Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento trasporti
Titolo: I temi dell'attività parlamentare nella XVI legislatura - Trasporti - Area n. 32
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 1    Progressivo: 32
Data: 15/03/2013
Descrittori:
TRASPORTI     

La documentazione di inizio legislatura - accessibile dalla home page della Camera dei deputati - dà conto delle principali politiche pubbliche e delle attività svolte dalle Commissioni parlamentari nella XVI legislatura, suddivise in Aree tematiche, a loro volta articolate per Temi e Approfondimenti. L'accesso è disponibile per Commissione ovvero per Area tematica.

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Indice

Trasporti 1
La giurisprudenza costituzionale 7
La politica europea dei trasporti e le reti TEN-T 9
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: le competenze in materia di trasporti 12
Gli stanziamenti della missione trasporti nella XVI legislatura 15
Autorità di regolazione dei trasporti 18
Precedenti tentativi di istituzione dell'Autorità dei trasporti: il contributo parlamentare 21
Il trasporto e la sicurezza stradali 23
La sicurezza stradale 29
Veicoli a basse emissioni complessive 34
Le patenti europee 37
Il trasporto pubblico locale 39
I servizi di Taxi e noleggio con conducente 42
L'autotrasporto merci 44
La logistica 51
Il trasporto ferroviario 53
L'indagine conoscitiva della IX Commissione 58
Il recepimento della normativa comunitaria in materia ferroviaria 60
L'organismo di regolazione 64
Finanziamenti per la realizzazione di infrastrutture ferroviarie 66
L'Alta velocità Torino-Lione 68
Il sistema portuale e il trasporto marittimo 70
Concessioni demaniali marittime 76
La proposta di riforma della legge n. 84/1994 80
La proposta di legge sugli interporti 85
Il potenziamento dell'autonomia finanziaria delle autorità portuali: l'articolo 14 del dl 83/2012 88
La disciplina delle capitanerie di porto 90
Il sistema telematico centrale della nautica da diporto 91
La privatizzazione di Tirrenia Spa 93
Il sistema aeroportuale e il trasporto aereo 96
Spazio aereo comune europeo 100
L'indagine conoscitiva della IX Commissione 102
Il piano nazionale degli aeroporti 103
I diritti aeroportuali ed i contratti di programma 105
La vicenda Alitalia 108

Trasporti



L’Autorità dei trasporti

Nel settore dei trasporti, la XVI Legislatura è stata caratterizzata dall’istituzione di un’Autorità indipendente di regolazione. L’istituzione di tale organismo è intervenuta con l’articolo 37 del decreto-legge n. 201/2011, al termine di una vicenda che ha visto il costante interessamento e le sollecitazioni della IX Commissione trasporti della Camera. L’Autorità, composta da tre membri, non risulta ancora operativa perché non si è ancora proceduto alla nomina dei suoi componenti. All'Autorità sono affidati compiti significativi, di regolazione e di promozione e tutela della concorrenza nel settore dei trasporti.  



Il trasporto stradale

Con riferimento al trasporto stradale, la XVI Legislatura si è caratterizzata in primo luogo per l’impegno parlamentare in materia di sicurezza stradale.

Tale impegno si è posto in coerenza con le indicazioni dell’Unione europea. Infatti, il Piano d'azione sulla sicurezza stradale del 2010 e il nuovo Libro bianco sui trasporti del 2011 fissano l’obiettivo del dimezzamento del numero delle vittime entro il 2020 e prevedono la creazione di uno spazio comune della sicurezza stradale, individuando sette obiettivi strategici (tra questi il miglioramento dell’educazione e della formazione; il rafforzamento del controllo della normativa; il miglioramento della sicurezza delle infrastrutture stradali e dei veicoli).

L’azione legislativa italiana si è caratterizzata per un rafforzamento dell’apparato sanzionatorio. In particolare:

  1. il decreto-legge n. 92/2008 ha, tra le altre cose, aggravato le pene per delitto di omicidio colposo commesso in violazione delle norme sulla circolazione stradale, soprattutto se commesso da un soggetto in stato di ebbrezza alcolica o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti;
  2. la legge n. 94/2009 ha, tra le altre cose, esteso a cinque anni il periodo di revoca della patente per guida in stato di ebbrezza o alterazione per sostanze psicotrope.

Di ampia portata sono risultati poi:

  1. la riforma del codice della strada (legge n. 120/2010) che ha disposto, fra l'altro, l’introduzione del principio “chi guida non beve” per i giovani di età compresa fra 18 e 21 anni, per i conducenti nei primi tre anni dal conseguimento della patente e per i conducenti professionali e l’aggravamento delle sanzioni per alcune delle più rilevanti infrazioni al codice della strada;
  2. il decreto legislativo n. 59/2011 di recepimento della direttiva 2006/126/CE, la quale ha provveduto ad aggiornare la normativa vigente in materia di patenti di guida e a sostituire gli oltre 110 modelli di patente in circolazione con un modello unico in formato carta di credito.

La conclusione della Legislatura ha poi interrotto l’iter, alla Camera di due significative proposte di legge in materia di sicurezza stradale:

  1. la proposta di legge C. 4662 recante una delega al Governo per la riforma del codice della strada: tra i criteri direttivi si segnalano la revisione dell'apparato sanzionatorio e la revisione ed il coordinamento del sistema dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali;
  2. la proposta di legge C. 5361 recante specifiche modifiche al codice della strada con riferimento ad aspetti, quali, tra gli altri, la modalità di pagamento delle sanzioni e la revoca della patente in caso di omicidio colposo.

L’iter delle due proposte di legge è stato caratterizzato anche dall’approfondita riflessione, che non ha però condotto ad una proposta di soluzione legislativa, sulla configurabilità del dolo eventuale per l’omicidio commesso in violazione delle norme del codice della strada relative alla guida in stato di ebbrezza o alterazione per sostanze psicotrope.

Nel corso della XVI Legislatura le questioni relative al trasporto pubblico locale si sono invece andate intrecciando con quelle relative alla vicenda complessiva della liberalizzazione dei servizi pubblici locali. Al tempo stesso, alcune specifiche disposizioni sono intervenute sia con riferimento alle modalità di assegnazione dei servizi di trasporto pubblico locale sia con riferimento al finanziamento di tali attività.

Per quanto riguarda il primo aspetto, l’articolo 61 della legge n. 99/2009 ha attenuato il principio dell’obbligo di affidamento dei servizi con procedure concorsuali, stabilito originariamente dall’articolo 18 del decreto legislativo n. 422/1997, con la previsione della facoltà, concessa alle autorità competenti, di aggiudicare direttamente i contratti di servizio, anche in deroga alla disciplina di settore, attraverso un richiamo a specifiche disposizioni del regolamento (CE) n. 1370/2007.

In materia di finanziamento del servizio di trasporto pubblico locale, da ultimo il comma 301 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) ha istituito il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, alimentato da una quota di compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina.

Su tutto il settore del trasporto pubblico locale potrebbe avere un impatto l’attività, una volta avviata, dell’Autorità dei trasporti. Tra le sue competenze rientrano, infatti, la definizione degli schemi dei bandi delle gare per l'assegnazione dei servizi di trasporto in esclusiva e l’individuazione dei criteri per la nomina delle commissioni aggiudicatrici.

La XVI Legislatura ha anche visto significativi interventi in materia di regolazione dei servizi dei taxi e di noleggio con conducente. In particolare, l’articolo 29, comma 1-quater, del decreto-legge n. 207/2008 ha previsto, per il noleggio con conducente, specifici requisiti quali una preventiva autocertificazione per l’accesso nel territorio di altri comuni e nuove modalità per il rilascio delle licenze e delle autorizzazioni. Il termine per l’emanazione del regolamento attuativo della disposizione, che in forza della previsione contenuta nell'articolo 2 del decreto-legge n. 40/2010 dovrà contenere anche una generale revisione dei principi fondamentali in materia di autotrasporto pubblico non di linea, è stato più volte prorogato e da ultimo fissato al 31 dicembre 2013.

In materia di servizio taxi è stato riconosciuto, dal decreto-legge n. 1/2012, all’Autorità dei trasporti il compito di monitorare e verificare la corrispondenza del servizio, delle tariffe e della qualità delle prestazioni alle esigenze dei diversi contesti urbani, secondo i criteri di ragionevolezza e proporzionalità. La medesima disposizione ha demandato alle regioni e ai comuni il compito di regolare, previo parere dell’Autorità, il servizio di taxi a principi quali l’incremento del numero di licenze, ove ritenuto necessario da un’analisi dell’Autorità; maggiore libertà di organizzazione del servizio, maggiore libertà di fissazione delle tariffe.

Per quanto concerne il settore dell’autotrasporto di merci su gomma, misure di ampia portata sono state inserite, all’inizio della XVI Legislatura, nell’articolo 83-bis del decreto-legge n. 112/2008, successivamente modificato in numerose occasioni. Rispetto alla liberalizzazione del settore operata con il decreto legislativo n. 286/2005 (che ha rimesso alla contrattazione delle parti la determinazione del corrispettivo) si è quindi intervenuti su:

  1. disciplina del contratto di trasporto, con particolare riferimento alla determinazione del corrispettivo, che deve essere comunque tale da coprire i costi minimi di esercizio, individuati in accordi conclusi tra le associazioni di categoria in misura tale da garantire il rispetto dei parametri di sicurezza normativamente previsti;
  2. disciplina dell’orario di lavoro e dei relativi controlli, per contribuire a garantire la sicurezza del trasporto stradale;
  3. sostegno economico (agevolazioni fiscali e previdenziali ed erogazioni), per controbilanciare gli elementi di criticità dovuti all’aumento del prezzo del carburante e alla crisi economica;
  4. promozione dell’aggregazione imprenditoriale e della formazione professionale.

Con riferimento alla logistica, in fine, la IX Commissione trasporti della Camera ha accompagnato, con apposite audizioni del rappresentante del Governo responsabile, l’elaborazione del piano nazionale della logistica. Di tale piano sono state presentate alla Commissione le linee guida elaborate nel dicembre 2010; sulla materia è poi ritornato, da ultimo, l’Allegato infrastrutture alla nota di aggiornamento al DEF del settembre 2012.  



Il trasporto ferroviario

Nella XVI Legislatura è proseguito il processo di adattamento della legislazione italiana alle politiche dell’Unione europea in materia di costituzione di uno spazio ferroviario unico. Si è trattato di politiche che, come dimostra anche il dibattito in corso sul c.d. “quarto pacchetto” ferroviario, ancora sembrano oscillare tra la richiesta di una completa attuazione dei principi di separazione tra gestione dell’infrastruttura ferroviaria e gestione del servizio e di interoperabilità, da un lato, e la riflessione sulla sostenibilità ed efficienza di una simile soluzione, dall’altro lato. Si è così creata una situazione assai variegata in cui coesistono contesti di liberalizzazione, come quelli della Gran Bretagna e della Svezia, con realtà caratterizzate dall’assenza o da un basso grado di separazione tra rete e servizio, come Francia e Germania, ovvero da una separazione solo societaria come l’Italia che ha registrato anche, negli ultimi anni, da una parte, l’apertura alla concorrenza su una delle principali tratte del Paese (l’Alta velocità Torino-Milano-Roma), e, dall’altra parte, uno scarso ricorso all’effettuazione di gare per l’assegnazione del servizio.

In questo quadro un particolare rilievo è assunto dall’articolo 59 della legge n. 99/2009 che, nel recepire la direttiva 2007/58/CE in materia di apertura alla concorrenza del trasporto internazionale passeggeri, si è avvalso di una facoltà prevista dalla medesima direttiva, consentendo che il diritto, pure riconosciuto, delle imprese ferroviarie a far salire e scendere passeggeri lungo le stazioni nazionali di una tratta internazionale possa essere sottoposto a limitazioni nei casi in cui il suo esercizio possa compromettere l’equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico.

Nel corso della Legislatura si è anche intervenuti in materia di durata dei contratti di servizio di trasporto ferroviario regionale, stabilendo una durata minima non inferiore a sei anni, rinnovabili di altri sei (articolo 7, comma 3-ter, del decreto-legge n. 5/2009). Sulla materia degli affidamenti ha un impatto anche la disposizione dell’articolo 25, comma 2, del decreto-legge n. 185/2008 che ha stanziato 480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011 “al fine della stipula dei nuovi contratti di servizio dello Stato e delle Regioni a statuto ordinario con Trenitalia s.p.a.”

Con riferimento ai contratti di servizio e di programma, nel corso della Legislatura è stato stipulato, nel giugno 2011, il contratto di servizio per il trasporto passeggeri relativo al periodo 2009-2014, mentre è in corso di stipulazione il contratto di servizio per il trasporto merci per il medesimo periodo (il 21 dicembre 2012 è stato approvato sullo schema di contratto il parere del CIPE); nel corso della Legislatura  sono stati anche stipulati gli aggiornamenti 2009 e 2010-2011 al contratto di programma. Con l’aggiornamento 2010-2011 è stata altresì prorogata la vigenza del contratto di programma scaduto fino alla stipula del nuovo contratto. Gli aggiornamenti al contratto di programma sono stati esaminati dalle competenti Commissioni parlamentari, mentre per i contratti di servizio non è prevista la previa acquisizione del parere parlamentare.

L’aggiornamento 2010-2011 al contratto di programma tra Ministero delle infrastrutture ed RFI prevede un quadro degli investimenti di 83.020 milioni di euro. Durante la XVI Legislatura, alcune disposizioni sono intervenute per finanziare la realizzazione delle infrastrutture ferroviarie: si ricorda, da ultimo, l’articolo 32 del decreto-legge n. 98/2011 che ha istituito il fondo infrastrutture ferroviarie e stradali con una dotazione di 930 milioni di euro per l’anno 2012 e 1000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2013 al 2016. Specifiche disposizioni hanno anche interessato la realizzazione dell’Alta Velocità Torino-Lione (da ultimo l’articolo 1, comma 208, della legge di stabilità 2013, legge n. 228/2012, che ha stanziato 2.940 milioni di euro nel periodo 2013-2019).

Anche per la disciplina futura del settore ferroviario assumerà rilievo l’attività dell’Autorità dei trasporti che dovrà, in base all’articolo 37 del decreto-legge n. 201/2011:

  1. verificare che nei bandi di gara per il trasporto ferroviario regionale, non sussistano condizioni discriminatorie;
  2. definire, sentiti il Ministero, le regioni e gli enti locali, gli ambiti del servizio pubblico sulle tratte;
  3. svolgere le funzioni di organismo di regolazione per l'accesso all'infrastruttura ferroviaria. Inoltre, in base all’articolo 37 del decreto-legge n. 1/2012, l’Autorità dovrà redigere entro il 30 giugno 2013, una relazione da trasmettere al Governo e al Parlamento su “l'efficienza dei diversi gradi di separazione tra l'impresa che gestisce l'infrastruttura e l'impresa ferroviaria”.

Nel corso della XVI Legislatura, in fine, si è registrato il costante impegno parlamentare negli interventi a favore dei familiari delle vittime di incidenti ferroviari. In particolare, la legge n. 106/2010, poi modificata dalla legge n. 107/2012, ha stabilito uno stanziamento di dieci milioni di euro per il 2010 in relazione all’incidente di Viareggio del 29 giugno 2009 (31 morti); la legge n. 135/2011 ha stanziato 800000 euro per il 2011 e 2,2 milioni di euro per il 2012 in relazione all’incidente della Val Venosta/Vinschgau (9 vittime).



Il sistema portuale ed il trasporto marittimo

La XVI Legislatura è stata caratterizzata, in materia portuale dal dibattito sulla riforma della legge recante la disciplina generale del settore, la legge n. 84/1994, che si è andato intrecciando con quello sull’introduzione di una nuova legislazione in materia di interporti. Ciò è avvenuto in un contesto segnato da un forte aumento di interesse per il carattere strategico che il sistema portuale può avere nella logistica nazionale, anche alla luce dell’evoluzione dei traffici internazionali che vede, con l’aumento di merci provenienti dall’Oriente asiatico, una ritrovata centralità del Mediterraneo (anche se ostacolata dalla concorrenza dei porti nord-europei). In questo quadro, l’assetto delineato dalla legge n. 84/1994, fondato sulla separazione tra funzioni di regolazione ed indirizzo affidate alle autorità portuali e svolgimento delle attività economiche affidate alle imprese private, si confronta con l’esigenza di significativi investimenti nel settore e con la necessità di disciplinare alla luce di ciò e del rispetto dei principi di concorrenza la durata delle concessioni (anche tenendo conto, al riguardo, del dibattito in corso in sede di Unione europea).

Con riferimento alla riforma della legislazione portuale, il Senato ha approvato, nel settembre 2012, un progetto di legge di riforma, il cui esame è stato avviato, ma non concluso dalla IX Commissione della Camera (C. 5453).  Con riferimento al tema degli interporti, invece, la Camera ha approvato, nell'aprile 2012, un progetto di legge, il cui esame è stato avviato, ma non concluso, dalla 8ª Commissione del Senato (S. 3257).

Tra le principali misure di riforma della legge n. 84/1994 prospettate dalla proposta di legge C. 5453 si segnala l'articolo 17 che prevede che la selezione per l’assegnazione delle concessioni di aree o banchine portuali alle imprese debba essere effettuata mediante procedura di evidenza pubblica, per una durata da determinare tenendo conto del programma di investimenti del concessionario. Si prevede inoltre che la concessione possa essere prolungata di un terzo in ragione del programma di investimenti da effettuare.

In materia di interporti, la proposta di legge S. 3257 prevede, tra le altre cose, la predisposizione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l’istituenda Consulta nazionale per la logistica e l’intermodalità, di un piano nazionale degli interporti; definisce le procedure per l’istituzione di nuovi interporti e qualifica la gestione degli interporti come “attività di prestazione di servizi rientrante tra le attività aventi natura commerciale”, precisando altresì che “i soggetti che gestiscono interporti agiscono in regime di diritto privato, anche se il loro statuto non prevede il fine di lucro”.

Nel corso della XVI Legislatura si è inoltre provveduto a potenziare l’autonomia finanziaria delle autorità portuali. In particolare, l’articolo 14 del decreto-legge n. 83/2012 ha previsto l’assegnazione su base annua, nel limite di 70 milioni di euro annui, dell’uno per cento del gettito dell’IVA relativa all’importazione di merci introdotte nel territorio nazionale per il tramite di ciascun porto rientrante nelle circoscrizioni delle autorità portuali.

In fine, durante la XVI Legislatura si è proceduto alla privatizzazione di Tirrenia Spa. 



Il sistema aeroportuale e il trasporto aereo

Come testimoniato dall’indagine conoscitiva svolta dalla IX Commissione trasporti nel corso della XVI Legislatura, il sistema aeroportuale italiano appare caratterizzato, da un lato, dall’esigenza di un adeguamento alle politiche dell’Unione europea volte alla creazione di uno spazio aereo comune e, dall’altro lato, dal dibattito sull’esigenza di una razionalizzazione delle strutture esistenti.

La XVI Legislatura ha visto l’introduzione di alcune significative modifiche in materia di disciplina dei diritti aeroportuali, da ultimo con il recepimento della direttiva 2009/12/CE, avvenuto con il decreto-legge n. 1/2012 (artt. 71-83).

Con la direttiva 2009/12/CE si è inteso introdurre un sistema di diritti aeroportuali basato, in un quadro di libera concorrenza, sul confronto fra gestori e utenti aeroportuali.

Nel recepire la direttiva, le disposizioni sopra richiamate del decreto-legge n. 1/2012 hanno individuato l’Autorità di regolazione del settore nell’Autorità dei trasporti e, nelle more della sua costituzione, nell’ENAC.

Successivamente, l’articolo 22 del decreto-legge n. 5/2012 ha fatto salvo il completamento delle procedure in corso volte alla stipula dei contratti di programma con le società di gestione aeroportuali, da concludersi entro il 31 dicembre 2012.

E’ stato inoltre presentato il 29 gennaio 2013 dal Ministro delle Infrastrutture e trasporti, l’Atto di indirizzo per la definizione del Piano Nazionale per lo sviluppo aeroportuale, che propone un riordino organico del settore aeroportuale sia sotto il profilo infrastrutturale che dei servizi e delle gestioni ed una nuova classificazione degli aeroporti di interesse nazionale. L’atto di indirizzo dovrà essere emanato con Decreto del Presidente della Repubblica, dopo l’intesa con la Conferenza Permanente Stato Regioni ed il parere delle competenti commissioni parlamentari. L’atto di indirizzo segnala la necessità di evitare la realizzazione di nuovi aeroporti e di considerare di interesse nazionale:

  1. gli aeroporti inseriti nel “core network” delle reti TEN-T;
  2. gli aeroporti inseriti nel “comprehensive network” delle reti TEN-T con più di un milione di passeggeri annui ovvero con più di 500.000 passeggeri annui ma in possesso di caratteristiche quali l’unicità regionale o la collocazione in territori di scarsa accessibilità ovvero gli aeroporti indispensabili per la continuità territoriale;
  3. gli aeroporti non inseriti nelle reti TEN-T ma con volumi di traffico vicini ad un milione di passeggeri e destinati alla delocalizzazione del traffico di grandi aeroporti.

In fine, l’avvio della Legislatura è stato caratterizzato dal susseguirsi di interventi normativi riguardanti la crisi di Alitalia.

La giurisprudenza costituzionale

Nel corso della XVI Legislatura la Corte costituzionale ha confermato e consolidato la propria giurisprudenza sulla ripartizione di competenze tra Stato e regioni nell'ambito delle materie di legislazione concorrente "grandi reti di trasporto e navigazione" e "porti e aeroporti civili".

Le materie "grandi reti di trasporto e navigazione" e "porti e aeroporti civili" sono attribuite dal terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione alla legislazione concorrente tra Stato e regioni. A tale riguardo, la giurisprudenza della Corte costituzionale è stata fin qui orientata ad ammettere l'intervento statale in materie attribuite alla competenza legislativa concorrente o residuale delle regioni, sulla base del principio di sussidarietà, a condizione che siano individuate adeguate procedure concertative e di coordinamento orizzontale tra lo Stato e le regioni. Analoghi principi, volti al coinvolgimento delle istanze regionali, ispirano la giurisprudenza costituzionale in materia di nomina dei presidenti delle autorità portuali.

Grandi reti di trasporto e navigazione

Con riferimento alle grandi reti di trasporto e di navigazione devono ritenersi applicabili in via generale i principi della giurisprudenza costituzionale in merito alla “chiamata in sussidiarietà” sviluppatisi in particolare nell’ambito della materia “governo del territorio”. In proposito si ricorda che la Corte, in merito al principio di sussidiarietà ritenuto titolo giustificativo dell’intervento statale in materie formalmente attribuite alla competenza legislativa concorrente o residuale delle Regioni, ha precisato in diverse occasioni che «l’attrazione in sussidiarietà» comporta la necessità che lo Stato coinvolga le Regioni stesse «poiché l’esigenza di esercizio unitario che consente di attrarre, insieme alla funzione amministrativa, anche quella legislativa, può aspirare a superare il vaglio di legittimità costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà» (sentenza n. 303 del 2003 ex plurimis ).

Porti e aeroporti civili

Con riferimento specifico alla legislazione in materia portuale, da ultimo la sentenza n. 79/2011 ha accolto la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla regione Emilia Romagna in ordine all’istituzione, con l’articolo 4, comma 6, del decreto-legge n. 40/2010 di un fondo per le infrastrutture portuali in quanto per la ripartizione del fondo veniva previsto il parere del CIPE, ma non l’intesa con la Conferenza Stato-Regioni o l’intesa con le singole Regioni interessate. Al riguardo, la Corte ha ricordato che il Fondo concerneva interventi che rientrano nella materia «porti e aeroporti civili», rimessa alla competenza legislativa concorrente dal terzo comma dell’art. 117 Cost. Tuttavia, poiché si tratta di porti a rilevanza nazionale, si deve ritenere che la competenza legislativa in materia sia attratta in sussidiarietà allo Stato. In proposito la sentenza ricorda che la Corte ha ritenuto ammissibile la previsione di un fondo a destinazione vincolata anche in materie di competenza regionale, residuale o concorrente, precisando che «il titolo di competenza statale che permette l’istituzione di un Fondo con vincolo di destinazione non deve necessariamente identificarsi con una delle materie espressamente elencate nel secondo comma dell’art. 117 Cost. (cioè di competenza esclusiva dello Stato), ma può consistere anche nel fatto che detto fondo incida su materie oggetto di “chiamata in sussidiarietà” da parte dello Stato, ai sensi dell’art. 118, primo comma, Cost.» (sentenza n. 16 del 2010, in conformità a sentenza n. 168 del 2008). Tuttavia dalla giurisprudenza costituzionale sopra richiamata discende l’illegittimità di disposizioni che non prevedano alcuna forma di leale collaborazione tra Stato e Regione, che deve invece esistere per effetto della deroga alla competenza regionale. Fermo restando pertanto il potere dello Stato di istituire un Fondo per le infrastrutture portuali di rilevanza nazionale, si deve aggiungere che la ripartizione di tale fondo è subordinata al raggiungimento di un’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, per i piani generali di riparto delle risorse allo scopo destinate, e con le singole Regioni interessate, per gli interventi specifici riguardanti singoli porti.

