XVI LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 490 di mercoledì 22 giugno 2011
Pag. 1PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI
La seduta comincia alle 11,05.
GIANPIERO BOCCI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Angelino Alfano, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Catone, Cicchitto, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Fava, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giro, La Russa, Lo Monte, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Migliavacca, Leoluca Orlando, Polidori, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Rigoni, Roccella, Romani, Romano, Rosso, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sulle novità intervenute nella maggioranza che sostiene il Governo (ore 11,10).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sulle novità intervenute nella maggioranza che sostiene il Governo.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per lo svolgimento del dibattito è pubblicato in calce al resoconto della seduta del 21 giugno 2011.
Avverto che, come stabilito in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, è stata disposta la ripresa televisiva diretta dell'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.
(Intervento del Presidente del Consiglio dei ministri).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi.
SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come sapete il dibattito di oggi nasce da una sollecitazione del Presidente della Repubblica, al quale rivolgo il mio cordiale saluto. Il Capo dello Stato, con l'autorevolezza che tutti noi gli riconosciamo, ha invitato il Governo a riferire in Parlamento in merito ai mutamenti intervenuti nella compagine governativa e ci ha rivolto un appello alla responsabilità ed alla coesione, auspicando che tutte le forze politiche e sociali lavorino nell'esclusivo interesse del Paese, ciascuna interpretando in modo costruttivo il proprio ruolo.
Anch'io sono convinto che, in una situazione di crisi come l'attuale, dovremo tutti lavorare insieme nell'interesse dell'Italia. Il voto di fiducia di ieri in quest'Aula sul «decreto-sviluppo» ha dato un'indicazione molto positiva: la coalizione di centrodestra infatti, per la prima Pag. 2volta da quando un gruppo di deputati eletti nel PdL è passato all'opposizione, ha raggiunto quota 317, superando così la soglia dei 316 voti, che rappresenta la maggioranza assoluta della Camera (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo e di deputati del gruppo Misto). Questo significa che la maggioranza c'è, che è forte e coesa ed è l'unica in grado di garantire la governabilità del Paese in un momento così difficile.
A questo proposito voglio subito ribadire la nostra intenzione di completare il programma di Governo per il 2013, arrivando alla scadenza naturale della legislatura.
I cittadini potranno giudicare complessivamente il nostro operato attraverso le elezioni politiche generali, come prescrive la Costituzione e come avviene in tutte le democrazie. Se allarghiamo lo sguardo alle grandi nazioni occidentali, vediamo che né le opposizioni, né i media, né l'opinione pubblica reclamano le dimissioni di Presidenti e Capi di Governo in seguito a risultati elettorali di medio termine nelle elezioni locali.
La vera anomalia è pretendere la caduta di un Governo democraticamente eletto e, nel nostro caso, legittimato in Parlamento da più voti consecutivi di fiducia, l'ultimo dei quali risale a ieri.
Vengo al dunque. Il 14 dicembre 2010 abbiamo scongiurato una manovra di palazzo che avrebbe dato vita ad un Governo contrario al voto popolare del 2008.
La maggioranza votata e voluta dagli elettori ha retto quel giorno alla sua prova più difficile, con il supporto di un ulteriore gruppo di parlamentari e restando fedele al mandato degli elettori. La maggioranza e il Governo hanno continuato ad avere piena legittimità sul piano formale e sul piano sostanziale.
Dopo le dimissioni dei componenti del Governo a seguito della diaspora che si è verificata nel Popolo della Libertà, abbiamo proceduto al reintegro della compagine di questo Governo che, con la nomina di nove nuovi sottosegretari, di cui sei eletti sotto il simbolo del Popolo della Libertà, ha raggiunto la quota di 64 componenti, compreso il Presidente del Consiglio. Con le ultime nomine, l'attuale Esecutivo resta ancora uno dei meno numerosi rispetto ai Governi che si sono succeduti nella storia recente della Repubblica: ricordo che il II Governo Prodi raggiunse il numero di 103 membri tra Ministri, Viceministri e sottosegretari.
Alcuni dei parlamentari che sono usciti dalla maggioranza e che erano stati eletti nel Popolo della Libertà grazie a un simbolo su cui era scritto «Berlusconi Presidente» oggi fanno dell'antiberlusconismo la propria bandiera politica. Alcuni di loro avevano fatto del bipolarismo la propria ragione di vita e si ritrovano ora in un terzo polo che vuole l'esatto contrario. Ma ad essere chiamati trasformisti non sono questi parlamentari che sono usciti dalla maggioranza, ma al contrario quelli che con senso di responsabilità hanno deciso di sostenere il Governo scelto dagli elettori (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania, Iniziativa Responsabile Nuovo Polo e di deputati del gruppo Misto).
Non mi stupisco più di nulla e so bene che questo è il solito doppiopesismo di un certo modo di fare opposizione, ma tutto questo mi porta a dire che la notizia vera oggi è che l'Italia continua ad essere governata da chi ha vinto le elezioni nel 2008, nonostante il tentativo di realizzare l'esatto contrario (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania, Iniziativa Responsabile Nuovo Polo e di deputati del gruppo Misto).
La Costituzione assegna un tempo congruo - cinque anni - nel quale i Governi devono adempiere agli impegni assunti con gli elettori e noi intendiamo utilizzare proficuamente quello che rimane di questo tempo, nel rispetto del programma votato dagli italiani e nei limiti temporali dettati dalla Costituzione repubblicana. Le elezioni amministrative possono farci riflettere su una più incisiva azione di governo nei prossimi due anni, ma non possono mai influire sulla durata della legislatura Pag. 3che la Costituzione ha previsto e sulla stabilità di un Governo che trova la sua legittimità nelle elezioni politiche.
Chiarito questo punto fondamentale, credo che questo passaggio parlamentare sia utile per ribadire la volontà del Governo e della maggioranza di affrontare con decisione i problemi del Paese. È nell'interesse degli italiani che il Governo completi la legislatura. Potremo in questo modo continuare a mantenere i conti in ordine e completare le riforme strutturali; potremo dare ai mercati quelle garanzie di serietà e di rigore che in questi tre anni ci hanno già consentito di difendere con successo i titoli di Stato; eviteremo certamente di finire come altri Paesi europei che si stanno dissanguando per sopravvivere.
Rivendico come un risultato formidabile del nostro Governo il fatto di avere messo al riparo il debito pubblico italiano dagli attacchi speculativi. Sarebbe folle rimettere tutto in discussione e renderci vulnerabili con una crisi al buio proprio ora che dobbiamo agganciare la crescita (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania, Iniziativa Responsabile Nuovo Polo e di deputati del gruppo Misto). Le agenzie di rating ci tengono sotto osservazione, le locuste della speculazione aspettano solo l'occasione giusta per colpire le prossime prede che mostrino segni di debolezza.
Se il Governo cadesse, immediatamente vedremmo alzarsi i costi di finanziamento del nostro debito pubblico; dovremmo tagliare risorse alla sanità, alla scuola, alla cultura per pagare i maggiori interessi su BOT e CCT. Sarebbe una sciagura, non per il Presidente del Consiglio, non per il Governo, non per i parlamentari della maggioranza: sarebbe una sciagura per l'Italia, per la sua solidità finanziaria, per il suo futuro, per il futuro dei nostri giovani.
Questo lo sanno le più alte cariche del Paese, lo sanno i leader politici di ogni schieramento, lo sanno gli analisti politici ed economici, lo sanno i risparmiatori, lo sanno gli imprenditori, lo sanno tutti i cittadini. Il nostro Governo dunque deve continuare a lavorare, perché gli italiani ci hanno scelto e perché abbiamo ben governato, e anche perché - lo dico con chiarezza - non esiste alcuna alternativa a questo Governo e a questa maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania, Iniziativa Responsabile Nuovo Polo e di deputati del gruppo Misto). Non intendo polemizzare con le forme e i contenuti espressi dalle altre forze politiche. La democrazia impone il rispetto delle idee altrui anche - anzi soprattutto - quando sono radicalmente differenti dalle proprie. La sinistra può affinare la sua propaganda, può raccogliere voti in più di protesta, può continuare a organizzare il sabotaggio a suon di fischi nei nostri incontri pubblici, può avvantaggiarsi, non avendo l'onere di governare il Paese in questi anni turbolenti, ma una cosa è certa: le tre o quattro opposizioni esistenti in Aula e nel Paese sono profondamente divise tra loro e non sono in grado di esprimere un leader e un programma (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Anche per questo oggi l'unico assetto politico in grado di garantire la governabilità e l'affidabilità internazionale del Paese è l'alleanza tra il Popolo della Libertà e la Lega, con l'apporto delle forze responsabili del Parlamento, a cui portiamo stima e riconoscenza (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Tuttavia, l'opposizione potrebbe sicuramente dare nei prossimi mesi un importante contributo nell'elaborazione delle riforme in programma (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Oltre alla stabilità, infatti, le riforme sono i punti cardine del rilancio del Paese e sarebbe utilissimo uno sforzo comune per realizzarle al meglio. Dirò di più, ho sempre auspicato, non solo il sostegno, ma addirittura l'ingresso nella maggioranza dei settori più moderati dell'opposizione e di tutti coloro che si riconoscono nella grande famiglia della democrazia e della libertà, cioè nel Partito popolare europeo, anche se alla mia proposta di alleanza organica e strategica è stato imposto un «sì» condizionato alla mia uscita dalla Pag. 4scena politica. È del tutto evidente che, sollecitando un suicidio, si esclude in partenza la possibilità di celebrare un matrimonio (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania, Iniziativa Responsabile Nuovo Polo e di deputati del gruppo Misto). Tra i centristi è quindi prevalso il desiderio di continuare a «giocare di rimessa». Capisco che assumersi la responsabilità di governare in un momento come questo è gravoso e che far quadrare i conti di uno Stato in un periodo di crisi globale è molto più difficile che fare delle critiche, ma non dispero. Sia chiaro, non voglio rimanere per sempre a Palazzo Chigi o fare il leader a vita del centrodestra (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Vi assicuro che è un grande sacrificio, grandissimo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)! Voglio però fortissimamente lasciare all'Italia, come mia eredità politica, un grande partito ispirato al Partito popolare europeo, un partito forte, trasparente, democratico, che sia per il nostro Paese il baluardo primo della democrazia e della libertà (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo). Questa mia speranza - lo sapete - non è di oggi, e non è una debolezza, come pure prevedo verrà denunciata a sinistra. Al contrario, è un gesto di stima e di responsabilità: non lascerò nulla di intentato pur di avere una maggioranza e un Governo sempre più forti e autorevoli. Ma per fare cosa?
FURIO COLOMBO. Lei ha visto che la Lega non applaude?
PRESIDENTE. Onorevole Colombo, la prego.
SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Desidero anzitutto ricordare i cinque punti qualificanti che il Governo considera strategici per dare attuazione compiuta, da qui al 2013, al programma approvato dagli elettori: il federalismo fiscale, la riforma tributaria, la riforma della giustizia, l'immigrazione e la sicurezza dei cittadini e, da ultimo, ma non per importanza, il Piano per il Sud (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
L'attualità ci ha imposto poi altri temi, dalla vicenda libica alla primavera araba, dai referendum fino all'aggravarsi della crisi in Grecia. Quando si guarderà a questi anni di Governo con animo meno acceso e mente più serena, non si potrà non riconoscere che siamo riusciti, in una condizione quasi proibitiva, a fare quello che altri Paesi non hanno avuto la capacità o la fortuna di riuscire a fare.
Tutti sanno e tutti ci riconoscono che la conduzione della politica economica dell'Esecutivo nel corso della crisi ci ha salvato da una minaccia di default finanziario, parola che suona in italiano in modo ancor più sinistro, perché significa fallimento. Abbiamo trovato nel 2008 l'Italia con un rapporto deficit/PIL superiore a quello dell'area euro. Quel rapporto, da allora, è sempre stato inferiore. Ora è superiore solo a quello della Germania, che non è gravata da nessuna delle pesanti eredità che opprimono il nostro Paese.
Vi è stato il rischio di essere travolti dalla crisi e vi è stata la concreta possibilità di subire passivamente tutti gli effetti negativi della speculazione finanziaria internazionale. E invece no. A fronte di scenari catastrofici e nonostante un atteggiamento di diffidenza e mancata collaborazione da parte di molti, non abbiamo solo parato il colpo, ma abbiamo fronteggiato la crisi con autorevolezza e con efficacia, senza ricorrere alle misure che altri Governi sono stati costretti ad assumere, imponendo ai loro cittadini pesanti sacrifici.
Abbiamo capito immediatamente la portata della crisi e soprattutto i pericoli che correva l'Italia per la fragilità delle sue finanze pubbliche, ereditata dal passato. Non abbiamo seguito le sirene che ci invitavano a contrastare la crisi con stimoli fiscali, cioè con maggiore spesa pubblica. Così, mentre molti Paesi raddoppiavano o addirittura triplicavano nel corso della crisi il proprio deficit in rapporto al PIL, l'Italia non è andata in quella direzione. Pag. 5Sarebbe stato da irresponsabili allargare la spesa pubblica per sostenere la crescita nel corso di una crisi in cui l'aumento del rapporto deficit/PIL era già dettato dalla recessione. Così l'Italia si è assunta le proprie responsabilità nel contribuire al mantenimento della stabilità finanziaria e monetaria in Europa e ha sempre trovato sui mercati finanziari i sottoscrittori del proprio debito. E se oggi lo può ancora fare a tassi di poco superiori a quelli tedeschi di riferimento e non incontra problemi di collocazione dei propri titoli, ciò lo si deve proprio alla politica seguita dal Governo.
Quanto ai sacrifici imposti da altri Governi ai loro cittadini, non possiamo non ricordare che alcuni Paesi hanno dovuto mandare a casa molti dipendenti pubblici o hanno ridotto fino al 25 per cento i loro stipendi (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico); hanno diminuito gli stanziamenti per la sanità e per gli enti locali; hanno diminuito la cassa integrazione e i contributi ai disoccupati; hanno aumentato l'IVA sino al 25 per cento. Il nostro Governo, invece, è riuscito a muoversi addirittura nella direzione opposta: abbiamo abrogato l'ICI, abbiamo aumentato di oltre quattro miliardi gli stanziamenti per la sanità e di molto quelli per la cassa integrazione. Il tutto senza aumentare le imposte o introdurne di nuove (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo).
Abbiamo fatto tutto questo in presenza di un'economia italiana che ha ereditato dal passato - e ne è ancora zavorrata - almeno sei gravi handicap strutturali, che non siamo ancora riusciti ad eliminare: un debito pubblico che supera di quasi il 20 per cento il prodotto interno annuale e rappresenta il quarto debito pubblico mondiale, senza essere noi la quarta economia del mondo; la quasi totale dipendenza dall'estero in campo energetico, che fa costare l'energia alle nostre famiglie e alle nostre imprese il 40 per cento in più di quello che costa ai francesi; un pesante deficit infrastrutturale - quasi il 50 per cento rispetto a Francia e Germania - che ostacola la circolazione di merci e di persone, con un costo della nostra logistica del 30 per cento in più rispetto agli altri più importanti Paesi europei; un'amministrazione della giustizia civile che ha tempi biblici, fino all'esasperazione; una pubblica amministrazione pletorica e oppressiva nei confronti delle imprese e dei contribuenti; un tasso di evasione fiscale senza uguali in Occidente.
E dobbiamo avere tutti chiaro che sono proprio queste eredità negative (Commenti dei deputati dei gruppo Partito Democratico) che impediscono alla nostra economia di crescere come quelle degli altri grandi Paesi europei (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo).
Nel pieno della crisi mondiale abbiamo poi dovuto affrontare gravi emergenze nazionali: la tragedia del terremoto de L'Aquila, la tragedia dei rifiuti in Campania, gli effetti degli sconvolgimenti africani. A tutte queste emergenze abbiamo dato risposte adeguate e tempestive (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Ovviamente non ci siamo occupati solo delle emergenze. In questi anni abbiamo fatto davvero tanto: la riforma delle pensioni, richiesta e apprezzata dall'Europa, ha trasformato il nostro sistema pensionistico in uno dei più stabili dell'Unione europea; la riforma federalista dello Stato che, con l'approvazione dei decreti legislativi, sta prendendo corpo e verrà attuata entro la legislatura; abbiamo realizzato la riforma dell'università e dell'istruzione; abbiamo ridotto drasticamente il numero delle leggi; abbiamo riformato la giustizia civile per renderla più efficiente. Infine, abbiamo riordinato e codificato le normative per settori omogenei fino all'approvazione da parte del Consiglio dei ministri, la scorsa settimana, del codice antimafia.
Abbiamo combattuto la criminalità organizzata e le mafie con risultati mai conseguiti prima (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile Nuovo Pag. 6Polo e di deputati del gruppo Misto - Commenti del deputato Sarubbi): 8.466 presunti mafiosi arrestati...
FURIO COLOMBO. Arrestati dai giudici!
SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. ...32 latitanti di massima pericolosità su 34, per un totale di 455 latitanti tratti in arresto; 778 operazioni di polizia; 46.569 beni sottratti alla mafia, per un valore complessivo di 21 miliardi e 528 milioni di euro. Questo grazie alle leggi del nostro Governo e della nostra maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo).
I progressi nella lotta all'evasione fiscale hanno fatto chiudere il 2010 con oltre 25 miliardi di euro recuperati tra imposte, tasse e contributi evasi.
Altri successi: il processo di riforma e modernizzazione della pubblica amministrazione, con servizi digitali all'avanguardia in Europa (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). La diplomazia commerciale, che ho posto al centro del mio impegno in politica estera, ci ha consentito di raggiungere intese economiche per oltre 30 miliardi di euro di commesse a favore delle imprese e dei lavoratori italiani.
Voglio poi ricordare che nei mesi più bui della crisi i lavoratori e le aziende non sono mai stati lasciati soli. Trentasette miliardi di euro di ammortizzatori sociali nel biennio - sono stati così tanti, nessun altro Paese ha fatto altrettanto in Europa - hanno evitato centinaia di migliaia di licenziamenti e garantito il sostegno ai lavoratori con e senza tutele contrattuali (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo), inclusi i dipendenti di piccole imprese, gli apprendisti, i lavoratori interinali e i collaboratori a progetto. E abbiamo salvato con questo migliaia di aziende.
In totale, in questi tre anni di legislatura, abbiamo messo a disposizione del settore produttivo nuove risorse per quasi 80 miliardi di euro. Queste sono azioni concrete, questi sono fatti, e ringrazio tutti gli italiani che hanno fatto un sacrificio e hanno lavorato duramente per superare il momento più difficile (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo).
Signor Presidente, onorevoli colleghi, il 6 maggio abbiamo inviato alla Commissione europea il Programma nazionale di riforma e il Programma di stabilità, assumendoci piena responsabilità di fronte ai cittadini e ai partner comunitari. Il giudizio dell'Europa è stato positivo, sia riguardo agli obiettivi per la crescita che al percorso per conseguirli. Domani e dopodomani parteciperò al Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo, che dovrà approvare in via definitiva le raccomandazioni formulate dalla Commissione europea sui nostri programmi. Subito dopo, approveremo la manovra europea di rigore e sviluppo, vareremo la riforma fiscale e daremo attuazione concreta al Piano per il sud.
Prima della pausa estiva adotteremo le misure necessarie a rispettare gli impegni europei e lo faremo insieme agli altri partner dell'Unione con scelte sostenibili dalla nostra economia. E naturalmente, nella politica di bilancio, il Governo manterrà i suoi impegni, quelli presi con l'Unione europea e quelli presi con i risparmiatori italiani, con gli investitori internazionali e con tutti coloro che hanno avuto ragione nel dare fiducia all'Italia. Oggi, dunque, il nostro dovere è quello di portare a termine le riforme di tipo strutturale necessarie ad agganciare la crescita.
In queste settimane, c'è stato un dibattito surreale sui giornali, anche oggi. Si è accreditata l'idea di una spaccatura in seno al Governo (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
FURIO COLOMBO. Non è venuto ieri alla Camera! (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Da una parte ci Pag. 7sarebbe chi vuole fare una riforma aumentando il deficit, dall'altra ci sarebbe solo il rigore del Ministro dell'economia e delle finanze a difesa dei conti pubblici. Si tratta di una rappresentazione grottesca.
Noi siamo tutti convinti - tutti - che non si può aumentare il disavanzo pubblico. Dunque, il Governo non scaricherà sulle generazioni future il costo della crisi economica internazionale, e non farà pagare ai nostri figli le difficoltà del presente. Non lo faremo in nessun caso e per nessun motivo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania, Iniziativa Responsabile Nuovo Polo e di deputati del gruppo Misto - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
La riforma fiscale non produrrà buchi di bilancio, ma darà vita a un sistema più equo e più benevolo verso chi è in condizioni disagiate a partire dalle famiglie più numerose e meno fortunate, un sistema che premia chi produce, chi investe, chi risparmia, chi dichiara il giusto, un sistema più semplice che spazzerà via il ginepraio di norme che si sono affastellate in quarant'anni, dal 1970 ad oggi. Il Governo, dunque, presenterà al Parlamento, prima della pausa estiva, la delega per riformare il sistema fiscale.
Come già anticipato dal Ministro Tremonti, ridisegneremo l'impianto delle aliquote, degli scaglioni e delle detrazioni. Vi saranno meno aliquote (solo tre invece delle cinque attuali), e più basse; un sistema di deduzioni e di detrazioni più snello e trasparente, in coerenza con gli obiettivi generali della riforma; una riduzione a cinque del numero delle imposte. Si tratta di un obiettivo non congiunturale, ma strutturale, che rientra negli orientamenti europei da prima della crisi economica, e che in Italia deve portare a riequilibrare il peso delle imposte sui redditi rispetto alle altre imposte, allineandolo progressivamente ai valori europei. Il tutto - lo sottolineo - non in deficit.
Non siamo di fronte a una sfida tra coraggio e rigore: si tratta di affrontare, senza demagogia e con senso di responsabilità, una riforma che tutti si aspettano e in cui noi tutti crediamo. La riforma del fisco, questa riforma, sarà la seconda fase, il coronamento della politica economica del Governo. Prima abbiamo tenuto i conti in ordine, adesso dobbiamo creare le premesse per la crescita.
Oltre al decreto sviluppo, approvato ieri in quest'Aula, il Governo adotterà, anticipandoli in sede di manovra di bilancio, provvedimenti di riforma dell'export e del processo civile.
Seguirà una serie coerente di altri provvedimenti, per rendere migliore il nostro mercato del lavoro, innalzando la partecipazione delle donne e dei giovani, e per incrementare la produttività del nostro sistema economico. In particolare, un provvedimento, già in avanzata fase di preparazione, riguarderà le costruzioni e le opere pubbliche.
Daremo inoltre attuazione concreta al Piano per il Sud, che sono impegnato a seguire personalmente (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), che sono impegnato a seguire personalmente (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania, Iniziativa Responsabile Nuovo Polo e di deputati del gruppo Misto), e lo faremo in base a una precisa e serrata tabella di marcia riunendo, da qui alla fine della legislatura, il CIPE (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico) ogni mese con l'obiettivo di deliberare tutte le misure per rendere operativi gli otto interventi prioritari che il Piano stesso prevede. Seguirà la sottoscrizione dei contratti istituzionali di sviluppo con le regioni e con gli altri enti interessati per definire responsabilità, tempi e modalità di attuazione.
Intendiamo anche apportare un'incisiva modifica al Patto di stabilità interno, così da introdurre meccanismi premiali e meccanismi punitivi rispettivamente per gli enti locali virtuosi e per quelli che non lo sono (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo). Solo così potremo superare il cumulo di disposizioni che si sono stratificate negli anni e Pag. 8che hanno introdotto correttivi la cui portata complessiva è stata inefficace, se non controproducente.
Va poi realizzata la riforma dell'architettura istituzionale. C'è già un'intesa sui principi fondamentali riguardanti tre questioni: la riduzione del numero dei parlamentari, il superamento del bicameralismo perfetto, con il Senato federale e, infine, il rafforzamento dell'Esecutivo. Prima della pausa estiva, presenteremo il disegno di legge di modifica costituzionale: sarà per il Parlamento un'occasione straordinaria per realizzare una riforma storica.
In politica estera abbiamo affrontato vicende epocali con i rivolgimenti nel Nord Africa, che hanno avuto grande impatto sulle nostre frontiere e sulla geopolitica internazionale.
Per quanto riguarda la Libia, sulla base delle decisioni dell'ONU, della NATO e dell'Unione europea, il Parlamento italiano ha autorizzato la nostra partecipazione alla missione internazionale di pace per proteggere la popolazione civile. Ricordiamo che finora, proprio grazie all'azione della NATO, sono state salvate migliaia di vite umane e preservate dalla distruzione intere città. Il Governo italiano si è attivato sin dall'inizio della missione con i partner internazionali per una soluzione politico-diplomatica della crisi, come richiesto dal Parlamento, ottenendo l'accordo del Gruppo internazionale di contatto, che si è riunito qui a Roma lo scorso maggio.
Condividiamo le preoccupazioni di quanti temono che vengano prolungate le operazioni in Libia, per le quali, tuttavia, la NATO ha già indicato il termine di conclusione entro il prossimo mese di settembre.
FABIO EVANGELISTI. Frattini aveva detto un mese!
SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Il Consiglio transitorio di Bengasi, da noi riconosciuto, ha firmato venerdì scorso un accordo con il nostro Governo che consentirà il rimpatrio dei cittadini libici e la collaborazione alla prevenzione dei flussi migratori (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo). Infine, si terrà a Roma la Conferenza di riconciliazione libica, dove oltre duecento rappresentanti del popolo libico elaboreranno proposte per il futuro democratico della Libia.
In ordine alla diminuzione delle risorse da destinare alle missioni internazionali di pace, il Governo assumerà ogni necessaria decisione dopo l'imminente Consiglio supremo di difesa, presieduto dal Capo dello Stato. In quella sede verrà illustrato un piano di ulteriore contrazione dei costi e una graduale diminuzione dell'entità dei contingenti, sempre in accordo con gli organismi internazionali.
Venendo ora agli ultimi accadimenti di politica interna, la scelta degli italiani di abbandonare il nucleare, all'indomani della catastrofe di Fukushima, impone di mettere a punto una nuova strategia energetica nazionale. Il Governo sta lavorando per la diversificazione delle nostre fonti di approvvigionamento al fine di garantire la sicurezza energetica e di ridurre il costo dell'energia per le famiglie e per le imprese.
Dobbiamo anche puntare sulla ricerca e sulla sperimentazione delle nuove tecnologie, che avranno una quota crescente nella produzione di energia elettrica. Le nuove tecnologie consentiranno di rendere più affidabili e costanti le energie verdi, occorrerà prestare ovviamente la dovuta attenzione all'impatto paesaggistico degli impianti di produzione.
Onorevoli colleghi, aver salvato il sistema economico e produttivo del Paese è il maggior risultato di questo Governo, un successo di cui andiamo fieri (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Ringraziamo per i suggerimenti...
ROBERTO GIACHETTI. Non sei manco più spiritoso!
PRESIDENTE. Onorevole Giachetti!
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SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Mentre imperversava la crisi, non ci siamo fatti prendere dal panico, abbiamo tenuto la barra dritta e guardato all'interesse dell'Italia. Di questo vorrei ringraziare i colleghi di Governo e tutta la maggioranza, che ha sostenuto il peso di scelte difficili ma necessarie e lungimiranti (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo e di deputati del gruppo Misto).
In particolare, voglio ribadire i miei sentimenti di amicizia e di stima nei confronti di Umberto Bossi e di tutti gli amici della Lega (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo). Hanno provato in tutti i modi a dividerci, ma non ci sono riusciti, e non ci riusciranno in futuro (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico - Dai banchi del gruppo Partito Democratico si scandisce: «Bacio! Bacio!»). Insieme completeremo anche il federalismo istituzionale, dando ai territori la giusta dose di autonomia decisionale. Questo farà bene al Sud come al Nord e garantirà la crescita di una classe dirigente più responsabile ed efficiente.
Ho ascoltato con attenzione le parole del Ministro Bossi a Pontida, davanti al suo popolo. Con la Lega c'è un'alleanza leale e solida (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Insieme, noi realizzeremo la riforma della Costituzione, del fisco e della giustizia, nel totale rispetto del programma votato dagli italiani.
Ma non vorremmo fare da soli, chiudendoci nell'autosufficienza della maggioranza: siamo consapevoli di quanto sia importante un largo consenso nelle Aule parlamentari e nel Paese per poter varare le migliori riforme possibili. Per questo saremo interlocutori attenti e rispettosi di ogni vostro contributo.
Lo ripeto: lavorare insieme sarebbe il modo migliore per rispondere positivamente alle preoccupazioni e all'incoraggiamento del Capo dello Stato, che ci ha richiamati all'unità per il bene dell'Italia; sarebbe anche il modo migliore con il quale tutti noi, che abbiamo l'onore di servire il Paese, potremmo assolvere al nostro compito. È un'ambizione grande, in un tempo di crisi, ma sarebbe anche il modo più efficace proprio per contrastare questa difficile crisi.
Mi auguro dunque che almeno sulle riforme più importanti si possa lavorare tutti insieme affinché l'Italia possa, al di là della crisi internazionale, costruirsi un futuro di maggiore prosperità e di sicuro benessere, di vera giustizia e di vera libertà. Lo dobbiamo ai nostri figli, lo dobbiamo al nostro Paese, al Paese che noi tutti amiamo. Viva l'Italia, vi ringrazio (Vivi, prolungati applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania, Iniziativa Responsabile Nuovo Polo e di deputati del gruppo Misto, che si levano in piedi - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico - Dai banchi del gruppo Popolo della Libertà si scandisce: «Silvio! Silvio!»).
(Discussione)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.
FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, giunge notizia di tensioni in piazza Montecitorio (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), di bombe carta e di transenne. Vi sono manifestazioni, camionette che si stanno muovendo e forze dell'ordine in assetto antisommossa. Signor Presidente, le sarei grato se potesse informare il Parlamento di quanto sta avvenendo.
PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, è evidente che la Presidenza, quando avrà le notizie, le fornirà alla Camera dei deputati. Pag. 10
È iscritta a parlare l'onorevole Bindi. Ne ha facoltà (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
ROSY BINDI. Signor Presidente, è evidente che qualcuno deve aver fatto notare, ieri, che il tentativo di assumere un tono moderato da parte del Presidente del Consiglio, durante il suo intervento al Senato, non ha funzionato. Anziché moderazione, aveva trasmesso desolazione, che, peraltro, non è stata certamente superata oggi, anche se il Presidente del Consiglio e la sua maggioranza hanno riassunto i toni di un chiassoso trionfalismo, che, tuttavia, non è servito, e non sta servendo, a ridare a questo Paese la fiducia di cui ha bisogno.
Mi verrebbe la voglia di ricordare a tutti che l'ottimismo della volontà non può essere comunicato da chi non conosce o, quanto meno, non si può permettere il pessimismo dell'intelligenza: da questo punto di vista, credo che il Presidente del Consiglio ne sia un esempio assolutamente esemplare.
Se non stessimo assistendo al riemergere delle ombre inquietanti, delle trame e degli intrighi della fase decadente della prima Repubblica, che sta mostrando un'evidente continuità tra quella fase e il vostro Governo e la vostra maggioranza, mi verrebbe la voglia di chiedere al Presidente del Consiglio se nella sua lunga carriera, che sta volgendo al termine, avrebbe mai previsto di dover presentare il programma di un Governo «balneare». Questo a prova e a dimostrazione che quell'innovazione che aveva voluto rappresentare nel Paese si sta, in realtà, dimostrando vuota, mentre assistiamo al ripetersi di liturgie che ritenevamo superate.
Questo intervento del Presidente del Consiglio doveva servire innanzitutto ad onorare un impegno richiesto dal Presidente della Repubblica e calendarizzato dal Parlamento per una verifica della maggioranza uscita dalle elezioni a sostegno di questo Governo. Il Presidente del Consiglio su questo punto è stato particolarmente carente. Pregherei il Ministro La Russa e il Ministro Frattini di non distrarre il Presidente del Consiglio per consentirgli di onorare un pezzo del suo discorso, quello in cui ha detto che ama ascoltare soprattutto coloro che hanno un atteggiamento alternativo e idee alternative alle sue (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro per il Terzo Polo e Futuro e Libertà per il Terzo Polo). Poiché penso che non ritenga che io abbia smesso la mia alternatività nei suoi confronti, forse, è utile essere ascoltata.
Penso che questo sia stato il punto particolarmente carente del Presidente del Consiglio. La legge elettorale non è un dettaglio per verificare il rapporto tra la sovranità popolare, la rappresentanza parlamentare e la legittimazione di un Governo. Voi avete lucrato di un premio di maggioranza su una maggioranza che non c'è più.
A questo aspetto non ha dato nessuna risposta, Presidente del Consiglio. E non serve ricordarci che sei dei nuovi sottosegretari facevano parte del suo schieramento politico, non avendoci, peraltro, neanche spiegato la provenienza del suo ultimo Ministro, Saverio Romano.
Fino a qualche tempo fa, a sostegno della vostra tesi, portavate il fatto che avevate il consenso nel Paese. Peccato che nel suo discorso, oggi, lei abbia dimenticato le elezioni amministrative e il risultato dei referendum.
Alla carenza di una maggioranza politica vera in questo Parlamento, c'è, a dimostrazione, il risultato delle ultime elezioni e, soprattutto, il risultato dei referendum. Siete stati bocciati in tre capitoli fondamentali della vostra politica, non solo dagli elettori del centrosinistra, ma almeno da dieci milioni di elettori del centrodestra.
Vedo qui il Ministro Alfano: vorrei chiedergli se, prima di passare al nuovo incarico, non intenda onorare l'impegno con gli elettori ritirando la sua riforma epocale della giustizia, la quale è stata clamorosamente bocciata dal referendum sul legittimo impedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Questa mattina si è presentato, Presidente, spavaldo della fiducia numerica Pag. 11ottenuta ieri: una fiducia numerica che è stata smentita nel pomeriggio da un voto di questo Parlamento, il quale, come entra nel merito delle questioni, senza il voto della fiducia, si divide almeno in tre comportamenti diversi. E lo abbiamo visto su un tema non di dettaglio: il trasferimento dei Ministeri.
Tuttavia, su questo punto, vi è un altro elemento importante del suo ragionamento politico, Presidente: voi dovreste restare a governare il Paese perché avete una maggioranza, che non avete, ma, soprattutto, perché non c'è un'alternativa.
Gli italiani hanno dimostrato che questa alternativa c'è, non soltanto dando la fiducia ai sindaci candidati del centrosinistra, ma soprattutto dimostrando di avere un'alternativa culturale, oltre che politica, in questo Paese, proprio con quel risultato dei referendum, che ha indicato una rotta alla politica, opposta a quella che voi avete seguito in questi anni sull'energia e, soprattutto, sui beni comuni.
Comunque, Presidente, c'è un modo solo per dimostrare che l'alternativa c'è ed quello che chiediamo noi: ossia, di andare a votare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), dove vi dimostreremo, con il voto degli elettori, che non soltanto nelle amministrative e non soltanto nel referendum, ma per la guida del Paese, l'alternativa c'è.
D'altra parte, il suo migliore alleato, il Ministro Bossi, lo ha detto chiaramente domenica: dobbiamo sopportare tutto, perché non possiamo permetterci di andare a votare in questo momento, perché sappiamo che vincerebbe la sinistra. Questo lo ha detto il Ministro Bossi, domenica, a Pontida. Dunque, noi siamo qui a chiedervi esattamente questo: mandateci a votare e vi dimostreremo che l'alternativa c'è, ossia quella che hanno scelto gli elettori.
Nel suo intervento, Presidente, c'è anche il tentativo del bilancio di questi anni - lunghi anni - nei quali lei è sulla scena di questo Paese. Le ricordo che, degli ultimi dieci anni, ben otto siete stati al Governo ed io credo che lei non sia riuscito a descrivere la situazione vera di questo Paese. Non ha resistito, ancora una volta, a descriverci un mondo che non c'è, perché voi descrivete l'Italia dalla parte della concessione del potere. Vi dovete mettere dalla parte del Paese: i lavoratori dalla parte dei lavoratori, le famiglie dalla parte delle famiglie, le imprese dalla parte degli imprenditori, la scuola dalla parte degli studenti e degli insegnanti.
Non ci venite a dire quanto avete sottratto ai fondi per gli investimenti e per il Mezzogiorno, per la cassa integrazione. Perché non ci dite che ogni anno, in virtù della disoccupazione e della perdita di un lavoro, è diminuito di almeno quattro miliardi il reddito dei lavoratori italiani? Perché noi ci dite che dagli anni Novanta è diminuita del 60 per cento la possibilità di risparmio delle famiglie italiane, perché non ci dite che nella scuola pubblica avete licenziato centoquarantamila addetti tra precari e persone che stavano lavorando?
Questa è la realtà del Paese; l'economia è ferma, sì, è ferma da un lungo periodo, Ministro Tremonti. Lei ci insegna che il deficit non fa crescita, ma ci deve spiegare senza crescita come combatte il deficit; lo abbiamo visto in questi anni e purtroppo ci prepareremo a vederlo nei prossimi mesi se vi ostinerete a rimanere lì, perché senza crescita c'è un unico modo per evitare il deficit ed è quello di mettere in difficoltà il Paese nelle sue garanzie e nelle sue tutele fondamentali. Questo è quello che avete fatto, tagliando la scuola, tagliando la sanità, tagliando il fondo per la famiglia, tagliando le politiche sociali, tagliando i trasferimenti agli enti locali; questa è la situazione, e manca il futuro, caro Presidente, nel suo intervento.
Sì, questo è il programma di un Governo «balneare»; vuole veramente farci credere che quella riforma fiscale, che promette dal 1994, ce la darà nei prossimi mesi? Non ha convinto il Ministro Tremonti, pensa di convincere questo Parlamento? Pensa di convincere gli italiani? Vuole fare la riforma istituzionale (ci sarebbe stato il tempo, la nostra è depositata dall'inizio della legislatura)? Vuol farci credere oggi che riprende le politiche per il Sud? Quando ci dirà il momento nel Pag. 12quale i fondi distratti in questi anni verranno restituiti alla parte più debole del nostro Paese? Sono sparite anche le targhe del trasferimento dei Ministeri, è rimasta solo una cosa, e mi dispiace dirlo, Ministro La Russa, andrà lei a spiegare ai nostri militari impegnati nella missione di pace, dove rischiano la vita, che sono diventati oggetto di scambio per tenere insieme, incollata, questa maggioranza che non c'è più? Andrà lei ha spiegarlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Non so se ci riuscirà, sono sicura che non ci riuscirà il Ministro Frattini, con la sua politica e la sua diplomazia a ridare sul piano internazionale quella credibilità che è stata ampiamente persa.
Con la spavalderia che l'ha caratterizzata oggi, lei non ha detto una parola sulla cosa vera che ci doveva dire: se volete restare lì avete una manovra da 40 miliardi da fare, siete lì per questo, non c'è stato un accenno, Presidente del Consiglio; noi saremo lì a verificare la vostra capacità di esercitare questa responsabilità, verificheremo e non vi permetteremo di indebolire il Paese e la sua struttura fondamentale più di quello che avete già fatto.
Mi avvio a concludere, vede, Presidente, il tempo in politica è fondamentale, non si può non riconoscerle che ha saputo scegliere il momento nel quale entrare in campo; spiazzò tutti nel 1994, questo non lo negheremo, ma è importante anche il tempo nel quale si esce dal campo e credo, Presidente, che il tempo sia arrivato, anzi sia scaduto. Siamo ben oltre i tempi supplementari, risparmi al Paese la roulette dei rigori, davvero non ne ha bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Leoluca Orlando. Ne ha facoltà per cinque minuti.
LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente della Camera, Presidente del Consiglio dei ministri, onorevoli colleghi, l'adempimento costituzionale, quello odierno, è ridotto a rito, fuori dal tempo e dallo spazio, lontano e fuori dai problemi del Paese, fuori certamente da questo Palazzo. Avrebbe dovuto essere l'occasione per conoscere le straordinarie novità per il futuro del Paese che giustifichino il cambio di maggioranza con l'ingresso al Governo di un gruppo cosiddetto e malamente detto dei Responsabili. Abbiamo assistito ancora una volta al combinato disposto fiducia parlamentare e slogan, ieri l'ennesima fiducia che strozza il dibattito e mortifica il Parlamento; una fiducia ormai ridotta a controllare, con il voto palese, i parlamentari, una fiducia che dovrebbe, tutto al contrario, consentire al Parlamento di fiduciare, sfiduciare, controllare il Governo.
Ancora una volta ripetizioni stanche di obiettivi da raggiungere, sempre gli stessi, annunciati da diciassette anni e mai raggiunti, in questi diciassette anni. Ancora una volta questo Governo può soltanto vantarsi e appropriarsi di risultati raggiunti da cittadini e magistrati, lavoratori e imprenditori che operano nonostante questo Governo. Ancora una volta un disco già ascoltato, un orologio rotto, un motore fermo ormai ingolfato per contrasti interni e per distacco dal Paese reale.
Ancora una volta ad ascoltarla vi è lo scarto fortissimo tra gli scranni del Parlamento, pieni quando lei parla, e le sedie vuote fuori da questo Palazzo quando lei pensa di lanciare i suoi slogan. Abbiamo registrato e registriamo il massimo di movimento con il minimo di spostamento. Diremmo il massimo di «ammuino» o il massimo di «annacamento», il massimo di movimento con il minimo di spostamento. Non vi è una sola prospettiva di futuro, e intanto il debito pubblico è ai massimi storici e i redditi delle famiglie ai minimi storici, la disoccupazione è dilagante, il precariato è mortificato e mortificante e le imprese piccole e grandi in affanno.
Le famiglie sono in difficoltà, la cultura è calpestata, la credibilità internazionale non è più suscettibile di alcun rating: nessuna agenzia darebbe un rating internazionale alla nostra credibilità. Ormai siamo fuori da ogni possibilità di pur Pag. 13minimo apprezzamento, siamo passati dal bacio della mano ai respingimenti, sino ai bombardamenti, secondo la logica che in campo internazionale è la negazione della credibilità. È così, o no?
E quel «no» ripetuto ossessivamente ha tolto ogni credibilità al nostro Paese. Si tratta di un Governo precario e disperato che produce precariato e ignora la disperazione di milioni di italiani. Precaria e disperata, oramai, Presidente Berlusconi, è l'Italia, per vostra precisa responsabilità. Precaria e disperata la famiglia e anche l'impresa, precaria e disperata la scuola e la ricerca, l'università e l'arte. Da diciassette anni ancora una volta l'annuncio di crescita del Paese e di riforma fiscale e l'immancabile piano per il Sud. Farete tanti incontri per affrontare i problemi del Sud, ma il Sud non c'è più, è ridotto a un deserto, tranne che poche oasi costruite con fatica da cittadini operosi e imprenditori onesti.
Diciassette anni e nulla, nulla che sembri crescita del Paese e nulla che sembri una riforma fiscale, una riforma, cioè, che salvi i redditi che producono e pesi, invece, sulle rendite che speculano.
Diciassette anni che hanno una costante: la crescita ed il rafforzamento delle caste e delle P4, oggi sin dentro palazzo Chigi. Una sola buona notizia, Presidente Berlusconi: i Ministeri restano a Roma, con buona pace della Lega e con il fastidio degli italiani indignati che, dopo il segnale delle elezioni amministrative e dopo il referendum, meritavano e meritano di più ed altro, rispetto all'estenuante e sterile dibattito sugli slogan e il «penultimatum» di Pontida.
Vi è un solo futuro per l'Italia, un'Italia libera da questo non Governo; un'Italia libera da questo non Governo ha seguito di libere elezioni che diano un futuro migliore al nostro Paese. Un'Italia libera, come libera è l'Italia che nelle elezioni amministrative e nei referendum ha detto «no» al nucleare, «no» all'acqua pretesto per speculazioni, «no» agli assurdi privilegi davanti alla legge, e che ha indicato prospettive di futuro per il nostro Paese.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LEOLUCA ORLANDO. Il tempo è già scaduto, non solo per me, Presidente Fini, ma anche per lei, Presidente Berlusconi. Die zeit ist schon vorbei: prima lei se ne va, prima il Paese sarà libero (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sardelli. Ne ha facoltà.
LUCIANO MARIO SARDELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo qui a riflettere su un invito del Presidente della Repubblica di valutare le novità sopravvenute nella maggioranza di Governo. Nasce questo nostro dibattito dai fatti del 14 dicembre 2010, quando è stata scongiurata una congiura di palazzo, che avrebbe dato vita ad una maggioranza diversa da quella voluta dagli elettori.
Voglio ricordare gli articoli di stampa di quei giorni di dicembre. Si parlava di Governo tecnico, di Governo di salvezza nazionale, di Governo elettorale.
Si parlava di questo e di altro e nelle piazze di Roma una manifestazione violenta e prepotente puntava dalle piazze a dare una spallata decisiva al Governo mentre in quest'Aula si votava la fiducia al Governo Berlusconi. Mi chiedo alcune volte cosa sarebbe successo se il golpe bianco, di inciucio, la manovra di Palazzo avesse avuto successo. Mi chiedo cosa sarebbe successo se fosse stato tradito il mandato degli elettori al Presidente Berlusconi e al centrodestra di governare. È fantapolitica immaginare che il Presidente Berlusconi il 14 dicembre stesso avrebbe rassegnato le dimissioni nelle mani del Presidente Napolitano? È fantapolitica immaginare che ci sarebbe stata una violenta speculazione internazionale sui titoli pubblici e che il Paese avrebbe attraversato uno dei momenti peggiori dal punto di vista politico e finanziario del dopoguerra?
