Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 24 luglio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La VIII Commissione,

   premesso che:

    esistono ventiquattro parchi nazionali in Italia, per una superficie complessiva di oltre 1 milione e 600 mila ettari, preservati e tutelati dallo sviluppo antropico, al fine di garantirne l'integrità, la biodiversità e la conservazione nel lungo periodo;

    all'interno di tali aree, è presente la maggior parte degli habitat fondamentali per la vita delle cinquantaseimila specie di animali presenti in Italia e questo rende il nostro Paese quello con la maggiore varietà di specie viventi in Europa;

    i Parchi nazionali, che ad oggi ricoprono circa il cinque per cento del territorio, oltre ad essere rappresentativi delle peculiari ricchezze naturalistiche italiane, generano un fatturato diretto e indiretto superiore ai nove miliardi di euro annui, con ricadute economiche e sociali diffuse, garantendo altresì un livello di occupazione pari a ottantaseimila posti di lavoro nei settori del turismo, dell'agricoltura, dell'artigianato e del commercio;

    il rapporto su «L'economia reale nei parchi nazionali e nelle aree naturali protette» evidenzia come il possibile «effetto parco» apprezzabile nella capacità di generare valore economico da parte delle imprese ivi localizzate va misurato non solo in termini meramente economici (e, quindi, attraverso i livelli e la dinamica del valore aggiunto pro capite) ma anche quanto a capacità di produrre beni comuni, fruibili dall'intera collettività, anche al di fuori dei parchi stessi;

    le aree protette, che possono quindi rappresentare un potenziale per uscire dalla situazione di crisi economica attuale, necessitano di una maggiore valorizzazione che può essere attuata attraverso il rafforzamento di programmi nazionali volti a sviluppare e a rendere più efficaci le iniziative e i progetti svolti dalle singole aree protette, consolidando le politiche di conservazione del patrimonio naturale italiano;

    con regio decreto-legge n. 1584 del 3 dicembre 1922 fu istituito il Parco nazionale Gran Paradiso e, due mesi dopo, l'11 gennaio 1923, con regio decreto-legge n. 257, fu istituito il Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise; i due parchi sono i primi parchi nazionali istituiti in Italia;

    il parco nazionale del Gran Paradiso si estende per una superficie complessiva di oltre 71 mila ettari, mentre il parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise (di seguito P.n.a.l.m.) si sviluppa su un'area di circa 50 mila ettari ricadente nel territorio delle province dell'Aquila, Frosinone e Isernia. L'area del P.n.a.l.m. si estende, inoltre, sul territorio di ventisette comuni aventi complessivamente oltre trentamila abitanti;

    la storia del parco nazionale del Gran Paradiso comincia con i primi divieti di caccia nell'area del futuro parco già nel 1821 ed in seguito, tale zona, venne dichiarata riserva reale di Caccia, per poi essere messa a disposizione da Vittorio Emanuele III al fine di farne un parco nazionale;

    la storia del parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise inizia il 21 ottobre 1921 con l'acquisizione dei primi ettari in affitto da parte della Federazione «Pro Montibus» dal comune di Opi, situato in una zona centrale dell'attuale parco, per poi giungere all'inaugurazione del parco il 9 settembre 1922 in attesa del riconoscimento ufficiale con apposito decreto del 1923;

    il parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise ha inoltre una zona di protezione esterna, costituita da territori appartenenti ad altri tredici comuni, per un'estensione di circa 76 mila ettari, nella quale sono previsti divieti di caccia più restrittivi;

    l'articolo 8 della legge 23 marzo 2001, n. 93, ha provveduto a modificare l'originale denominazione di «parco nazionale d'Abruzzo» a quella odierna;

    all'interno del parco sono presenti le seguenti aree comprese nella rete Natura 2000, diversi siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale: la Zps IT7120132 «Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise», con estensione in ettari prossima infatti a quella del parco stesso; il Sic IT7110205 «Parco Nazionale d'Abruzzo», con estensione altrettanto prossima a quella del Parco, con circa 60 mila ettari; il Sic IT7212121 «Gruppo della Meta – Catena delle Mainarde», di circa 3.500 ettari; il Sic IT6050018 «Cime del Massiccio della Meta», di circa 2.500 ettari; ed il Sic IT6050020 «Val Canneto», di circa 1.000 ettari;

    all'interno del parco nazionale Gran Paradiso sono presenti, invece, diverse aree comprese nella rete Natura 2000 quali: Prascondù; Vallone Azaria-Barmaion-Torre Lavina; Vallone del Carro, Piani del Nivolet, Col Rosset; Ambienti calcarei d'alta quota della Valle di Rhêmes; Bosco del Parriod; Eaux Rousses, lago Djouan, Colle Entrelor; Valloni a sud de La Grivola; Bosco di Sylvenoire – Arpissonet; Vetta Gran Paradiso – Money e Torbiera alpina di Pra Suppiaz;

    il 24 maggio di ogni anno si festeggia la «Giornata Europea dei Parchi», per la quale è previsto, su più giorni, lo svolgimento di numerose attività quali escursioni, incontri, mostre ed altre attività ambientali;

    la legge 6 dicembre 1991, n. 394 (legge quadro sulle aree protette) delega, all'articolo 14, la comunità del parco a prevedere eventuali iniziative «atte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività eventualmente residenti all'interno del parco e nei territori adiacenti» e, ai sensi dell'articolo 4, è previsto il programma triennale per le aree naturali protette, redatto dal comitato per le aree naturali protette;

    nel dicembre 2018 è stato siglato un accordo tra il parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise e il parco nazionale del Gran Paradiso per l'organizzazione del centenario dei parchi italiani;

    nell'ottobre 2019 è stato nominato il professor Giovanni Cannata, quale nuovo presidente del parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise;

    va considerata l'importanza di sviluppare ulteriori best practices e progetti pilota per la tutela della flora e della fauna, per lo sviluppo di nuove tecnologie finalizzate al controllo del territorio, comprese quelle relative al contrasto di condotte illecite in grado di compromettere le matrici naturali,

impegna il Governo:

   ad adottare le iniziative di competenza per l'istituzione di una Giornata nazionale dei parchi, al fine di valorizzare l'importanza che gli stessi rivestono dal punto di vista naturalistico, economico e sociale;

   ad intraprendere tutte le iniziative necessarie per sostenere i progetti individuati dagli enti parco di cui in premessa, per celebrare il centenario della loro istituzione ufficiale.
(7-00524) «Ilaria Fontana, Deiana, Braga, Fregolent, Muroni, Terzoni, Licatini, Elisa Tripodi, Daga, Varrica, Alberto Manca, Micillo, Di Lauro, Vianello, Federico, Maraia, D'Ippolito, Zolezzi, Berardini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MORETTO e MARCO DI MAIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il 25 maggio 2016 è stato pubblicato il bando per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie, con un primo stanziamento di 500 milioni di euro. Il bando individuava cinque tipologie di azione: progetti di miglioramento del decoro urbano, progetti di riuso e rifunzionalizzazione di strutture e aree esistenti, progetti per la sicurezza del territorio, progetti per il potenziamento dei servizi e del welfare, progetti per la mobilità sostenibile. In tutto i progetti elaborati in risposta al bando sono 120, dei quali 107 sono stati presentati da comuni e 13 da città metropolitane. I progetti interessano il territorio di 445 comuni italiani (considerando i 348 comuni interessati dai progetti delle città metropolitane) per una popolazione complessiva pari a 22.913.218 abitanti;

   il 5 gennaio 2017 è stata pubblicata la graduatoria e il 6 marzo 2017 sono state firmate le convenzioni dei primi 24 progetti. Le risorse utili al finanziamento dell'insieme degli altri progetti sono state individuate tramite due delibere Cipe del 3 marzo e del 7 agosto 2017;

   il valore complessivo dei 120 progetti è pari a 3,8 miliardi di euro, di cui 2,1 finanziati dal bando (un finanziamento pari dunque al 54 per cento dell'ammontare complessivo). Il restante co-finanziamento è ripartito come segue: 272 milioni derivano da risorse dei comuni, 488 milioni da altri finanziamenti, 905 milioni derivano da investimenti privati (in questa quota sono considerati anche i rilevanti investimenti di aziende di diritto privato ma di proprietà pubblica). Ulteriori 116 milioni di euro derivano da altre fonti di finanziamento;

   nell'ambito del decreto «Milleproroghe» 2018 e sono stati «tagliati» 1,6 miliardi di euro destinati a progetti già avviati in 96 dei 120 comuni vincitori del bando. La legge di bilancio 2019, dando seguito all'accordo raggiunto in Conferenza unificata, ha superato quanto stabilito dal decreto «Milleproroghe», rendendo di nuovo disponibili i fondi;

   nell'ambito del bando periferie la città metropolitana di Venezia ha presentato il progetto Re.Mo.Ve (recupero periferie e mobilità sostenibile per la città metropolitana di Venezia): 21 interventi sulla connettività e accessibilità intra-metropolie sul riuso e sul rifunzionalizzazione di aree e di strutture edilizie esistenti. Il budget complessivo è di 55.398.000 di euro;

   a San Donà di Piave la partnership tra enti pubblici, ferrovie dello Stato italiane e società locale di autolinee ha permesso un progetto integrato, cofinanziato dai privati per quasi 5 milioni di euro, in cui prende forma un nuovo polo multimodale, con nuova stazione, nuovo terminal bus, riqualificazioni di immobili e realizzazione di una nuova viabilità;

   i fondi, chiesti con la rendicontazione di dicembre 2019, non sono ancora stati assegnati. Ciò sta rendendo impegnativo lo sforzo del comune e dei partner privati del progetto –:

   entro quali tempi saranno effettivamente erogate le risorse previste dal bando, fondi legittimamente assegnati che contribuirebbero a dare ossigeno all'economia del territorio, fortemente in crisi anche a causa dell'emergenza sanitaria.
(5-04446)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CENTEMERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nell'ottica di elaborare le opportune strategie per fronteggiare le disastrose conseguenze di carattere economico dovute al lockdown imposto alle attività produttive e commerciali, la Presidenza del Consiglio si è avvalsa della consulenza di numerosi esperti;

   la nomina dei predetti consulenti non è avvenuta, ad avviso dell'interrogante, secondo principi di trasparenza ed i relativi incarichi sono stati formalizzati esclusivamente in sede di costituzione della cosiddetta task force Colao, annunciata nella conferenza stampa del 10 aprile 2020 ed incaricata di elaborare e proporre misure «tampone», ossia strettamente necessarie a fronteggiare l'emergenza;

   è tuttavia noto, anche per mezzo delle notizie diffuse dalla stampa, della collaborazione, tra gli altri, della professoressa Mariana Mazzucato, ancor prima della costituzione ufficiale della task force;

   le dichiarazioni alla stampa della Mazzucato lasciano intendere un suo ruolo di consigliere per una strategia di lungo periodo in grado di trasformare lo Stato in «motore» dell'economia, attraverso un'azione «catalizzatrice» dell'attività svolta dalle società in controllo pubblico e, più in generale, dalle società partecipate che gestiscono assets strategici;

   il modello individuato dalla Mazzucato prevede «l'attribuzione concordata di missioni» da parte di uno «Stato innovatore»: quanto delineato dall'economista, quindi, è un maggiore intervento dello Stato in economia finalizzato al coordinamento delle azioni di tali imprese partecipate, con possibili risvolti in materia antitrust, dal momento che sembrerebbe incoraggiare l'adozione di intese restrittive della libera concorrenza;

   la Mazzucato, tuttavia, nel momento in cui indicava tale strada al Governo, versava in un possibile conflitto di interessi dato che, a partire da maggio 2020, è stata nominata, su proposta del Mef, membro del consiglio di amministrazione di Enel s.p.a., ossia una delle società partecipate più importanti ed influenti;

   ad avviso dell'interrogante indubbiamente sorgono perplessità in merito ai suggerimenti offerti al Governo dalla Mazzucato, se cioè siano stati espressi nell'interesse generale, ovvero nell'interesse particolare di Enel s.p.a. la cui proprietà azionaria, si evidenzia, resta prevalentemente privata;

   il conflitto si rivela ancor più grave ove si consideri che l'ambito di intervento segnalato dalla Mazzucato al Governo è quello della trasformazione digitale e della transizione ecologica, tematiche sulle quali è forte l'interesse di Enel che, a tal riguardo, serba ovvie, quanto legittime, aspettative;

   la circostanza di un possibile conflitto di interessi è aggravata dal fatto che la Mazzucato, nell'ambito di Enel, riveste altresì la carica di membro del Comitato parti correlate che, in supposta piena indipendenza, svolge la funzione di «formulare appositi pareri motivati sull'interesse di Enel S.p.a. – nonché delle società da essa direttamente e/o indirettamente controllate di volta in volta interessate – al compimento di Operazioni con parti correlate», creando, dunque, per la Mazzucato la condizione di poter contemporaneamente suggerire le azioni del Governo, in presunto perseguimento dell'interesse generale, quelle di Enel, in perseguimento di un interesse particolare, nonché di esprimere parere sulle operazioni che coinvolgano entrambi i soggetti;

   il legislatore, con la legge n. 190 del 2012 ha provveduto a stigmatizzare tali situazioni richiedendo l'astensione del soggetto che, agendo nell'interesse pubblico, sia al contempo titolare di altro interesse (pubblico o privato) potenzialmente coinvolto nell'azione dei pubblici poteri di cui trattasi –:

   se e quali iniziative intendano intraprendere con riguardo alla criticità di quello che appare all'interrogante un conflitto di interesse come esposto in premessa;

   se l'incarico ad essa conferito non abbia travalicato i limiti di oggetto entro cui doveva agire la cosiddetta task force Colao ovvero se esista un ulteriore incarico di consulenza conferito all'economista avente oggetto più ampio;

   se intendano rendere pubblici, caricando i relativi atti nella sezione amministrazione trasparente del sito della Presidenza del Consiglio dei ministri, gli incarichi pubblici conferiti alla Mazzucato, compreso quello di componente della citata commissione di esperti.
(4-06458)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 luglio 2020 si sono tenute le partite di calcio del campionato di serie A. Durante tutte le partite che si sono svolte, i calciatori, dopo avere siglato delle reti, si sono accalcati in prodigiosi e prolungati abbracci, in assenza di mascherine ed ovviamente della distanza fisica prevista dalla legge;

   le attuali norme non sembrano consentire a nessuna classe sociale o lavorativa rapporti fisici di tale intensità e natura, ma al contrario sembrano severamente vietarli, obbligando le forze dell'ordine a vigilare su tali divieti normativi, infliggendo agli inottemperanti salate sanzioni pecuniarie;

   anche i bambini che rientreranno a scuola il prossimo settembre hanno l'obbligo di indossare mascherine e adempiere al distanziamento sociale, benché questa sia la fascia che meno è stata toccata dalla problematica inerente al Covid-19;

   alla data odierna i mass media non hanno dato alcuna notizia dell'applicazione di tali sanzioni da parte della questura di Roma, presente allo stadio con numerosissimi propri uomini e dirigenti della stessa;

   nel contempo, sono state poste in essere dalle forze dell'ordine numerosissime azioni sanzionatorie sulle spiagge di tutta Italia per chi non manteneva le distanze previste ed era privo di mascherine;

   numerosi scienziati (tra questi Alberto Zangrillo, Massimo Clementi, Donato Greco, Matteo Bassetti, Giuseppe Remuzzi) affermano che le attuali regole di contrasto al Covid-19 non sono proporzionate al rischio reale e andrebbero aggiornate –:

   quali siano le ragioni di questa disparità di trattamento;

   qualora il Governo ritenesse i dispositivi e le misure necessarie, come affermato fino ad oggi, come si giustifichino i mancati controlli o i mancati interventi sanzionatori per i soggetti di cui in premessa;

   quali immediate iniziative intenda adottare al fine di porre fine alla palese disparità di trattamento tra cittadini.
(4-06460)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con le interrogazioni n. 4-05933 e 4-05739 sono state evidenziate le criticità e i conflitti di interesse della partecipazione al progetto Gavi per la fornitura di vaccini all'Italia;

   con le interrogazioni n. 4-05706 e 4-05627 sono state evidenziate le criticità in merito alla sperimentazione umana del vaccino cosiddetto italiano e di produzione Astrazeneca;

   con una nota stampa Astrazeneca ha dichiarato che entro l'anno distribuiranno le prime dosi del vaccino;

   recentemente in una intervista il Ministro Speranza ha dichiarato: «Primi risultati incoraggianti su ricerca vaccino. Continuiamo ad investire su ricerca scientifica per sconfiggere il virus»;

   in un report riassuntivo del 18 giugno 2020, pubblicato dall'Associazione Corvelva, intitolato «Chi è AstraZeneca? Ecco le sue condanne e controversie», si passa in rassegna, citando le fonti relative, il contesto legale/giudiziario che ha visto coinvolta la società negli ultimi anni;

   dal report si apprende che se si mettesse in classifica l'elenco dei primi 5 reati, e l'ammontare delle sanzioni comminate, negli Stati Uniti si avrebbe che: per reati connessi alla sanità risulterebbero 4 condanne e 594.000.000 di dollari di danni pagati, per reati relativi a contratti governativi 12 condanne e 543.241.159 di dollari di danni, per reati relativi alla concorrenza 1 condanna e 5.522.000 di dollari di danni, per reati connessi alla tutela dei consumatori 1 condanna e 5.391.000 di dollari di danni e infine, per reati connessi all'occupazione 2 condanne e 600.000 di dollari danni;

   il 16 agosto 2007, Marcia Angell, ex redattore capo del New England Journal of Medicine e docente di medicina sociale presso la facoltà di medicina di Harvard, presenta in un'intervista su Stern, un settimanale di lingua tedesca, una denuncia secondo la quale gli scienziati di AstraZeneca avevano falsificato la loro ricerca sull'efficienza del farmaco Esomeprazolo;

   sempre nel 2007, implicata assieme ad altre aziende farmaceutiche nel caso «farmatruffa», la società dovette patteggiare per 900 mila euro da versare al servizio sanitario nazionale;

   il 26 aprile del 2010, sul caso del medicinale Seroquel indicato per la schizofrenia, il The New York Times titolava: «Per $ 520 milioni, AstraZeneca risolverà il caso sul marketing dei farmaci» nel quale si riporta che: «AstraZeneca sta tuttora affrontando oltre 25000 cause civili da parte di pazienti che contestano il fatto di non aver reso pubblici i rischi del medicinale»;

   il presidente della autorità antitrust italiana nel giugno 2013 nella consueta relazione annuale presentata al parlamento, ha illustrato la decisione verso Astrazeneca, in relazione proprio all'abuso di posizione dominante. La decisione è stata confermata dalla Corte di giustizia nel dicembre 20121;

   Astrazeneca nel 2016 ha annunciato di aver aumentato la propria partecipazione in Moderna Therapeutics (Moderna) con un investimento di 140 milioni di dollari nell'ambito del finanziamento azionario preferito di Moderna. Precedentemente aveva acquisito una partecipazione azionaria in Moderna a seguito di un accordo di collaborazione, annunciato nel marzo 2013, per sviluppare medicinali Rna messaggeri. AstraZeneca e Moderna hanno inoltre stipulato un ulteriore accordo di collaborazione a gennaio 2016, per scoprire, co-sviluppare e co-commercializzare candidati di medicina per il trattamento di una vasta gamma di tumori;

   Moderna Therapeutics è la società che ha sviluppato il vaccino COVID-19 mRNA-1723, supportato dal Governo americano, e che potrebbe entrare in commercio negli Stati Uniti e nel mondo;

   a parere dell'interrogante Astrazeneca sta strategicamente percorrendo una strada che la sta portando ad avere una posizione dominante sul mercato nella fornitura di qualsiasi vaccino scelto per il COVID-19 –:

   se quanto espresso in premessa trovi conferma;

   quali siano le motivazioni che hanno portato a scegliere Astrazeneca;

   se il Governo non ritenga di adottare le iniziative di competenza per recedere dal contratto di fornitura per le ragioni espresse in premessa.
(4-06461)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMOLDI, BILLI, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI, RIBOLLA e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel novembre 2019 in Iran si è assistito a una delle più grandi ondate di proteste antigovernative degli ultimi anni, con manifestazioni protrattesi per diversi giorni, in oltre cento città, scaturite dopo dall'emanazione di un decreto-legge del Governo che, nel contesto di una generale sofferenza di gran parte della popolazione per il mancato riconoscimento di diritti fondamentali, andava a intensificare il senso di oppressione dei cittadini da parte del regime, aumentando a dismisura il prezzo dei carburanti e disponendone il razionamento;

   le manifestazioni di protesta sono state sottoposte a una forte repressione da parte delle autorità iraniane e, mentre non esiste un bilancio ufficiale delle vittime della repressione, può evidenziarsi come secondo lo stesso Governo queste ammontino ad alcune centinaia, mentre secondo fonti dei dimostranti e dell'agenzia Reuters, i morti sarebbero 1500 e migliaia gli arresti;

   le principali istanze dei manifestanti erano rivolte ad ottenere maggiore libertà, democrazia, eguaglianza e rispetto dei diritti umani;

   durante i 12 giorni di protesta il Governo iraniano ha interdetto l'accesso a internet a 80 milioni di cittadini;

   inoltre, durante la protesta, gli iraniani sono stati assoggettati, ben prima dello scoppiare del contagio da Covid-19, a un sostanziale lockdown, privati della possibilità di interazione e comunicazione; questa censura è stata sicuramente uno dei fattori determinanti per far calare la sordina generale sulla massiccia e sanguinosa repressione;

   successivamente a questi eventi, tre giovani manifestanti iraniani, Amir Hossein Moradi (25enne), Mohammad Rajabi (25enne) e Saeed Tamjidi (27enne), di Teheran, sono stati arrestati, processati e condannati a morte dal Tribunale della Rivoluzione iraniana in quanto riconosciuti colpevoli di aver attentato alla sicurezza nazionale, avendo compiuto atti di vandalismo durante le proteste;

   il Tribunale della Rivoluzione Islamica li ha riconosciuti inoltre come «Mohareb» (nemici di Allah e dell'IsIam). A riportarlo è stato, il 24 giugno 2020, il gruppo iraniano per i diritti umani «Human Rights Activists News Agency» (Hrana);

   da ultimo, come annunciato dal portavoce della magistratura iraniana, Qolamhossein Esmaili, la sentenza di morte è stata confermata dalla Corte suprema dell'Iran. Ciò significa che l'esecuzione è imminente;

   secondo Amnesty International, i condannanti avrebbero rivelato come le loro «confessioni» siano state estorte sotto tortura e come, contrariamente alle accuse, essi non abbiano mai avuto alcuna connessione con forze politiche iraniane in esilio;

   secondo il gruppo Hrana, i tre giovani condannati, dopo esser stati rilasciati su cauzione, hanno lasciato l'Iran per la Turchia allo scopo di chiedervi asilo politico, ma, rintracciati dalle forze di sicurezza turche, sono stati estradati in Iran –:

   quali iniziative il Governo, attesa l'imminente esecuzione, intenda urgentemente promuovere presso le autorità iraniane al fine di salvare le giovani vite dei tre condannati;

   se il Governo intenda adoperarsi affinché le autorità iraniane effettuino una verifica sul caso in questione, esprimendo l'attenzione del nostro Paese su questo caso specifico;

   se, nelle more dell'eventuale revisione del processo conclusosi con la sentenza di morte per i tre manifestanti, il Governo intenda adottare ogni iniziativa di competenza, in sede bilaterale, affinché possa essere sospesa l'esecuzione della pena.
(4-06459)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per le politiche giovanili e lo sport, per sapere – premesso che:

   l'Associazione italiana alberghi per la gioventù (Aig), ente storico e patrimonio del Paese, è stato costituito con l'intervento, tra gli altri, dei rappresentanti del Ministero dell'interno, del Commissario straordinario dell'Ente nazionale industrie turistiche, della direzione generale del turismo, del commissario nazionale gioventù italiana, con un apporto economico iniziale da parte dello Stato, come fondo di dotazione;

   l'associazione è ente morale a seguito del decreto del Presidente della Repubblica 1° giugno 1948, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro per gli affari esteri, nonché riconosciuto quale ente assistenziale a carattere nazionale con decreto del Ministro dell'interno 6 novembre 1959, n. 10.18404/12000°40; infine, con il decreto-legge n. 97 del 1995, è stato riconosciuto definitivamente ente culturale;

   inoltre, l'associazione è inclusa tra le «organizzazioni non governative» segnalate dall'Onu tra gli enti di sviluppo sociale;

   l'Italia, anche grazie ad Aig, è da sempre Paese membro qualificato della International Youth Hostel Federation, di cui fanno parte oltre 80 nazioni;

   l'Associazione si è sempre occupata di agevolare la promozione della cultura italiana, dei siti paesaggistici, culturali e dei siti riconosciuti patrimonio dell'Unesco, anche attraverso la rete della International Youth Hostel Federation;

   dal 1° luglio 2019 l'Aig si trova in procedura fallimentare (n. 492 del 2019), avviata dal tribunale fallimentare di Roma;

   il 26 giugno 2019 il tribunale fallimentare di Roma ha respinto la domanda di un'omologa di concordato in continuità avviata con ricorso ai sensi dell'articolo 161 della legge fallimentare, di cui al regio decreto n. 267 del 1942, e depositata in data 30 giugno 2017, nonostante l'approvazione del piano da parte della maggioranza dei creditori, pronunciatisi a favore di Aig e della sua solvibilità, oltre che a favore della concreta possibilità di un suo pronto rilancio e sviluppo;

   l'Agenzia delle entrate e l'Inps hanno espresso il proprio assenso all'omologazione del piano, anche in virtù dell'elevata patrimonializzazione dell'ente, dell'interesse sociale e della salvaguardia del livello occupazionale;

   il valore del patrimonio immobiliare dell'ente, a quanto consta agli interpellanti, ammonta a oltre 21 milioni di euro e la stessa associazione, anche recentemente, è stata oggetto di lasciti testamentari;

   l'ente si è opposto alla procedura fallimentare, depositando il reclamo presso la corte d'appello, in pendenza già di un ricorso per regolamento di giurisdizione presso la Corte di cassazione e di un secondo ricorso presso la stessa Corte d'appello ed è, ad oggi, in attesa di una risolutiva e definitiva via d'uscita;

   dopo quasi 75 anni di ininterrotta e preziosa attività al servizio del turismo giovanile, scolastico e sociale, l'Aig rischia la definitiva chiusura;

   si aggiunga, peraltro, che la procedura fallimentare sta determinando il graduale licenziamento del personale diretto e indiretto, oltre 200 persone con relative famiglie. Occorre, inoltre, evidenziare le pesanti ricadute per l'indotto dovute alla subitanea messa in vendita dell'ingente patrimonio immobiliare dell'ente, nonché alla dismissione del suo importante «brand» nazionale ed internazionale;

   in fase di conversione del decreto-legge «Salva imprese», fu approvata all'unanimità nelle Commissioni riunite 10a e 11a del Senato della Repubblica, su conforme parere espresso dal Governo, una norma che introduceva misure urgenti a salvaguardia del valore e delle funzioni dell'ente e tale norma fu stralciata dal maxi-emendamento con l'impegno assunto dal Governo a ripresentarla in successivo provvedimento;

   con atto n. 9/2305/99, la Camera dei deputati ha impegnato il Governo ad adottare le misure necessarie a salvaguardia delle attività sociali e assistenziali portate avanti dall'Aig;

   la situazione è stata aggravata dalla pandemia da Covid-19 ed anche per questo un intervento si rende ancora più urgente, al fine di non depauperare il patrimonio mobiliare e immobiliare dell'Ente;

   a causa della gravissima crisi economica che riguarderà l'Italia per il Covid-19 sarà necessario adottare misure e strumenti di sostegno al turismo e in particolare delle categorie più svantaggiate, tra cui rientrano quelle giovanili e quelli a basso reddito –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali siano i suoi orientamenti in merito;

   se siano stati attivati gli ammortizzatori sociali per tutti i dipendenti non più in servizio;

   quali iniziative siano state adottate a tutela del marchio storico e dei servizi di utilità sociali dell'Ente;

   se il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, a tutela del patrimonio immobiliare dell'ente;

   se il Governo, anche a seguito delle reiterate sollecitazioni da parte del Parlamento (compreso un ordine del giorno accolto alla Camera), non ritenga opportuno adoperarsi al fine di salvaguardare le funzioni di un ente (e i relativi posti di lavoro) la cui rete di strutture, la distribuzione e il radicamento in ogni regione italiana svolgono un prezioso ruolo sociale ed educativo, oltre ad essere opportunità di conoscenza del nostro Paese, a livello nazionale e internazionale, garantendone anche crescita e coesione sociale.
(2-00875) «Pezzopane, Bruno Bossio, La Marca, Schirò, Viscomi, Morgoni, Ciampi».

