XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 379 di venerdì 24 luglio 2020

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 9,35.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ALESSANDRO COLUCCI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Battelli, Brescia, Businarolo, Delrio, Gallo, Gelmini, Giachetti, Lollobrigida, Lorefice, Maggioni, Rosato, Tomasi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative, in sede bilaterale e nei consessi internazionali ed europei, per assicurare il rispetto dei diritti umani in Turchia, con particolare riferimento alla protezione dei minori dagli abusi sessuali e alla salvaguardia dei diritti delle donne - n. 2-00868)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno, Boldrini ed altri n. 2-00868 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Laura Boldrini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Illustra, l'ascoltiamo volentieri. A lei la parola.

LAURA BOLDRINI (PD). Buongiorno, Presidente, grazie di avermi dato la parola. Signora Vice Ministra, mi fa piacere vederla in quest'Aula. La Turchia, signor Presidente, come è noto, è un Paese membro del Consiglio d'Europa e il Consiglio d'Europa ha tra le sue finalità principali quella di tutelare i diritti umani, la democrazia parlamentare e anche lo Stato di diritto; eppure, soprattutto dopo il tentato colpo di Stato del 2016, il Governo di Ankara ha messo in atto una reazione assolutamente sproporzionata, con migliaia di arrestati, tra giornalisti, giudici, impiegati pubblici, che sono ancora in attesa di giudizio. La Turchia, signora Vice Ministra, è anche un membro della NATO e la NATO, nel suo statuto, parla di democrazia, delle libertà individuali e della preminenza del diritto e si richiama appunto nello statuto il principio di autodifesa, espresso appunto dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite.

Eppure, in violazione di questo principio, la Turchia è pubblicamente, diciamo noto, attiva nel teatro di guerra libico, con un protagonismo che sicuramente è mosso da un intento egemonico per lo sfruttamento delle risorse nel bacino del Mediterraneo, abbiamo visto anche le tensioni con Cipro. Altro che autodifesa! La Turchia ha sottoscritto anche diverse Convenzioni internazionali: quella dell'ONU sui diritti del fanciullo, la CEDAW, contro le discriminazioni sulle donne, la Convenzione di Lanzarote, e quella di Istanbul, che hanno alcuni elementi in comune, tra i quali la tutela dei diritti e della libertà delle donne e il divieto di attività sessuali con bambini e di contrarre anche matrimoni forzati. La Costituzione turca, all'articolo 90, obbliga ad agire secondo le Convenzioni sui diritti che appunto lo Stato ha sottoscritto. Eppure, nonostante tutto questo, il partito di Governo ha annunciato l'intenzione di presentare in Parlamento un emendamento all'articolo 103 del codice penale che permetterebbe agli autori di abusi sessuali sui minori di farla franca, basta solo sposare le vittime. Che ci vuole? Posso dire come la penso, signor Presidente? Posso dirlo in quest'Aula? Una mostruosità (Applausi)! Si chiama matrimonio riparatore: una vera mostruosità, un'amnistia vergognosa per gli stupratori di minorenni! Ci provarono già nel 2016 ad introdurre una versione molto simile a quest'emendamento, ma gli andò male, perché le proteste delle donne e della società civile turca, che è molto vigile e molto attiva, costrinse il Governo a rinunciarvi. Ora ci provano di nuovo, e dalle notizie che abbiamo potrebbe accadere nei prossimi giorni, anzi nelle prossime ore, che il Parlamento approvi quest'emendamento. Per questo, con questa interpellanza, signora Viceministra, firmata da 35 deputate di vari gruppi politici, chiediamo al Governo italiano come intenda intervenire, con le modalità e nelle sedi opportune, per scongiurare questo drammatico colpo ai diritti delle donne e ai diritti dei bambini, che si accompagnerebbe ad un altro passo indietro di cui si parla in questi giorni (anche qui bisogna verificare), sempre da parte degli esponenti del partito di Governo, l'AKP, ossia dell'uscita della Turchia dalla Convenzione di Istanbul; quella Convenzione, signor Presidente, che rappresenta una pietra miliare nei diritti delle donne, perché stabilisce che la violenza degli uomini sulle donne è una violazione dei diritti umani e, dunque, gli Stati non la possono considerare un affare privato ma hanno il compito di intervenire, di prevenirla, di punire gli autori di quella violenza e di proteggere le vittime: le tre “P”. Allora, un'azione del Governo italiano come quella che noi auspichiamo non potrebbe mai e poi mai essere considerata un'ingerenza negli affari interni di un Paese, perché questo Parlamento, signor Presidente, discute, giustamente, di ciò che accade ad Hong Kong, di ciò che accade in Egitto, in Venezuela, ma soprattutto perché la tutela dei diritti umani non conosce confini, è un patrimonio comune, è un bene comune, e non si può decidere arbitrariamente che la globalizzazione debba riguardare solo l'economia e la finanza. Noi dobbiamo adoperarci perché la globalizzazione sia anche dei diritti; la globalizzazione dei diritti. Così come non vanno tutelati solo gli affari e gli interessi, ma anche appunto i diritti delle persone. Per questo ciò che accade ad Ankara e a Istanbul ci riguarda. Ci riguarda come donne, ci riguarda come parlamentari, come cittadini e come cittadine di un Paese e di un continente che sono considerati a buon titolo nel mondo come la culla del diritto. Noi abbiamo quest'onore e quest'onere da portare avanti e a questo apprezzamento vogliamo rendere omaggio, rendere onore, dicendo al Governo turco di fermarsi, di evitare questo sfregio, e al Governo italiano chiediamo di agire in ogni sede perché questo avvenga perché il Governo turco ci ripensi (Applausi).

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Emanuela Claudia Del Re, ha facoltà di rispondere.

EMANUELA CLAUDIA DEL RE, Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Presidente, desidero ringraziare la deputata Boldrini e tutte le presentatrici di quest'interpellanza per avere attirato la nostra attenzione, soprattutto l'attenzione dell'Aula, sulla questione fondamentale dei diritti umani, su temi delicati e importanti come la protezione dei minori dagli abusi sessuali, la tutela dei diritti delle donne contro la violenza di genere e il diritto a contrarre matrimonio solo sulla base di un pieno e libero consenso. È chiaro che io stessa provo un grande sentimento di preoccupazione per tutto quello che va nella direzione opposta rispetto appunto all'attuazione dei diritti umani, di conseguenza condivido questo atteggiamento, anche enfatico, rispetto alla questione, che peraltro si rappresenta come un'espressione trasversale di molte donne che si sono mobilitate al di là delle appartenenze politiche, perché la sottoscrizione di quest'interpellanza è ampia e trasversale appunto, e oggi qui discutiamo una questione che ci riguarda tutti. È giusto che la proposta di emendamento volta a modificare in senso regressivo e inaccettabile il codice penale turco susciti questa nostra forte attenzione e la nostra vigilanza; una vigilanza che possiamo e dobbiamo esercitare in nome dei principi e delle Convenzioni di cui la stessa Turchia è parte, dalla Convenzione ONU sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione verso le donne, da lei citata (CEDAW), alla Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia (CRC), dalla Convenzione di Lanzarote a quella di Istanbul. Con la legge del 2005 sulla protezione dei minori, la Turchia si è impegnata ad attuare le disposizioni di queste Convenzioni internazionali. Il codice penale e il codice civile in Turchia riconoscono quali minori tutti gli individui al di sotto dei 18 anni di età. L'articolo 124 del codice civile turco stabilisce che l'età minima per il matrimonio è di 17 anni. Solo in situazioni tra virgolette “straordinarie” il giudice può consentire le nozze a una persona che abbia compiuto 16 anni e solo dopo il consenso da parte dei genitori. Nel 2005 la scriminante del cosiddetto “matrimonio forzato con lo stupratore” del minorenne nella fascia tra i 15 e i 18 anni è stata eliminata - per fortuna - dal codice penale turco. Per quanto riguarda il reato di abuso sessuale scattano delle aggravanti se la vittima è minore di 15 anni. L'articolo 103 del codice penale, nella sua vigente formulazione, recita quanto segue: “La persona che abusa sessualmente di un minore viene punita con pena detentiva da 8 a 15 anni. Nel caso in cui l'abuso sessuale non vada oltre la molestia, la pena va dai 3 agli 8 anni. Se la vittima non ha compiuto i 12 anni, la pena non può essere inferiore a 10 anni per i casi di abuso e a 5 anni per casi di molestia. Se il reato è stato commesso in maniera particolarmente grave ed efferata, la pena non può essere inferiore a 16 anni. Se la vittima non ha ancora compiuto i 12 anni, la pena non può essere inferiore a 18 anni”. Quindi, il controverso disegno di legge con emendamenti all'articolo 103, che ho appena ricordato, è stato presentato in Parlamento per la prima volta già nel 2016 da sei deputati del Partito Giustizia e Sviluppo, l'AKP. In base a questa proposta, il nuovo articolo 103 avrebbe dovuto aggiungere questo comma: “Se il reato di abuso su minore accaduto prima del 16 novembre 2016 è stato commesso senza forza, minaccia o qualsiasi altra restrizione al consenso e se l'aggressore ha sposato la vittima, si sospende il processo senza limite di tempo. Se il verdetto è già stato annunciato, l'esecuzione della pena è rimandata”. Quest'emendamento, noto alle cronache come amnistia per i matrimoni con spose bambine, ha destato forti reazioni da parte di tutti i partiti dell'opposizione e della società civile turca, compresa la Kadem, l'Associazione per le donne e la democrazia, molto vicina all'AKP.

Quando la proposta venne presentata per la prima volta, il vicepresidente di Kadem era infatti la figlia del presidente Erdogan. Il 23 novembre 2016 la Commissione giustizia del Parlamento turco ha adottato alcune modifiche all'articolo 103 sul reato di abuso su minori, senza però introdurre la paventata amnistia. In quella occasione è stata, invece, decisa la distinzione per fasce d'età: minori sotto i 12 anni e minori tra i 12 e i 15 anni per appunto incrementare la durata della pena detentiva in maniera inversamente proporzionale all'età della vittima. Nel 2019, durante le discussioni concernenti il cosiddetto “secondo pacchetto” della riforma della giustizia, la modifica dell'articolo 103 è stata messa di nuovo all'ordine del giorno. Un passaggio del pacchetto faceva cenno ad una sospensione sine die dei provvedimenti giudiziari riguardanti gli autori di abusi sessuali contro minori nel caso in cui la differenza di età non fosse superiore a dieci anni e fosse intervenuto nel frattempo il matrimonio tra aggressore e vittima. Secondo una stima, 7 mila condannati avrebbero potuto beneficiare di questa cosiddetta amnistia. L'AKP e il Partito del movimento nazionalista, l'MHP, hanno tuttavia dichiarato più volte che l'amnistia non avrebbe incluso i crimini sessuali. Lo scorso 21 luglio l'ultima parte di questo secondo pacchetto è stata votata dal Parlamento, senza però includere il temuto emendamento dell'abuso sui minori. Tuttavia, come denunciato proprio dalle associazioni riunitesi contro l'adozione dell'emendamento sotto l'egida della Piattaforma delle donne TCK 103, rimane il rischio che la modifica di legge venga ripresentata in un futuro anche prossimo. Il Parlamento turco non ha infatti ancora stabilito una data per il termine dei lavori in occasione della pausa estiva.