La giurisprudenza sulla nomina dei presidenti delle autorità portuali

Un analogo principio di coinvolgimento delle istanze regionali emerge dalla giurisprudenza della Corte in tema di procedura di nomina del presidente delle autorità portuali, che, pur non rinnovata da nuove pronunce nel corso della XVI Legislatura, merita comunque qui richiamare per la rilevanza del tema nel corso dei lavori parlamentari.
In particolare, la sentenza n. 378/2005ha dichiarato incostituzionale la disposizione del comma 1-bis dell’articolo 8 della legge n. 84/1994, introdotto dall’articolo 6 del decreto-legge n. 136/2004, la quale prevedeva che qualora entro trenta giorni non si fosse raggiunta l'intesa con la regione interessata, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti indicasse il presidente dell'autorità nell'ambito di una terna formulata dal presidente della giunta regionale, tenendo conto anche delle indicazioni degli enti locali e delle camere di commercio interessati. Ove il presidente della giunta regionale non avesse provveduto alla indicazione della terna entro trenta giorni dalla richiesta allo scopo indirizzatagli dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, questi avrebbe richiesto al Presidente del Consiglio dei ministri di sottoporre la questione al Consiglio dei ministri, che avrebbe provveduto con deliberazione motivata. In proposito, la Corte costituzionale ha evidenziato che “il meccanismo escogitato per superare la situazione di paralisi determinata dal mancato raggiungimento dell'intesa è tale da svilire il potere di codeterminazione riconosciuto alla Regione, dal momento che la mera previsione della possibilità per il Ministro di far prevalere il suo punto di vista, ottenendone l'avallo dal Consiglio dei ministri, è tale da rendere quanto mai debole, fin dall'inizio del procedimento, la posizione della Regione che non condivida l'opinione del Ministro e da incidere sulla effettività del potere di codeterminazione che, ma (a questo punto) solo apparentemente, l'art. 8, comma 1, continua a riconoscere alla Regione”.

La politica europea dei trasporti e le reti TEN-T

La proposta di regolamento COM(2011)650 dell'Unione europea per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti TEN-T, presentata il 19 ottobre 2011, prospetta la creazione di una rete articolata in due livelli: una rete centrale a livello UE, da realizzare entro il 2030, basata su un approccio per corridoi ed una rete globale, da realizzare entro il 2050, che comprenderà infrastrutture a livello nazionale e regionale. La IX Commissione Trasporti della Camera ha esaminato la proposta di regolamento, approvando l'11 luglio 2012 un documento finale. La proposta è ancora all'esame delle istituzioni dell'Unione. Nel settore dei trasporti l'Unione europea ha anche assunto nel corso della XVI Legislatura iniziative significative con riferimento alla sicurezza stradale, allo spazio ferroviario comune e allo spazio aereo comune.

Nell’ambito della politica europea in materia di reti transeuropee, di cui agli articoli 170-172 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), è stata da ultimo presentata la proposta di regolamento COM(2011)650 per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti TEN-T, sulla quale la IX Commissione trasporti della Camera ha approvato l’11 luglio 2012 un documento finale. Nel corso della XVI Legislatura, l’Unione europea è anche intervenuta in materia di sicurezza stradale, di costituzione dello spazio ferroviario unico e  di costituzione di uno spazio aereo comune, argomenti per i quali si rinvia ai temi pertinenti.

La politica europea dei trasporti

Gli articoli 170-172 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) hanno confermato i contenuti della politica comune in materia di reti transeuropee, vale a dire: il concorso dell’Unione alla costituzione e allo sviluppo di reti transeuropee nei settori delle infrastrutture dei trasporti (come in quelli delle telecomunicazioni e dell’energia), al fine di garantire la promozione dei servizi di interesse economico generale e la coesione economica, sociale e territoriale; la promozione dell’interconnessione e dell’interoperabilità delle reti nazionali, nel quadro di un sistema di mercati aperti e concorrenziali. La procedura legislativa adottata è, in base all’articolo 172 TFUE, quella ordinaria (“codecisione”).

La proposta di regolamento COM(2011)650: gli obiettivi

La proposta (COM(2011)650) di regolamento sugli orientamenti dell’UE perla rete transeuropea di trasporto (TEN-T), presentata il 19 ottobre 2011, prospetta una revisione della rete TEN-T allo scopo di realizzare una rete completa ed integrata che comprenda e colleghi tutti gli Stati membri dell'UE in maniera intermodale ed interoperabile, per contribuire alla realizzazione, entro il 2050, di uno spazio unico europeo dei trasporti basato su un sistema di trasporti competitivo ed efficiente.

Per realizzare questo obiettivo la Commissione delinea una strategia a lungo termine fino al 2030/2050 che prevede interventi volti a:

Richiamandosi ai risultati della consultazione svolta sul Libro verde “Verso una migliore integrazione della rete transeuropea di trasporto al servizio della politica comune dei trasporti” (COM(2009)44) - esaminato, ai sensi dell’articolo 127 del Regolamento della Camera, dalla Commissione Trasporti che ha adottato un documento finale il 14 ottobre 2009 - la proposta di regolamento prospetta la creazione di una rete TEN-T articolata in due livelli: una rete centrale a livello UE (da realizzare entro il 2030) basata su un “approccio per corridoi”, ed una rete globale (da realizzare entro il 2050) che comprenderà infrastrutture a livello nazionale e regionale.

I corridoi di interesse dell'Italia

Nell’ambito della rete centrale sono stati individuati dieci corridoi, di cui quattrodi diretto interesse per l’Italia:

Il finanziamento delle Reti TEN-T

Per la realizzazione della TEN-T sulla base dei nuovi orientamenti è previsto uno stanziamento complessivo pari a 31,7 miliardi di euro, di cui 10 miliardi provenienti dal Fondo di coesione. Tuttavia, nell'ambito dei negoziati in corso sul nuovo quadro finanziario dell'UE per il periodo 2014-2020, sembra prospettarsi una riduzione di tali stanziamenti.
La proposta si colloca nell'ambito delle azioni previste nel prossimo quadro finanziario 2014-2020, attraverso il nuovo “Meccanismo per collegare l'Europa” (Connecting Europe facility) (COM(2011)665), con il quale l’UE intende promuovere il finanziamento di determinate infrastrutture prioritarie che rispettino i criteri di sviluppo sostenibile definiti dalla Strategia Europa 2020.

L’entrata in funzione del suddetto meccanismo sarà preceduta, nel periodo 2012-2013, da un progetto pilota – avviato nel mese di luglio 2012 con l’adozione del Regolamento (UE) n. 670/2012 - riguardante l’introduzione deiProject Bond, prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti attraverso i quali si intende mobilitare finanziamenti supplementari da parte di investitori privati.

Il documento della IX Commissione trasporti della Camera

Nel documento finale sulla proposta di regolamento approvato, al termine di un approfondito esame, l'11 luglio 2012 dalla IX Commissione trasporti della Camera, si rileva, tra le altre cose, l'opportunità di:  

Dossier pubblicati

Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: le competenze in materia di trasporti

All'inizio della XVI Legislatura il decreto-legge n. 85/2008 ha nuovamente trasferito al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti le funzioni in precedenza attribuite al Ministero dei trasporti. Il Ministero è stato interessato dai successivi provvedimenti di contenimento della spesa assunti nel corso della Legislatura.


La riorganizzazione del Ministero

All’avvio della XVI Legislatura, il decreto-legge n. 85/2008 ha nuovamente trasferito le funzioni del Ministero dei trasporti, assieme con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, istituito con lo stesso decreto-legge.

In particolare, le competenze in materia di trasporti sono svolte dal Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici articolato nelle seguenti direzioni generali: motorizzazione, sicurezza stradale, trasporto stradale ed intermodalità, trasporto ferroviario, trasporto pubblico locale, trasporto marittimo e vie d’acqua interne, porti, aeroporti e trasporto aereo, sistemi informatici, statistici e comunicazione.

Assumono inoltre rilievo le cinque direzioni territoriali dei trasporti (Nord-Ovest, Nord-Est, Centro-Nord e Sardegna, Centro-Sud, Sud e Sicilia), articolate negli uffici di motorizzazione civile; nei centri prova degli autoveicoli e negli uffici speciali per i trasporti a impianti fissi come metropolitane e impianti a fune; il corpo delle capitanerie di porto; la Consulta generale per l’autotrasporto e la logistica e l’Albo nazionale degli autotrasportatori.

Nello stato di previsione del nuovo Ministero (Tabella 10) sono confluiti le missioni, i programmi, i macroaggregati, i centri di responsabilità ed i capitoli in precedenza riferiti al Ministero delle infrastrutture ed al Ministero dei trasporti. In particolare, assumono rilievo in materia di trasporti la missione 13 “diritto alla mobilità” e la missione 17 “ricerca e innovazione” entrambe affidate al Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi ed il programma “sicurezza e controllo nei mari, nei porti e sulle coste” della missione 7 “ordine pubblico e sicurezza”.In proposito cfr. l'approfondimento:Gli stanziamenti in materia di trasporti nella XVI legislatura.

I provvedimenti di riduzione della spesa: le osservazioni della Corte dei conti

Nel corso della XVI Legislatura l’attività del Ministero è stata influenzata dai successivi provvedimenti di contenimento della spesa. In proposito, la Corte dei conti, nella sua relazione all’ultima legge di rendiconto, relativa al 2011 (legge n. 181/2012) evidenzia che:

Il rapporto sulla spending review

Il rapporto Elementi per una revisione della spesa pubblica (c.d. rapporto “spending review”) presentato al Consiglio dei ministri il 30 aprile 2012 prospetta alcuni possibili ulteriori interventi, nell’ottica di un ridimensionamento delle funzioni di gestione diretta del Ministero e di una sua riqualificazione come ente di programmazione e di valutazione dei risultati. Tra le altre cose si prevede:

Approfondimenti

Dossier pubblicati

Approfondimento: Gli stanziamenti della missione trasporti nella XVI legislatura

Le missioni di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di interesse della IX Commissione (Trasporti), cioè quelle di competenza esclusiva del preesistente Ministero dei trasporti, sono iscritte alla Tabella 10 della legge di bilancio e interamente affidate a centri di responsabilità amministrativa che svolgono funzioni afferenti alle politiche dei trasporti e sono:

 Nell’ambito invece dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (Tabella 2) vi sono poi gli stanziamenti afferenti alla:

§ missione 13 “Diritto alla mobilità” con il programma 13.8 “Sostegno allo sviluppo del trasporto” riferito principalmente al settore ferroviario.



Tabella 10 MIT(missioni 13, 7, 17): il bilancio di previsione 2013

 Previsioni di bilancio 2013 per missione:   (mln di euro)

Missione

Competenza 2013

Variazione competenza  

Cassa

Missione13: Diritto alla mobilità

2.516,08

-609,22

2.697,53

Missione7: Ordine pubblico e sicurezza

727,84

+5,34

731,58

Missione17: Ricerca e innovazione

4,252

-0,001

4,25

Totale

3.248,17

-603,9

3.433,36

Previsioni di bilancio 2013 dettagliate per i singoli programmi: (milioni di euro)

Programmi

Compe­tenza

Variazione  

Sviluppo e sicurezza della mobilità stradale (13.1)

275,2

-4,77

Sviluppo e sicurezza del trasporto aereo (13.4)

127,1

-5,73

Autotrasporto e intermodalità (13.2)

537,9

+12,81

Sviluppo e sicurezza del trasporto ferroviario (13.5)

47,3

+3,57

Sviluppo e sicurezza della navigazione e del trasporto marittimo e per vie d’acqua interne (13.9)

763,9

-318,68

Sviluppo e sicurezza della mobilità locale (13.6)

764,8

-296,41

Sicurezza e controllo nei mari, nei porti e sulle coste (7.7) 

727,8

+5,34

Ricerca nel settore dei trasporti (17.6) 

4,25

-0,001

Totale

3.248,25 

-603,9

 (le variazioni di competenza sono rispetto alle previsioni assestate 2012)

Previsioni di bilancio assestate 2012 per missione (milioni di euro)

Missione

Competenza

Cassa

Missione 13: Diritto alla mobilità

3.125,3

3.623,3

Missione 7: Ordine pubblico e sicurezza

722,5

753,3

Missione 17: Ricerca e innovazione

4,3

10,2

Totale

3.852,1

4.386,8

 



Tabella 10 MIT (missioni 13, 7, 17): variazioni delle previsioni definitive di competenza a consuntivo per gli anni 2008-2011

Variazioni delle previsioni definitive di competenza a consuntivo
per il periodo 2008-2011

(Tab. 10 – MIT)  (in milioni di euro)

Missione
(MIT)

2008

2009

Var %
(2009/2008)

2010

Var %
(2010/2009)

2011

Var %
(2011/2010)

n.13

3.679,7

3.720,8

+1,1

3.328,0

- 10,6

3.318,4

- 0,29

n. 7

666,5

689,2

+3,4

797,7

+ 15,7

783,2

- 1,82

n. 17

31,7

15,8

-50,2

11,9

- 24,7

4,3

- 63,87

Totale

4.377,9

4.425,8

+1,0

4.137,6

- 6,5

4.105,9

- 0,77

 



Tabella 2 MEF: il bilancio di previsione 2013 per il programma 13.8 Sostegno allo sviluppo ferroviario

Programma 13.8 Previsioni di bilancio 2013 e 2012(in milioni di euro)

Programma 13.8
Sostegno allo sviluppo ferroviario

Bilancio 2013

Assestamento 2012

Competenza

5.048,3

4.124,1

Variazione

+ 924,2 (+ 22,4%)

  



Tab. 2 MEF: variazioni delle previsioni definitive di competenza a consuntivo del Programma 13.8 per gli anni 2008-2011

Variazioni delle previsioni definitive di competenza a consuntivo
per il periodo 2008-2011
(Tab. 2 MEF)
(in milioni di euro)

Missione 13
(MEF)

2008

2009

Var %
(2009/2008)

2010

Var %
(2010/2009)

2011

Var %
(2011/2010)

Correnti

2.389,2

1.885,5

-21,1

1.978,8

+ 4,9

2.388,8

+ 20,7

conto capitale

6.507,8

6.495,5

-0,2

3.130,5

- 51,8

3.205,4

+ 2,4

Totale

8.897,0

8.381,0

-5,8

5.109,3

- 39,0

5.594,2

+ 9,5

 

Autorità di regolazione dei trasporti

L'istituzione di una Autorità di regolazione nel settore dei trasporti è stata prevista nel 2011 e se ne è avviata la realizzazione nel 2012, stabilendone la sede a Roma. La nomina dei componenti dell'Autorità, un presidente e due membri, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente, una volta acquisito il parere delle competenti commissioni parlamentari, non è ancora stata definita. All'Autorità sono affidati compiti significativi, di regolazione e di promozione e tutela della concorrenza nel settore dei trasporti. Le competenze dell'Autorità attengono sia alle infrastrutture di trasporto che alla qualità dei servizi prestati. L'Autorità dovrà riferire annualmente alle Camere, evidenziando lo stato della disciplina di liberalizzazione adottata e la parte ancora da definire.

Istituzione dell'Autorità

L’Autorità di regolazione nel settore dei trasporti è stata istituita dall’art. 37 del decreto-legge n. 201/2011 (c.d. “Salva-Italia”), come modificato dall’art. 36 del successivo decreto-legge n. 1/2012 (c.d. “liberalizzazioni”).

Con D.P.C.M. dell'11 maggio 2012 è stata individuata come sede dell’Autorità dei trasporti la città di Roma.

Composizione

L’Autorità è un organo collegiale composto da un presidente e due componenti, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente. Le designazioni effettuate dal Governo sono previamente sottoposte al parere, vincolante e da esprimersi con maggioranza dei due terzi, delle competenti Commissioni parlamentari.

La durata della carica è stabilita in sette anni, senza possibilità di conferma. I componenti sono scelti, nel rispetto dell’equilibrio di genere, tra persone di indiscussa moralità e indipendenza e di comprovata professionalità e competenza nel settore.

La composizione dell’Autorità non è ancora stata definita. Una prima designazione dei componenti effettuata l'8 giugno 2012 dal Consiglio dei Ministri non ha avuto il pronunciamento delle competenti Commissioni parlamentari. Nella seduta della IX Commissione trasporti della Camera del 19 settembre 2012 il rappresentante del Governo ha chiesto un rinvio della votazione, considerando che il suo risultato non sarebbe stato "funzionale al buon esito della procedura" e rilevando la necessità di "ripensare alla composizione della terna".

Circa le incompatibilità negli incarichi, i componenti dell’Autorità non possono:

Funzione e poteri

All’Autorità sono affidati compiti significativi, di regolazione e di promozione e tutela della concorrenza.

L’Autorità dovrà, tra i suoi compiti principali:

L’Autorità riferisce annualmente alle Camere, evidenziando lo stato della disciplina di liberalizzazione adottata e la parte ancora da definire.

Tra i poteri dell’Autorità, si ricordano il potere di sollecitare e coadiuvare le amministrazioni pubbliche competenti mediante l'adozione di pareri, che può rendere pubblici, all'individuazione degli ambiti di servizio pubblico e dei metodi più efficienti di finanziamento, la possibilità di proporre all'amministrazione competente la sospensione, la decadenza o la revoca degli atti di concessione, delle convenzioni, dei contratti di servizio pubblico e di programma, il potere di svolgere ispezioni presso i soggetti sottoposti alla regolazione, nonché la possibilità di adottare, in circostanze straordinarie, provvedimenti temporanei di natura cautelare, ove sussistano motivi di necessità e di urgenza, al fine di salvaguardare la concorrenza e di tutelare gli interessi degli utenti.

L’Autorità può altresì irrogare sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti delle imprese che non osservino i criteri stabiliti dall’Autorità in materia di tariffe, pedaggi, prezzi e canoni o violino altre norme stabilite dall’Autorità.

Approfondimenti

Dossier pubblicati

Approfondimento: Precedenti tentativi di istituzione dell'Autorità dei trasporti: il contributo parlamentare

I primi progetti di istituzione di un'Autorità indipendente di regolazione del settore dei trasporti risalgono alla metà degli anni Novanta quando anche in Italia su impulso della Comunità europea ed in parallelo con l'avvio di un significativo processo di privatizzazione si aprì il confronto sulla liberalizzazione delle Utilities.
Il legame con l'iniziativa della Comunità europea appare chiaro ad esempio per il settore ferroviario, con riferimento al quale fin dai primi anni Novanta la Comunità aveva sposato (ad esempio con la direttiva 1991/440/CEE) un modello di liberalizzazione del settore, a partire dal trasporto internazionale merci, fondato sulla "separazione verticale" tra la gestione dell'infrastruttura (da mantenere in monopolio) e gestione dei servizi (da aprire progressivamente alla concorrenza), il che implica la presenza di un'Autorità di regolazione indipendente. Questo modello è stato poi confermato ed esteso agli altri ambiti del trasporto ferroviario da ultimo con i tre "pacchetti ferroviari" elaborati dall'Unione europea nel corso del primo decennio del 2000.
Il parallelo con il processo di privatizzazione emerge invece dell'articolo 1-bis del decreto-legge n. 332/1994 (recante Norme per l'accelerazione delle procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni), che stabilisce che le dismissioni di partecipazioni azionarie pubbliche siano subordinate alla creazione di organismi indipendenti per la regolazione delle tariffe e il controllo della qualità dei servizi di rilevante interesse pubblico.



La legge n. 481/1995 e la mancata istituzione dell'Autorità

In questo quadro, il progetto di legge originario di quella che poi è divenuta la legge n. 481/1995 prevedeva l'istituzione di un'Agenzia di regolazione indipendente che operasse nei settori dell'energia elettrica e del gas; delle poste e telecomunicazioni; dei trasporti e dei servizi idrici (A.S. 359). All'esito dell'esame parlamentare, tuttavia, vennero istituite solo l'Autorità per l'energia elettrica e il gas e l'Autorità delle comunicazioni (quest'ultima peraltro fu poi successivamente disciplinata dalla legge n. 249/1997). In luogo dell'Autorità si è avuta l'istituzione, per il settore ferroviario, con il DPR n. 184/2004, dell'Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, struttura che, al fine di garantirne indipendenza ed autonomia di carattere organizzativo, giuridico e decisionale, era posta alle dirette dipendenze del ministro. Su questo assetto della regolazione la Commissione europea ha avviato nel 2008 la procedura di infrazione n. 2008/2097 in cui si rileva la "non corretta trasposizione dell'articolo 30 della direttiva 2001/14/CE in base al quale l'organismo di regolamentazione è indipendente, sul piano organizzativo, giuridico, decisionale e della strategia finanziaria, dai gestori dell'infrastruttura, dagli organi preposti alla determinazione dei diritti e da quelli preposti all'assegnazione nonché dai richiedenti" (la procedura di infrazione risulta ancora aperta).



L'attività parlamentare nelle ultime due Legislature

Nelle Legislature XV e XVI il Parlamento si è in più occasioni occupato del tema dell'istituzione di un'Autorità indipendente dei trasporti.
L'elaborazione di un testo di riforma della materia ha impegnato il Governo nel corso della XV Legislatura, con la presentazione del disegno di legge Disposizioni in materia di regolazione e vigilanza sui mercati e di funzionamento delle Autorità indipendenti preposte ai medesimi (A.S. 1366) approvato dal Consiglio dei ministri il 2 febbraio 2007 che prevedeva, tra le altre cose, anche l'istituzione di un'Autorità dei trasporti. Nella medesima XV Legislatura la IX Commissione trasporti della Camera, nella seduta del 31 maggio 2007, ha avviato l'esame della proposta di legge C. 1977 recante Istituzione dell'Agenzia nazionale dei trasporti terrestri.
Nella XVI Legislatura la IX Commissione della Camera è tornata sull'argomento esaminando, a partire già dal 2009, le due proposte di legge C. 1057 e C. 4337, recanti, rispettivamente, Istituzione dell'Autorità per i servizi e l'uso delle infrastrutture di trasporto e Istituzione dell'Autorità per la regolazione della gestione di reti, infrastrutture e servizi di pubblico trasporto ferroviari e stradali e il collegamento con le infrastrutture nodali. Da ultimo, l'istituzione dell'Autorità è stata richiesta dal documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sul settore del trasporto ferroviario di passeggeri e merci approvato dalla IX Commissione trasporti della Camera nella seduta del 24 gennaio 2012.

Il trasporto e la sicurezza stradali

Il settore del trasporto stradale è stato interessato recentemente da numerose innovazioni. Gli interventi principali hanno riguardato la sicurezza stradale e l'apparato sanzionatorio, con importanti modifiche al Codice della strada, apportate con la legge n. 120 del 2010, l'introduzione delle nuove regole sulla patente europea, le nuove norme sul trasporto pubblico locale ed i servizi pubblici non di linea, l'autotrasporto merci e la logistica. In materia di sicurezza stradale, la IX Commissione trasporti ha avviato nella XVI legislatura , ma non concluso, l'esame di due proposte di legge (C. 4662 e C. 5361).

La sicurezza stradale

Sul tema della sicurezza stradale  si sono avuti numerosi interventi normativi negli ultimi anni, in coerenza con le indicazioni dell’Unione europea che inseriscono, con il piano d’azione stradale del 2010 e il libro bianco sui trasporti del 2011, tra gli obiettivi principali dell’UE il dimezzamento del numero delle vittime degli incidenti entro il 2020, il miglioramento dell’educazione e della formazione, il rafforzamento del controllo, il miglioramento della sicurezza delle infrastrutture stradali e dei veicoli.

