Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento bilancio | ||||
Altri Autori: | Servizio Bilancio dello Stato | ||||
Titolo: | D.L. 6 luglio 2011, n. 98 'Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria' convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 - Schede di lettura - Edizione aggiornata | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 522 Progressivo: 1 | ||||
Data: | 07/10/2011 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | V-Bilancio, Tesoro e programmazione | ||||
Altri riferimenti: |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Progetti di legge |
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Le leggi |
D.L. 6 luglio 2011, n. 98 “Disposizioni urgenti per la
stabilizzazione finanziaria” |
Schede di lettura |
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Edizione aggiornata |
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n. 522/1 |
Parte I |
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7 ottobre 2011 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Area finanza pubblica ( 066760-9496 * st_finanze@camera.it |
Ha partecipato alla redazione del dossier il seguente Servizio: |
Servizio Bilancio dello Stato Nota di verifica - dossier n. 326 ( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it |
§ La nota di sintesi e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi. § Le parti relative ai profili di carattere finanziario sono state curate dal Servizio Bilancio dello Stato, nonché dalla Segreteria della V Commissione per quanto concerne le coperture. |
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I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. |
File: D11098a.doc |
INDICE
(Parte I)
Effetti sui saldi di finanza pubblica.............................................. 3
Schede di lettura
§ Articolo 1 (Livellamento remunerativo Italia-Europa)................................... 11
§ Articolo 2 (Auto blu)...................................................................................... 21
§ Articolo 3 (Aerei blu)..................................................................................... 24
§ Articolo 4 (Benefits)...................................................................................... 26
§ Articolo 5 comma 1 (Economie degli organi costituzionali)......................... 29
§ Articolo 5 comma 2 (Riduzione dotazioni di organi di rilievo costituzionale e di organismi amministrativi).............................................................................................. 31
§ Articolo 5, comma 2-bis (Organi collegiali che operano presso il Ministero dell’ambiente)35
§ Articolo 6 (Finanziamento dei partiti politici)................................................. 38
§ Articolo 7 (Election day)............................................................................... 44
§ Articolo 8 (Obblighi di trasparenza per le società a partecipazione pubblica)47
§ Articolo 9 (Fabbisogni standard, spending review e superamento della spesa storica delle Amministrazioni dello Stato)......................................................................... 49
§ Articolo 10, commi 1- 5 (Riduzione delle spese dei Ministeri)..................... 56
§ Articolo 10, comma 6 (Abrogazione dell’articolo 8, comma 5 del decreto legge n. 78/2010 in materia di razionalizzazione e riduzione delle spese per consumi intermedi delle amministrazioni dello Stato)64
§ Articolo 10, comma 7 (Definanziamento delle leggi di spesa non utilizzate nell’ultimo triennio) 66
§ Articolo 10, commi 8-10 (Disposizioni sui residui: riduzione del termine di perenzione, procedura di ricognizione e abrogazione di norme di conservazione dei residui di stanziamento)69
§ Articolo 10, commi 11-13 (Disposizioni in materia di impegni).................... 79
§ Articolo 10, commi 14 e 15 (Flessibilità di bilancio)..................................... 84
§ Articolo 10, comma 16 (Modifica del termine per la ricognizione delle amministrazioni del conto della P.A. effettuata dall’Istat)................................................................................ 88
§ Articolo 10, commi 17 e 18 (Estinzione di crediti maturati nei confronti dei Ministeri) 89
§ Articolo 10, comma 19 (Elenco dei rappresentanti del MEF nei collegi di revisione delle amministrazioni pubbliche)........................................................................... 95
§ Articolo 10, comma 20 (Limiti per amministrazioni pubbliche a spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre)........................................................................................ 97
§ Articolo 10, comma 21 (Titoli sequestrati)................................................. 100
§ Articolo 11 (Interventi per la razionalizzazione dei processi di approvvigionamento di beni e servizi della Pubblica Amministrazione)................................................................ 102
§ Articolo 12 (Acquisto, vendita, manutenzione e censimento di immobili pubblici)110
§ Articolo 13, comma 1 (Riduzione del Fondo “deposito dormienti”)............ 119
§ Articolo 13, comma 2 (Riduzione del Fondo per il finanziamento degli interventi urgenti e indifferibili)121
§ Articolo 13, comma 3 (Riduzione fondo strategico per il paese a sostegno dell’economia reale) 123
§ Articolo 14, commi 1-5 (Commissione di vigilanza sui fondi pensione - COVIP) 127
§ Articolo 14, commi 6-14 (Istituto Luce - Cinecittà)..................................... 132
§ Articolo 14, comma 15 (Norma interpretativa soppressione enti D.L. 78 del 2010, art. 7, co. 20) 141
§ Articolo 14, comma 16 (Comitato Sir)........................................................ 144
§ Articolo 14, commi 17-27 (ICE).................................................................. 147
§ Articolo 14, commi 28 e 29 (UNIRE)......................................................... 156
§ Articolo 15 (Liquidazione degli enti dissestati e misure di razionalizzazione dell’attività dei commissari straordinari)................................................................................................ 158
§ Articolo 16 (Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico).... 164
§ Articolo 17 commi 1-3 (Disposizioni in materia di spesa sanitaria)........... 182
§ Articolo 17 comma 4 (Regioni sottoposte ai piani di rientro dal disavanzo sanitario)198
§ Articolo 17 comma 5 (Accertamenti medico-legali sui dipendenti pubblici assenti dal servizio per malattia)...................................................................................................... 202
§ Articolo 17 comma 6 (Livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale per il 2011 e ticket per l’assistenza specialistica)........................................................................... 205
§ Articolo 17 commi 7-9 (Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti ed il contrasto delle malattie della povertà -INMP)............................................ 208
§ Articolo 17 comma 10 (Agenzia italiana del farmaco -AIFA)..................... 212
§ Articolo 18 (Sintesi degli interventi in materia previdenziale)..................... 215
§ Articolo 18, comma 1 (Requisiti anagrafici per il pensionamento di vecchiaia delle lavoratrici) 218
§ Articolo 18, comma 2 (Ammortizzatori sociali per i lavoratori non rientranti nell'ambito di applicazione dell'indennità di mobilità)............................................................................. 222
§ Articolo 18, comma 3 (Limitazioni alla rivalutazione delle pensioni).......... 224
§ Articolo 18, comma 4 (Adeguamento dei requisiti pensionistici all’incremento della speranza di vita)228
§ Articolo 18, comma 5 (Pensioni ai superstiti)............................................ 232
§ Articolo 18, commi 6-9 (Disposizioni in materia di Indennità Integrativa Speciale) 234
§ Articolo 18, comma 10 (Trattamenti pensionistici personale enti creditizi)238
§ Articolo 18, commi 11 e 12 (Obbligatorietà di iscrizione e contribuzione agli enti previdenziali privatizzati dei soggetti già pensionati)....................................................... 240
§ Articolo 18, comma 13 (Obbligo di iscrizione all’ENASARCO per esercenti attività commerciali) 243
§ Articolo 18, commi 14 e 15 (Contrasto all’evasione contributiva).............. 244
§ Articolo 18, comma 16 (Indennità di malattia)............................................ 245
§ Articolo 18, comma 17 (Organizzazioni sindacali fasciste)....................... 247
§ Articolo 18, comma 18 (Prestazioni temporanee in agricoltura)................ 248
§ Articolo 18, comma 19 (Contributo di solidarietà su prestazioni integrative dei dipendenti degli enti pubblici)...................................................................................................... 250
§ Articolo 18, comma 20 (Gestione “mutualità pensioni”)............................. 251
§ Articolo 18, comma 21 (Proroga della carica di direttore generale dell’ISPESL) 252
§ Articolo 18, comma 22 (Accertamento dei requisiti di invalidità)............... 254
§ Articolo 18, comma 22-bis (Contributo di solidarietà sui trattamenti pensionistici superiori a determinati importi)..................................................................................... 255
§ Articolo 18, commi 22-ter-22-quinquies (Posticipo delle decorrenze dei trattamenti pensionistici di anzianità).................................................................................................... 259
§ Articolo 19, commi 1-3 (Sistema nazionale di valutazione della scuola)... 262
§ Articolo 19, commi 4 e 5 (Autonomia scolastica e dirigenza).................... 271
§ Articolo 19, comma 6 (Esonero e semiesonero dalle attività didattiche).. 274
§ Articolo 19, commi 7-11 (Dotazioni organiche del personale scolastico).. 276
§ Articolo 19, commi 12-15 (Docenti inidonei all’insegnamento).................. 283
§ Articolo 19, comma 16 (Raccordo fra Istruzione e formazione professionale e secondo ciclo di istruzione)................................................................................................... 286
§ Articolo 20, commi 1-2-ter, 3-5, 10-12, 14-16 (Nuovo patto di stabilità interno: parametri di virtuosità)288
§ Articolo 20, comma 2-quater (Esercizio associato delle funzioni da parte dei piccoli comuni) 310
§ Articolo 20, comma 9 (Assunzioni di personale da parte degli enti locali). 313
§ Articolo 20, comma 13 (Liquidazione delle società partecipate dai comuni con meno di 30.000 abitanti)....................................................................................................... 315
§ Articolo 20, comma 17 (Disposizioni per Roma capitale).......................... 317
§ Articolo 20, comma 17-bis (Riduzione delle risorse per rimborsi e compensazioni relativi alle imposte)...................................................................................................... 320
§ Articolo 21, comma 1 (Controllo del territorio)........................................... 322
§ Articolo 21, commi 2 e 3 (Trasporto pubblico locale)................................ 325
§ Articolo 21, comma 4, lettera a) (Sovrapprezzo al canone per il trasporto passeggeri sulle linee ad alta velocità)............................................................................................... 329
§ Articolo 21, comma 4, lett. b) (Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari)332
§ Articolo 21, comma 5 (Gestioni commissariali governative ferroviarie)... 335
§ Articolo 21, comma 6 (Partecipazione a banche e fondi internazionali).... 337
§ Articolo 21, comma 7 (Riduzione Fondo esigenze urgenti e indifferibili)... 340
§ Articolo 21, comma 8 (Accordi internazionali con oneri finanziari)............ 342
§ Articolo 21, comma 9 (Flotta aerea protezione civile. Riduzione 8 per mille)344
§ Articolo 21, comma 10 (Ulteriore voce Fondo spese urgenti e indifferibili)347
§ Articolo 21, comma 11 (Crediti da gestioni di ammasso obbligatorio prodotti agricoli) 349
§ Articolo 22 (Conto di disponibilità).............................................................. 352
INDICE
(Parte II)
Schede di lettura
§ Articolo 23, commi 1-4 (Ritenuta su interessi prestiti obbligazionari a soggetti non residenti)357
§ Articolo 23, commi 5 e 6 (Maggiori entrate per riduzione trasferimenti per incremento IRAP società concessionarie, banche e assicurazioni)................................................... 362
§ Articolo 23, comma 7 (Maggiori entrate per incremento imposta di bollo sui conti di deposito titoli)366
§ Articolo 23, comma 8 (Riduzione aliquota ritenuta d’acconto su pagamenti spese di ristrutturazione e altri oneri detraibili)...................................................................................... 373
§ Articolo 23, comma 9 (Riduzione della quota deducibile in ciascun anno delle perdite fiscali pregresse).................................................................................................. 377
§ Articolo 23, commi 10 e 11 (Limite alla deducibilità degli accantonamenti per i concessionari di autostrade e trafori).................................................................................... 381
§ Articolo 23, commi 12-15 (Imposta sostitutiva per il riallineamento dei valori fiscali e civilistici avviamento e altre attività immateriali)...................................................... 385
§ Articolo 23, comma 16 (Disapplicazione delle sanzioni erogate ai soggetti tenuti alla restituzione di agevolazioni fiscali indebitamente fruite).................................................... 391
§ Articolo 23, commi 17-20 (Eliminazione obbligo di prestazione di garanzia per fruire della rateazione del pagamento dei debiti tributari).............................................................. 394
§ Articolo 23, comma 21 (Addizionale erariale sul bollo per autoveicoli con potenza fiscale superiore a 225 kw)....................................................................................................... 398
§ Articolo 23, commi 22 e 23 (Partite IVA inattive)....................................... 401
§ Articolo 23, commi 24-27 (Razionalizzazione e potenziamento delle indagini finanziarie) 403
§ Articolo 23, comma 28 (Studi di settore).................................................... 408
§ Articolo 23, comma 29 (Razionalizzazione dei procedimenti di irrogazione delle sanzioni)414
§ Articolo 23, comma 30 (Differimento della data di inizio dell’applicazione della norma in tema di concentrazione della riscossione nell’accertamento)................................ 417
§ Articolo 23, comma 31 (Riduzione delle sanzioni per brevi ritardi negli adempimenti connessi ai versamenti dei tributi non assistiti da garanzia)......................................... 419
§ Articolo 23, commi 32 e 33 (Rimborsi spese ai concessionari per procedure esecutive.)421
§ Articolo 23, comma 34 (Proroga termini inesigibilità)................................ 424
§ Articolo 23, commi 35 e 36 (Gestione dei crediti di giustizia da parte di Equitalia Giustizia s.p.a.) 427
§ Articolo 23, commi 37-40 (Crediti privilegiati per tributi diretti dello Stato). 430
§ Articolo 23, comma 41 (Spesometro - Obbligo di comunicazione all'agenzia delle entrate da parte degli istituti finanziari emittenti di carte di credito delle operazioni rilevanti ai fini IVA) 434
§ Articolo 23, comma 42 (Noleggio autoveicoli)........................................... 437
§ Articolo 23, comma 43 (Imprenditori agricoli in crisi)................................. 439
§ Articolo 23, commi 44 e 45 (Sospensioni versamenti tributi e contributivi e zona franca urbana a Lampedusa)............................................................................................... 441
§ Articolo 23, comma 46 (Nuova finalità 5 per mille (beni paesaggistici)).... 445
§ Articolo 23, comma 47 (Regime fiscale ammortamento beni materiali e immateriali) 447
§ Articolo 23, commi 48-50 (Indicazione codice fiscale in atti di organi giurisdizionali)451
§ Articolo 23, commi 50-bis e 50-ter (Regime fiscale di bonus e stock options percepiti dagli operatori del settore finanziario)................................................................................ 455
§ Articolo 23, comma 50-quater (Aliquote di accisa su benzina e gasolio). 458
§ Articolo 24, commi 1-7 (Liquidazione automatica dell’imposta unica sulle scommesse e sui giochi a distanza)..................................................................................................... 464
§ Articolo 24, commi 8-16 (Competenze in materia di accertamento di giochi)478
§ Articolo 24, commi 17 e 18 (Determinazione del prelievo erariale unico). 482
§ Articolo 24, commi 19-23 (Divieto di gioco per minori).............................. 484
§ Articolo 24, commi 24-27 (Requisiti per le società partecipanti a gare nel settore dei giochi)487
§ Articolo 24, commi 28 (Titolarità o conduzione di esercizi con offerta di giochi) 490
§ Articolo 24, commi 29-31 (Obblighi di segnalazioni per operatori finanziari)492
§ Articolo 24, comma 32 (Destinazione del 3% spese pubblicità giochi al finanziamento della carta acquisti)...................................................................................................... 494
§ Articolo 24, comma 33 (Bingo a distanza)................................................. 496
§ Articolo 24, commi 34 (Tornei non a distanza di poker sportivo).............. 498
§ Articolo 24, commi 35 e 36 (Nuovo affidamento in concessione di videoterminali VLT) 500
§ Articolo 24, commi 37 e 38 (Assegnazione di concessioni per l’esercizio di giochi e scommesse su base ippica e sportiva)............................................................................... 502
§ Articolo 24, commi 39 e 40 (Introduzione di forme innovative per il gioco del Lotto e dell’Enalotto) 504
§ Articolo 24, commi 41 (Incremento del contributo annuale di iscrizione all’elenco degli operatori degli apparecchi da gioco).................................................................................. 506
§ Articolo 24, commi 42 (Rivendite ordinarie e speciali di generi di monopolio)508
§ Articolo 25 (Misure in materia di razionalizzazione dello spettro radioelettrico) 510
§ Articolo 26 (Contrattazione aziendale)........................................................ 517
§ Articolo 27 (Regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità)520
§ Articolo 28 (Razionalizzazione della rete distributiva dei carburanti)......... 527
§ Articolo 29, comma 1 (Liberalizzazione del collocamento)........................ 534
§ Articolo 29, commi 1-bis e 2-4 (Liberalizzazione dei servizi e delle attività economiche) 537
§ Articolo 29, comma 1-ter (Programma di dismissione di partecipazioni pubbliche) 539
§ Articolo 30 (Finanziamento della banda larga)........................................... 541
§ Articolo 31 (Interventi per favorire l’afflusso di capitale di rischio verso le nuove imprese) 544
§ Articolo 32, comma 1 (Fondo infrastrutture ferroviarie e stradali)............. 548
§ Articolo 32, commi 2-7 (Opere del Programma infrastrutture strategiche)552
§ Articolo 32, comma 8 (Potenziamento sistema informativo MIT)............. 556
§ Articolo 32, comma 9 (Servizio intermodale Autostrada Ferroviaria Alpina)558
§ Articolo 32, commi 10 e 11 (Copertura oneri commi 8 e 9)....................... 560
§ Articolo 32, comma 12 (Interpretazione in merito all’applicazione del codice degli appalti ad associazioni e fondazioni).......................................................................... 563
§ Articolo 32, commi 13-15 (Sessione della Conferenza Stato-regioni per la coesione territoriale) 565
§ Articolo 32, comma 16 (Utilizzo del Fondo infrastrutture stradali e ferroviarie per interventi a favore dei beni culturali)......................................................................................... 568
§ Articolo 32, commi 17 e 18 (Expo 2015).................................................... 571
§ Articolo 33 (Disposizioni in materia di valorizzazione del patrimonio immobiliare) 573
§ Articolo 34 (Modifiche al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327)............................................................................................................. 582
§ Articolo 35, commi 1-3 (Salvaguardia delle risorse ittiche)....................... 588
§ Articolo 35, commi 4 e 5 (Semplificazioni in materia di impianti di telecomunicazioni) 590
§ Articolo 35, commi 6 e 7 (Regime sperimentale di apertura e chiusura per gli esercizi commerciali nelle località turistiche e città d’arte)........................................................... 592
§ Articolo 35, commi 8 e 9 (Riconversione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati ad olio combustibile).............................................................................................. 595
§ Articolo 36, commi 1-10 (Disposizioni in materia di riordino dell’ANAS S.p.A.) 597
§ Articolo 36, comma 10-bis (Sanzioni in materia di pubblicità lungo le strade)605
§ Articolo 37, commi 1-5 (Disposizioni per l'efficienza del sistema giudiziario e la celere definizione delle controversie).............................................................................................. 606
§ Articolo 37, commi 6-19 (Spese di giustizia).............................................. 609
§ Articolo 37, comma 20 (Revisione contabile)............................................ 624
§ Articolo 37, comma 21 (Sedi disagiate)..................................................... 626
§ Articolo 38 (Disposizioni in materia di contenzioso previdenziale e assistenziale) 628
§ Articolo 39 (Disposizioni in materia di riordino della giustizia tributaria)..... 640
§ Articolo 40, commi 1 e 1-bis e commi 2 e 3 (Disposizioni finanziarie)...... 658
§ Articolo 40, commi 1-ter e 1-quater (Riduzione di regimi di esenzione e agevolazione fiscale) 665
Il D.L. n. 98/2011 contiene misure di riduzione della spesa e di aumento delle entrate dirette a conseguire gli obiettivi di finanza pubblica indicati nel Documento di economia e finanza e nel Patto di stabilità presentati dal Governo nell’aprile 2011, e oggetto della raccomandazione del 7 giugno della Commissione europea[1].
Il Consiglio ECOFIN ha adottato il 12 luglio 2011, nell’ambito della procedura del semestre europeo, raccomandazioni sui piani nazionali di riforma (PNR) di ciascuno Stato membro che includono anche i pareri sui rispettivi programmi di stabilità. Il Consiglio ha accolto integralmente le raccomandazioni proposte dalla Commissione europea il 7 giugno 2011 su cui si era espresso favorevolmente il Consiglio europeo di giugno. Nel dispositivo della raccomandazione relativa all’Italia, il Consiglio chiede di dare attuazione al piano di consolidamento delle finanze pubbliche, al fine di assicurare la correzione del disavanzo eccessivo[2]. In tal senso, si raccomanda di utilizzare ogni risorsa imprevista sul fronte della politica di bilancio per accelerare la riduzione del disavanzo e del debito, e di avviare il conseguimento degli obiettivi relativi al 2013-2014 (pareggio di bilancio) con misure da adottare entro ottobre 2011. Raccomanda, inoltre, di introdurre tetti alla spesa pubblica e meccanismi di controllo della stessa a tutti i livelli, regionale e locale.
Saldi tendenziali e programmatici: la correzione richiesta
Tali documenti indicano valori dei saldi programmatici di finanza pubblica per il 2013 e 2014 pari, rispettivamente, a 1,5 e 0,2 per cento del PIL in termini di indebitamento netto delle Pubbliche amministrazioni. Parallelamente l’avanzo primario è atteso passare dallo 0,9 per cento del PIL nel 2011 al 3,9 per cento nel 2013 e al 5,2 per cento nel 2014.
Dati i valori tendenziali, il raggiungimento dei saldi programmatici richiede una manovra correttiva (in termini di minori spese al netto interessi e di maggiori entrate) pari all’1,2 per cento nel 2013 e al 2,3 per cento nel 2014, come evidenziato dalla tavola 1.
Non sono invece indicate correzioni per il 2011 ed il 2012, esercizi per i quali il valore del deficit tendenziale e programmatico coincidono (3,9 e 2,7 per cento del PIL).
Tavola 1
Saldi tendenziali e programmatici nel DEF-Programma di stabilità, aprile 2011
(% PIL)
|
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
Indebitamento netto tendenziale l.v. |
3,9 |
2,7 |
2,7 |
2,6 |
Indebitamento netto programmatico |
3,9 |
2,7 |
1,5 |
0,2 |
Manovra netta |
|
|
1,2 |
2,3* |
PIL |
1.593.314 |
1.642.432 |
1.696.995 |
1.755.013 |
*Il dato del 2014 contiene la correzione dell’anno precedente |
Dato un PIL (in termini nominali) che raggiunge nei due anni, rispettivamente, 1.697 e 1.755 miliardi[3], la correzione indicata dai documenti programmatici comporta una manovra di circa 20 miliardi nel 2013 e 40 miliardi nel 2014.
Gli effetti sui saldi della manovra
Rispetto a tali importi la manovra, nel testo iniziale del decreto legge presentato dal Governo (AS 2814), prevedeva una correzione di 17,9 miliardi nel 2013 e 25,4 miliardi nel 2014, pari rispettivamente all’1,1 e all’1,4 per cento del PIL. Per quanto riguarda il biennio 2011-2012, le maggiori spese erano coperte da maggiori entrate, con un effetto marginale sui saldi che miglioravano di 5,3 milioni e di 151,8 milioni.
Come precisato dal Ministro dell’Economia[4] un’ulteriore correzione per 2,2 miliardi nel 2013 e 14,7 miliardi nel 2014 (pari allo 0,1 e allo 0,8 per cento del PIL) era affidata al disegno di legge delega sulla riforma fiscale e assistenziale, in corso di presentazione al Parlamento.
Nel corso dell’iter parlamentare, è stata inserita nel disegno di legge di conversione del D.L. 98/2011 una disposizione, di diretta applicazione, che prevede il taglio dei regimi fiscali agevolativi del 5 per cento per il 2013 e del 20 per cento a decorrere dal 2014, cui dovranno conseguire effetti non inferiori a 4 miliardi nel 2013 e a 20 miliardi a decorrere dal 2014. Tale maggior gettito risulta scontato pertanto nel quadro riepilogativo degli effetti della manovra (cfr. successiva scheda riferita all’art. 40, commi 1-ter e 1-quater).
Tale riduzione non troverà applicazione qualora entro il 30 settembre 2013 siano adottati i provvedimenti legislativi di riordino dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale, tali da determinare effetti positivi ai fini dell’indebitamento netto non inferiori al predetto obiettivo di 4 miliardi nel 2013 e di 20 miliardi a decorrere dal 2014.
Le ulteriori modifiche introdotte durante l’iter parlamentare rafforzano gli effetti di miglioramento dei saldi rispetto al testo iniziale, per 2,1 miliardi nel 2011, 5,4 miliardi nel 2012, 2,5 miliardi nel 2013 e 2,6 nel 2014.
La manovra complessiva, nel testo del decreto legge come modificato dalla legge di conversione, determina pertanto un effetto di riduzione dell’ indebitamento netto pari a 2,1 miliardi nell’esercizio in corso, 5,6 miliardi nel 2012, 24,4 miliardi nel 2013 e 47,9 miliardi nel 2014. In termini di incidenza sul PIL, nell’ultimo anno la correzione risulta pari al 2,7 per cento rispetto al 2,3 per cento indicato nel DEF-Programma di stabilità.
Tavola 2
Effetti della manovra sull’indebitamento netto
(milioni di euro - % PIL)
|
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
Testo iniziale - AS 2814 |
5,3 |
151,8 |
17.877 |
25.365 |
% PIL |
0,0 |
0,0 |
1,1 |
1,4 |
Riduzione agevolazioni fiscali - assistenziali |
|
|
4.000 |
20.000 |
% PIL |
|
|
0,24 |
1,14 |
Ulteriori modifiche |
2.103 |
5.426 |
2.529 |
2.608 |
% PIL |
0,13 |
0,33 |
0,15 |
0,15 |
Effetto complessivo manovra (L. 111/2011) |
2.108 |
5.578 |
24.406 |
47.973 |
% PIL |
0,1 |
0,34 |
1,4 |
2,7 |
Conseguentemente, rispetto ai valori indicati nei documenti programmatici, si determina una più rapida riduzione del deficit, che giunge ad annullarsi a fine periodo.
Tavola 3
Indebitamento netto tendenziale
(% PIL)
|
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
Saldo tendenziale pre – D.L. 98/2011 |
-3,9 |
-2,7 |
-2,7 |
-2,6 |
Manovra netta |
0,1 |
0,34 |
1,4 |
2,7 |
Saldo tendenziale post – D.L. 98/2011 |
-3,8 |
-2,4 |
-1,3 |
+0,1 |
La composizione della manovra
Nella tavola 4 si riepilogano gli effetti del D.L. n. 98/2011 come modificato dalla legge di conversione n. 111/2011[5], disaggregandoli tra quelli relativi al reperimento delle risorse (maggiori entrate e minori spese) e quelli che ne indicano gli impieghi per finalità espansive (minori entrate e maggiori spese): la differenza tra tali grandezze determina la manovra netta, ovvero l’effetto di correzione del deficit[6].
Tavola 4
Composizione della manovra
(milioni di euro)
Indebitamento netto PA |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
RISORSE |
|
|
|
|
Minori spese correnti |
240 |
927 |
7.627 |
14.484 |
Minori spese in conto capitale |
23 |
752 |
1.000 |
1.300 |
Minori spese correnti/capitali |
1.700 |
1.400 |
3.800 |
5.000 |
Maggiori entrate |
194 |
451 |
474 |
698 |
|
|
|
|
|
IMPIEGHI |
|
|
|
|
Maggiori spese correnti |
1.103 |
3.460 |
440 |
440 |
Maggiori spese in conto capitale |
623 |
650 |
900 |
1.200 |
Minori entrate |
194 |
451 |
474 |
698 |
|
|
|
|
|
Totale risorse |
4.028 |
10.138 |
26.220 |
50.311 |
Totale impieghi |
1.920 |
4.561 |
1.814 |
2.338 |
Manovra netta |
2.108 |
5.578 |
24.406 |
47.973 |
La manovra determina un effetto di miglioramento dei saldi anche nel 2011 e nel 2012: in termini di indebitamento netto, le risorse, pari a 4 miliardi nell’esercizio in corso e a 10,1 miliardi nel 2012 sono destinate alla riduzione del deficit, rispettivamente, per il 52,3 e il 55 per cento. Tale percentuale supera il 90 per cento nel biennio successivo, a fronte di una manovra lorda di 26,2 miliardi nel 2013 e 50,3 miliardi nel 2014.
Tavola 5
Confronto manovra lorda e manovra netta
(milioni di euro –%)
Indebitamento netto PA |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
Totale risorse (manovra lorda) (a) |
4.028 |
10.138 |
26.220 |
50.311 |
Totale impieghi (misure espansive) (b) |
1.920 |
4.561 |
1.814 |
2.338 |
Correzione deficit (manovra netta) (c=a-b) |
2.108 |
5.578 |
24.406 |
47.973 |
impieghi /risorse (%) |
47,7 |
45,0 |
6,9 |
4,6 |
Manovra netta /risorse (%) |
52,3 |
55,0 |
93,1 |
95,4 |
Con riferimento alla manovra netta, nel testo del decreto legge come modificato dalla legge di conversione, nel 2011 all’apporto più significativo delle entrate, cui è affidato circa l’89 per cento della correzione, si unisce una seppur contenuta riduzione della spesa. Nel 2012 l’apporto alla manovra netta è interamente ascrivibile alle entrate, a fronte di un aumento delle spesa. Nel biennio successivo, entrambe le componenti contribuiscono al miglioramento dei saldi, anche se resta prevalente l’apporto delle entrate (54,6 per cento nel 2013 e 60,1 per cento nel 2014).
Tavola 6
Contributo alla manovra netta
(milioni di euro - %)
Indebitamento netto PA |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
Manovra netta sulle entrate |
1.871,1 |
6.608,6 |
13.319,0 |
28.828,9 |
Manovra netta sulle spese (*) |
237,2 |
-1.031,1 |
11.086,6 |
19.143,6 |
Manovra netta |
2.108,3 |
5.577,5 |
24.405,7 |
47.972,6 |
Manovra netta sulle entrate (%) |
88,8 |
n.a. |
54,6 |
60,1 |
Manovra netta sulle spese (%) |
11,2 |
n.a. |
45,4 |
39,9 |
(*) Il segno meno indica un aumento della spesa.
Tabella riassuntiva degli effetti della manovra (milioni di euro) |
||||||||||||
|
|
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|
|
|
|
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|
All. 3 - 15 luglio |
||
|
Saldo netto da finanziare |
|
Fabbisogno |
|
|
Indebitamento netto PA |
|
|||||
|
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
RISORSE |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Minori spese correnti |
-274,4 |
-1889,7 |
-5610,1 |
-9877,1 |
-240,0 |
-927,0 |
-7626,7 |
-14483,7 |
-240,0 |
-927,0 |
-7626,7 |
-14483,7 |
Minori spese in conto capitale |
0,0 |
-932,0 |
-1000,0 |
-1000,0 |
-23,0 |
-752,0 |
-1000,0 |
-1300,0 |
-23,0 |
-752,0 |
-1000,0 |
-1300,0 |
Minori spese in conto corrente e capitale |
-1600,0 |
-1400,0 |
-3600,0 |
-5000,0 |
-1700,0 |
-1400,0 |
-3800,0 |
-5000,0 |
||||
Totale minori spese |
-2674,4 |
-4321,7 |
-10110,1 |
-15877,1 |
-1863,0 |
-3079,0 |
-12226,7 |
-20783,7 |
-1963,0 |
-3079,0 |
-12426,7 |
-20783,7 |
Maggiori entrate tributarie |
1886,3 |
5843,1 |
12841,2 |
28568,2 |
2034,1 |
7012,4 |
13749,3 |
29483,0 |
2034,1 |
7012,4 |
13749,3 |
29483,0 |
Maggiori entrate extratributarie |
2219,0 |
44,0 |
44,0 |
44,0 |
31,0 |
44,0 |
44,0 |
44,0 |
31,0 |
44,0 |
44,0 |
44,0 |
Maggiori entrate correnti |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
2,8 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
2,8 |
0,0 |
0,0 |
Totale maggiori entrate |
4105,3 |
5887,1 |
12885,2 |
28612,2 |
2065,1 |
7059,2 |
13793,3 |
29527,0 |
2065,1 |
7059,2 |
13793,3 |
29527,0 |
TOTALE RISORSE |
6779,7 |
10208,8 |
22995,3 |
44489,3 |
3928,1 |
10138,2 |
26020,0 |
50310,7 |
4028,1 |
10138,2 |
26220,0 |
50310,7 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
IMPIEGHI |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Maggiori spese correnti |
3123,3 |
3220,1 |
454,7 |
448,0 |
1102,9 |
3460,1 |
440,1 |
440,1 |
1102,9 |
3460,1 |
440,1 |
440,1 |
Maggiori spese in conto capitale |
657,4 |
1332,0 |
1400,0 |
1400,0 |
623,0 |
652,0 |
900,0 |
1200,0 |
623,0 |
650,0 |
900,0 |
1200,0 |
Totale maggiori spese |
3780,6 |
4552,1 |
1854,7 |
1848,0 |
1725,9 |
4112,1 |
1340,1 |
1640,1 |
1725,9 |
4110,1 |
1340,1 |
1640,1 |
Minori entrate tributarie |
-191,2 |
-450,3 |
-474,1 |
-697,9 |
-191,2 |
-450,3 |
-474,1 |
-697,9 |
-191,2 |
-450,3 |
-474,1 |
-697,9 |
Minori entrate correnti |
0,0 |
-0,3 |
-0,2 |
-0,2 |
-2,8 |
-0,3 |
-0,2 |
-0,2 |
-2,8 |
-0,3 |
-0,2 |
-0,2 |
Totale minori entrate |
-191,2 |
-450,6 |
-474,3 |
-698,1 |
-194,0 |
-450,6 |
-474,3 |
-698,1 |
-194,0 |
-450,6 |
-474,3 |
-698,1 |
TOTALE IMPIEGHI |
3971,8 |
5002,7 |
2328,9 |
2546,0 |
1919,9 |
4562,7 |
1814,3 |
2338,1 |
1919,9 |
4560,7 |
1814,3 |
2338,1 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
TOTALE MANOVRA |
2807,8 |
5206,1 |
20666,4 |
41943,3 |
2008,2 |
5575,5 |
24205,7 |
47972,6 |
2108,3 |
5577,5 |
24405,7 |
47972,6 |
1. Il trattamento economico omnicomprensivo annualmente corrisposto, in funzione della carica ricoperta o dell'incarico svolto, ai titolari di cariche elettive ed incarichi di vertice o quali componenti, comunque denominati, degli organismi, enti e istituzioni, anche collegiali, di cui all'allegato A, non può superare la media ponderata rispetto al PIL degli analoghi trattamenti economici percepiti annualmente dai titolari di omologhe cariche e incarichi negli altri sei principali Stati dell'Area Euro. Fermo il principio costituzionale di autonomia, per i componenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati il costo relativo al trattamento economico omnicomprensivo annualmente corrisposto in funzione della carica ricoperta non può superare la media ponderata rispetto al PIL del costo relativo ai componenti dei Parlamenti nazionali.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche ai segretari generali, ai capi dei dipartimenti, ai dirigenti generali e ai titolari degli uffici a questi equiparati. Ai fini del presente comma per trattamento economico omnicomprensivo si intende il complesso delle retribuzioni e delle indennità a carico delle pubbliche finanze percepiti dal titolare delle predette cariche, ivi compresi quelli erogati dalle amministrazioni di appartenenza.
3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, è istituita una Commissione, presieduta dal Presidente dell'ISTAT e composta da quattro esperti di chiara fama, tra cui un rappresentante di Eurostat, che durano in carica quattro anni, la quale entro il 1° luglio di ogni anno e con provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, provvede alla ricognizione e all'individuazione della media dei trattamenti economici di cui al comma 1 riferiti all'anno precedente ed aggiornati all'anno in corso sulla base delle previsioni dell'indice armonizzato dei prezzi al consumo contenute nel Documento di economia e finanza. La partecipazione alla commissione è a titolo gratuito. In sede di prima applicazione, il decreto del Presidente del consiglio dei Ministri di cui al primo periodo è adottato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto; tenuto conto dei tempi necessari a stabilire la metodologia di calcolo e a raccogliere le informazioni rilevanti, la ricognizione e la individuazione riferite all'anno 2010 sono provvisoriamente effettuate entro il 31 dicembre 2011 ed eventualmente riviste entro il 31 marzo 2012.
