparenti con il fisco.
Sempre sul lato delle entrate si prevede un’estensione dell’applicazione dell’imposta di bollo su titoli, strumenti e prodotti finanziari, nonché l’incremento, a decorrere dal 1° settembre 2012, delle aliquote Iva del 10 e del 21 per cento di 2 punti percentuali e, a decorrere dal 1° gennaio 2013, di un ulteriore 0,5 per cento.
Le risorse reperite, oltre alla riduzione dell’indebitamento netto delle Pubbliche Amministrazioni per 20,2 miliardi nel 2012, 21,3 nel 2013 e 21,4 nel 2014, sono destinate, per una quota pari a circa 12 miliardi al 2014, al finanziamento di interventi a favore della crescita, delle imprese e del lavoro.
In particolare, le misure prevedono sgravi fiscali in favore delle imprese, quali: l’introduzione di un meccanismo di favore fiscale, denominato ACE, finalizzato a favorire una maggiore capitalizzazione delle imprese attraverso la deducibilità del nuovo capitale proprio; la deducibilità integrale dall’IRES e dall’IRPEF dell’IRAP relativa alla quota imponibile delle spese del personale; la deduzione dell’IRAP per favorire l’assunzione di donne e giovani di età inferiore a 35 anni assunti a tempo indeterminato.
Sul versante delle maggiori spese, si prevede il rifinanziamento del trasferimento alle regioni per il trasporto pubblico locale, l’accelerazione dell’utilizzo dei fondi strutturali europei e il rifinanziamento del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese.
Vengono, inoltre, rifinanziate le missioni di pace e previsti maggiori oneri per il settore dell’autotrasporto a compensazione dell’elevazione delle accise sui carburanti. Si provvede, infine, a stabilizzare nel tempo gli incentivi fiscali per le ristrutturazioni edilizie e per il risparmio energetico, estendendoli alle aree colpite da calamità naturali.
Il provvedimento reca, poi, una serie di misure per la crescita e la promozione della concorrenza. In tale ambito, si prevedono interventi di liberalizzazione per la vendita dei farmaci, per i trasporti e in materia di orari di apertura degli esercizi commerciali, nonché norme volte a eliminare restrizioni all’accesso e allo svolgimento di attività economiche.
Ai fini del rafforzamento del sistema finanziario e per la stabilità del sistema creditizio, vengono introdotte misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria, in base alle quali il Ministro dell'economia, fino al 30 giugno 2012, è autorizzato a concedere la garanzia dello Stato sulle passività delle banche italiane.
Il decreto contiene, infine, misure di sostegno all’innovazione e di rafforzamento delle politiche di agevolazione nell’accesso al credito delle imprese, intervenendo sulla disciplina del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca e del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, nonché una serie di misure volte a semplificare e accelerare la realizzazione di infrastrutture, con particolare riferimento a quelle di interesse strategico, e a incentivare il coinvolgimento dei privati nella realizzazione di opere pubbliche.
Il 26 aprile 2012 si è concluso, con l'approvazione di una risoluzione sia da parte della Camera che del Senato, l'esame parlamentare Documento di Economia e finanza 2012 (DEF), che costituisce il più importante documento di programmazione della politica economica e di bilancio nazionale, adottato nel quadro del Semestre europeo per il conseguimento degli obiettivi di crescita, sostenibilità e coesione sociale definiti nella Strategia Europa 2020.
Il Documento di economia e finanza (DEF) rappresenta il più importante documento di programmazione della politica economica nazionale, che delinea, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall’Italia per il rispetto del Patto di Stabilita' e Crescita europeo e il conseguimento degli obiettivi di crescita intelligente, sostenibile e solidale definiti nella Strategia Europa 2020.
Il DEF enuncia, dunque, le modalità e la tempistica attraverso le quali l’Italia intende conseguire il risanamento strutturale dei conti pubblici e centrare, entro il 2020, gli obiettivi in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale e sostenibilità ambientale definiti nell’ambito dell’Unione europea.
Il documento, che s’inquadra al centro del nuovo processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell’UE - il cd. "Semestre europeo" - è articolato in tre sezioni, relative rispettivamente al Programma di stabilità dell'Italia, all'analisi ed alle tendenze della finanza pubblica ed al Programma nazionale di riforma .
La prima sezione del DEF espone il Programma di Stabilità , indicando il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica e degli obiettivi per l’anno in corso e il triennio successivo, con l’enunciazione degli effetti finanziari dei provvedimenti adottati, mentre la seconda sezione reca un’analisi dettagliata sulle tendenze della finanza pubblica, i risultati e le previsioni dei conti dei principali settori, nonché sul debito delle amministrazioni pubbliche.
In tale ambito, il DEF provvede anzitutto ad aggiornare le previsioni di crescita del prodotto alla luce del complessivo indebolimento del ciclo economico emerso nell’ultima fase dello scorso anno - in cui il PIL è cresciuto dello 0,4 per cento - rivedendo al ribasso di 0,8 punti percentuali le stime sull’andamento dell’economia italiana per il 2012, anno in cui si prevede una contrazione del PIL dell’1,2 per cento, a fronte del -0,4 per cento indicato nella Relazione al Parlamento presentata nel dicembre 2011.
L’andamento congiunturale è atteso permanere debole per tutto il primo semestre del 2012, in ragione della debolezza della domanda interna e degli effetti di trasmissione delle tensioni sul mercato del credito, mentre un graduale miglioramento è atteso nella seconda parte dell’anno.
Una crescita ancora modesta è indicata per gli anni successivi. In particolare, nel 2013 il PIL è previsto crescere a un ritmo pari allo 0,5%, per poi accelerare a partire dal 2014, con una crescita dell’1% e dell’1,2% nel 2015.
Per quanto concerne la finanza pubblica, nel corso del 2011 l’Italia ha compiuto un consistente sforzo di risanamento dei conti, contemperando l’esigenza di consolidamento della finanza pubblica con interventi a favore della crescita economica e dell’equità .
L’azione di riequilibrio dei conti pubblici in vista del raggiungimento del pareggio di bilancio è stata sviluppata in fasi successive e ha richiesto l’adozione di tre distinte manovre correttive (i decreti-legge n. 98, n. 138 e n. 201 del 2011), anche a fronte del peggioramento delle prospettive di crescita economica e della riaccendersi delle turbolenze sui mercati finanziari e delle tensioni sui debiti sovrani.
Il quadro aggiornato di finanza pubblica per il periodo 2012-2015 contenuto nella seconda sezione del DEF evidenzia come le misure adottate nella seconda metà del 2011 - dapprima il D.L. n. 98/2011 di luglio, volto a realizzare il pareggio di bilancio fissato nel DEF 2011 al 2014, poi il D.L. n. 138/2011 di agosto, finalizzato all’anticipo del pareggio già nel 2013 e, infine, il D.L. n. 201/2011, varato dal nuovo Governo a dicembre in presenza di un ulteriore indebolimento del quadro macroeconomico – consentano di confermare sostanzialmente il percorso di risanamento finanziario tracciato nella Relazione al Parlamento del dicembre scorso e dunque di raggiungere, nel 2013, il pareggio di bilancio in termini strutturali, in conformità con l’obiettivo concordato in sede europea.
In particolare, nel 2012 l’indebitamento netto scenderebbe al -1,7 per cento, al di sotto dunque del valore di riferimento del 3%, riducendosi poi progressivamente negli anni successivi fino al stabilizzarsi su una situazione di pareggio nel 2015. In termini strutturali, tuttavia, ossia al netto degli effetti del ciclo economico e delle misure una tantum, il pareggio di bilancio si realizza già nel 2013, anno in cui dovrebbe registrarsi un surplus strutturale pari allo 0,6% del PIL, che oltrepassa, con ampio margine, l’obiettivo di bilancio di medio periodo (MTO) previsto dal Patto di Stabilità e crescita. Negli anni successivi il saldo strutturale continua a mantenersi al di sopra dell’MTO.
Il progressivo miglioramento del saldo strutturale e la ricostruzione di un consistente avanzo primario - previsto in aumento dal 3,6 per cento del PIL per l’anno in corso al 5,7 per cento nel 2015 - consentiranno inoltre la riattivazione, dal 2013, del percorso di discesa del debito pubblico in rapporto al Pil.
Il DEF evidenzia come l’azione di riequilibrio finanziario sia stata accompagnata dall’adozione di diversi pacchetti di riforme strutturali finalizzati a rimuovere i principali vincoli che comprimono il potenziale di crescita dell’Italia, che produrranno un risultato positivo sulla crescita pari a 2,4 punti percentuali in un arco temporale di nove anni (2012-2020). Va in proposito rammentato come sul tema della crescita siano state effettuate da parte della Commissione Bilancio della Camera due indagini conoscitive, la prima nell'anno 2011, la seconda nell'anno 2012, ai fini dell'esame delle analisi annuali della crescita effettuate annualmente dalla Commissione europea (COM 2011 11) (COM 2011 815).
Di tali interventi si da conto nel Programma Nazionale di Riforma 2012, contenuto nella Sezione III del Documento, il quale – oltre all’analisi delle principali criticità dell’economia italiana - fornisce un quadro dettagliato delle riforme effettuate o avviate nel corso dell’ultimo anno in risposta alle raccomandazioni delle istituzioni europee, offrendo al contempo un panorama delle azioni avviate e delle riforme ancora “in cantiereâ€necessarie per potenziare la competitività del Paese, stimolare la concorrenza nel mercato dei prodotti, migliorare le condizioni del mercato del lavoro, nel quadro di un rafforzamento della sostenibilità delle finanze pubbliche, per il raggiungimento dei target nazionali fissati nella Strategia Europa 2020.
Per quanto attiene all’analisi delle criticità e dei fattori che sono di ostacolo alla competitività e alla crescita del Paese, il PNR individua, tra le debolezze di fondo del sistema economico nazionale, la progressiva riduzione della produttività totale dei fattori, accompagnata da un alto costo unitario del lavoro rispetto agli altri paesi UE.
Tra fattori che frenano lo sviluppo e che determinano la vulnerabilità italiana, sono indicati:
Per quanto concerne le riforme, il PNR reca in primo luogo una analisi delle misure adottate ed in corso di adozione volte a dare risposta alle Raccomandazioni del Consiglio dell’Unione europea nel luglio 2011 sul PNR dello scorso anno, descritte con riferimento alle specifiche criticità del sistema economico
In secondo luogo, descrive le iniziative che il Governo intende proporre per proseguire una sequenza coerente di riforme che avvicini l’Italia agli obiettivi che si è data nel quadro della Strategia Europa 2020. L’agenda di riforme s’iscrive nel solco degli impegni presi nell’ambito del Patto Euro Plus e degli orientamenti fissati dall’Analisi Annuale della Crescita 2012, confluiti nelle conclusioni del Consiglio europeo di marzo 2011, e indica cinque grandi priorità fissate in sede europea:
Le principali misure indicate nel Programma Nazionale di Riforma sono state sinteticamente riportate in un prospetto, allegato alla terza sezione del DEF, che si compone di diverse voci che hanno lo scopo di descrivere le riforme, quantificarne l’impatto sul bilancio pubblico ed evidenziarne la loro funzionalità rispetto agli obiettivi comunitari.
Le azioni di riforma si presentano raggruppate nelle seguenti macro-aree d’intervento:
Il DEF reca, inoltre, l’aggiornamento dei valori relativi all’impatto macroeconomico previsto nel PNR dello scorso anno, in base al quale complessivamente il totale dell’impatto medio annuo per il PIL è di +0,4 punti percentuali sia nel periodo 2012-2014 che in quello successivo, mentre aumenta a 0,6 punti percentuali nel periodo 2018-2020, quando si esplicheranno compiutamente tutti gli effetti di medio-lungo periodo delle riforme.
La risoluzione approvata dalla Camera (i cui contenuti sono sostanzialmente identici a quella approvata presso il Senato), nel prendere atto della completezza e trasparenza sia del quadro di finanza pubblica che delle politiche e degli interventi in corso di attuazione e da adottare prefigurati nel DEF, nonché dell'intensità dello sforzo fiscale messo in atto per il doveroso raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale entro il 2013, afferma che la priorità dell'azione del Governo e del Parlamento dovrà incentrarsi sulla crescita economica, attraverso il rafforzamento della produttività totale dei fattori di sistema. L'azione di Governo dovrà pertento proseguire sulla base degli obiettivi e delle linee di azione prefigurate nel Documento, accompagnando all'azione di riequilibrio dei conti il perseguimento dell'equità e della crescita, anche avviando, attraverso il pieno coinvolgimento di tutti i livelli di governo, uno specifico percorso volto ad accelerare l'abbattimento dello stock di debito pubblico. Nel confermare che le riforme strutturali rappresentano un tassello fondamentale della complessiva strategia di crescita, la risoluzione richiama inoltre l'urgenza dell'implementazione della spending review, anche con la finalità di destinare prioritariamente le risorse che ne deriveranno, unitamente a quelle rinvenienti dall'azione di contrasto all'evasione fiscale, ad un piano di interventi che, nel rispetto dell'obiettivo del pareggio di bilancio, consentano una riduzione della pressione fiscale sui redditi da lavoro e da impresa.
La disciplina della procedura di bilancio contenuta nella legge di contabilità n. 196 del 2009 prevede che nell’ambito delle nuove scadenze temporali decise in sede europea (Semestre europeo) il Governo presenti alle Camere entro il 10 aprile di ciascun anno il Documento di Economia e Finanza (DEF). Il quadro previsionale del DEF deve essere poi adeguato all’evolversi del quadro economico finanziario in corso d’anno mediante la Nota di aggiornamento, che deve essere trasmessa alle Camere entro il successivo 20 settembre. Ciò al fine di consentire che la decisione annuale di bilancio, che si avvia con la presentazione, entro il 15 ottobre, dei disegni di legge di stabilità e di bilancio, sia predisposta sulla base di un quadro economico il più possibile aggiornato.
1. Il quadro macroeconomico
La Nota presenta una revisione al ribasso delle stime formulate ad aprile sull’andamento dell’economia italiana per l’anno in corso e per gli anni successivi, in considerazione del deterioramento dello scenario macroeconomico internazionale manifestatosi nel corso dell’anno, a seguito dell’acuirsi delle tensioni sui mercati del debito sovrano, nonché per effetto dell’incertezza che ha caratterizzato il contesto dell’area dell’euro.
Nel secondo trimestre dell’anno, infatti, il commercio e la produzione mondiale hanno registrato un rallentamento rispetto al primo trimestre,frenati dalla stagnazione in Europa e dal rallentamento negli Stati Uniti. La debolezza della domanda dei paesi avanzati ha, inoltre, provocato un rallentamento anche nelle principali economie emergenti. Inoltre, il riemergere, da aprile, delle tensioni sui mercati finanziari - con un nuovo allargamento dei differenziali tra i rendimenti delle obbligazioni emesse da alcuni Stati europei rispetto ai bund tedeschi – ha determinato, nel complesso, un deterioramento delle prospettive di crescita dell’economia europea.
In considerazione dell’indebolimento delle prospettive economiche mondiali, la Nota di aggiornamento rivede il quadro macroeconomico per l’anno in corso e per il triennio 2013-2015, evidenziando un andamento dell’economia italiana meno favorevole rispetto alle previsioni formulate nel DEF. In particolare, per il 2012 la contrazione del PIL italiano è stimata pari al 2,4% rispetto all’1,2% precedentemente indicato. Una contrazione è attesa anche per il 2013, anno in cui il PIL è previsto ridursi dello 0,2%, principalmente per l’effetto di trascinamento del calo registrato l’anno precedente.
Negli anni successivi l’attività economica tornerebbe a crescere, dell’1,1% nel 2014 e dell’1,3% nel 2015, beneficiando soprattutto del miglioramento della domanda mondiale e dell’emergere degli effetti positivi determinati dai provvedimenti varati dal Governo nella prima parte dell’anno.
Rispetto alle previsioni contenute nel DEF dell’aprile 2012, tutte le variabili del quadro macroeconomico manifestano un rallentamento: i consumi nazionalisi ridurrebbero del 2,6% nel 2012 – ben più di quanto stimato nel DEF - e continuerebbero a contrarsi anche nell’anno successivo, attestandosi a -0,7%; in ribasso anche gli investimenti fissi lordi, (- 8,3%, rispetto al -3,5% stimato ad aprile). La revisione al ribasso delle previsioni è ascrivibile soprattutto alla dinamica negativa degli investimenti in macchinari e attrezzature (-10,6%), particolarmente sensibili alla congiuntura. Anche il settore delle costruzionicontinua a manifestareuna forte debolezza. Le esportazioni sono invece previste crescere nell’anno in corso dell’1,2%, in linea con quanto previsto nel DEF, fornendo in tal modo un contributo positivo alla crescita. Aumenta inoltre il tasso di disoccupazione, che si attesterebbe nel 2012 al 10,8% (un valore più alto di circa 1,5 punti percentuali rispetto alle stime di aprile) e registrerebbe una ulteriore crescita nel 2013, raggiungendo l'11,4 %. Nel biennio successivo il tasso dovrebbe tornare a ridursi fino al 10,9% nel 2015.
2. Il quadro di finanza pubblica
Il peggioramento del ciclo congiunturale generato dal riacutizzarsi delle tensioni sui mercati del debito sovrano, con il conseguente aumento dei tassi di interesse, e dal rallentamento della crescita globale, si riflette sull’evoluzione della finanza pubblica. La Nota, presenta dunque, oltre alle nuove previsioni macroeconomiche, un aggiornamento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica.
Nel 2012 l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche a legislazione vigente è stimato al 2,6% del PIL, superando di circa 1 punto percentuale il valore indicato nel DEF. In termini strutturali, ossia al netto della componente dovuta all’andamento negativo del ciclo economico, e delle misure una tantum, il percorso di risanamento delle finanze pubbliche rimane tuttavia sostanzialmente invariato rispetto a quanto programmato nel DEF 2012: pur in previsione di un indebitamento netto che rispetto alle stime di aprile peggiora di 0,9 punti nell’anno in corso (dall’1,7 al 2,6% del PIL) e di 1,1 punti nell’anno successivo (dallo 0,5 all’1,6%), in termini strutturali, nel 2013, il valore strutturale dell’indebitamento medesimo si prevede comunque in pareggio, rimanendo pressoché stabile nel prosieguo. Il peggioramento dei dati di finanza pubblica rispetto alla situazione prevista in aprile è correlato: a) ad una evoluzione delle entrate meno favorevole del previsto; b) ad un maggior costo del debito. Tali voci trovano tuttavia parziale compensazione in una dinamica più contenuta di alcune voci di spesa, in particolare redditi da lavoro dipendente e consumi intermedi.
