Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Legge di stabilità 2016 - Schede di lettura - A.C. 3444
Riferimenti:
AC N. 3444/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 360    Progressivo: 2
Data: 24/11/2015
Descrittori:
BILANCIO DELLO STATO     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
Altri riferimenti:
AS N. 2111/XVII     


Legge di stabilità 2016

 

Schede di lettura

A.C. 3444

 

novembre 2015

 

I N D I C E

 

 

La Tavola di raffronto tra il testo del disegno di legge del Governo (A.S. 2111) e il testo approvato dal Senato (A.C. 3444) è riportata in fondo al dossier.

 

 

 

Schede di lettura

Articolo 1, comma 1 (Risultati differenziali del bilancio dello Stato). 3

Articolo 1, commi 2 e 3 (Gestioni previdenziali). 6

Articolo 1, commi 4-6 (Eliminazione aumenti accise e IVA). 9

Articolo 1, comma 7 (Personale dell’amministrazione finanziaria). 13

Articolo 1, commi 8-24 e 28-30 (Tassazione immobiliare). 15

Articolo 1, commi 25-27 (Agevolazioni in materia di borse di studio). 41

Articolo 1, comma 31 (Ricomposizione fondiaria). 44

Articolo 1, comma 32 (Locazioni e rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo. Patti contrari alla legge). 46

Artcolo 1, commi 33-37 (Riduzione IRES). 50

Articolo 1, commi 38-40 (Esenzione IRAP in agricoltura e pesca). 53

Articolo 1, commi 41-43 (Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia, riqualificazione energetica e acquisto di mobili). 55

Articolo 1, commi 44 e 45 (Disposizioni in materia di edilizia popolare). 66

Articolo 1, commi 46-52 (Ammortamenti). 68

Articolo 1, commi 53-55 (Regime fiscale di professionisti e imprese di piccole dimensioni)  71

Articolo 1, commi 56-62 (Regime agevolato per cessioni e assegnazioni di beni ai soci)  77

Articolo 1, comma 63 (Oneri per gli accertamenti dell’idoneità dei volontari vigili del fuoco)  81

Articolo 1, commi 64 e 65 (Deduzioni IRAP per i soggetti di minori dimensioni)  83

Articolo 1, commi 66 e 67 (Emissione di note di credito IVA). 84

Articolo 1, comma 68 (Decorrenza riforma delle sanzioni amministrative tributarie)  88

Articolo 1, commi 69-70 (Versamento da parte dei notai dei tributi riscossi)  90

Articolo 1, commi 71-79 (Riduzione del canone RAI). 94

Articolo 1, commi 80-82 (Attuazione Accordo tra Italia e Santa Sede in materia di radiodiffusione televisiva e sonora e costituzione di un Fondo per il riassetto dello Spettro Radio). 101

Articolo 1, commi 83-86 (Proroga dell'esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato). 103

Articolo 1, commi 87-95 (Regime fiscale di somme, valori e servizi in favore dei lavoratori dipendenti). 106

Articolo 1, commi 96-98 (Misure per favorire l’efficacia e la sostenibilità della strategia di valorizzazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata)  109

Articolo 1, commi 99-102 (Fondo per le aziende sequestrate e confiscate). 113

Articolo 1, commi 103-106 (Fondo per il credito alle aziende vittime di mancati pagamenti)  117

Articolo 1, comma 107 (Aliquota contributiva lavoratori autonomi). 118

Articolo 1, comma 108 (Fondo per lavoratori autonomi e articolazione flessibile lavoro subordinato). 119

Articolo 1, comma 109 (Congedo di paternità). 120

Articolo 1, commi 110-115 (Chiamate dirette nelle università). 121

Articolo 1, comma 116 (Proroga di termini per lo svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di collaboratore scolastico in provincia di Palermo). 125

Articolo 1, commi 117-121 e 123 (Assunzioni e dotazioni organiche dei dirigenti pubblici)  127

Articolo 1, comma 122 (Limitazione dei comandi di personale scolastico). 133

Articolo 1, comma 124 (Vincoli finanziari per la contrattazione integrativa degli enti territoriali). 135

Articolo 1, commi 125 e126 (Turn over nella P.A.). 136

Articolo 1, comma 127 (Compensi dei dipendenti nominati nei CDA società partecipate)  141

Articolo, 1, comma 128 (Trattamento accessorio nella P.A.). 143

Articolo 1, comma 129 (Finanziamento parchi nazionali). 145

Articolo 1, comma 130 (Riduzione delle spese degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri)  146

Articolo 1, comma 131 (Concorso diplomatico). 149

Articolo 1, comma 132 (Assunzioni di magistrati). 151

Articolo 1, commi 133-137 (Accesso dei giovani alla ricerca nelle università e negli enti pubblici di ricerca finanziati dal MIUR). 152

Articolo 1, comma 138 (Stanziamento per la formazione specialistica dei medici)  158

Articolo 1, comma 139 (Risorse per il diritto allo studio universitario). 159

Articolo 1, comma 140 (Risorse per le scuole paritarie). 160

Articolo 1, comma 141 (Fondo per l’acquisto di libri di testo). 163

Articolo 1, comma 142 (Disposizioni in materia di rientro di lavoratori dall’estero)  164

Articolo 1, comma 143 (Misure per la ricerca scientifica e tecnologica). 166

Articolo 1, comma 144 (Fondo per il finanziamento ordinario delle università)  170

Articolo 1, commi 145-154 (Soggetti salvaguardati dall’incremento dei requisiti pensionistici)  171

Articolo 1, commi 155-163 (Misure in materia pensionistica, di cure parentali, di invecchiamento attivo, di detrazioni IRPEF per i titolari di trattamento pensionistico e di cure termali). 180

Articolo 1, commi 164-165 (Rifinanziamento ammortizzatori sociali in deroga)  188

Articolo 1, comma 166 (Contributo società Italia Lavoro S.p.A.). 194

Articolo 1, commi 167-171 (Copertura assicurativa dei soggetti coinvolti in attività di volontariato a fini di utilità sociale). 195

Articolo 1, commi 172 e 173 (Art bonus). 197

Articolo 1, comma 174 (Risorse per interventi relativi a beni culturali e paesaggistici)  199

Articolo 1, commi 175-177 (Assunzioni presso il MIBACT). 200

Articolo 1, commi 178-180 (Credito di imposta a favore del cinema). 205

Articolo 1, comma 181 (Piano strategico “Grandi Progetti Beni culturali”). 207

Articolo 1, comma 182 (Ricostruzione o riparazione delle chiese e degli edifici religiosi)  209

Articolo 1, comma 183 (Finanziamento del Gran Premio d’Italia di Formula 1)  211

Articolo 1, commi 184-186 (Scuola per l'Europa di Parma). 214

Articolo 1, commi 187-192 (Risorse per la cultura). 215

Articolo 1, comma 193 (Interventi in siti di importanza comunitaria). 221

Articolo 1, comma 194 (Marina Resort). 225

Articolo 1, comma 195 (Risorse per gli Istituti superiori di studi musicali). 228

Articolo 1, comma 196 (Promozione del made in Italy e attrazione degli investimenti in Italia)  229

Articolo 1, comma 197 (Finanziamento a favore dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo). 231

Articolo 1, commi 198-206 (Società benefit). 233

Articolo 1, comma 207 (Stanziamenti a beneficio degli italiani nel mondo). 235

Articolo 1, commi 208-212 (Lotta alla povertà). 237

Articolo 1, commi 213-216 (Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile)  244

Articolo 1, comma 217  (Eliminazione della preventiva comunicazione per erogazioni liberali di derrate alimentari). 247

Articolo 1, comma 218 (Fondo per il sostegno alle persone con disabilità grave)  249

Articolo 1, comma 219 (Finanziamento Ente nazionale protezione e assistenza sordi)  250

Articolo 1, comma 220 (Fondo per le non autosufficienze). 251

Articolo 1, commi 221 e 222 (Attività sportive per soggetti disabili). 252

Articolo 1, comma 223 (Sperimentazione clinica per pazienti affetti da SLA)  254

Articolo 1, commi 224-226 (Adozioni internazionali). 257

Articolo 1, comma 227 (Contributo Associazione Nazionale Privi della Vista)  259

Articolo 1, commi 228 e 229 (Contributi per biblioteche per ciechi o ipovedenti)  261

Articolo 1, commi 230-236 (Misure per far fronte alle esigenze della ricostruzione connesse agli stati di emergenza). 262

Articolo 1, commi 237-242 (Misure per il completamento della ricostruzione nei territori colpiti dal sisma del 2009 in Abruzzo). 267

Articolo 1, commi 243-245 (Misure per il completamento della ricostruzione nei territori colpiti dal sisma del 2012 in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto). 271

Articolo 1, commi 246-249 (Rinnovi contrattuali). 276

Articolo 1, comma 250 (Parco nazionale dello Stelvio). 279

Articolo 1, commi 251 e 252 (Proroga dell’impiego del personale militare appartenente alle Forze armate). 282

Articolo 1, comma 253 (Fondo per interventi nei territori della terra dei fuochi)  285

Articolo 1, comma 254 (Federazioni sportive nazionali). 288

Articolo 1, comma 255 (Fondo per i collegi arbitrali internazionali). 291

Articolo 1, comma 256 (Autorizzazione di spesa per la celebrazione di anniversari)  292

Articolo 1, comma 257 (Contributi a istituzioni culturali). 294

Articolo 1, comma 258 (Collegamenti marittimi di competenza della Regione Sardegna)  295

Articolo 1, comma 259 (Attività dell’Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici Torino 2006)  296

Articolo 1, comma 260 (Rifinanziamento fondo per la produzione bieticolo-saccarifera)  297

Articolo 1 comma 261 (Reparti operativi della Marina Militare). 298

Articolo 1, commi 262-267 e commi 269-278 (Rafforzamento dell’acquisizione centralizzata)  299

Articolo 1, comma 268 (Contribuzione dei comuni alla locazione di caserme ospitate presso proprietà private). 310

Articolo 1, commi 279-288 (Razionalizzazione dei processi di approvvigionamento di beni e servizi informatici e di connettività nelle pubbliche amministrazioni). 311

Articolo 1, commi 289-304 (Piani di rientro e riqualificazione degli enti del Servizio sanitario nazionale). 315

Articolo 1, commi 305 e 306 (Aziende sanitarie uniche). 319

Articolo 1, commi 307-311 (Disposizioni in materia di acquisizione di beni e servizi da parte degli enti del Servizio sanitario nazionale). 320

Articolo 1, commi 312-324 (Aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza sanitaria)  322

Articolo 1, comma 325 (Livello di finanziamento del SSN). 325

Articolo 1, commi 326 e 327 (Farmaci e trattamenti innovativi). 329

Articolo 1, commi 328-330 (Revisione uso medicinali). 333

Articolo 1, commi 331-332 (Fondo “Progetto genomi Italia”). 335

Articolo 1, comma 333 (Riduzioni delle dotazioni di bilancio dei Ministeri). 336

Articolo 1, comma 334 (Riduzione di stanziamenti per la Presidenza del Consiglio)  339

Articolo 1, comma 335 (Riduzione risorse CAAF). 342

Articolo 1, comma 336 (Riduzione dello stanziamento dell’8 per mille IRPEF di pertinenza statale). 343

Articolo 1, comma 337 (Abolizione rimborso regioni oneri carburante a prezzi ridotti nelle zone di confine). 346

Articolo 1, comma 338 (Cessazione di indennizzi di usura delle strade per le Regioni a statuto speciale). 348

Articolo 1, comma 339 (Risorse destinate agli enti locali siciliani per l'accoglienza dei migranti)  349

Articolo 1, comma 340 (Fondo per la riduzione della pressione fiscale). 352

Articolo 1, comma 341 (Limite di spesa per il due per mille ai partiti politici)  354

Articolo 1, commi 342 e 343 (Zone franche urbane). 356

Articolo 1, comma 344 (Norme sul finanziamento statale degli istituti di patronato e di assistenza sociale). 359

Articolo 1, comma 345 (Riduzione delle spese di funzionamento degli enti pubblici previdenziali)  361

Articolo 1, commi 346-352 (Riduzioni e altre previsioni, relative al Ministero della giustizia)  362

Articolo 1, comma 353 (Riduzione dei contributi a organismi internazionali)  366

Articolo 1, commi 354 e 355 (Incremento della tariffa consolare). 371

Articolo 1, comma 356 (Destinazione delle entrate da dismissioni immobiliari del Ministero degli affari esteri). 374

Articolo 1, comma 357 (Risparmi di spesa per il personale docente delle scuole italiane all’estero). 375

Articolo 1, comma 358 (Acquisizione all’erario di risorse per supplenze brevi non utilizzate dalle scuole). 379

Articolo 1, comma 359 (Acquisizione all’erario di risorse ex IRRE). 381

Articolo 1, commi 360-362 (Acquisizione all’entrata del bilancio di risorse per l’edilizia universitaria). 382

Articolo 1, comma 363 (Trasporto regionale marittimo nelle regioni Campania e Lazio)  384

Articolo 1, comma 364 (Sistemi informativi automatizzati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti). 385

Articolo 1, comma 365 (Contratto di lavoro del trasporto pubblico locale). 386

Articolo 1, comma 366 (Soppressione di contributi a imprese armatoriali). 387

Articolo 1, comma 367 (Dismissione immobili della difesa). 388

Articolo 1, comma 368 (IVA super-ridotta pubblicazioni). 389

Articolo 1, comma 369 (Fondo per interventi strutturali di politica economica)  392

Articolo 1, comma 370 (Rifinanziamento del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili)  394

Articolo 1, commi 371 e 372 (Progettazione di ciclovie turistiche, ciclostazioni ed interventi per la ciclabilità cittadina). 396

Articolo 1, comma 373 (Riorganizzazione della Scuola nazionale dell’amministrazione - SNA)  400

Articolo 1, comma 374 (Struttura didattico residenziale del Ministero dell'interno)  406

Articolo 1, commi 375-380 (Incorporazione della Società Istituto Sviluppo Agroalimentare S.p.A.- Isa- e della Società Gestione Fondi per l’Agroalimentare S.r.L.- SGFA- nell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare- ISMEA). 408

Articolo 1, comma 381 (FORMEZ PA). 415

Articolo 1, comma 382 (Trasformazione della Cassa conguaglio). 417

Articolo 1, commi 383-387 (Limiti ai compensi degli amministratori delle società a controllo pubblico). 419

Articolo 1, commi 388-392 (Concorso alla finanza pubblica delle Regioni e delle Province autonome). 423

Articolo 1, commi 393-402 (Regime contabile e anticipazione di liquidità). 432

Articolo 1, commi 403 e 404 (Interventi in materia di spesa farmaceutica). 443

Articolo 1, comma 405 (Misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese esercenti attività sanitaria per il Servizio sanitario nazionale). 446

Articolo 1, comma 406 (Abrogazione del decreto-legge n. 179 del 2015 e salvezza degli effetti)  448

Articolo 1, commi 407-412, 415-429 (Regole di finanza pubblica per gli enti territoriali)  449

Articolo 1, commi 413 e 414 (Scuole innovative). 464

Articolo 1, commi 430-434 (Assoggettamento al regime di Tesoreria Unica delle Autorità amministrative indipendenti). 467

Articolo 1, commi 435-437 (Concorso agli obiettivi di finanza pubblica delle Università e degli Enti di ricerca). 470

Articolo 1, comma 438 (Spese sostenute da Roma Capitale per il Museo della Shoa)  473

Articolo 1, comma 439 (Contributo alle Province e Città metropolitane). 474

Articolo 1, commi 440-448 (Personale e funzioni delle Province). 475

Articolo 1, commi 449-451 (Disposizioni in tema di ragionevole durata del processo)  483

Articolo 1, comma 452 (Recupero dell'accisa). 492

Articolo 1, commi 453-464 (Norme per l’accelerazione degli interventi cofinanziati)  494

Articolo 1, comma 465 (Completamento interventi cofinanziati 2007-2013). 502

Articolo 1, commi 466-468 (Approvazione di variante urbanistica o espletamento di procedure VAS o VIA nell’ambito della programmazione del FSC). 507

Articolo 1, comma 469 (Fondo per il recepimento della normativa europea)  509

Articolo 1, comma 470 (Sentenze della Corte di giustizia UE: oneri finanziari e poteri di rivalsa)  510

Articolo 1, comma 471 (Sentenze della Corte di Giustizia UE: poteri sostitutivi)  514

Articolo 1, comma 472 (Risorse proprie bilancio UE). 516

Articolo 473  (Adeguamento per via regolamentare di atti dell'Unione europea)  519

Articolo 1, comma 474 (Equiparazione dei liberi professionisti alle imprese ai fini dell’accesso ai Piani PON e POR). 520

Articolo 1, commi 475-482 (Investimenti europei e Istituto nazionale di promozione)  523

Articolo 1, commi 483-488 (Fondo di garanzie infrastrutture TERNA). 527

Articolo 1, comma 489 (Disposizioni per il finanziamento investimenti ambientali e tecnologici)  529

Articolo 1, comma 490 (Accesso al fondo di garanzia per le PMI per le imprese fornitrici)  533

Articolo 1, comma 491 (Programmi di amministrazione straordinaria). 537

Articolo 1, commi 492-495 (Fondo per progetti di innovazione tecnologica per impianti, macchine e attrezzature agricole). 540

Articolo 1, comma 496 (Rinnovo parco autobus). 542

Articolo 1, commi 497-499 (Garanzie pubbliche). 543

Articolo 1, commi 500-510 (Proroga della rideterminazione del valore dei terreni e delle partecipazioni, nonché rivalutazione dei beni di impresa). 545

Articolo 1, commi 511-514 (Circolazione del contante). 550

Articolo 1, commi 515-523 (Modifiche alla disciplina fiscale applicabile al settore agricolo e coperture). 552

Articolo 1, commi 524-535 (Disposizioni in materia di giochi). 556

Articolo 1, commi 536-542 (Disposizioni di semplificazione per la dichiarazione precompilata)  563

Articolo 1, commi 543-544 (Clausola di salvaguardia relativa alla voluntary disclosure)  570

Articolo 1, commi 545-547 (Istituzione di una aliquota IVA al 5 per cento). 573

Articolo 1, comma 548 (Misure di contrasto all'evasione fiscale nel settore degli autoveicoli)  576

Articolo 1, comma 549 (Clausola di salvaguardia per le Regioni a statuto speciale)  577

Articolo 1, comma 550 (Tabelle A e B). 578

Articolo 1, comma 551 (Tabella C). 586

Articolo 1, commi 552 e 554 (Tabella E). 590

Articolo 1, comma 553 (Tabella D). 633

Articolo 1, comma 555 (Copertura finanziaria della legge di stabilità). 637

Articolo 1, comma 556 (Entrata in vigore). 638

Tavola di raffronto tra il testo del disegno di legge del Governo (A.S. 2111) e il testo approvato dal Senato (A.C. 3444). 639

 


Schede di lettura


 

Articolo 1, comma 1
(Risultati differenziali del bilancio dello Stato)

 

 

Il comma 1, non modificato dal Senato, fissa i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario, in termini di competenza, di cui all'articolo 11, comma 3, lettera a), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, per gli anni 2016, 2017 e 2018, che sono indicati nell'allegato n. 1 annesso alla presente legge. I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

 

Allegato 1 (articolo 1, comma 1) (importi in milioni di euro)

RISULTATI DIFFERENZIALI

Descrizione risultato differenziale

2016

2017

2018

Livello massimo del saldo netto da finanziare, al netto delle regolazioni contabili e debitorie pregresse (pari 4.150 milioni di euro per il 2016, a 5.150 milioni di euro per il 2017 e a 3.150 milioni di euro per il 2018), tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*)

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (**)

-32.000

-20.000

-11.000

275.000

295.000

260.000

(*) Il Saldo netto da finanziare programmatico, ove fossero riconosciuti in sede europea i margini di flessibilità relativi alle spese correlate all’emergenza immigrazione, è rideterminato in -35,4 miliardi di euro nel 2016.

(**) Al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato

 

Il saldo netto da finanziare è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.

Il ricorso al mercato rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che si prevede effettuare nell’anno e che non sono coperte dalle entrate finali: tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.

Per il 2016 il limite massimo del saldo netto da finanziare è pari a 32 miliardi in termini di competenza, come indicato dalla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, al netto di 4.150 milioni per regolazioni contabili e debitorie.

Tale limite è superiore al valore effettivo del saldo (11,4 miliardi) risultante dal disegno di legge di bilancio per il 2016. La differenza tra il limite massimo e il saldo contabile rappresenta un margine “cautelativo” rispetto ad eventuali variazioni in aumento del saldo che dovessero verificarsi in corso d’anno. Anche nelle precedenti leggi di stabilità si prevedeva una differenza tra il saldo di bilancio e il limite massimo, di ampiezza di anno in anno diversa.

Per quanto riguarda il ricorso al mercato, per l’anno 2016 è fissato un livello massimo, in termini di competenza, pari a 275 miliardi.

Anche in questo caso il valore massimo del ricorso al mercato fissato dal comma 1 in esame è superiore a quello risultante dal disegno di legge di bilancio, pari a 233,1 miliardi. Si tratta di un differenziale, anche esso già presente nelle precedenti leggi di stabilità, volto a consentire margini di flessibilità nella gestione del debito pubblico.

Per il biennio successivo, il livello massimo del SNF è fissato in misura pari a 20 miliardi per il 2017 e a 11 miliardi per il 2018, al netto di 5.150 milioni di euro per il 2017 e di 3.150 milioni per il 2018 per regolazioni contabili e debitorie.

Come per il 2016, anche tali limiti si situano al di sopra dei valori risultanti dal disegno di legge di bilancio per gli anni 2017 e 2018, come risultante dal disegno di legge di bilancio, pari, rispettivamente, a 5,4 miliardi nel 2017 e a 13,7 miliardi nel 2018.

Il livello massimo del ricorso al mercato è determinato in 295 miliardi nel 2017 e 260 miliardi nel 2018 (257 miliardi e 225,8 miliardi, rispettivamente, nei due anni, nel disegno di legge di bilancio).

Come specificato dall’allegato 1, il livello massimo del ricorso al mercato relativo a ciascuna annualità si intende al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare in via anticipata (o di ristrutturare) passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

 

Regolazioni contabili e debitorie

 

I valori dei saldi fissati nel comma in esame sono calcolati al netto delle regolazioni contabili e debitorie.

Le regolazioni contabili rappresentano lo strumento per ricondurre in bilancio operazioni che hanno già manifestato il loro impatto economico-finanziario. Esse possono esplicare effetti unicamente sul bilancio dello Stato (attraverso la contabilizzazione di un uguale importo nelle entrate e nelle spese), ovvero coinvolgere anche la Tesoreria: ciò avviene in presenza di anticipazioni di tesoreria, che vengono regolate in esercizi successivi. L’operazione incide sul fabbisogno (del settore statale e del settore pubblico) e sull’indebitamento nell’anno in cui avviene l’anticipazione; incide invece sul bilancio dello Stato nell’anno in cui ci si fa carico della sua regolazione.

Oltre alle regolazioni contabili, vi sono le c.d. regolazioni debitorie in senso stretto, il cui trattamento contabile viene valutato caso per caso. Ai fini dell’indebitamento netto, di norma, una partita debitoria sviluppa i suoi effetti nel momento in cui nasce l’obbligazione, a condizione tuttavia che siano chiaramente identificabili sia i soggetti creditori che l’ammontare del debito. Tale criterio si applica anche se l’iscrizione nel bilancio dello Stato e il flusso dei pagamenti (e quindi l’effetto sul fabbisogno) avviene ratealmente. In mancanza di tali condizioni, la contabilizzazione dell’operazione nel conto della P.A. segue i flussi di cassa e corrisponde a quanto annualmente viene pagato a titolo di restituzione del debito, oppure è allineata all’ammontare dei rimborsi validato nell’anno dall’Amministrazione a prescindere dall’effettivo pagamento.

Quanto infine ai rimborsi d’imposta pregressi, si tratta di somme che vengono iscritte in bilancio per essere destinate a rimborsi di imposta richiesti in anni precedenti. Esse vengono registrate nel conto economico della P.A. secondo il principio della competenza economica e quindi nell’anno in cui è avvenuta la richiesta di rimborso. Hanno invece effetto sul fabbisogno nell’anno in cui sono rimborsate.

Secondo quanto risulta dai prospetti contenuti nella legge di stabilità e nel bilancio, esse sono così determinate nel triennio:

 

 


 

Articolo 1, commi 2 e 3
(Gestioni previdenziali)

 

 

I commi 2 e 3, non modificati dal Senato, recano disposizioni in merito all'adeguamento degli importi dei trasferimenti dovuti dallo Stato alle gestioni previdenziali, nonché agli importi complessivi dovuti alla gestione per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, alla gestione speciale minatori e alla gestione speciale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo già iscritti al soppresso ENPALS, per il 2016.

In particolare, il comma 2 determina l'adeguamento, per l'anno 2016, dei trasferimenti dovuti dallo Stato verso la “Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali” (GIAS) presso l’INPS, a favore di alcune specifiche gestioni pensionistiche (Fondo pensioni lavoratori dipendenti, Gestione dei lavoratori autonomi, Gestione speciale minatori e il soppresso ENPALS[1]).

La ripartizione tra le gestioni interessate avviene ai sensi del procedimento di cui all’articolo 14 della L. 241/1990, ossia mediante la convocazione di una Conferenza di servizi.

 

La GIAS (gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali) è stata istituita, presso l’INPS, dall’articolo 37 della L. 9 marzo 1989, n. 88[2], per la progressiva separazione tra previdenza e assistenza e la correlativa assunzione a carico dello Stato delle spese relative a quest'ultima. Il finanziamento della gestione è posto progressivamente a carico del bilancio dello Stato.

Ai sensi della lettera c) del comma 3 dell’articolo 37 della L. n. 88/1989, è a carico della GIAS una quota parte delle pensioni erogate dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), dalla gestione dei lavoratori autonomi, dalla gestione speciale minatori e dall'ENPALS. La somma a ciò destinata è incrementata annualmente, con la legge finanziaria, in base alla variazione - maggiorata di un punto percentuale - dell'indice nazionale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati calcolato dall'ISTAT.

L’articolo 59, comma 34, della L. n. 449/1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998) ha previsto un ulteriore incremento dell’importo dei trasferimenti dallo Stato alle gestioni pensionistiche, di cui alla predetta lettera c). Tale incremento è assegnato esclusivamente al FPLD, alla gestione artigiani e alla gestione esercenti attività commerciali ed è a sua volta incrementato annualmente in base ai criteri previsti dalla medesima lettera c).

L’articolo 2, comma 4, della L. n. 183/2011, al fine del riordino del trasferimento dal bilancio dello Stato all’INPDAP, istituisce nel bilancio INPDAP un’apposita “Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alla gestione previdenziale”, in analogia con quanto previsto per l’INPS.

In particolare, nell’ambito del bilancio INPDAP, attualmente confluito nel bilancio INPS a seguito della soppressione dell’INPDAP con l’articolo 21, comma 1, del D.L. n. 201/2011, vengono istituite apposite evidenze contabili, relative alla gestione di cui al primo periodo del presente comma, nonché alle gestioni che erogano trattamenti pensionistici e di fine servizio.

Sono a carico della Gestione richiamata:

§  una quota-parte di ciascuna mensilità di pensione erogata dall’INPDAP. Tale somma è annualmente adeguata, con la legge di stabilità, in base alle variazioni dell’indice nazionale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai ed impiegati calcolato dall’ISTAT incrementato di un punto percentuale ed è ripartita tra le evidenze contabili interessate con il procedimento di cui all’articolo 14 della L. 7 agosto 1990, n. 241;

§  tutti gli oneri relativi agli altri interventi a carico dello Stato previsti da specifiche disposizioni di legge.

 

Gli incrementi dei trasferimenti disposti per il 2016, nell’ambito della Missione 025 (Politiche previdenziali, Programma 003 – Previdenza obbligatoria e complementare, assicurazioni sociali), ai sensi di quanto contenuto nell’Allegato 2, pari complessivamente a 281,94 milioni di euro, sono determinati:

a)  nella misura di 207,28 milioni di euro, in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), delle gestioni dei lavoratori autonomi, della gestione speciale minatori e dell’ENPALS (v. punto 2.a1) dell’Allegato 2);

b)  nella misura di 51,22 milioni di euro, in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (ad integrazione) e delle gestioni artigiani ed esercenti attività commerciali (v. punto 2.a2) dell’Allegato 2);

c)  nella misura di 23,44 milioni di euro ai fini dell’adeguamento dei trasferimenti alla gestione ex-INPDAP (v. punto 2.a3) dell’Allegato 2);

d)  nello stesso Allegato 2, inoltre, viene previsto un trasferimento in misura complessivamente pari a 2.366,35 milioni di euro per il 2016, relativa alla quota-parte di mensilità delle pensioni erogate dal soppresso INPDAP e posta a carico dello Stato (v. punto 2.b2) dell’Allegato 2).

 

Pertanto, come previsto dal successivo comma 3, gli importi complessivamente dovuti dallo Stato per l’anno 2016, sempre come evidenziato dall’Allegato 2, per il FPLD, le gestioni dei lavoratori autonomi, la gestione speciale minatori e l’ENPALS sono determinati (v. punto 2.b1) dell’Allegato 2):

§  in 3,14 milioni di euro, per la gestione previdenziale speciale minatori (lettera a));

§  in 72,82 milioni di euro per il soppresso ENPALS (lettera b));

§  in 551,40 milioni per l’integrazione annuale degli oneri di pensione per i coltivatori diretti, i mezzadri e i coloni prima del 1° gennaio 1989 (lettera c)).

§   


 

Articolo 1, commi 4-6
(Eliminazione aumenti accise e IVA)

 

 

I commi da 4 a 6 – non modificati dal Senato - disattivano la clausola di salvaguardia introdotta dalla legge di stabilità 2014 e rinviano al 2017 gli aumenti predisposti dall’ulteriore clausola introdotta dalla legge di stabilità 2015.

Tale misura si pone in linea con quanto già preannunciato nel DEF 2015 e confermato in sede di Nota di aggiornamento, laddove si prevede la copertura della riduzione del gettito tramite tagli di spesa.

La Nota precisa, peraltro, che il percorso dei tagli sarà più graduale, al fine di mitigare gli impatti depressivi sul PIL.

Si ricorda che il comma 430 della legge di stabilità 2014 aveva disposto variazioni delle aliquote di imposta e riduzioni delle agevolazioni e detrazioni vigenti (cd. tax expenditures) – da definire con successivo DPCM – tali da assicurare maggiori entrate pari a 3 miliardi di euro per il 2015, 7 miliardi per il 2016 e 10 miliardi a decorrere dal 2017. Tali misure potevano non essere adottate in caso di interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica di pari importo.

Già la legge di stabilità 2015 (comma 208) aveva posticipato al 15 gennaio 2016 la data di emanazione del DPCM riducendo la previsione di maggiori entrate a 3,272 miliardi per il 2016 e 6,272 miliardi di euro a decorrere dal 2017.

Contestualmente, i commi 718 e 719 della legge di stabilità 2015 hanno introdotto una nuova clausola di salvaguardia a tutela dei saldi di finanza pubblica, volta ad incrementare le aliquote IVA ordinaria e ridotta rispettivamente di 2,5 e 2 punti percentuali (con effetti di maggior gettito stimati nella relazione tecnica in circa 12,8 miliardi nel 2016 e 19,2 miliardi nel 2017) e le accise su benzina e gasolio in misura tale da determinare maggiori entrate non inferiori a 700 milioni di euro a decorrere dal 2018. Anche tali aumenti possono essere sostituiti da provvedimenti che assicurino gli stessi effetti positivi attraverso maggiori entrate o risparmi di spesa mediante interventi di revisione della spesa pubblica.

 

Effetti finanziari a legislazione vigente

 

 

2016

2017

dal 2018

Variazioni aliquote e riduzioni agevolazioni e detrazioni fiscali (c. 430)

3.272

6.272

6.272

Aumento accisa carburanti (c.632)

728

728

728

Incremento aliquote IVA (c. 718)

12.814

19.221

21.965

- Incremento accise (c.718)

 

 

700

TOTALE CLAUSOLE

16.814

26.221

28.965

Effetti finanziari della nuova clausola

 

 

2016

2017

dal 2018

Variazioni aliquote e riduzioni agevolazioni e detrazioni fiscali (c. 430)

-

-

-

Aumento accisa carburanti (c.632)

-

-

-

Incremento aliquote IVA (c. 718)

-

15.133

19.571

- Incremento accise (c.718)

 

 

350

TOTALE CLAUSOLE

-

15.133

19.921

 

 

Il comma 4 provvede quindi all’abrogazione del predetto comma 430, eliminando i prospettati aumenti di 3,272 e 6,272 miliardi di euro (prima clausola di salvaguardia).

 

Il comma 5 interviene sulla seconda clausola di salvaguardia, sostanzialmente rinviando al 2017 gli aumenti già previsti per il 2016.

 

Viene a tal fine modificato il citato comma 718 della legge di stabilità 2015 in più punti:

§  con una prima modifica alla lettera a), l’aumento dell'aliquota IVA del 10 per cento di due punti percentuali a decorrere dal 1° gennaio 2016 è posticipato al 1 gennaio 2017; conseguentemente, a tale data l’aliquota sarà incrementata di tre punti percentuali, vale a dire dal 10 al 13 per cento;

§  con una modifica alla lettera b), l’aumento dell'aliquota IVA del 22 per cento di due punti percentuali a decorrere dal 1° gennaio 2016 è posticipato al 1° gennaio 2017 (cioè dal 22 al 24%), mentre l’aumento di un ulteriore punto percentuale dal 1° gennaio 2017 slitta al 1° gennaio 2018 (cioè dal 24 al 25%); è poi soppresso l’ulteriore aumento di 0,5 punti percentuali dal 1° gennaio 2018;

§  sono quindi ridotte della metà - da 700 a 350 milioni di euro - le maggiori entrate previste a decorrere dal 2018 mediante aumento dell’aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante, (lettera c)).

 

Il comma 6 disattiva l’ulteriore aumento di accisa previsto dal comma 632 della medesima legge di stabilità 2015, già posticipato al 2016 dal decreto-legge n. 153 del 2015, in corso di conversione (AS 2070).

 

Tale comma, come modificato dal decreto-legge n. 153 del 2015, disciplina la clausola di salvaguardia in caso di mancato rilascio delle autorizzazioni degli organismi europei alle misure di deroga in relazione all'estensione del reverse charge alla grande distribuzione ed all'introduzione dello split payment, stabilendo che alla copertura degli effetti finanziari negativi si provveda, per l'anno 2015, con le maggiori entrate derivanti dalla c.d. voluntary disclosure, in luogo dell'impiego delle entrate derivanti dall’aumento dell’accisa sui carburanti che slitta conseguentemente all'anno 2016.

Poiché l’autorizzazione è stata concessa - in via temporanea dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2017 – solo per lo split payment, l'importo da coprire è stato ridefinito in 728 mln di euro (in luogo dei previgenti 1.716 mln) e la nuova decorrenza dell'incremento, eventuale, delle accise sui carburanti posticipata a partire dall'anno 2016 (in luogo del 2015).

 

La norma in commento provvede quindi ad eliminare in via definitiva il predetto aumento.

 

 

La delega fiscale sulle tax expenditures

 

Si ricorda, infine, che in attuazione dell’articolo 4 della legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014) il Decreto Legislativo n. 160 del 2015, riguardante la stima dell'evasione fiscale e il riordino delle disposizioni in materia di erosione fiscale modifica la legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196) al fine di introdurre strumenti di monitoraggio delle spese fiscali (c.d. tax expenditures) e prevedere il coordinamento dei medesimi strumenti con le procedure di bilancio.

In primo luogo, la norma pone in capo al Governo la predisposizione di un programma annuale di riordino delle spese fiscali da attuare con la manovra di finanza pubblica, da presentare insieme alla Nota di aggiornamento del DEF. Le spese fiscali entrate in vigore da almeno cinque anni sono oggetto di specifiche proposte di eliminazione, riduzione, modifica o conferma.

Inoltre, allo stato di previsione dell'entrata è allegato un rapporto annuale sulle spese fiscali, (consuntivo), che elenca qualunque forma di esenzione, esclusione, riduzione dell'imponibile o dell'imposta ovvero regime di favore, derivante da disposizioni normative vigenti, con separata indicazione di quelle introdotte nell'anno precedente e nei primi sei mesi dell'anno in corso.

Tale rapporto sostituisce gli attuali allegati A e B alla nota integrativa della Tabella 1 (Stato di previsione delle entrate del disegno di legge di bilancio).

Si stabilisce, poi, che il Governo presenti annualmente, contestualmente alla Nota di aggiornamento al Def, un rapporto al Parlamento contenente i risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, ivi distinguendosi tra imposte accertate e riscosse, nonché tra le diverse tipologie di avvio delle procedure di accertamento. Il documento contiene inoltre l'illustrazione dei risultati del recupero di somme dichiarate e non versate, e degli effetti della correzione di errori nella liquidazione sulla base delle dichiarazioni.

 

 

Si rileva che l’ammontare complessivo degli effetti dei 296 regimi agevolativi (cd. tax expenditures) indicato nell’allegato A alla nota integrativa della Tabella 1 del disegno di legge di bilancio 2016 (Stato di previsione delle entrate) è pari a:

§  175.102,7 milioni per il 2016 (+15.199,10 rispetto al ddl di bilancio 2015);

§  175.689,6 milioni per il 2017 (+14.616,40 rispetto al ddl di bilancio 2015);

§  176.257,8 milioni per il 2018.

 

L’allegato B indica un ammontare degli effetti delle 11 agevolazioni introdotte da ottobre 2014 a settembre 2015 pari a:

§  634,2 milioni per il 2016;

§  1.288,4 milioni per il 2017;

§  1.240 milioni per il 2018.

Tali importi sono comunque contabilizzati anche nell’allegato A.

 

Rispetto a quanto riportato nell’allegato A inserito nella nota integrativa dello stato di previsione delle entrate per l’anno finanziario 2015, il numero delle disposizioni recanti esenzioni o riduzioni del prelievo obbligatorio, nel complesso, è aumentato attestandosi a 296 misure. Tale variazione è dovuta all’introduzione nell’esercizio di nuove disposizioni (allegato B).

 

 

Le maggiori entrate rivenienti dal contrasto all'evasione fiscale e dalla progressiva limitazione dell'erosione fiscale sono attribuite al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

 

Si segnala, infine, che l’articolo 33, comma 7 del disegno di legge in commento (alla cui scheda di lettura si rinvia) riduce l'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per la riduzione della pressione fiscale dei seguenti importi:

§  666, 6 milioni di euro per il 2016;

§  413,4 milioni di euro per il 2017;

§  410,9 milioni di euro per il 2018;

§  387,9 milioni di euro a decorrere dal 2019.

 


 

Articolo 1, comma 7
(Personale dell’amministrazione finanziaria)

 

 

Il comma 7, introdotto nel corso dell’esame al Senato, riconosce ai dipendenti dell'amministrazione economico-finanziaria (incluse le agenzie fiscali) ai quali siano state affidate le mansioni della Terza Area del CCNL di comparto a seguito di un concorso interno (e retrocessi alla Seconda Area a seguito di una sentenza del TAR del Lazio) sia il relativo trattamento economico (a titolo individuale e in via provvisoria) sia lo svolgimento delle funzioni espletate.

 

In particolare, la norma, “al fine di evitare un pregiudizio alla continuità dell'azione amministrativa”, conferma, per via legislativa e sino ad una specifica disciplina contrattuale, ai dipendenti dell'amministrazione economico-finanziaria (incluse le agenzie fiscali) ai quali siano state affidate le mansioni della terza area (in relazione ai contratti individuali di lavoro a tempo indeterminato stipulato in esito al superamento di concorsi banditi in applicazione del C.C.N.L. di comparto quadriennio 1998-2001), lo svolgimento delle funzioni espletate, con conferma del relativo trattamento economico (comunque a titolo individuale e in via provvisoria). Tale riconoscimento opera, ad ogni modo, nei limiti delle facoltà assunzionali a tempo indeterminato e delle vacanze di organico previste per le strutture interessate.

In sostanza la norma avrebbe lo scopo di risolvere il caso dei circa 700 funzionari dell’Agenzia delle Entrate che, vincitori del concorso interno bandito il 26 luglio del 2001, appartenenti alla ex posizione economica B3 (attuale F3 della Seconda Area) ed inquadrati il 1° febbraio del 2007 in soprannumero nell’ex posizione C1 (attuale F1 della Terza Area), sono stati retrocessi dalla terza alla seconda area (e inquadrati nella stessa posizione economica che ricoprivano nel 2007) in seguito alla sentenza del TAR del Lazio n. 12321/2008.

 

In base a tale sentenza, alcuni funzionari, vincitori del richiamato concorso interno sono stati retrocessi nella seconda area ed inquadrati nella stessa posizione economica che ricoprivano nel 2007. Questi funzionari, che nella graduatoria di merito avevano un punteggio inferiore ad alcuni B2 e B1, erano stati considerati vincitori secondo il principio affermato in sede giurisprudenziale a seguito di due sentenze della Corte Costituzionale espresse contro le riqualificazioni previste dalla L.549/1995, che vietavano la possibilità del cd. "doppio salto" (cioè una qualificazione superiore per più di una posizione o livello, sentenze n. 1/1999 e n. 194/2002). Tra l’altro, i richiamati funzionari essendo già inquadrati in terza area, non hanno potuto partecipare all'ultimo concorso bandito nel 2010, nonostante la loro posizione fosse sub judice. Si ricorda, infatti, che l’articolo 24 del D.Lgs. 150/2009 non permette più alle P.A. di bandire concorsi interni, ma autorizza solamente concorsi con una riserva non superiore al 50% a favore del personale interno.

Si ricorda, inoltre, che in risposta all’interrogazione a risposta immediata in VI Commissione Finanze della Camera dei deputati 5-06330 (Sottanelli, Galgano) il 10 settembre 2015, su quali iniziative intendesse adottare il Governo per risolvere la questione in oggetto, è stato evidenziato che l'Agenzia delle Entrate, allo scopo di assicurare continuità all'azione amministrativa, si è fatta più volte promotrice di norme di legge che consentissero di sanare la situazione. In sintesi, riporta la risposta, le norme proposte prevedevano che agli interessati («dipendenti dell'amministrazione economico-finanziaria cui sono state affidate le mansioni della terza area sulla base di contratti individuali stipulati in esito al superamento di concorsi banditi in applicazione del CCNL di comparto del quadriennio contrattuale 1998-2001) venisse attribuito il relativo inquadramento giuridico e il corrispondente trattamento economico, tenendo conto delle mansioni effettivamente svolte e della professionalità conseguita, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della norma. In questa direzione, era stata proposta una modifica nel corso della conversione del D.L. 126/2013 (articolo 1, comma 8-bis) ma il decreto decadde, e la norma venne successivamente ripresentata. Peraltro, la stessa Agenzia ha sottolineato come in passato (articolo 1, comma 4, del D.L. 209/2002, concernente alcuni atti di riqualificazione del personale del Ministero delle finanze, sui cui si era pronunciata la Corte costituzionale con la sentenza 194/2002) in analoga fattispecie la legge avesse stabilito che al personale interessato continuasse ad essere corrisposto, a titolo individuale ed in via provvisoria, sino ad una specifica disciplina contrattuale, il trattamento economico in godimento.

Si ricorda, infine, che la specifica disciplina contrattuale si è concretizzata nell'articolo 102, comma 3, del CCNL del comparto agenzie fiscali, che di fatto ha sanato la situazione del personale interessato prevedendone la conferma nella nuova posizione. Successivamente, ad aprile 2015 l'Agenzia ha sottoscritto un verbale d'intesa con le OO.SS., nel quale si ipotizza un'interpretazione autentica del predetto articolo 102 che consenta di estenderne l'applicazione al caso dei B3 retrocessi. Il richiamato verbale è stato sottoposto al Dipartimento della funzione pubblica, per i necessari approfondimenti tecnici e le conseguenti valutazioni.


 

Articolo 1, commi 8-24 e 28-30
(
Tassazione immobiliare)

 

 

I commi 8-24 e 28-30 apportano sostanziali modifiche all’assetto della tassazione immobiliare e, per effetto delle modifiche apportate al Senato, anche al regime fiscale delle imposte sui trasferimenti immobiliari.

Con un primo gruppo di norme (commi 9-11) si provvede al complessivo riassetto delle agevolazioni per i terreni agricoli, a tal fine esentando da IMU:

§  i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, come individuati ex lege;

§  i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione;

§  i terreni agricoli ubicati nei comuni delle isole minori indipendentemente, dunque, dal possesso e dalla conduzione da parte di specifici soggetti;

§  i terreni agricoli con specifica destinazione, ossia con immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, dunque indipendentemente in tal caso da ubicazione e possesso.

Si elimina la TASI sull’abitazione principale (ad eccezione degli immobili di pregio, commi 12 e 14), anche nell’ipotesi in cui è il detentore a destinare l’immobile ad abitazione principale. Si dispone un’aliquota ridotta per gli immobili-merce. Si estende l’esenzione per la prima casa all’imposta sugli immobili all’estero – IVIE. Le modifiche apportate al Senato hanno precisato che il rinvio alle definizioni di imposta municipale propria è effettuato con riferimento alle norme del decreto-legge n. 201 del 2011 che definiscono l’abitazione principale a fini IMU.

I commi 15 e 16 recano le misure compensative del minor gettito IMU e TASI conseguente dall'attuazione del nuovo sistema di esenzione per le abitazioni principali e sui terreni agricoli, prevedendo per i comuni delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna un incremento del Fondo di solidarietà comunale (comma 15) e per i comuni delle regioni a statuto speciale cui la legge attribuisce competenza in materia di finanza locale (Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta) un minor accantonamento sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali (comma 16).

Viene, inoltre, attribuito ai comuni un contributo di 390 milioni di euro per il 2016, in conseguenza delle norme di fiscalità immobiliare relative ai limiti massimi posti delle aliquote d’imposta (comma 17).

I commi 18-21 escludono i macchinari funzionali al processo produttivo (ivi compresi i cd. imbullonati) della rendita catastale e, quindi, dalle imposte immobiliari.

È abrogata l’Imposta Municipale Secondaria - IMUS (comma 22).

Limitatamente all’anno 2016, si blocca la possibilità di deliberare aumenti dei tributi e delle addizionali regionali e comunali (comma 23), mentre per gli immobili non esentati i comuni possono maggiorare l’aliquota TASI dello 0,8 per mille (comma 24). Per effetto delle modifiche apportate al Senato, sono fatte salve le deliberazioni relative a regolamenti, aliquote e tariffe di tributi adottate dai comuni entro il 30 settembre 2015, per le quali siano state espletate le procedure relative alle pubblicazioni previste dalla legislazione vigente.

 

Nel corso dell’esame al Senato sono state introdotte le seguenti, ulteriori disposizioni:

§  si dispone l’esenzione IMU per gli immobili concessi in comodato d’uso a parenti in linea retta di primo grado (genitori o figli), sostituendo con l’esenzione ex lege la vigente facoltà dei comuni con riferimento a tali immobili, al contempo rendendone più stringenti le condizioni; sono esentati da IMU anche gli immobili concessi in comodato a parenti disabili entro il secondo grado, in linea retta o collaterale (comma 8, lettera a));

§  si estende il principio di sostituzione imposte immobiliari / IRPEF anche con riferimento alle imposte immobiliari istituite dalle province autonome, con efficacia dal 2014. Anche tali imposte immobiliari sostituiscono, per la componente immobiliare, l’IRPEF e le addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati fatto salvo il parziale assoggettamento a IRPEF del reddito di immobili non locati, siti nello stesso comune dell’abitazione principale (comma 10);

§  si esentano da IMU le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in deroga al requisito della residenza anagrafica (comma 13);

§  è introdotta una riduzione del 25 per cento dell’IMU e della TASI dovute sulle unità immobiliari locate a canone concordato (commi 28 e 29);

§  si consente di usufruire dell'imposta di registro con aliquota agevolata al 2 per cento, prevista per l'acquisto dell’abitazione principale, anche a chi al momento del rogito possiede già un immobile, purché lo alieni entro un anno dalla data dell'atto (comma 30).

Modifiche alla disciplina IMU per i terreni agricoli (comma 8, lettere c) e d) e comma 11)

Il primo gruppo di norme in esame interviene sulla disciplina dell’IMU sui terreni agricoli, contenuta nell’articolo 13 del decreto-legge. n. 201 del 2011 e nel decreto legislativo n. 23 del 2011, al fine di ampliare il perimetro delle esenzioni.

Per effetto delle norme in esame sono esentati da IMU (comma 11):

§  i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, come individuati ex lege;

§  i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione;

§  i terreni agricoli ubicati nei comuni delle isole minori indipendentemente, dunque, dal possesso e dalla conduzione da parte di specifici soggetti;

§  i terreni agricoli con specifica destinazione, ossia con immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, dunque indipendentemente in tal caso da ubicazione e possesso.

 

Più in dettaglio, il comma 11 ridisegna il perimetro dell’esenzione IMU - prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 - per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, chiarendo che l’esenzione si applica sulla base dei criteri individuati dalla circolare n. 9 del 14 giugno 1993, pubblicata nel supplemento ordinario n. 53 della Gazzetta Ufficiale n. 141 del 18 giugno 1993.

Detta circolare reca l’individuazione dei comuni cd. montani o collinari, in cui opera l’esenzione IMU (originariamente, a fini ICI) in favore dei terreni agricoli.

Dal 2016 essi sono esenti da imposta in virtù della loro ubicazione in un comune classificato montano o collinare. La richiamata circolare chiarisce che, ove accanto all'indicazione del comune non sia riportata alcuna annotazione, l'esenzione opera sull'intero territorio comunale. Ove sia riportata l'annotazione “parzialmente delimitato”, con la sigla "PD', l'esenzione opera limitatamente ad una parte del territorio comunale.

Oltre a tali esenzioni, valevoli per i terreni agricoli ricadenti in specifiche aree, il comma 11 esenta da IMU gli altri terreni agricoli in virtù di ulteriori caratteristiche:

a)     se posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione;

b)     ubicati nei comuni delle isole minori (di cui all'allegato A della legge 28 dicembre 2001, n. 448) indipendentemente, dunque, dal possesso e dalla conduzione da parte di specifici soggetti;

c)     a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, indipendentemente in tal caso da ubicazione e possesso.

 

Attualmente, ai sensi del decreto-legge n. 4 del 2015, l'esenzione si applica:

a)  ai terreni agricoli nonché a quelli incolti ubicati nei comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani Istat;

b)  ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati ubicati nei comuni delle isole minori (articolo 25, comma 7, allegato A, della legge n. 448 del 2001);

c)  ai terreni agricoli nonché a quelli incolti posseduti e condotti – anche in comodato ed in affitto - dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei comuni classificati parzialmente montani ai sensi del citato elenco Istat.

A decorrere dall'anno 2015, per i terreni ubicati nei comuni della cd. collina svantaggiata, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, spetta una detrazione di 200 euro. Inoltre, sono esenti i terreni a immutabile destinazione agro silvo pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che non ricadono in zone montane o di collina, come definite dalla disciplina secondaria (D.M. 28 novembre 2014).

I terreni agricoli sono inoltre esenti dalla TASI (decreto-legge n. 16 del 2014).

 

Si fa notare che la norma in oggetto determina la conseguente imponibilità ai fini IRPEF dei redditi dominicali relativi ai terreni agricoli precedentemente soggetti all’IMU.

Infatti, in base agli articoli 8, comma 1, e 9, comma 9, del decreto legislativo n. 23 del 2011, l’IMU sostituisce l’IRPEF e le relative addizionali in relazione al reddito fondiario dei fabbricati non locati e dei terreni non affittati, per la componente dominicale (cosiddetto effetto di sostituzione IMU/IRPEF; si vedano la circolare 11/E del 21 maggio 2014, la circolare n. 3/DF del 2012 e la circolare n. 5/E del 2013).

 

Si segnala al riguardo che il comma 517 del provvedimento in commento - modificando l’articolo 1, comma 512, della legge n. 228/2012 - fissa nel 30 per cento, in luogo dell'attuale 7 per cento, la rivalutazione dei redditi dominicale e agrario a decorrere dal periodo di imposta 2016. Da tale rivalutazione sono esclusi i terreni agricoli e quelli non coltivati posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti alla previdenza agricola.

 

In conseguenza delle modifiche al panorama delle esenzioni IMU, la lettera b) del comma 8 in commento abroga la misura ridotta del moltiplicatore (75) – necessario per determinare la base imponibile IMU – applicabile ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola (secondo periodo dell’articolo 13, comma 5 del decreto-legge n. 201 del 2011). La lettera c) elimina la franchigia per l’applicazione dell’IMU ai terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola (abrogando il comma 8-bis dell’articolo 13).

 

Si ricorda che le norme vigenti, a fini IMU, qualificano come non fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola; il valore dell'immobile è calcolato applicando al reddito dominicale, rivalutato (del 25 per cento), un moltiplicatore pari a 75 dal 1° gennaio 2014 (articolo 1, comma 707 della legge di stabilità 2014). L'aliquota IMU per i terreni agricoli è quella ordinaria dello 0,76 per cento. I comuni possono aumentarla o diminuirla sino a 0,3 punti percentuali.

È prevista una franchigia per i terreni agricoli di valore pari o inferiore a 6000 euro, in presenza delle condizioni di legge (possesso e conduzione da parte di coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali); oltre il predetto importo l'applicazione dell'IMU avviene per scaglioni.

 

Dal 2016 è abrogata inoltre:

§  la normativa specifica disposta dal decreto-legge n. 4 del 2015 (articolo 1, commi da 1 a 6) in tema di esenzioni IMU per i terreni agricoli ubicati in aree montane, nonché la disciplina delle variazioni compensative di risorse per i comuni (commi 7-9), conseguenti dall'attuazione del suddetto sistema di esenzioni IMU introdotto dal decreto-legge medesimo;

§  la disposizione di cui all’articolo 1, comma 9-bis del richiamato decreto-legge, che attribuiva risorse ai comuni, a decorrere dall'anno 2015, per assicurare a tali enti il ristoro del minor gettito dell'IMU derivante dall’applicazione della detrazione per i cd. terreni di collina svantaggiata, di cui all’articolo 1 comma 1-bis del menzionato decreto-legge.

Esenzione IMU immobili dati in comodato a figli o genitori (comma 8, lettera a))

La lettera a), inserita al Senato, esenta da IMU gli immobili concessi in comodato d’uso a:

§  parenti in linea retta di primo grado (genitori o figli) a specifiche condizioni, sostituendo così con l’esenzione ex lege l’analoga, vigente facoltà concessa ai comuni;

§  parenti disabili entro il secondo grado, in linea retta o collaterale.

 

A tal fine è modificato il comma 2 dell’articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, che tra l’altro disciplina le esenzioni IMU per gli immobili assimilati all’abitazione principale.

In primo luogo, viene espunta dal comma 2 la vigente norma, che concede ai comuni la facoltà di considerare direttamente adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare concessa in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che la utilizzano come abitazione principale, prevedendo che l'agevolazione operi o limitatamente alla quota di rendita risultante in catasto non eccedente il valore di euro 500, oppure nel solo caso in cui il comodatario appartenga a un nucleo familiare con ISEE non superiore a 15.000 euro annui.

Contestualmente, si introduce (nuova lettera d-bis) del comma 2 dell’articolo 13) una esenzione ex lege per le unità immobiliari – purché non classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, ossia quelle “di lusso” – date in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado, alle seguenti e concomitanti condizioni:

§  che il comodatario la destini ad abitazione principale e che non possieda un altro immobile ad uso abitativo in Italia;

§  che il contratto sia registrato;

§  che il comodante abbia adibito, nel 2015, lo stesso immobile come abitazione principale e che non possieda un altro immobile ad uso abitativo in Italia.

Per l'applicazione dell'esenzione, il soggetto passivo deve attestare il possesso dei requisiti nella dichiarazione IMU (di cui all'articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23).

 

Sebbene le norme in esame sostituiscano una facoltà dei comuni con l’esenzione IMU ex lege per gli immobili concessi in comodato a figli o genitori, le condizioni poste dalle nuove norme appaiono più stringenti di quanto previsto a legislazione vigente e, dunque, sembrano ridurre la platea dei potenziali destinatari dell’agevolazione.

Tra le condizioni poste vi è la necessità che il comodante abbia adibito l’immobile ad abitazione principale nel 2015 escludendo, dunque, tale agevolazione ove l’assegnazione in comodato ai soggetti aventi gli altri requisiti di legge sia avvenuta in periodi precedenti e permanga al momento di entrata in vigore della norma in esame.

 

La stessa lettera d-bis) esenta da IMU l’immobile concesso in comodato d’uso a parenti entro il secondo grado, in linea retta o collaterale, purché disabili.

Esenzione IMU immobili cooperative edilizie per studenti universitari soci (comma 13)

Il comma 13, inserito al Senato, esenta da IMU le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in deroga al richiesto requisito della residenza anagrafica.

Più in dettaglio, viene aggiunto un periodo al già menzionato articolo 13, comma 2, lettera a) del decreto-legge n. 201 del 2011, che esenta da IMU le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari. Per effetto delle modifiche in esame, l’esenzione è estesa alla suddetta tipologia di cooperativa edilizia, anche se i soci non vi hanno trasferito la residenza anagrafica.

Modifiche ai termini per l’invio delle delibere comunali IMU (comma 8, lettera d))

La lettera d) del comma 8 apporta modifiche all’articolo 13, comma 13-bis del decreto-legge n. 201 del 2011, norma che - tra l’altro - fissa i termini per l’invio al MEF da parte dei comuni delle delibere su aliquote e detrazioni IMU, nonché dei regolamenti locali dell’imposta stessa. In particolare, con le norme in esame detta scadenza è anticipata dal 21 al 14 ottobre di ciascun anno e viene precisato che tale termine è perentorio.

Si rammenta che l’invio tempestivo delle informazioni influisce sul versamento della seconda rata IMU da parte dei soggetti passivi d’imposta: il mancato invio comporta l’applicazione delle norme dell’anno precedente.

Il versamento della seconda rata è infatti effettuato sulla base degli atti pubblicati nel sito del MEF alla data del 28 ottobre di ciascun anno di imposta; a tale scopo le norme fissano al 21 ottobre il termine per l’invio di regolamenti e delibere, che le modifiche in esame anticipano al 14 ottobre.

Riserva di disciplina in favore delle province autonome (comma 9)

Il comma 9 elimina la riserva di disciplina disposta a favore delle province autonome di Trento e di Bolzano, abrogando a tal fine l’ultimo periodo del comma 8 dell’articolo 9 del D.Lgs. n. 23 del 2011 (cd. federalismo fiscale municipale, nel quale è stata originariamente disciplinata l’IMU e che reca tuttora parte della normativa vigente).

Si ricorda che il comma 1-bis dell'articolo 80 del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (DPR 31 agosto 1972, n. 670) dispone che, nel caso di tributi locali istituiti con legge dello Stato, la legge provinciale può consentire agli enti locali di modificare le aliquote e di introdurre esenzioni, detrazioni o deduzioni nei limiti delle aliquote superiori definite dalla normativa statale e può prevedere, anche in deroga alla disciplina statale, modalità di riscossione.

Imposte immobiliari delle province autonome: effetto di sostituzione IRPEF(comma 10)

Il comma 10, introdotto al Senato, prevede che il principio di sostituzione imposte immobiliari / IRPEF esplichi i propri effetti anche con riferimento alle imposte immobiliari istituite dalle province autonome nell’ambito della relativa autonomia, con efficacia dal 2014.

Di conseguenza, con le modifiche in esame anche le imposte immobiliari delle province autonome sostituiscono, per la componente immobiliare, l’IRPEF e le addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati (nonché l’ICI, di fatto non più applicabile), fatto salvo il parziale assoggettamento a IRPEF del reddito di immobili non locati siti nello stesso comune dell’abitazione principale.

 

Più in dettaglio, le norme in commento estendono all’IMI e all’IMIS (istituite rispettivamente dalla provincia di Bolzano e dalla provincia di Trento) gli effetti dell’articolo 8, comma 1 del decreto legislativo n. 23 del 2011 in tema di federalismo municipale, in forza del quale l'IMU sostituisce, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, nonché l'imposta comunale sugli immobili. Viene fatto salvo quanto disposto all’articolo 9, comma 9, terzo periodo, che assoggetta a IRPEF per il 50 per cento il reddito degli immobili ad uso abitativo, non locati, situati nello stesso comune nel quale si trova l'immobile adibito ad abitazione principale, assoggettati all'imposta municipale propria.

La norma si applica retroattivamente, cioè a decorrere dal periodo d’imposta 2014.

 

Per quanto riguarda IMI e IMIS si ricorda brevemente quanto segue:

-          la Provincia autonoma di Bolzano ha istituito e disciplinato l'imposta municipale immobiliare (IMI) con la legge provinciale 23 aprile 2014, n. 3, nell'ambito della competenza legislativa in materia di finanza locale, attribuita alle Province autonome dall'articolo 80 dello statuto (D.P.R. n. 670/1972). L'imposta, nel territorio della Provincia, sostituisce integralmente le imposte comunali immobiliari istituite con leggi statali, anche relative alla copertura dei servizi indivisibili; Per effetto del comma 508 della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), è stata estesa anche all’IMI la norma che ne consente la deducibilità dalle imposte sui redditi con riferimento agli immobili produttivi dal reddito d’impresa. Il decreto-legge n. 4 del 2015 ha disposto che tale parziale deducibilità sia applicabile già a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014;

-          la Provincia autonoma di Trento ha istituito l’IMIS, Imposta Municipale Immobiliare Semplice, con gli articoli 1-14 della legge finanziaria provinciale per il 2015 (legge n. 14 del 2014), nell'ambito della competenza legislativa in materia di finanza locale, attribuita alle Province autonome dall'articolo 80 dello Statuto (D.P.R. n. 670/1972). Il richiamato decreto-legge n. 4 del 2015 ha esteso anche all’IMIS la richiamata norma sulla parziale deducibilità dell’imposta dal reddito di impresa, con riferimento agli immobili produttivi

Riduzione di IMU e TASI su immobili locati a canone concordato (commi 28 e 29)

I commi 28 e 29, inseriti al Senato, prevedono una riduzione del 25 per cento di IMU e TASI per le unità immobiliari locate a canone concordato.

Più in dettaglio il comma 28, inserendo il comma 6-bis all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, chiarisce che per gli immobili locati a canone concordato (di cui alla legge 9 dicembre 1998, n. 431), l'imposta, determinata applicando l'aliquota stabilita dal comune ai sensi del comma 6, è ridotta al 75 pe cento.

Si ricorda che il richiamato comma 6 fissa l’aliquota di base IMU (0,76 per cento) che è manovrabile dai Comuni con delibera (“forchetta” dello 0,3 per cento).

 

Il comma 29 prevede un’analoga misura di imposta ridotta con riferimento, però, alla TASI (per dettagli su tale imposta si veda il paragrafo successivo) e dunque modificando la disciplina istitutiva del tributo (legge di stabilità 2015, legge n. 147 del 2013). In particolare si aggiunge alla fine del comma 678 un nuovo periodo, ai sensi del quale – analogamente a quanto visto sopra – per gli immobili locati a canone concordato l'imposta, determinata applicando l'aliquota stabilita dal comune è ridotta al 75 per cento.

In proposito si segnala che il comma 678 si occupa del regime TASI per i fabbricati rurali strumentali; la disciplina dell’aliquota TASI è contenuta nel comma 676 della legge di stabilità 2014, cui sarebbe più opportuno riferire la norma in esame.

Modifiche alla TASI: l’abitazione principale (comma 12, lettere a), b) e d))

Il comma 12 reca modifiche alla TASI, istituita dalla legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013).

In particolare le lettere a) e b) intendono eliminare l’applicazione della TASI all’abitazione principale (ad eccezione degli immobili di pregio, su cui la tassazione permane) sia nel caso in cui l’unità immobiliare è adibita ad abitazione principale dal possessore, sia nell’ipotesi in cui è il detentore a destinare l’immobile detenuto ad abitazione principale.

 

Si rammenta brevemente che la legge di stabilità 2014 (L. 147/2013, commi 639 e seguenti) ha istituito l'Imposta Unica Comunale (IUC), che si basa su due presupposti impositivi, l'imposta municipale propria (IMU), di natura patrimoniale dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali; l'altro collegato alla fruizione di servizi comunali ed a sua volta articolato nel tributo per i servizi indivisibili (TASI), a carico sia del possessore che dell'utilizzatore dell'immobile, e nella tassa sui rifiuti (TARI), destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell'utilizzatore.

Per quanto riguarda la TASI, soggetto passivo è il possessore o il detentore dell'immobile; la base imponibile è il valore dell'immobile rilevante a fini IMU. La TASI ha un'aliquota base dell'1 per mille, che può essere manovrata dai Comuni.

Ove l'unità immobiliare sia occupata da un soggetto diverso dal titolare del diritto reale sull'unità immobiliare, quest'ultimo e l'occupante sono titolari di un'autonoma obbligazione tributaria. L'occupante versa la TASI nella misura, stabilita dal comune con regolamento, compresa fra il 10 e il 30 per cento dell'ammontare complessivo della TASI, mentre la restante parte è corrisposta dal titolare del diritto reale sull'unità immobiliare.

Per effetto del decreto-legge n. 16 del2014, i comuni possono elevare l'aliquota massima TASI di un ulteriore 0,8 per mille rispetto al limite di legge (2,5, fissato dalla legge di stabilità 2014). Di conseguenza, l’aliquota massima per la TASI sull'abitazione principale nel 2014 e 2015 è stata fissata in misura pari al 3,3 per mille (articolo 1, comma 679 della legge n. 190 del 2014, legge di stabilità 2015).

 

Più in dettaglio, la lettera a), modificando il comma 639 della legge n. 147 del 2013, esenta da TASI le unità immobiliari destinate ad abitazione principale dal possessore nonché dall’utilizzatore e dal suo nucleo familiare.

Restano assoggettate a TASI (che si aggiunge all’IMU) le unità immobiliari destinate ad abitazione principale dal possessore e dall’utilizzatore e dal suo nucleo familiare classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, ossia gli immobili di lusso, le ville ed i castelli.

La lettera b) modifica di conseguenza il presupposto dell’imposta, chiarendo che esso è il possesso o la detenzione, a qualsiasi titolo, di fabbricati e di aree fabbricabili, (comma 669) ad eccezione dei terreni agricoli e dell’abitazione principale, come definiti ai sensi dell'imposta municipale propria e fatta eccezione per gli immobili di lusso sopra menzionati.

Per effetto delle modifiche apportate al Senato, è stato precisato che il rinvio alle definizioni di imposta municipale propria è effettuato con riferimento a quanto previsto dall’articolo 13, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011, che– come si è visto in precedenza – è modificato dal provvedimento in commento.

 

In sintesi il richiamato comma 2, oltre a recare una stringente definizione di abitazione principale del contribuente e ad individuare i conduttori dei terreni agricoli qualificati ad usufruire delle agevolazioni di legge, prevede specifiche assimilazioni all’abitazione principale: alcune possono essere deliberate dai comuni (come quella per l’immobile di anziani o disabili residenti in istituti di ricovero o sanitari) ed altre sono previste ex lege. Tra l’altro, dal 2015 è considerata direttamente adibita ad abitazione principale una ed una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata o data in comodato d'uso. Inoltre, il comma 2 dispone esplicitamente che l'imposta municipale propria non si applica ad alcune specifiche ipotesi (immobili dei soci di cooperative, agli alloggi sociali, alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio; immobili del personale di Forze armate, Forze di polizia, Vigili del fuoco e carriera prefettizia).

 

La lettera d) (aggiungendo due periodi alla fine del comma 681), dispone che, nel caso in cui il detentore dell’immobile lo adibisca ad abitazione principale, escluse le categorie catastali A/1, A/8 e A/9, il versamento della TASI è effettuato in una percentuale stabilita dal comune nel regolamento relativo all’anno 2015. Ove il comune non abbia inviato tempestivamente la delibera, ovvero nel caso di mancata determinazione della predetta percentuale, la quota a carico del possessore è pari al 90 per cento dell'ammontare complessivo del tributo.

Modifiche alla TASI: gli immobili merce (comma 12, lettera c))

La lettera c) del comma 12 reca agevolazioni TASI per i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita; aggiungendo un periodo al comma 678 si chiarisce che detti immobili (cd. beni-merce), fintantoché permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, pagano la TASI con aliquota ridotta allo 0,1 per cento; i comuni possono modificare la suddetta aliquota, in aumento, sino allo 0,25 per cento o, in diminuzione, fino all’azzeramento.

Si rammenta che tale agevolazione si aggiunge all’esenzione completa da IMU disposta dal D.L. 102/2013, alle medesime condizioni (permanenza della destinazione alla vendita e mancata locazione; articolo 13, comma 9-bis del D.L. n. 201 del 2011).

Modifiche alla TASI: termini per l’invio delle delibere comunali TASI (comma 12, lettera e))

La lettera e) del comma 12, analogamente a quanto previsto per l’IMU (comma 8, lettera e)), con una modifica al comma 688 anticipa dal 21 al 14 ottobre di ciascun anno il termine per l’invio tempestivo, da parte di ciascun comune, delle delibere relative alla TASI (regolamento, aliquote e detrazioni) mediante l’inserimento, per via telematica, nel Portale del federalismo fiscale ai fini della pubblicazione sul sito del MEF.

Ai sensi del comma 688, analogamente a quanto previsto per l’IMU dal decreto-legge n. 201 del 2011, il versamento della prima rata della TASI è eseguito sulla base dell'aliquota e delle detrazioni dei dodici mesi dell'anno precedente, mentre il versamento della rata a saldo dell'imposta dovuta per l'intero anno è eseguito, a conguaglio, sulla base degli atti pubblicati nell’apposito sito informatico (di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360) alla data del 28 ottobre di ciascun anno di imposta; a tal fine il comune è tenuto ad effettuare l'invio tempestivo delle delibere entro il 21 ottobre dello stesso anno (termine anticipato al 14 ottobre dalle norme in esame), mediante inserimento del testo degli stessi nell'apposita sezione del Portale del federalismo fiscale. In caso di mancata pubblicazione entro il termine del 28 ottobre, si applicano gli atti adottati per l'anno precedente.

TASI: maggiorazione dell’aliquota da parte dei comuni per il 2016 (comma 24)

Il comma 24 mantiene ferma per l’anno 2016, limitatamente agli immobili non esentati ai sensi del presente articolo (tra cui le abitazioni principali “di lusso”), la possibilità per i comuni di maggiorare l’aliquota TASI dello 0,8 per mille, ove tale maggiorazione sia stata deliberata entro il 30 settembre 2015, per l’anno 2015, nel rispetto delle condizioni previste dalla legge (comma 677 della legge di Stabilità 2014).

 

Il comma 677 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (come modificato nel tempo) consente al comune di determinare l'aliquota TASI rispettando in ogni caso il vincolo in base al quale la somma delle aliquote della TASI e dell'IMU per ciascuna tipologia di immobile non sia superiore all'aliquota massima consentita dalla legge statale per l'IMU al 31 dicembre 2013, fissata al 10,6 per mille e ad altre minori aliquote, in relazione alle diverse tipologie di immobile. Inoltre lo stesso comma aveva fissato per il 2014 ed il 2015 il livello massimo di imposizione della TASI al 2,5 per mille.

Nel 2014 e nel 2015 i comuni sono stati autorizzati a superare i limiti di legge relativi alle aliquote massime di TASI e IMU, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille, a specifiche condizioni, ovvero a patto di finanziare detrazioni d'imposta sulle abitazioni principali che generino effetti equivalenti alle detrazioni IMU.

Con le norme in commento, tale possibilità di maggiorazione è confermata anche per l’anno 2016.

Per effetto delle modifiche apportate al Senato si precisa che, con riferimento al 2015, sono valide le deliberazioni relative a regolamenti, aliquote e tariffe di tributi adottate dai comuni entro il 30 settembre 2015, ove siano state correttamente e compiutamente espletate le procedure di pubblicazione previste dalla legge.

Tale disposizione è in esplicita deroga alle disposizioni generali (all'articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296) sulle delibere di tariffe e aliquote relative ai tributi di competenza degli enti locali, che deve avvenire entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione.

La legge prevede infatti che se le deliberazioni sono approvate successivamente all'inizio dell'esercizio - purché entro il termine innanzi indicato - hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno di riferimento. In caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno.

Modifiche alle agevolazioni IVIE – imposta sugli immobili all’estero (comma 14)

Il comma 14 apporta modifiche alla disciplina dell’IVIE, ossia dell’imposta sugli immobili all’estero, istituita e disciplinata dall’articolo 19 del richiamato decreto-legge n. 201 del 2011, disponendo anche in tal caso l’esenzione della prima casa dei contribuenti.

 

In breve, l'articolo 19 del decreto-legge n. 201 del 2011 ha istituito l'imposta sul valore degli immobili situati all'estero a decorrere dal 2011. Essa è dovuta dal proprietario dell'immobile ovvero dal titolare di altro diritto reale sullo stesso; l'aliquota è fissata (analogamente all'aliquota di base IMU) nella misura dello 0,76 per cento del valore dell'immobile, ma l'imposta non è dovuta se l'importo non supera 200 euro. La base imponibile è costituita dal costo risultante dall'atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, secondo il valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l'immobile. Per gli immobili situati in Paesi appartenenti alla Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, il valore è quello utilizzato nel Paese estero per l'assolvimento di imposte sul patrimonio o sui trasferimenti o, in mancanza, quello come precedentemente individuato.

E' disposta una riduzione dell'imposta (dallo 0,76 per cento allo 0,4 per cento del valore degli immobili) per l'immobile adibito, all'estero, ad abitazione principale del contribuente, nonché per le relative pertinenze. E' prevista, inoltre, una detrazione forfetaria di 200 euro da scomputare dall'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e le relative pertinenze, che va rapportata al periodo dell'anno durante il quale si verifica il vincolo di destinazione e alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. Gli immobili adibiti ad abitazione principale all'estero con le relative pertinenze e anche gli immobili situati all'estero non locati a qualsiasi uso destinati dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, in deroga all'articolo 70, comma 2, del TUIR, non concorrono alla formazione del reddito complessivo.

 

Con il comma 14 si interviene, in particolare, sulle menzionate riduzioni IVIE per l’immobile adibito all’estero ad abitazione principale del contribuente e le relative pertinenze. Mediante sostituzione del comma 15-bis dell’articolo 19 del menzionato decreto-legge n. 201 del 2011, la disciplina viene allineata a quella dell’IMU, dunque con esenzione da IVIE per la “prima casa” e gli immobili assimilati, fatta eccezione per l’imposta sui cd. immobili di lusso, con detrazione di 200 euro e applicazione di un’aliquota ridotta allo 0,4 per cento.

L’IVIE non si applica al possesso dell'abitazione principale e delle pertinenze della stessa e alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Ove l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.

Compensazioni ai comuni del minor gettito IMU e TASI (commi 15-17)

I commi 15 e 16 recano le misure compensative del minor gettito IMU e TASI conseguente dall'attuazione del nuovo sistema di esenzione introdotto dai commi da 8 a 14, 28 e 29, prevedendo per i comuni delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna un incremento del Fondo di solidarietà comunale (comma 15) e per i comuni delle regioni a statuto speciale cui la legge attribuisce competenza in materia di finanza locale (Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta) un minor accantonamento sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali (comma 16).

 

Il comma 15 – modificando il comma 380-ter e 380-quater dell’articolo 1 della legge n. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013) ed inserendo in essa i nuovi commi da 380-sexies a 380-octies – interviene sul Fondo di solidarietà comunale, che rappresenta il fondo per il finanziamento dei comuni con finalità di perequazione, alimentato con quota parte dell’IMU di spettanza dei comuni stessi.

In particolare, le disposizioni di cui alle lettere da a) a c) del comma 15 mirano, innanzitutto, ad incrementare la dotazione annuale del Fondo medesimo a partire dall’anno 2016, al fine di tenere conto dell’esenzione prevista dall’articolo in esame per l’IMU e la TASI per gli immobili adibiti ad abitazione principale (e, con riferimento alla sola IMU, per i terreni agricoli), rideterminando la quota parte dell’imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, che in esso confluisce annualmente. A tal fine viene novellato in più punti il comma 380-ter dell’art. 1 della legge n. 228/2012, che reca la disciplina del Fondo di solidarietà comunale a decorrere dall’anno 2014[3].

Più in dettaglio:

§  la dotazione annuale del Fondo di solidarietà comunale, quantificata dal vigente comma 380-ter in 6.547,1 milioni di euro per gli anni 2015 e successivi, viene incrementata di 3.746,75 milioni di euro a decorrere dal 2016, quale ristoro del minor gettito derivante ai comuni delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna dalle esenzioni disposte dai commi 3 e 4 dell’articolo in esame;

§  al tempo stesso, viene ridotta la quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, che alimenta la dotazione del Fondo medesimo, e che viene a tal fine versata dai comuni all’entrata del bilancio dello Stato nei singoli esercizi, dagli attuali 4.717,9 milioni a 2.768,8 milioni di euro per ciascuno degli anni a decorrere dal 2016. Riducendosi la quota di IMU di spettanza comunale che alimenta il Fondo, si riduce di conseguenza - specifica la norma - anche la dotazione “di base” del Fondo di solidarietà comunale di 1.949,1 milioni di euro annui a decorrere dal 2016 (lettera a)).

 

In sostanza, la dotazione del Fondo di solidarietà comunale, a decorrere dal 2016, verrebbe a determinarsi, annualmente, nell’importo di 8.266,1 milioni di euro, assicurata, per un importo pari a 2.768,8 milioni, attraverso una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni che viene a tal fine versata all’entrata del bilancio dello Stato nei singoli esercizi.

Nel ddl di bilancio per il 2016 (A.S. 2112), il Fondo, iscritto sul cap. 1365/Interno, presentava una dotazione di 4.259,3 milioni di euro per il 2016 e di 4.319,3 milioni per gli anni 2017 e 2018[4].

A seguito delle modifiche introdotte dai commi in esame, nel disegno di legge di bilancio per il 2016-2018, come integrato dalla Ia Nota di variazioni (A.C. 3445), la dotazione del Fondo è stata aumentata a 6.446,9 milioni per il 2016, e a circa 6.117 milioni per il 2017 e 2018.

 

Sono inoltre stabiliti nuovi termini per l’emanazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di riparto del Fondo rispetto a quelli attualmente indicati (il 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento), ora fissati al 30 aprile 2016 per l'anno 2016 ed entro il 30 novembre dell'anno precedente a quello di riferimento per gli anni 2017 e successivi (lettera b)).

È infine, sostituita la lettera d) del comma 380-ter disponendo che con il D.P.C.M. di riparto del Fondo può essere variata (e non soltanto incrementata, come previsto dal testo vigente) la quota di gettito dell'IMU di spettanza comunale che affluisce al fondo stesso e, corrispondentemente, rideterminata la dotazione del Fondo medesimo. Anche le modalità di versamento al bilancio dello Stato sono stabilite con il medesimo D.P.C.M. (lettera c)).

Si ricorda, che il testo vigente della citata lettera d) del comma 380-ter prevede soltanto la possibilità di incrementare, con lo stesso D.P.C.M. di riparto del Fondo, la quota di gettito dell'IMU di spettanza comunale che affluisce al fondo stesso. In tale ipotesi, va rideterminato l'importo da versare all'entrata del bilancio dello Stato, con modalità da determinare con il medesimo D.P.C.M. La eventuale differenza positiva tra tale nuovo importo e lo stanziamento iniziale è versata al bilancio statale, per essere riassegnata al fondo medesimo.

 

Le lettere d) ed e) riguardano i criteri di riparto del Fondo di solidarietà comunale.

In particolare, la lettera d) interviene sulle modalità di ripartizione della quota del Fondo da distribuire ai comuni delle regioni a statuto ordinario secondo logiche di tipo perequativo.

In particolare – con modifiche al comma 380-quater dell’art. 1 della legge n. 288/2012 – si provvede:

§  ad aumentare progressivamente negli anni la percentuale del Fondo di solidarietà comunale che viene annualmente accantonata per essere redistribuita tra i comuni sulla base della differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard. Tale quota, attualmente stabilita nel 20 per cento, viene portata al 30 per cento per l'anno 2016, al 40 per cento per l'anno 2017 e al 55 per cento per l'anno 2018;

§  a precisare che per l’anno 2016 saranno utilizzati, ai fini del riparto, i fabbisogni standard approvati dalla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale entro il 31 marzo 2016;

§  ad estendere all’anno 2016 la disposizione che determina l’ammontare complessivo di riferimento della capacità fiscale dei comuni delle regioni a statuto ordinario, fissandola in misura pari all'ammontare complessivo delle risorse nette spettanti ai predetti comuni a titolo di imposta municipale propria (IMU) e di tributo per i servizi indivisibili, ad aliquota standard (TASI all'1 per mille), nonché a titolo di Fondo di solidarietà comunale netto per l'anno 2016. Tale importo corrisponde al 45,8 per cento dell'ammontare complessivo della capacità fiscale.

 

La lettera e) - con l'introduzione dei nuovi commi da 380-sexies a 380-octies all’articolo 1 della legge n. 288/2012 -disciplina i criteri di riparto della quota incrementale del Fondo di solidarietà comunale, pari a 3.746,75 milioni a decorrere dal 2016, assegnata a ristoro del mancato gettito delle esenzioni IMU/TASI.

In particolare, si prevede:

§  che il suddetto incremento, sia ripartito, in sede di riparto del Fondo complessivo, con il medesimo D.P.C.M. previsto dal comma 380-ter, lettera b), in base al gettito effettivo derivante dagli immobili esentati relativo all’anno 2015 (nuovo comma 380-sexies);

§  che a decorrere dal 2016, per i comuni delle regioni a statuto ordinario, che l’ammontare del fondo, non distribuita secondo il criterio perequativo e al netto del ristoro del mancato gettito di cui al comma 380-sexies, sia determinata in misura tale da garantire proporzionalmente la dotazione netta del fondo di solidarietà comunale 2015. Relativamente ai comuni di Sicilia e Sardegna per i quali non si applica il criterio della perequazione basato sulla differenza tra capacità fiscali e fabbisogni standard, tale disposizione di garanzia riguarda l'intero ammontare del Fondo (nuovo comma 380-septies);

§  che ai fini della disposizione di cui sopra, per dotazione netta si intende la differenza tra le assegnazioni di risorse, al netto degli importi erogati ai sensi del comma 380-sexies per ciascun comune, e la quota di alimentazione del Fondo a carico di ciascun comune (nuovo comma 380-septies).

 

Le disposizioni di cui al comma 16 disciplinano la compensazione del minor gettito IMU e TASI per i comuni delle regioni a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, a cui la legge attribuisce competenza in materia di finanza locale, attraverso un minor accantonamento di 85,478 milioni a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, ai sensi dell'articolo 13, comma 17, del decreto-legge n. 201 del 2011.

La Relazione tecnica precisa che della suddetta compensazione 7,428 milioni sono relativi alle disposizioni di cui al comma 11 (nuovo perimetro delle esenzioni IMU per terreni agricoli).

 

Nella tabella che segue sono riassunte le compensazioni finalizzate al ristoro ai comuni del minor gettito derivante dalle disposizioni di esenzione recate dai commi da 11 a 13 e 28-29 in esame. Rispetto a quanto previsto nel disegno di legge iniziale, le compensazioni complessive risultano aumentate di 81,4 milioni di euro, in relazione alle modifiche introdotte con riferimento alle esenzioni IMU/TASI sugli immobili per affitti a canone concordato e alloggi per studenti universitari:


 

 

Compensazioni
per perdita gettito IMU-TASI

Comuni RSO e Sicilia e Sardegna

Comuni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta

Totale

Esenzione IMU terreni agricoli (co.11)

152,40

7,428

159,83

Esenzione TASI prime case (co. 12, l. a))

3.500,09

74,910

3.575,00

Esenzione TASI inquilini prime case (co. 4, l. d))

15,60

0,400

16,00

Esenzione IMU/TASI alloggi studenti universitari e affitti canone concordato (co. 13 e 28-29)

78,660

2,74

81,40

Totale compensazioni (co. 15 e 16)

3.746,75

85,478

3.832,23

 

Il comma 17 attribuisce ai comuni, per l'anno 2016, un contributo di complessivi 390 milioni di euro, che appare conseguente alle norme di fiscalità immobiliare relative ai limiti massimi posti delle aliquote d’imposta.

Si rammenta in proposito che il comma 24 mantiene ferma per l’anno 2016, limitatamente agli immobili non esentati ai sensi delle norme in esame (tra cui le abitazioni principali “di lusso”), la possibilità per i comuni di maggiorare l’aliquota TASI dello 0,8 per mille, ove tale maggiorazione sia stata deliberata entro il 30 settembre 2015, per l’anno 2015, nel rispetto delle condizioni di legge.

 

Più in dettaglio, la norma in commento stabilisce che la quota di spettanza di ciascun comune è stabilita con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 28 febbraio 2016, in misura proporzionale alle somme attribuite ai sensi del D.M. Economia 6 novembre 2014, adottato ai sensi dell’articolo 1, comma 731, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014), con il quale è stato effettuato il riparto tra i comuni - sulla base dei gettiti standard ed effettivi dell'IMU e della TASI - dell’analogo contributo concesso per l’anno 2014 e di quota parte di quello concesso per il 2015.

 

Si ricorda, infatti, che analoghi contributi sono stati concessi ai comuni a partire dal 2014, ai sensi dell’articolo 1, comma 731, della legge di stabilità 2014, come modificata dall’articolo 1, comma 1, lettera d) del D.L. n. 16 del 2014[5].

In particolare, per l’anno 2014, il contributo, pari a 625 milioni di euro, è stato ripartito con il decreto del 6 novembre 2014 (pubblicato nella G. U. n. 271 del 21 novembre 2014) tenendo conto dei gettiti standard ed effettivi dell'IMU e della TASI. Per l’anno 2015, il contributo è stato concesso nell’importo di 530 milioni di euro, ai sensi dell’articolo 8, comma 10, del D.L. n. 78/2015, e ripartito, con D.M. 22 ottobre 2015.

 

Le disposizioni in commento sembrano dunque finalizzate a fornire adeguato sostegno finanziario ai comuni anche per l’anno 2016, in ragione degli oneri da essi sostenuti con riferimento alla fiscalità immobiliare.

 

Le somme assegnate ai sensi del comma 17 in esame non sono considerate tra le entrate finali rilevanti ai fini del vincolo del pareggio di bilancio degli enti locali, come disciplinato dai commi 407-429 del provvedimento in esame.

 

Il comma autorizza, ai fini del contributo in questione, l'utilizzo delle somme iscritte in conto residui nel bilancio per l’anno 2015, nel limite di 390 milioni di euro, del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili[6]. Tali somme sono fine versate all'entrata del bilancio dello Stato nell’anno 2016.

Il comma 17 entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge in esame.

 

Si sottolinea che l’utilizzo di tali somme per finanziare il contributo in favore dei comuni comporta oneri in termini di minori interessi attivi per lo Stato determinati dal venir meno della restituzione, da parte degli enti beneficiari, della quota interessi delle anticipazioni di liquidità del Fondo di cui all’articolo 10 del D.L. n. 35/2013, le cui risorse sono ora destinate a trasferimenti a fondo perduto, che la Relazione tecnica quantifica in circa 2,7 milioni per il 2017, 2,6 milioni per l'anno 2018 e in 2,6 milioni a decorrere dall'anno 2019.

L’utilizzo delle somme in questione per l’assegnazione del contributo ai comuni comporta ovviamente che le stesse costituiscano importi iscritti a residuo a fronte dei quali non corrispondono impegni già assunti negli esercizi precedenti.

Accatastamento immobili a uso produttivo (commi da 18 a 21)

I commi da 18 a 21 introducono agevolazioni in materia di accatastamento e, dunque, di tassazione degli immobili a uso produttivo e a destinazione speciale; si assegna un contributo ai comuni per compensare la perdita di gettito derivante dall’applicazione delle nuove regole di accatastamento di detti immobili.

In sostanza i macchinari, i congegni, le attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo, sono esclusi dalla stima diretta ai fini dell’attribuzione della rendita catastale. A tale metodo rimangono soggetti il suolo, le costruzioni e i soli impianti che, ordinariamente, accrescono la qualità e l’utilità dell’unità immobiliare, indipendentemente dal processo produttivo nella stessa svolto. Di conseguenza, le predette tipologie di beni escluse dalla stima diretta sono altresì escluse dai relativi effetti fiscali, in particolare per quanto riguarda l’assoggettamento alle imposte immobiliari.

 

In particolare (comma 18) le norme chiariscono che, dal 1° gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, sia effettuata tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento.

Vengono esplicitamente esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo (ivi compresi i cd. “imbullonati”).

 

L’articolo 10 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652 dispone che la rendita catastale degli immobili produttivi sia attribuita per stima diretta, per ogni singola unità. La valutazione tecnica è operata dai professionisti incaricati, al momento della presentazione dei documenti di aggiornamento catastale (procedura “Docfa”) ed è verificata dai tecnici dell’Agenzia delle entrate al momento dell’accertamento sugli aggiornamenti e sulle rendite proposte dalla parte, nei termini previsti dalla normativa.

La legge di stabilità 2015 (commi 244 e 245 della più volte menzionata legge n. 190 del 2014) ha introdotto una norma interpretativa (dunque con applicazione retroattiva) del menzionato articolo 10, prevedendo che esso debba trovare applicazione secondo le istruzioni di cui alla circolare dell'Agenzia del territorio n. 6/2012 del 30 novembre 2012.

Detta Circolare ha chiarito che al fine di valutare quale impianto sia incluso o meno nella stima catastale, deve farsi riferimento non solo al criterio dell’essenzialità dello stesso per la destinazione economica dell’unità immobiliare, ma anche alla circostanza che lo stesso sia fisso, ovvero stabile (anche nel tempo), rispetto alle componenti strutturali dell’unità immobiliare. Tale qualifica si rifletteva particolarmente sul profilo fiscale, assoggettando a TASI e IMU gli impianti così qualificati.

 

Il comma 19 chiarisce la tempistica del riaccatastamento dei beni classificati nelle categorie catastali interessate dalla modifica: dal 1° gennaio 2016, gli intestatari catastali degli immobili delle categorie D ed E, possono presentare atti di aggiornamento ai sensi della disciplina generale (decreto ministeriale 19 aprile 1994, n. 701), per la rideterminazione della rendita catastale degli immobili già censiti nel rispetto delle modifiche sopra illustrate.

 

Ai sensi del comma 20, limitatamente all’anno di imposizione 2016 per gli atti presentati entro il 15 giugno 2016 le rendite catastali rideterminate hanno effetto dal 1° gennaio 2016, con effetto retroattivo.

La previsione è in esplicita deroga all’articolo 13, comma 4 del decreto-legge n. 201 del 2011, il quale stabilisce che, ai fini della tassazione immobiliare la base imponibile è calcolata applicando specifici valori (moltiplicatori) alla rendita catastale vigente al 1° gennaio dell'anno di imposizione.

Con detta deroga le nuove rendite si applicano, ai fini della determinazione della base imponibile IMU e TASI, dal 1° gennaio 2016 e non dal 1° gennaio 2017.

 

Il comma 21 attribuisce ai comuni un contributo annuo di 155 milioni di euro, a titolo di compensazione del minor gettito ad essi derivante dalle norme sull’accatastamento degli immobili produttivi e a destinazione speciale, di cui ai commi 9-11 sopra illustrati.

Per l’anno 2016, si prevede che entro il 30 settembre l’Agenzia delle entrate comunica al Ministero dell’economia e delle finanze, con riferimento agli atti di aggiornamento catastale per gli immobili produttivi, i dati relativi, per ciascuna unità immobiliare, alle rendite proposte e a quelle già iscritte in catasto al 1° gennaio 2016. Il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno emana, secondo una metodologia adottata sentita la Conferenza Stato città ed autonomie locali, entro il 31 ottobre 2016, il decreto per ripartire detto contributo.

Dall’anno 2017, il contributo annuo di 155 milioni di euro è ripartito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e secondo una metodologia adottata sentita la Conferenza Stato città ed autonomie locali, da emanarsi, entro il 30 giugno 2017, sulla base dei dati comunicati, entro il 31 marzo 2017, dall’Agenzia delle entrate al Ministero dell’economia e delle finanze e relativi, per ciascuna unità immobiliare, alle rendite proposte nel corso del 2016 ai sensi del comma 10 e a quelle già iscritte in catasto al 1° gennaio 2016.

 

Dal momento che il gettito IMU derivante dagli immobili a uso produttivo (categoria D, con alcune eccezioni), calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento, è riservato allo Stato ai sensi dell’articolo 1, comma 380, lettera f) della legge di stabilità 2013, legge n. 228 del 2012, si presume che tale compensazione sia riferita al mancato gettito derivante dagli immobili a destinazione speciale (categoria E).

Abrogazione dell’Imposta Municipale Secondaria (comma 22)

Il comma 22 abroga la cd. Imposta Municipale Secondaria - IMUS, di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.

 

Il richiamato articolo 11 del D.Lgs. n. 23 del 2011 prevede l'introduzione dell'Imposta municipale secondaria con deliberazione del consiglio comunale, per sostituire: la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP), l'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari. Con la risoluzione n. 1/Df del 12 gennaio 2015 il Dipartimento delle finanze del MEF ha chiarito che i comuni possono istituire l'IMU secondaria solo a seguito dell'emanazione del regolamento governativo previsto dall'articolo 11, comma 2, del D.Lgs. n. 23 del 2011. Tuttavia i tributi e i canoni locali, destinati ad essere sostituiti dall'IMU secondaria, restano dovuti e continuano pertanto ad applicarsi. La legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 714 della legge n. 147 del 2014) aveva posticipato dal 2014 al 2015 il termine per l'introduzione di detta forma di prelievo; successivamente, il decreto-legge n. 192 del 2014 (articolo 10, comma 11-bis) ha prorogato al 2016 l'operatività della disciplina dell'imposta municipale secondaria.

Blocco degli aumenti di tributi e addizionali degli enti territoriali
(comma 23)

Il comma 23, limitatamente all’anno 2016, blocca il potere delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi e delle addizionali ad essi attribuiti con legge dello Stato, al fine di contenere il livello complessivo di pressione tributaria, in coerenza con gli equilibri generali di finanza pubblica. In particolare, non possono essere deliberati aumenti rispetto ai livelli di aliquote deliberate, entro la data del 30 luglio 2015, per l’esercizio 2015.

Si rammenta che l'articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 16 del 2012 aveva ripristinato il potere di regioni ed enti locali di variare le aliquote e le tariffe dei tributi locali e regionali, a decorrere dall'anno di imposta 2012; tale potere era stato sospeso dall'articolo 1, comma 123, della legge n. 220/2010 (legge di stabilità 2011) "fino all'attuazione del federalismo fiscale".

Le norme in esame consentono però di fare salve dal blocco alcune specifiche ipotesi.

 

In primo luogo sono fatte salve dal blocco, per il settore sanitario, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, e all’articolo 2, commi 79, 80, 83 e 86, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.

Le norme citate si riferiscono alle regioni in situazione di disavanzo sanitario, nelle quali viene applicata la maggiorazioni dell’aliquota dell’IRAP, nella misura di 0,15 punti percentuali, e dell’addizionale regionale all’IRPEF, nella misura di 0,30 punti percentuali, quando gli organi preposti al monitoraggio dell’attuazione dei piani di rientro dei deficit sanitari verificano che la regione in disavanzo non ha raggiunto gli obiettivi previsti.

Più in particolare, l’art. 2, comma 86, della legge finanziaria per il 2010 (legge 191/2009) prevede che l’accertamento, in sede di verifica annuale da parte del Tavolo per la verifica degli adempimenti e del Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, del mancato raggiungimento da parte della Regione degli obiettivi del piano di rientro, comporta l’incremento nelle misure fisse dello 0,15% dell’aliquota IRAP e dello 0,30% dell’addizionale all’IRPEF. La maggiorazione viene applicata, con le procedure previste dall’articolo 1, comma 174, della legge finanziaria per il 2005 (legge 311/2004). In merito all’applicazione dell’incremento all’addizionale regionale all’IRPEF su tutti gli scaglioni di reddito, si rinvia ai chiarimenti forniti dal MEF con la Risoluzione n. 5/DF del 15 giugno 2015.

Con il comunicato n. 235 del 16 ottobre 2014, il Ministero dell’Economia e delle finanze ha confermato, per l’anno d’imposta 2014, l’applicazione delle maggiorazioni delle aliquote di IRAP e di addizionale regionale IRPEF nel solo Molise. Per l’anno d’imposta 2013, la maggiorazione era stata applicata anche alla Calabria.

 

È inoltre fatta salva la possibilità di effettuare manovre fiscali incrementative ai fini dell’accesso alle anticipazioni di liquidità di cui agli articoli 2 e 3, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35.

In mancanza di ulteriori precisazioni sul punto, è da presumersi che le manovre fiscali suddette siano da riferire a quanto prevedono, rispettivamente per le regioni e per gli enti del servizio sanitario nazionale, l’articolo 2 comma 3 e l’articolo 3 comma 5 del menzionato D.L. n. 35/2013, nei quali si dispone, con formulazione pressoché identica, che alla erogazione delle somme, nei limiti delle anticipazioni di liquidità assegnate, si provvede, tra l’altro, anche a seguito della predisposizione, da parte regionale, di misure, anche legislative, idonee e congrue di copertura annuale del rimborso dell'anticipazione di liquidità (misure che per gli enti del SSN – viene precisato- dovrebbero essere prioritariamente volte alla riduzione della spesa corrente).

 

Viene esclusa dal blocco delle aliquote la tassa sui rifiuti (TARI) che, si ricorda, è stata istituita dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 639, della legge n. 147 del 2013) per finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti.

Infine il divieto non si applica agli enti locali in predissesto e dissesto[7], come deliberati ai sensi, rispettivamente, dell’art. 243-bis e degli artt. 246 e seguenti del TUEL (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267).

 

Come chiarito dalla Relazione illustrativa, non rientrano nell’ambito del divieto le tariffe di natura patrimoniale (tariffa puntuale, sostitutiva della TARI, di cui al comma 667 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013; canone alternativo alla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche – TOSAP, ossia il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche COSAP). Per quanto riguarda il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari (CIMP), seppure alternativo all'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni (ICP DPA), si chiarisce che esso ha natura tributaria e quindi rientra nel blocco delle maggiorazioni.

Estensione agevolazioni imposta di registro per acquisto prima casa (comma 30)

Il comma 30, inserito al Senato, consente di usufruire dell'imposta di registro con aliquota agevolata al 2 per cento, prevista per l'acquisto dell’abitazione principale, anche a chi al momento del rogito possiede già un immobile, a condizione che lo alieni entro un anno dalla data dell'atto.

 

A tal fine viene aggiunto un comma 4-bis all'articolo 1, nota II-bis), della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro (D.P.R. n. 131 del 1986), che reca le condizioni per l’applicazione della misura agevolata dell’imposta di registro per chi acquista l’abitazione principale.

In estrema sintesi, le imposte da versare per i trasferimenti immobiliari variano secondo una molteplicità di fattori (acquisto da privato o da impresa), acquisto di abitazione principale. Se il venditore è un privato, la vendita è assoggettata all’imposta di registro del 9% e alle imposte ipotecaria e catastale nella misura di 50 euro ciascuna. Se il venditore è un'impresa, le imposte variano a seconda che la cessione sia o meno esente da Iva Se chi acquista ha i requisiti per usufruire delle agevolazioni “ prima casa, nel caso di acquisto da privato (o da impresa con vendita esente da Iva) l’imposta di registro è pari al 2 per cento, mentre le imposte ipocatastali sono dovute in misura fissa (50 euro ciascuna)

 

I requisiti per usufruire della misura di aliquota agevolata sono contenuti nell’articolo 1 della predetta Tariffa e specificati nella nota II-bis.

In particolare, per usufruire delle agevolazioni sono previsti requisiti relativi alle caratteristiche dell’immobile (che non deve essere “di lusso”), all’ubicazione (deve trovarsi nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha o stabilisca , entro 18 mesi dall’acquisto, la propria residenza, salvo casi specifici; comma 1, lettera a) della Nota II-bis) e all’acquirente: nell’atto di acquisto il compratore deve dichiarare di non essere titolare, esclusivo o in comunione col coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione, su altra casa nel territorio del Comune dove si trova l’immobile oggetto dell’acquisto agevolato (comma 1, lettera b) della Nota II-bis); di non essere titolare, neppure per quote o in comunione legale, su tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, uso, usufrutto, abitazione o nuda proprietà, su altro immobile acquistato, anche dal coniuge, usufruendo delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa (comma 1, lettera c) della Nota II-bis).

 

Il nuovo comma 4-bis prevede che l’aliquota agevolata del 2 per cento (in luogo del 9 per cento previsto in via ordinaria) si applichi anche agli atti di acquisto per i quali l'acquirente sia titolare di un altro immobile in Italia (ovvero, anche se non soddisfa il requisito di cui alla lettera c) del comma 1 della Nota II-bis, in presenza però degli altri requisiti di legge, di cui alle illustrate lettere a) e b) dello stesso comma, senza tener conto dell'immobile acquistato con le agevolazioni elencate nella lettera c)), purché venda detto immobile entro un anno dalla data dell'atto.

Ove non adempia, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sovrattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte.

 


 

Articolo 1, commi 25-27
(
Agevolazioni in materia di borse di studio)

 

 

I commi 25-27, introdotti al Senato, prevedono agevolazioni fiscali (IRAP, IRPEF) e contributive per le borse di studio erogate nel corso del programma Erasmus Plus; si dispone l’esenzione IRPEF per le borse di studio per la frequenza dei corsi di perfezionamento e delle scuole di specializzazione, per i corsi di dottorato di ricerca, per lo svolgimento di attività di ricerca dopo il dottorato e per i corsi di perfezionamento all'estero erogate dalla provincia Autonoma di Bolzano.

 

In particolare, il comma 25 dispone che, per l'intera durata del programma Erasmus plus, alle borse di studio per la mobilità internazionale erogate a favore degli studenti delle Università e delle Istituzioni AFAM, si applicano alcune specifiche agevolazioni fiscali (previste all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 9 maggio 2003, n. 105) e, più precisamente:

§  per quanto riguarda le Università e le Istituzioni che erogano le borse di studio, queste ultime sono escluse dalla base imponibile IRAP (di cui all’articolo 10-bis del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446);

§  per i percipienti, è prevista l’esenzione IRPEF (ai sensi dell’articolo 4 della legge 13 agosto 1984, n. 476) di tali borse;

§  sotto il profilo contributivo, per i soggetti titolari dei richiamati assegni è prevista l’iscrizione, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del D.L. 105/2003, alla gestione separata I.N.P.S. (di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995), con contestuale applicazione dell’aliquota contributiva di riferimento (pari, nel 2015, al 27% per i liberi professionisti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie, al 30% per i collaboratori non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie e al 23,50% per i professionisti ed i collaboratori provvisti di altra tutela pensionistica obbligatoria o titolari di pensione ).

 

Si segnala che la relazione illustrativa all’emendamento in esame chiarisce che scopo della norma è, in continuità con quanto avvenuto per i programmi- comunitari precedenti (Socrates e Lifelong Learning Programme), di confermare anche per il nuovo programma comunitario Erasmus Plus il medesimo regime fiscale e previdenziale per-le borse di studio per la mobilità internazionale degli studenti universitari. Per il periodo 2014-2020, la cornice europea di riferimento è il Regolamento UE 1288/2013 che ha istituito programma "Erasmus plus". Il Regolamento citato, erede dei precedenti programmi per il settore universitario Socrates/Erasmus e LLP/Erasmus, include le borse di studio per la mobilità individuale ai fini dell'apprendimento degli studenti universitari e AFAM (art. 6, comma 1, lett. a) e specifica che la mobilità ai fini dell'apprendimento si estende anche i tirocini curricolari (art. 7, comma 1). Nelle premesse del regolamento (premessa n. 40) si chiarisce tra l’altro che per migliorare l'accesso al programma, è opportuno che le sovvenzioni a sostegno della mobilità degli individui siano adeguate al costo della vita e di sostentamento nel paese ospitante. Conformemente al diritto nazionale, gli Stati membri dovrebbero essere inoltre incoraggiati a garantire che tali sovvenzioni siano esenti da imposte e oneri sociali. La stessa esenzione dovrebbe applicarsi agli organismi pubblici o privati che erogano il sostegno finanziario agli individui interessati". La normativa comunitaria di riferimento, quindi, richiede espressamente l'esenzione da imposte e oneri e, con l'emendamento in esame, si procede in tale direzione per gli studenti universitari.

Il comma 26, mediante l’introduzione di un comma 6-bis all'articolo 6 della legge 30 novembre 1989, n. 398, esenta da IRPEF in favore dei percipienti le somme corrisposte a titolo di borsa di studio per la frequenza dei corsi di perfezionamento e delle scuole di specializzazione, per i corsi di dottorato di ricerca, per lo svolgimento di attività di ricerca dopo il dottorato e per i corsi di perfezionamento all'estero erogate dalla provincia Autonoma di Bolzano.

Si segnala che, in linea generale, le borse di studio sono soggette ad Irpef: la lettera c) dell'articolo 50 del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) ricomprende tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante. Ai beneficiari delle somme tassate spettano le detrazioni per i redditi di lavoro dipendente con riferimento ai giorni compresi nel periodo di riferimento.

Sono tuttavia previste, da diverse norme di legge, alcune esenzioni. Sono totalmente esenti da Irpef le seguenti borse di studio:

a)    le borse di studio corrisposte dalle università e dagli istituti di istruzione universitaria per la frequenza dei corsi di perfezionamento e delle scuole di specializzazione, per i corsi di dottorato di ricerca, per attività di ricerca post laurea e post dottorato e per i corsi di perfezionamento all'estero (articolo 6 della legge 398/89; articolo 4 della legge 210/98);

b)   le borse di studio corrisposte dalle regioni a statuto ordinario agli studenti universitari e quelle corrisposte dalle regioni a statuto speciale e dalle province autonome di Trento e Bolzano allo stesso titolo (articolo 4 della legge 476/84).

c)    le borse bandite nell'ambito del programma comunitario Socrates, nonché le somme aggiuntive corrisposte dalle università, a condizione che l'importo complessivo annuo non sia superiore a 7.746.85 euro (articolo 6, comma 13, della legge 488 del 1999);

d)   le borse corrisposte dal Governo italiano a cittadini stranieri in forza di accordi e intese internazionali (articolo 3, comma 3, lettera d-ter) del D.P.R. n. 917/86; come chiarito dalla risoluzione dell'Agenzia delle entrate n. 109/E del 2009, rientrano in questa fattispecie le borse di studio del programma Erasmus).

Si segnala al riguardo la risoluzione dell'Agenzia delle entrate n. 120/E del 22 novembre 2010.

Il comma 27 chiarisce che tali disposizioni si applicano per i periodi d'imposta per i quali non siano ancora scaduti i termini di accertamento e di riscossione.

Si ricorda che con parere del 26 giugno 2012, concernente l´interpretazione dell’articolo 50, comma 1, lettera c), del DPR n. 917 del 1986, l´agenzia delle Entrate ha ritenuto che le borse di studio erogate dalla Provincia autonoma di Bolzano agli studenti universitari per la frequenza dei corsi di dottorato di ricerca siano esenti da IRPEF. In sostanza sulle borse di studio per i dottorati di ricerca erogate dall´Ufficio per il diritto allo studio, università e ricerca scientifica (40.3) dopo il 26 giugno 2012 non sono più effettuate le ritenute IRPEF. Per le borse di studio erogate nel periodo compreso fra il 1° gennaio e il 26 giugno 2012 l´ufficio per il diritto allo studio ha provveduto a far rimborsare l´IRPEF. Invece, per borse di studio erogate prima del 2012 i beneficiari devono far domanda all´Agenzia delle Entrate.


 

Articolo 1, comma 31
(Ricomposizione fondiaria)

 

 

Il comma 31, introdotto al Senato, esenta dall’imposta di registro, dall’imposta di bollo e dalle imposte ipocatastali tutti gli atti e i provvedimenti emanati in esecuzione di pani di ricomposizione e di riordino fondiario promossi dagli enti territoriali (regioni, province, comuni e comunità montane).

 

In materia di ricomposizione fondiaria, la normativa prevalente finalizzata alla conservazione dell’integrità fondiaria e alla preservazione delle dimensioni minime fondiaria è contenuta nel decreto legislativo n.228/2001 il quale, all’art. 5-bis, ha dettato disposizioni in materia di "conservazione dell'integrità aziendale". Viene, al riguardo previsto che, ove non diversamente disposto dalle leggi regionali, per compendio unico si intende l'estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l'erogazione del sostegno agli investimenti connessi allo sviluppo rurale europeo.

Al trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coloro che si impegnino a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento si applicano le esenzioni fiscali riguardanti l'imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere.

 

L'articolo 10 del D.Lgs. n. 23 del 2011 (c.d. federalismo municipale) ha modificato, a decorrere dal 1° gennaio 2014, le imposte di registro, ipotecaria e catastale, relativamente ai trasferimenti immobiliari, introducendo un'aliquota unica, pari al 9 per cento, per tutti i trasferimenti immobiliari, ad eccezione della casa adibita ad abitazione principale non di lusso, cui si applica l'aliquota del 2 per cento.

La norma ha quindi soppresso tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, ivi inclusa quella in commento, anche se previste in leggi speciali.

 

La modifica in esame è volta quindi a ripristinare le esenzioni citate.

 

Occorrerebbe valutare l’opportunità di introdurre la modifica in esame all’interno della Tariffa allegata al Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro (D.P.R. 26-4-1986 n. 131), contenente la relativa disciplina e le connesse agevolazioni ed esenzioni.

 

 

 

 

La disciplina sostanziale del compendio unico

I terreni e le relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituenti il compendio unico, sono considerati unità indivisibili per dieci anni dal momento della costituzione e durante tale periodo non possono essere frazionati per effetto di trasferimenti a causa di morte o per atti tra vivi. Il predetto vincolo di indivisibilità deve essere espressamente menzionato, a cura dei notai roganti, negli atti di costituzione del compendio e trascritto nei pubblici registri immobiliari dai direttori degli uffici competenti. Sono nulli gli atti tra vivi e le disposizioni testamentarie che hanno per effetto il frazionamento del compendio unico. Possono essere costituiti in compendio unico terreni agricoli anche non confinanti fra loro purché funzionali all'esercizio dell'impresa agricolo, Qualora nei dieci anni, i beni disponibili nell'asse ereditario non consentano la soddisfazione di tutti gli eredi secondo quanto disposto dalla legge in materia di successioni o dal dante causa, si provvede all'assegnazione del compendio all'erede che la richieda, con addebito dell'eccedenza. A favore degli eredi, per la parte non soddisfatta, sorge un credito di valuta garantito da ipoteca, iscritta a tassa fissa sui terreni caduti in successione, da pagarsi entro due anni dall'apertura della stessa con un tasso d'interesse inferiore di un punto a quello legale.. In caso di controversie sul valore da assegnare al compendio unico o relativamente ai diritti agli aiuti comunitari e nazionali presenti sul compendio stesso, le parti possono richiedere un arbitrato alla camera arbitrale ed allo sportello di . Se nessuno degli eredi richiede l'attribuzione preferenziale, sono revocati i diritti agli aiuti comunitari e nazionali, ivi comprese l'attribuzione di quote produttive, assegnati all'imprenditore defunto per i terreni oggetto della successione.

Si ricorda, inoltre, che l’art. 2 del D.L. n. 194/2009, all’art. 4-bis, ha previsto, al fine di assicurare le agevolazioni per la piccola proprietà contadina, che gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, nonché le operazioni fondiarie operate attraverso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed all'imposta catastale nella misura dell'1 per cento. Gli onorari dei notai per gli atti suindicati sono ridotti alla metà. I predetti soggetti decadono dalle agevolazioni se, prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula degli atti, alienano volontariamente i terreni ovvero cessano di coltivarli o di condurli direttamente.

L’art. 11, commi 2 e 3, del D.L.gs 228/2001, fatti salvi dalla disciplina prima richiamata, prevede che l’estinzione anticipata del mutuo o la vendita del fondo acquistato con i suddetti benefici non possono aver luogo prima che siano decorsi cinque anni dall'acquisto (co.2). Non incorre nella decadenza dei benefici l'acquirente che, durante il periodo vincolativo, ferma restando la destinazione agricola, alieni il fondo o conceda il godimento dello stesso a favore del coniuge, di parenti entro il terzo grado o di affini entro il secondo grado, purché esercitano l’attività di imprenditore agricolo di cui all'articolo 2135 del codice civile. Le disposizioni del presente comma si applicano anche in tutti i casi di alienazione conseguente all'attuazione di politiche comunitarie, nazionali e regionali volte a favorire l'insediamento di giovani in agricoltura o tendenti a promuovere il prepensionamento nel settore.


 

Articolo 1, comma 32
(Locazioni e rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo.
Patti contrari alla legge)

 

 

Il comma 32, aggiunto nel corso dell’esame al Senato, interviene sulla disciplina delle locazioni al fine di prevedere l’obbligo, a carico del locatore, di registrazione del contratto entro un termine perentorio di trenta giorni, consentire l’azione dinanzi all’autorità giudiziaria nei casi di mancata registrazione del contratto nel predetto termine, nonché ancorare la determinazione da parte del giudice del canone dovuto a un valore minimo definito ai sensi della normativa vigente.

In particolare, il comma 32 sostituisce l’articolo 13 (Patti contrari alla legge) della legge 431/1998 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), in tema di effetti di clausole contrattuali, ovvero di comportamenti del locatore, che hanno effetti sul contratto di locazione.

Le innovazioni, rispetto al testo vigente (come evidenziato dal seguente testo a fronte), riguardano:

§  l’inserimento dell’obbligo, a carico del locatore, di provvedere alla registrazione del contratto nel termine perentorio di 30 giorni, dandone documentata comunicazione, nei successivi 60 giorni, al conduttore ed all'amministratore del condominio, anche ai fini dell'ottemperanza agli obblighi di tenuta dell'anagrafe condominiale di cui all'art. 1130, primo comma, numero 6), del codice civile (la modifica integra il comma 1 dell’articolo 13 della legge 431/1998);

In base a tale disposizione del codice civile, l’amministratore cura la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente, fra l’altro, le generalità dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento.

§  la previsione della nullità di qualsiasi pattuizione diretta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito per i contratti stipulati in base al comma 1 dell’articolo 2 della legge n. 431 (ossia i contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per la medesima durata, cd. contratti 4+4). Il riferimento alla pattuizione diretta sostituisce il riferimento a qualsiasi obbligo del conduttore nonché a qualsiasi clausola o altro vantaggio economico o normativo (la modifica interviene sul secondo periodo del comma 4 dell’articolo 13 della legge 431/1998);

§  l’inserimento della possibilità di un’azione dinanzi all’autorità giudiziaria nei casi in cui il locatore non abbia provveduto alla prescritta registrazione del contratto nel termine perentorio succitato. La modifica incide sul terzo periodo del comma 5 dell’articolo 13 della legge 431/1998 laddove il testo vigente fa riferimento ai casi in cui il locatore ha preteso l’instaurazione di un rapporto di locazione di fatto in violazione di quanto previsto dall’articolo 4, comma 1.

Si osserva che la disposizione non specifica l’oggetto dell’azione proponibile dinanzi all’autorità giudiziaria in relazione alla mancata registrazione del contratto nei termini prescritti; l’espressione utilizzata (“tale azione”) sembrerebbe, infatti, collegarsi ai vigenti primo e secondo periodo, ove però l’oggetto dell’azione giudiziale (riduzione del canone di locazione) è specificato e si collega alla causa di nullità di cui al comma 4.

 

Un’ulteriore modifica (al quarto periodo del comma 5 dell’articolo 13 della legge 431/1998) riguarda l’eventuale determinazione, da parte del giudice, del canone dovuto. Secondo il testo attualmente vigente, tale determinazione non potrà superare il c.d. canone concordato (definito ai sensi del comma 3 dell'articolo 2) ovvero quello definito ai sensi dell'articolo 5, commi 2 e 3 (che disciplina i contratti di locazione per studenti universitari). Il riferimento al giudice ovvero all’autorità giudiziaria sostituisce il riferimento al pretore presente in più punti nel comma 5 vigente.

Il nuovo testo, se da un lato lascia immutato il riferimento all’articolo 5, dall’altro modifica il riferimento al comma 3 dell’art. 2 (che disciplina i cosiddetti contratti “a canone concordato”) facendo riferimento a “quello del valore minimo definito ai sensi dell'articolo 2”.

 

Si valuti l’opportunità di specificare a quale valore minimo il giudice deve ancorare la determinazione del canone dovuto ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 431/1998 nel giudizio che accerta l’esistenza del contratto di locazione.

 

Si segnala infine che il nuovo comma 6 dell’art.13, previsto dall'articolo in esame, stabilisce che le norme del comma 5 devono ritenersi applicabili a tutte le ipotesi ivi previste insorte sin dall'entrata in vigore della presente legge.


 

 

Art. 13 L. 431/98 - Testo vigente

Art. 13 L. 431/98 - Nuovo testo

1. E' nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato.

1. È nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato.

È fatto carico al locatore provvedere alla registrazione nel termine perentorio di 30 giorni, dandone documentata comunicazione, nei successivi 60 giorni, al conduttore ed all'amministratore del condominio, anche ai fini dell'ottemperanza agli obblighi di tenuta dell'anagrafe condominiale di cui all'articolo 1130, comma 1, numero 6 del codice civile.

2. Nei casi di nullità di cui al comma 1 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato.

2. Identico.

3. E' nulla ogni pattuizione volta a derogare ai limiti di durata del contratto stabiliti dalla presente legge.

4. Per i contratti di cui al comma 3 dell'articolo 2 è nulla ogni pattuizione volta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello massimo definito, per immobili aventi le medesime caratteristiche e appartenenti alle medesime tipologie, dagli accordi definiti in sede locale.

Per i contratti stipulati in base al comma 1 dell'articolo 2, sono nulli, ove in contrasto con le disposizioni della presente legge, qualsiasi obbligo del conduttore nonché qualsiasi clausola o altro vantaggio economico o normativo diretti

3. Identico.

4. Per i contratti di cui al comma 3 dell'articolo 2 è nulla ogni pattuizione volta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello massimo definito dagli accordi conclusi in sede locale per immobili aventi le medesime caratteristiche e appartenenti alle medesime tipologie.

Per i contratti stipulati in base al comma 1 dell'articolo 2, è nulla, ove in contrasto con le disposizioni della presente legge, qualsiasi pattuizione diretta

 

 

ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito.

ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito.

5. Nei casi di nullità di cui al comma 4 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può richiedere la restituzione delle somme indebitamente versate. Nei medesimi casi il conduttore può altresì richiedere, con azione proponibile dinanzi al pretore,

5. Nei casi di nullità di cui al comma 4 il conduttore, con azione proponibile nel termine-di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può richiedere la restituzione delle somme indebitamente versate. Nei medesimi casi il conduttore può altresì richiedere, con azione proponibile dinanzi all'autorità giudiziaria,

che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 2 ovvero dal comma 3 dell'articolo 2. Tale azione è altresì consentita nei casi in cui il locatore ha preteso l'instaurazione di un rapporto di locazione di fatto, in violazione di quanto previsto dall'articolo 1, comma 4, e

che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 2 ovvero dal comma 3 dell'articolo 2. Tale azione è, altresì, consentita nei casi in cui il locatore non abbia provveduto alla prescritta registrazione del contratto nel termine di cui al comma 1 del presente articolo.

nel giudizio che accerta l'esistenza del contratto di locazione il pretore determina il canone dovuto, che non può eccedere quello definito ai sensi del comma 3 dell'articolo 2 ovvero quello definito ai sensi dell'articolo 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l'alloggio per i motivi ivi regolati; nei casi di cui al presente periodo il pretore stabilisce la restituzione delle somme eventualmente eccedenti.

Nel giudizio che accerta l'esistenza del contratto di locazione il giudice determina il canone dovuto, che non può eccedere quello del valore minimo definito al sensi dell'articolo 2 ovvero quello definito ai sensi dell'articolo 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l'alloggio per i motivi ivi regolati. L'autorità giudiziaria stabilisce la restituzione delle somme eventualmente eccedenti.

 

6. Le norme del comma 5 devono ritenersi applicabili a tutte le ipotesi ivi previste insorte sin dall'entrata in vigore della presente legge.

6. I riferimenti alla registrazione del contratto di cui alla presente legge non producono effetti se non vi è obbligo di registrazione del contratto stesso.

7. Identico.

 


 

Artcolo 1, commi 33-37
(Riduzione IRES)

 

 

I commi da 33 a 37 - non modificati dal Senato - recano disposizioni volte a ridurre l’Imposta sul reddito delle società – IRES, prevedendo una progressiva diminuzione dell’aliquota dal 27,5 al 24 per cento; tale ultima misura del 24 per cento si applica, a regime, dal 2017. Si prevede inoltre una riduzione dell’aliquota della ritenuta (operata a titolo di imposta) sugli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti ad un'imposta sul reddito delle società. L’efficacia delle misure viene subordinata al riconoscimento, in sede europea, dei margini di flessibilità di bilancio correlati all’emergenza immigrazione.

 

In particolare, il comma 33 dispone un progressivo abbassamento della misura dell’aliquota dell’Imposta sui redditi delle società – IRES (misura fissata dall’articolo 77, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, DPR n. 917 del 1986, che viene all’uopo modificato).

L’aliquota si abbassa dal 27,5 al 24,5 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2016, con effetto per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015; si prevede un ulteriore abbassamento al 24 per cento a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016, cioè dal 2017.

 

Il comma 34 abbassa l’aliquota della ritenuta (operata a titolo di imposta) sugli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti ad un'imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo, che consentono un adeguato scambio di informazioni ed ivi residenti, in relazione a partecipazioni, strumenti finanziari e contratti di associazione in partecipazione, non relativi a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato.

In particolare l’aliquota della ritenuta è abbassata dall’1,375 per cento all’1,225 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2016, con effetto per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015; all’1,20 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2017, a regime, con effetto per i periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2016.

 

Il comma 35 subordina l’efficacia dell’abbassamento delle aliquote IRES e ritenuta sugli utili, previsto per l’anno 2016, al riconoscimento in sede europea dei margini di flessibilità correlati all’emergenza derivante dai flussi di immigrazione e della conseguente coerenza con la disciplina europea di un obiettivo di indebitamento programmatico fissato in misura superiore al 2,2 per cento e, comunque, nella misura necessaria alla loro copertura.

Si dispone inoltre che, in caso di mancato riconoscimento, in sede europea, dei suddetti margini di flessibilità per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015 continuano ad applicarsi le aliquote vigenti alla medesima data (27,5 per cento e 1,375 per cento, rispettivamente).

 

Ai sensi del successivo comma 36, in caso di mancato riconoscimento, in sede europea, dei predetti margini di flessibilità, per l’anno 2017, le risorse non più necessarie per la copertura degli oneri derivanti dalle riduzioni IRES e sulle ritenute (di cui ai già menzionati commi 33 e 34) confluiscono nel Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili, istituito dall’articolo 1, comma 200 della legge di stabilità 2015.

Ai maggiori oneri, valutati in 171,7 milioni di euro per l’anno 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione lineare delle dotazioni finanziarie di parte corrente delle missioni di spesa di ciascun ministero, ai sensi delle norme sulla contabilità generale, per quanto riguarda le spese rimodulabili (articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196).

 

Al riguardo, la relazione tecnica precisa che il mancato riconoscimento della flessibilità in sede europea comporta che non venga applicata la minore aliquota e, di conseguenza, per il 2016 e il 2017 vi siano minori oneri in termini di IRES (rispettivamente pari a 2,6 miliardi e 871 milioni di euro). I risparmi previsti per il 2017 confluirebbero nel richiamato Fondo per esigenze indifferibili.

Dal mancato riconoscimento dei margini di flessibilità deriverebbero, tuttavia, maggiori oneri IRPEF e addizionali per il 2018, derivanti dal minor gettito in termini di dividendi e plusvalenze richiamati sopra, che viene stimato in 171,1 milioni e coperto mediante le predette riduzioni lineari.

 

Il comma 37, in conseguenza del taglio disposto dai precedenti commi 33 e 34, affida a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la proporzionale riduzione delle percentuali di esenzione degli utili da partecipazione distribuiti ai soci (ai sensi dell’articolo 47, comma 1, TUIR), delle plusvalenze (articolo 58, comma 2, TUIR) dei dividendi (articolo 59 TUIR), delle plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate (articolo 68, comma 3, TUIR), nonché della quota non imponibile degli utili percepiti dagli enti non commerciali, di cui all’articolo 4, comma 1, lettera q), del decreto legislativo del 12 dicembre 2003, n. 344.

 

Si ricorda in estrema sintesi che, ex articolo 47 TUIR, gli utili percepiti dai soci persone fisiche non imprenditori concorrono alla formazione del reddito imponibile complessivo limitatamente al 49,72% del loro ammontare (DM 4 aprile 2008). Analoga misura vale per i dividendi ex articolo 59.

Similmente, le plusvalenze realizzate (articolo 58, comma 2 TUIR) a decorrere dal 1° gennaio 2009 non concorrono alla formazione del reddito imponibile, in quanto esenti, limitatamente al 50,28 per cento del loro ammontare, analogamente alle plusvalenze ex articolo 68, comma 3 TUIR.

Per quanto riguarda la quota non imponibile degli utili degli enti non commerciali essa è stata abbassata dal 95 al 22,26 per cento dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 655 della legge n. 190 del 2014).

 

La rideterminazione della quota esente delle plusvalenze non trova applicazione nei confronti delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti del territorio dello Stato. Al medesimo decreto del MEF è affidato il compito di dettare la normativa transitoria e le relative decorrenze.

 


 

Articolo 1, commi 38-40
(Esenzione IRAP in agricoltura e pesca)

 

 

I commi dal 38 al 40 dell'articolo - non modificati dal Senato - riguardano l'esenzione dal pagamento dell'IRAP per i settori dell'agricoltura e della pesca, a decorrere dal 2016. A tal fine vengono modificati gli articoli del decreto legislativo n. 446/1997 - istitutivo dell'IRAP - che riguardano tali ambiti.

 

Il comma 38, novellando gli articoli 3, 4, 9, 12 e 45 del d.lgs. 446/1997, determina l'esenzione dall'IRAP per i soggetti che operano nel settore agricolo, per le cooperative di piccola pesca ed i loro consorzi, e per le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale. A legislazione vigente, tale aliquota è pari all’1,90%, dal 1° gennaio 2015.

In particolare, all'articolo 3, comma 2, del citato d.lgs. 446, volto ad esplicitare quelli che non sono soggetti passivi dell'imposta, viene aggiunta la lettera c-bis, che contiene il seguente elenco:

1.   soggetti che esercitano un'attività agricola ai sensi dell’articolo 32 del TUIR;

sulla base dell'articolo 32 sono considerate attività agricole:

a)   le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura;

b)   l'allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste;

c)   le attività dirette (come specificato dal terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile), alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali;

2.   soggetti di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227;

quest'ultimo articolo equipara agli imprenditori agricoli le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali.

3.   cooperative della piccola pesca e loro consorzi, di cui all’articolo 10 del DPR n. 601/1973.

In generale vengono poi soppressi negli articoli del citato d.lgs. 446/1997 tutti i riferimenti al settore agricolo e della pesca.

 

Il comma 39 dispone l'abrogazione del comma 238 dell'articolo 1 della legge . 244/2007, finalizzato all'estensione dell'aliquota IRAP agevolata alle imprese di cui all'articolo 8 del d.lgs. n. 227/2001 sopra richiamato.

Si tratta di una norma di coordinamento, dal momento che dette imprese sono rese esenti dall'IRAP in virtù del comma 6 sopra descritto.

 

Il comma 40 stabilisce che le disposizioni del comma 38 si applicano dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, ovvero dal 2016.

 


 

Articolo 1, commi 41-43
(Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia, riqualificazione energetica e acquisto di mobili)

 

 

I commi da 41 a 43, modificati nel corso dell’esame parlamentare, prevedono la proroga al 31 dicembre 2016 delle detrazioni per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica, mantenendo anche per il 2016 le attuali misure:

§  65 per cento per gli interventi di riqualificazione energetica, inclusi quelli relativi alle parti comuni degli edifici condominiali;

§  50 per cento per le ristrutturazioni e per il connesso acquisto di mobili.

Le giovani coppie, anche di fatto, in cui almeno uno dei due componenti non abbia superato i 35 anni, che hanno acquistato un immobile da adibire ad abitazione principale possono usufruire di una detrazione fiscale del 50 per cento per le spese sostenute per l’acquisto di mobili nel 2016 fino a 16.000 euro.

Viene chiarito che le detrazioni per gli interventi di riqualificazione energetica sono usufruibili anche dagli IACP, comunque denominati, per le spese sostenute, dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016, per gli interventi realizzati su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica.

Detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica

Più in dettaglio, il comma 41, lettera a), modifica l’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, dedicato alla proroga delle detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica, sostituendo la data del 31 dicembre 2015, ovunque ricorre, con la data del 31 dicembre 2016.

Conseguentemente, le disposizioni concernenti la detrazione d'imposta per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici (previste dall'articolo 1, comma 48, della legge n. 220 del 2010) si applicano nella misura del 65 per cento per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del D.L. n. 63 del 2013) fino al 31 dicembre 2016.

Con la norma in esame, pertanto, viene prorogata di un anno la misura della detrazione al 65 per cento, attualmente prevista sino al 31 dicembre 2015.

L’agevolazione per la riqualificazione energetica degli edifici consiste nel riconoscimento di detrazioni d’imposta in percentuale delle spese sostenute, da ripartire in rate annuali di pari importo, entro un limite massimo di detrazione, diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti. Si tratta di riduzioni dall’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) e dall’Ires (Imposta sul reddito delle società) concesse per interventi che aumentino il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti e che riguardano, in particolare, le spese sostenute per:

§  la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento: detrazione massima 100.000 euro;

§  il miglioramento termico dell’edificio (finestre, comprensive di infissi, coibentazioni, pavimenti): detrazione massima 60.000 euro;

§  l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda: detrazione massima 60.000 euro;

§  la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale (inclusi quelli dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili): detrazione massima 30.000 euro;

§  l’acquisto e la posa in opera delle schermature solari, di cui all’allegato M del D.Lgs. n. 311 del 2006: detrazione massima 60.000 euro.

 

La detrazione si applica, nella misura del 65 per cento, anche alle spese documentate e rimaste a carico del contribuente per interventi relativi alle parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari di cui si compone il singolo condominio.

 

In sintesi la normativa al riguardo prevede che:

§  la detrazione dalle imposte sui redditi (Irpef o Ires) è pari al 65 per cento delle spese sostenute, entro il limite massimo che varia a seconda della tipologia dell'intervento eseguito;

§  l'agevolazione non è cumulabile con altri benefici fiscali previsti da disposizioni di legge nazionali (come, ad esempio, la detrazione per il recupero del patrimonio edilizio) o altri incentivi riconosciuti dall'Unione europea; dal 1° gennaio 2009 la detrazione non è cumulabile con eventuali incentivi riconosciuti dall'Unione europea, dalle regioni o dagli enti locali;

§  non è necessario effettuare alcuna comunicazione preventiva di inizio dei lavori all'Agenzia delle entrate;

§  i contribuenti non titolari di reddito d'impresa devono effettuare il pagamento delle spese sostenute mediante bonifico bancario o postale (i titolari di reddito di impresa sono invece esonerati da tale obbligo e possono provare la spesa con altra idonea documentazione);

§  è previsto l'esonero dalla presentazione della certificazione energetica per la sostituzione di finestre, per gli impianti di climatizzazione invernale e per l'installazione di pannelli solari;

§  al momento del pagamento del bonifico effettuato dal contribuente che intende avvalersi della detrazione, le banche e le Poste Italiane Spa hanno l'obbligo di effettuare una ritenuta a titolo di acconto dell'imposta sul reddito dovuta dall'impresa che effettua i lavori; la legge di stabilità per il 2015 ha elevato la misura della ritenuta dal 4 all'8 per cento;

§  per gli interventi eseguiti dal 2011 è obbligatorio ripartire la detrazione in dieci rate annuali di pari importo (per gli anni 2009 e 2010 andava ripartita in cinque rate);

§  i soggetti che intendono avvalersi della detrazione sono tenuti ad acquisire l'asseverazione di un tecnico abilitato che attesti la rispondenza dell'intervento ai pertinenti requisiti richiesti dal D.M. 19 febbraio 2007 (GU 26 febbraio 2007, n. 47) ed a trasmettere, entro novanta giorni dalla fine dei lavori, all'ENEA copia dell'attestato di certificazione energetica, ovvero di qualificazione energetica, nonché la scheda informativa relativa agli interventi realizzati (di cui all'allegato E del citato D.M.).

 

La norma che ha introdotto l'agevolazione è contenuta nei commi da 344 a 349 dell'articolo unico della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006); successivamente la normativa in materia è stata più volte modificata con riguardo, in particolare, alle procedure da seguire per avvalersi correttamente delle agevolazioni.

L'articolo 1, comma 48, della legge n. 220 del 2010 (legge di stabilità per il 2011) ha stabilito una proroga per usufruire delle detrazioni per le spese sostenute e documentate sino al 31 dicembre 2011 o, per i soggetti con periodo d'imposta non coincidente con l'anno solare, fino al periodo d'imposta in corso alla predetta data.

L'articolo 4, comma 4, del D.L. n. 201 del 2011 ha prorogato fino al 31 dicembre 2012 la detrazione Irpef del 55 per cento delle spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio. La stessa norma ha esteso la detrazione del 55 per cento anche alle spese per interventi di sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria, nel limite massimo di 30.000 euro. A decorrere dal 1° gennaio 2013 era previsto che per tutti gli interventi sopra descritti si applicasse la detrazione del 36 per cento come modificata dal nuovo articolo 16-bis del TUIR. Successivamente il D.L. n. 83 del 2012 ha prorogato l'applicazione della detrazione del 55 per cento sino al 30 giugno 2013.

Il D.L. n. 63 del 2013 (articolo 14) ha prorogato le detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica fino al 31 dicembre 2013 elevando la misura al 65 per cento, per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del provvedimento). Inoltre, con riferimento agli interventi di riqualificazione energetica relativi a parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari del singolo condominio, la norma prevede l'applicazione della detrazione d'imposta del 65 per cento per le spese sostenute dall'entrata in vigore del decreto (6 giugno 2013) sino al 30 giugno 2014. Il D.L. 63/2013 ha, inoltre, previsto che l'ENEA effettui il monitoraggio e la valutazione del risparmio energetico conseguito a seguito della realizzazione degli interventi di riqualificazione energetica di edifici e degli interventi relativi a parti comuni degli edifici condominiali (articolo 14, comma 3-bis). L'attività di monitoraggio si basa sull'elaborazione delle informazioni contenute nelle richieste di detrazione per via telematica, sulla trasmissione di una relazione sui risultati degli interventi e sul costante aggiornamento del sistema di reportistica multi-anno delle dichiarazioni ai fini delle detrazioni medesime. E' istituita, poi, presso il Gestore dei servizi energetici S.p.A. (GSE) una banca dati nazionale (art. 15-bis) in cui far confluire i flussi di dati relativi ai soggetti beneficiari di incentivi o sostegni finanziari per attività connesse ai settori dell'efficienza energetica e della produzione di energia da fonti rinnovabili.

La lettera b) del comma 139 dell'articolo unico della legge di stabilità per il 2014 ha previsto la proroga delle detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica, nella misura del 65 per cento, per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2014. La norma prevedeva la riduzione della detrazione al 50 per cento per le spese sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015 (abrogata dalla legge di stabilità per il 2015).

La legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014, articolo 1, comma 47, lettera a)) ha prorogato la detrazione fiscale per gli interventi di efficienza energetica nella misura del 65 per cento per le spese fino al 31 dicembre 2015, introducendo due nuovi tipi di spesa agevolabili: quella per l'acquisto e la posa in opera delle schermature solari, di cui all'allegato M del D.Lgs. n. 311 del 2006, sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015, fino a un valore massimo della detrazione di 60.000 euro; il nuovo comma 2-bis dell'articolo 14 del D.L. n. 63 del 2013 ha chiarito inoltre che la detrazione del 65 per cento si applica altresì alle spese sostenute per l'acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili, sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015, fino a un valore massimo della detrazione di 30.000 euro.

Si segnala infine la guida dell'Agenzia delle entrate sugli interventi di riqualificazione energetica (aggiornata a gennaio 2015).

Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione ed efficienza energetica e idrica

Il comma 41, lettera b), modifica l'articolo 15 del D.L. n. 63 del 2013, prorogando di un anno, al 31 dicembre 2016, il termine entro il quale dovranno essere definiti misure ed incentivi selettivi di carattere strutturale, finalizzati a favorire la realizzazione di interventi per il miglioramento, l'adeguamento antisismico e la messa in sicurezza degli edifici esistenti, nonché per l’incremento del loro rendimento energetico e dell’efficienza idrica.

Il citato articolo 15 prevede che nelle more della riforma di carattere strutturale, per tali interventi si applicano le disposizioni che prevedono le detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica e per interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili.

Si ricorda che l’articolo 15 prevede che nella definizione delle misure e degli incentivi suddetti è compresa l'installazione di impianti di depurazione delle acque da contaminazione di arsenico di tipo domestico, produttivo e agricolo nei comuni dove è stato rilevato il superamento del limite massimo di tolleranza stabilito dall'Organizzazione mondiale della sanità o da norme vigenti, ovvero dove i sindaci o altre autorità locali sono stati costretti ad adottare misure di precauzione o di divieto dell'uso dell'acqua per i diversi impieghi. Nella definizione delle misure di carattere strutturale si deve, inoltre, tener conto dell'opportunità di agevolare ulteriori interventi, quali ad esempio le schermature solari, la micro-cogenerazione e la micro-trigenerazione per il miglioramento dell'efficienza energetica, nonché interventi per promuovere l'incremento dell'efficienza idrica e per la sostituzione delle coperture di amianto negli edifici.

Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia

Il comma 41, lettera c), modifica l'articolo 16 del D.L. n. 63 del 2013, con il quale è stata disposta la proroga delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili, sostituendo la data del 31 dicembre 2015, ovunque ricorre, con la data del 31 dicembre 2016.

Pertanto per le spese documentate, relative agli interventi di recupero del patrimonio edilizio (indicati nel comma 1 dell’articolo 16-bis del TUIR), spetta una detrazione dall'imposta lorda - fino ad un ammontare complessivo non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare - pari al 50 per cento, per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2016. Con la norma in esame, pertanto, viene prorogata di un anno la misura della detrazione al 50 per cento, attualmente prevista sino al 31 dicembre 2015.

La proroga sino al 31 dicembre 2016 comprende anche la detrazione del 65 per cento per gli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche (articolo 16, comma 1-bis, il quale richiama l’articolo 16-bis, comma 1, lettera i) del TUIR, elevando il limite di spesa a 96.000 euro per unità immobiliare e la misura della detrazione al 65 per cento).

 

Si ricorda che le misure antisismiche in parola devono riguardare edifici che si trovano nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) individuate dall’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003. Per ottenere il beneficio fiscale le procedure autorizzatorie degli interventi devono essere state attivate dopo l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 63 del 2013 (ossia dopo il 4 agosto 2013).

Gli interventi antisismici previsti dall’articolo 16-bis del TUIR riguardano, in particolare, l'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica (in particolare sulle parti strutturali) la redazione della documentazione obbligatoria atta a comprovare la sicurezza statica del patrimonio edilizio, nonché la realizzazione degli interventi necessari al rilascio della suddetta documentazione. Gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche e all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica devono essere realizzati sulle parti strutturali degli edifici o complessi di edifici collegati strutturalmente e comprendere interi edifici e, ove riguardino i centri storici, devono essere eseguiti sulla base di progetti unitari e non su singole unità immobiliari.

 

La detrazione fiscale per il recupero del patrimonio edilizio è concessa (comma 1 dell’articolo 16-bis del D.P.R. n. 917 del 1986) per i seguenti interventi:

§  manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, effettuati su tutte le parti comuni degli edifici residenziali;

§  manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, e sulle loro pertinenze;

§  ricostruzione o ripristino di immobili danneggiati a seguito di eventi calamitosi, quando sia stato dichiarato lo stato di emergenza, anche se non rientranti nelle tipologie di intervento di cui ai primi due punti;

§  realizzazione di autorimesse o di posti auto pertinenziali, anche di proprietà comune;

§  eliminazione di barriere architettoniche;

§  adozione di misure finalizzate a prevenire il rischio di atti illeciti da parte di terzi;

§  realizzazione di interventi di cablatura degli edifici e di contenimento di inquinamento acustico;

§  conseguimento di risparmi energetici;

§  adozione di misure antisismiche;

§  bonifica dall'amianto ed esecuzione di opere volte ad evitare gli infortuni domestici.

Il comma 2 dell’articolo 16-bis del TUIR ricomprende tra le spese sostenute quelle di progettazione e per prestazioni professionali connesse all'esecuzione delle opere edilizie e alla messa a norma degli edifici ai sensi della legislazione vigente in materia.

Il comma 3 riconduce a regime la detrazione d'imposta del 36 per cento sugli interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia, riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie che provvedono, entro 18 mesi dalla data del termine dei lavori, alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile (la legge di stabilità per il 2015 ha esteso da sei a diciotto mesi il periodo di tempo entro il quale le imprese di costruzione o ristrutturazione devono provvedere all’alienazione o assegnazione dell'immobile per fruire della detrazione). Anche per questi interventi la misura della detrazione è del 50 per cento per le spese per l’acquisto dell’immobile sostenute nel periodo compreso tra il 26 giugno 2012 e il 31 dicembre 2016 (termine così modificato dalla norma in esame) e spetta entro l’importo massimo di 96.000 euro (invece che 48.000 euro).

Tra le altre disposizioni introdotte in materia si segnalano:

§  l'abolizione dell'obbligo di invio della comunicazione di inizio lavori al Centro operativo di Pescara (articolo 7, co.2, del D.L. n. 70 del 2011);

§  l'elevazione all'8 per cento della percentuale della ritenuta d'acconto sui bonifici che banche e Poste hanno l'obbligo di operare (legge n. 190 del 2014, articolo 1, comma 657);

§  l'obbligo, chiarito con la risoluzione n. 55/E del 7 giugno 2012 dell'Agenzia delle entrate, di utilizzare un bonifico "parlante" dal quale risulti: 1) la causale del versamento; 2) il codice fiscale del beneficiario della detrazione; 3) il numero di partita IVA ovvero il codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato;

§  l'eliminazione dell'obbligo di indicare il costo della manodopera, in maniera distinta, nella fattura emessa dall'impresa che esegue i lavori (articolo 7, comma 2, lett. r), del D.L. n. 70 del 2011); tale soppressione ha effetto anche per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici;

§  la facoltà riconosciuta al venditore, nel caso in cui l'unità immobiliare sulla quale sono stati eseguiti i lavori sia ceduta prima che sia trascorso l'intero periodo di godimento della detrazione, di scegliere se continuare a usufruire delle detrazioni non ancora utilizzate o trasferire il diritto all'acquirente (persona fisica) dell'immobile (commi 12-bis e 12-ter dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011);

§  l'obbligo per tutti i contribuenti di ripartire l'importo detraibile in 10 quote annuali.

 

La detrazione fiscale per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio è stata introdotta dall'articolo 1, commi 5 e 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, successivamente modificata e prorogata e, infine, resa stabile dal D.L. n. 201 del 2011 (art. 4, comma 1, lett. c)) che ha inserito nel D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR) l’articolo 16-bis. Per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 fino al 30 giugno 2013, l'articolo 11, comma 1, del D.L. n. 83 del 2012 ha aumentato la misura della detrazione dal 36 per cento al 50 per cento ed ha innalzato il limite di spesa massima agevolabile da 48.000 a 96.000 euro per unità immobiliare. Con l'articolo 16, comma 1, del D.L. n. 63 del 2013 sono stati prorogati al 31 dicembre 2013 l'innalzamento della detrazione al 50 per cento e l'ammontare complessivo di spesa di 96.000 euro. Nel corso della conversione del D.L. n. 63 del 2013, inoltre, sono state introdotte due rilevanti novità:

§  una detrazione del 50 per cento per le spese sostenute per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+, (per i forni la classe A), nonché delle apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica, finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione, per un importo massimo complessivo non superiore a 10.000 euro, da ripartire in dieci quote annuali;

§  una detrazione del 65 per cento delle spese per misure antisismiche su costruzioni che si trovano nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2), se adibite ad abitazione principale o ad attività produttive.

Da ultimo la legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014, articolo 1, comma 47) ha disposto la proroga delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili, nonché della detrazione del 65 per cento per gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche.

Si segnala che con lo stesso provvedimento è stata elevata dal 4 all'8 per cento la misura della ritenuta operata da banche e Poste sugli accrediti di bonifici disposti per beneficiare delle detrazioni fiscali connesse agli interventi di ristrutturazione e di risparmio energetico degli edifici (legge di stabilità 2015, comma 657).

Si segnalano le guide dell'Agenzia delle entrate sulle ristrutturazioni edilizie (aggiornata ad aprile 2015) e sul bonus mobili (aggiornata ad aprile 2015).

Detrazioni fiscali per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici

La modifica introdotta dal comma 41, lettera c) all'articolo 16 del D.L. n. 63 del 2013 riguarda anche la detrazione fiscale per l'acquisto di mobili ed elettrodomestici, la quale viene ugualmente prorogata fino al 31 dicembre 2016.

Si ricorda che il comma 2 dell’articolo 16 riconosce ai contribuenti che usufruiscono della detrazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia una detrazione del 50 per cento per le ulteriori spese, fino ad un ammontare massimo di 10.000 euro, documentate e sostenute per l'acquisto dei seguenti prodotti finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione:

§  mobili;

§  grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+;

§  forni di classe non inferiore ad A.

Le spese per l’acquisto di mobili sono calcolate indipendentemente da quelle sostenute per i lavori di ristrutturazione. In altri termini, le spese per l’acquisto di mobili possono anche essere più elevate di quelle per i lavori di ristrutturazione, fermo restando il tetto dei 10.000 euro. Si ricorda che la disposizione della legge di stabilità 2014 che prevedeva che tali spese non potessero essere superiori a quelle sostenute per i lavori di ristrutturazione è stata abrogata dall’articolo 7 del D.L. n. 47 del 2014.

Si evidenzia inoltre che con la circolare n. 29/E del 18 settembre 2013 l'Agenzia delle entrate, tra l'altro, ha fornito informazioni su modalità di pagamento, diritto alla detrazione, tipologia di mobili interessati e elettrodomestici.

 

Il comma 42 prevede un’ulteriore ipotesi di detrazione fiscale per l’acquisto esclusivamente di mobili da adibire ad arredo dell’abitazione principale acquistata da giovani coppie, anche di fatto. Anche in questo caso la misura della detrazione è del 50 per cento, da ripartire tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo, per le spese sostenute nel 2016, ma il limite di spesa è aumentato a 16.000 euro (limite così modificato nel corso dell’esame al Senato; il ddl originario prevedeva il limite di 8.000 euro).

In questo caso, pertanto, la condizione per usufruire della detrazione non è quella di una ristrutturazione edilizia in corso (come nel caso del bonus mobili appena descritto), ma l’aver acquistato un immobile da adibire ad abitazione principale da parte di “giovani coppie”.

L’ultimo periodo del comma 2 precisa che tale detrazione non è cumulabile con il bonus mobili.

Destinatari di tale agevolazione sono le “giovani coppie” costituenti un nucleo familiare costituito da coniugi o da conviventi more uxorio che abbiano costituito nucleo da almeno 3 anni. Si ricorda che la convivenza more uxorio può essere dimostrata mediante il certificato di stato di famiglia che attesta la comune residenza (anche mediante autocertificazione, ai sensi dell’articolo 46 del D.P.R. n. 445 del 2000). Almeno uno dei componenti del nucleo familiare non deve aver superato i 35 anni.

Occorrerebbe precisare in quale momento uno dei due componenti non deve aver superato i 35 anni: presumibilmente alla data di acquisto dei mobili. Non è definito dalla norma, inoltre, quando deve essere stato perfezionato l’acquisto della casa da parte della giovane coppia.

 

Si segnala che un’altra definizione di «giovane coppia» è contenuta nel decreto interministeriale 31 luglio 2014, attuativo del comma 48, lettera c), della legge n. 147 del 2013, il quale ha istituito il Fondo di garanzia per la prima casa, per la concessione di garanzie, a prima richiesta, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari. Il decreto definisce «giovane coppia» il nucleo familiare costituito da coniugi o da conviventi more uxorio che abbiano costituito nucleo da almeno due anni, in cui almeno uno dei due componenti non abbia superato i trentacinque anni alla data di presentazione della domanda di finanziamento.

Estensione degli interventi di riqualificazione energetica agli IACP

Il comma 43 estende la possibilità di usufruire delle detrazioni per gli interventi di riqualificazione energetica anche agli IACP, comunque denominati, per le spese sostenute, dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016, per gli interventi realizzati su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica.

Si ricorda che le detrazioni per gli interventi di riqualificazione energetica possono essere utilizzate anche con riferimento all’IRES. Prima della modifica in commento, tuttavia, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che i titolari di reddito d’impresa possono fruire della detrazione solo con riferimento ai fabbricati strumentali da essi utilizzati nell’esercizio della loro attività imprenditoriale. Non sono strumentali gli immobili che, pur potendo essere considerati tali rispetto alle finalità che il soggetto di imposta persegue attraverso l’esercizio dell’impresa, costituiscono, nel contempo, l’oggetto della predetta attività imprenditoriale, come nell’ipotesi degli immobili locati a terzi (risoluzione n. 340/E del 1° agosto 2008).

Si segnala che il decreto-legge n. 47 del 2014 (c.d. "decreto casa") ha previsto un programma di recupero degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (articolo 4). In attuazione di tale norma è stato emanato il decreto ministeriale 16 marzo 2015 il quale ha definito i criteri per la formulazione di un programma di recupero e razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, di proprietà dei comuni e degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, costituiti anche in forma societaria, e degli enti di edilizia residenziale pubblica aventi le stesse finalità degli IACP. Tale programma deve prevedere il ripristino di alloggi di risulta e la manutenzione straordinaria degli alloggi anche ai fini dell'adeguamento energetico, impiantistico statico e del miglioramento sismico degli immobili

Si segnala inoltre che l'articolo 6 del decreto-legge n. 47 del 2014 ha disposto che i redditi derivanti dalla locazione di alloggi sociali, di nuova costruzione o per i quali sono stati realizzati interventi di manutenzione straordinaria o di recupero, non concorrono alla formazione del reddito d’impresa ai fini delle imposte sui redditi né alla formazione del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive, nella misura del 40 per cento (per dieci anni dall'ultimazione dei lavori). Sono state inoltre previste delle detrazioni fiscali per i conduttori di alloggi sociali adibiti ad abitazione principale (articolo 7).

 

Si segnala lo studio realizzato dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con l'istituto di ricerca CRESME su "Il recupero e la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio: una stima dell'impatto delle misure di incentivazione". Gli incentivi fiscali in esame hanno interessato dal 1998 al 2015 oltre 12,5 milioni di interventi. Nello stesso periodo le misure di incentivazione fiscale hanno attivato investimenti pari a 207 miliardi di euro (una media di 11 miliardi di euro all'anno a valori correnti), di cui 178 miliardi hanno riguardato il recupero edilizio e poco meno di 30 miliardi la riqualificazione energetica. Il dato a consuntivo per il 2014 indica un volume di investimenti pari a 28,5 miliardi di euro, di cui 24,5 miliardi di euro sono relativi al recupero e 3,9 alla riqualificazione energetica. Gli investimenti veicolati dalle misure di incentivazione fiscale hanno avuto un impatto importante sull'occupazione che, nel periodo 2008-2015, ha riguardato oltre 2 milioni di occupati, con una media di 111.000 occupati diretti all'anno. Nel 2014 le stime, complessive anche dell'indotto, riguardano 424.800 occupati.

 


 

Articolo 1, commi 44 e 45
(Disposizioni in materia di edilizia popolare)

 

 

I commi 44 e 45, inseriti al Senato, estendono l’applicazione di agevolazioni fiscali previste per gli Istituti autonomi case popolari, comunque denominati (e loro consorzi), anche agli enti aventi le stesse finalità sociali degli IACP, purché siano stati costituiti e siano operanti al 31 dicembre 2013 e siano stati istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione comunitaria in materia di in house providing.

 

Le agevolazioni fiscali di cui si tratta sono:

§  la riduzione dell’IRES alla metà, come previsto dall’articolo 6 del D.P.R. n. 601 del 1973 (comma 44).

Tale agevolazione è riconosciuta dall’articolo 6 del D.P.R. n. 601 del 1973, oltre che per gli IACP, comunque denominati, e loro consorzi, anche per: enti e istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza; istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro, corpi scientifici, accademie, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali; enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di istruzione.

§  l’esclusione dalla base imponibile a fini IRES dei finanziamenti erogati dallo Stato, dalle Regioni e dalle Province autonome per la costruzione, ristrutturazione e manutenzione straordinaria ed ordinaria di immobili di edilizia residenziale pubblica concessi a tali società in house aventi le finalità sociali degli IACP (operanti al 31 dicembre 2013) (comma 45).

L’articolo 88, comma 3, lettera b), del D.P.R. n. 916 del 1986 (TUIR) include nella base imponibile dell’IRES i proventi conseguiti a titolo di contributo o di liberalità, considerandoli sopravvenienze attive. La stessa norma prevede che non si considerano contributi o liberalità i finanziamenti erogati dallo Stato, dalle Regioni e dalle Province autonome per la costruzione, ristrutturazione e manutenzione straordinaria ed ordinaria di immobili di edilizia residenziale pubblica concessi agli IACP, comunque denominati, nonché quelli erogati alle cooperative edilizie a proprietà indivisa e di abitazione per la costruzione, ristrutturazione e manutenzione ordinaria e straordinaria di immobili destinati all’assegnazione in godimento o locazione.

 

Per beneficiare delle descritte agevolazioni fiscali gli enti devono:

§  avere le stesse finalità degli IACP;

§  essere stati costituiti ed essere operanti al 31 dicembre 2013;

§  essere istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione comunitaria in materia di in house providing.

 

In base alla legislazione comunitaria i predetti requisiti sono soddisfatti quando l’ente pubblico esercita sulla società, soggetto giuridicamente distinto da esso, un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi e qualora la società realizza la parte più importante della propria attività con l’ente pubblico.


 

Articolo 1, commi 46-52
(Ammortamenti)

 

 

I commi 46-52 prevedono, ai fini delle imposte sui redditi, a vantaggio dei soggetti titolari di reddito d'impresa e degli esercenti arti e professioni, un ammortamento del 140 per cento in relazione ai beni materiali strumentali nuovi acquistati dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016; vengono inoltre maggiorati del 40 per cento i limiti per la deduzione delle quote di ammortamento con riferimento ai mezzi di trasporto a motore che non vengono utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa. Dette agevolazioni non possono essere utilizzate ai fini degli acconti dovuti per i periodi di imposta in corso al 31 dicembre 2015 e al 31 dicembre 2016.

 

Il comma 46 stabilisce che ai fini delle imposte sui redditi, per i soggetti titolari di reddito d’impresa e per gli esercenti arti e professioni che effettuano investimenti in beni materiali strumentali nuovi dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016, con esclusivo riferimento alla determinazione delle quote di ammortamento, il costo di acquisizione è maggiorato del 40 per cento.

 

Il comma 47 dispone la maggiorazione del 40 per cento dei limiti rilevanti per la deduzione delle quote di ammortamento dei mezzi di trasporto a motore che non vengono utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa, limiti individuati a legislazione vigente dall'articolo 164, comma 1, lettera b) del testo unico delle imposte sui redditi - TUIR (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917).

Si tratta dell'individuazione dei limiti di deduzione delle spese e degli altri componenti negativi relativi a taluni mezzi di trasporto a motore, utilizzati nell'esercizio di imprese, arti e professioni. La lettera b) stabilisce la misura del 20 per cento relativamente a: autovetture, autocaravan, ciclomotori e motocicli che non siano utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa. Tale percentuale è elevata all'80 per cento per i veicoli utilizzati dai soggetti esercenti attività di agenzia o di rappresentanza di commercio. Nel caso di esercizio di arti e professioni in forma individuale, la deducibilità è ammessa, nella misura del 20 per cento, limitatamente ad un solo veicolo; se l'attività è svolta da società semplici la deducibilità è consentita soltanto per un veicolo per ogni socio. Non si tiene conto: della parte del costo di acquisizione che eccede lire 35 milioni (euro 18.076) per le autovetture e gli autocaravan, lire 8 milioni (euro 4.132) per i motocicli, lire 4 milioni (euro 2.066) per i ciclomotori; dell'ammontare dei canoni proporzionalmente corrispondente al costo di detti veicoli che eccede i limiti indicati, se i beni medesimi sono utilizzati in locazione finanziaria; dell'ammontare dei costi di locazione e di noleggio che eccede lire 7 milioni (euro 3.615) per le autovetture e gli autocaravan, lire 1,5 milioni (euro 775) per i motocicli, lire ottocentomila (413 euro) per i ciclomotori. I limiti predetti, che con riferimento al valore dei contratti di locazione anche finanziaria o di noleggio vanno ragguagliati ad anno, possono essere variati, tenendo anche conto delle variazioni dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati verificatesi nell'anno precedente, con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. Il predetto limite di 35 milioni (euro 18.076) di lire per le autovetture è elevato a 50 milioni (euro 25.823) di lire per gli autoveicoli utilizzati da agenti o rappresentanti di commercio.

 

In base al comma 48, la disposizione contenuta nel comma 46 non si applica agli acquisti di beni materiali strumentali per i quali il D.M. 31 dicembre 1988 stabilisce coefficienti di ammortamento inferiori al 6,5%, agli acquisti di fabbricati e di costruzioni, nonché agli acquisti dei beni di cui allo specifico allegato 3 contenuto nel disegno di legge in esame.

Tale allegato si riferisce in particolare a condutture, condotte, materiale rotabile e aerei. Con modifica approvata dal Senato, nel citato allegato 3, con riferimento al "Materiale rotabile, ferroviario e tranviario (motrici escluse)" viene specificato che fanno eccezione i macchinari e le attrezzature, anche circolanti su rotaia, necessari all'esecuzione di lavori di manutenzione e costruzione di linee ferroviarie e tranviarie.

 

A norma del comma 49, le disposizioni dei commi 46 e 47 non producono effetti sulla determinazione degli acconti dovuti per i periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2015 ed al 31 dicembre 2016.

 

Il comma 50 riduce i tempi di ammortamento di cui al comma 10 dell'articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008, relativo ai beni immateriali nell'ambito delle operazioni di aggregazione aziendale, portando l'aliquota dall'attuale valore massimo del 10 per cento ad un massimo del 20 per cento.

Detto articolo 15 riguarda il riallineamento e la rivalutazione volontari di valori contabili; nel comma 10 viene incrementata da un decimo ad un quinto, ai fini dell'ammortamento dei beni immateriali, la quota deducibile del maggior valore dell'avviamento e dei marchi d'impresa, in relazione alla riallineamento volontario dei valori contabili.

 

Il comma 51 stabilisce che la disposizione di cui al comma 50 si applica alle operazioni di aggregazione aziendale poste in essere a decorrere dall'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015.

La relazione illustrativa esplicita che la disciplina alla quale fanno riferimento i commi 50 e 51, prevedendo la neutralità di tali operazioni, determina naturalmente un disallineamento tra valori civili e fiscali, salvo opzione, per l'applicazione dell'imposta sostitutiva (del 12, del 14 e del 16 per cento) di cui all'articolo 176, comma 2-ter, del TUIR per il riallineamento degli elementi dell'attivo costituenti immobilizzazioni materiali e immateriali ovvero per l'applicazione dell'imposta sostitutiva nella misura massima del 16 per cento ai sensi dell'articolo 15, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, per il riallineamento dell'avviamento, dei marchi e delle altre immobilizzazioni immateriali. Il riconoscimento ai fini fiscali dei maggiori valori assoggettati ad imposta sostitutiva opera a decorrere dall'inizio del periodo di imposta nel quale è versata l'imposta sostitutiva, mentre la deduzione dei relativi ammortamenti è ammessa a partire dal periodo di imposta successivo.

 

Il Senato ha inserito un nuovo comma (52), in base al quale le disposizioni in esame non producono effetti sui valori stabiliti per l'elaborazione e il calcolo degli studi di settore.

 


 

Articolo 1, commi 53-55
(Regime fiscale di professionisti e imprese di piccole dimensioni)

 

 

I commi da 53 a 55 modificano il regime forfetario di determinazione del reddito da assoggettare a un'unica imposta sostitutiva con l'aliquota del 15 per cento introdotto dalla legge di stabilità 2015 per gli esercenti attività d'impresa e arti e professioni in forma individuale.

In linea generale è allargato il perimetro di applicabilità: sono aumentate le soglie dei ricavi per accedere al regime ed è estesa a cinque anni la disciplina di vantaggio con aliquota forfetaria al 5 per cento (anziché al 15). Si modifica, poi, il calcolo per la contribuzione dovuta a fini previdenziali: in luogo dell'esclusione dell’applicazione della contribuzione previdenziale minima (alla quale quindi è possibile nuovamente accedere), si prevede l'applicazione di una riduzione pari al 35% della contribuzione ordinaria INPS dovuta ai fini previdenziali.

 

 

Il regime forfetario agevolato

Si ricorda che la legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014, articolo 1, commi 54-89) ha istituito il nuovo regime forfetario di determinazione del reddito per gli esercenti attività d'impresa e arti e professioni in forma individuale, con un'unica imposta sostitutiva dell'Irpef, delle addizionali regionali e comunali e dell'Irap con l'aliquota del 15 per cento. Per accedere al regime agevolato, che costituisce il regime “naturale” per chi possiede i requisiti, sono previste delle soglie di ricavi ovvero di compensi diverse a seconda del tipo di attività esercitata.

Sono previsti inoltre dei vantaggi sul versante degli adempimenti, che sono fortemente semplificati (es. esonero dalle comunicazioni per lo spesometro, black list e dichiarazioni d’intento), nonché per il regime contributivo: chi esercita attività d’impresa può, infatti, scegliere di non essere assoggettato alla contribuzione previdenziale minima, calcolando i contributi sulla base del reddito dichiarato. Si evidenzia che la disciplina contributiva è stata modificata dall’articolo in esame (si veda oltre il comma 1, lett. d)).

Il regime fiscale agevolato ha sostituito i regimi "di favore" previgenti, ovvero il regime agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo (con aliquota al 10 per cento), il regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (i previgenti "minimi" con aliquota al 5 per cento), il regime contabile agevolato (per gli "ex minimi").

Tra gli elementi distintivi del regime forfetario rispetto ai previgenti minimi si segnala che possono accedervi anche coloro che sostengono spese per il personale, per un massimo di 5 mila euro, e coloro che effettuano cessioni all'esportazione; tra i requisiti per l'accesso il limite degli investimenti in beni strumentali non è più calcolato sugli acquisti effettuati nel triennio precedente ma sul valore degli stessi alla fine dell'esercizio precedente (stock) che non deve superare i 20 mila euro.

Dagli ultimi dati dell’Osservatorio delle partite IVA del MEF si evince che nello scorso mese di luglio 1.249 soggetti hanno aderito al nuovo regime forfetario, mentre 4.016 soggetti hanno aderito al regime fiscale di vantaggio. Complessivamente, tali adesioni rappresentano il 32,4 per cento del totale delle nuove aperture.

Si ricorda, infine, che la delega fiscale (legge n. 23 del 2014, articolo 11, comma 1, lett. b)) prevedeva una riforma complessiva del regime dei minimi, con l’istituzione di regimi semplificati per i contribuenti di minori dimensioni, nonché, per i contribuenti di dimensioni minime, di regimi che prevedano il pagamento forfetario di un'unica imposta in sostituzione di quelle dovute; la delega contemplava eventuali agevolazioni in favore dei soggetti che sostengono costi od oneri per il ricorso a mezzi di pagamento tracciabili. Sul punto sono intervenuti successivamente, come detto, la legge di stabilità 2015 e il D.L. n. 192 del 2014. In ogni caso, per tali aspetti la delega, che scadeva il 27 giugno 2015, non ha trovato attuazione.

 

 

Il comma 53 modifica alcuni aspetti della disciplina introdotta dalla legge n. 190 del 2014 (articolo 1, commi 54-89) che ha istituito il regime forfettario.

In particolare, la lettera a) del comma 1 abroga la lettera d) del comma 54 la quale prevede, quale condizione per accedere al regime forfetario, che in caso di redditi di natura mista i redditi conseguiti nell’attività di impresa, arti e professioni siano stati nell’anno precedente prevalenti rispetto a quelli percepiti come redditi di lavoro dipendente e assimilati; la verifica della suddetta prevalenza non è, comunque, rilevante se il rapporto di lavoro è cessato o la somma dei redditi d'impresa, dell'arte o professione e di lavoro dipendente o assimilato non eccede l'importo di 20.000 euro.

La lettera b) del comma 1, inserendo la lettera d-bis) al comma 57, introduce un’ulteriore ipotesi in cui non è possibile avvalersi del regime forfettario. Si tratta dei soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e assimilati eccedenti l’importo di 30.000 euro; la verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato.

Dalle due modifiche in esame si evince che possono accedere al regime forfettario i lavoratori dipendenti e i pensionati con una attività in proprio, nel rispetto dei valori soglia dei ricavi e dei compensi stabiliti per ciascun settore, a condizione che il loro reddito da lavoro dipendente o assimilato ovvero da pensione non abbia superato nell’anno precedente i 30.000 euro.

 

Il comma 53, lett. c) estende temporalmente la disciplina di vantaggio prevista per le nuove attività: per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro successivi (in luogo degli attuali due) l’aliquota forfetaria è stabilita nella misura del 5 per cento (il comma 65 dell’articolo unico della legge n. 190 del 2014 qui modificato prevede invece la riduzione di un terzo del reddito imponibile). Tale estensione temporale, con la riduzione dell’aliquota al 5 per cento, si applica anche ai soggetti che hanno iniziato una nuova attività nel 2015 (comma 55).

Ai sensi del comma citato, per poter beneficiare del regime di vantaggio è necessario che:

§  il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti, un’attività artistica, professionale ovvero d'impresa, anche in forma associata o familiare;

§  l'attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l'attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni;

§  qualora venga proseguita un'attività d'impresa svolta in precedenza da altro soggetto, l'ammontare dei relativi ricavi, realizzati nel periodo d'imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non sia superiore ai limiti di cui al comma 1.

 

La lettera d) interviene sul regime agevolato ai fini contributivi (delineato dalla legge di stabilità per il 2015) per i contribuenti obbligati al versamento dei contributi previdenziali presso le gestioni speciali artigiani e commercianti, esercenti attività di impresa.

 

In sostanza la norma (riscrivendo totalmente l’articolo 1, comma 77, della L. 190/2014, vedi box), prevede, per i contribuenti forfetari, in luogo dell'esclusione dell’applicazione della contribuzione previdenziale minima (alla quale quindi è possibile nuovamente accedere), l'applicazione di una riduzione pari al 35% della contribuzione ordinaria INPS dovuta ai fini previdenziali (rispetto quindi a quanto dovuto senza agevolazioni dai contribuenti che utilizzano il normale regime IVA), fermo restando il meccanismo di accredito contributivo secondo le regole della Gestione Separata INPS (di cui all’articolo 2, comma 29, della L. 335/1995).

 

Al riguardo, la relazione tecnica stima le maggiori entrate contributive derivanti dalla disposizione in esame in 329,8 milioni di euro per il 2016, 273,7 milioni di euro per il 2017, 274,8 milioni di euro per il 2018, 302,7 milioni di euro per il 2019, 309,6 milioni di euro per il 2020, 279,5 milioni di euro per il 2021, 246,1 milioni di euro per il 2002, 235,7 milioni di euro per 2023 e 198,8 milioni di euro a decorrere dal 2024.

 

Si ricorda che l’articolo 1, commi da 76 a 84, della L. 190/2014 (Stabilità 2015) ha introdotto uno specifico regime agevolato ai fini contributivi di cui possono usufruire i contribuenti obbligati al versamento dei contributi previdenziali presso le gestioni speciali artigiani e commercianti, esercenti attività di impresa (comma 76). In particolare, i contribuenti esercenti attività d’impresa che rientrino nel regime fiscale forfetario introdotto possono fruire anche di un regime agevolato ai fini contributivi nel quale è esclusa l’applicazione della contribuzione previdenziale minima, e adottando una modalità di calcolo dei contributi basati su una percentuale del reddito dichiarato. Si prevede, infatti, l’applicazione, per l’accredito della contribuzione, della procedura disposta dall’articolo 2, comma 29, della L. 335/1995, di fatto parificando la disciplina per il calcolo e versamento dei contributi per i richiamati soggetti a quella prevista per gli iscritti alla Gestione separata I.N.P.S. (per i quali l’importo contributivo va rapportato in dichiarazione dei redditi sulla base dell’imponibile dichiarato nell’esercizio) (comma 77).

 

Il comma 54 dell’articolo in esame, sostituendo l’allegato n. 4 annesso alla legge 23 dicembre 2014, n. 190 (riprodotto di seguito), ha elevato il valore delle soglie di ricavi o di compensi, diverse a seconda del tipo di attività esercitata, per accedere al regime forfetario:

 

GRUPPO DI SETTORE

CODICI ATTIVITA' ATECO 2007

VALORE SOGLIA

COEFFICIENTE DI REDDITIVITA’

DEI RICAVI/COMPENSI

Vigente

STABILITÀ’
2016

Industrie alimentari e delle bevande

(10 - 11)

35.000

45.000

40%

Commercio all'ingrosso e al dettaglio

45 - (da 46.2 a 46.9) - (da 47.1 a 47.7) - 47.9

40.000

50.000

40%

Commercio ambulante di prodotti alimentari e bevande

47.81

30.000

40.000

40%

Commercio ambulante di altri prodotti

47.82 - 47.89

20.000

30.000

54%

Costruzioni e attività immobiliari

(41 - 42 - 43) - (68)

15.000

25.000

86%

Intermediari del commercio

46.1

15.000

25.000

62%

Attività dei Servizi di alloggio e di ristorazione

(55 - 56)

40.000

50.000

40%

Attività Professionali, Scientifiche, Tecniche, Sanitarie, di Istruzione, Servizi Finanziari ed Assicurativi

(64 - 65 - 66) - (69 - 70 - 71 - 72 - 73 - 74 - 75) - (85) - (86 - 87 - 88)

15.000

30.000

78%

Altre attività economiche

(01 - 02 - 03) - (05- 06 - 07 - 08 - 09) - (12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33) - (35) - (36 - 37 - 38 - 39) - (49 - 50 - 51 - 52 - 53) - (58 - 59 - 60 - 61 - 62 - 63) - (77 - 78 - 79 - 80 - 81 - 82) -(84) - (90 - 91 - 92 - 93) - (94 - 95 - 96) - (97 - 98) - (99)

20.000

30.000

67%

 

Si ricorda che le spese sostenute nell'esercizio dell'attività non sono analiticamente deducibili, ad eccezione dei contributi previdenziali, ma sono previsti dei forfait da applicare ai ricavi (coefficienti di redditività) che variano a seconda dei diversi tipi di attività. Tali coefficienti non sono stati modificati dall’articolo in esame.

 

Il comma 55 dell’articolo in esame prevede che l’estensione a cinque anni complessivi della disciplina di vantaggio per le nuove attività, con la riduzione dell’aliquota al 5 per cento, si applichi, per gli anni 2016, 2017, 2018 e 2019, anche ai soggetti che hanno iniziato una nuova attività nel 2015, avvalendosi delle disposizioni di cui al comma 65 vigente anteriormente alle modifiche in esame.

 

Si ricorda, infine, che la legge n. 190 del 2014 (articolo 1, comma 88) consente ai contribuenti che, al 31 dicembre 2014, si avvalgono del regime fiscale di vantaggio di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 98 del 2011 (“minimi al 5 per cento”), di continuare ad avvalersene fino alla scadenza naturale. Il regime fiscale di vantaggio dei “minimi”, conseguentemente, si applica limitatamente ai contribuenti che già se ne avvalevano alla data del 31 dicembre 2014, fino alla sua scadenza naturale, ovvero un quinquennio o il compimento del trentacinquesimo anno di età.

 

Successivamente, il decreto-legge n. 192 del 2014 (articolo 10, comma 12-undecies) ha previsto che i soggetti che iniziano una nuova attività in possesso dei requisiti possono avvalersi per l'anno 2015 del regime agevolato per i contribuenti "minimi" (articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 98 del 2011), in deroga a quanto previsto dalla legge di stabilità per il 2015.