L'Italia è tradizionalmente estremamente attenta a questi temi. La nostra ambasciata ad Ankara ha sensibilizzato sul rischio dell'emendamento la delegazione dell'Unione europea nella capitale turca con cui agisce in stretto raccordo nel settore dei diritti umani e, più specificamente, della protezione dei minori dagli abusi sessuali. Si tratta, infatti, di argomenti costantemente discussi ed esaminati in dettaglio nelle apposite riunioni della delegazione volte ad intraprendere iniziative per la tutela e la promozione dei diritti umani. Dalle tempestive e approfondite verifiche effettuate dalla nostra ambasciata e dalla delegazione dell'Unione europea non risulterebbe, al momento, calendarizzata alcuna discussione o votazione sull'emendamento. È ovvio che continueremo a monitorare con la massima attenzione eventuali sviluppi, in linea con il nostro impegno a tutela dei diritti umani e dei diritti dei minori, argomenti menzionati negli incontri e nei contatti bilaterali ad alto livello che la nostra ambasciata ad Ankara intrattiene con le autorità turche.

La tutela dei diritti dei minori si inserisce nel più ampio contesto della tutela dei diritti umani. Lasciatemi prendere l'opportunità di offrire uno sguardo d'insieme e ricordare che il Governo italiano è particolarmente impegnato in questo settore nell'ambito del costante dialogo con un importante partner e alleato quale è la Turchia. Il nostro impegno in materia di Stato di diritto viene perseguito anche nell'ambito dell'azione portata avanti da parte dell'Unione europea. La Turchia è stata inserita nelle ultime conclusioni del Consiglio dell'Unione europea quale uno dei Paesi prioritari in materia di diritti umani, a causa delle preoccupazioni per il funzionamento dello Stato democratico e di diritto. Il Governo di Ankara è stato, inoltre, menzionato nella dichiarazione dell'Unione europea del marzo scorso pronunciata in occasione della quarantatreesima sessione del Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite al punto 4 dell'agenda concernente i Paesi che necessitano l'attenzione del Consiglio. L'Unione Europea ha espresso particolare preoccupazione per la situazione dei diritti umani in Turchia, inclusa la libertà di espressione, gli arresti e le accuse contro i difensori dei diritti umani, i giornalisti e gli accademici. Allo stesso tempo, ha invitato anche a proteggere lo Stato di diritto, l'indipendenza della magistratura, il giusto processo, i diritti umani e le libertà fondamentali conformemente agli impegni internazionali. Si sa che l'Italia attribuisce la massima importanza sia a livello bilaterale che sul piano multilaterale anche alla protezione e alla promozione della libertà di espressione e alla tutela dei difensori dei diritti umani, in particolare quelli delle persone più vulnerabili, come i minori. Si tratta di temi inclusi nelle priorità italiane per il mandato 2019-2021 del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite e che sosteniamo regolarmente in tutti i consessi multilaterali.

Tra le ultime iniziative, a dicembre, l'Italia ha partecipato attivamente, in coordinamento con i partner dell'Unione europea, al negoziato per l'adozione da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite della risoluzione sulla protezione dei difensori dei diritti umani co-sponsorizzandola. L'Italia partecipa, inoltre, con regolarità agli eventi e alle iniziative internazionali sulla materia, anche in ambito del Consiglio d'Europa. Ritengo utile ricordare anche che, a gennaio, la Turchia si è sottoposta alla revisione periodica universale del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, esercizio di monitoraggio periodico della situazione dei diritti umani cui tutti gli Stati membri si sottopongono ogni quattro-cinque anni. In questa occasione, l'Italia ha espresso nei confronti della Turchia tre raccomandazioni. La prima, adottare misure adeguate per proteggere la libertà di espressione, di riunione e di associazione oltre a garantire un ambiente sicuro e abilitante per le organizzazioni della società civile, i difensori dei diritti umani e i giornalisti, definendo le limitazioni alle libertà fondamentali nel rispetto degli obblighi internazionali. La seconda, rafforzare l'indipendenza della magistratura. La terza, garantire che tutte le accuse di detenzione arbitraria, tortura e trattamenti disumani da parte delle forze di sicurezza siano debitamente indagate. A settembre la Turchia dovrà indicare la propria posizione rispetto alle raccomandazioni ricevute. Sarà allora che il Consiglio diritti umani adotterà il rapporto finale dell'ultima sessione dell'UPR. Anche in questa occasione l'Italia si farà trovare pronta a proseguire con determinazione un dialogo che non è un gioco a somma zero, ma un valore aggiunto per tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite.

È, dunque, sulla base di un impegno a 360 gradi nella tutela dei diritti umani, che il Governo continuerà a seguire con la massima attenzione le proposte di modifica al codice penale turco e, più in generale, ogni argomento correlato alla promozione dei diritti fondamentali dell'individuo, a cominciare dalle categorie più vulnerabili, le donne e i bambini, naturalmente facendosi portatore di questa attenzione e preoccupazione in tutte le sedi.

L'impegno contro i matrimoni forzati non si limita certo a un solo Paese - vorrei dire appunto una parola su questo - ma a tutte le realtà in cui questo odioso sopruso è consentito. I matrimoni precoci e forzati costituiscono una grave violazione dei diritti umani e una pratica dannosa, che ha conseguenze nefaste di ampia portata su chi la subisce incluso sul diritto all'istruzione e sul diritto al più alto livello raggiungibile di salute fisica e mentale. L'Italia partecipa attivamente alla campagna internazionale contro queste pratiche dannose, essendo anche parte del gruppo dei Paesi promotori dell'apposita risoluzione biennale nel Consiglio dei diritti umani. Nei Paesi interessati da questo fenomeno la cooperazione italiana allo sviluppo interviene con azioni di contrasto puntuali, sostenendo i programmi congiunti di Unfpa e Unicef per l'eliminazione delle mutilazioni genitali femminili e dei matrimoni precoci e forzati. Posso anticipare, fin d'ora, che è in programmazione, in occasione del prossimo Comitato congiunto della cooperazione allo sviluppo che si svolgerà il 31 luglio, un contributo italiano in favore del programma globale di contrasto ai matrimoni precoci forzati e gestito da Unicef. Voglio anche aggiungere che l'efficienza di questa nostra azione, per esempio attraverso i programmi, è tale che, come tutti sanno, il Sudan per esempio recentemente ha aggiunto come crimine nel codice penale il reato di pratica delle mutilazioni genitali femminili. Trovo che questo tipo di azione continuata, costante, presente sul territorio sia quella, alla fine, più efficace.

Quindi, concludo dicendo che la tematica che lei ha posto, onorevole Boldrini, in rappresentanza di tante donne e penso della maggior parte in assoluto anche dell'opinione pubblica italiana, indubbiamente è un tema che il Governo continuerà a monitorare con estrema attenzione e come, ripeto, anche nelle sedi opportune facendo l'opportuna advocacy. Grazie ancora per averlo ricordato e sollevato.

PRESIDENTE. La deputata Quartapelle Procopio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Boldrini n. 2-00868.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (PD). Grazie mille, Presidente. La Turchia è un grande Paese e, come tale va trattato.

È un grande Paese amico e, proprio perché è un grande Paese amico, il Parlamento italiano può, anzi deve dire la verità quando la Turchia, come in questo caso, rischia di far approvare un emendamento regressivo, anzi addirittura reazionario come quello depositato in Parlamento dal partito di governo, AKP, di cui parlava prima la collega Boldrini. Si tratta di un emendamento che permetterebbe il matrimonio riparatore persino per le ragazze minori, fino ai 13 anni di età. Perché la Turchia, che è membro del Consiglio d'Europa, che è un Paese che si è distinto nel Mediterraneo per i livelli di istruzione delle sue donne, per la capacità imprenditoriale delle sue donne, che nel 1930, ben sedici anni prima che in Italia fosse garantito il diritto di voto alle donne, diede il diritto di voto alle donne, perché quel Paese, oggi, discute potenzialmente - e non solo oggi, perché è stato detto sia dalla collega Boldrini che dalla Viceministra Del Re di come questo emendamento è in discussione da qualche anno -, perché proprio questo Paese discute di una cosa di stampo così medievale? La regione in cui la Turchia è inserita, il Mediterraneo, non è nuova all'uso politico delle donne per segnare una differenza tra il campo culturale originale del Mediterraneo e l'Occidente, ma, di solito, chi usa le donne politicamente in questo senso sono le forze oscurantiste, fondamentaliste, terroriste, come l'ISIS, ed è davvero impressionante che provi a farlo un Paese come la Turchia. È qualcosa che non ci saremmo mai aspettate da quel Paese, che pure ha un'evoluzione interna, democratica, alle volte, diversa da quella che quantomeno il mio partito auspicherebbe, però la Turchia si è sempre distinta per valorizzare il ruolo, il contributo, la libertà delle donne. Lo ha fatto anche il Presidente Erdogan, quando ha preso delle posizioni, magari non necessariamente coincidenti, ma lo ha fatto anche all'inizio della sua Presidenza. Ed è davvero una amarissima sorpresa scoprire che questo emendamento è di nuovo in discussione in Parlamento. Per questo noi qui, dal Parlamento italiano, diciamo alla Turchia, che è un Paese amico: fermatevi, perché questa è un'iniziativa che è veramente al di là di quello che rappresenta e può essere valorizzato come ruolo della Turchia nel mondo. Per questo chiediamo che il nostro Governo si attivi da subito. È vero, la proposta non è all'ordine del giorno, però noi sappiamo bene come non sempre si possa arrivare in modo efficace a togliere una cosa dall'ordine del giorno. È importante che questo emendamento non arrivi mai alla discussione in Parlamento, perché, molto spesso, è più semplice, per le vie informali, riservate, come il Governo riterrà, però, occorre evitare che questo punto venga discusso. Contate su di noi, le relazioni parlamentari in questo senso possono essere estremamente utili, ma contate su di noi e agiamo, agiamo insieme, agiamo in fretta. In questo Parlamento voi troverete tante parlamentari nell'Intergruppo donne, che è coordinato dalla collega Boldrini, ma anche tra i colleghi uomini, tantissime persone che sono contrarie all'uso politico dei diritti delle donne. Facciamolo insieme, perché sarebbe davvero un problema enorme vedere che la Turchia, Paese amico, Paese che rappresenta tante cose nel Mediterraneo, scelga questa via reazionaria e regressiva (Applausi).

(Iniziative per tutelare i diritti dei consumatori in relazione alle modalità di rimborso dei biglietti aerei a seguito della cancellazione di voli nel contesto dell'emergenza sanitaria in atto - n. 2-00862)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Melicchio ed altri n. 2-00862 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Melicchio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Illustra? Prego, allora, a lei la parola.

ALESSANDRO MELICCHIO (M5S). Grazie, Presidente. Come tutti sappiamo, l'emergenza sanitaria connessa alla diffusione del COVID-19 ha avuto ripercussioni molto pesanti nel campo dei trasporti aerei, basti pensare a come la capacità di volo di linea, nel periodo di lockdown, sia crollata nel nostro Paese del 90 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019 e del 65 per cento a livello globale. Per fronteggiare le ripercussioni molto pesanti sul settore dei trasporti colpito da una crisi senza precedenti a causa dei periodi di lockdown in Italia e negli altri Paesi europei e del mondo, il Governo italiano è intervenuto con il “decreto Cura Italia”, prima, e il “decreto Rilancio”, poi, che si sono occupati anche dei trasporti proprio per alleviare le sofferenze delle imprese del settore così colpito dall'emergenza COVID-19.

