XVI LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 127 di giovedì 5 febbraio 2009
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE
La seduta comincia alle 14.
EMILIA GRAZIA DE BIASI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 3 febbraio 2009.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brugger, Cirielli, Cota, Donadi, Fallica, Gidoni, La Forgia, Lo Monte, Mogherini Rebesani, Mussolini, Pescante, Saglia e Soro sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Informativa urgente del Governo sulla recente gravissima aggressione nei confronti di un cittadino indiano verificatasi a Nettuno, in provincia di Roma.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sulla recente gravissima aggressione nei confronti di un cittadino indiano verificatasi a Nettuno, in provincia di Roma.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.
(Intervento del Sottosegretario di Stato per l'interno)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per l'interno, Francesco Nitto Palma.
NITTO FRANCESCO PALMA, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, innanzitutto esprimo la più ferma condanna del Governo per ogni gesto di violenza criminale, in specie se commesso ai danni di categorie vulnerabili, a cui non potrà che corrispondere una decisa reazione delle istituzioni a garanzia della legalità e della sicurezza delle persone.
Mi corre l'obbligo di evidenziare che i responsabili del grave gesto, come è noto, sono già stati individuati. Il procuratore della Repubblica di Velletri, il 1 febbraio scorso, ha iscritto un procedimento penale a carico di due persone per il delitto di tentato omicidio pluriaggravato in concorso, mentre la competente procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni procede a carico di un terzo indagato non ancora maggiorenne. Nella giornata di ieri, il predetto tribunale ha tramutato il fermo del minore in misura cautelare in carcere. Lo scorso 3 febbraio è stata depositata presso la cancelleria del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Velletri la richiesta di convalida Pag. 2del fermo operato dalla polizia giudiziaria per i due maggiorenni, la cui decisione è prevista in giornata.
Dopo queste brevi premesse, illustro i fatti come ricostruiti dal comando generale dell'Arma dei carabinieri. Lo scorso 1 febbraio, alle ore 4,30, una persona di origine indiana, mentre stava dormendo all'interno della sala d'attesa della stazione ferroviaria di Nettuno, è stata aggredita da alcuni giovani che le hanno dato fuoco, dopo averla cosparsa di liquido infiammabile. L'extracomunitario, clandestino, senza famiglia e senza una fissa dimora, per la gravità delle lesioni riportate su diverse parti del corpo è stato dapprima trasportato all'ospedale di Anzio e poi al centro grandi ustionati dell'ospedale Sant'Eugenio di Roma.
Le indagini, condotte dai carabinieri della compagnia di Anzio, si sono immediatamente concentrate su tre giovani che si aggiravano a bordo di un'autovettura nei pressi dello scalo ferroviario poco prima dell'episodio delittuoso. I ragazzi erano stati fermati da una pattuglia della stazione dei carabinieri di Nettuno, che li aveva rimproverati per il comportamento mantenuto alla guida dell'auto. I giovani - un sedicenne, un diciannovenne e un ventinovenne - sono stati poi singolarmente sentiti, per verificarne l'eventuale coinvolgimento nell'episodio delittuoso. Dagli interrogatori sono emerse contraddizioni, a seguito delle quali il diciannovenne ha confessato le proprie responsabilità. Le dichiarazioni rese sono state sostenute da ulteriori elementi oggettivi, tra cui alcune macchie inequivocabili sugli indumenti. Secondo quanto affermato dal comando generale dell'Arma dei carabinieri, dalla ricostruzione dell'evento e dall'esito delle perquisizioni domiciliari si può escludere che alla base del gesto vi siano motivazioni razziali.
Da un punto di vista più generale, ritengo necessario fornire un quadro complessivo della situazione della delittuosità nel comune di Nettuno, con particolare riguardo agli omicidi, ai tentati omicidi e alle lesioni dolose. Nel territorio comunale non sono stati commessi omicidi né nel 2007 né nel 2008; nel 2007 erano stati commessi due tentati omicidi, mentre questo delitto non è stato perpetrato nel 2008. II dato sulle lesioni dolose è stabile: sono stati commessi 42 reati nel 2007 e altrettanti nel 2008.
Per il controllo del territorio e la lotta alla criminalità, a Nettuno opera una stazione dei carabinieri con 24 unità, a fronte di una previsione organica di 23 persone, e una compagnia della guardia di finanza con 55 unità, contro le 56 previste in organico. Nel limitrofo comune di Anzio è presente: un commissariato della Polizia di Stato, con 85 unità, a fronte delle 62 previste, e con una squadra nautica composta di 12 persone; una compagnia dell'Arma dei carabinieri con 43 unità, a fronte delle 36 previste (l'Arma dispone anche di una motovedetta, con due unità di personale); una sezione operativa navale della guardia di finanza, con 48 operatori rispetto ai 36 previsti.
Il problema della sicurezza delle stazioni ferroviarie è da tempo all'attenzione del Ministero dell'interno che partecipa, attraverso la prefettura di Roma, alle iniziative adottate in seno al tavolo tecnico interistituzionale, avviate nell'ambito del protocollo d'intesa tra la regione Lazio e la società Rete ferroviaria italiana per la riqualificazione delle stazioni ferroviarie sul territorio regionale. Obiettivo del protocollo è quello di limitare il degrado stimolando gli investimenti privati. Ciò al fine di rendere fruibili i luoghi e renderli centri di aggregazione con illuminazione e negozi, dando spazio alle associazioni per l'apertura di sportelli di volontariato e di iniziative culturali. Si tratta di un'operazione di concerto tra enti locali, forze dell'ordine e associazioni per imprimere una spinta di rinnovamento culturale sul tema della sicurezza.
Il presidente della regione Lazio, nella riunione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica dello scorso 26 gennaio, ha confermato la volontà di continuare ad investire in piani di intervento diretti alla riqualificazione strutturale del territorio, con progetti di video-sorveglianza, Pag. 3o alle necessità logistiche delle forze dell'ordine, con finanziamenti per le caserme.
(Interventi)
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Lorenzin. Ne ha facoltà.
BEATRICE LORENZIN. Signor Presidente, non possiamo che essere soddisfatti dell'informativa del Governo, e ne approfittiamo anche per esprimere estrema soddisfazione per l'intervento tempestivo delle forze dell'ordine, che ci hanno permesso di assicurare alla giustizia gli autori di un barbaro atto come quello che è accaduto a Nettuno.
Devo dire che questo ennesimo delitto, che si è verificato nella regione Lazio in un susseguirsi di accadimenti che ci sono stati nelle ultime settimane, non ha potuto non indurci ad una riflessione seria sulla cultura dell'odio e della violenza che c'è nel nostro Paese. Le risposte, per quanto riguarda gli aspetti precipui dei sistemi di sicurezza, per noi sono soddisfacenti, soprattutto con riferimento al pacchetto sicurezza da poco licenziato dalle Camere.
Certamente ci interroghiamo su un clima che si è creato nel nostro Paese, su un clima che soprattutto tra i giovanissimi vede una cultura dell'odio e della violenza, che credo tutti quanti noi potremo affrontare in modo molto cogente anche approfittando dei provvedimenti che sono stati introdotti con la cosiddetta legge Gelmini, che ha istituito, ad esempio, all'interno delle scuole l'insegnamento dell'educazione civica. La formazione diventa un elemento importante di prevenzione dei fenomeni di bullismo e di violenza. Se leggiamo in modo combinato quello che il Governo sta facendo in termini di sicurezza e quello che sta facendo in termini di formazione e di esaltazione di una cultura della responsabilità personale, molto potremo fare anche nei prossimi mesi.
Un aspetto che terrei a sottolineare e che è emerso da questi eventi, quelli di Nettuno ma non solo (mi riferisco ad altri episodi di violenza che si sono verificati nel nostro Paese, nei confronti delle donne ad esempio), è che molti dei soggetti che hanno agito in questo modo erano sotto l'effetto di alcol o di sostanze stupefacenti. Penso che sia questa un'occasione - non ovviamente quella dell'informativa, bensì delle normative che ci apprestiamo ad approvare nei prossimi mesi - di riflessione sul fatto se l'essere sotto effetto di sostanze psicotrope possa rappresentare un'attenuante o un'aggravante: oggi è un'attenuante, ma dovremo probabilmente capovolgere anche sul piano culturale questo tipo di principio. Ciò è molto importante, perché istituiamo un nuovo senso di responsabilità personale e soggettiva; e dovremo anche svolgere un'azione di informazione e di formazione fortissima tra i nostri giovani, per prevenire il dilagante fenomeno del bullismo, che non è purtroppo soltanto italiano, ma di tutte le società occidentali (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Minniti. Ne ha facoltà.
MARCO MINNITI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, mi consenta di essere sinceramente colpito dalla freddezza burocratica con la quale lei ha affrontato una questione di estrema gravità e delicatezza, una freddezza burocratica che testimonia un distacco da questa questione. È come se ci trovassimo di fronte ad un incidente di percorso, da mettere rapidamente tra parentesi.
Una freddezza burocratica che si esprime anche nella lettura pura e semplice del rapporto dei carabinieri, che noi ringraziamo per l'attività che hanno svolto e che svolgono, e che tuttavia non risponde alla grande questione che questo Parlamento ed il Paese hanno di fronte, e che avrebbe di fronte il Governo, se volesse capire quello che sta avvenendo in Italia.
C'è un atteggiamento a mio avviso grave di un Governo che fa finta di non vedere Pag. 4e di non capire quello che sta avvenendo nel nostro Paese, e questo lo carica di una grande responsabilità. Sono andato, insieme ad una delegazione del mio partito (era presente il collega Touadi), a trovare l'indiano Navtej. Non abbiamo potuto parlare con lui perché era in terapia d'urgenza, ma abbiamo parlato con il primario, e il primario ci ha raccontato, con pochi tratti, della vita e del carattere di questa persona, di una persona che sta lottando per la vita e contro la morte e che nel momento in cui gli hanno parlato della ferocia cieca dei suoi aguzzini ha usato parole di serenità, senza alcuna animosità.
Lo dico in quest'Aula: quanti italiani, quanti di noi dovrebbero prendere esempio da quello che lei ha chiamato «un clandestino indiano». Ha un nome e un cognome! Se i carabinieri scrivono «un clandestino indiano» il Governo prende nome e cognome e lo scrive in un rapporto al Parlamento, altrimenti siamo di fronte alla più cieca disumanità! Un clandestino indiano è una persona in carne ed ossa, che ha avuto parole di attenzione e di comprensione anche nei confronti di coloro che avevano compiuto un gesto assolutamente ingiustificabile.
Allora sapete qual è la questione (lo dico con grande sincerità)? Di fronte a quello che è avvenuto, di fronte al clima che c'è nel Paese, non nascondiamoci dietro parole che a volte sento ripetere, al di là della motivazione che viene data: «lo abbiamo fatto per noia»; dietro quella noia c'è una parola grande che dovrebbe angosciarci tutti in questo Parlamento e dovrebbe angosciare anche voi della destra. La parola è «razzismo», e si dovrebbe comprendere che una delle radici fondamentali della democrazia italiana è l'impegno e la lotta contro il razzismo. Non pronunciare una parola da parte del Governo è un segnale di resa politica e culturale verso certi fenomeni; su questi fenomeni si combatte a viso aperto, ed io penso che c'è una destra in Europa che su questo terreno fa anche una battaglia politica e culturale. Voi siete bloccati, prigionieri di una logica degli specchi politico-culturali dentro la vostra maggioranza che non fa nemmeno ai liberali profferir parola!
Oggi è il momento di ascoltare le parole dei cattolici e dei liberali che pure ci sono nella coalizione di centrodestra e che invece tacciono; tacciono per ragioni di parte, per ragioni di maggioranza. D'altro canto, nell'altro ramo del sistema parlamentare italiano, al Senato, proprio in questi momenti abbiamo votato - avete votato! - norme assolutamente inconciliabili con i principi di civiltà giuridica di un Paese, secondo cui il medico deve denunciare il clandestino prima di poterlo curare. Ma ci rendiamo conto che stiamo facendo diventare anche la salute un elemento di clandestinità, procurando rotture profonde nel nostro Paese?
PRESIDENTE. Onorevole Minniti, deve concludere.
MARCO MINNITI. Si è rivendicato da parte della vostra maggioranza - e concludo - che è stato istituito l'elenco dei clochard presso il Ministero dell'interno (l'elenco dei clochard presso il Ministero dell'interno, le schedature!).
E poi qualcuno si sorprende se c'è chi pensa di passare dalle parole ai fatti, dall'elenco alla spiegazione dell'elenco! Fermatevi, fermiamoci come Paese, comprendiamo quello che sta avvenendo. State costruendo una miscela ingovernabile: spingere verso l'illegalità e la clandestinità gli immigrati e, d'altro lato, dare l'impressione che ognuno può farsi giustizia da sé. In questo modo non si rende più sicura la democrazia. Stiamo evocando un sonno della ragione. E quel sonno della ragione rende più difficile la sicurezza e fa male all'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Brigandì, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Le suore...
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LUCA VOLONTÈ. Delle suore, come sa l'amico Baldelli, parleremo dopo, inutilmente, visto che vi è questo disinteresse da parte del Governo.
Vorrei cogliere l'opportunità offertaci dalla presenza del sottosegretario, certamente - ha ragione l'amico Minniti - con poca passione, ma questo è stato il compito affidato ad un uomo che tutti conosciamo per la sua sensibilità, come il sottosegretario qui presente. Quindi, non possiamo certo accusarlo di essere poco appassionato a questo tema.
Forse sarebbe stato opportuno, come è stato chiesto in questa settimana, che fosse venuto il Ministro dell'interno a parlarci di questo delitto e della sua denuncia riguardante il traffico di organi dei bambini, dal momento che è passata una settimana e il nostro Paese sembra diventato il Paese dei trafficanti di organi, ma non vi è alcuna denuncia esplicita nei confronti di alcuno, eppure la cosa ci preoccupa tutti.
Ritengo che sia giusto dire «fermiamoci» perché, come lei sa, signor Presidente, perlomeno secondo la mia opinione - lo dico anche all'amico rappresentante del Governo - non è solo un problema che riguarda gli atti di razzismo. Questi sono gravissimi, ed è giusto, come bene ha fatto il collega Minniti, parlarne in questa sede. È ora che si parli anche dentro questo Parlamento del pericolo di un razzismo che, poiché esiste anche in altri Paesi europei, è inutile negare che esiste anche in Italia. Poco più di un anno fa, il 2008 si è aperto con diversi incidenti di razzismo all'interno dello Stato sudafricano tra neri di diversa etnia. Figuriamoci, quindi, se non dobbiamo parlarne in Italia, dove non è accaduto come in quel Paese in cui un decennio è stato macchiato dal sangue dei bianchi contro i neri, ma dove comunque il razzismo è presente, a Rimini come in questo gesto. Vorrei che questo fosse l'inizio dell'apertura di un dibattito.
Ha ragione Minniti: fermiamoci un attimo. Per questa ragione abbiamo invitato il Ministro dell'interno a venire in questo ramo del Parlamento: non perché riteniamo inadeguato il nostro amico sottosegretario, ma perché vi è bisogno di aprire un dibattito serio sul razzismo, sulla crisi educativa del mondo giovanile nel nostro Paese. Perché quello che è capitato a Navtej - l'immigrato irregolare che ha un nome e un cognome - ugualmente è capitato il giorno dopo e il giorno prima da parte di altri ragazzotti nei confronti di studentesse violentate. Si tratta di atti di bullismo, non è il primo e non sarà l'ultimo caso.
Più ritardiamo un'analisi seria su ciò che sta accadendo alle giovani generazioni italiane, più facciamo finta di non guardare la vera profondità e la vera ampiezza di questo problema; più ci soffermiamo, un po' schematicamente, a seconda del verbale del bravo carabiniere e del bravo poliziotto, sul singolo caso per qualche minuto, prima magari di lasciar spazio al pettegolezzo sull'ultimo amore dell'ultimo Ministro o del grande Presidente di un altro Paese, e più il problema, invece di risolversi, si aggrava. Ripeto: si aggrava, semplicemente si aggrava.
Dunque, il primo aspetto che vorrei sottolineare è il seguente: apriamoci ad un dibattito serio, senza pregiudizi, con l'interesse - perlomeno per quanto ci riguarda e per quanto riguarda le parole sentite in questa sede anche in altre occasioni - a contribuire a risolvere il problema, non a contrapporre un'analisi o una soluzione.
In secondo luogo, il fatto in sé, come il fatto in sé dei tanti episodi che abbiamo visto in questi anni, in questi mesi e in questi giorni, purtroppo, ci dice che è passata l'idea, almeno in una grande parte della giovane generazione italiana, che per affermare la mia personalità, per far vedere chi sono, ho bisogno di annientare la personalità dell'altro.
Questo va in fondo ad un problema devastante, che è un tema culturale ma anche comportamentale, dal quale non possiamo distogliere il nostro sguardo: stupri, bullismo e razzismo sono parte dello stesso atteggiamento da parte dei giovani e meno giovani.
Perciò noi - forse sembriamo personaggi da avanspettacolo, ma continuiamo a credere nelle cose che diciamo - continuiamo Pag. 6a dire che le famiglie devono essere poste nelle condizioni di poter educare liberamente i propri figli. Infatti, non è lo Stato neopaternalista che risolve questo problema, ma una maggiore libertà per le famiglie di poter educare i propri figli. Perciò abbiamo sfidato e sfidiamo continuamente il Governo a dare attuazione al suo primo punto del programma.
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Volontè.
LUCA VOLONTÈ. Ho concluso, onorevole Presidente. Da questo punto di vista, ancora una volta vale la pena di ricordare che questi temi sono i temi all'ordine del giorno veri della politica italiana, che c'è tempo, come ha dimostrato questo Parlamento - visto che la maggioranza dei provvedimenti è di origine governativa e di quelli parlamentari non si parla - per discutere almeno di questi temi di politica sociale e anche economica del nostro Paese.
Perciò, nel ringraziare la solerzia del sottosegretario, lo prendiamo come l'inizio di un dibattito in cui il suo Ministro, Ministro della Repubblica italiana, verrà qui per discutere seriamente del tema del razzismo e del tema che riguarda più ampiamente la crisi educativa e la crisi di civiltà del nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, avrei apprezzato lo stringato comunicato che ci è stato proposto qui in Aula dal sottosegretario, se almeno avesse aggiunto un «non» quando ha detto «escluse motivazioni razziali»: un po' di prudenza almeno, un po' di pudore e dire «non escluse motivazione razziali», motivazioni razziali profonde, inconsce anche. Infatti, qui manca una riflessione su quello che sta succedendo: si sta giocando con la paura dei cittadini, poi dite che era appunto solo un gioco - un gioco terribile, di tre ragazzi annoiati che cercavano un'emozione forte - e non vi interrogate sulla privazione di futuro anche di questi ragazzi.
Per far capire il paradosso - lo dico a lei, signor Presidente e lo dico a lei, signor sottosegretario, non lo posso dire all'Aula e spero che l'assenza del rappresentante della Lega sia dovuta soltanto, appunto a pudore, e non a disinteresse - chiedo: cosa sarebbe successo qui, oggi, se invece di tre ragazzi italiani fossero stati tre ragazzi extracomunitari a dar fuoco ad un giovane italiano? Rendetevi conto di quanta superficialità, di quanto pressappochismo, di quanta insofferenza mostrate col vostro atteggiamento.
Parlate di bullismo e pensate di risolverlo con il voto in condotta. Non pensate a questi ragazzi, che non sono presenti a se stessi, che non hanno una prospettiva di futuro, che bruciano il tempo, perché non vi sono più le istituzioni - la famiglia, la chiesa, lo Stato - che potevano, insieme alla scuola, garantire un percorso che dava una prospettiva, che dava una speranza.
In questa realtà di tempo bruciato, certamente dobbiamo occuparci anche di una gioventù bruciata, ma come non cogliere la condizione in cui versa questo Paese, dove se non di odio razziale possiamo sicuramente parlare di disprezzo razziale e di una irresponsabile spinta xenofoba che caratterizza le politiche del Governo?
Il Ministro Vito ieri sciorinava le percentuali di riduzione dei delitti in questo Paese, addirittura l'11,4 per cento in meno grazie - dice lui - al cosiddetto pacchetto sicurezza. Però i delitti ovviamente sono tutti da imputarsi agli extracomunitari: oggi i rumeni, ieri gli albanesi, ieri l'altro i marocchini. Poi leggiamo le statistiche: in questi anni l'immigrazione clandestina è quintuplicata e i reati diminuiscono. Avete ingannato il Paese, state ingannando il Paese, lo rendete vittima della paura, nonostante vi sia la vostra grave responsabilità, perché comunque sono continuati gli sbarchi di clandestini, i clandestini aumentano, sono raddoppiati negli ultimi mesi e voi fate soltanto spot elettorali.Pag. 7
Giocate, quindi, con la paura e non riuscite a stabilire neanche un collegamento fra Nettuno e Guidonia; non fate nemmeno un riferimento fra i fatti drammatici di Nettuno e quelli altrettanto drammatici di qualche mese fa a Rimini. Da dove nasce questa mancanza di futuro? Da dove nasce questo profondo disprezzo per l'altro? Questi sono i temi su cui dovremmo tutti interrogarci.
Navtej Singh è diverso: è bastato che fosse diverso, è bastato che fosse altro da quella immagine di noi che sempre più spesso viene utilizzata dagli esponenti della maggioranza per giustificare le politiche più intolleranti e i provvedimenti più beceri. Ha fatto bene il collega Minniti poco fa a ricordare la vergogna di questa mattina, quando al Senato si è varata una norma che oggi, quindi, finisce per obbligare i medici a denunciare i pazienti clandestini. E poi vi indignate se qualcuno parla di nazismo o di fascismo? Si parla di nazismo o di fascismo perché è facile con questo emblema e con questa indicazione chiamare in causa i rischi per i pericoli della nostra democrazia, di fronte a un Parlamento che viene ogni giorno svuotato della propria centralità e di fronte a un potere esecutivo che cerca anche di soverchiare il potere giudiziario.
Ma su tutto in questo momento, parlando di quello che è successo a Nettuno, quello che emerge è il contrasto tra «noi» e «loro», un contrasto creato ad hoc, ma che, laddove esistesse davvero, viene accentuato da questo Governo che si fregia di aver ridotto il numero dei crimini.
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Evangelisti.
FABIO EVANGELISTI. Concludo, signor Presidente. È un Governo che offre ai cittadini l'idea di un'Italia divisa in due, dove i cittadini di «serie A» possono e devono contrapporsi ai cittadini di «serie B» e immigrati, a sbandati che scappano da guerra e fame in cerca di futuro migliore.
A Guidonia - e con ciò ho concluso - ci sono stati persino quelli che hanno cercato di farsi giustizia da soli, perché avete sbattuto i mostri in prima pagina. A Nettuno nessuno ha cercato di farsi giustizia da sé, perché i tre autori, questa volta, erano italiani. Il branco è sempre uguale; non ha nazionalità, il branco, sia che infierisca su una donna, sia che infierisca su un uomo, su un giovane, su un minore o su un diverso (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.
ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, signor sottosegretario, a nome del Movimento per l'Autonomia la ringrazio per l'informativa che ha reso a quest'Aula. Condividiamo pienamente la ferma condanna per ogni gesto di violenza, soprattutto se perpetrata a carico dei più deboli.
«Cercavamo un barbone a cui fare uno scherzo, uno che dorme in strada, non per forza un romeno, un ragazzo di colore, solo uno a cui dare una lezione. Volevamo fare un gesto eclatante, provare una forte emozione per finire la serata». Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono parole agghiaccianti, che devono spingerci ad andare al di là della corale indignazione e della ferma condanna di oggi pomeriggio. Occorre chiedersi il perché.
Non mi eserciterò, come pure hanno fatto altri, a tentare di comprendere o ad affermare se si tratti di un gesto legato a motivazioni razziste o meno (meschina strumentalizzazione politica rispetto a fatti così gravi), non perché questo non sia importante, ma perché dobbiamo andare più in profondità se vogliamo sconfiggere il male. Per questo, mi permetto di dissentire con assoluta onestà intellettuale - e non per spirito di parte - dagli onorevoli Minniti, Volontè ed Evangelisti. Allora, cari colleghi, chiediamoci: c'è ancora spazio nella nostra società per gli uomini deboli, o forse la debolezza non è più tollerata perché ai nostri occhi è diventata fastidiosa? C'è ancora spazio nella nostra società per gli uomini che soffrono, o forse la follia di questa nostra secolarizzazione Pag. 8e di questo consumismo sfrenato ci sta conducendo ad emarginare ogni uomo piegato dal dolore e afflitto dalla povertà? È ancora tollerata la semplicità d'animo? È ancora tollerata la mitezza? È ancora tollerata l'umiltà? In questa società c'è ancora spazio per i disabili, o forse è diventata un tempio dell'immagine, dove sono rispettabili solo i corpi perfetti che corrispondono ai modelli imposti dalla televisione?
C'è ancora tolleranza per gli uomini poveri o forse sono diventati degli oggetti, non più persone, neanche figli di un Dio minore, tali da poter dare loro fuoco per passare il tempo e provare emozioni forti? Possibile che i nostri ragazzi siano arrivati a considerare la debolezza come caratteristica che giustifica lo scherno, la mortificazione fisica e persino la morte?
Cari colleghi, alla luce di quanto è accaduto, le istituzioni dovrebbero, paradossalmente, impegnarsi per istituire una nuova professione: quella di produttore di emozioni. E sì, perché a diciassette anni se ne ha un bisogno enorme e il rischio è che buona parte dei nostri ragazzi crescano vuoti dentro, rimbecilliti dal Grande fratello e da spot che impongono un modello di vita ben definito, fino a convincersi che esistono solo in funzione di quello che comprano, possiedono e ostentano.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ARTURO IANNACCONE. Concludo, signor Presidente. Intendiamoci, non sono cattivi, anzi, ma sono vuoti, null'altro che vuoti. Il Capo dello Stato - signor Presidente, sto per concludere - ha lanciato un appello che non deve restare inascoltato: quanti hanno responsabilità istituzionali, culturali, ma soprattutto educative si impegnino fino in fondo per riaffermare il valore della vita, anche di chi è povero e debole, magari partendo proprio da Eluana Englaro. Forse, se rispettassimo quella vita, potremmo dare un buon esempio ai nostri ragazzi.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.
Sull'ordine dei lavori (ore 14,35).
SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Anziché a fine seduta, anticipiamo lo svolgimento degli interventi sull'ordine dei lavori in attesa dell'inizio dello svolgimento delle interpellanze urgenti.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, la ringrazio per la sua magnanimità. Intervengo per manifestare alla Presidenza un disagio in ordine al problema che spesso si verifica in relazione agli atti di sindacato ispettivo e in particolare alle mozioni all'attenzione dell'Aula. Infatti, signor Presidente, ormai da qualche tempo, abbiamo calendarizzato - la Presidenza lo fa con grande sensibilità, immagino, anche in forza del fatto che c'è una percentuale di provvedimenti in calendario che spetta all'opposizione - delle mozioni su tematiche annunciate dai gruppi d'opposizione, ove presentate o in corso di presentazione. Chiaramente, signor Presidente, questo è un fatto certamente di sensibilità parlamentare nei confronti dei gruppi di opposizione. Sta di fatto che, da qualche mese, signor Presidente, ci troviamo nella condizione di arrivare alla fine della settimana parlamentare e di non aver la disponibilità di poter consultare queste mozioni.
Lo dico, in particolare, sia in forza del fatto che, evidentemente, rispetto ad alcune mozioni di opposizione presentate, le mozioni di maggioranza potrebbero essere addirittura non presentate, convergere o comunque essere impostate sulla base non di un titolo generico, ma di una specificità di punti contenuti tanto nella premessa quanto nel dispositivo. Pertanto, signor Presidente, c'è da parte perlomeno del mio gruppo, un senso di leggero disagio da questo punto di vista, nel non poter consultare con un tempo congruo mozioni che, evidentemente, vengono calendarizzate dalla Presidenza senza essere depositate in precedenza. Quindi, pur comprendendo le ragioni per cui la Presidenza Pag. 9svolge questo genere di calendarizzazione e la Conferenza dei presidenti di gruppo lo sancisce - cioè l'attenzione giusta e doverosa nei confronti della percentuali che spettano ai gruppi di opposizione in relazione alla compilazione del calendario, ai sensi dell'articolo 24 del nostro Regolamento - io ritengo, signor Presidente, che sarebbe utile per il futuro che, almeno, la Presidenza riflettesse sull'esigenza, da parte di tutti i gruppi e di tutti colleghi, di poter accedere a questi atti di sindacato ispettivo in un tempo congruo, in modo tale da poter organizzare o una adesione o una risposta di natura politica in tempi assai più comodi rispetto a quelli che abbiamo di fronte. A conclusione di questa riflessione, che non vuole essere senz'altro negativa nei confronti di alcuno, ma semplicemente da consegnare all'attenzione di quest'Aula, mi preme sottolineare come spesso abbiamo ascoltato, signor Presidente, la critica che nella nostra attività parlamentare si svolge sostanzialmente un esercizio di voto e di discussione soltanto su provvedimenti posti in essere dal Governo.
Al termine di questa settimana parlamentare, che prosegue questo pomeriggio con l'attività di risposta a interpellanze urgenti da parte del Governo, mi preme sottolineare, signor Presidente, che in questa settimana sono stati calendarizzati e affrontati esclusivamente provvedimenti di natura parlamentare (vedi la legge di modifica del sistema elettorale europeo, le mozioni calendarizzate e oggi gli atti di sindacato ispettivo).
LUCIA CODURELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, mi appello a lei affinché si faccia interprete, verso il Presidente del Consiglio, del fatto che un decreto-legge sulla materia del testamento biologico sarebbe un gravissimo errore politico e umano. Sarebbe un ulteriore accanimento nei confronti di Eluana e della sua famiglia ed, allo stesso tempo, uno spregio alla nostra Costituzione e non rispettoso delle sentenze di ogni livello sin qui emesse. Non ultimo, e credo che sia importante e interessi tutti noi, non sarebbe rispettoso verso il Parlamento, che ha avviato un percorso di legiferazione sul testamento biologico.
PAOLA BINETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAOLA BINETTI. Signor Presidente, vorrei chiedere a lei la garanzia effettiva che l'architrave del sistema delle sentenze su cui è basato quello che in questo momento si sta definendo come un accelerato processo verso la morte di Eluana Englaro sia stato verificato nelle premesse.
Ci sono proprio oggi sulla stampa informazioni molto chiare, molto puntuali e molto precise su quella che avrebbe potuto essere la diversa volontà della stessa madre di Eluana Englaro, la cui voce non abbiamo mai avuto il piacere di sentire in questi giorni. Mentre rispettiamo il pudore, la discrezione per non essersi prestata a interviste e alla mediatizzazione, vorremmo tuttavia avere la garanzia che qualcuno abbia sentito il parere di questa donna.
L'altro punto che mi sembra estremamente importante è una testimonianza prestata da Crisafulli in una comunicazione che ha inviato ieri a TgCom in base alla quale, in una precedente puntata di Porta a Porta dove iniziò il suo rapporto di amicizia con Peppino Englaro, quest'ultimo gli disse che aveva inventato quell'affermazione mettendo in bocca alla figlia parole che non aveva ascoltato perché gli era stato consigliato da amici radicali - questo dice il testo riportato sul giornale - in quanto era la strada per poter giungere a quella che poi, di fatto, si sta configurando come una forma di eutanasia di Stato.
Chiedo veramente che siano verificate le condizioni, posto che tutto il sistema della sentenze poggia sulla presunta volontà di Eluana. Pertanto, mi sembra veramente importante che non si lasci niente Pag. 10di intentato, data la irreversibilità e la irrevocabilità di una decisione di questo tipo.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, sono stato sollecitato ad intervenire non tanto perché debba, in questa sede, difendere l'operato della Presidenza o della Conferenza dei presidenti di gruppo o della Presidenza di qualsiasi vicepresidente che sostituisca il Presidente di questa Camera nella conduzione dell'Aula, ma a me pare che alcune questioni sollevate sull'ordine dei lavori dai colleghi del gruppo del Popolo della Libertà siano di difficile comprensione.
Mi sono ripromesso di intervenire perché, se ho capito bene, si è posta una questione di carattere regolamentare, più che sull'ordine dei lavori...
SIMONE BALDELLI. No, no!
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. ...relativamente alle modalità con le quali l'Aula viene posta in condizione di usufruire dei testi delle mozioni o dei diversi atti che vengono letti, discussi e votati in quest'Aula previa calendarizzazione (e successiva messa a punto dell'ordine del giorno) da parte della Conferenza dei presidenti di gruppo.
A me pare che dal punto di vista regolamentare non si possa richiamare alcunché, né criticare alcunché perché mi sembra che ci si sia attenuti, sino ad oggi, da parte della Presidenza e della Conferenza dei presidenti di gruppo, ai termini previsti dal Regolamento.
Non mi pare, peraltro, che i componenti di questo ramo del Parlamento non siano posti nelle condizioni di comprendere di che cosa si tratti, di che cosa si discuta e su quale argomento si voti perché, evidentemente, all'ordine del giorno - si tratti di mozioni o di altro atto - è sempre riportato in calce il testo di ciò che viene messo in discussione e al voto in quest'Aula.
Pertanto, credo che, così come non è ammessa ignoranza della legge da parte del singolo cittadino, così non debba essere ammessa ignoranza di ciò che viene discusso e votato in quest'Aula da parte dei singoli parlamentari. Mi pare che l'unico richiamo che si possa fare sia questo: è necessaria una maggiore attenzione e una maggiore dedizione al lavoro da parte dei parlamentari in generale e dei nostri colleghi.
SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà, anche se lei comprenderà che ha già parlato e addirittura prima del momento in cui sarebbe dovuto intervenire. Non possiamo aprire un dibattito sulla sue richieste.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, abbia pazienza, visto che lei è noto per averne molta. Intervengo per un semplice chiarimento.
Signor Presidente, mi rivolgo a lei come è d'uopo in quest'Aula, ma ci tengo a dare un chiarimento al collega Quartiani. Il mio intervento precedente non è stato un richiamo al Regolamento, ma semplicemente la rappresentazione di un disagio che non nasce per rivolgere una critica nei confronti della Presidenza o della Conferenza dei presidenti di gruppo; si vuole rappresentare il fatto che, se lo stesso collega Quartiani dovesse dirci qual è il testo della mozione calendarizzata per lunedì prossimo che credibilmente è stata presentata dal suo gruppo o da un altro gruppo dell'opposizione in ordine allo sviluppo sostenibile, non potrebbe farlo, perché non conosce il testo di questa mozione, in questo momento, perché non è stata ancora presentata.
La maggioranza può avere diversi atteggiamenti: può valutare il testo di una mozione presentata dall'opposizione e scegliere, onorevole Quartiani, di aderire, ad esempio, sottoscrivendo la stessa mozione Pag. 11presentata dall'opposizione, se ritiene che sia condivisibile nel merito, o può decidere di presentare una mozione alternativa, magari unitaria. I diversi gruppi possono presentare delle mozioni differenti, in base al contenuto della mozione che viene iscritta all'ordine del giorno.
Diversamente, se ciò non è possibile, perché le mozioni vengono presentate - diciamo così - in un momento molto vicino a quello in cui vengono discusse, diventa più difficile presentare delle mozioni alternative e, allora, evidentemente, l'alternativa può essere semplicemente quella di non presentare alcuna mozione o, semplicemente di bocciare le mozioni presentate dall'opposizione, a scapito del dibattito.
Pertanto, non ne faccio una questione regolamentare né di intervento della Presidenza, ma faccio presente un disagio, perché spesso e volentieri queste mozioni vengono presentate nel tardo pomeriggio del giovedì e ciò, evidentemente, determina delle complicazioni.
Inoltre, collega Quartiani, ci sono stati anche casi in cui mozioni che erano state annunciate e calendarizzate dalla Conferenza dei capigruppo non sono state presentate e, quindi, è venuto meno il programma stabilito nell'ordine del giorno.
Manifesto semplicemente un disagio e - lo ripeto - non intendo rivolgere critiche a nessuno, ma sostengo che, se vogliamo discutere tutte le mozioni con un certo spirito, evidentemente sarebbe opportuno che si procedesse alla calendarizzazione di mozioni già presentate o, comunque, che queste fossero presentate in un tempo tale da permettere a tutti i colleghi che vogliano intraprendere iniziative analoghe di poterlo fare, in modo consapevole rispetto ai contenuti che colui che ha chiesto la calendarizzazione della mozione intende porre all'attenzione dell'Assemblea.
MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Dopo il suo intervento passeremo allo svolgimento delle interpellanze urgenti. Prego, onorevole Brigandì.
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, credo che occorra spendere due parole, in riferimento a quanto detto da chi mi ha preceduto, che ha chiesto alla Presidenza di farsi interprete, presso il Presidente del Consiglio, in riferimento al caso Englaro. In realtà, non vi è solo quella posizione, ma anche una posizione diametralmente opposta, che condivido.
Mi spiego: è vero che le sentenze passate in giudicato sono intoccabili e nessuno lo discute. Tuttavia, in primo luogo, come qualsiasi altra cosa esse sono criticabili e, in secondo luogo, questa sentenza è anomala. La gravità non sta nell'oggetto in sé e per sé, ma nell'anomalia interpretativa con cui la Corte di cassazione ha preso la decisione, perché in quella sede si sono stabilite tutta una serie di modalità per accertare o non accertare il consenso, che non sono vigenti nel nostro diritto positivo.
È stata adoperata la vecchia teoria della supplenza che, fino a quando era adoperata per i casi di sfratto aveva il significato che poteva avere, quando viene applicata in un caso come questo evidentemente è più pregnante. Siccome non c'è una norma che preveda le modalità descritte dalla Corte di cassazione, la Corte di cassazione ha fatto diritto. Pertanto, bisogna decidere quale sia la funzione della magistratura all'interno di questo ordinamento.
Concludendo, siccome è inaccettabile che sia istituita l'eutanasia per mano giurisprudenziale, la mia richiesta è che, ove la Presidenza intendesse adempiere a quanto richiesto dai colleghi del Partito Democratico che mi hanno preceduto, porti entrambe le voci al Presidente del Consiglio.
Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 14,50).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
Pag. 12(Iniziative in merito alla situazione di emergenza ambientale della Valle del Sacco e delle aree circostanti - n. 2-00288)
PRESIDENTE. L'onorevole Iannarilli ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00288, concernente iniziative in merito alla situazione di emergenza ambientale della Valle del Sacco e delle aree circostanti (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
ANTONELLO IANNARILLI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, colleghi, innanzitutto desidero ringraziare i deputati del Popolo della Libertà che hanno sottoscritto con me l'interpellanza e quest'Aula per l'attenzione che ha voluto rivolgere alla Ciociaria e a parte della provincia romana in riferimento alla gravissima situazione in cui versa la Valle del Sacco, tornata drammaticamente agli onori della cronaca dopo la diffusione di dati allarmanti relativi alla intossicazione di betaesaclorocicloesano.
Stiamo parlando di tutti i territori attraversati dal fiume Sacco, il fiume laziale che nasce dai monti Lepini e Colle Cero e scorre verso sud-est per la lunghezza di 87 chilometri, attraversando la Valle latina e la Ciociaria tra i monti Ernici a nord-est e a sud-est dei Monti Lepini. Ma procediamo per gradi.
Il 13 gennaio 2009, presso la Commissione sanità della regione Lazio, il responsabile del dipartimento di epidemiologia dell'ASL RM/E ha reso noti i risultati condotti su un campione della popolazione residente a ridosso del fiume Sacco, nei comuni di Colleferro, Segni, Gavignano, Sgurgola e Morolo (nelle province di Roma e Frosinone) per accertare lo stato di contaminazione causato dai rifiuti tossici degli insediamenti industriali insistenti nella Valle del Sacco a partire dagli anni Cinquanta.
Da quanto emerso, risulta che circa cinquecento cittadini residenti a ridosso del fiume Sacco convivranno per tutta la loro vita con il betaesaclorocicloesano, una sostanza inquinante derivante dalla produzione di un potente insetticida, il lindano, bandito dal 2001. Secondo le proiezioni elaborate dal dipartimento di epidemiologia, circa il 55 per cento dei casi trattati dovrebbe risultare contaminato e in maniera praticamente irreversibile, dal momento che quella sostanza tossica ha vita lunga, è solubile nei grassi, sembra ormai entrata nel ciclo alimentare e non viene metabolizzata dal corpo umano. Da quanto si apprende, quel veleno può essere espulso, nelle donne, solo mediante allattamento, ma mettendo di conseguenza a rischio la salute del bambino.
Da quanto riferito emerge un quadro molto preoccupante, che prefigura un disastro ambientale senza precedenti nella provincia di Frosinone e della bassa provincia di Roma, non circoscrivibile alle sole sponde del fiume Sacco.
Studi accreditati dimostrano che l'esposizione acuta a questa sostanza tossica, oltre ad avere conseguenze gravi a carico del sistema nervoso, può provocare l'insorgenza di diabete, problemi alla funzionalità della tiroide e all'apparato riproduttivo.
Da sottolineare c'è un'altra circostanza: malgrado il fiume Sacco attraversi la città di Ceccano ed altri territori della Ciociaria, taglia letteralmente in due il centro storico della città, l'indagine epidemiologica commissionata dalla regione Lazio non è stata condotta sugli abitanti di Ceccano, che sono stati esclusi dal monitoraggio.
Secondo il programma di sorveglianza messo a punto dal dipartimento di epidemiologia, presso le ASL di Frosinone verrà attrezzato uno sportello informativo e saranno organizzati incontri con i medici di base dell'area per fornire informazioni continue ed aggiornate sul livello di contaminazione del territorio.
Presso la ASL di Roma sarà poi attivato un ambulatorio centralizzato per favorire i controlli periodici della popolazione e ciascuna persona analizzata riceverà informazioni sul proprio stato di contaminazione e risposte individuali sui controlli effettuati.Pag. 13
Ciò che ho raccontato è successo nelle ultime settimane, ma dobbiamo tornare un po' indietro e ricordare che nel 2005 la stessa zona fu teatro di una moria di capi di bestiame, con fortissime ripercussioni economiche per le aziende locali di allevamento e per tutto il territorio. Fu immesso in quel fiume materiale velenoso e ci fu la moria di molti animali.
Nello stesso anno, il Governo ha nominato commissario straordinario per la Valle del Sacco il Presidente Marrazzo, che a sua volta ha indicato quale subcommissario l'avvocato Luigi Di Palma.
Da allora, malgrado i gravissimi fatti precedenti, sia il presidente Marrazzo sia l'assessore Valentini non hanno fatto granché, anzi. Il presidente Marrazzo, che si è svegliato da pochi giorni capendo che c'è un inquinamento in quella zona, ha presieduto qualche incontro nel territorio. Forse Marrazzo poteva fare molto di più in questi quattro anni ma, visto che la sua esperienza e la sua capacità sono di mostrarsi nelle foto e forse fare dei bei discorsi, di fatto non ha concretizzato nulla.
Ma c'è un'altra cosa grave e qui, signor Presidente, la richiamo anche nella sua autorità di Vicepresidente della Camera: le chiedo di dire a Marrazzo di rispettare le istituzioni, perché sebbene sia stato chiamato da me due volte presso la segreteria (ha uno staff grandissimo) ancora oggi, dopo un mese dalla telefonata, un deputato non riesce ad avere l'onore di essere richiamato dal presidente della regione Lazio. Lo ritengo un fatto gravissimo per il rapporto tra le istituzioni: non è accettabile che un presidente non risponda ad una richiesta di informazioni sul territorio da parte di un deputato.
Anche l'assessore Valentini - lo leggiamo oggi sulla stampa - parla di rilancio di quel territorio nel mondo agricolo. Ebbene, credo che siano cose gravi: si prendono in giro gli agricoltori di quella zona. Ma la cosa più grave è che tra gli interventi fatti, caro signor sottosegretario, c'è quello di abbattere gli animali inquinati da questo materiale inquinante. Mi auguro che Marrazzo non decida di abbattere tutti gli esseri umani che non sono stati contaminati da questo prodotto!
Sono state coinvolte 55 aziende, di cui 35 hanno fatto la scelta di abbattere i capi di bestiame e riacquistarli, con un costo pari al 70-80 per cento della loro azienda. Ma credo che Marrazzo non abbia mai parlato con un agricoltore di quel posto: si cancellano cinquant'anni di storia di un'azienda; si tratta di aziende che hanno fatto sacrifici e che hanno comprato terreni in quel territorio per far sviluppare la propria attività, e oggi si trovano a produrre i famosi prodotti che possiamo immaginare dai vari allevamenti, ma non riescono a metterli sul mercato perché quello che sta succedendo giornalmente mette in dubbio la qualità dei loro prodotti, anche se certificati come prodotti commerciabili, poiché c'è paura da parte di chi li dovrebbe acquistare.
Quell'agricoltore ha una sola certezza: la rata del mutuo a fine mese che deve pagare per aver acquistato quei terreni che oggi sono chiaramente inquinati. Proprio qui nasce un'interpellanza complessa, che abbiamo presentato coinvolgendo quattro Ministeri, non uno. Ci si potrebbe chiedere: perché quattro Ministeri, non poteva bastarne uno? No, perché il Ministero dell'ambiente ha la responsabilità anche di ampliare quella zona come sito inquinato di interesse nazionale da tutelare per fare delle ricerche e soprattutto cercare, come abbiamo scritto nell'interpellanza, i vari responsabili, sia dell'ASL sia dell'ARPA, per fare dei controlli sugli scarichi nel fiume che mai sono stati fatti; il Ministero della salute deve chiaramente tutelare la salute degli abitanti di quel territorio, che sono tantissimi, e capire cosa succederà loro tra qualche anno; il Ministero dell'agricoltura dovrà intervenire e controllare l'assessore Valentini, che fa delle dichiarazioni di rito ma concretamente non ha fatto nulla, perché non è mai andato in quel territorio a confrontarsi con gli agricoltori (un'altra cosa è certa: quegli agricoltori lavorano 365 giorni all'anno, perché chi ha degli allevamenti purtroppo è condizionato a stare sempre in azienda); quindi è necessario un Pag. 14controllo più approfondito sul territorio, soprattutto per rilanciare quelle aziende che sono in grosse difficoltà e che - lo ripeto - hanno sola una certezza, la rata del mutuo; infine deve intervenire il Ministro dell'economia, perché sono certo che questo problema ha bisogno di fondi per creare i presupposti per rilanciare un territorio così importante che coinvolge due province, Frosinone e Roma, soprattutto a tutela di quei cittadini che sanno di essere a rischio, ma non sanno veramente cosa gli potrà succedere tra qualche anno (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente, la tutela del territorio e del mare, Roberto Menia, ha facoltà di rispondere.
ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, come esposto dall'onorevole Iannarilli, si chiede sostanzialmente al Governo se si intenda predisporre un programma sufficientemente sinergico di natura ambientale, sanitaria, finanziaria e alimentare, da una parte, perché si verifichi lo stato di emergenza in cui versa la Valle del Sacco e, dall'altra, perché si limitino, com'è evidente, i rischi di contaminazione.
Io posso rappresentare quanto segue. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 19 maggio 2005 è stato dichiarato lo stato di emergenza per la Valle del fiume Sacco, prorogato poi con successivi decreti fino al 31 ottobre 2009 in seguito all'analisi di alcuni campioni di latte crudo prelevati in un'azienda agricola in cui sono stati trovati livelli di betaesaclorocicloesano di molto superiori ai livelli previsti dalla legge.
Successivamente, è stato accertato che l'inquinamento, causato dallo smaltimento non controllato dei prodotti di lavorazione dell'industria chimica locale, era esteso anche ad una vasta area della Valle del Sacco, raggiungendo nel corso degli anni anche il fiume. Attraverso le periodiche esondazioni e l'uso dell'acqua del fiume stesso per l'irrigazione, la sostanza chimica ha contaminato anche il suolo, quindi le coltivazioni agricole e, di conseguenza, il foraggio degli animali e gli animali stessi.
Con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3441 del 10 giugno 2005, il presidente della regione Lazio è stato nominato commissario delegato per il superamento dell'emergenza con diversi compiti, tra i quali la promozione di attività di sorveglianza epidemiologica ed ambientale finalizzata a garantire la tutela della sanità pubblica e la sicurezza delle produzioni agricole.
Successivamente, con la legge 2 dicembre 2005, n. 248, il territorio del bacino del fiume Sacco è stato inserito tra i siti di bonifica di interesse nazionale, di cui alla legge n. 426 del 1998.
Le competenze relative alle attività di caratterizzazione e bonifica sono state quindi attribuite al commissario delegato per i primi nove comuni interessati dall'emergenza ambientale e, a seguito dell'emanazione del decreto ministeriale del 31 gennaio 2008 n. 4352, di perimetrazione del sito, al Ministero dell'ambiente per i restanti cinquantadue comuni.
Il 31 ottobre 2008 (tre mesi fa) con la sottoscrizione di un'apposita convenzione, l'ARPA del Lazio è stata incaricata di procedere alle attività di subperimetrazione del sito, che prevedono la preliminare verifica delle situazioni di inquinamento segnalate dai Comuni interessati e, quindi, la precisa individuazione delle aree in cui avviare le attività di caratterizzazione e bonifica. Una volta concluse le indagini e sottoposta la subperimetrazione all'approvazione della conferenza dei servizi, sarà possibile focalizzare l'attenzione sulle situazioni più critiche, adottando gli interventi all'uopo più opportuni.
Per quanto riguarda in particolare le indagini sanitarie, in considerazione della gravità emergenziale, che dai primi accertamenti è risultata investire la catena animale ed umana in ragione dell'utilizzo dei prodotti della terra delle aree agricole ripariali del fiume Sacco contaminati da esaclorocicloesano, è stata promossa Pag. 15un'indagine epidemiologica. Tale indagine ha dimostrato l'associazione causale tra somministrazione di foraggi e alimenti prodotti in terreni contaminati lungo l'alveo del fiume Sacco e i livelli non conformi nel latte e nelle carni della predetta sostanza chimica.
È stato immediatamente predisposto un piano straordinario regionale di sorveglianza e controllo delle aziende bovine, bufaline e ovine da latte e da carne dell'area in cui era situata la prima azienda risultata non conforme, lungo la Valle del fiume Sacco, affluente del fiume Liri, tra le province di Roma e Frosinone. Il piano regionale ha consentito di individuare gli allevamenti con produzioni non conformi e di definire geograficamente l'area da sottoporre a monitoraggio delle produzioni zootecniche coinvolte. I provvedimenti di sanità pubblica veterinaria adottati hanno garantito l'esclusione totale dalla filiera produttiva dei prodotti (latte, carni) provenienti dalle aziende non conformi.
Il numero delle aziende da latte incluse nel piano straordinario regionale è quasi sette volte superiore alla numerosità campionaria prevista dal Piano nazionale residui su tutto il territorio italiano, a riprova della capillarità del sistema di sorveglianza. Dal punto di vista della tutela del consumatore, è importante sottolineare che tutti i campioni di latte in confezione (per la distribuzione e la vendita al dettaglio) hanno dato costantemente esito negativo (ossia esiti inferiori ai limiti di rilevabilità del metodo).
È inoltre necessario aggiungere che le aziende che distribuiscono latte al consumo eseguono costantemente esami sui lotti in produzione in regime di autocontrollo. Per di più, il fattore di diluizione per le aziende non conformi nei lotti di latte alla distribuzione è estremamente elevato, per cui il rischio che il latte alimentare umano abbia avuto livelli significativi di contaminazione nel periodo precedente alle prime non conformità è da ritenersi comunque basso.
Per quanto concerne, invece, i dati su carni bovine ed ovine (tessuti muscolari e adiposi di animali macellati nell'area di studio) è stato previsto che gli animali delle aziende dell'area con fattore di rischio e comunque le aziende con positività (a livelli conformi e non conformi nel latte di massa) vengano inviati al macello e le carcasse sottoposte a sequestro cautelativo fino a esito favorevole, o altrimenti distrutte.
Al 20 gennaio 2009, risultano analizzati 722 campioni di varie matrici previste dal piano di controllo e precisamente: 347 campioni di latte bovino crudo, 208 di latte ovino crudo, dodici di latte bufalino crudo, 126 di foraggio, venti di tessuto adiposo di coniglio e nove di tessuto adiposo ovino.
I risultati delle analisi hanno permesso di stabilire l'assenza di betaesaclorocicloesano (beta-HCH) in 601 campioni, la sua presenza nei limiti di legge in 104 campioni e oltre i limiti di legge in diciassette campioni.
Inoltre, l'assessorato all'ambiente della regione Lazio ha approvato il progetto Salute della popolazione nell'area della Valle del Sacco, gestito e coordinato dal dipartimento di epidemiologia della ASL di Roma, con apporto fornito dalla ASL Roma G, dall'ASI di Frosinone e dall'Istituto superiore di sanità, per valutare lo stato della salute della popolazione in rapporto alle esposizioni ambientali.