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LABRIOLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   Trenitalia ha ormai da diverse settimane riattivato i treni ad altra velocità della categoria frecce, nonché i treni intercity, su tutta la rete nazionale;

   in Puglia collegamenti con i treni alta velocità e intercity sono attivi nelle città di Lecce, Brindisi, Bari, Barletta e Foggia;

   unica eccezione, tra le grandi città della regione Puglia, è costituita da Taranto che al momento è sprovvista di collegamenti con treni ad alta velocità ed anche con treni intercity, fatta eccezione per due soli collegamenti intercity giornalieri Taranto-Milano e Taranto Roma, risultando di fatto esclusa dalla mobilità ferroviaria con il resto d'Italia;

   tale situazione, a giudizio dell'interrogante, è assolutamente inaccettabile e ingiustificata, perché arreca gravi disagi e danni economici ai residenti di Taranto che siano costretti ad effettuare viaggi ferroviari verso altre parti d'Italia, Da una simulazione effettuata dall'interrogante sul sito di Trenitalia, infatti, emerge che chi volesse partire alle ore 8.00 di mattina per Roma Termini dovrebbe prendere un autobus fino a Battipaglia, prendere un treno intercity da Battipaglia a Napoli e una volta a Napoli salire finalmente su un freccia rossa per arrivare a Roma dopo sei ore di viaggio –:

   quali iniziative urgenti di competenza intenda assumere il Ministro interrogato al fine di ripristinare i collegamenti ferroviari con la città di Taranto con i treni ad alta velocità e con i treni intercity attivi nel periodo precedente alle restrizioni imposte al fine di fronteggiare l'epidemia da COVID-19.
(5-04445)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   PERANTONI, PENNA e MARTINCIGLIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   non esiste alcuna pubblicazione ufficiale relativa ai dati delle presenze nei tanti luoghi di detenzione amministrativa degli stranieri, ma dal rapporto «Detenzione migrante ai tempi del Covid», che analizza i dati del periodo tra febbraio e giugno 2020 relativi agli arrivi via mare e alle strutture di trattenimento, risulta che al 2 luglio 2020 erano presenti 451 persone negli hotspot, 332 nei Centri per i rimpatri (Cpr), 207 sulla nave Moby Zazà e un numero indefinito – per inesistenza di dati al riguardo – di persone trattenute tra strutture ad hoc aperte durante l'emergenza epidemiologica in Sicilia per far espletare la quarantena a chi è approdato sulle coste italiane;

   tali strutture a giudizio dell'interrogante, diventano di fatto luoghi temporanei di quarantena e quindi di limitazione della libertà personale e di movimento, in assenza di una decisione giudiziaria e in potenziale contrasto con l'articolo 5 della Convenzione Edu per motivi analoghi a quanto già stabilito dalla Corte Edu nella nota sentenza Khlaifia c. Italia;

   preoccupano, infatti, gli aumenti esponenziali dei numeri di presenze riscontrati ad inizio luglio 2020 nei Cpr e negli hotspot in assenza di base legale;

   in particolare, nei Cpr, dove il trattenimento degli stranieri in attesa di rimpatrio può durare fino a 180 giorni (o anche un anno nei casi eccezionali di trattenimento dei richiedenti asilo), continuano a verificarsi nuovi ingressi nonostante il persistere del blocco delle espulsioni;

   a causa dell'emergenza sanitaria, infatti, è stata sospesa la mobilità internazionale e dunque la possibilità di effettuare rimpatri;

   al 2 luglio, non si avevano notizie di rimpatri effettuati né di quando sarebbe stato possibile riprendere tale attività;

   a ciò si aggiunga che il recente decreto cosiddetto rilancio, nell'introdurre le procedure di regolarizzazione, ha disposto la sospensione dei procedimenti di espulsione fino al 15 agosto –:

   se e quali iniziative di competenza, anche normative, il Ministro interrogato intenda assumere al fine di monitorare e controllare l'attività delle strutture di trattenimento dei migranti, sulla falsariga di quanto previsto per la detenzione in carcere tramite il sito del Ministero della giustizia, nonché di assicurare la tutela dei relativi diritti e prevedere gli eventuali rimedi giurisdizionali, anche per evitare ulteriori sentenze di condanna da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo.
(4-06454)


   PRISCO e FERRO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto denunciato dal segretario nazionale della Federazione sindacale di polizia, Giuseppe Brugnano, «non è possibile che dopo mesi di pandemia e allerta sanitaria in Calabria non si riescano ad applicare protocolli operativi corretti per il personale delle Forze di polizia, unici in Italia a non aver ancora ottenuto il test sierologico gratuito»;

   in particolare, si sarebbe deciso di sottoporre a test sierologico gli agenti attraverso una convenzione con un'associazione, facendo pagare, però, dodici euro per ogni poliziotto, nonostante rimanga una delle categorie professionali tra le più esposte al rischio contagio da Covid;

   in realtà, analoga assurda situazione era già stata denunciata dal sindacato Siap della Liguria, secondo cui a Genova la Asl avrebbe proposto al questore una tariffa convenzionata addirittura a 30 euro, anche in questo caso a carico dei poliziotti e della Guardia di finanza;

   ci si sarebbe aspettati una diversa sensibilità istituzionale, se non un vero e proprio impegno dovuto, nei confronti di chi garantisce la sicurezza dei cittadini e rappresenta lo Stato –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e, accertata la veridicità degli stessi, se e quali immediate iniziative di competenza intenda assumere per adottare protocolli operativi nazionali che garantiscano l'esecuzione di test sierologici per gli agenti del Corpo della polizia di Stato, impegnati in prima linea per le attività di contrasto alla diffusione del contagio da Coronavirus, facendosi carico interamente dei costi.
(4-06455)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   D'ARRANDO, MENGA, NAPPI, MARTINCIGLIO, PERANTONI, MASSIMO ENRICO BARONI e PENNA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 38 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, ha previsto un'indennità di 600 euro per emergenza da COVID-19 per i lavoratori iscritti al Fondo pensioni dello spettacolo che abbiano almeno 30 giorni contributivi versati nel 2019 al medesimo Fondo e che abbiano prodotto nel medesimo anno un reddito non superiore a 50.000 euro;

   il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, riconosce ai lavoratori dello spettacolo, che al 19 maggio non avevano un contratto di dipendente o pensione, l'indennità di 600 euro, per i mesi di aprile e maggio, se nel 2019 hanno avuto almeno 7 giorni contributivi versati ed un reddito inferiore a 35.000 euro;

   la previdenza a favore dei lavoratori dello spettacolo è gestita dall'ex Enpals (fondo sostitutivo dell'assicurazione generale obbligatoria Inps) confluito nell'Inps a partire dal 1° gennaio 2012;

   i suddetti lavoratori sono tenuti obbligatoriamente al versamento del 33 per cento del compenso pattuito di cui il 9,19 per cento a carico del lavoratore (da applicare in fattura o nella ricevuta per prestazione occasionale, trattenuto dal committente) ed il 23,81 per cento a carico del committente;

   alcuni lavoratori autonomi dello spettacolo non hanno potuto accedere all'indennità succitate, relative all'emergenza da COVID-19, previste per i mesi di marzo, aprile, maggio, perché le società per cui hanno lavorato, in evidente difficoltà economica, hanno rateizzato i versamenti dei loro contributi, ritardando o omettendo la comunicazione delle loro giornate per l'anno 2019;

   nonostante, quindi, nel 2019 gli autonomi abbiano fatturato alle suddette società, il rateizzo dei contributi loro spettanti, da parte dei committenti, ha fatto sì che non risultasse il numero di giornate (30 e 7) di lavoro previste dai decreti citati per accedere alle indennità per l'emergenza da COVID-19; sarebbe quindi opportuno attivare un sistema di controlli incrociati da parte dell'Agenzia delle Entrate per appurare l'effettiva fatturazione emessa, nell'anno in questione, dalla succitata categoria –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   se il Governo non ritenga di adottare opportune iniziative di competenza al fine di consentire anche ai lavoratori autonomi dello spettacolo citati in premessa di accedere alle indennità relative all'emergenza da Covid-19.
(5-04444)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   SODANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il vaccino di tipo Salk è stato introdotto in Italia nel 1957 e fino al 1960 era fortemente raccomandato per le persone da zero a venti anni, perché conferisce una immunità IgG-mediata nel sangue, che impedisce la progressione dell'infezione da polio e protegge i motoneuroni, eliminando così il rischio di polio bulbare e la sindrome da post-poliomielite;

   a partire dal 1958 sono stati registrati circa 8.377 nuovi casi di infezione, taluni dei quali riconducibili proprio all'assunzione di quel farmaco cui è connessa una particolare forma poliomelitica post-vaccinica;

   tra i casi segnalati, c'è quello del Signor A.C., disabile fin dalla prima infanzia e portatore di un handicap motorio molto grave conseguente alla somministrazione del vaccino, che è costretto a vivere con l'ausilio di una sedia a rotelle perché impossibilitato a deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore;

   dalla certificazione medica in possesso dell'interrogante, risulta che il Signor A.C. sia nato perfettamente sano e privo di malformazioni e che la diagnosi di poliomielite a forma spinale con paresi delle vie respiratorie e broncopolmonite sia subentrata in conseguenza della vaccinazione;

   vive grazie ad una pensione sociale di invalidità non sufficiente a garantirgli un'esistenza dignitosa fortemente minata dall'indifferenza, dal pregiudizio e dall'intolleranza, ma soprattutto dalle gravi mancanze del sistema sanitario;

   da venticinque anni chiede un sostegno economico al servizio sanitario nazionale per le costose cure specialistiche cui dovrebbe sottoporsi, nonché tutti i dispositivi tecnici indispensabili (letto ortopedico, carrozzina motorizzata ed un sollevatore) per poter quanto meno alleviare la sua condizione fisica;

   nonostante le ripetute battaglie legali, ad oggi, attende ancora di veder riconosciuti tutti i diritti negati e di ottenere un congruo risarcimento dei danni conseguenti al vaccino –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e se intenda avviare le iniziative di competenza volte ad accertare l'esistenza di eventuali fattori causali imputabili al Servizio sanitario nazionale per i danni derivanti dalla somministrazione del vaccino Salk;

   quali iniziative di competenza intenda assumere affinché possa essere garantita una completa assistenza medico-terapeutica a tutti i soggetti portatori di grave handicap motorio.
(4-06456)


   CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   contro il COVID-19 ci sono in sperimentazione 2 vaccini a base Adenovirus: quello di Oxford/IRBM ChAdOx1-nCOV19 (AZD1222) che verrà commercializzato da Astrazeneca, e quello cinese della CanSino Biologics Ad5-nCoV già in test sui militari cinesi;

   il vaccino di Oxford è già stato oggetto di due interrogazioni parlamentari a prima firma dell'interrogante, la n. 4/05185 e la 4/05226, in quanto proposto per la somministrazione compassionevole sui militari ed operatori sanitari, già a settembre, non considerando l'elevato rischio per la salute;

   il ChAdOx1-nCOV19 è basato su un particolare vettore Adenovirale Scimpanzé Adenovirus di tipo 63, modificato geneticamente (ChAdOx1), brevettato da Vaccitech e già registrato come OGM nella banca dati europea;

   il vaccino Ad5-nCoV è basato su un vettore Adenovirale modificato geneticamente, Adenovirus di tipo 5;

   il vettore ChAdOx1 è potenziato con il MVA (Modified vaccinia Ankara) che è un agente stimolante derivato dal vaccino contro il vaiolo geneticamente modificato che ha conservato la sua immunogenicità;

   l'Mva è in corsa per diventare vettore per la realizzazione di vaccini anti-influenzali universali, ma presenta criticità legate alla sperimentazione e alle autorizzazioni necessarie trattandosi anch'esso di un medicinale contenente un Omg;

   è stato adottato il regolamento europeo 2020/1043/UE con il quale si prevede una procedura di urgenza, che garantisca la sperimentazione e la commercializzazione dei vaccini contenenti, o costituiti da Omg, per fronteggiare l'emergenza COVID-19, rendendo non necessaria la valutazione dei rischi di impatto ambientale e semplificando la procedura di autorizzazione;

   con lo studio del 2014 «Valutazione del sierotipo di adenovirus scimpanzé 63 Anticorpi neutralizzantiprima della valutazione di un regime vaccinale candidato contro la malaria basato su vettori virali» si è preso in esame come il vettore AdCh63 (il tipo 63) sia combattuto dal sistema immunitario umano in quanto in età adulta molte persone risultano essere in possesso degli anticorpi contro questo virus;

   con lo studio del 1990 «Integrazione preferenziale del virus ibrido Ad5 / SV40 nel sito cromosomico umano altamente ricombinogenico 1p36» e con lo stadio «Chromosomal Integration of Adenoviral Vector DNA In Vivo» (18) del 2010, si è preso in esame come il vettore Adenovirus possa integrarsi nel Dna della cellula bersaglio generando anche possibili conseguenze in termini di insorgenza di tumori;

   in quest'ultimo studio, i ricercatori sono preoccupati del fatto che «L'integrazione cromosomica del DNA del vettore Adenovirale a seguito del trasferimento genico nella coltura cellulare è stata analizzata in pochi studi e ancor meno si conosce dell'integrazione del vettore Adenovirale in vivo» e quindi un'applicazione come profilassi vaccinale potrebbe essere molto rischiosa: «Poiché gli studi clinici sul trasferimento genico, inclusa la vaccinazione profilattica di volontari sani contro malattie infettive, vengono effettuati con grandi quantità di vettori, è possibile che si verifichi anche una sostanziale integrazione del DNA vettoriale adenovirale in vivo anche se i tassi di integrazione erano bassi; inoltre, «sebbene centinaia di individui abbiano ricevuto grandi dosi di vettori adenovirale mediante iniezione locale o sistemica, sono disponibili solo poche informazioni sull'integrazione del vettore in vitro e non sono disponibili informazioni sull'integrazione del DNA vettoriale dopo il trasferimento genico in vivo»;

   i ricercatori infine suggeriscono che gli effetti collaterali genotossici debbano essere studiati in modo più dettagliato –:

   alla luce della normativa europea che riduce le sperimentazioni e le analisi di rischio verso i medicinali Omg, quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare per abbattere il rischio di integrazione del Dna vettoriale Adenovirus dopo il trasferimento genico in vivo, tramite somministrazione del vaccino, nelle cellule del ricevente.
(4-06462)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   DONZELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la cooperativa Cft, (già oggetto delle interrogazioni n. 3-00320 e n. 3-01263) è stata sottoposta a commissariamento giudiziale che è da poco cessato. Nel febbraio 2019 il tribunale fallimentare ha nominato commissario Leonardo Poggiali, che, come ha segnalato nel verbale del 3 aprile 2019 l'organo di controllo chiamato «Organismo di vigilanza» di Cft, risulta essere tra i professionisti che fanno parte o hanno fatto parte dello studio Galeotti Flori, coinvolto nel commissariamento in qualità di soggetto attestatore. Nel citato verbale si legge: «Ai sensi dell'articolo 67, comma 3, della Legge Fallimentare l'attestatore non deve essere legato all'impresa e a coloro che hanno interesse all'operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l'indipendenza di giudizio». La presidenza del consiglio di gestione è stata assunta, nel luglio 2020, da Franco Ceccuzzi, ex parlamentare del Partito democratico già sindaco della città di Siena. Inoltre, da una visura effettuata in data 16 luglio 2020, vicepresidente di Cft è una società, la BValue Srl, società il cui capitale è detenuto al 98 per cento, dal dottor Marco Moccia (che ne è anche amministratore unico), già indagato per bancarotta nel fallimento di Borsalino. La presenza di tale società è un fatto anch'esso sottolineato dall'organo di controllo, secondo cui lo stesso Moccia ha svolto «dalla data di insediamento (novembre 2018) il ruolo di Chief Restructuring Officer per il Gruppo esercitando nei fatti poteri di direzione non formalizzati in deleghe operative approvate dal Consiglio di Amministrazione di CFT e della società partecipata SILO ma diramati al Personale attraverso apposite comunicazioni. Il Dr. Moccia, ha esercitato, quindi, un'attività prettamente di carattere professionale e personale attraverso una società di capitali e, per quanto è dato conoscere, non ha restituito compilata l'informativa cosiddetta “parti correlate” in uso presso il Gruppo CFT allo scopo di dirimere eventuali conflitti di interesse. Inoltre, il Presidente pro tempore della Cooperativa, Roberto Bartolini [oggi presidente del Consiglio di sorveglianza] – in data 6 febbraio 2019 – ha sottoscritto con BValue Srl un nuovo accordo. La data è rilevante perché il giorno 5 febbraio 2019 il Consiglio di Amministrazione aveva già deliberato di ricorrere al Tribunale di Firenze per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo ex articolo 161, co. 6 L.F.». Nella stessa data il gruppo Cft aveva contrattualizzato con BValue e altri soggetti professionali un totale di impegni sottoscritti che ammontava ad euro 986.000. Nel frattempo, dopo i cospicui licenziamenti effettuati in questi anni e i ritardi nei pagamenti degli stipendi, la cooperativa ha chiesto ai soci lavoratori e pensionati il pagamento delle quote sociali in un'unica soluzione, con una modalità vietata dallo statuto;

   non appare all'interrogante legittimo e corretto utilizzare una cooperativa con debiti cospicui, anche nei confronti dell'erario e finita già in commissariamento giudiziale, come «poltronificio» per ex rappresentanti politici, nel momento in cui dei lavoratori vengono licenziati e vessati con la richiesta di restituzione delle quote sociali –:

   a quanto ammontino gli stipendi e i premi stabiliti per il presidente, i membri del consiglio di amministrazione, del consigliere di gestione e dei membri del consiglio di sorveglianza;

   se non intenda, alla luce delle gravissime anomalie emerse, esercitare i poteri di competenza, procedendo ad ispezioni per valutare se sussistono i presupposti per il commissariamento governativo della cooperativa al fine di tutelare il destino dei lavoratori della cooperativa medesima, oggi messo in pericolo dalla suddetta gestione, e di verificare i collegamenti finanziari (crediti incrociati) con altre cooperative toscane in crisi, per scongiurare un effetto domino, specie in un momento critico per l'economia e il lavoro come quello causato dall'emergenza coronavirus.
(3-01690)

Interrogazione a risposta scritta:


   DE MENECH. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il patrimonio forestale dell'Italia copre complessivamente circa 11,8 milioni di ettari pari al 39 per cento dell'intera superficie nazionale; la superficie forestale nazionale è raddoppiata in 50 anni: 5,5 milioni di ettari nel 1959, 10,4 milioni di ettari nel 2000. Ogni anno la crescita delle foreste italiane produce potenzialmente 38 milioni di metri cubi di legname. La quota annuale dei prelievi dai boschi è stimata in 911 metri cubi pari al 30-35 per cento dell'incremento, mentre la media europea dei prelievi è del 56 per cento dell'incremento. Il 65 per cento dei prelievi annui è materiale destinato alla produzione energetica, il 35 per cento all'industria nazionale;

   i boschi gestiti secondo criteri di sostenibilità contribuiscono molto di più alla protezione del clima rispetto a quelli abbandonati;

   dal 1951 a oggi, la montagna è stata vittima di spopolamento e abbandono. Se la popolazione italiana negli ultimi 60 anni è cresciuta di circa 12 milioni di persone, infatti, la montagna ne ha perse circa 900 mila;

   nelle giornate del 28 e 30 ottobre 2018 una straordinaria ondata di maltempo, con forti piogge e trombe d'aria, si è abbattuta in tutto il territorio delle Alpi orientali in particolare del Veneto, registrando una delle più gravi situazioni rispetto ai danni forestali degli ultimi decenni. La provincia di Belluno ne è uscita devastata. Il patrimonio forestale è stato distrutto; ad oggi questo patrimonio è ancora in larga parte inutilizzato con il rischio concreto di un suo depauperamento;

   la situazione storica della filiera del legno in Italia, in particolare nelle Alpi, e anche in provincia di Belluno, non consente di individuare le soluzioni nell'immediato per risolvere questa emergenza e soprattutto per pianificare un uso consapevole e duraturo di questa risorsa;

   va considerata la convergenza di opinioni riscontrata sia da parte dei rappresentanti istituzionali che delle imprese di filiera rappresentate dall'Aiel, Associazione italiana energie agroforestali, coinvolte nel tentativo di rilanciare questa filiera;

   la realizzazione di piccoli impianti cogenerativi alimentati a biomasse forestali prodotte nel contesto territoriale costituisce una delle soluzioni per la valorizzazione economica dell'enorme massa di legname schiantato;

   la tecnologia adottata presenta requisiti di alto rendimento e ridottissime emissioni e può invertire il crollo del prezzo del legname nonché contribuire al raggiungimento degli obiettivi nazionali nella produzione di energia rinnovabile;

   dalla fine del 2017 è atteso il nuovo decreto che fissa le nuove tariffe incentivanti per la generazione elettrica da fonti rinnovabili e vi è urgenza di un'adeguata valorizzazione economica degli schianti boschivi;

   tutte le rappresentanze istituzionali dei territori colpiti hanno espresso il loro interesse e appoggio corale per l'avvio di un'azione parlamentare volta all'emanazione di un provvedimento straordinario di proroga delle tariffe incentivanti previste del decreto ministeriale del 23 giugno 2016, per quel che riguarda l'energia elettrica prodotta da impianti fino a 200 kWe di potenza, alimentati esclusivamente da sottoprodotti derivanti dalla lavorazione forestale nonché dalla gestione del bosco, di cui alla TAB 1 A allegata al decreto sopracitato –:

   se intenda adottare celermente le iniziative di competenza per riattivare la tariffa elettrica di incentivazione delle fonti rinnovabili elettriche previste dal decreto ministeriale del 23 giugno 2016, per quel che riguarda l'energia elettrica prodotta da impianti fino a 200 kWe di potenza, alimentati esclusivamente da sottoprodotti derivanti dalla lavorazione forestale, posto che il termine per poterne beneficiare è scaduto alla fine del 2017, almeno fino all'approvazione del cosiddetto «decreto Fer».
(4-06457)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Noja n. 4-06443, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 luglio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mor.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Formentini n. 1-00350, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 342 del 19 maggio 2020.

   La Camera,

   premesso che:

    la crisi epidemiologica mondiale determinata dal SARS-CoV-2 ha dimostrato come di fronte alle emergenze che coinvolgono la propria sicurezza nazionale gli Stati tendano ad assumere misure unilaterali di minimizzazione dei danni che spesso hanno riverberi negativi su altri paesi;

    la reazione prevalente è consistita in molti casi in forme di controllo della circolazione delle informazioni che se, da un lato, hanno permesso ad alcuni di mitigare il panico, dall'altro non hanno favorito la disseminazione di informazioni che sarebbero state di grande utilità per gli Stati investiti in una fase successiva dal SARS-CoV-2;

    alcuni Stati più di altri hanno improntato la loro condotta ad una certa opacità e mancanza di collaborazione anche con i fori multilaterali incaricati di provvedere alla sicurezza sanitaria globale, come l'Organizzazione Mondiale della Sanità;

    si sono rilevate anche pressioni esercitate da alcuni Stati nei confronti di altri, non appena a scopo preventivo sono state adottate misure di limitazione della mobilità delle persone provenienti dai paesi ove l'emergenza epidemiologica aveva assunto già considerevole gravità;

    la stampa internazionale ha dato conto delle accuse rivolte dalle autorità degli Stati Uniti alla Cina, cui è stato attribuito l'esercizio di indebite pressioni sull'OMS affinché non suggerisse misure che potessero comportare danni economici o di immagine alla Repubblica Popolare Cinese;

    successivamente, il 7 luglio 2020, gli Stati Uniti hanno formalizzato la propria decisione di ritirarsi dall'Organizzazione mondiale della sanità con decorrenza dal 6 luglio 2021, mentre il Governo italiano, rispondendo all'interrogazione n. 4-05236 ha inspiegabilmente confermato la propria fiducia nell'organismo;

    è stata oggetto di rilievi negativi anche la decisione assunta dal Governo italiano di porre fine ai collegamenti aerei tra il nostro paese e la Repubblica Popolare Cinese durante le prime fasi dell'emergenza;

    quando anche il nostro paese è stato raggiunto in forma drammatica dal COVID-19, si è assistito egualmente alla disordinata assunzione di misure da parte dei nostri partner europei, non sempre effettivamente giustificate alla luce delle obiettive necessità del momento, ma che hanno provocato danni rilevanti alle esportazioni del nostro paese;

    nelle circostanze che si sono determinate a partire da gennaio 2020, i grandi fori multilaterali non si sono rivelati in grado di svolgere alcuna funzione utile nella gestione della crisi epidemiologica legata al COVID-19, al punto che persino la dichiarazione di pandemia è giunta tardiva;

    non soltanto l'OMS, ma anche l'Unione Europea è stata nella circostanza quanto meno poco incisiva, dimostrando una volta di più i limiti dell'attuale processo d'integrazione in costanza di crisi;

    in Europa è mancata persino la possibilità di confrontare i dati relativi alla diffusione del contagio, dal momento che ciascuno Stato membro ha utilizzato parametri e metodi diversi, classificando in modo differente anche i decessi che si sono verificati in costanza di crisi epidemiologica;

    né dall'OMS né dalle autorità comunitarie europee sono giunte indicazioni univoche cui gli Stati membri potessero attenersi, circostanza che dimostra l'urgenza di iniziative politiche concertate da assumere nei fori multilaterali competenti, al fine di impedire in futuro il ripetersi degli errori che hanno reso meno efficace la risposta data alla crisi epidemiologica provocata dal SARS-CoV-2;

    risulta altresì non meno importante investigare su quanto è accaduto nelle fasi iniziali della pandemia;

    esiste altresì un significativo consenso all'apertura di un'inchiesta internazionale, come prova l'alto numero di Stati che hanno sottoscritto una proposta in tal senso presentata alla 73esima sessione della World Health Assembly;

    presso diverse corti statunitensi sono state promosse azioni risarcitorie nei confronti delle autorità della Repubblica Popolare Cinese per il ristoro dei danni subiti a causa del SARS-CoV-2,

impegna il Governo:

   ad assumere nelle sedi internazionali competenti, anche in raccordo con gli alleati del nostro paese, tutte le iniziative utili alla promozione di un'indagine internazionale sulle origini dell'epidemia da SARS-CoV-2, che accerti la dinamica degli eventi e le eventuali responsabilità dei singoli paesi coinvolti e della stessa Organizzazione Mondiale della Sanità sotto il profilo della tempestiva comunicazione dei fatti accertati alla comunità internazionale e della congruità delle poche misure raccomandate alla gravità della situazione;

   ad attivare nei confronti della Repubblica popolare cinese le procedure contenziose previste dall'articolo 36, comma 2, lettere c) e d), dello statuto della Corte internazionale di giustizia;

   ad esigere l'avvio in sede europea di una riflessione sulle cause della mancanza di un indirizzo unitario dell'Unione europea in materia di gestione delle emergenze epidemiologiche, con l'obiettivo di pervenire quanto meno all'elaborazione di linee guida comuni cui attenersi in futuro in occasione di crisi che abbiano caratteristiche simili a quella determinata dal COVID-19;

   a confermare senza incertezze l'appartenenza dell'Italia all'Alleanza Atlantica come comunità di democrazie prima ancora che patto di mutua difesa, ribadendo altresì la centralità del rapporto con gli Stati Uniti nella politica estera del nostro Paese, allo scopo di evitare che ai danni derivanti dall'emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2 si sommino le conseguenze negative di una posizione ambigua sulla scena internazionale proprio nel momento in cui il Segretario di Stato americano parla apertamente di uno scontro ormai in atto tra mondo libero e tirannie.
(1-00350) «Formentini, Zoffili, Giorgetti, Molinari, Billi, Comencini, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Grimoldi, Picchi, Ribolla, Giglio Vigna, Bazzaro, Bianchi, Coin, Andrea Crippa, Lorenzo Fontana, Maggioni».

