83/2014
Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento cultura | ||||
Titolo: | Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo - D.L. 83/2014 ' A.C. 2426 - Schede di lettura | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 182 | ||||
Data: | 09/06/2014 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
VII-Cultura, scienza e istruzione
X-Attività produttive, commercio e turismo |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Cultura ( 066760-3255 – * st_cultura@camera.it Servizio Studi – Dipartimento Attività Produttive ( 066760-9574 – * st_attprod@camera.it |
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File: D14083 |
INDICE
§ Articolo 1 (Credito
di imposta per erogazioni liberali a sostegno della cultura -ART-BONUS)
§ Articolo 3 (Tutela e valorizzazione della Reggia di
Caserta)
§ Articolo 4 (Tutela
del decoro dei siti culturali)
§ Articolo 5 (Interventi
per le fondazioni lirico-sinfoniche)
§ Articolo 7, commi 3 e 4 (Rifinanziamento del Fondo Mille giovani per la cultura)
§ Articolo 9 (Credito
d’imposta per la digitalizzazione degli esercizi ricettivi)
§ Articolo 11 (Mobilità,
accoglienza e guide turistiche)
§ Articolo 12, commi 1 e 2 (Autorizzazioni paesaggistiche e interventi di lieve entità)
§ Articolo 14 (Riorganizzazione
del Mibact e disposizioni in materia di Soprintendenze speciali)
§ Articolo 15 (Assegnazioni
temporanee di personale e procedure di mobilità per il Mibact)
§ Articolo 17 (Norme
per la copertura finanziaria)
§ Articolo 18 (Entrata
in vigore)
Tabella
degli adempimenti normativi previsti dal Decreto-legge n. 83/2014
Articolo 1
(Credito di imposta per erogazioni
liberali a sostegno della cultura -ART-BONUS)
L’articolo 1 introduce un regime fiscale agevolato di natura temporanea, sotto forma di credito d’imposta, in favore delle persone fisiche e giuridiche che effettuano erogazioni liberali in denaro per interventi a favore della cultura e dello spettacolo. I contribuenti potranno usufruire di tale credito nella misura del 65 per cento delle erogazioni effettuate nel 2014 e nel 2015 e nella misura del 50 per cento per il 2016.
In tal modo, si intende semplificare, per il triennio 2014-2016, il sistema di agevolazioni per le erogazioni liberali riguardanti i beni culturali, prevedendo un’unica disciplina per le persone fisiche e le persone giuridiche e, così, superando l’attuale dicotomia che vede la detrazione del 19 per cento per le prime e la deduzione dalla base imponibile per le seconde.
Più in dettaglio, il comma 1 precisa che, per usufruire del credito di imposta, le predette erogazioni liberali devono essere effettuate in denaro e perseguire i seguenti scopi:
· interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici[1];
· sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica (vale a dire, ai sensi dell’art. 101 del d.lgs. 42/2004, i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali);
· realizzazione
di nuove strutture, restauro e potenziamento di quelle esistenti delle fondazioni lirico-sinfoniche (al riguardo, si veda la scheda relativa
all’articolo 5) o di enti o istituzioni
pubbliche che, senza scopo di lucro,
svolgono esclusivamente attività nello
spettacolo.
Nel periodo di operatività di detto regime agevolato non si applicherà la disciplina ordinariamente prevista per le erogazioni liberali dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR (detrazioni IRPEF e deduzioni IRES).
In particolare, viene temporaneamente disapplicato
quanto previsto a fini IRPEF dall’art. 15, co. 1, lett. h) e i), e a fini IRES
dall’art. 100, co. 2, lett. f) e g), del DPR 917/1986.
In sintesi, a fini IRPEF il richiamato art. 15, co. 1,
lett. h), del TUIR consente ai
contribuenti di detrarre il 19% delle erogazioni liberali in denaro a favore
dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o
istituzioni pubbliche, ed altri enti per l'acquisto, la manutenzione, la protezione
o il restauro di beni culturali. La lett. i)
consente di detrarre la medesima percentuale delle erogazioni liberali in denaro, per
importo non superiore al 2% del reddito complessivo dichiarato, a favore di
enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute
che senza scopo di lucro svolgono esclusivamente attività nello spettacolo,
effettuate per la realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il
potenziamento delle strutture esistenti, nonché per la produzione nei vari
settori dello spettacolo.
A fini IRES, l’art. 100, co. 2, lett. f), del TUIR consente di dedurre dal
reddito imponibile le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, di
enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e di associazioni legalmente
riconosciute che senza scopo di lucro svolgono o promuovono attività di studio,
di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico,
effettuate per l'acquisto, la manutenzione, la protezione o il restauro di beni
culturali. La lett. g) rende
deducibili anche le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore al
2% del reddito d'impresa dichiarato, a favore di enti o istituzioni pubbliche,
fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che senza scopo di lucro
svolgono esclusivamente attività nello spettacolo, effettuate per la
realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento delle
strutture esistenti, nonché per la produzione nei vari settori dello spettacolo[2].
Come già anticipato, il credito d’imposta sarà fruibile nel triennio 2014-2016 nelle seguenti percentuali:
a) 65 per cento delle erogazioni liberali
effettuate in ciascuno dei due periodi d’imposta successivi a quello in corso
al 31 dicembre 2013;
b) 50 per cento delle erogazioni liberali
effettuate nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre
2015.
Ai sensi del comma 2, il credito d’imposta è riconosciuto alle persone fisiche e agli enti non commerciali nei limiti del 15 per cento del reddito imponibile, ai soggetti titolari di reddito d’impresa nei limiti del 5 per mille dei ricavi annui.
Esso è ripartito in tre quote annuali di pari importo.
La disposizione in commento richiama esplicitamente il regime semplificato di autocertificazione di cui all’articolo 40, co. 9, del D.L. 201/2011 (L. 214/2011): in particolare il contribuente, per usufruire delle predette agevolazioni, dovrà presentare una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, relativa alle spese effettivamente sostenute per lo svolgimento degli interventi e delle attività cui i benefici si riferiscono. Il Mibact esegue controlli a campione su tali dichiarazioni.
Il comma 3 consente ai titolari di reddito di impresa, ferma restando la ripartizione in tre quote annuali di pari importo, di utilizzare il credito di imposta in compensazione ai sensi della disciplina generale sulla compensazione di debiti e crediti fiscali (art. 17 del d.lgs. 241/1997). Detto credito non rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive.
Inoltre, ai sensi del comma 4, il credito d’imposta non è soggetto ai limiti di utilizzo annuale previsti dalla legge finanziaria 2008 (art. 1, co. 53, della L. 244/2007), che pongono un tetto massimo annuale di 250.000 euro (con eventuale riporto in avanti dell’ammontare eccedente; la richiamata disposizione comunque prevede l’integrale compensabilità per l’intero importo residuo a partire dal terzo anno successivo a quello in cui si genera l’eccedenza). Il credito non è nemmeno soggetto ai limiti massimi di compensazione di debiti e crediti fiscali, previsti dall’art. 34 della L. 388/2000, da ultimo elevati a 700.000 euro per ciascun anno solare (per effetto dell’art. 9, co. 2 del D.L. 35/2013 – L. 64/2013).
Il comma 5 dispone che i soggetti beneficiari delle erogazioni liberali devono comunicare ogni mese al Mibact l’ammontare delle erogazioni ricevute nel mese di riferimento. Inoltre, devono dare pubblica comunicazione di tale ammontare, nonché della destinazione e dell’utilizzo delle erogazioni stesse, anche con un’apposita sezione nei propri siti web istituzionali, fatte salve le disposizioni in materia di privacy di cui al Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. 196/2003).
Il comma
6 prevede l’abrogazione dell’art. 12 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) e dispone che, con il regolamento di organizzazione del Mibact di cui all’art. 14, co. 3, del D.L. in esame (alla
cui scheda si rinvia), sono individuate apposite
strutture dedicate a favorire la raccolta di fondi.
L’art. 12 del D.L. 91/2013, allo scopo di facilitare
l’acquisizione di donazioni fino a 10.000 euro effettuate dai privati per i beni e le
attività culturali, nonché di individuare forme di coinvolgimento degli stessi privati
nella gestione e valorizzazione dei beni culturali, aveva previsto
l’emanazione di un decreto del MIBACT, di concerto con il MEF[3]. Inoltre, aveva previsto l’individuazione da parte del Ministro dei
beni e delle attività culturali e del turismo, entro il 31 ottobre 2013,
di forme
di coinvolgimento dei privati nella valorizzazione
e gestione dei beni culturali, con riferimento a beni individuati con decreto del medesimo Ministro. In base
alla relazione illustrativa, le previsioni dell’art. 12 citato si sono rivelate
di complessa attuazione.
Il comma
7 dispone che ai maggiori oneri derivanti dalla concessione del credito
d’imposta si provvede ai sensi dell’articolo 17.
Articolo 2, commi 1, 2, 4, 5 e 6
(Semplificazione delle procedure di gara
e altri interventi urgenti per la realizzazione del Grande Progetto Pompei)
I commi 1, 2, 4, 5 e 6 dell’articolo 2 prevedono interventi volti ad accelerare la realizzazione del Grande Progetto Pompei. A tal fine, in particolare, dispongono varie deroghe al Codice dei contratti pubblici per gli affidamenti dei contratti e prevedono la costituzione di una segreteria tecnica di progettazione presso la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia.
Facoltà di derogare alla
normativa vigente (comma 1, lettera a)
La lettera a) del comma 1 consente al Direttore Generale del Grande Progetto Pompei di operare in deroga ad ogni disposizione vigente, nel rispetto comunque della normativa comunitaria sull’affidamento di contratti relativi a lavori, servizi e forniture, nonché dei principi generali dell’ordinamento giuridico, avvalendosi dei poteri previsti dall’art. 20, co. 4, secondo periodo, del D.L. 185/2008 (L. 2/2009) per i commissari straordinari nelle opere pubbliche. Sono, comunque, fatti salvi gli effetti del protocollo di legalità stipulato con la competente Prefettura — Ufficio territoriale del Governo (v. infra).
L’art. 20 del D.L. 185/2008 ha previsto, tra l’altro, l’individuazione,
con decreti del Presidente del
Consiglio dei Ministri, di investimenti pubblici di competenza statale, ivi
inclusi quelli di pubblica utilità, con particolare riferimento agli interventi
programmati nell'ambito del Quadro Strategico Nazionale, ritenuti prioritari
per lo sviluppo economico del territorio nonché per le implicazioni
occupazionali ed i connessi riflessi sociali, nel rispetto degli impegni
assunti a livello internazionale. I predetti decreti individuano il quadro
finanziario degli investimenti e i tempi di tutte le fasi di realizzazione degli
investimenti medesimi sui quali vigilano commissari
straordinari delegati nominati con i medesimi provvedimenti. I commissari
sono chiamati a svolgere sia funzioni di indirizzo, sia di coordinamento, tra
le quali si segnala la proposta di revoca dell’assegnazione delle risorse e
l’esercizio di ogni potere di impulso attraverso
il più ampio coinvolgimento degli enti e dei soggetti coinvolti, sia funzioni
operative. Ai sensi del primo periodo del co. 4 del citato art. 20, per
l’espletamento dei compiti assegnati il commissario ha, sin dal momento della
nomina, con riferimento ad ogni fase dell’investimento e ad ogni atto
necessario per la sua esecuzione, i poteri,
anche sostitutivi, degli organi ordinari o straordinari. La possibilità di
avvalersi delle procedure derogatorie di cui al secondo periodo del co. 4
dell’art. 20, che è richiamata nella disposizione in commento con riguardo al
Direttore generale del Grande Progetto Pompei, è espressamente finalizzata a velocizzare le procedure per la
realizzazione dell’investimento. Il secondo periodo del co. 4 dell’art. 20
prevede, inoltre, che i D.P.C.M. con cui sono nominati i commissari contengono
l’indicazione delle principali norme cui si intende derogare.
Innalzamento della soglia per il
ricorso alla procedura negoziata (comma 1, lettera b)
La lettera b) del comma 1 prevede che la soglia per il ricorso alla procedura negoziata nei lavori relativi ai beni culturali è elevata da 1 milione di euro a 3,5 milioni di euro.
La disposizione richiama l’articolo 204 del Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture di cui al d.lgs. 163/2006 (d’ora in avanti, Codice), che disciplina i
sistemi di scelta degli offerenti e i criteri di aggiudicazione dei lavori di
cui all’art. 198 del medesimo Codice, ossia i lavori riguardanti i beni mobili
e immobili e gli interventi sugli elementi architettonici e sulle superfici
decorate di beni del patrimonio culturale, sottoposti alle disposizioni di
tutela di cui al Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004), nonché
gli scavi archeologici. Per tale tipologia di lavori, l’art. 204, co. 1, ammette
l'affidamento con procedura negoziata
dei lavori di importo complessivo non superiore
a 1 milione di euro, introducendo pertanto un’altra fattispecie che si
aggiunge ai casi previsti dagli artt. 56 e 57 del Codice, per gli appalti di
importo superiore alle soglie di rilevanza comunitaria (cd. appalti sopra
soglia), con e senza previa pubblicazione del bando di gara, e per quelli
previsti dall’art. 122, co. 7, per gli appalti di importo inferiore alle
predette soglie (cd. appalti sotto soglia).
Secondo quanto previsto dall’art. 204, la procedura
negoziata deve avvenire nel rispetto dei principi di non discriminazione,
parità di trattamento, proporzionalità, e trasparenza, previa gara informale
cui sono invitati almeno quindici concorrenti, se sussistono in tale numero
soggetti qualificati. Alle procedure si applica l’art. 122, co. 7, secondo e
terzo periodo, quanto alle modalità di affidamento e alla pubblicità
dell’avviso di aggiudicazione.
Verifica dei requisiti (comma 1,
lettera c)
La lettera c) del comma 1 prevede che il Direttore generale di progetto procede all’aggiudicazione dell’appalto anche nel caso in cui l’aggiudicatario non abbia fornito, entro il termine di dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara, la prova del possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, o la conferma delle sue dichiarazioni. La norma, infatti, consente al Direttore di operare in deroga al co. 2 dell’art. 48 del Codice, in base al quale la stazione appaltante richiede di comprovare il possesso dei requisiti, entro dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara, anche all'aggiudicatario e al concorrente che segue in graduatoria, qualora gli stessi non siano compresi fra i concorrenti sorteggiati ai sensi del co. 1 del medesimo art. 48.
Prevede, inoltre, che il Direttore generale di progetto stabilisce un ulteriore termine entro il quale l’aggiudicatario deve provvedere alla richiesta di comprovare i requisiti. Nel caso in cui l’aggiudicatario non ottemperi alla richiesta anche in tale ulteriore termine, prevede la risoluzione di diritto del contratto di appalto, l’applicazione da parte dell’amministrazione delle sanzioni previste all’art. 48, co. 1, del Codice e l’aggiudicazione dell’appalto all’impresa seconda classificata.
Riguardo alle sanzioni, l’art. 48, co. 1, fa
riferimento all’esclusione del concorrente dalla gara, all’escussione della
relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all’Autorità per la
vigilanza sui contratti pubblici per i provvedimenti di cui al co. 11 dell’art.
6 del Codice, concernenti l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie.
L’Autorità dispone, altresì, la sospensione da uno a dodici mesi dalla
partecipazione alle procedure di affidamento.
Ai fini dell’applicazione delle disposizioni richiamate dalla norma in commento, va tenuto presente che con la determinazione 1/2014 l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha dettato le linee guida per l’applicazione della procedura prevista dall’articolo 48 del Codice. L’Autorità ha precisato che la verifica di cui all’articolo 48 non è applicabile per appalti di lavori di importo superiore a 150.000 euro, in quanto in tali casi è obbligatoria (articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, Regolamento di attuazione ed esecuzione del Codice dei contratti pubblici, d’ora in avanti Regolamento) l'attestazione di qualificazione rilasciata dalle Società Organismo di Attestazione (S.O.A), che costituisce quindi la prova del possesso dei requisiti di capacità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria.
La predetta determinazione precisa che un’eccezione a
tale regola è recata dall'art. 61, co. 5, del Regolamento, laddove prevede che,
per gli appalti di importo superiore ad Euro 20.658.000, il concorrente, oltre
a possedere l'attestazione SOA nella categoria richiesta con classifica VIII
(appalti di importo illimitato) deve aver realizzato, nel quinquennio
antecedente la data di pubblicazione del bando, una cifra d'affari, ottenuta
con lavori svolti mediante attività diretta ed indiretta, non inferiore a tre
volte l'importo a base di gara; tale ultimo requisito è soggetto, in gara, alla
verifica ex art. 48.
La determinazione precisa, infine, che i requisiti
speciali necessari per la partecipazione alle gare d'appalto di lavori di
importo pari o inferiore a 150.000 euro, che residuano quale oggetto della
verifica, nonché le modalità di documentazione degli stessi, sono individuati
nell'art. 90 del Regolamento.
Esecuzione d’urgenza dei
contratti e la consegna dei lavori (comma 1, lettera d)
La lettera d) del comma 1 consente sempre l’applicazione dell’esecuzione d’urgenza dei contratti, di cui al co. 12 dell’art. 11 del Codice. In base a tale disposizione l'esecuzione del contratto può avere inizio solo dopo che lo stesso è divenuto efficace, salvo che, in casi di urgenza, la stazione appaltante o l'ente aggiudicatore ne chieda l'esecuzione anticipata nei modi e alle condizioni previste dal regolamento.
La disposizione in commento consente l’applicazione dell’esecuzione d’urgenza anche durante il termine dilatorio previsto dal co. 10 dell’art. 11 del Codice, per cui il contratto non può essere stipulato se non sono comunque trascorsi almeno trentacinque giorni dall’invio dell’ultima delle comunicazioni riguardanti il provvedimento di aggiudicazione definitiva (cd. meccanismo di stand still introdotto dal d.lgs. 53/2010 che ha recepito nell’ordinamento nazionale la direttiva 2007/66/CE volta a migliorare l’efficacia delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici).
La norma consente, altresì, l’esecuzione d’urgenza durante il termine di sospensione obbligatoria del termine per Ia stipula del contratto di cui al co. 10-ter del citato art. 11 del Codice. Ai sensi di tale ultima previsione – che si cumula con lo stand still di cui si è detto in precedenza - se è proposto ricorso avverso l'aggiudicazione definitiva con contestuale domanda cautelare, il contratto non può essere stipulato, dal momento della notificazione dell'istanza cautelare alla stazione appaltante e per i successivi venti giorni, a condizione che entro tale termine intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado in caso di decisione del merito all'udienza cautelare ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva.
L’applicazione dell’esecuzione d’urgenza anche in deroga ai termini di stand still precontrattuale e contenzioso è consentita richiamando una delle condizioni giustificative già previste dalla normativa vigente, e precisamente dall’ultimo periodo del co. 9 dell’art. 11 del Codice, ossia “Ia mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all’interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di finanziamenti comunitari”.
Le fasi procedurali di affidamento dei contratti
pubblici e i controlli sugli atti delle procedure di affidamento sono
disciplinati dagli artt. 11 e 12 del Codice dei contratti.
L’efficacia del contratto è determinata dai seguenti
atti, previsti secondo determinate scansioni temporali, e cioè la stipulazione
(art. 11, co. 9) e l’approvazione dell’organo competente, con i relativi atti
amministrativi di controllo (art. 12, co. 2 e 3).
La stipulazione del contratto avviene solo dopo l’aggiudicazione
definitiva dell’offerta da parte della stazione appaltante (efficace solo
previa verifica del possesso dei prescritti requisiti del vincitore), trascorsi
i termini stabiliti (art. 11, co. 8 e 9).
La stipula del contratto ha luogo entro il termine di sessanta giorni salvo diverso termine previsto nel bando o nell'invito ad offrire, ovvero l'ipotesi di differimento espressamente concordata con l'aggiudicatario (art. 11, co. 9).
Ai sensi dell’art. 11, co. 9, del Codice, se la
stipulazione del contratto non avviene nel termine fissato, o il controllo
previsto sui requisiti dell’aggiudicatario non avviene nel termine previsto,
l'aggiudicatario medesimo può, mediante atto notificato alla stazione
appaltante, sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto.
All'aggiudicatario non spetta alcun indennizzo, salvo il rimborso delle spese
contrattuali documentate. Nel caso di lavori, se è intervenuta la consegna dei
lavori in via di urgenza, e nel caso di servizi e forniture, se si è dato avvio
all'esecuzione del contratto in via d'urgenza l'aggiudicatario ha diritto al
rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione dei lavori ordinati dal
direttore dei lavori, ivi comprese quelle per opere provvisionali. Nel caso di
servizi e forniture, se si è dato avvio all'esecuzione del contratto in via
d'urgenza, l'aggiudicatario ha diritto al rimborso delle spese sostenute per le
prestazioni espletate su ordine del direttore dell'esecuzione.
La lettera d) del comma 1, inoltre, prevede che, in deroga alle disposizioni dell’art. 153 del Regolamento, la consegna dei lavori all’aggiudicatario dell’appalto avviene immediatamente dopo la stipula del contratto con lo stesso.
In particolare, l’art. 153, co. 1, del Regolamento dispone,
in via generale, che il responsabile del procedimento autorizza il direttore
dei lavori alla consegna dei lavori dopo che il contratto è divenuto efficace.
Si prevede, tuttavia, nel secondo periodo del co. 1, la possibilità che il responsabile del procedimento autorizzi,
altresì, nei casi previsti dall’art. 11, co. 9, del Codice, ossia in caso di
urgenza, il direttore dei lavori alla consegna
dei lavori subito dopo che l'aggiudicazione definitiva è divenuta efficace.
Il co. 2 del medesimo art. 153 stabilisce poi che, per
le amministrazioni statali, la consegna dei lavori deve avvenire non oltre
quarantacinque giorni dalla data di registrazione alla Corte dei conti del
decreto di approvazione del contratto, e non oltre quarantacinque giorni dalla
data di approvazione del contratto quando la registrazione della Corte dei
conti non è richiesta per legge. Per le altre stazioni appaltanti il termine di
quarantacinque giorni decorre dalla data di stipula del contratto.
E’, comunque, precisato che la consegna dei lavori avviene, nei termini indicati, sotto le riserve di legge.
La valenza giuridica dell’istituto della “consegna dei
lavori sotto riserve di legge” e i limiti del suo utilizzo sono stati chiariti
dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici nella determinazione n. 2 del 2 marzo 2005
nella vigenza dell’abrogato D.P.R. 554/99 (regolamento di attuazione della L.
11 febbraio 1994, n. 109 legge quadro in materia di lavori pubblici) e possono
ritenersi validi nella disciplina attualmente vigente. Le situazioni in cui è
applicabile la “consegna anticipata dei lavori sotto riserva di legge” sono
riconducibili al verificarsi “nell’esperienza concreta di particolari “ragioni
di urgenza”, tali da non consentire un
differimento dell’inizio dei lavori fino alla stipulazione od al
perfezionamento del relativo contratto. In tal caso il processo verbale
deve necessariamente indicare: 1) i materiali ai quali l’appaltatore deve
provvedere; 2) le lavorazioni per le quali si rende necessario l’immediato
inizio in relazione al programma di esecuzione presentato dall’impresa. Ciò al
fine specifico di assicurare da un lato la tempestiva esecuzione dei soli
lavori che l’urgenza non consente di
dilazionare nel tempo e dall’altro di impedire che l’appaltatore possa prendere
ulteriori iniziative in contrasto con la peculiare situazione di incertezza
contrattuale, nella quale si trova ad operare. La disciplina dell’istituto –
che tra l’altro non innova all’effetto tipico della consegna, che consiste nel
determinare l’inizio del termine previsto per l’ultimazione dei lavori – è
completata dalla disposizione di cui al co. 4 dello stesso art. 129 del
regolamento di cui al D.P.R. 554/99 (ora sostituito dal co. 4 dell’art. 153 del
Regolamento di cui al D.P.R. 207/2010), secondo il quale “ in caso di consegna
in via d’urgenza, il direttore dei lavori tiene conto di quanto predisposto o
somministrato dall’appaltatore, per rimborsare le relative spese nell’ipotesi
di mancata stipula del contratto.”
Facoltà di revoca del responsabile
unico del procedimento e la facoltà di attribuzione delle sue funzioni alla
segreteria tecnica di progettazione (comma 1, lettera e)
La lettera e) del comma 1 consente al Direttore generale di progetto di revocare in qualunque momento il responsabile unico del procedimento (RUP), al fine di garantire l’accelerazione degli interventi e di superare difficoltà operative che siano insorte nel corso della realizzazione degli stessi.
I compiti e le funzioni del responsabile unico del
procedimento (Rup) sono disciplinati dagli artt. 10 e
119 del Codice dei contratti e dagli artt. 9 e 10 del Regolamento del Codice
dei contratti. In particolare, il Rup svolge tutti i
compiti relativi alle procedure di affidamento previste dal Codice dei
contratti, ivi compresi gli affidamenti in economia, e alla vigilanza sulla
corretta esecuzione dei contratti, che non siano specificamente attribuiti ad
altri organi o soggetti. L’esecuzione dei contratti aventi ad oggetto lavori è
diretta dal responsabile del procedimento, che in determinati casi può
coincidere con il direttore dei lavori.
Consente, inoltre, al Direttore generale di progetto di attribuire le funzioni di responsabile unico del procedimento anche ai componenti della Segreteria tecnica di progettazione istituita dal comma 5 presso la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia.
Al riguardo, in considerazione del fatto che il comma 5 non stabilisce
le competenze dei componenti della Segreteria tecnica di progettazione,
andrebbe valutata l’opportunità di precisare che, nel caso in cui a tali
soggetti vengano attribuite le funzioni di responsabile unico del procedimento,
devono essere rispettati i requisiti previsti dalla normativa vigente in
materia di contratti pubblici.
Al riguardo, si ricorda che l’art. 10 del Codice
prevede, al co. 5, che il responsabile del procedimento deve possedere titolo di
studio e competenza adeguati in relazione ai compiti per cui è nominato. Ai
sensi del co. 6, il regolamento determina i requisiti di professionalità
richiesti al responsabile del procedimento; per i lavori determina l'importo
massimo e la tipologia, per i quali il responsabile del procedimento può
coincidere con il progettista. Il co. 4 dell’art. 9 del Regolamento, infatti,
specifica che il responsabile del procedimento è un tecnico, abilitato
all'esercizio della professione o, quando l'abilitazione non sia prevista dalle
norme vigenti, è un funzionario tecnico, anche di qualifica non dirigenziale,
con anzianità di servizio non inferiore a cinque anni.
Nel caso in cui l'organico delle amministrazioni
aggiudicatrici presenti carenze accertate o in esso non sia compreso nessun
soggetto in possesso della specifica professionalità necessaria per lo
svolgimento dei compiti propri del responsabile del procedimento, il co. 7 dell’art.
10 del Codice prevede che le funzioni di supporto all’attività del responsabile
del procedimento possono essere affidate, con le procedure previste dal Codice
per l'affidamento di incarichi di servizi, a soggetti con competenze di
carattere tecnico, economico-finanziario, amministrativo, organizzativo, e
legale, e con adeguata polizza assicurativa a copertura dei rischi
professionali.
Nei lavori riguardanti specificatamente i beni
culturali (art. 198), l’art. 202 del Codice dei contratti stabilisce, tra
l’altro, che le prestazioni relative alla progettazione preliminare, definitiva
ed esecutiva, alla direzione dei lavori e agli incarichi di supporto tecnico alle
attività del responsabile del procedimento, nei casi in cui non sia necessaria
idonea abilitazione professionale, possano essere espletate anche da un
soggetto con la qualifica di restauratore di beni culturali.
Varianti in corso d’opera (comma 1, lettera f)
La lettera f) del comma 1 prevede, in deroga all’art. 205 del Codice dei contratti, che le percentuali per le varianti in corso d’opera nei lavori riguardanti i beni culturali, di cui ai co. 2, 3 e 4 di tale articolo, sono elevate al trenta per cento.
L’articolo 205 del Codice detta una specifica
disciplina per le varianti in corso
d'opera per i lavori riguardanti i
beni culturali, indicati all’art. 198 del Codice (v. supra). Le stesse possono essere ammesse,
oltre che nei casi previsti dall'art. 132 (che reca la disciplina di carattere
generale per le varianti in corso d’opera nei contratti pubblici nei settori
ordinari), nelle fattispecie di cui ai co. 2, 3 e 4.
In particolare, ai sensi del co. 2, non sono
considerati varianti in corso d'opera gli interventi disposti dal direttore dei
lavori per risolvere aspetti di dettaglio, finalizzati a prevenire e ridurre i
pericoli di danneggiamento o deterioramento dei beni tutelati, che non
modificano qualitativamente l'opera nel suo insieme e che non comportino una variazione in aumento o in diminuzione
superiore al venti per cento del valore di ogni singola categoria di
lavorazione, senza modificare l'importo complessivo contrattuale.
Sulla base di quanto stabilito dal co. 3, per le
medesime finalità indicate al co. 2, il responsabile del procedimento può,
altresì, disporre varianti in aumento rispetto all'importo originario del
contratto entro il limite del dieci per
cento, qualora vi sia disponibilità finanziaria nel quadro economico tra le
somme a disposizione della stazione appaltante.
Ai sensi del co. 4 sono, infine, ammesse, nel limite
del venti per cento in più
dell'importo contrattuale, le varianti in corso d'opera resesi necessarie,
posta la natura e la specificità dei beni sui quali si interviene, per fatti
verificatisi in corso d'opera, per rinvenimenti imprevisti o imprevedibili
nella fase progettuale, nonché per adeguare l'impostazione progettuale qualora
ciò sia reso necessario per la salvaguardia del bene e per il perseguimento
degli obiettivi dell'intervento.
Funzioni del responsabile unico
del procedimento (comma 1, lettera g)
La lettera g) del comma 1 consente al responsabile del procedimento di svolgere sempre, per più interventi, nei limiti delle proprie competenze professionali, anche le funzioni di progettista o di direttore dei lavori, in deroga ai limiti posti dal Codice dei contratti e dal Regolamento di attuazione (artt. 10, co. 6, e 119 del Codice dei contratti e art. 9, co. 4, del Regolamento).