In data 13 gennaio 2009 il dipartimento di epidemiologia della ASL Roma E (RME) ha reso noti alla commissione sanità della regione Lazio i risultati del progetto.
Le analisi di biomonitoraggio sono state condotte su un campione di popolazione residente ad un chilometro dal fiume Sacco, nei comuni di Colleferro, Segni, Gavignano, Anagni, Sgurgola e Morolo, e in altre aree potenzialmente interessate per accertare la contaminazione da beta-HCH e da altre sostanze.
I risultati hanno mostrato che circa il 50 per cento della popolazione residente entro un chilometro dal fiume presentano livelli nel sangue di questa sostanza superiori ai valori di riferimento dell'area e che le persone adulte e anziane, di età superiore ai quarantacinque anni, presentano Pag. 16valori più elevati in quanto la contaminazione è avvenuta nel corso degli anni.
I dati scientifici dimostrano che si tratta di una sostanza tossica che rimane nell'organismo per diverso tempo, in quanto si accumula nei tessuti grassi e può avere degli effetti negativi sulla salute. In particolare, potrebbe provocare un aumento della probabilità di disturbi del fegato, del rene, del cuore, del sistema immunitario, del sistema neurologico, della tiroide e di altre ghiandole. Anche lo sviluppo di alcuni tipi di tumore potrebbe essere legato all'esposizione al beta-HCH, ma le conoscenze su questo argomento sono ancora molto limitate.
Il programma di sorveglianza sanitaria, approvato dalla regione Lazio, prevede il monitoraggio biologico periodico della concentrazione di beta-HCH nel sangue e controlli periodici di salute dei residenti in prossimità del fiume Sacco. È previsto, inoltre, un controllo di carattere clinico e strumentale ogni due anni della popolazione residente, con determinazioni relative ai parametri funzionali di diversi organi ed apparati. Sono oggetto del programma di sorveglianza tutte le persone residenti al 1 gennaio 2005 ad una distanza di un chilometro dal fiume Sacco, nei comuni di Colleferro, Segni, Gavignano (provincia di Roma) e Anagni, Sgurgola e Morolo (provincia di Frosinone).
Il monitoraggio biologico verrà esteso ad un campione di popolazione dei comuni di Supino, Ferentino, Patrica, Frosinone, Ceccano, Pofi, Castro dei Volsci, Ceprano, Falvaterra e San Giovanni Incarico della provincia di Frosinone, selezionato casualmente dalle anagrafi comunali e consisterà in duecento persone residenti ad un chilometro dal fiume e cento persone residenti a più di un chilometro dal fiume, che saranno utilizzate come controllo. Sulla base dei risultati di tali verifiche, verrà chiesta l'estensione del programma di sorveglianza sanitaria anche a questa popolazione.
Da ultimo, si rappresenta che per l'adozione delle misure di messa in sicurezza d'emergenza necessarie all'eliminazione del rischio di diffusione della contaminazione nella catena alimentare, è stato interdetto l'uso agricolo delle aree ripariali per circa 700 ettari di terreno e si è disposto l'abbattimento di circa 6 mila capi di bestiame contaminato di razza bovina ed ovina.
Rispetto a tali interventi, che hanno colpito soggetti non colpevoli del disastro ambientale, sono stati ad oggi erogati indennizzi pari a 7 milioni 500 mila euro, in attesa delle definitive intese tra la regione Lazio con il Ministero delle politiche agricole che permetteranno di liquidare l'intera somma messa a disposizione del Governo, pari a 10 milioni di euro.
PRESIDENTE. L'onorevole Moffa, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.
SILVANO MOFFA. Signor Presidente, esprimo la soddisfazione mia, del collega Iannarilli e dei cofirmatari dell'interpellanza urgente in esame per la risposta articolata e puntuale del sottosegretario. In particolare, sottolineo l'estensione dell'analisi epidemiologica anche ai comuni interessati dal fenomeno emergenziale, ma fin qui ancora non «toccati» da questo intervento importante, per creare una condizione di analisi oggettiva della situazione di fatto che si è determinata.
Mi permetto di aggiungere a questa considerazione un altro elemento, sul quale chiedo al rappresentante del Governo un impegno concreto: è stato già affermato dal collega Iannarilli e ribadito dal sottosegretario che ci troviamo di fronte ad una vera e drammatica emergenza di natura ambientale, le cui radici affondano nel tempo, ossia risalgono all'epoca in cui un'industrializzazione, che verteva soprattutto intorno alla produzione chimica, ha interessato in particolare il territorio di Colleferro, in periodi in cui si producevano il DDT e fitofarmaci e non c'erano neanche norme che consentissero di regolamentare lo smaltimento di questi rifiuti.
Si tratta di una situazione drammatica: il fatto stesso che Colleferro sia stata inserita, con la sua area industriale, tra i Pag. 17quarantatre siti di emergenza nazionale, la dice lunga sull'urgenza di intervenire in maniera radicale. Il lavoro che è stato svolto da ultimo - anche quello di caratterizzazione e di blocco della sorgente inquinante, in particolare con riferimento alla Beta HCH - è sicuramente un fatto importante. Come affermava il collega Iannarilli, però, non possiamo fermarci a questo: abbiamo un'economia agricola che è uscita con le ossa rotte da questi interventi; abbiamo aziende che hanno chiuso e sono fallite; abbiamo una situazione di allarme sociale e sanitario nel territorio, rispetto alla quale anche l'uso abnorme dell'informazione e il modo in cui i dati, anche sanitari, sono stati offerti alla popolazione, hanno creato sconcerto e preoccupazione. Lei stesso, infatti, ha detto e riconosciuto che, rispetto alla molecola citata, vi sono conoscenze scientifiche limitate, tant'è che, a livello mondiale, ancora non si riesce ad avere la certezza sulla correlazione con l'insorgenza tumorale rispetto alla sedimentazione di questa particolare sostanza, soprattutto nella massa adiposa, sia dell'uomo sia degli animali.
Pur tuttavia, forse perché spinti da una davvero illogica ricerca dell'allarmismo sociale a livello territoriale, per scopi prettamente politici, si è creata una situazione di difficile gestione del territorio. Credo che dobbiamo uscire da questo incontro e da questo confronto con il Governo, con la certezza che continui lo stato di emergenza (anche superando il limite che ci siamo dati, ossia ottobre del 2009), per avviare un vero piano di risanamento e di rilancio economico di tutta l'area che va da Colleferro, lambisce il Sacco e arriva fino a Ceccano, ossia un'area che è stata duramente colpita dall'insorgenza di questo elemento fortemente inquinante. Serve un piano di salvaguardia e di risanamento, che consenta a quelle popolazioni di avere un futuro, perché in questo momento, come è stato affermato, soprattutto il settore agricolo è fortemente mortificato dai ritardi e dalle inconcludenze di alcuni interventi.
La regione Lazio ha pensato di dover riconvertire quell'area creando fonti di energia alternativa, attraverso la piantumazione dei pioppi. Per dire come vanno le cose nel nostro Paese, l'innaffiamento di quei pioppi è avvenuto prelevando acqua dal fiume inquinato: ciò la dice lunga su come, a volte, ci si accosta a problemi di questo livello e di questa drammaticità.
Signor sottosegretario, ringraziandola ancora una volta, la invito ad aprire un tavolo, anche con gli altri Ministeri competenti, perché dall'emergenza si possa uscire attraverso un piano di riconversione e di sviluppo. Una parte della riconversione industriale, soprattutto nell'area di Colleferro, ma anche in quella di Frosinone, è stata avviata attraverso forme di interventi industriali assolutamente compatibili con l'ambiente.
Nello stesso tempo, se non abbiamo il coraggio di mettere al primo posto, in una logica di interventi governativi, quindi non soltanto regionali, una previsione di piano di sviluppo e di rilancio complessivo, il rischio dell'avvio di un desolante ulteriore depauperamento di quei territori è molto alto.
(Iniziative per il completamento del piano rifiuti della regione Calabria - n. 2-00289)
PRESIDENTE. L'onorevole Tortoli ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00289, concernente iniziative per il completamento del piano rifiuti della regione Calabria (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
ROBERTO TORTOLI. Signor Presidente, nonostante dieci anni di commissariamento e la spesa di somme ingenti, nella regione Calabria il sistema regionale di smaltimento dei rifiuti non è stato ancora completato.
Nell'anno 2000, il servizio di smaltimento dei rifiuti nel bacino Calabria Sud - che comprende circa metà della popolazione calabrese e dei rifiuti prodotti Pag. 18complessivamente nella regione - è stato assegnato in concessione alla società Tec Spa, oggi controllata dalla multinazionale Veolia. Non è mai stata assegnata, invece, la concessione del servizio di smaltimento dei rifiuti per il bacino Calabria Nord e gli impianti inizialmente previsti sono stati successivamente sostituiti con il progetto di una nuova linea di termovalorizzazione da realizzare a Gioia Tauro, sede dell'impianto del sistema Calabria Sud. La realizzazione di tale linea di termovalorizzazione è ancora allo stadio iniziale, a causa delle continue sospensioni disposte dalle leggi regionali, dichiarate successivamente illegittime dalla Corte costituzionale. Il sistema di smaltimento dei rifiuti della regione Calabria è oggettivamente ai limiti del collasso, proprio in ragione del fatto che non tutti gli impianti e le discariche previsti nel piano regionale dei rifiuti sono stati realizzati.
Da mesi si susseguono gli allarmi delle amministrazioni locali, che denunciano problemi pari e, a volte, maggiori di quelli campani. La Campania ci ha fatto capire quanto sia grave il problema emergenziale quando arriva al collasso. Il centro dell'emergenza è Cosenza, ma anche i sindaci della provincia di Reggio Calabria, dopo la saturazione di alcuni siti di stoccaggio, hanno chiesto interventi urgenti per tutelare la salute dei cittadini. Più tempo passa più la situazione rischia di aggravarsi, perché i pochi impianti di trattamento e smaltimento esistenti in Calabria stanno esaurendo le loro capacità di intervento. Siamo di fronte ad una situazione tragica, che può esplodere da un momento all'altro, per motivi ormai fin troppo noti, che possono essere sintetizzati in pochi, ma significativi, punti. Alla ben nota assenza di impianti di trattamento e smaltimento esistente, in particolare nella provincia di Cosenza, si sta affiancando il problema gravissimo delle altre province, le cui capacità di intervento si stanno lentamente, ma inesorabilmente, esaurendo.
Non è mai stato previsto un serio programma di raccolta differenziata e questo porta la Calabria in una situazione veramente molto simile a quella della Campania. Negli ultimi anni, la regione Calabria non è stata capace di dotarsi di strumenti idonei a uscire da una fase emergenziale, ma questa beffa per i cittadini calabresi dura da ormai quattordici anni. Le amministrazioni provinciali non hanno voluto o saputo far fronte a precisi i impegni e assunzioni di responsabilità in materia, previsti dalle leggi e dalle norme europee, continuando a galleggiare su una gestione dei rifiuti all'insegna della perenne emergenza, piegata a logiche che penalizzano i cittadini, l'ambiente e lo sviluppo economico e turistico di quella regione.
In questo quadro, che da un punto di vista ambientale è drammatico, si registra anche la creazione di una ulteriore grave situazione debitoria della concedente regione Calabria nei confronti della società concessionaria Tec Spa, che ha la concessione dei pochi impianti esistenti in Calabria, con il rischio concreto che questa possa fallire e chiudere la sua attività, sospendendo quel minimo margine di sicurezza che abbiamo oggi per quanto riguarda l'impiantistica.
Per scongiurare tale pericolo, di recente ha preso il via un tavolo fra Tec Spa, il commissario per l'emergenza rifiuti e la regione Calabria, per la verifica di tutti i problemi che stanno mettendo a rischio questa situazione.
Con questa interpellanza, signor sottosegretario, vogliamo capire quali iniziative, anche di carattere finanziario, si intenda prendere nell'ambito delle competenze governative al fine di accelerare il completamento del piano dei rifiuti della regione Calabria, nonché di promuovere una rapida conclusione dei lavori del tavolo di verifica, scongiurando, in tal modo, l'aggravarsi dell'attuale stato di crisi.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Menia, ha facoltà di rispondere.
ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare.Pag. 19Signor Presidente, in merito a quanto richiesto dall'onorevole Tortoli e dagli altri interpellanti, partirei da una prima precisazione: il Piano di gestione dei rifiuti della regione Calabria, approvato con ordinanza n. 2065 del 30 ottobre 2002, recepisce il Piano degli interventi di emergenza nel settore dello smaltimento degli RSU ed assimilabili, pubblicato sul Bollettino ufficiale della regione Calabria (BURC) n. 71 del 21 luglio 1998, adottato in contesto emergenziale, ed il Piano generale della raccolta differenziata, pubblicato sul BURC n. 30 del 26 marzo 1999.
Con successiva ordinanza commissariale n. 6294 del 30 ottobre 2007 è stato approvato il Piano di gestione dei rifiuti 2007, che prevedeva la programmazione degli interventi necessari per la realizzazione dell'impiantistica mancante, per l'adeguamento di quella esistente, nonché per la realizzazione delle discariche da utilizzare nel periodo transitorio.
I citati Piani, redatti per creare un sistema integrato di smaltimento dei rifiuti secondo criteri di efficienza ed economicità, hanno individuato una programmazione articolata degli interventi da effettuare sul territorio regionale, caratterizzata da una stretta correlazione tra le fasi di produzione, raccolta, trasporto, recupero, riutilizzo e smaltimento finale.
In particolare, il Piano di emergenza del 1998 e quello successivo del 2002 prevedevano che il sistema di impianti di selezione e trattamento in Calabria si articolasse in tre sistemi integrati denominati: «Calabria Sud», «Calabria Centro» e «Calabria Nord».
Per gli ambiti integrati Calabria Nord e Calabria Sud era programmata la realizzazione di due termovalorizzatori, rispettivamente nei comuni di Bisignano e di Gioia Tauro.
Il sistema complessivo di smaltimento rifiuti venuto a realizzarsi è rimasto, però, palesemente incompleto a causa dell'impossibilità di realizzare il sistema Calabria Nord, che, nelle previsioni di piano, avrebbe dovuto servire la maggior parte della provincia di Cosenza.
A causa di sopraggiunte problematiche legate all'opposizione dei comuni della provincia di Cosenza, nei quali era prevista la localizzazione degli impianti, non è stato, infatti, possibile procedere alla realizzazione né del termovalorizzatore di Bisignano né degli impianti di trattamento RSU previsti dal sistema Calabria Nord.
Preso atto della non attuabilità del sistema integrato Calabria Nord, per come originariamente previsto, e sulla scorta della disponibilità del solo comune di Gioia Tauro, la capacità di termovalorizzazione è stata concentrata in un unico polo regionale.
È stato così approvato il raddoppio della linea di termovalorizzazione di Gioia Tauro, affidando, senza esperire procedure di evidenza pubblica, direttamente alla TEC Spa, concessionaria del sistema Calabria sud, la realizzazione del secondo termovalorizzatore regionale.
Il Piano di gestione dei rifiuti 2007 ha previsto, inoltre, la realizzazione di una nuova impiantistica nella porzione di territorio regionale ad oggi deficitaria (province di Cosenza e Vibo Valentia) ed una serie di migliorie sugli impianti esistenti volte ad aumentare il livello di efficacia ed efficienza del sistema regionale di trattamento dei rifiuti.
In ordine alle premesse dell'interpellanza parlamentare, il commissario delegato ha precisato quanto segue: la concessione del sistema Calabria nord fu assegnata all'ATI Calabria ambiente, ma, per motivi riconducibili alle aspre contrapposizioni delle amministrazioni locali della provincia di Cosenza, sede degli impianti RSU e del termovalorizzatore, non fu a suo tempo possibile neanche individuare e confermare i siti per realizzare gli impianti.
La realizzazione della seconda linea di termovalorizzazione CDR, affidata alla Tec Spa, nonostante siano intervenute due leggi regionali che hanno imposto la sospensione dei lavori, è stata a suo tempo avviata. Le opere elettromeccaniche sono state interamente commissionate e in parte già realizzate, ed attualmente in deposito presso la concessionaria o presso Pag. 20i fornitori, per un totale di avanzamento lavori pari al 30 per cento del totale delle opere e del 95 per cento della commissione delle opere elettromeccaniche.
In merito alla presunta grave situazione debitoria della regione Calabria, cui fanno riferimento gli onorevoli interpellanti, l'ufficio del commissario fa sapere che non risulta alcun credito vantato dalla società concessionaria Tec Spa (questo è quanto comunica il commissario). Riferisce, infatti, che i crediti maturati per la gestione degli impianti vengono regolarmente liquidati alla concessionaria secondo le normali scadenze del mercato locale, cioè circa 120-180 giorni dalla data della fattura. L'unica pretesa creditoria da parte della concessionaria è attualmente oggetto di un tavolo di trattative, nonché di un lodo sospeso per volontà delle parti, in attesa di una definizione dei reciproci rapporti.
In relazione, infine, alle iniziative adottate al fine di accelerare il completamento degli interventi previsti dal Piano di gestione dei rifiuti, si segnala che, a seguito del ripristino dello stato di emergenza nel settore dei rifiuti urbani della regione Calabria dichiarato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 dicembre 2008, è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3731 del 16 gennaio 2009, recante «Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare l'emergenza dei rifiuti nel territorio della regione Calabria». Tale provvedimento, in ragione dell'assoluta necessità che siano stabiliti i presupposti per un definitivo ritorno alla gestione ordinaria, ha definito analiticamente alcuni degli obiettivi da perseguirsi da parte della struttura commissariale, nonché le procedure occorrenti per la soluzione dell'emergenza. Tra le attività previste è ricompresa la progettazione, l'approvazione e l'affidamento dei lavori di realizzazione e della gestione delle discariche di smaltimento dei rifiuti urbani, da utilizzarsi nelle more della realizzazione degli impianti tecnologici previsti nel Piano regionale dei rifiuti.
Nella stessa ordinanza è inoltre disposto che agli oneri necessari alla realizzazione delle azioni commissariali si provveda a valere sulle risorse giacenti sulla contabilità speciale intestata al Commissario delegato, nonché mediante l'utilizzo delle risorse finanziarie che saranno individuate dalla regione nell'ambito delle fonti di finanziamento comunitarie, statali e regionali destinate alla regione stessa.
PRESIDENTE. L'onorevole Tortoli ha facoltà di replicare.
ROBERTO TORTOLI. Signor Presidente, signor sottosegretario, la ringrazio per le delucidazioni e le puntuali informazioni che ha reso. Per quanto riguarda la situazione debitoria, mi risulta che vi è un problema reale, che ha in primo luogo portato alla formazione del tavolo; inoltre, mi risulta che l'azionista di maggioranza della Tec, la francese Veolia, abbia tutte le intenzioni di chiudere l'attività proprio per l'esposizione debitoria, che è di 80 milioni di euro: se dovesse accadere, evidentemente vi sarebbe un tracollo nella situazione, già al collasso, del sistema di smaltimento dei rifiuti in Calabria.
Sarei stato meno, e saremmo stati meno preoccupati della situazione calabrese; pur restando evidente, come ci ha insegnato la Campania, che da emergenza si passa ad emergenza - è ormai quasi un ritornello abituale - se non vi è un cambiamento di rotta, come è avvenuto in Campania: ad un certo punto, è intervenuto in prima persona il Presidente del Consiglio Berlusconi, il quale ha voluto organizzare proprio in quel luogo addirittura il primo Consiglio dei ministri di questo Governo proprio per cambiare rotta. Lì ormai l'emergenza dura da 14 anni; l'interpellanza in discussione vuole ricordare al Governo che probabilmente conviene intervenire prima che vi sia il collasso reale.
Dicevo che non ci saremmo preoccupati più di tanto, se a metà gennaio non avessimo ascoltato in audizione il presidente della regione Calabria; vado leggendo a spezzoni la relazione del presidente Pag. 21della regione Calabria di 15 giorni fa: la situazione regionale delle discariche sta attraversando attualmente una situazione di particolare criticità, dovuta da un lato alla dislocazione delle discariche utilizzabili e dall'altro all'insufficienza dei volumi disponibili.
A questa situazione già non semplice, in cui la provincia di Cosenza è priva degli impianti di trattamento rifiuti, dove inoltre non si intravedono sbocchi che portino alla soluzione della termovalorizzazione e mancano discariche già disponibili, e la provincia di Vibo Valentia che è totalmente dipendente da quella di Catanzaro, si sono aggiunti eventi che hanno portato al peggioramento delle condizioni di vita delle discariche e al conseguente avvicinarsi del collasso del sistema. In particolare si è esaurita la discarica di servizio del sistema impiantistico Calabria sud. Per ragioni legate alla momentanea impossibilità ad utilizzare il sito alternativo di Rossano è stato necessario per circa un mese utilizzare le altre discariche regionali. È opportuno sottolineare che sono state notevolmente accorciate le vite utili delle discariche esistenti. Nello specifico la discarica di Casignana che accoglie rifiuti di pochi comuni della Locride ha quasi esaurito le sue disponibilità attuali e si appresta a concludere i lavori relativi all'ampliamento già autorizzato. Anche le discariche di Lamezia Terme e Catanzaro hanno visto ridursi la vita utile residuale in virtù del conferimento degli scarti e della FOS provenienti dal sistema Calabria sud. È importante ancora segnalare che in data 30 ottobre 2008 si è esaurito il volume autorizzato alla discarica di proprietà Sovreco che veniva utilizzata per sopperire alle carenze di discariche della provincia di Cosenza, accogliendo circa la metà dei rifiuti della stessa. Il proprietario della società Sovreco è oggetto di interdittiva antimafia per cui al momento è impossibilitato alla contrattazione. Per questi motivi il suddetto sovrabbanco non è immediatamente disponibile. In conseguenza di ciò, il commissario delegato ha redistribuito i flussi destinati a Sovreco sulle uniche discariche disponibili, cioè Catanzaro, Lamezia Terme, Scalea, Cassano, San Giovanni in Fiore. Questa situazione determina notevoli sofferenze delle discariche stesse e in particolare per le ultime tre che hanno volumi di abbancamento ridotti. Il piano di redistribuzione, così com'è strutturato attualmente, porterà entro sei mesi all'esaurimento delle discariche interessate. In provincia di Catanzaro l'impianto di Catanzaro gestito da Enel Ambiente si serve della propria discarica che alle attuali condizioni di conferimento ha una vita residua di dieci mesi. L'impianto di Lamezia Terme, gestito da Daneco si serve della discarica pubblica gestita da Lamezia Terme Multiservizi sita anch'essa nel territorio comunale di Lamezia. Alle attuali condizioni di conferimento la discarica ha una vita residua di quattro mesi. Nella provincia di Crotone-Calabria sud esiste un impianto di trattamento rifiuti legato al contratto Tec-Veolia. Il CDR prodotto viene termovalorizzato a Gioia Tauro. Non esiste una discarica disponibile al momento della provincia di Crotone. Nella provincia di Reggio Calabria-Calabria sud esistono tre impianti di trattamento legati al contratto Tec-Veolia. Questi impianti termovalorizzano il CDR a Gioia Tauro e fino al mese di ottobre 2008 si servivano della discarica di servizio del sistema Calabria sud ubicata nel comune di Gioia Tauro in località Marrella. Al momento la provincia ha una piccola discarica a Casignana, le cui dimensioni attuali e la dislocazione non ne consentono l'utilizzo come discarica a servizio degli impianti ma solo come piccola discarica per i comuni limitrofi.
La provincia di Cosenza è ancora carente di soluzioni impiantistiche. Pertanto, i rifiuti vengono per gran parte smistati sulle discariche di Catanzaro e Lamezia Terme con conseguenti gravi disagi per quei territori. La situazione appena descritta, degenerata proprio negli ultimi mesi dello scorso anno, ha portato alla convinzione che non si potesse dichiarare conclusa la situazione di criticità della regione Calabria e che, anzi, proprio in virtù del fatto che si sono resi inutilizzabili considerevoli volumi di discarica fondamentale Pag. 22per la gestione transitoria, si siano verificate le condizioni per un rientro in emergenza rifiuti.
Ma come dicevo più che rientro in emergenza abbiamo iniziato il collasso vero e proprio.
È stato presentato anche un ipotetico nuovo piano di ridistribuzione dei rifiuti che prevede investimenti enormi e che è di là da venire. Quindi la situazione a parer nostro è drammatica.
(Presunte irregolarità nei rapporti di lavoro del CONI - n. 2-00274)
PRESIDENTE. L'onorevole Goisis ha facoltà di illustrare l'interpellanza Brigandì n. 2-00274, riguardante presunte irregolarità nei rapporti di lavoro del CONI (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmataria.
PAOLA GOISIS. Signor Presidente, la vicenda legata all'intervento del comando dei carabinieri di Roma per la tutela del lavoro all'interno degli uffici delle federazioni sportive, per verificare se la CONI Servizi Spa avesse somministrato lavoro, atteggiandosi ad agenzia di lavoro senza averne i requisiti, ha avuto il merito di fissare l'attenzione sulla lunga serie di interventi economici e strategico-politici attuati nel tempo dall'attuale vertice del CONI, ente pubblico che riceve un rilevante contributo economico dalle casse dello Stato.
È questo il tema principale emerso nella presente vicenda.
È essenzialmente saltato agli occhi uno degli effetti della deviata gestione di un ente che, in quanto gestore di finanza pubblica, dovrebbe agire nella massima trasparenza e rispetto delle leggi.
La mission del CONI indica l'obiettivo da raggiungere ed è pari al mandato che lo stesso ente, Confederazione delle federazioni sportive, dovrebbe avere quale finalizzazione dei propri progetti, ossia il raggiungimento del risultato sportivo agonistico attraverso una politica generale che comprenda, tra l'altro, la promozione culturale dello sport nella popolazione italiana. Al CONI è anche affidato il rapporto con gli enti di promozione sportiva.
Il CONI consolida la sua duplice collocazione di ente pubblico sovraordinato a tutta l'organizzazione sportiva italiana e di comitato olimpico riconosciuto dal CIO: in esso continuano ad assommarsi due differenti sfere di attribuzioni e di funzioni, derivanti dalla sua contestuale appartenenza tanto all'ordinamento statuale italiano quanto all'ordinamento sportivo internazionale.