Negli anni successivi l’indebitamento tende a ridursi progressivamente, in virtù dell’incremento dell’avanzo primario, in progressivo aumento dal 2,9% del PIL previsto per quest’anno al 4,8% del 2015. Per quanto concerne la spesa per interessi, le tensioni sui mercati finanziari, con le conseguenti ripercussioni sul debito pubblico, ne comportano un aumento dal 5,5% di PIL nel 2012 al 6,3% nel 2015 (rispetto al 4,9% nel 2011), in crescita rispetto alle stime DEF lungo tutto il periodo d’esame.
Per quanto concerne il rapporto debito pubblico/PIL, il nuovo quadro indica un incremento nel 2012: il livello del rapporto debito/PIL si attesterebbe al 126,4% per tale anno, con un lieve ulteriore rialzo nel 2013, dove verrebbe raggiunto il valore massimo del 127,1%. Nel prosieguo, a partire dal 2014, il rapporto debito/PIL è previsto seguire un andamento decrescente.
Nella Nota, infine, il Governo delinea il suo impegno alla
riduzione del debito pubblico, dando attuazione nei prossimi mesi agli
strumenti creati per procedere alla valorizzazione e successiva
dismissione del patrimonio dello Stato, sia degli immobili sia delle
partecipazioni pubbliche, che dovrebbero garantire un ammontare di
proventi pari a circa 1 punto percentuale di PIL all’anno.
L'esame del documento si è concluso con l'approvazione da parte della Camera, nella seduta del 4 ottobre 2012,
di una risoluzione che, nel confermare la necessità di conseguire nel
2013 il pareggio di bilancio in termini strutturali e di perseguire
gli obiettivi programmatici esposti nella Nota, impegna il Governo a
presentare quanto prima il programma di riorganizzazione della spesa
pubblica ed a procedere nel progetto di valorizzazione e vendita
del patrimonio pubblico; la risoluzione impegna altresì il Governo ad
utilizzare le risorse derivanti dalla riduzione della spesa e dal
contrasto all'evasione fiscale ad una riduzione della
pressione fiscale, con particolare riferimento al cuneo fiscale, nonché
al conseguimento di una maggiore inclusione sociale e di riduzione della
povertà .
Allo scopo di attuare l'impegno del Governo, espresso nel Documento di economia e finanza (DEF)2012, di migliorare l'efficienza della spesa, ottenendone risorse da destinare alla crescita, è stato emanato il decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, recante misure volte alla razionalizzazione della spesa pubblica, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94.
Le finalità della spending review
Nel Documento di Economia e finanza per il 2012 il processo di revisione della spesa è considerato uno dei pilastri portanti dell'attività del Governo, finalizzato a superare sia la logica dei ‘tagli lineari’ alle dotazioni di bilancio, sia il criterio della “spesa storicaâ€.
In relazione a ciò, il decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52 interviene con un complesso di disposizioni la cui finalità è quella di consentire, in aggiunta alle norme già vigenti nell’ordinamento, l’eliminazione di inefficienze e sprechi nella spesa pubblica, in modo da ridurne l’ammontare e reperire risorse da destinare alla crescita economica. Il provvedimento fa altresì riferimento agli obiettivi espressi nella Direttiva del 3 maggio 2012 del Presidente del Consiglio dei ministri, che sulla base di quanto contenuto nel c.d. “Rapporto Giarda†dell'8 maggio 2012 (Elementi per una revisione della spesa pubblicaâ€), ha individuato un obiettivo immediato di riduzione della spesa di 4,2 miliardi, da conseguire nell’arco del periodo1° giugno – 31 dicembre 2012.
Per coordinare l’azione del Governo e le politiche volte all’analisi ed al riordino della spesa, il provvedimento istituisce un apposito Comitato interministeriale, (presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri) la cui attività di indirizzo dovrà in particolare concernere la revisione dei programmi di spesa e dei trasferimenti alle imprese, la riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi, nonché il ridimensionamento delle strutture e l’ottimizzazione dell’uso degli immobili. Viene inoltre istituito un Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per beni e servizi, con lo specifico compito di definire, per voci di costo, il livello di spesa per acquisti di beni e servizi di tutte le amministrazioni pubbliche, ivi incluse le autorità indipendenti, gli enti locali e, limitatamente alla spesa sanitaria, le amministrazioni regionali commissariate per l’attuazione dei piani di rientro sanitari (per le altre regioni il Commissario formula le opportune proposte al Presidente di ciascuna regione interessata) nonché le società a totale partecipazione pubblica diretta o indiretta e le società controllate da soggetti pubblici. Ai fini dell’espletamento del proprio compito – vale a dire, come detto, la definizione dei livelli di spesa per voci di costo - il Commissario ha il potere di chiedere informazioni e documenti alle singole amministrazioni e società e può disporre nei confronti delle stesse ispezioni da parte dell’Ispettorato del Dipartimento per la funzione pubblica e da parte della Ragioneria generale dello Stato; lo stesso potrà altresì avvalersi della collaborazione della Guardia di finanza.
Il Commissario segnalerà al Presidente del Consiglio dei ministri ed al Presidente della regione interessata le disposizioni legislative o amministrative che determinano voci di costo e che possono essere oggetto di soppressione o razionalizzazione, proponendo a tal fine i necessari provvedimenti. Sulla base delle proposte del Commissario, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Presidente della regione possono sospendere o annullare le singole procedure di spesa. Il Commissario, inoltre, ha il potere di segnalare alle amministrazioni interessate le necessarie misure di razionalizzazione della spesa, fissando altresì un termine per l’attuazione delle stesse, decorso il quale può essere autorizzato, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, l’esercizio di poteri sostitutivi nei confronti delle amministrazioni inadempienti. Tutte le disposizioni illustrate, contenute nel Capo I del provvedimento, hanno efficacia fino al 31 dicembre 2014, mentre quelle recate nel Capo II, concernenti le procedure di acquisto, che si espongono di seguito, costituiscono norme a regime.
Il decreto-legge introduce altresì una serie di misure direttamente finalizzate a migliorare la qualità delle procedure di acquisto centralizzato. Si dispone in particolare: - l’estensione dell’obbligo di approvvigionamento attraverso le convenzioni Consip a tutte le tipologie di beni e servizi da acquistare da parte delle Amministrazioni pubbliche (ivi compresi gli enti del Servizio sanitario nazionale qualora non siano operanti le convenzioni-quadro delle centrali regionali di acquisto); - che l’Osservatorio dei contratti pubblici debba rendere pubblici attraverso il proprio portale tutti i dati e le informazioni relativi ai contratti di importo superiore a 50.000 euro e debba inoltre trasmettere gli stessi, semestralmente, al Ministero dell’economia ed alla Consip s.p.a.(Concessionaria servizi informativi pubblici); - che il Ministero dell’economia debba mettere a disposizione a titolo gratuito nei confronti delle pubbliche amministrazioni e degli altri soggetti pubblici che si avvalgono di Consip il proprio sistema informativo di negoziazione, favorendo in tal modo il ricorso a modalità telematiche di acquisto; - che le amministrazioni pubbliche debbano adottare entro due anni dalla data in vigore del decreto-legge misure finalizzate al contenimento dei consumi di energia; - che per gli acquisti il cui importo sia inferiore alla soglia di rilievo comunitario, l’obbligo del ricorso al mercato elettronico sia esteso (oltre che alle amministrazioni statali, come già previsto) anche a tutte le altre amministrazioni pubbliche.
Il decreto-legge inoltre interviene in tema di certificazione e compensazione dei crediti vantati nei confronti delle amministrazioni statali, provvedendo in particolare: -ad estendere il meccanismo della certificazione dei crediti agli enti del Servizio sanitario nazionale; -a ridurre da sessanta a trenta giorni il termine entro il quale le amministrazioni debitrici sono tenuti a certificare se il credito vantato nei loro confronti è certo, liquido ed esigibile; -a rendere obbligatoria – e non più eventuale - la nomina di un Commissario ad acta, su nuova istanza del creditore, qualora, allo scadere del termine previsto, l’amministrazione non abbia provveduto alla certificazione; -a superare il divieto per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari di beneficiare del meccanismo di certificazione dei crediti che consente al creditore la cessione del credito a banche o intermediari finanziari; -ad estendere l’istituto della compensazione con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo anche per i crediti vantati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali.
Ulteriori disposizioni possono indicarsi nelle seguenti:
Il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.135, reca disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini (la c.d. spending review). Nel testo del decreto, recante una molteplicità di interventi di revisione e razionalizzazione della spesa pubblica, sono confluite, con talune modificazioni, le disposizioni contenute nel decreto-legge 27 giugno 2012, n. 87 (c.d "decreto dismissioni").
Come già ricordato nell'illustrare il decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52 (c.d. “spending review 1â€), il Documento di Economia e Finanza 2012 (DEF) indica l’esercizio delle attività di analisi e revisione della spesa - comunemente denominato, sulla base di analoghe esperienze internazionali, "spending review" - quale strategia di medio termine della politica economica, volta a ridurre il complesso della spesa pubblica, in particolare di quella corrente, favorendo al contempo una maggiore qualità della stessa in settori chiave e una allocazione più efficiente delle risorse. Tale processo è finalizzato a superare sia la logica dei ‘tagli lineari’ alle dotazioni di bilancio, sia il criterio della “spesa storicaâ€, attraverso l’utilizzo di una metodologia sistematica per migliorare sia il processo di decisione delle priorità e di allocazione delle risorse, sia la performance delle amministrazioni pubbliche in termini di economicità , qualità ed efficienza dei servizi offerti ai cittadini.
Avviato in via sperimentale nel 2007, il programma di analisi e valutazione della spesa è divenuto permanente con la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007), che ne ha disposto la prosecuzione e l’aggiornamento con riferimento alle missioni e ai programmi in cui si articola il bilancio dello Stato. I meccanismi di controllo quantitativo e qualitativo della spesa pubblica sono stati in seguito potenziati dalla nuova legge di contabilita' e finanza pubblica (legge n. 196/2009), che ha previsto l’istituzionalizzazione del processo di analisi e valutazione della spesa delle amministrazioni centrali - attraverso la costituzione di apposite strutture specializzate – e la sua graduale estensione alle altre amministrazioni pubbliche.
Il decreto-legge n. 95 del 2012 rappresenta la seconda fase dei provvedimenti dedicati alla revisione della spesa pubblica, recando pertanto un ampio numero di interventi la cui comune finalità è il contenimento e la razionalizzazione degli oneri a carico della finanza pubblica.
Le principali misure in esso contenute concernono il miglioramento dell’efficienza della spesa per beni e servizi delle Amministrazioni pubbliche, il ridimensionamento degli organici di alcune categorie del pubblico impiego, un miglior utilizzo del patrimonio pubblico, nonché interventi in materia di società pubbliche, riduzioni delle spese per le amministrazioni centrali e gli enti territoriali, riordino del numero delle province e, da ultimo, norme per il contenimento nel comparto sanitario e della spesa farmaceutica. Il provvedimento, come integrato nel corso dell'esame parlamentare dalle disposizioni contenute nel decreto-legge n. 87 del 2012, poi lasciato decadere, contiene altresì disposizioni in tema di valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico, nonché di rafforzamento degli assetti patrimoniali delle imprese del settore bancario.
Sotto il profilo finanziario, esso reperisce risorse per circa 4,5 miliardi nel 2012, 10,8 nel 2013 e 11,5 nel 2014, in massima parte derivanti da riduzioni di spesa, attraverso le quali si riduce l’indebitamento netto del 2012 per circa 0,6 mld. di euro, si finanziano alcune spese indifferibili o impreviste (tra cui quelle connesse con il terremoto in Emilia Romagna e all’ampliamento, di 55.000 unità , dei soggetti salvaguardati dall’incremento dei requisiti pensionistici disposto dalla recente legge di riforma delle pensioni) e si compensano gli effetti del differimento e della attenuazione dell’innalzamento programmato dell’IVA.
A tale ultimo riguardo si prevede, in particolare, il posticipo dell'incremento delle aliquote IVA del 2 per cento, già posticipato dal decreto-legge n. 201 del 2011, a decorrere al 1° luglio 2013 e fino al 31 dicembre 2013 (anziché dal 1° ottobre 2012 fino al 31 dicembre 2012); inoltre, dal 1° gennaio 2014 dette aliquote sono rideterminate con un incremento dell'1 per cento anziché del 2,5 per cento come previsto dal testo previgente. Si stabilisce, peraltro, che con la legge di stabilità 2013 siano indicate le misure di attuazione del programma di razionalizzazione della spesa pubblica e le disposizioni di eliminazione o riduzione dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale, prevedendo che i risparmi e le maggiori entrate così ottenuti, assieme ai risparmi derivanti dal riordino di enti ed organismi statali, concorrano ad evitare il previsto aumento dal 1° luglio 2013.
Sono previsti, inoltre, tagli alle spese delle Amministrazioni centrali e alle dotazioni di alcuni fondi, nonché minori trasferimenti dallo Stato agli enti territoriali.
Più nel dettaglio, un primo gruppo di misure di revisione della spesa mira a ridurre le inefficienze nell’acquisto di beni e servizi delle Amministrazioni pubbliche.
La riduzione degli eccessi di spesa delle pubbliche amministrazioni, per la parte relativa ai beni e servizi, è frutto dell’analisi svolta del Commissario straordinario per la spending review, dott. Enrico Bondi (successivamente il Ragionere generle dello Stato, Mario Canzio) dalla quale è emerso un divario significativo tra il volume di acquisti supportati da Consip – la società per azioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze che gestisce il Programma per la razionalizzazione degli acquisti nella P.A. – e gli approvvigionamenti che le amministrazioni effettuano in autonomia. Si sono pertanto introdotte disposizionivolte ad allargare il perimetro degli acquisiti effettuati con il presidio della Consip, prevedendo che i contratti stipulati in violazione dell’obbligo di ricorrere alle convenzioni quadro ovvero ai parametri prezzo qualità fissati da tale società ed i contratti stipulati in violazione degli obblighi di approvvigionarsi attraverso gli strumenti di acquisto messi a disposizione dalla medesima Consip sono nulli, costituiscono illecito disciplinare e sono causa di responsabilità amministrativa. Nel corso dell’esame al Senato è stato previsto che tale disciplina trovi applicazione ai soli contratti stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge. Inoltre, è stato previsto che le centrali di acquisto regionali, pur tenendo conto dei parametri di qualità e di prezzo degli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A., non sono soggette all’obbligo di utilizzare le convenzioni Consip.
Ai fini della razionalizzazione degli acquisiti, sono state altresì previste modifiche al Codice dei contratti pubblici, nonché misure in materia di mercato elettronico della P.A. e sviluppo del sistema di acquisti di e-procurement, obbligo per le P.A. di ricorrere a CONSIP per gli acquisti energetici e di telefonia, disponendo in diversi casi la facoltà di recesso della P.A. da contratti di fornitura e la rinegoziazione dei relativi contratti.
E’ inoltre disposta una riduzione delle spese di acquisto di beni e servizi da parte dei Ministeri e una razionalizzazione della spesa della Presidenza del Consiglio dei ministri mediante una riduzione delle spese di funzionamento e la soppressione di strutture.
Per gli enti pubblici diversi da quelli territoriali si prospetta una razionalizzazione della spesa mediante una molteplicità di interventi, quali: l'ampliamento dell'utilizzo delle carte elettroniche istituzionali per pagamenti; la riduzione delle comunicazioni cartacee con gli utenti; la riduzione delle spese di telefonia; lo scambio gratuito di dati entro il settore pubblico allargato; la razionalizzazione degli uffici collocati nel medesimo comune; la dematerializzazione degli atti.
Un secondo gruppo di misure riguarda il pubblico impiego. In tale ambito si dispone la riduzione degli uffici e delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni dello Stato – salvo talune esclusioni- in misura non inferiore al 20 per cento per il personale dirigenziale di livello generale e di livello non generale e del 10 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico, per il personale non dirigenziale.
Viene inoltre introdotto il divieto di corrispondere trattamenti economici sostitutivi nel caso di ferie non fruite, nonché il divieto alle pubbliche amministrazioni di attribuire incarichi di studio e consulenza a soggetti in quiescenza già appartenenti ai ruoli, che abbiano svolto nell'ultimo anno di servizio attività corrispondenti. Si fissa a 7 euro il valore massimo dei buoni pasto e si razionalizzano i servizi di pagamento degli stipendi pubblici. Sono inoltre previsti limiti in materia di assunzioni da parte delle pubbliche amministrazioni,. norme in materia di mobilità e una disciplina transitoria in materia di valutazione del dipendenti pubblici e attribuzione del trattamento accessorio collegato alla performance individuale.
Diverse misure sono dirette a un uso più efficiente del patrimonio pubblico e alla riduzione dei costi per le locazioni passive. In particolare, per i contratti di locazione passiva delle pubbliche amministrazioni è disposta la riduzione, a decorrere dal 2015 del 15 per cento del canone e la sospensione per il triennio 2012-2014 degli adeguamenti Istat. È introdotto, inoltre, un parametro di riferimento per gli spazi ad uso ufficio e addetti a cui le pubbliche amministrazioni devono adeguarsi. Sono inoltre previste norme finalizzate a ridurre le locazioni passive, favorendo l’utilizzo da parte delle amministrazioni pubbliche di immobili di regioni ed enti locali a titolo gratuito, in condizione di reciprocità , e di enti pubblici non territoriali a canoni agevolati, nonché disposizioni volte a semplificare e accelerare le procedure di vendita degli alloggi militari e ad agevolare le dismissioni immobiliari degli enti previdenziali.
Diverse misure riguardano le società pubbliche.
Per le società controllate direttamente o indirettamente da Amministrazioni pubbliche che erogano servizi quasi esclusivamente a favore delle Amministrazioni pubbliche si prevede lo scioglimento, o in alterativa, l’alienazione. Si riducono i membri dei consigli di amministrazione delle società pubbliche (massimo 3 o 5 membri) e si dispone i compensi degli amministratori investiti di particolari cariche delle società non quotate direttamente e indirettamente controllate dalle pubbliche amministrazioni, nonché i trattamenti economici annui onnicomprensivi dei dipendenti di tali società , non possano essere superiori al trattamento economico del Primo presidente della Corte di Cassazione.
Altre norme del decreto dispongono, inoltre, il riordino o soppressione di enti, agenzie, organismi e società .
Per quanto concerne gli enti territoriali, si ridetermina il concorso delle regioni e delle province autonome alla riduzione della spesa e si rivedono, conseguentemente, gli obiettivi del patto di stabilità . Si dispone, inoltre, una riduzione dei fondi sperimentali di riequilibrio, ovvero dei fondi perequativi, dei comuni e delle province - nonché dei trasferimenti erariali spettanti ai comuni e alle province delle Regioni Siciliana e Sardegna
Alle regioni a statuto ordinario e alle Regione Sicilia e Sardegna è attribuito un contributo per complessivi 800 milioni di euro per l'anno 2012, che le regioni dovranno utilizzare al fine di consentire agli enti locali del proprio territorio di rimodulare gli obiettivi del patto di stabilità .