4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 costituiscono, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, norme di principio in materia di coordinamento della finanza pubblica. Le regioni adeguano, entro il termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la propria legislazione alle previsioni di cui ai medesimi commi. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione alle disposizioni stesse, secondo i rispettivi statuti e relative norme di attuazione.
5. I componenti degli organi di cui all'allegato B, che siano dipendenti pubblici, sono collocati in aspettativa non retribuita, salvo che optino per il mantenimento, in via esclusiva, del trattamento economico dell'amministrazione di appartenenza.
6. Le norme di cui ai commi 1, 2, 4 e 5 si applicano a decorrere dalle prossime elezioni, nomine o rinnovi e, comunque, per i compensi, le retribuzioni e le indennità che non siano stati ancora determinati alla data di entrata in vigore del presente decreto.
L'articolo 1 prescrive che il trattamento economico di titolari di cariche elettive e i vertici di enti e istituzioni non può superare la media, ponderata rispetto al PIL, degli analoghi trattamenti economici percepiti dai titolari di omologhe cariche negli altri sei principali Stati dell'area euro.
Nella formulazione originaria del decreto-legge, la norma fissava il tetto massimo del trattamento economico di titolari di cariche elettive o di incarichi di vertice alla media dei trattamenti economici di tutti gli Stati dell’area euro, mentre all’esito dell’esame svolto al Senato il confronto è stato ristretto ai sei “principali” Paesi che adottano la moneta unica ed è stato introdotto il criterio della ponderazione rispetto al prodotto interno lordo.
Il comma 1, primo periodo, stabilisce che il trattamento economico omnicomprensivo annualmente corrisposto ai titolari di cariche elettive ed incarichi di vertice o quali componenti degli organismi, enti e istituzioni, anche collegiali, elencati nell’allegato A del decreto, non può superare la media degli analoghi trattamenti economici percepiti annualmente dai titolari di omologhe cariche e incarichi negli altri sei principali Stati dell’Area Euro.
La definizione di Stati principali è presumibilmente da intendersi riferita agli Stati con maggior numero di abitanti.
L'euro costituisce valuta ufficiale per Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Spagna.
Secondo i dati Eurostat, tra questi i più popolosi, esclusa l’Italia, sono: Francia, Germania, Spagna, Paesi Bassi, Grecia e Belgio[7].
A differenza del successivo comma 2, il comma 1 non contiene la definizione del trattamento economico omnicomprensivo.
L'Allegato A di cui al decreto in commento comprende:
- Senato della Repubblica;
- Camera dei Deputati;
- Corte Costituzionale;
Per quanto riguarda il trattamento economico dei giudici della Corte costituzionale, si ricorda che la legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, dispone, all'art. 6, che "I giudici della Corte costituzionale hanno una retribuzione mensile che non può essere inferiore a quella del più alto magistrato della giurisdizione ordinaria ed è determinata con legge." La materia è disciplinata dall'art. 12 della legge 11 marzo 1953, n. 87[8].
Alla luce della richiamata legge costituzionale n. 1 del 1953, sembra che l'applicazione del meccanismo disegnato nel comma stesso potrebbe condurre (ove la media individuata ai sensi del comma 1 fosse inferiore alla retribuzione mensile del più alto magistrato della giurisdizione ordinaria) ad esiti confliggenti con quanto disposto dalla legge costituzionale stessa.
- organi di autogoverno della magistratura ordinaria, amministrativa, contabile, tributaria e militare;
- Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL);
- autorità amministrative indipendenti, di cui all’elenco ISTAT[9] previsto dall’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196[10], compresa l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ed esclusa la Banca d’Italia.
L'elenco ISTAT a cui l’Allegato A fa rinvio già ricomprende l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ed esclude la Banca d'Italia.
In merito all’esclusione di quest’ultima, si segnala che la natura di autorità indipendente della Banca d’Italia, discussa in passato, sembra potersi ritenere assodata in virtù del nuovo statuto di questa (D.P.R. 12 dicembre 2006) che, all’art. 1, afferma testualmente come nell'esercizio delle proprie funzioni, la Banca d'Italia e i componenti dei suoi organi operino con autonomia e indipendenza nel rispetto del principio di trasparenza, e non possano sollecitare o accettare istruzioni da altri soggetti pubblici e privati, alla stregua dei componenti delle authorities:
- Commissione Nazionale per la Società e Borsa – CONSOB;
- Presidenti delle Regioni e delle Province; sindaci; consiglieri regionali, provinciali e comunali;
- Agenzia italiana del farmaco;
- Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie;
- Agenzia nazionale per la sicurezza del volo – ANSV;
- Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali – AGE.NA.S;
- Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione;
- Agenzia per le erogazioni in agricoltura – AGEA;
- Agenzia nazionale per la rappresentanza negoziale P.A. - ARAN;
- DIgitPA;
- Agenzia nazionale per il turismo;
- Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata;
- Agenzia per la sicurezza nucleare;
- Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale;
- Agenzia nazionale di vigilanza sulle risorse idriche;
- Commissione indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l'Integrità delle amministrazioni pubbliche.
La disposizione in esame si applica dunque, fra gli altri, agli organi costituzionali Senato della Repubblica, Camera dei Deputati e Corte Costituzionale, ad eccezione della Presidenza della Repubblica, non menzionata nell'Allegato A, e a tutte le Autorità indipendenti, con espressa esclusione della Banca d'Italia.
Il comma 1, secondo periodo, stabilisce per i componenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, fermo il principio costituzionale di autonomia delle Camere, che il costo relativo al trattamento economico omnicomprensivo annualmente corrisposto in funzione della carica ricoperta non può superare la media del costo relativo ai componenti dei Parlamenti nazionali.
Si ricorda che l'art. 69 della Costituzione prevede che i membri del Parlamento ricevano un'indennità fissata dalla legge; la legge 31 ottobre 1965, n. 1261[11] - che determina l'indennità in attuazione di tale articolo - individua un tetto massimo, parametrato al trattamento dei magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione, demandando poi agli Uffici di Presidenza delle due Camere la concreta determinazione dell'indennità entro quel limite (un meccanismo che trova applicazione anche per la determinazione della diaria). Si ricorda altresì che gli Uffici di Presidenza delle Camere disciplinano, con autonome deliberazioni, adottate ai sensi dei rispettivi Regolamenti, istituti aventi effetti economici, che potrebbero essere ricompresi nella nozione di “trattamento economico omnicomprensivo”.
Si constata che il trattamento economico omnicomprensivo annualmente corrisposto per i componenti della Camera e del Senato è oggetto di previsione finalizzata alla parametrazione sia nel comma 1 (che richiama l’Allegato A in cui sono espressamente citate entrambe le Camere) che nel comma 2 nel quale il riferimento ai Parlamenti nazionali non è accompagnato dalla specificazione dell’appartenenza a Stati dell’Area Euro. Inoltre, solo il comma 2 reca il richiamo al principio costituzionale dell’autonomia delle Camere del quale occorre valutare l’effettivo rispetto, posto che in entrambi i commi non sono richiamate le autonome deliberazioni di tali organi, menzionate invece dal successivo art. 5 con riferimento alle spese di natura amministrativa e per il personale.
Il comma 2 dispone che il tetto di cui sopra si applica anche ai segretari generali, ai capi dei dipartimenti, ai dirigenti generali e ai titolari degli uffici a questi equiparati, definendo, ai soli fini del comma de quo, il trattamento economico omnicomprensivo come il complesso delle retribuzioni e delle indennità a carico delle pubbliche finanze percepiti dal titolare delle predette cariche, ivi compresi quelli erogati dalle amministrazioni di appartenenza.
Si ricorda che l'ordinamento delle amministrazioni delle Camere (pianta organica, competenze, attribuzioni degli uffici e tutte le norme regolatrici del personale) è riservato, ai sensi dei rispettivi Regolamenti, ad appositi regolamenti la cui approvazione spetta agli Uffici di Presidenza (art. 166.2 Reg. Senato e artt. 67.1 e 12.3, lett. c) e d) Reg. Camera).
L’organizzazione interna delle Camere, compresa la disciplina del trattamento giuridico e economico del personale, è riservata in via esclusiva alla potestà regolamentare di ciascuna assemblea, costituzionalmente garantita ex art. 64 Cost.; le Camere hanno inoltre autonomia contabile, fondata, secondo la Corte costituzionale, su una vera e propria consuetudine costituzionale (cfr. sent. n.129/1981), e dispongono di un proprio bilancio le cui modalità di approvazione sono riservate a norme dei regolamenti parlamentari (art. 10 r.C. e art. 10 r.S.) rappresentando la definizione dell’ammontare delle somme occorrenti al fabbisogno annuale una scelta autonoma di ciascuna Camera[12].
Per quanto riguarda l’autonomia finanziaria riconosciuta alla Corte costituzionale la già ricordata legge n. 87/1953, prevede all’art. 14 che la Corte può disciplinare l’esercizio delle sue funzioni con regolamento approvato a maggioranza dei suoi componenti e che, nei limiti di un fondo stanziato a tale scopo con legge del Parlamento, provvede alla gestione delle spese, dei servizi e degli uffici, e stabilisce, in apposita pianta organica, il numero, la qualità e gli assegni, nonché le attribuzioni, i diritti ed i doveri dei funzionari addetti a ciascun ufficio. Il Regolamento generale della Corte (art. 26) demanda all’Ufficio di Presidenza della Corte l’esame degli indirizzi generali per la gestione finanziaria e amministrativa, da sottoporre all’approvazione della Corte. Il Regolamento dei Servizi e del personale attualmente vigente è stato adottato con deliberazione della Corte del 10 febbraio 1984.
Anche per quanto riguarda la Corte costituzionale, il comma in esame sembra incidere su materie disciplinate dai regolamenti della Corte, che in dottrina è considerata fondata su una sorta di riserva regolamentare costituzionalmente stabilita, direttamente discendente dalla posizione della Corte nel sistema.
Quanto sopra disposto è stato oggetto di modifica da parte dell’art. 1, comma 33 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138[13], il quale ha inteso precisare l’ambito di applicazione della disposizione ivi introdotta, ai sensi della quale il trattamento economico di titolari di cariche elettive e i vertici di enti e istituzioni non può superare la media, ponderata rispetto al PIL, degli analoghi trattamenti economici percepiti dai titolari di omologhe cariche negli altri sei principali Stati dell'area euro[14].
Le novità introdotte con la novella in esame sembrerebbero operare una delimitazione di questo secondo gruppo di soggetti interessati all’applicazione del tetto retributivo rispetto alla media europea.
Innanzitutto, si sostituisce l’espressione “dirigenti generali” con quella, più corretta, di "dirigenti di prima fascia".
È noto, infatti, che nelle amministrazioni pubbliche, il ruolo della dirigenza è articolato nella prima e nella seconda fascia, ai sensi dell'articolo 23 del d.lgs. 165/2001. I dirigenti della seconda fascia transitano nella prima qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti, per un periodo pari almeno a cinque anni senza essere incorsi nelle misure previste per le ipotesi di responsabilità dirigenziale.
Oltre che ai dirigenti di prima fascia, si specifica che il tetto trova applicazione nei confronti dei direttori generali degli enti e dei titolari degli uffici equiparati delle amministrazioni centrali dello Stato.
Alla luce della novella introdotta, non sembra definita con precisione la categoria degli enti e delle amministrazioni, ai cui titolari di incarichi direttivi si applica il tetto retributivo. Inoltre, non appare chiaro il significato del riferimento, introdotto con la novella, alle amministrazioni centrali dello Stato, che avrebbe l’effetto di diversificare la posizione dei titolari di uffici statali a seconda dell’ubicazione, centrale ovvero periferica, dell’amministrazione di appartenenza.
Il comma 3 prevede l’istituzione, con D.P.C.M. da adottarsi entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame,di una Commissione, presieduta dal Presidente dell’ISTAT e composta da quattro esperti, che durano in carica quattro anni, la quale, entro il 1° luglio di ciascun anno e con provvedimento pubblicato in Gazzetta Ufficiale, provvede alla ricognizione e all’individuazione della media dei trattamenti economici di cui sopra riferiti all’anno precedente, ed aggiornati all'anno in corso sulla base delle previsioni dell'indice armonizzato dei prezzi al consumo contenute nel documento di economia e finanza. La partecipazione alla commissione è a titolo gratuito.
La ricognizione e l'individuazione riferite all'anno 2010 sono provvisoriamente effettuate entro il 31 dicembre 2011 ed eventualmente riviste entro il 31 marzo 2012.
La disposizione in esame, senza operare alcuna abrogazione espressa, introduce una regolamentazione innovativa sull'articolato e stratificato corpo normativo che disciplina attualmente gli ordinamenti e i trattamenti economici delle Amministrazioni cui si applica; inoltre conferisce ad un organo amministrativo di nomina governativa il compito di individuare, nell'ambito degli ordinamenti di Stati dell'Area Euro, le cariche e gli incarichi omologhi a quelli dei componenti degli organi costituzionali nazionali ricompresi nell'Allegato A e quale ne sia il "trattamento economico omnicomprensivo".
Si segnala che il comma 28 dell'articolo 1 del D.L. n. 138/2011 ha disposto l’integrazione della suddetta Commissione con un esperto designato dal Ministro dell’economia e delle finanze.
In seguito all’integrazione, il numero dei membri della Commissione sale, pertanto, da quattro a cinque. Come riportato nella relazione tecnica, poiché la partecipazione alla Commissione è a titolo gratuito, la norma non dovrebbe determinare oneri a carico del bilancio dello Stato.
Ai sensi del comma 4, le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 costituiscono, norme di principio in materia di coordinamento della finanza pubblica ex art. 117, comma 3 della Costituzione. Entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame, le Regioni sono tenute a adeguare la propria legislazione alle previsioni suddette. Le Regioni a statuto speciale e le Province autonome devono adeguare la propria legislazione alle disposizioni di cui ai commi precedenti, secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.
Ai sensi della citata disposizione costituzionale, il coordinamento della finanza pubblica - insieme con quello del sistema tributario e l’armonizzazione dei bilanci pubblici – è materia di legislazione concorrente, rispetto alla quale spetta allo Stato la determinazione dei principi fondamentali. Secondo il costante orientamento della Corte costituzionale, le disposizioni statali possono solo prevedere «criteri ed obiettivi cui dovranno attenersi le Regioni e gli enti locali nell'esercizio della propria autonomia finanziaria, senza invece imporre loro precetti specifici e puntuali (fra le molte, si vedano le sentenze n. 157 e 95 del 2007, n. 449 del 2005 e n. 390 del 2004).». In siffatta prospettiva, secondo la Corte, risulta quindi decisivo verificare se «la norma statale, emanata nell’esercizio della competenza concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica, sia di principio ovvero di dettaglio, dovendosi considerare soltanto in quest’ultimo caso illegittima. Né, ove fosse di principio, sarebbe necessaria la previsione di un meccanismo di coinvolgimento regionale nella scelta dei contenuti della relativa disciplina.». Come è noto, «la portata di principio fondamentale va riscontrata con riguardo alla peculiarità della materia […] nel coordinamento della finanza pubblica, ciò che viene in particolare evidenza è la finalità cui la disciplina tende» (C. cost. n. 139/2009).
Con riferimento a singole disposizioni e sulla base dei principi enunciati, la Corte ha, ad esempio, ritenuto infondate le questioni di legittimità costituzionale riferite ad una disposizione che prevedeva l’adozione da parte delle regioni di disposizioni, normative o amministrative, finalizzate ad assicurare la riduzione degli oneri degli organismi politici e degli apparati amministrativi, con particolare riferimento alla diminuzione dell'ammontare dei compensi e delle indennità dei componenti degli organi rappresentativi e del numero di questi ultimi, con un miglioramento dei saldi dei bilanci regionali del 10 per cento rispetto all’anno precedente (sentenza n. 159/2008). Contra, la Consulta ha dichiarato l’incostituzionalità della riduzione delle indennità corrisposte ai titolari degli organi politici regionali nella misura del 10 per cento rispetto alla data del 30 settembre 2005, poiché porrebbe «un precetto specifico e puntuale, comprimendo l’autonomia finanziaria regionale» (sentenza n. 157/2007).
Il comma 5 prevede, poi, che i componenti delle autorità amministrative e i dipendenti delle autorità e delle agenzie elencate nell'allegato B al decreto-legge in esame, che sono dipendenti pubblici, siano collocati in aspettativa non retribuita, salvo che optino per il mantenimento, in via esclusiva, del trattamento economico dell'amministrazione di appartenenza.
Il D.L. n. 138/2011, all'articolo 1, comma 30, novellando il suddetto comma, stabilisce che, ai dipendenti pubblici collocati in aspettativa per aver assunto l'incarico di componenti di autorità amministrative indipendenti ed agenzie, indicate nell'Allegato B al decreto-legge n. 98/2011, il periodo di aspettativa è computato per intero ai fini della progressione della carriera, dell'attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza, nonché ai fini della valutazione dei titoli.
La novella dispone, in primo luogo, che alla suddetta aspettativa si applichi la disciplina prevista dall'art. 8, comma 2, della legge 15 luglio 2002, n. 145[15], per il personale delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165[16] collocato fuori ruolo per assumere un impiego o un incarico temporaneo di durata non inferiore a sei mesi presso enti o organismi internazionali, nonché esercitare funzioni presso Stati esteri.
In particolare, il suddetto art. 8, comma 2, afferma che, fatte salve le disposizioni eventualmente più favorevoli previste dalle amministrazioni di appartenenza, il servizio prestato presso enti, organizzazioni internazionali o Stati esteri è computato per intero ai fini della progressione della carriera, dell'attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza, nonché ai fini della valutazione dei titoli.
In secondo luogo, viene precisato che, anche nel caso di collocamento in aspettativa, resta ferma l'applicazione, della disciplina di cui all'art. 7-vicies quinquies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7[17] alle fattispecie ivi indicate.
La disposizione richiamata riguarda giudici costituzionali e presidenti o componenti delle autorità amministrative indipendenti, ai quali estende la disciplina di cui all'art. 9, comma 5-bis, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303[18].
Tale disposizione prevede che il collocamento fuori ruolo è obbligatorio e viene disposto, secondo le procedure degli ordinamenti di appartenenza, anche in deroga ai limiti temporali, numerici e di ogni altra natura eventualmente previsti dai medesimi ordinamenti. Il servizio prestato in posizione di comando, fuori ruolo o altra analoga posizione, prevista dagli ordinamenti di appartenenza, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri dal personale di ogni ordine, grado e qualifica di cui agli artt. 1, comma 2, 2 e 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165[19], e all'art. 7, primo comma, della legge 24 ottobre 1977, n. 801[20], è equiparato a tutti gli effetti, anche giuridici e di carriera, al servizio prestato presso le amministrazioni di appartenenza. Le predette posizioni in ogni caso non possono determinare alcun pregiudizio, anche per l'avanzamento e il relativo posizionamento nei ruoli di appartenenza. In deroga a quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, ivi compreso quanto disposto dall'art. 7, secondo comma, della suddetta legge 801/1977, il conferimento al personale in questione di qualifiche, gradi superiori o posizioni comunque diverse, da parte delle competenti amministrazioni, anche quando comportino l'attribuzione di specifici incarichi direttivi, dirigenziali o valutazioni di idoneità, non richiede l'effettivo esercizio delle relative funzioni, ovvero la cessazione dal comando, fuori ruolo o altra analoga posizione, che proseguono senza soluzione di continuità. Il predetto personale è collocato in posizione soprannumeraria nella qualifica, grado o posizione a lui conferiti nel periodo di servizio prestato presso la Presidenza, senza pregiudizio per l'ordine di ruolo.
In base alla relazione illustrativa, l’estensione dell’efficacia delle disposizioni sopra riportate è finalizzata ad evitare incertezze in ordine alla disciplina del servizio prestato dai pubblici dipendenti presso enti diversi da quello di appartenenza, nonché per evitare aggravi di spesa per i trattamenti di quiescenza e di previdenza.
Il comma 6, infine, stabilisce che le suddette disposizioni, ad eccezione del comma 3, si applicano a decorrere dalle prossime elezioni, nomine o rinnovi, e, comunque, per i compensi, le retribuzioni e le indennità che non siano stati ancora determinati, alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame.
Il prospetto riepilogativo non ascrivealle norme, modificate nel corso dell’esame presso il Senato, effetti sui saldi di finanza pubblica.
La relazione tecnica, riferita al testo originario, ribadisce il contenuto delle norme ed afferma che le disposizioni in riferimento sono intese al conseguimento di risparmi di spesa, che potranno essere quantificati a consuntivo, considerato, da un lato, che i parametri di riferimento per il livellamento dei trattamenti retributivi agli standard europei potranno essere definiti all’esito dei lavori della Commissione di cui al comma 3 e, dall’altro, dei termini di decorrenza indicati al comma 6.
La relazione tecnica riferita alle modifiche, introdotte nel corso dell’esame presso il Senato, afferma che queste non comportano effetti finanziari.
In merito ai profili di quantificazione, si osserva che alle norme, pur finalizzate al conseguimento di risparmi, non sono stati ascritti prudenzialmente effetti di riduzione della spesa.
Con riferimento alla Commissione incaricata della ricognizione e dell’individuazione della media dei trattamenti economici considerati dal testo (comma 3), si osserva che la norma prevede la partecipazione a titolo gratuito. Il testo e la relazione tecnica non precisano, tuttavia:
§ se siano da escludere anche ulteriori emolumenti di carattere non retributivo (per es. rimborsi spese);
§ a valere su quali risorse dovranno essere sostenute le eventuali spese di funzionamento dell’organismo.
1. La cilindrata delle auto di servizio non può superare i 1600 cc.
2. Fanno eccezione le auto in dotazione al Capo dello Stato, ai Presidenti del Senato e della Camera, del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Presidente della Corte costituzionale e le auto blindate adibite ai servizi istituzionali di pubblica sicurezza.
3. Le auto ad oggi in servizio possono essere utilizzate solo fino alla loro dismissione o rottamazione e non possono essere sostituite.
4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, sono disposti modalità e limiti di utilizzo delle autovetture di servizio al fine di ridurne numero e costo.
L'articolo 2 reca disposizioni in materia di autovetture di servizio delle pubbliche amministrazioni, disponendo un tetto alla cilindrata e prevedendo l'adozione di una nuova disciplina volta a ridurre il numero e il costo delle c.d. auto blu.
Più specificamente si prevede che la cilindrata delle auto di servizio non possa superare i 1600 cc. con l’unica eccezione concernente le auto in dotazione al Capo dello Stato, ai Presidenti del Senato e della Camera, del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Presidente della Corte costituzionale nonché le auto blindate adibite ai servizi istituzionali di pubblica sicurezza. Le auto ad oggi in servizio (atteso che sembrerebbe riferirsi alle auto con cilindrata superiore al limite dei 1600 cc., sarebbe opportuno una precisazione in tal senso) possono essere utilizzate solo fino alla loro dismissione o rottamazione e non possono essere sostituite. Con D.P.C.M. sono disposti modalità e limiti di utilizzo delle autovetture di servizio al fine di ridurne numero e costo.
L’esigenza di razionalizzare l’uso delle autovetture in dotazione alle amministrazioni pubbliche (le autovetture di Stato o “auto blu”) ha portato, a partire almeno dai primi anni ‘90 (L. 412/1991), all’adozione di diversi provvedimenti in materia, finalizzati prevalentemente al contenimento delle spese destinate al parco macchine delle pubbliche amministrazioni (D.P.C.M. 28 febbraio 1997 e D.P.C.M. 11 aprile 1997). A partire dal 2004 la materia viene disciplinata prevalentemente con provvedimenti di rango legislativo.
In principio è intervenuta la legge finanziaria 2005 (art. 1, co. 12-14, della L. 311/2004) le cui disposizioni sono state successivamente aggiornate ad opera della legge finanziaria 2006 (art. 1, co. 11, della L. 266/2005) che ha introdotto una disciplina più restrittiva delle spese sostenibili dalle pubbliche amministrazioni per l’acquisto, la manutenzione, il noleggio e l’esercizio di autovetture. Si è in particolare previsto che, a decorrere dal 2006, le pubbliche amministrazioni, ad eccezione di quelle operanti per l’ordine e la sicurezza pubblica, non possano effettuare spese in tale ambito di ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2004. La legge finanziaria 2007 (art. 1, co. 505, della L. 296/2006) ha, poi, esteso le disposizioni della finanziaria 2006 in materia di limitazione delle spese per auto di servizio a tutte le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni[21]. La legge finanziaria 2008 (art. 2, co. 588 e da 594 a 598 della L. 244/2007) già dispone, a decorrere dal 2008, un limite alla cilindrata media delle autovetture di servizio (1600 centimetri cubici) assegnate in uso esclusivo e non esclusivo nell’ambito delle magistrature e di ciascuna amministrazione civile dello Stato, precisando che il limite non si applica alle autovetture di vigili del fuoco, forze di polizia e protezione civile. Inoltre, si prescrive l’adozione, da parte delle pubbliche amministrazioni, di piani triennali per la razionalizzazione dell’uso di diversi beni (telefoni, immobili, ecc.) tra cui anche le autovetture di servizio, attraverso il ricorso, previa verifica di fattibilità, a mezzi alternativi di trasporto, anche cumulativo.
Il decreto-legge 78/2010 ha previsto una ulteriore riduzione della spesa per le autovetture a disposizione delle amministrazioni dello Stato. E, contestualmente, la Direttiva n. 6/2010 del Ministro per la Pubblica Amministrazione, emanata a maggio 2010, ha inteso riprendere tutte le normative precedenti circa gli aventi diritto all’utilizzo (in uso esclusivo e non esclusivo) delle autovetture, coordinando le normative relative alle modalità di acquisizione e gestione delle autovetture, individuando anche modalità innovative e misure incentivanti della mobilità collettiva e ridefinendo l’ambito dei destinatari della normativa che, in quanto finalizzata al contenimento e alla razionalizzazione della spesa deve intendersi come riferita “al complesso delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato di cui all’elenco ISTAT”. Ha, inoltre, previsto l’avvio di un monitoraggio del parco autovetture delle amministrazioni interessate alla direttiva da avviare contestualmente all’emanazione della stessa.
Si segnala, da ultimo, la Relazione sullo stato della pubblica amministrazione (relativa all'anno 2009), presentata alle Camere dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione in data 21 ottobre 2010, recante, in allegato, il monitoraggio sulle autovetture di servizio in dotazione alle pubbliche amministrazioni. Il monitoraggio promosso dal Ministro per la pubblica amministrazione e l’Innovazione ha interessato tutte le amministrazioni pubbliche, con esclusione delle scuole, inserite nell'elenco ISTAT ed è stato esteso al periodo 2008-2010 (fino ad aprile). Le amministrazioni invitate a partecipare alla rilevazione sono state 9.227, quelle che hanno aderito sono state 3.814, cui vanno aggiunte 1.190 amministrazioni prive di auto, per un totale di 5.570 amministrazioni; il 55% del totale, che diventa oltre il 71% se si escludono i Comuni minori. Le amministrazioni rispondenti gestiscono attualmente il 66% del parco autovetture delle Pubbliche Amministrazioni registrate presso il Pubblico Registro Automobilistico. Il numero di autovetture stimato risulta di circa 86.000 auto (approssimazione 2%), di cui 5.000 circa sono auto "blu-blu" (di rappresentanza politico-istituzionale a disposizione di autorità e alte cariche dello Stato e delle amministrazioni locali), 10.000 auto "blu" (di servizio con autista a disposizione di dirigenti apicali) e circa 71.000 auto "grigie" (senza autista, a disposizione degli uffici per attività strettamente operative). L’indagine ha rilevato una tendenza alla riduzione delle auto nel corso del triennio considerato (circa 400 autovetture in meno nelle amministrazioni centrali e 370 nelle amministrazioni locali); riduzione che si è sicuramente accentuata dal 2010 in seguito alla rilevazione[22].
Il prospetto riepilogativo non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.
La relazione tecnica ribadisce il contenuto della norma ed afferma che la disposizione in esame determina “sicuramente” risparmi di spesa per la finanza pubblica, sia pure quantificabili a consuntivo. La RT precisa, inoltre, che la previsione di un tetto massimo alla cilindrata delle autovetture di servizio (comma 1) è funzionale al contenimento dei costi di gestione e manutenzione delle medesime autovetture. Tali costi, infatti, sono, di regola, commisurati alla cilindrata.
In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare, considerato quanto affermato nella relazione tecnica e che alla norma non sono associati effetti correttivi dei saldi tendenziali di finanza pubblica.
1. I voli di Stato devono essere limitati al Presidente della Repubblica, ai Presidenti di Camera e Senato, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Presidente della Corte costituzionale.
2. Eccezioni rispetto a questa regola devono essere specificamente autorizzate, soprattutto con riferimento agli impegni internazionali, e rese pubbliche sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, salvi i casi di segreto per ragioni di Stato.
L'articolo 3 stabilisce che i voli di Stato siano limitati ai Presidenti degli organi costituzionali prevedendo la possibilità di eccezioni purché specificamente autorizzate, soprattutto con riferimento agli impegni internazionali, e pubbliche sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, salvi i casi di segreto per ragioni di Stato.
Il testo non indica il soggetto competente ad autorizzare il ricorso a voli di Stato per soggetti diversi da quelli elencati al comma 1.
Ai sensi dell'art. 747, quarto comma, del codice della navigazione, i criteri e le modalità per l'attribuzione della qualifica di volo di Stato all'attività di volo esercitata nell'interesse delle autorità e delle istituzioni pubbliche sono stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il trasporto aereo di Stato è attualmente regolato dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 luglio 2008. Al fine di conferire certezza nei tempi e celerità nei trasferimenti delle Autorità per consentire alle stesse di attendere più efficacemente e compiutamente allo svolgimento dei propri compiti istituzionali, ovvero ad assicurare loro un adeguato livello di tutela o il trattamento protocollare connesso al rango rivestito, il trasporto aereo di Stato è disposto in favore delle seguenti Autorità:
a) Presidente della Repubblica;
b) Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati;
c) Presidente del Consiglio dei Ministri;
d) Presidente della Corte costituzionale;
e) ex Presidenti della Repubblica.
Il trasporto aereo di Stato può essere disposto per i Ministri e per le delegazioni ufficiali degli Organi costituzionali, ove ricorrano entrambe le condizioni di seguito indicate: comprovate ed inderogabili esigenze di trasferimento connesse all'efficace esercizio delle funzioni istituzionali; indisponibilità di voli di linea o altre modalità di trasporto compatibili con l'efficace svolgimento di dette funzioni. Tale disposizione può trovare applicazione ai Vice Ministri e ai Sottosegretari di Stato solo in casi eccezionali.
Con l'articolo in esame sono assunte in un testo legislativo previsioni già contenute nella citata direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri che regola il trasporto aereo di Stato, con le seguenti differenze: manca la previsione che il trasporto aereo di Stato possa essere disposto a favore degli ex Presidenti della Repubblica; non viene chiarito quali siano i soggetti che, al di fuori delle massime cariche dello Stato, possono beneficiare, in via eccezionale, dei voli di Stato e quali siano le circostanze che possano giustificare l'eccezione, al di là del riferimento a impegni internazionali che parrebbe tuttavia inserito solo a titolo esemplificativo;si prevede che le eccezioni debbano essere rese pubbliche.
Il prospetto riepilogativo non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.
La relazione tecnica ribadisce il contenuto della norma ed afferma che la disposizione in esame determina “sicuramente” risparmi di spesa per la finanza pubblica, sia pure quantificabili a consuntivo.
In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare considerato quanto affermato nella relazione tecnica e che alla norma in esame non sono associati effetti correttivi dei saldi tendenziali di finanza pubblica.
1. Fatta eccezione per il Presidente della Repubblica, dopo la cessazione dall'ufficio, a favore dei titolari di qualsiasi incarico o carica pubblica, elettiva o conseguita per nomina, anche negli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, ivi compresi quelli indicati nell'articolo 121 della Costituzione, non possono essere utilizzati immobili pubblici, anche ad uso abitativo, né destinato personale pubblico, né messi a disposizione mezzi di trasporto o apparati di comunicazione e di informazione appartenenti ad organi o enti pubblici o da questi comunque finanziati. Restano ferme le norme previste dall'ordinamento in materia di sicurezza nazionale o di protezione personale.
2. La Camera dei deputati, il Senato della Repubblica, la Corte costituzionale, nell'ambito della propria autonomia, assumono le opportune deliberazioni per limitare nel tempo i benefici di cui al comma 1 che vengono riconosciuti ai rispettivi Presidenti dopo la cessazione dalla carica.
3. La disposizione di cui al comma 1 è principio di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
L'articolo 4 pone il divieto di attribuire una serie di benefici ai titolari di incarichi o cariche pubbliche dopo la cessazione dall’ufficio.
Il comma 1 individua l’ambito, oggettivo e soggettivo, di applicazione della norma.
Dal punto di vista oggettivo, il divieto riguarda:
§ l'utilizzo di immobili pubblici, anche ad uso abitativo;
§ l'impiego di personale pubblico;
§ l'impiego di mezzi di trasporto o apparati di comunicazione e di informazione appartenenti ad organi o enti pubblici o da questi comunque finanziati.
Con una clausola di salvaguardia, sono escluse dall’applicazione della disposizione, le misure aventi medesimo contenuto, ma adottate in attuazione di norme in materia di sicurezza nazionale o di protezione personale (ad es., le scorte).
Dal punto di vista soggettivo, il divieto riguarda i titolari di qualsiasi incarico o carica pubblica, elettiva o conseguita per nomina, inclusi quelli assunti in organi costituzionali o di rilevanza costituzionale, e negli organi di cui all’art. 121 della Costituzione, ossia Consigli, Giunte e Presidenti regionali. L'unica eccezione consentita riguarda il trattamento degli ex Presidenti della Repubblica.
Il successivo comma 3 “autoqualifica” la limitazione prevista ai sensi del comma 1 principio di coordinamento della finanza pubblica ex art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Ai sensi della citata disposizione costituzionale, infatti, il coordinamento della finanza pubblica - insieme con quello del sistema tributario e l’armonizzazione dei bilanci pubblici – è materia di legislazione concorrente, rispetto alla quale spetta allo Stato la determinazione dei principi fondamentali. Secondo il costante orientamento della Corte costituzionale, le disposizioni statali possono solo prevedere «criteri ed obiettivi cui dovranno attenersi le Regioni e gli enti locali nell'esercizio della propria autonomia finanziaria, senza invece imporre loro precetti specifici e puntuali (fra le molte, si vedano le sentenze n. 157 e 95 del 2007, n. 449 del 2005 e n. 390 del 2004).». In siffatta prospettiva, secondo la Corte, risulta quindi decisivo verificare se «la norma statale, emanata nell’esercizio della competenza concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica, sia di principio ovvero di dettaglio, dovendosi considerare soltanto in quest’ultimo caso illegittima. Né, ove fosse di principio, sarebbe necessaria la previsione di un meccanismo di coinvolgimento regionale nella scelta dei contenuti della relativa disciplina.». Come è noto, «la portata di principio fondamentale va riscontrata con riguardo alla peculiarità della materia […] nel coordinamento della finanza pubblica, ciò che viene in particolare evidenza è la finalità cui la disciplina tende» (C. cost. n. 139/2009).