 

Si tratta del regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità, che prevede un unico limite dei ricavi di 30 mila euro e l'aliquota sostitutiva del 5 per cento (articolo 27 del D.L. n. 98 del 2011, che ha modificato il previgente regime dei minimi che prevedeva un limite dei ricavi di 30 mila euro e l'aliquota sostitutiva del 20 per cento: articolo 1, commi da 96 a 115 e comma 117 della legge n. 244 del 2007).

 

Si ritiene opportuno chiarire il regime applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2016 ai contribuenti che hanno avviato la propria attività nel 2015 aderendo al regime dei “minimi”, utilizzando la facoltà prevista dal citato articolo 10, comma 12-undecies, del decreto-legge n. 192 del 2014.

 


 

Articolo 1, commi 56-62
(Regime agevolato per cessioni e assegnazioni di beni ai soci)

 

 

I commi da 56 a 61 introducono agevolazioni fiscali temporanee per le cessioni o assegnazioni, da parte delle società - ivi incluse le cd. società non operative - di beni immobili e di beni mobili registrati ai soci: a queste operazioni si applica un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP ed è ridotta l’imposta di registro. Analoghe agevolazioni sono previste per le relative trasformazioni societarie.

Il comma 62, introdotto al Senato, dispone l’applicazione opzionale per gli imprenditori individuali di un’imposta sostitutiva di IRPEF e IRAP, con aliquota dell’8 per cento, sugli immobili strumentali posseduti alla data del 31 ottobre 2015. Il pagamento dell’imposta consente di escludere tali beni dal patrimonio dell'impresa, con effetto dal primo periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 2016.

 

L'assegnazione dei beni costituisce, insieme all'attribuzione di denaro, lo strumento col quale la società effettua la distribuzione di utili o la restituzione di capitale. Con le norme in esame viene riproposta la misura in passato già prevista dall’articolo 29 della legge 23 dicembre 1997, n. 449, come successivamente integrato dall'articolo 13 della legge 18 febbraio 1999, n. 28. Sulle questioni applicative era intervenuta la Circolare n. 112/E del 21 maggio 1999 del Ministero delle finanze, cui si farà riferimento in seguito.

 

Le società non operative (disciplinate dalla legge 724 del 1994 e dal decreto legge 138 del 2011) o “società di comodo” sono quelle non preposte a svolgere un’attività economica o commerciale, ma soltanto a gestire un patrimonio mobiliare o immobiliare. L’ordinamento tributario prevede una disciplina di contrasto di tali società, con fini antielusivi: tra l’altro, ad esse si applica una maggiorazione di 10,5 punti percentuali dell’aliquota IRES. Tale maggiorazione si applica anche alle società che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per cinque periodi d'imposta consecutivi (cd. società in perdita sistematica, su cui da ultimo è intervenuto il D.Lgs. n. 175 del 2014). La riforma delle società di comodo, prevista dalla legge delega sulla riforma fiscale, non è stata attuata.

 

Il comma 56 individua i destinatari di tale agevolazione, ovvero le società in nome collettivo, in accomandita semplice, a responsabilità limitata, per azioni e in accomandita per azioni che abbiano assegnato o ceduto ai soci beni immobili o beni mobili registrati, non strumentali all’attività di impresa.

L’agevolazione riguarda anche le società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei predetti beni e che entro il 30 settembre 2016 si trasformano in società semplici.

 

L’agevolazione si applica a condizione che:

§  le cessioni o assegnazioni siano avvenute entro il 30 settembre 2016;

§  tutti i soci cessionari o assegnatari risultino iscritti nel libro dei soci, ove prescritto, alla data del 30 settembre 2015, ovvero siano iscritti entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, in forza di titolo di trasferimento avente data certa anteriore al 1° ottobre 2015.

 

Il comma 57 individua in primo luogo la base imponibile cui applicare l’imposta sostitutiva, costituita dalla differenza tra il valore normale dei beni assegnati o, in caso di trasformazione, quello dei beni posseduti all’atto della trasformazione, e il loro costo fiscalmente riconosciuto.

L’imposta sostitutiva (che si applica in luogo delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive – IRAP) ha un’aliquota dell’8 per cento. Essa è elevata al 10,5 per cento per le società considerate non operative in almeno due dei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al momento della assegnazione, cessione o trasformazione.

L’aliquota è del 13 per cento sulle riserve in sospensione d’imposta, annullate per effetto dell'assegnazione dei beni ai soci, e quelle delle società che si trasformano.

 

Le riserve e i fondi in sospensione d’imposta sono poste patrimoniali costituite in occasione di particolari situazioni, in genere previste da norme speciali (ad esempio nel caso di rivalutazioni di beni d’impresa), che ne rinviano l’imposizione ad un momento successivo, generalmente coincidente con la distribuzione di detti fondi e riserve o con il verificarsi di uno dei presupposti che comportano il venir meno del regime di sospensione.

 

Il comma 58 chiarisce i criteri di determinazione del valore normale, necessario per la determinazione della base imponibile.

Per gli immobili, su richiesta della società e nel rispetto delle condizioni prescritte, il valore normale può essere determinato in misura pari a quello risultante dall’applicazione all’ammontare delle rendite risultanti in catasto dei moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dalle norme in tema di imposta di registro.

Si tratta in particolare dei moltiplicatori contemplati dall’articolo 52, quarto comma, primo periodo del testo unico sull’imposta di registro, D.P.R. n. 131 del 1986, ossia 75 per i terreni e 100 per i fabbricati.

Nel caso di cessione, il corrispettivo della stessa, ove inferiore al valore normale del bene - determinato ai sensi delle regole generali del TUIR o, in alternativa, con l’applicazione dei moltiplicatori - è computato in misura non inferiore ad uno dei due valori (valore normale o valore catastale).

Nel silenzio delle norme in esame, il valore normale per i beni mobili iscritti in pubblici registri sembra doversi individuare in base alle ordinarie disposizioni dell’articolo 9 TUIR (cfr. anche la citata circolare n. 112/E del 1999).

Il valore normale è il prezzo o il corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi.

 

Per quanto riguarda il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute dai soci delle società trasformate, il comma 59 prescrive che esso sia aumentato della differenza assoggettata ad imposta sostitutiva.

Nei confronti dei soci assegnatari non si applicano le disposizioni sul trattamento fiscale degli utili di cui all’articolo 47 del TUIR (quota esente; parte imponibile di utili di fonte estera, ivi compresi gli utili black list).

Si chiarisce inoltre che il valore normale dei beni ricevuti, al netto dei debiti accollati, riduce il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute.

 

Per quanto concerne il costo fiscalmente riconosciuto del bene assegnato, la citata circolare n. 112/E del 1999 rimandava, relativamente ai beni plusvalenti, ai criteri previsti dall'art. 76, comma 1, lettera b), del Tuir (ora articolo 110), norma secondo cui si comprendono nel costo anche gli oneri accessori di diretta imputazione, esclusi gli interessi passivi e le spese generali; la circolare chiariva che tale costo andava computato al netto degli ammortamenti fiscalmente dedotti.

Per quanto invece riguarda i cd. “beni merce” (beni che in caso di cessione danno luogo a ricavi), ove non siano valutati dalla società in base al metodo del "costo specifico", il costo fiscalmente riconosciuto era determinato con criteri corrispondenti a quelli stabiliti per la determinazione del costo del venduto, facendo quindi riferimento ad una situazione di magazzino, relativa ai beni assegnati, redatta alla data di assegnazione.

 

Ai sensi del comma 60, per le assegnazioni e cessioni di beni agevolate, se soggette all’imposta di registro in misura proporzionale, le aliquote di tale imposta sono ridotte alla metà e le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa (200 euro).

 

Per quanto riguarda il versamento dell’imposta sostitutiva, essa avviene (comma 61) in due rate: la prima, che comporta il versamento del 60 per cento dell’imposta sostitutiva, entro il 30 novembre 2016 e la seconda entro il 16 giugno 2017, secondo le norme generali sui versamenti (di cui al decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).

Per quanto riguarda la riscossione, i rimborsi ed il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.

 

Il comma 62, introdotto al Senato dispone l’applicazione opzionale per gli imprenditori individuali di un’imposta sostitutiva di IRPEF e IRAP, con aliquota dell’8 per cento, sugli immobili strumentali posseduti alla data del 31 ottobre 2015. Il pagamento dell’imposta consente di escludere tali beni dal patrimonio dell'impresa, con effetto dal primo periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 2016.

Più in dettaglio, l'imprenditore individuale che alla data del 31 ottobre 2015 possiede beni immobili strumentali può, entro il 31 maggio 2016, optare per l'esclusione dei beni stessi dal patrimonio dell'impresa, con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 1° gennaio 2016. L’esclusione consente il pagamento di una imposta sostitutiva di IRPEF e IRAP, con aliquota dell'8 per cento, applicata sulla differenza tra il valore normale di tali beni ed il relativo valore fiscalmente riconosciuto.

Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei già illustrati commi da 56 a 61.

 


 

Articolo 1, comma 63
(Oneri per gli accertamenti dell’idoneità
dei volontari vigili del fuoco)

 

 

Il comma 63, introdotto nel corso dell’esame del Senato, pone a carico dell’amministrazione gli oneri relativi agli accertamenti clinico strumentali e di laboratorio (indicati dall’amministrazione) per il reclutamento del personale volontario di vigili del fuoco per le esigenze dei distaccamenti volontari del Corpo nazionale, connesse al servizio di soccorso pubblico.

 

Il personale dei vigili del fuoco è costituito da personale di ruolo e di personale volontario. Il personale volontario non è legato da un rapporto d'impiego all'amministrazione ed è iscritto in appositi elenchi istituiti presso i comandi provinciali dei vigili del fuoco ed è chiamato a prestare servizio in determinate circostanze (D.Lgs. n. 139/2006, art. 6).

Il personale volontario viene reclutato a domanda ed impiegato nei servizi di istituto a seguito del superamento di un periodo di addestramento iniziale (D.Lgs. n. 139/2006, art. 8, co. 1) e previo accertamento di una serie di requisiti tra cui l’idoneità psicofisica ed attitudinale da accertarsi, secondo criteri predeterminati, a cura dei competenti comandi provinciali, che possono avvalersi anche delle strutture del Servizio sanitario nazionale o di altre apposite strutture convenzionate (D.P.R. 76/2004, art. 5, co. 1, lett. d), art. 6, co. 1, lett. c) e Tabella I).

Il personale volontario può essere richiamato in servizio nelle seguenti eventualità (D.Lgs. n. 139/2006, art. 9):

§  in occasione di calamità naturali o catastrofi;

§  in caso di necessità delle strutture centrali e periferiche del Corpo nazionale motivate dall'autorità competente che opera il richiamo;

§  per le esigenze dei distaccamenti volontari del Corpo nazionale, connesse al servizio di soccorso pubblico;

§  per frequentare periodici corsi di formazione.

 

La legge di stabilità 2012 ha posto a carico degli aspiranti vigili volontari gli oneri degli accertamenti dell'idoneità psico-fisica e attitudinale (L. 183/2011, art. 4, co. 14) nell’ambito di un’ampia serie di riduzioni delle spese, riguardanti anche il Corpo dei vigili del fuco.

 

La disposizione in commento, mantiene il principio generale che gli oneri degli accertamenti sono a carico degli interessati, e, in parziale deroga a tale principio, riporta a carico dell’amministrazione gli oneri per gli accertamenti medici per il reclutamento del personale volontario destinato ad essere impiegato per le esigenze dei distaccamenti volontari connesse al soccorso pubblico.

 

Come rilevato nella relazione tecnica del maxiemendamento del Governo, presentato al Senato, il costo del relativo protocollo sanitario è pari a 434,17 euro a persona, comprensivo di IVA. Sulla base dei dati sul reclutamento dell’ultimo triennio, che indicano un numero di 1.833 unità di personale annue oggetto di accertamenti clinico strumentali, si prevede un onere complessivo annuo quantificato prudenzialmente in euro 800.000. All’onere si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

 


 

Articolo 1, commi 64 e 65
(Deduzioni IRAP per i soggetti di minori dimensioni)

 

 

I commi 64 e 65 – non modificati al Senato - elevano gli importi deducibili dall’IRAP in favore di alcuni soggetti di minori dimensioni, rafforzando le deduzioni in favore delle società in nome collettivo e in accomandita semplice (ed equiparate) e delle persone fisiche esercenti attività commerciali, nonché delle persone fisiche e delle società semplici esercenti arti e professioni.

 

A tal fine il comma 64 interviene sull’articolo 11, comma 4-bis, lettera d-bis) del D.Lgs. n. 446/1997.

 

Si rammenta che il predetto comma 4-bis illustra gli importi deducibili complessivamente dall’IRAP in favore dei soggetti di minori dimensioni, ovvero quelli con base imponibile non superiore a 180.999,91 euro, diversi dalle Pubbliche amministrazioni.

 

Gli importi deducibili attualmente ammontano:

§  a 8.000 euro se la base imponibile non supera 180.759,91 euro;

§  a 6.000 euro se la base imponibile supera 180.759,91 ma non 180.839,91 euro;

§  a 4.000 euro se la base imponibile supera 180.839,91 ma non 180.919,91 euro;

§  a 2.000 euro se la base imponibile supera 180.919,91 ma non 180.999,91 euro.

 

La lettera d-bis) prevede che le deduzioni così illustrate siano elevate nei confronti dei soggetti sopra elencati, rispettivamente di 2.500 euro, di 1.875 euro, di 1.250 euro e di 625 euro, rispetto all’ammontare della deduzione sopra illustrata, commisurata alla base imponibile.

 

Le norme in commento elevano la misura di tale aumento.

 

Dunque, in relazione alla misura della base imponibile sopra illustrata, la deduzione è aumentata di 5.000 euro (in luogo di 2.500), di 3.750 euro (in luogo di 1.875), di 2.500 euro (in luogo di 2.150) e di 1.250 euro (in luogo di 625).

 

L’elevazione della deduzione si applica a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015 (comma 65).


 

Articolo 1, commi 66 e 67
(Emissione di note di credito IVA)

 

 

I commi 66 e 67, modificati dal Senato, intervengono sulla disciplina delle variazioni dell’imponibile IVA o dell’imposta stessa. In sostanza, si anticipa al momento di apertura di una procedura concorsuale la possibilità di emettere una nota di credito e dunque portare in detrazione l’IVA corrispondente alle variazioni in diminuzione, in caso di mancato pagamento connesso a procedure concorsuali.

Con le modifiche apportate dal Senato è stato specificato che alcune delle disposizioni introdotte si applicano nei casi in cui il cessionario o committente sia assoggettato a una procedura concorsuale successivamente al 31 dicembre 2016 (in particolare, l’anticipo della detrazione alla data della procedura concorsuale e quelle relative alla disapplicazione dell’obbligo di registrare la variazione per la controparte contrattuale, nel caso di procedure concorsuali), in luogo di disporne la decorrenza con riferimento alle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2017, come previsto dal testo originario del disegno di legge.

 

Il comma 66 sostituisce integralmente l’articolo 26 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, che disciplina le variazioni dell’imponibile IVA o dell’imposta stessa.

 

In estrema sintesi, l’articolo 26 consente tra l’altro al fornitore di emettere una nota di credito al fine di rettificare in diminuzione l’imposta addebitata in relazione ad un’operazione (imponibile) che sia venuta meno, in tutto o in parte, al ricorrere di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili del contratto; mancato pagamento a causa di procedure concorsuali o esecutive, purché siano “rimaste infruttuose”, nonché di abbuoni e sconti.

A seguito della novità introdotta dall’articolo 31, comma 1, del D.Lgs. n. 175/2014 in tema di semplificazioni fiscali, anche gli accordi di ristrutturazione del debito e i piani attestati di risanamento sono inclusi tra le ipotesi che legittimano il fornitore ad attivare la procedura di variazione in diminuzione.

 

Le norme in esame mantengono fermo quanto disposto in relazione alle rettifiche in aumento (comma 1 dell’articolo 26).

Resta fermo anche quanto disposto dal comma 3 in ordine alla scadenza del termine per portare in detrazione l’ammontare delle variazioni (entro un anno dall'effettuazione dell'operazione imponibile, ove gli eventi indicati nella nota di credito si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti). L’attuale comma 4, concernente la correzione di errori materiali o di calcolo nelle registrazioni e nelle liquidazioni periodiche, viene rifuso nel nuovo comma 7.

Il novellato comma 2 riprende parzialmente quanto disposto dall’attuale articolo 26, comma 2. Resta quindi fermo che, se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile successivamente alla registrazione, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma di legge.

 

Il nuovo comma 4 anticipa il momento in cui è consentita l’emissione di note di accredito IVA già all’apertura di una procedura concorsuale, ovvero al decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti (di cui all'articolo 182-bis della l. fall.) ovvero alla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano di risanamento e di riequilibrio (attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), l. fall.).

Non si deve dunque attendere l’infruttuosità della procedura concorsuale.

Il riferimento all’infruttuosità delle procedure viene invece mantenuto per l’ipotesi di mancato pagamento per procedure esecutive individuali.

Le norme proposte dunque disciplinano separatamente le ipotesi di mancato pagamento per procedure esecutive individuali infruttuose e per procedure concorsuali: in quest’ultimo caso, anticipando la possibilità di recuperare finanziariamente l’IVA addebitata e non incassata, senza dover attendere la conclusione delle procedure. In tal modo il regime delle note di accredito IVA viene allineato a quanto disciplinato dal TUIR (articolo 100, comma 5) in materia di deducibilità delle perdite sui crediti.

 

Il contenuto dell’attuale comma 5 viene rifuso nel nuovo comma 8, con le opportune modifiche di coordinamento legate alle norme introdotte. Si tratta della disciplina delle modalità di effettuazione delle variazioni, che possono essere fatte anche tramite annotazioni in rettifica sui registri IVA.

Il nuovo comma 5 riproduce sostanzialmente l’ultimo periodo del vigente comma 2 dell’articolo 26; se il cedente o prestatore si avvalgono della facoltà di detrarre l’imposta corrispondente alle variazioni in diminuzione, il cessionario o committente, che abbia già registrato l’operazione, deve in tal caso registrare la variazione nei limiti della detrazione operata, salvo il suo diritto alla restituzione dell’importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa.

Rispetto alla normativa vigente, tuttavia, si precisa che l’obbligo del cessionario o del committente a registrare la variazione non si applica nel caso di procedure concorsuali, accordi di ristrutturazione o piani di risanamento.

La norma dà attuazione all’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva 2006/112/CE in materia di IVA, secondo cui la rettifica della detrazione operata dal cessionario o committente non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate.

 

Il nuovo comma 6 prevede che, ove successivamente agli eventi che possono comportare la variazione in diminuzione ai sensi del nuovo comma 4 (procedure concorsuali, accordo di ristrutturazione, piano di risanamento o procedure esecutive individuali infruttuose) il corrispettivo sia totalmente o parzialmente pagato, si applica la disciplina delle variazioni in aumento (comma 1).

In tal caso, il diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione in aumento si trasferisce sul cessionario o committente che abbia assolto all’obbligo di variazione (ai sensi del comma 5).

 

Il nuovo comma 9 disciplina l’ipotesi di risoluzione contrattuale nei contratti cd. esecuzione continuata o periodica, conseguente a inadempimento. In tal caso, la facoltà di detrarre l’IVA corrispondente alla variazione in diminuzione non si applica alle cessioni e a quelle prestazioni per cui sia il cedente o prestatore che il cessionario o committente abbiano correttamente adempiuto alle proprie obbligazioni.

 

Il nuovo comma 10 consente di detrarre l’IVA corrispondente alla variazione, ricorrendo i presupposti di cui al già illustrato comma 2, anche dai cessionari e committenti debitori dell’imposta ai sensi di specifiche disposizioni di deroga alle regole generali in materia di versamento (articolo 17, articolo 74 del DPR IVA – ivi comprese le ipotesi di reverse charge - e articolo 44 del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331 in tema di IVA su prodotti soggetti ad accisa). In tal caso, l’obbligo di variazione correlato si trasferisce ai cessionari o ai committenti.

 

I commi 11 e 12 recano, rispettivamente, norme volte a individuare le ipotesi di assoggettamento a procedura concorsuale o a procedura esecutiva individuale ai fini della variazione in diminuzione.

In particolare (comma 11) il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Una procedura esecutiva individuale si considera in ogni caso (dunque ex lege, a prescindere dall’esito successivo) infruttuosa (comma 12) nell’ipotesi di pignoramento presso terzi, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da pignorare; nell’ipotesi di pignoramento di beni mobili, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da pignorare ovvero l’impossibilità di accesso al domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità; nell’ipotesi in cui, dopo che per tre volte l’asta per la vendita del bene pignorato sia andata deserta, si decida di interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità.

 

Il comma 67 del provvedimento in esame disciplina la decorrenza delle nuove norme in materia di variazioni in diminuzione e detrazioni.

Per effetto delle modifiche apportate al Senato, le disposizioni di cui al novellato articolo 26, comma 4, lettera a) (che, si ricorda, anticipano la detrazione conseguente a variazione alla data della procedura concorsuale o degli accordi di ristrutturazione o dei piani di risanamento) e quelle del comma 5, secondo periodo (relativo alla disapplicazione dell’obbligo di registrare la variazione per la controparte contrattuale, nel caso di procedure concorsuali) si applicano nei casi in cui il cessionario o committente sia assoggettato a una procedura concorsuale successivamente al 31 dicembre 2016, in luogo di disporne la decorrenza con riferimento alle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2017, come previsto dal testo originario del disegno di legge.

Si precisa che le altre modifiche apportate dal presente articolo al predetto articolo 26, in quanto volte a chiarire l’applicazione delle disposizioni contenute in tale ultimo articolo, sono di carattere interpretativo e dunque si applicano anche alle operazioni effettuate anteriormente alla data di cui al periodo precedente.

 


 

Articolo 1, comma 68
(Decorrenza riforma delle sanzioni amministrative tributarie)

 

 

Il comma 68 anticipa al 2016 l’entrata in vigore della riforma del sistema sanzionatorio amministrativo tributario. Restano comunque ferme le sanzioni dovute in base alle norme relative alla procedura di collaborazione volontaria vigenti alla data di presentazione della relativa istanza.

 

In particolare, con una modifica all’articolo 32 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158, si anticipa dal 1° gennaio 2017 al 1° gennaio 2016 l’entrata in vigore della riforma del sistema sanzionatorio amministrativo tributario, disposta in attuazione della legge di delega fiscale.

Il richiamato decreto legislativo ha disposto la revisione del sistema penale tributario, mediante modifiche del D.Lgs. n. 74 del 2000 (Titolo I) e la modifica dell’impianto sanzionatorio amministrativo (Titolo II), in attuazione all’articolo 8 della legge di delega per la riforma del sistema fiscale (legge n. 23 del 2014).

 

Come accennato, con le modifiche in commento l’entrata in vigore della riforma del sistema sanzionatorio amministrativo tributario viene anticipata dal 1° gennaio 2017 al 1° gennaio 2016. Dalla medesima data sono abrogate le norme previgenti (modifiche al comma 2 dell’articolo 32).

Si precisa che restano comunque ferme le sanzioni nella misura dovuta in base alle norme relative alla procedura di collaborazione volontaria di cui alla legge 15 dicembre 2014, n. 186, vigenti alla data di presentazione della relativa istanza.

 

La legge 15 dicembre 2014, n. 186 prevede una procedura di collaborazione volontaria (cd. voluntary disclosure) del contribuente con l'Amministrazione fiscale per l'emersione e il rientro in Italia di capitali detenuti all'estero, nonché per le violazioni relative ad attività detenute in Italia. Da ultimo, il decreto-legge 30 settembre 2015, n. 153 proroga al 30 novembre 2015 il termine per aderire alla procedura.

Oltre agli effetti penali, sotto il profilo amministrativo-tributario l’adesione dispone una sostanziale riduzione delle sanzioni per le violazioni dichiarative, alle condizioni di legge; similmente, sono ridotte le sanzioni per violazioni in materia di imposte sui redditi, IRAP, IVA e imposte sostitutive. Sono previste inoltre specifiche deroghe alla normativa generale in tema di procedimento di irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di dichiarazione relativi al quadro RW.

Per effetto della collaborazione volontaria viene altresì garantita la non punibilità per alcuni reati fiscali relativi agli obblighi dichiarativi, oltre al pagamento in misura ridotta delle summenzionate sanzioni tributarie. L'articolo 10 del decreto-legge n. 192 del 2014 ha poi eliminato il raddoppio dei termini per emettere l'atto di contestazione per le violazioni da monitoraggio fiscale con riferimento ai Paesi c.d. black list che stipulano tempestivamente accordi con l'Italia volti a consentire un effettivo scambio di informazioni fiscali (tra cui Svizzera, Principato di Monaco e Liechtenstein).

 


 

Articolo 1, commi 69-70
(
Versamento da parte dei notai dei tributi riscossi)

 

 

Il comma 69, introdotto nel corso dell’esame al Senato, apporta alcune modificazioni alla disciplina del notariato, al fine di garantire la stabilità del gettito tributario derivante dagli atti registrati dai notai. Il comma 70 individua nel 1° gennaio 2016 il termine per l’entrata in vigore delle nuove disposizioni.

 

In particolare, le disposizioni in esame novellano in più punti la legge 16 febbraio 1913, n. 89, in materia di "Ordinamento del notariato e degli archivi notarili", modificando gli articoli 19 (in materia di polizze assicurative individuali e collettive), 22 (in tema di contributi ed erogazioni del Fondo di garanzia per il ristoro dei danni derivanti da reato commesso dal notaio nell'esercizio della sua attività professionale), 93-bis (in materia di compiti di vigilanza del Consiglio notarile distrettuale), 142-bis e 144 (in tema di sanzioni e di attenuanti).

Il comma 69, composto dalle lettere da a) a g), modifica in più parti la legge sul notariato.

Alla lettera a), introduce quattro commi all'articolo 22 della legge 89/1913, in tema di Fondo di garanzia per il ristoro dei danni derivanti da reato commesso dal notaio nell'esercizio della sua attività professionale, non coperti da polizze assicurative.

In base al nuovo comma 3-bis, laddove il notaio non provveda a versare i tributi riscossi nell'esercizio della sua attività professionale e i danni non siano coperti da polizza assicurativa, l'agente della riscossione può richiedere direttamente il pagamento al Fondo di garanzia. L'erogazione da parte del Fondo è subordinata: all'esercizio dell'azione penale nei confronti del notaio e alla pronuncia del suo rinvio a giudizio; all'emissione nei confronti del notaio di un atto esecutivo per il pagamento dei tributi dell'Agenzia delle entrate, non sospeso dall'autorità giudiziaria o dall'amministrazione finanziaria.

Il nuovo comma 3-ter stabilisce che il pagamento dei tributi dà diritto al Fondo di subentrare all'amministrazione finanziaria in tutte le ragioni, azioni e privilegi spettanti nei confronti del notaio. Esibendo il documento attestante la somma pagata, il Fondo può richiedere l'ingiunzione di pagamento all'autorità giudiziaria che, a norma dell'articolo 642 del codice di procedura civile, è provvisoriamente esecutiva. Viene precisato che l'opposizione fondata sul motivo che le imposte pagate non erano dovute o erano dovute in misura minore non è ammissibile. Il Fondo può agire esecutivamente sull'indennità dovuta dalla Cassa nazionale del notariato al notaio alla sua cessazione nel limite di un quinto (ex art. 545, co. 4, c.p.c.) e, a tutela del proprio credito, può notificare alla Cassa un atto di opposizione al pagamento diretto al notaio dell'indennità nello stesso limite.

Il nuovo comma 3-quater dell’art. 22 della legge sul notariato prevede poi che le modalità procedurali e l'erogazione delle somme da parte del Fondo all'amministrazione finanziaria e la successiva surroga ad essa siano definite con decreto non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Consiglio Nazionale del Notariato (di seguito anche: CNN).

Da ultimo, il nuovo comma 3-quinquies dispone che, qualora con decisione passata in giudicato venga accertato che il notaio non ha commesso il fatto, ovvero che il fatto non costituisce reato, l'Agenzia delle entrate rimborsa senza indugio il Fondo o il notaio (laddove il Fondo abbia recuperato le somme dal notaio).

La lettera b) ha carattere di coordinamento con le precedenti modifiche e integra il comma 4 dell'articolo 22 della legge sul notariato (in tema di danno patrimoniale, che oggi deve risultare da sentenza passata in giudicato ovvero può essere dimostrato con prova scritta da valutare con le procedure definite dal consiglio nazionale del notariato). Viene fatta salva l’ipotesi, di cui al comma 3-bis, in cui il danno patrimoniale è dimostrato con l'esibizione dell'atto esecutivo ed è quantificato sulla base delle risultanze dello stesso atto.

La lettera c) amplia il novero dei controlli sul regolare esercizio dell'attività notarile che i consigli notarili distrettuali possono porre in essere e, in particolare, dispone che questi possano chiedere, anche periodicamente, informazioni e l'esibizione di documenti, estratti repertoriali, atti, registri e libri anche di natura fiscale. La modifica si aggiunge a quanto già previsto dall'articolo 93-bis della legge sul notariato, in base al quale i consigli notarili distrettuali possono effettuare accessi agli studi ed esaminare atti, repertori, indici, registri, libri e documenti contabili del notaio.

La lettera d) inserisce, dopo il comma 2 dell'articolo 93-bis della legge sul notariato - concernente i controlli sul regolare esercizio dell'attività notarile che i consigli notarili distrettuali possono porre in essere - il comma 2-bis. Si prevede che l'Agenzia delle entrate trasmette, esclusivamente in modalità telematica, al Consiglio nazionale del notariato le informazioni sugli omessi e ritardati versamenti richiesti ai notai con avviso di liquidazione, entro il secondo mese successivo a quello di scadenza.

La lettera e) modifica il primo periodo del comma 1 dell'articolo 19 della legge sul notariato (in materia di forme collettive di assicurazione per la responsabilità civile derivante dall'esercizio dell'attività notarile), prevedendo che, anziché con oneri a carico del bilancio del CNN, le forme collettive di assicurazione per la responsabilità civile derivante dall'esercizio dell'attività notarile siano pagate con separata contribuzione obbligatoria a carico di tutti gli iscritti al ruolo da versarsi al CNN e che il contributo stesso sia riscosso dallo stesso CNN, entro il 28 febbraio di ciascun anno, secondo le modalità di cui all'art. 21, legge 220/1991, dunque, tramite la Cassa nazionale del notariato. La lettera aggiunge, inoltre, il comma 1-bis il quale dispone che, entro il 31 ottobre di ciascun anno per l'anno successivo, la misura dei contributi sia definita dal Consiglio nazionale del notariato in proporzione ai premi e agli oneri da esso pagati, ragguagliata ai parametri soggetti ad annotamento nei repertori di ciascun notaio secondo quanto stabilito dalla legge e tenendo conto del numero e dell'ammontare dei sinistri liquidati per ciascun notaio a partire dal 1º febbraio 1999.

La lettera f), con un'aggiunta al comma 1 dell'articolo 142-bis della legge sul notariato, dispone che il notaio che commette un reato omettendo o ritardando il versamento di tributi dovuti in relazione agli atti da lui rogati o autenticati è punito con la destituzione.

 

Il comma 1 dell'articolo 142-bis prevede oggi che il notaio che ha commesso un fatto che integra gli estremi di un reato non colposo punito con pena non inferiore nel minimo a sei mesi sia punito disciplinarmente con la censura o la sospensione fino ad un anno o, nei casi più gravi, con la destituzione (ex. articolo 147), quando la sua condotta violi quest'ultima disposizione.

A sua volta, l’art. 147 prevede che sia punito con la censura o con la sospensione fino ad un anno o, nei casi più gravi, con la destituzione, il notaio che pone in essere una delle seguenti condotte:

a)   compromette, in qualunque modo, con la propria condotta, nella vita pubblica o privata, la sua dignità e reputazione o il decoro e prestigio della classe notarile;

b)   viola in modo non occasionale le norme deontologiche elaborate dal Consiglio nazionale del notariato;

c)   fa illecita concorrenza ad altro notaio, con riduzioni di onorari, diritti o compensi, ovvero servendosi dell'opera di procacciatori di clienti, di richiami o di pubblicità non consentiti dalle norme deontologiche, o di qualunque altro mezzo non confacente al decoro ed al prestigio della classe notarile.

Sempre l’art. 147 prevede che la destituzione sia sempre applicata se il notaio, dopo essere stato condannato per due volte alla sospensione per la violazione del presente articolo, vi contravviene nuovamente nei dieci anni successivi all'ultima violazione

 

La lettera g) aggiunge un comma 1-bis all'articolo 144 della legge sul notariato. L’art. 144 prevede al comma 1 l’applicazione di sanzioni disciplinari più lievi nel caso in cui nel fatto addebitato al notaio ricorrono circostanze attenuanti ovvero quando il notaio, dopo aver commesso l'infrazione, si è adoperato per eliminare le conseguenze dannose della violazione o ha riparato interamente il danno prodotto. La nuova disposizione introdotta prevede che, nell'ipotesi prevista dall’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 142-bis (come modificato: notaio che commette un reato omettendo o ritardando il versamento di tributi dovuti), se il notaio ha riparato interamente il danno e non è recidivo nella stessa infrazione, la destituzione possa essere sostituita con la sospensione per un anno.

 

Il comma 70 fissa al 1º gennaio 2016 l'entrata in vigore delle disposizioni di cui al precedente comma.

 


 

Articolo 1, commi 71-79
(Riduzione del canone RAI)

 

 

I commi 71-79 fissano per il 2016 in 100,00 € la misura del canone di abbonamento alle radioaudizioni per uso privato, rispetto a 113,50 € dovuto per il 2015; si introduce una nuova presunzione di possesso dell’apparecchio televisivo, ai fini dell’accertamento di situazioni di evasione del pagamento del canone: la presenza di un contratto di fornitura dell’energia elettrica, nella cui fattura sarà addebitato il canone, suddiviso in 10 rate; gli eventuali maggiori introiti sono destinati, prioritariamente, all’ampliamento della platea di abbonati esenti dal pagamento del canone, elevando il limite reddituale da 6.713,98 a 8.000 €.

 

La Relazione tecnica stima, prudenzialmente, che il gettito ritraibile dalla nuova forma di versamento possa essere almeno pari a quello che viene attualmente introitato come canone, tassa di concessione governativa e I.V.A. La Relazione tecnica aggiornata dopo l’esame del Senato, prende atto che gli eventuali maggiori introiti saranno destinati, prioritariamente, al finanziamento dell’ampliamento della platea esente dal canone.

 

Il comma 71, fissa, per l’anno 2016, la misura del canone di abbonamento alla televisione per uso privato, nel suo complesso, ad euro 100.

 

La disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni e alla televisione è stata introdotta dal Regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246 “Disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni”.

Ai sensi dell’art. 27, comma 8, primo periodo, della legge finanziaria per il 2000 (488/1999) il canone di abbonamento alla televisione è attribuito per intero alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo (RAI S.p.A. fino al 6 maggio 2016) ad eccezione della quota pari all’un per cento già spettante all’Accademia di Santa Cecilia[8]. La Corte costituzionale, nel ribadire la legittimità dell’imposizione del canone radiotelevisivo, ha chiarito con la sentenza 284/2002, che lo stesso “costituisce in sostanza un’imposta di scopo, destinato come esso è, quasi per intero (a parte la modesta quota ancora assegnata all’Accademia nazionale di Santa Cecilia) alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo”.

L’articolo 47 del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (177/2005) disciplina il finanziamento del servizio pubblico generale radiotelevisivo, disponendo, in particolare, che entro il mese di novembre di ciascun anno, il Ministro delle comunicazioni, con proprio decreto, stabilisce l'ammontare dei canoni di abbonamento in vigore dal 1° gennaio dell'anno successivo, in misura tale da consentire alla società concessionaria di coprire i costi che prevedibilmente verranno sostenuti in tale anno per adempiere gli specifici obblighi di servizio pubblico generale radiotelevisivo (comma 3); è fatto divieto alla Rai di utilizzare, direttamente o indirettamente, i ricavi derivanti dal canone per finanziare attività non inerenti al servizio pubblico generale radiotelevisivo (comma 4).

Per l’anno 2015, il decreto ministeriale 29 dicembre 2014[9], prevede, per il canone di abbonamento alla televisione per uso privato (tabella 1 allegata al decreto) le seguenti componenti annue: il canone di 0,22 €, il sovrapprezzo di 104,94 €, la tassa di concessione governativa di 4,13 €, l’I.V.A. di 4,21 €, per complessivi 113,50 € all’anno.

L’articolo 21, comma 4, del decreto-legge 66/2014 riduce, a decorrere dal 2015, del 5%, le somme derivanti dal canone di abbonamento alla televisione, da attribuire alla Rai. La relazione della Corte dei conti sulla gestione finanziaria della RAI S.p.A. per l’esercizio 2013, trasmessa alle Camere il 12 marzo 2015 (Doc. XV, n. 244) specifica che le entrate derivanti dal canone, per il 2013, sono state pari a 1.755,6 milioni di euro (il 5% di tale cifra è 87,7 milioni di euro).

 

Il comma 72 novella il citato Regio decreto-legge 246/1938.

Il comma 72, lettera a) novella l’articolo 1, che obbliga chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni al pagamento del canone di abbonamento. Il comma 2, specifica un’ipotesi di presunzione della detenzione o dell'utenza di un apparecchio radioricevente, ravvisandola nella presenza di un impianto aereo atto alla captazione o trasmissione di onde elettriche o di un dispositivo idoneo a sostituire l'impianto aereo, ovvero di linee interne per il funzionamento di apparecchi radioelettrici. A tale presunzione la novella ne aggiunge un’altra: l’esistenza di una utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo in cui un soggetto ha la sua residenza anagrafica. Inoltre, è specificato che allo scopo di superare le due predette presunzioni, a decorrere dall’anno 2016, è necessario presentare, all’Agenzia delle entrate competente per territorio, apposita dichiarazione ai sensi del D.P.R. 445/2000, la cui mendacia comporta gli effetti, anche penali, di cui all’articolo 76 del medesimo decreto (chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia).

Il Ministero dello Sviluppo Economico – Dipartimento per le comunicazioni, si è pronunciato in data 22 febbraio 2012 sull’interpretazione dell’espressione “apparecchi atti od adattabili” alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive, enunciando i seguenti principi.

1)   Il “servizio di radiodiffusione” riguarda solo la distribuzione del segnale audio/video attraverso piattaforma terrestre e piattaforma satellitare, con esclusione quindi di diverse forme di distribuzione, come la web-radio, la weg.tv, l’IPTV.

2)   Solo il possesso degli apparecchi atti od adattabili a ricevere il segnale audio/video attraverso la piattaforma terrestre e/o satellitare, è sottoposto all’obbligo del pagamento del canone radiotelevisivo. Ne consegue che l’uso di personal computer, anche collegati in rete, se consente l’ascolto e/o la visione dei programmi radiotelevisivi via internet, e non attraverso la ricezione del segnale digitale terrestre o satellitare, non è assoggettabile a canone.

3)   Un apparecchio si intende atto a ricevere le radioaudizioni solo se include nativamente un sintonizzatore, un decodificatore ed un trasduttore del segnale. Il sintonizzatore preleva il segnale di antenna; il decodificatore lo decomprime e lo traduce nel formato idoneo ad essere riproducibile dall’apparecchio; il trasduttore converte il segnale elettrico ricevuto dal sintonizzatore ed interpretato dal decodificatore in segnale audio/video, rendendolo ascoltabile.

4)   Un apparecchio si intende “adattabile” a ricevere le radioaudizioni solo se include almeno il sintonizzatore.

Quindi, in estrema sintesi, un apparecchio è assoggettabile a canone radiotelevisivo a condizione che incorpori almeno un sintonizzatore.

 

Il comma 72, lettera b) all’articolo 1, dopo il secondo comma aggiunge un nuovo terzo comma, in base al quale il canone di abbonamento è, in ogni caso, dovuto una sola volta in relazione agli apparecchi di cui al primo comma detenuti o utilizzati, nei luoghi adibiti a propria residenza o dimora, dallo stesso soggetto e dai soggetti appartenenti alla stessa famiglia anagrafica, come individuata dall’articolo 4 del D.P.R. 223/1989 (rectius il regolamento di cui al citato D.P.R.) in base al quale agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune; una famiglia anagrafica può essere costituita da una sola persona.

 

Il comma 72, lettera c) aggiunge un nuovo comma all’articolo 3, prevedendo che il pagamento del canone avviene in dieci rate mensili, addebitate sulle fatture emesse dall'impresa elettrica aventi scadenza del pagamento successiva alla scadenza delle rate; le rate, ai fini dell'inserimento in fattura, s'intendono scadute il primo giorno di ciascuno dei mesi da gennaio ad ottobre; l'importo delle rate è oggetto di distinta indicazione nel contesto della fattura emessa dall'impresa elettrica e non è imponibile ai fini fiscali; le somme riscosse sono riversate direttamente all'erario mediante versamento unificato di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 241/1997[10] (che disciplina il versamento e la compensazione dei crediti da parte dei contribuenti); le imprese elettriche devono effettuare il predetto riversamento entro il giorno 20 del mese successivo a quello di incasso e, comunque, l'intero canone deve essere riscosso e riversato entro il 20 dicembre; sono in ogni caso esclusi obblighi di anticipazione da parte delle imprese elettriche.

 

Il comma 73 demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, da adottare entro 45 giorni dall’entrata in vigore della legge, la definizione di termini, criteri, modalità per:

§  il riversamento all’erario e per le conseguenze di eventuali ritardi, anche in forma di interessi moratori, dei canoni incassati dalle aziende di vendita dell’energia elettrica, che a tal fine non sono considerate sostituti di imposta, eventualmente tramite un soggetto unico individuato dal medesimo decreto;

§  l’individuazione e comunicazione dei dati utili ai fini del controllo;

§  l’individuazione dei soggetti di cui al comma 75;

§  le misure tecniche che si rendano eventualmente necessarie per l’attuazione della presente norma.

 

Il comma 74 in caso di violazione degli obblighi di comunicazione e di versamento dei canoni di cui al comma 73, si applicano, rispettivamente, le seguenti disposizioni del decreto legislativo 471/1997:

§  articolo 5, comma 1 (sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell'ammontare del tributo dovuto per il periodo d'imposta o per le operazioni che avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione);

§  13, comma 1 (trenta per cento di ogni importo non versato).

 

Il comma 75 autorizza, per l’attuazione di quanto previsto dai commi 72, 73 e 74 e limitatamente alle finalità di cui ai commi 71-79, lo scambio e l’utilizzo dei dati relativi alle famiglie anagrafiche, alle utenze per la fornitura di energia elettrica, ai soggetti tenuti al pagamento del canone di abbonamento alla televisione, ai soggetti esenti, ai soggetti beneficiari delle agevolazioni di cui all'articolo 38, comma 8, del decreto-legge 78/2010[11] (in base al quale il titolare di pensione non superiore a 18.000 euro, può chiedere che il canone sia trattenuto sulla pensione in un numero massimo di undici rate senza applicazione di interessi, a partire dal mese di gennaio e non oltre quello relativamente al quale le ritenute sono versate nel mese di dicembre) da parte dell’Anagrafe tributaria, dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, dell’Acquirente Unico Spa, del Ministero dell’Interno, dei Comuni, nonché di altri soggetti pubblici o privati che ne hanno la disponibilità.

 

Il comma 76 estende le autorizzazioni all’addebito diretto sul conto corrente bancario o postale ovvero su altri mezzi di pagamento, rilasciate a intermediari finanziari dai titolari di utenza per la fornitura di energia elettrica per il pagamento delle relative fatture, al pagamento del canone di abbonamento televisivo. La disposizione di cui al presente comma si applica anche alle suddette autorizzazioni all’addebito già rilasciate alla data di entrata in vigore della presente legge, fatta salva la facoltà di revoca dell’autorizzazione nel suo complesso da parte dell’utente.

 

Il comma 77 esclude l’applicabilità delle disposizioni in esame all’accertamento e riscossione coattiva e al canone di abbonamento speciale per la detenzione fuori dall’ambito familiare.

 

Il comma 78 prevede che, in sede di prima applicazione:

a)   avuto riguardo ai tempi tecnici necessari all'adeguamento dei sistemi di fatturazione, le rate scadute all'atto dell'entrata in vigore della legge sono cumulativamente addebitate nella prima fattura successiva al 1º luglio 2016;

b)  l'Agenzia delle Entrate mette a disposizione delle imprese elettriche, per il tramite del sistema informativo integrato istituito presso Acquirente Unico, l'elenco dei soggetti esenti dal canone ai sensi delle disposizioni vigenti o che abbiano presentato l'autocertificazione di cui al comma 72, lettera a) e fornisce ogni dato utile a individuare i soggetti obbligati;

c)   le imprese elettriche all'atto della conclusione dei nuovi contratti di fornitura acquisiscono la dichiarazione del cliente in ordine alla residenza anagrafica nel luogo di fornitura. Il cliente è tenuto a comunicare ogni successiva variazione.

 

 

Il comma 79, con riferimento agli anni dal 2016 al 2018, riserva all’erario le eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone di abbonamento alla televisione rispetto alle somme già iscritte a tale titolo nel bilancio di previsione per l’anno 2016, per essere destinate:

§  prioritariamente, all’ampliamento, sino ad euro 8.000, della soglia per l’esenzione dal pagamento del canone di abbonamento in favore di soggetti di età pari o superiore a settantacinque anni;

·        Si ricorda che l’articolo 1, comma 132, della legge finanziaria 2008, 244/2007, prevede l’esenzione per i soggetti di età pari o superiore a settantacinque anni e con un reddito proprio e del coniuge non superiore complessivamente a euro 516,46 per tredici mensilità (6.713,98 €) senza conviventi, esclusivamente per l'apparecchio televisivo ubicato nel luogo di residenza e dispone, per l'abuso, una sanzione amministrativa, in aggiunta al canone dovuto e agli interessi di mora, d'importo compreso tra euro 500 ed euro 2.000 per ciascuna annualità evasa.

§  al fondo per la riduzione della pressione fiscale, di cui all’articolo 1, comma 431, della legge di stabilità 2014 (147/2013);

Le quote delle entrate del canone di abbonamento già destinate dalla legislazione vigente a specifiche finalità sono attribuite sulla base dell’ammontare delle predette somme iscritte nel bilancio di previsione per l’anno 2016, ovvero, dell’ammontare versato al predetto titolo nell’esercizio di riferimento , se inferiore alla previsione per il 2016.

 

Ai sensi dell’art. 27, comma 8, primo periodo, della legge finanziaria per il 2000 (488/1999) il canone di abbonamento alla televisione è attribuito per intero alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo (RAI S.p.A. fino al 6 maggio 2016) ad eccezione della quota pari all’un per cento già spettante all’Accademia di Santa Cecilia.

Il Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (177/2005), nel Titolo VIII (artt. 45-49) – dispone, anzitutto, all’art. 49, comma 1, che la concessione del servizio pubblico generale radiotelevisivo è affidata, fino al 6 maggio 2016, alla RAI-Radiotelevisione italiana Spa.

A sua volta, l’art. 45, commi 1 e 4, dispone che il servizio pubblico generale radiotelevisivo è affidato per concessione a una società per azioni che lo svolge sulla base di un contratto nazionale di servizio, stipulato con l’attuale Ministero dello sviluppo economico, nonché di contratti di servizio regionali e, per le province autonome, provinciali, con i quali sono individuati diritti e obblighi della concessionaria. Tali contratti sono rinnovati ogni tre anni[12].

Prima di ciascun rinnovo del contratto nazionale di servizio, l’AGCOM e il Ministro dello sviluppo economico fissano, con propria deliberazione, le linee guida sul contenuto degli ulteriori obblighi del servizio pubblico generale radiotelevisivo, definite in relazione allo sviluppo dei mercati, al progresso tecnologico e alle mutate esigenze culturali, nazionali e locali.

L’ultimo contratto nazionale di servizio approvato si riferisce al triennio 2010-2012[13].

Per il rinnovo 2013-2015, le linee-guida sono state approvate con delibera AGCOM del 29 novembre 2012, n. 587/12/CONS[14].

Lo schema di contratto di servizio 2013-2015 è stato trasmesso alle Camere per l’espressione del prescritto parere della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (art. 1, co. 6, lett. b), n. 10), L. 249/1997), il 19 settembre 2013 (Atto del Governo n. 31). Il parere, favorevole con condizioni, è stato espresso nella seduta del 7 maggio 2014.

Al riguardo, intervenendo nella seduta della 8^ Commissione del Senato del 3 giugno 2015, il rappresentante del Governo ha evidenziato che sono in corso approfondimenti rispetto alla prima versione predisposta dal Governo precedente (Letta – I).


 

Articolo 1, commi 80-82
(Attuazione Accordo tra Italia e Santa Sede in materia di radiodiffusione televisiva e sonora e costituzione
di un Fondo per il riassetto dello Spettro Radio)

 

 

I commi 80 e 81 autorizzano una spesa di 2,724 milioni di euro annui, a partire dal 2016, in vista dell’attuazione di un accordo tra l’Italia e lo Stato della Città del Vaticano in materia di radiodiffusione televisiva e sonora. Il comma 82 prevede la costituzione di un Fondo per il riassetto dello Spettro Radio.

 

La disposizione del comma 80 è finalizzata a realizzare le previsioni dello Scambio di note tra l’Italia e la Santa Sede in data 14 e 15 giugno 2010, riguardante l’utilizzo delle frequenze di radiodiffusione televisiva e sonora, nel quadro delle assegnazioni delle frequenze adottato dalla Conferenza regionale dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni svoltasi a Ginevra dal 15 maggio al 16 giugno 2006 (GE-06).

 

Lo Scambio di note, al punto D), ha previsto che, in cambio della concessione all’Italia di alcuni canali televisivi sull’area delle province di Roma e limitrofe e di risorse frequenziali di radiodioffusione sonora, assegnate dal piano di GE-06 allo Stato della Città del Vaticano, lo Stato italiano si impegni, entro la fine del 2012, a porre a disposizione del Vaticano, senza oneri per quest’ultimo, una capacità trasmissiva di almeno 4 Mbit/sec su un multiplexer con copertura a livello nazionale italiano, possibilmente isocanale.

 

A tale proposito il richiamato comma 80 prevede che il Ministero dello sviluppo economico predisponga entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge una procedura di gara con offerte economiche al ribasso a partire dalla tariffa annuale massima per ogni M/bits stabilita per abitante dall’articolo 27, comma 3, del regolamento di cui all’allegato A alla delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunica-zioni n. 353/11/Cons del 23 giugno 2011 per selezionare un operatore di rete già titolare di diritto d’uso che metta a disposizione dello Stato della Città del Vaticano la capacità trasmissiva richiamata nell’accordo.

 

Il metodo di aggiudicazione della gara è indicato in quello delle offerte economiche al ribasso, a partire dalla tariffa annuale massima per ogni Mbit/s stabilita, per abitante, dall’articolo 27, comma 3, della delibera (rectius del regolamento allegato alla delibera) 353/11/Cons dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Il citato regolamento, relativo alla radiodiffusione televisiva terrestre in tecnica digitale, disciplina l’attività di fornitura di servizi di media audiovisivi lineari ivi inclusa la diffusione di contenuti radiofonici digitali, di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato e di operatore di rete, su frequenze televisive terrestri in tecnica digitale. L’articolo 27 disciplina le modalità e condizioni della cessione della capacità trasmissiva delle reti televisive locali, a favore di soggetti legittimamente operanti in ambito locale, ma non destinatari di diritti d’uso di frequenze; il comma 3 indica i criteri per la compilazione del listino delle tariffe di uso della capacità trasmissiva, che non possono essere inferiori a euro 0,010 e superiori a 0,016 per 1 M/bits per abitante.

 

Al fine di rimborsare gli importi di aggiudicazione sostenuti dall’operatore di rete selezionato, il medesimo comma autorizza, a partire dal 2016, una spesa di 2,724 milioni di euro annui.

La disposizione predispone quindi la provvista finanziaria per dare seguito agli impegni assunto nel richiamato Accordo.

 

Al riguardo appare opportuno un chiarimento in ordine alla necessità di presentare al Parlamento, ai sensi dell’art. 80 Cost., uno specifico disegno di legge per la ratifica dell’Accordo stesso.

 

Il comma 81 fa salva, a seguito dell’aggiudicazione, la facoltà delle parti di stipulare patti in deroga a quanto disposto dal comma 80.

 

Il comma 82 istituisce un Fondo per il riassetto dello Spettro Radio, presso il Ministero dello Sviluppo Economico, al fine di realizzare attività di studio, verifiche tecniche ed interventi in tema di attribuzione di frequenze aggiuntive a specifici servizi, propedeutiche alla liberazione del broadcasting della banda 700 MHz, e per l’armonizzazione internazionale dell’uso dello spettro (la banda 700 Mhz è identificata per utilizzo di sistemi a larga banda, in luogo dell’attuale utilizzo, entro il 2020); la dotazione del fondo è di Euro 276.000 euro annui a decorrere dai 2016 e, con successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge, saranno individuate le specifiche modalità di utilizzazione e di realizzazione delle attività.

Per la copertura degli oneri recati dai commi 80-82, si provvede con riduzione della tabella A, voce Ministero dello sviluppo economico: 2016: - 3.000.000; 2017: - 3.000.000; 2018: - 3.000.000.


 

Articolo 1, commi 83-86
(Proroga dell'esonero contributivo per le assunzioni
a tempo indeterminato)

 

 

I commi 83-86 prevedono, per il settore privato, uno sgravio contributivo per i contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato relativi ad assunzioni decorrenti dal 1° gennaio 2016 e stipulati entro il 31 dicembre 2016. Per il settore agricolo, il beneficio si applica secondo la disciplina specifica di cui ai commi 84 e 85.

 

Lo sgravio contributivo consiste nell’esonero dal versamento del 40% dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nel limite di 3.250 euro su base annua e per un periodo massimo di 24 mesi.

Si ricorda che per le assunzioni a tempo indeterminato intercorrenti nel 2015, i datori di lavoro hanno diritto (ai sensi dell'art. 1, comma 118, della L. 23 dicembre 2014, n. 190) ad uno sgravio contributivo nel limite di 8.060 euro su base annua e per un periodo massimo di 36 mesi (anche in tal caso, il beneficio si applica con misure, condizioni e modalità di finanziamento specifiche nel settore agricolo, ai sensi dei commi 119 e 120 del citato art. 1 della L. n. 190).

 

Il beneficio per le assunzioni effettuate nel 2016 (così come già previsto per quelle decorrenti nel 2015) non è riconosciuto:

§  per i contratti di apprendistato e per quelli di lavoro domestico;

§  per le assunzioni relative a lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro;

§  con riferimento ai lavoratori per i quali il presente beneficio (ovvero quello suddetto per le assunzioni intercorrenti nel 2015) sia già stato usufruito in relazione a precedente assunzione a tempo indeterminato. Sembra opportuno chiarire se tale esclusione operi anche qualora lo sgravio riconosciuto per la precedente assunzione concernesse il settore agricolo;

§  per i lavoratori con i quali i datori di lavoro (considerando anche le società controllate o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto) abbiano comunque già in essere un contratto a tempo indeterminato nei tre mesi precedenti la data di entrata in vigore della presente disposizione.

Resta fermo (così come già stabilito per le assunzioni decorrenti nel 2015) che: il beneficio non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote contributive previsti dalla normativa vigente; si applicano gli ordinari criteri di calcolo ai fini della misura del trattamento pensionistico.

Il beneficio (in conformità alla disciplina dello sgravio per le assunzioni intercorrenti nel 2015 e ad esclusione, come accennato, del settore agricolo) non è subordinato ad un meccanismo di ordine cronologico di presentazione delle domande e di connessa verifica di sussistenza di risorse residue.

L'INPS provvede al monitoraggio del numero di contratti beneficiari dell'incentivo di cui al comma 83 e delle conseguenti minori entrate contributive, inviando relazioni mensili al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze.

Il comma 84 dispone che lo sgravio di cui al comma 83 si applichi in favore dei datori di lavoro del settore agricolo nel rispetto dei limiti finanziari ivi indicati, i quali sono distinti per le assunzioni come impiegati e dirigenti e, rispettivamente, come operai agricoli. Per questi ultimi, si esclude il beneficio (in conformità alla disciplina dello sgravio per le assunzioni di operai agricoli decorrenti nel 2015) qualora nel corso del 2015 i soggetti risultassero occupati a tempo indeterminato o risultassero iscritti negli elenchi nominativi dell’anno 2015 per un numero di giornate di lavoro pari o superiore a 250 (in qualità di lavoratori a tempo determinato presso qualsiasi datore di lavoro agricolo). Riguardo alla prima fattispecie di esclusione, si rileva che la circolare n. 17 del 29 gennaio 2015 dell'INPS fa riferimento ai rapporti a tempo indeterminato ricorrenti nell'anno precedente presso i soli datori di lavoro agricolo. Sembra opportuno che tale specificazione sia posta direttamente dalla norma legislativa.

Lo sgravio nel settore agricolo è riconosciuto, secondo le modalità, il monitoraggio e le relazioni di cui al comma 85, fino al raggiungimento dei limiti finanziari summenzionati ed in base all'ordine cronologico di presentazione delle domande.

Ai sensi del comma 86, il datore di lavoro che subentri nella fornitura di servizi in appalto e che assuma, ancorché in attuazione di un obbligo stabilito da disposizioni di legge o della contrattazione collettiva, un lavoratore per il quale il datore di lavoro cessante fruisca dello sgravio contributivo di cui ai commi 83 e 84 preserva il diritto alla fruizione dello sgravio medesimo, nei limiti della durata e della misura che residui (considerando, a tal fine, anche il rapporto di lavoro con il datore cessante). La norma di cui al comma 86 costituisce, quindi, anche una deroga ai princìpi summenzionati di esclusione del beneficio. Sembrerebbe opportuno specificare: se si intenda far riferimento anche ai casi in cui il subentro riguardi un contratto rientrante nella nozione civilistica di somministrazione[15], anziché di appalto; se la norma di cui al comma 86 (dal momento che esso si limita a richiamare i precedenti commi 83 e 84) riguardi anche i casi in cui lo sgravio contributivo sia stato riconosciuto (al primo datore di lavoro) in relazione ad un'assunzione decorrente nel 2015.


 

Articolo 1, commi 87-95
(Regime fiscale di somme, valori e servizi
in favore dei lavoratori dipendenti)

 

 

I commi da 87 a 93 introducono, in via permanente, una disciplina tributaria specifica per gli emolumenti retributivi dei lavoratori dipendenti privati di ammontare variabile e la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili, nonché per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa. Il comma 94 modifica le nozioni di alcuni valori, somme e servizi percepiti o goduti dal dipendente ed esclusi dall'imposizione IRPEF ai sensi del testo unico delle imposte sui redditi. Il comma 95 azzera le risorse del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello e ridefinisce l'ammontare delle risorse finanziarie destinate alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata.

 

Il nuovo regime tributario di cui ai commi da 87 a 93 concerne: sotto il profilo oggettivo, le somme ed i valori corrisposti in esecuzione di contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o di contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria (comma 91); sotto il profilo soggettivo, i titolari di reddito da lavoro dipendente privato di importo non superiore, nell’anno precedente quello di percezione, a 50.000 euro (comma 90).

Il regime tributario specifico consiste - salva l'ipotesi di espressa rinunzia al medesimo da parte del lavoratore (comma 87) - in un'imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali, pari al 10%, entro il limite di importo complessivo del relativo imponibile pari a 2.000 euro lordi, ovvero a 2.500 euro per le imprese che coinvolgano pariteticamente i lavoratori nell'organizzazione del lavoro (commi 87 e 93).

Si demanda (comma 92) ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la definizione: dei criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione; delle modalità attuative del nuovo regime tributario, anche con riferimento alla suddetta partecipazione paritetica all’organizzazione del lavoro; delle modalità del monitoraggio dei contratti aziendali o territoriali summenzionati.

Ulteriori norme di carattere finale sono poste nei commi 88, 89 e 90.

La lettera a) del comma 94 modifica le nozioni di alcuni valori, somme e servizi percepiti o goduti dal dipendente ed esclusi dall'imposizione IRPEF ai sensi dell'art. 51, comma 2 e comma 3, ultimo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, mentre la successiva lettera b) specifica, in generale, che (ai fini dell'esenzione in oggetto) l’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale.

In particolare, mentre la novella di cui alla lettera a), numero 1), opera una modifica esclusivamente formale[16] - nella quale il Senato ha apportato un'ulteriore modifica, anch'essa formale -, quella di cui al successivo numero 2) estende l'esenzione IRPEF per le somme, i servizi e le prestazioni (erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti) per: la fruizione, da parte dei familiari[17], dei servizi di educazione e istruzione - compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi - anche se non inerenti alla frequenza degli asili nido (alla quale fa riferimento il testo vigente); per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali (a quest'ultimo riguardo, il testo vigente fa invece riferimento alle colonie climatiche). La novella di cui al numero 3) introduce l'esenzione per le somme e le prestazioni (erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti) per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti[18].

Sotto il profilo redazionale, sembra necessario che nei commi 91 e 92 il riferimento ai commi da 87 a 95 venga circoscritto ai soli commi da 87 a 93, anche al fine di chiarire che le esclusioni dall'IRPEF - oggetto delle novelle di cui al comma 94 - continuano ad essere riconosciute a prescindere dalla circostanza che le somme, i valori ed i servizi siano contemplati o meno dai contratti collettivi aziendali o territoriali.

Il comma 95 azzera le risorse del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello e ridefinisce l'ammontare delle risorse finanziarie destinate, in via sperimentale, per il triennio 2016-2018, ai sensi dell'art. 25 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80, alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata. Nella disciplina vigente, queste ultime risorse sono stabilite mediante l'impiego, per ciascun anno del triennio, di una quota pari al 10% della dotazione del Fondo suddetto (il quale viene ora azzerato). Il comma 95 in esame prevede che le risorse per la promozione della conciliazione siano pari a 38,3 milioni di euro per il 2016, 36,2 milioni per il 2017 e 35,6 milioni per il 2018.

 

Si ricorda che la promozione dei contratti aziendali è stata perseguita attraverso specifici sgravi fiscali e contributivi. In particolare, uno specifico filone normativo ha riguardato la tassazione agevolata dei contratti di produttività, introdotta dall'articolo 2, comma 1, lettera c), del D.L. 93/2008. Il beneficio fiscale (limitato al settore privato) consiste nell'applicazione, sulle remunerazioni oggetto di agevolazione, di una imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali fissata in misura pari al 10%.

La tabella sottostante indica, anno per anno, misura e limiti della tassazione agevolata dei premi di produttività a partire dalla sua introduzione.

 

La detassazione dei premi di produttività

 

2008 – II semestre

Reddito di lavoro dipendente non superiore a 30.000 euro nell’anno precedente, sulle somme non superiori a 3.000 euro.

2009

Reddito di lavoro dipendente non superiore a 35.000 euro nell’anno precedente, sulle somme non superiori a 6.000 euro.

2010

Reddito di lavoro dipendente non superiore a 35.000 euro nell’anno precedente, sulle somme non superiori a 6.000 euro.

2011

Reddito di lavoro dipendente non superiore a 40.000 euro nell’anno precedente, sulle somme non superiori a 6.000 euro.

2012

Reddito di lavoro dipendente non superiore a 30.000 euro nell’anno precedente, sulle somme non superiori a 2.500 euro.

2013

Reddito di lavoro dipendente non superiore a 40.000 euro nell’anno precedente, sulle somme non superiori a 2.500 euro.

2014

Reddito di lavoro dipendente non superiore a 40.000 euro nell’anno precedente, sulle somme non superiori a 3.000 euro.

Dal 2016

Reddito di lavoro dipendente non superiore a 50.000 euro nell’anno precedente, sulle somme non superiori a 2.000 euro (2.500 se l’accordo prevede commissioni paritetiche).

 


 

Articolo 1, commi 96-98
(Misure per favorire l’efficacia e la sostenibilità della strategia di valorizzazione dei beni sequestrati e confiscati alla
criminalità organizzata)

 

 

I commi da 96 a 98, non modificati al Senato, riguardano interventi volti a preservare e valorizzare i beni, anche aziendali, sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Anzitutto, al comma 96 si prevede il rafforzamento e lo sviluppo delle competenze dei dipendenti dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati (e dei soggetti privati di cui la stessa Agenzia si avvale) per lo svolgimento dei complessi compiti istituzionali. Si prevede, inoltre, ai commi 97 e 98, che all'attivazione delle azioni di rafforzamento dell'Agenzia nazionale concorrano anche le risorse finanziarie dei PON “Governance e capacità istituzionale” e “Legalità” attuativi dei fondi strutturali europei della programmazione 2014-2020, nonché le risorse previste per i programmi di azione e coesione complementari alla programmazione europea.

 

In particolare, il comma 96 prevede che l’Agenzia nazionale assuma specifiche iniziative volte a migliorare le competenze, anche interne, necessarie per lo svolgimento delle complesse funzioni delegate all’Agenzia.

 

L'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata è stata istituita con il D.L. 4/2010 (L. conv. 50/2010) e la sua disciplina è attualmente confluita nel decreto legislativo 159/2011, agli artt. 110 e seguenti (Codice Antimafia). L'Agenzia, ente con personalità giuridica di diritto pubblico, dotata di autonomia organizzativa e contabile, è posta sotto la vigilanza del Ministro dell'interno. Sede principale dell’Agenzia è Reggio Calabria

La missione dell’Agenzia è quella di provvedere all'amministrazione e alla destinazione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie, a seguito di confisca definitiva, nonché coadiuvare l'amministratore giudiziario sotto la direzione dell'Autorità Giudiziaria in fase di sequestro fino alla confisca di primo grado, dopo la quale assume la gestione diretta degli stessi beni. Attraverso una stretta collaborazione con l'Autorità giudiziaria, l'Agenzia fornisce un valido supporto alla programmazione della destinazione del bene, già durante la fase giudiziaria, acquisendo tutte le informazioni e nel contempo indicando le attività necessarie al superamento delle criticità che spesso ostacolano o rallentano la restituzione alla collettività dei patrimoni mafiosi e quindi il riutilizzo sociale degli stessi.

La dotazione organica dell’Agenzia consta di 30 unità complessive. Oltre al personale indicato, l'Agenzia è autorizzata ad avvalersi di un contingente di personale, militare e civile, entro il limite massimo di 100 unità, appartenente a pubbliche amministrazioni. Per assicurarne la piena funzionalità, fino al 31 dicembre 2016, il Direttore dell'Agenzia, nei limiti della dotazione organica e delle disponibilità finanziarie esistenti, è autorizzato a stipulare contratti a tempo determinato.

 

Si ricorda che la Camera dei deputati ha recentemente approvato in prima lettura un provvedimento di modifica del Codice antimafia (ora AS. 2134) che si prefigge di tutelare il lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità e che modifica anche la struttura ed i compiti dell’Agenzia nazionale.

 

Il comma 97 mette a disposizione, per la realizzazione delle misure di cui al comma precedente, nel limite massimo complessivo di 15 milioni (5 milioni per ogni annualità 2016-2018), le risorse dei Programmi Operativi Nazionali (PON)Governance e capacità istituzionale” e “Legalità” inseriti nella programmazione dei fondi strutturali 2014-2020, nonché le risorse previste per i programmi di azione e coesione, complementari alla suddetta programmazione, disciplinati dalla delibera CIPE 28 gennaio 2015, n. 10[19].

L’utilizzo delle risorse sarà subordinato alla verifica di coerenza con gli obiettivi dei suddetti Programmi, da parte delle rispettive Autorità di gestione.

 

Con riferimento ai Programmi Operativi Nazionali 2014-2020 indicati dalla norma, si evidenzia che il PON “Governance e capacità istituzionale[20] è stato adottato dalla Commissione europea con decisione C(2015) 1343 del 23 febbraio 2015.

Il Programma, a titolarità dell’Agenzia per la Coesione Territoriale, è finalizzato a contribuire agli obiettivi della Strategia dell’Unione per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva attraverso interventi di rafforzamento della capacità amministrativa e istituzionale, di modernizzazione della PA nonché miglioramento della governance multilivello nei programmi di investimento pubblico. Il Programma mette a disposizione risorse per complessivi 827,7 milioni, di cui 583,8 di finanziamento comunitario e 243,9 di cofinanziamento nazionale. Gli interventi sono finanziati sia dal FSE che dal FESR e interessano tutte le tipologie di regioni, anche se la gran parte delle risorse sono destinate alle regioni meno sviluppate (Basilicata, Campania, Calabria, Puglia e Sicilia), come riportato nella successiva tabella.

 

(milioni di euro)

 

Risorse UE

Cofinanziamento

% Cof.

Totale


 

FESR

FSE

Totale

FESR

FSE

Totale

PON Governance e capacità istituzionale

255,1

328,7

583,8

107,9

136,0

243,9

 

827,7

- regioni meno sviluppate

220,8

289,0

509,8

73,6

96,3

169,9

25

679,7

- regioni in transizione

10,6

12,3

22,9

10,6

12,3

22,9

50

45,8

- regioni più sviluppate

23,6

27,5

51,1

23,6

27,4

51,1

50

102,2

 

Il PON “Legalità”, a titolarità del Ministero dell’interno, non risulta invece ancora approvato dalla Commissione UE.

Il Programma, nel testo proposto[21] alla Commissione, prevede una disponibilità di risorse pari a 377,6 milioni, di cui 283,2 milioni di finanziamento comunitario e 94,4 milioni di cofinanziamento nazionale. Gli interventi, finanziati sia dal FSE che dal FESR, sono destinati solo alle regioni meno sviluppate (Basilicata, Campania, Calabria, Puglia e Sicilia), come esposto nella successiva tabella.

 

(milioni di euro)

 

Risorse UE

Cofinanziamento

% Cof.

Totale


 

FESR

FSE

Totale

FESR

FSE

Totale

PON Legalità

195,3

87,9

283,2

65,1

29,3

94,4

25

377,6

- regioni meno sviluppate

195,3

87,9

283,2

65,1

29,3

94,4

25

377,6

- regioni in transizione

-

-

-

-

-

-

-

-

- regioni più sviluppate

-

-

-

-

-

-

-

-

 

La disposizione in commento prevede inoltre l’utilizzo delle risorse destinate al finanziamento degli specifici programmi di azione e coesione di cui alla delibera CIPE n. 10/2015.

Tali programmi, oggetto di specifica disciplina al punto 2 della delibera, sono previsti dall’articolo 1, comma 242, della legge di stabilità 2014, il quale impegna il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie a concorrere, nei limiti delle proprie disponibilità, al finanziamento degli oneri relativi all'attuazione di interventi “complementari” rispetto ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione europea 2014-2020, inseriti nell'ambito della programmazione strategica definita con l'Accordo di partenariato, prevedendo altresì - al fine di massimizzare le risorse destinabili agli interventi complementari - che anche le regioni possano concorrere al finanziamento degli stessi con risorse a carico dei propri bilanci. Gli interventi complementari sono previsti nell’ambito di “Programmi di azione e coesione”, i cui contenuti sono definiti in partenariato tra le Amministrazioni nazionali aventi responsabilità di coordinamento dei Fondi SIE e le singole Amministrazioni interessate, sotto il coordinamento dell’Autorità politica delegata per le politiche di coesione territoriale. I Programmi di azione e coesione saranno adottati con delibere del CIPE[22].

I programmi di azione e coesione sono finanziati con le disponibilità del Fondo di rotazione, nei limiti della dotazione del Fondo stesso, al netto delle assegnazioni attribuite a titolo di cofinanziamento nazionale degli interventi di politica comunitaria. Le risorse del Fondo di rotazione resesi disponibili a seguito dell'adozione, ai sensi del Regolamento (UE) n. 1303/2013, di Programmi operativi con un tasso di cofinanziamento nazionale inferiore al 50 per cento (per le Regioni) e al 45 per cento (per le Amministrazioni centrali), concorrono al finanziamento dei programmi di azione e coesione destinati ai medesimi territori.

Nel complesso, come riportato nell’Allegato alla delibera CIPE n. 10/2015, circa 7,4 miliardi (dei 24 miliardi complessivi di cofinanziamento nazionale) sono riservati agli interventi complementari[23].

 

Il comma 98 consente agli enti interessati di pianificare, di concerto con l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, specifiche azioni rivolte all’efficace valorizzazione dei predetti beni nell’ambito dei programmi cofinanziati dall’Unione europea per il periodo 2014/2020 e degli interventi complementari alla programmazione comunitaria di cui alla delibera CIPE n. 10/2015, a titolarità delle amministrazioni regionali.


 

Articolo 1, commi 99-102
(Fondo per le aziende sequestrate e confiscate)

 

 

Ai commi da 99 a 102 si disciplina un fondo per garantire l'accesso e la continuità del credito a favore delle aziende oggetto di misure patrimoniali nell'ambito di procedimenti penali o di prevenzione.

 

Ai sensi del comma 99 è istituito il Fondo per il credito alle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata, con una dotazione di 10 milioni di euro annui per il triennio 2016-2018.

Presupposto oggettivo, per l'operatività del Fondo, è che il bene sia un'azienda oggetto di:

- misura cautelare reale del sequestro[24] ovvero della misura di sicurezza patrimoniale della confisca[25], nei procedimenti penali per i delitti di cui agli articoli 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale[26];

- misure di prevenzione patrimoniali[27] nei confronti dei soggetti destinatari del codice antimafia (decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159) in quanto persone sottoposte a procedimento penale per uno dei delitti di cui all’articolo 416-bis c.p. ovvero di cui al citato articolo 51, comma 3-bis c.p.p.).

 

La genericità della previsione "sequestro e confisca" consente di adattarla ai molteplici istituti sopra citati, per la cui gestione va peraltro ricordato che è stato presentato il disegno di legge del Governo Atto Senato n. 1687 (Misure volte a rafforzare il contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni illeciti), in corso di esame. Peraltro, alla Camera è in corso di esame l’Atto Camera n. 1138 e abb. (Misure per favorire l’emersione alla legalità e la tutela dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata), inserito nel calendario dei lavori dell’assemblea per il mese di novembre.

 

La finalità del Fondo è la continuità del credito bancario e l'accesso al medesimo, il sostegno agli investimenti e agli oneri necessari per gli interventi di ristrutturazione aziendale, la tutela dei livelli occupazionali, la promozione di misure di emersione del lavoro irregolare, la tutela della salute e della sicurezza del lavoro, il sostegno alle cooperative di cui al predetto codice (comunità, anche giovanili, organizzazioni di volontariato di cui alla legge n. 266 del 1991, cooperative sociali di cui alla legge n. 381 del 1991, comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti, associazioni di protezione ambientale riconosciute, ovvero di dipendenti dell'impresa confiscata).

Per il comma 100 un'apposita sezione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese riceverà 3 milioni di euro annui, destinata alla concessione di garanzie per operazioni finanziarie erogate in favore di imprese, di qualunque dimensione, sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata, ovvero di imprese che rilevano i complessi aziendali delle predette imprese. Nella misura di 7 milioni di euro annui, un'apposita sezione del Fondo per la crescita sostenibile sarà alimentata per l'erogazione di finanziamenti agevolati in favore delle medesime imprese.

Il comma 101 prevede che un decreto interministeriale determini i limiti, i criteri e le modalità per la concessione delle garanzie e dei finanziamenti, avendo particolare riguardo per le imprese che presentano gravi difficoltà di accesso al credito. Il decreto dovrà operare nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di aiuti di Stato.

 

Ai sensi dell’articolo 107 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) sono aiuti di stato gli aiuti concessi dallo Stato, ovvero mediante risorse statali che conferiscono un vantaggio selettivo, che abbiano un'incidenza sugli scambi intra-UE e possano causare una distorsione della concorrenza. La Commissione sostiene la necessità di rendere coerenti, con i princìpi desumibili dai Trattati, gli orientamenti in materia di aiuti di Stato: ciò al fine di razionalizzare gli strumenti a disposizione ed incoraggiare gli Stati membri a destinare le esigue risorse pubbliche verso priorità comuni. È soprattutto con riferimento a quest’ultimo aspetto che la Commissione evidenzia i numerosi vantaggi della politica di concorrenza, soprattutto sotto il profilo del rapporto costi-benefici, in quanto la sua applicazione non comporta nessuna spesa a livello pubblico o privato. Inoltre, un adeguato controllo sugli aiuti di Stato, oltre a migliorare la qualità delle finanze pubbliche, potrebbe contribuire al perseguimento dell’obiettivo di orientare meglio la spesa pubblica, che in buona parte assume la forma di aiuti di Stato, per renderla più efficiente ed efficace e al servizio di politiche che promuovano la crescita e la realizzazione di obiettivi europei comuni. Per perseguire tale obiettivo la Commissione europea ha proceduto alla revisione di alcuni atti normativi sugli aiuti di Stato esentati dall’obbligo di notifica in quanto non incidono sugli scambi tra gli Stati membri e/o non falsano o minacciano di falsare la concorrenza[28].

Nella citata Comunicazione, presentata il 5 maggio 2012, si precisa che l’aumento della portata delle misure di aiuto esentate da detto obbligo aumenta la responsabilità degli Stati membri nel garantire la corretta applicazione della normativa in materia di aiuti di Stato. Di conseguenza, gli Stati membri dovranno verificare ex ante il rispetto delle norme sugli aiuti di Stato delle misure “de minimis” e dei casi che beneficiano di un’esenzione per categoria, invece la Commissione continuerà ad esercitare un controllo ex post su queste misure. A tal fine la Commissione si aspetta una migliore cooperazione da parte degli Stati membri nel trasmettere le informazioni in modo migliore e tempestivo, nonché sistemi di controllo nazionali efficaci che garantiscano che gli aiuti di Stato esentati dai controlli ex ante siano conformi al diritto dell’Unione europea. Nella Comunicazione si precisa che sarà possibile una riduzione degli oneri amministrativi grazie ad obblighi di notifica minori, solo in presenza di un maggiore impegno e del rispetto delle norme da parte delle autorità nazionali. Di conseguenza, anche i controlli ex post da parte della Commissione dovranno aumentare considerato che gli attuali risultati del controllo da parte degli Stati membri dell’applicazione di misure che beneficiano di un esenzione per categoria rivelano una frequente violazione delle norme sugli aiuti di Stato.

 

Il decreto disciplinerà anche le modalità per la restituzione, con applicazione di interessi a tassi di mercato, della quota residua del finanziamento erogato, per il caso di revoca del provvedimento di sequestro. Per il caso di garanzia escussa, invece, la revoca del sequestro è assoggettata da una condizione speciale, che inibisce la stessa restituzione dell'azienda fino a quando non si realizza: per il comma 102 l'avente diritto è prioritariamente tenuto a rimborsare gli importi liquidati dalla sezione del Fondo a seguito dell'eventuale escussione della garanzia, in qualunque stato e grado del procedimento intervenga la revoca.

 


 

Articolo 1, commi 103-106
(Fondo per il credito alle aziende vittime di mancati pagamenti)

 

 

Con i commi 103-106, introdotti al Senato, si istituisce presso il Ministero dello Sviluppo economico il Fondo per il credito alle aziende vittime di mancati pagamenti, avente come finalità il sostegno alle piccole e medie imprese che entrano in crisi a causa della mancata corresponsione di denaro da parte di altre aziende debitrici, imputate di taluni delitti.

 

Il comma 103 istituisce presso il MiSE un Fondo per il credito alle aziende vittime di mancati pagamenti, di seguito nominato ''Fondo'', conferendovi 10 milioni di euro annui per il triennio 2016-2018, attinti dal Fondo per interventi strutturali di politica economica.

Il comma 104 correda la finalità di sostegno alle piccole e medie imprese - che entrano in crisi a causa della mancata corresponsione di denaro da parte di altre aziende debitrici - con il requisito che esse risultino parti offese in un procedimento penale in corso, a carico delle aziende debitrici: esse devono risultare imputate dei delitti di cui agli articoli 629 (estorsione), 640 (truffa), 641 (insolvenza fraudolenta) del codice penale e di cui all'articolo 2621 del codice civile (false comunicazioni sociali). Poiché soltanto gli articoli 640 c.p. e 2621 c.c. danno luogo a responsabilità amministrativa da reato dell'ente (ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231), è presumibile che l'imputazione debba riferirsi al legale rappresentante dell'impresa titolare dell'azienda.

Il comma 105 attribuisce ad un decreto del MiSE, di concerto con il MEF, la determinazione dei criteri e le modalità per il sostegno, che avrà la forma di finanziamenti agevolati, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di aiuti di Stato.

Il comma 106 prevede che l'assoluzione dalle predette imputazioni comporta l'obbligo, per i beneficiari, del rimborso delle somme erogate.

 


 

Articolo 1, comma 107
(Aliquota contributiva lavoratori autonomi)

 

 

Il comma 107, non modificato dal Senato, conferma al 27%, anche per il 2016, l’aliquota contributiva dovuta dai lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata I.N.P.S., non iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria, né pensionati.

 

Più specificamente, il comma in esame riduce di un punto percentuale (al 27% in luogo del 28% previsto dalla normativa vigente), per l’anno 2016, l’aliquota contributiva dovuta dai lavoratori autonomi (titolari di posizione fiscale ai fini dell'Imposta sul Valore Aggiunto) iscritti alla gestione separata INPS.

 

Attualmente, infatti, ai sensi dell’articolo 10-bis del D.L. 192/2014, l’aliquota contributiva (prevista dall'articolo 1, comma 79, della L. 247/2007) per i lavoratori autonomi (titolari di posizione fiscale ai fini dell'I.V.A.) iscritti alla gestione separata I.N.P.S. (di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 335/1995), non iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria, né pensionati, è pari al 27% per il biennio 2014-2015, al 28% per il 2016 e al 29% per il 2017. Precedentemente, l’articolo 1, comma 744, della L. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014) aveva fissato tale aliquota al 27% per il 2014.

 

Si ricorda che l'articolo 1, comma 79, della L. 247/2007 ha disposto l’adeguamento delle aliquote contributive pensionistiche relative ai lavoratori iscritti alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995, disponendo, in particolare:

§  l’incremento al 24% per il 2008, al 25% per il 2009, al 26% per gli anni 2010-2011, al 27% per gli anni 2012-2013, al 28% per l'anno 2014, al 30% per l'anno 2015, al 31% per l'anno 2016, al 32% per l'anno 2017 e al 33% a decorrere dall'anno 2018 dell’aliquota contributiva pensionistica corrisposta alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995 dagli iscritti che non siano assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie;

§  a decorrere dal 1° gennaio 2008, l’incremento al 17% per gli anni 2008-2011, al 18% per l'anno 2012, al 20% per l'anno 2013, al 21% per l'anno 2014, al 22% per l'anno 2015 e al 24% a decorrere dall'anno 2016 dell’aliquota contributiva pensionistica corrisposta alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995 dai rimanenti iscritti rispetto a quelli di cui sopra (cioè dai soggetti già titolari di pensione o dai soggetti già assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie).


 

Articolo 1, comma 108
(Fondo per lavoratori autonomi e
articolazione flessibile lavoro subordinato)

 

 

Il comma 108, non modificato dal Senato, istituisce, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un Fondo per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e l’articolazione flessibile, con riferimento ai tempi e ai luoghi, del lavoro subordinato a tempo indeterminato, con una dotazione di 10 milioni di euro per il 2016 e di 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2017.

 

Quanto al lavoro autonomo, l’art. 2222 del Codice civile definisce lavoratore autonomo colui che si obbliga a compiere, verso un corrispettivo, un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente. La natura non imprenditoriale del lavoro autonomo, a cui fa riferimento l’articolo in esame, è data dall’assenza di una organizzazione sotto forma di impresa delle risorse economiche e di personale. Per l’inizio dell’attività di lavoro autonomo, dunque, non è richiesta l’iscrizione al Registro delle imprese, mentre invece è generalmente richiesta l’iscrizione alla Gestione separata dell’INPS (di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995).

 

Quanto al lavoro subordinato, il testo sembrerebbe far riferimento sia al lavoro a tempo parziale (part time) (attualmente disciplinato dagli articoli da 4 a 12 del D.Lgs. 81/2015, attuativo della legge delega in materia di lavoro n. 183/2014, cd Jobs Act), sia a fattispecie che non costituiscono autonome tipologie contrattuali, quanto, piuttosto, una modalità di svolgimento della prestazione lavorativa che viene svolta al di fuori dei locali dell’impresa o ente, come il telelavoro o lo smart working.

 

Per il settore pubblico, si ricorda che l’articolo 14 della L. 124/2015 (legge delega di riforma della Pubblica amministrazione, cd. Legge Madia), detta norme volte a favorire e promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche. In particolare, si dispone che le amministrazioni pubbliche adottino misure organizzative per l'attuazione del telelavoro e di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa, anche al fine di tutelare le cure parentali.

 


 

Articolo 1, comma 109
(Congedo di paternità)

 

 

Il comma 109, introdotto nel corso dell’esame al Senato, proroga sperimentalmente per il 2016 alcune disposizioni, già previste in via sperimentale per gli anni 2013-2015, in materia di congedo obbligatorio e facoltativo del padre lavoratore dipendente, elevando altresì da uno a due giorni quello obbligatorio.

Più nel dettaglio, la norma oggetto di proroga (art. 4, c. 24, lett. a), L. 92/2012) prevede:

§  l'obbligo, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, di astenersi dal lavoro per un giorno, in aggiunta al periodo di astensione obbligatoria della madre, elevato a due giorni, anche non continuativi, dalla presente proroga per il 2016;

§  la facoltà di usufruire di ulteriori due giorni di congedo, anche non continuativi, mediante scomputo dei medesimi dal periodo di astensione obbligatoria della madre ed in base ad un accordo con quest'ultima.

Resta fermo che, per i suddetti congedi obbligatori e facoltativi, sono riconosciuti un'indennità giornaliera a carico dell'INPS, pari al 100 per cento della retribuzione, e l'accredito figurativo della relativa contribuzione pensionistica.

Ai congedi, obbligatorio e facoltativo, così prorogati si applica la disciplina dettata dal D.M. 22 ottobre 2012 che ha definito i criteri di accesso e le modalità di utilizzo delle suddette misure sperimentali per gli anni 2013-2015[29].

Gli oneri derivanti dalla proroga contenuta nella disposizione in esame sono valutati in 24 milioni di euro, a cui si provvede, quanto a 14 milioni di euro mediante corrispondente riduzione del Fondo sociale per l’occupazione e formazione.

Articolo 1, commi 110-115
(
Chiamate dirette nelle università)

 

 

I commi 110-115, modificati durante l’esame al Senato, prevedono la costituzione nello stato di previsione del MIUR del “Fondo per le cattedre universitarie del merito”, con una dotazione di 38 mln nel 2016 e di € 75 mln dal 2017.

Il Fondo è destinato al reclutamento per “chiamata diretta” per elevato merito scientifico di professori universitari di prima e di seconda fascia, secondo “procedure nazionali” che devono essere definite con un DPCM da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, nonché, per una quota non superiore a 10 milioni di euro annui, a favorire la mobilità dei professori di prima fascia tra sedi universitarie diverse.

 

Con riferimento all’obiettivo primario della istituzione del Fondo per le cattedre universitarie del merito[30] (commi 110-112), costituito dal reclutamento di professori universitari di prima e di seconda fascia per “chiamata diretta” secondo “procedure nazionali” selettive volte a valorizzare l’eccellenza e la qualificazione scientifica dei candidati”, – anche in base a quanto riportato nella relazione tecnica allegata all’A.S. 2111[31] l’intenzione sembrerebbe quella di introdurre nell’ordinamento un terzium genus, in particolare, rispetto alla chiamata diretta da parte delle università (ex art. 1, co. 9, L. 230/2005) e alle procedure ordinarie (ex L. 240/2010) che vedono nel possesso dell’abilitazione scientifica nazionale il requisito necessario per consentire la partecipazione alle procedure di chiamata indette dalle singole università.

 

In base al comma 112, la disciplina applicativa è demandata ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. In particolare, il D.P.C.M. disciplinerà:

§  i requisiti necessari, con particolare riguardo alla qualità della produttività scientifica individuale nei cinque anni precedenti;

§  le procedure per l’individuazione dei soggetti meritevoli;

§  il numero dei posti, egualmente distribuiti tra la prima e la seconda fascia, di cui – secondo le modifiche introdotte al Senato – almeno il 50% deve essere attribuito entro un anno dalla data di indizione della procedura selettiva.

In base alla relazione tecnica allegata all’A.S. 2111[32], si prevede l’assunzione di 500 professori, di cui 250 di prima fascia e 250 di seconda fascia, non prima del mese di agosto 2016.

§  i criteri per l’individuazione dei settori scientifico-disciplinari di riferimento, che possono essere rivolti a obiettivi di crescita e miglioramento di particolari aree della ricerca scientifica e tecnologica italiana;

§  l’individuazione della classe stipendiale da attribuire ai soggetti selezionati;

§  la partecipazione alle commissioni per lo svolgimento delle procedure di studiosi nazionali e internazionali di alta qualificazione operanti nei settori della ricerca scientifica e tecnologica;

§  i criteri e le modalità mediante i quali, all’esito delle procedure selettive, le università procedono alla chiamata diretta, e l’eventuale concorso delle stesse università agli oneri finanziari derivanti dalla assunzione in servizio;

§  la “permanenza in servizio” nelle università dei professori chiamati all’esito delle medesime procedure selettive.

 

Il comma 111 specifica che da tali procedure di reclutamento sono esclusi i professori universitari di atenei italiani già appartenenti, alla data di scadenza del termine per la presentazione delle domande, ai ruoli della medesima fascia per la quale è bandita la procedura.

 

Occorrerebbe esplicitare che si prevede la stipula di contratti a tempo determinato - come si intuirebbe dal passaggio relativo alla “permanenza in servizio” dei professori – e riflettere sull’opportunità di definire nella norma primaria almeno i requisiti necessari per la partecipazione alle procedure.

 

L’ordinamento vigente prevede la possibilità di chiamata diretta nelle università, individuando a livello primario i requisiti richiesti e le procedure da seguire.

In particolare, l’art. 1, co. 9, della L. 230/2005 – come modificato, da ultimo, dall’art. 14, co. 3-quater, del D.L. 90/2014 (L. 114/2014) – dispone che, nell'ambito delle relative disponibilità di bilancio, le università possono procedere alla copertura di posti di professore ordinario e associato e di ricercatore mediante chiamata diretta di:

§  studiosi stabilmente impegnati all'estero in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario da almeno un triennio, che ricoprono una posizione accademica equipollente in istituzioni universitarie o di ricerca estere, ovvero che abbiano già svolto per chiamata diretta autorizzata dal MIUR nell'ambito del programma di rientro dei cervelli[33] un periodo di almeno tre anni di ricerca e di docenza nelle università italiane e conseguito risultati scientifici congrui rispetto al posto per il quale ne viene proposta la chiamata;

§  studiosi che siano risultati vincitori nell'ambito di specifici programmi di ricerca di alta qualificazione, identificati con decreto ministeriale, sentiti l'ANVUR e il CUN, finanziati dall'UE o dal MIUR[34].

Lo stesso co. 9 prevede, inoltre, che, sempre nell'ambito delle relative disponibilità di bilancio, le università possono anche procedere alla copertura dei posti di professore ordinario mediante chiamata diretta di studiosi di chiara fama.

Ai fini indicati, le università formulano specifiche proposte al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca il quale concede o rifiuta il nulla osta alla nomina, previo parere della commissione nominata per l'espletamento delle procedure di abilitazione scientifica nazionale (art. 16, co. 3, L. 240/2010), per il settore per il quale è proposta la chiamata, da esprimere entro trenta giorni dalla richiesta. Tale parere non è richiesto nel caso di chiamate di studiosi che siano risultati vincitori di uno dei programmi di ricerca di alta qualificazione identificati come prima indicato, effettuate entro tre anni dalla vincita del programma.

Il rettore, con proprio decreto, dispone la nomina determinando la relativa classe di stipendio sulla base della eventuale anzianità di servizio e di valutazioni di merito.

 

Con riferimento alle procedure ordinarie di assunzione nelle università, si ricorda che, ai sensi dell'art. 18 della L. 240/2010 – come modificato dall'art. 49 del D.L. 5/2012 (L. 35/2012) – la chiamata dei professori di prima e di seconda fascia è disciplinata dalle università con proprio regolamento, nel rispetto dei principi da esso indicati. In particolare, possono essere ammessi al procedimento di chiamata:

§  studiosi in possesso dell'abilitazione;

§  professori di prima e di seconda fascia già in servizio;

§  studiosi stabilmente impegnati all'estero in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario in posizioni di livello pari a quelle oggetto del bando, sulla base di tabelle di corrispondenza definite con DM 2 maggio 2011, n. 236 (da aggiornare ogni tre anni).

 

Il comma 113 prevede che, nel caso in cui i professori reclutati mediante le nuove procedure di chiamata diretta cambino sede universitaria, le risorse finanziarie occorrenti per il trattamento stipendiale sono conseguentemente trasferite.

 

Il comma 114 dispone che una quota del Fondo per le cattedre universitarie del merito, non superiore a 10 milioni di euro, è destinata a favorire la mobilità dei professori ordinari fra sedi universitarie diverse.

 

In materia si ricorda che l’art. 1, co. 461, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014) ha reintrodotto la previsione, già recata dall’art. 7, co. 3, della L. 240/2010 e revocata dall’art. 49 del D.L. 5/2012 (L. 35/2012), relativa alla possibilità di effettuare trasferimenti di professori e ricercatori consenzienti attraverso lo scambio contestuale di soggetti in possesso della stessa qualifica tra due sedi universitarie consenzienti, allo scopo di favorire la mobilità interuniversitaria.

 

Il comma 115 prevede, infine, che la quota parte delle risorse del medesimo Fondo eventualmente non utilizzata per le finalità indicate, confluisce, nel medesimo esercizio finanziario, nel FFO.


 

Articolo 1, comma 116
(
Proroga di termini per lo svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di collaboratore scolastico in provincia di Palermo)

 

 

Il comma 116, inserito durante l’esame al Senato, proroga (dal 31 dicembre 2015) al 31 dicembre 2016 i rapporti convenzionali in essere attivati dall'ufficio scolastico provinciale di Palermo a seguito del subentro dello Stato nei compiti degli enti locali (ex art. 8 della L. 124/1999), e prorogati ininterrottamente per lo svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di collaboratore scolastico.

 

Il differimento fino al 31 dicembre 2015 è recato dall’art. 6, co. 6-bis, del D.L. 192/2014 (L. 11/2015).

Per completezza si ricorda che il co. 6-ter dello stesso art. 6 aveva previsto l’attivazione di un tavolo di confronto fra le amministrazioni interessate, gli enti locali e le organizzazioni rappresentative dei lavoratori interessati per individuare, entro il 31 dicembre 2015, soluzioni normative o amministrative ai problemi occupazionali connessi ai rapporti convenzionali.

 

 

L’art. 8 della L. 124/1999 ha disposto il trasferimento alle dipendenze dello Stato del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) già dipendente degli enti locali in servizio negli istituti e scuole statali di ogni ordine e grado. Alla disposizione è stata data attuazione con il D.I. 23 luglio 1999.

In particolare, la premessa del D.I., per quanto qui interessa, considerava:

§  che gli enti locali provvedevano al reclutamento di personale a tempo determinato (supplenti) che, pur non transitando nei ruoli statali, costituiva uno degli elementi necessari ad assicurare il servizio, il cui onere andava dunque assunto dallo Stato per effetto dell’art. 8 della L. 124/1999;

§  che in alcune realtà gli enti locali avevano assunto l'onere di fornitura di personale ATA alle scuole mediante la stipula di contratti di appalto;

§  che, conseguentemente, lo Stato, al fine di assicurare il servizio nelle scuole, doveva subentrare nelle tre funzioni precedentemente indicate (posti coperti da personale di ruolo, supplenti e contratti).

In particolare, sempre per quanto qui interessa, l’art. 9 del D.I. ha disposto il subentro dello Stato nei contratti stipulati dagli enti locali alla data del 24 maggio 1999, ed eventualmente rinnovati in data successiva, per la parte con la quale erano state assicurate le funzioni ATA per le scuole statali, in luogo dell'assunzione di personale dipendente.

Ha, altresì, disposto che, ferma restando la prosecuzione delle attività da parte di soggetti esterni impegnati in progetti LSU e LPU in corso ai sensi delle leggi vigenti, lo Stato subentrava nelle convenzioni stipulate dagli enti locali con i soggetti imprenditoriali, comprese le cooperative, per la stabilizzazione di quei progetti per lavori socialmente utili e/o lavori di pubblica utilità che erano in atto nelle istituzioni scolastiche statali prima del 25 maggio 1999, anche se rinnovati successivamente, per lo svolgimento di funzioni ATA demandate per legge all'ente locale in sostituzione dello Stato.

 

 


 

Articolo 1, commi 117-121 e 123
(Assunzioni e dotazioni organiche dei dirigenti pubblici)

 

 

Le facoltà assunzionali del triennio 2016-2018 delle amministrazioni dello Stato sono prioritariamente finalizzate all’assunzione di: 50 dirigenti; 50 unità nei profili iniziali della carriera prefettizia; 10 avvocati dello Stato e 10 procuratori dello Stato (comma117).

Al contempo, sono resi indisponibili i posti dirigenziali di prima e seconda fascia delle amministrazioni pubbliche che risultano vacanti alla data del 15 ottobre 2015 (comma 118). Tale disposizione non si applica al personale: in regime di diritto pubblico; delle città metropolitane e delle province adibito all’esercizio di funzioni fondamentali; degli uffici giudiziari; dell’area medica e veterinaria e del ruolo sanitario del Servizio Sanitario nazionale; delle agenzie fiscali (comma 123). Continuano inoltre a trovare applicazione le discipline di settore per il comparto scuola e AFAM nonché per le università (comma 121).

Con D.P.C.M., da adottare entro il 31 gennaio 2016, è effettuata la ricognizione delle dotazioni organiche dirigenziali delle amministrazioni dello Stato, delle agenzie, degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca, nonché degli enti pubblici individuati dall'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001 (comma 119).

Per quanto riguarda le regioni e gli enti locali è previsto che venga effettuata, secondo i rispettivi ordinamenti, una ricognizione delle relative dotazioni organiche dirigenziali, nonché il riordino delle competenze degli uffici dirigenziali, eliminando eventuali duplicazioni.

Gli incarichi dirigenziali possono inoltre essere attribuiti, senza alcun vincolo di esclusività, anche al dirigente dell’avvocatura civica e della polizia municipale.

Nel caso in cui la dimensione dell’ente risulti incompatibile con la rotazione dell’incarico dirigenziale non trovano, inoltre, applicazione le disposizioni da adottare ai sensi della legge c.d. anticorruzione (di cui all’art. 1, co. 5, L. 190/2012), con riferimento ai dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione (comma 120).

Tali commi non sono stati modificati nel corso dell’esame svolto al Senato.

 

Le facoltà assunzionali (comma 117) del triennio 2016-2018 delle pubbliche amministrazioni interessate sono prioritariamente finalizzate all’assunzione di:

§  50 dirigenti mediante apposite procedure selettive gestite dalla Scuola nazionale dell’amministrazione – SNA (oltre ai dirigenti vincitori di procedure selettive già gestite dalla SNA);

 

Si ricorda che la legge di riforma della pubblica amministrazione (L. 124/2015) prevede una riforma della SNA, da attuare con l’adozione dei decreti legislativi ivi previsti e secondo i principi e criteri direttivi ivi stabiliti (art. 11) e che l’art. 33, comma 37, del disegno di legge in commento prevede la nomina di un Commissario per la gestione della Scuola (con la decadenza degli attuali organi) nelle more della riforma.

 

§  50 unità nei profili iniziali della carriera prefettizia;

§  10 avvocati dello Stato e 10 procuratori dello Stato.

Finalità della norma è quella di favorire il ricambio generazionale e l’immissione nella PA di personale altamente qualificato. Nella medesima direzione, altre disposizioni del disegno di legge di stabilità 2016 riguardano il reclutamento di professori e ricercatori universitari.

I criteri della procedura selettiva e della ripartizione tra le amministrazioni interessate del personale dirigenziale sono individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Per l’adozione del D.P.C.M. non è stabilito un termine.

 

Al contempo (comma 118) sono resi indisponibili i posti dirigenziali di prima e seconda fascia delle amministrazioni pubbliche (di cui all’art. 1, co. 2, D.Lgs. 165/2001, come rideterminati ai sensi dell’art. 2 del D.L. 95/2012) che risultano vacanti alla data del 15 ottobre 2015.

Per espressa previsione della norma si tiene conto del numero dei dirigenti in servizio senza incarico o con incarico di studio, del personale dirigenziale in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o aspettativa.

Nella relazione tecnica si evidenzia che dall’attuazione delle previsioni dei commi 117 e 118 non scaturiscono effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

Nel corso degli ultimi anni si sono registrati diversi interventi di riduzione del personale dirigenziale delle amministrazioni pubbliche.

Fra questi, l'articolo 2 del decreto-legge 95/2012 (convertito dalla legge 135/2012) che ha disposto la riduzione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche delle amministrazioni dello Stato in misura non inferiore al 20 per cento per il personale dirigenziale di livello generale e di livello non generale e del 10 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico, per il personale non dirigenziale.

Al fine di semplificare ed accelerare il riordino organizzativo, solo per i ministeri, è stata prevista la possibilità di adottare i regolamenti di organizzazione con D.P.C.M., su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze (art. 2, comma 10-ter, del D.L. 95/2012), in deroga al procedimento ordinario stabilito dall’art. 17, co. 4-bis, della L. 400/1988 (nonché dall’art. 4 del D.Lgs. 300/1999) che prevede regolamenti governativi di delegificazione, adottati con D.P.R., sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia.

Dopo una serie di proroghe, il termine per avvalersi di tale possibilità è definitivamente scaduto il 28 febbraio 2014.

In attuazione di queste disposizioni sono stati adottati i regolamenti di organizzazione dei seguenti ministeri: Ministero dell’economia e delle finanze (D.P.C.M. 27 febbraio 2013, n. 67), Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (D.P.C.M. 27 febbraio 2013, n. 105), Ministero dello sviluppo economico (D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 158), Ministero della salute (D.P.C.M. 11 febbraio 2014, n. 59), Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (D.P.C.M. 11 febbraio 2014, n. 72), Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (D.P.C.M. 11 febbraio 2014, n. 98), Ministero del lavoro e delle politiche sociali (D.P.C.M. 14 febbraio 2014, n. 121), Ministero dei beni culturali (D.P.C.M. 29 agosto 2014, n. 171), Ministero della giustizia (D.P.C.M. 15 giugno 2015, n. 84).

Per un’analisi ed un quadro di riepilogo degli interventi dei riduzione degli organici in attuazione del decreto-legge 95 del 2012 si veda la relazione della Corte di conti approvata con la delibera del 4 dicembre 2014.

 

La disposizione viene adottata nelle more dell’adozione dei decreti legislativi previsti dagli articoli 8, 11 e 17 della legge di riforma della PA (L. 124/2015) nonché dell’attuazione delle disposizioni della legge di stabilità per il 2015 (art. 1, co. 422, 423, 424 e 425 L. 190/2014), che riguardano il personale delle province a seguito della riforma operata con la L. 56/2014 (che ha ridefinito funzioni e modalità di elezione degli organi delle province).

 

L’articolo 8 della L. 124/2015 delega il Governo ad adottare decreti legislativi per modificare la disciplina della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri, delle agenzie governative nazionali e degli enti pubblici non economici nazionali.

L’articolo 11 della L. 124/2015 delega il Governo ad adottare decreti legislativi per la revisione della disciplina in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici, prevedendo, in primo luogo, l'istituzione del sistema della dirigenza pubblica, articolato in ruoli unificati e coordinati, aventi requisiti omogenei di accesso e procedure analoghe di reclutamento.

Si segnala che i criteri di delega dell’art. 11 prevedono, per la dirigenza dello Stato, la soppressione dell'attuale distinzione in prima e seconda fascia.

L'articolo 17 della L. 124/2015 reca una delega al Governo per il riordino e la semplificazione della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e dei connessi profili di organizzazione amministrativa secondo i criteri e principi ivi indicati.

I termini per l’esercizio delle predette deleghe legislative sono fissati in 12 o 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge 124/2015 (28 agosto 2015).

 

È escluso (comma 123) dalla previsione del comma 118 (indisponibilità dei posti dirigenziali vacanti):

§  il personale in regime di diritto pubblico di cui all’art. 3 del D.Lgs. 165/2001;

Tale personale è costituito dalle seguenti categorie: magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato, personale militare e delle Forze di polizia di Stato, personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, personale della carriera dirigenziale penitenziaria, professori e ricercatori universitari.

§  il personale delle città metropolitane e delle province adibito all’esercizio di funzioni fondamentali;

La legge individua le seguenti funzioni fondamentali delle province, quali enti con funzioni di area vasta (art. 1, co. 85, L. 56/2014): pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza; pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente; programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale; raccolta ed elaborazione dati ed assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali; gestione dell'edilizia scolastica; controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale.

Alle città metropolitane sono attribuite le funzioni fondamentali delle province, quelle proprie delle città metropolitane ed ulteriori funzioni alle stesse conferite dalla legge in base ai princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza (art. 1, co. 44, co. 46, L. 56/2014). Le funzioni fondamentali proprie della città metropolitana sono: il piano strategico del territorio metropolitano di carattere triennale, che costituisce atto di indirizzo per i comuni e le unioni di comuni del territorio, anche in relazione a funzioni delegate o attribuite dalle regioni; pianificazione territoriale generale, comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture, anche fissando vincoli e obiettivi all'attività e all'esercizio delle funzioni dei comuni; strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano; a tale riguardo, la città metropolitana può, d’intesa con i comuni interessati, predisporre documenti di gara, svolgere la funzione di stazione appaltante, monitorare i contratti di servizio ed organizzare concorsi e procedure selettive; mobilità e viabilità; promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale; promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano.

§  il personale degli uffici giudiziari;

§  il personale dell’area medica e veterinaria e del ruolo sanitario del Servizio Sanitario nazionale;

§  il personale delle agenzie fiscali (di cui al decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 157).

 

Continuano inoltre a trovare applicazione le discipline di settore per il comparto scuola e AFAM nonché per le Università (comma 121).

 

Con D.P.C.M., da adottare entro il 31 gennaio 2016, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è effettuata la ricognizione delle dotazioni organiche dirigenziali delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca, nonché degli enti pubblici individuati dall'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001 (comma 119).

 

Per quanto riguarda le regioni e gli enti locali (comma 120) è previsto che venga effettuata, secondo i rispettivi ordinamenti, una ricognizione delle relative dotazioni organiche dirigenziali, nonché il riordino delle competenze degli uffici dirigenziali, eliminando eventuali duplicazioni.

Nella relazione tecnica si evidenzia che i possibili risparmi di spesa derivanti dall’attuazione delle misure di razionalizzazione, non quantificabili a priori, rimangono in ogni caso acquisiti a miglioramento dei bilanci degli enti e sono destinati alle finalità di cui al comma 124 (v. infra).

 

È previsto altresì che, al fine di garantire la “maggior flessibilità” della figura dirigenziale nonché il corretto funzionamento degli uffici, il conferimento degli incarichi dirigenziali può essere attribuito “senza alcun vincolo di esclusività” anche al dirigente dell’avvocatura civica e della polizia municipale.

 

Riguardo all’attribuzione di incarichi al dirigente della polizia municipale si ricorda che l’ANAC, nell’orientamento n. 19 del 10 giugno 2015, ha precisato che “sussiste un’ipotesi di conflitto di interesse, anche potenziale, nel caso in cui al Comandante/Responsabile della Polizia locale, indipendentemente dalla configurazione organizzativa della medesima, sia affidata la responsabilità di uffici con competenze gestionali, in relazione alle quali compie anche attività di vigilanza e controllo”.

Relativamente all’attribuzione di incarichi al dirigente dell’avvocatura civica sembra doversi intendere che la norma faccia riferimento al dirigente “amministrativo” dell’avvocatura.

 

Il comma 120 prevede infine che, con la medesima finalità, non trovano applicazione le disposizioni adottate ai sensi dell’art. 1, co. 5, della legge c.d. anticorruzione (L. 190/2012) ove la dimensione dell’ente risulti incompatibile con la rotazione dell’incarico dirigenziale (con riferimento ai dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione).

 

In base al citato art. 1 co. 5, L. 190/2012 le pubbliche amministrazioni centrali definiscono e trasmettono al Dipartimento della funzione pubblica:

§  un piano di prevenzione della corruzione che fornisce una valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione e indica gli interventi organizzativi volti a prevenire il medesimo rischio;

§  procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e funzionari.

 

Al comma 120, ai fini di evitare incertezze in sede applicativa, andrebbe valutata l’opportunità di prevedere un parametro dimensionale dell’ente, trattandosi di una deroga alla normativa anticorruzione.


 

Articolo 1, comma 122
(Limitazione dei comandi di personale scolastico)

 

 

Il comma 122, inserito durante l’esame al Senato, posticipa (dall’a.s. 2016/2017) all’a.s. 2017/2018 la soppressione delle disposizioni (art. 26, co. 8, secondo e terzo periodo, L. 448/1998) che prevedono la possibilità di collocare fuori ruolo docenti e dirigenti scolastici per assegnazioni presso enti che operano nel campo delle tossicodipendenze, della formazione e della ricerca educativa e didattica, nonché associazioni professionali del personale direttivo e docente ed enti cooperativi da esse promossi.

A tal fine, novella l’art. 1, co. 330, della L. 190/2014.

 

L’art. 1, co. 330, della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015) ha previsto la soppressione, a decorrere dall’a.s. 2016/2017, del secondo e del terzo periodo dell’art. 26, co. 8, della L. 448/1998, i quali – in base alle modifiche apportate, da ultimo, dall’art. 1, co. 57, lett. a) e b), della L. 228/2012 (legge di stabilità 2013) – dispongono che possono essere assegnati docenti e dirigenti scolastici:

§  fino a 100 unità presso gli enti e le associazioni che svolgono attività di prevenzione del disagio psico-sociale, assistenza, cura, riabilitazione e reinserimento di tossicodipendenti, iscritti negli albi regionali e provinciali di cui all’art. 116 del D.P.R. 309/1990[35];

§  fino a 50 unità presso associazioni professionali del personale direttivo e docente ed enti cooperativi da esse promossi, nonché presso enti che operano nel campo della formazione e della ricerca educativa e didattica.

Per completezza si ricorda che tutte le assegnazioni previste dall’art. 26, co. 8, della L. 448/1998 - incluse, dunque, quelle disposte ai sensi del primo periodo del comma per compiti connessi con l’attuazione dell’autonomia scolastica[36] - comportano il collocamento in posizione di fuori ruolo. Il periodo trascorso in tale posizione è valido a tutti gli effetti come servizio di istituto nella scuola. All'atto del rientro in ruolo i docenti e i dirigenti scolastici riacquistano la sede nella quale erano titolari al momento del collocamento fuori ruolo se il periodo di servizio prestato nella predetta posizione non è durato oltre un quinquennio. In caso di durata superiore, essi sono assegnati con priorità ad una sede disponibile da loro scelta.

Si rammenta, altresì, che il co. 9 dello stesso art. 26 dispone che le associazioni professionali del personale direttivo e docente e gli enti cooperativi da esse promossi, nonché gli enti e le istituzioni che svolgono, per loro finalità istituzionale, impegni nel campo della formazione possono chiedere contributi in sostituzione del personale assegnato, nel limite massimo delle economie di spesa realizzate per effetto della riduzione delle assegnazioni stesse. Le modalità attuative di tale disposto sono state definite con D.M. 100 del 31 marzo 2000.

 

Al riguardo occorrerebbe dunque chiarire se si intende procedere anche nel senso dell’abrogazione di tale ultima disposizione.

 

 


 

Articolo 1, comma 124
(Vincoli finanziari per la contrattazione integrativa
degli enti territoriali)

 

 

Il comma 124, non modificato dal Senato, prevede la possibilità, per regioni e enti locali che abbiano raggiunto gli obiettivi di finanza pubblica, di compensare le somme da recuperare per effetto dell'indebita erogazione di risorse finanziarie in sede di contrattazione integrativa con i risparmi derivanti dalle misure di razionalizzazione organizzativa.

 

Più specificamente, si prevede la possibilità, per regioni e enti locali che abbiano raggiunto gli obiettivi di finanza pubblica, di compensare le somme da recuperare per effetto dell'indebita erogazione di risorse finanziarie in sede di contrattazione integrativa (ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del D.L. 66/2014) con i risparmi effettivamente derivanti dalle misure di razionalizzazione organizzativa adottate ai sensi del precedente comma 4 (ottenuti a seguito di una ricognizione delle relative dotazioni organiche dirigenziali, nonché attraverso il riordino delle competenze degli uffici dirigenziali, eliminando eventuali duplicazioni), a condizione che siano certificati dall'organo di revisione. I richiamati risparmi comprendono anche le economie derivanti dall'applicazione della limitazione alle facoltà assunzionali di cui al successivo comma 126 (alla cui scheda si rimanda).

 

L’articolo 4, comma 1, del D.L. 66/2014 ha disposto, in seguito alla manifestazione di numerose situazioni di illegittimità relative alla costituzione e alla utilizzazione del fondo per la contrattazione decentrata (con riguardo all’appostamento di risorse in misura superiore a quella consentita e all’attribuzione di indennità accessorie non in linea con il vigente quadro regolativo), una specifica procedura di riassorbimento graduale delle somme attribuite al personale delle regioni e degli enti locali in violazione dei vincoli finanziari imposti alla contrattazione collettiva integrativa. Più specificamente, il primo periodo del richiamato comma 1 ha disposto l’obbligo, per le regioni e gli enti locali che non abbiano rispettato i vincoli finanziari posti alla contrattazione collettiva integrativa, di recuperare integralmente, a valere sulle risorse finanziarie destinate alla stessa contrattazione (rispettivamente al personale dirigenziale e non dirigenziale), le somme indebitamente erogate, attraverso il loro graduale riassorbimento, con quote annuali e per un numero massimo di annualità corrispondente a quelle in cui si è verificato il superamento di tali vincoli.


 

Articolo 1, commi 125 e126
(Turn over nella P.A.)

 

 

I commi 125 (modificato al Senato) e 126 intervengono sulla disciplina concernente le limitazioni delle facoltà assunzionali delle pubbliche amministrazioni.

Il comma 125 incrementa le limitazioni al turn over per determinate amministrazioni (le quali, nel triennio 2016-2018, potranno procedere ad assunzioni di personale nel limite di una spesa pari al 25% di quella relativa al personale cessato nell’anno precedente). Nel corso dell’esame al Senato, è stata introdotta la possibilità, per gli Istituti e gli Enti di Ricerca, di continuare ad avvalersi del personale con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (in essere al 31 dicembre 2015) mediante l'attivazione di contratti a tempo determinato. Infine, il comma 126 stabilisce, per il medesimo triennio e nella medesima percentuale, il limite al turn over per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno; inoltre, vengono confermate le limitazioni attualmente vigenti al solo fine di definire i processi di mobilità del personale degli enti di area vasta destinato a funzioni non fondamentali e, per il biennio 2017-2018, viene esclusa la possibilità, per gli enti “virtuosi”, di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato nel limite del 100% della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio nell'anno precedente.

Più specificamente, il comma 125 rimodula (aumentandole) le limitazioni al turn over per le amministrazioni di cui all’articolo 3, commi 1 e 2, del D.L. 90/2014, le quali, per il triennio 2016-2018, possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato non dirigenziale nel limite di un contingente di personale corrispondente, per ciascuno dei predetti anni, ad una spesa pari al 25% di quella relativa al medesimo personale cessato nell’anno precedente.

Le amministrazioni interessate sono le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie e gli enti pubblici non economici (compresi quelli di cui all'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001[37]) e gli enti di ricerca la cui spesa per il personale di ruolo del singolo ente non superi l'80% delle proprie entrate correnti complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente (ad esclusione dei ricercatori e tecnologi, per i quali restano invariate le percentuali fissate dal D.L. 90/2014).

Allo stesso tempo, per il personale dirigenziale il turn over per il 2016 è assicurato (al netto delle posizioni rese indisponibili ai sensi del precedente comma 118, alla cui scheda si rimanda) nei limiti delle capacità assunzionali.

 

Nel corso dell’esame al Senato, è stata prevista la possibilità, per gli Istituti e gli Enti di Ricerca, di continuare ad avvalersi del personale con contratto di collaborazione coordinata e continuativa - in essere al 31 dicembre 2015 - mediante l'attivazione (previa verifica di idoneità) di contratti a tempo determinato, a valere sulle risorse di cui all’articolo 1, comma 188, della L. 266/2005.

Si fa presente, al riguardo, che il richiamato comma 188 della legge n.266/2005 fa salve le assunzioni a tempo determinato e la stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l'attuazione di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica effettuate dagli enti di ricerca e da altri istituti[38], i cui oneri non risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o di specifici Fondi, ad eccezione di quelli finanziati con le risorse premiali di cui all'articolo 4, comma 2, del D.Lgs. 213/2015.

 

La possibilità risponde alla necessità di garantire la continuità nell'attuazione delle attività di ricerca, tenuto conto di quanto disposto dalla normativa vigente, che ha posto limiti per il 2016 all’utilizzo da parte delle P.A. dei rapporti di collaborazione, vietandola definitivamente dal 2017[39], nonché nelle more del riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, di cui all’articolo 17, comma 1, della L. 124/2015[40].

 

Resta escluso da tale previsione il personale in regime di diritto pubblico[41].

In relazione a tali disposizioni, infine, sono conseguentemente ridotti gli stanziamenti di bilancio delle amministrazioni centrali.

Secondo quanto evidenziato nella relazione tecnica allegata, la stima delle economie derivanti dalla predetta disposizione, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni (la stessa relazione precisa che ai comparti scuola e università continua ad applicarsi la normativa di settore) è riportata nella seguente tabella.

 

 

Economie 2016

Economie 2017

Economie 2018

 Econ. da 2019

Ministeri e PCM

24.967.950

89.009.550

181365.450

234.647.700

Agenzie

8.631.000

30.763.125

62.674.875

81.085.500

EPNE e Enti art. 70 co. 4

8.618.750

30.726.250

62.608.750

81.002.500

Enti di ricerca

1.740.375

6.203.250

12.638.250

16.350.750

TOTALE

43.958.075

156.702,175

319.287.325

413.086.450

 

Le seguenti tabelle evidenziano le diverse percentuali di assunzioni a tempo indeterminato ammesse confrontando la normativa vigente (contenuta nell’articolo 3 del D.L. 90/2014) e l’articolo 1, comma 125, del provvedimento in esame.

 

Anno

Percentuale di turn over ammessa per amministrazioni dello Stato ed altri enti

 

DL 90/2014, art. 3, co. 1

Stabilità 2016

2014

20%

-

2015

40%

-

2016

60%

25%

2017

80%

25%

2018

100%

25%

 

Il successivo comma 126 dispone che le amministrazioni di cui all’articolo 3, comma 5 del D.L. 90/2014 (si tratta delle regioni e degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno) possano procedere, per il triennio 2016-2018, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato di qualifica non dirigenziale nel limite di un contingente di personale corrispondente, per ciascuno dei predetti anni, ad una spesa pari al 25% di quella relativa al medesimo personale cessato nell’anno precedente, di fatto allineando tale percentuale a quella prevista per il personale delle amministrazioni pubbliche individuate dal comma precedente.

In relazione a quanto previsto, lo stesso comma conferma le percentuali stabilite dall'articolo 3, comma 5, del D.L. 90/2014, al solo fine di definire il processo di mobilità del personale degli enti di area vasta destinato a funzioni non fondamentali, come individuato dall'articolo 1, comma 421[42], della L. 190/2014.

Lo stesso comma, per il biennio 2017-2018, disapplica altresì la possibilità (prevista dall’articolo 3, comma 5-quater del D.L. 90/2014) per regioni ed enti locali “virtuosi” (ossia con un’incidenza delle spese di personale sulla spesa corrente pari o inferiore al 25%), di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato nel limite dell'80% (dal 2014) e nel limite del 100% (dal 2015) della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio nell'anno precedente. Sono conseguentemente ridotti gli stanziamenti di bilancio delle amministrazioni centrali.

 

Secondo la relazione tecnica allegata, i conseguenti risparmi per spesa per redditi (stimabili in circa 107 milioni di euro per il 2017, 360 milioni di euro per il 2018 e 506 milioni dal 2019) rimangono nelle disponibilità delle singole amministrazioni a miglioramento dei saldi di bilancio, ferma restando la possibile destinazione in relazione alle finalità previste dal precedente comma 7 (alla cui scheda si rimanda).

 

Anno

Percentuale di turn over ammessa per gli enti territoriali

 

D.L. 90/2014, art. 3, co. 5

DDL Stabilità 2016

2014

60%

-

2015

60%

-

2016

80%

25%

2017

80%

25%

2018

100%

25%

 

La normativa sulle limitazioni alle facoltà assunzionali a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni è stata caratterizzata negli ultimi anni da molteplici interventi. Per quanto attiene alle amministrazioni dello Stato (ed altri enti ed organismi individuati di volta in volta) la disciplina della limitazione del turn over appare alquanto articolata e stratificata, basandosi su un impianto che in sostanza ha individuato percentuali minime di reintegrazione dei cessati e posticipato (di volta in volta) l’anno di superamento del regime limitativo delle assunzioni (prevedendo altresì un rafforzamento del principio del previo esperimento della mobilità).


 

Articolo 1, comma 127
(Compensi dei dipendenti nominati nei CDA società partecipate)

 

 

Il comma 127 modifica la destinazione dei compensi dei membri dei consigli di amministrazione che siano dipendenti dell’amministrazione controllante, eliminando la possibilità che gli stessi siano riassegnabili al fondo per il finanziamento del trattamento economico accessorio.

 

A tal fine il comma interviene sul comma 4 dell’articolo 4 del decreto-legge n. 95 del 2012[43] che, nell’ambito di un intervento volto alla riduzione del numero e dei costi dei membri dei consigli di amministrazione delle società controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche, (con riferimento a quelle società che abbiano conseguito nell'anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di amministrazioni pubbliche superiore al 90 per cento dell'intero fatturato, vale a dire le società c.d. strumentali) ha dettato una specifica disposizione riferita al caso in cui membri del consiglio di amministrazione siano nominati dipendenti dell'amministrazione titolare della partecipazione, ovvero della società controllante in caso di partecipazione indiretta o del titolare di poteri di indirizzo e di vigilanza.

In tale circostanza il comma 4 dispone che i dipendenti in questione hanno l'obbligo[44] di riversare i relativi compensi all'amministrazione o alla società di appartenenza e, ove riassegnabili, al fondo per il finanziamento del trattamento economico accessorio.

Si rammenta che il Fondo per il finanziamento del trattamento economico accessorio del personale non dirigenziale è costituito, tramite appositi accordi integrativi, al fine di remunerare gli istituti caratteristici della retribuzione accessoria. Nei richiamati accordi sono anche individuate le risorse da attribuire al Fondo, la loro ripartizione tra le varie qualifiche nonché i limiti massimi delle diverse voci retributive[45]. Si fa presente che ulteriori disposizioni sul trattamento accessorio per il personale della P.A. sono contenute nell’articolo 16, comma 11, del provvedimento in esame (alla cui scheda si rimanda).

 

Il comma 127 in esame sopprime tale eventualità, eliminando quindi la possibilità che i compensi per la partecipazione ai consigli di amministrazione confluiscano nell’ambito delle risorse destinate al personale dell’amministrazione o società di appartenenza da cui dipendono i membri dei consigli interessati, derivandone pertanto che i compensi stessi restino acquisiti esclusivamente all’amministrazione o società medesime.


 

Articolo, 1, comma 128
(Trattamento accessorio nella P.A.)

 

 

Il comma 128, non modificato al Senato, limita, a decorrere dal 2016, l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001[46].

 

Tali risorse, in particolare, non possono superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2015 (ai sensi dell’articolo 9, comma 2-bis, secondo periodo, del D.L. 78/2010), ed allo stesso tempo sono automaticamente ridotte in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio, tenendo conto del personale assumibile ai sensi della normativa vigente.

Al riguardo, la relazione tecnica allegata evidenzia che, per le amministrazioni dello Stato, le economie derivanti dal dettato del richiamato articolo 9, comma 2-bis, del D.L. 78/2010, sono quantificabili, a decorrere dal 2016, in complessivi 69,9 milioni di euro al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni (pari alla differenza tra le somme stanziate in bilancio, dal 2016, a legislazione vigente, ed il corrispondente importo riferito all'anno 2015). Per quanto attiene ai risparmi di spesa derivanti dalla riduzione del personale in servizio, invece, in considerazione delle facoltà assunzionali inespresse in relazione alla normativa vigente, la relazione tecnica ritiene prudenziale stimare i risparmi a consuntivo. Infine, per le restanti amministrazioni pubbliche, i risparmi derivanti dalla disposizione in esame sono destinati al miglioramento dei rispettivi saldi di bilancio.

 

Si ricorda che il comma 2-bis dell’articolo 9 del D.L. 78/2010 ha stabilito, per il quadriennio 2011-2014, che l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni in precedenza richiamate non potesse superare il corrispondente importo dell’anno 2010, ed in ogni caso fosse automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio. La stessa norma, inoltre (al secondo periodo, introdotto dall’articolo 1, comma 456, della L. 147/2013), ha disposto che, a decorrere dal 1° gennaio 2015, le risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio fossero decurtate di un importo pari alle riduzioni operate per effetto della limitazione effettuata per il precedente quadriennio.

 

Al riguardo, si valuti l’opportunità di inserire espressamente nel testo il riferimento all’articolo 9, comma 2-bis, del D.L. 78/2010 ai fini dell’individuazione dell’importo delle risorse annue destinate al trattamento accessorio.


 

Articolo 1, comma 129
(Finanziamento parchi nazionali)

 

 

Il comma 129, inserito nel corso dell’esame al Senato, autorizza, a decorrere dall’anno 2016, l’ulteriore spesa di 2 milioni di euro annui in favore dei parchi nazionali.

 

La norma fa a tal fine riferimento all’articolo 1, comma 43, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che demanda alla Tabella C della legge di stabilità la quantificazione del capitolo nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente in cui confluiscono gli importi dei contributi statali destinati, tra l’altro, ai parchi nazionali.

 

Il comma 40 dell’art. 1 della L. 549/1995 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) stabilisce, infatti, che gli importi dei contributi dello Stato in favore di enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi, indicati nella tabella A allegata alla medesima legge (tra i quali figurano anche i parchi nazionali), sono iscritti in un unico capitolo nello stato di previsione di ciascun Ministero interessato. Lo stesso prevede che il relativo riparto sia annualmente effettuato da ciascun Ministro, con proprio decreto, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti. Il successivo comma 43 demanda la quantificazione della dotazione dei succitati capitoli alla tabella C della legge finanziaria (oggi legge di stabilità).

Poiché la norma in esame fa riferimento ai parchi nazionali, il capitolo a cui si riferisce è il capitolo 1551, ove sono allocate le risorse destinate al contributo a enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi, ai sensi della legge n. 549/1995, in cui sono compresi, in prevalenza, i contributi per i parchi nazionali[47]. La dotazione prevista dal disegno di legge di bilancio 2016 a legislazione vigente è pari a 4,1 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018. Tale capitolo, secondo quanto evidenziato anche nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente, è esposto in tabella C.

 

Secondo quanto risultante dall’emendamento con cui è stata introdotta la norma presso il Senato la copertura della stessa, pari a due milioni di euro, è assicurata mediante la corrispondente riduzione dell’importo stanziato , al comma 369 del disegno di legge in esame, per incrementare la dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.


 

Articolo 1, comma 130
(Riduzione delle spese degli uffici
di diretta collaborazione dei Ministri)

 

 

Il comma 130, non modificato dal Senato, prevede, a decorrere dal 2016, una riduzione della spesa complessiva per il personale impiegato negli uffici di diretta collaborazione dei Ministri in misura pari al 10 per cento rispetto alla spesa sostenuta nel 2015. Sono esonerate dalla riduzione le amministrazioni che abbiano già disposto riduzioni corrispondenti successivamente al 31 dicembre 2010.

 

Secondo la lettera della disposizione, la riduzione del 10 per cento opera in attesa del processo di riordino previsto dall’art. 8 della L. 124/2015 (c.d. riforma della pubblica amministrazione), che delega il Governo a ridefinire, entro agosto 2016, la disciplina degli uffici di diretta collaborazione, prevedendo, in particolare, di attribuire al Presidente del Consiglio dei Ministri la determinazione delle risorse finanziarie destinate ai suddetti uffici, in relazione alle attribuzioni e alle dimensioni dei rispettivi Ministeri.

 

Sul punto, si ricorda che l’art. 14 del D.Lgs. 165/2001 e l’art. 7 del D.Lgs. 300/1999 - nel quadro del più complessivo procedimento di riforma del pubblico impiego e dell’affermazione del principio di separazione tra politica e amministrazione - dispongono che per l’esercizio delle funzioni di indirizzo politico il Ministro si avvale di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l’amministrazione, istituiti e disciplinati con regolamento di delegificazione ai sensi del comma 4-bis dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

Tra gli obiettivi della delega per il riordino della disciplina degli uffici di diretta collaborazione di cui alla L. 124/2015, il citato art. 8 prevede altresì di garantire un'adeguata qualificazione professionale del personale ivi impiegato con eventuale riduzione del numero e la pubblicazione dei dati sui siti istituzionali delle relative amministrazioni.

 

In forza della disposizione in esame, le amministrazioni dovranno ridurre le spese per il personale impiegato presso gli uffici di diretta collaborazione (ex art. 14, co. 2, D.Lgs. n. 165/2001), ivi compresi gli incarichi di collaborazione coordinata e continuativa, in misura pari al 10 per cento rispetto alle spese del 2015. Si tratta di una riduzione di carattere permanente, con decorrenza a partire dal 2016, che incide sull’ammontare dello stanziamento di risorse per la diretta collaborazione all’interno degli stati di previsione dei singoli Ministeri.

A tali uffici sono assegnati, nei limiti stabiliti dai rispettivi regolamenti: dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando; collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato; esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni, con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa.

 

In relazione alle spese per il personale degli uffici, si ricorda che l’art. 14 del D.Lgs. 165/2001 prevede che con decreto adottato dal Ministro competente, di concerto con il Ministro dell’economia, sia determinato e, per il personale disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina contrattuale, il trattamento economico accessorio, da corrispondere mensilmente, a fronte delle responsabilità, degli obblighi di reperibilità e di disponibilità ad orari disagevoli, ai dipendenti assegnati agli uffici dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato. Tale trattamento consiste in un unico emolumento, è sostitutivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale.

Si ricorda, inoltre, che tutte le assegnazioni di personale a tali uffici, “compresi gli incarichi anche di livello dirigenziale e le consulenze e i contratti, anche a termine”, cessano automaticamente se non confermati entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro.

 

Tuttavia, lo stesso comma in esame limita l’ambito di applicazione della riduzione prevista, stabilendo che per le amministrazioni che dopo il 31 dicembre 2010 hanno disposto riduzioni corrispondenti a quelle prescritte, queste si intendono già adempiute. Conseguentemente, la relazione tecnica afferma che gli effetti finanziari della disposizione sono valutabili solo a consuntivo.

Sul punto, è utile ricordare che la disposizione in esame segue precedenti interventi normativi che avevano già stabilito obiettivi di riduzione della spesa in questo settore, con differenti ambiti di applicazione (v. art. 9, co. 2, D.L. 78/2010; art. 16, co. 6, D.L. 66/2014).

Da un lato, le spese per gli addetti all’area della diretta collaborazione sono state già incise dalle previsioni dell’art. 16, comma 6, del D.L. 66/2014 (conv. L. 89/2014) che ha stabilito la riduzione del 20 per cento degli stanziamenti degli stati di previsione dei Ministeri e del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri relativi alle spese per le indennità spettanti al personale in servizio presso gli uffici di diretta collaborazione dei Ministri con e senza portafoglio. Tale riduzione ha trovato applicazione per l'anno 2014, con riferimento alla quota corrispondente al periodo maggio-dicembre e non è stata applicata ai responsabili degli uffici.

Dall’altro, l’articolo 9, co. 2, del D.L. 78/2010 (conv. L. 122/2010) ha previsto una riduzione del 10 per cento, calcolato sull’intero importo, delle indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri. Tale disposizione si è applicata nel periodo che va dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2013 ed è stata prorogata fino al 31 dicembre 2014 dal D.P.R. 122/2013 (art. 1, co. 1, lett. a)).

 

In base alla vigente normativa, l’incarico di Capo degli uffici deve essere attribuito ad esperti, anche estranei all'amministrazione, dotati di elevata professionalità (art. 7, co. 2, lett. e), D.Lgs. n. 300/1999). Tra le figure di vertice all’interno dell’area della diretta collaborazione dei Ministeri, di norma sono ricomprese: Capo di Gabinetto, Capo dell’ufficio legislativo, Segretario particolare del Ministro, Capo della segreteria del Ministro, Capo dell'ufficio stampa, Capi delle segreterie dei Vice Ministri e dei Sottosegretari di Stato.


 

Articolo 1, comma 131
(Concorso diplomatico)

 

 

Il comma 131 dell'articolo 1, alla lettera a) consente una nuova deroga per il triennio 2016-2018 alle vigenti disposizioni sul blocco delle assunzioni nel pubblico impiego per il concorso di accesso alla carriera diplomatica e l'assunzione di un contingente annuo non superiore a 35 segretari di legazione in prova; alla lettera b) reca l'autorizzazione di spesa per il triennio in esame.

 

La norma in commento reca novella al comma 3 dell'art. 4 del D.L. n. 1/2010, recante proroga missioni e disposizioni urgenti per l'attivazione del SEAE, autorizzando un'ulteriore deroga per un triennio rispetto a quella inizialmente prevista per il quinquennio 2010-2014.

Il richiamato comma 3 disponeva, ai fini dell’entrata in funzione, a partire dall’aprile 2010, del nuovo Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) chiamato ad assistere l’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, secondo quanto previsto dal Trattato di Lisbona, che il Ministero degli affari esteri fosse autorizzato, in deroga alle vigenti disposizioni sul blocco delle assunzioni nel pubblico impiego, per il quinquennio 2010-2014, ad indire annualmente un concorso di accesso alla carriera diplomatica e ad assumere un contingente annuo non superiore a 35 segretari di legazione in prova, specificando che tale contingente era comprensivo delle assunzioni già consentite ai sensi di alcune disposizioni.

Tali disposizioni sono:

§  articolo 3, comma 102, della legge finanziaria per il 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244;

§  articolo 66, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112;

§  articolo 1, comma 103, della legge finanziaria per il 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311).

 

Il richiamato art. 3, co. 102, della L. 24 dicembre 2007, n. 244, dispone che per gli anni 2010 e 2011, le amministrazioni dello Stato di cui all'art. 1, co. 523 della L. 27 dicembre 2006, n. 296 ('Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007'), ad eccezione dei Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, possono procedere, per ciascun anno, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 20 per cento di quella relativa al personale cessato nell'anno precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere, per ciascun anno, il 20 per cento delle unità cessate nell'anno precedente.

Il richiamato art. 66, co. 9, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, dispone che per l'anno 2012, le amministrazioni dello Stato di cui all'art. 1, co. 523, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, ad eccezione dei Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, possono procedere, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 50 per cento di quella relativa al personale cessato nell'anno precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere il 50 per cento delle unità cessate nell'anno precedente.

Il richiamato art. 1, co. 103, della L. 30 dicembre 2004, n. 311, dispone che a decorrere dall'anno 2013, le amministrazioni dello Stato di cui all'articolo 1, comma 2, e le aziende ed enti di cui all'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (recante 'Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche') possono, previo esperimento delle procedure di mobilità, effettuare assunzioni a tempo indeterminato entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno precedente.

 

La lettera b) del comma in commento reca l'autorizzazione di spesa, quantificata in euro 670.984 per l’anno 2016, di euro 4.638.414 per l’anno 2017 e di euro 6.205.577 a decorrere dall’anno 2018.

La relazione tecnica precisa che gli importi autorizzati, per ciascun anno del triennio, corrispondono agli oneri delle assunzioni al netto del risparmio da turn over.

 


 

Articolo 1, comma 132
(Assunzioni di magistrati)

 

 

Il comma 132 autorizza il Ministero della Giustizia ad assumere magistrati ordinari che siano vincitori di concorso, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente.

Autorizza al contempo la relativa spesa, di cui stabilisce gli importi: 20,94 milioni di euro per l'anno 2016; 25,04 milioni per il 2017; 27,38 milioni per il 2018; 27,92 milioni per il 2019; 35,42 milioni per il 2020; 35,63 milioni per il 2021; 36,27 milioni per il 2022, 37,02 milioni per il 2023; 37,66 milioni per il 2024; 38,41 milioni a decorrere dall'anno 2025.

 

La relazione tecnica che correda il disegno di legge esplicita che la disposizione è volta a consentire al Ministero della giustizia - in aggiunta alle sue facoltà assunzionali - di assumere i magistrati ordinari vincitori del concorso per 365 posti, bandito con decreto ministeriale 30 ottobre del 2013, le cui procedure sono in fase di conclusione. La relativa graduatoria sarà approvata entro il mese di dicembre 2015. Tale disposizione comporta oneri aggiuntivi per il triennio 2016/2018, con decorrenza 1° gennaio 2016, riferiti ad un contingente massimo di 300 unità.

Si valuti se, nel caso in cui risultino vincitori in tale concorso più di 300 candidati, possa essere legittimamente interdetta l’assunzione ai vincitori eccedenti i primi 300.

 

La legge 13 novembre 2008, n. 181, che ha convertito con modificazioni il decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, prevede che il ruolo organico della magistratura ordinaria conti 10.151 unità. Secondo i dati pubblicati sul sito ufficiale del Consiglio Superiore della Magistratura (ultima consultazione: 22 ottobre 2015) cui l'articolo 105 della Costituzione attribuisce competenza in materia di assunzioni dei magistrati, attualmente i magistrati ordinari in servizio sono 9.124. Pertanto, il numero dei magistrati per i quali si dovrebbe bandire il concorso da uditore Giudiziario risulta pari a 1.027 unità. Peraltro, lo stesso sito del CSM informa che il numero di posti vacanti negli Uffici Giudiziari è 1.229, e avverte che differenze tra magistrati in servizio negli Uffici Giudiziari e posti in organico coperti sono dovute a magistrati in sovrannumero.

L'articolo 106 della Costituzione prescrive che le nomine dei magistrati abbiano luogo per concorso.


 

Articolo 1, commi 133-137
(Accesso dei giovani alla ricerca nelle università e negli
enti pubblici di ricerca finanziati dal MIUR)

 

 

I commi 133-136 recano un incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) di 47 milioni di euro per l’anno 2016 e di 50,5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2017[48] , nonché, a seguito delle modifiche apportate dal Senato, del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca finanziati dal MIUR (FOE) di 8 milioni di euro per il 2016 e di 9,5 milioni di euro dal 2017, finalizzato all’assunzione di ricercatori.

Il comma 137, non modificato durante l’esame al Senato, modifica la disciplina relativa alla stipula di contratti per i ricercatori universitari a tempo determinato, in particolare prevedendo, dal 2016, in determinate situazioni, la non applicazione dei limiti del turn-over.

 

Con riferimento ai commi da 133 a 136, si evidenzia, anzitutto, che, in base alla relazione tecnica il numero di ricercatori da assumere nelle università si attesta a circa 861 unità[49], mentre quello da assumere negli enti di ricerca si attesta a circa 215 unità.

 

Nello specifico, l’incremento del FFO è finalizzato all’assunzione di ricercatori con contratti triennali non rinnovabili di cui all’art. 24, co. 3, lett. b) della L. 240/2010, e al loro conseguente, eventuale, consolidamento nella posizione di professore associato.

 

L’art. 24, co. 3, della L. 240/2010 ha individuato due tipologie di contratti di ricerca a tempo determinato.

La prima (lett. a) consiste in contratti di durata triennale, prorogabili per due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte (RtD di tipo A).

La seconda (lett. b) è riservata a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lettera a), oppure, per almeno tre anni anche non consecutivi, di assegni di ricerca o di borse post-dottorato, oppure di contratti, assegni o borse analoghi in università straniere - nonché, ai sensi dell’art. 29, co. 5, della medesima L. 240/2010, a candidati che hanno usufruito per almeno 3 anni di contratti a tempo determinato stipulati in base all’art. 1, co. 14, della L. 230/2005 - e consiste in contratti triennali non rinnovabili (RtD di tipo B).

Il co. 5 dello stesso art. 24 prevede che nel terzo anno di questa seconda tipologia di contratto l’università, nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, valuta il titolare del contratto che abbia conseguito l’abilitazione scientifica nazionale, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato. Se la valutazione ha esito positivo, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato come professore associato.

È utile ricordare che, sulla base della stessa L. 240/2010, la figura del ricercatore a tempo indeterminato è stata posta ad esaurimento. Infatti, l’art. 29 ha disposto che, dalla data dell’entrata in vigore della legge, per la copertura – fra gli altri – dei posti di ricercatore le università potevano avviare solo le procedure da essa previste.

 

L’assegnazione alle singole università e agli enti di ricerca delle risorse incrementali è effettuata con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, tenendo conto, per le università, dei risultati della valutazione della qualità della ricerca (VQR) e, per gli enti di ricerca, degli stessi criteri con i quali viene ripartito il FOE.

 

Il riferimento alla VQR per l’assegnazione delle risorse alle università riguarda la VQR 2004-2010, il cui rapporto finale è stato presentato dall'ANVUR nel giugno 2013[50]. Successivamente, a seguito di varie segnalazioni, i risultati della valutazione sono stati aggiornati, secondo quanto indicato dall'ANVUR nella news del 30 gennaio 2014.

La VQR 2011-2014 è stata, invece avviata, sulla base Linee guida emanate con DM 458/2015 del 27 giugno 2015, con bando del 3 settembre 2015. Si concluderà con la pubblicazione dei risultati il 31 ottobre 2016.

 

I criteri per la ripartizione del FOE sono stati definiti, da ultimo, con il d.lgs. 213/2009, come modificato con il D.L. 104/2013 (L. 128/2013).

In particolare, l’art. 4 del D.Lgs. 213/2009 prevede che la ripartizione del FOE è effettuata sulla base della programmazione strategica preventiva di cui all’art. 5[51] e considerando la specifica missione dell'ente, nonché tenendo conto, per la ripartizione di una quota non inferiore al 7% del Fondo, soggetta ad incrementi annuali, dei risultati della VQR e di specifici programmi e progetti, anche congiunti, proposti dagli enti. Dispone, altresì, che i criteri e le motivazioni di assegnazione di tale quota sono disciplinati con decreto ministeriale di natura non regolamentare[52].

 

La quota delle risorse eventualmente non utilizzata per le finalità previste rimane a disposizione, nel medesimo esercizio finanziario, per le altre finalità del FFO e del FOE.

Con riferimento alla previsione relativa al FOE, si ricorda che, sempre a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 23 del D.L. 104/2013, l’art. 4 del d.lgs. 213/2009 prevede già che le quote del FOE assegnate per specifiche finalità e che non possono essere più utilizzate per tali scopi, possono essere destinate ad altre attività o progetti attinenti alla programmazione degli enti, previa motivata richiesta e successiva autorizzazione del MIUR.

 

Il comma 137 modifica la disciplina relativa alla stipula di contratti per ricercatori a tempo determinato recata dall’art. 66, co. 13-bis, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008).

In particolare, anzitutto limita al 2015 la disciplina - che, a legislazione vigente, decorre dal 2015 - in base alla quale le (sole) università che sono in una situazione finanziaria solida, ovvero che riportano un indicatore delle spese di personale inferiore all’80%[53], possono procedere alla stipula di contratti per ricercatori a tempo determinato di entrambe le tipologie sopra indicate “in aggiunta” alle facoltà assunzionali previste per il sistema universitario dallo stesso comma 13-bis (v. infra), “anche” utilizzando le cessazioni dei ricercatori della prima tipologia avvenute nell’anno precedente, già assunti a valere sulle facoltà assunzionali di cui allo stesso comma 13-bis.

In base alla relazione tecnica e alla relazione illustrativa allegate al disegno di legge di stabilità 2015 (A.C. 2679-bis) la previsione – decorrente, come si è detto, dal 2015 - avrebbe consentito “la possibilità di sostituire, senza gravare sui punti organico, il 100% dei ricercatori a tempo determinato di cui all’articolo 24, comma 3, lettera a)” della L. 240/2010 già assunti a valere sui punti organico. Come evidenziava la relazione tecnica allegata all’A.S. 2111, il 100% delle cessazioni avvenute nell’anno precedente rappresenta, dunque, il limite assunzionale massimo attualmente previsto.

In secondo luogo, il comma 137 prevede che, a decorrere dal 2016, alle (sole) università che si trovano nella situazione relativa all'indicatore delle spese di personale sopra indicata è consentito procedere alle assunzioni di RtD di tipo A senza soggiacere alle limitazioni da turn over. Resta in ogni caso fermo quanto disposto dal d.lgs. 49/2012 e dal D.P.C.M. 31 dicembre 2014 con riferimento alle facoltà assunzionali del personale a tempo indeterminato e dei RtD di tipo B.

Con riferimento a quest’ultima previsione, la stessa relazione tecnica allegata all’A.S. 2111 chiariva che essa implica che i costi stipendiali dei ricercatori assunti senza l’applicazione dei vincoli derivanti dal turn over continuano ad essere presi in considerazione ai fini degli indicatori di bilancio in base ai quali vengono graduate le facoltà assunzionali del personale a tempo indeterminato e dei RtD di tipo B dell’anno successivo. Evidenziava, dunque, che ogni ateneo è fortemente responsabilizzato a programmare un numero di contratti di RtD di tipo A sostenibile dal punto di vista del bilancio, per evitare riduzioni del numero delle assunzioni di personale a tempo indeterminato.

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 7 del D.lgs. 49/2012 ha individuato, limitatamente all’anno 2012, le combinazioni dei livelli degli indicatori di spesa per il personale e di spesa per indebitamento rilevanti, per ciascun ateneo, per la determinazione, tra l’altro, della misura delle assunzioni di personale a tempo indeterminato e del conferimento di contratti di ricerca a tempo determinato (co. 1), rimettendo ad un D.P.C.M., da emanare con cadenza triennale, entro il mese di dicembre antecedente al successivo triennio di programmazione, la definizione della disciplina applicabile agli anni successivi (co. 6).

In seguito, l’art. 14, co. 3, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012), introducendo il co. 13-bis nell’art. 66 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), ha fissato le misure percentuali di turn-over valide con riferimento “al sistema” delle università nel suo complesso[54] e ha previsto che all’attribuzione del contingente di assunzioni spettante a ciascun ateneo si provvede con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, “tenuto conto di quanto previsto dall’art. 7 del d.lgs. 49/2012[55] [56].

Ancora in seguito, peraltro, l’art. 1, co. 9, del D.L. 150/2013 (L. 15/2014) ha prorogato al 30 giugno 2014 il termine per l’adozione del D.P.C.M. con il quale ridefinire, per il triennio 2014-2016, la disciplina per l’individuazione della misura delle assunzioni per ciascun ateneo.

Il D.P.C.M. è poi, di fatto, intervenuto il 31 dicembre 2014 con riferimento al triennio 2015-2017[57].

Nella premessa si richiama “l'opportunità di assicurare ad ogni ateneo un contingente minimo assunzionale per una spesa media pari al 30 per cento di quella relativa al personale cessato dal servizio nell'anno precedente e, esclusivamente per le università con migliori indicatori di bilancio, la possibilità di disporre di maggiori margini assunzionali proporzionali alla situazione di bilancio”.

Specificamente, per il triennio 2015-2017 si prevede, per quanto qui interessa, che:

a)  gli atenei che al 31 dicembre dell'anno precedente riportano un valore dell'indicatore delle spese di personale pari o superiore all'80% o un importo delle spese di personale e degli oneri di ammortamento superiore all'82% delle entrate di cui all'art. 5, co. 1, del d.lgs. 49/2012, al netto delle spese per fitti passivi di cui all'art. 6, co. 4, lett. c)[58], del medesimo decreto, possono procedere all'assunzione di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato, con oneri a carico del proprio bilancio, per una spesa media annua non superiore al 30% di quella relativa al personale cessato dal servizio nell'anno precedente;

b)  gli atenei che al 31 dicembre dell'anno precedente riportano valori inferiori a quelli di cui alla lett. a) possono procedere all'assunzione di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato, con oneri a carico del proprio bilancio, per una spesa media annua non superiore al 30% di quella relativa al personale cessato dal servizio nell'anno precedente, maggiorata di un importo pari al 20% del margine ricompreso tra l'82% delle entrate di cui all'art. 5, co. 1, del D.Lgs. 49/2012, al netto delle spese per fitti passivi, e la somma delle spese di personale e degli oneri di ammortamento annuo a carico del bilancio di ateneo complessivamente sostenuti al 31 dicembre dell'anno precedente; la maggiorazione della spesa è determinata fino a concorrenza dei limiti di spesa, ove esistenti, fissati a livello nazionale dalle disposizioni vigenti sul turn over del sistema universitario e non può comunque determinare annualmente una attribuzione di facoltà assunzionali a livello di singola istituzione universitaria superiore rispettivamente a:

§  per le università statali, 110% dei risparmi da cessazioni dell'anno precedente;

§  per gli istituti universitari ad ordinamento speciale, 5% della spesa equivalente del personale a tempo indeterminato e dei ricercatori a tempo determinato in servizio al 31 dicembre dell'anno precedente.

Sono in ogni caso consentite le assunzioni di personale riservate alle categorie protette, nei limiti della quota d'obbligo, e quelle relative a personale docente e ricercatore coperte da finanziamenti esterni secondo quanto previsto dall'art. 5, co. 5, del d.lgs. 49/2012.

 

Da ultimo, è stato emanato il DM 21 luglio 2015, n. 503, recante criteri e contingente assunzionale delle università statali per l’anno 2015.

 


 

Articolo 1, comma 138
(Stanziamento per la formazione specialistica dei medici)

 

 

Il comma 138 reca uno stanziamento aggiuntivo, pari a 57 milioni di euro per il 2016, 86 milioni per il 2017, 126 milioni per il 2018, 70 milioni per il 2019 e 90 milioni annui a decorrere dal 2020, per la formazione specialistica dei medici, al fine di aumentare il numero dei relativi contratti.

 

Si ricorda che questi ultimi sono stipulati dai medici specializzandi con l'università, ove abbia sede la scuola di specializzazione, e con la regione nel cui territorio abbiano sede le aziende sanitarie le cui strutture siano parte prevalente della rete formativa della scuola di specializzazione.

 


 

Articolo 1, comma 139
(Risorse per il diritto allo studio universitario)

 

 

Il comma 139, inserito durante l’esame al Senato, incrementa di 5 milioni di euro annui, a decorrere dal 2016, il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio agli studenti universitari.

 

Le risorse relative al Fondo integrativo per la concessione delle borse di studio sono allocate sul cap. 1710 dello stato di previsione del MIUR e, a legislazione vigente, ammontano a € 162,1 mln.

Al riguardo si ricorda che, a seguito dell’art. 2 del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) e dell’art. 1, co. 259, della L. 147/2013 (L. di stabilità 2014), dal 2014 il Fondo è stato incrementato di complessivi € 150 mln.

 

A seguito dell’incremento disposto, pertanto, le risorse del cap. 1710 aumenterebbero, per il 2016, a 167,1 milioni di euro.

 


 

Articolo 1, comma 140
(Risorse per le scuole paritarie)

 

 

Il comma 140, inserito durante l’esame al Senato, incrementa di 5 milioni di euro annui, a decorrere dal 2016, lo stanziamento previsto per le scuole paritarie a seguito della legge di stabilità 2014.

 

In particolare, dispone che, dal 2016, lo stanziamento previsto dall’art. 1, co. 169, della L. 190/2014 è pari a 225 milioni di euro.

A seguito dell’incremento disposto, pertanto, le risorse del cap. 1477 - pari, a legislazione vigente, a 472,5 milioni di euro - aumenterebbero, per il 2016, a 497,5 milioni di euro.

 

Al riguardo si ricorda che la competenza amministrativa relativa ai contributi alle scuole non statali[59] è stata attribuita alle regioni dall'art. 138, co. 1, lett. e), del D.lgs. 112/1998.

L’art. 1, co. 635, della L. 296/2006 (legge finanziaria 2007) ha incrementato, per complessivi 100 milioni di euro, a decorrere dal 2007, gli stanziamenti iscritti nelle unità previsionali di base “Scuole non statali” dello stato di previsione del MIUR, da destinare prioritariamente alle scuole per l’infanzia.

Al riguardo, con la sentenza n. 50 del 2008, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale, per violazione dell'autonomia legislativa e finanziaria delle regioni, l’erogazione di uno stanziamento statale vincolato relativo ad un settore ricadente nelle funzioni amministrative di competenza regionale. La medesima sentenza, peraltro, ha fatto salvi gli eventuali procedimenti in corso, anche se non esauriti, a garanzia della continuità di erogazione di finanziamenti inerenti a diritti fondamentali dei destinatari[60].

È, dunque, intervenuto l’art. 2, co. 47, della L. 203/2008 (L. finanziaria 2009), che ha disposto che, fermo il rispetto delle prerogative regionali in materia di istruzione scolastica, con decreto interministeriale, sentita la Conferenza Stato–regioni, dovevano essere stabiliti i criteri per la distribuzione alle regioni delle risorse finanziarie per la realizzazione delle misure relative al “programma di interventi in materia di istruzione”.

Contestualmente, infatti, la legge di bilancio per il 2009 (L. 204/2008) ha inserito nello stato di previsione del MIUR – esclusivamente per l’esercizio 2009 –, nell’ambito della Missione Istruzione scolastica, un nuovo programma 1.10 – Interventi in materia di istruzione, con una dotazione di 120 milioni di euro per il 2009. Le risorse sono state allocate nel cap. 1299 - Somme da trasferire alle regioni per il sostegno delle scuole paritarie, di nuova istituzione[61].

Il D.L. 28 maggio 2009, con il quale è stata data attuazione al citato art. 2, co. 47 della L. 203/2008, nel ripartire fra le regioni l’importo di 120 mln di euro, ha precisato che tali risorse erano destinate a integrare i contributi per le istituzioni scolastiche paritarie di ogni ordine e grado. L’integrazione era riferita alla circostanza che altre risorse da destinare al sostegno delle scuole paritarie risultavano allocate sul cap. 1477 (Contributi alle scuole paritarie comprese quelle della Valle d’Aosta) dello stato di previsione del MIUR ed erano erogate direttamente alle scuole.

L’autorizzazione di spesa di cui all’art. 2, co. 47, della L. finanziaria 2009 è stata rifinanziata per gli anni successivi[62] (e si è sempre sommata alle risorse presenti sul cap. 1477):

 

Provvedimento

Anno

Onere annuo (mln)

Art. 2, co. 250, L. 191/2009 (elenco 1, allegato)

2010

€ 130[63]

Art. 1, co. 40, L. 220/2010

2011

€ 245[64]

Art. 33, co. 16, L. 183/2011

2012

€ 242

Art. 1, co. 263, L. 228/2012

2013

€ 223[65]

Art. 1, co. 260, L. 147/2013

2014

€ 220[66]

L’art. 1, co. 169, della L. 190/2014 ha, infine, autorizzato la spesa di € 200 mln annui, a decorrere dal 2015, da destinare al sostegno alle scuole paritarie (ad esclusione di quelle delle province autonome di Trento e di Bolzano)[67], a tal fine richiamando l’art. 1, co. 13, della L. 62/2000, il cui stanziamento, relativo ai contributi erogati dal MIUR direttamente a tali scuole, era allocato proprio sul cap. 1477.

Con tale novità si è dunque inteso superare l’imputazione di parte delle risorse per le scuole paritarie al cap. 1299, che comportava il trasferimento delle risorse alle regioni.


 

Articolo 1, comma 141
(Fondo per l’acquisto di libri di testo)

 

 

Il comma 141, introdotto durante l’esame al Senato, istituisce, per il triennio 2016-2018, un nuovo Fondo nello stato di previsione del MIUR, finalizzato a sostenere le spese per l’acquisto di libri di testo e di altri materiali didattici, anche digitali.

 

In particolare, il Fondo, con una dotazione di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018, è finalizzato a concorrere alle spese sostenute e non coperte da altri contributi pubblici per l’acquisto di libri di testo e di altri materiali didattici, anche digitali, relativi ai corsi di istruzione scolastica fino all’assolvimento dell’obbligo.

Per la definizione di criteri e modalità relativi all’individuazione dei destinatari del contributo, all’assegnazione e all’erogazione dello stesso, si prevede l’intervento, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, di un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Si specifica peraltro sin d’ora che i destinatari sono individuati sulla base dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).

 

Si tratta di risorse che si aggiungono a quelle previste nello stato di previsione del Ministero dell’Interno (cap. 7243), destinate alla fornitura gratuita dei libri di testo nella scuola dell’obbligo ed al comodato nella scuola superiore.

In materia, si ricorda che l’art. 23, co. 5, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012) ha autorizzato, a decorrere dal 2013, la spesa di € 103 mln affinché i comuni provvedano, ai sensi dell’art. 27, co. 1, della L. 448/1998, a garantire la gratuità, totale o parziale, dei libri di testo in favore degli alunni che adempiono l'obbligo scolastico, in possesso dei requisiti richiesti[68], e la fornitura in comodato agli studenti della scuola secondaria superiore, in possesso dei requisiti richiesti.

Qui ulteriori approfondimenti.

 


 

Articolo 1, comma 142
(Disposizioni in materia di rientro di lavoratori dall’estero)

 

 

Il comma 142, inserito al Senato, reca disposizioni in materia di rientro dei lavoratori dall’estero, in sostanza prorogando al 2017 (più precisamente per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016 e per quello successivo) i benefici fiscali previsti nella legge n. 238 del 2010 (detassazione IRPEF del reddito da lavoro del 70 o dell’80 per cento, secondo il sesso del lavoratore), in favore dei soggetti rientrati in Italia nel periodo compreso tra il 1o marzo e il 6 ottobre 2015, previa specifica opzione in tal senso da parte degli interessati.

 

Più in dettaglio, viene aggiunto un periodo all’articolo 16, comma 4 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 (che attua la delega fiscale con riferimento all’internazionalizzazione delle imprese).

 

Al riguardo occorre ricordare che l’articolo 10, comma 12-octies, del D.L. 192/2014 aveva prorogato al 31 dicembre 2017 gli incentivi fiscali disciplinati dalla legge 30 dicembre 2010, n. 238; tali incentivi sono finalizzati al rientro in Italia di cittadini dell’Unione europea, che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia, che studiano, lavorano o che hanno conseguito una specializzazione post lauream all’estero. Il beneficio fiscale consiste in una riduzione al 20 per cento per le lavoratrici ed al 30 per cento per i lavoratori della base imponibile IRPEF, con riferimento al reddito di lavoro dipendente, d’impresa o di lavoro autonomo.

Con l’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015 si è provveduto a ridisciplinare la materia del rientro dei lavoratori all’estero. Le norme hanno introdotto una agevolazione temporanea per i lavoratori che rivestono ruoli direttivi, ovvero sono in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione e che, non essendo stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti e impegnandosi a permanere in Italia per almeno due anni, trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato: per questi soggetti il reddito di lavoro dipendente prodotto concorre alla formazione del reddito complessivo nella misura del 70 settanta per cento del suo ammontare. L'attività lavorativa va prestata prevalentemente nel territorio italiano, deve essere svolta presso un'impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa. Le agevolazioni previste si applicano a decorrere dal periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza nel territorio dello Stato e per i quattro periodi successivi.

Si demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione della disciplina attuativa delle norme introdotte anche con riferimento al coordinamento con le altre norme agevolative vigenti in materia, nonché relativamente alle cause di decadenza dal beneficio. Si chiarisce che le agevolazioni si applicano anche ai beneficiari ex lege n.238/2010, le cui categorie vengono individuate, tenendo conto delle specifiche esperienze e qualificazioni scientifiche e professionali, con il menzionato decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

L’articolo 16, contestualmente, nel quadro del riordino delle vigenti agevolazioni sul rientro dei lavoratori dall’estero, ha abrogato le norme del decreto-legge n. 192 del 2014 che – come accennato all’inizio - avevano prorogato l’efficacia della agevolazione ex lege n. 238 del 2010, a partire dal 6 ottobre 2015.

 

Le norme introdotte chiariscono che i lavoratori che rientrano in Italia beneficiando della parziale detassazione IRPEF disposta della legge 30 dicembre 2010, n. 238, trasferiti in Italia dal 1° marzo al 6 ottobre 2015, hanno la facoltà di optare per l’applicazione, con le modalità definite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame, nel periodo in corso al 31 dicembre 2016 e per quello successivo, tra:

§  il regime disposto dalla legge n. 238/2010, nei limiti e alle condizioni indicati dalla legge stessa; l’agevolazione consiste nella parziale detassazione IRPEF dei redditi di lavoro dipendente, autonomo o d'impresa; tali redditi concorrono alla base imponibile nella misura, rispettivamente, del 20 per cento per le lavoratrici e del 30 per cento per i lavoratori (con detassazione rispettivamente dell’ottanta e del settanta per cento);

§  in alternativa, il regime previsto dall’articolo 16 del D.Lgs. 147/2015, che prevede, in presenza dei requisiti di legge, di sottoporre il reddito di lavoro dipendente a IRPEF per il settanta per cento del suo ammontare (con detassazione del 30 per cento);

 

In sostanza, con le disposizioni in esame si proroga al 31 dicembre 2017 l’insieme di benefici fiscali previsti nella legge n. 238 del 2010, in favore dei soggetti rientrati in Italia nel periodo compreso tra il 1o marzo e il 6 ottobre 2015.

 


 

Articolo 1, comma 143
(Misure per la ricerca scientifica e tecnologica)

 

 

Il comma 143, introdotto nel corso dell’esame al Senato, interviene al fine di modificare alcune disposizioni in materia di misure di sostegno per la ricerca scientifica e tecnologica. Nello specifico si allarga la tipologia dei soggetti ammissibili agli incentivi prevedendo, tra l’altro, anche società composte da professori e ricercatori ed altri enti pubblici che operano in alcuni settori della ricerca e si inserisce, tra le attività ammesse all’intervento di sostegno, anche quella industriale, di sviluppo precompetitivo e di diffusione di tecnologie.

 

Il comma 143 interviene sull’articolo 60 del decreto-legge n. 83 del 2012 sostituendo il comma 3 e aggiungendo, al comma 4, la lettera f-bis).

 

Con il decreto-legge n. 83 del 2012, appena citato, si prevedono in favore dei settori della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione alcuni interventi di competenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca diretti al sostegno delle attività di ricerca fondamentale nonché per la ricerca industriale, estesi a non preponderanti processi di sviluppo sperimentale, e delle connesse attività di formazione per la valorizzazione del capitale umano.

 

La disposizione di cui si tratta allarga la platea dei soggetti che possono essere ammessi agli interventi di sostegno ed estende l’ambito degli interventi, individuando alcune ulteriori attività.

 

Più in particolare:

§  la lettera a) del comma 143 sostituisce il comma 3 dell’articolo 60, D.L. 83/2012 confermando tra i soggetti ammissibili agli interventi di sostegno: le imprese, le università, gli enti e gli organismi di ricerca, o “qualsiasi altro soggetto giuridico in possesso dei requisiti minimi previsti dai bandi” e inserendo anche altre figure giuridiche, tra cui:

-       le costituende società composte da professori, ricercatori universitari, personale di ricerca dipendente dagli enti di ricerca;

-       ENEA;

-       ASI;

-     dottorandi di ricerca e titolari di assegni di ricerca di cui all'articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, anche congiuntamente ad uno o più degli altri soggetti indicati dal comma citato. Si tratta, ai sensi della citata disposizione, di dottori di ricerca o laureati in possesso di curriculum scientifico professionale idoneo per lo svolgimento di attività di ricerca, con esclusione del personale di ruolo di università, osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano, di enti pubblici e istituzioni di ricerca, di ENEA, di ASI e del corpo forestale dello Stato.

§   

§  Si osserva che il comma 6 dell’articolo 51 della legge 27 dicembre 1997, n.49 è stato abrogato dalla lettera d) del comma 11 dell'art. 29 della L. 30 dicembre 2010, n. 240.

§   

§  I soggetti appena elencati, al fine di beneficiare del sostegno, devono essere residenti ovvero devono avere stabile organizzazione nel territorio nazionale.

§   

Quanto alla natura del sostegno economico il comma 4, articolo 60, del D.L. 83/2012 prevede come misure di sostegno i contributi a fondo perduto, il credito agevolato, il credito di imposta ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, la prestazione di garanzie, le agevolazioni fiscali cui all'articolo 7, commi 1 e 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, i voucher individuali di innovazione che le imprese possono utilizzare per progetti di innovazione sviluppati in collaborazione con gli organismi di ricerca presenti nel territorio nazionale.

 

§  la lettera b) del comma 143 inserisce la lettera f-bis), al comma 4, articolo 60, del decreto-legge n. 83/2012 ammettendo ai benefici appena ricordati anche le attività di ricerca industriale, sviluppo precompetitivo, diffusione di tecnologie, fino all'avvio e comunque finalizzate a nuove iniziative economiche ad alto contenuto tecnologico, per l'utilizzazione industriale dei risultati della ricerca da parte di soggetti assimilati in fase d'avvio, su progetto o programma, anche autonomamente presentato, da coloro che si impegnano a costituire o a concorrere alla nuova società.

 

La definizione di “soggetto assimilato in fase d'avvio” è indicata dal combinato disposto dell’articolo 1, comma 3, lettera e) e dell’articolo 2, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 297 del 1999.

Si intendono per “soggetti assimilati in fase d'avvio”, ai sensi delle citate disposizioni, società di recente costituzione ovvero da costituire, finalizzate all'utilizzazione industriale dei risultati della ricerca, per attività di ricerca industriale, sviluppo precompetitivo, diffusione di tecnologie, fino all'avvio e comunque finalizzate a nuove iniziative economiche ad alto contenuto tecnologico, per l'utilizzazione industriale dei risultati della ricerca “da parte di soggetti assimilati in fase d'avvio, su progetto o programma presentato anche da coloro che si impegnano a costituire o a concorrere alla nuova società con la partecipazione azionaria o il concorso, o comunque con il relativo impegno di una serie di soggetti giuridici tra i quali professori e ricercatori universitari, personale di ricerca dipendente da enti di ricerca, ENEA e ASI, imprese artigiane, società consortili, con determinate caratteristiche, società di assicurazione, banche, intermediari finanziari, fondi mobiliari chiusi, intermediari finanziari e altri;

§   

§  Si osserva che il decreto legislativo n. 297 del 1999 è stato abrogato ai sensi della lettera b) del comma 1 dell’art. 63, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83.

§   

Il comma 4 dell’articolo 60 prevede, tra gli interventi per i quali è ammesso il contributo le seguenti tipologie:

a)    interventi di ricerca fondamentale, diretti a sostenere l'avanzamento della conoscenza;

b)   interventi di ricerca industriale, estesi a eventuali attività non preponderanti di sviluppo sperimentale, orientati a favorire la specializzazione del sistema industriale nazionale;

c)    appalti pre-commerciali di ricerca e sviluppo sperimentale, anche attraverso interventi cofinanziati con pubbliche amministrazioni, in risposta a esigenze di particolare rilevanza sociale (social big challenges);

d)   azioni di innovazione sociale (social innovation);

e)    interventi integrati di ricerca e sviluppo sperimentale, infrastrutturazione, formazione di capitale umano di alto livello qualitativo, di trasferimento tecnologico e spin off di nuova imprenditorialità innovativa, finalizzati in particolare allo sviluppo di grandi aggregazioni (cluster) tecnologiche pubblico-private di scala nazionale;

f)    interventi nazionali di ricerca fondamentale o di ricerca industriale inseriti in accordi e programmi comunitari e internazionali.

§   

Si ricorda che l’articolo 61, del decreto-legge 83/2012 prevede che le tipologie di intervento di cui all'articolo 60, comma 4 (contributi a fondo perduto, credito agevolato, credito di imposta, prestazione di garanzie, agevolazioni fiscali e i voucher) sono sostenute con le risorse a valere sul Fondo per gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica (FIRST), istituito dall'articolo 1, comma 870, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

Fondo per gli investimenti nella Ricerca scientifica e tecnologica (FIRST)

 

Il Fondo per gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) è stato. istituito dall'articolo 1, comma 870, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Esso opera attraverso l'esistente contabilità speciale esclusivamente per l'erogazione di finanziamenti agevolati che prevedano rientri e per gli interventi, anche di natura non rotativa, cofinanziati dall'Unione Europea o dalle regioni, ferma restando la gestione ordinaria in bilancio per gli altri interventi

Si ricorda che con D.M. 115/2013 sono state disciplinate le modalità di utilizzo e gestione e altre disposizioni procedurali per la concessione delle agevolazioni a valere sulle relative risorse finanziarie. Nell'ambito delle disponibilità annuali del FIRST, il Ministero riserva una quota non inferiore al 10 per cento a progetti nei quali risultino coinvolti esclusivamente ricercatori di età non superiore ai 40 anni compiuti, sia appartenenti, con la qualifica di docente o ricercatore, ai ruoli delle università, statali e non statali, legalmente riconosciute e istituite nel territorio dello Stato, o degli enti di ricerca vigilati dal Ministero, sia non appartenenti ai ruoli sopra indicati ma in possesso del titolo di dottore di ricerca.

Le disponibilità del FIRST sono alimentate in via ordinaria dai conferimenti annualmente disposti dalla legge di stabilità, dai rientri dei contributi concessi sotto forma di credito agevolato e, per quanto riguarda le aree sottoutilizzate, dalle risorse assegnate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), nell'ambito del riparto dell'apposito Fondo.

Con il D.M.6/2015 è avvenuta la ripartizione delle disponibilità per l'anno 2014 del Fondo pari a 62.577.689 (capitolo 7245)

 

 


 

Articolo 1, comma 144
(Fondo per il finanziamento ordinario delle università)

 

 

Il comma 144, inserito durante l’esame al Senato, incrementa il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) di 25 milioni di euro per il 2016 e di 30 milioni di euro annui dal 2017, al fine di aumentare la quota premiale.

 

Si tratta di un incremento che segue a quello disposto, per 150 milioni di euro dal 2015, per le medesime finalità, dall’art. 1, co. 172, della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015).

 

L’art. 2 del D.L. 180/2008 (L. 1/2009) ha previsto che una quota non inferiore al 7% del FFO, con incrementi negli anni successivi, deve essere ripartita tra le università in relazione alla qualità dell’offerta formativa e dei risultati dei processi formativi, alla qualità della ricerca scientifica, alla qualità, efficacia ed efficienza delle sedi didattiche.

Sulla misura della quota premiale è, poi, intervenuto l'art. 13 della L. 240/2010 che, in particolare, ha previsto che gli incrementi della quota premiale sono disposti annualmente in misura compresa tra lo 0,5% e il 2%. In seguito, l'art. 60 del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) ha disposto che la quota premiale è determinata in misura non inferiore al 16% per l'anno 2014, al 18% per l'anno 2015 e al 20% per l'anno 2016, con successivi incrementi annuali non inferiori al 2% e fino ad un massimo del 30% del FFO; di tale quota, almeno 3/5 sono ripartiti tra le università sulla base dei risultati conseguiti nella Valutazione della qualità della ricerca (VQR) e 1/5 sulla base della valutazione delle politiche di reclutamento[69]. L'applicazione delle previsioni sulla misura della quota premiale non può, comunque, determinare la riduzione della quota del FFO spettante a ciascuna università e a ciascun anno in misura superiore al 5% dell'anno precedente[70].


 

Articolo 1, commi 145-154
(Soggetti salvaguardati dall’incremento dei requisiti pensionistici)

 

 

I commi da 145 a 154, non modificati dal Senato, prevedono il settimo intervento di salvaguardia in relazione ai nuovi requisiti introdotti dalla riforma pensionistica (D.L. n. 201/2011, art. 24 - c.d. Riforma Fornero), garantendo l’accesso al trattamento previdenziale con i vecchi requisiti a un massimo di ulteriori 26.300 soggetti, sia individuando nuove categorie di soggetti beneficiari, sia incrementando i contingenti di categorie già oggetto di precedenti salvaguardie, attraverso il prolungamento del termine (da 36 a 60 mesi successivi all’entrata in vigore della riforma pensionistica) entro il quale i soggetti devono maturare i vecchi requisiti. Per effetto di tali disposizioni il limite massimo numerico di soggetti salvaguardati viene stabilito a 172.466.

 

Si fa presente che sulla medesima materia sono all’esame della Camera dei deputati tre proposte di legge di iniziativa parlamentare (AA. C.2514, C.2958 e C.3002).