Sarebbe stato prevedibile un aumento degli interessi sul debito pubblico, la crisi finanziaria italiana avrebbe potuto allargarsi a tutta l'Europa con una crisi irreversibile Pag. 14probabilmente del sistema politico italiano e una crisi profonda della moneta unica europea. Non a caso quando nei giorni immediatamente successivi il Presidente Berlusconi si recò al Consiglio d'Europa, fu accolto da un applauso tanta era la preoccupazione degli ambienti politici europei per la situazione politica italiana. Non sarebbe stato neanche ipotetico o assurdo immaginare che ci sarebbero stati moti di piazza, scontri nelle piazze.
Ebbene, in questo convulso, confuso, preoccupante momento della storia del Paese, alcuni parlamentari del centrosinistra, dodici per la precisione, ed alcuni parlamentari del centrodestra hanno deciso di sostenere il Governo dando luogo poi a quello che sarà il movimento, anzi il gruppo di Iniziativa Responsabile. Di questo c'è stata fatta e ci viene fatta quotidianamente una colpa. Noi crediamo, e siamo consci e convinti, di aver fatto per bene il nostro ruolo nei limiti e nei termini che la Costituzione ci assegna. Il parlamentare viene eletto senza vincolo di mandato e come sono liberi i parlamentari di Futuro e Libertà di passare dal centrodestra al centro o al centrosinistra e di votare contro il Governo, così erano e sono liberi i parlamentari del centrosinistra di votare per i Governi di centrodestra, a meno che non si riscriva la Costituzione e non venga superata questa libertà che i padri costituenti hanno riconosciuto agli eletti. Questa libertà è a tutela non solo della libertà degli eletti, ma della libertà del Parlamento di far fronte alle situazioni nuove che si verificano.
In questi mesi il gruppo di Iniziativa Responsabile è stato fatto oggetto anche in quest'Aula di scherno, di derisione e di aggressione mediatica, a cui abbiamo fatto fronte con la certezza e la convinzione di aver operato nel giusto e per il bene comune. E se si sono svolte elezioni amministrative serene, quali quelle ultime, se il centrosinistra ha potuto avere alcuni risultati ed è stato riconosciuto legittimo ogni risultato democratico, è perché quel giorno è stato messo un punto chiaro sulla democrazia dell'alternanza e sulla legittimità dei Governi di questo Paese.
Su questo crediamo che bisogna riflettere e andare avanti conservando il principio dell'alternanza, il sistema bipolare, al di là delle tentazioni di ritorno alla Prima Repubblica dove i Governi duravano in media 10 mesi, e confermando che i Governi di centrodestra hanno dato stabilità e sicurezza in questi anni al Paese.
Prima di concludere, debbo fare ancora una riflessione che riguarda il futuro di questo Governo.
Noi, di esperienza cattolica, popolare e democratica, vorremmo che in questi ultimi due anni di legislatura il Governo, signor Presidente, ponesse un patto tra le generazioni e i territori. Crediamo che vi sia, in questo Paese, un grande problema, che è quello di chi da giovane vive una condizione di estremo precariato e di chi, invece, ha tutele e privilegi - e parliamo della nostra generazione - che, purtroppo, vanno a scapito delle generazioni che verranno.
Quindi, chiediamo, nei prossimi mesi e nei prossimi anni, maggiore attenzione per i giovani e per i ceti deboli e anche la forza di tagliare qualche privilegio alla politica - ma non solo alla politica - e soprattutto alle generazioni favorite, in questi anni, dall'evolversi della storia. È un dovere che un Governo di centrodestra deve assumersi, è un dovere dei padri verso i figli e sta nella cultura cristiana che ci appartiene. Questo è un tema su cui noi di Iniziativa Responsabile Nuovo Polo punteremo molto nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, affinché sia un patrimonio collettivo e sociale e venga riconosciuto come un bisogno assolutamente fondamentale di pacificazione nazionale.
L'altra battaglia che ci attende è quella di combattere l'antipolitica. Questa è cresciuta molto in questi mesi. Purtroppo la sinistra - e anche l'intervento della prestigiosa collega Bindi ne è testimonianza - ha una cultura di estrema sinistra che è di assoluta negatività nei confronti delle istituzioni e del bene che è la democrazia e la rappresentanza parlamentare, quasi che Pag. 15noi non fossimo legittimati ad interpretare quello che è il bene pubblico e la volontà popolare.
A questo dobbiamo rispondere, signor Presidente, con una coraggiosa e forte iniziativa, anche nelle piazze e fra i cittadini, di legittimità democratica e di valorizzazione di quello che è il ruolo parlamentare, così come dice anche il Presidente della Repubblica, e di confronto con un centrosinistra che, al di là delle accuse e della piazza, non riesce a portare in quest'Aula una proposta positiva di soluzione dei problemi del Paese. Non si può dire che questa maggioranza propone una riforma della giustizia che non si accetta e non varare una riforma della giustizia mentre le imprese e i cittadini vivono quotidianamente una difficoltà nel rapporto con la certezza del diritto in questo Paese.
Queste sono le riflessioni che affidiamo al Governo. Da parte nostra, saremo leali e propositivi nei prossimi mesi e sino alla fine della legislatura. Auguriamo e invitiamo la maggioranza ad avere più coraggio, più cuore e più fiducia, perché questo è l'interesse del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Iniziativa Responsabile Nuovo Polo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Libè. Ne ha facoltà per sei minuti.
MAURO LIBÈ. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, oggi lei ha fatto una relazione, tolte alcune considerazioni politiche, già vista e che ricalca quanto ripetutamente lei ci è già venuto a spiegare in quest'Aula. Però, oggi che è cambiato qualcosa, la sua relazione, con rispetto, appare grottesca. Si tratta della relazione di chi non sa cosa succede nel Paese, di chi non ascolta come la gente vive questo momento economicamente difficile e che, al di là del difficile, non fornisce una prospettiva. Insomma, non vi è un'idea di futuro.
Ha ragione, sono successe tante cose e tanti fatti. Lei li ha citati anche se, ironicamente, mi permetto di ricordarle che non ha citato la crisi del 1929. Tuttavia, queste fatti sono avvenuti anche per gli altri. Ci limitiamo a confrontarci con i peggiori, non abbiamo la volontà di imitare i migliori e cerchiamo il confronto al ribasso. Lei sa benissimo cosa manca, perché lei oggi ha fatto un elenco di queste priorità che restano, da troppi anni, delle priorità.
Sono criticità, signor Presidente, sono problemi, che lei elenca come se fosse nuovo, come se fosse appena stato eletto in questo Paese, come se non c'entrasse nulla: Purtroppo lei c'entra molto.
Ha parlato dei costi delle infrastrutture, che sono costi economici morali per i cittadini italiani; ci ha annunciato un'ulteriore riunione del CIPE, ma ne abbiamo viste troppe, tutte volte a spostare i soldatini, ossia i pochi euro che il Ministro Tremonti non vi permette di spendere. Ci ha parlato di gap energetico. Abbiamo fatto tante battaglie in questo Parlamento su tanti temi, potrebbe anche ascoltarci, anche se i Responsabili - lo capisco - la tengono in vita e sono degni di grande considerazione (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).
ANGELO CERA. Per favore, ci rispetti!
MAURO LIBÈ. Tanto noi parliamo al Paese e, che ci ascolti o no, importa poco. Abbiamo parlato di energia: vi abbiamo spiegato come fare e il vostro problema è che non avete ascoltato. Qui l'opposizione responsabile che voleva aiutarvi, che vi ha votato tanti provvedimenti gratuitamente, esiste: ha votato i provvedimenti che riteneva giusti e che rispondevano alla necessità di sviluppo. È vero che i conti sono stati tenuti in regola: il Ministro Tremonti ha fatto un'opera importante, ma si è dimenticato di una parte ancora più importante, ossia dello sviluppo, che è ciò che ci permette di guardare al futuro, lo sviluppo non c'è (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo)!
Non ascoltandoci avete fatto tanti pasticci. I rifiuti di Napoli sono ancora lì e le colpe - l'abbiamo detto in quest'Aula - Pag. 16sono da ripartire tra tutte le forze politiche, ma sono principalmente del Governo perché - ricordiamolo - abbiamo votato un decreto-legge che eliminava anche tutti gli impicci legali e giudiziari per permettervi di andare avanti. Avete promesso termovalorizzatori in due anni, ma siamo ancora qui a caricare dei poveri sindaci che hanno aperto per anni, o meglio per decenni, discariche con altri rifiuti, che non sono nemmeno i loro.
Abbiamo chiesto lo sblocco delle opere immediatamente cantierabili, invece avete pensato al ponte: non c'è il ponte e non c'è lo sblocco. Per la prima volta, come sa, le grandi imprese sono scese in piazza insieme ai sindacati e questo non è mai successo, dovrebbe ricordarselo. Ma lei non guarda ciò che succede nelle piazze del Paese con la gente che seriamente protesta, che costruisce e che vuole delle risposte; pertanto è ovvio che se ne dimentica dopo due minuti.
Ha parlato di acqua: non vi abbiamo votato una legge in questo Parlamento perché era necessario istituire un'authority, e dopo due anni venite a dirci che bisogna istituire l'authority. Non ci avete ascoltato in quel caso, così come non ci avete ascoltato riguardo all'Abruzzo, alle proposte per il sud e, da ultimo, ad Equitalia: sei milioni di famiglie e un milione e mezzo di imprese. Abbiamo presentato in due anni, signor Presidente, varie interrogazioni, ma ci avete risposto con sufficienza. Oggi vi accorgete che c'era la necessità di intervenire con la stessa rapidità con la quale avete varato lo scudo fiscale, facendo pagare solo il 5 per cento delle imposte.
Lei oggi, signor Presidente del Consiglio, non ci ha ascoltato, come non ci ha ascoltato in questi anni. Abbiamo fatto un elenco di cose - ce ne sono tante altre - ma lei si trova oggi a rincorrere, ma rincorrere, quando non si ha più il fiato, è faticoso e si rischia di stramazzare e voi state stramazzando politicamente.
Il Paese, signor Presidente, ha bisogno di riforme - è vero, lei lo ha detto - e lei è sempre stato bravissimo nell'annunciare le riforme. Tanti annunci e tante promesse mancate, come è avvenuto per le province, delle quali lei personalmente ha promesso l'abolizione.
Il problema - e concludo - non è piacere, ma è risolvere. Lei non ha risolto e oggi non piace più a questo Paese e, pur camuffando, se n'è accorto (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.
LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, Presidente del Consiglio, ministri, onorevoli deputati, abbiamo ascoltato con attenzione la relazione del Presidente del Consiglio, che ha evidenziato che viviamo in un periodo di crisi dovuta alla crisi internazionale che ha influenzato notevolmente le politiche dei Paesi occidentali. Questa crisi ha generato un aumento notevolissimo della disoccupazione.
Questo sistema che non funziona più ha messo in difficoltà nelle ultime elezioni tutti i Governi dell'occidente, ricordiamo cosa è successo a Obama, a Zapatero, alla Merkel, allo stesso Sarkozy e alla nostra maggioranza nelle ultime elezioni amministrative. C'è un disagio diffuso nei nostri territori e quindi bisogna rivedere soprattutto i rapporti che sono in essere tra il mondo della finanza e la politica, la politica che deve tornare a guidare le scelte socio-economiche, fare investimenti e creare occupazione e la finanza che ragiona con ottiche diverse, che ha i tempi stretti della borsa e per la quale molto spesso, se i Paesi investono miliardi di euro in infrastrutture che magari hanno dei ritorni economici a lungo termine (tre, quattro o cinque anni), per loro questo è tempo perso, mentre la politica deve mirare a dare risposte ai nostri cittadini, creare servizi e infrastrutture ma soprattutto creare occupazione. Quindi bisogna ritrovare questi equilibri che sono stati persi ma non in modo irrimediabile. I segnali che arrivano dalla società pretendono che la politica ricominci a guidare tutti i sistemi socio-economici dei quali abbiamo bisogno. Pag. 17
Servono interventi per trovare delle nuove regole a livello internazionale perché da soli non riusciamo - come non riuscirebbero neanche la Spagna, l'Inghilterra e la Francia - a venirne fuori, ma servono accordi internazionali per imporre delle regole. Abbiamo una grande disoccupazione; lo sappiamo perché siamo invasi da una nuova capacità produttiva che vede impegnati centinaia di milioni di nuovi operai che si accontentano di nulla in termini salariali e che condizionano i nostri mercati, quindi ne derivano disoccupazione, imprese che chiudono, spese per gli ammortizzatori sociali che però non risolvono il problema. Quindi o si trovano nuovi equilibri oppure il nostro sistema occidentale è negativamente influenzato, in termini eufemistici, da queste nuove realtà che devono, ripeto, essere guidate e condotte.
Servono anche delle regole all'interno del nostro Paese. Troppo spesso - lo ricordava anche il Presente il Consiglio - in questo Paese abbiamo confuso i diritti con i privilegi: i diritti devono essere garantiti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), i privilegi devono essere impediti e condannati, perché i privilegi sottraggono risorse alle persone per bene e soprattutto alle persone più bisognose. Lo strumento che abbiamo posto in essere può portare delle positività all'interno del nostro Paese, è un sistema che a breve dovrebbe garantire il buon funzionamento dei vari apparati guidati dagli enti locali e dalle regioni, che individuano il passaggio da una spesa storica a una spesa standard guidata copiando regioni, province e comuni che si sono distinti per la loro virtuosità, perché riescono a dare migliori servizi ai cittadini con più bassi costi.
Noi evidentemente, per avere delle risorse per fronteggiare le spese sempre in aumento degli ammortizzatori sociali, finché il sistema complessivo del mondo occidentale non riuscirà a porvi dei rimedi, dobbiamo liberare delle risorse. È impensabile aumentare le tassazioni per gonfiare il capitale da distribuire a chi ha bisogno in questi periodi e, quindi, l'unica cosa che possiamo fare è risparmiare in questo Paese. Come ricordava due anni fa uno dei maggiori quotidiani economici italiani, se fossimo federalisti come la Germania potremmo risparmiare 50 miliardi di euro l'anno che potrebbero essere investiti in infrastrutture, quindi nuova occupazione, e in ammortizzatori sociali per dare risposte a chi ha perso il lavoro per le dinamiche che abbiamo ricordato poc'anzi.
C'è la necessità di perseguire questo obiettivo. La maggioranza sotto questo aspetto è coesa e decisa. Abbiamo previsto anche delle forme punitive per chi non dovesse adeguarsi al ricorso alla spesa standard, commissariando l'ente e impedendo la rielezione di amministratori incapaci o in malafede, aumentando la tassazione su quegli enti locali e su quei territori dove non si è amministrato bene, non richiamando in soccorso altri territori, che invece hanno contribuito a migliorare il funzionamento del Paese. Quindi, ci troviamo perfettamente in linea con quanto il Presidente del Consiglio ci ha illustrato. Ovviamente, il lavoro sarà lungo e anche difficile, ma se questi sono gli intenti il nostro appoggio non mancherà (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, cerchiamo di stare al punto di queste comunicazioni. Lei ha detto che il 14 dicembre c'è stata una manovra di palazzo. Credo che non vi sia mai stato nella storia della Repubblica italiana un confronto e uno scontro politico, esattamente quello da cui origina la crisi del suo Governo e della sua maggioranza e da cui originano queste comunicazioni, che abbia avuto un tale livello di pubblicità, di cifra politica e di discussione in Parlamento e nel Paese, altro che manovra di palazzo. Signor Presidente Berlusconi, nel 2008 lei, il Presidente Fini e molti di noi hanno scommesso sul grande partito liberale moderato Pag. 18di massa in Italia. Lei, il Presidente Fini e molti altri avete portato ciascuno il proprio bagaglio di esperienza politica, il proprio bagaglio di voti, quelli che sono serviti a lei, signor Presidente del Consiglio per tornare a Palazzo Chigi, scommettendo sulla possibilità di fare un grande partito. Questo sogno di un grande partito, signor Presidente del Consiglio, l'ha spezzato lei con quella scelta di cacciare non chi voleva abbattere il Popolo della Libertà, ma chi voleva impedire che il Popolo della Libertà si autoabbattesse, rinunciando a quel confronto, a quella concorrenza interna di idee e di leadership che sono l'unica condizione per cui nella politica di oggi un grande partito può vivere. C'è stata la cacciata di Fini, signor Presidente del Consiglio, alla radice di quello di cui discutiamo oggi, l'incapacità sua di reggere un confronto politico interno. A novembre, non abbiamo detto: se ne vada. A novembre noi abbiamo visto quello che stava succedendo nella maggioranza e nel Paese e le abbiamo detto: fermiamoci tutti assieme prima di andare a sbattere. Il Presidente Fini le ha detto: facciamo un Governo Berlusconi nuovo, con maggioranza allargata e con un nuovo programma. Lei ha scelto la prova di forza. Ha vinto in modo risicato questa prova di forza il 14 dicembre, ha avuto quaranta giorni per convincere qualcuno a sostenerla, ha vinto per tre voti il 14 dicembre. Poi cosa è successo? Lei ha detto che molti di quelli che erano stati eletti sotto il simbolo del Popolo della Libertà sono tornati. Signor Presidente del Consiglio, quella non è stata una manovra di palazzo, quella è stata una scelta e una sfida tutta politica e io continuo a pensare che i miei colleghi che hanno scelto la rottura, rinunciando a una poltrona, siano molto più valorosi di altri colleghi. Ciascuno è libero e agisce senza vincolo di mandato (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo), ma quelli che la poltrona l'hanno lasciata sono più valorosi di quanti sono tornati da lei - non so se solo per quello - per ottenere una poltrona alle Poste o un sottosegretariato, signor Presidente del Consiglio. Se questi colleghi fossero tornati a sostenere la sua maggioranza, senza incarichi di Governo, avrebbero la mia stima e il mio rispetto. Chi è tornato e il giorno dopo ha avuto un posto francamente ha fatto quello che poteva fare.
Nessuno lo giudicherà dal punto di vista istituzionale, ma dal punto di vista politico questo resta, signor Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo), come restano le decine e decine di telefonate con le offerte ai nostri colleghi - solo politiche, naturalmente - perché tornassero all'ovile. Credo che non noi, ma soprattutto lei rimpianga a novembre di non aver detto «sì», di non avere avuto l'umiltà, la forza e la lungimiranza di pensare che, forse, l'offerta di ripartire da lì, con una maggioranza più ampia, con un nuovo Governo, avrebbe salvato il Popolo della Libertà, avrebbe salvato la legislatura e avrebbe contribuito a fare l'interesse dell'Italia.
Lei ha detto: siamo rimasti fedeli agli elettori. Signor Presidente del Consiglio, io sono rimasto fedele agli elettori a cui ho chiesto il voto per un piano di privatizzazioni (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo); io sono rimasto fedele agli elettori a cui ho chiesto i voti per le liberalizzazioni, per fare ripartire l'economia; io sono rimasto fedele a quegli elettori sulla base del principio garantista, che significa impedire che gli innocenti vadano in galera, non, signor Presidente del Consiglio, impedire che i colpevoli, se ricchi e potenti, non vengano condannati (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo); io sono rimasto fedele agli elettori a cui ho chiesto il voto per un partito fondato sull'etica pubblica; io sono rimasto fedele agli elettori a cui ho chiesto il voto per un partito liberale, non per il partito che a Milano ha fatto una campagna elettorale solo basata sulla paura, al grido di «No a Zingaropoli», signor Presidente del Consiglio.
Nella nostra Milano, come poteva pensare che questi fossero gli slogan per ottenere i voti di una grande città europea: Pag. 19no a Zingaropoli, no agli islamici, no alle coppie di fatto, no agli omosessuali? Io sono rimasto fedele ai valori di un partito liberale, inserito nel Partito Popolare Europeo, che è il partito di Sarkozy, della Merkel, di Aznar e di Rajoy, ed è un partito liberale, non un partito che si fonda sulla paura. Noi vi avevamo ammonito: così si copia la Lega e si fa peggio, perché poi gli elettori ci abbandoneranno. Questo è quello che è successo!
Signor Presidente del Consiglio, lei ha detto: abbiamo salvato l'economia. In questi dieci anni l'economia italiana ha vissuto una lentissima agonia. Non penso che sia colpa sua, signor Presidente del Consiglio. Credo, però, che dopo dieci anni bisogna avere il coraggio di dire che la nostra politica - mi assumo la mia parte di responsabilità - dal punto di vista economico è stata un fallimento. Se dopo dieci anni siamo ancora qui a dire che abbiamo ereditato il quarto debito pubblico del mondo e non siamo stati capaci di incidere, è colpa nostra, signor Presidente del Consiglio. Non possiamo aspettare altri venti anni per ripetere queste cose.
Sulla politica internazionale, sono rimasto fedele a quegli elettori che hanno scelto il centrodestra del suo Governo dal 2001 al 2006, che ha fatto le scelte - per me erano anche le scelte giuste, per altri erano sbagliate - che hanno ridato nobiltà alla politica estera italiana, per cinque anni, con continuità, con gli alleati americani ed europei. Signor Presidente del Consiglio, il centrodestra che flirta con Nazarbayev o con Lukashenko, che bacia la mano a Gheddafi, salvo poi bombardarlo, non è il mio centrodestra. Io sono rimasto fedele al centrodestra atlantico, occidentale ed europeo, che ha caratterizzato il suo Governo dal 2001 al 2006 (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).
L'economia italiana non l'abbiamo salvata, signor Presidente del Consiglio. Non abbiamo avuto il coraggio delle riforme, abbiamo scelto l'immobilismo. È un ragionamento che capisce chiunque: se una famiglia è indebitata, non deve continuare a spendere. Ma se non guadagna o se i suoi redditi diminuiscono, la banca chiude i rubinetti comunque, anche se il debito non è aumentato, perché la banca sa che quel debito non verrà pagato. Questo ci sta succedendo, signor Presidente del Consiglio.
È inutile promettere la riduzione delle tasse, che non si farà mai. Sembra che lei dica: «Che giorno è? Sono le 12,45 del 22 giugno 2011. OK, tagliamo le tasse». Non funziona così, signor Presidente del Consiglio! Avevamo tre anni per fare le riforme, per privatizzare, per piantare il chiodo a cui appendere credibilmente una riforma delle tasse. Non lo abbiamo fatto!
Cosa vuole dire tagliare le tasse non in deficit? Spostare un po' di poste, togliere le detrazioni? Così, magari, spariranno anche le detrazioni che generano gettito, perché vanno nella direzione di sconfiggere l'economia in nero?
Signor Presidente del Consiglio, il problema non riguarda le aliquote, ma il carico fiscale complessivo che sta aumentando.
Sto per concludere, signor Presidente. Vi è un che di letterario e di struggente nel suo racconto di oggi. Lei parla della sua maggioranza e del Governo come di un eterno adolescente, sembra il Dorian Gray di Oscar Wilde, ma sono passati gli anni, sono passati, quanto meno, dieci anni dal 2001! Non può continuare a parlare come se la storia cominciasse domani. Abbiamo una storia alle spalle, signor Presidente del Consiglio. Le riforme di cui abbiamo bisogno non nasceranno dalla somma di due debolezze, quella del Popolo della Libertà e quella della Lega Nord che abbiamo visto ieri in questa grottesca pantomima dei ministeri. Ci rifletta, signor Presidente del Consiglio. Se davvero crede in quello che ha detto, ossia che vuole fare le riforme, se vuole scommettere sull'esito di queste riforme, allora vada avanti, ma se, come io penso, lei sa in cuor suo che promette ciò che non potrà dare al Paese, si fermi prima che sia tardi per il Paese e anche per lei (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lupi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO LUPI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, prima di entrare nel merito dell'intervento che ho preparato, vorrei dire che ho ascoltato con molta attenzione le parole del collega Della Vedova.
In questi tre anni, grazie anche al fatto che ho avuto l'onore di ricoprire la carica di Vicepresidente della Camera, ho imparato una cosa, proprio in qualità di Vicepresidente: portare profondo rispetto a tutti i colleghi parlamentari, qualsiasi scelta facessero, qualsiasi convinzione e qualsiasi idea rappresentassero in quest'Aula.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 12,40)
MAURIZIO LUPI. Quindi, è con sommesso rispetto che faccio un'osservazione all'onorevole Della Vedova. Più volte in quest'Aula abbiamo sentito parlare da parte di tutti che il parlamentare non ha vincolo di mandato. Se non vi è vincolo di mandato questo non vi è, ovviamente, per alcun parlamentare, sia per l'onorevole Della Vedova, che sceglie liberamente di abbandonare il Popolo della Libertà, con cui è stato eletto ed è diventato parlamentare, sia per l'onorevole Romano e Scilipoti. Entrambe le scelte hanno il coraggio e la responsabilità della scelta stessa e motivazioni che meritano rispetto e dignità (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Vi è, però, un fatto che invece entra nel merito della litania alla fedeltà che ho sentito. Io sono stato educato in un certo modo e sono contento dell'educazione che ho ricevuto. Ho scelto coscientemente di militare in un partito, il Popolo della Libertà, prima Forza Italia, di condividere quelle idee, quei valori e quella scommessa e di tradurre quegli ideali e quei valori in una politica del fare. Ho condiviso l'idea di una politica che si facesse misurare, procedendo a testa alta, sui fatti che compie e che accoglie e ascolta con attenzione ed interesse il giudizio dei cittadini. Se un giorno dovessi accorgermi, durante il mio mandato parlamentare, che quelle idee, quella idea di libertà, non corrispondono più al motivo per cui ho militato nel partito nel quale sono stato eletto dai cittadini, al di là delle regole scritte e del vincolo di mandato, vi è un'unica coerenza che ci spetta, ossia quella di dire: «non condivido più, mi dimetto, esco da quel partito, mi dimetto da parlamentare» (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Aspetterò le elezioni che arriveranno, se sono convinto di quelle idee, per farmi rieleggere da quei cittadini che, credo, condividano le mie idee e di cui mi sento rappresentante. È banale questo processo? Assolutamente no. È la modalità con cui ognuno di noi può chiedere rispetto a sé, agli altri e agli elettori che ci hanno eletto. Mi sembra un punto fermo da cui non possiamo muoverci.
Vengo rapidamente al mio intervento. Il Presidente del Consiglio, nel suo intervento, ha parlato di «doppiopesismo». Mi collego esattamente a questo ragionamento per fare un altro appello. Vedo che era molto importante il dibattito che era stato chiesto, lo dico al Presidente Leone (non c'è più il Presidente Fini), al Presidente del Consiglio e ai pochi colleghi che sono rimasti in Aula. In questi mesi ho sentito dire che questo passaggio parlamentare era indispensabile e doveroso. Era doveroso che il Parlamento, nel rispetto del valore del Parlamento stesso, affrontasse i cambiamenti che vi erano stati, che si facesse giudicare e così via. Mi sembra, quindi, che fosse importante e doveroso il dibattito che doveva seguire alla relazione del Presidente del Consiglio.
Tuttavia, purtroppo, drammaticamente diamo sempre l'idea - lo dico all'onorevole Bindi che chiedeva il rispetto dell'ascolto da parte del Presidente del Consiglio - che, una volta fatto il nostro intervento, ovviamente non ci interessa più niente altro che l'intervento svolto (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).Pag. 21
Ma l'osservazione che mi interessa fare, anche con riferimento al doppiopesismo, è su un fatto. In questi anni, pochi, di Parlamento ho imparato molto che la nostra democrazia è una democrazia parlamentare, per cui si viene eletti; una volta eletti, vi è una maggioranza eletta dagli elettori, che dura cinque anni e cinque anni svolge il suo lavoro. Qualunque cosa accada nel Paese rispetto ad elezioni diverse, se esiste una maggioranza nel Parlamento, il Presidente del Consiglio e il Governo, che hanno ottenuto la fiducia dal Parlamento, devono continuare fino alla fine del loro mandato. Questa lezione, però, non l'ho sentita dal Presidente Berlusconi o dai colleghi del Popolo della Libertà. L'ho sentita - e vorrei leggerne la frase - da una persona che stimo moltissimo: il segretario politico del Partito Democratico Pier Luigi Bersani. C'è una cosa strana: quando qualcuno diventa segretario del Partito Democratico - lo dico veramente con affetto e rispetto verso Pier Luigi Bersani - sembra quasi che gli prenda una nemesi, per cui tutto quello in cui credeva, anche nelle modalità di rapporto tra maggioranza e opposizione, sembra assolutamente dover cambiare.
Il 14 dicembre non 2001, non 2006, ma il 14 dicembre 2010, lo diceva l'onorevole Bersani, alla vigilia del voto di fiducia e non sapevamo ancora come sarebbe andata a finire. Lo ricordo, mi dispiace che non ci sia il Presidente Fini ad ascoltare, ma c'è il presidente Leone ed ovviamente lei sa, Presidente Leone, quanto sia il nostro rispetto e la nostra simpatia per la sua capacità (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Mi ricordo che tutti in quei palazzi, nei corridoi, nel «transatlantico» scommettevano che ovviamente il Governo non avrebbe avuto la fiducia. Le previsioni erano 314 a 313 e via dicendo. Allora, prima di quel voto, l'onorevole Bersani, da segretario del Partito Democratico diceva: pensare al voto anticipato in una condizione come quella attuale, con una crisi economica e il rischio di andare di nuovo ad un referendum su Berlusconi, è assolutamente da irresponsabili; si ricordi Berlusconi, Presidente del Consiglio, si ricordi che c'è una Costituzione e c'è un Presidente della Repubblica - a cui va tutto il nostro profondo rispetto - e soprattutto c'è un Parlamento, in cui, se non si ha più la maggioranza si deve andare a casa e, se si costituisce un'altra maggioranza, vi può essere un Governo alternativo! Non c'è l'onorevole Bindi che ovviamente ha chiesto con forza: dovete mandarci al voto, dovete mandarci al voto! Cosa è accaduto, che cosa è cambiato dal 14 dicembre alle dichiarazione di ieri del segretario Bersani?
FURIO COLOMBO. È molto cambiata l'Italia!
MAURIZIO LUPI. Ancora una volta, in questo Parlamento, anzi negli ultimi mesi più volte, con una maggioranza parlamentare (se siamo una democrazia parlamentare è questo a cui dobbiamo guardare) che aumentava di volta in volta (ieri addirittura si è toccata la maggioranza assoluta), che cosa è cambiato e che cosa è accaduto, onorevole Bersani e onorevole Bindi, per arrivare a questa affermazione che denota - lo dico - mancanza di rispetto nei confronti delle istituzioni parlamentari e dei parlamentari?
FURIO COLOMBO. È molto peggiorato il Paese!
MAURIZIO LUPI. Bersani dice: più la barca affonda, più si aggrappano alla barca.
TERESA BELLANOVA. Affondiamo, affogheremo!
MAURIZIO LUPI. Qual è la ragione per cui il 14 dicembre era necessario ed indispensabile avere a cuore l'interesse di un Paese, in cui era da irresponsabili andare alle elezioni e, invece, cinque, sei mesi dopo gridiamo a gran voce e a gran forza: vogliamo le elezioni, riandiamo dai cittadini? Nel mio modesto parere e nella mia modesta analisi...
Pag. 22FURIO COLOMBO. È molto peggiorato il Paese (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia!
MAURIZIO LUPI. Credo che ci sia una ragione semplicissima e rispettabilissima, ma che è esattamente il motivo per cui io milito nel Popolo della Libertà, orgoglioso di essere nel Popolo della Libertà e nel centrodestra (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). E come direbbe Di Pietro ad un'opposizione «che adesso non c'è» - la litania l'ho sentita ripetere molto tempo, presiedendo dove c'è adesso l'amico e collega Leone -, il problema è banalissimo. Fino al 14 dicembre c'era un motivo: il centrodestra aveva vinto tutte le elezioni, tutti i sondaggi davano il centrodestra in ampio vantaggio sul centrosinistra ed andare alle elezioni in quell'occasione ovviamente sarebbe stato, come dice Bersani giustamente nella sua semplicità, un referendum ancora una volta a favore del centrodestra e di Berlusconi.
Oggi, dopo che per una volta, in un'elezione parziale, giusta, abbiamo perso, ovviamente Bersani e la sinistra chiedono di andare di nuovo al voto. E dove finisce, onorevole Bersani e onorevole Bindi, l'interesse del Paese, lo scopo per cui noi siamo qui a rappresentare un Paese e a servire il bene comune, indipendentemente se siamo nella maggioranza oppure all'opposizione? Dove finisce? Solo in funzione del proprio bieco interesse?
Io dico che un'opposizione non è responsabile se non è in grado di costruire un'alternativa alla maggioranza che in quel momento governa (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo) basata non sulla speranza che alcuni amici escano dal Popolo della Libertà e costituiscano un gruppo (e quella speranza il 14 dicembre è fallita, perché la maggioranza c'è lo stesso), né sulla speranza - è ciò che mi ha colpito in questi mesi di dichiarazioni del centrosinistra - che la Lega a questo punto abbandoni il Presidente Berlusconi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), ma sulla certezza di costruire in Aula, nel Parlamento e nel Paese un'alternativa vera che si misura sulle proposte e sui contenuti alternativi e su una capacità di acquisire, nei cinque anni in cui i cittadini ci chiedono di governare, il consenso.
Sapete qual è la differenza? È che, lo ricordo bene, anche all'interno del centrodestra si discusse se andare alle elezioni o meno nel momento in cui gli amici di FLI ci abbandonarono: alcuni dicevano che bisognava andare alle elezioni. Il Presidente del Consiglio e questa maggioranza, con responsabilità, pur avendone l'interesse in quel momento - eravamo stati traditi ma avevamo la maggioranza di tutti gli italiani e saremmo tornati qui con una maggioranza magari ancora più ampia - ma avendo a cuore l'interesse del Paese, sei mesi fa come oggi, decisero di non farlo.
Poiché la situazione economica non è cambiata, se abbiamo veramente a cuore i precari, le persone che perdono il lavoro, le famiglie e le imprese (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo), dovremmo avere a cuore di poter discutere in questo Parlamento e di contrastare anche duramente le proposte che vengono avanzate.
Qual è la ragione per cui in questi giorni - lo dico veramente con passione - non abbiamo una sola volta discusso del decreto sviluppo? Il problema è banalissimo, lo abbiamo detto a destra e a sinistra: l'1 per cento del PIL in questo Paese le imprese lo pagano per la burocrazia. Nel decreto sviluppo, bene o male - se abbiamo fatto bene o male lo decideranno i cittadini e ci confronteremo su questo (vedo il Ministro Romani e so che ha dato una grande mano a lavorare in questa direzione) - ci sono norme finalmente di semplificazione e sburocratizzazione: abbiamo lavorato insieme sulle famose ganasce fiscali e l'oppressione nei confronti delle imprese. Allora, quello è un punto su cui dovremmo confrontarci se abbiamo a cuore l'interesse del Paese. Pag. 23
Altrimenti, onorevole Bindi, il precario - secondo una vecchia logica della concezione comunista e ideologica - e il bisogno dell'altro ti serve solo per affermare la tua ideologia (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo), quello che tu sei e il tuo potere.
A noi - dovrebbe essere così per la maggioranza di centrodestra e per quella di centrosinistra - non interessa il potere per il potere. Il potere - vedo che si fa tanta ironia, bisognerebbe smetterla - è una grande responsabilità che è affidata ad ognuno di noi per servire meglio il bene comune e la comunità cui siamo stati chiamati e che abbiamo avuto l'onore di rappresentare.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MAURIZIO LUPI. Signor Presidente, avrei avuto tante altre cose da dire ma so che ci sono altri colleghi dopo di me. L'unico appello che faccio - ed è l'appello con cui si è concluso il discorso del Presidente del Consiglio - è che abbiamo diciotto mesi davanti. Evitiamo, amici dell'opposizione, di trascorrerli sempre con la solita litania: non c'è la maggioranza, non avete la maggioranza del Paese.
Diciotto mesi, per un Paese come l'Italia, sono una grande sfida. Diciotto mesi possono essere un'opportunità o, ancora una volta, la possibilità di arretrare. Noi vogliamo utilizzare questi diciotto mesi che concludono il nostro mandato per fare in modo che l'Italia possa vincere la sfida che ha davanti e cogliere ancora una grande opportunità con le riforme che proporremo.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MAURIZIO LUPI. L'opposizione scelga e ricordo che i cittadini sono sempre molto più intelligenti di quello che possiamo pensare (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico) e noi li rispettiamo sempre, sia che ci eleggano e ci votino sia che non ci votino (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, io ho apprezzato il tono misurato dell'intervento del Presidente del Consiglio e vorrei avere più tempo di quello limitatissimo che ho per poter entrare nel merito di molte delle questioni che egli ha toccato. Né dimentico che in passato io ho condotto il mio partito ad una alleanza con lei, onorevole Berlusconi, che tuttavia si è rotta per me nel settembre del 2009 sul tema della politica economica.
Al centro del suo programma, onorevole Berlusconi, nel 2001 e nel 2008 vi era il tema della riforma fiscale, che lei dice oggi resta nel suo programma. Ma al di là delle parole, che cosa voleva dire lei allora con le parole «riforma fiscale»? Lei - così avevo compreso io - voleva dire alleggerire la pressione fiscale che pesa sul Paese, ridurre la tassazione sui consumi e sugli investimenti, consentire al Paese di respirare per potere, attraverso gli investimenti, riprendere il cammino della crescita economica e della piena occupazione. Questa era la politica di riforma fiscale che lei aveva enunciato e che io ho condiviso e che ritengo ancora il centro del problema.
Ma lei sa o avrebbe dovuto sapere che ridurre la pressione fiscale richiedeva affondare il bisturi nella spesa corrente dello Stato, delle regioni e degli enti locali, in maniera da poter restituire ai cittadini e alle imprese quelle risorse così risparmiate. Qui è il fallimento del suo Governo e della sua maggioranza, perché avete rinunciato a quest'opera! In un certo senso, lei si è schierato più nelle zone che resistevano ai tagli, necessari per poter innescare poi una politica di riduzione della pressione fiscale.
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.
Pag. 24GIORGIO LA MALFA. Finirò in un secondo: questo è il fallimento della politica economica che c'è nella melanconia delle sue conclusioni, e lei lo sa. Lei lo sa, signor Presidente del Consiglio, perché conosce il Parlamento. Io ho più esperienza parlamentare di lei, ma lei ha una lunga esperienza...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole La Malfa.
GIORGIO LA MALFA. Scusi, ho ancora 30 secondi, quanti lei ne ha dati all'onorevole Lupi, non di più.
PRESIDENTE. Guardi, non faccia insinuazioni perché l'onorevole Lupi ha finito prima, mentre lei ha superato il tempo già di 41 secondi: ma di che cosa si lamenta?
È iscritto a parlare l'onorevole Nicco. Ne ha facoltà, per quattro minuti.
ROBERTO ROLANDO NICCO. Signor Presidente, colleghe e colleghi, signor Presidente del Consiglio, due questioni centrali nelle sue comunicazioni di oggi: la riforma fiscale e quella istituzionale, temi da tempo in discussione.
Sulla prima: nel programma con cui nel 2008 avete vinto le elezioni politiche si legge testualmente «diminuzione della pressione fiscale sotto il 40 per cento». Nel recente Documento di economia e finanza voi avete certificato non solo che non vi è stata alcuna diminuzione, ma che la pressione fiscale rimarrà stabile al 42,5 per cento fino al 2014, per effetto anche della crisi finanziaria internazionale, certo, ma non solo. La crisi ha toccato tutti i Paesi, tuttavia la pressione fiscale del complesso dei Paesi OCSE si colloca a livelli ben più contenuti: 33,7 per cento nel 2009.
Seconda questione: domenica a Pontida la Lega ha chiesto il dimezzamento del numero dei parlamentari e il Senato federale, questioni che lei ha richiamato oggi nel suo intervento. Bene, è dalla scorsa legislatura che se ne parla, ma dopo tre anni in cui il Ministro delle riforme è Bossi non si è mossa una virgola su questo terreno.
Abbiamo invece assistito in questi giorni alla discussione veramente surreale sul trasferimento dei Ministeri. Federalismo significa - per noi almeno - trasferimento non dei Ministeri, ma delle competenze dallo Stato alle regioni e semmai riduzione dei Ministeri.
Gli italiani si sono stancati della vostra politica fatta di annunci e promesse a cui non corrispondono fatti e vi hanno recentemente mandato due precisi ed inequivocabili segnali: prima con il voto nelle elezioni amministrative, che lei signor Presidente ha voluto trasformare in un voto politico, in una sorta di referendum sulla sua persona, lanciandosi in una virulenta campagna elettorale (ricordiamo il cancro da estirpare della magistratura o, come è già stato ricordato, la zingaropoli islamica).
Il risultato non si presta ad interpretazioni dubbie, almeno su chi ha perso: da un capo all'altro del Paese, da Cagliari a Trieste, fino ad Arcore, il centrodestra ha subito una pesante sconfitta, con punte percentuali clamorose ed imprevedibili. E per lei, signor Presidente, una débâcle personale certificata dal crollo delle sue preferenze, quasi dimezzate in quella Milano in cui si è presentato come capolista.
Poi, sono venuti i referendum. È veramente patetico sentire ora affermare da autorevoli esponenti del centrodestra che non è stato un voto contro il Governo (così ha detto il Ministro Alfano) e che non vi è alcuna ricaduta sul quadro politico (così il capogruppo Cicchitto). In realtà, non vi è stato nulla di più politico ed anche personale per il Premier del legittimo impedimento. E sul nucleare, è stato questo Governo, prima, a tentare di aggirare il referendum e, poi, dopo la bocciatura della manovra da parte della Cassazione, a proporre un ricorso in extremis alla Consulta. Dunque, emerge il significato altamente politico del voto contro un Governo, i cui principali esponenti hanno esaltato e praticato la scelta astensionista.
Ora non volete trarre le conseguenze di ciò, fate finta di niente, mettete la testa Pag. 25sotto la sabbia e vi presentate, ancora una volta, con grandi proclami. Ma con quale credibilità?
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ROBERTO ROLANDO NICCO. Fisco e riforme istituzionali sono temi che solo una maggioranza forte e coesa può permettersi di affrontare. Ieri in quest'Aula avete dimostrato, dopo mesi di manovre alla disperata ricerca di qualche puntello, di avere una maggioranza aritmetica, ma le divisioni politiche sono riemerse proprio ieri e sotto gli occhi del Paese.
Concludo, signor Presidente, dicendo che, oggi, non possiamo che confermare la nostra posizione critica. Se, poi, porterete effettivamente all'esame del Parlamento quelle riforme fiscali e istituzionali non mancherà, certo, il nostro contributo costruttivo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pizzetti. Ne ha facoltà.
LUCIANO PIZZETTI. Signor Presidente, il Vicepresidente Lupi ci ha redarguiti per il non ascolto, ma vedo che dopo il suo intervento ha guadagnato rapidamente la via del ristorante (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
Signor Presidente del Consiglio, noi l'abbiamo ascoltata con rispetto, pensando di misurarci con un trattato di contemporaneità ma, invece, abbiamo assistito ad una ripetizione di storia antica con qualche ausilio di tarocchi. Nel regno del bene che lei ha descritto, verrebbe voglia di chiederle: ma come mai c'è la crisi? E nel breve tempo di Governo che ha di fronte, lei davvero immagina di fare ciò che non ha saputo fare nel lungo tempo che le sta alle spalle? Guardi che di tempo il Paese non ne ha più.
A causa vostra, siamo finiti in un crogiolo di contraddizioni irrisolte, che esasperano i vari segmenti della crisi, economica, istituzionale ed ora anche politica. Questo Paese è da tempo privo di una direzione politica capace di indicare una prospettiva e, oggi, il Governo è anche privo del sostegno degli italiani.
La seconda Repubblica, in realtà, non è mai nata, trattenuta per la coda da un populismo che rifugge dalle responsabilità nazionali e rincorre il «fai da te» sociale. Ma la bolla illusionistica è scoppiata e ora siete alle corde, perché la crisi presenta il conto: un conto in rosso, ben salato negli interessi. Sono messe a nudo le fallaci illusioni di un progetto basato sull'alterazione delle regole, senza generare né inclusione sociale, né meritocrazia, né efficienza, né liberalizzazioni; cioè, nulla di cui il Paese ha realmente bisogno per fronteggiare la crisi e riavviare la crescita.
A Pontida, è nato e rapidamente morto il patto dei produttori, modello pseudopadano di una nuova soggettività sociale, basata sulla somma algebrica: meno tasse, più reddito, meno regole, più uso surrettizio del lavoro immigrato, uguale crescita. È tornato a monte quel patto e ciascuno è rimasto solo davanti alla crisi, consolato dalle preghiere pagane. Non solo perché la crisi e il debito riducono i margini di quel suggestivo patto, ma perché voi non avete corrisposto alla domanda di modernizzazione della società italiana, che era, ed è, la vera sfida, quella più importante, che voi, scesi in campo, non avete mai lanciato, con i proponimenti liberali rimasti sempre a bordo campo.
