Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento ambiente | ||||
Titolo: | I temi dell'attività parlamentare nella XVI legislatura - Ambiente, territorio e protezione civile | ||||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 1 Progressivo: 4 | ||||
Data: | 15/03/2013 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici |
La documentazione di inizio legislatura - accessibile dalla home page della Camera dei deputati - dà conto delle principali politiche pubbliche e delle attività svolte dalle Commissioni parlamentari nella XVI legislatura, suddivise in Aree tematiche, a loro volta articolate per Temi e Approfondimenti. L'accesso è disponibile per Commissione ovvero per Area tematica.
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L’Unione europea pone le politiche ambientali al centro di una nuova strategia di sviluppo basata sulla sostenibilità e sull’uso efficiente delle risorse. In questa prospettiva l’ambiente acquisisce una nuova centralità e, nel contempo, assume un carattere trasversale alle altre politiche pubbliche, prime tra tutte le politiche territoriali ed energetiche. Del rafforzamento dell’impegno politico verso lo sviluppo sostenibile globale e della transizione verso un’“economia verde” si è, altresì, discusso in sede di Conferenza delle Nazioni unite Rio +20 svoltasi nel mese di giugno 2012.
Nella XVI legislatura, il Parlamento ha avuto modo di dibattere di tali tematiche in occasione dell’esame - nella cosiddetta fase “ascendente” - di alcuni atti europei concernenti le questioni dei cambiamenti climatici (ad esempio il cd. pacchetto clima-energia ), dell’energia e della gestione dei rifiuti (ad esempio la relazione sulla Strategia tematica sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti e la Tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse), nonché nell’esame di alcuni provvedimenti normativi adottati in recepimento della normativa europea e nello svolgimento di un’intensa attività conoscitiva e di indirizzo e controllo.
La produzione normativa della XVI legislatura – in materia di politiche ambientali e territoriali – è prevalentemente contenuta in decreti legge e decreti legislativi, questi ultimi emanati in attuazione di deleghe anche al fine di adeguare l’ordinamento nazionale alla legislazione europea. Tali provvedimenti sono stati sostanzialmente modificati nel corso dell’esame parlamentare.
Una nuova considerazione delle tematiche ambientali è presente anche nell’esame dei più recenti documenti di bilancio (eco bilancio ed eco rendiconto) e nell’ambito dei documenti di economia e finanza (DEF), che recano specifiche sezioni dedicate proprio allo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (cd. Allegato “Kyoto”). Ciononostante, le risorse finanziarie destinate alle politiche ambientali hanno subito una costante diminuzione nel corso della legislatura nell’ambito delle riduzioni operate dalle manovre di finanza pubblica che si sono susseguite. Risorse ad hoc sono state ovviamente dirette a fronteggiare le numerose emergenze sul territorio nazionale.
In data 8 marzo 2013 il Ministero dell'ambiente, al fine di definire le priorità per la crescita sostenibile dell'Italia, ha presentato il “Rapporto Ocse sulle performance ambientali: Italia 2013 ”, che contiene una serie di valutazioni e raccomandazioni di medio-lungo periodo.
Nel corso della legislatura sono state approvate numerose modifiche al d.lgs. 152/2006 (cd. Codice ambientale), che sostanzialmente rappresenta il corpus normativo di riferimento in materia ambientale, in una prima fase attraverso veri e propri interventi correttivi a seguito della delega contenuta nella legge 69/2009 e a motivo del recepimento di alcune direttive europee. Nella seconda fase della legislatura le disposizioni in materia ambientale sono confluite in diversi provvedimenti d’urgenza e non si sono configurate come modifiche organiche degli ambiti di riferimento. In taluni casi, peraltro, si è trattato di disposizioni oggetto di ripetute novelle anche a distanza di pochi mesi e ciò ha determinato una certa "instabilità normativa". Tra le disposizioni maggiormente oggetto di modifica, si segnala ad esempio il sistema di tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), la cui disciplina è stata prorogata più volte per le criticità legate all’attuazione.
Le norme approvate nel corso della legislatura in materia ambientale, che comunque non comprendono solo novelle al Codice, hanno riguardato diversi ambiti: i rifiuti, le bonifiche dei siti contaminati , le risorse idriche, la tutela dell’aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera. Alcune disposizioni non sono state definitivamente approvate in quanto contenute in proposte di legge di iniziativa parlamentare il cui iter non si è concluso (è il caso, ad esempio, della proposta di legge A.S. 3162-B ). E’ necessario peraltro ricordare che nella materia ambientale sono pendenti numerose procedure di infrazione a livello europeo (che riguardano, ad esempio, le discariche, le acque reflue urbane, i depuratori).
Negli ambiti sopra elencati gli interventi adottati sono stati diversi e hanno riguardato i profili procedurali e autorizzatori, le problematiche gestionali e di affidamento, i profili sanzionatori. Alcune misure – soprattutto sotto il profilo procedurale e autorizzatorio – hanno avuto un obiettivo di semplificazione (è il caso, ad esempio, dell’autorizzazione unica ambientale ai sensi dell’art. 23 del D.L. 5/2012).
La crescente attenzione nei confronti delle tematiche ambientali si è tradotta ovviamente non solo nella discussione di provvedimenti legislativi, ma anche in un’intensa attività di indirizzo e controllo. Particolare importanza hanno rivestito gli atti di indirizzo nel quadro del dibattito riguardante i cambiamenti climatici e l’applicazione del Protocollo di Kyoto.
La materia dei rifiuti è stata maggiormente interessata da modifiche in primo luogo con l’emanazione del d.lgs. 205/2010, in recepimento della direttiva 2008/98/CE, che ha sostanzialmente innovato la definizione di “rifiuto” e la disciplina della gestione dei rifiuti . Il decreto ha, pertanto, introdotto nell’ordinamento una nuova disciplina concernente i sottoprodotti e la cessazione della qualifica di rifiuto (end of waste), nonché l’indicazione esplicita di criteri di priorità nella gestione dei rifiuti (la cosiddetta gerarchia dei rifiuti), che comprendono le misure di prevenzione, riutilizzo, riciclaggio, recupero, e smaltimento. Le direttive europee e la nuova strategia considerano i rifiuti come una risorsa e questo richiede anche a livello territoriale modelli di governance efficienti nella gestione del ciclo integrato dei rifiuti al fine di contrastare le situazioni di emergenza.
E’ stato, infine, istituito il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi , a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento (art. 14 del D.L. 201/2011 da ultimo novellato dall’art. 1-bis del D.L. 1/2013).
Si è già detto inizialmente della crescente importanza della nuova impostazione di fondo delle politiche europee in favore dello sviluppo sostenibile a cui è strettamente connessa la transizione verso un nuovo modello di economia, la cosiddetta green economy , quale opportunità da percorrere nell’attuale contesto di crisi.
Oltre agli interventi cui si è fatto rapidamente cenno, nel corso della XVI legislatura è stata inserita una specifica disciplina volta allo sviluppo della mobilità sostenibile, attraverso misure per favorire la realizzazione di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica e la sperimentazione e la diffusione di veicoli a basse emissioni complessive, specie nel contesto urbano (Capo IV-bis del D.L. 83/2012).
E’ stata, inoltre, modificata la disciplina per la gestione del fondo rotativo per il finanziamento delle misure finalizzate all'attuazione del Protocollo di Kyoto (cd. Fondo Kyoto) al fine di destinare risorse a imprese operanti in settori che possono essere ricompresi nell’ “economia verde” e che, per fruire delle agevolazioni, devono creare nuova occupazione giovanile (art. 57 del D.L. 83/2012).
Di rilevante importanza, nella prospettiva di uno sviluppo dell’economia verde, è stato il dibattito parlamentare che si è svolto sulle tematiche delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica e sulle relative misure adottate. La Commissione ambiente della Camera ha concluso un’indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili.
Un discorso a parte meritano le modifiche normative riguardanti il servizio idrico integrato , che sono state determinate dall’esito favorevole delle consultazioni popolari svoltesi il 12 e il 13 giugno 2011, relativamente all’affidamento e alla gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, nonché alla determinazione della tariffa del servizio idrico integrato.
Sotto il profilo dell’affidamento e della gestione, l’abrogazione dell’articolo 23-bis del d.lgs. 112/2008 ha comportato l’applicazione immediata della normativa europea e l’esclusione del servizio idrico integrato dalla normativa che è stata successivamente approvata (art. 4 del D.L. 138/2011) e dichiarata incostituzionale (sentenza n. 199 del 2012). Al servizio idrico integrato si applicano invece le nuove regole in tema di definizione degli ambiti territoriali ottimali e dei criteri di organizzazione (art. 3-bis del D.L. 138/2011).
Per quanto attiene la regolazione vera e propria, è stata istituita e successivamente soppressa l'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, le cui funzioni sono state trasferite al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, fatta eccezione per quelle attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici che sono esercitate dall’Autorità per l'energia elettrica e il gas.
Nel corso della legislatura, le politiche in materia di tutela dell’ambiente e di assetto del territorio sono state contraddistinte da molti interventi emergenziali a fronte di dissesti idrogeologici, eccezionali eventi meteorologici, eventi sismici e più in generale emergenze di carattere ambientale.
Di particolare gravità i due terremoti in Abruzzo (aprile 2009) e in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto (maggio 2012) . Le situazioni di emergenza createsi a seguito di tali eventi sismici sono state oggetto di numerosi provvedimenti. Per quanto riguarda l’Abruzzo, il decreto-legge 39/2009 ha previsto una serie di interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal sisma, mentre con il D.L. 83/2012 è stata disciplinata la chiusura dell'emergenza (artt. da 67-bis a 67-sexies).
Lo stato di emergenza in Emilia Romagna, Lombardia è stato prorogato fino al 31 maggio 2013 e ed è stato oggetto di numerose disposizioni contenute in vari provvedimenti d’urgenza emanati negli ultimi mesi (D.L. 74/2012, artt. 10 e 67-septies del D.L. 83/2012, artt. 3-bis e 7 del D.L. 95/2012, nonché art. 11 del D.L. 174/2012) dirette alle popolazioni e alle imprese che hanno subito danni in conseguenza degli eventi sismici.
Per quanto concerne le emergenze ambientali , la situazione di criticità nella gestione dei rifiuti non ha interessato solo la Campania, ma anche altre regioni italiane (Lazio, Calabria, Sicilia).
Si segnala, infine, la situazione di emergenza ambientale nell’area di Taranto (D.L. 129/2012) che è collegata alle vicende che hanno interessato lo stabilimento ILVA (D.L. 207/2012).
Le situazioni di emergenza hanno avuto un impatto notevole sul territorio e, per tale, ragione il Parlamento ha messo in evidenza, anche attraverso l'indagine conoscitiva sulle politiche per la difesa del suolo, la necessità di rafforzare la prevenzione e la pianificazione degli interventi per la messa in sicurezza del territorio, nonché di destinare maggiori risorse finanziarie agli interventi medesimi.
Per quanto riguarda il governo del territorio , non è stato concluso l’esame delle proposte di legge di iniziativa parlamentare volte a riformare la legge urbanistica (A.C. 329 e abb.) per una definizione dei principi fondamentali in una materia in cui le regioni hanno emanato discipline di dettaglio definendo le competenze degli enti territoriali. Il dibattito nella Commissione di merito ha comunque fatto emergere importanti orientamenti con riferimento all’esigenza di definire nuovi modelli di pianificazione più flessibili e introdurre principi generali in materia di perequazione e compensazione urbanistica.
E’ stata, poi, riconosciuta l’importanza di definire politiche di riqualificazione delle aree urbane , specialmente di quelle degradate (in tal senso le misure contenute nell’art. 5, commi 9-14, del D.L. 70/2011 e il Piano nazionale per le città di cui all’art. 12 del D.L. 83/2012). E’ stata, inoltre, approvata una legge volta a incentivare lo sviluppo degli spazi verdi urbani (legge n. 10/2013).
Sono state introdotte alcune norme di semplificazione per il rilascio delle autorizzazioni in materia paesaggistica per interventi di lieve entità (D.P.R. 139/2010 e art. 44 del D.L. 5/2012) e delle procedure attuative dei piani urbanistici (art. 5, comma 8, del D.L. 70/2011).
Il Parlamento ha, infine, dedicato una specifica attenzione al tema della sicurezza sismica nell'ambito di un'apposita indagine conoscitiva, che però non si è conclusa.
La protezione civile è stata interessata da importanti riforme nel corso della XVI legislatura. Un primo rilevante intervento ha, tra l’altro, introdotto sostanziali innovazioni nel finanziamento delle emergenze, per un verso, autorizzando la regione colpita da calamità naturali a deliberare l’aumento delle imposizioni tributarie o delle addizionali di propria competenza, compresa l'accisa sulla benzina e, per l’altro, a ricorrere – in caso di insufficienza delle predette risorse – alle risorse statali (commi 5-quater e 5-quinquies dell'articolo 5 della legge n. 225/92 come modificata dal D.L. 225/2010).
A seguito della pronuncia di incostituzionalità, che ha parzialmente investito il predetto sistema di finanziamento (sentenza n. 22 del 2012), e anche in conseguenza dell’abrogazione della disciplina che consentiva al Dipartimento della protezione civile di operare con riferimento ai grandi eventi diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza, si è posta la necessità di un intervento di riforma della legge n. 225/92 istitutiva del Servizio nazionale di protezione civile. Il D.L. 59/2012 ha, pertanto, innovato la disciplina degli stati di emergenza e del potere di ordinanza e disposto l’utilizzo prioritario delle risorse statali per il finanziamento delle emergenze.
Nel corso della XVI legislatura, la normativa in materia di bonifiche dei siti inquinati è stata oggetto di modifiche contenute in alcuni provvedimenti d'urgenza adottati nella seconda fase della legislatura. Della bonifica dei siti inquinati si è altresì discusso in occasione dell'approvazione di atti di indirizzo e dell'esame di proposte di legge di iniziativa parlamentare.
Le modifiche alla disciplina concernente la bonifica dei siti inquinati - contenuta nella parte quarta del D.Lgs. 152/2006 (cd. Codice ambientale) - hanno interessato innanzitutto le procedure operative e amministrative che regolano le operazioni di bonifica e di messa in sicurezza dei siti.
In particolare, l'art. 40, comma 5, del D.L. n. 201/2011, attraverso una novella ai commi 7 e 9 dell'art. 242 del D.lgs. 152/2006, ha consentito l’articolazione del progetto per fasi distinte, al fine di rendere possibile la realizzazione per singole aree o per fasi temporali successive, nel caso di interventi di bonifica o di messa in sicurezza che presentino particolari complessità a causa della natura della contaminazione, delle dotazioni impiantistiche necessarie o dell'estensione dell'area interessata dagli interventi medesimi. Sono state, altresì, estese le disposizioni riguardanti la messa in sicurezza operativa del sito a tutti i siti inquinati e non solo a quelli con attività in esercizio. E', inoltre, consentita l’autorizzazione di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di messa in sicurezza degli impianti e delle reti tecnologiche, purché non compromettano la possibilità di effettuare o completare gli interventi di bonifica che siano condotti adottando appropriate misure di prevenzione dei rischi.
La lettera f-bis del comma 1 dell'art. 24 del D.L. 5/2012 ha ulteriormente novellato il comma 7 del citato art. 242 del D.Lgs. n. 152/2006 al fine di prevedere che, nell’ambito dell’articolazione per fasi temporali diverse dei progetti di interventi di bonifica o messa in sicurezza che presentino particolari complessità, possa essere valutata l’adozione di tecnologie innovative, di dimostrata efficienza ed efficacia, a costi sopportabili resesi disponibili a seguito dello sviluppo tecnico-scientifico del settore.
Da ultimo, si segnala che l'art. 3, comma 4, del D.L. n. 2/2012 ha modificato la definizione di “sito” recata dall'art. 240, comma 1, lett. a), del Codice, prevedendo che, ai fini dell’applicazione della disciplina riguardante la bonifica dei siti contaminati, i materiali di riporto sono inclusi espressamente nelle matrici ambientali, che comprendono suolo, sottosuolo ed acque sotterranee.
L'art. 48 del D.L. 1/2012 ha riscritto la normativa in materia di trattamento dei materiali di dragaggio di aree portuali e marino-costiere nei siti oggetto di interventi di bonifica di interesse nazionale (SIN), che consente di effettuare le operazioni di dragaggio anche contestualmente alla predisposizione del progetto di bonifica. Le innovazioni hanno riguardato la procedura per la presentazione del progetto di dragaggio e la sua approvazione definitiva, nonché il riutilizzo dei materiali. A quest'ultimo riguardo, infatti, sono stati previsti quattro tipi di reimpiego dei materiali derivanti dalle attività di dragaggio, in mare e a terra.
Ulteriori disposizioni hanno riguardato i materiali provenienti dal dragaggio dei fondali di porti non compresi nei siti di interesse nazionale.
L’art. 36-bis del D.L. 83/2012 - novellando tra l'altro l'art. 252 del D.Lgs. 152/2006 - ha introdotto una serie di disposizioni in materia di siti inquinati di interesse nazionale (SIN) volte, per un verso, a incidere sui criteri di individuazione dei siti e, per l'altro, a modificare l'elenco dei siti, che attualmente sono cinquantasette.
In particolare, tra i principi e criteri direttivi da seguire per l’individuazione dei SIN, è stato inserito un nuovo criterio che tiene conto dei siti interessati, attualmente o in passato, da attività di raffinerie, impianti chimici integrati, acciaierie. Si prevede, comunque, che siano in ogni caso individuati quali siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, i siti interessati da attività produttive ed estrattive di amianto.
I commi 3 e 4 prevedono rispettivamente l’emanazione di un decreto del Ministro dell'ambiente, sentite le regioni interessate, finalizzato alla ricognizione dei siti classificati di interesse nazionale che non soddisfano i requisiti di cui all’articolo 252, comma 2, del Codice e la possibilità di ridefinizione del perimetro dei SIN, su richiesta della regione interessata, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti gli enti locali interessati.
Specifica attenzione, infine, è stata dedicata all’emergenza ambientale nel sito di interesse nazionale localizzato nell'area di Taranto a motivo della situazione venutasi a creare anche in relazione alle vicende dello stabilimento ILVA. Disposizioni urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione dell'area di Taranto sono contenute nel D.L. 129/2012, che non è stato modificato nel corso dell'esame parlamentare. Si ricorda, inoltre, che la delibera CIPE n. 87/2012 ha approvato l'assegnazione di 1.060,48 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, per il finanziamento degli interventi nelle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia per la manutenzione straordinaria del territorio, ivi inclusi interventi nel settore delle bonifiche.
L'articolo 36 del D.L. 83/2012, ai commi 1 e 4, ha introdotto alcune semplificazioni di adempimenti burocratici per il settore petrolifero, con particolare attenzione al settore della raffinazione, che rigurdano anche le operazioni di bonifica.
Nel caso di attività di reindustrializzazione dei siti contaminati, anche di interesse nazionale, nonché nel caso di chiusura di impianti di raffinazione e loro trasformazione in depositi, è consentita la prosecuzione dei sistemi di sicurezza operativa già in atto senza necessità di procedere contestualmente alla bonifica, previa autorizzazione del progetto di riutilizzo delle aree interessate attestante la non compromissione degli eventuali successivi interventi di bonifica.
Si prevede, infine, che il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare adotti procedure semplificate per le operazioni di bonifica relative alla rete di distribuzione dei carburanti.
L'articolo 2 del decreto-legge 208/2008 ha introdotto una procedura alternativa di risoluzione stragiudiziale del contenzioso relativo alle procedure di rimborso delle spese di bonifica e ripristino di aree contaminate e al risarcimento del danno ambientale.
In particolare, nell’ambito degli strumenti di attuazione di interventi di bonifica e messa in sicurezza di uno o più siti di interesse nazionale, il Ministero dell’ambiente può predisporre uno schema di contratto per la stipula di una o più transazioni globali, con una o più imprese interessate, pubbliche o private, in ordine alla spettanza e alla quantificazione degli oneri di bonifica e di ripristino, nonché del danno ambientale, e degli altri eventuali danni di cui lo Stato o altri enti pubblici territoriali possano richiedere il risarcimento.
Oltre all’esame dei provvedimenti normativi precedentemente citati, l’attenzione del Parlamento in materia di bonifica dei siti inquinati è stata diretta allo svolgimento di un'attività di indirizzo e di controllo nei confronti del Governo. Tra gli atti di indirizzo, si segnala l’approvazione della mozione 1-00584 da parte dell'Assemblea della Camera nella seduta dell' 8 marzo 2011 volta ad impegnare il Governo, tra l’altro, a promuovere l'adeguamento della normativa ambientale garantendo certezza dei tempi nell'attuazione delle operazioni di bonifica, nonché ad assicurare la disponibilità di adeguate risorse finanziarie per le attività di bonifica.
Nel corso della legislatura, infine, non è stato concluso l’esame di una proposta di legge di iniziativa parlamentare (3162-B) recante modifiche al D.Lgs. 152/2006 tra le quali, agli articoli 10 e 26, sono comprese anche disposizioni concernenti rispettivamente gli interventi di manutenzione e di adeguamento e le procedure semplificate per le operazioni di bonifica o di messa in sicurezza.
Sui decreti legge
Sulle proposte di legge di inziativa parlamentare
Nel corso della XVI legislatura, il tema dei cambiamenti climatici è stato affrontato in numerose occasioni dal Parlamento attraverso l'approvazione di atti di indirizzo e nel corso dell'esame "in fase ascendente" di atti europei. Sono state, altresì, approvate talune norme volte, per un verso, alla tutela e alla riduzione delle emissioni di gas serra e, per l'altro, a incentivare i settori della cosiddetta green economy.
Il tema dei cambiamenti climatici è stato dibattuto in numerose occasioni nel corso dell'attività parlamentare della XVI legislatura. Nella prima fase della legislatura, sono stati approvati importanti atti di indirizzo, che hanno impegnato il Governo ad adottare specifiche iniziative in tali ambiti, e documenti in esito all'esame di atti europei concernenti il pacchetto clima energia, il riesame della politica ambientale e più in generale lo sviluppo sostenibile nella prospettiva di un nuovo modello di sviluppo basato sull'utilizzo efficiente delle risorse.
Il cosiddetto pacchetto clima-energia, di cui fanno parte una serie di misure per una nuova politica energetica, si inserisce nell’azione di politica climatica dell’UE intesa a modificare la struttura del consumo energetico da parte degli Stati membri attraverso misure vincolanti finalizzate a raggiungere i c.d. “obiettivi 20-20-20”, e cioè:
In tale ambito, il documento finale approvato dalla Commissione ambiente della Camera Doc. XVIII, n. 7 ha impegnato il Governo, tra l’altro, a: valorizzare i meccanismi di flessibilità previsti dal pacchetto; garantire un'applicazione quanto più ampia possibile del concetto di carbon leakage (vale a dire dell'esclusione dal pacchetto delle imprese esposte al rischio di spostamento delle emissioni di CO2 al di fuori dell'Unione europea), soprattutto con riferimento alle imprese di piccola e media dimensione, ovvero a particolari comparti manifatturieri; affermare il carattere non vincolante degli obiettivi intermedi, per lasciare i Paesi liberi di raggiungerli nella maniera più funzionale alla loro struttura produttiva e alle caratteristiche proprie di ogni Stato membro.
Successivamente, con la mozione n. 1-00122, approvata nella seduta del 24 febbraio 2009 , la Camera ha impegnato il Governo a realizzare una serie di iniziative per favorire uno sviluppo ambientale sostenibile, intervenendo nei settori della mobilità, dell’edilizia, dell’efficienza energetica, delle fonti rinnovabili e delle politiche sostenibili.
Analoghe finalità sono contenute nella mozione n. 1-00065, approvata nella seduta del 27 novembre 2008, che ha impegnato il Governo ad intraprendere un'azione coordinata in campo ambientale.
Sulla questione dei cambiamenti climatici e delle connesse politiche pubbliche è stata approvata la mozione n. 1-00290 in data 25 novembre 2009 , mentre nella seduta del 12 gennaio 2010 è stata approvata la mozione n. 1-00269, che ha impegnato il Governo a creare un sistema di ricarica dei veicoli - a partire dalle aree urbane - applicabile estensivamente sia nell'ambito del trasporto privato che pubblico.
Nella seduta del 17 marzo 2010 la Camera ha approvato le mozioni n. 1-00342 e n. 1-00346 concernenti misure urgenti per contrastare la crisi economica, impegnando il Governo, tra l'altro, a sostenere incentivandolo il settore della green economy al fine di rilanciare politiche di risparmio energetico utili all'economia del Paese ed alla soluzione dei principali problemi dell'ambiente.
L'11 dicembre 2009 la Commissione ambiente della Camera ha approvato il documento finale sul Libro bianco in materia di adattamento ai cambiamenti climatici, nonché sul riesame della politica ambientale e della strategia dell'Unione europea per lo sviluppo sostenibile. La Commissione ha sottolineato l’esigenza di promuovere iniziative, anche di carattere normativo, in taluni ambiti che potrebbero contribuire a ridurre le emissioni in maniera efficace e duratura: energia, edilizia, trasporto, ambiente, settore idrico, agricoltura. La Commissione ha inoltre evidenziato la necessità di integrare le politiche ambientali nelle altre politiche comunitarie settoriali ed ha auspicato una maggiore sinergia con la strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione; ha sottolineato l’importanza delle politiche di incentivazione dell’innovazione tecnologica e di prodotto; ha infine auspicato l'introduzione, così come raccomandato a livello europeo, di indicatori di qualità della vita che vadano oltre il PIL.
Nel corso della legislatura si sono tenute le sessioni annuali delle conferenze delle parti nell'ambito della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, comunemente conosciute come COP, l'ultima delle quali si è tenuta a Doha (Qatar) dal 26 novembre all'8 dicembre 2012 (per una consultazione dei relativi documenti si veda il sito dell’UNFCCC).
Le competenti Commissioni parlamentari della Camera e del Senato hanno svolto un'intensa attività conoscitiva sulle tematiche relative ai cambiamenti climatici e all'attuazione del protocollo di Kyoto. In proposito, si segnala che, nel corso dell'audizione del 6 ottobre 2011 presso le Commissioni riunite ambiente e politiche europee della Camera e del Senato il Commissario europeo per l'azione per il clima ha fornito elementi di informazione in ordine alle politiche europee in materia di cambiamenti climatici ponendo l’attenzione sull’importanza di aumentare l’efficienza energetica e diminuire la dipendenza dell’Europa dall’importazione di combustibili fossili.
La Commissione ambiente del Senato ha svolto un ciclo di audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle problematiche relative alle fonti di energia alternative e rinnovabili, con particolare riferimento alla riduzione delle emissioni in atmosfera e ai mutamenti climatici, anche in vista delle conferenze delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
La Commissione ambiente della Camera ha svolto un'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili approvando, nella seduta del 23 maggio 2012, il documento conclusivo.
Le Commissioni, inoltre, hanno esaminato i documenti allegati al DEF (Documento di economia e finanza), sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas-serra, in coerenza con gli obblighi internazionali assunti dall'Italia in sede europea e internazionale, e sui relativi indirizzi, predisposti ai sensi dell’art. 2, comma 9, della legge 7 aprile 2011, n. 39. L'ultimo documento esaminato è l'allegato al DEF 2012.
Si rinvia, infine, alla scheda di approfondimento L'attuazione del Protocollo di Kyoto per informazioni più dettagliate con riguardo al Protocollo.
Nel corso della legislatura è divenuto operativo il Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato (a soggetti pubblici o privati) di misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto, istituito dall’art. 1, commi 1110-1115, della L. n. 296/2006, attraverso la pubblicazione della circolare del 16 febbraio 2012 del Ministero dell'ambiente, che ha definito le modalità di erogazione dei finanziamenti a tasso agevolato previsti dal Fondo.
Successivamente l'art. 57 del D.L. 83/2012 è intervenuto sulla destinazione delle risorse del Fondo rotativo, per un verso, modificando il novero dei settori in cui operano i soggetti destinatari dei finanziamenti e, per l’altro, disponendo che i finanziamenti siano destinati a progetti che devono prevedere l’assunzione a tempo indeterminato di persone con età non superiore a 35 anni.
Il D.Lgs. 128/2010 (cosiddetto terzo correttivo), a seguito della delega contenuta nella legge 69/2009, ha apportato una serie di correzioni ed integrazioni alla parte quinta del D.Lgs. 152/2006 (cd. Codice ambientale), che hanno riguardato la tutela dell'aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera. La revisione ha interessato, in via prioritaria, le definizioni, tra le quali la distinzione tra nozione di impianto e nozione di stabilimento, indispensabile per la definizione degli adempimenti che ricadono sui gestori e sull'amministrazione; la definizione delle autorità competenti per il controllo delle piattaforme off-shore e dei terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore; l’applicazione della disciplina speciale agli impianti termici civili con potenza termica nominale inferiore a 3 MW.
Ulteriori integrazioni al Codice sono contenute nell’art. 34 della L. 99/2009 (e riguardano la parte II dell’allegato IX alla Parte quinta, che tratta dei requisiti tecnici e costruttivi degli impianti termici civili) e sono finalizzate all’adeguamento della normativa nazionale in tema di risparmio energetico a quella europea, in particolare in tema di impianti a condensazione.
Specifiche disposizioni in materia di caratteristiche tecniche e scarichi degli impianti termici civili e siti negli edifici sono, infine, dettate dall’art. 34, commi 52 e 53, del D.L. 179/2012.
Il d.lgs. n. 155 del 2010, di attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa, non si è limitato a recepire la direttiva, ma ha istituito un quadro normativo unitario in materia di valutazione e di gestione della qualità dell'aria ambiente stabilendo anche valori limite e soglie critiche di concentrazione nell’aria di taluni inquinanti. Il D.lgs. n. 155 è stato, da ultimo, modificato dal D.Lgs. 250/2012.
Si segnala, infine, che le Commissioni VIII e IX della Camera hanno approvato, nella seduta del 15 giugno 2010, la risoluzione n. 8-00074 su alcune misure volte a ridurre l’inquinamento atmosferico anche per rispondere ai rilievi europei in merito al superamento delle concentrazioni in atmosfera di PM10 registrati in alcune zone ricadenti sul territorio nazionale
In attuazione delle direttive facenti parte del pacchetto clima energia, al fine di contribuire alla riduzione delle emissioni di gas-serra, il D.lgs. 162/2011, recependo la direttiva 2009/31/CE, ha definito un quadro di misure per garantire lo stoccaggio geologico permanente di biossido di carbonio (CO2) in formazioni geologiche profonde (carbon capture and storage).
Il d.lgs. n. 55 del 2011, recante l'attuazione della direttiva 2009/30/CE, ai fini della tutela della salute e dell'ambiente, ha stabilito le specifiche tecniche dei combustibili destinati all'utilizzo nei motori ad accensione comandata e nei motori ad accensione per compressione, nonché un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra prodotte durante il ciclo di vita di tali combustibili.
Il 5 maggio 2012 è entrato in vigore il Dpr 27 gennaio 2012, n. 43, che attua sul territorio nazionale quanto previsto dal regolamento (Ce) n. 842/2006/Ce, al fine di rendere sicuro l'utilizzo di determinati gas a effetto serra fluorurati negli apparecchi e nei prodotti.
Le competenti Commissioni parlamentari della Camera e del Senato hanno esaminato uno schema di decreto legislativo recante sanzioni per la violazione delle disposizioni derivanti dal regolamento (CE) n. 842/2006 su taluni gas fluorurati ad effetto serra (atto del Governo n. 517) esprimendo il parere nella seduta del 19 dicembre (Camera) e nella seduta del 18 dicembre 2012 (Senato).
Sulla base della delega recata dalla legge comunitaria 2009 (L. 96/2010), le competenti Commissioni parlamentari hanno, infine, esaminato lo schema di decreto legislativo (atto del Governo 528), in attuazione della direttiva 2009/29/CE, che modifica la direttiva 2003/87/CE, al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per Io scambio di quote di emissioni dei gas ad effetto serra. Le Commissioni della Camera e del Senato hanno espresso rispettivamente il parere nelle sedute dell'11 febbraio e del 5 febbraio 2013.
Da ultimo, il CIPE nella seduta dell'8 marzo 2013 - secondo quanto si apprende dal comunicato ufficiale - ha approvato il Piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione di gas ad effetto serra.
Al fine di promuovere veicoli a ridotto impatto ambientale e a basso consumo energetico nel trasporto su strada è stato adottato il d.lgs. n. 24 del 2011 in attuazione della direttiva 2009/33/CE. Il D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125 ha invece recepito la direttiva 2009/126/CE relativa alla fase II del recupero di vapori di benzina durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio.
Di rilevante importanza, infine, la previsione di una specifica disciplina per favorire la realizzazione di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica e la sperimentazione e la diffusione di veicoli a basse emissioni complessive, specie nel contesto urbano (Capo IV-bis del D.L. 83/2012).
Sulle conferenze delle parti
Sugli allegati al Documento di economia e finanza
Sugli ulteriori interventi normativi per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra
Sul D.L. 83/2012
Sul D.lgs. 128/2010 (terzo correttivo)
Sulle emissioni dei veicoli
Sulle ulteriori norme per la tutela e la qualità dell'aria
Il 6 ottobre 2010 le Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive) della Camera dei deputati hanno avviato l’esame delle proposte di legge C. 2844 e C. 3553, alle quali è stata successivamente abbinata la proposta di legge C. 3773, tutte aventi ad oggetto disposizioni per favorire lo sviluppo della mobilità mediante veicoli a basse emissioni complessive.
Le due commissioni hanno approvato un testo unificato nella seduta del 23 maggio 2012, poi modificato con l’approvazione di alcuni emendamenti nella seduta del 19 giugno 2012.
Successivamente le disposizioni del testo elaborato dalle Commissioni sono state trasfuse, con alcune modifiche in particolare per quanto concerne l’entità delle risorse messe a disposizione, nel Capo IV-bis (articoli da 17-bis a 17-duodecies) del D.L. n. 83/2012 (legge n. 134/2012), introdotto nel corso dell’esame parlamentare.
In particolare, L'articolo 17-bis reca le finalità e definizioni del Capo IV-bis: le prime consistono nell’incentivazione della mobilità sostenibile attraverso la realizzazione di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli elettrici, la diffusione di flotte pubbliche e private di veicoli a basse emissioni complessive e l’acquisto di veicoli a trazione elettrica o ibrida. Sono definiti veicoli a basse emissioni complessive quelli a trazione elettrica, ibrida, GPL, a metano, a biometano, a biocombustibili ed a idrogeno che producono emissioni di anidride carbonica non superiori a 120 g/Km. L'articolo 17-ter prevede che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. il Governo promuova un’intesa con le Regioni per assicurare l’armonizzazione degli interventi in materia di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica; entro il medesimo termine le Regioni emanano le disposizioni legislative di loro competenza, nel rispetto dei principi fondamentali del presente Capo e dei contenuti dell’intesa. Il nuovo articolo 17-quater prevede che le reti infrastrutturali di ricarica siano rispondenti agli standard fissati dagli organismi di normazione europea ed internazionale IEC (International Electrotechnical Commission) e CENELEC (Comité Européèn de Normalisation Electrotechnique). Sono fatte salve le competenze dell’UE. L'articolo 17-quinquies stabilisce, al comma 1, che entro il 1° giugno 2014 i comuni adeguino i propri regolamenti sull’attività edilizia in modo da prevedere che per gli edifici di nuova costruzione ad uso diverso da quello residenziale di superficie superiore ai 500 mq e per i relativi interventi di ristrutturazione, l’installazione di infrastrutture elettriche per la ricarica dei veicoli sia obbligatoria ai fini del conseguimento del titolo abilitativo edilizio, con esclusione degli immobili di proprietà delle Amministrazioni pubbliche. Il comma 2 prevede che l’installazione delle infrastrutture di ricarica elettrica negli edifici in condominio sia approvata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio. In caso di mancata deliberazione dell’assemblea entro tre mesi dalla richiesta, il condomino interessato può installare a proprie spese le infrastrutture di ricarica (comma 3). L'articolo 17-sexies prevede che le infrastrutture, anche private, destinate alla ricarica dei veicoli elettrici costituiscano opere di urbanizzazione primaria. L'articolo 17-septies prevede che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L., con DPCM, previa deliberazione del CIPE e d’intesa con la Conferenza unificata, venga approvato un Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli elettrici. Il Piano è aggiornato entro il 30 giugno di ogni anno. Il MIT promuove accordi di programma, approvati con DPCM, previa deliberazione del CIPE e d’intesa con la Conferenza unificata, per concentrare gli interventi del Piano in funzione delle effettive esigenze. I comuni possono concedere esoneri e agevolazioni sulla tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche in favore dei proprietari di immobili che installano e attivano infrastrutture di ricarica elettrica veicolare. Il Piano è finanziato da un apposito Fondo, con una dotazione di 20 milioni di euro per il 2013 e di 15 milioni per ciascuna annualità 2014 e 2015. (il testo approvato dalle Commissioni prevedeva un finanziamento permanente di 70 milioni per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015 e finanziato per gli anni successivi al 2015 in Tabella D della legge annuale di stabilità). L'articolo 17-octies prevede un’apposita linea di finanziamento, a valere sulle risorse del fondo rotativo per il sostegno delle imprese e gli investimenti in ricerca, per programmi di ricerca tecnologica volti alla realizzazione delle reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli elettrici. L'articolo 17-nonies prevede che, entro un mese dall’approvazione del Piano nazionale di cui all’art. 17-septies, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, formuli indicazioni all’Autorità per l’energia elettrica e il gas concernenti le reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli elettrici.
L'articolo 17-decies prevede un contributo per l’acquisto, anche in locazione finanziaria, di un veicolo nuovo a basse emissioni complessive previa consegna di un veicolo da rottamare da parte del proprietario o dell’utilizzatore, in caso di locazione finanziaria, da almeno 12 mesi. Il contributo è riconosciuto in percentuale del 20% (nel 2013 e 2014) o del 15% (nel 2015) del prezzo d’acquisto, fino a determinati massimali: un massimale di 5000 euro nel 2013 e nel 2014 e di 3500 euro per veicoli con emissioni complessive CO2 non superiori a 50 gr/km (sostanzialmente auto elettriche); un massimale di 4000 euro nel 2013 e nel 2014 e di 3000 euro nel 2015 per veicoli con emissioni complessive CO2 non superiori a 95 gr/km (sostanzialmente auto ibride); un massimale di 2000 euro nel 2013 e nel 2014 e di 1800 euro nel 2015 per veicoli con emissioni complessive CO2 non superiori a 120 gr/km (sostanzialmente auto con metano o GPL). Il contributo spetta per i veicoli acquistati e immatricolati, a seguito della modifica recata dall'art. 1, co. 422, della legge di stabilità 2013 (L. n. 228/2012) tra il trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore del decreto attuativo previsto dall' art. 17-undecies e il 31 dicembre 2015 (nel testo orginario il termine a quo era individuato nel 1° gennaio 2013), ed è inteso come ripartito in parti uguali tra un contributo statale ed uno sconto praticato dal venditore. Le imprese costruttrici o importatrici del veicolo nuovo rimborsano al venditore l'importo del contributo e recuperano detto importo quale credito di imposta. Il nuovo articolo 17-undecies istituisce, nello stato di previsione della spesa del Ministero dello sviluppo economico, un Fondo - dotato, a seguito della riduzione operata dall'art. 1 co. 559, della legge di stabilità 2013 (L. n. 228/2012) di 40 milioni di euro per il 2013, di 35 milioni di euro per l'anno 2014 e di 45 milioni di euro per l'anno 2015 - per l’erogazione dei contributi statali, prevedendo altresì la ripartizione per l’anno 2013: 15 milioni di euro da destinare agli incentivi di veicoli con emissioni complessive non superiori a 50 g/km (elettriche) ed a 95 g/km (ibride), destinando il 70 per cento delle risorse alla sostituzione di veicoli pubblici e privati destinati ad uso di terzi e di auto aziendali; 25 milioni di euro da destinare all'acquisto di veicoli con emissioni complessive CO2 non superiori a 120 gr./km (sostanzialmente auto con metano e GPL) per la sostituzione di veicoli publici o privati destinati all'uso di terzi e di veicoli strumentali nell'esercizio di imprese, arti e professioni. Per gli anni 2014 e 2015 la ripartizione verrà stabilita con decreto di natura non regolamentare del Ministero dello sviluppo economico, da adottare entro il 15 gennaio di ciascun anno). Le modalità per la preventiva autorizzazione all’erogazione e le condizioni per la fruizione dei contributi previsti dall'articolo 17-decies saranno stabilite tramite un decreto di natura non regolamentare del Ministero dello sviluppo economico, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L., di concerto con il Ministero dell' economia e delle finanze. Il decreto non risulta ancora adottato. Lo stesso Ministero dello sviluppo economico, di concerto col Ministero dell'economia e delle finanze, potrà stipulare apposite convenzioni con società od enti scelti tramite gara per la gestione della misura di agevolazione, al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa, attraverso il tempestivo monitoraggio delle disponibilità del predetto fondo.
Il nuovo articolo 17-duodecies reca la copertura finanziaria.
Il pacchetto clima-energia, entrato in vigore nel giugno 2009 dando seguito alle indicazioni del Consiglio europeo, si inserisce nell’azione di politica climatica dell’UE intesa a modificare la struttura del consumo energetico da parte degli Stati membri attraverso misure vincolanti finalizzate a raggiungere i c.d. “obiettivi 20-20-20”, e cioè:
L'Unione europea si è presentata alla Conferenza di Copenaghen - svolta sotto l’egida dell’ONU tra il 7 e il 18 dicembre 2009 e intesa a istituire per i cambiamenti climatici un regime globale per il periodo successivo al 2012 - come l’unico attore mondiale ad aver anticipato gli impegni che essa intende assumersi nell’ambito di un regime climatico globale che preveda la significativa corresponsabilizzazione di tutti i paesi sviluppati e di quelli in via di sviluppo, che punti a contenere l’aumento della temperatura su scala mondiale entro 2 °C e che distribuisca in maniera equa gli oneri fra tutti i principali soggetti che intervengono. di Copenaghen
La legislazione adottata assegna a ciascuno Stato membro obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 quantificati e vincolanti. In particolare, l’accordo di compromesso raggiunto dal Consiglio europeo ha consentito l’adozione di un pacchetto di atti normativi (tre direttive e una decisione) riguardanti, rispettivamente la promozione dell’energia da fonti rinnovabili , la definizione dell’ambito di applicazione del sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione (Emission Trading System ETS-UE), lo stoccaggio geologico di CO2, nonché la ripartizione degli sforzi cui ciascuno degli Stati membri deve far fronte affinché l’UE rispetti gli obiettivi di riduzione delle emissioni per il 2020.
Il compromesso e gli atti normativi che ne sono scaturiti prevedono, tra l’altro, che le imprese esposte a rischio di rilocalizzazione possano ricevere quote gratuite di emissione. I settori interessati sono stati individuati sulla base di parametri atti a valutare l’incidenza dei costi aggiuntivi derivanti dall’applicazione della normativa proposta sulla capacità concorrenziale di uno specifico settore. Per i settori non esposti al rischio di rilocalizzazione dal 2013 è previsto un progressivo aumento delle assegnazioni di quote mediante vendita all’asta.
A tali atti normativi vanno poi aggiunti un regolamento che fissa a 130 g/km a vettura i livelli di emissione di CO2 delle autovetture nuove entro il 2015, ed una direttiva sugli standard dei combustibili che fissa limiti al tenore di zolfo per il diesel e consente un maggior utilizzo di biocarburanti nella benzina.
L’impegno dell’UE a trasformare l’Europa in un’economia dal profilo energetico altamente efficiente e a basse emissioni di CO2 ha trovato conferma nella strategia “Europa 2020" per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva approvata dal Consiglio europeo del giugno 2010, nella quale l’energia figura tra i settori d’intervento prioritari e in cui risultano integrati gli obiettivi UE fissati dal pacchetto clima-energia per il 2020 - ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 20%, aumentare la quota di energie rinnovabili al 20% e migliorare l'efficienza energetica del 20%. “Europa 2020” pone la crescita sostenibile al centro di una visione strategica che, in linea con gli obiettivi UE in materia di cambiamenti climatici, intende trasformare l’Europa nella regione in assoluto più compatibile col clima, proiettata verso un’economia a basse emissioni di carbonio, efficiente in termini di risorse e resiliente sotto il profilo climatico.