Il co. 6
dell’art. 10 del Codice demanda al Regolamento di attuazione la
determinazione dei requisiti di professionalità richiesti al responsabile del
procedimento, nonché la determinazione dell'importo massimo e della tipologia
dei lavori, per i quali il responsabile del procedimento può coincidere con il
progettista. L'art. 119 del Codice, per
i lavori, demanda al Regolamento la definizione delle tipologie e degli importi
massimi per i quali il responsabile del procedimento può coincidere con il
direttore dei lavori.
La norma in commento deroga all’art. 9, co. 4, del Regolamento, che oltre a definire la figura del
responsabile del procedimento come un tecnico abilitato all'esercizio della
professione o un funzionario tecnico interno all’amministrazione, consente la
coincidenza delle funzioni di responsabile del procedimento e di quelle di
progettista o di direttore dei lavori per uno o più interventi, nei limiti
delle competenze professionali del responsabile. La possibilità di svolgimento
congiunto delle predette funzioni è esplicitamente esclusa, tra l’altro, nel
caso di lavori di particolare rilevanza, sotto il profilo architettonico,
ambientale, storico-artistico e conservativo o riguardanti un progetto integrale
(articolo 3, co. 1, lett. l) e m) del
Regolamento) ovvero nel caso di interventi di importo superiore a 500.000 euro.
Si ricorda, infine, che, in base all’art. 1 del D.L.
91/2013, il Direttore generale di progetto svolge anche funzioni di progettazione e di
affidamento, assumendo le funzioni di stazione appaltante.
Verifica dei progetti (comma 1, lettera h)
La lettera h) del comma 1 prevede la sostituzione della verifica dei progetti con un’attestazione del responsabile unico del procedimento.
Con questo atto il responsabile attesta che gli elaborati progettuali corrispondono ai documenti riguardanti la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, di cui all'art. 93, co. 1 e 2, del Codice dei contratti, ove richiesti, e la loro conformità alla normativa vigente. Si tratta di una norma che deroga a quanto previsto dall’art. 112 del Codice, ai sensi del quale, nei contratti relativi a lavori, le stazioni appaltanti verificano, nei termini e con le modalità stabiliti nel Regolamento, la rispondenza degli elaborati progettuali ai citati documenti e la loro conformità alla normativa vigente. La disposizione deroga, altresì, alle norme contenute nella Parte II, titolo II, capo II, del Regolamento di attuazione del Codice dei contratti in cui sono disciplinate le modalità di verifica dei progetti.
Il capo II del
titolo II della parte II del regolamento disciplina le modalità di verifica
dei progetti di cui al co. 5 dell’art. 112 e al co. 6 dell’art. 93 del Codice.
In particolare, per i lavori di importo pari o superiore a 20 milioni di euro,
la verifica deve essere effettuata da organismi
di controllo accreditati, mentre per i lavori di importo inferiore a 20
milioni di euro la verifica può essere
effettuata dagli uffici tecnici delle
stazioni appaltanti ove il progetto sia stato redatto da progettisti
esterni o le stesse stazioni appaltanti dispongano di un sistema interno di
controllo di qualità, ovvero da altri soggetti autorizzati.
L’art. 93, co.
6, del Codice dei contratti specifica che, in relazione alle
caratteristiche e all'importanza dell'opera, il regolamento, con riferimento
alle categorie di lavori e alle tipologie di intervento e tenendo presenti le
esigenze di gestione e di manutenzione, stabilisce criteri, contenuti e momenti
di verifica tecnica dei vari livelli di progettazione.
Disciplina
riguardante i contratti di sponsorizzazione (comma 4)
Il comma 4 precisa che resta fermo quanto disposto dall’art. 2, co. 7, del D.L. 34/2011 (L. 75/2011) con riguardo alla disciplina sui contratti di sponsorizzazione, volta a favorire l’apporto di risorse finanziarie provenienti da soggetti privati per la realizzazione del Grande Progetto Pompei.
L’art. 2, co.
7, del D.L. 34/2011 dispone che, allo scopo di favorire l’apporto di
risorse provenienti da soggetti privati per l’esecuzione di lavori, servizi e
forniture relativi al programma straordinario per Pompei, gli obblighi di
pubblicità, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità,
previsti dagli artt. 26 e 27 del Codice dei contratti, si considerano assolti
con la pubblicazione di un avviso pubblico contenente l’elenco degli interventi
da realizzare, con l'importo di massima stimato per ciascuno intervento:
·
nella GU della
Repubblica italiana e, ove occorrente, nella GU dell'Unione europea;
·
su due quotidiani
a diffusione nazionale per almeno trenta giorni.
Nel caso poi di presentazione di una pluralità di
proposte di sponsorizzazione, la Soprintendenza potrà assegnare a ciascun candidato gli specifici interventi definendo le modalità di
valorizzazione del marchio o dell’immagine aziendale dello sponsor secondo quanto previsto dall’art. 120 del d.lgs. 42/2004, che definisce
la sponsorizzazione di beni culturali come ogni contributo, anche in beni o
servizi, erogato per la progettazione o l'attuazione di iniziative in ordine
alla tutela ovvero alla valorizzazione del patrimonio culturale, con lo scopo
di promuovere il nome, il marchio, l’immagine, l’attività o il prodotto
dell’attività del soggetto erogante.
In caso di mancata o insufficiente presentazione di
candidature, il Soprintendente può ricercare ulteriori sponsor, senza altre
formalità e anche mediante trattativa privata.
In materia è, poi, intervenuto l’art. 20 del D.L. 5/2012
(L. 35/2012) che, oltre a modificare l’art. 26 del Codice dei contratti,
prevedendo in particolare l’applicazione dei principi del Trattato UE per la
scelta dello sponsor quando i lavori, i servizi e le forniture sono acquisiti e
realizzati a cura e a spese dello sponsor per importi superiori a quarantamila
euro, ha introdotto l’art. 199-bis
del Codice dei contratti, che disciplina le procedure per la selezione di
sponsor per interventi relativi ai beni culturali. In particolare, le
amministrazioni aggiudicatrici competenti per la realizzazione degli interventi
relativi ai beni culturali integrano il programma triennale relativo alla
programmazione dei lavori pubblici previsto dall’art. 128 del Codice con un
apposito allegato che indica i lavori, i servizi e le forniture per i quali
intendono far ricorso ad uno sponsor per il finanziamento o per la
realizzazione degli stessi interventi. Inoltre, ha previsto che, in materia di contratti di
sponsorizzazione, resta fermo il disposto dell’art. 2, co. 7, del D.L. 34/2011.
Successivamente, il Ministero per i beni e le attività
culturali ha emanato il decreto 19 dicembre 2012, recante l’approvazione delle
norme tecniche e le linee guida in materia di sponsorizzazioni di beni
culturali e di fattispecie analoghe o collegate.
Struttura di supporto al
Direttore generale di progetto e la segreteria tecnica di progettazione (commi
2, 5 e 6)
Il comma 2 dispone che il comando presso la struttura di supporto al Direttore generale di progetto (v. infra) non è assoggettato ad alcun atto autorizzativo da parte
dell’amministrazione di appartenenza. Si tratta di una deroga implicita a
quanto disposto dall’art. 1, co. 414, della L. 228/2012 (legge di stabilità
2013).
La disposizione citata, infatti, ha previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 2013, per gli
enti pubblici, il provvedimento di comando di cui all’art. 56 del DPR 3/1957 è
adottato d'intesa tra le amministrazioni
interessate, previo assenso del lavoratore coinvolto.
La relazione
illustrativa evidenzia che numerose amministrazioni di provenienza dei
soggetti per i quali è stato richiesto il nulla osta, lo hanno negato.
Il comma 5, al fine di rispettare i termini per l’attuazione del Grande progetto Pompei e di accelerare la progettazione degli interventi ivi previsti, dispone la costituzione, presso la Soprintendenza Speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia, di una segreteria tecnica di progettazione, composta da non più di 20 unità di personale, alle quali possono essere conferiti, in deroga ai limiti finanziari previsti dalla legislazione vigente, incarichi di collaborazione ai sensi dell’art. 7, co. 6, del d.lgs. 165/2001, per non più di 12 mesi e nel limite di spesa di 900.000 euro. Gli incarichi sono conferiti per la partecipazione alle attività progettuali “e di supporto” al Grande Progetto Pompei, sulla base delle esigenze e dei criteri stabiliti dal Direttore generale di progetto, d’intesa con il Soprintendente Speciale.
In base al richiamo operato all’art. 7, co. 6, del d.lgs. 165/2001, la segreteria tecnica di progettazione sarà, dunque, costituita da personale esterno alla pubblica amministrazione (mentre le 20 unità che compongono la struttura di supporto provengono da amministrazioni statali).
Sembrerebbe
opportuno chiarire il raccordo fra la segreteria tecnica di progettazione di cui
ora si propone la costituzione, e la struttura di supporto al Direttore
generale di progetto, composta da personale appartenente, fra l’altro, al
profilo professionale tecnico, nonché da esperti in materia (fra le altre) architettonica,
urbanistica e infrastrutturale.
L’art. 7, co. 6, del D.lgs. 165/2001 prevede che, per
esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire
incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale
o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata
specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di
legittimità:
· l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle
competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad
obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le
esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente;
· l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato
l'impossibilità oggettiva di utilizzare
le risorse umane disponibili al suo interno;
· la prestazione deve essere di natura temporanea e
altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo; l'eventuale proroga
dell'incarico originario è consentita, in via eccezionale, al solo fine di
completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma
restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell'incarico;
· devono essere preventivamente determinati durata,
luogo, oggetto e compenso della collaborazione.
Si prescinde dal requisito della comprovata
specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti d'opera per
attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi
o con soggetti che operino nei campi individuati dalla norma in oggetto, ferma
restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore.
Il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e
continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l'utilizzo dei
collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità
amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti, al quale,
inoltre, non viene erogata la retribuzione di risultato. I contratti stipulati
in violazione dei limiti predetti sono nulli e determinano responsabilità
erariale e dirigenziale ai sensi dell’articolo 21 dello stesso D.lgs. 165/2001.
Il comma
6 dispone, infine, che per gli oneri derivanti dal comma 5 si provvede, nel
limite massimo di 400.000 euro per il 2014, con le risorse disponibili sul
bilancio della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei,
Ercolano e Stabia.
Agli oneri per l’anno 2015 si provvede, nei
limiti di 500.000 euro, ai sensi dell’art. 17.
Il grande
progetto Pompei
L’art. 2
del D.L. 34/2011 (L. 75/2011) ha disposto l'adozione, da parte del
Ministro per i beni e le attività culturali, di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di
prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della (allora) Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di
Pompei, al fine
di
rafforzare l’efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette
aree[4]. Per il finanziamento
del programma straordinario è stata prevista la possibilità di utilizzo
delle risorse derivanti dal Fondo per le
aree sottoutilizzate (FAS) destinate
alla regione Campania e di una quota
dei fondi disponibili nel bilancio della Soprintendenza speciale,
determinata con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali.
Inoltre, è stato previsto che la quota
di risorse da destinare al programma straordinario di manutenzione da parte della regione Campania sarebbe
stata individuata dalla Regione medesima nell’ambito del Programma di interesse
strategico regionale (PAR) da sottoporre al CIPE per
l’approvazione.
Il programma straordinario è stato
approvato dal Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici l'8
giugno 2011[5].
Con comunicato stampa
del 9 giugno 2011 il Mibac ha, poi, reso noto che “il piano, articolato in
cinque fasi, prevede un investimento
complessivo di 105 milioni di euro, così suddivisi: 8,2 milioni di euro per
il piano della conoscenza, 85 milioni di euro per il
piano delle opere, 7 milioni di euro per il piano della fruizione e della
comunicazione, 2 milioni di euro per il piano della sicurezza e 2,8 milioni di
euro per il piano di rafforzamento e di capacity
building”.
Nel febbraio 2012 il progetto per
Pompei è stato inserito nella riprogrammazione
del Piano di azione Coesione.
A seguire, il 29 marzo 2012, la
Commissione europea, con decisione n.
C(2012) 2154, lo ha finanziato quale Grande Progetto Comunitario a valere
su risorse del Programma Operativo Interregionale “Attrattori culturali,
naturali e turismo” FESR2007-20013 (POIn)”.
In particolare, il progetto è stato finanziato con
74,2 milioni di fondi Ue e 29,8 di fondi nazionali.
Il 4 aprile 2012 sono stati presentati i
contenuti dei primi 5 bandi per il rilancio
del sito archeologico campano ed è stato illustrato il “Protocollo di
legalità” stipulato tra
la Prefettura di Napoli e la Soprintendenza archeologica di Napoli e Pompei
(SANP), che rappresenta uno strumento operativo che disciplina le azioni volte
a garantire, tra l’altro: la trasparenza delle procedure di gara; il
monitoraggio degli appalti di lavori, servizi e forniture; la tracciabilità dei
flussi finanziari connessi alla realizzazione delle opere; la rapida e corretta
realizzazione degli interventi; la sicurezza dei cantieri.
Nelle premesse del Protocollo si
evidenzia che:
§ il 6 ottobre
2011 era stato sottoscritto un accordo
istituzionale tra il Ministro per i beni e le attività culturali e il
Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, nel
quale si individuava come struttura
tecnica per l’attuazione del progetto la società Invitalia (Agenzia nazionale per
l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa), società in house del
MEF;
§ il 18 ottobre
2011 la Direzione generale per le antichità, la Soprintendenza, il
Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio, il
Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica e la società Invitalia avevano sottoscritto una Convenzione nella quale si definivano le attività di supporto per la realizzazione del Grande Progetto
Pompei, in particolare per quanto concerneva le fasi propedeutiche agli appalti
di lavori, servizi e forniture; con il fine di coordinare tutte le attività
previste presso il Segretariato generale del Mibac,
inoltre, era stato istituito il Gruppo
di coordinamento operativo del quale facevano parte i soggetti
sottoscrittori della Convenzione;
§ il 20 gennaio 2012
era stata sottoscritta dalle amministrazioni interessate un’intesa interistituzionale, diretta ad assicurare che il piano di
interventi previsti nel progetto venisse realizzato ponendo in essere tutte le
misure idonee a prevenire e contrastare tentativi di infiltrazione della
criminalità. Per tali finalità era stato istituito presso la Prefettura di
Napoli il “Gruppo di lavoro per la
legalità e la sicurezza del Progetto Pompei”, che collaborava nella
predisposizione dei bandi di gara e dei relativi contratti e monitorava le
procedure di gara, anche al fine di evitare forme di concorrenza sleale, e la
corretta realizzazione degli interventi.
Il 19 dicembre 2012 è stato poi emanato il D.I. istitutivo
dello Steering Committee (Comitato di
pilotaggio) previsto dagli artt. 3 e 4 dell’accordo del 6 ottobre 2011. A tale
comitato, composto da 7 componenti[6], è stato
affidato il compito di assicurare la coerenza delle azioni, degli obbiettivi e
dei risultati operativi agli indirizzi strategici, di formulare indirizzi e
pareri sull’avanzamento delle attività, di assicurare il monitoraggio e la
valutazione in itinere dello stato di attuazione del progetto, e di costituire riferimento
unitario
e di garanzia nei confronti della Commissione europea. Al Presidente
del Comitato è stata affidata l’alta
sorveglianza sull’andamento del Grande
Progetto Pompei, a tal fine disponendo la presentazione semestrale di una relazione al Ministro per i beni e
le attività culturali e al Ministro delegato per la coesione territoriale.
In seguito, l’art. 1, co. 1-3, del D.L.
91/2013 (L. 112/2013) ha previsto, per accelerare la realizzazione del
“Grande Progetto Pompei”, la nomina di un Direttore
generale di progetto, coadiuvato da una struttura di supporto, e di un Vice
Direttore generale vicario[7].
Al Direttore generale di progetto
sono stati affidati alcuni compiti, specificando che gli stessi devono
essere svolti in stretto raccordo con la
Soprintendenza[8], della quale
rimangono fermi compiti e attribuzioni in ordine alla gestione ordinaria del
sito. In particolare, il Direttore generale di progetto deve:
● definire e approvare i progetti degli
interventi di messa in sicurezza, restauro e valorizzazione previsti nel
“Grande Progetto Pompei”, assicurare l’efficace e tempestivo svolgimento delle procedure di gara per l’affidamento
dei lavori e l’appalto dei servizi e delle forniture necessari, nonché seguire
la fase di attuazione ed esecuzione dei relativi contratti. In particolare, il
Direttore generale di progetto ha assunto le funzioni di stazione appaltante;
● assicurare supporto organizzativo e amministrativo
alle attività di tutela e valorizzazione di competenza della Soprintendenza;
● informare
ogni sei mesi il Parlamento sullo stato di avanzamento dei lavori e su eventuali
aggiornamenti del cronoprogramma;
● collaborare per assicurare la trasparenza, la
regolarità e l’economicità della gestione dei contratti pubblici, anche al fine
di prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose, nel quadro del Protocollo di
legalità stipulato con la Prefettura.
E’ stato, altresì, previsto che il Direttore
generale di progetto svolge le funzioni attinenti le gare e la valorizzazione
del sito sentito il Comitato di pilotaggio.
Con riferimento alla struttura di supporto, è stato disposto
che essa è costituita con DPCM ed è composta da un contingente di personale, anche dirigenziale, in
posizione di comando, non superiore a 20 unità, proveniente dai ruoli del personale del Ministero dei beni e delle
attività culturali e del turismo o delle altre amministrazioni statali,
appartenente ai profili professionali tecnico e amministrativo, nonché da cinque esperti in materia giuridica,
economica, architettonica, urbanistica e infrastrutturale.
Per l’individuzione
dei 5 esperti, il 19 febbraio 2014 è
stato pubblicato sul sito del Governo un invito alla
presentazione di curriculum.
L’avviso per
l’acquisizione di manifestazioni di interesse al comando presso la struttura di
supporto, indirizzato al
personale tecnico e amministrativo del MIBACT e delle altre amministrazioni
statali, è stato pubblicato il 5 marzo 2014, “nelle more del perfezionamento
della procedura di controllo del Decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 12 febbraio 2014, in corso di registrazione, adottato in attuazione
dell’articolo 1, comma 2 del decreto legge 8 agosto 2013, n. 91”.
Le linee fondamentali del Grande Progetto
Pompei consistono in:
● riduzione del rischio idrogeologico, con la messa in
sicurezza dei terrapieni non scavati;
● messa in sicurezza delle insulae;
● consolidamento e restauro delle murature;
● consolidamento e restauro delle superfici decorate;
● protezione degli edifici dalle intemperie, con
conseguente aumento delle aree visitabili;
● potenziamento del sistema di
videosorveglianza.
Articolo 2, comma 3
(Rilancio del sito Unesco “Aree
archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata”)
L’articolo 2, comma 3, introduce alcune modifiche relative ai compiti e ai poteri del Comitato di gestione, istituito ai sensi dell’articolo 1 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) nell’ambito del processo di rilancio del sito Unesco “Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata”.
A tal fine, novella in più parti il co. 5 del menzionato art. 1.
Al riguardo si ricorda che, per consentire il rilancio economico-sociale e la riqualificazione ambientale e
urbanistica dei comuni interessati dal piano di gestione[9] del sito Unesco “Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata e di potenziare l’attrattività turistica della stessa area, l’art. 1, co.
4-7, del D.L. 91/2013 ha previsto la costituzione dell’Unità “Grande Pompei” e di un Comitato
di gestione.
In particolare, l’Unità è
stata istituita per assicurare la convergenza
in un’unica sede decisionale di tutte le decisioni amministrative
necessarie al raggiungimento degli obiettivi indicati e assumere le decisioni relative alla progettazione e
alla realizzazione e gestione degli interventi interessati dal piano di
gestione del sito Unesco.
All’Unità “Grande Pompei”
sono state assegnate specifiche funzioni
di indirizzo, pianificazione ed esecuzione. In particolare, l’Unità è stata
chiamata ad:
·
approvare un piano
strategico, congruente con il “Grande
progetto Pompei”, per lo sviluppo delle
aree a cui si riferisce il piano di gestione[10];
·
predisporre un accordo di
valorizzazione ai sensi dell’art. 112 del d.lgs. 42/2004, articolato in un piano strategico di sviluppo del percorso
turistico-culturale integrato del sito Unesco[11].
In generale, l’Unità assume
le decisioni relative alla progettazione
e alla realizzazione e gestione degli interventi inclusi nel piano
strategico.
Per quanto riguarda gli aspetti strutturali, il D.L. 91/2013 ha
previsto che l’Unità è dotata di autonomia amministrativa e contabile e
che alla stessa è preposto il Direttore
generale di progetto del Grande Progetto Pompei, che ne assume la
rappresentanza legale.
L’architettura
istituzionale è stata completata dalla previsione di un Comitato di gestione, composto da: Ministro dei beni e delle
attività culturali e del turismo, Ministro per la coesione territoriale,
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, presidente della regione
Campania, presidente della provincia di Napoli, sindaci dei comuni interessati,
legali rappresentanti degli enti pubblici e privati coinvolti. In ogni caso, è
fatta salva la possibilità di partecipare anche attraverso propri delegati.
Per quanto riguarda la struttura amministrativa di supporto, è
stato previsto che l’Unità si avvale di un contingente di massimo dieci unità di personale, in posizione di comando,
proveniente dalle amministrazioni rappresentate nel Comitato di gestione, nonché
della struttura che supporta il Direttore
generale di progetto[12].
Nel rispetto di queste
disposizioni, fissate con norma di grado primario, l’attuazione è stata
demandata ad un DPCM. In
particolare, con lo stesso decreto che istituisce la struttura di supporto del Direttore
generale di progetto, si provvede anche a istituire il Comitato di gestione e a
dettare la disciplina organizzativa e contabile dell’Unità, le modalità di
rendicontazione delle spese, la sua durata e la dotazione di mezzi e risorse
umane.
Una prima modifica – con novella al terzo periodo del comma 5 del citato art. 1 del D.L. 91/2013 – precisa il compito del Comitato di gestione in relazione al procedimento per l’approvazione del Piano strategico per lo sviluppo delle aree ricomprese nel sito Unesco (comma 3, lettera a)).
In particolare, si esplicita che la proposta del Piano è redatta dal Direttore generale di progetto e che il Comitato di gestione la approva.
Il testo originario della disposizione novellata
stabiliva che il Comitato di gestione aveva il compito di “pervenire”
all’approvazione del Piano “sulla base” della proposta presentata dal Direttore
generale di progetto. Resta fermo che il Piano deve essere approvato entro
dodici mesi dalla data di conversione in legge del D.L. 91/2013, ossia entro il
9 ottobre 2014.
Inoltre, si specifica che tale approvazione è effettuata ai sensi degli articoli 14 e seguenti della L. 241/1990, che reca la disciplina della conferenza di servizi.
Una seconda modifica interviene per sopprimere dal testo del co. 5 dell’art. 1 del D.L. 91/2013, al quarto periodo, la disposizione per la quale il Comitato svolge le funzioni di “conferenza di servizi permanente”, espressione in tale sede utilizzata per la prima volta dal legislatore (comma 3, lettera b)).
Conseguentemente, sono interamente riformulati anche il quinto ed il sesto periodo del medesimo comma 5 (comma 3, lettera c)), precisando che l’approvazione del Piano da parte del Comitato – e non “le determinazioni assunte da ciascun soggetto all’interno del Comitato” – sostituisce ogni altro adempimento e ogni altro parere, nulla osta, autorizzazione o atto di assenso comunque denominato necessario per la realizzazione degli interventi approvati da parte dei soggetti partecipanti al Comitato. L’approvazione, in particolare, produce gli effetti:
·
dell’art.
34 del Tuel, adottato con D.lgs. 267/2000, che
disciplina gli accordi di programma,
che possono essere promossi per la definizione e l'attuazione di opere,
di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa
realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e
regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici;
·
degli
artt. 14 ss. della L. 241/1990, che disciplina in generale l’istituto della conferenza di servizi (propriamente
detta);
·
dell’art.
2, co. 203, della L. 662/1996 che prevede ulteriori tipologie di accordo tra
soggetti pubblici e soggetti privati, quali strumenti di programmazione negoziata: le
intese istituzionali di programma, gli accordi di programma quadro, i patti
territoriali.
Su entrambi i punti, la portata innovativa della novella sembrerebbe legata all’opportunità di non utilizzare più l’espressione “conferenza di servizi permanente” e di specificare che l’attività del Comitato di gestione è limitata all’approvazione del Piano strategico.
In relazione al permanere del rinvio normativo a disposizioni che
disciplinano strumenti diversi, come gli accordi di programma (tra
amministrazioni), la conferenza di servizi (tra amministrazioni) e le attività
di programmazione negoziata (tra amministrazioni e privati), si osserva che
esso rende problematica la concreta individuazione del campo e delle modalità
di applicazione delle discipline stabilite dalle fonti normative richiamate al Comitato di gestione previsto
dalle disposizioni in commento.
In particolare, sarebbe opportuno, in sede di modifica al D.L. 91/2013,
specificare meglio il regime delle conseguenze del dissenso espresso da uno dei
soggetti (diversamente disciplinato dalle norme richiamate), nonché le modalità
di coinvolgimento dei privati (non sempre ammesso dalle disposizioni
richiamate) che, per espressa previsione, sono rappresentati all’interno del
Comitato di gestione.
Articolo 3
(Tutela e valorizzazione della Reggia di
Caserta)
L’articolo
3 prevede la nomina di un commissario
straordinario chiamato a
predisporre, entro il 31 dicembre 2014,
un Progetto di riassegnazione degli
spazi dell’intero complesso della Reggia
di Caserta, al fine di restituirlo alla
sua destinazione culturale, educativa e museale[13].
Dalla risposta fornita dal Governo il 4 luglio 2013
all’interrogazione 5-00234, “nel Palazzo Reale, oltre alla Soprintendenza, sono
presenti anche altri Enti Pubblici (il Ministero della difesa con Scuola
Allievi Specialisti Aeronautica Militare, la Presidenza del Consiglio con la
Scuola superiore della pubblica amministrazione[14], l'Ente
provinciale del turismo, i Corpi speciali dei ROSS e dei NAS, il rettorato
della seconda Università degli Studi di Napoli)”.
In particolare, il commissario è nominato con
DPCM, su proposta del Ministro dei
beni e delle attività culturali e del turismo, entro 30 giorni dalla data di
entrata in vigore del decreto-legge, tra esperti di provata competenza, anche
provenienti dai ruoli del personale dirigenziale del Mibact
o di altre amministrazioni statali.
Al riguardo si segnala che l'art. 11, co. 2, della L.
400/1988 prevede che i commissari straordinari del Governo chiamati a
“realizzare specifici obiettivi determinati” sono nominati con decreto del
Presidente della Repubblica.
Il commissario dura in carica fino al 31 dicembre 2014 ed è il consegnatario unico dell’intero complesso della Reggia
che, in base alla lettera dell’articolo in esame, comprende “la Reggia, il
Parco reale, il Giardino all’inglese, l’Oasi di San Silvestro e l’Acquedotto
carolino”.
Si ricorda che la Reggia, il
Parco e l’Acquedotto Vanvitelliano sono stati iscritti nella lista del
patrimonio Unesco nel 1997[15].
Per la gestione
ordinaria del sito restano ferme le attribuzioni della Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etno-antropologico e per il polo museale della città di
Napoli e della Reggia di Caserta “e delle altre amministrazioni”.
Si intenderebbe che con quest’ultima
espressione si faccia riferimento alle amministrazioni che attualmente
utilizzano gli spazi della Reggia.
Si ricorda che l’art. 1, co. 9, del D.L. 91/2013 (L.
112/2013), modificando l’art. 15, co. 3, lett. d), del DPR 233/2007, ha esteso la competenza della Soprintendenza
speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il
polo museale della città di Napoli alla Reggia di Caserta.
L’art. 4 del DM 3 dicembre
2013[16] dispone che la
Soprintendenza ha competenza, per quanto qui interessa, su “Complesso
monumentale della Reggia e Parco di Caserta”.
D’intesa con la
stessa Soprintendenza, nonché con l’Agenzia del Demanio e con il Ministero
della difesa, il commissario deve predisporre, entro il 31 dicembre 2014, il Progetto
di riassegnazione e di restituzione degli spazi del complesso della Reggia alla
loro destinazione culturale, educativa[17] e
museale.
Il Progetto è approvato con DPCM, su proposta
del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, e per la sua
predisposizione il commissario si avvale “anche” dei tirocinanti del progetto Mille giovani per la cultura (art. 2,
co. 5-bis, D.L. 76/2013 – L. 99/2013:
sul punto, si veda scheda art. 7, co. 3 e 4).
Al riguardo la relazione
tecnica precisa che il commissario
si avvale del personale in servizio, senza nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica.
Sostanzialmente al fine indicato, il
commissario:
·
convoca le riunioni fra
tutti i soggetti pubblici e privati che operano nel complesso della Reggia,
anche per verificare la compatibilità delle attività svolte con la destinazione
culturale, educativa e museale del sito;
·
coordina gli
stessi soggetti e lo svolgimento
delle loro attività, al fine di
garantire “la realizzazione” del Progetto;
·
gestisce gli spazi comuni del
complesso della Reggia, monitorandone l’uso.
Ulteriori specificazioni sui compiti del
commissario, nell’ambito di quelli indicati, saranno contenute nel DPCM con cui
si procederà alla nomina, che indicherà anche il compenso da corrispondere al
medesimo commissario, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 23-ter del D.L. 201/2011 (L. 214/2011)
(sull’argomento, si veda la scheda riferita all’art. 5, co. 4, del decreto in
esame).
Alla copertura dell’onere recato dall’art. 3
- che, in base alla relazione tecnica, è riferito al compenso del commissario -
si provvede, nel limite di 50.000 euro, ai sensi dell’art. 17.
Occorrerebbe chiarire meglio la ripartizione delle competenze fra il
commissario e la Soprintendenza di cui, in base alla lettera del decreto-legge,
restano ferme le attribuzioni in ordine alla gestione ordinaria del sito. Occorrerebbe,
altresì, valutare il riferimento alla “realizzazione” del Progetto, presente
nel comma 2, lett. b), affidata al commissario, che non appare congruente con
il termine previsto per la durata in carica dello stesso commissario e
coincidente con la “predisposizione” del Progetto (che, peraltro,
successivamente alla stessa predisposizione, deve essere approvato con un DPCM
per la cui adozione non è indicato un termine).