Avete coagulato il disagio, lo avete alimentato con idee di rottura, ma non vi siete cimentati con la ricostruzione, con le riforme di sistema.
Non lo avete fatto sul funzionamento della pubblica amministrazione, non lo avete fatto sul funzionamento della giustizia, non lo avete fatto sulle liberalizzazioni, che, proprio ieri, il Presidente dell'Antitrust ha denunciato essere rimaste al palo.
Sulla formazione avete ridotto opportunità, sul lavoro avete esasperato divisioni e conflitti, non avete liberato energie, le avete compresse. La vostra crisi di rappresentanza è determinata soprattutto dal vostro fallimento nella modernizzazione dell'Italia.
Lei ha detto che avete corrisposto alla crisi. No, signor Presidente: voi avete sbagliato a cogliere i segni della crisi incombente, Pag. 26 altro che comprensione! Eppure, con ben maggiore lungimiranza, proprio in quest'Aula, essi vi erano stati segnalati dalle forze di opposizione.
Detassavate gli straordinari di un lavoro che si perdeva e indebolivate le tutele per chi lo stava perdendo, senza incentivare l'impresa che investe e genera nuovo lavoro.
A Pontida si sono alzate voci per allentare il Patto di stabilità per i cosiddetti comuni virtuosi, almeno. Da quanto tempo ve lo stiamo chiedendo in quest'Aula?
Avete proposto una riforma fiscale che rimodella aliquote e scaglioni, spostando forse - dico forse - il carico sulle rendite. Non ve lo avevamo proposto con una mozione, qui, in quest'Aula?
Sull'energia avete ballato, facendo venire i calli al Paese. Sulla Libia avete cambiato posizione ad ogni sollecitazione esterna o padana che fosse. Avete aumentato considerevolmente il debito sul PIL, senza generare nuovi investimenti e, forse, questa è la colpa più grave.
Propugnate il federalismo e lo negate alla radice, con tagli lineari e nessun riassetto istituzionale, norme invasive delle autonomie, spostamenti di Ministeri, cioè più spesa pubblica improduttiva, in una sorta di centralismo decentrato, anziché riequilibrio istituzionale. C'è molto più federalismo nelle nostre coerenze, che nelle vostre alchimie.
Continuate a rincorrere gli effetti speciali per coprire le vergogne, ma la magia non c'è più e i maghi hanno esaurito la funzione e la finzione.
Avete scommesso più sulle fortune alimentate dall'egoismo sociale, che sulle virtù civiche della nazione. Avete scommesso su un'idea malata dell'Italia, e adesso siamo punto a capo.
Dobbiamo fare l'ennesima manovra pesante per evitare il fuori gioco. Dobbiamo innovare le regole per evitare il ripudio sociale. Ad un Paese stanco ma disincantato, provato ma reattivo, chi può proporre una credibile via d'uscita? Solo un Governo autorevole che non c'è; solo una classe dirigente responsabile, che dica la verità e indichi un percorso di cambiamento - e lei, mi dispiace, signor Presidente, non lo ha fatto -, e ancora, con il ritorno al primato del bene comune, che voi avete declassato ad appendice ininfluente, subordinata ad interessi del tutto particolari.
Ecco perché la vostra permanenza forzata rappresenta un danno: perché non siete autorevoli e credibili propugnatori del cambiamento. I suoi appelli all'azione comune sono tardivi e viziati dalla partigianeria interessata, che avete sempre anteposto a logiche di comunità diffusa. Voi al massimo generate rotture, non innovazione. Perciò, in realtà, tolto il cerone, siete dei conservatori ripetenti.
Per riprendere il cammino, il Paese ha bisogno di riforme liberali, di un riformismo liberale, non di demagogia, non di paure, non di populismo, ma di responsabilità individuale e collettiva, sulla scia dei sentimenti espressi in questi tempi di celebrazione del centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia.
L'Italia non ha bisogno di voi al Governo, voi che non siete né riformisti, né liberali. Siete novelli gattopardi, abbarbicati al potere, ormai incapaci di trasmettere visioni e suscitare emozioni. È una maggioranza acquisita con la riconoscenza al mercato dei pegni parlamentari, con le emissioni di tanti «pagherò», ma assolutamente in minoranza nel Paese reale, quel Paese reale che non accetta le vostre manovre di palazzo.
Al Presidente Lupi vorrei dire che può anche darsi che Bersani abbia cambiato idea, tuttavia a fargliela cambiare non è stato il voto amministrativo, ma i referendum, che hanno bocciato tutti gli indirizzi politici del Governo! Questo è il sintomo principale: la maggioranza assoluta degli italiani vi ha negato il consenso sui vostri indirizzi politici e programmatici.
Questo è il punto della situazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Voi qui siete più larghi, dite; sì, siete più larghi ma non siete più forti, perché larghezza e forza non sono concetti naturalmente sovrapponibili e nel vostro caso sono addirittura agli antipodi. Neppure la «legge porcata», neppure il mercimonio Pag. 27parlamentare riusciranno a curare la vostra anoressia sociale e democratica. Mi rivolgo alla Lega Nord Padania, che da soggetto motore del cambiamento sta diventando un freno, svanito il patto dei produttori resta il patto di potere, «Aspettando Godot», la luna nel pozzo non c'è mai entrata. Le ali tarpate si liberano non tornando al dio Po ma, ad esempio, comprendendo che la Lombardia potrà continuare ad essere tra i quattro motori d'Europa solo se avrà un sistema Paese a corredo in un contesto nazionale rinnovato e non rinsecchito.
Infine, lei, signor Presidente, ha avuto anche dei meriti: ha aiutato Alleanza Nazionale nella sua inclusione democratica, ha aiutato la Lega Nord Padania a non prendere la via della secessione, ma ha collocato tutto ciò in una alterazione continua di regole, in una logica di democrazia proprietaria che ha ingessato l'Italia e l'ha resa più fragile. Purtroppo lei non ha incluso, ha escluso e diviso, ha cercato di comandare e non di governare, lei ha detto che sarebbe una sciagura andare ora a votare, follia sarebbe un Governo anomalo e di minoranza democratica nel punto alto della crisi. Per questo, quando chiediamo una nuova espressione di voto, lo facciamo per consentire l'avvio di una nuova stagione politica, più fresca, più serena, più utile all'Italia e agli italiani. Credo, signor Presidente, che se lei acconsentirà, anche lei avrà dato un buon contributo alla rinascita, conquistando un posto migliore nella storia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Avverto che la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sarà ora sospesa per riprendere alle 15,30. Ricordo che ha partire dalle 17,30 avranno luogo, con ripresa televisiva diretta, gli interventi conclusivi di un rappresentante per ciascun gruppo e per ciascuna componente politica del gruppo Misto, con i quali si esaurirà il dibattito. Sospendo, quindi, la seduta che riprenderà alle 15,30.
La seduta, sospesa alle 13,10, è ripresa alle 15,40.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Antonione e Vernetti sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Si riprende la discussione.
(Ripresa discussione)
PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri. È iscritto a parlare l'onorevole Montagnoli. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho ascoltato con attenzione l'intervento del Presidente del Consiglio e dei colleghi, anche dell'opposizione. In effetti, bisogna valutare quanto ha fatto il Governo in questi tre anni, dal 2008, in maniera chiara e anche onesta dal profilo intellettuale. Abbiamo ricevuto un consenso molto ampio, ma sin da subito ci siamo trovati davanti una crisi internazionale pesantissima, alla pari del 1929, e il Governo e la maggioranza hanno saputo garantire la prima cosa, vale a dire la stabilità e il rigore dei conti pubblici con delle scelte importanti. Penso che questo sia un dato di fatto che è giusto riconoscere.
Abbiamo fatto delle riforme importanti, in tanti settori, dall'università al processo civile, alla riforma del federalismo fiscale, e quello che in questi che tre anni si è visto - e anche oggi è stato dimostrato - Pag. 28è che non vi è mai stato modo di discutere con l'opposizione, perché per loro tutto quello che hanno fatto questo Governo e questa maggioranza va tutto male. Penso che questa sia una valutazione che oggi sia giusto fare, perché in più occasioni, la maggioranza e il Governo hanno chiesto di fare le riforme, quelle importanti per il Paese, e di farle assieme. Anche oggi rilanciamo questa iniziativa, perché siamo convinti che si possano veramente fare certe riforme, tutti assieme.
Sino ad oggi la maggioranza si è assunta la responsabilità, adottando scelte importanti come quella del federalismo fiscale, che cambierà la gestione dello Stato in tutti gli enti locali. Risultati importantissimi - è stato ribadito questa mattina - sono stati conseguiti in materia di immigrazione clandestina e in materia di lotta alle mafie. Mai, come con questo Governo, sono stati raggiunti risultati di questo tipo: arrestati trentadue su trentaquattro mafiosi e 21 miliardi di euro di beni confiscati. Sono risultati raggiunti da questo Governo, che mai prima nel passato erano stati raggiunti, e sono dati incontestabili.
Inoltre, sono state intraprese altre attività a difesa dei cittadini, per la pace sociale. Sono spesso citati gli altri Paesi, che mi sembra non abbiano adottato iniziative come il nostro, e cioè garantire e mettere a disposizione 37 miliardi di euro per chi oggi è in difficoltà e per chi oggi ha perso il posto di lavoro. Non lo hanno fatto gli altri! Per cui, in questi anni di legislatura, abbiamo garantito la stabilità dei conti pubblici, senza aumentare le tasse come, invece, è stato fatto nel passato.
Questa mattina ho sentito la collega Bindi - che ora presiede - dire di lasciare il campo agli elettori, che decidano. Gli elettori hanno già deciso e hanno già visto, quando amministravate voi con Prodi e Visco, i danni che avete fatto all'economia, in un momento in cui l'economia andava bene.
Abbiamo un mandato chiaro, certo, dal 2008 e che dura cinque anni. Sicuramente i problemi economici li abbiamo visti e li stiamo vivendo tutti giorni, e il risultato anche delle elezioni amministrative e del referendum ci hanno «lanciato», ovvio, qualche monito. Tuttavia, noi che siamo la Lega, presente nel territorio, fin da subito abbiamo capito queste problematiche e queste istanze dei nostri cittadini e delle nostre imprese, e abbiamo lanciato da domenica, da Pontida, un messaggio chiaro sulle cose che il Governo deve fare e che oggi il Presidente del Consiglio ha ribadito.
È stato un bell'intervento, un discorso chiaro, ma la gente ci chiede di passare dalle parole ai fatti. Cosa è stato detto, stamattina? Cambiamo il Patto di stabilità interno. Ritengo che sia impensabile e assurdo che i sindaci e i comuni che oggi hanno la disponibilità di cassa non possano adottare iniziative in tema di opere pubbliche, iniziative nel sociale e nei servizi. Questo lo dobbiamo e lo vogliamo fare sin da subito. Questa sarà la risposta e rappresenta anche un premio a quei comuni che in questi anni hanno dimostrato di rispettare le regole, i famosi comuni virtuosi. Questa è una priorità assoluta, a cui il Governo deve dare risposta.
E poi sono state fatte delle scelte importanti sul taglio dei costi della politica, sul taglio delle auto blu, sulla riforma degli enti, partendo anche dalla valutazione sul decentramento degli istituti dello Stato. Anche qui invito l'opposizione a fare delle valutazioni con noi, perché è impensabile che, ogni volta che si discuta di gestire in maniera diversa la Consob, piuttosto che l'ANAS o altri enti, fin da subito arrivi un parere negativo. Confrontiamoci, discutiamo, vediamo le cose se vanno bene o male e, sulla base di quello, facciamo delle valutazioni insieme.
Abbiamo l'assoluta necessità di fare la riforma fiscale, perché oggi le nostre imprese sono in difficoltà. C'è la possibilità di farla per far ripartire l'economia. Abbiamo approvato ieri il «decreto sviluppo» che già ha dato delle risposte importanti su Equitalia e sulla sburocratizzazione dei lavori pubblici e dell'edilizia privata; ora dobbiamo assolutamente accelerare. Pag. 29
Questo ce lo chiedono i nostri cittadini, le nostre imprese e i nostri pensionati e domenica, nel prato di Pontida, davanti a migliaia e migliaia di militanti, questo è l'impegno che abbiamo preso e che Umberto Bossi, leader unico e lungimirante, porterà avanti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Messina. Ne ha facoltà.
IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, signori del Governo, è durato da domenica a martedì l'ultimatum della Lega. Il popolo di Pontida ha alzato gli scudi per chiedere i Ministeri al Nord, la riforma del fisco, il ritiro dalla Libia e la secessione. I loro capi hanno detto: ci pensiamo noi. Martedì, però, era già tutto finito: chiuso il teatrino, calato il sipario, viene fuori la verità.
Altro che popolo di Pontida! Ma qualcuno, in questo Governo, ha rispetto del popolo di Milano, del popolo di Napoli, del popolo dei referendum? Noi dell'Italia dei Valori riteniamo che il Paese abbia bisogno di un Governo libero, non ricattato, né ricattabile, né politicamente, né moralmente. Abbiamo bisogno, in buona sostanza, di un altro Governo, che si occupi dei problemi veri del Paese. C'è bisogno, in una parola, di soluzioni e non di strumentali e finti ultimatum.
Questo è un Governo che vive una sua realtà virtuale. Sono passati tre anni e avreste dovuto - ci saremmo aspettati questa mattina - fare un consuntivo dell'attività di Governo. Invece continuate, come un disco rotto, a ripetere sempre le stesse promesse. Cinque volte avete lanciato il piano casa e dieci volte il piano per il Sud. Tra l'altro, il Presidente del Consiglio stamattina ha detto che se ne occuperà personalmente. Ci sarebbe da chiedere al Presidente del Consiglio: chi si è occupato finora del piano per il Sud?
Dieci volte avete detto che abbasserete le tasse, per poi scoprire che ci vuole un'altra manovra correttiva dall'entità fluttuante (prima erano 9 miliardi, poi 15, poi 40), un folle ballo di cifre mai certe e sempre diverse. Presidente del Consiglio, altro che aver capito da subito che c'era un problema e aver individuato la crisi! Ancora si continua in questo senso, senza aver capito dove andremo a parare. E poi ancora ricordate, a seconda della necessità e degli umori della gente, alla bisogna: via il bollo auto, via il canone RAI.
Lo facciamo noi un primo consuntivo, signor Presidente: un Ministro dell'economia che ha fatto il Ministro sette anni negli ultimi dieci e non ha ancora trovato una soluzione credibile, che agita sempre lo spauracchio della Grecia - ma noi vogliamo riferirci alla Germania, non alla Grecia, non siamo interessati a quella - e che ha protetto il malaffare a danno della povera gente, inventando lo scudo fiscale al 5 per cento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori) e tassando i pensionati al 21 per cento, che doveva istituire - vi ricordate? - la Robin tax e che invece oggi parla di aumentare l'IVA e che non ha mai pronunciato le parole «lotta all'evasione fiscale».
Vi è poi un Ministro della pubblica amministrazione e dell'innovazione che non trova di meglio che apostrofare una giovane precaria come parte peggiore dell'Italia, una precaria che aveva osato addirittura domandargli qualcosa. Vede, signor Presidente del Consiglio, tra noi c'è un'incolmabile distanza culturale. Per noi il precariato è una questione seria, da affrontare e risolvere, ed è parte del nostro Paese, non la parte peggiore.
I faccendieri sono la parte peggiore del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori) e non useranno mai la nostra carta intestata. I corrotti sono la parte peggiore, i grandi evasori sono la parte peggiore. Risparmiateci i proclami. Vi diciamo noi dove trovare i soldi senza colpire la povera gente: via le province, basta con la guerra in Libia, scudo al 15 per cento, eliminazione delle auto blu. Lo avete detto voi stessi che poi, però, non lo fate, per cui che ve lo diciamo a fare? Signor Presidente, voi non volete risolvere il problema, perché pensate di ricavare consenso dal bisogno, ma per fortuna i cittadini lo hanno capito. Pag. 30
Come vede, signor Presidente del Consiglio, non ho parlato dei fatti personali che la riguardano, delle leggi ad personam, delle riforme epocali, dei faccendieri che frequentano i Palazzi o dei falliti che continuano ad organizzare festini. Signor Presidente, noi stiamo lavorando per costruire un Paese diverso dove chi rispetta la legge è rispettato e chi la viola è condannato, dove chi non ha un lavoro ha il diritto di trovarlo, dove i giovani disoccupati sono una risorsa e non la parte peggiore, dove le imprese non sono tassate al 68 per cento, dove prima di aumentare le tasse a chi le paga già si pensa a combattere gli evasori.
Signor Presidente del Consiglio, mentre voi continuate a compiacervi di una fiducia virtuale nel Palazzo, aggrappati ai «responsabili» di turno...
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Messina.
IGNAZIO MESSINA...noi preferiamo trovare questa fiducia tra la gente di Napoli, di Milano, di Bologna, di Torino, nel popolo dei referendum e lavoriamo per costruire insieme a tutti quelli che non si rassegnano al suo malgoverno, e sono la maggioranza nel Paese, un'Italia migliore e moralmente diversa dalla sua (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.
LORENZO RIA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, molte delle tesi che lei sostiene possono anche essere condivise in linea teorica, il problema è che si tratta degli stessi impegni che ha preso a settembre con il Parlamento, i famosi cinque punti che furono il tormentone della scorsa estate. Si tratta di impegni presi tante volte in questi anni, eppure rimasti sempre e solo dei proclami. Il problema è che il suo Governo non è stato capace per tutto il corso della legislatura di fare scelte forti e risolutive proprio perché indebolito dai conflitti interni alla maggioranza che oggi lei cerca ancora una volta di minimizzare.
Noi ci saremmo aspettati, in questo passaggio parlamentare di verifica e di informativa su quanto è accaduto alla maggioranza venuta fuori dalle urne del 2008, una riflessione approfondita sul perché della crisi politica o quanto meno sulle linee che oggi accomunano la Lega, i Responsabili e il Popolo della Libertà, nonché su quali programmi comuni si regge il voto congiunto dei deputati e dei senatori che la sostengono. Invece, abbiamo assistito ancora una volta ad una semplice manifestazione di intenti: il rinnovo del sistema fiscale, il piano per il sud, le riforme istituzionali. Sono tutte misure ancora in cantiere, nonostante siano tre anni che ne sentiamo parlare.
Questa di oggi sarebbe stata un'ottima occasione per non ripetere gli errori sin qui fatti, quelli cioè di fare promesse poco fondate e di stilare un'agenda di scarso interesse per il Paese. Non potete più chiudere gli occhi di fronte ai molteplici segnali di crisi: un debito pubblico che sfiora i 120 punti percentuali sul PIL, la lentezza nella crescita, le scelte di politica energetica e in tema di beni comuni del tutto rifiutate dal Paese, la manifestazione di contrarietà al Governo che gli italiani hanno espresso durante le ultime consultazioni amministrative, gli scontri istituzionali che si sono consumati in questi anni con il Quirinale, con la magistratura, con la Corte costituzionale. Questi sono tutti gravi sintomi di una crisi che, per quanto lo si voglia platealmente negare, è alle porte. Prenda atto, signor Presidente, di una situazione di difficoltà che rischia di condurre il Paese alla stagnazione definitiva e la sua maggioranza al collasso. Certo, il vostro Governo potrà anche sopravvivere numericamente in Parlamento per qualche mese ancora, ma se non dimostra quel dinamismo e quell'autorevolezza necessari per governare non può avere lunga vita.
Noi dell'Unione di Centro, insieme agli amici del Terzo Polo, ci siamo impegnati a rappresentare seriamente una prospettiva responsabile e riformatrice e per dare un contributo costruttivo alla ripresa dell'Italia. Sappiamo però che si tratta di un Pag. 31compito molto arduo soprattutto se il Governo, invece di individuare le soluzioni per un rilancio dell'economia e per limitare le incertezze che attanagliano la vita di famiglie e imprese, si preoccupa del trasferimento dei Ministeri al nord. Qui non si tratta del rapporto di amicizia e lealtà tra lei e Bossi, né dei suoi ripetuti tentativi di combinare matrimoni improbabili con parti dell'opposizione. Le questioni in ballo sono così importanti che non faranno altro che scatenare dissenso nel Paese, più di quello che i cittadini stanno già manifestando.
Quale credibilità, allora, hanno le riforme promesse, impegnative e coraggiose, come quella fiscale, se per tre anni ci si è occupati di tutt'altro, anche quando la maggioranza aveva davvero il vento in poppa?
Ieri abbiamo - o meglio, avete - votato la quarantaquattresima fiducia della legislatura, il che è sintomatico della sofferenza di una maggioranza che, due volte su tre, rischia di non tenere. E non vi è niente di più emblematico del vostro modo di governare, signor Presidente del Consiglio, dell'atteggiamento che avete utilizzato in tema di piano per il sud, che è stato al centro dei proclami del Governo almeno cinque volte dall'inizio della legislatura, sin dai tempi in cui Scajola guidava il Ministero dello sviluppo economico.
Era il luglio 2009 quando il Governo parlò di interventi strategici, di facilitazioni fiscali per l'avvio di nuove imprese e di una banca del Sud. Non voglio soffermarmi sulle molteplici ed evanescenti tappe che questo piano ha fatto negli ultimi anni. Basta solo dire che il 9 febbraio scorso il Ministro Fitto ha annunciato pubblicamente che entro il 30 aprile sarebbe stato operativo. Ebbene, ad oggi siamo ancora a presentare, come ha fatto lei stamattina, le otto priorità, a proporre di riunire il CIPE mensilmente e soprattutto, Presidente, se afferma di volersi impegnare personalmente a seguire l'attuazione di questo piano vuol dire che il Ministro Fitto fino ad oggi non ha fatto un buon lavoro.
In conclusione, è necessario un autentico sforzo di ripresa, sostenuto da una maggioranza solida e coerente e non è sufficiente che lei, signor Presidente, auspichi il sostegno dei settori più moderati dell'opposizione e di tutti coloro che si riconoscono nel Partito Popolare europeo. Oggi, signor Presidente, all'orizzonte non si vede niente di tutto questo e il suo Governo, bacchettato ulteriormente a Pontida, rivela, ogni ora di più e ogni giorno di più, tutte le sue fratture e la sua fragilità (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Antonio Martino. Ne ha facoltà.
ANTONIO MARTINO. Signor Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, cari colleghi, il suo discorso, Presidente, di stamane mi ha fatto riandare con il pensiero al 1994. In quell'anno, come lei ben ricorda, dovetti fare una scelta per me difficile. Avevo partecipato attivamente alla stesura del programma di Forza Italia. Era il programma più radicalmente liberale mai presentato in Europa e questo non lo dico io, che avevo contribuito a scriverlo, ma lo hanno detto anche osservatori stranieri. Avevo partecipato a molte trasmissioni televisive non solo sulle reti Mediaset ma, come la presidente Bindi ricorda, anche in trasmissioni della RAI, in ambienti non sempre particolarmente favorevoli a questo nuovo movimento politico.
Avendo, quindi, investito il mio nome, le mie idee e la mia faccio in questo nuovo movimento politico, lei usò, per convincermi a cambiare mestiere, un'argomentazione alla quale non seppi rispondere. Mi disse: «Ma se lei, professore, non si candida alle prossime elezioni la gente dirà che prende le distanze da noi e questo ci indebolirà». Non seppi rispondere e abbandonai quello che ritengo essere il mestiere più bello del mondo: l'insegnante universitario.
Quanto si è realizzato di quel programma? Quanto abbiamo fatto nella direzione Pag. 32indicata da quel programma? Quel programma, Presidente, è stato da lei seguito sempre in tutti i suoi discorsi. È stato in base a quella ispirazione che abbiamo vinto - che lei ha vinto - le elezioni del 1994, del 2001 e del 2008. Vi è continuità tra i suoi discorsi del 1994, del 2001 e del 2008. Le parole sono quasi identiche. Questo è stato indicato da taluno, a sinistra, come un difetto. A me sembra, invece, un grande pregio. Significa che quella ispirazione era davvero la sua e che lei sinceramente credeva - e continua a credere - che quella fosse la direzione verso cui muovere.
Se dicessi che abbiamo realizzato per intero quel programma direi una cosa del tutto falsa.
In alcuni campi, abbiamo fatto dei passi avanti, in altri no, ma mai abbiamo fatto un passo indietro rispetto a quella ispirazione ideale. Colleghi, gli ideali politici hanno la caratteristica di non essere realizzabili perché, una volta realizzati, diventano inutili. L'ideale politico è come la bussola: indica la direzione, ma così come la bussola è inutile al polo nord magnetico anche l'ideale politico, se realizzato, diventa inutile. L'ideale politico deve indicare la direzione verso cui muovere: le nostre società possono progredire perché sono imperfette e sono capaci di cambiare.
Una cosa, tuttavia, a me sembra certa, signor Presidente, ossia che gli elettori hanno avuto fiducia nelle nostre idee, nelle sue idee e hanno avuto fiducia soprattutto perché non promettevamo loro di gestire l'esistente, ma di cambiarlo. Non ci hanno mandato al Governo per mantenere invariate le cose, ma perché si aspettavano una profonda trasformazione del nostro Paese. Questo dovrebbe continuare ad essere il nostro impegno prioritario.
Vorrei dire però qualcosa anche ai colleghi della sinistra o meglio - se mi consentite - agli amici della sinistra perché avere idee diverse, a volte anche contrapposte, non vedo perché debba determinare sentimenti di inimicizia. La presidente Bindi potrà testimoniare che le nostre idee certamente non collimano, ma che questo non impedisce a me - e credo anche a lei - di nutrire reciprocamente stima, rispetto e simpatia. La democrazia, onorevoli colleghi, è opposizione: un Paese non è democratico quando ha un Governo perché anche i Paesi non democratici hanno un Governo, ma solo i Paesi democratici hanno un'opposizione e, quanto più è vigorosa credibile e autorevole l'opposizione, tanto più democratico è il Paese.
L'onorevole Bertinotti, quando Romano Prodi non voleva che egli competesse nelle primarie, gli rispose: «La democrazia comincia da due». Si tratta di un'osservazione assolutamente ineccepibile; infatti che democrazia vi sarebbe con un solo concorrente contro nessuno? Necessariamente, se il concorrente è uno solo, non può che arrivare primo e ultimo al tempo stesso. Tuttavia ritengo che la democrazia finisca anche con due perché, laddove i partiti sono più di due e sono molti, la democrazia non aumenta, ma diminuisce. Un Paese basato sul multipartitismo sottrae la scelta del Governo alla sovranità popolare e l'affida ai leader di partito, che prenderanno una decisione dopo che le elezioni hanno avuto luogo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Per questo, credo nel bipolarismo e nel bipartitismo.
Mi dispiace che non sia qui tra noi il mio amico, il presidente, onorevole Pier Ferdinando Alcide Casini - non so se Alcide sia il suo secondo nome, ma credo che gli farebbe piacere avere questo nome - perché gli vorrei ricordare che ho una sua lettera, nella quale mi rimprovera di aver messo in dubbio la sua sincera credenza nel bipolarismo, ossia nella contrapposizione di due poli. Egli non è qui fra noi, ma non mi sembra che ultimamente abbia espresso idee di questo genere.
Onorevole Bindi, il mondo è cambiato moltissimo dal 1994, ma per tutte le parti dello schieramento politico. Una volta a sinistra sedevano i libertari: uno di questi è diventato sindaco di Milano; si tratta di Giuliano Pisapia, che espresse qui in Parlamento opinioni che io, da liberale, interamente condivido sul problema della giustizia. Pag. 33 A destra sedevano i giustizialisti, o addirittura i forcaioli. Oggi mi sembra che avvenga il contrario: a sinistra ci sono alcuni libertari, ma sono confinati in «piccionaia»: si tratta dei pochi radicali eletti nel Partito Democratico, altrove vedo giustizialisti e forcaioli (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Una volta, a sinistra vi erano quanti credevano fortemente nella democrazia e nella sovranità popolare. Citerò un caso per tutti: Palmiro Togliatti, nell'ambito della Costituente, si dichiarò contrario all'istituzione della Corte costituzionale, argomentando che, dal momento che il Parlamento è eletto dal popolo sovrano, nessuno può censurare la volontà del Parlamento. A sinistra si credeva nella democrazia.
A destra, viceversa, c'erano coloro i quali erano scettici sulla saggezza delle scelte popolari e provavano una certa simpatia per i Governi autoritari, per non dire per i golpisti. Oggi i golpisti stanno a sinistra. Un autorevole intellettuale dal cognome palindromo, Alberto Asor Rosa, palindromo perché può essere letto in entrambi i sensi, recentemente ha auspicato un golpe realizzato da carabinieri e polizia per abbattere il Governo Berlusconi. Conoscendo i carabinieri, un po' meno la polizia, ritengo assai poco credibile un'ipotesi del genere. Onorevole Bindi, se l'avesse sostenuto un ex missino che cosa avreste detto a sinistra? Che ci sia un intellettuale di sinistra che chiede un golpe, a me sembra veramente bizzarro, o no?
Ho molto ammirato l'onorevole Bersani, che è presente e che saluto - lei sa che le ho telefonato per farle gli auguri e le congratulazioni, quando è diventato segretario del Partito Democratico - per la sua «lenzuolata» di liberalizzazioni. L'espressione «lenzuolata» deve essere tipica della provincia di Bologna, perché a me non risulta usata in politica economica.
RENATO CAMBURSANO. Piacenza.
ANTONIO MARTINO. Piacenza, chiedo scusa. Ho sbagliato la provincia, ma suppongo che siamo sempre in Emilia. Sa io sono nato più vicino a Tunisi che a Roma, quindi per me questo è l'estremo nord (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Ebbene, con quelle «lenzuolate», lei mi perdonerà, mi sembrò proprio che la montagna avesse partorito il topolino. Soprattutto mi stupisce davvero, onorevole Bersani, che lei abbia potuto dichiararsi favorevole ai due referendum che impediscono ai privati di rientrare come soci di minoranza nelle società di gestione degli acquedotti pubblici. È una cosa vergognosa e contraddittoria (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Soprattutto a sinistra c'erano i fautori del cambiamento, anche rivoluzionario. A destra c'erano i conservatori, i quali volevano mantenere l'esistente e non cambiarlo. Oggi è il contrario, a destra ci sono quelli che vogliono cambiare l'esistente e a sinistra i più feroci difensori dello status quo. Onorevole Bindi, è questa la sinistra che lei sognava? Io non credo.
La concorrenza sprona tutti al miglioramento. Quando un'impresa sa di avere concorrenti credibili e aggressivi cerca di migliorare la sua produzione per conquistare fette di mercato. La concorrenza fra l'opposizione e la maggioranza è il più importante elemento della democrazia. Nel Regno Unito, fino a non molti anni fa, il capo dell'opposizione di Sua Maestà percepiva uno stipendio superiore a quello di Primo Ministro. Evidentemente la Costituzione inglese non scritta ritiene il ruolo dell'opposizione più importante di quello della maggioranza.
Onorevoli colleghi della sinistra, non voglio scaricare su altri responsabilità che dovrebbero essere attribuite a noi, ma non fate il contrario. Una parte delle manchevolezze che voi, a torto o a ragione, attribuite al Governo sono dovute al fatto che non ha di fronte a sé un'opposizione coesa, credibile, alternativa e che offra davvero la possibilità di cambiare formula governativa rispetto a questo Governo. Voi non rappresentate un'alternativa fattibile a questo Governo ed è da questo che nascono quasi tutti i problemi della nostra Pag. 34democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Onorevole Martino, di tutte le domande che mi ha rivolto ci sarà occasione di parlare
È iscritto a parlare l'onorevole D'Antoni. Ne ha facoltà.
SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Signor Presidente, anche io sono nato più vicino a Tunisi e stimo l'onorevole Martino, che oggi ha sostenuto una tesi veramente nuova e stranissima, ossia che se la maggioranza non funziona è colpa dell'opposizione. Se questa è una tesi accettabile, vedete voi, vi consolate, è un problema vostro. L'onorevole Martino che ha tanto criticato le «lenzuolate», mi fa la cortesia di segnalarmi una sola proposta di liberalizzazione votata in questi tre anni, e che lei ha potuto votare, presentata da questa maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)? Se me ne indica una, allora può fare tutte le critiche che vuole, se non me la indica, non ricorra ad argomenti che non stanno in piedi, pur di giustificare una maggioranza che anche lei, ahimè, vede non andare avanti.
Proprio per questo mi concentrerò, da vera opposizione, solo su una questione. Tutto il resto lo lascerò a chi ha già parlato prima di me del mio gruppo e poi al segretario del partito. La questione su cui mi concentrerò è il Piano per il Sud, perché il Presidente del Consiglio, questa mattina, ha detto che lo seguirà personalmente (è una frase impegnativa).
Purtroppo questa stessa frase era stata pronunciata ben due anni fa, nel luglio del 2009. Si disse che sarebbe stato fatto il Piano per il Sud: fu chiamato Piano Marshall, anzi, si parlò di nuova Tennessee Valley, si usavano, cioè, tutte parole inglesi, così la gente si confondeva. Si disse: da ora in poi lo seguiremo noi. Benissimo, voglio ricordare qui brevemente cosa è successo in questi due anni, per capire il senso di questa promessa che oggi ci è stata fatta.
In questi due anni vi è stata la crisi, come è stato detto. Questa è una crisi particolare, che colpisce, per la sua natura, i deboli, le zone deboli, i ceti deboli. Colpisce di meno i forti, i ceti forti e le zone forti. È una crisi del tutto speciale nella sua dimensione: chi rischia di più è l'artigiano che non ce la fa, perché è più debole, è il commerciante che non riesce a vendere e rischia, è il precario che per primo perde il posto di lavoro e che non ha tutele di assistenza sociale, è tutta la parte debole del Paese e delle zone deboli del Paese, che hanno più parti deboli.
Ebbene, se si voleva affrontare la crisi, si doveva fare un vero Piano per il Sud, ripartendo dai ceti deboli e dalle zone deboli. Si è fatto esattamente il contrario, signor Presidente del Consiglio. Non so se questa vicenda l'ha seguita personalmente lei o meno. Quello che so è che si è fatto il contrario, cioè si sono sostanzialmente abbandonati il Sud, le zone deboli, i ceti deboli, e si sono privilegiati i forti. Questo ci consegna numeri impressionanti.
Gliene ricordo qualcuno: su 530 mila disoccupati, 385 mila sono delle zone meridionali. Su una caduta complessiva dei consumi vi è una perdita del consumo nelle zone meridionali che è pari al doppio che nel resto del Paese. Sulla caduta dei redditi vi è una condizione complessiva delle famiglie che vanno a rischio povertà senza precedenti. L'ISTAT parla di una ogni quattro, il 25 per cento. È una cifra impressionante! L'Italia tutta in questi anni si è impoverita, tanto è vero che siamo, su 27 Paesi dell'Unione europea, al diciottesimo posto, ma il Sud è ultimo insieme alla Romania e alla Lettonia.
È bene che sappiate, proprio perché ve ne occupate personalmente, che questa è la situazione esistente ed è questo il punto da cui bisognerebbe ripartire, ma voi avete fatto un Piano per il Sud che la Commissione europea, il Commissario europeo, ha detto che non può funzionare, perché manca la parte di finanziamento italiano. Quindi, non può funzionare. Manca l'essenza, onorevole Martino, manca l'essenza di un piano. Se devi fare qualcosa e devi farlo funzionare, ci devi mettere le risorse. Pag. 35
Che avete fatto delle risorse? Che ne avete fatto in questi anni, signor Presidente del Consiglio? È una bella domanda! Trenta miliardi di risorse del FAS, il Fondo per le aree sottoutilizzate, sono stati letteralmente cancellati, depredati, per fare tutto e il contrario di tutto; per finanziare cause nobili, sicuramente, come per la ricostruzione dopo il terremoto - non si capisce perché a danno solo delle zone deboli - oppure per gli ammortizzatori sociali, di cui tanto vi vantate, finanziati tutti con i soldi delle zone deboli. Ma queste risorse sono state anche usate per cose ignobili: i traghetti nel lago di Como, le multe delle quote latte che gli agricoltori del Nord, difesi dalla Lega, non vogliono pagare. Sono state pagate con quei soldi! L'ICI sulle case di lusso, con quei soldi!
Ecco, onorevole Martino, nato vicino a Tunisi, si chieda perché tutto questo è avvenuto; si chieda perché tutto questo è stato trascurato. Se il Sud non cresce, è l'Italia tutta che non cresce.
Senza le zone deboli che vanno avanti, anche le zone forti ne soffrono. Difatti, è l'Italia tutta che non cresce. Per avere un Nord forte ci vuole un Sud forte. Fino a quando non lo capirete, renderete l'Italia quello che possiamo vedere, ossia un'Italia che non cresce. Solo lo Zimbabwe ed Haiti sono dietro di noi, tutti gli altri Paesi ci sono davanti! Questo è il primato dei vostri otto anni di Governo sugli ultimi dieci.
Ora, cosa resta? Resterebbero 23 miliardi di euro di Fondi europei, ma per utilizzarli occorrono 23 miliardi di euro italiani, altrimenti non si possono utilizzare. Dove sono questi 23 miliardi di euro italiani? Saremmo curiosi di saperlo. Sono spariti, non se ne ha più notizia. Il Ministro Tremonti non dice più nulla a proposito. Abbiamo avanzato una proposta banale da inserire nel testo del decreto sviluppo da voi tanto vantato, così tanto vantato che non lo avete neppure letto perché, avendo posto la questione di fiducia, non vi è stato possibile leggerlo. Chi lo ha letto sa che avete introdotto una misura, il cosiddetto credito d'imposta per l'occupazione, un segnale che faceva emergere il vostro interesse per questa parte del Paese.
Ebbene, avete legato questa misura all'autorizzazione europea per usare i Fondi europei, quei 23 miliardi di euro di cui ho parlato. Senza la quota italiana non vi autorizzeranno. Quindi è una grande promessa inutile, una grande presa in giro, un modo incredibile di fare politica e di non realizzare mai nulla, tanto è vero che prima avete accettato l'emendamento in base al quale si chiedeva di renderlo immediatamente operativo attraverso un'anticipazione delle risorse del FAS e poi, in maniera ignobile, in quest'Aula avete posto la fiducia su un testo diverso da quello approvato dalle Commissioni. Questo è il vostro modo di affrontare, per fortuna, personalmente il problema del Sud. Mi chiedo, signor Presidente del Consiglio, se non lo affrontasse personalmente che cosa succederebbe? Un disastro, una slavina (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Che cosa vuole da noi? Non ho capito. Qual è il suo intendimento rispetto a questo tema?
Le porto qualche altro esempio, pur non avendo ancora molto tempo a disposizione. Dato che se ne deve occupare personalmente, le parlo della scuola. Lo sa che i tre quarti dei tagli previsti per la scuola sono nel Mezzogiorno? Lo sa? Sono gli insegnanti meridionali che stanno pagando il prezzo più alto! Le dico con grande sincerità che ogni scuola che chiude al Sud è un carcere che si apre. Lei può arrestare tutti quelli che vuole, ne avrà tanti altri da arrestare, se non interviene in materia di formazione e di scuola (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori), se non si rende conto di questo elemento fondamentale, ossia che bisogna sottrarre alla cultura mafiosa o camorristica tutti quelli che rischiano di esserne attratti.
Vogliamo parlare poi della questione relativa a Termini Imerese? Le racconto un fatto che probabilmente non conosce. Marchionne, tornando dagli Stati Uniti, si è lamentato perché lì lo accolgono bene, Pag. 36mentre in Italia no. Allora il Ministro Romani, che non è qui in Aula, e me ne dispiaccio, ha detto: «Ma no, noi lo accogliamo benissimo, tanto è vero che gli abbiamo risolto il problema di Termini Imerese». Lei lo sa come è stato risolto il problema di Termini Imerese? Vi è una cosiddetta short list che deve prendere il posto della FIAT: i primi due della lista sono agli arresti nelle carceri italiane, il terzo è preso a sassate dai suoi operai, perché non paga gli stipendi da cinque mesi! Questa è la soluzione di Termini Imerese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)! Signor Presidente del Consiglio, se ne occupi personalmente! Spero che, al punto in cui siamo, non se ne occupi più perché, altrimenti, il disastro sarà veramente incredibile (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Proprio per questa ragione faccio una considerazione finale. L'Italia è una, voi avete lavorato tanto per dividerla, per dividere i forti dai deboli, il Nord dal Sud, il sindacato e così via, ma l'Italia può aprirsi ad un nuovo percorso e ad una nuova crescita se è unita, se è unito il sindacato e il Paese, così come hanno dimostrato grandi protagonisti della nostra storia, da Dante, che unificò l'Italia attraverso la lingua, a Cavour, che unificò questo Paese, a, me lo lasci dire, un grande Presidente della Repubblica che il 17 marzo, contro di voi, ha fatto riscoprire il patriottismo di questo Paese senza il quale non si va da nessuna parte (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Onorevole D'Antoni, la prego di concludere.
Per questa ragione, in conclusione, signor Presidente, proprio come frase finale, riporto una bella frase di Abramo Lincoln. Se non si occupa di Mezzogiorno, se la può leggere, signor Presidente del Consiglio. Se la legga con calma: si possono prendere in giro poche persone per molto tempo, si possono prendere in giro molte persone per poco tempo, è impossibile prendere in giro molte persone per molto tempo.
Ecco quello che sta avvenendo e che è avvenuto esattamente il 15 e 16 maggio e il 12 e 13 giugno. Potete avere tutte le maggioranze in questo Parlamento, ma la presa in giro è finita (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.
MANLIO CONTENTO. Signora Presidente, vorrei partire da una considerazione che mi ha suggerito in questo momento il collega che mi ha preceduto, perché in essa ritrovo la filosofia di una parte di quel mondo che guarda a sinistra. Quando ci si interroga sui tagli alla scuola (all'epoca circa 54 miliardi) e si dice che una scuola chiusa significa un carcere pieno di gente, si ha poca fiducia negli essere umani e se ne ha troppa nello Stato, perché potremmo ricordare che, nonostante finanziamenti molto più cospicui in ogni direzione, le carceri non si sono affatto svuotate e, anzi, gli stessi dati che il collega D'Antoni offre sono esattamente l'opposto della realtà. Se infatti avesse cura di verificare con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con i dati ufficiali, scoprirebbe che, nonostante i tagli, questo Governo, per quanto concerne la scuola, ha introdotto una riforma che ha coniugato la spesa con il merito, che ha cercato di restituire efficienza e che tenta di ridare dignità a quelle istituzioni che voi da sinistra avevate trasformato in qualcosa di diverso (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà): non delle fucine di formazione culturale, ma il 27 del mese, in cui parcheggiare decine di migliaia di precari, che sicuramente hanno la colpa di aver creduto alla sinistra e che troppo spesso si sono rivolti al centrodestra per sanare i danni che voi avete combinato negli anni in cui siete stati al Governo.
Avete ragione. Avete ragione, sono circa otto anni nell'ultimo decennio che siamo stati al Governo. A voi ne sono bastati due Pag. 37per dimostrare agli italiani che era meglio che andaste a casa (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania), perché in così poco tempo eravate riusciti a far verificare qual è la vostra capacità e oggi siete qui divisi come opposizione a cercare di far credere all'opinione pubblica che affidare le sorti di questo Paese in un momento difficile e drammatico a questa composta opposizione sarebbe il futuro a cui guardano gli italiani.
Mi dispiace, sono d'accordo, una volta tanto, con l'amico Di Pietro quando dice: non appropriatevi del risultato del referendum. Lo fa con intelligenza, perché oggi voi cavalcate questa protesta, pensando che cavalcandola si possa restituire dignità alle istituzioni e non vi rendete conto di che cosa vi state accingendo a fare. Ne volete un esempio, che voi sosterrete? Il prossimo argomento sarà sicuramente la legge elettorale e qualcuno penserà di sottoporre ad un referendum abrogativo la legge elettorale. E come lo farà? Inserendo all'interno del quesito abrogativo anche quella parte che tanto vi dà fastidio - voi che amate la democrazia - ovvero quella dell'indicazione del candidato premier. Voi, infatti, vi farete scudo dei discorsi fumosi e utopistici per colpire al cuore quello che l'opinione pubblica ha stabilito e che questo Parlamento ha decretato, ovvero che il premier lo sceglie direttamente il popolo italiano. Ma siccome voi, se questa regola rimane in piedi, rischiate di perdere per altri decenni, avete l'esigenza di restituire naturalmente all'assemblearismo parlamentare l'essenza di quello che è il voto popolare e la scelta di fondo.
Voi, infatti, siete bravi, bravissimi per quanto concerne questi escamotage all'interno delle Aule parlamentari, perché senza quelli non siete in grado di vincere anzi, quando venite messi alla prova, il fallimento lo decretate giorno dopo giorno con le vostre divisioni. Ma con che faccia parlate oggi del rischio che corrono le nostre missioni internazionali, quando abbiamo registrato il fallimento di Governi di sinistra (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) a cui guardate oggi e strizzate l'occhio con determinate formazioni per cercare di sconfiggere il centrodestra, infilandovi molto probabilmente ancora una volta in quel tunnel che abbiamo già avuto modo di verificare?