 

Il comma 146 definisce le categorie dei nuovi soggetti salvaguardati, prevedendo che i requisiti per l’accesso al sistema previdenziale vigenti prima della riforma pensionistica (D.L. n. 201/211, art.24 - c.d. Riforma Fornero) continuino ad applicarsi:

·        nel limite di 6.300 soggetti, ai lavoratori collocati in mobilità o in trattamento speciale edile a seguito di accordi governativi o non governativi, stipulati entro il 31 dicembre 2011, o nel caso di lavoratori provenienti da aziende cessate o interessate dall’attivazione delle vigenti procedure concorsuali quali il fallimento, il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria o l’amministrazione straordinaria speciale, anche in mancanza dei predetti accordi, cessati dall’attività lavorativa entro il 31 dicembre 2012 e che perfezionano, entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità o del trattamento speciale edile, ovvero, anche mediante il versamento di contributi volontari, entro 12 mesi dalla fine dello stesso periodo, i requisiti vigenti prima della data di entrata in vigore della riforma pensionistica. Per quanto concerne, specificamente, i versamenti volontari, questi possono riguardare (anche in deroga alle disposizioni dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 184/1997) anche periodi eccedenti i sei mesi precedenti la domanda di autorizzazione stessa; il versamento può comunque essere effettuato solo con riferimento ai dodici mesi successivi al termine di fruizione dell'indennità di mobilità o del trattamento speciale edile (in tal caso, ai sensi del successivo comma 147, per i lavoratori già autorizzati ai versamenti volontari, è prevista la riapertura, a domanda, dei termini per i versamenti relativi ai 12 mesi successivi alla fine della fruizione dell’indennità di mobilità); eventuali periodi di sospensione dell’indennità di mobilità per svolgere attività di lavoro subordinato, a tempo parziale, a tempo determinato, ovvero di lavoro parasubordinato, mantenendo l’iscrizione nella lista, si considerano rilevanti ai fini del prolungamento del periodo di fruizione dell’indennità stessa e non comportano l’esclusione dall’accesso alle salvaguardie (lettera a));

·        nel limite di 9.000 soggetti, ai lavoratori (prosecutori volontari) di cui all’articolo 1, comma 194, lettere e) ed f), della legge n.147/2013 (legge di stabilità per il 2014), che maturano i requisiti previdenziali secondo la disciplina vigente prima della riforma pensionistica entro 60 mesi dalla sua entrata in vigore (lettera b));

Ai sensi dell’articolo 1, comma 194, lettera e) ed f), della legge n.147/2013 (legge di stabilità per il 2014), si tratta dei prosecutori volontari autorizzati al 4 dicembre 2011 con un contributo accreditato o accreditabile che, dopo il 4 dicembre 2011, abbiano svolto attività lavorativa non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, nonché dei soggetti autorizzati al versamento dei contributi volontari entro il 4 dicembre 2011 senza accreditamento di contributi effettivi alla stessa data. Sono stati considerati i soggetti che hanno almeno un contributo accreditato derivante da effettiva attività lavorativa nel periodo compreso tra 1'1 gennaio 2007 ed il 30 novembre 2013 e che alla data del 30 novembre 2013 non svolgano attività lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.

·        nel limite di 6.000 soggetti, ai lavoratori di cui all’articolo 1, comma 194, lettera b), c) e d), della legge n.147/2013 (legge di stabilità per il 2014), che maturano i requisiti previdenziali secondo la disciplina vigente prima della riforma pensionistica entro 60 mesi dalla sua entrata in vigore (lettera c));

Ai sensi dell’articolo 1, comma 194, lettera b), c) e d), della legge n.147/2013 (legge di stabilità per il 2014), si tratta, rispettivamente, dei seguenti soggetti:

§  lavoratori con accordi individuali o collettivi cessati dall'attività lavorativa entro il 30 giugno 2012 e che abbiano svolto, dopo tale data, attività lavorativa non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

§  lavoratori con accordi individuali o collettivi cessati dall'attività lavorativa dopo il 30 giugno 2012 e fino al 31 dicembre 2012 e che abbiano svolto, dopo la data di cessazione, attività lavorativa non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

§  lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2008 che abbiano svolto dopo la cessazione attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Si includono anche i lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro di lavoro tra il 1° gennaio 2009 e il 31 dicembre 2011 che hanno svolto dopo la cessazione attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, con un reddito annuo lordo complessivo superiore a euro 7500.

·        nel limite di 2.000 soggetti, ai lavoratori in congedo per assistere figli con disabilità grave nel corso del 2011, i quali maturino i requisiti previdenziali secondo la disciplina vigente prima della riforma pensionistica entro 60 mesi dalla sua entrata in vigore (lettera d));

·        nel limite di 3.000 soggetti, ai lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato e ai lavoratori in somministrazione con contratto a tempo determinato (con esclusione dei lavoratori del settore agricolo e dei lavoratori stagionali), cessati dal lavoro tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, non rioccupati a tempo indeterminato, i quali maturino i requisiti previdenziali secondo la disciplina vigente prima della riforma pensionistica entro 60 mesi dalla sua entrata in vigore (lettera e)).

 

Il comma 148 prevede che il trattamento pensionistico non può comunque avere decorrenza anteriore all’entrata in vigore della legge di stabilità in esame.

 

Il comma149 prevede che i soggetti interessati presentino le istanze, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità in esame, secondo le procedure previste, per ciascuna categoria di soggetti, dai precedenti provvedimenti di salvaguardia[71]. Dispone, inoltre, che l’INPS provveda al monitoraggio delle domande (pubblicando, sul proprio sito internet, i dati raccolti), non prendendo in considerazione ulteriori domande di pensionamento nel caso di raggiungimento dei limiti numerici e dei limiti di spesa stabiliti.

 

Il comma150 interviene sulla relazione annuale al Parlamento relativa all'attuazione delle disposizioni di salvaguardia, prevedendo che venga predisposta dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, che venga presentata entro il 30 settembre di ogni anno e che i dati rilevati dall’INPS nell’ambito del monitoraggio vengano utilizzati ai fini della predisposizione della suddetta relazione.

 

L’articolo 2, comma 5, della legge n. 147/2014, attualmente prevede che la relazione annuale venga predisposta dal solo Ministero del lavoro e delle politiche sociali e che venga trasmessa alla Camere entro il 30 giugno.

 

Per quanto concerne i profili finanziari dell’intervento (definiti dai commi 145 e 151-153), gli oneri programmati per le prime sei salvaguardie, pari (in termini cumulati) a 11,66 miliardi di euro, per un limite massimo di 170.230 soggetti, passerebbero quindi (in termini cumulati) a 11,43 miliardi, per un limite massimo di 172.466 soggetti.

 

In particolare, ai fini della quantificazione degli oneri dell’intervento e della relativa copertura finanziaria, si prevede quanto segue.

 

Il comma 145 quantifica in 485,8 milioni di euro l’importo complessivo delle economie di spesa, per gli anni 2013-2014, relative ai precedenti interventi di salvaguardia[72], rideterminando conseguentemente il limite numerico massimo di soggetti salvaguardati in 146.166 (rispetto ai 170.230 attualmente previsti); in relazione a ciò, il comma 152 incrementa di un importo corrispondente (100 milioni per ciascuno degli anni dal 2018 al 2021 e di 85,8 milioni per l’anno 2022) l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 235, primo periodo, della legge n.228/2012 (attraverso la corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali).

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 235, primo periodo, della legge n.228/2012, ha istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un fondo nel quale confluiscono eventuali economie aventi carattere pluriennale rispetto agli oneri programmati a legislazione vigente; ai sensi del comma 235, quarto periodo, della legge n. 228/2012, le economie vengono accertate (mediante conferenza di servizi) a seguito dell’attività di monitoraggio sull’effettivo utilizzo delle risorse relative ai vari interventi di salvaguardia.

 

Il comma 151, nel prevedere che i nuovi benefici sono riconosciuti nel limite di 26.300 soggetti (cui corrisponde, come detto, la rideterminazione del limite numerico massimo complessivo in 172.466 soggetti) e nel limite massimo di 213 milioni per il 2016, 387 milioni per il 2017, 336 milioni per il 2018, 258 milioni per il 2019, 171 milioni per il 2020, 107 milioni per il 2021, 41 milioni per il 2022 e 3 milioni per il 2023, provvede al corrispondente incremento degli importi previsti all’articolo 1, comma 235, quarto periodo, della legge n.228/2012 (ossia delle economie aventi carattere pluriennale destinate ad alimentare l’apposito fondo), mentre il comma 153 provvede alla copertura degli oneri a valere sull’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 235, primo periodo, della legge n. 228/2012 (ossia riducendo la dotazione dell’apposito fondo).

 

Infine, sulla medesima autorizzazione di spesa opera anche il comma 154, che ne prevede una riduzione di 124 milioni di euro per il 2016 ai fini del concorso alla copertura dei maggiori oneri conseguenti al potenziamento delle misure di sostegno al reddito per le situazioni di disagio previste dalla presente legge.

 

Si segnala che le residue risorse dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 235, primo periodo, della legge n.228/2012 (Fondo esodati), sono utilizzate (oltre che ai sensi del comma 154 in esame) per la copertura degli oneri (160 milioni per il 2016 e 49 milioni per il 2017) di cui al comma 155 (c.d. opzione donna) e per la copertura degli oneri (58 milioni per il 2018) di cui ai commi 160-161 (riduzione della pressione fiscale per i pensionati), del disegno di legge in esame.

 

 

La questione degli esodati: evoluzione normativa

 

La questione degli “esodati” trae origine dalla riforma pensionistica realizzata del Governo Monti (articolo 24 del D.L. 201/2011, c.d. riforma Fornero), che a decorrere dal 2012 ha sensibilmente incrementato i requisiti anagrafici e contributivi per l'accesso al pensionamento. La riforma, in particolare, ha portato a 66 anni il limite anagrafico per il pensionamento di vecchiaia; velocizzato il processo di adeguamento dell'età pensionabile delle donne nel settore privato (66 anni dal 2018); per quanto concerne il pensionamento anticipato, abolito il previgente sistema delle quote, con un considerevole aumento dei requisiti contributivi (42 anni per gli uomini e 41 anni per le donne) e l'introduzione di penalizzazioni economiche per chi comunque accede alla pensione prima dei 62 anni.

Al fine di salvaguardare le aspettative dei soggetti prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici, la riforma ha dettato una disciplina transitoria, individuando alcune categorie di lavoratori ai quali continua ad applicarsi la normativa previgente, preordinando allo scopo specifiche risorse finanziarie. Tale platea comprende, in particolare, i lavoratori che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2011; i lavoratori collocati in mobilità sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 4 dicembre 2011 (data di entrata in vigore della riforma) e che maturino i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità; i lavoratori titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore alla data del 4 dicembre 2011, nonché lavoratori per i quali sia stato previsto da accordi collettivi stipulati entro la data del 4 dicembre 2011 il diritto di accesso ai predetti fondi di solidarietà; i lavoratori che, antecedentemente alla data del 4 dicembre 2011, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione; i lavoratori che alla data del 4 dicembre 2011 si trovino in esonero dal servizio; i lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 sono in congedo per assistere figli con disabilità grave, a condizione che maturino, entro ventiquattro mesi dalla data di inizio del predetto congedo, il requisito di anzianità contributiva di 40 anni.

L'insufficienza delle norme transitorie contenute nella legge di riforma, resasi evidente nei mesi successivi alla sua entrata in vigore (mesi che hanno visto crescere la protesta dei lavoratori che si sarebbero venuti a trovare senza stipendio e senza pensione), ha indotto il Governo e il Parlamento a rivedere la platea dei soggetti ammessi al pensionamento secondo la normativa previgente, estendendola a più riprese.

Dapprima, l'articolo 6, comma 2-ter, del D.L. 216/2011 (c.d. decreto proroga termini - c.d. prima salvaguardia) vi ha ricompreso anche i lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto, in base ad accordi individuali, sottoscritti in data antecedente a quella di entrata in vigore della legge di riforma o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale, purché in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi che, in base alla previgente disciplina pensionistica, avrebbero comportato la decorrenza del trattamento entro un periodo non superiore a 24 mesi dalla data di entrata in vigore della riforma. Allo stesso tempo, l'articolo 6, comma 2-septies, (inserendo la lettera e-bis) all'articolo 24, comma 14, del D.L. 201/2011), ha stabilito che la normativa previgente continuasse ad applicarsi anche ai lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 risultassero essere in congedo per assistere figli con disabilità grave ai sensi dell'articolo 42, comma 5, del D.Lgs. 151/2001, a condizione che maturassero, entro ventiquattro mesi dalla data di inizio del predetto congedo, il requisito contributivo per l'accesso al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica di cui all'articolo 1, comma 6, lettera a), della L. 243/2004, e cioè in presenza di un requisito di anzianità contributiva non inferiore a quaranta anni.

Successivamente è intervenuto l'articolo 22 del D.L. 95/2012 (c.d. "spending review" - c.d. seconda salvaguardia), che ha ulteriormente incrementato la platea dei soggetti salvaguardati, rientranti in alcune categorie, ricomprendendovi altri 55.000 lavoratori.

Sulla materia è intervenuto, quindi, l'articolo 1, commi 231-237, della L. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013 – c.d. terza salvaguardia), prevedendo che le disposizioni previgenti alla legge di riforma continuino a trovare applicazione anche nei confronti: dei lavoratori cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012 e collocati in mobilità (ordinaria o in deroga) a seguito di accordi (governativi o non governativi) stipulati entro il 31 dicembre 2011 e che abbiano perfezionato i requisiti utili al trattamento pensionistico entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità o durante il periodo di godimento dell'indennità di mobilità in deroga, e in ogni caso entro il 31 dicembre 2014; dei lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione entro il 4 dicembre 2011, a condizione che perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 36° mese dalla data di entrata in vigore del D.L. 201/2011 (con almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data di entrata in vigore del D.L. 201/2011, ancorché abbiano svolto, successivamente alla medesima data del 4 dicembre 2011, attività lavorativa retribuita, comunque non riconducibile al rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, entro il limite di 7.500 euro annui; oppure collocati in mobilità ordinaria alla data del 4 dicembre 2011, i quali avvieranno la contribuzione volontaria al termine della fruizione della mobilità ordinaria); dei lavoratori che hanno risolto il rapporto di lavoro entro il 30 giugno 2012, in ragione di accordi individuali o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, ancorché abbiano svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (a condizione che abbiano conseguito un reddito annuo lordo complessivo riferito a tali attività non superiore a euro 7.500 e perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2014); dei lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria entro il 4 dicembre 2011 e collocati in mobilità ordinaria alla predetta data, i quali, in quanto fruitori della relativa indennità, debbano attendere il termine della fruizione stessa per poter effettuare il versamento volontario (a condizione che perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il trentaseiesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del D.L. 201/2011, e cioè entro il 6 dicembre 2014). Le modalità di attuazione sono contenute nel D.M. 22 aprile 2013 pubblicato sulla G.U. del 28 maggio 2013. Le relative istruzioni operative sono contenute nella C.M. 5 giugno 2013, n. 19. Il comma 235, in particolare, ha istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un fondo nel quale confluiscono eventuali economie (derivanti dal non totale utilizzo delle risorse stanziate per le precedenti salvaguardie) aventi carattere pluriennale rispetto agli oneri programmati a legislazione vigente, accertati (mediante conferenza di servizi) a seguito dell’attività di monitoraggio degli interventi di salvaguardia.

 

Ulteriori interventi in materia sono stati effettuati nella XVII Legislatura, in primo luogo con gli articoli 11 e 11-bis del D.L. 102/2013 (c.d. quarta salvaguardia). In particolare, l'articolo 11 prevede che le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima dell'entrata in vigore del D.L. 201/2011 (cd. riforma Fornero), trovino applicazione anche nei confronti dei lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato entro il 31 dicembre 2011 a seguito di risoluzione unilaterale. Il beneficio è riconosciuto nel limite di 6.500 soggetti e nel limite massimo delle risorse appositamente stanziate (pari a 151 milioni di euro per il 2014, 164 milioni di euro per il 2015, 124 milioni di euro per il 2016, 85 milioni di euro per il 2017, 47 milioni di euro per il 2018 e 12 milioni di euro per il 2019). Il successivo articolo 11-bis, che ha ampliato ulteriormente la platea dei cd. esodati, ricomprendendovi anche 2.500 lavoratori i quali nel 2011 erano in congedo per assistere familiari con handicap grave o fruivano di permessi giornalieri retribuiti per assistenza a coniuge parente o affine con handicap grave, i quali maturino i requisiti pensionistici entro 36 mesi dall'entrata in vigore del D.L. 201/2011 (cd. riforma Fornero). Il beneficio è riconosciuto nel limite massimo di 23 milioni di euro per il 2014, 17 milioni per il 2015, 9 milioni per il 2016, 6 milioni per il 2017 e 2 milioni per il 2018.

In materia è quindi intervenuta la L. 147/2013 (legge di stabilità 2014). In particolare, l'articolo 1, comma 191, della L. 147/2013 (c.d. quinta salvaguardia) ha previsto un ulteriore contingente di soggetti, pari a 6.000 unità (già interessato da provvedimenti precedenti), per i quali trova applicazione la disciplina pensionistica previgente il D.L. 201/2011. Si tratta dei lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione, entro il 4 dicembre 2011, a condizione che perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 36° mese dalla data di entrata in vigore del D.L. 201/2011 con almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data di entrata in vigore del D.L. 201/2011, ancorché abbiano svolto, successivamente alla medesima data del 4 dicembre 2011, attività lavorativa retribuita, comunque non riconducibile al rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, entro il limite di 7.500 euro annui.

Allo stesso tempo, l'articolo 1, comma 194, della L. 147/2013 ha ulteriormente esteso la platea di tali lavoratori, includendovi un massimo di ulteriori 17.000 lavoratori, esclusi dai precedenti interventi di salvaguardia, a condizione che perfezionino i requisiti pensionistici entro 36 mesi dall'entrata in vigore del D.L. 201/2011 (c.d. riforma Fornero), ossia entro il 7 dicembre 2014, appartenenti alle seguenti categorie: prosecutori volontari autorizzati al 4 dicembre 2011 con un contributo accreditato o accreditabile al 6 dicembre 2011 e che, dopo il 4 dicembre 2011, abbiano svolto attività lavorativa non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato; lavoratori con accordi individuali o collettivi cessati dall'attività lavorativa entro il 30 giugno 2012 e che abbiano svolto, dopo tale data, attività lavorativa non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato; lavoratori con accordi individuali o collettivi cessati dall'attività lavorativa dopo il 30 giugno 2012 e fino al 31 dicembre 2012 e che abbiano svolto, dopo la data di cessazione, attività lavorativa non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato; lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2008 che abbiano svolto dopo la cessazione attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (si includono anche i lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro tra il 1° gennaio 2009 e il 31 dicembre 2011 che abbiano svolto dopo la cessazione attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, con un reddito annuo lordo complessivo superiore a euro 7.500); lavoratori in mobilità ordinaria che maturino il requisito pensionistico ante L. 214/2011 dopo la data di fine mobilità e entro sei mesi dalla stessa (è data la possibilità al beneficiario di coprire i periodi contributivi successivi alla fine della mobilità con versamenti volontari, ove necessari); soggetti autorizzati al versamento dei contributi volontari entro il 4 dicembre 2011 senza accreditamento di contributi effettivi alla stessa data (sono stati considerati i soggetti che hanno almeno un contributo accreditato derivante da effettiva attività lavorativa nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 ed il 30 novembre 2013 e che alla data del 30 novembre 2013 non svolgano attività lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato).

Da ultimo, con la legge n.147/2014 è stato effettuato il sesto intervento di salvaguardia predisposto dall'entrata in vigore della riforma pensionistica. Il provvedimento consente di assicurare l'accesso al sistema previdenziale, secondo la disciplina antecedente alla riforma, di un contingente di 32.100 lavoratori, prolungando di un anno (da 36 a 48 mesi successivi all'entrata in vigore delle riforma) il termine entro il quale le categorie di lavoratori già individuate nelle precedenti salvaguardie (prosecutori volontari; lavoratori cessati sulla base di accordi individuali o collettivi; lavoratori in mobilità; lavoratori il cui rapporto di lavoro sia stato risolto unilateralmente) devono maturare i requisiti pensionistici al fine di accedere al sistema previdenziale con i requisiti antecedenti alla legge Fornero. A tali categorie si aggiunge, inoltre, quella dei lavoratori cessati che erano titolari di un contratto a tempo determinato. Per la copertura degli oneri il provvedimento attinge, in buona misura, alle risorse stanziate per le precedenti salvaguardie e in parte non utilizzate (in quanto le effettive richieste di pensionamento si sono rivelate inferiori alle attese), con conseguente riduzione delle platee ivi previste. In particolare, la riduzione delle precedenti platee è pari a 24.000 lavoratori, con un saldo attivo di 8.100 lavoratori (32.100 previsti complessivamente a cui vanno sottratti 24.000 lavoratori derivanti dalla riduzione delle platee previste da precedenti salvaguardie).

Per effetto dei ripetuti interventi del legislatore, quindi, la copertura previdenziale riguarda una platea complessiva di 170.230 lavoratori, con uno stanziamento complessivo di 11,657 miliardi di euro[73].

 


 

Articolo 1, commi 155-163
(Misure in materia pensionistica, di cure parentali, di invecchiamento attivo, di detrazioni IRPEF per i titolari di trattamento pensionistico e di cure termali)

 

 

I commi in esame recano misure in materia pensionistica, di cure parentali, di invecchiamento attivo, di detrazioni IRPEF per i titolari di trattamento pensionistico e di cure termali.

Il comma 155 ridefinisce l'àmbito temporale di applicazione dell'istituto (transitorio e sperimentale) che permette alle lavoratrici l'accesso al trattamento anticipato di pensione in presenza di determinati requisiti anagrafici e contributivi e a condizione che tali soggetti optino per il sistema di calcolo contributivo integrale (cosiddetta opzione donna).

Il comma 156 - inserito dal Senato - dispone la proroga per il 2016 delle norme già stabilite, in via sperimentale, per gli anni 2013-2015, relative alla possibilità, per la madre lavoratrice dipendente o titolare di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, di richiedere, in sostituzione, anche parziale, del congedo parentale, un contributo economico da impiegare per il servizio di baby-sitting o per i servizi per l'infanzia.

Il comma 157 introduce, per il settore privato, una specifica disciplina transitoria, relativa ad una fattispecie di trasformazione da tempo pieno a tempo parziale del rapporto di lavoro subordinato, con copertura pensionistica figurativa per la quota di retribuzione perduta e con la corresponsione al dipendente, da parte del datore di lavoro, di una somma pari alla contribuzione pensionistica che sarebbe stata a carico di quest'ultimo (relativa alla prestazione lavorativa non effettuata).

Il comma 158 - ai fini del concorso alla copertura finanziaria degli oneri di cui al precedente comma 155 e di quelli derivanti dall'elevamento della cosiddetta no tax area per i pensionati, di cui ai successivi commi 160 e 161 - estende agli anni 2017 e 2018 la disciplina transitoria in materia di perequazione automatica dei trattamenti pensionistici, già posta per gli anni 2014-2016 e diversa da quella generale. Ulteriori misure di copertura sono previste al comma 159.

I commi 160 e 161 modificano, a decorrere dal 2017, la misura delle detrazioni dall'imposta lorda IRPEF spettanti con riferimento ai redditi da pensione.

I commi 162 e 163 - inseriti dal Senato - riguardano le prestazioni economiche accessorie (come quelle inerenti al soggiorno presso le strutture alberghiere), a carico dell'INPS e dell'INAIL, e relative agli aventi diritto ai regimi speciali di cure termali garantite dal Servizio sanitario nazionale.

Il comma 155 concerne l'àmbito temporale di applicazione dell'istituto (transitorio e sperimentale) che permette alle lavoratrici l'accesso al trattamento anticipato di pensione in presenza di un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e di un'età pari o superiore a 57 anni e 3 mesi per le dipendenti e a 58 anni e 3 mesi per le autonome, a condizione che tali soggetti optino per il sistema di calcolo contributivo integrale. La nuova norma consente l'accesso all'istituto anche qualora la decorrenza del trattamento così liquidato non sia possibile entro il 31 dicembre 2015, ferma restando la maturazione dei requisiti entro tale data.

 

Si ricorda che, per i trattamenti liquidati in base all'istituto in esame, la decorrenza può avere luogo solo dopo 12 mesi dalla maturazione dei suddetti requisiti, ovvero dopo 18 mesi per le lavoratrici autonome. In base alla formulazione finora vigente, l'INPS ha ritenuto[74] che il termine del 31 dicembre 2015 riguardi anche la decorrenza[75], mentre il presente comma 155 richiede che la sola maturazione dei requisiti intervenga entro tale data.

 

In base al medesimo comma 155, ai fini del concorso alla copertura degli oneri finanziari derivanti dall'estensione temporale dell'istituto, si riduce, in misura pari a 160 milioni di euro per il 2016 e a 49 milioni per il 2017, la dotazione del fondo relativo al finanziamento di interventi in favore delle varie categorie di soggetti all'interno delle quali sono stati operati i contingenti per le deroghe ai requisiti per il trattamento pensionistico (cosiddetto fondo esodati).

Il comma 156 - inserito dal Senato - dispone la proroga per il 2016 delle norme (di rango legislativo e secondario) già stabilite, in via sperimentale, per gli anni 2013-2015, relative alla possibilità, per la madre lavoratrice dipendente o titolare di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, di richiedere, in sostituzione, anche parziale, del congedo parentale, un contributo economico da impiegare per il servizio di baby-sitting o per i servizi per l'infanzia (erogati da soggetti pubblici o da soggetti privati accreditati). Il medesimo comma 156 riduce, per il 2016, nella misura di 10 milioni di euro il Fondo sociale per occupazione e formazione.

Il contributo è corrisposto nell'àmbito di un limite di spesa, pari, per l'anno 2016 (oggetto della presente proroga), a 20 milioni di euro; tale misura è identica a quella stabilita per ciascuno degli anni 2014 e 2015 dalle disposizioni attuative di cui al D.M. 28 ottobre 2014. Queste ultime prevedono che l'importo massimo del contributo sia pari a 600 euro mensili, attribuito, per una durata non superiore a sei mesi, sulla base di una graduatoria nazionale redatta dall'INPS mediante il criterio dell'ordine cronologico di presentazione delle domande (ovvero, in ipotesi, anche mediante gli altri criteri di cui all'art. 3 del citato D.M. 28 ottobre 2014).

Resta fermo che ad ogni quota mensile di contributo consegue la riduzione di un mese della durata massima del congedo parentale.

Il comma 157 introduce, per il settore privato, una specifica disciplina transitoria, relativa ad una fattispecie di trasformazione da tempo pieno a tempo parziale del rapporto di lavoro subordinato. Si consente che il datore di lavoro ed il dipendente, avente determinati requisiti anagrafici e contributivi, concordino la suddetta trasformazione del rapporto, con il riconoscimento della copertura pensionistica figurativa (a carico della finanza pubblica) per la quota di retribuzione perduta e con la corresponsione al dipendente, da parte del datore di lavoro, di una somma pari alla contribuzione pensionistica che sarebbe stata a carico di quest'ultimo (relativa alla prestazione lavorativa non effettuata). Tale importo non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente e non è assoggettato a contribuzione previdenziale.

Le condizioni poste dalla disciplina in oggetto sono le seguenti:

§  il dipendente (iscritto ad una delle gestioni pensionistiche proprie del settore privato), titolare di un rapporto a tempo pieno e indeterminato, deve maturare entro il 31 dicembre 2018 il requisito anagrafico per il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia ed aver già maturato (al momento della trasformazione del rapporto) i requisiti minimi di contribuzione per il diritto al medesimo trattamento.

 

Si ricorda che, per il periodo 2016-2018, per i lavoratori dipendenti di sesso maschile, il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia è pari a 66 anni e 7 mesi; per le lavoratrici del settore privato, il limite minimo è pari a 65 anni e 7 mesi per il biennio 2016-2017 e a 66 anni e 7 mesi per il 2018[76]. Il requisito minimo di contribuzione è pari a 20 anni; per i soggetti il cui primo accredito contributivo decorra successivamente al 31 dicembre 1995; è richiesto altresì, ai fini del conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia, che l'importo maturato del trattamento non sia inferiore ad un determinato limite[77].

Si osserva che, almeno letteralmente, la condizione relativa al requisito minimo di contribuzione deve essere soddisfatta già al momento della trasformazione del rapporto (senza tener conto del periodo mancante al raggiungimento del requisito anagrafico). Potrebbe inoltre essere ritenuto opportuno chiarire se le condizioni in esame (per la trasformazione del rapporto) riguardino anche il raggiungimento del suddetto importo minimo di pensione;

§  l'accordo per la trasformazione del rapporto deve riguardare un periodo di tempo non superiore a quello intercorrente tra la data di accesso al beneficio in esame e la data di maturazione del suddetto requisito anagrafico;

§  la riduzione dell'orario di lavoro deve essere pari ad una misura compresa tra il 40 per cento e il 60 per cento;

§  il riconoscimento del beneficio da parte dell'INPS, nel rispetto di un limite massimo di spesa pari a 60 milioni di euro per il 2016, 120 milioni per il 2017 e 60 milioni per il 2018, secondo le modalità stabilite dal comma in esame nonché dal decreto ministeriale a cui esso fa rinvio. Al riguardo, oltre al riconoscimento da parte dell'INPS, si richiede altresì la previa autorizzazione da parte della Direzione territoriale del lavoro. Non appare chiara la ragione di quest'ultima fase del procedimento, in quanto il rispetto del limite di spesa è, in ogni caso, demandato all'INPS.

Mediante il richiamo dell'art. 41, comma 6, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, si esclude che la trasformazione a tempo parziale possa determinare un incremento della base di calcolo della quota di trattamento pensionistico liquidata secondo il cosiddetto metodo retributivo.

Alla copertura degli oneri a carico della finanza pubblica (pari, come detto, a 60 milioni di euro per il 2016, 120 milioni per il 2017 e 60 milioni per il 2018) il comma 157 in esame provvede mediante ricorso alle entrate contributive dell'INPS destinate in via ordinaria, per il 50 per cento, al finanziamento delle attività dell'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) e, per il restante 50 per cento, al finanziamento del Fondo sociale per occupazione e formazione[78]. Si prevede, inoltre, in deroga al riparto in base all'aliquota del 50 per cento, che le entrate contributive residue (disponibili dopo la deduzione degli importi impiegati per la presente copertura finanziaria) siano destinate in via prioritaria al finanziamento delle attività dell'ANPAL, fino a concorrenza di un importo pari al 50 per cento delle entrate (calcolate al lordo della suddetta deduzione).

Il comma 158 - ai fini del concorso alla copertura finanziaria degli oneri di cui al precedente comma 155 e di quelli derivanti dall'elevamento della cosiddetta no tax area per i pensionati (di cui ai successivi commi 160 e 161) - estende agli anni 2017 e 2018 la disciplina transitoria in materia di perequazione automatica dei trattamenti pensionistici, già posta per gli anni 2014-2016 e diversa da quella generale[79].

 

Tale disciplina transitoria, posta dall'art. 1, comma 483, della L. 27 dicembre 2013, n. 147, riconosce la perequazione secondo le seguenti misure percentuali:

-    100% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia pari o inferiore a 3 volte il trattamento minimo INPS;

-    95% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 3 volte e pari o inferiore a 4 volte il predetto trattamento;

-    75% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 4 volte e pari o inferiore a 5 volte il trattamento minimo;

-    50% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 5 volte e pari o inferiore a 6 volte il trattamento minimo;

-    45% (40% nel 2014) per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 6 volte il trattamento minimo.

Le misure percentuali si applicano, in base alle norme di cui al suddetto comma 483, sull'importo complessivo del trattamento pensionistico (o dei trattamenti) del soggetto - anziché alle singole fasce di importo -, con una clausola di chiusura, consistente nella garanzia che la perequazione non possa essere inferiore a quella che si applicherebbe qualora l'importo complessivo del trattamento (o dei trattamenti) fosse pari al limite sottostante l'importo complessivo concreto del soggetto[80].

Invece, la disciplina a regime in materia di perequazione automatica, posta dall'art. 69, comma 1, della L. 23 dicembre 2000, n. 388, prevede: l'applicazione della perequazione nella misura del 100% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti pensionistici fino a 3 volte il minimo INPS; nella misura del 90% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti pensionistici compresa tra 3 e 5 volte il predetto minimo; nella misura del 75% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti superiore a 5 volte il medesimo minimo.

 

Il comma 159 - ai fini del concorso alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'elevamento della cosiddetta no tax area per i pensionati (di cui ai commi 160 e 161) - dispone: una riduzione pari a 58 milioni di euro per il 2018 del fondo relativo al finanziamento di interventi in favore delle varie categorie di soggetti all'interno delle quali sono stati operati i contingenti per le deroghe ai requisiti per il trattamento pensionistico; una riduzione delle risorse finanziarie per il pensionamento anticipato[81] in favore degli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, in misura pari a 140 milioni di euro per il 2017, 110 milioni per il 2018, 76 milioni per il 2019 e 30 milioni per il 2020.

 In merito, la relazione tecnica allegata al presente disegno di legge[82] afferma che, nel breve periodo, gli oneri derivanti dai pensionamenti anticipati per questi ultimi lavoratori sono previsti in misura inferiore rispetto agli stanziamenti disponibili e che, di conseguenza, la riduzione delle risorse "non compromette l'erogazione dei benefici".

 

I commi 160 e 161 modificano, a decorrere dal 2017, la misura delle detrazioni dall'imposta lorda IRPEF spettanti con riferimento ai redditi da pensione[83] (cosiddetta no tax area per i pensionati).

In base alla novella, a decorrere dal 2017, la detrazione risulta pari, per i soggetti di età inferiore a 75 anni, a:

§  1.783 euro (1.725 euro nella normativa vigente), se il reddito complessivo non supera 7.750 euro (7.500 euro nella normativa vigente); resta fermo che l'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro;

§  1.255 euro (così come nella disciplina vigente), aumentata del prodotto tra 528 euro (470 euro nella normativa vigente) e l’importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro (valore identico a quello stabilito nella disciplina vigente), diminuito del reddito complessivo, e 7.250 euro (7.500 euro nella disciplina vigente), qualora l’ammontare del reddito complessivo sia superiore a 7.750 euro (7.500 euro nella normativa vigente) e pari o inferiore a 15.000 euro (valore identico a quello stabilito nella disciplina vigente).

Resta immutata la disciplina per i casi in cui il soggetto abbia un reddito complessivo superiore a 15.000 euro.

Sempre in base alla novella, per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni, a decorrere dal 2017, la detrazione risulta pari a:

§  1.880 euro (1.783 euro nella disciplina vigente), se il reddito complessivo non supera 8.000 euro (7.750 euro nella normativa vigente); resta fermo che l'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 713 euro;

§  1.297 euro (così come nella disciplina vigente), aumentata del prodotto tra 583 euro (486 euro nella normativa vigente) e l’importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro (valore identico a quello stabilito nella disciplina vigente), diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro (7.250 euro nella disciplina vigente), qualora l’ammontare del reddito complessivo sia superiore a 8.000 euro (7.750 euro nella normativa vigente) e pari o inferiore a 15.000 euro (valore identico a quello stabilito nella disciplina vigente).

Anche per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni, resta immutata la disciplina per i casi di reddito complessivo superiore a 15.000 euro.

I commi 162 e 163 - inseriti dal Senato - differiscono la soppressione delle prestazioni economiche accessorie (come quelle inerenti al soggiorno presso le strutture alberghiere), a carico dell'INPS e dell'INAIL, e relative agli aventi diritto ai regimi speciali di cure termali garantite dal Servizio sanitario nazionale, e prevedono la definizione, da parte dell'INPS e dell'INAIL, di un nuovo regime di riconoscimento delle medesime prestazioni accessorie. Il differimento è disposto in attesa della definizione del nuovo regime; in ogni caso, la soppressione opera a decorrere da una data non successiva al 1° gennaio 2019.

Il nuovo regime è definito da protocolli adottati dall'INPS e dall'INAIL. Esso deve far riferimento alla prevenzione delle patologie che possano dar luogo a invalidità nonché alla prevenzione dell'aggravamento di invalidità dovute alle medesime patologie, da individuarsi mediante accordo stipulato, con la partecipazione del Ministero della sanità, tra le regioni, le province autonome e le organizzazioni nazionali maggiormente rappresentative delle aziende termali e recepito mediante intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.

 

La norma di cui si differisce la soppressione è l’ultimo periodo dell'articolo 5, comma 1, della legge n. 323 del 2000. Il citato ultimo periodo prevede che le prestazioni economiche accessorie in oggetto siano erogate dall'INPS e dall'INAIL, con oneri a carico delle rispettive gestioni previdenziali.

Si ricorda che la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale (L. 833/1978) disciplina, all’articolo 36, il termalismo terapeutico, garantendo le prestazioni agli aventi diritto nei limiti previsti dal piano sanitario nazionale; pertanto, le prestazioni di assistenza termale, vale a dire i cicli di cure idrotermali per soggetti affetti da determinate patologie, rientrano tra quelle incluse nei LEA (livelli essenziali di assistenza) di cui al D.P.C.M. 29 novembre 2001, nell’ambito della macroarea dell’assistenza distrettuale. L’erogazione delle cure termali è, quindi, a carico del SSN, mentre l’assicurato è tenuto al pagamento del ticket nella misura prevista con riferimento ai LEA.

L’art. 6 del DL. 390/1995 (L. 490/1995) distingue i regimi speciali INPS e INAIL, che comunque sono inclusi tra le prestazioni idrotermali rientranti nel Piano sanitario nazionale approvato dal Ministero della salute. Questi istituti, in particolare, garantiscono ai propri assicurati la concessione di cure termali e le prestazioni economiche accessorie summenzionate.


 

Articolo 1, commi 164-165
(Rifinanziamento ammortizzatori sociali in deroga)

 

 

I commi 164 e 165 (quest’ultimo introdotto nel corso dell’esame al Senato) dispongono un incremento, per l’anno 2016, di 250 milioni di euro del Fondo sociale per l’occupazione e la formazione, da destinare al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga (comma 164), specificando che, nell'ambito delle risorse per il 2016 relative agli ammortizzatori sociali in deroga, una quota non superiore a 18 milioni di euro è destinata al riconoscimento della cassa integrazione guadagni in deroga per il settore della pesca (comma 165).

 

Il comma 164 prevede che all’onere derivante dall’intervento (disposto per il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga previsti dall’articolo 2, commi 64-66, della L. n. 92/2012, al fine di favorire il passaggio verso il nuovo sistema di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro delineato dal D.Lgs. 148/2015[84]) si provvede:

§  per 100 milioni di euro mediante corrispondente riduzione del Fondo per la copertura degli oneri derivanti dall’attuazione della legge delega di riforma del mercato del lavoro n. 183/2014 (cd. Jobs act), istituito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dall’articolo 1, comma 107 della L. 190/2014;

§  per 150 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per la concessione di benefici previdenziali per i lavoratori impegnati in attività usuranti, con conseguente riduzione corrispondente degli importi di cui all’articolo 7, comma 1, del D.Lgs. 67/2011 (così come rideterminati dall’articolo 1, comma 721, della L. 190/2014)[85].

La seconda parte del comma 164 detta, poi, disposizioni per la concessione e la proroga degli ammortizzatori sociali in deroga. A decorrere dal 1° gennaio 2016 e sino al 31 dicembre 2016:

§  il trattamento di integrazione salariale in deroga, fermo restando quanto disposto dal decreto interministeriale 1° agosto 2014, n. 83473[86] (il cui articolo 2 detta le condizioni in presenza delle quali può essere concessa la CIG in deroga), può essere concesso o prorogato per un periodo non superiore a tre mesi nell’arco di un anno;

§  il trattamento di mobilità in deroga[87], a parziale modifica di quanto stabilito dall’articolo 3, comma 5, del citato decreto 1° agosto 2014, n. 83473, continua a non poter essere concesso ai lavoratori che alla data di decorrenza del trattamento hanno già beneficiato di prestazioni di mobilità in deroga per almeno tre anni, anche non continuativi. Per i restanti lavoratori viene invece ridotto da sei a quattro mesi (non ulteriormente prorogabili) il tempo massimo di godimento del trattamento, a cui si aggiungono ulteriori due mesi nel caso di lavoratori residenti nelle aree di cui al D.P.R. 218/1978 (Testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno)[88], per i quali il limite massimo di fruizione rimane fissato a tre anni e quattro mesi.

 

Infine, la disposizione riconosce alle regioni e province autonome di Trento e Bolzano la possibilità di concedere trattamenti di integrazione salariale e di mobilità (anche in deroga ai criteri di cui agli articoli 2 e 3 del citato decreto interministeriale 1° agosto 2014, n. 83473) – i cui effetti non possono prodursi oltre il 31 dicembre 2016 - in misura non superiore al 5 per cento delle risorse ad esse attribuite, ovvero in eccedenza a tale quota con integrale copertura degli oneri connessi a carico delle finanze regionali ovvero delle risorse assegnate alla regione nell’ambito dei piani o programmi coerenti con la riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007-2013, oggetto del Piano di azione e coesione, collegati a misure di politica attiva e ad azioni innovative e sperimentali di tutela dell'occupazione (ai sensi dell’art. 1, c. 253, della L. 228/2012).

 

Il comma 165, introdotto nel corso dell’esame al Senato, specifica che, nell'ambito delle risorse per il 2016 relative agli ammortizzatori sociali in deroga, una quota non superiore a 18 milioni di euro è destinata al riconoscimento della cassa integrazione guadagni in deroga per il settore della pesca.

Si ricorda che la cassa integrazione in deroga per il settore della pesca è stata oggetto di numerosi finanziamenti destinati alla medesima finalità, da ultimo quello disposto dall’articolo 1, comma 109, della L. 190/2014 (Stabilità 2015) che ha destinato, per l'anno 2015, una somma fino a 30 milioni di euro nell'ambito delle risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione già destinate al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga.

 

Gli ammortizzatori sociali in deroga

Per quanto concerne gli ammortizzatori sociali in deroga, si ricorda che l'articolo 2, commi 64-66, della L. n. 92/2012, al fine di garantire la transizione verso il nuovo sistema di ammortizzatori sociali, consente, per il periodo transitorio 2013-2016, la concessione di ammortizzatori sociali in deroga. In particolare, si prevede che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, possa disporre, sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, in deroga alla normativa vigente, la concessione, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di integrazione salariale e di mobilità.

Tali trattamenti sono concessi, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali, nei limiti delle risorse finanziarie a tal fine destinate nell'ambito del Fondo sociale per l'occupazione e formazione (di seguito Fondo) di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. n. 185/2008[89], incrementato di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, 700 milioni di euro per il 2015 e 400 milioni di euro per il 2016 (comma 65), mentre l'articolo 1, comma 253, della L. n. 228/2012, nel prevedere la possibilità di finanziare gli ammortizzatori sociali in deroga nelle Regioni, attraverso la riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007/2013 oggetto del Piano di Azione e Coesione, ha incrementato il Fondo, per il 2013, della parte di risorse relative al finanziamento, nelle medesime Regioni da cui i fondi provengono, degli ammortizzatori sociali in deroga.

Successivamente, l'articolo 1, commi 253-255, della L. n. 228/2012 ha disposto il finanziamento di ammortizzatori sociali in deroga nelle Regioni, in relazione a misure di politica attiva e ad azioni innovative e sperimentali di tutela dell'occupazione, attraverso specifici incrementi del Fondo. Più specificamente, il comma 253 ha previsto la possibilità di finanziare gli ammortizzatori sociali in deroga nelle Regioni, attraverso la riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007/2013 oggetto del Piano di Azione e Coesione. A tal fine il Fondo viene incrementato, per il 2013, della parte di risorse relative al finanziamento, nelle medesime Regioni da cui i fondi provengono, degli ammortizzatori sociali in deroga. La parte di risorse relative alle misure di politica attiva è gestita dalle Regioni interessate.

Si ricorda che gli ammortizzatori sociali in deroga sono stati oggetto di successivi interventi normativi volti al loro rifinanziamento.

Con un primo rifinanziamento (articolo 4, commi 1 e 2, del D.L. 54/2013), sono state stanziate, complessivamente, risorse pari a 2 miliardi di euro per il 2013, così articolate:

§  conferma delle risorse già destinate al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga ai sensi dell'articolo 2, comma 65, della L. 92/2012 (1 miliardo di euro annui per il biennio 2013-2014, 700 milioni per il 2015 e 400 milioni per il 2016) e dell'articolo 1, comma 253, della L. 228/2012 (incremento del Fondo, per il 2013, della parte di risorse relative al finanziamento, nelle medesime Regioni da cui i fondi provengono, degli ammortizzatori sociali in deroga);

§  incremento di 250 milioni per il 2013 del Fondo, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per lo sgravio contributivo dei contratti di produttività;

§  versamento all'INPS delle risorse derivanti dall'aumento del contributo integrativo dovuto per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria (ex articolo 25 della L. 845/1978), per un importo di 246 milioni di euro per il 2013, con successiva riassegnazione al Fondo;

§  ulteriore incremento delle risorse del Fondo, pari a 219 milioni di euro per il 2013, attraverso specifiche operazioni.

Per quanto attiene agli aspetti procedurali, la norma ha altresì demandato ad uno specifico decreto interministeriale l'introduzione di criteri più puntuali per la concessione degli ammortizzatori in deroga con l'obiettivo di contenere abusi e sprechi di risorse, con particolare riguardo: ai termini di presentazione (a pena di decadenza) delle relative domande, alle causali di concessione, ai limiti di durata e reiterazione delle prestazioni (anche in relazione alla continuazione rispetto ad altre prestazioni di sostegno del reddito), alle tipologie di datori di lavoro e di lavoratori beneficiari. Inoltre, è stato introdotto un più puntuale monitoraggio, da parte dell'INPS, degli andamenti di spesa. Le richiamate disposizioni sono state attuate con il D.I. 1° agosto 2014, n. 83473.

Ulteriori rifinanziamenti degli ammortizzatori sociali in deroga sono stati successivamente disposti, sempre attraverso un incremento del Fondo:

§  dall'articolo 21, comma 1, del D.L. 63/2013, che ha incrementato il Fondo in misura di 47,8 milioni di euro per il 2013 e di 121,5 milioni di euro per il 2014;

§  dall'articolo 10, comma 1, del D.L. 102/2013, che ha incrementato il Fondo di 500 milioni di euro per il 2013. Tale somma deve ripartirsi tra le regioni tenendo conto delle risorse che devono essere destinate, per le medesime finalità, alle regioni che possono procedere al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga attraverso la riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007/2013 oggetto del Piano di Azione e Coesione.

Successivamente, l'articolo 1, comma 183, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014), nell'ambito di un intervento più generale sugli strumenti di tutela del reddito, ha disposto un ulteriore rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga, attraverso un incremento di 600 milioni di euro della dotazione finanziaria statale per il 2014 (portando così il limite annuo a 1.721,5 milioni di euro).

L'articolo 40 del D.L. 133/2014 ha disposto un ulteriore incremento del Fondo sociale per l'occupazione e formazione per un importo pari (per il 2014) a 728 milioni di euro. Con tale intervento, la dotazione finanziaria per il finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga per il 2014 risulta quindi essere pari a 2.449,5 milioni di euro.

Da ultimo, l'articolo 2, comma 1, del D.L. 65/2015 ha disposto l'incremento di 1.020 milioni di euro del Fondo sociale per l'occupazione e formazione ai fini del rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga.

A legislazione vigente, il finanziamento per gli ammortizzatori sociali in deroga ammonta, per il 2016, a 400 milioni di euro (cui andrebbero ad aggiungersi i 250 milioni previsti dall’articolo 20, comma 1, in esame).

 

 


 

Articolo 1, comma 166
(Contributo società Italia Lavoro S.p.A.)

 

 

Il comma 166, non modificato dal Senato, proroga per il 2016 il contributo (già previsto per il 2015) per il funzionamento di Italia Lavoro Spa da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel limite di 12 milioni di euro.

Più nel dettaglio, la disposizione in esame proroga per il 2016 quanto previsto per il 2015 dall’articolo 1, comma 315, della L. 190/2014 (Stabilità 2015), secondo cui il Ministero del lavoro concorre agli oneri di funzionamento e ai costi generali di struttura della società Italia Lavoro S.p.A.[90] con un contributo pari a 12 milioni di euro.


 

Articolo 1, commi 167-171
(Copertura assicurativa dei soggetti coinvolti in attività di volontariato a fini di utilità sociale)

 

 

I commi da 167 a 171 - inseriti dal Senato - recano alcune norme in materia di attività di volontariato.

Le modifiche rispetto alla disciplina vigente concernono sostanzialmente l’onere derivante dall'obbligo assicurativo contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

 

Si dispone il rinnovo, sempre in via sperimentale, per il biennio 2016-2017, del finanziamento pubblico per l’onere suddetto e si amplia - rispetto alla disciplina per il biennio 2014-2015, di cui all'art. 12 del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114 - l'àmbito dei soggetti, coinvolti in attività di volontariato, con riferimento ai quali viene attribuito il beneficio finanziario in esame.

 

Il nuovo intervento finanziario, stabilito (in conformità all'importo annuo per il precedente periodo 2014-2015) nella misura di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017, riguarda: 1) i soggetti beneficiari di ammortizzatori e di altre forme di integrazione e sostegno del reddito (previste dalla normativa vigente), coinvolti in attività di volontariato, a fini di utilità sociale, in favore di comuni o altri enti locali; 2) gli aderenti alle organizzazioni di volontariato le quali esercitino attività di utilità sociale nei territori montani e siano già costituite alla data di entrata in vigore della presente legge; resta confermato che le risorse destinate a quest'ultima finalità non possono essere superiori a 100.000 euro annui; 3) i detenuti e gli internati impegnati nelle attività volontarie e gratuite (contemplate dalla legislazione inerente a tali soggetti); 4) gli stranieri richiedenti asilo, a decorrere dall'eventuale fase temporale del relativo procedimento per la quale la disciplina legislativa consente lo svolgimento di attività lavorativa.

 

I soggetti di cui ai precedenti numeri 3) e 4) non erano contemplati nell'intervento finanziario relativo al biennio 2014-2015. Riguardo ai soggetti di cui al numero 1), la nuova normativa ammette che la sussistenza della titolarità del trattamento (ammortizzatore sociale o altra forma di integrazione e sostegno del reddito) sia verificata anche direttamente dall'ente locale erogatore, mentre, per l'intervento finanziario relativo al biennio 2014-2015, si prevedeva esclusivamente la verifica da parte dell'INPS.

Alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dal presente intervento si provvede mediante corrispondente riduzione (nella misura di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017) del Fondo sociale per occupazione e formazione.


 

Articolo 1, commi 172 e 173
(Art bonus)

 

 

I commi 172 e 173 rendono strutturale il regime fiscale agevolato introdotto in via temporanea, sotto forma di credito d’imposta, dall’articolo 1 del decreto-legge n. 83 del 2014 (L. 106/2014), in favore delle persone fisiche e giuridiche che effettuano erogazioni liberali in denaro per interventi a favore della cultura e dello spettacolo (cd. Art-bonus).

 

Si ricorda che, per usufruire del credito di imposta, le predette erogazioni liberali devono essere effettuate in denaro e perseguire - a seguito delle modifiche apportate dall’art. 1, co. 11, della L. 190/2014 - i seguenti scopi:

§  interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici;

§  sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica (vale a dire, ai sensi dell’art. 101 del D.Lgs. 42/2004, i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali), nonché delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione;

§  realizzazione di nuove strutture, restauro e potenziamento di quelle esistenti di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo (articolo 1, comma 1, decreto-legge n. 83 del 2014).

Ai sensi del comma 2, il credito d’imposta è riconosciuto alle persone fisiche e agli enti non commerciali nei limiti del 15 per cento del reddito imponibile, e ai soggetti titolari di reddito d’impresa nei limiti del 5 per mille dei ricavi annui.

Esso è ripartito in tre quote annuali di pari importo.

 

Il comma 172 modifica quindi il comma 1 dell’articolo 1 del decreto-legge n. 83 del 2014:

a)     al primo periodo, viene eliminato il riferimento alla durata triennale del credito d’imposta, rendendo quindi l’agevolazione strutturale;

b)     viene eliminata la riduzione del credito d’imposta dal 65 al 50 per cento per gli anni successivi al 2015; la misura del credito d’imposta sarà quindi del 65 per cento anche a decorrere dal 2016.

 

Il 22 ottobre 2015 sono stati pubblicati i primi dati relativi al nuovo meccanismo di agevolazione fiscale, da cui emerge, in particolare, che i mecenati sono stati 773, per un totale di € 33,8 mln. Qui il comunicato stampa del Mibact.

 

Il comma 173 reca le necessarie autorizzazioni di spesa, pari a 1,8 milioni di euro per l’anno 2017, 3,9 milioni di euro per l’anno 2018, 11,7 milioni di euro per l’anno 2019 e 17,8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2020.

Articolo 1, comma 174
(Risorse per interventi relativi a beni culturali e paesaggistici)

 

 

Il comma 174, non modificato dal Senato, incrementa di 5 milioni di euro annui, a decorrere dal 2017, l’autorizzazione di spesa prevista dalla legge finanziaria per il 2007, finalizzata a consentire interventi nel settore dei beni culturali e paesaggistici, anche al verificarsi di emergenze.

 

In particolare, l’autorizzazione di spesa originaria, recata dall’art. 1, co. 1142, della L. 296/2006 e finalizzata a consentire interventi urgenti al verificarsi di emergenze che possano pregiudicare la salvaguardia dei beni culturali e paesaggistici e a procedere alla realizzazione di progetti di gestione di modelli museali, archivistici e librari, nonché di progetti di tutela paesaggistica e archeologico-monumentale e di progetti per la manutenzione, il restauro e la valorizzazione di beni culturali e paesaggistici, era di 79 milioni di euro per il 2007 e di 87 milioni di euro a decorrere dal 2008.

La legge finanziaria per il 2008 (L. 244/2007), come modificata dal D.L. 93/2008 (L. 126/2008), ha poi ridotto, a decorrere dal 2008, l’autorizzazione di spesa in questione per complessivi 16,2 milioni di euro, comunque destinati ad altre esigenze del Ministero per i beni e le attività culturali[91].

Le somme sono state appostate sul cap. 1321 dello stato di previsione del Mibact, che è un capitolo rimodulabile.

In base al co. 1142 citato, gli interventi e i progetti cui destinare le somme sono stabiliti annualmente con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali.


 

Articolo 1, commi 175-177
(Assunzioni presso il MIBACT)

 

 

I commi 175-177 autorizzano l'assunzione a tempo indeterminato presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di 500 funzionari nei profili professionali di antropologo, archeologo, architetto, archivista, bibliotecario, demoetnoantropologo, promozione e comunicazione, restauratore, storico dell'arte. Con modifica (riferita al comma 175) approvata dal Senato in prima lettura, è stato specificato che i funzionari da assumere siano selezionati "anche" tra i laureati nella classe delle lauree (si tratta di lauree triennali) in beni culturali (indicate con la sigla L-01).

Il personale è assunto in deroga ai limiti fissati dalle disposizioni vigenti in materia di ricollocamento del personale in mobilità presso le amministrazioni dello Stato, condizioni per l'indizione di nuovi concorsi e turn-over nelle pubbliche amministrazioni.

Le assunzioni sono effettuate a seguito di procedure di selezione pubblica disciplinate con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, da emanare entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.

 

Il comma 175 autorizza l'assunzione a tempo indeterminato di 500 funzionari presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo nella Area III del personale non dirigenziale. Le assunzioni sono effettuate nel rispetto di quanto previsto dalla Tabella B del D.P.C.M. 29 agosto 2014, n. 171, recante il regolamento di organizzazione del Ministero medesimo. La citata Tabella B fissa la dotazione organica delle Aree, attribuendo in particolare alla Area III complessivamente 5.457 unità di personale. Come sopra ricordato, i profili professionali previsti per questa Area sono i seguenti: antropologo, archeologo, architetto, archivista, bibliotecario, demoetnoantropologo, promozione e comunicazione, restauratore, storico dell'arte.

Si è sopra ricordato come modifica approvata dal Senato preveda che l'assunzione a tempo indeterminato dei 500 funzionari avvenga con selezione anche tra i laureati nelle classi di lauree L-01.

 

Le classi delle lauree (triennale o di primo livello) in beni culturali indicate con la sigla L-01 sono le seguenti:

-    Archeologia (Università degli Studi di Padova);

-    Archeologia e cultura dell'Oriente e dell'Occidente (Università degli Studi di Roma "La Sapienza");

-    Beni archeologici (Università degli Studi del Salento, di Bologna, della Tuscia);

-    Beni archivistici e librari (Università degli Studi di Bologna);

-    Beni artistici e dello spettacolo (Università degli Studi di Parma);

-    Beni culturali (Università degli Studi di Cagliari, di Catania, del Salento, di Palermo, di Sassari, di Trento);

-    Beni culturali, archeologici e storico-artistici (Università degli Studi di Torino);

-    Beni culturali (Archeologici, artistici, musicali e dello spettacolo) (Università degli Studi di Roma "Tor Vergata");

-    Beni culturali archivistici e librari (Università degli Studi di Torino);

-    Beni culturali e ambientali (Università degli Studi di L'Aquila);

-    Beni e attività culturali (Università degli Studi di Perugia);

-    Beni storico artistici con indirizzo conservazione e restauro (Università degli Studi della Tuscia);

-    Beni storico artistici con indirizzo storia dell'arte (Università degli Studi della Tuscia);

-    Beni storico artistici con indirizzo storia e scienze dei musei (Università degli Studi della Tuscia);

-    Beni storico-artistici e musicali (Università degli Studi di Bologna);

-    Civiltà antiche e archeologia: Oriente e Occidente (Università degli Studi di Napoli "L'Orientale");

-    Conservazione dei beni culturali (Università della Calabria, degli Studi di Genova, Istituto Universitario "Suor Orsola Benincasa", Seconda Università degli Studi di Napoli, degli Studi "Ca Foscari" di Venezia, degli Studi della Tuscia);

-    Conservazione e gestione dei beni culturali (Università degli Studi di Macerata);

-    Cultura e amministrazione dei beni culturali (Università degli Studi di Macerata);

-    Cultura e amministrazione dei beni culturali (Università degli Studi di Napoli "Federico II");

-    Lettere e beni culturali (Università della Calabria, degli Studi del Molise, degli Studi di Foggia, degli Studi di Pavia);

-    Musicologia (Università degli Studi di Pavia);

-    Operatore dei beni culturali (Università degli Studi "Gabriele d'Annunzio", degli Studi di Messina, degli Studi della Basilicata);

-    Operatore dei beni culturali (con modalità teledidattica) (Università degli Studi di Firenze);

-    Operatore dei beni culturali storico-artistici (con modalità teledidattica) (Università degli Studi di Bologna);

-    Scienze archeologiche (Università degli Studi di Roma "La Sapienza");

-    Scienze archivistiche e librarie (Università degli Studi di Roma "La Sapienza");

-    Scienze dei beni culturali (Università degli Studi di Bari, Università Cattolica del Sacro Cuore, degli Studi di Milano, degli Studi di Pisa, LUMSA - Libera Università "Maria Ss. Assunta", degli Studi di Salerno, degli Studi di Urbino Carlo Bo, degli Studi di Verona);

-    Scienze dei beni culturali con indirizzo in beni archivistico-librari (Università degli Studi di Siena);

-    Scienze dei beni culturali con indirizzo in beni storico-artistici, archeologici (Università degli Studi di Siena);

-    Scienze dei beni culturali con indirizzo in beni storico-sociali (Università degli Studi di Siena);

-    Scienze dei beni culturali ed ambientali (Università degli Studi del Molise);

-    Scienze dei beni culturali per il turismo (Università degli Studi di Bari);

-    Scienze della documentazione archivistica biblioteconomica e vocale con indirizzo beni vocali (Università degli Studi della Tuscia);

-    Scienze della documentazione archivistica biblioteconomica e vocale con indirizzo biblioteconomia (Università degli Studi della Tuscia);

-    Scienze storico-artistiche (Università degli Studi di Roma "La Sapienza");

-    Storia e conservazione del patrimonio artistico e archeologico (Università degli studi "Roma Tre");

-    Storia e tutela dei beni archeologici (Università degli Studi di Firenze);

-    Storia e tutela dei beni archeologici, archivistici e librari (Università degli studi di Firenze);

-    Storia e tutela dei beni artistici e musicali (Università degli Studi di Padova);

-    Studi storico-artistici (Università degli Studi di Roma "La Sapienza");

-    Studio e gestione dei beni culturali (Università degli Studi del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro");

-    Valorizzazione dei beni culturali (Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale).

 

Le assunzioni - prevede il comma 176 - avvengono in deroga a quanto previsto:

§  dall'articolo 1, comma 425, della legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014);

§  dall'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 in materia di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni;

§  dall'articolo 66 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.

Tali norme dettano disposizioni relative, rispettivamente, al ricollocamento del personale in mobilità presso le amministrazioni dello Stato, alle condizioni per l'indizione di nuovi concorsi e al turn-over nelle pubbliche amministrazioni.

 

Il comma 425 della legge di stabilità 2015 disciplina il ricollocamento del personale in mobilità presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, le università e gli enti pubblici non economici (con esclusione del personale non amministrativo dei comparti sicurezza, difesa e corpo nazionale dei vigile del fuoco, del comparto scuola, dell’AFAM e degli enti di ricerca), sulla base di una ricognizione dei posti disponibili da parte del Dipartimento della funzione pubblica. Più specificamente, le pubbliche amministrazioni sono tenute a comunicare un numero di posti, riferiti soprattutto alle sedi periferiche, corrispondente, sul piano finanziario, alla disponibilità delle risorse destinate, per gli anni 2015 e 2016, alle assunzioni di personale a tempo indeterminato secondo la normativa vigente, al netto di quelle finalizzate all’assunzione di vincitori di concorsi pubblici collocati nelle graduatorie vigenti, dando priorità alla ricollocazione presso gli uffici giudiziari.

 

L'articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 101 del 2013 subordina l'autorizzazione all'avvio di nuovi concorsi per le amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo (nonché per le agenzie, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca) alle seguenti condizioni:

a)     che siano stati immessi in servizio tutti i vincitori di concorsi per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica, salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate; il successivo comma 3-quater del medesimo articolo subordina alla verifica di questa stessa condizione anche l'assunzione dei vincitori e degli idonei nei concorsi già avviati e non ancora conclusi;

b)     che si verifichi l'assenza di idonei collocati nelle graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1° gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie, anche secondo un criterio di equivalenza.

 

L'articolo 66 del decreto-legge n. 112 del 2008 pone alcune limitazione alle procedure di assunzione nelle pubbliche amministrazioni. Ai sensi del comma 3 di tale articolo, le Amministrazioni dello Stato possono procedere, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 10 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere, per ciascuna amministrazione, il 10 per cento delle unità cessate nell'anno precedente. La disposizione fa riferimento all'anno 2009; tale termine è stato da ultimo prorogato al 31 dicembre 2015 dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216.

 

Il personale è assunto a seguito di procedure di selezione pubblica disciplinate con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, da emanare entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.

L'emanazione dei bandi è comunque subordinata alle assunzioni da effettuare sulla base delle ripartizioni delle dotazioni organiche di cui al decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e il turismo del 6 agosto 2015 al fine di evitare eccedenze di personale nei profili professionali della dotazione organica dell'Area III.

 

Ai sensi del comma 177 è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro a decorrere dal 2017.

Il MIBACT comunica le assunzioni effettuate e i relativi oneri alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della ragioneria Generale dello Stato.

 


 

Articolo 1, commi 178-180
(Credito di imposta a favore del cinema)

 

 

I commi da 178 a 180 estendono l’applicazione del credito d’imposta a favore degli investimenti nel settore cinematografico, introdotti dalla legge di stabilità 2008 (cd. tax credit cinema), tra l’altro, alle spese per la distribuzione internazionale, alla sostituzione di impianti di proiezione digitale, nonché ai film realizzati sul territorio nazionale su commissione di produzioni estere, elevando, al contempo, l’autorizzazione di spesa da 115 a 140 milioni di euro a decorrere dal 2016.

 

I meccanismi di incentivazione fiscale a favore degli investimenti nel settore cinematografico sono stati introdotti dalla L. 244/2007 per tre anni. Tali agevolazioni sono state successivamente prorogate e rese quindi permanenti ad opera dell’articolo 8 del decreto-legge n. 91 del 2013 (L. 112/2013), che le ha anche estese ai produttori indipendenti di opere audiovisive (le modalità applicative per tale estensione sono state poi definite con DM 5 febbraio 2015, pubblicato nella GU n. 70 del 25 marzo 2015).

I commi 325-328 dell’art. 1 della legge finanziaria 2008 riconoscono, in primo luogo, un credito di imposta ai soggetti passivi IRES e ai titolari di reddito di impresa a fini IRPEF, che non appartengono alla filiera del settore cinematografico ed audiovisivo (c.d. tax credit esterno) nella misura del 40 per cento degli apporti in denaro effettuati per la produzione di opere cinematografiche riconosciute di nazionalità italiana di cui all’art. 5 del D.lgs. n. 28/2004 (Riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche), entro il limite massimo di 1 milione di euro e purché sia rispettato il c.d. “requisito di territorialità” (obbligo di utilizzare l’80 per cento di detti apporti nel territorio nazionale, impiegando manodopera e servizi italiani).

Per le imprese interne alla filiera del cinema (c.d. tax credit interno) vengono invece riconosciuti, ai fini delle imposte sui redditi, crediti di imposta differenziati in varie percentuali e con determinati limiti massimi, a seconda che si tratti di imprese di produzione cinematografica, di imprese di distribuzione cinematografica, ovvero di imprese di esercizio cinematografico.

I commi 330-332 stabiliscono i limiti massimi degli apporti ammessi ai fini del calcolo dei crediti di imposta e alla partecipazione complessiva agli utili degli associati e le condizioni per il riconoscimento del credito d’imposta che, tra l’altro, può essere fruito a partire dalla data di rilascio del nulla osta di proiezione in pubblico del film e previa attestazione, rilasciata dall’impresa di produzione cinematografica, del rispetto delle condizioni richieste dalla legge.

Il comma 335 attribuisce, inoltre, un credito d’imposta per spese relative a manodopera italiana pari al 25 per cento dei costi di produzione, entro il limite massimo di 5 milioni di euro per ciascun film, su commissione di produzioni estere di pellicole, o loro parti, girate sul territorio nazionale.

Il comma 337 stabilisce, infine, che i crediti d’imposta sono utilizzabili esclusivamente in compensazione, non concorrono alla formazione del reddito ai fini fiscali, alla formazione del valore della produzione ai fini IRAP e non rilevano ai fini del calcolo degli interessi passivi deducibili dalla base imponibile.

 

Il comma 178 interviene in più punti sulla disciplina sopra illustrata mediante modifiche all’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244:

§  con una prima modifica al comma 327, lettera b), numero 1, il credito d’imposta per le imprese di distribuzione cinematografica è esteso anche alle spese complessivamente sostenute per la distribuzione internazionale; viene quindi soppressa l’agevolazione pari al 10 per cento delle spese per la distribuzione di opere in lingua originale italiana, previsto alla medesima lettera b) numero 2; per quanto riguarda invece le imprese di esercizio cinematografico (comma 327, lettera c)), l’agevolazione pari al 30 per cento delle spese per l’introduzione e acquisizione di impianti e apparecchiature destinate alla proiezione digitale, viene estesa alla sostituzione dei predetti impianti (comma 178, lettera a));

§  viene soppressa la non cumulabilità delle diverse tipologie di beneficio per la stessa opera filmica (comma 328) (comma 178, lettera b));

§  il credito d’imposta per spese relative a manodopera italiana viene esteso anche ai film realizzati sul territorio nazionale su commissione di produzioni estere (e non solo a quelli materialmente girati sul territorio nazionale, sempre su commissione di produzioni estere, come previsto dal vigente comma 335) (comma 178, lettera c)).

 

Il comma 179 incrementa l’autorizzazione di spesa già prevista dall’articolo 8 del decreto-legge n. 91 del 2013 da 115 a 140 milioni di euro annui a decorrere dal 2016. Conseguentemente, il comma 180 autorizza la spesa di 25 milioni di euro a decorrere dall’anno 2016.

 

Qui il rapporto 2014 sul mercato e l'industria del Cinema in Italia presentato da Direzione Generale Cinema del Mibact e dalla Fondazione Ente dello Spettacolo il 15 luglio 2015.


 

 

Articolo 1, comma 181
(Piano strategico “Grandi Progetti Beni culturali”)

 

 

Il comma 181, non modificato dal Senato, autorizza la spesa di 70 milioni di euro per il 2017 e di 65 milioni di euro annui dal 2018 per la realizzazione degli interventi del Piano strategico “Grandi Progetti Beni culturali”, previsto dall’art. 7, co. 1, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014).

 

In particolare, l’art. 7, co. 1, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014) ha previsto l’adozione, entro il 31 dicembre di ogni anno (con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentiti il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici e la Conferenza unificata), di un Piano strategico, denominato “Grandi Progetti Beni culturali”, che individua beni o siti di eccezionale interesse culturale e di rilevanza nazionale per i quali sia necessario e urgente realizzare interventi organici di tutela, riqualificazione, valorizzazione e promozione culturale, anche a fini turistici[92].

Per attuare gli interventi previsti dal Piano, per il triennio 2014-2016 è stata autorizzata una spesa pari a € 5 mln per il 2014, € 30 mln per il 2015 e € 50 mln per il 2016[93].

Dal 2017 al Piano è stato destinato il 50% della quota delle risorse per infrastrutture destinata a investimenti in favore dei beni culturali, di cui all’art. 60, co. 4, della L. 289/2002, pari al 3% delle “risorse aggiuntive annualmente previste per infrastrutture”, iscritte nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. L'assegnazione è disposta – nell’ambito delle risorse effettivamente disponibili – dal CIPE, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sulla base della finalizzazione derivante da un programma di interventi.

Al riguardo, si veda, più approfonditamente, il dossier del Servizio Studi della Camera n. 182 del 9 giugno 2014, predisposto in occasione dell’esame del D.L. 83/2014.

Si intenderebbe, dunque, che l’autorizzazione di spesa recata dal comma 181 sia aggiuntiva rispetto alle risorse provenienti dallo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.


 

Articolo 1, comma 182
(Ricostruzione o riparazione delle chiese e degli edifici religiosi)

 

 

Il comma 182, inserito nel corso dell’esame al Senato, interviene sulle norme che disciplinano i lavori di ricostruzione o riparazione delle chiese e degli altri edifici di culto, finanziati con risorse pubbliche, di cui al comma 11-bis dell’articolo 11 del D.L. 78/2015 (L. 125/2015), che reca misure per la ricostruzione dei territori abruzzesi interessati dal sisma del 6 aprile 2009.

Le modifiche sono volte, anzitutto, a consentire che tutti i predetti interventi siano considerati lavori pubblici ai sensi della normativa vigente. Prevedono, inoltre, che le funzioni di stazione appaltante sono assunte, dagli uffici territoriali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per gli interventi riferiti a edifici di culto che sono qualificati come beni culturali; sono, invece, assunte dagli uffici territoriali del Provveditorato alle opere pubbliche per i lavori di ricostruzione o riparazione degli edifici di culto la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni.

 

In particolare, in conseguenza della modifica prevista dalla lettera a), vengono considerati lavori pubblici ai sensi e per gli effetti del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 163/2006) tutte le attività di ricostruzione o riparazione, finanziate con risorse pubbliche, delle chiese e degli edifici destinati alle attività di cui all'art. 16, lett. a), della L. 222/2005, e non solo di quelli qualificati come beni culturali.

Qui un approfondimento sulla nozione di bene culturale.

Le attività previste nell'articolo 16, lett. a), della legge 20 maggio 1985 n. 222 (Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi) riguardano attività di religione o di culto quelle dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana.

 

La lettera b), in conseguenza della predetta modifica, prevede che, nel caso di lavori di ricostruzione o riparazione delle chiese o dei citati edifici, qualificati come beni culturali ai sensi della parte seconda del Codice dei beni culturali, la scelta dell'impresa affidataria dei lavori sia effettuata dai competenti uffici territoriali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, che assumono la veste di "stazione appaltante".

La norma fa riferimento alla definizione di “stazione appaltante” di cui all'articolo 3, comma 33, del Codice dei contratti pubblici.

Da ultimo, la novella di cui alla lettera c) è volta a introdurre un nuovo periodo nel comma 11-bis dell’art. 11, al fine di prevedere, per i lavori di ricostruzione o riparazione delle chiese o degli altri edifici di cui sopra, la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni, che la funzione di "stazione appaltante" venga svolta dai competenti uffici territoriali del Provveditorato alle opere pubbliche.

 


 

Articolo 1, comma 183
(Finanziamento del Gran Premio d’Italia di Formula 1)

 

 

Il comma 183 introdotto al Senato autorizza l’ACI-Automobile club d’Italia a sostenere la spesa per l’organizzazione e la gestione del Gran Premio d’Italia di Formula 1. Le risorse potranno essere attinte dai proventi derivanti dall’organizzazione di eventi sportivi. È espressamente vietato l’utilizzo di risorse derivanti dalla gestione del pubblico registro automobilistico.

 

Il comma 183 dell’articolo 1, introdotto al Senato, prevede che la Federazione nazionale – ACI sia autorizzata a sostenere la spesa per l’organizzazione e la gestione del Gran Premio d’Italia, presso l’autodromo di Monza, per il periodo di vigenza del rapporto di concessione con il soggetto titolare dei diritti di organizzazione e promozione del campionato mondiale di Formula 1. Si prevede che le risorse possano provenire dai proventi derivanti dall’organizzazione di eventi sportivi di rilievo nazionale e internazionale mentre non è consentito l’utilizzo delle risorse derivanti dalla gestione del pubblico registro automobilistico, fermo restando il disposto dell’articolo 8, comma 1, lettera d), della legge 124 del 2015, che prevede una delega al Governo diretta “previa valutazione della sostenibilità organizzativa ed economica”, al trasferimento delle funzioni svolte dagli uffici del Pubblico registro automobilistico al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Si prevede infine la clausola di invarianza finanziaria.

 

L’Automobile club d'Italia (ACI) è un soggetto dalla duplice natura giuridica. E’ infatti, ai sensi dello statuto, ente pubblico non economico a base federativa, ma è anche la federazione sportiva nazionale automobilistica, avente quindi, con riferimento alle attività connesse a tale funzione, natura privatistica.

 

L’attività dell’Automobile club d’Italia opera infatti, secondo lo statuto, in due ambiti di attività distinti, ma comunque connessi fra loro: le attività istituzionali e quelle delegate.

Le attività istituzionali riguardano i servizi rivolti ai soci, l'educazione e la sicurezza stradale, l'assistenza e l'informazione turistica, nonché l'attività sportiva in campo automobilistico svolta nella qualità di Federazione nazionale sportiva, aderente al CONI e nell'esercizio del potere sportivo. Rientrano in quest'ambito anche le attività Internazionali promosse per rappresentare presso le istituzioni europee gli interessi legati ai temi della mobilità.

Nello svolgimento delle attività istituzionali l'Automobile Club d'Italia si pone, con oltre un milione di soci, come libera associazione di cittadini che rappresenta e si fa portavoce, anche presso le istituzioni nazionali ed internazionali, delle tematiche inerenti la circolazione stradale.

Con riferimento alle attività svolte per delega dello Stato, delle Regioni e delle Province, l'ACI gestisce, con la propria organizzazione e con distinta evidenza contabile nell'ambito del bilancio dell'Ente:

- il Pubblico Registro Automobilistico (PRA) che, in base al Codice Civile, assicura la certezza e la sicurezza della circolazione giuridica dei veicoli, assolvendo alla funzione di pubblicità legale. Tale attività è finanziata con i proventi delle tariffe corrisposte dagli utenti all'atto dell'erogazione dei servizi effettuati;

- la riscossione dell'imposta provinciale di trascrizione, prevista dal d.lgs. n. 446/97, effettuata sulla base di apposite convenzioni di affidamento del servizio stipulate tra le Provincie e l'ACI;

- la riscossione delle tasse automobilistiche, curata sulla base di apposite convenzioni con le Regioni, dal 1998 titolari del tributo ai sensi della L. n. 449/97.

 

Ai sensi dell’articolo 5 dello Statuto dell’ACI, l’ente deve dare separata evidenza nel proprio bilancio: al Pubblico Registro Automobilistico (P.R.A.) istituito presso l’A.C.I. con decreto 15 marzo 1927 n. 436; ai servizi in materia di tasse automobilistiche affidati all’A.C.I. dalle Regioni e dalle Province Autonome; a tutti gli altri servizi che potranno essere delegati o affidati all’A.C.I. dallo Stato, dalle regioni o da altri enti pubblici. Secondo quanto richiesto dal CONI, inoltre, il dettaglio dei ricavi e dei costi relativi all'attività sportiva è riportato e commentato in un apposito documento allegato al bilancio.

 

L’allegato 5 al bilancio d’esercizio per l’anno 2014 dell’ACI, contiene il conto economico Aci/direzione sport automobilistico. Il valore della produzione del 2014 ammonta complessivamente a Euro 9.935.678. I costi della produzione del 2014 ammontano complessivamente a Euro 12.804.667.

 

La duplice natura e la separata evidenza a bilancio dei costi e dei ricavi derivanti dalle attività poste in essere giustificano la distinzione, prevista dalla norma, che individua esclusivamente nelle risorse provenienti dall’organizzazione degli eventi sportivi (ossia quelle connesse alle attività di diritto privato dell’ACI) quelle utilizzabili ai fini dell’organizzazione del Gran Premio d’Italia.

 

Con riferimento all’organizzazione del Gran Premio d’Italia, che si svolge presso l’autodromo di Monza, occorre ricordare che, allo stato, l’organizzazione del Gran Premio è rimessa alla società SIAS (Società incremento automobilistico e sport) che ha anche la concessione dell’autodromo, con scadenza 2026. Qualora il Gran Premio non venisse organizzato la concessione si risolverebbe di diritto.

Affinché il Gran Premio d’Italia sia inserito tra le competizioni del calendario annuale della Formula 1 è necessaria anche un’intesa economica tra il soggetto organizzatore e il soggetto gestore dei diritti commerciali della Formula 1. Allo stato tali diritti sono controllati dalla Formula One Group, soggetto di diritto privato. L’attuale contratto scadrà nel 2016.


 

Articolo 1, commi 184-186
(Scuola per l'Europa di Parma)

 

 

I commi 184-186, introdotte dal Senato, prevedono che, al fine di assicurare il rispetto dell'Accordo di sede tra la Repubblica Italiana e l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca eroga al Comune di Parma la somma di euro 3,9 milioni, a titolo di contributo per la costruzione della nuova sede della scuola per l'Europa di Parma.

L'Accordo di Sede tra la Repubblica italiana e l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, fatto a Parma il 27 aprile 2004, con allegato Scambio di lettere, effettuato a Roma il 5 luglio 2004 ed a Bruxelles il 23 agosto 2004, è stato ratificato con la legge 10 gennaio 2006, n. 17.

La legge 3 agosto 2009, n. 115 reca le disposizioni relative al riconoscimento della personalità giuridica della Scuola per l'Europa di Parma. L'articolo 2, comma 1 (dedicato alle "strutture scolastiche") della legge n. 115 qui richiamata mantiene fermo il finanziamento disposto dalla legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006, art. 1, comma 1342), prevedendo altresì che gli ulteriori oneri necessari per la medesima finalità, sono posti a carico della provincia e del comune di Parma, in conformità a quanto convenuto con l'Accordo di programma stipulato in data 9 novembre 2007.

 

Le risorse sono erogate al Comune sulla base dello stato di avanzamento dei lavori. Alla Scuola per l'Europa di Parma è attribuito il diritto di superficie sull'area utilizzata per la costruzione dell'immobile realizzato, fermo restando quanto previsto dall'articolo 2, comma 2, della medesima legge 3 agosto 2009, n. 115. Esso prevede che sono poste a carico della provincia e del comune di Parma: la manutenzione ordinaria e straordinaria dell'edificio destinato a sede della Scuola; le spese per l'arredamento della Scuola e quelle per le utenze elettriche e telefoniche, per la provvista dell'acqua e del gas, per il riscaldamento e per i relativi impianti.

All'onere derivante dalle predette disposizioni, si provvede mediante versamento alle entrate dello Stato della somma di euro 3,9 milioni, da effettuarsi entro il 31 marzo 2016. La somma così versata è successivamente riassegnata allo stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per le finalità anzidette.

Si prevede, inoltre, che la rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio della Scuola per l'Europa di Parma spettano all'Avvocatura dello Stato (testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato).

Articolo 1, commi 187-192
(Risorse per la cultura)

 

 

I commi 187-192 recano autorizzazioni di spesa per varie esigenze culturali. Si tratta di:

§  28 milioni di euro per le esigenze della Capitale europea della cultura per il 2019;

§  30 milioni di euro annui per archivi e biblioteche, nonché, a seguito delle modifiche apportate dal Senato, Istituti centrali e dotati di autonomia speciale;

§  10 milioni di euro annui al fine di incrementare la quota degli utili derivanti dai giochi del lotto riservata al MIBACT;

§  740.000 euro annui, per l’Accademia del cinema italiano – Premi David di Donatello in Roma;

§  100.000 euro annui per il Museo storico della Liberazione;

§  500.000 euro annui per l’Accademia della Crusca;

§  3 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2016-2018 per la Fondazione orchestra sinfonica e coro sinfonico di Milano Giuseppe Verdi;

§  10 milioni di euro annui per il settore museale.

 

Il comma 187 autorizza la spesa di complessivi 28 milioni di euro, ripartiti negli anni dal 2016 al 2019, per la realizzazione del programma di interventi della città designata Capitale europea della cultura per il 2019, ossia Matera.

In particolare, l’autorizzazione di spesa è pari a:

§  2 milioni di euro per il 2016;

§  6 milioni di euro per il 2017;

§  11 milioni di euro per il 2018;

§  9 milioni di euro per il 2019.

L’individuazione degli interventi da realizzare è effettuata con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, previa intesa con il sindaco di Matera.

 

Per l’adozione del decreto non è indicato un termine.

 

L’Azione comunitaria “Capitale europea della cultura” per gli anni dal 2007 al 2019 è stata istituita attraverso la Decisione N. 1622/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 2006.

Con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo 23 dicembre 2014 è stata adottata e approvata la Raccomandazione inoltrata dalla Commissione esaminatrice (Selection Panel) in cui la città di Matera è stata designata quale Capitale europea della cultura per il 2019.

Qui il report della Commissione esaminatrice.

Qui ulteriori informazioni.

 

Il comma 188 autorizza la spesa di 30 milioni di euro annui, a decorrere dal 2016, per il funzionamento degli Istituti afferenti al settore degli archivi e delle biblioteche, nonché degli Istituti centrali e di quelli dotati di autonomia speciale di cui all’art. 30, co. 1 e 2, lett. b), del DPCM 171/2014, recante il nuovo regolamento di organizzazione del Mibact. Le risorse saranno iscritte nello stato di previsione del MIBACT.

 

Già dal comunicato stampa del Mibact del 15 ottobre 2015 risultava la destinazione di parte delle risorse agli Istituti centrali e a quelli dotati di autonomia speciale di cui all’art. 30, co. 1 e 2, lett. b), del regolamento di organizzazione. In particolare, in base al medesimo comunicato stampa, le risorse dovrebbero essere così ripartite:

 

2015 

Stabilità 2016

 

Previsionale

Assestato

 

Opificio delle pietre dure

21.999

480.376

2.000.000,00

Biblioteca nazionale centrale di Firenze

196.397

687.515

3.000.000,00

Biblioteca nazionale centrale di Roma

1.452.756

1.583.721

5.000.000,00

Istituto superiore per la conservazione ed il restauro

358.654

817.030

3.000.000,00

Istituto centrale per il catalogo e la documentazione

270.772

368.995

800.000,00

Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario

245.436

350.208

800.000,00

Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche

1.428.220

1.493.702

2.500.000,00

Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi

262.984

262.984

800.000,00

Centro per il libro e la lettura

826.209

826.209

1.500.000,00

@MiBACT

Infine, sempre in base al medesimo comunicato stampa, aumenterebbe di 1 milione e 700 mila euro la dotazione complessiva di: Archivio centrale dello Stato, Istituto centrale per la grafica, Istituto centrale per gli Archivi, Istituto centrale la demoetnoantropologia.

Il comma 189 autorizza la spesa di 10 milioni di euro annui, a decorrere dal 2016, al fine di incrementare la quota degli utili derivanti dai giochi del lotto riservata al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per il recupero e la conservazione dei beni culturali, nonché per interventi di restauro paesaggistico e per attività culturali.

In particolare, la quota di spesa autorizzata per le finalità indicate è destinata ad incrementare il Fondo da ripartire iscritto nello stato di previsione del MIBACT in cui confluisce quota parte delle risorse derivanti dalle estrazioni dei giochi del lotto (Cap. 2401).

 

La Relazione sul Rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 2014 sottolineava la progressiva riduzione delle risorse provenienti dai giochi del lotto destinate al Mibact, passate da € 47,7 mln nel 2011 ad € 22,6 mln nel 2014.

 

Al riguardo si ricorda che l’art. 3, co. 83, della L. 662/1996, prevedendo la definizione di nuovi giochi ed estrazioni infrasettimanali del gioco del lotto, ha disposto che ogni anno fosse riservata al Ministero per i beni culturali e ambientali, con decreto interministeriale, da emanare entro il 30 giugno, sulla base degli utili erariali derivanti dal gioco del lotto accertati nel rendiconto dell'esercizio precedente, una quota degli utili derivanti dalla nuova estrazione infrasettimanale, non superiore a 300 miliardi di lire, per il recupero e la conservazione dei beni culturali, archeologici, storici, artistici, archivistici e librari, nonché per interventi di restauro paesaggistico e per attività culturali.

In seguito, l’art. 2, co. 615, della L. 244/2007 ha previsto che, dal 2008, non si sarebbe più dato luogo alla riassegnazione di alcune somme - fra le quali quelle di cui all’art. 3, co. 83, della L. 662/1996 – versate all’entrata del bilancio dello Stato.

In relazione al divieto di riassegnazione, che interessava vari Ministeri, i co. 616 e 617 della stessa L. 244/2007 hanno disposto l’istituzione, nei relativi stati di previsione, di appositi Fondi da ripartire, con decreto ministeriale, nel rispetto delle finalità stabilite dalle stesse disposizioni legislative. La dotazione dei Fondi, nei quali doveva confluire il 50% dei versamenti riassegnabili nell’anno 2006 ai pertinenti capitoli dell’entrata del bilancio dello Stato, è rideterminata annualmente in base all’andamento dei versamenti riassegnabili effettuati entro il 31 dicembre dei due esercizi precedenti.

Per il Mibact, è stato istituito il citato capitolo 2401.

Da ultimo, l’art. 1, co. 218, della L. 190/2014 ha ridotto l’autorizzazione di spesa di cui all’art. 3, co. 83, della L. 662/1996 per un importo pari a € 1 milione per il 2015 ed € 2,3 milioni dal 2016.

 

Il comma 190 autorizza la spesa complessiva di € 1.340.000 annui, a decorrere dal 2016, da ripartire, in base all’elenco 1 allegato, nel modo seguente:

 

§  € 740.000 per il funzionamento dell’Accademia del cinema italiano – Premi David di Donatello in Roma.

 

In base allo statuto, l’Accademia del cinema italiano Premi David di Donatello è un ente senza fini di lucro costituito con sede in Roma per iniziativa dell'AGIS (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo) e dell'ANICA (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive Multimediali)[94]. Essa ha lo scopo di favorire in Italia la conoscenza e la diffusione del miglior cinema stimolando le forme più adeguate di competizione nell'ambito della produzione cinematografica nazionale ed internazionale.

Del Consiglio direttivo e della Giunta dell’Accademia fa parte, fra gli altri, il Direttore generale per il cinema del Mibact, o un suo delegato. Le cariche sono a titolo gratuito.

Il patrimonio dell’Accademia è costituito dai contributi dei soci, dai contributi di enti pubblici ed altre persone fisiche e giuridiche, da eventuali donazioni, erogazioni, lasciti e da ogni altra entrata pubblica e privata che concorra ad incrementare l'attività associativa.

 

La delibera ministeriale 7 agosto 2015 ha previsto l’assegnazione all’Accademia del cinema italiano – Premi David di Donatello di € 300.000 (con nota “Subordinato a condizioni stabilite dalla commissione e comunicate direttamente agli interessati”), nonché di altri 340.000 euro.

 

§  € 100.000 euro per il funzionamento del Museo storico della Liberazione in Roma.

 

Il Museo storico della Liberazione è stato costituito con L. 277/1957 e posto sotto la vigilanza del Ministero della pubblica istruzione.

Rispondendo in VII Commissione della Camera, il 7 giugno 2012, all’interrogazione 5-06610, il rappresentante del Governo ha fatto presente, fra l’altro, che l’immobile in cui è sito il Museo, di proprietà demaniale, è stato sottoposto alle disposizioni di tutela previste dal Codice dei beni culturali e del paesaggio con provvedimento del 20 marzo 1987 e che la manutenzione viene effettuata dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici che provvede agli interventi conservativi tramite impegni di spesa nella programmazione ordinaria annuale del Ministero. Ha, altresì, fatto presente che il Mibac ha inserito il Museo, fin dal 1984, nella tabella degli istituti culturali più rappresentativi della cultura italiana destinatari di appositi contributi, gestiti dalla Direzione generale per le biblioteche, gli istituti culturali ed il diritto d'autore, che vigila sul Museo attraverso la nomina del Presidente e di quattro componenti del Comitato Direttivo, nonché di due rappresentanti effettivi e uno supplente nel Collegio dei revisori dei conti.

Il contributo previsto dalla disposizione in commento si aggiunge a quello derivante dall’inclusione del Museo nello schema di decreto recante la proposta dei contributi ad enti culturali per il triennio 2015-2017 (Atto 197) predisposto ai sensi dell’art. 1 della L. 534/1996.

Sull’Atto 197 la VII Commissione della Camera ha espresso parere favorevole con osservazioni e raccomandazioni il 5 agosto 2015. In pari data ha espresso parere favorevole con osservazione e raccomandazioni anche la 7^ Commissione del Senato.

In base allo schema di decreto - per il quale le risorse sono appostate sul cap. 3671 dello stato di previsione del Mibact - al Museo storico della Liberazione nel primo anno del triennio sono destinati € 30.000.

 

Al riguardo si ricorda che, sensi dell’art. 6 della L. 534/1996 non possono essere inserite nella tabella le istituzioni culturali che operino sotto la vigilanza di amministrazioni statali diverse dal MIBACT. Le istituzioni comprese nella tabella possono, tuttavia, ricevere altri contributi per “compiti ed attività rientranti nelle specifiche attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri o di Ministeri diversi”.

I contributi erogati in base alla legge sono, in ogni caso, aggiuntivi rispetto ad altre fonti di finanziamento, salvo nel caso di istituzioni culturali istituite con legge dello Stato.

 

§  € 500.000 per il funzionamento dell’Accademia della Crusca.

 

Al riguardo si ricorda che l’art. 30, co. 6, del D.L. 201/2011 (L. 214/2011) ha autorizzato la spesa di 700.000 euro annui, a decorrere dal 2012, per l’Accademia della Crusca. Le risorse sono appostate sul cap. 3635 dello stato di previsione del Mibact.

Inoltre, l’Accademia della Crusca è inserita nello schema di decreto recante la proposta dei contributi ad enti culturali per il triennio 2015-2017 (Atto 197), di cui già si è detto ante, in base al quale alla stessa nel primo anno del triennio sono destinati € 90.000.

 

Il comma 191 proroga (dal 31 dicembre 2015) al 31 dicembre 2018 il finanziamento, pari a 3 milioni di euro annui, a favore della Fondazione orchestra sinfonica e coro sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, originariamente previsto dall’art. 2, co. 16-ter, del D.L. 225/2010 (L. 10/2011).

Le risorse sono state allocate sul cap. 6633 dello stato di previsione del Mibact.

 

La Fondazione Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi è stata istituita nel 2002 per sostenere economicamente l’attività delle due istituzioni, proseguendo l’opera dell'Associazione Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi costituitasi nel 1992. Essa figura tra gli enti del settore musicale (musica concertistica e corale) destinatari di contributi statali a valere sul FUS.

Inoltre, nel 2011, il co. 16-ter dell’art. 2 del D.L. 225/2010 (L. 10/2011) ha disposto la “proroga” al 31 dicembre 2011 del finanziamento (in realtà, si è trattato di una nuova autorizzazione di spesa, a prescindere dall’attribuzione di finanziamenti a valere sul FUS), autorizzando la spesa di 3 milioni di euro.

Tale ulteriore finanziamento è stato prorogato, sempre per un importo pari a 3 milioni di euro, fino al 31 dicembre 2012, dall’art. 6, co. 2-decies, del D.L. 216/2011 (L. 14/2012) e, fino al 31 dicembre 2015, dall’art. 1, co. 282, della L. 228/2012.

 

Il comma 192 autorizza la spesa di 10 milioni di euro annui, a decorrere dal 2016, per il funzionamento degli Istituti afferenti al settore museale.

Le risorse saranno iscritte nello stato di previsione del Mibact. La relazione tecnica riferita all’A.S. 2111 precisava, al riguardo, che le risorse sono volte ad incrementare lo stanziamento del cap. 5650 — spese per l'acquisto di beni e servizi[95].


 

Articolo 1, comma 193
(Interventi in siti di importanza comunitaria)

 

 

Il comma 193, inserito nel corso dell’esame al Senato, prevede che i comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, nel cui territorio ricadono interamente i siti di importanza comunitaria (S.I.C.), effettuino le valutazioni di incidenza di taluni interventi edilizi. La norma in esame prevede altresì che l'autorità competente provveda entro il termine di sessanta giorni al rilascio dell'approvazione definitiva degli interventi previsti.

Si tratta in particolare degli interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, anche con incrementi volumetrici o di superfici coperte inferiori al 20 per cento delle volumetrie o delle superfici coperte esistenti, opere di sistemazione esterne, realizzazione di pertinenze e volumi tecnici.

La disposizione interviene sulla normativa vigente, contenuta nel D.P.R. n. 357 del 1997, che disciplina, tra l’altro, la valutazione di incidenza. La norma richiama esplicitamente la finalità del rilancio delle spese per investimento degli enti locali.

 

Ai sensi della lettera m) del comma 1 dell’articolo 2 del regolamento di cui al D.P.R. n. 357 del 1997, recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche (d’ora in avanti regolamento), un sito di importanza comunitaria (S.I.C.) è un sito che è stato inserito nella lista dei siti selezionati dalla Commissione europea e che, nella o nelle regioni biogeografiche cui appartiene, contribuisce in modo significativo a mantenere o a ripristinare un tipo di habitat naturale di cui all'allegato A o di una specie di cui all'allegato B in uno stato di conservazione soddisfacente e che può, inoltre, contribuire in modo significativo alla coerenza della rete ecologica «Natura 2000».

L’art. 3 del regolamento prevede che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano individuino i predetti siti. La lista dei SIC è consultabile sul sito del Ministero dell’Ambiente.

La valutazione di incidenza, che è disciplinata dall’art. 5 del regolamento, è un procedimento finalizzato a individuare e verificare gli effetti che la pianificazione territoriale e taluni interventi possono avere sui siti di importanza comunitaria. Per quanto interessa in questa sede, si fa presente che il comma 3 prevede che i proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi, presentano, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare, secondo gli indirizzi espressi nell'allegato G, i principali effetti che detti interventi possono avere sul proposto sito di importanza comunitaria, sul sito di importanza comunitaria o sulla zona speciale di conservazione, tenuto conto degli obiettivi di conservazione dei medesimi. Ai sensi del comma 5, ai fini della valutazione di incidenza degli interventi, le regioni e le province autonome, per quanto di propria competenza, definiscono le modalità di presentazione dei relativi studi, individuano le autorità competenti alla verifica degli stessi, i tempi per l'effettuazione della medesima verifica, nonché le modalità di partecipazione alle procedure nel caso di piani interregionali. Il comma 6 del regolamento prevede che, fino alla individuazione dei tempi per l'effettuazione della verifica, le autorità di cui al comma 5 effettuano la verifica stessa, entro sessanta giorni dal ricevimento dello studio e possono inoltre chiedere una sola volta integrazioni dello stesso ovvero possono indicare prescrizioni alle quali il proponente deve attenersi. Nel caso in cui le predette autorità chiedano integrazioni dello studio, il termine per la valutazione di incidenza decorre nuovamente dalla data in cui le integrazioni pervengono alle autorità medesime. I commi 9 e 10 disciplinano rispettivamente l’adozione di interventi di cui sia stata valutata l'incidenza negativa sul sito di importanza comunitaria, che devono essere accompagnati da misure compensative.

Le regioni hanno disciplinato con proprie leggi la valutazione di incidenza.

Relativamente agli interventi richiamati nella norma, si segnala che il regime dei relativi titoli abilitativi è disciplinato dal testo unico in materia edilizia di cui al D.P.R. 380/2001; si ricorda che gli articoli 6, 22 e 10 di tale testo disciplinano gli interventi realizzabili rispettivamente in assenza di alcun titolo abilitativo, con segnalazione certificata di inizio attività o con permesso di costruire.

Per quanto riguarda il rapporto tra la valutazione di incidenza e i titoli abilitativi edilizi, la sentenza della Corte di cassazione, sez. III, 9 marzo 2011, n. 9308, ha precisato che la valutazione di incidenza per gli interventi da eseguirsi nelle zone individuate come SIC, avendo ad oggetto l'analisi dei possibili effetti che gli interventi medesimi possono avere su detti siti con riferimento agli obiettivi di conservazione, deve necessariamente precedere il rilascio del titolo abilitativo edilizio del quale costituisce requisito di efficacia.

 

La norma precisa che restano ferme le seguenti disposizioni del citato regolamento di cui al D.P.R. n. 357 del 1997:

§  articolo 1, comma 4, ai sensi del quale le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono all'attuazione degli obiettivi del regolamento nel rispetto di quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione;

§  articolo 4, che disciplina le misure di conservazione;

L’art. 4 del regolamento prevede, al comma 1, che le regioni e le province autonome assicurano per i citati proposti siti di importanza comunitaria (pSic) opportune misure per evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie e che, come disposto al comma 2, sulla base di linee guida per la gestione delle aree della rete “Natura 2000”, adottino per le zone speciali di conservazione, entro sei mesi dalla loro designazione, le misure di conservazione necessarie che implicano all'occorrenza appropriati piani di gestione specifici od integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all'allegato A e delle specie di cui all'allegato B presenti nei siti.

In conseguenza di quanto sopra disposto, il Ministero dell’Ambiente ha emanato due decreti, ai sensi dell’art. 4 del regolamento: un primo decreto del 3 settembre 2002, che ha previsto le linee guida per la gestione dei siti Natura 2000, e un secondo decreto del 17 ottobre 2007 sui criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e a Zone di Protezione Speciale (ZPS).

§  articolo 5, comma 8, che prevede che l'autorità competente al rilascio dell'approvazione definitiva del piano o dell'intervento acquisisce preventivamente la valutazione di incidenza, eventualmente individuando modalità di consultazione del pubblico interessato dalla realizzazione degli stessi.

 

Si segnala che le disposizioni di cui al presente comma recano un contenuto analogo a quello dell’articolo 57 del disegno di legge recante disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali (cd. collegato ambientale, A.C. 2093-B, all’esame della Commissione ambiente della Camera), il cui testo, già approvato dalla Camera, non è stato modificato nel corso dell’esame al Senato.

 

Il disposto dell’articolo 57 del predetto disegno di legge è identico a quello della norma in commento. Le differenze riguardano il richiamo alla finalità di semplificare le procedure relative ai siti di importanza comunitaria, la salvaguardia della facoltà delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano di riservarsi, con apposita norma, la competenza esclusiva, la previsione in base alla quale le disposizioni dell'articolo 5, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, si applicano esclusivamente ai piani.

Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Il 22 ottobre 2015 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora (procedura di infrazione 2015/2163) per aver violato gli obblighi previsti dalla direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.

In particolare la Commissione contesta all’Italia:

§  di non aver designato le Zone speciali di Conservazione (ZSC), contravvenendo alle disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva;

Come previsto dalla direttiva, la Commissione europea, sulla base delle indicazioni fornite da ciascuno Stato membro, ha adottato – tra il 2003 e il 2008 - gli elenchi dei siti di importanza comunitaria. Secondo il citato articolo, gli Stati membri – entro il termine massimo di sei anni dall’adozione del rispettivo elenco - avrebbero dovuto designare come Zone speciali di Conservazione i siti di importanza comunitaria contenuti negli elenchi europei e ricadenti nel proprio territorio.

Alla data di agosto 2015, a termini scaduti, sono state istituite 403 ZSC, di cui 401 contenute nel novero dei 2281 siti italiani di importanza comunitaria

§  di non aver definito le misure di conservazione previste dall’articolo 6, paragrafo 1 della direttiva.

Per le Zone speciali di conservazione, gli Stati membri sono tenuti, nel medesimo termine di sei anni dall’adozione dell’elenco dei SIC, a definire le necessarie misure di conservazione.

Alla stessa data, risultano adottate misure di conservazione o piani di gestione per 1715 siti su 2281.

Secondo il nostro ordinamento interno, compete alle regioni e alle province autonome la definizione degli obiettivi di conservazione e delle misure di conservazione per le ZSC, mentre la designazione di tali zone deve essere effettuata con decreto del Ministro dell’ambiente d’intesa con la regione interessata.

Come riportato nella relazione che il Ministro dell’ambiente ha trasmesso alle Camere - ai sensi dell’articolo 15, comma 2, delle legge n. 234 del 2012 -, le regioni e il ministero hanno concordato un cronogramma degli impegni assunti dalle regioni, che prevede entro i primi mesi del 2017 l’adozione di tutte le misure richieste.


 

Articolo 1, comma 194
(Marina Resort)

 

 

Il comma 194 rende permanente l’equiparazione, alle strutture ricettive all’aria aperta, delle strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle proprie unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato (c.d. marina resort). L’equiparazione comporta l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta.

 

Il comma 194 novella l’articolo 32, comma 1, del decreto-legge 133/2014 che equipara, per un periodo di tempo limitato, alle strutture ricettive all’aria aperta le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle proprie unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato (c.d. marina resort). All’attuazione di quanto disposto dal citato articolo 32, ha provveduto il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 3 ottobre 2014. La novella rende permanente l’equiparazione.

Si ricorda che una definizione delle strutture dedicate alla nautica da diporto è contenuta nel D.P.R. 509/1997[96] (art. 2). In particolare il «porto turistico», è definito come il complesso di strutture amovibili ed inamovibili realizzate con opere a terra e a mare allo scopo di servire unicamente o precipuamente la nautica da diporto ed il diportista nautico, anche mediante l'apprestamento di servizi complementari; l'«approdo turistico» è la porzione dei porti polifunzionali destinata a servire la nautica da diporto ed il diportista nautico, anche mediante l'apprestamento di servizi complementari; i «punti d'ormeggio», sono le aree demaniali marittime e gli specchi acquei dotati di strutture che non importino impianti di difficile rimozione, destinati all'ormeggio, alaggio, varo e rimessaggio di piccole imbarcazioni e natanti da diporto.

La definizione dei requisiti delle strutture ricettive turistiche, afferendo alla materia “turismo” rientra tra le competenze che la Costituzione attribuisce in via esclusiva alle Regioni. Con la sentenza n. 80/2012 la Corte ha dichiarato l’illegittimità di numerose disposizioni del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (c.d. Codice del turismo), in quanto volte all’accentramento di funzioni rientranti nella competenza legislativa residuale delle Regioni. Tra le altre sono state dichiarate illegittime le disposizioni concernenti gli standard minimi di qualità dei servizi forniti dalle imprese che operano nel settore del turismo nautico, come definite dal DPR 2 dicembre 1997, n. 509, quali fondamentalmente i punti d'ormeggio, gli approdi, turistici e i posti turistici. Peraltro la giurisprudenza della Corte costituzionale nonostante la materia del turismo appartenga «alla competenza legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost. (sent. n. 94 del 2008, n. 214 e n. 90 del 2006), non esclude la possibilità «per la legge di attribuire funzioni legislative al livello statale e di regolarne l’esercizio», vista l’importanza del settore turistico per l’economia nazionale. Come ha rilevato la Corte «la chiamata in sussidiarietà a livello centrale è legittima soltanto se l’intervento statale sia giustificato nel senso che, a causa della frammentazione dell’offerta turistica italiana, sia doverosa un’attività promozionale unitaria; d’altra parte, l’intervento deve essere anche proporzionato nel senso che lo Stato può attrarre su di sé non la generale attività di coordinamento complessivo delle politiche di indirizzo di tutto il settore turistico, bensì soltanto ciò che è necessario per soddisfare l’esigenza di fornire al resto del mondo un’immagine unitaria. Infine, lo Stato deve prevedere il coinvolgimento delle Regioni, non fosse altro perché la materia turismo, appartenendo oramai a tali enti territoriali, deve essere trattata dallo Stato stesso con atteggiamento lealmente collaborativo (Corte cost., sent. n. 214 del 2006, punti 8-9 diritto; sent. n. 76 del 2009, punti 2-3)».

Si segnala che già alcune regioni hanno disposto nel senso dell’equiparazione dei “marina resort” alle strutture ricettive all’aperto. In tal senso la legge regionale del Friuli Venezia Giulia 16 gennaio, n. 2, recante Disciplina organica del turismo, come modificata dall’articolo 9 della legge regionale n. 2/2010, ha già ricompreso i “marina resort”, tra le strutture ricettive all’aria aperta, unitamente ai campeggi, ai villaggi turistici ed ai dry marina.. Inoltre analogo intervento normativo è contenuto nella legge regionale dell’Emilia Romagna n. 7 del 2014 che stabilisce “Sono marina resort le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato, che posseggano i requisiti individuati dalla Giunta regionale con apposita deliberazione che ne definisce altresì modalità di apertura e di esercizio, nonché la relativa classificazione”.

 

La principale conseguenza dell’equiparazione alle strutture ricettive turistiche all’aperto dei “marina resort” consiste nell’applicazione alle prestazioni rese ai clienti ivi alloggiati, dell’IVA agevolata al 10 per cento (concessa ai clienti alle strutture ricettive turistiche), invece dell’IVA al 22 per cento applicabile alla portualità turistica e ai servizi associati.

Il punto 120) della Tabella A, parte III allegata al Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, riconosce l’applicazione dell’aliquota del 10% alle prestazioni rese ai clienti alloggiati nelle strutture ricettive di cui all’articolo 6 della legge 17 maggio 1983, n. 217, ossia alberghi, motel, villaggi-albergo, residenze turistiche alberghiere, campeggi, villaggi turistici, alloggi agro turistici, affittacamere, case e appartamenti per vacanze, case per ferie, ostelli per la gioventù, rifugi alpini, bed and breakfast. Nonostante la legge 17 maggio 1983, n. 217, recante “Legge quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell'offerta turistica”, sia stata abrogata dalla L. 29 marzo 2001, n. 135, successivamente l'art. 1, del D.P.C.M. 13 settembre 2002, recante “Recepimento dell'accordo fra lo Stato, le regioni e le province autonome sui princìpi per l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico”, ha disposto che tutti i riferimenti alla suddetta legge, contenuti in atti normativi vigenti alla data di entrata in vigore del citato D.P.C.M. 13 settembre 2002, ove applicabili, si intendono riferiti allo stesso decreto e alle normative regionali di settore.

Si ricorda che la Mozione 1-00397 (Prodani) approvata nella seduta del 15 aprile 2014 della Camera, ha impegnato il Governo ad assumere in via prioritaria una serie di iniziative, anche normative, per favorire la ripresa e il pieno sviluppo del comparto turistico nazionale, tra le quali, in particolare, “misure urgenti per il rilancio della nautica da diporto nazionale e della relativa filiera, in modo da garantire la promozione unitaria del settore nautico-turistico in ambito nazionale ed internazionale, introducendo una classificazione delle strutture che tenga conto della diffusione di best practice ed estendendo l'iva agevolata delle strutture ricettive ai marina resort”.


 

Articolo 1, comma 195
(Risorse per gli Istituti superiori di studi musicali)

 

 

Il comma 195, inserito durante l’esame al Senato, incrementa le risorse destinate agli Istituti superiori di studi musicali non statali ex pareggiati di 5 milioni di euro per il 2016.

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 1, co. 170, della L. 190/2014 ha autorizzato una spesa di € 5 mln per il 2015 a favore degli Istituti superiori di studi musicali (ex pareggiati), per i quali l’art. 19, co. 4, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) aveva autorizzato pari spesa in relazione al 2014.

In seguito, l’art. 1, co. 54, della L. 107/2015 ha incrementato l’autorizzazione di spesa per il 2015 di € 2,9 mln e ha stabilizzato il finanziamento di € 5 mln annui a decorrere dal 2016[97].

Le risorse sono allocate sul cap. 1781 dello stato di previsione del MIUR.

 

A seguito dell’incremento disposto, pertanto, le risorse del cap. 1781 aumenterebbero, per il 2016, a 10 milioni di euro.

 


 

Articolo 1, comma 196
(Promozione del made in Italy
e attrazione degli investimenti in Italia)

 

 

Il comma 196, non modificato dal Senato, prevede uno stanziamento di 50 milioni di euro per l’anno 2016 per il potenziamento delle azioni dell’ICE-Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane relative al Piano straordinario per la promozione del made in Italy.

 

Le risorse per la realizzazione del Piano straordinario per il rilancio del made in Italy e l'attrazione degli investimenti- introdotto dall'articolo 30 del D.L. 133/2014 "Sblocca Italia"- sono state stanziate nella legge finanziaria per il 2015 (comma 202-203, articolo 1, L.190/2014). Più in particolare per la realizzazione del Piano sono assegnati all'ICE 130 milioni di euro per l'anno 2015, 50 milioni di euro per l'anno 2016 e 40 milioni di euro per l'anno 2017. La disposizione in esame aggiunge, per l’anno 2016, altri 50 milioni di euro.

 

Si ricorda che il Piano è stato adottato con il D.M. 13 marzo 2015, mentre la dotazione finanziaria di ciascuna azione prevista è stata ripartita dal decreto ministeriale 7 aprile 2015.

Più in particolare gli obiettivi del Piano sono:

§  incrementare il volume dell'export, espandendo la presenza internazionale;

§  aumentare il numero complessivo delle imprese esportatrici, trasformando le aziende potenzialmente esportatrici in esportatrici abituali;

§  cogliere le opportunità legate alla crescita della domanda globale e all'incremento della classe media nei mercati emergenti;

§  accrescere la capacità di intercettare investimenti esteri.

 

Inoltre il piano è articolato in complessive 10 misure, di cui 5 da attuarsi in Italia (Potenziamento grandi eventi in Italia, Voucher Temporary Export Manager, Formazione Export Manager, Roadshow per le PMI, Piattaforma E-Commerce per le PMI) e 5 all’estero (Piano GDO, Piano speciale Mercati d’Attacco – es. USA -, Piano “Road to Expo”, Piano comunicazione contro Italian Sounding, Roadshow attrazione investimenti).

L'attuazione del Piano è rimessa all'ICE-Agenzia, con cui il MISE stipula una convenzione in cui sono definiti gli obiettivi da raggiungere. Con la delibera n. 230 del 27 gennaio 2015, e l’Agenzia ha approvato alcuni progetti per l’attuazione parziale del Piano.

Si ricorda che L'ICE-Agenzia ha il compito di agevolare, sviluppare e promuovere i rapporti economici e commerciali italiani con l'estero -con particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese, dei loro consorzi e raggruppamenti -e opera al fine di sviluppare l'internazionalizzazione e l'attrazione investimenti delle imprese italiane nonché la commercializzazione dei beni e servizi italiani nei mercati internazionali.

Per favorire la sinergia tra i diversi attori è prevista l'istituzione di un Comitato presso il Ministero dello sviluppo economico che è composto da rappresentanti dei diversi ministeri interessati e da un rappresentante della Conferenza Stato-Regioni e può essere integrato con i rappresentanti delle amministrazioni centrali e territoriali di volta in volta coinvolte nel progetto d'investimento.

Una relazione sull'attuazione del Piano deve essere presentata annualmente al Parlamento dal Ministro dello sviluppo economico d'intesa con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. La relazione è stata presentata il 29 ottobre 2015.

 


 

Articolo 1, comma 197
(Finanziamento a favore dell'Agenzia italiana
per la cooperazione allo sviluppo)

 

 

Il comma 197 dispone l'incremento del finanziamento annuale iscritto in appositi capitoli dello stato di previsione del MAECI in favore dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo.

L'autorizzazione di spesa, prevista dal comma 2, lettera c) dell'art. 18 della L. 125/2014  è incrementata di 120 milioni per il 2016, di 240 milioni per il 2017, di 360 milioni a decorrere dal 2018, al fine di rafforzare l'azione dell'Italia nella cooperazione allo sviluppo.

 

Si ricorda che la nuova legge sulla cooperazione allo sviluppo (L. 125/2014), all'art. 17 ha istituito l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo cui compete lo svolgimento delle attività di carattere tecnico-operativo. Il successivo art. 18 attribuisce autonomia organizzativa, regolamentare, amministrativa, patrimoniale, contabile e di bilancio all’Agenzia ed elenca le risorse finanziarie ad essa attribuibili, definendo quelle riservate ad attività di APS come impignorabili[98].

Le fonti di finanziamento dell’Agenzia sono costituite da:

a)     risorse finanziarie trasferite dalle amministrazioni di provenienza del personale ad essa assegnato;

b)     introiti derivanti dalle convenzioni;

c)     un finanziamento annuale iscritto in appositi capitoli dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

d)     donazioni, lasciti, legati e liberalità, debitamente accettati;

e)     una quota pari al 20 per cento della quota a diretta gestione statale delle somme del cosiddetto “8 per mille” di cui all'articolo 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222.

 

Lo stato di previsione del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, all'allegato 19 sulla cooperazione, reca la dotazione da assegnare all'Agenzia dei seguenti 3 capitoli dello stato di previsione del MAECI (tutti relativi al Programma 4.2 Cooperazione allo sviluppo) su cui inciderà - dopo l’approvazione della legge di stabilità - il rifinanziamento operato dalla norma in commento, che come si è visto prevede attualmente l’incremento a favore dell'Agenzia di 120 milioni per il 2016, 240 milioni per il 2017 e 360 milioni a decorrere dal 2018:

 

CAP.

DENOMINAZIONE

2016

2017

2018

2021

Spese di personale

15.728.439

15.729.224

15.730.080

2171

Spese di funzionamento

3.270.014

3.383.216

3.383.216

2185

Spese per l'attuazione di iniziative di, ecc.

153.377.244

152.278.060

152.278.060

 


 

Articolo 1, commi 198-206
(Società benefit)

 

 

I commi da 198 a 206, introdotti al Senato, consentono la diffusione nel nostro ordinamento di società che nell'esercizio della loro attività economica abbiano anche l'obiettivo di migliorare l'ambiente naturale e sociale nel quale operano, utilizzando pratiche, processi di produzione e beni in grado di produrre esternalità positive; le società benefit si prefiggono di destinare una parte delle proprie risorse gestionali ed economiche al perseguimento della crescita del benessere di persone e comunità, alla conservazione e al recupero di beni del patrimonio artistico e archeologico presenti nel luogo ove operano o sul territorio nazionale, alla diffusione e al sostegno delle attività culturali e sociali, nonché di enti ed associazioni con finalità rivolte alla collettività e al benessere sociale.

 

Con il comma 198 si promuove la costituzione e si favorisce la diffusione di società che - nell'esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili - perseguono una o più finalità di beneficio comune nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed ogni altro portatore di interesse. Il comma 199 prevede che tali finalità, indicate nell'ambito delle attività dell'oggetto sociale, siano perseguite dalla società attraverso una gestione responsabile, sostenibile, trasparente e mirata a bilanciare, da un lato, gli interessi dei soci e, dall'altro, l'effettivo perseguimento di effetti positivi, o la riduzione di effetti negativi, su uno o più dei suddetti ambiti.

Il comma 200 contiene alcune definizioni, tra cui quella di beneficio comune. Il comma 201 stabilisce che la società benefit indichi nell'oggetto sociale le finalità di beneficio comune che intende perseguire. Le società diverse dalle società benefit, qualora intendano perseguire anche finalità di beneficio comune, sono tenute a modificare l'atto costitutivo o lo statuto, nel rispetto delle disposizioni che regolano le modificazioni del contratto sociale o dello statuto proprie di ciascun tipo e a registrare tali modifiche nel registro delle imprese. Per la società benefit che abbia indicato nell'atto costitutivo o nello statuto le finalità di beneficio comune che intende perseguire è riconosciuta la facoltà di introdurre, accanto alla denominazione sociale, le parole: «società benefit» o l'abbreviazione: «SB», e utilizzare tale denominazione nei titoli emessi, nella documentazione e nelle comunicazioni verso terzi.

Il comma 202 prevede i doveri e le responsabilità poste in capo agli amministratori delle società benefit: tale società deve essere amministrata in modo da bilanciare l'interesse dei soci, l'interesse di coloro sui quali l'attività sociale possa avere un effetto e il perseguimento delle finalità di beneficio comune e a tale scopo deve individuare il soggetto o i soggetti responsabili a cui affidare funzioni e compiti volti al perseguimento del beneficio comune.

Il comma 203 regola i doveri degli amministratori, con un rinvio alla normativa codicistica, mentre il comma 204 reca disposizioni per garantire la trasparenza dell'operato della società benefit, che è tenuta a redigere annualmente una relazione concernente il perseguimento del beneficio comune, da allegare al bilancio societario e che include: la descrizione degli obiettivi specifici, delle modalità e delle azioni attuati dagli amministratori per il perseguimento delle finalità di beneficio comune e delle eventuali circostanze che lo hanno impedito o rallentato; la valutazione dell'impatto generato utilizzando uno standard di valutazione esterno e che comprende specifiche aree di valutazione; una specifica sezione dedicata alla descrizione dei nuovi obiettivi che la società intende perseguire nell'esercizio successivo. La relazione annuale - ai sensi del comma 205 è pubblicata nel sito internet della società, consentendo che, a tutela dei soggetti beneficiari, taluni dati finanziari della relazione possano essere omessi.

Il comma 206 affida all'Autorità garante della concorrenza e del mercato il compito di vigilare sull'operato delle società benefit e in particolare nei confronti di quelle che, senza giustificato motivo e in modo reiterato, non perseguano le finalità di beneficio comune. Nei confronti di tali società possono esser applicate le disposizioni vigenti in materia di pubblicità ingannevole e le disposizioni del codice del consumo, tra le quali quelle in materia di pratiche commerciali sleali.

 


 

Articolo 1, comma 207
(Stanziamenti a beneficio degli italiani nel mondo)

 

 

Il comma 207, introdotto durante l’esame al Senato, prevede per il 2016 lo stanziamento complessivo di 5 milioni di euro in diversi settori di interesse dei cittadini italiani residenti all’estero.

 

Si tratta in particolare dei seguenti interventi:

§  100.000 euro per il funzionamento del Consiglio generale degli italiani all’estero;

§  100.000 euro per il funzionamento dei COMITES e dei Comitati dei loro presidenti;

§  3.400.000 euro per la promozione della lingua e cultura italiana all’estero, nonché per il sostegno agli enti gestori di corsi di lingua e cultura italiana all’estero;

§  500.000 euro quale incremento della dotazione finanziaria per gli Istituti italiani di cultura all’estero di cui alla legge 401 del 1990;

§  650.000 euro ad integrazione della dotazione finanziaria per i contributi diretti in favore della stampa italiana all’estero di cui all’articolo 1-bis del decreto-legge 63 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge 103 del 2012;

§  100.000 euro in favore delle agenzie specializzate per i servizi di stampa dedicati agli italiani residenti all’estero;

§  150.000 euro per promuovere la capacità attrattiva dell’università italiane mediante la diffusione di corsi di lingua italiana online e campagne informative a carattere didattico, amministrativo e logistico, a beneficio dell’iscrizione di studenti stranieri in Italia.

 

Istituiti nel 1985, i Comites sono organismi rappresentativi della collettività italiana, eletti direttamente dai connazionali residenti all'estero in ciascuna circoscrizione consolare ove risiedono almeno tremila connazionali iscritti nell’elenco aggiornato di cui all’art. 5, comma 1, della Legge 459/2001.
In circoscrizioni ove risiedono meno di tremila cittadini italiani i Comitati possono essere nominati dall'Autorità diplomatico-consolare.

I Comites sono composti da 12 membri o da 18 membri, a seconda che vengano eletti in Circoscrizioni consolari con un numero inferiore o superiore a 100 mila connazionali residenti, quali essi risultano dall'elenco aggiornato dei cittadini italiani residenti all’estero.

Oltre ai membri eletti di cittadinanza italiana, possono far parte del Comitato, per cooptazione, cittadini stranieri di origine italiana in misura non eccedente un terzo dei componenti il Comitato eletto (4 o 6 componenti).

Ai sensi dell'art. 1, co. 2 della legge 286/2003, i Comites sono organi di rappresentanza degli italiani all'estero nei rapporti con le rappresentanze diplomatico-consolari.

Anche attraverso studi e ricerche, essi contribuiscono ad individuare le esigenze di sviluppo sociale, culturale e civile della comunità di riferimento; promuovono, in collaborazione con l'autorità consolare, con le regioni e con le autonomie locali, nonché con enti, associazioni e comitati operanti nell'ambito della circoscrizione consolare, opportune iniziative nelle materie attinenti alla vita sociale e culturale, con particolare riguardo alla partecipazione dei giovani, alle pari opportunità, all'assistenza sociale e scolastica, alla formazione professionale, al settore ricreativo, allo sport e al tempo libero.
I Comitati sono altresì chiamati a cooperare con l'Autorità consolare nella tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini italiani residenti nella circoscrizione consolare.

A seguito delle elezioni del marzo 2004, operano oggi 124 Comites diffusi in 38 Paesi: di questi, 67 si trovano in Europa, 23 in America latina, 4 in America centrale, 16 in Nord America, 7 in Asia e Oceania e 7 in Africa.

(Fonte: Sito Internet del MAECI)

 

Il Consiglio Generale degli Italiani all'Estero (C.G.I.E.), istituito con Legge 6 novembre 1989 n. 368 (modificata dalla Legge 18 giugno 1998, n. 198) e disciplinato dal regolamento attuativo di cui al D.P.R. 14 settembre 1998, n. 329, è organo di consulenza del Governo e del Parlamento sui grandi temi di interesse per gli italiani all'estero. Esso deriva la sua legittimità rappresentativa dall'elezione diretta da parte dei componenti dei Comites nel mondo e rappresenta un importante passo nel processo di sviluppo della partecipazione attiva alla vita politica del paese da parte delle collettività italiane nel mondo. Allo stesso tempo costituisce l'organismo essenziale per il loro collegamento permanente con l'Italia e le sue istituzioni.

Il CGIE è presieduto dal Ministro degli Affari Esteri e si compone di 94 Consiglieri, di cui 65 eletti direttamente all'estero e 29 di nomina governativa.

I suoi organi istituzionali sono il Comitato di Presidenza (composto oltre che dal Ministro, dal Segretario Generale, da quattro Vice Segretari Generali e da undici rappresentanti delle varie aree), le sette Commissioni Tematiche, le tre Commissioni Continentali, i Gruppi di Lavoro e l'Assemblea Plenaria.

Il CGIE è stato completamente rinnovato il 26 giugno 2004, mentre le elezioni alle cariche interne elettive sono state effettuate il 27 luglio 2004.

(Fonte: Sito Internet del MAECI)


 

Articolo 1, commi 208-212
(Lotta alla povertà)

 

 

Il comma 208 istituisce, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Al Fondo sono assegnati 600 milioni di euro per il 2016 e 1.000 milioni di euro a decorrere dal 2017. Le risorse del Fondo costituiscono i limiti di spesa per garantire l'attuazione di un Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione, adottato con cadenza triennale e attuano le disposizioni contenute nei commi da 208 a 212 dell’articolo in commento.

Per il 2016, le risorse stanziate, pari a 600 milioni di euro, sono ripartite nei seguenti interventi, considerati priorità del Piano nazionale (comma 209):

a)   380 milioni di euro per l’avvio su tutto il territorio nazionale di una misura di contrasto alla povertà destinata all’estensione della SIA su tutto il territorio nazionale. Sono previsti interventi prioritari per i nuclei familiari con figli minori. Nel corso dell’esame al Senato è stato introdotto un particolare riferimento, nell'àmbito dei nuclei familiari con figli minori, alle famiglie aventi figli minori inseriti nel circuito giudiziario;

b)  220 milioni di euro all’ulteriore incremento dell’autorizzazione di spesa relativa all’assegno di disoccupazione – ASDI.

 

Il comma 210 finalizza i 1.000 milioni di euro stanziati a regime, per gli anni successivi al 2016, all’introduzione di un’unica misura nazionale di contrasto alla povertà - correlata (come specificato nel corso dell’esame al Senato) alla differenza tra il reddito familiare del beneficiario e la soglia di povertà assoluta - nonché alla razionalizzazione degli strumenti e dei trattamenti esistenti.

 

Il comma 211 stabilisce che, a decorrere dal 2016, confluiscono nel Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, le risorse stanziate per gli ammortizzatori sociali, nella misura di 54 milioni di euro annui. Per il 2016 tali risorse sono destinate all’avvio su tutto il territorio nazionale della misura di contrasto alla povertà, intesa come estensione, rafforzamento e consolidamento della Carta acquisti sperimentale.

 

Il comma 212 abroga i commi da 51 a 53 dell’articolo 2 della legge 92/2012, n. 92, relativi all’indennità una tantum dei lavoratori a progetto.

 

 

Il comma 208 prevede l’adozione di un Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione. Il Piano è adottato con cadenza triennale mediante decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Unificata.

Il Piano individua una progressione graduale, nei limiti delle risorse disponibili, nel raggiungimento di livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale per il contrasto alla povertà.

Si ricorda che, al contrario di quanto avvenuto in sanità con i LEA, in ambito sociale non sono stati ancora definiti i livelli essenziali delle prestazioni sociali.

 

Il comma 209 dell’articolo definisce gli interventi che costituiscono le priorità del Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione per l’anno 2016 e per la cui attuazione sono destinati 600 milioni di euro, così ripartiti:

a)   380 milioni di euro per l’avvio su tutto il territorio nazionale di una misura di contrasto alla povertà, intesa come estensione, rafforzamento e consolidamento della Carta acquisti sperimentale. La misura è intesa come sperimentazione di un apposito Programma di sostegno per l'inclusione attiva, volto al superamento della condizione di povertà, all'inserimento/reinserimento lavorativi e all'inclusione sociale (di cui all’art. 60 del decreto-legge 5/2012, che dispone l’avvio alla sperimentazione della Carta acquisti sperimentale nei comuni con più di 250.000 abitanti). Nelle more dell’adozione del Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione, si procede all’avvio del Programma garantendo in via prioritaria interventi per nuclei familiari con figli minori, in particolare, come è stato specificato nel corso dell’esame al Senato, per famiglie con figli minori inseriti nel circuito giudiziario. I criteri e le procedure, definiti ai sensi del citato art. 60 del decreto-legge 5/2012, del Programma saranno definiti da un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge in esame. Le risorse impegnate, pari, come detto, a 380 milioni di euro, incrementano il Fondo speciale destinato al soddisfacimento delle esigenze prioritariamente di natura alimentare e successivamente anche energetiche e sanitarie dei cittadini meno abbienti (di cui all'art. 81, co. 29, del decreto-legge 112/2008, istitutivo della Carta acquisti ordinaria, d’ora in poi Fondo Carta acquisti), aggiungendosi alle risorse già destinate all’estensione della Carta acquisti sperimentale nei territori delle regioni del Mezzogiorno che non ne siano già coperti (di cui all’art. 3, co. 2, del decreto legge 76/2013); ma anche alla estensione su tutto il territorio nazionale, non già coperto, della sperimentazione della Carta acquisti sperimentale (di cui all’art.1, co. 216, della legge di stabilità 2014 – legge 147/2013);

Carta acquisti

La Carta acquisti ordinaria, istituita dal decreto-legge 112/2008, è un beneficio economico, pari a 40 euro mensili, caricato bimestralmente su una carta di pagamento elettronico. La Carta acquisti è riconosciuta agli anziani di età superiore o uguale ai 65 e ai bambini di età inferiore ai tre anni, se in possesso di particolari requisiti economici che li collocano nella fascia di bisogno assoluto. Inizialmente, potevano usufruire della Carta acquisti ordinaria soltanto i cittadini italiani; la legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) ha esteso la platea dei beneficiari anche ai cittadini di altri Stati dell'Ue e ai cittadini stranieri titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, purché in possesso dei requisiti sopra ricordati. La Carta è utilizzabile per il sostegno della spesa alimentare e sanitaria e per il pagamento delle spese energetiche. Gli enti locali possono aderire al programma Carta acquisti estendendone l'uso o aumentando il beneficio a favore dei propri residenti.

 

L'articolo 60 del decreto-legge 5/2012 ha configurato una fase sperimentale della Carta acquisti, prevedendone una sperimentazione, di durata non superiore ai dodici mesi, nei comuni con più di 250.000 abitanti e destinando alla fase di sperimentazione della Carta un ammontare di risorse con un limite massimo di 50 milioni di euro, e ha ampliato immediatamente la platea dei beneficiari anche ai cittadini degli altri Stati dell'Ue e ai cittadini esteri titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. È così nata la Carta acquisti sperimentale, anche definita Sostegno per l'inclusione attiva (SIA) o Carta per l’inclusione. Le modalità attuative della sperimentazione della SIA sono state indicate dal decreto 10 gennaio 2013 che fra l'altro stabilisce i nuovi criteri di identificazione dei beneficiari, individuati per il tramite dei Comuni, e l'ammontare della disponibilità sulle singole carte, calcolato secondo la grandezza del nucleo familiare. La SIA - il cui importo varia da un minimo di 231 a un massimo di 404 euro mensili - è rivolta esclusivamente ai nuclei familiari con minori e con un forte disagio lavorativo. Il nucleo familiare beneficiario dell'intervento stipula un patto di inclusione con i servizi sociali degli enti locali di riferimento, il cui rispetto è condizione per la fruizione del beneficio. I servizi sociali si impegnano a favorire, con servizi di accompagnamento, il processo di inclusione lavorativa e di attivazione sociale di tutti i membri del nucleo.

L'articolo 3 del decreto-legge 76/2013 ha esteso la sperimentazione della SIA, già prevista per le città di Napoli, Bari, Palermo e Catania dal decreto legge 5/2012, ai restanti territori delle regioni del Mezzogiorno, nel limite di 140 milioni per il 2014 e di 27 milioni per il 2015. Tali risorse sono state stanziate a valere sulla riprogrammazione delle risorse del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, già destinate ai Programmi operativi 2007-2013 (cioè della quota di cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali), nonché mediante la rimodulazione delle risorse del medesimo Fondo di rotazione già destinate agli interventi del Piano di Azione Coesione. L'estensione della sperimentazione della SIA deve essere realizzata nelle forme e secondo le modalità stabilite dal decreto interministeriale 10 gennaio 2013.

Sul ritardo nell'attivazione della sperimentazione della Carta acquisti sperimentale-SIA, si rinvia alla risposta del Governo, in data 8 ottobre 2015, all’interrogazione 5-06598.

 

L'articolo 1, comma 216, della legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) ha previsto per il 2014 uno stanziamento per la Carta acquisti ordinaria pari a 250 milioni di euro e un distinto stanziamento di 40 milioni per ciascuno degli anni del triennio 2014-2016 per la progressiva estensione su tutto il territorio nazionale, non già coperto, della sperimentazione della SIA. La stessa legge di stabilità 2014 ha previsto inoltre la possibilità - in presenza di risorse disponibili, in relazione all'effettivo numero dei beneficiari - di utilizzare le risorse rimanenti dei 250 milioni assegnati come stanziamento alla Carta acquisti ordinaria, per l'estensione della sperimentazione della SIA.

Infine, la legge di stabilità 2015 (legge 190/2014) ha stabilito un finanziamento a regime di 250 milioni di euro annui, a decorrere dal 2015, sul Fondo Carta acquisti.

Le risorse utilizzate per la Carta acquisti e la SIA sono stanziate sul Fondo Carta acquisti istituito nello stato di previsione del MEF (capitolo 1639).

 

b)  220 milioni di euro all’ulteriore incremento dell’autorizzazione di spesa relativa all’assegno di disoccupazione (ASDI), (di cui al combinato art. 16, co. 7, del D.Lgs. 22/2015 e art. 43, co. 5, del D.Lgs. 148/2015).

 

La disposizione non chiarisce a quale Fondo siano destinate tali risorse.

 

L’Assegno di Disoccupazione -ASDI

L’articolo 16 del D.Lgs. 22/2015 ha istituito, a decorrere dal 1° maggio 2015 (e inizialmente in via sperimentale per l’anno 2015), l’assegno di disoccupazione (di seguito ASDI), destinato (ai sensi dell’articolo 43, comma 5, del D.Lgs. 148/2015) ai soggetti che abbiano fruito della NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) per l’intera sua durata entro il 31 dicembre 2015 i quali, privi di occupazione, si trovino in una condizione economica di bisogno (lavoratori appartenenti a gruppi familiari in cui sono presenti minori o con un’età prossima al raggiungimento dei requisiti di accesso al trattamento pensionistico). L’assegno è in ogni caso erogato entro il limite delle risorse assegnate al fondo appositamente istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, pari a 200 milioni di euro nel 2015 e a 200 milioni di euro nel 2016.

Ai sensi dell’art. 43, co. 5, del D.Lgs. 148/2015, l'autorizzazione di spesa (di cui all'art. 16, co. 7 del D.Lgs. 22/2015) è stata incrementata di 180 milioni di euro per il 2016, di 270 milioni di euro per il 2017, di 170 milioni di euro per il 2018 e di 200 milioni di euro annui a decorrere dal 2019.

Per effetto della prosecuzione della sperimentazione, e nel limite delle risorse previste, in ogni caso la durata della prestazione ASDI non può essere pari o superiore a 6 mesi nei 12 mesi precedenti il termine del periodo di fruizione della NASpI e comunque pari o superiore a 24 mesi nel quinquennio precedente il medesimo termine. Il suo importo è pari al 75% dell’ultima indennità NASpI percepita e, comunque, non superiore all’assegno sociale, incrementato per gli eventuali carichi familiari. È inoltre demandata ad apposito decreto interministeriale (da adottare entro 90 giorni dall’entrata in vigore del D.Lgs. 148/2015) la definizione delle modalità per la prosecuzione della sperimentazione.

La corresponsione dell'ASDI è condizionata all'adesione ad un progetto personalizzato redatto dai competenti servizi per l'impiego, contenente specifici impegni in termini di ricerca attiva di lavoro, disponibilità a partecipare ad iniziative di orientamento e formazione, accettazione di adeguate proposte di lavoro (articolo 16, comma 5, del D.Lgs. 22/2015). La partecipazione alle iniziative di attivazione proposte è obbligatoria, pena la perdita del beneficio. Inoltre, ai sensi dell’articolo 21, comma 3, del D.Lgs. 150/2015, ai fini della concessione dell'ASDI è necessario che il richiedente abbia sottoscritto un patto di servizio personalizzato, redatto dal centro per l'impiego, in collaborazione con il richiedente, a seguito di uno o più colloqui individuali.

Si rammenta, infine, che ai sensi dell’articolo 16, comma 8, del D.Lgs. 22/2015, all'eventuale riconoscimento dell'ASDI negli anni successivi al 2015 si provvede con le risorse previste da successivi provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie e in particolare con le risorse derivanti dai decreti legislativi attuativi dei criteri di delega di cui alla L. 183/2014 (cd. jobs act).

 

Il comma 210 definisce le finalità a cui sono destinati i 1.000 milioni di euro stanziati a regime, annualmente, per gli anni successivi al 2016. Tali risorse saranno destinate al finanziamento di uno o più provvedimenti legislativi di riordino della normativa in materia di trattamenti, indennità, integrazioni di reddito e assegni di natura assistenziale o comunque sottoposti alla prova dei mezzi (quali l’ISEE), anche rivolti a beneficiari residenti all’estero, nonché in materia di accesso alle prestazioni sociali. Tali provvedimenti sono finalizzati a:

§  introduzione di un’unica misura nazionale di contrasto alla povertà, correlata - come specificato nel corso dell’esame referente al Senato - alla differenza tra il reddito familiare del beneficiario e la soglia di povertà assoluta;

§  razionalizzazione degli strumenti e dei trattamenti esistenti.

 

Il comma 211 stabilisce che, a decorrere dal 2016, confluiscono nel Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale le ulteriori risorse stanziate per gli ammortizzatori sociali (di cui all’art. 19, co. 1, del decreto 185/2008), nella misura di 54 milioni di euro annui.

 

Ammortizzatori sociali

L’articolo 19, comma 1, del D.L. 185/2008 aveva disposto che il potenziamento e l’estensione degli ammortizzatori sociali dovesse avvenire, in primo luogo, attraverso la previsione di una serie di interventi, nell’ambito del Fondo per l’occupazione e nei limiti di specifici stanziamenti, volti a riconoscere l’accesso a specifici istituti di tutela del reddito. In questo ambito fu stabilito l’accesso all’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali per determinate categorie di lavoratori (lettera a)); all’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti ridotti per i lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali (lettera b)); al trattamento sperimentale integrativo per i lavoratori assunti con la qualifica di apprendista, (lettera c)). Le disposizioni richiamate sono state abrogate, dal 1° gennaio 2013, dall’articolo 2, comma 55, della L. 92/2012.

Si segnala che attualmente tali risorse (ai sensi dell’articolo 19, comma 6, del D.L. 185/2008) sono contenute nel capitolo 2230 “Fondo sociale per occupazione e formazione” del Bilancio 2015 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per un pari importo e utilizzate per l’integrazione del Fondo per l’occupazione.

 

Per il 2016 tali risorse sono destinate all’avvio su tutto il territorio nazionale di una misura di contrasto alla povertà, intesa come estensione, rafforzamento e consolidamento della Carta acquisti sperimentale (di cui al comma 2, lettera a) dell’articolo in esame) e vanno ad incrementare il Fondo Carta acquisti (di cui all'art. 81, co. 29, del decreto legge 112/2008, istitutivo della Carta acquisti ordinaria).

 

Rispetto alla formulazione del secondo periodo del comma 211, andrebbe chiarito il motivo per cui il finanziamento di 54 milioni per il 2016 non va ad incrementare immediatamente il Fondo Carta acquisti.

 

Il comma 212 abroga i commi da 51 a 53 dell’articolo 2 della legge 92/2012, n. 92, relativi all’indennità una tantum dei lavoratori a progetto.

 

Più nel dettaglio, il suddetto comma procede all’abrogazione dei commi da 51 a 53 dell’articolo 2 della L. 92/2012 che hanno disciplinato, a decorrere dal 2013, una specifica indennità una tantum (in presenza di determinati presupposti) per i collaboratori coordinati e continuativi di cui all’articolo 61, comma 1, del D.Lgs. 276/2003 (cd. lavoratori a progetto), in regime di monocommittenza, iscritti in via esclusiva alla gestione separata INPS e non titolari anche di reddito di lavoro autonomo.

 

Si segnala che anche i commi da 54 a 56 del citato art. 1 della L. 92/2012, non abrogati dalla disposizione in esame, sono riferiti alla medesima indennità una tantum per i lavoratori a progetto. Si valuti pertanto l’opportunità di estendere l’abrogazione anche a tali disposizioni.

 

Si ricorda che l’art. 52 del D.Lgs. 81/2015 in materia di riordino delle tipologie contrattuali (attuativo della legge delega in materia di lavoro n. 183/2014) ha previsto il superamento del contratto di lavoro a progetto, disponendo l’abrogazione delle disposizioni che regolavano tale fattispecie (articoli 61-69-bis del D.Lgs. 276/2003), le quali continuano ad applicarsi esclusivamente per la regolazione dei contratti già in atto alla data di entrata in vigore del citato D.Lgs. 81/2015 (25 giugno 2015). A partire da tale data, quindi, tali contratti non potranno più essere stipulati, mentre l’articolo 2 del citato D.Lgs. 81/2015 prevede l’applicazione, a decorrere dal 1° gennaio 2016 (con talune eccezioni specificamente individuate), della disciplina del rapporto di lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione che si concretano in una prestazione di lavoro esclusivamente personale, continuativa e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente, anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.

Si fa presente, altresì, che attualmente l'articolo 15 del D.Lgs. 22/2015, di riordino della normativa sugli ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria (attuativo della legge delega in materia di lavoro n. 183/2014, cd Jobs act) prevede, in via sperimentale per il 2015 e in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione involontaria verificatisi dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015, il riconoscimento ai collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, con esclusione degli amministratori e dei sindaci, iscritti in via esclusiva alla gestione separata dell’INPS, che non siano pensionati o titolari di partita IVA, di una nuova indennità di disoccupazione mensile denominata DIS-COLL. I requisiti che i lavoratori debbono possedere per il riconoscimento delle indennità sono: stato di disoccupazione al momento della presentazione della domanda; almeno tre mesi di contribuzione nel periodo intercorrente tra il 1° gennaio dell’anno solare precedente l’evento di cessazione dall’attività lavorativa al predetto evento; almeno un mese di contribuzione, oppure un rapporto di collaborazione di durata almeno pari a un mese dal quale sia derivato un reddito almeno pari alla metà dell’importo che dà diritto all’accredito di un mese di contribuzione, nell’anno solare in cui si verifica la cessazione dell’attività lavorativa.


 

Articolo 1, commi 213-216
(
Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile)

 

 

I commi da 213 a 216 istituiscono un Fondo sperimentale per il contrasto della povertà educativa minorile alimentato da versamenti effettuati dalle fondazioni bancarie. Alle fondazioni è riconosciuto un credito d’imposta, pari al 75 per cento di quanto versato, fino ad esaurimento delle risorse disponibili, pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018. Le relative modalità di intervento sono rinviate ad un protocollo d’intesa tra le fondazioni, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’economia e delle finanze e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

In particolare, il comma 213 istituisce in via sperimentale, per gli anni 2016, 2017 e 2018, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, il “Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile”, alimentato mediante riassegnazione dei versamenti effettuati, ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato, dalle fondazioni di origine bancaria, nell’ambito della propria attività istituzionale. Si prevede che detto Fondo debba essere successivamente trasferito al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Si segnala che l’aggettivo “minorile” è stato aggiunto nel corso dell’esame parlamentare.

 

Il comma 214 prevede la stipula di un protocollo d’intesa tra le fondazioni bancarie, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’economia e delle finanze e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, volto a definire:

§  le modalità di intervento per il contrasto alla povertà educativa, con particolare riguardo a progetti ed attività educativi rivolti ai minori inseriti nel circuito giudiziario (specificazione inserita nel corso dell’esame al Senato);

§  le caratteristiche dei progetti da finanziare;

§  le modalità di valutazione, selezione (anche con il ricorso a valutatori indipendenti) e monitoraggio dei progetti, al fine di assicurare la trasparenza, il migliore utilizzo delle risorse e l’efficacia degli interventi;

§  le modalità di organizzazione e governo del Fondo.

 

Il comma 215 prevede, a favore delle fondazioni che abbiano effettuato un versamento nel Fondo, il riconoscimento di un credito d’imposta, pari al 75 per cento di quanto versato, fino ad esaurimento delle risorse disponibili, pari a 100 milioni di euro per gli anni 2016, 2017 e 2018, secondo l’ordine temporale in cui le fondazioni comunicano l’impegno a finanziare i progetti individuati con il protocollo d’intesa citato.

Nel corso dell’esame al Senato sono stati individuati il momento e la modalità con cui il credito viene riconosciuto: con apposita certificazione del MEF, nel momento in cui le fondazioni trasmettono al Ministero la delibera di impegno irrevocabile al versamento al Fondo delle somme stanziate nei termini e secondo le modalità previsti nel protocollo d’intesa.

 

Il credito deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta di riconoscimento e può essere utilizzato esclusivamente in compensazione (ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997 n. 241), a decorrere dal periodo di imposta nel quale lo stesso è stato riconosciuto. Esso, inoltre, non è soggetto al limite di utilizzo in compensazione dei crediti d’imposta da indicare nel quadro RU dei modelli di dichiarazione dei redditi, vale a dire dei crediti nascenti da agevolazioni concesse alle imprese (articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007, che pone un tetto massimo annuale di 250.000 euro, con eventuale riporto in avanti dell’ammontare eccedente), né è soggetto ai limiti massimi di compensazione di debiti e crediti fiscali, previsti dall’articolo 34 della legge n. 388 del 2000, da ultimo elevati a 700.000 euro per ciascun anno solare (per effetto dell’articolo 9, comma 2 del decreto-legge n. 35 del 2013).

La norma stabilisce inoltre la cedibilità del credito d’imposta da parte delle fondazioni di origine bancaria a intermediari bancari, finanziari e assicurativi, nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 1260 e seguenti del codice civile, e previa adeguata dimostrazione dell'effettività del diritto al credito medesimo.

Si ricorda che un’altra ipotesi di cedibilità del credito d’imposta è stata prevista dall’articolo 51 del decreto-legge n. 83 del 2012, per le imprese di esercizio cinematografico per l’acquisizione di impianti e apparecchiature destinate alla proiezione digitale (tax credit digitale), in favore di banche, assicurazioni oppure del soggetto che ha fornito l'impianto di digitalizzazione. In quel caso si è inteso venire incontro alle aziende medio-piccole del comparto le quali, per la dimensione della loro economia, per l'assenza o limitatezza di dipendenti, nonché per la compresenza di altri crediti d'imposta, di fatto non erano nella condizione di avvantaggiarsi del beneficio.

 

Il comma 216 prevede l’emanazione di un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per l’attuazione del credito d’imposta, incluse le procedure per la concessione del contributo nel rispetto del limite di spesa di 100 milioni per gli anni 2016, 2017 e 2018.

 

Le fondazioni di origine bancaria

Le fondazioni di origine bancaria, nate nell'ambito del processo di privatizzazione delle banche pubbliche (c.d. legge Amato n. 218 del 1990), sono persone giuridiche private senza fine di lucro, dotate di autonomia statutaria e gestionale, che perseguono scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico, secondo quanto previsto dai rispettivi statuti. Le fondazioni, in rapporto prevalente con il territorio, indirizzano la propria attività esclusivamente nei settori ammessi dalla legge, tra cui si segnalano, in quanto connessi alla norma in esame: crescita e formazione giovanile; educazione, istruzione e formazione, incluso l'acquisto di prodotti editoriali per la scuola (articolo 1, comma 1, lett. c-bis), del D.Lgs. n. 153 del 1999).

Attualmente le fondazioni sono 88 e dispongono di ingenti patrimoni (circa 40 miliardi) che devono investire in attività diversificate, prudenti e fruttifere, non avendo un ruolo gestionale nelle banche di cui sono azioniste. Dagli utili derivanti dalla buona gestione di questi investimenti traggono le risorse per sostenere attività d'interesse collettivo sulla base della legge (D.Lgs. n. 153 del 1999) e del loro statuto.

Nel 2014 i proventi derivanti dalla gestione del patrimonio hanno superato i 2,2 miliardi. Dal lato delle erogazioni, 912 milioni di euro sono stati deliberati per la realizzazione dell’attività istituzionale corrente (866,9 per interventi erogativi decisi dalle Fondazioni e 45 per i fondi speciali per il volontariato, in base alla legge 266/91) e 773,5 milioni di euro sono stati destinati ai fondi per il sostegno all’attività erogativa futura. Il carico fiscale - per le imposte dirette, sui proventi percepiti, e indirette, come Irap e Imu, per il 2014 - è stato pari a 423,7 milioni di euro (dato Acri).

Si segnala la Relazione al Parlamento sull’attività svolta dalle fondazioni bancarie (2013) presentata dal MEF.

Il 23 aprile 2015 il Ministero dell'economia e delle finanze (che svolge la funzione di autorità di vigilanza sulle fondazioni di origine bancaria) e l'ACRI, l'associazione rappresentativa delle stesse, hanno firmato un Protocollo d'intesa che definisce in modo più analitico i parametri di riferimento cui le fondazioni conformeranno i comportamenti, con l'obiettivo di migliorare le pratiche operative e rendere più solida la governance.

 

 


 

Articolo 1, comma 217
(Eliminazione della preventiva comunicazione per
erogazioni liberali di derrate alimentari)

 

 

Il comma 217 intende semplificare la cessione gratuita di prodotti facilmente deperibili (alimentari) a enti, associazioni o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficenza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica e alle ONLUS.

In particolare la norma eleva a 15.000 euro (rispetto agli attuali 5.164,57 euro) il limite del costo dei beni gratuitamente ceduti oltre il quale occorre inviare la prescritta comunicazione all’amministrazione finanziaria per poterli consegnare. Inoltre tale comunicazione è resa facoltativa, senza limiti di valore, ove si tratti di beni facilmente deperibili.

 

Il D.P.R. 10 novembre 1997, n. 441 (Regolamento recante norme per il riordino della disciplina delle presunzioni di cessione e di acquisto) prevede, ai fini IVA, che si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti. Viene quindi disciplinata la documentazione che dimostri la consegna dei beni a terzi a titolo non traslativo della proprietà.

L’articolo 2 del citato D.P.R. n. 441 del 1997 stabilisce che la presunzione di cessione suddetta non opera per le cessioni gratuite di beni fatte ad enti pubblici, associazioni riconosciute o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficenza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica e alle ONLUS, a condizione che siano comprovate con le seguenti modalità:

a)     comunicazione scritta da parte del cedente agli uffici dell'amministrazione finanziaria e ai comandi della Guardia di finanza di competenza, con l’indicazione della data, ora e luogo di inizio del trasporto, della destinazione finale dei beni, nonché dell’ammontare complessivo, sulla base del prezzo di acquisto, dei beni gratuitamente ceduti. La comunicazione deve pervenire ai suddetti uffici almeno cinque giorni prima della consegna e può non essere inviata qualora l'ammontare del costo dei beni stessi non sia superiore a lire dieci milioni (tale limite è stato elevato a 15.000 euro dalla norma in esame);

b)     emissione della bolla di accompagnamento, prevista dal DPR 14 agosto 1996, n. 472, progressivamente numerata;

c)     dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, con la quale l'ente ricevente attesti natura, qualità e quantità dei beni ricevuti.

 

Il comma in esame eleva a 15.000 euro il limite oltre il quale è necessario inviare la predetta comunicazione e a renderla facoltativa per i beni facilmente deperibili.

 


 

Articolo 1, comma 218
(Fondo per il sostegno alle persone con disabilità grave)

 

 

Il comma 218, non modificato dal Senato, istituisce presso il Ministero dell’economia e delle finanze un Fondo, con una dotazione di 90 milioni di euro a decorrere dall’anno 2016, destinato al finanziamento di misure per il sostegno delle persone con disabilità grave, in particolare stato di indigenza, e prive di legami familiari di primo grado.

 

Le modalità di utilizzo del Fondo vengono definite con decreto di natura non regolamentare sul quale va acquisita l’intesa della Conferenza Stato Regioni.

 

L’istituzione del Fondo va posta in relazione con l’esame in sede referente, presso la XII Commissione Affari sociali della Camera, del testo unificato di alcune proposte di legge (A.C. 698 ed abb.) recante “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone affette da disabilità grave prive del sostegno familiare”: più specificamente la Commissione ha concluso l'esame degli emendamenti presentati al testo unificato che è stato trasmesso alle commissioni competenti in sede consultiva. Finalità del provvedimento, in attuazione dei principi costituzionali, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, è quella di favorire il benessere, l'inclusione e l'autonomia delle persone con disabilità. Più specificamente destinatari delle previste misure di assistenza cura e protezione sono le persone con disabilità grave non determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità, prive di sostegno familiare, in quanto mancanti di entrambi i genitori (c.d. "dopo di noi", espressione con cui ci si riferisce al periodo di vita dei disabili successivo alla scomparsa dei genitori/familiari) o perché gli stessi non sono in grado di sostenere le responsabilità della loro assistenza. In tal senso, le misure prevedono la progressiva presa in carico della persona disabile durante l'esistenza in vita dei genitori, e rafforzano quanto già previsto in tema di progetti individuali per le persone disabili. Restano comunque salvi i livelli essenziali di assistenza e gli altri benefici previsti dalla legislazione vigente in favore delle persone disabili. Il testo unificato agevola anche le erogazioni di soggetti privati e la costituzione di trust in favore dei disabili.

 


 

Articolo 1, comma 219
(Finanziamento Ente nazionale protezione e assistenza sordi)

 

 

Il comma 219, inserito nel corso dell’esame al Senato, autorizza la spesa di un milione di euro, per l’anno 2016, in favore dell’Ente nazionale per la protezione e assistenza dei sordi, con vincolo di destinazione alla creazione ed al funzionamento annuale del costituendo Centro per l’autonomia della persona sorda con sede in Roma.

 

 

Ai sensi della legge n. 698/1950[99], che ha abrogato la legge n.889/1942, l’Ente nazionale per la protezione ed assistenza dei sordomuti è riconosciuto come ente morale con sede in Roma; esso è costituito dalla collettività dei sordomuti che ne sono soci ed ha una serie di finalità tra le quali quella di avviare i sordomuti alla vita sociale, agevolare il loro collocamento al lavoro, collaborare con le amministrazioni dello Stato nonché con gli Enti e gli Istituti che hanno per oggetto l’assistenza, l’educazione e l’attività dei sordomuti. A seguito dell’emanazione del D.P.R. 31 marzo 1979[100], l’Ente ha perso la personalità giuridica di diritto pubblico ed ha assunto quella di diritto privato.

 


 

Articolo 1, comma 220
(Fondo per le non autosufficienze)

 

 

Il comma 220, non modificato dal Senato, incrementa lo stanziamento del Fondo per le non autosufficienze, anche ai fini del finanziamento degli interventi a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA), di 150 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2016.

 

Poiché la legge di stabilità 2015 (legge 190/2014) aveva fissato dal 2016 lo stanziamento del Fondo in 250 milioni di euro annui, lo stanziamento a regime, a decorrere dal 2016, risulta pari a 400 milioni.

 

Il Fondo per le non autosufficienze è stato istituito dall'art. 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge finanziaria 2007) per dare copertura ai costi di rilevanza sociale dell'assistenza socio-sanitaria, con l'intento di fornire sostegno a persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti, e favorirne la permanenza presso il proprio domicilio evitando il rischio di istituzionalizzazione. Le risorse sono aggiuntive rispetto a quelle destinate alle prestazioni e ai servizi in favore delle persone non autosufficienti da parte delle Regioni e delle autonomie locali. Le risorse del Fondo per le non autosufficienze sono ripartite annualmente con decreto.

Nel 2015, la legge di stabilità 2015 (comma 159 della legge 190/2014) ha disposto per il Fondo per le non autosufficienze un finanziamento di 400 milioni per il 2015 e uno stanziamento a regime di 250 milioni a decorrere dal 2016. Lo stanziamento del Fondo è finalizzato anche al finanziamento degli interventi a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA).

Pertanto, con l’incremento disposto dall’articolo in esame, lo stanziamento a regime del Fondo, a decorrere dal 2016, diviene pari a 400 milioni di euro.

 


 

Articolo 1, commi 221 e 222
(Attività sportive per soggetti disabili)

 

 

I commi 221 e 222, inseriti durante l’esame al Senato, recano un incremento di 0,5 milioni di euro, dal 2016, dello stanziamento destinato al Comitato italiano paralimpico (CIP), da attribuire al programma internazionale Special Olympics Italia, destinato a soggetti con disabilità intellettiva.

 

Si ricorda che il Comitato italiano paralimpico (CIP), già Federazione italiana sport disabili, è stato istituito con L. 189/2003. Sulla base dell’art. 2 della stessa legge, è intervenuto il D.P.C.M. 8 aprile 2004 (G.U. 4 maggio 2004, n. 103), che ha individuato le attività svolte dalla stessa Federazione, quale Comitato Italiano Paralimpico. Ai sensi dell’art. 1 del D.P.C.M., il CIP, tra l’altro, riconosce e coordina le federazioni, le organizzazioni e le discipline sportive riconosciute dall'International Parolympic Committee (IPC) e/o dal Comitato internazionale olimpico, o comunque operanti sul territorio nazionale, che curano prevalentemente l'attività sportiva per disabili.

Nel sito dedicato è evidenziato che Special Olympics - programma internazionale di allenamento sportivo e competizioni atletiche per ragazzi ed adulti con disabilità intellettiva - è nato nel 1968 negli Stati Uniti e che con un protocollo d'intesa firmato il 15 febbraio 1988 la Commissione Olimpica Internazionale ha ratificato una convenzione nella quale ha riconosciuto ufficialmente Special Olympics.

Dallo stesso sito si evince che in Italia Special Olympics è stato inserito nell’ambito dell’attività della Federazione italiana sport disabili (FISD) per circa 15 anni. Dal 1° ottobre 2003, ha raggiunto una maggiore autonomia ed è stato approvato un nuovo statuto. In base a quest’ultimo, Special Olympics Italia è un’associazione sportiva dilettantistica che non ha scopo di lucro e persegue esclusivamente finalità di solidarietà sociale. Le attività dell’associazione e le relative iniziative di formazione si svolgono in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del Comitato internazionale olimpico e del CONI e nel rispetto delle competenze che la legge attribuisce al CIP.

 

Con riferimento al finanziamento del CIP, si ricorda che l’art. 1, co. 190, della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015) ha stabilizzato lo stesso, autorizzando la spesa di 7 milioni di euro annui a decorrere dal 2015. In precedenza il CIP aveva goduto di finanziamenti a carico del bilancio statale disposti annualmente, a partire da quello previsto dall'art. 1, co. 580, della L. 266/2005, richiamata nel testo[101].

Le risorse sono allocate sul cap. 2132 dello stato di previsione del MEF.

Si ricorda, peraltro, che, che l’art. 8, co. 1, lett. f), della L. 124/2015, conferendo una delega al Governo, ha indicato fra i principi e criteri direttivi lo “scorporo” del CIP dal CONI (in realtà, in base allo Statuto, il CIP è posto sotto la vigilanza" del CONI, piuttosto che "incorporato" nello stesso), con conseguente trasformazione dello stesso in ente autonomo di diritto pubblico, prevedendo che la trasformazione non deve comportare oneri per la finanza pubblica, in quanto il CIP dovrà utilizzare per le sue attività “parte delle risorse finanziarie attualmente in disponibilità o attribuite al CONI” (nonché avvalersi, per le attività strumentali, di CONI Servizi spa, secondo modalità stabilite in apposito contratto di servizio).

 

Sembrerebbe più opportuno fare riferimento all’autorizzazione di spesa di cui all’art. 1, co. 190, della L. 190/2014, piuttosto che a quella di cui all’art. 1, co. 580, della L. 266/2005.

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Articolo 1, comma 223
(Sperimentazione clinica per pazienti affetti da SLA)

 

 

Il comma 223, inserito nel corso dell’esame al Senato, sostituendo il comma 2-bis dell’articolo 2 del decreto legge n. 24/2013[102] , prevede che il Comitato interministeriale per la programmazione economica, in attuazione dell’articolo 1, comma 34 della legge n. 662/1996[103], vincola – su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza stato-Regioni - una quota del Fondo sanitario nazionale, per un importo fino ad 1 milione di euro per l’anno 2017 e fino a 2 milioni di euro per l’anno 2018, per lo svolgimento della sperimentazione clinica di fase II basata sul trapianto di cellule staminali cerebrali umane in pazienti affetti da Sclerosi Laterale Amiotrofica[104].

La sperimentazione deve essere condotta nel rispetto delle modalità e dei termini previsti dal decreto legislativo n. 211/2003[105], nonché secondo la normativa internazionale vigente e in accordo con le vigenti linee guida europee, con cellule prodotte secondo il regime GMP (Good Manufacturing Practice) certificato dall’Agenzia italiana del farmaco.

Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

 

In proposito va ricordato che il comma 34 dell’articolo 1 della legge n. 662/1996 dispone che il CIPE, su proposta del Ministro della sanità, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, può vincolare quote del Fondo sanitario nazionale alla realizzazione di specifici obiettivi del Piano sanitario nazionale, con priorità per i progetti sulla tutela della salute materno-infantile, della salute mentale, della salute degli anziani nonché per quelli finalizzati alla prevenzione, e in particolare alla prevenzione delle malattie ereditarie, nonché alla realizzazione degli obiettivi definiti dal Patto per la salute purché relativi al miglioramento dell'erogazione dei LEA.

 

Una sperimentazione clinica è uno studio medico effettuato per testare gli effetti di un nuovo farmaco o di un farmaco già esistente, di una cura biologica o di un dispositivo medicale in grado di curare o limitare una malattia già identificata[106]. L’obiettivo principale di una sperimentazione clinica consiste nel confrontare 2 o più gruppi di soggetti, utilizzando 2 o più cure al fine di determinare l’efficacia di un farmaco o di una cura biologica.

Gli studi clinici devono essere svolti con accuratezza e nel rispetto dei codici etici, al fine di proteggere i pazienti da inutili effetti secondari e consentire un’analisi precisa delle informazioni sulla malattia.

Gli studi clinici su nuove molecole vengono svolti in generale in tre fasi, coinvolgendo un numero elevato di persone. Quando la molecola è già conosciuta, per un’altra indicazione terapeutica, si passa direttamente alle sperimentazioni di fase II.

Gli studi della fase IV sono i più lunghi e hanno inizio una volta che il farmaco è stato immesso sul mercato (studi post marketing); allo scopo di valutare gli effetti indesiderati o le proprietà farmaceutiche evidenziate durante le prime tre fasi.

 

Fase I:

Gli studi hanno lo scopo di determinare la sicurezza di un farmaco e conoscere la sua farmacocinetica (ossia ciò che accade al farmaco nel corpo umano: assorbimento, metabolismo, eliminazione e escrezione).

Questi studi sono generalmente di breve durata (durano da qualche giorno a qualche mese) e coinvolgono un piccolo numero di volontari sani persone senza malattia diagnosticata che desiderano partecipare ad una sperimentazione clinica) che sono ricoverati in ospedale, durante la sperimentazione, per essere seguiti più da vicino. Si cerca di determinare la dose massima di farmaco tollerato, così come gli effetti secondari che possono verificarsi con concentrazioni diverse.

Circa il 70% dei farmaci testati supera la fase iniziale di sperimentazione.

Una volta che si è dimostrata la sicurezza del farmaco ne viene testate l’efficacia.

 

Fase II:

Questi studi hanno una durata che varia da qualche mese a 2 anni e sono condotti su un piccolo gruppo omogeneo di pazienti(da 10 a 40 pazienti).

Questi permettono di studiare l'efficacia del prodotto e determinare la più piccola dose efficace e la migliore posologia per la fase III.

Solo un terzo dei farmaci sperimentati completano con successo gli studi di fase I e II.

 

Fase III:

Si tratta di studi comparativi effettuati su diverse centinaia di pazienti. Questo confronto è basato sulla randomizzazione dei trattamenti. Il trattamento in corso di valutazione è confrontato con un placebo, o con un farmaco di riferimento per l’indicazione terapeutica studiata. Questi studi di fase III consentono di determinare la tolleranza e l'efficacia del prodotto quindi di valutare il rapporto rischio/beneficio del farmaco.

Sono studi ad ampia scala condotti quasi sempre nell’arco di uno o più anni. Sulla base dei risultati ottenuti dopo la fase III, le aziende farmaceutiche possono inviare una richiesta di autorizzazione all’immissione in commercio alle autorità sanitarie competenti.

 

Fase IV: (post marketing)

Questi studi permettono ai ricercatori di affinare la loro conoscenza sul farmaco: confrontando il farmaco con altri prodotti già presenti sul mercato; valutando gli effetti a lungo termine sulla qualità della vita del paziente; determinando il rapporto costo-beneficio del farmaco in rapporto ad altri.

Questi studi difficilmente si esauriscono e permettono alle aziende farmaceutiche di argomentare la revisione dell’autorizzazione all’immissione in commercio ogni 5 anni.


 

Articolo 1, commi 224-226
(Adozioni internazionali)

 

 

Il comma 224, non modificato al Senato, istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un autonomo Fondo per le adozioni internazionali, dotato di 15 milioni annui, a decorrere dal 2016. Il Fondo per le politiche per la famiglia – presso il quale le risorse per il sostegno a tali adozioni erano finora appostate – viene conseguentemente ridotto di pari entità dal comma 225. La gestione del Fondo per le adozioni internazionali è assegnata al segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri. Per coordinamento, il comma 226 elimina dalle finalizzazioni del Fondo per le politiche della famiglia, previste dalla legge finanziaria 2007, il sostegno alle adozioni internazionali e alla relativa Commissione.

 

In particolare, la finalizzazione delle risorse del Fondo per le adozioni internazionali, istituito con il comma 224, riguarda il sostegno alle politiche sulle adozioni internazionali ed il funzionamento della relativa Commissione.

La Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI) presso la Presidenza del Consiglio è l'autorità centrale del nostro Paese in materia di adozioni internazionali e garantisce che le adozioni di bambini stranieri avvengano nel rispetto dei principi stabiliti dalla Convenzione de L'Aja del 29 maggio 1993 sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale.

Si ricorda che il precedente analogo Fondo (v. ultra) aveva come unica finalità il rimborso delle spese sostenute dai genitori adottivi per l'espletamento della procedura di adozione del minore straniero.

 

Il Fondo per le adozioni internazionali dovrà essere trasferito al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio e, nelle more del processo di riorganizzazione della Presidenza previsto dalla legge n. 124 del 2015 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), le relative risorse saranno gestite dal Segretariato generale della stessa Presidenza.

Si ricorda che già la legge 311 del 2004 (L. finanziaria 2005) aveva istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, un Fondo per il sostegno delle adozioni internazionali, finalizzato al rimborso delle spese sostenute dai genitori adottivi per l'espletamento della procedura di adozione disciplinata dalla legge 184 del 1983 (art. 1, comma 152). Il Fondo aveva una dotazione per il 2005 di 10 milioni di euro. Con D.P.C.M. 28 giugno 2005 furono stabiliti i limiti di reddito per l’accesso al Fondo, le modalità di presentazione delle domande nonché l’ammontare delle spese rimborsabili.

Successivamente, le risorse per le adozioni internazionali sono confluite nel Fondo per le Politiche della Famiglia, istituito dall’art. 19, comma 1 del decreto legge 223 del 2006. L’art. 1, comma 1250, della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006), incrementando di 210 mln di euro il Fondo per le politiche della famiglia, aveva esplicitamente previsto tra le sue finalità il sostegno delle adozioni internazionali nonché il pieno funzionamento della Commissione per le adozioni internazionali.

L’ultima legge di stabilità (L. 190 del 2014 - L. stabilità 2015) ha previsto per il Fondo per le politiche della famiglia un incremento di 5 milioni di euro dal 2015 al fine di sostenere le adozioni internazionali. (art. 1, co. 132).

Per coordinamento, il comma 225 prevede che il Fondo per le politiche per la famiglia venga conseguentemente ridotto di pari entità (15 milioni).

Analogamente, il comma 226 elimina dalle finalizzazioni del Fondo per le politiche per la famiglia previste dal citato articolo 1, comma 1250, della legge finanziaria 2007 lo scopo di sostenere le adozioni internazionali e garantire il pieno funzionamento della relativa Commissione.

 


 

Articolo 1, comma 227
(Contributo Associazione Nazionale Privi della Vista)

 

 

Il comma 227, inserito nel corso dell’esame al Senato, sostituendo il comma 466 della legge n. 244/2007 (Legge finanziaria 2008), stabilisce le modalità di riparto del contributo annuo dello Stato all’Unione italiana ciechi, di cui alla legge n. 379/1993[107], avente, nella normativa fino ad ora vigente, il vincolo di destinazione a specifici enti formativi.

La norma dispone che il citato contributo sia erogato per l’85% agli enti di formazione destinatari e, per il restante 15 per cento, sia destinato all'Associazione Nazionale Privi di Vista e Ipovedenti ONLUS - per le esigenze del Centro Autonomia e mobilità (avente sede a Campagnano di Roma) e della connessa scuola per cani guida per ciechi - ed al Polo tattile multimediale di Catania della Stamperia Regionale Braille ONLUS. Si prevede, inoltre, che il riparto tra i quattro soggetti sia operato con provvedimento del Ministero dell'interno, su proposta dell'Unione italiana ciechi e tenuto conto dei progetti di attività presentati dai medesimi soggetti. Nella normativa vigente, invece, il contributo è ripartito annualmente dall'Unione italiana ciechi (sulla base dei programmi e dell'organizzazione sul territorio dei due Istituti suddetti). Gli enti citati sono tenuti agli adempimenti di rendicontazione di cui all’articolo 2 della legge 379/1993.

 

Va ricordato che la citata legge. 379/1993, a decorrere dal 1993, ha destinato un contributo annuo, con vincolo di destinazione all'Istituto per la ricerca, la formazione e la riabilitazione (I.RI.FO.R.) ed all'Istituto europeo ricerca, formazione orientamento professionale (I.E.R.F.O.P.), ripartito annualmente dall'Unione italiana ciechi sulla base dei programmi e della organizzazione sul territorio dei predetti Istituti.

Il suddetto contributo è stato previsto dall’art. 1, co. 1, della L. n. 279/1993, per un ammontare pari a 2.500 milioni di lire (1.291.241 euro). Successivamente, il D.L. 203/2005 (L. n. 248/2005), co. 10, art. 11 quaterdecies, ha aumentato il contributo a 2.300.000 euro, a decorrere dal 2006. La legge di stabilità 2012 (L. 183/2011), co. 18, art. 4, ha tuttavia fissato, dal 2012, tale contributo in euro 291.142. Contestualmente, all’art. 33, co. 35, la legge di stabilità 2012 ha disposto specifico ammontare e ripartizione del contributo a favore dei predetti enti per il 2011 e 2012: il 35% all'Istituto per la ricerca, la formazione e la riabilitazione (I.RI.FO.R. Onlus), per il 50% I.R.F.A. (Istituto per la riabilitazione e la formazione ANMIL onlus) e per il restante 15% all'Istituto europeo per la ricerca, la formazione e l'orientamento professionale (I.E.R.F.O.P. onlus).

Da ultimo, la legge di stabilità 2014 (L. 147/2013), all’art.1, co. 192, ha specificamente fissato, per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, in 1 milione di euro il contributo in favore dell'I.R.F.A. (Istituto per la riabilitazione e la formazione ANMIL Onlus).


 

Articolo 1, commi 228 e 229
(Contributi per biblioteche per ciechi o ipovedenti)

 

 

Il comma 228 incrementa di 2 milioni di euro il contributo, per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, in favore della Biblioteca italiana per i ciechi “Regina Margherita” di Monza. Il contributo è attualmente previsto dall’articolo 1 delle legge n. 260 del 2002.

Il comma 229 assegna alla Biblioteca italiana per ipovedenti “B.I.I. Onlus” un contributo di 100.000 euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018.

I commi sono stati introdotti durante l'esame in Senato

 

La Biblioteca Italiana per Ciechi "Regina Margherita" - ONLUS, fondata nel 1928 dall’Unione Italiana Ciechi, ha la finalità di soddisfare le diverse esigenze culturali e di apprendimento dei minorati della vista.

Il patrimonio librario – che consiste in oltre 50 mila titoli, tra opere in braille, su audiocassetta, su supporto informatico e opere in caratteri ingranditi – copre diversi settori disciplinari e si indirizza a differenti fasce di lettori. La sua produzione varia da opere di letteratura, ad opere scientifiche o di carattere informativo, a spartiti e manuali didattici per la musica.

I volumi sono disponibili per il prestito sul territorio nazionale ed estero.

Il Centro di Documentazione Tiflologica di Roma della Biblioteca Italiana per Ciechi – creato con l'intento di promuovere lo studio delle problematiche inerenti l'handicap visivo – raccoglie la produzione scientifica di argomento tiflologico ed offre ai suoi utenti l'accesso ai documenti e all'informazione, attraverso l'utilizzo di cataloghi, bollettini, bibliografie.

Il Centro coordina anche i 16 Centri di Consulenza Tiflodidattica che la Biblioteca Italiana per Ciechi e la Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi hanno istituito sul territorio nazionale. I Centri garantiscono consulenze specifiche, attività di informazione e formazione, di ricerca e di affiancamento alle famiglie, al fine di individuare le necessità educative, culturali e ludico-ricreative.

La Biblioteca Italiana per Ipovedenti (B.I.I.) è una ONLUS con sede in Treviso con la finalità di promuovere, in tutta Italia, la lettura tra persone con minorazioni visive non classificabili legalmente e tra le persone anziane affette da disturbi visivi legati all'età.

 


 

Articolo 1, commi 230-236
(Misure per far fronte alle esigenze
della ricostruzione connesse agli stati di emergenza)

 

 

I commi da 230 a 236 contengono disposizioni finalizzate a disciplinare la concessione di contributi con le modalità del finanziamento agevolato – nel limite massimo di 1.500 milioni di euro - ai soggetti privati e alle attività economiche e produttive danneggiati da eventi calamitosi per i quali il Consiglio dei Ministri ha deliberato la dichiarazione dello stato di emergenza (commi 230 e 231). Nel corso dell’esame al Senato è stato specificato che il finanziamento deve essere erogato al netto di eventuali indennizzi per polizze assicurative stipulate per le medesime finalità.