Inoltre, si consente alle regioni sottoposte al piano di stabilizzazione finanziaria, di anticipare al 2013 la possibilità di aumentare l'addizionale IRPEF.
Quanto alle province il decreto dispone, in luogo della soppressione ed accorpamento previsto dal testo originario del decreto-legge, un generale riordino attraverso un articolato procedimento condiviso con le comunità locali e la ridefinizione delle loro funzioni, prevedendo tra l’altro il conferimento di ulteriori funzioni oltre a quelle di coordinamento già stabilite dalla disciplina vigente . Inoltre, si conferma la soppressione della giunta provinciale e si prevede la redistribuzione tra le province, all’esito della riduzione del loro numero, del patto di stabilità interno in modo da garantire l’invarianza del contributo complessivo.
E’ confermata invece la disciplina delle città metropolitane, che sono istituite tassativamente entro il 1° gennaio 2014 nei territori delle 10 province, che sono contestualmente soppresse, di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria.
Per quanto riguarda il comparto sanitario, si prevede una riduzione del livello del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e del correlato finanziamento pari a 900 milioni di euro per il 2012, a 1.800 milioni per il 2013, a 2.000 milioni per il 2014 e 2.100 milioni a decorrere dall’anno 2015. Le riduzioni sono da recepire, dalle regioni e dalle province autonome, con Intesa di riparto del fabbisogno e delle disponibilità finanziarie del SSN, da stipularsi entro il 30 settembre 2012, con riferimento al 2012, e entro il 30 novembre 2012 con riferimento al 2013 e agli anni seguenti.
In materia di razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi, si dispone la riduzione del 5 per cento degli importi e delle prestazioni dei contratti in essere di appalto di servizi e di fornitura di beni e servizi stipulati da aziende ed enti del SSN.
Misure di contenimento della spesa sono introdotte per i dispositivi medici e per l’assistenza ospedaliera, in relazione alla quale è prevista una riduzione dello standard di posti letto: dai 4 posti letto per mille abitanti si passa ad un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie. Contestualmente il tasso di ospedalizzazione viene ridotto dall'attuale valore di 180 per mille abitanti al valore di 160 per mille abitanti, di cui il 25 per cento riferito ai ricoveri diurni (Day Hospital).
Per ridurre la spesa annuale delle prestazioni specialistiche e ospedaliere, fornite da privati accreditati, il livello di spesa del 2011 è diminuito dello 0,5 per cento per il 2012, dell'1 per cento per il 2013 e del 2 per cento a decorrere dal 2014.
Per premiare le regioni giudicate “virtuose†nella gestione dei bilanci sanitari, dal 2013, è istituita una quota premiale, pari allo 0,25 per cento del finanziamento del SSN.
Per quanto concerne la spesa farmaceutica, vengono incrementati i titoli degli sconti dovuti al SSN dai farmacisti e dalle aziende farmaceutiche sui medicinali di fascia A erogati in regime di SSN. Vengono inoltre abbassati i tetti di spesa farmaceutica, previsti diversi meccanismi di ripiano tra Regioni e aziende farmaceutiche di eventuali sforamenti della spesa ospedaliera e introdotte modalità prescrittive dei farmaci equivalenti volte a incrementarne l’utilizzo.
Sono altresì previsti interventi agevolativi per le zone colpite dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, consentendo che i contributi per la ricostruzione degli immobili ubicati nelle zone colpite dal sisma siano concessi anche mediante finanziamenti agevolati – per i quali è previsto anche un credito di imposta - e disponendo che i relativi contratti siano assistiti da garanzia statale nel limite di 6 miliardi di euro.
Come sopra accennato, a seguito dell’approvazione di un maxiemendamento del Governo durante l’esame in prima lettura al Senato, nel provvedimento in titolo sono confluite, con talune modifiche, le disposizioni contenute nel decreto-legge 27 giugno 2012, n. 87, il cui iter di conversione in legge non è poi proseguito.
Le norme in oggetto intervengono in tema di valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico, nonché di rafforzamento degli assetti patrimoniali delle imprese del settore bancario.
In particolare, quanto al primo ambito di intervento, è prevista l’attribuzione a Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. del diritto di opzione per l'acquisto delle partecipazioni azionarie detenute dallo Stato in Fintecna S.p.A., Sace S.p.A. e Simest S.p.A., da esercitare entro 120 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge. Entro 10 giorni dall'eventuale esercizio dell'opzione, CDP S.p.A. verserà al Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) il corrispettivo provvisorio pari al 60 percento del valore del patrimonio netto contabile delle società , mentre con successivo decreto ministeriale sarà determinato il valore definitivo di trasferimento; il corrispettivo provvisorio e quello definitivo delle operazioni di cessione (per complessive maggiori entrate stimate nell'ordine di circa 9-10 miliardi di euro) saranno destinati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato o al pagamento dei debiti dello Stato.
Secondo quanto riportato nella relazione tecnica del decreto legge n.87/12 il diritto di opzione della CDP per l'acquisto delle partecipazioni dello Stato in Fintecna, Sace e Simest potrebbe determinare, in termini di finanza pubblica, maggiori entrate nell'ordine di circa 9-10 miliardi di euro.
Sono poi introdotte disposizioni tese alla valorizzazione e dismissione di immobili pubblici. A tal fine, si prevedono una serie di modifiche alla disciplina vigente che ha istituito una Società di gestione del risparmio (SGR), interamente posseduta dal MEF, con il compito di istituire fondi che partecipano a quelli immobiliari costituiti da enti territoriali, anche tramite società interamente partecipate, a cui siano conferiti immobili oggetto di progetti di valorizzazione. Tali modifiche sono finalizzate a introdurre ulteriori modalità operative della società di gestione; allo scopo di conseguire la riduzione del debito pubblico, si prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze, attraverso la SGR promuova la costituzione di uno o più fondi comuni d’investimento immobiliare, a cui trasferire immobili di proprietà dello Stato non utilizzati per finalità istituzionali, nonché diritti reali immobiliari; analogamente, il Ministro dell’economia, attraverso la SGR, può promuovere uno o più fondi comuni di investimento immobiliare a cui conferire gli immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati dal Ministero della difesa per finalità istituzionali e suscettibili di valorizzazione.
Altre misure riguardano la riorganizzazione di alcuni enti della amministrazione economico-finanziaria, nell’ambito della quale si prevede, tra l’altro, l’incorporazione dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) nell’Agenzia delle dogane (che assume la denominazione di Agenzia delle dogane e dei monopoli) e dell’Agenzia del territorio nell’Agenzia delle entrate.
Una serie di misure prevede, infine, la sottoscrizione, entro il 31 dicembre 2012, da parte del MEF, di nuovi strumenti finanziari emessi dalla Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. (MPS) computabili nel patrimonio di vigilanza (Core Tier 1) fino all’importo di 3,9 miliardi di euro, di cui 1,9 miliardi destinati all’integrale sostituzione dei c.d. "Tremonti bond" emessi in conformità con il decreto-legge n. 185 del 2008. La sottoscrizione da parte del Ministero dei nuovi strumenti finanziari emessi da MPS è subordinata alla compatibilità delle misure previste nel decreto-legge con la normativa UE in materia di aiuti di Stato; viene quindi introdotto l’obbligo per MPS di presentare un piano di ristrutturazione conforme alle disposizioni UE in materia di aiuti di Stato, stabilendosi che nel periodo di attuazione del piano MPS non possa acquisire nuove partecipazioni in banche, intermediari finanziari e imprese di assicurazione e di riassicurazione, salvo che l’acquisizione sia funzionale all’attuazione del piano. Per il tempo necessario all'attuazione del Piano di ristrutturazione, l'Emittente è inoltre vincolato al contenimento della componente variabile delle remunerazioni - ivi inclusi bonus monetari e stock options - accordate o pagate ai componenti del consiglio di amministrazione, al direttore generale e agli altri dirigenti che possono assumere rischi rilevanti per la banca, in modo da assicurarne l'effettivo collegamento con i risultati aziendali, con i rischi cui la banca è esposta e con l'esigenza di mantenere adeguati livelli di patrimonializzazione. In caso di inosservanza di tale disciplina trova applicazione una sanzione amministrartiva pecuniaria.
La sottoscrizione dei nuovi strumenti finanziari sarà effettuata, a seguito della positiva valutazione dell’operazione, per l'ammontare necessario al rafforzamento patrimoniale richiesto dalla raccomandazione dell'European Banking Authority (EBA).
I nuovi strumenti finanziari emessi da MPS sono privi del diritto di voto e convertibili in azioni a richiesta dell’emittente; possono essere riscattati o rimborsati a richiesta di MPS, salvo autorizzazione di Banca d’Italia. Si stabilisce, inoltre, che il pagamento dei relativi interessi è condizionato dalla disponibilità di utili distribuibili e che se gli interessi non sono assegnati per mancanza di utili si provvede ad assegnare al Ministero azioni ordinarie per una quota di patrimonio corrispondente all’importo della cedola non corrisposta.
L'individuazione delle risorse per finanziare la sottoscrizione dei nuovi strumenti finanziari emessi da MPS è demandata ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da trasmettere alle Camere per l’espressione del parere delle Commissioni competenti per i profili di carattere finanziario. Tali risorse potranno essere individuate mediante riduzione lineare delle dotazioni finanziarie delle missioni di spesa di ciascun Ministero, con esclusione di alcune categorie di spese di carattere obbligatorio o ritenute “indisponibiliâ€, ovvero attraverso la riduzione di singole autorizzazioni legislative di spesa, l’utilizzo mediante versamento in entrata di disponibilità esistenti sulle contabilità speciali, nonché mediante l’emissione di titoli del debito pubblico.
La necessità e l'urgenza di assicurare un miglioramento strutturale dei conti, anche a fronte degli impegni assunti in sede europea, agendo non solo sulle entrate ma anche sul versante delle spese, è alla base delle numerose misure di contenimento adottate nel corso della legislatura, disposte nell'ambito degli interventi di manovra.
Il rafforzamento delle misure di contenimento e controllo della spesa ha costituito uno dei temi maggiormente affrontati nel corso della XVI legislatura, in quanto funzionale alla correzione e al risanamento dei conti di finanza pubblica.
Gli interventi, taluni dei quali conseguenti alle attività di spending review intraprese, sono stati adottati per contrastare l’andamento storicamente crescente delle uscite pubbliche, in particolare di quelle correnti.
A tal proposito, si ricorda che dal 1980 ad oggi la spesa pubblica italiana ha registrato un aumento significativo: in termini di prodotto interno lordo, essa si è sviluppata di circa dieci punti percentuali, raggiungendo il 51,2 per cento del PIL nel 2012.
In particolare, la spesa complessiva primaria (cioè considerata al netto degli interessi), nel periodo considerato, è cresciuta di circa nove punti, sino al 45,6 per cento del PIL nel 2012. In tale ambito, la spesa corrente primaria risulta aumentata di oltre dieci punti di PIL, sino al 42,6 per cento nel 2012; mentre, al contrario, quella in conto capitale ha visto ridurre la sua incidenza sul PIL di circa 1,4 punti, scendendo al 3,1 per cento nel 2012, sintomo di una progressiva riduzione della spesa per investimenti pubblici. L’andamento crescente della spesa primaria è, dunque, determinato esclusivamente dall'andamento crescente della parte corrente ed, in particolare, come si illustra più avanti, di alcuni particolari comparti di spesa, quali la spesa per prestazioni sociali, quella per consumi intermedi e i redditi da lavoro dipendente.
Va rammentato come in Italia l’espansione della spesa pubblica, dal 1980 ad oggi, sia risultata di entità maggiore e più estesa nel tempo rispetto a quanto avvenuto negli altri paesi europei. Si rinvia, sul punto, al Rapporto 2012 sulla spesa delle Amministrazioni centrali dello Stato, Parte I, Capitolo I - Doc. Camera CCXLVIII, n. 1 elaborato dal Ministero dell’economia nell’agosto 2012 e al Rapporto Elementi per una revisione della spesa pubblica elaborato nel maggio 2012 dal Ministro Piero Giarda, i quali costituiscono i principali documenti di analisi elaborati in sede di attività di spending review, nonché al Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica, elaborato dalla Corte dei Conti, nel maggio 2012.
I dati più aggiornati sull’andamento dei conti di finanza pubblica relativi agli anni 2010-2012 sono da ultimo riportati nel Comunicato ISTAT del 1° marzo 2013 PIL e Indebitamento AP - Anni 2010-2012.
Si ricorda che nel corso della XVI legislatura, l’espansione delle dimensioni finanziarie dei conti pubblici avviene in un contesto di crescita bassa, peggiorato e reso negativo dalla crisi economico finanziaria, che, condizionando il livello e la dinamica delle entrate e comportando un incremento della spesa per interessi, ha contribuito in misura significativa all’aumento del rapporto spesa pubblica/PIL, particolarmente evidente nel 2009.
La necessità e l’urgenza di assicurare un miglioramento strutturale dei conti, anche a fronte degli impegni assunti in sede europea per fronteggiare la crisi, agendo non solo sulle entrate, ma anche sul versante delle spese, è infatti alla base dei ripetuti interventi correttivi di manovra (vedi: Politica economica e manovre finanziarie) adottati nel corso della legislatura. Gli interventi sono consistiti in misure puntali aventi effetti nel breve periodo, nonché in strumenti e procedure finalizzate ad ottenere effetti di di medio periodo, in quanto volti a razionalizzare e riqualificare la spesa.
Le misure e gli interventi di correzione hanno consentito di determinare, nel corso della parte finale della legislatura, una lieve inversione di tendenza nell’andamento delle uscite correnti al netto degli interessi. Queste, in termini nominali, a partire dall'anno 2010 si mantengono infatti sostanzialmente invariate e decrescono lievemente nell’anno 2012.
Spese correnti al netto degli interessi
(miliardi di euro – anni 2005-2012)
I dati riflettono l’andamento delle principali componenti della spesa corrente primaria, su cui gli interventi di contenimento si sono incentrati, in particolare:
Spesa per consumi intermedi
(in miliardi di euro – Anni 2005-2012)
Spesa per redditi da lavoro dipendente
(in miliardi di euro – Anni 2005-2012)
Spesa per prestazioni sociali
(in miliardi di euro – Anni 2005-2012)
Passando ad una valutazione dell’andamento della spesa corrente primaria in termini di rapporto percentuale sul PIL, si può osservare come questa risenta del quadro macroeconomico che ha attraversato la legislatura.
Essa raggiunge il suo apice nell’anno 2009, ove si attesta al 43,5 per cento del PIL, quale effetto del forte impatto della crisi economico finanziaria e della diminuzione, che ha superato i cinque punti percentuali, del prodotto interno lordo. A decorrere dal 2010, in contesto economico comunque in decrescita, la spesa corrente primaria si è ridotta, fino a contrarsi, nel 2012, di quasi un punto di PIL.
Spese correnti al netto degli interessi
(in % del PIL anni 2005-2012)
Tale risultato è l’effetto:
Spesa per consumi intermedi
(in % del PIL – Anni 2005-2012)
Spesa per redditi da lavoro dipendente
(in % del PIL – Anni 2005-2012)
Spesa per prestazioni sociali
( in % del PIL – Anni 2005-2012)
Per quanto attiene ai settori oggetto di interventi di contenimento, si ricorda che si è agito sulle principali voci del comparto della pubblica amministrazione: consumi intermedi, pubblico impiego e previdenza pubblica, spesa sanitaria, enti decentrati, procedendo altresì ad istituzionalizzare, all’interno della nuova legge di contabilità , legge n. 196/2009, le procedure di analisi e valutazione della spesa pubblica, la cosiddetta attività di spending review.
Nell’ambito dei settori sopra elencati, le misure di riduzione della spesa pubblica hanno toccato diversi ambiti.
In primo luogo, per ciò che attiene alla spesa per consumi intermedi, è stata estesa e rafforzata l’operatività di taluni interventi adottati già nelle precedenti legislature, intervenendo sulle spese per studi e incarichi di consulenza, relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità , rappresentanza, auto di servizio e indennità dei componenti gli organi collegiali.
E' stato altresì potenziato il programma di razionalizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione, attraverso una maggiore cogenza dell’obbligo di ricorrere alle convenzioni quadro della CONSIP e ai parametri di prezzo e di qualità in esse stabiliti.
Ulteriori interventi di contenimento della spesa hanno inciso sulle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria e di locazione degli immobili utilizzati dalle Amministrazioni.
Per ciò che attiene al pubblico impiego, diverse misure hanno riguardato la riduzione dei costi del personale, in particolare, la fissazione di limiti alle retribuzioni e agli emolumenti del personale delle pubbliche amministrazioni, attraverso tetti retributivi.
Un terzo ambito di interventi ha poi specificamente riguardato le societa' in mano pubblica con limitazioni volte a circoscriverne la possibilità di costituzione e proprietà da parte delle pubbliche amministrazioni, in particolare, da parte degli enti territoriali , nonché misure di contenimento del numero dei componenti degli organi societari e la fissazione di tetti retributivi.
Si segnala, infine, che una serie di misure ha riguardato i costi della rappresentanza politica.
Con riferimento specifico alle misure concernenti i consumi intermedi, si rileva in via generale come taluni interventi, quali quelli di cui al D.L. n. 52/2012 e con il D.L. n. 95/2012, sono seguiti all’attività di ricognizione della spesa effettuata in sede di spending review.
Essi si muovono, dunque, secondo una logica volta a superare le riduzioni lineari indifferenziate alle dotazioni di spesa, essendo finalizzate a riduzioni da ottenersi attraverso l’eliminazione degli eccessi, mirando ad adeguare le risorse ai fabbisogni di spesa effettivi.
Ciò non di meno, la tecnica delle riduzioni lineari ha costituito uno dei metodi di contenimento più utilizzati nel corso della legislatura per ciò che concerne il bilancio statale, mentre per le autonomie territoriali sono stati fissati specifici vincoli o obiettivi di risparmio. Attraverso i tagli lineari al bilancio statale – tecnica che già aveva trovato applicazione in differenti forme nelle passate legislature – si è intervenuti incidendo prevalentemente sulle spese discrezionali di parte corrente e specificamente le spese per consumi intermedi, nonché sulle spese per trasferimenti. Le riduzioni hanno riguardato anche gli stanziamenti disposti da autorizzazioni legislative di spesa (le cd. spese da fattore legislativo).
I “tagli†adottati con finalità correttive sono stati incisivi e hanno operato in un primo tempo come riduzioni sul triennio di riferimento, come nel caso del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, nonché come riduzioni con effetti permanenti ad opera dei successivi provvedimenti di manovra, quali il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, il D.L. 6 luglio 2011, n. 98 e il D.L. 13 agosto 2011, n. 138, nonché il D.L. 6 luglio 2012, n. 95, che hanno recato misure correttive finalizzate ad affrontare il deteriorarsi della situazione economico finanziaria e la conseguente necessità di intervenire per assicurare il rispetto degli obiettivi programmatici assunti in sede europea.