I dati pubblicati dall’ISTAT e dall'ACI relativi agli incidenti stradali nel 2011 registrano in Italia 205.638 incidenti stradali con lesioni a persone nel 2011, con 3.860 morti e 292.019 feriti. Rispetto all'anno 2010 si riscontra una diminuzione del numero degli incidenti (-2,7%) e dei feriti (-3,5%) e un calo più consistente del numero dei morti (-5,6%). La diminuzione del numero di morti, rispetto al 2001, risulta pari al 45,6%, una diminuzione significativa, ma che risulta ancora sotto l'obiettivo fissato dall'Unione Europea nel Libro Bianco del 2001, che ha previsto la riduzione della mortalità del 50% entro il 2010.

La riforma del codice della Strada e il quadro sanzionatorio

Nel corso della XVI Legislatura è intervenuta, con la legge n. 120/2010 un’ampia riforma del Codice della strada (decreto legislativo n. 285/1992). Le principali modifiche hanno riguardato l’equipaggiamento e la sicurezza dei veicoli e della circolazione stradale e la modifica dell’apparato sanzionatorio. Tra queste si evidenziano:

La riforma è tuttora in corso di attuazione con l'emanazione di numerosi decreti (si veda l'allegata tabella delle disposizioni da attuare).

Ulteriori interventi legislativi hanno poi contribuito alla ridefinizione del quadro sanzionatorio correlato ai comportamenti più pericolosi dei conducenti. In particolare:

La misura delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni del Codice della Strada è stata aggiornata dal 1° gennaio 2013 con DM Giustizia del 19/12/2012. L’incremento dal 2013, calcolato sulla base dei dati Istat, è di circa il 5,3%.

La conclusione della Legislatura ha poi interrotto l’iter, alla Camera di due significative proposte di legge in materia di sicurezza stradale:

  1. la proposta di legge C. 4662 recante una delega al Governo per la riforma del codice della strada: tra i criteri direttivi si segnalano la revisione dell'apparato sanzionatorio e la revisione ed il coordinamento del sistema dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali, anche con l’individuazione di ambiti di competenza diversi; si prevede inoltre l’emanazione di regolamenti volti a disciplinare i procedimenti amministrativi relativi a una serie di materie specificamente indicate, fra le quali: classificazione delle strade; caratteristiche dei veicoli eccezionali; segnaletica stradale; caratteristiche costruttive dei veicoli ed accertamento dei requisiti di idoneità alla circolazione; misure di tutela dell'utenza debole sulle strade. L’esame in Commissione della proposta è stato concluso il 27 settembre 2012.
  2. la proposta di legge C. 5361 recante specifiche modifiche al codice della strada con riferimento ad aspetti, quali, tra gli altri, la modalità di pagamento delle sanzioni e la revoca della patente in caso di omicidio colposo, prevedendo, con riferimento al primo aspetto, la possibilità di pagamento in forma elettronica e riduzione del 20 per cento dell'importo delle sanzioni in caso di pagamento entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notificazione e, con riferimento al secondo aspetto, la revoca in tutti i casi per 5 anni elevati a 15 in presenza di un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l o di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope o in caso di violazione dell’obbligo di soccorso. L’esame in Commissione della proposta di legge è stato avviato il 24 luglio 2012; il testo come risultante dagli emendamenti approvati era stato poi inviato per il parere delle Commissioni competenti in sede consultiva anche ai fini della valutazione della possibilità di passaggio alla sede legislativa.

L’iter delle due proposte di legge è stato caratterizzato anche dall’approfondita riflessione, che non ha però condotto ad una proposta di soluzione legislativa, sulla configurabilità del dolo eventuale per l’omicidio commesso in violazione delle norme del codice della strada relative alla guida in stato di ebbrezza o alterazione per sostanze psicotrope. Tale riflessione è avvenuta anche nel corso dell’indagine conoscitiva condotta nell’ambito dell’istruttoria legislativa sulla proposta di legge C. 4662 che ha visto, tra gli altri, anche gli interventi del Ministro dell’interno e del Ministro della giustizia.

Per ulteriori elementi si rinvia all' approfondimento: La sicurezza stradale.

La mobilità sostenibile

Sul miglioramento della sicurezza stradale potrà avere in fine un impatto il recepimento, previsto dall'articolo 8 del decreto-legge n. 179/2012, della direttiva 2010/40/UE volta alla promozione dell'utilizzo dei sistemi di trasporto intelligente, vale a dire sistemi in cui sono applicate tecnologie dell'informazione nel settore del trasporto stradale e nella gestione del traffico e della mobilità.

Inoltre gli articoli da 17-bis a 17-duodecies del decreto legge n. 83/2012, recependo il contenuto delle proposte di legge C. 2844, C. 3553 e C. 3773 hanno introdotto disposizioni volte a favorire lo sviluppo della mobiolità mediante veicoli a basse emissioni complessive. Per ulteriori elementi si rinvia all'approfondimento veicoli a basse emissioni complessive.

Le nuove patenti di guida europee

Il decreto legislativo n. 59/2011 di recepimento della direttiva 2006/126/CE, ha aggiornato, attraverso una rifusione, la normativa vigente in materia di patenti di guida (direttiva 91/439/CEE, del 29 luglio 1991 e successive modificazioni) introducendo una nuova classificazione uniforme a livello europeo e prevedendo un unico modello di patente in formato carta di credito, anche al fine di agevolare i controlli. Il nuovo modello di patente si applica dal 19 gennaio 2013 ed entro il 19 gennaio 2033 occorrerà garantire la conformità di tutte le patenti in circolazione al modello europeo. Il decreto legislativo n. 2/2013 ha poi apportato ulteriori modifiche ed integrazioni al decreto n. 59/2011.

Le nuove norme prevedono, tra l'altro, la validità amministrativa limitata delle patenti di guida a 10 anni, estendibili a 15; il principio dell’accesso graduale alla guida dei motocicli; la nuova categoria europea (patente AM) per i ciclomotori e veicoli assimilati, come le “minicar”.

 Per ulteriori elementi si rinvia all' approfondimento: Le patenti europee.

Il trasporto pubblico locale

Nel corso della XVI Legislatura le questioni relative al trasporto pubblico locale si sono andate intrecciando con quelle relative alla vicenda complessiva della liberalizzazione dei servizi pubblici locali. Al tempo stesso, alcune specifiche disposizioni sono intervenute sia con riferimento alle modalità di assegnazione dei servizi di trasporto pubblico locale sia con riferimento al finanziamento di tali attività.

Per quanto riguarda il primo aspetto, l’articolo 61 della legge n. 99/2009 ha attenuato il principio dell’obbligo di affidamento dei servizi con procedure concorsuali, stabilito originariamente dall’articolo 18 del decreto legislativo n. 422/1997, attraverso la facoltà, concessa alle autorità competenti, di aggiudicare direttamente i contratti di servizio, anche in deroga alla disciplina di settore, attraverso un richiamo a specifiche previsioni del regolamento (CE) n. 1370/2007.

In materia di finanziamento del servizio di trasporto pubblico locale, da ultimo il comma 301 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) ha istituito il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, alimentato da una quota di compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina.

Su tutto il settore del trasporto su gomma potrebbe avere un impatto l’attività, una volta avviata, dell’Autorità dei trasporti. Tra le sue competenze rientra infatti, in materia di trasporto su gomma, la definizione degli schemi dei bandi delle gare per l'assegnazione dei servizi di trasporto in esclusiva e l’individuazione dei criteri per la nomina delle commissioni aggiudicatrici.

Sul trasporto pubblico avrà un impatto in fine la previsione contenuta nel già citato articolo 8 del decreto-legge n. 179/2012 e volta a prevedere l’adozione da parte delle aziende di trasporto pubblico locale di sistemi di bigliettazione elettronica interoperabili a livello nazionale

Per ulteriori elementi si rinvia all' approfondimento: Il trasporto pubblico locale.

I servizi di taxi e noleggio con conducente

La XVI Legislatura ha anche visto significativi interventi in materia di regolazione dei servizi dei taxi e di noleggio con conducente. In particolare, l’articolo 29, comma 1-quater, del decreto-legge n. 207/2008 ha previsto, per il noleggio con conducente, specifici requisiti quali una preventiva autocertificazione per l’accesso nel territorio di altri comuni e nuove modalità per il rilascio delle licenze e delle autorizzazioni.

L’articolo 2, comma 3 del D.L. n. 40/2010 ha previsto l’emanazione di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza Unificata, per la rideterminazione dei principi fondamentali di cui alla legge n. 21/1992 (relativa alla disciplina dell'autotrasporto pubblico non di linea), allo scopo di contrastare l'esercizio abusivo delle attività di taxi e di noleggio con conducente e assicurare omogeneità di applicazione di tale disciplina in ambito nazionale. Il regolamento dovrà dare attuazione anche alle disposizioni in materia di noleggio con conducente sopra richiamate. 

Il termine per l’emanazione del regolamento è stato più volte prorogato e da ultimo fissato al 31 dicembre 2013.

In materia di servizio taxi è stato riconosciuto, dal decreto-legge n. 1/2012, all’Autorità dei trasporti il compito di monitorare e verificare la corrispondenza del servizio, delle tariffe e della qualità delle prestazioni alle esigenze dei diversi contesti urbani, secondo i criteri di ragionevolezza e proporzionalità. La medesima disposizione ha demandato alle regioni e ai comuni il compito di regolare, previo parere dell’Autorità, il servizio di taxi a principi quali l’incremento del numero di licenze, ove ritenuto necessario da un’analisi dell’Autorità; maggiore libertà di organizzazione del servizio (anche per fronteggiare particolari eventi o periodi di prevedibile aumento della domanda, e, in numero proporzionato alle esigenze, per sviluppare nuovi servizi integrativi come, il taxi ad uso collettivo o altre forme), maggiore libertà di fissazione delle tariffe (anche con la possibilità di una loro corretta e trasparente pubblicizzazione).

Per ulteriori elementi si rinvia all' approfondimento: I servizi di taxi e noleggio con conducente.

 

 

L'autotrasporto di merci su gomma

Nella XVI Legislatura, gli interventi in materia di autotrasporto (in particolare con l’articolo 83-bis del decreto-legge n. 112/2008, in più occasioni successivamente novellato) si sono concentrati sui seguenti aspetti:

 Per ulteriori elementi si rinvia all' approfondimento: L’autotrasporto merci.

La logistica

Nel corso della XVI Legislatura, la Commissione ha accompagnato, con apposite audizioni del rappresentante del Governo responsabile (il 20 ottobre 2010 e il 18 gennaio 2011), l’elaborazione del piano nazionale della logistica. Di tale piano sono state presentate alla Commissione le linee guida elaborate nel dicembre 2010. Sull’esigenza di una politica industriale per la logistica insiste poi anche lo stesso Allegato infrastrutture alla nota di aggiornamento al DEF del settembre 2012. 

In materia di attuazione della piattaforma logistica nazionale, la cui realizzazione è stata affidata nel 2005 alla società UIRNet SpA, sono poi intervenute disposizioni inserite nel decreto-legge n. 1/2012 e nella legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012).

 Per ulteriori elementi si rinvia all' approfondimento: La logistica.

Approfondimenti

Dossier pubblicati

Documenti e risorse web

Approfondimento: La sicurezza stradale



Dati statistici

L’ISTAT e l’ACI hanno pubblicato il 31 ottobre 2012 i dati relativi agli incidenti stradali nel 2011 i quali mostrano che nel 2011 si sono registrati in Italia 205.638 incidenti stradali con lesioni a persone, con 3.860 morti e 292.019 feriti. Rispetto all’anno 2010 si riscontra una diminuzione del numero degli incidenti (-2,7%) e dei feriti (-3,5%) e un calo più consistente del numero dei morti (-5,6%). La diminuzione del numero di morti negli ultimi dieci anni, quindi rispetto al 2001, risulta pari al 45,6%, una diminuzione significativa, ma che risulta ancora sotto l’obiettivo fissato dall’Unione Europea nel Libro Bianco del 2001, che aveva auspicato  la riduzione della mortalità del 50% entro il 2010.

L’indice di mortalità (numero di morti ogni 100 incidenti), che è passato in Italia da 2,70 nel 2001 a 1,88 nel 2011, mostra che gli incidenti più gravi avvengono sulle strade extraurbane (escluse le autostrade), dove si registrano 4,7 decessi ogni 100 incidenti. Nel 2011 sulle strade extraurbane, comprensive delle strade statali, provinciali, comunali extraurbane e regionali, si sono infatti verificati 37.608 incidenti (18,3% del totale), che hanno però causato 1.778 morti, pari al 46,1% del totale. Tra questi, la larghissima maggioranza, pari a 31.240 incidenti con 1.596 morti, si sono verificati su strade extraurbane ad una carreggiata a doppio senso.

Gli incidenti sulle strade urbane sono meno gravi, con 1,1 morti ogni 100 incidenti mentre sulle autostrade tale indice è pari a 3,1. L’analisi dell’incidentalità sulle strade urbane dei grandi Comuni italiani mostra una notevole variabilità sul territorio con indici di mortalità più alti a Napoli (1,8), Venezia (1,6), Messina (1,4) e Catania (1,3) e molto più bassi a Trieste (0,3), Milano e Genova (0,4). Sulle strade extraurbane (compresi i raccordi e le autostrade) un indice di mortalità alto è rilevato a Trieste (5,3), a Catania (4,9) e a Firenze (4,0), mentre più basso a Genova (0,6) a Bologna (0,9) e a Venezia (1,0).

Nell’ambito degli incidenti tra veicoli, la tipologia di incidente più diffusa sono gli scontri frontali-laterale (71.069 casi con 883 morti e 104.638 feriti), quelli laterali (25.167 incidenti con 196 morti e 32.910 feriti) e quelli frontali (12.670 incidenti con 610 morti e 20.917 feriti), seguiti dal tamponamento (37.749 casi con 364 morti e 62.389 persone ferite). Tra gli incidenti a veicoli isolati, la fuoriuscita o sbandamento del veicolo rappresenta il caso più diffuso (9,5% sul totale incidenti), con 19.443 incidenti con 752 morti e 24.358 feriti. L’investimento di pedone rappresenta il 9,3% degli incidenti (19.155 casi), in cui hanno perso la vita 561 persone e 21.622 sono rimaste ferite. Nel 2011 è stato registrato un aumento, rispetto al 2010, pari al 7,2% dei conducenti di biciclette morti in incidenti stradali (282 morti) e dell’11,7% dei feriti (pari a 16.171). I conducenti morti alla guida di “minicar "quadri c” rappresentano circa lo 0,4% del totale dei conducenti deceduti. Negli incidenti con motocicli si sono registrati 48.268 feriti e 864 morti. Nel 2011 l’indice di mortalità per categoria di veicolo (rapporto tra il numero dei morti e il numero dei veicoli, per categoria per cento) registra valori più elevati per le biciclette (1,6), i motocicli (1,7) e le “quadri c” (1,7), mentre per le autovetture è pari allo 0,7%.

Il mancato rispetto delle regole di precedenza, la guida distratta e la velocità troppo elevata sono le prime tre cause di incidente, che costituiscono complessivamente il 45,2% dei casi. Sulle strade extraurbane la prima causa di incidente è la guida distratta o l’andamento indeciso (pari al 19,7%), seguita dalla guida con velocità troppo elevata (pari al 18,1%), mentre sulle strade urbane è il mancato rispetto delle regole di precedenza o semaforiche (19,6%).

I passeggeri infortunati, morti e feriti, sono pari complessivamente a 69.510 e risultano particolarmente concentrati, per entrambi i sessi, nella classe di età 15-24 anni (18.853 complessivamente). Frequenze rilevanti tra gli infortunati (pari complessivamente a 8.624) si registrano anche per i bambini tra 0 e 14 anni, fatto che evidenzia la necessità di mantenere alta l’attenzione sul corretto utilizzo dei dispositivi di sicurezza (cinture di sicurezza) e dei sistemi di ritenuta (seggiolini) studiati appositamente per i bambini.

I dati sulla sicurezza stradale riferiti al 2011, resi noti dalla Commissione europea il 29 marzo 2012, indicano che la mortalità stradale nell’UE è diminuita del 2%, a fronte di una riduzione media annua del 6% nel periodo 2001-2010. Mentre a partire dal 2001 si registra un calo complessivo della mortalità per autovetture, pedoni, biciclette e ciclomotori, non si è registrata alcuna riduzione per i ciclomotori.



Le iniziative dell'Unione europea

A livello europeo, il Piano d’azione sulla sicurezza stradale, adottato il 20 luglio 2010 (COM(2010)389), e il nuovo Libro bianco sui trasporti della Commissione europea del marzo 2011, mirano a dimezzare il numero delle vittime entro il 2020 e a creare uno spazio comune della sicurezza stradale, oltre che a gettare le basi per avvicinarsi all’obiettivo “zero vittime” entro il 2050. Essi prevedono ulteriori interventi da realizzare in stretta cooperazione con gli Stati membri, individuando sette obiettivi strategici in materia di sicurezza stradale tra cui il miglioramento dell’educazione e della formazione, il rafforzamento del controllo, il miglioramento della sicurezza delle infrastrutture stradali e dei veicoli.

In particolare il Libro Bianco sottolinea la necessità di:

1) Armonizzare e applicare tecnologie per la sicurezza stradale – quali sistemi di assistenza alla guida, limitatori (intelligenti) di velocità, dispositivi che invitano ad allacciare le cinture di sicurezza, servizio e-Call, sistemi cooperativi e interfacce veicolo-infrastruttura e migliorare i controlli tecnici dei veicoli anche per i sistemi di propulsione alternativi.

2) Elaborare una strategia d’azione organica per gli interventi in caso di gravi incidenti stradali e per i servizi di emergenza, nonché definizioni comuni e una classificazione standardizzata delle lesioni e dei decessi causati da incidenti stradali al fine di fissare obiettivi di riduzione degli stessi.

3) Puntare sulla formazione e l’educazione di tutti gli utenti; promuovere l’uso degli equipaggiamenti di sicurezza (cinture, indumenti protettivi, dispositivi antimanomissione).

4) Tenere in particolare considerazione gli utenti vulnerabili quali pedoni, ciclisti e motociclisti, anche grazie a infrastrutture più sicure e adeguate tecnologie dei veicoli.



Interventi legislativi della XVI legislatura: la riforma del Codice della strada

La legge n. 120/2010 ha apportato significative modifiche al codice della strada (decreto legislativo n. 285/1992). In particolare:

 - la modifica alle sanzioni per alterazioni dei veicoli e dei ciclomotori, per guida sotto l’influenza dell’alcool e di sostanze stupefacenti, per i veicoli non revisionati o inquinanti e per abbandono di rifiuti nelle strade; la possibilità di installazione di tabelloni luminosi rilevatori della velocità in tempo reale dei veicoli in transito e nuove norme e sanzioni sui limiti di velocità nonché sulla notifica delle violazioni, sulla revoca e ritiro della patente e sulla confisca dei veicoli;

- l’introduzione del principio “chi guida non beve” che vale per i giovani di età compresa fra 18 e 21 anni, per i conducenti nei primi tre anni dal conseguimento della patente, nonché per chi esercita professionalmente l'attività di trasporto di persone o di cose: questi soggetti per non incorrere in alcuna sanzione dovranno comunque avere un  tasso alcolemico pari a zero.

- le norme sulla circolazione con pneumatici invernali, l’introduzione della targa personale, il divieto di intestazione fittizia dei veicoli, i requisiti morali, fisici e psichici per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi alla guida, la previsione di visita medica biennale per il rinnovo della patente dopo il compimento degli 80 anni, la modifica dell’entità di decurtazione dei “punti patente” in alcune ipotesi, le nuove norme relative alla guida con patenti rilasciate da Stati esteri;

- la nuova disciplina in materia di “guida accompagnata” per i minori che abbiano compiuto i diciassette anni, l'obbligo di uso delle cinture di sicurezza sulle c.d. "minicar", l’obbligo dei conducenti di fermarsi quando i pedoni transitano sugli attraversamenti pedonali.



Interventi legislativi nella XVI Legislatura: ulteriori misure

Fra le iniziative avviate nel nostro Paese in direzione della sicurezza stradale vi sono stati numerosi interventi legislativi di adeguamento al codice della strada, volti prevalentemente a ridefinire il quadro sanzionatorio correlato ai comportamenti più pericolosi dei conducenti, quali il superamento dei limiti di velocità e la guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.

 Tra gli interventi normativi già approvati si ricordano:

- il decreto legge n. 92/2008, “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica” (convertito con modificazioni dalla legge n. 125/2008), che ha introdotto alcune importanti modifiche in tema di sanzioni per le infrazioni al codice della strada, in primo luogo aggravando le pene per delitto di omicidio colposo commesso in violazione delle norme sulla circolazione stradale (portate dal massimo di cinque anni stabilito dalla legge n. 102/2006 a sette anni; il minimo è rimasto fermo a due anni), soprattutto se commesso da un soggetto in stato di ebbrezza alcolica (con un tasso alcolemico superiore a 1,5 gr/l) o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti (fattispecie per la quale è stata introdotta una specifica pena variabile da un minimo di tre ad un massimo di dieci anni);

- la legge n. 94/2009, “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”, che contiene alcune disposizioni dirette a modificare il quadro normativo in materia di sicurezza stradale, tra le quali: il potenziamento dei mezzi da impiegare nei servizi di polizia stradale per potenziare i controlli sulla sicurezza della circolazione a valere su quota-parte delle entrate derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie ovvero l’ottenimento di una nuova patente, dopo la revoca per guida in stato di ebbrezza o alterazione per sostanze psicotrope, solo dopo cinque anni dall’accertamento del fatto;

- il decreto legislativo n. 59/2011, di recepimento della direttiva 2006/126/CE, che oltre ad introdurre il nuovo modello di patente di guida europeo ha provveduto ad un più generale coordinamento ed aggiornamento del codice della strada, anche alla luce delle modifiche introdotte da precedenti direttive recepite in via amministrativa, e quindi non ancora riportate nel testo del codice stesso.



Le proposte di legge C. 4662 e C. 5361

La conclusione della XVI Legislatura ha poi interrotto l’iter, alla Camera, di due significative proposte di legge in materia di sicurezza stradale.

La IX Commissione trasporti ha avviato infatti il 19 ottobre 2011 l’esame della proposta di legge A.C. 4662 , recante disposizioni di delega al Governo per la riforma del codice della strada. Il provvedimento delega il Governo ad adottare, entro ventiquattro mesi, uno o più decreti legislativi per rivedere e riordinare la legislazione vigente concernente la disciplina della motorizzazione e della circolazione stradale, secondo i principi indicati, fra i quali vanno segnalati: la riorganizzazione delle disposizioni del codice della strada secondo criteri di ordine e di coerenza, nonché coordinamento e armonizzazione delle stesse con le altre norme di settore nazionali, dell'Unione europea o derivanti da accordi internazionali; la delegificazione della disciplina riguardante le procedure e la normativa tecnica armonizzata dell'Unione europea suscettibile di frequenti aggiornamenti; la revisione dell'apparato sanzionatorio; la revisione ed il coordinamento del sistema dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali, anche con l’individuazione di ambiti di competenza diversi. Il Governo è inoltre autorizzato ad emanare regolamenti volti a disciplinare i procedimenti amministrativi relativi a una serie di materie specificamente indicate, fra le quali: classificazione delle strade; caratteristiche dei veicoli eccezionali; segnaletica stradale; caratteristiche costruttive dei veicoli ed accertamento dei requisiti di idoneità alla circolazione; misure di tutela dell'utenza debole sulle strade. L'esame in Commissione della proposta di legge è stato concluso il 27 settembre 2012. La proposta non è stata calendarizzata dall’Assemblea prima della conclusione della Legislatura.

Inoltre, il 24 luglio 2012 è stato avviato l’esame della proposta di legge C. 5361 che apporta puntuali modifiche al codice della strada. Le modifiche riguardano i seguenti aspetti:

Il testo come risultante dagli emendamenti approvati è stato inviato per il parere delle Commissioni competenti in sede consultiva anche ai fini della valutazione della possibilità di passaggio alla sede legislativa. L’interruzione della Legislatura ha bloccato l’iter.