Al soggetto beneficiario del finanziamento agevolato è attribuito un credito di imposta, fruibile esclusivamente in compensazione, pari all'importo ottenuto sommando al capitale gli interessi dovuti e le spese. Le modalità di fruizione sono stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate nel limite di 60 milioni di euro annui a decorrere dal 2016 (commi 232-236).

 

In particolare, il comma 230 disciplina la concessione di contributi a favore di soggetti privati e attività economiche e produttive, con le modalità del finanziamento agevolato, in relazione alle ricognizioni dei fabbisogni completate dai Commissari delegati e trasmesse al Dipartimento della Protezione Civile per la successiva istruttoria. In tal modo, secondo quanto prevede esplicitamente la norma, si intende dare avvio alle misure volte a fronteggiare i danni conseguenti al verificarsi di eventi calamitosi.

La lettera d) del comma 2 dell’art. 5 della L. 225/1992 stabilisce che con le ordinanze di protezione civile, emanate in seguito alla dichiarazione dello stato di emergenza conseguente al verificarsi di eventi calamitosi, si dispone in ordine alla “ricognizione dei fabbisogni per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture, pubbliche e private, danneggiate, nonché dei danni subiti dalle attività economiche e produttive, dai beni culturali e dal patrimonio edilizio, da porre in essere sulla base di procedure definite con la medesima o altra ordinanza”.

 

Lo stesso comma precisa che le finalità da perseguire e i criteri a cui attenersi nella concessione dei citati contributi dovranno essere stabiliti con apposite deliberazioni del Consiglio dei Ministri.

Le stesse deliberazioni provvederanno ad indicare le Amministrazioni pubbliche che provvederanno alla concessione dei contributi in questione.

Con riferimento a tali deliberazioni, il comma in esame dispone che esse dovranno essere assunte ai sensi della lettera e) del citato articolo 5, comma 2.

Tale lettera stabilisce che con le ordinanze si dispone, nel limite delle risorse disponibili, in ordine all'avvio dell'attuazione delle prime misure per far fronte alle esigenze urgenti (per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture, pubbliche e private, danneggiate, nonché dei danni subiti dalle attività economiche e produttive, dai beni culturali e dal patrimonio edilizio), entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili e secondo le direttive dettate con delibera del Consiglio dei ministri, sentita la Regione interessata.

 

Il comma 231, sempre al fine di far fronte ai danni occorsi al patrimonio privato e alle attività economiche e produttive danneggiati da calamità, prevede disposizioni volte alla concessione di finanziamenti agevolati assistiti da garanzia dello Stato ai soggetti danneggiati dagli eventi calamitosi:

§  nel limite massimo pari a 1.500 milioni di euro;

§  e comunque nei limiti delle disponibilità di cui al comma 235.

 

La disposizione in esame si applica ai medesimi territori individuati dalle deliberazioni del Consiglio dei Ministri adottate ai sensi del comma 230.

In tali territori e per le finalità suindicate, viene consentito ai soggetti autorizzati all'esercizio del credito operanti nei medesimi territori, di contrarre finanziamenti, secondo contratti tipo definiti con apposita convenzione con l'Associazione bancaria italiana (ABI), assistiti dalla garanzia dello Stato. Si prevede l’intervento di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., secondo quanto previsto dall’articolo 5, comma 7, lettera a), secondo periodo, del decreto-legge n. 269 del 2003.

La richiamata lettera a) del comma 7 dispone, al primo periodo, che la CDP S.p.A. finanzia sotto qualsiasi forma lo Stato, le regioni, gli enti locali, gli enti pubblici e gli organismi di diritto pubblico, utilizzando fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale e di buoni fruttiferi postali, assistiti dalla garanzia dello Stato e distribuiti attraverso Poste italiane S.p.A. o società da essa controllate, e fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato.

Il successivo secondo periodo stabilisce che l'utilizzo dei citati fondi è consentito anche per il compimento di ogni altra operazione di interesse pubblico prevista dallo statuto sociale della CDP S.p.A. effettuata nei confronti dei medesimi soggetti di cui al primo periodo, o dai medesimi promossa, nonché nei confronti di soggetti privati per il compimento di operazioni nei settori di interesse generale individuati dal Ministro dell'economia e delle finanze (con apposito decreto), tenuto conto della sostenibilità economico-finanziaria di ciascuna operazione.

La garanzia dello Stato è elencata nell'allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

Ciò nel rispetto dell’art. 31 della L. 196/2009, secondo cui in allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze sono elencate le garanzie principali e sussidiarie prestate dallo Stato a favore di enti o altri soggetti.

 

L’attuazione delle disposizioni dettate dal comma in esame viene demandata ad appositi decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, che dovranno:

§  concedere la garanzia dello Stato e definire i criteri e le modalità di operatività della stessa;

§  definire le modalità di monitoraggio ai fini del rispetto dell'importo massimo dei finanziamenti.

 

Al soggetto beneficiario del finanziamento agevolato è attribuito un credito di imposta, fruibile esclusivamente in compensazione, pari all'importo ottenuto sommando al capitale gli interessi dovuti e le spese necessarie alla gestione dei finanziamenti. Le modalità di fruizione del credito di imposta sono stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate nel limite di 60 milioni di euro annui a decorrere dal 2016. II credito di imposta è revocato, in tutto o in parte, nell'ipotesi di risoluzione totale o parziale del contratto. I finanziamenti agevolati hanno una durata massima venticinquennale. I relativi contratti devono prevedere specifiche clausole risolutive espresse, per i casi di mancato o ridotto impiego del finanziamento ovvero di utilizzo per finalità diverse (commi 232-236).

 

Si evidenzia che tale meccanismo di finanziamento agevolato, assistito dalla garanzia dello Stato e associato ad un credito d’imposta, ricalca quello previsto dall’articolo 3-bis del decreto-legge n. 95 del 2012 (e successive modifiche e integrazioni) a favore della popolazione colpita dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto.

Al riguardo si ricorda che l'articolo 11, comma 11-quater, del decreto-legge n. 76 del 2013, analogamente a quanto prevede la norma in esame, ha precisato che sono assistiti da garanzia statale non solo i finanziamenti contratti dalle banche per acquisire le risorse, ma anche i finanziamenti da esse concessi ai soggetti danneggiati dagli eventi sismici per la ricostruzione. La norma ha chiarito, inoltre, che il limite massimo della garanzia statale (in quel caso di 6 miliardi) è riferito ai finanziamenti concessi ai soggetti danneggiati, e non a quelli contratti dalle banche.

 

Si demanda ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate il compito di definire le modalità di fruizione del credito di imposta, nel limite di 60 milioni di euro annui a decorrere dal 2016. Il credito di imposta è revocato, in tutto o in parte, nell'ipotesi di risoluzione totale o parziale del contratto di finanziamento agevolato.

 

Il comma 233 dispone che il soggetto che eroga il finanziamento debba comunicare all'Agenzia delle entrate, con modalità telematiche, gli elenchi dei soggetti beneficiari, l'ammontare del finanziamento concesso a ciascun beneficiario, il numero e l'importo delle singole rate.

Nel corso dell’esame al Senato, il comma in esame è stato integrato al fine di specificare che l'ammontare del finanziamento è erogato al netto di eventuali indennizzi per polizze assicurative stipulate per le medesime finalità da dichiarare al momento della richiesta del finanziamento agevolato.

 

Il comma 234 disciplina le modalità di erogazione dei finanziamenti agevolati, che hanno una durata massima venticinquennale. In particolare, essi sono erogati e posti in ammortamento sulla base degli stati di avanzamento lavori relativi all'esecuzione dei lavori, alle prestazioni di servizi e alle acquisizioni di beni necessari all'esecuzione degli interventi ammessi a contributo dalle amministrazioni pubbliche finanziatrici.

Si prevede, inoltre, che i contratti di finanziamento prevedano specifiche clausole risolutive espresse, anche parziali, per i casi di mancato o ridotto impiego del finanziamento, ovvero di utilizzo anche parziale del finanziamento per finalità diverse da quelle indicate nell’articolo in esame. Nei casi di risoluzione del contratto di finanziamento, il soggetto finanziatore chiede al beneficiario la restituzione del capitale, degli interessi e di ogni altro onere dovuto. In mancanza di tempestivo pagamento spontaneo, lo stesso soggetto finanziatore comunica alle amministrazioni pubbliche che hanno stanziato i contributi, per la successiva iscrizione a ruolo, i dati identificativi del debitore e l'ammontare dovuto, fermo restando il recupero da parte del soggetto finanziatore delle somme erogate e dei relativi interessi nonché delle spese strettamente necessarie alla gestione dei finanziamenti, non rimborsati spontaneamente dal beneficiario, mediante compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (il quale prevede la facoltà del contribuente di compensare debiti e crediti d'imposta). Le somme riscosse a mezzo ruolo sono versate in apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per le emergenze nazionali istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione civile.

 

Il comma 235 prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 31 marzo di ciascun anno, verifichi l'andamento della concessione di finanziamenti agevolati e del relativo tiraggio, al fine di valutare l'importo dei finanziamenti che possono essere annualmente concessi nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, fermo restando il limite massimo di 1.500 milioni di euro.

Nel corso dell’esame al Senato, il comma in esame è stato integrato al fine di stabilire che il predetto Ministero provveda alla comunicazione, al Dipartimento della Protezione Civile, entro il termine del 31 marzo, dell'esito della verifica in questione.

 

Il comma 236 prevede che le modalità attuative del presente articolo siano definite con ordinanze di protezione civile adottate:

§  d'intesa con le regioni rispettivamente interessate;

§  e di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.

La definizione delle modalità attuative attraverso le ordinanze, secondo il medesimo comma, è volta ad assicurare:

§  uniformità di trattamento;

§  un efficace monitoraggio sull'utilizzo delle risorse;

§  il rispetto del limite massimo di 1.500 milioni di euro previsto dal comma 231.

 


 

Articolo 1, commi 237-242
(Misure per il completamento della ricostruzione nei territori
colpiti dal sisma del 2009 in Abruzzo)

 

 

I commi da 237 a 242, inseriti nel corso dell’esame al Senato, dettano una serie di disposizioni finalizzate al completamento degli interventi di ricostruzione in corso nei territori colpiti dal sisma del 6 aprile 2009 in Abruzzo. Per la finalità indicata, infatti, il comma 237 autorizza i comuni del cratere sismico a prorogare o rinnovare, per gli anni 2016-2017, i contratti stipulati sulla base della normativa emergenziale. I successivi commi 239 e 240 prorogano di un ulteriore triennio la possibilità di impiegare 25 unità di personale a tempo determinato in ciascuno dei due Uffici speciali per la ricostruzione a seguito del sisma in Abruzzo, competenti rispettivamente uno per la città dell'Aquila e uno per gli altri comuni del cratere (di cui all'articolo 67-ter, comma 2, del D.L. 83/2012) e di prorogare, sempre per il triennio, i contratti in essere.

I restanti commi contengono le necessarie norme di copertura degli oneri.

 

In particolare, il comma 237, al fine di completare le attività finalizzate alla ricostruzione del tessuto urbano, sociale e occupazionale dei territori colpiti, autorizza i comuni del cratere sismico a prorogare o rinnovare, per gli anni 2016-2017 e alle medesime condizioni giuridiche ed economiche, i contratti stipulati sulla base della normativa emergenziale.

Tale autorizzazione opera in deroga alle vigenti normative in materia di vincoli alle assunzioni a tempo determinato presso le amministrazioni pubbliche.

Alle proroghe/rinnovi dei suddetti contratti non si applicano le sanzioni previste dalla normativa vigente, anche nel caso di trasformazione del contratto a tempo indeterminato.

 

Il successivo comma 238 provvede alla copertura degli oneri derivanti dal comma 237, quantificati sulla base delle esigenze effettive documentate dalle amministrazioni centrali e locali istituzionalmente preposte all'attività della ricostruzione, mediante l'utilizzo delle somme stanziate dalla tabella E della legge n. 190 del 2014, nell'ambito della quota destinata dal CIPE al finanziamento di servizi di natura tecnica e assistenza qualificata.

 

Il comma 239 proroga di un ulteriore triennio la possibilità di impiegare 25 unità di personale a tempo determinato in ciascuno dei due Uffici speciali per la ricostruzione a seguito del sisma in Abruzzo, competenti rispettivamente uno per la città dell'Aquila e uno per gli altri comuni del cratere (di cui all'articolo 67-ter, comma 2, del D.L. 83/2012).

 

Il comma 240 consente di prorogare, sempre per il triennio, i contratti in essere con il personale in servizio presso gli Uffici Speciali per la ricostruzione.

 

L’ambito di applicazione della norma in esame riguarda il personale selezionato all’esito della procedura comparativa pubblica, di cui alle intese sulla costituzione dell’Ufficio speciale per la città dell’Aquila, del 7 agosto 2012, e sulla costituzione dell’Ufficio speciale per i comuni del cratere, del 9-10 agosto 2012, stipulate ai sensi dell’articolo 67-ter, comma 3, del D.L. 83/2012.

Il comma in esame stabilisce altresì, analogamente a quanto dispone il comma 237, che la proroga dei contratti, alle medesime condizioni giuridiche ed economiche, può avvenire anche in deroga alle vigenti normative in materia di vincoli alle assunzioni a tempo determinato presso le amministrazioni pubbliche.

Sempre in analogia al comma 237, viene disposto che ai contratti così prorogati non sono applicabili le sanzioni previste dalla normativa vigente, ivi compresa la sanzione della trasformazione del contratto a tempo indeterminato.

 

L'art. 67-ter, comma 2 – al fine di assicurare prioritariamente il completo rientro a casa degli aventi diritto, il ripristino delle funzioni e dei servizi pubblici, l'attrattività e lo sviluppo economico-sociale dei territori interessati, con particolare riguardo al centro storico monumentale della città dell'Aquila, nonché per contemperare gli interessi delle popolazioni colpite dal sisma con l'interesse al corretto utilizzo delle risorse pubbliche, in considerazione della particolare configurazione del territorio – ha previsto l’istituzione di due Uffici speciali per la ricostruzione, uno competente sulla città dell'Aquila e uno competente sui restanti comuni del cratere. Ai medesimi uffici è stato assegnato il compito:

§  di fornire l'assistenza tecnica alla ricostruzione pubblica e privata e di promuoverne la qualità;

§  di effettuare il monitoraggio finanziario e attuativo degli interventi e di curare la trasmissione dei relativi dati al Ministero dell'economia e delle finanze;

§  di eseguire il controllo dei processi di ricostruzione e di sviluppo dei territori, con particolare riferimento ai profili della coerenza e della conformità urbanistica ed edilizia delle opere eseguite rispetto al progetto approvato attraverso controlli puntuali in corso d'opera, nonché della congruità tecnica ed economica;

§  di curare l'istruttoria finalizzata all'esame delle richieste di contributo per la ricostruzione degli immobili privati.

 

Il successivo comma 3, oltre a disciplinare le procedure per l’istituzione degli Uffici speciali in questione, prevedendo la conclusione di apposite intese (v. infra), ha stabilito che la dotazione di risorse umane dei medesimi Uffici speciali non possa superare il limite massimo di 50 unità, di cui, per un triennio, nel limite massimo di 25 unità a tempo determinato, per ciascun Ufficio.

Relativamente alle intese richiamate, a cui fa esplicito riferimento il comma in esame, si ricorda che il comma 3 dell’art. 67-ter del D.L. 83/2012 ha previsto, al fine di pervenire alla costituzione degli Uffici speciali in questione, la stipula di apposite intese (con una serie di soggetti, tra cui, in particolare, i Ministri per la coesione territoriale e dell'economia e delle finanze, i presidenti della regione Abruzzo e della Provincia dell’Aquila). Lo stesso comma 3 ha previsto che nell'ambito delle citate intese sono determinati l'organizzazione, la struttura, la durata, i rapporti con i livelli istituzionali centrali, regionali e locali, gli specifici requisiti e le modalità di selezione dei titolari, nonché la dotazione di risorse strumentali e umane degli Uffici speciali, nei limiti massimi summenzionati. In attuazione di tale disposizione sono state siglate:

§  l’intesa sulla costituzione dell’Ufficio speciale per la città dell’Aquila, del 7 agosto 2012;

§  l’intesa sulla costituzione dell’Ufficio speciale per i comuni del cratere, del 9/10 agosto 2012.

 

Il comma 241 dispone che agli oneri derivanti dall'applicazione delle previsioni di cui ai commi 239 e 240, quantificati nel limite di spesa di 2,32 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018, si provvede mediante l’utilizzo delle somme stanziate dalla tabella E della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante il rifinanziamento dell’autorizzazione di spesa dell’art. 7-bis del D.L. 43/2013, nell’ambito della quota destinata dal CIPE al finanziamento di servizi di natura tecnica e assistenza qualificata, ai sensi del comma 437 della citata L. 190/2014.

Il citato comma 437, al fine di assicurare la continuità delle attività di ricostruzione e di recupero del tessuto urbano e sociale dei territori abruzzesi colpiti dal sisma del 6 aprile 2009, dispone che il CIPE, sulla base delle esigenze effettive documentate dalle amministrazioni centrali e locali istituzionalmente preposte alle attività della ricostruzione, ivi compresi gli Uffici speciali per la ricostruzione, può continuare a destinare quota parte delle risorse statali stanziate allo scopo, anche al finanziamento di servizi di natura tecnica e assistenza qualificata.

La tabella E della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015) prevede un rifinanziamento di complessivi 2,2 miliardi per il triennio 2015-2017 in favore dell’autorizzazione di spesa derivante dall’art. 7-bis del D.L. 43/2013 che ha stanziato 197,2 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2019, per il rifinanziamento della ricostruzione privata nei comuni interessati dal sisma in Abruzzo. Tale autorizzazione è stata rifinanziata anche dalla tabella E della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014), che ha disposto un rifinanziamento complessivo di 600 milioni per gli interventi in questione, così articolato: 300 milioni per il 2014 e 300 milioni il 2015.

Le risorse che fanno riferimento all’articolo 7-bis in questione sono allocate nel capitolo 8005 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, denominato “Somma da destinare agli uffici speciali per la città dell'Aquila e per i comuni del cratere, al comune dell'Aquila e ad altri soggetti per la ricostruzione ed il rilancio socio-economico dei territori interessati dal sisma dell'aprile 2009”, che ha una dotazione di 1.097,2 milioni di euro per il 2016, 1.297,2 milioni per il 2017 e 1.497,2 per il 2018 (le stesse cifre sono confermate dalla tabella E del presente disegno di legge).

Con riferimento all’attività del CIPE riguardo alle previsioni del comma 437, si ricorda che lo stesso Comitato ha emanato le delibere 2 agosto 2013, n. 50, 6 febbraio 2014, n. 1, 20 febbraio 2015, n. 22, e 6 agosto 2015, n. 78, con le quali sono state disposte assegnazioni a valere sulle somme stanziate dall'art. 7-bis del D.L. 43/2013 e dalle successive norme di rifinanziamento.

 

Il comma 242 disciplina la copertura degli oneri derivanti dalla prosecuzione dell’attività dei titolari degli Uffici speciali in questione, quantificati nel limite di spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018.

Tale quantificazione deriva dal limite di spesa definito dall’articolo 67-ter, comma 3, del D.L. 83/2012, secondo cui a ciascuno dei titolari degli Uffici speciali con rapporto a tempo pieno ed esclusivo è attribuito un trattamento economico onnicomprensivo non superiore a 200.000 euro annui, al lordo degli oneri a carico dell'amministrazione.

 

Alla copertura degli oneri suddetti si provvede con le medesime modalità previste dal comma precedente, vale a dire mediante l’utilizzo delle somme stanziate dalla tabella E della L. 190/2014 in relazione all’autorizzazione di spesa recata dall’art. 7-bis del D.L. 43/2013.


 

Articolo 1, commi 243-245
(Misure per il completamento della ricostruzione nei territori colpiti dal sisma del 2012 in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto)

 

 

I commi 243 e 244, inseriti nel corso dell’esame al Senato, apportano una serie di modifiche alla disciplina vigente relativa alla ricostruzione nei territori delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo colpite dal sisma del 20/29 maggio 2012, dettata dal D.L. 74/2012.

In particolare, il comma 243 è finalizzato a consentire ai Presidenti delle Regioni, in qualità di Commissari delegati, di avvalersi delle strutture regionali competenti per materia e di delegare funzioni alle medesime, nonché a destinare risorse agli interventi di riparazione/ripristino strutturale di cappelle cimiteriali private, nonché a quelli di miglioramento sismico di edifici scolastici o utilizzati per attività educativa della prima infanzia e per l'università che abbiano subito danni lievi.

Il comma 244 detta invece norme per consentire l’uso e il trasferimento gratuito, alle amministrazioni pubbliche, degli edifici temporanei destinati ad attività scolastica e/o uffici pubblici, delle relative aree di sedime e pertinenziali, nonché dei prefabbricati modulari abitativi. Viene inoltre prorogato, al 31 dicembre 2016, il termine per il riconoscimento del compenso per prestazioni di lavoro straordinario rese per l’espletamento di attività conseguenti agli eventi sismici in questione.

Il comma 245, anch’esso inserito al Senato, autorizza la spesa di 190 milioni per l’esercizio 2016 per il completamento delle attività connesse al processo di ricostruzione pubblica (160 milioni in favore dell'Emilia Romagna, 30 milioni in favore della Lombardia).

 

Più in dettaglio, il comma 243 modifica in più punti la disciplina vigente relativa alle procedure per la ricostruzione nei territori delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo colpite dal sisma del 20 e del 29 maggio 2012, dettata dal D.L. 74/2012.

 

Un primo gruppo di modifiche (contemplato dalle lettere a) e b) del numero 1) del comma in esame) è finalizzato ad ampliare il novero dei soggetti, già previsti dalla normativa vigente (v. infra), a cui possono fare ricorso i presidenti delle Regioni per la realizzazione degli interventi di ricostruzione disciplinati dal citato decreto-legge. Viene infatti stabilito che i citati presidenti possono anche:

·        avvalersi delle strutture regionali competenti per materia;

·        delegare, alle medesime strutture, le funzioni ad essi attribuite dal D.L. 74/2012.

 

Il testo attualmente vigente dei commi 5 e 5-bis dell’art. 1 del D.L. 74/2012, su cui intervengono le modifiche testé commentate, prevede, tra l’altro, che i presidenti delle regioni possono avvalersi per gli interventi dei sindaci dei comuni e dei presidenti delle province interessati dal sisma, adottando idonee modalità di coordinamento e programmazione degli interventi stessi (comma 5), e che i medesimi presidenti, in qualità di Commissari Delegati, possono delegare le funzioni attribuite dal D.L. 74/2012 ai Sindaci dei Comuni ed ai Presidenti delle Province nel cui rispettivo territorio sono da effettuarsi gli interventi oggetto del medesimo decreto-legge (comma 5-bis).

 

Un secondo gruppo di modifiche (contemplato dai numeri 2) e 3) del comma in esame) contiene disposizioni finalizzate a consentire ai Presidenti delle regioni di destinare, nell’ambito dei c.d. piani di ripristino degli immobili pubblici danneggiati (previsti dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 4 del D.L. 74/2012), una quota delle risorse messe a disposizione per la ricostruzione delle aree terremotate anche:

·        per gli interventi di riparazione e ripristino strutturale degli edifici privati inclusi nelle aree cimiteriali ed individuati come cappelle private, al fine di consentire il pieno utilizzo delle strutture cimiteriali (nuovo comma 5-ter dell’art. 4 del D.L. 74/2012);

·        per gli interventi di miglioramento sismico su edifici scolastici o utilizzati per attività educativa della prima infanzia e per l'università che abbiano subito danni lievi. Con riferimento a tali interventi viene specificato che i Presidenti delle regioni possono destinarvi, nei limiti delle risorse messe a disposizione dai commi 1 e 1-bis dell’articolo 5 (vedi infra), una quota parte delle risorse messe a disposizione dal Ministero per l'istruzione, l'università e la ricerca scientifica, nel limite delle risorse assegnate per gli interventi specifici (nuovo comma 1-ter dell’art. 5 del D.L. 74/2012).

L’art. 4, comma 1, lettera a), del D.L. 74/2012, stabilisce, tra l’altro, che i Presidenti delle regioni stabiliscono, con propri provvedimenti, nel limite delle risorse allo scopo finalizzate a valere sulle disponibilità delle contabilità speciali intestate ai medesimi presidenti, le modalità di predisposizione e di attuazione di “un piano di interventi urgenti per il ripristino degli immobili pubblici, danneggiati dagli eventi sismici, con priorità per quelli adibiti all'uso scolastico o educativo per la prima infanzia, e delle strutture edilizie universitarie, nonché degli edifici municipali, delle caserme in uso all'amministrazione della difesa e degli immobili demaniali o di proprietà di enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, formalmente dichiarati di interesse storico-artistico ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Sono altresì compresi nel piano le opere di difesa del suolo e le infrastrutture e gli impianti pubblici di bonifica per la difesa idraulica e per l'irrigazione. Qualora la programmazione della rete scolastica preveda la costruzione di edifici in sedi nuove o diverse, le risorse per il ripristino degli edifici scolastici danneggiati sono comunque prioritariamente destinate a tale scopo”. Tutte le informazioni relative all’attuazione data a tale disposizione sono reperibili, per quanto riguarda l’Emilia-Romagna, nel testo dell’ordinanza n. 48 del 4 novembre 2015 del Presidente della Regione in qualità di Commissario delegato, che contiene, in allegato, la relazione del 21 ottobre 2015 (Allegato “A”) relativa alla modifica e alla integrazione del Programma delle Opere Pubbliche e Beni Culturali, nonché gli elaborati relativi al programma delle opere pubbliche (allegato “B”) e al programma dei beni culturali (allegato “C”). Per quanto riguarda la Lombardia si segnala invece l’ordinanza n. 133 dell’11 settembre 2015 del Presidente della Regione, in qualità di Commissario Delegato, recante “Definizione del Piano degli Interventi per il Ripristino degli Immobili Pubblici e degli Edifici ad Uso Pubblico danneggiati dagli eventi sismici del maggio 2012, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettere a) e b-bis), del decreto legge 6 giugno 2012, n. 74”. Per ciò che attiene alla Regione Veneto si rinvia alla pagina web www.regione.veneto.it/web/guest//provvedimenti-del-commissario-delegato1 che contiene tutti i provvedimenti adottati dal Presidente della Regione in qualità di Commissario Delegato.

Con riferimento ai succitati commi 1 e 1-bis dell’art. 5 del D.L. 74/2012 si ricorda che il comma 1, al fine di consentire la più tempestiva ripresa della regolare attività educativa per la prima infanzia e scolastica nelle aree interessate dal sisma, ha consentito l’utilizzo delle risorse individuate dal D.M. 30 luglio 2010 (attuativo dell'art. 7-bis del D.L. 137/2008) per la messa in sicurezza, l'adeguamento sismico e la ricostruzione degli edifici scolastici o utilizzati per attività educativa per la prima infanzia danneggiati o resi inagibili a seguito del sisma. Per le medesime finalità, il successivo comma 1-bis ha previsto l’emanazione di un apposito decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca volto a ripartire tra le regioni colpite le risorse individuate dal medesimo comma (pari al 60% dello stanziamento di cui all'art. 53, comma 5, lettera a), del D.L. 5/2012 e al 60% delle risorse assegnate al Ministero dell'istruzione per la costruzione di nuovi edifici scolastici, di cui alla tabella 5 della delibera CIPE 6/2012).

 

Il comma 244 detta disposizioni integrative dell’art. 10 del D.L. 83/2012, che ha dettato ulteriori misure per la ricostruzione e la ripresa economica nei territori colpiti dagli eventi sismici del maggio 2012 (nuovi commi 4-bis, 4-ter e 4-quater dell’art. 10 del D.L. 83/2012).

I commi 4-bis e 4-ter dettano disposizioni relative agli edifici temporanei destinati ad attività scolastica e/o uffici pubblici e alle relative aree di sedime e pertinenziali nonché ai prefabbricati modulari abitativi.

Con riferimento a tali immobili viene previsto che i Commissari delegati:

·        consentono l'utilizzo a titolo gratuito a favore delle amministrazioni pubbliche (comma 4-bis);

·        provvedono al trasferimento a titolo gratuito a favore delle amministrazioni pubbliche di riferimento, mediante adozione di atti ricognitivi esenti da ogni effetto fiscale (comma 4-ter).

 

Il comma 4-quater proroga di un anno, dal 31 dicembre 2015 fino al 31 dicembre 2016, il termine per il riconoscimento del compenso per prestazioni di lavoro straordinario rese per l’espletamento delle attività conseguenti allo stato di emergenza a seguito degli eventi sismici in questione, da parte dei Commissari delegati (ossia i Presidenti delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto).

Al relativo onere si provvede nel limite delle risorse disponibili allo scopo finalizzate sulle contabilità dei medesimi Commissari delegati.

Si tratta di una disposizione che riproduce per il 2016 quanto disposto dal 2015 dal comma 544 della L. 190/2014.

Il comma 3 dell’articolo 6-sexies del D.L. n. 43/2013 ha autorizzato i Commissari delegati a riconoscere, con decorrenza dal 1° agosto 2012 e sino al 31 dicembre 2014 (termine prorogato al 31 dicembre 2015 dal citato comma 544), alle unità lavorative - ad esclusione dei dirigenti e titolari di posizione organizzativa, nei limiti di trenta ore mensili, alle dipendenze della regione, degli enti locali e loro forme associative del rispettivo ambito di competenza territoriale - il compenso per prestazioni di lavoro straordinario reso e debitamente documentato per l'espletamento delle attività conseguenti allo stato di emergenza nei limiti di 30 ore mensili. Alla copertura dei relativi oneri si provvede nell’ambito e nei limiti delle risorse del Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 20-29 maggio 2012, istituito dall’articolo 2, comma 1, del D.L. n. 74/2012.

Si ricorda altresì che il comma 6 dell’art. 2 del D.L. n. 74/2012 stabilisce che ai Commissari delegati sono intestate apposite contabilità speciali aperte presso la tesoreria statale su cui sono assegnate, con decreto, le risorse provenienti dal Fondo per la ricostruzione delle aree colpite, destinate al finanziamento degli interventi previsti. Sulle contabilità speciali confluiscono anche le risorse derivanti dalle erogazioni liberali effettuate alle stesse regioni ai fini della realizzazione di interventi per la ricostruzione e ripresa dei territori colpiti dagli eventi sismici. Sulle contabilità speciali possono confluire inoltre le risorse finanziarie a qualsiasi titolo destinate o da destinare alla ricostruzione dei territori colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012.

 

Il comma 245 - al fine di soddisfare le ulteriori esigenze delle popolazioni colpite dal sisma del 20/29 maggio 2012, connesse alla necessità di completare e sostenere ulteriormente la ripresa economica – autorizza, per l’esercizio 2016, le seguenti spese in favore dei Presidenti delle Regioni Lombardia ed Emilia-Romagna, in qualità di commissari delegati, per il completamento delle attività connesse al processo di ricostruzione pubblica:

§  160 milioni di euro in favore dell'Emilia Romagna;

§  30 milioni di euro in favore della Lombardia.

 

Alla copertura dei relativi oneri si provvede mediante riduzione di pari importo dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 3-bis, comma 6, del D.L. 95/2012.

L’art. 3-bis (rubricato “Credito di imposta e finanziamenti bancari agevolati per la ricostruzione”) ha autorizzato, al comma 6, ai fini dell'attuazione del medesimo articolo, la spesa massima di 450 milioni di euro annui a decorrere dal 2013.


 

Articolo 1, commi 246-249
(Rinnovi contrattuali)

 

 

I commi 246-249, non modificati dal Senato, recano disposizioni per i rinnovi contrattuali del personale delle pubbliche amministrazioni[108], quantificando in 300 milioni di euro annui (di cui 74 milioni per FF.AA. e Polizia e 7 milioni per personale di diritto pubblico) gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale e integrativa nel bilancio pluriennale 2016-2018.

 

In primo luogo, il comma 246 quantifica gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale e integrativa a carico del bilancio dello Stato[109], per il triennio 2016-2018, complessivamente, in 300 milioni di euro a decorrere dal 2016, di cui 74 milioni di euro per il personale delle Forze di Polizia e delle Forze armate[110] e 7 milioni di euro per il restante personale statale in regime di diritto pubblico[111].

 

Ai sensi del comma 247, le somme indicate nel precedente comma, comprensive degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), concorrono a costituire l'importo complessivo massimo destinato, in ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego[112].

 

Il successivo comma 248 dispone, per il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall'amministrazione statale, che gli oneri per i rinnovi contrattuali per il triennio 2016-2018, nonché quelli derivanti dalla corresponsione dei miglioramenti economici a professori e ricercatori universitari, sono posti a carico dei rispettivi bilanci ai sensi della normativa vigente. La definizione dei criteri di determinazione dei richiamati oneri (in coerenza con gli stanziamenti individuati al precedente comma 1) è demandata ad uno specifico D.P.C.M., da emanarsi entro il 31 gennaio 2016.

 

L’articolo 48, comma 2, del D.Lgs. 165/2001 ha stabilito che per specifiche amministrazioni (regioni ed i relativi enti dipendenti, amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, enti locali, Camere di commercio e segretari comunali e provinciali), università italiane, enti pubblici non economici ed enti e istituzioni di ricerca (compresi gli enti e le amministrazioni di cui all'articolo 70, comma 4[113]), gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale siano determinati a carico dei rispettivi bilanci nel rispetto dei limiti individuati per la contrattazione collettiva. Le risorse per gli incrementi retributivi per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali delle amministrazioni regionali, locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale sono definite dal Governo, nel rispetto dei vincoli di bilancio, del patto di stabilità e di analoghi strumenti di contenimento della spesa, previa consultazione con le rispettive rappresentanze istituzionali del sistema delle autonomie.

 

Il comma 249, infine, prevede che le disposizioni recate dal precedente comma 248 trovano applicazione anche nei confronti del personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale (SSN).

 


 

Articolo 1, comma 250
(Parco nazionale dello Stelvio)

 

 

Il comma 250, introdotto al Senato, prevede l’attivazione di procedure concorsuali pubbliche, da parte della Regione Lombardia (o dell’ente dalla stessa individuato), per l’assunzione di personale che già svolgeva (al 31 dicembre 2013) attività presso il Consorzio del Parco Nazionale dello Stelvio.

Più nel dettaglio, si dispone che la regione Lombardia (o l’ente dalla stessa individuato), nel rispetto dei vincoli assunzionali e finanziari vigenti in materia di personale[114], attivi procedure concorsuali pubbliche che riconoscano l’esperienza maturata, per almeno 10 anni, dal personale già dipendente al 31 dicembre 2013 dal Consorzio del Parco nazionale dello Stelvio (con mansioni impiegatizie, amministrative, tecniche, scientifiche e didattiche di educazione ambientale) conseguenti a procedure diverse da quelle previste per l’accesso al pubblico impiego.

L’attivazione delle procedure concorsuali avviene in attuazione dell’intesa concernente l'attribuzione di funzioni statali e dei relativi oneri finanziari riferiti al Parco nazionale dello Stelvio, prevista ai sensi dell'articolo 1, comma 515, della legge n. 147 del 2013 e dell'articolo 11, comma 8, del decreto-legge n. 91 del 2014, sottoscritta l’11 febbraio 2015 tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, province autonome di Trento e Bolzano e regione Lombardia[115].

Per quanto concerne, specificamente, il trasferimento del personale, l’articolo 5 dell’intesa dispone che, per l’esercizio delle funzioni trasferite, i dipendenti pubblici con rapporto di lavoro a tempo indeterminato appartenenti al ruolo del Consorzio del Parco nazionale dello Stelvio sono inquadrati nei ruoli, rispettivamente, delle province autonome di Trento e di Bolzano e della Regione Lombardia (o dell’ente dalla stessa individuato), tenuto conto dell’ambito territoriale in cui viene prestata in modo prevalente l’attività lavorativa e sulla base di un’apposita tabella di corrispondenza. Al personale trasferito si applica il contratto collettivo di lavoro vigente nell’ente di inquadramento. I dipendenti inquadrati mantengono il trattamento economico fondamentale in godimento all’atto dell’inquadramento. Il personale trasferito non concorre a determinare il contingente previsto per le assunzioni a tempo indeterminato in conseguenza delle limitazioni al turn over disposte dall’art. 3, c. 5, del D.L. 90/2014 per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno.

 

Si ricorda che la legge di stabilità 2014 (legge 17 dicembre 2013, n. 147), all’art. 1, comma 515, prevede in particolare, con riferimento anche al Parco nazionale dello Stelvio, quanto segue:

a)    mediante intese tra Stato e Province autonome di Trento e di Bolzano, da concludere entro il 30 giugno 2014 (termine prorogato al 30 giugno 2015 dall’art. 1, comma 213, della legge di stabilità 2015) o con norme di attuazione degli statuti di autonomia, sono definiti gli ambiti per il trasferimento o la delega delle funzioni statali e dei relativi oneri finanziari;

b)   con i predetti accordi o norme di attuazione, lo Stato, le Province autonome di Trento e di Bolzano e la Regione Trentino-Alto Adige individuano gli standard minimi di servizio e di attività che lo Stato, per ciascuna delle funzioni trasferite o delegate, si impegna a garantire sul territorio provinciale o regionale con riferimento alle funzioni i cui oneri sono sostenuti dalle Province o dalla Regione, nonché i parametri e le modalità per la quantificazione e l'assunzione degli oneri;

c)    sono riservate all'Amministrazione centrale le relazioni con le istituzioni internazionali;

d)   con apposite norme di attuazione si provvede al completamento del trasferimento o della delega delle funzioni statali oggetto dell'intesa.

Inoltre, il D.L. 24 giugno 2014, n. 91, all’art. 11, comma 8, dispone in particolare che:

a)    in armonia con le finalità e i princìpi dell’ordinamento giuridico nazionale in materia di aree protette, nonché con la disciplina europea relativa alla Rete Natura 2000, le funzioni statali concernenti la parte lombarda del Parco nazionale dello Stelvio sono attribuite alla Regione Lombardia che, conseguentemente, partecipa all’intesa relativa al predetto Parco, di cui al citato articolo 1, comma 515, della legge 27 dicembre 2013, n. 147;

b)   per l’attribuzione alle Province autonome di Trento e di Bolzano delle funzioni statali concernenti la parte del Parco nazionale dello Stelvio situata nella Regione TrentinoAlto Adige/Südtirol si provvede con norma di attuazione dello Statuto della Regione medesima ai sensi dell’articolo 107 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670.

 

Con riferimento alle procedure concorsuali delineate dalla disposizione in esame, si ricorda che la normativa vigente prevede alcune limitazioni per quanto concerne la percentuale di posti che possono essere riservati nell’ambito dei concorsi pubblici. In particolare, per quanto riguarda i titolari di rapporti di lavoro a tempo determinato, l’art. 35 del D.Lgs. 165/2001 dispone che le amministrazioni pubbliche possono avviare procedure di reclutamento mediante concorso pubblico con riserva dei posti, nel limite massimo del 40 per cento di quelli banditi, a favore dei titolari di rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato che, alla data di pubblicazione dei bandi, hanno maturato almeno tre anni di servizio alle dipendenze dell'amministrazione che emana il bando. Per quanto riguarda, invece, le progressioni fra le aree, l’art. 52, c. 1-bis, del citato D.Lgs. 165/2001 dispone che le stesse avvengano tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l'amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso.

 

Inoltre, in relazione al principio costituzionale del pubblico concorso per l’accesso alle pubbliche amministrazioni (art.97 Cost.[116]), si evidenzia che la giurisprudenza costituzionale ritiene che anche le «modalità organizzative e procedurali» del concorso devono «ispirarsi al rispetto rigoroso del principio di imparzialità» (sentenza n. 453 del 1990). Di conseguenza, non qualsiasi procedura selettiva, diretta all’accertamento della professionalità dei candidati, può dirsi di per sé compatibile con il principio del concorso pubblico. Quest’ultimo non è rispettato, in particolare, quando «le selezioni siano caratterizzate da arbitrarie forme di restrizione dei soggetti legittimati a parteciparvi» (sentenza n. 194 del 2002). La natura comparativa e aperta della procedura è, pertanto, elemento essenziale del concorso pubblico; procedure selettive riservate, che escludano o riducano irragionevolmente la possibilità di accesso dall’esterno, violano il «carattere pubblico» del concorso (sentenza n. 34 del 2004).

 

Alla luce della sopra richiamata giurisprudenza costituzionale, si evidenzia l’opportunità di valutare i possibili profili di illegittimità costituzionale della disposizione in esame, in quanto sembra configurare la “maturata esperienza” presso il Consorzio del Parco nazionale dello Stelvio quale requisito di ammissione ai concorsi.

 


 

Articolo 1, commi 251 e 252
(Proroga dell’impiego del personale militare
appartenente alle Forze armate)

 

 

I commi 251 e 252 dell’articolo 1, non modificati dal Senato, al fine di garantire la prosecuzione degli interventi delle forze armate nelle attività di vigilanza a siti e obiettivi sensibili (commi 74 e 75 del decreto legge n. 78 del 2009) - anche in relazione alle straordinarie esigenze di prevenzione e di contrasto della criminalità e del terrorismo nonché di prevenzione dei fenomeni di criminalità organizzata e ambientale nella regione Campania (articolo 3, comma 2 del decreto-legge n. 136 del 2013) -, proroga fino al 31 dicembre 2016 e limitatamente a 4.800 unità l'operatività del piano di impiego di cui al comma 1 dell'articolo 7-bis del decreto-legge n. 92 del 2008, concernente l’utilizzo di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate per il controllo del territorio in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia.

 

Per quanto concerne le disposizioni di carattere ordinamentale applicabili al personale militare impiegato nelle richiamate attività, il secondo periodo del comma 251 rinvia alle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 7-bis del decreto legge n. 92 del 2008 in base alle quali:

1.   il personale militare è posto a disposizione dei prefetti interessati (comma 1);

2.   il piano di impiego del personale delle Forze armate è adottato con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica integrato dal Capo di stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Ministro dell’interno riferisce in proposito alle competenti Commissioni parlamentari (comma 2);

3.   nel corso delle operazioni i militari delle Forze armate agiscono con le funzioni di agenti di pubblica sicurezza.

In relazione al richiamato piano di impiego si ricorda che il decreto legge n. 92/2008 ha autorizzato il ricorso alle Forze armate per lo svolgimento di compiti di sorveglianza e vigilanza del territorio. In particolare, è stato previsto che, in relazione a specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, al fine di assicurare un maggior controllo del territorio in talune zone del Paese, è consentito impiegare personale militare delle forze armate utilizzando preferibilmente i Carabinieri impegnati in compiti militari o, comunque, volontari specificamente addestrati per i compiti da svolgere. Il Piano per l'impiego delle Forze armate nel controllo del territorio è stato adottato con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, il 29 luglio 2008 ed è operativo dal 4 agosto 2008. Il Piano riguardava inizialmente un contingente massimo di 3.000 unità con una durata massima di sei mesi, rinnovabile per una sola volta. Il D.L. n. 151/2008 ha, successivamente, autorizzato, fino al 31 dicembre 2008, l’impiego di un ulteriore contingente massimo di 500 militari delle forze armate da destinare a quelle aree del Paese dove, in relazione a specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, risultava necessario assicurare un più efficace controllo del territorio.

Il piano è stato successivamente prorogato:

1.    fino al 31 dicembre 2014 dal comma 264 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013;

2.    fino al 31 marzo 2015 dal comma 4 dell’articolo 5 del decreto legge n. 192 del 2014 (c.d. “mille proroghe”);

3.    fino al 30 giugno 2015 dall’articolo 5 del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7,

4.    fino al 31 dicembre 2015 dall’articolo 5-bis del decreto legge n. 78 del 2015 (c.d. “enti territoriali”).

 

Per quanto concerne la quantificazione degli oneri relativi all’impiego del richiamato contingente il comma 252 quantifica in 83 milioni di euro il costo complessivo per l’anno 2016 della disposizione di cui al comma 5 di cui :

§  81.100.000 per il personale delle forze armate utilizzato nel piano di impiego operativo (comma 74 dell’articolo 24 del decreto legge n. 78 del 2009);

§  1.900.000 per il personale delle forze di polizia che concorrono, unitamente alle Forze armate, nel controllo del territorio (comma 75 dell’articolo 24 del decreto legge n. 78 del 2009).

 

In relazione alla richiamata autorizzazione di spesa la relazione tecnica allegata al provvedimento specifica che “per la quantificazione degli oneri sono stati utilizzati i criteri presi a base di riferimento per le precedenti disposizioni di proroga dei suddetti interventi. In particolare, per il personale militare è prevista l'attribuzione di una indennità onnicomprensiva commisurata all'indennità di ordine pubblico prevista per il personale delle Forze di Polizia, nell'importo pari, rispettivamente, a 26 euro per i militari impiegati fuori dalla sede di servizio e 13 euro per i militari impiegati nella sede di servizio. Inoltre, per tutti i militari è previsto un limite individuale medio mensile di 14,5 ore di compenso per lavoro straordinario effettivamente reso, eccedenti i vigenti limiti individuali massimi stabiliti per le esigenze dell'Amministrazione di appartenenza utilizzando un costo medio orario di 12 euro in considerazione della categoria di personale impiegato. A tali oneri si aggiungono, quali spese di funzionamento, spese per viveri, per alloggio dei militari impiegati fuori sede, per servizi generali, per equipaggiamento/vestiario, per l'impiego di automezzi nonché, per il personale che viene inviato fuori dalla sede di servizio, spese una tantum per la corresponsione dell'indennità di marcia/indennità di missione durante i trasferimenti”.

Per quanto riguarda i costi del personale delle Forze di Polizia impiegato congiuntamente con quello militare nei servizi di vigilanza la relazione illustrativa precisa che “gli stessi derivano unicamente dal pagamento dell'indennità onnicomprensiva ove non sia riconosciuta l'indennità di ordine pubblico, ai sensi del citato articolo 24, comma 75, del D.L. 78/2009”.

 

Il comma 252 precisa, infine, che alla copertura degli oneri finanziari derivanti dall’attuazione della disposizione in esame si provvede, nel limite di 10 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 199 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015).

 

Al riguardo, si ricorda che il richiamato comma 199 dell’articolo 1 della legge di stabilità per l’anno 2015 ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un apposito fondo per il finanziamento di talune esigenze indifferibili tra le quali rientra, in particolare, “la prosecuzione del concorso delle Forze armate alle operazioni di sicurezza e controllo del territorio finalizzate alla prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e ambientale nelle province della Regione Campania” (elenco 1 legge n. 190 del 2014).


 

Articolo 1, comma 253
(Fondo per interventi nei territori della terra dei fuochi)

 

 

Il comma 253 prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un fondo finalizzato ad interventi di carattere economico, sociale e ambientale nei territori della terra dei fuochi. Lo stesso comma assegna al fondo una dotazione di 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017.

L’individuazione degli interventi e delle amministrazioni competenti a cui destinare le risorse viene demandata ad un apposito D.P.C.M. che, sulla base di una modifica inserita nel corso dell’esame al Senato, deve essere emanato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

Nel corso dell’esame al Senato, è stato, altresì, specificato che, nell’ambito della predetta dotazione, un importo massimo di 3 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2006 e 2007, è destinato agli interventi di bonifica del sito inquinato dell’ex area industriale Isochimica.

 

Relativamente al sito inquinato dell’ex area industriale Isochimica, si segnala che, in data 6 agosto 2014, in risposta all’interrogazione n. 4/01198, il Ministro dell’ambiente, dopo aver sottolineato che “la questione sollevata in merito alla messa in sicurezza e bonifica del sito dell’ex Isochimica di Avellino investe una materia devoluta agli enti locali e territoriali (comune e regione)”, ha ricordato che l'opificio «Isochimica» di Pianodardine si occupava di coibentazione dei vagoni e delle carrozze dei treni delle Ferrovie dello Stato; così, “nel periodo di attività 1982-1988 vi sono state «lavorate» migliaia di tonnellate di amianto, in parte smaltito mediante interramento nell'area dello stesso opificio e in parte inglobato nei cubi di cemento-amianto attualmente depositati nel piazzale. La stessa copertura di due grandi capannoni ivi ubicati è costruita in amianto. Nel 1990 circa, la Isochimica fu dichiarata fallita e sottoposto a regime di curatela fallimentare. Anche a seguito di ripetute iniziative (richieste, diffide, ordinanze ecc.) poste in essere successivamente alla sua chiusura volte a richiedere la bonifica dell'area, finalmente nel maggio 2013 la Procura della Repubblica presso il tribunale di Avellino ha adottato un provvedimento di sequestro preventivo, nominando custode giudiziario il sindaco di Avellino, e ciò anche al fine di porre in essere azioni mirate alla messa in sicurezza dell'area. Ferma restando la competenza sulla materia attribuita alla Regione Campania, il Comune di Avellino nel giugno 2013 aveva richiesto alle amministrazioni competenti l'attribuzione di un finanziamento di 10 milioni di euro per poter procedere alla messa in sicurezza e alla bonifica dell'area. Questo Ministero, per quanto di competenza, rendeva noto di non poter fornire alcun contributo economico in quanto sul proprio bilancio non sussistevano – come ancora oggi non sussistono – le necessarie risorse finanziarie”.

Più recentemente, rispondendo all’interrogazione n. 5/06400, nella seduta del 17 settembre 2015 della Commissione VIII (Ambiente), il rappresentante del Governo ha evidenziato, con riferimento a quanto richiesto dagli interroganti in ordine alla sussistenza delle condizioni per l'inserimento dell'area dell'ex Isochimica nell'elenco dei Siti di interesse nazionale, che “questa amministrazione ritiene che le caratteristiche dell'area sono compatibili con i criteri richiesti dalla vigente normativa”. Lo stesso sottosegretario ha ricordato che è attualmente in corso l’iter relativo alla proposta di rifinanziamento del Piano nazionale amianto a valere sulla dotazione aggiuntiva del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo 2014-2020”.

 

Il comma in esame autorizza altresì il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Con la locuzione "terra dei fuochi", a cui non corrisponde una definizione nella normativa vigente, si fa generico riferimento al territorio compreso tra le province di Napoli e Caserta. Il D.L. 136/2013 contiene disposizioni volte a intervenire sul problema dei roghi di rifiuti nei territori in questione, nonché a prevedere, da un lato, il monitoraggio sanitario della popolazione ivi residente e, dall’altro, la mappatura dei terreni agricoli al fine di garantire la sicurezza agroalimentare in Campania (per un approfondimento delle norme introdotte dal decreto-legge n. 136 si veda il tema D.L. 136/2013: emergenze ambientali e industriali). Alcune modifiche a tale disciplina sono state apportate dal comma 12 dell'art. 10 del D.L. 91/2014. Le disposizioni dettate da tale comma sono volte a: ridefinire i termini delle indagini dirette sui terreni destinati all'agricoltura, da modulare a seconda del livello di rischio e prevedendo la possibilità di ulteriori analisi in caso di emersione di elementi nuovi (lett. a e b); attribuire carattere di priorità, nell'assegnazione di contributi e finanziamenti europei, agli investimenti in infrastrutture irrigue e di bonifica, finalizzati a privilegiare l'uso collettivo della risorsa idrica, al fine di limitare il prelievo privato di acque da falde superficiali e profonde nelle province di Napoli e Caserta (lett. c).

Al fine di contrastare il fenomeno dei roghi dei rifiuti nella cd. “terra dei fuochi”, l'art. 3, comma 2 del D.L. n. 136/2013 ha previsto la possibilità per i prefetti delle province della regione Campania di avvalersi di personale militare delle Forze Armate fino ad un massimo di 850 unità e, in tale ambito, il comma 6 dell'articolo 4 del D.L. 192 del 2014 ha prorogato al 31 marzo 2015 il piano di impiego operativo, di cui al comma 1 dell'articolo 7-bis del decreto legge n. 92 del 2008, concernente l'utilizzo di un contingente massimo di 3.000 unità. Successivamente, l'art. 5, comma 1, del D.L. 18 febbraio 2015, n. 7, ha esteso la suddetta proroga al 30 giugno 2015, incrementando inoltre il contingente di ulteriori 1.800 unità, e, specificatamente per le esigenze dei Prefetti delle province della regione Campania, ha consentito di prorogare ulteriormente, fino al 31 dicembre 2015, un contingente non inferiore a 200 unità.

Per un approfondimento dei provvedimenti emanati in attuazione del D.L. 136/2013 si veda la sezione "Gli interventi" della sezione "Terra dei Fuochi, la mappatura delle aree e le azioni del Ministero" del sito del Ministero della salute. Informazioni sullo stato di attuazione delle misure introdotte dal D.L. 136/2013 sono state fornite, tra l’altro, nell’audizione del 18 febbraio 2015 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Relativamente all’attuazione delle disposizioni del D.L. 136/2013 si segnala la recente pubblicazione (avvenuta nella G.U. n. 191 del 19 agosto 2015) del decreto interministeriale 7 luglio 2015 che, in attuazione dell'art. 1, comma 6, del D.L. 10 dicembre 2013, ha provveduto all’individuazione dei terreni che possono essere destinati alle produzioni agroalimentari e di quelli che invece possono essere destinati solo a determinate produzioni agroalimentari, secondo specifiche condizioni, o che non possono essere destinati alla produzione agroalimentare.

Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Con sentenza del 16 luglio 2015, pronunciata nella causa C 653/13 (in esito alla procedura di infrazione n. 2007/2195), la Corte di Giustizia ha condannato l’Italia - ai sensi dell’articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea - per non essersi conformata alla precedente sentenza del 2010, C 297/08. Con tale sentenza la Corte aveva infatti dichiarato che l’Italia ha violato gli obblighi comunitari di corretta gestione dei rifiuti nella regione Campania, in particolare per la mancanza di una rete integrata di gestione dei rifiuti nella regione.

Sulla base della sentenza del 2015, l’Italia è tenuta al pagamento di:

§  una penalità di 120.000 euro per ciascun giorno di ritardo nell’attuazione della precedente sentenza del 2010; tale cifra è calcolata moltiplicando un importo giornaliero di 40.000 euro per le tre categoria di impianti (discariche, termovalorizzatori e impianti di trattamento dei rifiuti organici) per cui si è rilevata l’inesatta applicazione della direttiva;

§  una somma forfettaria di 20 milioni di euro.

La Corte ha convalidato gli argomenti proposti dalla Commissione nel ricorso, in particolare per quanto riguarda il problema dello smaltimento dei rifiuti storici (le cosiddette «ecoballe») e il numero insufficiente di impianti aventi la capacità necessaria per il trattamento dei rifiuti urbani nella regione Campania. La Corte sottolinea inoltre che, tenuto conto delle notevoli carenze nella capacità della regione Campania di smaltire i propri rifiuti, è possibile dedurre che una siffatta grave insufficienza a livello regionale può compromettere la rete nazionale di impianti di smaltimento dei rifiuti, la quale cesserà così di presentare il carattere integrato e adeguato richiesto dalla direttiva. Ciò può compromettere seriamente la capacità dell’Italia di perseguire l’obiettivo dell’autosufficienza nazionale nello smaltimento dei rifiuti.


 

Articolo 1, comma 254
(Federazioni sportive nazionali)

 

 

Il comma 254 dispone la non applicazione alle federazioni sportive nazionali affiliate al Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) delle norme di contenimento delle spese previste dalla legislazione vigente a carico delle pubbliche amministrazioni.

 

La norma in esame, in sostanza, rende permanente la disapplicazione delle misure di contenimento della spesa per le federazioni sportive nazionali affiliate al CONI già disposta fino al 1° gennaio 2016 dall’articolo 13 del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192.

L'applicazione alle federazioni sportive nazionali riconosciute dal CONI delle norme in materia di contenimento della spesa è stata più volte differita nel corso degli anni, dapprima con riferimento specifico alle sole misure introdotte dall’art. 6 del D.L. n. 78/2010 (riduzione dei costi degli apparati amministrativi)[117], poi con riferimento a tutte le norme di contenimento delle spese vigenti, come ha disposto l’art. 13 del D.L. n. 192/2014, che ne ha differito l’applicazione fino al 1° gennaio 2016.

 

Si rileva che la disposizione, facendo generico riferimento alle “norme di contenimento delle spese previste dalla legislazione vigente” a carico dei soggetti inclusi nell’elenco dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) delle amministrazioni pubbliche[118]”, non specifica espressamente le norme di cui si è inteso escludere l’applicazione nei confronti delle federazioni sportive nazionali. Al contempo, non è precisata la platea dei destinatari, che rileva in considerazione del fatto che la natura giuridica delle federazioni sportive non è omogenea.

 

Su tale ultimo punto, si ricorda, infatti, che, in base al D.lgs. 242/1999, come modificato dal d.lgs. 15/2004, il CONI riconosce a fini sportivi, fra gli altri, le federazioni sportive nazionali (attualmente, 45) che, in base all’art. 15, hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato. Fanno eccezione – pur qualificandosi come federazioni sportive nazionali – l'Aeroclub d'Italia, l'Automobile club d'Italia e l'Unione italiana tiro a segno, le quali, in virtù dell’art. 18, co. 6, dello stesso d.lgs., mantengono la personalità giuridica di diritto pubblico.

Delle 3 federazioni sportive nazionali con personalità giuridica di diritto pubblico solo l'Unione italiana tiro a segno è presente nell’ultimo elenco ISTAT delle amministrazioni pubbliche, mentre, delle 42 federazioni sportive nazionali con personalità giuridica di diritto privato ne sono presenti 36[119] (si v. l’elenco pubblicato dall’ISTAT, da ultimo, nella G.U. n. 227 del 2015).

Si segnala che è in corso un contenzioso in merito all’inserimento delle federazioni sportive nazionali nell’elenco delle pubbliche amministrazioni.

 

Per quanto concerne le misure di contenimento delle spese attualmente gravanti sulle pubbliche amministrazioni, si ricorda che nel corso degli ultimi anni si sono stratificati numerosi interventi normativi volti sia al contenimento della spesa pubblica che ad una sua progressiva riqualificazione. Gli interventi più numerosi riguardano il contenimento della spesa per consumi intermedi delle PA, attuato sia incidendo sulle modalità di determinazione dei prezzi di acquisto sia attraverso l’introduzione di limiti alla capacità di spesa annua delle Amministrazioni (riduzione della spesa per beni e servizi, per autovetture, per incarichi di consulenza, studio e ricerca, relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità, missioni e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, ecc.). Ulteriori misure di contenimento sono state introdotte con riferimento alle spese per immobili (controllo delle spese annue di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili, riduzione delle spese per i canoni di locazione passiva aventi ad oggetto immobili a uso istituzionale stipulati dalle Amministrazioni centrali, ecc.), alle spese per organi collegiali ed altri organismi, nonché per i costi di personale.

Una disamina delle norme attualmente vigenti di contenimento della spesa pubblica è contenuto nell’Allegato[120] alla Nota Tecnica n. 1 della Circolare del 7 maggio 2015, n. 19, recante indirizzi e chiarimenti circa gli adempimenti relativi alla predisposizione dell'assestamento 2015 e le previsioni di bilancio per gli anni 2016-2018. Nell’Allegato, le misure sono esposte, con riferimento alle singole norme di legge, in relazione a ciascun ambito applicativo di riferimento.

 

Il comma, infine, dispone che agli oneri derivanti dalla medesima disposizione si provvede nell’ambito degli stanziamenti già autorizzati a legislazione vigente.


 

Articolo 1, comma 255
(Fondo per i collegi arbitrali internazionali)

 

 

Il comma 255 stanzia un milione a decorrere dal 2016 per i collegi arbitrali internazionali previsti da accordi internazionali di cui l’Italia è Parte.

 

La disposizione autorizza la costituzione di un fondo, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, dotato di un milione di euro a partire dal 2016, finalizzato a coprire le spese per la costituzione ed il funzionamento dei collegi arbitrali internazionali previsti da trattati riguardanti il nostro Paese.

 

Vale la pena di ricordare che numerosi trattati internazionali dei quali è parte il nostro Paese, sia bilaterali[121] che multilaterali[122], prevedono meccanismi di risoluzione delle eventuali controversie riguardanti l’interpretazione o l’applicazione del trattato, che possono andare dalla procedura amichevole, alla via diplomatica, fino, in caso di mancata risoluzione della controversia, al deferimento ad uno specifico collegio arbitrale internazionale. E’ opportuno sottolineare che anche l’accordo di partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP), attualmente in corso di negoziazione, tra gli USA e l’Unione europea, prevede un meccanismo di risoluzione arbitrale delle controversie tra Stati ed investitori (ISDS).

 


 

Articolo 1, comma 256
(Autorizzazione di spesa per la celebrazione di anniversari)

 

 

Il comma 256 concerne la promozione e lo svolgimento di celebrazioni di alcuni anniversari importanti. A tal fine, esso reca un'autorizzazione di spesa pari a 3 milioni di euro per l'anno 2016 e di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, per un totale di 8 milioni di euro.

 

Gli eventi previsti sono: il settantesimo anniversario della nascita della Repubblica Italiana (avvenuta all'esito del referendum del 2 giugno 1946), il settantesimo anniversario della Costituzione della Repubblica Italiana (approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947, promulgata il 27 dicembre dello stesso anno ed entrata in vigore il 1° gennaio 1948), il riconoscimento dei diritti elettorali delle donne (che in Italia si concretizzò nel 1946, dopo essere stato sancito con il decreto legislativo luogotenenziale del 1° febbraio 1945 recante Estensione alle donne del diritto di voto) e il centenario della nascita di Aldo Moro (a Maglie, il 23 settembre 1916).

 

Si segnala che il comma in esame non stabilisce la ripartizione delle autorizzazioni di spesa fra gli eventi previsti né precisa il soggetto istituzionale destinato a sostenere le spese e ad organizzare gli eventi.

 

In tema di celebrazioni, si ricorda che da due anni e mezzo, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, esiste un Comitato storico-scientifico per gli anniversari di interesse nazionale, istituito con D.P.C.M. del 6 giugno 2013, che ha preso il posto di un Comitato preesistente costituito nel 2012: il Comitato ha il compito di coordinare la pianificazione, la preparazione e l'organizzazione degli interventi connessi alle celebrazioni per gli anniversari di interesse nazionale. Inoltre, con decreto emanato il 17 marzo 2015 dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, si è costituita presso lo stesso Ministero una Consulta dei comitati e delle edizioni nazionali, prevista dalla legge n. 420 del 1997, la quale ha il compito di individuare le celebrazioni o le manifestazioni culturali di particolare rilevanza nonché le edizioni nazionali da realizzare.

 

In altre e recenti analoghe occasioni, le disposizioni di legge erano state formulate diversamente.

Ad esempio, per le celebrazioni del settantesimo anniversario della Resistenza e della Guerra di liberazione, la legge di stabilità per il 2013, all’articolo 1, comma 92, aveva istituito un apposito fondo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, dotato di 1 milione di euro. La norma aveva specificato che il fondo era destinato a finanziare le iniziative promosse dalla Confederazione italiana fra le associazioni combattentistiche e partigiane, individuando in tal modo un soggetto ritenuto idoneo a progettare lo svolgimento delle celebrazioni. L'anno seguente la legge di stabilità per il 2014, articolo 1, comma 272, aveva fatto altrettanto, creando a sua volta un apposito fondo grazie al quale anche nel biennio a venire si sarebbero realizzate celebrazioni inerenti ai medesimi eventi storici, dotato stavolta di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015. Quanto alle ricorrenze riguardanti singoli personaggi illustri, si può ricordare che per il centesimo anniversario della nascita dell'artista Alberto Burri una legge, la n. 63 del 24 aprile 2014, aveva creato un Comitato Nazionale ad hoc. Dall'attuazione della legge n. 63 del 2014 non dovevano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, atteso che le amministrazioni interessate provvedevano agli adempimenti previsti dalla medesima legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Il Comitato era tenuto a trasmettere alle Camere, al termine delle celebrazioni, una relazione sulle iniziative promosse. I suoi membri non percepivano alcun compenso, indennità o rimborso di spese.


 

Articolo 1, comma 257
(Contributi a istituzioni culturali)

 

 

Il comma 257 - introdotto durante l’esame al Senato – autorizza l’ulteriore spesa di 1 milione di euro a decorrere dal 2016 a favore delle istituzioni culturali inserite nella tabella triennale di cui all’art. 1 della L. 534/1996.

 

La L. 534/1996 ha riordinato la disciplina riguardante i contributi statali ad enti culturali, disponendo una razionalizzazione delle diverse ipotesi di erogazione, a decorrere dal 1° gennaio 1997.

In particolare, l’art. 1 ammette al contributo ordinario annuale dello Stato le istituzioni culturali che, in possesso dei requisiti individuati dall’art. 2, presentino domanda e siano incluse in apposita tabella, sottoposta a revisione ogni tre anni, emanata con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le Commissioni parlamentari competenti, nonché il (ora) Comitato tecnico-scientifico per le biblioteche e gli istituti culturali del Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici[123].

Lo schema della tabella triennale 2015-2017 (Atto 197) è stato trasmesso alle Camere il 30 luglio 2015 e prevedeva la ripartizione dell’importo di € 5.685.000,00 per il 2015 fra 125 istituti[124].

Sullo schema, la VII Commissione della Camera ha espresso parere favorevole con osservazioni e raccomandazioni il 5 agosto 2015. In pari data ha espresso parere favorevole con osservazione e raccomandazioni anche la 7^ Commissione del Senato.

 

Le risorse sono allocate sul cap. 3671 dello stato di previsione del Mibact, la cui dotazione annuale è quantificata nella tab. C della legge di stabilità.

A seguito della nota di variazioni, lo stanziamento previsto per il 2015 è pari a € 13,2 mln, con un incremento di € 7,1 mln rispetto al dato assestato 2015.


 

Articolo 1, comma 258
(Collegamenti marittimi di competenza della Regione Sardegna)

 

 

Il comma 258 dispone che, nelle more dell’espletamento della gara per l’assolvimento degli oneri di servizio pubblico nei collegamenti marittimi tra la Sardegna e le sue isole minori, e comunque non oltre il 30 giugno 2016, le risorse all’uopo già stanziate, possano essere utilizzate, nel limite di 6,5 milioni di euro, mediante la prosecuzione del contratto con la marittima SAREMAR (Sardegna regionale marittima).

 

Il comma 258 novella l’articolo 8, comma 13-septies, del decreto-legge 78/2015, il quale prevede che le risorse di cui al comma 16, lettera c), dell'articolo 19-ter del decreto-legge 135/2009 possano essere utilizzate, a copertura degli oneri annuali di servizio pubblico relativi a contratti di servizio affidati sulla base di una procedura di gara aperta e non discriminatoria, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie di settore e nei limiti di quanto necessario per coprire i costi netti determinati dall'adempimento degli obblighi di servizio pubblico come individuati dallo stesso contratto.

L’articolo 19-ter, comma 16, lettera c), del citato decreto-legge prevedeva l’assegnazione di 13.686.441 euro annui al finanziamento del contratto di servizio tra Saremar-Sardegna Regionale Marittima S.p.a. e regione Sardegna.

L’assegnazione di tali risorse alla regione Sardegna, secondo quanto stabilito dall’articolo 1, comma 5-bis, del decreto-legge 125/2010 cessava i suoi effetti, a far data dal 30 luglio 2012. Ciò in quanto l’erogazione delle risorse citate era subordinata al completamento del processo di privatizzazione della società Saremar. A tale proposito si ricorda che il Ministero dei Trasporti – Direzione generale per il trasporto marittimo e per vie d’acqua interne ha comunicato, con nota Prot. n. 12514 del 31.7.2012, di trovarsi nell’impossibilità di poter utilizzare i fondi stanziati a copertura dei costi relativi ai servizi svolti dalla Saremar S.p.A. Conseguentemente la regione Sardegna ha provveduto a garantire con risorse proprie, nelle more dell'espletamento della gara di cui al comma 1, e comunque con decorrenza dal 1° agosto 2012, il mantenimento dei livelli essenziali di servizio pubblico ivi previsti ed indispensabili ad assicurare la continuità territoriale marittima mediante affidamento alla Saremar S.p.a. di un apposito contratto di servizio pubblico.


 

Articolo 1, comma 259
(Attività dell’Agenzia per lo svolgimento
dei Giochi olimpici Torino 2006)

 

 

Il comma 259, introdotto durante l'esame in Senato, proroga al 31 dicembre 2016 il termine per lo svolgimento delle attività del Commissario liquidatore dell’Agenzia per lo svolgimento dei giochi olimpici Torino 2006 previsto dall’articolo 10, comma 1, D.L. 192/2014.

 

Il comma 1 dell’articolo 10 citato aveva già prorogato ulteriormente (dal 31 dicembre 2014) al 31 dicembre 2015 il termine ultimo per lo svolgimento delle attività del Commissario liquidatore dell’Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici Torino 2006.

A tal fine, aveva novellato l’art. 2, co. 5-octies, del D.L. 225/2010 (L. 10/2011) che aveva a sua volta prorogato l'attività del Commissario liquidatore dell’Agenzia fino alla completa definizione delle attività residue affidate allo stesso, e comunque non oltre il 31 dicembre 2014.

 L’art. 3, co. 25, della L. 244/2007 (finanziaria 2008) ha previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 2008, le residue attività dell’Agenzia per i Giochi olimpici Torino 2006 dovevano essere svolte, entro il termine di tre anni – dunque, entro il 1° gennaio 2011 – da un Commissario liquidatore, nominato con D.P.C.M., sentito il MEF.

In attuazione di tale disposizione, con D.P.C.M. del 1° febbraio 2008 , è stato nominato Commissario liquidatore dell’Agenzia l’Ing. Domenico Arcidiacono. Con il medesimo decreto sono stati precisati i compiti del Commissario, nonché le dotazioni di mezzi e di personale necessari al suo funzionamento, nei limiti delle risorse residue a disposizione dell’Agenzia.

L’incarico del Commissario liquidatore è stato poi prorogato con D.P.C.M. del 21 aprile 2011 , a seguito della proroga disposta dall’art. 2, co. 5-octies , del D.L. 225/2010.

 


 

Articolo 1, comma 260
(Rifinanziamento fondo per la produzione bieticolo-saccarifera)

 

 

Il comma 260 inserito al Senato rifinanzia la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera in Italia, mediante il fondo costituito presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA).

 

Il comma 260 rifinanzia il fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera in Italia, per il quinto anno del quinquennio previsto dalla normativa dell'Unione europea.

Si tratta di un fondo costituito presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) ai sensi dell'articolo 2, comma 4, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81.

Il rifinanziamento vale per gli anni 2016 e 2017, con importi diversi. Per il 2016, è di 1 milione di euro; per il 2017, di 4 milioni di euro. Ai corrispondenti oneri si provvede utilizzando il fondo di conto capitale iscritto nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ai sensi dell'articolo 49, comma 2, lettera d) del decreto-legge 66/2014 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito con modificazioni dalla legge 89/2014.

 

Si ricorda che l'articolo 49 del decreto-legge 66/2014 concerne il riaccertamento dei residui passivi nonché della sussistenza delle partite debitorie iscritte nel conto del patrimonio dello Stato in corrispondenza di residui andati in perenzione, esistenti alla data del 31 dicembre 2013. In particolare, la lettera d) del comma 2 di tale articolo riguarda i residui passivi relativi a trasferimenti e/o compartecipazioni statutarie alle regioni, alle province autonome e agli altri enti territoriali e stabilisce che, con la legge di bilancio per gli anni 2015-2017, le somme corrispondenti alla cancellazione dei suddetti importi sono iscritte su base pluriennale su appositi fondi da destinare ai medesimi enti in relazione ai residui eliminati.


 

Articolo 1 comma 261
(Reparti operativi della Marina Militare)

 

 

Il comma 261 inserito nel corso dell’esame al Senato, autorizza la spesa di un milione di euro per l'anno 2016, al fine di provvedere al miglioramento delle condizioni di sicurezza - con particolare riguardo alle condizioni sanitarie dei reparti operativi del Raggruppamento subacquei e incursori "Teseo Tesei" (COMSUBIN) del Ministero della difesa - Marina militare.

 

La relazione tecnica specifica che la medesima è volta “a finanziare attività acquisitive, rinnovamento delle dotazioni ed interventi di ammodernamento per migliorare ed incrementare le condizioni di sicurezza del personale dei Reparti Operativi del Raggruppamento Subacquei e Incursori “Teseo Tesei” (COMSUBIN), con riferimento anche alle strumentazioni sanitarie ed in particolare a quelle afferenti la fisiopatologia subacquea”.

 

Il Comando Subacquei ed Incursori (conosciuto anche con l'acronimo di COMSUBIN), il cui nome ufficiale è Raggruppamento Subacquei ed Incursori "Teseo Tesei", è il Raggruppamento della Marina Militare incaricato anche di svolgere le operazioni di guerra non convenzionale in ambiente acquatico.
La sede del raggruppamento è situata al
Varignano. Il COMSUBIN è composto dal Gruppo Operativo Subacquei GOS e dal Gruppo Operativo Incursori. Il G.O.I. assieme al 9° Reggimento "Col Moschin" dell'Esercito, al "GIS" dei Carabinieri ed al 17° Stormo Incursori dell'Aeronautica Militare costituiscono le forze speciali delle Forze Armate italiane (FFAA) dipendenti dal Ministero della Difesa.


 

Articolo 1, commi 262-267 e commi 269-278
(Rafforzamento dell’acquisizione centralizzata)

 

 

I commi 262-267 e commi 269-278 dell’articolo 1, non modificati dal Senato, contengono numerose disposizioni che intervengono sulla normativa riguardante la centralizzazione degli acquisti pubblici. Tali interventi sono principalmente finalizzati a rafforzare il ricorso alle convenzioni attraverso differenti modalità, come la limitazione delle deroghe all’obbligo di approvvigionarsi tramite le convenzioni, che vengono disapplicate per il triennio 2017-2019, e alle quali viene comunque imposto un limite minimo di prezzo (comma 262).

Viene anche esteso l’ambito dei soggetti obbligati a forme di acquisto centralizzato, con riguardo agli enti di previdenza e alle agenzie fiscali (comma 263), a tutte le stazioni appaltanti (commi 264-266) ed agli enti locali (comma 267). L’utilizzo degli strumenti di acquisto e di negoziazione di Consip viene esteso anche ai lavori manutentivi (comma 272).

La norma punta altresì ad incrementare l’utilizzo dei parametri prezzo-qualità delle convenzioni per gli acquisti pubblici (commi 266, 275, 276). Il mancato ricorso agli strumenti Consip è infine disincentivato introducendo l’obbligo di motivazione nel caso di acquisti autonomi (comma 278).

Altre modifiche sono motivate da un’esigenza di semplificazione, mirando a garantire celerità e tempestività per i piccoli acquisti (commi 269, 270 e 271), oppure di trasparenza (comma 273).

 

La centralizzazione degli acquisti di beni e servizi

 

La centralizzazione degli acquisti di beni e servizi si realizza, in Italia, sotto quattro diverse forme:

§  le convenzioni Consip (o di altre centrali di committenza), con cui la Consip svolge una gara volta ad individuare un operatore economico, che si obbliga a stipulare contratti con tutte le PA che glielo richiederanno, per determinati beni e servizi. Questa modalità separa la procedura di gara dall’affidamento degli appalti. L’operatore economico che vince la gara non si aggiudica gli appalti, che verranno invece stipulati con le singole amministrazioni. Le convenzioni Consip sono state introdotte nel nostro ordinamento con l’articolo 26 della legge 488/1999, che prevede la facoltà per le PA di scegliere se ricorrere alle convenzioni, oppure svolgere gare autonome utilizzando i parametri prezzo-qualità delle stesse come limiti massimi;

§  il mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA), per gli acquisti “sotto soglia”, regolato dall’articolo 328 del DPR 207/2010. Il MEPA si fonda su un bando centralizzato pubblicato da Consip per categorie e specifici beni e servizi. Gli operatori economici possono pubblicare i relativi prezzi indicativi, sui quali le PA possono procedere ad acquisti diretti o a richieste di rilanci competitivi. La normativa impone, per gli acquisti “sotto soglia”, il ricorso al MEPA ogni volta che sia pubblicato il bando di abilitazione per l’acquisto da effettuare;

§  i sistemi telematici di acquisto delle regioni, che sono semplicemente uno strumento che consente di svolgere le tradizionali procedure di scelta del contraente secondo modalità telematiche e non cartacee. Essi conseguono importanti risultati in termini di trasparenza ed efficienza;

§  la stazione unica appaltante (SUA), la Centrale unica di Committenza (CUC) e i soggetti aggregatori. In questo modello organizzativo di centralizzazione le singole stazioni appaltanti affidano ad un soggetto centralizzato il compito di svolgere la gara fino alla fase dell’aggiudicazione definitiva. Si tratta di un modello utile per gare di particolare complessità.

 

Le Amministrazioni statali sono obbligate ad approvvigionarsi facendo ricorso alle convenzioni della Consip, per qualunque categoria merceologica, ove tali convenzioni siano disponibili. (articolo 1, comma 449, della legge n. 296/2006).

Limitatamente a particolari categorie merceologiche (energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile), tale obbligo è esteso a tutte le Amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto economico consolidato della PA (come individuate dall’elenco ISTAT, come da ultimo aggiornato sulla GU 30 settembre 2015, n. 227) .

In tal caso, esse sono tenute ad approvvigionarsi attraverso gli strumenti indicati dalla normativa, vale a dire “le convenzioni o gli accordi quadro messi a disposizione da Consip e dalle centrali di committenza regionali di riferimento ….ovvero ad esperire proprie autonome procedure nel rispetto della normativa vigente, utilizzando i sistemi telematici di negoziazione messi a disposizione dai soggetti sopra indicati” (articolo 1, comma 7, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95).

Per acquisti di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario, aventi ad oggetto una qualunque categoria merceologica, le Amministrazioni dello Stato, ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, sono tenute ad approvvigionarsi facendo ricorso al Mercato elettronico della pubblica amministrazione (articolo 1, comma 450, della legge n. 296/2006);

In subordine, qualora non sia disponibile alcuno degli strumenti di cui sopra, le Amministrazioni dello Stato hanno la facoltà di avvalersi degli Accordi quadro conclusi dalla Consip (articolo 2, comma 225, legge n. 191/2009), o di Sistemi dinamici di acquisizione, oppure di provvedere all’approvvigionamento espletando autonome procedure di evidenza pubblica. Gli accordi quadro e i sistemi dinamici di acquisizione sono rispettivamente disciplinati dagli articoli 59 e 60 del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 163/2006.

 

In particolare, il comma 262 modifica l’articolo 1, comma 7, del decreto-legge n. 95/2012, nella parte in cui prevede la deroga all’obbligo per tutte le Pubbliche Amministrazioni e per le società inserite nel conto economico consolidato della PA (come da elenco ISTAT) di approvvigionarsi attraverso convenzioni per un elenco definito di categorie merceologiche (energia elettrica, gas, carburanti, combustibili per il riscaldamento, telefonia). La normativa vigente prevede la possibilità di effettuare acquisti autonomi (tramite altre centrali di committenza o procedure ad evidenza pubblica) a prezzi inferiori di quelli delle convenzioni, purché i contratti siano sottoposti a condizione risolutiva in tal senso. Il comma 1 in esame limita tale possibilità di approvvigionarsi al di fuori delle convenzioni, in quanto richiede che il prezzo sia inferiore almeno del 10 per cento rispetto ai migliori corrispettivi indicati nelle convenzioni e accordi quadro Consip.

Viene mantenuto l’obbligo della condizione risolutiva per i contratti, con possibilità per il contraente di adeguamento ai migliori corrispettivi nel caso di intervenuta disponibilità di convenzioni Consip e delle centrali di committenza regionali che prevedano condizioni di maggior vantaggio economico. Tale vantaggio economico, però, deve essere in percentuale superiore al 10 per cento rispetto ai contratti già stipulati.

La norma, inoltre, richiede la trasmissione all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) di tutti i contratti stipulati avvalendosi della possibilità di effettuare acquisti in autonomia.

Si ricorda che il decreto-legge n. 90/2014 ha soppresso l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP) e trasferito le competenze in materia di vigilanza dei contratti pubblici all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).

 

Un’ulteriore novità consiste nell’individuazione di un periodo sperimentale di tre anni (dal 1 gennaio 2017 al 31 dicembre 2019) in cui non si applica la deroga che prevede la possibilità di effettuare acquisti autonomi. In tal modo, si cerca di rafforzare il sistema di obbligo di acquisizione centralizzata.

Per un periodo circoscritto, dunque, vengono disapplicate le previsioni che consentono la cosiddetta “outside option”, cioè la possibilità per le amministrazioni di svincolarsi dalle convenzioni qualora riescano ad ottenere condizioni economiche migliori. Ciò in base alla considerazione, precisata nella relazione illustrativa, che se questa opzione, da un lato, consente ad un insieme di amministrazioni di ottenere prezzi più bassi rispetto alle stesse convenzioni, dall’altro può ridurre il grado di competizione in gara e quindi creare uno svantaggio per tutte le amministrazioni aderenti alle convenzioni.

 

 

Il comma 263 estende agli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale e alle agenzie fiscali (agenzia delle entrate, agenzia delle dogane e dei monopoli, agenzia del demanio) gli obblighi di acquisto centralizzato tramite le convenzioni Consip e, per gli acquisti sotto soglia, tramite il Mercato elettronico della PA. Tali obblighi sono previsti dai commi 449 e 450 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006).

Gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale e le agenzie fiscali vengono quindi inclusi (lettera a)) tra le amministrazioni per le quali vige l’obbligo di approvvigionarsi utilizzando le convenzioni-quadro ai sensi del predetto comma 449 (tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie).

Per gli acquisti al di sotto della soglia di rilevanza europea (cd. “sotto soglia”), gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale e le agenzie fiscali hanno l’obbligo (lettera b)), già vigente ai sensi del predetto comma 450 per le PA statali centrali e periferiche, di ricorrere al mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA).

 

Si ricorda che, secondo il regolamento di esecuzione del Codice dei contratti pubblici (D.P.R. 207/2010, articolo 328, comma 1), il mercato elettronico della pubblica amministrazione è realizzato dal Ministero dell'economia e delle finanze sulle proprie infrastrutture tecnologiche avvalendosi di Consip S.p.A.. Si tratta dunque di un mercato digitale, in cui le Amministrazioni abilitate possono acquistare, per valori inferiori alla soglia comunitaria (134 mila euro per le PA centrali e 207 mila euro per le altre), i beni e servizi offerti da fornitori abilitati a presentare i propri cataloghi sul sistema. Consip definisce con appositi bandi le tipologie di beni e servizi e le condizioni generali di fornitura, gestisce l’abilitazione dei fornitori e la pubblicazione e l’aggiornamento dei cataloghi.

 

In relazione alla soglia di rilevanza europea, si ricorda che i valori di 134 mila euro per le PA centrali e 207 mila euro per le altre derivano dall’applicazione dell’articolo 28 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006) e del regolamento comunitario n. 1336/2013.

 

Si segnala, inoltre, che il successivo comma 270 interviene nuovamente sul comma 450, eliminandone la decorrenza dal luglio 2007 e ponendo un limite minimo di 1.000 euro per l’importo dei beni e servizi da acquistare per i quali vige l’obbligo del ricorso al MEPA. Per importi inferiori ai 1.000 euro, quindi, le amministrazioni potranno svincolarsi dall’obbligo del ricorso al MEPA ed effettuare acquisti autonomi.

 

I commi da 264 a 266 puntano ad ampliare la facoltà di aderire alle convenzioni Consip o agli accordi-quadro, nonché l’obbligo di utilizzare i parametri prezzo-qualità.

 

In particolare, il comma 264 modifica la norma della legge finanziaria per il 2008 (articolo 2, comma 573, legge n. 244/2007) estendendo a tutte le stazioni appaltanti (così come definite dall’art. 3, comma 33, del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 163/2006) la facoltà, attualmente prevista per le sole amministrazioni aggiudicatrici, di ricorrere per l’acquisto di beni e servizi alle convenzioni stipulate da Consip Spa, nel rispetto dei princìpi di tutela della concorrenza.

 

Analogamente, il comma 265 interviene sul comma 225 dell’articolo 2 della legge finanziaria per il 2010, che riguarda gli accordi-quadro conclusi da Consip, a cui tutte le amministrazioni pubbliche e le amministrazioni aggiudicatrici possono fare ricorso per l’acquisto di beni e servizi.

Anche qui l’ambito soggettivo viene identificato nella definizione di «stazione appaltante» data dal Codice dei contratti pubblici.

Il comma in esame provvede altresì ad integrare il citato comma 225 al fine di ribadire che resta comunque fermo quanto previsto dalla normativa in tema di obblighi di approvvigionarsi attraverso gli strumenti messi a disposizione da Consip.

 

Si ricorda, in proposito, che il comma 25 dell’art. 3 del Codice dei contratti pubblici definisce «amministrazioni aggiudicatrici» le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti.

Ai sensi del successivo comma 33, invece, l'espressione «stazione appaltante» comprende, oltre alle amministrazioni aggiudicatrici, anche gli altri soggetti indicati dall’art. 32.

Il comma 1 di tale articolo elenca una serie di contratti che, se di importo pari o superiore alle soglie comunitarie e se stipulati dai soggetti indicati, sono assoggettati alle norme del D.Lgs. 163/2006 (non a tutte, in verità, ma a quelle indicate nel comma medesimo). Tra i contratti contemplati dal comma in questione, oltre a quelli affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici, rientrano:

§  appalti di lavori pubblici affidati dai concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici;

§  lavori, servizi, forniture affidati dalle società con capitale pubblico, anche non maggioritario, che non sono organismi di diritto pubblico, che hanno ad oggetto della loro attività la realizzazione di lavori o opere, ovvero la produzione di beni o servizi, non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza, ivi comprese le società di cui agli articoli 113, 113-bis, 115 e 116 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

Il richiamo dell’art. 113 sembra far riferimento alle disposizioni del comma 4, in base alle quali, qualora sia separata dall'attività di erogazione dei servizi, per la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali, gli enti locali, anche in forma associata, si avvalgono:

a)    di soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico cui può essere affidata direttamente tale attività, a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano;

b)   di imprese idonee, da individuare mediante procedure ad evidenza pubblica.

Il riferimento all’art. 113-bis sembra invece riferirsi al comma 1, secondo cui i servizi pubblici locali privi di rilevanza economica sono gestiti mediante affidamento diretto a istituzioni; aziende speciali, anche consortili; società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano.

Gli artt. 115 e 116 riguardano invece la trasformazione delle aziende speciali in società per azioni e le società per azioni con partecipazione minoritaria di enti locali.

 

Il comma 266 impone l’utilizzo dei parametri di prezzo-qualità delle convenzioni Consip a tutte le società controllate dallo Stato e dagli enti locali che siano organismi di diritto pubblico, con l’eccezione di quelle che emettono strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati.

 

Nel fare riferimento agli organismi di diritto pubblico la norma in esame richiama la definizione recata dal comma 26 dell’art. 3 del Codice dei contratti pubblici, secondo cui è «organismo di diritto pubblico» qualsiasi organismo, anche in forma societaria:

§  istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;

§  dotato di personalità giuridica;

§  la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.

 

Il comma 267 apporta alcune modifiche all’articolo 9, comma 3 del decreto-legge n. 66/2014, relativo all’individuazione delle categorie di beni e servizi e delle soglie oltre le quali le amministrazioni statali centrali e periferiche, le regioni e gli enti regionali nonché gli enti del SSN ricorrono obbligatoriamente alla Consip o agli altri soggetti aggregatori.

 

In particolare le lettere b) e d) sostituiscono il riferimento della soppressa Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture con l’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC) .

Decisamente di maggiore rilievo è la modifica apportata dalla lettera c), che inserisce gli enti locali (i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni) tra i soggetti che, oltre determinate soglie e per definite categorie di beni e servizi, si rivolgono obbligatoriamente a soggetti aggregatori. In tal modo, secondo la relazione illustrativa, vengono allineati gli enti locali rispetto agli obblighi previsti per le altre amministrazioni dal D.L. 66/2014.

Conseguentemente, la lettera a) prevede che, sul decreto relativo all’individuazione delle categorie di beni e servizi e delle soglie oltre le quali scatta l’obbligo di rivolgersi alla Consip o agli altri soggetti aggregatori, sia acquisita l’intesa non più con la Conferenza Stato-Regioni (come prevede il testo attualmente vigente), bensì con la Conferenza unificata, ove, lo si ricorda, trovano rappresentanza anche gli enti locali.

 

Nell’ambito della disciplina volta a rafforzare l’acquisizione centralizzata, i commi da 269 a 271 sembrano più specificamente mirati a soddisfare un’esigenza di semplificazione e tempestività delle procedure di acquisto.

In particolare il comma 269 punta a velocizzare gli acquisti al di sotto di una certa soglia anche per i piccoli comuni. A tal fine, modifica l’articolo 23-ter, comma 3, del decreto-legge n. 90/2014, che autorizza i comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti a procedere autonomamente per gli acquisti di valore inferiore a 40.000 euro. La norma in esame estende tale franchigia a tutti i comuni, e dunque anche a quelli con meno di 10.000 abitanti, ferme restando le norme che lasciano la facoltà di aderire alle convenzioni (articolo 26, comma 3, legge 488/1999), che richiedono di utilizzare il MEPA per acquisti “sotto soglia” (articolo 1, comma 450, legge 296/2006) superiori a 1.000 euro (in relazione alle modifiche apportate dal comma 8 dell’articolo in esame), e che obbligano al ricorso a soggetti aggregatori oltre certe soglie e per determinate categorie di beni (articolo 9, comma 3, D.L. 66/2014).

Si ricorda che il disegno di legge, che delega il Governo all’attuazione delle direttive europee in materia di appalti pubblici e concessioni e al riordino della relativa normativa, in corso di esame parlamentare (A.S. 1678-B) reca, tra i principi e i criteri direttivi, la lettera dd), che fa salvo, tra l’altro, l'obbligo, per i comuni non capoluogo di provincia, di ricorrere a forme di aggregazione o centralizzazione delle committenze, a livello di unione dei comuni, ove esistenti, o ricorrendo ad altro soggetto aggregatore secondo la normativa vigente.

Anche il comma 270 punta a rendere più rapide le procedure per gli acquisti di importo inferiore, ponendo un limite minimo di 1.000 euro per l’importo dei beni e servizi da acquistare per i quali vige l’obbligo del ricorso al MEPA, come già anticipato nel commento al comma 2 del presente articolo. Per importi inferiori ai 1.000 euro, quindi, le amministrazioni potranno svincolarsi dall’obbligo del ricorso al MEPA ed effettuare acquisti autonomi.

La medesima esigenza di speditezza in relazione agli acquisti di piccolo importo si rinviene nella ratio del comma 271, che riguarda gli acquisti degli enti del servizio sanitario nazionale, ovvero, per essi, delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano.

La normativa vigente (articolo 15, comma 13, lettera d) del D.L. n. 95/2012) dispone che essi utilizzino, per l'acquisto di beni e servizi relativi alle categorie merceologiche presenti nella piattaforma CONSIP, gli strumenti di acquisto e negoziazione telematici messi a disposizione dalla stessa CONSIP, ovvero, se disponibili, dalle centrali di committenza regionali di riferimento. Il comma 271 in esame limita tale obbligo agli acquisti di importo pari o superiore a 1.000 euro, introducendo di fatto una franchigia per gli acquisti di basso importo.

 

 

Il comma 272 è volto a consentire l’utilizzo degli strumenti di acquisto e negoziazione centralizzati anche con riferimento alle attività di manutenzione.

La norma integra l’articolo 4, comma 3-ter, del D.L. n. 95/2012, il quale pone in capo alla Consip le attività di realizzazione del Programma di razionalizzazione degli acquisti, di centrale di committenza e di e-procurement. Il comma 272 estende l’oggetto degli strumenti di acquisto e negoziazione messi a disposizione da Consip anche alle attività di manutenzione. Si fanno salve le norme relative al ruolo dell'Agenzia del demanio negli interventi di manutenzione sugli immobili di proprietà dello Stato o in uso per finalità istituzionali alle Amministrazioni dello Stato recate dall’articolo 12, commi 2-10, del D.L. 98/2011.

 

Il comma 273 riguarda gli acquisti di beni e servizi di importo stimato superiore a un milione di euro, per i quali si ravvede una particolare esigenza di trasparenza. Per tali acquisti viene imposta alle amministrazioni pubbliche l’approvazione, entro il mese di ottobre di ciascun anno, di un programma biennale e con aggiornamenti annuali.

La relazione illustrativa stima (su dati ANAC) che tale soglia limiti l’obbligo di programmazione a circa il 10 per cento delle procedure, ma l’80 per cento della spesa per beni e servizi.

In relazione al contenuto, la norma richiede che:

§  il programma biennale indichi le prestazioni oggetto dell’acquisto, la quantità, il numero di riferimento della nomenclatura, le tempistiche;

§  l’aggiornamento annuale indichi le risorse finanziarie relative a ciascun fabbisogno quantitativo degli acquisti per l’anno di riferimento.

Entrambi i documenti devono essere comunicati alle strutture e agli uffici preposti al controllo di gestione, e pubblicati sul profilo del committente dell’amministrazione e sul sito informatico presso l’Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione. Devono essere trasmessi anche al Tavolo Tecnico dei Soggetti aggregatori, che utilizza tali informazioni per i propri compiti istituzionali.

Si ricorda che il Tavolo Tecnico dei Soggetti aggregatori (previsto dall’articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 66/2014) è stato istituito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 2014.

Il Tavolo tecnico, nell'ambito delle attività di razionalizzazione della spesa per beni e servizi delle pubbliche amministrazioni, svolge, fra l’altro, attività di raccolta dei dati relativi alla previsione dei fabbisogni di acquisto di beni e di servizi delle amministrazioni; pianificazione e armonizzazione dei piani delle iniziative di acquisto dei soggetti aggregatori; monitoraggio delle attività e dei risultati dell'aggregazione e centralizzazione degli acquisti; supporto tecnico ai programmi di razionalizzazione della spesa per beni e servizi dei soggetti aggregatori.

La violazione di tali obblighi:

§  è valutabile ai fini della responsabilità amministrativa e disciplinare dei dirigenti, nonché ai fini dell’attribuzione del trattamento accessorio collegato alla performance;

§  comporta l’esclusione dai finanziamenti da parte di pubbliche amministrazioni per le acquisizioni non comprese nel programma e nei suoi aggiornamenti.

Sono comunque fatte salve le acquisizioni imposte da eventi imprevedibili o calamitosi, nonché le acquisizioni dipendenti da sopravvenute disposizioni di legge o regolamentari.

Infine, viene abrogato l’articolo 271 del regolamento di esecuzione del Codice dei contratti pubblici (D.P.R. n. 207/2010), che prevede la facoltà per ciascuna amministrazione aggiudicatrice di approvare un programma annuale per l'acquisizione di beni e servizi relativo all'esercizio successivo.

 

Il comma 274 interviene in relazione al versamento ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato previsto per i risparmi conseguiti a seguito dell’applicazione delle norme che prevedono riduzioni di spesa per le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della PA, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).

Con riferimento agli enti del conto economico che assumono veste societaria, il comma in esame precisa che il versamento in questione è da intendersi come da effettuarsi in sede di distribuzione del dividendo, qualora nel corso dell’esercizio di riferimento la società abbia conseguito un utile e nei limiti dell’utile distribuibile ai sensi di legge.

A tal fine, in sede di approvazione del bilancio di esercizio, i soggetti che esercitano i poteri dell’azionista deliberano, in presenza di utili di esercizio, la distribuzione di un dividendo almeno corrispondente al risparmio di spesa evidenziato nella relazione sulla gestione, ovvero per un importo inferiore qualora l’utile distribuibile non risulti capiente.

La relazione illustrativa evidenzia che in tal modo viene limitato il versamento dei risparmi nei casi in cui non ci sia l’utile, o lo stesso non sia capiente, evitando così alle società esposizioni finanziarie aventi natura onerosa.

 

Il comma 275 rinvia ad un decreto del MEF, sentita l’Autorità nazionale anticorruzione, la definizione delle caratteristiche essenziali delle prestazioni principali che saranno oggetto delle convenzioni stipulate da Consip. Il decreto dovrà tenere conto degli aspetti maggiormente incidenti sul prezzo della prestazione e degli aspetti qualificanti ai fini del soddisfacimento della domanda pubblica.

Dopo l’attivazione di tali convenzioni, dovranno essere pubblicati sul sito del MEF e sul portale degli acquisti in rete i valori delle caratteristiche essenziali e i relativi prezzi, che costituiscono i parametri di prezzo-qualità di cui all’articolo 26, comma 3, della legge 23 dicembre 1999, n. 488.

La relazione illustrativa spiega che tale previsione dovrebbe limitare il fenomeno per cui le amministrazioni spesso rilevano diversità tra i beni e servizi in convenzione e quelli di interesse, e quindi rafforzare l’obbligo di adesione ovvero del rispetto dei parametri prezzo-qualità.

 

Il comma 276 riguarda i casi in cui non sia disponibile la convenzione stipulata da Consip né i prezzi di riferimento forniti dall’Autorità nazionale anticorruzione. In tali casi l’ANAC, sentito il MEF, individua, con proprio provvedimento, le modalità per adeguare i prezzi della precedente edizione della convenzione stipulata da Consip. I prezzi così determinati costituiscono prezzo massimo di aggiudicazione per il periodo temporale indicato dalla stessa ANAC.

 

Secondo la normativa vigente, nei casi in cui non sia presente una convenzione stipulata da Consip, i prezzi di riferimento pubblicati dall’(ex) AVCP (oggi ANAC) sono utilizzati per la programmazione dell'attività contrattuale della pubblica amministrazione e costituiscono prezzo massimo di aggiudicazione. Si ricorda infatti che, ai sensi dell’articolo 9, comma 7, del D.L. 66/2014, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (e dunque ora l’ANAC, come sostituito dal successivo comma 15) fornisce, tenendo anche conto della dinamica dei prezzi dei diversi beni e servizi, alle amministrazioni pubbliche un'elaborazione dei prezzi di riferimento alle condizioni di maggiore efficienza di beni e di servizi, tra quelli di maggiore impatto in termini di costo a carico della pubblica amministrazione, nonché pubblica sul proprio sito web i prezzi unitari corrisposti dalle pubbliche amministrazioni per gli acquisti di tali beni e servizi. Tali prezzi di riferimento sono utilizzati per la programmazione dell'attività contrattuale della pubblica amministrazione e costituiscono prezzo massimo di aggiudicazione, anche per le procedure di gara aggiudicate all'offerta più vantaggiosa, in tutti i casi in cui non è presente una convenzione stipulata dalla Consip. I contratti stipulati in violazione di tale prezzo massimo sono nulli.

 

Il comma 277 provvede a sostituire nel citato articolo 9, comma 7, del decreto-legge n. 66/2014 l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture con l’ANAC, per le ragioni esposte al comma 262.

 

Il comma 278, infine, richiede alle amministrazioni pubbliche obbligate ad approvvigionarsi attraverso le convenzioni Consip di ottenere un’autorizzazione specificamente motivata da parte dell’organo di vertice amministrativo e trasmessa alla Corte dei Conti nel caso esse debbano procedere ad acquisti autonomi in quanto il bene o il servizio oggetto di convenzione non è idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell’amministrazione per mancanza di caratteristiche essenziali.


 

Articolo 1, comma 268
(Contribuzione dei comuni alla locazione di
caserme ospitate presso proprietà private)

 

 

Il comma 268 dell’articolo 1, inserito nel corso dell’esame al Senato, attribuisce ai comuni, appartenenti al territorio di competenza delle caserme delle forze dell'ordine ospitate presso proprietà private, la facoltà di contribuire al pagamento del relativo canone di locazione e introduce a tal fine un comma aggiuntivo, dopo il comma 4 dell’articolo 3, del decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 135.

 

L'articolo 3, del richiamato decreto-legge n. 95 del 2012 reca disposizioni volte a razionalizzare gli spazi utilizzati dalle pubbliche amministrazioni per scopi istituzionali, nonché a contenere la spesa per locazioni passive. Nell’ambito di tali disposizioni, per i contratti di locazione passiva delle pubbliche amministrazioni, è prevista la riduzione del 15 per cento del canone e la sospensione per un triennio degli adeguamenti Istat. È introdotto, inoltre, un parametro di riferimento per gli spazi ad uso ufficio e addetti a cui le pubbliche amministrazioni devono adeguarsi. Sono previste norme finalizzate a ridurre le locazioni passive, favorendo l’utilizzo da parte delle amministrazioni pubbliche di immobili di regioni ed enti locali a titolo gratuito, in condizione di reciprocità, e di enti pubblici non territoriali a canoni agevolati.

 


 

Articolo 1, commi 279-288
(Razionalizzazione dei processi di approvvigionamento di beni e servizi informatici e di connettività nelle pubbliche amministrazioni)

 

 

I commi da 279 a 288 puntano a rafforzare l’acquisizione centralizzata di beni e servizi in materia informatica e di connettività, prevedendo, con la finalità di conseguire specifici obiettivi di risparmio indicati nei commi medesimi, che le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto consolidato della PA debbano approvvigionarsi tramite Consip o soggetti aggregatori. Solo in casi eccezionali, e con autorizzazione motivata dell’organo di vertice amministrativo, possono procedere ad acquisti autonomi. Viene inoltre previsto un Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione, disponendosi altresì la definizione, mediante appositi accordi in sede di Conferenza Stato-Regioni di criteri uniformi per l’acquisto dei beni e servizi medesimi da parte degli enti del SSN.

 

Più in dettaglio, il comma 279 stabilisce l’obbligo per le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione (come individuate dall’elenco ISTAT, come da ultimo aggiornato sulla GU 30 settembre 2015, n. 227) di procedere ad acquisti di beni e servizi informatici e - come precisato presso il Senato- di connettività, esclusivamente tramite Consip S.p.A. o i soggetti aggregatori, ivi comprese le centrali di committenza regionali, per i beni e servizi disponibili presso gli stessi soggetti.

 

Si ricorda che l’articolo 9 del D.L. 66/2014 istituisce l’elenco dei soggetti aggregatori, di cui fanno parte:

§  Consip, e una centrale di committenza per ciascuna regione (qualora costituita);

§  altri soggetti che svolgono attività di centrale di committenza, come le città metropolitane, le province, le associazioni, unioni e consorzi di enti locali.

Il numero complessivo di soggetti aggregatori presenti sul territorio nazionale non può essere superiore a 35.

Si ricorda inoltre che, ai sensi dell’articolo 1, comma 455, della legge 296/2006, le regioni possono costituire centrali di acquisto anche unitamente ad altre regioni, che operano quali centrali di committenza ai sensi dell'articolo 33 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006), in favore delle amministrazioni ed enti regionali, degli enti locali, degli enti del Servizio sanitario nazionale e delle altre pubbliche amministrazioni aventi sede nel medesimo territorio.

Secondo il Codice dei contratti pubblici, una centrale di committenza è un’amministrazione aggiudicatrice che acquista forniture o servizi, oppure aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad altre amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori.

Il comma 280, inserito dal Senato, prevede che l'Agenzia per l'Italia digitale (Agid) predisponga il Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, che è approvato dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro delegato. Il Piano recherà, per ciascuna amministrazione o categoria di amministrazioni, l'elenco dei beni e servizi informatici e di connettività e dei relativi costi e individuerà beni e servizi la cui acquisizione riveste particolare rilevanza strategica.

Il comma 281 modificato presso il Senato articola il procedimento di acquisizione previsto dal comma 279, prevedendo che Consip S.p.A. o il soggetto aggregatore programmano gli acquisti di beni e servizi informatici e di connettività in coerenza con la domanda aggregata di cui al Piano sopradetto. Dispone altresì che Agid, Consip e i soggetti aggregatori propongono alle amministrazioni e alle società di cui al comma 1 iniziative e misure, anche organizzative e di processo, volte al contenimento della spesa, promuovendo a tal fine anche aggregazioni di domanda funzionali all’utilizzo degli strumenti disponibili presso le AA.PP.

Tale disposizione, secondo la relazione tecnica, consente un governo unitario e un maggior coordinamento dell'attuazione dei progetti informatici nella PA, in linea con quanto stabilito dal Codice dell'amministrazione digitale e dall'Agenda digitale italiana.

 

Si ricorda che per l’attuazione dell’Agenda Digitale Italiana, in coerenza con gli indirizzi elaborati dalla cabina di regia, il decreto-legge n. 83/2012 ha istituito l’Agenzia per l’Italia digitale. L’Agenzia è in particolare chiamata ad occuparsi dello sviluppo delle reti di nuova generazione e dell'interoperabilità tra i sistemi informatici delle pubbliche amministrazioni e tra questi e quelli dell'Unione europea. In questo quadro è stato previsto che l’Agenzia monitori l'attuazione dei piani di TIC (tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni) delle pubbliche amministrazioni, promuovendone annualmente di nuovi, in linea con l’Agenda digitale europea. L’Agenzia assorbe anche le funzioni dei preesistenti organismi DigitPA e Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione.

Si ricorda che lo statuto dell’Agenzia per l’Italia digitale è stato approvato con D.P.C.M. 8 gennaio 2014 (Gazzetta Ufficiale – Serie generale” n. 37 del 14 febbraio 2014). Con D.P.C.M. 7 maggio 2015, è stato nominato direttore dell’Agenzia per l’Italia digitale il dott. Antonio Francesco Maria Samaritani, a seguito di una procedura di selezione ad evidenza pubblica, come previsto dall’articolo 21, comma 2, del decreto-legge n. 83/2012. Tale disposizione prevede che sia il Presidente del Consiglio dei ministri, o, laddove designato, come è attualmente, il ministro delegato (e cioè attualmente il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione), a nominare il direttore generale dell'Agenzia, tramite procedura di selezione, tra persone di particolare e comprovata qualificazione professionale in materia di innovazione tecnologica e in possesso di una documentata esperienza di elevato livello nella gestione di processi di innovazione.

Si segnala che le norme in esame recano una disciplina particolare riferita ad una specifica categoria di beni e servizi (quelli informatici e di connettività), che potrebbe essere introdotta all’interno del D.L. 95/2012, articolo 1, comma 7, che già estende, per particolari categorie merceologiche, a tutte le PA e alle società inserite nel conto economico consolidato della PA l’obbligo di ricorrere agli acquisti centralizzati propri delle sole amministrazioni statali.

 

Il comma 282, modificato dal Senato definisce l’obiettivo di risparmio di spesa annuale posto in relazione ai precedenti commi. Tale obiettivo, pari al 50%, rispetto alla spesa annuale media per la gestione corrente del solo settore informatico, relativa al triennio 2013-2015 - al netto dei canoni per servizi di connettività e della spesa effettuata tramite Consip o i soggetti aggregatori documentata nel Piano triennale predisposto dall'Agid - è posto per la fine del triennio 2016-2018.

Sono operate alcune esclusioni dal raggiungimento di detto obiettivo: le società di gestione del sistema informativo dell'amministrazione finanziaria (ai sensi dell'articolo 22, comma 4, della legge 30 dicembre 1991, n. 413), Consip S.p.A. per le prestazioni e i servizi erogati dalle stesse società, l'amministrazione della giustizia in relazione al completamento dell'informatizzazione del processo civile e penale negli uffici giudiziari.

Si prevede che i risparmi derivanti dall'attuazione dell'articolo in esame siano utilizzati dalle amministrazioni prioritariamente per investimenti in materia di innovazione tecnologica.

Il comma 283 limita la possibilità per le PA e le società inserite nell’elenco ISTAT di procedere ad approvvigionamenti autonomi ai soli casi in cui il bene o il servizio non sia disponibile (come precisato dal Senato) o idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell'amministrazione ovvero in casi di necessità ed urgenza comunque funzionali ad assicurare la continuità della gestione amministrativa, ed esclusivamente a seguito di apposita autorizzazione motivata dell'organo di vertice amministrativo.

Gli approvvigionamenti effettuati ai sensi del presente comma sono comunicati all'Autorità Nazionale Anticorruzione e all'Agid.

Ai sensi del comma 284, la mancata osservanza delle disposizioni di cui ai commi precedenti rileva ai fini della responsabilità disciplinare e per danno erariale.

Il comma 285 sopprime la norma (comma 3-quinquies dell’articolo 4 del decreto-legge n. 95/2012) in base alla quale la Consip S.p.A. svolge l'istruttoria ai fini del rilascio dei pareri di congruità tecnico-economica da parte dell'Agenzia per l'Italia Digitale, che a tal fine stipula con Consip apposita convenzione per la disciplina dei relativi rapporti.

Il comma 286 richiede agli organi costituzionali di effettuare le acquisizioni di beni e servizi adottando le misure idonee a realizzare le economie previste dalla norma in esame, nella rispettiva autonomia e secondo le modalità stabilite nel proprio ordinamento.

Il comma 287 (inserito nel corso dell’esame presso il Senato) prevede che, al fine di consentire l'interoperabilità degli enti del Servizio sanitario nazionale, con accordo sancito in sede di Conferenza permanente tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, previo parere dell'Agid e della Consip S.p.A., siano definiti criteri uniformi per gli acquisti di beni e servizi informatici e di connettività da parte degli enti del Servizio sanitario nazionale.

Da ultimo il comma 288 (anche esso inserito dal Senato)demanda ad un decreto del Ministro dell’economia l’adozione, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di stabilità in esame, delle misure attuative dei commi sopra illustrati.


 

Articolo 1, commi 289-304
(Piani di rientro e riqualificazione degli enti
del Servizio sanitario nazionale)

 

 

I commi 289-304 concernono la pubblicazione dei bilanci di esercizio degli enti del Servizio sanitario nazionale e l'attivazione, da parte dei medesimi enti, di un sistema di monitoraggio delle attività assistenziali e della loro qualità (commi 290 e 291), introducono l'obbligo di adozione e di attuazione di un piano di rientro per le aziende ospedaliere o ospedaliere-universitarie e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici che presentino un determinato disavanzo o un mancato rispetto dei parametri relativi a volumi, qualità ed esiti delle cure (commi da 292 a 302) e prevedono un'estensione dell'istituto del piano di rientro, a decorrere dal 2017, alle aziende sanitarie locali ed ai relativi presìdi ospedalieri (commi 303 e 304).

 

Il comma 289 specifica che le procedure definite dai commi da 289 a 306 sono intese a conseguire miglioramenti nella produttività e nell'efficienza degli enti del Servizio sanitario nazionale.

Il comma 290 prevede che le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere o ospedaliere-universitarie e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici espongano integralmente sul proprio sito internet il bilancio d'esercizio entro 60 giorni dalla data dell'approvazione ed attivino un sistema di monitoraggio delle attività assistenziali e della loro qualità (in raccordo con l'omologo sistema di monitoraggio della regione e con il programma nazionale valutazione esiti dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), pubblicando entro il 30 giugno di ogni anno i relativi esiti.

Resta fermo (ai sensi dell'art. 32, comma 7, del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e degli artt. 8, 11 e 29 del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, e successive modificazioni) che i bilanci in oggetto sono pubblicati anche sul sito della regione e che tale obbligo riguarda anche l'eventuale "gestione sanitaria accentrata" (qualora le regioni gestiscano direttamente una quota del finanziamento del Servizio sanitario).

Il comma 291 specifica che il mancato rispetto delle disposizioni di cui comma 290 costituisce illecito disciplinare ed è causa di responsabilità amministrativa per il direttore generale e per il responsabile per la trasparenza e la prevenzione della corruzione. Riguardo a quest'ultima figura, potrebbe essere opportuno chiarire se si faccia riferimento anche all'obbligo di pubblicazione relativo all'eventuale "gestione sanitaria accentrata", in quanto anche tale obbligo è oggetto del precedente comma 290 (in virtù del richiamo all'art. 19, comma 2, lettera b), del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118).

I commi da 292 a 304 introducono l'obbligo di adozione e di attuazione di un piano di rientro per le aziende ospedaliere o ospedaliere-universitarie, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e gli altri enti pubblici che eroghino prestazioni di ricovero e cura, qualora presentino un determinato disavanzo o un mancato rispetto dei parametri relativi a volumi, qualità ed esiti delle cure. Sono esclusi dall'àmbito di tali commi le aziende sanitarie locali ed i relativi presìdi ospedalieri; per essi, i successivi commi 305 e 306 prevedono un'estensione dell'istituto del piano di rientro a decorrere dal 2017.

L'individuazione degli enti che rientrino in almeno una delle suddette fattispecie è operata, per il 2016, entro il 31 marzo e, successivamente, entro il 30 giugno di ogni anno da parte della regione, con provvedimento della Giunta regionale o del commissario ad acta (ove presente) (commi 292 e 293). Riguardo alla prima fattispecie, si fa riferimento (comma 292, lettera a)) alla sussistenza di un disavanzo tra i costi ed i ricavi (derivanti dalla remunerazione delle attività da parte del Servizio sanitario regionale) pari o superiore al 10% dei medesimi ricavi o pari, in valore assoluto, ad almeno 10 milioni di euro. Il comma 294 demanda ad un decreto del Ministro della salute, da emanarsi, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, entro 30 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, la definizione: della metodologia di valutazione del disavanzo in oggetto; degli àmbiti assistenziali e dei parametri di riferimento relativi a volumi, qualità ed esiti delle cure; delle linee guida per la predisposizione dei relativi piani di rientro.

Il comma 295 demanda ad un altro decreto del Ministro della salute, da emanarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, la rideterminazione degli schemi di contabilità (per gli enti del Servizio sanitario nazionale), al fine di dare evidenza e trasparenza ai costi e ricavi summenzionati.

Il piano di rientro (comma 296) deve essere presentato alla regione, da parte dell'ente interessato, entro i 90 giorni successivi all’emanazione del suddetto provvedimento regionale di individuazione degli enti e riguardare un periodo di tempo non superiore al triennio, con la definizione delle misure idonee al raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario e patrimoniale e/o (a seconda dei casi) al miglioramento della qualità delle cure e all’adeguamento dell’offerta.

Il piano è approvato dalla regione secondo le procedure di cui ai commi 297, 298 e 299 e previa una valutazione positiva circa l'adeguatezza delle misure proposte, la loro coerenza con la programmazione sanitaria regionale (ovvero, ove presente, con il piano di rientro regionale dal disavanzo sanitario) e con le linee guida nazionali summenzionate.

In base al comma 299, la regione, in caso di individuazione di enti che ricadano in almeno una delle due fattispecie determinanti l'obbligo di un piano di rientro, è tenuta ad istituire - qualora non sia già presente - una "gestione sanitaria accentrata" (con la quale gestisca direttamente una quota del finanziamento del Servizio sanitario) e ad iscrivere nel bilancio della medesima, al fine di garantire l'equilibrio complessivo del Servizio sanitario regionale, una quota del fondo sanitario regionale corrispondente alla somma degli eventuali scostamenti negativi di cui ai piani di rientro. Potrebbe essere opportuno chiarire se, come sembra, almeno letteralmente, in base al richiamo dei precedenti commi 292 e 293, l'obbligo in esame riguardi anche i casi in cui gli enti individuati ricadano esclusivamente nella fattispecie di mancato rispetto dei parametri relativi a volumi, qualità ed esiti delle cure (in tale fattispecie, potrebbero, infatti, comunque sussistere scostamenti negativi, sia pure di importo inferiore ai parametri suddetti del 10% e dei 10 milioni di euro).

Le quote delle risorse così iscritte nella "gestione sanitaria accentrata" possono essere erogate, a titolo di anticipazione, agli enti in oggetto, qualora le verifiche trimestrali - eseguite dalla regione o, ove presente, dal commissario ad acta - sull'attuazione del piano abbiano esito positivo (comma 301). La norma non specifica la misura delle singole quote erogabili.

In caso di verifica trimestrale negativa, la regione o il commissario ad acta adotta le misure per la riconduzione in equilibrio della gestione, nel rispetto dei livelli di assistenza, come individuati nel piano di rientro dell’ente.

Gli interventi contemplati dai medesimi piani sono vincolanti per gli enti interessati e le misure in essi previste possono comportare effetti di variazione dei provvedimenti amministrativi (già adottati dagli enti) in materia di programmazione e pianificazione aziendale (al fine di renderli coerenti con i contenuti dei piani) (comma 300).

I contratti (ivi compresi quelli in essere) dei direttori generali devono prevedere la decadenza automatica per il caso di mancata presentazione del piano di rientro da parte dell’ente interessato e per il caso di esito negativo della verifica annuale dello stato di attuazione del medesimo piano (comma 302).

I commi 303 e 304 prevedono che le disposizioni di cui ai precedenti commi da 292 a 302 si applichino, a decorrere dal 2017, anche alle aziende sanitarie locali e ai relativi presìdi ospedalieri[125], nonché agli altri enti pubblici (individuati da leggi regionali) che eroghino prestazioni di ricovero e cura, qualora presentino un significativo scostamento tra costi e ricavi ovvero il mancato rispetto dei parametri relativi a volumi, qualità ed esiti delle cure. Si demanda a due decreti del Ministro della salute (da emanarsi secondo le procedure di cui al comma 304), rispettivamente, la definizione dei parametri quantitativi e degli altri elementi per l'individuazione, da parte delle regioni, di queste ultime due fattispecie e gli aggiornamenti dei modelli di rilevazione dei costi dei presìdi ospedalieri delle aziende sanitarie locali.

Con il suddetto richiamo degli altri enti pubblici (individuati da leggi regionali), il comma 303 fa riferimento alle regioni in cui i presìdi ospedalieri siano gestiti non dall'azienda sanitaria locale, ma da un ente sottostante. Sotto il profilo letterale, sembrerebbe opportuno estendere il riferimento, sia nel comma 303 sia nel comma 304, ai presidi ospedalieri di tali enti.

Come accennato, alcuni commi fanno riferimento specifico, per le determinazioni da parte della regione, alla Giunta regionale (o al commissario ad acta). Sembra opportuno valutare se tale riferimento debba essere sostituito con uno generico alla regione (oltre che al commissario ad acta), considerato che, in base alla giurisprudenza della Corte costituzionale[126], l'individuazione dell’organo regionale titolare di una funzione amministrativa rientra nella normativa di dettaglio attinente all'organizzazione interna della regione.


 

Articolo 1, commi 305 e 306
(Aziende sanitarie uniche)

 

 

I commi 305 e 306 prevedono che in alcune regioni si possano costituire aziende sanitarie uniche, risultanti dall’incorporazione delle aziende ospedaliere-universitarie nelle aziende sanitarie locali.

 

Al riguardo, si fa riferimento alle regioni che, nel biennio 2014-2015, abbiano riorganizzato il proprio Servizio sanitario regionale, o ne abbiano avviato la riorganizzazione, attraverso processi di accorpamento delle aziende sanitarie preesistenti. Sono in ogni caso escluse le regioni sottoposte a piani di rientro dal disavanzo sanitario. Il Senato ha escluso le province autonome di Trento e di Bolzano dall'àmbito dei commi in esame.

 

L'ipotesi delle aziende sanitarie uniche è posta sia al fine di perseguire una più efficace e sinergica integrazione tra le attività di prevenzione, cura e riabilitazione e le attività di didattica e di ricerca sia al fine di conseguire risparmi di spesa.

L'eventuale costituzione dell'azienda sanitaria unica è operata secondo modalità stabilite da un protocollo di intesa tra la regione e l'università interessata.

 


 

Articolo 1, commi 307-311
(Disposizioni in materia di acquisizione di beni e servizi da parte degli enti del Servizio sanitario nazionale)

 

 

I commi da 307 a 311 riguardano i contratti di acquisti di beni e servizi, relativamente alle categorie merceologiche del settore sanitario, le unità organizzative di valutazione delle tecnologie e la valutazione multidimensionale dei dispositivi medici.

 

I commi 307 e 308 prevedono che, per gli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, i contratti di acquisti di beni e servizi, relativamente alle categorie merceologiche del settore sanitario, siano stipulati tramite la Consip S.p.A. o la centrale regionale di committenza ovvero (qualora quest'ultima non sia disponibile o operativa) tramite un'altra centrale di committenza (individuata dalla medesima centrale regionale di riferimento).

Le norme in esame costituiscono una modifica implicita, per gli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, limitatamente alle categorie merceologiche del settore sanitario, delle norme vigenti[127].

Queste ultime impongono, per le amministrazioni statali e per le altre pubbliche amministrazioni ivi richiamate (tra cui gli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale), il ricorso alla Consip S.p.A. o alle centrali di committenza per le categorie di beni e di servizi ed oltre le soglie di importo individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentita l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, entro il 31 dicembre di ogni anno.

Le nuove norme demandano al suddetto decreto l'individuazione di tutte le categorie merceologiche del settore sanitario e non fanno riferimento a soglie di importo.

Per le fattispecie residue, resta vigente la disciplina relativa ai prezzi di riferimento per gli acquisti da parte dei medesimi enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale[128].

Il comma 308 specifica che la violazione degli adempimenti stabiliti dal medesimo comma (relativo alla summenzionata ipotesi di ricorso ad un'altra centrale di committenza) costituisce illecito disciplinare ed è causa di responsabilità per danno erariale. Sarebbe opportuno chiarire se si intenda far riferimento, come sembrerebbe al di là della formulazione letterale, anche agli adempimenti di cui al precedente comma 307.

Il comma 309 dispone che i singoli contratti, relativi alle categorie merceologiche del settore sanitario individuate dal suddetto decreto, in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, non possano essere prorogati oltre la data di attivazione del contratto aggiudicato dalla Consip S.p.A. o dalla centrale di committenza. Le proroghe definite in violazione di tale divieto sono nulle e costituiscono illecito disciplinare e causa di responsabilità amministrativa. Occorrerebbe valutare se sia opportuno che il comma 309 faccia riferimento anche alle ipotesi di contratti stipulati dopo la data di entrata in vigore della presente legge e prima dell'individuazione della relativa categoria merceologica del settore sanitario.

Ai sensi del comma 310, entro 30 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, le regioni adottano provvedimenti intesi a garantire che gli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale non istituiscano unità organizzative di valutazione delle tecnologie ovvero sopprimano quelle esistenti, ricorrendo a strutture di valutazione istituite a livello regionale o nazionale. Il Senato ha escluso dall'àmbito del presente comma le province autonome di Trento e Bolzano.

Il comma 311 demanda alla cabina di regia (istituita con D.M. 12 marzo 2015) in materia di HTA[129] dei dispositivi medici lo svolgimento di alcune funzioni in materia di valutazione multidimensionale dei dispositivi medici nonché di promozione dell'impiego degli esiti delle medesime valutazioni da parte delle regioni e delle aziende sanitarie, per le relative decisioni sull'adozione dei dispositivi o sul disinvestimento.


 

Articolo 1, commi 312-324
(Aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza sanitaria)

 

 

I commi da 312 a 323 concernono la revisione dei livelli essenziali di assistenza sanitaria. In merito, si prevede un incremento di spesa non superiore a 800 milioni di euro annui per la prima revisione, si definiscono nuove norme procedurali, anche a regime, e si istituisce una Commissione nazionale per l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e la promozione dell’appropriatezza nel Servizio sanitario nazionale. Le novelle di cui al successivo comma 324 modificano la composizione del Comitato tecnico-sanitario del Ministero della salute (Comitato che ha assorbito alcuni organi collegiali ed organismi del suddetto Ministero, tra cui la previgente Commissione nazionale per la definizione e l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza).

 

Il comma 312 prevede che la revisione dei livelli essenziali di assistenza sanitaria (i quali individuano le prestazioni ed i servizi che devono essere garantiti dal Servizio sanitario nazionale, gratuitamente o con partecipazione della spesa a carico dell'assistito[130]) determini un incremento di spesa non superiore a 800 milioni di euro annui e pone il termine, per la medesima revisione, di 60 giorni (decorrenti dall'entrata in vigore della presente legge).

Ai sensi del comma 314, per il 2016, l'erogazione di una quota, pari a 800 milioni di euro, della quota indistinta del fabbisogno sanitario nazionale standard (cioè, della quota non vincolata al perseguimento di specifici obiettivi di carattere prioritario) è subordinata all'adozione del provvedimento di revisione. La relazione tecnica allegata al presente disegno di legge[131] osserva che tale disposizione è intesa a "rendere stringente" il processo di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza.

I commi 313 e 318 contemplano, anche a regime, due possibili procedure di revisione; una novella di coordinamento in materia è posta dal successivo comma 323 (cfr. infra). La prima procedura, stabilita dal comma 313, conferma quella di cui all'art. 5 del D.L. 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 novembre 2012, n. 189[132]; in particolare, il testo originario del comma sopprimeva - rispetto alla procedura vigente - il parere delle Commissioni parlamentari competenti, il quale è stato nuovamente inserito con una modifica approvata dal Senato. La seconda procedura, posta dal comma 318, concerne le ipotesi di aggiornamento dei livelli essenziali che non determinino ulteriori oneri a carico della finanza pubblica e che modifichino esclusivamente gli elenchi di prestazioni erogabili dal Servizio sanitario nazionale ovvero individuino misure intese ad incrementare l’appropriatezza dell'erogazione delle medesime prestazioni. In questa seconda procedura, il provvedimento finale è costituito da un decreto del Ministro della salute (anziché da un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome esprime un parere sullo schema di decreto (mentre la prima procedura richiede un'intesa nella suddetta sede della Conferenza); con una modifica approvata dal Senato, è stato inserito il parere delle Commissioni parlamentari competenti anche nell'àmbito di questa seconda procedura.

Il comma 323 pone, come accennato, una novella di coordinamento, relativa alla procedura di individuazione di prestazioni da espungere, eventualmente, dall'àmbito dei livelli essenziali di assistenza sanitaria. Si osserva che la novella non fa riferimento al suddetto parere delle Commissioni parlamentari competenti, inserito dal Senato nell'àmbito delle altre due procedure in oggetto.

Si rileva che il comma 313 abroga anche la parte del citato art. 5 del D.L. n. 158 che pone, per la revisione dei livelli essenziali: un prioritario riferimento alla "riformulazione" dell'elenco delle malattie croniche e di quelle rare; uno specifico riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia.

Si segnala, inoltre, che viene abrogato anche il comma 2-bis del medesimo art. 5 del D.L. n. 158, comma concernente l'aggiornamento del nomenclatore tariffario per le prestazioni di assistenza protesica (erogabili nell'àmbito del Servizio sanitario nazionale).

Un'ulteriore modifica al comma 313 approvata dal Senato prevede la presentazione, entro il 31 dicembre di ogni anno, da parte del Ministro della salute, di una relazione al Parlamento sullo stato di attuazione delle norme di cui ai commi da 312 a 324 in esame sui livelli essenziali di assistenza sanitaria.

I commi 315, 319, 320 e 321 prevedono l'istituzione di una Commissione nazionale per l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e la promozione dell’appropriatezza nel Servizio sanitario nazionale e recano le relative norme organizzative. Le attività della Commissione sono disciplinate dai commi 316 e 317; quest'ultimo prevede che la Commissione formuli annualmente una proposta di aggiornamento dei livelli essenziali. Per tali attività, il comma 322 autorizza la spesa di 1 milione di euro annui.

Con riferimento alle medesime attività della Commissione, il Senato ha inserito, nel comma 316, un richiamo al rispetto degli obblighi, per le pubbliche amministrazioni, in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni, stabiliti dal D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33.

Si ricorda che la previgente Commissione nazionale per la definizione e l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza è stata accorpata, insieme con altri organi collegiali ed organismi del Ministero della salute, nel Comitato tecnico-sanitario (del medesimo Dicastero), ai sensi del regolamento di cui al D.P.R. 28 marzo 2013, n. 44.

In relazione all'istituzione della nuova Commissione, le novelle di cui al successivo comma 324 modificano la composizione del Comitato tecnico-sanitario. I relativi membri designati dal Ministro della salute vengono ridotti da 62 a 59, quelli designati dal Ministro dell'economia e della finanze da 4 a 2, quelli designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome da 39 a 34 (mentre resta immutato il numero dei membri designati dagli altri soggetti)[133]. Sembrerebbe opportuno definire esplicitamente i profili transitori relativi alla riduzione in esame.


 

Articolo 1, comma 325
(Livello di finanziamento del SSN)

 

 

Il comma 325, non modificato dal Senato, ridetermina in riduzione il fabbisogno sanitario nazionale standard per il 2016, fissandolo in 111.000 milioni di euro.

Il livello del finanziamento del SSN cui concorre lo Stato, precedentemente stabilito dalla legge di stabilità 2015 (commi 167 e 556 legge 190/2014) e dal decreto legge enti territoriali (art. 9-septies D.L. 78/2015), era stato infatti fissato in 113.097 milioni di euro.

Non sono conteggiati, ai fini degli effetti di risparmio, gli effetti della rideterminazione delle risorse delle autonomie speciali nel perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.

 

La Relazione al provvedimento evidenzia che la rideterminazione da 113.097 milioni di euro a 111 milioni di euro comporta, per il 2016, una riduzione pari a 2.097 milioni di euro. Tuttavia, in virtù delle regole di finanziamento della spesa sanitaria e di quanto disposto dal secondo periodo del comma in esame circa la “sterilizzazione” degli effetti della rideterminazione sugli obiettivi di finanza pubblica delle autonomie speciali, la stessa Relazione stima l’effettivo risparmio in 1.783 milioni di euro.

Sul punto, si ricorda che l’articolo 9-septies del decreto-legge 78/2015 ha operato analoga rideterminazione del livello del finanziamento del SSN cui concorre lo Stato per il 2015, differenziando però, ai commi 3 e 4, le modalità di contabilizzazione degli effetti del risparmio per la Regione Siciliana e la regione Friuli-Venezia Giulia (vedi infra).

 

Andrebbe pertanto chiarito il motivo per cui, a fronte di una rideterminazione del livello di finanziamento anche per il 2016, non si procede ad analoga differenziazione delle modalità di contabilizzazione degli effetti del risparmio per la Regione Siciliana e la Regione Friuli-Venezia Giulia.

 

Si rileva inoltre che la rideterminazione del fabbisogno sanitario nazionale standard non è stata preceduta da una Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.

 

Il fabbisogno sanitario nazionale standard, cioè il livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale (SSN) cui concorre lo Stato, è stato finora determinato sulla base di un sistema di accordi tra Stato e regioni, recepiti annualmente in disposizioni di legge.

Recentemente, l’Intesa del 10 luglio 2014 sul Patto per la salute per il triennio 2014-2016 ha definito il quadro finanziario per il triennio di vigenza, e ha precisato, all’art. 30, co. 2, che, in caso di modifiche degli importi relativi al finanziamento del SSN, la stessa Intesa sul Patto della salute deve essere oggetto di revisione.

D’altra parte, l’articolo 26 del D.Lgs. 68/2011 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario) ha precisato che, dal 2013, la determinazione del fabbisogno sanitario nazionale standard è fissata in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo del Paese e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall’Italia in sede comunitaria.

 

Per quanto riguarda l’ammontare del fabbisogno sanitario nazionale standard, il Patto per la salute 2014-2016 ha determinato il livello di finanziamento del SSN a cui concorre lo Stato come segue: 109.928.000.000 euro per il 2014; 112.062.000.000 euro per il 2015; 115.444.000.000 euro per il 2016.

La legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190/2014) ha dato attuazione a molte disposizioni contenute nel Patto, e, al comma 556, ha confermato il livello di finanziamento per il biennio 2015-2016 come segue: 112.062.000.000 euro per il 2015; 115.444.000.000 euro per il 2016.

Si ricorda inoltre, che il comma 167 della legge di stabilità 2015 ha incrementato a regime il livello del finanziamento del SSN di 5 milioni annui per lo screening neonatale per la diagnosi precoce di patologie metaboliche ereditarie.

Contestualmente, la legge di stabilità 2015 ha anche stabilito che l'ammontare delle risorse destinate alla sanità poteva essere rideterminato in base al contributo aggiuntivo che le regioni devono assicurare alla finanza pubblica per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018. La stessa legge di stabilità 2015 ha inoltre previsto che gli ambiti di spesa da cui attingere le risorse necessarie all'ammontare del contributo aggiuntivo avrebbero dovuto essere individuati entro il 31 gennaio 2015 con una Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni. L'Intesa, poi sancita il 26 febbraio 2015, ha previsto una riduzione delle risorse destinate al SSN per 2.000 milioni di euro con riferimento alla quota di pertinenza delle regioni a statuto ordinario (che sale a 2.352 milioni di euro, incluse le autonomie speciali). Benché l’Intesa sia riferita all’anno 2015, il taglio del FSN è un taglio di spese correnti di natura permanente.

Inoltre, l’intesa del febbraio 2015, pur fissando la riduzione del Fondo sanitario nazionale, ha rinviato a una nuova intesa il dettaglio delle misure in grado di garantire le economie in sanità, non inferiori a 2.352 milioni di euro. L'Intesa del 2 luglio 2015 ha poi individuato gli ambiti sui quali operare un efficientamento della spesa sanitaria con conseguente rideterminazione del livello del finanziamento del SSN.

Infine, il decreto-legge n. 78/2015, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, all'art. 9-septies, ha registrato la riduzione di 2.352 milioni di euro, a decorrere dal 2015, del livello del finanziamento del SSN a cui concorre lo Stato. Per quanto riguarda la quota parte di risparmio di pertinenza delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome – pari a 352 milioni di euro - si ricorda che, in ragione del fatto che il finanziamento del Servizio sanitario nazionale è calcolato su base nazionale (in quanto destinato a funzioni soggette al rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni), a fronte di una riduzione del finanziamento erariale per il comparto delle Regioni a statuto ordinario, è previsto che anche le autonomie speciali realizzino un risparmio. D’altra parte, le Regioni a statuto speciale, ad eccezione della Sicilia, provvedono al finanziamento del SSN con risorse provenienti interamente dal proprio bilancio e senza alcun onere a carico dello Stato.

La Regione Siciliana è la sola tra le autonomie speciali a non finanziarie completamente i servizi di assistenza sanitaria sul proprio territorio. Ai sensi della legge 296/2006, art. 1 co. 830, infatti, la regione a decorrere dal 2009, partecipa alla spesa sanitaria nella misura del 49,11%. In ragione di ciò solo la quota parte di riduzione del FSN, di pertinenza della Regione siciliana, corrisponde a minori trasferimenti erariali e, di conseguenza, deve essere rideterminata la misura del risparmio a carico della Regione siciliana stessa fissata dalla legge di stabilità 2014 (L. 190/2014, art. 1, commi 400, 401 e 403). In tal senso dispone il citato art. 9-septies al comma 3, in attuazione della lettera F. dell’Intesa del 26 febbraio 2015: il concorso agli obiettivi di finanza pubblica della Regione siciliana, attualmente pari a 273 milioni di euro, è rideterminato in 174.361,73 migliaia di euro, al fine di tener conto della riduzione del Fondo sanitario nazionale per la Regione siciliana, pari a 98.638,27 migliaia di euro a decorrere dall'anno 2015.

Si ricorda infine che la disciplina del patto di stabilità per la regione Friuli-Venezia Giulia stabilisce espressamente che gli obiettivi del patto devono essere rideterminati a seguito dell’aggiornamento della previsione della spesa sanitaria.

La disciplina e la determinazione degli obiettivi del patto di stabilità è contenuta nel comma 517 della legge di stabilità 2014 (che insieme ai commi 215-513 recepisce l’accordo in materia finanziaria siglato con lo Stato il 23 ottobre 2014). La disciplina prevede inoltre che gli obiettivi del patto di stabilità sono comprensivi del contributo alla finanza pubblica stabilito, per ciascuna regione a statuto speciale, ai commi 400 e 401 della medesima legge di stabilità 2014. Per tale ragione, in conseguenza della riduzione del finanziamento del FSN, il citato art. 9-septies al comma 4, ridetermina in 38,168 milioni di euro il contributo alla finanza pubblica in termini di indebitamento netto previsto per la regione Friuli Venezia Giulia inizialmente pari a 87 milioni di euro. Viene in tal modo scontato l’importo di 48,832 milioni di euro che costituisce la quota parte di riduzione del FSN di pertinenza della Regione Friuli-Venezia Giulia.

 

La Relazione al provvedimento ricorda che, in caso di emersione di disavanzi regionali, il vincolo dell'equilibrio nel settore sanitario è comunque assicurato tramite l'attivazione della leva fiscale autonoma delle regioni o dei meccanismi automatici previsti dalla normativa vigente.

Sul punto si ricorda che le disposizioni legislative adottate negli ultimi anni fanno carico alle regioni che hanno accumulato disavanzi sanitari di adottare i provvedimenti necessari a ripianarli, quali: adeguate riduzioni di spesa, aumenti automatici della pressione fiscale anche oltre la misura massima stabilita dalla normativa vigente, forme di compartecipazione dei cittadini al finanziamento delle prestazioni e dei servizi sanitari.

 

Infine si rinvia a quanto disposto dai commi 388-392 del provvedimento in esame che stabiliscono la misura del contributo alla finanza pubblica delle Regioni e delle Province autonome in 3.980 milioni di euro per l’anno 2017 e in 5.480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019.

La norma, come avvenuto per gli esercizi precedenti, prevede che siano le regioni stesse, in sede di auto coordinamento, ad individuare le modalità di realizzazione del contributo, vale a dire gli ambiti di spesa da tagliare e i relativi importi – per il complesso delle regioni e per ciascuna di esse, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza. L’accordo tra le regioni deve poi essere recepito con intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni entro il 31 gennaio di ciascun anno. In caso di mancata intesa, il Governo procederà con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi entro 20 giorni dalla scadenza dei termini dell’Intesa, tenendo anche conto del PIL e della popolazione residente; dovranno inoltre essere rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti di spesa individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato. La norma specifica che potranno essere prese in considerazione anche le risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale.


 

Articolo 1, commi 326 e 327
(Farmaci e trattamenti innovativi)

 

 

I commi in esame, inseriti al Senato, recano nuove disposizioni relative alla somministrazione dei farmaci innovativi e al loro accesso in una prospettiva di sostenibilità di sistema e di programmazione delle cure.

Il comma 326 chiarisce che le risorse costituenti la dotazione del Fondo per il rimborso alle regioni per l'acquisto di medicinali innovativi, pari a 500 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016 (il 90% di tali risorse è a valere sulle risorse del Fondo sanitario nazionale), non vengono calcolate ai fini del raggiungimento del tetto vigente della spesa farmaceutica territoriale.

Il comma 327 prevede che il Ministero della salute, sentita l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, adotti, ogni anno, un programma strategico in materia di trattamenti innovativi, che definisca tra l’altro le priorità di intervento, le condizioni di accesso ai trattamenti, i parametri di rimborsabilità, le previsioni di spesa, gli schemi di prezzo, gli strumenti di garanzia e trasparenza, le modalità di monitoraggio e la valutazione degli interventi medesimi.

 

Più nello specifico, il comma 326, inserito nel corso dell’esame al Senato, intende garantire la regolare somministrazione dei farmaci innovativi nel rispetto della cornice finanziaria programmata per il SSN e delle misure di efficientamento del settore sanitario previste dai commi 289-311 del provvedimento in esame, nonché delle disposizioni di cui all'articolo 9-ter, commi 10 e 11, del decreto legge 78/2015 (che disciplinano la procedura di rinegoziazione dei prezzi dei farmaci e dei biosimilari da parte di AIFA, per la loro riduzione). A tal fine, stabilisce che per il 2015 e il 2016 la spesa per l'acquisto di farmaci innovativi concorre al raggiungimento del tetto di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale (11,35% del FSN), per l'ammontare eccedente l'importo annualmente stabilito in 500 milioni del "Fondo per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei medicinali innovativi" istituito dall’art. 1, co. 593, della legge di stabilità 2015. La disposizione di cui al comma 326 entra in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.


 

La spesa farmaceutica territoriale

 

La spesa farmaceutica territoriale, il cui tetto è stato fissato all’11,35% del fabbisogno sanitario nazionale dall’art. 15, co. 3 del decreto legge 95/2012, corrisponde alla somma della spesa farmaceutica convenzionata, comprensiva di ogni compartecipazione a carico degli assistiti (con l’esclusione degli importi corrisposti dall’assistito per l’acquisto di farmaci ad un prezzo diverso dal prezzo massimo di rimborso stabilito dall’AIFA, come previsto dall’art. 11, co. 9, del decreto legge 78/2010) e della spesa per i medicinali di classe A erogati in distribuzione diretta, inclusa la distribuzione per conto e la distribuzione in dismissione ospedaliera.

Il meccanismo di controllo del rispetto del tetto e, quindi, di ripiano degli eventuali sfondamenti, è determinato da una complessa procedura (art. 5, co. 3 del decreto legge 159/2007). Più nello specifico, ogni anno l’AIFA attribuisce ad ogni azienda farmaceutica titolare di autorizzazioni alla immissione in commercio di farmaci, un singolo budget annuale aziendale calcolato sulla base dei volumi e dei prezzi della vendita al SSN negli ultimi 12 mesi di ogni farmaco, in ammontare tale che la somma di tale budget con quelli delle altre aziende corrisponda al volume di spesa destinato alla spesa farmaceutica territoriale (va ricordato che nella determinazione del budget complessivo si deve tenere conto del valore della riduzione di spesa derivante dalla decadenza di brevetti, così come degli stanziamenti per i farmaci innovativi). Quando il tetto risulta superato, l’importo del ripiano, derivante dallo sfondamento del tetto, viene ripartito tra le aziende farmaceutiche, i grossisti e i farmacisti, in relazione alle loro quote di spettanza sui prezzi dei medicinali (attualmente fissate dall’art. 11 co. 6 del decreto legge 78/2010), nelle percentuali, rispettivamente, del 56,65 per cento, del 3 per cento e del 30,35 per cento (per i farmaci che, pur nell’ambito della assistenza farmaceutica territoriale sono distribuiti dalle strutture pubbliche direttamente o per loro conto ad opera delle farmacie, la quota di ripiano è posta esclusivamente a carico delle aziende farmaceutiche). Le aziende farmaceutiche versano gli importi dovuti, in corrispondenza allo sfondamento del budget aziendale loro assegnato dall’AIFA e in proporzione allo sfondamento del tetto di spesa regionale, direttamente alle regioni (pay-back). Per i grossisti ed i farmacisti, l’importo da ripianare è distribuito sotto forma di uno sconto percentuale a favore del SSN sul prezzo di tutti i farmaci venduti nei successivi sei mesi.

Il monitoraggio della spesa farmaceutica territoriale 2014, al netto dei pay-back versati dalle Aziende farmaceutiche alle Regioni ha evidenziato una spesa di 12.217 milioni di euro, con un avanzo complessivo di -182,2 milioni di euro rispetto al livello di finanziamento programmato pari a 12.402 milioni di euro (tetto di spesa programmata fissata all’11,35% del FSN). La spesa farmaceutica territoriale è inoltre risultata in aumento rispetto alla spesa dell’anno precedente pari a 12.128 milioni di euro ad invarianza di composizione (Osmed, L’uso dei farmaci in Italia anno 2014, luglio 2015).

 

Il comma 327, inserito al Senato, prevede che il Ministero della salute, sentita l'AlFA, in coerenza con la cornice finanziaria programmata per il SSN, predisponga annualmente un Programma strategico volto a definire le priorità di intervento, le condizioni di accesso ai trattamenti, i parametri di rimborsabilità sulla base di risultati clinici significativi, il numero dei pazienti potenzialmente trattabili e le relative previsioni di spesa, le condizioni di acquisto, gli schemi di prezzo condizionato al risultato e gli indicatori di performance degli stessi, gli strumenti a garanzia e trasparenza di tutte le procedure, le modalità di monitoraggio e valutazione degli interventi in tutto il territorio nazionale. Il Programma è approvato annualmente d'intesa con la Conferenza Stato- regioni.

 

L’accesso ai farmaci innovativi è oggetto di un report dell’Organizzazione mondiale della sanità Access to new medicines in Europe: technical review of policy initiatives and opportunities for collaboration and research, in cui si ribadisce l’urgenza di promuovere un accesso equo ai nuovi farmaci e si sottolinea l’importanza di mantenere un giusto equilibrio tra l'accesso e il costo-efficacia. Lo studio presenta i diversi approcci con i quali le autorità sanitarie dei paesi europei cercano di raggiungere: sostenibilità delle terapie, prezzi che incentivino l’innovazione e politiche industriali e occupazionali di sostegno alla ricerca farmaceutica.

In Italia, la Commissione consultiva Tecnico-Scientifica (CTS) dell’AIFA, dal 2007, si è dotata di criteri finalizzati alla gradazione dell’innovazione, ma solo sul versante terapeutico. Dal 2009, con l’emanazione del Regolamento di funzionamento delle Commissioni consultive di AIFA, la CTS è stata chiamata ad esprimere pareri vincolanti sul posizionamento in terapia dei nuovi medicinali (place in therapy) e sul loro grado di innovatività, sia sul versante scientifico, che terapeutico. Nel marzo 2015, l’AIFA ha completato l’algoritmo per l'individuazione del grado di innovatività terapeutica. Attualmente, sono in corso simulazioni su molecole già autorizzate, in grado di coprire i diversi ambiti di valutazione dell'algoritmo.

Inoltre, per garantire un accesso omogeneo dei pazienti a tutti i medicinali, in particolare a quelli innovativi o di eccezionale rilevanza terapeutica, la legge di stabilità 2015, al comma 588, ha stabilito che l'AIFA predisponga, a supporto del Ministero della salute e delle Regioni, valutazioni nazionali di HTA sui medicinali.

 


 

I farmaci innovativi

 

La definizione di innovatività, la sua valutazione ed il conferimento della qualifica di medicinale innovativo sono procedure di competenza dell’AIFA e delle sue Commissioni (art. 5, comma 2, lettera a) del già citato decreto legge 159/2007). La qualifica di medicinale innovativo implica l’applicazione di benefici economici fissati dalla legge, limitati nel tempo (in genere 36 mesi) e potenzialmente soggetti a rivalutazione a fronte dell’emergere di nuove evidenze scientifiche. L’art. 5, co 3, lettera a), del decreto legge 159/2007 chiarisce che tali farmaci non concorrono ai vincoli ordinari di budget e usufruiscono di un fondo di risorse incrementali a loro dedicate (fondo aggiuntivo per la spesa dei farmaci innovativi). In caso di sfondamento del tetto della spesa farmaceutica territoriale nazionale, se la spesa per i farmaci innovativi supera il valore del fondo aggiuntivo fissato ad inizio dell’anno, questi farmaci non partecipano al ripiano. Lo sfondamento da ripianare è, invece, ripartito tra tutte le aziende in proporzione ai rispettivi fatturati dei medicinali non innovativi coperti da brevetto. La legge di stabilità 2015 (art. 1, co. 595 della legge 190/2014) ha inoltre stabilito che, se il fatturato derivante dalla commercializzazione di un farmaco innovativo è superiore a 300.000.000 di euro, la quota dello sforamento imputabile al superamento del fondo aggiuntivo, resta, in misura pari al 20 per cento, a carico dell'azienda titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) relativa al medesimo farmaco, e il restante 80 per cento è ripartito, ai fini del ripiano, al lordo IVA, tra tutte le aziende titolari di AIC in proporzione dei rispettivi fatturati relativi ai medicinali non innovativi coperti da brevetto.

Si rammenta infine che la legge di stabilità 2015 (legge 190/2014) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero della salute al capitolo 3010, un Fondo per il rimborso alle regioni per l'acquisto di medicinali innovativi (legge 190/2014, art. 1, co. 593-598). La norma è collegata alla immissione in commercio di farmaci innovativi destinati alla cura dell'Epatite C. Le risorse per il 2015 erano costituite da:

a) un contributo statale, pari a 100 milioni di euro derivanti da una riduzione di pari importo del Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE);

b) 400 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo sanitario nazionale nella componente destinata alla realizzazione di specifici obiettivi del Piano sanitario nazionale (PSN).

Le risorse per il 2016, pari a 500 milioni di euro, sono tutte a valere sul Fondo sanitario nazionale.

Il Decreto 9 ottobre 2015 Rimborso alle Regioni per l'acquisto dei farmaci innovativi, ha disciplinato le modalità operative di erogazione delle risorse stanziate a titolo di concorso al rimborso per l'acquisto dei medicinali innovativi per il 2015 e il 2016.

Per garantire un accesso omogeneo su base territoriale dei farmaci innovativi, l’accordo Stato-Regioni del 18 Novembre 2010 ha previsto la pubblicazione da parte dell’AIFA di un elenco di medicinali innovativi ed il loro inserimento immediato nei prontuari terapeutici ospedalieri regionali.


 

Articolo 1, commi 328-330
(Revisione uso medicinali)

 

 

I commi da 328 a 330, inseriti al Senato, istituiscono, nello stato di previsione del Ministero della salute, il Fondo per finanziare la prima applicazione, da parte delle farmacie, del servizio di revisione dell’uso dei medicinali (Medicine Use Review), finalizzato, in via sperimentale, ad assicurare l’aderenza farmacologica alle terapie dei pazienti affetti da asma. Il Fondo è assegnato alle regioni e alle province autonome in proporzione alla popolazione residente ed è destinato in via esclusiva e diretta a finanziare la remunerazione del servizio reso dal farmacista. Al Fondo è assegnato uno stanziamento di euro 1 milione per il 2016. Tali risorse sono reperite riducendo di pari importo l’incremento, stabilito dal comma 369, del provvedimento in esame, del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

 

Il progetto I-Mur (Italian Medicines Use Review), Valutazione randomizzata della revisione italiana dell’uso dei farmaci fornita nella farmacia di comunità utilizzando l’asma come modello, i cui risultati sono stati presentati recentemente, è uno studio randomizzato e clusterizzato promosso e sostenuto dalla Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (FOFI) in collaborazione con la Medway School of Pharmacy dell'Università del Kent. Il progetto ha coinvolto farmacisti e pazienti di 15 Regioni. La patologia studiata è stata l’asma, malattia cronica che riguarda circa il 7% della popolazione italiana. Lo scopo dello studio è di valutare in quale misura l’uso che il paziente fa dei medicinali prescritti dal medico – con particolare attenzione al rispetto delle indicazioni in termini di posologia – contribuisce a migliorare il controllo della malattia e, quindi, a ridurre aggravamenti e nuove prestazioni sanitarie, dagli accessi al pronto soccorso ai ricoveri. Il farmacista utilizza “la revisione dell’uso dei medicinali” (Medicines Use Review-MUR, prestazione che le farmacie accreditate erogano in Gran Bretagna dal 2005), ovvero nel corso di un colloquio, il farmacista si accerta se il paziente segue le indicazioni del medico oppure dimentica di assumere i medicinali prescritti, se riesce a usarli correttamente, se incontra difficoltà (per esempio a rispettare gli orari delle somministrazioni), se accusa effetti collaterali o, ancora, se assume altri medicinali che possono interferire sia con la sua malattia sia con le cure prescritte. Rilevate eventuali criticità il farmacista dà le indicazioni del caso al paziente e provvede contestualmente a informare il medico curante.

 

Il comma 329 chiarisce che il Fondo è assegnato alle regioni e alle province autonome in proporzione alla popolazione residente ed è destinato in via esclusiva e diretta a finanziare la remunerazione del servizio reso dal farmacista.

Il comma 330 assegna al Fondo lo stanziamento di euro 1.000.000 per il 2016. Tali risorse sono reperite riducendo di pari importo l’incremento, stabilito dal comma 369, del provvedimento in esame, del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

 


 

Articolo 1, commi 331-332
(Fondo “Progetto genomi Italia”)

 

 

I commi 331-332, inseriti nel corso dell’esame al Senato, istituiscono presso il Ministero della salute il Fondo “progetto genomi Italia”, con la dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018.

Il Fondo è istituito allo scopo di creare nel nostro Paese un’infrastruttura dedicata ad un progetto nazionale di genomica applicata alla sanità pubblica, denominato “Progetto genomi Italia”, diretto all'attuazione di un piano nazionale di implementazione medico-sanitaria delle conoscenze e tecnologie in materia di genoma (con particolare riferimento al genoma della popolazione italiana).

Gli atti e i provvedimenti relativi all’utilizzazione del Fondo nonché la messa a punto e la gestione del Progetto sono adottati da una Commissione – denominata Commissione nazionale genomi Italia – istituita con decreto non regolamentare del Ministero della salute. La Commissione, che ha durata triennale, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, individua i soggetti pubblici e privati che si impegnano a cofinanziare il progetto in misura non inferiore alle risorse destinate annualmente dallo Stato.

In caso di mancata individuazione di soggetti cofinanziatori nel termine di sei mesi dall’approvazione della legge, la Commissione cessa dalle proprie funzioni relazionando al Ministro sulle circostanze che hanno impedito la realizzazione del progetto.


 

Articolo 1, comma 333
(Riduzioni delle dotazioni di bilancio dei Ministeri)

 

 

Il comma 333 dispone la riduzione delle dotazioni di bilancio, sia in termini di competenza che di cassa, degli stati di previsione dei singoli Ministeri a decorrere dall’anno 2016, per i seguenti importi: 512,5 milioni nel 2016, 563 milioni nel 2017 e 537,6 milioni nel 2018 e anni successivi, come indicati nell’elenco n. 2 al disegno di legge.

 

Per ciascun Ministero vengono riportate le riduzioni, suddivise per Missioni e programmi, con l’indicazione della eventuale quota relativa a stanziamenti predeterminati per legge. Per quanto riguarda le riduzioni complessive per tutti i ministeri, risultano predeterminati per legge 11 dei 512,5 milioni del 2016; 30,6 dei 563 milioni del 2017; 47,5 dei 537,6 milioni del 2018.

 

 

Elenco n. 2 - Riepilogo delle riduzioni delle dotazioni finanziarie
delle spese dei Ministeri

(dati in milioni di euro)

Ministeri

2016

2017

2018

Economia e finanze

117

134,2

147,6

Sviluppo economico

8,4

31,5

31,9

Lavoro e politiche sociali

4,2

1

1

Giustizia

23,3

26,4

26,4

Affari esteri

8,2

6,3

6,3

Istruzione, università e ricerca

220,4

240,4

200,4

Interno

27,2

43,2

60,7

Ambiente

1,6

1

0,9

Infrastrutture e trasporti

28,9

35

22,9

Difesa

19

17

17

Politiche agricole

21,9

13,8

12,9

Beni e attività culturali e turismo

7,8

0

0

Salute

24,5

13,2

9,6

TOTALE

512,5

563

537,6

 

 


 

Va rilevato come alla riduzione delle disponibilità delle Amministrazioni centrali recata dal comma in esame, e riepilogata nell’Elenco 2 sopra riportato, si aggiungono le altre misure correttive derivanti da ulteriori disposizioni dell’articolato, nonché le riduzioni di spesa disposte dalle Tabelle C, D ed E del disegno di legge in esame.

 

Nella tabella che segue, elaborata sulla base di un prospetto complessivo degli effetti migliorativi in questione contenuto nella relazione tecnica, sono riportati, in termini di saldo netto da finanziare, gli importi complessivi delle misure correttive previste nel disegno di legge in esame per tutti i Ministeri, distinte per modalità di attuazione (articolato, elenco 2, tabella C, tabella D e tabella E).

 

Saldo netto da finanziare (milioni di euro)

2016

2017

2018

Effetti migliorativi Ministeri*

da articolato

-1.254,80

-602,6

-600,2

- di cui minori spese

937,80

586,6

584,2

- di cui maggiori entrate

317

16

16

da elenco 2

-512,4

-563

-537,6

da tabella C

-30,5

-36,4

-37,5

da tabella D

-243,2

-229,4

-277,7

da tabella E

-1.317,20

-1.026,10

-236,1

TOTALE effetti migliorativi Ministeri

-3.358,10

-2.457,50

-1.689,10

Ulteriori riduzioni

Efficientamento spesa acquisti beni e servizi (art 28)

-163.3

-164.2

-164.4

Riduzione stanziamenti PCM (comma 334)

-23

-21.8

-18

FORMEZ (comma 381)

-0,9

-0,9

-0,9

Riorganizzazione SNA (comma 373)

-1,5

-1,5

-1,5

Totale ulteriori riduzioni

-188.7

-188,3

-184,8

Totale effetti migliorativi

-3.547

-2.646

-1.874

 

*la Relazione tecnica precisa che tali misure considerano gli effetti dei commi 449-451 (ragionevole durata del processo), ma non tengono conto degli effetti migliorativi delle norme sugli enti di previdenza (comma 345), e altre Società e istituti (commi 375-380), quelli derivanti dalla limitazione del turn over (di cui ai commi 125-126) nonché quelli inerenti la riduzione del Fondo per gli sgravi di contrattazione di secondo livello (commi 87-95).

 


 

Rispetto al medesimo prospetto risultante dal testo iniziale del disegno di legge di stabilità, si riscontra una riduzione degli effetti migliorativi di 80 milioni di euro nel 2016, 50 milioni nel 2017 e 50 milioni nel 2018. Le modifiche apportate presso il Senato hanno pertanto ridotto, seppur marginalmente, i risparmi affidati dal testo iniziale alle disposizioni in esame. Tale riduzione è attribuibile esclusivamente a due amministrazioni:

§  il MEF, per 60 milioni nel 2016, 30 milioni nel 2017 e 30 milioni nel 2018;

§  il Ministero del lavoro, per 20 milioni per ciascuno degli anni del triennio.

 


 

Articolo 1, comma 334
(Riduzione di stanziamenti per la Presidenza del Consiglio)

 

 

Il comma 334 determina una riduzione degli stanziamenti di bilancio iscritti a favore della Presidenza del Consiglio.

L'ammontare di siffatta riduzione è modulato nel modo seguente: 23 milioni di euro per l'anno 2016; 21,7 milioni per l'anno 2017; 18 milioni annui a decorrere dal 2018

 

La riduzione ha per finalità il concorso di quella struttura al raggiungimento degli obiettivi programmati di finanza pubblica.

 

Il dettaglio dei capitoli dello Stato di previsione del Ministero dell'Economia e delle Finanze i cui stanziamenti sono ridotti, è indicato nell'elenco n. 3. Il prospetto che segue illustra le riduzioni introdotte dall'Elenco n. 3. Il dato relativo al 2018 deve intendersi riferito anche agli anni successivi.

 

(in migliaia di euro)

cap.

descrizione

BLV

riduzioni Elenco n. 3

importi risultanti

2016

2017

2018

2016

2017

2018

2016

2017

2018

2115

Spese di funzionamento della Presidenza del Consiglio

34.601

34.511

34.523

1.731

1.731

1.731

32.870

32.780

32.792

2124

Gestione ed implementazione del portale Normattiva e del progetto X-Leges

1.220

985

1.000

37

37

37

1.183

948

963

2191

Promozione della conoscenza degli eventi della prima guerra mondiale in favore delle future generazioni

1.408

0

0

42

0

1.366

0

0

2780

8 per mille IRPEF per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati e conservazione di beni culturali

71.146

70.500

70.500

3.120

3.120

3.120

68.026

67.380

67.380

7474

"Luoghi della memoria per la celebrazione del centenario della prima guerra mondiale

5.000

5.000

5.000

150

150

150

4.850

4.850

4.850

2183

Fondo Interventi dell'editoria

102.689

102.391

102.391

3.081

3.081

3.081

99.608

99.310

99.310

2190

Fondo straordinario sostegno all'editoria

21.364

0

0

641

0

0

20.723

0

0

7442

Fondo per gli investimenti del Dipartimento dell'editoria

8.684

8.658

8.658

261

261

261

8.423

8.397

8.397

2113

Attuazione delle politiche antidroga

5.780

5.763

5.763

578

578

578

5.202

5.185

5.185

5210

Tutela delle minoranze linguistiche storiche

790

867

867

24

24

24

766

843

843

5211

Tutela delle minoranze linguistiche

972

1.069

1.069

29

29

29

943

1.040

1.040

2185

Interventi Servizio Civile Nazionale

116.243

113.427

113.427

3.487

3.487

3.487

112.756

109.940

109.940

2102

Politiche di sostegno alla famiglia

22.621

22.621

22.621

2.262

2.262

2.262

20.359

20.359

20.359

2118

Funzionamento dell'Ufficio dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza

1.517

1.611

961

46

46

46

1.471

1.565

915

2099

Piano nazionale per le aree urbane degradate

75.000

75.000

0

3.750

3.750

0

71.250

71.250

0

2108

Politiche delle pari opportunità

28.228

20.353

20.420

2.823

2.823

2.823

25.405

17.530

17.597

2132

Comitato paralimpico nazionale

7.000

7.000

7.000

210

210

210

6.790

6.790

6.790

7455

Fondo di garanzia mutui per gli impianti sportivi

18.776

0

0

563

0

0

18.213

0

0

2106

Incentivazione e sostegno alla gioventù

5.559

6.136

6.136

167

167

167

5.392

5.969

5.969

Totale

528.598

475.892

400.336

23.002

21.756

18.006

505.596

454.136

382.330

 


 

Articolo 1, comma 335
(Riduzione risorse CAAF)

 

 

Il comma 335 riduce di 40 mln di euro per il 2016, 70 mln per ciascuno degli anni 2017 e 2018 e di 100 mln annui a decorrere dal 2019 le risorse per i servizi resi dai centri autorizzati di assistenza fiscale.

 

Più in dettaglio, il comma 335 dispone la riduzione nei termini anzidetti delle dotazioni finanziarie iscritte sul capitolo 3845 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, nell'ambito del programma “Regolazione giurisdizione e coordinamento del sistema della fiscalità” della missione di spesa «Politiche economico-finanziarie e di bilancio». Viene demandata ad apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la rideterminazione dei compensi spettanti ai centri autorizzati di assistenza fiscale in misura tale da realizzare i risparmi di spesa di cui al periodo precedente.

Il capitolo in questione individua appunto le spese per i compensi spettanti ai centri autorizzati di assistenza fiscale nonché ai commercialisti, agli esperti contabili e ai consulenti del lavoro, che prestino assistenza fiscale nei confronti dei contribuenti non titolari di redditi di lavoro autonomo o di impresa.

In materia era già intervenuto il decreto 29 dicembre 2014 del Ministro dell'economia e delle finanze, con il quale si era proceduto alla rimodulazione dei compensi spettanti ai CAAF e ai professionisti abilitati per lo svolgimento dell'assistenza fiscale, ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 175 del 2014 «semplificazione fiscale», che ha disposto la soppressione dell'articolo 38, comma 2, del decreto legislativo n. 241 del 1997 e dell'articolo 18 del decreto 31 maggio 1999, n. 164, nella parte in cui prevedono il compenso a favore dei sostituti d'imposta per l'attività di assistenza fiscale, nonché la rimodulazione con apposito decreto ministeriale, a partire dal 2015, dell'entità dei compensi previsti dall'articolo 38 del citato decreto legislativo n. 241 del 1997, e dall'articolo 18 del decreto 31 maggio 1999, n. 164, per i CAAF e i professionisti abilitati, al fine di tener conto del diverso (minore) livello di responsabilità nel nuovo processo di assistenza, correlato all'introduzione della dichiarazione precompilata dei redditi. Si ricorda che ai sensi del citato decreto 29 dicembre 2014 le risorse da destinare all'erogazione dei compensi in esame non possono eccedere il limite di quasi 317 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016.


 

Articolo 1, comma 336
(Riduzione dello stanziamento dell’8 per mille IRPEF
di pertinenza statale)

 

 

Il comma 336 dispone la riduzione di 10 milioni di euro a decorrere dall’anno 2016 dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 47, comma 2, della legge 20 maggio 1985, n. 222, relativamente alla quota destinata allo Stato dell’otto per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF).

 

Si ricorda che ai sensi dell'art. 47, commi 2 e 3, della legge n. 222/1985, una quota pari all'otto per mille dell'IRPEF, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica e di altre confessioni religiose[134].

Le quote a diretta gestione statale sono utilizzate, in base all’articolo 48 della legge n. 222, per interventi di carattere straordinario per la fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione dei beni culturali. Dal 2014 è prevista una nuova finalità di destinazione, relativa alla ristrutturazione, messa in sicurezza ed efficientamento energetico degli immobili adibiti all'istruzione scolastica di proprietà pubblica, introdotta dall’articolo 1, comma 206, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013).

I criteri e le procedure per l’utilizzazione della quota dell’otto per mille dell’IRPEF devoluta alla diretta gestione statale sono disciplinati dal D.P.R. 10 marzo 1998, n. 76, come recentemente riformulato dal D.P.R. 26 aprile 2013, n. 82, che ha ridisegnato sia la procedura di concessione e di monitoraggio dei contributi, esplicitando i criteri di distribuzione delle risorse secondo principi di certezza e trasparenza, sia il procedimento di valutazione degli interventi da finanziare e di assegnazione dei contributi medesimi, limitandolo ad un periodo massimo di 180 giorni (in luogo degli oltre otto mesi in precedenza necessari).

 

 

Nel disegno di legge di bilancio 2016-2018 (A.S. 2112), la quota dell’otto per mille IRPEF di pertinenza statale, iscritta sul cap. 2780 dello stato di previsione del Ministero dell’economia, era pari a 71,1 milioni di euro per il 2016, 70,5 milioni per il 2017 e a 70,5 milioni per il 2018.

Considerando la riduzione di 10 milioni di euro a decorrere dall’anno 2016 disposta dal comma in esame, nonché quella ulteriore di 3,1 milioni dal 2016 determinata ai sensi del comma 334, che reca riduzioni di spesa del Ministero dell’economia, di cui al relativo Elenco 3 (cfr la relativa scheda), la dotazione del cap. 2780/MEF nel ddl di bilancio (A.C. 3445) si ridetermina 58,0 milioni di euro per il 2016 e a 57,4 milioni sia per il 2017 che per il 2018.

 

In ordine alla riduzione dello stanziamento dell’otto per mille di pertinenza statale, si rammenta che rispetto a quanto teoricamente spettante allo Stato, sulla base delle scelte dei contribuenti, l’importo che viene annualmente messo a riparto con apposito D.P.C.M. risulta spesso decurtato a seguito di interventi normativi che ne riducono l’autorizzazione di spesa destinando le risorse ad altre finalità. Va considerato, inoltre, che sul relativo capitolo di bilancio, in quanto rimodulabile, gravano anche eventuali tagli lineari.

Sullo stanziamento dell’otto per mille di competenza statale per il 2016 incidono già le seguenti disposizioni legislative vigenti:

§  D.L. n. 249/2004, art. 1-quater, co. 4: riduzione di 5 milioni di euro a decorrere dal 2006, a copertura di disposizioni previdenziali concernenti gli iscritti al Fondo speciale di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea;

§  D.L. n. 98/2011, art. 21, co. 9: riduzione di 64 milioni a decorrere dal 2011, a copertura delle spese per la gestione dei mezzi della flotta aerea della Protezione civile;

§  D.L. n. 35/2013, art. 12, co. 3, lett. c-sexies): riduzione di 35,8 milioni a decorrere dal 2015, a parziale copertura degli oneri recati dal provvedimento (pagamento dei debiti della PA);

§  Legge n. 97/2013, art. 13, co. 2, lett. b): riduzione di 12 milioni a decorrere dal 2014, a parziale copertura degli oneri recati dal recepimento della direttiva 2003/109/CE (relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo).

Da ultimo, la legge 11 agosto 2014, n. 125 destina al finanziamento della istituenda Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo una quota pari al 20 per cento dell'8 per mille IRPEF a diretta gestione statale.

 

Proprio per evitare l’utilizzo delle risorse destinate dai contribuenti all'otto per mille IRPEF di diretta gestione statale per finalità difformi da quelle indicate dalla normativa richiamata, il D.P.R. n. 82/2013, tra le varie modifiche ed integrazioni apportate di recente al regolamento di disciplina dell’istituto (D.P.R. n. 76/1998), ha introdotto l’obbligo per il Governo di riferire alle competenti Commissioni parlamentari, qualora venga disposta con un provvedimento legislativo di iniziativa governativa la riduzione o la diversa destinazione delle risorse dell’otto per mille dell’IRPEF a diretta gestione statale, in merito alle modalità di reintegrazione delle risorse medesime e alle conseguenti iniziative (art. 2-bis, comma 6, DPR. n. 76).

 

Sempre in riferimento al contenuto della disposizione in commento, va rammentato che è attualmente all’esame della V Commissione bilancio della Camera la proposta di legge A.C. 2648 (Boccia ed altri), la quale, al fine di garantire il rispetto delle scelte espresse dai contribuenti, affronta un aspetto critico più volte emerso nell’esperienza applicativa della legge n. 222 del 1985, connesso all’utilizzo delle risorse destinate dai contribuenti all'otto per mille IRPEF di diretta gestione statale per finalità difformi da quelle indicate dalla normativa richiamata, attinenti prevalentemente la copertura finanziaria di provvedimenti legislativi ovvero il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica.

A tal fine, la proposta di legge dispone una modifica all’articolo 17 della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196/2009), che disciplina le modalità di copertura finanziaria delle leggi, introducendo il divieto di utilizzo della quota dell’otto per mille dell’IRPEF devoluta alla diretta gestione statale per la copertura finanziaria delle leggi.


 

Articolo 1, comma 337
(Abolizione rimborso regioni oneri carburante
a prezzi ridotti nelle zone di confine)

 

 

Il comma 337 abroga la disposizione che ha istituito, in favore delle regioni a statuto ordinario confinanti con l'Austria (in sostanza, il Veneto) un fondo per l'erogazione di contributi alle persone fisiche per la riduzione del prezzo alla pompa della benzina e del gasolio per autotrazione.

 

Si tratta dell’articolo 41, comma 16-sexiesdecies, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207.

Tale fondo è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, con una dotazione di 3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2009. Le modalità di erogazione ed i criteri di riparto del predetto fondo sono state demandate a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni, che non risulta essere stato emanato.

 

In materia si ricorda che:

§  l’articolo 41, comma 16-sexiesdecies del menzionato decreto-legge n. 207 del 2008 ha istituito, con lo scopo di ridurre la concorrenzialità delle rivendite di benzina e gasolio utilizzati come carburante per autotrazione situate nella Repubblica di San Marino e nel rispetto della normativa comunitaria, un analogo fondo per l'erogazione di contributi alle persone fisiche per la riduzione del prezzo della benzina e del gasolio per autotrazione alla pompa, in favore delle regioni confinanti con summenzionata Repubblica, subordinando l’'efficacia di tale disposizione all'autorizzazione del Consiglio dell'Unione europea, ai sensi dell'articolo 19 della direttiva 2003/96/CE sulla tassazione dei prodotti energetici (ai sensi del quale, si ricorda, lo Stato membro che intenda adottare un provvedimento agevolativo deve darne comunicazione alla Commissione; essa presenta una proposta di autorizzazione del provvedimento da parte del Consiglio, oppure informa il Consiglio dei motivi per cui non ha proposto l'autorizzazione del provvedimento di cui trattasi);

§  l’articolo 2-ter del D.L. n. 154 del 2008 ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2009, l’attribuzione alle regioni confinanti con la Svizzera di una quota aggiuntiva di compartecipazione all'IVA, determinata nella misura dell'onere finanziario relativo ai litri di carburante venduti a prezzo ridotto, al fine di consentire a tali regioni di disporre, con propria legge, misure per la riduzione alla pompa del prezzo del gasolio e delle benzine per autotrazione utilizzati dai privati cittadini residenti nella regione stessa. La normativa emanata deve rispettare la normativa comunitaria e garantire che il prezzo non sia inferiore a quello praticato nello Stato confinante, e che la riduzione sia differenziata nel territorio regionale in maniera inversamente proporzionale alla distanza dei punti vendita dal confine. Il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 25 febbraio 2009 ha stabilito le modalità attuative della norma richiamata;

§  in via più generale, il comma 15 dell’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (come modificato dalla legge finanziaria 2008, legge n. 244 del 2007) consente alle regioni e alle province autonome di determinare, con propria legge, una riduzione del prezzo alla pompa della benzina e del gasolio per autotrazione per i soli cittadini residenti nella regione o nella provincia autonoma o in una parte di essa, fermi restando i vincoli derivanti dagli accordi internazionali e dalle normative dell'Unione europea.

Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

L’11 luglio 2014 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora complementare (procedura di infrazione n. 2008/2164) nella quale rileva che l’Italia violerebbe gli artt. 4 e 19 della direttiva 2003/96/CE sulla tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità, applicando una riduzione delle accise, ai sensi della legge regionale 14/2010 del Friuli Venezia Giulia, sulle benzine e sul gasolio utilizzati come carburanti per motori nella medesima regione del Friuli.

La Commissione ritiene infatti che il meccanismo dei pagamenti diretti ad opera delle Camere di commercio ai gestori delle stazioni di servizio, previsto dalla citata legge regionale, stabilisca una riduzione dell’accisa mediante rimborso non prevista dalla direttiva 2003/96/CE né autorizzata dal Consiglio dell’UE a norma dell’art. 19. Inoltre, la normativa regionale violerebbe il principio del livello minimo ed unico di tassazione per prodotto e per uso previsto dall’art. 4 della medesima direttiva.

 


 

Articolo 1, comma 338
(Cessazione di indennizzi di usura delle strade
per le Regioni a statuto speciale)

 

 

Il comma 338 dispone, a decorrere dall'anno 2016, la cessazione dei trasferimenti erariali, in favore delle regioni a statuto speciale, concernenti gli indennizzi di usura delle strade, derivanti dall'uso dei mezzi d'opera.

 

La Relazione tecnica afferma che la norma comporta un miglioramento dei saldi di finanza pubblica dal 2016 pari a 1.448.212 euro annui.

 

Gli indennizzi sono previsti dall’articolo 34, comma 4, del Nuovo Codice della strada (decreto legislativo 285/1992) e dall’articolo 72, comma 3, del relativo regolamento di esecuzione e di attuazione (D.P.R. 495/1992).