I tagli si sono cumulati, determinando un rallentamento della dinamica incrementale della spesa, ma anche un progressivo irrigidimento delle risorse iscritte a bilancio, fenomeno che si è cercato di attutire attraverso meccanismi sempre più ampi di flessibilita' nella allocazione e nella gestione delle risorse statali.
Con riferimento alle spese da fattore legislativo, si noti, infine, che, in taluni casi, anziché procedere a riduzioni lineari, si è intervenuti, introducendo “forme selettive†di riduzione. Si è così operato il definanziamento di leggi di spesa le cui risorse annuali sono risultate non impegnate a consuntivo (si veda in proposito l’articolo 1, comma 1 del D.L. n. 78/2010 e l’articolo 10, comma 7 del D.L. n. 98/2011).
Per quanto riguarda la descrizione analitica delle principali riduzioni lineari operate nell’ambito dei provvedimenti di manovra, si rinvia all’Approfondimento relativo ai tagli lineari.
Infine, si ricorda, che nel quadro delle procedure istituzionali di controllo della spesa, rientra pure il potenziamento dei controlli di gestione, intervenuto sia per le amministrazioni statali, attraverso la citata legge di contabilità nazionale e i relativi provvedimenti attuativi, quali il D. Lgs. n. 123 del 30 giugno 2011 che è intervenuto riformando i controlli interni di regolarità amministrativa e contabile, sia, per gli enti territoriali, attraverso il D.L. n. 174 del 10 ottobre 2012, il quale è intervenuto sui controlli interni ed esterni degli enti locali.
Si è poi proceduto ad operare modifiche alla disciplina contabile, volte a rendere il sistema dei conti pubblici più omogeneo e trasparente, dando avvio all’armonizzazione dei bilanci e degli schemi contabili degli enti territoriali e degli altri enti pubblici.
Le riduzioni lineari alle dotazioni del bilancio statale – che, sia pure con modalità differenti, avevano già trovato applicazione nelle precedenti legislature – hanno costituito, nel corso della XVI legislatura, uno degli strumenti prioritari per l’ottenimento di risparmi funzionali al conseguimento degli obiettivi correttivi dei conti pubblici nell’ambito dei provvedimenti di manovra finanziaria.
I “tagliâ€, in taluni casi di importo significativo, sono stati adottati in ragione del deteriorarsi della situazione economico finanziaria e della conseguente necessità ed urgenza di intervenire per assicurare il rispetto degli obiettivi programmatici assunti in sede europea.
Essi sono stati adottati, in un primo tempo, come riduzioni sul triennio di riferimento, come nel caso del D.L. 25 giugno 2008, n. 112. Successivamente, sono state invece adottate riduzioni con effetti permanenti, come quelle disposte dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, dal D.L. 6 luglio 2011, n. 98 e D.L. 13 agosto 2011, n. 138, nonché dal D.L. 6 luglio 2012, n. 95.
Gli interventi, che si sono via via cumulati, hanno determinato un progressivo irrigidimento delle risorse iscritte a bilancio, al quale si è cercato di porre rimedio attraverso meccanismi sempre più ampi di flessibilita' nella allocazione e nella gestione delle risorse.
Le categorie economiche più colpite dalle riduzioni sono state le spese discrezionali di parte corrente (cd. spese di adeguamento al fabbisogno) e specificamente le spese per consumi intermedi, nonché le spese per trasferimenti.
Gli interventi lineari hanno riguardato anche gli stanziamenti disposti da autorizzazioni legislative di spesa (le cd. spese da fattore legislativo). Anche se, in taluni casi, il legislatore, anziché procedere a riduzioni lineari, ha adottato “forme selettive†di riduzione. Si è così ricorsi al definanziamento di leggi di spesa le cui risorse annuali sono risultate non impegnate a consuntivo (si veda in proposito l’articolo 1, comma 1 del D.L. n. 78/2010 e l’articolo 10, comma 7 del D.L. n. 98/2011).
Di seguito si espongono i principali interventi di riduzione lineare operati al bilancio dai provvedimenti di manovra.
L’articolo 60, commi 1 e 2, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, ha disposto una riduzione lineare delle dotazioni finanziarie delle missioni di spesa di competenza dei vari Ministeri iscritte nel bilancio a legislazione vigente per gli anni 2009, 2010 e 2011, con esclusione delle spese obbligatorie o aventi natura di oneri inderogabili, del Fondo ordinario per l’università , delle risorse destinate alla ricerca e al finanziamento del 5 per mille IRPEF.
Si ricorda che per oneri inderogabili si intende quelle spese vincolate a particolari meccanismi o parametri che regolano la loro evoluzione. Negli oneri inderogabili rientrano le spese obbligatorie, ossia il pagamento di stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse, le spese per interessi passivi, le spese derivanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento di mutui.
Il totale delle riduzioni operate è stato pari a 8,4 miliardi nel 2009, dei quali 6,6 miliardi sono consistiti in spese da fattore legislativo, a 8,9 miliardi nel 2010, dei quali 6,8 miliardi spese da fattore legislativo, e a 15,6 miliardi per il 2011, dei quali 11,8 miliardi spese da fattore legislativo.
A fronte dei consistenti tagli, l'articolo 60 del D.L. n. 112/2008 ha concesso per le singole Amministrazioni interessate, un più ampio margine di discrezionalità in ordine alla allocazione delle risorse nei programmi di spesa di loro pertinenza, introducendo a tal fine in via sperimentale nell’ordinamento contabile la distinzione – successivamente istituzionalizzata nella disciplina sulla flessibilità di bilancio dalla nuova legge di contabilità , legge n. 196/2009 - tra componente rimodulabile e non rimodulabile della spesa. Si ricorda, al riguardo che sono spese non rimodulabili quelle “per le quali l'amministrazione non ha la possibilità di esercitare un effettivo controllo, in via amministrativa, sulle variabili che concorrono alla loro formazione, allocazione e quantificazioneâ€. Esse corrispondono alle spese obbligatoriesopra descritte. Mentre, nelle spese rimodulabili rientrano le spese derivanti da fattori legislativi, intendendo come tali quelle autorizzate da espressa disposizione legislativa che ne determina l'importo, e le spese di adeguamento al fabbisogno, ossia spese non predeterminate legislativamente ma quantificate tenendo conto delle esigenze delle amministrazioni.
Sempre in tema di flessibilita' della gestione delle risorse, si ricorda che l'articolo 43, comma 2, del D.L. n. 207/2008 ha consentito al MEF, di effettuare, per il solo anno 2009, con decreti da comunicare alle Commissione parlamentari e alla Corte dei conti, variazioni compensative in termini di competenza e di cassa tra gli stanziamenti dei Fondi di riserva iscritti a bilancio, quali il Fondo di riserva spese obbligatorie, Fondo di riserva per le spese impreviste, e Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente.
Successivamente, l’articolo 2, comma 1 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 ha disposto, a decorrere dal 2011, una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie, iscritte a legislazione vigente nell’ambito delle spese rimodulabili delle missioni di ciascun Ministero. Sono stati esclusi dai tagli il Fondo ordinario delle università ; all’informatica; alla ricerca e al 5 per mille IRPEF.
Le riduzioni sono state operate per importi complessivi pari a 2.4 miliardi di euro nel 2011, di 2,2 miliardi nel 2012 e di 2,4 miliardi nel 2013. Nell’ambito di tali importi, le riduzioni relative alle spese predeterminate per legge corrispondono a 1.850,5 milioni nel 2011, 1.646,9 milioni nel 2012 e 1.824,4 milioni nel 2013.
Anche il D.L. n. 78/2010, al fine di mettere le singole Amministrazioni in condizione di far fronte alle consistenti riduzioni lineari delle dotazioni finanziarie delle missioni di spesa, ha consentito la possibilità di rimodulare, con il disegno di legge di bilancio, per “motivate esigenzeâ€, e limitatamente al triennio 2011-2013, le dotazioni finanziarie “tra le missioni†di ciascun stato di previsione della spesa.
Il D.L. n. 78/2010, articolo 7, comma 24, ha poi operato, per l’anno 2010, una riduzione lineare degli stanziamenti relativi ai trasferimenti ad enti, istituti, fondazioni e altri organismi, iscritti a bilancio sui capitoli degli stati di previsione delle amministrazioni centrali vigilanti. La riduzione è stata pari al 50% delle dotazioni relative all’anno 2009.
I decreti legge di manovra dell’estate 2011, adottati in un contesto di acuita crisi economico finanziaria e in ragione della conseguente necessità e urgenza di pervenire ad una correzione dei conti pubblici, hanno operato ulteriori incisive riduzioni orizzontali, contestualmente introducendo nuove norme speciali volte a dare un maggiore margine di flessibilità gestionale. Si osservi, in proposito, che – mentre le riduzioni disposte dai D.L. n. 112/2008 e D.L. n. 78/2010 sono consistite in tagli lineari alla sola componente rimodulabile della spesa, vale dire a quella componente della spesa iscritta in bilancio riconducibile a specifiche autorizzazioni legislative (cd. fattore legislativo) o a spese discrezionali (cd. adeguamento al fabbisogno) – le misure disposte dai successivi DD.LL. n. 98/2011, n. 138/2011 e dal D.L. n. 95/2012, hanno determinato obiettivi di riduzione, che si sono concretizzati, in sede attuativa, in riduzioni sia alla componente rimodulabile, sia alla componente non rimodulabile della spesa iscritta in bilancio.
In particolare, l’articolo 10 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 ha previsto, al comma 1, consistenti riduzioni delle spese delle amministrazioni centrali dello Stato a decorrere dall’ anno 2012. Le riduzioni - indicate nell’allegato C al D.L. n. 98/2011- sono state successivamente incrementate dall’articolo 1, comma 1, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, fino ad un importo complessivo di risparmi, in termini di indebitamento netto, pari a 7 miliardi nel 2012, di 6 miliardi nel 2013 e di 5 miliardi di euro a decorrere dal 2014.
In attuazione della citati decreti legge, con il D.P.C.M. 28 settembre 2011 la riduzione complessiva della spesa in termini di saldo netto da finanziare è stata ripartita tra i Ministeri nella seguente misura: 10,7 miliardi nel 2012 e 5 miliardi per ciascuno degli anni 2013 e 2014.
Al fine di superare le criticità derivanti dalla riduzione lineare, l’articolo 10 del D.L. n. 98/2011 ha previsto che siano i Ministeri stessi a proporre, in sede di predisposizione del disegno di legge di stabilità per il triennio 2012-2014, le iniziative legislative necessarie ai fini del conseguimento degli obiettivi di riduzione.
Con la legge di stabilità per il 2012, sulla base delle proposte di interventi correttivi pervenuti da ciascun Ministero, si è provveduto all’attuazione degli obiettivi di riduzione, indicando, all’articolo 3, elenco 1 e all’articolo 4, le riduzioni alle spese sia rimodulabili (articolo 3) che non rimodulabili (articolo 4) delle amministrazioni centrali.
Si osservi che anche il D.L. n. 98/2011, contestualmente ai tagli, ha previsto una disciplina di carattere speciale di flessibilita' gestionale delle risorse iscritte in bilancio, consentendo per gli anni 2012 -2014 la possibilità di operare - con decreto del Ministro dell'economia, adottato previo parere delle Commissioni parlamentari competenti nell’ipotesi di coinvolgimento di spese da fattore legislativo - variazioni compensative tra le dotazioni finanziarie relative alle spese rimodulabili di ciascun Ministero, anche tra programmi diversi (articolo 10, comma 14). Tali norme sono state poi riformulate dal D.L. n. 138/2011, articolo 1, comma 02, il quale ha introdotto una nuova disciplina speciale di flessibilità che consente, relativamente al quinquennio 2012-2016 di operare rimodulazioni tra le dotazioni finanziarie di ciascuno stato di previsione, con riferimento sia alle spese rimodulabili che a quelle non rimodulabili del bilancio statale. La rimodulazione è operata con decreto ministeriale, previo parere delle commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.
Infine, si rileva che una particolare clausola di salvaguardia è stata prevista nell’ipotesi di mancato conseguimento degli obiettivi di risparmio fissati dal citato articolo 10 del D.L. n. 98/2011: in presenza di uno scostamento rilevante dagli obiettivi di finanza pubblica indicati per l'anno dal Documento di economia e finanza (DEF) e da eventuali aggiornamenti, ovvero, nel caso in cui non siano assicurati gli obiettivi di risparmio stabiliti con il taglio lineare, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro vigilante, può disporre, con uno o più decreti, la riduzione delle spese di funzionamento degli enti e organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato, inclusi nell'elenco del conto della P.A..
Con un meccanismo del tutto analogo a quello già previsto dal D.L. n. 98/2011, l'articolo 7, commi 12-15, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, ha successivamente disposto , ai fini del concorso al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, una riduzione delle spese delle Amministrazioni centrali dello Stato, a decorrere dall’anno 2013.
La misura complessiva di tale riduzione, indicata in un apposito allegato al decreto-legge (Allegato 2) è pari, in termini di saldo netto da finanziare, a 1,8 miliardi nel 2013, a 1,6 miliardi nel 2014 e a 1,6 miliardi nel 2015 e successivi.
Anche in questo caso, al fine di superare le criticità derivanti dalle riduzioni lineari, è stato attribuito ai singoli Ministri competenti il potere di proporre, in sede di predisposizione del disegno di legge di stabilità per il triennio 2013-2015, gli interventi correttivi necessari per la realizzazione degli obiettivi sopra indicati.
Con la legge di stabilità per il 2013, sulla base delle proposte pervenute da ciascun Ministero, si è provveduto pertanto all’attuazione della suddetta disciplina, indicando all’articolo 1, commi da 4 a 87, le misure per ottenere riduzioni alle spese rimodulabili e non rimodulabili.
Si osservi che anche il D.L. n. 95/2012 ha introdotto nuove norme volte ad implementare la flessibilità del bilancio in sede gestionale e di predisposizione degli stanziamenti di spesa, consentendo di disporre in ciascun stato di previsione della spesa, tra capitoli, variazioni compensative di sola cassa, ed aumentando, rispetto a quanto consentito dalla disciplina contabile, la rimodulabilità delle autorizzazione di spesa pluriennale (articolo 6, commi 10-16).
Il D.L. n. 95/2012 ha operato ulteriori riduzioni sulle spese per consumi intermedi dei Ministeri, nonché, sulle dotazioni concernenti i trasferimenti ad enti. In particolare, per ciò che concerne gli stanziamenti per consumi intermedi, ha stabilito che le amministrazioni centrali dello Stato devono assicurare, a decorrere dal 2012, una riduzione delle spese per acquisto di beni e servizi, nella misura di 141,1 milioni di euro nel 2012 e di 615 milioni a decorrere dal 2013.
In sede di relazione tecnica al D.L. n. 95/2012, tale riduzione non è peraltro qualificata come vero e proprio “taglio lineareâ€. Essa infatti è dichiarata come misura conseguente agli interventi di ricognizione della spesa per consumi intermedi effettuata in sede di spending review dal Commissario straordinario ai sensi del decreto-legge n. 52/2012, e calcolata non secondo la logica delle riduzioni lineari indifferenziate, bensì confrontando i valori medi per anno-persona dei costi di gestione per amministrazione e per voce del piano dei conti, stimando l’eccesso dei costi rispetto al valore mediano.
Sempre per assicurare una riduzione delle spese per consumi intermedi per gli altri enti pubblici è stata disposta:
Conclusioni
Nel corso della XVI legislatura i tagli lineari operati al bilancio statale hanno assunto consistente entità , costituendo per il bilancio statale lo strumento principale di medio breve periodo per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica. Ciò è vero soprattutto negli anni 2011 e 2012, in cui gli effetti cumulati delle riduzioni operate dai provvedimenti di manovra sono stati paricomplessivamente a circa 18 miliardi di euro e a 13 miliardi di euro, a fronte di riduzioni negli altri anni del periodo considerato, che si situano su valori consistentemente inferiori, come esposto nella tabella che segue.
Riduzioni lineari operate al bilancio a legislazione vigente dai provvedimenti di manovra della XVI legislatura
(milioni di euro)
|
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 e ss. |
D.L. n.112/2008, art. 60 |
8.435 |
8.929,2 |
15.611,3 |
- |
- |
- |
- |
D.L. n. 78/2010, art. 2 |
|
|
2.443,7 |
2.215,8 |
2.395,2 |
2.395,2 |
2.395,2 |
D.L. n. 98/2011, art. 10 e D.L. n. 138/2011, art. 1 |
|
|
|
10.700 |
5.000 |
5.000 |
5.000 |
D.L. n. 95/2012, art. 7 |
|
|
|
|
1.777,3 |
1.574,5 |
1.649,5 |
TOTALE |
8.435 |
8.929 |
18.055 |
12.916 |
9.173 |
8.970 |
9.045 |
L’entità e la portata di tali riduzioni, da unirsi, come già accennato nella parte generale, ad ulteriori interventi di contenimento, vertenti specialmente sui consumi intermedi e sulle spese per redditi da lavoro dipendente, ha prodotto effetti sull’andamento incrementale della spesa statale, arrestandone la tendenza evolutiva.
Spesa statale
(milioni di euro)
|
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
spese finali |
554.042 |
558.288 |
544.363 |
539.303 |
542.716 |
Spese correnti |
489.192 |
497.581 |
491.815 |
490.490 |
503.919 |
- di cui: consumi intermedi |
12.505 |
13.679 |
10.337 |
11.587 |
8.915 |
Fonte: anni 2009-2011, Rendiconto generale dello Stato, Previsioni definitive di competenza. Anno 2012, Previsioni assestate di competenza .
Le spese finali dello Stato risultano, negli anni 2010 e 2011, in diminuzione rispetto al biennio precedente.
In particolare, nell’anno 2011 esse si attestano a 539,3 miliardi di euro, a fronte dei 558,3 miliardi del 2009, in decrescita di circa il 3,4 per cento.
Tale dato, rileva la Corte dei Conti nell’ultimo Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica , elaborato dalla Corte dei Conti, nel maggio 2012, può ascriversi all’effetto cumulato dei robusti “tagli†alle spese dei Ministeri, disposti, con il DL n. 112/2008 e con i successivi DD. LL. n. 78/2010 e n. 98/2011.
Nell’anno 2012, le previsioni assestate indicano un lieve incremento delle spese finali statali.
Osservando l’andamento della categoria dei consumi intermedi, sulla quale si è concentrata la parte preponderante delle misure di contenimento adottate nel corso della XVI legislatura, ivi inclusi i tagli lineari alle dotazioni di bilancio sopra descritti, può verificarsi come essa si riduce nel 2010 del 24,4 percento rispetto all’anno 2009, mentre, nel 2011, aumenta di oltre il 12%, offrendo pertanto l’impressione di una sostanziale inefficacia dei tagli imposti alle amministrazioni centrali con i ripetuti provvedimenti di questi anni.