Con riferimento a singole disposizioni e sulla base dei principi enunciati, la Corte ha, ad esempio, ritenuto infondate le questioni di legittimità costituzionale riferite ad una disposizione che prevedeva l’adozione da parte delle regioni di disposizioni, normative o amministrative, finalizzate ad assicurare la riduzione degli oneri degli organismi politici e degli apparati amministrativi, con particolare riferimento alla diminuzione dell'ammontare dei compensi e delle indennità dei componenti degli organi rappresentativi e del numero di questi ultimi, con un miglioramento dei saldi dei bilanci regionali del 10 per cento rispetto all’anno precedente (sentenza n. 159/2008). Contra, la Consulta ha dichiarato l’incostituzionalità della riduzione delle indennità corrisposte ai titolari degli organi politici regionali nella misura del 10 per cento rispetto alla data del 30 settembre 2005, poiché porrebbe «un precetto specifico e puntuale, comprimendo l’autonomia finanziaria regionale» (sentenza n. 157/2007).
Peraltro, sembra che la portata del divieto previsto dal comma 1 in relazione ai titolari di cariche pubbliche negli organi costituzionali – da valutare alla luce della natura degli ordinamenti degli organi costituzionali – sia ridimensionata dalla disposizione di cui al comma 2, che prevede che il Senato della Repubblica, la Camera dei deputati e la Corte costituzionale non eliminino, bensì limitino nel tempo i suddetti benefici riconosciuti ai rispettivi Presidenti dopo la cessazione della carica. A tal fine, assumono le opportune deliberazioni nell’ambito della propria autonomia. Tale disposizione è stata modificata nel corso dell’esame parlamentare, sostituendo il riferimento ai benefici riconosciuti ai Presidenti con quello ai medesimi benefici che “vengono” riconosciuti.
Il prospetto riepilogativo non ascrivealla norma, modificata nel corso dell’esame presso il Senato, effetti sui saldi di finanza pubblica.
La relazione tecnica ribadisce il contenuto della norma ed afferma che la disposizione in esame determina “sicuramente” risparmi di spesa per la finanza pubblica, sia pure quantificabili a consuntivo.
In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare considerato quanto affermato nella relazione tecnica e che alla norma in esame non sono associati effetti correttivi dei saldi tendenziali di finanza pubblica.
Articolo 5 comma 1
(Economie degli organi costituzionali)
1. Nel rispetto del principio costituzionale di autonomia, a decorrere dall'anno 2012 gli importi corrispondenti alle riduzioni di spesa che, anche con riferimento alle spese di natura amministrativa e per il personale, saranno autonomamente deliberate entro il 31 dicembre 2013, con le modalità previste dai rispettivi ordinamenti dal Senato della Repubblica, dalla Camera dei deputati e dalla Corte costituzionale sono versati al bilancio dello Stato e sono utilizzati dallo Stato per gli interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali previsti dall'articolo 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222.
L’articolo 5, comma 1, dispone in ordine alla riduzione delle dotazioni finanziarie di organi costituzionali.
In particolare, si prevede che, a decorrere dal 2012, gli importi corrispondenti alle riduzioni di spesa, anche amministrativa e per il personale, che saranno deliberate, autonomamente e con le modalità previste dai rispettivi ordinamenti, entro il 31 dicembre 2013, da Senato della Repubblica, Camera dei deputati e Corte costituzionale siano versati al bilancio dello Stato e utilizzati dallo Stato per gli interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione dei beni culturali previsti dall'art. 48 della L. 222/1985[23].
Si osserva in proposito che tale disposizione riproduce l'art. 5, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78[24], dal quale si differenzia per i seguenti profili:
§ viene inserito un riferimento esplicito al principio costituzionale di autonomia;
§ mentre per il D.L. 78/2010 le riduzioni di spesa riguardavano il triennio 2011, 2012 e 2013, il provvedimento in esame prevede che esse decorrano dal 2012 ma siano deliberate entro il 2013;
§ contrariamente al D.L. 78/2010, il provvedimento in esame non prevede riduzioni di spesa a carico della Presidenza della Repubblica;
§ gli importi derivanti dalle suddette riduzioni di spesa non saranno più destinati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, ma agli interventi di interesse sociale o di carattere umanitario, cui sono destinate le risorse dell'8 per mille a gestione statale[25].
Si ricorda che gli organi costituzionali oggetto della disposizione in esame godono di autonomia contabile: il bilancio dello Stato fissa le quote del finanziamento di ciascuno degli organi citati, che approvano il proprio bilancio interno. Come avviene nei principali Paesi europei, l’autonomia di decisione sulle spese necessarie al regolare funzionamento dell’organo costituisce una garanzia a tutela dell’autonomia di ciascun organo.
L’ammontare delle spese destinate al funzionamento degli organi costituzionali è iscritto nel bilancio generale dello Stato e, precisamente, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, nell’unità previsionale di base 21.1.3 nell’ambito della Missione n. 1 (Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del Consiglio dei ministri), Programma 1.1.
Le previsioni di spesa nella legge di bilancio 2011[26] riferite al triennio 2011-2013 risultano come segue:
|
Legge di bilancio 2011 |
||
|
2011 |
2012 |
2013 |
Assegno personale del Presidente della Repubblica |
239.182 |
239.182 |
239.182 |
Spese e dotazione per la Presidenza della Repubblica |
228.000.000 |
228.000.000 |
228.000.000 |
Spese per il Senato della Repubblica |
526.960.500 |
534.864.500 |
542.887.500 |
Spese per la Camera dei deputati |
992.800.000 |
1.007.700.000 |
1.022.800.000 |
Spese per la Corte costituzionale |
52.700.000 |
53.500.000 |
54.300.000 |
Il prospetto riepilogativo non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.
La relazione tecnica non considera la norma.
In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.
Articolo 5 comma 2
(Riduzione dotazioni di organi di rilievo
costituzionale
e di organismi amministrativi)
2. A decorrere dall'anno 2012 gli stanziamenti del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), degli organi di autogoverno della magistratura ordinaria, amministrativa, contabile, tributaria, militare, nonché delle autorità indipendenti, compresa la Consob, sono ridotti del 20 per cento rispetto all'anno 2011. Ai fini della riduzione prevista dal presente comma gli stanziamenti si considerano al netto degli oneri relativi al personale dipendente, nonché, per gli organi di autogoverno, degli oneri per la formazione e l'aggiornamento del personale.
L’articolo 5, comma 2 prevede che, a decorrere dal 2012, subiscano una riduzione del 20%, rispetto al 2011, gli stanziamenti:
§ del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro - CNEL;
Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro è organo di rilievo costituzionale previsto dall’articolo 99 della Costituzione svolge funzioni di consulenza delle Camere e del Governo e ha il potere di proporre al Parlamento progetti di legge nelle materie economiche e sociali. Il CNEL è composto da esperti e da rappresentanti delle categorie produttive in proporzione alla loro importanza. La composizione e le funzioni del CNEL sono disciplinate dalla legge n. 936/1986[27].
§ degli organi di autogoverno della magistratura ordinaria, amministrativa, contabile, tributaria e militare;
Si ricorda che gli organi di autogoverno della magistratura sono: il Consiglio superiore della magistratura; il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa; il Consiglio di presidenza della Corte dei conti; il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria; il Consiglio della magistratura militare.
Il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa e il Consiglio di presidenza della Corte dei conti non sono inclusi nell'elenco degli organismi ed organi collegiali finanziati attraverso capitoli iscritti nel bilancio statale, riportato nella relazione tecnica al provvedimento in esame.
§ delle autorità indipendenti, compresa la Consob.
Mentre il comma 2 si riferisce alle "autorità indipendenti", nell'art. 1 e nell'Allegato A del provvedimento in esame si richiamano invece le "autorità amministrative indipendenti, di cui all'Elenco (ISTAT) previsto dall'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196".
Si segnala, peraltro, che il già ricordato elenco degli organismi ed organi collegiali finanziati attraverso capitoli iscritti nel bilancio statale, riportato nella relazione tecnica, menziona i seguenti soggetti: Commissione nazionale per le società e la borsa; Autorità per le garanzie nelle comunicazioni; Garante per la tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali; Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture; Autorità garante della concorrenza e del mercato; Commissione di garanzia per l'attivazione della legge sullo sciopero dei servizi pubblici; Commissione di vigilanza dei fondi pensione.
L'elenco ISTAT di cui al Comunicato del 24 luglio 2010, indica, invece, tra le agenzie amministrative indipendenti, i seguenti soggetti: Agenzia per il terzo settore; Autorità garante della concorrenza e del mercato - AGCM; Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture; Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - AGCOM; Autorità per l'energia elettrica e il gas; Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali; Garante per la protezione dei dati personali.
Si ricorda che misure di contenimento della spesa relative agli organismi indicati al comma 2 sono state adottate anche nell’ambito della manovra finanziaria per il 2011. in particolare, l’art. 5, co. 3, del citato D.L. 78/2010, ha ridotto del 10%, rispetto all'importo complessivo erogato nel corso del 2009, i compensi, escluso il trattamento retributivo di servizio, dei componenti del CNEL e degli organi di autogoverno delle magistrature.
Per quanto riguarda le autorità amministrative indipendenti, esiste una disciplina disomogenea del finanziamento.
Alcune autorità (CONSOB, AGCOM, AVCP, COVIP) godono di un finanziamento cd. misto, ossia una parte delle entrate è assicurata direttamente dallo Stato, mentre la rimanente parte è a carico dei soggetti operanti nel settore di competenza. Altre autorità (AGCM, Garante per la protezione dei dati personali, Commissione di vigilanza sull’attuazione della legge n. 146/1990, CIVIT), beneficiano prevalentemente o esclusivamente di stanziamenti a carico del bilancio generale dello Stato. Infine, solo due autorità (AEEG, ISVAP) godono di una piena autonomia finanziaria, potendo interamente far fronte alle spese di gestione e funzionamento con i contributi provenienti dal relativo mercato regolamentato.
Questo assetto è stato determinato all’esito di una serie di interventi normativi che nelle ultime tre legislature hanno ridotto gli stanziamenti a carico dello Stato, a favore delle autorità indipendenti. L’ultima disposizione di rilievo è contenuta nell’articolo 2, comma 241, della L. n. 191/2009 (legge finanziaria per il 2010), che attua un trasferimento di risorse tra autorità indipendenti.
Il meccanismo previsto è rappresentato da una sorta di prestito a carico di alcune autorità in favore di altre per il triennio 2011-2013[28]. Successivamente, “con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le autorità interessate, sono stabilite, senza maggiori oneri per la finanza pubblica, misure reintegrative in favore delle autorità contribuenti, nei limiti del contributo versato, a partire dal decimo anno successivo all'erogazione del contributo, a carico delle autorità indipendenti percipienti che a tale data presentino un avanzo di amministrazione”. La ratio di queste disposizioni è di creare una perequazione tra le autorità che per finanziarsi possono attingere al mercato di riferimento e quelle autorità che non possono fare altrettanto avendo competenze trasversali.
Ai fini della riduzione delle dotazioni di bilancio di cui al comma 2 della disposizione in esame, gli stanziamenti vanno considerati al netto degli oneri relativi al personale dipendente, nonché, per quanto riguarda gli organi di autogoverno, degli oneri per la formazione e l'aggiornamento del personale.
Il prospetto riepilogativo non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.
La relazione tecnica afferma che le rideterminazioni degli stanziamenti relativi agli organismi amministrativi e agli organi collegiali indicati dalla norma, saranno disposte, a legislazione vigente, in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio 2012-2014 ed, in particolare, per gli stanziamenti determinati dalla Tabella C, con il disegno di legge di stabilità per il medesimo triennio.
Con riguardo agli organi di autogoverno delle magistrature amministrativa e contabile, le riduzioni saranno apportate anch’esse in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio, sui relativi capitoli riguardanti le spese complessive dei due consessi, iscritti nello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle finanze, previa puntuale quantificazione degli importi da ridurre d’intesa con le stesse magistrature. La RT, per quanto sopra esposto, afferma che, pertanto, non rilevano “per il momento” effetti sui saldi di finanza pubblica.
La RT precisa - come riportato nella tabella a seguire - la portata applicativa della norma indicando puntualmente gli organismi e gli organi collegiali in riferimento, i relativi capitoli iscritti nel bilancio dello Stato, nonché il pertinente stato di previsione.
ORGANO |
CAPITOLI |
STATO
DI |
Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro |
2178/2192 |
Economia e finanze |
Consiglio superiore della magistratura |
2195/2199 |
Economia e finanze |
Commissione nazionale per la società e la borsa (*) |
1560 |
Economia e finanze |
Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (*) |
1575 |
Economia e finanze |
Garante per la tutela della privacy (*) |
1733 |
Economia e finanze |
Consiglio di presidenza della giustizia tributaria |
1605 |
Economia e finanze |
Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (*) |
1702 |
Economia e finanze |
Autorità garante della concorrenza e del mercato(*) |
2275 |
Sviluppo economico |
Commissione di garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici (*) |
5025 |
Lavoro e politiche sociali |
Commissione di vigilanza sui fondi pensione (*) |
4332 |
Lavoro e politiche sociali |
Consiglio di magistratura militare |
1164 |
Difesa |
(*) Lo stanziamento è determinato in tabella C dalla legge di stabilità.
In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.
Articolo 5, comma 2-bis
(Organi collegiali che operano presso il
Ministero dell’ambiente)
2-bis. La disposizione di cui all'articolo 6, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nella parte concernente gli organi previsti per legge che operano presso il Ministero per l'ambiente, e limitatamente alla Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale - VIA e VAS e alla Commissione istruttoria per l'autorizzazione integrata ambientale - IPPC, si interpreta nel senso che alle stesse comunque non si applica quanto previsto dagli articoli 68 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e 29, comma 2, lettera e-bis), e comma 2-bis, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
Il comma 2-bis dell’articolo 5, inserito durante l’esame del provvedimento al Senato, esclude la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale – VIA e VAS e la Commissione istruttoria per l’autorizzazione integrata ambientale – IPPC dall’ambito di applicazione di alcune disposizioni di carattere generale riguardanti gli organi collegiali introdotte dal decreto-legge 112/2008 e dal decreto-legge 223/2006, quali i limiti alla proroga, la valutazione di perdurante utilità, il limite della durata biennale con proroga legata ad obiettivi di risparmio.
Si ricorda che la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale - VIA e VAS (art. 8 del D.Lgs. n. 152/2006, cd. Codice ambientale) e la Commissione istruttoria per l'autorizzazione integrata ambientale – IPPC (art. 8-bis del D.Lgs. n. 152/2006) rilasciano il parere sui progetti statali e sui piani e programmi sottoposti a VIA e VAS, nonché le autorizzazioni integrate ambientali sugli impianti di competenza statale ai fini della prevenzione e riduzione dell'inquinamento. Entrambe le Commissioni svolgono, inoltre, attività di supporto tecnico scientifico, anche attraverso sopralluoghi e verifiche per il rilascio delle citate autorizzazioni. Ai fini di garantirne l'operatività, le spese di funzionamento delle citate Commissioni sono coperte con le entrate derivanti dagli oneri istruttori posti a carico dei richiedenti le relative autorizzazioni (art. 33 D.Lgs. n. 152/2006).
In particolare, il comma in esame reca una norma di interpretazione autentica secondo la quale l’esclusione degli organi operanti presso il Ministero dell’ambiente dall’onorarietà della partecipazione agli organi collegiali prescritta in generale dall’art. 6, comma 1, secondo periodo del decreto-legge 78/2010 si deve intendere, limitatamente alle due commissioni sopra citate, nel senso che ad esse non si applicano neanche gli altri limiti disposti in via generale per gli organi collegiali dall’art. 68 del D.L. 112/2008 e dall’art. 29 del D.L. 248/2006.
L’art. 6, comma 1 del decreto-legge 78/2010[29] rende onorifica la partecipazione agli organi collegiali di cui all'art. 68, comma 1, del decreto-legge 112/2008, n. 112[30].
Pertanto, la partecipazione ai suddetti organismi può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute, ove previsto dalla normativa vigente, ed eventuali gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta giornaliera. La disposizione individua una serie di organismi esclusi dall’ambito di applicazione della norma tra cui gli organi previsti per legge che operano presso il Ministero per l'ambiente.
L’art. 29 del D.L. 223/2006[31] ha disposto, a fini di riduzione delle spese per le amministrazioni statali e per eliminare duplicazioni organizzative e funzionali, il riordino degli organi collegiali e degli altri organismi, comunque denominati, anche monocratici, delle amministrazioni pubbliche – fatta eccezione per le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale, per cui la previsione costituisce principio di coordinamento della finanza pubblica – anche mediante soppressione o accorpamento delle strutture, da realizzare attraverso regolamenti di delegificazione (ex art. 17, co. 2, L. 400/1988[32]) ovvero decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Il comma 2-bis, in particolare, prevede che la Presidenza del Consiglio possa, prima della scadenza del termine di durata degli organismi individuati dai provvedimenti poc’anzi indicati, proporre le iniziative per l’eventuale proroga della durata dell’organismo, in base alla valutazione della perdurante utilità di quest’ultimo prevedendo il concerto dell’amministrazione competente.
Più specificamente il citato art. 68 del D.L. n.112/2008, reca disposizioni volte ad accelerare il processo di riordino degli organismi collegiali operanti presso le pubbliche amministrazioni, e a realizzare, entro il triennio 2009-2011, la graduale riduzione di tali organismi fino al definitivo trasferimento delle attività ad essi demandate nell’ambito di quelle istituzionali delle Amministrazioni. Il comma 1 esclude dalla proroga (che il co. 2-bis del citato art. 29 del D.L. 223/2006 consente in base a una valutazione di perdurante utilità) alcune categorie di organismi collegiali e cioè quelli:
- istituiti in data antecedente al 30 giugno 2004 da disposizioni legislative od atti amministrativi la cui operatività è finalizzata al raggiungimento di specifici obiettivi o alla definizione di particolari attività previste dai provvedimenti di istituzione e che non abbiano ancora conseguito le predette finalità;
- istituiti successivamente alla data del 30 giugno 2004 che non operavano da almeno 2 anni antecedenti alla data di entrata in vigore del decreto 112/2008;
- svolgenti funzioni riconducibili alle competenze previste dai regolamenti di organizzazione per gli uffici di struttura dirigenziale di 1° e 2° livello dell'Amministrazione presso la quale gli stessi operano ricorrendo, ove vi siano competenze di più amministrazioni, alla conferenza di servizi.
Il comma 2 prevede che, nei casi in cui, in attuazione del comma 2-bis dell'articolo 29 del citato decreto-legge n. 223 sia riconosciuta l'utilità degli organismi collegiali, la proroga è concessa per un periodo non superiore a due anni ed, inoltre, contestualmente alla concessione della proroga dovranno essere fissati ulteriori obiettivi di contenimento dei trattamenti economici da corrispondere ai componenti.
Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma, introdotta nel corso dell’esame presso il Senato effetti sui saldi di finanza pubblica.
La relazione tecnica, riferita alle modifiche introdotte nel corso dell’esame presso il Senato, ribadisce il contenuto della norma in riferimento ed afferma che questa non comporta effetti finanziari in quanto i costi degli organismi collegiali in oggetto sono posti a carico dei soggetti committenti.
In merito ai profili di quantificazione, preso atto di quanto affermato nella RT, si rileva che l’applicazione delle procedure di riordino di organismi collegiali operanti presso le pubbliche amministrazioni comportava effetti di risparmio sui saldi di finanza pubblica.
In proposito si ricorda che l’art. 6, comma 1, del D.L. n. 78/2010, rende onorifica[33] la partecipazione agli organi collegiali (di cui all’art. 68, comma 1, del D.L. n. 112/2008) operanti presso le pubbliche amministrazioni, con l’eccezione, tra l’altro, degli organi previsti per legge ed operanti presso il Ministero dell’ambiente. Il prospetto riepilogativo riferito al D.L. n. 78/2010, non rileva effetti finanziari con riferimento alla suddetta norma. La relativa RT, in particolare, afferma che i connessi effetti devono intendersi inclusi in quelli complessivamente quantificati con riguardo all’articolo 2 (operante un taglio alle dotazioni per spese rimodulabili, anche per il comparto dei Ministeri) del medesimo decreto. L’art. 68, del D.L. n. 112/2008 - richiamato dalla predetta norma - recava disposizioni volte ad integrare la disciplina del riordino degli organismi collegiali operanti presso le pubbliche amministrazioni - da realizzare ai sensi dell’art. 29 del D.L. 223/2006 – al fine di attuare, entro il triennio 2009-2011, la graduale riduzione di tali organismi fino al definitivo trasferimento delle attività, a questi demandate, nell’ambito di quelle istituzionali delle Amministrazioni di riferimento. La relazione tecnica ed il prospetto riepilogativo riferiti al D.L. n. 112/2008 associano alla suddetta norma economie nette di spesa pari ad 1 milione di euro per il 2008 e a 23 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2009-2011.
1. Ferme restando le riduzioni di spesa già previste dall'articolo 2, comma 275, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e dall'articolo 5, comma 4, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, l'importo previsto dall'articolo 1, comma 5, primo periodo, della legge 3 giugno 1999, n. 157, è ridotto di un ulteriore 10 per cento, così cumulando una riduzione complessiva del 30 per cento.
2. All'articolo 1 della legge 3 giugno 1999, n. 157, il terzo e quarto periodo del comma 6 sono sostituiti dai seguenti: «In caso di scioglimento anticipato del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati il versamento delle quote annuali dei relativi rimborsi è interrotto. In tale caso i movimenti o partiti politici hanno diritto esclusivamente al versamento delle quote dei rimborsi per un numero di anni pari alla durata della legislatura dei rispettivi organi.».
3. Il comma 1 si applica a decorrere del primo rinnovo del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati, del Parlamento europeo e dei Consigli regionali successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto.
L'articolo 6 riduce del 10% l'ammontare dei rimborsi delle spese elettorali sostenute dai partiti politici per le campagne per il rinnovo del Senato, della Camera dei deputati, del Parlamento europeo e dei consigli regionali.
La disciplina dei rimborsi per le spese elettorali è recata principalmente dalla legge 157/1999[34], anche attraverso rinvii, per quanto attiene ai criteri per il riparto delle somme da assegnare, alla legge 515/1993[35] ed alla legge 43/1995[36].
Le campagne elettorali per le quali è previsto il rimborso delle spese si riferiscono al rinnovo dei seguenti organi:
- Camera dei deputati;
- Senato della Repubblica;
- Parlamento europeo;
- Consigli regionali.
I rimborsi sono corrisposti ripartendo, tra i movimenti o partiti politici aventi diritto, quattro fondi, connessi al rinnovo dei suddetti organi. L’ammontare di ciascuno dei quattro fondi è pari, per ciascun anno di legislatura degli organi stessi, alla somma risultante dalla moltiplicazione dell’importo di 1 euro per il numero dei cittadini della Repubblica iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei deputati (art. 1, commi 1, 3 e 5).
Per il rimborso a partiti o movimenti politici delle spese sostenute in campagna elettorale nella circoscrizione Estero sono state introdotte specifiche disposizioni. Esse prevedono l’incremento dell’ammontare dei due fondi relativi alle spese elettorali per il rinnovo del Senato e della Camera nella misura dell’1,5%, destinando tali somme integrative alle formazioni politiche concorrenti per tali consultazioni elettorali nella circoscrizione Estero (art. 1, commi 1-bis e 5-bis).
Si ricorda, inoltre, che l’art. 6-bis, comma 2, della legge 157/1999, prevede che, per il soddisfacimento dei debiti dei partiti e movimenti politici maturati in epoca anteriore all’entrata in vigore della legge 157/1999, è istituito un fondo di garanzia alimentato dall’1 per cento delle risorse stanziate per l’erogazione dei rimborsi elettorali[37].
Sono escluse dal rimborso le campagne per le elezioni comunali e provinciali (ad eccezione delle consultazioni per il rinnovo dei consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano, l’insieme dei cui componenti forma il Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige)[38].
La legge prevede anche una forma di rimborso per le campagne relative ai referendum abrogativi di cui all’art. 75 ed ai referendum costituzionali ex art. 138 della Costituzione (art. 1, comma 4). Viene attribuito ai comitati promotori un rimborso, da erogarsi in unica soluzione, pari alla somma risultante dalla moltiplicazione dell’importo di 1 euro per il numero delle firme valide raccolte fino alla concorrenza della cifra minima necessaria per la validità della richiesta e, comunque, entro un limite massimo pari complessivamente a 2.582.285 euro annui e sempre che sia raggiunto il quorum previsto.
Quanto alle modalità di corresponsione dei rimborsi delle spese elettorali, il contributo è versato per ciascun anno di legislatura degli organi interessati entro il 31 luglio di ogni anno. A seguito delle modifiche apportate dal decreto-legge 273/2005, in caso di scioglimento anticipato del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati il versamento delle quote annuali dei relativi rimborsi è comunque effettuato (ma tale disposizione è stata abrogata con effetto dal prossimo rinnovo, v. infra). L'erogazione dei rimborsi è disposta con decreti del Presidente della Camera dei deputati per quanto riguarda il rinnovo della Camera dei deputati, del Parlamento europeo e dei consigli regionali, nonché per i comitati promotori dei referendum, e con decreto del Presidente del Senato della Repubblica, per il rinnovo del Senato della Repubblica.
I rimborsi elettorali hanno già subito due riduzioni, nel recente passato, di cui la disposizione in esame fa salvi gli effetti.
La legge finanziaria 2008 ha ridotto di 20 milioni di euro a decorrere dal 2008 l’autorizzazione di spesa destinata all’erogazione dei rimborsi ai partiti e movimenti politici delle spese elettorali e referendarie, di cui alla L. 157/1999 (L. 244/2007, art. 2, co. 275)[39].
Successivamente, l'art. 5, comma 4, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78[40] ha ridotto del 10% l'importo di 1 euro che, ai sensi del già ricordato art. 1, comma 5, primo periodo, della legge 157/1999, deve essere moltiplicato per il numero di cittadini della Repubblica iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera, al fine di determinare l'ammontare dei fondi per i rimborsi, per ciascun anno di legislatura.
Ora il comma 1 della disposizione in esame apporta un'ulteriore riduzione del 10% al suddetto importo, che si viene a cumulare alle due riduzioni sopra ricordate in modo da raggiungere una riduzione complessiva del 30%. In effetti, anche la prima riduzione, nel 2008, che interveniva in termini assoluti (20 milioni) e non percentuali, ha avuto l’effetto di una riduzione di circa il 10%.
Ai sensi del comma 3, la riduzione de qua troverà applicazione a decorrere dal primo rinnovo del Senato, della Camera, del Parlamento europeo e dei consigli regionali successivo alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame.
Come per la riduzione del 2010, anche quella disposta dall’articolo in esame non incide sull’ammontare dei rimborsi destinati ai comitati promotori dei referendum.
Il comma 2, sostituendo i periodi terzo e quarto del comma 6 dell'art. 1 della legge 157/1999, sopprime la previsione secondo la quale l'erogazione dei rimborsi non è vincolata alla prestazione di alcuna forma di garanzia bancaria o fidejussoria da parte dei movimenti o partiti politici aventi diritto e prevede che, in caso di scioglimento anticipato del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, il versamento delle quote annuali dei relativi rimborsi sia interrotto. La versione precedente all'entrata in vigore del decreto-legge in esame prevedeva infatti che, anche in caso di scioglimento anticipato delle Camere, il versamento delle quote annuali dei rimborsi fosse comunque effettuato.
Poiché la sostituzione del quarto periodo comporta la ripetizione, per due volte, della previsione – contenuta anche nel quinto periodo - per cui "Il versamento della quota annua di rimborso, spettante sulla base del presente comma, è effettuato anche nel caso sia trascorsa una frazione di anno", a fini di coordinamento il Senato ha approvato un emendamento che sopprime la ripetizione.
Tuttavia, il quinto periodo sarà abrogato dal già menzionato art. 5, comma 4, del decreto-legge 78/2010, a decorrere dal primo rinnovo di Camera, Senato, Parlamento europeo e consigli regionali. Pertanto, l’effetto della disposizione in esame potrebbe rendere la nuova disciplina applicabile anche alla legislatura in corso, in caso di scioglimento anticipato.
Profili finanziari
Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.
(milioni di euro)
|
Saldo netto da finanziare |
Fabbisogno |
Indebitamento netto |
|||||||||
|
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
Minori spese correnti |
0 |
0 |
7,7 |
7,7 |
0 |
0 |
7,7 |
7,7 |
0 |
0 |
7,7 |
7,7 |
Minori entrate |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
La relazione tecnica ribadisce che le disposizioni in esame determinano una ulteriore riduzione del 10% dell’importo previsto dall'articolo 1, comma 5, primo periodo, della legge n. 157 del 1999 come rimborso ai partiti politici in relazione alle spese elettorali sostenute per le campagne per il rinnovo del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, del Parlamento europeo e dei consigli regionali. Detto importo era già stato in precedenza ridotto a norma dell’articolo 2, comma 275, della legge n. 244 del 2007 e dell’articolo 5, comma 4, del decreto-legge n. 78 del 2010.
Si rammenta che la relazione tecnica allegata alla legge n. 244/2007 non considerava la disposizione recata dall’articolo 2, comma 275, che disponeva l’immediata riduzione, ossia a decorrere dal 2008, dell’autorizzazione di spesa di cui alla legge n. 157/1999 per una somma pari a 20 milioni di euro determinata in misura fissa (e non, pertanto, in misura percentuale). Successivamente l’articolo 5, comma 4 del decreto legge n. 78/2010 stabiliva che l'importo di 1 euro previsto dall'art. 1, comma 5, primo periodo, della legge 157/1999[[41]] fosse ridotto del 10 per cento a decorrere dal primo rinnovo degli organi per i quali sono previsti rimborsi elettorali. La relazione tecnica riferita al citato articolo 5 quantificava risparmi crescenti nel tempo in relazione al progressivo rinnovo delle assemblee il cui mandato verrà a scadenza a decorrere dal 2012. La relazione tecnica ipotizzava che a regime, dal 2015, la minore spesa fosse pari a circa 20 milioni di euro e che per il 2013 la minore spesa fosse stimata in 10,8 milioni. 10,2 milioni dei 10,8 complessivi risparmi stimati per il 2013 erano connessi con il rinnovo delle Assemblee della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.
Appare utile rilevare che, a regime, la riduzione del 10 per cento dell’importo previsto dall’articolo 5, comma 4, del decreto legge 78/2010, corrisponde, in valore assoluto, al taglio stabilito in un valore numerico fisso dall’articolo 2, comma 275, della legge 244/2007.
La relazione tecnica, in base al nuovo importo rideterminato in riduzione dei rimborsi ai partiti politici, stima un risparmio di spesa di circa 7,67 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013, rispetto alla spesa sostenuta a legislazione vigente quantificata, dalla medesima relazione, in 171,60 milioni di euro per il medesimo anno. Secondo la relazione tecnica il nuovo importo del rimborso è determinato in euro 0,81 mentre il precedente valore era pari a 0,90 euro. I risparmi sono calcolati sulla base di un prospetto recato dalla relazione tecnica e riprodotto qui di seguito.
Assemblea elettiva |
Numero degli elettori* |
Importo del rimborso** |
50.817.614 |
41.162.267,53 |
|
Senato della Repubblica |
50.817.614 |
41.162.267,53 |
Parlamento Europeo |
50.342.153 |
40.777.143,93 |
Amministrative regionali |
50.405.088 |
40.828.121,28 |
Totale rimborsi |
163.929.800,27 |
|
Spesa sostenuta a legislazione vigente |
171.600.000,00 |
|
Risparmi |
7.670.199,73 |
*Si osserva che il numero complessivo degli elettori per tutti gli organismi (Camera+Senato+Parlam. Europeo+Regioni) è pari a 202.382.469 unità.
**Si osserva che la RT calcola l’importo del rimborso, per ciascuno degli organismi, moltiplicando il numero degli elettori per l’importo di 0,81 euro, ossia per l’importo a legislazione variata.
In merito ai profili di quantificazione, si rileva preliminarmente che non sono evidenti i criteri utilizzati per la determinazione dei risparmi (7,6 mln., di euro a decorrere dal 2013). Infatti la riduzione prevista dal testo (“un ulteriore 10 per cento”), applicata secondo i parametri indicati dalla relazione tecnica, porta a individuare un risparmio di 0,09 euro per ciascun elettore[42]. Moltiplicando 0,09 euro per il numero complessivo degli elettori[43], si otterrebbe un risparmio complessivo pari a circa 18,2 milioni di euro (superiore a quello stimato dalla RT e scontato nel prospetto riepilogativo).
Inoltre lo stanziamento ipotizzato dalla RT per il 2013 (171,6 mln. di euro) non appare essere stato determinato sulla base dei parametri indicati dalla stessa relazione tecnica (che sembrerebbero implicare una spesa, per il 2013, di 182,1 milioni di euro)[44].
Non appare, inoltre, evidente la portata applicativa della espressione “così cumulando una riduzione complessiva del 30 per cento” recata dal primo comma della norma in esame. Infatti la riduzione di 9 centesimi desumibile dai dati forniti dalla RT è pari al 10 per cento dell’importo già ridotto a 90 centesimi: in questi termini, la riduzione complessiva ammonterebbe quindi a 19 centesimi (ossia al 19 per cento del valore originale di partenza di 1 euro). E’ possibile che la riduzione complessiva alla quale fa riferimento il testo tenga conto, invece, anche della riduzione disposta dalla legge 244/2007, fissata in valore assoluto (e non percentuale) in misura pari a 20 milioni di euro[45].
Si osserva infine che - stante il differimento, fissato dal comma 3, della effettiva entrata in vigore della disposizione che riduce i contributi - i risparmi indicati dal prospetto riepilogativo avrebbero dovuto essere modulati in maniera differenziata negli anni, in relazione alle date previste per il rinnovo delle assemblee elettive per cui sono riconosciuti i rimborsi.
1. A decorrere dal 2012 le consultazioni elettorali per le elezioni dei sindaci, dei Presidenti delle province e delle regioni, dei Consigli comunali, provinciali e regionali, del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, si svolgono, compatibilmente con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, in un'unica data nell'arco dell'anno.
2. Qualora nel medesimo anno si svolgano le elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia le consultazioni di cui al comma 1 si effettuano nella data stabilita per le elezioni del Parlamento europeo.
L'articolo 7 prevede la concentrazione delle elezioni politiche, regionali, provinciali e comunali in un'unica data, qualora si svolgano nello stesso anno.
Il comma 1 prevede che, a decorrere dal 2012, le consultazioni elettorali per le elezioni dei sindaci, dei presidenti delle province e delle regioni, dei consigli comunali, provinciali e regionali, del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, si svolgano in un’unica data nell’arco dell’anno.
La disposizione in esame non si applica, dunque, ai referendum.
Lo svolgimento delle suddette elezioni in un'unica data avverrà solo laddove sia compatibile con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti.
Per quanto riguarda la fissazione della data di svolgimento delle elezioni politiche, si ricorda che l’art. 61, primo comma, della Costituzione stabilisce il termine ultimo entro il quale devono tenersi le elezioni delle nuove Camere, prevedendo che esse abbiano luogo entro 70 giorni dalla fine delle precedenti. La prima riunione delle nuove Camere deve tenersi entro il 20° giorno dalla data delle elezioni.
La data delle elezioni è deliberata dal Consiglio dei ministri. Le elezioni sono indette con decreto del Presidente della Repubblica, che deve essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale non oltre il 45° giorno antecedente quello del loro svolgimento. Con lo stesso decreto viene fissata la data della prima seduta delle nuove Camere (D.P.R. 361/1957[46], art. 11; D.Lgs. 533/1993[47], art. 4).
Per quanto riguarda la data di svolgimento delle elezioni amministrative l’art. 1 della legge 182/1991[48] stabilisce che le elezioni dei consigli comunali e provinciali si svolgono in un turno annuale ordinario da tenersi in una domenica compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno, nel caso in cui il mandato scada nel primo semestre dell’anno; le elezioni si tengono nello stesso periodo dell’anno successivo se il mandato dell’organo elettivo interessato scade nel secondo semestre. Quanto alle elezioni dei consigli comunali e provinciali che devono essere rinnovati per motivi diversi dalla scadenza del mandato, l’art. 2 dispone che esse si svolgano nella stessa giornata domenicale di cui all'art. 1 se le condizioni che rendono necessario il rinnovo si sono verificate entro il 24 febbraio, ovvero nello stesso periodo dell'anno successivo, se le condizioni si sono verificate oltre tale data. La data per lo svolgimento delle elezioni amministrative è fissata dal Ministro dell’interno non oltre il 55° giorno precedente quello della votazione ed è comunicata immediatamente ai prefetti perché provvedano alla convocazione dei comizi (art. 3). Il prefetto, d’intesa col presidente della corte d’appello, fissa la data dell’elezione per ciascun comune e la comunica al sindaco, il quale ne dà avviso agli elettori mediante l’affissione di manifesti da pubblicarsi 45 giorni prima di tale data (art. 18, comma 1, del D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570[49]).