Signor Presidente, abbiamo bisogno di restituire entusiasmo soprattutto ai nostri giovani perché essi, purtroppo, è vero, negli ultimi tempi ci guardano con un po' di preoccupazione, che è la preoccupazione tipica dei gravi problemi del Paese e della mancanza di ideali che possano riportare anche la coalizione di centrodestra ad essere il riferimento delle speranze di questa nazione. Non soltanto dobbiamo cercare di creare un grande partito che guardi appunto a queste attese e speranze, dobbiamo costruire una federazione della libertà e della responsabilità, perché anche nelle aule parlamentari manca, purtroppo, questa responsabilità ed è l'elemento con cui oggi la politica deve fare i conti. Li deve fare sotto il profilo della crisi economica e facile è stato dall'altra parte della barricata darci consigli sull'economia non richiesti, altra cosa è fare i conti e farli quadrare per evitare che il risparmio degli italiani investito in titoli di Stato venga cancellato, indebolendo, come accade in altri Paesi, lo stesso reddito delle famiglie. È facile parlare e criticare le intese che vengono varate a livello di altri Paesi - mi riferisco alla Germania, alla Volkswagen, tanto per fare esempi concreti, alla Mercedes e alle più grandi imprese che hanno sottoscritto accordi contrattuali che facevano lavorare di meno per far lavorare tutti e che andavano incontro ad esigenze del Paese - quando voi strizzate l'occhio a quella parte delle organizzazioni sindacali che non si mette in discussione per il futuro di questo Paese! Questa è la responsabilità che vi manca e quando il confronto politico arriverà - mi auguro tra due anni ma, se fosse anche prima, siamo qui, non vi preoccupate, non lasceremmo tranquillamente la strada e il passo alla sinistra -, quando il momento verrà, il confronto politico sarà su questi due grandi concetti, la libertà e la responsabilità. E in proposito vorrei anche ricordare a chi mi ha Pag. 38preceduto che se oggi le sue critiche si appuntano sul credito di imposta, forse dimentica che abbiamo appena approvato - con un'altra, è vero, delle fiducie richieste e ottenute all'interno di questa Camera - il provvedimento che dà il via a quel progetto di riforma del Mezzogiorno che prevedeva, proprio nella direzione di cui parlate voi oggi, nei confronti dei ceti più deboli, il credito di imposta come prima risposta, insieme naturalmente alle zone competitive sotto il profilo burocratico e fiscale.
Del resto, come è che non vi ricordate quando questo Governo ha chiesto la responsabilità nel confronto politico con le sue proposte? Vogliamo fare un altro esempio? Il famoso Piano casa varato tra il 2007 e il 2008. Quali regioni, amici della sinistra (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). ..
PRESIDENTE. Colleghi, vi prego...
MANLIO CONTENTO. ... quali regioni si sono opposte al Piano casa se non le vostre regioni, soltanto perché infarcite di ideologia e del desiderio di bloccare una riforma e un'iniziativa cui questo Governo guardava per dare risposta ad un'esigenza come la casa? Non furono le vostre regioni ad impedire tutto questo? Cari amici, in quali altre occasioni vi siete opposti se non tutte? Vogliamo parlare del senso di responsabilità di fronte, ad esempio, alle riforme? Ce ne sono alcune in discussione. La riforma della giustizia, per esempio - capisco che non vi piaccia -, ma sicuramente dovrete rispondere voi, non noi, all'opinione pubblica perché siete contrari a stabilire in Costituzione la responsabilità della magistratura; dovrete rispondere voi, non noi, perché siete contrari alla separazione delle carriere; dovrete rispondere voi, non noi, perché non siete pronti a discutere le riforme che avete presentato come progetto di legge. E perché non ne avete chiesto la discussione? Siamo pronti ad affrontarle...
ROBERTO GIACHETTI. Perché ci avete dato prima le altre!
ANTONIO DI PIETRO. Ma fatele!
MANLIO CONTENTO. ... siamo felici di affrontarle, perché voi avrete la possibilità di farle calendarizzare in base al Regolamento della Camera.
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia! Onorevole Giachetti!
MANLIO CONTENTO. Signora Presidente, c'è un'altra questione che sempre mi diverte anche nella polemica - lei sa che non mi sottraggo e amo le polemiche con il fronte opposto - ed è quella - sempre nell'ambito dell'intelligenza del fioretto, cara Presidente - relativa al trasferimento dei ministeri. Vede, se ne è fatto un gran parlare e molti esponenti hanno chiesto la parola in quest'Aula. Ho qui un atto parlamentare del 1996, lo ricorderà, signora Presidente, eravamo insieme anche in quell'occasione.
Era la replica delle dichiarazioni programmatiche di un certo, all'epoca, Presidente Prodi (non lo dimenticherà senz'altro). Parlava dell'esigenza di arrivare al federalismo. Vorrei ricordare a quest'Aula, ai banchi dell'opposizione, che i provvedimenti delegati relativi al federalismo, sia esso di carattere fiscale, sia esso municipale, sia esso relativo alla riforma sanitaria, sono tutti stati approvati, anche con il vostro consenso. Quindi quando dite che le riforme non vanno avanti pregherei di guardare anche al vostro interno e di ricordarvi che qualche voto lo avete dato anche voi all'interno di questa discussione e a questi provvedimenti. Ma la questione più divertente che avete ricordato in quest'Aula era il passaggio che il Presidente del Consiglio di allora dedicò al cosiddetto federalismo, di cui anche il discorso che abbiamo fatto sulla capitale reticolare è uno degli aspetti fondamentali. Cito testualmente: alla domanda di Paissan che chiedeva che cosa intendessimo per capitale reticolare noi rispondiamo che vogliamo cominciare davvero la realizzazione di quello che esiste negli altri Stati federali, cioè che non solo uffici decentrati Pag. 39ma anche grandi centri decisionali sono distribuiti nel Paese e cominciamo dalle strutture nuove; nasceranno le Authority, queste non potranno nascere a Roma, saranno l'inizio del discorso del decentramento, che comprenderà anche strutture di comando del Paese che ora sono localizzate a Roma e che un Paese federale vede invece vivere in tutto il suo territorio.
Questa è la strada che avete sempre perseguito (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania), come quando nella discussione politica accusate questa maggioranza di aver fatto di tutto per rimanere al Governo mentendo a voi stesso e al Paese, perché sapete che è esattamente il contrario, che è stato qualcun altro a tentare di rovesciare l'esito delle elezioni che avevano dato a questa maggioranza il diritto di governare. A proposito delle letture della Carta costituzionale che anche in questa Aula recentemente si sono ripetute, mi sembra che l'articolo 70 della stessa dica che le Camere durano in carica cinque anni. Mi corregga signora Presidente se ricordo male quel passaggio. Allora perché invocate la Costituzione soltanto quando vi fa comodo, e spesso a sproposito, la dimenticate invece quando è chiara nei principi e non abbisogna d'interpretazione alcuna?
Credo che sia questa l'essenza oggi della politica. Voi immaginate che l'utopia vi faccia guadagnare qualche voto, e potrebbe essere. Vi auguro naturalmente di non dovervi ricredere molto presto. Per il momento, dopo che avete accusato questo Governo di grosse responsabilità anche nella raccolta dei rifiuti di Napoli, io registro che la prima affermazione del grande sindaco che avete e che hanno eletto a Napoli è fallita: i famosi cinque giorni forse non saranno neanche cinque settimane, probabilmente saranno cinque mesi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo). Ma avete ragione, concludo signora Presidente, la responsabilità non è del sindaco di Napoli, di quella amministrazione, la responsabilità è là, è quella del Presidente del Consiglio, quello su cui grava la responsabilità e la colpa di qualsiasi cosa accada in questo Paese.
TERESA BELLANOVA. È vero! È esattamente così!
ROBERTO GIACHETTI. È l'unica cosa vera che hai detto!
TERESA BELLANOVA. Doveva risolverli lui!
MANLIO CONTENTO. Signora Presidente, concludo dicendo che non vedo l'ora di confrontarmi, naturalmente civilmente e in termini politici, con l'opposizione anche sulle riforme cui ho fatto cenno. Sono prossime all'esame parlamentare, come mi auguro, e verificheremo quale sarà l'atteggiamento, naturalmente immagino già negativo, dell'opposizione anche in questo campo.
Al Presidente del Consiglio chiedo la forza e anche la responsabilità di fare in modo che anche certi aspetti, che non voglio sottacere e che escono sulle pagine dei giornali, possano essere fugati da uno scatto importante che dimostri che questo Governo non ha alcuna indulgenza verso chi sbaglia. Signor Presidente del Consiglio, la ricreazione è finita per tutti (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Se dobbiamo recuperare nei confronti di questo Paese abbiamo la necessità e l'esigenza di tornare ad essere quello per cui siamo nati, la grande risposta del centrodestra alle aspettative, alle speranze, al futuro dei giovani, delle donne, delle famiglie e delle imprese di questo Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gentiloni Silveri. Ne ha facoltà.
PAOLO GENTILONI SILVERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi pare che oggi e ieri il Presidente del Consiglio abbia Pag. 40dato alle Camere un messaggio molto semplice. Ci ha detto che il Governo va avanti.
Ed ha aggiunto che va avanti perché è normale in tutte le democrazie occidentali che le sconfitte elettorali nelle elezioni di medio termine non si traducano nelle dimissioni del Governo. Presidente Berlusconi, potrei citarle tanti esempi diversi oppure potrei ricordarle le dozzine di sue dichiarazioni ultimative che chiedevano le dimissioni di altri Governi di fronte a risultati elettorali che, al confronto con le due sconfitte dell'ultimo mese, erano semplicemente dei buffetti. Ma non mi interessa questa polemica, mi interessa un altro punto: è vero che, di norma, i Governi non si dimettono per le sconfitte elettorali nelle elezioni di medio termine, ma, di norma, prendono spunto da quelle sconfitte, correggono la rotta, aggiustano il tiro, cambiano qualcosa, prendono delle iniziative. Lei no, lei è venuto, ieri al Senato ed oggi alla Camera, per dirci di alcune, di svariate, presunte riforme, con un bilancio assai meno sobrio di quello che prima ricordava il collega Martino che, certamente, è un suo sostenitore. Adesso, l'entusiasta collega Contento si è spinto addirittura ad includere in queste grandi riforme il Piano casa. Ricorderei al collega Contento che, proprio nella regione che non mi pare abbia fatto grandi ostruzionismi, cioè la Lombardia, le richieste sul Piano casa sono state in tutto 179. Non mi pare un grande successo per una regione di 9 milioni di abitanti. E non solo ci ha detto delle presunte riforme, ma, addirittura, è venuto a dirci di quanto gli italiani dovrebbero sentirsi fortunati di essere in mani molto ma molto migliori di altre. A quanto pare un popolo di ingrati.
Insomma, non vi è nulla da correggere, nessun tiro da aggiustare, soltanto una seconda fase che lei ha descritto così: «finita la fase del rigore, ora tocca alle riforme». Sono le stesse identiche parole che lei ha usato in quest'Aula il 13 dicembre e, a loro volta, erano le stesse identiche parole usate nel mese di settembre (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). È passato un anno ed abbiamo visto, in quest'anno, soltanto il silenzio sui problemi degli italiani, un silenzio, per la verità, interrotto, tra la fine di gennaio ed i primi di febbraio, dall'annuncio «della più grande frustata al cavallo dell'economia italiana che la storia ricordi». Una frustata che, poi, si tradusse nell'annuncio di un progetto di riforma costituzionale e di un singolo provvedimento. Me lo ricordo perché mi stava molto a cuore. Il Governo, infatti, annunciò che la frustata almeno si traduceva in 120 milioni - udite udite - per la banda larga. Ma anche di quell'annuncio, poi, non si è vista traccia. Oggi, più che di riforme, il Presidente del Consiglio ci ha parlato di scadenze; ci ha detto che l'obiettivo è portare a termine la legislatura ed ha rivendicato, nel voto di ieri sul decreto-legge per lo sviluppo, la possibilità di avere i numeri per concludere la legislatura. Il secondo miracolo italiano si riduce a questo: arrivare al 2013. Un obiettivo che non mi pare avvincente per la maggioranza degli italiani anche se capisco che, al momento, ce ne sono almeno 317 che lo condividono. Non le nascondo, signor Presidente, che noi potremmo essere lieti di questo continuare così, di questo vostro andare avanti così. Potremmo rallegrarci del vostro vivere in una storia così diversa da quella che vive la maggioranza degli italiani. Umberto Bossi ha detto che, se si votasse oggi, vincerebbe la sinistra, registrando una realtà che, forse, solo qui qualcuno finge di ignorare. Aggiungo che, se invece che oggi si votasse domani, le opposizioni vincerebbero più di oggi e, se si votasse dopodomani, le opposizioni stravincerebbero, se il Governo continua così.
SIMEONE DI CAGNO ABBRESCIA. E se, e se, e se...
PAOLO GENTILONI SILVERI. Ma ripeto: non ci rallegriamo affatto di questo vostro lento declino perché, innanzitutto, può trascinare l'Italia in una stagione molto difficile, torbida addirittura.
L'epopea della sua discesa in campo, Presidente Berlusconi, non rischia soltanto di concludersi in un Governo balneare. Pag. 41Rischia di dar luogo ad una situazione molto, molto complicata nella quale le istituzioni sono avviluppate in reti di faccendieri e nella quale il discredito sulla politica si sparge a piene mani, coinvolgendo chi ne è responsabile e chi non è responsabile, coinvolgendo la politica nel suo assieme. Non ci rallegriamo di questo vostro lento declino perché perfino il nostro ruolo internazionale rischia di venire sacrificato al gonfiare di muscoli di un Carroccio prigioniero di troppe auto blu e non possiamo certo rallegrarci vedendo il corteo che si ingrossa dietro lo slogan «allentare i cordoni della borsa». Lei ha parlato di riforma fiscale, signor Presidente, tre aliquote tutte ridotte. Dieci anni fa, da Bruno Vespa, ne aveva promesse due. Era stato più generoso. Non ha detto però se la proposta sarà a saldo zero o se sarà una bomba sui nostri conti pubblici. Di proposte a saldo zero che colpiscano rendite e privilegi ingiustificati e valorizzino impresa e lavoro noi ne abbiamo fatte e siamo pronti a discutere anche quella del Governo.
Lo dico non per fiducia che si vada oltre gli annunci propagandistici, ma lo dico perché questo è il dovere dell'opposizione: entrare nel merito, insistere sulle nostre proposte, sul fisco, lo sviluppo, le liberalizzazioni. Ma oggi noi sentiamo anche un dovere in più. Impedire che in nome della vostra sopravvivenza si prepari la bancarotta dei conti del Paese. Sì, perché non è in gioco qualcosa che vale poco, colleghi. Non è vero che la fase del rigore è finita, come ho sentito dire questa mattina dal Presidente Berlusconi. La sua affermazione - la fase del rigore è finita, adesso c'è la fase delle riforme - è smentita dalle agenzie di rating, e non solo. Noi non siamo affatto fuori dall'emergenza. Per questo - ripeto - ci batteremo dall'opposizione per far rispettare gli impegni assunti con l'Europa come sempre nell'interesse del Paese e lo faremo anche per smentire l'unico argomento che lei ha utilizzato a sostegno del tirare avanti.
Se Bossi dice «altrimenti vince la sinistra», lei ha detto altrimenti «siamo a un salto nel buio», ma la storia dice che non è vero, la storia di Prodi, la storia di Ciampi, dell'euro, degli impegni dei Governi di centrosinistra sulla spesa pubblica e anche la realtà di oggi dice che non è vero. Il salto nel buio è continuare a non governare, come da un anno a questa parte. Il salto nel buio è continuare così per altri sei mesi, per altri dodici mesi, perdere altro tempo nella situazione delicata dei mercati. Ne prenda atto, Presidente Berlusconi, lo faccia proprio perché lei è così sensibile, e lo capisco, al giudizio che la storia dovrà dare sulla sua vicenda politica, una vicenda così importante nell'Italia del dopoguerra. Questo giudizio dipenderà dalla sua conclusione. Sarà l'ultimo capitolo a dare il senso alla sua storia. Non faccia pagare al Paese i costi del suo lungo addio alla leadership: sono costi pesanti per le economie e per le istituzioni. Sono costi che l'Italia non merita di sopportare e fuori di qui c'è una maggioranza che non intende più sopportarli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cicu. Ne ha facoltà.
SALVATORE CICU. Signor presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, ho apprezzato in maniera importante l'equilibrio e i contenuti, il percorso, buona parte di traguardi raggiunti, ma anche e soprattutto la prospettiva riguardo agli obiettivi da raggiungere. Credo che oggi in quest'Aula bisognava cogliere l'occasione di un rapporto che approfondisse un confronto, che realizzasse la condizione di trarre spunto dalla situazione che tutti noi conosciamo.
Si tratta di una situazione di congiuntura internazionale, di crisi, di crisi durissima, non solo in Italia e non solo questo Governo porta avanti degli sforzi di tenuta e nello stesso tempo di rigore, affinché vi sia una partecipazione qualificata, forte ed efficace all'interno del contesto europeo e anche del contesto internazionale. Ma sappiamo anche che questa tenuta non tutti sono riusciti a raggiungerla, questa tenuta non tutti hanno saputo Pag. 42realizzarla. Infatti, sappiamo che vi sono Paesi europei come la Spagna, come la stessa Francia, come il Portogallo, come l'Irlanda, come la Grecia, che hanno purtroppo «realizzato» il fallimento, attraverso una situazione che non ha consentito alle stesse comunità di poter invece portare avanti un percorso e degli obiettivi così come questo Governo è riuscito a portare avanti.
Quindi, noi siamo convinti che oggi l'interesse generale del Paese, l'interesse del sistema Paese, debba trovare una moderata, convinta, forte partecipazione di tutti, indipendentemente dalle nostre posizioni di partito, indipendentemente dalle nostre posizioni di governo nelle regioni o nei comuni. Tutto il sistema Paese deve ritrovare oggi motivazione, passione e destinazione in un percorso unico, che è quello di portare l'Italia e il sistema Paese Italia a vincere questa sfida.
Io pensavo che oggi non si parlasse di contenuti che si realizzano attraverso la mozione di sfiducia. Pensavo che oggi si potesse attivare un meccanismo diverso. Il Presidente del Consiglio si è presentato in maniera istituzionale ed autorevole ad esporre il proprio programma di Governo sui punti già raggiunti e ha sottolineato come ed in che modo questi punti raggiunti hanno vissuto la necessità di capire, la consapevolezza di capire cosa vivono le nostre imprese, cosa vive la nostra famiglia, cosa vivono i nostri cittadini. Abbiamo elaborato, realizzato e destinato, anche in questi giorni, con il decreto sviluppo finalmente, delle situazioni che aprono, creano strumenti e leve di sostegno. Abbiamo vissuto e viviamo il problema dei nostri artigiani, delle nostre piccole e medie imprese, con le ganasce fiscali piuttosto che con il sistema Equitalia. Abbiamo realizzato finalmente la condizione di ridurre in questo Paese questo dramma, di sgravare questo sistema, e lo abbiamo fatto con il plauso convinto di tutte le categorie che si riconoscono in rete impresa Italia.
Oggi si parla di riforma fiscale, si cadenzano dei tempi: io credo che questo significhi concretezza di azione, io credo che questo significhi realizzare una proposta che va discussa come proposta. La verità è che oggi c'è grande delusione rispetto alla posizione di un'opposizione che ancora non riesce a capire che tipo di identità realizzare, che tipo di proposta alternativa rappresentare e come e in che modo soprattutto discutere le proposte di questo Governo. Vedete, la debolezza del nostro sistema consiste nel fatto che vi è la ricerca della demolizione continua, la ricerca dello scontro continuo, la ricerca della piazza in maniera continua. Oggi abbiamo assistito ancora una volta al dramma di disperati, al dramma di poveri cittadini che sono stati portati davanti alle porte di quest'Aula, in maniera organizzata, è vero, però io sono convinto di una cosa: che quei cittadini dei problemi li vivono, che quei cittadini i problemi gravi ce li hanno. Ma qui ce li hanno e riusciamo a sopravvivere e a resistere, da qualche altra parte quegli stessi cittadini vengono licenziati.
A quegli stessi cittadini viene ridotto il salario, viene mortificata, ammazzata la possibilità di un progetto vita. A quei cittadini non viene data nessuna speranza. Il percorso che abbiamo vissuto in questi ultimi mesi è stata una battuta d'arresto, nel confronto che ha guardato a livello amministrativo, in una situazione che è stata strumentalizzata e che invece, quando succede in Germania alla Merkel, piuttosto che a Sarkozy, piuttosto che negli altri Paesi, la si valuta e la si considera per quello che è: un momento di confronto territoriale che realizza la condizione di capire meglio e di più come vanno affrontati i temi del territorio, ma come, soprattutto, va affrontata la dimensione di un progetto globale.
Ho percepito in maniera importante il messaggio del lavoro che è stato realizzato e che riguarda soprattutto il piano per il sud. Presidente, in quel piano noi ci crediamo, in quel piano ci ritroviamo, perché quel piano non è per un sud assistenzialista, non è per un sud piagnone, non è per un sud che si sente di ostacolo e di fardello rispetto alla ripresa di una locomotiva. Noi guardiamo ad un sud vivace, Pag. 43guardiamo ad un sud che ha capito in maniera importante, sia a livello culturale, ma anche imprenditoriale e a livello soprattutto di Governo amministrativo, come e in che modo dobbiamo ancorarci a quelle possibilità straordinarie che questo piano per il sud offre.
Sappiamo che abbiamo bisogno di infrastrutture, sappiamo che abbiamo bisogno di continuità territoriale, abbiamo necessità che le nostre imprese possano sentirsi competitive rispetto ad un sistema globalizzato, abbiamo necessità che la nostra cultura possa essere identica alla cultura che vivono gli altri cittadini e gli altri giovani. È sui giovani, credo, che bisogna giocare la sfida e la partita più importante. È sui giovani che bisogna realizzare il messaggio di prospettiva e di speranza più importante. È sui giovani, però, che dobbiamo, già da questo momento, da oggi, da questo confronto, realizzare in termini istituzionali e in termini di contenuti e di confronto e di proposta il messaggio più serio e qualificato. I nostri giovani non possono vivere ancora e continuamente lo scontro delle istituzioni, che è finalizzato solo ed esclusivamente ad abbattere un uomo ed un sistema che è quello che è stato legittimato dal volere del popolo, che è sovrano; che è stato legittimato da un voto, che è stato legittimato, cioè, da una coscienza collettiva che ha voluto realizzare una scelta.
Sono convinto che questa scelta, oggi, riprende vigore, sono fortemente convinto nello stesso tempo, però, che il vigore lo dobbiamo trasferire sui territori, dove il messaggio deve avere una cinghia di trasmissione, deve realizzare la condizione di essere capito, percepito, vissuto, anche e soprattutto con un accompagnamento, che è quello che guarda alla comprensione del popolo dei moderati, perché i moderati hanno voglia di sperare, hanno voglia di ritrovare le loro radici, la loro identità. I moderati hanno, però, allo stesso tempo, voglia di capire meglio e di più come e in che modo questo progetto potrà essere declinato e realizzato.
È in questo che noi ci troviamo, e convintamente sosteniamo questo progetto in maniera unita, in maniera coesa, in maniera anche impegnata, soprattutto a far capire che le istituzioni devono ritrovare il loro momento più qualificante e la loro dimensione. Su queste basi riteniamo di poter, in maniera prospettica, guardare al nostro futuro, sicuramente ancora con grande preoccupazione, ma con una sensibilità, che è quella di accompagnare la dignità della vita dei nostri giovani, delle nostre donne, dei nostri uomini, cercando di essere sempre loro vicini e, soprattutto, guardando alla loro speranza con una «destinazione» di concretezza e di governo, così come oggi il Presidente Berlusconi ha voluto fare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.
CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, abbiamo ascoltato con grande interesse le sue parole, che hanno dato indicazioni chiare sulle cose da fare per il rilancio dell'azione di Governo e per arrivare al completamento della legislatura.
È chiaro che dal 14 dicembre, quando una manovra di palazzo ha cercato di sovvertire la maggioranza democraticamente eletta dai cittadini, il suo Governo ha sempre avuto i numeri per andare avanti. Ieri abbiamo raggiunto quota 317, la maggioranza assoluta, ma noi non vogliamo essere solo una maggioranza numerica. E una maggioranza che non vuole essere numerica, deve essere in grado di dare al Paese quelle risposte che i cittadini che ci hanno votato, che hanno riposto in noi la loro fiducia, si aspettano di ricevere. Con le elezioni amministrative gli elettori ci hanno mandato un segnale e questo segnale noi abbiamo il dovere di ascoltarlo. Vede, signor Presidente, la Lega Nord è un partito di popolo, ha un forte radicamento popolare. Ascoltiamo la gente del Nord e la gente del Nord non ha voglia di affidarsi ad una sinistra divisa e confusa, senza progettualità, con l'unico collante di porre fine alla cosiddetta stagione Pag. 44del berlusconismo. La nostra gente, dal prato di Pontida, domenica scorsa, ha chiesto a noi - e noi adesso con forza lo chiediamo a lei - un cambio di passo.
Occorre, signor Presidente, uscire dal pantano romano e premiare il Paese che lavora, che produce e che fa sacrifici. Noi dobbiamo dare delle risposte ai nostri giovani, alle donne, che ci chiedono meritocrazia e più opportunità, alle nostre piccole e medie imprese, che vogliono la tutela della loro filiera, attraverso la maggiore protezione del made in Italy, che vogliono un fisco equo e non gabelliere, che ci chiedono più semplificazione per quanto riguarda le pratiche burocratiche. Noi dobbiamo dare delle risposte ai nostri pensionati e ai lavoratori dipendenti che, purtroppo, hanno ancora oggi i salari più bassi d'Europa e per far questo occorre soprattutto porre fine all'assistenzialismo, che è la negazione dello sviluppo, agli sprechi e ai privilegi. Noi le riconosciamo, in questi tre anni, di aver raggiunto traguardi importanti: dalla riforma dell'università alla madre di tutte le riforme, il federalismo fiscale che, quando sarà a regime, ridurrà la spesa pubblica e premierà gli enti virtuosi. Abbiamo sicuramente portato avanti una politica rigorosa sotto il profilo dei conti pubblici, che ci ha consentito di affrontare meglio di altri Paesi europei la crisi, che ci ha consentito di difendere il lavoro attraverso interventi quali il finanziamento degli ammortizzatori sociali e della cassa integrazione in deroga.
Abbiamo sferrato un attacco mortale alla criminalità organizzata, con una lotta alle mafie senza precedenti, con successi che mai nessun altro Governo era stato in grado di raggiungere. Prima, nel corso del dibattito, ho sentito dire chiaramente che il merito va alla magistratura e alle forze dell'ordine - che ringraziamo per l'impegno profuso - ma dobbiamo anche dire che questo Governo li ha messi in condizione di poter lavorare, ha adottato delle norme - e adesso ci sarà anche l'approvazione, penso a breve, alle Camere del codice antimafia - per andare a colpire le mafie nel punto nevralgico, e cioè attraverso l'aggressione dei capitali.
Abbiamo adottato norme che erano state invocate, anni e anni fa, dal giudice Falcone. Questo è un merito del suo Governo ed è un merito del Parlamento tutto innegabile. Occorre però andare avanti sulla via del cambiamento e delle riforme. Si può e si deve fare. Bisogna chiaramente arrivare ad una riduzione delle imposte, attraverso una riforma fiscale che dia attenzione alle imprese e alle famiglie, soprattutto alle famiglie numerose che oggi faticano ad arrivare a fine mese.
Bene il passaggio sul Patto di stabilità. È chiaro che è necessario rinegoziare il Patto di stabilità per cercare di premiare in modo particolare gli enti virtuosi che hanno in cassa le risorse per poter utilizzare e reinvestire per i bisogni dei loro cittadini, per le strade, per le infrastrutture e per gli anziani. Occorre uno sforzo per trovare le risorse. Noi abbiamo indicato in modo preciso dove andare a reperire queste risorse: innanzitutto attraverso la riduzione dei costi della politica. Questo è il momento in cui noi abbiamo chiesto, stiamo chiedendo e chiederemo ancora sacrifici al Paese. Allora, dobbiamo essere i primi a dare l'esempio, dobbiamo essere i primi a ridurci gli stipendi, le auto blu, gli aerei blu e quant'altro, quindi questo è un impegno innanzitutto morale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) e le chiediamo di andare avanti perché avrà dalla sua il Parlamento e i cittadini che ci ascoltano.
Bene la riforma dell'architettura costituzionale di questo Paese e quindi un Senato federale e la riduzione del numero dei parlamentari. Mi permetto e spero che su questi temi ci possa essere anche un confronto con l'opposizione che a parole si dice d'accordo. Devo però sottolineare con rammarico che già nella legislatura 2001-2006, Presidente, la cosiddetta devolution conteneva, ad esempio, la riduzione del numero dei parlamentari e purtroppo, in un referendum meno fortunato di quelli che ci sono stati a giugno, ha avuto la Pag. 45bocciatura dei cittadini anche perché quella riforma era stata mal spiegata soprattutto dalla sinistra, che accusava la Lega di voler dividere il Paese.
Le risorse si possono reperire anche attraverso la riduzione della nostra presenza nelle missioni internazionali. Le chiediamo anche di andare avanti con forza nel contrasto all'immigrazione clandestina. Grazie all'azione incisiva della Lega e del Ministro dell'interno molte cose sono state fatte. Abbiamo adottato una politica ferrea, che non deve essere abbandonata, di distinzione tra immigrati regolari e immigrati irregolari. I clandestini devono essere espulsi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
Bisogna ripristinare con rigore la politica dei rimpatri. È vero che la situazione della Libia sicuramente non ci aiuta perché la guerra in atto purtroppo rende tutto più difficile, ma occorre ripristinare la politica dei rimpatri con quel Paese così come con la Tunisia. Bisogna anche ripristinare le norme per rendere efficaci le espulsioni, quelle norme che la magistratura purtroppo ha di fatto vanificato, abrogato, anche la Suprema Corte. Allora vengo alla riforma della giustizia: è necessaria perché bisogna riconsegnare al Paese una magistratura non politicizzata, ma terza e indipendente nell'interesse dei cittadini, una magistratura che, attraverso la responsabilità civile, risponda davanti cittadini dei propri sbagli.
Concludo, Presidente, la Lega Nord ha apprezzato le sue parole, adesso aspettiamo i fatti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi.
Poiché è stata stabilita la ripresa televisiva diretta degli interventi conclusivi della discussione di un rappresentante di ciascun gruppo e di ciascuna componente politica del gruppo Misto a partire dalle le ore 17,30, sospendo la discussione fino a tale ora.
Approvazione in Commissione (ore 17,02)
PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di oggi, mercoledì 22 giugno 2011, la VII Commissione permanente (Cultura) ha approvato, in sede legislativa, la seguente proposta di legge:
Levi ed altri: «Nuova disciplina del prezzo dei libri» (già approvata dalla VII Commissione permanente della Camera dei deputati e modificata dal Senato della Repubblica) (1257-B), con modificazioni.
Su un lutto del deputato Carmelo Porcu.
PRESIDENTE. Comunico che il collega Porcu è stato colpito da un grave lutto: la perdita del padre.
Al collega la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
La seduta, sospesa alle 17,05, è ripresa alle 17,30.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI
Si riprende la discussione.
(Ripresa discussione)
PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.
Come preannunciato, avrà luogo l'intervento di un rappresentante di ciascun gruppo e di ciascuna componente politica del gruppo Misto, con ripresa televisiva diretta.
È iscritta a parlare l'onorevole Melchiorre. Ne ha facoltà per due minuti.
DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio che non è presente (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), non le basta avere la fiducia... Buongiorno Presidente del Consiglio... non le basta avere avuto la fiducia del Parlamento perché questo è illusorio. Lei deve avere la fiducia degli italiani e del mondo e quella si conquista non con i voti marginali e con i «numeretti» ma con la credibilità. La credibilità lei riesce a distruggerla con rara perseveranza ed è davvero singolare come riesca anche ad alienarsi coloro che, per un attimo, hanno voluto darle una fiducia sostanziale con i fatti e con i comportamenti.
Sono innumerevoli gli italiani che hanno creduto in lei, ma poi è lei che li ha costretti a ricredersi e di questo lei è consapevole quando, ancora una volta, ha fatto, come ieri, per chiudere in una gabbia di ferro, ma dalle larghe sbarre, lo scivolare via della fiducia degli italiani.
Oggi lei ci parla di ciò che intende fare nell'ultimo scorcio di legislatura. Parole belle e suggestive ma altrettanto dubitabili e malcerte, quando non insidiose. Una per tutti: la riforma tributaria.
Molto, nelle sue suggestioni, è annidato in ciò che tace. Il suo principale alleato, l'assemblea popolare del suo partito, se ne è tornato con la demenziale proposta - perché è tale - di spostare i Ministeri economici al nord, perché lì c'è l'impresa. Una richiesta deflagrante, sulla quale lei non ci ha detto nulla, come se il Parlamento dovesse essere preso in giro.
La credibilità nel mondo, poi. Ma quale credibilità si può avere quando si parla nell'orecchio sorpreso del Presidente degli Stati Uniti e si offende un intero settore di servitori dello Stato e della giustizia? Ora lei è venuto a dire al Parlamento che quello che conta, per la nostra economia, è la giustizia civile. Pensava anche a questo quel giorno, mentre parlava con il Presidente Obama? Quanti altri investitori stranieri avrebbero desistito dall'investire nel nostro Paese pensando che esista davvero una dittatura della magistratura?
Signor Presidente, sarebbe utile per tutti che lei ogni tanto si ricordasse che vi è anche chi riesce ad aprire gli occhi e sa dire di «no» (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lo Monte. Ne ha facoltà per tre minuti.
CARMELO LO MONTE. Signor Presidente, colleghi, signor Presidente del Consiglio, questo dibattito rappresenta un atto dovuto e credo dobbiamo ringraziare il Presidente della Repubblica per averlo determinato. Da parlamentare meridionale ed autonomista non posso che rilevare che il programma di Governo sul sud è rimasto interamente inapplicato. I principali atti di questo Governo sono stati prodotti a beneficio del nord e sono stati finanziati con i soldi del sud. I fondi FAS, fondi destinati al sud, sono stati dimezzati e distratti per altre finalità e mai il Governo li ha integrati con fondi nazionali, come prevedono invece le normative europee.
Nelle sue dichiarazioni lei ha fatto cenno, ancora una volta, al piano per il sud. Vorrei ricordarle che è ormai da circa due anni che periodicamente lei, o qualcuno dei suoi Ministri, dichiara che a brevissimo sarà varato. Abbiamo il sospetto che vi sia un'incomprensione semantica sul significato della parola «piano». Noi - e mi creda, non solo noi - abbiamo creduto si intendesse «piano» nell'accezione di progetto, un progetto per il sud. Evidentemente lei e i suoi colleghi di Governo, invece, intendevate «piano» nell'accezione di lentamente, lentamente per il sud. Se era così, almeno una promessa l'avete mantenuta perché più piano non si poteva davvero andare.
Adesso, ancora una volta, quest'Aula ascolta una solenne promessa. Senza offesa, non siamo in condizioni di crederle. Ci piacerebbe, però, almeno una sua rassicurazione. Lei non lo ha ricordato, ma a breve gli italiani dovranno sopportare una manovra di almeno 40 miliardi di euro.
È in grado di garantirci che non verranno sottratti altri fondi FAS? È in grado Pag. 47di assicurare che il Sud non dovrà subire ulteriori scippi? Il Sud non chiede più assistenza, ma infrastrutture e fiscalità di vantaggio. Non chiede contributi a fondo perduto, ma agevolazioni al credito e crediti di imposta credibili, non chiede sedi di rappresentanza, ma rappresentanza nei luoghi nei quali si assumono le decisioni.
È un nuovo Sud che sta crescendo, un Sud che intende rappresentarsi da solo ed autonomamente. Un consiglio, Presidente del Consiglio: la politica non è mercato - e concludo signor Presidente -, per convincere la gente del Mezzogiorno non ha bisogno di clonare movimenti o mandare suoi delegati a coprire lo spazio politico meridionalista, ma soltanto ed l'esclusivamente di rispettare gli impegni (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà per quattro minuti.
BRUNO TABACCI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, ha fatto bene il Capo dello Stato a chiederle di riferire qui sui mutamenti intervenuti nella compagine governativa. È un fatto che i 317 voti sono il risultato dell'apporto di almeno 15 deputati eletti nel 2008 tra i gruppi dell'opposizione e che anche i 314 voti del 14 dicembre erano il frutto della stessa operazione.
Nel 1998 lei gridò al ribaltone per il Governo D'Alema, considerando che, secondo lei, è il popolo che elegge direttamente il Governo: allora ci fu il distacco di Bertinotti, ora c'è quello di Fini. Credo che i Governi traggano la loro fiducia dal Parlamento e non dal popolo: ora lei organizza un «autoribaltone» e dice che c'è il rispetto degli elettori, poi gioca con furbizia da sempre sul tema istituzionale. Ha fatto credere agli italiani che siano i cittadini ad eleggere il Capo del Governo, ma non è così e lei domani potrebbe essere ribaltato in Parlamento. D'Alema nel 2000 prese atto del voto e si dimise, lei no, nonostante abbia chiesto un referendum sulla sua persona sia con le elezioni amministrative di Milano, sia contro i magistrati e poi con l'invito a disertare i referendum. Il suo Governo vuole andare avanti, questo è legittimo - bene, dico io - ma lei, poi, aggiunge che ha ben governato. Purtroppo, non è vero: il prodotto interno lordo del 2007, considerato pari a 100, vede oggi una regressione del 5,3 per cento in Italia. Pertanto, la crisi ha toccato tutti, ma noi siamo rimasti indietro del 5,3 per cento. Cosa hanno fatto gli altri Paesi? Gli spagnoli, che pure hanno dei problemi, hanno subito una regressione del 3 per cento, i francesi dello 0,8 per cento, i tedeschi dello 0,3 per cento. Come fa a dire che siamo i più bravi in Europa? Siamo il fanalino di coda e lo registri questo fatto perché tra un po', quando verrà discussa la manovra, è chiaro che il problema si porrà in quei termini: siete gli ultimi in Europa e in questa posizione avete trascinato l'Italia.
Lei dice che non vuole restare a vita a Palazzo Chigi - lo capisco - però rivendica un'eredità politica. Vorrei dirle, sommessamente e con rispetto, che lei non è Alcide De Gasperi. Lei ha diviso il Paese e questa è la sua grande responsabilità; ha indicato in maniera ossessiva e strumentale i suoi avversari anche se erano solo colpevoli di pensarla diversamente, oppure di svolgere un altro ruolo istituzionale. Penso ai comunisti, eppure ha continuato a frequentare tranquillamente il Presidente Putin che, credo, si intendesse di comunisti; al Parlamento, che non la faceva lavorare; ai magistrati che la controllavano; alla Corte Costituzionale, che è una istituzione zeppa di sovversivi e al Capo dello Stato, che avrebbe usato la forzatura delle regole e delle garanzie rispetto alla sua personale Costituzione materiale.
Ha parlato di tenaglia mediatica, lei che controlla le televisioni pubbliche e quelle private. Lei ha diviso consapevolmente il Paese, per questo, la storia sarà severa con lei. Lei ha disconosciuto l'interesse generale, non conosce il bene comune e cavalca interessi particolari, a cominciare dai suoi. Ha parlato di eredità negative, ma lei è in campo, come Capo del Governo, più o Pag. 48meno da dieci anni: non la sfiora il sospetto che l'eredità abbia il timbro della sua persona? Al più, ormai lei è un coerede. La disconosce? Purtroppo questa è la sua eredità. Da ultimo, non è stato un buon esempio, specie per i più giovani: ha preteso di essere al di sopra della legge e delle regole, ha esaltato la furbizia e la forza dei più forti, talvolta ha umiliato i più deboli.
Ha dato, specie negli ultimi anni, un'immagine dell'Italia sempre più discutibile e mal sopportata. L'immagine di Parigi, dove lei costringe il Presidente Obama ad ascoltarla per segnalargli che in Italia c'è una dittatura del potere giudiziario, è nelle nostre menti. L'espressione incredula di Obama ha fatto il giro del mondo. Gli italiani hanno voltato pagina e questo è avvenuto ben oltre la disperazione civile di molti. Anch'io non ci credevo quasi più, invece si può guardare al futuro con fiducia e con speranza. Quello che mi pare molto certo è che lei sta lavorando per realizzare un miracolo, quello di risvegliare oggi la coscienza civile degli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Alleanza per l'Italia e Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà per dieci minuti.
ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, innanzitutto la ringrazio per ascoltare questa volta anche la voce dell'opposizione. Ho ascoltato anche io con attenzione il suo intervento questa mattina e posso dire con serenità che lei ha tracciato alcune fotografie, che sono un dato di fatto da cui bisogna partire.
Il Capo dello Stato le ha chiesto di venire qui a verificare se aveva ancora una maggioranza. Lei ha detto - e i fatti le danno ragione - che la maggioranza di 317 di ieri è superiore a quella di 314 del 14 dicembre scorso. Quindi, c'è una maggioranza in Parlamento e questo Parlamento non è in grado oggi di offrire un'alternativa, per un Governo diverso per il Paese in questa legislatura.
Noi dell'Italia dei Valori ci siamo battuti e ci battiamo affinché la legislatura cambi al più presto, ma sappiamo che la legge dei numeri è quella che è e da qui dobbiamo ripartire. Lei mi darà atto che noi dell'Italia dei Valori abbiamo fatto e vogliamo fare un'opposizione durissima al suo Governo, perché rimproveriamo una cosa al suo Governo, quella di aver creato - il collega Tabacci ha detto una nuova divisione nel Paese - a mio avviso una nuova e più grave divaricazione sociale nel Paese, quella di aver creato cioè un Paese dove pochi stanno troppo bene e troppi stanno troppo male. Quel che più noi rimproveriamo a lei è il fatto di avere creato una nuova categoria di poveri, una nuova categoria di persone che non hanno speranza per il futuro. Ma questa è la nostra posizione. Lei però oggi ha detto una cosa che deve far riflettere noi dell'opposizione. Noi che facciamo? Il Presidente del Consiglio oggi ci ha detto che secondo lui ci sono tre o quattro opposizioni, che non c'è una chiara identità di programma e che non riusciamo ad esprimere una leadership in grado di proporci in alternativa a loro. Ebbene, credo che noi dobbiamo sfidarlo su questo campo. Dobbiamo sfidarlo su questo campo proprio perché altrimenti ci limiteremmo a chiedere il voto ai cittadini in forma di plebiscito in positivo o in negativo sull'attività di Governo di Berlusconi.
Noi riteniamo che i cittadini abbiano già dato una risposta. L'hanno data con le elezioni amministrative e ancora di più con i referendum. Hanno già detto che, dopo l'illusione che ha prodotto in loro il Governo Berlusconi, oggi c'è una delusione rispetto al loro modo di governare. Lo hanno detto perché con i referendum hanno mandato tre messaggi precisi: 27 milioni di cittadini sono andati a votare, nonostante fosse stato detto loro di non andarci, e nel 95 per cento dei casi hanno detto anche che vogliono che l'articolo 3 della Costituzione sia uguale per tutti, chi ci governa e chi è governato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Quindi, i cittadini hanno già detto, rispetto a questo Governo, che c'è una divaricazione Pag. 49fra la maggioranza numerica di questo Parlamento e la maggioranza reale della volontà del Paese. Ma noi a questo punto non possiamo certo pensare di poter vincere le elezioni, se e quando ci saranno. Prima o poi, al massimo fra due anni, ci saranno e, se volete sapere cosa penso, credo che noi ci dobbiamo battere il più presto possibile, ma dobbiamo partire da una realtà, che questo Governo difficilmente si schioderà da qui per i prossimi due anni.
Quindi, abbiamo due anni per costruire questa alternativa, ma dobbiamo cominciare da subito a farlo. Ebbene, sto dicendo una cosa: i cittadini hanno già mandato a dire a questo Governo che non condividono le politiche dell'illusione che hanno portato avanti. Non le condividono nella politica estera, nella politica economica, nella politica delle scelte energetiche e nella politica giudiziaria. Hanno detto che vogliono riformare la giustizia (poi ne parleremo un attimo), ma certo è che i cittadini hanno detto che non vogliono più leggi ad personam.
Ma qual è il nostro programma? Qual è la nostra coalizione? Qual è il nostro modo per scegliere la leadership? È su queste cose che, ancora oggi, siamo in crisi nel doverci esprimere. Ho sentito l'onorevole Martino, prima, quando diceva: voi cosa offrite in alternativa? Lo devo dire qui, davanti a tutti, pubblicamente: non lo so (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Iniziativa Responsabile Nuovo Polo)!
Non lo so perché non ho ancora avuto una riunione con gli altri leader dei partiti dell'opposizione. Non lo so! Lo chiedo pubblicamente, davanti al Paese: se vi è un partito di maggioranza relativa, ha il dovere, oggi, di convocarci per vedere che cosa bisogna fare. Non può aspettare neanche un minuto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
Ci è stato detto che dobbiamo fare le primarie. Su che cosa, per quale programma e con chi? Non me la sento di chiedere ai cittadini di votare un leader senza sapere per fare che cosa e dove mi porta, perché non me la sento di portare il Paese verso un oscuro premier, che, magari, parla bene, affabula tanto, ma che poi, in concreto, non so se ha in capo un mondo liberale, un mondo fatto anche di economia basato sulla libera concorrenza, sulla meritocrazia, sull'efficienza del servizio pubblico e quant'altro.