 

Il menzionato articolo 34, comma 1, prevede che i mezzi d'opera devono essere muniti, ai fini della circolazione, di apposito contrassegno comprovante l'avvenuto pagamento di un indennizzo di usura, per un importo pari alla tassa di possesso, di corrispondere contestualmente alla stessa e per la stessa durata e demanda (comma 4) al citato regolamento di determinare le modalità di assegnazione delle predette risorse agli enti proprietari delle strade a esclusiva copertura delle spese per le opere connesse al rinforzo, all'adeguamento e all'usura delle infrastrutture. Per le regioni a statuto ordinario l’indennizzo è stato già soppresso dall’articolo 1, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 56/2000.


 

Articolo 1, comma 339
(Risorse destinate agli enti locali siciliani
per l'accoglienza dei migranti)

 

 

Il comma 339 autorizza una spesa di 3 milioni di euro per l’anno 2016 da destinarsi agli enti locali della regione Sicilia, a titolo di ristoro per le maggiori spese da questi sostenuti in relazione all'accoglienza di profughi e rifugiati extracomunitari.

Entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministero dell'Interno, da adottarsi di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, saranno definite le modalità di riparto di tali risorse.

 

Le iniziative assunte dalle istituzioni europee per far fronte alla situazione migratoria sono numerose[135]. In particolare, ai fini di un sostegno agli Stati membri in prima linea la Commissione europea ha previsto l'istituzione di un nuovo metodo basato sui cd. “punti di crisi”, ossia sezioni della frontiera esterna dell'UE o regioni sottoposte a una pressione migratoria eccezionale, che richiedono un sostegno rafforzato e concertato fra Stati membri e agenzie dell'UE.

L’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO), Frontex ed Europol devono pertanto lavorare sul terreno con gli Stati membri in prima linea per condurre con rapidità le operazioni di identificazione, registrazione e rilevamento delle impronte digitali dei migranti in arrivo. Finalità del metodo è quella di far sì che chi presenta domanda di asilo sia immediatamente immesso in una procedura di asilo, con il contributo delle squadre di sostegno dell’EASO, e che le domande vengano trattate quanto più rapidamente possibile. Per chi al contrario non necessita di protezione, è previsto che Frontex aiuti gli Stati membri coordinando il rimpatrio dei migranti irregolari. La Commissione europea sottolinea al riguardo la necessità di ricorrere a squadre di sostegno per la gestione della migrazione operative nei "punti di crisi".

L'Italia ha identificato come "punti di crisi" Augusta, Lampedusa, Porto Empedocle, Pozzallo, Taranto e Trapani. Una prima squadra di sostegno è già in funzione a Lampedusa, sulla base del lavoro di una task force regionale dell'Unione europea istituita nel giugno 2015 a Catania.

Affinché il metodo dei "punti di crisi" sia efficace, la Commissione ha tuttavia sollecitato un incremento nelle capacità di accoglienza degli Stati membri per poter ospitare i richiedenti asilo in attesa di ricollocazione, nonché capacità adeguate per trattenere i migranti irregolari prima che sia eseguita una decisione di rimpatrio. Da parte sua, il Consiglio europeo nelle Conclusioni adottate il 15 ottobre 2015 ha fra l'altro convenuto di "procedere speditamente" alla creazione di altri punti di crisi per assicurare l'identificazione, la registrazione, il rilevamento delle impronte digitali e l'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e degli altri migranti, assicurando nel contempo la ricollocazione e i rimpatri, con il pieno sostegno degli Stati membri.

Da ultimo, il Consiglio Giustizia e affari interni (GAI) del 9 novembre 2015 ha adottato conclusioni in cui si incoraggiano gli Stati membri, e i paesi terzi interessati, a intensificare le iniziative in corso per aumentare sostanzialmente le capacità di accoglienza, nonché a intensificare la creazione di punti di crisi in Italia e in Grecia, di modo che tutti siano in funzione entro la fine di novembre 2015.

La Commissione riferisce che l'Italia ha aumentato le sue capacità di accoglienza e dispone ora di centri di prima accoglienza nei "punti di crisi" in grado di ospitare circa 1.500 persone; con l'aggiunta di altri 1.000 posti entro la fine dell'anno, la capacità di prima accoglienza raggiungerà un totale di 2.500 posti[136]. Ha tuttavia sollecitato l'Italia a considerare "in via prioritaria" i possibili modi per aumentare l'efficienza complessiva della sua procedura di asilo al fine di assicurare un trattamento rapido delle persone non ammissibili alla ricollocazione.

Ha inoltre invitato il nostro paese a esaminare le modalità per assicurare una qualità più uniforme delle condizioni di accoglienza.

Le norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale negli Stati membri sono stabilite nella direttiva 2013/33/UE ("direttiva accoglienza"), la quale ha ricevuto attuazione in Italia con il Decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, "Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale".

Per quanto riguarda la consistenza del sistema di accoglienza italiano, secondo quanto dichiarato dal Ministro dell'Interno, Angelino Alfano, nel corso dell'Audizione congiunta tenutasi alla Camera dei deputati il 4 novembre 2015 "sulle tematiche e sulle problematiche inerenti all'Agenda europea sulla migrazione", le varie strutture che lo compongono ospitano attualmente circa 100.000 migranti. Di questi: 7.000 sono ospitati nei centri governativi (ossia nei Centri di primo soccorso e accoglienza e presso i CARA), 21.000 sono residenti presso gli enti locali che compongono la rete dello SPRAR (il Sistema protezione per richiedenti asilo e rifugiati), 72.000 sono presenti nei centri di accoglienza allestiti in via temporanea.

Il ministro Alfano ha inoltre fatto presente che un recente avviso pubblico permetterà di aggiungere altri 10.000 posti, con una quota di cofinanziamento a carico degli enti locali che vi aderiranno pari al 5 per cento rispetto a quella del 20 per cento prevista in precedenza.


 

Articolo 1, comma 340
(Fondo per la riduzione della pressione fiscale)

 

 

Il comma 340 – non modificato dal Senato - riduce l'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per la riduzione della pressione fiscale dei seguenti importi:

§  809,6 milioni di euro per il 2016;

§  413,4 milioni di euro per il 2017;

§  411 milioni di euro per il 2018;

§  388 milioni di euro a decorrere dal 2019.

 

Si segnala preliminarmente che nel bilancio a legislazione vigente 2016 le risorse del Fondo per la riduzione della pressione fiscale sono allocate sul capitolo 3833 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, con stanziamenti pari a 959,6 milioni per il 2016, 563,4 milioni per il 2017 e 561 milioni per il 2018.

Si rammenta che l’ammontare risultante al Fondo a seguito delle variazioni previste dalle norme in esame corrisponde all’importo qualificato come indisponibile dall’articolo 1, comma 652, della legge di stabilità 2015.

 

Si ricorda che il comma 431 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014) ha istituito il Fondo per la riduzione della pressione fiscale cui sono destinate, a decorrere dal 2014, fermo restando il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, le seguenti risorse:

§  l'ammontare dei risparmi di spesa derivanti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, al netto della quota già impegnata da altre norme nonché delle risorse da destinare a programmi finalizzati al conseguimento di esigenze prioritarie di equità sociale e ad impegni inderogabili;

§  l'ammontare di risorse permanenti che, in sede di Nota di aggiornamento del DEF (Documento di economia e finanza), si stima di incassare quali maggiori entrate rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio dell'esercizio in corso e a quelle effettivamente incassate nell'esercizio precedente derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale, al netto di quelle derivanti dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni.

Le entrate derivanti da misure straordinarie di contrasto all'evasione, non computate nei saldi di finanza pubblica, sono finalizzate in corso d'anno alla riduzione della pressione fiscale sul lavoro, mediante riassegnazione al predetto Fondo e destinate in particolare all’incremento delle deduzioni IRAP e detrazioni IRPEF per reddito da lavoro dipendente e da pensione (comma 432).

Ai sensi del comma 434, la Nota di aggiornamento contiene una valutazione dell'andamento della spesa primaria corrente e degli incassi derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale. Le eventuali maggiori risorse vengono iscritte, in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio, limitatamente al primo anno del triennio di riferimento, nello stato di previsione delle entrate e, contestualmente, nel Fondo in commento. La legge di stabilità, sentite le parti sociali, individua gli eventuali interventi di miglioramento degli strumenti di contrasto all'evasione fiscale e di razionalizzazione della spesa, i nuovi importi delle deduzioni e detrazioni citate, definendone altresì le modalità di applicazione da parte dei sostituti d'imposta e delle imprese, in modo da garantire la neutralità degli effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

L’articolo 4, comma 3, della legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014) destina le maggiori entrate rivenienti dal contrasto all’evasione fiscale e dalla progressiva limitazione dell’erosione fiscale esclusivamente al Fondo per la riduzione della pressione fiscale. Il d.lgs. 160 del 2015 ha quindi previsto che le eventuali maggiori entrate derivanti dalla revisione delle spese fiscali sono attribuite di norma al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, peraltro con una decorrenza posticipata, a partire dalla manovra 2017-2019.

 

A decorrere dal 2014 le maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate nell'anno 2013 derivanti dall'attività di contrasto all'evasione fiscale, valutate in 300 milioni di euro annui dal 2014, sono state destinate alla copertura degli oneri del decreto-legge n. 66 del 2016 che ha, tra l’altro, introdotto il credito d’imposta IRPEF in favore dei lavoratori dipendenti (cd. bonus di 80 euro).

A decorrere dal 2015 la legge di stabilità 2015:

§  ha destinato al Fondo 150 milioni di euro ricavabili dalle disposizioni in materia di giochi introdotte dai commi 643-650 (comma 652); tali risorse sono accantonate e rese indisponibili e possono essere utilizzate nella misura delle somme effettivamente incassate per la parte eccedente l'importo di 350 milioni di euro.

§  ha ridotto l’autorizzazione di spesa di 331,533 milioni di euro per il 2015 e di 18,533 milioni di euro a decorrere dal 2016 (comma 716).

 


 

Articolo 1, comma 341
(Limite di spesa per il due per mille ai partiti politici)

 

 

Il comma 341 incide sull'autorizzazione di spesa prevista per la copertura del 'due per mille' ai partiti politici.

Si dispone una riduzione di tale autorizzazione, per 10 milioni nel 2016, per 20 milioni nel 2017.

Pertanto, l'autorizzazione di spesa per la copertura del 'due per mille' ai partiti politici è rideterminata nel modo che segue:

§  17,1 milioni nel 2016 (anziché 27,1 milioni);

§  25,1 milioni dal 2017 (anziché 45,1 milioni).

 

Si ricorda che il decreto legge 28 dicembre 2013, n. 149, ha disposto una progressiva riduzione, sino all'azzeramento, del finanziamento pubblico diretto ai partiti politici.

Secondo la progressione così prevista, siffatta contribuzione pubblica diretta ai partiti è ridotta nella misura del: 25 per cento, nel primo esercizio successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge n. 149 del 2013; 50 per cento, nel secondo esercizio successivo; 75 per cento, nel terzo esercizio successivo. Nel quarto esercizio successivo (dunque nel 2017) è prevista la integrale cessazione del finanziamento. Il finanziamento pubblico non è comunque più previsto per le elezioni successive all’entrata in vigore del decreto-legge.

A fronte di questa progressiva decurtazione della contribuzione pubblica diretta, il decreto-legge n. 149 ha inteso incentivare la contribuzione privata.

A tal fine esso ha posto un duplice ordine di previsioni, di natura fiscale. Ne sono beneficiari ultimi i partiti che risultino iscritti ad un registro nazionale (cui accedono previa ottemperanza ad alcuni requisiti di democrazia interna e trasparenza, prescritti dal medesimo decreto-legge n. 149, dietro vaglio di una Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici) e che abbiano un minimo di rappresentatività (determinata nei suoi parametri dal medesimo decreto-legge n. 149).

Un primo incentivo è dato dalla detrazione fiscale per le erogazioni liberali in denaro in favore dei partiti. Ossia: persone fisiche e società (salvo alcune tipologie di enti esclusi) fruiscono della detrazione del 26 per cento sull'imposta sul reddito, per erogazioni liberali ricomprese tra 30 e 30.000 euro.

L'onere complessivo derivante dal minor gettito dovuto alle detrazioni è quantificato dal decreto-legge n. 149 in: 27,4 milioni, per il 2015; 15,65 milioni, a decorrere dal 2016.

Un secondo strumento della contribuzione privata è dato dalla facoltà accordata a ciascun contribuente (persona fisica) di destinare il 2 per mille dell'IRPEF in favore di uno specifico partito politico (iscritto nel registro nazionale ed avente almeno un candidato eletto sotto il proprio simbolo nell’ultima consultazione elettorale per il Senato, la Camera o il Parlamento europeo).

In caso di mancata effettuazione della scelta da parte del contribuente, le risorse restano acquisite all’erario (a differenza di quanto accade nella disciplina dell’otto per mille, destinato alle confessioni religiose). Qualora le somme risultanti dalla ripartizione delle scelte operate dai contribuenti siano complessivamente superiori al limite di spesa annuale, gli importi dovuti a ciascun partito sono proporzionalmente ridotti.

Qualora invece tali somme risultino inferiori al limite di spesa, le risorse eccedenti sono destinate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato (art. 17, D.L. 149/2013).

Il limite massimo di spesa per il 'due per mille' era fissato dal decreto-legge n. 149 in: 7,75 milioni di euro per il 2014; 9,6 milioni, per il 2015; 27,7 milioni, per il 2016; 45,1 milioni, dal 2017.

Le due ultime quantificazioni sopra ricordate sono appunto incise dalla riduzione, disposta dal comma in esame.

 

 

Per l'anno 2015 (quale anno finanziario, dunque riferito al periodo d'imposta 2014), l'Agenzia delle entrate ha reso noto l'elenco dei partiti ammessi al beneficio (Centro Democratico; Die Freiheitlichen; Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale; Lega Nord per l’Indipendenza della Padania; Movimento Associativo Italiani all’Estero; Movimento Politico Forza Italia; Movimento Stella Alpina; Nuovo Centrodestra; Partito Autonomista Trentino Tirolese; Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea; Partito Democratico; Partito Liberale Italiano; Partito Socialista Italiano; Popolari per l’Italia; Scelta Civica; Sinistra Ecologia Libertà; SVP-Südtiroler Volkspartei; Union Valdôtaine; Unione per il Trentino).

I dati ufficiali definitivi non risultano (al momento di pubblicazione del presente dossier) ancora pubblicati dal Ministero dell'economia.


 

Articolo 1, commi 342 e 343
(Zone franche urbane)

 

 

I commi 342 e 343 delimitano l’ambito territoriale del finanziamento delle agevolazioni alle zone franche urbane a quelle individuate dalla delibera CIPE n. 14/2009, dando mandato al MiSE di adottare nuovi bandi con le risorse residue (comma 10).

 

Il comma 342 - fatte salve le previsioni speciali riguardanti Emilia e Sardegna - ha circoscritto la destinazione geografica delle risorse disponibili per le zone franche urbane.

 

Gli articoli 12 e 13-bis del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (legge 125/2015), avevano rispettivamente istituito:

§  una Zona Franca Urbana nel territorio colpito dall’alluvione del 17 gennaio 2014 nella provincia di Modena e in alcuni comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, prevedendo che le microimprese con sede all’interno della Zona Franca potessero beneficiare di agevolazioni fiscali nei due periodi di imposta (quello in corso e quello successivo), finanziate con 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016;

§  una Zona Franca Urbana nel territorio colpito dall’alluvione del 18-19 novembre 2013 dei comuni della regione Sardegna, autorizzando la spesa di 5 milioni di euro nell’anno 2016.

 

Si ricorda che le Zone Franche Urbane (ZFU) sono aree in cui si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, e con potenzialità di sviluppo inespresse. L’istituzione delle ZFU risale alla legge finanziaria 2007 (L. 296/2006, art. 1 comma 340 e successivi), che le ha finanziate con un Fondo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico.

In particolare le lettere da a) a d) del comma 341 stabilivano che le piccole e microimprese che avessero iniziato una nuova attività economica nelle zone franche urbane, avrebbero potuto fruire:

a)    dell’esenzione dalle imposte sui redditi per i primi cinque periodi di imposta. Per i periodi di imposta successivi, l’esenzione è limitata, per i primi cinque al 60 per cento, per il sesto e settimo al 40 per cento e per l’ottavo e nono al 20 per cento. L’esenzione spetta fino a concorrenza dell’importo di euro 100.000 del reddito derivante dall’attività svolta nella zona franca urbana, maggiorato, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2009 e per ciascun periodo d’imposta, di un importo pari a euro 5.000, ragguagliato ad anno, per ogni nuovo assunto a tempo indeterminato, residente all’interno del sistema locale di lavoro in cui ricade la zona franca urbana;

b)    dell’esenzione dall’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), per i primi cinque periodi di imposta, fino a concorrenza di euro 300.000, per ciascun periodo di imposta, del valore della produzione netta;

c)     dell’esenzione dall'imposta comunale sugli immobili (ora imposta municipale) a decorrere dall’anno 2008 e fino all’anno 2012, per i soli immobili siti nelle zone franche urbane dalle stesse imprese posseduti ed utilizzati per l’esercizio delle nuove attività economiche;

d)    esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, per i primi cinque anni di attività, nei limiti di un massimale di retribuzione definito con decreto del Ministro del lavoro, solo in caso di contratti a tempo indeterminato, o a tempo determinato di durata non inferiore a dodici mesi, e a condizione che almeno il 30 per cento degli occupati risieda nel sistema locale di lavoro in cui ricade la zona franca urbana.

La legge finanziaria 2008 (L. 244/2008, commi 561, 562 e 563) ha confermato tale stanziamento e ha definito in maggior dettaglio le agevolazioni fiscali e previdenziali che, oggi, trovano la loro definizione particolareggiata all’interno del Decreto interministeriale 10 aprile 2013 in attuazione di quanto previsto dall’art. 37 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179. La circolare 30 settembre 2013, n. 32024 fornisce chiarimenti in merito alla tipologia, alle condizioni, ai limiti, alla durata e alle modalità di fruizione delle agevolazioni fiscali e contributive previste dal decreto 10 aprile 2013.

 

Le risorse in questione sono quelle di cui all’autorizzazione di spesa ex articolo 22-bis del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89.

 

Il D.L. n. 66/2014 (articolo 22-bis) aveva autorizzato la spesa di 75 milioni per il 2015 e di 100 milioni per il 2016 per gli interventi in favore delle zone franche urbane di Campania, Calabria, Puglia e Sicilia (articolo 37, comma 1, del D.L. n. 179/2012), delle ulteriori zone franche individuate dalla delibera CIPE n. 14 del 2009 ricadenti nelle regioni non comprese nell'obiettivo Convergenza (nell'ambito dei comuni di Cagliari, Iglesias, Quartu Sant'Elena, Campobasso, Velletri, Sora, Pescara, Ventimiglia, Massa-Carrara, Matera), nonché della zona franca del comune di Lampedusa (istituita dall'articolo 23, comma 45, del D.L. n. 98/2011). Tuttavia la tabella E allegata alla legge di stabilità 2015 (legge n. 190/2014) dispose un definanziamento delle risorse destinate agli interventi nelle zone franche urbane (ZFU) previste dall'articolo 22-bis del D.L. n. 66/2014, il che comportò la riduzione da 75 a 40 milioni delle risorse disponibili per il 2015; un ulteriore definanziamento di 20 milioni - per il 2016 - è previsto alla tabella E del presente disegno di legge.

 

Tali risorse saranno ora destinate al finanziamento delle agevolazioni nelle sole zone franche urbane individuate dalla delibera CIPE n. 14 dell’8 maggio 2009 ricadenti nelle regioni non comprese nell’obiettivo “Convergenza”.

 

La delibera CIPE n. 14 dell'8 maggio 2009 (Selezione e perimetrazione delle Zone Franche Urbane e ripartizione delle risorse) procedette alla selezione delle Zone Franche Urbane ammesse al beneficio. Il suo articolo 1 prevedeva che il numero delle ZFU ammesse al beneficio finanziario di cui alla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007) fosse ampliato da 18 a 22. Ai fini dell'ammissione al suddetto beneficio furono pertanto individuate e selezionate le 22 ZFU ricadenti nei seguenti Comuni: Catania, Torre Annunziata, Napoli, Taranto, Cagliari, Gela, Mondragone, Andria, Crotone, Erice, Iglesias, Quartu Sant'Elena, Rossano, Lecce, Lamezia Terme, Campobasso, Velletri, Sora, Pescara, Ventimiglia, Massa/Carrara, Matera.

Successivamente, a seguito del sisma in Abruzzo dell’aprile 2009, in attuazione dell’articolo 10 del D.L. n. 39/2009, con la delibera n. 39 del 13 maggio 2010 il CIPE approvò l’individuazione e la perimetrazione della ZFU del comune de L’Aquila. Sulla materia è intervenuto l’articolo 70 del D.L. n. 1 del 2012, che ha destinato le risorse per le ZFU Abruzzo anche al finanziamento degli aiuti de minimis, a favore delle piccole e micro imprese localizzate nelle aree colpite dal sisma dell’Abruzzo.

 

Il comma 343 dispone in ordine alle zone franche urbane già finanziate ai sensi del citato articolo 37 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, (legge n. 221 del 2012), ivi inclusa la zona franca del comune di Lampedusa (istituita dall’articolo 23, comma 45, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98), stabilendo che il Ministero dello sviluppo economico adotta nuovi bandi finanziati con le risorse rivenienti da rinunce e da revoche relative alle agevolazioni già concesse nelle predette zone franche, nonché da eventuali ulteriori risorse apportate dalle regioni. I nuovi bandi presumibilmente seguiranno l’apposita procedura normativa secondaria ed amministrativa, che nel settembre 2008 aveva portato il Dipartimento per le politiche di sviluppo (DPS) del MiSE ad avanzare la prima proposta di individuazione delle ZFU.

 

Le ZFU delle 4 regioni dell’Obiettivo Convergenza interessano determinate sezioni censuarie dei seguenti comuni: Campania: Aversa, Benevento, Casoria, Mondragone, Napoli, Portici (centro storico), Portici (zona costiera), San Giuseppe Vesuviano e Torre Annunziata; Calabria: Corigliano Calabro, Cosenza, Crotone, Lamezia Terme, Reggio Calabria, Rossano e Vibo Valentia; Puglia: Andria, Barletta, Foggia, Lecce, Lucera, Manduria, Manfredonia, Molfetta, San Severo, Santeramo in Colle e Taranto; Sicilia: Aci Catena, Acireale, Bagheria, Barcellona Pozzo di Gotto, Castelvetrano, Catania, Enna, Erice, Gela, Giarre, Lampedusa e Linosa, Messina, Palermo (Brancaccio), Palermo (porto), Sciacca, Termini Imerese (inclusa area industriale), Trapani e Vittoria.


 

Articolo 1, comma 344
(Norme sul finanziamento statale degli istituti di patronato e di assistenza sociale)

 

 

Il comma 344 riduce gli stanziamenti per il finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza sociale e l’aliquota di finanziamento.

 

La disposizione, in particolare, prevede:

§  la riduzione di 28 milioni di euro degli stanziamenti iscritti in bilancio per il 2016 per il finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza sociale;

§  la riduzione dell’aliquota di finanziamento, con effetto sui finanziamenti a decorrere dall'anno 2016 (da 0,207 punti percentuali, previsti dalla normativa vigente), a 0,193 punti percentuali;

§  la riduzione, con effetto dall'esercizio finanziario 2017 (dal 72%, previsto dalla normativa vigente) a 65 punti percentuali, dell'aliquota per la determinazione provvisoria del finanziamento annuo.

 

Nel corso dell’esame al Senato la riduzione delle risorse prevista nel disegno di legge originario è stata limitata. In particolare:

§  la riduzione degli stanziamenti iscritti in bilancio per il 2016 è stata portata da 48 milioni (cifra prevista nel disegno di legge originario) a 28 milioni;

§  la riduzione dell’aliquota di finanziamento è stata portata da 0,183 punti (percentuale prevista nel disegno di legge originario) a 0,193 punti;

§  la riduzione dell’aliquota per la determinazione provvisoria del finanziamento annuo è stata portata dal 60% (aliquota prevista nel disegno di legge ordinario) al 65%.

 

Si ricorda che il finanziamento per l’attività di istituti di patronato e assistenza sociale è disciplinato dall’articolo 13, della legge n. 152/2001, secondo i criteri stabiliti con specifico regolamento (emanato con il D.M. 10 ottobre 2008), mediante il prelevamento di un'aliquota di finanziamento (pari, nella normativa vigente, allo 0,207%) sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'INPS, dall'INPDAP, dall'INAIL e IPSEMA. L’importo ottenuto con il richiamato prelevamento è destinato al finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza sociale nelle seguenti percentuali:

§  89,90% all'attività;

§  10% all'organizzazione, di cui il 2 per cento per l'estero;

§  0,10% per il controllo delle sedi all'estero, finalizzato alla verifica dell'organizzazione e dell'attività, nonché a verifiche ispettive straordinarie in Italia sull'organizzazione e sull'attività e per la specifica formazione del personale ispettivo addetto.

Al fine di assicurare tempestivamente agli istituti di patronato e di assistenza sociale le somme occorrenti per il loro regolare funzionamento, gli specifici stanziamenti, iscritti nelle unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sono determinati, in sede previsionale, nella misura del 72% per cento delle somme impegnate (come risultano nelle medesime unità previsionali di base nell'ultimo conto consuntivo approvato). I predetti stanziamenti sono rideterminati, per l'anno di riferimento, con la legge di assestamento del bilancio dello Stato, in relazione alle somme effettivamente affluite all'entrata, per effetto dell'applicazione dell'aliquota di finanziamento, come risultano nel conto consuntivo dell'anno precedente. In ogni caso, è assicurata agli istituti di patronato l'erogazione delle quote di rispettiva competenza, nei limiti del 72%, entro il primo trimestre di ogni anno

 

Infine, merita ricordare che le risorse destinate agli istituti di patronato e di assistenza sociale hanno in passato subito riduzioni per effetto dell’art. 12, c. 12-terdecies, del D.L. n. 78/2010 (il quale ha disposto, per ciascuno degli esercizi finanziari 2011-2013, una riduzione degli specifici stanziamenti iscritti in bilancio nella misura di 30 milioni di euro annui) e dell’articolo 1, comma 309, della legge n.190 del 2014 (legge di stabilità 2015) (il quale ha disposto, per il 2015, una riduzione degli specifici stanziamenti iscritti in bilancio nella misura di 35 milioni di euro; la riduzione dell’aliquota di finanziamento dallo 0,226% allo 0,207% e la riduzione dell’assegnazione provvisoria dall’80% al 72%).


 

Articolo 1, comma 345
(Riduzione delle spese di funzionamento
degli enti pubblici previdenziali)

 

 

Il comma 345 dispone che gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale pubblici (INPS e INAIL), nell'àmbito della propria autonomia organizzativa, adottino ulteriori interventi di razionalizzazione per la riduzione delle proprie spese correnti (diverse da quelle per le prestazioni previdenziali e assistenziali), in modo da conseguire, per il triennio 2016-2018, risparmi aggiuntivi complessivamente non inferiori a 53 milioni di euro annui, anche attraverso l’attuazione delle norme in materia di acquisto di beni e servizi in forma centralizzata da parte delle pubbliche amministrazioni (cfr., al riguardo, i commi da 262 a 267 e da 269 a 278 dell'articolo 1 del presente disegno di legge).

 

Sembrerebbe opportuno chiarire se la disposizione in esame riguardi o meno anche gli anni 2019 e seguenti.

 

Questi ulteriori risparmi sono versati entro il 30 giugno di ciascun anno ad un apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato. Si demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la determinazione del riparto dell'importo summenzionato tra gli enti interessati.


 

Articolo 1, commi 346-352
(Riduzioni e altre previsioni, relative al Ministero della giustizia)

 

 

I commi da 346 a 352 riguardano il Ministero della Giustizia.

Sono disposte alcune riduzioni, a valere sulle indennità da corrispondere ai magistrati onorari (comma 346) e sul Fondo per il recupero di efficienza del sistema giudiziario (comma 347).

Insieme, sono previste proroghe per i magistrati onorari e ordinari (rispettivamente commi 348 e 349) nonché disposizioni riguardanti i mutui contraibili dagli enti locali per edilizia giudiziaria (comma 350), i termini relativi a interventi strutturali sul Palazzo di giustizia di Palermo (comma 351), l'avvalimento di alcune tipologie di personale da parte degli uffici giudiziari (comma 352).

 

Il comma 346 impegna il Ministero a razionalizzare e ridurre le indennità da corrispondere ai magistrati onorari, ovvero: giudici di pace, giudici onorari aggregati, giudici onorari di tribunale e vice procuratori onorari.

La norma indica l'entità dei risparmi da conseguire.

Essi devono essere non inferiori a 6,65 milioni per l'anno 2016, a 7,55 milioni a decorrere dall'anno 2017.

 

Rispetto al bilancio 2015 che ha previsto un stanziamento di 148, 76 milioni di euro (cap. 1362) per il pagamento delle citate indennità, il disegno di legge di bilancio 2016 destina allo stesso scopo 143 milioni (6.76 mln in meno). Identico stanziamento è previsto sia per il 2017 che per il 2018.

Si osserva che detto risparmio - dal 2017 - risulterebbe inferiore rispetto al minimo previsto (7,55 mln.).

 

Quanto ai dati a consuntivo 2014, essi evidenziano una spesa di 127,46 milioni. Si registra, negli ultimi anni, un decremento di tale voce di spesa, per effetto del 'tetto' posto alle indennità speciali spettanti al giudice di pace (articolo 11, comma 4-ter, della legge n. 374 del 1991, che stabilisce che le indennità non possano superare in nessun caso l'importo di 72.000 euro lordi annui).

 

Il comma 347 - introdotto dal Senato - riguarda i giudici onorari di tribunale, vice procuratori onorari e giudici di pace il cui mandato scada il 31 dicembre 2015 e per i quali non siano consentite ulteriori conferme.

Per effetto della disposizione in commento, i magistrati di queste tre categorie sono prorogati nell'esercizio delle rispettive funzioni a partire dal 1° gennaio 2016 fino alla riforma organica della magistratura onoraria e, in ogni caso, non oltre il 31 maggio 2016.

Il comma 348 - anch'esso introdotto dal Senato - reca un'altra proroga di termini, stavolta in forma di novella.

Essa riguarda i magistrati onorari addetti ai tribunali ordinari e alle procure della repubblica presso i tribunali ordinari.

La norma modificata è il decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), articolo 245, comma 1 (unico).

In conseguenza della modifica, i suddetti magistrati onorari possono essere addetti al tribunale ordinario e alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario fino a quando non sarà attuato il complessivo riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria e comunque non oltre il 31 maggio 2016 (anziché non oltre il 31 dicembre 2015 come invece stabilisce la norma vigente).

 

Il comma 349 riduce di 4 milioni di euro per l'anno 2016 il Fondo per il recupero di efficienza del sistema giudiziario e il potenziamento dei relativi servizi, nonché per il completamento del processo telematico, che l'articolo 1, comma 96, della legge di stabilità per l'anno 2015 ha istituito presso il Ministero della Giustizia.

Pertanto, nell'anno 2016 la dotazione del Fondo scende da 90 a 86 milioni di euro.

Restano invariate invece le dotazioni per gli anni a decorrere dal 2017 che, in base alla normativa vigente, sono di 120 milioni annui.

 

Il comma 350 novella l'articolo 19 della legge finanziaria per l'anno 1981 (legge n. 119 del 1981), il quale autorizza la concessione agli enti locali di mutui da parte della Cassa depositi e prestiti, per l'esecuzione di costruzioni di nuovi edifici giudiziari ovvero di lavori edilizi per immobili da adibire a sedi di uffici giudiziari.

La novella prevede che, qualora i finanziamenti concessi risultino non ancora erogati o utilizzati, gli enti locali hanno facoltà di impiegare i mutui in questione per realizzare interventi edilizi ("ricostruzione, ristrutturazione, sopra-elevazione, ampliamento, restauro o rifunzionalizzazione") su edifici pubblici da destinarsi a finalità anche differenti dall'edilizia giudiziaria - purché il riuso degli edifici sia funzionale alla realizzazione di progetti di edilizia giudiziaria. Per modificare la destinazione del finanziamento, gli enti locali dovranno presentare apposita istanza di autorizzazione alla Cassa depositi e prestiti, previa acquisizione di parere favorevole da parte del Ministero della giustizia.

Il comma 351 proroga i termini concernenti gli interventi strutturali sul Palazzo di Giustizia di Palermo e le relative procedure amministrative, di cui ai commi da 98 a 106 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2015 (legge n. 190 del 2014).

Ai sensi delle disposizioni vigenti, gli interventi, effettuati sotto la vigilanza di un commissario straordinario, servono a realizzare strutture ed impianti di sicurezza necessari a fronteggiare il rischio di attentati.

L'individuazione dei lavori da realizzare è stata affidata ad un decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'economia e delle finanze. La legge prevede altresì che un commissario straordinario vigili sull'andamento degli interventi e sulla gestione delle risorse finanziarie.

A fine gennaio 2015, con decreto del Ministro della giustizia, è stato nominato commissario straordinario per i lavori l’ingegnere Alberto Gucciardi, in servizio presso il provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria di Palermo.

In base al comma 99-bis dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2015, i tempi per la realizzazione dell'investimento e la durata dell'incarico del commissario straordinario sarebbero giunti a scadenza il 31 dicembre 2015.

Ebbene il comma 351 posticipa tale scadenza di 12 mesi, portandola quindi al il 31 dicembre 2016.

Inoltre, posticipa dal 30 settembre 2015 al 28 febbraio 2016 la data entro la quale si possono apportare modifiche al decreto ministeriale sopra ricordato[137].

 

Il comma 352 modifica i commi 1 e 3 dell'articolo 21-quinquies (Disposizioni in materia di uffici giudiziari) del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 ("Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria").

Le modifiche sono volte a consentire agli uffici giudiziari di continuare ad avvalersi, fino al 31 dicembre 2016 e non più fino al 31 dicembre 2015, dei servizi di custodia, telefonia, riparazione e manutenzione ordinaria svolti da personale comunale sulla base di accordi o convenzioni fatti in sede locale.

Resta fermo che, come dispone il decreto-legge n. 83 del 2015, gli accordi e le convenzioni a livello locale devono essere autorizzati dal Ministero della Giustizia, in applicazione e nei limiti di una convenzione-quadro previamente stipulata tra il Ministero stesso e l'Associazione nazionale dei comuni italiani.

Nel 2015 i limiti massimi per le autorizzazioni del Ministero della Giustizia si dovranno mantenere entro il 15 per cento della dotazione ordinaria del capitolo n. 1551 dello stato di previsione del Ministero della giustizia; nel 2016 il limite sarà del 20 per cento.

 


 

Articolo 1, comma 353
(Riduzione dei contributi a organismi internazionali)

 

 

Il comma 353, sulla scorta di analoga norma della legge di stabilità 2015, dispone riduzioni dei contributi dell’Italia a vari organismi ed iniziative internazionali, nella misura di 1.000.198 euro per il 2016, e di 2.700.528 euro a decorrere dal 2017.

 

Il comma 353 dispone che Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale intervenga per rinegoziare i termini di accordi internazionali riguardanti la quantificazione di contributi volontari ed obbligatori versati dall’Italia ad alcuni organismi internazionali, di cui è parte il nostro Paese. Lo scopo di tali disposizioni sta nella riduzione delle relative previsioni di spesa nella misura di 1.000.198 euro per il 2016, e di 2.700.528 euro a decorrere dal 2017.

 

In conseguenza di tali riduzioni, le relative autorizzazioni di spesa sono rimodulate nella misura risultante dall’allegato 6 (v. infra) al disegno di legge di stabilità 2016: a tali autorizzazioni di spesa, a decorrere dal 2016, non si applica quanto previsto dall’art. 26 della legge n. 196 del 2009, (legge di contabilità e finanza pubblica), ovvero la facoltà di incrementare gli stanziamenti di spesa a carattere obbligatorio, mediante ricorso al fondo di riserva per le spese obbligatorie (di parte corrente) istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze – in allegato al quale figura l’elenco dei capitoli di spesa a carattere obbligatorio.

 

Si segnala che il comma 318 della legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190/2014) contiene una norma d’identico tenore, in base alla quale la riduzione dei contributi a organismi internazionali a decorrere dal 2016 ammonta già a legislazione vigente a 8.488.300 euro.

Il combinato disposto del sopra richiamato comma 318 della legge di stabilità 2015 e dell’articolo 1, comma 353 del disegno di legge di stabilità 2016 fa sì che le riduzioni si configurino come segue:

 

2016:                                 9.488.498 euro

a decorrere dal 2017:      11.188.828 euro

 

Si ricorda altresì che lo stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (tabella 6 del disegno di legge di bilancio) contiene altri capitoli relativi a contributi per organismi internazionali non ulteriormente specificati, quali ad esempio il capitolo 2302, il capitolo 2303, il capitolo 3393, il capitolo 3750. Il medesimo stato di previsione, inoltre, riporta una serie di capitoli dedicati al finanziamento specifico di determinati organismi, quali l’UNICRI e l’UNICEF (cap. 2205) o lo Staff College (cap. 3395) delle Nazioni Unite. Infine, altri capitoli riguardano il finanziamento di determinate attività ed iniziative, come ad esempio la PESC e la PSDC (capp. 3425 e 3426), o dei seguiti derivanti da trattati internazionali come il Trattato FAO sulle risorse fitogenetiche (cap. 2304).

Va infine ricordato che anche nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, ad esempio, il cap. 7175 e il cap. 7179 riguardano spese per la partecipazione italiana al capitale di banche e fondi internazionali di sviluppo.

Si riporta di seguito l’allegato 6 al disegno di legge di stabilità per 2016, nel quale si evidenziano le cancellazioni o le riduzioni dei contributi imputandole agli Organismi o iniziative correlati, e a fianco delle cui denominazioni appaiono i risparmi da realizzare in base al disposto del comma 353 in commento.

 

Allegato 6

RIDUZIONI CONTRIBUTI A ORGANISMI INTERNAZIONALI – DDL DI STABILITA’ 2016

(migliaia di euro)

Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale

Autorizzazione

2016

2017

2018

TWAS – Accademia delle scienze del Terzo Mondo (Trieste)

RIDUZIONE

legge 10 gennaio 2004, n. 17

-

200,0

200,0

BRESCE – Ufficio regionale UNESCO per l’Europa di Venezia

RIDUZIONE

legge 4 giugno 1997, n. 163

-

100,0

100,0

ESO – Organizzazione europea per la ricerca astronomica nell’emisfero australe

RIDUZIONE

legge 10 marzo 1982, n. 127

1.000,0

1.000,0

1.000,0

ICRANET – Rete internazionale astrofisica relativistica

RIDUZIONE

legge 10 febbraio 2005, n. 31

-

1.400,33

1.400,33

UNIDO – Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale

RIDUZIONE

legge 13 dicembre 1984, n. 972

0,198

0,198

0,198

Totale

1.000,198

2.700,528

2.700,528

 

Si riporta infine una tabella che integra analiticamente le riduzioni disposte dalla legge di stabilità 2015 con quelle di cui al precedente allegato 6:

 

 

 

RIDUZIONI CONTRIBUTI A ORGANISMI INTERNAZIONALI – LEGGE DI STABILITA’ 2015 e DDL DI STABILITA’ 2016

(migliaia di euro)

Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale

Autorizzazione

2015

2016

2017 ed

anni successivi

OSCE

RIDUZIONE

legge 18 luglio 1984, n. 343

3.000,0

3.000,0

3.000,0

Organizzazioni di interesse di altre amministrazioni (banca di sviluppo del consiglio d'Europa, gruppo Pompidou, centro nord-sud, osservatorio audiovisivo)

RECESSO

legge 28 marzo 1991, n. 119

225,0

225,0

225,0

Organizzazioni di interesse di altre amministrazioni (Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, Gruppo Pompidou, Centro nord-sud, Osservatorio audiovisivo)

RECESSO

legge 23 luglio 1949, n. 433

554,5

564,5

564,5

Segretariato INCE

RIDUZIONE

legge 18 giugno 2003, n. 142

43,0

143,0

143,0

CIEC – Commissione internazionale dello stato civile

RECESSO

legge 26 novembre 1957, n. 1296

18,3

18,3

18,3

BRESCE – Ufficio regionale UNESCO per l’Europa di Venezia

RIDUZIONE

legge 4 giugno 1997, n. 163

650,0

650,0

750,0

ESO – Organizzazione europea per la ricerca astronomica nell’emisfero australe

RIDUZIONE

legge 10 marzo 1982, n. 127

-

1.000,0

1.000,0

UNIDO – Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale

RIDUZIONE

legge 13 dicembre 1984, n. 972

-

0,198

0,198

Istituto internazionale del freddo

RECESSO

legge 24 luglio 1959, n. 697

60,0

60,0

60,0

Comitato consultivo del cotone

RECESSO

legge 3 novembre 1971, n. 950

35,0

35,0

35,0

European spatial data research

RECESSO

legge 26 luglio 1978, n. 477

7,5

7,5

7,5

Carta europea dell'energia

RECESSO

legge 10 novembre 1997, n. 415

-

450,0

450,0

Organismo delle Nazioni Unite

RIDUZIONE

legge 17 agosto 1957, n. 848

20.000,0

2.685,0

2.685,0

UNESCO

RIDUZIONE

legge 9 agosto 2013, n. 100

150,0

150,0

150,0

Centro internazionale ingegneria genetica

RIDUZIONE

legge 15 marzo 1986, n. 103; legge 9 ottobre 2000, n. 288

200,0

200,0

200,0

ICRANET – rete internazionale astrofisica relativistica

RIDUZIONE

legge 10 febbraio 2005, n. 31

150,0

150,0

1.550,33

IAP – InterAcademy Partnership

RIDUZIONE

legge 10 gennaio 2004, n. 17

50,0

50,0

50,0

TWAS – Accademia delle scienze del Terzo Mondo (Trieste)

RIDUZIONE

legge 10 gennaio 2004, n. 17

100,0

100,0

300,0

Totale

25.243,3

9.488,498

11.188,828

 


 

Articolo 1, commi 354 e 355
(Incremento della tariffa consolare)

 

 

I commi 354 e 355 provvedono rispettivamente all’incremento della tariffa dei diritti consolari e alla destinazione dei maggiori introiti – stimati in circa 6 milioni di euro.

 

Il comma 354 prevede un aumento della tariffa dei diritti consolari, mediante una serie di modifiche alla tabella allegata al decreto legislativo n. 71 del 2011.

Gli interventi di modifica riguardano anzitutto (lett. a) gli importi dei diritti fissi previsti alle sezioni I (atti di stato civile) - ad eccezione dei diritti relativi alla domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana a persona maggiorenne -, IV (atti in materia di controversie, di assistenza giudiziaria e di giurisdizione volontaria) e VII (atti amministrativi): l’incremento previsto è del 20 per cento, con arrotondamento all’importo intero superiore.

Del 40 per cento è invece l’incremento previsto (lett. b) per gli importi dei diritti fissi contenuti alle sezioni II (atti notarili), VI (atti relativi alla navigazione marittima ed aerea), VIII (atti diversi da quelli di stato civile e notarili, legalizzazioni e traduzioni) e IX (diritti di urgenza), anche in questo caso con arrotondamento all’importo intero superiore.

Un ulteriore incremento (lett. c)) si ottiene con l’aggiunta nella sezione III (passaporti, documenti d’identità e visti) di una ulteriore voce riguardante il visto nazionale di tipo D per motivi di studio, la cui tariffa è fissata in 50 euro.

In Vengono infine (lettera d)) abrogati gli articoli 39 (atti relativi alla spedizione di navi), 41 (vidimazione del giornale di rotta di aeromobili italiani), 43 (deposito di atti di stato civile compilati a bordo di navi italiane) e 52 (ricezione di richieste di pubblicità relative a navi o ad aeromobili) della già citata sezione VI: occorre ricordare, a tale riguardo, che le disposizioni ora richiamate dispongono attualmente il rilascio a titolo gratuito di tali atti.

 

La relazione tecnica valuta che l’applicazione delle lettere a) e b) del comma 354 in esame dovrebbe comportare per l’erario una maggiore entrata stimata in 4 milioni di euro. L’applicazione della lettera c), d’altra parte, dovrebbe comportare maggiori entrate per due milioni di euro. Alle disposizioni della lettera d) vengono ascritti effetti sicuramente positivi per l’erario, la quantificazione dei quali sarà peraltro effettuata a consuntivo.

 

Il comma 355 prevede che le maggiori entrate conseguite con l’aumento della tariffa dei diritti consolari, valutate in 6 milioni di euro per ciascuna a delle annualità 2016-2018, restano acquisite all’entrata: non si applicano perciò le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 568 della legge finanziaria per il 2007 ed all’articolo 2, comma 58 della legge finanziaria 2008.

 

Si ricorda che il comma 568 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 ha previsto la parziale destinazione, nel limite di 10 milioni di euro annui, delle maggiori entrate provenienti dalla tariffa consolare al funzionamento e alla razionalizzazione delle sedi all’estero del Ministero.

Si ricorda altresì che il comma 58 dell’articolo 2 della legge finanziaria 2008, riferendosi al citato comma 568, ha previsto un maggior limite di 40 milioni di euro per le medesime entrate, da porre a disposizione degli uffici all’estero, previa confluenza nel fondo a suo tempo previsto dal comma 39 dell’articolo 3 della legge finanziaria 2004 all’interno dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, da ripartire per eventuali maggiori esigenze per consumi intermedi.

 

L'articolo 64 del decreto legislativo 3 febbraio 2011, n. 71 prevede la riscossione dei diritti consolari per gli atti elencati nella tabella allegata, secondo gli importi tariffari in essa specificati. Con decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si procede ogni due anni all'adeguamento degli importi tariffari; tuttavia, qualora intervengano provvedimenti vincolanti di organi dell'Unione europea concernenti variazioni di importi tariffari, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale provvede a darvi attuazione con propri decreti.

 

Si segnalano altresì i più recenti interventi normativi sulla tariffa dei diritti consolari, a partire dall’art. 41-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 – recante misure urgenti per la crescita del paese -, che ha previsto l’incremento della tariffa dei diritti consolari in ragione del 10 per cento; le maggiori entrate così conseguite vengono destinate a interventi strutturali e informatici a beneficio degli uffici all’estero del MAECI, ed a potenziare i contingenti di impiegati temporanei degli uffici all’estero del Ministero.

L’incremento è disposto a scopo di adeguare il livello dei servizi offerti a cittadini e imprese dalla rete degli uffici all’estero del Ministero, in particolare per favorire la crescita dei flussi imprenditoriali e turistici verso il nostro Paese, mediante un più rapido rilascio dei visti, in tal modo incentivando la promozione delle relazioni economiche in ambito internazionale.

Il MAECI individua gli uffici destinatari delle predette misure e l'importo dei relativi finanziamenti, tenendo conto anche del volume delle rispettive attività.

Le maggiori entrate sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Ministero degli affari esteri per le finalità predette.

Fanno eccezione i diritti introitati, ai sensi del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 9 maggio 2006, per il rilascio dei passaporti elettronici.

L’articolo 5-bis del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66[138] (recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale) ha disposto modifiche al regime di entrate riscosse per atti di competenza del Ministero degli affari esteri: più specificamente, il comma 1 di detto articolo 5-bis ha inserito una voce alla sezione I della tabella dei diritti consolari allegata al già citato decreto legislativo n. 71 del 2011, ovvero l’articolo 7-bis, riguardante i diritti da riscuotere per il trattamento della domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana a persona maggiorenne, diritti fissati in 300 euro.

 


 

Articolo 1, comma 356
(Destinazione delle entrate da dismissioni immobiliari
del Ministero degli affari esteri)

 

 

Il comma 356 dispone che le maggiori entrate realizzate nel triennio 2016-2018 da dismissioni immobiliari del MAECI rimangono acquisite all’entrata nella misura di 20 milioni di euro per il 2016 e di 10 milioni per ciascuna delle annualità 2017 e 2018.

 

La disposizione stabilisce che le maggiori entrate, realizzate nel triennio 2016-2018, dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale mediante operazioni di dismissione immobiliare in attuazione dei commi 1311 e 1312 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007 (legge 296 del 2006) rimangono acquisite all’entrata nella misura di 20 milioni di euro per il 2016 e di 10 milioni per ciascuna delle annualità 2017 e 2018. Non trovano pertanto applicazione, per tali somme, le previsioni di cui al comma 1314 del richiamato art. 1 della legge finanziaria 2007.

 

 

Si ricorda che il summenzionato comma 1311 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 prevede che il Ministero degli affari esteri si avvale dell’Agenzia del demanio per l’elaborazione di un piano di razionalizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato ubicato all’estero: tale piano è realizzato mediante ricognizione e stima del patrimonio immobiliare, nonché con l’analisi comparativa di costi e benefici, sì da giungere all’individuazione dei beni per i quali proporre la dismissione. Il successivo comma 1312 prevede che il Ministro degli affari esteri, sulla base del piano di cui al comma precedente, individua con proprio decreto gli immobili da dismettere, anche per il tramite dell’Agenzia del demanio.

Il comma 1314, d’altronde, del quale la norma in commento prevede la non applicazione limitatamente alle entrate di 20 milioni per il 2016 e 10 milioni per il 2017 e il 2018, stabilisce che, compatibilmente con gli obiettivi di bilancio presentati in sede europea, il Ministro dell’economia e delle finanze, con proprio decreto, possa destinare una quota non minore del 30 per cento dei proventi delle operazioni di dismissione previste dal precedente comma 1312 al rifinanziamento della legge n. 477 del 1998, finalizzata alla ristrutturazione, restauro e manutenzione straordinaria degli immobili del demanio italiano ubicati all’estero.

 


 

Articolo 1, comma 357
(Risparmi di spesa per il personale docente
delle scuole italiane all’estero)

 

 

Il comma 357 opera ulteriori riduzioni della spesa per emolumenti del personale docente addetto alle istituzioni scolastiche italiane all’estero, mediante sostituzione di 46 supplenti con personale di ruolo, con un risparmio di 2 milioni di euro.

 

Il comma 357 dispone una riduzione, pari a 2 milioni di euro per ciascuna annualità del triennio 2016-2018, della spesa relativa al trattamento economico del personale supplente addetto alle istituzioni scolastiche all’estero.

 

Al proposito, l’articolo 651 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Testo unico in materia di istruzione e scuole di ogni ordine e grado) prevede che laddove non sia possibile sostituire docenti temporaneamente assenti, o coprire materie obbligatorie ma con un orario settimanale inferiore a quello di cattedra, si faccia ricorso a supplenze temporanee conferite dai presidi e dai direttori didattici, previa compilazione di apposite graduatorie da parte dei capi di istituto tra soggetti in possesso del titolo di studio prescritto dalla normativa italiana, eventualmente anche non residenti nel paese ospite. La retribuzione dei supplenti è determinata in relazione alle ore di servizio effettivamente prestate, e secondo criteri differenti per il personale residente nel paese ospite e per il personale ivi non residente.

La disciplina relativa al personale docente e non docente in servizio presso istituzioni scolastiche italiane all’estero è recata principalmente dagli artt. 639-674 del testo unico e dall’art. 9 della legge n. 147/2000 (proroga di termini in materia di affari esteri).

Quest’ultimo dispone che la selezione del personale di ruolo dello Stato da destinare sia alle scuole europee sia alle iniziative e alle istituzioni scolastiche ed universitarie all’estero, di cui all’art. 639 del Testo unico, è effettuata mediante la formazione di una graduatoria permanente per titoli culturali, professionali e di conoscenza della lingua, da accertare mediante una prova pratico-orale finalizzata alla conoscenza scritta e orale della medesima. Tale graduatoria è aggiornata ogni tre anni. L’art. 2, co. 4-novies del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 22[139] ha, peraltro, disposto che fino al 31 agosto 2012 sono utilizzate per la destinazione all’estero del personale scolastico a tempo indeterminato le graduatorie relative al triennio scolastico 2007/2008-2009/2010.

Al personale operante presso istituzioni scolastiche italiane all’estero è riconosciuto il trattamento giuridico ed economico disciplinato dagli artt. 657-673 del Testo unico: in particolare, è prevista l’erogazione di uno specifico assegno mensile di sede, nonché di un’indennità di sistemazione e di rimborsi per spese di viaggi da e per l’Italia.

Ai sensi dell’art. 656 del Testo unico, al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario si applicano in linea di massima le norme dettate per il personale docente.

 

La relazione tecnica specifica che i risparmi comportati dalla norma in commento derivano dal fatto che un numero pari a 46 posti, prima coperti con supplenti, sono stati coperti con personale di ruolo. Il risparmio di spesa di 2 milioni di euro annui si suddivide in 1.800.000 euro di minori retribuzioni e 200.000 euro di minori oneri riflessi. Inoltre l’indebitamento registrerà effetti positivi dal minor stanziamento nei confronti di organismi previdenziali stranieri.

 

Si richiamano di seguito i numerosi provvedimenti normativi recentemente intervenuti sulla materia delle istituzioni scolastiche italiane all’estero.

La recente legge 13 luglio 2015, n. 107, recante riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti, all’articolo 1, comma 180 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riordino, la semplificazione e la codificazione delle disposizioni legislative in materia di istruzione. Il successivo comma 181 detta principi e criteri direttivi cui devono ispirarsi i decreti legislativi anzidetti, e tra questi (lettera h) figurano la revisione, il riordino e l’adeguamento della normativa in materia di istituzioni e iniziative scolastiche italiane all’estero, per un effettivo coordinamento fra il Ministero degli affari esteri e il Ministero dell’istruzione nella gestione della rete e nella promozione della lingua italiana all’estero.

A sua volta tale riordino dovrà avvenire con definizione dei criteri e delle modalità di selezione, destinazione e permanenza in sede del personale docente e amministrativo; revisione del trattamento economico del personale docente e amministrativo; previsione della disciplina delle sezioni italiane all’interno di scuole straniere o internazionali; revisione della disciplina dell’insegnamento di materie obbligatorie secondo la legislazione locale o l’ordinamento scolastico italiano da affidare ad insegnanti a contratto locale.

La legge di stabilità per il 2015, al comma 320 dell’art. 1 ha operato riduzioni degli stanziamenti per le indennità di servizio all’estero del personale docente delle scuole italiane all’estero. La norma prevede che l’autorizzazione di spesa relativa agli assegni previsti dal D.P.R. 23 gennaio 1967, n. 215 - recante norme per il personale in servizio nelle istituzioni scolastiche e culturali all’estero - è ridotta nella misura di 3,7 milioni per il 2015, e di 5,1 milioni a decorrere dal 2016.

La relazione tecnica al disegno di legge di stabilità precisava che le riduzioni sono correlate al ridimensionamento, già a partire dall’anno scolastico 2015-2016, del contingente del personale di ruolo del Ministero dell’istruzione, università e ricerca in servizio all’estero, contingente la cui consistenza è stata fissata dall’articolo 14, comma 11 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95[140], entro il limite massimo di 624 unità. Su tale norma ha successivamente agito quanto disposto dal comma 38, art. 1 della legge di stabilità 2013, in base al quale l’autorizzazione di spesa a favore del personale in servizio nelle istituzioni scolastiche all’estero (di cui all’articolo 658 del Testo unico) è stata ridotta a decorrere dal 2013 di un ammontare pari a 712.265 euro annui.

Il D.L. 101 del 2013 – recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni – all’articolo 9, comma 1 assegna alle scuole italiane all’estero un numero predefinito di dirigenti scolastici, docenti per discipline curricolari, lettori ed impiegati amministrativi, in deroga alle riduzioni previste dalle norme sulla c.d. «spending review», in particolare all’art. 14 del richiamato decreto-legge n. 95 del 2012, cui viene aggiunto il comma 12-bis.

È in tal modo autorizzata - alle condizioni e con i limiti previsti - la conservazione di un limitato numero di posti vacanti e disponibili nel contingente di cui all’art. 639 del Testo unico, individuato con lo stesso decreto interministeriale che fissa i contingenti (ex art. 639 cit.). Su tale disponibilità possono essere assegnate:

§  unità di personale, individuate attraverso le graduatorie previste dall’art. 640 del Testo unico (che disciplina le modalità di selezione e di assegnazione del suddetto personale), riformulate sulla base di prove selettive antecedenti al 6 luglio 2012;

§  i dirigenti scolastici individuati dalle procedure selettive anch’esse indette prima del 6 luglio 2012, ai sensi dell’art. 46 del Contratto collettivo nazionale di lavoro per il quadriennio 2002-2005 dell’area dirigenziale V (Scuola).

La disposizione decorre dall’anno scolastico 2013/2014, e ha come finalità espressa quella di far fronte a specifiche ed insopprimibili esigenze didattiche o amministrative, che non trovino gradatamente idonea soluzione attraverso il ricorso al personale a contratto reclutato in loco (art. 653 del Testo unico) o alle operazioni di mobilità del personale scolastico a tempo indeterminato, già collocato fuori ruolo all’estero.

Il D.L. 225 del 2010 – recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie – all’articolo 2, comma 4-novies dispone che la durata del servizio all’estero del personale docente e amministrativo della scuola non può superare nove anni: pertanto, proroga fino a nove anni scolastici il periodo di permanenza in servizio nella stessa sede e, in ragione del termine fissato, precisa che la stessa proroga non si applica a quanti abbiano già prestato servizio per un periodo pari o superiore.

Quindi, rispetto alla normativa previgente, fatta eccezione per il personale da destinare alle scuole europee - per il quale non si registrano variazioni - per il restante personale si riduce da 10 a 9 anni il periodo complessivo di permanenza all’estero, senza più prevedere la soluzione di continuità. A tale modifica, però, non si procede attraverso novella delle disposizioni previgenti.


 

Articolo 1, comma 358
(Acquisizione all’erario di risorse per supplenze brevi
non utilizzate dalle scuole)

 

 

Il comma 358, non modificato dal Senato, dispone che le somme già assegnate alle scuole per le supplenze brevi e saltuarie prima dell’introduzione del “cedolino unico”, giacenti sui bilanci delle medesime, sono acquisite all’erario.

In particolare, prevede che le predette somme, pari a 60 milioni di euro, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato nell’anno 2016.

Nelle more del versamento, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad accantonare e a rendere indisponibile per il 2016 il relativo importo, al netto di quanto effettivamente versato, a valere sulle disponibilità del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche (di cui all’art. 1, co. 601, della L. 296/2006)[141].

 

L’art. 4, co. 4-septies, del D.L. 78/2010 (L. 122/2010) ha modificato il sistema di pagamento delle competenze per il personale scolastico – compreso, a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 7, co. 38, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012), il personale supplente breve – stabilendo che il pagamento delle competenze accessorie è effettuato congiuntamente con quello delle competenze fisse tramite ordini collettivi di pagamento (c.d. cedolino unico)[142].

Per quanto qui maggiormente interessa, si ricorda che, precedentemente, le competenze fisse del personale incaricato di supplenze brevi – ad eccezione del personale di cui all’art. 2, co. 5, del D.L. 147/2007 (L. 176/2007)[143]erano pagate a carico dei bilanci delle scuole.

 

L’art. 4 della L. 124/1999 distingue tre tipologie di supplenze del personale docente - che danno luogo al conferimento di incarichi a tempo determinato - e indica a quali graduatorie attingere per le nomine:

§  supplenze annuali, per la copertura di cattedre e posti di insegnamento effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico;

§  supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche, per la copertura di cattedre e posti di insegnamento non vacanti, di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell'anno scolastico;

§  supplenze temporanee più brevi, nei casi diversi da quelli citati.

Nei casi di supplenze annuali e di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche, per l’assegnazione degli incarichi si utilizzano prioritariamente le graduatorie provinciali. Al conferimento degli incarichi provvedono i dirigenti degli organi periferici del Ministero competenti per territorio, di norma entro il 31 luglio di ciascun anno. Decorsa tale data, vi provvedono i dirigenti scolastici.

Per le supplenze temporanee più brevi si utilizzano le graduatorie di circolo o di istituto ed il conferimento dell’incarico compete al dirigente di ciascuna istituzione scolastica autonoma (Art. 4, D.L. 255/2001 –L. 333/2001).

 

 


 

Articolo 1, comma 359
(Acquisizione all’erario di risorse ex IRRE)

 

 

Il comma 359, non modificato dal Senato, dispone che le risorse finanziarie degli ex Istituti regionali di ricerca educativa (IRRE), confluite nel bilancio dell’Istituto nazionale di documentazione e ricerca educativa (INDIRE), relative a progetti affidati agli ex IRRE e non attuati, sono acquisite all’erario.

In particolare, prevede che le predette somme, pari a 1 milione di euro, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato nell’anno 2016.

Nelle more del versamento, il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad accantonare e rendere indisponibile per il 2016 il relativo importo, al netto di quanto effettivamente versato, a valere sulle disponibilità del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca (art. 7 D.Lgs. 204/1998).

 

Gli Istituti regionali di ricerca educativa (IRRE) sono stati soppressi, al pari dell’Istituto nazionale di ricerca educativa (INDIRE), ai sensi dell’art. 1, co. 610 e 611, della L. 296/2006, che ha previsto l’istituzione dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica (ANSAS).

In seguito, l’art. 19, co. 1, del D.L. 98/2011 (L.111/2011) ha disposto la soppressione, dal 1 settembre 2012, dell'ANSAS e il ripristino dell’INDIRE, ferma restando la soppressione degli ex IRRE.

Il co. 3 ha disposto che le risorse derivanti da interventi di razionalizzazione della spesa relativa all'organizzazione scolastica previsti dallo stesso art. 19 sarebbero confluite, dal 2013, sul Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca, per essere destinate al funzionamento – per quanto qui interessa - dell'INDIRE (sull’argomento si veda, più approfonditamente, il Dossier del Servizio Studi della Camera n. 522/1 del 7 ottobre 2011).


 

Articolo 1, commi 360-362
(Acquisizione all’entrata del bilancio di risorse
per l’edilizia universitaria)

 

 

I commi da 360 a 362, non modificati dal Senato, disciplinano la procedura finalizzata al versamento all'entrata del bilancio dello Stato delle somme trasferite alle università dal 1998 al 2008 e non spese per l'attuazione di interventi di edilizia universitaria, fino ad un importo massimo di 30 milioni di euro.

 

In particolare, dispongono che le risorse finanziarie assegnate e trasferite alle università negli anni dal 1998 al 2008 per interventi di edilizia generale, dipartimentale o sportiva definiti dalle stesse università, se non totalmente spese al 31 dicembre 2014 sono versate all'entrata del bilancio dello Stato nell'esercizio finanziario 2016.

La quantificazione delle somme da versare, fino ad un importo massimo di 30 milioni di euro, è demandata ad un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che definirà anche gli atenei interessati e le modalità di recupero delle somme, anche eventualmente a valere sul FFO per l’esercizio finanziario 2016. A fronte di tale eventualità, si prevede, peraltro, che, al fine di assicurare il versamento degli importi individuati, il MIUR provvede al versamento degli stessi in apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato a valere proprio sul FFO per il medesimo esercizio finanziario.

Nelle more del versamento, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad accantonare e a rendere indisponibile per l'anno 2016, nello stato di previsione del MIUR e a valere sulle disponibilità del FFO, la somma di 30 milioni di euro, al netto di quanto effettivamente versato.

 

In materia, si ricorda che, ai sensi dell’art. 5, co. 1, lett. b), della L. 537/1993, nello stato di previsione del MIUR era stato istituito il Fondo per l'edilizia universitaria e per le grandi attrezzature scientifiche, relativo alla quota a carico del bilancio statale per la realizzazione di investimenti per le università in infrastrutture edilizie e in grandi attrezzature scientifiche, compresi i fondi destinati alla costruzione di impianti sportivi. Le risorse erano state allocate sul cap. 7266[144].

Dalla deliberazione n. 14/2011/G della Corte dei conti, dell’11 novembre 2011, concernente la verifica dello stato di realizzazione degli interventi di edilizia universitaria finanziati sul capitolo in questione (e sul FFO) nel periodo 2006 - 2011[145], emerge che gli stanziamenti maggiori del Fondo per l’edilizia universitaria hanno riguardato, nella misura dell’86%, quelli relativi all’edilizia generale e dipartimentale, al cui interno hanno assunto rilevanza gli accordi di programma fra il MIUR e le università[146], di durata variabile.

La stessa relazione evidenzia che la gestione delle risorse sul cap. 7266, nel complesso, è risultata essere stata svolta nel rispetto dei criteri contabili, atteso che, a fronte di stanziamenti che, nel periodo considerato, hanno subito un sensibile decremento ha, comunque, corrisposto una notevole capacità d’impegno (misura media del 98,99%), mentre la massa residui è risultata di poca consistenza.

A decorrere dal 2009, il Fondo non è stato più rifinanziato: la relazione fa presente, al riguardo, che “sul punto, l’amministrazione ha chiarito che, a partire dal 2010, ha provveduto a rispettare gli oneri finanziari assunti con la sottoscrizione degli accordi di programma facendo ricorso interamente al fondo di finanziamento ordinario[147]”.

La relazione sottolinea, infine, la necessità che l’amministrazione predisponga un concreto sistema di monitoraggio sugli obiettivi raggiunti dalle varie università con i fondi erogati acquisendo anche, per le opere concluse, i verbali di collaudo da parte degli organi a ciò deputati, ai fini di una maggiore trasparenza dell’azione amministrativa e di una corretta gestione delle somme ammesse a contributo.


 

Articolo 1, comma 363
(Trasporto regionale marittimo nelle regioni
Campania e Lazio)

 

Il comma 363 riduce le risorse statali per le regioni Campania e Lazio, per il finanziamento dei servizi di trasporto regionale marittimo. La riduzione è pari a 7.900.000 euro a decorrere dal 2016.

 

La relazione tecnica afferma che il contratto recentemente concluso tra la regione Campania e la società che effettua il collegamento prevede un onere inferiore e pertanto è possibile ridurlo.

 

Nell’ambito del processo di dismissione della partecipazione statale nella società di trasporto marittimo Tirrenia S.p.A. lo Stato assicura risorse alle regioni interessate dai servizi esercitati dai rami regionali della predetta società, ovvero per il finanziamento dei medesimi servizi da parte di nuovi affidatari, sulla base di contratti sottoscritti dalle regioni interessate. La relativa autorizzazione di spesa è disposta dall'articolo 19-ter, comma 16, del decreto-legge 135/2009 per Tirrenia S.p.A. (per i servizi nazionali) e per le quattro società regionali fra cui (lettera e) Caremar-Campania Regionale Marittima S.p.a. - regione Campania, (per i servizi regionali, cioè quelli con le isole minori in ambito regionale) per cui le risorse ammontano a euro 29.869.832 annui. Inoltre, il successivo comma 17, dispone che, conseguentemente alla cessione alla regione Lazio del ramo d'azienda per l'esercizio dei collegamenti con l'arcipelago pontino, le predette risorse sono così ripartite: ramo Campania (Caremar): euro 19.839.226; ramo Lazio (Laziomar): euro 10.030.606.

Potrebbe essere opportuno specificare la suddivisione della riduzione tra le due regioni, ovvero specificare che, come sembra considerare la Relazione tecnica, la riduzione riguarda solo la quota della Regione Campania.


 

Articolo 1, comma 364
(Sistemi informativi automatizzati del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti)

 

 

Il comma 364 riduce le risorse per la gestione e lo sviluppo dei sistemi informativi automatizzati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché per la realizzazione di un programma di sperimentazione, avente la durata di un anno, di sistemi innovativi di rilevazione e controllo automatizzato dei percorsi, effettuati in aree urbane ed extraurbane, dai veicoli che trasportano merci pericolose.

 

La Relazione tecnica afferma che vengono ridotte, in particolare, le risorse assegnate alle Capitanerie di Porto per il sistema di controllo del traffico marittimo denominato VTMIS (vessel traffic management information system).

 

Il finanziamento è disposto dall'articolo 39, comma 2, della legge 166/2002 e viene ridotto di 2.700.000 di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018. La menzionata disposizione autorizza limiti di impegno quindicennali di 5.728.000 euro per l'anno 2002, di 6.229.000 euro per l'anno 2003 e di 18.228.000 euro per l'anno 2004. Per l'anno 2012 l'autorizzazione di spesa è stata ridotta di euro 8.000.000 (articolo 39, comma 2, della legge di stabilità 2012 - 183/2011) e di euro 6.971.242 per l'anno 2013, di euro 8.441.137 per l'anno 2014, di euro 8.878.999 per l'anno 2015 e di euro 2.900.000 a decorrere dall'anno 2016 (articolo 1, comma 65, della legge di stabilità 2013 - 228/2012).


 

Articolo 1, comma 365
(Contratto di lavoro del trasporto pubblico locale)

 

 

Il comma 365 riduce il finanziamento del rinnovo del secondo biennio economico del contratto collettivo 2004-2007, relativo al settore del trasporto pubblico locale.

 

 

La Relazione tecnica afferma che la riduzione è possibile per la costante riduzione, nel trend di spesa degli ultimi anni, degli oneri dovuti a copertura dell’indennità di malattia.

 

L'articolo 1, comma 1230, della legge finanziaria 2007 (296/2006) per la finalità predetta, in particolare a titolo di cofinanziamento dello Stato agli oneri a carico delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, autorizza la spesa di 190 milioni di euro, che il comma in esame riduce di 3.765.800 di euro per il 2016 e di 3.700.000 euro a decorrere dal 2017.

 


 

Articolo 1, comma 366
(Soppressione di contributi a imprese armatoriali)

 

 

Il comma 366 sopprime il contributo ventennale di 5 milioni di euro a decorrere dall'esercizio 2014 per gli investimenti delle imprese marittime per il rinnovo e l’ammodernamento della flotta.

 

Il contributo è previsto dal secondo periodo del comma 38 dell’articolo unico della legge di stabilità 2014 (147/2013) il quale a sua volta richiama la tipologia degli interventi previsti dall’articolo 3 della legge 88/2001 (vale a dire gli investimenti delle imprese marittime per il rinnovo e l’ammodernamento della flotta).

La Commissione europea ha qualificato il contributo in questione come aiuto di Stato illegittimo ai sensi del regime degli aiuti di Stato alla costruzione navale n. 2011/C364/06.

Una disposizione identica era presente nel disegno di legge di stabilità 2015 (articolo 30, comma 1, dell’Atto Camera 2679-bis) soppresso nel corso dell’iter di approvazione.


 

Articolo 1, comma 367
(Dismissione immobili della difesa)

 

 

Il comma 367 dell’articolo 1, non modificato dal Senato, reca norme in materia di dismissione degli immobili della difesa disponendo, in particolare, che non si proceda alla riassegnazione in favore del Ministero della Difesa dei proventi delle dismissioni versati all’entrata del bilancio dello Stato.

 

Nello specifico la disposizione in esame novella il comma 374 dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2014 (stabilità 2015) al fine di prevedere che il Ministero della difesa, attraverso la dismissione di immobili in uso, inclusi quelli di carattere residenziale, realizzi introiti tali da determinare un miglioramento dei saldi di finanza pubblica per un importo non inferiore a 300 milioni di euro per l’anno 2016 e di 100 milioni di euro per l’anno 2017.

Si dispone, inoltre, che non si proceda alla riassegnazione dei proventi delle dismissioni versati all’entrata del bilancio dello Stato.

Nelle more del versamento all’entrata del bilancio dello Stato dei predetti proventi gli importi di 300 milioni di euro per l’anno 2016 e di 100 milioni di euro per l’anno 2017 sono accantonati e resi indisponibili, in termini di competenza e di cassa, nell'ambito delle spese rimodulabili delle missioni di spesa del Ministero della difesa. Il Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base degli importi che effettivamente affluiscono al bilancio dello Stato, provvede al disaccantonamento ovvero alla riduzione delle corrispondenti risorse.


 

Articolo 1, comma 368
(IVA super-ridotta pubblicazioni)

 

 

Il comma 368 estende l’aliquota IVA super–ridotta al 4 per cento, già prevista per gli e-book, ai giornali, notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, e periodici online.

 

Più in particolare, la norma modifica l’art. 1, comma 667, della legge di stabilità 2015, il quale ha assoggettato anche gli e-book ad aliquota agevolata del 4 per cento mediante interpretazione autentica alla Tabella A, parte II, numero 18), allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

In particolare, il comma 667 citato ha previsto che sono da considerare libri tutte le pubblicazioni identificate da codice ISBN e veicolate attraverso qualsiasi supporto fisico o tramite mezzi di comunicazione elettronica.

 

Il comma in esame estende tale interpretazione, prevedendo che sono da considerare ”giornali, notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri e periodici” tutte le pubblicazioni identificate da codice ISBN o ISSN e veicolate attraverso qualsiasi supporto fisico o tramite mezzi di comunicazione elettronica.

In sostanza, si assoggetta ad un regime IVA agevolato la circolazione dei giornali e periodici online, oltre che dei cd. e-book, la cui tassazione passa dal 22 per cento (aliquota ordinaria) al 4 per cento (aliquota super-ridotta).

 

Al riguardo si osserva che occorrerebbe valutare la compatibilità con il diritto dell'Unione europea della norma in commento alla luce della normativa e della giurisprudenza di seguito illustrate.

 

Si segnala, inoltre, che il comma 545, inserito nel corso dell’esame al Senato, istituisce una nuova aliquota ridotta dell’IVA pari 5 per cento, compatibile con il diritto dell’Unione europea

 

L’IVA è un’imposta completamente armonizzata a livello di Unione europea, disciplinata dalla direttiva 2006/112/CE (direttiva IVA), che ha istituito il Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto. In materia di aliquote, l’articolo 97 della direttiva stabilisce che l’aliquota normale d’imposta fissata da ciascun Paese membro non può essere, fino al 31 dicembre 2015, inferiore al 15 per cento. Tale aliquota viene fissata da ciascuno Stato membro ad una percentuale della base imponibile che è identica per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi (articolo 96).

Gli articoli 98 e 99 consentono agli Stati membri la facoltà di applicare una o due aliquote ridotte. Tale facoltà è ammessa esclusivamente per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi delle categorie individuate nell’allegato III della direttiva. Le aliquote ridotte non si applicano ai servizi forniti per via elettronica. In ogni caso, la misura dell’aliquota ridotta non può essere inferiore al 5 per cento. Unica eccezione al limite minimo dell'aliquota al 5 per cento è prevista dall'art. 110 della direttiva, in base al quale gli Stati membri che al 1° gennaio 1991 applicavano aliquote ridotte inferiori al minimo prescritto sono autorizzati a mantenerle se le stesse sono conformi alla legislazione comunitaria e sono state adottate per ragioni di interesse sociale ben definite e a favore dei consumatori finali.

 

In Italia, le aliquote IVA sono disciplinate dall’articolo 16 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recante l’istituzione e la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto. Nel dettaglio, accanto all’aliquota normale (pari al 22 per cento) si prevede un’aliquota ridotta del 10 per cento (che può essere modificata in aumento o in diminuzione per tutti i beni interessati) e un’aliquota “super-ridotta” del 4 per cento (che non può essere modificata in quanto oggetto di deroga specifica al momento della emanazione della prima direttiva IVA) per le operazioni aventi per oggetto i beni e i servizi elencati nella Tabella A allegata al citato D.P.R. n. 633. In particolare, nella parte III della Tabella A vi è l’elenco dettagliato dei beni e dei servizi assoggettati ad aliquota del 10 per cento. La parte II della Tabella A reca invece l’elenco dettagliato dei beni e dei servizi assoggettati ad aliquota del 4 per cento.

 

La Corte di Giustizia dell'Unione europea ha elaborato un orientamento estremamente restrittivo circa la possibilità per gli Stati di estendere l'ambito di applicazione delle aliquote super-ridotte a fattispecie non contemplate al 1° gennaio 1991 (caso C-462/05, Commissione c. Portogallo; caso C-240/05, Eurodental; caso C-169/00, Commissione c. Finlandia). La Corte ha inoltre affermato che uno Stato che abbia deciso di escludere determinate operazioni dall'aliquota Iva super-ridotta, riconducendole alle aliquote ordinarie o ridotte, non può più applicare a queste operazioni l'aliquota super-ridotta, pena la violazione del diritto comunitario (caso C-119/11, Commissione c. Francia; caso C-462/05, Commissione c. Portogallo; caso C-414/97, Commissione c. Spagna; caso C-74/91, Commissione c. Germania).

Gli Stati membri possono, a determinate condizioni, essere autorizzati ad introdurre misure di deroga per semplificare la riscossione dell'IVA o evitare frodi o evasioni fiscali ovvero, previa consultazione del comitato IVA, ad applicare un'aliquota ridotta alle forniture di gas naturale, energia elettrica o teleriscaldamento (articolo 102). Nel secondo considerando della direttiva 2009/47/CE – che ha ampliato l’ambito delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi che possono essere assoggettate ad aliquota ridotta - si chiarisce che l’applicazione di aliquote ridotte ai servizi prestati localmente non pone problemi per il buon funzionamento del mercato interno e può, in presenza di determinate condizioni, produrre effetti positivi in termini di creazione di occupazione e di lotta all’economia sommersa.

 

Con riferimento al tema specifico dell’applicazione di un’aliquota IVA ridotta alla fornitura di libri elettronici, merita segnalare che nelle sentenze del 5 marzo 2015 relative alle cause C-479/13 e C-502/13, la Corte di giustizia ha sancito che Lussemburgo e Francia, avendo applicato dal 1° gennaio 2012 un’aliquota IVA rispettivamente del 3% e del 5,5% alla fornitura di libri digitali o elettronici, sono venuti meno agli obblighi previsti dagli articoli da 96 a 99, 110 e 114 della citata direttiva 2006/112/CE, letti in combinato disposto con gli allegati II e III della direttiva stessa e con il regolamento (UE) n. 282/2011 (Si veda anche, a tale proposito, la nota breve del Servizio studi del Senato n. 58 del marzo 2015).

I libri elettronici o digitali oggetto della sentenza comprendono i libri ottenuti a titolo oneroso, mediante scaricamento o trasmissione continua (streaming) a partire da un sito web, nonché i libri elettronici che possono essere consultati su computer, smartphone, e-book reader o qualsiasi altro sistema di lettura.

Anche in questo caso, la Corte ha ribadito che un’aliquota IVA ridotta può essere applicata unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi di cui all’allegato III della direttiva IVA. Detto allegato menziona, in particolare, la «fornitura di libri su qualsiasi tipo di supporto fisico». La Corte ne trae la conclusione che l’aliquota IVA ridotta è applicabile all’operazione consistente nel fornire un libro che si trovi su un supporto fisico. Se è vero che il libro elettronico necessita, per poter essere letto, di un supporto fisico (quale un computer), un simile supporto non è tuttavia fornito con il libro elettronico, cosicché l’allegato III non include nel suo ambito di applicazione la fornitura di tali libri. Inoltre, la Corte constata che la direttiva IVA esclude ogni possibilità di applicare un’aliquota IVA ridotta ai «servizi forniti per via elettronica». Secondo la Corte, la fornitura di libri elettronici costituisce un servizio di questo tipo. La Corte respinge l’argomento secondo cui la fornitura di libri elettronici costituirebbe una cessione di beni (e non un servizio). Infatti, solo il supporto fisico che consente la lettura dei libri elettronici può essere qualificato come «bene materiale», ma un siffatto supporto non è presente nella fornitura dei libri elettronici.

 

A seguito della sentenza in questione, i Ministri della cultura di Francia, Germania, Italia e Polonia hanno sottoscritto una dichiarazione congiunta nella quale chiedono che la Commissione europea modifichi la direttiva IVA 2006/112/CE introducendo la possibilità di applicare un'aliquota ridotta sui libri elettronici. Al momento, la Commissione non ha ancora presentato alcuna proposta al riguardo.


 

Articolo 1, comma 369
(Fondo per interventi strutturali di politica economica)

 

 

Il comma 369, modificato nel corso dell’esame al Senato, prevede un rifinanziamento del Fondo per interventi strutturali di politica economica (Fondo ISPE) di 134,340 milioni di euro per l'anno 2016, 142,610 milioni per l'anno 2017, 139,610 milioni per l'anno 2018, 184,110 milioni per l'anno 2019, 181,510 milioni per ciascuno degli anni dal 2020 al 2026, 210,510 milioni per l'anno 2017 e di 199,100 milioni a decorrere dall'anno 2028.

 

Si ricorda che il testo iniziale del provvedimento presentato dal Governo prevedeva un rifinanziamento del Fondo pari a 300 milioni a decorrere dal 2016.

A valere su tale rifinanziamento è stata posta la copertura finanziaria di molte norme che sono state introdotte nel corso dell’esame al Senato (per complessivi 365,26 milioni di euro nel 2016, 322,6 milioni nel 2017, 322,3 milioni nel 2018, di 260 milioni nel 2019-2026, di 219,5 milioni nel 2027 e di 230,9 milioni nel 2018).

Al tempo stesso, il Fondo è stato rifinanziato (di ulteriori 199,6 milioni nel 2016, 165,2 milioni nel 2017, 161,9 milioni nel 2018, 135,2 milioni nel 2019, 132,5 milioni dal 2020 al 2026, e di 130 milioni per gli anni 2017 e 2018) da alcune disposizioni, anch’esse introdotte in corso d’iter al Senato, che hanno disposto l’afflusso al Fondo di maggiori entrate.

L’elenco delle disposizioni del provvedimento che hanno inciso sulle somme del Fondo ISPE è riportato nella Relazione tecnica. Esse determinano nel loro complesso la variazione in aumento disposta dal comma in esame.

 

Per quanto concerne le disponibilità del Fondo, a seguito dei numerosi interventi normativi che vi hanno inciso, rispetto ad una dotazione a legislazione vigente pari a 30,4 milioni per il 2016, 7,2 milioni per il 2017 e a 119,9 milioni per il 2018, il Fondo ISPE presenta, nel disegno di legge di bilancio a seguito della Ia Nota di variazioni (A.C. 3445-bis), una dotazione pari a 164,7 milioni di euro per il 2016, 149,8 milioni per il 2017 e di 259,5 milioni per il 2018, come evidenziato nella tabella seguente.

 

FISPE - Cap. 3075/MEF

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente (A.S. 2112)

30,4

7,2

119,9

- Rifinanziamento ddl del Governo (A.S. 2111)

300,0

300,0

300,0

- Variazioni approvate al Senato, di cui

-165,7

-157,4

-160,4

      - Riduzioni

-365,3

-322,6

-322,3

      - Incrementi

199,6

165,2

161,9

Dotazione ddl di bilancio 2016-2018

164,7

149,8

259,5

 

Si ricorda che il Fondo ISPE è stato istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282 del 2004 al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il Fondo, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze (cap. 3075), viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari.

 


 

Articolo 1, comma 370
(Rifinanziamento del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili)

 

 

Il comma, introdotto nel corso dell’esame al Senato, rifinanzia per 13 milioni di euro a decorrere dal 2016 il Fondo istituito per far fronte ad esigenze indifferibili che si dovessero manifestare nel corso della gestione.

 

Il Fondo è stato istituto dall’articolo 1, comma 200, della legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190/2014), con la dotazione di 27 milioni di euro per l'anno 2015 e di 25 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016, presso il Ministero dell’economia e finanze (cap. 3076). Esso è ripartito annualmente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.

La dotazione del Fondo è stata peraltro incrementata ai sensi dell’articolo 16, comma 11, del D.L. n. 83/2015, il quale destina a tale Fondo le maggiori entrate derivanti dalle modifiche alla disciplina fiscale delle svalutazioni e delle perdite su crediti degli enti creditizi e finanziari e delle imprese di assicurazione ai fini delle imposte dirette. Tali entrate sono valutate nell’ordine di 137 milioni per il 2016, 107 milioni per il 2017, 505 milioni per il 2018, 130 milioni per il 2020, 451 milioni per il 2021, 360 milioni per il 2022, 245 milioni per il 2023, 230 milioni per il 2024 e 189 milioni di euro annui a decorrere dal 2025.

A legislazione vigente, il Fondo presentava dunque una dotazione pari a 162 milioni per il 2016, 132 milioni per il 2017 e a 530 milioni per il 2018.

A seguito del rifinanziamento disposto dal comma in esame, nel disegno di legge di bilancio per il 2016-2018, come integrato dalla Ia Nota di variazioni (A.C. 3445), la dotazione del Fondo è pari a 175 milioni per il 2016, 1.015,9 milioni per il 2017 e a 543,6 milioni per il 2018. Si segnala che il consistente incremento previsto per il 2017, pari a circa 884 milioni, va messo in relazione a quanto previsto dai commi 34-36 del disegno di legge di stabilità in esame in ordine alla riduzione dell’aliquota IRES, che tali norme subordinano al riconoscimento in sede UE della c.d. clausola migranti. Ciò in quanto in caso di mancato riconoscimento della stessa i minori oneri che ne deriverebbero per l’anno 2017, quantificati in 871 milioni, vengono fatti confluire (comma 36) nel Fondo in esame.

 

Per la copertura degli oneri derivanti dalla istituzione di questo secondo Fondo, si dispone una corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica (FISPE), di cui al comma 369 del provvedimento.

Si ricorda che il Fondo ISPE, istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282 del 2004 al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari.

Per quanto concerne le risorse finanziarie, nel disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per gli anni 2016-2018 (A.S. 2112) il Fondo presenta una dotazione pari a 30,4 milioni per il 2016, 7,2 milioni per il 2017 e a 119,9 milioni per il 2018, che è stata poi variata a seguito di molte disposizioni introdotte nel corso dell’iter al Senato. A seguito della Ia Nota di variazioni, il Fondo in questione risulta dotato di 164,7 milioni di euro per il 2016, 149,8 milioni per il 2017 e di 259,5 milioni per il 2018.

 


 

Articolo 1, commi 371 e 372
(Progettazione di ciclovie turistiche, ciclostazioni ed interventi per la ciclabilità cittadina)

 

 

Il comma 371 prevede il finanziamento di progetti per la realizzazione di ciclovie turistiche e ciclostazioni nonché per la sicurezza della ciclabilità cittadina. A seguito di un emendamento approvato al Senato è stata introdotta la possibilità di finanziare anche progetti destinati alla valorizzazione e al recupero di percorsi ferroviari dismessi da destinarsi ad itinerari cicloturistici.

I progetti saranno individuati con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Per i progetti di ciclovie turistiche è previsto il concerto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Il comma 36 individua le relative coperture finanziarie.

 

Il comma 371 contiene un’autorizzazione di spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2016, 13 milioni di euro per l’anno 2017 e 15 milioni di euro per l’anno 2018 ai fini della progettazione e della realizzazione di ciclovie turistiche, di ciclostazioni, per la progettazione e la realizzazione di interventi concernenti la sicurezza della ciclabilità cittadina nonché per progetti destinati alla valorizzazione e al recupero di percorsi ferroviari dismessi da destinarsi ad itinerari cicloturistici.

I progetti e gli interventi sono individuati con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e, per quanto concerne quelli relativi alle ciclovie turistiche, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.

 

A differenza della pista ciclabile, definita normativamente nel codice della strada, non esiste una definizione normativa nazionale di ciclovia o di ciclostrada. La legge regionale n. 1 del 23 gennaio 2013, della regione Puglia, e la legge regionale n. 3, della regione Abruzzo, definiscono tuttavia le ciclovie come “itinerari idonei al transito delle biciclette, dotati di diversi livelli di protezione determinati da provvedimenti e/o infrastrutture che rendono agevole la percorrenza ciclistica e le assicurano gradi di sicurezza variabili”. Tali leggi definiscono anche le diverse categorie di ciclovie (nell’ambito delle quali rientrano, ad esempio, le piste ciclabili, le corsie ciclabili, le strade ciclabili e altro).

Tuttavia esistono alcuni documenti regionali che forniscono elementi descrittivi del concetto di ciclovia anche di tenore diverso. Secondo la Delib. G.R. Lombardia del 30 dicembre 2008 n. 8/8837, per ciclovia “si intende un percorso promiscuo su sede stradale, prevalentemente o esclusivamente a basso volume di traffico; in questo senso assimilabile alle «vèloroute» francesi”. Secondo la Det. Reg. Sardegna n. 1129 del 4 ottobre 2010 inoltre le ciclovie indicano “itinerari su medio/lungo raggio, destinati al cicloturismo o per i pendolari (ciclovie locali)”. Da un punto di vista della qualificazione, la delibera segnala che una ciclovia “deve avere un carattere ufficiale (gestita da un ente locale) o almeno ufficioso (proposta da un ente riconosciuto) e dovrebbe essere mantenuta (avere una segnaletica, far parte di una rete, avere cartografia e/o pubblicazioni di riferimento). Sempre stando alla delibera citata non sono assimilabili a ciclovie l'elenco dei percorsi proposti da un privato/un sito web o l'insieme delle piste ciclabili urbane”.

 

Andrebbe valutata l’opportunità di introdurre una definizione univoca di ciclovia, anche al fine di chiarire quali tipologie di intervento potranno rientrare nell’ambito della disciplina normativa.

 

Si segnala che in materia di mobilità (ciclistica e car pooling) sono in corso di esame i seguenti provvedimenti legislativi:

§  nel testo unificato C. 423 e abb. recante modifiche al codice della strada, adottato come testo base dalla IX Commissione della Camera, sono contenute norme in tema di mobilità ciclistica;

§  principi di delega in materia ciclistica sono contenuti nel testo unificato dei progetti di legge delega per la riforma del codice della strada (T. U. C. 731 e C. 1588), approvato dalla Camera dei deputati il 9 ottobre 2014 ed ora all'esame del Senato (S. 1683);

§  la proposta di legge C. 2305 “Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica” è in corso di esame in IX Commissione della Camera.

 

Anche con riferimento alle ciclostazioni non esiste una definizione del concetto nella normativa nazionale. Le uniche definizioni normative si riscontrano nella legge regionale della Toscana n. 27 del 2012 (art. 8) e nella legge regionale delle Marche n. 38 del 2012 che qualificano le ciclostazioni come “ adeguati impianti per il deposito custodito di biciclette, con eventuale annesso servizio di noleggio e manutenzione biciclette”.

Secondo le esperienze nordeuropee le ciclostazioni, dislocate in prossimità di nodi di scambio con altri servizi di trasporto pubblico (stazioni ferroviarie, stazioni di metropolitana, ecc.) o privato (parcheggi di scambio), consentono di norma la sosta in un luogo coperto e, talora, custodito delle biciclette. Possono essere presenti anche servizi accessori.

 

Il comma 372 individua la copertura finanziaria per gli interventi proposti:

 

la lettera a) prevede che per la copertura della spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2016, si proceda alla riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 18, comma 1, decreto-legge n. 69 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 98 del 2013.

 

L’articolo 18, comma 1, del decreto-legge n. 69 del 2013 prevede che “Per consentire nell'anno 2013 la continuità dei cantieri in corso ovvero il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori è istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un Fondo con una dotazione complessiva pari a 2.069 milioni di euro, di cui 335 milioni di euro per l'anno 2013, 405 milioni di euro per l'anno 2014, 652 milioni di euro per l'anno 2015, 535 milioni di euro per l'anno 2016 e 142 milioni di euro per l'anno 2017. Il Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stato successivamente incrementato di complessivi 3.851 milioni di euro, di cui 26 milioni per l'anno 2014, 231 milioni per l'anno 2015, 159 milioni per l'anno 2016, 1.073 milioni per l'anno 2017, 2.066 milioni per l'anno 2018 e 148 milioni per ciascuno degli anni 2019 e 2020 ai sensi dell’articolo 3, comma 1 del decreto-legge n. 133 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014”. Il comma 1-bis dello stesso articolo ha previsto un ulteriore incremento di 39 milioni di euro avvalendosi delle disponibilità, iscritte in conto residui, derivanti dalle revoche disposte dall'articolo 13, comma 1, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, (si tratta dei fondi assegnati da due delibere CIPE – n. 33 del 2010 e n. 146 del 2006 relative rispettivamente al potenziamento della linea ferroviaria Rho - Arona. Tratta Rho – Gallarate Primo lotto funzionale Rho - Parabiago e al completamento dello schema idrico Basento-Bradano - attrezzamento settore G) e confluite nel fondo di cui all'articolo 32, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 che prevede che confluiscano in questo fondo le risorse revocate in relazione a determinate opere rientranti nel Programma delle infrastrutture strategiche per le quali siano state rilevate le condizioni previste dal medesimo articolo 32.

 

La lettera b) prevede per la copertura della spesa degli ulteriori 2 anni, l’utilizzo di 10,4 milioni di euro per l’anno 2017 e 10,4 milioni di euro per l’anno 2018 attraverso la riduzione delle risorse destinate all’erogazione del contributo per le spese di trasporto delle piccole e medie imprese siciliane di cui all'articolo 133 della legge 13 dicembre 2000, n. 388.

 

L’articolo 133 della legge n. 388 del 2000 aveva istituito un contributo, mediante credito d’imposta, per le piccole e medie imprese agricole, estrattive e di trasformazione con sede legale in Sicilia a copertura delle spese di trasporto ferroviario, marittimo, aereo e combinato nei limiti previsti dalla normativa europea in tema di aiuti di Stato. Venivano destinati, a partire dal 2002, 50 miliardi di lire (25.822.844,95 €) a tale finalità, prevedendosi un cofinanziamento regionale in misura non minore al 50%. A seguito della legge n. 311 del 2004 (articolo 1, comma 528), alle citate risorse viene attribuita una nuova destinazione. Sono infatti dirette a cofinanziare “interventi regionali di carattere straordinario per la ristrutturazione e la riqualificazione del trasporto merci siciliano”, ai sensi dell’articolo 134 della legge n. 388 del 2000.

 

La lettera c) prevede l’utilizzo di 2,6 milioni di euro per l’anno 2017 e 4,6 milioni di euro per l’anno 2018, mediante corrispondente utilizzo dei fondi in cui vengono iscritti i residui passivi cancellati dal bilancio e delle risorse iscritte nel bilancio pluriennale 2015-2017 corrispondenti alla cancellazione dei residui perenti, secondo quanto stabilito dalle lettere a) e b) del comma 2 dell’articolo 49 del decreto-legge 24 aprile 2014, n.66.

 

L’articolo 49 del decreto-legge n. 66 del 2014 prevede una procedura speciale di riaccertamento dei residui, nelle more del completamento della riforma della contabilità pubblica. Il riaccertamento riguarda sia i residui passivi sia i residui perenti. Per i residui passivi si prevede che, a seguito dell’accertamento, si provveda, per ciascun Ministero, all’istituzione di appositi fondi per la parte corrente e per la parte capitale ai quali vengono assegnate risorse, fissate in via pluriennale, in misura non superiore al 50% dell’ammontare dei residui eliminati di pertinenza (la parte rimanente viene invece iscritta in un fondo del Ministero dell’economia e delle finanze e ripartita a favore di interventi individuati sulla base di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri). Per i residui perenti, non più esigibili, si prevede che le somme corrispondenti siano iscritte su base pluriennale con la legge di bilancio 2015-2017 nella misura del 50% dell’ammontare.


 

Articolo 1, comma 373
(Riorganizzazione della Scuola nazionale dell’amministrazione - SNA)

 

 

Il comma 373, non modificato dal Senato, prevede il commissariamento della Scuola nazionale dell’amministrazione (di seguito SNA) al fine di riorganizzare l’istituto secondo obiettivi di risparmio delle risorse umane e strumentali impiegate, ed in attesa della piena attuazione della riforma della Scuola già prevista dal c.d. decreto-legge PA (D.L. 90/2014) e dalla legge delega di riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni (L. 124/2015).

In particolare, la riorganizzazione affidata al Commissario deve garantire la riduzione dei servizi strumentali e del numero dei docenti, nonché un risparmio di spesa non inferiore al 10 per cento dei trasferimenti erariali alla Scuola.

I tempi previsti sono di 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di stabilità per la nomina del Commissario da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, con conseguente decadenza del Comitato di gestione e del Presidente della SNA, attualmente in carica. Entro i successivi 30 giorni si prevede la presentazione da parte del Commissario di un piano di riorganizzazione, che diventa efficace a seguito di approvazione con apposito D.P.C.M. Il commissariamento perdura fino all’attuazione della delega di riforma complessiva prevista dalla L. 124/2015.

 

La Scuola nazionale dell’amministrazione (SNA), originariamente denominata Scuola superiore della pubblica amministrazione (SSPA) è un’istituzione di alta cultura e formazione, posta nell’ambito e sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio. Istituita nel 1957, essa è stata soggetta a diversi riordinamenti, il più recente dei quali è stato operato con il D.Lgs. 178/2009 che ha integralmente sostituito la disciplina contenuta nel D.Lgs. 287/1999, come modificato dal D.Lgs. 381/2003. Più di recente, il D.P.R. 70 del 2013 ha istituito il Sistema unico delle scuole pubbliche di formazione, in cui la Scuola nazionale dell’amministrazione (come è stata ridenominata) assume un ruolo di coordinamento delle attività di formazione e reclutamento poste in essere dalle singole Scuole.

In base alla normativa ancora vigente, la Scuola è dotata di autonomia organizzativa e contabile nei limiti delle proprie risorse economico-finanziarie; è iscritta nell'apposito schedario dell'anagrafe delle ricerche. Tra i compiti primari della Scuola sono da ricordare: il reclutamento dei dirigenti e dei funzionari dello Stato; l’attività formativa iniziale dei dirigenti dello Stato; la formazione permanente dei dirigenti e dei funzionari dello Stato; la formazione, con gli oneri a carico dei committenti, di dipendenti di amministrazioni pubbliche diverse da quelle statali, di soggetti gestori di servizi pubblici e di istituzioni ed imprese private; lo svolgimento di attività di ricerca, analisi e documentazione finalizzata al perseguimento dell'eccellenza nell'attività di formazione legata ai processi di riforma ed innovazione della pubblica amministrazione.

Con i più recenti interventi legislativi (da ultimo, il D.P.R. n. 70/2013) è stata inoltre confermata la competenza della SNA relativamente al corso-concorso per dirigenti, elevando dal 30 al 50% i posti riservati a tale tipologia di concorso.

 

Nel corso della legislatura, sono state poste le basi per una complessiva riforma dell’ordinamento della Scuola. Dapprima, infatti, il D.L. 90/2014 (c.d. decreto P.A., conv. L. 114/2014) ha disposto la soppressione di cinque scuole di formazione delle pubbliche amministrazioni e la contestuale assegnazione delle funzioni di reclutamento e di formazione, nonché delle risorse, degli organismi soppressi alla SNA (articolo 21). In attuazione di queste disposizioni, con D.P.C.M. 24 dicembre 2014 sono state individuate e trasferite tali risorse alla Scuola nazionale. Si è previsto, inoltre, di adeguare l’ordinamento della Scuola attraverso una nuova articolazione in dipartimenti, poi realizzata con delibera n. 2 del 23 febbraio 2015, e di ridefinire con apposito D.P.C.M. il trattamento economico dei docenti al fine di omogeneizzare quello dei docenti della soppressa Scuola superiore dell’economia e delle finanze, trasferiti alla SNA, con quello dei docenti della medesima Scuola.

 

In dettaglio, il citato art. 21 D.L. n. 90/2014 (conv. L. 114/2014) ha disposto la soppressione di 5 scuole di formazione delle pubbliche amministrazioni e la contestuale assegnazione delle funzioni degli organismi soppressi alla Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA).

Sono dunque confluite nella SNA la Scuola superiore dell'economia e delle finanze, l'Istituto diplomatico «Mario Toscano», la Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno (SSAI), riguardo alla quale si veda altresì il comma successivo del provvedimento in esame, il Centro di formazione della difesa, la Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche e le sedi distaccate della Scuola nazionale dell'amministrazione prive di centro residenziale (Acireale, Bologna e Reggio Calabria). Tali organismi erano già stati coinvolti da un riordino complessivo ad opera del D.P.R. 16 aprile 2013, n. 70, adottato in attuazione dell'articolo 11, co. 1, del D.L. n. 95/2012 (conv. L. n. 135/2012), che aveva istituito il Sistema unico del reclutamento e della formazione pubblica.

Mentre con l'istituzione del Sistema unico si è inteso creare meccanismi di coordinamento delle risorse e delle attività delle Scuole coinvolte, il decreto n. 90 del 2014 ha disposto l'accorpamento strutturale e funzionale delle scuole facenti parte del Sistema unico nella Scuola nazionale dell'amministrazione, in un'ottica di razionalizzazione del sistema e di contenimento della relativa spesa. Per realizzare il nuovo quadro normativo, il decreto ha disposto una riorganizzazione complessiva della SNA, da attuare entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto, che preveda: l'articolazione in dipartimenti della Scuola (con attribuzione a ciascuno dei dipartimenti individuati delle funzioni degli organismi soppressi) e la collaborazione con gli organi costituzionali, le autorità indipendenti, le università e l'Istat, anche mediante la stipula di convenzioni sulle attività di formazione iniziale e permanente.

Per garantire lo svolgimento delle attività già programmate ed il funzionamento degli organi nelle more dell’attuazione di tali disposizioni, sono stati stipulati diversi accordi tra la SNA e le singole Amministrazioni di riferimento.

All’adeguamento dell’ordinamento interno della Scuola si è successivamente provveduto con delibera del Presidente n. 2 del 23 febbraio 2015, approvata con D.P.C.M. 9 marzo 2015 (infatti, mentre il funzionamento e le norme fondamentali della SNA sono disciplinate dal citato D.Lgs. 178/2009 e, in parte, dal D.P.R. 70/2013, l’organizzazione interna è definita da delibere del Presidente, ai sensi dell’articolo 15, co. 1, del D.Lgs. 178/1999).

Ai sensi della citata delibera, la Scuola è ora organizzata in un’area didattico-scientifica e in un’area gestionale. La prima è articolata in quattro dipartimenti, ossia strutture tecnico-scientifiche con compiti di programmazione didattica e scientifica cui afferiscono i docenti a tempo pieno della Scuola. L’area gestionale è articolata in due uffici e in sei servizi coordinati dal Dirigente amministrativo.

Si ricorda, infine, che la Scuola ha la sede centrale in Roma, ma le attività di insegnamento e formazione sono tenute oltre che presso la sede di Roma, in quelle distaccate di Caserta e del Centro residenziale studi di Caserta.

 

Nelle more del completamento dell’attuazione delle disposizioni descritte, il Parlamento ha approvato l’articolo 11, co. 1, lett. d), della legge n. 124/2015 che delega il Governo a riformare la Scuola nazionale dell’amministrazione, stabilendo una revisione complessiva del suo ordinamento, della sua missione e dell’assetto organizzativo, con eventuale trasformazione della natura giuridica (senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica). Il termine per l’esercizio della delega è stabilito nel 28 agosto 2016.

 

In particolare, nei principi e criteri direttivi della delega si pone l'accento sulla collaborazione con istituzioni nazionali e internazionali di prestigio e sull'avvalimento – per le attività di reclutamento - di istituzioni di formazione selezionate con procedure trasparenti. Si richiama inoltre la finalità di assicurare l’omogeneità della qualità e dei contenuti formativi dei dirigenti dei ruoli unificati e la necessità di procedere ad una ridefinizione del trattamento economico dei docenti della Scuola nazionale dell'amministrazione in coerenza con le previsioni di cui all'articolo 21, comma 4, del D.L. 90/2014, ferma restando l'abrogazione dell'articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 178, senza incremento dei trattamenti economici in godimento e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

In tale contesto, le previsioni del comma in esame sono esplicitamente dettate “nelle more del completamento dell’attuazione” dei processi di riforma descritti, al fine di assicurare:

§  una riduzione dei servizi strumentali;

Si ricorda che, in virtù del riordino di cui all’art. 21, co. 1, D.L. 90/2014, con il citato D.P.C.M. 24 dicembre 2014, la SNA è subentrata nella detenzione dell’immobile già in uso alla soppressa Scuola superiore dell’economia e delle finanze, nonché dei beni mobili, ivi compresi quelli di natura informatica, presenti in tale immobile. Per gli altri immobili utilizzati dalle Scuole ed Istituti soppressi ai sensi del D.L. 90/2014 è stato disposto il rilascio immediato, ove non necessari per lo svolgimento dei compiti istituzionali delle amministrazioni di riferimento.

 

§  una riduzione del numero complessivo dei docenti;

L’attività di formazione della SNA è svolta da un gruppo di docenti stabili, nominati dal Presidente della Scuola per un periodo non superiore a due anni rinnovabile, i quali sono scelti tra dirigenti di amministrazioni pubbliche, docenti universitari, magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati dello Stato e consiglieri parlamentari, esperti - italiani o stranieri - di comprovata professionalità. Le docenze stabili non possono essere superiori a trenta: attualmente, dalle informazioni reperibili sul sito della SNA, ne risultano diciassette. La Scuola può, inoltre, avvalersi di docenti incaricati, anche temporaneamente, di specifiche attività di insegnamento e conferire a persone di comprovata professionalità specifici incarichi finalizzati alla pubblicazione di ricerche e studi. L’elenco degli incarichi a docenti temporanei nel 2015 è disponibile sul sito istituzionale della SNA, alla pagina dedicata.

Occorre infine ricordare che, per effetto delle disposizioni dell’art. 21 del D.L. 90/2014, alla SNA sono trasferiti i docenti ordinari e i ricercatori dei ruoli ad esaurimento della soppressa Scuola superiore dell’economia e delle finanze, con conseguente rideterminazione del trattamento economico degli stessi per renderlo omogeneo con quello degli altri docenti della SNA.

 

§  un risparmio di spesa non inferiore al 10 per cento dei trasferimenti dal bilancio dello Stato.

I trasferimenti erariali in favore della SNA sono allocati nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze ai capitoli 5217 (Fondo occorrente per il funzionamento della Scuola superiore della pubblica amministrazione), che nelle previsioni assestate 2015 reca uno stanziamento di 1,39 milioni di euro in termini di competenza, nonché 5218, dove sono iscritte le previsioni delle spese di natura obbligatoria per la Scuola, pari a circa 8,6 milioni di euro. Si ricorda che già la legge di stabilità 2015 (art. 1, co. 252) ha previsto una riduzione del trasferimento statale in favore della Scuola di 50 mila euro annui a decorrere dal 2015.

 

Per realizzare tali obiettivi, il Presidente del Consiglio dei ministri nomina un commissario straordinario entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità, con conseguente decadenza del Comitato di gestione e del Presidente della SNA, attualmente in carica.

 

Il D.Lgs. 178/2009 individua tra gli organi della Scuola, il presidente, unitamente al comitato di programmazione, al comitato di gestione e al dirigente amministrativo. Spetta al presidente, in qualità di vertice dell’istituzione, il compito di assicurare lo svolgimento delle attività istituzionali: egli è responsabile dell’attività didattica e scientifica della Scuola e nomina le commissioni esaminatrici per i concorsi e i corsi. Il Presidente è nominato per la durata di un quadriennio rinnovabile una sola volta, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione (articolo 7). L’attuale Presidente è stato nominato con D.P.C.M. 30 dicembre 2009 e confermato per un ulteriore quadriennio con D.P.C.M. 12 febbraio 2014.

Ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. 178/2009, il Comitato di gestione, che dura in carica quattro anni, approva il programma annuale della Scuola, il bilancio di previsione e consuntivo proposto dal Presidente e le variazioni di bilancio; adotta gli altri provvedimenti previsti dalla legge o dai regolamenti; inoltre, viene sentito dal Presidente in merito alla definizione dell'organizzazione interna della Scuola.

 

Compito del Commissario straordinario è proporre, entro 30 giorni dalla nomina, al Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione e al Ministro dell’economia e delle finanze un piano di riorganizzazione per realizzare gli obiettivi previsti. Tale piano ha efficacia a seguito di approvazione con D.P.C.M. su proposta dei medesimi Ministri fino all’adozione del decreto legislativo di attuazione della delega contenuta nella legge n. 124/2015.

 

Da ultimo, la disposizione conferma la piena vigenza dell’art. 21, comma 4, del D.L. 90/2014, concernente il trasferimento dei docenti ordinari e dei ricercatori dei ruoli ad esaurimento della soppressa Scuola superiore dell’economia e delle finanze alla SNA con applicazione dello stato giuridico dei professori e ricercatori universitari e adeguamento dei rispettivi trattamenti economici. Il comma 37, in particolare, prevede che tale adeguamento abbia efficacia a decorrere dall’entrata in vigore della legge di stabilità.

 

Nel disporre l'assorbimento della Scuola superiore dell'economia e delle finanze (SSEF) da parte della Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA), l'articolo 21 ha provveduto a definire lo stato giuridico e il trattamento economico dei docenti e ricercatori della Scuola, che sono stati trasferiti alla SNA. Per quanto riguarda lo status giuridico, si applica quello dei professori e ricercatori universitari (come peraltro già previsto), mentre per il trattamento economico è prevista una rideterminazione con apposito D.P.C.M. che dovrà rendere omogenei i trattamenti di tutti i docenti (quelli della SSEF con quelli della SNA) sulla base del trattamento economico spettante ai professori e ai ricercatori universitari a tempo pieno con corrispondente anzianità. Secondo quanto esplicitato in una nota del Dipartimento della funzione pubblica del 20 ottobre 2014, ciò comporta per gli ex docenti della SSEF un trattamento economico inferiore a quelli in godimento, compresi tra 116.000 euro e 301.000 euro, e in maggioranza superiori ai 190.000 euro.

 

La relazione tecnica stima che dalle disposizioni in esame derivi un risparmio di spesa quantificato in 1,458 milioni di euro per il 2016, 1,458 per il 2017 e 1,462 milioni a decorrere dal 2018, ripartiti nei due capitoli di spesa 5217 e 5218 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.


 

Articolo 1, comma 374
(
Struttura didattico residenziale del Ministero dell'interno)

 

 

Il comma 374, introdotto dal Senato, sostituisce il riferimento relativo alla Scuola superiore dell’interno (soppressa dal DL 90/2014 e confluita nella Scuola nazionale dell’amministrazione) con quello al Dipartimento per le politiche del personale dell'amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie del Ministero dell’interno, ai fini della riassegnazione al bilancio statale delle somme derivanti dalla stipulazione di convenzioni per l’utilizzo delle relative strutture.

Inoltre, il comma in esame introduce una previsione volta a specificare che tali convenzioni possono avere ad oggetto – in luogo del versamento del corrispettivo – la fornitura di un servizio, nella misura corrispondente al costo sostenuto per l'utilizzazione della struttura.

 

Il DL 79/2012 (art. 4-bis) stabilisce che sono versate all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate ai pertinenti programmi dello stato di previsione del Ministero dell'interno, le somme derivanti dalla stipulazione di convenzioni, a fronte di un corrispettivo determinato in misura corrispondente al costo sopportato, per l'utilizzazione delle strutture della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno e per l'utilizzazione degli spazi di rappresentanza delle prefetture-uffici territoriali del Governo.

Il comma in commento sostituisce dunque il riferimento alle strutture della Scuola superiore dell’interno, soppressa dal DL 90/2014 e confluita nella Scuola nazionale dell’amministrazione, con quello alle strutture del Dipartimento per le politiche del personale dell'amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie, che regge la sede didattico-residenziale del Ministero dell’interno.

Tale sede didattico-residenziale opera quale sede di uffici (il Centro studi ricerca e documentazione del medesimo ministero) nonché di attività formative destinate al personale dell’interno o di altre amministrazioni, così come di attività formative organizzate da altri soggetti pubblici o privati, secondo apposite convenzioni e dietro versamento di un corrispettivo commisurato alla messa a disposizione della struttura.

 

Riguardo alla soppressione della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno (SSAI) si ricorda che il decreto-legge pubblica amministrazione (art. 21 DL 90/2014 conv. L. 114/2014) – con finalità di razionalizzazione del sistema e di contenimento della spesa – ha disposto l'accorpamento strutturale e funzionale di 5 scuole di formazione delle pubbliche amministrazioni – tra cui la SSAI - e la contestuale assegnazione delle funzioni degli organismi soppressi alla Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA).

Per realizzare il nuovo quadro normativo, il decreto ha disposto una riorganizzazione complessiva della SNA, che preveda l'articolazione in dipartimenti della Scuola - con attribuzione a ciascuno dei dipartimenti individuati delle funzioni degli organismi soppressi - e la collaborazione con gli organi costituzionali, le autorità indipendenti, le università e l'Istat, anche mediante la stipula di convenzioni sulle attività di formazione iniziale e permanente.

 

Inoltre, viene specificato (inserendo un nuovo comma 1-bis all’art. 4-bis del DL 79/2012) che i suddetti introiti non devono necessariamente assumere la natura di "corrispettivo" rispetto all'onere della messa a disposizione della struttura sostenuto dall'amministrazione dell'interno, potendosi trattare anche di fornitura di un servizio, nella misura corrispondente al costo sostenuto per l'utilizzazione della struttura.

 


 

Articolo 1, commi 375-380
(Incorporazione della Società Istituto Sviluppo Agroalimentare S.p.A.- Isa- e della Società Gestione Fondi per l’Agroalimentare S.r.L.- SGFA- nell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare- ISMEA)

 

 

I commi 375-380, in parte modificati dal Senato, prevedono l’incorporazione di diritto della società Istituto per lo Sviluppo Agroalimentare S.p.A. (ISA) e della società Gestione Fondi per l’Agroalimentare S.r.L. (SFGA) nell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA). Vengono, a tal fine, declinate le modalità operative di tale incorporazione, dettando disposizioni specifiche sul trasferimento del personale in servizio presso ISA e SGFA e sulla nomina del commissario straordinario, il quale dovrà, tra l’altro, predisporre un piano per il rilancio delle attività del nuovo Istituto.

 

Più in particolare il comma 375, oltre a disporre l’incorporazione suddetta, prevede che la stessa sia esente da tasse ed imposte dirette. Il Senato ha aggiunto che tale incorporazione avvenga di diritto e che l’Ufficio del registro delle imprese provveda all’iscrizione dell’ incorporazione di ISA e SFGA su semplice richiesta di ISMEA. Per la gestione delle garanzie, l’Ismea potrà costituire patrimoni separati secondo quanto prevede il Libro quinto, titolo V, capo V, sezione XI del codice civile.

Si ricorda, al riguardo, che l’art. 2447-bis c.c. Patrimoni destinati ad uno specifico affare” prevede che la società può: a) costituire uno o più patrimoni, ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico affare (in tal caso il valore complessivo non può superare il dieci per cento del patrimonio netto della società); b) convenire che nel contratto relativo al finanziamento di uno specifico affare, al rimborso totale o parziale del finanziamento medesimo siano destinati i proventi dell'affare stesso, o parte di essi.

 

Il comma 376 prevede che l’ISMEA subentri nei rapporti giuridici attivi e passivi di ISA e di SGFA; il personale a tempo indeterminato in servizio alla data del 15 ottobre 2015 presso le predette società è trasferito, a domanda, presso ISMEA.

Per il personale di ISA l’inquadramento è disposto con provvedimento del Commissario straordinario; il limite di spesa massima sostenuta non dovrà essere eccedente quello previsto alla data del 15 ottobre 2015. Dovrà essere garantito l’allineamento ai livelli retributivi del contratto collettivo nazionale di lavoro applicato ad ISMEA. Fino all’emanazione del provvedimento del Commissario, al medesimo personale è corrisposto lo stesso trattamento in godimento alla data del 15 ottobre 2015.

 

Con riferimento al personale di ISA, di cui è previsto il transito presso il nuovo Istituto, la relazione illustrativa precisa che si tratta di 35 dipendenti a tempo indeterminato, inclusi i dirigenti”.

 

Quanto ai bilanci di chiusura di ISA e SGFA, essi saranno deliberati dagli organi in carica alla data di incorporazione ed entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità; saranno, quindi, trasmessi al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e al Ministero dell’economia e finanze per l’approvazione. Nel caso in cui gli organi in carica di ISA e di SGFA non provvedano alla chiusura dei relativi bilanci entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, è previsto l’intervento sostitutivo del Commissario straordinario, entro il termine di centoventi giorni dalla sua nomina.

 

Quanto ai compensi, emolumenti ed indennità da corrispondere ai componenti degli organi di ISA e SFGA, essi saranno effettuati nelle forme ordinarie fino alla data di incorporazione; per gli adempimenti successivi legati alla procedura di incorporazione, agli stessi spetterà esclusivamente il rimborso delle spese sostenute.

 

I commi 377 e 378 prevedono la nomina di un commissario straordinario, il quale è chiamato a predisporre, entro centoventi giorni dalla nomina:

§  un piano triennale per il rilancio e lo sviluppo delle attività del nuovo Istituto (finanziamento degli investimenti, accesso al credito, mercato dei capitali delle imprese agricole ed agroalimentari, gestione del rischio, politiche per la promozione e l’internazionalizzazione delle filiere agricole, attività di monitoraggio dei prezzi agricoli, dei costi dei fattori di produzione e dell’andamento congiunturale dell’economia agricola);

§  lo statuto dell’Istituto, che sarà adottato, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali;

§  gli interventi di incremento dell’efficienza organizzativa ed economica finalizzati alla riduzione delle spese di gestione per una misura pari ad almeno il 10 %. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con uno o più decreti, approva il piano degli interventi per il contenimento della spesa.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge iniziale presentato al Senato (A.S: 2111) specifica, al riguardo, che la norma in esame è finalizzata al contenimento della spesa pubblica, attraverso la riduzione delle spese correnti, diverse da quelle obbligatorie, non inferiore al 10 per cento all’esisto del processo di riordino. In particolare, si prevede “l’azzeramento delle spese per la governance che ammontano a 265.000 euro annui con riferimento ad ISMEA, a 180.000 euro con riferimento agli organi statutari di SGFA e a circa 200.000 per la parte relativa ad ISA”.

 

Il Commissario, ai sensi del comma 378, è nominato con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge in esame, e dura in carica un anno, prorogabile, per esigenze motivate, una sola volta.

 

Con il medesimo decreto:

§  possono essere nominati anche due sub commissari e fissato il relativo compenso, che non può, comunque, eccedere l’80 per cento di quello spettante al Commissario. Il compenso del Commissario e dei sub commissari non può, comunque, essere superiore al 50 per cento della spesa complessiva prevista per gli organi statutari delle società oggetto di riforma;

§  viene stabilito il mandato del Commissario, che si sostituisce al Presidente ed al Consiglio di amministrazione di Ismea, assumendone i poteri e le funzioni previste dall’Istituto.

 

I commi 379-380, infine, prevedono che sia soppresso il contributo ordinario annuale statale a favore di ISMEA; a tal fine, è disposto che l’Istituto versi annualmente all’entrata di bilancio l’importo spettante, pari ad un milione di euro. Il Ministero dell’economia è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.

 

ISMEA

ISMEA è un ente pubblico economico, istituito dal D.P.R. n. 278/1987 e successivamente disciplinato dal D.P.R. 200/2001, con il quale si è provveduto al riordino dell’Istituto.

L’Istituto è inserito nel Sistema statistico nazionale (SISTAN) di cui al D.Lgs. n. 322/1989 e fa parte del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN).

 

ISMEA,

a)    svolge funzioni riguardanti la rilevazione, l’elaborazione e la diffusione dei dati e delle informazioni che riguardano i mercati agricoli, forestali, ittici e alimentari, anche ai fini dell’attuazione degli adempimenti e degli obblighi derivanti dalla normativa europea e dal Sistema statistico nazionale.

Il ruolo dell’ISMEA è dunque finalizzato al monitoraggio dei prezzi in tutta la filiera: dall’origine al dettaglio passando per il prezzo all’ingrosso. Il servizio viene svolto per tutti i prodotti agricoli, agroalimentari, della pesca e dell’acquacoltura. Tutti i dati sono fruibili dal sito dell’Istituto e news periodiche di settore.

b)   fornisce analisi e servizi informativi e per la commercializzazione, valorizzazione e promozione dei prodotti agricoli, ittici e alimentari;

 

c)    svolge i compiti di organismo fondiario. In particolare, attraverso l’acquisto di aziende e la contestuale rivendita con patto di riservato dominio, l’Istituto incentiva l’insediamento di giovani nella conduzione di imprese agricole. E’ previsto un aiuto, riconosciuto dalla UE, in conto interessi per l’acquisto a cancello aperto (con esclusione delle scorte vive o morte) di efficienti strutture fondiarie agricole e la successiva rivendita con patto di riservato dominio a giovani agricoltori.

L’articolo 69, comma 6, della legge 289/2002, ha autorizzato la Cassa depositi e prestiti a concedere all'ISMEA mutui ventennali per l’erogazione da parte dell’Istituto degli incentivi relativi allo sviluppo della proprietà coltivatrice di cui alla legge n. 817 del 1971.

d)   costituisce forme di garanzia creditizia e finanziaria per strumenti e/o servizi informativi, assicurativi e finanziari alle imprese agricole, volte a ridurre i rischi inerenti alle attività produttive e di mercato, a favorire il ricambio generazionale in agricoltura e a contribuire alla trasparenza e alla mobilità del mercato fondiario rurale sulla base di programmi con le regioni e ai sensi della normativa europea.

 

In particolare, per quanto attiene all’attività creditizia e finanziaria, l’articolo 1, comma 45, della legge 350/2003 ha autorizzato ISMEA ad effettuare - anche attraverso la costituzione di forme associative e consortili con banche ed altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito agrario- le seguenti operazioni:

§  prestare garanzie finanziarie per l'emissione di obbligazioni da parte di PMI operanti nel settore agricolo agroalimentare. Tale attività è stata specificata nella legge di stabilità 2015, che all’articolo 1, comma 209, consente ad ISMEA di concedere garanzie sui debiti contratti dalle imprese agricole, agroalimentari e della pesca mediante emissioni di titoli di debito (cd. mini bond);

§  acquistare crediti bancari (a breve, a medio e a lungo termine), sempre in favore di piccole e medie imprese operanti nel settore agricolo e agroalimentare, e provvedere alla loro successiva cartolarizzazione;

§  anticipare crediti vantati dagli imprenditori agricoli nei confronti di Agea o degli altri organismi pagatori regionali, individuati in base alla disciplina europea sulla liquidazione annuale dei conti finanziari relativi alla gestione della PAC. La legge di stabilità 2015, articolo 1, comma 208, consente, in particolare, l'erogazione di anticipazioni finanziare agli agricoltori da parte di ISMEA, a fronte della cessione da parte degli agricoltori stessi al medesimo Istituto, di crediti certificati inerenti gli aiuti PAC (si tratta dei pagamenti diretti).

ISMEA, infine, gestisce numerosi progetti per conto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ivi compresa una parte della Rete rurale nazionale.

I servizi finanziari sono in particolare relativi alle garanzie sussidiarie e garanzie dirette. Con l’articolo 17 del D.Lgs. n. 102/2004, l’Istituto ha assunto la gestione della sezione speciale dell’ex Fondo Interbancario di garanzia, nonché l’autorizzazione a concedere:

§  la propria garanzia a fronte di finanziamenti a breve, a medio ed a lungo termine concessi da banche, intermediari finanziari, nonché dagli altri soggetti autorizzati al credito agrario e destinati alle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca.

§  la propria garanzia diretta a banche e agli intermediari finanziari, a fronte di prestiti partecipativi e partecipazioni nel capitale delle imprese, assunte da banche, da intermediari finanziari, nonché da fondi chiusi di investimento mobiliari (comma 3). ISMEA potrà intervenire anche mediante rilascio di controgaranzia e cogaranzia in collaborazione con confidi, altri fondi di garanzia pubblici e privati, anche a carattere regionale nonché mediante finanziamenti erogati, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, a valere sul Fondo credito di cui alla decisione della Commissione Europea C(2011) 2929 e ss. mod. (comma 4).

 

Le operazioni di credito agrario devono essere assistite dalla garanzia mutualistica dell'ISMEA, salvo che per la quota di finanziamento assistita dalle garanzie ISMEA sopra indicate (di cui ai commi 2 e 4).

Le garanzie prestate da ISMEA possono essere assistite dalla garanzia dello Stato secondo criteri, condizioni e modalità fissati dal MEF e la garanzia statale è inclusa nell’apposito allegato allo stato di previsione della spesa del medesimo Ministero.

ISMEA è stata autorizzata ad esercitare la propria attività di assunzione di rischio per garanzie anche attraverso propria società di capitali dedicata, prevedendo che sull’attività l’Istituto presenti una relazione annuale al Parlamento (comma 5-ter).

Il D.M. 14 febbraio 2006 e il D.M. 22 marzo 2011 hanno fissato i criteri e le modalità attuative della prestazione delle garanzie.

 

La S.G.F.A. S.r.l. - Società gestione fondi per l'agroalimentare - società di scopo a responsabilità limitata al 100% di proprietà dell'ISMEA, gestisce oggi gli interventi per il rilascio delle garanzie dirette e delle garanzie sussidiarie, che il Legislatore ha attribuito ad ISMEA, mutuandoli rispettivamente dalla Sezione Speciale del FIG (Fondo interbancario di garanzia) e dal FIG stesso.

ISMEA opera anche attraverso il Fondo di investimento nel capitale di rischio la cui gestione è stata affidata alla S.G.F.A. S.r.l (D.M. 206/2011). Il Fondo è finalizzato a supportare i programmi di investimento di piccole e medie imprese operanti nei settori agricolo, agroalimentare, della pesca e dell'acquacoltura, a ridurre i rischi derivanti dall'eccessiva dipendenza dall'indebitamento con il sistema creditizio, a favorire l'espansione del mercato dei capitali e ad agevolare la creazione di nuova occupazione. Il Fondo promuove la nascita e lo sviluppo delle imprese agricole e agroalimentari. Acquisisce partecipazioni di minoranza in società di capitali per un importo massimo pari a € 1,5 milioni.

Il ruolo dell'ISMEA nelle assicurazioni in agricoltura, sancito inizialmente con il D.Lgs. n.419/99, è stato successivamente consolidato dall'articolo 127, comma 3, della legge 388/2000 (finanziaria 2001), che ha istituito presso l'Istituto il Fondo per la Riassicurazione dei rischi in agricoltura, attribuendo nel contempo all'Istituto un ruolo operativo nella sperimentazione di nuovi strumenti assicurativi.

Il Fondo per la Riassicurazione, le cui modalità operative di intervento sono definite dai D.M. del 7 novembre 2002 e del 7 febbraio 2003, provvede alla compensazione dei rischi agricoli coperti da polizze assicurative agevolate con il contributo pubblico sulla spesa per il pagamento dei premi.

Come si legge sul sito ISMEA, lo start up del Fondo di Riassicurazione si è avuto nel 2004 e da allora le imprese agricole possono assicurare la propria resa produttiva contro 10 avversità atmosferiche, tra cui siccità, gelo e eccesso di pioggia, mentre fino al 2003 l’offerta assicurativa era ferma al solo rischio grandine.

Presso la sede di ISMEA opera poi il Consorzio italiano di Coriassicurazione contro le calamità naturali in agricoltura, costituito allo scopo di promuovere l'introduzione nel mercato agricolo di assicurazioni innovative contro le calamità naturali e le avversità atmosferiche ad esse assimilate attraverso la ripartizione dei rischi tra gli Enti Consorziati, e offrire alle imprese agricole nuovi strumenti assicurativi per la difesa delle produzioni.

 

Per quanto attiene alla giovane imprenditoria agricola, nella legge n. 350/2003, art. 4, commi 42 e 43, sono state trasferite all’ISMEA le funzioni esercitate da Sviluppo Italia Spa riguardo ai c.d. interventi ex RIBS (miglioramento strutturale del reddito dei produttori agricoli) e a quelli per favorire l’imprenditoria giovanile in agricoltura, con contestuale trasferimento delle relative risorse. L’attività è operativa presso ISMEA dal 2008 : ISMEA gestisce, in particolare, gli incentivi a sostegno dei giovani imprenditori agricoli di cui al Capo III del Titolo I del D.Lgs. n. 185/2000, recentemente rifinanziati in legge di stabilità 2015.

 

A bilancio statale 2015 (cap.2109/Mipaaf) i contributi da erogare all'ISMEA per lo svolgimento delle attività istituzionali erano pari a 1.104.476 euro per il 2015, a 1.062.810 euro per il 2016 e a 1.046.207 euro per il 2017.

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L’Istituto per lo sviluppo agroalimentare – ISA S.p.A. è una società finanziaria, che ha come socio unico il MIPAAF. La durata della Società, istituita nell’ottobre 2004 allo scopo di subentrare in attività allora svolte nel settore da Sviluppo Italia, è fissata fino al 31 dicembre 2030.

Il MIPAAF non eroga nessun contributo istituzionale gravante sul bilancio e non sono presenti rappresentanti del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali negli organi di governo. ISA promuove e sostiene progetti di sviluppo agroindustriale che comportino un miglioramento strutturale dei livelli di reddito dei produttori agricoli.

Attraverso specifici regimi di aiuto approvati a livello comunitario, supporta le imprese operanti nella fase di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, zootecnici e silvicoli. L'intervento di ISA si rivolge a società di capitali e società cooperative economicamente e finanziariamente sane, la cui redditività sia dimostrata.

La società ha per oggetto lo svolgimento di attività finanziarie tra le quali assunzioni di partecipazioni in società che operano nel settore agricolo, agro-industriale e agro-alimentare ed erogazione alle aziende, enti pubblici e privati operanti nei predetti settori, di assistenza e consulenza nel settore finanziato.

La società inoltre può gestire le risorse finanziarie per conto di terzi e può costituire e partecipare a società autorizzate a prestare servizi di gestione del risparmio.

In particolare, sulla base di quanto previsto dall’art. 23 della legge n. 266/1997, ISA (subentrata ai rapporti in capo a ex Sviluppo Italia S.p.A) , può erogare aiuti di Stato ad imprese che intendono realizzare investimenti nel settore della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli a favore di iniziative che comportino un concreto e misurabile vantaggio per i produttori di base.

Sono agevolabili i progetti industriali che prevedono la realizzazione di nuove iniziative e programmi di ampliamento, ammodernamento e ristrutturazione di unità produttive esistenti.

Inoltre l’art. 2 comma 132 della Legge 662/96, come sostituito dal D.L. n. 203/2005, consente a ISA di acquisire partecipazioni ed erogare finanziamenti, nell’ambito di operazioni di consolidamento e/o di sviluppo di imprese operanti nel settore agroindustriale, a condizioni compatibili con i principi di economia di mercato.

Nell’ambito dell’assistenza tecnica fornita da ISA al Ministero si segnala che, con il D.M. 5 giugno 2006, il Ministero stesso ha affidato all'Istituto Sviluppo Agroalimentare S.p.A. l'espletamento delle funzioni e lo svolgimento dei servizi per la gestione dell'attuazione dei “Contratti di Filiera”, secondo la L.14 Maggio 2005 n. 80.


 

Articolo 1, comma 381
(FORMEZ PA)

 

 

Il comma 381, non modificato dal Senato, prevede la riduzione per il 2016 delle spese di funzionamento del FORMEZ, in misura non inferiore al 20% di quelle sostenute nell’esercizio 2015, da ottenere anche attraverso il contenimento del costo del personale e la fissazione di limiti alla retribuzione dei dirigenti.

 

Più specificamente, vengono ridotte per il 2016 le spese di funzionamento del FORMEZ, nelle more dell’attuazione di quanto disposto dalla legge delega sulla riforma della P.A. (di cui all’articolo 8, comma 1, lettera a), della L. 124/2015), che prevede l’emanazione di un decreto legislativo mirato alla riduzione degli uffici e del personale (anche dirigenziale) destinati ad attività strumentali delle amministrazioni pubbliche.

Spetta al Commissario straordinario, nominato ai sensi della normativa vigente (vedi infra), realizzare una riduzione delle spese di struttura in misura non inferiore al 20% di quelle sostenute nell’esercizio 2015, da ottenere anche attraverso il contenimento del costo del personale e la fissazione di limiti alla retribuzione dei dirigenti, fermi restando, in ogni caso, i limiti massimi previsti dalla normativa vigente.

 

A tal fine la disposizione richiama gli articoli 23-bis e 23-ter del D.L. 201/2011 e l’articolo 13 del D.L. 66/2014. Quest’ultimo, in particolare, ha disposto, dal 1° maggio 2014, che il limite massimo retributivo di cui agli articoli 23-bis e 23-ter del D.L. 201/2011 (relativo, rispettivamente, ai compensi degli amministratori rivestiti di particolari cariche nelle società partecipate dal Ministero dell’economia e finanze, nonché il trattamento economico di chiunque riceva emolumenti o retribuzioni dalle pubbliche amministrazioni) sia pari a 240.000 euro annui, al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente [148].

 

Al fine della rapida realizzazione delle suddette riduzioni di spesa, nelle more dell’adozione del richiamato decreto legislativo, si procede alle conseguenti modifiche dello Statuto del FORMEZ PA, anche in deroga a quanto previsto dal D.Lgs. 6/2010.

 

Il FORMEZ PA

Il Centro di formazione studi (FORMEZ) è un'associazione con personalità giuridica partecipata dallo Stato attraverso la Funzione Pubblica. Nato nel 1965 con lo scopo di affiancare alle opere pubbliche e alla creazione della grande impresa un intervento basato sulla formazione dei quadri direttivi delle imprese e delle amministrazioni pubbliche, il FORMEZ nel corso degli anni è passato attraverso vari mutamenti di competenze e funzioni. Da ultimo, il D.Lgs. 6/2010, oltre a cambiare la denominazione in FORMEZ PA, ha attribuito ad esso la funzione di organismo di supporto delle riforme e di diffusione dell'innovazione amministrativa nei confronti dei soggetti associati. Nell'ambito delle competenze stabilite dal richiamato D.Lgs. 6/2010, l'Assemblea dei Soci del 17 marzo 2010 ha individuato una nuova missione specifica per l’Associazione, individuandone le finalità per il settore della formazione e nel settore dei servizi e dell’assistenza tecnica. Il FORMEZ PA è un'associazione riconosciuta, con personalità giuridica di diritto privato sotto il controllo e la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica, cui spetta una quota associativa non inferiore al 76% (la parte restante è distribuita tra regioni ed autonomie locali). L’Associazione conta 475 unità di personale, legato all’Istituto con un autonomo C.C.N.L..

L’articolo 20 del D.L. 90/2014 ha disposto lo scioglimento dell’Associazione e la nomina di un Commissario straordinario, con contestuale decadimento di determinati organi in carica a decorrere dalla data di nomina del Commissario straordinario (Presidente, Consiglio di Amministrazione, Direttore generale e Comitato di indirizzo, ad eccezione dell’Assemblea e del collegio dei revisori). In attuazione di tale disposizione, dal 17 luglio 2014 si è insediato il Commissario straordinario, avvocato Harald Bonura. Si ricorda, inoltre, che l’articolo 1, comma 617, della L. 190/2014, ha disposto il versamento all’entrata del bilancio dello Stato delle risorse finanziarie disponibili nel bilancio del FORMEZ PA (previste dall’articolo 16-bis, comma 8, del D.L. 185/2008) per la diffusione delle caselle di posta elettronica certificata.

 


 

Articolo 1, comma 382
(Trasformazione della Cassa conguaglio)

 

 

Al comma 382 si trasforma in ente pubblico economico la Cassa conguaglio per il settore elettrico, con una dotazione iniziale di cento milioni di euro.

 

Il comma trasforma la Cassa conguaglio per il settore elettrico in ente pubblico economico, denominato "Cassa per i servizi energetici e ambientali" (CSEA). I principali effetti della trasformazione saranno l’attribuzione al nuovo soggetto giuridico di un patrimonio proprio e il riconoscimento dei ricavi derivanti dai servizi resi alle imprese. Il patrimonio iniziale dell'ente sarà pari a 100 milioni di euro e sarà costituito da una somma prelevata dai conti gestiti dalla Cassa conguaglio per il settore elettrico e versata all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnata ad apposito capitolo di spesa dello stato di previsione del Ministero dell'Economia e delle Finanze per le finalità di migliorare i saldi di finanza pubblica e di razionalizzare e potenziare le attività di servizio svolte a favore delle imprese nei settori dell'energia elettrica, del gas e del sistema idrico e, in particolare, allo scopo di valorizzare i ricavi delle prevalenti attività economiche di accertamento, riscossione, versamento, supporto finanziario, informatica e amministrativo.

Tale è infatti lo scopo per cui l'operazione è condotta, anche mediante il conferimento al nuovo ente di autonomia organizzativa, tecnica e gestionale, con dipendenti legati da rapporto di lavoro di diritto privato e dalla contrattazione collettiva di settore.

La vigilanza del MEF e dell'Autorità di settore (quella per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico) riguarderà l'attività e gli organi del nuovo ente, i quali (presidente, comitato di gestione e collegio dei revisori) continueranno ad essere nominati in base a quanto già previsto per gli omologhi organi della Cassa previgente. Il nuovo statuto, poi, stabilirà la dotazione organica dell'ente in misura non superiore a 60 unità: con la medesima procedura di emanazione, imperniata sui soggetti vigilanti, saranno apportate le modifiche necessarie al regolamento di organizzazione e funzionamento. Altre norme transitorie attinenti alle risorse umane e strumentali prevedono:

§  l'avvio di procedure di selezione pubblica, per titoli ed esami, finalizzate alla copertura del fabbisogno di organico (titolo preferenziale, ma non essenziale, sarà il servizio prestato presso la Cassa previgente per un periodo di almeno dodici mesi);

§  l'esenzione tributaria per tutti gli atti connessi alle operazioni di trasformazione in ente pubblico economico, esclusi anche da ogni diritto ed effettuati in regime di neutralità fiscale.

 

 

La clausola di invarianza finanziaria, che esclude oneri a carico della finanza pubblica, non impedisce di prevedere che, a decorrere dal 2016, gli eventuali utili derivanti dalla gestione economica dell'ente siano versati all'entrata del bilancio dello Stato. In effetti, il decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102 (recante attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE) all'articolo 5, comma 12 finanziava interventi di riqualificazione energetica sugli edifici di proprietà della pubblica amministrazione centrale con 5 milioni di euro per il 2014 e 25 milioni di euro sul 2015, a valere sul Fondo esistente presso la Cassa Conguaglio per il settore elettrico (CCSE), nel quale per la relazione tecnica risultavano accantonati 62,8 milioni di euro (al 21 marzo 2014).

 


 

Articolo 1, commi 383-387
(Limiti ai compensi degli amministratori delle
società a controllo pubblico)

 

 

I commi da 383 a 387 modificano la disciplina dei compensi per gli amministratori, dirigenti e dipendenti delle società controllate dal Ministero dell’economia, estendendola a tutte le società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni pubbliche, fissando il limite massimo annuo dei compensi nell’importo di 240mila euro e stabilendo alcuni obblighi di pubblicità per gli incarichi ed i compensi relativi agli incarichi di consulenza e di collaborazione presso le società medesime.

 

Allo scopo di ridefinire e meglio precisare il regime dei compensi per gli amministratori, dirigenti e dipendenti delle società a controllo pubblico, i commi in esame intervengono sulla disciplina dettata dai commi da 1 a 5-ter dell’articolo 23-bis del decreto-legge n. 201 del 2011 che, si rammenta, ha regolamentato il regime dei compensi in esame differenziandolo tra quello delle società non quotate, ivi compreso il limite massimo del trattamento economico dei dipendenti di dette società (commi da 1 a 5-ter), e quello delle società che emettono esclusivamente strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotate nei mercati regolamentati (commi da 5-quater a 5-sexies).

In ordine a tali definizioni ci si limita in questa sede a rammentare – considerato che i commi da 5-quater a 5-sexies dell’articolo 23-bis non sono interessati dall’intervento operato dalle norme in esame, che incide solo sulle società non quotate – che le società quotate controllate dalle amministrazioni pubbliche si differenziano tra le società che emettono strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati, diversi dalle azioni, e società che emettono titoli azionari quotati. Nella prima fattispecie rientrano ad esempio le società Poste italiane S.p.A. (ora come noto in corso di quotazione azionaria), Cassa depositi e Prestiti S.p.A. e Ferrovie dello Stato S.p.A., mentre risultano emettere titoli azionari Enel S.p.A., Eni S.p.A., e Finmeccanica S.p.A..

 

Quanto invece alle norme sui compensi degli amministratori delle società controllate non quotate, la disciplina vigente è recata dal comma 1 dell’articolo 23-bis suddetto, in cui si dispone che le società non quotate, direttamente controllate[149] dal Ministero dell’economia e delle finanze, saranno classificate per fasce sulla base di indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 31 maggio 2012 – provvedimento poi intervenuto con il D.M. 24 dicembre 2013, n.166[150] previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.

Per ciascuna fascia, sempre ai sensi del comma 1, sarà determinato il compenso massimo al quale i consigli di amministrazione delle società direttamente controllate dal MEF dovranno fare riferimento, per la determinazione secondo criteri oggettivi e trasparenti degli emolumenti da corrispondere agli amministratori investiti di particolari cariche, ai sensi dell’articolo 2389, terzo comma, del codice civile[151]; l’individuazione delle fasce e dei relativi compensi potrà essere effettuata anche sulla base di analisi effettuate da primarie istituzioni specializzate.

È inoltre fatto salvo quanto previsto dall’articolo 19, comma 6, del D.L. n. 78/2009[152], il quale reca una norma di interpretazione autentica dell’articolo 2497, primo comma, del codice civile, relativo alla responsabilità degli enti o società che, esercitando attività di direzione e coordinamento di altre società, agiscono in violazione dei principi di corretta gestione societaria. La citata norma di interpretazione autentica stabilisce, in particolare, che per enti si intendono soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell'ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria.

Il limite ai compensi opera anche per le società non quotate controllate dalle società direttamente controllate dal MEF, nonché per le società non quotate controllate direttamente o indirettamente da tutte le altre pubbliche amministrazioni[153], ai sensi del comma 5-bis; opera altresì per i dipendenti delle società medesime, secondo quanto dispone il comma 5-ter.

Il comma 383 in esame detta un nuovo comma 1 dell’articolo 23-bis, in cui la vigente regolamentazione della materia risulta in più parti modificata, prevedendosi ora che:

§  con decreto del Ministro dell’economia da emanarsi entro il 30 aprile 2016 previo parere parlamentare e sentita anche la Conferenza unificata per i profili di competenza, per le società direttamente o indirettamente controllate sia dalle amministrazioni dello Stato sia dalle altre amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 del D.Lgs. n.165/2001[154] - ad esclusione di quelle emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate, vale a dire le società quotate (cfr. supra) – sono individuate fino a cinque fasce di classificazione sulla base di indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi;

§  per ciascuna fascia è determinato, in proporzione, il limite massimo dei compensi per il trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, dirigenti e dipendenti al quale i consigli di amministrazione di dette società devono fare riferimento, che non potrà comunque eccedere il limite massimo di 240mila euro annui[155] al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni, e ferme restando le specifiche disposizioni, anche regolamentari, che prevedono limiti inferiori;

§  rimane fermo nella nuova formulazione del comma 1 quanto previsto dall’articolo 19, comma 6, del D.L. n. 78/2009, di cui sopra si è detto.

A seguito della nuova formulazione del comma 1 dettata dal comma 383, il comma 384 stabilisce, con disposizione transitoria, che fino all’emanazione del nuovo D.M. ora previsto al comma 1 suddetto, continua a produrre i propri effetti il D.M. 24 dicembre 2013, n. 166 che attualmente regola i compensi in questione;

Inoltre, dalla data di adozione del decreto medesimo, che in base a quanto prevede il nuovo comma 1 dell’articolo 23-bis fissa il limite massimo ai compensi (per amministratori e dipendenti) per quanto concerne le società controllate direttamente o indirettamente da tutte le amministrazioni pubbliche (e non più solo quelle direttamente controllate dal Ministero dell’economia, come nel testo vigente), il comma 385 abroga i commi 5-bis e 5-ter dell’articolo 23-bis, che rispettivamente dettano il parametro di riferimento per i compensi in questione al primo presidente della Corte di cassazione per la determinazione dei compensi di tutte le società controllate dalle PA e pongono tale parametro come limite massimo del trattamento economico dei dipendenti delle società controllate dalle PA, atteso che tali elementi sono ora entrambi ricompresi nella nuova formulazione del comma 1 dell’articolo23-bis.

Il comma 386 dispone alcuni obblighi di informazione a carico delle società controllate direttamente dalle amministrazioni pubbliche, nonché di quelle in regime di amministrazione straordinaria – con esclusione anche in questo caso, analogamente a quanto previsto al comma 47, delle società emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate - disponendo che le stesse pubblichino, entro 30 giorni dal conferimento di incarichi di collaborazione o di consulenza o professionali, inclusi quelli arbitrali, e per i due anni successivi alla loro cessazione: - gli estremi dell’atto di conferimento dell’incarico, la ragione e la durata dello stesso nonché l’oggetto; - il curriculum vitae; - i compensi relativi a tali rapporti.

Relativamente ad incarichi per i quali è previsto un compenso, la pubblicazione di tali informazioni è condizione di efficacia per il pagamento. In caso di omessa o parziale pubblicazione, il responsabile della pubblicazione e chi ha effettuato il pagamento sono soggetti ad una sanzione pari alla somma corrisposta (comma 387).


 

Articolo 1, commi 388-392
(Concorso alla finanza pubblica delle
Regioni e delle Province autonome)

 

 

I commi 388-390, determinano le modalità e l’entità del concorso alla finanza pubblica delle Regioni e delle Province autonome per gli anni dal 2016 al 2019, in particolare:

§  viene stabilito in 3.980 milioni di euro per l’anno 2017 e in 5.480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, il concorso alla finanza pubblica per il complesso delle Regioni e delle Province autonome; nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato è stata aggiunta una precisazione testuale che riguarda la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano (comma 388);

§  per le Regioni a statuto ordinario viene esteso al 2019 il contributo già previsto dal D.L. 66/2014, pari a 4.202 milioni di euro e confermato per gli anni 2016-2019 la sede dell’auto coordinamento e della Conferenza Stato – Regioni per la definizione delle modalità di realizzazione del risparmio (commi 389 e 390).

 

I commi 391-392 riguardano la riduzione del debito per le Regioni a statuto ordinario; a tal fine è attribuito ad esse un contributo di complessivi 1.300 milioni di euro, finanziato con le disponibilità in conto residui iscritte in bilancio per l’anno 2015 del "Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili".

Contributo delle Regioni e Province autonome per gli anni 2017-2019

Il comma 388 stabilisce la misura del contributo alla finanza pubblica delle Regioni e delle Province autonome in 3.980 milioni di euro per l’anno 2017 e in 5.480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019.

La norma, come avvenuto per gli esercizi precedenti, prevede che siano le regioni stesse, in sede di auto coordinamento, ad individuare le modalità di realizzazione del contributo, vale a dire gli ambiti di spesa da tagliare e i relativi importi – per il complesso delle regioni e per ciascuna di esse, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza. L’accordo tra le regioni deve poi essere recepito con intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni entro il 31 gennaio di ciascun anno. In caso di mancata intesa, il Governo procederà con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi entro 20 giorni dalla scadenza dei termini dell’Intesa, tenendo anche conto del PIL e della popolazione residente; dovranno inoltre essere rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti di spesa individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato. La norma specifica che potranno essere prese in considerazione anche le risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale.

La Relazione tecnica specifica che gli importi sopra riportati sono comprensivi dei risparmi derivanti dall’applicazione delle norme dell’art. 28 del disegno di legge in esame, concernente il rafforzamento della centralizzazione degli acquisti di beni e servizi per le pubbliche amministrazioni. Il risparmio complessivo per la P.A., nella relazione tecnica, è suddiviso tra i diversi settori sulla base della quota di consumi intermedi rilevata da Istat e la quota imputata alle Regioni nel loro complesso, è pari a 480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018.

 

Il concorso agli obiettivi di finanza pubblica è stabilito dalla norma in esame per il complesso delle Regioni (a statuto ordinario e a statuto speciale) mentre negli esercizi precedenti era stabilito distintamente per le Regioni a statuto ordinario e per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome.

Per quanto riguarda le Regioni a statuto speciale e le Province autonome, la norma in esame stabilisce al terzo periodo che, fermo restando il concorso complessivo, il contributo di ciascuna autonomia speciale dovrà essere determinato con intesa con la stessa Regione o Provincia autonoma.

La necessità dell’intesa con ciascuna autonomia speciale è dovuta al fatto che l’ordinamento finanziario (e quindi le fonti di finanziamento) di ciascuna Regione a statuto speciale è stabilito da norme di rango costituzionale (statuto e norme di attuazione) e non può essere modificato da una legge ordinaria, se non con l’accordo della regione stessa.

Il quarto periodo specifica che tali enti sono comunque tenuti ad assicurare il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza, anche se rideterminato in conseguenza delle norme in esame e di quelle dettate dai commi da 400 a 417 della legge di stabilità 2015 sul concorso delle autonomie speciali al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, vale a dire che i servizi erogati nei rispettivi territori devono comunque essere garantiti nonostante i tagli di risorse e i risparmi che la legge pone in capo a tali enti.

L’ultimo periodo del comma 388 in esame, aggiunto nel corso dell’esame al Senato, infine, specifica che per la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano l’applicazione delle sopradescritte norme deve avvenire nel rispetto dell’accordo sottoscritto tra i tre enti e lo Stato il 15 ottobre 2014 e recepito con la legge di stabilità 2015 ai commi da 406 a 413.

Viene quindi inserito nel testo di legge il riferimento esplicito all’Accordo in cui, tra l’altro, è stato definito il concorso agli obiettivi di finanza pubblica dei tre enti, sia in termini di saldo netto da finanziare che in termini di indebitamento netto per gli anni dal 2014 al 2022.

La relazione tecnica esplicita che quest’ultimo periodo è finalizzato ad escludere i tre enti dal riparto del contributo complessivo richiesto al complesso delle regioni dalla norma in esame, dal momento che il contributo in capo a ciascuna di esse è già determinato nelle norme della legge di stabilità 2015, in attuazione del citato Accordo.

 

Come sopra esposto, quindi, con riguardo alle autonomie speciali, la norma in esame contiene (nel terzo periodo) il corretto riferimento alla necessità dell’intesa per la definizione della misura del contributo per ciascuna autonomia e il riferimento (nel quarto periodo) alla disciplina ‘generale’ del concorso delle Regioni a statuto speciale agli obiettivi di finanza pubblica contenuto nella legge di stabilità 2015 (che in realtà dovrebbe essere limitato ai commi da 400 a 405 e da 414 a 417, vedi infra). I due riferimenti (intesa e disciplina generale) sembrerebbero sufficienti ad inquadrare la corretta procedura per la definizione del contributo di ciascuna autonomia.

Appare perciò opportuno chiarire la necessità dell’inserimento di un ulteriore periodo in cui viene richiamato lo specifico Accordo con la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano e non anche quello con la Regione Friuli-Venezia Giulia, ugualmente recepito dalla legge di stabilità (art. 1, commi 512 – 523) nel quale, analogamente, viene stabilita la misura del contributo della regione, se pur limitatamente agli anni 2014 – 2017.

 

Quanto alla disciplina concernente le autonomie speciali, si rammenta che l’articolo 1, commi da 400 a 405 e da 414 a 417, della legge 190/2014 disciplina il concorso alla finanza pubblica delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano per gli anni 2015-2018. La norma stabilisce un ulteriore concorso alla finanza pubblica pari complessivamente a 467 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 ed a 513 milioni per l'anno 2018 (commi 400 e 417). Ciascuna autonomia è tenuta ad assicurare il contributo alla riduzione della spesa, nella misura stabilita dalla legge, in termini di indebitamento netto nell'ambito della disciplina del patto di stabilità vigente per quella regione (commi 401, 402 e 405). Deve inoltre essere assicurato, da parte di ciascuna autonomia, il contributo in termini di saldo netto da finanziare (vale a dire che ci deve essere comunque una riduzione di uscite dal bilancio dello Stato), nelle modalità stabilite con norme di attuazione e fino alla loro emanazione, attraverso modalità indicate dalla legge medesima (commi 403 e 404). Anche per le Regioni a statuto speciale viene esteso all'anno 2018 il contributo stabilito dal citato articolo 46, commi 1-5, per gli anni 2015, 2016 e 2017 pari a 703 milioni di euro in termini di indebitamento netto e di 300 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare (commi 415 e 416). Il complesso del contributo richiesto non può incidere nel finanziamento dei livelli essenziali di assistenza, che deve comunque essere garantito dalle autonomie speciali (comma 414).

Quanto poi ai commi da 406 a 413, gli stessi recepiscono l'accordo siglato il 15 ottobre 2014, con il quale sono stati ridefiniti i rapporti finanziari tra lo Stato, la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Le norme intervengono in diversi ambiti quali le entrate tributarie, la disciplina della riserva all'erario, la disciplina del concorso della Regione e delle Province autonome agli obiettivi di finanza pubblica (contenuta nell'articolo 79 dello statuto), definiscono gli obiettivi del patto di stabilità per il 2014 e per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, nonché il contributo in termini di saldo netto da finanziare per il 2014 e per ciascuno degli anni dal 2015 al 2022. In particolare, si evidenziano qui quelle più strettamente connesse con la norma in esame.

La lettera e) del comma 407 interviene nella disciplina del concorso della Regione e delle Province autonome agli obiettivi di finanza pubblica (patto di stabilità) contenuta nell'articolo 79 dello statuto (DPR 670/1972), al fine di specificare funzioni e limiti della Regione e delle Province (punti 1), 2) e 3)) ed inserire la definizione della quantità e modalità del contributo dei tre enti alla finanza pubblica (punto 4). In particolare il comma 4-bis del citato art. 79 determina il contributo alla finanza pubblica, riferito al sistema territoriale regionale integrato, in termini di saldo netto da finanziare, in complessivi 905,315 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2018 al 2022; mentre i commi 4-quater e 4-quinques stabiliscono che a decorrere dal 2016, in via transitoria e in via definitiva a decorrere dal 2018, il conseguimento del pareggio del bilancio è il nuovo obiettivo anche per la Regione e le Province autonome.

Il comma 408 stabilisce l'obiettivo del patto di stabilità interno per il 2014 e per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017 (calcolato come saldo programmatico calcolato in termini di competenza mista), in conformità alla legislazione vigente e a quanto definito nell'accordo, come mostrato nella tabella a seguire.

in milioni di euro

obiettivo del patto di stabilità

Regione Trentino-Alto Adige

Prov. aut. Trento

Prov. aut. Bolzano

anno 2014

32,00

65,85

65,45

ciascun anno 2015, 2016, 2017

34,27

-78,13

127,47

 

Per gli anni indicati la norma sostituisce l'accordo previsto dalla normativa vigente per la definizione degli obiettivi del patto (comma 409).

Il comma 410 determina il contributo in termini di saldo netto da finanziare, quale concorso al pagamento degli oneri del debito pubblico per il 2014 e per ciascuno degli anni dal 2015 al 2022, negli importi indicati nella tabella a seguire. Le Province e la Regione possono concordare di attribuire una quota del contributo alla Regione.

 

in milioni di euro

obiettivo del patto di stabilità

Regione Trentino-Alto Adige

Prov. aut. Trento

Prov. aut. Bolzano

anno 2014

14,812

334,813

549,917

anno 2015

15,091

413,4

476,4

ciascun anno dal 2016 al 2022

15,091

413,4

477,2

 

Per quanto riguarda la Regione Friuli-Venezia Giulia, infine, i commi da 512 a 523, della legge 190/2014, recepiscono il protocollo di intesa siglato il 23 ottobre 2014, al fine di regolare i rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione; in particolare, i commi 513 - 516 e 522 - 523 determinano il contributo della regione agli obiettivi di finanza pubblica per gli anni 2014, 2015, 2016 e 2017 sia in termini di saldo netto da finanziare che in termini di indebitamento netto, rimodulando il contributo della regione al federalismo fiscale già stabilito dai commi 152, 153 e 156, articolo 1, della legge di stabilità 2011.

Contributo delle Regioni a statuto ordinario di cui art. 46, co. 6, D.L. 66/2014 per gli anni 2016-2019

Il comma 389 estende al 2019 il contributo delle Regioni a statuto ordinario già previsto dall’art. 46, comma 6, del D.L. 66/2014 e stabilito in complessivi 4.202 milioni di euro.

 

Si rammenta che il contributo, stabilito inizialmente in 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, è stato esteso al 2018 ed incrementato di 3.452 milioni di euro dalla legge di stabilità 2015 (L. 190/2014, art. 1, comma 398). Il comma 6 del citato articolo 46, stabilisce inoltre che “in sede di auto coordinamento” le regioni decidono gli ambiti di spesa sui quali operare le riduzioni e gli importi del contributo, la decisione concordata deve essere recepita con intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni entro il 31 gennaio del 2015. Con l’intesa Stato-Regioni sancita il 26 febbraio 2015, sono state individuate le modalità di realizzazione dei risparmi richiesti alla Regioni (illustrate a seguire). Quasi metà del contributo è realizzato attraverso la riduzione – permanente - del finanziamento del Fondo sanitario nazionale per 2.000 milioni di euro, stabilito, in attuazione dell’intesa, dall’art. 9-septies del decreto-legge 78/2015.

 

L’Intesa del 26 febbraio 2015 concerne la riduzione delle risorse spettanti alle Regioni a statuto ordinario per 1.050 milioni di euro a decorrere dal 2015, stabilita dal decreto-legge n. 95/2012, art. 16, co. 2 e il contributo delle Regioni a statuto ordinario per complessivi 4.202 milioni di euro per gli anni 2015-2018 stabilito dall’art. 46, co. 6 del decreto-legge 66/2014.

Per il 2015, Regioni e Stato hanno concordato di realizzare i risparmi richiesti come segue:

1.    per quanto riguarda la riduzione di risorse prevista dal citato art. 16, co. 2, mediante riduzione del Fondo per lo sviluppo e coesione per 1.050 milioni di euro; in attuazione di tale disposizione è stato emanato il Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 15 aprile 2015 (G.U. n. 114 del 19/5/2015) in cui l’importo complessivo è ripartito tra le regioni;

2.    per quanto riguarda il contributo previsto dal citato art. 46, co. 6, mediante:

a)  riduzione delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale per 2.000 milioni di euro con riferimento alla quota di pertinenza delle Regioni a statuto ordinario (che sale a 2.352 milioni di euro, incluse le autonomie speciali); gli articoli da 9-bis a 9-septies del decreto-legge 78/2015 hanno dato attuazione a questo punto dell’accordo: l’articolo 9-septies stabilisce infatti la riduzione di 2.352 milioni di euro, a decorrere dal 2015, del livello del finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale a cui concorre lo Stato, mentre le misure contenute negli articoli da 9-bis a 9-sexies – concordate con le regioni in sede di Conferenza Stato-Regioni con l’Intesa del 2 luglio 2015, sono finalizzate a conseguire i risparmi necessari alla riduzione del finanziamento;

b)  utilizzo delle risorse per il patto verticale incentivato per 802,13 milioni di euro; la disposizione è stata recepita dall’art. 1, comma 488-bis, della legge 190/2014 (aggiunto dall’art. 9, comma 2 del decreto-legge 78/2015) con il quale si autorizzano le regioni ad utilizzare – come del resto già avvenuto negli esercizi precedenti - le risorse stanziate per il patto verticale incentivato ai fini del contributo alla finanza pubblica dovuto dalle regioni per l’anno 2015;

c)  riduzione del Fondo per lo sviluppo e la coesione per 750 milioni di euro;

d) riduzione dell'edilizia sanitaria per 285 milioni di euro; la riduzione dei nuovi stanziamenti disposti dalla legge di stabilità 2015, in Tabella E, ha effetti solo sul saldo netto da finanziare e per tale motivo, è accompagnata dalla misura descritta alla lettera successiva che ha effetti in termini di indebitamento netto, per il medesimo importo;

e)  riduzione di 285 milioni di euro del limite alla deroga al pareggio di bilancio previsto dall'art. 1, co. 465, della legge 190/2014, la disposizione (che ha effetti in termini di indebitamento netto) è stata attuata dall’art. 9, comma 1, del D.L. 78/2015 che modifica il citato comma 465, riducendo da 2.005 a 1.720 milioni di euro l’ammontare massimo complessivo consentito per il 2015, di alcune poste di bilancio ai fini del nel computo dei saldi; il nuovo importo complessivo di 1.720 milioni di euro è stato ripartito tra le regioni con Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 30 giugno 2015 (G.U. n. 162 del 15/7/2015);

f)  ulteriori risorse per 364,87 milioni di euro da recuperare su indicazione delle Regioni.

Il comma 390, sempre in relazione al contributo alla finanza pubblica richiesto alle Regioni a statuto ordinario dall’art. 46, comma 6, del decreto-legge 66/2014, stabilisce che le modalità di realizzazione del risparmio stesso dovranno essere concordate in sede di Conferenza Stato-Regioni entro il 31 gennaio di ciascun anno. La ricontrattazione degli ambiti in cui ridurre le risorse, ad esclusione della quota realizzata con il taglio permanente del FSN, è uno dei contenuti della citata intesa del 26 febbraio 2015.

In particolare la norma stabilisce che per il 2016 le modalità di realizzazione del contributo dovranno essere concordate in sede di Conferenza Stato-Regioni entro il 31 gennaio 2016. In caso di mancata intesa, si applicano le disposizioni contenute nel secondo periodo del citato art. 46, comma 6, vale a dire che gli importi attribuiti alle singole regioni e gli ambiti di spesa dovranno essere determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi entro 20 giorni dalla scadenza dei termini dell’Intesa, tenendo anche conto del PIL e della popolazione residente; con il medesimo D.P.C.M. dovranno inoltre essere rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti di spesa individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato.

Per gli anni 2017 e 2018 si procede come stabilito al comma 1 dell’articolo in esame per l’ulteriore contributo richiesto alle regioni dal comma 1 medesimo, vale a dire con intesa in sede di Conferenza Stato –Regioni entro il 31 gennaio di ciascun anno; la procedura per la mancata intesa è analoga a quella appena illustrata.

 

La norma specifica che, ai fini della definizione delle modalità di realizzazione del risparmio, alla cifra complessiva di 4.202 milioni di euro va sottratta la cifra corrispondente al risparmio realizzato in modo permanente con il taglio per 200 milioni di euro del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, attuato dagli articoli da 9-bis a 9-septies del decreto-legge 78/2015.

 

Come già ricordato, gli articoli da 9-bis a 9-septies del decreto-legge 78/2015 hanno dato attuazione al punto 2) lett. a) dell’Intesa del 26 febbraio 2015 con cui Stato e Regioni hanno concordato gli ambiti di spesa in cui intervenire, ed i relativi importi, per la realizzazione del concorso agli obiettivi di finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario stabilito dall’art. 46, co. 6 del decreto-legge 66/2014, in relazione all’anno 2015. La lettera a), in particolare, determina in 2.000 milioni di euro (e 2.352, considerando anche le autonomie speciali) la riduzione delle risorse destinate al finanziamento del servizio sanitario nazionale.

Benché l’Intesa sia riferita all’anno 2015, il taglio del FSN è un taglio di spese correnti di natura permanente. L’articolo 9-septies stabilisce infatti la riduzione di 2.352 milioni di euro a decorrere dal 2015, del livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre lo Stato. Per tale motivo, le successive intese, relative agli anni 2016 e seguenti, non devono tenere conto della quota già scontata del FSN di pertinenza delle Regioni a statuto ordinario, pari – come stabilito nell’Intesa - 2.000 milioni di euro.

Per quanto riguarda la quota parte di risparmio di pertinenza delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome – pari a 352 milioni di euro - si ricorda che, in ragione del fatto che il finanziamento del Servizio sanitario nazionale è calcolato su base nazionale (in quanto destinato a funzioni soggette al rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni), a fronte di una riduzione del finanziamento erariale per il comparto delle Regioni a statuto ordinario, è previsto che anche le autonomie speciali realizzino un risparmio. Dal momento che le Regioni a statuto speciale, ad eccezione della Sicilia, provvedono al finanziamento del SSN con risorse provenienti interamente dal proprio bilancio e senza alcun onere a carico dello Stato, solo la quota parte di riduzione del FSN, di pertinenza della Regione siciliana, corrisponde a minori trasferimenti erariali e, di conseguenza, deve essere rideterminata la misura del risparmio a carico della Regione siciliana stessa fissata dalla legge di stabilità 2014 (in tal senso dispone il citato art. 9-septies al comma 3). Per la regione Friuli-Venezia Giulia, invece, è la disciplina del patto di stabilità che stabilisce espressamente che gli obiettivi del patto devono essere rideterminati a seguito dell’aggiornamento della previsione della spesa sanitaria (così dispone il citato art. 9-septies al comma 4).

Riduzione del debito delle Regioni a statuto ordinario

Il comma 391 attribuisce alle Regioni a statuto ordinario un contributo di complessivi 1.300 milioni di euro da utilizzare ai fini della riduzione del debito. La quota di pertinenza di ciascuna regione è indicata nell’allegato n. 7 al disegno di legge (riportato di seguito); tali importi possono essere modificati – fermo restando l’importo complessivo – con accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni da sancire entro il 31 gennaio 2016.

Per ciascuna Regione, la quota di propria spettanza non entra nel computo dei saldi ai fini del pareggio di bilancio, disciplinato ora dai commi da 407 a 412 e da 415 a 429 del presente disegno di legge per tutti gli enti territoriali.

Il comma 392 stabilisce che il contributo è finanziato, per l’esatto importo, attraverso il "Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili" istituito dall’art. 1, comma 10 del decreto-legge 35/2013; in particolare sulle disponibilità in conto residui iscritte in bilancio per l’anno 2015. Le corrispondenti somme sono versate all’entrata del bilancio dello Stato nell’anno 2016. La disposizione, precisa la norma, entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione delle legge di stabilità nella Gazzetta Ufficiale.

Va rammentato che le risorse appostate sul Fondo suddetto sono state destinate a titolo di anticipazioni di liquidità nei confronti degli enti territoriali per il pagamento dei debiti pregressi delle amministrazioni nei confronti dei propri fornitori. La nuova destinazione ora disposta dal comma 392 a finalità di riduzione del debito comporta il venir meno della restituzione delle somme in questione, ed, in particolare, il venir meno degli interessi attivi dovuti allo Stato dagli enti beneficiari dell’anticipazione, come quantificati nella relazione tecnica al disegno di legge.

 

 

Allegato n. 7

(Articolo 1, comma 391)

Regioni

Importi anno 2016
(in migliaia di euro)

Abruzzo

41.113

Basilicata

32.481

Calabria

57.988

Campania

137.018

E.Romagna

110.585

Lazio

152.143

Liguria

40.310

Lombardia

227.273

Marche

45.271

Molise

12.444

Piemonte

106.954

Puglia

105.985

Toscana

101.625

Umbria

25.507

Veneto

103.303

TOTALE

1.300.000

 


 

Articolo 1, commi 393-402
(Regime contabile e anticipazione di liquidità)

 

 

I commi 393-402, inseriti nel corso dell’esame del Senato - intervengono sulle modalità di contabilizzazione delle anticipazioni di liquidità prevista dagli articoli 2 e 3 del decreto-legge n.35 del 2013 in favore delle regioni e delle province autonome per il pagamento di debiti pregressi, al fine di tener conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 185 del 2015 che ha censurato alcune norme della Regione Piemonte circa l’utilizzo di tali anticipazioni. La sentenza ha in particolare precisato che in nessun caso l’anticipazione deve rappresentare una risorsa aggiuntiva per la copertura di spese o disavanzi, trattandosi di un istituto di natura finanziario-contabile avente lo scopo di fornire liquidità per onorare debiti pregressi, già regolarmente iscritti in bilancio ed impegnati o comunque vincolati.

I commi in questione riproducono quanto disposto dall'articolo 1 del decreto-legge 13 novembre 2015, n. 179 (Atto Senato 2133), decreto ancora in fase di conversione alle Camere e di cui il successivo comma 406 propone l'abrogazione, con connessa norma di salvezza degli effetti.

 

In particolare il comma 393 dispone che le regioni debbano contabilizzare le anticipazioni di liquidità ricevute ai sensi del decreto-legge n. 35 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 64 del 2013, e successive modificazioni, incassate a decorrere dall'esercizio 2015, secondo le due seguenti modalità anche alternative:

1)     iscrivendo, nel Titolo di spesa riguardante il rimborso dei prestiti, un Fondo anticipazioni di liquidità di importo pari alle anticipazioni di liquidità incassate nell'esercizio, non impegnabile e pagabile, destinato a confluire nel risultato di amministrazione, come quota accantonata definita dall'art. 42 del decreto legislativo n. 118 del 2011.

L'art. 42 del decreto legislativo n. 118 del 2011 dispone che: "Il risultato di amministrazione, distinto in fondi liberi, fondi accantonati, fondi destinati agli investimenti e fondi vincolati, è accertato con l'approvazione del rendiconto della gestione dell'ultimo esercizio chiuso, ed è pari al fondo di cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui passivi";

2)     riducendo gli stanziamenti di entrata, riguardanti il finanziamento del disavanzo di amministrazione derivante dal debito autorizzato e non contratto per finanziare spesa di investimento, di un importo pari a quello dell'anticipazione di liquidità, ai sensi di quanto previsto dal comma 398 dell'articolo in esame, il quale reca interpretazione autentica delle disposizioni di cui agli artt. 2 e 3 del citato decreto-legge n. 35 del 2013 (si veda anche il commento al successivo comma 398).

 

Si rammenta che con il decreto-legge n. 35 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 64 del 2013, e successive modificazioni, sono state dettate disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali.

 

In particolare l'art. 2 (Pagamenti dei debiti delle regioni e delle province autonome) ha previsto che le regioni e le province autonome potessero chiedere al Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 30 aprile 2013, l'anticipazione di somme da destinare ai pagamenti dei debiti per i quali la regione non era in grado di far fronte per carenza di liquidità. Tali debiti dovevano essere certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2012, ovvero debiti per i quali fosse stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine. Vi erano compresi i pagamenti nei confronti degli Enti locali, mentre vi erano esclusi i debiti finanziari e sanitari (disciplinati dal successivo art. 3).

L'anticipazione veniva chiesta in deroga ai limiti posti dalla legge n. 281 del 1970 alla contrazione di mutui, obbligazioni e anticipazioni, nonché all'articolo 32, comma 24, lett. b), della legge n. 183 del 2011 che prevede il divieto di ricorrere all'indebitamento per investimenti nell'anno successivo al mancato rispetto del Patto di stabilità interno.

La richiesta delle Regioni veniva soddisfatta a valere sulle risorse della apposita «Sezione» per i debiti regionali non finanziari e non sanitari del "Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili", istituito dall'art. 1, comma 10, dello stesso decreto-legge. L'anticipazione sarebbe stata concessa, proporzionalmente, a ciascuna regione con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 15 maggio 2013. Entro il 10 maggio 2013, come previsto dalla stessa norma, la Conferenza Stato-Regioni ha identificato modalità di riparto diverse dal criterio proporzionale.

Venivano individuati gli adempimenti cui le Regioni avrebbero dovuto provvedere per ottenere l'erogazione delle somme. In particolare, la Regione avrebbe dovuto predisporre misure, anche legislative, idonee e congrue di copertura annuale del rimborso dell'anticipazione di liquidità, maggiorata degli interessi, nonché sottoscrivere con il Ministero dell'economia e delle finanze un apposito contratto che definisse le modalità di erogazione e di restituzione delle somme, comprensive di interessi, in un periodo non superiore a 30 anni. Della verifica di detti adempimenti veniva incaricato un Tavolo a composizione mista Stato-Regioni.

Le regioni dovevano provvedere all'immediata estinzione dei debiti nel piano di pagamento all’atto dell’erogazione; e il responsabile finanziario della regione ovvero altra persona formalmente indicata dalla regione doveva certificare l’avvenuto pagamento e l’effettuazione delle relative registrazioni contabili.

Almeno i due terzi del totale dei pagamenti doveva essere destinato ai residui passivi in via prioritaria di parte capitale, anche perenti, nei confronti degli enti locali, a condizione che i pagamenti non superassero il limite dei corrispondenti residui attivi degli enti locali stessi (se questi fossero stati inferiori alla disponibilità di pagamenti, dovevano essere considerati nella loro totalità).

Si stabiliva che il riparto di tali pagamenti venisse concertato da ciascuna regione con le Anci e le Upi regionali.

Il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico era incaricato di monitorare l’utilizzo del plafond di spesa assegnato a ciascuna regione.

 

Con l'art. 3 (Pagamenti dei debiti degli enti del servizio sanitario nazionale-SSN) lo Stato è stato autorizzato ad effettuare anticipazioni di liquidità alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano a valere sulle risorse della "Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale" del Fondo di cui all'articolo 1, comma 10, dello stesso decreto-legge, al fine di favorire l'accelerazione dei pagamenti dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale ed in relazione:

a) agli ammortamenti non sterilizzati antecedenti all'applicazione del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118;

b) alle mancate erogazioni per competenza e/o per cassa delle somme dovute dalle regioni ai rispettivi Servizi sanitari regionali (SSR) a titolo di finanziamento del Servizio sanitario nazionale (SSN), compresi i trasferimenti di somme dai conti di tesoreria e dal bilancio statale e le coperture regionali dei disavanzi sanitari.

All'atto dell'erogazione delle anticipazioni, le regioni interessate avrebbero dovuto provvedere all'immediata estinzione dei debiti elencati nel piano di pagamento. Dell'avvenuto pagamento e dell'effettuazione delle relative registrazioni contabili la regione doveva fornire formale certificazione al Tavolo di verifica degli adempimenti, rilasciata dal responsabile della gestione sanitaria accentrata, ovvero da altra persona formalmente indicata dalla regione stessa.