Tra le altre misure, le compagnie aeree hanno avuto, quindi, la possibilità di rimborsare i viaggi cancellati con un voucher di pari importo del biglietto da utilizzare entro un anno e mezzo dalla sua emissione; è stato, inoltre, istituito un Fondo per assicurare l'indennizzo dei consumatori titolari di voucher non utilizzati alla scadenza di validità e non rimborsati a causa dell'insolvenza o del fallimento dell'operatore turistico o del vettore. Sono state misure dettate dalla pandemia, che ha portato molte imprese del settore dei trasporti ad affrontare situazioni insostenibili per quanto riguarda flussi di cassa ed entrate. Allo stesso modo però, in questo contesto senza precedenti, occorre mantenere validi anche i diritti dei passeggeri. Finito il periodo di lockdown, la situazione sta iniziando a tornare a voli più regolari, anche con l'avvento della stagione estiva e la ripresa del turismo, settore fondamentale per il nostro Paese. La Commissione europea, proprio in merito al rimborso dei titoli di viaggio, nella sua raccomandazione del 13 maggio 2020, ha incoraggiato gli Stati membri a rendere più appetibili i voucher offerti a passeggeri e viaggiatori come alternativa al rimborso per i servizi di trasporto annullati, pur nel rispetto dei regolamenti e delle direttive dell'Unione europea, che stabiliscono il diritto dei viaggiatori di ottenere il rimborso integrale dei pagamenti effettuati per le prestazioni annullate. La Commissione ha rilevato che, in ragione delle gravi perdite del settore turistico derivanti dal fatto che le richieste di rimborso presentate dai viaggiatori superano di gran lunga il livello delle nuove prenotazioni, occorrerebbe incentivare i consumatori ad accettare i voucher. Un'ampia accettazione dei voucher, infatti, contribuirebbe ad attenuare i problemi di liquidità del settore a beneficio anche degli interessi dei viaggiatori dal momento che, qualora gli organizzatori o i vettori diventassero insolventi, molti viaggiatori e passeggeri potrebbero non ricevere alcun rimborso.

La Commissione suggerisce la possibilità di essere rimborsati se il voucher scade prima di aver volato; di rendere i buoni trasferibili ad amici, colleghi o parenti senza costi aggiuntivi; di proteggere i clienti dal rischio di insolvenza della compagnia aerea, per cui, se il vettore fallisce prima che il consumatore ha riscattato il voucher, questi viene comunque rimborsato grazie a un fondo statale o un'assicurazione privata (consiglio opportunamente colto dal nostro Governo nel “decreto Rilancio”); di dare la possibilità al cliente di utilizzare il voucher tra diverse compagnie che fanno parte dello stesso gruppo societario. Anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella sua segnalazione al Parlamento e al Governo del 28 maggio 2020, ha posto l'attenzione sui diritti dei viaggiatori in caso di annullamento del volo.

C'è, però, qualcosa di preoccupante che sta succedendo dalla fine del lockdown e su cui chiedo un'attenzione e un monitoraggio particolare con questa interpellanza. L'Ente nazionale per l'aviazione civile ha, infatti, richiamato le compagnie aeree lo scorso 18 giugno; sembrerebbe - spiega in una nota l'ENAC - che alcune compagnie aeree continuino a cancellare voli, adducendo come causale l'emergenza COVID-19 e riconoscendo ai passeggeri solo un voucher. L'ENAC puntualizza che le cancellazioni dopo il 3 di giugno, data in cui sono state rimosse le restrizioni alla circolazione delle persone fisiche all'interno del territorio nazionale e nell'area europea Schengen, Regno Unito e Irlanda del Nord, sarebbero operate da scelte commerciali e imprenditoriali dei vettori e non da motivi riconducibili all'emergenza. Tutto ciò andrebbe contro il regolamento comunitario che, nei casi di cancellazione di volo per cause non collegate all'emergenza Coronavirus, prevede il rimborso del prezzo del biglietto e non la corresponsione di un voucher.

E che la situazione sia preoccupante viene confermato dalla decisione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato che ha recentemente comunicato che, in seguito alle numerose segnalazioni ricevute da molti clienti, i quali avevano acquistato dei voli cancellati poco dopo, motivando il tutto con l'emergenza COVID, quando, in realtà, non c'erano segnalazioni di chiusure o restrizioni, ha deciso di procedere contro due compagnie aeree, colpevoli oltretutto di non aver fornito chiare informazioni sui diritti spettanti in caso di cancellazione e di non aver predisposto un sufficiente servizio di assistenza sui tempi di attesa e sui canali di comunicazione. Il comportamento messo in atto dalle due compagnie ha stravolto i piani di molti passeggeri, già in difficoltà a causa dell'emergenza, i quali si sono ritrovati a dover riprogettare le vacanze senza aver indietro il denaro. Ryanair, ad esempio, fino al 3 maggio permetteva l'acquisto di voli dal 15 maggio in poi; il 4 maggio però cancellava tutti i voli dal 15 al 21 maggio; fino al 7 maggio, poi, si sono potuti prenotare i voli dal 22 maggio in avanti, ma l'8 maggio interveniva una nuova cancellazione dei voli dal 22 al 28 maggio, con un continuo aprire le prenotazioni, per poi cancellare i voli e così via. Mettere in atto questa pratica, mettendo in vendita voli che la compagnia sapeva avrebbe poi cancellato, perché realizzata ad emergenza sanitaria conclamata da mesi, non può che avere come unica finalità quella di ottenere liquidità immediata e vincolare poi il cliente a volare con la stessa compagnia, perché gli è reso impossibile richiedere il rimborso. Quindi, addirittura a lockdown terminato, così questa pratica di prevedere e sistematicamente cancellare alcuni voli, fa venire il sospetto che si stia approfittando della normativa di aiuto del settore, offrendo un voucher che forse non riuscirà a riutilizzare. La normativa citata è intervenuta per fronteggiare la crisi, con il chiaro scopo di sopperire alle cancellazioni di voli programmati e prenotati prima del lockdown, quando nessuno avrebbe mai potuto immaginarlo necessario. Vendere i biglietti aerei per un volo che si ha la consapevolezza di non operare, perché venduto anche due mesi dopo l'esplosione dell'emergenza, mi pare un tentativo di far cassa, abusando delle misure di aiuto, in assoluto spregio delle difficoltà che tutti i cittadini italiani hanno attraversato e stanno ancora fronteggiando. Consultando il sito Internet di Ryanair, infatti, si capisce subito che i tempi di restituzione del denaro sembrano biblici e la possibilità di essere rimborsati sembra esistere solo sulla carta; si viene rimandati infatti da link in link, senza riuscire ad accedere alla pagina dove poter richiedere il rimborso, mentre il voucher resta nei fatti l'unica possibilità per l'utente medio. Da tutto ciò nasce questa interpellanza, perché il tema voucher rimborsi riveste un'importanza fondamentale per i viaggi di questa estate, impattando sul settore turistico del nostro Paese, già in grosse difficoltà. La mancanza di fiducia nel poter ricevere un rimborso, vedendo queste continue cancellazioni e rinvii di voli è un problema. Il viaggiatore non si sentirà più sicuro di bloccare il proprio denaro, prenotando un viaggio aereo che probabilmente sarà cancellato, senza poter riavere i soldi spesi, ma ottenendo un voucher che non si sa se e quando poter utilizzare. E la questione non è meno importante per un altro fattore: molti viaggiatori sono rimasti coinvolti nella crisi economica dovuta al Coronavirus, con metà della forza lavoro italiana bisognosa di sussidio statale. Per quelle famiglie, i soldi di un biglietto aereo inutilizzato potrebbero essere una specie di welfare di emergenza, denaro sonante da poter utilizzare subito. Chiediamo quindi, in virtù di quanto esposto, quali iniziative di competenza intende intraprendere il Governo per tutelare i diritti dei consumatori, evitando che diventino creditori del settore del trasporto aereo per un tempo che esula dall'emergenza COVID-19 e come intenda vigilare e disincentivare eventuali condotte scorrette, finalizzate in sostanza a trasformare i clienti in una sorta di soggetto finanziatore per i vettori aerei, che possono tenere in cassa del denaro dei clienti su voli che si sa già non saranno operati e il cui annullamento, in virtù di ciò, è indipendente dall'emergenza COVID-19.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato Emanuela Claudia Del Re ha facoltà di rispondere.

EMANUELA CLAUDIA DEL RE, Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie Presidente, ringrazio l'onorevole Melicchio e gli altri per aver sollevato la questione. In relazione al quesito posto, è stato interessato l'ente Nazionale per l'Aviazione Civile, ENAC, autorità responsabile per l'Italia del rispetto dei diritti del passeggero nelle ipotesi di negato imbarco, ritardo o cancellazione del volo di cui al regolamento europeo n. 261 del 2004. Al riguardo, l'ENAC ha rappresentato di essere intervenuto presso i vettori aerei, per richiamare gli stessi al rispetto del citato regolamento, già con nota del 18 giugno ultimo scorso. Come è noto, infatti, a partire dal 3 giugno ultimo scorso, sono state rimosse le restrizioni alla circolazione delle persone fisiche all'interno del territorio nazionale e nell'area europea, Schengen, Regno Unito e Irlanda del Nord. Conseguentemente, l'ente ha evidenziato come le cancellazioni operate a partire da tale data non possano essere ricondotte, salvo casi specifici, all'emergenza COVID-19 ed al regime di rimborso di cui all'articolo 88-bis della legge n. 27 del 24 aprile del 2020, ma a scelte imprenditoriali, con conseguente applicazione del regolamento comunitario n. 261 del 2004. A tale riguardo, si ricorda che il citato regolamento comunitario 4 prevede, per le cancellazioni disposte dai vettori, l'informativa al passeggero, la riprotezione, il rimborso del prezzo del biglietto e non la corresponsione del voucher e la compensazione, ove dovuta. Le stesse regole valgono per la rinuncia del passeggero che decida di non partire. In tale caso, saranno applicabili le condizioni di trasporto e tariffarie previste dal vettore. Dai primi riscontri effettuati dall'ENAC, sembrerebbe che alcune compagnie aeree continuino a cancellare voli, adducendo come causale l'emergenza COVID-19. L'ENAC sta procedendo a specifici accertamenti e controlli che, laddove dovessero confermare l'intervenuta violazione della disciplina comunitaria, comporteranno l'applicazione, nei confronti dei vettori, delle sanzioni di legge.

PRESIDENTE. Il deputato Alessandro Melicchio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ALESSANDRO MELICCHIO (M5S). Grazie Presidente, mi dichiaro soddisfatto della risposta e ringrazio il Viceministro. Sottolineo che la pratica segnalata è del mese di maggio, ad emergenza conclamata, quindi prima della rimozione dei blocchi del 3 giugno. Sarebbe interessante sapere quanti sono i biglietti venduti in quel periodo, quando la compagnia aerea sapeva che non avrebbe operato quei voli, perché, a parer mio, sembra una pratica intenzionalmente speculativa. Bisogna poi continuare a tenere alta l'attenzione, anche perché sembra nascere un nuovo fronte su questa tematica: c'è un articolo del Corriere della Sera del 18 luglio, in cui si evidenzia una diatriba fra compagnie aeree e agenzie online, in una polemica che va tutta a scapito dei passeggeri. Sembra quasi, questa polemica, uno strumento di distrazione dal tema sottoposto ovviamente dalle compagnie, perché tale tema si riferisce a prenotazioni dal sito Ryanair, quindi non entra in alcun modo, come dire, l'operazione e l'attività delle agenzie online, con strumenti per il rimborso predisposti o meglio non predisposti, nella realtà dei fatti, dalla stessa compagnia e dallo stesso sito della compagnia. Quindi, ringrazio per la sempre alta attenzione che il Governo sta tenendo sulla questione, guardando prioritariamente all'interesse dei cittadini.