Vorrei ricordare in quest'Aula che l'Italia dei Valori è un partito politico che fa parte dei Liberaldemocratici a livello internazionale e nel Parlamento europeo e io non ci sto, non ci sto più, a sentir parlare, ogni volta che si parla di opposizione, della sinistra. L'opposizione a questo Governo è fatta non solo dalla sinistra (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
È fatta da forze politiche che mettono insieme con grande capacità e devono mettere insieme con grande responsabilità la solidarietà della sinistra, la difesa delle fasce più deboli della sinistra, la legalità della destra sociale, la capacità di mettere insieme solidarietà e libero mercato, dove anche la meritocrazia è un valore e non diventa solo mero assistenzialismo.
Abbiamo intenzione di costruire un'alternativa a questo Governo; in questo momento ne sento la responsabilità, dopo aver dimostrato, se permettete, di saper fare opposizione. Infatti, se oggi stiamo discutendo di tre temi fondamentali, con i tre referendum, non lo stiamo facendo per un'opposizione qualsiasi, ma per l'opposizione dell'Italia dei Valori (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori), che su questi temi ha avuto il coraggio e l'umiltà di andare avanti fino in fondo.
Oggi siamo qui e vogliamo discutere di un progetto, di un programma. Vogliamo discutere e vogliamo sapere in che cosa consiste questo programma. Ecco perché chiediamo a gran voce di dare una risposta concreta e positiva alla richiesta del Governo. Il Governo afferma che vuole vedere l'alternativa: facciamogliela vedere. Il Governo ha detto che vuole dedicare i prossimi due anni ad alcune riforme, su cui ha chiesto che l'opposizione gli dia una mano. Signor Presidente del Consiglio, non so che cosa vuole dire dare una mano, ma la sfido. Pag. 50
Lei ha detto che vuole fare una riforma fiscale e tributaria. Porti domani mattina dal 12,5 per cento al 20 per cento la tassazione sulle speculazioni finanziarie e io gliela voto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Lei porti domani mattina un aumento delle risorse finanziarie e umane e delle strutture per far funzionare la giustizia e io sono pronto a discuterne.
Lei porti domani mattina l'eliminazione del reato di immigrazione clandestina, che non c'entra niente con la sistemazione del problema dell'immigrazione, e noi ne discuteremo, la voteremo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Lei rimetta in discussione la fiscalizzazione per gli investimenti, anche con riferimento alle risorse del FAS, e noi siamo pronti a discuterne.
Lei ha chiesto all'opposizione di essere forte e coerente. Io la sfido, però porti dei provvedimenti che servono al Paese, non porti più, come ha fatto finora, provvedimenti e leggi ad personam...
PRESIDENTE. Onorevole di Pietro, la prego di concludere.
ANTONIO DI PIETRO. ...perché il Paese le ha detto oggi che non ne dobbiamo discutere più di leggi ad personam (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)! Dobbiamo discutere di leggi che servono al Paese. Io non so se lei avrà il coraggio di fare tutto questo, ma una cosa è certa, l'opposizione ha il dovere di proporre un'alternativa. Allora, amico Pier Luigi, amico Bersani, comincia tu, perché a te spettano il dovere, l'onore e l'onere di convocarci (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.
SILVANO MOFFA. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, mi permetta innanzitutto, signor Presidente, di ringraziarla a nome di tutto il gruppo Iniziativa Responsabile Nuovo Polo per avere dato atto ai parlamentari che il 14 dicembre scorso hanno fatto la scelta di sostenere il Governo di avere contribuito ad evitare che si aprisse una crisi al buio, gettando il Paese nel baratro di una condizione molto simile a quella della Grecia. Ricordo, colleghi, quei momenti e quelle ore, per molti versi drammatici, in cui la protervia dei dissolutori degli assetti usciti dalle elezioni politiche si scontrava con la tenacia di chi anteponeva l'interesse del Paese, delle famiglie e delle imprese italiane alla non celata tentazione di proporre un ribaltone tipico degli intrighi di palazzo di antica memoria.
E la ringrazio ancora, signor Presidente, per avere ella voluto sottolineare stamane, in apertura e chiusura del suo discorso, l'appello alla responsabilità e alla coesione fatto anche dal Capo dello Stato. Nella situazione di crisi, ha detto, bisogna lavorare insieme. Vedo che anche Di Pietro, in qualche modo, ha accolto questo suo appello.
Lavorare insieme per affrontare le sfide dei tempi presenti e rimettere in marcia un'economia che ha subito i contraccolpi negativi di una crisi finanziaria dai contorni inquietanti e dalle ricadute drammatiche in termini di competitività del sistema produttivo e di capacità di tenuta delle famiglie italiane, in particolare di quelle più deboli e, pertanto, più esposte alla crisi.
Lavorare insieme per riuscire a superare la fase contrassegnata inevitabilmente da un'azione di contenimento e di tutela dei conti pubblici, per costruire il profilo di una nuova capacità competitiva del sistema Paese, per mettere in campo le riforme strutturali che appaiono ineludibili se si vuole davvero incrociare la pur lenta ripresa produttiva agganciando la crescita.
Lavorare insieme, ha detto, per delineare un'architettura istituzionale più coerente con un bipolarismo reso più plurale e, al tempo stesso, rendere più efficace l'azione di Governo, superando il bicameralismo perfetto, aprendo uno spazio, sul piano prettamente politico, alla costruzione Pag. 51del modello italiano di quel Partito Popolare Europeo di cui ci sentiamo parte integrante.
E muove da qui, da queste considerazioni e dalle analisi di criticità che lei non ha nascosto, molto opportunamente, la prima riflessione che vorremmo sottoporle. Noi del gruppo Iniziativa Responsabile Nuovo Polo siamo consci che bisogna ormai superare il 14 dicembre scorso, quel momento di snodo la cui importanza non sfugge ad alcuno, e aprire, finalmente, una fase più appropriata di costruzione di linea e di profilo politico che trovi nel Parlamento e nel Governo i riferimenti essenziali per realizzare il programma che ha voluto stamane indicarci per questa seconda fase della legislatura.
Abbiamo due anni davanti a noi. In questi due anni non abbiamo più tempo da perdere. Lei sa, signor Presidente, che il tempo è il più assoluto dei valori nell'economia. Un capitale perduto può essere recuperato, il tempo perso, però, non lo restituisce nessuno, né a ciascuno di noi, né all'Italia, né ai suoi figli.
Dovremmo cimentarci in questa sfida nella consapevolezza che per una costruzione collettiva di futuro, nella quale si incarna il progetto di cambiamento del centrodestra, occorre superare la faziosità, l'integralismo e lo spirito di parte.
Oggi, con il suo intervento in Parlamento, ella ha reso meno magmatico e meno indecifrabile il destino della legislatura anche - me lo auguro - per quella parte dell'opinione pubblica che ha espresso disagio e sofferenza nelle recenti prove elettorali e referendarie. Lo ha fatto nella chiara consapevolezza che un Governo, se poggia su una maggioranza numericamente forte - e i numeri fin qui ci hanno sempre dato ragione - e su una maggioranza politicamente coesa, è in grado di vincere anche le sfide più difficili.
Nella più seria crisi mondiale dal secondo dopoguerra l'Italia ha avuto il doppio merito di non dover salvare con il denaro pubblico banche fallite e di contenere il deficit pubblico aggiuntivo, che altri Paesi accendevano, invece, con eccessiva generosità. Sono meriti oggettivi, che vanno riconosciuti. Ma se questo è il punto di partenza, per fare come la Germania, occorrono scelte che andrebbero anteposte a polemiche e a divisioni, scelte che non confliggano con le linee del rigore dei conti pubblici e che si concentrino sui fattori che hanno determinato la bassa crescita italiana nel decennio che ha preceduto la crisi.
Se non si manifestano quei fattori, il rischio di rimanere nel girone dei Paesi dove la crescita è di poco superiore all'1 per cento è molto alto. Nel 2009 il reddito pro capite italiano è sceso ai livelli del 1998 e da quei livelli si è poco discostato nel 2010. Per arrestare questa discesa, dovremmo crescere in produttività ed è questa la voce al primo posto nell'agenda del Governo. Come recuperare produttività? Recuperando l'equazione «più salario di produttività e minore peso fiscale per le imprese». Mi riferisco alle imprese che innovano e che non trasferiscono sul salario il peso della crisi.
Dagli indicatori tradizionali di competitività riceviamo gli stessi messaggi: dal 1997 in poi il costo per unità di prodotto nell'intera economia è salito del 20,6 per cento in l'Italia, del 16,1 per cento in Francia ed è calato dell'1,2 per cento in Germania. Per accrescere produttività servono innanzitutto regole diverse per utilizzare al meglio gli impianti, gli orari, i turni straordinari, unendo l'obiettivo di ottenere più margini per l'impresa e un'ulteriore retribuzione detassata per i lavoratori e per i dipendenti.
Vi è poi il capitolo degli incentivi alle imprese, un capitolo tutto da scrivere. Negli ultimi anni le polemiche sugli incentivi si sono focalizzate molto intorno all'acquisto di capitale tecnico, piuttosto che sull'equilibrio di punti deboli come l'acquisizione e il trasferimento di innovazione e di processo o il rafforzamento della struttura logistica dell'impresa e poi anche la propensione a incorporare nel processo produttivo maggiori livelli di servizi avanzati. Occorre quindi guardare la struttura produttiva per come sta cambiando nel mondo e per come sta cambiando anche in Italia. Noi abbiamo il Pag. 52dovere di reggere le potenzialità, orientandone correttamente le risorse al fine di delineare quello che deve essere il profilo competitivo della nostra nazione, del nostro Stato e del nostro sistema produttivo, una volta usciti dalla crisi.
Poi ci sono le famiglie italiane, i nostri giovani disoccupati e sfiduciati, le donne che faticano a entrare nel mondo del lavoro. Abbiamo apprezzato nella sua relazione, signor Presidente del Consiglio, la sottolineatura di una preoccupazione che dovrebbe riguardare tutti, maggioranza e opposizione, e che riguarda il trasferimento alle future generazioni del peso della crisi e degli errori fatti in passato. Il suo accorato appello entra di getto nella sfida della qualità di una politica chiamata a recuperare centralità e capacità di confronto, tesa a valorizzare il merito e ad alimentare corretti processi di selezione delle classi dirigenti.
Noi stiamo lavorando in Parlamento e in Commissione per promuovere autoimprenditorialità per i giovani e per le donne, per trasformare gli ammortizzatori sociali in fattori di crescita e di sviluppo, per studiare forme di garanzia per i vincitori di concorso relativamente al blocco del turnover nelle pubbliche amministrazioni.
Mi auguro che dalla necessaria interlocuzione tra Governo e Parlamento si trovino le forme più appropriate per fornire risposte adeguate ad una crisi, per superare la quale ci vuole davvero un nuovo patto generazionale. E ancora, noi sappiamo - ce ne rendiamo conto - che non può essere praticato il sistema del quoziente familiare corretto alla francese, perché i costi sono eccessivi ed elevati.
Ci pare migliore la proposta che viene dal forum delle famiglie di introdurre un fattore famiglia che sia in grado di prevedere una no tax, nei limiti fissati dall'indice di povertà. Sono segnali importanti, come lo sono certamente l'annunciato smobilizzo, per i comuni virtuosi, di una parte delle risorse bloccate dal Patto di stabilità interno e l'azione di sburocratizzazione e di delegificazione. È un peso che le imprese e i cittadini italiani non possono più sopportare.
Al centrodestra, signor Presidente, storicamente è sempre spettato il compito di mettere a posto i guasti soprattutto contabili provocati dal passato. Noi oggi abbiamo ancora dinanzi a noi due anni importanti. Non ci stancheremo, come gruppo di Iniziativa Responsabile Nuovo Polo, di essere propositivi rispetto all'azione di Governo e di fare in modo ...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
SILVANO MOFFA. ... che quest'agenda che lei ha delineato possa arrivare finalmente e compiutamente a conclusione. Lo facciamo, e concludo, nella consapevolezza di far nostro quello che era il monito di Thomas Mann, che ricordava, tempo fa, che per preparare l'avvenire non basta essere attuali, bisogna avere in sé il proprio tempo in tutta la sua complessità e contraddittorietà, giacché il molteplice, non il semplice, prepara l'avvenire (Applausi dei deputati del gruppo Iniziativa Responsabile Nuovo Polo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bocchino. Ne ha facoltà.
ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, oggi abbiamo la conferma che per lei il tempo non passa. Il 29 settembre dello scorso anno, ben nove mesi fa, è venuto in quest'Aula a chiedere la fiducia alla Camera dei deputati, dicendo che si impegnava su cinque punti, gli stessi di oggi: il federalismo fiscale, la riforma del fisco, la riforma della giustizia, immigrazione e sicurezza e il Piano per il Sud. Disse anche che avrebbe risolto questi cinque problemi e li avrebbe affrontati in maniera definitiva in cinque settimane, nei cinque successivi Consigli dei Ministri.
Sono passati nove mesi e lei è tornato, oggi, a riproporci lo stesso programma del 29 settembre scorso. Eppure l'ISTAT in questi nove mesi ci ha detto, nell'ultima relazione, che l'Italia è cambiata, che si Pag. 53sono persi 500 mila posti di lavoro tra i giovani, che 800 mila donne hanno dovuto lasciare il posto di lavoro per affrontare la gravidanza, non potevano affrontarla da donne madri e lavoratrici. Lei, dopo nove mesi, ci ripropone la stessa ricetta, dando prova e conferma della paralisi del Governo che presiede. Gli elettori hanno capito che c'è la paralisi del Governo e lo hanno capito così bene che hanno dato due segnali non equivoci, prima alle elezioni amministrative e poi con la massiccia partecipazione alle consultazioni referendarie.
Oggi ci ha anche detto che, grazie a dei volenterosi, il 14 dicembre ha scongiurato una manovra di palazzo. Vede, signor Presidente del Consiglio, il 14 dicembre è stata fatta una manovra di palazzo, perché è stato fatto un «autoribaltone» per dar vita ad un Governo che oggi si regge grazie al voto determinante, come si è notato ieri, di tredici deputati eletti nelle file dell'opposizione, nell'Unione di Centro, nell'Italia dei Valori e nel Partito Democratico. Il suo non è più un Governo espressione della maggioranza elettorale del 2008, come lei ha detto, ma il suo, oggi, è legittimamente, come prevedono le nostre norme, un Governo parlamentare sostenuto in maniera evidente e determinante da eletti dall'opposizione.
Lei, oggi, è qui per questo, è qui perché è cambiata la formula del suo Governo. Il Presidente della Repubblica le ha chiesto di venire a spiegare al Parlamento che il suo Governo si regge su eletti dell'opposizione e non più sulle scelte degli elettori del 2008. Lei ha fatto un «autoribaltone» e la prego, signor Presidente del Consiglio, non confonda la libertà dal vincolo di mandato, che tutti abbiamo in quest'Aula, come prevede la Costituzione, e non metta sullo stesso piano chi lascia il posto di Ministro, lo stipendio di Ministro, l'auto di rappresentanza e gli onori da Ministro, i dipendenti che ha un Ministro per andare all'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi Futuro e Libertà per il Terzo Polo, Unione di Centro per il Terzo Polo e Partito Democratico) perché crede in alcune questioni programmatiche, con chi invece, in base alla propria libertà di mandato, sceglie di venire a sostenerla in cambio dello stipendio di Ministro, dell'auto di Ministro e di tutto quello che ne consegue.
Dal punto di vista morale e dell'etica politica sono due cose completamente diverse (Applausi dei deputati dei gruppi Futuro e Libertà per il Terzo Polo, Unione di Centro per il Terzo Polo e di deputati del gruppo Italia dei Valori). Da una parte è libertà di mandato, dall'altra è volontà di poltrone, sono due passaggi che sono spinti da differenti logiche.
E tutto questo è accaduto perché vi siete rifiutati di ascoltare quello che qualcuno come noi aveva detto con insistenza. Un anno e mezzo fa avevamo previsto quello che stava accadendo nel Paese anche dal punto di vista economico-sociale, e lo avevamo denunciato. Avevamo detto che il PdL così com'era non poteva funzionare. Oggi lo dite voi e convocate il consiglio nazionale la prossima settimana per porre rimedio, un anno e mezzo dopo, quando i buoi già sono usciti dalla stalla. Avevamo detto che i conti pubblici andavano, si, fatti quadrare con il rigore di bilancio, ma il rigore deve avere poi anche lo sviluppo. Avevamo chiesto gli stati generali dell'economia, quelli che oggi tutti chiedono perché sanno che c'è bisogno di una riflessione profonda per quanto riguarda l'Italia, il problema economico, il problema del lavoro. Abbiamo due milioni di giovani definiti «NEET»: si alzano la mattina, signor Presidente del Consiglio, non studiano, non lavorano e non fanno formazione; sono due milioni e hanno meno di trenta anni. Noi vogliamo rispondere a questi soggetti.
Avevamo detto che l'appiattimento sulla Lega avrebbe portato a quello che è successo a Milano. Quando si fa la campagna elettorale con lo spauracchio di zingaropoli, come vi ha insegnato la Lega, si finisce con l'ottenere quei risultati da parte dell'elettorato moderato. Devo dire che del suo intervento mi è piaciuto molto un passaggio, un passaggio molto bello in riferimento al Partito Popolare Europeo. Detto da lei è un po' come sentire la canzone di Gianna Nannini quando dice Pag. 54«bello e impossibile». Perché oggi il suo partito, signor Presidente del Consiglio è antropologicamente distinto e distante, quanto meno nei toni e nei modi di fare e negli argomenti che tratta, dal Partito Popolare Europeo. Il Partito Popolare Europeo non espelle i dissidenti, il Partito Popolare Europeo è europeista e occidentale (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo), non bacia la mano a Gheddafi, non abbraccia Putin, non dice che Lukashenko è amato dal suo popolo grazie al fatto che ha il 94 per cento. L'avviso, signor Presidente del Consiglio: è al 94 per cento perché gli altri sono in galera, non perché hanno scelto, cioè gli altri, quelli che volevano votare sono in carcere, perciò è al 94 per cento. Lo stesso discorso vale per Ben Alì e per Mubarak. Il Partito Popolare Europeo non fa questo.
A Mirabello, nel settembre dello scorso anno, le proponemmo un patto di legislatura sui cinque temi che oggi lei ci ha riproposto. Lei disse che non c'era bisogno del patto di legislatura, ma come sarebbe bello per lei oggi poter tornare a quel giorno ed accettare quella proposta ed avere una maggioranza ampia, un Governo solido, la possibilità di governare gli interessi degli italiani. A dicembre scorso, a Bastia Umbra, Futuro e Libertà le propose di allargare la maggioranza a tutti coloro che sono nel PPE, di allargare anche agli amici dell'UdC. Oggi lei li rincorre dopo aver detto allora che non si poteva fare, non si poteva costruire una nuova maggioranza, un nuovo Governo. E oggi le porte sono chiuse per quanto ci riguarda, le porte sono chiuse perché le hanno chiuse gli italiani, non perché le chiude lo scacchiere politico.
Gli italiani hanno fatto una scelta. Noi le abbiamo provate tutte per evitare questo crollo del suo programma di Governo, delle ambizioni che il suo intervento in politica aveva portato in tanti moderati. Le abbiamo provate tutte, ma non ci siamo riusciti. Lei ha scelto la strada del partito padronale, ha scelto la strada dell'economia senza sviluppo e senza finanziamento all'impresa e al lavoro per i giovani, lei ha scelto la strada dell'appiattimento sulla Lega. Noi abbiamo tentato tutto e non ci siamo riusciti. Oggi riteniamo che si arrivato il momento di far parlare gli italiani.
Lei vuole andare avanti con l'accanimento terapeutico del suo Governo grazie agli eletti all'opposizione. Lo faccia, lo faccia pure. Può anche aumentare per ragioni pensionistiche di qualche deputato il numero di chi le dà la fiducia. Il problema è che mentre lei aumenta i deputati che le danno la fiducia alla ricerca della pensione aumentano i disoccupati di questo Paese, aumenta il deficit di questo Paese, aumentano i dati negativi sulla produzione industriale e sull'economia. L'Italia ha bisogno di fatti e non più di parole (dal 29 settembre ad oggi sono anche le stesse parole); l'Italia ha bisogno di un piano per il lavoro, soprattutto per i giovani, di una legge che preveda un contratto di primo impiego. Nel caso di giovani che entrano con il primo impiego per tre anni i datori di lavoro che li assumono non pagano nessun onere, nessuna tassa, nessun contributo. Diamo spazio a questi giovani, tiriamoli fuori dalle case in cui vivono in depressione.
Dobbiamo riformare gli ammortizzatori sociali: basta pagare Cassa integrazione a gente che poi svolge un doppio lavoro.
Diamo quei soldi alle imprese che assumono, che prendono un lavoratore che ha perso il proprio posto di lavoro, per convertirlo lavorativamente, per formarlo, per farlo rientrare nel mercato del lavoro. Rivediamo il welfare, facciamo in modo che chi guadagna di meno abbia più tutele e chi guadagna di più abbia meno tutele e non il contrario come è adesso, che non è equo. Guadagni di meno e hai anche meno tutele e ciò non è possibile. Non ci ha parlato della manovra, signor Presidente del Consiglio: dove intende trovare 40 miliardi di euro? Lo spieghi agli italiani, perché l'unico modo è andarglieli a prendere nelle loro tasche. Deve fare la riforma del fisco. Questa l'abbiamo sentita; erano due aliquote nel 1994 (23 e 33 per cento), oggi ci parla di tre aliquote a costo zero. Mi permetto di spiegare agli italiani che ci Pag. 55ascoltano che significa tre aliquote a costo zero. Significa che il marito che fa l'impiegato pagherà cento euro di più, la moglie che fa l'insegnante pagherà cento euro di meno e la famiglia vivrà con gli stessi soldi. Ma voi avrete fatto il gioco delle tre aliquote che, detta bene, a Napoli, si chiama il gioco delle tre carte (Applausi dei deputati dei gruppi Futuro e Libertà per il Terzo Polo e Unione di Centro per il Terzo Polo). Non esiste una riforma del fisco a costo zero. Esiste una sola riforma del fisco, signor Presidente del Consiglio: la riduzione delle tasse. E le tasse si riducono aumentando la base imponibile e diminuendo le aliquote. Questo si fa finanziandolo, tagliando la spesa pubblica improduttiva ed evitando i tagli lineari. E concludo sui tagli lineari: l'abbiamo detto per anni che non potevamo andare avanti. Quest'anno lei deve risparmiare il 7 per cento. Se lei taglia il 7 per cento alla rianimazione neonatale del Bambin Gesù commette un reato, se taglia solo il 7 per cento alle auto blu, commette lo stesso un reato. Deve tagliare il 20 per cento alle auto blu e dare il 3 per cento in più...
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Bocchino.
ITALO BOCCHINO. ... alla rianimazione neonatale di un ospedale pediatrico. È questo che noi vogliamo che si faccia. Dal Paese si è alzato recentemente un grido di allarme per quello che sta accadendo in Italia. Dire le stesse cose di nove mesi fa è come se nulla fosse accaduto. Noi non vogliamo più partecipare a questo che sì è un teatrino della politica (Applausi dei deputati dei gruppi Futuro e Libertà per il Terzo Polo, Unione di Centro per il Terzo Polo e Misto-Alleanza per l'Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.
PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, oggi 500 mila ragazzi hanno iniziato gli esami di maturità. Lei, dopo tre anni, si è presentato qui in Parlamento come fosse il primo giorno di scuola. D'altronde, se lo dice Bossi che aspetta i fatti dopo le parole, figuriamoci che cosa potremmo dire noi. Sono passati tre anni: promesse, chiacchiere, le tasse non sono diminuite, ma complessivamente aumentate. Si preannunciano riunioni mensili del CIPE, ma tutti sanno che il Piano infrastrutturale in Italia è bloccato e lo denunciano le associazioni dei piccoli, medi e grandi imprenditori italiani. Per mesi,abbiamo chiesto la revisione dei Patti di stabilità per i comuni virtuosi e la risposta è stata quella di dare risorse a fondo perduto ai comuni dissestati. Ieri, l'Autorità antitrust ci ha spiegato che, in Italia, il processo riformatore è fermo perché le liberalizzazioni sono uscite dall'agenda della politica. Il Piano per il sud è una chimera e, intanto, i soldi del FAS continuano ad essere utilizzati per interventi tampone che nulla hanno a che fare con il Mezzogiorno. Il Paese continua a non crescere ed il debito ad aumentare. Basta un dato per tutti: quando siete andati al Governo, nel 2008, il rapporto debito/PIL era al 106,1 per cento, mentre oggi è al 120 per cento.
Si è affrontata la crisi, come ha detto l'onorevole Bocchino, con i tagli lineari che sono segno della mancanza di una regia politica. Si taglia tutti allo stesso modo e si rinuncia a colpire chi deve essere colpito, cioè gli sprechi. Si taglia su carabinieri e polizia, su scuole e ricerca, cioè sul futuro dei nostri figli, ma ci guardiamo bene dal toccare le province delle quali è stata promessa l'abolizione durante la campagna elettorale (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Futuro e Libertà per il Terzo Polo). Oggi siamo «impiccati» per settimane sulla grande questione dei Ministeri al nord come se al nord non chiedessero meno burocrazia e non trasferimento di burocrazia. E lasciamo perdere, per carità di patria, perché queste sono disgrazie su cui non si può speculare, il terremoto dell'Aquila e i rifiuti di Napoli. Questi due drammi incombono e per chissà quanto ancora sulla comunità nazionale. Pag. 56
Per mesi vi abbiamo spiegato che il reato di immigrazione clandestina era una sciocchezza. Avrebbe intasato i tribunali, sarebbe stato respinto a livello europeo. Puntualmente si è verificato tutto. Le ronde sono state presentate come la soluzione magica per combattere le criminalità: naturalmente in Italia non se ne è fatta una di ronda. Certo ci sono successi contro la criminalità e noi siamo fieri di aver sostenuto in Parlamento i progetti di Alfano e di Maroni contro la criminalità, approvati con voto unanime dell'Aula e vorrei che si dicesse un grazie ai magistrati, polizia e carabinieri che hanno consentito che questi risultati venissero ottenuti (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo, Futuro e Libertà per il Terzo Polo, Partito Democratico e di deputati del Popolo della Libertà). Sulla situazione internazionale mi avvalgo della facoltà di non insistere perché le piroette della maggioranza sulla Libia sono state emblema della mancanza di serietà e il fatto che si discuta nella maggioranza, utilizzando le missioni di pace per un regolamento di conti interni, è il segno di totale irresponsabilità politica. Certo, i tagli lineari hanno consentito di tenere i conti pubblici sotto un parziale controllo. Avete fatto bene ad aumentare le risorse per gli ammortizzatori sociali e tutti questi provvedimenti li abbiamo sempre riconosciuti perché c'è in Parlamento chi, quando il Governo fa una cosa giusta, lo riconosce ma purtroppo oggi non si può che dissentire sulla premessa del discorso del Presidente del Consiglio. Voi non avete ben governato, voi avete galleggiato tra annunci, promesse, errori, rimpasti di Ministeri, alimentando peraltro quei conflitti istituzionali che lei oggi, fiutando l'aria, ha prudentemente riposto nel cassetto (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).
Noi siamo contenti, lo condividiamo, siamo contenti per l'elogio al Capo dello Stato, ma non siamo noi ad aver alimentato i conflitti istituzionali scagliandoci di volta in volta contro la magistratura, contro il CSM, contro la Corte Costituzionale classificandoli come nemici (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Partito Democratico).
Onorevoli colleghi, il Governo Berlusconi ha la maggioranza. È vero, avete la maggioranza ma non c'è il Governo. Ed è una sciagura affrontare le intemperie della crisi economica internazionale, come lei ha detto, senza Governo. Non c'è alternativa, non c'è, onorevole Di Pietro, non perché non la convoca l'onorevole Bersani. Non c'è perché è fallito questo bipolarismo e la soluzione non è aggiungere un posto a tavola o vagheggiare improbabili allargamenti della maggioranza. Il Terzo polo non nasce per aggiungersi ma per cambiare, per pacificare e ricostruire insieme l'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).
Lei, signor Presidente, può trovare qualche parlamentare disponibile ad atti di trasformismo per avere in cambio qualche poltrona ministeriale, ma non può pensare che forze politiche serie, che hanno affrontato il giudizio degli elettori, accettino appelli che al di là della cortesia appaiono ipocriti. È lei, non io, che ha spiegato nei mesi scorsi che finalmente liberatosi dalla zavorra di Casini e dell'UdC avrebbe realizzato il sogno degli italiani. È lei che ha costruito un partito fondandolo sul culto della sua personalità ed espellendo coloro che dissentivano. Come può pensare lei di essere credibile per fare un appello all'unità dei moderati (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo, Futuro e Libertà per il Terzo Polo e di deputati del Partito Democratico)?
Lei, onorevole Presidente, dovrebbe riflettere bene su una cosa perché la battuta era buona, ma la sostanza è diversa. Lei dovrebbe riflettere: chi le chiede un passo indietro non le propone il suicidio, ma le indica forse l'unica via di salvezza per il Paese e probabilmente anche per lei. L'ostinazione nel volere rimanere a Palazzo Chigi è un po' come l'applauso che i colleghi del suo gruppo le hanno tributato oggi a fine discorso: un atto di affetto per carità, in questo senso umano e comprensibile, Pag. 57ma in quell'applauso trovo che ci sia un autoconvincimento come se il chiaro risultato delle elezioni e dei referendum dovesse essere esorcizzato qui dentro, nel Palazzo, quando la sua forza in tutti questi anni è stata esattamente l'opposto.
Quando lei si trovava - sono le sue parole - impantanato nel Palazzo, la sua vera forza è stata l'evocazione del popolo, esattamente quello da cui oggi rifugge, perché sa che è l'unica cosa che non può affrontare (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo, Futuro e Libertà per il Terzo Polo, Partito Democratico, Italia dei Valori e Misto-Alleanza per l'Italia).
Ha scelto lei, onorevole Presidente, di trasformare le amministrative in un test politico, candidandosi a Milano e a Napoli. Quando l'onorevole D'Alema fece la stessa cosa, il giorno dopo se ne andò a casa dimettendosi (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo e di deputati del gruppo Partito Democratico).
Comunque noi le indichiamo una strada: lei è uno straordinario protagonista della politica, ha fatto la sua battaglia, ha diviso questo Paese, ha la maggioranza in Parlamento. Vuole continuare? In bocca al lupo! Ma noi non giochiamo di rimessa perché non ci assumiamo delle responsabilità: noi siamo responsabili, ma non siamo disponibili, perché non siamo in vendita. Noi non siamo pronti a fare cose che sarebbero atti contro natura. Noi invece siamo pronti a farne altre, perché se in questo Parlamento matura la consapevolezza di ciò che serve all'Italia, ed è quello che vi ripetiamo da tre anni, noi saremo i primi disponibili ad assumerci responsabilità.
Noi abbiamo indicato la strada, strada che è rifiutata: un Governo di responsabilità nazionale, uno sforzo per ricostruire l'Italia, per fare quelle scelte anche impopolari che sono state rinviate di legislatura in legislatura, ma che oggi è necessario fare, scelte che io temo dopo di lei anche i suoi contraddittori non riusciranno a fare se non cambia la logica della politica. Da qui può ripartire la storia italiana, se non perdiamo altro tempo per affrontare quelle questioni che non possono essere scaricate su chi verrà dopo.
Ho terminato: è emblematica l'idea di spalmare sul 2014 la manovra finanziaria, è un atto di furberia mediocre sulle spalle degli italiani. E intanto fuori di qui nasce e cresce il malessere sociale, le famiglie scivolano nella povertà e i giovani non riescono a vedere il futuro. Si alimenta l'antipolitica. Io onorevoli colleghi ho finito: sono convinto che questo clima, che travolge oggi Berlusconi e il suo fragile Governo, se non cambiamo presto le cose travolgerà anche noi e soprattutto produrrà un danno al Paese, perché non si può più vivere di demagogia, di populismo, di finte promesse e di illusioni. È il momento della verità e spero che ciascuno ne abbia consapevolezza piena e convinta (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo, Futuro e Libertà per il Terzo Polo, Partito Democratico e Misto-Alleanza per l'Italia-Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Reguzzoni. Ne ha facoltà.
MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio e colleghi deputati, siamo qui in quest'aula a pochi giorni dal grande raduno di Pontida di domenica scorsa, quando decine di migliaia di persone arrivate da tutta la Padania si sono riunite, sotto un sole cocente, in attesa del loro unico leader: Umberto Bossi. Il messaggio che ci hanno lanciato è stato chiaro ed inequivocabile; il nostro è un popolo unito attorno a Bossi, con il quale condivide un grande sogno: la voglia di libertà e la speranza di un futuro migliore per i nostri figli (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
La speranza di cambiare il Paese è il nostro obiettivo e a un tempo il motore della nostra azione politica, che si deve concretizzare nell'azione di governo. Questa speranza non può e non deve assolutamente morire, anzi deve essere il faro di ogni nostra decisione. Il nostro dovere è Pag. 58tradurla in risposte concrete: dobbiamo innanzitutto pensare ai nostri giovani, perché non ci perdonerebbero di non aver dato loro un futuro. Ai nostri giovani dobbiamo insegnare con l'esempio innanzitutto che l'unico metro di giudizio è il merito, che il duro lavoro e l'impegno premiano (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
I giovani non possono essere relegati ad una vita di precarietà, fatta di contratti a termine e diritti zero. Cambiare il Paese è un obiettivo ambizioso, lo sappiamo bene, ma non ci fermeremo di fronte a chi spera che tutto rimanga immobile. Noi vogliamo che il fisco sia più giusto e più equo e che non sia siano sempre le stesse persone e gli stessi territori a pagare per tutti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Il fisco non può essere visto dai cittadini come un nemico e i lavoratori che guadagnano 3.000 euro non possono lasciarne 2.000 allo Stato e riceverne solo 1.000 in busta paga (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Un sistema così non può più reggere: abbiamo promesso di cambiarlo e cambiarlo per i nostri elettori è un imperativo categorico.
Presidente Berlusconi, colleghi del PdL, se non riusciremo a realizzare gli obiettivi che Bossi ha ricordato dal palco di Pontida, tradiremmo le speranze del nord, ma non solo del nord, perché un fisco più equo e federale è il miglior antidoto a un sud che è vittima del suo stesso assistenzialismo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Nel corso di questa legislatura abbiamo portato a casa importanti risultati, di questo vi ringrazio tutti: nonostante le cronache dei giornali si occupassero d'altro, abbiamo tenuto in ordine i conti dello Stato e abbiamo tagliato un po' di sprechi; abbiamo inferto colpi micidiali alla criminalità organizzata (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Abbiamo restituito ai comuni i beni del demanio e abbiamo approvato il federalismo fiscale, che finalmente introdurrà il criterio della responsabilità degli amministratori locali (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Chi amministra bene non dovrà alzare le tasse, anzi, potrà diminuirle, ma chi amministra male sarà costretto a farlo, e di questo dovrà rispondere davanti ai suoi elettori. Abbiamo approvato la riforma dell'università, perché i baroni non facciano più il buono ed il cattivo tempo negli atenei, e invece sia il merito ad essere valorizzato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà). Abbiamo investito enormi risorse per gli ammortizzatori sociali, non lasciando mai soli quei lavoratori e le loro famiglie che hanno pagato il prezzo più alto della crisi economica internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Nell'ultimo Consiglio dei ministri abbiamo approvato un decreto che ripristina le norme dell'espulsione dei clandestini, perché la magistratura non può sempre abrogare quanto decide il Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà). Dobbiamo riuscire a far tornare la linea della fermezza, perché non possiamo permetterci di essere invasi dai clandestini. Purtroppo non abbiamo - lo dico, purtroppo - quei posti di lavoro che cercano da noi. Adesso tocca al Governo fermare gli sbarchi e respingere i clandestini, senza se e senza ma.
Su altri temi chiediamo invece al Governo una rinnovata energia e concretezza. Serve una maggiore flessibilità da parte di Equitalia, che non può più procedere con riscossioni coattive, ad esempio, nei confronti di quegli artigiani e commercianti che dimostrino di non essere grado di ottemperare alle scadenze fiscali e contributive per una temporanea difficoltà economica legata al momento. Quell'artigiano e quel commerciante non sono evasori, sono soltanto lavoratori in difficoltà. Non si può pignorare un automobile e una casa a chi ha una momentanea difficoltà (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Pag. 59
Occorre anche alleggerire il peso delle norme sulla tracciabilità, norme che sono percepite come un aggravio di burocrazia per famiglie e piccole imprese e, al contrario, sono un grosso favore alle grandi banche. Grandi banche che devono tornare ad essere i primi motori del nostro sistema di piccole e medie imprese. Esse devono tornare a dare soldi a chi, al mattino, alza le saracinesche, e non ai grandi gruppi finanziari.
Chiediamo anche al Governo, in primis ai Ministri Frattini e Romani, che si impegnino affinché sia finalmente approvato il regolamento europeo sull'etichettatura obbligatoria e la tracciabilità, che recepisce i principi della legge Zaia, della legge che abbiamo fatto con il collega Versace e delle nuove norme introdotte proprio ieri in difesa dei nostri artigiani che producono mobili, perché questo è il valore del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Non possiamo lasciare in mano a imprenditori senza scrupoli e ai signori del business e della speculazione internazionale il nostro motore dell'economia. E poi, Ministro Matteoli, lei non può negare a compagnie straniere il diritto di volare da e per Malpensa. Farlo significa danneggiare Milano e il nord, solo per difendere i piccoli interessi di bottega di alcuni altri aeroporti della CAI, che oggi è una compagnia privata. Ministro, deve dare subito l'autorizzazione a tutte le compagnie aeree che vogliono investire e creare lavoro, ricchezza e tariffe più basse per i viaggiatori del nord e per tutto il Paese.
Per i comuni chiediamo che il Patto di stabilità sia rivisto e corretto - come già abbiamo iniziato a fare nel decreto sviluppo, approvato proprio ieri -, per permettere ai bravi amministratori di spendere i soldi che hanno saputo risparmiare. Chiediamo che gli enti locali virtuosi non siano trattati come quelli in cui gli sprechi sono all'ordine del giorno. Deve essere rivisto subito e senza indugi il Patto di stabilità interno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Abbiamo molto apprezzato la volontà di portare avanti la riforma costituzionale, riducendo il numero dei parlamentari e portando alla fine del bicameralismo perfetto, con l'introduzione, finalmente, del Senato federale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Chiediamo anche un taglio serio e non di facciata ai costi della politica, e anche nella burocrazia, magari destinando i risparmi ad aumentare tutte quelle pensioni - e sono la maggior parte - che sono sotto la soglia dei 1.000 euro, e che consentono con difficoltà di raggiungere la fine del mese.
Abbiamo chiesto e ragionato con il Governo perché noi vogliamo la fine quanto prima dei bombardamenti in Libia e il più presto possibile una riduzione dello sforzo, anche economico, nella presenza del nostro Paese alle numerose missioni di pace.
Presidente, Ministri, colleghi del PdL, il Paese ci guarda; dobbiamo dare le risposte che il Paese si aspetta e questa legislatura deve essere ricordata come la legislatura in cui i fatti sono stati più delle parole. Abbiamo voluto legare ogni obiettivo a delle scadenze precise, attraverso un timing preciso, come si fa in azienda, in modo da controllare lo stato di avanzamento e di dare ancora più efficacia ad una straordinaria azione, che è quella che sempre ha avuto il nostro Governo.
Concludo, rievocando non solo l'ultimo raduno di Pontida, ma quello dei vent'anni che sono preceduti. Milioni di giovani e anziani, donne e uomini pieni di speranza, si sono sempre riuniti attorno a Umberto Bossi per chiedere di dare concretezza alle speranze, ai loro sogni e ai loro bisogni, che sono un po' quelli che abbiamo scritto nel programma di Governo, che sono il fondamento della nostra alleanza e che sono oggetto dell'azione di questo Governo.
Onorevole Bersani, con orgoglio le dico che, nonostante gli oltre vent'anni di militanza politica da volontario e da militante, io sono solo da due anni in questo Parlamento e lo dico con orgoglio, perché non capisco le formule dei Governi di Pag. 60transizione, istituzionali e tecnici che dall'inizio della legislatura andate, di volta in volta, tirando fuori. Per me sono giochi di palazzo e di potere che non capisco e non voglio capire. Tutti noi non vogliamo accettare la logica del non cambiare mai niente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Onorevole Bersani, glielo ha ricordato con parole chiare l'onorevole Di Pietro: il vostro unico programma è non cambiare mai niente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Noi siamo lavoratori, ingegneri, imprenditori, artigiani, operai, giovani e pensionati, noi siamo quelli di Pontida, che hanno giurato di portare avanti un progetto di libertà, giustizia e tradizione (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Noi siamo quelli che cambieranno questo Paese, che vi piaccia, oppure no (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bersani. Ne ha facoltà.
PIER LUIGI BERSANI. Signor Presidente, l'onorevole Reguzzoni ha detto che lui è di Pontida; e io sono di Bettola (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), per cui non vedo cosa...chiarito questo punto - ma ne parleremo - vorrei dire questo: il Presidente del Consiglio si è attaccato a un «pugno di numeri parlamentari» che ha raccolto dal 14 dicembre ad oggi. Ma i fatti indiscutibili sono tre. Primo: da mesi e mesi il Governo è un motore spento. Non governa. Ogni tanto un decreto fatto di piccole cose e un voto di fiducia (siamo ad oltre 40), niente di significativo, un sacco di chiacchiere intorno a questo e il Paese che va col pilota automatico.
Secondo: come ricordava la Presidente Bindi stamattina, potete arrampicarvi sui vetri finché volete, ma la maggioranza non è quella uscita dalle elezioni. Qui c'è un nuovo Governo Berlusconi-Bossi-Scilipoti, di cui Scilipoti ha, diciamo, la golden share (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Siamo al ribaltone, siamo a quello che lei definì ribaltone o ribaltino, siamo al teatrino, al Bagaglino. Voi campate non sul premio di maggioranza, ma sul premio di transumanza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Questo è il vostro premio.
Terzo: i referendum hanno sconfessato le uniche cose sulle quali avevate investito, cioè le leggi ad personam, la privatizzazione forzata e il nucleare. Le elezioni amministrative che lei, signor Presidente, non ha neanche citato, hanno dimostrato matematicamente che non avete con voi la maggioranza degli italiani.
A queste tre cose, che sono ben diverse da un voto di metà mandato, voi rispondete davanti ad un Paese attonito e sgomento con delle estenuanti tecniche di sopravvivenza. Ieri abbiamo assistito a questa vicenda da tragicommedia dei ministeri. Ad un certo punto abbiamo temuto che per trovare la mediazione decideste di portare i corridoi dei ministeri al Nord e tenere le stanze a Roma. Questo ce l'avete risparmiato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ma attenzione, che lo stesso effetto della storia dei ministeri, caro Presidente, fanno le sue parole di vanagloriosa rivendicazione di meravigliosi risultati: le promesse di fare adesso il piano per il Sud, che seguirà personalmente, il fisco in quattro e quattr'otto e così via. Sono promesse che abbiamo già sentito. E su questa lamentosa litania sull'eredità del passato, scusi, Presidente, voglio dirle una cosa: un bambino che fosse nato nei dintorni della sua discesa in campo oggi farebbe e fa l'esame di maturità. Gli faccio gli auguri e ringrazio gli insegnanti che l'hanno portato fin lì (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Voi, compresa la Lega, quando parlate sembrate gli Indignados, ma governate da otto degli ultimi dieci, altro che gli Indignados (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Pag. 61Centro per il Terzo Polo - Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Presidente, lei dice che ha governato più di De Gasperi. Ciò è anche vero, pensate come siamo messi noi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti del deputato Buonanno)!
PRESIDENTE. Onorevole Buonanno!
PIER LUIGI BERSANI. Ci vuol dire perché dal 1994 ad oggi, e negli ultimi otto anni, non avete fatto uno straccio di riforma fiscale? Adesso la promettete per l'estate. L'ho già detto che è «un fisco per l'estate», di questo si tratta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Per l'estate avremo una legge delega che ci consegnerà il risultato «a babbo morto». Ma chi pensate di prendere in giro?
Presidente, basta, la finisco qui con le battute perché noi, Presidente, siamo nei guai ed è incredibile, incredibile, è tre volte incredibile che lei, mentre ci dice che farà una manovra da 45 miliardi di euro, non ci dica niente di cosa succederà fra qualche settimana. Ma è possibile che lei parli di crisi finanziaria, locuste terribili della speculazione, terribili rischi solo quando c'è da dire che il Governo deve stare in piedi? Poi gira pagina: stiamo meglio degli altri, non c'è problema, abbiamo fatto tutto bene. Ma se non c'è problema, non vedo il problema. Presidente, lei deve cominciare a dire la verità a questo Paese. È ora di dire la verità!
Non avete affrontato la crisi, avete raccontato favole, non avete messo il coraggio per riforme vere. Riforma fiscale? Si, perbacco, ma è da tre anni che bisognava metterla in moto. Liberalizzazioni? Si, perbacco, non privatizzazioni forzate. Pubblica amministrazione? Sì, perbacco, non giaculatorie contro gli insegnanti fannulloni. Adesso sento che vogliono dimezzare il numero dei parlamentari. Vi informo che noi da tre anni abbiamo depositato una proposta di legge per il dimezzamento del numero dei parlamentari. Volete portarla qui, che la votiamo? (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Onorevole Reguzzoni!