L’iter delle due proposte di legge è stato caratterizzato anche dall’approfondita riflessione, che non ha però condotto ad una proposta di soluzione legislativa, sulla configurabilità del dolo eventuale per l’omicidio commesso in violazione delle norme del codice della strada relative alla guida in stato di ebbrezza o alterazione per sostanze psicotrope, anche a fronte di orientamenti difformi della giurisprudenza. Tale riflessione è avvenuta anche nel corso dell’indagine conoscitiva condotta nell’ambito dell’istruttoria legislativa sulla proposta di legge C. 4662, nel corso della quale sono emerse le seguenti valutazioni in ordine alla possibilità, contenuta nel testo originario della proposta di legge, di introduzione del reato doloso di “omicidio stradale”:

- il Ministro della giustizia ha rilevato che la proposta non faceva alcun riferimento all’elemento soggettivo che sorregge la condotta descritta nella fattispecie e l’ordinamento italiano esclude forme di responsabilità oggettiva;

- il Ministro dell’interno ha rilevato che sull’introduzione dell’”omi-cidio stradale” gravano perplessità di ordine tecnico che attengono all’inqua-dramento giuridico della nuova fattispecie di reato con riferimento all’indivi-duazione dell’elemento soggettivo e ai rischi di sovrapposizione con le ipotesi dolose e colpose già disciplinate dal codice penale;

- l’associazione “Lorenzo Guarnieri” ha sostenuto, depositando al riguardo anche un parere pro veritate del prof. Carlo Federico Grosso, che l’introduzione di un delitto autonomo di “omicidio stradale” appare opportuna in quanto svincolando la fattispecie dall’omicidio colposo consente l’irrogazione di pene adeguate alla gravità sociale del fatto; sarebbe possibile costituire una fattispecie di delitto autonomo “omicidio stradale” modellato sullo schema del dolo eventuale, un delitto che, se dovesse fare ingresso nella legislazione penale italiana, dovrà essere necessariamente ascritto alla famiglia dei delitti dolosi, sia pure sotto il profilo di un delitto “a dolo necessariamente eventuale”.



L'adeguamento biennale delle sanzioni amministrative

Dal 1° gennaio 2013 entra in vigore l’adeguamento biennale delle sanzioni amministrative pecuniarie del Codice della Strada, come previsto dall’art. 195, comma 3 del Codice della Strada. La misura delle sanzioni è infatti aggiornata con DM Giustizia del 19/12/2012 in misura pari all’intera variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (media nazionale) verificatasi nei due anni precedenti. L’incremento dal 2013, su base Istat, è di circa il 5,3%.

Approfondimento: Veicoli a basse emissioni complessive



L'iter parlamentare

Il 6 ottobre 2010 le Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive) della Camera dei deputati hanno avviato l’esame delle proposte di legge C. 2844 e C. 3553, alle quali è stata successivamente abbinata la proposta di legge C. 3773, tutte aventi ad oggetto disposizioni per favorire lo sviluppo della mobilità mediante veicoli a basse emissioni complessive.

Le due commissioni hanno approvato un testo unificato nella seduta del 23 maggio 2012, poi modificato con l’approvazione di alcuni emendamenti nella seduta del 19 giugno 2012.

Successivamente le disposizioni del testo elaborato dalle Commissioni sono state trasfuse, con alcune modifiche in particolare per quanto concerne l’entità delle risorse messe a disposizione, nel Capo IV-bis (articoli da 17-bis a 17-duodecies) del D.L. n. 83/2012 (legge n. 134/2012), introdotto nel corso dell’esame parlamentare.



Le reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli elettrici

In particolare, L'articolo 17-bis reca le finalità e definizioni del Capo IV-bis: le prime consistono nell’incentivazione della mobilità sostenibile attraverso la realizzazione di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli elettrici, la diffusione di flotte pubbliche e private di veicoli a basse emissioni complessive e l’acquisto di veicoli a trazione elettrica o ibrida. Sono definiti veicoli a basse emissioni complessive quelli a trazione elettrica, ibrida, GPL, a metano, a biometano, a biocombustibili ed a idrogeno che producono emissioni di anidride carbonica non superiori a 120 g/Km. L'articolo 17-ter prevede che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. il Governo promuova un’intesa con le Regioni per assicurare l’armonizzazione degli interventi in materia di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica; entro il medesimo termine le Regioni emanano le disposizioni legislative di loro competenza, nel rispetto dei principi fondamentali del presente Capo e dei contenuti dell’intesa. Il nuovo articolo 17-quater prevede che le reti infrastrutturali di ricarica siano rispondenti agli standard fissati dagli organismi di normazione europea ed internazionale IEC (International Electrotechnical Commission) e CENELEC (Comité Européèn de Normalisation Electrotechnique). Sono fatte salve le competenze dell’UE. L'articolo 17-quinquies stabilisce, al comma 1, che entro il 1° giugno 2014 i comuni adeguino i propri regolamenti sull’attività edilizia in modo da prevedere che per gli edifici di nuova costruzione ad uso diverso da quello residenziale di superficie superiore ai 500 mq e per i relativi interventi di ristrutturazione, l’installazione di infrastrutture elettriche per la ricarica dei veicoli sia obbligatoria ai fini del conseguimento del titolo abilitativo edilizio, con esclusione degli immobili di proprietà delle Amministrazioni pubbliche. Il comma 2 prevede che l’installazione delle infrastrutture di ricarica elettrica negli edifici in condominio sia approvata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio. In caso di mancata deliberazione dell’assemblea entro tre mesi dalla richiesta, il condomino interessato può installare a proprie spese le infrastrutture di ricarica (comma 3). L'articolo 17-sexies prevede che le infrastrutture, anche private, destinate alla ricarica dei veicoli elettrici costituiscano opere di urbanizzazione primaria. L'articolo 17-septies prevede che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L., con DPCM, previa deliberazione del CIPE e d’intesa con la Conferenza unificata, venga approvato un Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli elettrici. Il Piano è aggiornato entro il 30 giugno di ogni anno. Il MIT promuove accordi di programma, approvati con DPCM, previa deliberazione del CIPE e d’intesa con la Conferenza unificata, per concentrare gli interventi del Piano in funzione delle effettive esigenze. I comuni possono concedere esoneri e agevolazioni sulla tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche in favore dei proprietari di immobili che installano e attivano infrastrutture di ricarica elettrica veicolare. Il Piano è finanziato da un apposito Fondo, con una dotazione di 20 milioni di euro per il 2013 e di 15 milioni per ciascuna annualità 2014 e 2015. (il testo approvato dalle Commissioni prevedeva un finanziamento permanente di 70 milioni per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015 e finanziato per gli anni successivi al 2015 in Tabella D della legge annuale di stabilità). L'articolo 17-octies prevede un’apposita linea di finanziamento, a valere sulle risorse del fondo rotativo per il sostegno delle imprese e gli investimenti in ricerca, per programmi di ricerca tecnologica volti alla realizzazione delle reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli elettrici. L'articolo 17-nonies prevede che, entro un mese dall’approvazione del Piano nazionale di cui all’art. 17-septies, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, formuli indicazioni all’Autorità per l’energia elettrica e il gas concernenti le reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli elettrici.



Contributi per l'acquisto di veicoli a basse emissioni complessive

L'articolo 17-decies prevede un contributo per l’acquisto, anche in locazione finanziaria, di un veicolo nuovo a basse emissioni complessive previa consegna di un veicolo da rottamare da parte del proprietario o dell’utilizzatore, in caso di locazione finanziaria, da almeno 12 mesi. Il contributo è riconosciuto in percentuale del 20% (nel 2013 e 2014) o del 15% (nel 2015) del prezzo d’acquisto, fino a determinati massimali: un massimale di 5000 euro nel 2013 e nel 2014 e di 3500 euro per veicoli con emissioni complessive CO2 non superiori a 50 gr/km (sostanzialmente auto elettriche); un massimale di 4000 euro nel 2013 e nel 2014 e di 3000 euro nel 2015 per veicoli con emissioni complessive CO2 non superiori a 95 gr/km (sostanzialmente auto ibride); un massimale di 2000 euro nel 2013 e nel 2014 e di 1800 euro nel 2015 per veicoli con emissioni complessive CO2 non superiori a 120 gr/km (sostanzialmente auto con metano o GPL). Il contributo spetta per i veicoli acquistati e immatricolati, a seguito della modifica recata dall'art. 1, co. 422, della legge di stabilità 2013 (L. n. 228/2012) tra il trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore del decreto attuativo previsto dall' art. 17-undecies e il 31 dicembre 2015 (nel testo orginario il termine a quo era individuato nel 1° gennaio 2013), ed è inteso come ripartito in parti uguali tra un contributo statale ed uno sconto praticato dal venditore. Le imprese costruttrici o importatrici del veicolo nuovo rimborsano al venditore l'importo del contributo e recuperano detto importo quale credito di imposta. Il nuovo articolo 17-undecies istituisce, nello stato di previsione della spesa del Ministero dello sviluppo economico, un Fondo - dotato, a seguito della riduzione operata dall'art. 1 co. 559, della legge di stabilità 2013 (L. n. 228/2012) di 40 milioni di euro per il 2013, di 35 milioni di euro per l'anno 2014 e di 45 milioni di euro per l'anno 2015 - per l’erogazione dei contributi statali, prevedendo altresì la ripartizione per l’anno 2013: 15 milioni di euro da destinare agli incentivi di veicoli con emissioni complessive non superiori a 50 g/km (elettriche) ed a 95 g/km (ibride), destinando il 70 per cento delle risorse alla sostituzione di veicoli pubblici e privati destinati ad uso di terzi e di auto aziendali; 25 milioni di euro da destinare all'acquisto di veicoli con emissioni complessive CO2 non superiori a 120 gr./km (sostanzialmente auto con metano e GPL) per la sostituzione di veicoli publici o privati destinati all'uso di terzi e di veicoli strumentali nell'esercizio di imprese, arti e professioni. Per gli anni 2014 e 2015 la ripartizione verrà stabilita con decreto di natura non regolamentare del Ministero dello sviluppo economico, da adottare entro il 15 gennaio di ciascun anno). Le modalità per la preventiva autorizzazione all’erogazione e le condizioni per la fruizione dei contributi previsti dall'articolo 17-decies saranno stabilite tramite un decreto di natura non regolamentare del Ministero dello sviluppo economico, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L., di concerto con il Ministero dell' economia e delle finanze. Il decreto non risulta ancora adottato. Lo stesso Ministero dello sviluppo economico, di concerto col Ministero dell'economia e delle finanze, potrà stipulare apposite convenzioni con società od enti scelti tramite gara per la gestione della misura di agevolazione, al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa, attraverso il tempestivo monitoraggio delle disponibilità del predetto fondo.

Il nuovo articolo 17-duodecies reca la copertura finanziaria.

Approfondimento: Le patenti europee

Il 19 gennaio 2013 sono entrate in vigore le nuove regole europee relative alla patente di guida, secondo quanto previsto dalla direttiva 2006/126/CE che è stata recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 59/2011.

E’ stata così introdotta una nuova classificazione uniforme a livello europeo che ridefinisce tutte le categorie di patenti e prevede un unico modello di patente in formato carta di credito, anche al fine di agevolare i controlli. Le nuove norme prevedono la validità amministrativa limitata delle patenti di guida a 10 anni, estendibile a 15; il principio dell’accesso graduale alla guida dei veicoli a due ruote; la nuova categoria europea (patente AM) per i ciclomotori e veicoli assimilati, come le “minicar”.

Il successivo decreto legislativo n. 2/2013, ha poi apportato modifiche ed integrazioni a tale decreto, per recepire la direttiva 2011/94/UE, di modifica della direttiva 2006/126/CE, nonché al decreto legislativo n. 286 del 2005 relativo alla disciplina dell’attività di autotrasportatore in materia di formazione periodica dei conducenti.

La nuova classificazione delle patenti europee è in sintesi di seguito indicata:

Categorie di patenti relative a ciclomotori, tricicli, quadri cicli, motocicli e autoveicoli:

AM: ciclomotori a due ruote, veicoli a tre ruote e quadri cicli leggeri, con velocità massima di costruzione non superiore a 45 km/h, con cilindrata inferiore o uguale a 50 cm3 ,;

A1: motocicli di cilindrata massima di 125 cm3 e di potenza massima di 11 Kw e tricicli di potenza non superiore a 15 Kw;

A2: motocicli di potenza non superiore a 35 Kw;

A: motocicli con cilindrata superiore a 50 cm3 e/o con velocità massima per costruzione superiore a 45 km/h (con potenza superiore a 35KW) e tricicli di potenza superiore a 15 Kw;

B1: quadri cicli con massa a vuoto è inferiore o pari a 400 kg e con potenza massima netta inferiore o uguale a 15 Kw;

B: autoveicoli con massa massima autorizzata inferiore a 3500 kg per il trasporto di non più di otto persone oltre al conducente;

C1: autoveicoli diversi da quelli delle categorie D1 o D con massa massima autorizzata superiore a 3500 kg, ma inferiore a 7500 kg, per il trasporto di non più di otto passeggeri, oltre al conducente;

C: autoveicoli diversi da quelli delle categorie D1 o D con massa massima superiore a 3500 kg per il trasporto di non più di otto passeggeri, oltre al conducente;

D1: autoveicoli (autobus) per il trasporto di non più di 16 persone, oltre al conducente, di lunghezza massima di 8 metri, anche con rimorchio fino a 750 Kg;

D: autoveicoli (autobus) per il trasporto di più di otto persone oltre al conducente, anche con rimorchio fino a 750 Kg.

Categorie di patenti relative ai complessi di veicoli, con rimorchi o semirimorchi:

BE: complessi di veicoli (autoveicoli con rimorchio) composti di una motrice della categoria B e di un rimorchio o semirimorchio con massa massima non superiore a 3500 kg;

C1E: complessi di veicoli (autotreni e autoarticolati o autoveicoli con rimorchio) composti di una motrice di categoria C1 o B e di un rimorchio o semirimorchio con massa massima autorizzata superiore rispettivamente a 750 kg o a 3500 Kg, sempre che la massa autorizzata del complesso non superi i 12000 kg;

CE: complessi di veicoli (autotreni e autoarticolati) composti di una motrice di categoria C e di un rimorchio o di un semirimorchio con massa massima autorizzata superiore a 750 kg;

D1E: complessi di veicoli (autosnodati) composti da una motrice di categoria D1 e da un rimorchio con massa massima autorizzata superiore a 750 kg;

DE: complessi di veicoli (autosnodati) composti da una motrice di categoria D e da un rimorchio con massa massima superiore a 750 kg.

Le età previste per conseguire le nuove patenti europee sono:

- 14 anni per guidare veicoli con la patente di categoria AM, purché non trasportino altre persone oltre al conducente;

- 16 anni per guidare veicoli con la patente di categoria A1 o B1, purché non trasportino altre persone oltre al conducente;

- 18 anni per guidare veicoli con la patente di categoria AM, A1 e B1, che trasportano altre persone oltre al conducente, nonché veicoli con le patenti di categoria A2, B, C1, BE, C1E;

- 20 anni per guidare veicoli con la patente di categoria A, purché il conducente sia in possesso da almeno 2 anni della patente di categoria A2;

- 21 anni per guidare tricicli con la patente di categoria A e veicoli con le patente di categoria C e CE, D1 e D1E e veicoli per cui è richiesto un certificato di abilitazione professionale di tipo KA o KB nonché veicoli che circolano in servizio di emergenza;

- 24 anni per guidare veicoli con le patenti di categoria A, D e DE.

Entro il 19 gennaio 2033 occorrerà garantire, la conformità di tutte le patenti in circolazione al modello europeo.

Approfondimento: Il trasporto pubblico locale



Affidamento del servizio

Uno dei più rilevanti problemi normativi del trasporto pubblico locale è costituito dalla definizione delle modalità di gestione del servizio. Il servizio può infatti essere svolto direttamente dall’ente locale o essere affidato ad altri soggetti; in quest’ultima ipotesi è necessario individuare le caratteristiche del soggetto affidatario e le procedure per l’affidamento.

Specifiche modalità per l’affidamento del servizio di trasporto sono previste dall’articolo 18 del D.Lgs. n. 422/1997, il quale, fermo restando il principio del ricorso a procedure competitive, è stato oggetto di numerose novelle sin dalla sua approvazione. Nella XVI legislatura, con l’articolo 23-bis del D.L. n. 112/2008, la disciplina dell’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale è stata invece ricondotta alla disciplina generale dettata per tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica. Il contenuto del citato articolo e le complesse vicissitudini successive alla sua ’approvazione, fino all’abrogazione a seguito del referendum del giugno 2011 ed alla successiva sentenza della Corte costituzionale n. 199/2012, sono illustrate nel tema “Servizi pubblici locali” al quale si rinvia.

 Con esclusivo riferimento al servizio di trasporto pubblico locale si segnala che il 3 dicembre 2009 è entrato in vigore il regolamento (CE) n. 1370/2007, che disciplina i servizi pubblici di trasporto nazionali e internazionali di passeggeri, su strada e per ferrovia. La finalità del regolamento è l’individuazione delle modalità con le quali le autorità pubbliche possono intervenire, se lo ritengono opportuno, per garantire la fornitura di migliori servizi di trasporto di interesse generale.

Il regolamento prevede quattro differenti modalità di affidamento del servizio, tre delle quali possono essere vietate dalla legislazione nazionale, mentre una, la procedura mediante gara, deve comunque essere ammessa dagli ordinamenti degli Stati membri. Le tre modalità facoltative sono:

Il legislatore italiano, con l’articolo 61 della legge n. 99/2009, nel consentire l’utilizzo delle tre modalità facoltative sopra indicate, ha di fatto attenuato l’obbligo di affidamento con procedure concorsuali, attraverso la facoltà, concessa alle autorità competenti, di aggiudicare i contratti di servizio, anche in deroga alla disciplina di settore, avvalendosi delle previsioni di cui all'articolo 5, paragrafi 2, 4, 5 e 6, e all'articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007.

Infatti, tra le disposizioni richiamate, in particolare:



Finanziamento

L’articolo 21 del D.L. n. 98/2011 reca importanti stanziamenti per il finanziamento del trasporto pubblico locale. In particolare il comma 2 ha autorizzato la destinazione di una somma, non superiore a 314 milioni di euro, alle regioni a statuto ordinario per le esigenze del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, connesse all'acquisto del materiale rotabile.

Le risorse in oggetto derivano dal recupero degli aiuti di Stato illegittimamente corrisposti in conseguenza dell’applicazione del regime di esenzione fiscale concesso in favore delle società per azioni a partecipazione pubblica maggioritaria esercenti servizi pubblici locali (c.d. ex municipalizzate).

Il comma 3 ha istituito un Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, con una dotazione di 400 milioni di euro annui, a decorrere dall'anno 2011. Successivamente l’articolo 30, comma 3, del D.L. n. 201/2011 ha incrementato il Fondo di 800 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012.

 Da ultimo il sistema del finanziamento del trasporto pubblico locale è stato riformato dall’articolo 1, comma 301, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) che ha istituito il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, alimentato da una quota di compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina. L’aliquota di compartecipazione verrà determinata con successivo D.P.C.M. in misura tale che la dotazione del Fondo corrisponda agli attuali stanziamenti, con una maggiorazione di 465 milioni di euro per l’anno 2013, 443 milioni di euro per l’anno 2014 e 507 milioni di euro annui a decorrere dal 2015. La norma detta disposizioni per la ripartizione del Fondo, prevedendo criteri di ripartizione finalizzati alla razionalizzazione e al miglioramento dell’efficienza del servizio.



Servizi automobilistici sostitutivi o integrativi di servizi ferroviari

Con l’articolo 34-octies del D.L. n. 179/2012 sono stati disciplinati l’affidamento e la gestione dei servizi automobilistici sostitutivi o integrativi dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale, effettuati in maniera stabile e continuativa, con esclusione di quelli a carattere temporaneo, svolti per far fronte a momentanee interruzioni del trasporto o a picchi di domanda.

La disposizione prevede che le regioni determinino entro il 30 giugno 2013 i bacini territoriali ottimali per lo svolgimento del servizio, in modo tale da massimizzarne l’efficienza e realizzare l’integrazione con i servizi minimi di trasporto pubblico regionale e locale. A decorrere dal 31 dicembre 2013 la gestione dei servizi in oggetto dovrà essere assegnata esclusivamente a favore di imprenditori o società individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica. Si richiede in particolare che:

a)  i corrispettivi posti a base d'asta siano quantificati secondo il criterio dei costi standard dei servizi automobilistici di tipologia analoga;

b)  la valutazione delle offerte sia effettuata da una commissione nominata dall'ente affidante e composta da soggetti esperti nella specifica materia. La commissione adotterà il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa;

c)  i criteri di valutazione delle offerte basati su qualità e quantità dei servizi resi e sui progetti di integrazione con la rete dei servizi minimi esistenti, prevalgano sui criteri riferiti al prezzo unitario dei servizi;

d)  siano indicati i criteri per il passaggio dei dipendenti ai nuovi aggiudicatari del servizio e sia previsto, tra gli elementi di valutazione dell'offerta, quello relativo all'adozione di strumenti di tutela dei livelli occupazionali e salariali della precedente gestione.

E’ previsto l’esercizio del potere sostituivo del Consiglio dei Ministri nel caso in cui le regioni non provvedano, entro i predetti termini, alla determinazione dei bacini territoriali e all’affidamento del servizio con le prescritte modalità.

Eventuali economie che si dovessero realizzare in conseguenza del riordino dovranno essere destinate alle finalità espressamente indicate dalla norma, tutte relative al trasporto pubblico locale.

Approfondimento: I servizi di Taxi e noleggio con conducente



Le misure previste dai D.L. n. 207/2008 e n. 40/2010

Nella XVI legislatura l’art. 29, comma 1-quater, del D.L. n. 207/2008 ha ampliato, attraverso alcune novelle alla legge n. 21/1992, gli obblighi a carico degli esercenti del servizio di noleggio con conducente ed ha introdotto alcune limitazioni allo svolgimento del servizio stesso. Tale articolo prevede:

Successivamente l’articolo 2, comma 3 del D.L. n. 40/2010 ha previsto l’emanazione di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza Unificata, per la rideterminazione dei principi fondamentali di cui alla legge n. 21/1992 (relativa alla disciplina dei servizi di autotrasporto pubblico non di linea), allo scopo di contrastare l'esercizio abusivo delle attività di taxi e di noleggio con conducente e di assicurare omogeneità di applicazione di tale disciplina in ambito nazionale. A tale decreto è stato quindi rimessa anche l'attuazione delle disposizioni in materia di noleggio con conducente contenute nel decreto-legge n. 207/2008 sopra richiamate. 

Il termine per l’emanazione del decreto è stato più volte differito, da ultimo al 31 dicembre 2013.



Le competenze dell'Autorità dei trasporti

In materia di liberalizzazione del servizio taxi va segnalato l’articolo 36, del D.L. n. 1 del 2012, che, nell'istituire l'Autorità di regolazione nel settore dei trasporti, ha previsto, al comma 1, lett. m), che l’Autorità medesima provveda tra l’altro a monitorare e verificare la corrispondenza del servizio taxi, delle tariffe e della qualità delle prestazioni alle esigenze dei diversi contesti urbani, secondo i criteri di ragionevolezza e proporzionalità. allo scopo di garantire il diritto di mobilità degli utenti.

La norma prevede inoltre che i comuni e le regioni, nell’ambito delle proprie competenze, dovranno provvedere, previo parere dell’Autorità, ad adeguare il servizio sulla base dei seguenti principi:

1) l'incremento del numero delle licenze ove ritenuto necessario anche in base alle analisi effettuate dall’Autorità per confronto nell'ambito di realtà comunitarie comparabili, a seguito di istruttoria sui costi-benefici anche ambientali, in relazione a comprovate ed oggettive esigenze di mobilità ed alle caratteristiche demografiche e territoriali, bandendo concorsi straordinari in conformità alla vigente programmazione numerica. Qualora la suddetta programmazione numerica manchi o sia ritenuta inidonea, rilasciando a titolo gratuito o oneroso, nuove licenze da assegnare ai soggetti iscritti nei ruoli dei conducenti di veicoli adibiti ad autoservizi pubblici non di linea; in caso di rilascio a titolo oneroso fissando il relativo importo; individuando criteri selettivi di valutazione automatica o immediata che assicurino la conclusione in tempi celeri della procedura; destinando i proventi del rilascio di licenze a titolo oneroso all’erogazione di adeguate compensazioni da corrispondere a favore di coloro che già sono titolari di licenza;

2) consentire, d’intesa con i Comuni, ai titolari di licenza una maggiore libertà di organizzazione del servizio, per fronteggiare particolari eventi o periodi di prevedibile aumento della domanda, e, in numero proporzionato alle esigenze, per sviluppare nuovi servizi integrativi come il taxi ad uso collettivo o altre forme;

3) consentire una maggiore libertà nella fissazione delle tariffe; la possibilità di una loro corretta e trasparente pubblicizzazione, prevedendo la possibilità per gli utenti di avvalersi di tariffe predeterminate dal Comune per percorsi prestabiliti;

 4) migliorare la qualità del servizio attraverso: I) l’ampliamento della formazione professionale degli operatori con riferimento alla sicurezza stradale ed alle lingue straniere; II) la conoscenza della normativa fiscale, amministrativa e civilistica del settore; III) la promozione dell’investimento in nuove tecnologie per l’efficientamento del servizio; IV) l’adozione a livello regionale della Carta dei servizi.