In tale contesto la Commissione europea ha definito innanzitutto le priorità energetiche dell’UE per il prossimo decennio nella nuova strategia (COM(2011)639) per un’energia competitiva, sostenibile e sicura, presentata il 10 novembre 2010. energetiche
La questione energetica e i temi ad essa collegati sono stati affrontati dal Consiglio europeo del 4 febbraio 2011 che, nelle sue conclusioni, ha sottolineato l’esigenza di potenziare gli investimenti nel settore dell’efficienza energeticae delle infrastrutture, nonché di promuovere l'innovazione attraverso un approccio strategico e integrato, ribadendo l’urgenza di introdurre nei mercati europei nuove tecnologie a basse emissioni di carbonio e ad elevate prestazioni senza le quali l'UE non potrà riuscire nel suo intento di decarbonizzare, entro il 2050, i settori maggiormente responsabili delle emissioni di CO2 – elettricità e trasporti. Nella stessa occasione, il Consiglio europeo ha rinviato al 2013 l’eventuale riesame dell’obiettivo del 20% di risparmio energetico e la considerazione di ulteriori misure, se necessarie, ritenendo comunque non giustificata la fissazione di obiettivi aggiuntivi e vincolanti in materia di efficienza energetica.
Entro tale schema e al fine di rendere più facilmente raggiungibile l’obiettivo del 20% di risparmio energetico entro il 2020 il 4 ottobre 2012 il Consiglio ha approvato definitivamente la nuova direttiva sull’efficienza energetica. Il testo approvato, pur senza fissare obiettivi vincolanti per gli Stati membri, prevede la definizione di obiettivi indicativi nazionali di risparmio energetico in tema di ristrutturazione degli edifici pubblici, di piani di risparmio energetico per le imprese pubbliche e audit energetici per tutte le grandi imprese, e fornisce indicazioni per l’individuazione di strumenti di finanziamento delle misure di efficienza energetica. La Commissione ha in più occasioni auspicato che gli Stati membri provvedano a un rapido recepimento prima del termine fissato al 5 giugno 2014.
In secondo luogo, la Commissione ha definito una strategia di ampio respiro che, nel quadro della strategia Europa 2020, stimoli i soggetti economici e industriali operanti nel mercato interno dell’UE a investire nell’innovazione tecnologica con l’obiettivo di ridurre le emissioni di carbonio e di utilizzare in maniera efficiente energia e risorse. Tale strategia si compone di un insieme di iniziative faro intese a:
Nel contesto fin qui descritto, la dimensione climatica rappresenta, a livello sia europeo sia nazionale, un’opzione strategica da includere in tutte le politiche atte a promuovere l'ecoinnovazione, i prodotti e i sistemi efficienti sotto il profilo energetico. Va ricordato infine che l’UE è tuttora impegnata nella valutazione della fattibilità di un aumento del tasso di riduzione delle emissioni di CO2 al 30% entro il 2020, nel quadro di un accordo globale e completo per il periodo successivo al 2012, in presenza di analoghi impegni di riduzione da parte degli altri Paesi sviluppati.
Il passaggio ad un’economia verde è affrontato dalla Commissione europea anche nel contesto dello sviluppo sostenibile globale per il quale la Commissione propone di: investire in risorse chiave e nel capitale naturale (ad esempio, risorse idriche, energie rinnovabili, risorse marine, biodiversità e servizi ecosistemici, agricoltura sostenibile, foreste, rifiuti e riciclaggio); combinare strumenti normativi e di mercato; migliorare la governance e incoraggiare la partecipazione del settore privato. In una risoluzione del 29 settembre 2011 il Parlamento europeo si è unito alla richiesta di una Roadmap globale per un’economia verde che definisca target “responsabili”, comprensivi di obiettivi globali sull'energia rinnovabile e l'efficienza energetica, nonché l’interruzione entro il 2020 di tutte le forme di incentivo che provocano danni all'ambiente.
La creazione di un mercato mondiale del carbonio basato sul sistema europeo per lo scambio delle quote di emissione (EU-ETS) è uno degli obiettivi prioritari della strategia climatica dell’UE. Il sistema di scambio di quote di emissione è disegnato per consentire alle imprese partecipanti di acquistare o vendere quote di emissione in maniera tale che i tagli delle emissioni possano essere raggiunti in maniera efficiente in termini di costi. La direttiva 2009/29/CE, contenuta nel pacchetto clima-energia, perfeziona il sistema UE-ETS e lo estende a tutte le grandi fonti industriali di emissioni, ad esempio le centrali elettriche. I paesi aderenti possono scambiare le rispettive quote nell'ambito di un contingente globale fissato a livello europeo. La nuova direttiva, in particolare, prevede un sistema di aste, dal 2013, per l'acquisto delle quote di emissione, i cui introiti andranno a finanziare misure di riduzione delle emissioni e di adattamento al cambiamento climatico. Viene altresì previsto che il quantitativo comunitario di quote rilasciate ogni anno a decorrere dal 2013 diminuisca in maniera lineare, a partire dall’anno intermedio del periodo 2008-2012, di un fattore pari all’1,74% rispetto al quantitativo medio annuo totale di quote rilasciate dagli Stati membri conformemente alle decisioni della Commissione sui loro piani nazionali di assegnazione per il periodo 2008-2012. Secondo la Commissione, tale impegno dovrebbe tradursi, entro il 2020, in una riduzione complessiva delle emissioni di CO2 del 21% a livello dell'UE rispetto al 2005. A partire dal 2020, i permessi nei settori non esposti al rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio saranno messi gradualmente all’asta - 70% delle quote nel 2020, fino al 100% nel 2027 - con eccezione del settore dell’energia elettrica, per il quale si prevede che già nel 2020 la percentuale di quote da mettere all’asta sia pari al 100%. Ai settori esposti a rischio elevato di rilocalizzazione verrà invece assegnato il 100% delle quote gratuite, tenendo conto del parametro di riferimento della migliore tecnologia disponibile.
Il 27 aprile 2011 la Commissione europea ha adottato una decisione che stabilisce i criteri attraverso i quali, dal 2013, gli Stati membri potranno calcolare il numero di quote di emissione da assegnare gratuitamente agli impianti presenti nel proprio territorio che soddisfano le condizioni previste dalla direttiva 2003/87/CE (direttiva ETS), con particolare riferimento ai settori ritenuti esposti alla concorrenza dei paesi terzi con conseguente rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio.
Il 15 maggio 2012 la Commissione ha reso noto che nel 2011 le emissioni verificate di gas serra provenienti da tali impianti sono scese a 1889 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, con un calo di oltre il 2 per cento rispetto al 2010, restando ben al di sotto del tetto di 2,081 miliardi l'anno fissato per l'UE per il periodo 2008-2012. I dati evidenziano altresì che le quote di scambio inutilizzate sono in aumento. Al fine di ridurre il numero di quote messo all'asta la Commissione sta pertanto riesaminando il profilo temporale delle aste relative al terzo periodo di scambio, che è iniziato il 1° gennaio 2013 e termina nel 2020.
Il 22 maggio 2012 la Commissione europea ha approvato una comunicazione (C(2012)3230) relativa agli orientamenti sulla concessione, a partire dal 1° gennaio 2013, di aiuti di Stato nel quadro dell’attuazione del sistema UE-ETS per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra (di cui alla direttiva 2009/29/CE approvata nel quadro del pacchetto 20-20-20). Il documento considera compatibili con le norme per la concorrenza: aiuti per compensare l'incremento dei prezzi dell'energia elettrica derivante dall'integrazione dei costi delle emissioni di gas serra in applicazione dell'UE-ETS (c.d. "costi delle emissioni indirette": intensità di aiuto massima dell’85% fino al 2015; 80% fino al 2017, 75% fino al 2020); aiuti all'investimento a favore di centrali elettriche ad elevata efficienza - comprese le nuove centrali elettriche predisposte per la cattura e lo stoccaggio geologico di CO2 (CCS) in modo ambientalmente sicuro (15% fino al 2020); aiuti connessi all’opzione di assegnazione di quote a titolo gratuito per un periodo transitorio ai fini dell’ammodernamento della produzione di energia elettrica (100% fino al 2020); esclusione di alcuni impianti di piccole dimensioni e degli ospedali dall'ETS-UE, se la riduzione delle emissioni di gas serra può essere ottenuta fuori dal quadro di tale sistema con costi amministrativi inferiori.
Il 25 luglio 2012 la Commissione europea ha presentato una proposta di decisione) che consentirebbe di ricalendarizzare la terza fase di scambio (2013-2020) prevista dal sistema UE-ETS (direttiva 2003/87/CE), e di ridurre il volume di permessi di emissione di carbonio in vendita nel triennio 2013-2015. Tale proposta intende affrontare il problema dell’accumulo eccessivo di quote di emissione dovuto alla recessione economica, che potrebbe avere in futuro un impatto negativo sul costo del carbonio e dunque sul funzionamento del sistema UE_ETS.
Il 14 novembre 2012 la Commissione ha presentato una (relazione) sulla situazione del mercato europeo del carbonio nella quale prende atto di alcuni squilibri tra domanda e offerta determinatisi nel breve periodo e, al fine di evitare ripercussioni negative a lungo termine, propone di modificare il calendario delle aste e di avviare un processo consultivo per individuare le soluzioni strutturali che possano incidere in modo più profondo e duraturo sull’equilibrio tra la domanda e l’offerta.
Il nuovo sistema ETS prevede il progressivo inserimento del settore del trasporto aereo. Il 26 settembre 2011 la Commissione europea ha resi noti i valori di riferimento che saranno utilizzati per assegnare annualmente a titolo gratuito, fino al 2020, le quote di emissione di gas ad effetto serra alle compagnie aeree. L’assegnazione delle quote dovrebbe essere effettuata da ogni singolo Stato membro in base alle tonnellate di CO2 per chilometro registrate da ogni vettore aereo nel 2010. In precedenza, la Commissione ha presentato una proposta di regolamento che fissa le norme procedurali per la messa all’asta di 120 milioni di quote di emissione nel 2012, in vista dell’avvio nel 2013 della terza fase del sistema UE-ETS, che dovrebbe estendere il campo d’applicazione del sistema dal 40 al 43 % delle emissioni totali europee di gas a effetto serra.
Il 20 novembre 2012 la Commissione ha presentato una proposta di decisione che, nell’ambito del sistema di scambio delle quote di emissioni (ETS) dell’Unione europea, sospende fino al 1° gennaio 2014 l’applicazione degli obblighi previsti per le compagnie aeree non europee in relazione ai voli in arrivo e in partenza dall’Europa. Si ricorda che la legislazione europea per le emissioni (UE-ETS), duramente contestata dalle compagnie aeree americane, canadesi, cinesi e russe, è entrata in vigore il 1° gennaio 2012 e, da aprile 2013, prevede pagamenti per le emissioni dei voli da/per l'Europa delle compagnie aeree non europee.
Con il termine “Protocollo di Kyoto” si intende l’accordo internazionale sottoscritto il 7 dicembre 1997 da oltre 160 paesi partecipanti alla terza sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione sui cambiamenti climatici (UNFCCC ). Oggetto del Protocollo è uno degli aspetti del cambiamento climatico: la riduzione, attraverso un’azione concordata a livello internazionale, delle emissioni di gas serra.
Obiettivo del Protocollo è la riduzione delle emissioni globali di sei gas, ritenuti responsabili di una delle cause del riscaldamento del pianeta, primo tra tutti l’anidride carbonica (CO2). Gli altri gas interessati sono il metano (CH4), l’ossido di azoto (N2O), l’esafluoruro di zolfo (SF6), gli idrofluorocarburi (HFCs) e i perfluorocarburi (PFCs).
Il Protocollo di Kyoto ha impegnato i Paesi industrializzati ed i Paesi con economia in transizione a ridurre del 5,2%, rispetto ai livelli del 1990, le emissioni di gas in grado di alterare l’effetto serra del Pianeta entro il 2012.
Il protocollo di Kyoto non ha previsto infatti vincoli alle emissioni per tutti i paesi firmatari (oltre 160), ma solo per quelli compresi nell’elenco riportato nell’Annex I: una lista di 39 paesi che include i paesi OCSE e quelli con economie in transizione verso il mercato. Tale scelta è stata operata in attuazione del principio di “responsabilità comune ma differenziata” secondo il quale, nel controllo delle emissioni, i paesi industrializzati si fanno carico di maggiori responsabilità, in considerazione dei bisogni di sviluppo economico dei Paesi in via di sviluppo (PVS).
L'onere di riduzione delle emissioni è stato ripartito fra i Paesi dell’Annex I in maniera non uniforme, in considerazione del grado di sviluppo industriale, del reddito e dei livelli di efficienza energetica. In particolare per l’UE è stata prevista, nell’ambito degli obiettivi di riduzione del Protocollo, un taglio delle emissioni dell’8%, a sua volta ripartito tra gli Stati membri dell’Unione (che ha provveduto a ratificare il Protocollo in data 31 maggio 2002) con la decisione politica nota come accordo sulla ripartizione degli oneri (raggiunto nel Consiglio Ambiente del 16-17 giugno 1998), che ha fissato per l'Italia un obiettivo di riduzione del 6,5%.
Gli impegni generali previsti dal Protocollo sono:
Per garantire un’attuazione flessibile del Protocollo e una riduzione di costi gravanti complessivamente sui sistemi economici dei paesi soggetti al vincolo sono stati introdotti i seguenti meccanismi flessibili:
Il protocollo è diventato vincolante a livello internazionale il 16 febbraio 2005 in seguito al deposito dello strumento di ratifica da parte della Russia.
Si ricorda, infatti, che l’art. 24 del Protocollo ne ha previsto l’entrata in vigore 90 giorni dopo la ratifica da parte di almeno 55 paesi firmatari della Convenzione, comprendenti un numero di paesi dell’Annex I a cui sia riferibile almeno il 55% delle emissioni calcolate al 1990. Si fa presente, inoltre, che gli Stati Uniti, che rappresentano, da soli, oltre un terzo delle emissioni dei Paesi industrializzati, non hanno aderito al Protocollo.
Nel corso della 18a conferenza delle Parti dell'UNFCCC (COP 18) e dell'8a conferenza delle Parti che funge da riunione delle Parti del protocollo di Kyoto (COP/MOP 8), tenutasi a Doha (Qatar) dal 26 novembre all'8 dicembre 2012, l'impegno per la prosecuzione oltre il 2012 delle misure previste dal Protocollo è stato assunto solamente da un gruppo di Paesi (tra i quali Unione Europea, Australia, Svizzera e Norvegia), che rappresentano appena il 15% circa delle emissioni globali di gas-serra. I 200 paesi partecipanti hanno invece lanciato, a partire dal 1° gennaio 2013, un percorso finalizzato al raggiungimento, entro il 2015, di un nuovo accordo che dovrà entrare in vigore nel 2020.
La ratifica del protocollo di Kyoto da parte dell'Italia è avvenuta con la legge 120/2002, la quale reca anche una serie di disposizioni finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra.
Per il finanziamento delle misure finalizzate al contenimento ed alla riduzione delle emissioni di gas-serra nel corso della XV legislatura è intervenuto l’art. 1, commi 1110-1115, della L. 296/2006 (finanziaria 2007), che ha istituito presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., un Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato (a soggetti pubblici o privati) di misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009.
Tale norma è stata attuata solo nel corso della XVI legislatura con il D.M. ambiente 25 novembre 2008. Per l'effettiva operatività del fondo, però, si è dovuta attendere la pubblicazione della circolare del 16 febbraio 2012 del Ministero dell'ambiente, recante le modalità di erogazione dei finanziamenti a tasso agevolato previsti dal Fondo, avvenuta nella G.U. n. 51 del 1-3-2012, S.O.
Successivamente l'art. 57 del D.L. 83/2012 (convertito dalla L. 134/2012) è intervenuto sulla destinazione delle risorse del Fondo rotativo, per un verso, modificando il novero dei settori in cui operano i soggetti destinatari dei finanziamenti e, per l’altro, prevedendo che i finanziamenti siano destinati a progetti che devono prevedere l’assunzione a tempo indeterminato di persone con età non superiore a 35 anni.
Una parte delle risorse del Fondo è stata successivamente destinata, dall'art. 1, comma 8, del D.L. 129/2012, per un importo massimo di 70 milioni di euro, agli interventi di riqualificazione e di ambientalizzazione compresi nell’area del Sito di interesse nazionale (SIN) di Taranto.
In attuazione del citato art. 57 del D.L. 83/2012 è stata emanata la circolare 18 gennaio 2013, n. 5505 del Ministero dell'ambiente, da cui risulta la seguente ripartizione in plafond delle risorse del Fondo: 380 milioni di euro destinati ad imprese, 10 milioni a progetti di investimento proposti da s.r.l. semplificata (S.r.l.s.) e 70 milioni di euro riservati, nel rispetto del citato D.L. 129/2012, al finanziamento di interventi di ambientalizzazione e riqualificazione ricompresi nel SIN di Taranto.
Ulteriori misure connesse all'attuazione del Protocollo sono state previste in numerosi provvedimenti normativi, che hanno riguardato principalmente l’incentivazione delle energie rinnovabili e la promozione della efficienza e del risparmio energetici. Nonostante gli sforzi intrapresi, però, l’incertezza sulle possibilità di riuscire a raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas-serra previsti dal Protocollo di Kyoto ha reso necessaria una maggiore attenzione sul problema (sollecitata anche dalla Corte dei conti, con la Delibera 1/2009/G del 5 marzo 2009), che si è concretizzata, tra l'altro, mediante la previsione, all’art. 2, comma 9, della legge 7 aprile 2011, n. 39, dell'obbligo di presentare, in allegato al DEF (Documento di economia e finanza), un documento, predisposto dal Ministro dell'ambiente sentiti gli altri Ministri interessati, sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas-serra, in coerenza con gli obblighi internazionali assunti dall'Italia in sede europea e internazionale, e sui relativi indirizzi.
L’allegato al DEF 2012 presenta la situazione delle emissioni di gas serra al 2011 e le stime preliminari per il 2012 indicando le azioni da intraprendere per colmare il gap che separa l’Italia dal raggiungimento dell’obiettivo di Kyoto.Lo stesso documento contiene inoltre una valutazione degli scenari delle emissioni con orizzonte temporale al 2020 idonei al raggiungimento dell’obiettivo previsto per i settori “non ETS” dalla Decisione 406/2009 del 23 aprile 2009 (c.d. effort sharing, vedi infra) e indica le azioni da attuare prioritariamente per porre il Paese sul giusto percorso rispetto a tale obiettivo. Nel documento viene sottolineato che il gap medio annuo nel periodo 2008-2012 è quantificato in circa 25 MtCO2eq.
Il documento sottolinea inoltre che, poichè il contributo emissivo dei settori ETS al totale nazionale può essere considerato invariabile, sarà pertanto necessario focalizzare gli interventi sulle emissioni dei settori non ETS (per i quali l’Italia deve conseguire, in base alla decisione effort sharing, l’obiettivo al 2020 di riduzione del 13% rispetto ai livelli del 2005).
Da ultimo, il CIPE nella seduta dell'8 marzo 2013 - secondo quanto si apprende dal comunicato ufficiale - ha approvato il Piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione di gas ad effetto serra.
Con l’emanazione della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003 che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità - denominato Emission Trading System (ETS) - al fine di promuovere la riduzione di dette emissioni secondo criteri di efficacia dei costi ed efficienza economica, l’Unione europea ha anticipato la piena entrata in vigore dell'emission trading, prevista a livello internazionale solo dal 2008. Tale direttiva ha infatti previsto l’istituzione di un mercato delle emissioni su scala europea già a partire dal 2005 da affiancare all’emission trading previsto su scala globale dal Protocollo.
Tale direttiva è stata successivamente integrata dalla direttiva 2004/101/CE (cd. direttiva linking), che ha riconosciuto i meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto (Joint Implementation e Clean Development Mechanism) all’interno dell’ETS, stabilendo la validità dei crediti di emissione (ottenuti grazie all’attuazione di tali progetti) per rispondere agli obblighi di riduzione delle emissioni.
Tali direttive sono state recepite nell’ordinamento italiano con il D.Lgs. 216/2006, che è stato modificato, nel corso della XVI legislatura, dall’art. 4, comma 9-sexies, del D.L. 97/2008 (convertito dalla legge 129/2008), dall'art. 27, comma 47, della legge 99/2009, nonchè dall'art. 4, comma 1, del D.L. 135/2009, che hanno apportato modifiche volte a razionalizzare la collocazione amministrativa, le funzioni e la governance del Comitato nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE, istituito presso il Ministero dell'ambiente.
Con il D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 257 è stata recepita la direttiva 2008/101/CE che ha modificato la direttiva 2003/87/CE al fine dell'inclusione delle attività di trasporto aereo nell’ETS. Tale decreto:
La direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concerne la revisione del sistema europeo di scambio delle quote di emissione di gas a effetto serra (Emission Trading System -ETS) per il periodo successivo al 2012. A tal fine essa ha modificato la direttiva 2003/87/CE (recepita nell’ordinamento nazionale con il D.Lgs. 216/2006) allo scopo di perfezionare ed estendere il sistema europeo per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra nel nuovo orizzonte temporale.
Secondo quanto indicato nel 5° considerando della direttiva “per ottemperare in maniera economicamente efficiente all’impegno di abbattere le emissioni di gas a effetto serra della Comunità di almeno il 20% rispetto ai livelli del 1990, le quote di emissione assegnate a tali impianti dovrebbero essere, nel 2020, inferiori del 21% rispetto ai livelli di emissione registrati per detti impianti nel 2005”. Al fine di raggiungere tali ambiziosi obiettivi, la nuova direttiva ha modificato significativamente il sistema ETS delineato dalla precedente direttiva 2003/87/CE.
Di seguito si illustrano le principali novità introdotte dalla direttiva 2009/29/CE, facendo riferimento alla numerazione degli articoli della direttiva 2003/87/CE, che viene novellata dall’articolo 1 della direttiva 2009/29/CE.
La direttiva interviene innanzitutto sul campo di applicazione (art. 2) definendolo in maniera più puntuale per quanto riguarda gli impianti di combustione ed estendendo il sistema ad altri gas diversi dalla CO2.
La direttiva ha altresì previsto la possibilità di escludere i piccoli impianti (ossia gli impianti con emissioni annue inferiori a 25.000 t di CO2 e, laddove sono svolte attività di combustione, con potenza termica nominale inferiore ai 35 MW), purché le emissioni di tali impianti siano regolamentate con misure che comportano una riduzione "equivalente" a quella che sarebbe stata loro imposta se fossero rimasti all'interno dell'ETS. E’ stata, altresì, introdotta la possibilità di stabilire regole semplificate per il monitoraggio, la rendicontazione e la verifica a favore degli impianti caratterizzati, nel periodo 2008-2010, da emissioni inferiori alle 5.000 t annue di CO2 (art. 27).
Sul metodo di assegnazione delle quote (artt. da 10 a 10-quater), la nuova direttiva prevede che le quote vengano assegnate mediante asta. Più precisamente, per gli impianti di produzione di elettricità, gli impianti per la cattura di CO2, le condutture per il trasporto di CO2 o i siti di stoccaggio di CO2 l'assegnazione sarà totalmente a titolo oneroso (“full auctioning”), ad eccezione del teleriscaldamento e della cogenerazione ad alto rendimento definita dalla direttiva 2004/8/CE in caso di domanda economicamente giustificabile, rispetto alla generazione di energia termica o frigorifera.
Per gli impianti per i quali è contemplata l'assegnazione gratuita di quote, l'art. 10-bis, comma 11, della direttiva prevede una transizione graduale verso il "full auctioning"; in particolare, il primo anno sarà assegnato gratuitamente l'80% delle quote spettanti, mentre negli anni successivi la percentuale di assegnazione gratuita sarà ridotta linearmente fino ad arrivare al 30% nel 2020 (il che implica un'assegnazione gratuita, come media del periodo, pari al 55% delle quote spettanti).
Per la gestione delle aste la direttiva prevede che avverrà a livello nazionale con regole armonizzate definite con uno specifico regolamento europeo. Viene altresì disciplinato il meccanismo di ripartizione tra gli Stati membri della quantità totale di quote da mettere all'asta. Per i proventi derivanti dalle aste è poi previsto che vengano destinati ad interventi di mitigazione per favorire gli adattamenti ai cambiamenti climatici.
Sulla base della delega recata dalla legge comunitaria 2009 (L. 96/2010), le competenti Commissioni parlamentari hanno esaminato lo schema di decreto legislativo (atto del Governo 528), che, da un lato, recepisce nell'ordinamento nazionale le modifiche apportate dalla direttiva 2009/29/CE alla precedente direttiva ETS, dall'altro provvede ad abrogare il D.Lgs. 216/2006 riproducendone, nel contempo, le disposizioni non modificate dalla direttiva 2009/29/CE.
Le Commissioni della Camera e del Senato hanno espresso rispettivamente il parere nelle sedute dell'11 febbraio e del 5 febbraio 2013.
Si ricorda, infine, che per i settori non regolati dalla direttiva 2009/29/CE (cosiddetti settori "non ETS" identificabili approssimativamente con i settori agricolo, trasporti e civile), la decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 406/2009 del 23 aprile 2009 (Decisione concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020 - cd. Decisione “effort sharing”) stabilisce, per ogni Stato Membro della UE, obiettivi obbligatori di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra. Per l’Italia l’obiettivo di riduzione è del 13%, rispetto ai livelli del 2005, da raggiungere entro il 2020.
Nel corso della XVI legislatura, il Governo è intervenuto più volte con la decretazione d'urgenza per fronteggiare l'emergenza relativa alla gestione dei rifiuti in Campania. Situazioni di emergenza connesse con la gestione dei rifiuti si sono verificate anche in altre regioni. Da ultimo, si segnala l'emergenza ambientale nell'area di Taranto collegata alle vicende dello stabilimento ILVA.
Nel tentativo di uscire dalla cronica situazione emergenziale relativa alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti, perdurante dal 1994 nel territorio della regione Campania, il Governo è più volte intervenuto, fin dall’inizio della legislatura, attraverso la decretazione d’urgenza.
Ai sensi del D.L. 90/2008, alla soluzione dell'emergenza è stato preposto un Sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. L'incarico, è stato, quindi, attribuito all'allora Capo del Dipartimento della protezione civile, Guido Bertolaso, con il compito di coordinare la gestione dei rifiuti nella regione Campania per tutta la durata del periodo emergenziale (fino al 31 dicembre 2009).
Successivamente, il D.L. 172/2008 ha introdotto ulteriori misure per la soluzione dell'emergenza, mediante l'individuazione, tra l'altro, di forme di vigilanza nei confronti degli enti locali finalizzate a garantire l'osservanza della normativa ambientale.
Disposizioni per la cessazione dello stato di emergenza sono state dettate dal D.L. 195/2009. Ai Presidenti delle province sono state attribuite le funzioni ed i compiti di programmazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da organizzarsi anche per ambiti territoriali nel contesto provinciale e per distinti segmenti delle fasi del ciclo di gestione dei rifiuti (art. 11, comma 1). Il medesimo decreto, ha attribuito alle amministrazioni provinciali, anche per il tramite di specifiche società provinciali, le attività di raccolta, di trasporto, di trattamento, di smaltimento ovvero di recupero dei rifiuti (art. 11, comma 2).
Il decreto ha, inoltre, disciplinato una fase transitoria durante la quale le sole attività di raccolta, di spazzamento e di trasporto dei rifiuti e di smaltimento o recupero inerenti alla raccolta differenziata continuano ad essere gestite dai comuni della regione Campania in luogo del subentro in tali funzioni da parte delle province (art. 11, comma 2-ter). La durata di tale fase transitoria è stata prorogata in successivi decreti e, da ultimo, dall'art. 1, comma 1, del D.L 1/2013, al 30 giugno 2013, che prevede che, a partire dalla scadenza del predetto termine, si applicheranno, anche sul territorio della Regione Campania, le disposizioni di cui all’art. 14, comma 27, lettera f), del decreto legge n. 78/2010, che attribuisce ai comuni l’organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi. Il tema della reintegrazione delle competenze dei comuni campani è stato dibattuto nel corso della legislatura in più occasioni, anche nell'esame di una proposta di legge di iniziativa parlamentare (C. 4661) che non si è concluso.
Il D.L. 196/2010 ha, poi, definito una serie di misure per accelerare la realizzazione di impianti di termovalorizzazione dei rifiuti, incrementare i livelli della raccolta differenziata e favorire il subentro delle amministrazioni territoriali della regione Campania nelle attività di gestione del ciclo integrato dei rifiuti.
In considerazione della perdurante situazione di criticità nella gestione dei rifiuti in Campania è stato dapprima emanato il D.L. 94/2011, che non è stato convertito in legge, e successivamente il D.L. 2/2012.
In particolare, i commi da 1 a 3 dell’articolo 1 del D.L. 2/2012 hanno riguardato la realizzazione di impianti di digestione anaerobica della frazione organica derivante dai rifiuti presso gli impianti STIR (Stabilimenti di trattamento, tritovagliatura ed imballaggio dei rifiuti) o in altre aree confinanti; il potenziamento delle funzioni dei commissari straordinari regionali per la realizzazione delle discariche e il prolungamento della durata del loro mandato; la proroga al 31 dicembre 2013 del termine entro il quale, nelle more del completamento degli impianti di compostaggio nella regione Campania, e per le esigenze della regione stessa, gli impianti di compostaggio in esercizio sul territorio nazionale possono aumentare la propria autorizzata capacità ricettiva e di trattamento sino all'8 per cento.
Il comma 2-bis dell'art. 1 del medesimo decreto legge, nel novellare il comma 7 dell’art. 1 del D.L. 196/2010 in merito alle procedure da seguire ai fini dello smaltimento in altre regioni dei rifiuti urbani non pericolosi prodotti in Campania, nel caso in cui si verifichi la non autosufficienza del sistema tale da non poter essere risolta con le strutture e dotazioni esistenti nella stessa regione, ha previsto che lo smaltimento in altre regioni avvenga, in conformità al principio di leale collaborazione, mediante intesa tra la regione Campania e la singola regione interessata.
Per quanto riguarda la realizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti, l'art.1-bis del D.L. 2/2012 ha dettato, tra l'altro, disposizioni riguardanti la realizzazione dell'impianto di recupero e smaltimento dei rifiuti nel territorio di Giugliano.
E' stata trasferita la proprietà del termovalorizzatore di Acerra alla Regione Campania a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007/2013 relative al Programma attuativo regionale. La disciplina per regolare il predetto trasferimento è stata oggetto di vari provvedimenti e, da ultimo, dell'art. 12, commi da 8 a 11-ter, del D.L. 16/2012, che ha dettato norme volte a quantificare le risorse da trasferire alla Regione, ad autorizzarne l’utilizzo e a disciplinarne ulteriori aspetti (trattamento a fini fiscali, assoggettamento ad esecuzione forzata, esclusione dal patto di stabilità), nonché a consentire il mantenimento del presidio militare dell’impianto. L'art. 3, comma 4, del D.L. 59/2012 ha, inoltre, disposto il trasferimento delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007-2013 relative al Programma attuativo regionale, necessarie per l'acquisto del predetto termovalorizzatore, direttamente alla società creditrice già proprietaria dell'impianto.
La situazione di criticità nella gestione dei rifiuti ha interessato altre regioni del Sud, e precisamente la Calabria, la Sicilia e la Puglia. Nelle tre regioni, infatti, sono stati dichiarati gli stati di emergenza, mentre specifiche disposizioni volte a fronteggiare le situazioni emergenziali sono state adottate con ordinanze di protezione civile.
Per quanto riguarda la regione siciliana, lo stato di emergenza ha interessato dapprima la provincia di Palermo e successivamente l'intera regione. Al fine di fronteggiare l'emergenza sono state inoltre adottate specifiche disposizioni nel decreto legge 97/2008, che ha assegnato un contributo di 80 milioni di euro per i comuni delle aree individuate dall'obiettivo "Convergenza" del regolamento (CE) n. 1083/2006 con una popolazione superiore a 500.000 abitanti e con rilevanti passività nei confronti delle società a partecipazione totalitaria affidatarie del servizio di gestione rifiuti ed igiene ambientale nel territorio comunale (art. 4-bis, comma 8). Il D.L. 172/2008, all'articolo 9, ha previsto incentivi per la realizzazione di termovalorizzatori.
La Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiutiha approvato tre relazioni territoriali riferite proprio alla regione siciliana (Doc. XXIII, n. 2), alla regione Calabria (Doc. XXIII, n. 7) e alla regione Puglia (Doc. XXIII n. 12). In occasione dell'esame delle prime due relazioni, l'Assemblea della Camera ha approvato atti di indirizzo che hanno impegnato il Governo ad adottare specifiche iniziative nei differenti ambiti di inchiesta.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 luglio 2011 era stato dichiarato, fino al 31 dicembre 2012, lo stato di emergenza in relazione alla chiusura della discarica di Malagrotta ed alla conseguente necessità di realizzare un sito alternativo per lo smaltimento dei rifiuti.
I commi da 358 a 361 dell'articolo unico della legge n. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013), per il superamento della situazione di grave criticità nella gestione dei rifiuti urbani nel territorio della provincia di Roma, hanno previsto la nomina di un commissario che provveda in via sostitutiva degli enti competenti in via ordinaria.
Le predette disposizioni hanno autorizzato, tra l'altro, il Commissario alla realizzazione e alla gestione delle discariche per lo smaltimento dei rifiuti urbani nonché di impianti per il trattamento del rifiuto urbano indifferenziato e differenziato, nel rispetto della normativa europea tecnica di settore, e a un supporto alla Regione Lazio nelle iniziative necessarie al rientro nella gestione ordinaria.
L’area di Taranto, che rientra in uno dei siti di interesse nazionale (SIN) oggetto di interventi di bonifica, versa in una situazione di emergenza ambientale che è strettamente collegata alla vicenda dello stabilimento dell’ILVA.
L’emergenza ambientale è stata dapprima oggetto del D.L. 129/2012, che ha dettato norme per gli interventi di riqualificazione e ambientalizzazione e che non è stato modificato nel corso dell'esame parlamentare.
Successivamente, con il decreto-legge 207/2012 è stata disciplinata - in via generale - l'operatività degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale in crisi consentendo la prosecuzione dell'attività produttiva di tali stabilimenti per determinati periodi di tempo a condizione che vengano adempiute le prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame dell’autorizzazione integrata ambientale, "secondo le procedure e i termini ivi indicati, al fine di assicurare la più adeguata tutela dell'ambiente e della salute secondo le migliori tecniche disponibili".
Con specifico riferimento allo stabilimento ILVA di Taranto, l'articolo 3, comma 1, ha specificato che tale impianto costituisce stabilimento di interesse strategico nazionale, mentre il comma 2 ha stabilito che le prescrizioni volte a consentire la prosecuzione dell'attività produttiva dello stabilimento ILVA di Taranto sono quelle contenute nel provvedimento di riesame dell’AIA emanato con D.M. Ambiente 26 ottobre 2012, n. DVA/DEC/2012/0000547.
Sono state, infine, dettate specifiche misure per garantire la continuità produttiva aziendale e la commercializzazione dei prodotti, anche di quelli realizzati antecedentemente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legge.
In relazione al verificarsi di ulteriori emergenze ambientali nel corso della legislatura il Parlamento ha svolto un'attività conoscitiva, di indirizzo e di controllo sull'operato del Governo.
Il 17 marzo 2010 la Commissione ambiente della Camera ha approvato la risoluzione 8-00062 sullo sversamento di sostanze inquinanti nel fiume Lambro, che ha impegnato il Governo, tra l'altro, ad adottare tutte le misure necessarie a ricondurre alle normali condizioni di vita i territori interessati, individuando un'unica autorità per la governance del bacino del fiume Po.
A seguito di tale incidente, la Commissione, nella seduta dell’8 aprile 2010 , ha approvato l’avvio di un' indagine conoscitiva sullo stato di attuazione delle politiche di prevenzione degli incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali. L'indagine, nel cui ambito è stato svolto un ciclo di audizioni, aveva l'obiettivo di acquisire elementi di informazione e di valutazione in ordine allo stato di attuazione della normativa in materia di vigilanza sull’attività delle industrie ad alto rischio, nonché sulle modalità di controllo e sulle politiche di informazione e consultazione della popolazione e sull’efficacia del sistema sanzionatorio.
Da ultimo, si segnala che l’articolo 2, comma 1, del D.L. 1/2013, in deroga al divieto di proroga o rinnovo di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, ha prorogato fino al 31 dicembre 2013 le gestioni commissariali per il superamento di alcune emergenze ambientali, relative rispettivamente: alla messa in sicurezza e alla bonifica delle aree di Giugliano (NA) e dei Laghetti di Castelvolturno (CE); alla situazione di inquinamento determinatasi nello stabilimento Stoppani, sito nel comune di Cogoleto in provincia di Genova; al naufragio della nave Concordia, presso l’Isola del Giglio; all’emergenza idrica nel territorio delle isole Eolie.
Sulla legge di stabilità 2013
Sulle proposte di legge
L’area di Taranto, che rientra in uno dei siti di interesse nazionale (SIN) oggetto di interventi di bonifica, versa in una situazione di emergenza ambientale che è strettamente collegata alla vicenda dello stabilimento dell’ILVA.
L’emergenza ambientale è stata affrontata dal Governo con l'emanazione di un decreto-legge (n. 129/2012, vedi infra), che ha dettato norme concernenti la realizzazione degli interventi di riqualificazione e ambientalizzazione dell’area di Taranto.
In precedenza, con decreto direttoriale del 15 marzo 2012 del Ministero dell'ambiente, era stato disposto d’ufficio l’adeguamento dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA), rilasciata con decreto del 4 agosto 2011, alle conclusioni delle migliori tecniche disponibili europee (BAT - Best Available Techniques) relative al settore siderurgico.
Il 25 luglio 2012, dopo l'avvio della procedura di riesame dell’AIA, con ordinanza del GIP di Taranto, su proposta della procura, è stato disposto il sequestro degli impianti dell'area a caldo dello stabilimento.
Successivamente il Ministero dell'ambiente ha concluso il riesame dell’AIA (decreto prot. DVA/DEC/2012/0000547 del 26 ottobre 2012) per l'esercizio dello stabilimento siderurgico ubicato nei comuni di Taranto e di Statte. Nel provvedimento aggiornato di AIA, le prescrizioni in merito alla sicurezza degli impianti e al raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale – secondo quanto affermato dal Ministro nell'informativa resa nella seduta dell'Assemblea della Camera del 28 novembre 2012 – “sono state ulteriormente rafforzate con alcune indicazioni tecnologiche puntuali e con la previsione di attivare un sistema di monitoraggio e di valutazione del danno sanitario in relazione alle emissioni inquinanti” .
In seguito l'ILVA ha presentato il piano degli interventi, che in data 15 novembre 2012, dopo i miglioramenti richiesti dal Ministero dell'ambiente, è stato considerato adeguato alle prescrizioni dal Ministero dell'ambiente congiuntamente agli altri Ministeri interessati, e anche alla Regione Puglia, alla Provincia e al Comune di Taranto.
Successivamente, però, in conseguenza dell'emanazione di un nuovo provvedimento da parte del GIP di Taranto (datato 26 novembre 2012), con cui è stato disposto il sequestro dei prodotti finiti e semilavorati dello stabilimento, e il rigetto (avvenuto in data 30 novembre 2012), da parte del medesimo Gip, dell'istanza di dissequestro degli impianti a caldo dell’ILVA avanzata dall’azienda, è stato adottato il decreto-leggen. 207 del 3 dicembre 2012, vedi infra), che ha:
Il 5 dicembre 2012, la Procura di Taranto, adeguandosi al contenuto del decreto, ha rimesso nella disponibilità dell’ILVA gli impianti a caldo; ha dato, invece, parere negativo al dissequestro dei prodotti finiti e semilavorati.
Nel successivo mese di gennaio 2013 il Tribunale di Taranto ed il G.I.P. del medesimo tribunale, nell’ambito di ricorsi volti ad ottenere il dissequestro dei citati prodotti, hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale della legge di conversione del decreto n. 207 e rimesso gli atti alla Consulta. Tali ricorsi dovrebbero essere discussi nel mese di aprile 2013.
Sono stati, altresì, presentati ricorsi per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato giudicati inammissibili dalla Consulta il 13 febbraio 2013.
Il decreto-legge 7 agosto 2012, n. 129, è stato emanato al fine di fronteggiare la grave situazione di criticità ambientale e sanitaria nel sito di bonifica di interesse nazionale (SIN) di Taranto e fa seguito al protocollo d’intesa stipulato il 26 luglio 2012 dai Ministeri dell’ambiente, delle infrastrutture, dello sviluppo economico e per la coesione territoriale, nonchè dalla Regione Puglia, dalla Provincia e dal Comune di Taranto e dal Commissario straordinario del Porto di Taranto, che prevede interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto per un ammontare di 336,7 milioni di euro.
L’art. 1,comma 1, del decreto ha demandato a un D.P.C.M. la nomina di un Commissario straordinario al fine di assicurare l’attuazione degli interventi previsti dal protocollo d’intesa del 26 luglio, in cui sono compresi gli interventi che fanno riferimento alle risorse stanziate con le delibere CIPE del 3 agosto 2012, per un importo specificato nella norma pari a 110.167.413 euro, a valere sulle risorse della regione Puglia del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), la cui realizzazione è ritenuta prioritaria.
In proposito, si segnala che la delibera CIPE n. 87 del 3 agosto 2012 ha, tra l'altro, preso atto del citato Protocollo di intesa e ha conseguentemente destinato stanziamenti alla regione Puglia nei settori dei rifiuti, delle bonifiche, della difesa del suolo e del sistema idrico integrato.
Il Commissario, la cui nomina non dà diritto ad alcun compenso, resta in carica per la durata di un anno prorogabile con un ulteriore D.P.C.M. e può avvalersi di un soggetto attuatore e degli uffici e delle strutture delle amministrazioni pubbliche, centrali, regionali e locali, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, nonché di organismi partecipati di cui all’art. 4, comma 2, del Protocollo (comma 6). Al Commissario è intestata un’apposita contabilità speciale (comma 4) e il comma 7 dell’art. 1 specifica le disposizioni applicabili in materia di controlli e di rendicontazione.
Il Consiglio dei Ministri n. 64 dell'11 gennaio 2013, con decreto non sottoposto a delibera, ha nominato l’ingegner Alfio Pini, Commissario straordinario per gli interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto.
L’art. 1, comma 2, ha precisato che restano fermi gli interventi previsti nel Protocollo di intesa con oneri a carico dell’Autorità portuale di Taranto e che, a tal fine, è assicurato il coordinamento fra il Commissario straordinario nominato ai sensi del comma 1 ed il commissario straordinario dell’Autorità portuale di Taranto.
L’art. 1, comma 3, ha disposto che all’attuazione degli altri interventi previsti nel Protocollo sono altresì finalizzate risorse disponibili nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare per l’esercizio finanziario 2012, nel limite massimo di 20 milioni di euro.
Sulla base di quanto disposto dall’art. 1, comma 5, il Commissario è stato individuato quale soggetto attuatore per l’impiego delle risorse, per un importo pari a 30 milioni di euro, del Programma Operativo Nazionale (PON) Ricerca e Competitività, nonché delle risorse già assegnate nell’ambito del PON Reti e Mobilità, per un importo pari ad euro 14 milioni.
Il comma 8 dell’art. 1 prevede, inoltre, che i finanziamenti a tasso agevolato a valere sul cd. Fondo rotativo Kyoto (art. 57 del D.L. 83/2012) – fino ad un importo massimo di 70 milioni di euro - possono essere concessi, secondo i criteri e le modalità definiti dal medesimo articolo 57, anche per gli interventi di riqualificazione e di ambientalizzazione compresi nell’area del sito di interesse nazionale di Taranto.
L’art. 2 ha riconosciuto, infine, l’area industriale di Taranto area in situazione di crisi industriale complessa ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, che consente di attivare i progetti di riconversione e riqualificazione industriale la cui finalità è quella di agevolare gli investimenti produttivi, anche di carattere innovativo, dei territori interessati.
Il D.L. 207/2012 è volto a disciplinare - in via generale e con specifico riguardo allo stabilimento ILVA di Taranto - l'operatività degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale.
L'articolo 1, comma 1, prevede che il Ministro dell'ambiente possa autorizzare, in sede di riesame dell’AIA, la prosecuzione dell'attività produttiva di uno stabilimento industriale dichiarato “di interesse strategico nazionale” per un periodo di tempo determinato non superiore a 36 mesi, a condizione che vengano adempiute le prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame dell’autorizzazione, secondo le procedure e i termini ivi indicati, al fine di assicurare la più adeguata tutela dell'ambiente e della salute secondo le migliori tecniche disponibili.
La norma si applica agli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale individuati con D.P.C.M, quando presso di essi sono occupati almeno 200 lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, da almeno un anno, qualora vi sia una assoluta necessità di salvaguardia dell'occupazione e della produzione.
Il medesimo articolo, nel precisare che le misure volte ad assicurare la prosecuzione dell'attività produttiva sono esclusivamente e ad ogni effetto le misure contenute nel provvedimento di AIA, nonché le prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame (comma 2), introduce una sanzione amministrativa pecuniaria aggiuntiva rispetto a quelle vigenti, fino al 10% del fatturato della società risultante dall'ultimo bilancio approvato, per la mancata osservanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame dell’AIA (comma 3).