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   AMITRANO, TUZI, GRIPPA, NAPPI, ROBERTO ROSSINI e VILLANI. — Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la recente scomparsa del giovane turista francese Simon Gautier, precipitato durante un'escursione da un dirupo sui monti del Cilento e ritrovato dopo nove giorni dalla sua richiesta di soccorso, ha riportato all'attenzione dell'opinione pubblica la mancata attuazione, nel nostro Paese, del sistema di geolocalizzazione delle chiamate di emergenza;

   la geolocalizzazione del chiamante in caso di emergenza sanitaria è uno strumento di fondamentale importanza perché consente l'attivazione obbligata tempo dipendente dell'intervento di soccorso da parte delle centrali operative dei sistemi di 118 nazionali, in situazioni di evidente o potenziale pericolo di vita, di chi si trovi in luoghi di difficile individuazione da parte delle stesse centrali operative;

   tale sistema si configura come un autentico «sistema salvavita», in particolare laddove si riesca ad intervenire tempestivamente al soccorso per patologie acute nelle quali le terapie di rianimazione e stabilizzazione del paziente devono essere effettuate direttamente sul territorio in tempi rapidi e ben prima che lo stesso arrivi in ospedale;

   in Italia l'ultimo intervento normativo di adeguamento del sistema risale al 2009, quando il decreto del Ministro dello sviluppo economico n. 43535 del 12 novembre 2009 ha previsto che le centrali operative 118 siano dotate del sistema di geolocalizzazione del chiamante, a prescindere dall'introduzione del numero unico di emergenza europeo 112;

   purtroppo l'introduzione del numero unico d'emergenza (Nue) 112 a seguito della direttiva 2002/22/CE del 7 marzo 2002, non ha favorito, ma al contrario, ha gravemente ritardato la diffusione del sistema della geolocalizzazione sul territorio nazionale, tanto più che il sistema attuale prevede delle centrali uniche di risposta (Cur) alle quali vengono deviate tutte le chiamate di soccorso, inoltrate successivamente all'ente preposto alla gestione dell'emergenza;

   tali Cur sono operative solo in 7 regioni italiane, nelle restanti il servizio Nue è gestito dall'Arma dei carabinieri;

   nel nostro Paese manca altresì il sistema tecnologico Advanced mobile location(AML) che consente a uno smartphone, anche nel caso di mancanza di collegamento alla rete internet di richiedere immediato soccorso attraverso l'invio di un sms al 112 che comunica le coordinate Gps relative alla posizione in cui si trova la persona che necessita del soccorso medesimo; tale sistema presente in tutti i telefoni europei va attivato attraverso un atto di normazione di carattere secondario da parte dei Ministeri competenti –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza del ritardo nell'adeguamento della normativa ai moderni sistemi di soccorso diffusi a livello europeo;

   quali iniziative intendano promuovere per implementare la diffusione delle Centrali uniche di risposta (Cur) su tutto il territorio nazionale e definire la normativa volta alla disciplina del sistema Aml, anche attraverso una piattaforma digitale unica dedicata.
(4-03635)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  Gli interroganti fanno riferimento alla geolocalizzazione del chiamante in caso di emergenza.
  Per quello che attiene al Numero di emergenza unico europeo (NUE), individuato nel «112», come ricordato dagli interroganti, la cornice normativa generale di riferimento è costituita dalla Direttiva europea 2002/22/CE, «relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale)» – novellata da successivi interventi normativi – e dalla connessa Raccomandazione C (2003)2657.
  La disciplina è stata recepita nell'ordinamento nazionale attraverso il decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 cosiddetto codice delle comunicazioni elettroniche, novellato con decreto legislativo 28 maggio 2012, n. 70, il quale ha, infatti, introdotto l'articolo 75-
bis («Disposizioni per favorire l'attuazione del numero di emergenza unico europeo») e modificato l'articolo 76 (ora rubricato «Servizi di emergenza e numero di emergenza unico europeo»).
  In particolare, l'articolo 76 prevede che: «Il Ministero [dell'interno] provvede affinché, per ogni chiamata al numero di emergenza unico europeo “112”, gli operatori esercenti reti telefoniche pubbliche mettano a disposizione delle autorità incaricate dei servizi di soccorso e di protezione civile, nella misura in cui sia tecnicamente fattibile, le informazioni relative all'ubicazione del chiamante» (comma 2); e ancora che: «Il Ministero provvede affinché le imprese interessate mettano gratuitamente a disposizione dell'autorità incaricata delle chiamate di emergenza le informazioni sulla localizzazione del chiamante nel momento in cui la chiamata raggiunge tale autorità. Ciò si applica altresì per ogni chiamata al numero di emergenza unico europeo “112”. Il Ministero estende tale obbligo alle chiamate a numeri di emergenza nazionali. Il Ministero definisce i criteri per l'esattezza e l'affidabilità delle informazioni fornite sulla localizzazione del chiamante» (comma 3-
ter).
  Con specifico riferimento al tema della localizzazione del chiamante, tale funzionalità è attualmente garantita attraverso la modalità «
network based», legata ad informazioni provenienti dalla cella telefonica (cell ID) e sulla base di un'interrogazione al Centro elaborazione dati (CED) Interforze del Ministero dell'interno.
  Tale modalità, disponibile per tutte le chiamate dirette al 112, è conforme al dettato della menzionata Direttiva, in quanto in grado di corrispondere a tutti i requisiti derivanti dalla normativa, tra i quali: la gratuità per il chiamante, la possibilità di chiamare ed essere localizzati anche per chiamate da terminale sprovvisto di SIM, il funzionamento della localizzazione anche in assenza di credito telefonico e la garanzia del funzionamento in
roaming internazionale.
  In attuazione di tali disposizioni sono stati emanati il decreto del Ministero delle comunicazioni del 22 gennaio 2008 recante «Numero unico di emergenza europeo 112», nonché il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 12 novembre 2009 recante «Disposizioni relativamente al servizio del numero telefonico unico di emergenza europeo 112».
  L'estensione dell'area di individuazione dell'ubicazione di colui che chiama il NUE, dipende dalla densità delle stazioni radio base, dall'area di copertura della cella e dalla funzionalità della rete stessa. Tuttavia, tale sistema è attualmente l'unico capace di localizzare qualsiasi telefono mobile di ogni generazione e i chiamanti con dispositivo mobile non dotato di scheda SIM. Inoltre, il dettato normativo, che impone la gratuità del servizio di emergenza, obbliga di fatto gli operatori di telefonia a fornire i dati di localizzazione senza oneri a carico del chiamante (articolo 6 Direttiva 2002/22/CE e 76 del decreto legislativo n. 259 del 2003).
  Questa modalità di localizzazione è disponibile per tutte le numerazioni di emergenza ai sensi dei richiamati decreti del Ministero delle comunicazioni e del Ministero dello sviluppo economico ed è indipendente dal modello di risposta alle chiamate di emergenza.
  Con la successiva legge 7 agosto 2015, n. 124, è stata prevista l'istituzione su tutto il territorio nazionale del NUE 112, con centrali operative da realizzare in ambito regionale, secondo modalità definite con i protocolli d'intesa, adottati ai sensi dell'articolo 75-
bis, comma 3, del citato decreto legislativo n. 259 del 2003 (articolo 8)
  Si è, quindi, individuato il «modello organizzativo nazionale» – da attuarsi, d'intesa con il livello regionale, attraverso le Centrali Uniche di Risposta (CUR) del servizio NUE 112 – che garantisce una gestione integrata e coordinata degli enti di soccorso.
  Sotto il profilo squisitamente operativo, ciascuna CUR si occupa della ricezione delle chiamate, della localizzazione del chiamante, della gestione del primo contatto, dell'eventuale attivazione di sistemi di traduzione simultanea multilingue, della gestione con specifiche procedure delle chiamate provenienti da cittadini disabili, dello smistamento verso la centrale operativa competente.
  Nonostante i suoi vantaggi, è indubbio che la localizzazione «
network based» presenti alcuni limiti in termini di precisione. Ebbene, al fine di migliorare la precisione delle informazioni sulla localizzazione dei chiamanti (e dunque la qualità del servizio), il Ministero dell'interno ha avviato una valutazione tecnica delle soluzioni percorribili, tra cui il sistema Advanced Mobile Location (AML) richiamato dagli interroganti, che permette ad uno smartphone di riconoscere una chiamata ad un numero di emergenza, attivare in autonomia il GPS e inviare automaticamente le coordinate geografiche ai servizi di soccorso via SMS, in modo piuttosto preciso.
  La sperimentazione italiana del sistema AML si è svolta nel quadro del progetto europeo Help112. Nell'aprile 2019, ad esito degli approfondimenti di carattere tecnico, la Commissione Consultiva di cui all'articolo 75-
bis del citato decreto legislativo n. 259 del 2003 ha espresso parere favorevole al potenziamento hardware e software dell'infrastruttura di localizzazione NUE 112. Tale potenziamento è finalizzato ad affiancare, alla localizzazione «network based», una di tipo «terminal based», secondo la modalità definita dal sistema AML.
  Tale scelta è coerente con quanto previsto dalla direttiva (UE) 2018/1972 dell'11 dicembre 2018, che istituisce il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche (rifusione), le cui disposizioni devono essere recepite da tutti gli Stati membri entro il 21 dicembre 2020.
  Per garantire la piena funzionalità della localizzazione AML in Italia, le relative procedure amministrative sono in corso.
  In conclusione, dunque, per la parte di competenza del Ministero dello sviluppo economico si rappresenta che i requisiti per la localizzazione delle chiamate al NUE sono oggi assicurati dalla localizzazione di tipo «
network based», uniformemente disponibile sull'intero territorio nazionale per tutte le chiamate al numero 112 e per le autorità competenti che richiedono la prestazione di localizzazione del chiamante. Al contempo, l'Advanced Mobile Location (AML) è una modalità di localizzazione «terminal based» che andrà ad affiancare quella «network based», ai sensi del nuovo Codice europeo delle comunicazioni elettroniche. I Ministeri competenti stanno adottando tutti i provvedimenti necessari ad assicurare la disponibilità della localizzazione AML entro la fine del 2020.
  L'auspicio è che la piena attuazione delle modalità previste dal nuovo codice europeo delle comunicazioni elettroniche possa evitare il ripetersi di situazioni tragiche come quella verificatasi ad agosto 2019, cui fanno riferimento gli interroganti.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   BADOLE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'edizione online del «corriere delle Alpi» – edizione on line – del 3 marzo 2020, ha riportato la notizia che 15 testate periodiche della provincia bellunese e trevigiana hanno inviato una lettera di protesta al Ministro interrogato a seguito del grave disservizio derivante dai gravissimi ritardi accumulati da Poste italiane che, in oltre un anno, ha fatto registrare ritardi nella distribuzione di oltre 100 mila riviste a cadenza settimanale, mensile e trimestrale. Ritardi che, a seconda della zona, sono arrivati addirittura a un mese, mentre in alcuni casi la consegna non è mai stata effettuata;

   la frequenza e la persistenza con cui si verifica il malfunzionamento del servizio postale, servizio che a norma di legge dovrebbe essere garantito «permanentemente in tutti i punti del territorio nazionale» stanno causando quindi difficoltà e disagi agli abitanti e agli utenti. La legittima richiesta, da parte degli abbonati, degli arretrati non consegnati, comporta, inoltre, ulteriori costi di spedizione per le testate;

   i contenuti del servizio postale universale sono definiti a livello europeo dalla direttiva 97/67/UE del 15 dicembre 1997 (cosiddetta «prima direttiva postale»), come successivamente modificata dalle direttive 2002/39/UE del 10 giugno 2002 (cosiddetta «seconda direttiva postale») e 2008/6/UE del 20 febbraio 2008 (cosiddetta «terza direttiva postale»). La direttiva stabilisce che il servizio universale corrisponde a un'offerta di servizi postali di qualità determinata forniti permanentemente in tutti i punti del territorio a prezzi accessibili a tutti gli utenti. Il servizio postale universale deve essere assicurato per almeno cinque giorni a settimana e garantire almeno una raccolta e una distribuzione al domicilio degli utenti degli invii postali;

   il decreto legislativo n. 261 del 1999 rappresenta a tutt'oggi il testo di riferimento per la disciplina generale del servizio postale, con specifico riferimento alla fornitura del servizio universale. Tale decreto ha recepito i contenuti della direttiva 97/67/CE ed è stato successivamente modificato dal decreto legislativo n. 384 del 2003, che ha recepito la «seconda direttiva postale», 2002/39/CE, e dal decreto legislativo n. 58 del 2011, che ha recepito la «terza direttiva postale», la direttiva 2008/6/UE del 20 febbraio 2008. Fornitore del servizio universale è riconosciuta ex lege la società Poste italiane spa per un periodo di quindici anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 58 del 2011 (e quindi fino al 30 aprile 2026);

   il servizio postale universale è affidato a Poste Italiane s.p.a. fino al 30 aprile 2026, sulla base del contratto di programma 2020-2024 che «regola i rapporti tra lo Stato e la società per la fornitura del servizio postale universale. Poste Italiane S.p.A., nel perseguimento di obiettivi di coesione sociale ed economica, che prevedono la fornitura di servizi utili al cittadino, alle imprese e alle pubbliche amministrazioni mediante l'utilizzo della rete postale della Società»;

   a fronte del contributo che la società riceve per l'onere pubblico, pari a 262,4 milioni di euro all'anno, non sembra corrispondere un servizio di qualità, nonostante sulla «Carta dei servizi postali», pubblicata il 10 ottobre 2017, si legga che «grazie alla presenza capillare su tutto il territorio nazionale, ai forti investimenti in ambito tecnologico e al patrimonio di conoscenze rappresentato dai suoi oltre 140 mila dipendenti. Poste Italiane ha assunto un ruolo centrale nel processo di crescita e modernizzazione del Paese» –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare affinché cessino i frequenti disservizi nella consegna e nella distribuzione della corrispondenza, in modo da garantire anche agli utenti del Veneto un corretto esercizio del servizio postale.
(4-04893)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento all'implementazione del nuovo modello di recapito a giorni alterni adottato da parte di Poste Italiane nella regione Veneto e alla presenza di disservizi nel recapito di riviste nelle province di Belluno e di Treviso.
  Preliminarmente, si ricorda che il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto il trasferimento all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) delle funzioni in materia di regolazione e vigilanza del settore postale (svolte precedentemente dal Ministero dello sviluppo economico). Conseguentemente, spetta all'Agcom l'«adozione di provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio postale universale» (articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261).
  Pertanto, ai sensi della menzionata normativa, il servizio universale affidato a Poste Italiane deve essere svolto secondo specifici obiettivi di qualità, il cui conseguimento è oggetto di verifica annuale da parte dell'Agcom. Tuttavia, rimane il controllo effettuato con cadenza quinquennale da parte del Ministero dello sviluppo economico sull'affidamento di tale servizio, in base all'analisi predisposta dall'Agcom.
  La citata autorità, sentita con riferimento ai quesiti posti, ha chiarito che nelle province di Belluno e di Treviso è stato implementato il nuovo modello di recapito a giorni alterni di cui alla delibera n. 395/15/CONS, per 40 comuni in provincia di Belluno a partire da ottobre 2015 (prima fase di implementazione) e per 25 comuni in provincia di Treviso a partire da aprile 2018 (seconda fase di implementazione).
  Al fine di avere immediata conoscenza di eventuali disservizi, oltre al coinvolgimento delle associazioni rappresentative, l'Autorità ha ritenuto opportuno interloquire direttamente con i sindaci dei comuni interessati, invitandoli a segnalare immediatamente qualsiasi disservizio e disagio si fosse presentato all'utenza. Tra le segnalazioni qualificate e documentate dai sindaci pervenute all'Autorità, nessuna ha riguardato le due menzionate province.
  Inoltre, l'Agcom informa che, nell'ambito della propria attività di vigilanza, ha avviato un monitoraggio sull'andamento del nuovo modello di recapito adottato da Poste Italiane e che, in base alle ultime analisi delle verifiche in corso, non emergono particolari criticità nelle zone indicate dall'interrogante.
  Inoltre, sulle problematiche sollevate dall'interrogante, è stata direttamente interpellata Poste Italiane S.p.A.
  A tal proposito, l'azienda ha comunicato di aver avviato, a seguito dell'accordo sottoscritto in data 8 febbraio 2018 con le organizzazioni sindacali nazionali, un ulteriore modello di recapito cosiddetto
joint delivery, dedicato alle aree «non regolate».
  Il nuovo modello si fonda su un approccio diversificato in base alle aree di consegna.
  In particolare, contestualmente alla progressiva implementazione del modello di recapito a giorni alterni autorizzato dalla delibera Agcom 395/15/CONS, Poste Italiane rappresenta che, dal 16 aprile 2018, ha avviato una diversa riorganizzazione del modello di recapito nelle restanti aree, fatta eccezione per i grandi centri urbani e che tale riorganizzazione prevede il recapito quotidiano attraverso due reti distinte.
  La prima rete logistica, denominata di base, provvederà nella fascia oraria antimeridiana, in modalità alternata, alla consegna sulla propria area di competenza per tutti i prodotti postali. La seconda rete, denominata linea
Business, opererà quotidianamente consegnando tutti i prodotti postali, tuttavia con un maggior orientamento alla consegna dei prodotti a firma e di quelli e-commerce, anche in fasce orarie pomeridiane (fino alle 19:45) e nei week-end.
  In merito alle doglianze espresse dall'interrogante, Poste Italiane S.p.A. fa sapere che «nella provincia di Treviso il nuovo modello
joint delivery è stato implementato nei mesi di aprile e maggio 2018 mentre nella provincia di Belluno l'implementazione è avvenuta nei mesi di luglio e agosto 2019» e che «dalle verifiche effettuate è emerso che lo svolgimento delle lavorazioni dei prodotti postali nei centri di recapito delle province di interesse avviene nel rispetto degli standard di qualità».
  Per quanto riguarda, in particolare, le criticità rilevate nello svolgimento del servizio di recapito, l'azienda osserva che queste sono riconducibili alla fisiologica fase di assestamento
post-implementazione del suddetto modello e all'assunzione di nuovo personale, nonché agli indirizzi incompleti presenti sulle testate giornalistiche che spesso causano ritardi nella lavorazione.
  Secondo l'azienda, ad oggi le difficoltà riscontrate sarebbero superate, in parte, con la stabilizzazione del personale assunto con contratto a tempo determinato (30 unità nella provincia di Belluno, di cui 18
full-time e 12 part-time), e in altra parte, con la messa a regime del nuovo modello di recapito. Inoltre, l'azienda ha precisato che dallo scorso febbraio sono state effettuate anche delle variazioni nell'orario di presa di servizio di tre linee Business dell'area bellunese ed è stato anticipato l'orario dalle 13,30 alle 10,00, per garantire, nella fascia mattutina, la consegna di quotidiani e settimanali nei comuni limitrofi alla città di Belluno (soprattutto in quelli di Zoldo e Ponte).
  Poste Italiane informa, altresì, che nel novembre 2019, presso la sede dell'associazione «Bellunesi nel Mondo», si è svolto un incontro tra il presidente della stessa ed i rappresentanti territoriali dell'azienda. In tale occasione, si è decisa l'attivazione da parte di Poste Italiane di un'attività di monitoraggio, con
report finalizzati, da un lato, a condividere con l'Associazione le motivazioni dei mancati recapiti quali, ad esempio, indirizzo insufficiente, inesistente, destinatario trasferito e, dall'altro lato, a mettere in campo eventuali azioni concordate.
  Infine, Poste Italiane riferisce che «a causa dell'emergenza sanitaria in atto, non è stato possibile fissare l'incontro con il presidente dell'Associazione per condividere i risultati dei monitoraggi» e che «al momento, non è stata ricevuta alcuna lamentela di disservizi nella consegna di testate giornalistiche da parte dell'Associazione citata», e che, in ogni caso, «dagli esiti dei monitoraggi della regione Veneto non sono state rilevate le criticità nello svolgimento del servizio di recapito, salvo qualche difficoltà che sta emergendo in quest'ultimo periodo a causa dell'emergenza sanitaria COVID-19 in atto».
  In conclusione, dunque, il Ministero dello sviluppo economico, nei limiti delle proprie specifiche competenze in materia, continuerà a monitorare la situazione, affinché gli obiettivi di miglioramento del servizio universale svolto da parte di Poste Italiane siano raggiunti e si possa assicurare un
target in linea con le aspettative dell'utenza, anche in Veneto.
Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   BALDELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'adozione delle misure di confinamento (lockdown) e il conseguente fermo di molte attività economiche, le normali dinamiche di mercato risultano alterate, in un quadro di crisi economica generale che prevede un calo di diversi punti del prodotto interno lordo, con conseguente incremento della disoccupazione e ricadute negative sull'economia reale e sulle fasce più deboli della popolazione;

   al di là del caso eclatante delle mascherine, si segnalano singolari aumenti di prezzi in diversi settori produttivi, come ad esempio, nella filiera agroalimentare, dove, secondo Coldiretti, i prezzi di frutta e verdura nel mese di marzo 2020 sarebbero saliti a un tasso quaranta volte superiore rispetto al dato medio diffuso dall'Istat, che ha registrato aumenti superiori al 4 per cento;

   esiste presso il Ministero dello sviluppo economico un Osservatorio prezzi e tariffe, sulla cui attività, da tempo, non si hanno più notizie –:

   quali iniziative urgenti di competenza il Governo intenda adottare per monitorare attentamente, con gli strumenti a disposizione, l'andamento dei prezzi di beni e servizi, al fine di tutelare i diritti di utenti e consumatori rispetto a dinamiche di tipo speculativo.
(4-05262)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento all'aumento dei prezzi in diversi settori produttivi, particolarmente con riferimento a beni di prima necessità, durante l'emergenza pandemica da COVID-19.
  Per gli aspetti di competenza del Ministero dello sviluppo economico, come già rappresentato in occasione dell'interrogazione a risposta immediata in Aula Camera del 13 maggio 2020, tengo a precisare che sono state diverse le iniziative messe in campo fronteggiare la criticità in parola.
  In primo luogo, è stata rafforzata la collaborazione con il sistema camerale ed è stato attivato un tavolo virtuale con le associazioni di categoria rappresentative della produzione e della distribuzione, al fine di individuare soluzioni di sistema che vedano coinvolti tutti gli attori pubblici e privati. Il tavolo, in particolare, permette anche il monitoraggio degli interventi che le categorie autonomamente stanno avviando per contenere i prezzi di vendita dei prodotti.
  In secondo luogo, il Ministero ha rafforzato la collaborazione con tutti gli organismi interessati al monitoraggio sull'andamento dei prezzi, intensificando anche la collaborazione con l'ISTAT, al fine di estendere il monitoraggio anche a prodotti che non erano precedentemente oggetto di rilevazioni
ad hoc.
  A tal ultimo riguardo, l'ISTAT ha riferito che, relativamente ai dati provvisori dell'indice di inflazione (NIC) per il mese di aprile, a fronte di un'assenza di variazione su base tendenziale per l'indice generale dovuta alla diminuzione dei prodotti energetici, si è registrato un incremento del 2,6 per cento dei prezzi dei prodotti che formano il cosiddetto «carrello della spesa» rispetto all'anno scorso e un incremento del 2,8 per cento per i soli beni alimentari.
  Il rapporto ISMEA sull'impatto della crisi sulla domanda e l'offerta dei prodotti alimentari, pubblicato il 30 aprile 2020 ha altresì evidenziato che la distribuzione a domicilio è aumentata del 160 per cento rispetto allo scorso anno. Nel complesso si osserva un notevole incremento dell'
e-commerce e delle consegne a domicilio e si prevede che il progressivo allentamento delle misure restrittive della mobilità aiuterà anche un recupero di concorrenzialità tra i punti vendita.
  Inoltre, voglio sottolineare ancora una volta che con legge 24 dicembre 2007, n. 244, è stato istituito, presso il Ministero dello sviluppo economico, il «Garante per la sorveglianza dei prezzi», il quale svolge una funzione di monitoraggio sull'andamento dei prezzi e di verifica, su segnalazione delle associazioni dei consumatori e dei cittadini, per arginare eventuali fenomeni speculativi.
  Ebbene, dalla fine di febbraio al 3 maggio 2020, sono pervenute al Garante per la sorveglianza dei prezzi più di 180 segnalazioni (di cui 132 hanno riguardato mascherine e disinfettanti e solo una decina hanno riguardato prodotti alimentari).
  Le segnalazioni in parola evidenziano anomalie poste in essere presso esercizi commerciali fisici, tramite siti di
e-commerce, ma anche tramite annunci sui principali social network. Le principali situazioni di criticità sembrerebbero collegate a circoscritti tentativi speculativi da parte di singoli esercizi che approfittano anche della minore concorrenza.
  Al fine di potenziare l'attività di raccolta e verifica di casi di possibile speculazione e di altre pratiche commerciali scorrette, il Ministero dello sviluppo economico sta collaborando con le principali associazioni dei consumatori, predisponendo un
format on-line con l'obiettivo di favorire l'azione di tali associazioni nel raccogliere e filtrare le segnalazioni sul territorio.
  Le segnalazioni pervenute sono sottoposte ad una istruttoria per verificarne l'attendibilità e la non genericità, poi vengono condivise, a seconda dei seguiti di competenza, con la Guardia di Finanza o con l'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato (AGCM), che svolgono un ruolo attivo per arginare le citate pratiche di aumento ingiustificato dei prezzi e pratiche commerciali scorrette.
  Il Ministero dello sviluppo economico garantisce, altresì, il necessario raccordo con i Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e della salute, nonché con INAIL per quanto riguarda specificamente i «dispositivi di protezione individuale» (DPI).
  Al contempo, si sta garantendo il necessario confronto con gli enti responsabili delle certificazioni di prodotto, al fine di contrastare il fenomeno delle false certificazioni.
  Ciò detto, è opportuno sottolineare che, in base all'attuale normativa, il Garante per la sorveglianza dei prezzi non ha un ruolo attivo dinanzi agli eventuali aumenti ingiustificati dei prezzi, ma può riferire l'esito delle proprie attività di monitoraggio agli organi accertatori, per sollecitare specifiche iniziative in proposito, o avviare azioni di
moral suasion nei confronti degli operatori economici.
  Sul punto sollevato dall'interrogante, è stata sentita anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), la quale ha riferito quanto segue.
  Nel periodo dell'emergenza sanitaria, l'Autorità ha ricevuto un numero significativo di segnalazioni attinenti a presunti aumenti anomali dei prezzi dei prodotti alimentari e di beni di prima necessità. Gli esposti sono pervenuti dal Ministero dello sviluppo economico, da associazioni di consumatori e da singoli consumatori.
  Sulla base di tali denunce, l'AGCM ha provveduto a inoltrare agli operatori della grande distribuzione organizzata (GDO) richieste di informazioni volte ad acquisire dati sull'andamento dei prezzi di vendita al dettaglio e dei prezzi di acquisto all'ingrosso di generi alimentari di prima necessità, detergenti, disinfettanti e guanti. Le richieste di informazioni attengono all'attività di oltre 3800 punti vendita, soprattutto nell'Italia centrale e meridionale.
  L'intervento dell'Autorità si è reso necessario poiché gli accertamenti preliminari, condotti sulla base dei dati ISTAT, hanno fatto emergere aumenti dei prezzi nel periodo febbraio-marzo 2020, rispetto a quelli correnti nei mesi precedenti, aumenti differenziati a livello provinciale.
  In particolare, l'AGCM ha rilevato:

   una pressione all'aumento della spesa per l'acquisto di beni cosiddetti grocery (alimentari e prodotti per la cura della persona e della casa) dovuta alla limitazione della mobilità dei consumatori che, non potendosi recare presso quelli più convenienti ma più distanti, hanno perso la possibilità di mettere in competizione i punti vendita;

   aumenti dei prezzi dei prodotti alimentari rispetto al dato medio nazionale in aree non interessate da «zone rosse» o da misure rafforzate di contenimento della mobilità.