Approfondimento: L'autotrasporto merci

Il settore dell’autotrasporto è di fondamentale importanza per l’economia del nostro Paese, in considerazione della netta prevalenza di tale modalità di trasporto della merce rispetto alle altre: nel 2010 infatti il 61,9% delle tonnellate-km di merce complessivamente trasportata è stato trasportato su strada. Proprio in considerazione di tale rilevanza sono stati numerosi gli interventi registrati nel corso della XVI legislatura.



Contratto di trasporto

Un’importante innovazione relativa al contratto di trasporto è prevista dall’articolo 83-bis del D.L. n. 112/2008, più volte successivamente modificato nel corso della legislatura, il quale ha introdotto un sistema di adeguamento dei corrispettivi dovuti dal mittente in relazione ai costi del carburante sostenuti dal vettore, i quali, come è noto, hanno subito rilevanti aumenti negli ultimi anni. Il sistema è volto a garantire la tutela della sicurezza stradale e la regolarità del mercato dell’autotrasporto.

Il meccanismo introdotto dal citato articolo 83-bis, commi 1-11, può essere così sinteticamente delineato:

1)  ogni mese la Direzione generale per il trasporto stradale e l’intermodalità del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti determina il costo medio del carburante per chilometro di percorrenza, in relazione ad ogni tipologia di veicolo, tenuto conto delle rilevazioni sul costo del carburante, effettuate dal Ministero dello sviluppo economico;

2)  ogni sei mesi la stessa Direzione determina la quota (espressa in percentuale) dei costi dell’impresa di autotrasporto, rappresentata dai costi del carburante;

3)  per i contratti stipulati in forma scritta: l’importo dovuto al vettore per il servizio di trasporto deve essere tale da coprire almeno i costi minimi di esercizio, determinati da accordi volontari di settore, che garantiscano il rispetto dei parametri di sicurezza normativamente previsti. In mancanza di detti accordi i costi minimi sono determinati dalla summenzionata Direzione (nel caso in cui questa non provveda, si applica quanto previsto per i contratti non stipulati in forma scritta). Qualora il corrispettivo previsto nel contratto sia inferiore al costo minimo, il vettore può chiedere il pagamento della differenza entro un anno dal completamento della prestazione di trasporto;

4)  per i contratti non stipulati in forma scritta: nella fattura deve essere indicata la parte del corrispettivo dovuto al vettore corrispondente al costo del carburante. Tale costo si determina moltiplicando il costo medio del carburante per chilometro percorso (vedi punto 1)) per la lunghezza della tratta percorsa. Così determinato il costo del carburante, si determina la parte del corrispettivo corrispondente a costi diversi dai costi del carburante, sulla base delle indicazioni di cui al punto n. 2). In questa ipotesi il termine per richiedere il pagamento della eventuale differenza tra quanto dovuto per costi diversi dal costo del carburante e quanto effettivamente corrisposto è fissato in cinque anni.

I commi 12-13 del citato articolo 83-bisfissano il termine di pagamento del corrispettivo dei contratti di trasporto di merci su strada in un massimo di 60 giorni dalla data di emissione della fattura, che deve essere emessa entro la fine del mese in cui è stato effettuato il trasporto. Non sono ammesse pattuizioni contrarie, a meno che non siano basate su accordi volontari di settore. Il mancato rispetto del termine comporta la corresponsione di interessi moratori e, per ritardi superiori a 90 giorni, l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria. Ulteriori sanzioni sono previste dai commi 14-15 per il mancato rispetto del meccanismo di determinazione del corrispettivo.

 Si evidenzia che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, da ultimo con la segnalazione AS913 del 5 marzo 2012, ritiene che il sopra illustrato sistema di determinazione dei prezzi minimi sia “in contrasto con principi e disposizioni di tutela della concorrenza, a livello nazionale e comunitario” e non offra “alcuna fondata parametrazione a istanze di sicurezza proprie della circolazione stradale”. A parere dell’Autorità il sistema si limita a “irrigidire e sottrarre alla libera contrattazione delle parti una serie significativa di condizioni contrattuali in relazione alle quali dovrebbero invece tipicamente esplicitarsi le ordinarie dinamiche concorrenziali”. In conclusione l’Autorità invita le amministrazioni destinatarie del parere (tra le quali figurano il Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti) “a porre in essere le misure ritenute più opportune e adeguate a ripristinare corrette dinamiche concorrenziali rispetto alle attività di autotrasporto di merci per conto terzi”.

Contro il regime di determinazione dei costi minimi è anche pendente, presso il TAR del Lazio, un ricorso proposto da Confindustria e altre associazioni di categoria.

Nel corso della legislatura è stata anche introdotta (articolo 1-bis, comma 2, del D.L. n. 103/2010) la corresponsione di un indennizzo a fronte dell’attesa dei veicoli per poter effettuare le operazioni di carico e scarico. L’indennizzo, che deve essere corrisposto quando tale attesa supera le due ore, è a carico del committente, il quale può rivalersi nei confronti dell'effettivo responsabile. La norma può essere disapplicata in presenza di diverse pattuizioni fra le parti, basate sugli accordi volontari fra le organizzazioni associative di vettori e le organizzazioni associative di utenti.

Alla disposizione è stata data attuazione con il Decreto dirigenziale 24 marzo 2011, n. 69.



Scheda di trasporto

Nella XVI legislatura è stata introdotta la scheda di trasporto (articolo 1 del D.Lgs. n. 214/2008, che ha inserito l’articolo 7-bis nel D.Lgs. n. 286/2005), al fine di migliorare la sicurezza stradale e favorire le verifiche sul corretto esercizio dell’attività di autotrasporto di merci per conto terzi. Si tratta di un documento che consente la tracciabilità della merce, identificando tutti i soggetti coinvolti nella filiera del trasporto (vettore, committente, caricatore e proprietario della merce). La scheda deve essere conservata a bordo del veicolo, a cura del vettore. La violazione degli obblighi relativi alla compilazione e conservazione della scheda comporta l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie.

Il contenuto della scheda e l’individuazione dei documenti ad essa equipollenti, che possono sostituirla, sono stati stabiliti dal D.M. 30 giugno 2009.



Misure di sostegno economico

Numerose sono le misure di sostegno economico al settore dell’autotrasporto approvate nella XVI legislatura. Si segnalano di seguito i principali interventi:

l’articolo 9, comma 2, del D.L. n. 112/2008, che ha assegnato 200 milioni di euro per il 2009 per il proseguimento degli interventi di cui al D.P.R. n. 227/2007 (contributi alle imprese di autotrasporto per la realizzazione di determinati investimenti e interventi);

l’articolo 83-bis, comma 25, del D.L. n. 112/2008, che ha assegnato 30 milioni di euro per il 2008 per escludere dalla formazione del reddito imponibile, ai fini fiscali e contributivi, parte dei compensi per lavoro straordinario dei dipendenti delle imprese di autotrasporto merci;

il comma 26 dello stesso articolo ha assegnato 40 milioni di euro per il 2008 per la compensazione delle tasse automobilistiche, per i veicoli di massa massima non inferiore a 7,5 tonnellate, utilizzati per l’autotrasporto merci;

il comma 28 dello stesso articolo destina 9 milioni di euro ad incentivi per aggregazioni imprenditoriali e 7 milioni di euro alla formazione professionale;

l’articolo 2-quinquies, comma 3, del D.L. n. 162/2008, che autorizza la spesa di 30 milioni di euro per il 2008 per il Comitato centrale per l’Albo degli autotrasportatori;

l’articolo 2, comma 17, della legge n. 203/2008 (legge finanziaria 2009), che autorizza la spesa di 30 milioni di euro per il 2009 per escludere dal reddito di lavoro dipendente dei lavoratori del settore parte delle indennità per trasferte e missioni;

i commi 18 e 19 dello stesso articolo, che autorizzano una spesa rispettivamente di 30 e 40 milioni di euro per il 2009 da utilizzare per la prosecuzione degli interventi di cui ai commi 25 e 26 del sopra citato articolo 83-bis;

l’articolo 29, comma 1-bis, del D.L. n. 207/2008, il quale prevede una riduzione dei premi INAIL per le imprese di autotrasporto per 42 milioni di euro a decorrere dal 2009 e un’ulteriore riduzione di 91 milioni di euro per il solo anno 2009;

l’articolo 2, comma 250, della legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010), che ha destinato 400 milioni di euro per il 2010 per: riduzione dei premi INAIL,         contributi per investimenti e formazione personale, contributi per la protezione ambientale e la sicurezza della circolazione, credito d’imposta per tasse automobilistiche e per compensazione contributo SSN su premi RC e deduzione spese non documentate;

l’articolo 1, comma 40, della legge n. 220/2010 (legge di stabilità 2011), che ha destinato 124 milioni di euro per il 2011 per le stesse finalità di cui al punto precedente;

l’articolo 33, comma 10, della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012), che ha autorizzato la spesa di 400 milioni di euro per l'anno 2012, da destinare a misure di sostegno al settore dell'autotrasporto merci. Parte di tale somma (26,4 milioni di euro) è stata successivamente destinata dall’articolo 61 del D.L. n. 1/2012, a copertura dell’onere conseguente alla concessione agli autotrasportatori della facoltà di anticipare le richieste di rimborso per gli incrementi dell'aliquota di accisa sul gasolio per autotrazione; 

l’articolo 23, comma 1, del D.L. n. 95/2012 ha autorizzata la spesa di 400 milioni di euro per l’anno 2013, da destinare a misure di sostegno al settore dell'autotrasporto merci.

 



Orario di lavoro

L’Unione europea, già a metà degli anni ’80 del â€900, ha disciplinato i tempi di lavoro nel settore dei trasporti su strada, con specifico riferimento alla durata massima giornaliera di guida e alla durata minima dei periodi di riposo, allo scopo di migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza stradale (regolamento (CEE) n. 3820/85, successivamente sostituito dal regolamento (CE) n. 561/2006). Contestualmente è stato emanato il regolamento (CEE) n. 3821/85, che, per verificare l’adesione alle prescrizioni del regolamento sui tempi di lavoro, impone l’installazione e l’utilizzazione di un apparecchio di controllo, denominato tachigrafo digitale, che fornisce dati relativi ai tempi di guida e di riposo dei conducenti e registra altri elementi, quali velocità e percorso.

Successivamente è stata emanata la direttiva 2006/22/CE, con lo scopo di rafforzare i controlli e le sanzioni relativi all’applicazione dei citati regolamenti, aumentando i controlli, incoraggiando lo scambio di informazioni tra Stati membri, coordinando le attività di ispezione e promuovendo la formazione dei funzionari incaricati dell'applicazione della legislazione. Nella XVI legislatura, con il D.Lgs. n. 144/2008, è stata recepita la citata direttiva 2006/22/CE.

Per fronteggiare gli abusi che si sono registrati in sede di applicazione della direttiva 2006/22/CE, sono state successivamente emanate le direttive 2009/4/CE e 2009/5/CE, che modificano gli allegati di tale direttiva. In particolare la direttiva 2009/4/CE è diretta a contrastare l’installazione di dispositivi che possano alterare le attestazioni del tachigrafo digitale, mentre la direttiva 2009/5/CE definisce il grado di gravità delle infrazioni ai regolamenti comunitari in materia, ai fini della creazione di un sistema di classificazione del rischio, da applicare alle imprese di trasporto. Le imprese che commettono più infrazioni e di maggiore gravità sono assoggettate a controlli più rigorosi e frequenti. Le direttive 2009/4/CE e 2009/5/CE sono state recepite con il D.Lgs. n. 245/2010.

Si segnala da ultimo che l’articolo 11, commi 9 e 10, del D.L. n. 5/2012, nell’ambito delle disposizioni in tema di semplificazione contenute nel decreto-legge, stabilisce che il controllo periodico del tachigrafo digitale venga effettuato ogni due anni, anziché ogni anno, come precedentemente prescritto.

 La normativa europea in materia di tachigrafo digitale, di cui al citato regolamento (CEE) n. 3821/85, è attualmente oggetto di revisione da parte delle istituzioni europee. Il 19 luglio 2011 la Commissione europea ha infatti presentato una comunicazione (COM(2011)454) corredata di una proposta di regolamento (COM(2011)451) volta a rendere i tachigrafi digitali più efficienti, garantire l’osservanza da parte dei conducenti professionisti del trasporto su strada delle regole sul tempo di guida e sui periodi di riposo e sfruttare pienamente le opportunità offerte dalle nuove tecnologie quali i sistemi di posizionamento satellitari. Nelle intenzioni della Commissione tali misure dovrebbero contribuire a ridurre le frodi e gli oneri amministrativi (per un importo stimato in 515 milioni di euro all’anno), migliorando nel contempo la sicurezza dei conducenti.



Accesso alla professione

L’accesso alla professione di autotrasportatore è stato disciplinato dal D.Lgs. n. 395/2000, in attuazione delle direttive 96/26/CE e 98/76/CE. In sede europea è però stato rilevato che l’applicazione della citate direttive varia sensibilmente tra i diversi Stati membri, con conseguenze negative, quali: distorsione della concorrenza, mancanza di trasparenza del mercato e diseguale intensità dei controlli.

Il legislatore europeo ha pertanto deciso di intervenire emanando un apposito regolamento, il quale, come è noto, non richiede recepimento da parte degli Stati membri. Il regolamento (CE) n. 1071/2009, entrato in vigore il 4 dicembre 2011, si applica alle imprese che utilizzano veicoli con massa non inferiore a 3,5 tonnellate (salvo che il diritto nazionale non disponga altrimenti) e disciplina in particolare i seguenti aspetti:

 Il regolamento lascia margini di intervento agli Stati membri, in relazione all’applicazione di alcune sue disposizioni. Il legislatore italiano ha esercitato tale facoltà con l’articolo 11, commi da 6 a 6-sexies, del D.L. n. 5/2012. Tale norma prevede:

 Disposizioni per l’applicazione del regolamento (CE) n. 1071/2009 sono state dettate anche dai seguenti decreti ministeriali:



Consulta generale per l'autotrasporto e la logistica e Comitato centrale per l'Albo nazionale degli autotrasportatori

All’inizio della XVI legislatura operavano presso il Ministero dei trasporti e delle infrastrutture due organismi svolgenti attività connesse al settore dell’autotrasporto:

La normativa che disciplina tali organismi è stata novellata nella XVI legislatura.

Il primo intervento è stato attuato dall’articolo 2-quater del D.L. n. 162/2008, che ha soppresso gli organi periferici degli organismi (sezioni regionali della Consulta e comitati regionali per l’Albo degli autotrasportatori). Successivamente, con il D.P.R. n. 123/2009, è stato emanato il regolamento di riorganizzazione e funzionamento della Consulta generale e del Comitato centrale.

 La Consulta generale è poi stata soppressa dall’articolo 12, comma 20, del D.L. n. 95/2012 a decorrere dal 28 luglio 2012 e le sue funzioni sono state attribuite alla Direzione Generale per il trasporto stradale e per l’intermodalità del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

I commi 81-84 dello stesso articolo 12 del D.L. n. 95/2012 modificano la composizione, le attribuzioni ed il finanziamento del Comitato centrale per l'Albo nazionale degli autotrasportatori. Si prevede che il Comitato operi quale centro di costo nell’ambito del Centro di responsabilità “Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici” del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Per quanto riguarda la composizione si prevede che, a decorrere dal 30 giugno 2013:

Sono soppresse le seguenti funzioni del Comitato:

I commi 84-85 dello stesso articolo 12 del D.L. n. 95/2012 riducono di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012-2014 lo stanziamento assegnato al Comitato per iniziative in materia di sicurezza della circolazione, di controlli sui veicoli pesanti e di protezione ambientale, prevedendo che i fondi disponibili siano destinati in particolare ai controlli sull'autotrasporto previsti dalle direttive comunitarie e dalle intese tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e quello dell'interno. Nel bilancio di previsione 2013, gli stanziamenti in favore del Comitato (capitolo 1330 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) ammontano a 75,3 milioni di euro.

Approfondimento: La logistica



Le linee guida del piano nazionale della logistica

Le linee guida del piano nazionale della logistica presentate dal Governo nel gennaio 2011 individuavano i seguenti obiettivi: 1) riorganizzare la portualità e l’interportualità; 2) riequilibrare il sistema modale sulle grandi direttrici di traffico 3) alleggerire la mobilità nelle aree urbane 4) mettere in sicurezza il sistema 5) sburocratizzare il settore attraverso una forte semplificazione normativa (rientra in questo ambito il tema dello sportello unico doganale) 5) ridurre la fiscalità sul costo del lavoro e porre attenzione alla fiscalità internazionale.

Le linee guida individuano anche le seguenti piattaforme logistiche: 1) la piattaforma logistica del Nord Ovest 2) la piattaforma logistica del Nord Est 3) la piattaforma logistica tirrenico adriatica nord 4) la piattaforma logistica tirrenico adriatica centrale 5) la piattaforma logistica tirrenico sud; la piattaforma logistica adriatica sud 6) la piattaforma logistica Mediterraneo sud.



L'Allegato infrastrutture alla nota di aggiornamento al DEF 2012

L’Allegato infrastrutture prospetta poi i seguenti ambiti di intervento:

- favorire la diffusione di servizi infrastrutturali e applicazioni delle tecnologie dell’informazione interoperabili per ottimizzare l’operatività aziendale (consolidando ad esempio le piattaforme telematiche avviate come la piattaforma logistica nazionale affidata a UIRNet Spa; l’Albo autotrasporto, il Sistri);

- favorire l’outsourcing e l’aggregazione di servizi (mediante sperimentazione e diffusione di contratti di rete);

- favorire la crescita dell’imprenditorialità logistica (mediante ad esempio aggregazioni di imprese di trasporto);

- favorire la multimodalità e consolidare scelte di trasporto intermodali allo scopo di fidelizzare la domanda verso modalità (mare e ferrovia) che richiedono concentrazione di volumi (ad esempio attraverso la stabilizzazione di misure di incentivazione come l’ecobonus per il trasporto marittimo e l’introduzione del ferro bonus per il trasporto ferroviario);

- sostenere la concorrenzialità delle imprese, ad esempio attraverso la riduzione del costo del lavoro per le aziende di autotrasporto e la riduzione degli oneri sociali del cluster portuale.



La piattaforma logistica nazionale

Nel corso della Legislatura alcune disposizioni hanno inteso accelerare la realizzazione della piattaforma logistica nazionale.

 L’articolo 61-bis del decreto-legge n. 1/2012 ha ripristinato la spesa di un milione di euro l’anno per il triennio 2012-2014, per il miglioramento delle condizioni operative dell'autotrasporto e l'inserimento dei porti nella sperimentazione della Piattaforma logistica nazionale nell'ambito del progetto di UIRNet S.p.A., soggetto attuatore unico della Piattaforma logistica nazionale.

 La piattaforma logistica nazionale, come già si è accennato, costituisce uno degli elementi fondamentali del Piano Nazionale della Logistica 2011-2020, elaborato dalla Consulta generale per l’autotrasporto. In questo quadro, la piattaforma logistica nazionale è definita come un’infrastruttura di comunicazione digitale per lo scambio di informazioni logistiche (nell’ambito della quale cioè gli operatori della logistica potranno scambiare informazioni per concordare, verificare, programmare lo scambio della merce).

La società UIRNet è stata costituita in data 9 settembre 2005 per la progettazione, la realizzazione e l'esercizio di un sistema che permetta la interconnessione dei nodi di interscambio modale (interporti) e per le attività nell'ambito della sicurezza.

Si ricorda che tra i soci di UIRNet S.p.A. vi sono le società italiane degli interporti, alcune società operanti nei settori trasporti e telecomunicazioni quali Telespazio S.p.A., Autostrade per l'Italia S.p.A, Telecom Italia S.p.A. Selex Elsag S.p.A, Fondazione Slala, nonché associazioni di categoria e sindacali del settore

 Da ultimo, l’articolo 1, comma 221 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) ha affida alla società Uirnet Spa, in quanto soggetto attuatore dell’articolo 61-bis del decreto-legge n. 1/2012 (c.d. “DL liberalizzazioni”), il completamento della piattaforma logistica nazionale, anche nell’ambito dell’Agenda digitale italiana. La piattaforma logistica nazionale è qualificata come “sistema di rete infrastrutturale aperto” a cui si collegano le piattaforme ITS (Intelligent Transport System) locali, di proprietà o in uso ai nodi logistici, porti, centri merci e piastre logistiche. La disposizione consente inoltre alle autorità portuali di acquisire una partecipazione diretta nella società, fermo restando che la maggioranza del capitale sociale dovrà essere detenuta da interporti ed autorità portuali. Si prevede infine l’inserimento della piattaforma logistica nazionale nel programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443/2001.

Il trasporto ferroviario

Nella XVI Legislatura è proseguito il processo di liberalizzazione del sistema ferroviario, su impulso della normativa comunitaria. Significative competenze nel settore sono state poi attribuite all'Autorità dei trasporti. La IX Commissione trasporti ha svolto un'indagine conoscitiva sul trasporto ferroviario di passeggeri e di merci, approvando il 24 gennaio 2012 un documento conclusivo.

Nella XVI Legislatura è proseguito il processo di adattamento della legislazione italiana alle politiche di costituzione di uno  spazio ferrovario unico dell'Unione europea, in particolare attraverso il recepimento delle direttive del terzo pacchetto ferroviario avvenuto con il decreto legislativo n. 191/2010 e con alcune disposizioni inserite nella legge n. 99/2009, mentre con il decreto-legge n. 98/2011 si è intervenuti in materia di canone per l'accesso alla rete di Alta velocità. Specifiche disposizioni del decreto-legge n. 185/2008 e del decreto-legge n. 5/2009 hanno poi riguardato la regolamentazione del trasporto ferroviario regionale. L'Autorità indipendente di regolazione del settore è stata individuata dall'articolo 37 del decreto-legge n. 201/2011 nell'Autorità dei trasporti. Successive disposizioni hanno inteso finanziare la realizzazione di infrastrutture ferroviarie (in particolare l'articolo 32 del decreto-legge n. 98/2011), con una specifica attenzione alla realizzazione della ferrovia Torino-Lione. Specifiche disposizioni sono intervenute per concedere elargizioni a favore dei familiari delle vittime di significativi incidenti ferroviari.  

Sulle caratteristiche generali del trasporto ferroviario la IX Commissione trasporti della Camera ha svolto un'indagine conoscitiva conclusasi il 24 gennaio 2012 con l'approvazione di un documento conclusivo. Al riguardo, cfr. il relativo approfondimento:L'indagine conoscitiva della IX Commissione.

Il recepimento della normativa comunitaria e il processo di liberalizzazione

A seguito del recepimento della normativa comunitaria, l'assetto del sistema ferroviario italiano è caratterizzato da una situazione di separazione tra gestione dell'infrastruttura ferroviaria e svolgimento del servizio, alla quale si è accompagnata la separazione societaria, all'interno dell'Holding Ferrovie dello Stato Spa, tra RFI, società titolare della concessione della rete, e Trenitalia, concessionaria del servizio pubblico ferroviario. 
In questo quadro, il principale intervento compiuto nella XVI Legislatura è stato rappresentato dal recepimento delle direttive del “terzo pacchetto ferroviario” (direttiva 2007/58/CE, direttiva 2008/57/CE e direttiva 2009/131/CE), avvenuto con il D.Lgs. n. 191/2010, nonché con alcune disposizioni contenute nella legge n. 99/2009.