Con riferimento alle motivazioni di tale andamento, si richiama quanto rilevato dalla Corte dei Conti nel corso dell’ Audizione presso la V Commissione Bilancio della Camera, tenutasi il 26 luglio 2012, in sede di Indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame del disegno di legge di rendiconto generale dello Stato per il 2011 (A.C. 5324) e del disegno di legge di assestamento per il 2012 (A.C. 5325).
La Corte rileva come, nel caso dei consumi intermedi, vada posta l’attenzione ad uno specifico fattore distorsivo – la massa dei debiti pregressi – che ha registrato una forte accelerazione negli ultimi esercizi, proprio in concomitanza con le considerevoli riduzioni degli stanziamenti di bilancio, che hanno riguardato spese di funzionamento delle amministrazioni solo formalmente rimodulabili, ma di fatto non facilmente ed immediatamente comprimibili.
Nel 2011, dunque, i consumi intermedi comprendono un importo rilevante di “oneri pregressiâ€, in realtà relativi a spese da riferire ad esercizi precedenti. Ne risulta pertanto offuscata la dinamica effettiva degli acquisti di beni e servizi realizzati nell’anno considerato, i quali, afferma sempre la Corte, depurati da tale componente anomala, segnano ancora una diminuzione di poco inferiore al 2%.
Si ricorda, infine, che per il 2012, la previsione di spesa per consumi intermedi contenuta nella legge di bilancio dello Stato è contenuta a 8,9 miliardi.
Nel corso della legislatura, la finalità di riduzione della spesa per consumi intermedi della pubblica amministrazione è stata realizzata non solo operando limiti alle diverse tipologie di spesa o tagli lineari al bilancio statale, bensì anche adottando misure volte ad incrementare i processi di centralizzazione e razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi della pubblica amministrazione, per la realizzazione di economie di scala funzionali al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.
Buona parte degli interventi sono stati adottati nel quadro dell’attività di spending review svolta dal Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi delle amministrazioni pubbliche ai sensi di quanto disposto dal D.L. n. 52/2012 ed hanno trovato principalmente adozione nel medesimo decreto, nonché nel D.L. n. 95/2012: la razionalizzazione e centralizzazione degli acquisti è infatti strumentale all’individuazione di fabbisogni standard delle pubbliche amministrazioni e, di conseguenza, alla fissazione di un livello di spesa uniforme, per voci di costo, per tali acquisti.
Può dirsi, in sostanza, che il legislatore si sia mosso su due fronti:
Il Piano e l'attività di spending review sui consumi intermedi hanno determinato l'introduzione di misure volte a dare maggiore cogenza alle convenzioni quadro e ai parametri prezzo qualità fissati da Consip S.p.A e dalle centrali regionali di acquisto nel quadro del sistema a rete degli acquisti della P.A.
Potenziamento del ruolo di Consip ed estensione degli obblighi di approvvigionamento centralizzato
La razionalizzazione delle modalità di acquisto di beni e servizi, anche mediante il ricorso a strumenti e procedure informatiche, è stata avviata dal legislatore sin dall’anno 2000 con la legge n. 488/1999 (legge finanziaria 2000) e variamente perseguita nel corso delle precedenti legislature.
Talvolta, i provvedimenti che si sono susseguiti, sia per ciò che concerne il ruolo della Società CONSIP S.p.A., sia per ciò che concerne l’obbligo delle pubbliche amministrazioni di fare ricorso agli acquisti centralizzati, non sempre hanno seguito indirizzi univoci.
Si ricorda che CONSIP S.p.A. è la società con capitale interamente posseduto dal Ministero dell’economia e finanze, che costituisce la struttura di servizio di riferimento per gli acquisti centralizzati di beni e servizi della P.A.. La Società Consip e le Centrali regionali di acquisto della P.A. sono i soggetti competenti a stipulare - anche mediante il ricorso a strumenti e procedure informatiche - convenzioni quadro, con le quali l'impresa fornitrice di beni e servizi si impegna ad accettare ordinativi di fornitura deliberati dalle pubbliche amministrazioni, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti. Le amministrazioni pubbliche, in via generale, possono ricorrere alle convenzioni-quadro, ovvero sono obbligate a fare ricorso ai parametri prezzo-qualità da tali convenzioni fissati (articolo 1, commi 449-458 della legge finanziaria 2007).
Nel corso dell XVI legislatura, può avvertirsi, sulla materia, un filo conduttore piuttosto univoco, che ha condotto, in primo luogo, ad una ridefinizione del ruolo e delle attività svolte da Consip S.p.A.: ai sensi dell'articolo 4, commi 3-bis e 3-ter del D.L. n. 95/2012, a tale società sono state lasciate le sole competenze in materia di realizzazione del Programma di razionalizzazione degli acquisti e le attività di centrale di committenza e di e-procurement per le amministrazioni pubbliche, mentre le restanti attribuzioni – concernenti la gestione e lo sviluppo del sistema informatico della P.A. – sono state attribuite alla Società SOGEI S.p.a .
Gli obblighi per le pubbliche amministrazioni di approvvigionarsi attraverso gli strumenti centralizzati messi a disposizione da Consip e dalle centrali regionali sono stati variamente implementati.
In particolare, con il D.L. n. 52/2012 e con la legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013), l’obbligo di approvvigionamento attraverso le convenzioni-quadro Consip S.p.A. è stato esteso a tutte le tipologie di beni e servizi che devono essere acquistati da tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche.
Prima di tali interventi normativi, l’articolo 1, comma 449 della legge n. 296/2006, demandava ad un Decreto del Ministero dell’economia, da adottarsi annualmente, la determinazione delle tipologie di beni e servizi che le amministrazioni statali centrali e periferiche, fatta eccezione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, erano tenute ad acquisire attraverso le convenzioni quadro Consip. L’articolo 7 del D.L. n. 52/2012 ha esteso l'obbligo di approvvigionamento attraverso le convenzioni-quadro Consip a tutte le tipologie di beni o e servizi che devono essere acquistati da parte delle amministrazioni statali centrali e periferiche, mantenendo l’esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie. Successivamente, questi ultimi soggetti sono stati assoggettati all’obbligo di approvvigionamento tramite convenzioni quadro Consip dall’articolo 1, comma 150 della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013).
Si segnala comunque che già ad inizio legislatura, il D.L. n. 112/2008 (articolo 48), aveva esteso agli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, e le istituzioni universitarie l’obbligo di approvvigionarsi di combustibile da riscaldamento e dei relativi servizi mediante le convenzioni quadro Consip o comunque a prezzi inferiori o uguali a quelli praticati dalla Consip, stabilendo altresì per le altre pubbliche amministrazioni l’obbligo di adottare misure in modo da ottenere risparmi equivalenti.
Inoltre, per ciò che concerne gli acquisti al di sotto della soglia comunitaria, i citati provvedimenti hanno esteso a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2 del D.Lgs. n. 165/2001 l’obbligo di fare ricorso al mercato elettronico della P.A. gestito da Consip, ovvero agli altri strumenti di e-procurement tra cui anche quelli messi a disposizione dalle centrali regionali di riferimento.
L’obbligo di ricorrere la mercato elettronico per gli acquisti sotto soglia era originariamente previsto, dall’articolo 1, comma 450 della citata legge n. 296/2006, per le sole amministrazioni statali, ad eccezione delle istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, e le istituzioni universitarie. L’articolo 7 del D.L. n. 52/2012 ha esteso l’obbligo a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2 del D.Lgs. 165/2001. Per ciò che concerne gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le università statali, l’articolo 1, comma 149 della legge di stabilità 2013 ha demandato ad un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la fissazione delle linee guida per l’utilizzo della procedure informatiche, stabilendo che, a decorrere dal 2014, i risultati conseguiti in materia dalle singole istituzioni sono presi in considerazione ai fini della distribuzione delle risorse destinate al loro funzionamento.
Si ricorda che la disciplina delle procedure telematiche di acquisto (il cd. e-procurement) e del mercato elettronico della P.A. è stata riscritta dall’articolo 328 del D.P.R. n. 207 del 2010 (Regolamento di attuazione del codice degli apparti pubblici), che ha abrogato la pregressa normativa contenuta nel D.P.R. 101/2002.
Il potenziamento del mercato elettronico per l’acquisizione di beni e servizi, è stato ulteriormente perseguito dalla legge di stabilità 2013 (articolo 1, comma 158) che ha demandato ad un decreto del Ministro dell'economia, da adottare entro il 31 marzo di ogni anno, l’individuazione delle categorie di beni e di servizi nonché la soglia al superamento della quale le amministrazioni pubbliche statali, centrali e periferiche procedono alle relative acquisizioni attraverso strumenti di acquisto informatici propri, ovvero messi a disposizione dal Ministero dell'economia. Tale previsione dunque demanda ad un atto secondario la fissazione di quelle tipologie di acquisti, per le quali, a prescindere dal fatto che siano sopra o sotto la soglia di rilievo comunitario, opera comunque l’obbligo di ricorrere agli strumenti informatici.
Inoltre, per specifici settori merceologici quali energia elettrica, gas, carburanti, combustibili per riscaldamento e telefonia, il legislatore - con il D.L. n. 95/2012, come modificato dalle legge di stabilità 2013 - ha stabilito l’obbligo per le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto economico consolidato della P.A. a totale partecipazione pubblica diretta o indiretta, di ricorrere alle convenzioni quadro e agli accordi quadro messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di acquisto regionali di riferimento, ovvero di esperire proprie autonome procedure nel rispetto della normativa vigente, utilizzando i sistemi telematici di negoziazione messi a disposizione dai soggetti sopra indicati.
Per tali categorie ha fatto tuttavia salva la possibilità di procedere ad affidamenti, anche al di fuori delle predette modalità , a condizione che gli stessi conseguano ad approvvigionamenti da altre centrali di committenza o a procedure di evidenza pubblica e che prevedano corrispettivi inferiori a quelli indicati nelle convenzioni e accordi quadro messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionale.
Anche in tal caso, i contratti stipulati in violazione degli obblighi suddetti sono nulli, costituiscono illecito disciplinare e sono causa di responsabilità amministrativa.
E’ stato inoltre rinviato ad appositi decreti del Ministero dell'economia e delle finanze l’individuazione di ulteriori categorie merceologiche alle quali si applica la sopra descritta normativa.
Al di là degli interventi citati, il D.L. n. 52/2012 ha introdotto forme incentivanti e agevolazioni per le amministrazioni pubbliche che comunque si servono delle convenzioni quadro Consip e del mercato elettronico della P.A., prevedendo:
Si noti, infine, che anche le ONLUS, nonché le organizzazioni di volontariato possono ricorrere, per l'acquisto di beni e di servizi, alle convenzioni stipulate da Consip, nonché al mercato elettronico della P.A.
Nel corso della legislatura sono state anche introdotte sanzioni per il mancato rispetto delle procedure di acquisto centralizzato di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione.
In primo luogo, l’articolo 11, comma 6 del D.L. n. 98/2011 ha previsto che - ove non si ricorra alle convenzioni quadro stipulate sia da Consip e sia dalle centrali regionali di acquisto - gli atti e i contratti posti in essere in violazione delle disposizioni sui parametri prezzo qualità dalle convenzioni fissati sono nulli e costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilità erariale.
Di fatto tale norma ha determinato, rispetto alla disciplina già esistente (contenuta nell’articolo 26 della legge n.488/1999) una estensione della sanzione della nullità anche ai contratti stipulati in violazione delle convenzioni quadro fissate dalle centrali regionali di acquisto.
Si ricordi al riguardo, che le centrali regionali - ai sensi di quanto precisato dall’articolo 1 del D.L. n. 95/2012 - pur dovendo tener conto dei parametri di qualità e di prezzo fissati da Consip, non sono soggette all’obbligo di utilizzare le convenzioni Consip, ma possono procedere autonomamente alla stipula di tali convenzioni.
L’articolo 1 del D.L. n. 95/2012 è nuovamente intervenuto sul punto, prevedendo la nullità - non solo dei contratti stipulati in violazione dell’obbligo di ricorrere alle convenzioni quadro ovvero ai parametri prezzo qualità fissati da Consip S.p.A. e dalle centrali regionali - bensì anche di tutti i contratti che siano stati stipulati in violazione delle norme che recano obblighi di ricorrere agli strumenti di acquisto messi a disposizione dalla medesima Consip, ivi inclusi, dunque, gli obblighi di approvvigionamento tramite il mercato elettronico della P.A. (per gli acquisti sotto soglia). La violazione costituisce illecito disciplinare ed è causa di responsabilità amministrativa ed erariale.
La legge di stabilità 2013 (articolo 1, comma 154) , infine, ha escluso la nullità e la responsabilità per i contratti stipulati dalle Amministrazioni statali ad un prezzo più basso di quello derivante dal rispetto dei parametri prezzo-qualità degli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip, sempre che tra amministrazione e impresa fornitrice non siano insorte contestazioni sull’esecuzione di eventuali contratti stipulati in precedenza.
Al fine di assicurare maggiore cogenza agli strumenti di acquisto centralizzato, il citato D.L. n. 95/2012 ha introdotto il diritto di recesso da parte delle pubbliche amministrazioni che hanno stipulato autonomi contratti di fornitura o di servizi, nel caso in cui i parametri delle convenzioni quadro stipulate da Consip S.p.A successivamente alla stipula dei contratti siano migliorativi e l'appaltatore non acconsenta ad una modifica. Ogni patto contrario a tale previsione è considerato nullo.
Le pubbliche amministrazioni – che sono, in virtù della normativa vigente, obbligate a ricorrere alle convenzioni quadro Consip o alle centrali di committenza regionali - possono procedere in via temporanea allo svolgimento di autonome procedure di acquisto di beni e servizi solo nell’ipotesi in cui le convenzioni quadro Consip o delle centrali di committenza regionali non siano ancora disponibili e in caso di motivata urgenza.
Inoltre, in correlazione al riconoscimento del diritto di recesso, il D.L. n. 95/2012 consente all’aggiudicatario delle convenzioni quadro stipulate da Consip o dalle centrali regionali la possibilità di offrire, nel corso della durata della convenzione e dei relativi contratti attuativi, una riduzione delle condizioni economiche previste nella medesima convenzione.
Infine, si rammenta che specifici interventi hanno riguardato la razionalizzazione degli acquisti sanitari .
In primo luogo l'articolo 11, comma 4 del D.L. n. 78/2010ha introdotto l’obbligo per le aziende sanitarie ed ospedaliere di specifica e motivata relazione – da sottoporsi agli organi di controllo e di revisione delle aziende sanitarie ed ospedaliere – sulle eventuali operazioni di acquisti di beni e servizi effettuati al di fuori delle convenzioni e per importi superiori ai prezzi di riferimento delle Centrali regionali di acquisto, ovvero da Consip S.p.a.
Il D.L. n. 52/2012 è successivamente intervenuto, specificando che gli enti del Servizio sanitario nazionale, laddove non siano operative le convenzioni-quadro stipulate dalle centrali regionali di acquisto, sono tenuti a ricorrere alle convenzioni-quadro Consip.
Altre specifiche disposizioni hanno riguardato la razionalizzazione degli acquisti dei beni e servizi sanitari. Si veda al riguardo, l’articolo 17, comma 1, lettera a) del D.L. n. 98/2011, come da ultimo modificato dall'art. 7-bis, comma 1, D.L. n. 52/2012, e, successivamente, l'art. 15, comma 13 del D.L. n. 95/2012, l’articolo 15-bis del D.L. n. 158/2012, nonché l’articolo 1, comma 131-133 della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013).
Potenziamento del ruolo di Consip quale stazione appaltante e centrale di committenza per le pubbliche amministrazioni e mercato elettronico
La legge finanziaria 2010 (legge n. 191/2009, articolo 2, commi 225-227) ha previsto che Consip concluda Accordi quadro cui le amministrazioni pubbliche e le amministrazioni aggiudicatici di appalti possono fare ricorso, per l’acquisto di beni e servizi.
In alternativa, le medesime amministrazioni sono tenute ad adottare, per gli acquisti di beni e servizi comparabili, i parametri prezzo-qualità rapportati a quelli fissati dagli accordi-quadro Consip.
E’ mantenuta comunque ferma la normativa sulle convenzioni quadro Consip, che possono essere stipulate anche ai fini ed in sede di aggiudicazione di appalti basati sugli accordi quadro Consip a completamento dei criteri fissati negli accordi.
Nell’ambito del sistema a rete costituito dalle centrali regionali di acquisto e da CONSIP S.p.a è stata demandata alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano la possibilità di indicare i criteri utili per l’individuazione della categorie merceologiche di beni e servizi oggetto degli accordi quadro stipulati da CONSIP.
Successivamente, il legislatore è nuovamente intervenuto sulla materia con il D.L. n. 201/2011 (articolo 29, commi 1 e 2), il quale ha disposto - per tutte le amministrazioni pubbliche centrali inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, nonché agli enti di previdenza e assistenza sociale - la possibilità di avvalersi, sulla base di apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti, di Consip S.p.A., nella qualità di centrale di committenza per l’acquisto di beni e servizi al di sopra della soglia di rilievo comunitario.
Per ciò che concerne gli acquisti al di sotto della soglia comunitaria, invece, il successivo D.L. n. 52/2012 (articolo 7, comma 2) ha disposto l’estensione a tutte le amministrazioni pubbliche (di cui all’art. 1, comma 2 del D.Lgs. n. 165/2001) dell’obbligo – originariamente previsto per le sole amministrazioni statali – di fare ricorso al mercato elettronico della P.A.. ovvero agli altri mercati elettronici, i quali hanno trovato previsione e disciplina nel D.P.R. n. 207/2010 recante il Regolamento di attuazione del codice degli apparti pubblici.
Infine, la legge di stabilità 2013 (articolo 1, comma 157) consente la stipula da parte di Consip di uno o più accordi quadro per l'aggiudicazione di concessione di servizi, ai quali facoltativamente le amministrazioni pubbliche possono aderire.
La categoria di spesa per consumi intermedi è quella sulla quale si è concentrata parte preponderante delle misure di contenimento adottate nel corso della XVI legislatura, in quanto essa, oltre a rappresentare una delle principali voci di uscita relative al funzionamento delle amministrazioni pubbliche, ha manifestato, nel corso del tempo, un andamento incrementale.
Le uscite per consumi intermedi della P.A. evidenziano, in termini nominali, nel periodo dal 1990 al 2012 una crescita del 156 per cento. Avendo riguardo ai sottosettori in cui è articolata la pubblica amministrazione, la crescita maggiore è stata quella delle amministrazioni locali, trainata dalla spesa del settore sanitario, che si è quasi triplicata. In termini percentuali sul PIL, i consumi intermedi della P.A. sono passati dal 4,9 per cento nel 1990 al 5,7 per cento nel 2012.