Nell'ambito dell'ordinamento statuale viene attribuita al CONI l'organizzazione ed il potenziamento dello sport nazionale, nonché la promozione della massima diffusione della pratica sportiva, nei limiti di quanto stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
Nell'ambito dell'ordinamento sportivo internazionale viene riconosciuta al CONI la competenza in ordine alla preparazione degli atleti e all'approntamento dei mezzi idonei per le Olimpiadi e per tutte le altre manifestazioni sportive nazionali o internazionali finalizzate alla preparazione olimpica, nonché ad adottare misure di prevenzione e repressione di sostanze dopanti.
Le attività sportive di alto livello devono essere il risultato di un progetto che preveda comunque un'educazione allo sport con il coinvolgimento del maggior numero possibile di giovani e meno giovani. Tale finalizzazione, se mai fissata dal CONI e certamente obiettivo lontano dall'essere raggiunto, comporterebbe un risparmio certo sulle spese sanitarie nazionali e comunque un benessere generalizzato della popolazione, come già da molto tempo la ricerca medica sul tema ha evidenziato.
Ma l'evidente assenza di un chiaro ed operativo progetto sportivo nazionale predisposto dal Comitato olimpico con l'ausilio, primo tra tutti delle federazioni sportive, di tutte le entità sportive nazionali, secondo uno spirito di sinergia che possa contare sull'attività posta in essere dai vari attori, rende ancor meno efficace la già citata mission del CONI. Tale inefficienza Pag. 23non può certamente essere sottaciuta solo grazie al numero di medaglie olimpiche conquistate.
Aspetto di non minor criticità è la sovrapposizione delle cariche dei vertici dei due enti, quello pubblico, il CONI, e quello privato, la CONI Servizi Spa, azionista unico il Ministero dell'Economia, che, da diversi anni, sono tenute dalle stesse persone: il dott. Giovanni Petrucci è presidente del CONI e presidente della CONI servizi Spa, il dott. Raffaele Pagnozzi è segretario generale del CONI e amministratore delegato della CONI servizi Spa.
Si è spesso parlato dei loro doppi emolumenti, senza tuttavia analizzare approfonditamente il ruolo di garanzia e verifica dell'ente pubblico CONI sull'azienda privata CONI Servizi Spa.
In queste condizioni strutturali, il ruolo di garanzia e verifica è, ovviamente, svanito: chi verifica e controlla chi? Il presidente del CONI Petrucci controlla il presidente della CONI Servizi Spa Petrucci e il segretario generale del CONI Pagnozzi verifica l'amministratore delegato della CONI Servizi Spa Pagnozzi? Certo non si può parlare di trasparenza cristallina e, soprattutto, di efficienza aziendale.
Il rispetto delle leggi e delle elementari regole di buon governo non sembra essere rispettato appieno, se è vero che i dipendenti CONI sono stati chiamati a decidere, tra l'altro, attraverso un referendum interno, il loro futuro, vale a dire se rimanere dipendenti CONI distaccati presso le federazioni o se essere scaricati direttamente alle federazioni stesse. Il risultato del referendum è stato forzatamente condizionato da estenuanti pressioni sul personale e, addirittura, in molti casi, sono stati chiamati ad esprimere il voto persino i collaboratori non dipendenti, con l'intenzione di falsare di fatto la composizione del corpo elettorale attivo. L'obiettivo per il vertice CONI era esclusivamente quello di dimostrare artatamente al Governo la propria capacità di ridurre l'organico dell'ente attraverso la cessione alle federazioni del personale stesso. Il CONI ha però tralasciato di evidenziare che, nel caso di cessione del personale alle federazioni, avrebbe continuato a sostenerne l'onere economico attraverso contributi finanziari: un vero e proprio gioco delle tre carte. Proprio questo atteggiamento incomprensibile sta alla base dell'inchiesta svolta dal Comando dei carabinieri per la tutela del lavoro.
La CONI Servizi Spa ha esercitato pressioni rilevanti sia sui presidenti federali, sia nei confronti del personale operante nelle federazioni sportive nazionali volte a forzarne il passaggio a queste ultime. Si ritiene che possano essere individuate in tali sistemi di «persuasione» azioni caratteristiche del mobbing. Tutto ciò mentre la legge vigente non indica come necessario il passaggio definitivo presso le federazioni del personale in forza alla CONI Servizi Spa. Tale circostanza risulterebbe essere davvero molto grave.
La CONI Servizi Spa, oltre a snellire il proprio organico, rimpinguando, però, dello stesso personale le federazioni con un'azione chiaramente elusiva della realtà, ha proceduto in questi ultimi anni a favorire un massiccio trasferimento ad altri enti utilizzando lo strumento della mobilità. Ha favorito, inoltre, il prepensionamento di un elevato numero di dipendenti attraverso la corresponsione di una ghiotta ricompensa economica. Ma se lo scopo del CONI è quello di diminuire il numero dei propri dipendenti, perché ha assunto negli ultimi anni circa duecento nuovi lavoratori tra impiegati e dirigenti, senza, peraltro, effettuare concorsi pubblici? La serietà di tale stato di cose è palese.
Anche l'attività economica che avrebbe risanato il CONI va tutta rielaborata attraverso una chiave di lettura rispondente alla realtà: dismissioni sconvenienti, come nel caso del centro sportivo di Riano, ed attività a dir poco spregiudicate, quali la gestione del circolo del tennis del Foro Italico, operata da una società presieduta - anch'essa - dal presidente Petrucci sono solo due perle che caratterizzano non già un virtuosismo gestionale, ma interesse e sfrontatezza.Pag. 24
In conclusione, è indubbio che il CONI, le federazioni e il volontariato sportivo rappresentano una risorsa importantissima per il nostro Paese. Il Governo, per risanare il bilancio del CONI caduto in deficit per la rivoluzione dei concorsi a pronostici e la crisi del totocalcio, creò la CONI Servizi Spa, la capitalizzò e sanò, di fatto, il bilancio dell'ente. Dopo circa sette anni il peso di tale risanamento è troppo consistente in termini economici e democratici e, quindi, di garanzia, in quando chi decide per la CONI Servizi Spa sono sempre gli stessi soggetti fuori dal controllo delle tante entità che rappresentano lo sport in Italia.
È ormai dunque radicata una gestione verticistica e autoreferenziale scollata dalle federazioni, dal Parlamento, dal Paese e dalla realtà.
Le risorse economiche garantite al Governo in questi anni non hanno favorito lo sport di base, escluso di fatto dai ristretti ambiti decisionali. La privatizzazione delle federazioni, avvenuta nel 1999, ha favorito il dinamismo e il senso di responsabilità delle stesse, che sono state, però, abbandonate dal CONI che, di fatto, si interessa di loro soltanto in prossimità delle Olimpiadi. D'altronde, i contributi pubblici che esse ricevono, sono circa la metà del contributo complessivo che il Governo garantisce al CONI.
È, dunque, inconfutabile che la CONI Spa, cassaforte gelosamente custodita da Petrucci, con la quale egli, di fatto, amministra 470 milioni di euro di denaro pubblico, deve essere messa in discussione nella sua stessa essenza e sopravvivenza, andando al di là dell'alibi spauracchio dell'autonomia dello sport che, nei fatti, è stata dall'attuale vertice interpretata come un'assoluta autogestione, intollerante a qualunque forma di controllo, bollato sempre come interferenza inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Saluto gli allievi e i docenti della Scuola media statale Don Enrico Smaldone, di Angri, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune, ricordando a chi segue i nostri lavori, che siamo in una seduta particolare, dedicata allo svolgimento delle interpellanze urgenti, atti di sindacato ispettivo, e che la presenza dei deputati in aula è ridotta in virtù del fatto che gli altri colleghi sono impegnati nelle varie Commissioni (Applausi).
Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Rocco Crimi, ha facoltà di rispondere.
ROCCO CRIMI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in riferimento a quanto prospettato dall'onorevole interpellante, si fa presente che la Presidenza del Consiglio - Sottosegretariato allo sport, ha rivolto al CONI, ente vigilato, una richiesta urgente di informazioni. L'ente ha inviato una dettagliata relazione, acquisita presso la CONI Servizi, sugli elementi di fatto e di diritto inerenti alla vicenda oggetto di esame. È risultato da quanto espresso nella relazione che, in data 25 giugno 2008, a seguito di una visita ispettiva effettuata il giorno 19 giugno 2008, presso la Federazione pesca sportiva e attività subacquee e un ulteriore accesso disposto il 24 giugno successivo, presso la CONI Servizi Spa, il Comando dei carabinieri per la tutela del lavoro - Reparto operativo di Roma presso l'Ispettorato del lavoro, ha notificato alla stessa società una prescrizione relativa alla situazione dei dipendenti che svolgono la loro attività presso le federazioni sportive nazionali.
In tale atto si assume che l'impiego di personale dipendente di CONI Servizi Spa, presso le federazioni sportive nazionali, integra gli estremi di illecita somministrazione di manodopera, non potendosi far rientrare nell'ipotesi di distacco, disciplinata dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Nella prescrizione, è disposta l'immediata cessazione dell'illecita somministrazione di manodopera a far data dalla notifica della stessa. Analogo atto risulta notificato alle federazioni ove è presente personale CONI.
A seguito di ciò, la CONI Servizi e anche le federazioni sportive, hanno formulato Pag. 25istanza di proroga dei termini di adempimento per la durata massima consentita di sei mesi che è stata concessa nei termini richiesti. All'approssimarsi della scadenza del nuovo termine, la richiesta di proroga reiterata è stata rigettata nel presupposto che non fossero intervenute circostanze particolari che la giustificassero. La società ha rappresentato il quadro normativo di riferimento nel quale la presente questione deve essere ricondotta, i cui antefatti risalgono a tempi che precedono la creazione della CONI Servizi Spa. Infatti, l'ente CONI, prima della costituzione di tale società, dotava di proprio personale le federazioni sportive nazionali, atteso che queste erano suoi organi in senso tecnico e soggetti giuridici pubblici che avevano come fine istituzionale la preparazione delle squadre e degli atleti della nazionale per la partecipazione alle Olimpiadi e alle competizioni europee ed internazionali nelle diverse discipline.
Ciò sulla base di una disposizione di legge, l'articolo 14 della legge n. 91 del 1981, che, ai commi 3 e 4, prevedeva che per l'attività di amministrazione degli uffici centrali le federazioni si avvalessero del personale del CONI e per le attività di carattere tecnico e sportivo di personale assunto con contratto di diritto privato direttamente dalle federazioni.
Con la legge n. 138 del 1992, articolo 3, tale disposizione è stata abrogata ed è stato previsto l'inquadramento nei ruoli del personale CONI di tutto il personale in servizio presso le federazioni sportive nazionali alla data del 31 dicembre 1990 con rapporto di lavoro di diritto privato a tempo indeterminato, con l'evidente scopo di far sì che tutto il personale della federazione fosse dipendente CONI.
Come è noto, con il decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito nella legge 8 agosto 2002, n. 178, è stata istituita, all'articolo 8, la CONI Servizi Spa, società di diritto privato interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze. Con il susseguirsi dei diversi interventi normativi il rapporto di lavoro del personale ex CONI, in particolare quello in servizio presso le federazioni sportive, è divenuto a tutti gli effetti privatistico e il relativo contratto collettivo, su indicazione del Dipartimento della funzione pubblica, è stipulato al di fuori del sistema pubblico.
Dalla legge citata tuttavia era stato espressamente previsto il mantenimento per un periodo di tempo limitato, poi prorogato fino al 31 dicembre 2007, della possibilità di ricorrere all'istituto della mobilità ex articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Inoltre con l'articolo 1, comma 6-ter, della legge 6 febbraio 2007, n. 17, di conversione del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, è stata concessa un'ulteriore tutela ai dipendenti ex CONI, poi CONI Servizi, in servizio presso le federazioni, consistente nella possibilità di accedere alla mobilità fino al 31 dicembre 2012 nel caso in cui, successivamente al passaggio alle dipendenze delle federazioni, fossero risultati in esubero a seguito di ristrutturazione aziendale, ferma restando la possibilità di ripristino del rapporto di lavoro originario.
La CONI Servizi ha fatto presente di aver avviato, in considerazione dell'evoluzione normativa descritta, già a partire dal 2005, un progetto di trasferimento del personale alle federazioni sportive nazionali, condividendone i contenuti con le organizzazioni sindacali ed i presidenti delle federazioni stesse.
Nel piano industriale per gli anni 2007-2009, tale progetto è stato inserito tra gli obiettivi da perseguire, con l'approvazione formale del Ministero dell'economia e delle finanze, come risulta dalla documentazione prodotta.
Di seguito al recente rinnovo contrattuale, CONI Servizi ha avviato, di concerto con le federazioni sportive, l'adozione degli atti previsti dal contratto collettivo per il passaggio del personale, la cui prima decorrenza utile era il 1 luglio 2008. Alla data del 1 gennaio 2009 risultano passate alle dipendenze delle federazioni n. 368 unità del personale che si trovava in condizione di esercitare l'opzione.
Quanto sopra rappresentato vale ad evidenziare come la situazione del personale operante presso le federazioni sportive nazionali debba essere valutata alla Pag. 26luce delle diverse modificazioni normative intervenute, che hanno connotato il rapporto di lavoro del personale di una propria specificità. È inoltre da considerare che, sulla base delle disposizioni contenute nel recente rinnovo del contratto di lavoro, è in corso l'iter di trasferimento dei rapporti di lavoro direttamente in capo alle federazioni. La società ha esposto di ritenere di aver correttamente e tempestivamente operato in questi anni per la soluzione della questione in esame, anche in considerazione dei ripetuti interventi normativi e dei contrasti interpretativi insorti tra soggetti pubblici (INPS, Dipartimento funzione pubblica e via dicendo) sulla definizione della natura giuridica del rapporto di lavoro dei dipendenti della società medesima.
Nella difficile gestione della vicenda si è dovuto anche tener conto che, qualora il passaggio del personale alle federazioni fosse intervenuto prima del 31 dicembre 2007, il personale interessato avrebbe perso il diritto alla mobilità verso la pubblica amministrazione, di cui al citato articolo 30, del decreto legislativo n. 165 del 2001.
La CONI Servizi ha ribadito che alcun beneficio economico le è derivato dall'impiego di personale presso le federazioni, poiché il costo di tali risorse è sempre stato rimborsato, senza oneri aggiuntivi, dall'ente CONI, nell'ambito del contratto di servizi che lega i due soggetti, così come di alcuna penalizzazione economica o previdenziale abbiano sofferto i dipendenti in servizio presso le federazioni sportive.
In conclusione, la rigida applicazione del decreto legislativo n. 276 del 2003 al personale dipendente della CONI Servizi in servizio presso le federazioni, nei termini indicati nella prescrizione del 25 giugno 2008 dei carabinieri per la tutela del lavoro, non è ritenuta compatibile con la peculiarità del soggetto CONI Servizi, con i passaggi istituzionali che hanno interessato il relativo personale nonché con la successione delle leggi che nel tempo hanno disciplinato i relativi rapporti di lavoro.
In ordine agli specifici quesiti posti dagli interpellanti, si fa presente quanto segue: dalle informazioni assunte presso l'ente vigilato non è risultato ad istanza di chi i carabinieri del reparto operativo presso l'Ispettorato del lavoro abbiano iniziato i controlli, disposti nei confronti della CONI Servizi; i dipendenti interessati, in numero di 733 al momento dell'accesso ispettivo avvenuto in data 24 giugno 2008, risultano, da quanto comunicato, in numero di 365 alla data del 1 gennaio 2009, per effetto del graduale passaggio del personale alle dipendenze delle federazioni presso cui operavano; in secondo luogo, l'atto di prescrizione illecito decorrerebbe dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 276 del 2003 (la cosiddetta legge Biagi), che ha introdotto il reato di somministrazione di manodopera.
Sulla eventuale responsabilità penale e civile derivante dai fatti contestati non è possibile, evidentemente, fornire alcuna risposta, se non all'esito dei relativi procedimenti giudiziari.
PRESIDENTE. L'onorevole Brigandì ha facoltà di replicare.
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, sono parzialmente soddisfatto della sua risposta perché è stata sicuramente articolata e ciò, forse, è dovuto anche al fatto che questa interpellanza urgente è stata rinviata di tre settimane e, quindi, penso che la risposta sia stata più meditata.
Tuttavia, credo che siano state eluse le due domande principali. In primo luogo, mi chiedo a istanza di chi i carabinieri si sono mossi. È evidente che, se si chiede al vigilato, quest'ultimo non lo sa e, quindi, il sottosegretario non poteva che rispondere in questo modo. Ma essendo egli sottosegretario di Stato, avrebbe forse dovuto chiedere non al vigilato ma al vigilante, il quale avrebbe ben potuto dire a istanza di chi si era mosso. Dico questo perché siamo in una situazione un po' particolare all'interno del CONI e credo che sarebbe stato interessante capire da cosa è stato mosso questo evento, in una situazione Pag. 27veramente complessa del CONI come, ad esempio, la possibilità di verificare una serie di altri aspetti, ivi compresi il bilancio e altro ancora.
Il secondo punto su cui non sono soddisfatto, onorevole sottosegretario, è il seguente: lei ha compiuto una prospettazione accurata dal punto di vista giuslavoristico (si tratta quasi di una memoria difensiva che, ovviamente, le è stata fornita dal CONI, che altro non poteva fare) dalla quale emergerebbe il dubbio sulla legittimità delle proposizioni fatte dai carabinieri. È evidente che qui, alla Camera dei deputati, siamo in una posizione super partes e, quindi, dobbiamo capire se i carabinieri hanno preso una «cantonata» o se questa è stata presa dal CONI, perché tertium non datur.
Il punto interessante è: se tutto ciò va a finire con un'assoluzione, allora siamo tutti d'accordo, non ci sono problemi e la questione è risolta dal punto di vista economico, salvo quanto detto dalla collega Goisis che mi ha preceduto e le ha rassegnato il suo intervento. Quindi, credo che una verifica bisogna farla.
Il problema esiste nel caso in cui - siamo rispettosi delle pronunce giurisprudenziali - la giurisprudenza nel caso di specie arrivasse ad una condanna in quanto questa, come lei sa, è una condanna pecuniaria che sarebbe pesante. Infatti, facendo i conti a spanne lei ci ha parlato di 700 dipendenti: 700 dipendenti moltiplicati per 12 euro al giorno fa già una bella cifra che, moltiplicata per l'arco di tempo che lei stesso ci ha formulato, fa una cifra molto più grande.
La domanda specifica è: se è vero che la responsabilità penale è personale (quindi non civile, ma penale perché al massimo al civile si può andare per le due Federazioni che hanno ottemperato alla prescrizione dei carabinieri e quindi hanno sanato il problema), ma per le altre, che sono ben più grosse (fra cui la Federazione giuoco calcio che credo abbia il maggior numero di dipendenti), in quella data situazione se per caso ci fosse questo illecito di carattere penale, siamo d'accordo che chi l'ha causato lo paga? Questo è il punto. Oppure per pagare la multa da una parte per chi ha fatto un illecito penale deve intervenire ancora una volta lo Stato così prendiamo i soldi da una tasca e li passiamo nell'altra? A questa domanda non abbiamo sentito risposta. Per tutto il resto la ringraziamo.
(Iniziative del Governo per la cessazione dell'embargo contro Cuba - n. 2-00297)
PRESIDENTE. L'onorevole Brigandì ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00297 concernente iniziative del Governo per la cessazione dell'embargo contro Cuba (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Rocco Crimi, ha facoltà di rispondere.
ROCCO CRIMI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, come gli stessi onorevoli interpellanti ricordano, l'Italia ha costantemente votato a favore delle risoluzioni di condanna dell'embargo statunitense a Cuba riproposte annualmente nell'ambito delle Nazioni Unite. Lo ha fatto non certo per ostilità nei confronti degli Stati Uniti, Paese cui siamo legati da solidissima amicizia, ma perché siamo profondamente convinti, e non da oggi, che l'embargo rappresenta una misura sbagliata e per molti versi persino controproducente rispetto agli stessi motivi che vengono addotti a sua giustificazione.
Proprio in virtù della solidarietà e dello spirito di collaborazione che ci lega agli Stati Uniti, cogliamo ogni occasione utile per far notare ai nostri interlocutori che, storicamente, l'embargo si è ampiamente dimostrato inefficace e che anzi ha finito per rappresentare un comodo alibi per il regime castrista, che ha potuto giustificare Pag. 28con le misure statunitensi tutte le carenze che sono in realtà proprie del sistema cubano.
Abbiamo registrato nelle parole pronunciate dal Presidente Obama e dal Segretario di Stato, Clinton, elementi che inducono a ritenere possibili future modifiche nell'atteggiamento della nuova amministrazione verso Cuba, a cominciare da una revisione delle restrizioni applicate alle visite dei familiari quale segnale iniziale che gli Stati Uniti intendono trasmettere al popolo cubano. Vi sono poi indicazioni che l'ammorbidimento potrebbe in futuro riguardare anche l'importante aspetto delle rimesse verso l'isola.
L'Italia e l'Unione europea asseconderanno ed incoraggeranno senz'altro evoluzioni nel senso suddetto della politica statunitense. Al tempo stesso, l'Italia e l'Unione europea continueranno a perseguire il dialogo sia con le autorità cubane che con la dissidenza democratica dell'isola, nell'ambito della cosiddetta strategia del «doppio binario», ponendo come prioritario il tema dei diritti umani e della liberazione dei prigionieri politici.
A seguito dell'ondata repressiva attuata dal regime nel 2003, l'Unione europea aveva adottato una serie di misure sanzionatorie contro Cuba. I Capi di Stato e di Governo della Ue, nella riunione del 23 giugno scorso hanno però deciso di revocare tali misure e di riaprire il confronto politico con la dirigenza cubana.
Tale riapertura, peraltro non avviene senza condizioni per il Governo cubano.
Le conclusioni, cui l'Italia ha fattivamente contribuito, infatti, tra l'altro, prendono atto dei cambiamenti avviati sinora dal Governo cubano, ma chiedono a Raul Castro di farvi seguire concrete misure «liberalizzatrici»; chiedono al Governo cubano di «migliorare effettivamente» il rispetto dei diritti umani nell'isola «liberando incondizionatamente tutti i prigionieri politici», questione che resta una priorità per l'Unione europea e sulla quale si è esercitato in particolare l'impegno italiano nel corso dei lavori che hanno condotto alla decisione di giugno; riaffermano l'impegno dell'Unione europea a dialogare anche con l'opposizione democratica, e ribadiscono la determinazione ad assistere «tutti i settori della società cubana verso il cambiamento pacifico» della situazione nell'isola verso una democrazia pluralista; sollecitano il regime a garantire libertà di accesso all'informazione e quella di espressione; condizionano la prosecuzione del dialogo «complessivo ed incondizionato» che l'Unione chiede a Cuba di avviare su tutti i temi di reciproco interesse, tra cui l'intero spettro dei diritti umani, alla sua concreta efficacia, da valutare in occasione della revisione delle relazioni con Cuba che il Consiglio farà a giugno 2009.
Questo dialogo è stato formalmente accettato dalla controparte cubana ai primi di settembre e ha avuto formalmente inizio lo scorso 16 ottobre a Parigi con un incontro della trojka comunitaria con il Ministro degli esteri cubano, Perez Roque. È in questo contesto che è stato posto con molta chiarezza il tema del rispetto dei diritti umani e della liberazione dei prigionieri politici, a cominciare da quelli in gravi condizioni di salute che già hanno formato oggetto di un'apposita iniziativa italiana per chiederne la scarcerazione.
Dopo l'avvio dell'ottobre scorso, spetta ora alla Presidenza ceca dare continuità a questo dialogo, cosa a cui, a livello di meccanismi di coordinamento comunitario si sta già lavorando - con il fattivo contributo dell'Italia - affinché i seguiti siano caratterizzati da concretezza ed efficacia. Nel frattempo, la cooperazione allo sviluppo dell'Unione europea nei confronti di Cuba è stata ripresa con una particolare attenzione all'assistenza della popolazione cubana così duramente colpita dal passaggio degli uragani tropicali alla fine della scorsa estate.
PRESIDENTE. L'onorevole Brigandì ha facoltà di replicare.
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, la risposta che lei mi ha dato è sicuramente soddisfacente, a parte un refuso - mi pare Pag. 29- sui prigionieri: non «liberalizzare», ma «liberare», credo. È così? Perfetto. Altrimenti avrebbe avuto un significato diverso.
Sono pienamente soddisfatto di quanto è stato detto, c'è un unico problema che mi piacerebbe evidenziare dato che non mi è parso chiarissimo, e per questo lo sottolineo io. Due questioni che lei ha riportato sono perfettamente condivisibili: da una parte è chiaro che l'embargo a Cuba è anacronistico, e quindi mi pare che il Governo accolga le considerazioni che ho fatto nella mia interpellanza; dall'altra mi pare anche chiaro che evidentemente debbono e possono essere richieste a Cuba le cose che lei ha accennato.
L'unica cosa che tengo a sottolineare, e che sarebbe opportuno che il Governo chiarisse, è se l'embargo sia sottoposto a condizione. In altre parole vorrei capire se noi vogliamo da Cuba quelle cose - e su questo sono perfettamente d'accordo - e se noi vogliamo che a Cuba cessi l'embargo - e su questo sono perfettamente d'accordo - oppure se noi diciamo: cesserà l'embargo quando si verificheranno quelle condizioni. A questo punto non sarei d'accordo per nulla. Questo è il motivo della specificità della mia risposta.
Diceva Marcello Ignazio Gallo, mio maestro di diritto penale, che i ragionamenti giuridici, e secondo me tutti i ragionamenti, funzionano come i motori delle autovetture: se li spingi al massimo per un certo periodo di tempo e non succede niente vuol dire che sono ragionamenti giusti, se non li spingi al massimo evidentemente non sai della tenuta del ragionamento.
Allora, se è vero quello che lei dice, onorevole sottosegretario, vale a dire che ci troviamo nell'ipotesi b, ossia sottoporre la cessazione dell'embargo a determinate condizioni, se dunque questo ragionamento è giusto, deve ripercuotersi nei confronti di tutti gli altri Paesi del mondo che hanno lo stesso problema. Quindi l'America, che certamente è un Paese nostro amico, nei confronti del quale l'Italia conduce una politica sicuramente condivisibile, deve avere il coraggio di imporre l'embargo alla Cina. Si sostiene che la ragione dell'embargo è il mancato rispetto dei diritti dell'uomo, ma io ricordo (ero piccolo quando è accaduto) che esso era nato per motivi diversi: non si è trattato certo del problema dei diritti dell'uomo, ma delle navi che ci hanno lasciato con il fiato sospeso fino a quando non hanno invertito la rotta, quindi quello è stato il vero motivo.