  L'AGCM ha ritenuto che non tutti gli aumenti registrati siano riconducibili a motivazioni di ordine strutturale (per esempio, il maggior peso degli acquisti nei negozi di vicinato, la minore concorrenza tra punti vendita a causa delle limitazioni alla mobilità dei consumatori, le tensioni a livello di offerta causate dal forte aumento della domanda di alcuni beni durante il lockdown e dalla limitazione alla produzione e ai trasporti indotte dalle misure di contenimento dell'epidemia), bensì alcuni aumenti rilevati potrebbero essere ricondotti a fenomeni speculativi, e dunque a comportamenti non diligenti da parte degli operatori.
  Una volta completata la raccolta delle evidenze informative, l'AGCM procederà alla valutazione dei comportamenti adottati dagli attori del mercato nel periodo dell'emergenza sanitaria, al fine di comprendere se e in che modo gli stessi possano sussumersi nelle fattispecie di pratiche commerciali scorrette vietate dal decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 recante «Codice del consumo». Conseguentemente, l'autorità adotterà i più opportuni provvedimenti, ove siano rilevati comportamenti non diligenti da parte di professionisti a detrimento degli interessi economici dei consumatori.
  Per quello che attiene all'aumento di prezzo di quella specifica categoria di prodotti cosiddetti «dispositivi di protezione individuale» (DPI), quali disinfettanti, igienizzanti, mascherine di protezione delle vie respiratorie e similari, già agli inizi di febbraio, l'OMS segnalava il rischio del prossimo esaurimento delle scorte globali. Nella seconda metà di febbraio, i prodotti in parola hanno visto un aumento repentino dei prezzi soprattutto sui siti di
e-commerce. Di conseguenza, il Governo ha adottato numerose iniziative per arginare il citato fenomeno.
  In primo luogo, sono stati centralizzati gli acquisti da parte del Ministero della salute e della Protezione civile per tutti gli ambiti nazionali. L'ordinanza 25 febbraio 2020, n. 639 del dipartimento della Protezione civile della Presidenza del consiglio, recante «Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili», ha infatti disposto che il dipartimento della protezione civile provveda all'acquisizione dei dispositivi di protezione individuali e che tali ordini abbiano priorità assoluta rispetto ad ogni altro ordine, anche già emesso. La medesima ordinanza ha disposto, inoltre, il divieto di esportare DPI fuori dal territorio nazionale senza previa autorizzazione del dipartimento della protezione civile.
  Con decreto-legge del 17 marzo 2020, n. 18 (decreto Cura Italia), sono state poi previste misure specifiche in materia di produzione e fornitura di dispositivi medici, al fine di contenerne l'aumento dei prezzi.
  Con l'ordinanza del commissario straordinario per l'emergenza del 26 aprile scorso, infine, è stato fissato per le mascherine chirurgiche un prezzo massimo di vendita al consumo, per ciascuna unità, pari ad euro 0,50 (al netto dell'imposta sul valore aggiunto).
  In conclusione, alla luce di quanto esposto emerge il massimo impegno del Governo ad evitare ogni aumento ingiustificato dei prezzi dei prodotti, anche alimentari, e si ricorda che allo stato della normativa vigente in Italia spetta all'AGCM ogni potere sanzionatorio nei confronti degli operatori, laddove si configurino pratiche commerciali scorrette ai sensi degli articoli 20 e seguenti del Codice del consumo. Rimetto, dunque, al dibattito parlamentare ogni valutazione circa l'opportunità di dotare la figura del Garante dei prezzi, istituita presso il Ministero dello sviluppo economico, di strumenti volti a garantire che, al mero monitoraggio, segua un'azione efficace e rapida di contenimento di prezzi, nonché di proporre interventi, anche di carattere normativo, per tutelare i diritti di utenti e consumatori rispetto a dinamiche di tipo speculativo.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   BRAGA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   Villa Emo è una villa veneta realizzata nei pressi della località di Fanzolo, nel comune di Vedelago, in provincia di Treviso, dal famoso architetto Andrea Palladio. L'opera, costruita probabilmente a partire dal 1558 fu commissionata dalla nobile famiglia Emo di Venezia, famiglia di cui è rimasta nelle disponibilità fino al 2004, cedendola poi alla Banca di Credito Trevigiano. È una delle più compiute ville palladiane. Dal 1996 è stata inserita dall'Unesco nella lista dei patrimoni dell'umanità, assieme alle altre ville palladiane del Veneto e a Vicenza «città del Palladio»;

   detto capolavoro architettonico è incorniciato da due lunghe barchesse colonnate che ospitavano originariamente le strutture per le attività agricole, secondo un progetto di struttura produttiva analogo a quello di Villa Badoer e di buona parte dei progetti palladiani di villa in tutto il Veneto;

   come riportano recentemente il quotidiano La Repubblica e l'autorevole blog di storia dell'arte «ArtTribune», il consiglio di amministrazione della sopraddetta Banca di Credito Trevigiano, il 28 gennaio 2019, ha messo ai voti il destino della villa e ha deciso per la sua alienazione sulla base di una poco dettagliata offerta, perlomeno negli importi e nelle modalità della transazione, di uno sconosciuto magnate straniero;

   come racconta la Tribuna di Treviso, che descrive la battaglia di più di un migliaio di liberi cittadini riunitisi nel comitato «No VendEMO» e coordinati da Fiorenza Morao, la vendita del complesso di Villa Emo Capodilista inevitabilmente causerà un frazionamento del complesso artistico snaturandolo e creando un danno con relativa perdita di valore inestimabile per tutto il territorio;

   il World Heritage Committee dell'Unesco, l'organismo di controllo che vigila sulla corretta conservazione dei beni culturali riconosciuti patrimonio dell'umanità, ha aperto un'indagine per valutare se la vendita di Villa Emo – in particolare scorporando l'antica fattoria sede della banca – garantirebbe o meno il prestigioso logo di cui si fregia la villa. È già pervenuta al comitato «No VendEMO» una lettera, firmata dalla responsabile del settore culturale del World Heritage Centre delle Nazioni Unite;

   quanto sopra descritto risulta peraltro un paradosso, poiché i firmatari della petizione per la tutela di Villa Emo nella sua interezza e contro l'alienazione sono soci, clienti della banca e semplici cittadini che riconoscono in Villa Emo il bene più rappresentativo della loro comunità. Un bene acquisito da una banca, il Credito Trevigiano, strettamente legata al territorio e che su di esso ha come mandato quello di reinvestire. Una banca della comunità che non può non considerare ciò che la sua comunità vuole. Nel 2014 il Credito Trevigiano fu commissariato dal Ministero dell'economia e delle finanze su indicazioni della Banca d'Italia per perdite oltre i 42 milioni e altre irregolarità nella gestione dell'istituto, ora l'istituto è uscito dalla sua crisi e quanto si apprende è in equilibrio finanziario;

   il complesso architettonico, comprese le pertinenze, di Villa Emo Capodilista, in Fanzolo, è sottoposto a vincolo conservativo ai sensi della legge n. 1089 del 1939 –:

   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda intraprendere il Governo, anche per il tramite degli uffici territorialmente competenti come la Soprintendenza regionale del Veneto, per conoscere i dettagli e le condizioni della prospettata alienazione del bene in questione, anche al fine di valutare quali saranno gli impatti paesaggistici e architettonici e l'eventuale rischiosa perdita di valore del bene che è tutelato dalla normativa nazionale vigente.
(4-04108)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative urgenti il Ministero intende intraprendere riguardo alla prospettata alienazione del bene indicato.
  Sulla base degli elementi acquisiti dai competenti uffici centrali e periferici di questo Ministero, si rappresenta quanto segue.
  Il complesso di Villa Emo a Fanzolo, nel Comune di Vedelago (TV) è parte del sito «Vicenza e le Ville del Palladio nel Veneto», a seguito dell'estensione, nel 1996, del sito originariamente iscritto nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO nel 1994.
  L'ipotesi di un eventuale frazionamento e alienazione della Villa fu rappresentata per la prima volta al Ministero tramite un esposto da parte dell'ex proprietario, Leonardo Emo Capodilista, che temeva conseguenze per la sua conservazione.
  A tal proposito, il segretariato generale del Ministero, competente in materia di siti UNESCO iscritti nella lista del patrimonio mondiale, indirizzò, in data 26 aprile 2018, una richiesta all'allora soggetto proprietario, il Credito trevigiano Banca di credito cooperativo e al soggetto gestore delle attività culturali che vi si svolgono, la Fondazione Villa Emo onlus, volta a conoscere la reale situazione circa lo stato delle proprietà del complesso.
  Nella nota era altresì evidenziato come l'intero sito UNESCO fosse oggetto di una procedura di verifica dello stato di conservazione, ancora in corso, da parte degli organismi internazionali.
  Nell'ambito di tale processo, seguito dallo stesso segretariato generale, in collaborazione con gli uffici del Ministero operanti sul territorio per la tutela e con le altre autorità localmente responsabili, si colloca una missione consultiva condotta nel marzo 2017 da esperti dell'ICOMOS (International council on monuments and sites) e del Centro del patrimonio mondiale dell'UNESCO.
  In quell'occasione, gli esperti internazionali espressero raccomandazioni riguardanti anche le ville e il loro rapporto con il paesaggio di riferimento, puntualmente rappresentate ai proprietari e gestori di Villa Emo.
  Il complesso delle raccomandazioni dell'UNESCO riguardanti l'intero sito «Città di Vicenza e le Ville del Palladio nel Veneto», sono all'attenzione del comitato di Pilotaggio del sito stesso, coordinato dal comune di Vicenza e composto dagli enti a vario titolo competenti per la tutela e la gestione, tra cui figurano gli uffici territoriali del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo.
  Il 28 giugno 2019 l'atto di compravendita tra la Banca di credito cooperativo e la Palazzo Garzoni s.r.l. di Venezia è stato perfezionato per un prezzo complessivo di 15 milioni di euro.
  Poiché Villa Emo, come correttamente evidenziato nell'atto parlamentare, è sottoposta alle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, l'atto di compravendita che riguarda tutto il complesso di Villa Emo con giardino, annessi rustici, borgo, brolo e spazi agricoli è stato regolarmente denunciato al Ministero per l'eventuale esercizio del diritto di prelazione da parte dello Stato o della regione.
  Né lo Stato, né la regione hanno esercitato il diritto di prelazione previsto dall'articolo 60 del codice dei beni culturali, in considerazione della somma elevata che, avrebbe gravato sulle finanze pubbliche.
  Si rassicura, comunque, l'onorevole interrogante circa il fatto che la compravendita ha riguardato l'intero complesso (salvo la parte riservata alla attività bancaria) e permane, sulla Villa, l'attenta opera di tutela e salvaguardia da parte della competente soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Venezia e per le province di Belluno, Padova e Treviso.
  Ancora, poiché l'ipotesi della vendita frazionata aveva allarmato anche il centro del patrimonio mondiale di Parigi (che assicura la gestione quotidiana della convenzione, organizza gli incontri statutari previsti dalla convenzione per il matrimonio Mondiale, l'Assemblea generale biennale degli Stati membri, gli incontri annuali del comitato per il patrimonio mondiale e gli incontri dell'ufficio), in conformità a quanto previsto nel par. 174 delle linee guida per l'attuazione della convenzione sul patrimonio mondiale, si potranno effettuare opportune verifiche per assicurarsi che la gestione del sito, a medio e lungo termine, non rischi di essere compromessa.
  La soprintendenza ha assicurato, al riguardo, ogni eventuale e necessario intervento di moderazione a livello progettuale.
  Questo, sostanzialmente, si configura con un'attività autorizzatoria mirata ad evitare ogni possibile alterazione del valore storico artistico del bene.

Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   CILLIS, SUT, FICARA, ROBERTO ROSSINI, DEIANA, VIANELLO, LOVECCHIO, PERANTONI, ALBERTO MANCA, PARENTELA, OLGIATI, CASA, ALAIMO, LOMBARDO, MARTINCIGLIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il dottor Claudio Descalzi è stato direttore di Eni dell'area geografica Italia, Africa e Medio Oriente dal 2002 al 2005, vice direttore generale dal 2005 al 2008, Chief Operating Officer dal 2008 al 2014 – divisione exploration & production e infine dal 9 maggio 2014 amministratore delegato e direttore generale;

   questa è solo l'ultima parte temporale della carriera di Descalzi in Eni, con un curriculum professionale e manageriale di tutto rispetto, che evidenzia il suo ruolo fondamentale e soprattutto decisionale nella politica strategica dell'azienda negli ultimi 20 anni, carriera che coincide pertanto anche con tutte le problematiche e le decine di «incidenti» che si sono susseguiti nel corso delle attività estrattive di Eni in regione Basilicata e, in particolare, al centro oli Cova di Viggiano;

   sul centro oli di Viggiano pendono e sono tuttora in corso due inchieste della magistratura lucana per le ipotesi di reati di disastro, disastro ambientale, abuso d'ufficio e falso ideologico;

   la prima inchiesta riguarda lo smaltimento irregolare di oltre 854 mila tonnellate di sostanze pericolose, che nell'arco temporale di un anno, sono state reiniettate nel pozzo «Costa Molina 2» nel comune di Montemurro;

   la seconda riguarda la perdita da due serbatoi di stoccaggio, come dichiarato dalla stessa Eni, di 400 tonnellate di greggio all'interno dell'impianto Cova di Viggiano così come accertato dalla procura della Repubblica di Potenza nel 2017;

   come risulta dai sopralluoghi e dai rilievi effettuati dal Noe, il petrolio fuoriuscito dal Cova si era infiltrato nella rete fognaria, arrivando a contaminare il reticolo idrografico della Val d'Agri, che si trova in prossimità della diga del Pertusillo, un invaso che rappresenta la fonte primaria di molta parte dell'acqua destinata al consumo umano della Puglia e della Basilicata, oltre ad essere utilizzato per l'irrigazione di un'area a uso agricolo di oltre 35 mila ettari;

   l'origine della perdita di idrocarburi sarebbe stata individuata nei serbatoi di stoccaggio del greggio; durante i sopralluoghi del Noe e dei consulenti della procura, a febbraio 2017, infatti, sono stati riscontrati dei fori sul fondo dei serbatoi che avevano dato luogo alle perdite di greggio, mai comunicate agli organi competenti, circostanze però già note alla dirigenza Eni, sin dal 2012 secondo gli investigatori;

   ci si trova di fronte a un vero e proprio disastro ambientale che probabilmente ha contribuito all'aumento del tasso di mortalità in quelle zone per determinate patologie tumorali, così come accertato da un'indagine epidemiologica condotta dal dottor Bianchi, ricercatore del Cnr, ricerca commissionata dai comuni di Viggiano e Grumento Nova e poi contestata dall'Eni, una volta che sono stati pubblicati e diffusi i risultati;

   il mandato del dottor Descalzi è prossimo alla sua scadenza naturale e, nelle prossime settimane dovrebbe essere decisa una sua eventuale riconferma o la nomina di un suo successore –:

   se, sulla base di tutto quanto espresso in premessa e alla luce dei procedimenti giudiziari tuttora in corso e non ancora conclusi, il Governo ritenga opportuno adottare ogni iniziativa utile affinché non si proceda alla riconferma del dottor Descalzi ai vertici di Eni.
(4-05224)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  Per rispondere agli interroganti, occorre premettere che il centro di raccolta, trattamento e stoccaggio olio denominato «Val d'Agri» (COVA) ricade nell'area della concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi «Val d'Agri», ubicata nel territorio della provincia di Potenza e accordata dal Ministero dello sviluppo economico con decreto direttoriale in data 28 dicembre 2005 come unificazione delle concessioni di coltivazione «Grumento Nova» e «Volturino», alle Società ENI S.p.A. – divisione
Exploration & Production e SHELL ITALIA E&P-S.p.A.. Con lo stesso decreto è stata nominata rappresentante unica nei confronti dell'amministrazione e dei terzi la società ENI S.p.A.
  Il centro olio è adibito alla raccolta degli idrocarburi estratti dai pozzi del giacimento (il più importante dell'Europa continentale) ed è un impianto minerario funzionale alla separazione dei prodotti di estrazione dei pozzi che sono costituiti da idrocarburi liquidi, idrocarburi gassosi, acqua di strato ed in percentuale più o meno variabile H2S.
  Quindi, non si tratta di un impianto di raffinazione, che è invece destinato alla lavorazione del greggio con processi chimici fino alla produzione dei prodotti commerciali derivati.
  La capacità massima di produzione giornaliera attualmente autorizzata (peraltro mai raggiunta) è pari a 104.000 barili/giorno di petrolio e di 4.660.000 mc/giorno di gas metano. Nell'ultimo anno a regime la produzione media mensile è stata di circa 322.000 tonnellate. L'impianto in questione contribuisce in maniera preponderante alla produzione nazionale di idrocarburi, con corrispondente beneficio economico derivante sia dalla corresponsione della tassazione generale che delle
royalties sulle produzioni ottenute annualmente.
  A valle della predetta separazione, tali sono i prodotti di estrazione:

   idrocarburi liquidi, poi stoccati negli appositi serbatoi situati all'interno del COVA per poi essere convogliati (mediante oleodotto) alla raffineria di Taranto;

   idrocarburi gassosi, fondamentalmente metano, immessi nella rete di trasporto nazionale di SNAM rete Gas;

   zolfo, derivante dall'abbattimento dell'H2S che viene immesso come materia prima sul mercato;

   fluidi di strato costituiti da acqua che viene smaltita o tramite gli impianti di trattamento o reimmessi in giacimento mediante il pozzo denominato «Costa Molina 2».

  Con riferimento alle inchieste giudiziarie, di cui fanno menzione gli Onorevoli interroganti, e, pertanto, in ragione delle competenze attribuite e delle attività svolte, si rileva quanto segue.
  Riguardo ai rilievi afferenti alla reimmissione delle acque di strato al pozzo «Costa Molina 2» ed alle relative problematiche, si evidenzia che la re-immissione delle acque di strato è regolata dalle autorizzazioni
ex articolo 104 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Testo unico dell'ambiente) che fanno capo alla regione Basilicata, la quale attraverso l'ARPAB effettua tutti i controlli ambientali di competenza. L'autorizzazione regionale detta le prescrizioni e precauzioni per una gestione corretta dell'attività di reimmissione, le caratteristiche dei fluidi di reimmissione e la cadenza periodica dei controlli ambientali da effettuare.
  Analogamente, per lo smaltimento all'esterno della rimanente parte di acque di strato presso gli impianti di smaltimento autorizzati, che sono effettuati secondo le regole e le prescrizioni imposte dalla regione, in base alla normativa vigente.
  Con provvedimento del 31 marzo 2016 del Giudice per le indagini preliminari di Potenza, è stato disposto il sequestro del serbatoio delle acque di strato, della vasca di raccolta delle acque di contro-lavaggio filtri «
dual media», annessi all'Unità di trattamento acque V560 e del pozzo di re-iniezione «Costa Molina 2». Ciò, in ragione del fatto che avverrebbe una miscelazione non autorizzata di rifiuti pericolosi, costituiti da acque di strato derivanti dalla prima separazione degli idrocarburi liquidi e gassosi in ingresso al COVA e da altre acque derivanti dal processo di separazione delle componenti acide e acquose nelle unità di trattamento gas, contenenti tracce di MDEA (metildietanolammina) e di TEG (glicole trietilenico).
  Giova rilevare che, la contemporanea indisponibilità delle facilities succitate e dei pozzo di reimmissione ha reso impossibile esportare dal COVA le acque di strato e, conseguentemente, si è dovuto procedere alla graduale chiusura dei pozzi della concessione di coltivazione e al successivo blocco della produzione di idrocarburi. L'esecuzione del sequestro ha, quindi, reso necessario procedere con le conseguenti operazioni di messa in stato di conservazione, protezione passiva degli impianti, installazioni, apparecchiature e delle condotte della rete di raccolta per la completa chiusura del COVA.
  Successivamente, al fine di consentire la ripresa dell'attività, sono state apportate alcune modifiche al processo produttivo per consentire la separazione fisica tra le acque di strato derivanti dalla prima separazione e le altre acque derivanti dal processo di separazione delle componenti acide e acquose nelle unità di trattamento gas. A seguito di tale modifica, l'attuale configurazione impiantistica di esercizio dell'impianto denominata «Recupero condensati», è stata autorizzata nell'agosto 2016, solo in esito del dissequestro definitivo delle sopradette installazioni e degli esiti positivi dei «... dovuti controlli sullo stato dei lavori e sulla loro puntuale esecuzione ...» da parte «... dei CC del NOE di Potenza, con l'ausilio dei consulenti tecnici già nominati...», come deciso dall'Autorità Giudiziaria.
  Tale configurazione impiantistica secondo le procedure di verifica e controllo previste è stata sottoposta, altresì, per gli aspetti di loro competenza, sia all'autorizzazione mineraria da parte del Ministero dello sviluppo economico per la ripresa della produzione, sia alle autorizzazioni regionali ambientali e alla reimmissione al pozzo «Costa Molina 2».
  Per quanto attiene, invece, alle rilevazioni sul riscontro di perdite di olio dall'impianto del COVA, si rappresenta che in data 3 febbraio 2017, al termine del relativo sopralluogo dei Carabinieri del Nucleo operativo ecologico, è stato disposto il sequestro di un pozzetto di scarico esterno al perimetro dell'impianto a seguito del ritrovamento di liquido con presenza di idrocarburi. A seguito di ciò, ENI si è prontamente attivata, informando tutti enti interessati (regione Basilicata, provincia di Potenza, comune di Viggiano, carabinieri e prefettura), ai sensi dell'articolo 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006. Contestualmente, ha avviato le attività di messa in sicurezza d'emergenza ambientale mediante aggottamento tramite autobotte del liquido rinvenuto.
  Successivamente, la società ha proceduto sia alla realizzazione di barriere idrauliche (all'interno del centro olio e all'esterno nell'area industriale per non consentire il propagarsi dell'inquinamento) sia ad un'analitica attività di indagine per individuare le cause della perdita di idrocarburi liquidi.
  Dagli accertamenti condotti è emerso che la dispersione di idrocarburi liquidi è ascrivibile ad una non perfetta tenuta del fondo di uno dei quattro serbatoi dedicati allo stoccaggio dell'olio; pertanto la società ha proseguito le attività con l'utilizzo di due serbatoi integri, uno dotato di doppiofondo e l'altro verificato mediante idonee indagini e monitoraggio.
  Conseguentemente, la regione Basilicata, con delibera 322 del 15 aprile 2017, ha sospeso per 90 giorni le attività del centro olio Val d'Agri, ai sensi dell'articolo 29-
decies del decreto legislativo n. 152 del 2006, e ha prescritto alla Società di realizzare tutto quanto indicato e previsto dai suoi Uffici preposti al controllo ambientale, subordinando la ripresa dell'attività alla verifica dell'ottemperanza delle prescrizioni ambientali sopradette e all'utilizzo di serbatoi dotati di doppio fondo.
  In data 19 aprile 2017, il presidente della regione Basilicata ha chiesto il coinvolgimento del competente Ministero dell'ambiente, il quale in data 4 maggio 2017, in uno specifico incontro, ha definito le attività da porre in essere per valutare lo stato di contaminazione delle aree esterne ed interne al COVA, lo stato degli impianti e le azioni attuate dalla società ENI, indicando la collaborazione dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) all'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Basilicata (ARPAB) e agli uffici tecnici regionali, anche sulla base dell'accordo di programma stipulato fra regione Basilicata, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e ISPRA.
  Per quanto attiene i doppifondi ai serbatoi, uno di essi già prima della sospensione era dotato da tempo del doppio fondo; inoltre, terminati i lavori di realizzazione di altri due serbatoi con doppio fondo, la sezione UNMIG MISE di Napoli, competente sul territorio della Basilicata, ha autorizzato l'esercizio degli stessi, a seguito dell'istruttoria tecnica svolta in conformità alle previsioni degli articoli 84 e 85 del decreto legislativo n. 624 del 1996.
  La regione, ARPAB e ISPRA hanno condotto le verifiche, i controlli e gli accertamenti sulle azioni attuate dalla società ENI, anche a seguito delle prescrizioni impartite sia per le attività di messa in sicurezza di emergenza ambientale, sia per l'approvazione del piano di caratterizzazione e propedeutiche al riavvio dell'impianto.
  In data 7 luglio 2017, l'ISPRA ha espresso alla regione il proprio parere tecnico secondo cui «... le articolazioni degli attuali interventi di messa in sicurezza può essere ritenuta compatibile con l'esercizio delle attività del sito ...» e in data 10 luglio 2017 che «... il Gestore abbia ottemperato alle prescrizioni propedeutiche al riavvio dell'impianto ...».
  In data 13 luglio 2017, anche l'ARPAB ha espresso il proprio parere tale che «... il gestore abbia riscontrato positivamente le osservazioni/prescrizioni ...».
  A seguito delle attività condotte da ISPRA, ARPAB e uffici regionali, nonché dalla valutazione in base alla quale dal punto di vista impiantistico le attività produttive possono essere condotte con l'utilizzo anche soltanto dei due serbatoi già dotati di doppio fondo ed autorizzati, con delibera n. 733 del 17 luglio 2017, la giunta regionale della Basilicata ha autorizzato il riavvio dell'esercizio del centro olio Val d'Agri sospeso con la sopra richiamata delibera 322 del 15 aprile 2017, prevedendo inoltre nel provvedimento un articolato corpo prescrittivo.
  Pertanto, ferma restando la disponibilità a fornire ulteriori approfondimenti con il coinvolgimento delle competenti strutture tecniche a valle di tutte le verifiche espletate dagli enti e organi competenti e a fronte dell'ottemperanza da parte di Eni delle prescrizioni richieste ed imposte secondo la normativa vigente, in data 18 luglio 2017, sono stati riavviati gli impianti del COVA, con la contestuale riapertura graduale dei pozzi alla produzione fino al raggiungimento delle condizioni a regime.
  Per completezza di informazione, si precisa che i quattro serbatoi installati nel COVA e dedicati allo stoccaggio degli idrocarburi liquidi prodotti sono attualmente tutti provvisti di doppio fondo oltre che di pozzetti spia finalizzati al controllo di eventuali perdite.
  La messa in sicurezza d'emergenza ambientale e le attività di caratterizzazione ambientale sia all'interno del COVA che all'esterno nell'area industriale rientrano nella competenza primaria della regione, gestite con la partecipazione di ARPAB e ISPRA e sono disciplinate con le relative deliberazioni regionali (d.g.r. 19 maggio 2017, n. 442, d.g.r. del 24 ottobre 2017 n. 1132, d.g.r. del 27 giugno 2018, n. 585 e d.g.r. n. 47 del 22/01/2019). L'ultima conferenza di servizi, convocata dalla Regione in merito, si è tenuta in data 13 febbraio 2020.
  Come noto agli interroganti, è tuttora in corso il dibattimento presso il tribunale di Potenza sui reati contestati.
  Alla data attuale, l'impianto «Val d'Agri» è regolarmente in esercizio, con le limitazioni susseguenti all'emergenza COVID-19.
  Alla luce di quanto detto con riferimento alle vicende segnalate dagli interroganti, con specifico riferimento al quesito relativo al rinnovo del
management del gruppo Eni S.p.A., rappresento che in data 14 maggio 2020, il consiglio di amministrazione del gruppo ha nominato amministratore delegato e direttore generale il dottor Claudio Descalzi, al quale ha conferito nuovamente i poteri di amministrazione della società, con esclusione di specifiche attribuzioni che il consiglio si è riservato, oltre a quelle non delegabili a norma di legge.
Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   D'ATTIS e ELVIRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari europei, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nelle scorse settimane è stato presentato il piano di investimenti del Green Deal europeo, che consentirà di mobilitare fino a mille miliardi di euro attraverso il budget dell'Unione europea e strumenti associati, per il contrasto ai cambiamenti climatici;

   il piano comprende quella parte di investimenti sostenibili che dovranno supportare la transizione verde comunitaria. Tra gli obiettivi principali, vi è anche quello aumentare i finanziamenti dedicati alla decarbonizzazione europea. Parte del nuovo piano di investimenti sarà infatti dedicato al sostegno dei lavoratori e i cittadini delle regioni più colpite dal processo di decarbonizzazione e trasformazione, attraverso il meccanismo dell'equa transizione, strumento che catalizza almeno 100 miliardi di euro nel periodo tra il 2021 e il 2027;

   il citato piano europeo prevede un «Fondo per una transizione equa» proprio per andare incontro a quelle aree e a quei settori produttivi che più di altri avranno effetti negativi e costi economici conseguenti a questo cambio di paradigma di sviluppo;

   bisognerà ora vedere chi ne beneficerà e i margini di azione di ogni Stato membro nell'utilizzo delle risorse di questo Fondo. Nel nostro Paese, si è prospettato un loro possibile utilizzo per la conversione «verde» dell'area di Taranto interessata dagli stabilimenti dell'ex Ilva, e dell'area mineraria del Sulcis-Iglesiente;

   il 26 febbraio 2020, il commissario europeo agli affari economici, Paolo Gentiloni, ricordava che alla Commissione europea «lavorano con gli Stati per identificare quali sono impianti industriali o regioni che meglio si adattano al Fondo per la transizione giusta: le autorità dovranno presentare piani di transizione ambientale in base ai quali si ottiene un finanziamento»;

   nella zona industriale di Brindisi è situata la centrale a carbone Federico II di Cerano. Uno degli impianti a carbone più grandi e inquinanti d'Europa;

   nel 2017, uno studio epidemiologico sull'area di Brindisi, ha ulteriormente documentato un aumento significativo di tumori e malattie cardiovascolari e respiratorie nell'area;

   secondo la strategia energetica nazionale, la centrale a carbone dovrà chiudere i battenti al 2025 così come tutti gli impianti a carbone italiani, così da ridurre le emissioni climalteranti del Paese. Un progetto prevede la sua riconversione a gas entro quella data –:

   se il Governo non ritenga di adottare le iniziative di competenza affinché anche alla luce delle criticità esposte in premessa, la centrale di Brindisi sia ricompresa tra le aree e gli impianti industriali beneficiari delle risorse assegnate al nostro Paese nell'ambito del citato fondo europeo per una transizione equa.
(4-04904)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  Il tema sollevato dall'interrogante riguarda la gestione dei finanziamenti dedicati alla decarbonizzazione, stanziati dall'Unione europea nell'ambito del cosiddetto
Green deal europeo, una parte dei quali sarà destinata al sostegno di lavoratori e imprese nelle aree soggette a riconversioni.
  In proposito, si osserva che il pacchetto di proposte legislative che l'Unione europea intende varare, denominato meccanismo per la transizione giusta, risponde all'obiettivo di attenuare l'impatto economico e sociale della transizione sui territori ed i settori economici più vulnerabili in quanto dipendenti dallo sfruttamento di fonti fossili (compreso carbone, torba e olio di scisto) o da processi industriali intensivi responsabili di alte emissioni di carbonio. Il meccanismo sarà composto da tre strumenti:

   un fondo ad hoc, il Just transition fund, per il quale la commissione ha formulato una proposta di regolamento;

   un sistema dedicato nell'ambito del programma InvestEU, volto a mobilitare fino a 45 miliardi di euro di investimenti;

   una facility Bei per il settore pubblico, garantito dal bilancio dell'Unione europea, destinato a mobilitare tra 25 e 30 miliardi di euro di investimenti.