Si dovrebbe valutare se fra i soggetti con i quali raggiungere l’intesa
ai fini della predisposizione del Progetto non debbano essere inclusi anche la
Presidenza del Consiglio dei Ministri e la seconda Università degli studi di
Napoli.
Si osserva, infine, che il
termine previsto per la nomina del commissario è anteriore a quello per la
conversione in legge del decreto-legge e, dunque, non consente di tener conto
di eventuali modifiche che potrebbero intervenire durante l’esame parlamentare.
Articolo 4
(Tutela del decoro dei siti culturali)
L’articolo 4 integra il Codice dei beni culturali e del paesaggio, al fine di contrastare l’esercizio - nelle aree pubbliche aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico - di attività commerciali e artigianali, in forma ambulante o su posteggio, non compatibili con le esigenze di tutela del patrimonio culturale.
L’articolo 52 del Codice prevede che i comuni, sentito il soprintendente, individuano le aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico nelle quali vietare o sottoporre a condizioni particolari l'esercizio del commercio. Con il D.L. 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 ottobre 2013, n. 112, è stata già prevista un’integrazione (comma 1-bis) del citato articolo 52, consistente nella previsione dell’adozione, da parte delle Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici e delle Soprintendenze, sentiti gli enti locali, di apposite determinazioni volte a vietare gli usi da ritenere non compatibili con le specifiche esigenze di tutela e di valorizzazione, con specifico riguardo alle attività commerciali e artigianali su aree pubbliche, in forma ambulante o su posteggio, nonché a qualsiasi altra attività non compatibile con le esigenze di tutela del patrimonio culturale.
Le disposizioni introdotte dall’articolo 4 in commento aggiungono un periodo al descritto comma 1-bis (rinominandolo correttamente 1-ter e correggendo quindi anche un errore formale contenuto nel testo).
Si ricorda inoltre che nella medesima materia era intervenuta la Direttiva del Ministro per i beni e le attività culturali 10 ottobre 2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 262 del 9 novembre 2012, efficace su tutto il territorio nazionale, finalizzata a contrastare l’esercizio di attività commerciali e artigianali su aree pubbliche in forma ambulante o su posteggio, nonché di qualsiasi altra attività non compatibile con le esigenze di tutela del patrimonio culturale. In base a quanto specificato nella Direttiva, gli uffici periferici del Mibac devono valutare la necessità di adottare: appositi provvedimenti di tutela, vietando gli usi non compatibili con il carattere storico o artistico dei beni; prescrizioni di tutela indiretta rispetto alle aree non assoggettate di per sé a tutela, ma costituenti la cornice ambientale di beni culturali direttamente tutelati.
A tal fine, i
competenti uffici territoriali del Ministero e i Comuni sono autorizzati, nel riesame
delle autorizzazioni e delle concessioni
di suolo pubblico incompatibili con le esigenze di tutela del patrimonio
culturale, a derogare:
· alle disposizioni regionali che regolano le modalità di esercizio del commercio su aree pubbliche.
La materia del commercio su aree pubbliche trova la sua disciplina nell’articolo articolo 28 del D.lgs. n. 114/1998 (cd. decreto “Bersani”) recante “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio”, così come modificato dall’articolo 70 del D.lgs. 26 marzo 2010, n. 59, che ha recepito la cd. “direttiva Servizi”.
Ai sensi del citato articolo 28, il commercio sulle aree pubbliche può essere svolto:
• su posteggi dati in concessione per dieci anni;
• su qualsiasi area, purché in forma itinerante.
L'esercizio del commercio sulle aree pubbliche è soggetto ad apposita autorizzazione rilasciata a persone fisiche, a società di persone, a società di capitali regolarmente costituite o cooperative. L'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vendita sulle aree pubbliche esclusivamente in forma itinerante e’ rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal comune nel quale il richiedente, persona fisica o giuridica, intende avviare l'attività.
La disciplina delle modalità di esercizio del commercio i criteri e le procedure per il rilascio, la revoca e la sospensione dell'autorizzazione e i criteri per l'assegnazione dei posteggi è attribuita alle regioni (comma 12). Le regioni, stabiliscono, altresì i criteri generali ai quali i comuni si devono attenere per la determinazione delle aree e del numero dei posteggi da destinare allo svolgimento dell'attività, per l'istituzione, la soppressione o lo spostamento dei mercati che si svolgono quotidianamente o a cadenza diversa, nonché per l'istituzione di mercati destinati a merceologie esclusive. In ogni caso resta ferma la finalità di tutela e salvaguardia delle zone di pregio artistico, storico, architettonico e ambientale e sono vietati criteri legati alla verifica di natura economica o fondati sulla prova dell'esistenza di un bisogno economico o sulla prova di una domanda di mercato, quali entità delle vendite di prodotti alimentari e non alimentari e presenza di altri operatori su aree pubbliche ( comma 13). Le regioni, nell'ambito del loro ordinamento, provvedono all'emanazione delle suddette disposizioni acquisendo il parere obbligatorio dei rappresentanti degli enti locali e prevedendo forme di consultazione delle organizzazioni dei consumatori e delle imprese del commercio (comma 14).
· ai criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per il commercio su aree pubbliche stabiliti nell’intesa in sede di Conferenza unificata, prevista dall’articolo 70 del D.Lgs. 59/2010 attuativo della c.d. Direttiva “Servizi”.
La direttiva n. 2006/123/CE pur ponendosi, in via prioritaria, finalità di liberalizzazione delle attività economiche consente, comunque, di porre dei limiti all’esercizio della tutela di tali attività, nel caso che questi siano giustificati da motivi imperativi di interesse generale come previsto, in termini generali, dagli artt. 14, 15 e 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno). In particolare l’articolo 16 specifica che nelle ipotesi in cui il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attività di servizi sia limitato per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili, le autorità competenti applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali. Nel fissare le regole della procedura di selezione le autorità competenti possono tenere conto di motivi imperativi d'interesse generale conformi al diritto comunitario tra cui la salvaguardia del patrimonio culturale.
Peraltro, l’art. 70, comma 5, dello stesso D.Lgs. n. 59 del 2010 consente, a sua volta, espressamente di derogare alle regole dettate per tale regime autorizzatorio, proprio nel caso della regolamentazione del commercio al dettaglio su aree pubbliche, prevedendo che, “con intesa in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, anche in deroga al disposto di cui all’articolo 16 del decreto stesso, sono individuati, senza discriminazioni basate sulla forma giuridica dell’impresa, i criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l’esercizio del commercio su aree pubbliche e le disposizioni transitorie da applicare, con le decorrenze previste, anche alle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto ed a quelle prorogate durante il periodo intercorrente fino all’applicazione di tali disposizioni transitorie”.
Sulla base di tali disposizioni è stata adottata l’intesa in sede Conferenza Unificata del 5 luglio 2012, n. 83/CU, volta a garantire su tutto il territorio nazionale carattere di omogeneità nell’applicazione dei criteri indicati e nella individuazione delle disposizioni transitorie per rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del commercio su aree pubbliche. Nel testo dell’Intesa vi sono disposizioni in merito alla durata delle concessioni e sono specificati i criteri per determinare le regole delle procedure di selezione per l’assegnazione dei posteggi su area pubblica. In particolare, con riferimento alle procedure di selezione per la concessione di posteggi dislocati nei centri storici o in aree aventi valore storico, archeologico, artistico e ambientale, o presso edifici aventi tale valore, oltre ai criteri della maggiore professionalità acquisita nell’esercizio del commercio sulle aree pubbliche (da ritenersi comunque prioritario), va valutata anche l’assunzione dell’impegno da parte del soggetto candidato a rendere compatibile il servizio commerciale con la funzione e la tutela territoriale e, pertanto, a rispettare le eventuali condizioni particolari, ivi comprese quelle correlate alla tipologia dei prodotti offerti in vendita ed alle caratteristiche della struttura utilizzata, stabilite dall’autorità competente ai fini della salvaguardia delle aree predette. Inoltre l’art. 8, lettera b), della predetta intesa, prevede che le concessioni di posteggio scadute dopo la data di entrata in vigore del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, e già prorogate per effetto dell’ art. 70, comma 5, del citato decreto fino alla data della presente intesa, sono ulteriormente prorogate fino al compimento di sette anni dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo (fino al 26 marzo 2017).
Si osserva che la previsione statale di una deroga alla disciplina regionale delle autorizzazioni e delle
concessioni di suolo pubblico, nonché ai criteri per la concessione dei
posteggi per l’esercizio del commercio su aree pubbliche stabiliti in sede di
Conferenza unificata, incide su materie diverse, coinvolgendo profili di tutela
di differenti interessi.
Da un lato viene in rilievo la tutela
degli spazi urbani di interesse artistico e storico, fatta propria dal
codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42 del 2004), e dunque
riconducibile alla competenza esclusiva statale (art. 117, secondo comma, lett.
s).
Con il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137), si è reso esplicito che le pubbliche piazze, le vie, le strade e gli altri spazi urbani di interesse artistico o storico rientrano fra i beni culturali, e che essi sono pertanto oggetto di tutela ai fini della conservazione del patrimonio artistico e del decoro urbano (art. 10, comma 4, lettera g) – e si è ribadito, in conformità di quanto già stabilito dall’art. 28, comma 16, del d.lgs. n. 114 del 1998, che i Comuni «individuano le aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico nelle quali vietare o sottoporre a condizioni particolari l’esercizio del commercio» (art. 52).
Dall’altro, invece, rileva la materia del commercio, che la Costituzione attribuisce alla competenza
residuale delle regioni. Tra gli interessi tutelati dalla norma cui si intende
derogare rileva peraltro anche la tutela
della concorrenza, di esclusiva competenza statale.
La Corte costituzionale, con sentenza 247 del 2010 sembra specificare che la normativa regionale del commercio su aree pubbliche è riconducibile immediatamente alla materia «commercio», di competenza residuale delle regioni (citando altresì le sentenze n. 165 e n. 64 del 2007); e che, “nell’ámbito di una generale regolamentazione della specifica attività del commercio in forma itinerante, vada ricompresa anche la possibilità di disciplinarne nel concreto lo svolgimento, nonché quella di vietarne l’esercizio in ragione della particolare situazione di talune aree metropolitane” ( nel caso della sentenza si trattava di legge regionale che stabiliva determinati divieti nei centri storici dei Comuni con popolazione superiore a cinquantamila abitanti, di modo che l’esercizio del commercio stesso avvenga entro i limiti qualificati invalicabili della tutela dei beni ambientali e culturali). Un diverso orientamento giurisprudenziale è riscontrabile nella più recente sentenza n. 245 del 2013, nella quale la Corte ribadisce che l’art. 70, comma 5, del D.Lgs. n. 59 del 2010, attuativo della direttiva n. 2006/123/CE che prevede che, con intesa in sede di Conferenza unificata sono individuati i criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l’esercizio del commercio su aree pubbliche costituisce normativa «indiscutibilmente riconducibile alla materia “tutela della concorrenza” e ribadisce che «è alla competenza esclusiva dello Stato che spetta tale regolamentazione, ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.», essendo inibiti alle Regioni interventi normativi diretti ad incidere sulla disciplina dettata dallo Stato, finanche in modo meramente riproduttivo della stessa (sentenze n. 18 del 2013, n. 271 del 2009, n. 153 e n. 29 del 2006)”.
L’articolo in commento disciplina altresì la corresponsione dell’indennizzo al titolare da parte dell’amministrazione procedente in caso di revoca del titolo ed impossibilità di trasferimento dell’attività commerciale in una collocazione alternativa ugualmente remunerativa. L’ammontare dell’indennizzo deve essere fissato nella misura massima di un dodicesimo del canone annuo dovuto.
Si ricorda che l’articolo 21-quinquies della legge 7 agosto 1990 n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) dispone in merito alla revoca dei provvedimenti amministrativi ad efficacia durevole per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo. Il comma 1-bis stabilisce che ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico.
Si specifica infine che dall’attuazione delle disposizioni introdotte con l’articolo in commento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 5
(Interventi per le fondazioni
lirico-sinfoniche)
L’articolo
5 modifica in più parti l’art. 11 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013), che reca disposizioni in materia di fondazioni lirico-sinfoniche[18].
In particolare, le modifiche concernono:
·
la
possibilità, per le fondazioni che hanno presentato il piano di risanamento, di
negoziare e applicare nuovi contratti integrativi aziendali;
·
una
nuova disciplina della gestione degli eventuali esuberi derivanti dalla
rideterminazione delle dotazioni organiche delle medesime fondazioni;
·
l’adeguamento
degli statuti e la rinnovazione degli organi a seguito dell’entrata in vigore
delle nuove disposizioni statutarie;
·
la
disciplina per l’individuazione delle fondazioni che possono dotarsi di forme
organizzative speciali;
·
la
proroga dei commissari straordinari fino all’adozione delle modifiche
statutarie;
·
l’incremento
per il 2014 del fondo di rotazione.
Disposizioni riguardanti il personale (comma
1, lett. a), b) ed f))
L’art. 11 del D.L. 91/2013
ha previsto la presentazione di un piano di risanamento da parte delle fondazioni lirico-sinfoniche
che:
•
si trovavano nelle condizioni di amministrazione straordinaria, di cui
all’art. 21 del D.lgs. 367/1996[19];
• erano state in regime di amministrazione straordinaria nel corso
degli ultimi due esercizi[20], non avendo ancora terminato la ricapitalizzazione;
• non potevano far fronte ai debiti certi ed esigibili da parte di terzi.
Il piano di risanamento – che doveva intervenire su
tutte le voci di bilancio strutturalmente non compatibili con la inderogabile
necessità di assicurare gli equilibri
strutturali del bilancio, sotto il profilo sia patrimoniale, sia
economico-finanziario, entro i tre
successivi esercizi finanziari - doveva includere fra i contenuti inderogabili, per quanto qui più direttamente interessa, la riduzione della dotazione organica del personale tecnico e
amministrativo fino al 50% di quella in essere al 31 dicembre 2012, nonché la razionalizzazione del personale artistico, la cessazione dell'efficacia dei contratti integrativi aziendali in
vigore e l’applicazione esclusiva degli istituti giuridici e dei livelli
minimi delle voci del trattamento economico fondamentale e accessorio previsti
dal CCNL vigente, nonché la previsione che i contratti collettivi dovranno in
ogni caso risultare compatibili con i vincoli finanziari stabiliti dal piano[21] (co. 1).
Per il personale
delle fondazioni eventualmente
risultante in esubero a seguito
della rideterminazione delle dotazioni
organiche disposta nell’ambito dei piani di risanamento è stata prevista,
anzitutto, l’applicazione, fermo
restando per la durata del soprannumero il divieto di assunzioni di personale,
dell’istituto della risoluzione del
rapporto di lavoro nella P.A.,
di cui all’art. 72, co. 11, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008)[22]. In caso di ulteriori eccedenze di personale, è
stato previsto che con DPCM si
procede ad un’apposita procedura
selettiva di idoneità e al successivo trasferimento
del personale amministrativo e tecnico nella società Ales S.p.A.[23], nell'ambito
delle vacanze di organico e nei limiti della facoltà di assunzioni di tale
società[24] (co. 13).
Ulteriori disposizioni hanno introdotto una disciplina
a regime per il personale delle fondazioni. In particolare, per quanto qui più
direttamente interessa, è stato previsto l’obbligo
dell’espletamento di una procedura
selettiva pubblica per l’instaurazione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, rapporti ai quali si applica la normativa vigente sul pubblico impiego in materia di assenze per malattia e infortunio non sul
lavoro (co. 19)[25].
Le modifiche intervenute prevedono:
· la possibilità, solo per le fondazioni che hanno presentato il piano di risanamento, di negoziare ed applicare nuovi contratti integrativi aziendali, “nelle more della definizione del procedimento di contrattazione collettiva”. La modifica è inserita, come periodo aggiuntivo, nella lett. g) del co. 1 dell’art. 11 del D.L. 91/2013 che, come si è detto ante, ha disposto la cessazione dell'efficacia dei contratti integrativi aziendali in vigore nelle fondazioni in difficoltà.
Considerato
che il nuovo contratto è
intervenuto il 25 marzo 2014[26] - come, peraltro, ricordato dalla relazione illustrativa, che, al
contempo, evidenzia che con la previsione in commento si è inteso superare quanto previsto dall’art. 3, co. 3-bis, del
D.L. 64/2010 (L. 100/2010), in base al quale i contratti integrativi aziendali
in essere alla data della sua entrata in vigore potevano essere rinnovati solo
successivamente alla stipulazione del nuovo CCNL di settore – potrebbe essere
opportuno chiarire il significato dell’espressione “nelle more della
definizione del procedimento di contrattazione collettiva”.
In base al testo in commento, i nuovi contratti devono comunque essere compatibili con i vincoli finanziari stabiliti dal piano stesso, e possono essere attivati a condizione che prevedano l’assorbimento (senza ulteriori costi a carico della fondazione) di ogni eventuale incremento del trattamento economico sequenziale al rinnovo del CCNL, e fermo restando il controllo della Corte dei conti, secondo la procedura prevista dal co. 19 (comma 1, lettera a));
· l’estensione della disciplina prevista dall’art. 2, co. 11, lett. a), del D.L. 95/2012 (L. 135/2012) in materia di pensionamenti attivabili nei casi di soprannumerarietà del personale pubblico all'esito delle riduzioni di organico da parte delle amministrazioni.
Per le unità di personale in soprannumero all'esito delle riduzioni di organico, l’art. 2, co. 11, del D.L. 95/2012 ha disposto che le amministrazioni (fermo restando per la durata del soprannumero il divieto di assunzioni di personale a qualsiasi titolo, compresi i trattenimenti in servizio), avviino specifiche procedure (previste all'art. 33 del D.lgs. 165/2011) secondo uno specifico ordine di priorità (pensionamento, mobilità, part-time). Più specificamente, la lett. a) del richiamato co. 11 ha disposto l’applicazione ai lavoratori in soprannumero che risultino in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi i quali, ai fini del diritto di accesso e alla decorrenza del trattamento pensionistico in base alla disciplina vigente prima dell’entrata in vigore dell’art. 24 del D.L. 201/2011 (c.d. Legge Fornero), avrebbero comportato la decorrenza del trattamento medesimo entro il 31 dicembre 2016, dei requisiti anagrafici e di anzianità contributiva (nonché del regime delle decorrenze) previsti dalla predetta disciplina pensionistica ed applicazione, senza necessità di motivazione, dell’istituto della risoluzione del rapporto di lavoro (ex art. 72, co. 11 del D.L. 112/2008).
Per il personale amministrativo e tecnico che risulti poi ancora eccedente, si prevede l’assunzione a tempo indeterminato, mediante procedura di mobilità avviata dalla fondazione, da parte della società ALES S.p.A. Le assunzioni avvengono in base alle esigenze produttive della stessa ALES S.p.A., nei limiti della sostenibilità finanziaria consentita dai dati di bilancio, e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, previa prova di idoneità finalizzata all’individuazione dell’inquadramento nelle posizioni disponibili all’interno della società. Al personale assunto si applica la disciplina – anche sindacale – in vigore presso la stessa ALES S.p.A. (comma 1, lettera b)).
In tal modo si supera la previsione di intervento di un DPCM che disciplini la procedura selettiva di idoneità e il successivo trasferimento del personale ad ALES che, come evidenzia la relazione illustrativa, si è rivelata di difficilissima attuazione;
· la precisazione che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni sul pubblico impiego per quanto concerne le verifiche e le relative riduzioni del trattamento economico derivanti dalle assenze per malattia o per infortunio non sul lavoro, per trattamento fondamentale dei dipendenti delle fondazioni si intende il minimo retributivo, gli aumenti periodici di anzianità, gli aumenti di merito e l’indennità di contingenza (comma 1, lettera f)).
Statuti e governance delle fondazioni
lirico-sinfoniche (comma 1, lett. c), d), e) e comma 3)
Le lettere
c), d) ed e)
del comma 1 concernono il termine
per l’adeguamento degli statuti
delle fondazioni, il collegio dei
revisori dei conti e la disciplina per il rinnovo degli organi a seguito dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni statutarie.
L’art. 11 del D.L. 91/2013
ha previsto che (tutte) le fondazioni lirico-sinfoniche devono adeguare i propri statuti, attenendosi
alle disposizioni indicate, entro il 30
giugno 2014. Il mancato adeguamento nei termini indicati determina
l'applicazione dell’art. 21 del d.lgs. 367/1996. Ha, altresì, previsto che le
nuove disposizioni statutarie si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2015. Tuttavia, in caso di rinnovo degli organi in
scadenza, l’entrata in vigore dei
nuovi statuti può essere anticipata (co.
15 e 16).
In particolare, i nuovi statuti devono prevedere:
a)
una struttura organizzativa
composta dai seguenti organi, tutti – si
intenderebbe, ad eccezione del presidente – della durata di cinque anni:
•
il presidente, nella persona
del sindaco del comune nel quale ha sede
la fondazione – ovvero di persona da lui nominata – con funzioni di
rappresentanza giuridica dell'ente[27];
•
il consiglio di indirizzo, composto dal presidente e dai membri designati da ciascuno dei fondatori pubblici e dai soci privati che, anche in associazione fra loro, versino almeno il 5 per cento del contributo erogato dallo Stato. Il numero
dei componenti non può comunque essere superiore a 7 e la maggioranza in ogni
caso deve essere costituita da membri designati da fondatori pubblici;
•
il sovrintendente, quale unico organo di gestione, nominato dal
Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, su proposta del
consiglio di indirizzo; il sovrintendente può essere coadiuvato da un direttore artistico e da un direttore amministrativo;
•
il collegio dei revisori dei
conti, composto da 3 membri,
uno, con funzioni di presidente, designato dal Presidente della Corte dei conti
fra i magistrati della Corte, e uno in rappresentanza, rispettivamente, di MEF
e MIBACT. L’incarico dei membri del collegio è (l’unico) rinnovabile per non più di due mandati.
Il compenso degli organi è stabilito in conformità a criteri stabiliti con decreto MIBACT-MEF,
che non risulta ancora emanato (sul punto, si veda quanto dispone il comma 4
dell’articolo in esame);
b)
la partecipazione dei soci
privati in proporzione agli apporti
finanziari alla gestione o al patrimonio della fondazione, non inferiori al 3 per cento;
c)
l’articolazione del patrimonio in un fondo di dotazione, indisponibile e vincolato al perseguimento
delle finalità statutarie, e in un fondo
di gestione, destinato alle spese correnti di gestione dell'ente.
In particolare, la lett. c) proroga (dal 30 giugno 2014) al 31 dicembre 2014 il termine per l’adeguamento degli statuti delle
fondazioni.
La
proroga è connessa, tra l’altro, alle modifiche apportate dal D.L. in esame
alla disciplina per l’individuazione delle fondazioni
lirico-sinfoniche dotate di forme
organizzative speciali (v. infra).
Al riguardo si ricorda che nella GU n. 53 del 5 marzo
2014 è stato pubblicato un comunicato relativo all’adeguamento dello statuto
della Fondazione Teatro Massimo di Palermo (DM 24 gennaio 2014) e dello
statuto della Fondazione Teatro del
Maggio Musicale Fiorentino di Firenze
(DM 21 febbraio 2014).
La lett.
d)
riguarda il collegio dei revisori dei conti. Fermo restando quanto previsto
dall’art. 11, co. 15, lett. a), n. 5,
del D.L. 91/2013, si stabilisce che “continuano ad applicarsi, in quanto
compatibili, le disposizioni dell’articolo 14” del D.Lgs.
367/1996.
La
relazione illustrativa specifica che
l’intervento è necessario in quanto allo stato attuale sussiste un dubbio circa
la procedura da adottare per conseguire la ricostituzione dell’organo di
controllo, ben delineata, invece, dall’art. 14 del D.Lgs.
367/1996.
In base all’art. 14 del
d.lgs. 367/1996, il collegio dei revisori è nominato con decreto del Ministro del tesoro di concerto con l'autorità di Governo competente in materia di
spettacolo. Il medesimo art. 14 prevede, inoltre, che il collegio si
compone di 3 membri effettivi e di un
supplente, di cui un membro effettivo (che presiede il Collegio) ed uno
supplente designati in rappresentanza del Ministero del tesoro, un membro
effettivo designato dall'autorità di governo competente in materia di
spettacolo, e l'altro scelto tra gli iscritti nel registro dei revisori
contabili istituito presso il Ministero di grazia e giustizia. Il compenso dei revisori è determinato,
all’atto della nomina, dal Ministro del tesoro ed è a carico della fondazione.
I revisori restano in carica per quattro anni e non è previsto il rinnovo del mandato.
In
considerazione del fatto che l’art. 14 del D.lgs. 367/1996 reca, oltre alla
indicazione dell’autorità di governo competente a nominare l’organo, ulteriori
contenuti, e al fine di evitare dubbi interpretativi, sembrerebbe opportuno precisare
che si applicano le disposizioni del medesimo articolo relative alle modalità
di nomina dell’organo.
La lett. e)
riguarda la rinnovazione degli organi di amministrazione (materia non
disciplinata dall’art. 11 del D.L. 91/2013), compreso il collegio dei revisori dei conti, e dispone –
novellando il comma 16 del D.L. – che la stessa avviene alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni
statutarie.
Con riferimento al
previgente comma 16, restano fermi:
·
la decorrenza delle nuove disposizioni statutarie (1° gennaio 2015);
·
la previsione in base alla quale tale decorrenza
può essere anticipata in caso di rinnovo degli organi in scadenza;
·
la previsione in base alla quale il mancato adeguamento delle disposizioni
statutarie nei termini di cui al co.
15 determina l’applicazione dell’art. 21 del D.lgs. 367/1996.
Il comma 3 dispone la proroga dell’amministrazione straordinaria delle fondazioni
lirico-sinfoniche che alla data di entrata in vigore del decreto-legge (1°
giugno 2014) non abbiano ancora adeguato
i propri statuti: in particolare, il
commissariamento è prorogato fino alla
nomina dei nuovi organi a seguito dell’approvazione del nuovo statuto e
comunque previa verifica della sussistenza degli eventuali requisiti per il
riconoscimento della forma organizzativa speciale.
Trattamento economico dei componenti degli organi e
dei dipendenti delle fondazioni (comma 4)
Il comma 4 adegua la misura del trattamento economico dei dipendenti, consulenti e collaboratori delle fondazioni lirico-sinfoniche, nonché – se previsto – di quello dei componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo, al limite massimo retributivo previsto per il trattamento economico annuo onnicomprensivo per chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con le pubbliche amministrazioni (art. 23-ter D.L. 201/2011). Tale limite massimo retributivo è stato quantificato, a decorrere dal 1° maggio 2014 (ai sensi dell’art. 13, co. 1, del D.L. 66/2014, attualmente in fase di esame), in 240.000 euro (al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente).
La norma inoltre precisa che il limite indicato si riferisce al trattamento economico omnicomprensivo, incluso ogni trattamento accessorio riconosciuto, ed allo stesso tempo stabilisce l’obbligo di adeguare le disposizioni contrattuali di riferimento a decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.
Si
segnala che l’art. 23-bis del D.L. 201/2011, citato nel testo, riguarda i
compensi per gli amministratori e i dipendenti delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni.
Forme organizzative speciali (comma 1, lett.
g), e comma 5)
La lett. g)
del comma 1 modifica nuovamente la
disciplina per l’individuazione delle
fondazioni lirico-sinfoniche dotate di forme
organizzative speciali, sostanzialmente superando le recenti innovazioni introdotte dalla legge di stabilità 2014 e ripristinando, con alcune
variazioni, le modalità previste dall’art. 1 del D.L. 64/2010 (L. 100/2010)
(che, come si vedrà infra, viene
abrogato).
Al riguardo si ricorda,
infatti, che l’art. 1, co. 326,
della L. 147/2013 (legge di
stabilità 2014), inserendo il co. 19-bis
nell’art. 11 del D.L. 91/2013, ha previsto che le fondazioni lirico-sinfoniche
che potevano dotarsi di forme organizzative
speciali dovevano essere individuate, entro
il 28 febbraio 2014, con decreto del Ministro dei beni e delle attività
culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze.
Sostanzialmente, si era
così modificato il rango dell’intervento normativo, in particolare superando la
previsione (recata dall’art. 1, co. 1, lett. f), del D.L. 64/2010 - L. 100/2010)
di un regolamento di delegificazione, da emanarsi previo parere del Consiglio
di Stato e delle Commissioni parlamentari, per la definizione della procedura
di individuazione delle fondazioni dotate di forme organizzative speciali[28].
In base alle disposizioni
recate dalla legge di stabilità 2014, le caratteristiche delle fondazioni –
riprese sostanzialmente dai principi fissati dall’art. 1, co. 1, lett. f), del D.L. 64/2010 – riguardano la
presenza di evidenti peculiarità concernenti:
· la storia e la cultura
operistica e sinfonica italiana;
· l’assoluta rilevanza
internazionale;
· le eccezionali capacità
produttive;
· i rilevanti ricavi propri;
· il significativo e
continuativo apporto finanziario di privati.
Inoltre, il co. 327 ha
disposto, sin da allora, che, fermo restando quanto previsto dal co. 326, alla
Fondazione Teatro alla Scala non si applicano le disposizioni dell’art. 11 del
D.L. 91/2013 relative alla presenza del consiglio di indirizzo. In tale
Fondazione le funzioni di indirizzo sono svolte dal Consiglio di
Amministrazione.
Con comunicato stampa del 26 marzo 2014 il Mibact
ha fatto presente che il Ministro dei beni e delle attività culturali e del
turismo ha firmato e trasmesso al MEF due decreti che, riconoscendo il possesso
dei requisiti prescritti, consentono alla Fondazione Teatro alla Scala di
Milano e alla Fondazione Accademia di S. Cecilia di Roma di dotarsi di forme
organizzative speciali.
Tali decreti non risultano
peraltro emanati.
A fronte del
quadro descritto, la relazione
illustrativa sottolinea la necessità di un decreto ministeriale che enuclei
i requisiti specifici per il riconoscimento di forme organizzative speciali.