Il comma 4 stabilisce che le disposizioni recate dal comma 1, volte a consentire agli stabilimenti di interesse strategico nazionale di proseguire l’attività alle condizioni ivi indicate, trovino applicazione anche quando l'autorità giudiziaria abbia adottato provvedimenti di sequestro sui beni dell'impresa titolare dello stabilimento, mentre il comma 5 prevede che il Ministro dell'ambiente riferisca semestralmente al Parlamento circa l’ottemperanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame dell’AIA.
Nel corso dell’esame parlamentare è stato inserito l’art. 1-bis, che introduce nella normativa nazionale disposizioni sul rapporto di valutazione del danno sanitario (VDS) analoghe a quelle introdotte, per la Regione Puglia, dalla L.R. 21/2012. Tale articolo prevede l’obbligo di redazione, con aggiornamento almeno annuale, di un rapporto di VDS anche sulla base del registro tumori regionale e delle mappe epidemiologiche sulle principali malattie di carattere ambientale. Tale rapporto deve essere redatto per tutte le aree interessate dagli stabilimenti di interesse strategico nazionale, individuati ai sensi dell’art. 1, comma 1, del decreto, tra cui rientra, ai sensi del successivo art. 3, comma 1, l'impianto siderurgico della società ILVA S.p.A. di Taranto.
I criteri metodologici utili per la redazione del rapporto di VDS devono essere emanati con apposito decreto interministeriale, adottato di concerto dai Ministri della salute e dell'ambiente entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
Il comma 5-bis dell’art. 1, inserito nel corso dell’esame parlamentare, prevede che il Ministro della salute riferisca annualmente alle competenti commissioni parlamentari su tale VDS, nonché sullo stato di salute della popolazione coinvolta, sulle misure di cura e prevenzione attuate e sui rispettivi benefici.
L’articolo 2 prevede che la gestione e la responsabilità della conduzione degli impianti di interesse strategico nazionale restano in capo esclusivamente ai titolari dell'AIA.
Ai sensi dell'articolo 3, comma 1, l'impianto siderurgico della società ILVA S.p.A. di Taranto costituisce stabilimento di interesse strategico nazionale, mentre il comma 2 stabilisce che le prescrizioni volte a consentire la prosecuzione dell'attività produttiva dello stabilimento ILVA di Taranto sono quelle contenute nel provvedimento di riesame dell’AIA emanato con D.M. Ambiente 26 ottobre 2012, n. DVA/DEC/2012/0000547.
Il comma 1-bis dell'articolo 3, introdotto nel corso dell'esame parlamentare, prevede che il Governo adotti, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, una strategia industriale per la filiera produttiva dell'acciaio.
Il comma 3 del medesimo articolo immette la Società ILVA S.p.A. di Taranto nel possesso dei beni dell'impresa e la autorizza alla prosecuzione dell'attività produttiva nello stabilimento ed alla conseguente commercializzazione dei prodotti per un periodo di 36 mesi nei limiti definiti dal provvedimento di riesame dell'AIA. Nel corso dell’esame parlamentare è stato specificato, all’art. 3, comma 3, relativamente alla possibilità di commercializzazione dei prodotti, che tale possibilità riguarda anche quelli realizzati antecedentemente alla data di entrata in vigore del decreto-legge.
I commi 4, 5 e 6 definiscono le modalità di nomina, il compenso e le funzioni di un Garante "di indiscussa indipendenza, competenza ed esperienza", incaricato di vigilare sulla attuazione delle disposizioni del decreto. Si prevede, in particolare, che il Garante venga nominato entro dieci giorni dall’entrata in vigore del decreto legge, con D.P.R. su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute, previa delibera del Consiglio dei Ministri. Il comma 6 del medesimo articolo è stato integrato al fine di prevedere che il Garante promuova, anche in accordo con le istituzioni locali, iniziative di informazione e consultazione, finalizzate ad assicurare la massima trasparenza ai cittadini, e che l’attività svolta dal Garante, nonché le criticità e le inadempienze riscontrate, siano parte integrante della relazione semestrale che, ai sensi dell’art. 1, comma 5, il Ministro dell'ambiente deve trasmettere al Parlamento.
Il Consiglio dei Ministri n. 64 dell'11 gennaio 2013,su proposta del Ministro dell’ambiente, ha nominato il dottor Vitaliano Esposito, Garante per il monitoraggio dell’esecuzione delle prescrizioni contenute nell’AIA dell'ILVA.
Per quanto riguarda l'attività parlamentare, nella seduta del 14 agosto 2012 si sono svolte presso le Commissioni riunite VIII e X le comunicazioni del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sulla situazione dell’ILVA di Taranto e sulle prospettive di riqualificazione.
Nella seduta dell'Assemblea del Senato del 5 settembre, inoltre, si è svolta un'informativa del Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro dell'ambiente sugli sviluppi della vicenda dell'Ilva di Taranto.
Su tali tematiche si segnala anche che nella seduta del 18 settembre 2012 si è svolta l'audizione del Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Taranto nell'ambito degli approfondimenti svolti dalla Commissione bicamerale di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.
Nella seduta del 17 ottobre 2012, la medesima Commissione bicamerale ha approvato la relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Puglia (Doc. XXIII, n. 12), che contiene l'approfondimento effettuato dalla Commissione sulle vicende riguardanti l'impianto Ilva di Taranto.
Nella seduta del 31 ottobre 2012 si è svolta inoltre l'interrogazione a risposta immediata n. 3-02577 riguardante le iniziative per affrontare l'emergenza sanitaria relativa all'inquinamento prodotto dall'Ilva di Taranto.
Una ricostruzione dell'intera vicenda dello stabilimento ILVA di Taranto è stata poi fornita nel corso della citata informativa urgente del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che si è svolta nella seduta del 28 novembre 2012.
Nella seduta del 12 dicembre 2012, infine, si è svolta l'audizione del Ministro della salute presso le Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive).
Nel corso della legislatura, sono state adottate talune disposizioni contenute in provvedimenti d'urgenza e in atti di recepimento della normativa europea e riguardanti la tutela delle acque dall'inquinamento e la gestione delle acque. A seguito del referendum tenutosi il 12 e 13 giugno 2011 è stata modificata la disciplina riguardante l'affidamento dei servizi pubblici locali e la tariffa del servizio idrico integrato. E' stato, altresì, definito un nuovo assetto di funzioni relativamente alla vigilanza e alla regolazione del settore idrico.
La normativa in materia di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche è contenuta nella parte terza del D.Lgs. 152/2006 (cd. Codice ambientale) - in cui è stata recepita, tra l’altro, la direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE - ed è stata oggetto di modifiche nel corso della XVI legislatura.
Alcune modifiche sono state finalizzate a superare i rilievi mossi dalle istituzioni europee a motivo di un non corretto recepimento delle direttive; è il caso, ad esempio, dell'art. 3 del D.L. 59/2008, che ha novellato l’art. 77 del Codice, relativamente all’individuazione ed al perseguimento di obiettivi di qualità ambientale dei corpi idrici, in attuazione dell’art. 4 della direttiva quadro sulle acque, al fine di riformulare la norma in maggiore conformità rispetto al dettato della disciplina europea.
L'art. 1 del D.L. 208/2008 e l'art. 8 del D.L. 194/2009 hanno dettato norme rispettivamente in materia di autorità di bacino, allo scopo di disciplinare la loro operatività nelle more del trasferimento di funzioni alle autorità di bacino distrettuali, e di adozione dei piani di gestione dei bacini idrografici.
Con il D.M. 8 novembre 2010, n. 260, recante i criteri tecnici per la classificazione dello stato dei corpi idrici superficiali, è stato sostituito l'allegato 1 della parte terza del Codice relativo al monitoraggio e alla classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di qualità ambientale.
Al fine di superare le difficoltà interpretative emerse in sede giurisprudenziale, la L. 25 febbraio 2010, n. 36, ha modificato l'articolo 137, comma 5, del Codice che prevede sanzioni penali in caso di violazione delle norme che regolano lo scarico delle acque reflue industriali.
Sulle problematiche inerenti il sistema di raccolta e di depurazione delle acque reflue, anche in considerazione della procedura d'infrazione per violazione della direttiva europea 91/271/CEE, la Commissione ambiente della Camera ha approvato, nella seduta del 1° agosto 2012, le risoluzioni 7-00821 e 7-00853, che hanno impegnato il Governo all'adozione di specifiche iniziative volte al superamento delle criticità in tale ambito. In proposito, si segnala che il CIPE, con deliberazione n. 60/2012, ha assegnato risorse pari a complessivi 1.819.040.782,46 euro per interventi di rilevanza strategica regionale nel Mezzogiorno nei settori ambientali della depurazione delle acque e della bonifica di discariche. Tali interventi – sulla base del contenuto della delibera – “sono finalizzati al superamento delle procedure di contenzioso e pre-contenzioso comunitario ovvero, in alcuni casi, anche all'ottimale offerta del servizio idrico”.
Ulteriori modifiche al Codice sono state apportate dal D.Lgs. n. 219 del 2010, di recepimento della direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque e della direttiva 2009/90/CE sull’analisi chimica ed il monitoraggio dello stato delle acque, che ha novellato alcuni articoli ed allegati del d.lgs. 152/2006, e, in particolare, quelli relative alla tutela delle acque dall'inquinamento (Sezione II della Parte terza del Codice).
Il D.Lgs. n. 30 del 2009 ha, invece, attuato la direttiva 2006/118/CE, relativa alla protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento e dal deterioramento. Il decreto non si è limitato al recepimento della direttiva, ma tenendo conto anche delle linee guida europee emanate in materia successivamente all’adozione della stessa direttiva ha inteso, per un verso, fornire alle amministrazioni regionali elementi tecnici più puntuali per impostare una corretta attività conoscitiva del territorio e dello stato delle acque sotterranee e, per l'altro, raccogliere nello stesso corpus normativo anche le norme di tutela previste dall’allegato 1 alla parte terza del d.lgs. n. 152/2006 (cd. Codice ambientale) e conseguentemente abrogate, al fine di pervenire alla definizione di una disciplina sistematica della materia.
Intervenendo sulla disciplina riguardante la bonifica dei siti inquinati, l’art. 8-quinquies del D.L. 208/2008, modificando l’articolo 243, comma 1, del Codice, ha esteso agli interventi di messa in sicurezza dei siti la possibilità di scarico delle acque di falda emunte dalle falde sotterranee, direttamente o dopo essere state utilizzate in cicli produttivi in esercizio nel sito stesso, nel rispetto dei limiti di emissione di acque reflue industriali in acque superficiali.
Da ultimo, l’art. 36, commi 7-ter e 7-quater, del D.L. 179/2012 ha dettato norme per l'aggiornamento delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola - anche sulla base dei criteri contenuti nell’Accordo sull'applicazione della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole - e una disciplina transitoria in base alla quale nelle more di tale aggiornamento - e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge - nelle zone vulnerabili da nitrati si applicano le disposizioni previste per le zone non vulnerabili.
Il referendum popolare, tenutosi il 12 e il 13 giugno 2011, si è pronunciato per l'abrogazione dell’art. 23-bis del D.L. 112/2008, concernente l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (sulla disciplina relativa si veda il tema Servizi pubblici locali ), nonché per l'abrogazione del comma 1 dell'art. 154 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nella parte in cui prevedeva che la tariffa del servizio idrico integrato dovesse essere determinata tenendo conto dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito.
Con il D.P.R. 113/2011 ed il D.P.R. 116/2011 sono state conseguentemente disposte l'abrogazione dell'art. 23-bis del D.L. 112/2008, nel testo risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 325/2010, in materia di modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, e l'abrogazione parziale del comma 1 dell'art. 154 del D.Lgs. 152/2006 in materia di determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito.
A seguito del referendum è stata adottata una nuova disciplina sui servizi pubblici locali, contenuta nell’art. 4 del D.L. 138/2011, che ha parzialmente escluso dalla sua applicazione il servizio idrico integrato. La predetta disciplina, comprensiva delle successive modificazioni, è stata dichiarata incostituzionale dalla (sentenza n. 199/2012).
Al servizio idrico si applica l’art. 3-bis del D.L. 138/2011, introdotto dall’art. 25 del D.L. 1/2012, che ha disciplinato gli ambiti territoriali e i criteri di organizzazione dello svolgimento dei servizi pubblici locali e che è stato da ultimo novellato dall’art. 34, comma 23, del D.L. 179/2012, che specifica che le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, di scelta della forma di gestione, di determinazione delle tariffe all'utenza per quanto di competenza, di affidamento della gestione e relativo controllo sono esercitate unicamente dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati, dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi del comma 1 dell'art. 3-bis, che prevede un eventuale intervento sostitutivo del Governo. Per una descrizione approfondita della normativa sui servizi pubblici locali e delle sue evoluzioni, si rinvia al tema Servizi pubblici locali e all'approfondimento I servizi pubblici locali nella XVI legislatura.
Da segnalare, inoltre, che i commi 20-22 dell'articolo 34 del D.L. 179/2012 hanno previsto che l’affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica sia basato su una relazione dell’ente affidante, da rendere pubblica sul sito internet dell’ente stesso. Nella relazione devono essere indicate le ragioni della forma di affidamento prescelta e deve essere attestata la sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo. Dalla relazione devono risultare gli specifici obblighi di servizio pubblico e di servizio universale. Specifiche disposizioni sono previste per gli affidamenti già effettuati e tuttora in corso, che prevedono obblighi di conformazione e scadenze.
Nel contesto precedentemente delineato è necessario tenere presente che, al fine di perseguire il contenimento delle spese degli enti locali nonché la semplificazione del sistema, è stata prevista la soppressione delle Autorità d’ambito territoriale alle quali era demandata, nel rispetto del principio di coordinamento con le competenze delle altre amministrazioni pubbliche, l'organizzazione del servizio idrico integrato (art. 148 del d.lgs. 152/2006). Nel ricordare che già la legge finanziaria per il 2008 (art. 2, comma 38, della L. 24 dicembre 2007, n. 244) aveva previsto una rideterminazione degli ambiti territoriali che era rimasta inattuata, si segnala che l'art. 1, comma 1-quinquies, del D.L. 2/2010, oltre a prevedere la soppressione delle autorità d'ambito, ha nel contempo disposto l'attribuzione da parte delle regioni con proprie leggi delle funzioni ad esse spettanti ad enti a livello regionale (il termine per la soppressione è stato differito in alcuni provvedimenti e, da ultimo, è stato prorogato al 31 dicembre 2012 dall'art. 13, comma 2, del D.L. 216/2011).
In relazione alle tematiche inerenti la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque la Commissione ambiente della Camera ha esaminato le proposte di legge C. 2, C. 1951 e C. 3865, nel cui ambito è stata deliberata un’indagine conoscitiva volta ad acquisire elementi di informazione a seguito dei referendum del 12 e 13 giugno 2011. Nell’ambito dell’indagine conoscitiva è stato svolto un ciclo di audizioni. L’esame delle proposte di legge non si è concluso.
L’assetto istituzionale che governa il settore idrico, con riguardo alla vigilanza e alla regolazione, è stato modificato in più occasioni nel corso della XVI legislatura.
In una prima fase, l'art. 9-bis, comma 6, del D.L. 39/2009 ha istituito la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche (in luogo del precedente Comitato per la vigilanza sulle risorse idriche).
Tale Commissione è stata soppressa a decorrere dall'entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 70/2011, che all'art. 10 ha previsto l’istituzione dell’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua.
Successivamente il D.L. 201/2011, all’art. 21, commi 13 e 19, ha soppresso l'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua trasferendo le relative funzioni al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, fatta eccezione per le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici che sono state attribuite all'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG). Il D.P.C.M. 20 luglio 2012 ha individuato le funzioni dell'Autorità attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici.
L'Autorità ha approvato, con delibera 28 dicembre 2012, n.585/2012/R/IDR, anche in esito a un procedimento di raccolta di dati e informazioni in materia di servizi idrici, la nuova metodologia transitoria per determinare le tariffe 2012 e 2013 del servizio idrico integrato.
In conseguenza della soppressione delle autorità d’ambito, inoltre, l’art. 34, comma 29, del D.L. 179/2012 ha stabilito che non è più l'autorità d’ambito, ma l'ente d'ambito - ossia il soggetto competente a cui sono state attribuite le funzioni a livello regionale - a definire la tariffa di base, in conformità al metodo tariffario, tariffa che deve essere trasmessa all'Autorità per l'energia elettrica e il gas.
Materiali di diritto comparato
Sulle proposte di legge
Nel corso della XVI legislatura, la disciplina che regola gli strumenti di valutazione ambientale è stata modificata dapprima dal d.lgs. 128/2010 e successivamente da ulteriori disposizioni contenute in vari provvedimenti. Ulteriori modifiche hanno, altresì, riguardato il regime delle autorizzazioni; da ultimo, è stata disciplinata l'autorizzazione unica ambientale.
Il decreto legislativo 152/2006 (cd. Codice ambientale) ha uniformato e razionalizzato la normativa per le valutazioni ambientali: valutazione d'impatto ambientale (VIA), valutazione ambientale strategica (VAS) e autorizzazione integrata ambientale (AIA). Tale normativa è stata oggetto di modifica nel corso della XVI legislatura.
Il D.lgs. 128/2010 (cosiddetto terzo correttivo), a seguito della delega contenuta nella legge 69/2009, ha apportato correzioni e integrazioni alla parte seconda (Procedure per la valutazione ambientale strategica - VAS, per la valutazione d'impatto ambientale - VIA e per l'autorizzazione ambientale integrata - AIA) del decreto legislativo n. 152 del 2006. E' stata, infatti, trasposta e sistematizzata la disciplina in materia di autorizzazione ambientale integrata (AIA) e sono state introdotte disposizioni di coordinamento delle procedure di VIA ed AIA che, nella prassi, tendevano a sovrapporsi creando duplicazioni istruttorie e ritardi procedimentali. Per le opere di competenza statale è stato previsto per legge l'accorpamento delle due procedure, con assorbimento della procedura di AIA da parte della procedura di VIA. Per le opere di competenza regionale, il predetto assorbimento è stato previsto solo ove l'autorità competente in materia di VIA coincida con quella competente in materia di AIA.
E' stato previsto il ricorso obbligatorio alla strumentazione informatica per la trasmissione della documentazione oggetto delle valutazioni ambientali; è stato ribadito che la verifica di assoggettabilità riguarda gli impatti significativi e negativi sull'ambiente; sono stati precisati i termini della fase di consultazione e coordinate le procedure di deposito, pubblicità e partecipazione del pubblico al fine di evitare duplicazioni.
E’ stato integrato l'elenco dei progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano ai quali si applicano le procedure per la valutazione ambientale strategica e la valutazione d'impatto ambientale (art. 40 della L. 99/2009) e quelli di competenza statale (art. 42 della medesima legge 99/2009 e art. 36, comma 7-bis, del D.L. 179/2012)
Sono state modificate le categorie di progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale (art. 27, comma 43, della L. 99/2009 e art. 36, comma 7, del D.L. 179/2012).
L’art. 23 del D.L. 1/2012 ha disposto che il Piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale venga sottoposto annualmente alla verifica di assoggettabilità a procedura di valutazione ambientale strategica (VAS) e a procedura di VAS ogni tre anni.
L’articolo 24 del D.L. 5/2012 ha introdotto una serie di modifiche al D.Lgs. 152/2006, che riguardano l’efficacia dei titoli abilitativi alla ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, nonché le procedure autorizzatorie per l’immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo. Sono state, altresì, incluse tra le attività assoggettate ad AIA i terminali di rigassificazione e altri impianti localizzati in mare su piattaforme off-shore. Per gli impianti localizzati in mare si prevede che l’ISPRA esegua i controlli previsti in materia di AIA coordinandosi con il Ministero dell’ambiente.
L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) è stato istituito dall’art. 28 del D.L. 112/2008, che ha accorpato in un unico ente l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS) e l’Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare (ICRAM). Le disposizioni regolamentari di organizzazione dell’Istituto, che opera sotto la vigilanza del Ministro dell'ambiente, sono state successivamente dettate dal D.M. ambiente 21 maggio 2010, n. 123.
La Commissione ambiente della Camera ha esaminato due proposte di legge di iniziativa parlamentare volte ad istituire il Sistema nazionale delle agenzie per la ricerca e la protezione ambientale e a modificare la disciplina dell'ISPRA (A.C. 55 e A.C. 3271), il cui iter non si è concluso.
La Commissione, nella seduta del 18 luglio 2012, ha svolto l’audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sul processo di riorganizzazione dell'ISPRA.
L’art. 23 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, al fine di semplificare le procedure e ridurre gli oneri per le piccole e medie imprese (PMI) e per gli impianti non soggetti alle disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale (AIA), ha autorizzato il Governo ad emanare - entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legge - un regolamento di delegificazione volto a disciplinare l'autorizzazione unica ambientale (AUA) e a semplificare gli adempimenti amministrativi delle PMI e degli impianti non soggetti ad AIA.
Lo schema di decreto (atto 526) è stato trasmesso alle competenti Commissioni parlamentari di Camera e Senato, che hanno rispettivamente espresso il parere nelle sedute dell’11 febbraio 2013 e del 20 dicembre 2012.
In precedenza, è stato emanato il D.P.R. 19 ottobre 2011, n. 227, in attuazione dell'art. 49, comma 4-quater, del D.L. 78/2010, per la semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle PMI.
I commi da 8 a 10 dell’articolo 14 del D.L. 179/2012 hanno modificato la disciplina concernente la protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici e demandato alle regioni l’irrogazione delle sanzioni amministrative relative al superamento dei limiti di esposizione e dei valori di attenzione, nonché al mancato rispetto delle modalità previste per l’attuazione dei piani di risanamento.
Altri dossier pubblicati
Sul D.Lgs. 128/2010
Sulle proposte di legge
Il decreto legislativo 29 giugno 2010 n. 128 (cd. terzo correttivo) apporta numerose modifiche ed integrazioni al cd. Codice ambientale (D.Lgs. 152/2006, emanato sulla base della delega contenuta nella L. 308/2004) in attuazione dell’art. 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69, che aveva previsto una nuova delega al Governo - da esercitare entro il 30 giugno 2010 - in materia ambientale, da attuarsi nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi stabiliti dalla stessa legge 308/2004.
Il decreto legislativo, entrato in vigore il 26 agosto 2010, contiene innovazioni di notevole importanza in diverse materie, quali:
Vengono innanzitutto modificate alcune disposizioni della parte prima del Codice ambientale e, in particolare, viene introdotta la “tutela dell’ambiente” quale finalità di tutta l’azione normativa ed amministrativa dello Stato e non del solo decreto legislativo.
Vengono poi apportate alcune modifiche ai principi sulla produzione del diritto ambientale richiamando il rispetto degli obblighi internazionali quale limite alla produzione normativa (anche) in materia ambientale.
Infine, in attuazione del principio di sussidiarietà, il decreto correttivo attribuisce alle regioni, in linea con la precedente giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 249 del 2009), la facoltà di esercitare un potere sostitutivo nei confronti degli enti locali, allorché ricorrano congiuntamente due condizioni:
In relazione all’attribuzione di poteri sostitutivi alle regioni, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 249 del 2009, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 199, comma 9, del d.lgs. n. 152/2006, nella parte in cui attribuiva al Ministro dell’ambiente il potere sostitutivo qualora «le autorità competenti non realizzino gli interventi previsti dal piano regionale» di gestione dei rifiuti «nei termini e con le modalità stabiliti e tali omissioni possano arrecare un grave pregiudizio all’attuazione del piano medesimo». Tali poteri sostitutivi, secondo la Corte, avrebbero dovuto essere riconosciuti in via preliminare alle regioni sulla base del principio di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
E’ stata introdotta, per la prima volta in modo organico, all’interno della parte seconda del Codice, la disciplina in materia di AIA che non era stata inserita all’interno del Codice (ad eccezione di alcune norme di coordinamento introdotte dal precedente correttivo n. 4/2008), malgrado prevista dalla legge di delega n. 308/2004 (art. 1, comma 1, lett. f).
Si ricorda che la disciplina dell’AIA (autorizzazione integrata relativa a tutti i possibili impatti di un’opera prevista dalla direttiva 96/61/CE meglio nota con l’acronimo in lingua inglese, IPPC, Integrated Pollution Prevention and Control), prima di essere inglobata all'interno del Codice, era contenuta compiutamente nel D.Lgs. 59/2005 con il quale si era provveduto a recepire integralmente la citata direttiva 96/61/CE, relativa appunto alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento (cd. direttiva IPPC).
Il D.Lgs. 128/2010 apporta anche alcune modifiche alla disciplina sulla VAS e sulla VIA sulla base dell’esperienza biennale maturata a partire dal D.Lgs. 4/2008 (c.d. secondo correttivo) e coordina tali procedure con quelle dell’AIA.
E’ innanzitutto modificata la definizione di VIA e sono inserite le definizioni previste dal D.Lgs. 59/2005 in materia di AIA con alcune modifiche dovute in particolare alla necessità di coordinare talune definizioni con la normativa in materia di VIA e di VAS (articolo 5 del Codice).
Per quanto riguarda la definizione della VIA, essa viene completamente riscritta passando dalla precedente – dal carattere tipicamente procedurale – a una definizione fondata su aspetti di natura sostanziale. Infatti, mentre la prima definizione individuava la VIA come l’insieme delle fasi procedimentali in cui si articolava il processo di valutazione dell’impatto ambientale, la nuova si sofferma sullo scopo della procedura di VIA: ossia a) individuare gli effetti sull’ambiente di un determinato progetto e b) raggiungere le soluzioni migliori per garantire la compatibilità dell’intervento progettato con l’ambiente (articolo 5 del Codice).
Vengono quindi specificati il campo di applicazione e le competenze relative all’AIA, sia statale che regionale (articolo 7 del Codice):
L’autorità competente al rilascio dell’AIA rimane il Ministro dell’Ambiente; tuttavia è previsto che lo stesso debba previamente sentire il Ministro dell’interno, del lavoro e delle politiche sociali, della salute, dello sviluppo economico e quello delle politiche agricole.
Gli impianti IPPC non compresi nell’elenco di cui all’Allegato XII sono, invece, sottoposti ad AIA secondo le disposizioni delle leggi regionali e provinciali.
Si chiarisce, infine, che le amministrazioni regionali mantengono una propria potestà legislativa in materia di procedure VAS, VIA ed AIA.
Sempre in relazione all’AIA, viene effettuata una ricognizione delle competenze della Commissione istruttoria per l'autorizzazione integrata ambientale - IPPC (articolo 8-bis del Codice).
Non vengono riproposte le disposizioni del D.Lgs. n. 59/2005, istitutive, tra l’altro, di un osservatorio che avrebbe dovuto esercitare funzioni di coordinamento tra le autorità competenti, in particolare per la conservazione e la gestione dei dati ambientali. Tali funzioni vengono attribuite all’ISPRA nell’ambito dei propri fini istituzionali.
Vengono quindi introdotte disposizioni di coordinamento tra le procedura di VIA e quella di AIA che, nella prassi, tendevano a sovrapporsi creando duplicazioni istruttorie e ritardi procedimentali (articolo 10 del Codice):
Un caso particolare di integrazione tra le procedure di VAS e di VIA riguarda i Piani regolatori portuali che presentino contenuti sia progettuali che di pianificazione. Qualora i progetti relativi a tali opere siano già sottoposti a VAS e rientrino tra le categorie per le quali è prevista la VIA, costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi valutati in sede di VAS o comunque desumibili dal piano regolatore portuale. La VIA, in tali casi, è effettuata secondo le regole previste dal Codice ma si prevede il coordinamento con le risultanze della VAS in caso di interferenza con gli eventuali contenuti di pianificazione del piano. La procedura di valutazione si conclude con un unico provvedimento (comma 3-ter dell’articolo 6 del Codice).
Viene quindi prevista una norma relativa alla pianificazione territoriale in relazione alla VAS: nel caso di modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli conseguenti a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l'effetto di variante ai suddetti piani e programmi, ferma restando l'applicazione della disciplina in materia di VIA, la VAS non è necessaria per la localizzazione delle singole opere (comma 12 dell’articolo 6 del Codice).
Per quanto riguarda la VIA essa è, invece, obbligatoria per le attività di ricerca, prospezione nonché coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli artt. 4, 6 e 9 della legge n. 9/1991, unicamente se svolte al di fuori del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette, ove, invece, sono vietate (comma 17 dell’art. 6 del Codice).
La disciplina sulla VAS, al contrario di quelle sulla VIA (vedi infra), prevede che alcuni piani e programmi sono obbligatoriamente sottoposti a VAS solo se hanno impatti significativi sull’ambiente (e non anche negativi come per la VIA). In alcuni casi si deve però tenere in considerazione il diverso livello di sensibilità ambientale delle aree interessate (articolo 6, comma 3 del Codice).
Viene previsto uno snellimento procedurale della VAS attraverso l’esclusione dalla procedura di VAS delle revisioni di piani e programmi per i quali le novità introdotte non comportino effetti significativi sull’ambiente e non siano state precedentemente già considerate. In tal caso la verifica è limitata ai soli effetti significativi sull'ambiente che non siano stati precedentemente considerati (comma 6 dell’articolo 12 del Codice).
Si chiarisce che la VAS deve essere effettuata durante la fase di predisposizione del piano e comunque prima dell’approvazione dello stesso (comma 3 dell’articolo 11 del Codice).
Vengono precisati i termini della fase di consultazione e coordinate le procedure di deposito, pubblicità e partecipazione del pubblico al fine di evitare duplicazioni (articoli 13-15 del Codice).
Un ruolo centrale nella procedura di VAS è, infatti, rappresentato dalle consultazioni con il pubblico, ossia la fase in cui chiunque può prendere visione della proposta di piano o programma e del relativo rapporto ambientale e presentare proprie osservazioni. L’autorità competente è tenuta a valutare le osservazioni presentate e, sulla base delle stesse e delle attività tecnico-istruttorie, esprime il proprio parere motivato, ossia – secondo la nuova lettera m-ter dell’articolo 5 del Codice – il provvedimento obbligatorio con eventuali osservazioni e condizioni che conclude la fase di valutazione di VAS, espresso dall’autorità competente sulla base dell’istruttoria svolta e degli esiti delle consultazioni.
Come indicato dal decreto correttivo, il parere motivato rappresenta il parametro sul quale l’autorità procedente deve rivedere il piano o il programma alla luce delle risultanze emerse dalle attività consultive (e delle consultazioni transfrontaliere, ove necessarie).
Si prevede, in via generale, l'esperibilità del rimedio avverso il silenzio dell'amministrazione disciplinato dalle disposizioni generali del processo amministrativo (articolo 15 del Codice).
Per quanto concerne la VIA, la maggiore novità riguarda il campo di applicazione: la VIA interessa unicamente i progetti che determinano un impatto sull’ambiente che sia al tempo stesso significativo e negativo. La normativa precedente prevedeva invece solo il requisito della significatività (articolo 6, comma 5, del Codice).
Analoga modifica viene introdotta per la verifica di assoggettabilità (cd. screening, articolo 5, lett. m) del Codice) ove la valutazione sull’assoggettabilità del progetto alla procedura di VIA deve rispondere al doppio requisito della significatività e della negatività dell’impatto sull’ambiente circostante. Sono pertanto sottoposti alla successiva procedura di VIA unicamente quei progetti che, all’esito della verifica di assoggettabilità, possono avere possibili impatti sia negativi che significativi sull’ambiente (articolo 20 del Codice).
Le ulteriori modifiche al procedimento di VIA riguardano l’introduzione di un termine certo, 60 giorni, entro cui deve concludersi la fase di consultazione(articolo 21 del Codice) che il proponente può richiedere all’autorità competente al fine di definire i contenuti dello studio di impatto ambientale (SIA).
Vengono inoltre integrate alcune fasi del procedimento di VIA, prevedendo nella fase iniziale del procedimento la possibilità, per il proponente, di presentare una documentazione integrativa qualora l’istanza depositata risulti incompleta, entro un termine non superiore a 30 giorni e comunque correlato alla complessità delle integrazioni richieste. In tal caso i termini del procedimento si intendono interrotti fino alla presentazione della documentazione integrativa. Qualora entro il termine stabilito il proponente non depositi la documentazione completa degli elementi mancanti, l’istanza si intende ritirata (articolo 23 del Codice).
Precedentemente se la documentazione risultava incompleta veniva restituita al proponente ed il progetto si intendeva non presentato.
Il secondo momento in cui l’autorità competente può chiedere al proponente integrazioni è collocato nella fase della decisione. Nell’ambito dell’attività valutativa del progetto l’autorità può chiedere informazioni aggiuntive alle quali il proponente è tenuto a rispondere. In questo caso la modifica riguarda l’abbreviazione dei tempi che passano dai 60 giorni (prorogabili di altri 60) agli attuali 45 giorni, prorogabili, su istanza del proponente, per un massimo di ulteriori 45 giorni.
Nell’ottica di dare certezza dei tempi per la conclusione dell’iter della VIA, viene previsto che l'autorità competente esprima il provvedimento di VIA entro 90 giorni dalla presentazione degli elaborati modificati (comma 3-bis dell’articolo 26 del Codice)
E’ attribuito un maggior rilievo alla partecipazione del pubblico qualora le modifiche apportate dal proponente siano sostanziali e rilevanti per il pubblico: chiunque può presentare ulteriori osservazioni entro 60 giorni dalla pubblicazione del progetto che devono essere poi valutate dall'autorità competente per l'adozione del provvedimento di VIA, che deve avvenire entro 90 giorni dalla scadenza del termine previsto per la presentazione delle osservazioni (comma 9-bis dell’articolo 24 del Codice).
Nell’ambito delle attività di valutazione discrezionale della documentazione prodotta a corredo dell’istanza di VIA, il legislatore ha allungato, nel caso di provvedimenti dello Stato, il termine entro il quale le Regioni possano presentare il proprio parere: da 60 giorni a 90 giorni. Inoltre, alle Regioni è garantito un termine di ulteriori 60 giorni per esprimere un ulteriore parere nel caso di modifiche sostanziali.
Viene inoltre introdotta la Conferenza dei servizi istruttoria ove le amministrazioni possono rendere le proprie determinazioni, mentre il testo previgente contemplava quale mera eventualità la convocazione della Conferenza dei servizi e vengono ampliati i termini per esprimere i pareri delle amministrazioni interessate (articolo 25 del Codice), allo scadere dei quali l’autorità competente procede comunque con il provvedimento di VIA da rendere secondo le modalità ed i tempi stabiliti dall’articolo 26.
L’articolo 26 del Codice ribadisce, infatti, i termini di conclusione del procedimento già stabiliti dalla normativa vigente: entro 150 giorni successivi alla presentazione dell'istanza, prolungabile di ulteriori 60 giorni per accertamenti ed indagini di particolare complessità.
Nel contempo provvede anche ad un coordinamento dei termini di conclusione del procedimento qualora siano intervenute modifiche progettuali su proposta dal proponente o su richiesta dell'amministrazione: in tali casi i tempi complessivi per la conclusione del procedimento potrebbero arrivare a 270 giorni.
Sia per lo screening che per il provvedimento di VIA, sempre al fine di assicurare tempi certi allo svolgimento della procedura e una sua conclusione spedita, è stata introdotta, inoltre, la possibilità di ricorrere anche avverso il silenzio dell’amministrazione competente (articolo 20, comma 4, e articolo 26, comma 2-bis del Codice).
Viene, infine, rafforzata l’attività di monitoraggio volta ad assicurare il controllo sugli impatti ambientali significativi sull’ambiente, provocati dalla realizzazione dei progetti. Qualora l’attività di monitoraggio dimostri che dalle attività risultano impatti negativi ulteriori e diversi da quelli analizzati nel provvedimento di VIA, l’autorità competente può modificare il provvedimento e apporvi condizioni ulteriori e diverse, mentre nei casi di maggiore gravità può essere anche ordinata la sospensione dei lavori o delle attività autorizzate, nelle more delle determinazioni correttive da adottare (comma 1-bis dell’articolo 28 del Codice).
Il decreto correttivo ha trasposto e sistematizzato, con un nuovo Titolo III-bis, la normativa in materia di AIA contenuta nel d.lgs. 59/2005 (cd. decreto IPPC) nel corpo dello stesso Codice ambientale, apportandovi comunque anche alcune innovazioni che riguardano, tra l’altro, alcuni aspetti della procedura autorizzativa e l’elenco di autorizzazioni settoriali sostituite dall’AIA.
Dal punto di vista dei contenuti la principale innovazione riguarda la figura del gestore che viene allargata anche a soggetti che dispongono di «un potere economico determinante sull’esercizio tecnico dell’impianto» (articolo 5, lettera r-bis del Codice). Conseguentemente non è necessario gestire o detenere direttamente impianti per esserne gestori.
Viene introdotta, analogamente alla VIA, una verifica di procedibilità delle domande, nonché la previsione di un termine (non inferiore a 30 giorni come per la VIA) entro il quale presentare le integrazioni richieste dall'autorità competente, in mancanza delle quali l'istanza si considera ritirata. È fatta salva la facoltà per il proponente di richiedere una proroga del termine per la presentazione della documentazione integrativa per casi particolarmente complessi (articolo 29-ter del Codice);
Numerose sono le novità rispetto alla previgente normativa del d.lgs. 59/2005, relative alla procedura autorizzativa (articoli 29-ter e 29-quater del Codice):
Rimangono immutate le disposizioni sul rinnovo ordinario dell’AIA (articolo 29-octies del Codice) previsto ogni cinque anni (otto per gli impianti Emas e sei per i certificati Iso), fatta eccezione per il rinnovo decennale per gli impianti di cui al punto 6.6 dell'allegato VIII (impianti per l'allevamento intensivo di pollame o di suini).
Nessuna modifica, invece, per quanto riguarda le disposizioni in materia di modifica degli impianti, di variazione del gestore, di rispetto delle condizioni contenute nell’AIA nonché in relazione alla disciplina sanzionatoria (articoli 29-nonies e decies e quattordecies).
Vengono, quindi, coordinate le norme riguardanti gli impatti ambientali interregionali relativi alla VIA ed alla VAS con le norme in materia di AIA, inserendo l’obbligo, per il proponente, di inviare gli elaborati progettuali alle Regioni nonché agli enti locali territoriali interessati dagli impatti (articolo 30 del Codice).
In merito, invece, agli impatti ambientali transfrontalieri, sono introdotti termini da hoc per le relative consultazioni transfrontaliere da concordare, comunque, con gli Stati membri interessati e, in ogni caso, da concludersi entro termini ragionevoli (articolo 32 del Codice).
Per quanto riguarda gli oneri istruttori, compresi i successivi controlli, essi sono posti a carico del gestore dell’impianto, secondo modalità disciplinate da un decreto interministeriale.
Le spese necessarie per l’istruttoria della domanda dell’AIA e per i successivi controlli sono posti a carico del gestore dell’impianto, secondo modalità disciplinate da un decreto interministeriale. Un ulteriore decreto dovrà aggiornare le tariffe almeno ogni due anni.
Nelle more dell’emanazione di tali decreti si applica il D.M. 24 aprile 2008 recante le modalità e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e ai controlli previsti dal d.lgs. 59/2005 (articolo 33 del Codice).
Vengono, quindi, inseriti cinque nuovi allegati alla parte seconda, sostanzialmente corrispondenti agli allegati I-V del decreto 59/2005 che viene abrogato dal successivo articolo 4.
Infine, viene ribadito che fino all’adeguamento alle prescrizioni dell’AIA da parte del gestore trovano applicazione le disposizioni relative alle autorizzazioni di settore. La sanzione prevista per il caso dell’esercizio di attività IPPC in assenza dell’AIA non si applica ai gestori di impianti, esistenti o nuovi, già dotati di altre autorizzazioni ambientali alla data di entrata in vigore del d.lgs. 59/2005, che abbiano presentato la domanda nei termini stabiliti dai diversi provvedimenti di proroga, fino alla conclusione del relativo procedimento amministrativo (articolo 35, commi 2-quater e 2-quinquies del Codice)
Vengono apportate correzioni ed integrazioni anche alla parte quinta del Codice in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera. La revisione interessa, in via prioritaria, il Titolo I relativo alla prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività.
Vengono innanzitutto inclusi nel campo di applicazione anche gli impianti di incenerimento e coincenerimento disciplinati dal d.lgs. n. 133/2005, esclusi dalla disciplina previgente. Per tali impianti viene previsto che i valori limite di emissione e altre prescrizioni siano stabiliti nell’autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti prevista dall’art. 208.
Si ricorda che l’art. 208, comma 11, disciplina il contenuto minimo dell’autorizzazione, che deve contenere, tra l’altro, le condizioni e le prescrizioni necessarie per l’esercizio dell’impianto nonché “i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico”.
Per gli impianti sottoposti ad AIA, l’AIA sostituisce l'autorizzazione unica alle emissioni di cui all’art. 269, ai fini sia della costruzione che dell'esercizio (articolo 267 del Codice).
Si introducono alcune correzioni e integrazioni alle definizioni (articolo 268 del Codice), tra le quali si segnala la distinzione tra nozione di impianto e nozione di stabilimento, indispensabile per la definizione degli adempimenti che ricadono sui gestori e sull’amministrazione.
Da più parti era stato sottolineato che in assenza di una norma volta a distinguere impianti e stabilimenti si sono determinate una serie di criticità, non comprendendosi, ad esempio, se fosse necessario autorizzare singolarmente tutti gli specifici impianti di un complesso produttivo o autorizzare l’intero complesso fissando appositi valori e prescrizioni per i singoli impianti.
Al riguardo il decreto intende fornire un quadro certo, definendo l'impianto come il dispositivo/sistema fisso e destinato ad una specifica attività, e lo stabilimento come il complesso unitario e stabile, sottoposto al potere decisionale di un unico gestore, in cui sono presenti uno o più impianti o attività.
Le ulteriori modifiche alle definizioni, in parte dovute alla necessità di coordinare talune definizioni con la normativa in materia di VIA e VAS, riguardano, tra l’altro:
Viene precisato che l’autorizzazione alle emissioni riguarda lo stabilimento e che i singoli impianti e le singole attività presenti nello stabilimento non sono oggetto di distinte autorizzazioni.
L’obbligo di indire una conferenza di servizi per istruire le domande di autorizzazione alle emissioni è limitato ai soli stabilimenti nuovi, mentre per rinnovare le autorizzazioni degli stabilimenti esistenti è previsto un autonomo procedimento amministrativo dell’autorità competente, con il parere delle altre autorità locali.
In caso di modifica di impianti o attività, l’autorità ha il potere di rinnovare l’autorizzazione con un’istruttoria estesa a tutto lo stabilimento.
Viene, inoltre, integrato il contenuto dell’autorizzazione prevedendo che essa possa stabilire, per ciascun inquinante, speciali valori limite di emissione da riferire al complesso delle emissioni di tutti gli impianti e le attività di uno stabilimento, che si aggiungono a quelli fissati per ciascun impianto e sono finalizzati a garantire un controllo sull’impatto complessivo che lo stabilimento può determinare nella zona in cui è situato.
Ulteriori novità riguardano:
Il trasferimento di uno stabilimento da un luogo ad un altro equivale all’installazione di uno stabilimento nuovo e quindi, di conseguenza, si rende necessaria una nuova autorizzazione (articolo 269 del Codice).
Vengono introdotte alcune precisazioni sul potere dell’amministrazione di considerare, in determinate situazioni, più impianti come un unico impianto (articolo 270 del Codice), nonché sui valori limite di emissione e le prescrizioni per l’esercizio degli impianti; questi ultimi debbono essere stabiliti sulla base delle migliori tecniche disponibili e dei valori e delle prescrizioni fissati nelle normative regionali, per le quali vengono fissati i principi generali cui esse devono attenersi nella fissazione di tali valori e prescrizioni, ma consentendo loro di stabilire limiti di emissione e prescrizioni più restrittivi. Viene, infine, estesa l’applicabilità delle disposizioni per i casi di guasto dell’impianto, anche alle anomalie di funzionamento, prevedendo espressamente l’obbligo, per il gestore, di sospendere l'esercizio dell'impianto se l'anomalia o il guasto può determinare un pericolo per la salute umana (articolo 271 del Codice).
Si elencano, quindi, gli impianti e le attività in deroga (articolo 272 del Codice), mentre per i grandi impianti di combustione (impianti aventi una potenza termica complessiva maggiore o uguale a 50 MW e considerati come un unico impianto) viene introdotto un criterio per l’applicazione dei limiti di emissione a più impianti le cui emissioni siano convogliate ad un unico punto di emissione: i valori limite da applicare sono quelli che, in caso di mancato convogliamento, si applicherebbero all'impianto più recente (articoli da 273 a 277 del Codice).
Viene precisato che la sospensione temporanea e/o la revoca dell’autorizzazione non hanno portata generale ma riguardano, all’interno dello stabilimento, solamente gli impianti e le attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative (articolo 278 del Codice);
Per quanto riguarda le disposizioni inerenti le sanzioni, si segnala la modifica della pena dell’arresto prevista per le modifiche sostanziali non autorizzate, il cui massimo viene elevato da 6 mesi a 2 anni (articolo 279 del Codice).