Il legislatore è più volte intervenuto su tale categoria economica, da un lato rendendo più stringenti le misure di contenimento già adottate nelle precedenti legislature, come quelle in materia di studi e relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità , rappresentanza, auto di servizio e organi collegiali, e dall’altro portando avanti la realizzazione del programma di razionalizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione e di e-procurement, che vede nella centralizzazione delle procedure di acquisto coordinata dalla Società Consip il suo fulcro essenziale.
Va rammentato che gli effetti dei citati interventi si cumulano a quelli determinati da interventi di portata più generale e trasversale, quali, per il settore statale, i tagli lineari alle dotazioni di bilancio.
Si è poi anche intervenuti con misure ad hoc sugli acquisti di beni e servizi nel settore sanitario .
Con riferimento all’ambito soggettivo delle misure di contenimento, va evidenziato che è stato specificamente sancito all’interno della legge di contabilità (articolo 1, comma 2 della legge n. 196/2009, come sostituito dall’articolo 5, comma 7 del D.L. n. 16/2012, convertito con modificazioni in legge n. 44/2012) un concetto ampio di pubblica amministrazione ai fini dell’applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica, stabilendosi che dall’anno 2012, per amministrazioni pubbliche - laddove queste siano genericamente citate - si intendono non solo gli enti e i soggetti appartenenti al conto economico della P.A., come individuato annualmente dall’ISTAT con apposito Comunicato, bensì anche le Autorità indipendenti e, comunque, le amministrazioni individuate ai sensi dell’articolo 1, comma 2 del D.Lgs. n. 165/2001, recante la disciplina del pubblico impiego.
L’ultimo elenco degli enti appartenenti al conto economico della P.A. predisposto dall’ISTAT, ai sensi dell’articolo 1, comma 3 della legge n. 196/2009, è quello di cui al Comunicato ISTAT pubblicato in G.U. n. 227 del 28 settembre 2012.
Su tali settori si è intervenuti, inasprendo e meglio implementando i limiti già fissati nelle precedenti legislature, dapprima con l’articolo 61 del D.L. n. 112/2008 e successivamente, con l’articolo 6, commi da 7 a 10 del D.L. n. 78/2010, che ha di fatto superato il primo intervento, nonché con una serie di ulteriori specifici provvedimenti.
L’articolo 61 del D.L. n. 112/2008, aveva previsto significative limitazioni in materia, disponendo a decorrere dal 2009 il divieto di effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza, per un ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2007; il divieto di effettuare spese per sponsorizzazioni per un ammontare superiore al 30 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2007; una riduzione del 30 per cento rispetto alla spesa sostenuta nel 2007 delle spese complessive per organi collegiali e altri organismi, anche monocratici, operanti nelle predette amministrazioni, con esclusione delle autorità amministrative indipendenti, degli enti territoriali, degli enti del Servizio sanitario nazionale e degli enti previdenziali privatizzati. Tali misure sono state di fatto superate dal successivo intervento legislativo contenuto nell’articolo 6 del D.L. n. 78/2010, come di seguito si illustra.
Va precisato, in via preliminare, che le norme di contenimento fissate dall’articolo 6 del D.L. n. 78/2010 si applicano agli enti locali, mentre non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale.
Pur tuttavia, per quanto concerne le regioni a statuto ordinario, si è disposto che, a decorrere dall’anno 2011, una quota pari al 10 per cento dei trasferimenti erariali a favore di esse sia accantonata per essere successivamente svincolata a favore di quelle regioni che hanno attuato le misure di contenimento sui costi dei consigli regionali di cui all’articolo 3 del D.L. n. 2/2010 e che hanno aderito volontariamente alle regole di contenimento previste dal citato articolo 6. A tal fine, sono considerate adempienti le regioni a statuto ordinario che registrano un rapporto uguale o inferiore alla media nazionale fra spesa di personale e spesa corrente al netto delle spese per i ripiani dei disavanzi sanitari e del surplus di spesa rispetto agli obiettivi del patto di stabilità interno e che hanno rispettato il medesimo patto (articolo 6, comma 20, D.L. n. 78/2010). I criteri attuativi della sopra descritta norma sono stati fissati con il D.M. 21 dicembre 2012.
Inoltre, anche le società inserite nel conto economico della pubblica amministrazione sono tenute a conformarsi ai principi vigenti di riduzione della spesa per studi, consulenze, relazioni pubbliche, convegni, mostre e pubblicità , nonché al divieto di sponsorizzazione, sanciti dall’articolo 6 del D.L. n. 78/2010.
Per ciò che concerne le norme di contenimento intervenute successivamente al D.L. n. 78/2010, si osservi che la maggior parte di esse sono esplicitamente rivolte a tutti gli enti e a tutte le amministrazioni del conto economico consolidato della pubblica amministrazione, nel quale dunque sono incluse anche le regioni e gli enti locali, nonché anche alle Autorità indipendenti (delle quali solo alcune sono incluse nel conto della P.A), ivi compresa la Consob. Procedendo all’esame delle diverse misure di contenimento, se ne indicherà comunque di seguito lo specifico ambito soggettivo di applicazione.
Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 6 del D.L. n. 78/2010, a decorrere dal 2011, la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza, compresi gli studi ed incarichi conferiti a pubblici dipendenti, non può essere superiore al 20% di quella sostenuta nell'anno 2009.
L'affidamento di incarichi in assenza dei presupposti di riduzione della spesa di cui sopra costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.
Nel complesso della spesa soggetta a riduzione, non sono ricomprese le spese per gli incarichi di studio e consulenza connessi ai processi di privatizzazione e alla regolamentazione del settore finanziario.
Il limite si applica:
La riduzione in questione non si applica alle spese dei seguenti soggetti:
La riduzione non si applica inoltre alle attività sanitarie connesse con il reclutamento, l’avanzamento e l’impiego del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale vigili del fuoco (comma 7).
E’ possibile effettuare variazioni compensative tra le spese oggetto di riduzione, e dunque con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da sottoporre al controllo degli uffici centrali di bilancio, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti e da inviare alla Corte dei conti per la registrazione. Le variazioni devono assicurare l'invarianza in termini di fabbisogno e di indebitamento netto.
A tale previsione generale si sono aggiunti il D.L. n. 95/2012 e la legge di stabilità 2013 con ulteriori precisi vincoli.
In particolare, il D.L. n. 95/2012 (art. 5, comma 9), ha stabilito il divieto di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti, già appartenenti ai ruoli delle pubbliche amministrazioni e collocati in quiescenza, che abbiano svolto, nell’ultimo anno di servizio, funzioni e attività corrispondenti a quelle oggetto dello stesso incarico di studio e di consulenza. Tale nuovo divieto si applica:
L’articolo 1, comma 2 del D.Lgs. n. 165/2001 definisce amministrazioni pubbliche tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo di riforma dell’organizzazione del Governo, D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300.
Ai sensi della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012, art. 1, commi 146 – 148) è stato introdotto:
Il divieto si applica alle pubbliche amministrazioni incluse nel conto economico della P.A. – nel quale sono incluse anche le regioni e agli enti locali –, alle altre amministrazioni di cui al D.Lgs. n. 165/2001, alle Autorità indipendenti, nonché alla CONSOB (comma 146).
Tale divieto si applica anche alle società a controllo pubblico diretto o indiretto strumentali (comma 148).
Ai sensi dell’articolo 6 del D.L. n. 78/2010 a decorrere dal 2011, la spesa annua per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza non può essere superiore al 20% della spesa sostenuta nell’anno 2009 per le medesime finalità (comma 7).
I limite si applica alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della P.A., incluse le Autorità indipendenti, nonché alle società inserite nel conto economico della P.A. (comma 11).
Il limite non si applica:
Per il 2012, il limite non ha trovato applicazione alle mostre autorizzate, entro la spesa complessivo 40 milioni di euro, dal Ministero per i beni e le attività culturali, di concerto, ai soli fini finanziari, con il Ministero dell'economia.
A partire dal 1° luglio 2010, l’organizzazione di convegni, di giornate e feste celebrative, nonché di cerimonie di inaugurazione ed eventi similari, da parte delle amministrazioni dello Stato e delle Agenzie e da parte degli enti e delle strutture da esse vigilati è subordinata alla preventiva autorizzazione del Ministro competente.
L’autorizzazione è concessa solo nei casi in cui non sia possibile limitarsi all’uso dei mezzi di comunicazione istituzionale via internet. In ogni caso, gli eventi autorizzati non devono comportare aumento delle spese destinate alla predette finalità e si devono svolgere al di fuori dell’orario di ufficio, senza dunque corresponsione di compensi per lavoro straordinario.
L’autorizzazione è rilasciata per le magistrature, dai rispettivi organi di autogoverno; per le autorità indipendenti, dai rispettivi organi di vertice.
Anche tra tali tipologie di spese soggette a riduzione è possibile di effettuare variazioni compensative.
Ai sensi dell’articolo 6 del D.L. n. 78/2010, a decorrere dal 2011, vige il divieto di effettuare spese per sponsorizzazioni (comma 9).
La misura si applica:
Il divieto non si applica agli:
Ai sensi dell’articolo 6 del D.L. n. 78/2010, a decorrere dall’anno 2011 vige il limite di effettuare spese per missioni, anche all'estero. per un ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009.
Gli atti posti in essere in violazione del suddetto limite costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilità erariale.
Il limite opera per le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della P.A., incluse le Autorità indipendenti.
Sono escluse dal limite:
Il limite non si applica agli:
Il limite può essere superato in casi eccezionali, previa adozione di un motivato provvedimento dell'organo di vertice dell'amministrazione, da comunicare preventivamente agli organi di controllo e di revisione dell'ente.
Non sono inoltre più dovute una serie di diarie per le missioni all'estero (quelle di cui all'art. 28 del D.L. n. 223/2006) tranne quelle per missioni internazionali di pace e a quelle effettuate dalle Forze di polizia, dalle Forze armate e dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
E’ stato rimesso ad un decreto del Ministero degli affari esteri (D.M. 23 marzo 2011) la fissazione di misure e limiti al rimborso delle spese di vitto e alloggio.
Infine, con la legge di stabilità 2012 (legge n. 183/2011, art. 4, comma 98) è stato previsto che il personale delle amministrazioni statali, in missione per ragioni di servizio all’interno del territorio nazionale fuori dalla sede ordinaria, deve usufruire per il vitto e l’alloggio, delle strutture della amministrazioni di appartenenza, se disponibili (articolo 4, comma 98,
Su tale tipologia di spesa sono stati inseriti limiti che man mano sono divenuti più stringenti nel corso della legislatura.
In primo luogo, il D.L. n. 78/2010, all’articolo 6, comma 14, ha stabilito il divieto, a decorrere dall'anno 2011, di effettuare spese di ammontare superiore all'80 per cento della spesa sostenuta nel 2009 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi.
Il divieto è stato disposto per le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della P.A., incluse le Autorità indipendenti.
E’ stata consentita una deroga, per il solo 2011, per i contratti allora già in essere.
Sono stati esclusi dal limite le autovetture utilizzate dal Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Il divieto non ha trovato applicazione per gli enti privati gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza; gli enti di tutela previdenziale obbligatoria dei liberi professionisti (art. 6, comma 21-bis).
La misura sopra indicata ha operato fino a tutto l’anno 2012, in quanto il D.L. n. 95/2012 ha introdotto un ulteriore inasprimento che opera a decorrere dall’anno 2013.
A decorrere da tale anno, la spesa per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi non può essere superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2011.
Il limite opera per:
E’ consentita una deroga, per il solo 2013, per i contratti in essere.
Il limite non si applica alle autovetture utilizzate da:
A tale proposito, si prevede che i contratti di locazione e noleggio possano essere ceduti, anche senza l’assenso del contraente privato, alle forze di Polizia, con il trasferimento delle relative risorse.
E’ disposta anche la revoca delle gare espletate nell’anno 2012 da Consip S.p.a per la prestazione di noleggio a lungo termine, nonché per la fornitura di acquisto di berline con cilindrata inferiore a 1600 cc. (articolo 5, comma 2)
Il medesimo D.L. n. 95/2012 precisa inoltre che l'utilizzo delle autovetture di servizio e di rappresentanza assegnate in uso esclusivo è concesso per le sole esigenze di servizio del titolare (articolo 5, comma 3).
La violazione del limite nonché dell’obbligo di utilizzo per soli fini di servizio delle autovetture è valutabile ai fini della responsabilità amministrativa e disciplinare dei dirigenti (articolo 5, comma 4).
Inoltre, il medesimo provvedimento dispone la riassegnazione all’amministrazione di appartenenza del personale già adibito a mansioni di autista o di supporto alla gestione del parco auto, ove appartenente ad altre amministrazioni, ovvero l’assegnazione a mansioni differenti.
Infine, una ulteriore è più decisa stretta è intervenuta con la legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012), la quale ha sancito – ferme restando le misure di contenimento disposte a regime dalle citate norme – il divieto (articolo 1, comma 143) dal 1 gennaio 2013 al 31 dicembre 2014 di acquistare autovetture o stipulare contratti di locazione finanziaria aventi ad oggetto autovetture, con la revoca delle relative procedure di acquisto.
Tale divieto opera per:
Per le regioni, l'applicazione del limite costituisce condizione per l'erogazione da parte dello Stato dei trasferimenti erariali previsti dall'articolo 2, comma 1, del D.L. n. 174/2012. La comunicazione documentata del rispetto del limite deve avvenire da parte delle regioni con le stesse modalità previste per il rispetto delle altre condizioni indicate ai fini dell’erogazione dei trasferimenti regionali dal citato art. 2, comma 3, del D.L. n. 174/2012.
Il divieto non opera per gli acquisti effettuati per le esigenze del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza.
Si ricorda, inoltre, che il D.L. 6 luglio 2011 n. 98 (legge n. 211/2011) ha stabilito che la cilindrata delle auto di servizio non può essere superiore ai 1600 cc..
Fanno eccezione le auto in dotazione al Capo dello Stato, ai Presidenti del Senato e della Camera, del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Presidente della Corte costituzionale e le auto blindate adibite ai servizi istituzionali di pubblica sicurezza.
Le auto in servizio di cilindrata superiore a 1600 cc. possono essere utilizzate solo fino alla loro dismissione o rottamazione e non possono essere sostituite (articolo 2).
Per l’applicazione di tale limite si veda il D.P.C.M. 3 agosto 2011 e la Circolare del Ministero dell’economia e finanze – RGS n. 33/2011.
Il medesimo D.L. n. 98/2011 ha inoltre previsto un limite ai voli di Stato al Presidente della Repubblica, ai Presidenti di Camera e Senato, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Presidente della Corte costituzionale, consentendo eccezioni, specificamente autorizzate, soprattutto con riferimento agli impegni internazionali.
Tali eccezioni devono essere rese pubbliche sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, salvi i casi di segreto di Stato (articolo 3).
Ai sensi dell’articolo 6, comma 13 del D.L. n. 78/2010, a decorrere dall'anno 2011, è stato introdotto il limite attività esclusivamente di formazione. La spesa per tali attività non può essere superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2009.
Il limite si applica alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della P.A., incluse le Autorità indipendenti.
Il limite non si applica all'attività di formazione effettuata dalle Forze armate, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e dalle Forze di Polizia tramite i propri organismi di formazione.
Il limite inolte non si applica agli:
Gli atti adottati violativi del limite costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilità erariale.
Le amministrazioni soggette al limite devono svolgere prioritariamente l'attività di formazione tramite la Scuola superiore della pubblica amministrazione ovvero tramite i propri organismi di formazione.
L’eliminazione degli sprechi collegati al mantenimento delle pubblicazioni legali in forma cartacea è stata affrontata, in primo luogo, dall'articllo 27 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 che ha stabilito, dal 1° gennaio 2009, un limite alla spesa sostenuta dalla amministrazioni pubbliche per la stampa di relazioni e di ogni altra pubblicazione prevista da leggi e regolamenti a distribuzione gratuita presso altre amministrazioni.
Tale spesa non può essere superiore al 50% di quella sostenuta nell'anno 2007.
Inoltre, a decorrere dal 1° gennaio 2009, l’abbonamento da parte di amministrazioni o enti pubblici alla Gazzetta Ufficiale è telematico.
L'articolo 32 della legge 18 giugno 2009, n. 69 ha previsto a decorrere dal 2010, gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati con la pubblicazione nei propri siti informatici.
Infine, si ricorda, relativamente agli enti pubblici non territoriali, chel'articolo 8 del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, per conseguire il contenimento della spesa per acquisto di beni e servizi, ha previsto una specifica riduzione alle spese per comunicazioni cartacee verso gli utenti nell'espletamento delle attività istituzionali in ragione delle nuove modalità di erogazione di servizi online: la riduzione, entro l'anno 2013, deve essere pari ad almeno il 50 per cento delle spese sostenute nel 2011
Gli stessi enti devono procedere progressivamente alla dematerializzazione degli atti, in modo tale da generare risparmi connessi alla gestione della carta pari almeno al 30 per cento dei costi di conservazione sostenuti nel 2011.
L'articolo 1, comma 141 della legge di stabilità 2012 ha introdotto il divieto di effettuare, negli anni 2013 e 2014, spese per l’acquisto di mobili e arredi in misura superiore al 20 per cento della spesa sostenuta per gli stessi beni in media negli anni 2010 e 2011.
È fatta salva l’ipotesi che l’acquisto sia funzionale alla riduzione delle spese connesse alla conduzione degli immobili: in tale caso, il collegio dei revisori dei conti o l’ufficio centrale del bilancio verifica preventivamente i risparmi realizzabili, i quali devono essere superiori alla minore spesa derivante dall’attuazione della norma in esame.
La violazione dell’obbligo è valutabile ai fini della responsabilità amministrativa e disciplinare dei dirigenti.
Il limite opera per :
Per le regioni, l'applicazione del limite costituisce condizione per l'erogazione da parte dello Stato dei trasferimenti erariali previsti dall'articolo 2, comma 1, del D.L. n. 174/2012.
La comunicazione documentata del rispetto del limite deve avvenire con le stesse modalità previste per il rispetto delle altre condizioni indicate ai fini dell’erogazione dei trasferimenti regionali dal citato art. 2, comma 3, del D.L. n. 174/2012.
Il limite non opera:
La materia è stata oggetto di più interventi normativi, anche nel corso delle precedenti legislature. Nella XVI legislatura si è dunque intervenuti su un ambito già “tagliato†in precedenza.
In primo luogo, l’articolo 61 del D.L. n. 112/2008 ha disposto che le spese per organi collegiali e altri organismi, anche monocratici, comunque denominati sono ridotte del 30 per cento rispetto a quelle sostenute nel 2007.
La riduzione opera a decorrere dall’anno 2009 e si applica alle spese sostenute dalle amministrazioni pubbliche del conto economico consolidato della P.A.
Sono escluse esplicitamente:
Il limite sopra descritto non si applica in via diretta alle le regioni, alle province autonome, agli enti di rispettiva competenza del Servizio sanitario nazionale ed agli enti locali.