(Iniziative volte alla riduzione delle liste d'attesa per le prestazioni ambulatoriali, anche in considerazione delle criticità determinate dall'emergenza epidemiologica da Covid-19 - n. 2-00869)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zolezzi n. 2-00869 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Mara Lapia se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MARA LAPIA (M5S). Signor Presidente, la illustro.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARA LAPIA (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio la sottosegretaria e il Governo. Le liste d'attesa rappresentano, in questo momento, una criticità importante in ambito sanitario: ci sono dati, come quelli emersi dallo studio “Osservatorio sui tempi di attesa e sui costi delle prestazioni sanitarie nei Sistemi Sanitari Regionali” condotto dal CREA e commissionato dalla Funzione Pubblica CGIL e dalla Fondazione “Luoghi Comuni”, che hanno destato profonda preoccupazione. L'indagine, eseguita lungo l'arco temporale che va dal 2014 al 2017, ha evidenziato che i tempi di attesa per effettuare visite mediche nella sanità pubblica hanno avuto una media di 65 giorni, a fronte di un'offerta privata ben più rapida, di circa 7 giorni, e costi sempre meno distanti fra pubblico e privato.

Lo studio, che ha riguardato un campione di oltre 26 milioni di utenti pari al 44 per cento della popolazione totale, è stato condotto sulla popolazione residente di quattro regioni, Lombardia, Veneto, Lazio e Campania, prendendo in considerazione le prestazioni mediche senza esplicita indicazione di urgenza. Il Governo, con l'allora Ministro Giulia Grillo, anche alla luce di questo quadro, si è attivato per il Piano nazionale per le liste d'attesa 2019-2021, basato su un decalogo per l'abbattimento dei tempi. Il Piano è stato accompagnato da un decreto di riparto di 400 milioni di euro, risorse destinate al potenziamento dell'infrastruttura tecnologica e digitale dei CUP, Centro unico di prenotazione. Altra iniziativa di rilievo voluta dal Governo è l'istituzione dell'Osservatorio nazionale sulle liste d'attesa. Tuttavia, la pandemia del Coronavirus, che ha causato un notevole stress alla tenuta del Servizio sanitario nazionale italiano e a fronte del quale il Governo ha risposto con l'aumento dei posti nelle scuole di formazione e specializzazione, con numerose assunzioni di medici, infermieri e operatori e con il potenziamento delle reti di assistenza territoriale, ha avuto effetti preoccupanti.

I primi risultati ottenuti relativamente alla riduzione delle liste d'attesa grazie al piano governativo sono stati in parte vanificati con il COVID-19. Così, se sul versante ospedaliero il Sistema è stato rafforzato, grazie anche all'aumento dei posti letto in terapia intensiva, ed è pronto ad affrontare eventuali nuove crisi, sul versante ambulatoriale, da varie regioni arrivano numerose segnalazioni sulle liste d'attesa cresciute a dismisura. In Lombardia, la regione più colpita dalla pandemia, il nuovo direttore generale della sanità, il dottor Marco Trivelli, rileva: “L'attività ambulatoriale durante l'emergenza è stata sospesa. Abbiamo cercato di supplire con la telemedicina, che è uno strumento potente, ma non può essere sostitutivo delle visite. Sono preoccupato” aggiunge il manager lombardo “che ci possa essere un sotto-trattamento dei pazienti”. Altre segnalazioni della crescita esponenziale delle liste d'attesa ambulatoriale arrivano non solo da Veneto, Lazio, Campania, le regioni al centro dello studio CREA, ma anche da buona parte delle regioni italiane.

Drammatiche segnalazioni in questo senso arrivano anche dalla mia regione, la Sardegna. Nella mia terra, per esami e visite nelle strutture pubbliche, così come denunciato pubblicamente di recente dal tribunale del malato e dalla voce del presidente regionale dell'associazione, Salvatore Piu, si devono attendere anche due anni. I ritardi per le visite e per gli esami diagnostici, con l'allungamento delle liste d'attesa, è stato denunciato con forza anche dall'associazione dei pensionati delle ACLI, la FAP, che in Sardegna conta circa 10 mila iscritti. All'ospedale di Sassari, secondo quanto denunciato dai pensionati ACLI, la situazione è critica: al 9 marzo, dunque prima del COVID-19, occorrevano già otto mesi per effettuare una TAC con il contrasto, sette mesi per una mammografia, 5 per un TSA o una risonanza. Stesso copione per le visite specialistiche: 40 giorni per una visita ortopedica, 130 giorni per una visita neurologica, 77 giorni per una visita endocrinologica, 81 giorni per una visita pneumologica. Tempi lunghi già prima dell'emergenza COVID-19, dunque, che si sono allungati ulteriormente; e a questi giorni d'attesa occorre in media aggiungere 100 giorni in più.

Gli esempi negativi purtroppo riguardano l'intera isola: nella ASSL di Lanusei, in Ogliastra, ancora non è possibile prenotare una TAC che non sia urgente; nel poliambulatorio di Siniscola, in provincia di Nuoro, gli utenti si sono visti negare i livelli essenziali di assistenza nel servizio dell'oncologia, i pazienti oncologici sono costretti a spostarsi alla volta di Nuoro per sottoporsi alle terapie chemioterapiche per via infusionale, sono 100 chilometri al giorno, sottosegretaria. Per questa vicenda ho depositato un'interrogazione al Ministero della Salute. Le criticità riguardano tutte le specialistiche ambulatoriali, sempre nel poliambulatorio di Siniscola: manca una media di 15 ore per ogni specialistica ambulatoriale, necessarie per garantire un corretto servizio all'utenza. Le prenotazioni per le visite specialistiche hanno tempi di attesa biblici, con il servizio della cardiologia che oggi ha raggiunto il tempo massimo di prenotazioni: i pazienti cardiologici non possono più prenotare le visite. Tanti gli specialisti andati in pensione o trasferiti nel corso dell'ultimo decennio - parliamo dell'ultimo decennio - mai sostituiti, circostanza questa che ha indebolito fortemente la struttura sanitaria già in epoca pre COVID-19: quindi non ci si difenda con il fatto del COVID-19.

Aggiungo infine un'ultima denuncia che risale alla giornata di ieri, che arriva dai segretari provinciali di UTL-UGL e di UGL Pensionati, Simone Testoni e Stefano Condemi. La denuncia dei sindacati riguarda l'insostenibile situazione che si registra a Nuoro, dove per tutte le visite e gli esami classificati come non urgenti si verificano grandissimi disagi nelle prenotazioni sia tramite il CUP sia attraverso l'ASSL di Nuoro. A rendere il quadro ancora più disastroso c'è il fatto che l'area sociosanitaria nuorese dallo scorso 1° gennaio non aggiorna il proprio sito istituzionale in materia di liste d'attesa, venendo così meno al principio di trasparenza nei confronti dei cittadini: fatto gravissimo, malafede, perché ometterlo? Tutte queste criticità, invece, non si registrano nell'ambito della sanità privata: a dimostrazione che il sistema sanitario regionale della Sardegna appare fortemente orientato verso la sanità privata, e dunque va immediatamente riequilibrato.

Appare chiaro, dunque, che l'emergenza COVID-19 ha compresso l'attività ordinaria, sia di ricovero sia ambulatoriale, ma già fortemente compromessa, tanto da sembrare complicato che nel medio periodo ci sia la possibilità di rientrare sul livello di prestazioni adeguato ai bisogni dei cittadini. Inoltre, il ritorno a un'attività ordinaria è reso complicato dal fatto che occorre adottare le misure di sicurezza necessarie per evitare i rischi di contagio, misure che rendono difficile tornare ai volumi delle prestazioni pre-pandemia: ci sono molte altre patologie che colpiscono anziani e malati cronici, delle quali il Servizio sanitario nazionale deve tener conto e delle quali si deve occupare con la massima attenzione. La sfida per il Servizio sanitario nazionale sarà, dunque, quella di garantire sempre e comunque con il massimo livello di sicurezza il doppio registro di assistenza ai cittadini, quelli con il COVID-19 e quelli non con il COVID-19. Appare pertanto problematico che nei prossimi mesi si possa recuperare l'attività delle prestazioni ambulatoriali non realizzata: anzi, è molto probabile che si accumuli ancora un delta negativo rispetto all'anno scorso.

Chiedo dunque al Ministero, per il tramite della sottosegretaria, quali iniziative intenda assumere per risolvere il problema delle liste d'attesa ambulatoriali, valutando, per esempio, di contemperare la dignità professionale e il trattamento economico adeguato agli operatori sanitari con eventuali limitazioni alle prestazioni in libera professione con intervento a titolo gratuito da parte dei servizi sanitari privati.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la salute, Sandra Zampa, ha facoltà di rispondere.

SANDRA ZAMPA, Sottosegretaria di Stato per la Salute. Signor Presidente, onorevole Zolezzi, onorevole Lapia, grazie per questa interpellanza, che offre al Ministero la possibilità di intervenire su un tema delicatissimo e di grande sofferenza in diverse zone dell'Italia, in particolare in questo caso in Sardegna.

L'emergenza sanitaria determinata dalla pandemia da COVID-19 ha messo a dura prova il Sistema sanitario nazionale e ha causato una ricaduta su buona parte dei servizi sanitari a disposizione dei cittadini. In particolare, questo è avvenuto in materia di visite ambulatoriali, ma anche riguardo agli interventi chirurgici differibili, rispetto ai rischi e alle concrete difficoltà che derivavano dall'emergenza pandemica. Diverse regioni, al fine di fronteggiare la crisi sanitaria ed incrementare la dotazione di posti letto di terapia intensiva, hanno rimodulato nei mesi scorsi, o sospeso - ma certamente vi è noto questo - le attività erogate, sia di ricovero, sia ambulatoriali; in questo caso, si tratta di attività o ricoveri differibili e non urgenti, incluse quelle offerte in regime di libera professione intramuraria. Peraltro, ciò è avvenuto in attuazione di uno specifico obbligo di legge; mi riferisco all'articolo 13 del decreto-legge n. 14 del 2020, laddove si prevedeva che, al fine di impiegare il personale sanitario delle strutture pubbliche o private prioritariamente nella gestione dell'emergenza, le regioni e le province autonome erano autorizzate a rimodulare o a sospendere le attività di ricovero e ambulatoriali differibili e non urgenti e in questo erano incluse quelle erogate in regime di libera professione intramuraria. Allo scopo di rendere omogenee sull'intero territorio nazionale le iniziative di riorganizzazione sia delle attività ospedaliere di ricovero diurno e ordinario, sia quelle ambulatoriali, il Ministero della Salute ha fornito una serie di indicazioni operative, che sono state condivise con il Comitato tecnico-scientifico della Protezione civile. Sempre il Ministero della Salute è, inoltre, intervenuto a disciplinare la materia con le circolari n. 7422 del 16 marzo 2020 e n. 8076 del 30 marzo 2020, concernenti la programmazione e la gestione delle liste di attesa, che sono state diramate per fornire indicazioni e chiarimenti volti a rendere coerenti e omogenei nel territorio nazionale i vari interventi di riorganizzazione adottati a livello locale per il contenimento dei rischi di diffusione del virus SARS-COV-2 nelle strutture del Servizio sanitario nazionale. Il Governo ha, inoltre, varato in questi mesi un articolato pacchetto di misure volte al rafforzamento del Servizio sanitario nazionale, anche con specifico riferimento all'assistenza territoriale. In particolare, il decreto-legge n. 34, del 19 maggio scorso, convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, proprio al fine di potenziare l'offerta dei servizi, ha destinato rilevanti risorse finanziarie all'efficientamento dell'assistenza territoriale e della rete ospedaliera, riconoscendo nel contempo specifici incentivi economici per gli operatori sanitari impegnati in questi mesi nell'emergenza da COVID-19.