Se oggi si dice che l'embargo ha una sua ragione di esistere perché a Cuba non ci sono una serie di diritti civili, ebbene, voi sapete che questa realtà è uguale a quella della Cina. Pertanto, non possiamo pensare - è il nostro motore che gira al massimo - che questo discorso sia valido per Cuba perché è un'entità piccola e non sia valido per la Cina perché è un'entità grande, perché se il ragionamento è valido, lo è sempre e dobbiamo avere la forza e il coraggio di dirlo (non cito altri esempi per non ripetermi rispetto a quanto è scritto nel testo dell'interpellanza). Oppure, signor sottosegretario, la sua risposta deve essere letta, come io credo e mi auguro, nel senso che l'embargo deve cessare - sono d'accordo - e che bisogna cercare di riportare Cuba a un regime di piena democrazia e anche su questo concordo. Nella seconda ipotesi, ovviamente, la mia soddisfazione sarà più grande. La ringrazio, signor sottosegretario.
(Vicenda del piccolo Gratian Gruia e problematiche relative all'accordo tra Italia e Romania del 9 giugno 2008 sulla cooperazione per la protezione dei minori romeni non accompagnati - n. 2-00283)
PRESIDENTE. L'onorevole Zamparutti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00283, concernente la vicenda del piccolo Gratian Gruia e problematiche relative all'accordo tra Italia e Romania del 9 giugno 2008 sulla cooperazione per la protezione dei minori romeni non accompagnati (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario qui Pag. 30presente in Aula. Sarò breve nella replica, più che nell'illustrazione, di questa interpellanza che avrebbe dovuto essere discussa la settimana scorsa. Tuttavia, il dibattito è stato rinviato per impegni del sottosegretario Mantica che, però, ha comunque fornito una prima risposta scritta, impegnandosi poi a ritornare in Aula questa settimana anche per poter riferire sull'esito dell'udienza di appello che si è tenuta martedì scorso, il 3 febbraio, a Timisoara, sulla vicenda di Gratian Gruia che era la questione che ponevamo all'attenzione del Ministro degli affari esteri, della giustizia e anche dell'interno.
A noi radicali accade spesso di incontrare casi personali e individuali che hanno in sé la forza di assumere una valenza politica ed è un nostro connotato quello di riuscire a portarne la storia, il vissuto nel cuore delle istituzioni. È quello che ci è accaduto con Gratian Gruia, un bambino di origini romene di ormai quasi quattro anni che è stato trovato due anni fa in condizioni terribili dalla squadra mobile di Roma perché seviziato dal padre, abbandonato dalla madre e costretto dalla nonna a mendicare con sevizie e brutalità.
Gratian era stato successivamente accolto in una casa famiglia di Roma dove iniziava a stare meglio, mentre entrambi i genitori venivano dichiarati decaduti dalla potestà genitoriale proprio per i gravi maltrattamenti commessi.
Dinanzi al tribunale per i minorenni di Roma era stato aperto il procedimento per la declaratoria dello stato di abbandono del piccolo Gratian, senonché nel corso del giudizio si è costituita la Romania chiedendo la riconsegna del piccolo. La richiesta è stata accolta l'8 luglio 2008, ignorando, da parte del tribunale dei minori di Roma, il parere del pubblico ministero e degli esperti che raccomandavano di mantenere il bambino in una situazione stabile. Ciò è stato disposto con una sentenza che io, senza problemi, definisco degna solo di essere equiparata ai maltrattamenti che Gratian aveva subito in famiglia. La sentenza del tribunale dei minori di Roma è immotivata e si riduce ad un burocratico foglio di via, senza traccia di alcuna considerazione dell'articolo 3 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo. Tale articolo prevede che in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve ricevere una considerazione preminente.
Nell'illustrazione dell'interpellanza ovviamente tengo conto della risposta scritta che il Ministero degli affari esteri mi ha fornito la settimana scorsa e nella quale ho letto che il tribunale dei minori di Roma - rispetto alle critiche che avanzavamo sul mancato rispetto dell'accordo tra i due Governi in materia di trattamento dei minori non accompagnati sul nostro territorio - non ne ha tenuto conto perché l'accordo non sarebbe ancora entrato in vigore al momento dell'adozione della sentenza (sentenza adottata tuttavia in base ad un programma fornito dall'autorità rumena).
La sentenza di martedì scorso ha visto il tribunale di Timisoara confermare quanto già deciso in primo grado dal tribunale di Caras Severin, ovvero il ritorno di Gratian ai familiari che lo hanno seviziato e che per questo motivo nel nostro Paese avevano perso la patria potestà. Quindi, alla luce dell'esito che sta avendo la vicenda di Gratian Gruia mi auguro di sapere oggi cosa prevedeva quel programma fornito dalle autorità rumene. A mio avviso, infatti, rimangono tutte le ragioni e la massima urgenza per disporre un'ispezione nei confronti del tribunale dei minori di Roma che opera in violazione della Convenzione sui diritti del fanciullo. Il tribunale ha fatto ciò sia nel caso di Gratian Gruia (e ne vediamo oggi le conseguenze), sia nei confronti di altri quattro fratellini rom. Questo è un nuovo caso che porto l'attenzione del Governo e riguarda i fratelli Raducan, che hanno tra i due e i sette anni, e che sono stati rimpatriati nel silenzio totale in Romania all'inizio di agosto.
Il responsabile al comune di Roma, Stefano Giulioli, sta chiedendo ai tutori di Pag. 31Roma (sono sette o otto persone) di preparare una lista di bambini rumeni che si trovano attualmente nelle case famiglia di Roma. A me risulta che esista una triangolazione tra il tribunale dei minori di Roma, il consolato rumeno e il V dipartimento del comune. Dobbiamo, infatti, intenderci su cosa noi riteniamo significhi la previsione contenuta nella Convenzione sui diritti del fanciullo che chiede di avere considerazione preminente dell'interesse del fanciullo.
In virtù della sentenza del tribunale dei minori di Roma e della risposta inadeguata e insufficiente, dal punto di vista politico e diplomatico del Governo italiano a quanto sta accadendo in Romania, penso che il destino di Gratian è nel segno violento ed illegale innanzitutto dei nostri comportamenti circa il suo destino, così come rispetto agli altri quattro bambini di cui, tuttavia, non so nulla e non so cosa sia successo loro una volta rientrati in Romania.
Credo che la vicenda di Gratian necessiti della massima mobilitazione, perché quanto è stato finora fatto è stato assolutamente inadeguato. Non siamo stati in grado di ottenere l'adempimento, da parte delle autorità rumene, rispetto alle richieste che avevamo avanzato, come ad esempio quella che esperti italiani potessero visitare il piccolo Gratian. La Commissione parlamentare per l'infanzia ha avanzato la richiesta che fosse effettuata una missione in Romania per verificare cosa stesse succedendo, ma ciò non è stato concesso dalle autorità rumene. Anche la richiesta di trasferimento di Gratian in una struttura italiana che opera in Romania e che si occupa di minori non pare abbia avuto la benché minima considerazione.
Chiedo, quindi, cosa sia stato fatto (a parte l'aver mandato un esponente del consolato italiano di Timisoara all'udienza del 3 febbraio scorso) e anche cosa si intenda fare, a fronte di ciò che penso sia ancora possibile fare, ossia un ricorso in terzo grado per evitare che Gratian ritorni nelle mani di chi lo aveva seviziato.
È stato affermato giustamente dal Governo italiano, in risposta a miei precedenti atti di sindacato ispettivo su questo argomento, che il caso di Gratian assume il carattere di test case dei meccanismi di collaborazione bilaterale istituiti con l'accordo dello scorso mese di giugno. Alla luce di come è andata la vicenda di Gratian (nel senso esattamente contrario a quanto le autorità italiane avevano chiesto, certo in un momento successivo alla decisione burocratica di far rientrare il bambino in Romania), chiedo al Governo una risposta precisa al quesito che sto per porre.
Sembra che la vicenda di Gratian Gruia si stia concludendo con il riaffidamento del piccolo Gratian alla famiglia, responsabile dei suoi maltrattamenti: chiedo, pertanto, se il Governo italiano si impegni o meno a rivedere i meccanismi di collaborazione bilaterale istituiti con l'accordo dello scorso mese di giugno tra Italia e Romania, bloccando intanto tutti i rimpatri e, in particolare, la definizione dei protocolli attuativi.
Ripeto, la vicenda di Gratian non è isolata: si parla di migliaia di bambini piccoli, nel nostro territorio, per i quali c'è davvero il rischio di un rimpatrio di massa e le condizioni sono quelle che al momento abbiamo verificato rispetto al comportamento delle autorità rumene.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Rocco Crimi, ha facoltà di rispondere.
ROCCO CRIMI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, come 1'onorevole interpellante ben sa, il Ministero degli affari esteri ha seguito e continua a seguire con la massima attenzione il caso del minore Gratian Gruia, un caso sul quale il nostro ambasciatore a Bucarest è più volte intervenuto presso le autorità rumene e che ha costituito oggetto anche di una lettera del Ministro Frattini al suo omologo rumeno pro tempore, Comanescu.
Il tribunale di Caras Severin, nello scorso dicembre, ha affidato nuovamente Pag. 32il minore alla famiglia di origine. Le autorità rumene hanno presentato ricorso contro la sentenza e il Ministro degli affari esteri si è prontamente attivato presso tutti gli interlocutori italiani coinvolti nella vicenda per reperire e trasmettere a Bucarest la documentazione disponibile e utile al ricorso.
La corte d'appello di Timisoara, che si è riunita lo scorso 3 febbraio, ha respinto il ricorso presentato dall'Autorità nazionale per la protezione dei minori ed ha confermato la sentenza di primo grado del tribunale di Caras Severin, che aveva riaffidato il minore alla madre naturale.
L'Autorità nazionale rumena per la protezione dei minori è in attesa di conoscere le motivazioni della sentenza per proporre, qualora queste lo consentano, un appello alla Corte suprema, massimo organo giurisdizionale che può essere chiamato a giudicare la sola legittimità - e non il merito - della sentenza della corte di appello di Timisoara.
Il nostro ambasciatore a Bucarest ha già chiesto un incontro con il Ministro degli esteri Diaconescu.
Venendo agli altri quesiti dell'onorevole interpellante, e in particolare sulle modalità di applicazione dell'accordo rumeno sul rimpatrio dei minori non accompagnati, è importante tenere presente, sulla base di quanto segnalato dal Ministro della giustizia, che al caso Gratian Gruia non sono state applicate le procedure previste dall'accordo stesso poiché, al momento della sentenza (8 luglio 2008) e del rientro in Romania del piccolo Gratian (il 27 ottobre), non erano ancora entrate in vigore le disposizioni applicative interne e non erano ancora stati costituiti gli organismi italiani ai quali l'accordo medesimo fa riferimento.
Lo stesso tribunale per i minorenni di Roma, d'altra parte, non aveva disposto il rientro del minore sulla base dell'accordo di rimpatrio (che è stato firmato in giugno, ma è entrato in vigore solo il 12 ottobre), ma a seguito della richiesta ufficiale del Governo rumeno, che aveva chiesto, per il tramite del suo console, che il bambino venisse riconsegnato alle autorità rumene per il rimpatrio assistito «per dare corso», come si legge nelle motivazioni della sentenza del tribunale, «al programma di tutela attivato dagli organi di assistenza all'infanzia della Repubblica rumena ed in attesa di esecuzione in Romania».
A tal proposito, il dipartimento per la giustizia minorile ha fatto presente che dalla lettura delle comunicazioni delle autorità consolari rumene si evince che l'autorità straniera, nel chiedere il rimpatrio assistito del bambino, ha prodotto un documentato progetto per la tutela del loro cittadino nel Paese d'origine, che è stato considerato soddisfacente dal tribunale dei minori. Tale documentazione comprendeva, fra l'altro, un progetto comprensivo di una misura di protezione speciale, tramite il collocamento presso una «assistente materna professionista». L'assistente è stata individuata in via amministrativa dalla competente Commissione per la protezione del fanciullo rumena sulla base della «...esperienza rilevante riguardante la cura e la crescita dei minorenni di età e bisogni simili a quelli del minore Gruia Gratian».
Lo stesso tribunale ha precisato che, in altri casi, analoghi a quello del piccolo Gratian, sono state rigettate istanze di rimpatrio di minori verso la Romania ma che, nel caso del piccolo Gruia (come in altre fattispecie), la presentazione di un adeguato progetto di tutela del minore ha indotto all'accoglimento dell'istanza.
In una nota di chiarimento trasmessa al dipartimento per la giustizia minorile, il Presidente del tribunale per i minorenni di Roma, ha segnalato come il provvedimento di rimpatrio del minore sia stato emesso a conclusione dell'istruttoria e come il relativo procedimento, prima dell'adozione della decisione, sia stato trasmesso al pubblico ministero, che ha formulato parere favorevole al rimpatrio. La sentenza emessa dal tribunale, pur essendo suscettibile di appello da parte dei parenti del bambino, del pubblico ministero e del suo curatore speciale, non è stata impugnata da alcuno dei soggetti legittimati a farlo.
Le successive modalità del rimpatrio del bambino sono in buona parte note, ma Pag. 33ritengo opportuno ricapitolarle, sempre sulla base delle indicazioni del Ministero della giustizia. Il curatore speciale nominato dal tribunale per i minorenni di Roma ha provveduto, in data 27 ottobre 2008, a consegnare il piccolo Gratian al console della Repubblica di Romania, dottor Dumitrescu Cosmin.
Presso il consolato, il curatore del bambino ha incontrato l'assistente sociale rumena, incaricata dalle autorità di quel Paese per l'assistenza al rimpatrio, unitamente all'assistente sociale del comune di Roma, al console, e all'educatrice della casa famiglia. Il curatore speciale ha comunicato che, secondo informazioni assunte per le vie brevi, il consolato rumeno e, presumibilmente, la casa famiglia, attraverso consultazioni dirette, avevano concordato che Gratian fosse assistito per il rimpatrio in Romania anche da un'educatrice della casa famiglia.
Gli avvenimenti successivi, e l'intera vicenda del piccolo Gratian, dimostrano però la necessità di predisporre per ogni minore un mirato percorso di rientro in Romania, che preveda una successiva fase di monitoraggio, svolta congiuntamente dai due Stati.
È stato questo il tema affrontato nella prima riunione del 17 novembre scorso a Roma dalla Commissione mista italo-rumena di esperti, l'organismo cui l'accordo italo-rumeno affida la definizione delle modalità tecniche relative al rimpatrio dei minori.
La seconda riunione si sarebbe dovuta tenere il 28 gennaio scorso, ma le autorità rumene hanno chiesto un rinvio, per poter procedere, alla luce delle recenti elezioni politiche, alla nomina dei nuovi vertici dell'Autorità nazionale per la protezione dei minori; contiamo, però, di poter riprendere quanto prima il lavoro avviato.
In parallelo, oltre a definire con le autorità rumene le modalità di applicazione dell'accordo, si sta provvedendo ad adottare le misure interne che consentano di renderne pienamente operative le disposizioni nell'ordinamento italiano. Mi riferisco, in particolare, alle procedure e alle garanzie che sono previste dallo stesso accordo e che potranno essere ulteriormente affinate a livello interno.
A questo fine, il Ministero dell'interno, in consultazione con le altre amministrazioni interessate, ha emanato il 20 gennaio scorso una circostanziata direttiva per dare concreta applicazione all'accordo.
La direttiva fa stato, in primo luogo, della costituzione di un Organismo centrale di raccordo (OCR) con il coinvolgimento di tutte le amministrazioni interessate, che ha il compito specifico di garantire la tutela dei minori comunitari non accompagnati presenti sul territorio nazionale, di dare attuazione all'accordo italo-rumeno e di valutare i progetti di assistenza e di rientro in patria dei minori.
In secondo luogo, la direttiva prevede che le procedure contemplate dall'accordo e definite dalla commissione mista in sede di applicazione devono essere finalizzate a valutare caso per caso e con particolare attenzione la situazione dei minori, per costruire, in collaborazione con le autorità rumene, il singolo progetto di rientro a misura del minore coinvolto.
Infine, la direttiva precisa che sarà cura dell'OCR attivare un monitoraggio, della durata di due anni, per verificare la corretta attuazione del programma di protezione di volta in volta concordato. Tale monitoraggio prevede, fra l'altro, la verifica, anche attraverso visite in loco, con un team di esperti (assistenti sociali e psicologi), dell'attuazione e dell'esito del progetto socio-educativo concordato con le autorità rumene.
I meccanismi dell'accordo italo-rumeno, così come esplicitati nella direttiva del Ministero dell'interno dello scorso 20 gennaio, dovrebbero fornire garanzie adeguate a far sì che il rientro del minore rumeno in patria sia effettuato nel pieno rispetto dei suoi diritti e tenendo conto dei suoi superiori interessi.
PRESIDENTE. L'onorevole Zamparutti ha facoltà di replicare.
ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, non sono assolutamente soddisfatta. Pag. 34È stato il Governo a definire Gratian Gruia un test case; la questione qui non è di introdurre un monitoraggio di due anni sul reinserimento dei bambini una volta in Romania.
Qui vi è il caso di un bambino che doveva essere affidato ad un'assistente maternale e che è stato, invece, riaffidato ai genitori che in Italia avevano perso la patria potestà per maltrattamenti e che appartengono ad un clan di cui ho fondate ragioni di ritenere che sia responsabile non solo del maltrattamento di Gratian, ma di un vero e proprio racket di sfruttamento dei bambini.
Il condizionale per me non vale; non vale il vedremo, faremo, monitoreremo. Qui o si fa valere il proprio peso politico e diplomatico, e si bloccano i rimpatri dei bambini rumeni a queste condizioni date, o, altrimenti, sono soltanto chiacchiere; chiacchiere sulla pelle di bambini!
Sono assolutamente insoddisfatta!
(Misure a favore dei lavoratori e delle imprese italiane operanti all'estero, anche in relazione alle proteste dei dipendenti della raffineria Lindsey Oil della Total di Grimsby in Gran Bretagna - n. 2-00296)
PRESIDENTE. L'onorevole Di Biagio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00296, concernente misure a favore dei lavoratori e delle imprese italiane operanti all'estero, anche in relazione alle proteste dei dipendenti della raffineria Lindsey Oil della Total di Grimsby in Gran Bretagna (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, gentile sottosegretario, sarò brevissimo. I media in queste ore hanno riportato sotto i nostri occhi uno spaccato di realtà europea dai tratti incredibili ed ingiustificabili, che merita tutta l'attenzione e l'urgenza che uno Stato democratico e moderno come l'Italia può e deve offrire.
Come molti di voi sanno, un'impresa italiana, la Irem, si è aggiudicata un'asta come subcontractor dell'americana Jacobs, chiamata a sua volta dalla compagnia petrolifera francese Total per realizzare un impianto all'interno del cantiere della raffineria Lindsey Oil della Total in Gran Bretagna, su cui in questi ultimi giorni sono puntati i riflettori di un'animata ed articolata protesta antitaliana. Una protesta che ha cominciato a prender forma la scorsa settimana, e che dapprima ha coinvolto 500 dipendenti della Lindsey Oil amareggiati per l'arrivo degli operai specializzati italiani e portoghesi della società Irem all'interno del cantiere britannico, e successivamente è andata alimentandosi in modo vistoso, espandendosi in altre realtà come la Scozia, il Galles e l'Irlanda del nord.
Il sindacato britannico Tuc ha sollecitato e sostenuto la protesta dei lavoratori britannici, accusando la società Total di aver tagliato in modo scorretto i salari e di avere peggiorato le condizioni contrattuali e sindacali dei dipendenti, determinando l'ira di questi con l'approdo nel cantiere di personale non britannico.
Appare doveroso ricordare che i lavoratori italiani della Irem, manodopera altamente specializzata operante nel panorama internazionale nell'ambito di realizzazione di impianti chimici e petrolchimici per gasdotti e per la produzione di energia per conto di multinazionali, in queste giornate stanno subendo i riflessi di un'ondata di protesta dilagante che rischia di assumere toni xenofobi.
C'è da dire anche che queste forme di protesta e la loro caratterizzazione discriminatoria mal si conciliano con il clima di tolleranza e di liberalismo che ha sempre caratterizzato la Gran Bretagna, in quanto storicamente terra di approdo di emigranti.
Mi preme sottolineare che l'azione dei sindacati britannici, oltre ad essere inaccettabile sotto più profili, si manifesta come del tutto antistorica, in quanto chiede al Governo britannico di violare regole fondamentali del sistema UE: infatti la linea portata avanti dei sindacati in Gran Bretagna si pone in netta contraddizione rispetto al sistema della libertà di circolazione dei lavoratori nell'ambito Pag. 35della UE, e all'impianto delle garanzie previste dall'ordinamento comunitario e alla libertà di impresa. Al contrario, è indispensabile difendere il sistema di libera circolazione di imprese e di lavoratori che caratterizza l'Unione europea, in quanto principio fondamentale del pensiero europeo e del progetto di integrazione.
In questo quadro vanno tutelate le imprese italiane attivamente impegnate all'estero con elevati livelli di produttività, e con lavoratori caratterizzati da alti e riconosciuti livelli di professionalità consolidata in scenari internazionali. In virtù di questi gravi aspetti che si stanno sostanziando in terra britannica, insieme ai colleghi cofirmatari della presente interpellanza, intendo chiedere ai referenti dell'Esecutivo qui presenti quali ulteriori azioni intendano promuovere o sollecitare al fine di tutelare il legittimo lavoro delle imprese italiane all'estero, senza ostacoli di alcuna natura nel rispetto degli impegni contrattuali, e il loro diritto a non subire forme di antistorica discriminazione nel territorio dell'Unione europea.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Rocco Crimi, ha facoltà di rispondere.
ROCCO CRIMI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, le manifestazioni dei lavoratori inglesi menzionate dall'onorevole interpellante sono una conseguenza diretta del clima di incertezza e della paura del futuro generati dalla crisi economica mondiale. Sebbene siano scaturite da una vicenda che coinvolge una società e maestranze italiane, non sono rivolte specificamente contro l'Italia, ma esprimono risentimento nei confronti del Governo britannico che asseritamente non tutelerebbe «il lavoro inglese per gli inglesi». Le loro motivazioni sono, quindi, economiche e non xenofobe.
Ad ogni modo, il Ministero degli affari esteri ha stabilito fin da subito una piena collaborazione con le autorità britanniche per la piena tutela dei lavoratori italiani distaccati presso la raffineria di Grimsby nel Lincolnshire, attraverso la nostra ambasciata a Londra e il nostro consolato a Manchester, ed in continuo contatto con l'ambasciata di Gran Bretagna a Roma.
I sentimenti che animano i manifestanti inglesi sono umanamente comprensibili, proprio perché, come accennavo, essi sono il risultato del clima di grave incertezza generato dalla crisi economica. La responsabilità dei governanti, tuttavia, è di canalizzare le giuste preoccupazioni dei cittadini, individuando risposte costruttive ed evitando, soprattutto, che si traducano in risposte sbagliate a quesiti mal posti.
L'idea che alla crisi economica si possa dare risposta, tornando al protezionismo economico è, per l'appunto, una risposta sbagliata. La libera circolazione dei lavoratori rappresenta una delle libertà fondamentali sancite dai Trattati europei fin dal 1957. Metterla in discussione significherebbe mettere in discussione lo stesso mercato interno, con effetti potenzialmente devastanti per le economie del continente e per la necessaria stabilità e le innegabili conquiste del progetto europeo. La Commissione europea, tramite il portavoce del Presidente Barroso, ha ribadito questi concetti, osservando che bisogna evitare di finire in una spirale protezionistica generata dalla recessione, perché l'esperienza insegna che, con la chiusura delle frontiere, tutti subiscono danni e tutti sul continente perdono posti di lavoro. Al contrario, solo le economie aperte come le nostre possono rispondere alla crisi, generando occupazione.
Lo stesso Governo britannico è, d'altra parte, ben consapevole della necessità di rispettare le regole europee. Forti di questa consapevolezza, tanto il primo ministro Gordon Brown quanto il Ministro delle attività produttive Mandelson si sono espressi in maniera inequivocabile a difesa della libera circolazione dei lavoratori e dei vantaggi dell'apertura dei sistemi economici, con la ferma condanna degli scioperi selvaggi. Ferma restando, naturalmente, Pag. 36l'esigenza di adoperarsi per trovare delle risposte realmente efficaci e convincenti alle situazioni di disagio sociale generate dalla crisi economica. È una linea saggia che il Governo italiano condivide pienamente ed appoggia con convinzione.
Nelle ultime ore la vicenda ha visto la conclusione di un'intesa tra la Total e la controparte sindacale, con la mediazione dell'ACAS, organo britannico di conciliazione. Secondo le informazioni rese disponibili dalle parti, l'accordo prevede l'assunzione di 102 lavoratori britannici per l'esecuzione di un progetto da concludersi nei prossimi mesi. Il segretario generale del sindacato britannico Unite ha precisato che nessun lavoratore italiano perderà il proprio posto di lavoro a seguito dell'intesa, intendendo con questo che i nuovi lavoratori britannici si aggiungeranno ai lavoratori italiani già impegnati nella commessa della IREM.
Le maestranze britanniche della raffineria di Lindsey, riunite in assemblea, hanno votato questa mattina in favore dell'accordo, accogliendo l'invito del sindacato ad interrompere la protesta.
La vicenda può quindi ritenersi conclusa in maniera positiva.
Come il Ministro degli affari esteri Frattini ha avuto modo di sottolineare nei giorni scorsi, in questo delicato momento dell'economia mondiale è d'altra parte importante creare più crescita e più posti di lavoro e non certo ostacolare i lavoratori stranieri.
Non a caso, proprio per individuare congiuntamente le migliori risposte alla crisi economica, l'Italia e la Gran Bretagna stanno cercando di lavorare per uno stretto coordinamento tra G8, che sarà presieduto per tutto l'anno dal nostro Paese, e G20, che è presieduto in questa fase da Londra. In questo senso vanno anche interpretate le visite che lo stesso Ministro Frattini farà a Londra il 16 e 17 febbraio, dove incontrerà, tra l'altro, il suo collega David Miliband e quella del primo ministro britannico Gordon Brown il 19 a Roma per incontrare il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
PRESIDENTE. Prima di proseguire nei lavori, insieme ai pochi colleghi presenti in aula, saluto i miei corregionali, studenti della scuola media statale Luigi Corvaglia di Melissano in provincia di Lecce, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune, non omettendo di ricordare che stiamo espletando una fase di sindacato ispettivo, le interpellanze urgenti, che rappresentano un rapporto tra il singolo deputato e il Governo; mentre gli altri colleghi non presenti in aula sono alle prese con i lavori nelle diverse Commissioni. Siete i benvenuti (Applausi).