Per quanto concerne le regioni a statuto ordinario, si ricorda che l'art. 122 Cost. stabilisce che il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi.
La L. 165/2004[50] ha dato attuazione all'art. 122, primo comma, Cost., stabilendo in via esclusiva i principi fondamentali concernenti il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali. L'art. 5 stabilisce che gli organi elettivi delle regioni durano in carica per cinque anni, fatta salva, nei casi previsti, l'eventualità dello scioglimento anticipato del Consiglio regionale. Il quinquennio decorre per ciascun consiglio dalla data dell'elezione.
In assenza della legge elettorale regionale, la data delle elezioni è fissata dal Governo ed i comizi elettorali sono convocati con decreto del prefetto del capoluogo di regione in qualità di rappresentante dello Stato per i rapporti con le autonomie, ex-commissario del Governo (L. 131/2003)[51]. Alcune regioni – in base alle rispettive leggi elettorali – rimettono la convocazione dei comizi alla competenza del presidente della giunta regionale. Solitamente però le regioni si adeguano alla data scelta dal Governo, in modo tale che tutte le regioni a statuto ordinario votano lo stesso giorno.
Ai sensi del comma 2, qualora nel medesimo anno si svolgano le elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, le consultazioni di cui al comma 1 si effettuano nella data stabilita per le elezioni del Parlamento europeo.
Si ricorda che nell’ordinamento vigente, anche se non è previsto l’obbligo di abbinare più consultazioni elettorali, tale ipotesi non è vietata. L’unica eccezione è costituita dai referendum abrogativi che non possono svolgersi nello stesso anno delle elezioni politiche (L. 352/1970, art. 34)[52].
Nella storia repubblicana si registrano diversi casi di contemporaneo svolgimento di consultazioni elettorali diverse. Due provvedimenti regolano il procedimento elettorale nella eventualità che si svolgano negli stessi giorni consultazioni elettorali diverse:
- il D.L. 161/1976[53] che disciplina alcuni aspetti del procedimento elettorale nel caso di contemporaneo svolgimento delle elezioni politiche con quelle regionali (anche a statuto speciale), provinciali e comunali;
- il D.L. 21 maggio 1994, n. 300[54], che ha dettato disposizioni per permettere lo svolgimento contemporaneo delle elezioni europee, regionali ed amministrative.
Manca un provvedimento che regoli il procedimento elettorale in caso di svolgimento contemporaneo delle elezioni politiche e di quelle europee, eventualità che, del resto, non si è mai verificata dal 1979 ad oggi.
Si segnala, infine, che l’articolo 13, comma 4, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138[55] apporta una modifica alla disciplina introdotta dall'articolo 7 in commento, aggiungendo un comma 2-bis, ai sensi del quale nel caso in cui, nel medesimo anno, debba tenersi più di un referendum abrogativo, la convocazione degli elettori ai sensi dell'articolo 34 della legge 25 maggio 1970, n. 352[56] debba avvenire per tutti i referendum abrogativi nella medesima data.
Il prospetto riepilogativo non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.
La relazione tecnica non considera la norma.
In merito ai profili di quantificazione non si hanno rilievi da formulare.
Articolo 8
(Obblighi di trasparenza per le società a
partecipazione pubblica)
1. Entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, tutti gli enti e gli organismi pubblici inseriscono sul proprio sito istituzionale curandone altresì il periodico aggiornamento, l'elenco delle società di cui detengono, direttamente o indirettamente, quote di partecipazione anche minoritaria indicandone l'entità, nonché una rappresentazione grafica che evidenzia i collegamenti tra l'ente o l'organismo e le società ovvero tra le società controllate e indicano se, nell'ultimo triennio dalla pubblicazione, le singole società hanno raggiunto il pareggio di bilancio.
L'articolo 8 prevede che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, tutti gli enti e gli organismi pubblici inseriscano sul proprio sito istituzionale, curandone altresì il periodico aggiornamento:
§ l'elenco delle società di cui detengono, direttamente o indirettamente, quote di partecipazione anche minoritaria, indicandone l'entità;
§ una rappresentazione grafica che evidenzia i collegamenti tra l'ente o organismo ovvero tra le società controllate;
§ l'indicazione se, nell'ultimo triennio dalla pubblicazione, le singole società abbiano raggiunto il pareggio di bilancio.
Sotto il profilo del coordinamento della disposizione in esame con la normativa vigente, si rammenta che l'art. 54 del Codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, già espone il contenuto dei siti delle pubbliche amministrazioni.
Il prospetto riepilogativo non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.
La relazione tecnica non considera la norma.
In merito ai profili di quantificazione, considerato che non è prevista una specifica clausola di invarianza, la neutralità della norma è correlata alla possibilità che alle attività di pubblicazione ed aggiornamento delle informazioni si possa far fronte nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Ciò anche considerato che - a legislazione vigente - il contenuto tipico dei siti delle pubbliche amministrazioni è disciplinato dall'art. 54, del Codice dell'amministrazione digitale.
Articolo 9
(Fabbisogni standard, spending review e
superamento
della spesa storica delle Amministrazioni dello Stato)
1. Dato l'obiettivo di razionalizzazione della spesa e di superamento del criterio della spesa storica, il Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, sulla base di un atto di indirizzo del Ministro dell'economia e delle finanze, a partire dall'anno 2012, d'intesa con i Ministeri interessati, dà inizio ad un ciclo di "spending review" mirata alla definizione dei fabbisogni standard propri dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato. Le analisi individuano, tra l'altro, eventuali criticità nella produzione ed erogazione dei servizi pubblici, anche inerenti le possibili duplicazioni di strutture e le possibili strategie di miglioramento dei risultati ottenibili con le risorse stanziate. In particolare, per le amministrazioni periferiche dello Stato sono proposte specifiche metodologie per quantificare i relativi fabbisogni, anche ai fini della allocazione delle risorse nell'ambito della loro complessiva dotazione.
2. Il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, richiede alle amministrazioni centrali dello Stato i dati e le informazioni provenienti dalle banche dati, indagini e sistemi informativi dell'amministrazione necessari per la realizzazione delle attività di cui al comma 1. Le amministrazioni centrali dello Stato trasmettono tali dati per via telematica e facilitano l'accesso ad altri dati provenienti dal SISTAN, anche nella forma di dati elementari, nel rispetto della normativa vigente, senza oneri a carico del bilancio dello Stato.
3. In caso di omessa trasmissione dei dati senza motivata giustificazione entro il termine previsto nella richiesta di cui al comma 2, su comunicazione del Ministero dell'economia e delle finanze, l'amministrazione competente riduce la retribuzione di risultato dei dirigenti responsabili nella misura del 2 per cento.
4. A decorrere dal 2013, i risultati delle attività di cui al comma 1, sono comunicati dal Ministero dell'economia e delle finanze alle Amministrazioni centrali dello Stato.
5. Sulla base delle comunicazioni fornite alle amministrazioni centrali dello Stato ai sensi del comma 4, e in coerenza con gli obiettivi e gli interventi indicati nel Documento di economia e finanza, le Amministrazioni centrali dello Stato propongono nell'ambito di accordi triennali con il Ministero dell'economia e delle finanze norme volte a realizzare il superamento della spesa storica e la graduale convergenza verso gli obiettivi identificati con le procedure di cui ai commi precedenti da inserire nella legge di stabilità, ovvero con apposito disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica.
6. I Nuclei di analisi e valutazione della spesa di cui all'articolo 39 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, provvedono al monitoraggio dell'attuazione e dei risultati attesi dei provvedimenti di cui al comma 5 e segnalano eventuali scostamenti al Ministro dell'economia e delle finanze e al Ministro competente.
7. Il Rapporto sulla spesa delle amministrazioni centrali dello Stato di cui all'articolo 41 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, illustra gli esiti delle attività di cui ai commi precedenti.
L'articolo 9 introduce, a decorrere dall’anno 2012, l'avvio di un ciclo di analisi e valutazione della spesa (c.d. “spending review”) mirato alla definizione dei fabbisogni standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato, al fine di razionalizzare la spesa stessa delle amministrazioni e superare il criterio della spesa storica (comma 1).
La realizzazione della spending review è affidata al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base di un atto di indirizzo del Ministro dell’economia e delle finanze emanato d’intesa con i Ministeri interessati.
L'analisi condotta è finalizzata, tra l'altro, ad individuare:
§ eventuali criticità nella produzione ed erogazione dei servizi pubblici;
§ possibili duplicazioni di strutture;
§ possibili strategie di miglioramento dei risultati ottenibili con le risorse disponibili.
Per le amministrazioni periferiche dello Stato, si prevede la proposizione di specifiche metodologie per quantificarne i fabbisogni standard.
La disposizione non individua tuttavia alcun termine per l'avvio del suddetto sistema di quantificazione dei fabbisogni per le amministrazioni periferiche dello Stato.
Per la realizzazione dell’attività di spending review mirata alla definizione dei fabbisogni standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato, l’articolo 9 in esame prevede una serie di adempimenti.
Il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’economia e delle finanze richiede alle amministrazioni centrali i dati e le informazioni che ritiene necessari, che le amministrazioni medesime sono tenute a trasmettere per via telematica, entro un termine stabilito.
Le amministrazioni sono, altresì, tenute a facilitare l’accesso ad altri dati di interesse provenienti dal SISTAN[57] (comma 2).
Al fine di dare effettività alla disposizione, è prevista la riduzione del 2 per cento della retribuzione di risultato dei dirigenti responsabili, qualora l’amministrazione competente ometta di trasmettere i dati senza motivata giustificazione entro il termine previsto nella richiesta, su comunicazione del Ministero dell’economia e finanze (comma 3).
A partire dal 2013, i risultati dell’attività di analisi e valutazione della spesa effettuata dalla Ragioneria generale dello Stato sono comunicati dal Ministero dell’economia e finanze alle competenti Amministrazioni centrali dello Stato (comma 4).
Sulla base dei suddetti risultati, le Amministrazioni centrali dello Stato propongono, a loro volta, nell’ambito di accordi triennali con il Ministero dell’economia e delle finanze, in coerenza con gli obiettivi indicati nel Documento di economia e finanza (DEF), le misure necessarie a realizzare il superamento della spesa storica e la graduale convergenza verso gli obiettivi di fabbisogno identificati dalla norma in esame.
Le norme proposte dalle amministrazioni centrali dovranno essere inserite nella legge di stabilità oppure dovranno formare oggetto di apposito disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica (comma 5).
Il monitoraggio dell’attuazione e dei risultati attesi dalle misure intraprese ai sensi del precedente comma 5 è affidato ai Nuclei di analisi e valutazione della spesa,previsti dall’articolo 39 della legge di contabilità n. 196 del 2009, che provvedono, altresì, a segnalare eventuali scostamenti al Ministro dell’economia e delle finanze e al Ministro competente (comma 6).
L’articolo 39 della legge n. 196 del 2009 prevede l’istituzione di appositi nuclei di analisi e valutazione della spesa, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, quale sede nell’ambito della quale si realizza la collaborazione tra il Ministero dell’economia e delle finanze e le singole amministrazioni centrali dello Stato, finalizzata alla verifica dei risultati programmatici rispetto agli obiettivi relativi all’indebitamento netto, al saldo di cassa e al debito delle amministrazioni pubbliche, al monitoraggio dell'efficacia delle misure rivolte al conseguimento stesso degli obiettivi e al miglioramento del livello di efficienza delle amministrazioni stesse.
La composizione e le modalità di funzionamento dei predetti nuclei di analisi e valutazione della spesa sono state definite con il decreto del Ministro dell’economia e finanze del 22 marzo 2010.
Il comma 7 prevede, infine, che gli esiti delle attività di cui all’articolo in esame sono illustrati nel Rapporto sulla spesa delle amministrazioni centrali dello Stato, elaborato ai sensi dell’articolo 41 della legge n. 196 del 2009.
Si ricorda che il citato articolo 41 della legge di contabilità prevede la presentazione al Parlamento, con cadenza triennale, di un “Rapporto sulla spesa delle amministrazioni dello Stato”, elaborato dal Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato entro il 20 luglio dell’ultimo anno di ciascun triennio.
Tale Rapporto - elaborato ogni tre anni a partire da quello successivo all’istituzione della banca dati unitaria delle pubbliche amministrazioni[58] prevista dall'articolo 13 delle legge di contabilità - deve illustrare la composizione e l’evoluzione della spesa, i risultati conseguiti con le misure adottate ai fini del controllo della stessa, nonché i risultati relativi al miglioramento del livello di efficienza delle amministrazioni[59].
Le attività di analisi e valutazione della spesa
Si ricorda che l’esigenza di un’analisi puntuale dei meccanismi che incidono sull’andamento della spesa pubblica e l’individuazione d’interventi mirati al contenimento e alla sua progressiva riqualificazione, sono divenuti, negli ultimi anni, temi fondamentali della politica finanziaria e di bilancio, resi ancor più stringenti alla luce del percorso di consolidamento dei conti pubblici necessario ai fini del rispetto degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea.
E’ in questa prospettiva che si colloca l’avvio, sin dalla XV legislatura, di un programma straordinario di analisi e valutazione della spesa, comunemente denominato, sulla base di analoghe esperienze internazionali, “spending review”. Tale programma si configura come uno strumento di programmazione economico-finanziaria, volto a fornire una metodologia sistematica per migliorare sia il processo di decisione delle priorità e di allocazione delle risorse, sia la performance delle amministrazioni pubbliche in termini di economicità, qualità ed efficienza dei servizi offerti ai cittadini.
Tra gli obiettivi sottesi ad un programma di analisi e revisione della spesa vi è quello di superare un approccio "incrementale" nelle decisioni di bilancio, in base al quale si tende a concentrarsi sulle nuove iniziative di spesa ovvero sulle risorse (aggiuntive) da destinare ai programmi di spesa già in atto, piuttosto che sulle analisi di efficienza, efficacia e congruità con gli obiettivi della spesa in essere. Attraverso tale metodo s’intende, pertanto, realizzare in via tendenziale il passaggio da un criterio contabilistico di spesa storica al principio, sperimentato in altri ordinamenti, del cosiddetto bilancio a base zero (zero base budgeting). A tale finalità si aggiunge quella di implementare nella Pubblica Amministrazione le attività di misurazione dei risultati raggiunti dall’azione amministrativa e di verifica dell’efficienza dell’organizzazione amministrativa, anche mediante l’individuazione, in relazione agli obiettivi di ciascun programma di spesa, di indicatori verificabili ex post.
Avviato in via sperimentale in base alle disposizioni della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006), il programma di analisi e valutazione della spesa - volto a riesaminare in modo sistematico l’insieme dei programmi di spesa, valutandone efficacia, efficienza ed economicità di gestione - è divenuto permanente con la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007), che ne ha previsto la prosecuzione e l’aggiornamento con riferimento alle missioni e ai programmi in cui si articola il bilancio dello Stato, affidandone la realizzazione alla Ragioneria generale dello Stato, con il coordinamento del Servizio studi dipartimentale ivi incardinato.
Il rafforzamento dei meccanismi di controllo quantitativo e qualitativo della spesa pubblica costituisce uno degli elementi centrali nell'impianto legislativo complessivo definito dalla nuova legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196/2009), la quale ha previsto l’istituzionalizzazione del processo di analisi e valutazione della spesa delle amministrazioni centrali - avviato, come detto, in forma sperimentale a partire dal 2007 - attraverso la costituzione di appositi Nuclei di analisi e valutazione della spesa (articolo 39), disponendo, altresì, la graduale estensione del programma alle altre amministrazioni pubbliche (articolo 49).
In particolare, l’articolo 39 della legge di contabilità dispone l’avvio di una collaborazione del Ministero dell’economia e delle finanze con le amministrazioni centrali dello Stato, per il tramite dei Nuclei di analisi e valutazione della spesa, finalizzata alla verifica dei risultati programmatici rispetto agli obiettivi relativi all’indebitamento netto, al saldo di cassa e al debito delle amministrazioni pubbliche, nonché alla pressione fiscale complessiva. La collaborazione, come già detto, ha lo scopo di garantire il supporto per il monitoraggio dell’efficacia delle misure disposte, sia per il conseguimento dei suddetti obiettivi sia per incrementare il livello di efficienza delle amministrazioni medesime.
La collaborazione tra Ministero dell’economia ed amministrazioni centrali consiste in particolare nel supporto metodologico che il Ministero fornisce ad esse per la definizione delle previsioni di spesa e dei fabbisogni associati ai programmi, con riferimento alla formulazione del bilancio di previsione, nonché per l’individuazione degli indicatori di risultato associati ai predetti obiettivi.
L’attività di collaborazione tra Ministero dell’economia e le amministrazioni centrali nell’ambito degli appositi nuclei di analisi e valutazione della spesa è diretta, in particolare, a svolgere verifiche: sull’articolazione dei programmi che compongono le missioni; sulla coerenza delle norme autorizzatorie rispetto al contenuto dei medesimi programmi e sulla rimodulabilità delle risorse iscritte in bilancio, secondo i previsti meccanismi di flessibilità.
Le attività svolte dai predetti nuclei devono altresì essere funzionali: alla formulazione delle proposte di rimodulazione delle risorse finanziarie tra i diversi programmi di spesa e alla predisposizione del rapporto allegato al rendiconto generale del bilancio dello Stato sui risultati e la realizzazione degli obiettivi indicati nel bilancio di previsione.
Per le suesposte attività, il Ministero dell'economia e delle finanze istituisce e condivide con le amministrazioni centrali dello Stato, nell'ambito della banca dati unitaria delle pubbliche amministrazioni prevista dall'articolo 13 della legge di contabilità, una apposita sezione che raccoglie tutte le informazioni che le amministrazioni sono tenute a fornire.
E stata, inoltre, prevista (articolo 41, legge n. 196) la presentazione, ogni tre anni, di uno specifico Rapporto sulla spesa delle amministrazioni dello Stato, volto ad illustrare la composizione e l’evoluzione della spesa, i risultati conseguiti con le misure adottate ai fini del suo controllo e quelli relativi al miglioramento del livello di efficienza delle medesime amministrazioni.
Va rammentato, inoltre, che una specifica e sistematica attività di analisi e valutazione della spesa è prevista dallo schema di decreto legislativo di attuazione della delega di cui all’articolo 49 della legge n. 196/2009, recentemente adottato dal Governo (Atto n. 368) – su cui le competenti Commissioni parlamentari hanno già espresso parere, ma allo stato non ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – il quale detta norme per il potenziamento e la graduale estensione a tutte le amministrazioni pubbliche dell'attività di analisi e valutazione della spesa e per la riforma del sistema dei controlli di regolarità amministrativa e contabile. Conformemente ai principi contenuti nella legge di contabilità, tale ultimo provvedimento pone in risalto la funzione strategica dell’attività di analisi e valutazione della spesa, qualificata come attività sistematica di analisi della programmazione e della gestione delle risorse finanziarie e dei risultati conseguiti dai programmi di spesa, finalizzata al miglioramento del grado di efficienza ed efficacia della spesa pubblica in relazione al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.
Tali attività dovranno essere realizzate mediante l'elaborazione e l'affinamento di metodologie - provenienti anche dall'analisi economica e statistica – per la definizione dei fabbisogni di spesa, la verifica e il monitoraggio dell'efficacia delle misure volte al miglioramento della capacità di controllo della spesa medesima, in termini di quantità e di qualità. Per le amministrazioni centrali dello Stato le attività di analisi e valutazione della spesa si svolgono nell'ambito dei predetti nuclei di analisi e valutazione della spesa. All’attività di analisi concorrono diversi soggetti, quali gli uffici centrali di bilancio, le Ragionerie territoriali dello Stato e i Servizi ispettivi di finanza. In conformità ai principi di delega della legge n. 196/2009, per lo svolgimento delle attività di analisi e valutazione della spesa il predetto provvedimento prevede il potenziamento delle strutture e degli strumenti di controllo e monitoraggio della Ragioneria generale dello Stato, chiamata a svolgere, con il coordinamento dei nuclei, un ruolo centrale, nonché la previsione di sanzioni pecuniarie in caso di mancata comunicazione dei dati da parte dei dirigenti responsabili delle amministrazioni interessate.
E’ infine previsto che il programma di analisi e valutazione della spesa, inizialmente relativo alle sole amministrazioni centrali dello Stato, sia progressivamente - ed in via sperimentale - esteso alle altre amministrazioni sottoposte alla vigilanza dei Ministeri, in collaborazione con le amministrazioni vigilanti. Viene, infine, affermato il principio in base al quale le altre amministrazioni pubbliche svolgono attività di analisi della spesa, di monitoraggio e valutazione degli interventi nell'ambito della propria autonomia.
I fabbisogni standard
Per quanto concerne, il concetto di “fabbisogni standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali”, che dovrebbero essere definiti con la spending review disciplinata dall’articolo 9 in esame, si ricorda che, secondo la definizione contenuta nella legge n. 42 del 2009 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale), il fabbisogno standard “valorizzando l’efficienza e l’efficacia, costituisce l’indicatore rispetto al quale comparare e valutare l’azione pubblica”. Sulla base di tale espressa indicazione legislativa, il fabbisogno standard appare dunque costituire il livello ottimale di un servizio valutato a costi standard.
In attuazione di specifiche disposizioni della legge delega sul federalismo fiscale, è stato emanato il D.Lgs. 26 novembre 2010, n. 216 relativo alla individuazione dei fabbisogni standard degli enti locali.
I fabbisogni standard costituiscono i nuovi parametri cui ancorare il finanziamento delle spese fondamentali di comuni, città metropolitane e province, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica.
In base al decreto, la metodologia per la determinazione dei fabbisogni costituisce una operazione tecnicamente complessa, per la cui effettuazione il decreto definisce una serie di elementi, quali:
- individuazione di modelli organizzativi e di livelli quantitativi delle prestazioni, determinati sulla base di un sistema di indicatori in relazione a ciascuna funzione fondamentale e ai relativi servizi;
- analisi dei costi finalizzata alla individuazione di quelli più significativi e alla determinazione degli intervalli di normalità;
- enucleazione di un modello di stima dei fabbisogni sulla base di criteri di rappresentatività attraverso la sperimentazione di diverse tecniche statistiche;
- definizione di un sistema di indicatori per valutare l'adeguatezza dei servizi e consentire agli enti locali di migliorarli.
La procedura per la definizione dei fabbisogni standard è affidata alla Società per gli studi di settore - S.O.S.E. s.p.a., società per azioni che opera per la elaborazione degli studi di settore, che si avvale, per tale finalità, dell’Istituto per la finanza e per l’economia locale IFEL, nonché dell'ISTAT.
Profili finanziari
Il prospetto riepilogativo non ascrive effetti alla norma sui saldi di finanza pubblica
La relazione tecnica rileva che la disposizione prevede che per la razionalizzazione della spesa e il superamento del criterio della spesa storica, il Ministro dell’economia e delle finanze, a partire dal 2012, d’intesa con le Amministrazioni competenti, avvii con apposito atto di indirizzo, un ciclo di “spending review” per la definizione dei fabbisogni di spesa delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato. In particolare per queste ultime, tale attività mira a definire specifiche metodologie per la quantificazione dei relativi fabbisogni.
Per l’attuazione di questo processo è previsto, altresì, che le amministrazioni centrali siano tenute a fornire per via telematica le informazioni e i dati richiesti dal Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, nonché a facilitare l’accesso ad altri dati di interesse provenienti dal SISTAN.
I risultati di queste attività sono comunicati, a partire dal 2013, ai singoli Ministeri dal Ministero dell’economia e delle finanze. Sulla base di tali indicazioni, le Amministrazioni centrali dello Stato propongono, nell’ambito di “accordi triennali” con il Ministero dell’economia, misure volte a ricondurre la spesa tendenziale verso i fabbisogni definiti per ciascun programma di spesa e per le Amministrazioni periferiche dello Stato.
In via prudenziale, alla disposizione non sono ascritti miglioramenti sui saldi di finanza pubblica.
In merito ai profili di quantificazione non si hanno rilievi da formulare dal momento che i risparmi non sono prudenzialmente scontati negli effetti del provvedimento in esame.
1. Sono preselettivamente esclusi dall'applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 2 a 5 del presente articolo il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, nonché le risorse destinate alla ricerca, all'istruzione scolastica e al finanziamento del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, nonché il fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, le risorse destinate alla manutenzione ed alla conservazione dei beni culturali e, limitatamente all'anno 2012, il fondo per le aree sottoutilizzate.
2. Ai fini del concorso al raggiungimento degli obiettivi programmati di finanza pubblica, le amministrazioni centrali dello Stato assicurano, a decorrere dall'anno 2012, una riduzione della spesa in termini di saldo netto da finanziare ed indebitamento netto corrispondente agli importi indicati nell'allegato C.
3. Nelle more della definizione degli interventi correttivi di cui al comma 4, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad accantonare e rendere indisponibile, nell'ambito delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge n. 196 del 2009, delle missioni di spesa di ciascun Ministero interessato, un ammontare di spesa pari a quanto indicato nella tabella di cui al comma 2.
4. I Ministri competenti propongono, in sede di predisposizione del disegno di legge di stabilità per il triennio 2012-2014, gli interventi correttivi necessari per la realizzazione degli obiettivi di cui al comma 2. Il Ministro dell'economia e delle finanze verifica gli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica derivanti dai suddetti interventi, ai fini del rispetto degli obiettivi di cui al medesimo comma.
5. Qualora, a seguito della verifica, le proposte di cui al comma 4 non risultino adeguate a conseguire gli obiettivi in termini di indebitamento netto assegnati ai sensi del comma 2, il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce al Consiglio dei Ministri e, eventualmente, con la medesima legge di stabilità è disposta la corrispondente riduzione delle dotazioni finanziarie, iscritte a legislazione vigente nell'ambito delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della citata legge n. 196 del 2009, delle missioni di spesa di ciascun Ministero interessato, a valere sulle risorse accantonate di cui al citato comma 3.
I commi da 1 a 5 dell'articolo 10 recano disposizioni finalizzate alla riduzione delle spese delle amministrazioni centrali dello Stato a decorrere dal 2012.
In particolare, il comma 2 stabilisce che, a decorrere dall’anno 2012, le amministrazioni centrali dello Stato sono tenute ad assicurare una riduzione della spesa, sia in termini di saldo netto da finanziare sia in termini di indebitamento netto, corrispondente agli importi individuati nell'allegato C al decreto in esame.
Nell’allegato C, la riduzione di spesa è complessivamente indicata:
§ in termini di saldo netto, in 1.500 milioni di euro nel 2012, 3.500 milioni nel 2013 e in 5.000 milioni di euro nel 2014;
§ in termini di indebitamento netto, in 1.000 milioni nel 2012, 3.500 milioni nel 2013 e in 5.000 milioni nel 2014.
Il comma 1 dell’articolo 1 del decreto legge n. 138/2011 ha provveduto ad incrementare di 6 miliardi di euro per l'anno 2012 e di 2,5 miliardi di euro per l'anno 2013 gli importi in termini di indebitamento netto delle riduzioni - indicate nell’allegato C del decreto-legge n. 98 del 2011 - che le amministrazioni centrali dello Stato sono tenute ad assicurare a decorrere dall’anno 2012.
Entro il 25 settembre 2011 è adottato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze diretto ad individuare la ripartizione delle ulteriori riduzioni di spesa tra i Ministeri e i corrispondenti importi relativi alla voce “saldo netto da finanziare”.
Pertanto la riduzione della spesa complessiva in termini di indebitamento netto diventa la seguente.
Riduzioni di spesa dei ministeri
(d.l. n. 98/2011 integrato dal decreto legge n. 138 del 2011)
(milioni di euro)
|
Saldo netto da finanziare |
Indebitamento netto |
||||
|
2012 |
2013 |
2014 |
2012 |
2013 |
2014 e ss. |
TOTALE |
1.500 |
3.500 |
5.000 |
7.000 |
6.000 |
5.000 |
Poiché la norma impone una riduzione di spesa permanente a decorrere dal 2012, il taglio indicato per l’anno 2014 dovrebbe intendersi esteso anche agli anni successivi.
Dalle riduzioni di spesa sono esclusi (comma 1):
§ il Fondo per il finanziamento ordinario delle università;
§ le risorse destinate alla ricerca, all’istruzione scolastica e al finanziamento del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche;
§ il fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge n. 163 del 1985[60];
§ le risorse destinate alla manutenzione ed alla conservazione dei beni culturali.
La formulazione originaria della norma escludeva altresì il fondo per le aree sottoutilizzate, limitatamente all’anno 2012. Relativamente a tale esclusione, a seguito delle modifiche apportate dall’articolo 1, comma 2 del D.L. n. 138/2011, si prevede orache sono escluse dalle riduzioni le risorse destinate alla programmazione regionale nell'ambito del Fondo per le aree sottoutilizzate (comma 4).
Si riporta di seguito il contenuto dell’allegato C al decreto, in cui sono indicate le riduzioni di spesa previste per ciascun Ministero:
Riduzioni di spesa dei Ministeri
(milioni di euro)
|
saldo netto da finanziare |
indebitamento netto |
||||
MINISTERI |
2012 |
2013 |
2014 |
2012 |
2013 |
2014 |
Economia e finanze |
711,7 |
735,2 |
1.390,1 |
409,2 |
735,2 |
1.390,1 |
Sviluppo economico |
95,3 |
1.880,2 |
1.963,4 |
47,6 |
1.880,2 |
1.963,4 |
Lavoro e politiche sociali |
22,2 |
22,9 |
42,7 |
14,3 |
22,9 |
42,7 |
Giustizia |
54,5 |
66,7 |
124,4 |
41,8 |
66,7 |
124,4 |
Affari esteri |
42,6 |
49,0 |
91,3 |
29,7 |
49,0 |
91,3 |
Istruzione, università e ricerca |
30,0 |
33,7 |
62,9 |
25,9 |
33,7 |
62,9 |
Interno |
113,0 |
141,6 |
263,8 |
96,7 |
141,6 |
263,8 |
Ambiente e tutela del territorio e del mare |
25,7 |
30,8 |
57,5 |
13,1 |
30,8 |
57,5 |
Infrastrutture e trasporti |
46,0 |
55,4 |
103,2 |
26,4 |
55,4 |
103,2 |
Difesa |
299,6 |
413,5 |
769,1 |
249,4 |
413,5 |
769,1 |
Politiche agricole alimentari e forestali |
33,1 |
40,5 |
74,6 |
22,1 |
40,5 |
74,6 |
Beni e attività culturali |
12,5 |
14,9 |
27,8 |
11,7 |
14,9 |
27,8 |
Salute |
13,7 |
15,7 |
29,3 |
12,1 |
15,7 |
29,3 |
TOTALE |
1.500 |
3.500 |
5.000 |
1.000 |
3.500 |
5.000 |
Spetta ai singoli Ministri competenti proporre gli interventi correttivi necessari per la realizzazione degli obiettivi di riduzione di spesa indicati nell'allegato C, in sede di predisposizione del disegno di legge di stabilità per il triennio 2012-2014.
Il Ministro dell’economia e delle finanze verifica gli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica derivanti dagli interventi proposti, ai fini del rispetto degli obiettivi di risparmio prefissati (comma 4).
Per quanto concerne l’applicazione delle suddette riduzioni di spesa, si segnala che è già stata emanata la circolare esplicativa del Ministero dell’economia e delle finanza del 13 luglio 2011, n. 23.
La circolare, relativa alla formulazione delle previsioni a legislazione vigente per il bilancio per l’anno 2012 e per il triennio 2012-2014, reca altresì indicazioni per l’attuazione delle riduzioni di spesa di cui all’articolo 10, comma 2, in esame.
In particolare, è previsto che i Ministri competenti debbano proporre - in un apposito ed unico documento da far pervenire al Ministero dell’economia entro il 12 settembre - in sede di predisposizione del disegno di legge di stabilità per il triennio 2012-2014, gli interventi correttivi necessari per la realizzazione degli obiettivi indicati, i quali potranno essere raggiunti attraverso la riduzione sia delle spese rimodulabili che di quelle non rimodulabili. In quest’ultimo caso, le Amministrazioni dovranno proporre disposizioni normative che, incidendo sugli elementi essenziali che determinano la spesa, consentano di conseguire i risparmi stabiliti.
Nelle more della definizione degli interventi correttivi volti al conseguimento delle economie sopra indicate, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad accantonare e rendere indisponibile una quota delle risorse iscritta nel bilancio pluriennale dello Stato, per un ammontare pari agli importi indicati nell'allegato C (comma 3).
L’accantonamento è effettuato nell'ambito delle spese rimodulabili delle missioni di spesa di ciascun Ministero interessato, come definite dall'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge di contabilità n. 196 del 2009.
Ai sensi dell'articolo 21, comma 5, della legge n. 196/2009, concernente il bilancio di previsione, le spese, nell'ambito di ciascun programma, si ripartiscono in: a) spese non rimodulabili; b) spese rimodulabili.
Secondo la definizione contenuta nella legge di contabilità, le spese non rimodulabili sono quelle “per le quali l'amministrazione non ha la possibilità di esercitare un effettivo controllo, in via amministrativa, sulle variabili che concorrono alla loro formazione, allocazione e quantificazione”. Esse corrispondono alle spese definite come “oneri inderogabili”, tra i quali vi rientrano le cosiddette spese obbligatorie.
Le spese rimodulabili - delle quali non è data una vera e propria definizione - sono individuate:
a) nelle spese derivanti da fattori legislativi, intendendo come tali quelle autorizzate da espressa disposizione legislativa che ne determina l'importo, considerato quale limite massimo di spesa, e il periodo di iscrizione in bilancio;
b) nelle spese di adeguamento al fabbisogno, ossia spese non predeterminate legislativamente ma quantificate tenendo conto delle esigenze delle amministrazioni.
Le autorizzazioni di spesa di fattore legislativo sono rimodulabili con il disegno di legge di bilancio, per motivate esigenze, in via compensativa.
Nel caso in cui, a seguito della verifica effettuata dal Ministro dell’economia, gli interventi correttivi proposti dai Ministri competenti non risultino adeguati al conseguimento degli obiettivi di risparmio di cui al comma 2, in termini di indebitamento netto, si prevede che:
§ il Ministro dell’economia e delle finanze riferisca al Consiglio dei Ministri;
§ ed eventualmente, con la legge di stabilità, è disposta la corrispondente riduzione delle dotazioni finanziarie, nell'ambito delle spese rimodulabili delle missioni di spesa di ciascun Ministero interessato, a valere sulle risorse provvisoriamente accantonate e rese indisponibili nelle more della definizione degli interventi correttivi (comma 5).
La relazione tecnica allegata al provvedimento evidenzia come le norme in esame mirino a superare il criterio dei cosiddetti “tagli lineari” ai fini del concorso al raggiungimento degli obiettivi programmati di finanza pubblica delle Amministrazioni centrali dello Stato.
La norma prevede, infatti, in luogo del criterio della riduzione lineare delle dotazioni finanziarie delle spese rimodulabili delle missioni di spesa dei Ministeri a legislazione vigente, che i Ministeri propongano, in sede di predisposizione del disegno di legge di stabilità per il triennio 2012-2014, le iniziative legislative necessarie ai fini del conseguimento degli obiettivi di riduzione di spesa fissati dalla norma stessa.