Nella consapevolezza che i tempi di attesa costituiscono uno dei determinanti fondamentali della qualità dell'assistenza percepita dagli utenti del Servizio sanitario nazionale e, qualche volta, della salute stessa, gli interventi ora ricordati, assicurando una maggiore disponibilità di risorse umane e un'efficiente riorganizzazione dei servizi consentono alle regioni, alle province autonome e alle aziende sanitarie di incrementare l'offerta sanitaria, con conseguenti effetti positivi sulla gestione delle liste di attesa, così da garantire a tutti i cittadini tempi di accesso alle prestazioni certi, tempi certi e soprattutto appropriati.

Resta fermo che, come segnalato dagli onorevoli interpellanti, la libera professione intramuraria la cui ratio è quella di garantire un servizio aggiuntivo da parte delle stesse aziende, assicurando la possibilità ai cittadini di scegliere il professionista a cui fare riferimento, deve essere governata, al fine di garantire un corretto equilibrio tra le attese per l'attività istituzionale e per quella libero-professionale e impedire che l'utente venga orientato di fatto verso la libera professione intramuraria, nel caso in cui l'attività istituzionale preveda tempi troppo lunghi, come nel caso illustrato, per accedere alla prestazione necessaria. In questo senso, il Piano nazionale di governo delle liste di attesa per il triennio 2019-2021 mette a disposizione delle aziende specifiche misure volte a garantire che “in caso di superamento del rapporto tra l'attività in libera professione e in istituzionale sulle prestazioni erogate e/o di sforamento dei tempi di attesa massimi già individuati dalla regione, si attua il blocco dell'attività libero-professionale, fatta salva l'esecuzione delle prestazioni già prenotate”. Al riguardo occorre considerare che, al fine di integrare l'offerta istituzionale per il governo delle liste e il contenimento dei tempi di attesa, le aziende sanitarie possono utilizzare prestazioni in regime libero-professionale, i cui oneri però devono essere sostenuti economicamente dalle aziende stesse, riservando al cittadino solo l'eventuale partecipazione al costo, cioè il cosiddetto ticket, secondo quanto previsto dallo stesso Piano nazionale e dai contratti collettivi nazionali di settore. Ritornando alle iniziative avviate dal Ministero della Salute per risolvere il problema delle liste di attesa, determinato dalla sospensione delle prestazioni differibili durante il lockdown, voglio ricordare che, in seguito all'evoluzione della situazione sanitaria e con l'avvio della cosiddetta “fase 2”, il Ministero ha provveduto a diramare la circolare n. 11408 del 1° giugno 2020, concernente le “Linee di indirizzo per la progressiva riattivazione delle attività programmate considerate differibili in corso di emergenza da COVID-19”, finalizzata alla riattivazione in sicurezza dei servizi socio-sanitari, ridotti o sospesi a causa dell'emergenza causata dalla pandemia, nonché al progressivo ripristino della totalità dei servizi erogati nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza.

Le regioni e le province autonome hanno affrontato la ripresa delle attività assistenziali sanitarie ricorrendo a varie modalità, con l'emanazione di atti regionali, ovvero delegando alle proprie aziende sanitarie la formalizzazione di strategie e di interventi a livello locale. Nella piena consapevolezza che le difficoltà della situazione reale e la varietà degli interventi intrapresi possano determinare disuguaglianze erogative a svantaggio dei cittadini, il Ministero della Salute, molto di recente - mi riferisco, infatti, al 9 luglio 2020 - si è reso disponibile a un confronto con le regioni e con le province autonome al fine di poter dimensionare il fenomeno attualmente esistente e per condividere in sinergia gli interventi ritenuti maggiormente appropriati, tenuto conto delle iniziative in comune già contemplate nel Piano nazionale per il governo delle liste di attesa, a cui già ho fatto riferimento. Al momento attuale è in corso l'esame delle indicazioni sulla questione pervenute dalle regioni e dalle province autonome. Segnalo, inoltre, che il 16 luglio 2020 si è riunito l'Osservatorio nazionale sulle liste d'attesa, che è stato istituito nel 2019, con il compito di supportare le regioni e le province autonome nell'implementazione delle disposizioni di cui al Piano che ho già più volte citato, il Piano nazionale di governo delle liste di attesa 2019-2021, e nel contempo di effettuare l'analisi delle criticità rilevate, per fornire indicazioni tese a rendere omogenei i comportamenti sull'intero territorio nazionale, al fine di assicurare uniformità nell'erogazione dei LEA, dando una risposta tempestiva, efficace e appropriata ai bisogni assistenziali dei cittadini.

Nel corso della riunione l'Osservatorio ha condiviso le attività istruttorie relative al Fondo per l'implementazione e l'ammodernamento delle infrastrutture tecnologiche legate ai sistemi di prenotazione elettronica per l'accesso alle strutture sanitarie di cui all'articolo 1, comma 510, della legge 30 dicembre 2018 n. 145. In particolare, è stato condiviso il cronoprogramma delle attività dell'Osservatorio, da espletare entro il 31 dicembre 2020, rimodulato proprio in seguito alla specifica situazione scaturita dall'emergenza pandemica.

Da ultimo, attesa la complessità, la delicatezza e l'attualità di questa tematica, anticipo che è alle valutazioni politiche anche la possibilità di intervenire con specifiche disposizioni normative al fine di affrontare e risolvere in modo sistematico la questione delle liste d'attesa, e ciò anche attraverso lo stanziamento di risorse finanziarie integrative.

PRESIDENTE. Il deputato Alberto Zolezzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Sì. Io ringrazio molto la sottosegretaria Zampa per questa risposta, che trovo molto importante. Siamo riusciti a comunicare ai cittadini tutte queste, molte, attività che sono state poste in essere dal Ministero e che saranno verosimilmente portate avanti e implementate nei prossimi mesi. Questo tema chiaramente è delicato anche per la fase di pandemia che stiamo passando, anche se si spera che la prossima fase sia meno drammatica. Abbiamo proprio ieri istituito la Giornata delle vittime da Coronavirus, e ricordo che, tra gli operatori sanitari, secondo i siti professionali, si vedono 174 decessi fra i medici, oltre 40 tra gli infermieri, quindi è chiaro che deve essere contemperata questa sofferenza, anche personale, per non parlare del burnout, dello stress psicofisico di questi mesi. Va contemperato il giusto riconoscimento agli operatori sanitari, però, con questo sistema sanitario che deve garantire i servizi. Davide Croce, direttore del Centro di economia e management sanitario della LIUC di Castellanza, stima una riduzione tra il 25 e 30 per cento delle visite specialistiche, una riduzione tra il 30 e 40 per cento delle prestazioni strumentali, che corrisponde a un aumento tra i 3 e i 4 mesi della lista d'attesa di moltissime prestazioni anche essenziali. Cito questo studio, ma ce ne sono molti altri. Adesso è importante, anche scientificamente, cercare di capire che cosa succederà, per cui è importante anche guardare questi tempi e riflettere probabilmente su un sistema, per esempio quello della HTA, Health Technology Assessment, che vede, per esempio, la risonanza magnetica cerebrale a 500 e oltre giorni di attesa in Lombardia, con queste HTA che vanno a vedere che, se c'è un'apparecchiatura per una risonanza privata sul territorio, non serve cercare di averne una pubblica, e poi in queste fasi ti trovi che la lista d'attesa pubblica aumenta ancora e quella privata comunque è sempre di 48 ore, contro, ripeto, 500 giorni. Allora, forse anche alcuni metodi di valutazione dentro a ciascuna regione vanno un attimino valutati. Adesso, in generale, da qui a fine anno, sempre secondo il professor Croce, i tempi di attesa rischiano di raddoppiare. Io adesso risiedo a Mantova, in Lombardia, ho questi dati lombardi, ma mi pare di capire, anche da vari articoli di stampa, che non cambia di molto la situazione in altre regioni. È chiaro che si parte da regioni dove si è visto che anche i loro parlamentari… Giorgetti dice che i medici di medicina generale ormai non servono più, ma questo chiaramente lo ha detto prima della pandemia, con una riforma regionale fatta nella scorsa consiliatura, sotto Maroni, i medici sono stati ridotti a gestori, oppure, invece del medico, si prendeva una cooperativa. Probabilmente deve essere portata avanti una valutazione di questa riforma regionale in particolare, proprio nella regione che di più ha patito, di più non è stata in grado di affrontare questa situazione.

Poi c'è il problema degli istituti privati: il 60 per cento degli utili della sanità in Lombardia sono fatti dagli istituti privati. Ci sono adesso i grandi sulle prime pagine, come l'istituto privato che ha fatto il pieno di primari per la libera professione, il centro Armonia a Mantova, che recluta i primari dell'ospedale pubblico Carlo Poma di Mantova. Poi ci sono anche gli aspetti giudiziari, adesso stiamo seguendo tutti la vicenda - chiaramente una vicenda in corso di accertamento, è un corso d'indagine - della DiaSorin, dove sembra che un brevetto, un'eccellenza pubblica sia stata spostata a interessi di privati. Per cui, anche in termini finanziari, sono tutte risorse che forse potrebbero essere utilizzate meglio.

Pensare non solo al discorso libera professione, che sicuramente è importante, ed è stato davvero importante sentir dire dalla sottosegretaria che sarà possibile eventualmente sospendere del tutto la libera professione nei casi in cui ci sia uno sforamento eccessivo delle liste d'attesa. Così come durante l'emergenza, nella fase più acuta si sono utilizzati i centri privati, probabilmente anche in questa fase, per ovviare alle liste d'attesa, sarà utile dargli un ruolo maggiore, chiaramente senza far spendere di più ai cittadini. È successo in Lombardia, è successo a Legnago, in Veneto: situazioni davvero paradossali di liste d'attesa assurde nel pubblico e appunto poche ore, quasi ti buttano direttamente a far la prestazione nel privato.

È stato giusto riportare la realtà, cioè, dal decreto della Ministra Grillo, il “decreto Calabria”, si è iniziato a togliere e a sbloccare il turnover in sanità; con il piano di Governo delle liste d'attesa, sempre iniziato con il Ministro Grillo, modalità banali, modalità telefoniche e telematiche, da remoto, di prenotazione e di pagamento del ticket per sveltire. Soldi, insomma: si sono riportati 7 miliardi, tra la legge di bilancio, il “decreto Cura Italia” e il “decreto Rilancio”, in sanità, contro 37 miliardi che erano stati tolti negli ultimi anni, secondo la Fondazione GIMBE. Assunzioni importanti: mi riferisco a quelle degli infermieri, con 9.600 infermieri assunti con il “decreto Rilancio”. Gli infermieri nell'attività ospedaliera: da medico pneumologo, posso dire che, quando si facevano determinate attività con l'infermiere presente, si riusciva a sveltire di molto, l'ho visto anche lavorando all'estero; si riesce assolutamente a sveltire: determinate attività un pochino meno specialistiche le lasci fare all'infermiere e porti avanti l'ambulatorio in maniera più rapida. Però, gli infermieri ci vogliono, se non ci sono in Lombardia; i concorsi infermieristici, per esempio, non sono stati fatti, o sono stati fatti con grande fatica, per lo meno. Lo stesso per altri tipi di operatori: bene che ci siano 241 milioni per assunzioni in ambito ospedaliero; bene in generale che ci sia quest'aumento dei posti letto in terapia intensiva, che sono arrivati adesso praticamente a 9 mila in maniera strutturale, e anche i posti di terapia semintensiva; bene che ci sia appunto una formazione specialistica aumentata, arrivando a circa 4.200 nuovi posti e a 14.500 borse di studio; bene che ci siano gli incentivi. È chiaro, il medico che ha patito medico, che ha sofferto, l'operatore che ha faticato, è giusto che gli sia riconosciuto un incentivo per i medici, per gli infermieri e per gli operatori sanitari, per tutto il personale. Gli infermieri possono essere utili a supportare lo specialista nell'assistenza domiciliare, con questi infermieri si potranno creare sistemi di assistenza domiciliare più sviluppati per varie specialità. Come pneumologo, dico che l'assistenza domiciliare respiratoria messa in piedi dal dottor Sturani a Mantova è stato un esempio di risparmio e di aumento della qualità di vita, di riduzione dei tempi di ricovero per i pazienti, una cosa che, con maggiore personale, può essere sviluppata sia in ambito cardiologico, riabilitativo e quant'altro. Poi tutta la parte di informatizzazione, i nuovi referenti della privacy: spero che implementino il fascicolo sanitario elettronico: c'è da attuare la legge n. 29 del 2019 sul referto epidemiologico sulla rete dei registri tumori. È chiaro che si è bloccato un po' tutto per la pandemia, però non è possibile che ci siano centri di ricerca privati che utilizzano a loro volta, per coordinare i dati - mi riferisco ad Airtum - centri di ricerca pressoché sconosciuti per avere questi dati, perché poi non si riesce a fare programmazione sanitaria se non ci sono questi dati, e non si riesce neanche a ridurre le liste d'attesa.