In particolare, l’articolo 59 della legge n. 99/2009 ha inteso recepire la direttiva 2007/58/CE che prevedeva l’apertura alla concorrenza del trasporto internazionale passeggeri  entro il 1° gennaio 2010. Al riguardo, la direttiva 2007/58/CE attribuisce alle imprese ferroviarie il diritto di raccogliere passeggeri in ogni stazione ubicata su una tratta internazionale e di rilasciarli in un’altra stazione. La direttiva riconosce agli Stati membri la facoltà di limitare tali diritti se lo stesso percorso è servito da un contratto di servizio pubblico, oppure se è stato rilasciato un diritto esclusivo per quel percorso ad un operatore ferroviario. Richiamandosi a tale facoltà, l’articolo 59 della legge n. 99/2009, da un lato ha riconosciuto, al comma 1, alle imprese ferroviarie che forniscono servizi di trasporto internazionale di passeggeri il diritto di far salire e scendere passeggeri tra stazioni nazionali situate lungo il percorso del servizio internazionale, senza il possesso della licenza nazionale, a condizione che la finalità principale del servizio sia il trasporto di passeggeri tra stazioni situate in Stati membri diversi. Dall’altro lato, al comma 2, ha stabilito che tale diritto può essere soggetto a limitazioni nel diritto di far salire e scendere passeggeri in stazioni situate lungo il percorso del servizio, nei casi in cui il loro esercizio possa compromettere l'equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico in termini di redditività di tutti i servizi coperti da tale contratto, incluse le ripercussioni sul costo netto per le competenti autorità pubbliche titolari del contratto, domanda dei passeggeri, determinazione dei prezzi dei biglietti e relative modalità di emissione, ubicazione e numero delle fermate, orario e frequenza del nuovo servizio proposto.
L'articolo 58 della legge n. 99/2009 ha poi stabilito che per lo svolgimento di servizi ferroviari passeggeri aventi origine e destinazione sul territorio italiano è necessario il possesso di una licenza che può essere rilasciata unicamente ad imprese aventi sede legale in Italia e, se controllate da imprese straniere, a condizioni di reciprocità. In base all'articolo 60 la medesima licenza è necessaria anche per il trasporto ferroviario regionale e locale qualora questo utilizzi l'infrastruttura nazionale.
Per approfondimenti sul recepimento della normativa dell'Unione europea si rinvia al relativo approfondimento: Il recepimento della normativa ferroviaria in materia comunitaria.

Sull'assetto del sistema ferroviario hanno inoltre inciso, nel corso della XVI Legislatura:
- l'articolo 7, comma 3-ter del decreto-legge n. 5/2009 che, in materia di trasporto ferroviario regionale e locale ha stabilito che i contratti di servizio abbiano una durata minima non inferiore a sei anni rinnovabili di altri sei;
- l'articolo 21, comma 4, lettera a) del decreto-legge n. 98/2011 il quale ha introdotto un sovrapprezzo al canone dovuto per l'esercizio dei servizi di trasporto di passeggeri a media e lunga percorrenza per la parte espletata su linee appositamente costruite o adattate per l'alta velocità per i servizi non effettuati nell'ambito del contratto di servizio pubblico; la norma non ha però trovato attuazione perché il decreto ministeriale chiamato a stabilire il sovrapprezzo non è stato emanato.
Suscettibili di un impatto sulla regolazione del settore appaiono anche gli interventi normativi registratisi nel corso della Legislatura e relativi alla definizione del contratto collettivo di lavoro applicabile da parte delle imprese ferroviarie. In particolare, l’articolo 8, comma 3-bis, del D.L. n. 138/2011, ha incluso, tra le prescrizioni che le imprese sono tenute ad osservare (legislazione nazionale, regionale e normativa regolamentare), i contratti collettivi nazionali di settore, anche con riferimento alle condizioni di lavoro del personale (al riguardo cfr. anche la segnalazione dell’Autorità Antitrust 14 settembre 2011, n. 1339). L’articolo 37, comma 2, del D.L. n. 1/2012 ha ridotto l’ambito di applicazione dell’obbligo sopra illustrato al rispetto delle prescrizioni relative alla regolazione dei trattamenti di lavoro del personale, definiti dalla contrattazione collettiva nazionale. Infine l’articolo 4, comma 32, della legge n. 92/2012 ha previsto che la regolazione dei trattamenti di lavoro, alla quale fare riferimento, non debba essere solo quella derivante dalla contrattazione nazionale, ma anche quella definita, in via delegata, dalla contrattazione a livelli decentrati.

La disciplina del rapporto tra lo Stato e gli operatori del settore e l'autorità di regolazione

Nel contesto di separazione tra gestione della rete ed attività di trasporto sopra richiamato, l’articolo 38 della legge n. 166/2002 ha stabilito che i servizi di trasporto passeggeri di interesse nazionale da sottoporre al regime degli obblighi di servizio pubblico siano regolati con contratti di servizio, da affidare mediante procedura di gara. La norma è stata successivamente modificata dall’articolo 9, comma 2-bis, del decreto-legge n. 159/2007, il quale ha previsto che tutti i servizi di trasporto ferroviario di interesse nazionale (non solo quello passeggeri, dunque, ma anche quello merci) siano regolati con contratti di servizio. Il riferimento alle procedure di gara è stato inoltre sostituito con un più generale riferimento all'affidamento del servizio nel rispetto della normativa comunitaria. E' stato inoltre previsto che i contratti di servizio abbiano durata quinquennale ed è stato soppresso il parere parlamentare sugli schemi dei contratti. Nel frattempo, in base al decreto legislativo n. 188/2003 anche i rapporti tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e RFI Spa sono stati affidati, nell’ambito di una concessione sessantennale, a contratti di programma quinquennali, previamente sottoposti, in questo caso, al parere parlamentare.

Nel corso della XVI legislatura, il 9 giugno 2011, è stato concluso il contratto di servizio pubblico 2009-2014 relativo al trasporto passeggeri di interesse nazionale (media e lunga percorrenza), mentre il 21 dicembre 2012 il CIPE ha espresso parere favorevole sul Contratto relativo ai servizi di trasporto merci d'interesse nazionale sottoposti a regime di obbligo di servizio pubblico per il periodo 2009-2014. L'articolo 1, comma 302, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) ha autorizzatola corresponsione a Trenitalia S.p.A. le somme previste, per il 2012, per lo svolgimento degli obblighi di servizi pubblico ferroviario, nelle more della stipula dei nuovi contratti di servizio pubblico.

L’ultimo contratto di programma, relativo al periodo 2007-2011, è stato invece sottoscritto 31 ottobre 2007, nel corso della XV legislatura. Successivamente sono stati sottoscritti tre aggiornamenti (i relativi schemi sono stati esaminati dalle Commissioni parlamentari):

1)  aggiornamento 2008, sottoscritto il 18 marzo 2008, nel corso della XV legislatura;

2)  aggiornamento 2009, sottoscritto il 23 dicembre 2010, vedi lo Schema 284 e il parere della IX Commissione reso nella seduta del 1 dicembre 2010;

3)  aggiornamento 2010-2011, sottoscritto il 10 luglio 2012, vedi lo Schema 481e il parere della IX CommissioneIX reso nella seduta del 3 luglio 2012. L'ultimo aggiornamento ha anche prorogato la vigenza del contratto di programma 2007-2011 fino alla sottoscrizione del nuovo contratto; inoltre, la legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) ha stanziato, per l'anno 2013, 300 milioni di euro per la continuità dei lavori di manutenzione straordinaria previsti dal contratto di programma (articolo 1, comma 175).

 Inoltre, l’articolo 37 del decreto-legge n. 201/2011, nell’istituire l'Autorità dei trasporti (che come è noto non è però ancora operativa) ha attribuito alla stessa i compiti di:

L’articolo 37 del decreto-legge n. 1/2012 ha poi attribuito all’Autorità il compito di redigere, entro il 30 giugno 2013, una relazione da trasmettere al Governo e al Parlamento su “l'efficienza dei diversi gradi di separazione tra l'impresa che gestisce l'infrastruttura e l'impresa ferroviaria”.

Precedentemente all’istituzione dell’Autorità, i compiti di regolazione erano stati affidati, dal DPR n. 184/2004, all’Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari, nell’ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sulla cui disciplina si è intervenuti nel corso della XVI Legislatura con l’articolo 2 del decreto-legge n. 135/2009 e con l’articolo 21 del decreto-legge n. 98/2011, nel tentativo di superare i rilievi avanzati nella procedura di infrazione n. 2008/2097 (per ulteriori elementi cfr. l' approfondimento: organismo di regolazione indipendente).

Finanziamenti per la realizzazione di infrastrutture ferroviarie

L’aggiornamento 2010-2011 al contratto di programma tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e RFI SpA prevede investimenti per 83.020 milioni di euro.

Inoltre, nel corso della XVI Legislatura, si sono registrati diversi interventi per il finanziamento del settore ferroviario. In particolare, da ultimo, si segnalano i seguenti interventi:

Per un quadro completo degli interventi si rinvia al relativo approfondimento: Finanziamenti per la realizzazione di infrastrutture ferroviarie

L'Alta velocità Torino-Lione

Nel periodo corrispondente alla XVI legislatura sono proseguiti, nell'ambito del programma delle infrastrutture strategiche, i lavori per la progettazione e realizzazione della linea Alta Velocita' Torino-Lione, collocata nel corridoio 5 Lisbona - Kiev della Rete transeuropea dei trasporti TEN-T. Tra i principali sviluppi ed interventi normativi al riguardo merita segnalare:

Per ulteriori elementi si rinvia al relativo approfondimento: L'alta velocita' Torino-Lione.

Gli incidenti ferroviari

Nel corso della XVI legislatura si sono verificati due importanti incidenti ferroviari: quello di Viareggio, occorso il 29 giugno 2009, che ha causato 31 vittime e quello della Val Venosta/Vinschgau, del 12 aprile 2010, con 9 vittime.

Con apposite leggi sono state concesse speciali elargizioni in favore dei familiari delle vittime dei due incidenti e in favore di coloro che, a causa degli incidenti stessi, hanno riportato lesioni gravi e gravissime. In relazione all’incidente di Viareggio è stata emanata la L. n. 106/10, successivamente modificata dalla L. n. 107/12, con la quale è stato stabilito uno stanziamento di 10 milioni di euro per il 2010. Per l’incidente della Val Venosta/Vinschgau è stata emanata la L. n. 135/11, che ha stanziato 800 mila euro per il 2011 e 2,2 milioni di euro per il 2012.

Approfondimenti

Dossier pubblicati

Approfondimento: L'indagine conoscitiva della IX Commissione



Finalità e svolgimento

La IX Commissione della Camera ha deliberato il 5 ottobre 2010 di svolgere un'indagine conoscitiva sul settore del trasporto ferroviario di passeggeri e merci, per verificare in primo luogo se il quadro normativo nazionale, definito attraverso il recepimento della normativa dell’Unione europea - il primo, secondo e, da ultimo, terzo pacchetto ferroviario - risulti idoneo per governare il processo di liberalizzazione e, con specifico riferimento al trasporto di passeggeri, evitare che l’operatore nazionale si trovi in una situazione di svantaggio, o, comunque, di assenza di reciprocità, per quanto riguarda le condizioni di accesso al mercato, nei confronti dei principali operatori degli altri Paesi europei.

In secondo luogo, lo svolgimento dell’indagine conoscitiva è stato motivato dall’esigenza di svolgere un’approfondita riflessione sulle più appropriate modalità di gestione dell’infrastruttura ferroviaria, sia in ordine alle problematiche connesse alla liberalizzazione e all’apertura del mercato, sia rispetto alle possibilità di rafforzamento dello stesso gruppo Ferrovie dello Stato. In relazione alla gestione della rete, tra l’altro, si è inteso verificare quali siano le modalità più appropriate di organizzazione e funzionamento di un organismo di regolazione del settore ferroviario o, più in generale, del settore dei trasporti. Inoltre, si è inteso valutare in quali condizioni il gruppo Ferrovie dello Stato si accinga ad affrontare la concorrenza nel settore del trasporto di passeggeri sulle tratte a lunga percorrenza e quali strategie intenda porre in atto.

L’indagine conoscitiva, infine, ha dedicato una particolare attenzione all’esame del settore del trasporto ferroviario di merci, per considerare come possa esserne favorita la ripresa e la crescita.



Il documento conclusivo

L'indagine si è conclusa il 21 settembre 2011 con l’audizione del vice ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Roberto Castelli. L'esame del documento conclusivo si è concluso il 24 gennaio 2012 , con l'approvazione all'unanimità del documento.

Le principali misure prospettate dal documento riguardano:

Approfondimento: Il recepimento della normativa comunitaria in materia ferroviaria

A partire dagli anni Novanta il settore del trasporto ferroviario è stato interessato da un processo di liberalizzazione su impulso del legislatore comunitario, il quale, successivamente alla direttiva 91/440/CEE, che impone l’obbligo di separazione fra gestore della rete e esercente il servizio di trasporto, ha adottato tre pacchetti ferroviari, composti da direttive e regolamenti.



Il primo pacchetto

Il primo pacchetto ferroviario, emanato nel 2001, ha avviato l’apertura del mercato alla concorrenza, garantendo l’accesso equo e non discriminatorio alla rete ferroviaria e l’utilizzo ottimale della stessa. Nell’ordinamento italiano il pacchetto è stato recepito con il D.Lgs. n. 188/2003 (XIV legislatura). Di recente le direttive che compongono il primo pacchetto sono state oggetto di rifusione nella direttiva 2012/34/CE del 21 novembre 2012.

La rifusione non muta sostanzialmente l’impianto normativo esistente. Tra le novità si segnalano però: 1) il rafforzamento dei poteri dei regolatori nazionali e la costituzione di una rete europea dei regolatori; 2) la pubblicazione di un prospetto informativo di rete in almeno due lingue ufficiali dell’Unione europea; 3) la pubblicazione, da parte degli Stati membri, di una strategia indicativa di sviluppo dell’infrastruttura ferroviaria almeno quinquennale.



Il secondo pacchetto

Il secondo pacchetto ferroviario è stato approvato nel 2004 e prevede misure relative alla sicurezza, con l’istituzione, tra l’altro dell’Agenzia ferroviaria europea, all’interoperabilità del sistema ferroviario europeo, ovvero alla possibilità, per i treni di ogni Stato membro, di circolare su tutta la rete europea, e all’ampliamento della concorrenza nel settore del trasporto nazionale delle merci. Il secondo pacchetto è stato recepito in Italia nella XV legislatura con il D.Lgs. n. 162/2007 e il D.Lgs. n. 163/2007.



Il terzo pacchetto

Il terzo pacchetto ferroviario, approvato il 23 ottobre 2007, è inteso a creare uno spazio ferroviario europeo integrato, con l’obiettivo di rendere i trasporti per ferrovia più competitivi ed attraenti per gli utenti. Nella XVI legislatura sono state recepite le due direttive del pacchetto.

La direttiva n. 2007/59/CE, relativa alla certificazione dei macchinistiaddetti alla guida di locomotori e treni sul sistema ferroviario della Comunità, è stata recepita con il D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 247, sul quale la Commissione trasporti ha espresso il proprio parere in data 18 novembre 2010.

La direttiva 2007/58/CE, relativa alla ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria e all’imposizione dei diritti per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria, ha lo scopo di aprire il mercato dei servizi internazionali di trasporto passeggeri all’interno della Comunità. Un primo intervento per il recepimento della direttiva è stato effettuato con gli articoli 58-60 e 62 della legge n. 99/2009, i quali prevedono che:

Il recepimento della direttiva 2007/58/CE è poi stato completato con il D.Lgs. n. 15/2010, sul quale la Commissione trasporti ha espresso il parere il 10 dicembre 2009. Il decreto legislativo apporta modifiche puntuali al decreto legislativo n. 188/2003, di recepimento del primo pacchetto ferroviario.



Ulteriori misure di recepimento

Nella XVI legislatura sono state recepite ulteriori direttive, non facenti parte di alcun pacchetto.

Le direttive 2008/57/CE e 2009/131/CE, entrambe relative all’interoperabilità del sistema ferroviario, sono state recepite dal D.Lgs. n. 191/2010, sul quale la Commissione trasporti ha espresso parere favorevole con condizioni e osservazioni il 22 settembre 2010.

Nel novembre 2012 il Governo ha presentato uno schema di decreto legislativo recante modifiche al citato D.Lgs. n. 191/2010, in conseguenza delle osservazioni formulate dalla Commissione europea con la procedura EU PILOT n. 3207/12/MOVE; su tale schema la Commissione trasporti ha espresso parere favorevole con condizioni il 4 dicembre 2012; il decreto legislativo non risulta essere stato ancora emanato.

La direttiva 2008/110/CE, relativa alla sicurezza delle ferrovie comunitarie, è stata recepita dal D.Lgs. n. 43/2011, il quale introduce, tra l’altro, il principio che i detentori di carri merci non sono più soggetti all’obbligo di immatricolare i carri presso un’impresa ferroviaria e sono responsabili della manutenzione dei carri stessi. La Commissione trasporti ha espresso sullo schema parere favorevole con condizioni e osservazione il 9 febbraio 2011.



Il quarto pacchetto

Il 30 gennaio 2013 la Commissione europea ha presentato il “quarto pacchetto ferroviario” che propone un approccio integrato volto a rivitalizzare il trasporto ferroviario dell’UE per favorire la creazione di uno spazio ferroviario unico europeo. Il pacchetto comprende:

Stando all’analisi effettuata dalla Commissione europea, malgrado gli sviluppi positivi registrati in alcuni mercati, se si considera l’Unione europea nel suo complesso, la parte modale del trasporto ferroviario di merci ha subito un’inversione di tendenza dal 2000 ad oggi, passando dall’11,5 al 10,2%; sempre nello stesso periodo la percentuale del trasporto ferroviario di passeggeri si è mantenuta pressoché costante, intorno al 6%.

Ad avviso della Commissione tale situazione è imputabile ad una serie di fattori quali: i problemi di efficienza derivanti dall’assenza di adeguati stimoli concorrenziali; il fatto che in determinati Stati membri i finanziamenti pubblici sono erogati direttamente, senza ricorso a procedure concorrenziali; la durata eccessiva e i costi elevati delle procedure di autorizzazione; gli ostacoli all’ingresso sul mercato di nuovi operatori derivanti tra l’altro dalle divergenze tra le pertinenti norme dei vari Stati membri; le distorsioni del mercato; lo sviluppo insoddisfacente delle strutture.

Le misure prospettate, con le quali la Commissione intende fornire una soluzione ai problemi precedentemente descritti, si articolano in quattro settori di intervento:
1) garantire l’efficienza e l’omologazione delle norme al fine di ridurre gli oneri tecnici e amministrativi per le imprese ferroviarie e favorire l’ingresso di nuovi operatori sul mercato. L’attuazione di tali misure dovrebbe tradursi in una riduzione del 20% sia dei tempi di accesso al mercato per i nuovi operatori, sia del costo e della durata delle procedure di autorizzazione del materiale rotabile, con un risparmio complessivo per le imprese stimato in circa 500 milioni di euro entro il 2025;
2) migliorare la qualità e diversificare l’offerta di servizi grazie all’ingresso di nuovi operatori nella gestione del trasporto nazionale di passeggeri per ferrovia a decorrere dal dicembre 2019. L’attuazione di tali misure, associate alle riforme strutturali, dovrebbe assicurare, entro il 2035, più di 40 miliardi di euro di benefici finanziari ai cittadini e alle imprese;
3) al fine di scongiurare i conflitti di interesse e garantire a tutte le imprese un accesso non discriminatorio al mercato, garantire una gestione più equa ed efficiente della rete, rafforzando il ruolo dei gestori dell’infrastruttura per quanto riguarda il controllo di tutte le funzioni centrali della rete ferroviaria e stabilendo l’indipendenza operativa e finanziaria dei gestori dell’infrastruttura da tutti gli operatori che forniscono servizi di trasporto ferroviario;
4) assicurare la presenza di personale qualificato e motivato per operare in un contesto innovativo e competitivo derivante dalla maggiore apertura dei mercati ferroviari.

Tali misure, nelle intenzioni della Commissione, dovrebbero permettere al settore ferroviario di realizzare pienamente il suo potenziale, migliorando l’affidabilità e l’efficienza dei servizi offerti, e di incrementare la propria quota di mercato diventando in tal modo una valida alternativa alle altre modalità di trasporto.

Approfondimento: L'organismo di regolazione



L'Autorità dei trasporti

L’articolo 37 del D.L. n. 201/2011, successivamente modificato dal D.L. n. 1/2012 ha da ultimo affidato le funzioni di organismo di regolazione indipendente nel settore ferroviario all’Autorità dei trasporti. L’Autorità, una volta costituita, svolgerà le funzioni di:

L’articolo 37 del decreto-legge n. 1/2012 ha poi attribuito all’Autorità il compito di redigere, entro il 30 giugno 2013, una relazione da trasmettere al Governo e al Parlamento su “l'efficienza dei diversi gradi di separazione tra l'impresa che gestisce l'infrastruttura e l'impresa ferroviaria”.   



L'Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari (URSF): istituzione e procedura di infrazione

Precedentemente all’istituzione dell’Autorità, l’organismo nazionale italiano di regolazione del settore ferroviario era stato individuato nell’Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari – URSF(http://www.mit.gov.it/mit/site.php?o=vd&lm=3&id=17 ), istituito con il D.P.R. n. 184/2004, in attuazione dell’articolo 40 della direttiva 2001/14/CE, e regolato dall’articolo 37 del D.Lgs. n. 188/2003. L’Ufficio, che opera nell’ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, vigila sulla concorrenza nei mercati del trasporto ferroviario, con particolare riferimento all’attività del gestore dell’infrastruttura, e provvede alla risoluzione del relativo contenzioso.

L’originaria regolamentazione dell’Ufficio è stata oggetto della procedura di infrazione n. 2008/2097, avviata dalla Commissione europea, per la non corretta trasposizione delle direttive 91/440/CEE e 2001/14/CE. Le questioni sollevate dalla Commissione riguardavano, in particolare, i requisiti di indipendenza dell’organismo di regolazione da ogni impresa ferroviaria nell'esercizio delle funzioni essenziali, il sistema di regolazione tariffaria dell'accesso ferroviario e le funzioni attribuite all'organismo di regolazione.



L'Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari (URSF): le modifiche nella XVI Legislatura

In conseguenza dei rilievi della Commissione europea l'rticolo 37 del D.Lgs. n. 188/2003, relativo all'URSF, è stato novellato dall’articolo 2 del D.L. n. 135/2009 con le seguenti previsioni:

 Ulteriori modifiche, sempre dirette a superare i rilievi mossi dalla Commissione europea, sono state introdotte dall’articolo 21, comma 4, lettera b), del D.L. n. 98/2011. La norma è intervenuta sui seguenti punti:

Approfondimento: Finanziamenti per la realizzazione di infrastrutture ferroviarie



Gli interventi normativi

Nel corso della XVI Legislatura, oltre ai finanziamenti previsti nell’ambito dei contratti di servizio e di programma e quelli di specifica pertinenza del trasporto pubblico locale, si sono registrati i seguenti interventi normativi per il finanziamento del settore ferroviario:



La ripartizione del fondo per gli investimenti del gruppo Ferrovie dello Stato S.p.a. (D.L. n. 185/2008)

Per la ripartizione del fondo istituito dal decreto-legge n. 185/2008 si è provveduto con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 22 luglio 2009, emanato di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. La ripartizione ha previsto:

a)  500 milioni di euro a favore di Trenitalia S.p.A., da destinare:

b)  460 milioni di euro a favore di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. (RFI) per il finanziamento degli investimenti dell’infrastruttura ferroviaria, da finalizzare nell’ambito dell’aggiornamento 2009 del Contratto di programma 2007/2011.

Approfondimento: L'Alta velocità Torino-Lione

Nel periodo corrispondente alla XVI legislatura sono proseguiti i lavori per la progettazione e realizzazione della linea Alta Velocità Torino – Lione, collocata nel corridoio 5 Lisbona - Kiev della Rete transeuropea dei trasporti TEN-T. L’evento di maggior rilevanza del periodo è rappresentato dall’introduzione di modifiche, anche a seguito delle proteste verificatesi, al progetto originario dell’opera. 