Viene, infine, introdotto un regime transitorio per gli stabilimenti in esercizio, prevedendo - per gli stabilimenti che non ricadevano nel campo di applicazione del D.P.R. n. 203 del 1988 e che ricadono nell’attuale titolo I - che il termine per la presentazione della domanda di autorizzazione sia differito al 31 dicembre 2011 e il termine di adeguamento al 1° settembre 2013 (e la relativa domanda deve essere presentata entro il 31 luglio 2012).
Per gli stabilimenti anteriori al 2006 e autorizzati in data anteriore al 1° gennaio 2000, la domanda deve essere presentata tra il 1° gennaio 2012 ed il 31 dicembre 2013, anticipando di un anno la data finale (che nel regime previgente era il 31 dicembre 2014), mentre per quelli anteriori al 2006 e autorizzati in data successiva al 31 dicembre 1999, la domanda deve essere presentata tra il 1° gennaio 2014 ed il 31 dicembre 2015, anticipando in questo caso di tre anni la data finale (prevista al 31 dicembre 2018).
Viene anche introdotto un termine di 8 mesi (elevati a 10 mesi in caso di integrazione della domanda stessa) per il pronunciamento dell’autorità competente sulla domanda di autorizzazione (articolo 281 del Codice).
Le modifiche al Titolo II della parte quinta in materia di impianti termici civili prevedono che la disciplina speciale si applichi soltanto agli impianti termici civili con potenza termica nominale inferiore a 3 MW, mentre sono sottoposti alla disciplina ordinaria del titolo I gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale uguale o superiore, in quanto non si differenziano, sul piano delle emissioni in atmosfera, dai normali impianti industriali e devono pertanto soggiacere alle stesse regole (articolo 282 del Codice).
Viene specificato che gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia devono non solo rispettare le caratteristiche tecniche ed i valori di emissione previsti dall’allegato IX (parti II e III), ma anche le ulteriori caratteristiche e i limiti di emissione più restrittivi previsti dai piani e dai programmi di qualità dell'aria. Inoltre, si attribuisce ai piani regionali di qualità dell’aria il potere di imporre nuovi requisiti tecnico-costruttivi e valori limite di emissione più severi di quelli statali al fine anche di conformare le caratteristiche degli impianti termici civili alle esigenze ambientali di ciascun territorio (articoli 285-286 del Codice).
Viene recepita la sentenza della Corte costituzionale n. 250 del 2009 in materia di competenza regionale in tema di formazione professionale. La disciplina statale viene pertanto sostituita da un rinvio alla legislazione regionale.
Con la citata sentenza n. 250 del 2009, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 287, comma 1, del Codice, che attribuisce all’ispettorato provinciale del lavoro la competenza per il rilascio dell’abilitazione alla conduzione di impianti termici al termine dell’apposito corso di formazione, in quanto lesivo della competenza residuale delle regioni in materia di formazione professionale.
Conseguentemente l’autorità individuata dalla legge regionale disciplina anche le modalità di formazione nonché le modalità di compilazione, tenuta e aggiornamento di un registro degli abilitati alla conduzione degli impianti termici (articolo 287 del Codice).
Da ultimo, le modifiche al titolo III della parte quinta, in materia di combustibili, riguardano i combustibili consentiti negli impianti disciplinati dal titolo I e dal titolo II della parte V, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia. Vengono esclusi quindi i materiali e le sostanze elencati nell'allegato X se costituiscono rifiuti ai sensi dalla parte quarta del Codice e la combustione di materiali e sostanze che non sono conformi all'allegato X o che comunque costituiscono rifiuti ai sensi dalla parte quarta del Codice (articolo 293 del Codice).
Vengono, infine, introdotte alcune modifiche in materia di prescrizioni per il rendimento di combustione e la previsione dell’istituzione – con decreto del Ministro dell'ambiente di concerto con i Ministri della salute e dello sviluppo economico - di una Commissione per l'esame delle proposte di integrazione ed aggiornamento dell'Allegato X alla parte V del Codice, presentate dalle amministrazioni dello Stato e dalle regioni, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato (articoli 294 e 298 del Codice).
Il decreto correttivo 128/2010 reca, da ultimo, le conseguenti abrogazioni (d.lgs. 59/2005 e D.M. ambiente 19 aprile 2006), facendo salva la vigente disciplina in materia di sicurezza antincendio.
Gli interventi avviati dopo il terremoto in Abruzzo del 6 aprile 2009 sono stati definiti nel D.L. 39/2009. Successivamente, il D.L. 195/2009 ha introdotto una serie di disposizioni per l'avvio della fase post emergenziale. Da ultimo, il D.L. 83/2012 reca un'articolata disciplina per la chiusura della gestione dell'emergenza.
Il decreto-legge 39/2009, riguardante i comuni colpiti dagli eventi sismici di intensità pari o superiori al 6° grado della scala Mercalli (sulla base dei rilievi effettuati dal Dipartimento della protezione civile), ha previsto interventi volti al reperimento di un'unità abitativa temporanea per le persone residenti nei comuni individuati e all'erogazione di un contributo per la riparazione o la ricostruzione dell’abitazione, nonché all'accollo - da parte dello Stato - dei mutui in essere fino a 150.000 euro. Sono state inoltre introdotte misure volte ad agevolare le piccole riparazioni per rendere agibili le abitazioni non gravemente danneggiate nonché la ripresa delle attività produttive, con l'istituzione di zone franche urbane (ZFU) cui si applicano le agevolazioni fiscali e tributarie in favore delle piccole e medie imprese.
Per quanto riguarda, invece, il patrimonio pubblico, un primo intervento ha interessato le infrastrutture di trasporto e il ripristino degli edifici pubblici. Sono state quindi previste misure per la ripresa delle attività della pubblica amministrazione, per la messa in sicurezza delle scuole, per la riorganizzazione delle strutture del servizio sanitario, nonché un piano di interventi per il ripristino degli edifici universitari e del Conservatorio di musica dell'Aquila. Il decreto ha previsto poi agevolazioni per lo sviluppo economico e sociale, anche attraverso la concessione di garanzie per le piccole e medie imprese, e ha destinato risorse ad interventi di sostegno e reindustrializzazione. Sull'utilizzo delle risorse pubbliche per la ricostruzione è stata quindi prevista un'informativa annuale al Parlamento.
Il D.L. 39/2009 ha anticipato al 30 giugno 2009 l’entrata in vigore della normativa antisismica (art. 1-bis), in conformità con quanto previsto dalla risoluzione 8-00039 approvata l'8 aprile 2009, ed è stato istituito un Fondo per la prevenzione del rischio sismico.
Con la L.R. n. 28/2011, modificata da ultimo dalla L.R. 10/2012, la Regione Abruzzo ha definito le nuove norme per la riduzione del rischio sismico e per la vigilanza ed il controllo sulle opere e costruzioni realizzate in zone sismiche.
Si segnala, infine, che la Commissione ambiente della Camera ha svolto un ciclo di audizioni nell’ambito di un'indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza sismica in Italia.
L'attività di ricostruzione è stata disciplinata da numerose ordinanze di protezione civile per le quali si rinvia alla relativa scheda di approfondimento.
Nel mese di luglio 2009 sono state avviate le attività di ricostruzione "leggera" (edifici classificati da A a D) e "pesante" (edifici E) prevedendo la concessione di un contributo diretto per le relative riparazioni - ovvero per l’acquisto di una nuova abitazione - nonché alcuni interventi a favore dell'edilizia popolare. E' stata quindi pubblicata la graduatoria delle assegnazioni secondo i criteri definiti dall'O.P.C.M. n. 3806. Sono stati, infine, erogati i primi indennizzi alle imprese per immobili, beni mobili strumentali e ripristino delle scorte.
Si ricorda, inoltre, che il Parlamento europeo ha dato il via libera definitivo allo stanziamento di 493,8 milioni di euro da parte dell’Unione Europea per il terremoto in Abruzzo. Il contributo è stato stanziato a valere sulle risorse del Fondo di solidarietà europeo finalizzato ad aiutare gli Stati membri in caso di gravi catastrofi naturali e ha integrato gli stanziamenti nazionali.
La legge finanziaria 2010 (legge 191/2009) ha previsto - all'art. 2 - alcune disposizioni a favore delle popolazioni abruzzesi finalizzate a garantire il riequilibrio economico- finanziario degli enti locali, ad introdurre rateizzazioni dei versamenti tributari ed alcuni sgravi di carattere fiscale. E' stata prevista la facoltà per i titolari di redditi di locazione di immobili ubicati nella provincia dell'Aquila di applicare un regime di imposizione sostitutivo dell’IRPEF e relative addizionali con aliquota fissata in misura pari al 20% nonché la destinazione di quota parte (pari a 571 milioni per il 2010, 123 per il 2011 e 60 per il 2012) delle disponibilità del Fondo per le esigenze urgenti ed indifferibili del Ministero dell’economia e delle finanze al riequilibrio finanziario degli enti locali danneggiati dal sisma del 6 aprile 2009.
Sono state adottate le linee guida per i controlli antimafia indicate dal Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere ai sensi dell'art. 16, comma 4, del decreto legge n. 39/2009, previsti nell'opera di ricostruzione.
Il D.L. 195/2009 ha previsto una serie di disposizioni per l'avvio della fase post emergenziale, affidando al Presidente della Regione le funzioni di Commissario delegato per la ricostruzione. Il D.L. 2/2010 (art. 4) ha destinato le risorse originariamente previste in favore delle comunità montane (20 milioni), a favore della provincia dell’Aquila e dei comuni della regione Abruzzo.
La legge 183/2011 (legge di stabilità 2012) ha confermato l'esclusione dal patto di stabilità degli investimenti in conto capitale deliberati entro il 31 dicembre 2010, anche a valere sui contributi già assegnati negli anni precedenti, per i comuni dissestati della Provincia dell'Aquila (art. 31, comma 13) fino a un importo massimo di 2,5 milioni annui. L'art. 33, comma 28, ha quindi disciplinato dal 1° gennaio 2012 la ripresa della riscossione dei tributi e dei contributi sospesi in favore dei contribuenti residenti nelle zone dell'Abruzzo colpite dal sisma con l'applicazione dell'abbattimento del 60% dei tributi e dei contributi o dei carichi iscritti a ruolo oggetto di sospensione.
Il Capo X-bis (artt. 67-bis – 67-sexies) del D.L. 83/2012 reca un’articolata disciplina per la chiusura della gestione dell’emergenza determinatasi nella regione Abruzzo a seguito del sisma del 6 aprile 2009.
La cessazione dello stato di emergenza, dichiarato a seguito degli eventi sismici in Abruzzo del 6 aprile 2009, è stata anticipata al 31 agosto 2012, anziché al 31 dicembre 2012 come previsto da ultimo dal D.P.C.M. 4 dicembre 2011.
Sono stati definiti norme, obiettivi e modalità della ricostruzione, nonché gli altri interventi necessari per il ritorno alle normali condizioni di vita nelle aree colpite dal sisma del 6 aprile 2009 che, a decorrere dal 16 settembre 2012, sono gestiti sulla base del riparto costituzionale di competenze tra gli enti territoriali e lo Stato. Ulteriori disposizioni riguardano la ricostruzione dei centri storici, le varianti urbanistiche, il reclutamento di personale nella pubblica amministrazione.
Il comma 183 dell’articolo unico della L. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013) ha previsto che il Governo possa procedere, fatta salva la preventiva verifica presso la Commissione europea della compatibilità comunitaria, ad una rinegoziazione con la società concessionaria delle autostrade A24-A25 delle condizioni della concessione anche al fine di evitare un incremento delle tariffe non sostenibile per l'utenza a condizione, tra l’altro, che vengano realizzate tutte le opere necessarie in conseguenza del sisma del 2009.
Il comma 289, primo periodo, ha assegnato un contributo per il 2013, nel limite complessivo di 35 milioni di euro, finalizzato ad assicurare, nel comune dell'Aquila e negli altri comuni colpiti dal sisma, la stabilità dell'equilibrio finanziario, anche per garantire la continuità del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
Il 13 ottobre 2009 l'Assemblea della Camera ha approvato la mozione 1-00244, impegnando il Governo ad una serie di azioni per la ricostruzione e il rilancio dello sviluppo economico nei territori colpiti dal sisma.
Oltre agli interventi normativi precedentemente citati, sono state esaminate proposte di legge di iniziativa parlamentare il cui esame non è stato concluso nel corso della legislatura.
La Commissione ambiente della Camera ha esaminato alcune proposte di legge, A.C. 3811, A.C. 3993, A.C. 4107 e A.C. 4675, recanti disposizioni per la ricostruzione, il recupero e lo sviluppo economico-sociale dei territori colpiti dal sisma. La Commissione ha, altresì, avviato l'esame del Doc. XXII, n. 9, recante l'istituzione di una Commissione parlamentare monocamerale di inchiesta sulle problematiche connesse alla ricostruzione e allo sviluppo dell'Abruzzo e agli eventi sismici.
La Commissione ambiente del Senato ha esaminato una proposta di legge recante norme in materia di benefici in favore dei superstiti e dei familiari delle vittime del terremoto dell'Aquila (A.S. 2526).
Leggi di stabilità e decreti-legge
Sui principali eventi sismici
Sulle proposte di legge
Nel corso delle legislature XIV e XV è stata compiuta un'importante opera di aggiornamento della normativa antisismica, principalmente attraverso due provvedimenti fondamentali: l'ordinanza 3274/2003 ed il T.U. sulle norme tecniche delle costruzioni, approvato con il D.M. 14 settembre 2005 e successivamente aggiornato e sostituito dal D.M. 14 gennaio 2008.
Con l’O.P.C.M. 3274/2003 sono stati dettati i principi generali sulla base dei quali le Regioni, a cui lo Stato ha delegato l’adozione della classificazione sismica del territorio (ai sensi dell'art. 94, comma 2, lett. a), del D.Lgs. 112/1998), hanno compilato l’elenco dei comuni con la relativa attribuzione ad una delle 4 zone, a pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato il territorio nazionale. Nell’opera di aggiornamento della citata classificazione ha avuto un ruolo di primo piano anche l’O.P.C.M. 3519/2006 (recante "Criteri generali per l'individuazione delle zone sismiche e per la formazione e l'aggiornamento degli elenchi delle medesime zone"), che ha permesso di perfezionare la classificazione del 2003 permettendo una suddivisione del territorio in 12 fasce.
Con riferimento alle norme sulle costruzioni, il D.M. 14 gennaio 2008 riunisce la normativa tecnica relativa alle costruzioni civili al fine di fornire un corpus normativo quanto più possibile coerente ed ispirato al criterio “prestazionale” piuttosto che “prescrittivo”: se prima dell'emanazione della nuova normativa, la garanzia della sicurezza delle costruzioni dipendeva dal rispetto di norme già preordinate a tal fine, con il nuovo testo unico è il progettista che deve predeterminare i livelli prestazionali attribuiti a ciascuna componente strutturale, decidendo quali procedimenti di calcolo e quali modelli adottare per garantire il più alto coefficiente di sicurezza dell’opera da realizzare.
Si ricorda che alla normativa tecnica di dettaglio fanno rinvio le disposizioni di carattere più generale, per le costruzioni in zone sismiche, contenute nella parte II, capo IV (artt. 83-106) del "Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia" approvato con D.P.R. 380/2001.
Sulla base del lavoro di affinamento e verifica della classificazione sismica fatta dalle Regioni, nel 2012 il Dipartimento dalla Protezione Civile ha pubblicato una nuova mappa di classificazione sismica comunale.
Con l'art. 4 dell' O.P.C.M. n. 3932 del 7 aprile 2011 è stata apportata una modifica all'allegato 1, punto 4, lett. n) dell'O.P.C.M. n. 3274 che prevede che l'aggiornamento delle mappe di ag (accelerazioni orizzontali) dovranno aver luogo ogniqualvolta lo sviluppo delle conoscenze lo suggerisca e non più ad intervalli temporali non superiori a cinque anni.
Relativamente alle norme tecniche sulle costruzioni di cui al D.M. 14 gennaio 2008, invece, nel corso della XVI legislatura sono state emanate le necessarie istruzioni applicative con la circolare 2 febbraio 2009, n. 617.
L’entrata in vigore della normativa tecnica sulle costruzioni era stata prorogata al 30 giugno 2010, dall’art. 29, comma 1-septies del decreto-legge n. 207/2008, ma dopo il sisma in Abruzzo, con l’art. 1-bis del decreto-legge n. 39/2009, essa è stata anticipata al 30 giugno 2009.
Con la circolare del 5 agosto 2009 è stata ribadita la fine del regime transitorio (stabilito dall'art. 20 del D.L. 248/2007) e pertanto, dal 1° luglio 2009 è obbligatoria l'applicazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni di cui al D.M. 14 gennaio 2008. La circolare, inoltre, ha fornito chiarimenti in ordine al regime intertemporale degli interventi per i quali, avuto riguardo al livello di definizione progettuale e/o allo stadio procedimentale raggiunto, anche dopo il termine del 30 giugno 2009, è consentita l'applicazione della normativa tecnica precedentemente in vigore al citato D.M. 14 gennaio 2008, nonché chiarimenti circa l'utilizzabilità dei materiali e degli elementi per uso strutturale prodotti prima del termine del 30 giugno 2009.
Nella G.U. del 26 febbraio 2011, n. 47, S. O. n. 54 è stata pubblicata la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 febbraio 2011 sulla valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle Norme tecniche per le costruzioni di cui al D.M. 14 gennaio 2008, resasi necessaria ai fini di una puntuale verifica dei contenuti della precedente direttiva del 12 ottobre 2007 (con cui era stata adottata una serie di indirizzi operativi per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale) ed una loro parziale revisione ed integrazione. Le Regioni, d'intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali e il Dipartimento della protezione civile, disciplinano le modalità applicative e le attività di monitoraggio sullo stato di conservazione del patrimonio culturale, in coerenza con le finalità della direttiva.
L'art. 11 del D.L. 39/2009 ha istituito un Fondo per la prevenzione del rischio sismico, con una dotazione di 44 milioni di euro per l’anno 2010, 145,1 milioni per l’anno 2011, 195,6 milioni per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, 145,1 milioni per l’anno 2015 e 44 milioni per l’anno 2016.
Con l'O.P.C.M. n. 3907/2010 del 13 novembre, pubblicata nella G.U. n° 281 dell'1-12-2010 (S.O. n. 262), sono state assegnate al Fondo, per il 2010, risorse pari a 42,504 milioni di euro da utilizzare per quattro categorie di interventi (art. 2, comma 1, dell'ordinanza):
a) indagini di microzonazione sismica (4 milioni di euro, a cui si aggiungono altri 4 milioni a carico delle Regioni);
b) interventi strutturali di rafforzamento locale o di miglioramento sismico, o, eventualmente, di demolizione e ricostruzione, degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali strategiche, ad esclusione degli edifici scolastici;
c) interventi strutturali di rafforzamento locale o di miglioramento sismico, o, eventualmente, di demolizione e ricostruzione di edifici privati: il contributo può coprire al massimo il 40% del costo (per le voci b) e c) vengono messi a disposizione 34 milioni di euro);
d) altri interventi urgenti e indifferibili per la mitigazione del rischio sismico (4 milioni di euro).
I restanti 504 mila euro sono destinati all’acquisto da parte del Dipartimento della protezione civile di beni e servizi strumentali alle attività previste dall’ordinanza.
L'ordinanza ha destinato i fondi solo ai Comuni ad alto rischio sismico.
Per quanto riguarda l'effettiva erogazione delle risorse di cui alla lettera d) viene prevista la diretta assegnazione da parte del Dipartimento della Protezione civile, sentite le Regioni interessate, mentre per i fondi di cui alle lett. a), b) e c), sono le Regioni a elaborare «programmi», «sentiti i Comuni interessati che trasmettono una proposta di priorità degli edifici», dopodichè è previsto che il Dipartimento della Protezione civile provveda a ripartire le risorse.
Con un Decreto del Capo dipartimento della Protezione civile del 21 gennaio 2011 (pubblicato nella G.U. n. 109 del 12-5-2011, pag. 122) è stato poi regolamentato l’utilizzo dei fondi previsti dall’art. 2, comma 1, lettera d) dell’ordinanza n. 3907 relativa agli altri interventi urgenti e indifferibili per la mitigazione del rischio sismico che devono rispettare la disciplina dettata per le opere di cui all’art. 2, comma 1, lettera b). Possono accedere al contributo anche ponti e viadotti facenti parte di infrastrutture di trasporto urbano a determinate condizioni indicate nel decreto stesso e previa una loro individuazione da parte delle regioni. Queste ultime sono tenute a comunicare i relativi dati al Dipartimento della protezione civile ai fini della redazione di una graduatoria nazionale degli interventi stessi.
Con il Decretodel Capo del Dipartimento della Protezione civiledel 10 dicembre 2010 (pubblicato nella G.U. n. 42 del 21-2-2011, pag. 53) si era, invece, in precedenza provveduto a ripartire tra le regioni le risorse del Fondo per la prevenzione del rischio sismico per l'annualità 2010, sulla base dei criteri dell'O.P.C.M. n. 3907. Sono stati, pertanto, ripartiti 3.976.213 euro per indagini di microzonazione sismica e 33.797.808 per interventi strutturali di rafforzamento-miglioramento sismico o di demolizione-ricostruzione sia degli edifici ed opere di interesse strategico che di edifici privati. Sono esclusi da tali interventi gli edifici scolastici in quanto destinatari di altri contributi pubblici. Successivamente, con Decreto 29 dicembre 2011 del Capo del Dipartimento della Protezione civile è stata modificata l'assegnazione delle risorse per l'annualità 2010 previste dal Fondo, come indicato nella tabella 1 allegata allo stesso decreto (GU n. 84 del 10-4-2012, pag. 35). Ulteriori modifiche sono state apportate dal decreto 6 settembre 2012.
Sempre in attuazione dell'art. 11 del D.L. 39/2009, con il decreto del6 luglio 2011(pubblicato nella G.U. n. 164 del 16-7-2011, pag. 106) si è provveduto all'istituzione della Commissione tecnica di supporto e monitoraggio degli studi di microzonazione sismica.
La composizione della Commissione è stata più volte da integrata. Da ultimo è intervenuto il D.P.C.M. 4 maggio 2012.
Con O.P.C.M. n. 4007/2012 del 29 febbraio (pubblicata nella G.U. n. 56 del 7-3-2012, pag. 5)sono state assegnate al Fondo, per il 2011, risorse pari a 145,1 milioni di euro, destinate alle seguenti quattro categorie di interventi:
a) 10 milioni di euro per indagini di microzonazione sismica;
b) 130 milioni di euro per interventi strutturali di rafforzamento/miglioramento sismico o di demolizione/ricostruzione degli edifici di interesse strategico e degli edifici privati;
c) 4 milioni di euro per altri interventi urgenti e indifferibili per la mitigazione del rischio sismico;
d) 1,1 milioni di euro per l'acquisto da parte del Dipartimento della protezione civile di beni e servizi strumentali all'esecuzione delle attività relative all'ordinanza stessa.
L'individuazione degli interventi finanziabili è effettuata dal Dipartimento della protezione civile, sentito il Presidente della regione interessata, che provvederà alla ripartizione dei contributi tra le regioni interessate secondo i criteri e le modalità indicati dalla stessa ordinanza.
In attuazione di tale ordinanza e in analogia con le procedure attuative seguite per l'annualità precedente, è stato emanato il Decreto 16 marzo 2012, che ha individuato - con riferimento agli interventi di cui alle lettere a), b) e c) - le quote da ripartire alle singole Regioni, e il decreto 16 ottobre 2012, che ha disposto in merito all'utilizzo dei fondi di cui alla lettera d).
Con l'Ordinanza del Capo Dipartimento della Protezione civile 20 febbraio 2013, n. 52 (pubblicata nella G.U. n.50 del 28-2-2013) sono state assegnate al Fondo, per il 2012, risorse pari a 195,6 milioni di euro, destinate alle seguenti quattro categorie di interventi:
a) 16 milioni di euro per indagini di microzonazione sismica;
b) 170 milioni di euro per interventi strutturali di rafforzamento/miglioramento sismico o di demolizione/ricostruzione degli edifici di interesse strategico e degli edifici privati;
c) 8,5 milioni di euro per altri interventi urgenti e indifferibili per la mitigazione del rischio sismico;
d) 1,1 milioni per l'acquisto da parte del Dipartimento della protezione civile di beni e servizi strumentali all'esecuzione delle attività previste dall'ordinanza.
La medesima ordinanza ha altresì dettato una serie di disposizioni di carattere procedurale e di criteri cui attenersi nell'assegnazione delle risorse.
In particolare si segnalano le disposizioni dell'art. 18 che, al fine di realizzare una maggiore integrazione delle azioni finalizzate alla mitigazione del rischio sismico, prevede che siano incentivate le iniziative volte al miglioramento della gestione delle attività di emergenza nella fase immediatamente successiva al terremoto. A tale scopo viene previsto che gli studi di microzonazione sismica siano sempre accompagnati dall'analisi della Condizione Limite per l'Emergenza (CLE) dell'insediamento urbano.
Lo stesso articolo definisce come Condizione Limite per l'Emergenza (CLE) dell'insediamento urbano "quella condizione al cui superamento, a seguito del manifestarsi dell'evento sismico, pur in concomitanza con il verificarsi di danni fisici e funzionali tali da condurre all'interruzione delle quasi totalità delle funzioni urbane presenti, compresa la residenza, l'insediamento urbano conserva comunque, nel suo complesso, l'operativita' della maggior parte delle funzioni strategiche per l'emergenza, la loro accessibilità e connessione con il contesto territoriale".
L'art. 18 prevede altresì che le Regioni, nel provvedimento di cui al comma 3 dell'art. 5, determinano le modalità di recepimento di tali analisi negli strumenti urbanistici e di pianificazione dell'emergenza vigenti.
Si ricorda che il richiamato comma 3 dell'art. 5 dell'ordinanza n. 52, prevede che le Regioni, sentiti gli Enti locali interessati, con proprio provvedimento individuano i territori nei quali è prioritaria la realizzazione degli studi di microzonazione sismica e lo trasmettono al Dipartimento della Protezione Civile. Nel medesimo provvedimento sono definite le condizioni minime necessarie per la realizzazione degli studi di microzonazione sismica avuto riguardo alla predisposizione ed attuazione degli strumenti urbanistici e sono individuate le modalità di recepimento degli studi di microzonazione sismica e dell'analisi della Condizione Limite per l'Emergenza negli strumenti urbanistici vigenti.
Per il 2012, come per il 2011, le Regioni devono attivare obbligatoriamente gli interventi sugli edifici privati, da un minimo del 20% a un massimo del 40% del finanziamento loro assegnato, purché questo sia pari o superiore a 2 milioni di euro.
Gli interventi previsti dall’ordinanza n. 52, come per le annualità precedenti, vengono attuati attraverso programmi predisposti dalle Regioni e dalle Province autonome e comunicati nei termini previsti al Dipartimento della Protezione civile.
L'O.P.C.M. 3274/2003, oltre alle citate disposizioni tecniche e in materia di classificazione, ha previsto (all'art. 2, comma 3) anche un obbligo di verifica da effettuarsi a cura dei rispettivi proprietari, ai sensi delle norme di cui agli allegati della stessa ordinanza, sia degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, sia degli edifici e delle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso.
Le verifiche, da svolgersi entro cinque anni dalla data dell’ordinanza, riguardano in via prioritaria edifici ed opere ubicate nelle zone sismiche 1 e 2, secondo quanto definito nell'allegato 1.
Si ricorda che le tipologie degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile e quelle degli edifici e delle opere che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso, nonché le indicazioni per le verifiche tecniche da realizzare su edifici ed opere rientranti nelle predette tipologie, sono state individuate con il decreto 21 ottobre 2003.
Il termine per l'effettuazione delle predette verifiche è stato dapprima posticipato al 31 dicembre 2010 dall'art. 20, comma 5, del decreto-legge 248/2007 (che ha escluso dall'obbligo di verifica gli edifici e le opere progettate in base alle norme sismiche vigenti dal 1984) e poi successivamente prorogato al 31 marzo 2011 dal D.L. 225/2010, al 31 dicembre 2011 dal D.P.C.M. 25 marzo 2011, al 31 dicembre 2012, dall'art. 3 del decreto-legge 216/2011 e, infine, al 31 marzo 2013 dal comma 421 dell'art. 1 della L. 228/2012 (legge di stabilità 2013).
Le citate proroghe hanno riguardato anche la verifica sismica delle dighe di ritenuta prevista dall'art. 4, comma 1, del D.L. 79/2004.
Si ricorda in proposito che il citato comma 1 ha previsto, ai fini della valutazione delle condizioni di sicurezza delle dighe esistenti (aventi le caratteristiche di cui all'art. 1 del D.L. 507/1994), l'individuazione, con apposito elenco, delle dighe da sottoporre a verifica sismica ed idraulica in conseguenza della variata classificazione sismica dei siti ovvero dei ridotti franchi di sicurezza idraulica, anche sulla base di quanto previsto dall'O.P.C.M. 3274/2003.
Per effetto delle citate proproghe, anche il termine per l'attuazione del presente comma è stato prorogato al 31 marzo 2013.
Ai sensi dell'art. 1, comma 1, della L. 449/1997 la detrazione dall'IRPEF delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio riguardava anche le spese per la "adozione di misure antisismiche con particolare riguardo all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica, in particolare sulle parti strutturali". La stessa norma precisava che "Gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche e all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica devono essere realizzati sulle parti strutturali degli edifici o complessi di edifici collegati strutturalmente e comprendere interi edifici e, ove riguardino i centri storici, devono essere eseguiti sulla base di progetti unitari e non su singole unità immobiliari".
Tale disposizione si trova ora sostanzialmente riprodotta nell'art.16-bis del D.P.R. 917/1986, introdotto dall'art. 4, comma 1, lett. c), del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, che ha reso permanenti le citate detrazioni per spese di ristrutturazione.
Rispetto alla precedente disposizione il nuovo art. 16-bis ha incluso anche le spese "per la redazione della documentazione obbligatoria atta a comprovare la sicurezza statica del patrimonio edilizio, nonché per la realizzazione degli interventi necessari al rilascio della suddetta documentazione".
La consapevolezza della necessità di agevolare ulteriormente gli interventi per la mitigazione del rischio sismico è stata sottolineata dall'odg 0/3426/43/0810, accolto dal Governo nella seduta del 1° agosto 2012 delle Commissioni 8a e 10a del Senato, che ha impegnato il Governo a "dare stabilità al credito di imposta del 55 per cento per la riqualificazione energetica degli edifici, estendendolo anche agli interventi di mitigazione dei rischi e di adeguamento antisismico del patrimonio edilizio esistente e permettendone l'accesso anche alle imprese".
Nell'ambito del riordino della protezione civile operato con il D.L. 59/2012, il Governo ha cercato di introdurre disposizioni finalizzate a consentire l'avvio di un regime assicurativo per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati, a qualunque uso destinati. Tali disposizioni, contenute nell'art. 2 del testo iniziale del decreto, sono state soppresse dalla L. 100/2012 di conversione del medesimo decreto.
L’articolo 2 riproponeva, ampliandole, le disposizioni in materia di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati previste dall’art. 52 (poi soppresso) del testo iniziale del ddl finanziaria 2007, a loro volta integrative delle disposizioni, ancora oggi vigenti (sebbene inattuate), recate dall’art. 1, comma 202, della L. 311/2004 (finanziaria 2005). Per un approfondimento si rinvia al dossier predisposto per l'esame del ddl di conversione del D.L. 59/2012.
A seguito degli eventi sismici che hanno colpito il territorio della provincia dell'Aquila e di altri comuni della regione Abruzzo il 6 aprile 2009, il Governo ha immediatamente emanato il D.P.C.M. 6 aprile 2009 con cui è stato dichiarato il rischio di compromissione degli interessi primari. Con un altro D.P.C.M., emanato nella stessa data, è stato quindi dichiarato , fino al 31 dicembre 2010, lo stato di emergenza ai sensi e per gli effetti dell’art. 5, comma 1, della legge 225/1992, conferendo al Capo del Dipartimento della protezione civile i poteri di Commissario delegato come previsto dall'art. 5, comma 4, della stessa legge 225.
Lo stato di emergenza è stato successivamente prorogato al 31 dicembre 2011 dal D.P.C.M. del 17 dicembre 2010 e, successivamente, fino al 31 dicembre 2012 con D.P.C.M. del 4 dicembre 2011. L'art. 67-bis del D.L. 83/2012 ha anticipato la fine della fase emergenziale al 31 agosto 2012 (vedi infra).
Al fine di assicurare la necessaria, urgente assistenza, il soccorso e la sistemazione delle popolazioni colpite dal sisma e per la rimozione di ogni situazione che determini pericolo per le popolazioni assumendo ogni misura idonea al superamento del contesto emergenziale e per la salvaguardia delle vite umane, è stata emanata una serie di ordinanze, nonchè ulteriori decreti e circolari (v. analisi approfondita del contenuto dei provvedimenti emanati).
Di particolare interesse sono due decreti del Commissario delegato con cui sono stati individuati i comuni colpiti dal sisma.
Il decreto del Commissario delegato n. 3 del 16 aprile 2009 ha individuato i comuni interessati dagli eventi sismici, ovvero quei comuni che hanno risentito di un'intensità MCS uguale o superiore al sesto grado: Provincia dell’Aquila: Acciano, Barete, Barisciano, Castel del Monte, Campotosto, Capestrano, Caporciano, Carapelle Calvisio, Castel di Ieri, Castelvecchio Calvisio, Castelvecchio Subequo, Cocullo, Collarmele, Fagnano Alto, Fossa, Gagliano Aterno, Goriano Sicoli, L'Aquila, Lucoli, Navelli, Ocre, Ofena, Ovindoli, Pizzoli, Poggio Picenze, Prata d'Ansidonia, Rocca di Cambio, Rocca di Mezzo, San Demetrio ne' Vestini, San Pio delle Camere, Sant'Eusanio Forconese, Santo Stefano di Sessanio, Scoppito, Tione degli Abruzzi, Tornimparte, Villa Sant'Angelo e Villa Santa Lucia degli Abruzzi; Provincia di Teramo: Arsita, Castelli, Montorio al Vomano, Pietracamela e Tossicia; Provincia di Pescara: Brittoli, Bussi sul Tirino, Civitella Casanova, Cugnoli, Montebello di Bertona, Popoli e Torre de' Passeri.
Con il decreto n. 11 del 17 luglio 2009 del Commissario delegato sono stati inseriti otto nuovi Comuni: Bugnara, Cagnano Amiterno, Capitignano, Fontecchio e Montereale della Provincia dell’Aquila; per la Provincia di Teramo i comuni di Colledara, Fano Adriano e Penna Sant’Andrea. L’introduzione di nuovi comuni, che si aggiungono a quelli individuati con il decreto del 16 aprile 2009 è stata necessaria dopo le ulteriori verifiche dei danni causati dal proseguimento dello sciame sismico in Abruzzo.
Con gli articoli da 67-bis a 67-sexies del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 sono state introdotte numerose disposizioni finalizzate alla chiusura della gestione emergenziale, nonchè per la ricostruzione, lo sviluppo e il rilancio dei territori interessati dal sisma del 6 aprile 2009.
In particolare l’articolo 67-bis ha disciplinato la fase della cessazione dello stato di emergenza dichiarato, che viene anticipata al 31 agosto 2012, anziché al 31 dicembre 2012 come previsto da ultimo dal D.P.C.M. 4 dicembre 2011.
Lo stesso articolo ha però consentito al Commissario delegato, alla Struttura di missione per le attività espropriative od altri organismi costituiti a supporto del Commissario delegato per la ricostruzione, di continuare ad operare fino al 15 settembre 2012 ai fini del trasferimento, da tale data, delle funzioni alle amministrazioni competenti in via ordinaria: regione, province e comuni del cratere.
In attuazione di tale disposizione è stata emanata l'ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione civile 20 settembre 2012 con cui si è provveduto a regolare il subentro delle amministrazioni pubbliche competenti per via ordinaria nelle iniziative del Dipartimento della protezione civile.
L'art. 67-bis ha previsto altresì norme in materia di personale e contabilità, ma soprattutto ha previsto la presentazione (entro il 15 settembre 2012) al Presidente del Consiglio, da parte del Commissario delegato, di una relazione dettagliata sullo stato degli interventi realizzati e in corso di realizzazione e sulla situazione contabile nonché una ricognizione del personale ancora impiegato, ad ogni titolo, nell'emergenza e nella ricostruzione, finalizzata a consentire l'adozione di apposito D.P.C.M. volto a disciplinare i rapporti derivanti dai contratti stipulati dagli organismi succitati, nonché le modalità per consentire l'ultimazione delle attività programmate dal Commissario.
La norma fa riferimento alle attività per il superamento dell'emergenza per le quali il Commissario delegato per la ricostruzione ha già presentato, alla data del 30 giugno 2012, formale richiesta al Dipartimento della protezione civile e al completamento di interventi urgenti di ricostruzione già oggetto di decreti commissariali emanati.
La prevista disciplina dei rapporti derivanti dai contratti stipulati dal Commissario è stata successivamente emanata con il D.P.C.M. 10 ottobre 2012.
L’articolo 67-ter ha recato le disposizioni per la ricostruzione e gli altri interventi necessari per il ritorno alle normali condizioni di vita nelle aree colpite dal sisma, prevedendone la gestione, a decorrere dal 16 settembre 2012, sulla base del riparto costituzionale di competenze tra gli enti territoriali e lo Stato (artt. 114 e seguenti della Costituzione).
Per il controllo degli interventi di ricostruzione si prevede l'istituzione di due Uffici speciali per la ricostruzione, uno per la città dell’Aquila e l’altro per i 56 comuni del cratere, e ne vengono disciplinati i compiti, la composizione e la dotazione di risorse umane e strumentali.
Tali uffici sono chiamati a svolgere, tra l’altro, sostanzialmente un’attività di promozione e assistenza tecnica della qualità della ricostruzione, monitoraggio finanziario e attuativo degli interventi, informazione trasparente sull’utilizzo dei fondi, controllo della conformità e della coerenza urbanistica ed edilizia delle opere nonché verifica della coerenza rispetto al progetto approvato con controlli puntuali in corso d’opera. I due Uffici curano altresì l’istruttoria per l’esame delle richieste di contributo degli immobili privati, oltre a verificare la congruità tecnica ed economica.
I commi 5 e seguenti prevedono misure volte al reclutamento di risorse umane, in deroga a quanto previsto dalla normativa vigente, al fine di potenziare le strutture degli enti locali – comune dell’Aquila e comuni del cratere - impegnati nelle opere di ricostruzione, attraverso l’assunzione, a tempo indeterminato, di 200 unità di personale a decorrere dall’anno 2013, di cui 128 unità assegnate al comune dell’Aquila.
Viene altresì autorizzato il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) ad assumere a tempo indeterminato fino a 100 unità di personale da assegnare temporaneamente ai due sopracitati Uffici speciali (50 unità), alle province interessate (40 unità) e alla regione Abruzzo (10 unità).
L’art. 67-quater, elenca, in attesa dell’emanazione di una organica legge regionale, gli obiettivi e le modalità della ricostruzione. Tra gli obiettivi rilevano:
a) la priorità del rientro della popolazione nelle abitazioni mediante il recupero, ove possibile, con adeguamento sismico degli edifici. Viene data priorità, per gli edifici pubblici, agli edifici strategici e, per gli edifici privati, a quelli destinati ad abitazione principale, insieme con le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, distrutte o danneggiate dal sisma;
b) la promozione e la riqualificazione dell’abitato, con riferimento alla presenza di servizi pubblici e di progetti che assicurino la sostenibilità ambientale e energetica, avanzate tecnologie edilizie, l'ampliamento degli spazi pubblici nei centri storici e la riorganizzazione delle reti infrastrutturali e dei servizi;
c) la ripresa socio-economica del territorio.
Per l’attuazione degli obiettivi citati, il comma 2 dell'art. 67-quater prevede:
a) interventi singoli o in forma associata per i quali viene previsto un termine inderogabile di avvio degli stessi, stabilito dal comune, e viene altresì indicata una procedura da seguire in caso di inadempienza con l’attribuzione al comune di poteri sostitutivi;
b) programmi integrati nei casi in cui siano necessari interventi unitari. In tali casi viene prevista la possibilità dell’individuazione, da parte del comune, di un unico soggetto attuatore per la progettazione e realizzazione degli interventi, individuato attraverso un procedimento ad evidenza pubblica. Nei casi di mancato consenso tra il comune e i proprietari degli edifici interessati dai programmi integrati e di particolare compromissione dell’aggregato urbano, il comune può procedere all’occupazione temporanea degli immobili;
c) delega volontaria da parte dei proprietari ai comuni delle fasi di progettazione, esecuzione e gestione lavori. Sono previste premialità urbanistiche nei confronti dei proprietari privati interessati che consiste, oltre che nella diversificazione delle destinazioni d'uso, nell’attribuzione di una percentuale di incremento di superficie utile compatibile con la struttura architettonica e tipo-morfologica dei tessuti storici, prevista nella misura del 20%.
Per favorire la ricostruzione del centro storico dell’Aquila, si prevede un contributo per la riparazione ed il miglioramento sismico anche per le unità immobiliari private diverse dall’abitazione principale.
Di fatto lo Stato coprirà al 100 % le spese per la ricostruzione delle parti strutturali e comuni (compresi gli elementi architettonici esterni) di tutti gli edifici privati del centro storico dell’Aquila, compresi quelli con un unico proprietario. Sono escluse le unità immobiliari costruite in violazione delle vigenti norme urbanistiche ed edilizie senza che sia intervenuta sanatoria.
La corresponsione del contributo è subordinata al conferimento della delega volontaria al comune prevista dal comma 2 e, in caso di mancato consenso, il comune può procedere all’occupazione temporanea degli immobili.
Il comma 6 dell'art. 67-quater precisa che le risorse stanziate dall’art. 14, comma 1, del D.L. 39/2009 sono finalizzate anche al sostegno delle attività produttive e della ricerca e, a decorrere dal 2012, una quota di esse pari al 5% viene destinata alle finalità dell'articolo 67-quater.
Viene inoltre istituita dal comma 9, riproducendo nella sostanza gran parte delle disposizioni contenute negli artt. 7 e 8 dell’O.P.C.M. 4013/2012, una cd. white list, ossia un elenco al quale gli operatori economici interessati alla ricostruzione per garantire trasparenzanegli interventi stessi possono iscriversi. Agli Uffici speciali per la ricostruzione è demandata la fissazione dei requisiti di affidabilità tecnica per l'iscrizione volontaria nell'elenco, comunque subordinata al possesso dei requisiti di cui all'articolo 38 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006).
Lo stesso comma 9 demanda a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la disciplina dei contributi alla ricostruzione privata, ulteriori requisiti dei professionisti e delle imprese, delle sanzioni per il mancato rispetto dei tempi di esecuzione, nonché prescrizioni a tutela dei lavoratori impiegati nei cantieri della ricostruzione.
In attuazione di tale comma è stato emanato il D.P.C.M. 4 febbraio 2013 relativo alla definizione delle procedure per il riconoscimento dei contributi per la ricostruzione privata.
L’articolo 67-quinquies interviene sui piani di ricostruzione dei centri storici dei comuni del cratere prevedendo che debbano essere predisposti dagli stessi comuni, ove non abbiano ancora provveduto, entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (vale a dire entro il 10 dicembre 2012, dato che la L. 134/2012, di conversione del D.L. 83/2012, è stata pubblicata nella G.U. dell'11 agosto ed entrata in vigore il giorno successivo).
Si tratta dei piani di ricostruzione dei centri storici, previsti dall'art. 14, comma 5-bis, del decreto-legge n. 39 del 2009, la cui predisposizione è stata affidata, dalla norma stessa, ai sindaci dei comuni colpiti dal sisma, d'intesa con i presidenti della regione e della provincia (quest’ultimo per le materie di competenza).
Si dispone, inoltre, in merito all’approvazione delle varianti urbanistiche di adeguamento normativo e cartografico, ai fini della ricostruzione, per le quali viene richiesto l’accordo di programma di cui all’art. 34 del decreto legislativo n. 267/2000 tra il comune e la provincia competente.
Riguardo poi alle disposizioni urbanistiche comunali in contrasto con sopraggiunte norme statali o regionali si prevede che, in tal caso, le disposizioni comunali si intendono aggiornate. Mentre nell'attuazione dei piani di ricostruzione dei centri storici dei comuni del cratere il particolare interesse paesaggisticodegli edifici civili privati deve essere attestato dal Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici.
L'art. 67-quinquies prevede altresì, al comma 2, che resta ferma l’efficacia delle O.P.C.M. emanate dal 2009 fino all’adozione di un T.U. delle disposizioni concernenti gli interventi relativi agli eventi sismici del 6 aprile 2009.