L'onorevole Di Biagio ha facoltà di replicare.
ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, apprezzo con sincerità la risposta fornita dal sottosegretario, che, tra l'altro, riflette quanto già dichiarato e quanto già predisposto più volte dall'Esecutivo. Mi rallegra che vi sia una condivisione da parte delle autorità britanniche, che lascia presagire un progetto comune di supporto ai lavoratori, soprattutto se si fa riferimento a particolari categorie disagiate e che soprattutto esprime la sincera e profonda volontà di tutelare l'essenza stessa del pensiero e del progetto europeo tracciata nelle disposizioni che disciplinano la libera circolazione dei lavoratori in tutto il territorio dell'Unione europea. La ringrazio, signor sottosegretario.
(Tempi di adozione del decreto attuativo previsto dall'articolo 6-ter del decreto-legge n. 112 del 2008, relativo alla Banca del Mezzogiorno - n. 2-00276)
PRESIDENTE. Dovremmo passare ora all'interpellanza n. 2-00276, concernente tempi di adozione del decreto attuativo previsto dall'articolo 6-ter del decreto-legge n. 112 del 2008, relativo alla Banca del Mezzogiorno (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
Constato l'assenza dei presentatori: s'intende che vi abbiano rinunziato.
(Misure a favore dei piccoli azionisti Alitalia - n. 2-00291)
PRESIDENTE. L'onorevole Misiti ha facoltà di illustrare l'interpellanza Di Pietro n. 2-00291, concernente misure a favore dei piccoli azionisti Alitalia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.
AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, è noto a tutti purtroppo il fatto che gli azionisti di Alitalia sono veramente persone sfortunate e si tratta di decine di migliaia di persone.
Si sa che il 21 gennaio 2009, dopo oltre sette mesi di silenzio e di totale impossibilità di qualunque atto da parte dei possessori di azioni, è stato comunicato che il 26 gennaio 2009, cioè pochi giorni dopo, il titolo Alitalia sarebbe stato eliminato dal listino di Borsa.
La Borsa ha poi effettivamente revocato dal 26 gennaio scorso la quotazione dei titoli e delle obbligazioni convertibili.
Dal 4 giugno 2008, data in cui la Consob dispose la sospensione della quotazione delle azioni della Alitalia Spa "in via cautelativa" e a tutela del mercato per scongiurare il rischio di eventuali speculazioni, i possessori di azioni Alitalia non le hanno più potute negoziare e non hanno neanche saputo nulla sul destino delle azioni in loro possesso. Oramai sono carta straccia: l'Alitalia è fallita, possiede soltanto qualche immobile, la somma versata da CAI e una quarantina d'aerei, ma il commissario straordinario deve rispettare l'ordine di risarcimento e gli azionisti vengono per ultimi. Infatti, per primo viene lo Stato, poi i dipendenti, le banche, gli obbligazionisti, poi i fornitori e solo alla fine gli azionisti.
Quindi, si tratta di quarantamila piccoli azionisti Alitalia, tra i quali molti dipendenti della nostra compagnia di bandiera, che avevano ricevuto le obbligazioni al posto di voci del salario, i cui titoli hanno un valore nominale di circa 300 milioni di euro.
Certamente queste obbligazioni, ma anche le azioni, sarebbero state salvaguardate dalla vendita di Alitalia ad Air France, secondo l'ipotesi originaria in seguito scartata dal Governo Berlusconi.
Il Governo, sentita la Commissione nazionale per le società e la borsa, ha fatto presente che gli aspetti salienti dell'offerta presentata da CAI (Compagnia aerea italiana Spa) in data 31 ottobre 2008, per l'acquisto di complessi di beni e contratti di Alitalia Linee aeree italiane Spa, in amministrazione straordinaria e di altre società del gruppo Alitalia, sono stati resi noti al mercato dal commissario straordinario Fantozzi, con comunicato stampa del 3 novembre 2008.
In tale comunicato stampa nessun riferimento è stato fatto in ordine all'eventuale emissione, da parte della nuova società, nuova Alitalia, di warrant da scambiare con azioni ed obbligazioni Alitalia Spa.
Il Governo, per quanto concerne invece l'accesso ai benefici previsti dall'articolo 1, comma 343, della legge n. 266 del 2005 che ha istituito il fondo depositi dormienti, ha precisato che ai sensi dell'articolo 1, comma 345-decies, della citata legge, il Ministro dell'economia e delle finanze, con decreto di natura non regolamentare, determina il riparto del fondo tra i diversi beneficiari previsti dalla legge, precisando altresì che, mentre per i depositi di somme di denaro il termine per il versamento al fondo è scaduto il 15 dicembre 2008, per assegni circolari non riscossi, polizze vita prescritte e strumenti finanziari il termine scadrà il 31 maggio 2009.
Pertanto, considerato che soltanto dopo tale data sarà possibile determinare l'ammontare esatto delle risorse che affluiranno al fondo, conseguentemente sarà possibile dar corso alle successive operazioni solo dopo il 31 maggio 2009. È ovvio come questo fondo derivante dai «depositi dormienti» è anch'esso un fondo tirato da tutte le parti, pertanto deve rispondere a numerose esigenze nate nel frattempo.
I fondi per eventuali risarcimenti, dunque, devono arrivare unicamente dal trasferimento di tali cosiddetti «conti dormienti». Ma, da una parte i fondi rimasti non rivendicati sono molto limitati: attraverso Pag. 38una stima governativa di allora, si pensava di disporre di almeno due miliardi di euro, mentre in effetti vi sono solo 800 milioni di euro; dall'altra, essi sono stati utilizzati in altro modo: sono stati utilizzati per i risparmiatori vittime di frodi finanziarie, per i possessori di obbligazioni della Repubblica Argentina, per la ricerca scientifica, per la carta acquisti (la famosa social card) e, infine, per gli azionisti Alitalia.
Il risultato di questa disastrosa operazione è davanti agli occhi di tutti. La nostra compagnia è stata quasi svenduta ad Air France, che di fatto la controlla perché ne è l'azionista di maggioranza; è anche stato declassato un grande aeroporto del nord, quello di Malpensa; migliaia di lavoratori Alitalia e dell'indotto si sono trovati senza lavoro; tre miliardi e mezzo circa (quasi quattro miliardi) di euro sono stati posti a carico dei contribuenti italiani e di migliaia di investitori che adesso si ritrovano senza più titoli.
È chiaro quale sia la domanda che voglio porre al Governo attraverso la presente interpellanza urgente in questo momento di crisi in cui versano le famiglie e i piccoli risparmiatori che avevano riposto fiducia in una compagnia che si riteneva di bandiera (e come tale controllata dal Ministero dell'economia) e che non avrebbero mai pensato potesse fallire. Ebbene, vorrei sapere, e vorremmo sapere tutti noi del gruppo dell'Italia dei Valori, in che modo il Governo intenda tutelare effettivamente questi quarantamila mila piccoli azionisti e obbligazionisti e quale bilancio tragga da questa situazione.
Proprio in questo momento sarebbe auspicabile che alla fine si arrivi ad un rimborso delle azioni anche se parziale, purché rapido (successivo al maggio 2009), in modo tale che i piccoli risparmiatori possano riottenere una parte di quanto hanno investito; specialmente quanti erano dipendenti della vecchia Alitalia, che sono rimasti nella bad company e che sono in cassa integrazione, ne avrebbero veramente bisogno, considerato che hanno ricevuto obbligatoriamente le azioni e le obbligazioni e se ne sono visti ridurre il valore senza poter intervenire a causa dell'obbligo di non contrattarle per un certo periodo tempo, ormai scaduto a seguito della sospensione del titolo in borsa.
Per questi motivi, chiediamo al Governo come intenda agire per la tutela di queste persone ed è questa la mia interpellanza urgente e quella di tutti i deputati dell'Italia dei Valori.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, onorevole Nicola Cosentino, ha facoltà di rispondere.
NICOLA COSENTINO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, con l'interpellanza urgente n. 2-00291 l'onorevole Antonio Di Pietro ed altri chiedono in che modo il Governo intenda tutelare i piccoli azionisti di Alitalia Linee aeree italiane Spa.
Al riguardo, si fa presente che, al fine della tutela del risparmio, l'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 134 del 2008, convertito nella legge 27 ottobre 2008 n. 166, consente ai piccoli azionisti, ovvero obbligazionisti di Alitalia Linee aeree italiane Spa che non abbiano esercitato eventuali diritti di opzione aventi oggetto la conversione dei titoli in azioni di nuove società, di usufruire dei benefici previsti dall'articolo 1, comma 343 della legge 23 dicembre 2005 n. 266, utilizzando l'apposito fondo alimentato dai cosiddetti conti dormienti.
Per quanto concerne invece la tutela degli azionisti da parte dell'Autorità di vigilanza, la Commissione nazionale per le società e la Borsa ha comunicato quanto segue. Il 17 giugno 2004, la Consob assoggettò Alitalia ad un regime di trasparenza rafforzata al fine di informare il mercato, su base mensile, sull'evolversi della situazione aziendale. Tale decisione fu assunta in considerazione del duplice fatto che, da un lato, gli amministratori di Alitalia avevano dichiarato, nella relazione allegata al bilancio relativo all'anno 2003, che il gruppo Alitalia si trovava in una conclamata situazione di crisi economico-finanziaria Pag. 39e, dall'altro lato, che la società di revisione Deloitte & Touche aveva dichiarato di essere impossibilitata ad esprimere un giudizio sul bilancio di esercizio e consolidato 2003 di Alitalia.
Dal 2004 ad oggi la Consob ha svolto una rilevantissima attività di vigilanza nei confronti di Alitalia, consistente, tra l'altro, nell'aver esercitato nei confronti di Alitalia i poteri di cui all'articolo 114 (Richieste di comunicazioni e informazioni al pubblico) nonché il potere di cui all'articolo 115 (Richiesta di comunicazioni di dati e documenti alla Consob); nell'aver avuto incontri con i rappresentanti legali della società, i revisori e il collegio sindacale; nell'aver sanzionato la società per tardiva messa a disposizione del mercato della relazione trimestrale al 31 dicembre 2006. Costante è stata l'azione di vigilanza, anche in relazione alla procedura di privatizzazione iniziata a fine 2006.
In seguito alla progressiva rinuncia alla gara di tutti soggetti che avevano inizialmente manifestato il proprio interesse, a fine luglio 2007, il Ministero dell'economia e delle finanze ha comunicato l'intenzione di avviare una nuova procedura semplificata, basata su trattativa privata, incaricando il consiglio d'amministrazione di Alitalia di individuare tempestivamente soggetti industriali e finanziari disponibili ad acquisire il controllo della società. Nel corso dell'intera procedura di dismissione, la Consob è intervenuta con continuità, anche con richieste all'azionista di controllo, per assicurare la diffusione di informazioni utili per il mercato.
La Consob ha anche costantemente vigilato sulla regolarità di funzionamento del mercato, con particolare attenzione alle fasi di maggiore incertezza informativa, collaborando con la società di gestione del mercato, Borsa italiana, nella decisione di sospendere la negoziazione sui titoli Alitalia, in occasione della diffusione da parte dell'azionista di maggioranza di notizie rilevanti. Tali interventi hanno consentito al mercato di valutare più compiutamente il flusso di nuove informazioni e di prevenire un'eccessiva volatilità delle quotazioni di borsa.
Come è noto, le azioni della compagnia sono state sospese dagli scambi a partire dal 4 giugno 2008, per effetto di una decisione di Borsa italiana Spa. La delibera, condivisa dalla Consob, è stata assunta in conseguenza dell'esonero della compagnia, stabilito all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, dagli obblighi di informazione del mercato previsti in capo alle società quotate. Tale decisione è derivata dall'esigenza di evitare che si potessero determinare gravi asimmetrie informative idonee a compromettere il regolare svolgimento degli scambi, inclusa la possibilità di attività di manipolazione e di abuso di informazioni privilegiate. In particolare, il Governo italiano, azionista di maggioranza di Alitalia tramite la partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze, in data 23 aprile 2008, aveva emanato il decreto-legge n. 80, convertito nella legge 23 giugno 2008, n. 111, recante: «Misure urgenti per assicurare il pubblico servizio di trasporto aereo».
Il 28 agosto 2008 il Governo ha emanato il decreto-legge n. 134 recante «Misure urgenti in materia di ristrutturazione delle grandi imprese in crisi», il cui articolo 3, comma 2, prevede che «al fine della tutela del risparmio i piccoli azionisti ovvero obbligazionisti di Alitalia-Linee aeree italiane S.p.A., che non abbiano esercitato eventuali diritti di opzione aventi oggetto la conversione dei titoli in azioni di nuove società, sono ammessi ai benefici di cui all'articolo 1, comma 343, della legge 23 dicembre 2005, n. 266».
Tale norma, come unanimemente ritenuto costituisce, quindi, una forma di ulteriore ipotesi di tutela degli azionisti e obbligazionisti di Alitalia, che fossero rimasti in possesso di titoli di Alitalia senza avere esercitato eventuali diritti di opzione aventi ad oggetto la conversione dei titoli in azioni di nuove società (cioè di quelle che avrebbero dovuto rilevare le attività di Alitalia).
Da quanto sopra esposto, emerge l'intendimento del Governo di salvaguardare la continuità aziendale di Alitalia, nonché Pag. 40gli interessi degli azionisti e obbligazionisti di Alitalia. Il 29 agosto 2008, Alitalia ha richiesto, in conformità alle determinazioni assunte dal consiglio di amministrazione della Compagnia, l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria. Si segnala che questa richiesta di Alitalia ha formato oggetto di apposito comunicato stampa diffuso dalla società nella medesima giornata.
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha provveduto con proprio decreto ad ammettere Alitalia alla procedura di amministrazione straordinaria, ai sensi dell'articolo 2 del decreto legge n. 347 del 2003 (cosiddetto decreto Marzano), nominando il professore avvocato Augusto Fantozzi quale commissario straordinario, il quale ha espresso la propria autonoma disponibilità a sottoporsi volontariamente agli obblighi di informativa. La Consob, preso atto di tale disponibilità, con nota del 16 settembre 2008 ha invitato il commissario straordinario a diffondere ogni possibile informazione ritenuta utile a fornire al mercato un'informativa aggiornata sulla vicenda e, comunque, su quanto di interesse dell'emittente.
Successivamente, in data 31 ottobre 2008, la gestione commissariale ha reso noto di aver ricevuto da CAI Spa un'offerta vincolante di acquisto di complessi di beni e di contratti di Alitalia, Alitalia Servizi, Alitalia Express, Volare e Alitalia Airport (società in amministrazione straordinaria). In data 3 novembre 2008, sono state fornite informazioni di dettaglio relative all'oggetto dell'offerta e alle modalità di regolamento pattuite.
In data 4 novembre 2008, ossia successivamente alla comunicazione al mercato dell'avvenuta presentazione dell'offerta da parte di CAI, la Consob ha comunicato all'emittente il venir meno della sospensione degli obblighi informativi di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, prevista dal comma 3 dell'articolo 1-bis del decreto-legge n. 80 del 2008. A partire da tale data la società è tornata, pertanto, soggetta a tutti gli obblighi informativi gravanti sulle società quotate, ad esclusione di quelli incompatibili (tra i quali l'obbligo di redazione dei bilanci) con la procedura di amministrazione straordinaria alla quale è sottoposta.
In data 13 dicembre 2008, è stato stipulato l'atto di cessione delle attività relative al trasporto aereo passeggeri dalla gestione commissariale alla CAI, prevedendo il definitivo passaggio della gestione per il successivo 13 gennaio.
In considerazione dell'ammissione dell'emittente a procedure concorsuali, Borsa italiana, in data 14 gennaio 2009, ha comunicato alla Consob di aver avviato la procedura di revoca dalla quotazione nel mercato MTA delle azioni ordinarie e delle obbligazioni convertibili emesse da Alitalia come previsto dall'articolo 2.5.1, comma 8, lettera d) del regolamento di Borsa italiana. Successivamente, in data 20 gennaio 2009, Borsa italiana, con provvedimento n. 6154, ha disposto la revoca dalle quotazioni dei titoli Alitalia a partire dal 26 gennaio ultimo scorso.
Da quanto sin qui esposto emerge quindi che, nei limiti fissati dalla legge, l'attività del Governo, nonché l'attività di vigilanza della Consob nei confronti di Alitalia, conseguentemente degli azionisti e degli obbligazionisti, è stata incessante e particolarmente accurata.
PRESIDENTE. L'onorevole Misiti ha facoltà di replicare.
AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, il sottosegretario ha puntualmente riferito l'attività della Consob e l'attività della Borsa italiana che sono state certamente esemplari e che evidentemente sono conformi alla legge, tuttavia non sono soddisfatto per la parte politica che doveva fare il suo corso.
La politica, e quindi il Governo e la maggioranza, in questo Paese, avrebbero dovuto, in qualche misura, mantenere fede a quanto si affermava prima dell'estate, quando il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dell'economia e delle finanze dissero chiaramente e dichiararono solennemente, allorché diedero via libera al decreto-legge sulla liquidazione Pag. 41della cosiddetta bad company, che nessun risparmiatore ci avrebbe rimesso un euro.
Evidentemente questo è in contraddizione con quanto è avvenuto. Infatti, dobbiamo anche pensare al fatto che, se la società fosse stata venduta prima ad Air France - e non dopo per quattro soldi -, avremmo potuto risparmiare 300 milioni di euro, mentre adesso questi 300 milioni di euro sono in prima fila e devono essere restituiti, poiché spettano al numero uno della graduatoria di coloro che hanno diritto alla restituzione dei soldi. Pertanto, è chiaro che, senza questo debito di 300 milioni di euro, gli azionisti e gli obbligazionisti di Alitalia avrebbero potuto sperare di avere una percentuale di falcidia molto minore rispetto a quella cui andranno incontro, ammesso che possano ottenere qualche spicciolo.
Pertanto, ritengo che il Governo, nonostante questo contesto in cui ormai tutti si rendono conto che le conclusioni da trarre sono disastrose per gli effetti che hanno avuto, ha dovuto affrontare una situazione in cui - devo riconoscerlo - vi è stata anche sfortuna, sia per il Paese sia per il Governo, perché siamo in un momento di crisi acutissima. Ciò si aggiunge ad altri motivi di crisi e, dunque, questi piccoli creditori e questi piccoli risparmiatori saranno colpiti nel momento peggiore e, per altro verso, saranno colpiti per ragioni di crisi economica più generale. Tuttavia, in questo caso siamo veramente di fronte a una volontà politica, ad una scelta effettuata solo per una ragione politico-elettorale perché, altrimenti, attraverso la massa attiva, che la società stessa avrebbe avuto, si sarebbe potuto fare fronte anche ai crediti degli azionisti e degli obbligazionisti e non si sarebbe dovuto ripagare lo Stato per il cosiddetto «prestito-ponte» che, evidentemente, è stato inutile e nello stesso tempo tale da impedire alla società in liquidazione, fallita, di pagare i creditori.
Pertanto, non posso che essere insoddisfatto per questa parte della risposta anche se, puntualmente, il sottosegretario ha riferito quello che sapevamo, riportando che Borsa italiana Spa e la Consob hanno svolto un ottimo lavoro e lo stesso vale anche, da un punto di vista burocratico, per il Ministero dell'economia e delle finanze. Tuttavia, non si può fare la stessa affermazione per il Governo e per il Ministro dell'economia e delle finanze che avrebbero dovuto pensarci prima e far sì che quella promessa - che nessun risparmiatore ci avrebbe rimesso un euro - fosse mantenuta mentre, invece, così non è stato.
(Iniziative ispettive nei riguardi della Corte d'appello di Milano in relazione alla vicenda di Eluana Englaro - n. 2-00286)
PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00286, concernente iniziative ispettive nei riguardi della Corte d'appello di Milano in relazione alla vicenda di Eluana Englaro (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi presenti, l'ora è molto grave e non mi pare che sia un'esagerazione definirla tale. Da due giorni mi sembra che tutti noi - ma non solo noi - siamo con le spalle più piegate, con la testa più china, come se dovessimo portare un peso insopportabile. Questo è dovuto a quello che sta avvenendo nel nostro Paese, patria del diritto e della giustizia. Infatti, è in atto una vicenda che segna una svolta nella vita di questo Paese e non solamente nelle persone che ne sono coinvolte. Rischiamo di entrare in un territorio di non ritorno di cui negli anni a venire, probabilmente, avremo di che amaramente dolerci.
La vicenda seria e lunga di Eluana Englaro è nota e, quindi, non è il caso di ripercorrerla in questa sede. Ora, però, sembra che siamo arrivati, forse (mi auguro di no), all'epilogo e mai avrei pensato, scrivendo questa interpellanza urgente, che l'avremmo discussa a poche ore da eventi che, probabilmente, si riveleranno drammatici, perché è in ballo una vita umana.Pag. 42
Negli ultimi tempi, questa vicenda così amara e drammatica viene ripresa in maniera tante volte manipolata da molti media. Qualche tempo fa, in questa vicenda che si sta srotolando sotto ai nostri occhi sono venute alla luce alcune cose che ci hanno indotto a presentare questa interpellanza urgente. Dalle notizie di stampa, da trasmissioni televisive e da dichiarazioni avvenute in questi ultimi tempi si viene a sapere che due avvocati, Rosaria Elefante e Alfredo Granata, hanno presentato un esposto alla procura della Repubblica di Milano, perché è emerso un condensato di elementi che ci hanno veramente molto preoccupato.
Sono venute fuori testimonianze, dati scientifici e pubblicazioni che sono state - non voglio dire volutamente, ma forse per ignoranza - ignorate o sottovalutate. I legali che hanno presentato questo esposto offrono un quadro della vicenda che assolutamente non è compatibile con quello che la Corte di appello di Milano ha scritto, autorizzando il distacco del sondino di Eluana Englaro, autorizzazione che risale a quello che è stato deciso dalla Corte di cassazione nella sentenza del 16 ottobre 2007.
Come è noto, in quell'occasione la sentenza affermò che si autorizzava la rimozione del sondino (e quindi indirettamente riapriva il caso Englaro che sembrava ormai chiuso) qualora ci fosse un dimostrato coma irreversibile, ossia uno stato vegetativo irreversibile con relativo coma, che questo stato fosse accertato da studi internazionali e, inoltre, che fosse chiaramente espressa la volontà di Eluana Englaro sulla base di elementi convincenti. Questi sono i pilastri su cui si è fondata la sentenza della Corte di cassazione.
Questi pilastri si sono dimostrati, in questi ultimi giorni, molto deboli nel senso che il testo di letteratura preso in considerazione dalla Corte di appello di Milano è un testo assolutamente obsoleto e superato perché risale al 1994. In quattordici anni la scienza ha fatto progressi straordinari e ha dimostrato che è impossibile, in scienza e coscienza, affermare che un coma è irreversibile. La scienza non lo sa e, umilmente, si ferma davanti a questo problema.
In secondo luogo, la relazione medica che è stata assunta sempre dalla Corte di Milano risale al febbraio 2002. Sono passati altri sei anni ed altri medici hanno visto la Englaro e altri medici l'hanno visitata. La sicura certezza che Eluana Englaro abbia detto che non avrebbe voluto finire in una situazione così drammatica, come quella in cui, in effetti, adesso si trova, pare che non sia stata così chiara. È una volontà non scritta ed è noto che, anche per poter cedere una casa, un negozio o un bene immobile, bisogna lasciare qualcosa di scritto.
Qui non è stato lasciato niente di scritto sulle decisioni riguardanti la propria vita. Non solo, chi ha raccontato di questa sua espressione di volontà è stato ascoltato dalla Corte, ma non sono state ascoltate altre persone che hanno dichiarato in televisione tre giorni fa di non avere mai sentito questa ragazza esprimersi in questo senso, perché giustamente a diciassette, diciotto, vent'anni non si ha neanche l'orizzonte di una tragedia di questo genere, non entra proprio nelle categorie mentali dei giovani, grazie al cielo. Quindi notizie non complete, informazioni e testimonianze non complete, sottosegretario, ed è grave.
Infine, Eluana Englaro deglutisce, è una ragazza che ha l'unico torto di essere una disabile grave, perché il sondino che le è stato messo - lo hanno dichiarato moltissimi medici - è stato messo semplicemente per una questione di praticità, per una questione di velocità nel nutrirla, di continuità, perché se volessero potrebbero benissimo nutrirla con un cucchiaino, così come faceva la mamma che l'ha accudita fino a che non si è ammalata e questa ragazza è stata ricoverata. Ma nei primi tempi questa ragazza era imboccata con un cucchiaino, e non c'è nulla di medico, nulla di forzante, nessun accanimento in un sondino che è stato messo esclusivamente per questioni di praticità. Questo lo dimostrano le migliaia di malati che si trovano nella stessa situazione di Eluana Pag. 43Englaro e che sono a casa nutriti regolarmente dai genitori, con molta pazienza e fatica perché rischiano di soffocare e di avere delle conseguenze anche drammatiche, ma è possibile imboccarli.
Queste questioni non sono di secondaria importanza e davanti ad una tragedia così grande noi - tutto il gruppo dell'Unione di Centro ha firmato questa interpellanza - vorremmo essere sicuri che questo è stato un giusto processo, vorremmo essere sicuri che è stato fatto tutto il possibile e vorremmo anche sapere perché il contraddittorio che doveva essere fatto (tant'è vero che era stata nominata una persona per garantire questo contraddittorio) non c'è stato.
Vogliamo davvero poter dire che siamo tranquilli sul fronte delle cose che potevano essere fatte, sulle cose che potevano garantire la sicurezza di quello che si sta facendo. Per questo motivo noi chiediamo con convinzione profonda di adottare delle iniziative ispettive nei confronti della Corte perché il Ministero ha questa competenza, lo può fare, è nel suo pieno diritto, per essere sicuri che quanto è successo è sicuramente giusto ed è stato fatto tutto il possibile. In questo modo noi avremo la coscienza di non avere buchi neri o stanze buie che non sono state aperte (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giacomo Caliendo, ha facoltà di rispondere.
GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, gli onorevoli interpellanti propongono alla nostra attenzione fatti la cui delicatezza e gravità trascendono le comuni questioni di diritto. Per quanto si tenti di dirottare ogni problematica riguardante la giovane Eluana Englaro sul piano strettamente giuridico o politico, il risultato con il quale è necessario confrontarsi è la tensione etico-ideale che, ognuno a suo modo, tutti ci accomuna. Vita e morte di un individuo finiscono per essere considerati non più come «eventi naturali» sottratti al giudizio degli uomini in ragione della loro imponderabilità ed indeterminatezza, ma come «momenti di conflittuale rottura», su cui ciascuno è legittimato ad esprimere la propria opinione.
Il Ministro della giustizia ha pubblicamente dichiarato che il dramma di Eluana pone degli interrogativi laceranti: «di fronte all'insondabile e sacro mistero della vita» considera, il Ministro, «è un fatto terribile togliere cibo e acqua ad una persona incapace di decidere autonomamente, e infrangere questo stesso mistero». Pertanto, ha deciso di pubblicare una sua dichiarazione con cui ritiene assolutamente necessario un intervento legislativo e alle sue parole mi accomuno. Non credo, però, che questo sia l'intento degli interpellanti i quali, nell'interpellare il Ministro della giustizia su un tema così dibattuto, ne hanno richiesto l'intervento «nei limiti dei poteri di sua competenza».
Nell'accingermi, quindi, a rispondere all'interpellanza in oggetto, ritengo opportuno precisare che i dati conoscitivi, necessari a verificare l'opportunità o meno di iniziative ispettive ministeriali, sono stati acquisiti dal Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria per il tramite delle competenti autorità giudiziarie, e che tutte le valutazioni sulla materia in disamina costituiscono il logico corollario dell'operatività di quei limiti di competenza che nel caso che ci occupa ci sono imposti dalla legge, oltre che dal doveroso rispetto per la sofferta vicenda umana della giovane Englaro.
Ciò posto, onde verificare la sussistenza o meno delle gravi violazioni di legge, ovvero del travisamento di fatti asseritamente rinvenibili nei provvedimenti giurisdizionali emessi dalla corte di appello di Milano e dalla Corte di cassazione, si rappresenta che tali provvedimenti sono stati acquisiti in copia e che dalla loro lettura non sono emersi comportamenti disciplinarmente apprezzabili.
In tal senso è il caso di evidenziare che la Suprema Corte di cassazione ha avuto modo di pronunciarsi sulla vicenda riguardante la Englaro in due circostanze, con sentenza n. 21748 del 16 ottobre 2007 e Pag. 44con successiva, resa a sezioni unite, in data 11 novembre 2008. Relativamente a quest'ultima pronuncia, la Corte, investita dal ricorso proposto dalla procura generale di Milano, ne ha dichiarato l'inammissibilità, in base al consolidato principio che il ricorso alla Corte di cassazione da parte della procura possa essere proposto, ai sensi dell'articolo 72 del codice di procedura civile, soltanto nelle cause matrimoniali e rispetto alle sentenze che dichiarino l'efficacia o l'inefficacia di sentenze straniere relative a cause matrimoniali. Per esegesi giurisprudenziale, come rilevato in sentenza dalla stessa Corte di cassazione, la facoltà di impugnazione è stata riconosciuta al pubblico ministero anche in relazione alle cause che egli avrebbe potuto proporre, sul rilievo che il potere di impugnazione trovi il suo naturale complemento in quello di impugnazione della sentenza che abbia deciso in senso difforme alla prospettazione dell'attore.
Nella sentenza del 16 ottobre 2007, la Suprema Corte di cassazione aveva enunciato, invece, alcuni principi cardine inerenti alla vicenda in esame, con particolare riferimento al cosiddetto «consenso informato» del paziente (che è alla base del rapporto con il medico) e all'accertamento dell'eventuale «stato vegetativo», quali condizioni essenziali per autorizzare il distacco del sondino di alimentazione del malato.
Secondo i giudici della Suprema Corte, il consenso informato ha come suo corollario anche il diritto del paziente di rifiutare la terapia o interromperla in tutte le fasi della vita, inclusa quella terminale: in tale prospettiva il sottrarsi alle cure mediche, anche quando possa condurre alla morte, non può essere confuso con una forma di eutanasia, costituendo, in realtà, una libera scelta del malato, «affinché la malattia segua il suo naturale corso». Nel caso di specie, ha evidenziato la Cassazione, la libertà di scelta di un soggetto in stato di incoscienza, ben può essere ricostruita tenendo conto dei convincimenti in precedenza manifestati.
Sulla scorta di tali principi di diritto, i giudici di legittimità, con la sentenza del 2007, hanno cassato il precedente provvedimento della corte di appello di Milano, rinviando alla stessa Corte per il profilo attinente all'accertamento della volontà della signora Englaro.
Ne discende che la corte di appello di Milano, in sede di rinvio, chiamata a verificare la ricorrenza del consenso informato della signora Englaro, su tale punto si è ampiamente pronunciata, in considerazione della delicatezza del caso, ritenendo che sullo stato vegetativo si fosse verificato un giudicato parziale. In estrema sintesi, dalla lettura della sentenza della corte di appello di Milano, appare chiaro che i giudici del rinvio hanno esaminato tutti gli atti in loro possesso ed hanno nuovamente compiuto un vaglio analitico sia delle condizioni cliniche della Englaro, sia del consenso informato al distacco del sondino di alimentazione, quest'ultimo ricostruito secondo i principi fissati dalla sentenza del 2007 della Corte di cassazione.
Alla stregua di tali considerazioni è dato evincere che i provvedimenti giurisdizionali esaminati sono immuni da vizi di legge e da profili di abnormità di tal ché, le valutazioni decisorie in essi assunte, proprio perché afferenti al merito giurisdizionale, vanno esenti dal vaglio disciplinare e non legittimano alcuna verifica ispettiva.
Per quanto riguarda, poi, l'esposto presentato il 26 gennaio 2009 presso la procura della Repubblica di Milano (con il quale gli avvocati Rosaria Elefante e Alfredo Granata segnalano l'omessa valutazione, da parte della Corte di appello di Milano, di alcune testimonianze riguardanti i presupposti legittimanti il distacco del sondino di alimentazione alla signora Englaro), si comunica che la procura della Repubblica di Milano ha iscritto l'istanza a modello 45 sotto il numero 304/09, quale notizia di fatti ancora non costituenti reato.
Allo stato, pertanto, in attesa delle opportune valutazioni di competenza della magistratura inquirente milanese, non vi è Pag. 45margine alcuno per procedere a qualsivoglia attività di verifica ispettiva da parte del Ministro.
PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di replicare.
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, è evidente che non possiamo dichiararci soddisfatti e cercherò di dare qualche motivazione perché il linguaggio è ostico e si rifà a meccanismi giuridici e giudiziari che non ho ragione di pensare non siano corretti. Non ne faccio una questione etica; ognuno di noi ha una propria coscienza e reagisce e si comporta in base alla propria etica. So benissimo che vita e morte fanno parte dell'esistenza umana, ma ciò esula da quest'Aula.
In quest'Aula, in questa sede e in questo contesto posso essere contenta che il Ministro lo ritenga un fatto molto grave e che sia molto dispiaciuto di ciò che sta accadendo, tuttavia in questo momento le opinioni del Ministro non hanno nulla a che vedere con ciò che stiamo discutendo. Lei ha detto che non sono emersi comportamenti disciplinarmente accertabili e, quindi, è inammissibile una sorta di ispezione. Io ho fatto un elenco di cose che era possibile invece indagare e non mi si può venire a dire che la Corte d'appello ha preso in esame tutti gli atti in suo possesso.
È troppo comodo, per la ragione semplicissima che se due avvocati (uno dal sud dell'Italia e l'altro abitava da quelle parti) si prendono la briga in pochi giorni di tirare fuori tutta questa serie di notizie e di dati incontestabili; se due semplici avvocati hanno deciso che la cosa non quadrava, hanno svolto delle indagini per conto loro e hanno trovato delle cose che potevano creare dei problemi, ciò dimostra che la Corte non ha fatto tutto quello che era in suo potere fare. Evidentemente è chiaro che la Corte ha esaminato gli atti che erano in suo possesso (su questo non ho dubbi), ma non si è data probabilmente la briga di cercare tutti gli atti che era possibile reperire, di cercare tutte le testimonianze che era possibile trovare e di sentire tutti i medici che era possibile sentire. Insisto sul fatto che se queste persone sono riuscite a farlo con mezzi assolutamente inferiori a quelli a disposizione di una Corte d'appello e sono riuscite a suscitare questo tipo di problemi, probabilmente a maggior ragione lo avrebbe potuto fare la Corte d'appello.
Credo che se ci mettiamo in punta di diritto e forse in punta di procedure io non ho motivo di contestare ciò che lei ha detto. Tuttavia contesto (l'ho detto e lo ripeto) che in questo caso il consenso informato sia stato espletato e nessuno discute il diritto di rifiutare una terapia.
Questo sta nell'ordine delle cose: il noli me tangere è un principio radicato nel nostro Paese e nella nostra civiltà e, quindi, tutti possano rifiutare una terapia. Ciò non è in discussione. Diverso, invece, è interrompere una terapia: bisogna capirsi, però, su quale sia la terapia, perché, se mi faccio impiantare un pacemaker, non posso chiedere che poi mi venga rimosso. Non è previsto, non si fa, non esiste. Bisogna vedere, quindi, quale tipo di intervento e che cosa si possa interrompere.
Inoltre, la libera volontà del malato - come lei ha affermato lei, giustamente - deve essere ricostruita senza ombra di dubbio, ma qui vi sono tantissimi dubbi, perché non è vero che è stato fatto tutto ciò che poteva essere fatto per conoscere la sua libera volontà. Aggiungo una considerazione che non riguarda strettamente l'interpellanza in esame, ma riguarderà la legge che, mi auguro, approveremo tra breve: un conto è esprimere una volontà quando si hanno venti anni (tutti noi, probabilmente, abbiamo detto, in un momento di scoramento: «Se mi succedesse quella cosa non la sopporterei, vorrei morire e mi butterei dalla finestra»; sappiamo bene, per esperienze diffuse, anche personali, che, quando queste cose succedono, non si fa quello che si è minacciato di fare, perché si continua ad andare avanti) e, quindi, un conto è un consenso informato attuale (espresso quando la situazione è viva e presente e si è in grado di decidere), un conto è dire le cose venti anni prima, quando non si è in quella Pag. 46situazione e non si immagina neanche cosa voglia dire vivere ed essere in certe situazioni.
Il mito del consenso informato, quindi, va smantellato, perché è un falso: mentre si vive la situazione si può dare un consenso informato, non tre, cinque o addirittura venti anni prima! Queste sono assurdità che esulano dai problemi della legge e sono questioni di buonsenso che toccano tutti noi: su tale argomento, sul corpo, sulla testa e sulla vita di quella ragazza e sulle ipotesi della sua volontà si sta giocando una partita straordinaria.
Signor sottosegretario, concludo con molta amarezza: mi sarei aspettata da questo Governo molto di più, un atto di coraggio che non c'è stato e ne prendo atto. Eluana Englaro non è malata, non è in fase terminale e non ha pochi giorni di vita: se la si lascia vivere ha davanti, probabilmente, tanto o poco tempo. Poco tempo fa ha avuto un'emorragia, nessuno l'ha curata e si è salvata da sola. Tre anni fa le sono tornate le mestruazioni, che rappresentano uno stato fisiologico molto complesso, perché ciò vuol dire che tutto l'apparato endocrino si è rimesso a funzionare.
Eluana non è morta, come qualcuno sciaguratamente ha affermato in televisione pochi giorni fa: segue i cicli del sonno e della veglia; le sue funzioni sono tornate; non è sottoposta ad alcun tipo di macchinario (sebbene si invochi l'accanimento terapeutico) e nell'idratazione e nell'alimentazione non vi è nulla di artificiale, come la stampa scrive e come, ripeto, è dimostrato da tanti familiari che accudiscono i loro malati non in maniera artificiale. È chiaro che questi li accudiscono, perché la lunga immobilità può creare sofferenze: è chiaro, quindi, che queste persone vanno accudite, possibilmente con amore (e molte sono seguite con amore). Prendo atto, quindi, di questa mancata volontà del Governo, che, secondo noi, probabilmente avrebbe avuto le carte in regola per effettuare un'azione ispettiva.
Anticipo, comunque, che la direzione dell'UdC, riunita in queste ore, esprimendo rispetto e partecipazione per il dolore della famiglia Englaro (che in questo momento non è in discussione), chiede al Capo del Governo di approntare al più presto un decreto-legge che protragga il diritto alla vita dei disabili e vieti di sospendere loro l'alimentazione e l'idratazione.
La direzione dell'Unione di Centro - lo ripeto - due ore fa ha dichiarato che salvare la vita di Eluana Englaro è ancora possibile. Noi non intendiamo sottrarci alle nostre responsabilità verso la nostra coscienza e verso il Paese. Così dovrebbe fare il Governo, che non può limitarsi a semplici dichiarazioni.
Mi auguro che la vicenda di Eluana Englaro, non sia al capitolo finale, perché di questa vicenda ne porteremo tutti la responsabilità, per tutti i giorni della nostra vita (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
(Misure a favore dei frequentanti il IX ciclo delle scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario (SSIS) o i corsi biennali abilitanti di secondo livello ad indirizzo didattico (Cobaslid) - n. 2-00293)
PRESIDENTE. L'onorevole Antonino Russo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00293, concernente misure a favore dei frequentanti il IX ciclo delle scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario (SSIS) o i corsi biennali abilitanti di secondo livello ad indirizzo didattico (Cobaslid) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
ANTONINO RUSSO. Signor Presidente, in questi mesi abbiamo assistito a scelte devastanti del Governo in ogni comparto che possa riguardare l'istruzione pubblica. Hanno subito un duro colpo la quantità e la qualità dell'offerta formativa. I genitori in questi giorni ne stanno toccando con mano gli effetti.
Vi è stato uno sfregio alla cultura solidaristica in materia di insegnamento e di sostegno ai soggetti svantaggiati, il taglio Pag. 47delle classi, la riduzione delle scuole, l'accorpamento delle materie di insegnamento, la cancellazione di 75 mila immissioni in ruolo, previste dal precedente Governo. Insomma, vi sono stati tanti provvedimenti che hanno dato un segnale.
La Ministra Gelmini, in pochi mesi, ha avuto la forza di rivelarsi un'autentica calamità naturale. È giusto, però, che non tutte le colpe siano attribuite soltanto alla dottoressa Gelmini. Gran parte di questo disastro va attribuito al Ministro Tremonti e all'onorevole Berlusconi, ossia ai due veri responsabili del disastro, che hanno deciso di fare cassa a danno della scuola, tagliando 8 miliardi di euro, da spalmare poi su ogni scelta che riguarda la scuola.
Ciò che è incomprensibile, al di là dei tagli, è che un altro versante (ed è questo il contenuto dell'interpellanza), che non necessita di ulteriori risorse, venga trattato con altrettanto cinismo. È un versante che pretenderebbe, a costo invariato per l'amministrazione, il rispetto di diritti costituzionalmente garantiti e di sentenze che ne confermano il rispetto e l'obbligo di applicazione. Non voglio pensare che ci sia una sorta di capriccio, anche una certa forma di orticaria al rispetto delle leggi che i tribunali pretendono che si applichino. Non so.
Noi, in particolare, però, pensiamo che sia doveroso rispettare le sentenze. Di queste, credo che ad alcune in materia di insegnamento non si possa derogare. Le sentenze del TAR Lazio n. 2799 e n. 3309 del 2001 affermano che l'inserimento in graduatoria deve avvenire a pettine, secondo un criterio meritocratico. Queste sentenze hanno di fatto annullato la quarta e la quinta fascia e stabilito che i «sissini» andavano tutti in terza fascia, ossia in un'unica fascia.
Questo Governo appare disconoscere questo dettato. Successivamente, vi è stata la sentenza n. 168 del 2004 della Corte costituzionale, che citiamo nell'interpellanza, che è, seppure indirettamente, confermativa. Essa afferma che non si può violare l'articolo 51, comma 1, della Costituzione, ossia il principio di accesso agli uffici pubblici in condizioni di uguaglianza.
Vorremmo che il Governo, con noi, si associasse nel rispetto e nell'avversare quello che il Governo stesso sta facendo, la Ministra in testa, che è una sorta di forma di disparità di trattamento verso cittadini che hanno maturato identici titoli, e quindi identici diritti.
Chi ha studiato una vita, chi ha maturato dei diritti e dei titoli, non può, soltanto perché, magari, vuole tornare a casa o perché si deve ricongiungere, dopo tempo, con la propria famiglia, con la propria moglie o il proprio marito, essere posto in coda soltanto perché vi è stato un capriccio, in occasione della conversione del decreto-legge n. 137 del 2008, di un partito specifico, della Lega, che ha impedito una garanzia che avrebbe evitato contenziosi, che già ci sono stati e che auguro non si verifichino a seguito, magari, della risposta che manifesterà la volontà del Governo.
Vi è una sentenza, che richiamiamo nell'interpellanza, la n. 10728 del 2008, che ha disposto l'annullamento del decreto del direttore generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nella parte in cui l'articolo 3, comma 2, dispone che non è possibile spostare i 24 punti aggiuntivi spettanti per il conseguimento dell'abilitazione per la scuola di specializzazione per l'insegnamento secondario da una graduatoria ad un'altra.
Vi è un'altra sentenza, la n. 10809 del 2008, sempre del TAR Lazio, che ha disposto l'annullamento del decreto del direttore generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nella parte in cui considera che è consentito solo l'aggiornamento della propria posizione e il trasferimento ad altra provincia, in posizione subordinata a tutte le fasce.
Si conferma quanto prevede la sentenza della Corte costituzionale di cui parlavo prima; si confermerebbe quanto in Commissione cultura avevamo discusso e condiviso, arrivati a un certo punto, sotto la pressione del Partito Democratico (mia e di qualche altro componente, in particolar Pag. 48modo); si confermano le giuste osservazioni che erano state svolte in sede consultiva con alcune organizzazioni ed associazioni (in particolare, ricordo quanto ci fu detto dall'Anief, un'associazione che si batte per i diritti dei docenti precari); si confermerebbe quanto anche il Comitato dei nove, in quest'Aula, aveva condiviso.
Si è verificato, poi, un puntare i piedi da parte della Lega, ovviamente per ragioni, secondo me, di pura ignoranza e anche per qualche pregiudizio rispetto a fette territoriali e a chi abita o proviene da quelle fette territoriali.
Parliamo, infatti, di 240 mila persone: circa 160 mila di questi docenti precari sono meridionali, 28 mila sono del centro e i restanti, circa 50 mila, sono del nord.
Non capisco cosa ci guadagni la Lega ad impedire ad una maggioranza, che aveva anche condiviso le nostre osservazioni, di garantire la possibilità per un docente di muoversi da una provincia all'altra. Avevo riportato in quest'Aula, sempre in sede di conversione del decreto-legge n. 137 del 2008, alcuni drammi (ho citato, addirittura, alcune mail che mi erano giunte).
In particolar modo, vi era il caso di un carabiniere che, dopo 20 anni, poteva tornare ad Ascoli, nella sua città, e che doveva decidere se far perdere il posto di lavoro alla moglie, perché seguendolo sarebbe finita in coda alla graduatoria, oppure mantenere unita la famiglia. Delle due l'una. In ogni caso, credo che questo non fosse un fatto che il buonsenso può condividere, né, tanto meno, le leggi. Ne è riprova il fatto che tutte le sentenze, del TAR, della Corte costituzionale, anche del Consiglio di Stato, vanno in questa direzione.
Chiediamo, quindi, il rispetto di quanto abbiamo detto; chiediamo se, nel rispetto della giurisprudenza citata, che si è pronunciata, come abbiamo riferito, contro la cristallizzazione delle posizioni dei docenti inseriti nelle graduatorie, il Governo intenda consentire ai ricorrenti gli spostamenti dei punteggi richiesti, e se, nel nuovo decreto di integrazione e aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento per il biennio 2009-2011, intenda prevedere la possibilità di spostare i punteggi da una graduatoria all'altra, ancorché già dichiarati in precedenza, e di trasferirsi da una provincia all'altra senza alcuna penalizzazione.
Chiediamo, altresì, quali provvedimenti il Ministro intenda disporre per garantire l'inserimento, così come ottenuto nella battaglia d'Aula in occasione della legge finanziaria, nelle graduatorie ad esaurimento, dei docenti che si abiliteranno nel corrente anno accademico nella sessione primaverile ed estiva; aggiungo il riferimento alla sessione estiva (che si chiude a settembre e non al 30 giugno) perché ci possono essere impedimenti non dovuti alla volontà dei docenti che si stanno per abilitare, che non possono per un giorno perdere la titolarità di un diritto che dall'Aula è stato garantito e affermato.
Chiediamo, insomma, una garanzia per tutti questi soggetti che hanno studiato, si sono abilitati, hanno fatto grandi sacrifici con le proprie famiglie, hanno speso soldi, sono diventati un patrimonio per la nostra nazione e che vengono considerati come numeri da tagliare.
Noi chiediamo al Governo di essere più sensibile, di manifestare maggiore attenzione, di evitare di ricorrere, così come molti dicono che possa accadere, perché questo ingenererebbe dei contenziosi, che alla fine vedrebbero secondo me soccombere l'amministrazione e in ogni caso ritarderebbero l'avvio dell'anno scolastico. Questo è il contenuto per sommi capi della nostra interpellanza; spero che il Governo condivida le nostre ragioni.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Giuseppe Pizza, ha facoltà di rispondere.
GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, come preannunziato nella nota ministeriale del 28 novembre 2008, è di prossima emanazione il provvedimento di aggiornamento delle graduatorie Pag. 49ad esaurimento da disporre per il biennio 2009-2010, con il quale si darà attuazione anche alle disposizioni dell'articolo 5-bis del decreto-legge n. 137 del 1 settembre 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 169 del 30 ottobre 2008.
Questa disposizione, come è noto, prevede l'iscrizione, a domanda, delle categorie di docenti puntualmente indicate dalla legge e stabilisce che gli stessi sono collocati nella posizione spettante in base ai punteggi attribuiti ai titoli posseduti; nulla dispone, invece, rispetto alle modalità di inserimento in caso di mobilità tra graduatorie di province diverse e tanto meno rispetto alla possibilità di spostare i 24 punti aggiuntivi relativi all'abilitazione (SSIS, COBASLID, eccetera) da una graduatoria ad un'altra. La ratio della norma è quella di limitare l'incremento degli iscritti e l'eccessiva instabilità delle graduatorie, al fine di ridurre i tempi di esaurimento delle medesime e di garantire maggiormente le aspettative degli iscritti.
Ciò premesso, le questioni sollevate nell'interpellanza sono ben note al Ministero che le sta attentamente valutando, anche in base a tutto il contesto normativo in evoluzione. Già da domani sull'argomento si terrà un primo incontro con le parti sindacali.
Per quanto concerne in particolare la sentenza del TAR Lazio n. 10728 del 2008, relativa allo spostamento dei 24 punti aggiuntivi spettanti per il conseguimento dell'abilitazione SSIS da una graduatoria ad un'altra, faccio presente che avverso la stessa sentenza l'amministrazione sta presentando appello al Consiglio di Stato con richiesta di sospensione d'esecuzione.
Quanto all'altra sentenza del TAR Lazio citata nell'interpellanza, la sentenza n. 10809 del 2008, relativa all'aggiornamento della posizione e al trasferimento in altra provincia, considerato l'enorme impatto che la sua applicazione comporterebbe sul sistema del reclutamento, il Ministero la sta attentamente valutando per le consequenziali determinazioni.
ANTONINO RUSSO. Signor Presidente, non posso assolutamente essere soddisfatto almeno per quanto riguarda la seconda parte della risposta all'interpellanza. Giudico la prima parte della risposta poco meno che una carota, visto il bastone, anzi la mazza che poi viene utilizzata. Ci va bene che venga confermata l'impostazione che in quest'Aula siamo riusciti a strappare con alcuni ordini del giorno, ossia l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento per i «siessini» e le altre categorie di docenti, AFAM, insegnanti di strumento musicale e così via. Vorremmo che sessione estiva fosse intesa estensivamente: non solo i primi dieci giorni della stagione estiva, ossia non solo al 30 giugno, ma che fosse considerata fino a settembre, perché, ad esempio, per chi si abiliterà nel corso universitario di scienze primarie il rischio è che consegua il titolo a settembre. Pertanto vorrei che il Governo ne tenesse conto, vista la volontà unanime o quasi dell'Aula.
Per ciò che attiene le due sentenze citate, farei di tutto per scongiurare che il Governo ricorresse al Consiglio di Stato, anche perché non so se si tratta di superficialità, di insensibilità, di inconsapevolezza. Non so neanche quali siano i termini da utilizzare. Tuttavia, il Governo dovrebbe già sapere con i suoi uffici che i giudici di secondo grado, il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 260 del 2008 e con ordinanza n. 1508 del 2008 hanno già confutato il teorema della cristallizzazione delle posizioni dei candidati inseriti nelle graduatorie, confermando le tesi appunto dei legali dell'ANIF.
Tutto questo cosa comporterà? Comporterà un nuovo contenzioso. Vedrà soccombere inevitabilmente l'amministrazione, a meno che il Consiglio di Stato non si voglia autocontraddire e non voglia contraddire perfino le sentenze in materia della Corte Costituzionale. Tutto questo comporterà inevitabilmente il ritardo nell'avvio dell'anno scolastico.
Davvero non capisco la ratio di tutto ciò, tanto più se questa è legata ad un capriccio di una forza politica insensibile alle istanze di una fetta consistente della Pag. 50popolazione docente che riguarda - ripeto - 240 mila persone in carne ed ossa con le relative famiglie e con il rapporto che hanno instaurato con i loro discenti.
Invito davvero il Governo a ripensarci perché ritengo che non finirebbe qui, con un ricorso del Governo dal momento che i docenti, soprattutto quelli precari, non sono disposti ad accettare un torto ed una soverchieria come questa. Ritengo inoltre che i contenziosi andrebbero per le lunghe e sposterebbero persino l'apertura dell'anno scolastico.