In particolare, la
lett. g) introduce nell’art. 11 del D.L. 91/2013 il co. 21-bis,
in base al quale entro il 31 luglio 2014
sono determinati, con decreto di natura
non regolamentare del Ministro dei beni e delle attività culturali e del
turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, i criteri per l’individuazione delle fondazioni lirico-sinfoniche che possono
dotarsi di forme organizzative speciali.
Ancora una volta si fa riferimento alla presenza di evidenti peculiarità
concernenti la storia e la cultura operistica e sinfonica italiana, la funzione
e la rilevanza internazionale, le capacità produttive, i rilevanti ricavi
propri, il significativo e continuativo apporto finanziario di privati.
La concreta individuazione delle
fondazioni in questione è affidata ad un decreto
del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo che deve essere
adottato entro il 31 ottobre 2014 ed
è aggiornabile ogni tre anni.
La lett. g),
inoltre, prevede una serie di benefici
di cui fruiscono le fondazioni dotate di
forme organizzative speciali:
·
a decorrere dal
2015 percepiscono una quota del Fondo unico per lo spettacolo (FUS) determinata percentualmente con valenza triennale[29]; per accedere al beneficio è necessario che la
fondazione non rientri “nella fattispecie di cui al comma 1” dell’art. 11 del
D.L. 91/2013.
Al
riguardo potrebbe essere opportuno esplicitare se si intenda riferirsi ad una
situazione di difficoltà economico-patrimoniale pregressa o se, piuttosto, si
intenda fissare quale termine di riferimento per la sussistenza delle
condizioni richiamate la data di entrata in vigore del decreto-legge in esame
o, ancora, altra data;
·
previa dimostrazione alle autorità vigilanti della
compatibilità economico-finanziaria degli istituti previsti e degli impegni
assunti, contrattano con le organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative un autonomo contratto di
lavoro che regola all’unico livello aziendale tutte le materie che - a
livello generale - sono regolate dal CCNL di settore e dagli accordi
integrativi aziendali.
Si tratta di disposizioni
in parte confrontabili con quelle previste dall’art. 3, co. 4 e 5, del già citato DPR 117/2011,
poi annullato in via giurisdizionale.
In particolare, sulla base
del principio recato dall’art. 1, co. 1, lett. f), secondo periodo, del D.L. 64/2010, il comma 4 stabiliva che, in sede di prima applicazione, a ciascuna
fondazione dotata di forma organizzativa speciale era assegnato un contributo a valere sul FUS almeno pari
all’ultima percentuale assegnata prima del riconoscimento della forma
organizzativa speciale. Al termine del
primo triennio, verificate le attività e i programmi svolti dalla
fondazione, il Direttore generale competente per materia, sentita la
Commissione consultiva per la musica, avrebbe confermato o aumentato la
percentuale di contributo assegnata.
Il contenuto del comma 5 era pressoché sovrapponibile a
quanto stabilito dalla lett. g) in
esame.
Infine, la lett. g) conferma, con alcune variazioni, previsioni già presenti nel comma 19-bis dell’art. 11 del D.L. 91/2013.
In particolare, dispone che le fondazioni lirico-sinfoniche dotate di forme organizzative speciali adeguano i propri statuti:
· “nei termini indicati al comma 16” dell’art. 11 dello stesso D.L. 91/2013 che, in realtà, riguarda la
decorrenza delle nuove disposizioni statutarie.
L’intenzione sembrerebbe, dunque, quella di
confermare, anche per le fondazioni dotate di forma organizzativa speciale, la validità del termine del 31 dicembre 2014
per l’adeguamento degli statuti (fissato
dall’alinea del comma 15 dell’art. 11 del D.L. 91/2013), nonché del 1° gennaio 2015 per l’applicabilità
delle nuove disposizioni statutarie;
· in
deroga alle disposizioni che
regolano la partecipazione dei soci
privati (di cui all’art. 11, co. 15,
lett. b), del D.L. 91/2013)[30];
· in deroga alle previsioni relative al consiglio
di indirizzo (di cui all’art. 11,
co. 15, lett. a), numero 2), del D.L. 91/2013), nonché – e si tratta di
una novità – al sovrintendente, (di
cui all’art. 11, co. 15, lett. a), numero 3), del D.L. 91/2013).
Sembrerebbe
opportuno esplicitare gli aspetti derogabili dagli statuti. In particolare,
occorrerebbe chiarire:
•
se si possa
derogare alla presenza di un organo di indirizzo, ovvero se la deroga possa
riguardare solo la composizione dello stesso;
•
se si possa
derogare alla presenza del sovrintendente, ovvero se la deroga possa riguardare
solo la modalità di nomina dello stesso.
Quale conseguenza
delle modifiche apportate dal comma 1, il comma
5 dispone l’abrogazione
dell’art. 1 del D.L. 64/2010 (L. 100/2010) e dei commi 326 e 327 dell’art. 1
della L. 147/2013.
In
relazione all’abrogazione del co. 326 dell’art. 1 della L. 147/2013, si osserva
che, correttamente, occorrerebbe abrogare il co. 19-bis dell’art. 11 del D.L.
91/2013, introdotto dall’art. 1, co. 326, della L. 147/2013.
Fondo di rotazione (comma 6)
Il comma
6 incrementa di 50 milioni di
euro per l’anno 2014 la dotazione del Fondo
di rotazione per la concessione di finanziamenti in favore delle fondazioni lirico-sinfoniche che erano
in situazione di difficoltà
economico-patrimoniale alla data di
entrata in vigore del D.L. 91/2013.
In proposito, nel
corso delle comunicazioni sulle linee
programmatiche del suo dicastero, presso la 7^ Commissione del Senato (seduta del 24 aprile 2014), il Ministro dei beni e delle attività culturali
e del turismo aveva riferito che otto
fondazioni lirico-sinfoniche avevano presentato domanda per accedere al
fondo rotativo[31]. Aveva evidenziato, altresì, che la capienza del fondo non risultava
comunque adeguata per dar seguito ai piani di risanamento proposti dalle
fondazioni.
Al riguardo,
si ricorda che l’art. 11, co. 6, del
D.L. 91/2013 ha previsto la
possibilità di concedere alle fondazioni lirico-sinfoniche che versavano in situazione di difficoltà economico-patrimoniale
finanziamenti di durata massima di 30 anni, a valere su un Fondo di rotazione, appositamente istituito nello stato di
previsione del MEF con una dotazione di 75
milioni di euro per l'anno 2014[32].
Ai
sensi del co. 7, l’erogazione delle somme è subordinata
alla sottoscrizione da parte della fondazione di un contratto conforme ad un contratto tipo, appositamente predisposto
dal commissario straordinario e approvato dal MEF, nel quale sono, tra l'altro,
indicati: tasso di interesse sui
finanziamenti; misure di copertura annuale del rimborso del finanziamento;
modalità di erogazione e di restituzione delle somme; modalità di recupero e
applicazione di interessi moratori, qualora l'ente non adempia nei termini
stabiliti al versamento delle rate di ammortamento.
Con
particolare riguardo agli oneri
derivanti dall’istituzione del Fondo di rotazione, il co. 8 ha disposto che alla copertura delle risorse destinate alla dotazione del Fondo si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione della "Sezione per
assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili
degli enti locali" del Fondo per assicurare la liquidità per
pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili[33].
Alla copertura degli oneri derivanti dall’erogazione delle somme
alle fondazioni lirico-sinfoniche, pari a 3 milioni di euro dal 2015, si provvede (co. 7, ultimo periodo), invece, con le maggiori entrate recate dall’art. 15 dello
stesso decreto-legge[34].
Il comma 6 in esame dispone che all’onere derivante dall’incremento delle
risorse destinate al Fondo di rotazione si provvede mediante corrispondente
riduzione della dotazione della "Sezione
per assicurare la liquidità alle regioni
e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili
diversi da quelli finanziari e sanitari" del già citato Fondo per assicurare la liquidità per
pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili.
Come già indicato nella nota precedente, la Sezione in questione per
l’anno 2014 presenta risorse pari a 4.225,6 milioni di euro.
Con riferimento alle modalità di erogazione delle ulteriori risorse attribuite al Fondo,
il comma 6 conferma l’applicabilità
di quanto disposto dall’art. 11, co. 7, dello stesso D.L. 91/2013.
Teatro dell’Opera di Roma Capitale (comma 2)
Il comma 2 modifica il nome della
“Fondazione Teatro dell’Opera di Roma” in Fondazione “Teatro dell’Opera di Roma Capitale”.
Invarianza finanziaria (comma 7)
Il comma
7 dispone che dall’attuazione dell’articolo 5 non derivano nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 6
(Benefici fiscali per attrarre
investimenti esteri in Italia nel settore della produzione cinematografica e
audiovisiva)
L’articolo
6 reca disposizioni in materia di benefici
fiscali per la produzione
cinematografica e audiovisiva finalizzati, in particolare, ad attrarre
investimenti esteri in Italia.
In particolare, il comma 1 aumenta (da 5) a 10
milioni di euro il limite massimo del credito
di imposta a favore delle imprese
nazionali di produzione esecutiva e di post-produzione per film o parti di film girati sul territorio nazionale
utilizzando manodopera italiana, ma su commissione di produzioni estere. Il
limite massimo è riferito non più alla singola opera filmica, ma alla singola
“impresa di produzione esecutiva per ciascun periodo di imposta”.
A tal fine, novella l’art. 1, co. 335, della
L. 244/2007.
Occorre coordinare la novella -
nella parte in cui riferisce il limite massimo del credito di imposta alla
singola impresa - con il testo previgente, chiarendo se si intenda escludere le
imprese di post-produzione, alle quali, però, continua a riferirsi la prima
parte dell’art. 1, co. 335, della L. 244/2007, non novellata.
Si ricorda che i crediti
d’imposta per la produzione, la distribuzione e l’esercizio cinematografico previsti dall’articolo 1, co. da 325 a
328 e da 330 a 337, della L. 244/2007 sono stati resi permanenti, dal 1° gennaio 2014, dall’art. 8, co.
1, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013)[35]. e sono stati estesi - dalla medesima data - anche ai
produttori indipendenti di opere
audiovisive (co. 2)[36].
Il comma
2, lett. a), e il comma 3 aumentano (da 110) a 115 milioni di euro, a decorrere dal 1° gennaio 2015, la misura del
limite complessivo di spesa per la concessione dei crediti d’imposta per la produzione,
la distribuzione e l’esercizio cinematografico previsti
dalla legge finanziaria 2008.
Al relativo onere si provvede ai sensi
dell’art. 17.
A tal fine, il comma 2 novella l’art. 8, co.
3, del D.L. 91/2013, limitatamente, tuttavia, all’aumento e non anche alla
decorrenza dello stesso.
La decorrenza dell’aumento (dal
1° gennaio 2015) - prevista dal comma 3 al di fuori della novella - deve essere
inserita nell’art. 8, co. 3, del D.L. 91/2013 che, altrimenti, la riferirebbe a
partire dal 2014.
Il comma
2, lett. b), differisce (dal 9
gennaio 2014) al 30 giugno 2014 il
termine per l’emanazione del decreto
interministeriale con il quale devono essere definite le disposizioni
applicative della disciplina sui benefici fiscali per la produzione
cinematografica e audiovisiva, anche con riferimento ai limiti da assegnare
alle due tipologie di produzioni: con riferimento alla prima, introduce,
inoltre, il riferimento ad un “particolare riguardo” ai benefici previsti dal
citato art. 1, co. 335, della L. 244/2007 (evidentemente finalizzato
all’attrazione degli investimenti esteri).
Al fine indicato, novella l’art. 8, co. 4,
del D.L. 91/2013.
Già in base al testo previgente il decreto deve
contenere anche le norme volte a
garantire il rispetto del limite massimo
di spesa per le due tipologie di beneficio e “specifiche disposizioni” riguardanti i produttori indipendenti di
opere audiovisive destinatari del tax credit.
La relazione illustrativa evidenzia, al riguardo, che la rideterminazione del termine per l’emanazione del decreto interministeriale consentirà di allineare il testo “in fase di adozione da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo” con le modifiche inserite nel decreto-legge.
Per completezza, si ricorda che, in base al co. 7
dell’art. 8 del D.L. 91/2013, l'efficacia delle disposizioni da esso recate è
subordinata alla preventiva
autorizzazione della Commissione europea (ai sensi dell’art. 108 del
trattato sul funzionamento dell’UE), che deve essere richiesta dal Ministero
dei beni e delle attività culturali e del turismo.
Articolo 7, commi 1 e 2
(Piano strategico Grandi Progetti Beni
culturali e risorse per infrastrutture destinate a investimenti in favore di
beni culturali)
I commi 1 e 2 dell’articolo 7:
· prevedono l’approvazione di un Piano strategico annuale, denominato “Grandi Progetti Beni culturali”, per il quale dispongono una specifica autorizzazione di spesa per il triennio 2014-2016 e al quale dal 2017 sarà riservata parte della quota delle risorse per infrastrutture destinata a investimenti in favore dei beni culturali;
· modificano la disciplina inerente l’individuazione della quota citata - che diventa ora a regime - prevedendo, al contempo, che altra parte della stessa quota sarà riservata, per il triennio 2014-2016, al finanziamento di progetti di attività culturali nelle periferie urbane.
In particolare, il comma 1 dispone l’introduzione di un nuovo strumento di pianificazione strategica,
denominato “Grandi Progetti Beni
culturali”.
Il Piano – che è adottato con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentito il Consiglio Superiore per i beni culturali e paesaggistici, entro il 31 dicembre di ogni anno – individua beni o siti di eccezionale interesse culturale e di rilevanza nazionale per i quali sia necessario e urgente realizzare interventi organici di tutela, riqualificazione, valorizzazione e promozione culturale, anche a fini turistici.
Sotto il profilo della formulazione del testo, si segnala che le parole
“e, per il 2014, anche in data antecedente” non sono necessarie, in
considerazione del fatto che il termine ordinario indicato “entro il 31 dicembre
di ogni anno” è un termine di riferimento massimo.
Per attuare gli interventi del Piano è prevista, per il triennio 2014-2016, una apposita autorizzazione di spesa, pari a 5 milioni di euro per il 2014, 30 milioni di euro per il 2015, 50 milioni di euro per il 2016. Ai relativi oneri si provvede utilizzando l’(intero) accantonamento relativo al Mibact presente nella tab. B della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014).
Dal 1° gennaio 2017 al Piano è destinato il 50 per cento della quota delle risorse per infrastrutture riservata a investimenti in favore dei beni culturali, di cui all’art. 60, co. 4, della L. 289/2002.
Il comma 2, novellando l’art. 60, co. 4, della L. 289/2002, prevede, anzitutto, che la quota delle “risorse aggiuntive annualmente previste per infrastrutture”, iscritte nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, specificamente destinata alla spesa per investimenti in favore dei beni culturali è individuata, a decorrere dal 2014, in misura pari al 3 per cento.
In sintesi, rispetto alla normativa previgente (da ultimo modificata dall’art. 1, co. 106, della L. 147/2013[37]), diventa valida a regime (e non più limitata al triennio 2014-2016) la previsione di riservare una quota delle risorse suddette per investimenti in favore di beni culturali e la sua percentuale è univocamente fissata (e non più da individuare in misura “fino al 3 per cento”). Inoltre, è eliminato il tetto massimo di 100 milioni di euro annui.
Al riguardo, si evidenzia che la disposizione in commento – come la
norma previgente – fa generico riferimento alle “risorse aggiuntive annualmente
previste per infrastrutture”, non specificando quali tipologie di risorse
potranno effettivamente rendersi disponibili.
L'assegnazione della predetta quota è disposta dal CIPE, nell’ambito delle risorse effettivamente disponibili, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sulla base della finalizzazione derivante da un programma di interventi.
In sostanza, rispetto alla procedura stabilita dalla normativa previgente, non è più previsto il concerto del Ministro dell'economia e delle finanze.
Al riguardo si osserva che occorrerebbe specificare la procedura di approvazione
del programma di interventi in favore dei beni culturali, chiarendo anche il
rapporto di quest’ultimo, a decorrere dal 2017, con il Piano strategico “Grandi
Progetti Beni culturali”.
Inoltre, aggiungendo
il comma 4-ter nel citato art. 60
della L. 289/2002, il comma 2 dispone
che, per il triennio 2014-2016, 3 milioni di euro annui provenienti
dalla quota riservata per investimenti in favore dei beni culturali sono
destinati a finanziare progetti di
attività culturali nelle periferie urbane, elaborati da enti locali.
Nulla è specificato circa la procedura di
individuazione degli interventi, né è specificato se la loro selezione
competerà al CIPE.
Al riguardo, si valuti
l’opportunità di un chiarimento.
Si segnala, inoltre, che la
relazione illustrativa fa riferimento anche all’utilizzo delle risorse
effettivamente disponibili riferite all’anno 2013 che, tuttavia, non è presente
nel testo del decreto-legge.
Si tratta, dunque, di una seconda destinazione
vincolata di quota parte delle risorse indicate, che si affianca a quella
prevista dal co. 4-bis dell’art. 60 della L. 289/2002 – introdotto dal citato art. 1,
co. 106, della L. 147/2013 –, che ha destinato, per il medesimo triennio, 2,5 milioni di euro annui al
finanziamento di interventi di recupero
e valorizzazione dei luoghi della memoria della lotta al nazifascismo, della Resistenza
e della Guerra di liberazione. In
tal caso, si è previsto che gli interventi devono essere individuati dal Comitato
storico-scientifico per gli anniversari di interesse nazionale, istituito con D.P.C.M. 6 giugno 2013.
Articolo 7, commi 3 e 4
(Rifinanziamento del Fondo Mille giovani
per la cultura)
I commi
3 e 4 dell’articolo 7 dispongono
il rifinanziamento del Fondo Mille
giovani per la cultura, per un ammontare di 1 milione di euro per il 2015.
Al relativo onere si provvede ai sensi dell’art. 17.
Il rifinanziamento è inquadrato nell’ambito
delle iniziative del Piano nazionale
garanzia giovani.
La disposizione fa seguito - limitatamente al
2015 - all’impegno assunto dal Governo
durante la seduta dell’Assemblea della Camera del 7 agosto
2013 con l’accoglimento
dell’ordine del giorno 9/1458/11 volto a prevedere l’adozione di ulteriori
iniziative normative per strutturare e finanziare il Fondo Mille giovani per la
cultura almeno su una dimensione triennale, fino al 2016.
Il “Fondo mille giovani per la cultura”, destinato alla promozione di tirocini formativi e di orientamento
nei settori delle attività e dei servizi per la cultura, rivolti a
soggetti fino a 29 anni di età, è
stato istituito nello stato di previsione del MIBACT, limitatamente all’anno finanziario 2014, con una
dotazione pari ad 1 milione di euro,
dall’art. 2, co. 5-bis, del D.L.
76/2013 (L. 99/2013).
La finalità
dell’istituzione del Fondo è stata individuata nel sostegno al settore dei beni
culturali.
Per la definizione di criteri e di modalità per l’accesso al Fondo è stato previsto l’intervento di un
decreto del Ministro dei beni e
delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro del lavoro
e delle politiche sociali e con il Ministro per la pubblica amministrazione e
la semplificazione. Il decreto doveva essere emanato entro 60 giorni dalla data
di entrata in vigore della legge di conversione.
In seguito, l’utilizzo dei
giovani in questione è stato previsto dall’art. 1, co. 6, 10 e 13, del D.L.
91/2013 (L. 112/2013), nell’ambito del piano strategico che deve predisporre
l’Unità Grande Pompei (v. ante,
scheda art. 1), nonché per rafforzare le attività di accoglienza del pubblico e
di valorizzazione della Soprintendenze speciale per i beni archeologici di
Pompei, Ercolano e Stabia e della Soprintendenza speciale per il patrimonio
storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di
Napoli e della Reggia di Caserta, e nell’ambito del piano strategico di
sviluppo del percorso turistico-culturale integrato delle residenze borboniche[38].
Con riferimento all’attivazione del Fondo, la relazione illustrativa evidenzia che, nonostante i reiterati sforzi congiunti delle amministrazioni
competenti, si è rivelato impossibile attuare la previsione, “stante la
inadeguatezza palese dello stanziamento disposto dal Legislatore, che avrebbe
reso inevitabile, alternativamente, o ridurre drasticamente il numero dei
giovani coinvolti, o ridurre in modo socialmente inaccettabile la minima
remunerazione per essi prevista”[39].
Al riguardo si ricorda che l’art. 3 del D.L.
in esame dispone che il commissario che deve predisporre il Progetto di
riassegnazione e di restituzione degli spazi del complesso della Reggia di
Caserta alla loro destinazione culturale,
educativa e museale si avvale anche dei tirocinanti del progetto sopra
indicato. Si tratta, dunque, dell’individuazione di un ulteriore ambito di
applicazione dei giovani in questione.
Articolo 8
(Occupazione dei giovani presso gli
istituti e i luoghi della cultura di appartenenza pubblica)
L’articolo 8 dispone in materia di utilizzo di giovani per far fronte a
esigenze temporanee di rafforzamento dei
servizi di accoglienza e di assistenza al pubblico presso gli istituti e i
luoghi della cultura di appartenenza pubblica, mediante contratti di lavoro
flessibile. Si tratta di una iniziativa finanziata per il (solo) 2015.
Essa si aggiunge
alla istituzione del “Fondo Mille giovani per la cultura”, di cui all’art. 2,
co. 5-bis, del D.L. 76/2013 (L.
99/2013) (al quale fanno riferimento gli artt. 3, co. 2, lett. d), e 7, co. 3, del decreto-legge in
esame) e al programma “500 giovani per la cultura” , di cui all’art. 2 del D.L.
91/2013 (L. 112/2013)[40].
Per la definizione di istituti e luoghi della cultura si veda
la scheda relativa all’art. 1 del decreto-legge in esame.
In particolare, il
comma 1 prevede che gli istituti e i
luoghi della cultura dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici
territoriali predispongono, secondo le rispettive competenze e in base ai
rispettivi ordinamenti, elenchi
nominativi di giovani di età non superiore a 29 anni, da impiegare per far
fronte a esigenze temporanee di
rafforzamento dei servizi di accoglienza e di assistenza al pubblico negli
istituti e nei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, al fine del
miglioramento della valorizzazione
dei beni.
Alla copertura
degli oneri per l’attivazione della nuova previsione, nel limite di 1,5 milioni di euro per il 2015,
si provvede ai sensi dell’art. 17 (comma
5).
Sempre ai sensi del comma 1, i giovani devono essere laureati in “storia dell’arte e (rectius: o) in altre discipline afferenti ai beni e alle attività culturali”, ovvero essere in possesso del diploma rilasciato dalle Scuole di Archivistica, Paleografia e Diplomatica istituite presso gli Archivi di Stato indicati nella tab. B del DPR 1409/1963[41].
Con riferimento al
requisito del diploma di laurea, si ricorda
che, in base ai DD.MM. 16.3.2007, di definizione delle classi di laurea e di laurea magistrale, come modificati dal D.M. 28.12.2010, risultano istituite, in
particolare, le seguenti classi: L-1 Classe
delle lauree in Beni culturali; L-43
Classe delle lauree in
Diagnostica per la conservazione dei beni culturali; LM-2 Classe delle lauree magistrali in Archeologia;
LM-5 Classe delle lauree
magistrali in Archivistica e Biblioteconomia; LM-10
Classe delle lauree magistrali in Conservazione
dei beni architettonici e ambientali; LM-11 Classe delle lauree magistrali in Scienze per la conservazione dei
beni culturali; LM-89 Classe delle lauree magistrali in Storia
dell’arte. Infine, il D.M. 2.3.2011 ha definito la classe di laurea magistrale a ciclo unico LMR/02 in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali[42].
In base a quanto
dispone il comma 4, i titoli di
studio effettivamente utili ai fini
dell’inserimento negli elenchi, le modalità di tenuta e di aggiornamento degli
stessi, di individuazione dei giovani da impiegare - nel rispetto di criteri di
trasparenza, pubblicità, non discriminazione e rotazione -, nonché di riparto
dello stanziamento ante indicato,
saranno definiti con un DPCM.
Quest’ultimo deve
essere adottato, entro 90 giorni
dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge,
su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di
concerto con i Ministri dell’istruzione, dell’università e della ricerca, del
lavoro e delle politiche sociali, per la semplificazione e la pubblica
amministrazione, e dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata.
Al riguardo si ricorda che,
in base all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, la valorizzazione dei
beni culturali è materia di legislazione concorrente, per la quale, dunque, lo
Stato può emanare solo disposizioni legislative di principio, la cui attuazione
è affidata alle regioni.
Le
modalità di coinvolgimento della Conferenza unificata devono, dunque, essere
valutate alla luce dell’assetto delle competenze.
Ancora il comma 1
dispone che i giovani sono utilizzati sulla base della stipula di contratti di lavoro flessibile, anche
in deroga al limite posto alle assunzioni di personale dall’art. 9, co. 28,
del D.L. 78/2010 (L. 122/2010).
Il citato art.
9, co. 28, del D.L. 78/2010 ha
disposto che, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato e
ulteriori enti pubblici ivi indicati possono
avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con
contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50% della
spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Per il 2014, per gli
enti locali in sperimentazione contabile (ai sensi dell’art. 36 del d.lgs.
118/2011) il limite è fissato al 60% della spesa sostenuta nel 2009. Inoltre, a
decorrere dal 2013, gli enti locali possono superare il predetto limite per le
assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di
polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale, nonché per le
spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali mediante forme di lavoro
accessorio[43]. Resta fermo
che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta
per le stesse finalità nell'anno 2009.
Il comma, inoltre,
prevede che in nessun caso i rapporti di
lavoro in questione possono costituire titolo idoneo a instaurare rapporti di
lavoro a tempo indeterminato. Ogni diversa pattuizione o previsione è nulla e
improduttiva di effetti giuridici.
Il comma 3 precisa che i medesimi rapporti
di lavoro flessibile non pregiudicano le concessioni dei servizi per il
pubblico nei luoghi della cultura di cui agli artt. 115 e 117 del d.lgs.
42/2004, né tali concessioni costituiscono motivo ostativo al ricorso ai
rapporti instaurati ai sensi della disposizione in esame.
I servizi di assistenza
culturale e di ospitalità per il pubblico previsti dall’art. 117 del D.Lgs. 42/2004[44] per i beni culturali di appartenenza pubblica
possono essere gestiti in forma integrata con i servizi di pulizia, di
vigilanza e di biglietteria ed affidati, secondo le previsioni dell’art. 115 del medesimo d.lgs., in gestione diretta o indiretta.
La gestione diretta è
svolta attraverso strutture organizzative interne alle amministrazioni, dotate
di autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile, e provviste
di idoneo personale tecnico.
La gestione indiretta è
attuata tramite concessione a terzi, da parte delle amministrazioni cui i beni
pertengono, mediante procedure di
evidenza pubblica, sulla base della valutazione comparativa di specifici
progetti.
La scelta tra le due forme
di gestione è effettuata a seguito di una valutazione comparativa in termini di
sostenibilità economico-finanziaria e di efficacia.
Infine, il comma 2 prevede che la stessa finalità
di miglioramento dei servizi di valorizzazione dei luoghi della cultura con
l’impiego di giovani può essere conseguita attraverso la presentazione di
appositi progetti nell’ambito del
Servizio nazionale civile, relativamente al settore del patrimonio
artistico e culturale.
I progetti sono
presentati dagli istituti della cultura di appartenenza pubblica o dai
corrispondenti uffici amministrativi competenti, anche su richiesta degli enti
territoriali.
In materia si ricorda che,
in base alla L. 64/2001, il servizio civile nazionale è finalizzato, fra
l’altro, a contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale
dei giovani e a partecipare alla salvaguardia e alla tutela del patrimonio
della Nazione, con particolare riguardo, fra gli altri, ai settori storico-artistico
e culturale.
Articolo 9
(Credito d’imposta per la
digitalizzazione degli esercizi ricettivi)
L’articolo 9, con
lo scopo di sostenere la competitività del sistema del turismo nazionale
favorendo la digitalizzazione del
settore, concede un credito d’imposta
per i periodi di imposta 2015, 2016,
2017, a favore degli esercizi
ricettivi singoli o aggregati con servizi extra-ricettivi o ancillari,
nella misura del trenta per cento
dei costi sostenuti per investimenti ed
attività di sviluppo.
Più in
dettaglio, per
quanto riguarda i soggetti
destinatari dell’agevolazione, il comma
1 specifica che essi sono gli esercizi
ricettivi singoli o aggregati, che forniscano servizi extra ricettivi o ancillari.
In materia di definizione e classificazione delle strutture ricettive il Codice del turismo (D.lgs. 79/2011) aveva dettato un regime organico (articoli da 8 a 15), distinguendo fra strutture alberghiere/paralberghiere, extralberghiere, strutture ricettive all’aperto e strutture ricettive di mero supporto e dettando, per ciascuna di queste categorie, una serie di specifiche prescrizioni. Tali disposizioni sono state dichiarate incostituzionali con sentenza 2-5 aprile 2012, n. 80 in quanto costituiscono “accentramento di funzioni spettanti in via ordinaria alle Regioni, in forza della loro competenza legislativa residuale in materia di turismo”.
Una definizione positiva delle strutture ricettive è dunque ravvisabile solo nella legislazione dei singoli ordinamenti regionali. Il D.P.C.M. 13 settembre 2002 che recepisce l’Accordo sottoscritto in sede di Conferenza Stato-Regioni, in data 14 febbraio 2002, con il quale sono stati definiti i principi per l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico, rinvia infatti alle regioni la determinazione delle caratteristiche dell'offerta turistica italiana attraverso intese fra le stesse e le province autonome di Trento e Bolzano, nonché la determinazione degli standard minimi comuni per i differenti prodotti e servizi turistici.