PIER LUIGI BERSANI. Avete messo l'Italia davanti ad un'alternativa drammatica, drammatica, in assenza di riforme che ci dessero la possibilità di dire che cresciamo un po' di più e allunghiamo un po' i tempi di un rientro dal debito, perché senza crescita non si può ridurre il debito.
Adesso voi ci avete messo di fronte a questa alternativa: o non rispettare - ed è impossibile e pericolosissimo - un accordo con l'Unione europea o affrontare senza riforme e senza crescita una manovra che può essere solo un «carico da 90» e un elemento di recessione per questo Paese. Vi pronostico: questa è l'alternativa di fronte alla quale ci avete messo. Si parla dell'eredità, che - lei dice - non vogliamo lasciare ai nostri figli. Anche a questo proposito, quando siamo andati via, nel 2007, l'avanzo primario era al 3,5 per cento: 60 miliardi di euro.
MARCO MARIO MILANESE. Il deficit quant'era?
PIER LUIGI BERSANI. Avete tenuto in equilibrio i conti? Non ci sono più i 60 miliardi di euro! Il debito dal 2007 ad oggi è aumentato di 309 miliardi di euro, dicasi 600 mila miliardi di vecchie lire (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)! Poi lo so anch'io che c'è la crisi e servono gli ammortizzatori e minori entrate fiscali. Ma non avete dovuto salvare le banche! Almeno non mettetevi la medaglia - perbacco! - e non dite che non lasciate in eredità un problema. Concludo, perché ho capito che il tempo sta stringendo.
Signor Presidente del Consiglio, voi non potete dire che non si può cambiare perché c'è la crisi, perché la crisi è al buio. Il problema è che il buio siete voi! Ci siamo dentro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! E non potete accendere la luce, non potrete fare le riforme che non avete fatto fin qui! Questo è il problema! È ora di liberare le energie nuove che si muovono in questo Paese! Quante ce ne sono? Le abbiamo Pag. 62viste alle amministrative! Perché teniamo bloccato questo Paese, perbacco? Le riunioni, Di Pietro, le faremo finché vorremo. L'alternativa sta lì: in una riscossa civica e morale che riesca ad affrontare i problemi che abbiamo davanti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
Voi dovete consentire che l'Italia si rimetta in movimento con protagonisti nuovi, con sfide nuove. E di che cosa ha paura, signor Presidente del Consiglio, che tanto la sinistra non ha leader? Sanno tutti che lei è più appassionato di sondaggi di me. Lo sanno tutti! Come si spiega che lei è sempre dieci punti sotto ai «non leader» della sinistra? Ha un bel problema davvero (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Italia dei Valori)!
Forza vediamo: il Paese si misuri davanti ad una prospettiva nuova e trovi la forza per affrontare i problemi, altrimenti questo tramonto troppo lungo - cari Berlusconi, Bossi e Scilipoti - porterà dei guai molto seri a questo Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro per il Terzo Polo - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cicchitto. Ne ha facoltà.
FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non vorrei dimenticare che questa seduta del Parlamento si svolge avendo alle spalle degli interrogativi che riguardano il quadro economico internazionale che abbiamo visto fortunatamente affrontati questa notte in Grecia con un voto positivo per quello che riguarda quel Governo e, quindi, gli impegni conseguenti che quel Governo deve prendere evitando il default della Grecia che determinerebbe in Europa situazioni assolutamente drammatiche.
Dico questo perché credo che anche la situazione internazionale sia stata una delle ragioni per le quali il Presidente della Repubblica ha invitato da un lato il Governo a dare senso e conto della sua ricostituita maggioranza e dell'ingresso di altri Sottosegretari al suo interno, ma il Presidente della Repubblica ha anche lanciato un invito e una sfida a tutti di cercare di trovare delle basi di unità o di confronto.
Ora il dato parlamentare e politico di questo dibattito è che il Presidente del Consiglio ha risposto a questo appello del Presidente della Repubblica che ha questo presupposto alle spalle, ossia una preoccupazione molto rilevante che riguarda il quadro economico internazionale. Invece, la vostra risposta è stato il discorso desolante che ho inteso adesso dall'onorevole Bersani (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Onorevole Bersani, non siamo più in campagna elettorale e anche la campagna elettorale è stata amministrativa (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Inoltre, dimenticate un dato che faceva parte della vostra cultura, che era quello della centralità del Parlamento. La centralità del Parlamento è fatta anche in modo che in Parlamento si può stare in maggioranza o in minoranza, ma non si può contestare la maggioranza e sviluppare un discorso così radicale ed estremista quale quello che abbiamo sentito fare poco fa, non misurandosi con i problemi che ci stanno intorno.
Aggiungo, anche, che non vi misurate neanche con i problemi politici che, paradossalmente, ha posto in questo dibattito parlamentare l'onorevole Di Pietro. Non vi misurate con il fatto che, se andiamo a dare una lettura di quello che è avvenuto anche sul terreno delle elezioni amministrative e dei referendum, questa lettura pone certamente dei problemi alla maggioranza. La relazione svolta dal Presidente Berlusconi rappresenta una riflessione anche rispetto ai problemi della maggioranza, ma pone dei grandi problemi anche nei vostri confronti. Li pone perché né a Milano né a Napoli ha vinto il Partito Democratico ma candidati dell'estrema sinistra, della sinistra radicale in un caso e della sinistra giustizialista in un altro caso (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Pag. 63
Per quello che riguarda Napoli, tra l'altro, vediamo che questo pallone gonfiato di De Magistris comincia a sgonfiarsi già oggi e, probabilmente, risulterà che il dottor De Magistris è peggiore come sindaco di quanto non lo sia stato come pubblico ministero (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Ma il nodo, onorevole Bersani, vi riguarda anche da un altro punto di vista. Sia detto senza polemica, onorevole Bersani, ma lei mi sembra un abilissimo «succhiaruote», per dirla in termini ciclistici, perché si mette nella scia di altri. Si è messo nella scia del nuovo sindaco di Milano e di De Magistris per le elezioni amministrative. Inoltre, mi consenta, si è messo nella scia dell'onorevole Di Pietro per i referendum, perché voi non avete inventato i referendum (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Onestamente - onore al merito - i referendum li ha inventati l'onorevole Di Pietro (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Li avete così poco inventati voi che, onorevole Bersani, in una pregevole riflessione di quando lei cercava ancora di essere riformista, per una buona ragione, cosa ha detto in ordine alla politica energetica? «Quattro sono le piste da percorrere: efficienza energetica, sviluppo delle fonti rinnovabili, nuove tecnologie di utilizzo con minore impatto ambientale delle fonti tradizionali, ricerca e promozione industriale per smantellare il vecchio nucleare e partecipare allo sviluppo del nuovo nucleare pulito, avvicinando la quarta generazione». Quindi, come vede, lei non ha le carte in regola neanche da questo punto di vista (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
Ma, voglio dire, che non le ha neanche sul terreno dell'analisi politica. La quintessenza di questo è il singolare trattamento che riservate agli amici della Lega.
FURIO COLOMBO. Il singolare trattamento che loro riservano a noi!
FABRIZIO CICCHITTO. Gli amici della Lega (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico) sono una forza rappresentativa consistente, addirittura una potenziale costola della sinistra, quando vi sono degli elementi polemici tra il Popolo della Libertà e la Lega.
Quando però la Lega riconferma gli elementi di unità del Governo e della maggioranza viene criminalizzata: i leghisti diventano i servi dell'imperatore, diventano una serie di cose negative, secondo un vostro meccanismo mentale che è quello della demonizzazione (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Non credo che possiamo lasciar passare né alla sinistra, né all'onorevole Di Pietro e neanche all'onorevole Casini la caricatura che voi avete fatto di questi tre anni di Governo.
Non voglio parlare con la mia voce, ma voglio citare un articolo scritto da un sociologo di sinistra, Luca Ricolfi (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico) che ha scritto...Pure lui è un traditore? Va bene, d'accordo.
FURIO COLOMBO. Scrive su Panorama!
FABRIZIO CICCHITTO. La prima è che tutto si possa dire del Governo tranne che sia stato con le mani in mano: riforma della pubblica amministrazione, riforma delle pensioni, riforma della scuola e dell'università, federalismo, riforma dei servizi pubblici locali; una stabilizzazione dei conti pubblici fatta senza colpire la sanità e con il plauso di tutte le istituzioni sovranazionali. Per non parlare degli ammortizzatori sociali: certo il Governo non ha avuto il coraggio di fare in piena crisi quella riforma organica degli ammortizzatori sociali che la sinistra invoca da anni, però cassa integrazione in deroga, estensione degli assegni di disoccupazione, social card, sussidi alle famiglie e ai non autosufficienti sono misure che hanno attenuato sensibilmente l'impatto della crisi e - conclude Ricolfi - c'è poi il capitolo della lotta alla criminalità organizzata. A questo proposito, io voglio ricordare e rivendicare quello che insieme hanno fatto Pag. 64il Ministro Alfano e il Ministro Maroni ossia il codice antimafia e l'indurimento dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Voglio anche aggiungere un altro dato: per certi aspetti il nostro Governo, per il debito pubblico elevatissimo che ha avuto, ha dovuto lavorare in controtendenza rispetto ad altri Paesi europei, ma l'effetto e il risultato sul quale un Parlamento serio dovrebbe riflettere è che, se andiamo a vedere il rapporto deficit-PIL che ne è conseguito, possiamo constatare che l'Irlanda è a meno 10,5...
GIANNI FARINA. Ma che Irlanda?
FABRIZIO CICCHITTO. ...la Grecia a meno 9,5, la Spagna a meno 6,3, la Francia a meno 5,8 e l'Italia a meno 4. Abbiamo fatto un'operazione di stabilizzazione e di rigore molto forte, che ha salvato l'economia italiana e questo, onorevoli Casini e Bersani, non potete metterlo in discussione perché è un dato oggettivo che riguarda ciò che ha fatto questo Governo sul terreno internazionale. Ciò è confermato da analisi fatte anche da osservatori culturalmente di sinistra, come Fitoussi e come il professor Ciocca, che in un intervista a Il Manifesto ha rilevato che il problema della crescita l'Italia lo ha dal 1992.
Per concludere, sappiamo che si apre una seconda fase incentrata su ciò che sta nel programma di Governo, ossia su due punti essenziali: la riforma del fisco e il piano Sud. Ci misuriamo con questa nuova fase, avendo alle spalle alcuni anni di Governo difficilissimi e travagliati, che non potete caricaturare e demonizzare nel modo in cui abbiamo sentito. Questa demonizzazione significa non fare i conti con la serietà dei problemi del Paese e restare permanentemente in una campagna elettorale, che non ha sbocchi politici, come ricordava poco fa l'onorevole Di Pietro. Paradossalmente - mi dispiace dirlo - l'onorevole Di Pietro, le ha dato, onorevole Bersani, una lezione di strategia politica (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. È così esaurito il dibattito sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.
Discussione della relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Calabria approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti (Doc. XXIII, n. 7) (ore 18,55).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Calabria approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto altresì che le eventuali risoluzioni devono essere presentate entro il termine della discussione.
(Discussione - Doc. XXIII, n. 7)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, onorevole Pecorella.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 18,58).
GAETANO PECORELLA, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio in primo luogo esprimere la mia soddisfazione e quella di tutti i Pag. 65componenti la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti per l'odierno dibattito che dimostra l'attenzione che le istituzioni parlamentari dedicano al settore di nostra competenza. Ringrazio per questo motivo la Presidenza della Camera. La relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Calabria è stata approvata all'unanimità dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella seduta del 19 maggio 2011 ed è il frutto di un intenso lavoro. Infatti, una delegazione della Commissione si è recata in Calabria dal 1 al 3 dicembre 2009, per approfondire la situazione in questa regione.
L'indagine è continuata con altre due missioni svolte a Crotone il 10 e l'11 marzo e il 16 e il 17 giugno 2010. Nel corso di queste missioni sono state impiegate complessivamente circa trentadue ore per raccogliere, durante le audizioni, le testimonianze delle persone che, a vario titolo, sono coinvolte nel ciclo dei rifiuti. Sono state audite sessantatré persone provenienti da ambiti diversi: dalla magistratura alle forze di polizia, dalla pubblica amministrazione ai rappresentanti degli enti pubblici e della società civile.
Nel corso delle missioni sono stati inoltre effettuati dei sopralluoghi presso alcuni impianti al fine di verificare in modo diretto il loro stato e la loro gestione. Particolare attenzione è stata prestata al sito di interesse nazionale di Crotone e allo stato delle bonifiche in quell'area. Il lavoro è proseguito in sede, dove sono state svolte altre otto sedute per raccogliere le informazioni necessarie al completamento dell'indagine. Nell'archivio della Commissione sono state conservate 18 mila pagine di documentazione, raccolte nel corso di questa attività di indagine, che sono state catalogate in 359 schede, di cui 45 riguardano documenti riservati o segreti. Tutti i documenti sono stati digitalizzati e sull'intero archivio è possibile effettuare ricerche testuali.
L'indagine svolta dalla Commissione ha evidenziato come, a distanza di oltre tredici anni dall'istituzione dell'ufficio del commissario delegato per l'emergenza rifiuti in Calabria, nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani non è stato realizzato nessuno degli obiettivi previsti dai piani regionali per i rifiuti da esso predisposti. L'area regionale è stata divisa in tre macro aree (Calabria nord, Calabria centro, Calabria sud), ma tale suddivisione è stata realizzata in modo incongruo rispetto al dato geografico e ciò ha comportato lo spostamento antieconomico dei rifiuti sia prima che dopo il loro trattamento.
L'esito delle iniziative commissariali è stato del tutto insoddisfacente. Le società miste pubblico-private, costituite dal commissario per la realizzazione della raccolta differenziata, versano tutte in stato di insolvenza e la raccolta differenziata non è decollata. Essa è pressoché inesistente sul 90 per cento del territorio regionale. Nella media la raccolta differenziata ha raggiunto la modesta percentuale del 4,2 per cento dal 2005 al 2008. Il fallimento della raccolta differenziata ha contribuito in maniera rilevante alla crisi dell'intero sistema: in Calabria non sono state realizzate nel corso di tutto il commissariamento nuove discariche pubbliche, sicché tutto il sistema delle discariche è rimasto affidato ai privati. Ciò è accaduto anche per via dei numerosi conflitti tra l'ufficio del commissario delegato e gli enti locali, che hanno paralizzato tutte le iniziative commissariali.
Per quanto riguarda il termovalorizzatore di Gioia Tauro, gestito dalla TEC-Veolia, esso ha trattato un quantitativo di rifiuti di 114 mila tonnellate di CDR nel 2007 e di 97 mila tonnellate nel 2008, a fronte di una potenzialità complessiva di 120 mila tonnellate. Inoltre, ha utilizzato come combustibile il CDR proveniente da altre regioni, e segnatamente dal Veneto, dalla Toscana e dalla Lombardia.
Appare evidente l'inutilità del raddoppio dell'impianto di incenerimento di Gioia Tauro, il cui completamento è previsto per il 2012, e al quale, tuttavia, non è possibile sottrarsi, per non dover pagare forti penali, in forza del concluso contratto Pag. 66di appalto. Devono essere sottolineati in negativo i costi della struttura commissariale, che tra il mese di gennaio 2006 e il mese di agosto 2009 sono stati complessivamente pari a 13.838.659 euro. Si tratta di costi molto elevati, che non trovano alcun riscontro nel servizio reso; in particolare, la voce «compensi per collaborazioni» appare del tutto ingiustificata. Rilevanti sono le spese per la gestione di discariche, impianti e stazioni, che nel decennio sono state complessivamente pari a euro 249.144.297, con un crescendo costante.
I costi sopra indicati prescindono dalle condanne, contenute in ben tre lodi arbitrali, del complessivo importo di oltre 100 milioni di euro. Le carenze del servizio pubblico hanno finito con il favorire l'inserimento nel ciclo dei rifiuti della criminalità organizzata. In particolare, nella provincia di Reggio Calabria, a fronte di un giro di affari di 150 milioni di euro all'anno, solo 12 imprese delle 161 che si occupano di rifiuti hanno ottenuto la certificazione antimafia negativa, mentre 115 imprese risultano addirittura sconosciute al sistema.
L'inserimento mafioso della 'ndrangheta emerge in tutta la sua evidenza dalle indagini della procura della Repubblica di Reggio Calabria, che talvolta vedono il coinvolgimento nelle attività criminose nello specifico settore dei rifiuti anche di soggetti politici. Per di più la Calabria è divenuta terra di smaltimento di rifiuti speciali, anche pericolosi, posto che l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ha calcolato una capacità di smaltimento di rifiuti speciali calabrese molto alta, di quasi 43 mila tonnellate per anno, pari a circa il 7 per cento dei rifiuti nazionali, quantitativo che non corrisponde assolutamente alla produzione di rifiuti speciali nella regione.
È significativo anche il fatto che la IAM, società mista pubblico-privata, che ha in gestione un depuratore a Gioia Tauro, sia destinataria del percolato proveniente dalla Sicilia, nonostante tale depuratore sia spesso in difficoltà per la depurazione dei liquami del territorio calabrese, con conseguente contaminazione della falda.
Le inadempienze del commissario delegato hanno investito anche il sito di interesse nazionale di Crotone, Cerchiara e Cassano, tutti comuni afflitti da un grave inquinamento ambientale, determinato dalla ferrite di zinco dello stabilimento ex Pertusola di Crotone e dalla fibretta di amianto in polvere, usata fino agli anni Novanta negli stabilimenti ex Montedison di Crotone, nonché dalla fosforite derivante dalla produzione di fertilizzanti in questi ultimi stabilimenti.
Nel periodo di competenza, che va dal mese di novembre 2002 al giugno 2008 - anno in cui l'esecuzione degli interventi di bonifica è stata demandata alla Syndial Spa, società del gruppo Enichem, quale soggetto responsabile della contaminazione - l'ufficio del commissario per l'emergenza rifiuti non ha provveduto a porre in essere alcuna iniziativa per la messa in sicurezza e/o la bonifica dei siti inquinati, lasciando cadere nel vuoto le decisioni assunte nelle varie conferenze di servizi tenute presso il Ministero dell'ambiente e le conseguenti prescrizioni.
La situazione non è concretamente migliorata nel corso di questi ultimi tre anni, posto che la Syndial è in forte ritardo nell'attività di bonifica dei siti inquinati e che il Ministero non ha ancora attuato i poteri sostitutivi di azione in danno, che la legge gli conferisce per l'adempimento delle obbligazioni assunte dalla società proprietaria dei siti inquinati.
La Commissione d'inchiesta non può non esprimere tutte le sue perplessità sulla scelta operata dalla Syndial circa il trasferimento dei rifiuti nocivi dalle aree inquinate dell'ex Pertusola e dell'ex Fosfotec alla costruenda discarica di Giammiglione, località sita a ridosso della città di Crotone, in una zona collinare.
Appare preferibile la bonifica in situ, e cioè l'opportunità di chiudere all'interno di un volume confinato i materiali inquinanti e di trattarli sul posto, evitando escavazione e trasporto degli stessi, tanto più che il meccanismo dell'isolamento e Pag. 67del marginamento può avvenire con tecniche sempre più raffinate. È evidente che le problematiche connesse alla bonifica del sito di interesse nazionale di Crotone non sono state, ancora ad oggi, adeguatamente affrontate.
La Commissione, valutati i risultati negativi della gestione commissariale, accompagnata da costi elevati, ritiene che la struttura commissariale debba essere sostituita con il ritorno alla gestione ordinaria dei rifiuti da parte degli enti locali.
Soprattutto, tenuto conto della particolare situazione in cui versa la regione Calabria, pare opportuno e necessario procedere con urgenza alla realizzazione degli impianti necessari in grado di trattare i rifiuti e ad avviare la raccolta differenziata verso gli obiettivi indicati dall'attuale direttiva 98/2008/CE.
Devo rilevare che la situazione della Calabria, in particolare per ciò che riguarda la gestione commissariale, è fra le peggiori che abbiamo verificato in Italia. Devo altresì rilevare che trovo assai singolare che un Parlamento che ha tra i grandi problemi la gestione del territorio, la lotta alla criminalità organizzata e il risparmio del denaro pubblico sia così visibilmente indifferente ai dati che abbiamo fornito sino a questo momento (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.
MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho ascoltato con molta attenzione la relazione del presidente Pecorella. Devo ringraziare sia lui, sia i colleghi della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti per il lavoro che hanno svolto. Ringrazio l'onorevole Pecorella anche per il modo in cui ha illustrato l'attività della Commissione sul ciclo dei rifiuti. Lo ringrazio altresì per la parte finale del suo intervento, quando ha fatto un chiaro riferimento alla grave situazione della Calabria in questo settore e alla disattenzione del Governo rispetto ad una problematica che, invece, dovrebbe essere aggredita con maggiore decisione e, soprattutto, con grande sensibilità e umanità. Parliamo di vicende drammatiche.
Nella relazione al nostro esame, che è stata consegnata al Parlamento nel suo complesso da parte della Commissione, si fa ampio riferimento alle situazioni di negatività e alle ricadute sulla salute pubblica. La Commissione ha dedicato molto spazio a Crotone, vi sono moltissime pagine dedicate a questa città, dove si fa chiaro riferimento al fatto che interi quartieri e scuole sono stati costruiti su rifiuti nocivi, su materiale dannoso. Si fa riferimento anche ai test sanitari fatti nei luoghi dove si era registrato un alto tasso di accadimenti minacciosi ed inquietanti che ricadono sulla salute dei bambini e di quelle popolazioni.
Tante volte, attraverso atti di sindacato ispettivo, abbiamo richiamato l'attenzione del Governo per la realizzazione di un intervento organico di bonifica di Crotone, della zona di Sibari, di Cassano, di Serra D'Aiello, di Oriolo. Tante volte abbiamo cercato di fare capire che questo non era un tema da affrontare con superficialità o astrattezza, ma con un grande impegno. Il materiale lasciato a Crotone dall'ex Pertuso e dall'ex Montecatini certamente disonora la civiltà non soltanto di una Regione, ma di un Paese.
Abbiamo concluso pochi momenti fa gli interventi in relazione alle comunicazioni rese dal Presidente del Consiglio dei ministri. Questo argomento non è apparso da nessuna parte, non ha fatto neppure «capolino» in quest'Aula. Invece credo che questo debba essere un tema abbastanza robusto per sollecitare e indurre ad una riflessione molto forte.
Si parla ovviamente dei ritardi, come ha ricordato l'onorevole Pecorella, della Syndial Spa, ma è chiaro, onorevole Pecorella, che la Syndial Spa non ha nessuna intenzione di operare e di rispettare i patti. Lei ha riscontrato questo dato, lei lo ha visto e lo ha dovuto verificare andando a Crotone! Soltanto qualche Ministro viene qui in Aula e dice: «Tutto a posto. Andiamo avanti con la bonifica.» Come? In che senso? In quale direzione va la Pag. 68bonifica o l'azione di bonifica? Ci sono i poteri forti anche della Syndial Spa, onorevole Pecorella! Signor rappresentante del Governo, vediamo un pochettino se mi può ascoltare tranquillamente, perché sto parlando anche per lei, onorevole Catone! Sto parlando anche per lei, onorevole Catone! Vediamo se possiamo, noi, trovare un qualche aggancio a quella che è una problematica che certamente è irriguardosa e irrispettosa rispetto agli interessi delle popolazioni calabresi, ma non soltanto calabresi.
Ci sono i poteri forti e bisogna individuare quali sono le responsabilità. Lei sa, presidente Pecorella, che io ho avanzato e, soprattutto, dato vita a una problematica sui rapporti di competenza fra la Commissione antimafia e la Commissione da lei egregiamente presieduta, perché vi sono ovviamente delle connessioni. Lei ha, infatti, parlato chiaramente, ricordando che non è stata fatta nessuna raccolta differenziata, che anzi la percentuale è minima, che ci sono delle discariche abusive, che la gestione straordinaria di emergenza, più volte denunciata, ha affidato patrimoni ed ha gestito gli appalti con grande disinvoltura. Chi sono i responsabili di tutto questo a Crotone come a Catanzaro? Perché, quando io ho chiesto al Governo di finirla con l'emergenza rifiuti per riportare tutto a un minimo di controllo, si è risposto di no?
Si vive e si è vissuto senza controlli, senza tracciabilità, senza legalità e, quando non ci sono controlli e non c'è legalità, si inserisce l'azione criminale delle organizzazioni criminali. Ecco perché ritengo che c'è da chiarire quali siano le competenze della Commissione antimafia e le competenze della Commissione bicamerale di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, per capire se c'è la volontà di individuare, come dicevo poc'anzi, dei responsabili.
Noi licenziamo questo testo e anche il mio partito, attraverso l'onorevole Libè, credo abbia dato l'assenso a questo documento. Ma chi sono i responsabili? Sono forse i poteri forti di Crotone? Chi ha coperto Crotone? Iniziamo a capire! Ci sono responsabilità antiche della magistratura, ci sono responsabilità antiche degli amministratori, ci sono responsabilità antiche di membri del Governo. Chi ha coperto questa situazione in cui si è inserita la criminalità organizzata?
Se infatti noi prepariamo una relazione, la consegniamo al Parlamento e, oggi, il Parlamento l'approva non abbiamo certamente costruito nulla e non abbiamo raggiunto nessun tipo di obiettivo, perché quello che era importante lo abbiamo già consumato: la relazione del Presidente del Consiglio, tra vari interventi e tra varie tifoserie. Ma tutto questo non lascia traccia nella storia, perché ci sono territori di questo Paese - non della Luna o di Marte - che vivono situazioni di grande precarietà, di grande sofferenza e là rivivono i drammi che possiamo certamente collegare anche con i drammi che vivono alcune popolazioni del nord Africa e anche dell'Africa equatoriale.
Io ritengo che ci debba essere un sussulto di dignità. Vorrei capire, dopo tanti mesi, qual è veramente la risposta del Governo. Qual è? Non mi riferisco certamente alla risposta dell'onorevole Catone, che è sottosegretario da poco, ma alla risposta del Governo, perché nessuno dei Ministri o degli ex Ministri dell'ambiente può dire che queste cose non si sapevano.
Poi c'è un altro aspetto, onorevole Pecorella, per quanto riguarda il problema delle navi inabissate. So che lei ha condotto anche delle inchieste e degli accertamenti. Per me la situazione è nebulosa.
Al di là di quello che dice la magistratura di Paola, abbiamo carcasse inabissate nel mare con una serie di rifiuti, abbiamo responsabilità delle istituzioni e dei servizi. Ritengo che ci debba essere un passo in avanti e che dopo questo dibattito, alla fine, signor presidente, troveremo un modo, sul piano istituzionale, con la Commissione antimafia, di proseguire le indagini e andare verso l'accertamento di verità e, lo ripeto per l'ennesima volta, delle responsabilità morali di poteri forti, economici che si sono arricchiti sulle spalle della povera gente e della Calabria, con le Pag. 69cifre che lei ricordava in quest'Aula: centinaia di milioni certamente senza nessun ritorno, con una sproporzione tra costi e benefici, molti costi e pochi benefici, forse molti benefici rispetto a pochi che hanno gestito, con grande disinvoltura, nel silenzio, con la copertura, la complicità e la connivenza di alcuni pezzi delle istituzioni.
E allora come vogliamo combattere la criminalità organizzata? Questo Paese come va avanti? Il Governo dura, farà altri due anni? Ci saranno ancora voti di fiducia? C'è bisogno ovviamente di dire la parola seria, non tanto di fare l'elenco dei latitanti catturati e degli obiettivi raggiunti nel contrasto e nella lotta alla criminalità organizzata. Abbiamo dato atto alle forze dell'ordine e anche ai magistrati, così come ha fatto Casini, del lavoro svolto e dell'impegno profuso e molti provvedimenti antimafia hanno avuto anche il nostro contributo in termini positivi e costruttivi. Credo che questo sia un filone importante e fondamentale che va perseguito con forza rispetto anche ai numeri drammatici che il relatore, il presidente Pecorella, ha portato alla nostra attenzione.
È la fine di un'epoca? No, presidente Pecorella, continuerà ancora l'emergenza rifiuti in Calabria. Allora c'è da interrogarsi: chi ha beneficiato di questa emergenza? Quali sono stati i settori che hanno beneficiato di questa gestione disinvolta? Lo abbiamo già accertato: senza controlli, certamente senza tracciabilità, senza nessun senso delle istituzioni e della legalità, si inserisce la criminalità organizzata. Ma la criminalità è semplicemente quella organizzata o anche quella con i colletti bianchi? Chi è pericoloso? Certamente la criminalità delle grandi caste, dei nomi e delle famiglie che conosciamo, ma ci sono anche quelli, ovattati e discreti, che sono dietro le scrivanie e che sono ugualmente criminali, perché alimentano, per il guadagno, la violenza dell'uomo sull'uomo. Credo sia questo il dato forte e importante su cui dobbiamo costruire un abbozzo e soprattutto un modo di poter procedere anche attraverso questi strumenti.
Al di là di questo, il lavoro della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti - di cui ho dato atto, signor Presidente, a lei e ai colleghi della Commissione stessa - al pari di quello della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia, non avrebbe senso di esistere se, come qualcuno pensa, certamente sbagliando, facessimo semplicemente un lavoro che poi si traduce in un passaggio di carte che trasferiamo al Senato o alla Camera. Noi non siamo passacarte, né la Commissione antimafia né la Commissione sui rifiuti. Noi vogliamo anche qualche risultato. Non so come si concluderà questo dibattito...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MARIO TASSONE. ...presumo - concludo, signor Presidente - con un voto su questo documento. Ma, signor Presidente, a nome di tutti, perché credo che ci sia l'unanimità in quest'Aula al riguardo, vorrei dire una parola per chiedere al presidente della Commissione antimafia di continuare e di fare in modo, anche informalmente - per poi trovare, come dicevo poc'anzi, una sistematica formale - di mettere in atto elementi importanti e fondamentali.
Un'ultima battuta. C'è quella vicenda del comandante De Grazia che ancora ovviamente qualcuno vuole ricacciare nell'oblio. Pesa grandemente, perché certamente bisogna capire perché non ci sono stati gli accertamenti dovuti e perché si è cercato di nasconderla o di dimenticarla. Ritengo che questo lo dobbiamo anche ai magistrati, alla stragrande maggioranza dei magistrati calabresi, che vivono nelle procure sotto organico, da Catanzaro a Crotone, a Vibo Valentia, a Reggio Calabria.
PRESIDENTE. Deve concludere.
MARIO TASSONE. Allora ritengo che bisogna concludere questi nostri lavori con una parola che completi, che arricchisca, che dia uno sbocco e soprattutto un futuro Pag. 70al lavoro che è stato consegnato e che è al nostro esame (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.
DORIS LO MORO. Signor Presidente, inizierò io gli interventi per il gruppo del Partito Democratico. Poi seguiranno gli altri colleghi. Siamo presenti in rappresentanza un po' di tutte le province della Calabria. Voglio iniziare col dire al presidente Pecorella e al collega Bratti che ho molto apprezzato, leggendola in maniera approfondita, la relazione perché contiene più di un elemento positivo. Uno di questi (dal quale voglio partire) è che la relazione non si sofferma soltanto (come era possibile trattandosi di una bicamerale che si occupa di infiltrazioni mafiose nel ciclo dei rifiuti) di questi aspetti della questione, ma parte in maniera molto analitica ed approfondita proprio dalla ricostruzione della situazione di fatto, dalla situazione amministrazione calabrese.
Perché voglio sottolineare questo punto? Perché avere contezza e sapere che nel disordine amministrativo, ovvero quando ci sono situazione di disordine, sfilacciamenti, situazioni promiscue non ben definibili dal punto di vista amministrativo è più facile che la criminalità organizzata si addentri e sia pervasiva; ciò è una condizione anche per analizzare bene questo fenomeno. Anzi direi che molto probabilmente il problema da porsi è proprio la questione di chi vuole questa situazione di disordine e di disamministrazione come quella che viene presentata in questa relazione. Non darei per scontato che tutto ciò sia casuale. Anzi penso che molto spesso a queste situazioni si arriva per consentire alle lobby e a tutto quello che è illecito in questo settore (come negli altri) di fare da padrone e di condizionare l'attività amministrativa, quindi la gestione democratica dei servizi.
Una sola cosa notavo e su di essa riflettevo preparandomi all'intervento mentre discutevamo prima. Nella pagina 201 della relazione che è stata distribuita si scrive, presidente Pecorella e collega Bratti: naturalmente, come accade quasi sempre in Calabria, non si parla mai di opere realizzate ma solo di opere programmate. È una triste realtà, e probabilmente anche il piano del sud di cui parlava il Presidente Berlusconi non è altro che un elenco di opere programmate, ma nonostante questa affermazione (che non mi sembra molto pertinente nella relazione, mi sembra una cosa che spunta all'improvviso anche se è una considerazione amara che non voglio contestare), io penso che questa relazione non sia contro la Calabria. Penso che si occupi della Calabria, una relazione che offra spunti di riflessione preziosi a chi governa la Calabria, a chi vuole bene a questa terra.
Conoscere la realtà del resto aiuta. Allora vediamo qual è la realtà che disvela questa relazione. Intanto nell'analisi amministrativa e del contesto mi sembra prezioso che faccia capolino nella relazione e nell'analisi che offre la Commissione una prima affermazione: non c'è una regola per governare una regione e per amministrare in un settore così delicato come quello dell'ambiente.
Non c'è una regola per organizzare, e tutti quelli che sono i sistemi vigenti e utilizzati in altre regioni, se utilizzati in maniera impropria, possono creare negatività. Allora qui non si è tenuto conto probabilmente, soprattutto dalla fase del commissariamento in poi, delle caratteristiche della Calabria, delle distanze, della lunghezza, della scarsa densità territoriale.
Non si è tenuto conto di tutta una serie di elementi, che non ripeto perché li ha ricordati prima il presidente Pecorella leggendo la relazione della Commissione; si tratta di elementi che, però, ci dicono che andava individuato un modello calabrese, così come in tanti altri settori, dalla sanità a quant'altro. Un modello calabrese che tenesse conto del punto di partenza e, cioè, dell'assenza di qualsiasi soluzione e di qualsiasi gestione del problema e lo risolvesse, lo incontrasse in maniera assolutamente innovativa. È questo l'aspetto sbagliato del commissariamento. Un'altra cosa volevo sottolineare: nella risoluzione, Pag. 71che ho letto ed apprezzato, così come nella relazione della Commissione, si parla dell'opportunità di far cessare questo lungo periodo di commissariamento. Ad ottobre saremo ormai a 14 anni senza risultati. E, allora, uno potrebbe chiedersi se ha senso eliminare il commissariamento, dire di no al commissariamento, se questo commissariamento non ha prodotto risultati. Ha senso se si prende atto anche delle criticità di questo strumento del commissariamento, criticità con cui l'Italia sta facendo i conti. Affermiamo proprio questo quando parliamo contro le gestioni straordinarie, contro le ordinanze di Protezione civile, quando ventiliamo la possibilità che attorno a tali attività ci siano lobby potenti che, se si vestono anche dei loro affari, riescono a farli, ma quando si tratta di risolvere i problemi poi, invece, sono assolutamente improduttive di effetti. E, allora, interrogarci se far cessare il commissariamento in Calabria, significa prendere atto che il medesimo commissariamento è stato tutto un fallimento. E perché è importante, in una sede come questa, sottolinearlo? Perché non basta commissariare. Il commissariamento è un atto di responsabilità e, anzi, di corresponsabilità. Quando si commissaria un settore importante e nevralgico di una regione si diventa corresponsabili e, oggi, celebriamo un fallimento che non è solo calabrese, ma nazionale. Lo celebriamo e dichiariamo con riferimento alla Calabria sapendo, però, che, chiunque abbia governato, visto che le cose sono andate in continuità, non ha posto la dovuta cura, non ha gestito, monitorato, controllato in maniera adeguata.
Perché sottolineo questo punto? Perché, poi, sul commissariamento ci sarebbe da chiederci chi ci ha guadagnato. Abbiamo visto che la Calabria, intesa come regione, come popolazione, non ci ha guadagnato, anzi ci ha perso, perché la raccolta differenziata è ancora inesistente, è piena di discariche - ce ne sono mille tra quelle autorizzate e quelle abusive -, non ci sono gli strumenti che ci dovrebbero essere per creare quel ciclo completo dei rifiuti che la Commissione disegna. Ma qualcuno ci avrà guadagnato? E, allora, se andiamo a vedere anche i costi del commissariamento, su cui la relazione non tace, mettendoli, anzi, bene in evidenza - e vorrei riferirmi, per esempio, ai costi del 2007, l'anno in cui si è speso di più come spese di amministrazione -, dovremmo capire questi consulenti che si sono fatti ricchi sulla Calabria dove li abbiamo pescati. Scopriremmo molto facilmente - lo dico perché ho letto l'elenco degli imputati di processi che hanno a che fare con questa vicenda, perché tutti sappiamo che, a seguito di un'ispezione della Protezione civile del 2007, è stato avviato un procedimento penale - che quei nomi altisonanti che hanno governato il settore ambientale in Calabria, non sono di calabresi, ma sono dei soliti amici degli amici, faccendieri, sono le cricche di cui abbiamo riempito l'Italia e che, molto spesso, arrivano proprio al sud per riempire il portafoglio e non per fare esperienze positive. Allora, diciamoci la verità e diciamocela tutta: restituire alla Calabria la responsabilità significa dire a chi la governa che, d'ora in poi, deve rendere conto, come è giusto - parliamo tanto di federalismo -, di come gestirà questo settore, ma che non ci sono più alibi perché non ci sono i prefetti, non ci saranno i consulenti e i consulenti dei consulenti e quant'altro.
Un'altra considerazione volevo svolgere nei pochi minuti che mi rimangono perché il tempo corre troppo veloce e l'argomento è troppo importante. Essa concerne un'altra riflessione presente nella relazione e su cui invito proprio il presidente Pecorella - l'ho già fatto informalmente con il mio collega di gruppo Bratti - a riflettere. Si dice che le discariche pubbliche non sono state realizzate - perché lei l'ha detto prima che discariche pubbliche non ne sono state realizzate nei 14 lunghi anni di commissariamento -, ma esse non sono state realizzate per una serie di ragioni. Le do per scontate perché altrimenti brucio il tempo. Tra queste la litigiosità con gli enti locali. Aggiungo, però, e mi chiedo a voce alta: ma dov'erano gli enti locali e dov'era la popolazione quando venivano costruite le discariche private? Oggi abbiamo la Pag. 72discarica di Crotone, quella discarica del gruppo Vrenna, la discarica di Pianopoli.
Ebbene questo dimostra che non è vero che non si realizzano discariche, che si approfitta a volte anche del dissenso, magari giusto della popolazione o della popolazione che ha giuste preoccupazioni, per non realizzare le discariche pubbliche perché si fanno fare affari a chi gestisce le discariche private. E guardate che è stato un momento drammatico in Calabria quando è scoppiato il caso Vrenna. Voi l'avete scritto, l'avete richiamato nella relazione soprattutto perché ci sono stati alti magistrati che sono andati in pensione e che si sono prestati a continuare quella gestione: quasi che in Calabria non vi sia più la possibilità di distinguere il chiaro dallo scuro, che non vi sia più possibilità di distinguere che quando si può parlare di occupazione, quando si può parlare di un servizio utile per la popolazione, si può addirittura dimenticare che in quel momento c'era non un qualsiasi gestore in discussione, ma c'era una famiglia che tradizionalmente ha parentele nella 'ndrangheta e che il titolare della discarica è imputato di concorso esterno. Vi sono moltissime altre osservazioni da spiegare, ma credo comunque di voler concludere dicendo che è uno strumento di lavoro, è giusto che il Parlamento che oggi è distratto ma che leggerà gli atti li legga approfonditamente perché è giusto che si conoscano fino in fondo quelli che sono i problemi. Noi ne faremo tesoro in Calabria (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.
SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, intanto ringrazio il presidente Pecorella e tutti i componenti della Commissione tramite lui per l'ottimo lavoro fatto. Tuttavia al Governo, all'Aula, al Parlamento dico attenzione perché se pensiamo che il mandato che gli abbiamo dato è quello di fotografare e relazionare e finisce lì, allora questa questione è triste. Credo che oltre che approfondire con serenità quanto è accaduto e quanto continua ad accadere, è forse opportuno chiederci cosa dovremmo fare.
La lettura della relazione predisposta dalla Commissione d'inchiesta che ha fotografato questa situazione drammatica sia dal punto di vista ambientale, sia dal punto di vista della legalità ridotta ai minimi termini palesa un fallimento totale che coinvolge tutti i soggetti interessati nella gestione regionale dei rifiuti. Il completo fallimento della gestione commissariale che dopo quattordici anni non ha praticamente risolto nulla; gli elevatissimi costi della struttura commissariale; una parte eccessiva delle spese riconducibili ai compensi al personale amministrativo e ai compensi per le collaborazioni; la presenza di interessi politici malavitosi e la responsabilità di pubblici funzionari compiacenti e di imprese private colluse nella gestione regionale dei rifiuti; il fallimento delle quattordici società miste, pubblico e privato, incaricate di gestire il servizio relativo alla raccolta differenziata: non il fallimento di imprese che corrono un rischio nella loro attività e quindi prevedono anche il fallimento. Un fallimento predestinato per tutte, disegnato prima ancora di iniziare a fare impresa; società non competitive e inefficienti con violazione della normativa in materia di affidamento di appalti; problemi di infiltrazioni malavitose e mafiose; peraltro tutte le società miste sono state dichiarate fallite e comunque versano in stato di insolvenza. Finanziamenti europei che stanno per essere ritirati o revocati da parte della Commissione europea perché mai utilizzati: strano, eh? Un livello pressoché inesistente di raccolta differenziata che ha contribuito al fallimento dell'intero sistema di raccolta dei rifiuti solidi urbani. Né il commissario delegato né la regione hanno mai realizzato alcuna attività di bonifica neanche nei trentatré siti e discariche definite ad alto rischio comprese quelle di interesse nazionale e quindi qui richiamo al Governo.
Mi spiace che dall'elenco degli iscritti alla discussione su questa relazione manchino autorevoli rappresentanti del PdL o Pag. 73dei Responsabili perché tocca a noi poi trarre le conclusioni e dire cosa bisogna fare.
No cari amici, non può essere considerato scusante il fatto che la Calabria abbia le montagne (è il vero suo valore), che abbia distanze fra un paese e l'altro, che abbia una densità di popolazione per chilometro quadrato al limite della sopravvivenza secondo alcuni esperti o sociologi internazionali. Non è questo, perché in altre realtà, in Italia e in Europa, non è questo che ha limitato l'accesso all'istruzione o lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Anzi, forse potrebbe essere anche un vantaggio. Vi sono altre realtà, ripeto, che hanno le stesse caratteristiche orografiche, quindi non è questo elemento. Però intuiamo che in 14 anni - credo che non servano altri anni per definire fallito il modello - il modello base è stato il commissariamento, cioè qualcosa di straordinario, di esterno, di necessario per superare le norme e le leggi. No, dobbiamo tornare alla normalità. Le donne e gli uomini della Calabria sono persone normali, le amministrazioni sono amministrazione normali e nella normalità devono essere seguite da chi deve farlo, quindi dalle province, dalle regioni e in particolare dallo Stato, non con la straordinarietà, quella straordinarietà che fa scavalcare le gare, che fa scavalcare la libera concorrenza delle imprese, che fa scavalcare l'accesso al mondo del lavoro attraverso gli strumenti legittimi (se sono dirigenti o consulenti devono essere concorsi, se sono lavoratori attraverso il collocamento prima dello Stato e poi della regione). Non può essere utilizzato lo strumento della straordinarietà. Bertolaso poi è stato un eccellente fiore di questo strumento, applicato in modo industriale e non solo nel settore dei rifiuti, ma non vorrei entrare in questo, mi limito a questo fenomeno.
E chi ci ha guadagnato utilizzando questo strumento? Presidenti delle regioni. Ci guadagnavano in soldi? No, ci guadagnavano in voti. Ma è un reato lo scambio dei voti. Era l'unico strumento, questo dell'utilizzare le risorse ingenti - perché interventi straordinari hanno bisogno di risorse straordinarie - con svicoli e scorciatoie per poi distribuirli, commissari straordinari e vari funzionari dello Stato, che però probabilmente da quello che emerge hanno guadagnato in denaro, se non direttamente attraverso la rete dei «raccomandati» e dei privilegiati. E guai a chi mette il dito e va a controllare o a guardare queste cose. Quindi sono questi i soggetti a cui noi non possiamo più affidare con regole straordinarie la gestione. La regione c'è? Si gestisca come la legge dice in modo ordinario i piani regionali e quindi decida cosa vuole fare e venga verificato se questo non succede e se non succede questo si torni al voto e non si diano più strumenti a questi signori. Si torni al voto: sciogliamo le regioni e sciogliamo le amministrazioni locali che non rispondono alle esigenze di pianificazione e gestione del proprio territorio. Anche questo la legge lo permette, però lo usiamo raramente. Lo so, ma tocca al Governo intervenire e prendere i provvedimenti di scioglimento. Questo la legge lo permette, ma non tocca sicuramente al Parlamento.