Inoltre, sempre ai sensi del citato articolo 61 del D.L. n. 112/2008, il 50 per cento dei compensi spettanti ai dipendenti pubblici per l’attività di componente o segretario di collegi arbitrali deve essere versato all’entrata statale.
Successivamente, l’articolo 6 del D.L. n. 78/2010 ha sancito il carattere onorifico della partecipazione agli organi collegiali degli enti, che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche. Tale partecipazione può dar luogo solo al rimborso delle spese sostenute ed eventuali gettoni di presenza non possono essere superiori a 30 euro a seduta giornaliera.
Il carattere onorifico della partecipazione non trova inoltre applicazione per :
Inoltre il carattere onorifico della partecipazione ad organi collegiali e della titolarità di organi degli enti che ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche non riguarda i collegi dei revisori dei conti e sindacali e il ruolo di revisori dei conti (art. 35, comma 2-bis, D.L. n. 5/2012).
L’articolo 1, comma 26-bis, del D.L. n. 95/2012, al fine della “riduzione degli oneri complessivi a carico dello Statoâ€, ha disposto:
L'articolo 1, comma 156 della legge di stabilità 2013 ha demandato l'attuazione delle citate misure di riduzione ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, il quale allo stato non risulta adottato.
La Camera dei deputati nella seduta del 21 dicembre 2012 ha approvato in via definitiva la legge di stabilità 2013 (legge 24 dicembre 2012, n.228) e la legge di bilancio per l'anno finanziario 2013 (legge 24 dicembre 2012 n.229), con le quali è terminata l'attività del governo Monti.
Il disegno di legge di stabilità , nel testo presentato alle Camere prevede, nel 2013, l'allocazione (per circa 2,9 miliardi) del margine (due decimi di punto del PIL, pari a circa 3,1 miliardi) indicato nella Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza-(DEF) tra la previsione tendenziale dell’indebitamento netto (-1,6%, che in termini strutturali si traduce in un avanzo pari allo 0,2% del PIL) e l'obiettivo programmatico (-1,8%, che in termini strutturali configura il pareggio di bilancio). Tale allocazione è rimasta sostanzialmente confermata anche all’esito delle numerose modifiche apportate al disegno di legge nel corso dell’esame parlamentare, che anzi, per i profili finanziari, hanno comportato un lieve miglioramento dei saldi.
In sostanza, nel 2013 le misure previste nella legge di stabilità sono volte a consentire il raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali - ossia considerato al netto degli effetti del ciclo economico e delle misure una tantum - pur determinando, rispetto agli andamenti tendenziali a legislazione vigente, un aumento dell'indebitamento netto della pubblica amministrazione.
In particolare, il provvedimento prevede misure espansive (riduzioni di entrate e aumenti di spese) pari a poco meno di 13 miliardi nel 2013, ed a circa 10 miliardi in ciascuno degli anni 2014 e 2015, a fronte di un reperimento di risorse (incrementi di entrata e riduzioni di spesa) per circa 10,5 miliardi nel 2013, 10,9 nel 2014 e 10 nel 2015.
Con riguardo ai saldi di finanza pubblica, il complesso delle misure recate dalla legge di stabilità determina, per il 2013, un effetto sostanzialmente neutrale sul saldo netto da finanziare, a fronte di un peggioramento di circa 2,5 miliardi per il fabbisogno e l’indebitamento netto. Nel biennio successivo gli effetti si invertono, evidenziando un peggioramento del saldo netto da finanziare (rispettivamente 1,3 miliardi nel 2014 e 7,5 miliardi nel 2015), a fronte di un impatto che può ritenersi neutro sugli altri due saldi.
In ogni caso, per tutto l'orizzonte temporale 2013-2015 il parametro di riferimento per le regole comunitarie, ossia l'indebitamento netto, risulta in linea con l’ obiettivo di medio termine concordato in sede europea.
Per quanto concerne la composizione della manovra lorda, le risorse sono reperite, dal lato delle entrate, per importi pari a 4,7 miliardi nel 2013, 5,7 miliardi nel 2014 e 5 miliardi nel 2015, a fronte di un contenimento delle spese di 5,8 miliardi nel 2013 e di 5,3 miliardi per ciascuno degli anni 2014 e 2015. All’interno di queste ultime, ampiamente prevalente è la componente di parte corrente
Dal lato degli impieghi, le risorse disponibili vengono utilizzate per finanziare interventi espansivi pari ad oltre 33 miliardi di euro nel triennio, di cui circa 18,5 miliardi di riduzioni di entrata e 15 miliardi di aumento di spesa.
Per quanto concerne il reperimento delle risorse, il disegno di legge, nel testo originario, disponeva, dal lato delle maggiori entrate, numerose disposizioni, tra cui:
Misure d’impatto minore, da cui derivano maggiori entrate, concernono, inoltre, l’abrogazione della clausola di salvaguardia in materia di tassazione dei redditi da trattamento di fine rapporto, l’abrogazione dell’esenzione del bollo dei certificati penali assoggettati a bollo, le variazioni al regime di IVA agevolato per le cooperative assistenziali e la revisione( poi eliminata) del regime di esenzione IRPEF per le pensioni di guerra.
Sul versante della spesa, i risparmi sono conseguiti attraverso riduzioni di spesa degli enti territoriali, realizzate per le regioni mediante un rafforzamento degli obiettivi del patto di stabilità interno; interventi nel settore sanitario, che prevedono la riduzione delle spese per prestazioni relative a contratti di appalto e forniture di beni e servizi e la rimodulazione dei tetti di spesa per l'acquisto dei dispositivi medici; misure di riordino degli enti previdenziali e assistenziali (300 milioni annui).
Nell'ambito del disegno di legge di stabilità trovano, inoltre, attuazione le norme di riduzione di spesa proposte dai singoli Ministeri per il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica previsti dall'articolo 7, commi 12-15, del decreto-legge n. 95/2012.
Le risorse reperite sono utilizzate in via prevalente per interventi in materia tributaria e per il finanziamento di alcune spese indifferibili.
In particolare, dal lato delle minori entrate si prevede:
Per quanto concerne la spesa, tra i principali interventi disposti dal disegno di legge si segnalano, quali maggiori spese di natura corrente:
Sul versante delle spese in conto capitale, il disegno di legge dispone nuove risorse da trasferire a RFI s.p.a. per la manutenzione straordinaria e per gli investimenti nella rete ferroviaria (per circa 0,9 miliardi nel triennio di previsione) e ad ANAS s.p.a. per gli interventi di manutenzione straordinaria della rete stradale (300 milioni nel triennio).
Si prevedono, inoltre, un ulteriore stanziamento per la realizzazione del sistema MOSE; l'autorizzazione di spesa di 690 milioni per la realizzazione della linea ferroviaria Lione-Torino e il rifinanziamento dei Fondi Multilaterali di Sviluppo e Fondo Globale per l'Ambiente (295 milioni a decorrere dal 2013), nonché, per un importo di 130 milioni di euro per l’anno 2013, del Fondo di rotazione per la concessione di anticipazioni agli enti locali in situazione di grave squilibrio finanziario.
Va premesso che il testo iniziale del provvedimento è stato oggetto di una ampia rivisitazione in sede parlamentare, che, oltre a modificarne alcune delle impostazioni originarie, ne ha consistentemente aumentato i contenuti, pervenendosi ad un testo composto di un unico articolo, strutturato in 561 commi. L'aumento dei contenuti deriva anche dalla confluenza nel disegno di legge dei contenuti di due decreti-legge (i cui relativi disegni di legge di conversione erano all’esame del Senato):
Hanno inciso su tale ampliamento anche ulteriori circostanze, atteso che il provvedimento:
Tanto precisato, nel corso dell’esame presso le Camere, il testo è stato modificato in numerosi e rilevanti aspetti.
La scelta di fondo è stata quella di sopprimere le norme che prevedevano la riduzione delle aliquote IRPEF applicabili ai primi due “scaglioni†di reddito (del 23 e del 27 per cento) di un punto percentuale e di utilizzare le relative risorse per l’eliminazione delle norme limitative di detrazioni e deduzioni fiscali, per la sterilizzazione del previsto incremento dell'aliquota IVA ridotta e per l'attuazione di interventi in favore delle famiglie e per la produttivitità e competitività delle imprese, con particolare riferimento alla riduzione del cuneo fiscale sul lavoro.
In particolare, per quanto concerne la tassazione a titolo di IRPEF, le modifiche apportate sono state dirette a:
a) sterilizzare del tutto l’incremento dell’aliquota IVA ridotta, mantenendola pertanto al 10 per cento, anziché elevarla all’11 per cento come già previsto dalla legislazione vigente;
b) adottare interventi in favore delle famiglie, con particolare riferimento a quelle con figli a carico, attraverso un incremento delle detrazioni IRPEF. In particolare, si eleva da 800 a 950 euro la detrazione IRPEF di base per figli a carico di età pari o superiore a tre anni, nonché da 900 a 1.220 euro quella prevista per ciascun figlio di età inferiore a tre anni e da 220 a 400 quella per ciascun figlio portatore di handicap;
c) eliminare le limitazioni poste nel testo originario del disegno di legge alla deducibilità e alla detraibilità a fini IRPEF di taluni oneri, con particolare riferimento alla franchigia di 250 euro ivi disposta per i contribuenti con reddito superiore a euro 15.000 e al “tetto†di 3000 euro alle spese detraibili;
d) sopprimere altresì l’aggravio del prelievo Irpef per i trattamenti di fine rapporto che sarebbe disceso dalla soppressione, anch’essa prevista nel testo originario del disegno di legge, della cd. “clausola di salvaguardia†relativa alla tassazione delle indennità di fine rapporto, alle quali verrà dunque applicata la curva delle aliquote vigenti al 31 dicembre 2006, se più favorevoli, in luogo di quelle vigenti nell'anno di insorgenza del diritto a percepire le indennità medesime;
e) reintrodurre, rispetto al testo originario, l’esenzione IRPEF per le somme erogate a titolo di pensioni di guerra e assimilate;
f) prorogare per l’anno 2013 le detrazioni per carichi di famiglia di soggetti non residenti.
In materia di riduzione della pressione fiscale, è stato inoltre previsto che a partire dal 2013 (in luogo del 2014) le maggiori entrate derivanti dalla lotta all’evasione fiscale e contributiva, nonché le maggiori risorse derivanti da un eventuale minore spesa per interessi sul debito rispetto a quella prevista, confluiscano nel Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale. Tali risorse – al netto di quelle necessarie al mantenimento dell’equilibrio del bilancio e alla riduzione del rapporto debito/PIL, di quelle derivanti dall’attività di recupero fiscale svolta da regioni e dai comuni e dalla riduzione delle spese fiscali - saranno destinate al contenimento degli oneri fiscali gravanti su famiglie e imprese, secondo le modalità di destinazione e di impiego che dovranno essere indicate nel Documento di economia e finanza.
Per quanto concerne il mondo produttivo e le imprese, gli interventi adottati sono stati in prevalenza indirizzati verso la riduzione del cuneo fiscale sul costo del lavoro a carico delle imprese; altre misure sono state invece dirette a ridurre o differire un aggravio di imposizione su fattispecie ritenute meritevoli di tutela.
In particolare, le principali modifiche introdotte prevedono:
a) una riduzione del cd. “cuneo fiscaleâ€, conseguita mediante un’elevazione, a decorrere dal periodo di imposta 2014:
b) sempre in materia di IRAP sono stati elevati gli importi delle deduzioni in favore dei soggetti passivi (tranne le Amministrazioni pubbliche) di minori dimensioni; è stato inoltre istituito un Fondo con dotazione di 188 milioni di euro nel 2014, di 252 milioni di euro per il 2015 e 242 milioni a decorrere dal 2016, per esentare dall’IRAP, a decorrere dal 2014, le persone fisiche esercenti attività commerciali, arti e professioni, che non si avvalgono di lavoratori dipendenti o assimilati e che impiegano anche in locazione beni strumentali di ammontare massimo da determinare con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze;
c) al fine di sostenere la produttività è stato previsto che le risorse destinate alle misure di detassazione dei contratti di produttività (950 milioni nel 2013 e 400 milioni nel 2014) siano destinate a tal fine anche nel caso di mancata tempestiva emanazione delle opportune norme attuative (entro il 15 gennaio 2013), anziché essere finalizzate al miglioramento dei saldi di finanza pubblica. Inoltre, è stata disposta la proroga al 2014 delle medesime misure di detassazione dei contratti di produttività nel limite massimo di spesa di 800 milioni di euro (con onere massimo di 600 milioni di euro per il 2014 e di 200 milioni per il 2015).
Tra gli altri interventi in materia di imprese, si segnalano:
a) il differimento della variazione in aumento dell’aliquota Iva agevolata per le cooperative sociali (dal 4 al 10%), la quale troverà applicazione sulle operazioni effettuate sulla base di contratti stipulati dopo il 31 dicembre 2013, e non più dunque, dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità ;
b) anche in materia di rivalutazione del reddito dominicale e agrario, si posticipano di un anno (2013, 2014 e 2015) i periodi d’imposta per i quali è disposta la rivalutazione del 15 per cento del reddito dominicale e agrario ai fini della determinazione delle imposte sui redditi, prevedendo, peraltro, che ai fini dell’acconto per il 2013 si debba tenere conto della rivalutazione;
c) analogamente, in materia di determinazione del reddito delle società agricole e degli imprenditori agricoli, si posticipa di un anno l’abrogazione delle disposizioni che consentono alle società agricole di optare per un regime fiscale più favorevole, prevedendo anche la possibilità di dettare, con decreto ministeriale, disposizioni di carattere transitorio.
Sempre in materia di sviluppo e rilancio della competitività delle imprese, sono state approvate alcune disposizioni che prevedono l’istituzione di un fondo per la concessione di un credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo, destinato in particolare alle piccole e medie imprese, nonché per la riduzione del cuneo fiscale, il quale sarà finanziato mediante la progressiva riduzione degli stanziamenti di bilancio destinati ai trasferimenti e ai contributi alle imprese.
Oltre alle misure di modifica dell’impianto della manovra dal punto della politica fiscale, nel corso dell’esame parlamentare sono stati adottati diversi altri interventi in materia, tra l’altro, di ampliamento della platea dei soggetti salvaguardati dall’applicazione della riforma pensionistica, di scuola e personale docente, sicurezza, sanità e, in generale, misure in materia sociale e di sostegno alle esigenze connesse agli eventi sismici e climatici che hanno interessato il Paese.
In particolare, è stata ampliata la platea dei soggetti salvaguardati(c.d. esodati), prevedendo che le disposizioni previgenti alla legge “Fornero†continuino a trovare applicazione (oltre che nei confronti dei soggetti già salvaguardati da precedenti interventi normativi) anche nei confronti di ulteriori aventi titolo, espressamente definiti dalla norma.
Le modalità di attuazione degli interventi saranno definite con DPCM da adottare, previo parere parlamentare, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità . Per il finanziamento degli interventi in favore delle nuove categorie di salvaguardati, da attuare anche attraverso strumenti di politiche attive del lavoro, si prevedono risorse per un totale di 554 milioni nel periodo 2013-2020, da reperire attraverso le (eventuali) economie a carattere pluriennale accertate, a consuntivo, rispetto agli oneri programmati a legislazione vigente (pari a 9,77 miliardi per il periodo 2013-2020) per la tutela dei salvaguardati da precedenti interventi normativi. Nel caso in cui tali economie non siano sufficienti a coprire gli oneri programmati, si provvede attraverso il blocco nel 2014 della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici superiori a sei volte il minimo Inps; la rivalutazione è anche sospesa per i vitalizi percepiti da coloro che hanno ricoperto o ricoprono cariche elettive nazionali e regionali). Nel caso in cui, all’esito di un monitoraggio effettuato dal Governo entro il 30 settembre 2013 sulla base dei dati forniti dall’INPS, risulti la disponibilità di risorse continuative a decorrere dal 2014, il blocco della rivalutazione automatica può essere revocato o applicato in misura ridotta.
Per quanto concerne il personale della scuola, sono state soppresse le norme che aumentavano, dal 1° settembre 2013, l’orario di impegno per l’insegnamento del personale docente – incluso il personale di sostegno – della scuola secondaria di primo e di secondo grado, da 18 a 24 ore settimanali, quelle che definivano ulteriori impieghi dei docenti per le 6 ore eccedenti l’orario di cattedra, intervenendo in materia di determinazione dell’organico di diritto dei docenti di sostegno a decorrere dall’anno scolastico. 2013/2014. Inoltre, è stata altresì soppressa la disposizione che riduceva da 100 a 50 il contingente di unità da destinare ad enti ed associazioni che svolgono attività di prevenzione del disagio psico-sociale, assistenza, cura, riabilitazione e reinserimento di tossicodipendenti.
Per quanto attiene alle misure di razionalizzazione della spesa nel settore sanitario, è stato previsto che, al fine di salvaguardare i livelli essenziali di assistenza con specifico riferimento alle esigenze di inclusione sociale, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possano conseguire l’obiettivo economico attraverso l’adozione di misure alternative alla riduzione del 10% degli importi e delle prestazioni dei contratti di appalto di servizi e fornitura di beni e di servizi sanitari, previsto dal testo del disegno di legge.
Per quanto concerne le esigenze indifferibili è stato istituito nuovo Fondo, dotato di 16 milioni di euro per l’anno 2013, da ripartire con DPCM, previo conforme parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, per finanziare una serie di finalità eterogenee e meritevoli di sostegno, individuati in apposita tabella.
Tra gli interventi di maggior rilevo sociale, vanno richiamati l’incremento di 300 milioni di euro per il 2013 del Fondo nazionale per le politiche sociali, di 275 milioni, sempre per il 2013, per gli interventi di pertinenza del Fondo per le non autosufficienze, ivi inclusi quelli a sostegno delle persone affette da SLA, l’incremento di 50 milioni di euro per il medesimo anno del Fondo integrativo per la concessione di borse di studio, nonché di 100 milioni del fondo per i finanziamento ordinario delle università .
Con riferimento alle calamità naturali, è stata prevista l’assegnazione di un contributo straordinario per assicurare la stabilità dell’equilibrio finanziario e il servizio di smaltimento rifiuti al Comune dell’Aquila e agli altri comuni colpiti dal sisma del 6 aprile 2009, nel limite di 26 milioni al Comune dell’Aquila, di 4 milioni per gli altri comuni e di 5 milioni per la provincia dell’Aquila. Un contributo di 10 milioni di euro nel 2013 è stato altresì assegnato ai comuni colpiti dal terremoto del Belice, anche al fine di definire i contenziosi in atto.
Inoltre, sono stati assegnati 105 milioni di euro per il 2013 al Fondo per la protezione civile per interventi in conto capitale da realizzare in determinati territori colpiti da eventi atmosferici ed alluvionali, quali quelli in Liguria e Toscana del dicembre 2009-gennaio 2010; in Veneto dell’ottobre-novembre 2010; nella provincia di Messina del febbraio-marzo e novembre 2011; nelle Marche del marzo 2011; nelle Marche e nell’Emilia Romagna del febbraio 2012; in Calabria e Basilicata per il sisma del 26 ottobre 2012.