Per quanto riguarda i servizi, ossia le prestazioni d’opera fornite al turista, in assenza di definizione normativa, possono essere considerati servizi “primari” quelli fondamentali per lo svolgimento del viaggio e senza i quali il viaggio non può esistere ( trasporto, ricettività). Sono servizi “secondari o accessori” le prestazioni che completano e migliorano il viaggio (transfers, visite alle città, escursioni, servizi bancari e assicurativi, noleggio autovetture ecc..). I cosiddetti servizi ancillari sono quelli – spesso prodotti da aziende terze - venduti assieme al prodotto principale. Volano di sviluppo di questi servizi sono in particolare la telefonia, internet e internet mobile.
Il credito è riconosciuto nella misura del trenta per cento dei costi sostenuti per investimenti e attività di sviluppo (elencati al comma 2), fino all'importo massimo complessivo di 12.500 euro nei periodi di imposta 2015, 2016, 2017 e comunque fino all'esaurimento dell'importo massimo di 15 milioni di euro (per ciascuno dei periodi di imposta 2015, 2016, 2017, 2018 e 2019), come fissato dal successivo comma 5.
Detto credito di imposta è ripartito in tre quote annuali di pari importo.
Ai sensi del comma 2, il credito di imposta è riconosciuto esclusivamente per spese relative alla digitalizzazione a:
·
impianti
wi-fi;
·
siti web
ottimizzati per il sistema mobile;
·
programmi
per la vendita diretta di servizi e pernottamenti e la distribuzione sui canali
digitali, purché in grado di garantire gli standard di interoperabilità
necessari all'integrazione con siti e portali di promozione pubblici e privati
e di favorire l'integrazione fra servizi ricettivi ed extra-ricettivi;
·
spazi e
pubblicità per la promozione e commercializzazione di servizi e pernottamenti
turistici sui siti e piattaforme informatiche specializzate, anche gestite da
tour operator e agenzie di viaggio;
·
servizi
di consulenza per la comunicazione e il marketing digitale;
·
strumenti
per la promozione digitale di proposte e offerte innovative in tema di
inclusione e di ospitalità per persone con disabilità;
·
servizi
relativi alla formazione del titolare o del personale dipendente ai fini previsti
dalle norme in commento.
Sono escluse
dalle spese i costi relativi alla intermediazione
commerciale.
Il comma
3 stabilisce che le disposizioni operino nel rispetto delle soglie di aiuto
di minore importanza (“de minimis”) stabilite dalla Commissione UE regolamento
(UE) n. 1407/2013 della Commissione europea del 18 dicembre 2013, sotto le
quali non è necessaria autorizzazione della Commissione.
Ai sensi dell'articolo 109 del trattato sul
funzionamento dell’UE, il Consiglio può determinare le categorie di aiuti che
sono dispensate dall'obbligo di notifica. In conformità dell'articolo 108,
paragrafo 4, del trattato, la Commissione può adottare regolamenti concernenti
queste categorie di aiuti di Stato. Con il regolamento (CE) n. 994/98, il
Consiglio ha deciso, conformemente all'articolo 109 del trattato, che una di
tali categorie è costituita dagli aiuti de
minimis, ovvero gli aiuti che non superano un
importo prestabilito concessi a un'impresa unica in un determinato arco di
tempo; essi non sono dunque soggetti alla procedura di notifica. Si rammenta
che il regolamento citato fissa (come un passato) il massimale di 200.000 euro
per detta categoria di aiuti che un'impresa unica può ricevere nell'arco di tre
anni da uno Stato membro.
Il credito in esame non concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sul reddito e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP); non rileva, inoltre, ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 61 del TUIR, né rispetto ai criteri di inerenza per la deducibilità delle spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR.
L’articolo 61 del TUIR disciplina la percentuale di deducibilità degli interessi passivi dal reddito d’impresa. Tale quota è pari al rapporto tra i ricavi e gli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
L’articolo 109, comma 5, del TUIR prevede che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, siano deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito, sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2, e 3 dell'articolo 96.
Il
credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, secondo le norme generali in materia di
compensazione dei crediti tributari dettate dall'articolo 17 del D.lgs. n. 241
del 1997, ma presentando il modello F24 esclusivamente attraverso i servizi
telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle Entrate, pena lo scarto
dell'operazione di versamento, secondo modalità e termini definiti con successivo
provvedimento del Direttore della medesima Agenzia.
Il comma
4 affida a un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e
del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito
il Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro tre mesi dalla data di
entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, il compito
di definire i seguenti aspetti:
· tipologie di spese eleggibili,
· procedure per la loro ammissione al beneficio
nel rispetto del limite di legge;
· soglie massime di spesa eleggibile per singola
voce di spesa sostenuta;
· procedure di recupero nei casi di utilizzo
illegittimo dei crediti d'imposta secondo le norme contenute nell’'articolo 1,
comma 6, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40.
Il richiamato articolo 1, comma 6 del D.L. 40 del 2010
prevede che, per contrastare fenomeni di utilizzo illegittimo dei crediti
d'imposta e per accelerare le procedure di recupero nei casi di utilizzo
illegittimo dei crediti d'imposta agevolativi la cui fruizione è autorizzata da
amministrazioni ed enti pubblici, anche territoriali, l'Agenzia delle entrate
trasmette a tali amministrazioni ed enti, tenuti al detto recupero, entro i
termini e secondo le modalità telematiche stabiliti con provvedimenti
dirigenziali generali adottati d'intesa, i dati relativi ai predetti crediti
utilizzati in diminuzione delle imposte dovute, nonché in compensazione ai sensi dell'articolo 17
del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Le somme recuperate sono
riversate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all'erario.
Il comma 5 rinvia
all’articolo 17 del provvedimento in esame per la copertura finanziaria dei
maggiori oneri derivanti dalla concessione dei crediti d'imposta in esame,
fissando al contempo il limite massimo
di spesa relativo ai predetti crediti: esso ammonta a 15 milioni di euro per ciascuno dei periodi di imposta 2015, 2016,
2017, 2018 e 2019.
Articolo 10
(Credito
di imposta per favorire la riqualificazione e l'accessibilità delle strutture
ricettive)
L’articolo 10, per
migliorare la qualità
dell'offerta ricettiva per accrescere la competitività delle destinazioni
turistiche, concede alle strutture
ricettive, per il periodo d'imposta in corso al 1° giugno 2014 e per i due
successivi, un credito d'imposta nella misura del trenta per cento delle spese
sostenute per interventi di ristrutturazione edilizia ed abbattimento delle
barriere architettoniche.
In particolare, ai sensi del comma 1 possono
accedere all’agevolazione le strutture
ricettive esistenti alla data del 1°
gennaio 2012.
(Per la definizione di strutture
ricettiva si rinvia al contenuto della scheda sull’articolo 9)
Il credito
d’imposta è riconosciuto, nella misura del trenta
per cento delle spese sostenute per i seguenti interventi (comma 2), per un massimale di spesa
pari a 200.000 euro:
• interventi
di ristrutturazione edilizia.
Si ricorda che per "interventi di
ristrutturazione edilizia", di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), del D.p.R.
380/2001, si intendono, tra l’altro, gli interventi rivolti a trasformare gli
organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono
comprendere il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi
dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed
impianti;
• interventi
di eliminazione delle barriere
architettoniche.
Si ricorda che la L. 380/2001 prevede, tra
l’altro che la progettazione della ristrutturazione deve comunque prevedere
accorgimenti tecnici idonei alla installazione di meccanismi per l'accesso ai
piani superiori, ivi compresi i servoscala; idonei accessi alle parti comuni
degli edifici e alle singole unità immobiliari; almeno un accesso in piano,
rampe prive di gradini o idonei mezzi di sollevamento; l'installazione, nel caso di immobili con più
di tre livelli fuori terra, di un ascensore per ogni scala principale
raggiungibile mediante rampe prive di gradini (comma 2).
Il comma
3 stabilisce che le disposizioni operino nel rispetto delle soglie di aiuto
di minore importanza (“de minimis”) stabilite dalla Commissione UE regolamento
(UE) n. 1407/2013 della Commissione europea del 18 dicembre 2013, sotto le
quali non è necessaria autorizzazione della Commissione.
Ai sensi dell'articolo 109 del trattato sul
funzionamento dell’UE, il Consiglio può determinare le categorie di aiuti che
sono dispensate dall'obbligo di notifica. In conformità dell'articolo 108,
paragrafo 4, del trattato, la Commissione può adottare regolamenti concernenti
queste categorie di aiuti di Stato. Con il regolamento (CE) n. 994/98, il
Consiglio ha deciso, conformemente all'articolo 109 del trattato, che una di
tali categorie è costituita dagli aiuti de
minimis, ovvero gli aiuti che non superano un
importo prestabilito concessi a un'impresa unica in un determinato arco di
tempo; essi non sono dunque soggetti alla procedura di notifica. Si rammenta
che il regolamento citato fissa (come un passato) il massimale di 200.000 euro
per detta categoria di aiuti che un'impresa unica può ricevere nell'arco di tre
anni da uno Stato membro.
Il credito in esame non concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sul reddito e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP); non rileva, inoltre, ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 61 del TUIR, né rispetto ai criteri di inerenza per la deducibilità delle spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR.
L’articolo 61 del TUIR disciplina la percentuale di deducibilità degli interessi passivi dal reddito d’impresa. Tale quota è pari al rapporto tra i ricavi e gli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
L’articolo 109, comma 5, del TUIR prevede che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, siano deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito, sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2, e 3 dell'articolo 96.
Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, secondo le norme generali in materia di compensazione dei crediti tributari dettate dall'articolo 17 del D.lgs. n. 241 del 1997.
La
prima quota del credito d'imposta relativo alle spese effettuate nel periodo
d'imposta in corso al 1° giugno 2014 (data di entrata in vigore del presente
decreto) è utilizzabile non prima del primo gennaio 2015.
Il comma 4 affida a un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, il compito di stabilire le disposizioni applicative del presente articolo, con riferimento, in particolare a:
· le tipologie di strutture ricettive ammesse al credito di imposta;
· le tipologie di interventi ammessi al beneficio, nell'ambito della ristrutturazione edilizia e dell’abbattimento delle barriere architettoniche menzionati al già commentato comma 2;
· le procedure per l'ammissione al beneficio, che avviene secondo l'ordine cronologico di presentazione delle relative domande, nei limiti di spesa previsti dalla legge;
· le soglie massime di spesa eleggibile per singola voce di spesa sostenuta;
· le procedure di recupero nei casi di utilizzo illegittimo dei crediti d'imposta secondo quanto stabilito dall'articolo 1, comma 6, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40.
Il richiamato articolo 1, comma 6 del D.L. 40 del 2010
prevede che, per contrastare fenomeni di utilizzo illegittimo dei crediti
d'imposta e per accelerare le procedure di recupero nei casi di utilizzo
illegittimo dei crediti d'imposta agevolativi la cui fruizione è autorizzata da
amministrazioni ed enti pubblici, anche territoriali, l'Agenzia delle entrate
trasmette a tali amministrazioni ed enti, tenuti al detto recupero, entro i
termini e secondo le modalità telematiche stabiliti con provvedimenti
dirigenziali generali adottati d'intesa, i dati relativi ai predetti crediti
utilizzati in diminuzione delle imposte dovute, nonché in compensazione ai sensi dell'articolo 17
del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Le somme recuperate sono
riversate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all'erario.
Il comma 5 rinvia all’articolo 17, che reca la copertura finanziaria complessiva del provvedimento, per la copertura dei maggiori oneri derivanti dalla concessione del credito d'imposta in esame, nel limite massimo complessivo di 20 milioni di euro per l'anno 2015 e di 50 milioni di euro per gli anni dal 2016 al 2019.
Articolo 11
(Mobilità, accoglienza e guide
turistiche)
L’articolo 11 contiene disposizioni di diversa natura che mirano alla fruibilità del patrimonio culturale e turistico italiano, in assenza di oneri per la finanza pubblica. A tal fine si prevede:
· l’adozione di un piano straordinario della mobilità turistica;
· la convocazione da parte del MiBACT di apposite conferenze di servizi per semplificare e velocizzare il rilascio di atti autorizzativi di varia natura relativi alla realizzazione di circuiti nazionali di eccellenza;
· la concessione ad uso gratuito di immobili pubblici a imprese o associazioni composte in prevalenza da giovani per la promozione di percorsi pedonali, ciclabili e mototuristici;
· il rinvio al 31 ottobre 2014 dell’individuazione dei siti turistici di particolare interesse nei quali per le guide turistiche occorre una speciale abilitazione.
Piano straordinario della
mobilità turistica
Il Piano, ai sensi del comma 1 dell’articolo in esame, dovrà essere varato entro 180 giorni, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con il MiBACT, sentita la Conferenza Stato-Regioni. La finalità è il miglioramento della fruibilità del patrimonio culturale, con particolare attenzione alle destinazioni minori e al Sud Italia.
Si segnala che la Commissione Attività produttive della Camera dei deputati ha approvato in data 1 aprile 2014 la risoluzione Mucci 7-00211 relativa, fra l’altro, alle dorsali cicloturistiche.
Si ricorda infine che il Governo, nel DEF 2014, ha precisato di voler adottare tempestivamente il Piano strategico per il turismo, predisposto alla fine della XVII legislatura, che propone alcune linee guida e individua le azioni concrete che potrebbero rapidamente migliorare la competitività del settore turistico nazionale. Il capitolo 10 riguarda i trasporti e le infrastrutture. Le azioni concrete da attuare riguardano soprattutto gli aeroporti e i voli, ma anche il miglioramento delle interconnessioni tra gli aeroporti e i poli turistici prioritari, nonché del servizio taxi.
Circuiti nazionali di eccellenza
La promozione della realizzazione dei circuiti nazionali di eccellenza a sostegno dell’offerta turistica e del sistema Italia e l’accelerazione del rilascio dei relativi atti autorizzativi da parte delle amministrazioni competenti sono le finalità del comma 2 dell’articolo in esame.
La disciplina
dei circuiti nazionali di eccellenza a sostegno dell’offerta e dell’immagine
turistica dell’Italia è contenuta nell’articolo 22 del Codice del turismo (D.Lgs. 79/2011) che li definisce come i percorsi, i
prodotti e gli itinerari tematici omogenei che collegano regioni diverse lungo
tutto il territorio nazionale, anche tenendo conto della capacità ricettiva dei
luoghi interessati e della promozione di forme di turismo accessibile, mediante
accordi con le principali imprese turistiche operanti nei territori interessati
attraverso pacchetti a condizioni vantaggiose per i giovani, gli anziani e le
persone con disabilità, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Essi
sono individuati, ad esempio, come turismo della montagna, del mare, della
cultura, religioso, della natura, termale, sportivo, giovanile, delle arti e
dello spettacolo.
Secondo quanto prescritto dall’articolo 22 del Codice
i circuiti nazionali di eccellenza devono essere definiti con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato, di concerto con
i Ministri degli affari esteri, dell’ambiente della tutela del territorio e del
mare, dello sviluppo economico, per i beni e le attività culturali, delle
politiche agricole alimentari e forestali, della gioventù e per le politiche
europee, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Al riguardo, l’articolo in commento prevede che Il MiBACT, in qualità di amministrazione procedente, convochi apposite conferenze di servizi per accelerare il rilascio da parte delle amministrazioni competenti dei relativi atti necessari per la realizzazione dei circuiti.
La norma, dunque, coerentemente con lo spostamento delle competenze relative al turismo in capo al MiBACT, qualifica il Ministero stesso come “amministrazione procedente”, senza peraltro intervenire sul Codice del turismo e sulla procedura di individuazione dei circuiti di eccellenza in esso contenuta.
La relazione illustrativa giustifica la scelta, con riguardo ai circuiti nazionali di eccellenza, di non intervenire novellando il Codice del turismo, alla luce dell’attuale frammentarietà delle disposizioni di tale atto in seguito alla pronuncia della Corte costituzionale n.80 del 2012 e in vista di un più organico intervento di revisione della materia mediante un disegno di legge delega.
Andrebbe in ogni caso valutata l’opportunità di procedere ad un coordinamento
tra la norma introdotta dall’articolo 10 e la disciplina contenuta all’articolo
22 del codice del turismo.
Concessioni di immobili pubblici per
la promozione di percorsi pedonali, ciclabili e mototuristici
Il comma 3 prevede la possibilità della concessione in uso gratuito ad imprese, cooperative e associazioni, costituite in prevalenza da giovani fino a 35 anni, di immobili pubblici, non utilizzati e non utilizzabili a scopi istituzionali, come case cantoniere, caselli, stazioni ferroviarie o marittime, fortificazioni e fari, con la finalità di realizzare circuiti nazionali di eccellenza nonché promuovere percorsi pedonali, ciclabili e mototuristici.
La disposizione in esame si limita a stabilire che la manutenzione straordinaria è a carico del concessionario e la durata della concessione non può superare i sette anni, salvo rinnovo. Tale disciplina costituisce una deroga alla disciplina generale concernente i criteri e le modalità di concessione in uso dei beni immobili appartenenti allo Stato (contenuta nel D.P.R. 13-9-2005 n. 296) con particolare riguardo alla tipologia degli immobili, all’individuazione dei destinatari e alla durata della concessione.
Il Capo III del DPR 296/2005 (Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato) contiene specifiche disposizioni destinate alle concessioni di immobili a titolo gratuito, con riguardo alle quali sono individuati la tipologia di immobili; i possibili beneficiari; la durata della concessione. In particolare i soggetti legittimati a richiedere a titolo gratuito la concessione sono: le università statali, per scopi didattici e di ricerca; le regioni, relativamente agli immobili dello Stato destinati esclusivamente a servizi per la realizzazione del diritto agli studi universitari; gli enti ecclesiastici relativamente agli immobili adibiti a luogo di culto; l'Istituto superiore di sanità, per finalità istituzionali; i soggetti che esercitano le attività legate agli oratori o similari, relativamente agli immobili dello Stato in comodato d'uso gratuito. Per quanto riguarda la durata delle concessioni a titolo gratuito, essa è fissata in sei anni. Quando l'Agenzia del demanio ne ravvisa, con determinazione motivata, l'opportunità in considerazione di particolari finalità perseguite dal richiedente, la concessione può avere una durata superiore ai sei anni, comunque non eccedente i diciannove anni. Può essere stabilito un termine superiore ai sei anni anche nell'ipotesi in cui il concessionario si obbliga a eseguire consistenti opere di ripristino, restauro o ristrutturazione particolarmente onerose con indicazione del termine di ultimazione delle stesse.
Nella disciplina introdotta non vi è invece alcuna indicazione in merito alla procedura per la selezione dei concessionari (p.e. esperimento di procedure ad evidenza pubblica) né in merito alla necessità della pubblicizzazione della procedura relativa al rilascio del titolo, né in merito alle condizioni per il rinnovo.
Si ricorda che il DPR 296/2005 specifica che le concessioni e le locazioni dei beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato, conseguono all'esperimento di procedure ad evidenza pubblica mediante pubblico incanto fatte salve quelle a titolo gratuito o a canone agevolato (data la particolare natura dei soggetti concessionari sopra descritta).
La necessità della procedura competitiva per la scelta del commissionario di beni pubblici è stata ribadita da un recente orientamento del Consiglio di Stato (Sezione V - Sentenza 23/05/2011 n. 3086) secondo il quale: “Anche in caso di concessione di beni pubblici, l’ente locale è tenuto a dare corso ad una procedura competitiva per la scelta del concessionario. Infatti, la mancanza di una procedura competitiva circa l’assegnazione di un bene pubblico suscettibile di sfruttamento economico, introduce una barriera all’ingresso al mercato, determinando una lesione alla parità di trattamento, al principio di non discriminazione ed alla trasparenza tra gli operatori economici, in violazione dei principi comunitari di concorrenza e di libertà di stabilimento”.
Va, inoltre, rilevato che, in ossequio alla Comunicazione della Commissione Europea del 14.04.2000 (pubblicata in G.U.C.E. n. C 121 del 29.04.2000), i principi di evidenza pubblica, da attuare in modo proporzionato e congruo all'importanza della fattispecie in rilievo, vanno applicati, in quanto dettati in via diretta e self – executing dal Trattato, anche alle fattispecie non contemplate da specifiche disposizioni comunitarie.
Al riguardo, andrebbe valutata l’opportunità di introdurre, nel comma 3
dell’art.11, apposite disposizioni riguardanti le procedure di affidamento e di
rinnovo della concessione di beni pubblici, anche alla luce dei principi
comunitari di non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza e tutela
della concorrenza.
Andrebbe inoltre valutata l’opportunità di prevedere un maggior
coinvolgimento delle Regioni nella disciplina della promozione dei circuiti pedonali,
ciclabili e moto turistici, alla luce della ripartizione costituzionale delle
competenze che attribuisce alle Regioni stesse competenza residuale in materia
di turismo.
(Per un approfondimento sulle tematiche
relative alla materia “turismo” nel Titolo V della Costituzione, anche alla
luce della giurisprudenza costituzionale in materia, si rinvia alla scheda
relativa all’articolo 13).
Guide turistiche
Il comma 4 interviene sulla contestata norma della legge europea 2013 (art. 3 della legge 97/2013) riguardante la validità in Italia dell’abilitazione alla professione di guida turistica conseguita da un cittadino dell’Unione europea in un altro Stato membro.
L’articolo 3 della legge europea 2013 era intervenuto
sulla normativa nazionale per venire incontro alle richieste della Commissione
europea che, nell’ambito della procedura EU Pilot 4277/12/MARK,
ha contestato la compatibilità con la
normativa dell’Unione europea della
legislazione nazionale relativa alle guide turistiche, laddove essa
prevedeva la validità dell’abilitazione all’esercizio della professione di
guida turistica solo nella regione o provincia di rilascio. Tali norme violano,
secondo la Commissione europea, la direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi
nel mercato interno e in particolare del paragrafo 4 dell’articolo 10 che stabilisce
la portata nazionale dell’autorizzazione ad esercitare la professione.
Il citato articolo 3 è
stato molto contestato dalle associazioni di categoria[45], con la principale obiezione che si sta indebitamente applicando alle guide turistiche la direttiva servizi
2006/123/CE, mentre le professioni ricadono sotto la Direttiva 2005/36/CE sulle
professioni.
Si
ricorda inoltre che il 15 aprile 2014 la Camera dei Deputati ha approvato
alcune mozioni[46] che, fra l’altro, impegnano il Governo a
promuovere una revisione organica e complessiva della disciplina relativa
all'esercizio della professione di guida turistica.
In particolare il comma 4 proroga al 31 ottobre 2014 il termine[47] per l’emanazione del decreto del Ministero per i beni e le attività culturali cui la legge europea 2013 demanda il compito di individuare i siti nei quali, in ragione del loro peculiare interesse storico, artistico od archeologico, lo svolgimento dell’attività di guida turistica è riservata a coloro che abbiano acquisito una specifica abilitazione, valorizzando in tal modo le professionalità acquisite.
La modifica introdotta non si limita alla proroga del termine per l’emanazione del decreto, ma incide altresì sul contenuto dello stesso, prevedendo che in esso siano stabiliti anche i requisiti necessari per ottenere l’abilitazione e la relativa disciplina del procedimento di rilascio, d’intesa con la Conferenza Unificata.
Alla luce di tale integrazione, il decreto relativo ai siti di particolare interesse nei quali occorre una specifica abilitazione per esercitare la professione di guida turistica dovrà
· individuare i siti, sentita la Conferenza unificata;
· stabilire i requisiti e disciplinare il procedimento di rilascio dell’autorizzazione, previa intesa con la Conferenza unificata.
Andrebbe valutata l’opportunità di rendere uniforme il tipo di
coinvolgimento della Conferenza unificata (parere o intesa) richiesto,
nell’emanazione del decreto, per l’individuazione dei siti e dei requisiti per
il rilascio dell’abilitazione.
Il comma 5 prevede che dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio pubblico.
Articolo 12, commi 1 e 2
(Autorizzazioni paesaggistiche e
interventi di lieve entità)
Il comma 1 dell’articolo 12 è volto, da un lato, a chiarire i termini di efficacia dell’autorizzazione paesaggistica e, dall’altro, a semplificare i procedimenti per il rilascio della stessa. Il comma 2 demanda a un regolamento di delegificazione l’ampliamento e la precisazione degli interventi di lieve entità sottoposti a procedimenti semplificati di autorizzazione paesaggistica.
In particolare, la lettera a) del comma 1 stabilisce che il termine iniziale di efficacia dell’autorizzazione paesaggistica decorre dal giorno in cui acquista efficacia il titolo edilizio eventualmente necessario per la realizzazione dell’intervento, a meno che il ritardo in ordine al rilascio di quest‘ultimo non sia dipeso da circostanze imputabili all‘interessato.
Tale modifica viene introdotta mediante una integrazione del testo del comma 4 dell’art. 146 del D.Lgs. 42/2004.
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 146, co. 1, del D.Lgs. 42/2004, i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati in base alle disposizioni del Codice stesso, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione. Pertanto, ai sensi del co. 2, hanno l'obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall'avviare i lavori fino a quando non abbiano ottenuto l'autorizzazione.
Il co. 4 del medesimo articolo dispone, tra l’altro, che l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio e che l'autorizzazione è efficace per un periodo di 5 anni, scaduto il quale l'esecuzione dei lavori progettati deve essere sottoposta a nuova autorizzazione.
Tale disposizione, secondo le modifiche apportate recentemente dall’art. 3-quater, co. 1, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013), stabilisce, altresì, che i lavori iniziati nel quinquennio di efficacia dell'autorizzazione possono essere conclusi entro e non oltre l'anno successivo la scadenza del quinquennio medesimo.
Si ricorda, infine, che l’art. 3-quater, co. 2, dello stesso D.L. 91/2013 ha disposto una proroga di tre anni del termine delle autorizzazioni paesaggistiche in corso di efficacia alla data di entrata in vigore della legge di conversione di tale decreto.
La lettera b) del comma 1 interviene sul procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, sopprimendo le disposizioni (dettate dal primo e dal secondo periodo del co. 9 dell’art. 146 del D.lgs. 42/2004) che consentivano, in caso di mancata espressione del parere da parte del soprintendente entro 45 giorni dalla ricezione degli atti, di indire una conferenza di servizi, che doveva pronunciarsi entro 15 giorni.
Il nuovo testo ora prevede che, decorsi inutilmente 60 giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, I‘amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione. In proposito, merita ricordare che, in base a quanto già disposto dal testo previgente del terzo periodo del co. 9 dell’art. 146, “in ogni caso, decorsi sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente, l'amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione”. La convocazione della conferenza di servizi, infatti, si configurava come un eventuale sub-procedimento nell’ambito del rilascio dell’autorizzazione, sulla cui domanda l’amministrazione competente doveva provvedere in ogni caso decorsi sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente.
Il co. 5 dell’art. 146 dispone che sull'istanza di autorizzazione paesaggistica si pronuncia la regione, dopo avere acquisito il parere vincolante del soprintendente, il quale, a sua volta, ai sensi del co. 8 del medesimo articolo, deve pronunciarsi sulla compatibilità paesaggistica del progettato intervento entro 45 giorni. Scaduto tale termine, il primo periodo del co. 9 consentiva di indire una conferenza di servizi che avrebbe dovuto pronunciarsi entro il termine perentorio di 15 giorni, quindi entro 60 giorni (45+15) dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente.
Una recente pronuncia del TAR Puglia (sentenza 6 febbraio 2014, n. 321) ha affermato che il parere del soprintendente è da intendersi come “vincolante” solo se espresso entro il termine di 45 giorni dal ricevimento degli atti. Si tratta di una posizione che contrasta con quella sostenuta in precedenti occasioni dal consiglio di Stato (in particolare con la sentenza n. 4914/2013) e ribadita dal TAR Lazio (sentenza n. 5278/2014, depositata il 20 maggio 2014). Secondo il Consiglio di Stato “nel caso di mancato rispetto del termine fissato dall’art. 146, comma 5 … il potere della Soprintendenza continua a sussistere (tanto che un suo parere tardivo resta comunque disciplinato dal richiamato comma 5 e mantiene la sua natura vincolante), ma l’interessato può proporre ricorso al giudice amministrativo, per contestare l’illegittimo silenzio-inadempimento dell’organo statale: la perentorietà del termine riguarda non la sussistenza del potere o la legittimità del parere, ma l’obbligo di concludere la fase del procedimento (obbligo che, se rimasto inadempiuto, può essere dichiarato sussistente dal giudice, con le relative conseguenze sulle spese del giudizio derivato dall’inerzia del funzionario)”.
Occorrerebbe valutare la portata effettivamente innovativa della
disposizione.
Il comma 2 prevede l’emanazione, entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto, di un regolamento di delegificazione finalizzato a:
· ampliare e precisare le ipotesi di interventi di lieve entità contemplate dal D.P.R. 139/2010, con cui è stato disciplinato il procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per tale tipologia di interventi;
· operare ulteriori semplificazioni procedimentali (ferme, comunque, le esclusioni di cui agli artt. 19, co. 1, e 20, co. 4, della L. 241/1990).
Si ricorda che il citato regolamento di delegificazione di cui al D.P.R. 9 luglio 2010, n. 139 è stato emanato in attuazione dell’ultimo periodo del co. 9 dell’art. 146 del D.lgs. 42/2004, che ha previsto la definizione di “procedure semplificate per il rilascio dell'autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entità in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti, ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1, e 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni”.
Tali esclusioni riguardano l’inapplicabilità della SCIA - segnalazione certificata di inizio attività - nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali (art. 19, co. 1) e l’inapplicabilità del silenzio-assenso nei procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico e l’ambiente (art. 20, co. 4).
Il comma 2 in esame riproduce, nella sostanza, la norma, che non ha trovato attuazione, contenuta nell’art. 44, co. 1, del D.L. 5/2012 (L. 35/2012).
Si segnala, però, che nel maggio dell’anno scorso il Governo, dopo aver acquisito l’intesa in sede di Conferenza unificata ed il parere favorevole del Consiglio di Stato, aveva presentato alle Camere uno schema di regolamento modificativo del D.P.R. 139/2010 (Atto del Governo n. 10), ma tale atto non ha completato il proprio iter.
Relativamente alle modalità di emanazione del regolamento, il comma 2 stabilisce che esso è adottato su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e d’intesa con la Conferenza unificata, ai sensi dell’art. 3 del D.lgs. 281/1997.