È una sanità ancora malata su cui il Governo ha fatto davvero tanto e farà sicuramente e con coraggio ancora di più con questi interventi normativi. Credo che poi si potrà arrivare a qualcosa anche di più perché davvero non ho nessuna regione con liste d'attesa normali per cui l'invito è a valutare, sulla libera professione e sui centri privati, qualcosa anche di più stringente. È chiaro che poi la crisi sanitaria è stata dovuta anche ad un'anarchia in campo ambientale. La Lombardia è l'esempio di importazione di rifiuti, fanghi, spandimenti, infrazioni sull'aria, infrazioni sulle falde che, sicuramente, hanno contribuito a indebolire le persone e a questi casi e a questa drammaticità. Per cui superbonus e bonus mobilità introdotti dal “decreto Rilancio” sicuramente saranno un aiuto per evitare nuove ondate di casi sintomatici e per evitare di bloccare nuovamente le prestazioni ambulatoriali elettive.

(Elementi e iniziative in relazione alle procedure di riammissione dei migranti in Slovenia, con particolare riferimento al pieno rispetto della normativa in materia di protezione internazionale - n. 2-00861)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Magi ed altri n. 2-00861 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Magi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

RICCARDO MAGI (MISTO-CD-RI-+E). La ringrazio, Presidente. Sottosegretario, onorevoli colleghi, a metà di maggio 2020 il Ministero dell'Interno ha annunciato la volontà di incrementare le riammissioni di migranti in Slovenia e ha annunciato l'invio a tale scopo di 40 agenti al confine orientale dell'Italia. Parliamo quindi della cosiddetta rotta balcanica. Nei giorni successivi, le riammissioni si sono effettivamente intensificate ed hanno riguardato molti cittadini afgani e pakistani. Secondo le testimonianze raccolte dall'Associazione studi giuridici sull'immigrazione, i destinatari della misura, ignari di tutto, si sono ritrovati respinti in Slovenia fino in Serbia o in Bosnia, sebbene gli stessi fossero intenzionati a domandare protezione internazionale all'Italia. Le riammissioni sono state effettuate non in ragione del ripristino dei controlli alle frontiere interne, mai formalmente avvenuto, ma in applicazione dell'Accordo bilaterale fra Governo della Repubblica italiana e Governo della Repubblica di Slovenia sulla riammissione delle persone alle frontiere, un accordo firmato nel settembre 1996, quindi precedente al Regolamento di Dublino III. Intervenendo presso il Comitato parlamentare di controllo sull'applicazione dell'Accordo di Schengen, il Ministro dell'Interno ha risposto alle domande dei colleghi parlamentari, rendendo noto che, dal 1° gennaio al 25 giugno del 2020, sono stati effettuati al confine terrestre 1.612 rintracci e 343 riammissioni attive dall'Italia alla Slovenia. Le autorità italiane, ad avviso degli interroganti, non possono ignorare il fatto che le persone riammesse in Slovenia vengono poi portate immediatamente, quasi ci fosse un coordinamento delle autorità di polizia, in Croazia e di lì in Bosnia, subendo peraltro, nell'ultimo di questi passaggi che avvengono in poche ore, trattamenti assolutamente inaccettabili. Le persone vengono fatte scendere da questi furgoni, vengono quasi sempre fatte denudare e vengono rotti i loro telefoni, i dispositivi cellulari che hanno, vengono picchiate riportando spesso fratture soprattutto agli arti inferiori e alle mani e poi vengono in qualche modo indirizzate a oltrepassare il confine che, in quel caso, l'ultimo passaggio, è un confine dell'Unione europea, per essere quindi spinti in Bosnia o in Serbia. Come enunciato dall'articolo 2 del citato Accordo di riammissione del 1996, è esclusa la sua applicazione ai rifugiati riconosciuti ai sensi della Convenzione di Ginevra ed è evidentemente, in base alla giurisprudenza consolidata, da ritenersi esclusa anche l'applicazione a coloro che intendono fare una richiesta o manifestano in qualsiasi modo l'intenzione di richiedere protezione. In ogni caso l'espressione, che è stata utilizzata più volte sia dai rappresentanti del Governo, dal Ministro dell'Interno ma anche dal prefetto di Trieste, di riammissioni senza formalità, è evidentemente una espressione che non può lasciare intendere che ci sia una riammissione senza l'emanazione di un provvedimento amministrativo, cioè un provvedimento motivato, notificato all'interessato, anche se immediatamente esecutivo, e che non ci sia la possibilità per l'interessato di impugnarlo di fronte all'autorità giudiziaria.

Il Regolamento di Dublino, come è noto, prevede che ogni domanda di asilo sia registrata alla frontiera o all'interno dello Stato nel quale il migrante si trova e c'è poi una complessa procedura che stabilisce se il Paese competente ad esaminare la domanda è eventualmente diverso da quello in cui la domanda è stata posta o magari se già la domanda era stata posta precedentemente in un altro Paese e, in ogni caso, evidentemente, sono illegali i respingimenti in un altro Paese e anche in un Paese della stessa Unione solamente per il fatto che provenga fisicamente da lì. Il Regolamento di Dublino serve ad evitare esattamente questo, cioè il rimpallo automatico di persone da un Paese all'altro.

Le domande che noi poniamo al Governo sono quindi le seguenti: quale sia la natura giuridica del provvedimento di riammissione di cui stiamo parlando; attraverso quali modalità operative queste riammissioni vengono attuate; se vi sono protocolli di esecuzione di questo Accordo di riammissione e se vi siano delle intese raggiunte con le autorità slovene in ordine ai tempi di esecuzione; se non si intenda adottare iniziative volte ad assicurare che agli stranieri intercettati nelle aree di frontiera di Trieste e di Gorizia venga assicurata l'informazione sulla possibilità di richiedere protezione internazionale, magari anche avvalendosi, come avviene in altri casi, della collaborazione di organizzazioni di tutela dei rifugiati; se non si ritenga di dare disposizioni precise che chiariscano che le procedure citate nell'Accordo bilaterale non si applicano in ogni caso agli stranieri che, alla frontiera dello Stato, abbiano in qualsiasi modo manifestato la volontà di chiedere protezione internazionale e se non sia comunque necessaria l'adozione di un provvedimento notificato all'interessato; infine, se non si ritenga che ogni tipo di riammissione possa avvenire solo previo esame delle situazioni individuali e tenuto conto degli accordi di riammissione bilaterali che non possono violare in ogni caso i diritti umani e il diritto d'asilo come stabilito dal diritto europeo.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'interno, Achille Variati, ha facoltà di rispondere.

ACHILLE VARIATI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie Presidente e onorevoli deputati, l'onorevole Magi interpellante, che saluto, richiama l'attenzione sulla tematica delle riammissione dei migranti al confine italo-sloveno, chiedendo quali siano le procedure adottate in materia. Premetto che le procedure informali di riammissione in Slovenia vengono applicate nei confronti dei migranti rintracciati a ridosso della linea confinaria italo-slovena, quando risulti la provenienza dal territorio sloveno, anche qualora sia manifestata l'intenzione di richiedere la protezione internazionale, ad eccezione delle persone appartenenti alle categorie dei cosiddetti vulnerabili e dei soggetti che risultino registrati nel sistema Eurodac, avendo questi già presentato richiesta di protezione internazionale in altri Paesi membri.

Preciso che tali procedure non sono applicabili ai cittadini stranieri cui lo status di rifugiato sia già stato riconosciuto, atteso che gli stessi sono in possesso di regolare titolo di soggiorno che ne consente la circolazione nel nostro territorio nazionale. L'esecuzione di tale tipologia di riammissione non comporta la redazione di un provvedimento formale, applicandosi per prassi consolidata le speditive procedure previste dal relativo Accordo di riammissione siglato tra l'Italia e la Slovenia, da lei ha anche citato, il 3 settembre 1996. Le richieste di riammissione sono tempestivamente partecipate all'omologa autorità di polizia mediante la compilazione e l'invio di un apposito modulo nel quale sono elencati gli elementi a supporto delle istanze di riammissione. Inoltre, le relative procedure vengono eseguite attraverso continui contatti con le forze di polizia slovene ai fini della verifica delle situazioni soggettive di ciascuno degli stranieri rintracciati.

La descritta procedura speditiva è resa più agevole, peraltro, dalla contiguità territoriale degli uffici di Polizia di frontiera italiani e sloveni, ubicati, entrambi, nei pressi della comune linea confinaria. Ma, onorevole, tengo ad evidenziare come a tutti gli stranieri irregolari rintracciati vengano fornite, con l'ausilio di un interprete, informazioni sulla possibilità di richiedere protezione internazionale. Agli stessi viene, inoltre, consegnato un apposito modulo, opuscolo informativo, e si provvede alla registrazione delle istanze nei casi in cui sia manifestata la volontà di richiedere asilo nel corso delle interviste. Qualora ricorrano i presupposti per la richiesta di riammissione, e solo in questi casi, e la stessa venga accolta dalle autorità slovene, non si provvede all'invito in questura per la formalizzazione dell'istanza di protezione.

Si precisa che il principio della unicità della domanda di asilo e della certezza del suo esame è garantito allo straniero richiedente asilo all'interno dell'Unione europea, a prescindere dallo Stato individuato quale competente ad esaminare la domanda. Conseguentemente, nessuna violazione del diritto di asilo può configurarsi in una procedura di riammissione nel territorio sloveno, anche tenendo conto che non può essere consentito allo straniero, pur bisognoso di protezione e aiuto, di scegliere il Paese in cui essere eventualmente accolto. Evidenzio, inoltre, che la ripresa in carico da parte dei due Paesi delle persone da riammettere nel proprio territorio avviene a condizioni di reciprocità, ovviamente, presso gli uffici della Polizia di frontiera ubicati in prossimità della linea confinaria.