Per quanto attiene la sicurezza, è stata prevista, tra l’altro, la possibilità , a determinate condizioni, di assumere personale nel comparto sicurezza-difesa e vigili del fuoco.
Tra le altre novità previste nel corso dell’esame parlamentare si ricordano, infine, le definizione di una nuova disciplina in materia di apparecchi da divertimento ed intrattenimento senza vincita in denaro e la soppressione delle norme che prevedevano la definizione di standard tecnici delle fonti di illuminazione pubblica e di misure per lo spegnimento ovverol’affievolimento dell'illuminazione pubblica nelle ore notturne, per finalità di contenimento della spesa pubblica e di risparmio energetico ( i c.d. “cieli buiâ€).
Tra le ulteriori e più rilevanti integrazioni inserite nel corso dell’esame presso le Camere vanno poi segnalate quelle che:
a) innovano l’attuale assetto della destinazione del gettito rinveniente dall’ IMU e, conseguentemente, ridefiniscono i rapporti finanziari tra Stato e comuni attualmente delineato dal D.Lgs. n. 23 del 2011 sul federalismo municipale, del quale si dispone l’abrogazione di numerose disposizioni. In particolare con la legge di stabilità , si attribuisce interamente ai comuni l’intero gettito IMU, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso produttivo, che rimane destinato allo Stato; viene contestualmente soppresso il Fondo sperimentale di riequilibrio previsto dal suddetto decreto legislativo (nonché il meccanismo dei trasferimenti erariali “fiscalizzati†per i comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna) e sospesa per il biennio 2013-2014 la devoluzione ai comuni del gettito della fiscalità immobiliare prevista nel medesimo decreto 23/2011 (imposte di registro,ipotecarie, ipocatastali, cedolare secca ed altre), nonché della partecipazione comunale al gettito IVA. Viene contestualmente istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, il Fondo di solidarietà comunale, alimentato da una quota dell'imposta municipale propria (che viene resa di spettanza dei comuni) da definirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali;
b) introducono alcune novelle alla disciplina del patto di stabilita' interno per gli enti locali, valevole per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti a decorrere dal 2012 e per i comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti, a decorrere dal 2013. In particolare, vengono modificate le modalità di calcolo del saldo obiettivo, che, si rammenta, in base alla normativa vigente viene determinato, per ciascun ente, applicando alla spesa corrente media sostenuta nel periodo 2006-2008, come desunta dai certificati di conto consuntivo, determinate percentuali, fissate, per ciascuna tipologia di ente, per l’anno 2012 e per l’anno 2013 e successivi. Con le novelle apportate dal comma in esame: - si limita l’efficacia del vincolo all’anno 2016, ora valido a regime - si aggiorna la base di calcolo del saldo obiettivo per gli anni 2013-2016, precisando che per tali anni esso sia rapportato alla media della spesa corrente registrata negli anni 2007-2009 (anziché alla quella sostenuta nel periodo 2006-2008, che resta invece valida per il patto 2012); - conseguentemente, si modificano le percentuali da applicare alla media della spesa corrente per il calcolo dei saldi obiettivo degli anni 2013-2016, per ciascuna tipologia di ente, al fine di garantire l’invarianza del concorso degli enti locali alla manovra di finanza pubblica. In particolare, la percentuale da applicare negli anni 2013-2010 per il calcolo del saldo obiettivo è aumentata per le province da 19,7% a 18,8% ed è ridotta per i comuni con più di 5.000 abitanti da 15,4% a 14,8%. Per i comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti, che vengono per la prima volta assoggettati al patto di stabilità interno, le percentuali sono ridotte dal 15,4% al 12% nel 2013 e al 14,8% nel periodo 2014-2016. Sono altresì introdotte alcune modifiche alle misure di flessibilità nell’applicazione delle regole del patto di stabilità interno, in particolare rinviando al 2014 l'attuazione del patto regionale integrato (o patto territoriale), previsto dalla legge di stabilità 2012, e modificando, di conseguenza, alcune disposizioni concernenti il patto regionalizzato verticale, disciplinato dalla legge di stabilità 2011, che continua ad applicarsi fino all'attuazione delle disposizioni sul patto regionale integrato;
c) modificano le regole del patto di stabilità per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano al fine di inserire in questa disciplina la nuova modalità di calcolo delle spese finali sottoposte al vincolo del patto di stabilità , definita competenza eurocompatibile, nonché di adeguare la normativa all'incremento di risparmio richiesto alle regioni e alle province autonome dal decreto legge 95/2012 come modificato dalla legge in esame. Le nuove disposizioni si applicano agli anni 2013, 2014, 2015 e 2016;
d) inseriscono alcune modifiche alla disciplina del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES) (istituito, dall’articolo 14 del D.L. n. 201 del 2011 a decorrere dal 1° gennaio 2013, a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, nonché dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni) al fine di renderla applicabile dal 1° gennaio 2013. In particolare: - viene precisato che in prima applicazione la superficie delle unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano assoggettabile al tributo è costituita da quella calpestabile dei locali e delle aree suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati; - il versamento è effettuato esclusivamente al comune in quattro rate trimestrali, scadenti nei mesi di gennaio, aprile, luglio e ottobre (per l'anno 2013, il termine di versamento della prima rata è comunque posticipato ad aprile ferma restando la facoltà per il comune di posticipare ulteriormente tale termine) ed è’ inoltre consentito il pagamento in unica soluzione entro il mese di giugno di ciascun anno; - per l'anno 2013, fino alla determinazione delle tariffe, a seguito della quale si effettuerà il conguaglio, l'importo delle corrispondenti rate è determinato in acconto, commisurandolo all'importo versato, nell'anno precedente, a titolo di TARSU o di TIA 1 oppure di TIA 2; - per il medesimo anno il pagamento della maggiorazione a copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni è effettuato in base alla misura standard, pari a 0,30 euro per metro quadrato e l'eventuale conguaglio riferito all'incremento della maggiorazione fino a 0,40 euro è effettuato al momento del pagamento dell'ultima rata.
Per quanto concerne la legge di bilancio (legge n.229/2012), che reca il bilancio di previsione per l’anno 2013 ed il bilancio pluriennale 2013/2015, la stessa, sulla base della vigente disciplina contabile, riporta lo stato di previsione dell’entrata e quelli delle spesa dei singoli Ministeri, oltre al quadro generale riassuntivo del complessivo bilancio dello Stato, con le tabelle allegate. La legge medesima, inoltre, recepisce gli effetti finanziari delle misure adottate nel corso dell’anno 2012, comprese quelle in materia di spending review di cui, in particolare, al decreto legge n.95 del 2012, (ad eccezione delle riduzioni di spesa dei Ministeri previste dal medesimo decreto, che sono state disposte dalla legge di stabilità e recepite in bilancio con la Nota di variazioni) ed include le rimodulazioni proposte dalle Amministrazioni sulla base dei criteri di flessibilità previsti dalla normativa contabile. Nel suo complesso i dato contabili complessivi contenuti nella legge, come modificati nel corso dell’esame parlamentare,confermano lo scenario macroeconomico illustrato nella Nota di aggiornamento del DEF e si collocano nel processo di aggiustamento dei conti pubblici in corso.
L'economia italiana è caratterizzata da una presenza diffusa, anche nel confronto internazionale, di società partecipate da soggetti pubblici. Nell'ultimo decennio il fenomeno si è amplificato anche in virtù all'aumento del numero delle società controllate da amministrazioni regionali e locali. Nel corso della XVI legislatura sono state pertanto adottate numerose misure volte a tenere sotto controllo i conti ed aumentare la trasparenza di tali società , nonché di contenerne il numero, anche mediante la dismissione delle stesse.
Per le società pubbliche, il quadro giuridico di riferimento è composto da una congerie di disposizioni speciali che si intrecciano con la disciplina codicistica di carattere generale.
Tale quadro si è ulteriormente arricchito nel corso della XVI legislatura, in ragione della necessità di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica anche attraverso la predisposizione di più stringenti misure e meccanismi di contenimento e di controllo finanziario su soggetti, che, pur avendo una veste giuridica privatistica, perseguono interessi generali o svolgono funzioni di natura pubblicistica e sono destinatari di trasferimenti e sovvenzioni pubbliche.
Gli interventi si sono concretizzati sia nel contenimento della spesa per consumi intermedi e di personale sostenuta da tali organismi, sia nella riduzione del numero dei componenti dei consigli di amministrazione di società pubbliche, sia, infine in interventi finalizzati ad ottenere la riduzione del fenomeno partecipativo pubblico, nonché a porre vincoli nella gestione finanziaria delle società .
La necessità di tenere sotto controllo i conti degli enti partecipati dalle amministrazioni pubbliche ha inoltre condotto il legislatore a prevedere la necessità di una rappresentazione consolidata delle risultanze contabili di tali organismi con quelli delle amministrazioni di appartenenza, attraverso i principi dell’ armonizzazione dei bilanci pubblici. L’armonizzazione è funzionale alla verifica del rispetto degli obiettivi finanziari prefissati per l’intero comparto della pubblica amministrazione e dunque degli impegni assunti in sede europea.
Ulteriori specifici interventi restrittivi sono stati inoltre operati nei confronti delle societa' partecipate dagli enti locali per ridurne il numero e la possibilità di detenerle da parte dell’ente.
Va infine rammentato che sulle imprese partecipate dallo Stato la Commissione X ha proceduto allo svolgimento di una apposita indagine conoscitiva con l'obiettivo di analizzare le caratteristiche attuali dello sviluppo del sistema industriale e il ruolo delle imprese partecipate dallo Stato, con particolare riferimento al settore energetico; l’indagine si è conclusa il 22 gennaio 2013 con l’approvazione di un documento conclusivo.
Con l’articolo 6 del D.L. n. 78/2010 è stato operato un taglio del 10 per cento ai compensi spettanti a tutti i membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo delle società inserite nel conto economico della P.A. e delle società possedute direttamente o indirettamente in misura totalitaria dalle pubbliche amministrazioni.
Successivamente sono stati fissati, con l’articolo 23-bis del D.L. n. 201/2011 come successivamente modificato dall’articolo 2 del D.L. n. 95/2012, veri e propri tetti retributivi. Si è così stabilito che i compensi degli amministratori investiti di particolari cariche in società non quotate direttamente e indirettamente controllate dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1 del D.Lgs. n. 165/2001, nonché i trattamenti economici annui onnicomprensivi dei dipendenti di tali società , non possono essere superiori al trattamento economico del Primo presidente della Corte di Cassazione.
Si osservi che nelle amministrazioni pubbliche come definite dall'articolo 1 del D.Lgs. n. 165/2001 rientrano anche gli enti territoriali.
La misura sopra illustrata è simmetrica rispetto al tetto retributivo previsto per tutti coloro i quali ricevano emolumenti a carico delle pubbliche finanze, secondo quanto disposto dall’articolo 3, comma 44 della legge n. 244/2007, nonché, con specifico riferimento alle amministrazioni statali, dall’articolo 23-ter del D.L. n. 201/2011 e dalla relativa disciplina attuativa.
Il medesimo articolo 23-bis del D.L. n. 201/2011 – per ciò che riguarda le societa' statali direttamente controllate dal Ministero dell’economia e finanze - demanda ad un decreto ministeriale – allo stato non ancora adottato - la classificazione “per fasce†delle citate società , al fine della determinazione del compenso massimo al quale i consigli di amministrazione devono fare riferimento per la determinazione degli emolumenti da corrispondere agli amministratori investiti di particolari cariche. Tale limite opera anche per le società che sono indirettamente controllate dal Ministero dell’economia.
Inoltre, per ciò che riguarda le sole società statali, l’articolo 6 del D.L. n. 78/2010 ha introdotto la previsione per cui la partecipazione (autorizzata con deliberazione del Consiglio dei Ministri) di impiegati statali all'amministrazione o ai collegi sindacali in società o enti cui lo Stato partecipa o contribuisce è svolta nell'interesse dell'amministrazione di appartenenza del dipendente ed i compensi dovuti dalla società sono corrisposti direttamente alla predetta amministrazione per confluire nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza o del personale non dirigenziale.
Specifici interventi hanno poi riguardato la riduzione del numero dei componenti dei consigli di amministrazione degli amministratori delle società non quotate controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni statali e di società pubbliche in genere.
In un primo tempo, il legislatore è intervenuto su numero e compensi degli amministratori delle società non quotate controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni statali con l’articolo 71 del D.L. n. 69/2009 e con l’articolo 19 del D.L. n. 78/2009. Con tali interventi ha tra l’altro portato a cinque e a sette il numero massimo dei componenti del CDA di società statali (con talune specifiche eccezioni); soppresso la carica di vice presidente, laddove questa fosse contemplata dagli statuti; stabilito che è l’organo di amministrazione che può delegare le proprie attribuzioni a uno solo dei suoi componenti, al quale possono essere riconosciuti compensi, unitamente al Presidente, attributario cui lo stesso CDA può attribuire deleghe operative; vietato di corrispondere gettoni di presenza ai componenti degli organi sociali; limitato la costituzione di comitati con funzioni consultive o di proposta a casi strettamente necessari, con precisi limiti retributivi.
Successivamente, l’articolo 6, comma 5 del D.L. n. 78/2010 ha disposto la riduzione a cinque e a tre rispettivamente dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo (ove non già monocratici), nonché del collegio dei revisori di tutti gli organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato, con specifiche conseguenze in termini di responsabilità erariale in caso di mancata osservanza della misura.
Il successivo D.L. n. 95/2012, articolo 4, ha portato a tre o a cinque membri, tenendo conto della rilevanza e della complessità delle attività svolte, il numero dei membri del consiglio di amministrazione delle società a totale partecipazione pubblica diretta ed indiretta
Per ciò che attiene in generale alle politiche assunzionali delle società a partecipazione pubblica totale o di controllo si ricorda – oltre al già citato tetto retributivo - che l’articolo 18, D.L. n. 112/2008 ha in generale ad esse imposto di adottare, per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi, criteri e modalità rispettosi dei principi, anche comunitari, di trasparenza, pubblicità e imparzialità .
In particolare, poi, alle società non quotate, inserite nel conto economico consolidato della P.A., controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche, è stato imposto di adeguare le proprie politiche assunzionali ai vincoli e alle misure di contenimento delle spese in materia di impiego pubblico, disposte dall’articolo 9 del D.L. n. 78/2010, come prorogato dall’articolo 2 del D.L. n. 138/2011.
Per ciò che concerne le spese per consumi intermedi, le società inserite nel conto economico consolidato della P.A. sono state, in primo luogo, assoggettate ai principi di riduzione di spesa per studi e consulenze, relazioni pubbliche, convegni, mostre e pubblicità , nonché per sponsorizzazioni, prevista per le “pubbliche amministrazioni†inserite nel conto della P.A, e i relativi risparmi di spesa sono destinati ad essere distribuiti tra i soci a titolo di dividendo. Si veda, al riguardo, dapprima l’articolo 61 del D.L. n. 112/2008 e successivamente l’articolo 6, comma 11, D.L. n. 78/2010.
Le società incluse nel conto economico consolidato della P.A. a totale partecipazione pubblica diretta o indiretta sono state inoltre assoggettate, con l’articolo 1, comma 7 del D.L. n. 95/2012, per specifici settori merceologici, alle procedure centralizzate di acquisto valide per le altre pubbliche amministrazioni, ovvero all’obbligo di ricorrere ai sistemi telematici di negoziazione messi a disposizione per le PP.AA. da Consip e dalle centrali regionali di acquisto.
L’articolo 4 del D.L. n. 95/2012 ha disposto lo scioglimento (entro il 31 dicembre 2013) o, in alternativa, la privatizzazione (entro il 30 giugno 2013) delle società non quotate, controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche, che prestano servizi nei confronti della PA., contestualmente stabilendo il principio per cui dette pubbliche amministrazioni debbano acquisire sul mercato – con procedure competitive – i beni ed i servizi ad esse strumentali.
L’obbligo di scioglimento, ovvero di privatizzazione, è relativo alle società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2 del D.Lgs. n. 165/2001, qualora il loro intero fatturato sia costituito, nell’anno 2011, per oltre il 90 per cento da prestazioni di servizi alla pubblica amministrazione. Si tratta delle cosiddette “società strumentaliâ€, diffuse anche a livello di enti territoriali. Nel caso in cui l’amministrazione non proceda allo scioglimento o alla alienazione, a decorrere dal 1° gennaio 2014, le società non possono ricevere ulteriori affidamenti diretti di servizi, né rinnovi degli affidamenti in corso.
Sono eccettuate dall’obbligo di dismissione/partecipazione talune specifiche tipologie di società , elencate nell'articolo 4, comma 3 del D.L. n. 95/2012, tra le quali quelle che svolgono servizi di interesse generale, anche di rilevanza economica.
Sono inoltre escluse quelle società che, per le peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto, anche territoriale, di riferimento svolgono attività strumentali per le quali non è possibile per l'amministrazione pubblica controllante un efficace e utile ricorso al mercato. In tal caso, è predisposta un'analisi del mercato e l'amministyrazione trasmette una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Inoltre, le società a controllo pubblico strumentali, oltre a veder ridotto a tre componenti il numero dei consiglieri di amministrazione (articolo 4 del decreto-legge n. 95/2012), soggiacciono comunque agli specifici limiti alle assunzioni previste per l'amministrazione controllante, e a decorrere dall'anno 2013 possono avvalersi di personale a tempo determinato ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009.
Alle medesime società applicano le norme sulla trasparenza nel conferimento di incarichi pubblichi, previste per il pubblico impiego dal D. Lgs. n. 165/2001.
Inoltre, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2014 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti delle società citate non può superare quello ordinariamente ad essi spettante nell'anno 2011.
L’articolo 18, D.L. n. 78/2009 ha introdotto specifici vincoli nella gestione finanziaria e nel ricorso all’indebitamento per le società non quotate totalmente possedute direttamente o indirettamente dallo Stato.
Per tali società , il ricorso a forme di indebitamento viene subordinato alla assenza di risorse sui relativi conti di tesoreria.
Le stesse società possono inoltre essere obbligate a detenere tutte le proprie disponibilità finanziarie in appositi conti correnti presso la Tesoreria dello Stato - in luogo, ad esempio, dei conti correnti bancari o postali eventualmente utilizzati. Gli adempimenti per l’utilizzo delle disponibilità esistenti sui conti di Tesoreria dello Stato sono stati dettagliatamente previsti dal Decreto del Ministro dell’economia e finanze 25 febbraio 2010.
Al fine di perseguire una maggiore efficienza delle società pubbliche, sono stati inoltre introdotti alcuni limiti al finanziamento in caso di bilanci in perdita.