(Intendimenti del Governo in merito alla riforma del sistema fiscale, con particolare riferimento all'introduzione del quoziente familiare - n. 2-00295)
PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00295, concernente intendimenti del Governo in merito alla riforma del sistema fiscale, con particolare riferimento all'introduzione del quoziente familiare (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
TERESIO DELFINO. Signor Presidente, intervengo molto brevemente per rappresentare che, nel contesto di una così difficile situazione economica e sociale, che rende particolarmente gravoso per le famiglie, i percettori di redditi minimi, i lavoratori dipendenti e pensionati, il fatto di sbarcare il lunario e far quadrare il bilancio familiare, abbiamo presentato l'interpellanza urgente in esame per avere un resoconto puntuale dell'azione, dell'attività del Governo, soprattutto con riferimento ai provvedimenti attinenti al fondamentale impegno che il Governo, dal momento del suo insediamento, aveva assunto.
Tale impegno consiste nel valutare con la massima attenzione le difficoltà, le esigenze della famiglia, promuovendo una nuova fiscalità, considerando attentamente quella familiare, garantendo comunque condizioni reddituali per una vita dignitosa delle persone, soprattutto dei percettori di reddito fisso e quindi dei lavoratori dipendenti e dei pensionati.
Abbiamo seguito con attenzione i vari provvedimenti che il Governo ha assunto e ne abbiamo denunciato anche l'insufficienza, anche in termini di modalità e di procedure: richiamo brevemente le critiche che abbiamo sollevato non tanto o non solo sulla quantità, ma sulla modalità con cui è stata attivata la social card, che certamente secondo il nostro punto di vista - che ribadiamo nella nostra interpellanza in esame - ha violato la privacy del cittadino e ha dato adito ad una sorta di farraginosità nell'utilizzo di tale beneficio, mentre vi sarebbe stata una via semplice e lineare, quale quella di allocare sulle fasce redditualmente più deboli i benefici che con la social card si sono garantiti ai cittadini. Infatti, conosciamo - e basterebbe leggere sui vari quotidiani e sulle varie riviste di diversa tendenza - le difficoltà, le denunce, nonché il sentimento di disagio profondo che hanno avvertito quei cittadini, che pure avrebbero avuto titolo a percepire questo sostegno, ma che invece, proprio per la loro dignità, non vi hanno fatto ricorso.
Ma al di là di ciò, più volte nel corso del dibattito sulle leggi finanziarie e sui vari provvedimenti abbiamo sostenuto e richiesto al Governo una nuova politica fiscale familiare, con riferimento alla quale abbiamo presentato diverse iniziative e proposte di legge, ritenendo che il sistema delle deduzioni e il sistema degli assegni familiari fosse complessivamente un approccio forse più significativo, ma sul quale noi, così come anche sul quoziente familiare, anche per una posizione che avevamo - e lo sa benissimo il sottosegretario Molgora, che era già sottosegretario anche nel Governo Berlusconi dal 2001 al 2006 - avevamo piena disponibilità a confrontarci.
Quindi, vorremmo veramente sapere quali sono i passi concreti che il Governo sta compiendo per avviare la riforma fiscale, giungendo ad un primo modulo che finalmente riconosca la grande questione di una fiscalità equa per le famiglie; mi riferisco anche al quoziente familiare, che fa parte del programma del Governo, ma Pag. 51di cui, in sede di adozione dei vari provvedimenti, finora non abbiamo avuto traccia.
Vorremmo invece che da oggi vi fosse un impegno del Governo ad andare più decisamente in questa direzione. Infatti, certamente le grandi questioni della denatalità, dell'assistenza alle persone disabili e agli anziani troverebbero, in seguito all'emanazione di una fiscalità equa, una più alta risposta anche per quanto riguarda la famiglia che riteniamo essere la cellula fondante della nostra comunità nazionale (sappiamo che su questo certamente il sottosegretario Molgora concorda con noi) (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Daniele Molgora, ha facoltà di rispondere.
DANIELE MOLGORA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, sulla questione relativa alla famiglia, una questione particolarmente importante soprattutto in questo periodo, vogliamo ricordare che il Governo, poco dopo il suo insediamento, ha varato un decreto-legge, il n. 93 del 2008, con il quale ha adottato tre misure assolutamente importanti per la generalità delle famiglie italiane, a partire da quelle più di bisognose, quali l'abolizione dell'ICI sulla prima casa, la rinegoziazione dei mutui ipotecari a tasso variabile per la abitazione principale e la detassazione del lavoro straordinario.
L'attenzione verso il tema delle condizioni delle fasce sociali più bisognose è e continua a rimanere alta. Attraverso la manovra economica attuata con il decreto-legge n. 112 del 25 giugno 2008 sono stati adottati, poi, ulteriori interventi volti ad alleviare le necessità di tali fasce sociali più deboli.
Vale la pena di ricordare, in quest'ottica, l'istituzione di un fondo speciale destinato al soddisfacimento delle esigenze dei cittadini meno abbienti (prioritariamente di natura alimentare); la concessione di una carta acquisti per beni e servizi riservata ai cittadini residenti che versano in condizioni più disagiate; l'avvio di un piano nazionale di edilizia abitativa volto ad incrementare il patrimonio immobiliare ad uso abitativo attraverso l'offerta di alloggi di edilizia residenziale destinati prioritariamente all'acquisto della prima casa per le categorie sociali svantaggiate nell'accesso al libero mercato degli alloggi in locazione.
Oltre a queste misure agevolative a favore delle famiglie italiane, con il decreto-legge n. 185 del 2008, recentemente convertito nella legge n. 2 del 2009, sono stati adottati ulteriori interventi volti ad alleviare le necessità delle fasce sociali più deboli. In particolare, l'articolo 1 ha previsto l'attribuzione di un bonus straordinario a favore delle famiglie a basso reddito. L'entità di detto bonus varia in funzione al numero dei componenti del nucleo familiare, degli eventuali componenti portatori di handicap e del reddito complessivo.
Anche sulla base della relazione tecnica che accompagna tale decreto-legge, si può verificare nell'apposita tabella che il beneficio va dai duecento ai mille euro, che ne sono interessati sostanzialmente otto milioni di nuclei familiari e che l'importo totale dell'operazione ammonta a quasi due miliardi e mezzo.
Da quanto evidenziato si può evincere che le misure adottate sinora dal Governo (in particolar modo la misura del bonus familiare) possono essere quasi assimilate ad una sorta di quoziente familiare una tantum, poiché si tiene conto sia dell'ammontare del reddito, sia soprattutto dei componenti che formano la famiglia, con il vantaggio - in questo caso - che il meccanismo del contributo diretto supera anche il problema - che può verificarsi frequentemente - di eventuali incapienze.
Si tenga presente il notevole sforzo finanziario prodotto dal Governo, quindi le notevoli dimensioni di questo intervento, considerando anche le ulteriori misure inserite nel decreto-legge anticrisi concernenti la cassa integrazione e la mobilità.Pag. 52
L'attenzione del Governo nei confronti delle famiglie più bisognose risulta, pertanto, massima e continua su questo punto.
Si fa anche presente che l'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 2 del 3 febbraio 2009 (risalente, quindi, a pochi giorni fa) fornisce chiarimenti in ordine alle modalità applicative della disposizione, così come viene richiesto nell'interpellanza. Alcune procedure sono state adottate per evitare gli abusi che si sono verificati in passato con le sole autocertificazioni.
Tutto questo per dire che l'attenzione del Governo verso la famiglia rimane alta, che il meccanismo che è stato adottato attraverso il bonus familiare è di assoluta novità e che tale meccanismo può essere considerato sperimentale per future attuazioni.
PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di replicare.
TERESIO DELFINO. Signor Presidente, debbo dire al sottosegretario Molgora che per qualche verso aspettavo e temevo questa risposta. Noi abbiamo posto un problema diverso, abbiamo chiesto: cosa sta facendo il Governo per una nuova fiscalità per la famiglia? Venire qui e far riferimento alle misure specifiche richiamate, sulle quali noi abbiamo espresso un voto di astensione, un voto favorevole o un voto contrario, a seconda dei diversi provvedimenti che sono stati citati, vuol dire che siamo lontani. Questo ci rende profondamente insoddisfatti e profondamente preoccupati per l'impegno che anche il Governo aveva assunto in vista di un'organica riforma di fiscalità familiare.
Al di là di tutto, la questione dell'ICI per le fasce meno abbienti già era stata affrontata. Abbiamo avuto l'abolizione sulla imposta relativa alla prima casa che non ha toccato affatto la grande massa delle famiglie in maggiore difficoltà e parimenti la questione dei mutui e la detassazione degli straordinari, che poi era un provvedimento assolutamente parziale che interessava il settore dei lavoratori dipendenti privati, discriminando tra lavoratori e lavoratori. Sono tutte critiche che noi avevamo già fatto.
Per noi la prima domanda era: cosa «bolle in pentola»? Quali iniziative il Governo vuole adottare in vista di un'organica riforma sulla fiscalità familiare? Io non ho sentito niente e di questo sono molto rammaricato e dispiaciuto. Noi pertanto continueremo, su questo tema, a incalzare il Governo in tutte le occasioni in cui lo potremo fare, in Aula e nelle varie Commissioni, perché riteniamo che la fiscalità familiare, sull'esempio di altri Paesi europei, come la Francia o la Germania, solo per citarne due, dovrebbe partire dal riconoscimento del valore della realtà familiare e, quindi, del fatto che la famiglia è un soggetto fiscale, cui devono essere assicurati e garantiti quei criteri di progressività in base alla capacità reddituale.
Siamo lontanissimi da ciò e vedo, ahimè, in questo Governo, un approccio di tipo assistenziale che, seppur minimo e di qualche utilità, non esalta la centralità del nuovo soggetto fiscale famiglia che, invece, noi riteniamo fondamentale per raggiungere l'equità fiscale prevista dai principi fondamentali della nostra Costituzione.
Alla seconda domanda che avevamo formulato lei ha qui risposto dicendo che è arrivata una normativa adeguata, che occorre spiegarne le procedure. Mi pare, francamente, che il Governo dovrebbe prendere atto che le procedure connesse alla social card - al di là dei successivi aggiustamenti - hanno rappresentato il trionfo di una modalità farraginosa e burocratica, nonché il trionfo delle organizzazioni che hanno gestito, attraverso i loro centri (CAF e così via) queste poche risorse e che, se invece si fosse trovato un modo più lineare e sicuro di farle arrivare nelle tasche degli italiani, nella pensione o nella busta paga, sicuramente sarebbe stato più dignitoso.
Pertanto, signor Presidente, mi dichiaro evidentemente molto insoddisfatto e più che altro molto preoccupato. Certamente eravamo a conoscenza della normativa prevista dal decreto-legge 29 novembre Pag. 532008, n. 485 (bonus, eccetera). Non voglio richiamare tutte le critiche applicative rivolte a un intervento che, alla fine, più che alla famiglia ha dato sostegno a chi la famiglia, intesa quale nucleo familiare con i figli, non ce l'aveva.
Oggi, è toccato rispondere al sottosegretario Molgora: sappiamo che nella sua forza politica c'è una grande sensibilità al tema della fiscalità familiare.
Noi vorremmo veramente che lei, nel suo ruolo di rappresentante del Governo e del Ministero dell'economia e delle finanze si adoperasse, insieme al suo schieramento politico ed insieme a tutti noi, perché questo tema venga finalmente portato in modo nuovo e diverso, vorrei dire europeo, all'esame di questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
(Iniziative in merito a presunte irregolarità relative al bilancio del comune di Velletri - n. 2-00282)
PRESIDENTE. L'onorevole Ciocchetti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00282, concernente iniziative in merito a presunte irregolarità relative al bilancio del comune di Velletri (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, l'interpellanza nella sua analiticità corrisponde esattamente ad una serie di esposti presentati al ministero, al prefetto e anche alla procura della Repubblica da parte di cittadini e da parte di consiglieri comunali del comune di Velletri. Abbiamo ritenuto di trasformarla in un'interpellanza urgente perché in quel comune, a nostro avviso, da come ci viene segnalato, continuano a compiersi atti contro la legge e contro una buona amministrazione.
Sinteticamente i fatti partono con la delibera del consiglio comunale di Velletri del 29 settembre 2008, delibera n. 45. Il consiglio comunale di Velletri ha approvato, in data 29 settembre 2008, la delibera n. 45, per un importo di euro 2.476.577,07 avente per oggetto il «riconoscimento debiti fuori bilancio articolo 194 del decreto legislativo n. 267 del 2000. Esercizio finanziario 2008».
L'amministrazione del comune di Velletri, con proposta di deliberazione n. 57 del 15 settembre 2008, approvata dal consiglio comunale il 17 settembre 2008, avente ad oggetto «situazione finanziaria debitoria - presa d'atto e conseguenti indirizzi di natura finanziaria», ha riconosciuto che il comune di Velletri ha debiti certi, liquidi e esigibili per un importo di 27 milioni di euro ed usufruisce di un'anticipazione di cassa per 11 milioni di euro.
Il consiglio comunale di Velletri ha approvato, in data 30 settembre 2008, la delibera n. 46 del 2008, riferita alla «Salvaguardia degli equilibri di bilancio». Con la suddetta deliberazione del consiglio comunale di Velletri n. 45 del 2008 sono stati riconosciuti debiti fuori bilancio ed i relativi importi per un totale di euro 2.476.577,07. Il conseguente ed inerente finanziamento è stato acquisito attraverso l'assunzione di un mutuo cassa depositi e prestiti per euro 661.669,75 e per la differenza a carico diretto del comune di Velletri, con un ammortamento previsto per gli esercizi 2008, 2009 e 2010, inserito nel «documento pluriennale della salvaguardia degli equilibri di bilancio» (delibera n. 46 del 2008).
Nella fattispecie, l'articolo 194, comma 2, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali prevede che per il pagamento l'ente può provvedere anche mediante un piano di rateizzazione, della durata di tre anni finanziari compreso quello in corso, convenuto con i creditori. Tale deliberazione n. 45 del 2008 adottata dal consiglio comunale in data 29 settembre 2008, nella sua elaborazione ed assemblaggio e nelle sue allegazioni, conterrebbe una serie di «difformità» ovvero «omissioni» ovvero «errori» coincidenti con una lesione del corretto operare quale dovere del pubblico amministratore, ma anche tutti gli altri documenti e deliberazioni propedeutiche collegate conseguenti sarebbero frutto di azioni presumibilmente illegittime e illecite.Pag. 54
Basti pensare all'assenza di certificazioni e documentazioni all'epoca della deliberazione inerenti accordi con i creditori così come prescrive diligentemente la norma.
Dette certificazioni di detti accordi transattivi sono atti indispensabili e la loro inesistenza obbliga il comune alla dichiarazione di dissesto con conseguente attivazione di una peculiare procedura di risanamento del dissesto (vedi sentenza del TAR della Campania, Salerno sezione I, n. 461 dell'11 giugno 2002).
Basti, inoltre, pensare all'occultamento dei gravissimi debiti delle aziende comunali ripianati con pindarici assestamenti oppure con la negazione degli stessi, attraverso missive di contestazione. Del debito con la Volsca ambiente Spa, debito superiore a quattro milioni di euro e ultraquinquennale, non viene dato alcun riscontro nelle deliberazioni di equilibrio succitate, ovvero ai debiti dell'azienda speciale di Velletri che accumula un disavanzo nella gestione finanziaria di oltre 5 milioni di euro, anch'esso spalmato e riequilibrato artificiosamente.
È anche da sottolineare che molto spesso l'organizzazione dell'amministrazione comunale appare come una scatola cinese. Infatti, ad esempio, il controllore e direttore generale del comune di Roma, dottor Armando Iuliano, riveste anche la funzione di controllato, in qualità di direttore generale dell'azienda speciale di Velletri.
Dai suddetti fatti emerge una chiara e inequivocabile violazione dei dettati normativi e, in particolare, degli articoli 192, 193 e 194 del decreto legislativo n. 267 del 2000. Al riguardo si osserva che il disposto di cui all'articolo 194 del Testo unico degli enti locali elenca, tassativamente, i casi in cui sia possibile procedere legittimamente al riconoscimento di debiti fuori bilancio, in virtù del prescritto obbligo di copertura finanziaria nei procedimenti di spesa di cui agli articoli 191 e 193 del Testo unico degli enti locali e all'articolo 84, quarto comma, della Costituzione e, quindi, del principio volto a garanzia degli equilibri di bilancio.
Appare evidente anche la violazione dell'articolo 194, comma 1, lettere a) e c), inerente la mancata deliberazione consiliare di cui all'articolo 193, comma 2, in riferimento alle sentenze esecutive e alla copertura di disavanzi delle aziende attraverso ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile, di società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali. Infatti, per quanto concerne la Spa municipalizzata Volsca ambiente, a totale capitale municipalizzato, questa avrebbe ottenuto nel corso degli anni 2007, 2008 e 2009 decreti ingiuntivi esecutivi, nei confronti del comune di Velletri, per oltre un 1.500.000 euro, di cui non sembra esservi traccia.
Ancor più specificamente, per esempio, nella deliberazione n. 46 del 30 settembre 2008, «Salvaguardia degli equilibri di bilancio ai sensi dell'articolo 193 del decreto legislativo n. 267 del 2000 per l'esercizio 2008», non risulta imputata la quota di ammortamento dei mutui di circa un 1.500.000, regolarmente riportata, invece, nel pluriennale 2009 per euro 1.577.484,53 e sul 2010 per euro 1.659.365,46.
Inoltre, e sempre a titolo esemplificativo, risulterebbero gravemente violati gli articoli 48 e 107 del Testo unico degli enti locali e il codice penale nel momento in cui l'assessore al bilancio si sostituisce fisicamente al dirigente del settore finanziario, redigendo le comunicazioni amministrative di bilancio spettanti agli uffici in maniera continuativa e appropriandosi di un ruolo che le norme tengono ben distinto, addirittura redigendo relazioni finanziarie, per poi farle sottoscrivere al dirigente amministrativo, così come certificato dal verbale del consiglio comunale del 29 e 30 settembre 2008.
Come si può notare dai documenti di bilancio e dalle delibere di equilibrio in questione, la movimentazione finanziaria delle riscossioni sui residui attivi di competenza dell'esercizio 2007 è di gran lunga inferiore ai pagamenti sui residui passivi. Ciò sta ad indicare che la gestione dei residui passivi è generata da debiti di indubbia certezza, mentre la gestione dei Pag. 55residui attivi è verosimilmente generata da crediti in parte non esigibili per prescrizione o quant'altro.
La nostra interpellanza mira chiaramente a chiedere al Governo di intervenire, tramite le norme e le leggi che danno competenza al prefetto e al Ministero dell'interno, e quali azioni vorrà compiere per far rispettare le leggi e le norme anche nel comune di Velletri.
PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.
MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, l'interpellanza presentata dall'onorevole Ciocchetti, partendo da presunte anomalie finanziario-contabili verificatesi nella gestione del comune di Velletri, chiede al Ministero dell'interno di accertare se esistano i presupposti per il commissariamento o lo scioglimento di quel comune.
Com'è noto, il nuovo Titolo V della Costituzione ha collocato le autonomie territoriali su un piano di pari dignità istituzionale accanto allo Stato, ampliandone la sfera di autonomia, già elemento fondante della nostra Costituzione. Ancor più dopo la riforma della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha ulteriormente esteso l'autonomia e la capacità di autodeterminazione degli enti locali, non sono attribuite al Ministero dell'interno funzioni di verifica e tanto meno di controllo sugli atti degli enti locali. Le attuali disposizioni normative attribuiscono al prefetto territorialmente competente il potere di sostituire, nei casi espressamente disciplinati, l'amministrazione inadempiente mediante un commissario che provvede d'ufficio agli adempimenti di legge.
Nello specifico, ai sensi del combinato disposto degli articoli 193 del testo unico sull'ordinamento degli enti locali n. 267 del 2000, ed 1, comma 2, del decreto-legge n. 13 del 2002 (convertito dalla legge 24 aprile 2002, n. 75), il prefetto, qualora l'ente locale non abbia provveduto, entro il 30 settembre, ad approvare la delibera di salvaguardia degli equilibri di bilancio, diffida il consiglio ad adempiere entro un termine non superiore a venti giorni. Decorso inutilmente il termine posto con l'atto di diffida, il prefetto procede alla nomina di un commissario ad acta. La procedura di scioglimento è avviata dal prefetto solo qualora, all'esito degli accertamenti svolti dal Commissario, risulti necessaria l'adozione di provvedimenti di riequilibrio.
Nel caso di specie, invece, il consiglio comunale di Velletri ha provveduto ad approvare la delibera di salvaguardia degli equilibri di bilancio nei termini prescritti. In ogni caso, la prefettura di Roma, in seguito ad un esposto del 3 dicembre scorso, a firma di alcuni consiglieri comunali, ha interessato l'amministrazione di quel comune per acquisire elementi in via conoscitiva e collaborativa.
PRESIDENTE. L'onorevole Ciocchetti ha facoltà di replicare.
LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, non abbiamo certo messo in discussione l'autonomia degli enti locali, ma qui viene denunciata, signor sottosegretario, una serie di violazioni molto chiare e molto evidenti. Con riferimento alla denuncia (l'esposto presentato dai consiglieri comunali ormai a quasi due mesi dalla presentazione della stessa) ci saremmo aspettati già un inizio di risposta.
Da quello che risulterebbe all'interpellante sarebbe stato disposto l'invio di un'ispezione da parte del prefetto di Roma nei confronti del comune di Velletri e sarebbe stato nominato, per le vie informali, un vice prefetto per fare questa verifica, ma a tutt'oggi questi non si è nemmeno presentato presso l'amministrazione e lì si continuano a compiere atti che creano grave difficoltà sia alle questioni di bilancio sia a quelle denunciate nell'articolata interpellanza e nell'articolata diffida e denuncia presentate.
Auspico e chiedo che venga sollecitato il prefetto per accelerare al massimo la verifica di quanto denunciato. Infatti, se fosse vero quanto è stato denunciato, Pag. 56credo che vi sarebbero gli estremi quanto meno per la nomina di un commissario ad acta per quanto riguarda le questioni dell'equilibrio del bilancio. Inoltre, occorre verificare l'esistenza di un rischio reale che, avendo lasciato fuori degli equilibri di bilancio tutta una serie di poste, che invece sono a carico dell'amministrazione del comune di Velletri, vi sia un dissesto coperto solo per poter andare avanti con gravi rischi per la tenuta stessa dell'amministrazione e anche per il mantenimento del livello dei servizi nei confronti dei cittadini.
Credo che questo sia un problema particolarmente serio che ha bisogno di tempi celeri per effettuare le opportune verifiche. Oltretutto sono tutte delibere che sono state allegate all'esposto presentato presso la prefettura; sono delibere ed atti allegati, si tratta solo di fare una verifica della corrispondenza con gli atti presenti presso l'amministrazione comunale di Velletri, quindi non ci vuole moltissimo tempo per arrivare ad una risposta.
Pertanto, non mi dichiaro soddisfatto ma mi dichiaro in attesa della definizione di questo problema.
(Interventi in relazione alle ingiurie e alle minacce rivolte al vicesindaco di Milano - n. 2-00292)
PRESIDENTE. Dovremmo passare ora all'interpellanza n. 2-00292, concernente interventi in relazione alle ingiurie e alle minacce rivolte al vicesindaco di Milano (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
Constato l'assenza dei presentatori: s'intende che vi abbiano rinunziato.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
Sull'ordine dei lavori (ore 18,25).
MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Signor Presidente, sono d'accordo con la collega Capitanio Santolini quando dice che in queste giornate ci sono state delle vere e proprie manipolazioni da parte dell'informazione e da parte dei media. E lei parte proprio da un'informazione manipolata per chiedere al Governo e al Ministro della giustizia iniziative ispettive nei riguardi della Corte d'appello di Milano in relazione alla vicenda di Eluana Englaro. Fortunatamente la risposta del sottosegretario per la giustizia, Caliendo, è stata negativa, perché ha ritenuto che non ci siano i presupposti per dar corso ad iniziative ispettive, perché come ben sappiamo la volontà di Eluana Englaro è stata ricostruita in questi lunghi, davvero lunghi, diciassette anni.
Bisognerà raccoglierle le dichiarazioni di questi giorni sul caso di Eluana Englaro per non smarrire la memoria e perché le future generazioni sappiano cosa oggi si è stati capaci di dire e di fare in nome di una pretesa difesa della vita che altro non è se non un accanimento, sempre e comunque, e la condanna alla sofferenza e al dolore sempre e comunque, anche quando non c'è speranza.
In queste ore diversi esponenti politici hanno pronunciato frasi indegne di cui dovrebbero provare vergogna. Rinnovo alla famiglia di Eluana Englaro, nei confronti della quale si è scatenato un vergognoso linciaggio morale, la mia solidarietà, la mia vicinanza e il mio affetto. Si impone un minimo di decenza e di misericordia anche da parte di chi fino ad ora ha mostrato di non averne.
Signor Presidente, concludo dicendo che è iniziato dalle ore 18 un presidio davanti a palazzo Chigi che continuerà per tutta la notte. Il presidio, condotto da un deputato del Popolo della Libertà, Benedetto Della Vedova cui hanno aderito i miei colleghi radicali ed altri parlamentari, continuerà per tutta la notte per scongiurare il rischio che il Consiglio dei Ministri di domani, il Governo si pronunci con un decreto-legge finalizzato ad impedire che ad Eluana Englaro vengano interrotte le terapie.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Lunedì 9 febbraio 2009, alle 14:
1. - Discussione del disegno di legge:
S. 847 - Delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro publico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e alla Corte dei conti (Approvato dal Senato) (2031-A).
- Relatori: Stracquadanio, per la I Commissione e Scandroglio, per l'XI Commissione.
2. - Discussione della mozione La Loggia ed altri n. 1-00061 in materia di compartecipazione della regione Sicilia al gettito d'imposta su redditi prodotti nel proprio territorio.
3. - Discussione della mozione Realacci ed altri n. 1-00110 concernente iniziative per favorire uno sviluppo ambientale sostenibile.
La seduta termina alle 18,30.
ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DELLA MOZIONE N. 1-00110
Mozione n. 1-00110 - iniziative per favorire uno sviluppo ambientale sostenibile
Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).
Governo | 25 minuti |
Richiami al Regolamento | 10 minuti |
Tempi tecnici | 5 minuti |
Interventi a titolo personale | 1 ora e 1 minuto (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) |
Gruppi | 4 ore 19 minuti |
Popolo della Libertà | 1 ora e 19 minuti |
Partito Democratico | 1 ora e 8 minuti |
Lega Nord Padania | 36 minuti |
Unione di Centro | 31 minuti |
Italia dei Valori | 30 minuti |
Misto: | 15 minuti |
Movimento per l'Autonomia | 8 minuti |
Liberal Democratici - Repubblicani | 4 minuti |
Minoranze linguistiche | 3 minuti |
(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.