Il comma 3 invece ha ribadito, ai fini dell'applicazione delle disposizioni del presente capo e di tutte le misure già adottate in relazione al sisma del 6 aprile 2009, che si intendono per territori comunali colpiti dal sisma quelli individuati dai decreti nn. 3 e 11 del Commissario delegato (v. supra) e che resta ferma l'applicazione dell'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39.
Si ricorda che il comma 3 dell'art. 1 del decreto-legge n. 39 ha introdotto la possibilità di applicare le agevolazioni per la ricostruzione e riparazione delle abitazioni private e di immobili ad uso non abitativo anche per beni localizzati fuori dei territori dei comuni come sopra individuati, in tal caso, tuttavia, occorre che una perizia giurata attesti il nesso di causalità tra il danno e l'evento sismico.
L’articolo 67-sexies reca la copertura finanziaria degli oneri recati dall’articolo 67-ter relativamente all'istituzione dei due Uffici speciali per la ricostruzione e all'assunzione di 300 unità di personale, quantificati in 14.164.000 euro per ciascuno degli anni 2013-2015 e in 11.844.000 euro a decorrere dal 2016.
Il decreto-legge n. 39/2009 ha previsto numerosi stanziamenti per interventi di varia natura a sostegno delle popolazioni colpite dal sisma del 6 aprile:
Vi sono poi nel decreto ulteriori interventi i cui stanziamenti non sono quantificati dal punto di vista finanziario, che consistono comunque in misure di sostegno, per le quali, in alcuni casi, è previsto l’intervento anche di soggetti diversi dallo Stato.
In aggiunta agli importi definiti dall’articolo 14, comma 1, il decreto-legge n. 39 prevede lo stanziamento di una ulteriore quota di risorse proveniente del Fondo aree sottoutilizzate, specificamente destinata al finanziamento di interventi di edilizia scolastica nella regione Abruzzo (art. 4, co. 4, primo periodo), da reperirsi nell’ambito del Fondo infrastrutture. In relazione a tale intervento, con la delibera del 26 giugno 2009, n. 47, il CIPE ha assegnato 226,4 milioni del Fondo infrastrutture in favore della regione Abruzzo, al fine di sostenere la ricostruzione e la messa in sicurezza degli edifici scolastici della regione danneggiati dagli eventi sismici.
Vanno infine ricordati gli ulteriori interventi agevolativi previsti dal decreto-legge, i cui oneri non vengono quantificati espressamente dalle norme del provvedimento:
Infine, è prevista la possibilità di concessione di garanzia statale su finanziamenti bancari a favore delle piccole e medie imprese, a valere sul Fondo di garanzia per le PMI (art. 10, co. 1).
Si segnala inoltre che, per la ricostruzione dell'Abruzzo, il decreto-legge n. 39 prevede che si aggiungono a quella già stanziate dal Governo:
Secondo quanto riportato nella relazione del Ministro per la coesione territoriale del 16 marzo 2012, dal titolo "La ricostruzione dei comuni del cratere aquilano", la ricognizione delle risorse finanziarie destinate alle aree colpite dal sisma mostra un volume complessivo di stanziamenti per gli interventi post-terremoto pari a circa 10,6 miliardi di euro (di cui 10,5 pubblici: le donazioni effettuate da privati e da Stati esteri ammontano complessivamente a circa 87 milioni di euro), di cui circa 2,9 miliardi relativi agli interventi per l’emergenza e i restanti 7,7 miliardi destinati agli interventi per la ricostruzione.
Le risorse destinate agli interventi per l’emergenza risultano quasi integralmente erogate e hanno riguardato principalmente le seguenti linee di intervento:
• spese per la prima emergenza per complessivi 680 milioni;
• progetto Complessi Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili (CASE): circa 4.500 appartamenti in grado di ospitare più di 15.000 persone. Le risorse utilizzate per questo progetto sono state pari a circa 833 milioni;
• progetto Moduli Abitativi Provvisori (MAP): circa 3.500 moduli in grado di alloggiare oltre 7.000 persone. Le risorse utilizzate per questo progetto sono state pari a circa 284 milioni.
• progetto Moduli a Uso Scolastico Provvisorio (MUSP): 32 scuole prefabbricate in grado di ospitare più di 6.000 studenti. Le risorse utilizzate per questo progetto sono state pari a circa 82,8 milioni.
Le risorse destinate agli interventi per la ricostruzione riguardano principalmente le seguenti linee di intervento:
• ricostruzione di edifici privati: questi interventi riguardano la concessione di contributi ai soggetti privati e sono orientativamente quantificabili in circa 6 miliardi di euro;
• ricostruzione di edifici pubblici: si tratta di interventi approvati dal CIPE riguardanti opere pubbliche per circa 408 milioni;
• messa in sicurezza degli edifici scolastici: interventi approvati dal CIPE per complessivi 226 milioni;
• reti stradali e ferroviarie: riguardano interventi per complessivi 300 milioni.
Delle citate risorse risultano ancora da utilizzare circa 4,4 miliardi.
Tale dato non è tratto dalla relazione citata, ma dalla presentazione della Relazione finale del Presidente della Regione Abruzzo per la chiusura della fase emergenziale, inoltrata al Presidente del Consiglio ai sensi dell'art. 67-bis del D.L. 83/2012 (v. supra).
L'art. 23, comma 12-septies, del D.L. 95/2012, al fine di assicurare la stabilità dell'equilibrio finanziario, anche per garantire la continuità del servizio smaltimento dei rifiuti solidi urbani, ha disposto l’assegnazione al Comune dell’Aquila e ai comuni del cratere (come individuati dai due decreti del commissario delegato n. 3 e n. 11 del 16 aprile e del 17 luglio 2009), di un contributo straordinario per l'esercizio 2012, sulla base dei maggiori costi sostenuti o delle minori entrate conseguite, derivanti dalla situazione emergenziale, nel limite di complessivi 23 milioni di euro (14 milioni per il comune dell’Aquila, 4 milioni per i comuni del cratere e 5 milioni per la provincia dell’Aquila).
Per la copertura dello stanziamento viene corrispondentemente ridotta l’autorizzazione di spesa di cui all'art. 14, comma 1, del D.L. 39/2009.
Una disposizione pressochè identica, ma relativa all'esercizio 2013, è stata dettata dall'art. 1, comma 289, della L. 228/2012 (legge di stabilità 2013) che, per le medesime finalità, ha previsto l'assegnazione di un contributo di 35 milioni di euro (26 milioni per il comune dell’Aquila; 4 milioni per gli altri comuni del cratere e 5 milioni di euro per la provincia dell’Aquila).
Tale disposizione, a differenza della precedente contenuta nel D.L. 95/2012, non dispone la corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa recata dall'art. 14, comma 1, del D.L. 39/2009.
Il comma 417 dell'art. 1 della L. 228/2012 ha autorizzato, fino e non oltre il 30 giugno 2013, per le ultimative emergenziali esigenze di personale del Comune dell'Aquila, anche in deroga alle vigenti normative limitative delle assunzioni in materia di impiego pubblico, la proroga dei contratti del personale a tempo determinato impiegato nei settori urbanistico e delle politiche sociali, per le azioni a sostegno del recupero del patrimonio immobiliare e dell'identità sociale e culturale cittadina. Per le finalità indicate la disposizione autorizza la spesa di 1,5 milioni di euro, a valere sui fondi di cui all'articolo 14 del D.L. 39/2009.
Nella seduta del 21 dicembre 2012 il CIPE ha approvato l’assegnazione di 2.245 milioni di euro a favore degli interventi di ricostruzione nella Regione Abruzzo a seguito degli eventi sismici dell’aprile 2009 a valere sul FSC, con copertura a carico delle residue disponibilità di cui alla delibera CIPE n. 35/2009.
Nella seduta dell'8 marzo 2013 il CIPE ha approvato l’aggiornamento dei fabbisogni e la riprogrammazione delle risorse assegnate con la delibera n. 47/2009. L’aggiornamento riguarda in particolare il “terzo piano stralcio” deliberato nel 2011, per circa 164,8 milioni di euro, fermo restando il valore complessivo dell’assegnazione pari a 226,4 milioni di euro.
Si segnala, infine, che con il D.P.C.M. 16 ottobre 2012 (pubblicato nella G.U. n. 301 del 28-12-2012) si è provveduto a ripartire le risorse rivenienti dai risparmi conseguiti mediante la riduzione dei contributi in favore dei partiti e dei movimenti politici, disposta dall'art. 16, comma 1, della legge 6 luglio 2012, n. 96. Ai territori colpiti dal sisma del 6 aprile 2009 sono stati assegnati 10 milioni di euro.
Il D.L. 74/2012 ha dettato un'articolata disciplina degli interventi per la ricostruzione, l'assistenza alle popolazioni e la ripresa economica nel territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, interessate dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012. Modifiche al decreto, nonché ulteriori norme destinate ai territori colpiti dai predetti eventi sismici sono contenute nei decreti legge n. 83 e 95 del 2012, nonché nell'articolo 11 del decreto legge n. 174 del 2012 e nei commi 365-379 dell'articolo unico della legge di stabilità per il 2013.
Il D.L. 74/2012 ha dettato disposizioni urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 20 e del 29 maggio 2012, che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo. Alcune disposizioni del decreto sono state successivamente modificate in vari provvedimenti d'urgenza che hanno dettato ulteriori norme per disciplinare la fase dell'emergenza, nonché gli interventi per la ricostruzione e la ripresa dell'attività economica. Sono stati, altresì, adottati ulteriori provvedimenti di protezione civile a seguito del sisma.
Il D.L. 74/2012 ha definito il suo ambito di applicazione circoscrivendolo in una prima fase ai territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo colpiti dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012, per i quali è stato disposto il differimento dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari con il D.M. economia e delle finanze del 1° giugno 2012 (art. 1, comma 1). L'art. 67-septies del D.L. 83/2012 ha esteso l’applicabilità delle disposizioni al territorio dei comuni di Ferrara e Mantova, nonché - ove risulti l’esistenza del nesso di causalità tra danni e i suindicati eventi sismici – di ulteriori comuni indicati nella norma. Ulteriori norme hanno inciso sull’ambito di applicazione delle disposizioni (art. 11, commi 1-quater, 3-ter, lettere a e b, e 6-bis del D.L. 174/2012).
In considerazione dell’entità dei danni subiti e al fine di favorire il processo di ricostruzione e la ripresa economica nei territori interessati lo stato di emergenza è stato prorogato fino al 31 maggio 2013 in deroga a quanto previsto dalla nuova disciplina degli stati di emergenza fissata dal D.L. 59/2012 e dalle deliberazioni del Consiglio dei ministri che hanno dichiarato lo stato di emergenza (art. 1, comma 3, del D.L. 74/2012).
La responsabilità del coordinamento degli interventi per la ricostruzione è stata attribuita ai presidenti delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto in qualità di Commissari delegati, i quali possono avvalersi anche dei sindaci dei comuni e dei presidenti delle province interessati dagli eventi sismici (art. 1, commi 4-5, del D.L. 74/2012 e art. 11, comma 1, lett. a, numero 1, del D.L. 174/2012). I Presidenti delle regioni interessate possono costituire un’apposita struttura commissariale di supporto, stabilire le modalità di predisposizione e di attuazione di un piano di interventi urgenti per il ripristino degli edifici ad uso pubblico, avvalersi di soggetti attuatori (commi 15, 15-bis e 15-ter dell'art. 10 del D.L. 83/2012).
L’articolo 2 del D.L. 74/2012 ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze il Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e ha dettato le modalità di riparto. Al Fondo sono affluite, nel limite di 500 milioni di euro, le risorse derivanti dal temporaneo aumento (fino al 31 dicembre 2012) dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante.
Si prevede, inoltre, che il Fondo venga alimentato con le risorse eventualmente rivenienti dal Fondo di solidarietà dell’Unione europea, con le somme derivanti dalla riduzione dei contributi pubblici in favore dei partiti politici e dei movimenti politici (art. 16 della L. 96/2012) e con quota parte delle riduzioni di spesa previste dal D.L. 95/2012 nella misura pari a 550 milioni di euro per gli anni 2013 e 2014. Con riferimento al Fondo di soldarietà europea, la quota stanziata è pari a 670 milioni di euro, mentre in attuazione dell'art. 16 della L. 96/2012 è stato adottato il D.P.C.M. 16 ottobre 2012, che ha ripartito le risorse per il 2012.
L’art. 3 del D.L. 74/2012 ha dettato una serie di disposizioni in materia di ricostruzione e riparazione delle abitazioni private o di immobili ad uso non abitativo; in proposito, si segnala che l’articolo 2-bis del D.L. 1/2013 ha previsto la possibilità di concessione dei contributi anche in modo tale da coprire integralmente le spese occorrenti per la riparazione, il ripristino e la ricostruzione degli immobili.
Le disposizioni di cui ai commi da 8 a 10 dell'articolo 3 del decreto legge n. 74 del 2012 hanno, tra l'altro, riguardato rispettivamente la certificazione di agibilità sismica, la verifica di sicurezza e gli interventi di miglioramento sismico da adottare nel caso in cui il livello di sicurezza della costruzione risulti inferiore al 60 per cento della sicurezza richiesta ad un edificio nuovo. L’articolo 11, comma 1-ter, del D.L. 174/2012 ha prorogato di ulteriori sei mesi (fino all’8 giugno 2013) il termine per effettuare la verifica di sicurezza ai sensi delle norme vigenti.
Sono state, inoltre, dettate disposizioni per la predisposizione di un piano di interventi urgenti per il ripristino degli immobili pubblici (art. 4 del D.L. 74/2012), nonché in materia di edilizia scolastica (art. 5 del D.L. 74/2012 e art. 11, comma 1, lettera a, n. 2, del D.L. 174/2012) e di beni culturali (art. 4-bis del D.L. 74/2012).
L'art. 10 del D.L. 83/2012 ha introdotto misure specificatamente volte all’apprestamento urgente di moduli abitativi provvisori, nonché di moduli destinati ad uso scolastico ed edifici pubblici, e delle relative opere di urbanizzazione e servizi nei territori interessati dagli eventi sismici (commi 1-12), nonché ad assicurare il supporto di Fintecna (o società da questa interamente controllata) alle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto esclusivamente per le attività tecnico-ingegneristiche nell’ambito della ricostruzione (comma 14).
Il comma 13-ter dell’articolo 11 del D.L. 174/2012 ha, inoltre, precisato che le detrazioni Irpef del 36 e del 50 per cento per le spese di ristrutturazione edilizia si applicano ai soggetti danneggiati dagli eventi sismici, beneficiari del contributo per la ricostruzione, per la parte relativa alle spese di ricostruzione sostenuta dai medesimi.
Per quanto concerne la realizzazione dei lavori, specifiche norme hanno riguato il subappalto (art. 11, comma 13-bis), i contratti stipulati dai privati per lavori o servizi connessi agli interventi di ricostruzione (art. 11, comma 1, lettera a, n. 2, del D.L. 174/2012) nonché l'istituzione di elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori (art. 5-bis del D.L. 74/2012) non soggetti ad infiltrazioni mafiose presso le prefetture (cd. white list) e norme volte ad assicurare l'efficacia dei controlli antimafia (art. 11, comma 1, lettera a, n. 4, del D.L. 174/2012).
L’articolo 3-bis del D.L. 95/2012 consente che i contributi per la ricostruzione degli immobili ubicati nelle zone colpite dal sisma siano concessi anche mediante finanziamenti agevolati; i relativi contratti sono assistiti da garanzia statale nel limite di 6 miliardi di euro. I beneficiari dei finanziamenti agevolati usufruiscono inoltre di un credito di imposta pari, per ciascuna scadenza di rimborso, all’importo ottenuto sommando alla sorte capitale gli interessi dovuti.
L’articolo 67-octies del D.L. n. 83 del 2012 ha, inoltre, attribuito a imprese e lavoratori autonomi con sede legale od operativa - alla data del 20 maggio 2012 - nei territori colpiti dal sisma un contributo, sotto forma di credito di imposta, pari al costo sostenuto, entro il 30 giugno 2014, per la ricostruzione, il ripristino o la sostituzione dei beni d’impresa o di lavoro autonomo distrutti o inagibili a causa del sisma stesso. La platea dei beneficiari del credito di imposta è stata estesa alle imprese ubicate nei territori colpiti dal sisma che, pur non beneficiando dei contributi ai fini del risarcimento del danno, sono tenute all’esecuzione di interventi di miglioramento sismico finalizzati a garantire il raggiungimento della soglia di sicurezza stabilita dall’articolo 3, comma 10, del medesimo decreto n. 74 del 2012, vale a dire un livello di sicurezza non inferiore al 60% della sicurezza richiesta ad un edificio nuovo (art. 11, comma 3-quater, del D.L. 174/2012).
Gli artt. 7 e 9 del D.L. 74/2012 hanno previsto rispettivamente un alleggerimento degli obiettivi del patto di stabilità interno, al fine di agevolare la ripresa delle attività, e l'autorizzazione al differimento dei termini per la deliberazione del bilancio di previsione per il 2012 e per la redazione del conto annuale del personale degli enti locali.
Sono, state, inoltre previste deroghe ai fini dell’assunzione di personale, per il biennio 2012-2013, per le strette finalità connesse alla situazione emergenziale prodottasi a seguito del sisma (art. 3-bis, comma 8, del D.L. 95/2012).
Relativamente al patto di stabilità, l'art. 11, comma 1, lettera a), numero 5, del D.L. 174/2012 ha escluso i comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo interessati dagli eventi sismici dall’applicazione delle sanzioni per il mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo all’anno 2011. Per gli anni 2013 e 2014, sono escluse dal patto di stabilità interno le spese - sostenute dai predetti comuni - finalizzate a fronteggiare gli eccezionali eventi sismici e la ricostruzione finanziate con risorse proprie dei comuni, provenienti da erogazioni liberali e donazioni da parte di cittadini privati ed imprese (art. 11, comma 1, lettera a, punto 5-bis).
Da ultimo, il comma 2 dell’articolo 11 del D.L. 174/2012, integrando le disposizioni recate dall’articolo 16, comma 6, del D.L. n. 95/2012, è volto ad escludere, per gli anni 2012 e 2013, i comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo interessati dagli eventi sismici dall’applicazione della riduzione delle risorse del Fondo di riequilibrio ivi prevista.
L’art. 8 del D.L. 74/2012 ha previsto: una serie di adempimenti i cui termini sono stati sospesi fino al 30 novembre 2012 (commi 1 e 4); norme per la sospensione temporanea dei termini di pagamento delle fatture relativamente ai settori dell’energia elettrica, dell’acqua e del gas (comma 2), l’esenzione temporanea dalle imposte sui redditi e dall’IMU dei fabbricati ubicati nelle zone del sisma purché distrutti od oggetto di ordinanze sindacali di sgombero (comma 3); la sospensione e il differimento di adempimenti a carico delle aziende zootecniche (commi 8-14). Ulteriori disposizioni hanno riguardato: la non sottoposizione a IRPEF dei benefici concessi dai datori di lavoro privati ai lavoratori residenti e non residenti nei comuni colpiti dagli eventi sismici (comma 3-bis); la proroga di dodici mesi dei titoli di soggiorno in scadenza entro il 31 dicembre 2012 a favore degli immigrati non in possesso dei requisiti di lavoro ovvero di residenza nei comuni colpiti dagli eventi sismici (comma 15-bis); l’esenzione dall’imposta di bollo per le istanze presentate alla pubblica amministrazione fino al 31 dicembre 2012 (comma 15-ter).
L'art. 11, comma 1-bis, del D.L. 174/2012 ha ulteriormente prorogato al 31 maggio 2013 il termine - previsto dall'articolo 13, comma 14-ter, del D.L. n. 201 del 2011 – per la dichiarazione al catasto edilizio urbano dei fabbricati rurali iscritti al catasto terreni, limitatamente ai fabbricati rurali situati nei territori dei comuni interessati dagli eventi sismici, mentre è stata prolungata fino al 30 giugno 2013 la sospensione dei termini processuali e al 30 maggio 2013 la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza relativi all'attività delle articolazioni dell’Agenzia delle entrate che operano nei confronti dei contribuenti aventi domicilio fiscale nelle zone colpite dal sisma (art. 7, comma 21-bis, del D.L. 95/2012).
Da ultimo, l'art. 11, comma 6, del D.L. 174/2012 ha prorogato dal 30 novembre al 20 dicembre 2012 il termine entro il quale effettuare, senza sanzioni e interessi, i pagamenti dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria.
Il D.L. 74/2012 ha dettato una serie di norme riguardanti gli interventi per le imprese e per i lavoratori.
Per quanto concerne gli interventi per le imprese, l'articolo 10 ha disciplinato, infatti, l'intervento del Fondo di garanzia, a titolo gratuito e con priorità per tre anni dall'entrata in vigore del decreto-legge, in favore delle micro, piccole e medie imprese ubicate nei territori colpiti dagli eventi sismici, mentre l’art. 11 ha disposto per il 2012 il trasferimento di 100 milioni di euro destinati alle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, per la concessione di contributi in conto interessi alle imprese danneggiate dagli eventi sismici.
L'articolo 11-bis ha previsto l’attivazione del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, per una quota fino a 25 milioni di euro, a favore delle grandi imprese che abbiano le sedi operative danneggiate nei territori delle regioni colpite dagli eventi sismici, mentre l'art. 12 è intervenuto a favore della ricerca industriale delle imprese operanti nelle filiere maggiormente coinvolte dagli eventi sismici.
Specifiche norme hanno riguardato le imprese agricole con riguardo all'abbattimento delle commissioni per l’accesso alle garanzie dirette. (art. 13 del D.L. 74/2012) e il finanziamento, per gli anni 2012 e 2013, del Programma di sviluppo rurale 2007-2013 (art. 14 del D.L. 74/2012).
L'art. 11, comma 1, lettera a), n. 5-ter), del D.L. 174/2012 ha posticipato dal 6 giugno al 30 settembre 2012 la data entro la quale devono essere stati autorizzati gli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ubicati nelle zone colpite dal sisma del maggio 2012, per poter accedere agli incentivi vigenti alla data del 6 giugno 2012; condizione per tale estensione è che gli impianti entrino in esercizio entro il 31 dicembre 2013.
Quanto alle misure dirette ai lavoratori, è stata prevista l’erogazione di specifici strumenti di tutela del reddito per determinate categorie (art. 15 del D.L. 74/2012 e art. 11, comma 3, del D.L. 174/2012) e misure finalizzate a consentire l'espletamento delle attività in condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro (art. 10, comma 13, del D.L. 83/2012).
Gli articoli 19-bis e 19-ter del D.L. 74/2012 hanno previsto rispettivamente l'istituzione di zone a burocrazia zero nelle province interessate dagli eventi sismici e la possibilità, per i lavoratori autonomi e i titolari di reddito d’impresa che hanno cessato l’esercizio delle attività, residenti nelle zone colpite dal sisma, di compensare, per gli anni 2012 e 2013, le somme dovute a titolo di imposte dirette con i crediti - non prescritti, certi, liquidi ed esigibili – vantati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali, delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale.
Oltre alla disciplina concernente i finanziamenti per la ricostruzione, i commi da 7 a 12 dell'art. 11 del D.L. 74/2012 hanno disciplinato la procedura per concedere ai titolari di reddito di impresa che hanno i requisiti per accedere ai contributi per la ricostruzione degli immobili danneggiati, in aggiunta ai predetti contributi, la possibilità di chiedere ai soggetti autorizzati all'esercizio del credito un finanziamento, assistito dalla garanzia dello Stato, della durata massima di due anni per provvedere al pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi sospesi, nonché di quelli da versare dal 1° dicembre 2012 al 30 giugno 2013.
Da ultimo, i commi 365–379 dell'articolo unico della legge n. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013) hanno previsto un’ulteriore ipotesi di finanziamento garantito dallo Stato a favore dei titolari di imprese industriali, commerciali, agricole ovvero per i lavoratori autonomi, che abbiano subito un danno economico alle loro attività a seguito del sisma, al fine di poter fare fronte al pagamento dei tributi e dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché dei premi per l’assicurazione obbligatoria dovuti fino al 30 giugno 2013.
Da ultimo, una serie di disposizioni contenute nel D.L. 74/2012 comprende interventi in materia ambientale.
In particolare, l'art. 17 ha introdotto un'articolata disciplina in materia di raccolta, trasporto e smaltimento dei materiali derivanti dal crollo degli edifici e dalla demolizione degli edifici danneggiati, mentre l'art. 17-bis, introdotto dall'articolo 11, comma 3-bis, del D.L. 174/2012, ha escluso - fermo restando il rispetto della disciplina di settore dell’Unione europea - l’applicazione, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza, delle disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 10 agosto 2012, n. 161 recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo.
L'art. 18 reca, in deroga alle norme del D.Lgs. 152/2006 (Codice ambientale), sospensioni e proroghe di termini degli adempimenti connessi al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) e di ogni altra autorizzazione ambientale, nonché in materia di bonifica dei siti contaminati.
L’art. 19, infine, ha introdotto un procedimento semplificato per le autorizzazioni ambientali nel caso di ripristino delle sezioni produttive delle aziende danneggiate (comma 1). Specifiche norme sono altresì previste per ridurre i tempi delle procedure autorizzatorie ambientali nel caso di delocalizzazione totale o parziale delle attività e per la ricostruzione, con modifiche sostanziali, delle aziende danneggiate (comma 2); per tali procedimenti di autorizzazione non è dovuto alcun onere istruttorio.
A seguito del sisma che ha colpito il 20 e il 29 maggio 2012 alcuni comuni delle regioni dell’Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto sono state adottate una serie di disposizioni volte principalmente:
I pagamenti dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria sono stati sospesi in un primo momento fino al 30 settembre (D.M. 1° giugno 2012); successivamente la sospensione dei termini per gli adempimenti tributari e non tributari è stata prorogata fino al 30 novembre (articolo 8, comma 1, del D.L. n. 74 del 2012 e D.M 24 agosto 2012). Il D.L. n. 174 del 2012, infine, ha previsto che i pagamenti suddetti fossero effettuati entro il 20 dicembre 2012, senza applicazione di sanzioni e interessi (si segnala che il termine originariamente previsto dal D.L. 174 era il 16 dicembre, poi modificato dalla legge di conversione 7 dicembre 2012, n. 213 ).
Con decreto ministeriale del 21 dicembre 2012 (pubblicato nella G.U. n. 12 del 15 gennaio 2013) sono state definite le modalità di effettuazione degli adempimenti tributari, diversi dai versamenti, sospesi dal 20 maggio 2012 al 30 novembre 2012. In particolare entro il 30 aprile 2013 andranno assolti gli obblighi sospesi inizialmente fino al 30 settembre 2012 (dal D.M. 1° giugno 2012) e, successivamente, fino al 30 novembre (dal D.M. 24 agosto 2012). Il provvedimento non riguarda il pagamento dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria, anch'essi sospesi, per i quali il decreto legge n. 174/2012 ha previsto la restituzione entro il 20 dicembre senza applicazione di sanzioni e interessi. Il nuovo termine riguarda le dichiarazioni fiscali non presentate per effetto della sospensione: andranno spedite per via telematica, direttamente dai contribuenti o tramite gli intermediari abilitati, utilizzando il modello relativo al periodo d'imposta cui si riferiscono, disponibile gratuitamente in formato elettronico sul sito internet dell'Agenzia delle Entrate.
Il 18 febbraio 2013 l'Agenzia delle entrate ha reso noto che il canone Rai non è dovuto dai privati, vittime degli eventi sismici di maggio 2012, che hanno ricevuto un’ordinanza di sgombero dalla casa perché inagibile o hanno avuto il proprio televisore distrutto, fino a quando non avranno un nuovo apparecchio Tv. Per evitare l’adempimento, i cittadini interessati devono presentare un’apposita dichiarazione, nella quale attestano l’inagibilità dell’abitazione o la distruzione dell’apparecchio televisivo e che non ne possiedono altri in una diversa dimora propria o di componenti del nucleo familiare.
Più in dettaglio il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 1° giugno 2012 (pubblicato nella G.U. n. 130 del 6 giugno 2012) ha disposto la sospensione dei termini dei versamenti e degli adempimenti tributari, inclusi quelli derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, scadenti nel periodo compreso tra il 20 maggio 2012 ed il 30 settembre 2012, nei confronti delle persone fisiche, anche in qualità di sostituti d'imposta, che, alla data del 20 maggio 2012, avevano la residenza ovvero la sede operativa nel territorio dei comuni delle province di Bologna, Ferrara, Modena, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo, riportati nell'elenco allegato. È precisato che non può essere rimborsato quanto già versato.
Ai sensi del citato decreto ministeriale la sospensione di termini si applica, altresì, nei confronti dei soggetti, anche in qualità di sostituti d'imposta diversi dalle persone fisiche, aventi la sede legale o la sede operativa nel territorio dei comuni citati. Le ritenute già operate in qualità di sostituti d'imposta devono, comunque, essere versate.
Per le città capoluogo (Bologna, Ferrara, Modena, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo) la sospensione dei termini è subordinata alla richiesta del contribuente che dichiari l'inagibilità della casa di abitazione, dello studio professionale o dell'azienda. L'Autorità comunale deve verificare tale inagibilità e trasmettere copia dell'atto di verificazione all'Agenzia dell'entrate territorialmente competente nei successivi 20 giorni.
Con riferimento agli adempimenti dei sostituti di imposta, il decreto-legge del 6 giugno 2012, n. 74 (articolo 8, comma 1), in aggiunta a quanto disposto dal descritto D.M. 1° giugno 2012, ha stabilito che la mancata effettuazione di ritenute ed il mancato riversamento delle ritenute effettuate da parte dei sostituti di imposta dal 20 maggio 2012 (giorno del primo evento sismico) fino all’8 giugno 2012 (giorno di entrata in vigore del decreto-legge) devono essere regolarizzati entro il 30 novembre 2012 senza applicazione di sanzioni e interessi.
Il comma 2 dell’articolo 8 ha poi stabilito la sospensione dei termini fino al 30 novembre 2012 per una serie di adempimenti non tributari, tra i quali gli adempimenti e i versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria.
Successivamente anche il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 è intervenuto in materia disponendo misure urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 20 e del 29 maggio 2012 (articoli 10, 67-septies e 67-octies).
A questo punto, a seguito delle incertezze rappresentate sulla normativa in esame, l’Agenzia delle entrate ha diramato un comunicato il 16 agosto 2012 per evidenziare che le indicazioni di carattere generale contenute nel D.M. del 1° giugno 2012 in merito ai territori individuati, ai presupposti e ai termini della sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari non erano influenzate dalle disposizioni normative successivamente emanate, di cui al D.L. n. 74/2012 e al D.L. n. 83/2012. La scadenza del termine di sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari rimaneva fissata al 30 settembre 2012, ferma restando la possibilità di regolarizzare entro il 30 novembre 2012, senza applicazione di sanzioni e interessi, gli adempimenti concernenti le ritenute e relativi al periodo dal 20 maggio all’8 giugno 2012. Dal punto di vista oggettivo – aggiungeva l’Agenzia – la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari non include l’effettuazione e il versamento delle ritenute da parte dei sostituti d’imposta.
Successivamente il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 24 agosto 2012 (pubblicato nella G.U. n. 202 del 30 agosto 2012) ha portato al 30 novembre anche il termine finale del periodo di sospensione dei termini dei versamenti e degli adempimenti tributari, inizialmente fissato al 30 settembre dal citato D.M. del 1° giugno 2012. In tal modo, il termine del 30 novembre, previsto dall’articolo 8 del D.L. n. 74/2012 per gli adempimenti non tributari, è stato armonizzato anche agli adempimenti tributari.
Infine l’articolo 11, comma 6, del D.L. n. 174 del 2012 ha prorogato al 20 dicembre 2012 il termine entro il quale effettuare, senza sanzioni e interessi, i pagamenti dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria, sospesi precedentemente fino al 30 novembre 2012 ai sensi dei citati D.M. 1° giugno 2012 e 24 agosto 2012, nonché dell’articolo 8, comma 1, del D.L. n. 74 del 2012.
L’articolo 3 del D.L. n. 74 del 2012 ha previsto che per soddisfare le esigenze della popolazione colpita dal sisma può essere disposta la concessione di contributi per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli immobili di edilizia abitativa e ad uso produttivo, in relazione al danno effettivamente subito. Si tratta di contributi che i Presidenti delle regioni colpite dal sisma possono definire, d’intesa tra di loro e con propri provvedimenti coerenti con i criteri stabiliti dal D.P.C.M. previsto dall’art. 2, comma 2, del decreto legge n. 74 del 2012 sulla base dei danni effettivamente verificatisi ed entro il limite delle risorse finalizzate disponibili nelle contabilità speciali intestate ai presidenti delle Regioni interessate e aperte presso la tesoreria statale su cui sono assegnate le risorse provenienti dal Fondo per la ricostruzione di cui allo stesso art. 2 del decreto legge n. 74.
Con il D.P.C.M. 4 luglio 2012 è stata determinata la ripartizione delle risorse del Fondo per la ricostruzione di cui all’articolo 2 del D.L. 74/2012 sulla base dei livelli di danneggiamento riscontrati nelle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, al netto delle risorse di copertura degli interventi. Le risorse sono state così ripartite: 95% in favore della Regione Emilia-Romagna; 4% in favore della Regione Lombardia; 1% in favore della Regione Veneto. La ripartizione per gli anni successivi al 2012 verrà rideterminata all'esito della definitiva e asseverata valutazione dei danni da parte dalle Regioni interessate, ivi inclusi eventuali conguagli relativi all'anno 2012.
Sono stati anche individuati i criteri generali per la concessione dei contributi per la riparazione, ripristino e ricostruzione degli immobili danneggiati ai sensi dell'articolo 3 del D.L. n. 74/2012. Al fine di assicurare la parità di trattamento dei soggetti danneggiati dagli eventi sismici, ciascun Presidente di Regione, nel limite massimo delle risorse annualmente disponibili finalizzate allo scopo, può riconoscere: a) ai proprietari ovvero agli usufruttuari o ai titolari di diritti reali di garanzia che si sostituiscano ai proprietari, degli immobili colpiti dal sisma in cui era presente un'abitazione principale, un contributo per la riparazione con miglioramento sismico o per la ricostruzione delle strutture e delle parti comuni dell'edificio, ai sensi dell'art. 1117 del codice civile, fino all'80% del costo ammesso e riconosciuto. Ai fini del riconoscimento del contributo il Commissario delegato può tener conto della presenza di più abitazioni principali nell'ambito di un unico edificio; b) ai proprietari, ovvero agli usufruttuari o ai titolari di diritti reali di garanzia che si sostituiscano ai proprietari delle abitazioni principali, per le riparazioni o la ristrutturazione con miglioramento sismico o di ricostruzione degli edifici distrutti, un contributo nel limite massimo dell'80% del costo ammesso e riconosciuto; c) ai titolari delle attività produttive un contributo per la riparazione o la ricostruzione degli immobili destinati ad uso produttivo e degli impianti fino all'80% del costo ammesso e riconosciuto. Il contributo è erogato nel periodo temporale di quattro anni dal riconoscimento del contributo.
Con una norma approvata nel corso della conversione del D.L. n. 1 del 2013 è stata prevista la possibilità di concessione dei contributi di cui all’articolo 3, comma 1, del decreto legge n. 74 del 2012 anche in modo tale da coprire integralmente le spese occorrenti per la riparazione, il ripristino e la ricostruzione degli immobili. Con D.P.C.M. dell'8 febbraio 2013 è stata aggiornata la misura dei contributi che possono essere concessi per la ricostruzione degli immobili – sia abitativi, sia destinati ad uso produttivo - e degli impianti, nelle Regioni colpite dagli eventi sismici del maggio 2012, fino alla misura massima del 100 per cento del costo ammesso e riconosciuto. I Presidenti delle Regioni interessate, nella qualità di commissari delegati, possono riconoscere ai richiedenti aventi diritto il riconoscimento integrale delle spese occorrenti per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli immobili danneggiati.
L’articolo 3-bis, del D.L. n. 95 del 2012 prevede che i sopra menzionati contributi sono alternativamente concessi su apposita domanda del soggetto interessato, con le modalità del finanziamento agevolato della durata massima di venticinque anni e nei limiti stabiliti dai Presidenti delle Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. I relativi contratti sono assistiti da garanzia statale nel limite di 6 miliardi di euro. E’ autorizzata una spesa massima di 450 milioni di euro annui a decorrere dal 2013. In caso di accesso al finanziamento agevolato, in capo al beneficiario matura un credito d’imposta pari, per ciascuna scadenza di rimborso, all’importo ottenuto sommando alla sorte capitale gli interessi dovuti, nonché le spese strettamente necessarie alla gestione dei medesimi finanziamenti.
La legge di stabilità per il 2013 (L. n. 228/2012, articolo 1, comma 376) ha previsto che nei casi di risoluzione del contratto di finanziamento, il soggetto finanziatore chiede al beneficiario la restituzione del capitale, degli interessi, e di ogni altro onere dovuto. In mancanza di tempestivo pagamento spontaneo, la banca comunica al Presidente della Regione, per la successiva iscrizione a ruolo, i dati identificativi del debitore e l'ammontare dovuto, fermo restando il recupero da parte dello stesso soggetto finanziatore delle somme erogate e dei relativi interessi nonché delle spese strettamente necessarie alla gestione dei finanziamenti, non rimborsati spontaneamente dal beneficiario, mediante compensazione ai sensi dell'articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997 (il quale prevede la facoltà del contribuente di compensare debiti e crediti d'imposta). Le somme riscosse a mezzo ruolo sono riversate in apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al fondo per la ricostruzione.
Il D.M. 5 dicembre 2012 (pubblicato sulla G.U. n. 13 del 16 gennaio 2013) ha disciplinato la concessione della garanzia dello Statosui finanziamenti accordati dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 1, del D.L. n. 95 del 2012.
Il provvedimento del’Agenzia dell’entrate dell’11 gennaio 2013, emanato ai sensi del comma 2 del citato articolo 3-bis, ha individuato le modalità di utilizzo del credito d’imposta nel caso in cui i contribuenti abbiano scelto il finanziamento agevolato quale modalità di fruizione del contributo per gli interventi di riparazione, ripristino o ricostruzione di immobili di edilizia abitativa e ad uso produttivo. In particolare è previsto che il pagamento delle rate di rimborso del finanziamento avvenga mediante il credito d’imposta di cui all’articolo 3-bis, comma 2, del citato D.L. n. 95 del 2012 e che le banche recuperano l’importo della rata attraverso l’istituto della compensazione di cui all’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del1997, senza applicazione dei limiti previsti dall'articolo 34 della legge n. 388 del 2000 e dall’articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007, ovvero mediante cessione secondo quanto previsto dall’articolo 43-ter del D.P.R.n. 602 del 1973. Con provvedimento dell'Agenzia dell'entrate del 4 febbraio 2013 si prevede la possibilità per la banca di recuperare l’importo della sorte capitale e degli interessi nonché delle spese strettamente necessarie alla gestione del medesimo finanziamento anche mediante la cessione del credito di cui all’articolo 1260 del codice civile, ferma restando l’indicazione dell’operazione di cessione nella dichiarazione dei redditi del cessionario. Con lo stesso provvedimento sono state definite le specifiche tecniche per la trasmissione telematica da parte delle banche all’Agenzia delle entrate, degli elenchi dei soggetti beneficiari, dell’ammontare del finanziamento concesso a ciascun beneficiario, del numero e dell’importo delle singole rate.
Il rispetto del limite di spesa autorizzato allo scopo a legislazione vigente è assicurato dal Presidenti delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, in sede di attuazione del protocollo di intesa tra il Ministro dell’economia e delle finanze e i Presidenti delle predette regioni, sottoscritto in data 4 ottobre 2012, come previsto dall’articolo 11, comma 1, lettera b), del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213.
Fermo restando l’obbligo di versamento nei termini previsti, l’articolo 11, commi da 7 a 11, del D.L. 174/2012 ha previsto per una serie di soggetti la possibilità di accedere a finanziamenti agevolati assistiti dalla garanzia dello Stato della durata massima di due anni per il pagamento dei tributi, contributi e premi da effettuare entro il termine del 20 dicembre (ai sensi dell’articolo 11, comma 6 del D.L. n. 174/2012), nonché per gli altri importi dovuti dal 1° dicembre 2012 al 30 giugno 2013. I soggetti finanziati dovranno restituire la sola quota capitale del finanziamento, a partire dal 1° luglio 2013 secondo un piano di ammortamento, mentre le spese e gli interessi saranno accollati dallo Stato, attraverso un credito d’imposta riconosciuto ai soggetti finanziatori pari per ciascuna scadenza di rimborso all’importo relativo agli interessi e alle spese dovuti. Il credito di imposta è utilizzabile in compensazione del debito tributario, senza applicazione dei limiti di legge, ovvero può essere ceduto nell'ambito del gruppo cui la società appartiene, secondo quanto previsto dall'articolo 43-ter del DPR n. 602 del 1973, in materia di riscossione delle imposte sul reddito.
L’Agenzia delle Entrate, al paragrafo 6 della citata circolare n. 45/E/2012, ha chiarito che il credito d’imposta in questione non costituisce una agevolazione nei confronti dei soggetti finanziatori, ma piuttosto ilrimborso da parte dello Stato degli interessi e delle spese necessarie alla gestione dei finanziamenti stessi.
Con il provvedimento dell’11 gennaio 2013 l’Agenzia delle entrate ha definito le modalità di fruizione del credito d’imposta.
Tali finanziamenti possono essere chiesti in aggiunta ai sopra menzionati contributi per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli immobili di edilizia abitativa e ad uso produttivo(previsti dall’articolo 3 del D.L. n.74 del 2012 e dall’articolo 3-bis del D.L. n. 95 del 2012).
I soggetti destinatari di tale tipologia di finanziamenti sono:
Per le modalità di accesso si prevede una procedura analoga a quella prevista per i finanziamenti agevolati di cui all’articolo 3-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, a cui i finanziamenti in esame possono aggiungersi.
In primo luogo, si stabilisce che i soggetti finanziatori stipulino contratti tipo definiti con apposita convenzione tra la Cassa depositi e prestiti e l'Associazione bancaria italiana. Tali contratti prevedono finanziamenti assistiti dalla garanzia dello Stato, fino ad un massimo di 6 miliardi di euro, e prevedono l’intervento di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.
Si evidenzia che l’entrata in vigore delle norme contenute nei commi 7-bis, 7-ter e 7-quater (introdotte nel corso dell’esame in sede referente) è stata anticipata dal decreto-legge 16 novembre 2012, n. 194, recante disposizioni integrative per assicurare la tempestività delle procedure per la ripresa dei versamenti tributari e contributivi sospesi da parte di soggetti danneggiati dal sisma del maggio 2012. Il D.L. n. 194/12 non è stato convertito: l’articolo 1, comma 3, della legge n. 213 del 2012 (di conversione del D.L. n. 174 del 2012) dispone che restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base delle norme del D.L. n. 194 del 2012.
Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa di tale decreto-legge le modifiche introdotte nel corso dell’esame parlamentare non sarebbero entrate in vigore in tempo utile per consentire un ordinato svolgimento delle operazioni di finanziamento: la convenzione integrativa tra CDP ed ABI, a cui dovranno aderire i soggetti finanziatori e sulla cui base verranno erogati i finanziamenti, non sarebbe stata sottoscritta prima del 10 dicembre 2012; conseguentemente sarebbero residuati solo 5 giorni lavorativi liberi per consentire alle banche di organizzare la procedura di erogazione dei finanziamenti alla nuova platea di contribuenti ammessi all'agevolazione. Il decreto-legge n. 194 ha consentito, quindi, alle banche di guadagnare i giorni lavorativi necessari per la messa a punto della procedura di finanziamento ai nuovi contribuenti ammessi.
A seguito dell’entrata in vigore del predetto decreto-legge n. 194 del 2012 la circolare n. 45/E del 2012 dell'Agenzia delle Entrate ha chiarito alcune questioni interpretative riguardanti il finanziamento agevolato in commento.
Il D.M. 28 novembre 2012 (pubblicato sulla G.U. n. 12 del 15 gennaio 2013) ha disciplinato la concessione delle garanzie dello Stato sui finanziamenti accordati ai sensi delle norme introdotte dal D.L. n. 194.
I soggetti finanziatori comunicano all'Agenzia delle entrate i dati identificativi dei soggetti che omettono i pagamenti previsti nel piano di ammortamento, nonché i relativi importi, ai fini dell’attivazione della procedura di riscossione coattiva. In tal caso gli interessi di mora gravano sul soggetto inadempiente.
Per accedere al finanziamento i richiedenti devono presentare una serie di documenti al soggetto finanziatore, che certifichino - mediante autodichiarazione - il possesso dei requisiti per accedere ai contributi nonché la circostanza che i danni subiti sono stati di entità tale da condizionare una ripresa piena della attività di impresa. Il richiedente deve altresì fornire una copia del modello presentato telematicamente all'Agenzia delle entrate, nel quale sono indicati i versamenti sospesi fino al 30 novembre 2012, l'importo da pagare dal 1° dicembre 2012 al 30 giugno 2013, la ricevuta che ne attesta la corretta trasmissione nonché la copia dei modelli di pagamento relativi ai versamenti dovuti nel periodo dal 1° dicembre 2012 al 30 giugno 2013.