 

Nella premessa del decreto-legge n.179/2015 viene richiamata la necessità e urgenza di definire modalità di contabilizzazione delle anticipazioni di liquidità concesse alle regioni ai sensi del decreto-legge n. 35 del 2013, e successive modificazioni, anche in ragione della recente sentenza della Corte costituzionale n. 181/2015, che ha censurato le modalità di contabilizzazione delle anticipazioni di liquidità erogate alla regione Piemonte.

Al riguardo, la Corte ha statuito che dette anticipazioni devono fornire esclusivamente liquidità per il pagamento dei debiti pregressi già contabilizzati in precedenti esercizi finanziari, mentre non possono in alcun modo fornire copertura a disavanzi di amministrazione o a nuove spese di competenza.

 

Nella sentenza n. 181/15 la Corte costituzionale si è pronunciata sulle anticipazioni di liquidità previste dal decreto-legge n. 35/2013 con le quali si è cercato di porre rimedio ai crescenti ritardi nell’adempimento delle obbligazioni da parte delle pubbliche amministrazioni. Anticipazioni mediante cui, rileva la Corte, viene posto rimedio a gravi deficienze della disponibilità di cassa degli enti interessati dai ritardi, fermo restando che rimane vietata la loro utilizzazione per la copertura di spese, che non sarebbero consentite dalla Costituzione e dai vincoli europei.

Dalla formulazione degli articoli 2 e 3 del decreto-legge n. 35 del 2013, ad avviso della Corte di ricava che: a) la premessa del decreto-legge depone a favore della natura di mera anticipazione di cassa, facendo riferimento a debiti della pubblica amministrazione che, proprio in ragione della loro appartenenza, devono essere già compresi nei bilanci dei decorsi esercizi; b) la destinazione delle assegnazioni ex D.L. n. 35 del 2013 al pagamento di residui passivi, cioè di oneri già previsti in bilanci precedenti e, per ciò stesso, già finanziati, esclude di per sé che dette assegnazioni costituiscano copertura degli stessi; c) il riferimento a situazioni debitorie degli enti destinatari dell’anticipazione conferma in modo implicito che non si tratta di nuova copertura, dal momento che i debiti dell’amministrazione regionale possono legalmente sorgere solo all’interno di una gestione del bilancio, nel caso di specie temporalmente dimensionata in periodo anteriore al 31 dicembre 2012".

La Corte conclude che: "Un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata delle norme statali porta dunque a concludere che le anticipazioni di liquidità altro non costituiscono che anticipazioni di cassa di più lunga durata temporale rispetto a quelle ordinarie".

Quanto al regime di contabilizzazione, la Corte si pronuncia nel modo seguente: "La variazione di bilancio è altresì illegittima nella parte del Titolo III della spesa ove non sono previste partite speculari a quelle di entrata iscritte al Titolo V. La mancata simmetria degli importi iscritti nei predetti Titoli di bilancio impedisce di “neutralizzare” gli effetti dell’anticipazione di liquidità sulla spesa corrente e di competenza. (...)

Proprio per evitare detto effetto, la sezione delle autonomie della Corte dei conti (delibera n. 19 del 2014) – nell’esercizio della funzione nomofilattica in sede di controllo sugli enti territoriali (sentenza n. 39 del 2014) – e lo stesso Ministero dell’economia e delle finanze – nel contratto stipulato per la concessione e la restituzione dell’anticipazione – hanno previsto l’obbligo di sterilizzare l’anticipazione, affinché la stessa da strumento di flessibilizzazione della cassa non diventi anomalo mezzo di copertura di nuove spese e di riduzione del disavanzo con modalità contrarie agli artt. 81 e 119, sesto comma, Cost.

L’anticipazione non deve, infatti, rappresentare una risorsa aggiuntiva per la copertura di spese o disavanzi, bensì un istituto di natura finanziario-contabile avente lo scopo di fornire liquidità per onorare debiti pregressi, già regolarmente iscritti in bilancio ed impegnati o comunque vincolati".

 

La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nella seduta del 24 settembre 2015, ha auspicato che, a seguito della richiamata sentenza della Corte costituzionale, si intervenisse sulla disciplina relativa alle modalità di contabilizzazione, nei bilanci regionali, delle anticipazioni di liquidità concesse ai sensi del decreto-legge n. 35 del 2013, attraverso una soluzione unitaria per le Regioni e rispettosa della sentenza stessa.

A tal fine, la Conferenza poneva a disposizione del Governo un lavoro istruttorio sul punto in questione, corredato di proposta di articolato, da utilizzare qualora fosse stato positivamente valutato un eventuale intervento con decreto-legge. Di tale lavoro il Governo ha tenuto conto nel decreto-legge in esame.

 

Il comma 394 disciplina le modalità secondo le quali le regioni dovranno annualmente utilizzare il Fondo anticipazioni di liquidità costituito nel Titolo di spesa dei loro Bilanci ai sensi di quanto stabilito dal comma 393, lett. a) (con esclusione delle anticipazioni destinate al finanziamento degli ammortamenti sanitari di cui all'art. 3, comma 1, lett. a), del decreto-legge n. 35 del 2013, il cui regime contabile è disciplinato dal successivo comma 396):

a)     in caso di disavanzo al 31 dicembre dell'esercizio di incasso dell'anticipazione, una identica quota del Fondo corrispondente all'importo del disavanzo dovrà essere iscritta:

·        nel Titolo delle Entrate del Bilancio di previsione dell'anno successivo come "Utilizzo fondo anticipazioni di liquidità", anche nelle more dell'approvazione del Rendiconto dell'esercizio precedente;

·        nel Titolo delle Spese al netto del rimborso dell'anticipazione effettuato nell'esercizio.

Negli esercizi successivi, fino al completo utilizzo del Fondo, il Fondo stanziato in spesa nell'esercizio precedente è iscritto:

·        nel Titolo delle Entrate del Bilancio di previsione;

·        nel Titolo delle Spese al netto del rimborso dell'anticipazione effettuato nell'esercizio;

b)     la quota del Fondo eccedente il disavanzo al 31 dicembre 2014 è utilizzata secondo le modalità previste dall'art. 2, comma 6, del decreto-legge n. 78 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2015, in base al quale: "Gli enti destinatari delle anticipazioni di liquidità a valere sul fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili di cui all'articolo 1 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, utilizzano la quota accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell'acquisizione delle erogazioni, ai fini dell'accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità nel risultato di amministrazione".

 

Il comma 395 disciplina le modalità di ripiano dell’eventuale disavanzo risultante nell'esercizio di erogazione dell'anticipazione corrispondente al fondo anticipazione di liquidità di cui al comma 394, lettera a), prevedendo un ripiano annuale di importo pari alle anticipazioni rimborsate nel corso dell’esercizio.

 

Il comma 396 disciplina le modalità secondo le quali le regioni dovranno annualmente utilizzare il Fondo anticipazioni di liquidità di cui al comma 393, lett. a), con riferimento alle anticipazioni erogate, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. a), del citato decreto-legge n. 35 del 2013, a decorrere dall'esercizio 2015.

Come sopra richiamato, l'art. 3, comma 1, lett. a), del citato decreto-legge n. 35 del 2013 prevede che le anticipazioni di liquidità che lo Stato è autorizzato ad effettuare alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano, al fine di favorire l'accelerazione dei pagamenti dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale, siano relative agli ammortamenti non sterilizzati antecedenti all'applicazione del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118.

 

Le modalità definite dal comma 396 sono le seguenti:

a)     in caso di disavanzo nell'esercizio di incasso dell'anticipazione, una identica quota del Fondo corrispondente all'importo del disavanzo dovrà essere iscritta:

·        nel Titolo delle Entrate del Bilancio di previsione dell'anno successivo come "Utilizzo fondo anticipazioni di liquidità", anche nelle more dell'approvazione del Rendiconto dell'esercizio precedente;

·        nel Titolo delle Spese al netto del rimborso dell'anticipazione effettuato nell'esercizio.

·        Negli esercizi successivi, fino al completo utilizzo del Fondo, il Fondo stanziato in spesa nell'esercizio precedente è iscritto:

·        nel Titolo delle Entrate del Bilancio di previsione;

·        nel Titolo delle Spese al netto del rimborso dell'anticipazione effettuato nell'esercizio;

·        la quota del Fondo eccedente l'importo del disavanzo formatosi nell'esercizio di erogazione dell'anticipazione è utilizzata secondo le modalità previste dall'art. 2, comma 6, del decreto-legge n. 78 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2015 (per il quale si rinvia all'illustrazione del comma 394, lettera b)).

Il comma 397 disciplina - con riferimento alle anticipazioni erogate a decorrere dall'esercizio 2015 ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. a), del decreto-legge n. 35 del 2013 - le modalità di ripiano dell’eventuale quota del disavanzo formatosi nel corso dell'esercizio di erogazione dell'anticipazione, per un importo non superiore a quello dell'anticipazione prevedendo un ripiano annuale di importo pari alle anticipazioni ripianate nel corso dell’esercizio.

 

Il comma 398, recando interpretazione autentica delle disposizioni di cui agli artt. 2 e 3 del citato del citato decreto-legge n. 35 del 2013, stabilisce una delle modalità di contabilizzazione, per la quale si rinvia all'illustrazione del comma 393, lett. b).

 

La correttezza di tale modalità di registrazione contabile è stata riconosciuta anche dalle Sezioni regionali della Corte dei conti che hanno parificato i rendiconti 2013 e 2014 delle Regioni.

Tale modalità di registrazione contabile viene confermata anche per le anticipazioni di liquidità incassate negli anni 2015 e successive.

 

Il “disavanzo da debito autorizzato e non contratto” si forma nei casi in cui le spese di investimento destinate ad essere finanziate da nuovo debito sono effettuate dalle Regioni senza contrarre il debito al fine di risparmiare gli oneri finanziari. Verificandosi solo la spesa di investimento e non l’entrata correlata costituita dal debito, può formarsi un “disavanzo di amministrazione da debito autorizzato e non contratto”.

 

Il comma 399, nel tener conto di quanto statuito dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n. 181/15, definisce gli adempimenti ai quali sono tenute le regioni le quali, avendo incassato anticipazioni di liquidità ai sensi del decreto-legge n. 35 del 2013, non hanno provveduto alla registrazione contabile delle stesse tramite riduzione degli stanziamenti di entrata, riguardanti il finanziamento del disavanzo di amministrazione derivante dal debito autorizzato e non contratto per finanziare spesa di investimento, di un importo pari a quello dell'anticipazione di liquidità (comma 398), né hanno stanziato in bilancio, tra le spese, un fondo, accantonato nel risultato di amministrazione, diretto a evitare il finanziamento di nuove e maggiori spese.

Le regioni, che, in sostanza, non hanno provveduto a contabilizzare le anticipazioni di cassa ricevute ai sensi del decreto-legge n. 35 del 2013 in uno dei due sistemi definiti dai commi 393 e 398, devono procedere alla rideterminazione del risultato di amministrazione con deliberazione di Giunta regionale da trasmettere al Consiglio regionale.

Nello specifico, qualora abbiano partecipato alla sperimentazione riguardante l'attuazione del Titolo I (Principi contabili generali e applicati per le regioni, le province autonome e gli enti locali) del decreto legislativo n. 118 del 2011, e qualora, nel corso del 2015, non abbiano effettuato il riaccertamento straordinario dei residui previsto dall’articolo 3 dello stesso decreto legislativo, le regioni devono rideterminare il risultato di amministrazione definito ai sensi del rendiconto 2014, riferendolo al 1° gennaio 2015, accantonandone una quota al Fondo anticipazioni di liquidità, per un importo pari alle anticipazioni acquisite nel 2013 e nel 2014, al netto delle quote già rimborsate (lettera a) del comma in esame).

Qualora non abbiano partecipato alla sperimentazione riguardante l'attuazione del Titolo I (Principi contabili generali e applicati per le regioni, le province autonome e gli enti locali) del decreto legislativo n. 118 del 2011, e qualora, nel corso del 2015, abbiano effettuato il riaccertamento straordinario dei residui previsto dall’articolo 3 dello stesso decreto legislativo, le regioni devono rideterminare il risultato di amministrazione disponibile al 1° gennaio 2015, definito nell'ambito del riaccertamento straordinario dei residui, accantonandone una quota al Fondo anticipazioni di liquidità per un importo pari alle anticipazioni acquisite nel 2013 e nel 2014, al netto delle quote già rimborsate (lettera b) del comma in esame).

 

Il comma 400 disciplina le modalità di ripiano del disavanzo derivante dall’accantonamento al Fondo anticipazioni di liquidità - nel caso in cui il risultato di amministrazione risulti incapiente rispetto al Fondo stesso - prevedendo che il ripiano sia effettuato annualmente, a decorrere dal 2016, per un importo pari all’anticipazione rimborsata nell’esercizio precedente.

Al fine di consentire il ripiano del disavanzo nell’esercizio 2016, le regioni calcolano il risultato di amministrazione presunto nel bilancio di previsione 2016 -2018, considerando, tra le quote accantonate, anche il Fondo anticipazioni di liquidità previsto dal comma 399 e quello derivante dalle anticipazioni di liquidità incassate nell'esercizio 2015, contabilizzate ai sensi del comma 393, lett. a).

 

Il comma 401 disciplina le modalità secondo le quali le regioni dovranno annualmente utilizzare il Fondo anticipazioni di liquidità costituito ai sensi del comma 399 (vale a dire accantonato nel risultato di amministrazione 2014, rideterminato con le modalità di cui alle lett. a) ovvero alla lett. b) dello stesso comma 399).

Il comma 401 prevede due modalità di utilizzo annuale:

a)     nel caso in cui l’accantonamento al Fondo peggiori il risultato di amministrazione disponibile, determinando un disavanzo, il Fondo anticipazioni di liquidità è applicato all’entrata del bilancio dell’esercizio 2016 per un importo pari a quello del maggiore disavanzo determinato dall’accantonamento al Fondo e nuovamente stanziato in spesa per lo stesso importo al netto del rimborso dell’anticipazione effettuato nell’esercizio precedente. Negli esercizi successivi, il Fondo iscritto in spesa del bilancio precedente è stanziato in entrata del bilancio di previsione, e reiscritto in spesa, al netto dei rimborsi delle anticipazioni effettuati nell’esercizio precedente;

b)     la quota del Fondo anticipazioni di liquidità eccedente l'importo del disavanzo di amministrazione formatosi in attuazione del comma 399 è utilizzata secondo le modalità previste dall’articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 78 del 2015, che consente al Fondo anticipazioni di liquidità di confluire nel fondo crediti di dubbia esigibilità previsto e disciplinato dal decreto legislativo n. 118 del 2011.

 

Il comma 402 introduce una disciplina ad hoc riferita alla regione Piemonte, i cui risultati di amministrazione 2013 e 2014 sono rideterminati sulla base delle indicazioni della Corte dei conti - Sezione regionale di controllo per il Piemonte, nel rispetto della sentenza della Corte costituzionale n. 181 del 2015 (la sentenza è richiamata in sede di commento al comma 393).

Si prevede inoltre che il maggiore disavanzo determinatosi a seguito dell’applicazione della predetta sentenza sia annualmente ripianato, a decorrere dal 2016, per un importo pari al contributo versato alla Gestione Commissariale nel corso dell’esercizio precedente (ovvero, a seguito della chiusura della Gestione Commissariale, versato allo Stato).

Il Fondo vincolato per le anticipazioni di liquidità è utilizzato nel bilancio di previsione 2016, applicandolo interamente in entrata e ristanziandolo in spesa per lo stesso importo al netto del contributo versato alla Gestione Commissariale del Piemonte nell’esercizio precedente.

Negli esercizi successivi, fino al completo utilizzo del Fondo, il Fondo iscritto in spesa del bilancio precedente è stanziato in entrata del bilancio di previsione, e reiscritto in spesa, al netto del contributo versato nell’esercizio precedente alla Gestione Commissariale.

La Regione Piemonte procederà altresì ad accantonare nel risultato di amministrazione 2015 un ulteriore fondo di importo pari alle passività trasferite alla propria Gestione Commissariale, diverse da quelle finanziarie. Tale fondo è utilizzato con le stesse modalità previste per l'utilizzo del Fondo vincolato da anticipazioni di liquidità.

Il conseguente disavanzo è annualmente ripianato dopo avere coperto il disavanzo determinato dall’applicazione della sentenza, con le medesime modalità previste per il ripiano del predetto disavanzo.

 

L’intervento della legge di stabilità 2015 sulla regione Piemonte

Pare opportuno rammentare che – nelle more del giudizio costituzionale che ha dato luogo alla declaratoria di illegittimità di cui alla citata sentenza n. 181/15 – l’art. 1, commi da 452 a 458, della legge n. 190 del 2014 ha previsto la nomina del Presidente della Regione Piemonte quale Commissario straordinario del Governo «per il tempestivo pagamento dei debiti pregressi della regione».

A fronte dell’autorizzazione all’apertura di apposita contabilità speciale da parte del Commissario straordinario prevista dal comma 453, il comma 454 stabilisce che la gestione commissariale piemontese «assume, con bilancio separato rispetto a quello della regione: a) i debiti commerciali certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2013 della regione, compresi i residui perenti non reiscritti in bilancio, per un importo non superiore a quello delle risorse assegnate alla regione Piemonte a valere sul Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili di cui agli articoli 2 e 3 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successive modificazioni, destinati ad essere pagati a valere sulle risorse ancora non erogate previste, distintamente per la parte sanitaria e per quella non sanitaria, delle predette anticipazioni; b) il debito contratto dalla regione Piemonte per le anticipazioni di liquidità già contratte ai sensi del richiamato articolo 2 del decreto-legge n. 35 del 2013. La medesima gestione commissariale può assumere, con il bilancio separato rispetto a quello della regione, anche il debito contratto dalla regione Piemonte per le anticipazioni di liquidità già contratte ai sensi del richiamato articolo 3 del decreto-legge n. 35 del 2013».

Per effetto delle citate norme sopravvenute e della declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 181/15, "le somme non correttamente impiegate potranno quindi entrare nella disponibilità del Commissario straordinario al fine di liquidare le passività pregresse, ed evitare, almeno per la parte recuperata, un ulteriore debito statale e regionale: dal comma 452 si deduce che il Commissario straordinario potrà utilizzare pienamente quanto già versato dallo Stato alla Regione Piemonte e da questa non erogato" (sent. n. 181/15).

Nella più volte richiamata sentenza, la Corte costituzionale ha inoltre asserito: "Ne consegue ulteriormente che il Commissario straordinario deputato ad assicurare la corretta gestione delle partite debitorie e creditorie interessate all’eccezionale operazione finanziata dallo Stato, potrà realizzare con cadenza annuale, fino all’estinzione della gestione straordinaria, apposite regolazioni finanziarie col bilancio regionale, idonee a prevenire errori e duplicazioni di spesa ed a garantire la tutela degli interessi finanziari ispiratori della complessa manovra istituita dal legislatore statale.

Infatti, dalla sopravvenuta legge n. 190 del 2014, si ricava che, a conclusione di ciascun esercizio della gestione commissariale, dovrà essere verificata la coerenza tra i dati del rendiconto della Regione Piemonte e quello coevo del Commissario, la correttezza delle regolazioni contabili, in particolare di quelle inerenti al passaggio da un bilancio all’altro dei residui perenti e passivi, delle quote di anticipazione e delle quote di restituzione rateale del finanziamento. Con specifico riguardo alla attività di parifica della Corte dei conti, quest’ultima dovrà verificare – alla luce del descritto sistema binario – i risultati di amministrazione della Regione Piemonte negli esercizi successivi a quello in relazione al quale è stata sollevata questione di legittimità costituzionale".

 

 


 

Articolo 1, commi 403 e 404
(Interventi in materia di spesa farmaceutica)

 

 

I commi 403 e 404- inseriti al Senato - riproducono il disposto dell'articolo 2 del decreto-legge 13 novembre 2015, n. 179, Disposizioni urgenti in materia di contabilità e di concorso all'equilibrio della finanza pubblica delle Regioni, decreto ancora in fase di conversione alle Camere e di cui il successivo comma 406 propone l'abrogazione, con connessa norma di salvezza degli effetti. Si rammenta che le misure ora descritte sono state rese necessarie dall'annullamento, da parte del TAR Lazio, delle determinazioni AIFA che definivano il procedimento finalizzato al ripiano della spesa farmaceutica territoriale ed ospedaliera per il 2013. Nelle more della conclusione da parte dell'AIFA delle procedure di ripiano dello sforamento del tetto della spesa farmaceutica territoriale ed ospedaliera per il 2013 e il 2014, il comma 403 garantisce gli equilibri di finanza pubblica attraverso una procedura che consente alle regioni di iscrivere nei bilanci 2015, a titolo di ripiano per ciascuno degli anni 2013 e 2014, le somme indicate nella tabella allegata alla disposizione in esame, nella misura del 90% e al netto degli importi già contabilizzati. Il successivo comma 404 disciplina le modalità di conguaglio e le relative regolazioni contabili che le regioni dovranno adottare, a conclusione delle procedure di ripiano da parte dell’AIFA, ove si verifichi una differenza tra l’importo iscritto nei bilanci 2015 e quello risultante dalle determinazioni AIFA.

 

L'intervento di cui ai commi 403 e 404 si è reso necessario dopo che il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), inizialmente con sentenza n. 04538/2015, ha rilevato delle irregolarità nella metodologia applicativa adottata dall'Aifa concernenti: 1) l'intero procedimento inteso al ripiano del superamento dei limiti di spesa farmaceutica territoriale ed ospedaliera per il 2013; 2) le determinazioni già assunte dall'AIFA nell'àmbito del procedimento per il ripiano del superamento del limite di spesa farmaceutica ospedaliera per il 2014 (in quest'ultimo anno, per la farmaceutica territoriale, non si è verificato il superamento del relativo limite di spesa). L'annullamento era stato chiesto da aziende farmaceutiche, sulla base di motivi procedurali e di merito (questi ultimi inerenti alla congruità dei dati impiegati per l'assegnazione delle quote di ripiano). Di conseguenza, l'AIFA ha avviato nuove procedure per il ripiano, non ancora espletate.

 

Più nello specifico, il comma 403 consente l'iscrizione nel bilancio 2015, in conto entrata, nonché il conseguente impegno contabile di spesa, di un importo pari al 90% delle somme indicate nella tabella allegata (complessivamente pari a circa 933 milioni di euro), ripartite per ciascuna regione o provincia autonoma. Tale norma è intesa a consentire l'iscrizione già nel bilancio 2015 delle entrate che deriveranno dall'espletamento, da parte dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), delle procedure di ripiano relative a: 1) il superamento, nell'anno 2013, dei limiti di spesa farmaceutica territoriale ed ospedaliera; 2) il superamento, nell'anno 2014, del limite di spesa farmaceutica ospedaliera. L'accertamento in conto entrata e l'impegno contabile sono effettuati entro 10 giorni dall'entrata in vigore del provvedimento in esame; dal relativo importo si detraggono le somme eventualmente già versate dalle aziende farmaceutiche e già contabilizzate. Successivamente, le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere o ospedaliere-universitarie e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici, nonché la regione - per l'eventuale "gestione sanitaria accentrata" (qualora la regione gestisca direttamente una quota del finanziamento del Servizio sanitario) iscrivono le predette somme nel loro conto economico

Qualora la misura di tali entrate risulti, a conclusione delle procedure esperite dall'AIFA, superiore o inferiore all'importo oggetto della suddetta iscrizione, la regione (o la provincia autonoma) provvede alle relative regolazioni contabili (comma 404).

 

I limiti di spesa per l’assistenza farmaceutica territoriale ed ospedaliera sono stati fissati rispettivamente all’11,35% e al 4,5% del fabbisogno sanitario nazionale (art. 15, commi 3 e 4, del decreto legge 95/2012).

Si ricorda che il ripiano per l'eventuale superamento del limite nazionale di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale è ripartito per intero tra aziende farmaceutiche, grossisti e farmacisti (decreto legge 159/2007, art. 5, co. 3), mentre l'eventuale superamento del limite nazionale per la spesa farmaceutica ospedaliera è per metà a carico delle aziende farmaceutiche e per metà a carico delle regioni nelle quali si sia verificato il medesimo superamento del limite percentuale (decreto legge 95/2012, art. 15, co.8, lettere f) e seguenti). Le aziende farmaceutiche versano gli importi dovuti direttamente alle regioni (pay-back), mentre per i grossisti ed i farmacisti, l’importo da ripianare è distribuito sotto forma di uno sconto percentuale a favore del SSN sul prezzo di tutti i farmaci venduti nei sei mesi successivi.

Pertanto, la tabella allegata ripartisce circa 933 milioni di euro tra le regioni e le province autonome. Tale somma corrisponde ai pay-back attesi dalle aziende farmaceutiche per gli anni 2013-2014 (vedi a seguire la Tabella allegata alla disposizione).

 


 

Articolo 1, comma 405
(Misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese esercenti attività sanitaria per il
Servizio sanitario nazionale)

 

 

Il comma 405 estende alle strutture accreditate private che erogano prestazioni sanitarie in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale le norme di cui all'art. 32 del decreto legge 90/2014, che dispone, nell'ambito della prevenzione della corruzione, misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio delle imprese.

 

Il comma - introdotto al Senato - riproduce il disposto dell'articolo 3 del decreto-legge 13 novembre 2015, n. 179, decreto ancora in fase di conversione alle Camere e di cui il successivo comma 406 propone l'abrogazione, con connessa norma di salvezza degli effetti.

L’intervento legislativo è stato attuato modificando i commi 1, 2 e 10 dell’art. 32 del decreto legge 90/2014. Nel corpo del citato art. 32 sono stati inoltre inseriti i commi 2-bis e 10-bis.

 

L'accreditamento (art. 8-quater D.Lgs. 502/1992) è l'atto con cui la Regione verifica il possesso di standard qualitativi, organizzativi e strutturali delle strutture dei soggetti privati che erogano prestazioni sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale. Una volta ottenuto l'accreditamento istituzionale, la struttura privata stipula appositi accordi contrattuali con la Regione, mediante i quali si stabilisce il numero di prestazioni che il Ssn "acquista" dalla struttura accreditata (8-quinquies del D.Lgs. 502/1992). In tal caso, i relativi oneri economici vengono imputati al Ssn e il cittadino che vi si rivolge non sostiene costi aggiuntivi rispetto a quelli che sosterrebbe se si rivolgesse ad una struttura o ad un professionista pubblico.

 

La disciplina oggetto dell'estensione riguarda le imprese aggiudicatarie di appalti pubblici (ovvero concessionarie di lavori pubblici o contraenti generali) che rientrino in una delle seguenti fattispecie:

§  l'autorità giudiziaria proceda per alcuni delitti contro la pubblica amministrazione (riconducibili all'impresa) e si sia in presenza di "fatti gravi e accertati";

§  l'impresa presenti situazioni anomale "e comunque sintomatiche" di condotte illecite o eventi criminali e sussistano "fatti gravi e accertati";

§  l'impresa sia oggetto di emissione, da parte del prefetto, di un'informazione antimafia interdittiva (sempre che non sia possibile, nella fattispecie concreta, la cessazione immediata del contratto).

La disciplina in esame prevede, in via alternativa: il rinnovo, da parte dell'impresa, degli organi sociali; la nomina, da parte del prefetto, di uno o più amministratori (ai fini di una straordinaria e temporanea gestione) ovvero, qualora le indagini riguardino soggetti diversi dai titolari dei poteri di amministrazione (nonché diversi dai membri degli organi sociali titolari dei poteri di amministrazione), di uno o più esperti (ai fini di sostegno e monitoraggio dell'impresa).

Il comma 405 dispone, per le nomine di amministratori relative ai soggetti accreditati che erogano prestazioni sanitarie in convenzione con il Servizio sanitario nazionale, che i decreti del prefetto siano emanati di intesa con il Ministro della salute e gli incarichi medesimi siano conferiti a soggetti in possesso di curricula che denotino qualificate e comprovate professionalità ed esperienza di gestione sanitaria.

Sembra opportuno chiarire se l'intesa con il Ministro della salute venga richiesta anche per la nomina degli esperti, in quanto le novelle non fanno testuale riferimento al comma 8 del citato art. 32 del D.L. n. 90.

 

La novella di cui alla lettera g) del presente comma specifica che l'estensione della normativa di cui all'art. 32 del decreto legge 90/2015 riguarda anche i soggetti (titolari di accordi contrattuali con il Servizio sanitario nazionale) che non abbiano natura giuridica di impresa. A quest'ultimo riguardo, la novella fa riferimento soltanto alla fattispecie di condotte illecite o eventi criminali commessi ai danni del Servizio sanitario nazionale.

Appare opportuno un coordinamento con le restanti disposizioni, anche ai fini di specificare con chiarezza le fattispecie per le quali, per tutte le strutture sanitarie convenzionate, si applichi la disciplina di cui all'art. 32 del decreto legge 90/2014.

 


 

Articolo 1, comma 406
(Abrogazione del decreto-legge n. 179 del 2015
e salvezza degli effetti)

 

 

Il comma 406 - introdotto al Senato - abroga il decreto-legge 13 novembre 2015, n. 179, decreto ancora in fase di conversione alle Camere e di cui i precedenti commi da 393 a 406 inseriscono il contenuto nel disegno di legge in esame. Lo stesso comma 406 provvede alla salvezza degli atti e degli effetti giuridici sorti sulla base del citato decreto-legge.

 

 


 

Articolo 1, commi 407-412, 415-429
(Regole di finanza pubblica per gli enti territoriali)

 

 

I commi da 407 a 412 e da 415 a 429 abrogano le norme relative alla disciplina del patto di stabilità interno degli enti locali nonché quelle relative al conseguimento del pareggio di bilancio da parte delle regioni così come disciplinato dalla legge n. 190 del 2014 e introducono il conseguimento del pareggio del bilancio per gli enti locali e le regioni ovvero del saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali. Per l'anno 2016 sono escluse dal predetto saldo le spese sostenute dagli enti locali per interventi di edilizia scolastica effettuati a valere sull’avanzo di amministrazione e su risorse rivenienti dal ricorso al debito. L'esclusione opera nel limite massimo di 500 milioni di euro. Tale esclusione è subordinata al riconoscimento in sede europea dei margini di flessibilità correlati all'emergenza immigrazione. Sono inoltre disciplinati il monitoraggio dei risultati, le sanzioni per mancato adempimento, le misure di flessibilità della regola del pareggio di bilancio in ambito regionale e nazionale (c.d. patto di solidarietà fra enti territoriali).

 

Con riguardo al pareggio di bilancio, si tratta, com’è noto, del principio introdotto dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, che, novellando gli articoli 81, 97, 117 e 119 Cost., introduce il principio dell’equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato, al netto degli effetti ciclici e salvo eventi eccezionali, correlandolo a un vincolo di sostenibilità del debito di tutte le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle regole in materia economico-finanziaria derivanti dall’ordinamento europeo. Alla nuova disciplina è stato dato seguito mediante la legge "rinforzata" 24 dicembre 2013, n. 243 la quale ha previsto, a decorrere dal 2016, per regioni ed enti locali, in luogo dell'equilibrio previsto per il bilancio dello Stato, il pareggio nominale tra le entrate e le spese, senza correzioni cicliche (articoli da 9 a 12).

 

Il comma 407 prevede, a decorrere dall'anno 2016, l'abrogazione delle norme concernenti la disciplina del patto di stabilità interno degli enti locali e quelle relative al conseguimento del pareggio di bilancio da parte delle regioni così come disciplinato dalla legge n. 190 del 2014. Si tratta dell'articolo 31 della legge n. 183 del 2011 e dei commi 461, 463, 464, 468, 469 e da 474 a 483 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014. Restano, invece, fermi gli adempimenti degli enti locali relativi al monitoraggio e alla certificazione del patto di stabilità interno 2015, di cui ai commi 19, 20 e 20-bis dell’articolo 31 della legge n. 183 del 2011, nonché l’applicazione delle sanzioni in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo all’anno 2015 o relativo agli anni precedenti accertato ai sensi dei commi 28, 29 e 31 dell’articolo 31 della legge n. 183 del 2011. Restano altresì fermi gli adempimenti delle regioni relativi al monitoraggio e alla certificazione del pareggio di bilancio per l’anno 2015, di cui ai commi da 470 a 473 dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2014, nonché l’applicazione delle sanzioni in caso di mancato rispetto dell’obiettivo del pareggio relativo all’anno 2015. Sono fatti salvi gli effetti connessi all’applicazione negli anni 2014 e 2015 dei patti orizzontali recati al comma 141 dell’articolo 1 della legge n. 220 del 2010, al comma 483 dell’articolo 1 della legge, n. 190 del 2014 e al comma 7 dell’articolo 4-ter del decreto-legge n. 16 del 2012.

Il patto di stabilità interno per gli enti locali è disciplinato dall'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, come successivamente modificato ed integrato, da ultimo, dall'articolo 1, commi 489-498, della legge n. 190/2014 (legge di stabilità per il 2015).

Per quanto concerne l'ambito soggettivo di applicazione, per il 2015 il patto di stabilità si applica alle province e ai comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti, come disposto dal comma 1 dell'articolo 31 della legge n. 183 del 2011, compresi gli enti locali commissariati per fenomeni di infiltrazione di tipo mafioso (ai sensi dell'articolo 1, comma 436, della legge 24 dicembre 2012, n. 228).

A partire dal 2014, sono assoggettati alle regole del patto di stabilità interno anche le unioni di comuni formate dagli enti con popolazione fino a 1.000 abitanti, secondo le regole previste per i comuni aventi corrispondente popolazione, ai sensi del comma 3 dell'articolo 16 del D.L. n. 138/2011.

L'obiettivo del patto di stabilità per gli enti locali consiste nel raggiungimento di uno specifico obiettivo di saldo finanziario, calcolato quale differenza tra entrate e spese finali – comprese dunque le spese in conto capitale – espresso in termini di competenza mista (criterio contabile che considera le entrate e le spese in termini di competenza, per la parte corrente, e in termini di cassa per la parte degli investimenti, al fine di rendere l'obiettivo del patto di stabilità interno più coerente con quello del Patto europeo di stabilità e crescita).

Sono previste alcune esclusioni di specifiche voci di entrata e di spesa dal computo del saldo, che non rientrano, pertanto, nei vincoli del patto.

Per quanto concerne i meccanismi di calcolo degli obiettivi di saldo, si ricorda che, dal 2011, gli obiettivi del patto sono ancorati alla capacità di spesa di ciascun ente locale, corrispondente al livello di spesa corrente mediamente sostenuto in un triennio. In particolare, per gli anni dal 2015 al 2018, la normativa vigente, come aggiornata dalla legge di stabilità per il 2015, prevede che il saldo obiettivo venga determinato, per ciascun ente, applicando alla spesa corrente media da esso sostenuta nel triennio 2010-2012 – come desunta dai certificati di conto consuntivo – determinati coefficienti, fissati in maniera differenziata per le province e i comuni. Gli obiettivi così ottenuti devono essere rettificati per neutralizzare il taglio dei trasferimenti erariali determinato dal comma 2 dell'articolo 14 del D.L. n. 78/2010.

Con la legge di stabilità per il 2015 è stato introdotto per le regioni a statuto ordinario il vincolo del pareggio di bilancio quale nuova modalità di contenimento della spesa pubblica, in luogo del patto di stabilità interno incentrato sull'osservanza di un limite posto alle spese finali.

L'articolo 1, comma 463, della legge n. 190/2014 definisce la nuova modalità di contenimento dei saldi di finanza pubblica per le regioni a statuto ordinario, in linea con il dettato dell'articolo 9 della legge n. 243/2012 il quale stabilisce che i bilanci di regioni, comuni, province, città metropolitane e province autonome di Trento e di Bolzano si considerano in equilibrio quando, sia nella fase di previsione che di rendiconto, registrano:

§  un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali (come peraltro previsto dal TUEL per gli enti locali);

§  un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate correnti e le spese correnti, incluse le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti.

In riferimento a tale disposizione, il comma 463 stabilisce che le regioni a decorrere dal 2015, in fase di rendiconto, e a decorrere dal 2016, in fase di previsione, devono conseguire il pareggio di bilancio – definito come "saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa" – sia considerando le entrate e le spese finali, sia considerando le entrate e le spese correnti.

Per quanto concerne in particolare l'equilibrio di parte corrente, questo è riferito alla differenza tra entrate e spese correnti, che includono anche le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti: va sottolineato come, in sostanza, ciò comporta che, poiché la quota in conto interessi è già inclusa nell'ambito delle spese correnti, tale equilibrio implica che le entrate correnti debbano assicurare risorse sufficienti per rimborsare i prestiti assunti.

Ai fini dell'equilibrio di parte corrente sono esclusi:

§  l'utilizzo del risultato di amministrazione di parte corrente e del fondo di cassa;

§  il recupero del disavanzo di amministrazione;

§  il rimborso anticipato dei prestiti.

Dal complesso delle spese sono escluse dal computo dei saldi per l'anno 2015 determinate tipologie tassativamente elencate dalla legge (L. n. 190/2014, art. 1, commi 145 e 466).

 

Il comma 408 stabilisce che le disposizioni di cui al presente articolo costituiscono, per le regioni, i comuni, le province, le città metropolitane e le province autonome di Trento e di Bolzano, principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.

Il comma 409, per gli enti indicati al precedente comma 408, definisce il concorso al contenimento dei saldi di finanza pubblica. Tale concorso consiste nel conseguire un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, come eventualmente modificato per effetto dell'applicazione del patto di solidarietà tra enti territoriali, ai sensi dei successivi commi 424, 425 e 426.

Si rammenta che l'articolo 9 della legge n. 243 del 2012 stabilisce che i bilanci di regioni, comuni, province, città metropolitane e province autonome di Trento e di Bolzano si considerano in equilibrio quando, sia nella fase di previsione che di rendiconto, registrano:

·        un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali (come peraltro previsto dal TUEL per gli enti locali);

·        un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate correnti e le spese correnti, incluse le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti.

Tale disciplina, ai sensi dell'articolo 21, comma 3, della legge n. 243 del 2012, si applica a decorrere dal 1° gennaio 2016. In proposito si rileva che in sede di parere sul contenuto proprio del disegno di legge di stabilità 2016, la 5° Commissione del Senato ha ritenuto che tale previsione operi con riferimento ai bilanci approvati nel 2016 e quindi riferiti agli esercizi 2017 e successivi.

La presente disposizione prevede per i medesimi enti il conseguimento del saldo non negativo tra le entrate finali e le spese finali e in termini di competenza, senza considerare la cassa e senza considerare le partite correnti.

La norma non esplicita il carattere permanente o limitato al solo esercizio 2016. Qualora debba intendersi cha la disposizione abbia natura permanente ne andrebbe valutata la coerenza con le previsioni di cui alla legge n. 243 del 2012.[156]

 

Il comma 410 specifica che ai fini delle determinazione del saldo non negativo si considerano i titoli 1, 2, 3, 4 e 5 delle entrate dello schema di bilancio previsto dal decreto legislativo n. 118 del 2011 e per le spese i titoli 1, 2 e 3 del medesimo schema di bilancio.

I titoli delle entrate dello schema di bilancio previsto dal decreto legislativo n. 118 del 2011 sono i seguenti:

·         TITOLO 1: Entrate correnti di natura tributaria, contributiva e perequativa;

·         TITOLO 2: Trasferimenti correnti;

·         TITOLO 3: Entrate extratributarie;

·         TITOLO 4: Entrate in conto capitale;

·         TITOLO 5: Entrate da riduzione di attività finanziarie.

I titoli delle spese dello schema di bilancio previsto dal decreto legislativo n. 118 del 2011 sono i seguenti:

·         TITOLO 1: Spese correnti;

·         TITOLO 2: Spese in conto capitale;

·         TITOLO 3: Spese per incremento di attività finanziarie.

La somma dei primi 5 titoli delle entrate rappresenta il totale delle entrate finali mentre la somma dei primi 3 titoli delle spese rappresenta il totale delle spese finali.

 

Limitatamente all’anno 2016, il medesimo comma 410 prevede che nelle entrate e nelle spese finali in termini di competenza è considerato il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa al netto della quota rinveniente dal ricorso all’indebitamento.

 

Come già evidenziato in relazione al precedente comma 409, l'esclusione dell'indebitamento connesso al fondo pluriennale vincolato dal saldo, in quanto limitata al solo esercizio 2016, non appare in contrasto con quanto previsto dall'articolo 10 della legge n. 243 del 2012. Ne andrebbe peraltro valutata la coerenza con la vigente disciplina sull’armonizzazione dei sistemi contabili di cui al D.Lgs.118/2011.

 

Si ricorda che l'articolo 10 della legge n. 243 subordina le operazioni di indebitamento al mantenimento dell'equilibrio di cassa finale del complesso degli enti territoriali della regione (inclusa la stessa regione), sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale. Non sono previste deroghe per particolari tipologie di spese, fermo restando che, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, l'indebitamento è consentito solo per finanziare le spese di investimento. I criteri e le modalità di attuazione tecnica dell'articolo 10 devono ancora essere definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato d'intesa con la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

 

Il fondo pluriennale vincolato è un saldo finanziario, costituito da risorse già accertate destinate al finanziamento di obbligazioni passive dell’ente già impegnate, ma esigibili in esercizi successivi a quello in cui è accertata l’entrata.

Trattasi di un saldo finanziario che garantisce la copertura di spese imputate agli esercizi successivi a quello in corso, che nasce dall’esigenza di applicare il principio della competenza finanziaria di cui all’allegato 1 del decreto legislativo n. 118 del 2011, e rendere evidente la distanza temporale intercorrente tra l’acquisizione dei finanziamenti e l’effettivo impiego di tali risorse.

Il fondo pluriennale vincolato è formato solo da entrate correnti vincolate e da entrate destinate al finanziamento di investimenti, accertate e imputate agli esercizi precedenti a quelli di imputazione delle relative spese. Prescinde dalla natura vincolata o destinata delle entrate che lo alimentano, il fondo pluriennale vincolato costituito:

a)  in occasione del riaccertamento ordinario dei residui al fine di consentire la reimputazione di un impegno che, a seguito di eventi verificatisi successivamente alla registrazione, risulta non più esigibile nell’esercizio cui il rendiconto si riferisce;

b)  in occasione del riaccertamento straordinario dei residui, effettuato per adeguare lo stock dei residui attivi e passivi degli esercizi precedenti alla nuova configurazione del principio contabile generale della competenza finanziaria.

Il fondo riguarda prevalentemente le spese in conto capitale ma può essere destinato a garantire la copertura di spese correnti, ad esempio per quelle impegnate a fronte di entrate derivanti da trasferimenti correnti vincolati, esigibili in esercizi precedenti a quelli in cui è esigibile la corrispondente spesa.

L’ammontare complessivo del fondo iscritto in entrata, distinto in parte corrente e in c/capitale, è pari alla sommatoria degli accantonamenti riguardanti il fondo stanziati nella spesa del bilancio dell’esercizio precedente, nei singoli programmi di bilancio cui si riferiscono le spese, dell’esercizio precedente. Solo con riferimento al primo esercizio, l’importo complessivo del fondo pluriennale, iscritto tra le entrate, può risultare inferiore all’importo dei fondi pluriennali di spesa dell’esercizio precedente, nel caso in cui sia possibile stimare o far riferimento, sulla base di dati di preconsuntivo all’importo, riferito al 31 dicembre dell’anno precedente al periodo di riferimento del bilancio di previsione, degli impegni imputati agli esercizi precedenti finanziati dal fondo pluriennale vincolato.

Sugli stanziamenti di spesa intestati ai singoli fondi pluriennali vincolati non è possibile assumere impegni ed effettuare pagamenti.

Il fondo pluriennale risulta immediatamente utilizzabile, a seguito dell’accertamento delle entrate che lo finanziano, ed è possibile procedere all’impegno delle spese esigibili nell’esercizio in corso (la cui copertura è costituita dalle entrate accertate nel medesimo esercizio finanziario), e all’impegno delle spese esigibili negli esercizi successivi (la cui copertura è effettuata dal fondo).

In altre parole, il principio della competenza potenziata prevede che il “fondo pluriennale vincolato” sia uno strumento di rappresentazione della programmazione e previsione delle spese pubbliche territoriali, sia correnti sia di investimento, che evidenzi con trasparenza e attendibilità il procedimento di impiego delle risorse acquisite dall’ente che richiedono un periodo di tempo ultrannuale per il loro effettivo impiego ed utilizzo per le finalità programmate e previste. In particolare, la programmazione e la previsione delle opere pubbliche è fondata sul Programma triennale delle opere pubbliche e relativo elenco annuale di cui alla vigente normativa che prevedono, tra l’altro, la formulazione del cronoprogramma (previsione dei SAL) relativo agli interventi di investimento programmati.

 

Il comma 411 prevede, a decorrere dall'anno 2016, un nuovo prospetto obbligatorio da allegare al bilancio di previsione, contenente le previsioni di competenza triennali rilevanti in sede di rendiconto ai fini della verifica del rispetto del saldo di cui al comma 409 come declinato al comma 410. A tal fine, il prospetto allegato al bilancio di previsione non considera gli stanziamenti del fondo crediti di dubbia esigibilità e dei fondi spese e rischi futuri concernenti accantonamenti destinati a confluire nel risultato di amministrazione. Il prospetto concernente il rispetto del predetto saldo è definito secondo le modalità previste dall’articolo 11, comma 11, del decreto legislativo n. 118 del 2011. Con riferimento all’esercizio 2016, il prospetto è allegato al bilancio di previsione già approvato mediante delibera di variazione del bilancio approvata dal Consiglio non oltre 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 11, comma 11, del decreto legislativo n. 118 del 2011.

L'articolo 11, comma 11, del decreto legislativo n. 118 del 2011 dispone che gli schemi di bilancio sono modificati ed integrati con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, di concerto con il Ministero dell'interno – Dipartimento per gli affari interni e territoriali e la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, su proposta della Commissione per l'armonizzazione contabile degli enti territoriali. A decorrere dal 2016, gli allegati riguardanti gli equilibri sono integrati in attuazione dell'art. 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243.

Il comma 412, per l'anno 2016, esclude dal saldo non negativo di cui al comma 409 le spese sostenute dagli enti locali per interventi di edilizia scolastica effettuati a valere sull’avanzo di amministrazione e su risorse rivenienti dal ricorso al debito. L'esclusione opera nel limite massimo di 500 milioni di euro. A tal fine gli enti locali comunicano entro il termine perentorio del 1° marzo, alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Struttura di missione per il coordinamento e l'impulso per gli interventi di edilizia scolastica, gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere interventi di edilizia scolastica nel rispetto del vincolo di cui ai commi 409 e 410. Gli spazi finanziari sono attribuiti secondo il seguente ordine prioritario:

a)     spese sostenute per gli interventi di edilizia scolastica avviati dai comuni a seguito dell’articolo 48 comma 1 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66. Tale norma per gli anni 2014 e 2015 non considera, nel saldo finanziario espresso in termini di competenza mista, rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno, le spese sostenute dai comuni per interventi di edilizia scolastica. L'esclusione opera nel limite massimo di 122 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015. Con una modifica, intervenuta presso il Senato, è stata attribuita eguale priorità anche alle spese sostenute dai comuni a compartecipazioni e finanziamenti della Banca europea degli investimenti destinati agli interventi di edilizia scolastica esclusi dal beneficio di cui all’articolo 48, comma 1, del decreto legge n.66 del 2014;

b)     spese sostenute dagli enti locali a valere su stanziamenti di bilancio ovvero su risorse acquisite mediante contrazione di mutuo, per interventi di edilizia scolastica finanziati con le risorse di cui all’articolo10 del decreto-legge 12 novembre 2013, n. 104 (contributi pluriennali per euro 40 milioni per l'anno 2015 e per euro 50 milioni annui per la durata residua dell'ammortamento del mutuo, a decorrere dall'anno 2016);

c)     spese per interventi di edilizia scolastica sostenute da parte degli enti locali.

Gli enti locali beneficiari dell'esclusione e l'importo dell'esclusione stessa sono individuati, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare entro il 15 aprile 2016. Qualora la richiesta complessiva risulti superiore agli spazi finanziari disponibili gli stessi sono attribuiti in misura proporzionale alle singole richieste. Il monitoraggio degli interventi di edilizia scolastica avviene ai sensi del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229 concernente le procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche e di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti.

Infine, si prevede la mancata esclusione delle spese in esame sostenute dagli enti locali per interventi di edilizia scolastica, qualora in sede europea non fossero riconosciuti margini di flessibilità correlati all'emergenza immigrazione.

Il comma 415 prevede che le regioni, i comuni, le province, le città metropolitane e le province autonome di Trento e di Bolzano trasmettano al Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, le informazioni riguardanti le risultanze del saldo di cui al comma 409, con tempi e modalità definiti con decreti del predetto Ministero sentite, rispettivamente, la Conferenza Stato-città ed autonomie locali e la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

Il comma 416 dispone che ciascun ente, ai fini della verifica del rispetto dell’obiettivo di saldo, debba inviare, utilizzando il sistema web appositamente previsto nel sito:

http://pareggiobilancioentiterritoriali.tesoro.it», entro il termine perentorio del 31 marzo di ciascun anno, al Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, una certificazione dei risultati conseguiti, firmata digitalmente, ai sensi dell'articolo 24 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dal rappresentante legale, dal responsabile del servizio finanziario e dall'organo di revisione economico-finanziaria. La mancata trasmissione della certificazione entro il termine perentorio del 31 marzo costituisce inadempimento all’obbligo del pareggio di bilancio. Nel caso in cui la certificazione, sebbene in ritardo, sia trasmessa entro trenta giorni dal termine stabilito per l'approvazione del rendiconto della gestione e attesti il conseguimento dell’obiettivo di saldo di cui al comma 409, si applicano le sole disposizioni in materia di divieto di assunzione di personale di cui al comma 419, lettera e).

Il comma 417 attribuisce all'organo di revisione economico-finanziaria, decorsi trenta giorni dal termine stabilito per l'approvazione del rendiconto di gestione, in caso di mancata trasmissione da parte dell'ente locale della certificazione, il compito, in qualità di commissario ad acta, pena la decadenza dal ruolo di revisore, di assicurare l'assolvimento dell'adempimento e trasmettere la predetta certificazione entro i successivi trenta giorni. Nel caso in cui la certificazione sia trasmessa dal commissario ad acta entro sessanta giorni dal termine stabilito per l'approvazione del rendiconto di gestione e attesti il conseguimento dell’obiettivo di saldo di cui al comma 409, si applicano le disposizioni in materia di divieto di assunzione di personale e di riduzione delle indennità degli organi politici, di cui al comma 419, lettere e) ed f). Sino alla data di trasmissione da parte del commissario ad acta, le erogazioni di risorse o trasferimenti da parte del Ministero dell'interno relative all’anno successivo a quello di riferimento sono sospese e, a tal fine, il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato provvede a trasmettere apposita comunicazione al predetto Ministero. Ferma restando l’applicazione delle sanzioni di cui al comma 419, decorsi sessanta giorni dal termine stabilito per l'approvazione del rendiconto della gestione, l’invio della certificazione non dà diritto all’erogazione da parte del Ministero dell'interno delle risorse o trasferimenti oggetto di sospensione.

Il comma 418 dispone il divieto, decorsi sessanta giorni dal termine stabilito per l'approvazione del rendiconto della gestione, di trasmettere nuove certificazioni a rettifica delle precedenti. Rimane, invece, fermo l'invio di una nuova certificazione qualora gli enti rilevino, rispetto a quanto già certificato, un peggioramento del proprio posizionamento rispetto all’obiettivo di saldo di cui al comma 409.

Il comma 419 prevede una serie di sanzioni in caso di mancato conseguimento del saldo di cui al comma 409. In particolare, nell’anno successivo a quello dell’inadempienza:

a)   l’ente locale è assoggettato ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo di solidarietà comunale in misura pari all’importo corrispondente allo scostamento registrato. Le province della Regione siciliana e della regione Sardegna sono assoggettate alla riduzione dei trasferimenti erariali nella misura indicata al primo periodo. In caso di incapienza gli enti locali sono tenuti a versare all’entrata del bilancio dello Stato le somme residue presso la competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato, al Capo X dell’entrata del bilancio dello Stato, al capitolo 3509, articolo 2. In caso di mancato versamento delle predette somme residue nell’anno successivo a quello dell’inadempienza, il recupero è operato con le procedure di cui ai commi 128 e 129 dell’articolo 1 della legge di stabilità 24 dicembre 2012, n. 228, a valere su qualunque assegnazione finanziaria dovuta dal Ministero dell'interno e, in caso di incapienza, a trattenere le relative somme, per i comuni interessati, all'atto del pagamento agli stessi dell'imposta municipale propria e, per le province, all'atto del riversamento alle medesime dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori;

b)  la regione inadempiente è tenuta a versare all'entrata del bilancio statale, entro sessanta giorni dal termine stabilito per la trasmissione della certificazione relativa al rispetto del pareggio di bilancio, l'importo corrispondente allo scostamento registrato. In caso di mancato versamento si procede al recupero di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate a qualsiasi titolo nei conti aperti presso la tesoreria statale. Trascorso inutilmente il termine dei 30 giorni dal termine di approvazione del rendiconto della gestione per la trasmissione della certificazione da parte della regione, si procede al blocco di qualsiasi prelievo dai conti della tesoreria statale sino a quando la certificazione non è acquisita;

c)   l’ente non può impegnare spese correnti, per le regioni al netto delle spese per la sanità, in misura superiore all’importo dei corrispondenti impegni effettuati nell’anno precedente a quello di riferimento;

d)  l’ente non può ricorrere all’indebitamento per gli investimenti; i mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investimenti o le aperture di linee di credito devono essere corredati da apposita attestazione da cui risulti il conseguimento dell’obiettivo di cui al primo periodo relativo all’anno precedente. L’istituto finanziatore o l’intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione;

e)   l’ente non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. È fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione;

f)    l’ente è tenuto a rideterminare le indennità di funzione ed i gettoni di presenza del presidente, del sindaco e dei componenti della giunta in carica nell’esercizio in cui è avvenuta la violazione con una riduzione del 30 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2014. Tali importi sono acquisiti al bilancio dell'ente.

In relazione al sistema sanzionatorio si rammenta la disciplina generale, riferita a tutti gli enti territoriali, contenuta nell'articolo 9 della legge n. 243/2012, nel quale, ai commi da 2 a 5 si dispone che:

·      qualora, in sede di rendiconto di gestione, un ente registri un valore negativo dei saldi rilevanti ai fini dell’equilibrio di bilancio, lo stesso dovrà adottare misure di correzione tali da assicurarne il recupero entro il triennio successivo;

·      l’individuazione delle sanzioni da applicare nei confronti degli enti territoriali in caso di mancato conseguimento dell’equilibrio gestionale, sia riferito al saldo complessivo che al saldo corrente è rinviata alla legge dello Stato;

·      al fine di assicurare il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, viene fatta salva la possibilità di prevedere con legge dello Stato ulteriori obblighi per gli enti territoriali in materia di concorso al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.

 

Il comma 420 dispone che nei confronti degli enti per i quali il mancato conseguimento del saldo di cui al comma 409 sia accertato successivamente all'anno seguente a quello cui la violazione si riferisce, le sanzioni si applicano nell’anno successivo a quello della comunicazione del mancato conseguimento del predetto saldo. La rideterminazione delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza di cui al comma 419, lettera f), è applicata al presidente, al sindaco e ai componenti della giunta in carica nell’esercizio in cui è avvenuto il mancato conseguimento. Gli importi derivanti dalla rideterminazione delle indennità e dei gettoni di presenza sono acquisiti al bilancio dell'ente.

Il comma 421 con riferimento agli enti di cui al comma 420 prevede che gli stessi siano tenuti a comunicare l'inadempienza entro trenta giorni dall’accertamento della violazione mediante l’invio di una nuova certificazione al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

Il comma 422 dispone la nullità dei contratti di servizio e degli altri atti posti in essere dagli enti che si configurano elusivi delle regole di cui ai commi da 407 a 429.

Il comma 423 attribuisce alle sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti in sede di accertamento circa l'osservanza delle regole di cui ai commi da 407 a 429, il potere di irrogare sanzioni agli amministratori qualora emerga l'artificioso rispetto delle regole conseguito mediante una non corretta applicazione dei principi contabili di cui al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 o altre forme elusive. Nei confronti degli amministratori che hanno posto in essere atti elusivi delle predette regole, è prevista la condanna ad una sanzione pecuniaria fino ad un massimo di dieci volte l’indennità di carica percepita al momento di commissione dell’elusione e, al responsabile amministrativo individuato dalla sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti, una sanzione pecuniaria fino a tre mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali. I predetti importi sono acquisiti al bilancio dell'ente.

 

Andrebbe valutata l'opportunità di modificare i commi 422 e 423 nella parte in cui considera ai fini del regime di nullità dei contratti e dell'accertamento dell'osservanza delle regole da parte della Corte dei conti, anche i commi 413 e 414, che risultano estranei alla materia delle regole di finanza pubblica per gli enti territoriali.

 

I commi da 424 a 427 introducono misure di flessibilità della regola del pareggio di bilancio in ambito regionale e nazionale (c.d. patto di solidarietà fra enti territoriali).

Con riferimento all'ambito regionale, si tratta di una flessibilità analoga a quella prevista dall'articolo 10 della legge n. 243 del 2012 che fa riferimento alla possibilità di indebitamento purché sia garantito l'equilibrio a livello regionale. Si segnala che l'articolo 10 demanda ad un decreto del Consiglio dei ministri, d'intesa con la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, la disciplina dei criteri e delle modalità di attuazione tecnica, che in parte sembrano invece previsti dalla legge in esame.

Il comma 424 consente alle regioni di poter autorizzare gli enti locali del proprio territorio a peggiorare il saldo di cui al comma 409 per permettere esclusivamente un aumento degli impegni di spesa in conto capitale, purché sia garantito l'obiettivo complessivo a livello regionale mediante un contestuale miglioramento, di pari importo, del medesimo saldo dei restanti enti locali della regione e della regione stessa.

Per gli anni 2016 e 2017 la Regione siciliana e le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, operano la compensazione mediante la riduzione dell'obiettivo del patto di stabilità in termini di competenza eurocompatibile di cui all'articolo 1, comma 454, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 e la regione Trentino alto Adige e le province autonome di Trento e Bolzano mediante il contestuale miglioramento, di pari importo, del proprio saldo programmatico riguardante il patto di stabilità interno.

Il comma 425, ai fini della rideterminazione degli obiettivi di cui al comma 424, attribuisce alle regioni il compito di definire i criteri di virtuosità e le modalità operative, previo confronto in sede di Consiglio delle autonomie locali e, ove non istituito, con i rappresentanti regionali delle autonomie locali. A tal fine, gli enti locali comunicano all'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), all'Unione delle province d'Italia (UPI) e alle regioni, entro il 15 aprile ed entro il 15 settembre, gli spazi finanziari di cui necessitano per effettuare esclusivamente impegni in conto capitale ovvero gli spazi finanziari che sono disposti a cedere. Entro i termini perentori del 30 aprile e del 30 settembre, le regioni comunicano agli enti locali interessati i saldi obiettivo rideterminati e al Ministero dell'economia e delle finanze, con riferimento a ciascun ente locale e alla regione stessa, gli elementi informativi occorrenti per la verifica del mantenimento dell'equilibrio dei saldi di finanza pubblica. Gli spazi finanziari attribuiti e non utilizzati per impegni in conto capitale non rilevano ai fini del conseguimento del saldo di cui al comma 409.

Il comma 426 prevede nei confronti degli enti locali che cedono spazi finanziari il riconoscimento, nel biennio successivo, di una modifica migliorativa del saldo di cui al comma 409, commisurata al valore degli spazi finanziari ceduti, fermo restando l'obiettivo complessivo a livello regionale. Agli enti locali che acquisiscono spazi finanziari, nel biennio successivo, sono attribuiti saldi obiettivo peggiorati per un importo complessivamente pari agli spazi finanziari acquisiti. La somma dei maggiori spazi finanziari concessi e attribuiti deve risultare, per ogni anno di riferimento, pari a zero.

Il comma 427, aggiunto dal Senato, introduce misure di flessibilità della regola del pareggio di bilancio in ambito nazionale.

In particolare, si consente agli enti locali che prevedono di conseguire, nell'anno di riferimento, un differenziale negativo rispetto all'obiettivo di saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali di cui al comma 409, la possibilità di richiedere, oltre alla quota già eventualmente chiesta tramite il meccanismo di solidarietà regionale previsto al comma 424, gli spazi finanziari di cui necessitano nell'esercizio in corso per sostenere impegni di spesa in conto capitale. Nel contempo, gli enti locali che prevedono di conseguire, nell'anno di riferimento, un differenziale positivo rispetto al saldo di cui al comma 409, comunicano gli spazi che intendono cedere nell'esercizio in corso. Tali comunicazioni vanno effettuate al Ministro dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, mediante l'apposito sito web predisposto per le comunicazioni inerenti il pareggio di bilancio degli enti territoriali, entro il termine perentorio del 15 giugno. Entro il 10 luglio il Dipartimento della RGS aggiorna i nuovi obiettivi degli enti interessati per l'anno in corso e per il biennio successivo. Agli enti che acquisiscono spazi finanziari è peggiorato, nel biennio successivo, l'obiettivo per un importo annuale pari alla metà della quota acquisita, mentre agli enti che cedono spazi finanziari, l'obiettivo di ciascun anno del biennio successivo, è migliorato in misura pari alla metà del valore degli spazi finanziari ceduti. In ogni caso, la somma dei maggiori spazi finanziari ceduti e di quelli attribuiti, per ogni anno di riferimento, è pari a zero.

Il comma 428 dispone che il Ministro dell'economia e delle finanze, qualora risultino, anche sulla base dei dati del monitoraggio di cui al comma 415, andamenti di spesa degli enti non coerenti con gli impegni finanziari assunti con l’Unione europea, proponga adeguate misure di contenimento della predetta spesa.

Il comma 429 prevede, per gli anni 2016 e 2017, nei confronti delle regioni Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Sicilia e delle province autonome di Trento e Bolzano, la non applicazione delle sanzioni per il mancato raggiungimento dell'obiettivo ad esse assegnato, così come stabilito dal comma 419. Resta, invece, ferma la disciplina del patto di stabilità interno recata dall’articolo 1, commi 454 e successivi, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, come attuata dagli accordi sottoscritti con lo Stato. Secondo quanto affermato dalla relazione illustrativa per tali enti negli anni 2016 e 2017, la disciplina del pareggio di bilancio in esame si applica a fini conoscitivi.

 

Si segnala che la legge n. 243 del 2012 non prevede esclusioni dall'applicazione del pareggio di bilancio per le autonomie speciali (peraltro le province autonome sono espressamente menzionate dagli articoli 9 e 10). Anche la Corte costituzionale, investita della questione proprio dalla regione Friuli Venezia Giulia e dalla provincia di Trento, con la sentenza n. 88 del 2014, ha affermato che alla luce dell'articolo 5, comma 2, lettera b), della legge cost. n. 1 del 2012, si prevede l’adozione di una disciplina statale attuativa "che non appare in alcun modo limitata ai principi generali e che deve avere un contenuto eguale per tutte le autonomie."

A tale riguardo, sarebbe opportuno un chiarimento sui presupposti della disposizione.

 

L'articolo 5, comma 2, lettera b) della legge costituzionale n. 1 del 2012 prevede che la legge "rinforzata" (poi legge n. 243 del 2012) disciplina la facoltà dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano di ricorrere all'indebitamento, ai sensi dell'articolo 119, sesto comma, secondo periodo, della Costituzione.

La successiva lettera c) prevede che le modalità attraverso le quali i Comuni, le Province, le Città metropolitane, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concorrono alla sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni siano definite dalla medesima legge "rinforzata".

 

Il comma 454 dell'unico articolo della legge di stabilità per il 2013 definisce gli obiettivi di risparmio per ciascuno degli anni dal 2013 al 2018, in termini di competenza eurocompatibile, calcolati sul complesso delle spese finali per le regioni Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia. Le voci che costituiscono la competenza eurocompatibile sono:

a)   gli impegni di parte corrente al netto dei trasferimenti, delle spese per imposte e tasse e per gli oneri straordinari della gestione corrente;

b)  i pagamenti per trasferimenti correnti, per imposte e tasse e per gli oneri straordinari della gestione corrente;

c)   i pagamenti in conto capitale, escluse le spese per concessione di crediti e per l'acquisto di titoli, di partecipazioni azionarie e conferimenti.

Il comma 455 della medesima legge di stabilità per il 2013 dispone gli obiettivi di risparmio per ciascuno degli anni dal 2013 al 2018 per la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano. A tali fine, tali enti concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze il saldo programmatico calcolato in termini di competenza mista.

Secondo il criterio della competenza mista le entrate e le spese correnti sono considerate in termini di competenza (accertamenti e impegni) mentre quelle in conto capitale sono considerate in termini di cassa (incassi e pagamenti), al fine di rendere l'obiettivo del patto di stabilità interno più coerente con quello del Patto europeo di stabilità e crescita.


Articolo 1, commi 413 e 414
(Scuole innovative)

 

 

I commi 413 e 414, introdotti nel corso dell’esame al Senato, prevedono la destinazione, da parte dell'I.N.A.I.L. (nell'ambito degli investimenti immobiliari di cui al piano di impiego dei fondi disponibili) di ulteriori 50 milioni di euro per la realizzazione delle scuole innovative, per favorire la costruzione delle quali si autorizza l'I.N.A.I.L. a reclutare un contingente di 20 unità di personale.

 

In particolare, la norma destina (comma 413) risorse per 50 milioni di euro, nell’ambito degli investimenti immobiliari dell’I.N.A.I.L. previsto dal piano di impiego dei fondi disponibili (ex articolo 65 della L. 153/1969[157]), per la realizzazione delle scuole innovative, comprese le relative aree di intervento (di cui all’articolo 1, comma 153, della L. 107/2015). Tali risorse sono ulteriori rispetto a quelle di cui all’articolo 18 comma 8, del D.L. 69/2013.

 

L’articolo 18, comma 8, del D.L. 69/2013, allo scopo di aumentare il livello di sicurezza degli edifici scolastici, ha disposto l’obbligo, per l'INAIL, di destinare fino a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2016 per gli interventi del piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici, previsto dall’articolo 53, comma 5, del D.L. 5/2012[158]. Le risorse utilizzate provengono dagli investimenti immobiliari del piano di impiego dei fondi disponibili di cui all'articolo 65 della L. 153/1969, secondo uno specifico programma.

Successivamente, l’articolo 1, commi 153 e 158, della L. 107/2015 ha previsto che le risorse di cui all’articolo 18, comma 8, del D.L. 69/2013 (pari a 300 milioni di euro per il triennio 2015-2017[159]) siano utilizzate per la costruzione di scuole innovative dal punto di vista architettonico, impiantistico, tecnologico, dell'efficienza energetica e della sicurezza strutturale e antisismica, caratterizzate dalla presenza di nuovi ambienti di apprendimento e dall'apertura al territorio. Alla ripartizione delle risorse tra le regioni e alla definizione dei criteri per l’individuazione delle manifestazioni di interesse degli enti locali proprietari delle aree oggetto di intervento e interessati alla costruzione di una scuola innovativa si è provveduto con il D.M. 7 agosto 2015[160].

 

Rispetto alle richiamate risorse, i canoni di locazione da corrispondere all’I.N.A.I.L. sono posti a carico dello Stato per 1,5 milioni di euro a decorre dal 2018, (mediante una corrispondente diminuzione del Fondo per la buona scuola, di cui all’articolo 1, comma 202, della L. 107/2015[161]), mentre le somme incassate dagli enti locali mediante la cessione delle aree di loro proprietà all'I.N.A.I.L. sono vincolate alla realizzazione di ulteriori fasi progettuali per la realizzazione delle scuole innovative (finalizzate, nello specifico, alla cantierizzazione dell’intervento oggetto del concorso di cui all’articolo 1, comma 155, della L. 107/2015, in deroga a quanto previsto dal D.L. 78/2015).

 

Le eventuali risorse residue sono trasferite dagli enti locali al Bilancio dello Stato per la riduzione dei canoni di cui all’articolo 1, comma 158, della L. 107/2015.

 

Al fine di assicurare le attività di costruzione di scuole innovative e di quelle di cui all’articolo 1, comma 317, della L. 190/2015[162], l’I.N.A.I.L. è autorizzato a reclutare un contingente di 20 unità di personale delle amministrazioni pubbliche in possesso delle necessarie competenze tecnico-amministrative in materia di investimenti immobiliari e di appalti pubblici, selezionato con apposito bando di mobilità e a valere sulle facoltà assunzionali dell’Istituto previste a legislazione vigente (comma 414).


 

Articolo 1, commi 430-434
(Assoggettamento al regime di Tesoreria Unica delle
Autorità amministrative indipendenti)

 

 

I commi da 430 a 434, non modificati dal Senato, prevedono l'assoggettamento al regime di tesoreria unica dell'Autorità di regolazione dei trasporti, dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni e del Garante per la protezione dei dati personali. I cassieri delle Autorità provvedono a versare le disponibilità liquide sulle contabilità speciali e ad adeguare l'operatività dei servizi di cassa. È previsto lo smobilizzo degli eventuali investimenti finanziari e il riversamento delle relative risorse sulle contabilità speciali aperte presso la tesoreria statale. Infine si considerano assoggettabili al regime di tesoreria unica le autorità indipendenti che riscuotono diritti o contributi obbligatori aventi valore di tributi statali.

 

Il comma 430 assoggetta alla normativa di tesoreria unica di cui alla legge n. 720 del 1984 l’Autorità di regolazione dei trasporti, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni e il Garante per la protezione dei dati personali.

La legge 29 ottobre 1984, n. 720 ha istituito il sistema di tesoreria unica, definendo i criteri per l’individuazione degli enti sottoposti al sistema.

Gli enti destinatari, aventi tutti natura pubblicistica, sono stati distinti in due tabelle (A e B), con differenziata disciplina, contenuta, rispettivamente, nell’articolo 1 della legge n. 720/1984 e nell'art. 40 della legge n. 119/1981.

Gli enti compresi nella tabella A sono obbligati a depositare tutte le loro disponibilità liquide in due apposite contabilità speciali, aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato: una contabilità speciale fruttifera di interessi a favore dell'ente stesso ed una infruttifera. Le entrate degli enti affluiscono alle due contabilità speciali secondo due canali distinti a seconda della fonte dell'entrata.

Nelle contabilità speciali “fruttifere” vengono versati gli incassi derivanti dalle entrate proprie degli enti (costituite da introiti tributari ed extratributari, vendita di beni e servizi, canoni, sovracanoni, indennizzi, e da altri introiti provenienti dal settore privato).

Le altre entrate (le assegnazioni, i contributi e i trasferimenti provenienti dal bilancio dello Stato e dagli altri enti del settore pubblico allargato, comprese quelle provenienti da mutui) affluiscono a contabilità speciali “infruttifere”.

Con decreti del Ministro del tesoro viene fissato il tasso di interesse per le contabilità speciali fruttifere. Il tasso di interesse annuo posticipato da corrispondere sulle somme depositate nelle contabilità speciali fruttifere degli enti ed organismi pubblici è stato, da ultimo, stabilito nella misura dell'1,00 per cento lordo, a decorrere dal 1° maggio 2011, dal decreto 13 maggio 2011. Con il D.M. 13 gennaio 2014 è stato fissato un limite alla misura del tasso d'interesse annuo posticipato.

I tesorieri sono tenuti ad eseguire i pagamenti utilizzando prioritariamente le entrate proprie degli enti direttamente riscosse e, successivamente, impegnando le somme giacenti nelle contabilità speciali di tesoreria provinciale, utilizzando prima le disponibilità delle contabilità fruttifere.

Agli enti inclusi nella tabella B si applica, invece, un regime di semplice limitazione delle giacenze liquide detenibili presso il proprio tesoriere, il cui importo non deve essere superiore al 3% dell'ammontare delle entrate previste dal bilancio di competenza, con il versamento delle somme eccedenti in conti correnti fruttiferi aperti presso la tesoreria centrale dello Stato.

I commi da 431 a 433 definiscono la procedura per l’assoggettamento delle Autorità in esame alla tesoreria unica, fissando alla data del 1° marzo 2016 il termine entro cui i cassieri delle Autorità sono tenuti a versare le disponibilità liquide, attualmente depositate presso gli stessi, sulle rispettive contabilità speciali, sottoconto fruttifero, che saranno aperte presso la tesoreria statale.

Restano escluse dal versamento – in conformità con quanto applicato agli altri enti già assoggettati al sistema di tesoreria unica - soltanto le disponibilità rivenienti da operazioni di mutuo, prestito e da ogni altra forma di indebitamento non sorrette da alcun contributo in conto capitale o in conto interessi da parte dello Stato, delle regioni e delle altre pubbliche amministrazioni, che restano, pertanto, depositate presso i tesorieri.

I cassieri delle Autorità sono pertanto tenuti ad adeguare l’operatività dei servizi di cassa alla disciplina della tesoreria unica, contenuta, come detto, nell’articolo 1 della legge n. 720 del 1984.

È inoltre previsto, entro il 30 giugno 2016, lo smobilizzo degli eventuali investimenti finanziari e il versamento delle relative risorse sulle contabilità speciali aperte presso la tesoreria statale. Restano esclusi dall’obbligo di smobilizzo i titoli di Stato e le altre tipologie di investimento individuate dal decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 27 aprile 2012. È prevista inoltre la possibilità di non procedere allo smobilizzo degli investimenti in strumenti finanziari (come definiti dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) solo nel caso in cui l’operazione comporti la realizzazione di perdite in linea capitale, vale a dire - precisa la norma - quando il valore di mercato degli strumenti finanziari interessati alla cessione sia inferiore al prezzo di acquisto in uno dei giorni ricompresi tra il 16 ed il 31 maggio 2016.

Il comma 434 considera assoggettabili al regime di tesoreria unica, con la procedura di cui all'articolo 2, comma 4 della legge n. 720 del 1984[163], le Autorità indipendenti, quali enti e organismi di diritto pubblico, che riscuotono diritti o contributi obbligatori aventi valore di tributi statali, pur in assenza di trasferimenti provenienti dal bilancio dello Stato.

Si ricorda che il sistema di tesoreria unica costituito negli anni '80 con la legge n. 720 del 1984 rispondeva all’esigenza di contenimento dei costi dell'indebitamento, potenziando le disponibilità di tesoreria dello Stato e riducendo pertanto il ricorso al mercato finanziario e la conseguente emissione di titoli pubblici necessari per la copertura del fabbisogno del settore statale. Esso, inoltre, intendeva conferire ai flussi finanziari dell'intero settore una maggiore trasparenza mediante un'organica regolamentazione, introducendo, al tempo stesso, un controllo più stringente sulla capacità di spesa degli enti.


 

Articolo 1, commi 435-437
(
Concorso agli obiettivi di finanza pubblica delle
Università e degli Enti di ricerca
)

 

 

I commi 435-437 confermano per il triennio 2016-2018 l’applicazione dei criteri - già previsti a legislazione vigente - per la determinazione annuale del fabbisogno finanziario del sistema universitario e degli enti pubblici di ricerca vigilati dal MIUR, con la finalità di mantenerne inalterata la dinamica di crescita ai fini del raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica previsti nel prossimo triennio finanziario.

 

In particolare, il comma 435 dell’articolo 37 dispone che per il triennio 2016-2018 continuano ad applicarsi le disposizioni recate dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007, articolo 1, commi 637, 638 e 642), relative ai criteri di determinazione annuale del fabbisogno finanziario delle università e dei principali enti pubblici di ricerca[164].

 

Secondo la relazione illustrativa, la finalità della proroga è quella di mantenere inalterata la dinamica di crescita del fabbisogno finanziario dei due comparti di spesa, che concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2016 - 2018.

 

Le stesse disposizioni prima ricordate sono state applicate anche nel triennio 2010-2012, sulla base di quanto disposto dall’articolo 2, comma 9, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010), e nel triennio 2013-2015 sulla base di quanto disposto dal comma 116 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013).

Anche per ciascun anno del nuovo triennio, dunque, la crescita del fabbisogno non può essere superiore al fabbisogno finanziario determinato a consuntivo nell'anno precedente, incrementato di un tasso pari al 3 per cento per il sistema universitario (articolo 1, comma 637, legge n. 296 del 2006) e al 4 per cento per gli enti pubblici di ricerca indicati (articolo 1, comma 638, legge n. 296 del 2006[165]). Tale fabbisogno è incrementato degli oneri contrattuali del personale riguardanti competenze arretrate (articolo 1, comma 642, legge n. 296 del 2006).

Il comma 637 citato demanda, inoltre, al Ministro dell’università e della ricerca la determinazione annuale del fabbisogno per ciascun ateneo, previo parere della Conferenza dei rettori delle università italiane.

Il comma 436 prevede che, in considerazione dell’adozione del bilancio unico d’ateneo, previsto dal decreto legislativo 27 gennaio 2012, n. 18, il fabbisogno finanziario programmato per l’anno 2016 del sistema universitario, di cui all’articolo 1, comma 637, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 è determinato incrementando del 3 per cento il fabbisogno programmato per l’anno 2015.

Il comma 437 sostituisce il comma 639 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Nella nuova formulazione, si dispone che il fabbisogno programmato di ciascuno degli enti di ricerca indicati dal comma 638 è determinato annualmente dal Ministero dell’economia e delle finanze nella misura inferiore tra il fabbisogno programmato e quello realizzato nell’anno precedente, incrementato del 4 per cento. Non concorrono alla determinazione del fabbisogno finanziario annuale:

a)     i pagamenti derivanti dagli accordi di programma e convenzioni per effetto dei quali gli enti medesimi agiscono in veste di attuatori dei programmi e delle attività per conto e nell’interesse dei Ministeri che li finanziano, nei limiti dei finanziamenti concessi;

 

Nella vigente formulazione, il comma 639 stabilisce che il fabbisogno degli enti di ricerca è determinato nella misura inferiore tra quello programmato e quello realizzato nell’anno precedente, incrementato del 4 per cento. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell’università e della ricerca e del Ministro dello sviluppo economico, possono essere introdotte modifiche al fabbisogno annuale spettante a ciascun ente di ricerca, previa compensazione con il fabbisogno annuale degli altri enti di ricerca e comunque nei limiti del fabbisogno complessivo programmato, e possono essere determinati i pagamenti annuali – che non concorrono al consolidamento del fabbisogno programmato – derivanti da accordi di programma e convenzioni.

 

b)     i pagamenti dell’Agenzia Spaziale italiana (ASI) relativi alla contribuzione annuale dovuta all’Agenzia spaziale europea (ESA), in quanto correlati ad accordi internazionali, nonché i pagamenti per programmi in collaborazione con la medesima ESA e i programmi realizzati con leggi speciali, ivi compresa la partecipazione al programma “Sistema satellitare di navigazione globale GNSS-Galileo”, ai sensi della legge 29 gennaio 2001, n. 10, e dell’articolo 15, comma 2, del decreto legislativo 4 giugno 2003, n. 128;

 

La previsione recata dalla lettera b) riproduce il contenuto dell’articolo 3, comma 5, della legge n. 350 del 2003, a sua volta richiamato dall’articolo 1, comma 640, della stessa legge n. 296 del 2006, limitatamente al triennio 2007-2009.

In base alla relazione illustrativa, “alla luce della revisione del comma 639, per il triennio 2016-2018 non risulta necessario prorogare le disposizioni di cui al comma 640, in quanto puntualmente disciplinate dal comma innovato”.

 

c)     i pagamenti del Consorzio per l’area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste relativi alla contribuzione annuale dovuta alla Società consortile Sincrotrone di Trieste, di interesse nazionale, di cui all’articolo 10, comma 4, della legge 19 ottobre 1999, n. 370, di cui il Consorzio detiene la maggioranza del capitale sociale.

Si prevede altresì che, al fine di consentire il monitoraggio dell’utilizzo del fabbisogno finanziario programmato, gli enti di ricerca, indicati dal comma 638, comunicano alla Ragioneria generale dello Stato, entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di riferimento, i pagamenti indicati in precedenza. I Ministeri vigilanti, ciascuno per i propri enti di ricerca, comunicano inoltre alla Ragioneria generale dello Stato, entro il 20 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento, l’ammontare complessivo dei finanziamenti concessi a ciascun ente di ricerca, erogati a fronte dei pagamenti correlati agli accordi di programma e alle convenzioni conclusi tra gli enti di ricerca e i Ministeri interessati (di cui al nuovo comma 639, lettera a)).


 

Articolo 1, comma 438
(Spese sostenute da Roma Capitale per il Museo della Shoa)

 

 

Il comma 438, introdotto presso il Senato, dispone per l’anno 2016 l’esclusione dal computo del saldo del pareggio di bilancio delle spese sostenute da Roma Capitale per la realizzazione del Museo nazionale della Shoah.

 

Il saldo cui far riferimento per l’applicazione dell’esclusione disposta dal comma 438 è quello indicato dal comma 409 del disegno di legge in esame, che, si rammenta, contestualmente all’abrogazione delle vigenti disposizioni concernenti il Patto di stabilità per gli enti locali (disposte dal comma 407), definisce le nuove regole che, in sostituzione del Patto suddetto, disciplinano nel 2016 disciplinano il concorso degli enti medesimi al contenimento dei saldi finanza pubblica.

Le nuove regole prevedono che gli enti in questione devono conseguire un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, come eventualmente modificato dall’applicazione di alcune regole di solidarietà tra enti territoriali ( disciplinate in altre disposizioni del disegno di legge, che qui non occorre richiamare).

Il comma 438 in commento precisa inoltre che:

§  le spese da escludere sono solo quelle effettuate a valere sull'avanzo di amministrazione e su risorse rivenienti dal ricorso al debito;

§  l’esclusione opera nel limite massimo di 3 milioni di euro.

 

In ordine al Museo in questione che a differenza dell’analogo Museo di Ferrara non risulta previsto da norma primaria (o secondaria), va rammentato che il relativo progetto è stato presentato alla Camera il 27 gennaio 2009 (in precedenza, nel luglio 2008, era nata la Fondazione Museo della Shoah Onlus ad opera del Comitato promotore del progetto Museo della Shoah). Dalle informazioni rinvenibili sul sito del Comune di Roma si hanno (Qui) le indicazioni sulla procedura aperta per l’affidamento dell’appalto per la progettazione esecutiva del progetto. Il 31 ottobre 2015 è stata inaugurata una sede temporanea della Fondazione Museo della Shoah, nella Casina dei Vallati.

 


 

Articolo 1, comma 439
(
Contributo alle Province e Città metropolitane)

 

 

Il comma 439 assegna un contributo in favore delle Province e delle Città metropolitane delle Regioni a statuto ordinario nell’importo di 400 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2016, di cui 150 milioni di euro a favore delle Province e 250 milioni di euro a favore delle Città metropolitane, finalizzato al finanziamento delle spese connesse alle funzioni relative alla viabilità e all’edilizia scolastica.

 

Con riferimento all’edilizia scolastica, si evidenzia che le competenze delle Province riguardano gli edifici da destinare a sede di istituti di istruzione secondaria superiore.

 

In materia di edilizia scolastica, si ricorda, infatti, che l’art. 3 della L. 23/1996 dispone che le province provvedono alla realizzazione, alla fornitura e alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici da destinare a sede di istituti di istruzione secondaria superiore, nonché di convitti ed istituzioni educative statali (mentre i comuni provvedono agli edifici da destinare a sede di scuole materne, elementari e medie). Gli enti locali provvedono anche alle spese varie di ufficio e per l'arredamento e a quelle per le utenze, nonché ai relativi impianti (in materia, dispongono anche gli artt. 107, 159, 190 e 201 del D.Lgs. 297/1994).

Da ultimo, l’art. 1, co. 85, della L. 56/2014 ha inserito fra le funzioni fondamentali delle province la “gestione dell’edilizia scolastica”. Peraltro, pur in assenza di un esplicito riferimento, da una lettura sistematica delle disposizioni sulle funzioni fondamentali dei comuni e delle province, si evince – come concludono anche ANCI e UPI nel documento predisposto il 3 luglio 2014 – che restano in capo alle province (solo) le competenze in materia di gestione dell’edilizia scolastica delle scuole secondarie di secondo grado.

 

Per il riparto del contributo tra gli enti, la norma rinvia ad un decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro per gli affari regionali, da adottarsi entro il 28 febbraio 2016, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, riparto da effettuarsi anche sulla base – precisa la norma - degli impegni relativi alle voci di spesa suindicate, come desunti dagli ultimi 3 rendiconti disponibili.

 


 

Articolo 1, commi 440-448
(Personale e funzioni delle Province)

 

 

I commi 440-448 dettano disposizioni circa la ricollocazione del personale delle Province, a seguito del riordino che le ha investite con la legge n. 56 del 2014; prevedono altresì l'istituzione di un Commissario, onde completare il correlato processo di riordino delle funzioni provinciali.

Recano inoltre previsioni in ordine all'acquisizione di personale provinciale da parte del Ministero della giustizia.

 

Il comma 440 dispone che - nelle more del processo di riordino delle funzioni e del trasferimento definitivo del personale delle Province - venga costituito (nello stato di previsione del Ministero dell'interno) un Fondo, finalizzato esclusivamente alla corresponsione del trattamento economico a tale personale, che sia in soprannumero e in attesa di collocazione.

A tale Fondo sono destinati 100 milioni.

Siffatta dotazione è reperita utilizzando le risorse delle amministrazioni centrali destinate per gli anni 2015 e 2016 all'assunzione di personale a tempo indeterminato (al netto di quelle finalizzate all'assunzione di vincitori di concorso già collocati in graduatoria), risorse che sono conseguentemente ridotte di pari importo.

Si dispone altresì che la ripartizione del Fondo avvenga con decreto del ministro dell'interno su proposta del ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione (e di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze), in proporzione alle unità di personale in mobilità quali risultanti dalla ricognizione effettuata dal Dipartimento della funzione pubblica ai sensi delle disposizioni della legge n. 190 del 2014 e del decreto ministeriale 14 settembre 2015.

 

La legge n. 56 del 2014 ha disposto un ridimensionamento degli organi e delle funzioni delle Province, volto al trasferimento delle funzioni definite non fondamentali (l'elenco delle funzioni provinciali fondamentali si trova nel comma 85 dell'articolo 1 della legge). Lo Stato e le Regioni, in sede di Conferenza unificata nella riunione del 11 settembre 2014, hanno sancito un accordo di collaborazione istituzionale, in base al quale individuare le funzioni provinciali non fondamentali oggetto di riordino (cfr. infra, sub comma 443).

Indi la legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014), ai commi 421-428 dell'articolo 1, ha recato disposizioni circa le procedure di mobilità per il personale delle Città metropolitane e delle Province dichiarato in soprannumero a seguito della riduzione delle dotazioni organiche degli enti oggetto del riordino degli enti territoriali operato dalla legge 7 aprile 2014, n. 56.

Nel dettaglio, la legge n. 190 del 2014 ha disposto:

§  la riduzione delle dotazioni organiche delle Province nella misura del 50 per cento della spesa per il personale di ruolo alla data del 8 aprile 2014 (entrata in vigore della legge n. 56/2014) e del 30 per cento della spesa per il personale di ruolo alla medesima data per le Città metropolitane e le Province montane;

§  l'individuazione del personale da destinare alle procedure di mobilità nel rispetto delle norme di partecipazione sindacale previste dalla normativa vigente;

§  la predisposizione di specifici piani di riassetto organizzativo, economico, finanziario e patrimoniale degli enti nel cui contesto definire le procedure di mobilità del personale interessato;

§  la ricollocazione prioritaria del personale destinatario delle procedure di mobilità presso Regioni ed enti locali utilizzando le risorse destinate per le assunzioni a tempo determinato per gli anni 2015 e 2016 e la percentuale di spesa relativa al personale di ruolo cessato negli anni 2014 e 2015, fatto salvo il diritto all'immissione in ruolo dei vincitori di concorsi già collocati in graduatoria (le spese per il personale così ricollocato non si calcolano ai fini dei limiti di spesa imposti agli enti locali per il rispetto del patto di stabilità interno);

§  la ricollocazione, in subordine ai criteri descritti, del personale in sovrannumero presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, agenzie, università, enti pubblici non economici, sulla base di una ricognizione dei posti disponibili da parte del Dipartimento della funzione pubblica, che riceve dalle varie amministrazioni interessate la comunicazione sulla disponibilità di posti in relazione alle rispettive risorse (con riferimento soprattutto alle sedi periferiche).

 

I criteri per l'attuazione delle procedure di mobilità sono stati definiti, come previsto dalla norma, con il decreto ministeriale 14 settembre 2015 (pubblicato nella G.U. del 30 settembre 2015).

Le disposizioni del decreto ministeriale si applicano al personale delle Province che non sia stato già ricollocato dalle Regioni stesse nell'ambito dei processi previsti dall'articolo 7, comma 9-quinquies del decreto-legge n. 78 del 2015 (decreto enti locali) - e concordati in sede di Conferenza unificata nell'accordo 11 settembre 2014 - che indicava nel 31 ottobre 2015 il termine per procedere al riordino delle funzioni non fondamentali delle Province.

Secondo il 'cronoprogramma' dettagliatamente regolato nel citato decreto ministeriale del 14 settembre 2015, le Regioni hanno tempo fino al 31 ottobre 2015 per definire il riordino delle funzioni e le procedure di ricollocazione diretta dei dipendenti delle Province in soprannumero. Il termine del 31 ottobre vale ugualmente per adempiere all'obbligo di comunicare al Dipartimento della funzione pubblica il numero di unità di personale ricollocato o ricollocabile. Tutti i dati relativi al personale in mobilità sono raccolti in un'apposita sezione del sito del Dipartimento della funzione pubblica denominata "Portale della mobilità". Proprio per completare tale quadro di domanda e offerta, il decreto ministeriale dispone che entro il termine del 31 ottobre gli enti di area vasta inseriscano nel portale gli elenchi del personale in mobilità.

Entro i trenta giorni successivi (cioè entro il 30 novembre 2015) le amministrazioni locali, centrali e periferiche dello Stato inseriscono nello stesso Portale le unità di posti disponibili distinti per funzioni, aree funzionali e categorie di inquadramento, corrispondenti - sul piano finanziario - alla disponibilità delle risorse destinate per gli anni 2015 e 2016 all'assunzione di personale a tempo indeterminato.

L'aggiornamento relativo ai posti disponibili per il 2016 viene fatto entro il 31 gennaio 2016.

L'individuazione dei posti disponibili nell'ambito delle dotazioni organiche tiene conto del fabbisogno delle varie amministrazioni, delle funzioni riordinate, delle aree funzionali e delle categorie di inquadramento.

Entro sessanta giorni successivi al termine del 31 ottobre 2015, il Dipartimento della Funzione pubblica rende pubblici sul portale i posti disponibili presso le Regioni e gli enti locali, inclusi enti pubblici non economici da essi dipendenti ed enti del Servizio sanitario nazionale, e presso le amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, agenzie, università ed enti pubblici non economici (per l'aggiornamento delle posizioni disponibili per il 2016 il termine è fissato al 31 marzo).

Nei trenta giorni successivi alla pubblicazione di questi elenchi il personale in soprannumero interessato può esprimere le proprie preferenze, ed entro i successivi trenta giorni il Dipartimento della funzione pubblica procede all'assegnazione del personale.

 

Per quanto riguarda il finanziamento della mobilità, si ricorda che l'articolo 4 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 ha modificato la disciplina della mobilità obbligatoria e volontaria nel lavoro pubblico, istituendo, tra l'altro, nello stato di previsione del ministero dell'economia e delle finanze un "Fondo per la mobilità", destinato al miglioramento dell'allocazione del personale presso le pubbliche amministrazioni, assegnandogli una dotazione annuale prevista inizialmente in 30 milioni a decorrere dal 2015, e successivamente ridotta a 15 milioni, da attribuire alle amministrazioni destinatarie dei processi di mobilità dando priorità alle esigenze di funzionalità degli uffici giudiziari. I criteri di utilizzo e le modalità di gestione del Fondo - che comunque serve a finanziare procedure di mobilità 'speciali', in quanto in via ordinaria la mobilità tra amministrazioni si svolge, nel limite dei posti disponibili nella dotazione organica, con le risorse finanziarie che le amministrazioni pubbliche hanno nella disponibilità dei loro bilanci - sono state disciplinate dal D.P.C.M. 20 dicembre 2014 (pubblicato nella G.U. del 3 aprile 2015).

Sempre allo scopo di favorire i processi di mobilità verso l'amministrazione della giustizia, la legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 425, della legge n. 190 del 2014) ha autorizzato il ricorso al "fondo per il recupero dell'efficienza del sistema giudiziario e il potenziamento dei relativi servizi" - istituito dal comma 96 della medesima - per l'inquadramento nel ruolo dell'amministrazione giudiziaria di 2000 unità di personale proveniente dagli enti di area vasta.

Per quanto riguarda il trattamento economico del personale destinato alla mobilità, il D.P.C.M. 26 giugno 2015 (pubblicato nella G.U. del 17 settembre 2015) ha stabilito le tabelle di equiparazione che dovrebbero permettere di inquadrare il personale trasferito nelle nuove amministrazioni con qualifiche e retribuzioni in linea con le posizioni originarie. Il provvedimento attua le disposizioni dell'articolo 4 del decreto legge n. 90 del 2014 sulla mobilità e affronta, all'articolo 3, il problema del trattamento economico e previdenziale del personale sia nei casi di mobilità volontaria sia nei casi di mobilità diversa da quella volontaria. In questa seconda ipotesi è prevista la salvaguardia del trattamento fondamentale e dell'accessorio solo per le voci "con carattere di generalità e natura fissa e continuativa" non legate allo specifico profilo dell'ente di provenienza. Questo meccanismo persegue un allineamento di stipendi e inquadramenti.

 

I commi 441, 442 e 443 concernono l'istituzione e l’attività di un apposito Commissario.

Il comma 441 prevede che entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge sia nominato un Commissario (cui non spetta emolumento alcuno), con il compito di assicurare nelle Regioni ancora inadempienti il completamento delle misure di attuazione del riordino delle funzioni delle Province e delle Città metropolitane e il conseguente trasferimento delle rispettive risorse umane, strumentali e finanziarie secondo quanto previsto dalla legge n. 56 del 2014.

Il completamento del trasferimento delle risorse deve avvenire entro il 30 giugno 2016.

 

In base al comma 442, il Commissario ha il potere di adottare, sentita la Regione interessata, gli atti necessari per il trasferimento delle risorse relative a funzioni non fondamentali delle Province e delle Città metropolitane. In mancanza di disposizioni legislative regionali e fatta salva la loro successiva adozione, le funzioni non fondamentali di Province e Città metropolitane si intendono attribuite alla Regione.

 

Con riferimento alle risorse di personale, si prevede che esse permangono quelle indicate dal comma 421 della legge n. 190 del 2014, dunque in misura pari alla spesa del personale di ruolo alla data del 8 aprile 2014 (entrata in vigore della legge n. 56) ridotta del 30% per le Città metropolitane e le Province montane e del 50% per le Province.

Nell'adottare le decisioni sul trasferimento di personale il Commissario tiene conto dei limiti delle capacità assunzionali e delle relative risorse finanziarie della Regione interessata o dei Comuni che insistono nel territorio provinciale interessato, nel caso di trasferimento ad enti più piccoli.

Il Commissario deve inoltre attenersi a quanto disposto dal decreto ministeriale del 14 settembre 2015 circa i criteri e le procedure da adottare per gestire la mobilità di personale tra gli enti.

 

Il comma 443 prevede che nelle Regioni che, pur avendo adottato in via definitiva la legge di riordino delle funzioni delle Province, non abbiano completato il trasferimento delle risorse, il Commissario adotti le decisioni d'intesa con il Presidente della Regione, secondo le modalità previste con legge regionale.

 

Le Regioni a statuto ordinario che finora hanno adottato la normativa sul riordino delle funzioni delle Province in attuazione della legge n. 56 del 2014 e dell'accordo Stato-Regioni dell’11 settembre 2014 sono: Toscana (legge regionale 3 marzo 2015, n. 22), Umbria (legge regionale 2 aprile 2015, n. 10), Marche (legge regionale 31 marzo 2015, n.13), Liguria (legge regionale 10 aprile 2015, n. 15), Calabria (legge regionale 22 giugno 2015, n. 14), Lombardia (legge regionale 8 luglio 2015, n. 19), Emilia Romagna (legge regionale 30 luglio 2015, n. 13), Abruzzo (legge regionale 20 ottobre 2015, n. 32), Veneto (legge regionale 29 ottobre 2015, n. 19), Piemonte (legge regionale 29 ottobre 2015, n. 23),.

La Basilicata e la Puglia hanno approvato le relative leggi il 27 ottobre 2015, la Campania il 30 ottobre 2015 (cfr. audizione del Sottosegretario di Stato agli affari regionali, Gianclaudio Bressa, del 5 novembre 2015 presso la Commissione affari costituzionali della Camera).

Il Molise ed il Lazio non hanno invece ancora adottato la relativa legislazione.

 

Alcune leggi regionali prevedono peraltro, in misura più o meno ampia, il mantenimento in capo alle province di funzioni non fondamentali (così, ad esempio, art. 2, comma 1, L.R. Lombardia n. 19/2015; art. 6, comma 1, e titolo II; L.R. Emilia Romagna n. 13/2015; art. 2, comma 1, L.R. Veneto n. 19/2015; art. 2 L.R. Piemonte n. 23/2015).

 

Si ricorda che la legge n. 56/2014 prevede un complesso procedimento per il riordino delle funzioni esercitate dalle province non riconosciute come fondamentali dalla legge medesima (ai sensi del comma 85).

In particolare, lo Stato e le regioni, secondo le rispettive competenze, attribuiscono le funzioni provinciali diverse da quelle fondamentali, in attuazione dell'articolo 118 della Costituzione, con le seguenti finalità: individuazione dell'ambito territoriale ottimale di esercizio per ciascuna funzione; efficacia nello svolgimento delle funzioni fondamentali da parte dei comuni e delle unioni di comuni; sussistenza di riconosciute esigenze unitarie; adozione di forme di avvalimento e deleghe di esercizio tra gli enti territoriali coinvolti nel processo di riordino, mediante intese o convenzioni. Sono altresì valorizzate forme di esercizio associato di funzioni da parte di più enti locali, nonché le autonomie funzionali (comma 89).

Per quanto riguarda il procedimento da seguire:

-         entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, Stato e Regioni individuano, mediante accordo sancito in Conferenza unificata, le funzioni oggetto del riordino e le relative competenze (comma 91);

-         entro la medesima data, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa con la Conferenza unificata, sono determinati i criteri generali per l'individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all'esercizio delle funzioni oggetto di trasferimento. Il decreto dispone anche in ordine alle funzioni amministrative delle province in materie di competenza statale (comma 92);

-         entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, con legge regionale si provvede a dare attuazione all'accordo sul riordino delle funzioni; decorso tale termine, il Governo esercita il potere sostitutivo ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 131 del 2003 (comma 95);

-         entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che individua i criteri generali per il trasferimento delle funzioni, il Governo è delegato ad adottare, uno o più decreti legislativi per l’adeguamento della legislazione statale sulle funzioni e sulle competenze dello Stato e degli enti territoriali e di quella sulla finanza e sul patrimonio dei medesimi enti (comma 97).

 

In sede attuativa il processo di riordino ha altresì interessato anche le funzioni delle Città metropolitane.

In data 11 settembre 2014, è stato sancito in sede di Conferenza unificata l’accordo per l’individuazione delle funzioni oggetto di riordino, previsto dal comma 91. Tale accordo individua quali funzioni amministrative oggetto di riordino di competenza statale unicamente funzioni relative alla materia della tutela delle minoranze linguistiche. Le regioni si impegnano ad adottare le iniziative legislative di loro competenza entro il 31 dicembre 2014.

Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 settembre 2014 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 12 novembre 2014) sono stati dettati i criteri per l'individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse con l'esercizio delle funzioni provinciali, in attuazione del comma 92.

 

 

La ricollocazione del personale provinciale presso altre amministrazioni dello Stato è stata prevista dalla legge n. 190 del 2014 in via prioritaria presso gli uffici giudiziari.

Essa prevede altresì (a seguito di novella recata dal decreto legge n. 83 del 2015) che, con urgenza e in via prioritaria, l'amministrazione della giustizia sia destinata ad assorbire, entro il 2017, 2.000 unità di personale amministrativo proveniente dagli enti di area vasta.

I commi 444 e 445 del presente articolo del disegno di legge di stabilità dispongono per il 2016 che ciò avvenga senza necessità di rilascio del nulla osta da parte dell'ente di provenienza.

Il comma 446 infine dispone, in ulteriore aggiunta alle forme di mobilità già descritte, l'acquisizione all'amministrazione della giustizia, limitatamente al biennio 2016-2017, di 1.000 unità di personale proveniente dagli enti di area vasta, effettuata mediante procedure di mobilità volontaria semplificata e senza bisogno dell'assenso dell'ente di provenienza.

Tale trasferimento è destinato a supportare i processi di digitalizzazione degli uffici e a completare il processo di trasferimento allo Stato, dal 1° settembre 2015, dell’obbligo di corrispondere le spese per gli uffici giudiziari precedentemente a carico dei Comuni.

Il comma 447 aggiunge al riguardo la previsione che le unità di personale in transito verso il Ministero della giustizia (pari a 4.031 persone) siano detratte dal complesso del personale sopranumerario degli enti di area vasta da porre in mobilità perché addetti a funzioni non fondamentali.

 

Il comma 448 fa salva la previsione posta nei confronti delle Regioni inadempienti - rispetto agli obblighi previsti per il processo di riordino delle funzioni provinciali - dall'articolo 7, comma 9-quinquies del decreto-legge "Enti locali" (DL n. 78 del 2015).

Quella disposizione ha stabilito che le Regioni che non abbiano provveduto entro il 31 ottobre 2015 a dare attuazione all'accordo sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata l'11 settembre 2014, con l'adozione in via definitiva delle relative leggi regionali, siano tenute a versare, entro il 30 novembre per l'anno 2015 ed entro il 30 aprile per gli anni successivi, a ciascuna Provincia e Città metropolitana del rispettivo territorio, le somme corrispondenti alle spese sostenute dalle medesime per l'esercizio delle funzioni non fondamentali.

Di queste somme, la quantificazione su base annuale è affidata a un decreto del Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 31 ottobre 2015.

Dunque le Regioni sono tenute a sostenere le spese degli enti locali 'non riordinati', per garantire il trattamento economico dei dipendenti che risultino in soprannumero.

Il versamento da parte delle Regioni cessa di essere dovuto, dalla data di effettivo esercizio della funzione da parte dell'ente individuato dalla legge regionale.


 

Articolo 1, commi 449-451
(Disposizioni in tema di ragionevole durata del processo)

 

 

I commi da 449 a 451, non modificati al Senato, intervengono sulle procedure per ottenere l’indennizzo da irragionevole durata del processo contenute nella legge n. 89 del 2001 (c.d. Legge Pinto), abbassando l’entità dell’indennizzo e introducendo l’obbligo per la parte lesa dall’eccessiva durata di sollecitare i tribunali con rimedi preventivi della violazione del termine, che rappresentano una condizione di procedibilità della successiva domanda di riparazione del danno. Vengono inoltre introdotte alcune presunzioni di insussistenza del danno, che obbligano la parte che ha subito un processo irragionevolmente lungo a dimostrare il pregiudizio subito e vengono disciplinate nuove modalità di pagamento.

 

La finalità dichiarata dell’intervento legislativo è quella di «razionalizzare i costi conseguenti alla violazione del termine di ragionevole durata dei processi» (comma 449). A tal fine, la disposizione modifica la legge n. 89 del 2001 (c.d. legge Pinto), che disciplina appunto il procedimento da seguire per ottenere un’equa riparazione in caso di violazione di tale termine.

 

Si ricorda che, in base al Rendiconto 2014, i fondi destinati al pagamento degli indennizzi per violazione del termine secondo la legge Pinto (capitolo di spese obbligatorie 1264) sono stati pari a oltre 100 milioni di euro (50 milioni nel 2013).

In merito, la Relazione della Corte dei conti sul Rendiconto evidenzia che il debito complessivo ancora esistente presso le Corti d'appello supera nel 2014 i 456 milioni (di cui 72,5 milioni relativi al 2014, al netto degli interessi). Le Corti d'appello con maggior debito risultano essere Roma (79 milioni), Lecce (43 milioni), Napoli (42 milioni) e Catanzaro (40 milioni).

Inoltre, i ritardi nei pagamenti hanno incrementato i contenziosi: la novella di cui al D.L. n. 35 del 2013, tesa ad assicurare un'ordinata programmazione dei pagamenti ai creditori di somme liquidate ai sensi della legge Pinto, non ha prodotto il contenimento delle procedure esecutive e sono raddoppiati nel 2014 i ricorsi (circa 5.800) al giudice amministrativo per l'ottemperanza. Peraltro, si sono aggiunti negli ultimi anni anche i ricorsi per ritardo nell'esecuzione di decisione giudiziaria che ha riconosciuto l'indennizzo ai sensi della legge n. 89 del 2001.

 

La lettera a) del comma 449 inserisce, in apertura del Capo II della legge, dedicato all’equa riparazione, due articoli (1-bis e 1-ter) attraverso i quali stabilisce che:

§  la parte di un qualsiasi processo, che ritenga che venga leso il proprio diritto a un processo equo, sotto il profilo dell’esame in un tempo ragionevole della controversia, come richiesto dall’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (legge di ratifica n. 848 del 1955), ha diritto a esperire rimedi preventivi (art. 1-bis, comma 1);

§  se, nonostante l’esperimento di tali rimedi, il termine di ragionevole durata del processo viene violato, la suddetta parte ha diritto all’equa riparazione (art. 1-bis, comma 2). Se invece tali rimedi non vengono esperiti, è inammissibile la domanda di equa riparazione (così dispone il nuovo comma 1 dell’art. 2 della Legge Pinto, v. infra);

La qualificazione di “diritto”, riferita al ricorso ai rimedi preventivi, dovrebbe piuttosto essere considerata un onere.

§  nel processo civile il rimedio preventivo consiste nell’introduzione del giudizio nelle forme del procedimento sommario di cognizione ovvero nella richiesta di passaggio dal rito ordinario al rito sommario, almeno 6 mesi prima dello spirare del termine di ragionevole durata del processo indicato dall’art. 2, comma 2-bis, della legge Pinto (che individua il termine ragionevole in 3 anni per il primo grado, 2 anni per l’appello e 1 anno per il giudizio di cassazione). In appello, e comunque per tutte le cause in cui non si applica il rito sommario (controversie di competenza del tribunale collegiale, del giudice di pace, attribuite in unico grado alla competenza della corte d’appello), il rimedio preventivo consiste nel proporre, sempre 6 mesi prima dello spirare del termine, l’istanza di decisione a seguito di trattazione orale (art. 1-ter, comma 1);

La disposizione richiama l’art. 281-sexies del codice di procedura civile in base al quale, nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, dopo la precisazione delle conclusioni, il giudice può ordinare la discussione orale della causa nella stessa udienza o in una successiva e pronunciare la sentenza al termine della discussione.

La procedura descritta dal richiamato art. 281-sexies c.p.c. si riferisce a una controversia che sia già giunta alla precisazione delle conclusioni. Il rimedio preventivo prefigurato dal disegno di legge potrebbe invece anche innestarsi in un procedimento civile nel quale – senza responsabilità delle parti – l’istruzione probatoria sia ancora in corso e la causa non sia pronta ad andare in decisione. In tali casi, la parte sarebbe posta di fronte a un’alternativa: insistere nel chiedere la piena soddisfazione del proprio diritto, con una cognizione piena (ma conseguentemente rinunciando a priori all’equa riparazione per violazione del termine); chiedere la decisione allo stato degli atti, con il rischio di perdere la causa (ma garantendosi la possibilità di ottenere un’equa riparazione in caso di eventuale violazione del termine di ragionevole durata).

§  nel processo penale il rimedio preventivo consiste nella presentazione di un’istanza di accelerazione almeno 6 mesi prima dello spirare del termine di ragionevole durata, che – si ricorda – viene computato a partire dall’assunzione della qualità di imputato o dalla legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari (art. 1-ter, comma 2);

Si rammenta che attualmente, l’art. 2, comma 2-quinquies, della legge Pinto nega l’indennizzo quando l'imputato non ha depositato istanza di accelerazione del processo penale nei trenta giorni successivi al superamento dei termini. La riforma anticipa dunque l’istanza di accelerazione, rendendo preventiva la sua presentazione rispetto alla concreta violazione del termine. Per coordinamento, la lettera c) del comma 449 (v. infra) riscrive il comma 2-quinquies eliminando questa disposizione.

§  nel processo amministrativo il rimedio consiste nella presentazione dell’istanza di prelievo almeno 6 mesi prima dello spirare del termine (art. 1-ter, comma 3). L’istanza di prelievo, in base all’art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo (d.lgs. n. 104 del 2010), è una segnalazione dell’urgenza del ricorso che la parte effettua chiedendo la fissazione dell’udienza di discussione della causa. L’effetto dell’istanza di prelievo è, se ricorrono alcuni presupposti, la definizione del giudizio in camera di consiglio con sentenza semplificata (nuovo art. 71-bis del Codice, introdotto dal comma 450);

 

Già attualmente l’istanza di prelievo è presupposto per accedere all’indennizzo da durata irragionevole del processo amministrativo; si ricorda, infatti, che l’art. 54 del D.L. 112 del 2008 ha stabilito che «La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non è stata presentata l'istanza di prelievo di cui all'articolo 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, né con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione» (comma 2). La riforma, dunque, specifica il termine entro il quale l’istanza deve essere presentata.

§  nel processo contabile e nei giudizi di natura pensionistica dinanzi alla Corte dei conti il rimedio preventivo consiste nella presentazione di un’istanza di accelerazione almeno 6 mesi prima dello spirare del termine di ragionevole durata (art. 1-ter, commi 4 e 5);

§  nel giudizio di cassazione, la parte deve presentare un’istanza di accelerazione almeno 2 mesi prima dello spirare del termine di ragionevole durata (art. 1-ter, comma 6).

La presentazione delle istanze di accelerazione non determina alcuna alterazione nell’ordine di priorità nella trattazione dei procedimenti (art. 1-ter, comma 7). Si consideri, sul punto, l’art. 132-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, che delinea un elenco di delitti per i quali è assicurata priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza.

 

In base alla lettera b) del comma 449, il mancato esperimento dei rimedi preventivi impedisce l’equa riparazione. La sostituzione del comma 1 dell’articolo 2 della legge Pinto determina infatti l’inammissibilità della domanda di equa riparazione proposta da colui che non abbia preventivamente esercitato il diritto al rimedio preventivo.

 

La lettera c) sostituisce il comma 2-quinquies dell’articolo 2 della legge Pinto, ovvero la disposizione che individua le ipotesi in presenza delle quali l’indennizzo non è riconosciuto.

Rispetto alla normativa vigente, la riforma:

§  nega l’indennizzo non solo alla parte soccombente che nel processo civile sia stata condannata al risarcimento dei danni da lite temeraria (ai sensi dell’art. 96 c.p.c.), ma a chiunque abbia agito o resistito in giudizio pur essendo consapevole della infondatezza - originaria o sopravvenuta – delle proprie domande o difese, anche se ciò non ha determinato la condanna per lite temeraria;

Si rileva che, in assenza di indici espressi, risulterà assai complesso dimostrare che la parte ha agito con tale consapevolezza.

§  sopprime il riferimento al deposito dell’istanza di accelerazione nel processo penale, ora assorbito dal rimedio preventivo dell’art. 1-ter (v. sopra);

§  sopprime il riferimento all’estinzione del reato per prescrizione imputabile alla condotta dilatoria della parte. Se il reato è prescritto, infatti, in base al nuovo comma 2-sexies si presume l’insussistenza del danno da irragionevole durata.

 

La lettera d) inserisce due ulteriori commi all’articolo 2, con l’obiettivo di individuare una serie di ipotesi in presenza delle quali si presume insussistente il pregiudizio da irragionevole durata. Si tratta (comma 2-sexies):

§  nel processo penale, della prescrizione del reato (v. sopra) e della contumacia della parte;

§  nel processo civile, dell’estinzione del processo per rinuncia o inattività delle parti (artt. 306 e 307 c.p.c.) e dell’irrisorietà della pretesa o del valore della causa, valutata anche in relazione alle condizioni personali della parte. Trattandosi di una presunzione di insussistenza del pregiudizio da irragionevole durata, la parte che sostenga di avere subito un processo civile eccessivamente lungo dovrà sempre provare che la pretesa o il valore della causa non erano irrisorie. L’inversione dell’onere della prova, derivante dalla presunzione, impone infatti alla parte che domanda l’indennizzo di fornire tale prova.

Si valuti se l’art. 111 della Costituzione – che demanda alla legge di assicurare la ragionevole durata di ogni processo – e l’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo – in base al quale «ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata…in un tempo ragionevole» - consentano di escludere dall’indennizzo le c.d. cause bagatellari.

§  nel processo amministrativo, dell’estinzione del processo per rinuncia o inattività delle parti (art. 84 del Codice del processo amministrativo), della perenzione del ricorso (artt. 81 e 82 del medesimo codice), della mancata presentazione della domanda di riunione nel giudizio amministrativo presupposto (se sono pendenti giudizi dalla stessa parte introdotti e se ricorrono le condizioni previste dall’art. 70 del Codice del processo amministrativo), dell’introduzione di domande nuove con ricorso separato, nonostante fosse possibile introdurre motivi aggiunti (art. 43 del Codice), dell’irrisorietà della pretesa o del valore della causa, valutata anche in relazione alle condizioni personali della parte.

Un’ulteriore presunzione è introdotta dal comma 2-septies, in base al quale si presume insussistente il danno quando la parte ha conseguito, per effetto della irragionevole durata del processo, vantaggi patrimoniali uguali o maggiori rispetto alla misura dell’indennizzo che sarebbe dovuto. Anche in questo caso, dunque, per effetto dell’inversione dell’onere della prova, spetta alla parte che domanda l’indennizzo fornire la prova di non avere conseguito, a causa dalla durata irragionevole, vantaggi superiori o uguali all’indennizzo.

 

La lettera e) del comma 449 sostituisce il comma 1 dell’articolo 2-bis, che quantifica la misura dell’indennizzo. Rispetto alla formulazione vigente, che prevede un indennizzo da 500 a 1.500 euro per ciascun anno che eccede il termine di ragionevole durata, il disegno di legge di stabilità riduce la somma, portandola da 400 a 800 euro. La riforma, peraltro, stabilisce che questi nuovi parametri debbano essere applicati “di regola”, e che la somma possa essere incrementata fino al 20% per gli anni di ritardo successivi al terzo e fino al 40% per gli anni successivi al settimo. Anche l’applicazione di tali percentuali comporta comunque un risparmio per lo Stato (l’incremento del 40% di 800 euro porterebbe infatti la somma massima per il ritardo annuale a 1.120 euro, al di sotto quindi dei 1.500 euro attuali).

Sulla misura dell’indennizzo interviene anche la lettera f), che inserisce tre ulteriori commi nell’articolo 2-bis, sempre con la finalità di ridurre il possibile esborso dello Stato per la durata irragionevole del processo; infatti:

§  il comma 1-bis stabilisce che la misura dell’indennizzo può essere diminuita fino al 20% se le parti del processo sono più di 10 e fino al 40% se le parti del processo sono più di 50;

Si ricorda che l’articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo afferma che «ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata…in un tempo ragionevole», e non riconosce una specifica rilevanza, per quanto riguarda la misura di tale ragionevolezza, al numero di parti del processo, mentre l’art. 2, comma 2, della legge Pinto – non modificato dalla riforma – già dispone che il giudice debba valutare la complessità del caso.

La disposizione in commento, invece, presuppone che il numero di parti processuali influisca sui tempi del processo, come si legge anche nella relazione illustrativa, senza peraltro trarre la conclusione di allungare i termini di ragionevole durata in presenza di parti superiori a 10 o a 50.

§  il comma 1-ter stabilisce che la misura dell’indennizzo può essere diminuita fino a un terzo se la parte che avanza domanda di equa riparazione si è vista rigettare integralmente le proprie richieste;

Si ricorda che il citato art. 6 della Convenzione EDU non distingue il riconoscimento del diritto a vedere esaminata la propria causa in un tempo ragionevole, in base all’esito del processo. La soccombenza nel giudizio è infatti un esito processuale ben diverso dall’avere agito o resistito in mala fede o dall’avere abusato del processo.

§  il comma 1-quater riconosce l’indennizzo una sola volta in caso di riunione di più giudizi presupposti che coinvolgono la stessa parte. In tal caso, la somma liquidata può essere incrementata fino al 20% per ciascun ricorso riunito, quando la riunione è disposta su istanza di parte.

 

Le lettere g), h) ed i) del comma 449 modificano il procedimento per ottenere l’equa riparazione, intervenendo sull’art. 3 della legge Pinto.

La sostituzione del comma 1 (lettera g) comporta l’individuazione di un diverso giudice competente: rispetto alla normativa vigente, che attribuisce la competenza sui ricorsi della legge Pinto alla corte d’appello competente per i procedimenti riguardanti i magistrati, la riforma individua l’autorità giudiziaria competente nella corte d’appello del distretto in cui ha sede il giudice innanzi al quale si è svolto il primo grado del processo presupposto. Trattandosi di un’autorità giudiziaria che ha presumibilmente già conosciuto la controversia presupposta in sede di appello, la lettera h) – che interviene sul comma 4 dell’articolo 3 della legge Pinto – esclude che possa essere designato a provvedere sulla domanda di equa riparazione il giudice del processo presupposto. Infine, la lettera i) modifica il comma 7, aggiungendo che le risorse disponibili nei limiti delle quali può avvenire l’erogazione dell’indennizzo sono solo quelle disponibili nel relativo capitolo (ovvero nel capitolo 1264 del Ministero della giustizia e nel capitolo 1313 del Ministero dell’Economia). La norma consente, però, il ricorso al conto sospeso (v. infra, nuovo art. 5-sexies della legge Pinto).

 

La lettera l) modifica le modalità di pagamento, inserendo nella legge Pinto l’articolo 5-sexies, in base al quale, una volta che la somma da corrispondere a titolo di equa riparazione è stata liquidata dalla Corte d’appello:

§  il creditore deve presentare all’amministrazione debitrice (Ministero della giustizia, Ministero della difesa o Ministero dell’Economia e delle finanze) una dichiarazione sostituiva (artt. 46 e 47 del DPR n. 445 del 2000, sulla documentazione amministrativa) nella quale attesta il proprio credito e sceglie le modalità di riscossione (comma 1). La dichiarazione ha validità semestrale e deve essere rinnovata a richiesta dell’amministrazione (comma 2); i contenuti della dichiarazione e i documenti da allegare saranno delineati da decreti del Ministero dell’Economia e della Giustizia entro il 30 ottobre 2016 (comma 3). La trasmissione della dichiarazione completa è condizione di emissione dell’ordine di pagamento (comma 4) e, in generale, presupposto per il pagamento anche nell’ambito dell’esecuzione forzata o del pagamento compiuto dal commissario ad acta (comma 11);

§  ricevuta la dichiarazione, l’amministrazione deve effettuare il pagamento entro 6 mesi (comma 5). Solo allo spirare di tale termine il creditore può proporre ricorso per l’ottemperanza del provvedimento o procedere all’esecuzione forzata (comma 7). Se è esercitata l’azione di ottemperanza, il giudice amministrativo può nominare commissario ad acta un dirigente dell’amministrazione debitrice (comma 8);

§  come specificato anche dal comma 7 dell’art. 3 della legge Pinto (v. sopra), i pagamenti sono effettuati nei limiti delle risorse disponibili sui relativi capitoli di bilancio, “fatto salvo il ricorso ad anticipazioni di tesoreria mediante pagamento in conto sospeso”, con regolarizzazione a carico del fondo di riserva per le spese obbligatorie (comma 6);

La disposizione richiama la disciplina prevista dall’art. 14 del decreto-legge n. 669 del 1996, in base al quale, se sono attivate procedure di esecuzione forzata nei confronti di pubbliche amministrazioni, il dirigente dell’amministrazione dello Stato responsabile della spesa, in assenza di disponibilità finanziarie nel relativo capitolo del bilancio dello Stato, dispone il pagamento mediante emissione di uno speciale ordine di pagamento (SOP) rivolto all’istituto tesoriere (Banca d’Italia), da regolare in conto sospeso. In sostanza si chiede alla Banca d’Italia di procedere al pagamento registrandolo in conto sospeso, in attesa della regolarizzazione contabile che avverrà non appena saranno rese disponibili le necessarie risorse sul pertinente capitolo (cfr. Circolare n. 24 del Ministero dell’economia e delle finanze, del 27 agosto 2014).

§  l’accreditamento delle somme al creditore può essere effettuato su un conto corrente o un conto di pagamento indicato (nella dichiarazione); i pagamenti per cassa o per vaglia cambiario sono possibili solo se la somma non supera i 1.000 euro (comma 9) e in questo caso è possibile delegare un legale rappresentante alla riscossione (comma 10).

Una disposizione transitoria (comma 12) stabilisce che, nelle more dell’emanazione del D.M. sui contenuti e i modelli di dichiarazione sostitutiva, i creditori trasmettono la dichiarazione avvalendosi della modulistica presente sui siti delle amministrazioni interessate. Le dichiarazioni già presentate prima dell’entrata in vigore della riforma conservano efficacia, anche se non contengono le indicazioni previste dai commi 9 e 10.

 

La lettera m) del comma 449 interviene sull’art. 6 della legge Pinto, che già attualmente prevede una norma transitoria, per affermare che nei processi la cui durata ecceda i termini di ragionevole durata alla data del 31 ottobre 2016 e nei processi assunti in decisione alla medesima data, non si applica la condizione di procedibilità della domanda di equa riparazione introdotta all’art. 2, comma 1. In relazione a tali processi, dunque, non sarò necessario esperire i rimedi preventivi per potere eventualmente chiedere l’indennizzo (nuovo comma 3).

Analogamente, la norma transitoria precisa che nei processi amministrativi, il rimedio preventivo della presentazione dell’istanza di prelievo, condizione di procedibilità per la domanda di equa riparazione, non si applica ai processi che, alla data del 31 ottobre 2016, abbiano superato i termini di ragionevole durata (nuovo comma 4).

 

Il comma 450 modifica il Codice del processo amministrativo (D.Lgs. n. 104 del 2010). In particolare,

§  in relazione all’art. 114, comma 4, lett. e), che nell’ambito del giudizio di ottemperanza prevede che il giudice con l’accoglimento del ricorso fissi la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva e per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato, la riforma aggiunge che, se l’ottemperanza ha ad oggetto il pagamento di somme, la penalità di mora decorre dall’ordine di pagamento contenuto nella sentenza di ottemperanza e che tale penalità non è manifestamente iniqua se stabilita in misura pari agli interessi legali;

§  in relazione all’istanza di prelievo, di cui all’art. 71 del Codice, la riforma inserisce un nuovo art. 71-bis, che ne disciplina gli effetti. Il giudice, a seguito della presentazione dell’istanza di prelievo, infatti, se il contraddittorio è pieno e l’istruttoria completata, può – sentite le parti – definire il giudizio in camera di consiglio, con sentenza in forma semplificata (ex art. 74 del Codice).

 

Il comma 451 dell’articolo 39 modifica invece la disciplina sui giudici ausiliari in corte d’appello introdotta dal decreto-legge n. 69 del 2013. In particolare,

§  con la modifica all’art. 62 si consente ai giudici ausiliari di operare anche nei procedimenti relativi alla legge Pinto;

§  con la modifica all’art. 68 si dispone che nell’ambito dei 90 procedimenti che il giudice ausiliario deve definire nell’anno, i procedimenti relativi alla legge Pinto sono computati nella misura di un ottavo di provvedimento (in sostanza, per fare un provvedimento sono necessari 8 decreti di accoglimento del ricorso per l’indennizzo da violazione del termine di ragionevole durata del processo);

§  con la modifica all’art. 72 è disposto che ciascuno di tali decreti valga, ai fini dell’indennità da corrispondere trimestralmente al giudice ausiliario, 25 euro (ogni altro provvedimento che definisce un processo vale invece 200 euro).


 

Articolo 1, comma 452
(Recupero dell'accisa)

 

 

Il comma 452, introdotto nel corso dell’esame in Senato, modifica la disciplina che differisce al 31 dicembre 2017 l’esecuzione del recupero dell’accisa dal soggetto obbligato al pagamento, estendendone di fatto l’ambito applicativo.

 

Si tratta della disciplina (art. 10, comma 12-vicies del decreto-legge n. 192 del 2014, c.d. proroga termini) che, nelle more di una nuova ed apposita regolamentazione in ordine all'estinzione della pretesa tributaria, differisce al 31 dicembre 2017 l’esecuzione del recupero dell’accisa dal soggetto obbligato al pagamento, purché dalla conclusione del procedimento penale instaurato per i medesimi fatti, e definito con sentenza anteriore al 1° aprile 2010 (data di entrata in vigore del D.Lgs. 48/2010 che ha recepito nell’ordinamento la direttiva sul regime generale delle accise), non risulti il coinvolgimento dell’obbligato a titolo di dolo o colpa.

 

Si ricorda che la disposizione oggetto di modifica ha inteso definire il contenzioso nascente dall’articolo 4 del Testo unico delle accise – TUA che disciplina il cd. abbuono d’imposta (modificato da ultimo dal D.Lgs. 29/03/2010, n. 48 che ha recepito la direttiva 2008/118/CE relativa al regime generale delle accise e, in precedenza, dall’articolo 59, comma 1, lettera a) della legge n. 342 del 2000).

La richiamata norma prevede, nel solo caso di perdita irrimediabile o distruzione totale di prodotti che si trovano in regime sospensivo, l'abbuono della relativa imposta, a condizione che il soggetto obbligato provi, in un modo ritenuto soddisfacente dall'Amministrazione finanziaria, che la perdita o la distruzione dei prodotti è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore.

Se le perdite sono inerenti la natura stessa dei prodotti, in regime sospensivo, e se sono avvenute durante il processo di fabbricazione o di lavorazione al quale gli stessi vengono sottoposti nel caso in cui è già sorta l'obbligazione tributaria, l'abbuono è concesso nei limiti dei cali tecnicamente ammissibili determinati dalla disciplina tecnica emanata con decreto del MEF. Per i cali naturali e tecnici si applicano le disposizioni previste dalla normativa doganale. La disciplina dei cali di trasporto si applica anche ai trasporti di prodotti in regime sospensivo provenienti dagli Stati membri della Comunità.

La “distruzione totale” o la “perdita irrimediabile” si ha ove il prodotto risulta inutilizzabile come prodotto sottoposto ad accisa. Sono previste specifiche limitazioni per i tabacchi lavorati.

Il comma 1 dell’articolo 4 TUA prevede inoltre che, fatta eccezione per i tabacchi lavorati, i fatti imputabili a titolo di colpa non grave, a terzi o allo stesso soggetto passivo, sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore (disposizione introdotta già con l’articolo 59 della legge n. 342 del 2000).

Di conseguenza l’articolo 10, comma 12-vicies che si modifica con l’intervento in esame ha inteso a dirimere il persistente contrasto interpretativo riguardante l’applicabilità dell’abbuono nelle ipotesi di furto o rapina di prodotti detenuti in sospensione di imposta, posticipando al 31 dicembre 2017 il recupero dell’accisa nei confronti del soggetto obbligato al pagamento, ove detto soggetto passivo non risulti penalmente responsabile per il furto dei beni sottoposti ad accisa, all’esito di un procedimento penale definito con sentenza anteriore al 1° aprile 2010 (data di entrata in vigore del D.Lgs. 48/2010 che ha recepito nell’ordinamento la direttiva sul regime generale delle accise), ferma l’eventuale rivalsa sul responsabile del reato.

 

L’intervento operato con il disegno di legge di stabilità in esame:

§  estende l’applicazione del predetto differimento, che viene consentito anche quando, con sentenza definitiva, sia stata accertata la colpa del soggetto obbligato. Se la normativa vigente esclude infatti il differimento in caso di dolo o colpa, la riforma in commento fa invece riferimento a dolo e colpa grave;

§  specifica che la sentenza penale definiva, che può impedire il differimento, può essere pronunciata anche dopo il 1° aprile 2010, purché sia relativa a fatti accaduti prima del 1° aprile 2010. La disposizione vigente, infatti, esclude il differimento solo in relazione a sentenze passate in giudicato entro l’aprile 2010.

 


 

Articolo 1, commi 453-464
(
Norme per l’accelerazione degli interventi cofinanziati)

 

 

I commi da 453 a 464 introducono disposizioni volte ad agevolare la gestione finanziaria degli interventi finanziati dalle risorse europee, in particolare attraverso l’istituzione, (commi 453-461) da parte di Regioni e province autonome, di appositi organismi strumentali regionali cui assegnare in via esclusiva la gestione degli interventi europei, finanziati con risorse comunitarie e di cofinanziamento nazionale, di cui ciascuna regione è titolare in quanto soggetto attuatore di Programmi operativi attuativi dei Fondi strutturali).

Sempre nell’ottica di facilitare l'attuazione degli interventi cofinanziati dalla UE, i commi 462-464 recano poi disposizioni finalizzate ad ampliare la platea delle amministrazioni titolari di interventi cofinanziati che possono beneficiare di determinate procedure contabili agevolative dell’iter dei pagamenti.

 

Per quanto concerne il primo aspetto, il comma 453 prevede che dal 1° gennaio 2016 le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano possano istituire un proprio organismo strumentale dotato di autonomia gestionale e contabile, denominato “Organismo strumentale per gli interventi europei”, avente ad oggetto esclusivo la gestione degli interventi finanziari relativi alla realizzazione dei programmi cofinanziati dall’Unione europea.

Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera b) del D.Lgs. n. 118 del 2011 (in materia di armonizzazione dei sistemi contabili degli enti territoriali), per organismi strumentali delle regioni e degli enti locali si intendono le loro articolazioni organizzative, anche a livello territoriale, dotate di autonomia gestionale e contabile, prive di personalità giuridica.

 

Va considerato come l’istituzione degli Organismi in questione si inserisca in un succedersi di recenti interventi normativi che, in vista dell’approssimarsi del termine del ciclo di programmazione dei fondi strutturali 2007 -2013, ed alla luce dell’insoddisfacente situazione di impiego delle risorse disponibili, sono stati finalizzati all’accelerazione della spendibilità dei finanziamenti, al fine di evitare la perdita delle risorse non spese sulla base c.d. "regola dell'n+2": questa com’è noto prevede il definanziamento delle risorse comunitarie non spese entro il biennio successivo all'annualità di riferimento, definanziamento che comporta, inoltre, la parallela riduzione della quota di cofinanziamento nazionale. Il legislatore è ripetutamente intervenuto, a tal fine, sia con riguardo alle regole e procedure attinenti ai fondi europei sia a quelle concernenti le risorse nazionali, da ultimo nella legge di stabilità 2015 (L.190/2014), che quanto ai fondi europei ha ridefinito alcune regole di attivazione dei relativi programmi e rafforzato il monitoraggio sulla tempestività dei pagamenti (art.1, commi 668-677) e, quanto alle risorse nazionali, ha introdotto ulteriori disposizioni volte a rafforzare la governance e le procedure di spesa del Fondo di sviluppo e coesione (FSC). Come precisato nella relazione illustrativa, il nuovo intervento operato con l’articolo in esame è volto anche esso all’accelerazione degli interventi cofinanziati, ma, nel contempo, è altresì operato in coerenza con la “clausola investimenti[166], atteso che, a tal fine, il comma 13 (vedi scheda successiva) reca numerose disposizioni riferite al completamento dei progetti inseriti nella programmazione 2007-2013.

Deve osservarsi come la numerosità delle disposizioni introdotte, che in questa sede non si riepilogano ma che può ritenersi decorrano sostanzialmente dal decreto legislativo n 85 del 2011, istitutivo del Fondo di sviluppo e coesione (FSC), hanno dato luogo ad un complesso quadro normativo e di competenze dei vari organi, che per taluni aspetti non ha poi determinato un soddisfacente miglioramento dei tempi di utilizzo delle risorse. Gli organismi e le relative procedure contabili introdotti dai commi in esame si aggiungono ora a tale quadro, innovandolo in misura significativa.

All’istituzione dell’organismo strumentale per gli interventi europei il comma 453 dispone che si provveda con legge regionale e provinciale, la quale dovrà altresì disciplinare i rapporti tra la Regione e le Province Autonome e l’organismo strumentale e a disporre il trasferimento all’organismo di tutti i crediti regionali riguardanti le risorse europee e di cofinanziamento nazionale e di tutti i debiti regionali agli aventi diritto riguardanti gli interventi europei, risultanti da obbligazioni giuridicamente perfezionate. L’eventuale differenza positiva tra i debiti e i crediti trasferiti costituisce debito della regione o provincia autonoma nei confronti dell’organismo regionale (comma 454).

Per lo svolgimento della propria attività gli organismi strumentali si avvalgono dei beni e del personale delle relative regioni o delle province autonome (comma 455).

 

I commi da 456 a 459 recano le disposizioni contabili per la gestione delle risorse da parte degli Organismi strumentali.

In particolare, il comma 456 prevede l’apertura di appositi conti correnti di tesoreria unica, intestati agli Organismi strumentali - rispondenti alle regole del c.d. “sistema misto” di tesoreria unica, di cui all'articolo 7 del D.Lgs. n. 279/1999 - e l’istituzione di corrispondenti conti correnti presso i tesorieri delle Regioni e delle Province autonome.

Sui conti correnti di tesoreria unica vengono versate dal Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie di cui alla legge n. 183/1987 – che attualmente gestisce, attraverso apposite contabilità speciali, le risorse nazionali e dell’Unione europea relative ai fondi strutturali[167] - le risorse comunitarie e di cofinanziamento nazionale destinate alle Regioni o alle Province Autonome (comma 457). Sui suddetti conti affluiscono anche le risorse relative al cofinanziamento regionale degli stessi interventi, posto che il sistema di tesoreria unica mista – che consentirebbe di detenere tali somme direttamente presso il sistema bancario - è al momento sospeso[168].

I dati concernenti tutti gli incassi e i pagamenti effettuati, con codifica uniforme, sono trasmessi quotidianamente alla banca dati SIOPE[169] dagli Organismi strumentali, tramite i propri tesorieri, i quali non possono accettare disposizioni di pagamento prive della codificazione uniforme (comma 458).

Il comma 459 disciplina le modalità attraverso le quali le Regione e le Province Autonome, in attuazione della legge regionale e provinciale di cui sopra, registrano nelle proprie scritture patrimoniali e finanziarie il trasferimento dei debiti e dei crediti all’organismo strumentale.

In particolare, il trasferimento dei crediti e dei debiti esigibili al 31 dicembre 2015 è registrato nel bilancio di previsione 2016-2018 iscrivendo le entrate e le spese per trasferimenti da e verso l’organismo strumentale, per lo stesso importo, pari al maggior valore tra i residui attivi e passivi trasferiti, ed effettuando le necessarie regolarizzazioni contabili con i residui attivi e passivi. L’eventuale differenza tra i residui passivi e attivi concorre alla determinazione del debito o del credito della regione o della provincia autonoma nei confronti dell’organismo strumentale esigibile nell’esercizio 2016. Al fine di garantire il rispetto del principio della competenza finanziaria - di cui all’allegato n. 1 al D.Lgs. n. 118/2011 - il trasferimento dei crediti e dei debiti regionali esigibili nell’esercizio 2016 e successivi è registrato cancellando dalle scritture contabili riguardanti ciascun esercizio i relativi accertamenti e impegni e registrando l’impegno per trasferimenti all’organismo strumentale, di importo pari alla differenza tra gli impegni e gli accertamenti cancellati nell’esercizio.

I crediti e i debiti cancellati dalla regione o dalla provincia autonoma sono registrati dall’organismo strumentale, in particolare, accertando le entrate derivanti dai trasferimenti dalla Regione e dalla Provincia Autonoma a seguito dei correlati impegni della Regione e della Provincia Autonoma.

Il comma 460 estende il controllo della Corte dei conti previsto dall’articolo 1 del D.L. 10 ottobre 2012, n. 174 sulla gestione finanziaria delle regioni, anche agli organismi strumentali delle Regioni, compresi, dunque, gli istituendi organismi per gli interventi europei.

 

Si ricorda che il D.L. n. 174/2012, articolo 1, prevede in particolare:

§  un esame da parte della Corte dei conti sui bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi, con i relativi allegati, delle regioni e degli enti che compongono il Servizio sanitario nazionale, anche ai fini della verifica circa l'inclusione delle partecipazioni in società controllate gestrici di servizi pubblici o strumentali;

§  obbligo per il Presidente della regione di trasmettere alla Corte una relazione annuale sulla regolarità della gestione e sull'efficacia e sull'adeguatezza del sistema dei controlli interni, da adottarsi sulla base di apposite linee guida deliberate dalla Corte;

§  la predisposizione di una relazione annuale da parte della Corte sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate nelle leggi regionali e sulle tecniche di quantificazione degli oneri, come avviene per il settore statale; nonché il giudizio di parificazione del rendiconto di tutte le regioni, come già avviene per il rendiconto statale.

 

Il comma 461 stabilisce la non sottoposizione a procedure di esecuzione forzata delle somme giacenti sulle contabilità di tesoreria degli Organismi strumentali delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano nonché sulle contabilità di tesoreria intestate al Ministero dell’economia e delle finanze, - sulle quali, va rammentato, confluiscono oltre ai finanziamenti nazionali anche le risorse europee - destinate in favore degli interventi cofinanziati dall’Unione europea, degli interventi complementari alla programmazione europea, ivi compresi quelli di cui al Piano di Azione coesione, degli interventi finanziati con il Fondo per lo sviluppo e la coesione.

Sui fondi depositati sulle contabilità speciali e sui conti di tesoreria degli Organismi strumentali delle regioni e delle province autonome non sono ammessi atti di sequestro o di pignoramento presso le sezioni di tesoreria dello Stato a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio.

 

L’esecuzione forzata è altresì esclusa per i fondi depositati sulle contabilità speciali a disposizione delle Amministrazioni centrali dello Stato e delle Agenzie dalle stesse vigilate, su cui confluiscono le risorse comunitarie e di cofinanziamento nazionale degli interventi UE, ai sensi dell’articolo 1, comma 671, della legge n. 190/2014, come modificato dal successivo comma 11 dell’articolo in esame.

 

Si tratta delle contabilità istituite ai sensi dell’articolo 1, comma 671, della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015), al fine di accelerare e semplificare l’iter dei pagamenti riguardanti gli interventi cofinanziati dall'Unione europea, nonché gli interventi complementari alla programmazione dell'Unione europea , a titolarità delle amministrazioni centrali dello Stato. In tali contabilità, istituite presso ciascuna Amministrazione titolare degli interventi cofinanziati, il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie provvede a versare le somme a proprio carico e ciascuna amministrazione provvede ad effettuare i relativi pagamenti[170].

 

Il comma 462 novella il sopracitato comma 671 della legge di stabilità 2015 al fine di estendere anche alle Agenzie vigilate dalle amministrazioni centrali dello Stato la possibilità di gestire, tramite apposite contabilità speciali, le risorse comunitarie e di cofinanziamento nazionale relative ad interventi di politica comunitaria, nonché a quelli relativi ai piani di azione e coesione complementari alla programmazione UE, di cui esse stesse siano titolari, secondo le modalità suesposte.

Tra i soggetti interessati dalla novella in esame rientra, in particolare, l’Agenzia per la coesione territoriale – istituita dall’articolo 10 del D.L. n. 101 del 2013 - la quale è titolare di due specifici interventi nell’ambito del Piano di Azione Coesione 2007-2013, per i quali il D.M. Economia n. 16 del 2015 le ha assegnato 42,1 milioni (in particolare, rivenienti dalla riduzione del cofinanziamento del PON FESR “Governance e assistenza tecnica” 2007-2013). Vi rientra altresì l’Agenzia Nazionale per le politiche attive del lavoro, istituita dall’articolo 4 del decreto legislativo n. 150 del 2015 a decorrere dal 1° gennaio 2016.

 

Il comma 463, sempre nell’ottica di agevolare l'attuazione degli interventi cofinanziati dalla UE, amplia la platea dei programmi che possono beneficare delle anticipazioni a carico del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche europee, estendendola agli interventi a titolarità delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano.

 

Il comma 243 dell’art. 1 della legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147/2013), che viene qui novellato, autorizza il Fondo di rotazione a concedere anticipazioni delle quote comunitarie e di cofinanziamento nazionale dei programmi a titolarità delle Amministrazioni centrali dello Stato cofinanziati dall’UE - dai fondi strutturali, dai fondi FEASR e FEAMP (Sviluppo rurale e pesca), da altre linee del bilancio comunitario, nonché dei programmi complementari - nel limite complessivo di 500 milioni di euro annui, a valere sulle proprie disponibilità.

Le quote anticipate dei finanziamenti comunitari vengono poi reintegrate a valere sui successivi accrediti delle risorse comunitarie corrispondenti al programma interessato.

 

Con riferimento, invece, alle anticipazioni concesse dalle amministrazioni titolari di interventi cofinanziati dall’Unione europea in favore di soggetti privati, a valere sulle quote di cofinanziamento nazionale, il comma 463 stabilisce l’applicazione del disposto dell’articolo 131, paragrafo 4, lettera a), del Regolamento (UE) n. 1303/2013[171], come peraltro già previsto – sottolinea la Relazione tecnica - per le anticipazioni della quota comunitaria, per effetto dello stesso regolamento UE in quanto direttamente applicabile.

 

In base all’articolo 131, paragrafo 4, del Reg. UE n. 1303/2013, la domanda di pagamento può includere, nel caso degli aiuti di Stato, gli anticipi versati al beneficiario dall'organismo che concede l'aiuto qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni cumulative:

a)  tali anticipi sono soggetti a una garanzia fornita da una banca o da qualunque altro istituto finanziario stabilito in uno Stato membro o sono coperti da uno strumento fornito a garanzia da un ente pubblico o dallo Stato membro;

b)  tali anticipi non sono superiori al 40% dell'importo totale dell'aiuto da concedere a un beneficiario per una determinata operazione;

c)  tali anticipi sono coperti dalle spese sostenute dai beneficiari nell'attuazione dell'operazione e giustificati da fatture quietanzate o da documenti contabili di valore probatorio equivalente presentati al più tardi entro tre anni dall'anno in cui è stato versato l'anticipo.

 

Conseguentemente, il comma dispone l’abrogazione del comma 2 dell’articolo 56 della legge n. 52/1996 (legge comunitaria 1994) che disciplina attualmente gli anticipi, a favore di soggetti privati, sulla quota nazionale relativa al cofinanziamento dei programmi di politica comunitaria, a valere sulle risorse del fondo di rotazione, stabilendone l’erogazione previo rilascio di garanzia fideiussoria redatta in conformità al decreto del Ministro del tesoro 22 aprile 1997[172].

 

Il comma 464 disciplina il recupero delle risorse indebitamente utilizzate dai beneficiari, residenti sul territorio nazionale, dei programmi UE dell'Obiettivo "Cooperazione Territoriale Europea"[173] a titolarità di Autorità di gestione estere, rinviando a quanto previsto dall'articolo 6, comma 3, della legge n. 183/1987, sulla base delle modalità indicate in un apposito Decreto Ministeriale da adottare, previa intesa con la Conferenza Stato Regioni, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della norma in esame.

 

In base alla disposizione citata, l'amministrazione competente è tenuta a provvedere al recupero ed alla restituzione al fondo di rotazione delle somme erogate e anticipate con la maggiorazione di un importo pari al tasso ufficiale di sconto in vigore nel periodo intercorso tra la data della erogazione e la data del recupero, nonché delle eventuali penalità. Al recupero si applicano le norme vigenti per la riscossione esattoriale delle imposte dirette dello Stato.

 


 

Articolo 1, comma 465
(Completamento interventi cofinanziati 2007-2013)

 

 

Il comma 465 reca una disposizione volta ad favorire il completamento dei progetti inseriti nella programmazione dei Fondi strutturali europei 2007/2013 non conclusi alla data del 31 dicembre 2015 (termine ultimo per effettuare pagamenti), attraverso l’utilizzo delle risorse di cofinanziamento nazionale destinate all’attuazione dei programmi di azione e coesione complementari alla programmazione 2014-2020.

 

Il completamento dei progetti inseriti nel ciclo di programmazione 2007/2013 che alla suddetta data del 31 dicembre 2015 non risultino conclusi risulta operato dal comma in esame al fine di evitare che, per effetto della normativa comunitaria, gli stessi perdano i finanziamenti comunitari per via del c.d. disimpegno automatico.

 

Secondo i Regolamenti comunitari[174], in base alla c.d. "regola dell'n+2", per ogni annualità contabile delle risorse impegnate – per ciascun fondo (FSE, FESR) e programma operativo (PO) sul bilancio comunitario - la parte che non risulta effettivamente spesa e certificata alla Commissione entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello dell’impegno di bilancio viene disimpegnata automaticamente.

Il disimpegno delle risorse comunitarie comporta, oltre alla perdita ed alla restituzione alla Commissione dell’intero contributo di cui hanno usufruito gli interventi non conclusi, anche la parallela riduzione di disponibilità delle relative risorse di cofinanziamento nazionale.

 

Secondo i dati forniti dalla Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale rapporti con l’Unione europea – IGRUE sullo stato di utilizzo dei fondi strutturali al 31 agosto 2015 (quota comunitaria + cofinanziamento nazionale), le risorse ancora da spendere entro il 31 dicembre 2015 (termine ultimo per effettuare pagamenti) ammontano a circa 8,9 miliardi di euro, la maggior parte dei quali nell'area della Convergenza (circa 7,2 miliardi), come riportato nella tavola che segue:

 


 

Programmazione 2007/2013 - Obiettivi - Attuazione al 31 agosto 2015

Milioni di euro 

Programmi

Programmato 2007/2013

Impegnato

Pagato

% imp. /
 prog.

% pag. /
 prog.

Convergenza

31.493,75

40.332,10

24.306,64

128,06%

77,18%

Competitività

15.178,86

16.639,89

13.614,82

109,63%

89,70%

Cooperazione

693,90

772,63

554,67

111,34%

79,93%

Totale obiettivi

47.366,52

57.744,62

38.476,13

121,91%

81,23%

 

La tavola mette in evidenza come, alla data del 31 agosto 2015, lo stato di attuazione dei Fondi strutturali si attesta, per ciò che attiene agli impegni complessivamente assunti, ad un valore pari a circa il 122% del contributo totale. Il livello dei pagamenti complessivi ha raggiunto i 38,5 miliardi complessivi, corrispondenti all’81,2% delle risorse programmate.

Tali percentuali sono riferite ad un ammontare complessivo di risorse disponibili pari a 47,4 miliardi di euro (31,5 dell’Obiettivo Convergenza, 15,2 dell’Obiettivo Competitività e 0,7 dell’Obiettivo Cooperazione), che considerano - rispetto ai 60 miliardi originari - gli effetti degli aggiornamenti del Piano di Azione Coesione[175].

 

Al fine di assicurare alle Amministrazioni interessate la disponibilità delle risorse finanziarie occorrenti per il completamento dei progetti in questione, il comma in esame prevede l’utilizzo delle risorse destinate dal CIPE all’attuazione dei programmi complementari della programmazione 2014-2020.

 

Più in particolare, la norma in commento prevede che la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la coesione territoriale, entro 60 giorni dalla data di approvazione della legge di stabilità 2016, previa ricognizione delle esigenze di finanziamento presso le Amministrazioni titolari dei progetti stessi, presenti al CIPE una proposta di utilizzo delle risorse che la delibera CIPE 28 gennaio 2015, n. 10[176] destina all’attuazione dei programmi di azione e coesione complementari alla programmazione comunitaria 2014-2020, già previste, dunque, a carico del fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie.

Si tratta di quei programmi previsti dall’articolo 1, comma 242, della legge di stabilità 2014, “complementari” appunto rispetto ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione europea 2014-2020, finanziati con le disponibilità del Fondo di rotazione resesi disponibili a seguito di eventuali riduzioni del tasso di cofinanziamento nazionale inizialmente programmato, ai sensi del Reg. (UE) n. 1303/2013[177], che vengono pertanto trasferite al di fuori dei programmi operativi stessi, a favore di interventi definiti, appunto, complementari rispetto ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione europea 2014-2020.

Gli interventi complementari sono inseriti nell’ambito di “Programmi di azione e coesione”, i cui contenuti sono definiti in partenariato tra le Amministrazioni nazionali aventi responsabilità di coordinamento dei Fondi SIE e le singole Amministrazioni interessate, sotto il coordinamento dell’Autorità politica delegata per le politiche di coesione territoriale (art., co. 676 e 677[178], legge n. 190/2014). I singoli Programmi di azione e coesione saranno adottati con delibere del CIPE.

Secondo quanto indicato nella delibera CIPE n. 10/2015, le risorse del Fondo di rotazione resesi disponibili a seguito dell'adozione di Programmi operativi con un tasso di cofinanziamento nazionale inferiore al 50 per cento (per le Regioni) e al 45 per cento (per le Amministrazioni centrali) concorrono al finanziamento dei programmi di azione e coesione destinati ai medesimi territori.

Nel complesso, la delibera CIPE n. 10/2015 assegna agli interventi complementari circa 7,4 miliardi (dei 24 miliardi complessivi di cofinanziamento nazionale per la programmazione 2014-2020)[179], importo al momento inferiore agli importi di pagamenti ancora da effettuare alla data del 31 agosto 2015.

 

La norma prevede, infine, che le risorse dei programmi complementari utilizzate per i completamenti riguardanti i progetti non conclusi della programmazione 2007-2013 a titolarità di Amministrazioni che non risultano beneficiarie di programmi complementari, siano reintegrate nella loro dotazione, da parte del CIPE, a valere sulle disponibilità del Fondo sviluppo e coesione – presumibilmente quelle della programmazione 2014-2020, sebbene non precisato dalla norma - previste per gli anni successivi al 2016.

 

In merito all’utilizzo delle risorse suddette, la Relazione illustrativa sottolinea come l’utilizzo delle stesse sia necessaria in quanto i progetti cofinanziati dall'Unione europea non conclusi alla chiusura del ciclo di programmazione 2007-2013 devono obbligatoriamente essere conclusi con risorse nazionali entro il 31 marzo 2017, pena la perdita e restituzione alla Commissione europea dell’intero contributo europeo di cui tali interventi hanno usufruito nel periodo 2007-2013.

La Relazione sottolinea, inoltre, come tale norma rilevi anche ai fini della “clausola investimenti”, in quanto le spese per questi progetti (che necessariamente dovranno sostenersi nel 2016) possono costituire una riserva da utilizzare a dimostrazione del raggiungimento della quota dello 0,3% del PIL di investimenti, in sede di rendicontazione.

Al momento, la Commissione non considera le spese per i completamenti di tali progetti "tecnicamente" dei cofinanziamenti nazionali, tuttavia uno degli obiettivi del negoziato con Bruxelles sulla clausola investimenti è fare accettare ai fini della clausola anche tali spese che di fatto riguardano progetti che hanno tutti i requisiti di quelli già ritenuti ammissibili alla clausola da parte della Commissione.

Secondo la Comunicazione della Commissione Europea del 13 gennaio 2015, alcune tipologie di investimento cofinanziate dall’Unione Europea sono considerate equivalenti ad importanti riforme strutturali e possono giustificare una deviazione temporanea dall’MTO o dal percorso di avvicinamento ad esso. Affinché la clausola possa essere attivata, devono essere soddisfatte le seguenti condizioni: la crescita del PIL è negativa o il PIL resta ben al di sotto del suo potenziale; la deviazione non implica il superamento del valore di riferimento del 3% fissato per il disavanzo ed è mantenuto un opportuno margine di sicurezza; i livelli degli investimenti aumentano di conseguenza in modo effettivo; la deviazione è compensata entro l’orizzonte temporale del programma di stabilità o di convergenza dello Stato membro. Gli investimenti ammissibili sono le spese nazionali per progetti cofinanziati dall’UE nel quadro della politica strutturale e di coesione, delle reti transeuropee e del meccanismo per collegare l’Europa, nonché il cofinanziamento da parte degli Stati membri di progetti di investimento finanziati anche dal Fondo europeo per gli investimenti strategici.

Nel Documento programmatico di bilancio 2016 inviato alla Commissione il 15 ottobre 2015 il Governo italiano ha dichiarato che intende avvalersi nel 2016 della clausola, richiedendo una deviazione temporanea dal percorso di convergenza verso l’Obiettivo di Medio Periodo di 0,3 punti percentuali del PIL. Essa equivale ad una quota di investimenti UE cofinanziati pari a 5,15 miliardi di euro, che attiva investimenti supplementari stimati in circa 11,3 miliardi.

 

Com’è noto, in ordine alla clausola in esame si è espressa positivamente la Commissione europea nel documento del 16 novembre 2015 mediante cui ha concluso la propria valutazione dei documenti programmatici di bilancio (DPB) che gli Stati membri della zona euro hanno presentato entro il 15 ottobre[180].

La Commissione ha ritenuto in proposito che sulla base delle proprie previsioni risultino rispettate le condizioni per l'attivazione della predetta clausola, che comporta la deviazione dello 0.3 per cento di Pil dal percorso di aggiustamento del nostro Paese verso l’obiettivo di medio termine (il pareggio strutturale di bilancio, previsto nel DPB per il 2018).

Nel contempo tale valutazione si inserisce in un parere non del tutto positivo del contenuto del Documento programmatico di bilancio, del quale la Commissione ha rilevato un potenziale rischio di non conformità con i requisiti del Patto di Stabilità e Crescita per il 2016, con possibilità di deviazione significativa dal percorso di avvicinamento verso l'obiettivo a medio termine (OMT). La Commissione ha considerato pertanto necessario continuare a monitorare il rispetto degli obblighi previsti dal PSC, anche in vista della valutazione del prossimo Programma di stabilità ed, in tale ambito essa, “ valuterà con attenzione” se la deviazione dal percorso di aggiustamento determinato dalla clausola in esame (vale a dire lo 0,3 di deficit richiesto) “sia effettivamente usata per aumentare gli investimenti”.


 

Articolo 1, commi 466-468
(Approvazione di variante urbanistica o espletamento di procedure VAS o VIA nell’ambito della programmazione del FSC)

 

 

I commi dal 466 al 468, inseriti nel corso dell’esame al Senato concernono la disciplina riguardante l’assunzione di obbligazioni giuridicamente vincolanti nell’ambito della programmazione relativa al Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) 2007-2013, qualora risultino necessari l'approvazione di una variante urbanistica, ovvero l'espletamento di procedure di valutazione ambientale strategica (VAS) o di valutazione di impatto ambientale (VIA).

 

Il comma 466 proroga di un anno, dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016, il termine per l'assunzione di obbligazioni giuridicamente vincolanti, qualora, nell'ambito della programmazione relativa al FSC 2007-2013, si renda necessaria l'approvazione di una variante urbanistica, ovvero l'espletamento di procedure di VAS o di VIA.

 

Si ricorda che il comma 465 reca una disposizione volta a favorire il completamento dei progetti inseriti nella programmazione dei Fondi strutturali europei 2007/2013 non conclusi alla data del 31 dicembre 2015 (termine ultimo per effettuare pagamenti), attraverso l’utilizzo delle risorse di cofinanziamento nazionale destinate all’attuazione dei programmi di azione e coesione complementari alla programmazione. Il completamento dei progetti inseriti nel ciclo di programmazione 2007/2013, che alla data del 31 dicembre 2015 non risultino conclusi, è assicurato dal comma 465 al fine di evitare che, per effetto della normativa comunitaria, gli stessi perdano i finanziamenti europei per via del c.d. disimpegno automatico.

 

Con riferimento alla disciplina relativa all’assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti (OGV), era precedentemente intervenuta la delibera CIPE n.21 del 30 giugno 2014 (“Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007-2013. Esiti della ricognizione di cui alla delibera CIPE n.94/2013 e riprogrammazione delle risorse”), di cui le disposizioni in esame operano una parziale legificazione. Al paragrafo 6 di detta delibera veniva fissato al 31 dicembre 2015 il termine per l’assunzione delle OGV per il complesso delle risorse assegnate alle Amministrazioni centrali e regionali per l’intero ciclo di programmazione 2007-2013. Si stabiliva tuttavia che l’eventuale assunzione delle OGV entro il 30 giugno 2016 non avrebbe comportato la revoca definitiva delle risorse, bensì avrebbe determinato solo l’applicazione di una sanzione complessiva pari all’1,5% dell’importo.

Al comma 467 si prevede che, qualora l'obbligazione giuridicamente vincolante sia assunta, pur nel rispetto del nuovo termine di cui al comma 466, successivamente al 30 giugno 2016, si debba comunque applicare una sanzione, pari all’1,5% del finanziamento totale concesso.

Al successivo comma 468 si dispone che la mancata assunzione di obbligazioni giuridicamente vincolanti nel termine prorogato determina la definitiva revoca del finanziamento.

 

Rispetto alla disciplina prevista dalla citata delibera CIPE n.21 del 2014, che fissava un termine (il 31 dicembre 2015) per l’assunzione di eventuali obbligazioni giuridicamente vincolanti, le quali avrebbero potuto comunque essere assunte nei sei mesi successivi a detto termine con l’applicazione di una sanzione pari all’1,5 % del finanziamento, decorsi i quali si sarebbe proceduto alla revoca delle risorse, la disciplina in esame interviene, nella sostanza, prorogando, per le fattispecie richiamate al comma 467, il precedente regime di sei mesi. In effetti, con le disposizioni in commento, da un lato, l’assunzione di obbligazioni giuridicamente vincolanti tra il 1 gennaio ed il 30 giugno 2016 non fa scattare la sanzione invece prevista dalla disciplina di cui alla delibera CIPE e, dall’altro, la medesima obbligazione può essere assunta, sebbene con l’applicazione della citata sanzione, nel periodo dal 1 luglio al 31 dicembre 2016.


 

Articolo 1, comma 469
(Fondo per il recepimento della normativa europea)

 

 

Il comma 469 prevede un incremento della dotazione del Fondo per il recepimento della normativa europea, nell'ambito dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Tale incremento è quantificato in 50 milioni di euro per il 2016 e in 100 milioni di euro per il periodo 2017-2020. Come evidenziato dal successivo comma 470, la disposizione in oggetto è finalizzata al pagamento degli oneri derivanti dall'esecuzione delle sentenze di condanna inflitte dalla Corte di giustizia dell'Unione europea a carico dell'Italia.

 

L'articolo 1 comma 469 prevede che la dotazione del Fondo di cui all'articolo 41-bis, comma 1, della legge 23 dicembre 2012, n. 234, sia incrementata di 50 milioni di euro per l'anno 2016 e di 100 milioni di euro annui per il periodo 2017-2020.

L'articolo 41-bis della legge 234/12, introdotto dalla legge 29 luglio 2015, n. 115 (Legge europea 2014), ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un fondo, con una dotazione iniziale di 10 milioni di euro per il 2015 e di 50 milioni annui a partire dal 2016, "al fine di consentire il tempestivo adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi imposti dalla normativa europea, nei soli limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi medesimi e in quanto non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni".

Come evidenziato dal successivo comma 470, l'incremento di cui al presente comma è finalizzato al pagamento degli oneri derivanti dall'esecuzione delle sentenze di condanna inflitte dalla Corte di giustizia dell'Unione europea a carico dell'Italia. La relazione illustrativa evidenzia, in proposito, come i commi 469 e 470 consentano di trattare "in maniera univoca e strutturata gli oneri collegati all'adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi imposti dalla normativa europea e quelli correlati a sentenze di condanna della Corte di giustizia dell'UE".

 


 

Articolo 1, comma 470
(Sentenze della Corte di giustizia UE:
oneri finanziari e poteri di rivalsa)

 

 

Il comma 470 prevede che, ai fini della tempestiva esecuzione delle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia dell'Unione europea e al pagamento degli oneri finanziari a esse connessi, si provveda, per un limite massimo di 50 milioni di euro per il 2016 e di 100 milioni di euro per il periodo 2017-2020, col il Fondo di cui all'art. 41-bis comma 1 della legge 234/12, come incrementato dal precedente comma 469. A fronte dei pagamenti effettuati, il Ministero dell'economia e delle finanze, sul cui stato di previsione insiste il Fondo, attiva il procedimento di rivalsa a carico delle amministrazioni responsabili delle violazioni che hanno determinato le sentenze di condanna: procedimento che prevede espressamente la possibilità di attivare la compensazione con trasferimenti dello Stato verso le suddette amministrazioni.

 

Il comma 470 sostituisce integralmente l'articolo 43, comma 9-bis della legge n. 234 del 2012, introdotto dal decreto-legge n. 1/2015 e successivamente modificato dal decreto-legge n. 78/2015, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125.

Il nuovo testo dell'art. 43, comma 9-bis, prevede che, ai fini della tempestiva esecuzione delle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 260, paragrafi 2 e 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, al pagamento dei relativi oneri finanziari si provveda a carico del Fondo di cui all'articolo 41-bis, comma 1 della stessa legge 234/12, come modificato dal comma 469 del medesimo art. 1, per un limite massimo di 50 milioni di euro nel 2016 e di 100 milioni di euro nel periodo 2017-2020.

L'art. 260 del TFUE rappresenta una delle innovazioni più significative introdotte, in tema di contenzioso tra Unione europea e Stati membri, dal Trattato di Lisbona. Esso interviene sul precedente art. 228 del TCE nel senso di:

a)     accelerare significativamente, al paragrafo 2, la procedura che, in caso di mancata adozione da parte di uno Stato membro delle misure richieste da una sentenza della Corte, può portare, su proposta della Commissione, al pagamento di una somma forfettaria o di una penalità;

b)     prevedere la possibilità per la Commissione, nel proporre ricorso davanti alla Corte a fronte di uno Stato membro che "non abbia adempiuto all'obbligo di comunicare le misure di attuazione di una direttiva adottata secondo una procedura legislativa", di indicare l'importo della somma forfettaria o della penalità da versare. In tal caso, constatato l'inadempimento, la Corte "può comminare allo Stato membro in questione il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità entro i limiti dell'importo indicato dalla Commissione", e tale pagamento è esigibile alla data fissata dalla Corte stessa nella sentenza.

 

Come già evidenziato a proposito del comma 469 dell'art. 1, la convergenza a carico di un medesimo Fondo degli oneri derivanti dall'adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi imposti dalla normativa europea e a quelli correlati a sentenze di condanna della Corte di giustizia UE persegue l'intento di addivenire a un trattamento univoco e strutturato di due materie finora distinte.

Il comma 470 intende altresì conferire una maggiore incisività alla procedura di rivalsa da parte dello Stato nei confronti delle Amministrazioni responsabili delle violazioni. Viene infatti previsto che il Ministero dell'economia e delle finanze, sul cui stato di previsione insiste il Fondo e che ha pertanto in carico la procedura di rivalsa, possa attivare una "compensazione con i trasferimenti da effettuarsi da parte dello Stato in favore delle amministrazioni stesse".

Si ricorda, in proposito, che l'art. 43, comma 9-bis della legge 234 prevedeva già l'attivazione di una compensazione, ma limitata alle "risorse accreditate dall'Unione europea per il finanziamento di interventi comunitari riguardanti iniziative a titolarità delle stesse amministrazioni e corrispondenti cofinanziamenti nazionali".

 

Si valuti l’opportunità di un migliore coordinamento tra il nuovo comma 9-bis dell’articolo 43 della legge 234, che prevede la possibilità di attivare una compensazione con i trasferimenti da effettuarsi da parte dello Stato verso le Amministrazioni responsabili, e il comma 3 del medesimo articolo 43, che prevede il diritto dello Stato a rivalersi “sulle risorse del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e degli altri fondi aventi finalità strutturali”.

 

Sanzioni pecuniarie
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

Ai sensi dell’art. 260 del TFUE, le sanzioni che la Corte di giustizia può comminare ad uno Stato membro per violazioni del diritto dell'UE consistono in una somma forfetaria e/o in una penalità di mora. Le due sanzioni possono essere inflitte cumulativamente qualora la violazione del diritto dell'Unione sia particolarmente grave e persistente.

Nel fissare le sanzioni, sono applicati opportuni coefficienti che tengono conto, caso per caso, della natura della violazione, della sua durata e della capacità dello Stato membro. I coefficienti sono aggiornati periodicamente, sulla base dell’anda­mento dell’inflazione e del prodotto interno lordo di ciascuno Stato membro.

Applicando i coefficienti, per l'Italia la sanzione forfettaria minima è pari a circa 8.916.000 euro, cui può aggiungersi una penalità di mora pari ad un minimo di 10.753,5 ed ad un massimo di circa 645.210 euro per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione della sentenza, a seconda della gravità dell'infrazione.

 

L'Italia ha subito sinora quattro condanne pecuniarie.

La prima, relativa al mancato recupero degli aiuti illegittimamente concessi dall’Italia per l’assunzione di lavoratori mediante i contratti di formazione e lavoro, prevedeva il pagamento:

§  di 30 milioni di euro a titolo forfettario;

§  di una ulteriore penalità, per ogni sei mesi di ritardo nell'attuazione della sentenza, pari alla moltiplicazione dell’importo di base di 30 milioni per la percentuale degli aiuti illegali incompatibili il cui recupero non è ancora stato effettuato o non è stato dimostrato rispetto al totale degli aiuti non recuperati

Nella seconda condanna, relativa alle discariche abusive, è stato seguito un criterio più complesso: una somma forfetaria di 40 milioni di euro più una penalità decrescente su base semestrale di 42,8 milioni dalla quale però devono essere detratti 400.000 euro per ciascuna discarica contenenti rifiuti pericolosi messa a norma e 200.000 euro per le altre discariche regolarizzate.

Con la terza condanna. determinata dall’inesatta applicazione nella regione Campania degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12/CE, relativa ai rifiuti, l’Italia è tenuta al pagamento di:

§  una penalità di 120.000 euro per ciascun giorno di ritardo nell’attuazione della precedente sentenza del 2010; tale cifra è calcolata moltiplicando un importo giornaliero di 40.000 euro per le tre categoria di impianti (discariche, termovalorizzatori e impianti di trattamento dei rifiuti organici) per cui si è rilevata l’inesatta applicazione della direttiva;

§  una somma forfettaria di 20 milioni di euro.

Con la quarta condanna, intervenuta il 17 settembre 2015 per il mancato recupero degli aiuti concessi a favore delle imprese nel territorio di Venezia e Chioggia, l’Italia è tenuta al pagamento di:

-     una penalità di importo pari a 12 milioni di euro per semestre di ritardo nell’esecuzione delle misure necessarie per ottemperare alla precedente del 2009. La penalità decorre dal giorno della pronuncia della sentenza del 2015;

-     una somma forfettaria pari a 30 milioni di euro.


 

Articolo 1, comma 471
(Sentenze della Corte di Giustizia UE: poteri sostitutivi)

 

 

Il comma 471 interviene a disciplinare nel dettaglio la tempistica e le procedure da porre in essere in caso di violazione della normativa europea accertata con sentenza della Corte di giustizia.

Le misure previste vanno dall'assegnazione agli enti inadempienti di un termine congruo per l'adozione dei provvedimenti richiesti all'attivazione di poteri sostitutivi da parte del Governo o alla nomina di apposito commissario.

 

L'articolo 1, comma 471 modifica l'art. 41 della legge n. 234 del 2012 nel senso di inserire, dopo il comma 2, due ulteriori commi, 2-bis e 2-ter, relativi alle procedure da attivare in caso di violazione della normativa europea accertata con sentenza della Corte di giustizia, e all'utilizzo di poteri sostitutivi da parte del Governo.

L'articolo 41 della legge 234/12, relativo ai poteri sostitutivi dello Stato, prevede attualmente:

a)     al comma 1, la possibilità per lo Stato di adottare i provvedimenti di attuazione degli atti dell'Unione europea nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, "al fine di porre rimedio all'eventuale inerzia dei suddetti enti";

b)     al comma 2, le misure da intraprendere per l'adozione "di provvedimenti, anche urgenti, diversi dalla legge di delegazione europea e dalla legge europea, necessari a fronte di atti normativi dell'Unione europea o di sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea ovvero dell'avvio di procedure d'infrazione nei confronti dell'Italia che comportano obblighi statali di adeguamento", nel caso in cui tali obblighi "riguardino materie di competenza legislativa o amministrativa delle regioni e delle province autonome.

 

Ora, i commi 2-bis e 2-ter intervengono, più nello specifico, sui casi di violazione della normativa europea accertata con sentenza della Corte di giustizia che comporti la condanna al pagamento di sanzioni, prevedendo una procedura mirata.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia e sentiti gli enti inadempienti, assegna loro termini congrui per l'adozione di ciascuno dei provvedimenti e atti necessari a conformarsi alla sentenza - interrompendo così gli effetti della sanzione.

Decorso inutilmente anche uno solo dei termini fissati, il Consiglio dei ministri, sentito l'ente interessato, adotta i provvedimenti necessari o procede alla nomina di un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri nella quale si provvede in tal senso deve essere invitato il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata.

In caso di nomina di un commissario ad hoc, a quest'ultimo, ove necessario, è attribuita la facoltà di avvalersi delle strutture e degli uffici regionali, nonché degli uffici tecnici e amministrativi dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane.

 

 


 

Articolo 1, comma 472
(
Risorse proprie bilancio UE)

 

 

Il comma 472 provvede a dare piena e diretta esecuzione alla decisione del Consiglio del 26 maggio 2014 relativa alle risorse proprie dell'Unione europea (UE) per il periodo 2014-2020. Tale decisione entrerà in vigore dopo l'approvazione da parte di tutti gli Stati membri dell'UE, in conformità alle rispettive norme costituzionali, e si applicherà retroattivamente dal 1º gennaio 2014.

In base alla nuova disciplina, l'Unione potrà mobilitare risorse proprie da destinare a stanziamenti per pagamenti fino a un importo massimo dell'1,23% della somma del reddito nazionale lordo di tutti gli Stati membri nel corso del periodo 2014-2020, mentre l'importo totale degli stanziamenti per impegni non potrà superare l'1,29% del reddito nazionale lordo dell'UE.

 

 

Il comma 472 dà piena e diretta esecuzione alla decisione . 335/2014/UE/Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, relativa al sistema delle risorse proprie dell'Unione europea.

La decisione fissa le norme relative all'attribuzione delle risorse proprie dell'Unione al fine di assicurare il finanziamento del bilancio annuale, conformemente all'articolo 311 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

 

La disciplina delle risorse proprie per il 2014-2020 è costituita da un pacchetto di misure legislative collegate al quadro finanziario pluriennale (QFP) dell'Unione europea che, oltre alla decisione in oggetto, comprende:

§  il regolamento (UE, Euratom) n. 608/2014 del Consiglio che stabilisce misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie dell'Unione europea;

§  il regolamento (UE, Euratom) n. 609/2014 del Consiglio concernente le modalità e la procedura di messa a disposizione delle risorse proprie tradizionali e delle risorse proprie basate sull'IVA e sull'RNL, nonché le misure per far fronte al fabbisogno di tesoreria.

 

La decisione stabilisce che, per il periodo 2014-2010, costituiscono risorse proprie iscritte nel bilancio dell'Unione le entrate provenienti da:

 

1)     Le risorse proprie tradizionali.

·        Tali sono le risorse costituite da prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, importi o elementi aggiuntivi, dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni dell'Unione sugli scambi con Paesi terzi, dazi doganali sui prodotti che rientrano nell'ambito di applicazione del Trattato, ormai scaduto, che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nonché contributi e altri dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero.

·        Dal 1° gennaio 2014, gli Stati membri trattengono, a titolo di spese di riscossione, il 20% degli importi riscossi (in luogo del 25% previsto per il periodo 2007-2013).

·         

2)     L'applicazione di un'aliquota uniforme, valida per tutti gli Stati membri, agli imponibili IVA armonizzati, determinati secondo le regole dell'Unione.

·        Per ciascuno Stato membro, l'imponibile da prendere in considerazione a tal fine non è superiore al 50% del reddito nazionale lordo (RNL).

·        L'aliquota uniforme è fissata allo 0,30%.

·        Limitatamente al periodo 2014-2020, la Germania, i Paesi Bassi e la Svezia beneficiano di un'aliquota di prelievo della risorsa propria basata sull'IVA ridotta allo 0,15%.

·         

3)     L'applicazione di un'aliquota uniforme - che sarà fissata secondo la procedura di bilancio, tenuto conto del totale di tutte le altre entrate - alla somma degli RNL di tutti gli Stati membri.

·        Limitatamente al periodo 2014-2020, la Danimarca, i Paesi Bassi e la Svezia beneficiano di riduzioni lorde del proprio contributo annuo basato sull'RNL pari, rispettivamente, a 130 milioni di euro, 695 milioni di euro e 185 milioni di euro.

·        L'Austria beneficia di una riduzione lorda del proprio contributo annuo basato sull'RNL pari a 30 milioni di euro nel 2014, a 20 milioni di euro nel 2015 e a 10 milioni di euro nel 2016.

 

Costituiscono inoltre risorse proprie iscritte nel bilancio dell'Unione le entrate provenienti da nuove imposte eventualmente istituite nell'ambito di una politica comune.