Lo sviluppo del progetto e gli interventi nel corso della Legislatura

I principali sviluppi del progetto nel corso della Legislatura sono stati rappresentati da:

la decisione C(2008) 7733 del 5 dicembre 2008 della Commissione europea, con la quale è stata approvata la concessione di un contributo finanziario a favore del progetto nuovo collegamento ferroviario Torino - Lione, sezione internazionale, parte comune italo-francese per un importo non superiore a 671,8 milioni di euro. Successivamente la stessa Commissione, nell’abito della revisione intermedia per il finanziamento di 92 grandi progetti infrastrutturali per le reti Transeuropee (27 ottobre 2010), ha ridotto il finanziamento a 662,62 milioni di euro;
la Delibera n. 86 del 18.11.10, che ha approvato il progetto definitivo del cunicolo esplorativo della Maddalena, quale opera propedeutica alla realizzazione del collegamento ferroviario, allo scopo di acquisire informazioni sul materiale sul quale si dovrà operare per lo scavo del tunnel di base, assegnando per la sua realizzazione 12 milioni di euro, a valere sulle risorse residue del Fondo infrastrutture;

l’articolo 1, comma 62, della legge n. 220/2010, che ha autorizzato R.F.I. S.p.A. a destinare fino 35,6 milioni di euro, a valere sulle risorse del contratto di programma 2007-2011, per studi e progettazione in relazione al cambiamento di tracciato della linea ferroviaria sul territorio nazionale. Il comma 63 dello stesso articolo, riprendendo quanto previsto dalla citata delibera CIPE n. 86/2010, ha posto a carico dello Stato italiano, a valere sulle risorse del fondo infrastrutture, un importo massimo di 12 milioni di euro per far fronte ai costi aggiunti necessari per la realizzazione del cunicolo esplorativo della Maddalena;
la Delibera n. 23 del 23.03.12, che ha approvato il progetto preliminare del “Nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione, sezione internazionale, parte comune italo-francese, tratta in territorio italiano” e preso atto che nel limite di spesa dell’intervento sono compresi 41,5 milioni di euro per opere compensative dell’impatto territoriale e sociale, strettamente correlate alla funzionalità dell’opera. Il progetto preliminare approvato si differenzia rispetto al progetto originario del 2005, sia relativamente al tracciato (si è passati dalla sponda sinistra della Dora a quella destra con un percorso che si sviluppa quasi totalmente in sotterraneo), che alle modalità realizzative;
l’articolo 19, commi 1-2, della legge n. 183/2011, che ha definito le aree del comune di Chiomonte, individuate per la realizzazione della linea ferroviaria Torino-Lione, come aree di interesse strategico nazionale, la cui violazione costituisce reato;
l’accordo sottoscritto il 30 gennaio 2012 tra Francia e Italia. L’accordo, che costituisce un protocollo addizionale all’Accordo iniziale del 29 gennaio 2001, specifica il tracciato del progetto, approvando le modifiche apportate, e la ripartizione dei costi della sezione transfrontaliera e prevede che la linea ferroviaria sia realizzata per fasi funzionali. La prima fase è stata individuata nella sezione transfrontaliera compresa tra Susa, in Italia, e Saint-Jean-de-Maurienne, in Francia. Per quanto riguarda la ripartizione dei costi della sezione transfrontaliera, valutata in circa 8,5 miliardi di euro, l'Italia e la Francia forniranno il 60% dei finanziamenti (suddividendoli tra loro nella misura rispettivamente del 57,9% e del 42,1%) e l'Unione Europea il restante 40%. Le successive fasi funzionali, che dovranno essere regolate con successivi accordi, consisteranno, per quanto riguardo l’Italia, nella realizzazione di un tunnel di circa 19 km tra Susa e Chiusa San Michele;
la Delibera n. 57 del 3.08.11, che ha assegnato 10 milioni di euro per misure ed opere compensative atte a favorire l’inserimento territoriale della Nuova linea ferroviaria Torino – Lione, nell’ambito del limite di spesa di cui alla delibera n. 57/2011, a valere sul Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico (di cui all’articolo 32, comma 1, del D.L. n. 98/2011);
l’articolo 1, comma 208, della legge n. 228/2012, che autorizza uno stanziamento complessivo di 2.940 milioni di euro nel periodo 2013-2029, per il finanziamento di studi, progetti, lavori preliminari e definitivi connessi alla nuova linea ferroviaria Torino-Lione, così suddivisi: 60 milioni di euro per il 2013, 100 milioni di euro per il 2014, 680 milioni di euro per il 2015 e 150 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2029.



Il progetto definitivo

Si segnala infine che il 31 gennaio 2013 è stato presentato, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Progetto definitivodella sezione trasnfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino – Lione. 

Per una descrizione della storia dell’opera e del suo stato di attuazione al 30 settembre 2012 è possibile consultare la relativa scheda allegata al 7° Rapporto sull'attuazione della "legge obiettivo" predisposto dal Servizio Studi della Camera dei deputati.

Il sistema portuale e il trasporto marittimo

Nella XVI Legislatura l'attività parlamentare concernente il sistema portuale e il trasporto marittimo si è concentrata sulla prospettive di riforma della legge n. 84/1994, recante la disciplina generale della legislazione portuale, nonché sull'individuazione di una nuova disciplina per gli interporti. Specifiche disposizioni hanno riguardato il potenziamento dell'autonomia finanziaria delle autorità portuali, nonché il riordino delle capitanerie di porto. Il Legislatore è poi intervenuto in materia di disciplina della nautica da diporto. Successivi provvedimenti legislativi hanno disciplinato in fine il processo di privatizzazione di Tirrenia.

La XVI Legislatura è stata caratterizzata, in materia portuale, dal dibattito sulla riforma della legge recante la disciplina generale del settore, la legge n. 84/1994, che si è andato intrecciando con quello sull’introduzione di una nuova legislazione in materia di interporti.
Con riferimento alla riforma della legislazione portuale, il Senato ha approvato, nel settembre 2012, un progetto di legge di riforma, il cui esame è stato avviato, ma non concluso dalla IX Commissione della Camera (C. 5453).
Con riferimento al tema degli interporti, invece, la Camera ha approvato, nell'aprile 2012, un progetto di legge, il cui esame è stato avviato, ma non concluso, dalla 8ª Commissione del Senato (S. 3257).
Sono invece state approvate, nel corso della Legislatura, significative disposizioni volte a potenziare l'autonomia finanziaria delle autorità portuali ed a promuoverne gli investimenti infrastrutturali, fino all'approvazione dell'articolo 14 del decreto-legge n. 83/2012 che ha previsto la destinazione su base annua, nel limite di 70 milioni di euro annui, dell’uno per cento del gettito dell’IVA relativa all’importazione di merci introdotte nel territorio nazionale per il tramite di ciascun porto rientrante nelle circoscrizioni delle autorità portuali. 
Anche per le capitanerie di porto si è intervenuti, prevedendo, con una norma inserita nel decreto-legge n. 207/2008, l'emanazione di un regolamento di riordino. Il termine per l'emanazione di tale regolamento è stato tuttavia in più occasioni prorogato.
Inoltre, la Camera ha approvato in prima lettura una proposta di legge volta all'introduzione della patente nautica a punti; il provvedimento non è stato successivamente approvato dal Senato, mentre hanno trovato collocazione nella legge di stabilità 2013 le disposizioni relative all'istituzione dell'archivio nazionale della nautica da diporto. 
Infine, a partire dal decreto-legge n. 185/2008 il Legislatore ha provveduto a disciplinare il processo di privatizzazione di Tirrenia Spa, il cui controllo è stato ceduto alla Compagnia italiana navigazione, controllata dall'operatore Moby. L'acquisizione è stata autorizzata dall'Autorità garante per la concorrenza e il mercato subordinatamente al rispetto di alcune condizioni concernenti, con riferimento a specifiche rotte, la riduzione dei prezzi ovvero l'obbligo di cedere ad altri operatori quote di trasporto.
Nel corso della Legislatura si è infine intervenuti sulla disciplina delle concessioni demaniali marittime (al riguardo cfr. l'approfondimento:
Concessioni demaniali marittime).

La proposta di riforma della legge n. 84/1994

Il quadro normativo di riferimento in materia portuale è riconducibile alla legge n. 84/1994, Riordino della legislazione in materia portuale, che ha delineato, in luogo del precedente modello organizzativo basato su porti interamente pubblici, un nuovo modello, caratterizzato dalla separazione tra le funzioni di programmazione e controllo del territorio e delle infrastrutture portuali, affidate alle autorità portuali, e le funzioni di gestione del traffico e dei terminali, affidate a privati, salva la proprietà pubblica dei suoli e delle infrastrutture.
In questo contesto, tra le principali misure contenute nella proposta C. 5453, che è stata approvata dal Senato e il cui iter è stato interrotto alla Camera dalla conclusione della Legislatura, si segnalano:
- l'articolo 7 che, nel confermare l'elenco delle autorità portuali attualmente esistenti (comprese quelle di Trapani e Manfredonia, per le quali era stata disposta la soppressione per perdita dei requisiti necessari a legislazione vigente), ha stabilito nuovi criteri per l'istituzione di nuove autorità portuali: 1) tre milioni di tonnellate di merci solide (e non più tre milioni di tonnellate complessive annue assunte al netto del 90 per cento delle rinfuse liquide); 2) venti milioni di tonnellate di rinfuse liquide; 3) trecentomila (e non più duecentomila) twenty feet equivalent (unità di misura dei container); 4) un milione di passeggeri, con esclusione del traffico marittimo locale. Il possesso di almeno uno di questi requisiti deve essere considerato nell’arco del quinquennio precedente e non più del triennio come attualmente previsto.
- l'articolo 17 che prevede che la selezione per l’assegnazione delle concessioni di aree o banchine portuali alle imprese debba essere effettuata mediante procedura di evidenza pubblica. Su questo specifico aspetto l’articolo 17 prevede che la durata della concessione sia determinata dall’Autorità portuale (o dalla Regione o dall’ente territoriale competente, per i porti di categoria III), tenendo conto del programma di investimenti del concessionario, che siano diretti a valorizzare la qualità dei servizi da rendere all’utenza o a realizzare opere portuali, assumendone l’onere a proprio esclusivo carico. Si prevede inoltre che la concessione possa essere prolungata di un terzo in ragione del programma di investimenti da effettuare (ma sulla disciplina delle concessioni portuali potrebbe avere un impatto l'eventuale approvazione della proposta di direttiva (2011)897 sull'aggiudicazione dei contratti di concessione).
Per ulteriori dettagli si rinvia all'approfondimento: La proposta di riforma della legge n. 84/1994.

La proposta di legge sugli interporti

Gli interporti sono definiti dalla legge n. 240 /1990 (art. 1) come “complesso organico di strutture e servizi integrati e finalizzati allo scambio di merci tra le diverse modalità di trasporto, comunque comprendente uno scalo ferroviario idoneo a formare o ricevere treni completi e in collegamento con porti, aeroporti e viabilità di grande comunicazione”. Il piano nazionale degli interporti è stato poi definito con la deliberazione CIPE del 7 aprile 1993. Solitamente gli interporti hanno la forma giuridica di società per azioni con la partecipazione di enti pubblici e società private.
In questo contesto, la proposta di legge S. 3257  prevede, tra le altre cose, la predisposizione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l’istituenda Consulta nazionale per la logistica e l’intermodalità, di un piano nazionale degli interporti; definisce le procedure per l’istituzione di nuovi interporti e qualifica la gestione degli interporti come “attività di prestazione di servizi rientrante tra le attività aventi natura commerciale”, precisando altresì che “i soggetti che gestiscono interporti agiscono in regime di diritto privato, anche se il loro statuto non prevede il fine di lucro” mentre “l’utilizzo di risorse pubbliche è disciplinato dalle norme sulla contabilità di Stato e dal codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163”.
Per ulteriori dettagli si rinvia all'approfondimento: La proposta di legge in materia di interporti.

Il potenziamento dell'autonomia finanziaria delle autorità portuali e la realizzazione delle infrastrutture portuali

In ordine all'autonomia finanziaria delle autorità portuali erano già intervenute, nella XV Legislatura, le disposizioni di cui ai commi da 247 a 250 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2008 (legge n. 244/2007): tali disposizioni allo scopo di promuovere il potenziamento della rete infrastrutturale hanno attribuito alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano l'incremento, rispetto al consuntivo dell'anno precedente, delle riscossioni di IVA e accise nei porti e negli interporti. Gli aumenti, chiamati a confluire in un fondo all'uopo costituito, avrebbero dovuto essere ripartiti con decreto ministeriale, sentita la Conferenza Stato-regioni.
Tuttavia il meccanismo previsto da queste disposizioni non ha trovato attuazione.

Sulla materia è quindi tornato l'articolo 14 del decreto-legge n. 83/2012 che ha previsto la destinazione su base annua, nel limite di 70 milioni di euro annui, dell’uno per cento del gettito dell’IVA relativa all’importazione di merci introdotte nel territorio nazionale per il tramite di ciascun porto rientrante nelle circoscrizioni delle autorità portuali. Per approfondimenti si rinvia all'approfondimento: il potenziamento dell'autonomia finanziaria delle autorità portuali: l'articolo 14 del decreto-legge n. 83/2012.

Nel corso della Legislatura, inoltre, alcune disposizioni hanno inteso agevolare la costruzione delle infrastrutture portuali. In particolare, l'articolo 4, comma 6, del decreto-legge n. 40/2010 ha previsto l'istituzione di un fondo per la realizzazione delle infrastrutture portuali destinato a finanziare le opere di infrastrutturazione nei porti di rilevanza nazionale. La disposizione è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 12/2011 nella parte in cui non prevede la previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni per la ripartizione del fondo.

Inoltre, il decreto-legge n. 225/2010 ha previsto, all'articolo 2, comma 2-nonies, la revoca dei fondi statali trasferiti o assegnati alle Autorità portuali per la realizzazione di opere infrastrutturali, a fronte della mancata pubblicazione del bando di gara per l'assegnazione dei lavori entro il quinto anno dal trasferimento o dall'assegnazione, e sulla loro destinazione ad interventi infrastrutturali nel settore portuale. Su tale disposizione è da ultimo intervenuto l'articolo 15 del decreto-legge n. 83/2012 che ha incluso tra le risorse per interventi infrastrutturali da revocare alle autorità portuali in assenza di avvio delle procedure di gara, al fine della riassegnazione ad altri progetti infrastrutturali nel medesimo settore, anche le risorse destinate ad interventi delle Autorità portuali che operino in siti di bonifica di interesse nazionale, precedentemente escluse, nei casi in cui i relativi bandi di gara non siano pubblicati alla data di pubblicazione del decreto-legge. 



La disciplina delle capitanerie di porto

L'articolo 26, comma 1, del decreto-legge n. 207/2008 prevede che su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con regolamento di delegificazione, sentito il Ministro della difesa per quanto di competenza, si provveda:a) alla redazione di un testo unico delle disposizioni concernenti i compiti e le funzioni attribuiti al Corpo delle Capitanerie di Porto b) ad adeguare la struttura organizzativa centrale e periferica del Corpo al nuovo quadro istituzionale c) ad adeguare l’assetto ordinativo ai vari livelli gerarchici e degli organici per accrescere l’efficacia dell’organizzazione centrale e periferica del Corpo.

Non si è tuttavia proceduto all'emanazione del regolamento ed il relativo termine è stato in più occasioni prorogato e da ultimo stabilito, con l'articolo 1, comma 419, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012), al 31 dicembre 2013.

Per ulteriori elementi si rinvia all'approfondimento: La disciplina delle capitanerie di porto.

Con riferimento alla disciplina delle capitanerie di porto merita ricordare, infine, che l'articolo 1, commi 159-162 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) hanno previsto la soppressione dell'Autorità marittima della navigazione dello Stretto di Messina, istituita nel 2007, ed il trasferimento delle sue competenze alla Capitaneria di porto di Messina che assumerà la denominazione di Capitaneria di porto di Messina- Autorità marittima dello Stretto.

La disciplina della nautica da diporto

Il 21 dicembre 2011 l'Assemblea della Camera ha approvato il testo unificato delle proposte di legge in materia di istituzione della patente nautica a punti, poi rimasto all'esame del Senato senza giungere all'approvazione definitiva (S. 3080). Tra le altre cose, il provvedimento prevedeva l'istituzione di una patente nautica a punti, sul modello di quella già vigente per i veicoli circolanti su strada (artt. 1-2); istituiva presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti una banca dati dei soggetti abilitati alla condotta e al comando di natanti, di imbarcazioni e di navi da diporto nonché un archivio nazionale delle unità da diporto (art. 3); recava una delega al Governo in materia di disciplina delle violazioni delle norme di comportamento dei conducenti in possesso della patente nautica (art. 4) e prevedeva l'istituzione, presso le imprese di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto, degli sportelli telematici del diportista (art. 5).

In materia sono poi intervenuti i commi da 217 a 222 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) i quali hanno istituito il sistema telematico centrale della nautica da diporto. Il sistema, che dovrà essere disciplinato con un regolamento da emanare entro il 3 marzo 2013 e divenire operativo entro il 1° luglio 2013, si articola nell'archivio telematico centrale e nello sportello telematico del diportista.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia all'approfondimento: il sistema telematico centrale della nautica da diporto.

La privatizzazione di Tirrenia Spa

 Il Consiglio dei Ministri, con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 13 marzo 2009, ha definito i criteri di privatizzazione nonché le modalità di dismissione della partecipazione detenuta dallo Stato, tramite Fintecna S.p.A., nel capitale della società Tirrenia di navigazione S.p.a. autorizzando il Ministero dell’economia e delle finanze ad alienare il 100% della propria partecipazione indiretta nella società insieme alle partecipazioni totalitarie detenute da questa nelle Società marittime regionali e non trasferite gratuitamente alle Regioni ai sensi dell’art. 57 del decreto-legge n.112/2008 (convertito dalla legge n.133/2008).

Anche sulla base dei rilievi mossi dalla Commissione Trasporti della Camera dei deputati, sia con l’approvazione della risoluzione n. 7-00033 sia in sede di espressione del prescritto parere parlamentare reso nella seduta del 3 dicembre 2008 , l’articolo unico del decreto ha posto le seguenti condizioni:


Il 25 luglio 2011 è stato infine stipulato il contratto di cessione di Tirrenia alla CIN - Compagnia Italiana di Navigazione, risultata aggiudicataria della procedura di evidenza pubblica.  

L’operazione è stata autorizzata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato il 21 giugno 2012, con la previsione di alcune condizioni a carico di Tirrenia e dell’operatore Moby (che controlla CIN) relative a:   

Per una riscostruzione della vicenda, nonché per gli ulteriori interventi in materia nel corso della Legislatura si rinvia all'approfondimento: La privatizzazione di Tirrenia SpA.

Approfondimenti

Dossier pubblicati

Documenti e risorse web

Approfondimento: Concessioni demaniali marittime

Nella XVI legislatura il Parlamento è stato chiamato ad affrontare la questione della compatibilità tra i principi della concorrenza, da una parte e il sistema di assegnazione delle concessioni demaniali marittime, dall'altra.



Autorità garante della concorrenza e del mercato

La problematica connessa alle distorsioni alla concorrenza, conseguenti alla durata e al rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime, è stata evidenziata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato AGCM nella segnalazione AS481 del 20 ottobre 2008.

Le disposizioni nazionali oggetto della segnalazione dell’AGCM sono le seguenti:

L’Autorità ritiene che, per tutelare la concorrenza, sarebbe opportuno prevedere:

L’AGCM, citando il Consiglio di Stato, afferma che il c.d. diritto di insistenza può essere compatibile con i principi comunitari di parità di trattamento, eguaglianza, non discriminazione, adeguata pubblicità e trasparenza solo qualora rivesta carattere residuale e sussidiario, in una situazione di completa equivalenza tra diverse offerte.

Con riferimento al rinnovo automatico, l’Autorità ritiene che questo non stimoli il concessionario a corrispondere un canone più alto per la concessione e ad offrire migliori servizi agli utenti, favorendo inoltre comportamenti collusivi fra i soggetti titolari delle concessioni. Per quanto riguarda la durata della concessione, osserva che non è necessario parametrarla al tempo occorrente per il recupero degli investimenti effettuati, essendo sufficiente che il valore degli stessi al momento della gara, sia posto a base dell’asta.

Nella segnalazione vengono censurate anche disposizioni della Regione Friuli-Venezia Giulia (articolo 9 della legge regionale n. 22/2006 e decreto del Presidente della Regione n. 320/2007) che prevedono che il c.d. diritto di insistenza debba essere considerato, in misura variabile tra il 30% e il 10%, a seconda della finalità della concessione, in sede di comparazione delle istanze concorrenti per il rilascio della concessione.



Unione europea: la procedura di infrazione e la risposta del legislatore nazionale

Successivamente alla segnalazione dell’AGCM, anche la Commissione europea è intervenuta sulla problematica in oggetto, inviando all’Italia, il 29 gennaio 2009, una lettera di messa in mora (procedura di infrazione n. 2008/4908) con riferimento alle medesime norme nazionali e regionali sopra illustrate, contestandone la compatibilità con il diritto comunitario e, in particolare, con il principio della libertà di stabilimento. La Commissione ha ritenuto che tali norme costituiscano una discriminazione per le imprese provenienti da altri Stati membri, che si trovano nella condizione di essere ostacolati dalla preferenza accordata al concessionario uscente.

Facendo seguito all’avvio della procedura di infrazione, il 21 gennaio 2010 il Governo italiano ha notificato alla Commissione l’articolo 1, comma 18, del D.L. n. 194/2009 (convertito nella legge n. 25/2010), volto ad adeguare le disposizioni del codice della navigazione oggetto di rilievi, eliminando, in particolare, la preferenza in favore del concessionario uscente nell’ambito della procedura di attribuzione delle concessioni. Il comma 18 prevede inoltre che le concessioni demaniali in essere alla data del 30 dicembre 2009 (data di entrata in vigore del D.L. n. 194/2009) ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015 siano prorogate fino a tale data.

Dopo aver esaminato la disposizione, la Commissione ha tuttavia tenuto ferma la procedura di infrazione, formulando ulteriori contestazioni all’Italia. In particolare, la Commissione ha rilevato alcune discrepanze tra il testo originario del D.L. n. 194/2009 e quello della relativa legge di conversione n. 25/2010, la quale recava, in particolare, un rinvio indiretto (non previsto nel testo del decreto legge) al sopra illustrato articolo 01, comma 2, del D.L. n. 400/1993. La Commissione ha ritenuto che tale rinvio, stabilendo il rinnovo automatico, di sei anni in sei anni, per le concessioni che giungono a scadenza, privasse nella sostanza di effetto il D.L. n. 194/2009 e fosse contrario alla normativa UE, in particolare con riferimento all’articolo 12 della direttiva 2006/123/CE sui servizi nel mercato interno (cosiddetta direttiva servizi) e con l’articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento.

Alla luce delle suddette considerazioni la Commissione ha deciso, il 5 maggio 2010, di inviare all’Italia una lettera di messa in mora complementare con la quale chiedeva di trasmetterle, entro due mesi, le proprie osservazioni sui nuovi rilievi formulati.

In seguito agli ulteriori rilievi, con l’articolo 11 della legge n. 217/2011 (legge comunitaria 2010), è stato abrogato il già citato comma 2 dell’articolo 01 del D.L. n. 400/1993. Lo stesso articolo 11 ha inoltre delegato il Governo ad emanare, entro il 17 aprile 2013, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime.

In conseguenza di questi interventi legislativi, la procedura di infrazione è stata chiusa in data 27 febbraio 2012.

 



Corte costituzionale

Anche la Corte Costituzionale è intervenuta sulla problematica in oggetto, dichiarando costituzionalmente illegittime alcune disposizioni regionali per mancato rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario (articolo 117, primo comma, della Costituzione) e, in alcuni casi, anche per violazione degli articoli 3 e 117, secondo comma, lett. a) ed e), della Costituzione. Le norme censurate prevedevano proroghe delle concessioni demaniali marittime in favore dei concessionari in essere. Si accenna di seguito agli estremi e al contenuto di tali sentenze:



La proroga fino al 2020

Si segnala infine che recentemente l’articolo 34-duodecies del D.L. n. 179/2012, novellando il citato articolo 1, comma 18, del D.L. n. 194/2009, ha disposto la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali in essere alla data del 30 dicembre 2009 (data di entrata in vigore del D.L. n. 194/2009) ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015.