Venendo al quesito posto dall'onorevole interpellante relativo al rischio dei cosiddetti respingimenti a catena, chiamiamoli così, poiché, come ricordato nello stesso atto di sindacato, Slovenia e Croazia sono membri dell'Unione europea, essi sono da considerare intrinsecamente Paesi sicuri sotto il profilo del pieno rispetto dei diritti umani e delle Convenzioni internazionali in materia. Come rappresentato dalla direttiva del Ministero dell'Interno del 13 maggio scorso, cito testualmente: “si tratta, infatti, nel caso di specie, di riammissione in uno Stato europeo (…), dove, peraltro, vigono normative internazionali ed europee analoghe a quelle che vincolano lo Stato italiano”. In quanto alle iniziative assunte in concreto dall'Amministrazione dell'Interno, colgo l'occasione per comunicare altresì che è in corso di definizione la sottoscrizione di uno specifico protocollo d'intesa con la prefettura, la questura di Trieste, la Polizia di frontiera, il Consiglio italiano per i rifugiati (CIR), volto all'impiego di propri volontari, presso diversi valichi di frontiera italo-sloveni, al fine di svolgere proprio quell'attività informativa e di supporto ai migranti intenzionati a presentare istanza di asilo, come da lei ricordato.

Quanto, infine, al quesito relativo ad eventuali episodi di sconfinamento in territorio sloveno, informo i parlamentari interpellanti che il 16 giugno scorso si è registrato effettivamente un episodio in provincia di Gorizia, che ha coinvolto una pattuglia dell'Esercito italiano in servizio presso il valico di San Pietro, nel corso dell'attività di monitoraggio del fenomeno migratorio nell'ambito dell'operazione “Strade sicure”. Più precisamente, l'episodio è consistito in una mera inversione di marcia da parte di un mezzo dell'Esercito che, al fine di non ostacolare il traffico, proseguiva per circa 200 metri nel territorio sloveno per, poi, rientrare immediatamente nel territorio italiano. La Polizia di frontiera di Gorizia ha opportunamente informato la Polizia di frontiera di Nova Gorica circa l'accaduto. In conclusione, voglio assicurarle che con la Slovenia stiamo lavorando in un clima di piena collaborazione e, in ogni caso, resta costante ed elevata l'attenzione del Ministero dell'Interno sulle questioni da lei sollevate, al fine di garantire soluzioni più idonee e più efficaci per la gestione congiunta di questo delicato fenomeno migratorio, dai risvolti umani da considerare con molta serietà.

PRESIDENTE. Il deputato Magi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

RICCARDO MAGI (MISTO-CD-RI-+E). La ringrazio, Presidente. Ringrazio il sottosegretario, perché sicuramente, per certi versi, le risposte che ci ha fornito oggi sono importanti. Quando ci si informa che c'è un impegno da parte del Governo nel rafforzare la collaborazione con quelle organizzazioni di tutela dei diritti dei migranti e dei rifugiati in modo da fornire, in questi luoghi di frontiera, un servizio di informazione puntuale e dettagliato rispetto alla possibilità di fare domanda di protezione, questo è un dato importante e, anche quando ci dà l'informazione che, in ogni caso, a tutti quanti, con la presenza di un interprete, viene già ora fornita l'informazione e fornito il modulo. Quello su cui siamo meno rassicurati, anzi, siamo preoccupati, riguarda, da un lato, il fatto che si insista a voler dare un'interpretazione e, quindi, un'attuazione del Trattato bilaterale del 1996, facendo rientrare in questa attuazione, in questo ambito di applicabilità anche coloro che fanno questa richiesta qualora vengano fermati nelle vicinanze della frontiera, ma, soprattutto, cosa ancora più preoccupante, è quando si sostiene che la riammissione informale possa, in qualche modo, avvenire senza che sia emesso alcun provvedimento rispetto al quale la persona interessata possa impugnarlo davanti all'autorità giudiziaria. Questo perché - è di tutta evidenza - la riammissione è una prassi che tocca la libertà della persona. E noi non possiamo concepire, nel nostro ordinamento, neanche che ci sia una contravvenzione di tipo amministrativo, senza che venga emesso un atto rispetto al quale chi è interessato può far valere i propri diritti e può impugnarlo. Non possiamo tollerare, evidentemente, che ci sia un sequestro di beni senza che sia emesso un atto, tanto meno che ci sia un provvedimento che tocca la libertà di circolazione e la libertà della persona, a maggior ragione se questa persona esprime la volontà di richiedere una protezione, quindi di accedere a una protezione internazionale. Il fatto che questo avvenga nei pressi di una frontiera, dà evidentemente, certamente, diritto e tutte le prerogative al nostro Stato di avviare quelle procedure che sono previste dal Trattato di Dublino, che è successivo all'Accordo bilaterale con la Slovenia che qui si vuole fare valere, a nostro avviso, a mio avviso, in maniera un po' eccessiva. Quindi, da questo punto di vista, è necessario continuare a vigilare, anche perché, politicamente, non ci possiamo nascondere dietro un dito: sono centinaia, migliaia le testimonianze che sono state raccolte da numerose organizzazioni non governative. Penso solamente al rapporto, al dossier, che è stato presentato poche settimane fa, alla fine di giugno del 2020, da diverse organizzazioni, tra le quali Amnesty International, Osservatorio Balcani, in cui si riportano le atrocità che vengono in qualche modo compiute all'interno di questi respingimenti a catena. Noi non possiamo fare finta che accompagniamo le persone a un confine e poi, siccome l'altro Paese è un Paese membro dell'Unione, quello è un confine Schengen e, poi, vediamo cosa avverrà. Questa prassi configura un atto unico, perché, nel giro di poche ore - e, ormai ci sono migliaia di testimonianze documentate di questo, con nomi e cognomi delle persone -, la stessa persona, che ha chiesto protezione all'Italia in territorio italiano, si ritrova, dopo essere stata massacrata di botte, in Bosnia.

Nel giro di neanche 24 ore: passando da un furgone all'altro, da un furgone in cui viene messo dalle autorità di Polizia italiane, portato davanti ad una casetta nei pressi del confine con la Slovenia, passato su un altro furgone guidato dalle autorità di Polizia slovene, passato su un altro furgone guidato dalle autorità di Polizia croate, che nei pressi del confine con la Bosnia massacrano di botte queste persone e le spingono, nude, nel bosco e queste si ritrovano fuori dall'Unione europea. Politicamente questo è il punto, poi possiamo diciamo disquisire da un punto di vista dei cavilli e delle procedure, ma questo è il punto politico che non pongo solamente, evidentemente, al Governo italiano, ma che pongo rispetto al funzionamento di tutto il sistema del diritto di asilo europeo e, quindi, anche in prospettiva di una revisione del regolamento di Dublino, che però va riformato, non va disapplicato in questo modo, facendoci rimettere solo i diritti delle persone (Applausi del deputato Sensi).

(Iniziative per limitare gli sbarchi di immigrati irregolari in Sardegna e per tutelare la salute pubblica nella regione, con particolare riguardo al rispetto della misura dell'isolamento fiduciario per gli stranieri ospitati nel Centro di accoglienza straordinaria di Monastir - n. 2-00866)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Deidda ed altri n. 2-00866 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Deidda se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

SALVATORE DEIDDA (FDI). La illustro, signor Presidente.

PRESIDENTE. Prego.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Sottosegretario, questa è l'ennesima interpellanza e interrogazione che presentiamo sul tema, perché da quando prima il Ministro, poi c'è stato il Ministro Salvini, col Governo con i 5 Stelle e poi quest'ultimo Governo, nonostante gli annunci, le misure, nonostante le visite del Premier Conte e del Ministro Di Maio in Algeria e nonostante le richieste che vengono dallo stesso Governo dell'Algeria, dove qualche tempo fa il Ministro dell'emigrazione ha denunciato che quella tratta dall'Algeria alla Sardegna è pericolosa e ci sono diversi morti, però poi cosa succede? Da poco è arrivato un barchino in mezzo ai bagnanti, con decine di immigrati, ci sono continui sbarchi nelle varie spiagge, sono arrivati anche al porto di Cagliari. Loro aspettano l'arrivo dei Carabinieri per essere trasportati, come un taxi, nel centro di Monastir. Da lì in poi non c'è, nonostante il presidio delle Forze di Polizia, che ringraziamo, nonostante c'è la Guardia costiera e la Guardia di Finanza che controlla i nostri mari, ma non serve, perché poi l'immigrato algerino - ormai conosciamo e l'abbiamo già detto - non richiede il permesso di soggiorno, non richiede protezione internazionale, loro vogliono solamente arrivare nelle coste dell'Europa, dell'Italia e della Sardegna, per poi perdersi in Italia e poi andare in giro per l'Europa. È capitato che non rispettassero, la mattina o la sera o la notte addirittura, la misura della quarantena: escono dal centro di Monastir, che è a una decina di chilometri da Cagliari o comunque è raggiungibile anche a piedi, infatti il loro escono, vanno nella superstrada, la Carlo Felice, attraversando anche la strada con grave disagio per gli automobilisti per il pericolo di incidenti, soprattutto la notte, hanno saccheggiato bar, hanno aggredito dalle persone per saccheggiare, e questo non è che è successo un episodio casuale o è stato solo un episodio: a Cagliari e in Sardegna sappiamo benissimo che quando aumentano gli sbarchi degli algerini hanno razziato interi quartieri. Nel quartiere Marina di Cagliari, qualche anno fa, in un solo giorno ci son stati 13 arresti. Quindi, possiamo dire che tutte le misure fin qui adottate si sono rivelate fallimentari e quello che noi abbiamo sempre chiesto è che la Marina militare, d'accordo con l'Algeria, perché l'ha richiesto anche l'Algeria un aiuto per fermare questi sbarchi dal porto di Annaba verso la Sardegna, intervenga per mettere un freno a tutte queste misure. Monastir, che è una ex scuola per la Polizia penitenziaria e per le altre Forze di Polizia, è un centro dove non c'è nessun tipo di protezione, non è un CPR ,come c'è a Macomer, la Polizia fa quello che vuole ma è diventato un hotel dove gli immigrati clandestini algerini escono a proprio piacimento e tornano durante la notte, come se fosse un hotel, alla faccia poi delle misure di protezione, perché non girano in città neanche con la mascherina.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'Interno, Achille Variati, ha facoltà di rispondere.

ACHILLE VARIATI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Onorevoli deputati, gli onorevoli interpellanti richiamano l'attenzione sul fenomeno degli sbarchi di migranti irregolari avvenuti sulle coste di Sardegna, chiedendo quali misure intenda adottare il Governo per il controllo di quel territorio, anche al fine di tutelare la salute pubblica dei cittadini e di garantire il rispetto delle misure di isolamento fiduciario, con particolare riferimento a soggetti presenti nel centro di Monastir. Tali sbarchi si verificano, a fasi alterne, da diversi anni, per la verità, sulle coste sud-occidentali della Sardegna, nel territorio di Sulcis Iglesiente. Gli stranieri, generalmente di sesso maschile e quasi tutti appena maggiorenni, giungono attraverso la rotta dell'Algeria in gruppi di pochi individui, impiegando piccole imbarcazioni, che sono difficilmente rilevabili anche dalle moderne strumentazioni radar. I migranti vengono intercettati per lo più in mare, da veicoli o da unità navali in assetto Frontex ovvero a terra, dopo essere sbarcati, a seguito di segnalazioni di cittadini o direttamente con l'intervento di pattuglie delle Forze di Polizia impegnate nelle attività di controllo del territorio. Tutti i migranti rintracciati in mare e nei luoghi di sbarco vengono trasferiti in una struttura adibita a Centro di primo soccorso di accoglienza presso l'ex scuola della Polizia penitenziaria, ubicata nel comune di Monastir, per i prescritti accertamenti sanitari, nonché ai fini dell'identificazione e dei controlli di sicurezza. Gli stranieri vengono muniti di idonei dispositivi di protezione individuali, che indossano anche nelle fasi di trasporto dal luogo di sbarco fino al loro collocamento presso il centro di Monastir. Inoltre, nei confronti dei migranti viene disposta, da parte delle autorità competenti, la messa in quarantena per un periodo di 14 giorni all'interno del centro di Monastir o presso altre strutture all'uopo individuate, con costante osservazione sanitaria. Nell'ambito dei citati accertamenti sanitari, gli stranieri vengono altresì sottoposti sempre al tampone rinofaringeo. Finora si sono registrati 4 casi di positività, 3 dei quali poi risultati, con i testi successivi, negativi. I casi positivi trascorrono il periodo di isolamento presso locali opportunamente individuati all'interno del cennato compendio ovvero presso strutture sanitarie e sono seguiti quotidianamente dalle autorità sanitarie. Presso il suddetto compendio, i servizi di vigilanza finalizzati al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica, sono articolati secondo una turnazione quotidiana che prevede l'avvicendamento, nell'arco delle 24 ore, di 12 operatori delle Forze di Polizia per ogni turno, coordinati da un funzionario della Polizia di Stato e affiancati, in relazione alle esigenze, da personale dell'ufficio immigrazione.