Per assicurare una rigorosa disciplina di bilancio, la decisione stabilisce che il massimale delle risorse proprie attribuite all'Unione non superi l'1,23% della somma dell'RNL di tutti gli Stati membri per gli stanziamenti annuali di pagamento e l'1,29% della somma dell'RNL di tutti gli Stati membri per gli stanziamenti annuali d'impegno.

Viene mantenuto il meccanismo di correzione degli squilibri di bilancio a favore del Regno Unito. La decisione definisce le modalità secondo le quali l'onere finanziario della correzione è assunto dagli Stati membri diversi dal Regno Unito.

Gli Stati membri sono tenuti a comunicare al Segretario generale del Consiglio l'espletamento delle procedure richieste dalle rispettive norme costituzionali per l'adozione della decisione, la quale entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo al ricevimento di tutte le comunicazioni (art. 11).

Per assicurare la transizione al sistema riveduto delle risorse proprie e per far sì che questa coincida con l'esercizio finanziario, la decisione verrà applicata a decorrere dal 1° gennaio 2014.

 

Procedimenti di ratifica della decisione

Alla data del 29 ottobre 2015, i Paesi che hanno ratificato la decisione e notificato la ratifica al Segretario generale del Consiglio, sono i seguenti:

- Austria
- Bulgaria
- Repubblica ceca
- Germania
- Danimarca
- Finlandia
- Spagna
- Regno Unito
- Ungheria
- Croazia
- Lituania
- Malta
- Paesi Bassi
- Portogallo
- Svezia
- Slovenia
- Slovacchia


 

Articolo 473
(Adeguamento per via regolamentare di atti dell'Unione europea)

 

Il comma 473 reca una nuova disciplina autonoma rispetto al dettato della L. n. 400/1988[181] (art. 17, co. 3), in merito a quanto previsto dall'articolo 36, co. 1, della L. 234/2012[182], riguardante l'adozione di regolamenti che rendano applicabili atti dell'Unione europea, qualora essi siano adottati in esecuzione di disposizioni già recepite nell'ordinamento nazionale. A tal fine specifica che le parole "con decreto adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal Ministro competente per materia" siano sostituite con le parole "decreto del Ministro competente per materia".

 

 


 

Articolo 1, comma 474
(Equiparazione dei liberi professionisti alle imprese ai fini dell’accesso ai Piani PON e POR)

 

 

Il comma 474, introdotto nel corso dell’esame al Senato, è finalizzato ad equiparare i liberi professionisti esercenti attività economica alle PMI ai fini dell’accesso ai Fondi strutturali europei (Fondi FSE e FESR) 2014/2020.

 

In particolare tale comma dispone che i Piani operativi POR e PON dei fondi Fondo sociale europeo (FSE) e Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), rientranti nella Programmazione dei fondi strutturali europei 2014/2020, si intendono estesi anche ai liberi professionisti, in quanto equiparati alle PMI come esercenti attività economica, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, dalla Raccomandazione della Commissione europea 6 maggio 2003/361/CE e dal Regolamento UE n. 1303/2013, ed espressamente individuati, dalle Linee d'azione per le libere professioni, del Piano d'azione imprenditorialità 2020, come destinatari a tutti gli effetti dei fondi europei stanziati fino al 2020, sia diretti che erogati tramite Stati e regioni.

 

La Raccomandazione 6 maggio 2003, n. 2003/361/CE della Commissione UE relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese considera (Allegato, Titolo I) all’articolo 1, impresa ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un'attività economica. In particolare sono considerate tali le entità che esercitano un'attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che esercitino un'attività economica.

Ai sensi dell’articolo 2 dell’Allegato sono micro, piccole e medie imprese quelle imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di EUR o il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR. In particolare, si definisce piccola impresa un'impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di EUR. È microimpresa un'impresa che occupa meno di 10 persone con un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di EUR[183].

Il Regolamento UE n. 1303/2013[184] che disciplina – per il periodo 2014/2020 - i Fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE) nell’ambito di un quadro strategico comune, definisce - ai fini delle disposizioni in esso contenute - PMI le microimprese, le piccole imprese o le medie imprese quali definite nella sopra citata Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione (articolo 2, n. 28)).

 

Si osserva che attualmente i Fondi strutturali in questione sono attualmente diretti a soggetti esercenti attività d’impresa che rientrano nei campi di intervento consentiti da medesimi Fondi, campi individuati negli atti esecutivi del Quadro strategico comune dei Fondi SIE di cui al Regolamento UE n. 1303/2013. Per la definizione di PMI si prende dunque a riferimento l’articolo 2 dell’Allegato, Titolo I della Raccomandazione n. 2003/361/CE.

 

Sulla questione delle libere professioni si segnala che nell'ambito del Piano d'azione imprenditorialità 2020[185] COM(2012) 795 final del 9 gennaio 2013 è stato pertanto istituito un gruppo di lavoro denominato "Bolstering the Business of Liberal Professions" (Rafforzamento dell'attività delle libere professioni), il cui scopo è esaminare le esigenze specifiche dei liberi professionisti, come ad esempio la semplificazione, l'internazionalizzazione e l'accesso ai finanziamenti. In occasione della conferenza sulle libere professioni del 9 aprile 2014 il gruppo di lavoro ha presentato una serie di linee d'azione: 1) istruzione e formazione all'imprenditorialità; 2) accesso ai mercati; 3) accesso ai finanziamenti; 4) riduzione degli oneri normativi e 5) rafforzamento della rappresentazione e della partecipazione a livello europeo.

Nell’accesso ai finanziamenti si cita la necessità di rafforzare l'accesso agli strumenti di finanziamento per la competitività e le PMI (COSME ) e agli altri programmi. Nella Relazione del gruppo di lavoro si legge che per “libere professioni si intendono occupazioni che richiedono specifiche formazioni umanistiche o scientifiche, quali notai, ingegneri, architetti, medici e commercialisti”.

 

Con riguardo alla individuazione del “libero professionista” si rammenta inoltre che il quadro normativo europeo che disciplina le libere professioni è soggetto a una regolamentazione e una supervisione professionali specifiche da parte di organismi professionali a livello nazionale e comprende la direttiva 2013/55/UE sulle qualifiche professionali e la direttiva 2006/123/CE sui servizi.

La Corte di Giustizia (sentenza 11 ottobre 2011 “Adam” Causa c-267/88) afferma che “ le libere professioni di cui all’allegato F, punto 2, della sesta direttiva 77/388 sono attività che presentano un pronunciato carattere intellettuale, richiedono una qualificazione di livello elevato e sono normalmente soggette ad una normativa professionale precisa e rigorosa. Nell’esercizio di un’attività del genere, l’elemento personale assume rilevanza particolare e un siffatto esercizio presuppone, in ogni caso, una notevole autonomia nel compimento degli atti professionali”.

 

Sul tema si richiama da ultimo, al riguardo, il Regolamento UE 11 dicembre 2013, n. 1287/2013 che istituisce un programma per la competitività delle imprese e le piccole e le medie imprese (COSME) (2014 – 2020).

L’articolo 5 stanzia per l'attuazione del programma COSME 2.298 milioni di euro, disponendo che non meno del 60% siano destinati a strumenti finanziari. Gli stanziamenti annuali sono autorizzati dal Parlamento europeo e dal Consiglio nei limiti del quadro finanziario pluriennale.

Anche tale regolamento afferma che il programma COSME dovrebbe riguardare in particolare le PMI, come definite nella Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione sopra citata.

Ai sensi dell’articolo 17, comma 2 del Regolamento, gli strumenti finanziari per le PMI possono, se del caso, essere combinati e integrati con altri strumenti finanziari istituiti dagli Stati membri e dalle loro autorità di gestione finanziati con fondi nazionali o regionali o nel contesto delle attività dei fondi strutturali, conformemente all'articolo 38, paragrafo 1, lettera a), del Regolamento (UE) n. 1303/2013.

 

 

Al riguardo, si valuti se, al fine di prevenire possibili difficoltà applicative derivanti dall’introduzione nell’ambito del quadro normativo nazionale della categoria prevista dal comma in esame, non risulti opportuna una più specifica individuazione normativa circa i liberi professionisti esercenti attività d’impresa.

 


 

Articolo 1, commi 475-482
(Investimenti europei e Istituto nazionale di promozione)

 

 

I commi dal 475 al 482 individuano la Cassa depositi e prestiti S.p.A. come istituto nazionale di promozione ai sensi della normativa europea sugli investimenti strategici e come possibile esecutore degli strumenti finanziari destinatari dei fondi strutturali, abilitandola a svolgere le attività previste da tale normativa anche utilizzando le risorse della gestione separata.

 

Il comma 475 prevede che, onde perseguire l'obiettivo di supportare la costituzione delle Piattaforme di investimento (cfr. infra) previste dal Regolamento (UE) n. 2015/1017 del 25 giugno 2015, cd. Regolamento Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), le operazioni finanziarie delle piattaforme di investimento ammissibili al FEIS promosse dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. (di seguito anche: CDP) possano essere assistite dalla garanzia dello Stato. Tale garanzia statale è qualificata come onerosa, a prima richiesta, esplicita, incondizionata e irrevocabile.

 

Le «banche o istituti nazionali di promozione» sono le entità giuridiche che espletano attività finanziarie su base professionale, cui è stato conferito un mandato da uno Stato membro o da un'entità di uno Stato membro, a livello centrale, regionale o locale, per svolgere attività di sviluppo o di promozione così come definite all'articolo 2, n. 3 del Regolamento (UE) 2015/1017 del 25 giugno 2015 relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici, al polo europeo di consulenza sugli investimenti e al portale dei progetti di investimento europei e che modifica i regolamenti (UE) n. 1291/2013 e (UE) n. 1316/2013.

Secondo la Comunicazione COM (2015) 361, la principale motivazione economica dell'istituzione di una banca di promozione risiede nel fatto che i fallimenti del mercato possono ridurre gli investimenti e, di conseguenza, rallentare la crescita futura portandola a livelli non efficienti sotto il profilo economico, e che un istituto con un mandato pubblico si trova in posizione migliore rispetto agli operatori privati per rimediare ai fallimenti del mercato. Secondo il documento, l'Italia ha annunciato di partecipare al progetto FEIS tramite la Cassa Depositi e Prestiti per un importo di 8 miliardi di euro.

Il documento prefigura la cooperazione tra le banche nazionali di promozione e la BEI tramite accordi di coinvestimento (piattaforme di investimento) che vengono strutturati al fine di aggregare i progetti d'investimento, ridurre i costi delle operazioni e dell'informazione e ripartire più efficacemente il rischio fra i vari investitori. Le piattaforme d'investimento possono essere società veicolo, conti gestiti, accordi di cofinanziamento o di condivisione dei rischi basati su contratti oppure accordi stabiliti con altri mezzi tramite i quali le entità incanalano un contributo finanziario al fine di finanziare una serie di progetti di investimento.

 

Il comma 476 prevede che un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con i Ministri interessati, approvi le piattaforme di investimento ammissibili alla garanzia dello Stato.

 

Il comma 477 stabilisce che i criteri, le modalità e le condizioni per la concessione della garanzia statale siano definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Il comma 478, a copertura delle garanzie statali previste dai commi 475-482 nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, istituisce un fondo, la cui dotazione iniziale per l'anno 2016 è fissata in 200 milioni di euro. Viene inoltre autorizzata l'istituzione di un conto corrente di tesoreria dedicato. Il comma prevede altresì che le amministrazioni statali e degli enti territoriali possano versare contributi al fine di incrementare la dotazione del Fondo. Le modalità di versamento sono stabilite con il decreto di cui al comma precedente, ovvero attraverso la procedura prevista dal comma 497 (rimodulazione in via amministrativa delle risorse assegnate a fondi di garanzia, cfr. infra).

 

In risposta alle osservazioni formulate nel Dossier del Servizio del Bilancio del Senato (NL 111, pag. 219) il Governo, con nota del 9 novembre 2015, precisa che la dotazione del fondo è stata determinata in considerazione della fase iniziale di attuazione del Piano Juncker. [...] Le dotazioni del Fondo di garanzia potranno essere incrementate successivamente, in funzione della stima degli impegni correlati alle operazioni finanziarie incluse nelle piattaforme di investimento. [...] Le risorse stanziate sul Fondo saranno impegnate nei limiti degli accantonamenti prudenziali determinati in relazione ai profili di rischio assunti per le operazioni garantite dalla Stato, a titolo oneroso, per le iniziative sopra indicate. Nella nota viene inoltre precisato che la quantificazione di 200 milioni di euro è stata definita sulla base di ipotesi di leva finanziaria in linea con quanto individuato dalla Commissione Europea in relazione allo strumento FEIS, tale da attivare garanzie statali con un moltiplicatore pari a 4x.

 

Il comma 479 attribuisce alla CDP la qualifica di istituto nazionale di promozione, come definito dall’articolo 2, n. 3, del Regolamento (UE) n. 2015/1017 del 25 giugno 2015 relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), secondo quanto previsto nella Comunicazione COM (2015) 361 del 22 luglio 2015 della Commissione Europea.

 

 Il comma 480 abilita la CDP a svolgere le attività degli istituti nazionali di promozione previste dal Regolamento (UE) n. 2015/1017, nonché i compiti previsti dal Regolamento (CE) n. 1303/2013 e dal Regolamento (UE, EURATOM) n. 966/2012.

 

Il Regolamento (CE) n. 1303/2013 del 17 dicembre 2013 in materia di disposizioni comuni sui fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE) reca disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca.

Il Regolamento (UE, EURATOM) n. 966/2012 del 25 ottobre 2012, stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione.

 

Andrebbe valutata l'opportunità di specificare meglio i richiami al regolamento sui fondi strutturali (1303/2013 e al regolamento sul bilancio generale dell'UE (966/2012) )- anche oltre quanto richiamato al successivo comma 8 - al fine di chiarire quali sono i compiti che CDP è abilitata a svolgere.

 

Il comma 481 autorizza la CDP a impiegare le risorse della gestione separata di cui all’articolo 5, comma 8, del decreto-legge 30 settembre 2003, n.269, per contribuire a realizzare gli obiettivi del FEIS, tra l’altro mediante il finanziamento di piattaforme d’investimento e di singoli progetti ai sensi del Regolamento (UE) n. 2015/1017, nel rispetto della disciplina dell’Unione europea sugli aiuti di Stato.

 

L’articolo 5, comma 8, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 ha istituito un sistema separato ai soli fini contabili ed organizzativi, la cui gestione è uniformata a criteri di trasparenza e di salvaguardia dell'equilibrio economico. Sono assegnate alla gestione separata le partecipazioni e le attività a essa strumentali, connesse e accessorie, e le attività di assistenza e di consulenza in favore dei soggetti finanziati da CDP.

La CDP finanzia sotto qualsiasi forma lo Stato, le regioni, gli enti locali, gli enti pubblici e gli organismi di diritto pubblico, utilizzando fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale e di buoni fruttiferi postali, assistiti dalla garanzia dello Stato e distribuiti attraverso Poste italiane S.p.A. o società da essa controllate, e fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato. L'utilizzo dei fondi è consentito anche per il compimento di ogni altra operazione di interesse pubblico prevista dallo statuto sociale della CDP S.p.A. effettuata nei confronti dei medesimi soggetti, o dai medesimi promossa, nonché nei confronti di soggetti privati per il compimento di operazioni nei settori di interesse generale individuati con D.M., tenuto conto della sostenibilità economico-finanziaria di ciascuna operazione. Le operazioni adottate nell'ambito delle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo possono essere effettuate anche in cofinanziamento con istituzioni finanziarie europee, multilaterali o sovranazionali, nel limite annuo stabilito con apposita convenzione stipulata tra la medesima CDP e il Ministero dell'economia e delle finanze.

 

Il comma 482 autorizza Cassa depositi e prestiti S.p.A. e le società dalla stessa controllate a ricevere affidamenti per compiti di esecuzione degli strumenti finanziari destinatari dei Fondi SIE, di cui al Regolamento n. 966/2012 e al Regolamento n. 1303/2013, in forza di un mandato della Commissione europea ovvero mediante affidamenti da parte delle autorità di gestione.


 

Articolo 1, commi 483-488
(Fondo di garanzie infrastrutture TERNA)

 

 

I commi da 483 a 488 introdotti nel corso dell’esame al Senato, intervengono sulla materia già disciplinata dall'art. 32 della legge n. 99/09, che recava disposizioni volte a favorire la realizzazione di infrastrutture di interconnessione con l’estero, in particolare con i Paesi confinanti con il nord dell’Italia, per giungere a un vero mercato unico dell’energia elettrica.

 

In particolare, con il citato art. 32, si dava mandato alla società Terna S.p.A. di provvedere, a fronte di specifico finanziamento da parte di soggetti investitori terzi, a programmare, costruire ed esercire a seguito di specifici mandati dei medesimi soggetti uno o più potenziamenti delle infrastrutture di interconnessione con l'estero nella forma di «interconnector» ai sensi del Regolamento (CE) n. 1228/2003, nonché le necessarie opere di decongestionamento interno della rete di trasmissione nazionale, in modo che venisse posto in essere un incremento globale fino a 2000 MW della complessiva capacità di trasporto disponibile con i Paesi esteri.

Terna S.p.A. è il principale proprietario della Rete di Trasmissione Nazionale di energia elettrica ad alta tensione. E’ responsabile della trasmissione e del dispacciamento dell'energia sull'intero territorio nazionale, nonché dell'attività di programmazione e sviluppo della Rete.

Ai sensi del Regolamento (CE) n. 1228/2003 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativo alle condizioni di accesso alla rete per gli scambi transfrontalieri di energia elettrica, è definito «interconnector» una linea di trasmissione che attraversa o si estende oltre una frontiera tra Stati membri e che collega i sistemi nazionali di trasmissione degli Stati membri.

 

Il comma 483 prevede l'istituzione, presso Terna S.p.A., di un fondo di garanzia, nel quale confluiscono le somme che sono tenuti a versare, fino all'entrata in servizio di ciascun interconnector, i soggetti aggiudicatari ovvero cessionari della potenza assegnata, che abbiano assunto con Terna l'impegno di finanziamento delle opere di cui all'art. 32 della legge n. 99/2009 (Impulso alla realizzazione del mercato unico dell'energia elettrica attraverso lo sviluppo di interconnector con il coinvolgimento di clienti finali energivori). Dette somme sono fissate in misura pari a 1 euro/MWh per anno, in aggiunta ai corrispettivi, determinati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, che gli stessi soggetti aggiudicatari ovvero cessionari riconoscono a Terna per l'esecuzione dei contratti di approvvigionamento. Il fondo interviene esclusivamente a garanzia degli impegni assunti per il finanziamento di ciascun interconnector e le somme in esso versate non possono essere distratte dalla destinazione prevista. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico sono disciplinati criteri e modalità di gestione del fondo.

Il comma 484 interviene sul periodo di tempo fissato dal citato art. 32, comma 6, il quale demandava all'Autorità per l'energia elettrica e il gas di disciplinare le misure volte a consentire - a partire dalla conclusione del contratto di mandato per la programmazione e la progettazione e fino alla messa in servizio dell'interconnector e comunque per un periodo non superiore a sei anni - l'esecuzione degli eventuali contratti di approvvigionamento all'estero di energia elettrica per la fornitura ai punti di prelievo dei clienti finali selezionati, nei limiti della capacità di trasporto oggetto della richiesta di esenzione. Il periodo di tempo per l'esecuzione di detti contratti viene esteso al 31 dicembre 2021, a favore dei soggetti aggiudicatari ovvero cessionari di cui al comma 483, al fine di consentire il completamento della realizzazione delle infrastrutture di interconnessione con l'estero di cui allo stesso art. 32.

Il comma 485 prevede che i soggetti aggiudicatari ovvero cessionari di cui al comma 483 debbano sottoscrivere il contratto di mandato per la costruzione ed esercizio dell'interconnector, a pena di decadenza, entro 90 giorni dal rilascio dell'esenzione dall'accesso a terzi sulla capacità di trasporto che tali infrastrutture rendono disponibile, secondo le modalità di cui al decreto del Ministro delle attività produttive 21 ottobre 2005 ("Modalità e criteri per il rilascio dell'esenzione dalla disciplina del diritto di accesso dei terzi alle nuove linee elettriche di interconnessione con i sistemi elettrici di altri Stati"), in conformità a quanto previsto dal citato art. 32, comma 3.

Il comma 486 modifica il comma 3 dell'art. 32, prevedendo che la richiamata esenzione, al cui rilascio è subordinato il perfezionamento del contratto di mandato per la costruzione e l'esercizio dell'interconnector, possa avere durata anche inferiore a venti anni (le parole "per una durata pari a venti anni" sono sostituite dalle parole "per una durata fino a venti anni").

Il comma 487 modifica il termine stabilito dal comma 4 dell'art. 32 per l'entrata in servizio dell'interconnector che abbia ottenuto la predetta esenzione, disponendo che esso sia pari a 48 mesi - in luogo dei precedenti 36 - dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di rilascio dell'esenzione stessa.

Il comma 488 opera un rinvio, per quanto non previsto dai commi da 483 a 487, all'applicazione del citato art. 32.


 

Articolo 1, comma 489
(Disposizioni per il finanziamento
investimenti ambientali e tecnologici)

 

 

Il comma 489 introduce la garanzia statale ai finanziamenti che il commissario dell'azienda siderurgica ILVA è autorizzato a contrarre, nel limite di 800 milioni di euro (che viene innalzato rispetto alla normativa vigente per il 2015).

 

Il comma 489 autorizza a contrarre finanziamenti per un ammontare complessivo fino a 800 milioni di euro, assistiti dalla garanzia dello Stato. Destinatario dell'autorizzazione è l'organo commissariale[186] di ILVA S.p.A., mentre la finalità esclusiva dev'essere l'attuazione e la realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa in amministrazione straordinaria[187]; nei limiti delle disponibilità residue, i finanziamenti potranno essere funzionali a interventi volti alla tutela della sicurezza e della salute, nonché di ripristino e di bonifica ambientale, nel rispetto della normativa dell'Unione europea in materia. Il finanziamento costituisce anticipazione finanziaria sui fondi raccolti a seguito della emissione del prestito obbligazionario[188] di cui all'art. 3 del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 marzo 2015, n. 20).

In quell'ultimo intervento era stata già consentita all'organo commissariale di ILVA S.p.A, la contrazione di finanziamenti fino a 400 milioni di euro, anche allora assistiti dalla garanzia (a prima richiesta, esplicita, incondizionata e irrevocabile) dello Stato[189]: ora come allora, il finanziamento è rimborsato dall'organo commissariale in prededuzione rispetto agli altri debiti, ai sensi dell'articolo 111 della legge fallimentare. Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze era istituito, con una apposita contabilità speciale, un fondo a copertura delle garanzie dello Stato così concesse: oggi la garanzia dello Stato attinge alla dotazione del medesimo Fondo, all'uopo incrementata di 400 milioni di euro mediante utilizzo delle disponibilità in conto residui del fondo garanzie dello Stato[190].

Nella relazione al disegno di legge di stabilità si ricorda come l’intervento normativo sia funzionale ad assicurare la “tempestiva disponibilità” delle somme necessarie agli interventi di messa in sicurezza e bonifica per i quali la Commissione europea, nel parere motivato del 16 ottobre 2014 concernente la procedura di infrazione n. 2013/2177, ha ritenuto che l’Italia sia direttamente obbligata e responsabile anche prima della definizione giudiziaria delle responsabilità di ILVA. Qualora l’Italia non ottemperasse a quanto indicato nel citato parere sarebbe soggetta a sanzioni pecuniarie[191]. Si ricorda che la normativa generale in materia prevede che qualora l’operatore (nel caso di specie ILVA) al quale siano state richieste le misure di riparazione non vi si conformi tempestivamente, ovvero non sia individuabile oppure non sia tenuto a sostenerne i costi l’autorità competente (nel caso di specie lo Stato italiano) ha facoltà di adottare essa stessa le misure necessarie, qualora non le rimangano altri mezzi. Da ultimo la Commissione, nel rilevare i ritardi nell’esecuzione dei lavori necessari per adempiere alle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) ha richiesto all’Italia di conoscere gli interventi posti in essere perché sia assicurato il pieno rispetto delle prescrizioni AIA 2011-2012, come successivamente integrate, entro il mese di agosto del 2016.

Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

La Commissione europea ha emesso il 16 ottobre 2014 un parere motivato nei confronti dell’Italia nell’ambito della procedura di infrazione n. 2177/2013, avviata il 26 settembre 2013, contestando in relazione allo stabilimento ILVA di Taranto la violazione della direttiva 2008/1/CE (cd. Direttiva IPPC) sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento fino al 7 gennaio 2014, e della direttiva 2010/75/UE, relativa alle emissioni industriali, a decorrere da tale data.

Nel parere motivato, la Commissione, pur riconoscendo i progressi conseguiti dalla data di costituzione in mora, contesta la violazione delle direttive sopra richiamate con riferimento a tre diversi ambiti.

Anzitutto, essa ritiene il gestore dello stabilimento ILVA di Taranto inadempiente in relazione a numerose prescrizioni previste nell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) rilasciata a ottobre 2012.

Le inadempienze ancora riscontrate riguardano:

§  la mancata copertura dei siti di stoccaggio dei minerali e dei materiali polverulenti;

§  la mancata adozione di provvedimenti volti alla minimizzazione delle emissioni gassose dagli impianti di trattamento dei gas;

§  la mancata adozione di misure per il controllo dell’emissione di particolato con il flusso di vapore acqueo in uscita dalle torri di spegnimento;

§  mancata adozione di provvedimenti per la riduzione delle emissioni di polveri dalle acciaierie.

Inoltre, la Commissione rileva che:

§  il rinvio dei termini di adempimento delle prescrizione di un’AIA è contrario alla logica dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva sulle emissioni industriali, che dispone che gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie affinché le condizioni di autorizzazione siano rispettate;

§  non risulta l’adozione del piano industriale, propedeutico, a norma del DL n. 61/2013, all’attuazione del piano ambientale.

Alla luce di tali considerazioni, pertanto, la Commissione europea conclude che, non avendo garantito il rispetto di tutte le prescrizioni dell’AIA, la Repubblica italiana ha violato l’articolo 14, lettera a), della direttiva IPPC sino al 7 gennaio 2014 e dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva sulle emissioni industriali a decorrere da tale data.

Un secondo ambito di violazioni contestate dalla Commissione europea riguarda le disposizioni delle direttive IPPC e sulle emissioni industriali[192] con riferimento alla mancata adozione di misure che garantiscano che le istallazioni industriali siano gestite in modo che non si verifichino fenomeni di inquinamento significativi.

La Commissione cita a sostegno di tale affermazione i seguenti fatti:

§  l’inclusione della zona industriale di Taranto tra i Siti di Interesse Nazionale (SIN) altamente inquinati e da bonificare;

§  la caratterizzazione cui è stato sottoposto il sito di pertinenza dell’ILVA, da cui è risultato che il suolo, le acque superficiali e le acque sotterranee del sito sono fortemente inquinate;

§  il grave inquinamento anche dei comuni limitrofi di Taranto (in particolare, il comune di Statte), attribuibile all’attività dello stabilimento ILVA.

Dai dati ufficiali delle competenti autorità italiane, risulta che, sebbene nel 2013 la qualità dell’aria a Taranto sia migliorata rispetto al 2012, lo stabilimento ILVA continua a causare un inquinamento significativo non solo dell’aria ma anche del suolo e delle acque.

Il terzo ambito di contestazioni si riferisce al mancato aggiornamento dell’AIA nel 2013, alla mancanza di disposizioni per la protezione del suolo e delle acque sotterranee, per la verifica periodica del loro stato e per la prevenzione delle emissioni nel suolo e nelle acque sotterranee nonché alla mancanza di misure relative all’arresto definitivo dell’impianto.

Pur prendendo in considerazione le ulteriori misure recate dal D.P.C.M. del 14 marzo 2014, ad avviso della Commissione, l’AIA dello stabilimento ILVA di Taranto continua ad essere inadeguata, non contenendo tutte le misure prescritte dalle direttive europee (articolo 9 della direttiva IPPC e articolo 14 della direttiva sulle emissioni industriali).


 

Articolo 1, comma 490
(Accesso al fondo di garanzia per le PMI per le imprese fornitrici)

 

 

Il comma 490 interviene sulla disciplina delle garanzie che possono essere concesse - a valere sulle risorse del Fondo di garanzia per le PMI - a favore delle imprese fornitrici/creditrici delle società di gestione di almeno di uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale soggette ad amministrazione straordinaria (tra cui ILVA s.p.a).

 

In particolare, il comma 490 inserisce nella attuale normativa (contenuta nel comma 2-bis dell’articolo 2-bis del D.L. n. 1/2015) la previsione secondo la quale – con D.M. del Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e finanze - possono essere definiti, ai fini dell’accesso al fondo di garanzia, per le imprese sopra indicate, appositi criteri di valutazione economico-finanziaria, che tengano conto delle caratteristiche e dei particolari fabbisogni delle predette imprese.

Gli specifici criteri di valutazione - che escludono il rilascio della garanzia per le imprese che non presentino adeguate capacità di rimborso del finanziamento bancario da garantire nonché per le imprese in difficoltà ai sensi di quanto previsto dalla vigente disciplina dell’UE - , sono applicati per un periodo non superiore a dodici mesi dalla data di pubblicazione del citato D.M., fermo restando il limite di euro 35 milioni di riserva concessa a valere sul Fondo a favore delle predette imprese.

 

Contestualmente, il comma 490 in esame sopprime la previsione (attualmente contenuta nell’ultimo periodo del comma 2-bis dell’articolo 2-bis del D.L. n. 1/2015), secondo la quale il Consiglio di gestione del Fondo di garanzia PMI deve pronunciarsi entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta e decorso inutilmente il predetto termine, la richiesta si intende accolta.

 

L’articolo 2-bis del D.L. n. 1/2015 (Disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto) ha disposto una riserva delle risorse del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese – fino ad un importo massimo di 35 milioni di euro - al sostegno dell'accesso al credito delle piccole e medie imprese fornitrici di beni o servizi connessi al risanamento ambientale o funzionali alla continuazione dell'attività di società che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale soggette ad amministrazione straordinaria (tra cui ILVA s.p.a), ovvero creditrici, per le medesime causali, nei confronti delle predette società (comma 1).

Ai fini dell'accesso alla garanzia del Fondo, le relative richieste devono essere corredate dall'attestazione, rilasciata dal Commissario straordinario (di cui al D.L. n. 61/2013), ovvero, se nominato, dal commissario della procedura di amministrazione straordinaria di cui all'articolo 2, comma 2-ter, del D.L. n. 347, circa la sussistenza, alla data della richiesta stessa, delle condizioni soggettive suddette (comma 2).

Il comma 2-bis, come inserito dall’articolo 8-ter, comma 1 del D.L. 3/2015 riconosce priorità di istruttoria e delibera alle richieste di accesso al Fondo centrale di garanzia avanzate dalle predette imprese fornitrici/creditrici. Per semplificare ulteriormente l’accesso al Fondo per le predette imprese, il comma prevede che il Consiglio di gestione del Fondo debba pronunciarsi entro 30 giorni dalle richiesta e che decorso tale termine la richiesta si intende accolta.

 

Il Fondo di garanzia per le P.M.I è stato istituito dall’articolo 2, comma 100, lettera a) della legge n. 662/1996 presso il Mediocredito Centrale Spa, allo scopo di assicurare una parziale assicurazione ai crediti concessi dagli istituti di credito a favore delle piccole e medie imprese[193]. Rivolgendosi al Fondo, l’impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive (e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative) sugli importi garantiti dal Fondo.

L’articolo 15, comma 3, della legge n. 266/1997 ha previsto – contestualmente ad una razionalizzazione dei fondi pubblici di garanzia al tempo esistenti le cui risorse sono confluite in quelle originarie del Fondo di garanzia PMI –le modalità operative di quest’ultimo Fondo, disponendo che la relativa garanzia possa essere concessa:

§  alle banche,

§  agli intermediari finanziari di cui all'articolo 107 del TUB

§  alle società finanziarie per l'innovazione e lo sviluppo iscritte all'apposito albo,

§  a fronte di finanziamenti a PMI, compresa la locazione finanziaria, e di partecipazioni, temporanee e di minoranza, al capitale delle piccole e medie imprese.

La garanzia del fondo è estesa a quella prestata dai fondi di garanzia gestiti dai consorzi di garanzia collettiva fidi e dagli intermediari finanziari iscritti nell'elenco generale di cui all'articolo 106 del TUB.

Con l’introduzione della riforma dello strumento (cfr. infra) e la possibilità di intervento del Fondo anche per operazioni sul capitale di rischio, la presentazione della domanda di garanzia può essere fatta anche da una Società di Gestione del Risparmio (SGR) o da una Società di gestione Armonizzata (SGA)[194].

Schema del Fondo di Garanzia

L'articolo 39 del D.L. n. 201/2011 ha operato una sostanziale riforma dello strumento, disponendo che con D.M. non regolamentare venisse fissata:

§  la misura della copertura degli interventi di garanzia e controgaranzia, nonché la misura della copertura massima delle perdite in relazione alle tipologie di operazioni finanziarie, categorie di imprese beneficiarie finali, settori economici di appartenenza e aree geografiche (comma 1).

§  per ogni operazione finanziaria ammessa all'intervento del Fondo, la misura dell'accantonamento minimo, a titolo di coefficiente di rischio (comma 2).

Inoltre, l’articolo 39, al comma 3, ha elevato l'importo massimo garantito per singola impresa dal Fondo a 2,5 milioni di euro per le tipologie di operazioni finanziarie, le categorie di imprese beneficiarie finali, le aree geografiche e i settori economici di appartenenza individuati con D.M. non regolamentare, disponendo che una quota non inferiore all'50 per cento delle disponibilità finanziarie del Fondo sia riservata ad interventi non superiori a cinquecentomila euro d'importo massimo garantito per singola impresa.

In attuazione delle previsioni suddette, è stato adottato il D.M. 26 giugno 2012[195], successivamente modificato dal D.M. 27 dicembre 2013[196].

Lo stesso articolo 39, al comma 4 come modificato da ultimo dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi 7 e 8 legge n. 190/2014), ha disposto che la garanzia del Fondo può essere concessa, a titolo oneroso, su portafogli di finanziamenti erogati da banche e intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 106 del TUB alle imprese – non più solo PMI – ma anche con un numero di dipendenti non superiore a 499. L’efficacia della modifica operata dalla legge di stabilità 2015- che consente la garanzia del Fondo non solo alle PMI ma anche ad imprese con numero di dipendenti fino a 499 è sospesa - fino al 31 dicembre 2015 dal D.L. n. 192/2014 (articolo 3-bis).

Il D.M. 24 aprile 2013 ha fissato le modalità di concessione della garanzia del Fondo su portafogli di finanziamenti erogati a piccole e medie imprese

Inoltre, è stata consentita la possibilità con D.M. non regolamentare di modificare la misura delle commissioni per l'accesso alla garanzia dovute dai soggetti richiedenti, a pena di decadenza, in relazione alle diverse tipologie di intervento del Fondo (comma 5).

Inoltre, il comma 7-bis, riserva una quota delle disponibilità finanziarie del Fondo di garanzia ad interventi di garanzia in favore del microcredito di cui all’articolo 111 del TUB, da destinare alla micro imprenditorialità.

Il D.M. 18 marzo 2015 ha definito la quota delle risorse del Fondo da destinare al microcredito, le tipologie di operazioni ammissibili, le modalità di concessione, i criteri di selezione nonché l’ammontare massimo delle disponibilità finanziarie del Fondo per la copertura del rischio derivante dalla concessione della garanzia.

 

Le risorse del Fondo di garanzia per le PMI, esposte in tabella E della legge di stabilità, sono iscritte a Bilancio sul capitolo 7342/pg.20 per essere successivamente riassegnate al conto corrente di Tesoreria n. 223034 intestato al gestore del Fondo (Mediocredito Centrale Spa).

 

 

 


 

Articolo 1, comma 491
(Programmi di amministrazione straordinaria)

 

 

Il comma 491 non modificato dal Senato, prevede che per le imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, ovvero che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale, il programma di amministrazione straordinaria, sia esso di cessione dei complessi aziendali o di ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa, possa avere una durata fino a 4 anni (in luogo degli attuali uno o due anni), decisa da un’autorizzazione del Ministro dello sviluppo economico. La norma, nella sostanza, consente un’estensione per tali imprese della durata dei programmi di amministrazione straordinaria.

 

Il comma 491, in particolare, interviene sulla disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, contenuta nel D.Lgs. n. 270/1999 (c.d. Prodi-bis).

La norma – attraverso l’introduzione di un nuovo comma 2 bis all’articolo 27 del citato D.Lgs. - prevede che, per le imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali ovvero che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale (tra cui ILVA S.p.A.) oggetto di ammissione in via immediata alla procedura di amministrazione straordinaria di cui all’articolo 2, comma 2 del D.L. n. 347/2003, la durata dei programmi di amministrazione straordinaria può essere autorizzata dal Ministro dello Sviluppo economico fino ad un massimo di 4 anni.

 

Il comma richiama i programmi di amministrazione straordinaria di cui al comma 2 dell’articolo 27 del D.Lgs. n. 270, e dunque sia i programmi di cessione dei complessi aziendali, sia i programmi di ristrutturazione economico finanziaria.

 

Si osserva che, per come formulata, la disposizione pare applicabile anche ai programmi di amministrazione straordinaria già autorizzati e attualmente in corso, con l’attribuzione di poteri decisori in ordine al loro prolungamento temporale al solo Ministero dello Sviluppo economico, senza il coinvolgimento del tribunale nel procedimento.

 

Si ricorda, infatti, che la procedura di amministrazione straordinaria disciplinata nel D.Lgs. n. 270/1999 prevede all’articolo 27 che le imprese dichiarate insolventi (a norma dell’art. 3 del D.Lgs.) siano ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria se presentano concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali (comma 1).

Il comma 2 dell’articolo 27 dispone che il recupero dell’equilibrio economico deve potersi realizzare, in via alternativa:

a) tramite la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno ("programma di cessione dei complessi aziendali");

b) tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni ("programma di ristrutturazione");

b-bis) per le società operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali anche tramite la cessione di complessi di beni e contratti sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno (“programma di cessione dei complessi di beni e contratti”).

L’art. 66 del medesimo decreto legislativo consente al commissario straordinario, autorizzato dal Ministero, di chiedere al tribunale una proroga di 3 mesi del programma di cessione dei complessi aziendali, se alla scadenza dei suddetti termini la cessione non è ancora avvenuta, ma risultano comunque in corso iniziative di imminente definizione. E’ il tribunale, con proprio decreto, che autorizza tale proroga.

 

Le disposizioni del D.L. n. 347/2003 (Misure urgenti per la ristrutturazione industriale delle grandi imprese in stato di insolvenza) si applicano, ai sensi dell’articolo 1 del medesimo D.L., alle imprese soggette alle disposizioni sul fallimento in stato di insolvenza che intendono avvalersi della procedura di ristrutturazione economica e finanziaria di cui alla citata lettera b) del comma 2 dell’articolo 27 del D.Lgs. n. 270/1999, ovvero del programma di cessione dei complessi aziendali, di cui al medesimo articolo 27, comma 2, lettera a), purché abbiano, singolarmente o, come gruppo di imprese, da almeno un anno, entrambi i seguenti requisiti:

a)    lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiori a cinquecento da almeno un anno;

b)   debiti, inclusi quelli derivanti da garanzie rilasciate, per un ammontare complessivo non inferiore a trecento milioni di euro.

In particolare, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del D.L. n. 347, l’impresa in possesso dei predetti requisiti può richiedere al Ministro delle attività produttive, con istanza motivata e corredata di adeguata documentazione - presentando contestuale ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza al tribunale del luogo in cui ha la sede principale - l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al D.Lgs. n. 270/1999, tramite la procedura di ristrutturazione economico finanziaria ovvero tramite la cessione dei complessi aziendali.

L’articolo 2, comma 2, dispone che il Ministro dello sviluppo economico provvede con proprio decreto, valutati i requisiti di cui all'articolo 1, all'ammissione immediata dell'impresa alla procedura di amministrazione straordinaria e alla nomina del commissario straordinario, in conformità a quanto previsto nel D.Lgs. n. 270 (articolo 38). Per le imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali ovvero che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale ai sensi dell'articolo 1 del D.L. n. 207/2012 (tra cui ILVA S.p.A.), l'ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria, la nomina del commissario straordinario e la determinazione del relativo compenso, incluse le altre condizioni dell'incarico anche in deroga alla vigente normativa in materia, sono disposte con D.P.C.M. o con D.M. del Ministro dello sviluppo economico, sempre con le modalità, in quanto compatibili, del D.Lgs. n. 270 (articolo 38) e in conformità ai criteri fissati dal decreto.

A tale ultimo riguardo, si ricorda che con Decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 gennaio 2015, la società ILVA S.p.A. è stata ammessa in via immediata alla procedura di amministrazione straordinaria di cui all’articolo 2 del D.L. n. 347, anche ritenuta la necessità di “assicurare la prosecuzione dell’attività in vista della cessione dei complessi aziendali”.

 

Si ricorda, inoltre, che sulla procedura della amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza è recentemente intervenuto l’articolo 2 del D.L. n. 154/2015 – attualmente in corso d’esame parlamentare per la sua conversione -consentendo una proroga del termine di esecuzione del programma di cessione dei complessi aziendali (nuovo comma 4-bis all’articolo 57 del D.Lgs. n. 270/1999). La proroga – che può cumularsi alla proroga trimestrale eventualmente accordata dall’autorità giudiziaria secondo la disciplina già vigente ai sensi dell’articolo 66 del medesimo D.Lgs. – opera per un periodo non superiore a dodici mesi e per una sola volta, qualora venga accertato, sulla base di una specifica relazione predisposta dal commissario straordinario, sentito il comitato di sorveglianza, che l’attuazione del programma richiede la prosecuzione dell’esercizio dell’impresa e che ciò non reca pregiudizio ai creditori.

Il provvedimento ministeriale di proroga è comunicato al Tribunale competente perché questo eserciti le proprie attribuzioni ai sensi del D.Lgs. n. 270[197].

 

In fine, si ricorda che la Commissione Attività produttive della Camera ha recentemente avviato l’esame di una proposta di legge volta ad una complessiva riforma dell’istituto dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (A.C. 865, Abrignani). La proposta di legge è stata poi riassegnata alle Commissioni riunite Giustizia e Attività produttive.


 

Articolo 1, commi 492-495
(Fondo per progetti di innovazione tecnologica per impianti, macchine e attrezzature agricole)

 

 

I commi 492 e 493 istituiscono, presso l'INAIL, un fondo con una dotazione di 45 milioni di euro per il 2016 e di 35 milioni annui a decorrere dal 2017, al fine di favorire il miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e destinato a finanziare gli investimenti per l'acquisto o il noleggio con patto di acquisto di trattori agricoli o forestali o di altre macchine agricole e forestali, aventi le caratteristiche ivi stabilite. I criteri e le modalità per i benefìci sono determinati dall'Istituto con avviso pubblico, nel primo semestre di ogni anno.

In merito, la relazione illustrativa del disegno di legge segnala che si procederà ad un'apposita negoziazione con la Commissione europea, per la definizione di un regime di benefìci che vada oltre il tetto del de minimis.

 

I limiti stabiliti dalla disciplina europea in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo (articolo 3, Regolamento (UE) n. 1408/2013) prevedono che l’importo complessivo degli aiuti «de minimis» - concessi da uno Stato membro a un'impresa agricola unica - non può superare i 15.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari; nel caso delle norme in esame non si potrebbe applicare il diverso - e più elevato - limite di 200.000 euro (fissato per le aziende che, oltre alla produzione primaria, operano anche nella trasformazione e commercializzazione), visto che al finanziamento possono accedere solo le micro e le piccole imprese operanti nel settore della produzione agricola primaria dei prodotti agricoli.

 

Si richiama sul punto il Regolamento n. 702/2014 della Commissione del 25 giugno 2014 che dichiara compatibili con il mercato interno, in applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE, alcune categorie di aiuti nel settore agricolo e forestale e nelle zone rurali: esso - abrogato il precedente regolamento CE sulla materia, il Regolamento CE n. 1857/2004 - solleva dall’obbligo di notifica preventiva alla Commissione una serie di aiuti, tra cui gli aiuti al settore forestale e alle imprese di minori dimensioni che operano in zone rurali. Si richiamano altresì gli Orientamenti dell’unione europea per gli Aiuti di Stato nei settori agricolo e forestale e nelle zone rurali 2014-2020 (2014/C 204/01); essi individuano nuove tipologie di aiuto considerate compatibili, quali ad esempio gli aiuti all’acquisto di animali da riproduzione per il miglioramento della qualità genetica del bestiame.

 

Il successivo comma 495 abroga la norma che prevede, nei limiti di 20 milioni di euro annui, una riduzione, da parte dell'INAIL, in misura non superiore al 20%, dei contributi dovuti per l'assicurazione dei lavoratori agricoli dipendenti dalle imprese con almeno 2 anni di attività e che possiedano determinati requisiti e condizioni, relativi alla sicurezza sul lavoro e alla regolarità dell'impiego.

Alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'istituzione del fondo presso l'INAIL si fa fronte, ai sensi del comma 494, oltre che con le risorse rese disponibili dalla suddetta abrogazione, mediante l'impiego, nella misura di 25 milioni di euro per il 2016 e di 15 milioni annui successivamente, di una quota delle risorse programmate dall'INAIL (il Senato ha soppresso il riferimento alla programmazione "per il triennio 2015-2017") per il finanziamento dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro.


 

Articolo 1, comma 496
(Rinnovo parco autobus)

 

 

Il comma 496 istituisce, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un Fondo finalizzato all’acquisto diretto, ovvero per il tramite di società specializzate, degli automezzi adibiti al trasporto pubblico locale e regionale anche per garantire l'accessibilità alle persone a mobilità ridotta.

 

La Relazione tecnica afferma che la disposizione non comporta maggiori oneri.

 

Al Fondo confluiscono, previa intesa con le Regioni, le risorse disponibili di cui all’articolo 1, comma 83, della legge di stabilità 2014 (147/2013). Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sono individuate modalità innovative e sperimentali per l’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma anche per garantire l'accessibilità alle persone a mobilità ridotta. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad effettuare le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Il citato articolo 1, comma 83, della legge di stabilità 2014 ha stanziato 300 milioni per il 2014 e 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016 da destinare all'acquisto di materiale rotabile su gomma e di materiale rotabile ferroviario, nonché di vaporetti e ferry-boat. I relativi pagamenti sono esclusi dal patto di stabilità interno, nel limite del 45 per cento dell'assegnazione di ciascuna regione per l'anno 2014 e integralmente per gli anni 2015 e 2016. I commi 223-227, dell’articolo 1, della legge di stabilità 2015 (190/2014) introducono procedure e requisiti per l’accesso alle risorse stanziate dal comma 83 per il rinnovo dei parchi automobilistici e ferroviari destinati al trasporto pubblico locale. In particolare, il comma 223 rimette ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e sentita la Conferenza Stato-regioni la ripartizione delle risorse, sulla base di specifici criteri (migliore rapporto tra posto/km prodotti e passeggeri trasportati; condizioni di vetustà nonché classe di inquinamento degli attuali parchi veicolari; entità del cofinanziamento regionale e locale; posti/km prodotti) e sopprimendo quelli di cui al secondo periodo del comma 83. In base al comma 226, con il decreto saranno stabilite anche le modalità di revoca e di successiva riassegnazione delle risorse. Il comma 227 autorizza le regioni e le province autonome a richiedere al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di assumere le funzioni di centro unico di acquisto, indicando le tipologie dei veicoli alla luce delle risorse assegnate a ciascuna regione in sede di riparto.


 

Articolo 1, commi 497-499
(Garanzie pubbliche)

 

 

I commi 497-499, non modificati dal Senato, consentono variazioni compensative tra capitoli e trasferimenti di risorse fra conti di tesoreria, se afferenti a fondi di garanzia, previa verifica dell'invarianza finanziaria. Inoltre rifinanziano per 6,7 mld complessivi nell'arco del quadriennio 2016-2019 il fondo finalizzato ad integrare le risorse iscritte sul bilancio destinate alle garanzie rilasciate dallo Stato.

 

In particolare il comma 497 autorizza, al fine di assicurare il più efficiente e tempestivo utilizzo delle risorse pubbliche, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro o i Ministri competenti in materia, con propri decreti, a disporre variazioni compensative tra capitoli del bilancio dello Stato, anche in conto residui, o ad autorizzare il trasferimento di risorse mediante girofondo tra conti aperti presso la tesoreria dello Stato, relativi a fondi di garanzia. I predetti decreti sono emanati previa verifica dell'assenza di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica nonché delle esigenze attuali e prospettiche dei fondi di origine e di destinazione.

Il comma 498 abroga l’articolo 11-bis del decreto- legge n. 74 del 2012, che, a partire dall'esercizio finanziario 2013, destinava una quota fino a 25 milioni di euro dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 361 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 alla copertura degli oneri derivanti dai finanziamenti agevolati concessi, entro il 31 dicembre 2016, alle grandi imprese che abbiano sedi operative danneggiate dal sisma dell'Emilia Romagna del 2012, in relazione a spese di investimento connesse, tra l'altro, con la ricostruzione, la ristrutturazione e il ripristino degli immobili, con il trasferimento anche temporaneo dell'attività in altro sito idoneo, con l'acquisizione e il ripristino di impianti, attrezzature, beni strumentali e altri beni mobili.

Si ricorda che il tasso fisso di interesse applicabile ai finanziamenti agevolati di cui sopra era pari allo 0,50 per cento nominale annuo. La durata massima dei finanziamenti agevolati era fissata in 15 anni, comprensivi di un periodo di preammortamento non superiore a tre anni dalla data di stipulazione del contratto di finanziamento. Non erano ascritti effetti finanziari alla disposizione ora abrogata.

Il comma 499 rifinanzia per 1,5 mld di euro per ciascuno degli anni 2016-2017, per 1,7 mld per il 2018 e per 2 mld per il 2019 il fondo di cui all’articolo 37, comma 6, del decreto-legge n. 66 del 2014, finalizzato ad integrare le risorse iscritte sul bilancio destinate alle garanzie rilasciate dallo Stato.

Si ricorda che la dotazione iniziale del suddetto Fondo era pari a 1 mld di euro per il 2014, poi ridotta di 100 mln di euro per la copertura dell'onere correlato alla successiva istituzione (articolo 32 del decreto-legge n. 91 del 2014) di un fondo finalizzato a coprire le garanzie dello Stato concesse in favore di SACE s.p.a. per operazioni non di mercato. Inoltre, la legge di stabilità per il 2015 ha previsto l'istituzione di apposita contabilità speciale per la gestione del Fondo ora rifinanziato.

 


 

Articolo 1, commi 500-510
(Proroga della rideterminazione del valore dei terreni e delle partecipazioni, nonché rivalutazione dei beni di impresa)

 

 

I commi da 500 a 510 – non modificati al Senato - prorogano i termini per la rivalutazione di quote e terreni da parte delle persone fisiche, incrementando all'8 per cento l'aliquota della relativa imposta sostitutiva. Si prevede poi, a favore delle società di capitali e degli enti residenti sottoposti a IRES, la possibilità di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2014, attraverso il pagamento di un'imposta sostitutiva con aliquota del sedici per cento per i beni ammortizzabili e del dodici per cento per i beni non ammortizzabili; per l'affrancamento del saldo attivo della rivalutazione è fissata un'imposta sostitutiva del dieci per cento.

 

Il comma 500 riapre i termini per la rivalutazione contabile di terreni agricoli ed edificabili e partecipazioni in società non quotate, introdotta dalla legge finanziaria 2002 e successivamente prorogata nel tempo.

In particolare, la norma consente di rivalutare anche i terreni e le partecipazioni posseduti al 1° gennaio 2016; il termine di versamento dell’imposta sostitutiva è fissato conseguentemente al 30 giugno 2016 (nel caso di opzione per la rata unica; altrimenti, come già previsto in passato, in tre rate annuali di pari importo; la perizia di stima dovrà essere redatta ed asseverata, al massimo, entro il 30 giugno 2016.

Più in dettaglio, la disposizione in esame novella l’articolo 2, comma 2, del DL n. 282 del 2002, volto ad introdurre la prima riapertura dei termini previsti dagli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 riferiti, rispettivamente, al possesso di partecipazioni e di terreni. I richiamati articoli 5 e 7 della legge n. 448 del 2001 hanno introdotto la facoltà di rivalutare i terreni (sia agricoli sia edificabili) e le partecipazioni in società non quotate possedute da persone fisiche e società semplici, agli effetti della determinazione delle plusvalenze, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva da applicare sul maggior valore attribuito ai cespiti.

 

Il comma 501, modificato dal Senato, fissa le aliquote di cui agli articoli 5, comma 2, e 7, comma 2, della legge n. 448 del 2001 in misura pari all'8 per cento.

A legislazione vigente il citato articolo 5, comma 2, prevede un'aliquota del 4 per cento per le partecipazioni qualificate e del 2 per cento per quelle non qualificate; l'articolo 7, comma 2 indica per l'imposta sostitutiva del 4 per cento per la rivalutazione di terreni.

I commi da 502 a 504 prevedono, a favore delle società di capitali e degli enti residenti sottoposti a IRES, la possibilità di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2014, attraverso il pagamento di un'imposta sostitutiva con aliquota del sedici per cento per i beni ammortizzabili e del dodici per cento per i beni non ammortizzabili. Per l'affrancamento del saldo attivo della rivalutazione è invece prevista un'imposta sostitutiva del dieci per cento.

Più in dettaglio, il comma 502 prevede che i soggetti indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del TUIR (società di capitali residenti, enti e trust residenti che esercitano attività commerciali) che non adottano i princìpi contabili internazionali nella redazione del bilancio possono rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni, ad esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività di impresa, risultanti dal bilancio in corso al 31 dicembre 2014.

La rivalutazione opera in deroga all'articolo 2426 del codice civile (che individua i criteri di valutazione di tali beni a fini civilistici) e ad ogni altra disposizione di legge vigente in materia.

 

La rivalutazione va eseguita nel bilancio o rendiconto dell'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e per il quale il termine di approvazione scada successivamente alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. Essa deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea e va annotata nell'inventario e nella nota integrativa (comma 503).

 

Il comma 504 prevede il pagamento di una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'IRAP e di eventuali addizionali nella misura del dieci per cento al fine dell'affrancamento, in tutto o in parte, del saldo attivo della rivalutazione.

 

Il comma 505 stabilisce che la rivalutazione avvenga mediante versamento di un'imposta sostitutiva del sedici per cento per i beni ammortizzabili e del dodici per cento per i beni non ammortizzabili, calcolato sul maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione; tali imposte sono sostitutive delle imposte sui redditi, dell'IRAP e di eventuali addizionali. La valenza fiscale della procedura di rivalutazione opera a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita.

 

Nel caso in cui i beni rivalutati, prima dell'inizio del quarto esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è stata effettuata, siano ceduti a titolo oneroso, assegnati ai soci, destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ovvero al consumo personale o familiare dell'imprenditore, ai fini della determinazione di plusvalenze (o minusvalenze) si ha riguardo al costo del bene prima della rivalutazione (comma 506).

Le modalità di versamento delle imposte sostitutive sono fissate dal comma 507, che prevede in particolare il versamento in un'unica rata entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita. È prevista la possibilità di compensare detti importi ai sensi della vigente normativa.

 

Il comma 508 rimanda, in quanto compatibili, alle precedenti disposizioni in materia di rivalutazione: si tratta degli articoli 11, 13, 14 e 15 della legge n. 342/2000, n. 342, dei decreti del Ministro delle finanze n. 162/2001, n. 162, e del Ministro dell'economia e delle finanze n. 86/2001, nonché dei commi 475, 477 e 478 dell’articolo 1 della legge n. 311/2004.

Si ricorda che gli articoli da 10 a 16 della legge n. 342 del 2000 hanno concesso alle imprese la facoltà di effettuare la rivalutazione dei beni risultanti in bilancio attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva sul maggior valore iscritto.

In particolare, ai sensi dell’articolo 10, potevano essere oggetto di rivalutazione i beni mobili e immobili e le partecipazioni in società controllate o collegate che risultassero iscritte tra le immobilizzazioni nel bilancio chiuso entro il 31 dicembre 2002. Risultavano esclusi, invece, i beni alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa (c.d. “beni-merce”).

Con riferimento al profilo soggettivo, le disposizioni richiamate interessavano le società di capitali, gli enti commerciali, gli enti non commerciali, le imprese individuali, le società di persone, con la sola esclusione delle società semplici, nonché le società, gli enti e le persone fisiche non residenti che esercitano attività commerciali nel territorio dello Stato mediante una stabile organizzazione (articoli 10 e 15).

La rivalutazione, secondo quanto disposto dall’articolo 11, poteva essere eseguita nell’esercizio successivo a quello indicato all'articolo 10, per il quale il termine di approvazione del bilancio scadesse successivamente alla data di entrata in vigore della legge. Inoltre, al fine di evitare sopravvalutazioni, venivano disposti criteri per la determinazione del nuovo valore attribuito al bene oggetto di rivalutazione.

L’articolo 12 prevedeva che sui maggiori valori emersi fosse applicata un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP, nella misura, rispettivamente, del 19 per cento per i beni ammortizzabili e del 15 per cento per quelli non ammortizzabili. L’imposta sostitutiva poteva essere versata in tre rate annuali di pari importo, anche mediante compensazione, ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997.

Il maggior valore attribuito ai beni con la rivalutazione, in base all’articolo 12, comma 3, era comunque riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a decorrere dall’esercizio in cui la rivalutazione era stata effettuata.

Ai sensi dell'articolo 13, il saldo attivo risultante dalla rivalutazione doveva essere destinato ad incremento di capitale sociale oppure iscritto in un'apposita riserva in sospensione d’imposta, la cui denominazione doveva contenere il riferimento alle disposizioni relative alla rivalutazione eseguita. La finalità della norma consiste nell'escludere la possibilità che le somme relative alla rivalutazione, incrementative del patrimonio netto dell’impresa, vengano utilizzate senza essere adeguatamente tassate: il medesimo articolo 13 dispone infatti che nel caso in cui tali riserve siano distribuite ai soci, le somme versate, incrementate dell’imposta sostitutiva pagata, concorrono a formare sia il reddito imponibile della società sia quello dei soci; a tal fine è riconosciuto un credito d’imposta pari all’importo dell’imposta sostitutiva pagata. Se, invece, la riserva è utilizzata per la copertura di perdite, non si può far luogo a distribuzione di utili se prima non viene reintegrata la riserva medesima.

L'articolo 14 consentiva l'applicazione delle disposizioni dell’articolo 12 e della relativa imposta sostitutiva, per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori dei beni iscritti nel bilancio o rendiconto, anche singolarmente considerati, divergenti da quelli fiscali a qualsiasi titolo (c.d. riallineamento).

In entrambi i casi (rivalutazione o riallineamento), ai sensi dell’articolo 14, l’importo corrispondente ai maggiori valori era imputato ad una riserva in sospensione di imposta.

L’articolo 16, infine, rimetteva a un decreto ministeriale la determinazione delle modalità di attuazione delle disposizioni contenute negli articoli da 10 a 15.

A ciò si è provveduto con i decreti del Ministro delle finanze 13 aprile 2001, n. 162, e 19 aprile 2002, n. 86.

I commi 475, 477 e 478 dell’articolo 1 della legge n. 311/2014 (legge finanziaria 2005) disciplinano il versamento di una imposta sostitutiva sulle riserve e i fondi in sospensione di imposta e sui saldi attivi di rivalutazione.

Il comma 475 in particolare prevede che le riserve e i fondi, assoggettati all'imposta sostitutiva, non concorrono a formare il reddito imponibile dell'impresa ovvero della società e dell'ente e in caso di distribuzione dei citati saldi attivi non spetta il credito d'imposta. Ai sensi del comma 477 l'imposta sostitutiva è indeducibile e può essere imputata, in tutto o in parte, alle riserve iscritte in bilancio o rendiconto; per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni e il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi (comma 478).

 

Il Senato ha inserito il comma 509, in base al quale, limitatamente ai beni immobili, i maggiori valori iscritti in bilancio ai sensi dell'articolo 14 della legge 21 novembre 2000, n. 342, in materia di riconoscimento fiscale di tali valori, si considerano riconosciuti con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 1° dicembre 2017.

 

Il comma 510 stabilisce infine che le previsioni dell’articolo 14, comma 1, della legge n. 342/2000, sul riconoscimento fiscale di maggiori valori iscritti in bilancio, si applicano anche ai soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali anche con riferimento alle partecipazioni, in società ed enti, costituenti immobilizzazioni finanziarie ai sensi dell’articolo 85, comma 3-bis, del TUIR.

Il comma 3-bis citato prevede che, per i soggetti che redigono il bilancio in base ai princìpi contabili internazionali, si considerano immobilizzazioni finanziarie gli strumenti finanziari diversi da quelli detenuti per la negoziazione.

Per tali soggetti, per l’importo corrispondente ai maggiori valori oggetto di riallineamento, al netto dell’imposta sostitutiva, è vincolata una riserva in sospensione di imposta ai fini fiscali che può essere affrancata secondo le modalità precedentemente descritte.

 


 

Articolo 1, commi 511-514
(Circolazione del contante)

 

 

I commi da 511 a 514 innalzano da mille a tremila euro il limite a partire dal quale è vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore; per il servizio di rimessa la soglia è invece fissata in mille euro; sono inoltre eliminati l'obbligo di pagare i canoni di locazione di unità abitative in forme e modalità che escludano l'uso del contante e ne assicurino la tracciabilità, nonché l’obbligo per i soggetti della filiera dei trasporti ad effettuare i pagamenti dei corrispettivi relativi ai contratti di trasporto su strada utilizzando mezzi elettronici di pagamento o il canale bancario o postale, o altri strumenti comunque tracciabili, indipendentemente dall’ammontare.

 

Il comma 511, modificando l’articolo 49, comma 1, del decreto legislativo n. 231 del 2007, innalza da mille a tremila euro il limite oltre il quale è vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi; con modifica apportata dal Senato, per il servizio di rimessa di denaro (o money transfer) di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), n. 6 del decreto legislativo n. 11 del 2010, cd. “money transfer” la soglia del contante è fissata in mille euro.

Il decreto legislativo che viene modificato dal comma in esame reca le norme di attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione. L'articolo 49 contiene, nello specifico, le limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore. Si ricorda che la materia è stata modificata più volte nel corso degli ultimi anni: da ultimo, il decreto-legge n. 201/2011 aveva ridotto la soglia da 2.500 a 1.000 euro, per i pagamenti in contanti e l'utilizzo di assegni bancari/postali trasferibili, nonché dei libretti al portatore.

Si ricorda che la direttiva 2005/60/CE vuole prevenire il ricorso al sistema finanziario per riciclare i proventi illeciti e per finanziare il terrorismo. Si applica agli enti finanziari e creditizi ma anche a talune persone fisiche e giuridiche che operano nel settore finanziario, compresi i fornitori di beni per pagamenti in contanti superiori a 15.000 euro. Questi sono tenuti ad applicare misure di adeguata verifica della clientela, tenendo conto del rischio di riciclaggio di proventi illeciti e di finanziamento del terrorismo. Sono previste unità di informazione finanziaria (UIF) a livello nazionale, che hanno il compito di esaminare le segnalazioni di operazioni sospette.

Con riferimento alla soglia di mille euro fissata per il money transfer; la relazione illustrativa afferma che il monitoraggio sul sistema finanziario ha evidenziato rispetto a tale canale un elevato rischio di utilizzazione a fini di riciclaggio.

 

Il comma 512, modificando l’articolo 49, comma 1-bis, del medesimo d.lgs. n. 231 del 2007, innalza da 2.500 a 3.000 euro il limite per la negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta svolta dai soggetti abilitati all'esercizio professionale nei confronti del pubblico dell'attività di cambiavalute.

L'attività di cambiavalute è regolata dall'art. 17-bis del d.lgs. n. 141/2010, n. 141 (Attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi) e riservata ai soggetti iscritti in un apposito registro.

La relazione illustrativa afferma che detto innalzamento è stato effettuato per esigenze di coerenza sistematica rispetto alla norma generale di cui al comma l dell'articolo 49 del d.lgs. n. 231/2007, n. 231, modificato dal comma 1 dell'articolo in esame, precedentemente descritto.

 

Il comma 513 abroga il comma 1.1. dell’articolo 12 del decreto-legge n. 201 del 2011, in base al quale i pagamenti riguardanti canoni di locazione di unità abitative, fatta eccezione per quelli di alloggi di edilizia residenziale pubblica, sono corrisposti obbligatoriamente, quale ne sia l'importo, in forme e modalità che escludano l'uso del contante e ne assicurino la tracciabilità anche ai fini della asseverazione dei patti contrattuali per l'ottenimento delle agevolazioni e detrazioni fiscali da parte del locatore e del conduttore.

 

Il comma 514 dell'articolo in esame abroga il comma 4 dell'articolo 32-bis del decreto-legge n. 133 del 2014. Quest'ultimo dispone che tutti i soggetti della filiera dei trasporti effettuino i pagamenti dei corrispettivi relativi ai contratti di trasporto su strada utilizzando mezzi elettronici di pagamento o il canale bancario o postale, o altri strumenti comunque tracciabili, indipendentemente dall’ammontare; prevede inoltre l’applicazione degli obblighi di comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze delle violazioni alle limitazioni all’uso del contante previste dal decreto legislativo n. 231 del 2007, in funzione antiriciclaggio.


 

Articolo 1, commi 515-523
(Modifiche alla disciplina fiscale applicabile
al settore agricolo e coperture)

 

 

I commi 515-523 prevedono un innalzamento dell'aliquota dell'imposta di registro, la rideterminazione delle percentuali di compensazione IVA per le cessioni di latte fresco e l'incremento del coefficiente di rivalutazione dei redditi agrari e dominicali. Si stabilisce inoltre che le produzioni agro energetiche si considerano produttive di reddito agrario se contenute entro limiti predefiniti, mentre in caso contrario si utilizza il coefficiente di redditività del 25 per cento dell'ammontare dei corrispettivi IVA.

 

Il comma 515, modificando l’articolo 1, comma 1, terzo periodo, della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro di cui al D.P.R. n. 131/1986, n. 131, innalza dal 12 per cento al 15 per cento l'aliquota relativa ai trasferimenti aventi per oggetto terreni agricoli e relative pertinenze a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale.

 

Il comma 516 stabilisce che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, da adottare entro il 31 gennaio 2016 ai sensi dell’articolo 34, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, n. 633, sono innalzate le percentuali di compensazione applicabili a taluni prodotti del settore lattiero-caseario - attualmente fissata all'8,8 per cento - in misura non superiore al 10 per cento.

Il comma 1 dell'articolo 34 del T.U. in materia di IVA stabilisce che per le cessioni di prodotti agricoli e ittici compresi nella prima parte dell'allegata tabella A) effettuate dai produttori agricoli, la detrazione è forfettizzata in base alle percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole. In conformità alle direttive comunitarie, le percentuali di compensazione sono fissate in misura pari o inferiore alle aliquote ordinarie, con la conseguenza che per i produttori agricoli che applicano il regime speciale non si determinano in generale crediti di imposta.

 

Il comma 517, modificando l’articolo 1, comma 512, della legge n. 228/2012, fissa nel 30 per cento - in luogo dell'attuale 7 per cento - la rivalutazione dei redditi dominicale e agrario a decorrere dal periodo di imposta 2016. Da tale rivalutazione sono esclusi i terreni agricoli e quelli non coltivati posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti alla previdenza agricola.

Si tratta di una rivalutazione ai soli fini della determinazione delle imposte sui redditi. Si segnala che la relazione tecnica valuta l’impatto della misura ai soli fini IRPEF.

 

Il comma 518, sostituendo il comma 423 dell’articolo 1 della legge n. 266/2005, stabilisce i criteri da utilizzare a regime per individuare le attività produttive di reddito agrario.

Ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa, la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali, sino a 2.400.000 kWh anno, e fotovoltaiche, sino a 260.000 kWh anno, nonché di carburanti e prodotti chimici di origine agroforestale provenienti prevalentemente dal fondo, effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse ai sensi dell’articolo 2135, terzo comma, del codice civile e si considerano produttive di reddito agrario. Per la produzione di energia, oltre i limiti suddetti, il reddito delle persone fisiche, delle società semplici e degli altri soggetti di cui all'articolo 1, comma 1093, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è determinato, ai fini IRPEF ed IRES, applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, relativamente alla componente riconducibile alla valorizzazione dell’energia ceduta, con esclusione della quota incentivo, il coefficiente di redditività del 25 per cento, fatta salva l’opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari, previa comunicazione all’ufficio secondo le modalità previste dal regolamento di cui al D.P.R. n. 442/1997.

 

Il comma 519 esplicita che le disposizioni del comma 518 si applicano a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015.

 

In base al comma 520 viene soppresso il comma 1 dell’articolo 22 del decreto-legge n. 66/2014, relativo al comma 423 oggetto dell'intervento di cui al comma 5.

Si tratta di una norma di coordinamento, volta a stabilire in via definitiva il regime fiscale in materia, precedentemente previsto in via temporanea per il 2014 e 2015 dal comma 1 dell'articolo 22 del DL n. 66/2014.

 

Il comma 521 stabilisce che, a valere sulle risorse di cui al Fondo di investimento nel capitale di rischio previsto dal decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze del 22 giugno 2004, n. 182, per gli interventi previsti all’articolo 66, comma 3, della n. 289/2002, ISMEA versa all’entrata del bilancio dello Stato la somma di 45 milioni di euro per l’anno 2016.

Il citato Fondo di investimento nel capitale di rischio è stato istituito al fine di facilitare l'accesso al mercato dei capitali da parte delle imprese agricole e agroalimentari; per la gestione del Fondo l'ISMEA è stato autorizzato a costituire un'apposita società di capitali, anche nella forma di una società di gestione del risparmio.

 

Il comma 522 riduce di 8,3 milioni di euro per l’anno 2016, di 7,9 milioni per l’anno 2017 e di 8 milioni per l’anno 2018 la dotazione del Fondo per gli incentivi all’assunzione dei giovani lavoratori agricoli di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 91/2014.

L'articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 91/20141 ha istituito nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il Fondo per gli incentivi all'assunzione dei giovani lavoratori agricoli, con una dotazione pari a 9 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018; il Fondo è finalizzato all'erogazione di incentivi per i datori di lavoro che assumono, con contratto di lavoro a tempo indeterminato o con contratto di lavoro a tempo determinato con determinati requisiti, giovani lavoratori agricoli di età compresa tra i 18 e i 35 anni.

 

Il comma 523 reca disposizioni in merito alla copertura degli oneri derivanti dall’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 33 a 40 del presente disegno di legge in materia di esenzione IRAP in agricoltura e pesca, alla cui scheda di lettura si rinvia: quanto a 75 milioni di euro per l’anno 2016, a 18 milioni di euro nel 2017 e a 22,5 milioni di euro nel 2018, si provvede mediante utilizzo del fondo di conto capitale iscritto nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ai sensi dell’articolo 49, comma 2, lettera d), del decreto-legge 24 n. 66/2014; quanto a 23 milioni di euro per l'anno 2016, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 214, della legge 23 n. 190/2014, n. 190.

L’articolo 49 del DL 66/2014 ha stabilito l'avvio di un programma straordinario di riaccertamento dei residui passivi e della sussistenza delle partite debitorie iscritte nel conto del patrimonio dello Stato in corrispondenza di residui andati in perenzione, esistenti alla data del 31 dicembre 2013. In esito a tale rilevazione, è prevista l'eliminazione dei residui passivi iscritti in bilancio, insieme alla cancellazione delle relative partite dalle scritture contabili del conto del patrimonio generale dello Stato per i residui passivi perenti. Contestualmente vengono istituiti appositi fondi, da iscrivere negli stati di previsione delle Amministrazioni interessate, la cui dotazione è fissata in misura non superiore al 50 per cento dell’ammontare dei residui eliminati; la restante parte viene invece destinata ad apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. Il comma 2 dispone che, in esito ai risultati di tale attività di riaccertamento, l'ammontare delle somme iscritte nel conto dei residui da eliminare sia quantificato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze per ciascun Ministero. Si prevede altresì che l’attività stessa sia articolata in quattro distinti ambiti, disciplinati, rispettivamente, dalle lettere a), b) c) e d). Tale ultima lettera concerne i residui passivi relativi a trasferimenti e/o compartecipazioni statutarie alle regioni, alle province autonome e agli altri enti territoriali. In tale ipotesi si prevede che le operazioni di riaccertamento siano effettuate con il concorso degli stessi enti interessati.


 

Articolo 1, commi 524-535
(Disposizioni in materia di giochi)

 

 

I commi 524-535 contengono disposizioni di varia natura: in particolare, stabilisce l'aumento del prelievo erariale unico (PREU) relativo a newslot (dal 13 al 15 per cento) e video lottery terminal - VLT (dal 5 al 5,5 per cento) nonché la riapertura dei termini ai fini della regolarizzazione fiscale per emersione dei centri di raccolta on line di scommesse non autorizzati. Si individua una procedura per accertare la stabile organizzazione in caso di raccolta delle scommesse per mezzo dei centri di trasmissione dati (c.d. CTD), da assoggettare ad una ritenuta a titolo d’acconto nella misura del 25 per cento. Sono previsti bandi di gara per nuove concessioni riguardanti le scommesse sportive e non sportive, il Bingo ed i giochi a distanza.

 

Il comma 524 incrementa, a decorrere dal 1 gennaio 2016, il PREU (prelievo erariale unico) dall'attuale 13 per cento al 15 per cento con riferimento all'ammontare delle somme giocate attraverso le c.d. "new slot" o AWP di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del regio decreto n. 773/1931 (T.U.L.P.S).

In base all'articolo 5, comma 2, del D.Direttoriale AAMS del 12/10/2011, la misura del PREU relativa agli apparecchi in oggetto è fissata nella misura del 13 per cento delle somme giocate, a decorrere dal 1° gennaio 2015.

L'art. 110, comma 6, lettera a) del T.U.L.P.S., unitamente al decreto 4 dicembre 2003, così come modificato dal decreto interdirettoriale 19 settembre 2006, definisce la categoria degli apparecchi con vincita in denaro, meglio noti come new slot, specificandone le caratteristiche. In particolare: ciascun apparecchio di gioco, che può essere installato sia in pubblici esercizi, quali rivendite di tabacchi, sia in sale destinate prevalentemente ad attività di gioco, deve essere collegato alla rete telematica dell’Agenzia; la distribuzione di vincite in denaro, ciascuna di valore non superiore a cento euro, avviene subito dopo la conclusione della partita esclusivamente in monete; le vincite, computate dall’apparecchio, in modo non predeterminabile, su un ciclo complessivo di non più di 140.000 partite, non devono risultare inferiori al 75% delle somme giocate; l'uso di tali apparecchi è vietato ai minori di 18 anni; gli apparecchi non possono riprodurre il gioco del poker o, comunque, anche in parte, le sue regole fondamentali.

 

Il comma 525, con decorrenza dal 1 gennaio 2016, incrementa il PREU dall'attuale 5 per cento al 5,5 per cento con riferimento all'ammontare delle somme giocate attraverso le c.d. Video Lotteries Terminal" o VLT, di cui all'articolo 110, comma 6, lettera b), del regio decreto n. 773/1931 (T.U.L.P.S).

In base all'articolo 1, comma 479, della legge n. 228/2012, il PREU relativo agli apparecchi in oggetto è fissato in misura pari al 5 per cento dell'ammontare delle somme giocate.

Si tratta di apparecchi facenti parte di una rete telematica, che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa; essi possono essere installati solo in sale destinate all'attività di gioco, con accesso precluso ai minori.

 

La Relazione tecnica stima che dall’aumento del PREU per entrambi gli apparecchi di gioco dovrebbe derivare l’aumento di gettito di 600 milioni di euro annui. La RT precisa, inoltre, che il maggior onere fiscale inciderebbe sulla filiera (concessionari, gestori ed esercenti) e non sarebbe traslabile sui giocatori, in quanto la percentuale di pay out (somme da restituire in vincite) è fissata dalla legge.

 

Il comma 526, novellando i commi 643 e 644 dell'articolo 1 della legge n. 190/2014, proroga fino al 31 gennaio 2016 la c.d. regolarizzazione fiscale per emersione dei centri di raccolta on line delle scommesse non autorizzati, il cui procedimento è definito dell’articolo 1, commi 643, 644 e 645 della medesima legge n. 190/2014; contestualmente, vengono prorogate le date entro le quali devono essere espletate le varie operazioni procedurali finalizzate alla regolarizzazione stessa.

La sanatoria riguarda i c.d. CTD (Centri di Trasmissione Dati). L’adesione alla procedura di emersione consentirebbe (qualora il bando di gara dovesse prevedere una clausola in tal senso) a coloro che, per mezzo della procedura di regolarizzazione fiscale, entrano a far parte del circuito legale, la possibilità di partecipare alla prossima gara per l’attribuzione delle concessioni per la raccolta delle scommesse sportive, ippiche e non sportive, da espletarsi entro la prima metà dell’anno 2016, in vista della scadenza delle concessioni attualmente vigenti.

Ai sensi dell’alinea del comma 643 dell'articolo 1 della legge n. 190/2014, sono destinatari della possibile regolarizzazione in parola quei soggetti che, in assenza di concessione governativa e fino al momento in cui la conseguono, offrono comunque scommesse con vincite in Italia, per conto proprio ovvero di soggetti terzi, anche esteri, senza essere collegati al totalizzatore nazionale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

La legislazione vigente, in considerazione del fatto che il contratto di gioco perfezionato in Italia è regolato dalla legislazione nazionale, prevede la possibilità per i titolari dell’esercizio e del punto di raccolta non collegati di regolarizzare la propria posizione, presentando, entro la data del 31 gennaio 2015 - che diventa il 31 gennaio 2016 sulla base della disposizione in esame - una dichiarazione di impegno alla regolarizzazione fiscale per emersione con la domanda di rilascio di titolo abilitativo all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, nonché di collegamento al totalizzatore nazionale, anche mediante uno dei concessionari di Stato per la raccolta di scommesse, ed effettuando un versamento di euro 10.000.

 

Si evidenzia che la Relazione tecnica in relazione alla descritta proroga non ascrive alcun effetto finanziario, ritenendo che la procedura presenti le stesse caratteristiche che hanno condotto ad un risultato inferiore alle attese per quanto riguarda la regolarizzazione prevista dalla legge di stabilità dello scorso anno: rispetto alla stima di 3.500 aderenti (attivi da almeno 4 anni), hanno effettivamente aderito 2.200 soggetti operanti da uno o due anni. La mancata partecipazione alla regolarizzazione di circa 2/3 della platea deriva principalmente da due ragioni: il costo elevato dell'obbligo di corrispondere l'intero tributo dovuto "per i periodi d'imposta anteriori a quello del 2015 e per i quali non sia ancora scaduto il termine di decadenza per l'accertamento"; la prospettiva di regolarizzarsi mediante gara, tenuto conto del fatto che tutte le concessioni in materia di scommesse verranno a scadenza il 30 giugno 2016. Oggi, il costo per aderire alla sanatoria sarebbe il medesimo, mentre il tempo di attesa della gara è ancora più breve: i potenziali interessati alla regolarizzazione avrebbero a disposizione, di li a pochi mesi, la partecipazione alla gara.

 

Il comma 527 individua una procedura per accertare la stabile organizzazione del soggetto estero che svolge attività di raccolta delle scommesse per mezzo dei centri di trasmissione dati (c.d. CTD), il quale viene assoggettato ad una ritenuta a titolo d’acconto nella misura del 25 per cento (ai sensi del comma529).

In particolare, qualora un soggetto residente svolga, per conto di soggetti esteri non residenti o comunque sulla base di contratti di ricevitoria o intermediazione con i soggetti terzi, le attività tipiche del gestore, anche sotto forma di centro trasmissione dati (quali, ad esempio, raccolta scommesse, raccolta delle somme puntate, pagamento dei premi), e metta a disposizione dei fruitori finali del servizio strumenti per effettuare la giocata, quali le apparecchiature telematiche e i locali presso cui scommettere, e allorché i flussi finanziari, relativi alle suddette attività ed intercorsi tra il gestore e il soggetto non residente, superino, nell’arco di sei mesi, cinquecentomila euro, l’Agenzia delle Entrate, rilevati i suddetti presupposti dall’informativa dell’intermediario finanziario e degli altri soggetti esercenti attività finanziaria indicati nell’articolo 11, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 231/2007, da effettuarsi secondo i criteri stabiliti dal Ministero dell’economia e delle finanze, entro 60 giorni dalla medesima informativa convoca in contraddittorio il gestore e il soggetto estero, i quali possono fornire prova contraria circa la presenza in Italia di una stabile organizzazione, ai sensi dell’articolo 162, del TUIR.

Si ricorda che il d.lgs. n. 231/2007 contiene disposizioni per l'attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione. I commi 1 e 2 dell'articolo 11 di detto decreto legislativo elencano gli intermediari finanziari e gli altri soggetti esercenti attività finanziaria: banche; Poste Italiane S.p.A.; istituti di moneta elettronica; istituti di pagamento; società di intermediazione mobiliare (SIM); società di gestione del risparmio (SGR); società di investimento a capitale variabile (SICAV); imprese di assicurazione; agenti di cambio; società che svolgono il servizio di riscossione dei tributi; intermediari finanziari iscritti nell'apposito albo; società fiduciarie; succursali insediate in Italia dei soggetti indicati alle lettere precedenti aventi sede legale in uno Stato estero; Cassa depositi e prestiti S.p.A; soggetti abilitati al microcredito; confidi; soggetti che esercitano professionalmente l'attività di cambiavalute, consistente nella negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta.

La relazione illustrativa spiega che il richiamo alla stabile organizzazione, espressione con la quale si designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l'impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato, è volto a facilitare nel concreto l'intercettazione degli introiti dei centri trasmissione dati.

 

In base al comma 528, nel caso in cui, all’esito del contraddittorio, da concludersi entro 90 giorni, sia accertata in Italia la stabile organizzazione del soggetto estero, l’Agenzia delle Entrate emette motivato accertamento, liquidando la maggiore imposta e le sanzioni dovute.

 

Il comma 529 stabilisce che a seguito di segnalazione dell’Agenzia delle Entrate nei confronti dei contribuenti dei quali sia stata accertata la stabile organizzazione, gli intermediari finanziari e gli altri soggetti esercenti attività finanziaria indicati nel citato articolo 11, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 231/2007, ai fini della disciplina dell’antiriciclaggio, sono tenuti ad applicare una ritenuta a titolo d’acconto nella misura del 25 per cento sugli importi delle transazioni verso il beneficiario non residente, con versamento del prelievo entro il sedicesimo giorno del mese successivo a quello di effettuazione del pagamento.

 

Il contribuente, a norma del comma 530, può comunque presentare, entro 60 giorni dall’inizio di ciascun periodo di imposta, specifica istanza di interpello disapplicativo, ai sensi dell’articolo 11, comma 2, della legge n. 212/2000, qualora intenda dimostrare il venir meno dei presupposti di cui ai commi precedenti.

Si rammenta che ci si riferisce alla possibilità del contribuente di interpellare l'amministrazione finanziaria per la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi. Nei casi in cui non sia stata resa risposta favorevole, resta comunque ferma la possibilità per il contribuente di fornire la dimostrazione di cui al periodo precedente anche ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa (si ricorda che tale nuova forma di interpello disapplicativo è stata prevista dall’art. 1, comma 1, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156).

 

Il comma 531 definisce i requisiti, i limiti e le modalità per la partecipazione al bando di gara "Scommesse": per garantire la tutela degli interessi pubblici nelle attività di raccolta delle scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, nel rispetto dei principi e delle regole europee e nazionali, attribuisce con gara da indire dal 1° maggio 2016, mediante procedura aperta, competitiva e non discriminatoria, tutte le concessioni per la raccolta delle predette scommesse.

Si evidenzia che, come affermato nella relazione governativa, tutte le concessioni per le scommesse verranno a scadenza il 30 giugno 2016.

Dovranno essere rispettati i seguenti criteri:

a)   durata della concessione di nove anni, non rinnovabile, per la raccolta, esclusivamente in rete fisica, di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, ivi inclusi le scommesse su eventi simulati ed i concorsi pronostici su base sportiva ed ippica; il numero massimo è di 10.000 diritti presso punti di vendita aventi come attività prevalente la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici e di 5.000 diritti con riferimento ai punti di vendita nei quali la commercializzazione di prodotti di gioco pubblici è accessoria; un sottoinsieme fino a un massimo di 1.000 diritti può riguardare gli esercizi in cui si effettua quale attività principale la somministrazione di alimenti e bevande;

b)  base d’asta non inferiore a 32.000 euro per ogni punto di vendita avente come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici e a 18.000 euro per ogni punto di vendita avente come attività accessoria la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici;

c)   in caso di aggiudicazione, versamento della somma offerta entro la data di sottoscrizione della concessione;

d)  possibilità di partecipazione per i soggetti che già esercitano attività di raccolta di gioco in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, avendovi la sede legale ovvero operativa, sulla base di valido ed efficace titolo abilitativo rilasciato secondo le disposizioni vigenti nell'ordinamento di tale Stato.

La Relazione tecnica stima un gettito di 410 milioni di euro per il solo anno 2016.

Il comma 532 interviene sull’articolo 12, comma 2, della legge n. 383/2001, sostituendone il quarto periodo, al fine di disporre che le modalità tecniche dei giochi, delle scommesse e dei concorsi a premi sono stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze su proposta del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

Il citato quarto periodo del comma 2 vigente prevede che dette modalità tecniche (dei giochi, delle scommesse e dei concorsi a premi) sono stabilite con decreto dirigenziale. La relazione illustrativa precisa sul punto che la modifica deriva dalla considerazione della natura strategica delle decisioni ricadenti sulle modalità tecniche relative a giochi, scommesse e concorsi a premi, nonché delle ricadute sul mercato e sul contrasto all'offerta illegale di giochi.

 

Il comma 533 riguarda il gioco del Bingo: attraverso la novella dell'articolo 1, commi 636 e 637, della legge n. 147/2013, sono messe a gara 210 concessioni, con una soglia minima di 350.000 euro in luogo del vigente importo di 200.000 euro, per una durata della concessione che non è più di sei anni, bensì di nove anni, non rinnovabile; le rate da versare per la proroga onerosa delle concessioni sono innalzate da 2.800 a 5.000 euro per ogni mese o frazione di mese superiore a 15 giorni e da 1.400 a 2.500 euro per ogni frazione di mese inferiore a 15 giorni. Inoltre, attraverso l'inserimento della lettera d-bis, riguardante i criteri direttivi da seguire per le concessioni, la partecipazione alla selezione viene estesa in modo esplicito ai soggetti che già esercitano attività di raccolta di gioco in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, avendovi la sede legale ovvero operativa, sulla base di valido ed efficace titolo abilitativo rilasciato secondo le disposizioni vigenti nell'ordinamento di tale Stato.

L'espunzione della possibilità di rinnovare la concessione appare coerente con il principio di fonte comunitaria secondo il quale le concessioni pubbliche vanno attribuite - ovvero riattribuite, dopo la loro scadenza - secondo procedure di selezione concorrenziale.

La relazione illustrativa evidenzia che attualmente sono attive sul territorio nazionale 210 sale Bingo, per la maggior parte delle quali la concessione è scaduta nel biennio 2013-2015, mentre per le rimanenti le concessioni scadrà nel corso del 2016.

La Relazione tecnica stima un gettito di 73,5 milioni di euro per il solo anno 2016.

 

Il comma 534 disciplina la gara per il gioco a distanza: ai fini di un riallineamento temporale al 31 dicembre 2022 è previsto un bando di gara, entro il 31 luglio 2016, per selezionare, mediante procedura aperta, competitiva e non discriminatoria, 120 concessioni, previo versamento di un corrispettivo una tantum, per la durata della concessione, pari a 200.000 euro.

La Relazione tecnica stima un gettito di 24 milioni di euro per il solo anno 2016.

 

Il comma 535 sopprime il numero 26 della lettera b) del comma 78 dell’articolo 1 della legge 13 dicembre 2010 n. 220.

Si tratta di uno degli obblighi ai quali sono tenuti i concessionari dell'esercizio e della raccolta attraverso rete fisica e riguarda la cessione non onerosa della rete infrastrutturale di gestione e raccolta del gioco all’Agenzia delle dogane e dei monopoli all'atto della scadenza del termine di durata della concessione. Tale previsione - come ricorda la relazione illustrativa - era stata a suo tempo introdotta per evitare il rischio che alla cessazione della raccolta di gioco per conto dello Stato e nel rispetto del quadro regolatorio nazionale potesse far seguito, da parte dell’impresa cessata ma dotata ancora dell'adeguata strumentazione materiale, un'offerta di gioco non regolare. La Corte di Giustizia dovrebbe pronunciarsi sul punto nei primi mesi del 2016, dal momento che la Corte di Cassazione ha sollevato in merito un dubbio di compatibilità con il diritto europeo. Oltre a ciò, sono emerse difficoltà oggettive ai fini della concreta attivazione del vincolo, soprattutto nei confronti di eventuali operatori stranieri.


 

Articolo 1, commi 536-542
(Disposizioni di semplificazione per la
dichiarazione precompilata)

 

 

I commi dal 536 al 542 recano norme in materia di adempimenti relativi alla presentazione delle dichiarazioni fiscali con particolare riferimento alla dichiarazione precompilata.

 

Il comma 536 apporta modifiche al decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175 Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata.

In particolare, la lettera a) modifica le disposizioni dell'articolo 3, comma 3, rendendo permanente l’obbligo per le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere e tutti i soggetti espressamente menzionati nella disposizione di inviare al Sistema tessera sanitaria, ai fini della elaborazione della dichiarazione dei redditi, i dati relativi alle prestazioni sanitarie erogate. Tale obbligo viene esteso, a partire dal 1° gennaio 2016, anche alle strutture autorizzate per l'erogazione dei servizi sanitari, sebbene non accreditate.

La lettera b) prevede l'introduzione, all'articolo 3 del decreto legislativo 175/2014, di un comma 3-bis il quale consente a tutti i cittadini - anche quelli che non sono destinatari della dichiarazione dei redditi precompilata - di consultare i dati relativi alle proprie spese sanitarie acquisiti dal Sistema Tessera Sanitaria. In tal modo i cittadini autenticati potrebbero accedere a dati che li riguardano, con vantaggi in termini di informazione e di valorizzazione dei dati acquisiti, che spesso sono risultato di adempimenti onerosi.

La lettera c) integra l'articolo 3, comma 4 del decreto legislativo 175/2014 - il quale disponeva che i termini e le modalità per la trasmissione telematica dei dati per ottenere le deduzioni o detrazioni fossero stabiliti con decreto del ministro dell'economia e delle finanze (decreto che non risulta ancora emanato) - con una disposizione in merito ai casi di omessa, tardiva o errata trasmissione dei dati relativi alle spese sanitarie. Ai fini dell'applicazione delle sanzioni questi casi sono trattati analogamente a quelli indicati nell'articolo 78, comma 26, della legge 30 dicembre 1991, n. 413.

Quest'ultimo dispone che in caso di omessa, tardiva o errata trasmissione dei dati relativi agli elenchi che gli enti e le casse aventi esclusivamente fine assistenziale e i fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale devono comunicare in via telematica all'Anagrafe tributaria relativamente ai soggetti ai quali sono state rimborsate spese sanitarie per effetto dei contributi versati, ai fini dei controlli sugli oneri detraibili, si applica la sanzione di cento euro per ogni comunicazione in deroga a quanto previsto dall'articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Nei casi di errata comunicazione dei dati, la sanzione non si applica se la trasmissione dei dati corretti è effettuata entro i cinque giorni successivi alla scadenza del 28 febbraio di ciascun anno, ovvero, in caso di segnalazione da parte dell'Agenzia delle entrate, entro i cinque giorni successivi alla segnalazione stessa.

La lettera d) apporta una modifica formale all'articolo 3, comma 5, conseguente all'introduzione del comma 3 bis.

In base alla lettera e), l'articolo 5 risulta integrato del comma 3-bis. L'articolo 5 indica i casi in cui non si effettua il controllo sui dati della dichiarazione precompilata e stabilisce, altresì, i casi nei quali tale controllo deve essere eseguito. Il comma 3-bis introdotto stabilisce che l'Agenzia delle Entrate può eseguire controlli preventivi, entro quattro mesi dal termine stabilito per la trasmissione della dichiarazione o dalla data di trasmissione qualora tale data fosse posteriore a detto termine, nell'ipotesi in cui la dichiarazione dei redditi viene presentata direttamente o tramite il sostituto d'imposta che presta l'assistenza fiscale e risulta differente rispetto a quella precompilata con riferimento alla determinazione del reddito o dell'imposta o incoerente rispetto ai criteri stabiliti con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate, o risulti un rimborso superiore all'importo di euro 4.000. L'agenzia delle Entrate ha l'onere di erogare l'importo risultante a titolo di rimborso dopo l'esecuzione dei prescritti controlli, entro e non oltre il termine di sei mesi successivi al termine stabilito per la trasmissione della dichiarazione o entro sei mesi dalla data della trasmissione e se essa è posteriore rispetto al termine prescritto.

In particolare, l'articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, stabilisce che nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata, direttamente ovvero tramite il sostituto d'imposta che presta l'assistenza fiscale, senza modifiche, l'Agenzia delle Entrate non procede al controllo formale sui dati relativi agli oneri indicati nella dichiarazione precompilata, mentre, su tali dati, resta fermo il controllo della sussistenza delle condizioni soggettive che danno diritto alle detrazioni, alle deduzioni e alle agevolazioni.

Il controllo deve essere, invece, effettuato, nel caso di presentazione, direttamente ovvero tramite il sostituto d'imposta che presta l'assistenza fiscale, della dichiarazione precompilata con modifiche che incidono sulla determinazione del reddito o dell'imposta o nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata, anche con modifiche, effettuata mediante CAAF o professionista. In tal caso il controllo formale è effettuato nei confronti del CAAF o del professionista, anche con riferimento ai dati relativi agli oneri, forniti da soggetti terzi, indicati nella dichiarazione precompilata. Resta fermo il controllo nei confronti del contribuente della sussistenza delle condizioni soggettive che danno diritto alle detrazioni, alle deduzioni e alle agevolazioni.

Si segnala che le norme in esame introducono un regime più sfavorevole e rischiano di creare disparità di trattamento per i contribuenti che presentano la dichiarazione precompilata rispetto ai contribuenti che non si avvalgono della precompilata; questi ultimi, ai sensi della legge di stabilità 2014, incorrono nei controlli preventivi ove i rimborsi superino i 4000 euro e vi siano detrazioni per carichi di famiglia; i primi, invece, incorrerebbero nello slittamento del rimborso al mero superamento della soglia dei 4000 euro.

 

La lettera f), inserisce al comma 4 dell'articolo 1 del decreto legislativo 175/2014 il rimando al comma 3-bis - introdotto dalla lettera e) della disposizione in esame. Il comma 4 dell'art. 1 riguarda la possibilità di presentare la dichiarazione dei redditi autonomamente compilata con le modalità ordinarie da parte dei contribuenti. A tali casi si applicano anche le disposizioni contenute nell’illustrato comma 3-bis in materia di controlli (oltre che quelle del comma 3 e dell'articolo 6 del medesimo decreto).

La lettera g) abroga la lettera b) del comma 1 dell'articolo 5, che escludeva il controllo preventivo nell'ipotesi di dichiarazione precompilata presentata direttamente o tramite il sostituto d'imposta nei casi di rimborso complessivamente superiore a 4.000 euro per detrazioni per carichi di famiglia. Tale abrogazione produce effetto a partire dalle dichiarazione presentate nel 2016 relativamente ai redditi del 2015.

La lettera h) apporta una modifica alle previsioni dell'articolo 35, comma 3, in merito ai requisiti dimensionali ai fini dello svolgimento dell'attività di assistenza fiscale da parte dei CAAF. A seguito di tale modifica possono essere considerati "centri autorizzati" quelli per i quali la media delle dichiarazioni complessivamente trasmesse nel primo triennio sia almeno pari all'un per cento della media delle dichiarazioni complessivamente trasmesse dai soggetti che svolgono attività fiscale. E' ammesso uno scostamento massimo del 10 per cento da tale valore. In base all'articolo 35 comma 3 vigente, tale valore deve essere pari all'un per cento del rapporto tra le dichiarazioni trasmesse dal Centro in ciascuno dei tre anni e la media delle dichiarazioni complessivamente trasmesse dai soggetti che svolgono attività di assistenza fiscale nel triennio precedente, incluso quello considerato, con uno scostamento del 10 per cento.

 

Il comma 537 apporta modifiche all'articolo 78 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 relativamente agli obblighi di comunicazione da parte di enti e casse aventi esclusivamente fine assistenziale e i fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale dei dati relativi alle somme che non concorrono alla formazione del reddito, nonché dei dati relativi alle spese sanitarie rimborsate e delle spese sanitarie che comunque non sono rimaste a carico del contribuente.

In particolare, la lettera a) sostituisce il comma 25-bis dell'articolo predetto fissando al 28 febbraio di ciascun anno il termine entro il quale tutti gli enti, le casse, le società di mutuo soccorso aventi esclusivamente fine assistenziale e i fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale devono trasmettere all'Agenzia delle Entrate i dati relativi alle spese sanitarie rimborsate ai soggetti del rapporto, a seguito del versamento dei contributi secondo le previsioni dell'articolo 51, comma 2 e dell'articolo 10, comma 1, del Testo unico delle imposte sui redditi, nonché tutti i dati relativi alle spese sanitarie rimborsate e che comunque non risultano essere rimaste a carico dei contribuenti. Tale comunicazione è effettuata ai fini dell'elaborazione delle dichiarazioni dei redditi da parte dell'Agenzia delle Entrate ed i relativi controlli su oneri deducibili e detraibili.

Gli enti suddetti sono tenuti a comunicare anche i dati relativi alle spese sanitarie che non sono rimaste a carico dei contribuenti in base a specifiche disposizioni del TUIR.

La lettera b) abroga il comma 25-ter dell'articolo 78 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 che prevedeva che contenuto, termini e modalità delle trasmissioni dei dati per l'effettuazione dei controlli sugli oneri detraibili sarebbero stati definiti con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.

La lettera c) prevede la soppressione del primo periodo del comma 26 dell'articolo 78 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, che disciplinava la predisposizione degli elenchi mediante l'utilizzo di supporti magnetici con modalità e termini stabiliti con decreto del Ministro delle finanze.

Inoltre nel testo dell'articolo, ogni qualvolta si fa riferimento al comma 25, è stabilito che tale riferimento sia esteso anche alle disposizioni del comma 25- bis.

 

Il comma 538 dell'articolo in esame apporta modifiche al decreto del Ministro delle Finanze 31 maggio 1999, n. 164.

La lettera a) introduce all'articolo 17, Assistenza fiscale prestata dal sostituto d'imposta, comma 1, la lettera c-bis) che prescrive un ulteriore onere per i sostituti di imposta consistente nella comunicazione all'Agenzia delle entrate, mediante strumenti telematici ed entro il termine del 7 luglio di ciascun anno, dei risultati finali delle dichiarazioni. Qualora compatibili con tale previsione, si applicano le disposizioni dell'articolo 16, comma 4-bis, in base al quale entro il 7 luglio di ciascun anno i CAAF sono tenuti a comunicare all'Agenzia delle entrate i risultati finali delle dichiarazioni.

La lettera b) apporta modifiche all'articolo 7 Procedimento per l'autorizzazione allo svolgimento dell'attività di assistenza fiscale e requisiti delle società richiedenti e dei Centri autorizzati, comma 2-ter per adeguarne le disposizioni alla nuova normativa sui requisiti dimensionali dei centri autorizzati di assistenza fiscale introdotta dal comma 1, lettera h) dell'articolo in esame (vd. sopra).

 

Il comma 539 dell'articolo in esame apporta modifiche all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322 e stabilisce che i sostituti di imposta che effettuano le ritenute sui redditi sono tenuti a trasmettere in via telematica le dichiarazioni relative all'anno solare precedente entro il 31 luglio di ciascun anno.

In base alla lettera a) il comma 3-bis risulta sostituito da un nuovo testo ed opera nei confronti di tutti i sostituti di imposta che effettuano le ritenute sui redditi in base al decreto del Presidente della Repubblica 600 del 1973. In base al nuovo comma 3-bis, i sostituti d'imposta che operano le predette ritenute sono tenuti a presentare per via telematica entro il 31 luglio di ciascun anno all'Agenzia delle entrate una dichiarazione unica dei dati fiscali e contributivi relativi all'anno solare precedente.

La trasmissione della dichiarazione può essere effettuata direttamente dal sostituto d'imposta o tramite gli incaricati indicati dall'articolo 3, commi 2-bis e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.

La lettera b) sostituisce il comma 6-quinquies del art. 4 del DPR 322/1998. Il testo novellato, oltre a stabilire che le certificazioni uniche rilasciate dai soggetti titolati ad eseguire le ritenute alla fonte indicati nel titolo III del decreto del Presidente della repubblica 29 settembre 1973, n. 600, devono essere trasmesse in via telematica all'agenzia delle Entrate entro il 7 marzo dell'anno successivo a quello cui esse si riferiscono, precisa che la predetta trasmissione possa avvenire sia direttamente che mediante l'utilizzo di incaricati appositamente titolati. Inoltre stabilisce che, entro la stessa data, debbano essere trasmessi gli ulteriori dati fiscali e contributivi e quelli necessari affinché possano essere eseguite le attività di controllo poste in essere dall'Amministrazione finanziaria e dagli enti previdenziali e assicurativi. E' necessario, altresì, procedere alla trasmissione di dati relativi alle operazioni di conguaglio effettuate in occasione dell'assistenza fiscale prevista dal decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni che devono essere stabilite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate. Alla trasmissione telematica sono attribuiti i medesimi effetti della esposizione degli stessi nella dichiarazione unica.

 

Il comma 540 dell'articolo in esame apporta modifiche all'articolo 21 del decreto - legge 31 maggio 2010, n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, relativamente alla semplificazione di alcuni adempimenti dei contribuenti.

In particolare, con l'introduzione del comma 1-quater nell'articolo 21 citato si esonera dall'obbligo di comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto (spesometro) i contribuenti che hanno trasmesso i dati tramite il Sistema Tessera Sanitaria. Si tratta di una semplificazione degli adempimenti a carico dei contribuenti le cui modalità devono essere disciplinate con apposito provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate.

 

Il comma 541 dell'articolo in esame apporta modifiche al Testo Unico delle Imposte sui redditi (decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 22 dicembre 1986) per quanto riguarda le detrazioni per oneri relativi alle spese funerarie ed alle spese per la frequenza di corsi di istruzione universitaria.

In particolare, la lettera a), sostituisce il comma 1, lettera d) dell'articolo 15 (Detrazione per oneri) il quale stabilisce il limite assoluto di spesa e la percentuale di oneri che si possono detrarre dalla imposta lorda in conseguenza di spese funebri.

La nuova disposizione amplia la platea dei beneficiari (attualmente limitata ai soli familiari) della detrazione per spese funebri sostenute in dipendenza della morte di persone (aggiornando il limite a 1.550 euro per ciascuna di esse) e, demandando la fissazione dell'importo da detrarre ad apposito decreto del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, che deve tenere conto degli importi medi delle tasse e contributi dovuti alle università statali.

 

La lettera b), sostituisce il comma 1, lettera e) dell'articolo 15 del TUIR, sempre in materia di detrazioni per oneri per quanto riguarda l'importo da detrarre a titolo di spese per la frequenza di corsi di istruzione universitaria, specificando che la detrazione per la frequenza di corsi di istruzione universitaria riguarda anche le università non statali. In particolare, per queste ultime la misura delle spese non può essere superiore a quella stabilita annualmente per ciascuna facoltà universitaria con apposito decreto del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. Tale provvedimento deve essere emanato entro il 31 dicembre e deve tenere presente gli importi medi delle tasse e dei contributi che sono tenute a versare le università statali.

Il testo vigente stabilisce che è possibile effettuare la detrazione dall'imposta lorda di un importo pari al 19 per cento delle spese sostenute per frequenza di corsi di istruzione universitaria, in misura non superiore a quella stabilita per le tasse e i contributi delle università statali.

 

In base al comma 542 risultano abrogati i commi 586 e 587 dell'articolo 1, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di stabilità 2014), i quali stabiliscono che, con riferimento al periodo di imposta 2015, quindi per le dichiarazioni presentate a partire dall'anno 2016, l'Agenzia delle Entrate non ha più l'onere dell’esecuzione di controlli preventivi, anche documentali, sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia in caso di rimborso complessivamente superiore a 4.000 euro, anche determinato da eccedenze d'imposta derivanti da precedenti dichiarazioni.

Articolo 1, commi 543-544
(Clausola di salvaguardia relativa alla voluntary disclosure)

 

 

Il comma 543 quantifica in 2.000 milioni di euro le maggiori entrate per l’anno 2016 derivanti dalla proroga di termini prevista dall’articolo 2 del decreto-legge n. 153/2015, n. 153 in tema di voluntary disclosure. Il comma 544 contiene una clausola di salvaguardia attraverso l'aumento delle accise, nell'eventualità che detto importo non venisse realizzato integralmente.

 

Il comma 543 quantifica nell’importo di 2.000 milioni di euro le maggiori entrate per l’anno 2016 derivanti dalla proroga di termini prevista dall’articolo 2 del decreto-legge n. 153/2015, n. 153.

L'articolo 2 del DL n. 153/2015, modificando alcune disposizioni della procedura di collaborazione volontaria introdotta dalla legge n. 186/2014, fa sì che la medesima procedura possa essere attivata fino al 30 novembre 2015 e che l'istanza possa essere integrata con documenti ed informazioni entro il 30 dicembre 2015.

La citata legge 186/2014 ha introdotto nell'ordinamento la disciplina della collaborazione volontaria (cd. voluntary disclosure) in materia fiscale.

Le norme sostanzialmente riprendono il contenuto dell’articolo 1 del decreto-legge n. 4/2014, soppresso durante l’esame del provvedimento in sede parlamentare. Con riferimento al soppresso articolo 1, la legge di conversione del D.L. 4/2014 (legge n. 50 del 2014) ha esplicitamente fatto salva la validità degli atti e dei provvedimenti adottati nonché gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base delle disposizioni soppresse. A tal fine (articolo 1, comma 1) sono stati inseriti nel decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, in materia di monitoraggio fiscale, gli articoli da 5-quater a 5-septies, per contrastare fenomeni di evasione ed elusione fiscale consistenti nell'allocazione fittizia della residenza fiscale all'estero e nell'illecito trasferimento o detenzione all'estero di attività che producono reddito. I soggetti che detengono attività e beni all'estero ed hanno omesso di dichiararli possono sanare la propria posizione nei confronti dell'erario pagando l'intera misura delle imposte dovute. Per effetto della collaborazione volontaria viene altresì garantita la non punibilità per alcuni reati fiscali e il pagamento in misura ridotta delle sanzioni tributarie.

 

Il comma 544 dispone che, qualora dal monitoraggio delle entrate di cui al comma 1 emerga un andamento che non consenta la realizzazione integrale del citato importo di 2.000 milioni di euro, il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, da emanare entro il 31 marzo 2016, stabilisce l'aumento, a decorrere dal 1° maggio 2016, delle accise di cui alla Direttiva del Consiglio 2008/118/CE del 16 dicembre 2008, in misura tale da assicurare il conseguimento del predetto ammontare in termini di maggiori entrate.

Tale direttiva stabilisce il regime generale relativo alle accise gravanti, direttamente o indirettamente, sul consumo dei seguenti prodotti («prodotti sottoposti ad accisa»): a) prodotti energetici ed elettricità di cui alla direttiva 2003/96/CE; b) alcole e bevande alcoliche di cui alle direttive 92/83/CEE e 92/84/CEE; c) tabacchi lavorati di cui alle direttive 95/59/CE, 92/79/CEE.

 

Si ricorda che la materia delle accise sui carburanti è stata interessata recentemente da diversi interventi normativi; in particolare, dal 1° gennaio 2015 l’aliquota di accisa sulla benzina è pari a 728,40 euro per mille litri e quella sul gasolio usato come carburante a 617,40 euro per mille litri. La legge di stabilità per l'anno 2014 (articolo 1, comma 626 della legge n. 147/2013) ha stabilito un ulteriore aumento delle accise sui carburanti (benzina, benzina con piombo e gasolio usato come carburante) per il periodo dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2018, da disporsi con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane da adottare entro il 31 dicembre 2016, in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 220 milioni di euro per l'anno 2017 e a 199 milioni di euro per l'anno 2018. L'articolo 19, comma 3, del D.L. n. 91/2014 ha poi disposto un ulteriore aumento, decorrente dal 1° gennaio 2019, dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante. L'incremento sarà disposto da un provvedimento direttoriale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli da adottare entro il 30 novembre 2018 con efficacia dalla data di pubblicazione sul sito internet dell'Agenzia, tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 140,7 milioni di euro nel 2019, a 146,4 milioni di euro nel 2020 e a 148,3 milioni di euro a decorrere dal 2021.

La legge di stabilità per l'anno 2015, all'articolo 1, comma 718, prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2018, con provvedimento del direttoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, l'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché l'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante, sarà aumentata in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 700 milioni di euro per l'anno 2018 e ciascuno degli anni successivi.

Incrementi delle accise sono stati prefigurati nell'ambito di clausole di salvaguardia. L'articolo 10, comma 9 del DL 192/2014 (c.d. mille proroghe), ha previsto che, qualora dal monitoraggio delle entrate attese dalla c.d. voluntary disclosure, fosse emerso un andamento tale da non consentire la copertura di quota parte degli oneri derivanti dall'articolo 15 del DL n. 102 del 2013 (c.d. decreto- legge IMU) il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, da emanare entro il 30 settembre 2015, avrebbe stabilito l'aumento della misura degli acconti ai fini dell'IRES e dell'IRAP, dovuti per il periodo d'imposta 2015, e l'aumento, a decorrere dal 1° gennaio 2016, delle accise di cui alla Direttiva del Consiglio 2008/118/CE del 16 dicembre 2008, in misura tale da assicurare il conseguimento dei predetti obiettivi anche ai fini della eventuale compensazione delle minori entrate che si dovessero generare per effetto dell'aumento degli acconti.

Infine, l'articolo 1 del DL n. 153/2015 ha modificato gli strumenti della copertura finanziaria disposta nell'ambito del meccanismo della clausola di salvaguardia di cui all'articolo 1, comma 632, terzo periodo, della legge di stabilità per il 2015, disponendo a tal fine e per il solo anno 2015, l'utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dalle procedure di voluntary disclosure per la regolarizzazione dei capitali detenuti all’estero, in luogo dell'impiego delle entrate derivanti dall’aumento dell’accisa sui carburanti che slitta conseguentemente all'anno 2016.

 


 

Articolo 1, commi 545-547
(Istituzione di una aliquota IVA al 5 per cento)

 

 

I commi 545-547, inseriti dal Senato, istituiscono una nuova aliquota ridotta dell’IVA, al 5 per cento, assoggettandovi le prestazioni socio-sanitarie ed educative rese da cooperative sociali e loro consorzi, attualmente assoggettate all’aliquota del 4 per cento.

 

In particolare, il comma 545 modifica il D.P.R. n. 633 del 1972, in materia di IVA.

La lettera a), sostituendo i primi due commi dell'articolo 16, oltre a confermare l'aliquota ordinaria dell'imposta nella misura del 22 per cento, fissa le aliquote ridotte nel quattro, cinque e dieci per cento con riferimento alle operazioni aventi per oggetto i beni e servizi elencati, rispettivamente, nella parte II, nella parte II-bis e nella parte III della tabella A, salvo quanto previsto dall'articolo 34, in tema di regime speciale per i produttori agricoli.

 

Attualmente l’articolo 16 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recante l’istituzione e la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto prevede, accanto all’aliquota normale (pari al 22 per cento) un’aliquota ridotta del 10 per cento (che può essere modificata in aumento o in diminuzione a livello complessivo, cioè per tutti i beni interessati e non per un singolo bene) e un’aliquota “super-ridotta” del 4 per cento (che non può essere modificata in quanto oggetto di deroga specifica al momento della emanazione della prima direttiva IVA) per le operazioni aventi per oggetto i beni e i servizi elencati nella parte II della Tabella A allegata al citato D.P.R. n. 633. Nella parte III della Tabella A vi è l’elenco dettagliato dei beni e dei servizi assoggettati ad aliquota del 10 per cento.

 

La lettera b) abroga il n. 41-bis della tabella A, parte II, il quale comprende nell’elenco dei beni e servizi soggetti all'aliquota del 4 per cento, le prestazioni socio-sanitarie, educative, comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili o ovunque rese, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale.

Tali prestazioni, sostanzialmente, sono fatte rientrare nella aliquota al 5 per cento.

 

A seguito di una procedura EU Pilot con la quale la Commissione europea aveva rilevato l’incompatibilità con l’ordinamento comunitario della disciplina IVA concernente le cooperative in genere (comprese le cooperative sociali) svolgenti le prestazioni previste dal n. 41-bis della Tabella A, parte II, allegata al DPR 633/72 (prestazioni socio-sanitarie ed educative), i commi dal 488 al 490 della legge di stabilità 2013 avevano assoggettato tali prestazioni ad aliquota del 10 per cento (in luogo del 4 per cento).

Successivamente l’articolo 1, comma 172, della legge n. 147 del 2013 (stabilità 2014) aveva sostituito i commi 488 e 489 sopra descritti, di fatto ripristinando l’aliquota IVA agevolata del 4 per cento (di cui al n. 41-bis) della Tabella A, parte II) limitatamente alle prestazioni dei servizi socio-sanitari e educativi resi dalle cooperative sociali e dai loro consorzi sia direttamente nei confronti dei soggetti svantaggiati (minori, anziani, disabili, etc.), sia sulla base di convenzioni o appalti stipulati con soggetti terzi.

Tale operazione ha determinato l’apertura di una nuova procedura EU Pilot (6174/14/TAXU), cui la norma in commento intende dare risposta mediante l’istituzione di una nuova aliquota ridotta al 5 per cento, compatibile con la normativa europea in materia di IVA: gli articoli 98 e 99 dalla direttiva IVA (ora direttiva 2006/112/CE) consentono infatti agli Stati membri la facoltà di applicare una o due aliquote ridotte. Avendo l’Italia la sola aliquota ridotta del 10 per cento, la nuova aliquota del 5 per cento è da ritenersi compatibile con la predetta norma.

 

La lettera c), con una modifica alla Tabella A allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, vi introduce una nuova Parte II-bis volta a individuare i beni e i servizi soggetti ad aliquota al 5 per cento.

Sono soggette all’aliquota del 5 per cento le prestazioni di cui ai numeri 18, 19, 20, 21 e 27-ter dell'articolo 10, comma 1, rese in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e di malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, di persone migranti, senza fissa dimora, richiedenti asilo, di persone detenute, di donne vittime di tratta a scopo sessuale e lavorativo (soggetti indicati nel numero 27-ter)) da cooperative sociali e loro consorzi in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale.

Si tratta in particolare delle seguenti prestazioni:

18) prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell'esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza;

19) prestazioni di ricovero e cura compresa la somministrazione di medicinali, presidi sanitari e vitto;

20) prestazioni educative dell'infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l'aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, comprese le prestazioni relative all'alloggio, al vitto e alla fornitura di libri e materiali didattici;

21) prestazioni proprie dei brefotrofi, orfanotrofi, asili, case di riposo per anziani e simili, delle colonie marine, montane e campestri e degli alberghi e ostelli per la gioventù di cui alla legge 21 marzo 1958, n. 326, comprese le somministrazioni di vitto, indumenti e medicinali, le prestazioni curative e le altre prestazioni accessorie;

27-ter) prestazioni socio-sanitarie, di assistenza domiciliare o ambulatoriale, in comunità e simili.

 

Il comma 546 abroga i primi due periodi dell’articolo 1, comma 331, della legge n. 296 del 2006.

Il primo periodo del comma 331 estendeva in via interpretativa l’aliquota agevolata del 4 per cento anche alle prestazioni sopra elencate (di cui ai numeri 18), 19), 20), 21) e 27-ter) dell'articolo 10, rese nei confronti dei soggetti indicati nel n. 41-bis), in generale, da qualunque tipo di cooperativa e loro consorzio, sia direttamente nei confronti del destinatario finale, sia in esecuzione di contratti di appalto e convenzioni.

Il secondo periodo del comma 331 faceva salva la facoltà per le sole cooperative sociali (in quanto Onlus di diritto ai sensi dell'articolo 10, comma 8, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460) di optare per il regime agevolativo applicato alle Onlus; pertanto, con la sua abrogazione, è venuta meno la possibilità per le cooperative sociali di cui alla legge n. 381 del 1991 e per i loro consorzi di fruire del regime di esenzione IVA.

 

Si segnala, infine, che il Senato ha soppresso il comma 11 dell’articolo 47 che ripristinava l’aliquota IVA ridotta al 10 per cento per le cessioni di pellet (combustibile ricavato da segatura), innalzata al 22 per cento dal comma 711 della legge di stabilità 2015.

 

Il comma 547 dispone in ordine alla decorrenza delle richiamate norme; in particolare precisando che le norme introdotte si applicano alle operazioni effettuate sulla base di contratti stipulati, rinnovati o prorogati successivamente alla data di entrata in vigore della legge in esame.


 

Articolo 1, comma 548
(Misure di contrasto all'evasione fiscale nel settore degli autoveicoli)

 

 

Il comma 548, introdotto dal Senato, al fine di contrastare l’elusione della tassa automobilistica, novella l'articolo 103, comma 1, del D.Lgs. n. 285 del 1992 (Nuovo codice della strada), in tema di obblighi conseguenti alla cessazione della circolazione dei veicoli a motore e dei rimorchi, in relazione alla definitiva esportazione all'estero.

 

Si tratta della disposizione che prevede che la parte interessata, intestataria di un autoveicolo, motoveicolo o rimorchio, è tenuta a comunicare al competente ufficio del P.R.A., entro sessanta giorni, la definitiva esportazione all'estero del veicolo stesso, restituendo il certificato di proprietà e la carta di circolazione.

 

Il comma in esame dispone che la predetta esportazione sia documentata attraverso reimmatricolazione, comprovata dall'esibizione della copia della documentazione doganale di esportazione".

 


 

Articolo 1, comma 549
(Clausola di salvaguardia per le Regioni a statuto speciale)

 

 

Il comma 549 inserisce la clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel senso che le disposizioni della legge sono inapplicabili agli enti a statuto speciale ove siano in contrasto con gli statuti e le relative norme di attuazione.

 

Le disposizioni della legge in esame non modificano il quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale) e dalle relative norme di attuazione; esse si applicano pertanto in quegli ordinamenti solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di quegli enti. L’esplicitazione di questo principio è stata introdotta in passato proprio nelle leggi finanziarie per evitare che regioni e province autonome, nel dubbio sull’effettiva estensione di disposizioni che incidono sulle materie di loro competenza, ritenessero necessario chiedere una pronuncia alla Corte costituzionale. La clausola di salvaguardia è ormai inserita in tutti i provvedimenti che possono riguardare le competenze delle regioni a statuto speciale e costituisce uno dei parametri su cui si fondano i giudizi della Corte costituzionale sulle questioni che le vengono poste[198].

 

La norma in esame fa inoltre riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 che ha riformato il titolo V della parte seconda della Costituzione. In particolare l'articolo 10 ha disposto la possibile applicazione delle disposizioni della legge costituzionale alle regioni a statuto speciale «per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite», fino all’adeguamento dei rispettivi statuti. La legge costituzionale 3/2001, infatti, ha riformato il sistema delle autonomie lasciando inalterato la distinzione tra autonomie ordinarie e speciali. In ragione della norma contenuta nell'art. 10 (cosiddetta clausola di maggior favore), la Corte costituzionale valuta in relazione a ciascuna questione di legittimità, se prendere a parametro l’articolo 117 Cost. anziché le norme statutarie, nel caso in cui la potestà legislativa da esso conferita nella materia oggetto della questione, assicura una autonomia più ampia di quella prevista dagli statuti speciali.

Articolo 1, comma 550
(Tabelle A e B)

 

 

Il comma 550 dispone in ordine all’entità dei fondi speciali, ossia gli strumenti contabili mediante i quali si determinano le disponibilità per la copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel corso degli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale.

La determinazione degli importi dei fondi speciali in apposite Tabelle della legge di stabilità è prevista dall'articolo 11, comma 3, lettera c), della nuova legge di contabilità (legge n. 196 del 2009).

Con il comma in esame si provvede a determinare gli importi da iscrivere nei fondi speciali per ciascun anno, determinati nelle misure indicate per la parte corrente nella Tabella A e per quella in conto capitale nella Tabella B allegate al disegno di legge di stabilità, ripartite per Ministeri.

In sede di relazione illustrativa al disegno di legge di stabilità sono indicate le finalizzazioni, vale a dire i provvedimenti per i quali viene preordinata la copertura.

Ulteriori finalizzazioni possono essere specificate nel corso dell’esame parlamentare, con riferimento ad emendamenti che incrementano la dotazione dei fondi speciali. In ogni caso le finalizzazioni non hanno efficacia giuridica vincolante. Attraverso i fondi speciali viene quindi delineata la proiezione finanziaria triennale della futura legislazione di spesa che il Governo intende presentare al Parlamento.

 

 

Nel testo del disegno di legge di stabilità per il 2016 presentato dal Governo (A.S. 2111), gli importi della Tabella A ammontavano complessivamente a circa 126,8 milioni per il 2016, 197 milioni per il 2017 e 217 milioni annui a decorrere dal 2018.

Nel corso dell’esame al Senato gli importi della Tabella A sono stati ridotti a 123,1 milioni per il 2016, a 193,5 milioni per il 2017 e a 213,5 milioni per il 2018.

 

 (importi in migliaia)

Tabella A

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

72.842,8

90.019,1

80.019,1

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

126.842,8

197.019,1

217.019,1

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

123.112,8

193.519,1

213.519,1

 

La Tabella B, non modificata nel corso dell’iter, prevede importi pari a circa 345,2 milioni per il 2016, 528,1 milioni per il 2017 e 584,1 milioni annui a decorrere dal 2018.

 

(importi in migliaia)

Tabella B

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

295.176,0

392.068,0

392.068,0

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

345.176,0

528.068,0

584.068,0

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

345.176,0

528.068,0

584.068,0

 

 

Nelle tabelle seguenti sono riportati, suddivisi per Ministero, gli importi degli accantonamenti di parte corrente e di conto capitale, come determinati nel bilancio a legislazione vigente (A.S. 2112) e nel disegno di legge di stabilità (A.C. 3444). Si riportano altresì le finalizzazioni indicate nella relazione illustrativa del disegno di legge di stabilità (importi in migliaia).

 

Tabella A - Fondo speciale di parte corrente

(importi in migliaia)

 

Ministero dell'economia e delle finanze

 

 

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

14.579

34.334

34.334

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

34.579

84.334

104.334

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

34.079

83.834

103.834

 

L’accantonamento del Ministero dell’economia si è ridotto di 500.000 euro per ciascun anno del triennio a copertura del finanziamento per il medesimo importo, in Tabella C, della voce relativa ai contributi ad enti del Ministero dell’interno.

 

Finalizzazioni: l'accantonamento comprende le risorse destinate alla copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi concernenti:

§  Disposizioni in materia di donazione del corpo post mortem ai fini di studio e di ricerca scientifica (A.C. 100 - A.S. 1534);

§  Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali (A.S. 1629 - A.C. 750);

§  Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo (A.S. 1261 - A.C. 3139);

§  Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (A.S. 1676 - A.C. 2093);

§  Disposizioni in materia di indennizzo a favore delle persone affette da sindrome da talidomide (A.C. 263 - A.S. 2016);

§  Riforma della RAI e del servizio pubblico radiotelevisivo (A.S. 1880-B - A.C. 3272);

§  Disciplina delle unioni civili (A.S. 14),

§  Interventi diversi.

 

 

Ministero dello sviluppo economico

 

 

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

10.000

10.000

10.000

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

7.000

7.000

7.000

 

L’accantonamento del Ministero dello sviluppo economico si è ridotto di 3 milioni di euro per ciascun anno del triennio a copertura degli oneri recati dall’introduzione dei nuovi commi 80-82, che recano norme per l’attuazione di un Accordo internazionale, tra Italia e Santa Sede, in materia di radiodiffusione televisiva e sonora e per la costituzione di un Fondo per il riassetto dello Spettro Radio.

 

Finalizzazioni: L'accantonamento comprende le risorse destinate alla copertura finanziaria dell'Accordo tra Italia e Santa Sede in materia di radiodiffusione televisiva sonora e dell'Accordo tra Italia - EURATOM per la gestione di rifiuti radioattivi.

 

 

Ministero del lavoro e politiche sociali

 

 

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

2.000

7.000

7.000

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

2.000

7.000

7.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 


 

Ministero della giustizia

 

 

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

8.168

8.342

8.342

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

8.168

8.342

8.342

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

8.168

8.342

8.342

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale

 

 

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

38.532

34.779

34.779

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

53.532

49.779

49.779

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

53.302

49.779

49.779

 

L’accantonamento del Ministero dello sviluppo economico si è ridotto di 230.000 euro per il 2016 a copertura del finanziamento per il medesimo importo, in Tabella C, della voce relativa alla Ratifica della convenzione internazionale per la costituzione dell’Istituto Italo-Latino-americano.

 

Finalizzazioni: l'accantonamento comprende le risorse preordinate a numerosi disegni di legge di ratifica di accordi e trattati già in corso di esame parlamentare, nonché per interventi diversi.

 

 

Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca

 

 

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

9

9

9

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

9.000

9.000

9.000

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

9.000

9.000

9.000

 

Finalizzazioni: l'accantonamento comprende le risorse destinate alle scuole non statali.

 


 

 

Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

 

 

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

8.018

8.018

8.018

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

10.018

10.018

10.018

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

10.018

10.018

10.018

 

Finalizzazioni: l'accantonamento comprende le risorse preordinate per la copertura finanziaria dei provvedimenti riguardanti interventi per il sostegno della formazione e della ricerca nelle scienze geologiche (A.C. 1533 - A.S. 1892); Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (A.S. 1676 - A.C. 2093), nonché per interventi diversi.

 

 

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

 

 

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

3.000

5.000

5.000

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

3.000

5.000

5.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali

 

 

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

1.500

500

500

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

1.500

500

500

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

1.500

500

500

 

Finalizzazioni: l'accantonamento è preordinato alla copertura finanziaria dei provvedimenti riguardanti Interventi per la salvaguardia degli agrumeti caratteristici (A.C. 55 - A.S. 1641) e Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare (A.S 1728 - A.C. 348-B).

 

 


 

Ministero della salute

 

 

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

2.034

4.034

4.034

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

4.034

14.034

14.034

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

4.034

14.034

14.034

 

Finalizzazioni: oneri relativi all'emergenza biologica a livello nazionale e interventi diversi.

 

 

 

Tabella B - Fondo speciale di conto capitale

(importi in migliaia)

 

Ministero dell'economia e delle finanze

 

 

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

197.300

328.900

328.900

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

197.300

354.900

380.900

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

197.300

354.900

380.900

 

Finalizzazioni: l'accantonamento comprende le risorse destinate al potenziamento e ammodernamento della Guardia di finanza, alla realizzazione dei giochi olimpici del 2021 che si terranno a Cortina nonché per interventi diversi.

 

 

Ministero dello sviluppo economico

 

 

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

-

20.000

30.000

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

-

20.000

30.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 


 

Ministero del lavoro e politiche sociali

 

 

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

32.753

32.753

32.753

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

32.753

32.753

32.753

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

32.753

32.753

32.753

 

Finalizzazioni: l'accantonamento è preordinato alla copertura finanziaria del provvedimento concernente Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali (A.S. 1629 - A.C. 750) nonché per la stabilizzazione dei lavoratori impiegati in ASU nella città di Napoli.

 

 

Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale

 

 

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

34.708

-

-

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

34.708

-

-

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

34.708

-

-

 

Finalizzazioni: l'accantonamento è preordinato alla copertura finanziaria degli interventi riguardanti la partecipazione dell'Italia alla spesa per la ristrutturazione del Quartiere Generale Atlantico.

 

 

Ministero dell'interno

 

 

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

10.000

10.000

10.000

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

10.000

10.000

10.000

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

10.000

10.000

10.000

 

Finalizzazioni: l'accantonamento è finalizzato a favore di interventi per l'ammodernamento di protezione del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.

 

 


 

Ministero dell'dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

 

 

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

17.415

17.415

17.415

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

67.415

67.415

67.415

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

67.415

67.415

67.415

 

Finalizzazioni: l'accantonamento è preordinato alla copertura finanziaria dei provvedimenti concernenti Legge Quadro in materia di interporti e di piattaforme logistiche territoriali (A.C. 730 — A.S. 1185), Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (A.S. 1676-A.C. 2093) nonché per il contributo nazionale al Green Climate Fund, per interventi a favore della difesa del suolo e per interventi di bonifica e ripristino dei siti inquinati.

 

 

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

 

 

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

-

40.000

60.000

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

-

40.000

60.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero della salute

 

 

2016

2017

2018

Bilancio a legislazione vigente

3.000

3.000

3.000

Disegno di legge di stabilità (A.S. 2111)

3.000

3.000

3.000

Disegno di legge di stabilità (A.C. 3444)

3.000

3.000

3.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 


 

Articolo 1, comma 551
(Tabella C)

 

 

Il comma 551 dispone l’approvazione della Tabella C, recante la determinazione delle dotazioni finanziarie da iscrivere in bilancio delle leggi di spesa permanente, la cui quantificazione è rinviata alla legge di stabilità, ai sensi della normativa contabile.

La Tabella C del disegno di legge di stabilità per il 2016-2018 (A.S. 2111) prevedeva un ammontare complessivo di stanziamenti pari a 4.857,5 milioni per il 2016, a 5.857,3 milioni per il 2017 e a 3.847,4 milioni annui a decorrere dal 2018.

A seguito dell’esame al Senato, gli importi sono aumentati a 4.858,2 milioni per il 2016, a 5.857,8 milioni per il 2017 e a 3.847,9 milioni annui a decorrere dal 2018.

 

L'articolo 11, comma 3, lett. d), della legge di contabilità (legge n. 196 del 2009) prevede tra i contenuti propri della legge di stabilità, la determinazione, in apposita tabella, degli stanziamenti annui delle leggi di spesa permanente, con le relative aggregazioni per programma e per missione, la cui quantificazione è rinviata alla legge di stabilità, con esclusione delle spese obbligatorie.

Per ogni singola autorizzazione legislativa ivi contenuta, la Tabella C ne determina lo stanziamento al netto delle eventuali spese obbligatorie. Le restanti risorse comunque autorizzate in favore della legge, considerate di natura obbligatoria, vengono eventualmente determinate dalla legge di bilancio ed iscritte in un apposito capitolo.

 

Rispetto agli stanziamenti a legislazione vigente, nel complesso la Tabella C, come modificata al Senato, determina le seguenti variazioni di bilancio: +1.106,4 milioni nel 2016, +2.100,4 milioni nel 2017 e +99,2 milioni annui a decorrere dal 2018 (di cui 1 miliardo per il 2016 e 2 miliardi per il 2017 di regolazioni debitorie, quale quota di finanziamento del Fondo sanitario nazionale in relazione alle minori da gettito IRAP relativo alle Regioni a statuto ordinario).

 

Si segnalano le seguenti variazioni:

§  determinazione in un miliardo per il 2016 e due miliardi per il 2017 della quota di finanziamento del Fondo sanitario nazionale, in relazione alle minori entrate da gettito IRAP relativo alle regioni a statuto ordinario (regolazioni debitorie) (MEF, cap. 2701 - a legislazione vigente la voce non reca stanziamenti);

§  riduzione di 1,3 milioni annui a decorrere dal 2016 delle risorse destinate alle regioni per la conservazione e la difesa dagli incendi del patrimonio boschivo (MEF, cap. 2820 - a legislazione vigente 2016: 1,3 milioni);

§  incremento di 3,4 milioni annui a decorrere dal 2016 delle somme destinate al reintegro del Fondo protezione civile (MEF, cap. 7446 - legislazione vigente 2016: 47,8 milioni);

§  incremento di 10 milioni annui a decorrere dal 2016 delle somme destinate a coprire le spese di funzionamento del dipartimento della protezione civile (MEF, cap. 2184 - a legislazione vigente 2016: 6,4 milioni);

§  integrazione di 100 milioni annui a decorrere dal 2016 del Fondo per le emergenze nazionali (MEF, cap. 7441 - a legislazione vigente 2016: 149 milioni);

§  riduzione di 2,5 milioni annui a decorrere dal 2016 del contributo al Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura - CREA (Politiche agricole, cap. 2083 - a legislazione vigente 2016: 5,4 milioni);

§  riduzione di 153.000 euro per il 2016 e 152.000 euro annui dal 2017 delle risorse per l'attuazione del piano nazionale della pesca marittima (Politiche agricole, capitoli vari - a legislazione vigente 2016: 2,8 milioni);

§  riduzione di 1,5 milioni annui dal 2018 delle risorse destinate all’ENEA (MISE, cap. 7630/P - a legislazione vigente per ciascuno degli anni del triennio di riferimento: 16,3 milioni);

§  riduzione di 2 milioni annui a decorrere dal 2016 delle risorse destinate agli enti per il sostegno all’internazionalizzazione delle imprese e alla promozione del made in Italy (MISE, cap. 2501/P - a legislazione vigente 2016: 5,4 milioni);

§  riduzione di circa 1,1 milioni nel 2016, di circa 7 milioni nel 2017 e 6,4 milioni dal 2018 del Fondo per il finanziamento della ricerca sanitaria (Salute, cap. 3392 - a legislazione vigente 2016: 254,2 milioni);

§  riduzione di 4 milioni di euro annui a decorrere dal 2016 del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca (MIUR, cap. 7236 - a legislazione vigente 2016: 1.706,9 milioni);

§  riduzione di 100.000 euro annui del contributo a favore dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali (Salute, cap. 3457 - a legislazione vigente 2016: 200.352 euro);

§  riduzione di 1,1 milioni per gli anni 2016 e 2017 e di 1,3 milioni circa dal 2018 del contributo all'Agenzia italiana del farmaco (Salute, capp. 3458 e 7230 - a legislazione vigente 2016: 2,2 milioni);

§  riduzione di 52.752 euro per il 2016 delle somme destinate al FUS, Fondo unico dello spettacolo (MIBACT, capitoli vari - a legislazione vigente 2016: 407,1 milioni);

§  incremento di 500.000 euro annui a decorrere dal 2016 del contributo a favore dell'Accademia nazionale dei Lincei (MIBACT, cap. 3630 - a legislazione vigente 2016: 1 milione circa);

§  incremento di 10 milioni annui a decorrere dal 2016 delle somme da assegnare a enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi nel settore della cultura (MIBACT, cap. 3670 e 3671 - a legislazione vigente 2016: 17,3 milioni);

§  riduzione di 300.000 euro annui a decorrere dal 2016 delle somme da assegnare a enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi (MIUR, cap. 1261 - a legislazione vigente 2016: 1,3 milioni);

§  riduzione di 1,5 milioni annui a decorrere dal 2016 delle risorse destinate all’attività sportiva universitaria (MIUR, cap. 1709 - a legislazione vigente 2016: 6,6 milioni);

§  incremento di 2,3 milioni annui a decorrere dal 2016 delle risorse destinate al Fondo nazionale per il servizio civile (MEF, cap. 2185 - a legislazione vigente 2016: 113,4 milioni); il capitolo risulta esposto anche nell'Elenco n. 3 relativo alla riduzione, a decorrere dall'anno 2016, degli stanziamenti di bilancio iscritti a favore della Presidenza del Consiglio dei ministri con una riduzione di circa 3,5 milioni di euro;

§  riduzione di 6,4 milioni circa annui delle somme occorrenti per la compensazione alle imprese fornitrici di energia elettrica e gas naturale, nelle regioni a statuto ordinario, in relazione alle agevolazioni tariffarie concesse alle famiglie economicamente svantaggiate (MEF, cap. 3822 - a legislazione vigente 2016: 63,9 milioni);

§  incremento di 10 milioni annui a decorrere dal 2016 delle somme destinate all'Agenzia nazionale del turismo (MIBACT, cap. 6821 - a legislazione vigente 2016: 2,1 milioni);

§  riduzione di 10 milioni annui a decorrere dal 2016 delle somme destinate alle spese di funzionamento dell'Istituto nazionale di statistica (MEF, cap. 1680 - a legislazione vigente 2016: 32,6 milioni).

 

Nel corso dell’esame al Senato sono state variati gli stanziamenti relativi alle seguenti voci:

§  incremento di 230.000 euro per il 2016 delle somme destinate alla voce relativa alla Ratifica della convenzione internazionale per la costituzione dell’Istituto Italo-Latino-americano (Ministero Affari esteri, cap. 3751 –a legislazione vigente 2016: 1.594.678 euro)

§  incremento di 500.000 euro a decorrere dal 2016 della voce relativa ai contributi ad enti del Ministero dell’interno (Ministero dell’interno, cap. 2309- a legislazione vigente 2016: 1.061.646 per il 2016, 1.056.197 dal 2017)).

 

Rispetto alla Tabella C della precedente legge di stabilità non sono più esposte le seguenti voci (si riportano le voci che riportavano stanziamenti nella tabella C allegata alla legge n. 190 del 2014):

§  Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale - legge n. 7 del 1981 e legge n. 49 del 1987, stanziamenti aggiuntivi per l'aiuto pubblico a favore dei paesi in via di sviluppo (capitoli vari);

§  Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale - legge n. 49 del 1987: nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i paesi in via di sviluppo (capp. 7168, 7169);

§  Ministero dell'economia e delle finanze - legge di stabilità n. 228 del 2012, art. 1, comma 290: integrazione fondo protezione civile per eventi alluvionali ed altre calamità    (cap. 7446/p).

 


 

Articolo 1, commi 552 e 554
(Tabella E)

 

 

Il comma 552 reca l’approvazione della Tabella E, che determina, per le leggi che dispongono spese a carattere pluriennale in conto capitale, le quote destinate a gravare per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, esposte per programma e missione.

L'articolo 11, co. 3, lett. e), della legge n. 196 del 2009 di contabilità prevede, tra i contenuti propri della legge di stabilità, la determinazione, in apposita tabella, degli importi delle leggi di spesa in conto capitale a carattere pluriennale, aggregati per programma e per missione, con specifica ed analitica evidenziazione dei rifinanziamenti, delle riduzioni e delle rimodulazioni, per la quota da iscrivere nel bilancio di ciascun anno considerato nel bilancio pluriennale.

 

Il comma 554 indica i limiti massimi di impegnabilità che le amministrazioni pubbliche possono assumere nel 2016, con riferimento ai futuri esercizi, rinviando a tal fine a quanto registrato nella apposita colonna della Tabella E.

Ai sensi dell'articolo 30, co. 2, della legge di contabilità le amministrazioni possono stipulare contratti o comunque assumere impegni nei limiti dell'intera somma stanziata con leggi pluriennali di spesa in conto capitale. La disposizione demanda tuttavia alla legge di stabilità la possibilità di indicare limiti di impegnabilità più ristretti, tenuto conto dello stato di attuazione delle procedure di spesa.

Come già per le precedenti leggi finanziarie e di stabilità, la legge di stabilità per il 2016 reca una colonna “limite impegnabilità” suddivisa secondo i seguenti numeri:

§  n. 1, indica le quote degli anni 2016 ed esercizi successivi non impegnabili;

§  n. 2, indica le quote degli anni 2016 e successivi impegnabili al 50%;

§  n. 3, indica le quote degli anni 2016 e successivi interamente impegnabili.

 

La tabella prospetta una pressoché generalizzata facoltà ad impegnare le risorse relative agli anni successivi (situazione contrassegnata con il codice n. 3 nella colonna riferita al limite di impugnabilità).

 

Le autorizzazioni di spesa iscritte in Tabella E ammontavano complessivamente a 20.948,6 milioni per il 2016, a 21.412,9 milioni per il 2017, a 23.628,2 milioni per il 2018 e a 93.721,5 milioni per il 2019 e anni successivi.

Nel corso dell’esame al Senato, sono state effettuate due rimodulazioni che hanno interessati le seguenti voci:

§  D.L. n. 133/2014, art. 3, co. 2, punto C) - Metropolitana di Torino: anticipazione dal 2017 al 2016 di 41 milioni di euro;

§  Legge n. 266/2005, art. 1, co. 86 – Contributo conto impianti per Ferrovie dello Stato Spa: posticipo dal 2016 al 2017 di 41 milioni di euro.

 

Nel complesso, la Tabella E, come modificata al Senato, determina:

§  definanziamenti per 601,2 milioni nel 2016, 116,1 milioni nel 2017, 126,1 milioni nel 2018 e per 238,2 milioni nel 2019 e annualità successive;

§  rifinanziamenti per 1.730 milioni nel 2016, 2.140 milioni nel 2017, 2.855 milioni nel 2018 e per 15.900 nel 2019 e annualità successive;

§  rimodulazione delle autorizzazioni pluriennali di spesa che determinano, nel complesso, riduzioni di 62,2 milioni nel 2016, di 6,7 milioni nel 2017 e di 1.759,4 milioni nel 2019, con conseguente incremento di 1.828,3 milioni della quota relativa al 2018.

 

Rispetto alla legislazione vigente, la Tabella E determina maggiori spese per 1.066,6 milioni nel 2016, per 2.017,2 milioni nel 2017, per 4.557,2 milioni nel 2018 e per 13.902,4 milioni nel 2019 e annualità successive.

Per quanto riguarda i settori di spesa interessati dai rifinanziamenti disposti dalla Tabella E (nel complesso 22,6 miliardi nel quadriennio), si osserva che 8,5 miliardi riguardano Ferrovie dello Stato (di cui 200 milioni per RFI), 6,8 miliardi sono destinati all’ANAS, 3,2 miliardi al settore della Difesa (di cui 2,3 miliardi per la difesa aeronautica e 870 per la Marina), circa 2 miliardi sono destinati al dissesto idrogeologico e 1,7 miliardi all’edilizia sanitaria.

 

 

Il prospetto che segue espone gli importi, in termini di competenza, degli effetti dei rifinanziamenti, riduzioni e rimodulazioni operati dalla Tabella E.


 

(in milioni di euro)

Tabella E

2016

2017

2018

2019 e ss

D.L. 148/1993, art. 3 - Interventi nei settori della manutenzione idraulica e forestale (Economia)

-30,0

 

 

 

L. 183/1987, art. 5 - Fondo di rotazione attuazione delle politiche comunitarie (Economia)

-100,0

-100,0

-100,0

-200,0

L. 147/2013, art. 1, co. 109 - Contributo ammodernamento Guardia di Finanza (Economia)

-5,0

-5,0

-5,0

-10,0

L. 147/2013, art. 1, co. 109 - Contributo ammodernamento Guardia di Finanza (Economia)

-10,0

-5,0

-5,0

-10,0

D.L. 119/2014, art. 8, co. 1, punto a) - Acquisto automezzi ed equipaggiamenti, manutenzione e adattamento strutture della Polizia di Stato (Interno)

-6,1

-6,1

-6,1

-18,2

D.Lgs. 102/2004, art. 15, co. 2, punto 1 - Fondo solidarietà nazionale incentivi assicurativi (Politiche Agricole)

+100,0

+40,0

 

 

L. 190/2014, art. 1, co. 214 - Fondo per l'investimento nel settore lattiero caseario (Politiche agricole)

-23,0

 

 

 

L. 808/1985, art. 3, co. 1, punto a - Interventi per la competitività delle industrie nel settore aeronautico (Sviluppo economico)

 

 

+25,0

+700,0

D.L. 321/1996, art. 5, co. 2, punto b) - Sviluppo tecnologico nel settore aeronautico (Sviluppo economico)

 

-25,0

-45,0

+70,0

D.L. 321/1996, art. 5, co. 2, punto c) - sviluppo tecnologico nel settore aeronautico (Sviluppo economico)

-46,0

-20,0

 

+66,0

L. 266/2005, art. 1, co. 95, punto 3 - Contributo programma unità navali FREMM (Sviluppo economico)

+100,0

+120,0

+150,0

+500,0

L. 244/2007, art. 2, co. 180 - Interventi settore aeronautico (Sviluppo economico)

+280,0

+280,0

+280,0

+800,0

D.L. 66/2014, art. 22-bis, co. 1 - Risorse per le zone franche urbane (Sviluppo economico)

-20,0

 

 

 

L. 228/2012, art. 1, co. 208 - Linea ferroviaria Torino-Lione (Infrastrutture e trasporti)

-20,0

 

 

+20,0

D.L. 133/2014, art. 3, co. 2, punto B/quinquies - Somme a favore di RFI per la linea AV/AC MI-GE: terzo valico Giovi (Infrastrutture e trasporti)

 

-20,0

 

+20,0

D.L. n. 133/2014, art. 3, co. 2, punto c): Metropolitana di Torino (Infrastrutture e trasporti)

+41,0

-41,0

 

 

L. 266/2005, art. 1, co. 86 - Contributo in conto impianti alle Ferrovie dello Stato SPA

-291,0

+241,0

+600,0

+7.500,0

L. 228/2012, art. 1, co. 176 - Contratti di programma RFI (Infrastrutture e trasporti)

 

 

+200,0

 

D.L. 43/2013, art. 7-ter, co. 2 - Infrastrutture FS (Infrastrutture e trasporti)

-50,0

+50,0

 

 

L. 147/2013, art. 1, co. 68 - ANAS (Infrastrutture e trasporti)

+1.200,0

+1.300,0

+1.300,0

+3.000,0

L. 147/2013, art. 1, co. 76 - RFI (Infrastrutture e trasporti)

-50,0

 

 

 

L. 147/2013, art. 1, co. 80 - RFI (Infrastrutture e trasporti)

-50,0

50,0

 

 

L. 228/2012, art. 1, co. 186 - Piattaforma d'altura davanti al porto di Venezia (Infrastrutture e trasporti)

-7,1

 

 

 

L. 190/2014, art. 1, co. 153 - opere di accesso agli impianti portuali (Infrastrutture e trasporti)

 

-25,0

-25,0

+50,0

L. 448/1998, art. 50, co. 1, punto C - Edilizia sanitaria pubblica (Economia)

-600,0

-900,0

+700,0

+800,0

D.L. 69/2013, art. 18, co. 2, punto 3 - Programma ponti e gallerie stradali (Infrastrutture e trasporti)

-30,0

 

-20,0

+50,0

D.L. 133/2014, art. 3, co. 1- Continuità cantieri in corso (Infrastrutture e trasporti)

 

 

-110,0

+100,0

L. 190/2014, art. 1, co. 175 - Partecipazione all'Agenzia spaziale europea e programmi spaziali nazionali strategici (Istruzione, università e ricerca)

 

-20,0

-20,0

+240,0

L. 147/2013, art. 1, co. 111 - Interventi contro il dissesto idrogeologico (Ambiente)

+50,0

+50,0

+150,0

+1.700,0

L. 147/2013, art. 1, co. 48, punto C - Mutui prima casa (Economia)

-70,0

 

 

+70,0

L. 190/2014, art. 1, co. 235, punto 2 - Somme destinate al programma di recupero e razionalizzazione immobili destinati a alloggi (Infrastrutture e trasporti)

+84,0

+80,0

 

-164,0

D.L. 104/2013, art. 10, co. 1 - Mutui per l'edilizia scolastica e detrazioni fiscali (Istruzione, università e ricerca)

 

+50,0

+150,0

+1.500,0

L. 296/2006, art. 1, co. 863 - Fondo sviluppo e coesione (Economia)

-670,0

 

 

+670,0

L.147/2013, art. 1, co. 6 - Fondo sviluppo e coesione; Programmazione 2014/2020 (Economia)

+1.289,8

+923,3

+1.338,3

-3.551,4

 


 

Sono di seguito illustrate le variazioni disposte dalla Tabella E:

 

 

D.L. n. 148 del 1993, articolo 3 – Interventi nei settori della manutenzione idraulica e forestale

 

MISSIONE: RELAZIONI FINANZIARIE CON LE AUTONOMIE TERRITORIALI
Programma: Rapporti finanziari con enti territoriali
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (cap. 7499)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

140.000

 

 

 

Definanziamento Tab. E

-30.000

 

 

 

Importi esposti in Tabella E

110.000

 

 

 

 

 

La tabella E dispone un definanziamento di 30 milioni di euro, per l’esercizio 2016, degli interventi di cui all’articolo 3 del D.L. n. 148/1993.

Benché non indicato chiaramente, la parte del dell’articolo 3 a cui si fa riferimento è il co. 9, che ha previsto un contributo da destinare alla Regione Calabria per interventi nei settori della manutenzione idrica e forestale, limitatamente ai lavoratori occupati in tale settore.

 

Il decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, con il menzionato art. 3 co. 9, aveva concesso un contributo speciale alla regione Calabria per le spese da sostenersi per il perseguimento delle finalità previste dall'art. 1 della L. n. 664/1984 ("Misure straordinarie per la continuazione di iniziative in corso nel territorio della regione Calabria").

L’articolo 1 citato richiedeva che per l’attuazione di un intervento idrogeologico e forestale, volto anche al potenziamento dei comparti agricolo e turistico, venisse approvato dai competenti organi regionali un programma esecutivo entro il termine di trenta giorni dall’entrata in vigore della legge. Occorre notare che il citato art. 3 del D.L. n. 148 si applica limitatamente ai lavoratori già occupati nel precedente triennio.

Nel corso degli anni, diverse leggi finanziarie e di stabilità hanno provveduto a rifinanziare tale intervento: da ultimo la Tabella E della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014) ha disposto un rifinanziamento di 140 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2014-2016, in favore del co. 9 dell’art. 3 del D.L. 148/1993, a titolo di contributo speciale alla regione Calabria per l’attuazione degli interventi straordinari di competenza regionale in diversi settori attinenti la tutela del patrimonio forestale e delle connesse infrastrutture civili, anche ai fini del potenziamento dei comparti agricolo e turistico.


 

L. n. 183 del 1987, articolo 5 – "Coordinamento delle politiche riguardanti l'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee ed adeguamento dell'ordinamento interno agli atti normativi comunitari" - Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie

 

Missione: L’Italia in Europa e nel mondo
Programma: Partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito UE
Ministero economia e finanze (cap. 7493)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

4.450.000

4.950.000

4.850.000

10.000.000

Definanziamento Tab. E

-100.000

-100.000

-100.000

-200.000

Importi esposti in Tabella E

4.350.000

4.850.000

4.750.000

9.800.000

 

La tabella E dispone un definanziamento complessivo di 500 milioni, nella misura di 100 milioni per ciascuna annualità dal 2016 al 2020, delle autorizzazioni di spesa del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (Fondo IGRUE).

Nel Fondo di rotazione, istituito dall’articolo 5 della legge n. 183/1987 e gestito dalla Ragioneria generale dello Stato - Ispettorato generale rapporti con l’Unione europea (IGRUE), sono iscritte le risorse nazionali destinate al cofinanziamento degli interventi comunitari dei fondi strutturali[199].

Il Fondo viene annualmente rifinanziato dalla legge di stabilità.

Al fine di provvedere alla quota di cofinanziamento nazionale dei fondi dell’Unione europea per il ciclo di programmazione 2014-2020 (fondi strutturali e di investimento europei – fondi SIE), la legge di stabilità per il 2014 ha previsto un rifinanziamento complessivo di 24,5 miliardi, di cui 4,5 miliardi per il 2016 e 19 miliardi per il 2017 e successivi.

Successivamente, la Tabella E della legge di stabilità 2015 ha disposto un definanziamento di 50 milioni per ciascuna annualità del periodo 2015-2020, per complessivi 300 milioni.

 

La dotazione esposta nel bilancio a legislazione vigente risulta pari a 4.450 milioni per il 2016, 4.950 milioni per il 2017, 4.850 milioni nel 2018 e a 10 miliardi nel 2019 e anni successivi.

Per effetto del definanziamento di 100 milioni disposto dalla Tabella E in esame, la dotazione del Fondo IGRUE viene determinata in 4.350 milioni per il 2016, in 4.850 milioni per il 2017, in 4.750 milioni nel 2018 e in 9,8 miliardi nel 2019 e anni successivi.

 

Relativamente al cofinanziamento dei fondi strutturali UE 2014-202, si segnala che il CIPE, con la delibera n. 10 del 2015, ha definito i criteri di cofinanziamento nazionale dei programmi operativi nazionali e regioni, nonché la programmazione degli “interventi complementari” alla programmazione europea, indicati dall’articolo 1, co. 242, della legge di stabilità 2014 (da ricomprendere nei nuovi programmi di azione coesione previsti nell’Accordo di partenariato). L’Allegato alla delibera n. 10/2015 espone un ammontare di cofinanziamento nazionale complessivo per il ciclo di programmazione 2014-2020 pari a 24 miliardi, a valere sulle risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (ulteriori 4,4 miliardi sono posti a valere sui bilanci delle regioni).

In sintesi, le risorse di cofinanziamento statale destinate ai POR ammontano a circa 10,3 miliardi (a cui si aggiungono i 4,4 miliardi di quota regionale), mentre ai PON sono stati destinati 5,4 miliardi. Oltre 7,4 miliardi sono riservati agli interventi complementari.

 

   importi in milioni di euro

 

CIPE – Deliberazione n. 10/2015 – Allegato

Programmi operativi

Fondo IGRUE

Risorse regionali

TOTALE

POR Regioni meno sviluppate

5.106,66

2.188,57

7.295,23

POR Regioni in transizione

666,19

285,51

951,70

POR Regioni più sviluppate

4.493,26

1.925,68

6.418,94

Totale POR

10.266,11

4.399,76

14.665,87

PON Regioni meno sviluppate

3.983,86

-

3.983,86

PON Regioni in transizione

386,17

-

386,17

PON Regioni più sviluppate

1.049,43

-

1.049,43

Totale PON

5.419,46

-

5.419,46

PO FEAD (Indigenti)

118,76

-

118,76

PO CTE (Cooperazione territoriale)

200,61

-

200,61

Totale PO cofinanziati (a)

16.004,94

4.399,76

20.404,70

POR complementari

4.447,69

-

4.447,69

PON complementari

2.977,65

-

2.977,65

Totale PO complementari (b)

7.425,34

-

7.425,34

Totale cofinanziamento (a+b)

23.430,28

4.399,76

27.830,04

Riequilibrio Regione Campania

320,00

-

320,00

Totale risorse finalizzate

23.750,28

4.399,76

28.150,04

Risorse residue a disposizione

249,72

-

249,72

TOTALE GENERALE

24.000,00

4.399,76

28.399,76

 


 

L. n. 147 del 2013, articolo 1, co. 109 – Contributo in favore del Corpo della Guardia di finanza.

 

MISSIONE: POLITICHE ECONOMICO-FINANZIARIE E DI BILANCIO
Programma: Prevenzione e repressione delle frodi e delle violazioni agli obblighi fiscali
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (cap. 7851)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

30.000

30.000

30.000

60.000

Definanziamento Tab. E

-5.000

-5.000

-5.000

-10.000

Importi esposti in Tabella E

25.000

25.000

25.000

50.000

 

 

L. n. 147 del 2013, articolo 1, co. 109 – Contributo in favore del Corpo della Guardia di finanza

 

MISSIONE: POLITICHE ECONOMICO-FINANZIARIE E DI BILANCIO
Programma: Concorso della guardia di Finanza alla sicurezza pubblica
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (cap. 7837)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

20.000

20.000

20.000

40.000

Definanziamento Tab. E

-10.000

-5.000

-5.000

-10.000

Importi esposti in Tabella E

10.000

15.000

15.000

30.000

 

La tabella E dispone un definanziamento del contributo pluriennale (fino al 2020) a favore del Corpo della Guardia di finanza per l'ammodernamento e la razionalizzazione della flotta, anche veicolare, per il miglioramento e la sicurezza delle comunicazioni nonché per il completamento del programma di dotazione infrastrutturale del Corpo medesimo, disposto dalla legge n. 147 del 2013 (articolo 1, co. 109).

Le risorse sono finalizzate al perseguimento degli obiettivi di contrasto dell'evasione fiscale, delle frodi fiscali, dell'immigrazione clandestina, della criminalità organizzata nonché degli illeciti in materia d'impiego delle risorse pubbliche, rafforzando il controllo economico del territorio.

Tali risorse sono ripartite tra due capitoli del bilancio esposti in due diversi programmi: 7851: Prevenzione e repressione delle frodi e delle violazioni agli obblighi fiscali; e 7837: Concorso della guardia di Finanza alla sicurezza pubblica.

La legge di stabilità per il 2014 aveva autorizzato un contributo di 5 milioni per il 2014, di 30 milioni di euro per il 2015 e di 50 milioni per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020.

Con il presente definanziamento vengono ridotte complessivamente di 15 milioni le risorse per il 2016, di 10 milioni per le annualità dal 2017 al 2020.

Conseguentemente la dotazione in bilancio per gli interventi disposti dalla legge n. 147 del 2013 (articolo 1, co. 109) per l'ammodernamento e la razionalizzazione della flotta, anche veicolare, per il miglioramento e la sicurezza delle comunicazioni nonché per il completamento del programma di dotazione infrastrutturale del Corpo medesimo ammontano complessivamente (cap. 7851 e 7837) a 35 milioni per il 2016 e 40 milioni per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020.

 

 

D.L. n. 119 del 2014, articolo 8, co. 1, punto a) – Ammodernamento mezzi della Polizia di Stato

 

MISSIONE: ORDINE PUBBLICO E SICUREZZA
Programma: Contrasto al crimine, tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica
MINISTERO DELL’INTERNO (cap. 7456)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

44.000

44.000

44.000

132.000

Definanziamento Tab. E

-6.080

-6.080

-6.080

-18.240

Importi esposti in Tabella E

37.920

37.920

37.920

113.760

 

La tabella E dispone una riduzione delle risorse destinate ai sensi dell’articolo 8, co. 1, lett. a), del decreto-legge n. 119 del 2014 (conv. L. 146/2014) all’ammodernamento dei mezzi, delle attrezzature e strutture della Polizia di Stato.

Tale disposizione prevedeva che, per esigenze connesse all'espletamento dei compiti istituzionali della Polizia di Stato e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, fosse autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2014, di 40 milioni di euro per l'anno 2015 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2021, da destinare:

§  quanto a 8 milioni di euro per l'anno 2014, a 36 milioni di euro per l'anno 2015 e a 44 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2021, alla Polizia di Stato, per l'acquisto di automezzi e di equipaggiamenti, anche speciali, nonché per interventi di manutenzione straordinaria e adattamento di strutture e impianti;

§  quanto a 2 milioni di euro per l'anno 2014, a 4 milioni di euro per l'anno 2015 e a 6 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2021, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco per l'acquisto di automezzi per il soccorso urgente.

 

La Relazione illustrativa conteneva ulteriori elementi volti a chiarire la possibile destinazione specifica delle risorse stanziate. In particolare, se per i Vigili del fuoco le nuove risorse erano ricondotte alla realizzazione di «un primo parziale svecchiamento delle principali dotazioni veicolari con vita operativa superiore a 25 anni», le esigenze della Polizia di Stato venivano distinte tra rinnovo veicoli, interventi sugli equipaggiamenti (caschi, giubbotti antiproiettile ecc.) e manutenzione strutture (accasermamento).

 

 

Decreto legislativo n. 102 del 2004, articolo 15, co. 2 – Fondo di solidarietà nazionale - incentivi assicurativi

 

Missione: Agricoltura, politiche agroalimentari e pesca
Programma: Politiche europee ed internazionali e dello sviluppo rurale
Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (cap. 7439)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

-

-

-

-

Rifinanziamento Tab. E

100.000

40.000

-

-

Importi esposti in Tabella E

100.000

40.000

-

-

 

La tabella E dispone un rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale - incentivi assicurativi di 100 milioni per il 2016 e di 40 milioni per il 2017. Nel BLV 2016 non sono presenti stanziamenti.

 

Il Fondo di solidarietà nazionale è destinato a far fronte ad interventi di prevenzione, nonché di compensazione dei danni alle strutture e infrastrutture agricole e zootecniche determinati da calamità naturali o eventi eccezionali.

Il Fondo è in particolare destinato ad interventi di incentivo alla stipula di contratti assicurativi (interventi ex ante) e - per i rischi non inseriti in un piano assicurativo agricolo annuale - ad interventi di ripristino delle infrastrutture connesse all'attività agricola, tra cui quelle di bonifica (interventi compensativi- indennizzatori o ex post).

Ai sensi del D.Lgs. n. 102/2004, che ha sostituito la precedente legislazione di soccorso delle aziende agricole colpite da calamità (legge n. 364/1970), decretandone l’abrogazione, il Fondo è in parte gestito attraverso un conto corrente infruttifero aperto presso la Tesoreria ed intestato al Ministero delle politiche agricole: su tale conto corrente infruttifero affluiscono le dotazioni del Fondo destinate agli interventi ex post compensativi-indennizzatori e da tale conto corrente vengono prelevate le somme da trasferire alle regioni colpite da eccezionali calamità naturali.

In particolare, ai sensi del citato D.Lgs.n.102 (articolo 15), la dotazione del Fondo è iscritta in due diversi capitoli del bilancio statale:

§  la dotazione per gli incentivi assicurativi (per interventi ex ante) è iscritta sul capitolo 7439/Mipaff ed è annualmente rifinanziata in legge di stabilità, in Tabella E. Si ricorda che la tabella E della legge di stabilità 2015 (legge n. 190/2014) ha disposto un rifinanziamento di 120.000 milioni di euro per il 2015;

§  la dotazione del Fondo destinata agli interventi ex post compensativi indennizzatori è invece individuata “a valere sulle risorse del Fondo di protezione civile”, annualmente determinato in parte in tabella C della legge di stabilità (articolo 15). Le disponibilità del Fondo - interventi indennizzatori sono iscritte sul capitolo 7411/MEF, e vengono assegnate al predetto piano di gestione in corso d’anno attraverso un trasferimento di somme che provengono appunto dal Fondo per la protezione civile. Tali somme sono poi a loro volta riversate sul conto corrente di tesoreria centrale intestato al Mipaaf n. 24101 “Fondo di solidarietà- interventi indennizzatori” per una loro più flessibile gestione.

 

 

L. n. 190 del 2014, articolo 1, co. 214 – Fondo per l'investimento nel settore lattiero caseario

 

MISSIONE: Agricoltura, politiche agroalimentari e pesca
Programma: Politiche europee ed internazionali e dello sviluppo rurale
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE (cap. 7100)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

38

38

 

 

definanziamento Tab. E

-23

 

 

 

Importi esposti in Tabella E

15

38

 

 

 

La tabella E dispone per il 2016 un definanziamento di 23 milioni, rispetto a quanto previsto a legislazione vigente per il Fondo per gli investimenti nel settore lattiero caseario, istituito l'anno scorso presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Resta intatta la previsione per il 2017.

La finalità del Fondo è quella di contribuire alla ristrutturazione del settore lattiero caseario, anche in ragione del superamento del regime europeo delle quote latte, nonché di contribuire al miglioramento della qualità del latte bovino. Sono esclusi dai contributi i produttori che non risultano in regola con il pagamento delle multe legate all’eccesso di produzione di latte rispetto alle quote assegnate in sede europea e quelli che hanno aderito al programma di rateizzazione, ma non hanno adempiuto nei tempi ai previsti pagamenti. Gli interventi sono rivolti: a migliorare la longevità e le condizioni di benessere degli animali; a rafforzare ogni aspetto legato alla sicurezza alimentare; alla riduzione del trattamento degli antibiotici. Il “Piano straordinario per il latte” si incentrerà inoltre su 5 azioni principali quali: il miglioramento della qualità del latte; l’attivazione di una campagna di educazione alimentare per incentivare il consumo di latte fresco; la promozione sui mercati internazionali dei grandi formaggi italiani; la richiesta alla Commissione europea di consentire, in attuazione del regolamento sull’etichettatura, l’indicazione del luogo di trasformazione e di mungitura del latte commercializzato.

 

 

L. n. 808 del 1985, articolo 3, co. 1, lettera a) – Interventi per la competitività delle industrie nel settore aeronautico

 

MISSIONE: COMPETITIVITÀ E SVILUPPO DELLE IMPRESE
Programma: promozione e attuazione delle politiche di sviluppo, competitività e innovazione, di responsabilità sociale d’impresa e movimento cooperativo
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO (cap. 7421/p)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

50.000

50.000

50.000

490.000

Rifinanziamento Tab. E

 

 

25.000

700.000

Importi esposti in Tabella E

50.000

50.000

75.000

1.190.000

 

La tabella E dispone un rifinanziamento degli interventi per lo sviluppo e l’accrescimento di competitività delle industrie operanti nel settore aeronautico di cui all’articolo 3, lettera a), della legge n.808/1985.

Il rifinanziamento è un contributo pluriennale (15 anni) pari a 25 milioni nel 2018 e a 700 milioni complessivi nel periodo 2019-2032.

 

La legge n. 808/1985 costituisce il principale strumento di politica industriale di sostegno al settore della ricerca e sviluppo nel settore aerospaziale e dell'elettronica connessa. In particolare, l'articolo 3 della legge 808 disciplina i finanziamenti e i contributi per la partecipazione di imprese nazionali a programmi in collaborazione internazionale per la realizzazione di aeromobili, motori, equipaggiamenti e materiali aeronautici, disponendo che possano essere concessi:

§  ai sensi della lettera a) finanziamenti per l'elaborazione di programmi e l'esecuzione di studi, progettazioni, sviluppi, realizzazione di prototipi, prove, investimenti per industrializzazione ed avviamento alla produzione fino alla concorrenza dei relativi costi. I finanziamenti sono rimborsabili mediante quote sul ricavato della vendita dei prodotti oggetto del programma in collaborazione determinate in relazione ai previsti risultati commerciali ed economici (art. 4, co. nono, lettera c));

§  ai sensi delle lettere b) e c) contributi in conto interessi sui finanziamenti a sostegno della produzione di serie e commercializzazione.

L'intervento di cui alla legge n. 808/1985 è stato sempre concesso nella forma di finanziamenti agevolati (a tasso zero) che vengono restituiti attraverso un piano di rimborso dalle imprese beneficiarie, ai sensi dell'articolo 3, co. primo, lettera a) e articolo 4, co. settimo della stessa legge. L'accesso ai finanziamenti avviene attraverso appositi bandi, l'ammissione del programma di ricerca e sviluppo dell'impresa ai benefici previsti dall'articolo 3 è deliberata dal MISE previo parere del Comitato per lo sviluppo dell'industria aeronautica (D.M. 173/2010 Regolamento concernente la disciplina degli interventi relativi ai progetti di ricerca e sviluppo e il D.M. n. 174/2010).

L'articolo 3, primo co., lettera a) della L. n. 808/85 è stato rifinanziato con la legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012, Tabella E) per 10 milioni di euro per il 2013 e per 50 milioni di euro per il 2014 e per il 2015 e per ulteriori 640 milioni di euro distribuiti tra le annualità 2016-2028 (si tratta dunque di contributi pluriennali dal 2013 al 2028 per un totale di 750 milioni).

Le risorse sono iscritte a bilancio a legislazione vigente, come espone la Tabella sopra indicata, sul capitolo 7421/pg.21 dello stato di previsione del MISE.

Secondo quanto risulta dalla Relazione sullo stato dell'industria aeronautica trasmessa alle Camere il 29 aprile 2015 (Doc. CCXXVI, n. 1), alla fine del 2013, con una direttiva del Ministro dello sviluppo economico e successivamente con un "bando" rivolto alle imprese del settore, è stato attivato l'utilizzo dei 750 milioni di euro stanziati dalla legge di stabilità 2013.

 

Il co. 38, primo periodo, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013) ha poi autorizzato due contributi ventennali: uno di importo di 30 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014 e l'altro di 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, per il finanziamento dei programmi di ricerca e sviluppo nel settore aeronautico di cui all'articolo 3 della Legge n. 808/1985. L'importo di 800 milioni di euro complessivi ripartito in un periodo di 20 anni, è stato poi ripartito in un periodo di 15 anni, a parità di stanziamento, a seguito della rimodulazione disposta dalla legge di bilancio 2015, ai sensi dell'articolo 23, co. 3, della legge n. 196/2009.

Ai sensi dell'intervento di rimodulazione, il primo contributo pluriennale, anch’esso esposto in Tabella E del disegno di stabilità legge in esame, è così distribuito: 30 milioni di euro nel 2014, 40 milioni in ciascuno degli anni 2015, nel 2016 e nel 2017, fino al 2026 (450 milioni nel periodo 2018- 2029), mentre il secondo contributo pluriennale, pure esposto in Tabella E, è così distribuito: 13 milioni per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017, fino al 2029 (161 milioni nel periodo 2018-2029). Queste risorse sono allocate a bilancio a legislazione vigente nello stato di previsione del MISE, sul capitolo 7421/pg.22 e pg.23.

E’ all’esame delle Camere, per il parere delle Commissioni parlamentari competenti, ai sensi dell’articolo 1, co. 39, lo schema di relazione (Atto Governo 211) circa l’utilizzo dei Fondi di cui all’articolo 1, co. 38 della legge di stabilità 2015.

 

Infine, si ricorda che ai sensi dell'articolo 1, co. 30 della legge di stabilità 2014 le somme derivanti dalle restituzioni dei finanziamenti concessi alle imprese ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 808/1985, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreto MEF, agli appositi capitoli dello stato di previsione del MISE per le medesime finalità di cui alla citata legge n. 808.

 


 

Decreto-legge n. 321 del 1996, articolo 5, co. 2 Punti b e c- Sviluppo tecnologico dell'industria aeronautica

 

Punto b)

MISSIONE: COMPETITIVITÀ E SVILUPPO DELLE IMPRESE

Promozione e attuazione di politiche di sviluppo, competitività e

innovazione, di responsabilità sociale d'impresa e movimento cooperativo

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO (cap. 7420/P)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

80.000

60.000

140.000

240.000

Rimodulazioni Tab. E

 

-25.000

-45.000

70.000

Importi esposti in Tabella E

80.000

35.000

95.000

310.000

Punto c)

MISSIONE: COMPETITIVITÀ E SVILUPPO DELLE IMPRESE

Promozione e attuazione di politiche di sviluppo, competitività e

innovazione, di responsabilità sociale d'impresa e movimento cooperativo

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO (cap. 7420/P)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

70.000

155.000

135.000

200.000

Rimodulazioni Tab. E

-46.000

-20.000

 

66.000

Importi esposti in Tabella E

24.000

135.000

135.000

266. 000

 

La tabella E dispone la rimodulazione di due distinte autorizzazioni di spesa relative a contributi pluriennali previsti dall’articolo 5 del decreto legge n. 321 del 1996 finalizzati ad assicurare la partecipazione di imprese nazionali a programmi industriali aeronautici in collaborazione internazionale e la realizzazione di taluni programmi della Difesa da definire attraverso apposite convenzioni interministeriali.

 

Non risulta modificata dal ddl in esame una terza autorizzazione di spesa contemplata anch’essa dall’articolo 5 della legge n. 321 del 2015.

 

Con riferimento alla richiamata legge pluriennale oggetto di rifinanziamento si osserva che la Tabella E fa riferimento al co. 2, punti A e B dell’articolo 5 anziché al co. 1 dell’articolo 5. Si segnala, inoltre, che la disposizione in esame non prevede una elencazione per punti delle tre diverse autorizzazioni di spesa.

 

In particolare, con riferimento alle autorizzazioni previste al punto b):

1.   si conferma l’autorizzazione di spesa di 80 milioni per l’anno 2016;

2.   si riducono rispettivamente di 25 e 45 milioni le autorizzazioni di spesa relative agli anni 2017 e 2018;

3.   si incrementa di 70 milioni di euro l’autorizzazione di spesa relativa all’anno 2019.

 

L’importo complessivo per il periodo considerato 2016-2019 e ss ammonta a 520 milioni.

 

Con riferimento alle autorizzazioni previste al punto c):

1.   si riducono rispettivamente di 46 e 20 milioni le autorizzazioni di spesa relative agli anni 2016 e 2017;

2.   si conferma l’autorizzazione di spesa di 135 milioni per l’anno 2018;

3.   si incrementa di 66 milioni l’autorizzazione di spesa relativa all’anno 2019.

 

L'articolo 5 del citato decreto-legge n. 321 del 1996 contiene disposizioni in merito al finanziamento dello sviluppo tecnologico nel settore aeronautico. In particolare l'articolo 5 richiama (tramite il rinvio all'articolo 3 della citata L. n. 808 del 1985) le finalità di promuovere lo sviluppo tecnologico dell'industria aeronautica, di consolidare ed aumentare i livelli di occupazione e di perseguire il saldo positivo della bilancia dei pagamenti del settore, nonché di consentire una prima attuazione dei più urgenti interventi relativi ai programmi per la Difesa da definire mediante apposite convenzioni fra il Ministero della difesa ed i Ministeri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del tesoro. A tal fine autorizza appositi limiti di impegno di spesa.