Si ricorda che l’utilizzo dei tagli lineari è stato strumento più volte utilizzato al fine del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica. Da ultimo, si ricorda, in proposito, l’articolo 2 del decreto-legge n. 78 del 2010[61], che ha disposto, a decorrere dal 2011, una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie, iscritte nel bilancio dello Stato a legislazione vigente nell’ambito delle spese rimodulabili delle missioni di spesa di ciascun Ministero, con l’esclusione delle risorse destinate al fondo ordinario delle università; all’informatica; alla ricerca; al 5 per mille del gettito IRE.
L’utilizzo dello strumento dei tagli lineari, a seguito della riforma di contabilità nazionale avvenuta con legge n. 196/2009, si è concretizzato anche nei termini di clausola di salvaguardia degli effetti finanziari dei provvedimenti legislativi adottati.
In tal senso, si richiama l’articolo 1, comma 13, della legge n. 220/2010 (legge di stabilità 2011), che ha autorizzato, a titolo cautelativo quale clausola di salvaguardia, il Ministro dell’economia a provvedere alla riduzione lineare delle spese rimodulabili delle missioni di spesa di ciascun Ministero al fine di recuperare, in caso di insuccesso dell'operazione di cessione delle frequenze radioelettriche da destinare a servizi di comunicazioni mobili in larga banda (disciplinate dai commi 8-12), l’importo pari al corrispettivo mancante attraverso corrispondenti riduzioni di spesa pubblica.
In particolare, il citato comma 13 ha stimato in non meno di 2.400 milioni di euro per il 2011 i proventi derivanti dall’assegnazione dei diritti d’uso di frequenze radioelettriche per servizi di comunicazione elettronica, stabilendo al contempo che, nel caso di scostamenti rispetto alla previsione di entrata, il Ministro dell’economia possa procedere, con proprio decreto, alla riduzione lineare delle spese rimodulabili delle missioni di spesa di ciascun Ministero, sino a concorrenza dell’importo. Dalla riduzione è escluso il Fondo ordinario delle università e le risorse destinate alla ricerca ed al finanziamento del 5 per mille.
Con riferimento a tale previsione, si rinvia a quanto disposto dal comma 1-bis dell’articolo 40 del decreto legge in esame, il quale prevede che gli accantonamenti disposti prima della data di entrata in vigore del provvedimento in commento ai sensi della citata disciplina sono resi definitivi e che le entrate previste per l’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze radioelettriche, pari a 2.400 milioni di euro, siano conseguentemente destinate al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.
Si ricorda che il decreto legge n. 138/2011, all’articolo 1, commi 01 e 02 ha successivamente introdotto specifiche disposizioni finalizzate ad una riduzione della spesa corrente primaria delle amministrazioni centrali (funzionamento, interventi, oneri comuni), nei limiti delle risorse che dovessero rendersi disponibili a seguito della revisione integrale della spesa pubblica prevista dall’articolo 01 del medesimo decreto legge n. 138.
Più in dettaglio, il comma 01 prevede che nel corso degli anni 2012 e 2013, nella misura delle risorse finanziarie che si rendessero disponibili a seguito dell’attuazione del programma di revisione integrale della spesa pubblica previsto dall'articolo 01:
a) le spese di funzionamento delle missioni di spesa di ciascun Ministero potranno essere ridotte fino all'1 per cento per ciascun anno rispetto alle spese risultanti dal bilancio consuntivo relativo all'anno 2010;
b) le dotazioni finanziarie delle missioni di spesa di ciascun Ministero, previste dalla legge di bilancio e relative agli interventi, potranno essere ridotte fino all'1,5 per cento.
Nei medesimi limiti delle risorse disponibili a seguito della revisione della spesa - per gli anni 2012 e 2013 le dotazioni finanziarie per le missioni di spesa per ciascun Ministero previste dalla legge di bilancio, relative agli oneri comuni di parte corrente e di conto capitale, potranno invece essere ridotte fino allo 0,5 per cento per ciascuno dei due anni.
In seguito, per gli anni 2014, 2015 e 2016, la spesa primaria del bilancio dello Stato potrà aumentare in termini nominali, in ciascun anno, rispetto alla spesa corrispondente registrata nel rendiconto dell'anno precedente, di una percentuale non superiore al 50 per cento dell'incremento del PIL previsto dal Documento di economia e finanza (DEF).
Il comma 02, prevede, in deroga alla norme sulla flessibilità di bilancio contenute nella legge di contabilità (art. 23, legge n. 196 del 2009), che, limitatamente al quinquennio 2012-2016, nel rispetto dell'invarianza dei saldi di finanza pubblica, possano essere rimodulate le dotazioni finanziarie di ciascuno stato di previsione relative alle spese rimodulabili e non rimodulabili di cui all’art. 21, commi 6 e 7 della legge di contabilità.
Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.
(milioni di euro)
|
Saldo netto da finanziare |
Fabbisogno |
Indebitamento netto |
|||||||||
|
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
Minori spese correnti e in conto capitale |
0 |
1.500 |
3.500 |
5.000 |
0 |
900 |
3.300 |
5.000 |
0 |
1.000 |
3.500 |
5.000 |
La relazione tecnica afferma che le disposizioni in esame mirano a superare il criterio dei cosiddetti “tagli lineari” ai fini del concorso al raggiungimento degli obiettivi programmati di finanza pubblica delle Amministrazioni centrali dello Stato. In particolare, in luogo del criterio della riduzione lineare delle dotazioni finanziarie delle spese rimodulabili previste a legislazione vigente, la norma in esame prevede che i Ministeri propongano, in sede di predisposizione del disegno di legge di stabilità per il triennio 2012 – 2014, le iniziative legislative necessarie ai fini del conseguimento degli obiettivi di riduzione di spesa fissati nella tabella allegata al decreto. Ai fini del rispetto degli obiettivi medesimi, gli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica derivanti dagli interventi correttivi proposti saranno sottoposti a verifica del Ministro dell’Economia e della Finanze.
La relazione tecnica ribadisce che dall’applicazione della presente norma sono esclusi, in base a quanto disposto dal comma 1, il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, le risorse destinate alla ricerca, all’istruzione scolastica e al finanziamento del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, il Fondo Unico per lo Spettacolo e le risorse destinate alla manutenzione ed alla conservazione dei beni culturali nonché, limitatamente all’anno 2012, il Fondo per le aree sottoutilizzate.
Si sottolinea che nelle more della definizione dei suddetti interventi il Ministro dell’economia e delle finanze provvede ad accantonare e rendere indisponibile una quota delle risorse iscritte nel bilancio pluriennale dello Stato, nell'ambito delle spese rimodulabili di ciascuna Ministero. Nel caso in cui le proposte formulate dai singoli Ministri non risultino adeguate al conseguimento degli obiettivi di risparmio assegnati, con la legge di stabilità 2012-2014, il Ministero dell’economia e delle finanze disporrà la corrispondente riduzione delle dotazioni finanziarie già accantonate, al fine di assicurare l’invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica.
La ripartizione per Ministero della riduzione di spesa prevista dalla norma è definita puntualmente nell’allegato C al disegno di legge. La ripartizione tiene conto dell’incidenza delle spese predeterminate per legge e di quelle relative al fabbisogno, iscritte nel bilancio triennale a legislazione vigente 2012-2014, con l’esclusione delle spese indicate al comma 1 dell’articolo in esame.
La relazione tecnica afferma, altresì, che gli obiettivi di risparmio, in termini di saldo netto da finanziare, sono stati individuati per ciascuna amministrazione in relazione alla distribuzione delle spese primarie rimodulabili per Ministero in ciascuno degli anni 2012-2014.
Ai fini della loro quantificazione in termini di indebitamento netto, riferisce ancora la RT, si è tenuto conto dei coefficienti medi di realizzazione della spesa, nel triennio 2008-2010, specifici di ogni Ministero e di ciascuna categoria di spesa, nonché del profilo temporale di realizzazione della spesa prevista nei tendenziali a partire dal 2012.
La RT precisa poi che, per il calcolo di tali coefficienti, si è utilizzata la percentuale degli impegni sui corrispondenti stanziamenti per la categoria dei consumi intermedi e la percentuale dei pagamenti sui corrispondenti stanziamenti per le altre categorie di spesa.
Il dettaglio delle riduzioni che ciascun Ministro deve disporre è riepilogato nella tabella allegata alla parte descrittiva delle disposizioni in esame.
In merito ai profili di quantificazione si rileva che la relazione tecnica pone in evidenza i criteri che sono stati adottati per determinare la misura delle riduzioni disposte ma non contiene alcuna indicazione circa l’effettiva sostenibilità, dal punto di vista della funzionalità amministrativa, delle riduzioni medesime. A tal proposito deve anche rilevarsi che le riduzioni degli stanziamenti disposte più volte in passato non hanno sempre prodotto i risultati sperati, essendo stati seguiti spesso da anomali "rimbalzi" della spesa negli anni successivi alla loro effettuazione.
Deve inoltre considerarsi che il prospetto riepilogativo degli effetti sui saldi attribuisce alla norma, a regime, identico effetto su tutti e tre i saldi di finanza pubblica. Ne consegue che, qualora le riduzioni siano disposte a valere anche su voci di spesa di conto capitale, appare verosimile che la misura delle riduzioni disposte sulle voci di spesa debba risultare, in termini di saldo netto da finanziare, superiore ai 5 miliardi di euro per garantire la produzione di effetti almeno pari a detti 5 miliardi sul saldo di indebitamento netto. In tale ottica il profilo della praticabilità delle riduzioni assume un ulteriore e particolare rilievo.
Si rileva, infine, che il comma 5 prevede un meccanismo compensativo volto a garantire il conseguimento degli obiettivi in termini di indebitamento netto, e non anche in termini di fabbisogno.
Articolo 10, comma 6
(Abrogazione dell’articolo 8, comma 5 del
decreto legge n. 78/2010 in materia di razionalizzazione e riduzione delle
spese per consumi intermedi delle amministrazioni dello Stato)
6. Il comma 5 dell'articolo 8 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è abrogato.
Il comma 6 dell'articolo 10 dispone l'abrogazione dell’articolo 8, comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2010[62], che recava disposizioni volte ad ottimizzare la spesa per consumi intermedi delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato al fine di conseguire una riduzione annua della medesima spesa in misura pari al 3 per cento nel 2012 e al 5 per cento a decorrere dal 2013 rispetto alla spesa del 2009.
In particolare, la norma prevedeva che il Ministero dell'economia, entro il 31 marzo 2011, fornisse criteri di riferimento ed indicazioni per l'efficientamento della spesa, sulla base della rilevazione effettuata utilizzando le informazioni ed i dati forniti dalle Amministrazioni, nonché sulla base del programma di razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi.
La Consip S.p.a. doveva fornire supporto a tale iniziativa, potendo prendere in considerazione le eventuali proposte formulate dai nuclei interministeriali di analisi e valutazione della spesa.
Entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge n. 78 (31 luglio 2010) la norma abrogata prevedeva l’adozione da parte del Ministero dell’economia e finanze di una circolare volta a fissare schemi nonché modalità di trasmissione per la comunicazione al medesimo Ministero da parte delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato di dati ed informazioni sulle voci di spesa per consumi intermedi.
La circolare in oggetto è stata adottata in data 22 dicembre 2010.
Sulla base dei criteri e delle indicazioni fornite dal Ministero dell’economia e finanze, le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato erano tenute ad elaborare piani di razionalizzazione finalizzati a ridurre la spesa annua per consumi intermedi del 3 per cento nel 2012 e del 5 per cento a decorrere dal 2013 rispetto alla spesa del 2009 al netto delle assegnazioni per il ripiano dei debiti pregressi di cui all'articolo 9 del decreto-legge n. 185 del 2008.
I piani dovevano essere trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze entro il 30 giugno 2011 ed attuati dalle predette amministrazioni al fine di garantire i risparmi previsti.
In caso di mancata elaborazione o comunicazione dei piani, si sarebbe operata riduzione del 10 per cento degli stanziamenti relativi alla predetta spesa.
In caso di mancato rispetto degli obiettivi del piano, le risorse dell'Amministrazione inadempiente sarebbero state ridotte dell'8 per cento rispetto allo stanziamento dell'anno 2009.
Il comma, infine, prevedeva un aggiornamento annuale del piano di razionalizzazione affinché la spesa complessiva non superasse il limite fissato.
Il prospetto riepilogativo non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.
La relazione tecnica non considera la norma.
Si rammenta che la relazione tecnica riferita all’articolo 8, comma 5, del decreto legge n. 78/2010, in via prudenziale non attribuiva effetti all'attuazione delle disposizioni medesime. Si considerava preferibile verificare a consuntivo l'effettiva riduzione della spesa conseguita in esito al complessivo piano di razionalizzazione a cui comunque erano tenute le amministrazioni.
In merito ai profili di quantificazione, si rileva che, sebbene a suo tempo non siano stati contabilizzati risparmi con riferimento alla norma di cui si dispone l’abrogazione, i tendenziali di spesa potrebbero essere stati determinati ovvero aggiornati anche in relazione alla concreta applicazione della disposizione a cura di una o più amministrazioni. Pertanto la sua abrogazione potrebbe determinare il venir meno di comportamenti virtuosi già assunti dalle amministrazioni interessate e che hanno comportato un adeguamento delle previsioni di bilancio già dal 2011.
Articolo 10, comma 7
(Definanziamento delle leggi di spesa
non utilizzate nell’ultimo triennio)
7. Le autorizzazioni di spesa i cui stanziamenti annuali non risultano impegnati sulla base delle risultanze del Rendiconto generale dello Stato relativo agli anni 2008, 2009 e 2010 sono definanziate. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 settembre 2011 sono individuate per ciascun Ministero le autorizzazioni di spesa da definanziare e le relative disponibilità esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Le disponibilità individuate sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al fondo ammortamento dei titoli di Stato.
Il comma 7 dell'articolo 10 dispone il definanziamento delle autorizzazioni di spesa i cui stanziamenti annuali, iscritti nel bilancio dello Stato relativamente agli esercizi 2008, 2009 e 2010, sulla base delle risultanze del rendiconto generale dello Stato dei relativi esercizi finanziari, risultano non impegnati.
La norma sembra far riferimento, come precisato nella relazione tecnica, a quelle autorizzazioni di spesa i cui stanziamenti annuali, in quanto non impegnati, abbiano costituito economie di bilancio in ciascuno degli esercizi finanziari 2008, 2009 e 2010.
Tali autorizzazioni di spesa da definanziare sono individuate, per ciascun Ministero, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, entro il 30 settembre 2011, successivamente, quindi, alla definizione degli stanziamenti suddetti in sede di consuntivo 2010[63].
Nel citato D.P.C.M. saranno indicate le effettive disponibilità finanziarie esistenti, per ciascuna autorizzazione legislativa, alla data di entrata in vigore del provvedimento.
Le disponibilità finanziarie, come individuate dal D.P.C.M., sono destinate al fondo ammortamento titoli di Stato, previa rassegnazione all’entrata del bilancio dello Stato.
Il Fondo ammortamento titoli di Stato, istituito dalla legge 27 ottobre 1993, n. 432 con l’obiettivo di destinare i proventi delle operazioni di privatizzazione alla riduzione del debito pubblico, è attualmente disciplinato dal D.Lgs. 30 dicembre 2003, n. 396 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di debito pubblico” (Testo A), Capo III del Titolo I (artt. 44-52).
Per quanto concerne i meccanismi di funzionamento del Fondo si ricorda che inbase all’art. 48 del D.P.R. n. 397/2003 le disponibilità che affluiscono al Fondodebbono essere interamente impiegate nell'acquisto di titoli di Stato o nel rimborso di titoli in scadenzaa decorrere dal 1995, nonché per l'acquisto di partecipazioni azionarie possedute da società delle quali il Tesoro sia unico azionista, ai fini della loro dismissione.
Le risorse finanziarie di cui il Fondo può disporre sono individuate dall’art. 45 del D.Lgs. n. 396/2003 in:
a) titoli di Stato corrisposti dagli acquirenti come prezzo dovuto per la vendita di beni del patrimonio immobiliare ovvero di partecipazioni dello Stato;
b) proventi relativi alla vendita di partecipazioni dello Stato; sono in ogni caso esclusi i proventi derivanti dalle dismissioni immobiliari;
c) gettito derivante da entrate straordinarie dello Stato;
d) eventuali assegnazioni da parte del Ministero dell’economia e delle finanze;
e) proventi derivanti da donazioni o da disposizioni testamentarie, comunque destinate al conseguimento delle finalità del Fondo;
f) proventi derivanti dalla vendita di attività mobiliari e immobiliari confiscate dall'autorità giudiziaria e corrispondenti a somme sottratte illecitamente alla pubblica amministrazione.
Le somme destinate al Fondo affluiscono all’entrata del bilancio dello Stato, per essere poi trasferite ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’economia (capitolo 9565 dell’UPB 26.2.9) ed essere, infine, accreditate presso la Banca d'Italia, in un conto intestato appunto al Fondo.
Si ricorda che una misura analoga era contenuta nell’articolo 1 del D.L. n. 78/2010[64], il quale ha disposto il definanziamento delleautorizzazioni di spesa i cui stanziamenti annuali, iscritti nel bilancio dello Stato relativamente agli esercizi 2007, 2008 e 2009, sulla base delle risultanze del rendiconto generale dello Stato dei relativi esercizi finanziari, risultavano non impegnati.
Anche in tal caso, la norma prevedeva l’assegnazione delle disponibilità al Fondo ammortamento titoli di Stato. Successivamente, in deroga a quanto previsto dalla norma originaria, il D.L. n. 225/2010 (c.d. milleproroghe) ha disposto che le disponibilità di bilancio relative alle suddette autorizzazioni di spesa definanziate – quantificate nella relazione tecnica del provvedimento in 49,5 milioni di euro - fossero destinate al Fondo esigenze urgenti ed indifferibili (a tale riguardo, si veda la scheda di lettura relativa all’articolo 13, comma 2).
Profili finanziari
Il prospetto riepilogativo non considera la norma.
La relazione tecnicaafferma che la norma dispone il definanziamento delle autorizzazioni di spesa i cui stanziamenti annuali costituiscono integralmente economie di bilancio con riferimento a ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, sulla base dei dati del Rendiconto generale dello Stato. Tali autorizzazioni di spesa sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, successivamente alla definizione del Consuntivo 2010, entro il 30 settembre 2011. Con il suddetto DPCM verranno altresì individuate le disponibilità esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legge, da versare all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al fondo ammortamento dei titoli Stato.
Dalla suddetta norma, prosegue la RT, potrebbero derivare benefici sui saldi di finanza pubblica, peraltro al momento non quantificabili, per quanto riguarda le autorizzazioni pluriennali, individuate con DPCM per effetto della soppressione delle annualità di competenza dal 2012 in poi, nonché, in generale, per effetto della destinazione delle eventuali risorse disponibili per l’anno 2011 al fondo ammortamento titoli, con conseguente riduzione della spesa per interessi e dello stock del debito pubblico.
In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare tenuto conto che le disposizioni sono suscettibili di determinare effetti di risparmio, non quantificati dalla RT e, quindi, non scontati nei saldi.
Articolo 10, commi 8-10
(Disposizioni sui residui: riduzione del
termine di perenzione, procedura di ricognizione e abrogazione di norme
di conservazione dei residui di stanziamento)
8. All'articolo 36 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, i commi dal primo al terzo sono sostituiti dai seguenti:
"I residui delle spese correnti e delle spese in conto capitale, non pagati entro il secondo esercizio successivo a quello in cui è stato iscritto il relativo stanziamento, si intendono perenti agli effetti amministrativi. Le somme eliminate possono riprodursi in bilancio con riassegnazione ai pertinenti capitoli degli esercizi successivi.
Le somme stanziate per spese in conto capitale non impegnate alla chiusura dell'esercizio costituiscono economie di bilancio ad esclusione degli stanziamenti iscritti in forza di disposizioni legislative entrate in vigore nell'ultimo quadrimestre dell'esercizio precedente che possono essere mantenuti in bilancio, quali residui, non oltre l'esercizio successivo a quello cui si riferiscono.
Le somme che hanno costituito economie, relative alla prima annualità di una autorizzazione di spesa pluriennale, con l'esclusione delle autorizzazioni di spesa permanenti e dei fondi del personale, del fondo occupazione, del fondo opere strategiche e del fondo per le aree sottoutilizzate, possono essere reiscritte con la legge di bilancio, per un solo esercizio finanziario, nella competenza dell'esercizio successivo a quello terminale dell'autorizzazione medesima.".
9. Il comma 39 dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 2007 n. 244, è sostituito dal seguente:
"39. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati, è quantificato l'ammontare delle somme iscritte nel conto dei residui da eliminare ai sensi del comma 38, che sono conseguentemente versate dalle amministrazioni interessate all'entrata del bilancio dello Stato, nonché l'ammontare degli stanziamenti da iscrivere, nel limite massimo del 50 per cento dei versamenti, compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica e comunque nei limiti degli effetti positivi stimati in ciascun anno in termini di indebitamento netto conseguenti alla eliminazione dei residui, in apposito fondo da istituire nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per il finanziamento di nuovi programmi di spesa o di quelli già esistenti.
L'utilizzazione del fondo è disposta con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro interessato, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.".
10. Sono abrogate, a decorrere dal 1° gennaio 2012, tutte le norme che dispongono la conservazione nel conto dei residui, per essere utilizzate nell'esercizio successivo, di somme iscritte negli stati di previsione dei Ministeri, non impegnate ai sensi dell'articolo 34 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, al termine dell'esercizio precedente, con l'esclusione delle norme relative ai fondi del personale, al fondo occupazione, al fondo opere strategiche e al fondo per le aree sottoutilizzate.
I commi da 8 a 10 recano disposizioni di modifica della disciplina sui termini di perenzione dei residui passivi, contenuta nell’articolo 36 del regio decreto n. 2440 del 1923, della procedura di ricognizione annuale degli stessi, nonché abrogazioni di norme che dispongono la conservazione in deroga dei residui di stanziamento.
Si evidenzia che il decreto legge n. 138/2011, all’articolo 1, comma 33-bis, è nuovamente intervenuto sulla disciplina contenuta nell’articolo 36 del regio decreto, con particolare riferimento al mantenimento in bilancio delle somme non impegnate di conto capitale (cd. residui di stanziamento),ripristinando in sostanza la normativa originaria del Regio decreto vigente prima dell’intervento del decreto legge n. 98 in esame.
Modifica dei termini di conservazione in bilancio di somme (commi 8 e 10)
Il comma 8 dell'articolo 10 – mediante una novella ai primi tre commi dell'articolo 36 del regio decreto n. 2440 del 1923[65] - dispone innanzitutto la riduzione del termine per la perenzione dei residui passivi propri di conto capitale, che viene pertanto uniformato al termine già previsto per la perenzione dei residui passivi di parte corrente.
Più in dettaglio, secondo la nuova formulazione del primo comma del citato articolo 36, il termine di perenzione dei residui passivi propri di conto capitale (ossia il termine di iscrizione in bilancio delle somme di conto capitale impegnate ma non pagate nel corso degli esercizi precedenti, i c.d. residui propri[66]), viene equiparato al termine già previsto per le spese di parte corrente e, dunque, ridotto da tre[67] a due anni.
Si ricorda che la perenzione amministrativa consiste nell'eliminazione dalla contabilità finanziaria dei residui passivi, una volta decorso un determinato lasso di tempo. La perenzione, fino alla decorrenza dei termini per la prescrizione, non comporta la decadenza del diritto del creditore: nel momento in cui deve essere effettuato il relativo pagamento, le somme di volta in volta occorrenti devono essere reiscritte in bilancio per essere pagate (D.P.R. 24 aprile 2001, n. 270).
La novella apportata all'articolo 36, primo comma, prevede altresì la soppressione della disposizione che consentiva, per i residui di spese correnti concernenti spese per lavori, forniture e servizi, di essere mantenuti in bilancio fino al terzo esercizio successivo a quello in cui era stato iscritto il relativo stanziamento. Anche per tali residui, pertanto, il termine di perenzione viene portato a due anni.
Il comma 8, novellando il secondo comma dell'articolo 36 del Regio Decreto n. 2440 del 1923, prevede che le somme stanziate per spese in conto capitale non impegnate alla chiusura dell'esercizio costituiscano economie di bilancio, eliminando così la possibilità – prevista dalla norma originaria dell’articolo 36 - di conservazione in bilancio degli stanziamenti relativi a spese in conto capitale che, entro la fine dell’esercizio finanziario di competenza, non risultassero impegnati (residui di stanziamento).
Fanno eccezione soltanto gli stanziamenti iscritti in forza di disposizioni legislative entrate in vigore nell'ultimo quadrimestre del precedente esercizio, che possono essere mantenuti in bilancio come residui non oltre l'esercizio successivo a quello cui si riferiscono.
Si segnala che il decreto legge n. 138/2001 (articolo 1, comma 33-bis), è intervenuto su tale disposizione, ripristinando quanto disposto dalla disciplina contabile previgente al decreto n. 98[68] in commento, cioè la possibilità che i residui di stanziamento di conto capitale possano essere mantenuti in bilancio per l’esercizio successivo a quello cui si riferiscono.
Infine, il comma 8 in commento – attraverso nuova formulazione del terzo comma dell’articolo 36 del Regio Decreto n. 2440 del 1923 – ha introdotto una norma volta a consentire la reiscrizione in bilancio di somme che hanno costituito economie, con riferimento alla prima annualità di una autorizzazione di spesa pluriennale.
Tali somme possono essere reiscritte con la legge di bilancio, per un solo esercizio finanziario, nella competenza dell’esercizio successivo a quello terminale della stessa autorizzazione. Tale possibilità non si applicava tuttavia alle autorizzazioni di spesa permanenti e dei fondi del personale, del fondo occupazione, del fondo opere strategiche e del fondo per le aree sottoutilizzate[69].
Il decreto legge n. 138/2001,articolo 1, comma 33-bis, in linea con il suo intervento normativo relativo ai residui di stanziamento, ha abrogato la disposizione sopra commentata.
Il comma 10dispone l'abrogazione, a decorrere dal 1° gennaio 2012, di tutte le norme che dispongono la conservazione nel conto dei residui di somme iscritte negli stati di previsione dei Ministeri, non impegnate ai sensi dell’articolo 34 della legge di contabilità, al termine dell'esercizio precedente, ai fini del loro utilizzo nell'esercizio successivo.
Revisione del programma di ricognizione dei residui da eliminare in bilancio (comma 9)
Il comma 9 dell'articolo 10 riformula il comma 39 dell’articolo 3 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), che reca le modalità di quantificazione dell’ammontare degli stanziamenti iscritti in conto residui che ogni anno devono essere eliminati dal bilancio, a seguito di apposito programma di ricognizione, e le modalità di successivo utilizzo.
Si ricorda che con i commi 37-39 dell’articolo 3 della legge n. 244 del 2007 è stata avviata una riqualificazione del bilancio dello Stato attraverso un programma di ricognizione dei residui passivi.
In particolare, il comma 37 ha previsto che, con cadenza triennale, a partire dal 2008, si debba effettuare l'analisi e la valutazione dei residui passivi propri di conto capitale, consistenti in somme riferibili ad impegni registrati dalle amministrazioni in base ad atti formali[70], al fine di verificare la permanenza dei presupposti per il loro mantenimento in bilancio, cioè l’esistenza di obbligazioni giuridicamente perfezionate.
Il comma 38 ha dettato le modalità con le quali opera la suddetta ricognizione. In particolare, si prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con le amministrazioni interessate, promuova un programma di ricognizione dei residui passivi, da attuare in seno alla Conferenza permanente tra i rappresentanti degli uffici centrali del bilancio e quelli dei corrispondenti uffici delle amministrazioni interessate, istituita presso ciascun ufficio centrale del bilancio. Il programma di ricognizione deve concludersi entro il 30 aprile, con l'individuazione dei residui passivi per i quali non ricorrono più i presupposti (cioè l’esistenza di un’obbligazione giuridicamente perfezionata sottostante) per il loro mantenimento in bilancio.
Il comma 39 - nel testo vigente anteriormente alle modifiche ad esso apportate dal provvedimento in esame - ha previsto che, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati, venga quantificato:
§ l’ammontare degli stanziamenti in conto residui da eliminare ai sensi del comma precedente, che devono essere conseguentemente versati dalle amministrazioni interessate all’entrata del bilancio dello Stato;
§ l’ammontare degli stanziamenti da iscrivere in appositi fondi da istituire negli stati di previsione delle amministrazioni medesime per il finanziamento di nuovi programmi di spesa o di quelli già esistenti. L’utilizzazione di tali fondi doveva essere disposta con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro interessato, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.
Le modifiche apportate dalla norma in esame al comma 39 dell’articolo 3 della legge n. 244 del 2007 sono sostanzialmente le seguenti:
a) viene introdotto un limite massimo, pari del 50 per cento dei versamenti, all’ammontare degli stanziamenti da iscrivere in bilancio;
b) si prevede che i suddetti stanziamenti siano iscritti in apposito fondo da istituire nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per il finanziamento di nuovi programmi di spesa o di quelli già esistenti.
Quest'unico fondo va pertanto a sostituire la pluralità di fondi che - secondo la norma previgente - andavano appositamente istituiti negli stati di previsione delle amministrazioni interessate.
Profili finanziari
Il prospetto riepilogativo ascrive i seguenti effetti al comma 8, relativo alla riduzione del termine di perenzione dei residui dai tre ai due anni.
(milioni di euro)
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Saldo netto da finanziare |
Fabbisogno |
Indebitamento netto |
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Art. 10, comma 8 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
Minori spese conto capitale |
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500 |
500 |
500 |
|
500 |
500 |
500 |
La relazione tecnica, con riferimento al comma 8, ribadisce che il dispositivo prevede, al primo periodo, una modifica dei termini di perenzione dei residui sia di parte corrente (quelli con termine triennale di conservazione) che in conto capitale, che segue quella che ha interessato le sole spese in conto capitale intervenuta con l'articolo 3, comma 36, della legge 244 del 2007. Tale modifica uniforma a due anni i termini di perenzione sia per le spese di parte corrente che per quelle di conto capitale.
La modifica proposta unifica i suddetti termini di perenzione e comporta un effetto positivo sul fabbisogno e sull’indebitamento netto connesso ad una rideterminazione dei flussi di cassa del bilancio dello Stato.
Detto effetto consegue all’eliminazione dal conto del bilancio, a partire dall’anno 2012, dei residui passivi provenienti dal terzo esercizio precedente a quello di iscrizione della competenza.
Nel 2012, pertanto, nel conto dei residui non saranno più iscritti quelli relativi agli stanziamenti provenienti dalla competenza 2009, che troveranno registrazione nel conto del patrimonio, da cui verranno cancellati o per reiscrizione in bilancio con prelevamento dagli specifici fondi di parte corrente e di conto capitale o per prescrizione.
La disposizione in esame ha, innanzitutto, effetto sui residui passivi provenienti dall’anno 2009, i quali senza la modifica che si propone cadrebbero in perenzione al 1° gennaio 2013.
Pertanto, l’effetto positivo che potrebbe essere considerato in conseguenza della riduzione da tre anni a due anni del termine di perenzione è dato dall’ammontare dei presumibili pagamenti in conto residui che si sarebbero effettuati il terzo anno successivo al momento dell’iscrizione in bilancio della relativa competenza. Quindi la norma determina effetti a partire dall’anno 2012.
Per quanto concerne le spese correnti con termine di conservazione triennale dei residui, l’ammontare delle erogazioni effettuate nel 2010 (vedi successiva tabella), che rappresenta l’ultimo anno in cui potevano essere eseguiti i pagamenti degli stanziamenti di competenza 2007 (ultimo esercizio per il quale è disponibile il dato del pagato dell’ultimo anno del triennio di conservazione dei residui), è pari a circa 154,8 milioni di euro. Guardando anche al medesimo dato con riferimento alle dotazioni di competenza 2006 e 2005, si può ipotizzare un valore medio di circa 150 milioni euro.
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PAGAMENTO RESIDUI con term. conserv. a 3 anni - TITOLO I (migliaia di Euro) |
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2005 |
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
|
2004 |
1.116.230 |
408.937 |
297.553 |
0 |
|
|
2005 |
|
1.206.955 |
497.849 |
199.109 |
0 |
0 |
2006 |
|
|
1.051.039 |
310.482 |
106.005 |
0 |
2007 |
|
|
|
1.037.752 |
333.625 |
154.806 |
2008 |
|
|
|
|
1.093.139 |
386.859 |
2009 |
|
|
|
|
|
1.180.569 |
Tuttavia, nell’ambito delle spese correnti, non tutte hanno un impatto o un impatto diretto in termini di indebitamento netto, per cui considerando quelle aventi un impatto diretto e per un terzo quelle con impatto indiretto potrebbe ipotizzarsi un effetto di risparmio di circa 50 milioni di euro. Peraltro, per motivi prudenziali e in considerazione dell’entità dell’importo, si reputa opportuno non considerare le spese correnti ai fini della valutazione.
Per le spese in conto capitale, cautelativamente, è opportuno considerare, come dato del pagato in conto residui dell’ultimo anno del termine triennale di conservazione dei residui, la competenza dell’anno 2007.
Infatti, proprio per gli stanziamenti di quell’anno il termine triennale di conservazione dei residui trovò applicazione sin dall’inizio del periodo di conservazione stesso. Invece, per gli stanziamenti di competenza degli esercizi precedenti l’applicazione del suddetto termine triennale, introdotto con la legge n. 244 del 2007, intervenne su un termine di conservazione dei residui che era di sette anni.
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PAGAMENTO RESIDUI con term. conserv. a 3 anni - TITOLO II (migliaia di Euro) |
|||
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
|
2004 |
1.660.541 |
108 |
0 |
0 |
2005 |
3.952.750 |
3.139.163 |
0 |
|
2006 |
7.355.640 |
3.759.674 |
3.356.345 |
0 |
2007 |
|
15.033.860 |
8.417.199 |
1.972.218 |
2008 |
|
|
9.995.522 |
5.685.817 |
2009 |
|
|
|
13.735.577 |
L’ammontare dei pagamenti considerati è, quindi, pari a circa 2 miliardi di euro (euro 1.972.218.386). Poiché non tutte le categorie di spesa hanno impatto diretto o meno sull’indebitamento netto, con riferimento a tale dato si è riscontrato che quelle aventi un impatto diretto incidono per poco meno della metà (47,3%, ossia circa 933 milioni di euro). Prudenzialmente, anche per tener conto di eventuali accelerazioni nelle dinamiche dei pagamenti, non vengono considerati gli effetti derivanti dai pagamenti dei residui delle spese aventi impatto indiretto sull’indebitamento netto, che incidono per poco più della metà (50,3%, ossia circa 993 milioni di euro).
Ipotizzando, che circa un miliardo di euro possa rappresentare l’importo dei pagamenti da considerare con riferimento alla competenza di bilancio 2009 ed esercizi successivi e tenuto conto che la riduzione del termine di perenzione comporta anche l’opportunità di una rideterminazione della dotazione dei fondi per la reiscrizione dei residui passivi perenti per un importo di 500 milioni di euro in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio per il triennio 2012-2014, l’effetto finale della disposizione si attesta a circa 500 milioni di euro a decorrere dal 2012.
Il successivo secondo periodo del comma 8, nell’ambito delle modifiche dei primi tre commi dell’articolo 36 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, di contabilità generale dello Stato, salva la parte della precedente normativa che consentiva il mantenimento degli stanziamenti iscritti in forza di disposizioni legislative entrate in vigore nell'ultimo quadrimestre dell'esercizio precedente. Tali somme possono essere mantenute tra i residui, non oltre l'esercizio successivo a quello cui si riferiscono.
Inoltre, al terzo periodo del medesimo comma 8 viene introdotta una disposizione volta ad assicurare maggiore flessibilità, che consente la reiscrizione delle somme che hanno costituito economie, relative alla prima annualità di una autorizzazione di spesa pluriennale, con la legge di bilancio, per un solo esercizio finanziario, nella competenza dell’esercizio successivo a quello terminale dell’autorizzazione medesima.