  Obiettivo specifico del Just transition fund (JTF) è consentire alle Regioni e alle amministrazioni locali interessate di affrontare gli effetti sociali, economici ed ambientali della transizione verso un'economia climaticamente neutra.
  La proposta di regolamento sul fondo per la transizione giusta dettaglia l'ambito di applicazione ed i criteri di accesso al Fondo a gestione condivisa, che avrà una dotazione iniziale di 7,5 miliardi di euro, sarà istituito nel quadro delle politiche di coesione e verrà allocato tenendo conto sia delle dimensioni della sfida ambientale e sociale (livello di emissioni industriali, rischi occupazionali e necessità formative), sia delle capacità economiche e tecniche dello Stato membro interessato a farvi fronte.
  Gli Stati membri beneficiari dovrebbero infatti integrare l'allocazione di risorse dal Jtf attraverso il cofinanziamento (il cui livello sarà quello dei territori beneficiati) e con risorse provenienti dalle rispettive
envelope del fondo regionale e del fondo sociale (con un moltiplicatore compreso tra 1,5 e 3 rispetto alle allocazioni del Jtf), meccanismo che, secondo la commissione, porterebbe ad un finanziamento complessivo tra i 30 e i 50 miliardi di euro.
  La programmazione avverrà nell'ambito di un dialogo tra commissione e Stati membri nel quadro del semestre europeo. Lo Stato membro interessato sarà chiamato a predisporre uno o più piani territoriali per la transizione equa con una sintesi delle misure per la transizione in coerenza con i piani nazionali energia e clima, l'indicazione dei territori più vulnerabili all'impatto di tali misure e delle relative sfide ambientali ed economico-sociali, nonché delle esigenze specifiche alla base della richiesta di accesso al Jtf e delle sinergie con altri programmi a finanziamento dell'Unione europea. L'approvazione del piano da parte della commissione darà diritto all'accesso a uno qualunque dei tre strumenti del Meccanismo, nonché all'assistenza tecnica.
  Le attività eleggibili comprendono il sostegno produttivo alle piccole e medie imprese,
start-up e incubatori impegnati a creare nuove opportunità economiche, investimenti in ricerca per il trasferimento di tecnologie o lo sviluppo di tecnologie per energie pulite e riduzione di emissioni; investimenti in collegamenti digitali, rigenerazione di siti e land restoration, economia circolare, riciclo di rifiuti; formazione e aggiornamento dei lavoratori; assistenza alla ricerca di lavoro.
  Nell'ambito del dialogo per la definizione del processo di programmazione, la Commissione Europea ha individuato nel nostro Paese e proposto come ammissibili, le aree di Taranto e del Sulcis Iglesiente.
  La proposta della commissione identifica le aree di investimento prioritarie e le condizioni quadro per un'efficace attivazione degli investimenti
Just transition fund in Italia per il periodo 2021-2027. L'individuazione di tali aree deriva dall'analisi più ampia dei territori che affrontano gravi sfide socio-economiche, conseguenti al processo di transizione verso un'economia climaticamente neutra entro il 2050.
  Riguardo al quesito posto dall'interrogante, si rappresenta che si sta valutando la possibilità di ampliare le aree oggetto di programmazione da includere nei piani per la transizione equa a quelle maggiormente interessate dal processo di de carbonizzazione, sia sotto il profilo ambientale che economico e sociale, inclusa l'area di Brindisi, dove la cessazione dall'uso del carbone per la generazione elettrica comporterà una serie di conseguenze sull'occupazione portuale e sull'indotto.
  In alternativa all'inclusione nei piani per la transizione equa potranno essere, comunque, valutati modelli di intervento analoghi a quelli inclusi nei Piani stessi, da replicare negli altri territori interessati dalle stesse dinamiche, considerato che le aree di Taranto e del Sulcis Iglesiente, individuate dalla Commissione europea, non esauriscono la problematicità legata al complesso processo di transizione energetica.
  A seguito di quanto riferito, si ritiene comunque utile fornire una serie di elementi relativi alla centrale di Cerano di Tuturano – Brindisi sud, indicata nelle premesse dall'interrogante, nonché al progetto di riconversione a gas ivi previsto.
  L'impianto in argomento è costituito da quattro sezioni alimentate a carbone, ognuna da 660 MWe; la centrale, negli anni, è stata interessata da interventi di risanamento ambientale, tra cui, da ultimo, la realizzazione di due dome per lo stoccaggio del carbone, la cui realizzazione è stata conclusa nel marzo 2016. Presso l'impianto sono occupate 308 unità di personale diretto e 527 unità di personale indiretto che lavorano per le aziende interessate dalle attività di manutenzione.
  Nel maggio 2019, la società Enel ha presentato un progetto di riconversione a gas naturale a ciclo combinato costituito da 3 fasi: la prima fase prevede la realizzazione di un turbogas a ciclo aperto da 560 megawatt; la seconda fase prevede la realizzazione di un secondo turbogas a ciclo aperto di pari potenza; la terza fase prevede la trasformazione dei due turbogas in ciclo combinato con potenza totale di 1680 megawatt.
  Il 1° ottobre 2019, completata la trasmissione di tutti gli elaborati di progetto da parte di Enel, la competente direzione generale del Ministero dello sviluppo economico ha avviato il procedimento autorizzativo, sospendendolo contestualmente in attesa delle determinazioni del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (Mattm).
  Con provvedimento n. 0019155 del 12 marzo 2020, il Mattm ha ritenuto di assoggettare il progetto a valutazione di impatto ambientale (Via) e, di conseguenza, Enel ha presentato in data 19 marzo la relativa istanza.
  Con riferimento alla dismissione delle sezioni alimentate a carbone, la direzione generale interpellata segnala che nel progetto di riconversione Enel ha previsto la messa fuori esercizio definitiva delle stesse in concomitanza con l'entrata in servizio delle nuove unità a gas. Ciò in coerenza con quanto già previsto dal PNIEC e con quanto oggetto di discussione nell'ambito dei tavoli interministeriali per l'attuazione degli interventi necessari al
phase-out degli impianti a carbone {a cui partecipano anche la Regione interessata e gli Enti locali coinvolti).
  In relazione agli attuali scenari di produzione, la stessa società, in data 24 gennaio 2020, ha chiesto l'autorizzazione ad anticipare la messa fuori servizio definitiva di una delle 4 unità (gruppo BS2) a decorrere dal 1° gennaio 2021. Tale richiesta tiene conto del fatto che il decreto del Mattm del 7 febbraio 2019 di riesame Aia ha prescritto un importante intervento di modifica impiantistica sul gruppo in parola, in relazione al quale è tuttora pendente un giudizio di legittimità, e che i tempi di realizzazione di suddetto intervento non sono ritenuti dalla società compatibili con il percorso di sostituzione degli impianti a carbone con quelli a gas.
  È opportuno, infine, precisare che il gestore della rete elettrica Terna ha dato parere positivo alla richiesta di Enel, anche grazie al previsto completamento entro l'anno di una serie di interventi di rete nell'area, finalizzati ad incrementare la magliatura e alla regolazione della tensione.
  In conclusione, il Ministero dello sviluppo economico continuerà a seguire con il dovuto impegno le fasi della transizione energetica verso un'economia «
green», anche al fine di garantire i necessari aiuti finanziari in grado di accompagnare tutte le realtà produttive interessate e tutelare – al contempo – la salute dei lavoratori e dei cittadini coinvolti.
Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   EHM. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Centro di permanenza per rimpatrio (Cpr) a Macomer in Sardegna, ex casa circondariale e chiusa dal 2014 per mancato rispetto dei parametri minimi stabiliti dalla legge, ha subìto dei lavori di adeguamento per poter riaprire come Cpr ed è operativo dal 20 gennaio 2020 con circa 100 posti disponibili;

   il 30 aprile 2020 un 28enne del Benin, rinchiuso dal 3 febbraio 2020, si è buttato dal muro di cinta per protesta. Il ragazzo è stato trasportato dall'elisoccorso dopo la caduta ed è stato successivamente riportato nel Cpr a Macomer;

   il ragazzo è arrivato in Italia nel 2015, attraverso la Libia e per quattro anni è stato richiedente asilo, accolto nel Centro di accoglienza straordinaria (Cas) di Cargeghe e Porto Pozzo-Santa Teresa. Fonti giornalistiche riportano che l'estremo gesto è stato compiuto dopo che il giudice di pace ha respinto per la terza volta la domanda di rilascio, imponendo al ragazzo a restare nel Cpr per un altro mese ancora;

   il Cpr di Macomer è stato acclamato dai politici sardi proprio per fungere da deterrente per gli sbarchi degli harraga, i giovani che dall'Algeria giungono con i barchini nelle coste della Sardegna sud-occidentale. Gli stessi infermieri che operano all'interno del centro hanno denunciato le difficili condizioni di vivibilità nel Cpr: lesioni, aggressioni, episodi di autolesionismo, almeno un tentativo di suicidio. Gli abitanti di Macomer sentono frequentemente gli interventi delle ambulanze del 118 che si dirigono verso il Centro, spesso nelle ore notturne;

   la gestione del Cpr è affidata alla Ors Italia s.r.l., già al centro di polemiche sulla negativa accoglienza di un centro in Austria, tenuto in condizioni disumane, secondo una denuncia di Amnesty International, e anche oggetto di un'inchiesta giornalistica –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per salvaguardare le condizioni di salute del giovane migrante e degli altri detenuti presenti nella struttura;

   se ritenga necessario un intervento ministeriale per verificare le condizioni di vivibilità sociosanitarie ed il rispetto dei diritti dei «trattenuti».
(4-05552)

  Risposta. — Con riferimento ai quesiti posti dall'interrogante, in relazione all'atto di sindacato ispettivo in oggetto, si rappresenta quanto segue.
  In primo luogo occorre evidenziare come nel Centro di permanenza per i rimpatri (CPR) di Macomer, recentemente reso operativo al termine dei lavori di riqualificazione, siano state eseguite tutte le opere necessarie per garantire la sicurezza e l'incolumità degli ospiti.
  Le forze di polizia e gli enti preposti' monitorano costantemente affinché siano garantite le misure necessarie in grado di assicurare il pieno rispetto dei diritti fondamentali della persona, anche in considerazione della provenienza degli ospiti, della loro fede religiosa, del loro stato di salute fisica e psichica, nonché dell'eventuale presenza di situazioni.di vulnerabilità.
  Per quanto concerne specificamente la Ors Italia s.r.l., ente gestore del CPR di Macomer, riconducibile alla multinazionale ORS, si evidenzia che la società ha partecipato alla gara europea a procedura aperta telematica, indetta con determina a contrarre del prefetto di Nuoro in data 1° febbraio 2019, per l'affidamento dell'appalto dei servizi di gestione e funzionamento del Centro, per una ricettività iniziale di 50 posti elevabili a 100, risultandone aggiudicataria a conclusione della relativa procedura e all'esito delle verifiche di rito esperite, su base documentale, dalla commissione di gara circa il possesso dei requisiti e delle competenze richiesti dal bando.
  In merito poi allo specifico episodio riportato nell'interrogazione, occorso il 30 aprile 2020 a un giovane trattenuto originario del Benin, precipitato dal muro di cinta del centro, si informa che, all'esito degli accertamenti svolti, è stato rilevato che l'accaduto sarebbe riconducibile non già alle ipotizzate generali condizioni di malessere all'interno del centro, quanto piuttosto all'estremizzazione dimostrativa di un disagio strettamente legato a vicende personali della vittima dell'incidente, purtroppo comuni a quella di tanti irregolari non aventi titolo al soggiorno in Italia.
  Il migrante era in attesa di rimpatrio dal 3 febbraio 2020, in forza di un provvedimento di espulsione per motivi di ordine e sicurezza pubblica emesso dal prefetto della provincia di Sassari.
  Secondo quanto riferito dalla questura di Nuoro, nella mattinata del 30 aprile, dopo aver ricevuto comunicazione dell'ordinanza emessa dal giudice di pace di Macomer di rigetto dell'istanza di revoca dell'espulsione, con contestuale proroga del trattenimento per ulteriori 30 giorni, il giovane è tornato negli alloggi del centro e si è arrampicato a una finestra nel tentativo di raggiungere il tetto, sostenendosi con la sola forza delle braccia. Avvicinatosi al muro di cinta esterno, ha perso la presa ed è caduto a terra.
  Il ragazzo è stato immediatamente soccorso dal personale preposto alla vigilanza, coadiuvato dal personale sanitario della società di gestione.
  Subito dopo è intervenuto il locale servizio 118, che ha ritenuto necessario il supporto dell'elisoccorso per il suo trasporto presso l'ospedale civile di Sassari.
  Il ferito è stato quindi sottoposto ai necessari accertamenti sanitari, sulla base dei quali i medici, verificata l'assenza di rischi per la sua incolumità, lo hanno dimesso il giorno stesso.
  Per quanto riguarda le condizioni di vita e di sicurezza nel centro, si comunica che il 7 marzo 2020 la struttura è stata visitata da una delegazione del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, durante la quale la stessa si è trattenuta con i migranti ospiti della struttura e con il personale della ORS Italia s.r.l. Non risulta siano emerse censure o osservazioni relativamente all'adeguatezza della struttura, anche sotto il profilo organizzativo, né sono stati rilevati segnali di particolare disagio o di progettualità negative da parte della comunità ospitata.
  Premesso quanto sopra, si assicura, in ogni caso, che l'attenzione sul tema da parte del Ministero dell'interno resterà comunque elevata e che tutti gli interlocutori istituzionali coinvolti, in una complessa e costante sinergia con l'ente gestore, continueranno a garantire con impegno e professionalità il funzionamento della struttura e il rispetto di elevati standard di sicurezza per gli ospiti e per i tanti operatori impegnati.
  A conferma di quanto sopra si comunica che, a seguito dell'avvenuta attivazione del centro in data 20 gennaio 2020, con decreto prefettizio del 25 giugno 2020, è stato costituito l'organismo di monitoraggio sul CPR di Macomer previsto dall'«Accordo per la promozione della sicurezza integrata» stipulato nel 2018 tra il Ministero dell'interno e la regione autonoma della Sardegna.
  L'organismo in esame è costituito da un rappresentante della regione, della prefettura, del comune di Macomer e dell'ente gestore del CPR, con lo scopo di vigilare sull'andamento delle attività svolte nel centro, assicurando il raccordo con il territorio, in un'ottica di prevenzione e garanzia delle generali condizioni di sicurezza dei migranti trattenuti e degli operatori.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   FERRO e FRASSINETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   nel lontano 1846 nel territorio di San Sosti, in provincia di Cosenza, fu rinvenuta l'ascia votiva di Kyniskos, risalente probabilmente al VI sec. a. C.;

   l'ascia, delle dimensioni di meno di 20 centimetri di bronzo lavorato, rappresenta un «frammento» delle origini di Sibari, fondata nell'VIII sec. da un gruppo di Achei del Peloponneso e distrutta nel VI dai Crotoniati;

   nel maggio 1884, la collezione del mercante romano di reperti archeologici Alessandro Castellani, stranamente contenente anche l'ascia di Kyniskos, fu posta in vendita a un'asta di Parigi e venne acquistata da Sir Charles Thomas Newton, già responsabile del dipartimento delle antichità del British Museum della Real – Casa inglese;

   alla data odierna la scure-martello di Kyniskos è conservata al British Museum di Londra –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo per ottenere dal British Museum la restituzione dell'ascia votiva di Kyniskos stante l'assenza di titoli che ne giustifichino il possesso e la legittimità della acquisizione da parte del suddetto museo;

   quali iniziative abbia adottato il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo per ottenere il rientro dei beni archeologici della Magna Grecia illegittimamente posseduti da diversi musei stranieri.
(4-03902)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative urgenti il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo intende intraprendere per ottenere dal British Museum di Londra la restituzione dell'ascia votiva di Kyniskos.
  Sulla base degli elementi acquisiti dalla direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio, si rappresenta quanto segue.
  Si premette che per la legislazione italiana i beni archeologici godono di un regime giuridico specifico, in base al quale, ai sensi dell'articolo 91, comma 1, del decreto legislativo n. 421 del 2004, le cose di interesse archeologico, «da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo o sui fondali marini appartengono allo Stato e, a seconda che siano immobili o mobili, fanno parte del demanio o del patrimonio indisponibile, ai sensi degli articoli 822 e 826 del codice civile».
  Con l'eccezione di alcune fattispecie straordinarie e residuali disciplinate dall'ordinamento, come recentemente riassunto e ribadito nella circolare della dg abap n. 13/2019, «in deroga a tale principio, è legittima la privata disponibilità di quei beni archeologici per i quali risulti dimostrata la proprietà privata anteriormente all'entrata in vigore della legge 20 giugno 1909, n. 364, la quale, disciplinando specificamente all'articolo 15 lo scavo "per intenti archeologici" ha, per la prima volta introdotto la regola della proprietà a titolo originario dello Stato sui reperti archeologici rinvenuti. Ne consegue che i privati che abbiano acquisito la proprietà di beni archeologici prima di tale data, come pure i loro aventi causa, possono continuare a godere della libera disponibilità di tali beni».
  Forme di protezione del patrimonio archeologico nazionale più risalenti esistevano, invero, anche in alcuni Stati preunitari, tra cui lo Stato della Chiesa e il Regno delle Due Sicilie, nel cui territorio, in particolare, ricade il rinvenimento dell'ascia in questione.
  In particolare, non solo le forme di tutela previste da tali ordinamenti hanno regolato e regolano l'esportazione dei beni, sottoponendola a forme di autorizzazione da parte delle autorità e ne vietano l'illecita circolazione.
  Al contrario, secondo quanto ben noto in letteratura, fu durante la permanenza a Napoli a partire dal 1862 di Alessandro Castellani, noto orafo e antiquario romano, che il reperto in oggetto entrò a far parte della sua collezione di antichità: si tratta di un'ascia databile intorno alla metà del VI sec. a.C., sulla quale si legge in greco arcaico e in alfabeto acheo la dedica a Hera nella Valle (forse con allusione alla collocazione topografica del santuario) di un uomo di nome Kyniskos, che si qualifica come «vittimario».
  Nei decenni a cavallo tra il terzo e quarto dell'Ottocento, Castellani fu molto attivo sul mercato. Egli, secondo quanto ricordato da Felice Barnabei, si dedicò a numerosi e cospicui acquisti in tutto il Regno delle Due Sicilie, con il consenso più o meno esplicita dell'autorità.
  Dopo il 1883, alla morte di Alessandro, il figlio Torquato decise di vendere a Parigi la collezione patema suddivisa in diversi nuclei.
  L'evento ebbe ampia risonanza e fu organizzato e gestito in modo completamente ufficiale e alla luce del sole; i principali acquirenti furono alcuni dei più importanti musei dell'epoca.
  Per i motivi sopra esposti, quindi, l'ascia votiva di Kyniskos, deve considerarsi nella legittima disponibilità del British Museum e si ritiene che non esistano presupposti giuridici che possano sostanziare una rivendicazione del bene da parte dell'Italia.
  Tuttavia, alla luce della nuova articolazione di questo Ministero che prevede la dotazione di un'autonomia speciale per il parco archeologico di Sibari, si rimanda ogni possibile iniziativa in capo al futuro direttore con cui il tema sarà sicuramente preso in esame.
  In margine a quanto specificato, si sottolinea come il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, soprattutto grazie al comando carabinieri tutela patrimonio culturale, unica forza di polizia dedicata alla tutela dei beni culturali, al comitato per il recupero e la restituzione dei beni culturali incardinato nel segretariato generale, e ai suoi uffici tecnici centrali e periferici, compie un costante sforzo per riacquisire al patrimonio nazionale tutti i beni, non solo archeologici, trafugati dall'Italia, sia attraverso procedimenti giudiziari che attraverso percorsi di diplomazia culturale.
  Gli accordi amministrativi tra le parti, in particolare, si rivelano spesso di grande efficacia, consentendo il superamento dei limiti degli accordi internazionali e del disallineamento tra gli ordinamenti giuridici dei vari Paesi.
  Attraverso la lotta al traffico di beni archeologici lo Stato persegue costantemente l'obiettivo primario di arginare la piaga degli scavi clandestini ed evitare l'ulteriore distruzione dei depositi stratigrafici e del loro potenziale documentario.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   FORMENTINI, ZOFFILI, PICCHI, RIBOLLA, BILLI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, GRIMOLDI e COMENCINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la Repubblica di Turchia ed il Governo di accordo nazionale libico hanno siglato il 28 novembre 2019 un memorandum d'intesa avente ad oggetto la delimitazione delle rispettive zone economiche esclusive (Zee);

   stando alle fonti greche che ne hanno riferito, l'accordo prevedrebbe la contiguità delle Zee libica e turca per un tratto che interesserebbe anche la Repubblica di Cipro e la Grecia, anche se l'esatta conformazione dei rispettivi perimetri non è ancora nota;

   particolarmente temuta è l'eventualità di una congiunzione tra le Zee libica e turca che isoli la Grecia continentale da Creta e dalla Repubblica di Cipro;

   il Governo di accordo nazionale libico e la Turchia avrebbero contestualmente stretto anche un accordo di cooperazione nella sfera militare;

   il 1° dicembre 2019 della situazione si sono occupati i Ministri degli esteri della Grecia e dell'Egitto, appositamente riunitisi, che hanno successivamente annunciato la volontà dei rispettivi Paesi di procedere analogamente alla delimitazione rispettiva delle loro Zee;

   il Governo greco ha altresì formalizzato la propria intenzione di espellere dal Paese l'ambasciatore del Governo di Accordo nazionale libico se questi non fornirà entro il 5 dicembre 2019 dettagli esaustivi sui contenuti dell'accordo sulle Zee stretto con la Repubblica di Turchia;

   la diplomazia ellenica si è attivata anche presso la Commissione europea ed in particolare il servizio di azione esterna della Ue;

   la crisi che si profila può oggettivamente ripercuotersi sul complesso delle attività legate al progetto energetico East Med, che coinvolge anche l'Italia, e può rappresentare un fattore di rischio anche per le attività di trivellazione condotte da Eni nelle acque cipriote –:

   di quali informazioni disponga il Governo in merito all'accordo del 28 novembre 2019 sulla delimitazione delle Zee turca e libica;

   se, in conseguenza dell'accordo, si ravvisino elementi di rischio per le attività delle società italiane coinvolte nel progetto East Med e nello sfruttamento delle risorse energetiche situate nella Zee cipriote;

   quali iniziative si intendano assumere per fronteggiare una situazione eventualmente pregiudizievole degli interessi nazionali italiani nella regione del Mediterraneo orientale.
(4-04262)