Con il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 22 ottobre 2012 è stato approvato il modello di comunicazione dei dati per l’accesso al finanziamento.
Il D.L. 74/2012 ha dettato una serie di norme riguardanti gli interventi per le imprese e per i lavoratori. Per quanto concerne gli interventi per le imprese, l'articolo 10 ha disciplinato, infatti, l'intervento del Fondo di garanzia, a titolo gratuito e con priorità per tre anni dall'entrata in vigore del decreto-legge, in favore delle micro, piccole e medie imprese ubicate nei territori colpiti dagli eventi sismici, mentre l’articolo 11 ha disposto per il 2012 il trasferimento di 100 milioni di euro destinati alle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, per la concessione di contributi in conto interessi alle imprese danneggiate dagli eventi sismici. L'articolo 11-bis ha previsto l’attivazione del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, per una quota fino a 25 milioni di euro, a favore delle grandi imprese che abbiano le sedi operative danneggiate nei territori delle regioni colpite dagli eventi sismici.
L’articolo 67-octies del D.L. n. 83 del 2012 ha attribuito a imprese e lavoratori autonomi con sede legale od operativa - alla data del 20 maggio 2012 - nei territori colpiti dal sisma un contributo, sotto forma di credito di imposta, pari al costo sostenuto, entro il 30 giugno 2014, per la ricostruzione, il ripristino o la sostituzione dei beni d’impresa o di lavoro autonomo distrutti o inagibili a causa del sisma stesso; il credito d'imposta è attribuito nel limite massimo di spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015. La platea dei beneficiari è stata estesa alle imprese ubicate nei territori colpiti dal sisma che, pur non beneficiando dei contributi ai fini del risarcimento del danno, sono tenute all’esecuzione di interventi di miglioramento sismico finalizzati a garantire il raggiungimento della soglia di sicurezza stabilita dall’articolo 3, comma 10, del medesimo decreto n. 74 del 2012, vale a dire un livello di sicurezza non inferiore al 60% della sicurezza richiesta ad un edificio nuovo (art. 11, comma 3-quater, del D.L. 174/2012).
La legge di stabilità per il 2013 (l. n. 228 del 2012, articolo 1, commi 365-379) ha previsto un’ulteriore ipotesi di finanziamento garantito dallo Stato a favore dei titolari di imprese industriali, commerciali, agricole ovvero per i lavoratori autonomi, che abbiano subito un danno economico alle loro attività a seguito del sisma del maggio 2012, al fine di poter fare fronte al pagamento dei tributi e dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché dei premi per l’assicurazione obbligatoria dovuti fino al 30 giugno 2013.
I soggetti che possono fare ricorso a tale tipo di finanziamento devono avere sede operativa ovvero domicilio fiscale, nonché il proprio mercato di riferimento nei comuni di cui al decreto del MEF 1° giugno 2012 e possono essere:
La norma precisa che tali soggetti devono essere diversi in ogni caso da quelli che hanno i requisiti per accedere ai contributi agevolati per la ricostruzione (articolo 3 del D.L. n. 74 del 2012 e articolo 3-bis del D.L. n. 95 del 2012).
I soggetti sopra indicati per poter accedere al finanziamento devono dimostrare di aver subìto un danno economico diretto, causalmente conseguente agli eventi sismici del maggio 2012, evidenziato da almeno due delle seguenti condizioni:
Tali soggetti possono chiedere ai soggetti autorizzati all'esercizio del credito operanti nei territori interessati dal sisma un finanziamento, assistito dalla garanzia dello Stato, nei termini stabiliti dall'articolo 11, comma 7, del D.L. n. 174 del 2012, per il pagamento, senza applicazione delle sanzioni, dei tributi e dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché dei premi per l'assicurazione obbligatoria dovuti fino al 30 giugno 2013.
I soggetti finanziatori possono contrarre finanziamenti, secondo contratti tipo definiti previa integrazione della convenzione tra la Cassa depositi e prestiti e l'Associazione bancaria italiana, assistiti dalla garanzia dello Stato, nei limiti di 6 miliardi di euro (articolo 11, comma 7, del D.L. n. 174 del 2012). Le garanzie dello Stato sono stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, il quale definisce i criteri e le modalità di operatività delle stesse.
Per accedere al finanziamento occorre presentare un’autodichiarazione ai Presidenti delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, nella loro qualità di Commissari delegati (anche ai fini dei successivi controlli di rito in collaborazione con l'Agenzia delle entrate o con la Guardia di Finanza), nonché ai soggetti finanziatori che attesti la ricorrenza di almeno due delle condizioni prima citate. L’autodichiarazione deve inoltre attestare la circostanza che il danno economico diretto subito in occasione degli eventi sismici è stato tale da determinare la crisi di liquidità che ha impedito il tempestivo versamento dei tributi, contributi e premi.
Ai soli soggetti finanziatori occorre inoltre presentare: una copia del modello da inviare telematicamente all'Agenzia delle entrate, nel quale sono indicati i pagamenti da effettuare con le scadenze; i relativi modelli di pagamento con gli importi. I soggetti finanziatori comunicano all'Agenzia delle entrate i dati identificativi dei soggetti che omettono i pagamenti previsti nel piano di ammortamento, nonché i relativi importi, per la loro successiva iscrizione, con gli interessi di mora, a ruolo di riscossione.
A favore dei soggetti finanziatori è attribuito un credito d’imposta volto a coprire gli interessi relativi ai finanziamenti erogati, nonché le spese strettamente necessarie alla loro gestione. Tale credito di imposta deve corrispondere all'importo relativo agli interessi e alle spese dovuti.
Il credito di imposta è utilizzabile in compensazione del debito tributario, senza applicazione dei limiti di legge, ovvero può essere ceduto nell'ambito del gruppo cui la società appartiene, secondo quanto previsto dall'articolo 43-ter del D.P.R. n. 602 del 1973, in materia di riscossione delle imposte sul reddito.
La quota capitale è invece restituita dai soggetti richiedenti secondo il piano di ammortamento definito nel contratto di finanziamento.
Con un provvedimento del Direttore della Agenzia delle entrate sarà predisposto il modello per le dichiarazioni telematiche, nonché i tempi e le modalità della relativa presentazione. Con analogo provvedimento possono essere disciplinati modalità e tempi di trasmissione all'Agenzia delle entrate, da parte dei soggetti finanziatori, dei dati relativi ai finanziamenti erogati e al loro utilizzo.
L'Agenzia delle entrate comunica al Ministero dell'economia e delle finanze, ai fini del monitoraggio dei limiti di spesa, i dati risultanti dalle dichiarazioni telematiche, i dati delle compensazioni effettuate dai soggetti finanziatori per la fruizione del credito d'imposta e i dati trasmessi dai soggetti finanziatori.
L'efficacia delle disposizioni descritte è subordinata alla previa verifica della loro compatibilità da parte dei competenti organi comunitari. La positiva verifica comunitaria è comunicata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze nel quale sono stabilite le date dell’anno 2013 entro le quali può essere chiesto il finanziamento e sono effettuati i pagamenti.
Con D.P.C.M. del 28 dicembre 2012 (pubblicato nella G.U. n. 45 del 22 febbraio 2013) è stato disposto il riparto dei finanziamenti tra le regioni interessate per gli interventi di messa in sicurezza, anche attraverso la loro ricostruzione, dei capannoni e degli impianti industriali danneggiati dal sisma
A seguito degli eventi sismici che hanno colpito il territorio delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto nei giorni 20 e 29 maggio 2012, il Governo ha emanato il D.P.C.M. del 21 maggio 2012 con cui è stato dichiarato il rischio di compromissione degli interessi primari, ai sensi dell'art. 3, comma 1, del decreto-legge 245/2002.
Con tale D.P.C.M. si è provveduto, pertanto, a disporre il coinvolgimento delle strutture operative nazionali del Servizio nazionale della protezione civile, attribuendo al Capo del Dipartimento della protezione civile l'incarico di Commissario delegato per l'adozione di ogni indispensabile provvedimento su tutto il territorio interessato dal sisma per assicurare ogni forma di assistenza e di tutela degli interessi pubblici primari delle popolazioni interessate, nonché ogni misura idonea al superamento del contesto emergenziale e per la salvaguardia delle vite umane.
Con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 22 maggio 2012 è stato quindi dichiarato lo stato di emergenzain ordine agli eventi sismici nelleprovince diBologna, Modena, Ferrara e Mantova della durata di 60 giorni, a partire dal 22 maggio 2012, ovvero fino al 21 luglio 2012 (art. 1). Per tutta la durata dello stato di emergenza, il Capo Dipartimento della Protezione Civile ha il compito di emanare ordinanze per l’attuazione degli interventi finalizzati a: organizzare e coordinare i servizi di soccorso ed assistenza alle persone colpite dagli eventi; soddisfare le prime necessità delle popolazioni colpite attraverso la realizzazione di interventi provvisionali; ripristinare e reintegrare i beni di pronto impiego utilizzati nelle zone terremotate, per garantire l’operatività del Servizio nazionale di protezione civile in caso di future emergenze. Tali provvedimenti sono emanati d’intesa con le regioni interessate, in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico (art. 2). Allo scadere dello stato di emergenza, le Regioni Emilia-Romagna e Lombardia provvedono, ciascuna per la propria competenza, a coordinare in via ordinaria gli interventi per il superamento della situazione emergenziale in atto (art. 3).
Con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 30 maggio 2012, lo stato di emergenza è stato esteso territorialmente alle province di Reggio Emilia e Rovigo e temporalmente fino al 29 luglio 2012 ed è stata disposta la delega al Capo del Dipartimento della protezione civile ad emanare ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico.
Successivamente lo stato di emergenza è stato prorogato fino al 31 maggio 2013 (art. 1, comma 3, del decreto legge n. 74 del 2012).
Si ricorda, inoltre, che con il D.M. Economia e finanze 1° giugno 2012 è stata disposta la sospensionedei terminiper l'adempimento degli obblighi tributari scadenti nel periodo compreso tra il 20 maggio 2012 ed il 30 settembre 2012 a favore dei contribuenti colpiti dal sisma del 20 maggio 2012, verificatosi nelle province di Bologna, Ferrara, Modena, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo. Nell’allegato 1 al DM sono stati quindi individuati i 104 comuni danneggiati dagli eventi sismici.
I comuni danneggiati riportati nell’Allegato 1 al DM citato sono i seguenti: provincia di Bologna (16 comuni): Argelato; Baricella; Bentivoglio; Castello d'Argile; Castelmaggiore; Crevalcore; Galliera; Malalbergo; Minerbio; Molinella; Pieve di Cento; Sala Bolognese; San Giorgio di Piano; San Giovanni in Persiceto; San Pietro in Casale; Sant'Agata Bolognese; provincia di Ferrara (6 comuni): Bondeno; Cento; Mirabello; Poggio Renatico; Sant'Agostino; Vigarano Mainarda; provincia di Modena (18 comuni): Bastiglia; Bomporto; Campogalliano; Camposanto; Carpi; Castelfranco Emilia; Cavezzo; Concordia sulla Secchia; Finale Emilia; Medolla; Mirandola; Nonantola; Novi; Ravarino; San Felice sul Panaro; San Possidonio; San Prospero; Soliera; provincia di Reggio Emilia (13 comuni): Boretto; Brescello; Correggio; Fabbrico; Gualtieri; Guastalla; Luzzara; Novellara; Reggiolo; Rio Saliceto; Rolo; San Martino in Rio; Campagnola Emilia; provincia di Mantova (34 comuni): Bagnolo San Vito; Borgoforte; Borgofranco sul Po; Carbonara di Po; Castelbelforte; Castellucchio; Curtatone; Felonica; Gonzaga; Magnacavallo; Marcaria; Moglia; Ostiglia; Pegognaga; Pieve di Coriano; Poggio Rusco; Porto Mantovano; Quingentole; Quistello; Revere; Rodigo; Roncoferraro; Sabbioneta; San Benedetto Po; San Giacomo delle Segnate; San Giovanni del Dosso; Schivenoglia; Sermide; Serravalle a Po; Sustinente; Suzzara; Villa Poma; Villimpenta; Virgilio; provincia di Rovigo (17 comuni): Bagnolo di Po; Calto; Canaro; Canda; Castelguglielmo; Castelmassa; Ceneselli; Ficarolo; Gaiba; Gavello; Giacciano con Baruchella; Melara; Occhiobello; Pincara; Salara; Stienta; Trecento.
Il termine del 30 settembre è stato succesivamente prorogato al 30 novembre 2012 dal D.M. 24 agosto 2012.
Con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 4 luglio 2012 sono state indicate le disposizioni vigenti cui i presidenti delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto sono autorizzati a derogare al fine di coordinare le attività per la ricostruzione dei territori colpiti dal sisma, nelle regioni di rispettiva competenza, in attuazione dell'art. 1, comma 4, del decreto-legge n. 74/2012.
Con un'altra deliberazione del Consiglio dei Ministri del 4 luglio 2012 sono stati individuati i criteri generali per la concessionedi contributi per la riparazione, il ripristino e la ricostruzione degli immobili danneggiati, ai sensi dell'art. 3 del decreto-legge n. 74/2012, al fine di favorire prioritariamente il rientro delle popolazioni nelle abitazioni. Il provvedimento dispone la ripartizione, per l’anno 2012, delle risorse del Fondo per la ricostruzione nelle aree colpite dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012.
Le risorse sono state assegnate sulla base dei livelli di danneggiamento finora riscontrati nelle tre Regioni interessate dal terremoto. La ripartizione ha previsto che:
Negli anni successivi al 2012 tale suddivisione potrà essere rideterminata sulla base della valutazione definitiva e asseverata dei danni da parte dalle Regioni interessate, inclusi eventuali conguagli relativi all'anno 2012.
Per assicurare la parità di trattamento dei soggetti danneggiati dagli eventi sismici del 20 e del 29 maggio, ciascun Presidente di Regione – Commissario delegato può riconoscere, nei limiti delle risorse destinate ogni anno allo scopo, un contributo fino all’80% del costo ammesso e riconosciuto per:
Dal riconoscimento del contributo, le risorse verranno erogate in quattro anni.
Con il D.P.C.M. del 9 agosto 2012sono state dettate disposizioni in materia di attuazione dell'art. 7 del D.L. 74/2012 al fine di consentire una deroga al patto di stabilità interno, per l'anno 2012, per i comuni colpiti dal sisma. Per tali comuni gli obiettivi sono ridotti con le procedure previste per il cosiddetto patto regionale verticale, disciplinato dai commi 138 e 140 dell'art. 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220, nel limite massimo di 40 Meuro per i comuni dell'Emilia-Romagna, di 5 Meuro sia per i comuni della Lombardia che per quelli del Veneto.
Per i territori colpiti dal sisma è stata inoltre disposta, con il D.M. Economia 24 agosto 2012 , la proroga, al 30 novembre 2012, del termine di scadenza della sospensione degli adempimenti e versamenti tributari.
Con delibera del Consiglio dei ministri del 16 ottobre 2012 i Commissari delegati sono stati autorizzati a derogare alle disposizioni su smaltimento di rocce da scavo. Pertanto i Presidenti delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, sono stati stati autorizzati, ove ritenuto indispensabile e sulla base di specifica motivazione, a derogare, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico, della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 ottobre 2004 e dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, in aggiunta alle disposizioni indicate nella delibera del Consiglio dei Ministri 4 luglio 2012, al decreto del Ministero dell'ambiente del 10 agosto 2012, n. 161 recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo.
Con il D.P.C.M. 16 ottobre 2012 (pubblicato nella G.U. n. 301 del 28-12-2012) si è invece provveduto a ripartire le risorse rivenienti dai risparmi conseguiti mediante la riduzione dei contributi in favore dei partiti e dei movimenti politici, disposta dall'art. 16, comma 1, della legge 6 luglio 2012, n. 96. Ai territori colpiti dal sisma del maggio 2012 sono stati assegnati 61.245.955,85 euro così ripartiti: 94% in favore dell'Emilia-Romagna; 5,6% in favore della Lombardia; 0,4% in favore del Veneto.
Con la successiva delibera del 31 gennaio 2013 è stato posticipato al 30 settembre 2013 il termine per l'approvazione dei bilanci relativi all'esercizio 2012 delle società di capitali danneggiate dal sisma.
Con il D.P.C.M. 8 febbraio 2013 si è provveduto all'aggiornamento della misura dei contributi per la ricostruzione (in proposito si rinvia alla scheda La sospensione dei tributi e i finanziamenti agevolati per il sisma), nonchè, all'art. 2, a prevedere, per particolari casi documentati ed accertati dai comuni, la facoltà per gli stessi comuni di assegnare i moduli prefabbricati realizzati ai sensi dell'art. 10 del D.L. 83/2012, anche per gli alloggi danneggiati dichiarati parzialmente o temporaneamente inagibili con esito di rilevazione dei danni "B" o "C".
Si ricorda che l'art. 10 del D.L. 83/2012 ha previsto la realizzazione di moduli temporanei abitativi - destinati all'alloggiamento provvisorio delle persone la cui abitazione è stata distrutta o dichiarata inagibile con esito di rilevazione dei danni di tipo «E» o «F», ai sensi del D.P.C.M. 5 maggio 2011 - ovvero destinati ad attività scolastica ed uffici pubblici, nonché delle connesse opere di urbanizzazione e servizi, per consentire la più sollecita sistemazione delle persone fisiche ivi residenti o stabilmente dimoranti, ove non abbiano avuto assicurata altra sistemazione nell'ambito degli stessi comuni o dei comuni limitrofi.
Si ricorda altresì che con il citato D.P.C.M. 5 maggio 2011 è stato approvato il modello per il rilevamento dei danni, il pronto intervento e l'agibilità per edifici ordinari nell'emergenza post-sismica e il relativo manuale di compilazione (la c.d. scheda Aedes), dei quali dovranno dotarsi le amministrazioni dello Stato e gli enti locali in occasione di eventi sismici per il rilevamento speditivo dei danni, la definizione di provvedimenti di pronto intervento e la valutazione dell'agibilità post-sismica degli edifici ordinari.
Il significato delle varie classi (da A ad F) previste dal D.P.C.M. 5 maggio 2011 è sintetizzato nella pagina del sito web del Dipartimento della Protezione civile che illustra la situazione delle verifiche di agibilità svolte in seguito al sisma in Emilia.
Con la deliberazione del Consiglio dei Ministri del 15 febbraio 2013 è stato concesso ai Commissari delegati, ove ritenuto indispensabile e sulla base di specifica motivazione, di derogare al limite del 20% all'acquisto di beni mobili e all'affitto di beni immobili (disposti, rispettivamente dall'art. 1, comma 141, della L. 228/2012 e dall'art. 12, comma 1-quater, del D.L. 98/2011) per i comuni colpiti dal sisma.
Con il D.P.C.M. 28 dicembre 2012 (pubblicato nella G.U. 22 febbraio 2013, n. 45) si è provveduto a:
Si ricorda che il comma 13 dell'art. 10 del D.L. 83/2012 reca misure finalizzate a consentire l'espletamento da parte dei lavoratori delle attività in condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro. A tal fine viene disposto il trasferimento alle contabilità speciali intestate ai presidenti delle regioni (istituite dall’art. 2, comma 6, del D.L. 74/2012) colpite dal sisma, del 35% delle risorse destinate nell'esercizio 2012 dall'INAIL al finanziamento dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza del lavoro (bando ISI 2012) ai sensi dell'art. 11, comma 5, del D.lgs. n. 81/2008. Tale trasferimento è destinato a finanziare interventi di messa in sicurezza, anche attraverso la loro ricostruzione, dei capannoni e degli impianti industriali danneggiati dal sisma.
Nella relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) del citato decreto-legge è stato sottolineato che “per l'anno 2012, l'INAIL avrebbe una disponibilità di bilancio di circa 225 milioni di euro per il finanziamento di progetti di investimento e formazione, di cui alla proposta, e il bando per l'anno 2012 non è ancora pubblicato. Si tratta di risorse derivanti dai premi INAIL, che vengono distribuite fra le imprese a scopi di incentivazione; pertanto, la finalità originaria non verrebbe meno”. Il 35% dell’importo indicato equivale quindi a circa 79 milioni di euro.
Con ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione civile (O.C.D.P.C.) n. 1 del 2012 del 22 maggio sono stati adottati quindi i primi interventi urgenti, tra i quali la nomina dei responsabili per l’attuazione delle attività di assistenza alla popolazione e per gli interventi provvisionali legati alle prime necessità, e sono stati messi a disposizione 10 milioni di euro dei 50 stanziati dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 22 maggio. Di seguito si riporta una sintesi dell’O.C.D.P.C. n. 1.
Nomina dei responsabili. Il Direttore dell’Agenzia regionale di protezione civile della Regione Emilia Romagna è stato nominato responsabile per l’attuazione delle attività di assistenza alla popolazione e per gli interventi provvisionali legati alle prime necessità nelle Province di Bologna, Modena e Ferrara. Le stesse responsabilità sono affidate per la Provincia di Mantova al Direttore generale della Direzione generale di protezione civile, polizia locale e sicurezza della Regione Lombardia. I responsabili possono operare tramite i sindaci dei comuni interessati e le strutture di coordinamento istituite a livello territoriale, avvalendosi anche delle colonne mobili delle regioni e province autonome e delle organizzazioni di volontariato (art. 1).
Assistenza alla popolazione. L’attività consiste nel fornire alla popolazione pasti e primi generi di conforto, sistemazione alloggiativa in aree di accoglienza e strutture pubbliche e private, anche di tipo alberghiero. Sono inoltre organizzati servizi di trasporto pubblico e privato ed effettuate le verifiche di agibilità degli edifici (art.1). In alternativa alla sistemazione alloggiativa in aree di accoglienza e strutture pubbliche e private, anche di tipo alberghiero, è previsto un contributo per l’autonoma sistemazione per chi non può fare rientro nella propria abitazione fino a un massimo di 600 euro, nel limite di 100 euro per ogni componente del nucleo familiare. Se in casa c’è una persona di età superiore ai 65 anni o diversamente abile il contributo aumenta di 200 euro per ognuna di queste persone. Chi viveva solo invece potrà ricevere 200 euro. L’assistenza alloggiativa è concessa fino alla verifica di agibilità delle abitazioni, effettuata da parte di tecnici opportunamente formati che utilizzano per il rilevamento la scheda Aedes (art. 3).
Spese e rendicontazione. Le spese sostenute nelle prime 72 ore dall'evento calamitoso per prestare soccorso ed assistenza alla popolazione e per provvedere ad interventi provvisionali urgenti sono liquidate dai Direttori che, prima di provvedere al pagamento, devono rendicontare al Dipartimento della Protezione Civile. Le spese sostenute, sempre nelle prime 72 ore e per le stesse finalità , dalle componenti statali sono rimborsate direttamente dal Dipartimento della Protezione Civile dietro rendicontazione. Per le spese successive alle prime 72 ore, una volta raccolta la segnalazione di esigenze dal territorio e riscontrata l’effettiva necessità, i direttori dovranno preventivamente inviare una richiesta di autorizzazione al Dipartimento della Protezione Civile, corredata da adeguata motivazione e dalla previsione di spesa massima. Per l’acquisizione straordinaria di beni e servizi e per l'esecuzione dei lavori, le amministrazioni dovranno inserire negli atti negoziali clausole per l'accertamento della congruità della spesa anche ex post da parte dei propri uffici tecnici (art. 2).
Personale PA e Tecnici. L’O.C.D.P.C. stabilisce le ore massime di straordinario consentito per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni e il tetto dell’indennità forfettaria per il personale dirigenziale (art. 4). Il Dipartimento della Protezione Civile e i Direttori sono autorizzati inoltre ad usare polizze assicurative già stipulate per garantire la copertura al personale impiegato nelle attività tecnico-scientifiche finalizzate alla gestione dell'emergenza (art. 5).
Norme derogate. Vengono indicate le disposizioni normative cui si può derogare per l'attuazione della stessa ordinanza, tra le quali quelle relative al D.Lgs. n. 163/2006, Codice dei contratti pubblici (art. 6)
Fondi. Per tali primi interventi stabiliti dall’O.C.D.P.C., il Capo del Dipartimento ha messo a disposizione 10 milioni di euro dei 50 stanziati dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 22 maggio. L’O.C.D.P.C. autorizza inoltre i Direttori ad aprire contabilità speciali a loro intestate per realizzare gli interventi previsti (art. 7).
Successivamente è stata emanata l'O.C.D.P.C. n. 2 del 2 giugno 2012 recante le procedure per la valutazione della sicurezza e dell'agibilità degli edifici ad uso produttivo per gli eventi sismici nelle province di Bologna, Modena, Ferrara, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo di maggio 2012. L’O.C.D.P.C. n. 2 stabilisce che il titolare dell’attività produttiva, che è responsabile della sicurezza secondo il d.lgs. n. 81/2008, deve acquisire la certificazione di agibilità sismica a seguito della verifica di sicurezza prevista dalle norme sismiche vigenti, fatta da un professionista abilitato, e deve depositarla nel Comune territorialmente competente. Il provvedimento viene applicato nei comuni interessati dagli eventi sismici individuati nell’allegato 1 dell’ordinanza. I Comuni trasmettono periodicamente alle strutture di coordinamento istituite a livello territoriale gli elenchi delle certificazioni depositate.
Con l'O.C.D.P.C. n. 3 del 2 giugno 2012 si è ritenuto necessario, acquisita l’intesa delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, provvedere all’approntamento tempestivo di ogni azione urgente finalizzata al soccorso e all’assistenza alla popolazione, nonché all’adozione degli interventi provvisionali strettamente necessari alle prime necessità, anche con riferimento all’evoluzione dei fenomeni ed all’aggravamento delle situazioni pregresse. E’ stato ritenuto necessario provvedere alla opportuna riarticolazione del modello organizzativo di gestione dell’emergenza al fine di ottimizzare la tempestiva ed efficace realizzazione in loco delle attività e degli interventi necessari, in relazione all’aggravamento della situazione, anche tenendo conto della diversificazione degli effetti riscontrati sul territorio.
Pertanto è stata istituita, in loco, la Direzione di Comando e Controllo (DI.COMA.C.), quale organismo di coordinamento delle componenti e delle strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile, a supporto delle attività del Capo del Dipartimento della Protezione Civile. Nell’ambito della DI.COMA.C. è stato costituito un Comitato composto dal Direttore dell’Agenzia regionale di protezione civile della regione Emilia-Romagna, dal Direttore generale della Direzione generale di protezione civile, polizia locale e sicurezza della regione Lombardia e dal Dirigente Regionale dell’Unità di progetto protezione civile della regione Veneto, al fine di assicurare la direzione unitaria degli interventi sui territori interessati dagli eventi calamitosi.
Per far fronte agli oneri connessi alla realizzazione delle iniziative d’urgenza di cui alla stessa ordinanza ed all’O.C.D.P.C. n. 1 del 22 maggio 2012 la copertura è a valere sulle risorse individuate dal Consiglio dei Ministri, nella seduta del 22 maggio 2012, nel limite di 30 milioni di euro.
E' stata inoltre prevista l'apertura di ulteriori contabilità speciali, in aggiunta a quelle già previste dall'ordinanza n. 1.
Con successivo decreto del Capo Dipartimento n. 2637 del 2 giugno 2012 è stata disposta la composizione e il funzionamento della DI.COMA.C. ai sensi di quanto previsto dall'O.C.D.P.C. n. 3 del 2 giugno 2012.
Con l'O.C.D.P.C. n. 9 del 15 giugno 2012 sono state adottate ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile. In particolare è stato previsto l’impiego delle Forze armate per vigilare e proteggere degli insediamenti ubicati nei territori colpiti dal sisma (art. 1). Sono state poi incrementate da 30 a 34,9 milioni di euro le risorse per realizzazione delle iniziative d’urgenza di cui all’O.C.D.P.C. n. 1 e n. 3 (art. 2) ed è stato disposto il reintegro e la riparazione dei materiali di pronto intervento e dei Centri assistenziali di pronto intervento del Ministero dell'interno e dei materiali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, destinando allo scopo il limite massimo di 10 milioni di euro a valere sulle risorse stanziate con DM economia e finanze n. 45301 del 22 maggio 2012 (art. 3). Sono stati destinati 4,5 milioni di euro (limite massimo) per garantire nel più breve tempo possibile il ripristino della capacità di risposta alle emergenze del Servizio nazionale della protezione civile, delle colonne mobili delle regioni e province autonome e della colonna mobile della Croce Rossa Italiana impegnate nelle attività di soccorso ed assistenza alla popolazione (art. 4).
Con l'O.C.D.P.C. n. 15 del1° agosto 2012 sono state dettate disposizioni finalizzate a consentire il subentro, a decorrere dal 3 agosto 2012, dei presidenti delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, commissari delegati ai sensi dell'art. 1 del D.L. 74/2012, nelle funzioni e nelle attività della Direzione di comando e controllo (DICOMAC) istituita ai sensi dell'art. 1 dell'O.C.D.P.C. n. 0003/2012 e dei soggetti responsabili per l'assistenza alla popolazione individuati dalla citata ordinanza nonché dall'O.C.D.P.C. n. 1/2012.
A tal fine l'art. 3 della medesima ordinanza ha previsto la stipula, tra la regione Emilia-Romagna ed il Dipartimento della protezione civile, di un'apposita convenzione con decorrenza dal 3 agosto 2012.
Gli oneri derivanti dalla citata convenzione sono stati quantificati, nel limite massimo di 140 milioni di euro, fino al 31 dicembre 2012, con l'O.C.D.P.C. n. 29 del7 dicembre 2012 che ha così novellato l'art. 3 dell'O.C.D.P.C. n. 15 del 1° agosto 2012.
L'ordinanza del 7 dicembre ha inoltre integrato il testo del citato art. 3 al fine di chiarire che la copertura degli oneri citati è posta a carico del fondo di cui all'art. 2 del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, in via di anticipazione sul contributo del Fondo di solidarietà dell'Unione europea.
Con l'O.C.D.P.C. n. 42 del 24 gennaio 2013 è stato invece prorogato al 31 maggio 2013, vale a dire fino al nuovo termine di cessazione dello stato di emergenza previsto dal D.L. 74/2012, il termine fino al quale le contabilità speciali previste dalle ordinanze nn. 1 e 3 del 2012 rimangono aperte, al fine di consentire la liquidazione di tutte le spese autorizzate dalla DI.COMA.C.
Nel corso della fase emergenziale il Capo del Dipartimento della Protezione civile ha emanato una serie di circolari recanti disposizioni operative per l’attuazione delle O.C.D.P.C. consultabili sul sito web della Protezione civile.
Si segnala infine che sul sito web della Regione Emilia Romagna sono pubblicati tutti gli atti che il Commissario delegato sta adottando per la ricostruzione. Per quanto riguarda la regione Veneto i provvedimenti del Commissario delegato sono pubblicati sul sito internet dedicato al sisma del 2012 e, per la regione Lombardia, sulla pagina web dedicata agli enti locali.
Nel corso della XVI legislatura, il Parlamento ha discusso circa l'opportunità di adottare una legge quadro sul governo del territorio nel corso dell'esame di alcune proposte di legge iniziativa parlamentare il cui iter non si è concluso. Sono state, invece, adottate disposizioni volte a modificare le procedure di approvazione degli strumenti urbanistici, limitatamente ad alcune tipologie di interventi, e a introdurre un procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica. Di rilevante importanza, inoltre, le modifiche alla disciplina sulle espropriazioni relativamente all'utilizzazione senza titolo di un bene per finalità di interesse pubblico. E' stata, infine, approvata una legge per lo sviluppo degli spazi verdi urbani.
Il governo del territorio, che secondo la Corte costituzionale include l'urbanistica e l'edilizia, è materia assegnata dall'art. 117 della Costituzione alla competenza concorrente di Stato e regioni. Ciò significa che in tale ambito le leggi regionali devono osservare i principi fondamentali ricavabili dalla legislazione statale. Numerose, infatti, sono le leggi regionali che hanno disciplinato la materia, anche introducendo innovazioni e sperimentazioni diverse da territorio a territorio.
Nella XVI legislatura, il Parlamento ha discusso dell’opportunità di adottare una legge quadro sull'urbanistica volta a definire i principi fondamentali in materia di governo del territorio, nel rispetto delle competenze regionali.
In occasione dell’esame di alcune proposte di legge di iniziativa parlamentare (A.C. 329 e abb.), infatti, la Commissione ambiente della Camera ha svolto un’approfondita attività istruttoria attraverso lo svolgimento di due cicli di audizioni informali dai quali, per un verso, è emersa la necessità di chiarire il quadro delle competenze e delle responsabilità di Stato, regioni ed enti locali, e una preferenza per gli atti negoziali rispetto agli atti autoritativi previsti nel campo della pianificazione urbanistica.
Il dibattito parlamentare si è concentrato, inoltre, sull’opportunità di definire un nuovo modello di pianificazione urbanistica più flessibile, anche distinguendo con chiarezza un piano strutturale da un piano operativo, e privilegiare l’utilizzo di strumenti perequativi e compensativi, eventualmente collegati a un sistema premiale, al fine di perseguire l’equa ripartizione dei diritti edificatori previsti dalla pianificazione urbanistica e un più agevole trasferimento dei medesimi diritti.
Si è altresì discusso della necessità del recupero dei territori con l'obiettivo di promuovere in essi il risanamento del patrimonio naturale, artistico e architettonico e di rimuovere gli squilibri economici e sociali; in tal senso, la discussione delle due proposte di legge, rispettivamente, sulla riqualificazione dei centri storici (A.S. 2862 approvato in prima lettura dall'Assemblea della Camera il 28 luglio 2011) e sul sostegno dei piccoli comuni (con popolazione inferiore a 5.000 abitanti) e dei comuni compresi nelle aree protette (A.S. 2671 approvato in prima lettura dall'Assemblea della Camera il 5 aprile 2011).
Il D.L. 78/2010, all'art. 14, comma 16, lett. f), ha introdotto un contributo straordinario sulle valorizzazioni immobiliari generate da modifiche dello strumento urbanistico, sanando di fatto la norma del Piano regolatore di Roma bocciata dalle sentenze del Tar Lazio n. 1524/2010 e n. 2383/2010. La successiva lettera h) ha destinato i proventi derivanti dagli oneri di urbanizzazione (ossia i corrispettivi dovuti per interventi di nuova costruzione, ampliamento di edifici esistenti e ristrutturazioni edilizie) anche per le spese di manutenzione ordinaria, nonché l'utilizzo dei proventi derivanti dalle concessioni cimiteriali anche per la gestione e manutenzione ordinaria dei cimiteri.
Nel corso della legislatura sono state approvate alcune disposizioni volte a modificare le procedure di approvazione degli strumenti urbanistici nell'ambito del Piano casa, della riqualificazione delle aree urbane degradate, della realizzazione urgente di istituti penitenziari. Alcune disposizioni sono state previste in proposte di legge di iniziativa parlamentare il cui iter non si è concluso nel corso della legislatura; a titolo di esempio, si citano le proposte di legge per favorire la costruzione e la ristrutturazione di impianti sportivi.
Per quanto riguarda gli edifici penitenziari, l’art. 17-ter del D.L. 195/2009 ha previsto, nell’ambito di alcune misure per l’attuazionedi un piano straordinario per la realizzazione urgente di istituti penitenziari, cd. Piano carceri, l’introduzione di un iter più snello per la localizzazione e le espropriazione delle aree. Successivamente l’art. 27, commi da 9 a 17, del D.L. n. 201/2011 ha introdotto ulteriori misure per contrastare l’emergenza legata al sovraffollamento degli istituti penitenziari, tra esse: la possibilità di affidare a società partecipata al 100% dal Ministero dell’economia e delle finanze, in qualità di centrale di committenza, il compito di provvedere alla stima dei costi e alla selezione delle proposte per la realizzazione delle nuove infrastrutture penitenziarie privilegiando le proposte conformi alla disciplina urbanistico-edilizia vigente (comma 11); gli immobili realizzati con tali procedure sono quindi oggetto di permuta con immobili statali, comunque in uso all'Amministrazione della giustizia, suscettibili di valorizzazione e/o dismissione.
Con riguardo invece al Piano casa e agli interventi per la riqualificazione delle aree urbane degradate, si rinvia alla scheda di approfondimento I "piani casa" e i "piani città". L’art. 5, commi 11 e 13, del D.L. 70/2011 ha, infatti, introdotto, nell'ambito degli interventi per la riqualificazione di aree urbane degradate, anche disposizioni transitorie nelle more dell’emanazione delle leggi regionali volte, per un verso, a prevedere il rilascio del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici anche per il mutamento delle destinazioni d'uso e, per l’altro, all’approvazione dei piani attuativi urbanistici dalla Giunta comunale anziché dal Consiglio.
L'articolo 5 del D.L. 70/2011 ha, inoltre, dettato disposizioni volte a:
Da ultimo, si segnala che l’art. 45, comma 1, del D.L. 201/2011 ha previsto, nell’ambito degli strumenti attuativi dei piani urbanistici e degli atti equivalenti comunque denominati (ad esempio piani particolareggiati di iniziativa pubblica o privata; piani di zona; piani di lottizzazione; piani per l'edilizia economica e popolare; piani di recupero di iniziativa pubblica o privata), nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione primaria a scomputo della quota di contributo dovuta dal titolare del permesso di costruire (opere di urbanizzazione a scomputo), contributo che è commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione. In tal caso, pertanto, il titolare del permesso di costruire realizza direttamente le opere di urbanizzazione primaria (strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato), qualora esse siano di valore inferiore alla soglia europea (si tratta degli importi al raggiungimento dei quali si applicano le procedure di affidamento disciplinate dalla normativa europea degli appalti pubblici) e funzionali all’intervento di trasformazione urbanistica del territorio; non si applicano pertanto le procedure di gara previste del Codice dei contratti pubblici.
Il DPR 139/2010 ha previsto un procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità, da realizzarsi su aree o immobili dichiarati di interesse paesaggistico.
La previsione di modifiche e integrazioni alla predetta disciplina, allo scopo di rideterminare e ampliare le ipotesi di interventi di lieve entità e introdurre ulteriori semplificazioni procedimentali, è contenuta nell’articolo 44 del D.L 5/2012 attraverso l’emanazione, entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto, di un regolamento di delegificazione ai sensi dell’art. 17, comma 2, della L. 400/1988.
Il D.L. 70/2011, all'art. 4, comma 16, lett. e), ha introdotto il silenzio assenso per il parere obbligatorio non vincolante del Soprintendente nei casi in cui i comuni abbiano recepito, nei loro strumenti urbanistici, le prescrizioni del piano paesaggistico regionale ed il Ministero abbia valutato positivamente tale adeguamento.
L'articolo 34 del D.L. 98/2011 ha introdotto nel D.P.R. 327/2001 (T.U. espropri) l'art. 42-bis, che disciplina l'acquisizione al patrimonio indisponibile della pubblica amministrazione di beni immobili utilizzati dalla stessa pubblica amministrazione per scopi di interesse pubblico, in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o di dichiarazione di pubblica utilità, prevedendo che sia la medesima pubblica amministrazione a stabilire l’indennizzo sia per il pregiudizio patrimoniale sia per quello non patrimoniale sulla base di quanto previsto dalla norma.
La norma dispone il pagamento dell’indennizzo entro trenta giorni, pena la perdita della proprietà dell’area da parte della pubblica amministrazione.
La nuova disciplina ha colmato di fatto un vuoto normativo determinatosi dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 293 del 2010, che aveva dichiarato illegittima la procedura della cosiddetta “acquisizione sanante” prevista nell’art. 43 del T.U. espropri, che è stata pertanto abrogata.
La legge 10/2013, approvata dopo un iter parlamentare di circa diciotto mesi, ha introdotto disposizioni per incentivare lo sviluppo degli spazi verdi urbani attraverso una serie di misure tra le quali: l’istituzione della Giornata nazionale degli alberi; l’aggiornamento della legge 113/1992 sull’obbligo per i comuni di porre a dimora un albero per ogni registrazione anagrafica di neonato residente; la possibilità di stipulare contratti di sponsorizzazione per promuovere iniziative finalizzate a favorire l'assorbimento di emissioni di CO2 tramite l’incremento e la valorizzazione del patrimonio arboreo; la promozione di iniziative locali per lo sviluppo degli spazi verdi urbani; la salvaguardia e la gestione delle dotazioni territoriali di standard previste nell'ambito degli strumenti urbanistici attuativi dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 e norme volte alla tutela degli alberi monumentali.
Si prevede, infine, la destinazione delle maggiori entrate, derivanti dai contributi per il rilascio dei permessi di costruire e dalle sanzioni previste dal TU dell’edilizia (DPR n. 380/2001), alla realizzazione di opere pubbliche di urbanizzazione, di recupero urbanistico e di manutenzione del patrimonio comunale in misura non inferiore al 50% del totale annuo (art. 4, comma 3).
Nel corso della XVI legislatura, la Commissione Ambiente della Camera ha svolto un'indagine conoscitiva sulle politiche per la tutela del territorio, la difesa del suolo e il contrasto agli incendi boschivi. Il quadro degli interventi normativi è stato caratterizzato, in una prima fase della legislatura, dalle disposizioni per i piani straordinari diretti a rimuovere il rischio idrogeologico le cui risorse finanziarie si sono progressivamente ridotte. Specifici stanziamenti hanno riguardato i territori interessati da situazioni di emergenza.
L' indagine conoscitiva svolta dall'VIII Commissione (Ambiente) sulle politiche per la tutela del territorio, la difesa del suolo e il contrasto agli incendi boschivi si è conclusa il 3 dicembre 2009 con l'approvazione di un documento conclusivo. La Commissione ha elencato una serie di proposte nei differenti ambiti dell'indagine tra le quali si richiama - sotto il profilo della difesa del suolo - la necessità di un adeguato impegno finanziario per la definizione di un programma pluriennale di interventi indispensabili per la difesa del suolo e il contrasto al dissesto idrogeologico e, nel contempo, di un programma straordinario di prevenzione e di manutenzione del territorio da parte dei singoli comuni. La Commissione ha, inoltre, auspicato la predisposizione di linee guida nazionali per la realizzazione di opere a basso impatto sul territorio e che limitino le cause dei fenomeni di dissesto idrogeologico.
Quanto agli incendi boschivi la Commissione, pur apprezzando i risultati conseguiti con la legge n. 353/2000, ha auspicato l’introduzione di alcune precisazioni volte ad una migliore applicazione della legge stessa.
L'art. 2, comma 240, della legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010) ha destinato ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico lo stanziamento di un miliardo di euro assegnato dalla delibera CIPE del 6 novembre 2009 a valere sulle disponibilità del Fondo infrastrutture e del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell’economia reale previsti dall’art. 18, comma 1, lettere b) e b-bis), del D.L. 185/2008. La medesima disposizione ha consentito l'utilizzo delle citate risorse anche tramite accordi di programma, sottoscritti tra le regioni interessate e il Ministero dell'ambiente, che definiscono altresì la quota di cofinanziamento regionale. In sede di prima applicazione dei piani, è stata consentita la nomina di commissari straordinari per la realizzazione di interventi urgenti nelle situazioni a piu' elevato rischio idrogeologico (art. 17 del D.L. 195/2009).
Il predetto stanziamento è stato successivamente ridotto di 200 milioni di euro dagli articoli 17, comma 2-bis, del decreto-legge 195/2009 e dall'art. 2, comma 12-quinquies del D.L. 225/2010, che hanno destinato tali risorse a interventi urgenti in alcune zone del territorio nazionale colpite da eventi meteorologici eccezionali. Come è emerso nel corso dell'attività parlamentare, le risorse finanziarie destinate ai piani sono state ulteriormente ridotte: in proposito, utili elementi sono stati forniti in in risposta all'interrogazione 5-04350 nella seduta del 9 marzo 2011 e all'interrogazione 5-05935 nella seduta del 18 gennaio 2012. Ulteriori elementi di informazione circa l'attuazione dei piani sono stati forniti nel corso dell'audizione del Ministro dell'ambiente del 10 novembre 2011.
Gli stanziamenti destinati alla difesa del suolo hanno subito una riduzione - come è stato evidenziato nel corso dell'esame delle leggi di bilancio della legislatura - in conseguenza delle manovre di finanza pubblica che si sono susseguite e che hanno avuto un impatto sugli stati di previsione dei singoli ministeri e anche sulla programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione (già Fondo per le aree sottoutilizzate -FAS).
L'art. 33, comma 1, della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012) ha destinato una quota pari a 70 milioni di euro del Fondo esigenze urgenti ed indifferibili per l’anno 2012 al finanziamento di interventi urgenti di riequilibrio socio-economico, ivi compresi interventi di messa in sicurezza del territorio. Il comma 8 del medesimo articolo ha destinato, inoltre, le maggiori entrate da diritti di frequenze in banda larga, per un importo pari a 100 milioni di euro, ad interventi per la difesa del suolo.