Tale disposizione non si applica per le autorizzazioni di spesa permanenti, nonché per i fondi del personale, per il fondo occupazione, per il fondo opere strategiche e per il fondo per le aree sottoutilizzate. Per tali fondi, continuano ad applicarsi le attuali disposizioni di conservazione in deroga.
La norma di flessibilità assume particolare rilevanza, tenuto conto che, con l’espressa esclusione delle norme relative ai richiamati fondi, al successivo comma 10, di seguito descritto, viene prevista l’abrogazione di tutte le norme di conservazione in deroga al principio generale della competenza finanziaria di cui all’art. 34 della legge 196 del 2009, in base alla quale le somme non impegnate costituiscono economia di bilancio.
In tal modo appare possibile moderare gli effetti della predetta cancellazione tout court delle norme di conservazione, attraverso l’introduzione di un meccanismo non automatico di allungamento dei termini temporali delle norme pluriennali, nel caso di un avvio posticipato di un anno degli interventi ivi previsti, qualora si ritenga possibile completare l’intervento stesso nell’anno successivo a quello terminale stabilito dalla legislazione vigente.
Tale possibilità, ovviamente, è suscettibile di determinare, in astratto, uno slittamento degli effetti finanziari delle norme pluriennali e dunque un peggioramento dei saldi di bilancio per gli anni successivi a quelli relativi all’originaria iscrizione in bilancio, che tuttavia può considerarsi sostanzialmente compensato negli anni dagli effetti positivi determinati dalla riduzione della massa spendibile, conseguente alla cancellazione dei residui non impegnati.
Per quanto sopra esposto, la RT ritiene di non dover cogliere effetti sui saldi derivanti dalla richiamata normativa, né per quanto concerne la costituzione delle economie di bilancio, né per quanto riguarda la possibilità di reiscrivere quote di economie con la legge di bilancio, dopo l’esercizio terminale delle autorizzazioni in questione.
Con riferimento al comma 9, la relazione afferma che la disposizione prevede la modifica della procedura di ricognizione dei residui prevista annualmente con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati. Tali modifiche attengono alla limitazione del 50 per cento del limite massimo dei versamenti all’entrata del bilancio dello Stato delle somme iscritte nel conto dei residui, da eliminare e conseguentemente versate dalle amministrazioni interessate, nonché alla iscrizione di tali risorse in un apposito fondo da istituire presso il Ministero dell’economia e delle finanze per il finanziamento di nuovi programmi di spesa o di quelli già esistenti.
Premesso che la suddetta procedura al momento non è stata ancora attuata, la RT conclude che tali modifiche non determinano effetti peggiorativi sui saldi di finanza pubblica in quanto di fatto possono soltanto derivare una eventuale diminuzione delle risorse disponibili per i finanziamenti previsti e si esplicano, in sostanza, in un diverso procedimento per l’utilizzo degli stessi.
Con riferimento al comma 10, la RT riferisce che, per quanto riguarda l’impatto della suddetta normativa sui saldi, la norma dispone l’eliminazione dal bilancio, alla data dell’1/1/2012, di tutte le somme iscritte tra i residui di stanziamento e l’abrogazione di tutte le norme di conservazione in deroga potrebbe determinare effetti positivi, che peraltro vengono almeno parzialmente controbilanciati dalla norma di flessibilità di cui al successivo comma 14.
Pertanto, conclude la RT, non si rilevano effetti sui saldi.
In merito ai profili di quantificazione, con riferimento alla disposizione del comma 8 relativa alla possibilità di prolungamento dei termini temporali di spese pluriennali, si rileva che la stessa RT considera tale disposizione suscettibile di produrre, per gli esercizi successivi a quelli terminali dei singoli stanziamenti, effetti di maggiore spesa rispetto a quella già scontata nei tendenziali. Pertanto, pur prendendo atto dell’affermazione contenuta nella stessa RT - secondo la quale detta onerosità risulterebbe sostanzialmente compensata dagli effetti positivi prodotti dalla cancellazione dei residui non impegnati – la complessiva incidenza sui saldi della disposizione in esame andrebbe comunque valutata anche sulla base di dati quantitativi.
Con riferimento al comma 9, si osserva che la definizione del limite del 50% per il riversamento alla spesa delle somme in conto residui da eliminare è suscettibile di determinare maggiori economie di bilancio nel presupposto che, in base all’attuale legislazione - che non contempla detto limite - la percentuale di devoluzione alla spesa possa risultare maggiore della predetta quota. In base a tale presupposto non si hanno osservazioni da formulare, anche in considerazione del fatto che gli effetti positivi prefigurati dalla RT non risultano scontati ai fini dei saldi di finanza pubblica.
Infine, per quanto attiene al comma 10, si osserva che la relazione tecnica afferma che la disposizione potrebbe determinare effetti positivi, “che peraltro vengono almeno parzialmente controbilanciati dalla norma di flessibilità di cui al successivo comma 14”. Pertanto la RT non rileva effetti sui saldi. In proposito, non appaiono chiari i meccanismi attraverso i quali la procedura di cui al comma 14 - che consente esclusivamente variazioni compensative tra autorizzazioni di spesa riferite a programmi diversi, da realizzare “nel rispetto dell’invarianza dei saldi di finanza pubblica” - possa produrre effetti di segno opposto rispetto a quelli derivanti dalle disposizioni in esame e tali da bilanciare in parte questi ultimi.
Non può escludersi che il riferimento al comma 14, contenuto nella RT, possa essere frutto di un refuso; più pertinente sembrerebbe infatti il riferimento al comma 8 che, all’ultimo periodo, prevede uno slittamento di termini di autorizzazioni di spesa. Detta disposizione è infatti suscettibile di produrre un impatto sui saldi, che, in base alla stessa RT, risulterebbe compensato dalla cancellazione dei residui non impegnati.
11. Ai fini dell'attuazione dell'articolo 34, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, gli uffici centrali del bilancio e le ragionerie territoriali dello Stato per le spese decentrate verificano, ai fini della registrazione dell'impegno, l'effettiva sussistenza dell'obbligazione giuridicamente perfezionata, identificando lo specifico atto o contratto cui conseguono l'obbligo dello Stato ed il correlativo diritto di terzi.
12. In presenza di uno scostamento rilevante dagli obiettivi indicati per l'anno considerato dal Documento di economia e finanza e da eventuali aggiornamenti, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari, il Ministro dell'economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, può disporre con proprio decreto, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, la limitazione all'assunzione di impegni di spesa o all'emissione di titoli di pagamento a carico del bilancio dello Stato, entro limiti percentuali determinati in misura uniforme rispetto a tutte le dotazioni di bilancio, con esclusione delle cosiddette spese obbligatorie ai sensi dell'articolo 21, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Contestualmente alla loro adozione, i decreti di cui al comma 39 dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, corredati da apposite relazioni, sono trasmessi alle Camere.
13. Per le medesime finalità di cui al comma 12, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro vigilante, può disporre, con uno o più decreti, la riduzione delle spese di funzionamento degli enti e organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato, inclusi nell'elenco Istat ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Sono esclusi gli enti territoriali, gli enti da questi vigilati e gli organi costituzionali. Gli organi interni di revisione e di controllo vigilano sull'applicazione di tale decreto, assicurando la congruità delle conseguenti variazioni di bilancio. Il maggiore avanzo derivante da tali riduzioni è indisponibile; con successivo decreto può essere reso disponibile.
I commi da 11 a 13 dell'articolo 10 recano disposizioni in materia di impegni di spesa.
In particolare, il comma 11 prevede l’obbligo per gli uffici centrali del bilancio e le ragionerie territoriali dello Stato per le spese decentrate di verificare, ai fini della registrazione dell’impegno di spesa, l’effettiva sussistenza dell’obbligazione giuridicamente perfezionata che, ai sensi della legge di contabilità (articolo 34, comma 2, legge 196/2009) deve essere ad esso sottostante, identificando l'atto o il contratto da cui consegue l’obbligo dello Stato ed il conseguente diritto di terzi.
Si ricorda che l'articolo 34 della legge n. 196 del 2009 disciplina la materia degli impegni. Esso prevede che i dirigenti, nell'ambito delle attribuzioni ad essi demandate per legge, impegnano ed ordinano le spese nei limiti delle risorse assegnate in bilancio.
Il comma 2 citato stabilisce, in particolare, che formano impegni sugli stanziamenti di competenza le sole somme dovute dallo Stato a seguito di obbligazioni giuridicamente perfezionate.
I commi 12 e 13 prevedono la possibilità di limitare l'assunzione di impegni in determinate circostanze.
Il comma 12 stabilisce che il Ministro dell'economia e delle finanze - in presenza di uno scostamento rilevante rispetto agli obiettivi indicati per l'anno considerato dal Documento di economia e finanza (c.d. DEF) e da eventuali aggiornamenti - previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, con proprio decreto da pubblica in Gazzetta ufficiale, possa disporre la limitazione:
§ all'assunzione di impegni di spesa
§ all'emissione di titoli di pagamento a carico del bilancio dello Stato.
Il blocco può essere disposto entro limiti percentuali determinati in misura uniforme rispetto a tutte le dotazioni di bilancio.
Dal blocco sono comunque escluse le cosiddette spese obbligatorie ai sensi dell’articolo 21, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196[71].
Contestualmente alla loro adozione, i decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, di cui all’articolo 3, comma 39 della legge finanziaria 2008 (legge n. 244/2007), con i quali è quantificato l’ammontare degli stanziamenti in conto residui da eliminare, corredati da apposite relazioni, sono trasmessi alle Camere.
E’ presumibile che il richiamo qui effettuato a tali decreti - disciplinati dall’articolo 3, comma 39 della legge n. 244/2007, disposizione peraltro modificata dal precedente comma 12 dell’articolo 10 del decreto in esame - si debba intendere nel senso che, in tali decreti - in sede di quantificazione dei residui da eliminare- sono indicate le somme per cui è stato disposto il blocco degli impegni.
La relazione tecnica afferma che il meccanismo del blocco degli impegni e dei pagamenti sopra delineato ripropone per la massima parte l’analoga misura contenuta nell’articolo 1, comma 3, del decreto legge n. 194/2002[72].
Si segnala che l’articolo articolo 1 comma 7 del decreto legge n. 138/2011 ha introdotto un secondo periodo al comma 12 in esame, il quale stabilisce che, nella ipotesi prevista dal primo periodo del comma, ovvero, nel caso di mancato conseguimento degli obiettivi di risparmio stabiliti per i Ministeri, l'amministrazione competente dispone, nel rispetto degli equilibri di bilancio pluriennale, su comunicazione del Ministero dell'economia e delle finanze, la riduzione della retribuzione di risultato dei dirigenti responsabili nella misura del 30%.
Il comma 13 prevede che, per le medesime finalità di cui al comma precedente (ossia, si presume, nell'ipotesi di uno scostamento rilevante rispetto agli obiettivi indicati nel DEF), il Ministro dell'economia e delle finanze possa disporre, con proprio decreto, sentito il Ministro vigilante, la riduzione delle spese di funzionamento degli enti e organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato, inclusi nell’elenco degli enti appartenenti al conto economico consolidato della pubblica amministrazione redatto dall’ISTAT, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge di contabilità (legge n. 196 del 2009)[73].
La disposizione non si applica comunque
§ agli enti territoriali;
§ agli enti vigilati dagli enti territoriali;
§ agli organi costituzionali.
Gli organismi interni di revisione e di controllo vigilano sull’applicazione di tale decreto, assicurando la congruità delle conseguenti variazioni di bilancio.
Si osserva che non è specificato con quali modalità potrà operare la riduzione delle spese di funzionamento: se in maniera uniforme per i vari enti ed organismi coinvolti (in relazione alle rispettive dotazioni di bilancio) o se saranno possibili interventi selettivi.
Il maggiore avanzo derivante dalle riduzioni di spese disposte ai sensi della norma in esame è indisponibile; è possibile tuttavia, con successivo decreto, che esso possa essere reso disponibile.
Profili finanziari
Il prospetto riepilogativo non ascrive alle disposizioni effetti sui saldi di finanza pubblica.
La relazione tecnica, in merito al comma 11, afferma che la norma non comporta effetti, in quanto prevede di fatto l’enunciazione delle attività da porre in essere per le spese decentrate ai fini dell’attuazione dell’articolo 34, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, da parte degli uffici centrali del bilancio e le ragionerie territoriali dello Stato. Tale disposizione ha l’obiettivo di definire le regole ai fini della verifica e della registrazione degli impegni, che devono essere connessi all’effettiva sussistenza di obbligazioni giuridicamente perfezionate.
Con riferimento al comma 12, la relazione afferma che il comma tratta dell’adozione di misure limitative degli impegni e dei titoli di spesa che ripropone per la massima parte le iniziative già assunte, ai sensi dell’art. 1, comma 3, del decreto-legge n. 194 del 2002, in presenza di uno scostamento rilevante dagli obiettivi indicati per l'anno considerato dal Documento di economia e finanza e da eventuali aggiornamenti, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari. Tali misure, disposte con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sono fissate entro limiti percentuali determinati in misura uniforme rispetto a tutte le dotazioni di bilancio, con esclusione delle cosiddette spese obbligatorie.
Il successivo comma 13, per le medesime finalità di cui al predetto comma 12, estende la possibilità di limitazioni, sentito il Ministro vigilante, alla riduzione delle spese di funzionamento degli enti e organismi pubblici non territoriali, con l'esclusione degli organi costituzionali, previste nei rispettivi bilanci.
Al fine di garantire il concorso di tali misure agli obiettivi del decreto in esame, il maggiore avanzo derivante delle riduzioni di cui al comma 13, è indisponibile; con successivo decreto può essere reso disponibile.
Dalle suddette disposizioni, conclude la RT, non derivano effetti immediati sui saldi di finanza pubblica.
In merito ai profili di quantificazione, con riferimento al comma 11, non si hanno osservazioni da formulare nel presupposto che le amministrazioni interessate possano effettivamente far fronte ai compiti previsti con le risorse già disponibili a legislazione vigente. Per quanto attiene ai commi 12 e 13, si osserva che le disposizioni assumono un prevalente rilievo procedurale: con specifico riferimento alla riduzione delle spese di funzionamento di enti ed organismi pubblici (comma 13), non risultano peraltro chiari i meccanismi attraverso i quali, con il concorso degli organi interni di revisione e controllo, sia assicurata la congruità delle variazioni di bilancio, in relazione ai compiti assegnati a detti enti.
14. In via sperimentale e nel rispetto dell'invarianza dei saldi di finanza pubblica, per gli anni 2012, 2013 e 2014 è consentita la possibilità di adottare variazioni compensative tra le dotazioni finanziarie relative alle spese di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nell'ambito di ciascun Ministero, anche tra programmi diversi; la misura della variazione, qualora siano interessate autorizzazioni di spesa di fattore legislativo, comunque, deve essere tale da non pregiudicare il conseguimento delle finalità definite dalle relative norme sostanziali e comunque non può essere superiore al 20 per cento delle risorse finanziarie complessivamente stanziate. La variazione è disposta con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze su proposta del Ministro competente, previo parere favorevole delle competenti commissioni parlamentari, nel caso siano interessate autorizzazioni di spesa di fattore legislativo. Resta precluso l'utilizzo degli stanziamenti di spesa in conto capitale per finanziare spese correnti. Gli schemi dei decreti di cui al precedente periodo sono trasmessi al Parlamento per l'espressione del parere delle Commissioni competenti per materia e per i profili di carattere finanziario. I pareri devono essere espressi entro quindici giorni dalla data di trasmissione. Decorso inutilmente il termine senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti possono essere adottati. I decreti perdono efficacia fin dall'inizio qualora il Parlamento non approvi la corrispondente variazione in sede di esame del disegno di legge di assestamento. Le variazioni disposte con i decreti di cui al presente comma hanno effetto esclusivamente per l'esercizio in corso.
15. Il secondo e terzo periodo dell'articolo 21, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, si interpretano nel senso che nell'ambito degli oneri inderogabili rientrano esclusivamente le spese cosiddette obbligatorie, ossia le spese relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse, le spese per interessi passivi, le spese derivanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento di mutui, nonché quelle vincolate a particolari meccanismi o parametri, determinati da leggi che regolano la loro evoluzione.
Il comma 14 dell'articolo 10 è stato abrogato dall'articolo 1, comma 02, del D.L. n. 138/2011[74].
Esso consentiva, per gli anni 2012, 2013 e 2014, in via sperimentale e nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, la possibilità di adottare variazioni compensative tra le dotazioni finanziarie relative alle spese rimodulabili del bilancio dello Stato (di cui all’articolo 21, comma 5, lettera b), della legge n. 196 del 2009[75]), nell’ambito di ciascun Ministero, anche tra programmi differenti.
La misura della variazione, qualora fossero interessate autorizzazioni di spesa di fattore legislativo, non doveva comunque pregiudicare il conseguimento delle finalità definite dalle relative norme sostanziali, e, comunque non poteva superare il limite del 20 per cento delle risorse finanziarie complessivamente stanziate.
La disposizione stabiliva, inoltre, il divieto di dequalificazione della spesa, affermando che resta precluso l'utilizzo degli stanziamenti in conto capitale per il finanziamento delle spese di parte corrente.
La procedura delineata per l'adozione delle variazioni delle dotazioni delle spese rimodulabili era la seguente:
§ la variazione veniva disposta con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente. Nell’ipotesi in cui fossero interessate autorizzazioni di spesa di fattore legislativo era previsto il previo parere favorevole delle competenti commissioni parlamentari;
§ sugli schemi di decreto era previsto il parere delle Commissioni competenti per materia e per i profili di carattere finanziario, che doveva essere espresso entro quindici giorni dalla data di trasmissione; i decreti potevano comunque essere adottati qualora fosse decorso il termine senza che le Commissioni avessero espresso i pareri di rispettiva competenza;
§ qualora il Parlamento non avesse approvato la variazione corrispondente in sede di esame del disegno di legge di assestamento, i suddetti decreti avrebbero perso efficacia fin dall’inizio.
Al riguardo, si ricorda che, secondo quanto stabilito dall'articolo 33, comma 3, della legge di contabilità, con il disegno di legge di assestamento possono essere proposte, limitatamente all'esercizio in corso, variazioni compensative tra le dotazioni finanziarie relative a programmi di una stessa missione con le modalità previste per la legge di bilancio.
Il successivo comma 15 reca una norma interpretativa dell’articolo 21, comma 6, secondo e terzo periodo, della legge di contabilità (legge n. 196/2009), il quali indicano le spese che rientrano nella categoria delle spese non rimodulabili del bilancio dello Stato.
Il comma 6 dell'articolo 21 della legge n. 196 del 2009 disciplina, nell'ambito del bilancio di previsione, le c.d. spese non rimodulabili.
Tali spese, ai sensi del primo periodo del comma, sono quelle per le quali l'amministrazione non ha la possibilità di esercitare un effettivo controllo, in via amministrativa, sulle variabili che concorrono alla loro formazione, allocazione e quantificazione. Esse, afferma il secondo periodo, corrispondono alle spese definite «oneri inderogabili», in quanto vincolate a particolari meccanismi o parametri che regolano la loro evoluzione, determinati sia da leggi sia da altri atti normativi.
Ai sensi del terzo periodo del comma 6, rientrano tra gli oneri inderogabili le cosiddette spese obbligatorie, ossia quelle relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse, le spese per interessi passivi, quelle derivanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento di mutui, nonché quelle così identificate per espressa disposizione normativa.
Per effetto della norma in esame, nell’ambito degli oneri inderogabili rientrano esclusivamente le spese cosiddette obbligatorie, ossia:
§ le spese relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse;
§ le spese per interessi passivi;
§ le spese derivanti da obblighi comunitari e internazionali;
§ le spese per ammortamento di mutui;
§ le spese vincolate a particolari meccanismi o parametri, determinati da leggi che regolano la loro evoluzione.
Profili finanziari
Il prospetto riepilogativo non ascrive alle disposizioni effetti sui saldi di finanza pubblica.
La relazione tecnica, per quanto attiene al comma 14, afferma che il dispositivo prevede, in via sperimentale e nel rispetto dell’invarianza dei saldi di finanza pubblica, la possibilità di variare, per gli anni 2012, 2013 e 2014, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, le autorizzazioni relative a spese rimodulabili anche tra programmi diversi. La finalità è quella di incrementare gli strumenti attuali di flessibilità. Attualmente infatti si registra uno scarso utilizzo delle possibilità di intervento a legislazione vigente da parte delle Amministrazioni, mediante atto amministrativo ovvero attraverso il disegno di legge di bilancio.
Ciò in quanto, precisa la RT, i trasferimenti di risorse tra centri di responsabilità richiedono l’accordo tra diversi responsabili della spesa.
La disposizione stabilisce alcuni limiti alla facoltà di adottare misure di variazione compensativa, qualora la stessa facoltà interessi autorizzazioni di spesa di fattore legislativo. Infatti, quest’ultima deve essere tale da non pregiudicare il conseguimento delle finalità definite dalle norme sostanziali e comunque non può essere superiore al 20 per cento delle risorse finanziarie complessivamente stanziate. Resta comunque escluso l'utilizzo degli stanziamenti di spesa in conto capitale per finanziare spese di natura corrente.
La procedura definita dalla norma prevede, sempre nell’ipotesi che i decreti di variazione riguardino autorizzazioni di spesa di fattori legislativi, il necessario coinvolgimento del Parlamento attraverso l’espressione di un parere da parte delle Commissioni competenti per materia e per i profili di carattere finanziario.
La RT afferma inoltre che il comma 15 introduce una norma di interpretazione autentica volta alla miglior definizione del concetto di onere inderogabile, esplicitando il contenuto dell’attuale art. 21, comma 6, della legge n. 196 del 2009, in relazione alla determinazione del perimetro delle spese obbligatorie, nell’ambito degli oneri inderogabili.
In merito ai profili di quantificazione, si rileva che le disposizioni recate dal comma 14 introducono un meccanismo di variazione compensativa tra stanziamenti di bilancio, da attuare “nel rispetto dell’invarianza dei saldi di finanza pubblica”. Non appare quindi chiaro quanto indicato nella RT riferita al comma 10, in base alla quale gli effetti positivi di quest’ultima disposizione (riguardante l’abrogazione di norme che prevedono la conservazione di somme nel conto dei residui), risulterebbero “almeno parzialmente controbilanciati dalla norma di flessibilità di cui al successivo comma 14”. In proposito si rinvia a quanto osservato con riferimento al comma 10 dell’art. 10 in esame.
Sempre in considerazione del vincolo di invarianza sui saldi, si osserva che, ai fini della verificabilità del rispetto di tale principio, in sede di presentazione alle competenti Commissioni parlamentari dei decreti di variazione – procedura questa prescritta nell’ipotesi che i decreti riguardino autorizzazioni di spesa derivanti da fattori legislativi - dovrebbero essere forniti i necessari elementi di raccordo tra le variazioni di bilancio (espresse in termini di saldo netto da finanziare) e i corrispondenti effetti in termini di fabbisogno e di indebitamento netto.
Articolo 10, comma 16
(Modifica del termine per la ricognizione
delle amministrazioni del conto della P.A. effettuata dall’Istat)
16. All'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, le parole: entro il 31 luglio" sono sostituite dalle seguenti: "entro il 30 settembre".
Il comma 16 dell'articolo 10 dispone il posticipo - dal 31 luglio al 30 settembre - del termine entro cui l'ISTAT effettua annualmente, con proprio provvedimento, la ricognizione delle amministrazioni pubbliche ai fini della legge n. 196 del 2009.
Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 196 del 2009, l'ISTAT opera annualmente, con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, la ricognizione delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato.
Ai fini della legge di contabilità, per amministrazioni pubbliche si intende l'insieme degli enti e degli altri soggetti che costituiscono il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche individuati dall'ISTAT sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti comunitari.
Per il 2011, l’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato è stato fornito con il Comunicato del 24 luglio 2010[76].
Profili finanziari
Il prospetto riepilogativo non ascrive alla disposizione effetti sui saldi di finanza pubblica.
La relazione tecnica non considera la disposizione.
In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.
17. Per provvedere all'estinzione dei crediti, maturati nei confronti dei Ministeri alla data del 31 dicembre 2010, il cui pagamento rientri, secondo i criteri di contabilità nazionale, tra le regolazioni debitorie pregresse e il cui ammontare è accertato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, anche sulla base delle risultanze emerse a seguito della emanazione della propria circolare n. 38 del 15 dicembre 2010, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 5 dell'8 gennaio 2011, il fondo di cui all'articolo 1, comma 50, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, può essere incrementato, per l'anno 2011, rispettivamente:
a) mediante utilizzo delle disponibilità, per l'anno 2011, del fondo di cui all'ultimo periodo del comma 250 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191;
b) fino ad euro 2.000 milioni di euro mediante versamento al bilancio dello Stato di una corrispondente quota delle risorse complessivamente disponibili relative a rimborsi e compensazioni di crediti di imposta, esistenti presso la contabilità speciale 1778 "Agenzia delle entrate - Fondi di bilancio”.
18. I crediti, maturati nei confronti dei Ministeri alla data del 31 dicembre 2010, possono essere estinti, a richiesta del creditore e su conforme parere dell'Agenzia del demanio, anche ai sensi dell'articolo 1197 del codice civile.
I commi 17 e 18 dell'articolo 10 recano disposizioni concernenti l'estinzione di crediti maturati nei confronti dei Ministeri al 31 dicembre 2010.
In particolare, il comma 17 stabilisce un incremento per l'anno 2011 del Fondo per l'estinzione dei debiti pregressi delle amministrazioni centrali, istituito dall’articolo 1, comma 50, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per provvedere all'estinzione dei crediti maturati nei confronti dei Ministeri alla data del 31 dicembre 2010. La norma precisa che deve comunque trattarsi di crediti:
§ il cui pagamento rientranti tra le regolazioni debitorie pregresse, in base ai criteri di contabilità nazionale;
§ il cui ammontare è accertato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, anche sulla base delle risultanze emerse con circolare n. 38 del 15 dicembre 2010[77].
Si ricorda che l'articolo 1, comma 50, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un Fondo destinato a provvedere all'estinzione dei debiti pregressi contratti dalle amministrazioni centrali dello Stato nei confronti di enti, società, persone fisiche, istituzioni ed organismi vari. La norma ha altresì previsto che alla ripartizione del predetto Fondo si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze su proposta del Ministro competente.
Il Fondo, inizialmente dotato di 170 milioni di euro per l'anno 2006 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008, è stato successivamente rifinanziato con diverse disposizioni normative (art. 9 del D.L. n. 185/2008; art. 6, comma 1-bis, D.L. n. 5/2009; art. 9 del D.L. n. 78/2009), sulla base di apposite ricognizioni del debito complessivo, con riferimento agli esercizi 2007-2008.
La relazione tecnica chiarisce, che l’intervento contenuto nel comma in esame è riferito al debito emergente nel biennio 2009-2010.
L'incremento per l’anno 2011 del fondo per l'estinzione dei debiti pregressi viene disposta mediante:
§ utilizzo delle disponibilità, per l’anno 2011, del fondo sospesi con la Banca d’Italia di cui all’articolo 2, comma 250, ultimo periodo, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010).
La relazione tecnica afferma che si tratta, al riguardo, di utilizzo di disponibilità del fondo relative ad interventi che hanno già esplicato in passato i loro effetti.
Trattasi infatti, rispettivamente, della cancellazione di scritturazioni in conto sospeso di titoli rimasti insoluti alla chiusura dell’esercizio finanziario di emissione, di speciali ordini di pagamento contabilizzati in conto sospeso ai sensi dell'art. 14 del D.L. n. 669 del 1996 in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali aventi efficacia esecutiva e di anticipazioni agli enti locali in attuazione dell’art. 9 del D.L. n. 669 del 1996.
§ fino a 2 miliardi di euro mediante versamento al bilancio dello Stato di una quota delle risorse complessivamente disponibili relative a rimborsi e compensazioni di crediti di imposta, esistenti presso la contabilità speciale 1778 "Agenzia delle entrate - Fondi di Bilancio".
Sempre con riferimento ai crediti maturati nei confronti dei Ministeri alla data del 31 dicembre 2010, il comma 18 ne consente l'estinzione anche ai sensi dell’articolo 1197 del codice civile, in presenza:
§ di richiesta del creditore;
§ di parere conforme dell’Agenzia del demanio.
Si ricorda che l'articolo 1197 del codice civile disciplina la prestazione in luogo dell'adempimento (c.d. datio in solutum).
Esso prescrive in particolare che il debitore non può liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta, anche se di valore uguale o maggiore, salvo che il creditore consenta. In questo caso l'obbligazione si estingue quando la diversa prestazione è eseguita.
Se la prestazione consiste nel trasferimento della proprietà o di un altro diritto, il debitore è tenuto alla garanzia per l'evizione e per i vizi della cosa secondo le norme della vendita, salvo che il creditore preferisca esigere la prestazione originaria e il risarcimento del danno.
In ogni caso non rivivono le garanzie prestate dai terzi.
Si ricorda altresì che, ai sensi dell'articolo 65 del decreto legislativo n. 300 del 1999[78], all'agenzia del demanio è attribuita l'amministrazione dei beni immobili dello Stato, con il compito di razionalizzarne e valorizzarne l'impiego, di sviluppare il sistema informativo sui beni del demanio e del patrimonio, utilizzando in ogni caso, nella valutazione dei beni a fini conoscitivi ed operativi, criteri di mercato, di gestire con criteri imprenditoriali i programmi di vendita, di provvista, anche mediante l'acquisizione sul mercato, di utilizzo e di manutenzione ordinaria e straordinaria di tali immobili. All'agenzia è altresì attribuita la gestione dei beni confiscati.
Si ricorda, peraltro, che ai sensi dell’articolo 1, comma 479, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006), al fine di ottimizzare le attività istituzionali dell'Agenzia del demanio, è operante, nell'ambito dell'Agenzia medesima, la Commissione per la verifica di congruità delle valutazioni tecnico-economico-estimativa con riferimento a vendite, permute, locazioni e concessioni di immobili di proprietà dello Stato e ad acquisti di immobili per soddisfare le esigenze di amministrazioni dello Stato nonché ai fini del rilascio del nulla osta per locazioni passive riguardanti le stesse amministrazioni dello Stato nel rispetto della normativa vigente.
Come riportato nella Relazione tecnica, la disposizione consentirebbe in sostanza ai Ministeri di estinguere un debito attraverso la cessione di beni immobili e mobili statali destinati alla vendita o comunque alla dismissione. Tale procedura di estinzione dei debiti dei Ministeri risulterebbe essere facoltativo e, quindi, suscettibile di una valutazione caso per caso da parte del soggetto pubblico debitore nonché dell’Agenzia del Demanio. Detta valutazione dovrebbe concernere, da un lato, l’opportunità e la convenienza economica della diversa prestazione resa al creditore e, dall’altro lato, la verifica dell’assenza di situazioni debitorie in capo al creditore stesso che, ad esempio, potrebbero determinare la compensazione dei crediti.
Si segnala come la norma in esame non individua alcun criterio a cui i Ministeri interessati e l'Agenzia del demanio dovrebbero fare ricorso per valutare l'opportunità e la convenienza di ricorrere all'istituto della datio in solutum; non viene peraltro delineata alcuna procedura a cui fare riferimento.
Potrebbe essere utile al riguardo una precisazione in merito a quanto affermato nella relazione tecnica circa la necessità di valutare l’opportunità e la convenienza economica della diversa prestazione resa al creditore nonché l'opportunità di verificare l’assenza di situazioni debitorie in suo capo.
Si segnala, inoltre, che la disposizione non prevede una espressa clausola di salvaguardia per i beni di carattere storico-artistico, di rilevanza ambientale ecc.
Profili finanziari
Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.
(milioni di euro)
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Saldo netto da finanziare |
Fabbisogno |
Indebitamento netto |
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2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
Maggiori entrate ex-trib. |
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Versamento entrata contabilità speciale 1778 |
2.000 |
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Maggiori spese correnti |
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Rifinanziamento fondo debiti pregressi |
2.000 |
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La relazione tecnica afferma che il comma 17 – che prevede la possibilità di destinare all'estinzione dei crediti[79] maturati nei confronti dei Ministeri alla data del 31 dicembre 2010, le risorse 2011 del fondo sospesi con la Banca d’Italia[80] nonché, per l’importo di 2 mld di euro nel 2011, le somme non più dovute per rimborsi d’imposta, giacenti su una contabilità speciale[81] – non determina effetti sull’indebitamento netto, atteso che:
§ l’attuale finalizzazione delle risorse del Fondo sospesi con la Banca d’Italia, al pari della nuova finalizzazione disposta dalla norma in esame, attiene ad interventi che hanno già esplicato in passato i loro effetti sul predetto saldo.
A proposito del Fondo sospesi con la Banca d’Italia, la relazione precisa che si tratta della cancellazione di scritturazioni in conto sospeso di titoli rimasti insoluti alla chiusura dell’esercizio finanziario di emissione, di speciali ordini di pagamento contabilizzati in conto sospeso, ai sensi dell'art. 14 del D.L. 669/1996, in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali aventi efficacia esecutiva, nonché di anticipazioni agli enti locali in attuazione dell’art. 9 del D.L. 669/1996.
§ l’incremento del fondo debiti pregressi per l’importo di 2.000 milioni di euro per l’anno 2011 è coperto mediante utilizzo di parte delle disponibilità esistenti presso la citata contabilità speciale.
La relazione, ricordando le misure adottate in passato per la medesima finalità della norma in esame[82], precisa che quest’ultima è riferita al debito emergente nel biennio 2009-2010, al cui accertamento si provvederà con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, anche sulla base delle risultanze emerse a seguito della emanazione della circolare della Ragioneria Generale dello Stato n. 38 del 15 dicembre 2010.
Infine, la relazione sottolinea che una quota delle suddette risorse relative ai sospesi di tesoreria è altresì destinata con apposita disposizione del presente decreto all’estinzione del debito verso la Banca d’Italia per le vecchie gestioni di ammasso obbligatorio svolto dall’Ente risi, per l’importo complessivo di euro 33.692.020.
Con riferimento al comma 18 – che prevede che i crediti maturati nei confronti dei Ministeri alla data del 31 dicembre 2010 possano essere estinti, a richiesta del creditore e previo parere conforme dell’Agenzia del demanio, anche mediante la c.d. datio in solutum,ai sensi dell’art. 1197 del C.c.[83] – la relazione afferma che la norma è volta a consentire ai Ministeri di estinguere un debito attraverso la cessione di beni immobili e mobili statali destinati alla dismissione. Essa non determina effetti sulla finanza pubblica in quanto il procedimento di estinzione dei debiti dei Ministeri delineato risulta essere facoltativo e, quindi, suscettibile di una valutazione caso per caso da parte del soggetto pubblico debitore nonché dell’Agenzia del Demanio[84]. Detta valutazione concerne, da un lato, l’opportunità e la convenienza economica della diversa prestazione resa al creditore e, dall’altro lato, la verifica dell’assenza di situazioni debitorie in capo al creditore stesso che, ad esempio, potrebbero determinare la compensazione dei crediti.
Per quanto attiene l’operatività dell’Agenzia del Demanio, la relazione ricorda che[85] è già operante la Commissione per la verifica di congruità delle valutazioni tecnico-economico-estimativa con riferimento a vendite, permute, locazioni e concessioni di immobili dello Stato, per cui le mansioni previste dalla norma in esame rientrano nell’attività istituzionale ordinaria dell’Agenzia.
Da ultimo, la relazione evidenzia la possibilità che effetti finanziari positivi, non valutati a fini prudenziali, derivino dal venir meno del debito a fronte di una cessione di beni patrimoniali.