  Risposta. — Il Governo italiano segue con la massima attenzione gli sviluppi nella regione del Mediterraneo orientale e, in particolare, quanto accaduto a seguito della firma, il 27 novembre 2019, di un Memorandum of Understanding (MoU) tra la Turchia e la libica GAN sulla delimitazione delle giurisdizioni marittime.
  Il Memorandum identifica un breve segmento di mare di 18,6 miglia tra i due Paesi corrispondente alla mediana equidistante tra la costa turca e quella libica. La delimitazione costituisce un ulteriore prolungamento verso ovest del limite della piattaforma continentale turca unilateralmente stabilito dal Governo di Ankara rispetto alla costa opposta dell'Egitto e comunicato il 13 novembre 2019 al Segretario generale delle Nazioni unite. Tali delimitazioni, che riflettono la dottrina turca della «Patria Blu» (Mavì Vatan), si basano sul principio, illegittimo per il diritto internazionale consuetudinario codificato dalla Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare (UNCLOS), secondo il quale le isole nella zona di mare in questione non possono ostacolare la proiezione costiera e la piattaforma continentale della Turchia.
  In ambito UE, riconfermando il sostegno alla Grecia, il Consiglio europeo del 12-13 dicembre 2019 ha ribadito che il
memorandum non è conforme al diritto internazionale del mare e deve quindi ritenersi improduttivo di effetti giuridici. L'intesa non ha quindi avuto ripercussioni negative sugli interessi italiani nella regione, né ha pregiudicato la firma ad Atene, il 2 gennaio 2020, di un accordo intergovernativo tra Grecia, Israele e Cipro sul progetto di gasdotto EastMed.
  Sempre con riferimento agli interessi italiani, si ricorda che nella zona economica esclusiva (ZEE) cipriota, interessata dalle illecite attività esplorative e di perforazione turche, il consorzio ENI-Total è autorizzato ad operare sulla base di un'apposita licenza. A causa dell'emergenza sanitaria da COVID-19, lo scorso aprile il consorzio ha tuttavia sospeso le proprie attività esplorative per almeno un anno.
  Anche in questo specifico quadrante il Governo vigila a tutela degli interessi italiani, tanto sul piano bilaterale quanto nella cornice UE. Con riferimento alle reiterate attività turche nella ZEE cipriota, l'Italia ha infatti appoggiato l'introduzione di misure restrittive nei confronti della Turchia in occasione del Consiglio Affari esteri (CAE) dell'11 novembre 2019. I Ministri degli affari esteri dell'Unione europea, in occasione del CAE informale del 15 maggio 2020, hanno ulteriormente condannato le iniziative turche nella ZEE cipriota, esprimendo solidarietà a Nicosia. Si tratta di una situazione seguita da parte italiana con estrema attenzione, anche a difesa di interessi energetici nazionali che spaziano dall'arco mediterraneo fino al Caspio, con l'obiettivo di diversificare l'approvvigionamento nazionale e garantirne stabilità e sicurezza.
  Riteniamo tuttavia che, lungi dal rappresentare un aspetto divisivo, l'energia debba essere un fattore di convergenza ed inclusività, le cui potenzialità possono pienamente essere messe a sistema solo con il coinvolgimento di tutti gli attori della regione. Al riguardo, l'Italia è protagonista su tutto lo scacchiere Mediterraneo. La nostra trasparente agenda energetica si basa sul riconosciuto primato dell'industria italiana e su una sensibilità politica che considera il dialogo ed il mutuo beneficio quali fattori duraturi di sviluppo diffuso. Senza una comune volontà di dialogo, il Mediterraneo orientale vedrebbe sacrificare una parte importante del proprio rilevantissimo potenziale.
  Invece di perseguire una logica meramente reattiva e sostanzialmente improduttiva di fronte ad azioni che pur riteniamo provocatorie ed illegittime, occorrerà promuovere, con i nostri partner UE e con i partner mediterranei, uno sforzo comune di sintesi, ove far confluire le questioni aperte e risolverle alla luce di superiori benefici di crescita, stabilità e sviluppo discendenti dalle enormi potenzialità energetiche di tutta l'area. Esplorazione, sfruttamento, costruzione delle infrastrutture, mercato del gas, esportazione e sicurezza energetica anche dell'Unione europea, sono presupposti e conseguenze per una soluzione complessiva della questione energetica nel Mediterraneo orientale.
  Tutto ciò premesso, si assicura che il Governo continuerà a monitorare con particolare attenzione l'evoluzione della situazione e a vegliare affinché siano tutelati gli essenziali interessi italiani nel Mediterraneo orientale. Il tutto operando tanto sul piano bilaterale, nei contatti con i Paesi coinvolti, quanto a livello UE, ove il tema delle tensioni in quell'area figura costantemente in agenda.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   FRAILIS. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di settembre 2019 si è svolto presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un incontro nel quale si è raggiunto un accordo sulla base della legge n. 198 del 2018 per quanto riguarda la cassa integrazione per cessata attività per 12 mesi per 212 lavoratori della Contship di Cagliari;

   il trattamento di cassa integrazione guadagni non è ancora in pagamento e si ha motivo di ritenere che l'Inps non abbia ancora ricevuto le necessarie disposizioni dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   nel contempo, l'autorità portuale di sistema della Sardegna ha predisposto una gara internazionale per riassegnare la concessione della banchina del porto ad altro soggetto. La Contship non ha ancora lasciato il porto, pur essendo già stata revocata la concessione;

   il periodo dei 12 mesi in cassa integrazione dovrebbe essere utile per trovare una soluzione atta a garantire questi posti di lavoro;

   si sta ragionando su diverse possibilità quali, ad esempio, una zona franca doganale interclusa, ma la realizzazione è impedita da un vincolo paesaggistico che comunque risale all'anno 1967. Altre soluzioni riguardano l'istituzione di una zona economica speciale (Zes) sulla quale finora non si sono registrati sviluppi. Sembrerebbe poi che le azioni di bunkeraggio (rifornimento navi presso rada della raffineria della Saras) stiano procedendo, anche se si tratta di navi container che non si fermano a Cagliari (tranne qualcuna diretta alla Grendi), essendo il porto canale per il movimento merci, ormai fermo;

   al momento, non sembrano quindi esserci soluzioni praticabili, anche se il 30 settembre 2019 l'assessore regionale del lavoro ha convocato le federazioni di categoria per fare il punto sui percorsi di attuazione dell'accordo firmato anche con Aspal sulle politiche attive del lavoro e le parti sindacali, il 3 settembre, hanno chiesto l'attivazione di un tavolo di confronto al Ministero dello sviluppo economico –:

   se i Ministri interrogati intendano adoperarsi per affrontare la situazione sopra descritta, convocando più presto possibile un tavolo di confronto con tutti gli interessati.
(4-04030)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento alla situazione di crisi della società «Contship Italia S.p.a.».
  Sulla questione si rappresenta che, presso la sede del Ministero dello sviluppo economico, è stato già istituito un tavolo di crisi sulla società «Porto Industriale Cagliari S.p.a.», del gruppo «Contship Italia S.p.a.», che gestisce il porto industriale di Cagliari.
  Al primo incontro del tavolo, tenutosi in data 31 luglio 2019, hanno preso parte rappresentanti dei tre Ministeri coinvolti (Mise, Mit, e Mlps), dell'assessorato al lavoro della regione Sardegna, della società «Porto Industriale Cagliari S.p.a.», nonché le sigle sindacali FILT-CGIL, FIT-CISL, UIL trasporti, UGL mare e trasporti, USB lavoro privato, nazionali e territoriali, unitamente alle rappresentanze sindacali unitarie (RSU).
  Durante l'incontro, i rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico hanno sollevato perplessità sulla scelta aziendale di avviare la procedura di licenziamento collettivo, obiettando che tale scelta avrebbe interferito con l'individuazione di una soluzione alla crisi. Pertanto, l'azienda è stata invitata a valutare la percorribilità del trattamento di integrazione salariale per crisi aziendale, introdotto dal decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, al fine di tutelare i dipendenti in attesa di una ricerca di una soluzione solida e condivisa tra le parti.
  In quella stessa occasione, il delegato del consiglio di amministrazione mise in evidenza che da diversi anni l'azienda è costretta a registrare una sistematica contrazione del fatturato, generata dalla crisi profonda del settore del
transhipment. Da qui la scelta di avviare la procedura di licenziamento collettivo per tutti i 210 dipendenti impiegati nel porto di Cagliari e di cessare l'attività.
  L'azienda si dichiarò, tuttavia, disponibile a valutare la proposta avanzata dal Ministero dello sviluppo economico relativamente alla possibilità di attivare gli ammortizzatori sociali. La cassa straordinaria prevista dall'articolo 44 del citato decreto-legge n. 109 del 2018 avrebbe consentito, infatti, di mettere in sicurezza i lavoratori per altri 12 mesi, lasciando il tempo di cercare una soluzione che avrebbe permesso di rilanciare le attività del porto di Cagliari nonché di individuare potenziali investitori e promuovere un progetto di reindustrializzazione.
  Il secondo incontro del tavolo di crisi in parola ha avuto luogo il 19 novembre 2019. In apertura l'azienda ha rappresentato di aver accolto la proposta del Ministero dello sviluppo economico di utilizzare lo strumento della cassa integrazione per cessazione dell'attività. Questa scelta ha dunque permesso di fronteggiare l'emergenza, salvaguardare i 210 lavoratori, nonché di verificare la presenza di possibili investitori interessati a rilanciare lo scalo portuale di Cagliari. A tal fine, l'autorità portuale ha comunicato che indirà una
call internazionale, per estendere la ricerca di potenziali investitori oltre i confini nazionali ed unionali.
  In conclusione di riunione, il Ministero dello sviluppo economico si è impegnato a verificare che il porto di Cagliari venga inserito tra le zone economiche speciali (ZES).
  In proposito, si informa che il Ministro per il Sud e la coesione territoriale ha riferito che sono in corso le interlocuzioni istituzionali previste dalla legge per l'approvazione del piano strategico predisposto dalla regione Sardegna. Il Ministro per il Sud conferma, inoltre, che il polo di Cagliari incluso nel progetto di piano strategico è costituito dal porto commerciale e dallo scalo industriale (noto come Porto Canale).
  In conclusione, si rappresenta che il Ministero dello sviluppo economico sta monitorando la situazione e sta lavorando nella direzione auspicata dall'interrogante, al fine di inserire il porto di Cagliari tra le Zone economiche speciali (ZES) e di salvaguardare, nell'ambito delle proprie competenza, i lavoratori coinvolti dalla crisi in parola.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   IORIO, DEL MONACO e GRIMALDI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'anfiteatro campano di Santa Maria Capua Vetere (Ce) è il secondo anfiteatro romano in ordine di grandezza tra tali tipi di monumenti nell'Italia antica dopo il Colosseo;

   a seguito delle numerose segnalazioni da parte di visitatori dell'Anfiteatro avvenute anche a mezzo stampa e social network, riguardo al degrado che interessa soprattutto la parte interna del bene, con particolare riferimento alla presenza di specie vegetali infestanti con diversa capacità penetrante dell'apparato radicale, è stato chiesto alla direzione del polo museale della Campania e alla Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Caserta e Benevento di intervenire quanto prima in modo da ripristinare il decoro (anche in un'ottica di migliore fruibilità) e tutelare e conservare le parti interne ed esterne del bene in questione;

   il degrado di cui sopra è stato riscontrato in una visita svolta dalla interrogante il 29 marzo 2019 ed è stato fatto notare alla direzione dell'Anfiteatro, presente durante la visita stessa;

   inoltre, l'Anfiteatro è stato oggetto, la notte tra il 14 e il 15 novembre 2019, di una nuova incursione notturna, da parte di tale Paolo Sforza già noto per l'azione dimostrativa all'interno del parco della Reggia di Caserta con la propria auto, che senza problemi è riuscito a superare un cancello in orario di chiusura e a documentare il tutto a mezzo social;

   alla richiesta di cui sopra, la direzione del polo museale della Campania, ha dato risposta con comunicazione prot. 0006605 23 luglio 2019 CI. 49.10.07/2 in cui si citava l'implementazione delle seguenti attività per il contrasto del degrado di cui sopra:

    1) riguardo alla crescita di specie infestanti: «soluzione radicale che questo Polo sta programmando mettendo a frutto le risorse interne al MiBAC e attivando strategie politiche che coinvolgano sia settore pubblico sia il privato»;

    2) riguardo al restauro e alla valorizzazione: «progetto di Restauro e valorizzazione dell'Anfiteatro Romano di Santa Maria Capua Vetere (Ce), fondi PON “Attrattori culturali, naturali e turismo” FESR 2007/2013»;

    3) riguardo alla manutenzione del verde in generale: «attivazione di un tirocinio formativo per un totale di 30 ore settimanali sulla manutenzione del verde»;

   alla lettera di risposta è seguita una ulteriore comunicazione della interrogante in cui si chiedevano delucidazioni in merito al cronoprogramma di attuazione di quanto riportato nei punti di sopra. Ad oggi non è giunta alcuna risposta in merito –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti di cui sopra;

   se intenda fornire dettagli sulle tempistiche di attuazione (cronoprogramma) relative ai punti citati nella risposta della direzione del Polo museale della Campania di cui sopra.
(4-04116)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie riguardo all'anfiteatro di Santa Maria Capua Vetere e agli interventi previsti per il ripristino del decoro del sito.
  Sulla base degli elementi acquisiti dai competenti uffici centrali e periferici di questo Ministero si rappresenta quanto segue.
  Il polo museale della Campania è beneficiario di un finanziamento, pari a 7.000.000,00 di euro, per la realizzazione del progetto di «Restauro e valorizzazione dell'anfiteatro romano di S. Maria Capua Vetere (CE)» ricompreso nella programmazione di interventi approvata con decreto ministeriale Rep. 429 del 29 settembre 2017, a valere sui fondi provenienti dal rimborso comunitario e nazionale delle spese sostenute e certificate nell'ambito del POIn «Attrattori culturali, naturali e del turismo» FESR 2007/2013.
  Al fine di dare attuazione all'intervento, è stato sottoscritto, il 9 agosto del 2018, un disciplinare d'obbligo tra l'allora servizio II del segretariato generale e l'allora polo museale della Campania, a cui l'anfiteatro afferisce, in qualità di beneficiario dei fondi.
  Dopo il completamento della progettazione esecutiva, il 14 gennaio 2020 è stato trasmesso a Invitalia s.p.a. (che si rammenta è l'Agenzia nazionale per lo sviluppo, di proprietà del Ministero dell'economia che offre servizi alla pubblica amministrazione per accelerare la spesa dei fondi comunitari e nazionali e per la valorizzazione dei beni culturali ed è centrale di committenza e stazione appaltante per la realizzazione di interventi strategici sul territorio) l'atto di attivazione della centrale di committenza ai fini dell'indizione e gestione della procedura di gara (in base all'accordo stipulato il 24 novembre 2015 ai sensi dell'articolo 55-
bis del decreto-legge n. 1 del 2012 convertito, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge n. 27 del 2012.
  È in corso la procedura aperta per l'affidamento dei lavori di restauro e valorizzazione dell'anfiteatro romano di S. Maria Capua Vetere, pubblicata il 16 aprile 2020 per un importo a base di gara di 5.337.110,93 di euro: la scadenza per la presentazione delle offerte da parte degli operatori economici è stata fissata al 10 giugno 2020.
  Tutta la documentazione di progetto è resa disponibile sulla piattaforma
open data realizzata da Invitalia: https://gareappalti.invitalia.it/tendering/tenders/000058-2020/view/detail/1.
  Si rassicura, comunque, l'onorevole interrogante circa il fatto che l'anfiteatro di Santa Maria Capua Vetere – fulcro delle attività culturali della città – è al centro delle attenzioni dei competenti uffici territoriali della Campania ed in particolare della direzione regionale Musei.
  Il ripristino e il decoro del sito non costituisce pertanto un intervento straordinario ma un progetto che rientra nella programmazione generale dell'istituto.

Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   LATTANZIO, TRIZZINO, DE LORENZO, SURIANO, SIRAGUSA, EHM e SARLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di maggio 2020 è stata trasmessa al Parlamento la Relazione governativa annuale sull'export di armamenti, così come richiesto dalla legge 9 luglio 1990, n. 185, che regola la vendita estera dei sistemi militari italiani, vieta le esportazioni di armamenti «verso i Paesi i cui governi sono responsabili di accertate violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani», e prescrive che l'esportazione di materiale di armamento e la cessione della relative licenze di produzione «devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell'Italia»;

   si evidenzia che i dati della Relazione riportano che la tendenza degli ultimi anni è quella di un forte aumento dell'export di armamenti da parte del nostro Paese (si parla di un aumento di circa +80 per cento dal 2014), facendo aumentare in maniera consistente le commesse per l'industria militare italiana, con ben 84 Paesi destinatari;

   in questo scenario, la Rete italiana per il disarmo e dalla rete della pace, a seguito della lettura dei dati aggregati dell'export militare contenuti nel capitolo introduttivo della relazione annuale del Governo, ha posto l'attenzione sul fatto che il Paese destinatario del maggior numero di autorizzazioni per nuove licenze sarebbe l'Egitto, con 871,7 milioni di euro. Nel dettaglio, secondo quanto riportato già a febbraio 2020 dal quotidiano panarabo The Arab Weekly e ripreso da Il Fatto Quotidiano del 7 giugno 2020, l'intera commessa relativa alla vendita di forniture militari all'Egitto comprenderebbe un numero consistente: 6 fregate Fremm (di cui 2 da consegnare immediatamente), 20 pattugliatori d'altura, 24 caccia EurofighterTyphoon, 20 velivoli da addestramento M346 e un satellite da osservazione, per un totale fra i 9 e gli 11 miliardi di euro;

   in relazione agli ultimi rilevanti sviluppi in ordine alle relazioni bilaterali italo-egiziane – in cui l'Egitto continua a rifiutare ogni collaborazione politica e giudiziaria con il nostro Paese sull'omicidio di Giulio Regeni e da ultimo l'arresto forzato del giovane studente Patrick Zaki – si ritiene un grave errore sostenere una vendita così consistente di armi al Paese;

   nella recente telefonata intercorsa tra il Presidente del Consiglio dei ministri Conte e il presidente egiziano Al-Sisi si sono discussi i seguenti argomenti: la stabilizzazione della Libia (dove però l'Egitto si pone come alleato di Haftar), con particolare riferimento alla necessità di un rapido cessate il fuoco e di un ritorno al tavolo negoziale; ma anche «la collaborazione bilaterale, da quella industriale a quella giudiziaria, con particolare riferimento al caso Regeni»;

   in tale quadro l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della commissione parlamentare d'inchiesta sulla morie di Giulio Regeni ha richiesto all'unanimità di procedere ad audire urgentemente il Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte anche in relazione alla sua recente interlocuzione diretta con il Presidente della Repubblica Araba d'Egitto Abdel Fattah Al-Sisi, ed al fine di comprendere effettivamente quale sia la natura dei rapporti commerciali con l'Egitto –:

   se il Ministro interrogato, in considerazione anche del fatto che la legge n. 185 del 1990 esplicita il divieto di esportazioni di armi verso Paesi in guerra o che violino apertamente i diritti umani, non intenda adottare iniziative per modificare la politica adottata in merito all'export di armamenti, riconsiderando in particolar modo la direttrice commerciale verso l'Egitto.
(4-05987)

  Risposta. — Il tema delle vendite di armamenti all'Egitto va affrontato tenendo presente due ordini di valutazione, entrambi importanti: le regole e la sensibilità politica.
  Sulla base della legge n. 185 del 1990 il Governo, tramite l'autorità nazionale UAMA, esamina caso per caso le richieste delle imprese italiane di autorizzazione a trattative contrattuali di fornitura e poi all'esportazione. Oltre alla normativa nazionale, si guarda naturalmente alle deliberazioni dell'Unione europea in materia di rapporti con l'Egitto. Il Governo valuta la specifica natura dei materiali, il destinatario, l'utilizzatore, la loro possibile destinazione d'uso. Il controllo viene effettuato anche attraverso il contributo di pareri tecnico-militari. Il rilascio delle autorizzazioni è subordinato all'applicazione rigorosa di questi criteri. Viene inoltre verificata l'inesistenza di impedimenti, sia per quanto riguarda le aziende coinvolte, sia con riferimento ad eventuali dichiarazioni di embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte di ONU, Unione europea e OSCE.
  Oltre al vaglio di natura tecnico-giuridica, il Governo ha svolto una valutazione politica in Consiglio dei ministri sotto la guida del Presidente del Consiglio. Una disamina che l'11 giugno 2020 ha portato il Governo ad autorizzare Fincantieri alle trattative per la vendita di due fregate FREMM al Ministero della difesa egiziano. Ritengo utile precisare come, ai sensi dell'articolo 10 della legge 185/90, l'autorizzazione alle trattative contrattuali non conferisce all'impresa il diritto di ottenere le successive autorizzazioni all'esportazione, essendo queste oggetto di una successiva e distinta procedura di valutazione.
  L'Egitto rimane uno degli interlocutori fondamentali nel quadrante mediterraneo, nell'ambito di importanti dossier quali il conflitto in Libia, la lotta al terrorismo e ai traffici illeciti, nonché la gestione dei flussi migratori e la cooperazione in campo energetico.
  Resta ferma la nostra incessante richiesta di progressi significativi nelle indagini sul caso del barbaro omicidio di Giulio Regeni: il Governo e le istituzioni italiane continuano ad esigere la verità dalle autorità egiziane attraverso una reale, fattiva ed efficace cooperazione. La verità per Giulio è un'aspettativa fortemente radicata nella nostra pubblica opinione, e che il nostro Governo reitera con determinazione ad ogni occasione di contatto con le istituzioni egiziane a tutti i livelli. Il Ministro Di Maio lo ha ribadito anche nella sua recente lettera al Ministro degli esteri Shoukry del 17 giugno, evidenziando l'esigenza di progressi tangibili e significativi nell'identificazione dei responsabili dell'efferato delitto. Gli sforzi del Governo hanno portato il primo luglio scorso all'incontro in videoconferenza tra i due procuratori di Roma e del Cairo e proseguiranno senza soluzione di continuità. La vicenda di Giulio Regeni è una ferita aperta, che riguarda tutto il Paese. La verità su quanto accaduto è un obiettivo che abbiamo molto chiaro e la cui responsabilità sentiamo forte nelle nostre coscienze.
  Rimane anche la preoccupazione per il caso di Patrick Zaki, il ricercatore egiziano dell'università di Bologna arrestato all'aeroporto del Cairo il 7 febbraio 2020. L'Italia continuerà a seguire il caso, sia tramite il coordinamento con i partner internazionali che attraverso gli altri canali rilevanti, tra cui il monitoraggio delle udienze da parte dell'ambasciata.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   MANZO, DI LAURO, FRATE, NAPPI e IOVINO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   la città di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, sorge in quel luogo dove un tempo sorgeva l'antica Stabia che si estendeva dalla costa fino alle pendici dei Monti Lattari. Un territorio oggi densamente popolato e diviso in due comuni, Castellammare di Stabia e Gragnano;

   tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, la caparbietà del professor Libero D'Orsi, preside del liceo Plinio Seniore, ha consentito di riportare alla luce le antiche rovine di Stabia, precedentemente individuate ed esplorate in epoca borbonica;

   attualmente sono visitabili i siti riportati alla luce da Libero D'Orsi, ma nel contempo oltre 40 ville di ozio si trovano ancora sotto terra;

   inoltre, nel febbraio 2019, durante i lavori di scavo per la realizzazione di un parcheggio interrato a Castellammare di Stabia, in piazza Unità d'Italia, sono emersi altri reperti che a seguito di una prima analisi rappresenterebbero l'impianto urbanistico della antica Stabia di epoca paleocristiana;

   tale premessa è necessaria per rappresentare la ricchezza del territorio stabiese di reperti di estremo valore storico e culturale, dal momento che gli attuali reperti dell'antica Stabia rappresentano un unicum nel panorama archeologico mondiale per grandezza e ricchezza;

   purtroppo, tale ricchezza è completamente sconosciuta ai cittadini stabiesi, campani e italiani, dal momento che circa 8.000 reperti sono rimasti chiusi, fin dal loro rinvenimento, negli scantinati del liceo classico statale di Castellammare di Stabia «Plinio Seniore»;

   parte di essi sono stati inviati fin dal 2007 in Russia ed esposti nel Museo nazionale dell'Ermitage di San Pietroburgo riscontrando un enorme successo di pubblico;

   in data 5 aprile 2019, venivano prelevati altri reperti dall'Antiquarium Stabiano (chiuso al pubblico) e inviati sempre in Russia presso il Museo dell'Ermitage per essere esposti nell'ambito della mostra intitolata: «Pompei. Uomini, Dei ed Eroi»;

   a parere dell'interrogante, è auspicabile che i reperti archeologici dell'antica Stabia tornino nella fruibilità degli stabiesi e vengano valorizzati a Castellammare di Stabia, tanto da diventare un attrattore turistico e volano dell'economia cittadina –:

   quali siano i termini della convenzione tra la Soprintendenza di Pompei e il Museo nazionale Ermitage in Russia, quando i reperti faranno ritorno nella città di Castellammare di Stabia e in che modo il Ministro interrogato intenda valorizzare il sito di Castellammare di Stabia.
(4-02719)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere «i termini della convenzione tra la Soprintendenza di Pompei e il Museo Nazionale Ermitage in Russia, quando i reperti faranno ritorno nella città di Castellammare di Stabia e in che modo il Ministro interrogato intenda valorizzare il sito di Castellammare di Stabia».
  Sulla base degli elementi forniti dal parco archeologico di Pompei, si rappresenta quanto segue.
  In data 9 novembre 2016, nell'ambito degli accordi culturali tra l'Italia e la Russia, è stato sottoscritto un accordo di collaborazione tra il Museo statale Ermitage di San Pietroburgo, la sopraintendenza di Pompei e il Museo archeologico nazionale di Napoli, che ha come obiettivo l'allargamento dei reciproci rapporti culturali e scientifici, e che prevede, tra l'altro, la preparazione e la realizzazione di iniziative espositive di reciproco interesse.
  L'evento espositivo denominato «Pompei. Dei, uomini ed eroi», è stato attuato nell'ambito di tale intesa ed è stato inaugurato presso il museo statale Ermitage di San Pietroburgo il 18 aprile 2019.
  L'esposizione comprendeva più di duecento opere provenienti dalle collezioni del museo archeologico nazionale di Napoli e del Parco archeologico di Pompei.
  Tra le opere prestate dal Parco archeologico di Pompei, solo ventuno provengono dall'antica
Stabiae o dal suo territorio. Si tratta in particolare di: dieci affreschi staccati (di cui sei provenienti da Villa San Marco, tre da Villa Arianna, una da Villa Somma a Santa Maria la Carità); nove oggetti di bronzo (un bruciaprofumi e otto suppellettili da cucina), un tripode da cucina in ferro appartenente alla villa di Carmiano; un cratere marmoreo e una olla collocati rispettivamente a Villa San Marco e a Villa Arianna. Di questi ventuno oggetti, il cratere marmoreo, tre affreschi e il bruciaprofumi di bronzo sono stati esposti al pubblico dal 2014 presso la Reggia di Quisisana, nell'ambito di una esposizione con reperti da Stabiae e dal suo territorio, la cui fruizione è stata resa possibile dal comune di Castellammare di Stabia in accordo con il Parco archeologico di Pompei; gli altri oggetti invece erano conservati nei depositi dell'Antiquarium Stabiano.
  La mostra «Pompei. Dei, uomini, eroi» era stata annunciata a San Pietroburgo in occasione del VII Forum internazionale della Cultura, di cui l'Italia era ospite d'onore. Durante tale Forum, il 16 novembre 2018, presso l'Ermitage, è stata inaugurata, infatti, l'esposizione di otto capolavori provenienti dal Museo archeologico nazionale di Napoli e dal Parco archeologico di Pompei, alla presenza, tra gli altri, dell'allora Ministro Alberto Bonisoli e del viceministro russo della cultura Alla Manilova. Questa anteprima ha rappresentato l'occasione per annunciare ufficialmente la mostra, che rientrava tra le attività previste nel citato accordo di collaborazione Italia-Russia del 2016.
  Il trasporto dei reperti è avvenuto, secondo le normative vigenti, rispettando gli
standard di sicurezza e le prescrizioni contenute nella circolare n. 3 del 19 gennaio 2017, adottata congiuntamente dalla direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio e dalla direzione generale musei. Secondo quanto ivi indicato è stata richiesta, tra l'altro, la copertura assicurativa «All Risk-da chiodo a chiodo» e sono state dettate prescrizioni sulle modalità di imballaggio, trasporto ed esposizione. È stata altresì prevista, per l'allestimento e il disallestimento della mostra, la presenza di due corrieri accompagnatori appartenenti al profilo di funzionario tecnico-scientifico del Parco archeologico di Pompei.
  Tali pezzi, conservati, come si è precisato, in parte nell'
Antiquarium Stabiano e in parte presso la Reggia di Quisisana, sono rientrati a Castellammare di Stabia alla conclusione della mostra di San Pietroburgo, avvenuta, come previsto, il 23 giugno 2019. Si è trattato dunque di una mostra di brevissima durata e molto pubblicizzata, che ha contribuito a far conoscere a un pubblico internazionale l'importante patrimonio archeologico dell'antica Stabiae e del suo territorio.
  Al momento del rientro delle opere dalla Russia, si è scelto di inviarle direttamente alla Reggia di Quisisana proprio in vista del trasferimento integrale di tutti i reperti dell'A
ntiquarium Stabiano in quella sede.
  In merito alla richiesta dell'interrogante relativa alle modalità con cui il Ministro intenda valorizzare il sito di Castellammare di Stabia si evidenzia quanto segue.
  Il Decreto ministeriale 9 aprile 2016 («Disposizioni in materia di aree e parchi archeologici e istituti e luoghi della cultura di rilevante interesse nazionale ai sensi dell'articolo 6 del decreto ministeriale 23 gennaio 2016»), modificato dal decreto 12 gennaio 2017, all'articolo 2, comma 1, lettera
f) individua, tra l'altro, per il Parco archeologico di Pompei le seguenti aree di interesse archeologico «all'interno dei comune di Castellammare di Stabia-Gragnano (Napoli): la competenza sul territorio del comune di Castellammare di Stabia si estende sui fogli 6 e 15 del Catasto, corrispondenti alla Collina di Varano, includendo altresì l'adiacente porzione del comune di Gragnano e, alle pendici del Faito, la Reggia di Quisisana».
  Le funzioni attribuite al Parco archeologico di Pompei dal citato provvedimento sono svolte per l'area in questione dall'ufficio scavi di Stabia, composto da un funzionario archeologo responsabile, un funzionario architetto, un funzionario archeologo responsabile del territorio, tre funzionari amministrativi, quattro assistenti tecnici, due operai, ventiquattro assistenti alla fruizione, accoglienza e vigilanza, questi ultimi supportati da unità di personale Ales. Si tratta dunque di un articolato ufficio preposto alla tutela e alla valorizzazione di
Stabiae.
  Si precisa che l'
Antiquarium Stabiano è stato chiuso al pubblico nel 1997 anche per la sua inadeguatezza come sede espositiva, ed è stato usato come deposito archeologico, con sistemi di allarme e sotto la sorveglianza del Parco archeologico di Pompei, in attesa del trasferimento dei reperti ivi conservati presso la Reggia di Quisisana. Sono attualmente in corso le complesse operazioni di trasferimento di tutti i reperti dai locali dell'Antiquarium alla Reggia di Quisisana: le operazioni, affidate a una ditta specializzata, sono coordinate dai funzionari del Parco archeologico di Pompei (un funzionario archeologo e tre funzionari restauratori conservatori).
  La collina di Varano è un'altura pianeggiante che, prima dell'eruzione del 79 d.C., era costellata di ville. Un grave problema che ha afflitto tale collina, e il sottostante rione San Marco, soprattutto tra gli anni sessanta e ottanta, è stato l'abusivismo pressoché incontrollato, che ha comportato tra l'altro la realizzazione di numerose unità abitative su aree vincolate, in alcuni casi già ai sensi della legge Rosadi (legge n. 364 del 1909), e a volte anche in aree nelle quali era nota con certezza la presenza di resti archeologici. Il fenomeno è ormai sotto controllo grazie alla presenza sul territorio del Parco archeologico di Pompei e, nelle aree di sua competenza, della soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Napoli, ma ha comunque prodotto ferite in gran parte irreparabili.
  Delle ville romane individuate, sono state in gran parte riportati in luce e resi visitabili i complessi noti come Villa Arianna e Villa San Marco, la cui apertura al pubblico, a titolo gratuito, è assicurata dal Parco archeologico di Pompei, con ampia pubblicità sul sito internet e su tutti i canali
social del parco.
  Il Parco archeologico di Pompei intende realizzare, a breve e medio termine, numerosi interventi per la valorizzazione dei beni di sua competenza nel territorio comunale di Castellammare di Stabia. In particolare è previsto:

   l'ampliamento graduale, attraverso una mirata politica di espropri, riguardanti soprattutto le particelle catastali più vicine ai complessi già noti, nelle aree demaniali all'interno delle quali sorgono Villa Arianna e Villa San Marco, in maniera tale da creare, intorno alle ville, un'area demaniale sempre più ampia e più facilmente controllabile;

   la demolizione di alcuni manufatti abusivi adiacenti a Villa San Marco, realizzati in passato su terreno ora demaniale;

   la prosecuzione dei restauri degli apparati decorativi di Villa Arianna e Villa San Marco; a Villa Arianna, gli affreschi sono da qualche anno oggetto di campagne di restauro condotte, sotto la direzione scientifica del Parco archeologico di Pompei, da restauratori del museo statale Ermitage di San Pietroburgo e da restauratori dell'accademia polacca delle scienze di Varsavia; gli affreschi e i mosaici di Villa San Marco dovranno essere oggetto di pulizia e rimozione delle patine nell'ambito di un progetto che il Parco si ripromette di avviare a valere sui suoi fondi ordinari;

   il graduale rifacimento delle coperture moderne di Villa Arianna, con un progetto in fase avanzata di definizione e con copertura finanziaria;

   in raccordo con l'amministrazione comunale, un potenziamento della segnaletica stradale, attualmente insufficiente, per garantire ai visitatori una rapida individuazione del percorso per raggiungere le due ville; tra l'altro il Parco archeologico di Pompei, per quanto di sua competenza, ha già installato una cartellonistica ben evidente nelle immediate vicinanze degli accessi alle due ville.