In merito alle norme dell’art. 3 del D.Lgs. 281/1997 (che disciplinano i procedimenti in cui la legislazione vigente prevede un'intesa nella Conferenza Stato-Regioni), si ricorda, in particolare, il contenuto dei commi 3 e 4. Ai sensi del comma 3, quando un'intesa espressamente prevista dalla legge non è raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata. Ai sensi del comma 4, in caso di motivata urgenza il Consiglio dei Ministri può provvedere senza l'osservanza delle disposizioni dell’articolo 3. In tal caso i provvedimenti adottati sono sottoposti all'esame della Conferenza Stato-regioni nei successivi quindici giorni e il Consiglio dei Ministri è tenuto ad esaminare le osservazioni della Conferenza Stato-regioni ai fini di eventuali deliberazioni successive.
Articolo 12, commi 3, 4 e 5
(Semplificazioni per la riproduzione di
beni culturali e la consultazione degli archivi)
I commi
3 e 4 dell’articolo 12 intendono semplificare:
· la riproduzione
dei beni culturali, introducendo ipotesi in cui la stessa non necessita di
autorizzazione e ampliando i casi in cui non è dovuto un canone;
· la consultazione
degli archivi, riducendo il termine previsto per il versamento della
documentazione degli organi dello Stato all’archivio centrale dello Stato e
agli archivi di Stato e ampliando le ipotesi di libera consultabilità
della stessa.
Il comma 5 reca la clausola di invarianza
finanziaria riferita all’intero articolo 12.
In particolare, il comma 3 inserisce tra le ipotesi nelle quali non è dovuto alcun canone per le riproduzioni di beni culturali,
quella in cui la richiesta sia avanzata da soggetti
privati per finalità di valorizzazione.
Al contempo, però, dispone che tale
richiesta, come anche quella, già prevista, proveniente da soggetti pubblici
per la medesima finalità, non deve avere
scopo di lucro, neanche indiretto.
Pertanto, soggetti pubblici e soggetti
privati sono posti sullo stesso piano, ma per entrambi la riproduzione, per
essere esentata dal canone, non deve avere scopo di lucro.
Prevede, inoltre, che sono libere (e, dunque, non necessitano di preventiva autorizzazione) alcune operazioni purchè, anche in tal caso, attuate senza scopo di lucro,
neanche indiretto, per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del
pensiero, espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio
culturale.
Si tratta di:
· riproduzione
di beni culturali attuata in modo che non ci sia alcun contatto fisico
con il bene, né l’esposizione dello stesso a fonti luminose, né l’uso di
supporti.
Si
tratterebbe, dunque, di immagini fotografiche acquisite tramite semplici
macchine fotografiche o videocamere, smartphone, tablet, purché senza l’uso di flash;
· divulgazione con
qualsiasi mezzo delle immagini
legittimamente acquisite, in modo che le stesse non possano essere
ulteriormente riprodotte dall’utente, se non a bassa risoluzione digitale.
Sarà,
dunque, possibile pubblicare immagini
fotografiche di beni culturali su blog e social network.
Ai fini indicati, il comma 3 novella l’art.
108 del d.lgs. 42/2004, modificando il comma 3 e inserendo il comma 3-bis.
La riproduzione di beni culturali è regolata negli artt. 107-109 del d.lgs. 42/2004.
In particolare, l’art.
107 dispone che il Ministero, le regioni, gli enti pubblici territoriali
possono consentire la riproduzione (oltre che l’uso strumentale e precario) dei
beni culturali che hanno in consegna, fatte salve le disposizioni in materia di
diritto d’autore, nonché vietando, di regola e salvo casi eccezionali –
comunque nel rispetto delle modalità stabilite con decreto ministeriale[48] -, la
riproduzione che consista nel trarre calchi, per contatto, dagli originali di
sculture e opere a rilievo, indipendentemente dal materiale con cui tali beni
sono fatti[49].
Ai sensi dell’art.
108, i corrispettivi per la
riproduzione sono determinati dall’autorità che ha in consegna il bene[50], tenendo anche
conto dei mezzi e delle modalità di esecuzione delle riproduzioni, del tipo e
del tempo di utilizzazione degli spazi e dei beni, dell’uso e della
destinazione delle riproduzioni, nonché dei benefici economici che ne derivano
al richiedente.
In base al testo previgente, il canone era escluso per
le riproduzioni richieste da privati per uso personale o motivo di studio –
ipotesi che non subisce ora variazioni – nonché da soggetti pubblici – cui ora
si affiancano i privati – per finalità di valorizzazione.
I richiedenti devono, comunque, rimborsare le spese
sostenute dall’amministrazione concedente.
L’art. 109 dispone,
infine, che quando la riproduzione è effettuata per fini di raccolta e catalogo
di immagini fotografiche, nonché di riprese, il provvedimento concessorio prescrive il deposito del doppio originale di
ogni ripresa o fotografia e la restituzione, dopo l’uso, del fotocolor
originale con relativo codice.
Il comma
4 riduce (da 40) a 30 anni il termine previsto per il versamento della documentazione degli
organi dello Stato all’archivio centrale dello Stato e agli archivi di
Stato e prevede la libera consultabilità dei documenti versati prima di tale
termine.
A tal fine, novella l’art. 41, co. 1, e
sopprime la lett. b-bis) del co. 1
dell’art. 122, del D.lgs. 42/2004.
In base all’art.
41, co. 1, del D.lgs. 42/2004
gli organi giudiziari e amministrativi dello Stato dovevano versare all’archivio
centrale dello Stato e agli archivi di Stato i documenti relativi agli affari esauriti da oltre 40
anni[51].
Ai sensi del co. 2, il soprintendente dell’archivio
centrale dello Stato e i direttori degli archivi di Stato possono, inoltre,
accettare versamenti di documenti più recenti, quando vi sia pericolo di
dispersione o danneggiamento, o siano stati definiti appositi accordi con i
responsabili delle amministrazioni versanti.
In base all’art. 122, co. 1, lett. b-bis) del d.lgs. 122/2004, i documenti
versati prima del termine obbligatorio non erano consultabili fino allo scadere
dello stesso termine.
Al riguardo si ricorda che con direttiva 22 aprile 2014 (GU n. 100 del 2 maggio 2014), il
Presidente del Consiglio dei ministri ha disposto la declassifica della
documentazione relativa agli atti concernenti gli eventi di Piazza Fontana a
Milano (1969), di Gioia Tauro (1970), di Peteano
(1972), della Questura di Milano (1973), di Piazza della Loggia a Brescia (1974), dell'Italicus (1974), di Ustica (1980), della stazione di
Bologna (1980), del Rapido 904 (1984). Contestualmente, ha disposto che i
documenti delle Amministrazioni centrali relativi agli eventi indicati siano
versati all'archivio centrale dello Stato, anche anticipatamente rispetto ai
tempi ordinari (al 22 aprile pari, appunto, a 40 anni).
Il comma
5 dispone che dall’attuazione dell’intero articolo 12 non devono derivare
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 13
(Semplificazione degli adempimenti burocratici
al fine di favorire l’imprenditorialità turistica)
L’articolo 13 interviene in materia di semplificazione degli adempimenti burocratici per le strutture turistiche ricettive e per le agenzie di viaggi e turismo, disponendo la soggezione dell’avvio e dell’esercizio delle relative attività alla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).
Per quanto riguarda le agenzie di viaggi è specificamente richiamato il rispetto dei requisiti professionali, di onorabilità e finanziari previsti dalle leggi regionali in materia.
Lo svolgimento dell'attività ricettiva è soggetto a controlli amministrativi che impongo precisi obblighi nei confronti di titolari e gestori. La legge 135/2001 prevedeva che l’apertura e il trasferimento di sede degli esercizi ricettivi fossero soggetti ad autorizzazione del Comune e disciplinava contenuti ed eventuale revoca ditale abilitazione/licenza. Tale adempimento, per altro, è stato trasformato in una più semplice DIA (denuncia di inizio attività) dal D.Lgs. 26 marzo 2010 n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno) che all’art. 83 ha assoggettato l'apertura, il trasferimento e le modifiche concernenti l’operatività delle strutture turistico-ricettive alla dichiarazione di inizio attività (DIA). E subito dopo, il D.Lgs. 78/2010 ha sostituito la DIA con la SCIA (segnalazione certificata di inizio attività). Tutte queste norme sono per altro state abrogate dal d.lgs. 79/2011, che ne ha dettato, per altro, una disciplina non dissimile nell’ambito del nuovo Codice del Turismo (D.lgs. 79/2011). L’articolo 16 del Codice del turismo conteneva tra l’altro previsione dell’assoggettamento alla SCIA dell’avvio ed esercizio delle attività turistiche. Analoga disposizione era prevista all’articolo 21 del medesimo codice. Entrambe le disposizioni sono state dichiarate costituzionalmente illegittime (si veda infra).
Si ricorda che la SCIA, introdotta dal comma 4-bis dell'art. 49 del decreto legge n. 78/2010 che ha interamente sostituito l’art. 19 della legge 241/1990, è stata istituita per corrispondere all’esigenza di liberalizzare l'attività d'impresa, consentendo di iniziare immediatamente l’attività stessa. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall’amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. È fatto comunque salvo il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela. Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti è punito con la reclusione da uno a tre anni.
Va rilevato che, nel disciplinare i procedimenti amministrativi relativi ad attività turistiche, così come ad agenzie turistiche, il legislatore statale interviene nella materia del turismo, riservata dalla Costituzione alla competenza legislativa residuale delle Regioni.
La riforma costituzionale del Titolo V (legge costituzionale n. 3/2001) ha reso il turismo una materia di competenza “esclusiva” per le Regioni ordinari. Il turismo rientra dunque tra le materie “residuali” (art.117, comma 4), in riferimento alle quali le Regioni non sono più soggette ai limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi statali. Questo mutamento del titolo competenziale delle Regioni è stato confermato in più occasioni dalla Corte costituzionale, a partire dalla sentenza n. 197/2003. Nonostante ciò, è necessario sottolineare che, per numerosi e rilevanti profili della disciplina del turismo, il riferimento alla legislazione statale appare tuttora preponderante. In base alla giurisprudenza della Corte costituzionale, nonostante la materia del turismo appartenga «alla competenza legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost. (sent. n. 94 del 2008, n. 214 e n. 90 del 2006), non è esclusa la possibilità «per la legge di attribuire funzioni legislative al livello statale e di regolarne l’esercizio», vista l’importanza del settore turistico per l’economia nazionale. Come ha rilevato la Corte «la chiamata in sussidiarietà a livello centrale è legittima soltanto se l’intervento statale sia giustificato nel senso che, a causa della frammentazione dell’offerta turistica italiana, sia doverosa un’attività promozionale unitaria; d’altra parte, l’intervento deve essere anche proporzionato nel senso che lo Stato può attrarre su di sé non la generale attività di coordinamento complessivo delle politiche di indirizzo di tutto il settore turistico, bensì soltanto ciò che è necessario per soddisfare l’esigenza di fornire al resto del mondo un’immagine unitaria. Infine, lo Stato deve prevedere il coinvolgimento delle Regioni, non fosse altro perché la materia turismo, appartenendo oramai a tali enti territoriali, deve essere trattata dallo Stato stesso con atteggiamento lealmente collaborativo (Corte cost., sent. n. 214 del 2006, punti 8-9 diritto; sent. n. 76 del 2009, punti 2-3)». L’attribuzione della materia “turismo” alle Regioni non ha impedito dunque alla Corte di affermare la legittimità di norme statali (ovvero l’incostituzionalità di norme regionali) che disciplinavano alcuni aspetti in qualche maniera coinvolti nella materia in oggetto.
Seppure la materia “turismo” non esclude a priori, alla luce della sopra citata giurisprudenza della Corte costituzionale, l’intervento statale, occorre ricordare che la stessa Corte (sentenza n. 80 del 2012) ha dichiarato illegittime le disposizioni del c.d. “Codice del turismo” (art. 16, comma 1, e art. 21 del D.lgs. 79/2012) che assoggettavano alla SCIA l’avvio e l’esercizio delle attività turistico ricettive e delle agenzie di viaggi - ossia norme dal contenuto identico a quello delle disposizioni di cui all’articolo in commento - in quanto volte all’accentramento di funzioni rientranti nella competenza legislativa residuale delle Regioni.
Con la sentenza n. 80/2012 la Corte ha dichiarato l’illegittimità
di numerose disposizioni del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (c.d.
Codice del turismo), in quanto volte all’accentramento di funzioni rientranti
nella competenza legislativa residuale delle Regioni. Nello specifico la Corte
dichiara l’illegittimità dell’articolo 16 “che detta norme sulla
semplificazione degli adempimenti amministrativi delle strutture
turistico-ricettive, e accentra in capo allo Stato compiti e funzioni che
l'art. 1 dell'«accordo tra lo Stato e le regioni e province autonome sui
princìpi per l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema
turistico, ai fini dell'adozione del provvedimento attuativo dell'art. 2, comma
4, della legge 29 marzo 2001, n. 135» - recepito come allegato al decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 13 settembre 2002 - aveva attribuito alle
Regioni e alle Province autonome: la disposizione attiene ai rapporti tra Stato
e Regioni in materia di turismo e realizza un accentramento di funzioni, che,
sulla base della natura residuale della competenza legislativa regionale,
spettano in via ordinaria alle Regioni”. Inoltre è dichiarata
l’incostituzionalità dell’art. 21 che reca norme in tema di semplificazione
degli adempimenti amministrativi relativi alle agenzie di viaggio e turismo. Si
tratta di disposizione che “modifica la disciplina dei procedimenti
amministrativi in materia di turismo, spettante in via ordinaria alla
competenza legislativa residuale delle Regioni. L’incidenza della norma
impugnata su ambiti rimessi al legislatore regionale” , secondo la Corte “determinano
l’ammissibilità e la fondatezza della questione prospettata”.
Per contro va
citato un ulteriore, recente orientamento della Corte costituzionale in materia
di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) secondo essa “costituisce
livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai
sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m)” attribuita in via esclusiva
alla competenza legislativa statale.
La Corte (sentt. 164/2012; 203/2012 e 121/2014) definisce la SCIA come “una prestazione specifica, circoscritta all’inizio della fase procedimentale strutturata secondo un modello ad efficacia legittimante immediata, che attiene al principio di semplificazione dell’azione amministrativa finalizzata ad agevolare l’iniziativa economica (art. 41, primo comma, Cost.), tutelando il diritto dell’interessato ad un sollecito esame, da parte della pubblica amministrazione competente, dei presupposti di diritto e di fatto che autorizzano l’iniziativa medesima” (sent. 121/2014).
Al riguardo,
l’articolo in esame (comma 1) richiama espressamente l’articolo 29-ter della legge 400 del 1988, secondo il
quale la disciplina della dichiarazione di inizio attività attiene ai livelli
essenziali delle prestazioni di cui all’ articolo 117, secondo comma, lettera
m), della Costituzione.
Si ricorda peraltro che l’art. 49, comma 4-ter, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, qualifica la disciplina sulla «segnalazione certificata di inizio attività» (SCIA) come livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m). Chiamata a pronunciarsi sulla norma in questione, la Corte costituzionale, con la citata sentenza n.121 del 2014, ritiene corretta l’autoqualificazione compiuta dalla norma, pur negandone l’efficacia vincolante.
Il comma 2 prevede l’adeguamento degli
ordinamenti regionali ai principi di semplificazione introdotti con l’articolo
in esame.
Il comma 3 specifica che dall’attuazione
delle disposizioni contenute nell’articolo in esame non derivano nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 14
(Riorganizzazione del Mibact e disposizioni in materia
di Soprintendenze speciali)
L’articolo
14 interviene sull’articolazione
degli uffici dirigenziali generali centrali
e periferici del Mibact,
in particolare eliminando il vincolo relativo al numero di quelli periferici.
Consente, altresì, la flessibilità nell’organizzazione degli uffici del medesimo
Ministero in caso di eventi calamitosi
per i quali sia stato deliberato lo stato di emergenza.
Reca, infine, modifiche alla disciplina
relativa alle soprintendenze dotate di
autonomia – le cosiddette soprintendenze speciali –, con riferimento alle
quali prevede, fra l’altro, al posto del consiglio di amministrazione, un amministratore unico.
In particolare, il comma 1, lett. a),
dispone, anzitutto, che il numero
complessivo degli uffici dirigenziali generali, centrali e periferici, del Mibact, incluso il Segretario generale, non può essere superiore a 24, dei quali non più di 2 presso il Gabinetto del
Ministro. Finalità dichiarata è consentire
il conseguimento delle “ulteriori” riduzioni
di spesa previste dalla “normativa vigente”.
Al riguardo si ricorda che
l’art. 16, co. 4, del D.L.
66/2014 (c.d. Spending review), in corso
di esame, dispone che, al fine di realizzare interventi di riordino diretti ad
assicurare riduzioni di spesa – ulteriori
rispetto a quanto previsto dai co. 1 e 2[52] –, i Ministeri possono adottare, fino
al 15 luglio 2014, i rispettivi
regolamenti di organizzazione nella forma di decreti del Presidente del
Consiglio dei ministri (anziché di regolamenti di delegificazione, come
previsto dal normale assetto delle fonti)[53].
A tal fine, novella l’art. 54, co. 1, del
d.lgs. 300/1999, che definisce l’ordinamento del Mibact[54], eliminando il vincolo relativo al numero
degli uffici dirigenziali generali periferici.
Parallelamente, il
comma 3 dispone l’abrogazione, a decorrere dalla data di
entrata in vigore del provvedimento di riorganizzazione del Mibact
“ai sensi della normativa vigente”, dell’art. 7 del D.lgs. 368/1998, che stabilisce, in particolare, l’istituzione
delle Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici – quali
articolazioni territoriali del Ministero, di livello dirigenziale generale – in
ogni regione a statuto ordinario, nonché nelle regioni Friuli-Venezia Giulia e
Sardegna.
Occorrerebbe
esplicitare se con l’espressione “ai sensi della normativa vigente” si intenda
fare riferimento, in particolare, all’art. 16, co. 4, del D.L. 66/2014.
Il testo previgente dell’art. 54 del d.lgs. 300/1999 –
come, da ultimo, modificato dall’art. 2, co. 94, del D.L. 262/2006 (L.
286/2006) – prevedeva per il Ministero un numero
massimo (non più di 10) di uffici dirigenziali generali centrali e
un numero fisso (pari a 17) di uffici dirigenziali generali periferici, coordinati da un Segretario generale, nonché un numero altrettanto fisso (2) di uffici dirigenziali
generali presso il Gabinetto del Ministro[55].
Sulla base di tale previsione, e a seguito del
combinato disposto dei commi 404 e 1133 dell’art. 1 della L. 296/2006 (legge
finanziaria 2007)[56], è stato
emanato il DPR 233/2007, regolamento di riorganizzazione del Mibac, che, come modificato dal DPR 91/2009[57], dispone che il Ministero si articola in 8 uffici
dirigenziali di livello generale centrali[58] e in 17 uffici
dirigenziali di livello generale regionali[59], coordinati da
un Segretario generale, nonchè in 2 uffici
dirigenziali di livello generale presso il Gabinetto del Ministro[60].
Un’altra riduzione organica è stata disposta con il DPCM 22 gennaio 2013 (GU n. 87 del 13
aprile 2013) che, a seguito dell'ulteriore intervento previsto dall’art. 2, co.
1, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012), ha fissato, tra l’altro, la dotazione organica dirigenziale del Mibac in 185 unità, di cui 23 unità di prima fascia e 162 di seconda fascia. Il personale
delle aree è pari a 18.947 unità.
Sulla base dei co. 10 e 10-ter dello stesso art. 2 del D.L. 95/2012, il medesimo DPCM del 22
gennaio 2013 ha poi ribadito la necessità di una ridefinizione degli assetti organizzativi che, nei termini
stabiliti[61], doveva essere
operata con DPCM.
In attuazione di tali disposizioni, il Consiglio dei
Ministri n. 4 del 28 febbraio 2014 ha approvato un
DPCM di riorganizzazione del MIBACT (che modifica il DPR
233/2007) che, da quanto si evince dal sito del Mibact, è in attesa di
registrazione da parte della Corte dei conti[62].
In tale atto è prevista l’articolazione del Mibact in 9 uffici
dirigenziali generali centrali[63] e 12 uffici dirigenziali generali regionali,
coordinati da un Segretario generale,
nonché in 2 uffici dirigenziali generali
presso gli uffici di diretta collaborazione del Ministro.
In particolare, l’art. 7 dispone che le Direzioni
regionali del Mibact (nuova denominazione delle
Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici) di Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Marche,
Molise, Umbria, sono uffici
dirigenziali di livello non generale.
L’art. 10 dispone la rideterminazione delle dotazioni
organiche ai sensi del DPCM 22 gennaio 2013 e del DPCM 21 ottobre
2013 – concernente
il trasferimento al MIBACT delle risorse umane[64], strumentali e
finanziarie della Presidenza del Consiglio dei Ministri operanti nel settore
del turismo – nei termini seguenti, quali risultanti dalle tab. A e B:
· Dirigenti di prima fascia: 24
· Dirigenti di seconda fascia: 167
· Personale delle aree: 19.050.
In materia di riorganizzazione del Mibact, si ricorda che l’art. 1, co. 6, del D.L. in esame
prevede che il regolamento individuerà anche apposite strutture dedicate a
favorire le elargizioni liberali a sostegno della cultura.
La lett. b) del comma 1 dispone che, a seguito del
verificarsi di eventi calamitosi per
i quali sia vigente o sia stato deliberato nei dieci anni antecedenti lo stato di emergenza, il Ministro, con
proprio decreto, può riorganizzare
gli uffici del Ministero operanti
nelle aree interessate, in via
temporanea e comunque per un periodo non superiore a 5 anni, ferma
rimanendo la dotazione organica complessiva. Ciò, per assicurare la migliore
gestione degli interventi necessari per la tutela del patrimonio culturale.
La previsione viene inserita – quale comma 2-bis –
nel citato art. 54 del d.lgs. 300/1999.
In materia, si ricorda che
nella GU n. 75 del 31 marzo 2014 è stata pubblicata la Direttiva 12 dicembre 2013, recante le procedure per la gestione delle
attività di messa in sicurezza e salvaguardia del patrimonio culturale in caso
di emergenze derivanti da calamità naturali.
In particolare, la Direttiva, precisato che la gestione dell’emergenza va concepita come un processo che si sviluppa senza
discontinuità dai primi sopralluoghi fino alla fase di ricostruzione e restauro
del patrimonio culturale sia immobile che mobile, e
ricordato che con decreto del Segretario generale n. 7 del 25 maggio
2012 è stata istituita la struttura
operativa per il monitoraggio e il coordinamento delle attività necessarie
a fronteggiare le situazioni emergenziali derivanti da calamità naturali[65], evidenzia, per quanto qui interessa, che la necessità di garantire una
catena di comando efficace e coordinata per la gestione dell’emergenza impone
una gerarchizzazione delle funzioni
diversa rispetto a quella ordinaria. In particolare: 1) al fine di
permettere l’effettiva attività di coordinamento nazionale, le direzioni
generali, gli istituti centrali, nazionali e quelli dotati di autonomia
speciale dovranno concordare con il Segretario generale tutte le iniziative che
intendono attivare nelle zone interessate dall’evento emergenziale; 2) al fine
di permettere l’effettiva attività di coordinamento territoriale, tutti gli
istituti del Ministero aventi sede nell’ambito territoriale interessato
dall’evento emergenziale dovranno riferirsi esclusivamente alla direzione
regionale territorialmente competente, unica struttura del Ministero che, in
stretto collegamento con l’unità di coordinamento nazionale, opera in sinergia
con le strutture territoriali deputate agli interventi in emergenza
(prefetture, Vigili del fuoco, Protezione civile, enti locali)[66].
Infine, in relazione alle modifiche
organizzative previste dalle lettere a)
e b), il medesimo comma 1 richiama
espressamente il rispetto della
dotazione organica definita in attuazione del D.L. 95/2012 (L. 135/2012)
(e, dunque, si intenderebbe, non comprensiva delle integrazioni derivanti
dall’art. 1, commi da 2 a 8 e 10, della L. 71/2013).
Il comma
2 modifica innanzitutto la procedura
per l’istituzione delle soprintendenze speciali, prevedendo, in
particolare, che gli istituti e i luoghi della cultura statali (per la
cui definizione si rinvia alla scheda relativa all’art. 1), nonché gli uffici competenti su complessi di beni distinti da eccezionale valore
archeologico, storico, artistico o architettonico possono essere “trasformati”, con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del
turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il
Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, in soprintendenze dotate di autonomia
scientifica, finanziaria e organizzativa.
Dunque, rispetto alla normativa vigente –
recata principalmente dall’art. 8 del D.lgs. 368/1998, di cui il comma 3 dell’articolo in esame dispone l’abrogazione, sempre a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di riorganizzazione del Mibact –, si estende la possibilità di costituire
soprintendenze speciali tramite “trasformazione” di tutti gli istituti e i luoghi della cultura statali –
quindi,
anche di aree e
parchi archeologici e di complessi monumentali –, oltre che di
“uffici” competenti su complessi di beni distinti da eccezionale
valore. Inoltre, come
già accennato, è previsto il
coinvolgimento di altri due dicasteri, oltre al Mibact. Infine, non si fa più riferimento all’autonomia contabile.
Con riguardo a quest’ultimo aspetto, potrebbe
essere opportuno richiedere un chiarimento.
Si conferma,
invece, la previsione secondo cui ad ogni
provvedimento deve essere allegato l’elenco delle soprintendenze già dotate di
autonomia.
In particolare, l’art. 8 del d.lgs. 368/1998 dispone che con decreti ministeriali di natura non
regolamentare, adottati ai sensi dell’art. 17, co. 4-bis, lett. e), della L.
400/1988, le soprintendenze possono essere
trasformate in soprintendenze dotate di
autonomia scientifica, finanziaria, organizzativa e contabile qualora
abbiano competenza su complessi di beni distinti da eccezionale valore
archeologico, storico, artistico o architettonico. Dispone, inoltre, che l'autonomia può
essere attribuita anche a musei, a biblioteche pubbliche statali e ad archivi
di Stato e che a ciascun provvedimento è allegato l’elenco delle
soprintendenze già dotate di autonomia.
Attualmente, ai sensi dell’art. 15, co. 3, del DPR
233/2007, gli Istituti del Mibact dotati di autonomia
speciale sono i seguenti: Soprintendenza speciale per i beni archeologici di
Pompei, Ercolano e Stabia, Soprintendenza speciale per i beni archeologici di
Roma, Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed
etnoantropologico e per il polo museale della città di Venezia e dei comuni
della Gronda lagunare, Soprintendenza speciale per il patrimonio storico,
artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Napoli e
della Reggia di Caserta, Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico
ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Roma, Soprintendenza
speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il
polo museale della città di Firenze, Istituto superiore per la conservazione ed
il restauro, Biblioteca nazionale centrale di Roma, Biblioteca nazionale
centrale di Firenze, Centro per il libro e la lettura, Archivio centrale dello
Stato.
Il co. 4 dello stesso art. 15 prevede, infine, che con
decreti ministeriali di natura non regolamentare sono individuati gli organismi
dotati di autonomia di cui allo stesso art. 15, nonché gli altri organismi
istituiti come autonomi ai sensi dell'art. 8 del d.lgs. 368/1998.
Occorre, pertanto, valutare l’opportunità di
abrogazione anche dell’art. 15, co. 4, del DPR 233/2007.
Inoltre, sembrerebbe
opportuno chiarire se, effettivamente, in tutti i casi di attribuzione
dell’autonomia, si intenda cambiare la
denominazione dell’istituto in “soprintendenza”. Al contempo, occorre valutare
l’appropriatezza del termine “trasformazione” (invece di “attribuzione
dell’autonomia”), soprattutto ove riferito ad aree e parchi archeologici,
nonché a complessi monumentali.
La costituzione delle soprintendenze in
questione non deve comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Anche in tal caso, inoltre, è previsto il rispetto delle dotazioni organiche
definite in attuazione del D.L. 95/2012.
Si dispone, inoltre, che in tali strutture,
invece del consiglio di amministrazione, è presente un amministratore unico, da affiancare al soprintendente, dotato di
specifiche competenze gestionali e amministrative in materia di valorizzazione
del patrimonio culturale.
Al riguardo, si
rammenta che il DPR 240/2003 – recante il regolamento per il funzionamento
amministrativo-contabile e la disciplina del servizio di cassa delle
soprintendenze dotate di autonomia gestionale – stabilisce, in particolare, che
il consiglio di amministrazione della
soprintendenza speciale:
• delibera il programma
annuale degli interventi e delle spese ordinarie e straordinarie (art. 1,
co. 8);
• delibera il bilancio
di previsione (art. 1, co. 10), le opportune variazioni (art. 6) e il conto
consuntivo (art. 8), da inviare al Ministero per i beni e le attività
culturali e al Ministero dell'economia e delle finanze per l'approvazione;
• approva i contratti
stipulati dal soprintendente (art. 14, co. 3).
Il DM 7 ottobre 2008 prevede, invece, che il consiglio di
amministrazione delle Soprintendenze speciali è composto da 5 membri, compreso il Soprintendente,
che lo presiede. I componenti del C.d.A. sono nominati con decreto del
Direttore generale competente. La partecipazione al C.d.A. non dà titolo a compensi, gettoni di partecipazione, indennità o
rimborsi di alcun tipo.
Infine, il comma 2 prevede che i poli museali
e gli istituti e luoghi della cultura trasformati in soprintendenze dotate di
autonomia, di regola, svolgono in forma
diretta i servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico
concernenti i servizi editoriali e di vendita di cataloghi, sussidi audiovisivi
e informatici, riproduzioni di beni culturali, nonché i servizi concernenti
l'organizzazione di mostre e manifestazioni culturali e di iniziative
promozionali (art. 117, co. 2, lett. a)
e g), d.lgs. 42/2004).
Per i servizi di assistenza
culturale e di ospitalità per il pubblico previsti dall’art. 117 del d.lgs.
42/2004 si veda la scheda relativa all’art. 8 del decreto-legge in esame.
L’ultimo periodo del comma 3 reca ulteriori disposizioni per il coordinamento della
nuova disciplina con la previgente, disponendo che con il regolamento di
riorganizzazione del Mibact si procederà altresì a modificare il citato DPR 240/2003, per le parti necessarie
all’attuazione del co. 2.