Il Governo interpreta sempre con entusiasmo questi provvedimenti sostitutivi, anche con dei grandi progetti: io potrei richiamare qui il Sistri, quello strumento che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Prestigiacomo ha voluto o vuole ormai da tre anni e che ha creato un sistema ingarbugliato e di terrore nel mondo delle imprese che lavorano, non solo quelle nell'illegalità, ma anche quelle nella legalità, che sono la stragrande maggioranza.
Addirittura ha devastato anche quel poco che vi era: il sistema cartaceo di controllo del traffico dei rifiuti. Prima si è prorogato, di tre mesi in tre mesi, ma non funzionava. Proviamo a farlo con un progetto pilota, in una piccola area del territorio italiano e cominciamo a creare un modello che funzioni, testato e dopo, a cascata, sia distribuito a tutto il sistema. Lo dicevamo noi e lo diceva il mondo delle imprese, ma niente.
E adesso arriviamo di fatto a fare una prova fino a giugno 2012 e, nel 2012, Pag. 74chissà cos'altro succederà. Questo è un esempio che non riguarda solo la Calabria, ma tutta Italia, e da tre anni viviamo in questo limbo oleoso. Si dice che si è seri, che non si deroga a niente, ma poi, di fatto, diventa l'eterna formula di gestione. Anche qui, cos'è successo? Che gli appalti sono secretati, come i segreti militari, perché vi è un software e una tecnologia nella gestione di questo traffico dei rifiuti che deve essere normato, regolato, e bisogna farlo con queste formule segrete. Ma il mercato e le imprese non possono dire che, forse, anziché spendere 10 milioni di euro, ne bastano 500 mila. Forse potrebbe esserci qualcos'altro, ma niente, per evitare che qualcuno si infiltri, facciamo infiltrare solo i furbi, quelli più attrezzati, naturalmente, quelli che hanno informazioni, che hanno notizie in anticipo e che hanno qualche amicizia.
È triste, però vi è un'opportunità: bisogna tornare alla normalità. La normalità è che, a volte, localmente, qualcuno deve accompagnare i percorsi, partendo dai comuni e quindi dalle piazzole dove si può fare il minimo di stoccaggio e di raccolta fino, poi, al conferimento.
Certo, bisogna avere delle discariche controllate, non a mare, libere, dove il movimento dell'acqua porta via i rifiuti - non solo quelli pericolosi con le navi - e diventa un modo naturale, moto perpetuo. Non è così, non possiamo lasciare le popolazioni della Calabria in questa maniera, abbandonate. Se le risorse vi sono - perché vi sono, le abbiamo sempre messe in campo -, se crediamo nelle istituzioni, dobbiamo far funzionare le istituzioni, anche rafforzandole, raddoppiando, magari, le forze dell'ordine, anche se, raddoppiarle rappresenta un sogno. Tuttavia, completiamo almeno le piante organiche; usiamo la normalità e paghiamo gli straordinari, se fanno degli straordinari.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
SERGIO MICHELE PIFFARI. Limitiamoci, quindi - e concludo, Presidente - a tornare alla normalità, ricordandoci che qui ci hanno guadagnato i Presidenti delle regioni, con i voti - perché hanno fatto un po' ciascuno, setto-otto anni ciascuno - e ci hanno guadagnato i commissari attraverso le loro cricche. Basta con questo sistema di eccezionalità. Lo adottiamo se vi è la guerra, se vi è l'alluvione, un terremoto ma, anche in quei casi, limitato nel tempo, per i primi giorni, perché vi è il rischio di epidemie, ma poi, quando si ricostruisce, si ricostruisce nella normalità, con la trasparenza, soprattutto da parte dello Stato, delle procedure che deve fare lo Stato, delle procedure che deve adottare la regione, e non pretenderlo dal singolo cittadino dicendo che bisogna fare la raccolta differenziata e gli diamo i tre sacchettini colorati, anche se il cittadino sa che poi nessuno passerà sotto casa a prendere quel sacchettino.
Il cittadino sa che poi non passerà nessuno, ci mette tutta la buona volontà, ma poi cosa se ne fa in condominio e in casa di questo sacchetto? Non vi sono ancora gli strumenti piccoli distribuiti come altri elettrodomestici. Invito veramente il Governo e il Parlamento a prendere sul serio questa fotografia, perché non è da sottovalutare.
PRESIDENTE. Onorevole, deve concludere.
SERGIO MICHELE PIFFARI. Ha ragione, Presidente. Invito inoltre il Governo a dirci nei prossimi giorni cosa farà, non solo approvandolo e dicendo amen (Applausi).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Volpi, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato. È iscritta a parlare l'onorevole Laganà Fortugno. Ne ha facoltà.
MARIA GRAZIA LAGANÀ FORTUGNO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario, questa relazione ci dà sentore, qualora ve ne fosse ancora bisogno, della drammaticità in cui versa la gestione dei rifiuti in Calabria. Anche in questa regione, seppure in maniera meno appariscente, viviamo un'emergenza fatta Pag. 75di discariche autorizzate e non, di società delle quali non è chiara la proprietà e di servizi impiantistici e raccolta inefficaci, se non addirittura completamente inadeguati.
Questa oggi è la realtà che si registra in Calabria e, dopo 13 anni di commissariamento e di utilizzo di risorse ingenti, ci troviamo di fronte all'ennesimo fallimento. La lunga gestione commissariale, come hanno avuto modo di dire anche i colleghi che mi hanno preceduto, non solo non è riuscita a raggiungere gli obiettivi prefissati, ma ha dilapidato denaro pubblico nei mille rivoli del clientelismo e delle prebende e così oggi al danno della mancata realizzazione di un efficace sistema di gestione dei rifiuti si affianca la beffa dello spreco.
A cosa sono serviti questi anni di commissariamento? Un obiettivo lo hanno raggiunto, il peggiore: quello di deresponsabilizzare le amministrazioni locali e se, da un lato, i vari commissari che si sono succeduti, dopo aver redatto piani su piani ed emanato numerose ordinanze, si scontrarono con l'ostracismo degli enti locali per la realizzazione di qualsivoglia impianto, dall'altro, questi ultimi, sottovalutando la problematicità della gestione dei rifiuti, non ponevano in essere azioni di confronto e di divulgazione tali da indurre nelle popolazioni la consapevolezza dell'importanza di un corretto smaltimento dei rifiuti.
Le percentuali di raccolta differenziate sono lapalissiane. La pratica diffusa di abbandono incontrollato di rifiuti nel territorio ci mostrano quanto, anche da parte della popolazione, vi sia scarsa sensibilità ambientale e quanto siano carenti i sistemi di controllo. La Commissione ha ben analizzato il risultato del commissariamento, per cui non intendo entrare nel dettaglio della sua relazione, ma un interrogativo non posso non porgerlo.
Alla luce di quanto emerso, non è forse il caso di mettere in discussione lo strumento del commissariamento e soprattutto: era necessario aspettare ben tredici anni prima di prendere atto della sua inutilità? Già nel 2006, in una verifica sull'attività commissariale da parte della Protezione civile, venivano alla luce forti irregolarità nella gestione commissariale ed oggi, a fronte di un fallimento pressoché totale e ad un utilizzo di risorse per oltre un miliardo di euro, con quale credibilità possiamo presentarci dinnanzi ai calabresi e chiedere loro fiducia e collaborazione? Onestamente, non lo so. Come sempre, laddove vi è un deficit di adeguate politiche di gestione e controllo ed ingenti risorse economiche, non stupisce constatare la presenza di una fitta ragnatela di organizzazioni criminali sedute al banchetto dei traffici illegali dei rifiuti, in una regione, la Calabria, dove la 'ndrangheta detiene un forte controllo territoriale. La 'ndrangheta ha abbandonato i sequestri di persona ed ha cominciato, negli anni, ad investire in altri settori e fra questi vi è anche il traffico dei rifiuti. Ne è testimonianza l'enorme numero di discariche abusive, chiuse giorno dopo giorno in tutta la regione. Ne è testimonianza soprattutto l'azione repressiva che magistratura e forze dell'ordine hanno messo e mettono in atto nell'ambito del traffico illecito dei rifiuti.
Voglio, nel mio intervento, però soffermarmi sulla sola provincia di Reggio Calabria, la provincia in cui vivo e che ha visto nel recente passato crescere l'attenzione sull'emergenza rifiuti. I miei colleghi hanno illustrato ed altri illustreranno altre realtà. Ebbene, come si legge nella stessa relazione, non è possibile affrontare il ciclo dei rifiuti nella provincia di Reggio Calabria senza descrivere il contesto criminoso ambientale: lo smaltimento illecito dei rifiuti della centrale ENEL di Brindisi nella discarica di Motta San Giovanni, la variante della statale n. 106 di Palizzi, con interramenti di rifiuti speciali pericolosi e non, vecchie gallerie dismesse sulla Salerno-Reggio Calabria utilizzate come siti di deposito, e non vado oltre. Questa, oggi, è la realtà della provincia di Reggio Calabria.
Se a ciò aggiungiamo che delle numerose ditte - ben 161 che si occupano di rifiuti - solo 12 hanno ottenuto certificazione antimafia negativa, abbiamo chiaro quindi il quadro delle modalità di gestione Pag. 76legate al sistema dei rifiuti. Ebbene, si delinea nettamente quanto proprio nella provincia di Reggio Calabria vi sia l'esistenza di una holding criminale fatta di imprenditori compiacenti, clan criminali, politici corrotti ed un rodato sistema di distribuzione illecita di appalti. Emblematico è quanto avviene a Reggio Calabria città, dove non si comprende appieno - o, meglio, facciamo finta di non comprendere - perché ben due ditte gestiscono la raccolta di rifiuti, l'una l'indifferenziata e l'altra la differenziata, entrambe con socio di maggioranza il comune di Reggio Calabria. A specifica domanda del perché di tale scelta ci si sente rispondere dal sindaco di non ricordarne i motivi.
In tutto questo non si conosce l'effettivo costo complessivo legato alla raccolta dei rifiuti. Ora, se non lo conosciamo noi, la qualcosa non depone a nostro favore, ma è in un certo qual modo giustificata, passi, ma che sia la stessa amministrazione comunale ad ignorare gli oneri sostenuti è al limite del paradossale. Potrei continuare a lungo, tanti sono gli spunti che emergono dalla relazione, ma voglio concludere ringraziando il presidente Pecorella, la Commissione e tutti i suoi componenti per l'egregio lavoro svolto e mi auguro caldamente che il Governo faccia tesoro delle informazioni raccolte e si attivi al più presto. Nutro ben poche speranze al riguardo e le recenti esperienze lo dimostrano, ma non voglio rassegnarmi a vedere nuovamente trattata la Calabria come terra di nessuno (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Laratta. Ne ha facoltà.
FRANCESCO LARATTA. Signor Presidente, abbiamo appreso dalla relazione della Commissione che sono oltre 30 mila gli illeciti ambientali accertati nel 2010, 84 al giorno, 3,5 ogni ora, 19,3 miliardi di euro fatturati e 2 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi sequestrate. Sono 290 i clan impegnati nel business dell'ecomafia e, sempre nel corso del 2010, le forze dell'ordine hanno accertato circa 6 mila illeciti relativi al ciclo dei rifiuti, circa un reato ogni 90 minuti.
A concludere affari con l'ecomafia è spesso un vero e proprio esercito di colletti bianchi e imprenditori collusi. Ampia disponibilità di denaro liquido, da una parte, e competenze professionali a copertura, dall'altra parte, hanno trovato nel business ambientale una perfetta quadratura del cerchio. Il problema dello smaltimento dei rifiuti in Calabria è stato affrontato, del resto, come in altre regioni del Sud Italia, cioè mediante il ricorso all'istituto emergenziale del commissariamento, che dura ormai da noi dal 1992 in poi e, quindi, a fine anno sarà oltre i 14 anni.
L'obiettivo era quello di superare la fase di gravi difficoltà e di raggiungere, con il conseguimento della raccolta differenziata, misure del 20 per cento entro il 30 giugno 1999 e, per la programmazione di ulteriori obiettivi, del 35 per cento per gli anni successivi. Nulla di tutto questo è avvenuto in questi 14 anni. Il motivo principale di tale fallimento deve essere individuato nei numerosi conflitti tra l'ufficio del commissario e gli enti locali. Questi conflitti hanno paralizzato tutte le iniziative che sono state poste in essere.
Parlando più specificamente sulla gestione dei rifiuti in Calabria, appare chiaro e necessario, oltre che urgente, chiudere l'ufficio del commissario per l'emergenza ambientale, alla luce del fallimento - come abbiamo potuto vedere giusto in due battute per il poco tempo che abbiamo - di oltre 14 anni di attività, per affidare alla regione i poteri che le competono. La Calabria, secondo quanto ha affermato l'attuale commissario per l'emergenza ambientale, il generale Melandri, si trova in piena e drammatica emergenza, visto che è miseramente fallito l'attuale sistema di rifiuti, secondo quanto dice Melandri. Melandri è succeduto a Scopelliti, che per alcuni mesi è stato commissario per l'emergenza ambientale, ed è l'ennesimo commissario, tra presidenti, prefetti e generali che in 14 anni di attività di quell'ufficio, ha potuto nient'altro che dichiarare inequivocabilmente il fallimento di tutto un sistema.
Ci troviamo davanti, quindi, ad uno spreco di oltre 13 milioni di euro soltanto Pag. 77negli ultimi tre anni, senza avere costruito un solo impianto e senza aver attivato percorsi concreti di raccolta differenziata. Nessuno dei contratti stipulati dai commissari delegati risulta essere sottoposto al controllo preventivo della Corte dei conti e, per altro verso, vi è stata una produzione alluvionale di ordinanze commissariali, spesso contraddittorie e confuse. Nella relazione del Comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente si sottolinea come tra il 1998 e il 2006 l'ufficio del commissario abbia potuto gestire 700 milioni di euro, che poi sono lievitati oltre il miliardo di euro, a fronte degli insufficienti risultati ottenuti. La sezione della Corte dei conti di Catanzaro ha parlato di fallimento dell'esperienza commissariale.
La situazione che si è determinata non può consentire alla regione, che è responsabile in termini di pianificazione, di scaricare la responsabilità sul sistema degli enti locali e mi chiedo, pertanto, il piano regionale dei rifiuti che fine ha fatto? Dov'è? Davanti a tutto questo è chiaro che il Governo non può far finta di non conoscere la drammatica situazione in cui versa la Calabria nel settore dei rifiuti ed è importante ed urgente sapere che cosa fare per evitare un danno incalcolabile alla Calabria, alla sua economia, al turismo, all'agricoltura, alla salute, così come è importante capire cosa intende fare la regione Calabria su tutto questo.
PRESIDENTE. Onorevole Laratta, la prego di concludere.
FRANCESCO LARATTA. La risposta non può essere quella di scaricare i rifiuti nelle piccole e insufficienti discariche comunali. Si veda il caso di San Giovanni Fiore, che si è dovuto accollare la disperazione di decine di comuni della provincia di Cosenza che scaricavano nella sua discarica comunale. Si tratta di una realtà lontana da condizionamenti mafiosi e malavitosi. Ma allora, detto tutto questo, dobbiamo anche capire come è potuto accadere che i rifiuti siano stati smaltiti in modo illegale in tutti questi anni causando, quindi, avvelenamento ambientale. Ci piacerebbe sapere, quindi, come sono state spese queste risorse e soprattutto, signor Presidente, vorrei dire che la Calabria adesso non merita di scivolare in questa emergenza. Dobbiamo essere responsabili tutti perché il fallimento della gestione emergenziale è il fallimento dell'intero Paese, dei Governi nazionali, della Calabria e della politica. La politica e le istituzioni, in temi come questi, si devono trovare insieme unite a combattere per trovare una risposta, perché la Calabria, la nostra regione, dopo i tanti fallimenti, non merita di scivolare nell'emergenza rifiuti. Non lo merita davvero.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Oliverio. Ne ha facoltà.
NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, consegnerò l'intervento. Prima, però, vorrei ringraziare il presidente Pecorella e il collega Bratti per aver affrontato con serietà questo problema dei rifiuti in Calabria. Vorrei anche - credo che mi sia consentito in questa sede - evidenziare che, per quanto riguarda il PdL e la Lega, in quest'Aula, su questo tema, non ha parlato nessuno. Non è un caso questo. Noi ci siamo assunti, come Partito Democratico, la responsabilità di condividere questa relazione e di votarla domani. Lo abbiamo fatto con tutti i parlamentari della Calabria. Il PdL è assente e la Lega fischietta. Signor Presidente, queste cose non si possono fare, perché il tema dei rifiuti in Calabria è un tema delicatissimo, che tocca il futuro dei nostri giovani e che crea problemi sulla qualità della vita. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (Applausi).
PRESIDENTE. Onorevole Oliverio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritta a parlare l'onorevole Angela Napoli. Ne ha facoltà.
ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, innanzitutto la ringrazio per avermi dato Pag. 78l'opportunità. Voglio anch'io ringraziare subito il presidente Pecorella e il collega Bratti, ma anche l'intera Commissione d'inchiesta, perché il lavoro prodotto fotografa esattamente la situazione, purtroppo negativa, dell'emergenza rifiuti in Calabria. Mi rivolgo al rappresentante del Governo, sottosegretario Catone, perché faccia tesoro di questa relazione.
È dal 2003 che invito e sollecito il Governo, attraverso la presentazione di numerose interrogazioni e interpellanze. Preferisco riferirmi ai Governi, perché non sono responsabilità solo di oggi e dell'attuale Governo, così come le responsabilità vanno attribuite anche ai vari governi regionali che si sono succeduti in Calabria. Dunque, come dicevo, è dal 2003 che, attraverso la presentazione di interrogazioni e di interpellanze, alle quali purtroppo non ho mai avuto la possibilità di ricevere risposte, cerco di sollecitare l'intervento del Governo, perché quello che emerge dalla relazione prodotta dalla Commissione di inchiesta è quanto si sta verificando negli anni. Il commissariamento inizia nel 1997 e, come è stato detto, siamo giunti quasi al quattordicesimo anno. Di fatto, vi sono state denunzie, relazioni e interventi di ogni genere, ma non si è mai capito perché i vari Governi hanno continuato a gestire una proroga commissariale nonostante nell'iniziale decreto di commissariamento fosse prevista una durata di soli 15 mesi.
Dei finanziamenti e dei soldi sperperati viene giustamente detto nella relazione della Commissione di inchiesta. Mi si lasci aggiungere che dal 1998 sono stati creati una moltitudine di comitati tecnico-scientifici di vario tipo. Vi sono state progettazioni elefantiache di impianti rimasti sulla carta. Si registrano 11 società miste pubblico-private da affiancare alle 3 esistenti, 14 presidenti di consigli di amministrazione, 14 amministratori delegati, 14 direttori generali, 52 direttori di sezione, 98 impiegati vari e 2.800 operatori ecologici per avere, come risultato, quello che emerge dalla relazione della Commissione.
È mai possibile che non si compiano gli interventi adeguati, per esempio, sulla TEC-Veolia, che continua a gestire tutti gli impianti e che ha persino avuto l'incarico, come ha evidenziato il presidente Pecorella, per la costruzione del raddoppio? Non si nota neanche che questa società ha acquisito un insieme di cooperative che avevano il titolo per questa gestione e che queste acquisizioni sono avvenute sempre senza chiarezza. Non è possibile che i Governi continuino a creare e a prorogare il commissariamento senza ottenere dei risultati e senza potere vedere degli spiragli per uscire da questa situazione emergenziale.
Mi si lasci, signor Presidente, fare un ultimo richiamo, che non è di poco conto. Dopo la gestione commissariale affidata all'attuale «governatore» della Calabria per alcuni mesi, il Governo ha affidato adesso l'incarico ad un ex colonnello della Guardia di finanza che, guarda caso - guarda caso! - era l'assessore al comune di Reggio Calabria nel momento in cui l'attuale «governatore» era sindaco di quella città. Allora, se vogliamo effettivamente finire con questo malaffare, con questa corruzione e con questi intrallazzi, che emergono chiaramente e in maniera fotografica dalla relazione, facciamo in modo che il Governo intervenga, ma ponendo fine a questa situazione una volta per tutte.
C'è di mezzo la salute e la finanza pubblica. Aiutiamo questa Calabria e non demandiamo tutto agli enti locali perché - e concludo davvero - signor Presidente e rappresentante del Governo, è bene che si sappia che dare responsabilità agli enti locali non è assolutamente un atto corretto perché io sono a conoscenza di commissioni straordinarie di comuni sciolti per mafia che non hanno avuto la possibilità, a fronte delle ingenti somme di denaro arrivate, di bandire la raccolta differenziata. Quindi, la situazione è veramente emergenziale (Applausi).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
Pag. 79(Annunzio di una risoluzione - Doc. XXIII, n. 7)
PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la risoluzione Pecorella, Bratti, Volpi, Proietti Cosimi, Grassano e Piffari n. 6-00084 (Vedi l'allegato A - Doc XXIII, n. 7), che è in distribuzione.
(Intervento e parere del Governo)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, onorevole Catone, che esprimerà altresì il parere sulla risoluzione presentata.
GIAMPIERO CATONE, Sottosegretario per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, è difficile non condividere quanto è stato detto fino a questo momento. È auspicabile che vi sia sempre un clima di concordia tra le varie forze, tuttavia penso che sia molto facile - e parlo da parlamentare - dire: «facciamo, operiamo, cerchiamo di porre in essere delle iniziative». Si tratta di faccende molto gravi: si è parlato di 14 anni, di decine e decine di milioni. La collega Napoli ha citato una serie di dati precisi - per carità di Dio - tuttavia, agire con fermezza significherebbe, anche da parte della Commissione, dei singoli parlamentari della Commissione e chiaramente del Governo, proporre leggi drastiche in materia. L'inefficacia, la non operatività, il lasciar passare del tempo senza prendere decisioni possono essere anche motivi seri di decadenza di qualsiasi amministrazione; addirittura l'incuria e l'inoperosità possono essere motivi sostanziali anche per l'apertura di procedimenti penali perché, dal momento in cui si sperpera denaro pubblico, vi è un chiaro reato anche se non si commettono reati da noi conosciuti.
Credo che sul tema dei rifiuti questa Commissione abbia fatto un lavoro egregio, per cui il parere non può che essere favorevole; tuttavia penso anche che questa Commissione abbia tutte le carte per poter fare qualcosa in più, qualcosa di decisivo. Comunque, signor Presidente, il parere sulla risoluzione è favorevole.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione delle mozioni Meta ed altri n. 1-00642, Pili ed altri n. 1-00639, Mereu ed altri n. 1-00657 e Palomba ed altri n. 1-00658, concernenti iniziative per garantire la continuità territoriale marittima con la Sardegna e sulle procedure di privatizzazione della società Tirrenia (ore 20,10).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Meta ed altri n. 1-00642, Pili ed altri n. 1-00639, Mereu ed altri n. 1-00657 e Palomba ed altri n. 1-00658, concernenti iniziative per garantire la continuità territoriale marittima con la Sardegna e sulle procedure di privatizzazione della società Tirrenia (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto, che in data odierna, è stata presentata una nuova formulazione della mozione Pili ed altri n. 1-00639. Il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A - Mozioni).
(Discussione sulle linee generali)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Calvisi, che illustrerà anche la mozione Meta ed altri n. 1-00642, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.
GIULIO CALVISI. Signor Presidente, questo dibattito nasce per chiedere interventi e misure efficaci al Governo per Pag. 80fronteggiare e calmierare l'aumento indiscriminato dei prezzi per persone e merci dalla penisola alla Sardegna.
Qual è oggi la situazione dell'aumento del prezzo dei biglietti? Aumenti dell'80 per cento, fino al 130 per cento per quanto riguarda le compagnie private, aumenti del 30 per cento dei biglietti della compagnia Tirrenia, crollo del 35 per cento delle prenotazioni alberghiere in Sardegna, 100 mila passeggeri in meno ad aprile 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010.
Sono conseguenze pesantissime sull'economia sarda, già attraversata da una grave crisi industriale, da una profonda crisi dell'agricoltura e della pastorizia e da un pesante indebitamento delle sue imprese con le banche e con il fisco. Le cause di questa situazione sono facilmente individuabili, signor Presidente. Sino a quando Tirrenia prendeva profumate ed esose sovvenzioni pubbliche, 120, 150, 200 milioni di euro l'anno per garantire un servizio inefficiente - da noi Tirrenia viene chiamata la compagnia delle Indie - per assicurare il collegamento con la Sardegna e le isole minori tramite le società regionali, vi era un effetto calmiere sul prezzo dei biglietti. Le compagnie private si adattavano ai prezzi che in qualche modo imponeva Tirrenia. Dopo che è partito il processo di privatizzazione e vi era la ragionevole certezza che il «compendio» di Tirrenia andava nelle mani di chi negli anni precedenti faceva concorrenza a Tirrenia e ne contestava peraltro la titolarità ad avere convenzioni di servizio pubblico, la situazione si è esattamente rovesciata, ed è stata Tirrenia ad inseguire i privati nell'aumento dei prezzi.
Forse i 72 milioni di euro assicurati a chi prende Tirrenia per assicurare i collegamenti marittimi con la Sardegna e la Sicilia non sono considerati sufficienti da chi acquisterà Tirrenia e le rotte gestite dalla stessa in regime di convenzione per assicurare la continuità territoriale e, quindi, si ricorre ad un aumento dei prezzi. Forse c'è stato un cartello degli armatori privati per ricavare maggiori profitti, ipotesi sulla quale sta indagando peraltro l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e se necessario indagherà la magistratura. Forse alle decisioni di quel presunto cartello Tirrenia si è adattata o ha subito quelle decisioni. Certamente, ha pesato nel rincaro dei biglietti la decisione di Tirrenia di togliere per un certo periodo di mesi la nave che assicurava il collegamento tra Olbia e Genova.
Certamente, ha pesato la decisione del Ministro Matteoli di autorizzare nel febbraio 2009 Tirrenia ad agire in regime di libertà tariffaria nel periodo estivo da maggio a settembre sulle rotte più redditizie, Genova-Porto Torres e Olbia-Civitavecchia. Certamente, ha pesato il fatto che la vicenda dei collegamenti da e per la Sardegna, il diritto alla continuità territoriale dei sardi, il diritto alla mobilità dei sardi, come primo diritto di cittadinanza, nel percorso ormai vecchio di due anni del processo di privatizzazione della Tirrenia, hanno pesato poco o quasi niente.
Qui c'è il punto politico sul quale noi abbiamo individuato una grave responsabilità del Governo. L'aumento del prezzo dei biglietti da e per la Sardegna è frutto di un processo di privatizzazione della Tirrenia sbagliato, confuso e indifferente alle esigenze dei sardi e alle necessità della Sardegna. Guardi, signor Presidente, quando parliamo di Tirrenia, parliamo di Sardegna. Da noi, come le ho detto prima, parliamo di una compagnia delle Indie che per anni ha garantito un servizio inefficiente e non adatto alle esigenze di mobilità dei sardi.
Però, parliamo di Sardegna quando parliamo di Tirrenia, perché dei quattordici collegamenti nazionali gestiti da Tirrenia, undici sono da e per la Sardegna. Su circa un milione 200 mila miglia che ogni anno percorre Tirrenia, un milione sono percorsi da e per la Sardegna. Intendiamoci, signor Presidente, noi siamo sempre stati per la privatizzazione della Tirrenia e nel privatizzare abbiamo sempre detto che andava garantita la continuità territoriale per la Sardegna e per i sardi, i diritti e le esigenze del personale navigante, il capitale sociale importante ed ingente. Peraltro, quella privatizzazione era necessaria perché la chiedeva l'Unione Pag. 81europea, che ci ha fatto l'obiezione secondo cui come Stato non abbiamo rispettato il principio di non discriminazione tra gli armatori comunitari nel concorrere all'aggiudicazione delle rotte che garantiscono il collegamento con le isole.
Quindi, quel processo di privatizzazione era obbligato, ma l'idea, che avete avuto e che avete perseguito con reiterati decreti, di privatizzare il capitale sociale, il personale, la flotta e in più le convenzioni di Tirrenia sulle tratte dove espletava il servizio pubblico, l'abbiamo contestata e vi abbiamo detto: attenti, perché oggi non potete mettere in vendita rotte che Tirrenia non ha mai acquistato.
Oggi voi mettete in vendita quelle rotte, su cui l'Unione europea, probabilmente, avrà molte eccezioni da fare, anche quando si sarà concluso il processo di privatizzazione. Quella scelta era sbagliata e avrebbe portato ad una soluzione pasticciata, che crea un monopolio privato nei collegamenti marittimi nel Tirreno, che non dà garanzie ai lavoratori, che non mette al riparo il capitale sociale importante di Tirrenia e che non assicura la continuità territoriale da e per la Sardegna, peraltro con una convenzione sulla quale la regione Sardegna non mette bocca.
Voglio ricordare che, ai sensi dell'articolo 8 dello statuto sardo, la regione Sardegna ha piena titolarità per la legge dello Stato in materia di continuità territoriale. Oggi si scopre peraltro - notizia de Il Sole 24 Ore di ieri, ripresa da tutti i giornali nazionali oggi - che la Compagnia italiana di navigazione, quella che dovrebbe acquistare Tirrenia, che prima peraltro contestava a Tirrenia la titolarità e la legalità delle convenzioni pubbliche di Tirrenia stessa, la stessa che ha aumentato in maniera indiscriminata i prezzi di queste tratte, oggi ricatta il Governo e i lavoratori perché spaventata dalla concorrenza delle navi della Saremar, noleggiate dalla regione Sardegna per calmierare prezzi assurdi.
Signor Presidente, e concludo, qui occorrono interventi decisi e immediati: bisogna gestire l'emergenza. Quindi, nella nostra mozione facciamo delle proposte molto chiare. Chiediamo che per questa estate la compagnia di navigazione Tirrenia svolga pienamente la propria missione pubblica, perché non è possibile ricevere sovvenzioni pubbliche e non assicurare il diritto alla continuità dei sardi e una funzione di calmiere delle tariffe sui collegamenti.
In secondo luogo, chiediamo di iniziare un lavoro per definire, insieme alla regione Sardegna e all'Unione europea, una normativa, un quadro normativo, un quadro legislativo che definisca una volta per tutte e che affermi con chiarezza il diritto alla continuità territoriale da e per la Sardegna di residenti e non residenti, così come è avvenuto nel trasporto aereo.
Quello che è stato fatto nel trasporto aereo va fatto nel trasporto marittimo: dobbiamo arrivare ad una definizione chiara di questa normativa. In terzo luogo, chiediamo al Governo di riferire immediatamente sulle procedure di privatizzazione della Tirrenia. Abbiamo al riguardo nutrito forti dubbi, come ho detto, signor Presidente, e come risulta da tutti gli interventi che, come parlamentari sardi, con gli altri colleghi che fanno parte della Commissione trasporti, abbiamo avuto modo di fare, quando si è trattato di discutere dei decreti di privatizzazione della Tirrenia. Ci sembra, però, oggi assolutamente fondamentale che il Governo venga a riferire al più presto sullo stato della procedura per la privatizzazione della Tirrenia.
Non vorremmo pensare, signor Presidente, anche se oggi abbiamo non solo qualche dubbio, ma anche qualche ragionevole certezza, che quel processo di privatizzazione della Tirrenia, che salva il capitale sociale e che, probabilmente, potrà salvare anche i lavoratori, alla fine sia pagato dai sardi e dalla Sardegna. Questo non è possibile, questo non è giusto. Siamo per la difesa dei diritti dei lavoratori, siamo per difendere l'importante capitale sociale di Tirrenia, ma non pensiamo che questo debba avvenire a discapito dei Pag. 82sardi, dei loro diritti alla mobilità, del diritto alla continuità territoriale. Pensiamo che occorra un'altra politica.
Se da oggi il Governo metterà subito in campo le misure illustrate nella nostra mozione, poi vi sarà lo spazio ed il tempo per aprire un dibattito che guardi ad una prospettiva tale da assicurare tutti quei beni che, in qualche modo, il Governo deve tutelare e che ha dovuto considerare nel processo di privatizzazione della Tirrenia, ossia salvare il capitale sociale e i diritti dei lavoratori, ma assicurare la continuità territoriale della Sardegna.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pili, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00639 (Nuova formulazione). Ne ha facoltà.
MAURO PILI. Signor Presidente, la ragione delle mozioni presentate in quest'Aula, quella del Popolo della Libertà presentata già nel maggio scorso, è fondata non soltanto sull'emergenza. Crediamo e riteniamo infatti che oggi più che mai sia in discussione un principio sacrosanto garantito dalla Costituzione. A cosa mi riferisco? All'articolo 16 della Costituzione che reca disposizioni sulla mobilità e sul diritto di ogni singolo cittadino di circolare liberamente sul territorio nazionale. Ebbene, oggi questo diritto viene violato dall'atteggiamento attuale della Tirrenia, ma, cosa ben più grave, viene messo in discussione per i prossimi otto anni poiché si mette in condizione la Tirrenia stessa di disporre di una convenzione che, attraverso una gara che ha visto concorrere un unico soggetto, attribuirà a questa società anche la disponibilità della continuità territoriale.
Siamo di fronte ad un paradosso che, credo, meriti un giusto approfondimento in quest'Aula. Mi rivolgo al sottosegretario Giachino affinché il Governo assuma, su questo tema, nei confronti del Parlamento, del Paese e del diritto costituzionale alla mobilità un impegno preciso e deciso. Onorevole rappresentante del Governo, questo passaggio parlamentare non può essere soltanto una formalità. Vi è una richiesta esplicita, e voglio esplicitarla ancora di più con le mie parole, di bloccare qualsiasi tipo di vendita della Tirrenia se prima lo Stato ed il Governo non definiscono quei parametri certi che devono regolare la continuità territoriale per i prossimi otto anni.
In quella convenzione-contratto, posta alla base di una gara di appalto internazionale alla quale potevano partecipare tutte le compagnie europee, vi era l'affidamento non soltanto di quelle rotte e di quelle tratte, ma vi era anche un richiamo preciso a 72 milioni di euro che ogni anno, per otto anni, verranno affidati alla nuova compagnia di navigazione Tirrenia. Credo che questo sia il passaggio più importante e più delicato.
Cosa è scritto in questa nuova futura continuità territoriale? Da quel poco che ho potuto vedere nel corso dei lavori della Commissione competente, da quel poco che è circolato e dai quei pochi documenti che sono stati forniti ho appurato che non vi è alcuna codificazione, alcun dato certo, sulla tipologia delle navi, sul tipo di tratte, sul tipo di frequenza e, cosa ben più grave, non vi è alcuna previsione sul costo delle tariffe che dovranno essere applicate per gestire la continuità territoriale marittima da e per la Sardegna, utilizzando quel principio costituzionale che voglio richiamare.
Che cos'è la continuità territoriale? Molto spesso, anche nei meandri della burocrazia, del palazzo e dei Ministeri si percepisce con sofferenza e sopportazione questa espressione. La continuità territoriale è un diritto sacrosanto di una comunità regionale, di un territorio di questo Paese, insito all'interno di un confine marittimo che ha l'esigenza di essere collegato, alla pari di qualsiasi altra regione italiana ed europea, al resto dell'Europa e del Paese a pari condizioni rispetto alle altre regioni italiane ed europee.
Significa sostanzialmente che le due sponde, quella della Sardegna e quella del resto del Paese, devono essere collegate, così come capita per i cittadini del nord Italia che si recano a Roma con la Frecciarossa in tre ore, pagando 50 euro, e così Pag. 83come fanno i cittadini del centro Italia per andare nella Lombardia, pagando con la stessa Frecciarossa 50 euro. Non è pensabile che ancora oggi, nel 2011, esista una tariffa differenziata tra residenti e non residenti, perché questo va sì a scapito dei cittadini, che dal resto del Paese possono recarsi in Sardegna soltanto con laute tariffe, pagate a volte a compagnie private, a volte a compagnie pubbliche, senza mettere in campo quel diritto delle pari condizioni che devono essere messe in campo.
Vi è poi l'altro parametro, che noi richiamiamo, che è quello del chilometro ferroviario. In questo caso lo Stato interviene sulle compagnie marittime, così come è intervenuto sulla Tirrenia per decenni, dilapidando centinaia e centinaia di miliardi, senza alcun tipo di controllo e mettendo nelle condizioni la Sardegna di non avere un servizio qualificato, efficiente e che forse, come costituzionalmente previsto, sia in condizione di mettere tutti sulla stessa linea di partenza di condizioni economiche sia per le persone che per le merci.
È questo l'aspetto più delicato. Non possiamo regalare 72 milioni di euro dello Stato per otto anni (ogni anno 72 milioni di euro) a una compagnia di navigazione che diventa privata, senza avere la certezza di quello che deve essere realizzato e di quello che deve essere fatto. Il ruolo del pubblico - lo sancisce una disposizione comunitaria che si è cercato di portare avanti in questi anni recependo le disposizioni delle direttive comunitarie - non è quella di gestire il servizio. Quindi, l'uscita dello Stato dalla Tirrenia si configura come un rispetto di un principio non soltanto ideale e ideologico di liberalizzazione del mercato dei trasporti, ma si evince anche da una disposizione comunitaria.
Ebbene, però, ciò non significa che il pubblico esce totalmente dal governo, dalla regolazione e dal controllo di un servizio che - ribadisco - è costituzionalmente posto come base centrale del suo agire, ma è anche fondamento dell'articolo 18 del Trattato dell'Unione europea, che riconosce il diritto ad ogni singolo cittadino dell'Unione di poter circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati.
Tutto questo oggi è violato e quindi bisogna mettersi nelle condizioni - lo sosteniamo in maniera puntuale nella mozione - di dare corretta attuazione a quel ruolo dello Stato, che non è di dispensatore di denaro pubblico a favore dei soggetti privati che acquisteranno la Tirrenia, ma che è quello di stabilire preventivamente, ovvero prima che sia firmato il contratto, quali saranno le tratte, quali le frequenze, quale la tipologia delle navi e quale il costo delle tariffe. Soprattutto bisogna introdurre in quel contratto la cancellazione di quell'aberrante principio che ha visto separati i residenti dai non residenti. Cito per tutti il caso delle centinaia di migliaia di emigrati che vorrebbero tornare in Sardegna, trattati non da cittadini extracomunitari, ma da cittadini che hanno diritti pari rispetto a quelli dei residenti e che hanno davvero manifestato nei giorni scorsi la loro forte amarezza per uno Stato che non riconosce un diritto sacrosanto.
Ecco, questo è il passaggio che io credo sia più delicato e mi rivolgo al sottosegretario Giachino perché se ne faccia interprete e perché questa mozione non passi come una formalità.
Nel momento in cui domani tutte le mozioni saranno poste in votazione, io preannuncio il mio voto favorevole per tutte le mozioni presentate da tutti i gruppi parlamentari su questo tema, perché riprendono una battaglia politica - che abbiamo avviato in Commissione trasporti lo scorso anno con approvazione unitaria sulla politica del trasporto aereo, quindi unificando anche in quel caso la tariffa unica per quanto riguarda i residenti e i non residenti sulla continuità territoriale aerea - ma che riprendono anche un passaggio campale dell'articolo 22 della legge n. 42 del 2009 sulla perequazione infrastrutturale.
La Sardegna non potrà mai avere un ponte fisico. Il compito e l'onere per attuare il federalismo vero in questo Paese è che la Sardegna possa avere quel riconoscimento Pag. 84costituzionale federalista di pari condizioni, non soltanto per i cittadini residenti, ma come entità regionale, riconosciuta all'articolo 116 della Costituzione, quale regione a statuto speciale.
Il punto cardinale e fondamentale di quel riconoscimento costituzionale dell'autonomia regionale è proprio l'insularità. Guai se il Governo non portasse avanti quell'impegno che il Parlamento gli chiede e gli chiederà, mi auguro all'unanimità, perché sarebbe una violazione costituzionale che metterebbe davvero la Sardegna nella condizione di sentirsi discriminata e, come tale, nelle condizioni di contrastare in tutti i modi possibili un atteggiamento del Governo o dello Stato che certamente non riconoscono quello che la Sardegna chiede.
Aggiungo che quell'articolo 8 modificato nel 2006 è stata una «iattura», perché nello statuto regionale era previsto che la continuità territoriale fosse in capo allo Stato.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MAURO PILI. Non vorrei che con quello scempio costituzionale di allora, oggi si scaricasse sulla Regione il compito di sovrintendere ad un diritto che deve essere riconosciuto e garantito dallo Stato sovrano, che ha il compito di mettere le risorse finanziarie laddove queste servano e di regolare non gli interessi privati ma quelli di un'intera comunità che attende risposte da parte del Governo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mereu, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00657. Ne ha facoltà.
ANTONIO MEREU. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, oggi ci troviamo ancora una volta ad affrontare lo spinoso argomento che riguarda la privatizzazione della Tirrenia e delle conseguenze che attualmente sta creando e che sono in netta contraddizione con le premesse che ne hanno determinato la vendita e cioè il miglioramento dei servizi con i minori costi per lo Stato e il Paese.
Già qualche mese fa, in occasione dell'approvazione in Aula dell'apposito decreto che ne stabiliva la privatizzazione, avevamo segnalato alcune perplessità sulle modalità stabilite dal Governo nel procedere all'attuazione di un processo di privatizzazione della compagnia. Pensavamo che nel tempo qualcosa potesse essere sistemato e, invece, oggi riscontriamo una situazione di estrema problematicità e un impantanamento generale che sta portando la Sardegna e i suoi abitanti ad un'insostenibile realtà.
Lo scorso anno, quando per la prima volta ci siamo interessati al problema, le nostre perplessità e preoccupazioni non sono state prese in seria considerazione ed oggi esse permangono in tutta la loro drammaticità. Si pensava che operando una vendita separata tra Tirrenia e Siremar ci sarebbero stati i presupposti per trovare diversi acquirenti.
Oggi, dopo un anno, nessuno ha ancora acquistato Tirrenia e addirittura chi era in procinto di farlo, la CIN, la compagnia italiana di navigazione, ha posto un imprevedibile freno all'acquisto. La compagnia di navigazione, in definitiva, denuncia un'incredibile e sleale concorrenza della regione Sardegna che, in risposta all'aumento delle tariffe, in maniera improvvisa e vertiginosa, ha affittato delle navi per il solo periodo estivo, onde permettere ad emigrati, sardi e non, di usare collegamenti da e per la Sardegna a prezzi competitivi, garantendo altresì la stagione turistica in corso, perché nel frattempo questa vendita che avrebbe dovuto migliorare una situazione, in realtà ha fatto sì che immediatamente le società private, che prima erano in concorrenza con Tirrenia, si sentissero in dovere di raddoppiare i prezzi delle tratte di collegamento da e per la Sardegna.
Quindi, la continuità territoriale della Sardegna è una battaglia sacrosanta di libertà per il diritto fondamentale alla mobilità delle persone, riguarda tutti e, come dicevano i colleghi che mi hanno preceduto, non riguarda solo i sardi, perché tutti i cittadini italiani ed europei possono apprezzare le bellezze e le «offerte» Pag. 85della Sardegna, contribuendo in maniera determinante al suo sviluppo e al suo benessere.
Con il senso di responsabilità che ha sempre contraddistinto il nostro impegno politico sapevamo che l'operazione non sarebbe stata delle più facili e indicavamo che il processo di privatizzazione non sarebbe dovuto essere soltanto una mera operazione finanziaria, bensì un vero e proprio atto programmatorio che il Governo doveva seguire, perseguendo come obiettivo primario il bene comune di cui tutti parliamo, ma che in realtà spesso facciamo cadere.
E questo bene comune si concretizza con il mantenimento per la comunità sarda di tutte le rotte in essere (quindi anche quelle meno convenienti), il riconoscimento della continuità territoriale, senza la quale ogni opportunità di sviluppo è mortificata in un momento particolare in cui la Sardegna è fortemente in crisi: ha una crisi industriale, una crisi pastorale. Quindi a questa crisi si somma quella del turismo, delle merci, che sono determinanti anche esse per uno sviluppo della nostra Sardegna, e che perciò trovano ostacolo oggi nell'aumento di queste tariffe che tra l'altro sono incondizionate e senza nessun senso.
A questo bisogna aggiungere la tutela dei lavoratori e della flotta, nonché di tutti quegli operatori economici che oggi ne soffrono non solo per le difficoltà dei collegamenti ma anche per quell'aumento delle tariffe dovute ad una strategia di cartello nata con l'iniziativa di privatizzazione della Tirrenia, e che trova scarso riscontro nell'economia di mercato. Sin dai primi momenti della fase di esecuzione della procedura di privatizzazione, infatti, si sono riscontrate numerose inadempienze nel rispetto dei principi e delle indicazioni contenute nel decreto in oggetto che hanno portato di fatto alla cancellazione ed in parte alla diminuzione di alcune rotte operate dal vettore.
Ci troviamo così con numerosi problemi nel trasporto marittimo per i cittadini sardi e indistintamente per tutti i viaggiatori. Vi è stata una scarsa considerazione e rispetto nei confronti della Sardegna, interessata (è bene qui ricordarlo) da circa l'80 per cento delle rotte effettuate da Tirrenia, così come scarsa considerazione si è avuta per le attività turistiche e ricreative collegate al trasporto passeggeri che hanno subito un duro colpo, subendo tra l'altro un decremento delle prenotazioni del più del 30 per cento rispetto agli anni precedenti.