  Vi sono poi ulteriori interventi, ancora in corso di definizione, che potranno essere avviati non appena sarà reperita una copertura finanziaria grazie a fondi ordinari del Parco o ad altri fondi, e dopo la messa a punto della complessa progettazione necessaria. Si segnalano, in particolare:

   la messa in sicurezza di una parte dei versanti sotto Villa Arianna e sotto l'adiacente «Secondo Complesso», e di un complesso, parzialmente scavato, adiacente a Villa San Marco e indicato come «Villa Panoramica», che necessita di urgenti interventi di consolidamento statico sia delle strutture sia dei versanti;

   l'inserimento, nel circuito di visita di Villa Arianna, dell'ampio ipogeo di Grotta San Biagio, originaria pertinenza della villa romana, poi trasformata in luogo di culto cristiano, con notevoli affreschi medievali. Per essere fruibile dal pubblico, la grotta necessita di un consolidamento statico, della realizzazione di passerelle e percorsi di visita, e dell'impiantistica necessaria. È in fase iniziale un progetto che, nell'ambito della realizzazione di un nuovo accesso a Villa Arianna dal lato della città moderna, dovrebbe prevedere il recupero e la fruizione di Grotta San Biagio.

  Quanto, infine, all'esposizione permanente dei reperti di Stabiae e del suo territorio, in maniera tale da renderli stabilmente fruibili, si riferisce quanto segue.
  I reperti provenienti da
Stabiae e dal suo territorio rinvenuti nel corso degli scavi borbonici sono conservati soprattutto presso il Museo archeologico nazionale di Napoli, dove fanno parte delle collezioni storiche. I reperti provenienti dagli scavi condotti a partire dalla metà del secolo scorso, invece, sono stati conservati principalmente presso depositi ubicati all'interno di Villa San Marco e di Villa Arianna e nell'Antiquarium Stabiano. Tali beni sono regolarmente oggetto di studio, per tesi o per altre ricerche scientifiche, sotto il coordinamento del Parco archeologico di Pompei, che assicura il regolare accesso ai materiali agli studiosi che ne facciano motivata richiesta. I reperti di maggiore interesse per il pubblico, quali, soprattutto, affreschi, stucchi e oggetti integri di vario tipo, sono regolarmente fatti conoscere al pubblico di tutto il mondo nell'ambito di mostre organizzate in Europa e in altri continenti, oltre che presso il Parco archeologico di Pompei. A questo proposito, si segnala che consistenti nuclei di materiali provenienti dal suo territorio sono stati esposti presso il Parco archeologico di Pompei nelle mostre «Pompei e gli Etruschi», conclusasi a giugno 2019, e «Alla ricerca di Stabia», terminata a settembre 2019, che hanno rappresentato, per i visitatori di Pompei, un rimando al patrimonio archeologico stabiano e un invito a visitare gli scavi di Stabiae.
  Per lo stabile esposizione dei reperti più significativi da
Stabiae e dal suo territorio si intende realizzare una esposizione permanente presso la Reggia di Quisisana, di proprietà del comune di Castellammare di Stabia e di competenza del Parco archeologico di Pompei ai sensi del già ricordato decreto ministeriale.
  A tale riguardo, il 15 ottobre 2019 è stato sottoscritto tra Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo e il comune di Castellammare di Stabia l'accordo finalizzato alla valorizzazione del complesso monumentale Reggia di Quisisana. In virtù di tale accordo, alcune delle parti più significative dell'immobile, tra le quali tutto il piano nobile, sono state concesse «per lo svolgimento delle finalità istituzionali del Parco archeologico di Pompei nonché per tutte le attività, finalizzate all'avvio del Museo archeologico, volte all'allestimento, esposizione e valorizzazione dei reperti provenienti dal Parco Archeologico di Pompei e dei circa 8.000 reperti archeologici provenienti dalle Ville del pianoro di Varano, attualmente collocati presso l'
Antiquarium Stabiano» (articolo 2 dell'Accordo).
  Come sopra riportato stanno per concludersi le operazioni di trasferimento dei beni dai locali dell'
Antiquarium Stabiano alla Reggia di Quisisana. Nei prossimi mesi, prevedibilmente già nel mese di luglio, sarà inaugurata una esposizione permanente, nel piano nobile della Reggia, con reperti provenienti dall'antica Stabiae e dal suo territorio, e risalenti a un periodo compreso tra l'età arcaica e l'eruzione del 79 d.C.. In tal modo saranno nuovamente visibili al pubblico sia reperti un tempo esposti nell'Antiquarium Stabiano, sia reperti mai esposti, oppure esposti solo in occasione di mostre temporanee.
  Per concludere il quadro delle attività svolte dal Parco archeologico di Pompei per la tutela e la valorizzazione del patrimonio archeologico stabiano, si menzionano i lavori svolti negli ultimi mesi a Villa Arianna, riaperta al pubblico lo scorso 16 aprile 2019 alla presenza della dottoressa Alfonsina Russo, direttrice
ad interim del Parco archeologico di Pompei, del Generale di Brigata CC Mauro Cipolletta, direttore generale del Grande progetto Pompei, e dell'ingegnere Gaetano Cimmino, sindaco di Castellammare di Stabia. In tale occasione sono stati presentati alla stampa, che ne ha dato positivo riscontro, gli interventi di miglioramento del decoro complessivo della villa e di accoglienza per i visitatori che sono stati condotti durante la forzata chiusura al pubblico resasi necessaria per ripristinare e puntellare la copertura moderna dell'atrio, gravemente danneggiata, alla fine dello scorso ottobre, da una violenta tromba d'aria.
  Nello specifico, si è provveduto ad eliminare le antiestetiche schermature con canne nel triclinio di Arianna, sostituendole con una più appropriata schermatura, a ridipingere le ringhiere e le inferriate, a restaurare architravi e stipiti moderni, nei quali il cemento armato si era degradato, distaccandosi o lesionandosi, e a ripensare alcuni tratti dei percorsi di visita. Sono state interamente rifatte, per una lunghezza complessiva di circa cinquecento metri, le staccionate che delimitano i percorsi di visita e recingono gli spazi a monte della villa, sostituendo le vecchie recinzioni ormai ammalorate o mancanti in alcuni punti, allo scopo di rendere l'ampia area verde a ovest della villa, circondata da ulivi e allestita con panchine, un confortevole luogo di sosta per i visitatori del sito. Contestualmente, con la realizzazione di nuove viminate e altri piccoli interventi, si sono stabilizzati alcuni tratti dei fronti non scavati.
  Al fine di offrire un servizio sempre migliore ai visitatori favorendo una maggiore integrazione con il contesto territoriale, sono stati inoltre posizionati nuovi cartelli segnaletici nelle immediate adiacenze esterne della villa e, il 20 aprile 2019, è stato per la prima volta aperto regolarmente al pubblico il parcheggio adiacente a Villa Arianna, realizzato da molti anni ma mai utilizzato prima. L'apertura di tale parcheggio ha permesso di decongestionare la piccola area di sosta presente accanto all'edificio di guardiania presso l'ingresso, evitando che i visitatori, come avveniva nei giorni di maggiore afflusso, fossero costretti a parcheggiare in strada all'esterno dell'area archeologica.
  Numerose sono quindi le iniziative attivate o programmate sul territorio in materia di valorizzazione delle risorse archeologiche dell'area stabiana, non solo al fine di incentivare il turismo culturale ma anche in considerazione delle importanti ricadute economiche ed occupazionali che deriverebbero dalla tutela e valorizzazione della zona territoriale in questione.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   MULÈ, APREA, MARIN e SACCANI JOTTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 24 ottobre 2019 è stata inaugurata al Louvre di Parigi, in occasione della ricorrenza dei 500 anni dalla sua morte, la mostra sul Leonardo da Vinci in cui verranno esposte cento opere tra dipinti, codici e disegni che ne illustrano l'opera durante tutta la sua vita;

   per l'organizzazione di questo evento di rilevanza internazionale è stato siglato a Parigi un memorandum d'intesa tra il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo e il museo del Louvre per lo scambio di opere di Leonardo in cambio del prestito di opere di Raffaello di cui, nel 2020, ricorre il quinto centenario della morte;

   l'Italia ha contribuito in misura considerevole all'allestimento della mostra: sono stati inviati al Louvre, in prestito fino a febbraio 2020, numerose opere di Leonardo – oltre all'Uomo Vitruviano, saranno a Parigi il San Girolamo, il Ritratto di musico, La Scapigliata, e alcuni disegni provenienti da diversi musei italiani – e varie opere di altri illustri autori;

   la mostra di Leonardo al Louvre rappresenta un'occasione unica e straordinaria in quanto saranno esposti contemporaneamente, per la prima volta in assoluto, undici dei quindici dipinti attribuiti a Leonardo da Vinci;

   la mostra ha, infatti, attirato l'attenzione di tutto il mondo, è atteso quasi un milione di visitatori, si può accedere solo prenotando e acquistando i biglietti on line e già si è vicini al sold out;

   il principio dello scambio di opere culturali tra Paesi non è in discussione; si sottolinea la necessità che le procedure e gli accordi relativi ai prestiti di opere d'arte avvenga quanto meno sulla base di equità: alla vicenda del mancato prestito della Gioconda, che la Francia ha saputo evidentemente difendere a dovere, si aggiunge la beffa della distorsione del nome del genio tutto italico di Leonardo da Vinci che è diventato Léonard de Vinci sia nella titolazione della mostra che nelle pubblicazioni relative;

   la naturalizzazione del nome di Leonardo da Vinci nel francese Léonard de Vinci appare agli interroganti sia un «furto» morale ai danni del patrimonio culturale, storico, scientifico italiano che un «delitto» contro lo stesso Leonardo –:

   se i Ministri interrogati non intendano adottare iniziative presso le autorità francesi per esprimere il totale disappunto in merito a quello che gli interroganti considerano un vero e proprio «furto di identità» e di riconoscimento delle origini italiane di Leonardo da Vinci, compiuto storpiandone il nome, anche in considerazione del fatto che alla predisposizione della mostra l'Italia ha dato un contributo fondamentale e che, nel corso del periodo trascorso in Francia, nessun documento, opera, disegno o altro di paternità di Leonardo fu da lui firmato come Léonard de Vinci.
(4-04295)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere se questa amministrazione intende intervenire presso le autorità francesi per tutelare il «furto d'identità» e di riconoscimento delle origini italiane di Leonardo da Vinci.
  In occasione della mostra inaugurata il 24 ottobre 2019 al Louvre di Parigi, il nome di Leonardo da Vinci, sia nella titolazione della mostra che nelle relative pubblicazioni, è stato «distorto» secondo gli interroganti in Léonard de Vinci.
  Al riguardo, si rappresenta quanto segue.
  Nelle diverse tradizioni linguistiche è prassi declinare talvolta i nomi stranieri di grandi personaggi.
  Nel mondo anglosassone, ad esempio, è comune definire Raffaello Sanzio «Raphael», Tiziano «Titian» e altri, come del resto anche in Italia si fa riferimento usualmente a Giovanni Keplero anziché a Johannes Kepler, usualmente senza che ciò presupponga una distorsione delle loro origini culturali.
  Nel caso specifico, la forma Léonard de Vinci è storicizzata in Francia e nel progetto scientifico trasmesso dal Louvre sono emersi rispetto e fedeltà storica nel ripercorrere le vicende artistiche del genio di Vinci.
  Pertanto, l'uso in questione – seppur opinabile sotto un aspetto di stile e di fedeltà al nome originario dei protagonisti di ogni storia culturale nazionale – non potrebbe essere qualificato come «furto d'identità», in quanto non è tale da ingenerare equivoci o dubbi sulla personalità storica e sulla sua origine nazionale, tanto più, nel caso specifico, in ragione della conoscenza universale di Leonardo Da Vinci e della sua qualità paradigmatica, di genio italico. E, d'altra parte il principio dello scambio di opere culturali tra Paesi è un'occasione assai importante, tanto per la visibilità – considerato come un valore decisivo – che per l'opportunità di stringere e consolidare le attuali relazioni.
  

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   NAPOLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il Teatro Regio di Torino versa, come apparso anche sulla stampa, in pessime condizioni finanziarie, a causa delle quali il 10 ottobre 2018 c'è stato il rischio concreto che saltasse la prima del Trovatore di Verdi;

   i contributi del comune di Torino e della regione Piemonte, a quanto consta all'interrogante, ammontavano in passato a 12.500.000 euro e sono progressivamente diminuiti fino ad arrivare agli attuali 6.400.000 euro;

   il comune di Torino, in più riprese, anziché trasferire al Teatro Regio i contributi in denaro, ha sostituito questi con beni immobili per un totale di 13.500.000 euro;

   sia il comune che la regione trasferiscono i loro già ridotti contributi con ritardi che arrivano a superare anche i due anni;

   la riduzione dei contributi ha fatto sì che il bilancio del Teatro Regio non sia più sostenibile, cosa ben nota sia al sindaco sia all'attuale giunta;

   il trasferimento di immobili, anziché di denaro, e i ritardi di pagamento hanno determinato una gravissima crisi di liquidità che costringe il Teatro a fare ricorso al prestito bancario e che, a quanto risulta all'interrogante, genera interessi passivi per oltre 700.000 euro annui;

   ovviamente più il tempo passa senza che nessuno intervenga e più la situazione si aggrava, rendendo la situazione ancora più problematica;

   a tutto ciò si aggiunga il fatto che tale crisi potrebbe ricadere anche sui dipendenti del Teatro, attraverso una riduzione dei loro salari che, per inciso, sono fermi all'ormai lontano 2006;

   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda assumere il Ministro interrogato per porre rimedio alla suddetta situazione.
(4-01646)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere le iniziative intraprese da questo Ministero nei confronti del Teatro Regio di Torino afflitto da serie condizioni finanziarie.
  Sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale dello spettacolo dal vivo, si rappresenta quanto segue.
  Si premette che l'acquisizione dei bilanci di esercizio 2018 ha consentito alla predetta direzione generale di analizzare e mettere a raffronto i dati ivi contenuti con quelli dei due esercizi precedenti, in modo da poter delineare l'andamento complessivo del sistema lirico-sinfonico nel periodo 2016-2017.
  In particolare per la Fondazione teatro Regio di Torino si evidenzia:

   Valore della produzione 2018 pari a euro 37.157.737,00 (in leggero calo rispetto all'esercizio 2017, ma in netta diminuzione rispetto al 2016);

   Costi della produzione 2018 pari a euro 36.565.970,00 (in lieve diminuzione rispetto all'esercizio 2017 e in diminuzione di circa 3 milioni rispetto al 2016);

   Risultato di esercizio 2018 positivo per euro 3.953,00 (in linea con i due esercizi 2016-2017);

   Esposizione debitoria 2018 pari ad euro 27.749.020,00 (in miglioramento rispetto al 2017, ed in linea con l'esercizio 2016);

   Patrimonio netto disponibile della Fondazione di Torino al 31.12.2018 pari a euro 4.711.478,00, in netto miglioramento rispetto agli esercizi 2016-2017.

  Dalla relazione allegata al bilancio consuntivo 2018 si evince che il risultato economico del bilancio 2018 – l'utile di esercizio è stato pari ad euro 3.953,00 – nei fatti si può assimilare ad un pieno pareggio.
  La Fondazione ha conseguito i contributi pubblici con diverse variazioni rispetto alle previsioni approvate.
  In particolare, per fronteggiare talune importanti riduzioni di ricavo conosciute nella sua completezza solo nel periodo finale dell'anno, si sono rese necessarie varie misure correttive: fra queste la disponibilità della regione Piemonte e della Città di Torino ad erogare un maggior contributo e un intervento straordinario di Intesa Sanpaolo in qualità di socio fondatore privato.
  Sempre dalla predetta relazione si evince che, per prevenire problemi di bilancio, è stato necessario modificare alcune scelte artistiche impostate in anni precedenti e sostituire titoli poco frequentati con spettacoli di maggior richiamo.
  Quanto sopra non soltanto per ottenere un maggiore riscontro nei ricavi, ma soprattutto, per contenere i costi di gestione e ottenere il necessario equilibrio fra ricavi e costi direttamente imputabili agli spettacoli.

  Quota del Fondo unico spettacolo e contributi ulteriori

  Nel 2019 a fronte di un FUS di settore di euro 182.474,00 milioni, la quota FUS riconosciuta, ai sensi del decreto ministeriale 3 febbraio 2014, alla fondazione Teatro Regio di Torino è pari a euro 11.206.279,95.
  Tale quota è stata completamente erogata nell'anno 2019.
  Sono stati, inoltre, riconosciuti alla Fondazione in argomento i seguenti ulteriori contributi statali:

   1. quota del fondo cosiddetto «Salva Debiti» (di cui alla legge n. 232 del 2016 e successive modifiche e integrazioni) per un importo di euro 1.387.857,63. Tale quota è stata completamente erogata nel 2019;

   2. quota relativa al Fondo articolo 1 comma 607, legge n. 145 del 2018, per un importo pari a euro 892.857,14. Tale quota è stata completamente erogata nel 2019;

   3. il contributo di cui alla legge n. 388 del 2000, determinato in euro 114.507,86. Il decreto ministeriale di concessione è in corso di registrazione agli organi di controllo.

  Alla luce di quanto sopra esposto, il totale complessivo dello stanziamento statale assegnato a favore della Fondazione Teatro Regio di Torino ammonta ad euro 13.601.502,58.

  Verifiche amministrative

  In data 31 ottobre 2018, il segretario generale Ministero per i beni e le attività culturali, per il tramite del Servizio ispettivo, ha chiesto all'ispettorato generale di finanza del Ministero dell'economia e delle finanze di valutare l'opportunità di effettuare una verifica amministrativo-contabile nei confronti del Teatro Regio di Torino, come previsto dall'articolo 14, legge 31 dicembre 2009, n. 196.
  La verifica amministrativo-contabile nei confronti della Fondazione in argomento si è svolta dal 22 gennaio all'8 febbraio 2019.
  Al termine, la relazione del dirigente ispettore S.I.Fi.P. del 18 aprile 2019, trasmessa dal Ragioniere generale dello Stato con nota del 13 giugno 2019, ha messo in evidenza una serie di irregolarità, relative alla gestione finanziaria, alla gestione del personale, all'attività contrattuale e alla situazione debitoria.
  La direzione generale spettacolo, con nota del 18 giugno 2019, ha chiesto alla Fondazione Teatro Regio di Torino di fornire, nei termini richiesti dal Ministero dell'economia e delle finanze, l'esito delle iniziative assunte dall'ente a seguito di quanto rilevato dai servizi ispettivi del Ministero dell'economia e delle finanze.
  Con nota del 6 settembre 2019 la Fondazione del Teatro Regio di Torino ha chiesto al Ministero dell'economia e delle finanze una proroga di ulteriori 60 giorni, per completare il lavoro necessario a fornire una trattazione esaustiva di tutti gli elementi informativi richiesti.
  Il Ministero dell'economia e delle finanze con successiva nota del 12 settembre 2019, ha concesso tale proroga.
  Allo stato, le Amministrazioni vigilanti sono in attesa di ricevere la risposta ai rilievi ispettivi Ministero dell'economia e delle finanze da parte della Fondazione in argomento.
  Si rappresenta, infine, che nello scorso mese di marzo è stato presentato a Torino un piano di ristrutturazione che punta a realizzare nel 2023 un bilancio di produzione di 45.5 milioni di euro.
  Tale piano di sviluppo, articolato nel quadriennio 2019-2023, consentirà di guardare con più fiducia al progressivo incremento delle capacità del Teatro, a migliorare la situazione generale dell'ente e tendere sempre più a raggiungere obiettivi ambiziosi.
  

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   PASTORINO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 luglio 2019 il presidente del teatro nazionale di Genova ha pubblicato l'avviso di manifestazione di interesse internazionale finalizzata all'individuazione del direttore dello stesso teatro;

   all'articolo 4 di suddetto documento sono elencati i requisiti specifici di ammissione che i candidati devono possedere alla data di pubblicazione dell'avviso, pena l'esclusione, ai fini della ammissione alla selezione indicata. Specificatamente, si stabilisce che il candidato deve avere «comprovata esperienza almeno quinquennale nell'organizzazione e direzione manageriale e/o artistica maturata nel settore dello spettacolo dal vivo, o delle arti multimediali, con competenze in ambito gestionale, amministrativo e finanziario di strutture con almeno 3 milioni di Euro di ricavi, senza deficit almeno nell'ultimo esercizio, con particolare riguardo alla dimensione ed alla complessità della struttura stessa nonché alla gestione e organizzazione delle risorse umane, delle relazioni istituzionali e delle capacità di reperimento di finanziamenti»;

   inoltre, all'articolo 7, che definisce modalità e termini di presentazione delle istanze di partecipazione, era stabilito che l'istanza di partecipazione e la documentazione ad essa allegata, a pena di esclusione, dovevano pervenire entro e non oltre il 30 agosto 2019;

   la scelta del consiglio di amministrazione del teatro nazionale di Genova, preposto alla valutazione dei curricula dei candidati ai sensi degli articoli 19 e 20 dello statuto del teatro, è ricaduta su Davide Livermore, nominato direttore il 29 ottobre 2019, pur non avendo partecipato alla selezione sopraindicata;

   Livermore è un professionista di indiscusse qualità artistiche e fama internazionale; tuttavia, non sono chiare le modalità che hanno portato alla designazione del manager culturale;

   inoltre, emergono seri dubbi sulla effettiva presenza che il nuovo direttore potrà garantire presso il teatro dal momento che la sua agenda, proprio in virtù dei suoi impegni internazionali, si presenta fitta di appuntamenti che mal si conciliano con lo svolgimento delle attività relative alla sua nomina nel capoluogo ligure. Da notizie di stampa, infatti, Livermore solo nei primi sei mesi del prossimo anno sarà impegnato: alla Scala di Milano, alla Royal Opera House di Muscat, in Oman, al Bolshoi di Mosca, all'Opera House di Sydney, all'Opéra de Marseille in Francia, al Teatro de la Zarzuela di Madrid e all'Opera di Melbourne. Sono, dunque, lecite delle perplessità sul tempo che potrà effettivamente dedicare al teatro nazionale di Genova;

   occorrerebbe verificare a tal fine, se la decisione assunta dal consiglio di amministrazione si concili con l'avviso di manifestazione di interesse internazionale, del 19 luglio 2019, e se il direttore individuato possieda i sopracitati requisiti previsti dall'articolo 4 del suddetto avviso –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e di quali elementi disponga circa i criteri e il percorso che hanno condotto alla designazione del nuovo direttore del teatro nazionale di Genova, anche alla luce delle rilevanti risorse statali devolute a tale teatro.
(4-04016)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie in merito alla nomina del nuovo direttore dell'ente autonomo del teatro Stabile di Genova.
  Sulla base degli elementi forniti dalla competente direzione direzione generale dello spettacolo dal vivo si rappresenta quanto segue.
  Il teatro Stabile di Genova è un organismo di spettacolo finanziato a valere sul fondo unico per lo spettacolo (FUS) e, nel triennio di contribuzione 2015-2017 (disciplinato dal decreto ministeriale 1° luglio 2014), ha beneficiato dei seguenti contributi statali, ai sensi dell'articolo 11 del citato decreto ministeriale:

   anno 2015: euro 1.874.558,00;

   anno 2016: euro 1.954.251,00;

   anno 2017: euro 2.091.050,00.

  Successivamente, in data 27 dicembre 2017, al fine di potenziare la propria offerta culturale, lo Stabile di Genova ha acquisito l'azienda di titolarità della fondazione teatro dell'Archivolto di Genova, organismo beneficiario di contributi FUS.
  Nel triennio 2015-2017, l'Archivolto ha ricevuto, ai sensi dell'articolo 15 del luglio 2014 «Centri di produzione teatrale», i seguenti contributi:

   anno 2015: euro 570.000,00;

   anno 2016: euro 609.900,00;

   anno 2017: euro 650.000,00.

  Nell'anno 2018, pertanto, è iniziata una nuova storia del teatro di Genova, con un progetto che ha modificato la dimensione della struttura, gli spazi teatrali coinvolti, l'attività produttiva nella direzione di un ruolo più importante che il teatro si propone di assumere nel contesto nazionale ed internazionale.
  Nel successivo triennio 2018-2020 (disciplinato dal decreto ministeriale 27 luglio 2017), lo Stabile di Genova è stato inserito nel settore dei «Teatri nazionali» e ha beneficiato dei seguenti contributi:

   anno 2018: euro 2.658.849,00;

   anno 2019: euro 2.518.511,00.