In merito ai profili di quantificazione, si osserva che, con riferimento al comma 17, la relazione non fornisce elementi informativi volti ad assicurare che i fondi della contabilità speciale, utilizzati dalla norma in esame tramite riversamento all’entrata del bilancio dello Stato, espongono una dotazione eccedentaria, per un importo pari a 2 mld nel 2011, rispetto alla finalità di rimborso e compensazione di imposte cui essi sono attualmente destinati. In caso contrario, a fronte di una riduzione dello stock dei crediti vantati nei confronti dei ministeri, potrebbe generarsi un incremento dello stock di rimborsi di imposta in attesa di pagamento.
Articolo 10, comma 19
(Elenco dei rappresentanti del MEF nei
collegi di revisione delle amministrazioni pubbliche)
19. Al fine di potenziare l'attività di controllo e monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica, i rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze nei collegi di revisione o sindacali delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e delle autorità indipendenti, sono scelti tra gli iscritti in un elenco, tenuto dal predetto Ministero, in possesso di requisiti professionali stabiliti con decreto di natura non regolamentare adeguati per l'espletamento dell'incarico. In sede di prima applicazione, sono iscritti nell'elenco i soggetti che svolgono funzioni dirigenziali, o di pari livello, presso il predetto Ministero, ed i soggetti equiparati, nonché i dipendenti del Ministero che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, ricoprono incarichi di componente presso collegi di cui al presente comma; i soggetti anzidetti ed i magistrati della Corte dei conti possono, comunque, far parte dei collegi di revisione o sindacali delle pubbliche amministrazioni, anche se non iscritti nel registro di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39.
Il comma 19 dell'articolo 10 stabilisce che i rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze nei collegi di revisione o sindacali delle pubbliche amministrazioni (di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001[86]), e delle autorità indipendenti siano scelti tra gli iscritti in un elenco, tenuto dal Ministero medesimo.
L'iscrizione nell'elenco è riservata a soggetti in possesso di requisiti professionali adeguati per l’espletamento dell’incarico - che saranno stabiliti con successivo decreto di natura non regolamentare - e diventa requisito necessario per poter rappresentare il Ministero nei collegi di revisione.
La disposizione prevede che, in sede di prima applicazione, siano iscritti nell’elenco in parola:
§ i soggetti che svolgono funzioni dirigenziali, o di pari livello, presso il Ministero dell’economia e delle finanze (ed i soggetti equiparati);
§ i dipendenti del Ministero che, alla data di entrata in vigore del decreto in esame, sono già componenti dei collegi di cui al presente comma.
Si segnala che la disposizione in esame non individua una data da cui l'iscrizione nell'elenco inizierà ad espletare la sua efficacia; peraltro anche per l'emanazione del decreto con cui saranno individuati i requisiti professionali necessari per lo svolgimento dell’incarico non viene fissato alcun termine. Viceversa la norma transitoria che prevede, in sede di prima applicazione, l'iscrizione nell'elenco di determinati soggetti, appare di immediata efficacia.
Il comma prevede altresì che tanto i soggetti menzionati (dirigenti del Ministero dell’economia e delle finanze e soggetti equiparati, nonché dipendenti del Ministero componenti dei collegi), quanto i magistrati della Corte dei conti possano, comunque, far parte dei collegi di revisione o sindacali delle pubbliche amministrazioni, anche se non iscritti nel registro dei revisori legali e delle società di revisione di cui all’articolo 6 del decreto legislativo n. 39 del 2010[87].
Si ricorda che l'articolo 2 del decreto legislativo n. 39 del 2010 ha riservato l’esercizio della revisione legale ai soggetti iscritti in apposito Registro.
Ai sensi del citato articolo 6 il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, sentita la Consob, con proprio regolamento, stabilisce:
a) il contenuto e le modalità di presentazione delle domande di iscrizione nel Registro dei revisori legali e delle società di revisione;
b) modalità e termini entro cui esaminare le domande di iscrizione e verificare i requisiti.
Il Ministero dell’economia e delle finanze, se accerta l’insussistenza dei requisiti per l’abilitazione, ne dà comunicazione all’iscritto, assegnandogli un termine non superiore a sei mesi per sanare le carenze. Qualora entro il termine assegnato l’iscritto non abbia provveduto, il Ministero dell’economia e delle finanze sentito l'interessato, dispone con proprio decreto la cancellazione dal Registro.
Il prospetto riepilogativo non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.
La relazione tecnica non considera la norma.
In merito ai profili di quantificazione, si rileva che non essendo la norma supportata da specifica previsione d’invarianza finanziaria, la neutralità finanziaria della stessa è correlata alla possibilità che all’attivazione e alla tenuta dell’elenco si possa far fronte nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Articolo 10, comma 20
(Limiti per amministrazioni pubbliche a
spese
per relazioni pubbliche, convegni, mostre)
20. All'articolo 6, comma 8, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente:
"Le disposizioni del presente comma non si applicano ai convegni organizzati dalle università e dagli enti di ricerca ed agli incontri istituzionali connessi all'attività di organismi internazionali o comunitari, alle feste nazionali previste da disposizioni di legge e a quelle istituzionali delle Forze armate e delle Forze di polizia, nonché, per il 2012, alle mostre autorizzate, nel limite di spesa complessivo di euro 40 milioni, nel rispetto dei limiti derivanti dalla legislazione vigente nonché dal patto di stabilità interno, dal Ministero per i beni e le attività culturali, di concerto, ai soli fini finanziari, con il Ministero dell'economia e delle finanze".
L'articolo 10, comma 20, novella l'ultimo periodo dell’articolo 6, comma 8, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, che individua le tipologie di spese escluse dall’applicazione dei limiti alla spesa annua sostenuta dalle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza, posti a decorrere dall’anno 2011.
In particolare, il comma 20 interviene limitatamente alla parte concernente le spese per mostre , precisando che le disposizioni di contenimento di cui al citato comma 8 non si applicano:
§ alle spese per mostre autorizzate dal Ministero per i beni e le attività culturali, di concerto, ai soli fini finanziari, con il Ministero dell’economia e non a quelle autorizzate dagli enti vigilati dal Ministero per i beni e le attività culturali nell'ambito dell'attività istituzionale, come previsto nel testo previgente;
§ limitatamente all’anno 2012;
§ nel limite di spesa complessivo di euro 40 milioni di euro, nel rispetto dei limiti derivanti dalla legislazione vigente, nonché dal patto di stabilità interno.
Il citato comma 8 ha ridotto, a decorrere dal 2011, la spesa annua per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza. Tale spesa non potrà essere superiore al 20% della spesa sostenuta nell'anno 2009 per le medesime finalità.
A partire dal 1° luglio 2010, l'organizzazione di convegni, di giornate e feste celebrative, nonché di cerimonie di inaugurazione ed eventi similari, da parte delle amministrazioni dello Stato e delle Agenzie, nonché da parte degli enti e delle strutture da esse vigilati è subordinata alla preventiva autorizzazione del Ministro competente.
L’autorizzazione è concessa solo nei casi in cui non sia possibile limitarsi all’uso dei mezzi di comunicazione istituzionale via internet. In ogni caso, gli eventi autorizzati non devono comportare aumento delle spese destinate alla predette finalità e si devono svolgere al di fuori dell'orario di ufficio, senza comunque corresponsione di compensi per lavoro straordinario o indennità.
La versione originaria dell’ultimo periodo del comma ha previsto che i suddetti limiti non si applicano:
- ai convegni organizzati dalle università e dagli enti di ricerca;
- alle mostre realizzate, nell'ambito dell'attività istituzionale, dagli enti vigilati dal Ministero per i beni e le attività culturali;
- agli incontri istituzionali connessi all'attività di organismi internazionali o comunitari;
- alle feste nazionali previste da disposizioni di legge e a quelle istituzionali delle Forze armate e di Polizia.
Il comma 20 in esame stabilisce ora che ad essere sottratte all'applicazione del limite di cui all'art. 6, comma 8, del decreto-legge 78/2010 non sono le mostre realizzate, nell'ambito dell'attività istituzionale, dagli enti vigilati dal Ministero per i beni e le attività culturali, bensì quelle che, per il 2012, sono autorizzate, nel limite di spesa complessivo di 40 milioni di euro, nel rispetto dei limiti derivanti dalla legislazione vigente nonché dal patto di stabilità interno, dal medesimo Ministero di concerto, ai soli fini finanziari, con il Ministero dell'economia e delle finanze.
Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.
(milioni di euro)
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Saldo netto da finanziare |
Fabbisogno |
Indebitamento netto |
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2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
Maggiori spese correnti |
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/ |
/ |
/ |
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40,00 |
/ |
/ |
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40,00 |
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La relazione tecnica riferisce che la norma determina l’esclusione di alcuni soggetti dal divieto di effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza, per un ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per le medesime finalità, stabilito con il D.L. n. 78/2010. I relativi effetti possono essere fronteggiati con le risorse disponibili a legislazione vigente nel limite di 40 milioni di euro, con corrispondenti effetti peggiorativi in termini di fabbisogno e indebitamento netto per l’anno 2012, tenuto anche conto che, relativamente agli enti vigilati dal Ministero dei beni per i beni e le attività culturali, il comma 8, dell’articolo 6 D.L. n. 78/2010 prevedeva l’esplicita esclusione dal limite di cui trattasi solo per le spese per mostre realizzate nell’ambito dell’attività istituzionale.
Si rammenta che il prospetto riepilogativo del D.L. n. 78/2010, in riferimento all’art. 6, non sconta espressamente effetti sui saldi di finanza pubblica. La RT, con riguardo alla medesima norma, afferma che i relativi effetti devono intendersi inclusi in quelli complessivamente quantificati con riferimento all’articolo 2 (operante un taglio alle dotazioni per spese rimodulabili, anche per il comparto dei Ministeri).
In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.
Articolo 10, comma 21
(Titoli sequestrati)
21. I titoli sequestrati di cui all'articolo 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, sono venduti nel rispetto dei principi indicati dall'articolo 6, comma 21-quinquies, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e secondo i termini e le modalità individuati con il decreto di natura non regolamentare ivi previsto e nei limiti richiamati al citato articolo 6 entro i quali è possibile l'utilizzo di beni e valori sequestrati.
Il comma 21 dell’articolo in commento dispone che i titoli (azioni, obbligazioni, Bot, Cct, ecc.) sequestrati nell'ambito di procedimenti penali o in applicazione di misure di prevenzione patrimoniali o a seguito di irrogazione di sanzioni amministrative (cui fa riferimento l’articolo 2 del D.L. n. 143 del 2008[88]) siano venduti.
La vendita dovrà essere effettuata nel rispetto dei princìpi indicati dall’articolo 6, comma 21-quinquies, del D.L. n. 78 del 2010[89], e secondo i termini e le modalità individuati con il decreto di natura non regolamentare ivi previsto e nei limiti entro i quali è possibile l’utilizzo di beni e valori sequestrati.
La disposizione cui si rinvia stabilisce che - con decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri della giustizia e dell’interno - che doveva essere emanato entro il 30 agosto 2010 (cioè 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione n. 122/2010) – siano dettate specifiche disposizioni per disciplinare termini e modalità per la vendita dei titoli sequestrati, così da garantire la massima celerità del versamento del ricavato dell’alienazione al Fondo unico giustizia (che deve avvenire comunque entro 10 giorni dalla notifica del provvedimento di sequestro), nonché la restituzione all’avente diritto, in caso di dissequestro, esclusivamente del ricavato dell’alienazione.
Il prospetto riepilogativo non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.
La relazione tecnica afferma che la disposizione non comporta effetti finanziari negativi considerato che la stessa non innova la disciplina già vigente in materia di vendita dei titoli sequestrati. A tal proposito la relazione tecnica evidenzia che il testo in esame si limita a recare disposizioni concernenti la procedura da adottare per l’alienazione di detti titoli.
In merito ai profili di quantificazione non si hanno rilievi da formulare.
Articolo 11
(Interventi per la razionalizzazione dei
processi di approvvigionamento di beni e servizi della Pubblica
Amministrazione)
1. Ai fini del perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche attraverso la razionalizzazione della spesa per l'acquisto di beni e servizi, nel contesto del sistema a rete di cui all'articolo 1, comma 457, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono individuate misure dirette ad incrementare i processi di centralizzazione degli acquisti riguardanti beni e servizi. A tale fine il Ministero dell'economia e delle finanze - nell'ambito del Programma di razionalizzazione degli acquisti - a decorrere dal 30 settembre 2011 avvia un piano volto all'ampliamento della quota di spesa per gli acquisti di beni e servizi gestita attraverso gli strumenti di centralizzazione e pubblica sul sito www.acquistinretepa.it con cadenza trimestrale le merceologie per le quali viene attuato il piano.
2. Per la realizzazione delle finalità di cui al comma 1 e ai fini dell'aumento della percentuale di acquisti effettuati in via telematica, il Ministero dell'economia e delle finanze, anche avvalendosi di Consip S.p.A., mette a disposizione nel contesto del sistema a rete il proprio sistema informatico di negoziazione in riuso, anche ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, secondo quanto definito con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporto tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
3. Le amministrazioni pubbliche possono altresì richiedere al Ministero dell'economia e delle finanze l'utilizzo del sistema informatico di negoziazione in modalità ASP (Application Service Provider). Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze sono previste le relative modalità e tempi di attuazione, nonché i meccanismi di copertura dei costi relativi all'utilizzo, e degli eventuali servizi correlati,del sistema informatico di negoziazione, anche attraverso forme di remunerazione sugli acquisti a carico degli aggiudicatari delle procedure realizzate.
4. Per le merceologie di cui al comma 1, nell'ambito del Programma di razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi del Ministero dell'economia e delle finanze, Consip S.p.A. predispone e mette a disposizione delle amministrazioni pubbliche strumenti di supporto alla razionalizzazione dei processi di approvvigionamento di beni e servizi. A tale fine, Consip:
a) elabora appositi indicatori e parametri per supportare l'attività delle amministrazioni di misurazione dell'efficienza dei processi di approvvigionamento con riferimento, tra l'altro, all'osservanza delle disposizioni e dei principi in tema di razionalizzazione e aggregazione degli acquisti di beni e servizi, alla percentuale di acquisti effettuati in via telematica, alla durata media dei processi di acquisto;
b) realizza strumenti di supporto per le attività di programmazione, controllo e monitoraggio svolte dalle amministrazioni pubbliche;
c) realizza strumenti di supporto allo svolgimento delle attività di controllo da parte dei soggetti competenti sulla base della normativa vigente.
5. Dalle attività di cui ai commi da 1 a 4 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
6. Ove non si ricorra alle convenzioni di cui all'articolo 1, comma 449, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, gli atti e i contratti posti in essere in violazione delle disposizioni sui parametri contenute nell'articolo 26, comma 3, della legge 23 dicembre 1999, n. 488 sono nulli e costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilità erariale. Restano escluse dall'applicazione del presente comma le procedure di approvvigionamento già attivate alla data di entrata in vigore del presente provvedimento.
7. Le comunicazioni di cui all'articolo 7, comma 8, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono rese disponibili, anche attraverso accesso al casellario informatico di contratti pubblici di lavori servizi e forniture, agli organi di controllo per la verifica di quanto disposto al precedente comma, nell'ambito delle attività di controllo previste dalla normativa vigente.
8. Con riferimento agli enti del Servizio sanitario nazionale si applicano le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 e restano ferme le disposizioni di governance di settore in materia di verifica degli adempimenti di cui all'articolo 2 del decreto-legge 18 settembre 2001 n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, e all'articolo 22, comma 8, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, ai fini dell'applicazione del sistema premiale e sanzionatorio previsto dalla legislazione vigente.
9. Al fine di razionalizzare i servizi di pagamento delle retribuzioni di cui all'articolo 1, comma 447, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e all'articolo 2, comma 197, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, nonché determinare conse-guenti risparmi di spesa, il Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi, stipula su richiesta delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, convenzioni per l'erogazione dei servizi di cui al presente comma, che devono essere efficaci a decorrere dal 1° gennaio 2013. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare viene fissato l'elenco dei servizi connessi ai pagamenti di cui al periodo precedente ed il relativo contributo da versare su apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnato ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Restano escluse dal contributo le Amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 446, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
10. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, commi 449 e 450, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e fermi restando i compiti attribuiti a Consip S.p.A. dall'articolo 4 del decreto legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito con modificazioni dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24, con decreto del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, relativamente alle voci di spesa aventi maggiore impatto sul bilancio del Ministero della giustizia ed al fine del contenimento della spesa medesima, sono individuati periodicamente i beni e i servizi strumentali all'esercizio delle competenze istituzionali del Ministero della giustizia, per l'acquisizione dei quali il Ministero medesimo si avvale di Consip S.p.A., in qualità di centrale di committenza ai sensi dell'articolo 3, comma 34, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Il decreto di cui al presente comma definisce altresì i termini principali della convenzione tra il Ministero della giustizia e Consip S.p.A. e può prevedere, previa verifica della insussistenza di effetti finanziari negativi, anche indiretti, sui saldi di finanza pubblica, meccanismi di remunerazione sugli acquisti da porre a carico dell'aggiudicatario delle procedure di gara svolte da Consip S.p.A.
11. All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il comma 453 è sostituito dal seguente: "453. Con successivo decreto del Ministero dell'economia e delle finanze possono essere previsti, previa verifica della insussistenza di effetti finanziari negativi, anche indiretti, sui saldi di finanza pubblica, meccanismi di remunerazione sugli acquisti da imporre a carico dell'aggiudicatario delle convenzioni di cui all'articolo 26, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, dell'aggiudicatario di gare su delega bandite da Consip S.p.A. anche ai sensi dell'articolo 2, comma 574, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, dell'aggiudicatario degli appalti basati su accordi quadro conclusi da Consip S.p.A. anche ai sensi dell'articolo 2, comma 574, della legge 24 dicembre 2007, n. 244”.
12. La relazione di cui all'articolo 26, comma 4, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, illustra inoltre i risultati, in termini di riduzione di spesa, conseguiti attraverso l'attuazione di quanto previsto dal presente articolo per ciascuna categoria merceologica. Tale relazione è inviata entro il mese di giugno di ciascun anno al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
L'articolo 11 reca disposizioni volte a razionalizzare la spesa per l’acquisto di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione, in particolare attraverso l'incremento dei processi di centralizzazione degli acquisti.
L'art. 26 della legge finanziaria per il 2000 (legge 23 dicembre 1999, n. 488) ha assegnato al Ministero dell'economia e delle finanze il compito di stipulare convenzioni quadro per l'approvvigionamento di beni e servizi per la pubblica amministrazione, attraverso l'espletamento di procedure ad evidenza pubblica, avvalendosi di una società che il Ministero ha poi individuato, con D.M. 24 febbraio 2000, nella Consip.
Tale disposizione ha dato il via al Programma di razionalizzazione degli acquisti e al complessivo sistema di ottimizzazione e razionalizzazione degli acquisti pubblici.
Il D.P.R. 4 aprile 2002, n. 101[90] ha dettato criteri e modalità per l'espletamento da parte delle amministrazioni pubbliche di procedure telematiche di acquisto per l'approvvigionamento di beni e servizi.
La legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) ha introdotto obblighi di acquisto tramite convenzioni da parte delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, riferiti a determinate tipologie di beni e servizi. Per quanto riguarda le restanti tipologie di beni e servizi, rimane la facoltà delle amministrazioni utilizzare le convenzioni. E’ stato poi previsto che le centrali regionali e la Consip S.p.A. costituiscono un sistema a rete, perseguendo l'armonizzazione dei piani di razionalizzazione della spesa e realizzando sinergie nell'utilizzo degli strumenti informatici per l'acquisto di beni e servizi. Nel quadro del patto di stabilità interno, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano approva annualmente i programmi per lo sviluppo della rete delle centrali di acquisto della pubblica amministrazione e per la razionalizzazione delle forniture di beni e servizi, definisce le modalità e monitora il raggiungimento dei risultati rispetto agli obiettivi.
Il quadro normativo di riferimento è stato successivamente arricchito dalla legge finanziaria per il 2008, dal decreto-legge n. 112/2008, dalla legge finanziaria per il 2010 e dal decreto-legge n. 78/2010.
Il comma 1 prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze, a decorrere dal 30 settembre 2011, nell’ambito del Programma di razionalizzazione degli acquisti (cfr. supra), debba:
§ avviare un piano volto all’ampliamento della quota di spesa per gli acquisti di beni e servizi gestita attraverso gli strumenti di centralizzazione;
§ pubblicare sul sito www.acquistinretepa.it con cadenza trimestrale le merceologie per le quali viene attuato il piano.
Il Programma per la razionalizzazione degli acquisti nella pubblica amministrazione di Consip mette a disposizione delle amministrazioni strumenti di e-procurement (acquisti in rete) e ha il suo centro operativo nel portale www.acquistinretepa.it.
Secondo la relazione illustrativa, il piano straordinario sarà attuato partendo da un'analisi ad ampio raggio delle categorie merceologiche di beni e servizi considerati spesa comune (PC, stampanti, buoni pasto, ecc.) e spesa specifica per il settore sanitario (beni e servizi utilizzati nello specifico contesto di riferimento, oltre quelli già trattati, come, ad esempio, ecotomografi, chimica clinica, ecc.). L'attività di analisi porterà all'individuazione delle categorie di beni e servizi per le quali saranno attivate specifiche iniziative di centralizzazione che il Ministero dell'economia realizzerà utilizzando i propri strumenti di negoziazione.
Ai sensi del comma 2, il Ministero dell’economia e delle finanze, anche avvalendosi di Consip, deve mettere a disposizione nel contesto del sistema a rete (cfr. supra) il proprio sistema informatico di negoziazione in riuso, anche ai sensi del Codice dell'amministrazione digitale di cui del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, secondo quanto definito con apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporto tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Ai sensi del comma 3, le amministrazioni pubbliche possono altresì richiedere al Ministero dell’economia e delle finanze l’utilizzo del sistema informatico di negoziazione in modalità ASP (Application Service Provider).
Secondo la relazione illustrativa, la disposizione in esame è finalizzata a favorire l'utilizzo di strumenti telematici di acquisto anche per le amministrazioni pubbliche che non partecipano propriamente al sistema a rete o che non siano in grado di parteciparvi per ragioni di carattere organizzativo e tecnologico.
Con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze sono previste le relative modalità e tempi di attuazione, nonché i meccanismi di copertura dei costi relativi all’utilizzo, e degli eventuali servizi correlati, del sistema informatico di negoziazione, anche attraverso forme di remunerazione sugli acquisti a carico degli aggiudicatari delle procedure realizzate.
Il comma 4 prevede che, per le merceologie per le quali viene attuato il piano previsto dal comma 1, Consip predispone e mette a disposizione delle amministrazioni pubbliche strumenti di supporto alla razionalizzazione dei processi di approvvigionamento di beni e servizi.
A tal fine, Consip:
a) elabora appositi indicatori e parametri per supportare l’attività delle amministrazioni di misurazione dell’efficienza dei processi di approvvigionamento con riferimento, tra l’altro, all’osservanza delle disposizioni e dei principi in tema di razionalizzazione e aggregazione degli acquisti di beni e servizi, alla percentuale di acquisti effettuati in via telematica, alla durata media dei processi di acquisto;
b) realizza strumenti di supporto per le attività di programmazione, controllo e monitoraggio svolte dalle amministrazioni pubbliche;
c) realizza strumenti di supporto allo svolgimento delle attività di controllo da parte dei soggetti competenti sulla base della normativa vigente.
Secondo la relazione illustrativa, la disposizione in esame ha la finalità di favorire non solo l'attuazione, ma anche il monitoraggio e il controllo del piano straordinario da parte delle amministrazioni acquirenti. Tale disposizione si ricollegherebbe, peraltro, in modo implicito, alle norme contenute nell'art. 2, commi 570-572, della legge finanziaria per il 2008, analoghe e di portata generale.
I richiamati commi 570-572 dell'art. 2 della legge finanziaria per il 2008 hanno previsto che il Ministero dell’economia, avvalendosi di Consip, individua indicatori di spesa sostenibile per il soddisfacimento dei fabbisogni collegati funzionalmente alle attività da svolgere, tenendo conto delle caratteristiche di consumo delle specifiche categorie merceologiche e dei parametri dimensionali della singola amministrazione, nonché dei dati di consuntivo. Gli indicatori ed i parametri di spesa sostenibile così definiti sono messi a disposizione delle amministrazioni, anche attraverso la pubblicazione sul portale degli acquisti in rete del Ministero dell’economia e delle finanze e di Consip, quali utili strumenti di supporto e modelli di comportamento secondo canoni di efficienza, nell’attività di programmazione degli acquisti di beni e servizi e nell’attività di controllo. In relazione ai parametri di prezzo-qualità di cui al comma 3 dell’art. 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, il Ministero dell’economia, attraverso Consip, predispone e mette a disposizione delle amministrazioni pubbliche gli strumenti di supporto per la valutazione della comparabilità del bene e del servizio e per l’utilizzo dei detti parametri, anche con indicazione di una misura minima e massima degli stessi.
Il comma 5 dispone che dalle attività di cui ai commi da 1 a 4 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Ai sensi del comma 6, laddove non si ricorra alle convenzioni quadro stipulate da Consip, di cui all’art. 1, comma 449, della legge finanziaria per il 2007, gli atti e i contratti posti in essere in violazione dei relativi parametri prezzo-qualità sono nulli, costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilità erariale. Restano escluse le procedure di approvvigionamento già attivate alla data di entrata in vigore del presente provvedimento.
Il citato articolo 1, comma 449 della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006) prevede in sintesi che:
- per le amministrazioni statali centrali e periferiche - ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie - un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze individui, entro il mese di gennaio di ogni anno, le tipologie di beni e servizi per le quali le suddette amministrazioni sono obbligate ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni – quadro stipulate dalla CONSIP. Le tipologie di beni e servizi per le quali vi è l’obbligo di aderire alle convenzioni CONSIP sono state individuate, da ultimo, con il D.M. del 17 febbraio 2009;
- per le restanti amministrazioni pubbliche (di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 165/2001, tra le quali gli enti territoriali), la facoltà di ricorrere alle convenzioni CONSIP (quelle cui le amministrazioni statali sono invece obbligate ad aderire) o alle convenzioni stipulate dalle centrali regionali di acquisto, ovvero l’obbligo di utilizzarne i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipula dei contratti (art. 26, comma 3, come implicitamente modificato all’articolo 1, comma 449 della legge n. 296/2006);
- gli enti del servizio sanitario nazionale (aziende sanitarie ed ospedaliere) sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi di beni e servizi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di acquisto di riferimento.
La relazione illustrativa evidenzia come la disposizione in esame sia volta a rendere più stringente il vincolo del rispetto dei parametri prezzo-qualità fissati da Consip e dalle centrali regionali, per l’acquisto di beni e servizi.
Ai sensi del comma 7, le comunicazioni che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori sono tenuti a effettuare nei confronti dell'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, ai sensi dell’art. 7, comma 8, del Codice degli appalti (D.Lgs. n. 163/2006), sono rese disponibili, anche attraverso accesso al casellario informatico di contratti pubblici di lavori servizi e forniture, agli organi di controllo per la verifica del rispetto dei parametri prezzo qualità di cui al comma 6.
Il comma 8 reca una disciplina speciale per gli enti del Servizio Sanitario Nazionale, ai quali si applicano le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo in esame, ferme restando le disposizioni di governance di settore in materia di verifica degli adempimenti (articolo 2 del decreto-legge n. 347/2001 e articolo 22, comma 8, del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78) ai fini dell’applicazione del sistema premiale e sanzionatorio previsto dalla legislazione vigente.
Ai sensi del citato articolo 2 del D.L. n. 347/2001, per gli enti del servizio sanitario nazionale (aziende sanitarie ed ospedaliere) sono le regioni competenti ad attuare le iniziative necessarie per assicurare l’attuazione dei principi relativi al rispetto dei parametri prezzo qualità (comma 1).
Il comma 9 prevede che il Ministero dell'economia stipuli - su richiesta delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1 del decreto legislativo 165/2001[91] - convenzioni per l’erogazione dei servizi di pagamento delle retribuzioni, che devono essere efficaci a decorrere dal 1° gennaio 2013.
Con decreto del Ministro dell’economia di natura non regolamentare viene fissato l’elenco dei servizi connessi ai pagamenti ed il relativo contributo da versare su apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnato ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.
La relazione illustrativa ricorda che attualmente il Ministero dell'economia eroga servizi c.d. di pay roll nei confronti delle sole amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, incluse le agenzie fiscali, con alcune eccezioni (forze armate), e che diverse amministrazioni territoriali hanno fatto richiesta di accesso a tali servizi, a cui non si è potuto dare seguito in assenza di specifica regolamentazione. La relazione sottolinea che la norma in esame non contiene elementi di obbligatorietà di utilizzo degli strumenti da parte delle amministrazioni pubbliche non statali e, nella logica di leale collaborazione tra diversi livelli di governo nel concorrere agli obiettivi di finanza pubblica concordati con lo Stato in sede europea, consente la discrezionalità nella scelta, fermi restando i canoni di efficienza che riguardano l'intera attività amministrativa.
Il comma 10 reca una disposizione speciale per il Ministero della giustizia.
Esso prevede che - con riferimento alle voci di spesa aventi maggiore impatto sul bilancio del Ministero suddetto ed al fine del contenimento della spesa medesima - il Ministero della giustizia, con decreto di concerto con il Ministero dell’economia, individua periodicamente i beni e i servizi strumentali all’esercizio delle competenze istituzionali, per l’acquisizione dei quali il Ministero della giustizia si avvale di Consip, in qualità di centrale di committenza.
Il suddetto decreto definisce altresì i termini principali della convenzione tra il Ministero della giustizia e Consip e può prevedere, previa verifica della insussistenza di effetti finanziari negativi, anche indiretti, sui saldi di finanza pubblica, meccanismi di remunerazione sugli acquisti da porre a carico dell’aggiudicatario delle procedure di gara svolte da Consip.
Il comma 11 sostituisce l’art. 1, comma 453 della legge finanziaria per il 2007, al fine di estendere alle nuove iniziative - siano esse convenzioni, ovvero accordi quadro o gare su delega - il meccanismo di remunerazione sugli acquisti da imporre a carico degli aggiudicatari, già previsto dall’articolo 453, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006).
Ai sensi del comma 12, la relazione di cui all’articolo 26, comma 4, della legge finanziaria per il 2000 (legge n. 488/1999), deve illustrare i risultati, in termini di riduzione di spesa, conseguiti attraverso l'attuazione di quanto previsto dall'articolo in esame per ciascuna categoria merceologica.
Tale relazione deve essere inviata alla Ragioneria generale dello Stato entro il mese di giugno di ciascun anno.
L'articolo 26, comma 4, della legge finanziaria per il 2000 stabilisce che, nell'ambito di ciascuna pubblica amministrazione gli uffici preposti al controllo di gestione, verificano l'osservanza dei parametri prezzo-qualità di cui alle convenzioni Consip, richiedendo eventualmente al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica il parere tecnico circa le caratteristiche tecnico-funzionali e l'economicità dei prodotti acquisiti. Annualmente i responsabili dei predetti uffici sottopongono all'organo di direzione politica una relazione riguardante i risultati, in termini di riduzione di spesa, conseguiti attraverso l'attuazione di quanto previsto dal medesimo art. 26. Tali relazioni sono rese disponibili sui siti internet di ciascuna amministrazione. Nella fase di prima applicazione, ove gli uffici preposti al controllo di gestione non siano costituiti, i compiti di verifica e referto sono svolti dai servizi di controllo interno.
Profili finanziari (Articolo 11 comma 8)
Il prospetto riepilogativo non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.
La relazione tecnica dopo aver ribadito il contenuto delle norme afferma che dall’attuazione delle misure sopra descritte derivano risparmi per la finanza pubblica, quantificabili a consuntivo, che sono comunque scontati nell’ambito delle norme di riduzione della spesa previste dal presente decreto-legge.
Pertanto, prosegue, alla normativa in esame non possano in generale essere ascritti nuovi o maggiori effetti di contenimento della spesa pubblica.
In merito ai profili di quantificazione si rileva che la relazione tecnica non dà conto dei possibili oneri e risparmi che si determinano dall’applicazione delle norme di cui ai commi da 1 a 4 e, pertanto, non si dispone di elementi a suffragio dell’effettività della clausola di invarianza recata dal comma 5 e a detti commi riferita.
Dalla relazione tecnica e dal prospetto riepilogativo non sono esplicitamente cifrati i risparmi di spesa ascritti alla norma nell’ambito delle riduzioni della spesa previste dal presente decreto-legge, che, peraltro, la stessa relazione tecnica afferma essere quantificabili solo a consuntivo.
1. A decorrere dal 1° gennaio 2012 le operazioni di acquisto e vendita di immobili, effettuate sia in forma diretta sia indiretta, da parte delle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, con l'esclusione degli enti territoriali, degli enti previdenziali e degli enti del servizio sanitario nazionale, nonché del Ministero degli affari esteri con riferimento ai beni immobili ubicati all'estero, sono subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica da attuarsi con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze. Per gli enti previdenziali pubblici e privati restano ferme le disposizioni di cui al comma 15 dell'articolo 8 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
2. A decorrere dal 1° gennaio 2012:
a) sono attribuite all'Agenzia del demanio le decisioni di spesa, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, relative agli interventi manutentivi, a carattere ordinario e straordinario, effettuati sugli immobili di proprietà dello Stato, in uso per finalità istituzionali alle Amministrazioni dello Stato di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, incluse la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le Agenzie, anche fiscali, fatte salve le specifiche previsioni di legge riguardanti il Ministero della difesa, il Ministero degli affari esteri e il Ministero per i beni e le attività culturali, nonché il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con riferimento a quanto previsto dagli articoli 41 e 42 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, e dagli articoli 127 e 128 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni. Conseguentemente sono fatte salve le risorse attribuite al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per gli interventi relativi agli edifici pubblici statali e agli immobili demaniali, le cui decisioni di spesa sono assunte, nei limiti delle predette risorse, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l'Agenzia del demanio;
b) sono altresì attribuite all'Agenzia del demanio le decisioni di spesa, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per gli interventi manutentivi posti a carico del conduttore sui beni immobili di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo dalle Amministrazioni di cui alla lettera a);
c) restano ferme le decisioni di spesa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti relative agli interventi manutentivi effettuati su beni immobili ovvero infrastrutture diversi da quelli di cui alle lettere a) e b). Tali interventi sono comunicati all'Agenzia del demanio preventivamente, al fine del necessario coordinamento con le attività poste in essere ai sensi delle lettere a) e b);
d) gli interventi di piccola manutenzione sono curati direttamente dalle Amministrazioni utilizzatrici degli immobili, anche se di proprietà di terzi. Tutti gli interventi sono comunicati all'Agenzia del demanio preventivamente, al fine del necessario coordinamento con le attività poste in essere ai sensi delle lettere a), b) e c) e, nel caso di immobili in locazione passiva, al fine di verificare le previsioni contrattuali in materia.
3. Le Amministrazioni di cui al comma 2 comunicano, entro il 31 gennaio di ogni anno, a decorrere dal 2012, la previsione triennale dei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria che prevedono di effettuare sugli immobili di proprietà dello Stato alle stesse in uso, e dei lavori di manutenzione ordinaria che prevedono di effettuare sugli immobili condotti in locazione passiva ovvero utilizzati a qualsiasi titolo.
4. Anche sulla base delle previsioni triennali presentate e delle verifiche effettuate, sentiti i Provveditorati per le opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'Agenzia del demanio assume le decisioni di spesa sulla base di un piano generale di interventi per il triennio successivo, volto, ove possibile, al recupero degli spazi interni degli immobili di proprietà dello Stato al fine di ridurre le locazioni passive. Per le medesime finalità, l'Agenzia del demanio può stipulare accordi quadro con società specializzate nella riorganizzazione dei processi di funzionamento che, in collaborazione con le Amministrazioni di cui al comma 2, realizzano i progetti di recupero, a valere sulle risorse di cui al comma 6.