Di tutto ciò Tirrenia e Governo devono dar conto, e devono trovare soluzioni che permettano di uscire da questa fase di empasse e di emergenza in cui oggi ci troviamo. Ci sembra impossibile e intollerabile che tutti tacciano e che ogni ministro e quindi il Governo nel suo complesso non abbia pronunciato una sola parola in difesa dei sardi, ed in particolare non venga detto nulla sulla vicenda dell'allineamento dei prezzi di Tirrenia a rincari operati dalle compagnie private.
Si realizza con ciò il primo caso in cui non sono i privati che si allineano alle tariffe statali ma assolutamente l'opposto, il tutto aggravato dal fatto che la società Tirrenia riceve dallo stato 72 milioni di euro l'anno per 8 anni, giustificati come tecnica di ammortamento nel processo di privatizzazione. Sembra quasi che la società Tirrenia si comporti da privato operando una gestione privatistica della continuità territoriale, con un'inaccettabile cancellazione di alcune tratte che hanno praticamente isolato una parte del territorio sardo rispetto al resto del Paese, e favorito sostanzialmente le altre compagnie di navigazione private che hanno elevato alle stelle le tariffe, svolgendo una speculazione senza precedenti ai danni della Sardegna e dei sardi.
In più la beffa degli ultimi giorni di cui ho già ricordato in precedenza: lo stop alla privatizzazione con il possibile rischio di fallimento che porterebbe ad un incredibile pasticcio, con la possibile perdita di 1400 posti di lavoro, tanti sono i dipendenti Tirrenia, che in tempi di crisi come questa sarebbe propria una tragedia. La Compagnia italiana di navigazione interromperebbe così la fase di acquisizione di Tirrenia, perché riterrebbe addirittura il Pag. 86prezzo di acquisto di quest'ultima eccessiva, vista la concorrenza sleale della regione sarda, che farebbe abbassare di conseguenza il prezzo di mercato stabilito in 380 milioni di euro, dimenticando che tra l'altro percepirebbe nel frattempo 72 milioni di euro per 8 anni, che alla fine sarebbero addirittura 576 milioni, quindi una cifra esorbitante rispetto al prezzo di acquisto.
Con questa mozione chiediamo al Governo un intervento nel merito, chiaro, tempestivo, ma soprattutto autoritario, per ridare all'Italia, prima ancora che alla Sardegna ed ai suoi abitanti, le condizioni di normalità nell'erogazione del servizio del trasporto marittimo a costi che siano di competizione di mercato, e che siano paragonabili ai costi - come diceva il collega Pili - che ci sono nel resto dell'Italia, quando si affrontano i trasferimenti sia nel ferrato sia nel gommato, tenendo conto di quella continuità territoriale che rappresenta il riconoscimento del principio incontrovertibile dell'insularità e dei benefici che da essa ne deriverebbero, e che dovrà riguardare tutti i cittadini (residenti e non in Sardegna) nel rispetto del diritto di uguaglianza e di mobilità di tutti i cittadini europei.
Ed infine stiamo qui a chiedere un'indagine sui motivi del repentino rialzo delle tariffe effettuato dagli operatori marittimi privati. Credo, quindi, che siamo in una situazione che non si può più sopportare perché diventa, come dicevano tutti e come diciamo noi in particolare, pericolosa, non solo per la Sardegna, ma per l'intero sistema dei trasporti da e per la Sardegna da parte di tutti. Riteniamo, quindi, importantissimo un intervento tempestivo del Governo per superare questa situazione che, come abbiamo detto, è ormai insostenibile.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00658. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, sarò molto breve perché mi rifaccio alla mozione che è molto articolata. Le quattro mozioni che sono state presentate sono modi diversi, ma tra loro collegati, di trattare il medesimo problema, di esprimere la medesima preoccupazione e di chiedere al Governo un intervento molto forte.
L'Italia è una ed indivisibile, il territorio fa parte integrante del nostro Stato, della nostra Repubblica, ma il territorio italiano non è tutto uguale, è fatto di monti, di pianure e, soprattutto, anche di circostanze nelle quali c'è il mare tra una parte e l'altra del territorio nazionale medesimo. Per la Sardegna questo problema è molto particolare; esiste anche per la Sicilia, ma in maniera attenuata. È presente, cioè, il problema dei collegamenti.
Se, normalmente, i collegamenti aerei sono sempre più utilizzati, tuttavia c'è un problema di utilizzazione del mezzo marittimo per tutti coloro i quali, o non vogliono andare in aereo, oppure, soprattutto nel periodo estivo, vogliono recarsi fuori dalla Sardegna o in Sardegna per godere delle vacanze. Come pure c'è il problema degli autotrasportatori e, cioè, dei collegamenti tra Sardegna e continente i quali devono essere garantiti a tutti. Sono collegamenti per i quali, se il costo è troppo alto per far arrivare le materie prime o per portare sul continente i prodotti finiti, evidentemente, poi, tutto ciò si ricarica sui prodotti e si determina una diseconomia che rende più difficili e costosi i prodotti sardi, realizzando così una forte limitazione per gli operatori, gli investitori e gli imprenditori sardi.
Un tempo c'era la Tirrenia che sopperiva a questo problema, con tanti limiti, talora o spesso vituperata, ma, comunque, era in condizione di garantire i trasporti marittimi a tariffe sociali, a tariffe adeguate, che, se non erano uguali, quantomeno si avvicinavano e non si discostavano troppo dai costi su gomma o su rotaia praticati nel resto del territorio nazionale. Il problema della continuità territoriale è proprio questo. Se per far andare da Roma a Milano un gommato o per andare da Roma a Milano su ferrovia si spende una certa somma, per andare da Pag. 87Civitavecchia ad Olbia o, comunque, per collegare, per un pari tratto chilometrico, la Sardegna al continente, bisognerebbe poter pagare la stessa tariffa.
La Tirrenia non poteva operare in termini industriali, perché certe tratte non erano remunerative e perché i costi complessivi erano superiori all'introito derivante dalle tariffe. Per questo motivo, quindi, la Tirrenia era assistita dallo Stato, per consentire di applicare i vantaggi della continuità territoriale.
Ora la Tirrenia non c'è più, c'è una normativa europea che dispone di porre in concorrenza i mezzi di trasporto, comprese le compagnie di navigazione, e quindi c'è stata tutta la trafila del primo bando per la privatizzazione, del secondo bando per la privatizzazione, dell'unica offerta costituita da ultimo - salto molti passaggi - dalla Compagnia italiana di navigazione che sotto una sigla unitaria in realtà comprende quattro compagnie di navigazione, quelle cioè che oggi garantiscono e assicurano la concorrenza, che assicuravano la concorrenza. Oggi hanno deciso di non farsi più concorrenza, di costituirsi in una unitaria compagnia di navigazione così si sbarazzano della Tirrenia, si sbarazzano della concorrenza e possono applicare le tariffe che vogliono. Difatti le tariffe sono schizzate in alto con un aumento fino al 80 per cento, quello che viene chiamato il caro traghetti. Questo ha fatto cancellare molto prenotazioni e ciò ha costituito anche un danno di grandissimo rilievo per gli operatori turistici e alberghieri sardi. A tutto questo bisogna porre rimedio. Siamo qui e abbiamo presentato queste mozioni. Noi voteremo anche tutte le altre mozioni perché hanno una finalità concordante. Noi siamo qui per rappresentare al Governo questa situazione gravissima. Non siamo contro la privatizzazione ma a condizione che non tanto si verifichi un cartello, perché il cartello è quando diverse compagnie che operano sullo stesso ambito economico si mettono d'accordo per fare prezzi; no, no, qui addirittura non c'è neanche un cartello, c'è un esercizio di navigazione che viene condotto in termini unitari, direi unici. Questo non può essere, tenuto conto che lo Stato continuerebbe a mantenere 72 milioni di euro all'anno per 8 anni che equivalgono a 580 milioni di euro, mentre l'offerta che è stata fatta in un primo tempo di 300 milioni poi è arrivata a 380 milioni con un vantaggio secco per questa compagnia di navigazione di circa 200 milioni. Questo non può avvenire, signor Presidente. Il Governo deve intervenire efficacemente. Tra l'altro l'Autorità per la concorrenza ha aperto un'inchiesta su questo, cioè ha capito che c'è qualcosa che non funziona. Il Governo deve intervenire. Noi non vogliamo andare contro la regola della privatizzazione, però vogliamo che questa regola sia perfettamente rispettosa del principio della continuità territoriale. Ho presentato una proposta di legge di modifica costituzionale, per l'aggiunta di un comma all'articolo 119 che riconosce l'insularità come condizione oggettiva che determina conseguenze diverse e di favore su diversi settori, quello fiscale, quello legislativo e quello dei trasporti. Speriamo che il Parlamento possa arrivare a prendere in esame ed anche ad approvare questa norma sull'insularità che è perfettamente coerente tra l'altro con la normativa europea. Tuttavia nel frattempo chiediamo al Governo che adotti tutte le misure per consentire ai sardi e anche a coloro che arrivano in Sardegna di poter pagare la stessa tariffa o lo stesso costo che sosterrebbero in Italia per spostarsi su gomma o su treno; ciò, al fine di non penalizzare troppo l'industria manifatturiera, l'industria turistica sarda.
Signor Presidente, è una questione di applicazione del principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Non è colpa nostra se noi viviamo in Sardegna, in un'isola e se c'è il mare di mezzo non l'abbiamo fatto noi, l'ha fatto qualche altro che ne sa molto più di noi.
A noi compete, alle istituzioni pubbliche compete di rimuovere gli ostacoli alla piena espansione della libertà di locomozione e della libertà di impresa che deve essere uguale per un imprenditore sardo così come deve essere uguale per un imprenditore laziale o per un imprenditore Pag. 88lombardo. Ecco perché noi abbiamo presentato questa mozione. Speriamo che il Governo l'accolga e comunque dichiaro sin d'ora la disponibilità nostra a votare tutte le mozioni, checché ne dica il Governo domani.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire successivamente. Il seguito del dibattito è quindi rinviato ad altra seduta.
Discussione delle mozioni Messina ed altri n. 1-00641, Fallica ed altri n. 1-00605, Scanderebech ed altri n. 1-00656, Capodicasa ed altri n. 1-00659 e Mosella ed altri n. 1-00660 concernenti iniziative a sostegno dell'economia dell'isola di Lampedusa, con particolare riferimento al settore turistico (ore 20,50).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Messina ed altri n. 1-00641, Fallica ed altri n. 1-00605, Scanderebech ed altri n. 1-00656, Capodicasa ed altri n. 1-00659 e Mosella ed altri n. 1-00660 concernenti iniziative a sostegno dell'economia dell'isola di Lampedusa, con particolare riferimento al settore turistico (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Commercio ed altri n. 1-00665 e Ruvolo ed altri n. 1-00666 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A - Mozioni). I relativi testi sono in distribuzione.
(Discussione sulle linee generali)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Messina, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00641. Ne ha facoltà.
IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, la guerra in Libia - perché di questo si tratta purtroppo - ha creato ovviamente, a parte disagi legati al conflitto, anche disagi fortissimi in Sicilia e in particolare a Lampedusa. I danni per l'isola di Lampedusa sono di una gravità straordinaria. L'isola ha visto compromessa totalmente la stagione turistica: le stime parlano di una perdita di 42 mila presenze, che potrebbero arrivare anche a 84 mila a fine stagione, con una perdita rispetto ai flussi turistici di oltre l'80 per cento.
Lampedusa è un'isola che vive di turismo, turismo estivo e non invernale ovviamente, e per tale motivo noi riteniamo che sia necessario un intervento straordinario per l'isola, anche perché l'emergenza non è assolutamente finita, non è che si sia fermato il tutto, a parte la guerra, che doveva durare qualche giorno, anzi non ci doveva nemmeno essere una guerra, invece si dice che debba continuare.
Il territorio lampedusano è considerato territorio di guerra dai turisti, che quindi hanno disdetto tutte le prenotazioni. Tra l'altro gli sbarchi continuano: proprio stanotte ci sono stati altri 411 sbarchi a Lampedusa. Il Ministro Brambilla, che un giorno nel mese di marzo era intervenuta insieme al Presidente del Consiglio, aspettando una situazione di normalizzazione a breve aveva detto che si sarebbero fatti degli interventi. In realtà la normalizzazione dopo altri due mesi non esiste, quindi nessun intervento è stato fatto.
Non solo: il Governo in questo risulta essere doppiamente carente, perché in una prima fase, tra promesse varie e non mantenute, come spesso accade, aveva dato incarico al Ministro Brambilla di occuparsi della vicenda Lampedusa. È di questi giorni invece un cambio di rotta, perché è stata messo sostanzialmente fuori dalla questione Lampedusa il Ministro Brambilla e messo dentro il Ministro Prestigiacomo, che è diventato coordinatore degli interventi per il rilancio di Lampedusa. Pag. 89Questa sostituzione in corsa dà tanto la sensazione, ahimè, di sostituire i Ministri competenti per fare in modo che comunque le soluzioni non si adottino e si prenda tempo. Io credo che Lampedusa non possa più attendere. C'è sentore di un intervento del Consiglio dei ministri - non abbiamo ancora il testo - del 16 giugno, che approva tra l'altro un piano straordinario di sviluppo per Lampedusa per 26 milioni di euro. Siamo andati a leggere almeno i titoli: il contenuto di questo piano straordinario di sviluppo è rifare le fognature e la rete idrica a Lampedusa. Devo dire francamente che non credo che, ammesso che queste opere pubbliche verranno realizzate, queste siano le aspettative che i lampedusani avessero, cioè che il mancato reddito derivato dal venir meno della stagione turistica dovesse essere compensato dal fatto che qualcuno forse avrebbe fatto la rete fognaria nuova. Altre promesse erano state fatte nel corso del tempo, le voglio ricordare velocemente.
È significativo, il premier aveva detto che aveva comprato una villa, poi si è scoperto che questa villa era abusiva e quindi, almeno in parte, non l'ha più comprata. Aveva detto che avrebbe fatto scuole a Lampedusa, che avrebbe fatto di Lampedusa una zona franca, avrebbe fatto a Lampedusa casinò, avrebbe fatto il piano colore - perché Lampedusa doveva diventare come Portofino -, che avrebbe realizzato campi da golf e che avrebbe realizzato infrastrutture.
Queste sono dichiarazioni del premier tirate fuori da comunicati stampa, quindi non da invenzioni. Purtroppo, come è ovvio, di tutte queste cose, ancora oggi, a distanza di tre mesi, nulla è stato realizzato. La volontà del Governo, negativa purtroppo rispetto all'intervento, è stata anche confermata in questi ultimi giorni, perché abbiamo approvato alla Camera il decreto sviluppo: non vi era migliore occasione, all'interno di un decreto che parlava proprio di sviluppo, di inserire qualche intervento a favore di Lampedusa. Il Governo ha ritenuto di non ammettere gli emendamenti presentati sia da parte dei parlamentari della maggioranza che da parte dei parlamentari dell'opposizione, ritenendoli non accoglibili, per cui li ha esclusi in maniera categorica. Da un lato si dice che si interverrà e che si farà di tutto e di più e dall'altra parte, invece, nessun intervento si realizza quando è possibile farlo.
Per questo motivo, con questa mozione - e mi avvio alla conclusione - riteniamo che il Governo debba dare una risposta concreta, assumendosene anche la responsabilità. Lo dica: vuole fare realmente qualcosa per Lampedusa? Noi riteniamo che sia necessario, però lo faccia. Se invece ritiene di non farlo, lo dica esplicitamente, così evitiamo di illudere i cittadini lampedusani, che stanno vivendo uno stato drammatico dal punto di vista economico e anche sociale. Con la nostra mozione, pertanto, chiediamo cose possibili. Non abbiamo chiesto di realizzare campi da golf, scuole, né zone franche: chiediamo soltanto di sospendere, per i residenti nell'isola di Lampedusa, almeno fino al 31 dicembre 2011, i termini per gli adempimenti degli obblighi di natura tributaria e contributiva, nonché il pagamento dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali. Chiediamo, altresì, di prevedere che la ripresa della riscossione dei tributi avvenga con le modalità e il pagamento agevolato, così com'è avvenuto per altre situazioni di criticità che in Italia si sono manifestate nel corso del tempo.
Non chiediamo al Governo niente di nuovo rispetto a quello che in altre situazioni il Governo è stato chiamato ad affrontare in casi di calamità naturale. Se poi non vogliamo considerare Lampedusa un'emergenza, quando invece tutta Europa e il mondo sa che lì vi è un'emergenza, anche su questo il Governo dovrà assumersi responsabilità. L'ultima cosa che chiediamo con questa mozione è un intervento per sostenere il settore del turismo a Lampedusa.
Non bastano gli spot. L'impegno del Ministro Brambilla - poi sostituita dalla Prestigiacomo, non so se sarà confermata - era di girare uno spot a Lampedusa, per promuovere Lampedusa nel mondo. Non Pag. 90sarà certo uno spot, anche se girato con le migliori tecnologie, a ripristinare quello che a Lampedusa è stato perduto per la perdita della stagione turistica. È necessario un intervento concreto, che possa ristorare delle perdite gli imprenditori e gli albergatori di Lampedusa e dare respiro al settore, per fare in modo che le prossime stagioni possano tornare alla normalità (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fallica, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00605. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FALLICA. Signor Presidente, la nostra mozione è stata presentata il 23 marzo e, obiettivamente, tante cose sono avvenute in questi ultimi due mesi. Bisogna dire intanto che il popolo di Lampedusa ha affrontato l'emergenza - e questo è già stato più volte sottolineato - in modo straordinario, dal punto di vista umanitario. Il Governo è intervenuto sul flusso, quando vi è stata una settimana terribile - e io ero lì presente per vedere quello che avveniva - con i famosi 6 mila immigrati dell'isola. Con l'intervento del Ministro Maroni, in particolare, e successivamente della Protezione civile, l'isola aveva ripreso, ed ha ripreso, la sua piena efficienza, per ricevere il normale flusso turistico e il normale flusso dell'isola di Lampedusa, che vive di turismo, di pesca e di commercio.
L'indotto è quello. Si è registrato il meno 80 per cento sulle presenze già nel mese di giugno. Siamo al 22, rimane l'ultima settimana, ma i dati sono quelli, sono fattori incontrovertibili, poiché gli albergatori hanno gli elenchi, ma la cosa più grave è che per i mesi di luglio e di agosto forse sarà ancora peggio. Nella prima settimana di giugno (esattamente nei giorni 2, 3 e 4), grazie all'intervento del noto artista Baglioni, vi è stata una presenza di oltre 2.200 turisti, ma è stata una goccia in un oceano di disperazione economica degli isolani. Non possiamo che ringraziare questa iniziativa di tre giorni che, lo ricordo, è propedeutica al festival di Ò Scià che si fa ogni anno e fa sì che 10 mila turisti in più facciano proseguire la stagione turistica sino al 15 ottobre.
Il Governo, comunque, ha già portato avanti con interventi della Presidenza del Consiglio, affidati anche al Ministro Prestigiacomo, lavori per 26 milioni di euro. È vero che ancora le richieste immediate di bloccare le imposte, di bloccare i tributi, di bloccare il versamento del DM/10 per i lavoratori degli alberghi, dei ristoranti e dei commercianti non sono ancora state soddisfatte, però il Governo ha già in cantiere di affrontare questi problemi e nel primo decreto, quello di appena sei giorni fa, ha dato il primo lancio del grande impegno che vuole mettere su Lampedusa.
È una calamità naturale, è vero, e così deve essere affrontata, non c'è dubbio. Le presenze a Lampedusa si stimano sempre attraverso i voli dell'aeroporto di Lampedusa, perché chi prende la nave solitamente lo fa per trasportare le merci o in piena stagione turistica solo per quella fascia dei 30 giorni del mese di agosto. Ebbene, l'aeroporto di Lampedusa sui voli charter, che sono poi quelli che portano il turismo attraverso i tour operator, presenta una stima - i dati sono in nostro possesso - di circa meno 70 per cento di passeggeri turistici. Evidentemente il problema esiste, al di là del disagio e della drammaticità che hanno vissuto i lampedusani, e adesso bisogna rimboccarsi le maniche e affrontare questo disastro economico, perché gli operatori turistici e delle altre attività produttive non possono pagare le rate di mutuo, né tutte le manutenzioni che hanno effettuato durante l'inverno impegnandosi con le banche.
I lampedusani non chiedono il contributo a pioggia, ma che sia fatta la stima reale del danno subito e che pertanto possano recuperare, almeno con una buona percentuale, quello che gli è stato tolto non da varie situazioni, ma dalla calamità naturale. L'isola ha sempre vissuto in questi ultimi 15 anni con l'immigrazione clandestina. La cosa più importante, signor Presidente, è far sapere questo Pag. 91all'esterno: ben venga lo spot, ma bisogna calmare gli allarmismi, perché a Lampedusa anche con l'immigrato clandestino - le strutture ormai lo consentono ed è stato velocizzato il trasporto sulla terraferma degli immigrati - il turista deve stare tranquillo.
Stia tranquillo, le spiagge sono libere, i ristoranti funzionano, gli alberghi sono confortevoli. Basta con questi allarmismi. Pertanto, la nostra mozione verte sullo stesso argomento di quella di tutti gli altri colleghi di altri partiti, e questo ci dovrebbe anche unire, al di là dei partiti e al di là dei colori politici. Pertanto, siamo fiduciosi che il Governo possa accogliere anche la nostra mozione per Lampedusa.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Capodicasa, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00659. Ne ha facoltà.
ANGELO CAPODICASA. Signor Presidente, cercherò di non impegnare tutto il tempo a mia disposizione raccogliendo così una raccomandazione della Presidenza, visto che si è fatto tardi. Del resto, mi pare che le illustrazioni da parte degli altri colleghi delle medesime mozioni che sono all'ordine del giorno convergano tutte un po' sul tema, che è assai ben noto. Non siamo qui per affrontare le questioni relative agli sbarchi e alla guerra nei Paesi del nord Africa e ai problemi che hanno visto un flusso, un esodo quasi epocale dalle coste del nord Africa verso le coste lampedusane e siciliane. Siamo qui per affrontare un tema specifico, dopo l'emergenza che ha vissuto Lampedusa attraverso sbarchi che si sono concentrati in un lasso di tempo molto ristretto e quindi hanno creato una vera emergenza. Oggi quell'isola vive un'emergenza, se si può dire, ben più grave, che è quella di natura economica sociale e di natura occupazionale.
I dati più o meno sono stati forniti, li forniamo nelle mozioni. Punto più, punto meno, si tratta di cifre che corrispondono o sono molto vicine alla realtà. Noi abbiamo avuto normalmente negli anni passati, nei fine settimana del periodo turistico, quindi nella stagione estiva, giugno compreso, arrivi per circa 4 mila turisti ogni fine settimana, con 19-20 voli che erano organizzati. Quest'anno, nei fine settimana che abbiamo alle nostre spalle, già passati, questi arrivi da 4 mila sono scesi a 370-380 in un fine settimana. Il calcolo si può fare presto, le cifre che forniva qui l'onorevole Messina e che sono quelle fornite da parte degli organi istituzionali, anche da parte del consorzio degli albergatori che abbiamo incontrato, è facile farle, basta moltiplicare per tutti i fine settimana e avremo un crollo delle presenze turistiche nell'isola di Lampedusa che si aggirerà intorno a 60, 70, forse anche 80 mila presenze, sul totale quelle 80 mila, 70 mila presenze varranno l'85 o il 90 per cento. Parliamo di qualcosa di consistente per un'isola che ha una struttura economica prevalentemente orientata verso il turismo. Infatti, una volta Lampedusa era un'isola orientata prevalentemente alla pesca, oggi è prevalentemente orientata verso il turismo, la pesca fornisce un reddito aggiuntivo, non è più quello di una volta, e si tratta di un turismo di carattere stagionale. A Lampedusa non possono destagionalizzare per ovvie ragioni, trattandosi di un'isola che ha come propria vocazione fondamentale quella di fornire strutture per la balneazione, quindi fuori dalla stagione balneare non riesce ad attirare turisti. Quindi, con quel reddito che i lampedusani accumulano nell'arco dei tre mesi vivono per i restanti mesi dell'anno.
Allora, al danno che si è prodotto aggiungiamo anche l'aggravarsi della condizione economica dell'isola, perché già oggi molti tour operator, molti operatori turistici licenziano, sappiamo già di licenziamenti in atto di personale, perché dal momento che non c'è la domanda, è chiaro che gli operatori turistici debbono in qualche modo far quadrare i conti e lo fanno attraverso i licenziamenti.
Tutto questo avrà una ripercussione a cascata sull'economia di quell'isola. Quindi, ne risentiranno gli operatori commerciali Pag. 92e tutti gli altri operatori dell'indotto, che sono strettamente collegati con il flusso del turismo.
Quindi, cosa si può fare? Gli impegni sono stati tanti. Non voglio riprendere quanto detto dal Presidente del Consiglio in visita a Lampedusa. Sappiamo che nel suo stile colorito ha promesso ed elencato un numero infinito di punti e di interventi da fare: dal casinò alla forestazione, al piano del colore, alle infrastrutture, all'istituzione della zona franca, all'abbattimento dei costi del carburante per i pescatori, alla candidatura di Lampedusa a premio Nobel per la pace, come riconoscimento di quel grande atto di generosità che gli abitanti di Lampedusa hanno fatto quando non solo hanno accolto i profughi, i richiedenti asilo e anche gli immigrati clandestini, ma sono andati materialmente a salvare vite umane quando si sono verificati naufragi in prossimità delle loro coste.
Va bene tutto questo, anche se noi sappiamo che di tutto ciò rimarrà ben poco. Vorremmo che almeno fosse salvato il nucleo centrale di quella proposta, cioè un intervento a sostegno dell'economia dell'isola, ma non un intervento che avvenga dopo o che, anche fatto oggi, abbia i propri effetti e li maturi poi da qui a qualche anno. Infatti, non conosciamo ancora nel dettaglio il provvedimento del Governo, ma a giudicare dei comunicati stampa e dalle notizie di stampa non ci siamo proprio, perché si parla di interventi per la rete idrica, per la rete fognaria, potenziamento del programma per le energie rinnovabili nel settore dell'eolico e del fotovoltaico. A questo proposito, sarei molto attento perché parliamo di un'isola il cui patrimonio territoriale consta di 22 chilometri quadrati, lo ripeto, 22 chilometri quadrati. Non credo che quest'isola, così configurata, sia in grado di sopportare interventi massivi anche se solo nel settore delle rinnovabili. Bisogna tarare l'intervento e adattarlo ad un'isola che ha quelle dimensioni e quelle caratteristiche.
Così, credo che si possa dire anche di altri interventi. Per quanto riguarda la rete idrica e fognaria, va benissimo, come vanno bene tutti gli interventi ipotizzati: quello di riconvertire il trasporto veicolare, la mobilità interna dai veicoli a motore ai veicoli a trazione elettrica. Sono tutte cose bellissime. Tuttavia, mi si vuole dire l'effetto immediato sull'economia, perché si tratta di un'emergenza che vive oggi, in queste settimane, quell'isola, quale effetto di rilancio possono avere questi investimenti che saranno - bene che vada - attuati da qui a parecchi mesi in avanti?
Poi, non vorrei discutere neanche della zona franca. Va benissimo anche la zona franca, però poi sappiamo le procedure quali sono: va richiesta all'Unione europea, che per prendere una decisione fa passare un anno, un anno e mezzo e forse anche due anni. Alla fine, può anche dire di «no» e noi possiamo pensare che queste debbano essere le misure a sostegno di un'economia morente che ha quelle caratteristiche di cui qui anche gli altri colleghi hanno parlato? Mi pare assolutamente improbabile una scelta di questo tipo.
Quindi, è molto opportuna la calendarizzazione di queste mozioni oggi perché ci consente finalmente di focalizzare il tema. Occorrono interventi mirati e immediati, lo sottolineo, immediati, perché tutto il resto è acqua fresca. Abbiamo bisogno di interventi sui mutui, per la sospensione del pagamento dei tributi, e va bene, lo sgravio dei contributi previdenziali, e va bene, l'avvio delle procedure per l'istituzione della zona franca, e va bene, ma ciò che serve immediatamente è dare un ristoro a quelle imprese. Lo si fa se si interviene anche economicamente e finanziariamente. Ciò significa che bisogna intervenire individuando dei parametri, quantificare il danno.
Sulla base della quantificazione del danno è necessario trovare degli standard per poter intervenire ed impedire che lì vi siano effetti conseguenti alla crisi e, cioè, licenziamenti e l'avvitamento di un'economia che ha sempre un ambito chiuso e non ha possibilità né di attingere ad altre fonti né, tanto meno, di interagire con altri sistemi produttivi confinanti. Pag. 93
Ecco perché abbiamo ritenuto di dovere concepire la nostra mozione in questi termini, compresa la parte impegnativa, in modo dettagliato e non generico. Questo è necessario per evitare di fare, sulla pelle dei lampedusani, i fuochi d'artificio per poi alla fine abbandonarli. Si tratta di un'isola che nella storia ha subito tante disillusioni. Sono un parlamentare di quella provincia e, quindi, conosco bene quella terra. Posso dire che vi è una diffusa sfiducia verso le istituzioni, perché quell'isola ha pagato nel passato in tanti modi la sua insularità e la sua distanza dal territorio siciliano. Non vorremmo che anche questa si dovesse rivelare una delle ennesime occasioni perdute che lasceranno solamente sfiducia. In sostanza, temiamo che possa accadere quanto dichiarato dal presidente del consorzio degli albergatori, Antonino Martello, che raccoglie praticamente 120 aziende e, quindi, quasi tutti gli operatori che agiscono nel territorio, ossia che si tratta quasi di una calamità naturale e che dovremmo trattarla allo stesso modo di altri eventi e di altre calamità naturali che sono accadute (ad esempio, L'Aquila) o a quelle calamità che sono prodotte dalla disamministrazione o dalla cattiva amministrazione, come i rifiuti di Napoli. Pertanto, in un dato momento andiamo lì, facciamo i fuochi d'artificio in un momento in cui i media hanno concentrato lì tutta la loro attenzione ma, dopo di questo, lasciamo spenti i riflettori, non succede nulla e si lascia solo sfiducia e disillusione.
Vorremmo, dunque, che a Lampedusa tutto questo fosse evitato e, se fosse possibile, vorremmo dare così un segnale tangibile a quelle popolazioni che sopportano, per conto del resto del Paese e dell'intera Europa, un peso che non è irrilevante, tenuto conto che nessuno di noi è in grado oggi di ipotizzare quanto durerà questo fenomeno e quale sarà la sua intensità nel futuro.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Ruvolo, iscritto a parlare. S'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Terranova. Ne ha facoltà.
GIACOMO TERRANOVA. Signor Presidente, inizio con una precisazione. Faccio una certa fatica a riconoscermi nell'uso del termine calamità naturale per una vicenda che di naturale, sinceramente, ha molto poco. Definirei un'onda di questo genere, che ha a che fare con quanto si è verificato nei Paesi del nord Africa, assolutamente un'emergenza e così la voglio sostanzialmente continuare a definire.
Svolgo ora alcune considerazioni. Il contenuto di tutte le mozioni ci porta in un'unica e chiara direzione, ossia verso la necessità di porre una grande attenzione nei confronti di questo problema che si è verificato nell'isola di Lampedusa. Probabilmente dopo l'impatto iniziale, quello che ha determinato i così pesanti riflessi negativi soprattutto per l'appeal che l'isola ha nei confronti dei flussi turistici, oggi invece si è trovato un punto di equilibrio, indipendentemente dai numeri e dagli sbarchi che continuano ancora a funestare l'isola.
Allora, cosa dobbiamo fare? Le mozioni sono tutte orientate chiaramente ad alleviare, in prima battuta, i disagi dei residenti e degli imprenditori locali, che hanno subito un così significativo impatto in termini di riduzione di presenze di turisti. Quindi, è necessaria un'attenzione, come in altre occasioni hanno già detto i colleghi che mi hanno preceduto, volta all'alleggerimento della pressione fiscale e così sotto questo aspetto fondamentalmente interrompere, quanto meno per una parte così evidente, i danni che i cittadini di Lampedusa subiscono.
Ma cosa si può fare in termini di costruzione? Credo che bisogna porre attenzione, perché al di là delle positive azioni volte ad uno spot di rilancio dell'isola e all'intervento straordinario, che è stato annunciato, di 26 milioni di euro destinati ad importantissime opere di urbanizzazione - come le fognature - certamente non si risolve il vero problema.
Il vero problema è quello della mancanza di turisti. Allora cosa bisogna fare? Pag. 94Credo che lo Stato, che sta dimostrando attenzione, ma che probabilmente può ancora affinare lo strumento, potrebbe per esempio guardare con molta più specificità all'intensificazione dei collegamenti aerei e probabilmente trovare, attraverso il ricorso ad una incentivazione dei vettori low cost, una forma di incentivazione che azzeri quasi il costo del trasferimento aereo. Ciò con somme che sono abbastanza distanti anche da quelle che sono state oggetto degli interventi già programmati, ma che potrebbero dare una vera risposta al problema dell'isola, ossia abbattere, dopo una buona e significativa campagna pubblicitaria, i costi di trasferimento. Ricordo che l'aeroporto dell'isola di Lampedusa è in gestione diretta da parte dell'ENAC, il che significa che è un'articolazione dello Stato. Esistono già le tratte sociali onerate che risolvono la parte relativa alla mancanza di collegamento organico, ma che comunque attraverso una maggiore attenzione e con una più ingente destinazione di queste risorse potrebbe, secondo me, dare la migliore e più concreta risposta a ciò di cui l'isola ha bisogno, cioè che i turisti ritornino a Lampedusa considerandola un'isola dove si può andare con serenità.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo della discussione.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Modifica del vigente calendario dei lavori dell'Assemblea e conseguente aggiornamento del programma (ore 21,23).
PRESIDENTE. A seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato stabilito che l'organizzazione dei lavori dell'Assemblea nella prossima settimana (27 giugno - 1 luglio) è rimodulata nel modo seguente:
Martedì 28 giugno (antimeridiana):
Discussione sulle linee generali delle proposte di legge:
n. 2426-2956-B - Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati (Approvata dalla Camera in sede legislativa e modificata dal Senato);
n. 2519 ed abbinati - Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali.
Martedì 28 (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 29 e giovedì 30 giugno (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 1 luglio) (con votazioni):
Seguito dell'esame dei progetti di legge:
proposta di legge n. 2426-2956-B - Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati (Approvata dalla Camera in sede legislativa e modificata dal Senato);
disegno di legge n. 4059-A/R - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge Comunitaria 2010 (approvato dal Senato) e del Doc. LXXXVII, n. 3 - Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2009; Pag. 95
proposta di legge n. 2519 ed abbinati - Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali;
proposta di legge n. 2350 ed abbinate - Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento (Approvata dal Senato).
Non avranno luogo, invece, l'esame del disegno di legge n. 4290 ed abbinata - Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani (Approvato dal Senato - ove concluso dalla Commissione) ed il seguito dell'esame della proposta di legge n. 607-A/R ed abbinata - Incentivi per favorire, nelle regioni dell'arco alpino, il reclutamento di militari volontari nei reparti delle truppe alpine, già previsti in calendario per la prossima settimana, non essendo stato concluso l'esame da parte delle competenti Commissioni.
L'esame dei Doc. VIII, n. 7 - Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2010 e Doc. VIII, n. 8 - Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2011 avrà luogo il 4 e 5 luglio.
Restano ferme le sedute di sindacato ispettivo già previste.
Il programma si intende conseguentemente aggiornato.
Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.
PRESIDENTE. Comunico che, con lettera in data odierna, il deputato Antonio Milo, già iscritto al gruppo parlamentare Misto, ha chiesto di aderire al gruppo parlamentare Iniziativa Responsabile Nuovo Polo (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-ADC, La Discussione).
La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.
Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani, alle 11,30 e comunque al termine della chiama del Parlamento in seduta comune, che - ricordo - è convocato domani alle ore 9 per l'elezione di un giudice della Corte costituzionale e di un componente del Consiglio superiore della magistratura. La chiama avrà inizio dai senatori.
Ordine del giorno della seduta di domani.
Giovedì 23 giugno 2011, alle 11,30:
1. - Seguito della discussione della relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Calabria approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. (Doc. XXIII, n. 7).
2. - Seguito della discussione delle mozioni Meta ed altri n. 1-00642, Pili ed altri n. 1-00639, Mereu ed altri n. 1-00657 e Palomba ed altri n. 1-00658 concernenti iniziative per garantire la continuità territoriale marittima con la Sardegna e sulle procedure di privatizzazione della società Tirrenia.
3. - Seguito della discussione delle mozioni Messina ed altri n. 1-00641, Fallica ed altri n. 1-00605, Scanderebech ed altri n. 1-00656, Capodicasa ed altri n. 1-00659, Mosella ed altri n. 1-00660, Commercio ed altri n. 1-00665 e Ruvolo ed altri n. 1-00666 concernenti iniziative a sostegno dell'economia dell'isola di Lampedusa, con particolare riferimento al settore turistico.
(al termine delle votazioni)
4. - Svolgimento di interpellanze urgenti.
La seduta termina alle 21,25.
Pag. 96TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO IN SEDE DI DISCUSSIONE DEL DOC. XXIII, N. 7
NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, bene ha fatto la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ad affrontare prioritariamente la difficile situazione che vive la Calabria (regione di quindicimila chilometri quadrati, orograficamente complessa e «difficile» con circa ottocento chilometri di coste, ma con la maggior parte del territorio montuoso e con una viabilità, autostrada compresa, assolutamente inadeguata).
Così inizia la relazione elaborata dagli onorevoli Pecorella e Bratti, che ringrazio per l'ottimo lavoro svolto, per aver affrontato con dovizie di particolari le diverse problematiche del ciclo dei rifiuti, venendo direttamente in Calabria e per le considerazioni finali che sono così riassunte: a distanza di tredici anni dall'istituzione dell'Ufficio del commissario delegato per l'emergenza rifiuti in Calabria, non è stato realizzato nessuno degli obiettivi previsti dai piani regionali per i rifiuti, predisposti dal commissario.
In Calabria ci troviamo di fronte a gravissime emergenze che frenano lo sviluppo della regione, che abbassano il livello qualitativo della vita delle persone e che pesano significativamente sul futuro dei nostri giovani.
Eppure è sorprendente come un territorio con carenze infrastrutturali così gravi (una viabilità assolutamente inadeguata, viene sottolineato nella relazione) che è elemento repellente per investimenti di qualsiasi natura, anche per quelli più ordinari, come quelli relativi alla commercializzazione dei prodotti dell'agroalimentare, riesce, viceversa, ad attrarre investimenti per la costruzione di discariche di diversa natura e per una mega discarica di amianto.
Signor Presidente, i conti qui non tornano ed è bene prestare la massima attenzione su questo punto.
Se una carenza di infrastrutture così significativa non favorisce l'ordinaria mobilità delle persone e dei mezzi, come è possibile che venga favorita la circolazione dei soli mezzi che portano rifiuti, anche tossici, da una parte all'altra della Calabria, individuando in Crotone la meta preferita?
Qualcosa purtroppo non va. Ritengo che, direttamente o indirettamente, forze oscure e malavitose hanno creato l'humus naturale, affinché questo fenomeno trovasse la giusta alimentazione e il più forte impulso. Evidentemente vi è una inedita e recondita correlazione tra criminalità organizzata, ciclo dei rifiuti e in particolare quelli speciali e pericolosi.
I colleghi calabresi del Partito Democratico hanno affrontato importanti aspetti della relazione della Commissione. Io dedicherò alla vicenda di Crotone, che sotto l'aspetto ambientale può essere considerata, senza ombra di dubbio, il simbolo di un fallimento, ordito da molti anni e nascosto sotto la foglia del fico di un commissariamento durato moltissimi anni e costellato di insuccessi.
Dopo il tramonto della chimera industriale Crotone e la provincia vivono una stagione particolarmente delicata, con gravissimo rischio ambientale.
Di fronte all'attendismo del Governo, alle tantissime ed infruttuose conferenze di servizi svoltesi al Ministero dell'Ambiente, la procura della Repubblica di Crotone è stata costretta a disporre il sequestro di tredici siti, sui quali sorgono scuole, tutt'ora frequentate da scolari e studenti, ed a promuovere una «indagine inerente una valutazione dell'impatto sub-chimico dell'inquinamento da metalli pesanti nei soggetti in accrescimento residenti nelle zone di Crotone a rischio ambientale».
L'indagine è stata condotta dal professor Sebastiano Andò e dal professor Gino Crisci dell'Università di Cosenza. Secondo la relazione dei due docenti nei bambini sottoposti ad accertamenti sono state riscontrate Pag. 97contaminazioni da parte di materiali tecnico-nocivi, ricompresi nei cosiddetti Cubilot, che sono particolarmente compromettenti per la salute delle persone coinvolte.
Siamo di fronte ad una vera e propria emergenza, che intacca la salute di moltissime persone e che turba gli animi di tutti i crotonesi.
Due anni fa abbiamo sottolineato proprio in questa aula che non c'era più tempo da perdere, che era necessario soccorrere, fin da subito, la popolazione di Crotone mettendo in campo le prime ed urgenti iniziative, come: estendere ad un significativo campione della popolazione di Crotone gli accertamenti circa l'esistenza di eventuali contaminazioni da parte di materiali tossico-nocivi; monitorare con la massima diligenza i bambini che risultano essere contaminati dai metalli pesanti e valutare periodicamente la funzionalità dei loro organi e apparati; predisporre un apposito programma sanitario che consenta interventi mirati a tutelare la salute dei cittadini ed individui le terapie necessarie per curare tutte le persone contaminate; effettuare, alla luce dei necessari ed emergenti riscontri scientifici, una nuova riperimetrazione del Sito di Interesse Nazionale (SIN), tenendo presente che su tredici siti sottoposti ad indagine da parte della procura della Repubblica di Crotone, sorge l'ospedale civile, la questura ed interi quartieri ad alta densità di popolazione; dotare di efficaci strumenti e di adeguate risorse il comune e la procura della Repubblica per mettere in campo gli interventi indispensabili per affrontare in modo più efficace possibile l'emergenza ambientale e sanitaria, che interessa e preoccupa la popolazione di Crotone.
Da ultimo avviare, con urgenza, un serio ed adeguato piano di bonifica dei siti di interesse nazionale e di messa in sicurezza delle aree che, all'esito delle necessarie verifiche, risulteranno essere contaminate.
Ovviamente da allora tutto questo è passato sotto silenzio, tranne le proteste dei cittadini e le mie interrogazioni, che, non hanno ottenuto alcuna risposta.
A questa emergenza si aggiunge anche quella relativa alla costruzione, a Scandale, della più grande discarica di amianto, che dovrebbe consentire di abbancare ben 450 mila tonnellate di amianto, quasi un quindicesimo di quello esistente in Italia. L'area individuata per la costruzione del sito è tra l'altro sottoposta a vincolo idrogeologico e sismico ed è particolarmente ricca di falde acquifere.
E, infine, per quanto riguarda il tema specifico dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, il territorio crotonese ormai da diversi mesi fa registrare situazioni di allarmante sofferenza, al punto da richiedere anche una mobilitazione generale dei sindaci, che hanno portato la loro protesta nelle sedi competenti ed addirittura allo stadio di Crotone prima dell'inizio di una partita di calcio di serie B.
La vera esigenza è, e rimane, quella di mettere in campo un sistema capace di consentire il conferimento dei rifiuti nelle discariche già attive sul territorio della provincia, come dovrebbe accadere nelle altre quattro province calabresi, in maniera tale da realizzare quell'autosufficienza tanto declamata ma in pratica mai attuata.
Nello specifico, poi, è necessario mettere decisamente la parola fine al gioco dello scaricabarile sulle responsabilità, tra ufficio del commissario e regione, che contribuisce solo a creare confusione e momenti di tensione, oltre a causare situazioni a dir poco spiacevoli e di bassa lega, come quelle verificatesi nel periodo della campagna elettorale, con i rifiuti per le strade cittadine di Crotone e di altri centri urbani, a causa della mancata individuazione di un sito per il conferimento, mentre solo qualche giorno fa il commissario Melandri ha concesso l'abbancamento di 40 mila metri cubi in altezza per la discarica Sovreco, cosa che prima, durante la campagna elettorale, era stata invece negata.
Questi sono solo alcuni dei temi emergenziali, ai quali bisogna finalmente dare risposte. Ma non dobbiamo e possiamo farci illusioni. L'esperienza commissariale in Calabria ha creato gravi conflitti istituzionali Pag. 98e ha prodotto più danni di quelli rinvenuti all'atto dell'insediamento. Basti leggere le relazioni della Corte dei conti di Catanzaro in merito. Per questo occorre voltare pagina. La Calabria ha tutte le energie per gestire una vicenda che il commissariamento non ha saputo affrontare.
Le tematiche ambientali rivestono una straordinaria importanza per la salute dei cittadini ma anche per le potenzialità di sviluppo del territorio.
È ora di cambiare registro, perché fino ad oggi tutte le aspettative sono state deluse e mortificate.
Mi auguro quindi che il voto unanime di domani possa segnare la svolta tanto attesa dai calabresi.