Il comma 4, infine, dispone che
dall’attuazione dell’art. 14 non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Articolo 15
(Assegnazioni temporanee di personale e
procedure di mobilità per il Mibact)
L’articolo 15 ripristina la possibilità di proroga delle assegnazioni temporanee del personale non dirigente del comparto Scuola presso il Mibact e prevede la promozione, da parte dello stesso Ministero, di procedure di mobilità relative a personale non dirigente in servizio presso amministrazioni pubbliche.
In particolare, il comma 1 dispone
che, nelle more della definizione della procedura di mobilità (di cui all’art.
30, co. 2-bis, del D.Lgs. 165/2001), le assegnazioni
temporanee del personale non
dirigenziale del comparto Scuola presso il Mibact possono[67] essere prorogate
fino al 31 agosto 2015, in deroga al
limite massimo di 3 anni previsto dall’art. 30, co. 2-sexies, del D.lgs. 165/2001 e ai fini della predisposizione di un
piano di revisione dell’utilizzo del personale comandato.
La relazione illustrativa specifica che si tratta di 97 posizioni, di
cui: 29 di II area e 68 di III; 82 operanti presso le strutture centrali del
Ministero e 15 presso le sedi periferiche; 92 docenti e 5 unità di personale
A.T.A. (Ausiliario, Tecnico e Amministrativo). Precisa, inoltre, che
l’assegnazione temporanea attualmente in atto scadrebbe il 31 agosto 2014.
La proroga è
disposta per assicurare l’espletamento delle funzioni di tutela e
valorizzazione del patrimonio culturale statale.
Si ripristina,
così, la possibilità che era stata esclusa dall’art. 1, co. 3, del D.L.
150/2013 (L. 15/2014).
Quest’ultimo, infatti, ha
previsto la possibilità di proroga di un anno delle assegnazioni temporanee del
personale non dirigenziale presso il Mibact, fatta
eccezione proprio per il personale del comparto Scuola[68].
Il comma 2 dispone che, per le medesime
finalità previste dal comma 1, nonché per prevenire situazioni di emergenza e
di grave degrado e realizzare i connessi interventi, il MIBACT promuove la mobilità
volontaria attraverso il passaggio
diretto di personale non dirigenziale - in particolare, con competenze
tecniche specifiche in materia di beni culturali e paesaggistici - in servizio
presso amministrazioni pubbliche (di cui all’art. 1, co. 2, del D.lgs.
165/2001) che sono in situazione di soprannumerarietà
rispetto alla dotazione organica o di eccedenza per ragioni funzionali.
Il passaggio
avviene a seguito di una selezione
sulla base di criteri e nel rispetto
dei limiti numerici e finanziari individuati con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del
turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il
Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione.
Il
processo sembrerebbe già consentito a legislazione vigente.
Si segnala,
inoltre, che per l’emanazione del decreto interministeriale non è previsto un
termine.
Si ricorda, infatti, che la mobilità volontaria (tramite passaggio diretto di personale tra
amministrazioni pubbliche) è disciplinata dall'articolo 30 del D.lgs. 165/2001,
che ha disposto che le amministrazioni possono
ricoprire posti vacanti in organico mediante cessione del contratto di lavoro
di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre
amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Esse devono in ogni
caso rendere pubbliche le disponibilità dei posti in organico da ricoprire
attraverso passaggio diretto di personale da altre amministrazioni, fissando preventivamente i criteri di
scelta. Gli accordi, gli atti o le clausole dei contratti collettivi volti
ad eludere l'applicazione del principio del previo esperimento di mobilità
rispetto al reclutamento di nuovo personale sono nulli.
In particolare, il co. 2-bis
ha previsto che, prima di procedere
all’espletamento di procedure concorsuali, si devono attivare le procedure di
mobilità, immettendo in ruolo,
prioritariamente, i dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti
alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli
delle amministrazioni in cui prestano servizio. Entro i limiti dei posti vacanti, i dipendenti
sono inquadrati nella medesima area funzionale e con la posizione economica
corrispondente a quella posseduta nella amministrazione di provenienza.
Salvo diversa previsione, al dipendente si applica il
trattamento giuridico ed economico - compreso quello accessorio - previsto dal
contratto collettivo vigente nel comparto dell’amministrazione di destinazione.
Il comma 3 dispone, infine, che per la copertura degli oneri derivanti dalle misure disposte dal comma 1 - quantificati dalla relazione tecnica in 1,05 milioni di euro per il 2014 e in 2,1 milioni di euro per il 2015 - si provvede ai sensi dell’articolo 17.
Articolo 16
(Trasformazione di ENIT in ente pubblico
economico e liquidazione di Promuovi Italia S.p.A.)
L’articolo 16 provvede al riordino e alla razionalizzazione dell’ENIT-Agenzia nazionale per il turismo.
Gli elementi maggiormente significativi della riforma sono la trasformazione
dello stesso ENIT da ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico
in ente pubblico economico,
sottoposto alla vigilanza del Ministro dei beni e delle attività culturali e
del turismo e la contestuale liquidazione
di Promuovi Italia S.p.A. Conseguentemente vengono modificate le funzioni e
le caratteristiche del nuovo ente, la composizione e le modalità di nomina dei
componenti. La fase di transizione è affidata alla gestione di un commissario straordinario.
La trasformazione dell’ente è effettuata al fine di assicurare risparmi di spesa pubblica e di migliorare la promozione e la commercializzazione dell’offerta turistica anche in occasione della Presidenza italiana nel semestre europeo e di EXPO 2015 (comma 1).
Si ricorda che con l’art. 12 del D.L. n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, l'Ente nazionale del turismo (ENIT) è stato trasformato nell'ENIT-Agenzia nazionale del turismo, sottoposta all'attività di indirizzo e vigilanza del Ministro delle attività produttive, dotata di personalità giuridica di diritto pubblico, con autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione. L'Agenzia provvede alle spese necessarie per il proprio funzionamento attraverso le entrate derivanti da contributi dello Stato, delle regioni e di altri enti pubblici per la gestione di specifiche attività promozionali nonché dai proventi derivanti dalla gestione e dalla vendita di beni e servizi a soggetti pubblici e privati. Tra i compiti dell'Agenzia sono in particolare previsti lo sviluppo e la cura del turismo culturale e del turismo congressuale, in raccordo con le iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale.Si segnala che il contributo dello stato previsto per il 2014 ammonta a circa 18,4 mln di euro (capitolo 6820, "Spese di natura obbligatoria dell'ENIT", con una dotazione di competenza di 15,6 milioni di euro e il capitolo 6821, "Contributo per le spese di funzionamento dell'ENIT", con una dotazione di competenza di circa 2,8 milioni di euro). Infine dalla relazione del presidente dell’ENIT al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2014 risulta che le entrate previste ammontano a complessivi 23,5 mln di euro.
Con riguardo alle funzioni del nuovo ENIT, viene ribadita la missione di promozione nazionale del turismo, specificandosi che gli interventi sono finalizzati all’individuazione, organizzazione e commercializzazione dei servizi, turistici e culturali e dei prodotti enogastronomici tipici in Italia e all’estero, nonché alla promozione degli investimenti nei mezzi digitali.
L’ENIT conserva l’autonomia statutaria, regolamentare,
organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione. La sua attività è
disciplinata dalle norme di diritto privato e può stipulare convenzioni con le
Regioni, gli enti locali ed altri enti pubblici (commi 2-3).
Un punto significativo riguarda l’attività all’estero dell’ente, che sarà regolata da apposite
intese stipulate con il Ministero degli esteri.
Attualmente l’ENIT dispone di 25 strutture all’estero, articolate tra Direzioni d’area, Agenzie ed Antenne. Le Direzioni di area estera si collocano nel sistema organizzativo come centri di programmazione, attuazione e verifica delle attività promozionali e di gestione delle relative risorse. Una razionalizzazione dell’attività all’estero dell’ENIT è però stata già effettuata con il DL 83/2012, che all’art. 41, comma 3, ha disposto che l’ENIT opera all'estero nell'ambito delle Rappresentanze diplomatiche e consolari con modalità stabilite con apposita convenzione stipulata tra l'ENIT, il Ministero degli affari esteri e l'Amministrazione vigilante su ENIT. Lo stesso articolo ha individuato per il personale dell'ENIT all'estero, il limite di un contingente massimo di cinquanta unità in dotazione organica. Le sedi estere dell’ENIT costano circa 9 milioni di euro (da dati del bilancio 2013: 9.139.330,81 euro: totale della spesa di funzionamento delle delegazioni estere; previsione per il 2014: 8.296.579,10 di euro).
Gli organi
del nuovo ente restano tre: il presidente, il consiglio di amministrazione e il
collegio dei revisori dei conti. Cambia però significativamente la procedura di
nomina e la composizione degli organi stessi.
Il presidente
dell’ENIT è nominato con D.P.C.M. su proposta del Ministro dei beni e delle
attività culturali e del turismo (comma 5). Rispetto alla disciplina attuale
non è prevista l’intesa con la Conferenza Stato-regioni.
Attualmente, in base a quanto prescritto dal D.P.R. 6-4-2006 n. 207, art. 4 il Presidente dell’ENIT è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata su proposta del Ministro competente e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Si ricorda che la Corte, con sentenza 214/2006, chiamata a pronunciarsi sulle disposizioni legislative concernenti la riorganizzazione dell’ENIT (Agenzia nazionale del turismo non censura il legislatore statale sia perché la nomina dei componenti di tutti gli organi dell’ente è effettuata previa intesa (condizione della leale collaborazione) con la Conferenza Stato-Regioni (e il consiglio di amministrazione ha una rappresentanza regionale superiore a quella statale), sia per il compito affidato all’ente, che consiste (come osserva la Corte, p. 9 cons. dir.) esclusivamente nella promozione dell’immagine turistica italiana in senso unitario (condizione della proporzionalità).
Il consiglio
di amministrazione del nuovo ENIT è più snello di quello attuale (3 membri
contro gli attuali 5) ed è composto dal presidente e da due membri nominati dal
MIBACT di cui uno designato dalla Conferenza Stato-regioni e l’altro scelto tra
gli imprenditori del settore, nel rispetto della disciplina in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le
PA. Anche in questo caso non è prevista, per la nomina, la previa intesa in
Conferenza Stato-Regioni.
Si
ricorda che in base alla legge 18-6-2009 n. 69, art. 19 il consiglio di
amministrazione dell’ENIT - Agenzia nazionale del turismo è stato ridotto da 13
a 9 membri più il presidente. La
ripartizione dei nove seggi fra le amministrazioni e le associazioni di
categoria è stabilita con decreto del sottosegretario di Stato con delega al
turismo. Effettuata la ripartizione, i componenti del consiglio di
amministrazione sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri, d’intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano.
Il DL
78/2010 ha fissato il limite dei 5 membri per i consigli di amministrazione
degli enti pubblici.
Il processo di trasformazione dell’Enit passa attraverso il commissariamento dell’Ente stesso, che fino all’insediamento nei nuovi organi prosegue nel regime giuridico vigente.
Le funzioni del consiglio di amministrazione fino all’insediamento dei nuovi organi sono infatti svolte da un Commissario straordinario, nominato, entro il 30 giugno 2014, con D.P.C.M, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo (comma 4).
Si segnala che l'art. 11, co. 2, della L. 400/1988
prevede che i commissari straordinari del Governo chiamati a “realizzare
specifici obiettivi determinati” siano nominati con decreto del Presidente
della Repubblica.
Tra i compiti più rilevanti affidati al Commissario vi è quello di adottare il nuovo Statuto entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione. Inoltre, sentite le organizzazioni sindacali, adotta un piano di riorganizzazione del personale (comma 8). Infine pone in liquidazione Promuovi Italia S.p.A. (comma 10).
In sede di prima applicazione lo statuto è adottato dal Commissario e quindi approvato con D.P.C.M. su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo (comma 5). Non è previsto alcun coinvolgimento delle Regioni.
Si ricorda che lo Statuto dell’Enit era approvato dal consiglio di amministrazione a maggioranza e che il consiglio di amministrazione era nominato d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni.(Art. 12 del D.P.R. 6-4-2006 n. 207)
Lo statuto:
· specifica i compiti dell’ENIT al fine di promuovere il turismo, commercializzare i servizi turistici, culturali ed i prodotti enogastronomici in Italia e all’estero;
· prevede l’istituzione di un consiglio federale con funzioni progettuali e consultive.
Più in particolare il consiglio federale, istituito senza alcun nuovo o maggiore onere per la finanza pubblica, rappresenta le agenzie regionali per il turismo e in mancanza, gli uffici competenti per il turismo in ambito regionale, ha funzioni progettuali e consultive nei confronti del Presidente e del consiglio di amministrazione e, infine i componenti non hanno diritto a nessun compenso;
· disciplina compiti, funzioni e durata del consiglio federale, del consiglio di amministrazione, nonché dell’Osservatorio nazionale sul turismo
Si ricorda che l'Osservatorio Nazionale del Turismo è
stato istituito con il D.P.R. 6 aprile 2006 n. 207 e ha il compito di studiare, analizzare e monitorare
le dinamiche economico-sociali del turismo. (comma 6).
Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del
turismo, e il presidente dell’ENIT, sentita la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano
stipulano una convenzione con cadenza
triennale, che può esser adeguata annualmente per ciascun esercizio
finanziario. Nella convezione sono definiti:
· gli obiettivi della convenzione stessa al fine di promuovere il turismo, commercializzare i servizi turistici, culturali ed i prodotti enogastronomici in Italia e all’estero;
· i risultati attesi in un arco temporale predeterminato;
· le modalità degli eventuali finanziamenti statali e rgionali da accordare all’ENIT;
· le strategie per il miglioramento dei servizi;
· le modalità di verifica dei risultati;
· le modalità per conoscere il sistema gestionale interno dell’ENIT, tra cui l’organizzazione, i processi e l’uso delle risorse (comma 7).
Si ricorda che lo strumento della convenzione, allo scopo di assicurare all’autorità vigilante un effettivo controllo sull’attività svolta dall’ente, è previsto dall’articolo 8 del D.Lgs. 300/1999. Tale disposizione, in merito alle agenzie - strutture che svolgono attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale, in atto esercitate da ministeri ed enti pubblici- prevede, al comma 4, lett. e) la definizione, tramite una apposita convenzione da stipularsi tra il ministro competente e il direttore generale dell'agenzia, degli obiettivi specificamente attribuiti a questa ultima, nell'ambito della missione ad essa affidata dalla legge; dei risultati attesi in un arco temporale determinato; dell'entità e delle modalità dei finanziamenti da accordare all'agenzia stessa; delle strategie per il miglioramento dei servizi; delle modalità di verifica dei risultati di gestione; delle modalità necessarie ad assicurare al ministero competente la conoscenza dei fattori gestionali interni all'agenzia, quali l'organizzazione, i processi e l'uso delle risorse.
Nel periodo di transizione si applica il contratto collettivo di lavoro dell’ENIT. Il commissario straordinario adotta, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto e sentite le organizzazioni sindacali, un piano di riorganizzazione dove verranno individuate la dotazione organica dell'ente (come trasformato dall’articolo in esame) e le unità di personale a tempo indeterminato in servizio presso ENIT e Promuovi Italia S.p.A. da assegnare al nuovo ENIT. Nella individuazione il Commissario deve tener conto delle seguenti indicazioni:
· i requisiti oggettivi e i nuovi compiti dell’ENIT;
· l’esigenza di migliorare la digitalizzazione del settore turistico e delle attività di promozione e commercializzazione.
Infine il piano provvede alla riorganizzazione, anche tramite soppressione, delle sedi estere di ENIT.
Il personale a tempo indeterminato assegnato al nuovo ENIT ha tre opzioni: decidere di rimanere, transitare al MIBACT o, infine, transitare ad altra amministrazione[69].
Il personale a tempo indeterminato non assegnato al nuovo ENIT dal piano di riorganizzazione e quello interessato alla mobilità sono inseriti in un elenco che è trasmesso alla Presidenza del consiglio dei Ministri-Dipartimento per la funzione pubblica, che provvede alla collazione in altre amministrazioni, nei limiti della dotazione organica delle amministrazioni destinatarie e con contestuale trasferimento delle relative risorse.
L’assegnazione del personale ad altre amministrazioni è effettuato con un D.M. e i lavoratori sono inquadrati sulla base di apposite tabelle di corrispondenza. Al personale trasferito, che mantiene l’inquadramento previdenziale di provenienza, si applica il trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi vigenti dell’amministrazione di destinazione (commi 8-9).
L’articolo in esame provvede all’abrogazione della disciplina vigente sull’ENIT-Agenzia nazionale del turismo.
Come sopra ricordato, l’articolo 12 del D.L. 35/2005, ora abrogato dalle disposizioni in esame, aveva trasformato l'Ente nazionale del turismo (ENIT) nell'Agenzia nazionale del turismo sottoposta all'attività di indirizzo e vigilanza del Ministro delle attività produttive e dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, con autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione. Con l’art.19 della legge 18-6-2009 n. 69, è stata ridisegnata la disciplina concernente il consiglio di amministrazione.
Liquidazione della Società
Promuovi Italia S.P.A
Un punto significativo dell’articolo in esame è costituito dalla messa in liquidazione della Società Promuovi Italia S.P.A., il cui azionista unico è l’ENIT, da parte del Commissario entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della disposizione in commento.
Si ricorda che la Società svolge, per conto delle
Amministrazioni Centrali e Regionali competenti, le attività di assistenza tecnica
previste dall’articolo 12, comma 8 bis, D.L.35/2005, con particolare ma non esclusivo riferimento alle funzioni di supporto
agli interventi a sostegno dello sviluppo
delle attività economiche e occupazionali della filiera dell’industria
turistica e dei settori merceologici ad essa collegati (comma 10). La Società può,
più in generale, compiere tutte le operazioni e le attività necessarie od utili
per il conseguimento dell’oggetto sociale, ivi comprese l’assunzione diretta e
indiretta, di interessenze e partecipazioni in altri soggetti, sia italiani che
esteri aventi oggetto analogo, affine, complementare e comunque strumentale al
proprio ed a quello delle società alle quali partecipa, la concessione di
sostegno tecnico ed organizzativo alle iniziative promosse, la prestazione di
garanzie reali e/o personali per obbligazioni sia proprie che delle proprie
partecipare, ed in particolare fideiussioni, l’assunzione di finanziamenti e
mutui.
Tutti gli atti connessi alle operazioni di trasformazione in ente pubblico economico di ENIT e alla liquidazione di Promuovi Italia S.p.A. sono esclusi da ogni tributo e diritto e vengono effettuati in regime di neutralità fiscale, fatta eccezione per l’IVA (comma 11).
Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio pubblico (comma 12).
Articolo 17
(Norme per la copertura finanziaria)
L’articolo 17 reca la quantificazione degli oneri recati dal provvedimento in esame e la relativa copertura finanziaria.
Tali oneri sono quantificati pari a 1,1 milioni di euro per l'anno 2014, a 47,8 milioni per l'anno 2015, a 81,9 milioni per l'anno 2016, a 88,20 milioni per l'anno 2017, a 84,60 milioni per l'anno 2018, a 75,20 milioni per l'anno 2019 e a 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020.
Tali oneri derivano, nello specifico, dai seguenti articoli:
· articolo 1, recante il credito di
imposta per favorire le erogazioni liberali a sostegno della cultura;
· articolo 2, comma 5, che
autorizza il conferimento di incarichi di collaborazione per la creazione di
una segreteria tecnica di progettazione presso la Soprintendenza Speciale per i
beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia;
· articolo 3, che reca misure
urgenti per la valorizzazione del complesso della Reggia di Caserta;
· articolo 6, comma 2, che aumenta
la dotazione del c.d. tax credit per il cinema e l’audiovisivo;
· articolo 7, comma 3, che reca il
rifinanziamento del Fondo “Mille giovani per la cultura”;
· articolo 8, che dispone in
materia di utilizzo di giovani per i servizi di accoglienza al pubblico presso
istituti e luoghi della cultura, mediante contratti di lavoro flessibile;
· articolo 9, che reca un credito
d’imposta per la digitalizzazione degli esercizi ricettivi,
· articolo 10, che reca un credito
di imposta per favorire la riqualificazione e l'accessibilità delle strutture
ricettive;
· articolo 15, che proroga le
assegnazioni temporanee del personale non dirigente del comparto Scuola presso
il MIBACT.
Agli oneri si provvede:
a) quanto a 1,1 milioni di euro per l'anno 2014, a 6 milioni di euro per l'anno 2015, a 3,4 milioni di euro per l'anno 2016, a 4,4 milioni di euro per l'anno 2017, a 7,6 milioni di euro per l'anno 2018 e a 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.
Il Fondo per interventi strutturali di politica economica (ISPE) è stato istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282/2004, al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il Fondo, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze (cap. 3075) viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari.
La dotazione del Fondo ISPE risulta rideterminata nel bilancio 2014-2016 (legge n. 148/2013 e D.M. di ripartizione in capitoli del 27 dicembre 2013) in 44,3 milioni per il 2014, in 360,5 milioni nel 2015 e in 173,6 milioni nel 2016. Sugli stanziamenti indicati dalla legge di bilancio 2014-2016, hanno, peraltro, già inciso in senso riduttivo, una serie di interventi legislativi[70];
b) quanto a 41,8 milioni di euro per l'anno 2015, a 83,8 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017, a 77 milioni di euro per l'anno 2018 e a 70,20 milioni di euro per l'anno 2019, a valere sul fondo speciale di conto capitale, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
La Tabella che segue indica gli oneri complessivi e le risorse utilizzate a copertura per i primi anni dal 2014 al 2017, come indicati nel prospetto relativo recante gli effetti finanziari delle norma del provvedimento, ai sensi dell’articolo in esame:
milioni di euro
Art./comma |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
|
|
ONERI |
1,1 |
47,8 |
81,9 |
88,2 |
1 |
Credito di
imposta erogazioni liberali a sostegno della cultura |
0 |
2,7 |
11,9 |
18,2 |
2, co. 5 |
Assunzioni per
segreteria tecnica Grande Pompei |
0 |
0,5 |
|
|
3 |
Segretariato
generale reggia di Caserta |
0,05 |
|
|
|
6, co. 2 |
Aumento Tax credit
per il cinema |
|
5,0 |
5,0 |
5,0 |
7, co. 3 |
Rifinanziamento
Fondo “Mille giovani per la cultura” |
|
1,0 |
|
|
8 |
Occupazione
giovanile presso istituti pubblici della cultura |
|
1,5 |
|
|
9 |
Credito
d’imposta per la digitalizzazione degli esercizi ricettivi |
|
15,0 |
15,0 |
15,0 |
10 |
Credito di
imposta per favorire la riqualificazione e l'accessibilità delle strutture
ricettive |
|
20,0 |
50,0 |
50,0 |
15 |
Proroga comandi
personale non dirigente del comparto Scuola presso il Mibact |
1,05 |
2,1 |
|
|
17 |
COPERTURA |
1,1 |
47,8 |
87,2 |
88,2 |
a) |
Fondo
interventi strutturali di politica economica |
1,1 |
6,0 |
3,4 |
4,4 |
b) |
Fondo speciale
conto capitale |
|
41,8 |
83,8 |
83,8 |
Si segnala, come peraltro risulta evidente dalla tabella, che risulta un eccesso di risorse utilizzate a copertura per l’anno 2016.
Il comma 2 autorizza il Ministro dell’economia ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.
Articolo 18
(Entrata in vigore)
L’articolo 18 dispone l’entrata in vigore del decreto-legge il
giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.
Essendo avvenuta la pubblicazione il 31
maggio 2014, il decreto-legge è, pertanto, entrato in vigore il 1° giugno 2014.
DL.
83/2014: tabella degli adempimenti a carattere normativo
Articolo,
Comma |
Disposizione |
Provvedimento |
Termine |
Art. 3,
co. 1 e 3 (Riassegnazione
degli spazi della Reggia di Caserta) |
Nomina di un commissario straordinario, definizione
del compenso e specificazione dei compiti
nell’ambito di quelli definiti dal comma 2 dell’articolo 3, ai fini della predisposizione,
entro il 31 dicembre 2014, di un Progetto di riassegnazione e di restituzione
degli spazi del complesso della Reggia di Caserta alla loro destinazione
culturale, educativa e museale. |
D.P.C.M., su proposta del Ministro dei
beni e delle attività culturali e del turismo. |
Entro trenta giorni dalla data di entrata
in vigore del D.L. (1 giugno 2014)
|
Art. 5,
co. 1, lett. g), primo periodo (Fondazioni lirico-sinfoniche con forme
organizzative speciali) |
Determinazione
dei criteri per l’individuazione delle
fondazioni lirico-sinfoniche che si dotano di forme organizzative speciali. |
Decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo,
non avente natura regolamentare, di concerto con il Ministro dell’economia e
delle finanze |
Entro il 31 luglio 2014 |
Art. 5,
co. 1, lett. g), terzo periodo (Fondazioni lirico-sinfoniche con forme
organizzative speciali) |
Concreta individuazione delle
fondazioni di cui al primo periodo. |
Decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, aggiornabile
ogni tre anni. |
Entro il 31 ottobre 2014 |
Art. 6,
co. 2, lett. b) (Benefici fiscali per la produzione cinematografica
e audiovisiva) |
Definizione delle disposizioni applicative della disciplina sui benefici fiscali per
la produzione cinematografica e audiovisiva. |
Decreto del Ministro dei beni e delle attività
culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico. |
Entro il 30 giugno 2014[71] |
Art. 7,
co. 1 (Piano strategico “Grandi progetti Beni culturali”) |
Adozione di un
Piano strategico denominato “Grandi Progetti Beni culturali” per
accrescere la capacità attrattiva del Paese. |
Decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo,
sentito il Consiglio Superiore per i beni culturali e paesaggistici. |
Entro il 31 dicembre di ogni anno |
Art. 9,
co. 4 (Credito d’imposta per la digitalizzazione esercizi
ricettivi) |
Definizione delle tipologie di spese eleggibili, delle procedure per la loro ammissione al beneficio, delle soglie massime di spesa eleggibile
per singola voce di spesa e procedure
di recupero nei casi di utilizzo illegittimo. |
Decreto del Ministro dei beni e delle attività
culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico. |
Entro tre mesi dalla data di entrata in
vigore della legge di conversione del D.L. |
Art. 10,
co. 4 (Credito d’imposta per la riqualificazione strutture
ricettive) |
Disposizioni
applicative relative alle tipologie delle strutture ricettive
ammesse al credito d’imposta e degli interventi ammessi al beneficio, alle
procedure per l’ammissione al beneficio, alle soglie massime di spesa e alle
procedure di recupero in caso di utilizzo illegittimo. |
Decreto del Ministro dei beni e delle attività
culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze e il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni, le province autonome di
Trento e Bolzano. |
Entro tre mesi dalla data di entrata in
vigore della legge di conversione del D.L. |
Art. 8,
co. 4 (Occupazione giovanile presso gli istituti e luoghi
della cultura di appartenenza pubblica) |
Disciplina
applicativa per l’istituzione di elenchi di giovani con i quali rafforzare i servizi di assistenza e di accoglienza del
pubblico negli istituti e luoghi della
cultura di appartenenza pubblica. |
D.P.C.M., su proposta del Ministro dei
beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con i Ministri
dell’istruzione, università e ricerca, del lavoro e politiche sociali, per la
semplificazione e la pubblica amministrazione e dell’economia e delle
finanze, sentita la Conferenza Unificata. |
Entro novanta giorni dalla data di entrata
in vigore della legge di conversione del D.L. |
Art. 12,
co. 2 (Autorizzazioni paesaggistiche) |
Disposizioni modificative della
disciplina del procedimento
semplificato di autorizzazione paesaggistica al fine di ampliare e
precisare le ipotesi di interventi di
lieve entità e ulteriori semplificazioni procedimentali. |
Regolamento di delegificazione, su proposta
del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, d’intesa con la
Conferenza unificata. |
Entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore del D.L. |
Art. 14,
co. 2 (Eventuale trasformazione in soprintendenze autonome
di istituti e luoghi della cultura statali) |
Gli istituti e luoghi della cultura statali e gli uffici competenti su complessi di beni
distinti da eccezionale valore archeologico, storico, artistico o
architettonico, possono essere trasformati in soprintendenze dotate di
autonomia scientifica, finanziaria e organizzativa. |
Decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo,
di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro
per la semplificazione e la pubblica amministrazione. |
Adozione eventuale |
Art. 15,
co. 2 (Procedure di mobilità verso il Mibact di personale non dirigenziale) |
Individuazione
dei criteri e dei limiti numerici e finanziari per la selezione di personale
non dirigenziale in servizio presso amministrazioni pubbliche. |
Decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo,
di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro
per la semplificazione e la pubblica amministrazione. |
Termine non indicato |
Art. 16,
co. 9 (Riordino Enit) |
Assegnazione di personale a tempo
indeterminato in servizio presso ENIT e assegnato all’ente trasformato che
opti per il passaggio al MiBACT o ad
altra pubblica amministrazione. |
Decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica
amministrazione, di concerto con il Ministro per le finanze. |
Termine non indicato |
[1] Per la definizione di
beni culturali si rinvia all’apposito approfondimento web.
[2] Informazioni sulle erogazioni liberali per la
cultura ai sensi delle citate disposizioni del TUIR sono disponibili alla
pagina http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/Ministero/UfficioStampa/ComunicatiStampa/visualizza_asset.html_1969781888.html.
[3] Il decreto doveva essere emanato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. In particolare, i criteri da seguire per l’emanazione del decreto riguardavano la massima semplificazione della procedura e l’esclusione di qualsiasi onere amministrativo a carico del privato, la garanzia che la donazione fosse diretta allo scopo indicato dal donante, la pubblicità delle donazioni ricevute e del loro impiego, mediante una dettagliata rendicontazione, sottoposta agli organi di controllo, la previsione della possibilità di effettuare la donazione mediante versamento bancario o postale, ovvero secondo altre modalità tracciabili.
[4] La predisposizione del programma è stata affidata alla medesima Soprintendenza speciale, su proposta del Direttore generale per le antichità, previo parere del Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici.