Per quanto attiene agli episodi che lei ha citato, di allontanamento arbitrario, si rappresenta che nessuno dei soggetti posti in isolamento si è mai allontanato dalla struttura presso la quale era stato collocato. È, invece, avvenuto che, durante anche la scorsa settimana, alcuni ospiti del centro di Monastir si siano allontanati, scavalcando un tratto del muro perimetrale, rendendosi responsabili per lo più di furti di bevande alcoliche e di generi alimentari, mentre uno di loro è stato tratto in arresto poiché, dopo essersi impossessato in modo fraudolento di alcune bustine di cannabis esposte all'interno di un esercizio commerciale, ha spintonato un dipendente dello stesso esercizio.

Voglio evidenziare che tutti i migranti, allontanatisi arbitrariamente, sono poi stati fatti rientrare all'interno della struttura ovvero rintracciati da parte delle Forze di Polizia e riaccompagnati presso il centro. Mi preme sottolineare che, proprio al fine di prevenire episodi di allontanamento, era già stato predisposto, dalla prefettura di Cagliari, un progetto di ristrutturazione della struttura, attualmente in fase di completamento.

In particolare, sono stati ultimati i lavori di sopraelevazione del muro perimetrale utilizzato dai migranti come via di fuga non autorizzata, nonché una compartimentazione della zona esterna con l'utilizzo di adeguate recinzioni. Evidenzio peraltro che tali interventi si sono potuti realizzare solo ultimamente, a causa dell'emergenza epidemiologica che non ha consentito nei mesi scorsi i lavori edili a causa del lockdown.

Con specifico riferimento alle azioni di prevenzione e contrasto volte a frenare il flusso migratorio via mare dall'Algeria verso la Sardegna, sottolineo che è stata rafforzata l'attività di sorveglianza aerea nelle acque internazionali a sud dell'isola, prodromica ad un eventuale intervento di intercetto navale. In tale contesto, è stato da ultimo richiesto all'agenzia Frontex il possibile rafforzamento della sorveglianza nell'area SAR di competenza nazionale attraverso l'impiego di ulteriori assetti sia aerei che navali per i prossimi mesi.

In conclusione, assicuro come permanga costante l'attenzione da parte del Ministero dell'Interno sulle questioni prospettate nell'atto di sindacato ispettivo, al fine di individuare misure sempre più idonee a garantire la tutela della salute pubblica in primis attraverso il rigoroso rispetto di tutte le misure precauzionali previste, ancor più nell'ambito di un'emergenza sanitaria come quella in atto.

PRESIDENTE. Il deputato Salvatore Deidda ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Presidente, sottosegretario, non sono assolutamente soddisfatto, perché, partendo dalla fine della sua risposta, sono le stesse informazioni che mesi fa mi aveva dato il suo collega sottosegretario. Rafforzamento della sorveglianza aerea: per me, se è stata rafforzata la sorveglianza aerea, vuol dire che non ne hanno beccata neanche una di queste imbarcazioni che, fino all'altro giorno, sono continuate ad arrivare; e ripeto, nel pieno della stagione estiva, vedersi arrivare dei barchini con dei soggetti che poi…Ormai li conosciamo, almeno qual è la tipologia: giovani che sono molto più occidentali di altri tipi di immigrati, nel senso che conoscono bene il nostro territorio; c'è addirittura una pagina Facebook dove potersi scambiare informazioni sui viaggi, sui luoghi di arrivo, dove mettono le foto delle donne occidentali come mira anche di bellezza o comunque per fidanzarsi, sposarsi o altro, dove mettono gli angoli della città dove andare; e che sanno benissimo che, in Sardegna, la Polizia, i carabinieri, le forze dell'ordine li porteranno nel centro di Monastir, e da lì si spostano. Se l'unica misura è quella di chiedere di rafforzare la sorveglianza aerea o alzare un muro di cinta, mi dispiace perché anche il sindaco di Monastir, che non è propriamente di Fratelli d'Italia, anzi è lontana da Fratelli d'Italia, è di altra parte politica, si è detta stufa che nel proprio centro ci sia questa situazione di pericolo costante. A San Sperate lo stesso, un centro che sta tra Monastir a Cagliari, siamo stufi.

Ma in Sardegna siamo stufi anche di dover registrare che sia impossibile bloccare gli sbarchi e le partenza dal porto di Annaba, in Algeria. Non è possibile che ci siano state visite istituzionali, dove si è detto: noi interverremo; mi ricordo il Ministro Di Maio, che disse in campagna elettorale: “Sbarchi zero in Sardegna”. Tutto questo non è stato possibile, non è stato fatto niente, perché l'unico modo è fare un controllo con le navi della Marina militare nelle acque internazionali e pubblicizzare in Algeria che, da ora in poi, ci sarà un muro. Non lo chiamiamo più neanche blocco navale, perché poi, strumentalmente, viene utilizzato da voi per dire: il blocco navale è un atto ostile di guerra; bene, non utilizziamo più il termine “blocco navale”: le navi militari davanti, nelle acque internazionali, in pieno accordo con l'Algeria che ha richiesto aiuto per fermare questi sbarchi. In Sardegna abbiamo già i nostri problemi con la delinquenza locale: ci mancano solo dei giovani che vengono a fare razzie, che vengono a portare disagio, a fare gli spacciatori, a non seguire le regole che lo Stato ci ha dato. Perché poi, come ha detto lei, certo che i positivi sono tenuti sotto osservazione, ma gli altri immigrati continuano a uscire; e se le faccio vedere la documentazione fotografica di sbarchi dove gli immigrati algerini, non segnalati da nessuna delle Forze dell'ordine, hanno aspettato l'arrivo dei carabinieri seduti al bar, comodamente, perché gli serviva il servizio taxi per arrivare a Monastir…Le nostre Forze dell'ordine, a cui va sempre il nostro ringraziamento, non possono essere utilizzate come taxi da chi entra clandestinamente in Italia; e voi state cocciutamente continuando a porre delle misure che non servono per questo tipo di immigrazione: come ha detto e informato benissimo, con barchini veloci, piccoli, arrivano in numeri modesti, nuclei da quattro, cinque, dieci, però arrivano consecutivamente. Non richiedono protezione internazionale, non gliene frega assolutamente niente di chiedere protezione internazionale: vengano a fare i loro comodi. Perché poi si sono registrati anche arrivi multipli: sono arrivati una volta, sono stati espulsi e son tornati.

Ma poi, se pensate che sia un problema solo sardo, guardatevi le cronache di Milano, delle altre regioni italiane, perché loro non si fermano, ma vanno in giro con un'organizzazione ben precisa, con un'organizzazione che li aiuta a spostarsi in tutta Italia, a commettere altri tipi di reato, che, certo, sono furti: sembra quasi che il furto, l'aver aggredito dentro un supermercato per rubare alcolici, aver rubato cannabis sia quasi un reato minore; da noi è una destabilizzazione sociale, perché siamo un'isola di 1 milione e mezzo di abitanti e non abbiamo bisogno di importare criminalità o persone che non rispettano la legge.

Io mi auguro che questo Governo non faccia le orecchie da mercante e rispetti la volontà rappresentata dalla richiesta della Sardegna, ma anche di tutti gli italiani: perché sulla politica migratoria state di nuovo, e purtroppo, ricominciando a tapparvi gli occhi davanti al problema, anche con riferimento a quello che gli italiani poi hanno chiesto, non votando più il Partito Democratico nelle scorse elezioni, affidando le elezioni ad una maggioranza di centrodestra che poi, purtroppo, non si è vista in quest'Aula, ma i sondaggi dicono che gli italiani vogliono un governo di centrodestra perché la politica migratoria deve cambiare.

Non chiediamo assolutamente un non rispetto dei diritti umani, vi deve essere il sacrosanto diritto di salvare delle vite; ma qui non stiamo parlando di quello, qui non stiamo parlando di persone che rischiano la vita: l'Algeria è uno Stato che voi avete definito fondamentale per la pace in Libia, è uno Stato che forse attraversa una crisi economica, ma è uno Stato che ha un Governo, ha una stabilità politica. E quindi? Voi mettete in campo Frontex, mettete in campo la sorveglianza aerea, mettete in campo la Guardia di finanza, che adesso ha intensificato i controlli, e che può prendere atto solamente del barchino che arriva e lo guida verso le coste italiane. Ripeto, le Forze dell'ordine non sono dei taxi, non sono neanche il reparto mobile della Polizia, che sta in sorveglianza a volte al centro di Monastir, non deve stare 24 ore lì a sorvegliare qualcuno che vuole uscire, protesta, col disagio anche di mediatori, sempre algerini, che danno informazioni per uscire magari in giro per la città.

Voi in questo compito avete fallito, in questo compito state continuando a fallire perché non seguite i consigli di chi vive sul territorio e che, negli anni, al di là di questo Governo, anche agli altri, ha sempre chiesto un controllo, perché tutte le misure messe in campo da Minniti in poi, per quanto riguarda gli sbarchi dall'Algeria verso la Sardegna, hanno fallito clamorosamente. L'unico modo è mandare due navi della Marina militare nelle acque internazionali tra l'Algeria e la Sardegna, ripeto, in pieno accordo con lo Stato algerino, per dire e mettere fine a questa organizzazione che permette a tanti algerini di venire in Sardegna.

E attenzione, quando altre nazioni, altri immigrati di altre nazioni si accorgeranno che quella tratta è così facile da percorrere da Annaba alla Sardegna, cominceranno ad arrivare i libici, cominceranno a venire i tunisini. Noi non sopporteremo mai quello che sta avvenendo a Lampedusa, quello che sta accadendo a Porto Empedocle. Attenzione, perché voi state sottovalutando quella che, fino adesso, è stata la buona pace dei sardi.

Però, se noi vivremo altre situazioni di violenza, criminalità e indifferenza da parte del Governo italiano, dovremo veramente perdere la pazienza, perché noi non permetteremo a nessuno di violare le leggi italiane e soprattutto la serenità della nostra gente.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Passiamo agli interventi di fine seduta. Ha chiesto di parlare il deputato Enrico Massimo Baroni, che però non è presente in Aula, quindi si intende abbia rinunciato.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 27 luglio 2020 - Ore 14:

1. Discussione sulle linee generali della proposta di legge costituzionale:

D'INIZIATIVA POPOLARE: Norme per l'attuazione della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura. (C. 14)

La seduta termina alle 11,30.