5. L'Agenzia del demanio, al fine di realizzare gli interventi manutentivi di cui al comma 2, lettere a) e b), stipula convenzioni quadro con le strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti senza nuovi o maggiori oneri ovvero, in funzione della capacità operativa di tali strutture, stipula accordi quadro, riferiti ad ambiti territoriali predefiniti, con società specializzate nel settore individuate mediante procedure ad evidenza pubblica o con altri soggetti pubblici per la gestione degli appalti; gli appalti sono sottoposti al controllo preventivo degli uffici centrali del bilancio. Dell'avvenuta stipula delle convenzioni o degli accordi quadro è data immediata notizia sul sito internet dell'Agenzia del demanio.
6. Gli stanziamenti per gli interventi manutentivi a disposizione delle Amministrazioni di cui al comma 2, lettere a) e b), confluiscono, a decorrere dal 1° gennaio 2013, in due appositi fondi, rispettivamente per le spese di parte corrente e di conto capitale per le manutenzioni ordinaria e straordinaria, istituiti nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze, impiegati dall'Agenzia del demanio. Le risorse necessarie alla costituzione dei predetti fondi derivano da corrispondenti riduzioni degli stanziamenti di ciascuna Amministrazione, sulla base delle comunicazioni dì cui all'articolo 2, comma 222, decimo periodo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. Restano fermi i limiti stabiliti dall'articolo 2, comma 618, della legge 24 dicembre 2007, n. 244; dall'articolo 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191; dall'articolo 8 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Le risorse di cui al periodo precedente sono inizialmente determinate al netto di quelle che possono essere assegnate in corso d'anno ai sensi dell'articolo 28 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
7. Fino alla stipula degli accordi o delle convenzioni quadro di cui al comma 5 e, comunque, per i lavori già appaltati alla data della stipula degli accordi o delle convenzioni quadro, gli interventi manutentivi continuano ad essere gestiti dalle Amministrazioni interessate fermi restando i limiti stabiliti dalla normativa vigente. Successivamente alla stipula dell'accordo o della convenzione quadro, è nullo ogni nuovo contratto di manutenzione ordinaria e straordinaria non affidato dall'Agenzia del demanio, fatta eccezione per quelli stipulati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dichiarati indispensabili per la protezione degli interessi della sicurezza dello Stato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Restano esclusi dalla disciplina del presente comma i beni immobili riguardanti il Ministero della difesa ed il Ministero per i beni e le attività culturali, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con riferimento a quanto previsto dal comma 2, nonché i beni immobili all'estero riguardanti il Ministero degli affari esteri, salva la preventiva comunicazione dei piani di interventi all'Agenzia del demanio, al fine del necessario coordinamento con le attività poste in essere ai sensi comma 1 e con i piani di razionalizzazione degli spazi elaborati dall'Agenzia stessa previsti all'articolo 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.
8. L'Agenzia del demanio, al fine di verificare e monitorare gli interventi necessari di manutenzione ordinaria e straordinaria, si avvale delle strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti senza nuovi o maggiori oneri ovvero, in funzione della capacità operativa di tali strutture, può, con procedure ad evidenza pubblica e a valere sulle risorse di cui al comma 6, selezionare società specializzate ed indipendenti.
9. Per una compiuta attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, volte alla razionalizzazione degli spazi ed al contenimento della spesa pubblica, e fermo restando quanto ivi previsto al nono periodo, le Amministrazioni di cui al comma 2 del presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2013, comunicano annualmente all'Agenzia del demanio, a scopo conoscitivo, le previsioni relative alle nuove costruzioni, di programmata realizzazione nel successivo triennio. Le comunicazioni devono indicare, oltre l'esatta descrizione dell'immobile e la sua destinazione presente e futura, l'ammontare dei relativi oneri e le connesse risorse finanziarie, nonché i tempi previsti per la realizzazione delle opere.
10. Con uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da adottarsi, il primo, entro il termine di 90 giorni dalla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni, sono definite, per l'attuazione della presente norma senza nuovi o maggiori oneri, le attività dei Provveditorati per le opere pubbliche e le modalità, termini, criteri e risorse disponibili.
11. Al comma 3 dell'articolo 8 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, le parole: "di cui al comma 222, periodo nono", sono sostituite dalle seguenti: "di cui all'articolo 2, comma 222".
12. All'articolo 13 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la rubrica è sostituita dalla seguente: "Misure per razionalizzare la gestione e la dismissione del patrimonio residenziale pubblico";
b) il comma 1 è sostituito dal seguente: "1. In attuazione degli articoli 47 e 117, commi secondo, lettera m), e terzo della Costituzione, al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica, i livelli essenziali delle prestazioni e favorire l'accesso alla proprietà dell'abitazione, entro il 31 dicembre 2011, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ed il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale promuovono, in sede di Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, la conclusione di accordi con regioni ed enti locali aventi ad oggetto la semplificazione delle procedure di alienazione degli immobili di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, nonché la dismissione e la razionalizzazione del patrimonio dei predetti Istituti anche attraverso la promozione di fondi immobiliari nell'ambito degli interventi previsti dall'articolo 11, comma 3, lettera a). In sede di Conferenza Unificata si procede annualmente al monitoraggio dello stato di attuazione dei predetti accordi.".
13. La violazione degli obblighi di comunicazione stabiliti dall'articolo 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e successive modificazioni, e dai decreti di cui al medesimo comma, quindicesimo periodo, è causa di responsabilità amministrativa. Le amministrazioni soggette ai suddetti obblighi individuano, secondo le rispettive strutture organizzative e i relativi profili di competenza, i responsabili della comunicazione stessa, trasmettendoli al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro, tramite registrazione sul portale. Per la comunicazione delle unità immobiliari e dei terreni, delle concessioni e delle partecipazioni, prevista dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 30 luglio 2010, il termine per l'adempimento è il 31 gennaio 2012. I termini e gli ambiti soggettivi per la comunicazione dei dati relativi agli altri attivi dello Stato sono previsti dai successivi decreti emanati ai sensi dell'articolo 2, comma 222, quindicesimo periodo che li individuano.
14. All'articolo 2, comma 222, dodicesimo periodo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, le parole: «rendiconto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato previsto dall'articolo 6, comma 8, lettera e), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 30 gennaio 2008, n. 43 e del conto generale del patrimonio dello Stato di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279» sono sostituite dalle seguenti: «rendiconto patrimoniale delle Amministrazioni pubbliche a valori di mercato».
15. All'articolo 2, comma 222, sedicesimo periodo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, le parole: "l'Agenzia del demanio ne effettua la segnalazione alla Corte dei conti" sono sostituite dalle seguenti: "l'Agenzia del demanio e il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro ne effettuano la segnalazione alla Corte dei conti per gli atti di rispettiva competenza".
L'articolo 12 dispone in ordine alle operazioni di acquisto, vendita, manutenzione e censimento degli immobili di proprietà pubblica da parte delle pubbliche amministrazioni. All'Agenzia del demanio è attribuito il compito di gestire in maniera accentrata le decisioni di spesa per la manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati dalle pubbliche amministrazioni. Le relative risorse - previa corrispondente riduzione degli stanziamenti a disposizione delle amministrazioni interessate, fatte salve quote residuali necessarie per piccole manutenzioni e per altri interventi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - confluiranno in appositi fondi di parte corrente e di conto capitale presso il Ministero dell'economia e delle finanze.
Si ricorda preliminarmente che all’Agenzia del demanio è stata riconosciuta dal D.Lgs. n. 173 del 2003 la natura di ente pubblico economico, regolato dal codice civile e dalle altre leggi relative alle persone giuridiche private. All’ente è stato inoltre attribuito un patrimonio costituito da un fondo di dotazione e dai beni mobili ed immobili strumentali alla sua attività. Nel 2004, in occasione della costituzione, nell’ambito del Ministero dell’economia e finanze, del Fondo immobili pubblici (F.I.P.), composto esclusivamente da immobili in uso da parte di amministrazioni pubbliche, l’Agenzia è stata chiamata ad effettuare un’attività di supporto per l’individuazione e la ricognizione degli immobili da apportare al fondo. La legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 2004) ha previsto inoltre, ai commi 433-438, norme per il riordino e la razionalizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, individuando gli immobili da alienare secondo un piano di attività che l’Agenzia del demanio è stata autorizzata a svolgere e che la medesima Agenzia sta tuttora proseguendo.
Da ultimo, l’articolo 2, comma 222, della legge finanziaria 2010,ha previsto specifici obblighi di comunicazione all’Agenzia del demanio relativi agli immobili utilizzati dalle amministrazioni dello Stato. L’Agenzia del demanio gestisce le procedureriguardanti le locazioni passive con la funzione di “conduttore unico”. Lo scopo della norma èdi razionalizzare gli spazi utilizzati dalle medesime amministrazioni. Sono inoltre previsti obblighi di comunicazione da parte delle altre amministrazioni pubbliche, anche al fine di redigere il conto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato. In particolare, le Amministrazioni dello Stato sono tenute a comunicare all’Agenzia del demanio, entro il 31 gennaio di ogni anno, la previsione triennale del loro fabbisogno di spazio allocativo edelle superfici da esse occupate che non risultano più necessarie.
Il comma 1 dell’articolo in commento subordina, a partire dal 1° gennaio 2012, le operazioni di acquisto e vendita degli immobili da parte delle amministrazioni pubbliche alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica, da attuarsi con decreto non regolamentare del Ministero dell’economia e delle finanze.
Le amministrazioni pubbliche sono individuate con riferimento all’elenco compilato dall’ISTAT ai sensi del comma 3 dell’art. 1 della legge 196/09 (legge di contabilità e finanza pubblica). Da tale ambito sono esclusi gli enti territoriali, gli enti del servizio sanitario nazionale, nonché il Ministero degli affari esteri con riferimento ai beni immobili ubicati all’estero. Per gli enti previdenziali pubblici e privati si rimanda alle disposizioni di cui al comma 15 dell’art. 8 del d. l. 78/2010, le quali già prevedono una normativa identica.
I commi da 2 ad 11 attribuiscono all'Agenzia del demanio la gestione accentrata delle risorse relative alle attività di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili pubblici. Tali risorse confluiscono in appositi fondi di parte corrente e di conto capitale appositamente istituiti presso il Ministero dell'economia e delle finanze, escluse le quote residuali di interventi di pertinenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e, limitatamente ad opere di piccola manutenzione, delle singole Amministrazioni che gestiscono gli immobili.
Il comma 2 attribuisce all’Agenzia del demanio i compiti di gestione e di spesa relativamente agli interventi di manutenzione sugli immobili di proprietà dello Stato utilizzati per finalità istituzionali e sui beni immobili di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo da parte delle pubbliche amministrazioni (sono esclusi gli interventi di piccola manutenzione curati in proprio dagli utilizzatori).
L’ambito soggettivo è individuato con riferimento all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/01[92]. Sono inclusi espressamente la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le Agenzie. Sono fatte salve le specifiche norme riguardanti il Ministero della difesa, il Ministero degli affari esteri, il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero delle infrastrutture e i trasporti.
Per quanto riguarda gli interventi di manutenzione su beni immobili e su infrastrutture diversi da quelli sopra individuati, rimane ferma la competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il quale è tenuto a comunicare preventivamente i relativi interventi all’Agenzia del demanio per il necessario coordinamento.
Il comma 3 prevede per le Amministrazioni pubbliche l’obbligo di comunicare annualmente (entro il 31 gennaio, a decorrere dal 2012) la previsione triennale dei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria che intendono effettuare sugli immobili di proprietà dello Stato alle stesse in uso e dei lavori di manutenzione ordinaria che intendono effettuare sugli immobili in locazione passiva ovvero utilizzati a qualsiasi titolo.
L’Agenzia del demanio, sulla base delle previsioni presentate e delle verifiche svolte, assume le decisioni di spesa sulla base di un piano generale degli interventi per il triennio successivo. La finalità è quella di recuperare spazi all’interno degli immobili di proprietà dello Stato e di ridurre le locazioni passive. L’Agenzia del demanio può stipulare accordi quadro con società specializzate nella riorganizzazione dei processi di funzionamento (comma 4).
Per realizzare gli interventi di manutenzione l’Agenzia del demanio può stipulare convenzioni quadro con le strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, senza nuovi o maggiori oneri, ovvero accordi quadro con società specializzate o con altri soggetti pubblici per la gestione degli appalti (comma 5).
Il comma 6 prevede che gli stanziamenti per gli interventi di manutenzione in esame confluiscono, a decorrere dal 2013, in due fondi (per le spese di parte corrente e per quelle in conto capitale) alimentati dalle riduzioni di stanziamenti di ciascuna amministrazione, sulla base di quanto comunicato ai sensi dell’art. 2, comma 222, della L. 191/09 (legge finanziaria 2010).
Il comma 222 (paragrafo 10) prevede che “a decorrere dal 1° gennaio 2010, fermo restando quanto previsto dall’ articolo 2, commi 618 e 619, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le amministrazioni interessate comunicano semestralmente all’Agenzia del demanio gli interventi manutentivi effettuati sia sugli immobili di proprietà dello Stato, alle medesime in uso governativo, sia su quelli di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo, nonché l’ammontare dei relativi oneri”.
Restano fermi i limiti quantitativi previsti dallo stesso comma 222, per cui gli stanziamenti alle singole amministrazioni per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, a decorrere dall'esercizio finanziario 2011, non potranno eccedere gli importi spesi e comunicati all'Agenzia del demanio, e comunque entro il limite del 2 per cento del valore dell'immobile utilizzato stabilito, da ultimo, dall’art. 8 del D.L. 78 del 2010.
Il comma 7 prevede che fino alla stipula degli accordi o delle convenzioni quadro di cui al comma 5 e, comunque, per i lavori già appaltati, gli interventi manutentivi continuano ad essere gestiti dalle amministrazioni interessate. Successivamente alla stipula dell'accordo o della convenzione quadro, è nullo ogni nuovo contratto di manutenzione ordinaria e straordinaria non affidato dall'Agenzia del demanio. Fanno eccezione i contratti stipulati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dichiarati indispensabili per la protezione degli interessi della sicurezza dello Stato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
L’Agenzia del demanio verifica e monitora gli interventi necessari di manutenzione ordinaria e straordinaria, avvalendosi delle strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (senza oneri) o selezionando, con procedure ad evidenza pubblica, società specializzate e indipendenti (comma 8).
Al fine di attuare in modo compiuto la disposizione in materia di comunicazioni annuali all’Agenzia del demanio del fabbisogno di spazio allocativo e delle superfici occupate non più necessarie, il comma 9 dispone che le amministrazioni dello Stato comunichino annualmente, a decorrere dal 1° gennaio 2013, all'Agenzia del demanio le previsioni relative alle nuove costruzioni la cui realizzazione sia programmata nel successivo triennio.
Il comma 10 demanda ad uno o più decreti ministeriali di natura non regolamentare il compito di definire le attività dei Provveditorati per le opere pubbliche e le modalità, i termini, i criteri e le risorse disponibili.
Il comma 13 dispone che la violazione degli obblighi di comunicazione stabiliti dall'articolo 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 è causa di responsabilità amministrativa. Le amministrazioni soggette ai suddetti obblighi devono individuare, secondo le rispettive strutture organizzative e i relativi profili di competenza, i responsabili della comunicazione stessa.
Infine i commi 11, 12, 14 e 15, introducono novelle in alcune delle disposizioni normative sopra richiamate conformi al contenuto innovativo dell'articolo in titolo.
Con particolare riferimento al comma 14, nella relazione tecnica al provvedimento in esame si specifica come le previsioni ivi contenute abbiano natura meramente ordinamentale, finalizzate a definire il discrimine tra il Rendiconto patrimoniale a valori di mercato, curato dal Dipartimento del Tesoro, ed il Conto generale del patrimonio dello Stato redatto dalla Ragioneria Generale dello Stato, a norma degli articoli 36 e 37 della sopra richiamata legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di contabilità e finanza pubblica, articoli che dettano norme, rispettivamente, in materia di elementi del conto del bilancio e del conto del patrimonio e di parificazione del rendiconto.
Per quanto concerne invece la disposizione recata dal comma 15, essa estende al Dipartimento del Tesoro, per gli atti di competenza, la possibilità di effettuare la segnalazione alla Corte dei Conti in caso di inadempimento agli obblighi di comunicazione in discorso.
Profili finanziari
Il prospetto riepilogativo non considera la norma in esame.
La relazione tecnica, con riferimento al comma 1 – che prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, le operazioni compravendita di immobili da parte delle amministrazioni pubbliche siano soggette alla previa verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica - afferma che la disposizione non determina effetti sui saldi di finanza pubblica.
Con riferimento ai commi da 2 a 13 – che prevedono l’accentramento in capo all’Agenzia del demanio[93] delle decisioni in materia di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati dalle amministrazioni pubbliche, anche al fine del recupero di spazi e di riduzione delle locazioni passive, con conseguente accentramento, a decorrere dal 1o gennaio 2013, delle risorse necessarie in due fondi, di parte corrente e di conto capitale, per le manutenzioni ordinaria e straordinaria, istituiti nello stato di previsione del MEF – la relazione tecnica afferma che la norma in esame non modifica gli effetti di contenimento delle spese di gestione e manutenzione degli immobili, come già quantificate dalla legge 244/2007 e dalla legge 191/2009, e pertanto, alla disposizione in esame non vengono attribuiti effetti sui saldi di finanza pubblica.
In materia di contenimento delle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria della P.A., la relazione ricorda che l’art. 2 della legge 24 dicembre 2007 n. 244[94] ha fissato alcuni limiti entro cui si devono ridurre le predette spese (con esclusione degli enti territoriali e locali e degli enti da essi vigilati, delle aziende sanitarie ed ospedaliere, nonché degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico). I limiti sono determinati sulla base di specifiche percentuali riferite al valore degli immobili, sia di proprietà statale in uso governativo, sia di proprietà privata condotti in regime di locazione passiva dalle Amministrazioni centrali dello Stato (questi limiti non vengono modificati dall’iniziativa in esame).
In relazione a tali disposizioni, è stato già considerato sui saldi di finanza pubblica un corrispondente effetto positivo, derivante sia dalla razionalizzazione delle spese che dalla riduzione del costo degli immobili in uso, valutato in termini di fabbisogno e di indebitamento netto in 290 milioni di euro per l’anno 2008, 230 milioni per l’anno 2009 e 220 milioni per l’anno 2010.
In materia di contenimento dei costi di locazione, la relazione ricorda il processo di riordino delle locazioni passive operativo, a decorrere dal 1° gennaio 2011, ai sensi dell’art. 2, c. 222, della legge 191/2009, con ulteriori effetti positivi scontati su tutti i saldi, valutati in 65,2 milioni di euro annui a decorrere dal 2011, correlati alla riduzione del 10% delle risorse statali sulle locazioni passive, confluite per la restante parte in un fondo unico per le locazioni presso il MEF, le cui risorse sono anch’esse già attribuite all’Agenzia del demanio.
Con riferimento ai commi da 13 a 15 – in materia di censimento degli immobili – la relazione sottolinea la finalità delle disposizioni, miranti a rafforzare l’efficacia delle disposizioni di razionalizzazione e contenimento della spesa, e sottolinea l’assenza di riflessi finanziari diretti, avendo le norme soltanto una portata deterrente e sanzionatoria, ovvero meramente ordinamentale.
Nulla da osservare in merito ai profili di quantificazione, nel presupposto che le nuove mansioni attribuite all'Agenzia del demanio, in materia di centralizzazione delle attività di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili in uso alle PA, possano essere svolte dalla stessa Agenzia nel rispetto della prevista clausola di invarianza finanziaria.
Si segnala comunque che la relazione, nell’affermare che le norme in esame concorrono al conseguimento dei risparmi, per spese di manutenzione ordinaria e straordinaria e per spese di locazione, già iscritti negli andamenti tendenziali a legislazione vigente, non fornisce informazioni sulla misura in cui i predetti risparmi sono stati finora effettivamente conseguiti, nonché sugli eventuali scostamenti riscontrati rispetto alle previsioni.
Articolo 13, comma 1
(Riduzione del Fondo “deposito dormienti”)
1. Tenuto conto delle effettive esigenze di cassa, la dotazione del fondo di cui all'articolo 1, comma 343, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è rimodulata come segue. La dotazione del predetto fondo è ridotta dell'importo di 100 milioni per l'anno 2011; la medesima dotazione è incrementata di 100 milioni di euro nell'anno 2015.
Il comma 1 dell'articolo 13 rimodula, tenuto conto delle effettive esigenze di cassa, la dotazione del c.d. "fondo depositi dormienti" di cui all’articolo 1, comma 343, della legge n. 266 del 2005[95], prevedendo che essa sia:
§ ridotta dell’importo di 100 milioni per l’anno 2011;
§ incrementata di 100 milioni di euro per l’anno 2015.
Si ricorda che l’articolo 1, comma 343, della legge finanziaria 2006, per indennizzare i risparmiatori che, investendo sul mercato finanziario, sono rimasti vittime di frodi finanziarie e che hanno sofferto un danno ingiusto non altrimenti risarcito, ha costituito, a decorrere dall'anno 2006, un apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
La dotazione del fondo è stata successivamente incrementata, per l’anno 2011, di 103 milioni di euro dall’articolo 8-octies, comma 3, del decreto-legge n. 5 del 2009[96].
Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.
(milioni di euro)
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Saldo netto da finanziare |
Fabbisogno |
Indebitamento netto |
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2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
Minori spese correntI |
100,0 |
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100,0 |
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|
|
100,0 |
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La relazione tecnica afferma che la disposizione prevede il definanziamento della dotazione del “Fondo depositi dormienti”, di cui all’articolo 1, comma 343, della L. 266/2005 (legge finanziaria 2006), come rifinanziata dall’articolo 8-octies, comma 3, del D.L. 5/2009 (Sostegno settori industriali in crisi e quote latte). La dotazione viene ridotta dell’importo di 100 milioni per l’anno 2011 e incrementata della medesima cifra nell’anno 2015. La RT specifica che, in sostanza, viene posticipato al 2015 il rifinanziamento, pari a 103 milioni di euro, disposto per l’anno 2011 dal predetto D.L. 5/2009 (art. 8-octies, c. 3).
In merito ai profili di quantificazione, si osserva che il differimento al 2015 della spesa di 100 milioni determina un rinvio dell’onere in esame ad un esercizio successivo al quadriennio coperto dalla manovra realizzata con il presente decreto legge. Ciò premesso, non si dispone di elementi per verificare la compatibilità di tale rimodulazione rispetto ad eventuali interventi connessi a programmi già avviati per il 2011 e finanziati a valere sul fondo in questione.
Quanto al rinvio dell’onere all’esercizio 2015, si fa presente che il successivo comma 3 (del medesimo articolo 13) dispone, per lo stesso esercizio, una riduzione di spesa (di 592 milioni) più che compensativa rispetto all’onere in esame (100 milioni).
Articolo 13, comma 2
(Riduzione del Fondo per il finanziamento
degli interventi
urgenti e indifferibili)
2. La dotazione del fondo di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, come integrato dall'articolo 3, comma 2-bis del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, è ridotta di 49,5 milioni di euro per l'anno 2011.
Il comma 2 riduce di 49,5 milioni di euro per l’anno 2011 la dotazione del Fondo per esigenze urgenti ed indifferibili, istituito ai sensi del comma 1 dell'articolo 7-quinquies del D.L. n. 5 del 2009 (legge n. 33/2009).
La relazione tecnica afferma che la riduzione è relativa alla quota rassegnata nel 2011, ai sensi dell’articolo 3, comma 2-bis, del D.L. n. 225/2010, e non ancora utilizzata, in relazione alle economie derivanti dai definanziamenti delle autorizzazioni di spesa i cui stanziamenti annuali 2007, 2008 e 2009, sulla base delle risultanze del rendiconto, risultavano non impegnati (definanziamenti previsti dall'articolo 1 del D.L. n. 78/2010).
Il comma 1 dell'articolo 7-quinquies del D.L. n. 5 del 2009 ha istituito un fondo nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, al fine di assicurare il finanziamento di interventi urgenti e indifferibili, con particolare riguardo ai settori dell’istruzione e agli interventi organizzativi connessi ad eventi celebrativi.
La dotazione del Fondo per l’anno 2011 è stata determinata dalla legge di stabilità per il 2011 (articolo 1, comma 40, legge n. 220/2010) in complessivi 924 milioni di euro, di cui una quota pari a 874 milioni destinata alle specifiche finalità indicate nell’elenco 1 allegato alla legge di stabilità 2011 da ripartirsi con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri. L’ulteriore quota di 50 milioni è destinata al finanziamento di interventi urgenti di riequilibrio socio-economico e sviluppo dei territori, alle attività di ricerca, assistenza e cura dei malati oncologici e alla promozione di attività sportive, culturali e sociali. Alla ripartizione di tale quota si provvede con decreto del Ministro dell'economia e finanze, in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario (quarto periodo del comma 40).
Successivamente, l’articolo 3, comma 2-bis del D.L. n. 225/2010 (c.d. milleproroghe), ha disposto l’assegnazione al suddetto Fondo delle disponibilità di bilancio derivanti dal definanziamento delle autorizzazioni di spesa i cui stanziamenti per gli anni 2007, 2008 e 2009 risultavano non impegnati (ex art. 1, D.L. n. 78/2010), per un importo pari a 49,5 milioni di euro per il 2011.
Si tratta della quota che ora viene portata in riduzione ai sensi del comma in esame.
Si ricorda che con D.P.C.M. 18 maggio 2011 sono già state ripartite le risorse finanziarie previste dall’articolo 1, comma 40, della legge di stabilità 2011 in favore delle finalità indicate nell’elenco 1, per un importo complessivo di 624 milioni di euro, rinviando ad ulteriore decreto il riparto dei 250 milioni di euro dell’ultima voce del richiamato elenco 1, da destinare a finalità varie, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.
Relativamente al Fondo in oggetto, si segnala, altresì, che il comma 7 del successivo articolo 21 del decreto in esame reca un’ulteriore riduzione della dotazione del Fondo per l’anno 2011, di 12,5 milioni di euro.
L'articolo 21, comma 10, del decreto in esame integra l’ultima voce dell’elenco 1 della legge di stabilità 2011 (cui sono assegnati 250 milioni di euro per il 2011), inserendo tra le finalità che beneficiano del riparto gli "eventi celebrativi di carattere internazionale".
Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.
(milioni di euro)
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Saldo netto da finanziare |
Fabbisogno |
Indebitamento netto |
|||||||||
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2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
Minori spese correnti
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49,5 |
|
|
|
49,5 |
|
|
|
49,5 |
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La relazione tecnica specifica che la norma prevede il definanziamento della dotazione del suddetto fondo, come integrato dall’articolo 3, comma 2-bis, del D.L. 225/2010, per l’importo di 49,5 milioni di euro per l’anno 2011, relativamente alla quota riassegnata al 2011 e non ancora utilizzata, in relazione alle economie derivanti dai finanziamenti 2007-2009, ex articolo 1 del D.L. 78/2010.
In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare nel presupposto che il definanziamento previsto sia compatibile con eventuali interventi connessi a programmi già avviati e finanziati a valere sul fondo in questione.
3. La dotazione del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni, come integrato ai sensi dell'articolo 22-ter del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e successive modificazioni, è ridotta di 252 milioni di euro per l'anno 2012, di 392 milioni di euro per l'anno 2013, di 492 milioni di euro per l'anno 2014, di 592 milioni di euro per l'anno 2015, di 542 milioni di euro per l'anno 2016, di 442 milioni di euro per l'anno 2017, di 342 milioni di euro per l'anno 2018, di 292 milioni di euro per l'anno 2019 e di 242 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020.
Il comma 3 riduce la dotazione del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri dall'articolo 18, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge n. 185 del 2008.
In dettaglio, la dotazione del fondo viene ridotta dei seguenti importi:
§ 252 milioni di euro per l'anno 2012;
§ 392 milioni di euro per l’anno 2013;
§ 492 milioni di euro per l’anno 2014;
§ 592 milioni di euro per l’anno 2015;
§ 542 milioni di euro per l’anno 2016;
§ 442 milioni di euro per l’anno 2017;
§ 342 milioni di euro per l’anno 2018;
§ 292 milioni di euro per l’anno 2019;
§ 242 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020.
Si ricorda che il Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale è uno dei tre fondi settoriali attraverso i quali sono gestite le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (insieme al Fondo infrastrutture e al Fondo sociale per l’occupazione e la formazione).
La riduzione disposta dalla norma in esame non riguarda, però, i fondi del FAS, ma, come peraltro specificato nella Relazione tecnica, la quota che viene portata annualmente in riduzione corrisponde ai risparmi di spesa derivanti dalla riforma previdenziale per le donne nel pubblico impiego, con particolare riferimento alla quota concernente l’aumento dell’età pensionabile delle donne, che, ai sensi dell'articolo 22-ter del D.L. n. 78 del 2009, è stata destinata in aumento del suddetto Fondo strategico a decorrere al 2010[97].
La norma prevedeva, in particolare, che tali risorse aggiuntive fossero destinate ad interventi dedicati a politiche sociali e familiari, con particolare attenzione alla non autosufficienza.
Va ricordato che neppure le disponibilità relative agli anni 2010 e 2011 (120 milioni nel 2010 e 242 milioni nel 2011) sono state utilizzate per finalità di politiche sociali e familiari ma utilizzate a copertura di oneri recati dalle relative manovre annuali.
Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.
(milioni di euro)
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Saldo netto da finanziare |
Fabbisogno |
Indebitamento netto |
|||||||||
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2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
Minori spese correnti
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|
252,0 |
392,0 |
492,0 |
|
252,0 |
392,0 |
492,0 |
|
252,0 |
392,0 |
492,0 |
La relazione tecnica ricorda che le richiamate risorse sono state iscritte in bilancio sul cap. 2836/MEF, per gli importi di 120 milioni di euro per l’anno 2010 e di 242 milioni di euro per l’anno 2011 e successivi, in relazione all’elevazione graduale dal 2010 del requisito anagrafico minimo per l’accesso al pensionamento di vecchiaia per le lavoratrici dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Il Fondo è stato successivamente rifinanziato dall’art 12, comma 12-sexies, del D.L. 78/2010, in relazione all’accelerazione del citato percorso di allineamento dell’età pensionabile delle donne del pubblico impiego agli uomini dello stesso settore, modificando quanto originariamente previsto e disponendo, anziché il passo di incremento inizialmente previsto del requisito anagrafico di 1 anno ogni 2, un allineamento in vigore dal 1° gennaio 2012 anziché dal 1° gennaio 2018. Per effetto di tali modifiche, l’ammontare del Fondo è stato incrementato di euro 10 milioni per l’anno 2012, 150 milioni per l’anno 2013, 350 milioni per l’anno 2014, 300 milioni per l’anno 2015, 200 milioni per l’anno 2016, 100 milioni per l’anno 2017 e 50 milioni per l’anno 2018, in relazione alle corrispondenti economie previste per accelerazione dell’innalzamento dell’età pensionabile delle lavoratrici del pubblico impiego.
Occorre altresì segnalare che, nel corso delle manovre di finanza pubblica per gli anni 2010 e 2011, rispettivamente, in applicazione del comma 129 dell’art. 2 della legge finanziaria 2010 (L. 191/2009) e del comma 53 dell’art. 2 della legge di stabilità 2011 (L. 220/2010), sono state apportate riduzioni dei suddetti stanziamenti, con esclusivo riferimento agli anni 2010 e 2011, per gli importi di 120 milioni di euro e 242 milioni di euro, in relazione alla copertura del complesso degli oneri ivi previsti. La RT precisa, pertanto, che tali riduzioni non riguardano gli anni successivi al 2011 e, seppure non possano essere riferite alla copertura di interventi specifici, sono state di fatto destinate, per lo più, alla copertura dei nuovi interventi in materia di politiche sociali, contestualmente introdotti dalle medesime manovre di finanza pubblica.
L’ammontare delle quote annue residue del Fondo, iscritte in bilancio per gli anni a decorrere dal 2012, non utilizzate per le suddette coperture e quindi tuttora destinate agli interventi per politiche sociali e familiari, è indicato nella tabella a seguire ed appare crescente fino all’anno 2015 (quando raggiunge il livello di 592 milioni di euro), per poi decrescere progressivamente fino all’ammontare di 242 milioni di euro per l’anno 2020, quando si stabilizza, anche per gli anni successivi.
(milioni di euro)
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2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016
|
2017 |
2018 |
2019 |
Dal 2020 |
Integrazione ex art. 22-ter D.L. 78/2009 |
120,0 |
242,0 |
242,0 |
242,0 |
242,0 |
242,0 |
242,0 |
242,0 |
242,0 |
242,0 |
242,0 |
Copertura art. 2, comma 129, L. 191/2009 (Legge Finanziaria 2010) |
-120,0 |
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|
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|
|
Rifinanzia-mento art. 12, comma 12-sexies, D.L. 78/2010 |
|
|
10,0 |
150,0 |
250,0 |
350,0 |
300,0 |
200,0 |
100,0 |
50,0 |
|
Copertura ex articolo 2, comma 53, L. 220/2010 (Legge finanziaria 2011) |
|
-242,0 |
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Disponibilità al netto utilizzi |
- |
- |
252,0 |
392,0 |
492,0 |
592,0 |
542,0 |
442,0 |
342,0 |
292,0 |
242,0 |
In merito ai profili di quantificazione, si osserva che la relazione tecnica dà conto di incrementi del Fondo, determinati dal rifinanziamento disposto con il D.L. 78/2010, in misura non corrispondente alle somme riportate nella tabella riepilogativa contenuta nella stessa RT. Ciò premesso, si rileva che la riduzione prevista dal comma 3 azzera di fatto le disponibilità a valere sul Fondo strategico per il paese a sostegno dell’economia reale.
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 8, comma 15, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) è attribuito il controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie e sulla composizione del patrimonio degli enti di diritto privato di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, che viene esercitato anche mediante ispezione presso gli stessi, richiedendo la produzione degli atti e documenti che ritenga necessari.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la COVIP, sono stabilite le modalità con cui la COVIP riferisce ai Ministeri vigilanti delle risultanze del controllo di cui al comma 1 ai fini dell'esercizio delle attività di cui all'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 509 del 1994 ed ai fini dell'assunzione dei provvedimenti di cui all'articolo 2, commi 2, 4, 5 e 6, del predetto decreto legislativo.
3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e sentita la COVIP, detta disposizioni in materia di investimento delle risorse finanziarie degli enti previdenziali, dei conflitti di interessi e di banca depositaria, tenendo anche conto dei principi di cui agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, e relativa normativa di attuazione e di quanto previsto dall'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509.
4. I compiti di vigilanza attribuiti alla COVIP con il presente decreto sono esercitati con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. Ai fini dell'assolvimento dei propri compiti istituzionali, la COVIP può avvalersi di un contingente di personale, stabilito con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, acquisito da altre pubbliche amministrazioni mediante collocamento in posizione di comando fuori ruolo, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, con contestuale indisponibilità dei posti nell'amministrazione di provenienza.
5. All'articolo 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, come modificato dall'articolo 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le parole: "Nucleo di valutazione della spesa previdenziale" sono sostituite dalle seguenti: "Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP)", con contestuale trasferimento alla COVIP delle competenze di cui al citato articolo 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006, già esercitate dal Nucleo di valutazione della spesa previdenziale. In relazione agli enti di diritto privato di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, il predetto Nucleo svolge esclusivamente compiti di osservazione, monitoraggio e analisi della spesa previdenziale, avvalendosi dei dati messi a disposizione dalle amministrazioni vigilanti e dagli organi di controllo.
Nell’ambito delle disposizioni inerenti la soppressione, incorporazione e riordino di enti ed organismi pubblici disposta dall’articolo in esame, i commi da 1 a 5 attribuiscono alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP), a decorrere dall’entrata in vigore del provvedimento in esame e nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 8, comma 15, del D.L. 78/2010[98], i compiti di controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie e sulla composizione del patrimonio degli enti gestori di forme previdenziali obbligatorie di base privatizzati in seguito alle disposizioni di cui al D.Lgs. 509/1994 e al D.Lgs. 103/1996. Nell