[5] Così, rispondendo il 20 luglio 2011 all’interrogazione a risposta immediata 3-01761.
[6] Di cui, due rappresentanti del Mibac, due del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Mise, uno del Ministero dell’interno, uno dell’Ufficio del Ministro per la coesione territoriale, e uno della Commissione europea.
[7] Con DPCM 27 dicembre 2013 le relative funzioni sono state
attribuite, rispettivamente, al generale dell'arma dei
Carabinieri Giovanni Nistri e al dott. Fabrizio Magani, direttore regionale dei Beni culturali e
paesaggistici d'Abruzzo e responsabile del progetto l'Aquila.
[8] L’art. 1, co. 9, dello stesso D.L. 91/2013 ha sostituito alla
Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei la
Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia.
E’ stato, dunque, emanato il DM 3 dicembre 2013, di cui è stata
data notizia nella GU n. 31 del 7 febbraio 2014.
In base a quest’ultimo, la Soprintendenza ha competenza
territoriale sui seguenti comuni: Boscoreale, Boscotrecase, Casola di Pompei,
Castellamare di Stabia, Ercolano, Gragnano, Lettere, Ottaviano, Poggiomarino,
Pollena Trocchia, Pompei, Portici, S. Antonio Abate, S. Gennaro Vesuviano, S.
Giorgio a Cremano, S. Giuseppe Vesuviano, S. Maria La Carità, S. Sebastiano al
Vesuvio, Striano, Terzigno, Torre Annunziata, Torre del Greco, Trecase.
[9] L’UNESCO richiede per i siti iscritti nella World Heritage List, in quanto patrimonio dell’umanità, un piano di gestione, che riguarda la formulazione di una strategia complessa di conoscenza, tutela, conservazione e valorizzazione dei siti archeologici e di sviluppo economico locale dell’area.
Con comunicato stampa del 25 novembre 2013, il MIBACT ha reso noto che il protocollo d’intesa per il piano di gestione UNESCO, che prevede l'ampliamento della zona ‘di rispetto’ intorno al sito ‘Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata’ e le regole di gestione del territorio era stato siglato in pari data. Contestualmente si è costituito il tavolo di concertazione con la partecipazione del MiBACT, della Regione Campania, della Provincia di Napoli e di tutti i Comuni firmatari del Protocollo con funzione di coordinamento e confronto tra gli enti interessati, che ha lo scopo di definire un percorso coerente, condiviso e sostenibile di sviluppo del territorio attraverso il completamento del Piano di Gestione.
[10] In particolare, il piano prevede gli interventi infrastrutturali urgenti necessari per migliorare le vie di accesso ai siti archeologici e le interconnessioni fra gli stessi e per il recupero ambientale dei paesaggi degradati e compromessi, prioritariamente attraverso il recupero e il riuso di aree industriali dismesse, e interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana nel rispetto del principio del minor consumo di territorio e della priorità del recupero.
Il piano prevede anche interventi di promozione di erogazioni liberali e sponsorizzazioni, nonché la creazione di forme, anche innovative, di partenariato fra pubblico e privato e l’utilizzo dei giovani per i quali l’art. 2, co. 5-bis, del D.L. 76/2013 (L. 99/2013) ha istituito il Fondo “Mille giovani per la cultura”.
[11] All’accordo partecipano i soggetti pubblici e privati interessati, nonché i prefetti delle province di Napoli e Caserta e l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
[12] L’avviso per l’acquisizione di manifestazioni di interesse al comando presso l’Unità Grande Pompei, rivolto al personale delle amministrazioni da cui provengono i componenti del Comitato di gestione disciplinato dall’art. 7 del DPCM 12 febbraio 2014 “in corso di registrazione”, è stato pubblicato sul sito del Governo il 5 marzo 2014.
[13] Un piano complessivo, “finalizzato alla restituzione dell’intera Reggia alla sua destinazione culturale e museale”, era stato annunciato dal Mibact con comunicato stampa del 12 maggio 2014. Nello stesso si evidenziava, inoltre, che “si è preso atto dell’avvio dell’intervento di somma urgenza finalizzato alla copertura provvisoria, alla rimozione degli elementi instabili, alla sostituzione delle travi in legno ed alla ricomposizione del manto di tegole. E’ stata inoltre confermata la validità del progetto di manutenzione e ripristino dell’efficienza statica degli elementi portanti del tetto della Reggia, già in precedenza candidato ad altri finanziamenti ed immediatamente cantierabile, per il quale si è deciso di rendere disponibili nuove risorse finanziarie per l’importo di 5 milioni di euro con un immediato avvio delle procedure di gara. E’ stato, infine, sottolineato che sono altresì in corso di esecuzione interventi per il restauro e la messa in sicurezza delle facciate e dei cornicioni per un importo di oltre 21 milioni di euro”.
[14] Ora, in base al DPR 70/2013, Scuola nazionale dell’amministrazione.
[15] Oltre che il complesso di
San Leucio. Sul piano di gestione del sito Unesco, si veda, da ultimo, la risposta del Governo, il 15 novembre 2013,
all’interrogazione 4-01044.
[16] Di cui è stata data comunicazione nella
Gazzetta ufficiale n. 31 del 7 febbraio 2014.
[17] Come risulta nel sito della competente
Soprintendenza, nel complesso vanvitelliano si svolgono attività didattiche rivolte agli alunni delle
scuole di ogni ordine e grado.
[18] L’art. 6 della L. 800/1967 ha riconosciuto
come enti autonomi 11 teatri lirici – il Teatro Comunale di Bologna, il
Teatro Comunale di Firenze (ora, Fondazione Teatro del Maggio musicale
fiorentino), il Teatro Comunale dell'Opera di Genova (ora, Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova),
il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Massimo di Palermo, il Teatro dell'Opera di Roma, il Teatro Regio di Torino, il Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste,
il Teatro La Fenice di Venezia e l'Arena di Verona – ed ha individuato
l’Accademia nazionale di S. Cecilia di Roma
e l’Istituzione dei concerti e del teatro lirico Giovanni Pierluigi da
Palestrina di Cagliari (ora Fondazione teatro lirico di Cagliari),
quali istituzioni concertistiche assimilate.
Successivamente, il d.lgs. 367/1996 ha previsto la trasformazione in fondazioni di diritto privato degli
enti di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale, per
eliminare rigidità organizzative e creare disponibilità di risorse private in
aggiunta al finanziamento statale, costituito principalmente dal Fondo unico
per lo spettacolo. Ancora in seguito, il D.L. 345/2000 (L. 6/2001) ha
disciplinato la trasformazione di tali enti in fondazioni lirico-sinfoniche.
Agli enti sopra indicati si è aggiunta, a
seguito della L. 310/2003, la Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari.
Attualmente, pertanto, le fondazioni lirico-sinfoniche sono 14.
[19] Si trattava, alla data di entrata in vigore
del D.L. 91/2013, di: Fondazione Teatro del maggio musicale fiorentino, Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari, Fondazione
Teatro Massimo di Palermo.
Ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. 367/1996, il Ministro per i beni e le attività culturali può disporre lo scioglimento del consiglio di amministrazione dell’ente quando risultino gravi irregolarità amministrative, gravi violazioni di norme, ovvero in caso di bilancio preventivo in perdita.
Lo scioglimento è obbligatorio quando il conto economico registra per due esercizi consecutivi una perdita superiore al 30% del patrimonio o qualora siano previste perdite di analoga gravità.
Con il decreto di scioglimento vengono nominati uno o
più commissari straordinari, viene determinata la durata del loro incarico –
non superiore a 6 mesi, rinnovabile una sola volta (di fatto, proroghe sono
state disposte, nel tempo, in particolare, dall’art. 5, co. 1, del D.L.
248/2007 - L. 31/2008; dall’art. 40, co. 2, del D.L. 207/2008 - L. 14/2009;
dall’art. 1, co. 1, del D.L. 225/2010 - L. 10/2011; dall’art. 1 del DPCM 25
marzo 2011; dall’art. 1, co. 390, della L. 228/2012; dal DPCM 26 giugno 2013) –
nonché il compenso loro spettante. I commissari straordinari esercitano tutti i
poteri del c.d.a.; provvedono alla
gestione della fondazione e ad accertare e rimuovere le irregolarità; a
promuovere le soluzioni utili al perseguimento dei fini istituzionali. Possono
motivatamente proporre la liquidazione. Ricorrendone i presupposti, promuovono
la dichiarazione di decadenza dai diritti e dalle prerogative riconosciuti
dalla legge agli enti originari. Spetta loro, infine, l'esercizio dell'azione
di responsabilità contro i componenti del disciolto consiglio di
amministrazione, previa autorizzazione ministeriale.
[20] La
relazione illustrativa all’A.S. 1014 evidenziava che nel corso degli ultimi due
esercizi erano stati sottoposti ad amministrazione straordinaria il Teatro
Carlo Felice di Genova e il Teatro Lirico di Trieste.
[21] Il piano doveva essere presentato ad un commissario straordinario entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge e doveva essere approvato con decreto MIBACT-MEF entro 30 giorni dalla sua presentazione. E’ stato, inoltre, previsto che il commissario straordinario sovrintende all’attuazione dei piani, può richiedere il loro aggiornamento e, previa diffida ad adempiere, può adottare atti e provvedimenti anche in via sostitutiva, al fine di assicurare la coerenza delle azioni di risanamento con i piani approvati.
[22] L’art. 72, co. 11, del D.L. 112/2008 ha riconosciuto la facoltà per le pubbliche amministrazioni, per il triennio 2009-2011 (periodo successivamente prorogato per il triennio 2012-2014 dall’art. 1, co. 16, del D.L. 138/2011), di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro nel caso in cui il dipendente (compresi i dirigenti) abbia maturato un’anzianità contributiva pari a 40 anni. La facoltà rientra nei poteri di organizzazione della P.A. ai sensi dell’art. 5 del D.lgs. 165/2001. La nuova disciplina non trova applicazione nei confronti dei magistrati, dei professori ordinari e dei dirigenti medici responsabili di struttura complessa. Successivamente, l'art. 16, co. 11, del D.L. 98/2011 ha previsto che, in caso di risoluzione del rapporto di lavoro derivante dall’esercizio della facoltà richiamata, la P.A. non debba fornire ulteriori motivazioni, qualora essa abbia preventivamente determinato in via generale appositi criteri applicativi con atto generale di organizzazione interna, sottoposto al visto dei competenti organi di controllo. Specifici criteri e modalità applicative per i dipendenti dei comparti sicurezza, difesa ed esteri, sono rimessi ad appositi DPCM.
[23] La società Arte Lavoro e Servizi (ALES spa) è stata costituita nel dicembre 1998, ai sensi dell'art. 20 della L. 196/1997, al fine di consentire la stabilizzazione di personale impiegato in attività socialmente utili presso il MIBAC ed ha come oggetto sociale lo svolgimento di attività di servizi di conservazione del patrimonio culturale. Il Ministero partecipò alla costituzione, sottoscrivendone il capitale per il 30% delle azioni. Socio di maggioranza era Italia Lavoro spa, allora controllata da Itainvest spa. L'articolo 26, comma 1, della L. 69/2009 ha successivamente disposto il trasferimento a titolo gratuito della titolarità della partecipazione azionaria detenuta da Italia Lavoro spa in ALES spa (70%) al MIBAC, al fine di garantire la continuità occupazionale del personale impiegato nella stessa ALES spa, con riguardo – secondo quanto desumibile dalla rubrica dell’articolo – al personale impiegato in attività socialmente utili attraverso società partecipate da Italia Lavoro spa. In base a tale previsione, il MIBAC – che precedentemente deteneva solo il 30% del capitale sociale – è divenuto azionista unico della ALES spa..
[24] Le fondazioni per le quali non è stato presentato o non è stato approvato entro i termini previsti un piano di risanamento, ovvero che non raggiungono entro l’esercizio 2016 le condizioni di equilibrio strutturale del bilancio, sia sotto il profilo patrimoniale, sia sotto il profilo economico-finanziario, sono poste in liquidazione coatta amministrativa.
[25] Più ampiamente, per tutto l’art. 11 del D.L. 91/2013, si veda dossier del Servizio Studi n. 75 del 26 settembre 2013.
[26] Si veda anche il comunicato stampa del 13 febbraio 2014 del Mibact.
[27] Questa prescrizione non si applica alla Fondazione dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia, che è presieduta dal presidente dell'Accademia stessa, il quale svolge anche funzioni di sovrintendente.
[28] Al riguardo si
ricorda che il D.P.R. n. 117/2011 che, in
applicazione della norma primaria citata nel testo, aveva stabilito criteri
e modalità per il riconoscimento, è stato successivamente annullato con
sentenza del TAR
del Lazio, sezione prima, n. 10262 del 7 dicembre 2012.
L’annullamento è stato confermato dal Consiglio di Stato, sezione quarta, con sentenza n. 3119
del 6 giugno 2013. Sulla base del D.P.R. 117/2011 era stata
riconosciuta la forma organizzativa speciale all’Accademia di S. Cecilia (D.M. 23 gennaio 2012)
e al Teatro alla Scala (D.M. 16 aprile 2012).
[29] I nuovi criteri generali e le percentuali di
ripartizione della quota del Fondo unico per lo spettacolo destinata alle
fondazioni lirico-sinfoniche sono stati definiti, da ultimo, con DM 3 febbraio 2014 (G.U. n. 116 del 21 maggio 2014).
[30] La disposizione citata prevede, altresì, che il sovrintendente può
essere coadiuvato da un direttore artistico e da un direttore amministrativo.
[31] In base alle informazioni assunte presso il Mibact, si tratta delle fondazioni presenti a Palermo, Bari, Napoli, Roma (Opera), Firenze, Bologna, Trieste, Genova.
[32] Il finanziamento erogabile a ciascuna fondazione è definito con il decreto interministeriale MIBACT-MEF di approvazione del piano di risanamento (comma 2).
[33] Tale Fondo è stato istituito, per gli anni 2013 e 2014, nello stato di previsione del MEF per concedere anticipazioni di liquidità a favore delle regioni e degli enti locali per far fronte al pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati dagli enti territoriali alla data del 31 dicembre 2012. Il Fondo è distinto in tre sezioni: “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali”, gestita da Cassa depositi e prestiti fuori bilancio, “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari”, “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale”. Tali ultime due sezioni sono gestite direttamente dal MEF. Il Fondo opera a restituzione, nel senso che le anticipazioni di liquidità sono erogate agli enti territoriali i quali sono tenuti a restituirle secondo un piano di ammortamento, che, per ciò che specificamente concerne gli enti locali, è di durata massima di 30 anni e prevede rate costanti annuali, comprensive di quota capitale e quota interessi.
La dotazione originaria del Fondo, pari complessivamente a € 9,328 mld per il 2013 e € 14,528 mld per il 2014, è stata successivamente rideterminata dal D.L. 102/2013 (L. 124/2013) in complessivi € 16,5 mld per il 2013 e in € 14,5 mld per il 2014.
Le risorse per il 2014 risultano così ripartite tra le tre Sezioni del Fondo: 2,2 mld. alla “Sezione enti locali”, 4,2 mld alla “Sezione regioni per i debiti non sanitari” e 8,1 mld alla “Sezione debiti Servizio Sanitario Nazionale”.
[34] In proposito, la relazione tecnica al ddl di conversione del decreto-legge (A.S. 1014) chiariva che si trattava di una stima prudenziale operata al fine di tener conto del possibile minor flusso di interessi attivi che sarebbero derivati dai finanziamenti a favore delle fondazioni lirico-sinfoniche, dal momento che il comma 7 non fissava il tasso di interesse dei finanziamenti, che sarebbe potuto risultare inferiore a quello che sarebbe stato realizzato qualora le somme fossero state utilizzate per le anticipazioni concesse agli enti locali ai sensi della normativa sul Fondo liquidità di cui all’art. 1, co. 10, del D.L. 35/2013. La medesima relazione tecnica affermava, altresì, che l’importo di 3 milioni di euro a decorrere dal 2015 corrispondeva ad un tasso medio del 4 per cento sull’intero ammontare dei prestiti concedibili, pari a 75 milioni di euro.
[35] La previsione, originariamente riferita al triennio 2008-2010, era stata prorogata al triennio 2011-2013 dall’art. 2, co. 4, del D.L. 225/2010 (L. 10/2011).
[36] In base al co. 5 dello stesso art. 8, ai soli fini della concessione dei crediti d’imposta, per “produttori indipendenti di opere audiovisive” si intendono gli operatori di comunicazione che svolgono attività di produzioni audiovisive e che non sono controllati da o collegati a emittenti, anche analogiche, che per un periodo di tre anni non destinino almeno il 90% della propria produzione ad una sola emittente e che detengano diritti, relativi alla trasmissione delle opere sulle quali sono richiesti i benefici, secondo specifiche disposizioni affidate al decreto interministeriale previsto dal co. 4. Si tratta di una definizione più rigorosa di quella recata dall’art. 2, co. 1, lett. p), del D.lgs. 177/2005.
[37] Più ampiamente, si veda scheda art. 1, co. 105 e 106, L. 147/2013 nel dossier n. 95/3 del Servizio Studi del 31 gennaio 2014.
[38] Più ampiamente, si veda dossier del Servizio Studi n. 75 del 26 settembre 2013.
[39] Nel Decreto 106303 del 27 dicembre 2013, di ripartizione in capitoli delle Unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2014 e per il triennio 2014–2016, le risorse previste dall’art. 2, co. 5-bis, del D.L. 76/2013 sono state allocate sul capitolo 1325, unitamente alle risorse (€ 2,5 mln) stanziate dall’art. 2 del D.L. 91/2013, che ha previsto un programma straordinario per lo sviluppo delle attività di inventariazione, catalogazione e digitalizzazione del patrimonio culturale italiano, nel quale devono essere utilizzati 500 giovani di età inferiore a 35 anni.
[40] Al riguardo, si veda, più approfonditamente, il dossier del Servizio Studi n. 75 del 26 settembre 2013, nonchè la nota n. 40.
[41] Torino, Genova, Roma, Milano, Parma, Napoli, Mantova, Modena, Bari, Venezia, Bologna, Palermo, Bolzano, Firenze, Cagliari, Trieste, Perugia.
[42] Con D.M. 31.1.2006, inoltre, sono state definite 8
tipologie di Scuole di specializzazione
nel settore della tutela, gestione e valorizzazione del patrimonio culturale,
ai sensi dell’art. 6 della L. 29/2001. Esse riguardano i beni archeologici; i beni architettonici e del paesaggio; i beni storici artistici; i beni archivistici e librari; i beni demoetnoantropologici; i beni musicali; i beni scientifici e tecnologici; i beni naturali e territoriali.
[43] Ai sensi dell’art. 70, co. 1, del d.lgs. 276/2003, per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo. Fermo restando il limite complessivo di 5.000 euro nel corso di un anno solare, nei confronti dei committenti imprenditori commerciali o professionisti, le attività lavorative possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, rivalutati annualmente. Inoltre, per gli anni 2013 e 2014, possono essere rese prestazioni di lavoro accessorio da percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nel limite massimo di 3.000 euro di corrispettivo per anno solare (fermo restando che il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio da parte di un committente pubblico è consentito nel rispetto dei vincoli previsti dalla disciplina vigente in materia di contenimento delle spese di personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno).
[44] Essi riguardano: il servizio editoriale e di vendita di cataloghi, sussidi catalografici, audiovisivi e informatici, nonché di ogni altro materiale informativo, e le riproduzioni di beni culturali; i servizi relativi a beni librari e archivistici per la fornitura di riproduzioni e il recapito del prestito bibliotecario; la gestione di raccolte discografiche, di diapoteche e biblioteche museali; la gestione dei punti vendita e utilizzazione commerciale delle riproduzioni dei beni; i servizi di accoglienza, informazione, guida e assistenza didattica; i servizi di caffetteria, di ristorazione, di guardaroba; l'organizzazione di mostre e manifestazioni culturali, nonché di iniziative promozionali.
[45] Il 12 dicembre 2013 le associazioni Confguide, ANGT (Associazione nazionale guide turistiche) e Federagit - Confesercenti guide turistiche, sono intervenute in un’audizione informale presso la Commissione X della Camera dei Deputati, nell'ambito della discussione congiunta delle risoluzioni Prodani n. 7-00116 e Petitti n. 7-00182, riguardanti la revisione organica della disciplina relativa all'esercizio della professione di guida turistica. La risoluzione conclusiva 8-00052 è stata poi approvata dalla Commissione.
[46] 1-00388 e abbinate.
[47] Tale termine era di 90 giorni dal 4 settembre 2013, data di entrata in vigore della legge europea 2013.
[48] Indirizzi, criteri, modalità per la riproduzione di beni culturali sono stati definiti con DM 20 aprile 2005 (GU 2 luglio 2005, n. 152).
[49] Sono, invece, consentiti, previa autorizzazione del soprintendente, i calchi da copie degli originali già esistenti e quelli ottenuti senza contatto diretto con l’originale.
[50] Gli importi minimi dei canoni erano stati fissati con DM 8 aprile 1994 (GU 6 maggio 1994, n. 104), richiamato nelle premesse del DM 20 aprile 2005.
[51] Le liste di leva sono versate 70 anni dopo l’anno di nascita della classe cui si riferiscono. Inoltre, gli archivi notarili versano gli atti notarili ricevuti dai notai che hanno cessato l’esercizio professionale prima degli ultimi 100 anni.
Le disposizioni sul versamento non si applicano, comunque, al Ministero degli affari esteri, agli stati maggiori dell’esercito, della difesa, della marina e dell’aeronautica, nonché al Comando generale dell’Arma dei carabinieri, per quanto attiene la documentazione di carattere militare e operativo.
[52] In base ai co. 1 e 2 dell’art. 16 citato, i Ministeri e la Presidenza del Consiglio dei ministri devono assicurare per il 2014 un risparmio di spesa complessivo pari ad € 240 mln.
[53] L’art. 17, co. 4-bis, della L. 400/1988 prevede regolamenti di delegificazione, adottati con D.P.R., sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari.
[54] Analoga novella del d.lgs. 300/1999 (con riferimento all’art. 75) è stata effettuata per consentire di articolare l’organizzazione periferica del MIUR anche in Uffici scolastici regionali di livello dirigenziale non generale dall’art. 1, co. 394, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014).
[55] Inoltre, era previsto il conferimento, ai sensi dell’art. 19, co. 10, del d.lgs. 165/2001, di due incarichi di funzioni dirigenziali di livello generale presso il collegio di direzione del Servizio di controllo interno del Ministero.
[56] Per quanto qui maggiormente interessa, si ricorda che il citato co. 404 ha previsto, alla lett. a), l’emanazione di un regolamento con cui provvedere alla riorganizzazione degli uffici di livello dirigenziale, procedendo, in particolare, alla riduzione in misura non inferiore al 10 per cento di quelli di livello dirigenziale generale e alla eliminazione delle duplicazioni organizzative esistenti. Ai sensi del citato co. 1133, per gli uffici di livello dirigenziale generale del Mibac si teneva conto (ai fini di cui al co. 404, lett. a)) di quanto già disposto con l’art. 2, co. 94, del D.L. 262/2006 (ovvero, delle disposizioni di novella dell’art. 54 del d.lgs. 300/1999).
[57] A seguito dell’art. 74 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008).
[58] Direzione generale per l'organizzazione, gli affari generali, l'innovazione, il bilancio ed il personale; Direzione generale per le antichuità; Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l'architettura e l'arte contemporanee; Direzione generale per la valorizzazione del patrimonio culturale; Direzione generale per gli archivi; Direzione generale per le biblioteche, gli istituti culturali ed il diritto d'autore; Direzione generale per il cinema; Direzione generale per lo spettacolo dal vivo.
[59] Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici di: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria, Veneto.
[60] Uno degli incarichi relativi ai due uffici dirigenziali di livello generale presso il Gabinetto del Ministro può essere conferito anche presso l'Ufficio legislativo. E’ stato, inoltre, ridefinito il Servizio di controllo interno (SECIN) - le cui attività precedentemente erano svolte da un collegio di tre membri, due dei quali con incarico di dirigenti generali - come organo monocratico, la cui direzione è affidata ad un dirigente con incarico di funzione dirigenziale di livello generale o ad un esperto estraneo alla pubblica amministrazione, entro i limiti di dotazione organica dei dirigenti di prima fascia.
[61] L’art. 2, co. 10, del D.L. 95/2012 aveva previsto, entro 6 mesi dall’adozione dei DPCM di riduzione delle dotazioni organiche, la ridefinizione degli assetti organizzativi delle amministrazioni che, per i Ministeri, in base al co. 10-ter, doveva essere operata con DPCM. Il termine per l’uso di tale deroga al sistema delle fonti, inizialmente fissato al 31 dicembre 2012, è stato oggetto di successive proroghe (l’art. 1, co. 406, della L. 228/2012 ha prorogato il termine al 28 febbraio 2013; l’art. 2, co. 7, del D.L. 101/2013 - L. 125/2013 - ha disposto l’ulteriore proroga al 31 dicembre 2013), l’ultima delle quali disposta, fino al 28 febbraio 2014, dall’art. 1, co. 6, del D.L. 150/2013 (L. 15/2014).
[62] Peraltro,
con il comunicato stampa del 12 febbraio 2014
il Mibact aveva fatto presente che la riforma complessiva sarebbe stata
operata con il coinvolgimento del Parlamento, attraverso l’iter ordinario con
decreto del Presidente della Repubblica.
[63] Rispetto agli uffici dirigenziali generali centrali individuati dal DPR
233/2007, la denominazione della “Direzione generale per la valorizzazione del
patrimonio culturale” è stata cambiata in “Direzione generale per la
valorizzazione e la promozione del patrimonio culturale” ed è stata inserita la
Direzione generale per il turismo. Con riferimento a tale ultimo aspetto, si
ricorda che, conseguentemente al trasferimento al Mibac
delle funzioni esercitate dalla Presidenza del Consiglio in materia di turismo,
operata dall’art. 1, co. da 2 a 8 e 10, della
L. 71/2013, con DM 18 novembre 2013 (registrato dalla Corte
dei Conti in data 21/02/2014 al n. 296), è stata istituita la Direzione
generale per le politiche del turismo, articolata in 4 uffici dirigenziali di
livello non generale.
[64] 1 dirigente generale, 4 dirigenti di seconda fascia, 49 unità di personale.
[65] La struttura è articolata in una “Unità di coordinamento nazionale UCCN-MIBAC”, istituita presso il Segretariato generale, e nelle “Unità di coordinamento regionale UCCR-MIBAC”, istituite presso le direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici. In occasione di eventi emergenziali derivanti da calamità naturali, la struttura operativa viene attivata dal Segretario generale.
[66] La direttiva precisa,
altresì, che per la Sicilia, in
considerazione del fatto che l’articolazione che l'articolazione del Ministero
non prevede in tale regione la direzione regionale e che il Ministero ha
competenza esclusivamente sul patrimonio archivistico, il coordinamento delle
attività in caso di calamità sarà effettuato direttamente dalla Direzione
generale per gli archivi. Per il Trentino-Alto
Adige, in considerazione del fatto che l'articolazione del Ministero non
prevede in tale regione la direzione regionale, in caso di emergenza, per i
beni culturali sottoposti alla competenza del Ministero, si attiverà l'UCCR-MiBAC della regione Veneto.
[67] La “possibilità” di proroga è collegata all’assenso dell’interessato, al previo parere favorevole dei dirigenti delle strutture interessate, nonché ai posti disponibili nell’organico del Mibact.
[68] All’epoca, in base ad informazioni assunte per le vie brevi dai competenti uffici del Mibact, l’eccezione per il personale della scuola era stata determinata dall’onere che sarebbe insorto per la sostituzione del personale comandato.
Peraltro,
rispondendo alle perplessità sollevate al riguardo dalla relatrice
presso la 7^ Commissione del Senato nella seduta del 22 gennaio 2014, il rappresentante
del Governo aveva osservato che, “per quanto riguarda il Ministero
dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il rientro di detto personale
è certamente necessario”.
[69] Per un esame dettagliato della disciplina vigente in materia di mobilità volontaria si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 14.
[70] In particolare:
• l’art. 2, co. 4, D.L. n. 120/2013: riduzione del Fondo di 1 milione di euro a decorrere dal 2014 a copertura degli oneri, in termini di minori interessi attivi per il bilancio dello Stato, determinati dalla norma di copertura contenuta nel comma 3 del medesimo articolo;
• l’art. 12, co. 7-ter, D.L. n. 145/2013: riduzione Fondo di 7,5 milioni nel 2014, a parziale copertura degli oneri derivanti dal mancato incremento dell'accisa sulla birra a partire dal 1° marzo 2014; inoltre, l’art. 4, co. 14 del medesimo D.L. ha ridotto il Fondo di 40 milioni per l'anno 2015 a parziale copertura dell'onere recato dagli accordi di programma per le bonifiche dei siti di interesse nazionale;
• l’art. 4, co. 8, D.L. n. 150/2013: riduzione di 3,4 milioni per l'anno 2015 a parziale copertura degli oneri derivanti dalla proroga delle misure di sospensione degli sfratti;
• l’art. 4, co. 1, lett. a), del D.L. n. 4/2014: riduzione di 8,8 milioni per l'anno 2014, di 24 milioni per l'anno 2015, di 41,5 milioni per l'anno 2016 e di 55 milioni a decorrere dal 2017.
• l’art. 1, co. 2, D.L. n. 16/2014: riduzione di 6,8 milioni nel 2014, a parziale copertura dell'aumento di 125 milioni del contributo assegnato ai comuni dal precedente comma 1, lettera d), a valere sul Fondo di solidarietà comunale (da 500 a 625 milioni); inoltre, l’art. 17, co. 3, del D.L. n. 16/2014 reca una ulteriore riduzione di 9,4 milioni per il 2014, a parziale copertura degli oneri derivanti dalle misure per il trasporto pubblico locale ferroviario tra lo Stato e la Regione Valle d'Aosta (contributo a Trenitalia per corrispettivo dei servizi resi nel periodo gennaio-luglio 2014).
[71] Il termine originariamente previsto (art. 8, co. 4, del D.L. 91/2013) per l’emanazione del decreto era il 9 gennaio 2014.