Nell'ambito della programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione, il Cipe, con deliberazione n. 8/2012 ha provveduto ad assegnare 679,7 milioni di euro ad interventi di contrasto del rischio idrogeologico di rilevanza strategica regionale nel Mezzogiorno e, con la delibera 6/2012, 130 milioni di euro ad interventi volti a fronteggiare il dissesto idrogeologico nei territori del Centro Nord (in attuazione degli accordi di programma stipulati dal Ministero dell'ambiente con le Regioni). Si ricorda, inoltre, che la delibera CIPE n. 87/2012 ha approvato l'assegnazione di 1.060,48 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, per il finanziamento degli interventi nelle Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia per la manutenzione straordinaria del territorio, ivi inclusi interventi nel settore della difesa del suolo. Elementi di informazione in ordine all'utilizzo dei fondi strutturali nel finanziamento degli interventi per la difesa del suolo sono stati forniti nel corso dell'audizione del Ministro per la coesione territoriale del 31 ottobre 2012 e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 24 ottobre 2012.
Da ultimo, il comma 182 dell'articolo unico della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) ha previsto la concessione di un contributo straordinario di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, al fine di fronteggiare il grave dissesto idrogeologico nella regione Abruzzo. In tale legge specifici stanziamenti sono stati destinati al Fondo di protezione civile per interventi in conto capitale nelle regioni e nei comuni interessati dagli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio nazionale nel mese di novembre 2012 (art. 1, comma 548) e nei territori colpiti da una serie di calamità naturali avvenute dal 2009 al 2012 (art. 1, comma 290).
Il decreto legislativo 49/2010 ha dettato una specifica disciplina per la valutazione e la gestione dei rischi di alluvioni recependo la direttiva 2007/60/CE.
Il decreto ha attribuito alle autorità di bacino distrettuali di cui all’art. 63 del decreto legislativo 152/2006 (cd. Codice ambientale) la competenza per la valutazione preliminare del rischio di alluvioni (art. 4), l'individuazione delle zone a rischio potenziale di alluvioni (art. 5), la predisposizione delle mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni (art. 6). Si prevede, inoltre, la predisposizione, da parte della autorità di bacino distrettuali, di appositi piani di gestione del rischio di alluvione coordinati a livello di distretto idrografico, che è l’unità territoriale di riferimento per la gestione del rischio di alluvioni.
Le regioni, in coordinamento tra di loro e in collaborazione con il Dipartimento della protezione civile, sono competenti in relazione al sistema di allertamento.
In attuazione della legge quadro (L. 353/2000) sono state ripartite le risorse finanziarie per lo svolgimento da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano delle funzioni conferite ai fini della conservazione e della difesa dagli incendi del patrimonio boschivo nazionale. All'ultimo riparto delle risorse si è provveduto con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 21 febbraio 2012 per un importo pari a 2,35 milioni di euro relativo all'anno 2011.
Con la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1° luglio 2011 in materia di lotta attiva agli incendi boschivi (GU n. 208 del 7 settembre 2011) è stato istituito il Bollettino di previsione nazionale incendi boschivi, strutturato su scala provinciale.
L'art. 1, comma 2, del D.L. 59/2012 ha disposto il trasferimento della flotta aerea antincendio della Protezione civile al Dipartimento dei vigili del fuoco che assicura, a decorrere dal 2013, il coordinamento tecnico e l'efficacia operativa sul territorio nazionale delle attività di spegnimento con tale flotta (articolo 3-bis del D.L. 79/2012). Per tali finalità, è istituito un apposito fondo presso il Ministero dell’interno con una dotazione di 40 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2013 (art. 1, comma 261, legge n. 228/2012). Nel corso dell'audizione del 25 ottobre 2012, il Capo della Protezione civile ha fornito elementi di informazione in ordine allo stato delle risorse per la lotta agli incendi boschivi e allo stato di attuazione della riforma della protezione civile introdotta con il citato D.L. 59/2012.
Oltre all'attività conoscitiva di cui si è dato conto in precedenza, l'attenzione nei confronti delle politiche concernenti la difesa del suolo e la tutela del territorio si è tradotta nell'approvazione di alcuni atti di indirizzo volti a impegnare il Governo ad adottare iniziative in tali ambiti.
L'importanza di un'azione istituzionale più incisiva in materia di difesa del suolo e di contrasto al dissesto idrogeologico è stata oggetto della mozione unitaria 1-00324 approvata nella seduta del 26 gennaio 2010 e di una serie di mozioni approvate nella seduta del 28 febbraio 2012.
Si dà conto infine di alcune proposte di legge di iniziativa parlamentare il cui esame non è stato concluso nel corso della legislatura. Si tratta, in particolare, di una proposta di legge (A.C. 3869), che reca modifiche alla legge quadro 353/2000 allo scopo di trasferire le competenze in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi dal Dipartimento della protezione civile al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che è stata esaminata dalla Commissione ambiente della Camera. Presso la Commissione ambiente del Senato, infine, è stata esaminata una proposta di legge A.S. 2644 volta ad introdurre misure in materia di gestione e prevenzione del rischio idrogeologico.
Sui decreti legge
Sul decreto legislativo 49/2010
Sulle leggi di stabilita'
Sulle proposte di legge
Nel corso della XVI legislatura, si sono verificate numerose emergenze di protezione civile. La disciplina degli stati di emergenza e del loro finanziamento è stata modificata dapprima dal D.L. 225/2010 e da ultimo dal D.L. 59/2012, che ha introdotto importanti innovazioni nella materia della protezione civile.
Numerose sono state le emergenze di protezione civile determinatesi nel territorio nazionale nel corso della XVI legislatura a fronte di dissesti idrogeologici, eccezionali eventi meteorologici, eventi sismici ed emergenze di carattere ambientale.
Di particolare gravità i due terremoti in Abruzzo (aprile 2009) e in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto (maggio 2012), nonché alcune emergenze ambientali.
Nel corso della legislatura sono state adottate disposizioni in provvedimenti d’urgenza e nelle leggi di stabilità che si sono susseguite, volte a fronteggiare le emergenze di protezione civile e a stanziare risorse finanziarie. Le emergenze sono state disciplinate da una serie di provvedimenti di protezione civile, prime tra tutte le ordinanze, che hanno dettato disposizioni ad hoc per ciascun stato di emergenza. Nella seduta del 28 luglio 2011, in risposta all'interrogazione n. 5-05194, sono stati forniti elementi di informazione sullo stato della ripartizione e dell'erogazione delle risorse previste nelle ordinanze della protezione civile degli ultimi anni.
Specifiche disposizioni hanno riguardato le popolazioni colpite dagli eventi alluvionali del maggio 2008 in Piemonte e Valle d'Aosta (art. 4-sexies del D.L. 97/2008) e dagli eventi meteorologici che hanno interessato l’intero territorio nazionale nei mesi di novembre e dicembre 2008 (art. 8 del D.L. 208/2008).
La legge 191/2009 (finanziaria 2010), all'art. 2, comma 242, ha destinato 50 milioni di euro a interventi di tutela delle popolazioni colpite da eventi atmosferici verificatisi nel triennio 2007-2009. Con l'art. 1, comma 23-octiesdecies, lett. a), del D.L. 194/2009 è stato integrato, con 8 milioni di euro, il Fondo della protezione civile al fine di adottare misure idonee a fronteggiare gli stati di emergenza verificatisi nel medesimo anno.
Il D.L. 195/2009 ha disposto un finanziamento di 100 milioni di euro a favore dei territori delle regioni Emilia-Romagna, Liguria e Toscana colpiti dagli eccezionali eventi meteorologici nei mesi di dicembre 2009 e gennaio 2010 (art. 17, comma 2-bis).
Il D.L. 225/2010, oltre a modificare la disciplina per le procedure di emergenza, ha stanziato 100 milioni per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per far fronte agli eccezionali eventi meteorologici che hanno colpito alcune parti del territorio nazionale, destinando, in particolare, alla Liguria 45 milioni, al Veneto 30 milioni, alla Campania 20 milioni, nonché 5 milioni ai comuni della provincia di Messina colpiti - il 2 ottobre 2009 - da un violento nubifragio (art. 2, comma 12-quinquies). Nei mesi da ottobre a dicembre 2010, infatti, le regioni Liguria e Veneto sono state interessate da emergenze determinate da eccezionali avversità atmosferiche.
Tra gli stati di emergenza determinati da eccezionali avversità atmosferiche nel 2011, si segnalano quelli riguardanti le province di La Spezia e Massa Carrara a seguito degli eventi alluvionali dell'ottobre 2011 e alcune province liguri - in particolare la provincia di Genova -, nonché l'isola d'Elba e la provincia di Messina a seguito degli eventi verificatisi nel mese di novembre 2011.
L’articolo 30, comma 5, del D.L. 201/2011 ha incrementato di 57 milioni di euro per l’anno 2012 la dotazione del Fondo per la protezione civile.
L’art. 23, comma 9, del D.L. 95/2012 ha autorizzato la spesa di 9 milioni di euro per il 2012 per gli interventi conseguenti all’eccezionale ondata di maltempo che ha investito molte zone del territorio nazionale nel mese di febbraio 2012. Il comma 10-bis del medesimo art. 23 ha assegnato, per le esigenze derivate dall’emergenza, una quota non superiore a 6 milioni di euro delle risorse del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura di cui, al termine del 2011, sia stata accertata la disponibilità.
L’art. 16 della legge n. 96/2012 ha destinato i risparmi derivanti dalla riduzione dei contributi pubblici per le spese sostenute dai partiti e dai movimenti politici ad interventi conseguenti ai danni provocati da eventi sismici e calamità naturali che hanno colpito il territorio nazionale a partire dal 1° gennaio 2009.
Il comma 3 dell’art. 67-sexies del D.L. 83/2012 ha finanziato con complessivi 35 milioni di euro gli interventi per il miglioramento sismico degli edifici gravemente danneggiati dal sisma del 15 dicembre 2009 in Umbria. Tale stanziamento è a valere sulle predette risorse.
L’art. 2 del D.L. 74/2012 prevede che il Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del maggio 2012 in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto venga alimentato anche con le somme derivanti dalla riduzione dei contributi pubblici in favore dei partiti politici e dei movimenti politici.
In attuazione di quanto disposto dall'art. 16 della L. 96/2012 è stato adottato il D.P.C.M. 16 ottobre 2012, che ha ripartito le risorse per il 2012.
Il comma 548 dell'articolo unico della legge 228/2012 (legge di stabilità 2013) ha incrementato di 250 milioni di euro per l'anno 2013 le risorse del Fondo della protezione civile da destinare a interventi in conto capitale nelle regioni e nei comuni interessati dagli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio nazionale nel mese di novembre 2012.
I commi 280 e 290 dello stesso articolo hanno ulteriormente incrementato il finanziamento del predetto Fondo; in particolare, il comma 290 ha incrementato di 105 milioni di euro per il triennio 2013-2015 (47 milioni nel 2013, 8 milioni nel 2014 e 50 milioni nel 2015) il Fondo al fine di realizzare interventi in conto capitale nei territori colpiti dagli eventi alluvionali e dalle eccezionali avversità atmosferiche verificatisi in alcune zone del territorio nazionale specificamente individuati nella norma, dalle eccezionali precipitazioni nevose verificatesi nel febbraio 2012 nelle Marche e nell'Emilia-Romagna, nonché dal sisma verificatosi il 26 ottobre 2012 in Calabria e Basilicata.
Il D.L. 225/2010 (art. 2, commi dal 2-quateral 2-octies) ha introdotto sostanziali innovazioni nel finanziamento delle emergenze, di cui all'art. 5 della legge 225/1992, attribuendo, tra l'altro, alla regione interessata da calamità naturali per le quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza, qualora il bilancio della regione sia insufficiente a coprire le relative spese, il potere di deliberare aumenti, sino al limite massimo consentito dalla vigente legislazione, delle imposizioni tributarie attribuite alla regione, nonché di elevare la misura dell’imposta regionale sulla benzina per autotrazione, fino ad un massimo di cinque centesimi per litro, ulteriori rispetto alla misura massima consentita.
La disciplina introdotta dal decreto prevedeva che, solo in caso di insufficienza delle predette risorse, e comunque nel caso di eventi di rilevanza nazionale, la regione potesse accedere al Fondo di protezione civile (commi 5-quater e 5-quinquies dell’art. 5 della legge n. 225/92 come modificata dal D.L. 225/2010). Nel caso di utilizzo del Fondo di riserva per le spese impreviste, se ne disponeva la corrispondente reintegrazione mediante l'aumento dell'accisa su benzina e benzina senza piombo e sul gasolio usato come carburante.
Il predetto sistema di finanziamento delle emergenze è stato parzialmente dichiarato incostituzionale dalla sentenza n. 22 del 2012.
Dal punto di vista ordinamentale, il D.L. 225/2010 ha, inoltre, dettato disposizioni concernenti la procedura per l’emanazione delle ordinanze, la rendicontazione dei Commissari delegati titolari di contabilità speciale, il controllo preventivo di legittimità dei provvedimenti commissariali attuativi delle ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza.
Sulla disciplina introdotta dal D.L. 225/2010 è intervenuto il D.L. 59/2012, che reca misure volte a rafforzare l'operatività del Servizio nazionale di protezione civile e i relativi interventi prevedendo, tra l'altro, un nuovo meccanismo di finanziamento delle emergenze che si basa sull'utilizzo del Fondo nazionale di protezione civile e, nell’eventualità in cui venga utilizzato il Fondo di riserva per le spese impreviste, sulla sua reintegrazione basata prioritariamente sulla riduzione delle spese rimodulabili elencate in allegato al decreto. La regione interessata dallo stato di emergenza ha la facoltà di elevare la misura dell'imposta regionale sulla benzina fino a un massimo di cinque centesimi per litro.
Il decreto provvede, inoltre, a introdurre talune modifiche anche a seguito dell'abrogazione - ad opera dell'articolo 40-bis del D.L. 1/2012 - del comma 5 dell'art. 5-bis del D.L. 343/2001, che consentiva al Dipartimento della protezione civile di operare anche con riferimento ai grandi eventi diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza.
Importanti innovazioni hanno riguardato, tra l’altro, la fissazione della durata degli stati di emergenza, l’emanazione delle ordinanze di protezione civile, il subentro delle amministrazioni competenti in via ordinaria, le gestioni commissariali e l’esclusione dal patto di stabilità delle spese per fronteggiare calamità per cui sia stato deliberato dal Consiglio dei Ministri lo stato di emergenza.
L’Unione europea ha avviato un’indagine per verificare la compatibilità con la disciplina europea sugli aiuti di Stato di un insieme di agevolazioni concesse dall’Italia alle imprese operanti nelle zone colpite da calamità naturali a partire dal 2003.
L’art. 47 della L. 234/2012, che reca norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, ha indicato le condizioni alle quali è ammessa la concessione di aiuti pubblici, anche sotto forma di agevolazione fiscale, in conseguenza dei danni arrecati da calamità naturali o da altri eventi eccezionali, di cui all’art. 107, par. 2, lett. b), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), a soggetti che esercitano un’attività economica, nei limiti del 100% del danno subito, ivi comprese le somme dei versamenti a titolo di tributi, contributi previdenziali e premi assicurativi dovuti nel corso della durata dello stato di emergenza.
Sul D.L. 225/2010
Sul D.L. 59/2012
Sulla legge 234/2012
Sulla legge 96/2012
Sulla legge di stabilità 2013
Il D.L. 59/2012 ha dettato disposizioni per il riordino della protezione civile. Il provvedimento tiene conto di importanti novità intervenute in tale materia: l'abrogazione del comma 5 dell'art. 5-bis del D.L. 343/2001, che consentiva al Dipartimento della protezione civile di operare anche con riferimento ai grandi eventi diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza, ad opera dell'articolo 40-bis del D.L. 1/2012, e la sentenza della Corte costituzionale n. 22/2012 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 5-quater e del primo periodo del comma 5-quinquies dell'articolo 5 della legge n. 225/1992 istitutiva del Servizio nazionale di protezione civile, come introdotti dall’articolo 2, comma 2-quater, del D.L. 225/2010.
Il decreto è volto a ricondurre l'operatività della Protezione civile al nucleo originario di competenze attribuite dalla legge istitutiva, dirette, prevalentemente, a fronteggiare gli eventi calamitosi e a rendere più incisivi gli interventi nella gestione delle emergenze. In tale contesto vanno lette pertanto le modifiche apportate alla legge n. 225 del 1992 e contenute nell'articolo 1 del decreto. Tra quelle più importanti si segnalano:
Per quanto attiene al finanziamento dello stato di emergenza l'articolo 1, comma 1, lettera c), n. 10, del decreto sostituisce il comma 5-quinquies dell'articolo 5 della legge n. 225/1992 disponendo che agli oneri connessi con gli interventi conseguenti agli eventi per i quali è stato deliberato lo stato di emergenza si provvede con l'utilizzo del Fondo nazionale di protezione civile, la cui dotazione è determinata annualmente dalla legge di stabilità.
Qualora venga utilizzato il Fondo di riserva per le spese impreviste di cui all'art. 28 della legge n. 196/2009, il Fondo verrà reintegrato in tutto o in parte, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, mediante la riduzione delle voci di spesa rimodulabili indicate nell'elenco allegato al decreto-legge. Anche in combinazione con la riduzione delle voci di spesa, il Fondo è corrispondentemente reintegrato in tutto o in parte con le maggiori entrate derivanti dall'aumento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina senza piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante in misura non superiore a cinque centesimi al litro.
E' stato altresì sostituito il comma 5-quater dell'articolo 5 della legge n. 225/1992 oggetto di declaratoria di incostituzionalità da parte della succitata sentenza n. 22/2012 in quanto, per il finanziamento delle emergenze, autorizzava la regione a deliberare aumenti, sino al limite massimo consentito dalla vigente legislazione, dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote attribuite alla regione, nonché ad aumentare ulteriormente l'aliquota sulla benzina nel caso in cui il bilancio della regione non recasse le disponibilità finanziarie sufficienti per effettuare le spese conseguenti all’emergenza ovvero per la copertura degli oneri conseguenti alla stessa.
Il nuovo comma 5-quater ha attribuito alla regione interessata dallo stato di emergenza la facoltà di elevare la misura dell'imposta regionale sulla benzina fino a un massimo di cinque centesimi per litro.
Ulteriori disposizioni recate dal decreto riguardano il trasferimento della flotta aerea antincendio della Protezione civile al Dipartimento dei vigili del fuoco (art. 1, comma 2).
In proposito, si segnala che l’articolo 3-bis del D.L. 79/2012 ha stabilito che il Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno assicura, a decorrere dal 2013, il coordinamento tecnico e l'efficacia operativa sul territorio nazionale delle attività di spegnimento con la flotta aerea antincendio. Il comma 261 dell'articolo 1 della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) ha istituito un apposito fondo presso il Ministero dell’interno con una dotazione di 40 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2013 al fine di assicurare adeguati livelli di ordinata gestione e piena funzionalità della flotta aerea antincendio.
L'articolo 3 ha stabilito disposizioni transitorie in merito alle gestioni commissariali in corso alla data di emanazione del decreto, operanti ai sensi della legge n. 225/1992, prevedendo che siano prorogabili una sola volta e comunque non oltre il 31 dicembre 2012. Lo stesso articolo ha previsto, inoltre, che "restano fermi gli effetti delle dichiarazioni di grandi eventi per Expo 2015 e il Forum delle famiglie".
Relativamente alle gestioni commissariali si segnala che l’articolo 6-ter del D.L. 79/2012, ha salvaguardato gli effetti delle deliberazioni del Consiglio dei ministri e delle dichiarazioni dello stato di emergenza determinatosi nel settore del traffico e della mobilità nell'asse autostradale Corridoio V dell'autostrada A4 nella tratta Quarto d'Altino-Trieste e nel raccordo autostradale Villesse-Gorizia, nonché nel territorio dei comuni di Treviso e Vicenza.
Alle gestioni commissariali delle suddette emergenze non si applicano le modifiche introdotte all’articolo 5 della legge n. 225 dal decreto-legge n. 59 e l’articolo 3, comma 2, del medesimo decreto che, come sopra evidenziato, regola la proroga delle gestioni commissariali in corso.
Con due decreti del Presidente del Consiglio dei ministri datati 22 dicembre 2012 (G.U. n. 1 del 2/1/2013, pag. 19-20) si è provveduto a prorogare sia lo stato di emergenza determinatosi nel settore del traffico e della mobilità nell'asse autostradale Corridoio V dell'autostrada A4 nella tratta Quarto d'Altino-Trieste e nel raccordo autostradale Villesse - Gorizia, sia lo stato di emergenza determinatosi nel settore del traffico e della mobilità nel territorio dei comuni di Treviso e Vicenza.
Da ultimo, il comma 1 dell'articolo 2 ha prorogato al 31 dicembre 2013, in deroga al divieto di proroga o rinnovo delle gestioni commissariali previsto dal D.L. 59/2012 le gestioni commissariali riguardanti: gli interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica delle aree di Giugliano in Campania e dei Laghetti di Castelvolturno; la situazione di inquinamento determinatasi nello stabilimento Stoppani, sito nel comune di Cogoleto in provincia di Genova; il naufragio della nave da crociera Costa Concordia nel comune dell’Isola del Giglio; l’emergenza idrica nel territorio delle isole Eolie.
Ulteriori disposizioni hanno riguardato, tra le altre, l’esclusione dal patto di stabilità interno di spese per fronteggiare calamità per cui sia stato deliberato dal Consiglio dei Ministri lo stato di emergenza, se effettuate nell'esercizio finanziario in cui la calamità è avvenuta e nei due esercizi finanziari successivi (art. 1, comma 1-bis), nonché la ridefinizione dei compiti e delle attività di protezione civile (art. 1, comma 1, lett. b-bis), la disciplina del sistema di allerta nazionale per il rischio meteo-idrogeologico e idraulico (art. 1, comma 1, lett. b-ter) e l'istituzione di un'anagrafe pubblica degli appalti pubblici dei grandi eventi (art. 3, comma 5-bis).
L'art. 3, comma 4, reca una disposizione relativa alla gestione dei rifiuti in Campania, volta a prevedere il trasferimento direttamente alla società creditrice, già proprietaria del termovalorizzatore di Acerra, delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007-2013 relative al Programma attuativo regionale necessarie per l'acquisto di tale impianto (pari ad 355,6 milioni di euro).
Si segnala, infine, che nel corso dell’esame parlamentare è stato soppresso l’articolo 2 che prevedeva l'estensione della copertura delle polizze assicurative sui fabbricati privati ai rischi derivanti dalle calamità naturali demandando modalità e termini del regime assicurativo a un provvedimento attuativo.
Nel corso della XVI legislatura, la normativa in materia di rifiuti è stata più volte modificata dapprima a seguito dell'approvazione di un intervento correttivo di ampia portata, che ha modificato il D.lgs. 152/2006 (cd. Codice ambientale), in attuazione della normativa europea, e successivamente attraverso una serie di norme che hanno inciso su diversi profili della materia e segnatamente sull'affidamento e sulla gestione del servizio, sulla tassazione, sui profili sanzionatori, nonché più in generale sulla gestione dei rifiuti medesimi.
La normativa concernente la gestione dei rifiuti è contenuta nella parte quarta del D.lgs. 152/2006 (cd. Codice ambientale) ed è stata sostanzialmente modificata nel corso della legislatura a seguito del recepimento delle direttive europee in tale ambito. Ulteriori modifiche incidenti in maniera talvolta frammentaria su diversi profili della normativa sono state approvate nel corso della legislatura. Talune modifiche si sono rese necessarie al fine di un corretto recepimento della normativa europea anche al fine di evitare procedure di infrazione.
Una disciplina ad hoc è stata adottata per la gestione delle emergenze rifiuti in Campania e in altre regioni (Lazio, Sicilia) per le quali si rinvia al tema Emergenze ambientali .
Il d.lgs. 205/2010 ha recepito nell'ordinamento interno la direttiva quadro sui rifiuti (direttiva 2008/98/CE), che ha profondamente innovato la disciplina europea in tale ambito. Il decreto è intervenuto, pertanto, con modifiche significative sulla parte IV del Codice ambientale, che è stata parzialmente riscritta. Le innovazioni hanno riguardato in primo luogo le definizioni sulla base delle quali si fonda l'impianto applicativo della nuova disciplina, e precisamente:
- la definizione di sottoprodotto (già prevista dall'ordinamento nazionale), che è stata resa più aderente al disposto europeo attraverso l'introduzione di criteri per la sua qualificazione, atteso che tale tipologia non comprende rifiuti ma sostanze o oggetti che devono soddisfare determinate condizioni per il loro utilizzo (art. 184-bis del Codice);
- la definizione di ua procedura per la cessazione della qualifica di rifiuto (cd. end of waste) di cui all'art. 184-ter del Codice;
- la riformulazione della gerarchia dei rifiuti, con un ordine di priorità che prevede: la prevenzione, cioè misure che riducono la quantità di rifiuti anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l’estensione del loro ciclo di vita; la preparazione per il riutilizzo, ovvero le operazioni di controllo, pulizia e riparazione attraverso cui i prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento; il riciclaggio, il recupero (ad esempio di energia, quando cioè i rifiuti svolgono un ruolo utile sostituendo altri materiali) e lo smaltimento.
Si prevede, inoltre, l’adozione, da parte del Ministero dell’ambiente, di un Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti e delle indicazioni per l’integrazione di Programma nei piani regionali di gestione dei rifiuti, il cui termine per l'elaborazione da parte del Ministero dell'ambiente è stato anticipato al 31 dicembre 2012 dall'art. 1, comma 3-bis, lett. a), del D.L. 2/2012.
Sempre nell’ottica di perseguire le priorità della gerarchia dei rifiuti si prevede l’adozione di misure per la promozione del riutilizzo dei prodotti e della preparazione per il riutilizzo dei rifiuti, anche attraverso l'introduzione della responsabilità estesa del produttore.
Sono stati introdotti precisi obiettivi quantitativi (in termini di peso) relativi alla preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio/recupero di rifiuti, da raggiungere entro il 2020, che si aggiungono agli obiettivi per la raccolta differenziata dei rifiuti urbani
Di rilevante importanza anche la previsione in base alla quale lo smaltimento dei rifiuti e il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, che garantisca i principi di autosufficienza e prossimità.
In coerenza con il disposto della direttiva che indica le misure da adottare per una corretta gestione dei rifiuti organici, si prevede che gli enti territoriali adottino misure volte ad incoraggiare la raccolta separata di tale tipologia di rifiuti.
La gestione del servizio dei rifiuti, che si basa su una suddivisione dei compiti tra i diversi livelli, di governo, ha fatto registrare una situazione non omogenea sul territorio nazionale, talvolta con significative differenze tra le singole regioni. In tale contesto, al fine di perseguire il contenimento delle spese degli enti locali nonché la semplificazione del sistema, è stata prevista la soppressione delle Autorità d’ambito territoriale alle quali era demandata, nel rispetto del principio di coordinamento con le competenze delle altre amministrazioni pubbliche, l'organizzazione, l'affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani. Nel ricordare che già la legge finanziaria per il 2008 (art. 2, comma 38, della L. 24 dicembre 2007, n. 244) aveva previsto una rideterminazione degli ambiti territoriali che era rimasta inattuata, si segnala che l'art. 1, comma 1-quinquies, del D.L. 2/2010, oltre a prevedere la soppressione delle autorità d'ambito, ha nel contempo disposto il trasferimento delle funzioni, nonché la loro attribuzione da parte delle regioni con proprie leggi (il termine per la soppressione è stato differito in alcuni provvedimenti e, da ultimo, è stato prorogato al 31 dicembre 2012 dall'art. 13, comma 2, del D.L. 216/2011).
Sul complesso quadro della governance dei rifiuti ha inciso inoltre la vicenda dei servizi pubblici locali e della normativa che è stata adottata prima e dopo il referendum del 12 e del 13 giugno 2011. Da ultimo, l’art. 3-bis del D.L. 138/2011, introdotto dall’art. 25 del D.L. 1 del 2012, ha disciplinato gli ambiti territoriali e i criteri di organizzazione dello svolgimento dei servizi pubblici locali, ivi inclusi quelli del settore dei rifiuti, come esplicitato nell'art. 34, comma 23, del D.L. 179/2012 che ha modificato il medesimo art. 3-bis.
Per quanto riguarda l'affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti, si segnala, inoltre, che il D.L. 1/2012, all'art. 25, comma 4, ha previsto la possibilità di affidamento disgiunto di gestione degli impianti ed erogazione del servizio. Nel caso in cui gli impianti siano di titolarità di soggetti diversi dagli enti locali di riferimento, all'affidatario del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani devono essere garantiti l'accesso agli impianti a tariffe regolate e predeterminate e la disponibilità delle potenzialità e capacità necessarie a soddisfare le esigenze di conferimento indicate nel piano d'ambito.
L'art. 26 del citato decreto n. 1 del 2012 ha, inoltre, modificato la disciplina dei sistemi di gestione autonoma (alternativi all’adesione ai consorzi obbligatori “di filiera”) in cui si prevede, tra l’altro, che l’organizzazione autonoma della gestione dei rifiuti di imballaggio sull'intero territorio nazionale – da parte dei produttori - possa avvenire anche in forma collettiva.
Per quanto concerne la tassazione del servizio, l'art. 14 delD.L. 201/2011 (da ultimo novellato dall’art. 1-bis del D.L. 1/2013) ha istituito, a decorrere dal 1° gennaio 2013, il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento. In proposito, si rinvia alla scheda di approfondimento Il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES).
Il D.Lgs. 152/2006 ha codificato un sistema informatico di tracciabilità dell'intera filiera dei rifiuti (SISTRI) finalizzato alla trasmissione e alla raccolta di informazioni su produzione, trasporto e smaltimento dei rifiuti, nonché alla predisposizione in formato elettronico di alcuni documenti tra i quali i registri di carico e scarico.
A motivo di alcuni problemi registrati nella fase di avvio del sistema, la data per la sua entrata in operatività è stata più volte modificata (ad esempio dall'art. 6, commi 2, 3 e 3-bis, del D.L. 138/2011 e dall'art. 13, commi 3 e 3-bis, del D.L. 216/2011).
Da ultimo, il D.L. 83/2012 (art. 52, commi 1 e 2) ha sospeso fino al compimento delle ulteriori verifiche amministrative e funzionali del SISTRI, e comunque non oltre il 30 giugno 2013, il termine di entrata in operatività, ogni adempimento informatico relativo, nonché il pagamento dei contributi dovuti dagli utenti per l'anno 2012.
Il Parlamento ha posto una particolare attenzione alle tematiche connesse all'operatività del sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti attraverso lo svolgimento di attività conoscitive, di indirizzo e di controllo. La Commissione ambiente della Camera ha, inoltre, esaminato alcune proposte di legge (A.C. 3885 e A.C. 3989) in tale ambito che non sono state definitivamente approvate.
Le innovazioni normative relative al SISTRI approvate dopo l'adozione del D.Lgs. 205/2010 non hanno interessato solo l'entrata in operatività, ma anche il regime delle sanzioni applicabile che è stato modificato dal D.Lgs. 121/2011, che ha attuato la direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente.
Per una descrizione più approfondita della normativa riguardante il Sistri, si rinvia alla scheda di approfondimento Tracciabilità dei rifiuti (SISTRI).
Specifiche disposizioni hanno riguardato particolari tipi di rifiuti tra i quali i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, i cosiddetti RAEE, relativamente alla definizione di "produttore", al sistema di finanziamento, alle modalità semplificate di gestione e alla semplificazione in materia di oneri informativi (art. 7 del D.L. 208/2008; art. 5 del D.L. 135/2009; art. 21 della L. 96/2010; D.M. 8 marzo 2010, n. 65; art. 1, comma 2-bis, del D.L. 1/2013).
E' stata ridisciplinata la procedura per la determinazione del contributo ambientale per il recupero di pneumatici fuori uso (art. 24, comma 1, lett. f, del D.L. 5/2012), mentre sono state integrate le modalitàdi consegna, da parte delle imprese di autoriparazione, dei pezzi usati allo stato di rifiuto derivanti dalle riparazioni dei veicoli (art. 43 della L. 96/2010).
In attuazione della disciplina europea, inoltre, il D. Lgs. 188/2008, successivamente novellato dal D.Lgs. 21/2011, ha dettato, per un verso, le norme in materia di immissione sul mercato delle pile e degli accumulatori e, per l'altro, le norme specifiche per la raccolta, il trattamento, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti di pile e accumulatori, destinate a promuovere un elevato livello di raccolta e di riciclaggio di tali materiali.
Per quanto concerne specifiche categorie di imballaggi, l’art. 2 del D.L. 2/2012 ha previsto la proroga del termine relativo al divieto definitivo di commercializzazione dei sacchi per l’asporto merci non biodegradabili (cd. shopper), limitatamente alla commercializzazione di alcune tipologie di sacchi indicati dalla norma, fino all’emanazione - entro il 31 dicembre 2012 - di un decreto interministeriale di natura non regolamentare, che è stato trasmesso alle competenti Commissioni parlamentari della Camera e del Senato (atto del Governo 542), che hanno espresso il parere rispettivamente nelle sedute dell'11 febbraio e del 5 febbraio 2013. Il comma 4 dell'art. 2 del D.L. 2/2012 ha introdotto sanzioni amministrative pecuniarie, nelle ipotesi di inosservanza del divieto di commercializazione di sacchi non conformi a quanto prescritto dal medesimo articolo 2, che saranno applicabili solo a decorrere dal sessantesimo giorno dall'emanazione del predetto decreto interministeriale (secondo quanto stabilito dall' art. 34, comma 30, del D.L. 179/2012).
Ulteriori modifiche alla disciplina sulla gestione dei rifiuti sono state adottate in diversi decreti legge e incidono, talvolta in maniera frammentaria, su diversi aspetti della normativa. Tra queste modifiche si segnalano quelle volte a semplificare lo smaltimento dei rifiuti speciali prodotti da talune attività (art.40, comma 8, del D.L. 201/2011) e gli adempimenti per la movimentazione, il deposito temporaneo e il trasporto dei rifiuti da parte delle imprese agricole (art. 4-quinquies del. D.L. 171/2008; artt. 28 del D.L. 5/2012 e 52, comma 2-ter, del D.L. 83/2012). In materia di oli usati una disposizione transitoria consente alle operazioni di rigenerazione degli oli usati di derogare ai limiti vigenti, nel rispetto della normativa europea (art. 24, comma 1, lett. e, del D.L. 5/2012).
Di particolare importanza anche la modifica all'Allegato IV del Codice relativamente alla definizione delle caratteristiche di pericolosità dei rifiuti (art. 3, comma 6, del D.L. 2/2012).
Il D.L. 16/2012 è intervenuto in tema di rifiuti posti in sequestro presso aree portuali e aeroportuali, prevedendone, dopo il trattamento da parte dei corrispondenti consorzi obbligatori, la vendita da parte di un curatore nominato dall’autorità giudiziaria, con la destinazione del ricavato, al netto delle spese, al Fondo unico giustizia e a specifici programmi di riqualificazione ambientale (art. 9, commi 3-septies e 3-octies).
La materia dei rifiuti è stata interessata anche da proroghe, alcune delle quali sono state reiterate di anno in anno. La più recente proroga è stata disposta dall'art. 1, comma 2, del D.L. 1/2013, che ha ulteriormente differito al 31 dicembre 2013 il temine di entrata in vigore del divieto di smaltimento in discarica dei rifiuti (urbani e speciali) con potere calorifico inferiore (PCI) superiore a 13.000 kJ/Kg.
Da ultimo, le Commissioni parlamentari di Camera e Senato hanno esaminato uno schema di regolamento sull'utilizzo di combustibili solidi secondari (CSS), in parziale sostituzione di combustibili fossili tradizionali, in cementifici soggetti al regime dell’autorizzazione integrata ambientale (atto del Governo 529) esprimendo rispettivamente il parere nelle sedute dell'11 febbraio 2013 e del 16 gennaio 2013.
Il Parlamento ha discusso in più occasioni delle tematiche relative alla gestione dei rifiuti anche attraverso l'esame di proposte di legge, il cui iter non si è concluso nel corso della legislatura; in proposito, si segnala che una proposta di legge di iniziativa parlamentare (3162-B), approvata in sede legislativa dalla Commissione ambiente della Camera, comprendeva una serie di modifiche alla disciplina in materia di rifiuti, alcune delle quali erano state anche inserite nel corso dell'esame parlamentare del D.L. 2/2012, ma non definitivamente approvate.
Le Commissioni parlamentari hanno svolto un'intensa attività conoscitiva finalizzata ad acquisire elementi di informazione in materia di rifiuti. La Commissione ambiente del Senato ha svolto un'indagine conoscitiva sulle problematiche relative alla produzione e alla gestione dei rifiuti, con particolare riferimento ai costi posti a carico dei cittadini, alla tracciabilità, al compostaggio, alla raccolta differenziata ed alla effettiva destinazione al recupero ed al riuso dei rifiuti o delle loro porzioni approvando un documento conclusivo nella seduta del 16 gennaio 2013.
Il D.Lgs. 152/2006 ha delineato una nuova disciplina per le terre e rocce da scavo finalizzata a consentirne il riutilizzo e a sottrarle alla normativa sui rifiuti, che era contenuta nell'art. 186 del D.Lgs. 152/2006, ora abrogato a seguito dell'entrata in vigore del D.M. 10 agosto 2012, n. 161.
Prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina sull'utilizzo delle terre e rocce da scavo, l'art. 3, commi 1-3, del D.L. 2/2012 ha dettato una specifica disciplina per le matrici materiali di riporto che la norma definisce come "materiali eterogenei utilizzati per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all'interno dei quali possono trovarsi materiali estranei". La finalità della norma è l'esclusione, alle condizioni ivi previste, dall'applicazione della disciplina sui rifiuti. E' stato previsto, infatti, che i riferimenti al "suolo" di cui all'articolo 185, comma 1, lettere b) e c), e 4 del D.Lgs. 152/2006 si interpretano come riferiti anche ai materiali di riporto. Il comma 3 ha precisato che, fino all’entrata in vigore del predetto regolamento sulle terre e rocce da scavo, le matrici materiali di riporto eventualmente presenti nel suolosono considerate sottoprodotti alle condizioni indicate nel Codice.
L'attribuzione della qualifica di sottoprodotti ad ulteriori categorie di sostanze o oggetti è stata discussa nel corso della legislatura anche in occasione dell'esame di proposte di legge, il cui iter non si è concluso nel corso della legislatura.
Tale qualifica è stata, infine, attribuita al digestato ottenuto in impianti aziendali o interaziendali dalla digestione anaerobica, eventualmente associata anche ad altri trattamenti di tipo fisico-meccanico, di effluenti di allevamento o residui di origine vegetale o residui delle trasformazioni o delle valorizzazioni delle produzioni vegetali effettuate dall’agro-industria, conferiti come sottoprodotti, anche se miscelati fra di loro, ed utilizzato ai fini agronomici (art. 52, comma 2-bis, del D.L. 83/2012).
Il quadro europeo in materia di rifiuti è in forte evoluzione ed è soprattutto portatore di una nuova visione della politica in tale materia centrata su una nuova considerazione del rifiuto come "risorsa" nella prospettiva di un'economia basata sullo sviluppo sostenibile e sull'uso efficace ed efficiente delle risorse. In tale contesto, le competenti Commissioni parlamentari hanno partecipato attivamente alla formazione delle politiche europee attraverso l'esame di alcuni atti europei nel'ambito della cosiddetta "fase ascendente".
Nella seduta del 22 giugno 2011, la Commissione ambiente della Camera ha approvato un documento con riguardo alla Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni concernente la strategia tematica sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti (COM(2011)13 def.), mentre è stato avviato nella seduta del 25 ottobre 2011 dalle Commissioni VIII e X della Camera l'esame della Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo al Consiglio, al Comitato Economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni: Tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse (COM(2011)571 def.).
Sull’attuazione e sull'applicazione della vigente legislazione europea in materia di rifiuti pesano comunque alcune procedure di infrazione che rappresentano una quota significatica del complesso delle procedure avviate nella legislazione ambientale.
In considerazione della procedura di infrazione europea sulle discariche abusive, le Commissioni VIII (Ambiente) e XIV (Politiche dell'UE) della Camera hanno svolto un'audizione del Ministro dell'ambiente nella seduta del 21 novembre 2012.
Materiali di diritto comparato
Sugli atti europei
Sul D.lgs. 121/2011
Sul D.lgs. 205/2010
Sulla gestione dei rifiuti
Sulle proposte di legge
Commento alle norme del D.Lgs. 205/2010
Relazioni e rapporti
Con l'emanazione del c.d. decreto Ronchi (D.Lgs. 22/1997) è stato sancito il passaggio dal sistema della tassa a quello della tariffa. L’art. 49, comma 1, del citato decreto, istitutivo della “tariffa d’igiene ambientale” (anche indicata come TIA1), ha infatti soppresso la Tassa per lo smaltimento dei rifiuti (TARSU, disciplinata dal Capo III del D.Lgs. 507/1993), a decorrere dai termini indicati dal D.P.R. 158/1999 (Regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani), entro i quali i comuni avrebbero dovuto provvedere all’integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa. Il comma 1-bis del medesimo art. 49 ha comunque consentito ai comuni di deliberare, in via sperimentale, l'applicazione della tariffa anche prima dei citati termini.
Termini però che, per effetto di successive proroghe legislative operate nei confronti delle disposizioni dell’art. 11 del D.P.R. 158/1999, non sono mai diventati operativi. L’art. 11, come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 134, della legge 266/2005 (finanziaria 2006) prevede, infatti, l’applicazione del sistema tariffario non prima del 2007.
In tale scenario si è innestato l'art. 238 del D.Lgs. 152/2006 che ha introdotto la “tariffa per la gestione dei rifiuti urbani” (comunemente indicata come “tariffa integrata ambientale” o TIA2). Contemporaneamente all’istituzione della TIA2, l'art. 238 ha disposto l'abrogazione della precedente "tariffa Ronchi". L'attuazione concreta della TIA2 è stata tuttavia differita (dal comma 11 dell’art. 238 citato) fino all'emanazione di un apposito decreto attuativo, che non è mai stato emanato. Nelle more dell’emanazione di tale decreto è stata disposta (sempre ai sensi del comma 11 citato) l’applicazione delle norme regolamentari vigenti, e quindi fatta salva l'applicazione della “tariffa Ronchi” nei comuni che l'avevano già adottata.
L'applicazione della disciplina precedente è perdurata negli anni successivi, in virtù della disposizione recata dal comma 184 dell'articolo 1 della L. 296/2006, la cui finalità era proprio quella di lasciare invariato il regime di prelievo (e quindi consentire, nei fatti, l’applicazione della TARSU), dapprima per l’anno 2007 e poi, sulla base di successive novelle, anche per gli anni 2008-2009. In tal modo, nei comuni in cui fino al 2006 si applicava la TARSU si è continuato ad applicarla, così come si è continuato ad applicare la cd. tariffa Ronchi nei comuni che, in virtù del comma 1-bis dell’art. 49 citato, avevano anticipato l’applicazione della tariffa in via sperimentale; tutto ciò nonostante lo spirare delle rispettive discipline legislative.
Sullo scenario normativo suesposto si è innestata la norma recata dall’art. 5, comma 2-quater, del D.L. 208/2008, poi modificata prima dall’art. 23, comma 21, del D.L. 78/2009 (convertito dalla legge 102/2009) e poi dall'art. 8, comma 3, del D.L. 194/2009 (convertito dalla L. 25/2010). Tale comma 2-quater, nel testo novellato, ha consentito ai comuni di adottare comunque la TIA2 sulla base delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti (quindi del D.P.R. 158/1999), anche in mancanza dell’emanazione (entro il 30 giugno 2010) da parte del Ministero dell’ambiente del regolamento - previsto dall’art. 238, comma 6, del D.Lgs. 152/2006 - volto a disciplinare l’applicazione della stessa TIA2.
La qualificazione della natura giuridica della prestazione patrimoniale dovuta a fronte dei servizi di smaltimento dei rifiuti è stata oggetto, nel corso della XVI legislatura, di diverse interpretazioni e di un ampio contenzioso, a cui si è fatto ricorso soprattutto per chiarire l'applicazione, o meno, dell’obbligo di assoggettare le somme all’imposta sul valore aggiunto (IVA).
La questione della natura tributaria piuttosto che "corrispettivo per il servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani" della TIA1 è stata oggetto di diverse, e talora contrastanti, pronunce giurisdizionali, nonchè di differenti interpretazioni dottrinali. Tra le varie pronunce, di indubbio rilievo è la sentenza n. 238 del 2009 della Corte costituzonale che le ha riconosciuto natura tributaria (e, quindi, la conseguente competenza della Commissioni tributarie a dirimere le relative controversie), non rilevando "né la formale denominazione di «tariffa», né la sua alternatività rispetto alla TARSU, né la possibilità di riscuoterla mediante ruolo". Tale sentenza ha determinato, di fatto, l’esclusione dalla imponibilità ai fini IVA delle somme dovute e la conseguente presentazione di numerosi ricorsi da parte dei contribuenti per il rimborso dell’IVA pagata.