  Premesso quanto sopra si precisa che il teatro Stabile di Genova è un'associazione con personalità giuridica di diritto privato, riconosciuta con delibera della giunta della regione Liguria n. 322 in data 4 febbraio 1994.
  Questa amministrazione, pertanto, non esercita alcun potere di vigilanza nei confronti dell'associazione in questione, ma esercita, nei confronti degli organismi privati sovvenzionati, una ordinaria attività di controllo sul progetto presentato e ammesso ai contributi triennali, finalizzata alla corretta utilizzazione del sostegno pubblico nazionale.
  Relativamente ai teatri nazionali, il decreto ministeriale 27 luglio 2017 ha stabilito che uno dei componenti del consiglio di amministrazione del teatro e il presidente del collegio dei revisori, siano designati dal Ministro competente in materia di spettacolo dal vivo.
  Con nota del 13 agosto 2019, prot. n. 22892 il Ministro ha designato il dottor Carlo Repetti componente del consiglio di amministrazione del teatro e con nota del 12 agosto 2019, prot. n. 22753, il Ministro ha designato la dottoressa Raffaella Oldoini presidente del collegio dei revisori dei conti.
  Per quanto riguarda il direttore del teatro, si rappresenta che l'articolo 20 del vigente statuto del teatro Stabile di Genova, adeguato secondo quanto prescritto dall'articolo 12 del decreto ministeriale 1° luglio 2014, prevede, tra l'altro, che «il direttore del Teatro può effettuare prestazioni artistiche per al massimo uno spettacolo ivi rappresentato e non può svolgere attività manageriali, organizzative, di consulenza e prestazioni artistiche presso altri organismi sovvenzionati nel campo del teatro, ai sensi del decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo 1 luglio 2014».
  Tale articolo dovrà essere parzialmente modificato secondo le disposizioni recate dal nuovo decreto ministeriale 27 luglio 2017, ovvero «il direttore/direttrice del teatro può effettuare presso le sale direttamente gestite una sola nuova, prestazione artistica all'anno come nuova produzione o coproduzione e in aggiunta una sola prestazione artistica come ripresa prodotta o coprodotta e non può svolgere attività manageriali, organizzative, di consulenza e prestazioni artistiche presso altri organismi sovvenzionati ai sensi del presente decreto nel campo del teatro. Eventuali riprese di spettacoli prodotti nelle precedenti stagioni possono essere rappresentate in tournée presso altri teatri in Italia e all'estero senza alcuna limitazione».
  Con riferimento all'interrogazione in esame, si precisa che in data 19 luglio 2019 il consiglio di amministrazione del teatro, come risulta dai documenti presenti sul sito dell'organismo, ha pubblicato un «Avviso di manifestazione di interesse internazionale finalizzata all'individuazione del direttore del teatro nazionale di Genova» nelle cui premesse si legge che «il Consiglio di Amministrazione intende valutare eventuali candidature».
  All'articolo 1 (finalità) del predetto avviso, si precisa che «il Consiglio di amministrazione del teatro nazionale di Genova, nella seduta dell'8 luglio 2019, ha disposto l'indizione di una selezione per il conferimento dell'incarico di direttore del teatro nazionale di Genova da effettuarsi secondo le modalità di cui al presente avviso», all'articolo 5 (criteri di valutazione delle candidature) che «La valutazione dei candidati ai sensi degli articoli 19 e 20 dello Statuto verrà effettuata, sulla base dei curricula pervenuti, dal consiglio di amministrazione del Teatro nazionale di Genova» e all'articolo 9 (attribuzione dell'incarico, decorrenza e scadenza) che «L'incarico verrà attribuito, con deliberazione del consiglio di amministrazione in base agli articoli 19 e 20 dello Statuto del Teatro, al candidato selezionato ai sensi degli articoli 3 (requisiti generali di ammissione), 4 (requisiti specifici di ammissione) e 5 (criteri di valutazione delle candidature) del presente Avviso».
  Infine l'articolo 11 (disposizioni finali) dispone che «tenuto conto della natura privatistica della presente selezione, l'ente si riserva comunque la facoltà di sospendere o annullare in qualsiasi momento la selezione medesima e di non procedere all'assegnazione dell'incarico senza che ciò comporti qualsivoglia posizione qualificata e/o diritto al risarcimento danni in capo ai candidati».
  Stante quanto sopra premesso, ovvero che i teatri nazionali non sono organismi sottoposti alla vigilanza da parte del Mibact, ne consegue che i verbali e le delibere dei rispettivi consigli di amministrazione non costituiscono documenti su cui grava l'obbligo di trasmissione a questa amministrazione.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.


   PATASSINI, D'ERAMO, BELLACHIOMA, BASINI, CAPARVI, DE ANGELIS, DURIGON, GERARDI, LATINI, MARCHETTI, PAOLINI, SALTAMARTINI e ZICCHIERI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito delle provvidenze e agevolazioni previste dal decreto-legge n. 189 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 229 del 2016, e successive modificazioni, per i territori dei comuni interessati dalle ripetute scosse sismiche che hanno colpito il centro Italia, come elencati negli allegati 1, 2 e 2-bis, il comma 2 dell'articolo 48 del citato decreto-legge ha previsto la sospensione temporanea dei termini di pagamento delle fatture emesse o da emettere per le utenze «dell'energia elettrica, dell'acqua e del gas, ivi inclusi i gas diversi dal gas naturale distribuiti a mezzo di reti canalizzate, nonché per i settori delle assicurazioni e della telefonia»;

   la norma ha autorizzato l'autorità di regolazione a disciplinare, con propri provvedimenti, le modalità di rateizzazione delle fatture i cui pagamenti sono stati sospesi e a introdurre agevolazioni, anche di natura tariffaria;

   il decreto-legge 24 ottobre 2019, n. 123, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 dicembre 2019, n. 156, ha disposto, con l'articolo 8, comma 1-ter, che «Le autorità di regolazione competenti prorogano fino al 31 dicembre 2020 le agevolazioni, anche di natura tariffaria, previste dall'articolo 48, comma 2, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, a favore dei titolari delle utenze relative a immobili inagibili in seguito al sisma situati nei comuni di cui agli allegati 1, 2 e 2-bis al medesimo decreto-legge n. 189 del 2016»;

   pertanto, la proroga concessa per il pagamento delle bollette sospese ha riguardato esclusivamente i fabbricati dichiarati inagibili e non quelli con danni lievi;

   l'Autorità di regolazione per reti, energia e ambiente (Arera), con delibera n. 587/2018/r/com, ha previsto la ripresa entro il 31 marzo 2020 della fatturazione sospesa a seguito degli eventi sismici del 24 agosto e 26 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017, con l'applicazione di una rateizzazione di 36 mesi;

   tuttavia, è lampante che l'importo di tutte le utenze sospese sarà troppo alto da pagare e che le famiglie, imprese e professionisti, ancora in crisi per un'economia tormentata e per la ricostruzione che ancora stenta a partire, non potrebbero sopportare una rateizzazione di 36 mesi, come prevede l'Arera, perché le rate si dimostrerebbero insostenibili per il proprio reddito –:

   se i Ministri interrogati intendano adottare le opportune iniziative di competenza, sul piano normativo, affinché l'Arera sia autorizzata a disciplinare con propri provvedimenti le modalità di rateizzazione delle fatture emesse o da emettere per le utenze dell'energia elettrica, dell'acqua e del gas, relative ai fabbricati ricadenti nei territori dei comuni colpiti dal terremoto del Centro Italia non dichiarati inagibili, i cui pagamenti sono stati sospesi ai sensi del decreto-legge n. 189 del 2016 e successive modificazioni, prevedendo una rateizzazione più lunga, per un minimo di 60 mensilità.
(4-04942)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  Gli interroganti fanno riferimento alla sospensione temporanea dei termini di pagamento delle fatture per le utenze dell'energia elettrica, dell'acqua, del gas, delle assicurazioni e della telefonia a favore dei titolari delle utenze relative a immobili inagibili in seguito al sisma del 2016, nonché alla successiva rateizzazione delle fatture i cui pagamenti sono stati sospesi.
  Come correttamente riportato dagli interroganti, l'articolo 48 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189 convertito con modificazioni dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, in proposito prevede: «Con riferimento ai settori dell'energia elettrica, dell'acqua e del gas [...], nonché per i settori delle assicurazioni e della telefonia, la competente autorità di regolazione [...] introduce norme per la sospensione temporanea, per un periodo non superiore a 6 mesi a decorrere dal 24 agosto 2016 [...] ovvero dal 26 ottobre 2016 [...] dei termini di pagamento delle fatture emesse o da emettere nello stesso periodo [...]. l'autorità di regolazione, con propri provvedimenti disciplina altresì le modalità di rateizzazione delle fatture i cui pagamenti sono stati sospesi [...] ed introduce agevolazioni, anche di natura tariffaria» (comma 2).
  Ancora, il decreto-legge 24 ottobre 2019, n. 123, recante «Disposizioni urgenti per l'accelerazione e il completamento delle ricostruzioni in corso nei territori colpiti da eventi sismici», convertito, con modificazioni, dalla legge 12 dicembre 2019, n. 156, dispone, al suo articolo 8, comma 1-
ter, che le autorità di regolazione competenti proroghino fino al 31 dicembre 2020 le agevolazioni, anche di natura tariffaria, previste dal sopra richiamato articolo 48, comma 2.
  Infine, il decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, prevede ulteriori misure a favore delle popolazioni dei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016: «Limitatamente ai soggetti danneggiati che dichiarino l'inagibilità del fabbricato, della casa di abitazione, dello studio professionale o dell'azienda [...], la sospensione [...] è differita alla data del 31 dicembre 2020» (comma 24). «Le autorità di regolazione [...] disciplinano le modalità di rateizzazione per un periodo non inferiore a 36 mesi delle fatture i cui pagamenti sono stati sospesi ai sensi del comma 24 nonché del citato articolo 48 ed introducono agevolazioni, anche di natura tariffaria, a favore delle utenze situate nei comuni [... interessati ...], individuando anche le modalità per la copertura delle agevolazioni stesse attraverso specifiche componenti tariffarie, facendo ricorso, ove opportuno, a strumenti di tipo perequativo» (articolo 2-
bis).
  Sul punto si rappresenta che, con delibera 54/2020/R/COM del 3 marzo 2020, recante «Modifiche ed integrazioni alle deliberazioni dell'Autorità 810/2016/R/com, 252/2017/R/com e 587/2018/R/com in materia di servizi elettrico, gas e idrico integrato a sostegno delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 24 agosto 2016 e successivi in attuazione del decreto-legge 123/2019», l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) ha aggiornato il quadro regolatorio relativo ai pagamenti delle bollette dell'energia elettrica, del gas e dell'acqua nelle aree interessate dagli eventi sismici del 2016, prorogando al 31 dicembre 2020 le agevolazioni tariffarie già introdotte, con riferimento ai soli fabbricati inagibili, nonché il termine per la sospensione delle fatture; e spostando al 31 marzo 2021 l'emissione della relativa fattura di conguaglio.
  In conformità a quanto disposto dal già citato articolo 2-
bis, comma 25, del decreto-legge n. 148 del 2017, il periodo di rateizzazione delle fatture sospese era stato portato da 24 a 36 mesi, senza applicazione di interessi a carico dei clienti e fatta salva la possibilità per questi ultimi di corrispondere gli importi dovuti secondo i normali termini ovvero di concordare un piano inferiore di rientro con il proprio fornitore. In tal ultimo caso, si evidenzia che i pagamenti delle fatture sospese dovrebbero essere corrisposte in 36 rate.
  Ciò premesso, alla luce della situazione emergenziale che si è venuta a determinare a seguito della pandemia da Covid-19, nell'ambito delle proprie competenze, il Ministero dello sviluppo economico terrà in considerazione ogni iniziativa utile, anche di tipo normativo, al fine di rendere meno difficoltosa la corresponsione delle fatture sospese in parola, al fine di garantire una piena e rapida ripresa della situazione economica delle famiglie e imprese colpite dal sisma del 2016.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   POTENTI, SALTAMARTINI, ANDREUZZA, BINELLI, DARA e PETTAZZI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la società Terna ha osservato una caduta della domanda elettrica in corrispondenza dei due decreti di clausura sanitaria, cioè l'11 marzo e, settimane dopo, fra il 24 e il 25 marzo 2020 con la fermata di molte fabbriche. Si tratta di una perdita secca del 20 per cento dei consumi, un calo che viene definito come «una discesa graduale durata quattro settimane nella quale tra l'altro a un calo sensibile della domanda industriale e commerciale, si è affiancata una crescita della domanda di energia elettrica a livello residenziale»;

   invece, il consumo industriale di gas, meno sensibile ai fattori climatici e sensibilissimo agli andamenti economici, è in continua riduzione e al momento si attesta a circa il 30 per cento in meno rispetto a febbraio 2020. Con i consumi, crollano anche i listini. Alla borsa elettrica del Gestore dei mercati energetici le forniture sono state fissate a prezzi stracciati;

   la situazione ha infatti immediate ricadute sui prezzi dell'energia: per la corrente consegnata attorno alle 14 di domenica 29 marzo 2020 il listino è precipitato sotto i 20 euro per mille chilowattora, un prezzo che lascia sbigottite le società elettriche: «è meno della metà dei miei costi di produzione», commenta un produttore elettrico che preferisce non essere nominato;

   questo fenomeno sta determinando lo spegnimento di molte centrali elettriche e da parte di più commentatori ed esperti del settore si rappresenta un rischio di debolezza del sistema elettrico, esposto alle fonti rinnovabili che sono suscettibili all'incostanza di vento e nuvole –:

   di quali informazioni disponga il Ministro interrogato e quali concreti rischi stia correndo il Paese a fronte dell'interruzione di produzione da parte delle grandi centrali e del permanere di fluttuazioni al ribasso del costo dell'energia.
(4-05044)

  Risposta. — In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentite le direzioni generali competenti del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  Gli interroganti fanno riferimento alle possibili problematiche legate alla temuta interruzione di produzione di energia elettrica da parte delle grandi centrali, a seguito dei livelli di prezzo dell'energia elettrica fissati in borsa a quote molto basse.
  Riguardo alle dinamiche legate ai prezzi dell'energia elettrica,
in primis si evidenzia che le decisioni dei produttori relative all'operatività degli impianti sono programmate con riferimento a un orizzonte temporale di medio lungo termine che tiene conto delle dinamiche di prezzo dell'insieme dei mercati organizzati, ivi compreso il mercato dei servizi.
  L'equilibrio economico complessivo dell'impianto di generazione elettrica è, infatti, legato anche agli esiti del mercato dei servizi, nel quale i produttori sono tenuti a presentare offerte per garantire al gestore della rete di trasmissione nazionale – TERNA la disponibilità di strumenti validi per assicurare l'equilibrio continuo della domanda e dell'offerta di energia elettrica nonché i necessari margini di riserva per la sicurezza del sistema.
  Per quanto attiene alla generazione termoelettrica, è opportuno considerare che la segnalata riduzione dei prezzi della materia prima gas costituisce una corrispondente riduzione dei costi di produzione e, per tal motivo, dovrebbe influire a non abbattere eccessivamente i margini operativi, almeno per determinati tipi di contratti di acquisto.
  Ciò non toglie la necessità di valutare l'andamento del mercato nelle prossime settimane e le possibili ripercussioni sulla filiera elettrica, anche in relazione ai contratti di acquisto e vendita a medio termine che, ovviamente, sono spiazzati dall'andamento congiunturale. Pertanto, gli uffici competenti del Ministero dello sviluppo economico si stanno dedicando a confronti settimanali con le associazioni di riferimento del settore. In particolare, tali incontri sono rivolti ad affrontare i temi operativi direttamente connessi al periodo dell'emergenza nonché a determinare le conseguenze sul mercato e definire le misure più opportune.
  Quanto alle preoccupazioni esposte dagli interroganti in merito agli aspetti di sicurezza del sistema elettrico, si rappresenta che il decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290, all'articolo 1-
quinquies, dispone che «gli impianti di generazione di energia elettrica di potenza nominale maggiore di 10 MVA sono mantenuti in stato di perfetta efficienza dai proprietari o dai titolari dell'autorizzazione e possono essere messi definitivamente fuori servizio, secondo termini e modalità autorizzati dall'amministrazione competente, su conforme parere del Ministero dello sviluppo economico espresso dopo aver sentito il Gestore della rete di trasmissione nazionale – TERNA – in merito al programma temporale di messa fuori servizio».
  Con riferimento specifico alla situazione attuale, giova rilevare che non sono pervenute richieste di dismissione relative a centrali in esercizio per le motivazioni direttamente legate all'emergenza COVID-19, bensì sono attualmente al vaglio dei competenti uffici del Ministero le istanze di messa fuori esercizio di alcune centrali a carbone, presentate dai gestori in tempi precedenti agli avvenimenti in corso, da collocare nell'ambito del processo di
phase-out dalla generazione elettrica a carbone entro il 2025. Inoltre, si informa che sono in fase di autorizzazione le dismissioni di due centrali che risultano tuttavia già fuori esercizio da oltre sette anni.
  In conclusione, si rappresenta che il Ministero dello sviluppo economico, considerate le esigenze dettate dall'emergenza in atto, sta effettuando un monitoraggio quotidiano sulle condizioni del sistema elettrico nazionale, in stretta collaborazione con TERNA. I
report giornalieri predisposti dal gestore evidenziano al riguardo che, sebbene sia necessario tenere sotto controllo una serie di criticità operative, non sussistono al momento elementi di preoccupazione sulla tenuta del sistema energetico nazionale.
  

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   TORTO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   la delibera del Cipe n. 112/2017 del 22 dicembre 2017 pubblicata in Gazzetta Ufficiale serie generale n. 125 del 31 maggio 2018 ha assegnato l'importo pari a euro 1.500.000,00 per gli interventi di consolidamento e restauro nel settore dei beni culturali alla chiesa di S. Maria Maggiore nel paese della provincia di Pescara Caramanico Terme;

   la chiesa è stata danneggiata dal terremoto del 2017;

   da quanto si apprende dagli organi di stampa ad oggi le risorse assegnate rimangono inutilizzate, tant'è che si è formato un comitato di cittadini per chiedere alle istituzioni competenti la riapertura della chiesa;

   dalla documentazione reperita sul portale internet del segretariato regionale dell'Abruzzo e, in particolare, dalla programmazione in fase di attuazione, si apprende che il responsabile unico del procedimento assegnato alla chiesa di S. Maria Maggiore è lo stesso tecnico assegnato per il consolidamento e il restauro della chiesa di S. Urbano a Bucchianico, già oggetto di interrogazioni parlamentari da parte della sottoscritta, in quanto anche per la chiesa di S. Urbano le risorse assegnate rimanevano inutilizzate;

   la chiusura degli edifici di culto nei paesi delle aree interne rappresenta una grossa ferita per le comunità che non può essere ignorata;

   ad avviso dell'interrogante è necessario individuare soluzioni per velocizzare la ricostruzione di tutte le chiese danneggiate dai terremoti –:

   quale sia lo stato di attuazione dell'intervento per la tutela e la valorizzazione della chiesa di S. Maria Maggiore; ove sussistano ritardi, quali siano le motivazioni che li hanno causati e quali iniziative di competenza si intendano promuovere per rendere la fase di ricostruzione e ripristino degli immobili più efficiente.
(4-04826)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie sullo stato di attuazione dell'intervento per la tutela e la valorizzazione della chiesa di Santa Maria Maggiore di Caramanico Terme.
  Sulla base degli elementi acquisiti tramite il competente segretariato regionale per l'Abruzzo, si rappresenta quanto segue.
  La chiesa di Santa Maria Maggiore in Caramanico Terme (PE) costituisce l'edificio religioso più prestigioso e significativo della città; il nucleo più antico è romanico-gotico risalente al XV secolo, con abside piano caratterizzato, nella sua parte inferiore, da una muratura regolare in blocchi di pietra ornata da colonne e lesene angolari sormontate da capitelli gotici sui quali furono sistemate statue, anch'esse gotiche, rappresentanti santi e oranti.
  All'angolo dell'abside vi è il campanile cuspidato con archetti intrecciati, finestra ogivale e vari stemmi tra i quali quello datato 1432 di Francesco D'Aquino, principe di Caramanico.
  Sul fianco sinistro, particolarmente pregevole è il portale a pinnacoli, di tipo sulmonese, datato 1452, con, nella lunetta, un bassorilievo rappresentante l'incoronazione della Vergine dovuto al maestro Giovanni di Lubecca datato 1476.
  L'interno, a tre navate, la centrale coperta a botte e le laterali a crociera, tutte non strutturali, venne completamente trasformato nel 1595 ed a tale periodo si deve anche, nella navata destra, al capo opposto rispetto all'attuale ingresso laterale, l'altare dedicato all'Assunta, ancora oggi particolarmente venerato dalla comunità locale.
  Al ‘600 e al ‘700 risalgono gli altri altari laterali, il coro ligneo, i dipinti dell'abside e l'organo posto in controfacciata.
  Nel 1848 poi, anche a seguito della risistemazione della piazzetta laterale su cui prospetta la navata sinistra della chiesa e oggi sorge l'accesso principale dell'edificio, si spostò dalla facciata principale il prezioso portale sopra descritto e si effettuarono tutta una serie di ulteriori lavorazioni sia esterne (inserimento di paraste nel prospetto laterale sinistro) che interne (decorazione di volte e pilastri).
  Nel gennaio 2017 la combinazione di un eccezionale deposito nevoso accumulatosi sulla copertura e di una serie di scosse sismiche riconducibili allo sciame tellurico iniziato nell'agosto del 2016 nel centro Italia, portò al cedimento delle capriate sostenenti la copertura della navata centrale – ad eccezione della prima campata – che, implosa su se stessa, si appoggiò in parte sulla sottostante volta a botte non strutturale, con il rischio quindi di un cedimento complessivo della struttura, sia portante che non.
  Fu pertanto realizzato dal segretariato regionale, con la collaborazione della soprintendenza per l'Abruzzo (d'ora innanzi: Sabap Abruzzo), un intervento di somma urgenza, con la messa in opera di un ponteggio strutturale in grado di sostenere la volta a botte della navata centrale ed impedire il complessivo collasso della copertura sovrastante.
  Tale intervento fu finanziato con le risorse messe a disposizione dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo con il decreto ministeriale 21 ottobre 2016 n. 481, che destinava al segretariato regionale Abruzzo, per l'anno finanziario 2016, 1.000.000,00 di euro per interventi urgenti a valere sul capitolo 1321 P.G. 2 «spese per la sicurezza del patrimonio culturale e interventi conseguenti a emergenze nazionali.».
  L'architetto Giuseppe Di Girolamo, afferente alla Sabap Abruzzo, con note n. 2347 del 21 aprile 2017 e n. 2837 del 26 maggio 2017, fu incaricato dal Segretariato regionale di svolgere, rispettivamente, l'incarico di responsabile unico del procedimento e di direttore dei lavori dell'intervento di somma urgenza.
  Tale intervento fu posto in opera con grande tempestività e si rivelò determinante per la salvaguardia strutturale della copertura, scongiurandone il definitivo crollo.
  Il contratto con la ditta esecutrice fu stipulato dal segretariato regionale il 19 giugno 2017 (Rep. 716/164) per un importo di 271.200,00 euro al netto d'IVA.
  In data 11 gennaio 2018 l'attuale Segretario regionale per l'Abruzzo
ad interim effettuò, su richiesta dell'allora sindaco di Caramanico, dottor Simone Angelucci, un sopralluogo congiunto, alla presenza anche dell'architetto Di Girolamo e di rappresentanti diocesani.
  Nella
Gazzetta Ufficialeserie generale – n. 125 del 31 maggio 2018 fu pubblicata la delibera Cipe 22 dicembre 2017 n. 112, «sisma Abruzzo 2009 – assegnazione di risorse al settore ricostruzione del patrimonio pubblico – “tutela e valorizzazione del patrimonio culturale” – piano annuale 2018 – Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MiBACT)» esito di una programmazione condotta negli anni precedenti con la concertazione di tutti i principali attori della ricostruzione post-sisma 2009 del patrimonio culturale (MiBACT, sindaci e diocesi competenti).
  La delibera stanzia 48.923.619,75 euro per un totale di 70 interventi complessivi riferiti al piano annuale 2018; di questi, 27 sono dedicati al finanziamento delle progettazioni, per un importo di 2.562.000,00 euro e 43 sono relativi alla esecuzione di lavori, per un importo di 46.361.619,75 euro.
  Per la prima volta, inoltre, rispetto alle delibere Cipe precedenti dedicate al sisma aquilano (135/2012 e 77/2015), la delibera n. 112/2017 stanzia anche l'1 per cento del costo complessivo del piano annuale, pari a 489.236,20 euro, per il finanziamento dei servizi di natura tecnica e assistenza qualificata.
  Individua inoltre il segretariato regionale per l'Abruzzo come stazione appaltante.
  Tra i lavori elencati, ed in particolare tra quelli posti al di fuori del cratere sismico del 2009, vi è anche la chiesa di Santa Maria Maggiore, per un importo di 1.500.000,00 euro con la previsione di 16 mesi per la realizzazione dell'intervento.
  Già prima della pubblicazione in Gazzetta della delibera n. 112 del 2017, il segretariato regionale, vista anche la positiva esperienza già condotta con la somma urgenza eseguita sul monumento, nominò l'architetto Di Girolamo RUP del futuro intervento di consolidamento e restauro della chiesa (nota SR Abruzzo n. 4937 del 3 novembre 2017) cui fece seguito la nomina anche a direttore dei lavori (nota SR n. 4296 del 7 dicembre 2018).
  Nel frattempo lo stato di precarietà della copertura spinse il comune di Caramanico a progettare e realizzare nella primavera 2018 una copertura provvisoria della chiesa che inibisse infiltrazioni d'acqua al suo interno dovute alle falle generatesi nel manto di coppi con il cedimento delle capriate; tale attività fu prontamente assentita dalla Sabap Abruzzo competente in materia di tutela e la copertura è tuttora in opera.
  Per quanto attiene allo stato di attuazione dell'intervento, il RUP ha depositato in data 28 maggio 2020 presso il Segretariato regionale la documentazione per poter procedere alla gara per il servizio di progettazione definitiva ed esecutiva dell'intervento di consolidamento e restauro secondo le procedure previste dal codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del 2016).
  Una volta acquisita la progettazione esecutiva ed ottenute tutte le autorizzazioni di legge nonché la verifica e la validazione della stessa, si potrà procedere all'appalto dei lavori, verosimilmente entro il corrente anno.
  Va comunque rappresentato che il segretariato regionale, per il solo sisma 2009, si trova a dover gestire come stazione appaltante 170 interventi, di cui 27 per i servizi di progettazione, con uno stanziamento complessivo previsto dalle delibere Cipe sin qui pubblicate di 181.073.619,75 euro.
  Tutto questo con una carenza ormai cronica di personale, soprattutto tecnico, con 21 unità a fronte delle 35 previste nella pianta organica attuale.
  Tale sofferenza, ha indotto il segretariato regionale a sottoscrivere accordi con alcune amministrazioni comunali – tra cui quella dell'Aquila – ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 241 del 1990, previo parere positivo dell'avvocatura dello Stato, affinché tali amministrazioni possano mettere a disposizione propri tecnici da nominare RUP per i lavori sui beni culturali posti nel territorio di competenza.
  Inoltre, proprio allo scopo di accelerare le disponibilità effettive delle risorse occorrenti allo scopo, il segretario regionale, in data 8 giugno 2020, ha comunicato agli uffici competenti che, in mancanza di indicazioni contrarie, avrebbe iniziato a pagare gli impegni assunti a valere su interventi correlati alla delibera Cipe n. 112/2017, attingendo direttamente alla propria giacenza di cassa. Poiché nel termine indicato dal segretariato regionale non sono intervenute obiezioni a tale modo di procedere, si può senz'altro ritenere ottenuto il risultato di poter disporre direttamente delle risorse indicate per l'avvio e l'esecuzione dei lavori di ripristino della chiesa di Santa Maria Maggiore.
  A chiusura del quadro espositivo sin qui delineato, occorre segnalare come su tale tematica il segretariato regionale abbia sempre riscontrato richieste di informazioni e chiarimenti da parte dei due sindaci che si sono nel frattempo succeduti alla guida della città (v. nota n. 2452 del 7 giugno 2019 e, più di recente, n. 746 del 26 febbraio 2020) così come riscontri sono stati forniti, per le vie brevi, a richieste di informazioni formulate con le medesime modalità da parte di consiglieri regionali, deputati e senatori.
  Da ultimo, il 19 maggio 2020 si è svolta una videoconferenza del Segretario Regionale con il sindaco, dottor Luigi De Acetis, l'avvocato Conti, rappresentante di un comitato di cittadini e con il Rup, architetto Di Girolamo, nel corso della quale sono state fornite informazioni sullo stato di attuazione e delineato un possibile crono-programma dei lavori di consolidamento e restauro della chiesa.

Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Anna Laura Orrico.