L'articolo 3 della legge 24 dicembre 1985 n. 808, richiamato dalla disposizione sopra citata dispone altresì che alle imprese nazionali partecipanti a programmi in collaborazione internazionale per la realizzazione di aeromobili, motori, equipaggiamenti e materiali aeronautici possono essere concessi finanziamenti per l'elaborazione di programmi e l'esecuzione di studi, progettazioni, sviluppi, realizzazione di prototipi, prove, investimenti per industrializzazione ed avviamento alla produzione fino alla concorrenza dei relativi costi, inclusi i maggiori costi di produzione sostenuti in relazione all'apprendimento precedente al raggiungimento delle condizioni produttive di regime.

 


L. n. 266 del 2005 (finanziaria 2006), articolo 1, co. 95 – Programma di sviluppo unità navali classe FREMM

 

Missione: Competitività e sviluppo delle imprese
Promozione e attuazione di politiche di sviluppo, competitività e

innovazione, di responsabilità sociale d'impresa e movimento cooperativo

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO (cap. 7420/P)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

526.000

470.000

98.000

331.000

Rifinanziamento Tab. E

100.000

120.000

150.000

500.000

Importi esposti in Tabella E

626.000

590.000

248.000

831.000

 

La Tabella E dispone il rifinanziamento delle autorizzazioni pluriennali di spesa relative al programma di sviluppo delle unità navali della classe FREMM di cui all’articolo 1, co. 95 della legge n. 266 del 2005, con un incremento complessivo delle dotazioni finanziarie pari a 870 milioni (+100 milioni nel 2016 +120 milioni nel 2017 +150 milioni nel 2018 +500 milioni per il periodo 2019/2025 ).

 

Il Programma FREMM (Fregate Europee Multi Missione) è il più vasto progetto di cooperazione navale in ambito europeo, avviato nel 2002 da Italia e Francia.

Il programma prevede la realizzazione di 21 fregate di nuova generazione (10 per l’Italia e 11 per la Francia) in due versioni, basate su una piattaforma comune, ma dotate di configurazioni specifiche in base alle funzioni cui sono destinate:

Le nuove unità saranno caratterizzate da un elevato grado di interoperabilità ed integrabilità e svolgeranno compiti di proiezione, difesa e protezione tridimensionale delle forze.

Il programma prevedeva inizialmente la costruzione di 17 unità per la marina francese e 10 per la marina italiana. Delle 10 fregate italiane (destinate alla sostituzione delle quattro fregate della classe Lupo e delle otto fregate della classe Maestrale) 4 saranno specializzate nella lotta subacquea e 6 General Purpose predisposte per l’installazione ulteriore di missili di crociera. Tutte le fregate disporranno di una piattaforma comune, con un dislocamento dell’ordine di 5.500 tonnellate, avranno una lunghezza di 128 metri, un impianto di propulsione misto, dotato di una turbina a gas, ed una velocità non inferiore ai 27 nodi.

Il programma è realizzato da Francia e Italia attraverso il consorzio temporaneo d'imprese Horizon Sas, costituito al 50% dalla italiana Orizzonte Sistemi Navali e dalla francese Armaris. La Orizzonte sistemi navali (OSN) è la società di ingegneria navale, costituita da Fincantieri (51%) e da Finmeccanica (49%), per la progettazione e la realizzazione di unità navali militari. La Armaris è costituita dalle società Thales e DCN (Direction des constructions navales).

Sul programma si sono espresse favorevolmente, ai sensi della legge n. 436/1988, le Commissioni Difesa del Senato e della Camera, rispettivamente, nelle sedute del 3 e del 10 aprile 2002.

La spesa complessiva prevista per l’Italia è pari a 5.680 milioni di euro nell’arco dell’intero svolgimento del programma, a decorrere dall’esercizio finanziario 2002 e fino al 2019. Il programma è finanziato con stanziamenti tratti dal bilancio ordinario della Difesa, nonché con specifici finanziamenti contenuti nell'ambito delle risorse recate dall'articolo 1, co. 95, della legge n. 266/2005 (legge finanziaria 2006) e dall’articolo 2, co. 181 della legge 244/2007 (legge finanziaria 2008).

Le somme destinate al programma FREMM sono allocate nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, capitolo 7485.

 

 

Legge 244/2007, articolo 2, co. 180 - Programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico

 

Missione: competitività e sviluppo delle imprese
Promozione e attuazione di politiche di sviluppo, competitività e

innovazione, di responsabilità sociale d'impresa e movimento cooperativo

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO (cap. 7420/P)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

757.000

717.000

500.000

1.572.000

Rifinanziamento Tab. E

280.000

280.000

280.000

800.000

Importi esposti in Tabella E

1.037.000

997.000

780.000

2.372.000

 

La tabella E dispone il rifinanziamento delle autorizzazioni pluriennali di spesa per taluni programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico di cui al co. 180 dell’articolo 2 della legge n. 244 del 2007 disponendo un incremento complessivo delle dotazioni finanziarie pari a 1,640 milioni (+280 milioni nel 2016 +280 milioni nel 2017 +280 milioni nel 2018 +800 milioni per il periodo 2019/2021 ).

 

La legge 7 agosto 1997, n. 266, recante "Interventi urgenti per l'economia”, all'articolo 4, co. 3, ha autorizzato un limite di impegno decennale di 100 miliardi di lire a decorrere dal 1998, al fine di garantire un qualificato livello della presenza italiana nei programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico connessi alle esigenze della difesa aerea nazionale, realizzati nel contesto dell’Unione europea, nonché al programma EFA ((European Fighter Aircraft, poi European Fighter). Ha pertanto autorizzato il Ministero dell’economia e delle finanze ad effettuare operazioni di mutuo, in relazione al predetto limite di impegno. In particolare, l'autorizzazione ai singoli versamenti all'apposita Agenzia internazionale delle quote di competenza italiana del programma EFA da parte del Ministro dell’economia e delle finanze, in conformità alla indicazione del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della difesa, deve tenere conto dell'avanzamento progettuale, al fine di garantire una adeguata verifica delle effettive ricadute sul settore aeronautico nazionale della partecipazione al suddetto programma. Il programma EFA è stato successivamente rifinanziato da diversi provvedimenti.

Nello specifico il programma EFA/Eurofighter rappresenta il più vasto programma industriale nel settore europeo della difesa.

Il programma è frutto della cooperazione tra Italia, Germania, Regno Unito e Spagna, avviata in base al Memorandum of Understanding generale sottoscritto nel 1986.

Il programma è gestito dal consorzio Eurofighter GmbH, società con sede a Monaco partecipata da Finmeccanica-Alenia Aermacchi, BAE Systems e Airbus D&S Germania e Airbus D&S Spagna.

I quattro Paesi partecipanti hanno ad oggi ordinato un totale di 472 aerei. A questi si aggiungono 15 esemplari ordinati dall’Austria, 72 per l’Arabia Saudita e 12 per l’Oman. Il Kuwait ha recentemente annunciato l’acquisizione di 28 velivoli.

 

Lo sviluppo, la produzione e i sistemi del velivolo sono affidati ai seguenti consorzi guidati da Finmeccanica, attraverso Alenia Aermacchi, Selex Es e Avio:

§  Eurofighter GmbH costituito da Finmeccanica-Alenia Aermacchi (19%), BAE Systems (33%), Airbus D&S Spagna (13%) e Airbus D&S Germania (33%), responsabile del progetto, dello sviluppo e dell’assemblaggio finale del velivolo, della gestione del programma e del coordinamento delle attività dei sub-contraenti.

§  Eurojet Turbo GmbH: costituito da Avio Aero (Italia, 21%), ITP (Spagna, 13%), MTU (Germania, 33%) e Rolls Royce (Regno Unito, 33%), responsabile del progetto e del coordinamento delle attività per la produzione del motore EJ200 impiegato sul velivolo.

§  EuroRADAR, per la progettazione e la realizzazione del Captor-M, il sistema radar meccanico attualmente in servizio, e del Captor-E, il nuovo radar a scansione elettronica. Il consorzio è guidato da Selex ES e comprende anche Indra (Spagna) e Airbus D&S (Germania);

§  EuroDASS, per la progettazione e la realizzazione del Defensive Aids Sub-System, per la protezione del velivolo da minacce missilistiche a guida radar, laser o termica, guidato da Selex ES e partecipato anche da Elettronica (Italia), Indra (Spagna) e Airbus D&S (Germania);

§  EuroFIRST, per il sistema passivo all’infrarosso PIRATE, guidato anch’esso da Selex ES.

 


 

D.L. n. 66 del 2014, articolo 22-bis, co. 1 – Risorse per le zone franche urbane

 

MISSIONE: COMPETITIVITÀ E SVILUPPO DELLE IMPRESE Programma: Incentivazione del sistema produttivo MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO (cap. 7350)

 

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

55

 

 

 

definanziamento Tab. E

-20,0

 

 

 

Importi esposti in Tabella E

35

 

 

 

 

La tabella E dispone un definanziamento per il 2016, che porta a 35 milioni il fondo a disposizione per consentire, in determinate aree del Paese, alle piccole e microimprese - che avessero iniziato una nuova attività economica, per i primi cinque periodi di imposta - di fruire dell’esenzione dalle imposte sui redditi, dell’esenzione dall’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), dell’esenzione dall'imposta municipale sugli immobili, nonché dell'esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente.

L’articolo 22-bis autorizzava, a legislazione vigente, la spesa di 55 milioni per il 2016 per gli interventi in favore delle zone franche urbane di Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, (individuate dall’articolo 37, co. 1, del D.L. n. 179 del 2012) delle ulteriori zone franche individuate dalla delibera CIPE n. 14 del 2009 ricadenti nelle regioni non comprese nell'obiettivo Convergenza (nell’ambito dei comuni di Cagliari, Iglesias, Quartu Sant'Elena, Campobasso, Velletri, Sora, Pescara, Ventimiglia, Massa-Carrara, Matera), nonché della zona franca del Comune di Lampedusa (istituita dall'articolo 23, co. 45, del D.L. n. 98 del 2011).

 

Per l'articolo 33, commi 9-10 del disegno di legge di stabilità, le predette ZFU sono destinatarie della spesa, mentre solo risorse residuali e nuovi bandi potranno interessare le 4 regioni dell’Obiettivo Convergenza (compresa Lampedusa) già locupletate; si tratta di determinate sezioni censuarie dei seguenti comuni: Campania: Aversa, Benevento, Casoria, Mondragone, Napoli, Portici (centro storico), Portici (zona costiera), San Giuseppe Vesuviano e Torre Annunziata; Calabria: Corigliano Calabro, Cosenza, Crotone, Lamezia Terme, Reggio Calabria, Rossano e Vibo Valentia; Puglia: Andria, Barletta, Foggia, Lecce, Lucera, Manduria, Manfredonia, Molfetta, San Severo, Santeramo in Colle e Taranto; Sicilia: Aci Catena, Acireale, Bagheria, Barcellona Pozzo di Gotto, Castelvetrano, Catania, Enna, Erice, Gela, Giarre, Lampedusa e Linosa, Messina, Palermo (Brancaccio), Palermo (porto), Sciacca, Termini Imerese (inclusa area industriale), Trapani e Vittoria.

 

 

L. n. 228 del 2012, articolo 1, co. 208, Legge di stabilità – Oggetto: Nuova linea ferroviaria Torino-Lione

 

MISSIONE: DIRITTO ALLA MOBILITÀ E SVILUPPO DEI SISTEMI DI TRASPORTO

Programma: Sistemi ferroviari, sviluppo e sicurezza del trasporto ferroviario

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI (cap. 7532)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

140.540

102.540

293.540

1.678.940

Rifinanziamento/definanziamento Tab. E

-20.000

-

-

+20.000

Importi esposti in Tabella E

120.540

102.540

293.540

1.698.940

 

La tabella E dispone una rimodulazione delle risorse destinate ai sensi dell’articolo 1, co. 208, della legge n. 228 del 2012 alla realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione.

In particolare si prevede la riduzione per 20 milioni di euro delle risorse previste per il 2016 con il contestuale incremento di pari importo delle risorse imputate agli esercizi successivi al 2018.

Il co. 208 dell’articolo 1, sopra ricordato, prevedeva che per il finanziamento di studi, progetti, attività e lavori preliminari nonché lavori definitivi della nuova linea ferroviaria Torino-Lione fosse autorizzata la spesa di 60 milioni di euro per l'anno 2013, di 100 milioni di euro per l'anno 2014, di 680 milioni di euro per l'anno 2015 e 150 milioni per ciascuno degli anni dal 2016 al 2029. Successivamente l’articolo 18, co. 13, del decreto-legge n. 69 del 2013 ha ridotto di:

§  euro 96 milioni per l'anno 2014;

§  euro 258 milioni per l'anno 2015;

§  euro 143 milioni per l'anno 2016;

§  euro 142 milioni per l'anno 2017.

 

L’articolo 1, co. 68, della legge di stabilità per il 2014 ha previsto anche una ulteriore riduzione di 150 milioni di euro a valere sulle risorse per il 2015.

Con la medesima legge di stabilità per il 2014 si è previsto, inoltre, in tabella E, un rifinanziamento di 140 milioni di euro per l’anno 2016 e di 400 milioni di euro per gli anni successivi al 2017.

L’allegato I alla nota di aggiornamento al documento di economia e finanza per il 2015, dà conto della redistribuzione delle risorse prevedendo, in particolare, che per l’anno 2016 siano imputate risorse pari 140.540.000 euro, per il 2017 pari a 102.540.000 euro e per gli anni successivi (fino al 2029) un totale di 1.972.480.000 euro. Di tale importo è stata imputata, a legislazione vigente, all’anno 2018 la somma di 293.540.000 euro.

La linea ferroviaria Torino – Lione è inclusa nel corridoio essenziale di interesse nazionale ed europeo "Mediterraneo" della rete transeuropea di trasporto TEN-T, corridoio 3. La tratta in territorio italiano ha un costo di circa 2,634 miliardi di euro, mentre quella in territorio francese di circa 5,968 miliardi di euro. Oltre ai finanziamenti nazionali dell’opera si ricorda che la stessa è cofinanziata anche dall’Unione europea, il cui contributo è stato stimato in circa il 40%.

 

 

D.L. n. 133 del 2014, articolo 3, co. 2, lettera b), quinto punto – Somme da assegnare a RFI per la linea AV/AC Milano-Genova: terzo valico di Giovi

 

MISSIONE: DIRITTO ALLA MOBILITÀ E SVILUPPO DEI SISTEMI DI TRASPORTO
Programma: Sistemi ferroviari, sviluppo e sicurezza del trasporto ferroviario
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI (cap. 7518)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

-

150.000

20.000

-

Rifinanziamento/definanziamento Tab. E

-

-20.000

 

+20.000

Importi esposti in Tabella E

-

130.000

20.000

20.000

 

La tabella E dispone una rimodulazione degli importi da assegnare a RFI per il finanziamento della linea AV/AC Milano-Genova, con riferimento al terzo valico di Giovi, ai sensi dell’articolo articolo 3, co. 2, lettera b), quinto periodo del decreto-legge n. 133 del 2014.

Questa disposizione include il terzo valico di Giovi tra le opere finanziabili a valere sui fondi di cui al co. 1 e 1-bis della medesima disposizione (ossia il fondo cosiddetto “sblocca cantieri” di cui all’articolo 18, co. 1, del decreto-legge n. 69 del 2013), in quanto opera appaltabile entro il 28 febbraio 2015 e cantierabile entro il 31 agosto 2015, termine poi prorogato al 31 ottobre 2015, con riferimento alla cantierabilità.

La Tabella E prevede il definanziamento di 20 milioni di euro per l’anno 2017 e il contestuale rifinanziamento della spesa, per il medesimo importo, successivamente all’anno 2018. Il finanziamento complessivo dell’opera, riferito a tale disposizione, resta quindi nel complesso il medesimo ed è pari a 170 milioni di euro. Tali risorse sono imputate al capitolo 7518 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che fa parte del programma 13.5 “Sistemi ferroviari, sviluppo e sicurezza del trasporto ferroviario” ed è destinato esclusivamente al finanziamento dell’opera.

Al capitolo interessato (e quindi all’opera citata) sono imputate anche le risorse attribuite ai sensi dell’articolo 32, co. 1, quarto periodo, del decreto-legge n. 98 del 2011.

 

Tale disposizione prevede l’istituzione del "Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico” le cui risorse sono assegnate dal CIPE, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e sono destinate prioritariamente alle opere ferroviarie rientranti tra i progetti prioritari ricompresi nei corridoi europei TEN-T e inseriti nel programma delle infrastrutture strategiche, aventi costi e tempi di realizzazione superiori, rispettivamente, a 2 miliardi di euro e a quattro anni dall’approvazione del progetto definitivo e non suddivisibili in lotti funzionali di importo inferiore a 1 miliardo di euro.

 

Le risorse imputate al fondo di cui all’articolo 32, co. 1, quinto punto, del decreto-legge n. 98 del 2011 sono state rifinanziate nella tabella E della legge di stabilità per il 2015 per gli anni 2016 e seguenti in particolare per l’anno 2016 per 137.892.000 euro (per un totale pari a 138.289.000 euro), per il 2017 per 100 milioni di euro e per 200 milioni di euro per gli anni successivi fino al 2019.

A seguito della variazione apportata per effetto della ripartizione delle risorse del fondo per la continuità dei cantieri ed il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori, di cui all'articolo 18, co. 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, come rifinanziato dall'articolo 3, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, sopra ricordato le somme previste sul capitolo per il 2017 vengono aumentate fino a 250 milioni di euro, quelle per il 2018 e il 2019 portate a 120 milioni di euro.

 

Per un approfondimento relativo allo stato dell’opera si rinvia invece alla scheda-opera n. 39 del 9° rapporto sullo stato di attuazione della "legge obiettivo" presentato dal Servizio Studi della Camera in data 11 marzo 2015.

 


 

L. n. 266 del 2005, articolo 1, co. 86 – Contributo in conto impianti a Ferrovie dello Stato Spa

 

MISSIONE: Diritto alla mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto
Programma 13.8: Sostegno allo sviluppo del trasporto
Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 7122/p)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

325.588

431.488

1.345.000

2.590.000

Riduzione Tab. E

-250.000

-

-

-

Rifinanziamento Tab. E

-

200.000

600.000

7.500.000

Rimodulazione Tab. E - Modifica apportata al Senato

-41.000

+41.000

 

 

Importi esposti in Tabella E

34.588

672.488

1.945.000

10.090.000

 

La tabella E, disponeva , nel testo originario del Governo, una riduzione di 250 milioni di euro per il 2016, dell’autorizzazione di spesa, disposta dall’articolo 1, co. 86, della legge n. 266 del 2005, per un contributo in conto impianti a Ferrovie dello Stato Spa.

Per le annualità 2017 e 2018 la tabella E autorizzava altresì un rifinanziamento rispettivamente di 200 milioni e di 600 milioni di euro. Per il 2019 e seguenti il rifinanziamento ammonta complessivamente a 7.500 milioni di euro.

 

A seguito di una modifica introdotta al Senato, l’autorizzazione di spesa è stata oggetto di una rimodulazione che ha ulteriormente ridotto lo stanziamento per il 2016 di 41 mln €, spostando al 2017 tale importo.

La modifica è conseguente alla rimodulazione, disposta sempre in Tabella E, per lo sviluppo della Metropolitana di Torino (cfr. la relativa scheda elencata di seguito).

 

Conseguentemente a tali modifiche, l’importo esposto in Tabella E per il 2016 risulta di 34,588 mln €, mentre per il 2017 la spesa ammonta a 672,488 mln €.

 

Si sottolinea che nel bilancio a legislazione vigente per il 2016 lo stanziamento era inizialmente previsto in 325,58 milioni; per il 2015, nell’assestamento di bilancio, lo stanziamento dell’autorizzazione legislativa di spesa ammonta a 41,98 mln €.

 

Le risorse di bilancio così autorizzate sono esposte nell’apposito piano di gestione n. 2 (Fondo opere) del cap. 7122/MEF.

Si ricorda che il finanziamento in commento era stato concesso in base all’art. 1, co. 84 della legge finanziaria 2006 (ed è il successivo co. 86, cui si riferisce la tabella E, che prevede che il contributo sia assegnato al Gestore in conto impianti), che ha disposto la concessione a Ferrovie dello Stato Spa o a società del gruppo contributi quindicennali di 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2006 per la prosecuzione degli interventi relativi al sistema alta velocità/alta capacità Torino-Milano-Napoli e di 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2007 a copertura degli investimenti relativi alla rete tradizionale dell'infrastruttura ferroviaria nazionale.

 

Il contributo rientra nel capitolo 7122 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (Tabella 2) e fa parte del Programma 13.8 “Sostegno allo sviluppo del trasporto, il quale contiene i contributi in conto capitale a Ferrovie dello Stato Spa per la realizzazione del programma di investimenti per lo sviluppo e ammodernamento delle infrastrutture ferroviarie.

Le risorse complessivamente presenti sul cap. 7122/MEF, che comprende 8 differenti piani di gestione, ammontano nel disegno di legge di bilancio 2016 a 1.673,5 milioni di euro, risultando aumentati rispetto al bilancio assestato 2015 che indica stanziamenti per 843,9 milioni di euro.

 

 

D.L. n. 133 del 2014, articolo 3, co. 2, punto c – Metropolitana di Torino

 

MISSIONE: Diritto alla mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto
Programma 13.6
Sviluppo e sicurezza della mobilità locale
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (cap. 7424)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

7.000

48.000

40.000

-

Rimodulazione Tab. E – modifica apportata dal Senato

+41.000

-41.000

-

-

Importi esposti in Tabella E

48.000

7.000

40.000

-

 

Nel corso dell’esame al Senato il finanziamento, a valere sulle risorse dell’articolo 3 del D.L. 133/2014, destinato alla Metropolitana di Torino, è stato rimodulato al fine di anticipare all’annualità 2016 l’importo di 41 milioni di euro che, a legislazione vigente, risulta imputato all’annualità 2017. Le predette risorse sono allocate sul capitolo 7424 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per effetto della ripartizione delle risorse del fondo per la continuità dei cantieri ed il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori, di cui all'articolo 18, co. 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, come rifinanziato dall'articolo 3 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133.

In particolare, l’intervento suesposto rientra tra quelli appaltabili entro il 30 aprile 2015 e cantierabili entro il 31 ottobre 2015 (di cui alla lettera c) del comma 2 del citato articolo 3 del D.L. 133/2014). La data di cantierabilità è stata prorogata, da ultimo, dall’art. 13-quater, co. 1, del D.L. n. 78 del 2015.

 

 

L. n. 228 del 2012, articolo 1, co. 176 – Contratti di programma con RFI

 

MISSIONE: Diritto alla mobilità E SVILUPPO DEI SISTEMI DI TRASPORTO
 Programma 13.8: Sostegno allo sviluppo del trasporto
MINISTERO dell’economia e delle finanze (cap. 7122/p)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

100.000

200.000

200.000

-

Rifinanziamento Tab. E

-

-

200.000

-

Importi esposti in Tabella E

100.000

200.000

400.000

-

 

La tabella E dispone un rifinanziamento di 200 milioni di euro per il 2018, dell’autorizzazione di spesa disposta dall’articolo 1, co. 176 della legge di Stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012).

Il contributo rientra nel capitolo 7122 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (Tabella 2) che fa parte del Programma 13.8 “Sostegno allo sviluppo del trasporto, il quale contiene complessivamente i vari contributi in conto impianti a Ferrovie dello Stato Spa. Le risorse di bilancio autorizzate dall’articolo 1, co. 176, della legge di Stabilità 2013 sono in particolare ricomprese nel piano di gestione n. 1 del cap.7122/MEF, intitolato “Contributi in conto impianti da corrispondere all’impresa Ferrovie dello Stato Spa per la realizzazione di un programma di investimenti per lo sviluppo e ammodernamento delle infrastrutture ferroviarie”, che reca nell’assestamento di bilancio 2015 una spesa di 211,93 milioni di €, che viene ridotta di 54 milioni € nel ddl di bilancio 2016, portandola a 157,93 milioni di €, di cui 100 mln € sono qui esposti in tab. E.

Si ricorda che l’art. 1, co. 176 della legge di Stabilità 2013, per il finanziamento degli investimenti relativi alla rete infrastrutturale ferroviaria nazionale, aveva autorizzato la spesa di 600 milioni di euro per l'anno 2013 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015, da destinare prioritariamente alle esigenze connesse alla prosecuzione dei lavori relativi a opere in corso di realizzazione ai sensi dell'articolo 2, commi da 232 a 234, della legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010). Si tratta di specifici progetti prioritari ricompresi nei corridoi europei TEN-T e inseriti nel programma delle infrastrutture strategiche aventi costi e tempi di realizzazione superiori, rispettivamente, a 2 miliardi di euro e a quattro anni dall’approvazione del progetto definitivo e non suddivisibili in lotti funzionali di importo inferiore a 1 miliardo di euro e per il quali le risorse sono assegnate dal CIPE ad una serie di condizioni.

Si ricorda altresì che le risorse complessivamente presenti sul cap. 7122/MEF, che comprende 8 differenti piani di gestione, ammontano nel disegno di legge di bilancio 2016 a 1.673,5 milioni di euro, risultando aumentati rispetto al bilancio assestato 2015 che indica stanziamenti per 843,9 milioni di euro.

 

 

D.L. n. 43 del 2013, articolo 7-ter, co. 2 – Infrastruttura ferroviaria F.S.

 

MISSIONE: Diritto alla mobilità E SVILUPPO DEI SISTEMI DI TRASPORTO
Programma 13.8: Sostegno allo sviluppo del trasporto
MINISTERO dell’economia e delle finanze (cap. 7122/p)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

120.000

120.000

120.000

720.000

Riduzione Tab. E

-50.000

-

-

-

Rifinanziamento Tab. E

 

50.000

 

 

Importi esposti in Tabella E

70.000

170.000

120.000

720.000

 

La tabella E dispone una riduzione di 50 milioni € per il 2016 dello stanziamento previsto dall’art. 7-ter, co. 2 del D.L. n. 43/2013, che ha autorizzato la spesa di 120 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2024, per il finanziamento degli investimenti relativi alla rete infrastrutturale ferroviaria nazionale. Per il 2017 l’autorizzazione di spesa viene invece rifinanziata dello stesso importo di 50 mln €.

Le risorse di bilancio autorizzate dall’articolo 7-ter, co. 2 in questione sono esposte nell’apposito piano di gestione n. 4 del cap.7122/MEF “Infrastruttura nazionale ferroviaria” che reca nel bilancio assestato 2015 una previsione di spesa di 20 milioni di €, che viene portata a 120 milioni nel ddl di bilancio 2016 a legislazione vigente e quindi portata a 70 mln € nel 2016, al netto della riduzione operata in tabella E.

L’art. 7-ter richiamato prevede che le risorse siano attribuite con delibera del CIPE con priorità per la prosecuzione dei lavori relativi al Terzo Valico dei Giovi e per il quadruplicamento della linea Fortezza-Verona di accesso sud alla galleria di base del Brennero.

Si ricorda l'art. 15, co. 3, lett. d), D.L. n. 102/2013, conv. dalla legge n. 124/2013 (“Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici”), ha disposto, per la copertura finanziaria del provvedimento, la riduzione di 100 mln € per l'anno 2015 dell'autorizzazione di spesa di cui all’art. 7-ter.

Il contributo rientra nel capitolo 7122 che fa parte del Programma 13.8 “Sostegno allo sviluppo del trasporto, iscritto nell'ambito dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (Tabella 2), il quale contiene i vari contributi in conto capitale a Ferrovie dello Stato Spa per la realizzazione del programma di investimenti per lo sviluppo e ammodernamento delle infrastrutture ferroviarie, che comprende 8 differenti piani di gestione, per uno stanziamento complessivo, nel ddl di bilancio 2016, di 1.673,5 mln €, che risultano in aumento rispetto al bilancio assestato 2015 che indicava stanziamenti per 843,9 milioni di euro.

 

 

Legge n. 147 del 2013, articolo 1, co. 68 – Interventi nel settore dei trasporti (ANAS)

 

Missione: Diritto alla mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto
Programma: Sostegno allo sviluppo del trasporto
Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 7372/P)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss.

BLV

50.000

143.000

200.000

-

Rifinanziamento Tab. E

+1.200.000

+1.300.000

+1.300.000

+3.000.000

Importi esposti in Tabella E

1.250.000

1.443.000

1.500.000

+3.000.000

 

La tabella E dispone un incremento complessivo di 6.800 milioni di euro, per il periodo considerato, destinate al capitolo 7372/P al fine di assicurare la manutenzione straordinaria della rete stradale, la realizzazione di nuove opere e la prosecuzione degli interventi previsti dai contratti di programma già stipulati tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società ANAS Spa; per la realizzazione di nuove opere è data priorità a quelle già definite da protocolli di intesa attuativi e conseguenti ad accordi internazionali.

 

L’articolo 1, co. 68, della legge di stabilità 2014 (147/2013) ha autorizzato, per l'anno 2014, la spesa di 335 milioni di euro e di 150 milioni di euro per l'anno 2015.

 

 


L. n. 147 del 2013, articolo 1, co. 76 – RFI

 

MISSIONE: Diritto alla mobilità E SVILUPPO DEI SISTEMI DI TRASPORTO
Programma 13.8: Sostegno allo sviluppo del trasporto
MINISTERO dell’economia e delle finanze (cap. 7122/p)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

120.000

320.000

320.000

3.920.000

Definanziamento Tab. E

-50.000

-

-

-

Importi esposti in Tabella E

70.000

320.000

320.000

3.920.000

 

La tabella E dispone una riduzione di 50 mln€ per il 2016 dello stanziamento previsto dell’art. 1, co. 76 della legge n. 147/2013, relativo al finanziamento a RFI per le seguenti tratte dell’alta velocità:

§  Brescia-Verona-Padova della linea ferroviaria AV/AC Milano-Venezia;

§  Apice-Orsara e Frasso Telesino-Vitulano della linea ferroviaria AV/ AC Napoli-Bari

Le tratte in questione risultano tutte inserite nel Programma Infrastrutture Strategiche.

Il co. 76 richiamato, ha in particolare autorizzato la spesa mediante erogazione diretta di 120 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2029 e stabilito che gli interventi siano realizzati con la tecnica dei lotti costruttivi non funzionali, autorizzando il CIPE a deliberare sui relativi progetti definitivi a condizione che sussistano disponibilità finanziarie per il finanziamento di un primo lotto di valore non inferiore al 10 per cento del costo complessivo delle opere.

Si ricorda che le risorse di bilancio autorizzate dall’articolo 1, co. 76, della legge di Stabilità 2014 sono esposte nell’apposito piano di gestione n. 7 del cap. 7122/MEF, che reca nel bilancio assestato 2015 una previsione di spesa di 30 milioni di € e nel Bilancio a legislazione vigente 2016 uno stanziamento di 120 mln €, che vengono quindi ridotti dalla Tabella E a 70 milioni € per il 2016.

Il contributo rientra nel capitolo 7122 che fa parte del Programma 13.8 “Sostegno allo sviluppo del trasporto, iscritto nell'ambito dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (Tabella 2), il quale contiene i vari contributi in conto capitale a Ferrovie dello Stato Spa per la realizzazione del programma di investimenti per lo sviluppo e ammodernamento delle infrastrutture ferroviarie. Le risorse complessivamente presenti sul cap. 7122/MEF, che comprende 8 differenti piani di gestione, ammontano nel disegno di legge di bilancio 2016 a 1.673,5 milioni di euro, risultando aumentate rispetto al bilancio assestato 2015 che indica stanziamenti per 843,9 milioni di euro.

 

 

L. n. 147 del 2013, articolo 1, co. 80 – RFI

 

MISSIONE: Diritto alla mobilità E SVILUPPO DEI SISTEMI DI TRASPORTO
Programma 13.8: Sostegno allo sviluppo del trasporto
MINISTERO dell’economia e delle finanze (cap. 7122/p)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

150.000

 

 

 

Riduzione Tab. E

-50.000

 

-

-

Rifinanziamento Tab. E

 

50.000

 

 

Importi esposti in Tabella E

100.000

50.000

 

 

 

La tabella E dispone una riduzione di 50 milioni di € per il 2016 dello stanziamento per gli interventi di adeguamento del tracciato e la velocizzazione della tratta Bologna-Lecce, concesso a RFI dall’art. 1, co. 80 della legge di Stabilità 2014, portando l’autorizzazione di spesa a 100 milioni di € per il 2016. Tale riduzione è compensata dal rifinanziamento dello stesso importo, 50 milioni di €, previsto dalla Tabella E per il successivo anno 2017.

Si ricorda che il co. 80 richiamato, per l'avvio immediato di interventi di adeguamento del tracciato e la velocizzazione della tratta Bologna-Lecce, ha autorizzato la spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2014 e di 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016, autorizzando altresì la contrattualizzazione dei relativi interventi nell’ambito del contratto di programma – parte investimenti 2012-2016 con RFI. La tratta Bologna-Bari-Lecce-Taranto, è inserita nel programma infrastrutture strategiche. Il contratto di programma MIT-RFI, parte investimenti, 2012-2016, trasmesso al Parlamento il 13 gennaio 2015 e sui cui la IX Commissione ha espresso il parere di competenza nella seduta del 18 marzo 2015, ha concluso il suo iter approvativo con la registrazione alle Corte dei Conti il 16 giugno 2015.

Si ricorda che le risorse di bilancio autorizzate dall’articolo 1, co. 80, della legge di Stabilità 2014 sono esposte nel piano di gestione n. 8 del cap. 7122/MEF, che recava nel bilancio a legislazione vigente 2016 una previsione di spesa di 150 milioni di €, che viene qui ridotta di 50 milioni per il 2016.

Il contributo rientra nel capitolo 7122 che fa parte del Programma 13.8 “Sostegno allo sviluppo del trasporto, iscritto nell'ambito dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (Tabella 2), il quale contiene i vari contributi in conto capitale a Ferrovie dello Stato Spa per la realizzazione del programma di investimenti per lo sviluppo e ammodernamento delle infrastrutture ferroviarie. Le risorse complessivamente presenti sul cap. 7122/MEF, che comprende 8 differenti piani di gestione, ammontano nel disegno di legge di bilancio 2016 a 1.673,5 milioni di euro, risultando aumentate rispetto al bilancio assestato 2015 che indica stanziamenti per 843,9 milioni di euro.

Legge n. 228 del 2012, articolo 1, co. 186 – Piattaforma d’altura davanti al porto di Venezia

 

MISSIONE: DIRITTO ALLA MOBILITA’ E SVILUPPO DEI SISTEMI DI TRASPORTO
Programma 13.9: Sviluppo e sicurezza della navigazione e del trasporto marittimo e per via d’acque interne
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI (cap. 7270)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss.

BLV

10.000

30.000

55.000

-

Definanziamento Tab. E

-7.108

-

-

-

Importi esposti in Tabella E

2.892

30.000

55.000

-

 

La tabella E dispone un definanziamento di 7,1 milioni di € per il 2016, sul capitolo 7270 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e trasporti per la realizzazione della piattaforma d’altura davanti al porto di Venezia.

 

Si tratta di somme da assegnare all’Autorità portuale di Venezia che, in base all’art. 3, co. 4 del decreto-legge n. 133 del 2014, sono state ridotte di 94,8 milioni di euro per il 2015.

 

 

Legge n. 190 del 2014, articolo 1, co. 153 – Opere di accesso agli impianti portuali

 

MISSIONE: DIRITTO ALLA MOBILITA’ E SVILUPPO DEI SISTEMI DI TRASPORTO
Programma 13.9: Sviluppo e sicurezza della navigazione e del trasporto marittimo e per via d’acque interne
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI (cap. 7275)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss.

BLV

-

100.000

100.000

100.000

Rimodulazione Tab. E

-

-25.000

-25.000

50.000

Importi esposti in Tabella E

-

75.000

75.000

150.000

 

La tabella E dispone una rimodulazione di 25 milioni di euro dal 2017 e 2018, sul 2019 e ss, degli stanziamenti iscritti sul capitolo 7275 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e trasporti per la realizzazione di opere di accesso agli impianti portuali.

 

L’articolo 1, co. 153, della legge di stabilità 2015 (190/2014) autorizza la spesa di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019; le risorse sono ripartite con delibera del CIPE previa verifica dell'attuazione dell’articolo 13, co. 4, del decreto-legge 145/2013, che rende disponibili risorse derivanti da revoche di finanziamenti non utilizzati, per la realizzazione di interventi immediatamente cantierabili finalizzati al miglioramento della competitività dei porti italiani e rendere più efficiente il trasferimento ferroviario e modale all'interno dei sistemi portuali, nella fase iniziale per favorire i traffici con i Paesi dell'Unione Europea.

L. n. 448 del 1998, art. 50 co. 1 punto c – Rifinanziamento Edilizia sanitaria pubblica

 

MISSIONE: Infrastrutture pubbliche e logistiche
Programma: Opere pubbliche e infrastrutture
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE(cap. 7464)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

900.000

1.200.000

0

 

Rimodulazione Tab. E

-600.000

-900.000

+700.000

+800.000

Importi esposti in Tabella E

300.000

300.000

700.000

800.000

 

La tabella E dispone una rimodulazione delle risorse destinate, ai sensi dell’articolo 50, co. 1, punto c) della legge n. 448/1998, al rifinanziamento del programma di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico di cui alla legge finanziaria 1988 (legge 67/1988).

In relazione alle risorse autorizzate dalla citata legge 448/1998, la Tabella E in esame dispone dunque una rimodulazione delle medesime, attraverso una riduzione di 600 milioni nel 2016 e di 900 milioni nel 2017. Tali risorse vengono spostate per 700 milioni nel 2018 e per 800 milioni nel 2019 e anni successivi.

 

La rimodulazione delle risorse consegue al riaccertamento straordinario dei residui passivi disposto dal decreto-legge 66/2014, che all’art. 49, co. 2, punto d), stabilisce che con la legge di bilancio per gli anni 2015-2017, le somme corrispondenti alla cancellazione dei residui passivi relativi a trasferimenti e/o compartecipazioni statutarie alle regioni, alle province autonome e agli altri enti territoriali sono iscritti su base pluriennale su appositi fondi da destinare ai medesimi enti in relazione ai residui eliminati.

 

Nel bilancio a legislazione vigente 2016 e per il triennio 2016–2018, la dotazione del cap. 7464/Economia che reca le somme da erogare per gli interventi in materia di edilizia sanitaria pubblica, presenta uno stanziamento complessivo di competenza pari a 1.410 milioni per il 2016 e 1.721,2 milioni per il 2017.

Tali importi sono determinati per 900 milioni nel 2016 e 1.200 milioni nel 2017 dal richiamato art. 50, co. 1, punto c, della legge 448/1998 e per 510 milioni nel 2016 e 521,2 milioni nel 2017 dal richiamato art. 49, co. 2, punto d) del decreto legge 66/2014 relativo al riaccertamento dei residui passivi.

 

 

 

 

Il programma pluriennale di interventi di edilizia sanitaria pubblica

 

L’articolo 50, co. 1, lettera c) della legge n. 448/1998 rifinanzia il programma decennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico di cui alla legge finanziaria 1988 (legge 67/1988). L’articolo 20 della finanziaria 1988 ha originariamente programmato per il piano pluriennale 30.000 miliardi di lire (circa 15,5 miliardi di euro). Tale importo è stato via via aumentato con le successive leggi finanziarie.

Da ultimo si ricorda il rifinanziamento di 200 milioni per il 2011 e 1.800 milioni per il 2012 ai sensi della legge finanziaria per il 2010, il definanziamento di 203,6 milioni per il 2012 previsto dalla legge di stabilità per il 2012 e, infine, il rifinanziamento di 100 milioni per il 2015 e 500 milioni per il 2016 di cui alla legge di stabilità 2014.

Dal punto di vista procedurale, il D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229 , modificando l’articolo 5-bis del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, ha successivamente disposto la possibilità, per il Ministro della salute, di stipulare, nell’ambito dei programmi regionali per la realizzazione degli interventi previsti dall’art. 20 della legge 67/1988, accordi di programma con le regioni e con altri soggetti pubblici interessati, previo concerto con il Ministro dell’economia e finanze e d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, nei limiti delle disponibilità finanziarie iscritte nel bilancio dello Stato e nei bilanci regionali .

Al finanziamento degli interventi si provvede mediante operazioni di mutuo che le regioni e le province autonome sono autorizzate ad effettuare, nel limite del 95 per cento della spesa ammissibile risultante dal progetto, con la BEI, con la Cassa depositi e prestiti e con gli istituti e aziende di credito all'uopo abilitati, secondo modalità e procedure da stabilirsi con decreto ministeriale. I soggetti beneficiari del programma di investimenti sono le regioni e province autonome, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), i policlinici universitari, l’istituto superiore di sanità, gli ospedali classificati e gli istituti zooprofilattici sperimentali.

 

 


Decreto-legge n. 69 del 2013, articolo 18, co. 2 – Programma ponti e gallerie stradali

 

Missione: Infrastrutture pubbliche e logistica
Programma: Sistemi stradali, autostradali ed intermodali
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI (cap. 7538)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss.

BLV

94.970

60.000

121.000

110.000

Rimodulazione Tab. E

-30.000

-

-20.000

50.000

Importi esposti in Tabella E

67.970

60.000

101.000

160.000

 

La tabella E dispone una rimodulazione di 30 milioni di euro nel 2017 e -20 milioni di euro nel 2018, con corrispondente aumento di 50 milioni di euro negli anni 2019 e ss, degli stanziamenti iscritti sul capitolo 7237 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

 

L’articolo 18, co. 2, del decreto-legge 69/2013 demanda ad un atto ministeriale (D.M. 17/7/2013) l’individuazione degli interventi da finanziare per il superamento di criticità sulle infrastrutture viarie concernenti ponti e gallerie nonché l'attuazione di ulteriori interventi mirati ad incrementare la sicurezza e a migliorare le condizioni dell'infrastruttura viaria con priorità per le opere stradali volte alla messa in sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico.

 

Decreto-legge n. 133 del 2014, articolo 3, co. 1 – Continuità dei cantieri in corso

 

Missione: Infrastrutture pubbliche e logistica
Programma: Sistemi stradali, autostradali ed intermodali
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI (cap. 7536/P)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss.

BLV

-

438.000

1.565.000

126.000

Riduzione Tab. E

-

-

-10.000

-

Rimodulazione Tab. E

-

-

-100.000

100.000

Importi esposti in Tabella E

-

438.000

1.455.000

226.000

 

La tabella E dispone una riduzione di 10 milioni di euro nel 2018 ed una rimodulazione di 100 milioni di euro dal 2018 agli anni 2019 e ss, degli stanziamenti iscritti sul capitolo 7536/P dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e trasporti per il Fondo sblocca-cantieri.

L’articolo 3, co. 1, del decreto-legge 133/2014, per consentire nell'anno 2014 la continuità dei cantieri in corso ovvero il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori, incrementa il Fondo sblocca-cantieri di complessivi 3.851 milioni di euro, di cui 26 milioni per l'anno 2014, 231 milioni per l'anno 2015, 159 milioni per l'anno 2016, 1.073 milioni per l'anno 2017, 2.066 milioni per l'anno 2018 e 148 milioni per ciascuno degli anni 2019 e 2020.


Legge n. 190 del 2014, articolo 1, co. 175 – Spese per la partecipazione italiana ai programmi dell'Agenzia spaziale europea e per i programmi spaziali nazionali di rilevanza strategica

 

MISSIONE: RICERCA E INNOVAZIONE
Programma: Ricerca scientifica e tecnologica di base e applicata
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSIT
À E DELLA RICERCA (cap. 7238/P)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

60.000

170.000

170.000

340.000

Rimodulazione

 

- 20.000

- 20.000

40.000

Rifinanziamento

 

 

 

200.000

Importi esposti in Tabella E

60.000

150.000

150.000

580.000

 

La tabella E dispone una riduzione di 20 milioni di euro per il 2017 e il 2018 dell’autorizzazione di spesa disposta dall’articolo 1, co. 175, della legge n. 190 del 2014, per la partecipazione italiana ai programmi dell'Agenzia spaziale europea e per i programmi spaziali nazionali di rilevanza strategica. In tabella E viene pertanto confermata la spesa per il 2016 di 60 milioni di euro, mentre per le annualità 2017 e 2018 si prevede una spesa di 150 milioni di euro. Per il 2019 e successivi si prevedono rispettivamente un rifinanziamento di 200 milioni e una rimodulazione di 40 milioni di euro, che portano il totale della spesa a 580 milioni di euro.

 Il co. 175 dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) autorizza la spesa di 60 milioni di euro per il 2016 e 170 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020, per la partecipazione italiana ai programmi dell’Agenzia spaziale europea e per i programmi spaziali nazionali di rilevanza strategica.

L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) è stata costituita nel 1975 dalla “fusione” delle due agenzie precedentemente create dai Paesi Europei: ELDO (European Launch Development Organization) e ESRO (European Space Research Organization). L’Italia faceva parte di entrambe le agenzie che hanno dato vita all’ESA ed è pertanto tra i 10 Paesi fondatori dell’Agenzia Spaziale Europea. L’ESA risulta il maggiore investitore in attività spaziali a livello europeo, prevalentemente tramite i contributi dei suoi 20 paesi membri: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Regno Unito, Repubblica Ceca, Spagna, Svezia e Svizzera. Inoltre, Estonia, Slovenia ed Ungheria partecipano con accordi di cooperazione ed anche il Canada partecipa ad alcuni progetti in base ad un accordo di cooperazione. Nel 2014 il numero totale di dipendenti dell'ESA è arrivato a circa 2.234 unità. Il personale proviene da tutti gli stati membri e include scienziati, tecnici, specialisti informatici e addetti all'amministrazione. Le attività statutarie dell'ESA (programmi di astronomia e attività generali di bilancio) sono finanziate con il contributo economico di tutti gli stati membri dell'agenzia, calcolato in base al prodotto interno lordo di ciascun paese. Oltre a ciò, l'ESA conduce un certo numero di programmi opzionali. I singoli paesi sono liberi di decidere la partecipazione e il livello di sostegno destinato a ciascun programma opzionale. Per il 2014 il budget dell'ESA è di circa 4102 milioni di euro. ESA opera sulla base di criteri di ripartizione geografica, ovvero investe in ciascuno stato membro, mediante i contratti industriali per i programmi spaziali, un importo pressoché equivalente al contributo di quel paese.

 

L’autorizzazione di spesa rientra nel capitolo 7238/P che fa parte del Programma “Ricerca scientifica e tecnologica di base e applicata, iscritto nell'ambito dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (Tabella 7).

 

 

L. n. 147 del 2013, articolo 1, co. 111 – Interventi contro il dissesto idrogeologico

 

MISSIONE: SVILUPPO SOSTENIBILE E TUTELA DEL TERRITORIO E DELL'AMBIENTE
Programma: Gestione delle risorse idriche, tutela del territorio e bonifiche
MINISTERO AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE (cap. 7511)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

100.000

-

-

-

Rifinanziamento Tab. E

50.000

50.000

150.000

1.700.000

Importi esposti in Tabella E

150.000

50.000

150.000

1.700.000

 

La tabella E dispone un rifinanziamento di 50 milioni di euro per il 2016 e per il 2017, di 150 milioni di euro per il 2018 e di 1.700 milioni di euro per il 2019 dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, co. 111, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013).

Tale disposizione reca un’autorizzazione di spesa complessiva di 180 milioni di euro per il triennio 2014-2016, così ripartita: 30 milioni per il 2014; 50 milioni per il 2015 e 100 milioni per il 2016. Gli stanziamenti sono destinati alle finalità di cui al citato co. 111, che ha definito una nuova disciplina per il finanziamento degli interventi contro il dissesto idrogeologico.

La norma richiamata ha, altresì, destinato risorse già esistenti o allo scopo finalizzate, per interventi contro il dissesto idrogeologico, immediatamente cantierabili, in base a specifiche priorità.

 

Si ricorda infatti che il co. 111, al fine di permettere il rapido avvio nel 2014 di interventi di messa in sicurezza del territorio, prevedeva che dovessero essere utilizzate per i progetti immediatamente cantierabili:

§  le risorse esistenti sulle contabilità speciali relative al dissesto idrogeologico, non impegnate alla data del 31 dicembre 2013, comunque nel limite massimo complessivo di 600 milioni di euro;

§  le risorse finalizzate allo scopo dalle delibere CIPE n. 6/2012 e n. 8/2012 pari complessivamente a 804,7 milioni di euro (rispettivamente 130 milioni e 674,7 milioni di euro).

Tali risorse dovevano essere prioritariamente destinate a interventi finalizzati alla riduzione del rischio, alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversità e a integrare gli obiettivi della direttiva 2000/60/CE (recepita con il d.lgs. 152/2006), che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, e della direttiva 2007/60/CE (recepita con il d.lgs. n. 49/2010), relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni.

 

Per informazioni sui finanziamenti destinati a fronteggiare il dissesto idrogeologico, si rinvia, infine, anche al sito web #italiasicura.

 

 

L. n. 147 del 2013, articolo 1, co. 48, punto c) – Mutui prima casa

 

MISSIONE: CASA E ASSETTO URBANISTICO
Programma: Edilizia abitativa e politiche territoriali
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (cap. 7077)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019

BLV

187.766

-

-

-

Rifinanziamento/definanziamento Tab. E

-70.000

-

-


+70.000

Importi esposti in Tabella E

117.766

-

-

70.000

 

 

La tabella E dispone una rimodulazione delle risorse destinate ai sensi articolo 1, co. 48, punto c), della legge di stabilità 2014, al finanziamento del Fondo di garanzia per la prima casa, finalizzato alla concessione di garanzie su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari.

Istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, il Fondo è volto alla concessione di garanzie, a prima richiesta, su singoli mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari. Al Fondo sono stati attribuiti 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, nonché le attività e le passività del Fondo per l’accesso al credito per l’acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori di cui all’articolo 13, co. 3-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, che è stato contestualmente soppresso.

Per effetto di riduzioni lineari disposte nel corso del 2014, la dotazione del cap. 7077 è stata pari a 192,5 milioni nel 2015 e a 187,7 milioni nel 2016.

Pertanto la tabella E del disegno di legge di stabilità, per il capitolo 7077 in esame dispone una rimodulazione di 70 milioni per il 2016 che vengono spostati al 2019. Conseguentemente le disponibilità in competenza del cap. 7077 ammontano per il 2016 a 117,7 milioni.

Si osserva che per le annualità 2017 e 2018 non risulta alcuna autorizzazione di spesa in materia.

 

 

L. n. 190 del 2014, articolo 1, co. 235, punto 2 – Somme destinate al programma di recupero e razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica

 

MISSIONE: CASA E ASSETTO URBANISTICO
Programma: Politiche abitative, urbane e territoriali
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI (cap. 7442/P)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

6.277

6.277

30.277

186.492

Rimodulazione Tab. E

84.000

80.000

 

-164.000

Importi esposti in Tabella E

90.277

86.277

30.277

22.492

 

La tabella E prevede una rimodulazione delle risorse autorizzate dal secondo periodo del co. 235 della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015) per l’attuazione del Programma di recupero e razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, e per la realizzazione di altri interventi in materia di edilizia sociale, previsti dall’art. 4, co. 2, del D.L. n. 47 del 2014.

La rimodulazione si traduce in un’anticipazione delle risorse, che consente di rifinanziare per 84 milioni di euro lo stanziamento relativo al 2016 e per 80 milioni di euro quello relativo al 2017, nonché in una corrispondente riduzione di 164 milioni di euro, imputata sugli esercizi successivi al 2018.

 

Il primo periodo del co. 235 ha previsto uno stanziamento pluriennale di 130 milioni di euro - per il periodo 2015-2018 - per l’attuazione del citato Programma di recupero/razionalizzazione e per la realizzazione di altri interventi in materia di edilizia sociale, previsti dall’art. 4, co. 2, del D.L. 47/2014.

A tali risorse, in virtù del disposto del secondo periodo del medesimo co. 235, si aggiungono ulteriori 270,431 milioni di euro derivanti dalle revoche delle risorse per interventi non avviati nei termini previsti, disposte dall’art. 13, co. 1, del D.L. n. 145/2013 (c.d. decreto “Destinazione Italia”), nel limite dei seguenti importi: 34,831 milioni per l’anno 2014; 6,277 milioni per ciascuno degli anni del periodo 2015-2017; 30,277 milioni per l’anno 2018; 39,277 milioni per ciascuno degli anni 2019 e 2020; 33,019 milioni per l’anno 2021; 24,973 milioni per ciascuno degli anni del periodo 2022-2024.

Il co. 1 del richiamato art. 13 del D.L. n. 145/2013 prevede che le assegnazioni disposte dalla delibera CIPE n. 146 del 17 novembre 2006 per il completamento dello schema idrico Basento-Bradano e dalla delibera CIPE n. 33 del 13 maggio 2010 per il potenziamento della linea ferroviaria Rho-Arona, con riferimento alle annualità disponibili iscritte in bilancio, sono revocate ed assegnate al cosiddetto Fondo revoche (istituito dall’art. 32, co. 6, del D.L. 98/2011).

 

L’articolo 4 del D.L. n. 47/2014 ha previsto un finanziamento del Programma di recupero e di razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, nel limite di 500 milioni di euro, attraverso risorse provenienti da finanziamenti revocati in precedenza destinati alle infrastrutture strategiche, e l’emanazione, entro quattro mesi dall’entrata in vigore del medesimo decreto-legge, di un decreto interministeriale per stabilire i criteri di formulazione del programma medesimo (a tale disposizione si è dato attuazione con il decreto 16 marzo 2015).

Le quote annuali dei contributi revocati e iscritte in bilancio, ivi incluse quelle in conto residui, affluiscono ad un Fondo denominato “Fondo per gli interventi di manutenzione e di recupero di alloggi abitativi privi di soggetti assegnatari” appositamente istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Il Programma è finalizzato al recupero e alla razionalizzazione degli immobili di edilizia residenziale pubblica sia attraverso il ripristino di alloggi di risulta sia per il tramite della manutenzione straordinaria degli alloggi anche ai fini dell’adeguamento energetico, impiantistico e statico e del miglioramento sismico degli immobili. Il programma riguarda gli immobili di proprietà degli IACP, nonché gli immobili di proprietà dei comuni e degli enti di edilizia residenziale pubblica aventi le stesse finalità degli IACP. E’ prevista altresì la trasmissione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge medesimo, da parte delle regioni, degli elenchi predisposti dai comuni e dagli IACP (o dagli enti, comunque denominati, che li hanno sostituiti) delle unità immobiliari che, con interventi di manutenzione ed efficientamento di non rilevante entità, siano prontamente disponibili per le assegnazioni.

Per il finanziamento del suddetto programma, il co. 2 dell’art. 4 ha previsto l’utilizzo:

§  delle risorse destinate alle infrastrutture strategiche, ma revocate dall'art. 32, commi 2 e 3, del D.L. n. 98/2011, nel limite massimo di 500 milioni di euro;

§  delle risorse che il co. 5 destina al recupero degli alloggi da assegnare alle categorie, che beneficiano della sospensione delle procedure di rilascio degli immobili, e che il co. 6 limita a complessivi 67,9 milioni di euro nel quadriennio 2014-2017.

 

Il co. 2 dell’art. 4 del D.L. n. 47/2014 ha stabilito inoltre che le risorse destinate al finanziamento del Programma sono utilizzate anche per il finanziamento degli interventi di housing sociale contemplati dall’art. 10, co. 10, del medesimo D.L. n. 47/2014 per un limite di utilizzo pari a 100 milioni di euro.

Gli altri interventi cui fa riferimento l’articolo 4, co. 2, riguardano:

§  la creazione di servizi e funzioni connesse e complementari alla residenza, al commercio con esclusione delle grandi strutture di vendita, necessarie a garantire l'integrazione sociale degli inquilini degli alloggi sociali (co. 5, lettera d) dell'articolo 10 del D.L. n. 47/2014);

§  la realizzazione di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi, previste dal D.M. n. 1444/1968;

§  il raggiungimento dell’obiettivo di creare quote di alloggi da destinare alla locazione temporanea dei residenti di immobili ERP in corso di ristrutturazione o a soggetti sottoposti a procedure di sfratto (co. 5-bis) dell'articolo 10 del D.L. n. 47/2014).

 

 

D.L. n. 104 del 2013 (L. n. 128 del 2013), articolo 10, co. 1 – Oggetto: Mutui per l’edilizia scolastica

 

MISSIONE: ISTRUZIONE SCOLASTICA
Programma: Programmazione e coordinamento dell’istruzione scolastica
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA (cap. 7106)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

50.000

50.000

50.000

1.300.000

Rifinanziamento Tab. E

 

50.000

150.000

1.500.000

Importi esposti in Tabella E

50.000

100.000

200.000

2.800.000

 

La tabella E dispone un rifinanziamento per € 50 mln nel 2017, € 150 mln nel 2018 ed € 1.500 mln dal 2019 dello stanziamento relativo ai contributi pluriennali destinati a interventi di edilizia scolastica dall’art. 10, co. 1, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013).

 

L’art. 10, co. 1, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) – come modificato dall’art. 9, co. 2-quater, del D.L. 133/2014 (L. 164/2014) e dall’art. 1, co. 176, della L. 107/2015 - ha previsto che, al fine di favorire interventi straordinari di ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico, efficientamento energetico di immobili di proprietà pubblica adibiti all'istruzione scolastica e all'alta formazione artistica, musicale e coreutica e di immobili adibiti ad alloggi e residenze per studenti universitari, di proprietà degli enti locali, nonché la costruzione di nuovi edifici scolastici pubblici e la realizzazione di palestre nelle scuole o di interventi volti al miglioramento delle palestre scolastiche esistenti, per la programmazione triennale 2013-2015, le regioni interessate potevano essere autorizzate dal MIUR, d’intesa con il MIT, a stipulare mutui trentennali con oneri di ammortamento a totale carico dello Stato, con la Banca europea per gli investimenti, la Banca di Sviluppo del Consiglio d'Europa, la Cassa depositi e prestiti e con i soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria ai sensi del D.Lgs. 385/1993. A tal fine, sono stanziati contributi pluriennali per € 40 mln per il 2015 e per € 50 mln annui per la durata residua dell'ammortamento del mutuo, a decorrere dal 2016.

Le modalità di attuazione sono state definite con D.I. 23 gennaio 2015 (pubblicato nella GU n. 51 del 3 marzo 2015) che, considerata la mancata attuazione dei piani triennali regionali di edilizia scolastica di cui all’art. 6 dell’Intesa in Conferenza unificata del 1° agosto 2013, richiamata dalla norma primaria - relativi al triennio 2013-2015 – ha proceduto alla definizione di una nuova tempistica per la programmazione degli interventi. Ulteriori interventi sulla tempistica sono derivati dal D.I. 27 aprile 2015 (pubblicato nella GU n. 121 del 27 maggio 2015).

In particolare, per quanto qui interessa, l’art. 2 del D.I. 23 gennaio 2015, come modificato, ha previsto che le regioni dovevano trasmettere al MIUR e al MIT, entro il 30 aprile 2015, i piani regionali triennali (triennio 2015-2017), redatti sulla base delle richieste degli enti locali e tenendo conto anche: a) dei progetti già segnalati dagli enti che avevano risposto alle lettere del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 marzo 2014 e del 16 maggio 2014[200]; b) dei progetti di edilizia scolastica già approvati ai sensi dell’art. 18, co. 8-quater, del D.L. 69/2013, che non risultavano finanziati a seguito dello scorrimento delle graduatorie operato in base all’art. 48 del D.L. 66/2014 (L. 89/2014) o che non erano stati a vario titolo attuati; c) degli ulteriori progetti esecutivi immediatamente cantierabili, esecutivi o definitivi appaltabili relativi a edifici scolastici di proprietà degli enti locali richiedenti e non oggetto di altri finanziamenti statali.

I piani annuali sono soggetti a conferma circa l’attualità degli interventi inseriti per il 2016 e il 2017, rispettivamente entro il 31 marzo 2016 e il 31 marzo 2017.

L’art. 2 citato ha, altresì, previsto che il MIUR doveva trasmettere i piani al MIT ed inserirli in un’unica programmazione nazionale, da predisporre entro il 31 maggio 2015 e che potrà trovare attuazione nei limiti delle risorse finanziarie disponibili. La programmazione nazionale è stata predisposta con DM 29 maggio 2015, n. 322. Qui le relative informazioni.

Da ultimo:

§  nella GU del 14 settembre 2015, n. 213 è stato pubblicato il DM 16 marzo 2015 con cui il MIUR ha ripartito su base regionale le risorse previste come attivabili in termini di volume di investimento derivanti dall'utilizzo dei contributi trentennali autorizzati dall'art. 10 del D.L. 104/2013, riportando per ciascuna regione la quota di contributo annuo assegnato. Qui la tabella di ripartizione;

§  nella GU del 27 ottobre 2015, n. 250, S.O. n. 59, è stato pubblicato il D.I. che autorizza le regioni all’utilizzo dei contributi pluriennali.

 


L. n. 296 del 2006, articolo 1, co. 863 – Fondo per lo sviluppo e la coesione – Risorse ciclo 2007-2013

 

 MISSIONE: SVILUPPO E RIEQUILIBRIO TERRITORIALE
Programma: Sostegno alle politiche per lo sviluppo e la coesione economica
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (cap.8000/P)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

1.600.000

-

-

-

Rimodulazione Tab. E

-670.000

-

-

+670.000

Importi esposti in Tabella E

930.000

-

-

670.000

 

La tabella E dispone una rimodulazione di spesa delle risorse relative al ciclo di programmazione 2007-2013 del Fondo per lo sviluppo e la coesione[201] nella misura di 670 milioni che vengono spostati dal 2016 al 2019.

 

Per il periodo di programmazione 2007-2013, le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) – ora Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) - sono state autorizzate dall’articolo 1, co. 863, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006), per un importo complessivo pari a 64,379 miliardi di euro.

La legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244/2007), confermando l’importo complessivo del Fondo, ha rimodulato gli importi annuali, fissandoli in 1.100 milioni per il 2008, 4.400 milioni per il 2009, 9.166 milioni per il 2010, 9.500 milioni per il 2011, 11.000 milioni per il 2012, 11.000 milioni per il 2013, 9.400 milioni per il 2014 e 8.713 milioni per il 2015. Nel corso degli anni successivi le leggi finanziarie hanno provveduto a rimodulare tali risorse.

Da ultimo, la tabella E della legge di stabilità 2015 esponeva autorizzazioni di spesa per 5,8 miliardi nel 2015 e per 1,7 miliardi nel 2016.

Rispetto a tale disponibilità di bilancio, nel corso del 2015, sono stati trasferiti al MIUR - con decreto ministeriale - 100 milioni quale quota residuale dell’assegnazione di 400 milioni disposta dal CIPE con la delibera n. 21 del 2014 per le misure di riqualificazione e messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali (i primi 300 milioni erano già stati trasferiti nell’esercizio 2014).

 

Nel bilancio a legislazione vigente per il 2016, le risorse residuali del Fondo per lo sviluppo e la coesione del ciclo di programmazione 2007-2013 risultano pari a 1,6 miliardi per il 2016.

Per effetto della rimodulazione disposta dalla tabella E in esame, l’autorizzazione di spesa viene ridotta di 670 milioni nel 2016 che vengono spostati al 2019 e anni successivi. Non figurano dunque iscritte in bilancio autorizzazioni di spesa per le annualità 2017 e 2018.

 

 

L. n. 147 del 2013, articolo 1, co. 6 – Fondo per lo sviluppo e la coesione – Risorse ciclo 2014-2020.

 

MISSIONE: SVILUPPO E RIEQUILIBRIO TERRITORIALE

Programma: Sostegno alle politiche per lo sviluppo e la coesione economica

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (cap.8000/P)

(migliaia di euro)

2016

2017

2018

2019 e ss

BLV

980.200

2.476.700

2.161.700

32.994.000

Rimodulazione Tab. E

1.289.800

923.300

1.338.300

-3.551.400

Importi esposti in Tabella E

2.270.000

3.400.000

3.500.000

29.442.600

 

La tabella E dispone una rimodulazione di spesa delle risorse relative al ciclo di programmazione 2014-2020 del Fondo per lo sviluppo e coesione, attraverso una anticipazione delle risorse previste per il 2019, per complessivi 3.551,4 milioni, agli anni 2016-2018.

In particolare, la rimodulazione aumenta di 1.289,8 milioni le risorse per il 2016, di 923,3 milioni quelle per il 2017 e di 1.338,3 milioni gli importi del 2018.

Si segnala, peraltro, che per il 2016, l’incremento delle autorizzazioni di spesa in termini di cassa ammonta a soli 600 milioni.

 

L’articolo 1, co. 6, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013) ha disposto una dotazione aggiuntiva del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) relativamente al nuovo ciclo di programmazione 2014-2020, nella misura complessiva di 54.810 milioni. La norma ne dispone l’iscrizione in bilancio limitatamente alla misura dell’80 per cento (43.848 milioni). Per il triennio 2014-2016, gli importi iscritti in bilancio sono pari a 50 milioni nel 2014, 500 milioni nel 2015 e a 1 miliardo nel 2016. Per gli anni successivi, la quota annuale sarà determinata dalla tabella E delle singole leggi di stabilità a valere sul rimanente importo di 42.298 milioni. Per quanto concerne la restante quota del 20 per cento (10.962 milioni), la relazione tecnica al disegno di legge di stabilità 2014 (A.S. 1120) ha precisato che la relativa iscrizione in bilancio avverrà all’esito di una apposita verifica di metà periodo (da effettuare precedentemente alla predisposizione della legge di stabilità per il 2019, quindi nella primavera-estate 2018) sull’effettivo impiego delle prime risorse assegnate.

A seguito dell’utilizzo di risorse del Fondo a copertura di oneri recati da provvedimenti legislativi intervenuti nel corso del 2014 e alle riduzioni e rimodulazioni disposte dalla tabella E determinate della legge di stabilità 2015, le autorizzazioni di spesa relative al FSC 2014-2020, esposte nella legge di stabilità 2015, ammontavano a 406,3 milioni per il 2015, 985,2 per il 2016, 2.481,7 per il 2017 e a 35.155,7 milioni per il 2018 e anni successivi.

Nel corso del 2015, l’autorizzazione di spesa è stata peraltro ridotta di 2 milioni di euro per l'anno 2015 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 a copertura degli oneri recati dall’articolo 14, co. 5, della legge n. 124/2015 (rifinanziamento del fondo per l'organizzazione e il funzionamento di servizi socio-educativi per la prima infanzia destinati ai minori di età fino a 36 mesi, presso enti e reparti del Ministero della difesa).

 

La dotazione a legislazione vigente del FSC 2014-2020 ammonta a 980,2 milioni per il 2016, a 2.481,7 milioni per il 2017, a 2.161,7 milioni per il 2018 e a 32.994 milioni per il 2019 e annualità successive.

Per effetto delle rimodulazione disposta dalla tabella E in esame le autorizzazioni pluriennali di spesa ammontano a 2.270 milioni per il 2016, a 3.400 milioni per il 2017, a 3.500 milioni per il 2018 e a 29.442,6 milioni per il 2019 e annualità successive.

 

Per quanto concerne la programmazione da parte del CIPE delle risorse per il ciclo di programmazione 2014-2020, si ricorda che la legge di stabilità per il 2015 (art. 1, commi 703-706, legge n. 190/2014) ha introdotto disposizioni che hanno innovato i principali elementi di governance e di procedura.


 

Articolo 1, comma 553
(Tabella D)

 

 

Il comma 553 dispone l’approvazione della Tabella D, che determina le riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa di parte corrente, aggregate per programma e missione.

L'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge di contabilità (legge n. 196 del 2009) prevede, tra i contenuti propri della legge di stabilità, la determinazione, in apposita tabella, degli importi delle riduzioni delle autorizzazioni legislative relative alla spesa di parte corrente, per ciascun anno considerato dal bilancio pluriennale, aggregate per programma e per missione.

 

La Tabella D del disegno di legge di stabilità per il 2016 recava riduzioni di spesa per 243,3 milioni per il 2016, 229,6 milioni per il 2017 e 277,7 milioni per il 2018.

Nel corso dell’esame al Senato la riduzione complessiva determinata dalla Tabella D si è leggermente ridotta di 2 milioni di euro annui, in relazione alla rideterminazione delle riduzione relativa al contributo Prora (Programma nazionale di ricerche aerospaziali), di cui alla legge n. 46/1991, che è stata ridotta da 6 milioni a 4 milioni di euro l’anno.

 

Nella successiva tavola sono riportate le voci della Tabella D suddivise per Ministero, anziché per Missione e programma come esposte nel disegno di legge di stabilità.

 

 

 

BLV

Riduzioni

 

 

2016

2017

2018

2016

2017

2018

MEF

1900

L. n. 311/2004, art. 1, co. 361

Contributi a CdP per finanziamento interessi a carico del Fondo rotativo per le imprese

125.000.000

150.000.000

150.000.000

-55.000.000

-50.000.000

-50.000.000

MEF

3044

L. n. 62/2000, art. 1, co. 12

Fondo istruzione

15.891.811

16.572.085

16.572.085

-15.891.811

-16.572.085

-16.572.085

MEF

2099

L. n. 190/2014, art. 1, co. 434

Riqualificazione aree urbane

75.000.000

75.000.000

-

-50.000.000

-50.000.000

-

MEF

3890

L. n. 147/2013, art. 1, co. 286

Riforma catasto - Agenzia entrate

3.060.238.080

3.084.271.943

3.086.671.943

-37.553.291

-39.427.154

-39.427.154

MEF

3834

L. n. 23/2014, art. 16, co. 1

Fondo destinato all'attuazione della delega fiscale

13.560.000

-

71.700.000

-13.560.000

-

-71.700.000

MEF

2641

D.L. n. 69/2013, art. 49-bis, co. 2

Commissario spending review

200.000

-

-

-200.000

-

-

MEF

3032

L. n. 296/2006, art. 1, co. 527

Fondo nuove assunzioni

61.738.192

72.658.232

72.658.232

-25.000.000

-25.000.000

-25.000.000

MISE

3601

L. n. 332/2003, art. 5, co. 1

Ratifica Trattato non proliferazione armi nucleari

244.703

243.993

243.993

-20.000

-20.000

-20.000

MISE

2385

D.L. n. 2/2006, art. 4-bis, co. 7

Interventi urgenti settori agricoltura, agroindustria, pesca ecc. - lotta alla contraffazione

480.669

558.830

558.830

-14.420

-14.420

-14.420

MAECI

1157

D.L. 209/2008, art. 1, co. 4

Analisi e documentazione

184.976

184.434

184.434

-184.976

-184.434

-184.434

MIUR

1678/1

L. 46/1991, art. 1

Contributo PRORA Programma nazionale di

ricerche aerospaziali

21.907.076

21.907.076

21.907.076

-4.000.000

-4.000.000

-4.000.000

MIUR

1649

D.L. n. 70/2011, art. 9, co. 15, n. 2

Spesa a favore Fondazione merito

924.912

924.912

924.912

-924.912

-924.912

-924.912

INTERNO

1380

L. n. 190/2014, art. 1, co. 540

Fondo per la concessione di un contributo in conto interessi agli enti locali su operazioni di indebitamento

125.000.000

100.000.000

100.000.000

-3.825.945

-4.841.791

-6.299.237

AMBIENTE

1644

D.Lgs. n. 190/2010, art. 19, co. 2

Monitoraggio per la valutazione continua dello stato delle acque marine

55.298.855

55.918.855

55.918.855

-3.660.000

-3.300.000

-3.300.000

AMBIENTE

2211

L. n. 120/2002, art. 3

Convenzione cambiamenti climatici

28.005.977

28.420.249

28.892.900

-3.200.000

-3.200.000

-3.300.000

MIT

1330

D.L. n. 269/2003, art. 16, co. 2

Rimborsi pedaggi autostradali

182.573.359

158.183.609

57.290.497

-1.860.000

-1.145.000

-1.700.000

MIT

1337

L. n. 190/2014, art. 1, co. 150

Interventi a favore del settore autotrasporto

-

-

250.000.000

-

-

-10.000.000

MIT

1921

D.L. n. 203/2005, art. 11-decies, co. 3

Competitività nel settore aeroportuale

86.197

1.045.334

21.408.334

-

-

-10.000.000

MIT

1695

D.L. n. 47/2014, art. 3, co. 1, punto B

Fondo contributo acquisto alloggi di proprietà

18.900.000

18.900.000

18.900.000

-18.900.000

-18.900.000

-18.900.000

MIPAAF

2109

D.L. n. 182/2005, art. 1-quinquies, co. 2

Contributo ISMEA

1.062.810

1.046.207

1.046.207

-207.117

-190.514

-190.514

L. n. 296/2006, art. 1, co. 1080

Contributo ISMEA

-855.693

-855.693

-855.693

MIBACT

6653

L. n. 182/1983, art. 2, co. 4

Convenzione con Ferrovie dello Stato

33.998

33.998

33.998

-5.647

-

-

MIBACT

1321

D.L. n. 34/2011, art. 1, co. 1, punto B

Manutenzione e conservazione beni culturali

9.709.132

9.925.132

9.925.132

-111.874

-

-

MIBACT

2400

L. n. 266/2005, art. 1, co. 20

Fondo da ripartire per eventuali maggiori esigenze di spesa

18.563

18.563

18.563

-3.083

 

 

SALUTE

3416

L. n. 147/2013, art. 1, co. 220

Contributo Istituto. Nazionale genetica molecolare (INGM)

1.000.000

1.000.000

1.000.000

-200.000

-300.000

-200.000

SALUTE

4393

D.L. n. 81/2004, art. 1, co. 1, punto A

Finanziamento del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie

12.707.277

13.864.797

13.864.797

-2.000.000

-3.401.197

-6.000.000

SALUTE

4389

L. n. 219/2005, art. 8, co. 2

Astensione dal lavoro –Retribuzione lavoratori dipendenti inidonei a donazione del sangue

350.272

349.256

349.256

-100.000

-110.000

-100.000

SALUTE

5390

D.L. n. 202/2005, art. 1, co.1

Finanziamento del Centro nazionale di lotta ed emergenza contro le malattie animali

1.053.822

1.144.912

1.144.912

-500.000

-510.000

-500.000

SALUTE

5391

D.L. n. 335/2000, art. 1

Sorveglianza malattie infettive e diffusive

8.205.238

8.205.238

8.205.238

-949.814

-2.049.814

-3.949.814

L. n. 296/2006, art. 1, co. 566

Istituti zooprofilattici sperimentali, con particolare riferimento alla BSE (encefalopatia spongiforme bovina)

-2.550.186

-2.550.186

-2.550.186

SALUTE

1155

L. n. 266/2005, art. 1, co. 20

Fondo da ripartire per provvedere ad eventuali maggiori esigenze di spesa

52.998

52.998

52.998

-52.998

-52.998

-52.998

 


 

Articolo 1, comma 555
(Copertura finanziaria della legge di stabilità)

 

 

Il comma 555, non modificato dal Senato, reca la copertura finanziaria della legge di stabilità per gli esercizi finanziari 2016, 2017 e 2018, rinviando al prospetto allegato.


 

Articolo 1, comma 556
(Entrata in vigore)

 

 

La legge di stabilità entra in vigore il 1° gennaio 2016, ove non diversamente previsto.

Per talune disposizioni, infatti, la legge stessa prevede che l’entrata in vigore avvenga il giorno stesso o quello successivo alla data di pubblicazione della legge nella Gazzetta Ufficiale.

 

Una diversa entrata in vigore è stabilita, in particolare:

§  dall’art. 1, co. 17 (destinazione al finanziamento del contributo per i comuni di 390 milioni di euro per l’anno 2016 della disponibilità in conto residui);

§  dall’art. 1, co. 392 (destinazione al finanziamento del contributo per le regioni nel limite di 1.300 milioni di euro della disponibilità in conto residui);

§  dall’art. 1, co. 489 (autorizzazione per l’organo commissariale di Ilva S.p.A. a contrarre finanziamenti fino a 800 milioni di euro nei limiti stabiliti dalla legge).

 

Tali disposizioni entrano in vigore – in base a quanto espressamente stabilito - il giorno stesso della pubblicazione della legge nella Gazzetta Ufficiale.

 

A sua volta, l’art. 1, co. 326 (spesa per l’acquisito di farmaci innovativi), entra in vigore – in base a quanto ivi espressamente stabilito - il giorno successivo a quello della pubblicazione della legge nella Gazzetta ufficiale.

 


Tavola di raffronto tra il testo del
disegno di legge del Governo (A.S. 2111)
e il testo approvato dal Senato (A.C. 3444)


D.d.l. stabilità 2016

 

Oggetto

A.S. 2111

A.C. 3444
Art. 1, co.

Risultati differenziali del bilancio dello Stato

1

1

Gestioni previdenziali

2

2-3

Eliminazione aumenti accise e IVA

3

4-6

Personale dell’amministrazione finanziaria

 

7

Esenzione per l’abitazione principale, i macchinari imbullonati, i terreni agricoli

4, co. 1-15

8-24

Esenzioni Erasmus

 

25

Borse di studio

 

26-27

Canone concordato

 

28-29

IVA 2 per cento

 

30

Ricomposizione fondiaria

 

31

Locazioni immobili uso abitativo. Patti contrari alla legge

 

32

Riduzioni IRES

5, co. 1-5

33-37

Esenzione IRAP in agricoltura e pesca

5, co. 6-8

38-40

Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia, riqualificazione energetica e acquisto di mobili

6

41-43

Edilizia popolare

 

44-45

Ammortamenti

7

46-52

Regime fiscale di professionisti e imprese di piccole dimensioni (minimi)

8

53-55

Regime agevolato per cessioni e assegnazioni di beni ai soci

9, co. 1-6

56-61

Imposta sostitutiva beni immobili strumentali

 

62

Volontari dei vigili del fuoco

 

63

Deduzioni IRAP per i soggetti di minori dimensioni

9, co. 7-8

64-65

Emissione di note di credito IVA

9, co. 9-10

66-67

Decorrenza riforma delle sanzioni amministrative tributarie

9, co. 11

68

Versamento da parte dei notai dei tributi riscossi

 

69-70

Riduzione Canone Rai

10

71-79

Attuazione Accordo tra Italia e Santa Sede in materia di radiodiffusione televisiva e sonora

 

80-82

Proroga esonero contributivo per assunzioni a tempo indeterminato

11

83-86

Regime fiscale di somme, valori e servizi in favore dei lavoratori dipendenti

12

87-95

Misure per favorire l’efficacia e la sostenibilità della strategia di valorizzazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata

13, co. 1-3

96-98

Fondo per le aziende sequestrate e confiscate

13, co. 4-7

99-102

Fondo per il credito alle aziende vittime di mancati pagamenti

 

103-106

Aliquota contributiva lavoratori autonomi

14, co. 1

107

Fondo per lavoratori autonomi e articolazione flessibile lavoro subordinato

14, co. 2

108

Congedo di paternità

 

109

Chiamate dirette nelle università

15

110-115

Proroga di termini per lo svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di collaboratore scolastico in provincia di Palermo

 

116

Assunzioni e dotazioni organiche dei dirigenti pubblici

16, co. 1-6

117-121 e 123

Limitazione dei comandi di personale scolastico

 

122

Vincoli finanziari per la contrattazione integrativa degli enti territoriali

16, co. 7

124

Turn over nella P.A.

16, co. 8-9

125-126

Compensi dei dipendenti nominati nei CDA società partecipate

16, co. 10

127

Trattamento accessorio nella P.A.

16, co. 11

128

Finanziamento Parchi nazionali

 

129

Riduzione spese uffici di diretta collaborazione dei Ministri

16, co. 12

130

Concorso carriera diplomatica

16, co. 13

131

Assunzioni di magistrati

16, co. 14

132

Accesso dei giovani alla ricerca nelle università

17, co. 1-4

133-137

Stanziamento per la formazione specialistica dei medici

17, co. 5

138

Risorse per il diritto allo studio universitario

 

139

Finanziamento scuole paritarie

 

140

Fondo acquisto libri di testo

 

141

Disposizioni in materia di rientro di lavoratori dall’estero

 

142

Misure per la ricerca scientifica e tecnologica

 

143

Fondo ordinario università

 

144

Soggetti salvaguardati dall’incremento dei requisiti pensionistici

18

145-154

Opzione donna, invecchiamento attivo e no tax area pensionati

19

155-161

Invalidità

 

162-163

Rifinanziamento ammortizzatori sociali in deroga

20, co. 1

164-165

Contributo società Italia Lavoro Spa

20, co. 2

166

Assicurazione volontari

 

167-171

Art Bonus

21, co. 1-2

172-173

Risorse per interventi relativi a beni culturali e paesaggistici

21, co. 3

174

Assunzioni presso il MIBACT

21, co. 4-6

175-177

Credito di imposta a favore del cinema

21, co. 7-9

178-180

Piano strategico “Grandi Progetti Beni culturali”

21, co. 10

181

Ricostruzione o riparazione delle chiese e degli edifici religiosi

 

182

Finanziamento del Gran Premio d’Italia di Formula 1

 

183

Finanziamento Scuola per l’Europa di Parma

 

184-186

Interventi per il turismo e gli istituti culturali




22

187-192

Siti di importanza comunitaria

 

193

Imprese della filiera nautica – marina resort

 

194

Finanziamento Istituti superiori di studi musicali

 

195

Promozione del made in Italy e attrazione degli investimenti in Italia

23, co. 1

196

Finanziamento a favore dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo


23, co. 2

197

Società Benefit

 

198-206

Stanziamento a beneficio degli italiani nel mondo

 

207

Lotta alla povertà

24, co. 1-5

208-212

Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile

24, co. 6-9

213-216

Eliminazione della preventiva comunicazione per erogazioni liberali di derrate alimentari

24, co. 10

217

Fondo per il sostegno alle persone con disabilità grave


25, co. 1

218

Finanziamento Ente nazionale protezione e assistenza sordi

 

219

Fondo per le non autosufficienze


25, co. 2

220

Attività sportive per soggetti disabili

 

221-222

Sperimentazione clinica per pazienti affetti da SLA

 

223

Adozioni internazionali

25, co. 3-5

224-226

Contributo Associazione Nazionale Privi della Vista

 

227

Contributi per biblioteche per ciechi o ipovedenti

 

228-229

Misure per far fronte alle esigenze della ricostruzione pubblica e privata connesse agli stati di emergenza


26

230-236

Misure per il completamento della ricostruzione nei territori colpiti dal sisma del 2009 in Abruzzo

 

237-242

Misure per il completamento della ricostruzione nei territori colpiti dal sisma del 2012 in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto

 

243-245

Rinnovi contrattuali

27, co. 1-4

246-249

Parco nazionale dello Stelvio

 

250

Proroga dell’impiego del personale militare appartenente alle Forze armate (Strade sicure)

27, co. 5-6

251-252

Fondo per interventi nei territori della terra dei fuochi

27, co. 7

253

Federazioni sportive nazionali

27, co. 8

254

Fondo per i collegi arbitrali internazionali

27, co. 9

255

Autorizzazione di spesa per la celebrazione di anniversari

27, co. 10

256

Contributi istituti culturali

 

257

Collegamenti marittimi di competenza della Regione Sardegna

 

258

Attività dell’Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici Torino 2006

 

259

Rifinanziamento fondo per la produzione bieticolo-saccarifera

 

260

Reparti operativi della Marina Militare

 

261

Rafforzamento dell’acquisizione centralizzata

28

262-267 e 269-278

Contributi dei comuni alla locazione Caserme forze dell’ordine

 

268

Razionalizzazione dei processi di approvvigionamento di beni e servizi in materia di informatica nelle pubbliche amministrazioni



29

279-288

Piani di rientro e riqualificazione degli enti del Servizio sanitario nazionale

30, co. 1-16

289-304

Aziende sanitarie uniche (ASU)

30, co. 17-18

305-306

Disposizioni in materia di acquisizione di beni e servizi degli enti del Servizio sanitario nazionale

31

307-311

Aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza sanitaria

32, co. 1-13

312-324

Livello di finanziamento del SSN

32, co. 14

325

Farmaci innovativi

 

326-327

Revisione uso medicinali

 

328-330

Fondo “Progetto genomi Italia”

 

331-332

Riduzioni delle dotazioni di bilancio dei Ministeri

33, co. 1

333

Riduzione di stanziamenti per la Presidenza del Consiglio

33, co. 2

334

Riduzione risorse CAAF

33, co. 3

335

Riduzione dello stanziamento dell’8 per mille IRPEF di pertinenza statale

33, co. 4

336

Abolizione rimborso regioni oneri carburante a prezzi ridotti nelle zone di confine

33, co. 5

337

Cessazione di indennizzi di usura delle strade per le Regioni a statuto speciale

33, co. 6

338

Risorse destinate agli enti locali siciliani per l'accoglienza dei migranti

 

339

Fondo per la riduzione della pressione fiscale

33, co. 7

340

Limite di spesa per il due per mille ai partiti politici

33, co. 8

341

Zone franche urbane

33, co. 9-10

342-343

Norme sul finanziamento statale degli istituti di patronato e di assistenza sociale

33, co. 11

344

Riduzione delle spese di funzionamento degli enti pubblici previdenziali

33, co. 12

345

Riduzioni e altre previsioni, relative al Ministero della giustizia

33, co. 13-17

346-352

Riduzione dei contributi a organismi internazionali

33, co. 18

353

Incremento della tariffa consolare

33, co. 19-20

354-355

Destinazione entrate dismissioni immobiliari del MAECI

33, co. 21

356

Risparmi di spesa per il personale docente delle scuole italiane all’estero

33, co. 22

357

Acquisizione all’erario di risorse per supplenze brevi non utilizzate dalle scuole

33, co. 23

358

Acquisizione all’erario di risorse ex IRRE

33, co. 24

359

Acquisizione all’entrata del bilancio di risorse per l’edilizia universitaria

33, co. 25-27

360-362

Trasporto regionale marittimo nelle regioni Campania e Lazio

33, co. 28

363

Sistemi informativi automatizzati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

33, co. 29

364

Contratto di lavoro del trasporto pubblico locale

33, co. 30

365

Soppressione di contributi a imprese armatoriali

33, co. 31

366

Dismissione immobili difesa

33, co. 32

367

IVA super-ridotta pubblicazioni

33, co. 33

368

Fondo per interventi strutturali di politica economica

33, co. 34

369

Rifinanziamento Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili in corso di gestione

 

370

Progettazione di ciclovie turistiche, ciclostazioni ed interventi per la ciclabilità cittadina

33, co. 35-36

371-372

Riorganizzazione Scuola nazionale dell’amministrazione - SNA

33, co. 37

373

Struttura didattico residenziale del Ministero dell'interno

 

374

Incorporazione della Società Istituto Sviluppo Agroalimentare S.p.A.- Isa- e della Società Gestione Fondi per l’Agroalimentare S.r.L.- SGFA- nell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare- ISMEA

33, co. 38-43

375-380

FORMEZ PA




33, co. 44

381

Osservatorio per i servizi pubblici locali

33, co. 45
Stralciato

 

Trasformazione della Cassa conguaglio

33, co. 46

382

Limiti ai compensi degli amministratori delle società a controllo pubblico

33, co. 47-51

383-387

Concorso alla finanza pubblica delle Regioni e Province autonome

34

388-392

Regole di contabilità per Regioni per anticipazioni di liquidità

 

393-402

Interventi in materia di spesa farmaceutica

 

403-404

Misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese esercenti attività sanitaria per il SSN

 

405

Abrogazione del decreto legge n. 179 del 2015

 

406

Regole di finanza pubblica per gli enti territoriali

35

407-412, 415-429

Scuole innovative INAIL

 

413-414

Assoggettamento al regime di Tesoreria Unica delle Autorità amministrative indipendenti

36

430-434

Concorso agli obiettivi di finanza pubblica delle Università e degli Enti di ricerca

37

435-437

Spese sostenute da Roma Capitale per il Museo della Shoa

 

438

Contributo alle Province e Città metropolitane

38, co. 1

439

Personale delle Province

38, co. 2-10

440-448

Disposizioni in tema di ragionevole durata del processo

39

449-451

Recupero accise

 

452

Norme per l’accelerazione degli interventi cofinanziati

40, co. 1-12

453-464

Completamento interventi cofinanziati 2007-2013

40, co. 13

465

Approvazione di variante urbanistica o espletamento di procedure VAS o VIA nell’ambito della programmazione del FSC

 

466-468

Fondo per il recepimento della normativa europea

40, co. 14

469

Sentenze della Corte di giustizia UE: oneri finanziari e poteri di rivalsa

40, co. 15

470

Sentenze della Corte di Giustizia UE: poteri sostitutivi

40, co. 16

471

Risorse proprie bilancio UE

40, co. 17

472

Adeguamento per via regolamentare di atti dell'Unione europea

 

473

Equiparazione liberi professionisti alle PMI per l’accesso ai fondi europei

 

474

Investimenti europei e Istituto nazionale di promozione

41

475-482

Fondo di garanzia infrastrutture TERNA

 

483-488

Disposizioni per il finanziamento investimenti ambientali e tecnologici

42, co. 1

489

Criteri per l’accesso al Fondo di garanzia per le PMI per le imprese fornitrici

 

490

Programmi di amministrazione straordinaria

42, co. 2

491

Fondo per progetti di innovazione tecnologica per impianti, macchine e attrezzature agricole, nonché rinnovo parco autobus

43, co. 1-4

492-495

Rinnovo parco autobus

43, co. 5

496

Garanzie pubbliche

44

497-499

Proroga della rideterminazione del valore dei terreni e delle partecipazioni, nonché rivalutazione dei beni di impresa

45

500-510

Circolazione del contante

46

511-514

Modifiche alla disciplina fiscale applicabile al settore agricolo e coperture

47, co. 1-10

515-523

IVA sul pellet

47, co. 11

Soppresso

Disposizioni in materia di giochi

48

524-535

Disposizioni di semplificazione per la dichiarazione precompilata

49

536-542

Clausola di salvaguardia relativa alla voluntary disclosure

50

543-544

Istituzione di una aliquota IVA al 5 per cento

 

545-547

Contrasto evasione fiscale nel settore degli autoveicoli

 

548

Clausola di salvaguardia Regioni statuto speciale

 

549

Tabelle A e B

51, co. 1

550

Tabella C

51, co. 2

551

Tabella E

51, co. 3 e 5

552 e 554

Tabella D

51, co. 4

553

Copertura finanziaria della legge di stabilità

51, co. 6

555

Entrata in vigore

52

556

 

 

 



[1]     Si ricorda che l’articolo 21, comma 1, del D.L. n. 201/2011 ha soppresso, dal 1° gennaio 2012, l’INPDAP e l’ENPALS, con conseguente trasferimento delle funzioni all’INPS.

[2]     “Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro”.

[3]     Si ricorda che il Fondo di solidarietà comunale è disciplinato dall’articolo 1, commi 380-380-quinquies, della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012) - come integrati dall’articolo 1, comma 703, della legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147/2013) - che ha istituito il Fondo nello stato di previsione del Ministero dell'interno (cap. 1365), in ragione della nuova disciplina dell’imposta municipale propria (IMU), introdotta con la legge medesima.

[4]     La dotazione nel BLV 2016 è inferiore rispetto a quanto previsto dal comma 380-ter della legge n. 228/2012 (6.547,1 milioni), in quanto sul Fondo di solidarietà comunale è annualmente contabilizzato il contributo alla finanza pubblica richiesto ai comuni dalla legislazione vigente, in particolare, dall’articolo 47, comma 8, del D.L. n. 66/2014 (riduzione del fondo di 563,4 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018) e dalla legge di stabilità per il 2015 (art. 1, comma 435, legge n. 190/2014), che ha disposto la riduzione di 1.200 milioni a decorrere dall’anno 2015, che vengono pertanto scontati a legislazione vigente. Ulteriori disposizioni vigenti incidono sulla dotazione del Fondo a legislazione vigente, quali in particolare il D.L. n. 4/2015 (riduzione di circa 268 milioni, in conseguenza della revisione della disciplina IMU sui terreni agricoli, peraltro ora abrogato dal provvedimento in esame), l’art. 9-bis del D.L. n. 66/2014 (trasferimento di 60 milioni al Fondo ordinario enti locali - cap. 1316/Interno - in favore delle unioni di comuni), riduzione di oltre 170 milioni di euro, in conseguenza della revisione del gettito IMU 2014 degli immobili categoria D.

[5]     Si ricorda che l’originaria formulazione del comma 731 della legge di stabilità 2014 attribuiva ai comuni un contributo di 500 milioni di euro, finalizzandolo alla previsione, da parte dei medesimi enti, di detrazioni dalla TASI a favore dell’abitazione principale (che non erano più previste ex lege ma lasciate all’autonomia dei singoli comuni). Con le modifiche del decreto-legge n. 16 del 2014 – che ha attribuito ai comuni, per l’anno 2014, la possibilità di elevare l'aliquota massima TASI, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille - l’importo del contributo per il 2014 è stato innalzato a 625 milioni ed è stata eliminata la specifica finalizzazione delle risorse al finanziamento di detrazioni. Anche per il 2015, l’articolo 1, comma 679 della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) ha confermato il livello massimo di imposizione della TASI già previsto per l'anno 2014 (2,5 per mille); è stata inoltre confermata, per il medesimo anno 2015, la possibilità di superare i limiti di legge relativi alle aliquote massime di TASI e IMU, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille, alle richiamate condizioni.

[6]     Il Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti certi, liquidi ed esigibili, si rammenta, è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, dall’articolo 1, comma 10, del D.L. 8 aprile 2013, n. 35, al fine di assicurare alle regioni e agli enti locali la liquidità necessaria ai suddetti pagamenti di debiti maturati alla data del 31 dicembre 2012, con obbligo di restituzione. Il Fondo è ripartito in tre Sezioni, destinate, rispettivamente, al pagamento dei debiti degli enti locali, delle regioni (debiti non sanitari) e degli enti del Servizio Sanitario nazionale.

[7]     Si ricorda che l'articolo 243-bis del TUEL consente ai comuni e alle province per i quali sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario di ricorrere, con deliberazione consiliare, alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale. L’istituto giuridico del dissesto finanziario degli enti locali, di cui agli artt. 246 e seguenti del TUEL, che qui non si dettaglia, si ha se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte (titolo VIII della parte II del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, emanato con il D.Lgs. n. 267/2000).

[8]     Ai sensi della legge 13 giugno 1935, n. 1184, come modificato dal D.Lgs.lgt. 8 febbraio 1946, n. 56.

[9]     Decreto ministeriale 29 dicembre 2014 “Adeguamento dei canoni di abbonamento alle radiodiffusioni, per l’anno 2015”. Pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 30 del 6 febbraio 2015.

[10]    Decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 “Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché' di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni”.

[11]    Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”.

[12]    Ai sensi del comma 2, il servizio pubblico generale radiotelevisivo, garantisce, fra l’altro: la diffusione di tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche di pubblico servizio su tutto il territorio nazionale; un adeguato numero di ore di trasmissioni televisive e radiofoniche - definito ogni tre anni con delibera AGCOM - dedicate all’educazione, all’informazione, alla formazione, alla promozione culturale; l’accesso alla programmazione in favore, fra gli altri, di partiti e gruppi rappresentati in Parlamento e in assemblee e consigli regionali, sindacati nazionali, confessioni religiose; la produzione, la distribuzione e la trasmissione di programmi radiotelevisivi all’estero; l’effettuazione di trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua tedesca e ladina per la provincia di Bolzano, in lingua ladina per la provincia di Trento, in lingua francese per la Valle d’Aosta e in lingua slovena per il Friuli-Venezia Giulia; la trasmissione gratuita dei messaggi di utilità sociale o di interesse pubblico richiesti dalla Presidenza del Consiglio; la trasmissione di contenuti destinati specificamente ai minori; la conservazione degli archivi storici radiofonici e televisivi; la destinazione di una quota non inferiore al 15% dei ricavi complessivi annui alla produzione di opere europee, comprese quelle realizzate da produttori indipendenti; la realizzazione di infrastrutture per la trasmissione radiotelevisiva su frequenze terrestri in tecnica digitale; la realizzazione di servizi interattivi digitali di pubblica utilità; il rispetto dei limiti di affollamento pubblicitario previsti dall’art. 38 del medesimo d.lgs. 177/2005; l’adozione di misure idonee a tutela delle persone portatrici di handicap sensoriali; la realizzazione di attività di insegnamento a distanza.

[13]    D.M. 27 aprile 2011 (G.U. 27 giugno 2011, n. 147).

[14]    G.U. 13 dicembre 2012, n. 290.

[15]    Riguardo alla nozione di contratto di somministrazione, cfr. l’art. 1559 del codice civile.

[16]    La modifica è intesa a tener conto dei cambiamenti di numerazione avvenuti all'interno del suddetto testo unico.

[17]    Per la nozione di familiari, resta fermo il rinvio all'art. 12 del medesimo testo unico, e successive modificazioni.

[18]    Anche in tal caso, le norme in esame fanno rinvio, per la nozione di familiari, al citato art. 12 del testo unico, e successive modificazioni.

[19]    Recante “Definizione dei criteri di cofinanziamento pubblico nazionale dei programmi europei per il periodo di programmazione 2014-2020 e relativo monitoraggio. Programmazione degli interventi complementari di cui all'articolo 1, comma 242, della legge n. 147/2013 previsti nell'accordo di partenariato 2014-2020”.

[20]    http://www.dps.gov.it/it/pongat/PON_Governance_e_Capacita_Istituzionale/

[21]    http://www.sicurezzasud.it/media/PON_LEGALITA_2014_2020/Programma
_Legalita_2014_2020.pdf

[22]    Sentita la Conferenza Stato-Regioni, su proposta dell’Amministrazione centrale avente il coordinamento dei Fondi SIE di riferimento, in partenariato con le Regioni interessate, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze.

[23]    In sintesi, la delibera n. 10/2015 indica un cofinanziamento nazionale complessivo per il ciclo di programmazione 2014-2020 pari a 24 miliardi, a valere sulle risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (ulteriori 4,4 miliardi sono posti a valere sui bilanci delle regioni). Le risorse di cofinanziamento statale destinate ai POR ammontano a circa 10,3 miliardi (a cui si aggiungono i 4,4 miliardi di quota regionale), mentre ai PON sono stati destinati 5,4 miliardi. Oltre 7,4 miliardi sono riservati agli interventi complementari.

[24]    Si tratta, evidentemente, sia del sequestro conservativo che del sequestro preventivo la cui disciplina è contenuta negli artt. 316 - 325 c.p.p.: il loro fine comune è quello di garantire l'esecuzione della sentenza definitiva o impedire che l'uso di una cosa pertinente al reato possa agevolare le conseguenze di esso o la commissione di altri reati. I presupposti per la loro applicazione sono: il fumus del reato e il periculum in mora. Il primo, nel processo penale, è un provvedimento che può essere disposto dal pubblico ministero o dalla parte civile, se vi è il timore che vengano a mancare le garanzie che l’imputato possa pagare la pena pecuniaria e le obbligazioni civili derivanti dal reato commesso. Il secondo viene disposto nelle situazioni in cui il mancato assoggettamento a vincolo della cosa pertinente al reato possa condurre, in pendenza del relativo accertamento, non solo al protrarsi del comportamento illecito od alla reiterazione della condotta criminosa, ma anche alla realizzazione di ulteriori pregiudizi quali nuovi effetti offensivi del bene protetto.

[25]    La confisca invece è una misura di sicurezza patrimoniale che tende a prevenire la commissione di nuovi reati mediante l’espropriazione, a favore dello Stato, di cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e quelle che ne sono il prodotto o il profitto. La confisca è facoltativa, a meno che non sia (c.p. 240, 416 bis-7, 446, 722, 727, c.p.p. 445): 1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato; 2) delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna.

[26]    Articolo 416, sesto comma c.p.(Associazione per delinquere diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602, nonché all’articolo 12, comma 3-bis, del T.U. immigrazione); articolo 416, settimo comma c.p. (Associazione per delinquere diretta a commettere taluno dei delitti previsti dagli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto, e 609-undecies); articolo 416,(Associazione per delinquere realizzata allo scopo di commettere delitti in materia di contraffazione previsti dagli articoli 473(Contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell'ingegno o di prodotti industriali) e 474(Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi); articolo 416,(Associazione per delinquere realizzata allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 600 c.p. (Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù); 601 c.p. (Tratta di persone) e 602 c.p. (Acquisto o alienazione di schiavi); articolo 416-bis c.p.(associazione di tipo mafiosa, anche straniere); articolo 630 c.p. (Sequestro di persona a scopo di estorsione); delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo (vale a dire aggravati ai sensi dell’articolo 7 decreto-legge n. 152 del 1991, convertito dalla legge n. 203 del 1991); articolo 74 decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope); articolo 291 quater decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973 (Associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri); articolo 260 decreto legislativo n. 152 del 2006 (Traffico illecito di rifiuti).

[27]    L'articolo 24 del codice antimafia, nella formulazione vigente, disciplina la cd. confisca di prevenzione, prevedendo che essa possa essere disposta dall'autorità giudiziaria sui beni di cui la persona nei cui confronti è instaurato il procedimento di prevenzione risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica svolta, nonché dei beni che risultino essere frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego e di cui lo stesso non possa giustificare la legittima provenienza.

[28]    Nel 2013 è stato approvato il nuovo regolamento sugli aiuti d'importanza minore (de minimis): Regolamento (UE) n. 1407/2013 del 18 dicembre 2013 relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis». Le misure che rispettano i criteri fissati nel Regolamento de minimis non costituiscono "aiuti di Stato" secondo la disciplina europea e pertanto non necessitano di preventiva notifica alla Commissione europea per l’approvazione. Ciò semplifica e chiarisce le regole, in linea con quanto previsto dalla strategia di modernizzazione degli aiuti di Stato, e riduce significativamente gli oneri amministrativi a carico delle imprese e degli Stati membri. Il Regolamento n. 1407/2013 mantiene inalterati i precedenti criteri, fissando un massimale di 200 000 EUR per gli aiuti «de minimis» che un’impresa unica può ricevere nell’arco di tre anni. Il nuovo regolamento generale di esenzione per categoria (RGEC) è stato emanato nel 2014: Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato. Entrato in vigore il 1° luglio 2014, abroga il precedente regolamento (CE) n. 800/2008, e si applica fino al 31 dicembre 2020. Il RGEC 2014-2020 è un insieme di 43 esenzioni a cui è possibile fare ricorso per concedere aiuti di Stato efficaci nel rispetto delle norme. Gli aiuti concessi a norma del RGEC possono essere concessi senza autorizzazione preventiva da parte della Commissione. Per ricorrere al RGEC, l'ente erogatore deve pubblicare su Internet un regime di aiuti e compilare un modulo online che viene inviato alla Commissione.

[29]    In base a quanto disposto dal D.M. 22 ottobre 2012, il congedo obbligatorio è fruibile dal padre anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice, in aggiunta ad esso, mentre la fruizione del congedo facoltativo di uno o due giorni, che può avvenire anche contemporaneamente all'astensione della madre, è condizionata alla scelta della madre lavoratrice di non fruire di altrettanti giorni del proprio congedo di maternità, con conseguente anticipazione del termine finale del congedo post-partum della madre per un numero di giorni pari al numero di giorni fruiti dal padre. Inoltre, gli istituti del congedo obbligatorio e facoltativo si applicano anche in caso di adozione o affidamento e il congedo obbligatorio è riconosciuto anche al padre lavoratore che ha diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.

[30]    Il disegno di legge originario prevedeva, allo stesso fine, un incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università.

[31]    Tale accezione è confermata dalla relazione tecnica riferita al maxiemendamento 1.9000 presentato al Senato.

[32]    Il dato è confermato dalla relazione tecnica riferita al maxiemendamento 1.9000 presentato al Senato.

[33]    Il programma c.d. “Rientro dei cervelli” è stato avviato dal D.M. 26 gennaio 2001, n. 13. In particolare, l’art. 1 del D.M. aveva stabilito, a partire dal 2001 e a valere sul FFO:   uno stanziamento di 20 miliardi di lire annui per la stipula di contratti di diritto privato (di durata fino a tre anni accademici) con studiosi ed esperti italiani e stranieri stabilmente impegnati all’estero da almeno un triennio in attività didattica e scientifica; un ulteriore stanziamento di 20 miliardi di lire annui per sostenere specifici programmi di ricerca da affidare ai titolari dei contratti suddetti. L’art. 2 aveva, altresì, destinato – sempre a valere sul FFO e a partire dal 2001 – la somma di 10 miliardi di lire per sostenere ed incentivare le chiamate nel ruolo della docenza di prima fascia di professori stranieri o italiani stabilmente impegnati all’estero in attività didattiche o di ricerca nell’ultimo triennio.

      Successivamente, prima con il D.M. 20 marzo 2003, n. 501 e poi con il D.M. 1° febbraio 2005, n. 18 si è previsto che ogni anno un’apposita quota del FFO fosse destinata alla stipula di contratti da parte delle università statali con studiosi ed esperti stranieri o italiani stabilmente impegnati all’estero da almeno un triennio in attività didattica e di ricerca. Il programma si rivolgeva a studiosi di ogni disciplina e nazionalità, purché in possesso almeno del titolo di dottore di ricerca o equivalente al momento della presentazione della domanda.

      Da ultimo, l’art. 1, co. 9, della L. 230/2005 ha sancito a livello legislativo la chiamata diretta di studiosi italiani impegnati all’estero.

[34]    I programmi in questione sono stati individuati con D.M. 1 luglio 2011, n. 276 (GU n. 256 del 3 novembre 2011). In particolare, l’articolo 2 del D.M. ha disposto che i programmi devono avere una durata almeno triennale e non devono essersi conclusi, al momento della proposta di chiamata, da più di tre anni.

[35]    Il disegno di legge di stabilità 2013 (A.C. 5534) prevedeva la riduzione da 100 a 50 unità del contingente in questione. La previsione fu soppressa durante l’esame parlamentare.

[36]    L’art. 1, co. 57, della L. 228/2012 ha ridotto da 300 a 150 unità il contingente di docenti e dirigenti scolastici di cui l’amministrazione scolastica centrale e periferica può avvalersi per compiti connessi con l’attuazione dell’autonomia scolastica (art. 26, co. 8, primo periodo, L. 448/1998). Come evidenziato nella circolare n. 30 del 18 febbraio 2014, alla riduzione si era dato corso con D.I. n. 336 del 24 aprile 2013.

Successivamente è, però, intervenuto l’art. 57-bis del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) che ha fatto salvi i provvedimenti di collocamento fuori ruolo per compiti connessi con l’autonomia scolastica adottati per l’a.s. 2013/2014 sulla base delle disposizioni vigenti prima dell’entrata in vigore della legge di stabilità 2013. I medesimi sono stati fatti salvi anche per l’a.s. 2014/2015 dall’art. 4, co. 1-bis, del D.L. 90/2014 (L. 114/2014) e, per l’a.s. 2015/2016, dall’art. 1, co. 135, della L. 107/2015.

[37]    Gli enti di cui all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001 sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.).

[38]    La norma, in particolare, fa riferimento alle risorse disponibili, ai sensi dell'articolo 1, comma 188, della L. 266/2005, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Tale comma ha salvaguardato, per gli enti di ricerca ed altri istituti (I.S.S., I.N.A.I.L., AGE.NA.S., A.I.F.A., A.S.I., E.N.E.A., A.g.I.D.), nonché per le università e le scuole superiori ad ordinamento speciale e per gli istituti zooprofilattici sperimentali, le assunzioni a tempo determinato e la stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l'attuazione di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica (ovvero di progetti finalizzati al miglioramento di servizi anche didattici per gli studenti) i cui oneri non risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o del Fondo ordinario per gli enti di ricerca o del Fondo per il finanziamento ordinario delle università, fatta eccezione per quelli finanziati con le risorse premiali di cui all'articolo 4, comma 2, del D.Lgs. 213/2009.

[39]    Più specificamente, l’articolo 2, commi 1 e 4, del D.Lgs. 81/2015 ha stabilito che dal 1° gennaio 2016, si applichi la disciplina del rapporto di lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione che si concretizzino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. Tale disposizione tuttavia, non trova applicazione (comma 4) nei confronti delle pubbliche amministrazioni, fino al completo riordino della disciplina dell'utilizzo dei contratti di lavoro flessibile da parte delle stesse. In ogni caso, dal 1° gennaio 2017 è comunque fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di stipulare i contratti di collaborazione in precedenza richiamati.

[40]    Per quanto riguarda la materia del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, l’articolo 17 della L. 124/2015 contiene una serie di interventi volti alla riorganizzazione delle amministrazioni nell'ottica di una maggiore efficienza. Tra gli interventi principali si evidenzia, in primo luogo, l'accentramento dei concorsi per tutte le amministrazioni pubbliche, nonché l'inserimento nei concorsi pubblici di meccanismi di valutazione per valorizzare l'esperienza professionale acquisita da soggetti titolari di rapporti di lavoro flessibile con le amministrazioni pubbliche. Altrettanto significativo risulta il progressivo superamento della dotazione organica come limite alle assunzioni, anche al fine di facilitare i processi di mobilità; la semplificazione delle norme in materia di valutazione dei dipendenti pubblici; l'introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare degli stessi nonché il rafforzamento del regime di responsabilità dei dirigenti, attraverso l'esclusiva imputabilità agli stessi della responsabilità amministrativo-contabile per l'attività gestionale. Ulteriori interventi, infine, concernono: l'individuazione delle forme di lavoro flessibile permesse; la riorganizzazione delle funzioni in materia di accertamento medico-legale sulle assenze dal servizio per malattia; la facoltà, per le amministrazioni pubbliche, di promuovere il ricambio generazionale mediante la riduzione su base volontaria e non revocabile dell'orario di lavoro e della retribuzione del personale in procinto di essere collocato a riposo e la nomina (nelle p.a. con più di 200 dipendenti) di un responsabile dei processi di inserimento negli ambienti di lavoro dei lavoratori con disabilità.

[41]    Il personale in regime di diritto pubblico di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 165/2001 è costituito dalle seguenti categorie: magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato, personale militare e delle Forze di polizia di Stato, personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, personale della carriera dirigenziale penitenziaria, professori e ricercatori universitari, nonché il personale della Banca d’Italia, della Consob e della Autorità garante della concorrenza e del mercato.

[42]    Nell'ambito della riforma degli enti locali disposta dalla L. 56/2014, la L. 190/2014 (Stabilità 2015) ha introdotto disposizioni volte a definire le procedure di mobilità del personale. In particolare, i commi da 421 a 428 dell'articolo 1 dispongono, in primo luogo, la riduzione del 50% e del 30% della dotazione organica, rispettivamente, di province e città metropolitane (che comunque possono deliberare una riduzione superiore - nel rispetto di divieti specificamente individuati per le province delle regioni a statuto ordinario - a decorrere dal 1° gennaio 2015) con la contestuale definizione di un procedimento volto a favorire la mobilità del personale eccedentario verso regioni, comuni e altre pubbliche amministrazioni, a valere sulle facoltà assunzionali degli enti di destinazione (comma 421). Sul tema, si ricorda che con Circolare del 29 gennaio 2015, n. 1, il Dipartimento della funzione pubblica ha definito le linee guida per l'attuazione delle disposizioni in materia di personale e di altri profili connessi al riordino delle funzioni delle province e delle città metropolitane. Si segnala, inoltre, che il Dipartimento della funzione pubblica, con Nota del 27 marzo 2015, ha fornito indicazioni tecniche in merito ad alcuni aspetti segnalati dalle amministrazioni come particolarmente rilevanti nell'applicazione della disciplina in materia di ricollocazione del personale delle province e delle città metropolitane. Nel testo della citata Nota si fa riferimento alla conclusione della fase istruttoria relativa al decreto di cui all'art. 29-bis del D.Lgs. 165/2001, che definisce le tabelle di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti, al fine di favorire i processi di mobilità fra i comparti di contrattazione del personale delle PP.AA.. Con il D.P.C.M. 26 giugno 2015 sono state definite le tabelle di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione del personale non dirigenziale.

[43]    Convertito con la legge 7 agosto 2012, n.135

[44]    Fatto salvo il diritto alla copertura assicurativa e al rimborso delle spese documentate, nell’ambito di determinati limiti di spesa che in questa sede non si dettagliano.

[45]    Si ricorda che il comma 2-bis dell’articolo 9 del D.L. 78/2010 ha stabilito, per il quadriennio 2011-2014, che l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni in precedenza richiamate non potesse superare il corrispondente importo dell’anno 2010, ed in ogni caso fosse automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio. La stessa norma, inoltre (al secondo periodo, introdotto dall’articolo 1, comma 456, della L. 147/2013), ha disposto che, a decorrere dal 1° gennaio 2015, le risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio fossero decurtate di un importo pari alle riduzioni operate per effetto della limitazione disposta per il precedente quadriennio.

[46]    L’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001 chiarisce che per amministrazioni pubbliche debbono intendersi tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’ARAN e le Agenzie istituite dal D.Lgs. 300 del 1999.

[47]    Lo schema di riparto delle risorse relative all’esercizio 2015 è stato trasmesso per il parere alle competenti commissioni parlamentari nel giugno scorso

(v. www.camera.it/temiap/d/leg17/Am0146).

[48]    Il testo del disegno di legge prevedeva un incremento di € 55 mln nel 2016 e di € 60 mln dal 2017.

[49]    La relazione tecnica riferita all’A.S. 2111 faceva riferimento, invece, a circa 1020 unità.

[50]    La VQR 2004-2010, il cui progetto è stato formalizzato con DM 15 luglio 2011, è stata avviata dall’ANVUR con bando del 7 novembre 2010 ed è stata articolata sulle 14 aree disciplinari individuate dal Consiglio Universitario Nazionale (poi divenute 16, nel corso della valutazione dei prodotti della ricerca effettuata dai Gruppi di esperti, per la suddivisione delle aree 8 e 11 in due sub-aree).

[51]    L’art. 5 del d.lgs. 213/2009 dispone che, in conformità alle linee guida enunciate nel PNR, i consigli di amministrazione dei singoli enti, previo parere dei rispettivi consigli scientifici, adottano un piano triennale di attività (PTA), aggiornato annualmente, ed elaborano un documento di visione strategica decennale. Il piano è valutato e approvato dal MIUR, anche ai fini della identificazione e dello sviluppo degli obiettivi generali di sistema, del coordinamento dei PTA dei diversi enti di ricerca, nonché del riparto del fondo ordinario.

[52]    In materia si ricorda anche che l’art. 11 della legge di stabilità 2012 (L. 183/2011) ha disposto che il MIUR assicura la coerenza dei piani e dei progetti di ricerca proposti dagli enti sottoposti alla sua vigilanza con le indicazioni del PNR, anche in sede di ripartizione della quota premiale.

[53]    Art. 7, co. 1, lett. c), del D.Lgs. 49/2012.

[54]    A seguito delle modifiche da ultimo apportate dall’art. 1, co. 460, della L. 147/2013, si tratta del contingente corrispondente ad una spesa pari al 50% per il 2014 e il 2015, al 60% per il 2016, all’80% per il 2017 e al 100% dal 2018, di quella relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell’anno precedente.

[55]    Tale disposizione sembrava aver dato seguito alla risoluzione della 7^ Commissione del Senato Doc. XXIV, n. 38, che aveva impegnato il Governo a sopprimere la previsione contenuta nell’art. 7, co. 6, del d.lgs. 49/2012 di rinviare ad un D.P.C.M. la definizione di nuovi parametri assunzionali, rilevando la necessità che la relativa disciplina fosse sancita a livello legislativo, al fine di non ledere l’autonomia universitaria. Su tale base, è stato dunque emanato il D.M. 9 agosto 2013, n. 713 (per il 2012, era stato adottato il D.M. 22 ottobre 2012, n. 297) che ha definito (utilizzando le combinazioni previste dall’art. 7, co. 1, del d.lgs. 49/2012) criteri e contingente assunzionale delle università statali per l’anno 2013, espresso in termini di punti organico (in tale D.M. il costo medio nazionale di un professore di prima fascia è pari ad € 118.489, cui corrisponde il coefficiente stipendiale di 1 punto organico) utilizzabili per l'assunzione di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato a carico del bilancio di ogni università.

[56]    Peraltro, l’applicabilità anche agli anni successivi al 2012 delle disposizioni recate dall’art. 7 del D.lgs. 49/2012 era stata esplicitamente confermata dal Governo alla Camera il 4 dicembre 2013, in occasione della risposta all’interrogazione a risposta immediata 3-00496, nonché, il 3 aprile 2014, nella risposta all’interrogazione a risposta in Commissione 5-01342.

[57]    Nel frattempo è stato emanato il D.M. 18 dicembre 2014, n. 907, recante criteri e contingente assunzionale delle Università statali per il 2014, sempre espresso in termini di punti organico (In tale D.M. il costo medio nazionale di un professore di prima fascia, cui corrisponde il coefficiente stipendiale di 1 punto organico, è stato ridotto a € 116.968).

[58]    Tali spese sono definite come “l'onere annuo per contratti passivi per locazione di immobili a carico del bilancio dell'ateneo”.

[59]    Ricondotte, in base all’art. 1-bis del D.L. 250/2005 (L. 27/2006), alle due tipologie di scuole paritarie riconosciute ai sensi della L. 62/2000 - abilitate, tra l’altro, al rilascio di titoli di studio aventi valore legale - e di scuole non paritarie.

[60]    In tale sentenza la Corte ha ricordato che: "Non sono (...) consentiti finanziamenti a destinazione vincolata in materie di competenza regionale residuale ovvero concorrente, in quanto ciò si risolverebbe in uno strumento indiretto, ma pervasivo, di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni delle Regioni e degli enti locali, nonché di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza (sentenza n. 423 del 2004; nello stesso senso, tra le altre, sentenze nn. 77 e 51 del 2005)." La Corte aveva già avuto modo di sottolineare che il settore dei contributi relativi alle scuole paritarie «incide sulla materia della “istruzione” attribuita alla competenza legislativa concorrente (art. 117, terzo comma, della Costituzione)» (sentenza n. 423 del 2004, punto 8.2. del Considerato in diritto). Pertanto il co. 635 dell'art. 1 della L. finanziaria 2007, "nella parte in cui prevede un finanziamento vincolato in un ambito materiale di spettanza regionale, si pone in contrasto con gli artt. 117, quarto comma, e 119 della Costituzione". La Corte ha tuttavia aggiunto che: "La natura delle prestazioni contemplate dalla norma censurata, le quali ineriscono a diritti fondamentali dei destinatari, impone, però, che si garantisca continuità nella erogazione delle risorse finanziarie. Ne consegue che devono rimanere «salvi gli eventuali procedimenti di spesa in corso, anche se non esauriti» (così anche la citata sentenza n. 423 del 2004)."

[61]    Negli anni successivi, il cap. 1299 è stato allocato nel programma 1.9 “Istituzioni scolastiche non statali”.

[62]    Le disposizioni di rifinanziamento hanno fatto riferimento, fino al 2011, anche all’art. 1, co. 635, della L. 296/2006 che, tuttavia, come evidenziato nel testo, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza 50/2008.

[63]    Provenienti dal c.d. “scudo fiscale”.

[64]    Nell’ambito del rifinanziamento del Fondo per le esigenze indifferibili e urgenti di cui all’art. 7-quinquies, co. 1, del D.L. 5/2009.

[65]    Le spese effettuate dalle regioni con tali risorse sono state escluse dal computo ai fini del patto di stabilità.

[66]    Le spese effettuate dalle regioni con tali risorse sono state escluse dal computo ai fini del patto di stabilità nel limite di 100 mln di euro. Tuttavia, nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni del 29 maggio 2014, le regioni hanno convenuto, ai fini del concorso alla riduzione della spesa pubblica previsto dall’art. 46 del D.L. 66/2014, di rinunciare a determinate deroghe al patto di stabilità, inclusa la deroga riferita ai contributi alle scuole paritarie.

[67]    L’art. 2, co. 109, della L. 191/2009 (L. finanziaria 2010), abrogando gli artt. 5 e 6 della L. 386/1989, ha eliminato – a partire dal 2010 – la partecipazione delle province autonome di Trento e di Bolzano alla ripartizione di fondi speciali istituiti per garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, e dei finanziamenti recati da qualunque disposizione di legge statale in cui sia previsto il riparto o l'utilizzo a favore delle regioni. Il medesimo comma ha fatto salvi i contributi sulle rate di ammortamento di mutui in essere e i rapporti giuridici già definiti.

[68]    I requisiti necessari sono stati definiti con il DPCM 320/1999.

[69]    Al riguardo si ricorda che l'art. 5, co. 1, lett. c), e 5, della L. 240/2010 ha previsto l'attribuzione di una quota non superiore al 10% del FFO correlata alla valutazione delle politiche di reclutamento degli atenei, da effettuare in base a meccanismi elaborati dall’ANVUR. In attuazione, è intervenuto l'art. 9 del d.lgs. 49/2012.

[70]    L’art. 3 del DM 8 giugno 2015 n. 335, recante i criteri di ripartizione del FFO per il 2015, ha assegnato alla quota premiale € 1.385.000.000, pari a circa il 20% del totale delle risorse disponibili, e ha specificato che la somma è assegnata alle università e agli Istituti ad ordinamento speciale secondo i criteri e le modalità di cui all'allegato 1 (v. tab. 3) e per le percentuali di seguito indicate: 65% in base ai risultati conseguiti nella VQR 2004 - 2010; 20% in base alla Valutazione delle politiche di reclutamento; 7% in base ai risultati della didattica con specifico riferimento alla componente internazionale; 8% in base ai risultati della didattica con specifico riferimento al numero di studenti regolari che hanno acquisito almeno 20 CFU.

[71]    Procedure stabilite, da ultimo, dal D.M. 14 febbraio 2014 (G.U. n.89 del 16 aprile 2014).

[72]    La Relazione tecnica chiarisce che la consuntivazione ha riguardato, in realtà, solo le salvaguardie “chiuse” (ossia quelle per le quali la certificazione del diritto può ancora avvenire), con esclusione, quindi, della sesta (di cui alla legge n.147/2014) e, in parte, della seconda (di cui all’articolo 22, comma 1, lettera a), del D.L. n.96/2012).

[73]    Per un quadro aggiornato e i report periodici di monitoraggio si rinvia alla apposita sezione del sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali:
http://www.lavoro.gov.it/PerSaperneDiPiu/LavoratoriSalvaguardati/Pages/default.aspx

[74]    Cfr. le circolari INPS nn. 35 e 37 del 2012.

[75]    Ferma restando - come confermato dal messaggio INPS n. 9231 del 2014 - l'ipotesi di una decorrenza concreta successiva al 2015, in base all'eventuale "posticipo" del pensionamento da parte della lavoratrice rispetto alla prima data possibile.

[76]    Per le lavoratrici dipendenti del settore privato che siano iscritte alle forme pensionistiche relative a pubblici dipendenti, il requisito è pari a 66 anni e 7 mesi per l'intero triennio 2016-2018.

[77]    Il predetto importo soglia era pari, per l'anno 2012, a 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale ed è annualmente rivalutato sulla base della variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (PIL) nominale, con riferimento al quinquennio precedente l'anno da rivalutare. Il medesimo importo soglia non può, in ogni caso, essere inferiore, per un dato anno, a 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale stabilito per il medesimo anno.

Si prescinde dal predetto requisito di importo minimo se in possesso di un'età anagrafica pari ad almeno 70 anni, e sempre che si possieda un'anzianità contributiva effettiva di almeno 5 anni.

[78]    Riguardo alle entrate contributive in oggetto, cfr. l'art. 5 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150.

[79]    Si ricorda che la perequazione automatica fa riferimento (ai sensi dell'art. 34, comma 1, della L. 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni) all'importo complessivo di tutti i trattamenti pensionistici del soggetto e viene attribuita sulla base della variazione del costo della vita, con cadenza annuale e con effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento. Più in particolare, la rivalutazione si commisura al rapporto percentuale tra il valore medio dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati relativo all'anno di riferimento e il valore medio del medesimo indice relativo all'anno precedente. Ai fini dell'applicazione del meccanismo di rivalutazione, si tiene conto altresì dell'importo degli assegni vitalizi derivanti da uffici elettivi.

[80]    Per il 2014, in base ad una norma transitoria specifica, la perequazione non è stata riconosciuta per la fascia di importo dei trattamenti pensionistici superiore a 6 volte il minimo.

[81]    Secondo la disciplina di cui al D.Lgs. 21 aprile 2011, n. 67.

[82]    Cfr. l'A.S. n. 2111.

[83]    Il beneficio non è cumulabile con le detrazioni spettanti per i redditi da lavoro dipendente e per alcune delle categorie di redditi assimilati al lavoro dipendente.

[84]    Il D.Lgs. 148/2015, attuativo della legge delega in materia di lavoro n. 183/2014 (cd. Jobs act), al fine di razionalizzare la normativa in materia, ha riunificato la disciplina degli strumenti di tutela del reddito operanti in costanza di rapporto di lavoro (cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, contratti di solidarietà e fondi di solidarietà bilaterali), con contestuale abrogazione di tutte le disposizioni previgenti.

[85]    Si ricorda che in attuazione della delega legislativa conferita dell’articolo 1 della L. 183/2010 (c.d. Collegato lavoro), con il D.Lgs. n. 67/2011 è stata introdotta una disciplina normativa relativa al pensionamento dei soggetti che hanno svolto attività lavorative usuranti. Gli oneri derivanti dall’attuazione del citato D.Lgs. 67/2011 sono coperti a valere sulle risorse dell’apposito Fondo (come disposto dall’art. 7, c. 1, del medesimo D.Lgs. 67/2011 e pari a 233 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015). Al riguardo si segnala che la relazione tecnica al disegno di legge in esame afferma che “il predetto fondo presenta le necessarie disponibilità in termini di saldo netto da finanziare e di indebitamento netto. Infatti, nel breve periodo gli oneri connessi all'attuazione del citato decreto legislativo sono previsti inferiori allo stanziamento e pertanto la riduzione di 150 mln di euro per l'anno 2016, dalla quale consegue una minore spesa pensionistica rispetto a quanto programmato per tale anno, non compromette l'erogazione dei benefici previsti (a fronte di uno stanziamento a normativa vigente di 233 mln di euro per l'anno 2016 le previsioni aggiornate indicano una spesa effettiva per l'anno 2016 inferiore, pertanto mantenendo dovuti criteri di prudenzialità risulta comunque plausibile la riduzione indicata ai fini della copertura, che ridetermina la dimensione del fondo in 83 mln di euro per l'anno 2016. In ogni caso si fa presente che gli oneri per anticipo di trattamenti pensionistici per i c.d. lavori usuranti sono previsti comunque in crescita: pertanto l'eccedenza di stanziamento, cui si è potuto accedere per l'anno 2016, ha dimensione decrescente negli anni successivi in ragione dell'incremento di spesa previsto per il riconoscimento dei benefici di cui al D.Lgs. n. 67/2011 a seguito della progressiva maturazione dei requisiti di accesso ai benefici stessi da parte dei lavoratori interessati)”. Si fa altresì presente che una ulteriore copertura a valere sul Fondo per i lavori usuranti è prevista anche all’articolo 19, comma 4, del disegno di legge in esame (Riduzione della pressione fiscale per i pensionati), per un importo di 140 milioni di euro per l'anno 2017, 110 milioni di euro per l'anno 2018, 76 milioni di euro per l'anno 2019 e 30 milioni di euro per l'anno 2020.

[86]    Adottato ai sensi dell’art. 4, c. 2, del D.L. 54/2013 che demanda a un decreto interministeriale (del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze), previo parere della Conferenza Stato-regioni, nonché delle competenti Commissioni parlamentari, e sentite le parti sociali, la determinazione, nel rispetto degli equilibri di bilancio programmati, dei criteri per la concessione degli ammortizzatori sociali in deroga, con particolare riferimento ai termini di presentazione delle relative domande, a pena di decadenza, alle causali di concessione, ai limiti di durata e reiterazione delle prestazioni anche in relazione alla continuazione rispetto ad altre prestazioni di sostegno del reddito, alle tipologie di datori di lavoro e lavoratori beneficiari.

[87]    Si ricorda che il trattamento di mobilità in deroga non sarà in ogni caso più erogato dal 1° gennaio 2017 in quanto sostituito, ai sensi dell’art. 2 della L. 92/2012, dall’ASpI (Assicurazione sociale per l’impiego) e, a decorrere dal 1° maggio 2015, dalla NASpI (Nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego), istituita dal D.Lgs. 22/2015 in materia di riordino della normativa sugli ammortizzatori sociali (attuativo della legge delega in materia di lavoro n. 183/2014, cd. Jobs act).

[88]    Il campo territoriale di applicazione del D.P.R. 218/1978 (art. 1) è costituito dalle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglie, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, dalle province di Latina e di Frosinone, dai comuni della provincia di Rieti già compresi nell'ex circondario di Cittaducale, dai comuni compresi nella zona del comprensorio di bonifica del fiume Tronto, dai comuni della provincia di Roma compresi nella zona della bonifica di Latina, dall'Isola d'Elba, nonché dagli interi territori dei comuni di Isola del Giglio e di Capraia Isola.

[89]    L'articolo 18, comma 1, del D.L. n. 185/2008 ha previsto che il CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per quanto attiene le risorse destinate alle infrastrutture) provveda ad assegnare, in coerenza con gli indirizzi assunti in sede europea, una quota delle risorse nazionali disponibili del Fondo aree sottoutilizzate ad una serie di fondi, tra cui il Fondo sociale per occupazione e formazione (gli altri fondi sono il Fondo infrastrutture e il Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri). Nel Fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali affluiscono anche le risorse del Fondo per l'occupazione, nonché ogni altra risorsa comunque destinata al finanziamento degli ammortizzatori sociali, concessi in deroga alla normativa vigente, e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione. Si ricorda che, con l'articolo 18 del D.L. n. 185/2008, si è inteso, più in generale, perseguire l'obiettivo di concentrare le risorse che risultino disponibili sul Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) su obiettivi che, in considerazione della eccezionale crisi economica internazionale attuale, siano da considerarsi prioritari per il rilancio dell'economia italiana, quali le opere pubbliche e l'emergenza occupazionale.

[90]    Istituita con Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 13 maggio 1997 per la promozione, la progettazione, la realizzazione e la gestione di attività ed interventi finalizzati allo sviluppo dell'occupazione sull'intero territorio nazionale, con particolare riguardo alle aree territoriali depresse ed ai soggetti svantaggiati del mercato del lavoro, Italia Lavoro viene successivamente configurata come Agenzia di Promozione di Lavoro e di Impresa a seguito dell’attuazione del D.Lgs. 468/1997 e del D.M. 24 febbraio 1998. Alla società viene poi attribuito, con il D.I. 21 maggio 1998, il ruolo di organo tecnico specifico per fornire supporto agli enti locali al fine di attuare interventi di politiche attive per il Lavoro ai sensi dell’articolo 1, comma 5, del D.Lgs. 468/97. Le azioni che deve svolgere Italia Lavoro, secondo quanto stabilito dalla Direttiva del Ministro del Lavoro del 20 luglio 2000, riguardano la disoccupazione di lunga durata nei suoi vari aspetti ed in modo particolare riferita all’esperienza dei LSU, fasce deboli del mercato del lavoro, territori ad elevata disoccupazione, processi di riorganizzazione della gestione del mercato del lavoro.

[91]    In particolare: l’art. 2, co. 401, della L. 244/2007 ha previsto l’utilizzo di € 100.000 annui per la locazione di beni immobili da parte delle accademie e delle istituzioni culturali non aventi scopo di lucro per lo svolgimento continuativo di attività culturali di interesse pubblico e per i contributi statali erogati ad enti e istituti culturali ai sensi della L. 534/1996; l’art. 2, co. 410, ha previsto l’utilizzo di € 1,5 mln annui per le spese di funzionamento e le attività istituzionali del Centro per il libro e la lettura; l’art. 3, co. 110, ha previsto l’utilizzo di € 14,6 mln annui per assunzioni presso lo stesso Ministero per i beni e le attività culturali.

[92]    L’art. 11, co. 2, lett. p), del D.P.C.M. 171/2014, recante il nuovo regolamento di organizzazione del Mibact, prevede che il Segretario generale cura l’elaborazione del Piano entro il 31 ottobre di ogni anno e predispone, entro il 15 marzo di ogni anno, una relazione concernente gli interventi realizzati e lo stato di avanzamento di quelli avviati nell’anno precedente e non conclusi. Infatti, ai sensi dello stesso art. 7, co. 1, del D.L. 83/2014, la relazione deve essere presentata alle Camere dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo entro il 31 marzo di ogni anno.

[93]    Il Piano relativo al 2014 è stato approvato con DM 6 maggio 2015.

Sul Piano strategico relativo al biennio 2015-2016 hanno espresso parere favorevole il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici e la Conferenza unificata (v. comunicati stampa del Mibact del 4 agosto 2015 e del 6 agosto 2015).

[94]    In particolare, la delibera del Consiglio direttivo di costituzione dell’Accademia del cinema è intervenuta il 18 luglio 2007. Qui la storia dell’Accademia.

[95]    Ciò è confermato dalla relazione tecnica riferita al maxiemendamento 1.9000 presentato al Senato.

[96]    D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 509 “Regolamento recante disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto, a norma dell'articolo 20, comma 8, della L. 15 marzo 1997, n. 59”.

[97]    Per il riparto dello stanziamento 2015 è intervenuto il DM 13 novembre 2015 n. 887.

[98]    Lo statuto dell’Agenzia è stato adottato con il decreto del Ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale 22 luglio 2015, n. 113.

[99]    Norme per la protezione e l’assistenza dei sordomuti.

[100]  Perdita della personalità giuridica di diritto pubblico dell’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza dei sordomuti.

[101]  Il finanziamento del CIP disposto dall'art. 1, co. 580, della L. 266/2005, pari a 500.000 euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, è stato incrementato di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 dall’art. 1, co. 1298, della L. 266/2005. La stessa legge ha disposto un contributo di 3 milioni di euro per il 2009.

L’art. 2, co. 568, della L. 244/2007 ha poi incrementato il contributo per il 2008 di 2 milioni di euro e quello per il 2009 di 1 milione di euro, e ha stanziato un contributo di 1 milione di euro per il 2010. Il D.L. 93/2008 ha, invece, operato una riduzione di 2 milioni di euro per il 2008 e 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010. A sua volta, l’art. 63, co. 9-bis, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) ha incrementato il contributo di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

L’art. 1, co. 23-ter, del D.L. 194/2009 (L. 25/2010) ha incluso il CIP tra i destinatari delle risorse del Fondo per le esigenze urgenti ed indifferibili istituito dall'art. 7-quinquies del D.L. 5/2009 (L. 33/2009), mentre il co. 23-octiesdecies, lett. b), dello stesso art. 1 ha autorizzato la spesa di 3,2 milioni di euro per il 2010.

Per il 2011, con risoluzione 8-00117, la V Commissione della Camera, il 7 aprile 2011, ha impegnato il Governo a destinare al CIP 6 milioni di euro nell'ambito dell’incremento delle risorse del Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili disposto dalla L. di stabilità 2011.

Per ciascuno degli anni 2012 e 2013 è stata autorizzata una spesa di 6 milioni di euro rispettivamente dall'art. 4, co. 5, del D.L. 5/2012 (L. 35/2012) e dall’art. 1, co. 276, della L. 228/2012.

Per il 2014, l’art. 1, co. 302, della L. 147/2013 ha destinato al CIP 6 milioni di euro nell’ambito del Fondo per il finanziamento di esigenze indifferibili istituito nello stato di previsione del MEF.

[102]  Disposizioni urgenti in materia sanitaria

[103]  Misure di razionalizzazione della finanza pubblica

[104]  Si tratta di una sperimentazione, di cui si è concluse la fase I, basata sul trapianto di cellule staminali cerebrali umane prelevate da feti abortiti spontaneamente., all'avanguardia nell'ambito delle terapie avanzate con cellule staminali. Responsabile della sperimentazione clinica è il prof. Angelo Vescovi, professore di biologia cellulare all'università Bicocca di Milano e direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Pio. Dimostrata la sicurezza del trattamento - in 3 pazienti si è avuto anche un beneficio neurologico-, nel 2016 partirà la fase 2 su 70 pazienti.

[105]  Attuazione della direttiva 2001/20/CE relativa all'applicazione della buona pratica clinica nell'esecuzione delle sperimentazioni cliniche di medicinali per uso clinico.

[106]  Cfr.http://www.orpha.net/consor/cgi-n/Education_AboutOrphanDrugs.

[107]  Concessione di un contributo annuo dello Stato all'Unione italiana ciechi, con vincolo di destinazione all'Istituto per la ricerca, la formazione e la riabilitazione ed all'Istituto europeo ricerca, formazione, orientamento professionale.

[108]  Si ricorda che la Corte costituzionale, con la recente sentenza 178/2015, si è espressa sulla costituzionalità delle norme temporanee di contenimento della spesa per il personale delle P.A. disposte dall’articolo 9, commi 1, 2-bis, 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, del D.L. 78/2010 e dall’articolo 16, comma 1, lettere b) e c), del D.L. 98/2011, più volte prorogate, per effetto delle quali è stata bloccata la contrattazione collettiva e sono stati posti limiti all’incremento della retribuzione nel lavoro pubblico. In realtà, la Corte costituzionale si era già pronunciata in due differenti occasioni sulla prima delle normative impugnate (blocco della contrattazione collettiva), respingendo in entrambi i casi le censure di illegittimità costituzionale delle misure di contenimento della spesa pubblica e di stabilizzazione finanziaria in esso contenute (Sentenze 310/2013 e 219/2014, relative, rispettivamente, alla posizione retributiva e contrattuale dei docenti e ricercatori universitari e dei docenti delle scuole secondarie). Con la sentenza n. 178/2015, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale sopravvenuta del regime del blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico, quale risultante dalle norme impugnate e da quelle che lo hanno prorogato, respingendo le restanti censure proposte, in sostanza ritenendo valido il criterio dell’equilibrio di bilancio (di cui all’articolo 81 Costituzione), ma solo temporaneamente. In particolare, la Corte si è pronunciata sui richiamati provvedimenti uniti nel loro scopo di contenimento della spesa pubblica, ma regolati temporalmente in maniera diversa (infatti, la loro scadenza temporale, in origine fissata per entrambi al 2013, si è successivamente diversificata, risultando al 2014 per il blocco delle retribuzioni e al 2018 per la contrattazione collettiva). In relazione a ciò, la Corte ha salvato le norme che fino al 31 dicembre 2014 hanno bloccato i trattamenti individuali dei lavoratori pubblici, e ha considerato illegittime quelle (reiterate più volte, tanto da assumere, secondo la Corte, un carattere strutturale e non più contingente) relative al blocco della contrattazione collettiva.

[109]  Tali oneri sono individuati ai sensi dell’articolo 48, comma 1, del D.Lgs. 165/2001, che stabilisce che il Ministero dell’economia e delle finanze quantifichi, in coerenza con i parametri previsti dagli strumenti di programmazione e di bilancio individuati dalla L. 196/2009, l'onere derivante dalla contrattazione collettiva nazionale a carico del bilancio dello Stato con apposita norma da inserire nella legge di stabilità. Allo stesso modo sono determinati gli eventuali oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione integrativa delle amministrazioni dello Stato.

[110]  Si tratta del personale individuato dal D.Lgs. 195/1995, cioè il personale delle Forze di polizia, anche ad ordinamento militare e delle Forze armate, esclusi i rispettivi dirigenti civili e militari ed il personale di leva nonché quello ausiliario di leva.

[111]  Il personale in regime di diritto pubblico di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 165/2001 è costituito dalle seguenti categorie: magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato, personale militare e delle Forze di polizia di Stato, personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, personale della carriera dirigenziale penitenziaria, professori e ricercatori universitari, nonché il personale della Banca d’Italia, della Consob e della Autorità garante della concorrenza e del mercato.

[112]  Si ricorda che ai sensi dell’articolo 11, comma 3 della L. 196/2009, la legge di stabilità contiene esclusivamente norme tese a realizzare effetti finanziari con decorrenza nel triennio considerato dal bilancio pluriennale (ma non può contenere norme di delega o di carattere ordinamentale ovvero organizzatorio, né interventi di natura localistica o microsettoriale). In particolare, essa indica, tra gli altri, l'importo complessivo massimo destinato, in ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego (ai sensi dell'articolo 48, comma 1, del D.Lgs. 165/2001) ed alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente dalle amministrazioni statali in regime di diritto pubblico. Il richiamato importo, inoltre, per la parte non utilizzata al termine dell'esercizio, è conservato nel conto dei residui fino alla sottoscrizione dei relativi contratti di lavoro o all'emanazione dei provvedimenti negoziali.

[113]  Si rinvia alla scheda relativa all’articolo 21, commi 10-11, per la puntuale elencazione degli enti e delle amministrazioni richiamate all’art.70, co.4, del decreto legislativo n.165/2001.

[114]  Sul punto, si rinvia alla scheda sui commi 125 e 126 in materia di limitazioni al turn over nella P.A.

[115]  Nell’interrogazione 3/01431 alla Camera dello scorso aprile il Governo ha sottolineato che “con essa si è concordato che le funzioni gestionali e i relativi oneri finanziari sono trasferiti dallo Stato alle due province autonome di Trento e Bolzano e alla regione Lombardia, e che la stessa intesa acquisterà efficacia con l'entrata in vigore delle norme di attuazione previste dallo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e dall'atto legislativo di recepimento per la regione Lombardia”.

[116]  L’articolo 97 Cost. prevede che «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge».

[117]  L’applicazione alle federazioni sportive nazionali delle misure di contenimento della spesa di cui all’art. 6 del D.L. n. 78/2010 è stata differita, per la prima volta, fino al 1° gennaio 2012, dall’art. 2, co. 2-quaterdecies, del D.L. 225/2010. Successivi differimenti (riferibili anche alle discipline sportive associate) sono stati disposti, al 1° gennaio 2013, dall’art. 14, co. 2-bis, del D.L. 216/2011, al 1° gennaio 2014, dall’art. 1, co. 409, della L. 228/2012 (L. di stabilità 2013) e al 1° gennaio 2015, dall’art. 1, co. 13, del D.L. 150/2013. Con particolare riferimento alle disposizioni recate dall’art. 6 del D.L. 78/2010, alle federazioni sportive inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione si applicherebbero le disposizioni dei commi 7, 8, 9, 12, 13 e 14 - che prevedono misure di contenimento delle spese per studi ed incarichi di consulenza, relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza, sponsorizzazioni, missioni, formazione, autovetture e buoni taxi – nonché le misure previste dai commi 1 e 3 del medesimo art. 6 - che rendono onorifica la partecipazione agli organi collegiali e riducono i compensi dei componenti degli organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati delle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione.

[118]  Si ricorda che ai sensi della legge di contabilità e finanza pubblica (art. 1, co. 3. Legge n. 196/2009), la ricognizione delle amministrazioni pubbliche è operata annualmente dall'ISTAT con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre. L’ultimo elenco è quello pubblicato dall’Istituto sulla Gazzetta Ufficiale del 30 settembre 2015, n. 227.

[119]  Non risultano ricomprese: Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC); Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI); Federazione Italiana Rugby (FIR); Federazione Italiana Sport del Ghiaccio (FISG); Federazione Italiana Sport Invernali (FISI); Federazione Italiana Tennis (FIT).

[120]  http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/CIRCOLARI/2015/19/Allegato_alla_Nota_tecnica_1_norme_contenimento_spesa_Ministeri.pdf

[121]  Si pensi, per citare soltanto alcuni esempi recenti, all’Accordo italo-francese per la realizzazione e l’esercizio di una nuova linea ferroviaria Torino-Lione (legge 23 aprile 2014, n. 71), all’Accordo sulla creazione del blocco funzionale dello spazio aereo Blue Med tra l’Italia, Cipro, la Grecia e Malta (legge 23 giugno 2014, n. 96) ed all’Accordo di libero scambio tra l’Unione europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea dall’altra (legge 4 agosto 2014, n. 138).

[122]  Come, ad esempio, la Convenzione delle Nazioni Unite per il riconoscimento delle sentenze arbitrali straniere, fatta a New York il 10 giugno 1958, la cui autorizzazione all’adesione è intervenuta con la legge 19 gennaio 1968, n. 62.

[123]  L’art. 7 della medesima legge prevede che il Ministro può concedere contributi straordinari alle istituzioni culturali inserite nella tabella per “singole iniziative di particolare interesse artistico o culturale o per l’esecuzione di programmi straordinari di ricerca”, mentre ai sensi dell’art. 8 possono essere erogati contributi annuali agli enti culturali non inseriti nella tabella, purché in possesso dei requisiti minimi prescritti. Più ampiamente, si veda il dossier del Servizio Studi della Camera n. 112 del 4 aprile 2014.

[124]  Più ampiamente, si veda il dossier del Servizio Studi della Camera n. 201 del 3 agosto 2015.

[125]  Si ricorda che la locuzione presìdi ospedalieri a gestione diretta (da parte dell'azienda sanitaria locale) designa i presìdi ospedalieri pubblici, facenti capo alla singola azienda sanitaria locale e non aventi natura di azienda ospedaliera o ospedaliero-universitaria o di istituto di ricovero e cura a carattere scientifico.

[126]  Cfr., per esempio, la sentenza n. 293 dell' 11-19 dicembre 2012 e le sentenze ivi richiamate.

[127]  Cfr. l'art. 9 del D.L. 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2014, n. 89, e successive modificazioni.

[128]  Cfr. l'art. 17, comma 1, lettere a) e a-bis), del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni.

[129]  Health Technology Assessment.

[130]  Cfr. l'art. 1 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.

[131]  Cfr. l'A.S. n. 2111.

[132]  La procedura di cui all'articolo 5 del D.L. n. 158/2012 prevede l'emanazione di un D.P.C.M., su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni e con il parere delle Commissioni parlamentari competenti.

[133]  Riguardo alla composizione, cfr. l'art. 3 del citato regolamento di cui al D.P.R. n. 44 del 2013.

[134]  Tali destinazioni vengono stabilite sulla base delle scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi. In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse.

[135]  Il 13 maggio 2015 la Commissione europea ha presentato la comunicazione "Agenda europea sulla migrazione", per far fronte alla situazione di crisi nel Mediterraneo e per giungere a soluzioni strutturali che, nel medio e lungo termine, permettano meglio di gestire il fenomeno migratorio in tutti i suoi aspetti. Per un quadro di sintesi delle iniziative assunte e delle misure finora adottate dalle istituzioni europee si rimanda al Dossier n. 238-bis, "L'Agenda europea sulla migrazione: stato di attuazione e prossime tappe", a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.

Per quanto riguarda in particolare la dimensione esterna delle politiche migratorie europee, si veda la Nota su atti dell'Unione europea n. 31, "Vertice sulla migrazione di La Valletta (11 e 12 novembre 2015)", a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica, nella quale viene illustrato l'accordo raggiunto in merito alla cooperazione fra Unione europea e paesi africani per porre in atto azioni concrete in grado di combattere le cause di fondo della migrazione irregolare.

[136]  Vd. la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio, "Gestire la crisi dei rifugiati: stato di attuazione delle azioni prioritarie intraprese nel quadro dell'agenda europea sulla migrazione" (COM(2015) 510), del 14 ottobre 2015.

[137]  Riguardo il comma 16 dell'articolo 33 del disegno di legge di stabilità, la Commissione Bilancio del Senato - in sede consultiva per il vaglio dell'eventuale estraneità di disposizioni rispetto al contenuto proprio del provvedimento - ha osservato (nel parere reso il 29 ottobre 2015), circa tale proroga al 31 dicembre 2016 relativa agli interventi per il Palazzo di giustizia di Palermo: "la norma, pur astrattamente connotata da localistico, potrebbe essere utile a garantire il corretto funzionamento degli uffici giudiziari che altrimenti ne soffrirebbero, generando in tal modo ritardi nell'amministrazione della giustizia, con conseguenti oneri per il bilancio dello Stato".

[138]  Convertito, con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89.

[139]  Convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie”.

[140]  Convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”.

[141]  Cap. 1195 per l’istruzione prescolastica; cap. 1204 per l’istruzione primaria; cap. 1196 per l’istruzione secondaria di primo grado; cap. 1194 per l’istruzione secondaria di secondo grado.

[142]  Pertanto, a partire dal bilancio 2011, gli stanziamenti relativi alle competenze fisse e accessorie per il personale della scuola sono stati allocati in un unico capitolo di ciascuno dei programmi di spesa dei vari gradi di istruzione: cap. 2156 per l’istruzione prescolastica; cap. 2154 per l’istruzione primaria; cap. 2155 per l’istruzione secondaria di primo grado; cap. 2149 per l’istruzione secondaria di secondo grado.

A partire dal bilancio 2013, sono stati allocati in un unico capitolo di ciascuno dei programmi di spesa dei vari gradi di istruzione anche gli stanziamenti relativi alle competenze fisse e accessorie per le supplenze brevi: cap. 1227 per l’istruzione prescolastica; cap. 1228 per l’istruzione primaria; cap. 1229 per l’istruzione secondaria di primo grado; cap. 1230 per l’istruzione secondaria di secondo grado.

[143]  Si tratta del personale nominato in sostituzione del personale assente per motivi di maternità, anche se nominato per supplenze brevi, per il quale l’ordinazione dei pagamenti era già attribuita al Servizio centrale del Sistema informativo integrato del MEF.

[144]  Non sono stati finanziati a valere sul Fondo per l’edilizia universitaria gli investimenti relativi agli alloggi e residenze per gli studenti universitari di cui alla L. 338/2000, art. 1, co. 1, allocati sul cap. 7273.

[145]  L’indagine prosegue l’esame degli interventi legati all’edilizia universitaria di cui la Sezione centrale del controllo si è più volte occupata. Cfr. Sezione centrale del controllo del. n. 79 del 03.05.2000 “edilizia universitaria dal 1993 al 1998”; del. n. 11 del 5.3.03 “opere compiute e non compiute di edilizia universitaria”; del. n. 9 del 27.4.04 “edilizia universitaria”.

[146]  Stipulati ai sensi dell’art. 5, co. 6, della L. 537/1993, che prevede la possibilità per le università di stipulare accordi di programma con il Ministero per l’attribuzione di risorse, a valere sul fondo per l’edilizia universitaria. Attraverso gli accordi di programma, il MIUR concorre alla realizzazione dei progetti negli stessi menzionati elargendo un contributo, di norma non superiore al 50% e da erogare a rimborso, sull’importo globale degli interventi previsti. Dalla relazione della Corte dei conti emerge che, alla data dell’11 novembre 2011, erano stati stipulati 26 accordi di programma, di cui solo 14 conclusi.

[147]  Cfr. MIUR nota prot. 1017 del 5.11.10.

[148]  Al riguardo si ricorda che i richiamati articoli 23-bis e 23-ter avevano inizialmente prescritto che il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione costituisse il parametro massimo di riferimento per la definizione del trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque ricevesse, a carico delle finanze pubbliche, emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo (inclusi i componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo) con pubbliche amministrazioni statali e con società dalle stesse partecipate. La determinazione puntuale del limite massimo era stata rimessa ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (il D.P.C.M. del 23 marzo 2012 aveva quantificato in 293.658,95 euro tale limite, mentre per il 2014, secondo la comunicazione della Funzione pubblica del 3 febbraio 2014, la retribuzione-soglia era stata fissata a 311.658,53 euro).

[149]  Per società direttamente controllate il comma intende quelle ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1) del codice civile e dunque le società in cui si dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria.

[150]  Recante “Regolamento relativo ai compensi per gli amministratori con deleghe delle società controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'ex articolo 23-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214”.

[151]  Ai sensi di tale norma (primo e secondo comma) i compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all'atto della nomina o dall'assemblea e possono essere costituiti in tutto o in parte da partecipazioni agli utili o dal diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione.

In particolare, il terzo comma dell’articolo 2389 c.c. stabilisce che la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche.

[152]  D.L. 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.

[153]  Il comma 2 dell’articolo 1 del D.Lgs. n. 165/2001 statuisce che per “amministrazioni pubbliche” si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

[154]  Cfr.nota precedente.

[155]  Limite, si rammenta, disposto dall’articolo 13 del decreto-legge n.66 del 2014, il cui comma 1 prevede che, a decorrere dal 1° maggio 2014, il limite massimo retributivo riferito al primo presidente della Corte di cassazione è fissato in euro 240.000 annui, precisando conseguentemente che a decorrere dalla predetta data i riferimenti al limite retributivo del primo presidente medesimo di cui agli articoli 23-bis e 23-ter del D.L. 201/2011 ovvero contenuti in disposizioni legislative e regolamentari si intendono sostituiti dal predetto importo.

[156]  Si ricorda che la legge n. 243 del 2012, costituisce attuazione dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione, come sostituito dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, il quale ne prevede l'approvazione a maggioranza assoluta dei componenti. La legge n. 243 è qualificata come legge "rinforzata" in virtù di tale vincolo costituzionale, ribadito dalla disposizione di cui all'art. 1, comma 2, della stessa legge n. 243 che prevede la sua soggezione ad abrogazioni, modificazioni o deroghe solo in modo espresso da leggi approvate ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione.

[157]  L’articolo 65 della L. 153/69 dispone che i soggetti richiamati compilino annualmente un piano di impiego dei fondi disponibili (ossia le somme eccedenti la normale liquidità di gestione), approvato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Se non per particolari esigenze di bilancio, la percentuale da destinare agli investimenti immobiliari non può superare il 40%, né essere inferiore al 20% dei fondi disponibili. Anche i piani relativi agli investimenti immobiliari devono essere approvati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

[158]  L’articolo 53 del D.L. 5/2012 prevede l’approvazione di un “Piano nazionale di edilizia scolastica” entro 90 giorni dalla sua entrata in vigore (comma 1) e, nelle more dell’approvazione di tale Piano, di un “Piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici esistenti e di costruzione di nuovi edifici scolastici” (comma 5).

In particolare il comma 5 ha individuato i seguenti interventi urgenti da attuare nelle more della definizione e approvazione del Piano nazionale:

§  approvazione, da parte del CIPE (su proposta dei Ministri dell’istruzione, dell’università e della ricerca e delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata), di un Piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici esistenti e di costruzione di nuovi edifici scolastici, anche favorendo interventi diretti al risparmio energetico e all’eliminazione delle locazioni a carattere oneroso, nell’ambito delle risorse assegnate al Ministero dell’istruzione dall’art. 33, comma 8, della L. 183/2011 e pari a 100 milioni di euro per l’anno 2012. Tale Piano non è ancora stato approvato;

§  applicazione anche nel triennio 2012-2014 delle disposizioni di cui all’art. 1, comma 626, della L. 296/2006 (finanziaria 2007), con estensione dell’ambito di applicazione alle scuole primarie e dell’infanzia, subordinatamente al rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica. Si ricorda che il citato comma 626, nella logica degli interventi per il miglioramento delle misure di prevenzione di cui al D.Lgs. 38/2000 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), ha previsto la definizione, in via sperimentale per il triennio 2007-2009, da parte dell’INAIL, d'intesa con i Ministri del lavoro e dell’istruzione e con gli enti locali competenti, di indirizzi programmatici per la promozione ed il finanziamento di progetti degli istituti di istruzione secondaria di primo grado e superiore per l'abbattimento delle barriere architettoniche o l'adeguamento delle strutture alle vigenti disposizioni in tema di sicurezza e igiene del lavoro. Lo stesso comma ha demandato all’INAIL la determinazione dell'entità delle risorse da destinare annualmente alle finalità di cui al comma, la definizione dei criteri e delle modalità per l'approvazione dei singoli progetti, nonché l’approvazione dei finanziamenti dei singoli progetti. In attuazione di tale disposizione la delibera del Consiglio di Indirizzo e di Vigilanza dell'INAIL n. 8 del 3 aprile 2007 ha determinato in 100 milioni di euro per il triennio 2007/2009 l'entità delle risorse da destinare alle finalità di cui al citato comma 626.

[159]  In base al medesimo comma 158, i canoni di locazione da corrispondere all'I.N.A.I.L. sono posti a carico dello Stato nella misura di € 3 mln per il 2016, di € 6 mln per il 2017 e di € 9 mln annui dal 2018. Tali risorse sono allocate sul nuovo cap. 1248 (dovrebbe trattarsi dei canoni di locazione da versare all’INAIL nel caso in cui l’Istituto, nell’ambito dei piani di investimento effettuati, acquisti l’immobile adibito a scuola e lo dia in locazione alla stessa).

[160]  In particolare, il D.M. prevede che le regioni interessate dovevano selezionare le manifestazioni di interesse, fino ad un massimo di cinque interventi, e dovevano trasmetterle al MIUR entro il 15 ottobre 2015. Prevede, altresì, che la Direzione generale per interventi in materia di edilizia scolastica, per la gestione dei fondi strutturali per l'istruzione e per l'innovazione digitale fornisce alle regioni indicazioni operative sulle modalità di acquisizione degli interventi dalle stesse selezionati.

[161]  Il richiamato articolo 1, comma 202, ha istituito il Fondo “La Buona Scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica con uno stanziamento di € 0,1 mln per il 2015, di € 0,5 mln per il 2016, di € 104,0 mln per il 2017, di € 69,9 mln per il 2018, di € 47,1 mln per il 2019, di € 43,5 mln per il 2020, di € 48,1 mln per il 2021, di € 56,7 mln per il 2022 e di € 45 mln annui a decorrere dal 2023 (le relative risorse sono allocate sul cap. 1285). Al riparto del Fondo si provvede con decreto interministeriale MIUR-MEF, che può destinare un importo fino a un massimo del 10% ai servizi istituzionali e generali dell'amministrazione per le attività di supporto al sistema di istruzione scolastica.

[162]  Il comma 314 della L. 190/2014 interviene su alcune misure per l’emersione di base imponibile che prevedono l’utilizzo, da parte dell’Agenzia delle entrate, di specifiche informazioni per le analisi del rischio di evasione e per la semplificazione degli adempimenti dei cittadini in relazione alla compilazione della dichiarazione sostituiva unica (DSU) finalizzata al calcolo dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). In seguito alle modifiche, le informazioni comunicate dagli operatori finanziari sono utilizzate dall'Agenzia delle entrate per le analisi del rischio di evasione, inoltre è stata prevista l’integrazione delle informazioni utilizzate ai fini della compilazione della DSU con il dato del valore medio di giacenza annuo di depositi e conti correnti bancari e postali.

[163]  Mediante decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro del tesoro, si provvede alle occorrenti modifiche ed integrazioni alle annesse tabelle A e B.

[164]  Il comma 638 dell’articolo 1 della legge n. 296 del 2006 elenca i seguenti enti di ricerca: Consiglio nazionale delle ricerche, Agenzia spaziale italiana, Istituto nazionale di fisica nucleare, Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente – ora Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) – Consorzio per l’area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste e Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.

[165]  Per il triennio 2004-2006, il tasso di crescita annuale del fabbisogno finanziario – definito dalla legge finanziaria per il 2004 - era fissato rispettivamente nella misura del 4 per cento per il sistema universitario statale e del 5 per cento per gli enti pubblici di ricerca, analogamente a quanto previsto per il triennio 1998-2000 dall’articolo 51, commi 1 e 2, della legge n. 449 del 1997 e per il triennio 2001-2003 dall’articolo 56, commi 1 e 2, della legge n. 388 del 2000.

[166]  Clausola che in base a quanto a quanto riportato nel Documento programmatico di bilancio 2016 inviato dal Governo alla Commissione europea il 15 ottobre equivale ad una quota di investimenti UE cofinanziati pari a 5,15 miliardi di euro (0,3 per cento di Pil), che attiva investimenti supplementari stimati in circa 11,3 miliardi.

[167]  Si ricorda che il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, istituito con la legge 16 aprile 1987, n. 183, presso il Ministero dell’economia e delle finanze con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio, provvede al coordinamento degli interventi previsti dalla normativa comunitaria con quelli degli altri strumenti nazionali di agevolazione e all’utilizzo dei flussi finanziari destinati all'attuazione delle politiche strutturali.

[168]  Il comma 395 della legge di stabilità per il 2015 ha esteso fino al 31 dicembre 2017 la sospensione dell’applicazione del regime di tesoreria unica “misto” per regioni ed enti locali e il mantenimento per tali enti, fino a quella data, del regime di tesoreria unica previsto dall’articolo 1 della legge n. 720/1984, che obbliga gli enti a depositare tutte le loro disponibilità liquide in due apposite contabilità speciali, aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato. Il sistema di tesoreria “misto” definito con il D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 279 (articoli 7-9) – che si è applicato agli enti locali a partire dal 2006 fino al 2011 – prevedeva, invece, che tutte le entrate proprie (acquisite dagli enti territoriali in forza di potestà tributaria propria, da compartecipazione al gettito di tributi statali o da indebitamento senza intervento statale) fossero escluse dal versamento nella tesoreria statale, per essere depositate direttamente presso il sistema bancario.

[169]  Il SIOPE (Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici) è un sistema di rilevazione telematica degli incassi e dei pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le amministrazioni pubbliche, che nasce dalla collaborazione tra la Ragioneria Generale dello Stato, la Banca d'Italia e l'ISTAT, in attuazione dall'articolo 28 della legge n. 289/2002, disciplinato dall’articolo 14, commi 6-11, della legge n. 196 del 2009. Le codifiche SIOPE costituiscono una classificazione economica delle entrate e delle spese che dedica particolare attenzione all'individuazione del comparto di appartenenza dei soggetti da cui provengono o a cui sono destinati i flussi finanziari, al fine di consentire il consolidamento dei conti pubblici e rispondere alle esigenze del sistema europeo dei conti (SEC2010) al fine di fornire informazioni all'ISTAT. I codici sono differenziati tra i diversi comparti delle amministrazioni pubbliche (Stato, Regioni, Enti locali ed altri).

[170]  Si rammenta che, in precedenza, la Ragioneria generale dello Stato – IGRUE provvedeva ad effettuare i pagamenti direttamente ai singoli beneficiari, potendo ciò determinare, in taluni casi, tempi non rapidi.

[171]  Recante disposizioni comuni sui Fondi strutturali e di investimento europei (SIE) per il nuovo ciclo di programmazione 2014-2020.

[172]  Emanato in attuazione dell'art. 56, comma 2, della L. 6 febbraio 1996, n. 52, recante atto di fidejussione per gli anticipi delle quote di cofinanziamento nazionale degli interventi di politica comunitaria.

[173]  Si rammenta che l’Italia partecipa a 19 programmi di cooperazione territoriale: 4 interregionali, quattro transnazionali (Central Europe, Med, Alpine Space, Adriatic-Ionian), 8 transfrontalieri sotto Regolamento CTE 1299/2013 (Italia-Francia marittimo, Alcotra, Italia-Svizzera, Italia-Austria, Italia-Slovenia, Italia-Croazia, Grecia-Italia, Italia-Malta), un transfrontaliero sotto Regolamento IPA 231/2014 (Italia-Albania-Montenegro) e 2 transfrontalieri sotto Regolamento ENI 232/2014 (Italia-Tunisia e Mediterranean Sea Basin). La quasi totalità delle regioni italiane è interessata, in tutto o in parte, dai Programmi transfrontalieri (sono escluse soltanto il Lazio, la Campania, la Basilicata, la Calabria e l’Umbria). L’Italia è lo Stato Membro che ha ottenuto l’allocazione più elevata di risorse finanziarie per la Cooperazione territoriale, pari a 1.136,7 milioni di euro a prezzi correnti, in ragione della elevata quota di popolazione residente nelle aree eleggibili.

[174]  Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio dell’11 luglio 2006, recante le disposizioni generali sui Fondi strutturali.

[175]  Si ricorda che il Piano di Azione Coesione – attuato nel corso del 2011, in accordo con la Commissione europea, attraverso una riprogrammazione delle risorse dei fondi strutturali 2007-2013 e la riduzione della quota di cofinanziamento nazionale, con il conseguente trasferimento delle relative risorse nazionali al di fuori dei programmi operativi stessi - ha impegnato risorse di cofinanziamento nazionale per 13,5 miliardi.

[176]  Recante “Definizione dei criteri di cofinanziamento pubblico nazionale dei programmi europei per il periodo di programmazione 2014-2020 e relativo monitoraggio. Programmazione degli interventi complementari di cui all'articolo 1, comma 242, della legge n. 147/2013 previsti nell'accordo di partenariato 2014-2020”.

[177]  Alla luce delle precedenti esperienze relative ai ritardi nell’utilizzo delle risorse comunitarie e al rischio del c.d. disimpegno automatico a cui tali risorse sono assoggettate - cioè alla perdita di esse qualora non spese entro il terzo anno di stanziamento (regola del n+3) ai sensi del Regolamento (UE) n. 1303/2013 - l’articolo 1, comma 242, della legge di stabilità 2014 impegna il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie a concorrere, nei limiti delle proprie disponibilità, al finanziamento degli oneri relativi all'attuazione di interventi “complementari” rispetto ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione europea 2014-2020, inseriti nell'ambito della programmazione strategica definita con l'Accordo di partenariato.

[178]  Il comma 677, in particolare, prevede tra le possibili destinazioni delle risorse derivanti dalla riduzione della quota di cofinanziamento nazionale relativa a programmi e interventi cofinanziati dall'UE per il periodo di programmazione 2014-2020, la promozione dell'occupazione delle donne nelle regioni il cui tasso di occupazione femminile risulta, sulla base della rilevazione sulla forza di lavoro dell'ISTAT, inferiore al 40 per cento nell'anno 2013.

[179]  In sintesi, la delibera n. 10/2015 indica un cofinanziamento nazionale complessivo per il ciclo di programmazione 2014-2020 pari 24 miliardi, a valere sulle risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (ulteriori 4,4 miliardi sono posti a valere sui bilanci delle regioni). Le risorse di cofinanziamento statale destinate ai POR ammontano a circa 10,3 miliardi (a cui si aggiungono i 4,4 miliardi di quota regionale), mentre ai PON sono stati destinati 5,4 miliardi. Oltre 7,4 miliardi sono riservati agli interventi complementari.

[180]  Si rammenta che i pareri della Commissione, che non hanno carattere vincolante, hanno il fine di valutare la conformità dei DPB nazionali con le disposizioni del Patto di stabilità e di crescita (PSC)

[181]  Recante 'Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri'.

[182]  Recante 'Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea'.

[183]  La disciplina degli aiuti di Stato alle PMI è contenuta nel nuovo Regolamento UE n. 651/2014, il quale richiama ai fini della definizione di PMI utilizzata la definizione di cui alla raccomandazione 2003/361/CE.

[184]  Regolamento UE 17 dicembre 2013 n. 1303/2013, del Parlamento Europeo e del Consiglio, recante Disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio.

[185]  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni

[186]  Il decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61 contiene disposizioni volte a disciplinare – in via generale (all’art. 1) e con specifico riguardo allo stabilimento ILVA di Taranto (all’art. 2) – il commissariamento straordinario di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale la cui attività produttiva comporti pericoli gravi e rilevanti all'ambiente e alla salute a causa dell'inottemperanza alle disposizioni dell'AIA (autorizzazione integrata ambientale). L'articolo 7 del D.L. 10 dicembre 2013, n. 136, poi, modificò in più punti la predetta disciplina. I commi 1, 4, 5 e 6 dell'articolo 22-quater del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 consentirono poi all'impresa commissariata di contrarre finanziamenti funzionali al risanamento ambientale o all'esercizio dell'impresa, disciplinando anche la tempistica per l'attuazione del c.d. piano ambientale e per lo spegnimento di alcuni impianti già previsto dal medesimo piano.

[187]  Il piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria è stato adottato con il D.P.C.M. 14 marzo 2014 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 105 dell'8 maggio 2014. Tale piano prevede: le azioni e i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell'autorizzazione integrata ambientale; in attuazione dell'art. 7 del D.L. 136/2013, la conclusione di tutti i procedimenti di riesame che discendono dall'AIA del 4 agosto 2011 e dall'AIA del 26 ottobre 2012, con esclusione di quelli che dovranno essere avviati a seguito dell'adempimento di prescrizioni e di quelli che comprendono impianti dello stabilimento non disciplinati dal piano.

[188]  Nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria, l'organo commissariale di ILVA S.p.A. fu autorizzato a richiedere il trasferimento delle somme sequestrate ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge n.1 del 2015: l’autorità giudiziaria procedente poteva disporre l'impiego delle somme sequestrate, in luogo dell'aumento di capitale, per la sottoscrizione di obbligazioni emesse dalla società in amministrazione straordinaria. Le somme rivenienti dalla sottoscrizione delle obbligazioni venivano versate in un patrimonio dell'emittente destinato in via esclusiva all'attuazione e alla realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa in amministrazione straordinaria e, nei limiti delle disponibilità residue, a interventi volti alla tutela della sicurezza e della salute, nonché di ripristino e di bonifica ambientale. Si disponeva che il credito derivante dalla sottoscrizione delle obbligazioni fosse prededucibile ai sensi dell'articolo 111 della legge fallimentare, subordinatamente al rispetto delle procedure codicistiche di autorizzazione ed alla soddisfazione, nell'ordine, dei crediti prededucibili di tutti gli altri creditori della procedura di amministrazione straordinaria nonché dei creditori privilegiati. Si disponeva poi che le obbligazioni fossero emesse a un tasso di rendimento parametrato a quello mediamente praticato sui rapporti intestati al Fondo unico giustizia, e che il sequestro penale sulle somme si sarebbe convertito in sequestro delle obbligazioni. Le obbligazioni di nuova emissione sarebbero state nominative ed intestate al Fondo unico giustizia (e, per esso, ad Equitalia Giustizia S.p.A. quale gestore ex lege del predetto Fondo).

[189]  Allora il fine era di consentire la realizzazione degli investimenti necessari al risanamento ambientale, nonché di quelli destinati ad interventi a favore di ricerca, sviluppo e innovazione, formazione e occupazione, nel rispetto della normativa dell'Unione europea in materia.

[190]  Di cui all'articolo 37, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni ed integrazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89.

[191]  V. in materia la disamina contenuta in Senato della Repubblica, Nota su atti dell'UE n. 29 “Gli oneri finanziari del contenzioso con l'Unione europea”.

[192]  Articolo 3, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IPPC sino al 7 gennaio 2014 e articolo 11, lettera c), della direttiva sulle emissioni industriali, a decorrere da tale data.

[193]  Ai sensi dell’articolo 2 dell’Allegato I del Reg. (CE) n. 651/2014 la categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di EUR e/o il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR. All'interno della categoria, si definisce piccola impresa un'impresa che occupa meno di 50 persone e che realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di EUR.

Si definisce microimpresa quella che occupa meno di 10 persone e che realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di EUR.

[194]  Dunque, per l’intervento di Garanzia Diretta del Fondo, i soggetti abilitati sono: le Banche, anche in qualità di capofila di pool di banche; gli Intermediari finanziari; le SFIS; le SGR e le Società di gestione armonizzate; i Gestori di cui all’articolo 1, comma 1, lettera q-bis, D.Lgs.n. 58/1998. Si veda, sul punto le Modalità operative del Fondo di garanzia del MISE.

Per l’intervento di Controgaranzia del Fondo, i soggetti abilitati sono gli Altri Fondi di garanzia, i Confidi;

[195]  Il D.M. 26 giugno 2012 ha modificato i criteri di funzionamento del fondo già fissati con D.M. 31 maggio 1999, n. 248 "Regolamento recante criteri e modalità per la concessione della garanzia e per la gestione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese".

[196]  Si veda anche il D.M. 26 aprile 2013: “Criteri e modalità semplificati di accesso all’intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a) , della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in favore di start-up innovative e degli incubatori certificati”;

[197]  Si ricorda che l’articolo 66 del D.Lgs. dispone – quanto alla proroga trimestrale – che il commissario straordinario può chiedere al tribunale, con l'autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico, sentito il comitato di sorveglianza, la proroga del termine di scadenza del programma e il tribunale provvede con decreto motivato.

[198]  La giurisprudenza a riguardo è ormai molto ampia, nelle più recenti pronunce, la Corte costituzionale, in ragione della presenza della clausola di salvaguardia, ha dichiarato non fondate le questioni sollevate in merito a norme che, proprio perché in contrasto con lo statuto speciale e le norme di attuazione della regione ricorrente, non sono applicabili alla regione stessa, si vedano ad esempio le sentenze n. 23 e n. 237 del 2014.

[199]  Il Fondo, la cui funzione è quella di garantire il coordinamento degli interventi previsti dalla normativa comunitaria con quelli degli altri strumenti nazionali di agevolazione ed i flussi finanziari destinati all'attuazione delle politiche strutturali, si avvale, per il suo funzionamento, di appositi conti correnti infruttiferi aperti presso la Tesoreria generale dello Stato, nei quali vengono versate le risorse nazionali cofinanziate e quelle che l’Unione europea destina a ciascun Paese membro per gli interventi relativi alla politica di coesione, in particolare attraverso i fondi strutturali.

[200]  Sullo stato dell’arte di queste richieste, si veda
http://italiasicura.governo.it/site/home/scuole/faq.html.

[201]  Ai sensi del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, recante “Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali”, il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) ha assunto la denominazione di “Fondo per lo sviluppo e la coesione". Nel Fondo sono iscritte tutte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali, destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale, nonché a incentivi e investimenti pubblici. Per quanto concerne il riparto delle risorse, l’articolo 61, co. 3, della legge n. 289/2002 attribuisce al CIPE il compito di ripartire, con proprie deliberazioni, la dotazione del Fondo per le aree sottoutilizzate tra gli interventi in esso compresi.