La Corte costituzionale, nell'indicare i criteri cui far riferimento per qualificare come tributari alcuni prelievi, ha infatti affermato che essi sono indipendenti dal nomen iuris utilizzato dalla normativa che disciplina i prelievi stessi, e consistono piuttosto nella doverosità della prestazione, nella mancanza di un rapporto sinallagmatico tra le parti e nel collegamento di detta prestazione alla pubblica spesa in relazione ad un presupposto economicamente rilevante (ex plurimis: sentenze n. 238 del 2009; n. 141 del 2009; n. 335 e n. 64 del 2008; n. 334 del 2006 e n. 73 del 2005).
Questa sentenza differisce da precedenti orientamenti assunti - tra l'altro - dalla Corte di Cassazione civile che aveva qualificato come non tributaria tale prestazione pecuniaria (S.U. ordinanza n. 3274/2006), anche se successive decisioni della Corte stessa, con varie motivazioni e differenze, avevano invece ricondotto detta prestazione nel novero dei tributi (S.U: ordinanza n. 3171 del 2008, sentenze n. 13902/2007 e n. 4895/2006; sezioni semplici: sentenze n. 5298 e n. 5297 del 2009, n. 17526/2007).
Quanto affermato dalla Corte Costituzionale è stato successivamente ribadito anche dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 8313 dell’8 aprile 2010) secondo la quale “il fatto generatore dell’obbligo di pagamento è legato non all’effettiva produzione di rifiuti da parte del soggetto obbligato e alla effettiva fruizione del servizio di smaltimento, ma esclusivamente all’utilizzazione di superficie idonee a produrre rifiuti ed alla potenziale fruibilità del servizio (punto 7.2.3.1. della sentenza n. 238/2009). Ciò fa della TIA, come già della TARSU, un tributo, la cui natura non può essere mutata se non sganciando l’obbligazione dal presupposto impositivo, e non attribuendo ad un privato un impossibile potere impositivo”.
Con l’articolo 14, comma 33, del D.L. 78/2010 è stata successivamente introdotta una norma interpretativa diretta ad affermare la natura non tributaria della TIA2. La stessa norma, inoltre, affida le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente al 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore del D.L. 78/2010) alla giurisdizione ordinaria.
La finalità di tale disposizione non è quella di dirimere le possibili controversie originanti dalla recente giurisprudenza (in primis la sentenza n. 238/2009 della Corte costituzionale), in quanto tale giurisprudenza investe la TIA1, ma quella di creare le premesse per consentire un avvio ordinato della nuova tariffa integrata ambientale (TIA2).
Sul punto è successivamente intervenuta la circolare n. 3/DF dell'11 novembre 2010, con cui il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) ha fornito chiarimenti in materia di applicabilità dei prelievi concernenti la gestione dei rifiuti solidi urbani (TARSU, TIA1 e TIA2), dando anche indicazioni circa la natura non tributaria della tariffa e conseguente assoggettabilità all'IVA. In particolare il MEF ha chiarito che si applicano sia alla TIA1 che alla TIA2 le disposizioni contenute nell'art. 14, comma 33, del D.L. 78/2010, secondo il quale «la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, rientrano nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria».
Il comma 123 dell'art. 1 della L. 220/2010 (abrogato dal comma 4 dell'art. 4 del D.L. 16/2012) ha previsto, sino all'attuazione del federalismo fiscale, la sospensione del potere delle regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote attribuiti agli enti territoriali, fatta eccezione per gli aumenti relativi alla tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU).
Successivamente è intervenuta la disposizione introdotta dalla legge di conversione n. 10/2011 nel testo dell'art. 2 del D.L. 225/2010 (cd. milleproroghe). Il comma 2-bis prevede che, nelle more della completa attuazione delle disposizioni di carattere finanziario in materia di ciclo di gestione dei rifiuti (comprese quelle riguardanti anche la regione e gli enti locali della Campania recate dagli artt. 11-12 del D.L. 195/2009), la copertura integrale dei costi dell’intero ciclo di gestione dei rifiuti può essere assicurata - anche in assenza di una dichiarazione dello stato di emergenza e anche in deroga alle vigenti disposizioni in materia di sospensione recate dal citato comma 123 - con le seguenti modalità:
- applicazione delle disposizioni di cui al comma 5-quater della legge n. 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile), concernente il potere, attribuito al Presidente della Regione colpita da calamità naturali, di coprire gli oneri derivanti con aumenti, sino al limite massimo consentito dalla vigente legislazione, delle imposizioni tributarie attribuite alla regione, nonché elevando la misura dell’imposta regionale sulla benzina per autotrazione, fino ad un massimo di cinque centesimi per litro, ulteriori rispetto alla misura massima consentita; viene raddoppiato, tuttavia, in tal caso, il limite di incremento di imposta previsto dal comma 5-quater;
- facoltà, per comuni e province, di deliberare una maggiorazione delle addizionali all'accisa sull'energia elettrica in misura non superiore al vigente importo delle addizionali.
Da ultimo è intervenuto il comma 7 (ora abrogato, vedi infra) dell'art. 14 del D.Lgs. 23/2011 (federalismo fiscale municipale) secondo cui, fino alla revisione della disciplina dei prelievi relativi alla gestione dei rifiuti solidi urbani, continuano ad applicarsi i regolamenti comunali in materia di TARSU e TIA1.
Lo stesso comma dispone altresì che resta ferma la possibilità per i comuni di adottare la TIA2.
Con l'art. 14 del D.L. 201/2011 è stato istituito a decorrere dal 1° gennaio 2013 il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, svolto in regime di privativa pubblica ai sensi della vigente normativa ambientale e dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni.
Il comma 47 del medesimo articolo ha disposto l'abrogazione, a decorrere dal 1° gennaio 2013, del citato comma 7 dell'art. 14 del D.Lgs. 23/2011.
L’articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011 ha istituito, a decorrere dal 1° gennaio 2013, il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, nonché dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni.
Il tributo è dovuto - con vincolo di solidarietà tra i componenti del nucleo familiare o tra coloro che usano in comune i locali o le aree stesse - da chiunque possieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani.
Sono escluse dalla tassazione le aree scoperte pertinenziali o accessorie a civili abitazioni e le aree comuni condominiali che non siano detenute o occupate in via esclusiva.
In caso di utilizzi temporanei di durata non superiore a sei mesi, il tributo è dovuto soltanto dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione, superficie, mentre per i locali in multiproprietà e i centri commerciali integrati il soggetto che gestisce i servizi comuni è responsabile del versamento del tributo dovuto per i locali ed aree scoperte di uso comune.
A decorrere dal 1° gennaio 2013 sono soppressi tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria, compresa l'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza.
La tariffa, che è commisurata all’anno solare e deve assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio, è composta da:
Sul sito del Dipartimento delle finanze è stato pubblicato il modello di Regolamento per l'istituzione e l'applicazione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES). E' possibile inoltre consultare le linee guida per la redazione del piano finanziario e per l'elaborazione delle tariffe.
Il servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento – a seguito delle modifiche introdotte dal comma 387 dell’articolo unico della legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012) - deve essere svolto in regime di privativa pubblica ai sensi della vigente normativa ambientale.
Si ricorda che sussiste una situazione giuridica definibile di “privativa” allorché una determinata attività o servizio possano, o debbano a seconda dei casi, essere esercitati esclusivamente dal soggetto che ne detiene il diritto. L’art. 198 del D.Lgs. 152/2006 prevede che i comuni concorrono, nell'ambito delle attività svolte a livello degli ambiti territoriali ottimali (ATO), alla gestione dei rifiuti urbani ed assimilati. Sino all'inizio delle attività del soggetto aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta dall'Autorità d'ambito ai sensi dell'articolo 202, i comuni continuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui al l'articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Si ricorda, infatti, che l’art. 202 ha previsto che l'Autorità d'ambito ottimale (AATO) aggiudichi il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, secondo la disciplina vigente in tema di affidamento dei servizi pubblici locali, in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Il rinvio al regime di privativa pubblica è stato introdotto al fine di recepire la sentenza della Corte costituzionale n. 199 del 2012, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale della disciplina sui servizi pubblici locali.
Con sentenza n. 199 del 2012, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 4 del D.L. 138/2011, rilevando che, nonostante il titolo «Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dall’Unione europea», la disciplina in esso contenuta abbia la stessa ratio di quella abrogata, di drastica riduzione delle ipotesi di affidamenti in house al di là di quanto prescritto dalla normativa comunitaria, e riproduca alla lettera, in buona parte, svariate disposizioni dell’art. 23-bis (e del relativo regolamento attuativo D.P.R. n. 168 del 2010) abrogate col suddetto referendum 11.13 giugno 2011. Poiché l’illegittimità è dichiarata sia nel testo originario che in quello risultante dalle successive modificazioni, cioè anche quelle apportate dai D.L. 1/2012 e 83/2012, l’intera disciplinata contenuta nell’art. 4 risulta caducata dalla sentenza. Restano salve, invece, le disposizioni contenute nell’art. 3 bis, introdotto dal D.L. 1/2012 in tema di ambiti ottimali e di sottoposizione al patto di stabilità, nonché controllo degli enti territoriali del rispetto dei relativi vincoli, delle società in house. La sentenza ribadisce il principio già affermato in precedenti pronunce per cui il legislatore “conserva il potere di intervenire nella materia oggetto di referendum senza limiti particolari che non siano quelli connessi al divieto di far rivivere la normativa abrogata”.
Con riguardo alla base imponibile sulla quale applicare il tributo, sempre in seguito alle modifiche introdotte con la legge di stabilità 2013, è stata disposta l’applicazione a regime dei criteri del DPR 158/1999, che ha dettato le norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani. Essa rappresenta l'insieme dei criteri e delle condizioni che devono essere rispettati per la determinazione della tariffa da parte degli enti locali. La tariffa di riferimento a regime deve coprire tutti i costi afferenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani e deve rispettare la formula di cui al punto 1 dell'allegato 1 al decreto, che – semplificando – prevede la copertura della somma dei costi di gestione del ciclo dei servizi attinenti i rifiuti solidi urbani dell'anno precedente e dei costi comuni imputabili alle attività relative ai rifiuti urbani dell'anno precedente (opportunamente corretta con un fattore che tiene conto dell’inflazione programmata per l'anno di riferimento e del recupero di produttività nel medesimo anno) nonché dei costi d'uso del capitale relativi all'anno di riferimento. L’art. 3 del citato D.P.R. dispone che, sulla base della tariffa di riferimento, gli enti locali individuano il costo complessivo e determinano la tariffa, anche in relazione al piano finanziario degli interventi relativi al servizio e tenuto conto degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato. Il D.P.R. 158/1999 non fissa, quindi, solo un metodo per la determinazione della qualità e quantità di rifiuti solidi urbani prodotti per categorie di utenza, ma persegue anche lo scopo di stabilire il metodo sulle base del quale gli enti locali devono calcolare la tariffa stessa per classi di utenza. Riprendendo le disposizioni del comma 4 dell'articolo 49 del D.Lgs. 22/1997 (ora abrogato), il D.P.R. ribadisce che la tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti (parte fissa), e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all'entità dei costi di gestione (parte variabile).
Quanto alla determinazione della superficie tassabile, la norma rinvia l’applicazione del criterio previsto per le unità immobiliari a destinazione ordinaria (secondo il quale il tributo si applica all’80 per centodella superficie catastale) al momento in cui sarà effettuato - mediante forme di collaborazione tra i comuni e l’Agenzia del territorio - l’allineamento tra i dati catastali relativi a tali unità e i dati riguardanti la toponomastica e la numerazione civica di ciascun comune. Per favorire il predetto allineamento dei dati, viene poi introdotto l’obbligo - al comma 34 del citato articolo 14 - di indicare nella dichiarazione delle unità immobiliari a destinazione ordinaria i dati catastali, il numero civico di ubicazione dell'immobile e il numero dell'interno. In prima applicazione, pertanto, la superficie delle unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano assoggettabile al tributo è costituita da quella calpestabile dei locali e delle aree suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati.
Ai fini dell'applicazione del tributo si considerano le superfici dichiarate o accertate ai fini delle tariffe rifiuti applicate dai comuni: laTARSU (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani di cui al decreto legislativo 13 novembre 1993, n. 507), laTIA 1 (Tariffa di igiene ambientale prevista dall'articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22) o laTIA 2 (articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).
L’art. 238 del D.Lgs. 152/2006 disciplina la “tariffa per la gestione dei rifiuti urbani” (comunemente indicata come “tariffa integrata ambientale” o TIA2) prevedendo, tra l'altro, che chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa che costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Contemporaneamente all’istituzione della TIA2, l'art. 238 ha disposto l'abrogazione dellaTIA1, vale a dire la precedente "tariffa Ronchi" (istituita dall’art. 49 del D.Lgs. 22/1997 e comunemente indicata come “tariffa d’igiene ambientale”). L'attuazione della TIA2 è stata tuttavia differita (dal comma 11 dell’art. 238 citato) fino all'emanazione di un apposito decreto attuativo, a tutt’oggi non ancora emanato. Nelle more dell’emanazione di tale decreto è stata disposta (sempre ai sensi del comma 11 citato) l’applicazione delle norme regolamentari vigenti, e quindi fatta salva l'applicazione della “tariffa Ronchi” nei comuni che l'avevano già adottata.
Alcuni comuni, poi, applicano ancora la Tassa per lo smaltimento dei rifiuti (TARSU, disciplinata dal Capo III del D.Lgs. 507/1993), soppressa dall’art. 49, comma 1, del cd. decreto Ronchi (D.Lgs. 22/1997), a decorrere dai termini indicati dal citato D.P.R. 158/1999, entro i quali i comuni avrebbero dovuto provvedere all’integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa. Il comma 1-bis del medesimo art. 49 ha comunque consentito ai comuni di deliberare, in via sperimentale, l'applicazione della tariffa anche prima dei citati termini. Termini però che, per effetto di successive proroghe legislative operate nei confronti delle disposizioni dell’art. 11 del D.P.R. 158/1999, non sono mai diventati operativi.
Nella determinazione della superficie assoggettabile al tributo non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano di regola rifiuti speciali, a condizione che il produttore ne dimostri l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. Alla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero.
Alla tariffa così determinata, si applica una maggiorazione pari a 0,30 euro per metro quadrato, a copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni, i quali possono, con deliberazione del consiglio comunale, modificare in aumento la misura della maggiorazione per un importo massimo di 0,40 euro, anche graduandola in ragione della tipologia dell'immobile e della zona ove è ubicato.
Sono previste specifiche ipotesi di riduzioni tariffarie, salva la facoltà, per il consiglio comunale, di deliberare ulteriori riduzioni ed esenzioni. Il consiglio comunale determina, con apposito regolamento, la disciplina per l'applicazione del tributo e approva le tariffe.
I comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico possono, con regolamento, prevedere l'applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, in luogo del tributo.
Nelle zone in cui non è effettuata la raccolta, il tributo è dovuto in misura non superiore al quaranta per cento della tariffa da determinare, anche in maniera graduale, in relazione alla distanza dal più vicino punto di raccolta rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita.
Il tributo è dovuto nella misura massima del venti per cento della tariffa, in caso di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti, ovvero di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento, nonché di interruzione del servizio per motivi sindacali o per imprevedibili impedimenti organizzativi che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall'autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all'ambiente.
Resta invece confermata la disciplina del tributo dovuto per il servizio di gestione dei rifiuti delle istituzioni scolastiche.
I commi da 24 a 27 regolano il servizio di gestione dei rifiuti assimilati prodotti da soggetti che occupano o detengono temporaneamente locali od aree pubbliche o di uso pubblico. In particolare, il comma 24 prevede che per tale servizio i comuni stabiliscono con il regolamento le modalità di applicazione del tributo, in base a tariffa giornaliera. L'occupazione o detenzione è temporanea quando si protrae per periodi inferiori a 183 giorni nel corso dello stesso anno solare. Ai sensi del comma 25, la misura tariffaria è determinata in base alla tariffa annuale del tributo, rapportata a giorno, maggiorata di un importo percentuale non superiore al 100 per cento. L'obbligo di presentazione della dichiarazione è assolto con il pagamento del tributo da effettuarsi con le modalità e nei termini previsti per la tassa di occupazione temporanea di spazi ed aree pubbliche (comma 26). Si applicano - in quanto compatibili - le disposizioni relative al tributo annuale, compresa la maggiorazione di cui al comma 13.
Il comma 28 fa salva l'applicazione del tributo provinciale per l'esercizio delle funzioni di tutela, protezione ed igiene dell'ambiente (di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504). Il tributo provinciale, commisurato alla superficie dei locali ed aree assoggettabili a tributo, è applicato nella misura percentuale deliberata dalla provincia sull'importo del tributo.
I commi da 33 a 44 disciplinano gli aspetti procedurali concernenti la presentazione della dichiarazione e l’accertamento, statuendo anche in ordine alle sanzioni. Ai sensi del comma 35, in deroga alla normativa per l’affidamento dei servizi di riscossione da parte dei comuni (articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446), questi ultimi possono affidare, fino al 31 dicembre 2013, la gestione del tributo o della tariffa ai medesimi soggetti che attualmente svolgono, anche disgiuntamente, ilservizio di gestione dei rifiuti e di accertamento e riscossione della TARSU, della TIA1 o della TIA 2.
Il versamento è effettuato esclusivamente al comune - in quattro rate trimestrali, scadenti nei mesi di gennaio, aprile, luglio e ottobre - tramite il sistema dei versamenti unitari con compensazione con il modello F24, nonché tramite bollettino di conto corrente postale. I comuni possono variare la scadenza e il numero delle rate di versamento.
Per l'anno 2013, il termine di versamento della prima rata è comunque posticipato a luglio (secondo le modifiche introdotte dal decreto-legge n. 1 del 2013), ferma restando la facoltà per il comune di posticipare ulteriormente tale termine. E’ inoltre consentito il pagamento in unica soluzione entro il mese di giugno di ciascun anno.
Con uno o più decreti del direttore generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Direttore dell'Agenzia delle entrate e sentita l’Anci, sono stabilite le modalità di versamento, assicurando in ogni caso la massima semplificazione degli adempimenti da parte dei soggetti interessati, prevedendo anche forme che rendano possibile la previa compilazione dei modelli di pagamento. Per l'anno 2013, fino alla determinazione delle tariffe, a seguito della quale si effettuerà il conguaglio, l'importo delle corrispondenti rate è determinato in acconto, commisurandolo all'importo versato, nell'anno precedente, a titolo di TARSU o di TIA 1 oppure di TIA 2.
Per l'anno 2013, il pagamento della maggiorazione a copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni è effettuato in base alla misura standard, pari a 0,30 euro per metro quadrato. Anche in tal caso, l'eventuale conguaglio riferito all'incremento della maggiorazione fino a 0,40 euro è effettuato al momento del pagamento dell'ultima rata.
Il comma 45 rinvia alle disposizioni relative all'accertamento e alla riscossione, da parte degli enti locali, dei tributi di propria competenza, di cui all'articolo 1, commi da 161 a 170, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nonché alle norme in materia di potestà regolamentare delle province e dei comuni di cui all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, per quanto attiene all'accertamento e alla riscossione dei tributi e delle altre entrate. Tale ultima norma prevede, tra l’altro, che l'accertamento dei tributi può essere effettuato dall'ente locale anche in forma associata; qualora, invece, sia deliberato di affidare a terzi l’accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate, le relative attività sono affidate nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali.
Il “sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti” (SISTRI) è stato istituito con il D.M. 17 dicembre 2009, in attuazione dell'art. 14-bis del decreto-legge 78/2009, che aveva demandato al Ministero dell'ambiente la definizione dei tempi e delle modalità di attivazione del sistema, al fine di dare concreta applicazione alle norme introdotte nel corso della precedente legislatura.
Già nella XIV legislatura, infatti, con l'art. 1, comma 1116, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007) era stata prevista la realizzazione di un sistema integrato per il controllo e la tracciabilità dei rifiuti. E successivamente, con il D.lgs. 4/2008, che inseriva il comma 3-bis all’art. 189 del D.lgs. 152/2006 (c.d. Codice ambientale), veniva stabilito l’obbligo, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica, dell’installazione ed utilizzo di apparecchiature elettroniche per le categorie dei soggetti già obbligati alla predisposizione della documentazione cartacea in materia di rifiuti speciali.
Le finalità del SISTRI sono essenzialmente quelle di:
Il nuovo sistema di tracciabilità risponde, pertanto, alla necessità, rilevata a livello comunitario (e da ultimo ancora nella direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/CE), di adottare misure volte a garantire la tracciabilità dei rifiuti pericolosi dalla produzione alla destinazione finale, e contemporaneamente all’intento, dichiarato dal Governo, di semplificare gli adempimenti amministrativi per le imprese e ridurre i costi che gravano sulle stesse. Con il nuovo meccanismo di tracciabilità si innova, con sistemi elettronici, il sistema informativo cartaceo finalizzato al controllo dell'intera catena di gestione dei rifiuti.
Infatti, come è emerso dall’interrogazione parlamentare 5-02530 svolta nella seduta del 23 febbraio 2010 presso la VIII Commissione, il costo complessivo del sistema cartaceo in tema di rifiuti (MUD, registro e formulario), per le sole piccole e medie imprese, è pari a 671 milioni di euro l’anno ed il costo medio per la singola impresa varia da circa 1.183 euro (per le imprese da 5 a 249 addetti) a 464 euro (per le imprese da 1 a 4 addetti).
Il decreto ha introdotto l'obbligo di iscrizione al SISTRI a carico di un’ampia platea di soggetti, sostanzialmente coincidenti con quelli tenuti al “tradizionale” obbligo di invio e compilazione del MUD ai sensi dell'art. 189, comma 3, del Codice ambientale, distinta in tre gruppi a seconda del numero dei lavoratori impiegati e delle attività esercitate. Per tali gruppi erano inoltre previsti, inizialmente, termini diversi per l'ingresso nel sistema. I termini inizialmente fissati dal D.M. 17 dicembre 2009 non sono tuttavia mai divenuti operativi (v. infra).
A carico di tutti gli aderenti al sistema SISTRI grava, altresì, l’obbligo di contribuire alla copertura economica del sistema stesso, con il pagamento annuale di un contributo (art. 4 del D.M. 17 dicembre 2009), così come l’inserimento nelle schede delle informazioni relative a produzione, recupero, smaltimento, movimentazione e trasporto di rifiuti secondo quanto specificato dall’art. 5 del medesimo decreto.
Tra i soggetti coinvolti nella gestione del Sistri si segnala il Comando dei Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente dovrà garantire la messa a disposizione dei dati sulla produzione, movimentazione e gestione dei rifiuti. Ciò in quanto il SISTRI sarà telematicamente connesso con l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), con il SITRA (Sistema di tracciabilità dei rifiuti urbani della Regione Campania, istituito dall'art. 2, comma 2-bis, del D.L. 6 novembre 2008, n. 172), con l’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, con la Guardia Costiera e le imprese ferroviarie.
A carico dei soggetti tenuti ad aderire al SISTRI grava il correlato obbligo di comunicare, attraverso il medesimo sistema di tracciabilità, le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto delle proprie attività, utilizzando i dispositivi elettronici, indicati all’art. 3, comma 6, del D.M. 17 dicembre 2009, vale a dire:
Con il decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, con cui si è provveduto a recepire la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti, oltre ad apportare significative modifiche alla parte IV del Codice ambientale in materia di rifiuti, sono state introdotte nel Codice ambientale alcune norme di coordinamento con le disposizioni sul SISTRI e, soprattutto, il relativo sistema sanzionatorio necessario per l'effettivo funzionamento del sistema.
Quanto alle norme di coordinamento, il D.Lgs. 205/2010 ha introdotto nel testo del D.Lgs. 152/2006 alcuni articoli aggiuntivi (artt. 188-bis e 188-ter) e provveduto a riscriverne altri (artt. 188-190, 193 e 194), al fine di sistematizzare le disposizioni sul SISTRI con quelle del D.M. 17 dicembre 2009 e di coordinare gli adempimenti documentali, integrandoli e adattandoli con i principi della direttiva 2008/98/CE che prevedono che la tracciabilità dei rifiuti debba essere garantita dalla loro produzione alla loro destinazione finale.
Il nuovo art. 188-ter (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti – SISTRI) coordina quanto già previsto dal D.M. 17 dicembre 2009 in merito ai destinatari del sistema che vengono suddivisi in due gruppi: soggetti obbligati e quelli che possono aderire su base volontaria.
Viene previsto un obbligo di iscrizione a carico di un’ampia categoria di soggetti, sostanzialmente coincidenti con quelli tenuti al tradizionale obbligo di invio e compilazione del MUD ex art. 189, comma 3, e includendovi anche gli addetti al trasporto intermodale.
Sono quindi obbligati ad aderire al SISTRI:
1) rifiuti pericolosi - enti e imprese produttori di rifiuti speciali pericolosi, compresi quelli indicati all’art. 212, comma 8, del d.lgs. 152/2006, indipendentemente dal numero di dipendenti;
2) rifiuti speciali - enti e imprese produttori di rifiuti speciali non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali, artigianali, attività di recupero e smaltimento di rifiuti, fanghi da potabilizzazione e altri trattamenti di acque, da depurazione di acque reflue e da abbattimento fumi (art. 184,comma 3, lettere c), d) e g) con più di dieci dipendenti;
3) produttori-smaltitori - enti e imprese che effettuano operazioni di smaltimento o recupero di rifiuti e che producono rifiuti non pericolosi, indipendentemente dal numero di dipendenti;
4) commercianti - commercianti e intermediari di rifiuti;
5) consorzi - consorzi istituiti per il recupero o il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti che organizzano la gestione di tali rifiuti per conto dei consorziati;
6) smaltitori - enti e imprese che effettuano operazioni di recupero o smaltimento di rifiuti;
7) trasportatori - enti e imprese che raccolgono o trasportano rifiuti speciali a titolo professionale. In caso di trasporto navale, l’armatore o il noleggiatore che effettuano il trasporto o il raccomandatario marittimo indicato dalla legge n. 135/1977, delegato per gli adempimenti relativi al SISTRI dall'armatore o noleggiatore medesimi;
8) affidatari - per trasporto intermodale: i soggetti ai quali sono affidati i rifiuti speciali in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’impresa navale o ferroviaria o dell’impresa che effettua il successivo trasporto;
9) regione Campania - comuni e imprese di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani nel territorio della regione Campania.
A tale elenco vanno ad aggiungersi, ai sensi del comma 5 dell’art. 230 del Codice, anche i soggetti che svolgono attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che asservite ad edifici privati.
Possono, invece, aderire al SISTRI su base volontaria:
1) rifiuti speciali - enti e imprese produttori di rifiuti speciali non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali, artigianali, attività di recupero e smaltimento di rifiuti, fanghi da potabilizzazione e altri trattamenti di acque, da depurazione acque reflue e da abbattimento fumi (art. 184,comma 3, lettere c), d) e g) che non hanno più di dieci dipendenti;
2) imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’art. 212, comma 8, del Codice ambientale;
3) imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 del cod. civ. che producono rifiuti non pericolosi;
4) imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi derivanti da attività diverse da quelle di cui all’art. 184, comma 3, lett. c), d) e g) del Codice ambientale;
5) comuni, centri di raccolta e imprese di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani nel territorio di regioni diverse dalla regione Campania.
In merito al testo dell’art. 189 (Catasto dei rifiuti) vengono coordinate le disposizioni relative al catasto con la nuova normativa introdotta con il SISTRI e con quella relativa all’ISPRA, presso il quale è prevista l’operatività della sezione nazionale del catasto dei rifiuti.
Pertanto, i dati acquisiti tramite il SISTRI costituiscono la base di aggiornamento costante del catasto, anche ai fini della pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti.
Inoltre, dato che le informazioni contenute nel Modello unico di dichiarazione ambientale (MUD) sono ricavate automaticamente dal SISTRI, viene previsto che l’obbligo di presentare annualmente il MUD ai sensi della legge n. 70/1994, permane solo per i comuni o loro consorzi e comunità montane, ad eccezione dei comuni della regione Campania.
I comuni della regione Campania, tenuti obbligatoriamente ad aderire al SISTRI, devono invece effettuare le comunicazioni tramite interconnessione diretta tra il catasto e il SITRA di cui all'art. 2, comma 2-bis, del decreto legge 172/2008.
Vengono infine esonerati dal presentare il MUD i comuni che aderiscono volontariamente al SISTRI.
L’ISPRA elabora annualmente i dati trasmessi alla sezione nazionale del catasto dalle sezioni regionali e provinciali e darne adeguata pubblicità.
Per le comunicazioni relative ai rifiuti da imballaggio si applicano, da ultimo, le norme previste dal successivo art. 220, comma 2, che prevede la comunicazione annuale attraverso il MUD.
In merito ai registri di carico e scarico, il nuovo art. 188-bis (Controllo della tracciabilità dei rifiuti) prevede l’alternatività tra l’adesione al SISTRI e la tenuta dei registri di carico e scarico e del formulario di identificazione dei rifiuti. Inoltre, ai fini di una maggiore chiarezza interpretativa, viene ribadito che qualora si aderisca volontariamente al SISTRI vengono meno gli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico nonché dei formulari di identificazione dei rifiuti previsti dagli artt. 190 e 193, mentre nel caso di non adesione, devono essere adempiuti gli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico e dei formulari di identificazione.
La riformulazione dell’art. 190 (Registri di carico e scarico) dispone, inoltre, che l’obbligo di tenere i registri di carico e scarico venga mantenuto unicamente per coloro che non aderiscono su base volontaria al SISTRI:
Un’importante innovazione è la soppressione dell’obbligo di conservare a tempo indeterminato i registri relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica, mentre viene mantenuto l’obbligo di conservare i registri di carico e scarico, integrati con i formulari di identificazione relativi al trasporto dei rifiuti o con la copia della scheda del SISTRI, per cinque anni.
Viene inoltre soppressa la previsione che prevedeva che potessero adempiere all'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le organizzazioni di categoria i soggetti la cui produzione annua di rifiuti non eccedeva le due tonnellate di rifiuti pericolosi, mantenendo, invece, tale facoltà per quelli che non superano le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi.
I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o impresa (quindi i liberi professionisti non organizzati in forma associata) ex legge n. 29/2006 già esenti dal MUD ma obbligati al formulario in luogo del registro, ora adempiono attraverso la conservazione, in ordine cronologico e per cinque anni, delle copie della scheda SISTRI – Area movimentazione, fornite dal trasportatore dei rifiuti stessi.
Viene, infine, ribadito che la disciplina di carattere nazionale relativa ai registri di carico e scarico è quella contenuta nel DM 1° aprile 1998, n. 148.
La riformulazione dell’art. 193 (Trasporto dei rifiuti) mantiene l’obbligo della tenuta del formulario unicamente per gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’art. 212, comma 8, e che non aderiscono su base volontaria al SISTRI.
Viene poi introdotta l’esenzione dalla responsabilità per il trasportatore in relazione a quanto indicato nella scheda SISTRI – Area Movimentazione o nel formulario di identificazione di cui al comma 1 dal produttore o dal detentore dei rifiuti e per le eventuali difformità tra la descrizione dei rifiuti e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per le difformità riscontrabili con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico.
Analogamente al registro di carico e scarico, anche per il formulario viene ribadito che la disciplina di carattere nazionale è quella indicata dal DM 1° aprile 1998, n. 145.
Vengono quindi disciplinati alcuni casi particolari di trasporto:
- per le spedizioni transfrontaliere da parte di imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi e che non aderiscono su base volontaria al SISTRI il formulario di identificazione è sostituito dai documenti previsti dall'art. 194 sulle spedizioni transfrontaliere, anche con riferimento alla tratta percorsa su territorio nazionale;
- la scheda di accompagnamento dei fanghi di depurazione in agricoltura prevista dall’art. 13 del d.lgs. 99/1992 è sostituita dalla scheda SISTRI– Area movimentazione.
Le disposizioni sulla microraccolta di rifiuti vengono integrate con la previsione che anche nelle schede SISTRI - Area movimentazione (oltre che nei formulari di identificazione) devono essere indicate, nello spazio relativo al percorso, tutte le tappe intermedie previste o le eventuali variazioni al percorso.
Viene, infine, introdotta una puntuale disciplina per il trasporto intermodale.
La sostituzione dell’art. 194 (Spedizioni transfrontaliere) introduce norme per il trasporto tranfrontaliero al fine di adeguare le norme al Regolamento CE 1013/2006, soprattutto in considerazione che il D.M. 17 dicembre 2009 reca unicamente la previsione delle spedizioni transfrontaliere dall’Italia (art. 5, comma 9) e non per quelle “in ingresso”.
La disciplina puntuale relativa al trasporto transfrontalieroè però rinviata ad un successivo decreto interministeriale, nelle cui more vengono applicate le disposizioni del D.M. 3 settembre 1998, n. 370 con cui è stato approvato il regolamento recante norme concernenti le modalità di prestazione della garanzia finanziaria per il trasporto transfrontaliero di rifiuti.
Le modifiche agli articoli 255 e 258 ed i nuovi articoli 260-bis e 260-ter introducono il sistema sanzionatorio necessario per l’efficace funzionamento del SISTRI e per l’adeguamento all’art. 36 della direttiva 2008/98/CE sui rifiuti, che prevede l’adozione, da parte degli Stati membri, di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.
Il Ministero dell’ambiente, nel commisurare l’entità delle sanzioni del nuovo sistema, si è ispirato essenzialmente a quello già previsto all’art. 258 del d.lgs. 152/2006 con riferimento al MUD, al registro di carico e scarico e al formulario, in considerazione del fatto che il SISTRI si sostituisce al sistema cartaceo per il controllo della tracciabilità dei rifiuti. In sintesi, il sistema sanzionatorio si è conformato – in punto di entità delle sanzioni – a quello già previsto dal Codice ambientale creando, tuttavia, nuove fattispecie per tener conto degli obblighi stabiliti dal D.M. 17 dicembre 2009 che, oltre a stabilire obblighi di iscrizione per varie tipologie di soggetti, prevede anche una serie di comunicazioni obbligatorie da effettuare secondo determinati criteri e tempistiche. Così all’obbligo previsto per determinate categorie di soggetti di iscriversi al SISTRI corrisponde una sanzione per l’omessa iscrizione, variabile in funzione della tipologia di rifiuti per la quale viene effettuata l’iscrizione (rifiuti pericolosi o non pericolosi). È sanzionabile anche l’omessa compilazione – secondo i tempi, le procedure e le modalità stabilite dal SISTRI – del registro cronologico o della scheda SISTRI – Area movimentazione. È, altresì, sanzionabile chi fornisce al SISTRI informazioni incomplete, inesatte o insufficienti. Infine, con specifico riferimento al trasporto, in considerazione del fatto che i rischi collegati alla gestione dei rifiuti aumentano sensibilmente in caso di trasporto dei rifiuti, viene prevista una pluralità di sanzioni, anche di natura amministrativa quali, ad esempio, il fermo amministrativo del veicolo utilizzato per l’attività di trasporto dei rifiuti.
Alcune modifiche al regime sanzionatorio sono state in seguito apportate dal D.Lgs. 121/2011, con cui è stata attuata la direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente.
A poche settimane dalla pubblicazione del D.M. 17 dicembre 2009, istitutivo del SISTRI, è cominciata una lunga stagione di proroghe: il Ministero dell'ambiente è intervenuto con una serie di decreti correttivi (emanati il 15 febbraio, 9 luglio, 28 settembre e 22 dicembre 2010) che hanno di volta in volta prorogato l'avvio dell'effettiva operatività del sistema, oltre che dettato una serie di disposizioni di carattere sostanziale, in parte volte a superare le criticità emerse nel frattempo dal confronto con le imprese e le loro associazioni.
In particolare, la proroga recata dal D.M. 9 luglio 2010 ha riguardato indifferentemente tutti i soggetti obbligati, eliminando in tal modo l'avvio differito previsto dai precedenti decreti per le diverse categorie di soggetti (come sollecitato dalla risoluzione 8-00065 approvata dalla VIII Commissione della Camera nella seduta del 28 aprile 2010). A tale proroga si è affiancato lo slittamento del termine previsto per la consegna alle imprese dei dispositivi elettronici necessari per utilizzare il nuovo sistema telematico.
Con il D.M. 28 settembre 2010 non solo si è ulteriormente differito il termine per il completamento della distribuzione delle chiavette USB e della installazione delle black box, ma è stato prorogato il termine di conclusione della fase transitoria del SISTRI, il c.d. regime a doppio binario (previsto dall'art. 12, comma 2, del decreto istitutivo), durante il quale il SISTRI avrebbe dovuto affiancare i registri di carico e scarico e il formulario di identificazione dei rifiuti, tradizionali strumenti previsti dal Codice ambientale (artt. 190 e 193 del D.Lgs. 152/2006) per documentare la corretta gestione dei rifiuti.
Con il D.M. 22 dicembre 2010, la piena operatività del SISTRI è stata fatta slittare al 1° giugno 2011, prorogando così il fino al 31 maggio 2011 il periodo transitorio del "doppio binario".
Contestualmente alla firma del citato decreto, il Ministero dell'ambiente ha sottoscritto un Protocollo con Confindustria e Rete Imprese Italia (Casartigiani, CNA, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti) volto a: confermare la validità del SISTRI quale strumento di semplificazione amministrativa e di tutela della legalità ambientale e unico strumento di rilevazione dei dati sull’intera filiera dei rifiuti; nonchè ad individuare un Comitato di indirizzo incaricato, tra l’altro, di monitorare lo stato di avanzamento del SISTRI, presentare suggerimenti per il migliore funzionamento del sistema e sensibilizzare gli operatori ancora inadempienti ad attenersi alle disposizioni normative.
Con l'emanazione del D.M. 18 febbraio 2011, n. 52 si è provveduto a raccogliere in un testo unico tutti i cinque decreti precedentemente emanati sul SISTRI che, dalla data di entrata in vigore del decreto, hanno cessato di produrre effetti.
A causa delle difficoltà di funzionamento del sistema, con il successivo D.M. 26 maggio 2011 è stata nuovamente prorogata l'entrata in vigore a regime del SISTRI, introducendo diverse scadenze temporali ("a scaglioni") in base alla tipologia ed alle dimensioni delle aziende interessate, mentre il decreto-legge 70/2011 (art. 6, comma 2, lett. f-octies) ha introdotto una specifica proroga per i piccoli produttori di rifiuti speciali pericolosi che hanno fino a 10 dipendenti.
Tali scadenze "a scaglioni" sono state superate con il decreto-legge n. 138/2011, che ha prorogato il periodo transitorio del "doppio binario" fino al 9 febbraio 2012.
L'art. 6, commi 2, 3 e 3-bis, del D.L. 138/2011 ha infatti introdotto alcune norme volte ad agevolare la progressiva entrata in operatività del SISTRI che prevedono: un'unica proroga fino al 9 febbraio 2012 per tutti i soggetti per i quali il D.M. 26 maggio 2011 aveva, invece, indicato diverse scadenze temporali, ad eccezione della specifica proroga per i piccoli produttori di rifiuti speciali pericolosi (non prima del 1° giugno 2012) e la verifica tecnica delle componenti software e hardware anche per una semplificazione delle tecnologie (comma 2); l'individuazione, con apposito decreto, di specifiche tipologie di rifiuti, alle quali, tenendo conto della quantità e dell'assenza di specifiche caratteristiche di criticità ambientale, ai fini della tracciabilità, applicare le procedure previste per i rifiuti speciali non pericolosi (comma 3) e la possibilità di delegare, per gli adempimenti SISTRI, i vari consorzi di recupero, al pari delle associazioni di categoria (comma 3-bis).
Nella G.U. n. 206 del 5 settembre 2011 è stato pubblicato l'Accordo Stato-Regioni del 27 luglio 2011 raggiunto in sede di Conferenza unificata per consentire l’accesso al SISTRI alle Regioni, agli Enti locali ed all’ISPRA.
Successivamente l'art. 13 del decreto-legge n. 216/2011 ha ulteriormente differito i termini previsti dal D.L. 138/2011:
- è slittato dal 9 febbraio 2012 al 30 giugno 2012 il termine per l’entrata in operatività del SISTRI per tutti i soggetti per i quali il D.M. 26 maggio 2011 aveva, invece, indicato diverse scadenze temporali (comma 3);
- la proroga al 30 giugno 2012 è stata introdotta anche per i piccoli produttori di rifiuti speciali pericolosi che hanno fino a 10 dipendenti, compresi quelli di cui all'art. 212, comma 8, del Codice ambientale, per i quali l’art. 6, comma 2, lett. f-octies, del D.L. 70/2011 aveva previsto l’individuazione di un termine che non poteva comunque essere antecedente al 1° giugno 2012 (comma 3-bis);
- è stata prorogata al 2 luglio 2012 la disposizione (art. 39, comma 9, del D.lgs. 205/2010) che prevedeva l’esclusione, fino al 31 dicembre 2011, dall’obbligo di iscrizione al SISTRI per alcuni imprenditori agricoli che producono e trasportano i propri rifiuti pericolosi in modo occasionale e saltuario (comma 4).
Oltre a tali proroghe l'art. 13, comma 3, del D.L. 216/2011 ha introdotto anche alcune disposizioni volte a facilitare l'operatività del sistema. In particolare al Ministero dell’ambiente è stato consentito di avvalersi, per lo svolgimento delle attività di gestione del sito internet e di tutte le attività non comprese nel contratto che riguardano la fornitura del sistema informativo, anche dell’ISPRA. Allo stesso Ministero è stato imposto di riferire alle Camere, con cadenza semestrale, sullo stato d’attuazione della gestione del SISTRI.
L'art. 52, comma 1, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, allo scopo di procedere alle ulteriori verifiche amministrative e funzionali del SISTRI, resesi necessarie anche in ragione della previsione (recata dal citato art. 6, comma 2, del D.L. 138/2011) dell'utilizzo di modalità semplificate in collaborazione con le associazioni di categoria maggiormente rappresentative, ha sospeso, fino al compimento delle anzidette verifiche e comunque non oltre il 30 giugno 2013:
Si ricorda che l’art. 6, comma 2, del D.L. 138/2011, al fine di garantire un adeguato periodo transitorio per consentire la progressiva entrata in operatività del SISTRI, nonché l'efficacia del funzionamento delle tecnologie connesse al SISTRI, ha previsto che il Ministero dell'ambiente assicuri, attraverso il concessionario SISTRI, “la verifica tecnica delle componenti software e hardware, anche ai fini dell'eventuale implementazione di tecnologie di utilizzo più semplice rispetto a quelle attualmente previste, organizzando, in collaborazione con le associazioni di categoria maggiormente rappresentative, test di funzionamento con l'obiettivo della più ampia partecipazione degli utenti”. Sempre in merito alla verifica del funzionamento tecnico del sistema, il medesimo articolo ha previsto che la competente Direzione del Ministero dell’ambiente può avvalersi di DigitPA.
Il comma 2 del medesimo articolo 52 prevede che sia un apposito decreto del Ministro dell'ambiente a fissare il nuovo termine per l'entrata in operatività del SISTRI.
Lo stesso comma dispone che, sino a tale termine, sono sospesi gli effetti del contratto stipulato tra il Ministero dell'ambiente e la SELEX-SE.MA (società affidatataria del servizio di progettazione, gestione e manutenzione del SISTRI, sulla base di apposito contratto stipulato in data 14 dicembre 2009 e successivamente integrato con atto stipulato il 10 novembre 2010) e sono conseguentemente inesigibili le relative prestazioni.
La stessa norma ha altresì sospeso il pagamento dei contributi dovuti dagli utenti per l'anno 2012.
Con il Decreto del Ministero dell'ambiente 17 ottobre 2012, n. 210 (pubblicato sulla G.U. n. 284 del 5 dicembre 2012) è stato chiarito che il contributo dovuto per l'iscrizione al SISTRI per l'anno 2012 non è dovuto e che lo stesso è sospeso sino al 30 giugno 2013.
Quanto alle ragioni che hanno motivato la sospensione dell’operatività del SISTRI, si ricorda che, in attuazione della norma del D.L. 216/2011 che ha previsto il coinvolgimento di DigitPA nelle attività di verifica del funzionamento tecnico del sistema SISTRI, il 16 maggio 2012 DigitPA ha trasmesso al Ministero dell'ambiente le sue valutazioni. In proposito il comunicato web del Ministero dell’ambiente del 12 giugno evidenzia che «Il parere di DIGITPA solleva una serie di questioni in merito alle procedure seguite da parte del Ministero per l’affidamento a SELEX-FINMECCANICA della progettazione e realizzazione del SISTRI, in merito ai costi ed al funzionamento del sistema” e che “le verifiche avviate richiedono tempi non compatibili con l’entrata in funzione del SISTRI il 1° luglio prossimo”.