Successivamente l’articolo 1, comma 547 della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) ha esteso le previsioni dell’articolo 1, comma 18, del D.L. n. 194/2009, come sopra modificato, alle concessioni aventi ad oggetto:



Dossier pubblicati

Approfondimento: La proposta di riforma della legge n. 84/1994

La proposta di legge C. 5453, che è stata approvata dal Senato nel settembre 2012 ma il cui iter è stato interrotto alla Camera dalla conclusione della Legislatura, prevede una revisione complessiva della legge n. 84/1994 (recante riforma della legislazione portuale), muovendosi lungo cinque direttrici principali:



Riparto di competenze tra Stato e regioni

Con riferimento al riparto di competenze tra Stato e regioni e alla nuova classificazione dei porti, l’articolo 1 stabilisce che le disposizioni della legge costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione. L’articolo 2 reca poi una nuova classificazione dei porti. L’attuale classificazione dei porti individua due categorie (categoria I porti finalizzati per la difesa; categoria II porti non finalizzati per la difesa), la seconda delle quali divisa in tre classi (classe I: porti di rilevanza economica internazionale; classe II: porti di rilevanza nazionale; classe III: porti di rilevanza regionale o interregionale). La nuova classificazione è in tre categorie: categoria I porti finalizzati alla difesa; categoria II porti di rilevanza nazionale e internazionale; categoria III porti di rilevanza regionale ed interregionale. Si prevede inoltre che i porti di categoria II devono costituire nodi di interscambio essenziali per l’esercizio delle competenze dello Stato, in relazione alla tipologia del traffico, all’ubicazione territoriale e al ruolo strategico ed ai collegamenti con le grandi reti di trasporto e di navigazione europee e transeuropee. Essi sono sempre individuati con decreto del ministro delle infrastrutture e dei trasporti. I porti di categoria III sono invece affidati alla competenza legislativa regionale sulla base di alcuni principi direttivi individuati dal medesimo articolo 2. L’articolo 7 da un lato, ribadisce l’elenco delle autorità portuali esistenti (comprese quelle di Manfredonia e di Trapani, per le quali in realtà era stata disposta la soppressione, essendo venuti meno i requisiti previsti dalla legge); dall'altro lato modifica i requisiti per l’istituzione con DPR di nuove Autorità (su questo DPR è previsto, con innovazione rispetto alla legislazione vigente, l’intesa in sede di Conferenza Stato-regioni e il parere parlamentare). I nuovi requisiti sono: 1) tre milioni di tonnellate di merci solide (e non più tre milioni di tonnellate complessive annue assunte al netto del 90 per cento delle rinfuse liquide); 2) venti milioni di tonnellate di rinfuse liquide; 3) trecentomila (e non più duecentomila) twenty feet equivalent (unità di misura dei container); 4) un milione di passeggeri, con esclusione del traffico marittimo locale. Il possesso di almeno uno di questi requisiti deve essere considerato nell’arco del quinquennio precedente e non più del triennio come attualmente previsto. L’articolo 12 prevede l’istituzione da parte delle autorità portuali d’intesa con le regioni, le province ed i comuni interessati, di “sistemi logistico portuali” finalizzati al coordinamento delle attività di più porti e retroporti che appartengano ad un medesimo bacino geografico ovvero siano al servizio di uno stesso corridoio transeuropeo.

 



Il piano regolatore portuale

Con riferimento alla procedura di adozione del piano regolatore portuale, l’articolo 3 prevede un iter complesso. La disciplina attuale al riguardo si limita a prevedere l’intesa con i comuni interessati, il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici e la procedura di valutazione di impatto ambientale. Il nuovo testo prevede invece la sottoposizione del piano alla valutazione ambientale strategica VAS, con una riduzione generale dei termini previsti, con l’introduzione della generale perentorietà degli stessi e con l’introduzione della regola del “silenzio-assenso”. Si prevedono inoltre i seguenti passaggi: il comma 5 consente al presidente dell’autorità portuale di convocare i soggetti pubblici interessati nella conferenza di servizi prevista dall’articolo 14-bis della legge n. 241/1990, vale a dire quella preliminare prevista per i progetti complessi e che può essere convocata anche in presenza del solo studio di fattibilità; il comma 6 prevede che l’intesa si consideri raggiunta quando entro novanta giorni i comuni non comunichino il loro diniego; il comma 7 prevede che qualora l’intesa non sia raggiunta venga convocata la conferenza dei servizi che assume le sue determinazioni a maggioranza (comma 8); il comma 9 prevede che dell’adozione dell’intesa venga data notizia sulla “Gazzetta ufficiale” e sul “Bollettino ufficiale” della regione; il comma 10 prevede che entro i trenta giorni successivi gli interessati possano far pervenire le loro osservazioni all’autorità portuale; in base al comma 11 l’autorità portuale può compiere le sue controdeduzioni nei trenta giorni successivi; il comma 12 prevede l’approvazione finale da parte della regione entro i sessanta giorni successivi del piano regolatore e la sua pubblicazione sul “Bollettino ufficiale” della regione e sulla “Gazzetta ufficiale”; in base al comma 13 anche per le varianti al piano regolatore è seguita la stessa procedura



Organizzazione delle autorità

Con riferimento all’organizzazione dell’Autorità, gli articoli 8, 9, 10 e 11, tra le altre cose, elevano il mandato del presidente, dei componenti il comitato portuale, del segretario generale e dei componenti il collegio dei revisori dei conti da quattro a cinque anni. L’Autorità è poi qualificata (articolo 7), in coerenza con la giurisprudenza amministrativa (cfr. le sentenze Consiglio di Stato – Sezione terza 9 luglio 2002; TAR Puglia 26 giugno 2012) come ente pubblico non economico ad ordinamento speciale (mentre la disciplina vigente definisce le autorità come dotate di personalità giuridica di diritto pubblico). Si prevede inoltre, all’articolo 8, una nuova procedura di nomina del presidente, che vede una valorizzazione del ruolo del presidente della regione. Nella procedura di nomina attualmente si prevede che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nomini, previa intesa con la regione, il presidente dell’autorità portuale nell’ambito di una terna i cui componenti sono individuati, rispettivamente, dai comuni, dalla provincia e dalle camere di commercio interessate; il Ministro può quindi richiedere, con atto motivato, una nuova terna entro trenta giorni e se questa non perviene può nominare autonomamente il presidente. La disposizione in commento rafforza invece il ruolo della regione in quanto si prevede che sia il presidente della regione interessata a sottoporre il nominativo di un candidato alla guida dell’autorità portuale, senza dover scegliere il nominativo all’interno di terne, ma consultandosi con comuni, province e camere di commercio interessate. Su questo nominativo si deve raggiungere l’intesa con il ministro delle infrastrutture che si intende raggiunta, in base al principio del silenzio-assenso se entro il termine di quarantacinque giorni non viene espresso un diniego espresso e motivato. In caso di diniego, compete al ministro l’indicazione di un nuovo nominativo. Se anche in questo non viene raggiunta l’intesa, la questione è rimessa al presidente del Consiglio, il quale decide previa deliberazione del Consiglio dei ministri ed acquisizione dell’intesa in sede di conferenza unificata di cui all’art. 8, co. 6 della legge n. 131/2003. In materia di organizzazione dell’autorità assume rilievo anche la disposizione dell’articolo 9 che sopprime la previsione che il bilancio preventivo debba essere obbligatoriamente in pareggio o in avanzo. Rilevante è anche la soppressione, di cui all’articolo 7, della previsione per le Autorità di acquisire partecipazioni in società esercenti attività accessorie e strumentali rispetto ai compiti istituzionali.



Le concessioni

Con riferimento alla disciplina delle concessioni da parte dell’autorità portuale l’articolo 17 sostituisce l’articolo 18 della legge n. 84/1994, relativo alla concessione di aree e banchine. Rispetto al testo vigente si segnala l’eliminazione del rinvio a un decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con il Ministro delle finanze, per la determinazione di canoni, durata, vigilanza e rinnovo delle concessioni. Tali determinazioni sono ora attribuite alle Autorità portuali. Viene inoltre espressamente previsto che la selezione per l’assegnazione delle concessioni debba essere effettuata mediante procedura di evidenza pubblica. L’articolo 17 prevede poi che la durata della concessione sia determinata dall’Autorità portuale (o dalla Regione o dall’ente territoriale competente, per i porti di categoria III), tenendo conto del programma di investimenti del concessionario, che siano diretti a valorizzare la qualità dei servizi da rendere all’utenza o a realizzare opere portuali, assumendone l’onere a proprio esclusivo carico. Si prevede inoltre che la concessione possa essere prolungata di un terzo in ragione del programma di investimenti da effettuare.

Nel testo vigente (articolo 18, comma 1, lett. a)), la durata delle concessioni avrebbe dovuto essere indicata in un apposito decreto ministeriale, che non è stato ancora emanato.



Le concessioni: profili di diritto dell'Unione europea

Sulla disciplina delle concessioni di aree portuali potrebbe avere un impatto l'approvazione della proposta di direttiva sull'aggiudicazione dei contratti di concessione COM(2011)897. La proposta include (Allegato III, paragrafo 5) nel suo ambito applicativo le “Attività relative allo sfruttamento di un’area geografica al fine della messa a disposizione di aeroporti, porti marittimi o interni e di altri terminali di trasporto ai vettori aerei, marittimi e fluviali”.
La proposta di direttiva, tra le altre cose, prevede specifici obblighi per le amministrazioni aggiudicatrici per quanto riguarda la scelta dei criteri di selezione e di aggiudicazione. Si prevede inoltre che il limite di durata di una concessione sia fissato nel periodo di tempo ritenuto necessario affinché il concessionario recuperi gli investimenti effettuati per realizzare i lavori o i servizi, insieme con un ragionevole ritorno sul capitale investito.

La materia dell'inclusione dei servizi portuali è stata peraltro oggetto di discussione da parte delle istituzioni dell'Unione europea. In occasione del dibattito svolto il 6 febbraio 2012 presso la commissione mercato interno e tutela del consumatore del Parlamento europeo membri della commissione hanno sollevato dubbi sull’applicabilità della proposta di direttiva alle concessioni aventi per oggetto servizi portuali. Il rappresentante della Commissione europea ha osservato che per servizi portuali devono intendersi un insieme di servizi eterogenei, e che solo per alcuni di essi sarà possibile l’applicazione della nuova disciplina europea in materia di concessioni. Da ultimo, il Consiglio competitività del 20 dicembre scorso, nell’ambito dell’esame della proposta in prima lettura, ha definito un orientamento generale che riconferma l'inclusione dei servizi portuali nel testo del paragrafo 5 dell’Allegato III originariamente proposto dalla Commissione europea. L’orientamento generale costituisce la base per le negoziazioni in sede di trilogo, vale a dire gli incontri informali tra rappresentanti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, previsti al fine di giungere ad un accordo su un testo comune che consenta l’adozione della nuova direttiva in prima lettura.



Le fonti di finanziamento

Con riferimento alle fonti di finanziamento delle Autorità, l’articolo 14 introduce tra le entrate proprie delle autorità i diritti di porto. L’articolo 18 prevede che non concorrono a formare il reddito delle Autorità Portuali (dunque non sono assoggettate a imposizione sui redditi) le entrate delle autorità portuali tipizzate dalla legge, fatte salve quelle classificate come “entrate diverse” (cioè altre rispetto ai i canoni di concessione delle aree demaniali e delle banchine; gli eventuali proventi derivanti dalle cessioni di impianti ai nuovi concessionari, il gettito delle tasse sulle merci sbarcate ed imbarcate, imbarcate e in transito nei porti; i contributi delle regioni, degli enti locali e di altri enti ed organismi pubblici). L’articolo 19 istituisce un Fondo per il finanziamento degli interventi inerenti le connessioni ferroviarie e stradali con i porti, compresi nella circoscrizione delle Autorità portuali. Il Fondo è istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed è alimentato da un accantonamento pari al 5 per cento delle risorse statali che sono destinate a investimenti dell’ANAS S.p.A. e di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A.. Le suddette risorse saranno finalizzate nell’ambito dei contratti di programma delle nominate società.



Ulteriori disposizioni

Oltre a questi interventi, si segnalano le rimanenti disposizioni del provvedimento che riguardano aspetti puntuali:

Approfondimento: La proposta di legge sugli interporti

La proposta di legge S. 3257 è finalizzata a introdurre un quadro normativo generale in materia di interporti e piattaforme territoriali logistiche, anche alla luce degli indirizzi e delle iniziative dell’Unione europea nel settore dei trasporti e dell’intermodalità.
La proposta di legge stabilisce i principi fondamentali in materia di interporti e di piattaforme logistiche territoriali, perseguendo le seguenti finalità: a) migliorare e incrementare la concentrazione dei flussi di trasporto; b) migliorare la razionalizzazione del territorio in funzione del trasporto; c) contribuire alla diminuzione dell'impatto ambientale; d) superare i limiti del trasporto ferroviario tradizionale e intermodale terrestre e marittimo.



Definizioni

L’articolo 1 reca le definizioni di piattaforma logistica territoriale, interporto e infrastruttura intermodale:
la piattaforma logistica territoriale è il compendio di infrastrutture e servizi presenti su un territorio interregionale destinato a svolgere funzioni connettive di valore strategico per il territorio nazionale, al fine di favorire l’interconnessione e la competitività del Paese;
l’interporto è il complesso organico di infrastrutture e di servizi integrati di rilevanza nazionale gestito da un soggetto imprenditoriale che opera per favorire la mobilità delle merci tra le diverse modalità di trasporto;
l'infrastruttura intermodale è ogni infrastruttura, lineare o nodale, funzionale alla connettività della piattaforma logistica.



Piano generale per l'intermodalità e individuazione di nuovi interporti

L’articolo 2 stabilisce che spetta al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Comitato nazionale per l’intermodalità e la logistica, di provvedere alla ricognizione degli interporti e delle infrastrutture intermodali già esistenti. Il Dipartimento per i trasporti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, previo parere della Consulta generale per l’autotrasporto, integrata con rappresentanti degli interporti e delle imprese e degli operatori ferroviari o intermodali, elabora il Piano generale per l’intermodalità, approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Il decreto definisce inoltre le piattaforme logistiche territoriali e la relativa disciplina amministrativa. Le Commissioni parlamentari competenti esprimono il proprio parere sullo schema di decreto, entro trenta giorni dall’assegnazione.
Con lo stesso decreto, o con successivo, è determinato l’ambito di influenza di ciascuna piattaforma logistica territoriale, in coerenza con i corridoi transeuropei di trasporto.
Nuovi interporti e nuove infrastrutture intermodali possono essere individuati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previo parere del Comitato nazionale per l’intermodalità e la logistica.

L’articolo 3 subordina l’individuazione di nuovi interporti alla presenza dei seguenti requisiti:

a) disponibilità di un territorio privo di vincoli paesaggistici, naturalistici o urbanistici;

b) collegamenti stradali diretti con la viabilità di grande comunicazione;

c) collegamenti ferroviari diretti con la rete ferroviaria nazionale prioritaria;

d) adeguati collegamenti stradali e ferroviari con almeno un porto ovvero un aeroporto;

e) coerenza con i corridoi transeuropei di trasporto.

I progetti per i nuovi interporti devono prevedere:

a) un terminale ferroviario intermodale;

b) un'area attrezzata di sosta per i veicoli industriali;

c) un servizio doganale;

d) un centro direzionale;

e) un'area per i servizi alle persone ed una per i servizi ai veicoli industriali;

f) aree diverse destinate a funzioni di trasporto intermodale, di logistica di approvvigiona­mento, di logistica industriale, di logistica distributiva e di logistica distributiva urbana;

g) sistemi che garantiscano la sicurezza di merci, aree e operatori;

h) interconnessioni con piattaforme info-telematiche.

Tutti i requisiti sopra indicati devono essere soddisfatti, entro cinque anni dall’entrata in vigore della legge, anche dagli interporti già operativi e da quelli in corso di realizzazione.



Programmazione delle piattaforme logistiche e attività degli interporti

L’articolo 4 prevede l’istituzione, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un Comitato nazionale per l’intermodalità e la logistica al quale sono attribuiti compiti di indirizzo, programmazione e coordinamento di tutte le iniziative inerenti allo sviluppo delle piattaforme logistiche territoriali e di promozione dello sviluppo economico e del miglioramento qualitativo delle aree facenti parte delle piattaforme logistiche territoriali.
Il Comitato è presieduto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, o da un suo delegato, e ne fanno parte i Presidenti delle regioni nel cui territorio sono ubicate le piattaforme logistiche territoriali. Ulteriori disposizioni relative a composizione, organizzazione, funzionamento e disciplina amministrativa e contabile del Comitato dovranno essere dettate con un successivo regolamento ministeriale. Ai componenti del Comitato non spetta alcun emolumento, compenso o rimborso di spese.
Il Comitato partecipa alla conclusione degli atti d'intesa e di coordinamento con regioni, province e comuni interessati, attraverso i quali le autorità portuali possono costituire sistemi logistici.

La gestione di un interporto, ai sensi dell’articolo 5, costituisce attività di prestazione di servizi e rientra fra le attività di natura commerciale; i gestori agiscono conseguentemente in regime di diritto privato. In caso di utilizzo di risorse pubbliche, si applicano le norme della contabilità di Stato e del codice dei contratti pubblici.
La realizzazione di nuovi interporti e l’adeguamento strutturale degli interporti già operativi o in corso di realizzazione è di competenza dei gestori degli stessi. 

L’articolo 6 stabilisce che, entro il 31 maggio di ogni anno, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Comitato nazionale per l'intermodalità e la logistica, d’intesa con la Conferenza Unificata, individua, in ordine di priorità, i progetti relativi alla realizzazione e all'implementazione degli interporti, delle infrastrutture intermodali e delle piattaforme logistiche territoriali. La norma autorizza a tal fine la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014. Alla copertura dell’onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale, dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per il 2012, utilizzando parzialmente l’accantonamento relativo al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (articolo 9). Mentre per gli anni successivi al 2014 si provvedrà mediante finanziamento nella tabella D della legge di stabilità. 

L’articolo 7 stabilisce che, nel rispetto della normativa nazionale e dell’Unione europea, le modalità di gestione dei rifiuti speciali e delle merci pericolose, sono disciplinate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e d'intesa con la Conferenza unificata. 

L’articolo 8 dispone infine che i progetti di realizzazione e di implementazione degli interporti, delle infrastrutture modali e delle piattaforme logistiche territoriali, elaborati sulla base del Piano generale per l'intermodalità, costituiscono variante urbanistica rispetto ai piani urbanistici di competenza delle Amministrazioni locali, nei cui ambiti sono ubicate le piattaforme logistiche territoriali.

Approfondimento: Il potenziamento dell'autonomia finanziaria delle autorità portuali: l'articolo 14 del dl 83/2012



Il finanziamento delle autorità portuali nell'articolo 14 del decreto-legge n. 83/2012

L’articolo 14 del decreto-legge n. 83/2012 ha istituito un fondo per interventi infrastrutturali nei porti e nei collegamenti stradali e ferroviari nei porti alimentato, nel limite di 70 milioni di euro annui, con la destinazione, su base annua, dell’uno per cento del gettito dell’IVA relativa all’importazione di merci introdotte nel territorio nazionale per il tramite di ciascun porto.

In particolare, il comma 1 dell’articolo introduce un nuovo articolo 18-bis nella legge n. 84/1994, recante il riordino della legislazione in materia portuale, il quale istituisce nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo finalizzato:

Il fondo è alimentato su base annua con la destinazione dell’uno per cento del gettito dell’IVA relativa all’importazione di merci introdotte nel territorio nazionale per il tramite di ciascun porto, nel limite di 70 milioni di euro annui.

I nuovi commi 2, 3 e 4 dell’articolo 18-bis intervengono in materia di ripartizione del Fondo istituito dal comma 1.
In particolare il comma 2 prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze quantifichi entro il 30 aprile di ciascun esercizio finanziario l'ammontare dell'imposta sul valore aggiunto dovuta sull'importazione delle merci introdotte nel territorio nazionale per il tramite di ciascun porto, nonché la quota da iscrivere nel fondo.
Al riguardo, la relazione tecnica al ddl di conversione A.C. 5312, riferita al testo originario del provvedimento (che attribuiva ai porti anche una percentuale dell’uno per cento delle accise riscosse), proiettando gli ultimi dati forniti dall’Agenzia delle dogane relativi al gettito IVA ed accise per operazioni nei porti e negli interporti sulle stime di crescita del PIL per gli anni 2012 e seguenti contenuti nell’ultima relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica, stimava l’importo della compartecipazione dell’1 per cento dell’IVA riscossa intorno ai 69,5 milioni di euro, mentre la compartecipazione dell’1 per cento delle accise riscosse intorno ai 0,5 milioni di euro, per un totale corrispondente appunto a circa 70 milioni di euro.
Il comma 3 prevede l’invio da parte delle Autorità portuali al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti della documentazione relativa alla realizzazione delle infrastrutture portuali in attuazione del presente articolo.
Il comma 4 prevede che il fondo sia ripartito con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-regioni, seguendo questi criteri:
 - a ciascun porto dovrà essere attribuito un importo pari all’ottanta per cento della quota dell’IVA dovuta sull'importazione delle merci introdotte nel territorio nazionale per suo tramite;
- il restante venti per cento del fondo complessivo dovrà essere ripartito tra i porti con finalità perequative, tenendo anche conto delle previsioni dei rispettivi piani operativi triennali e piani regolatori portuali (e quindi, sembra intendersi, dei programmi di investimento prospettati in tali documenti).

Il decreto da ultimo richiamato non risulta ancora emanato.

Il comma 5, modificato nel corso dell’esame parlamentare, consente alle Autorità portuali di fare ricorso a forme di compartecipazione del capitale privato, per la realizzazione delle opere e degli interventi di cui al comma 1, utilizzando la tecnica della finanza di progetto di cui all’articolo 153 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163/2006 stipulando contratti di finanziamento a medio e lungo termine con istituti di credito nazionali ed internazionali abilitati, inclusa la Cassa depositi e prestiti S.p.A.



Le precedenti disposizioni abrogate

Il comma 6 dell'articolo 18-bis dispone l’abrogazione delle disposizioni che sulla medesima materia erano contenute nei commi da 247 a 250 dell’articolo 1 della legge n. 244/2007 (legge finanziaria 2008). In particolare:



La copertura finanziaria

Il comma 2 dell’articolo 14 reca la copertura finanziaria prevedendo che all’onere derivante dal nuovo articolo 18-bis della legge n. 84/1994, introdotto dal comma 1, onere che si deve intendere pari a 70 milioni di euro annui, considerato il limite di spesa di cui al comma 1 di tale articolo, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa finalizzata, ai sensi dell’articolo 13, comma 12 della legge n. 67/1988, all’ammortamento dei mutui che le ferrovie in regime di concessione e in gestione commissariale governativa sono autorizzate a contrarre per la realizzazione di investimenti infrastrutturali.

Approfondimento: La disciplina delle capitanerie di porto

L'articolo 26, comma 1, del decreto-legge n. 207/2008 (proroga di termini) prevede che su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 (cioè di delegificazione), sentito il Ministro della difesa per quanto di competenza, si provveda:

a) alla redazione di un testo unico delle disposizioni concernenti i compiti e le funzioni attribuiti al Corpo delle Capitanerie di Porto al fine di realizzare una semplificazione, razionalizzazione e snellimento delle stesse;

b) ad adeguare la struttura organizzativa centrale e periferica del Corpo al nuovo quadro istituzionale e dei rapporti per delineare un assetto rispondente ai maggiori impegni soprattutto in materia di sicurezza marittima in ambito dell’Unione europea ed internazionale nonché per realizzare una corrispondenza con i livelli di governo regionale e, a tal fine, ripartire le funzioni di coordinamento, ispettive e di controllo, svolte da strutture regionali ed interregionali del Corpo da quelle operative di vigilanza e controllo e amministrative, attribuite alle Capitanerie di porto e agli uffici dipendenti;

c) ad adeguare l’assetto ordinativo ai vari livelli gerarchici e degli organici per accrescere l’efficacia dell’organizzazione centrale e periferica del Corpo, privilegiando la sua componente operativa, allo scopo di potenziare gli assetti diretti a garantire la sicurezza in mare e nei porti anche mediante flessibilità organizzativa sottesa ad esigenze operative, da conseguire con atti amministrativi.

La norma è stata nel tempo più volte prorogata: il regolamento avrebbe dovuto essere prima emanato entro il 31 dicembre 2009, termine successivamente spostato al 31 dicembre 2010 dal decreto-legge n. 194/2009 (Proroga termini 2010), poi al 31 marzo 2011 dal decreto-legge n. 225/2010 (Proroga termini 2011), al 31 dicembre 2011 dal D.P.C.M. 25 marzo 2011, al 31 dicembre 2012 dal D.L. n. 216 del 2011 ed infine al 31 dicembre 2013 dall'articolo 1, comma 419, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013).

Approfondimento: Il sistema telematico centrale della nautica da diporto

I commi da 217 a 222 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) prevedono l’istituzione del Sistema telematico centrale della nautica da diporto che include l’archivio telematico centrale, contenente le informazioni di carattere tecnico, giuridico, amministrativo e di conservatoria riguardanti le navi e le imbarcazioni da diporto, e lo Sportello telematico del diportista. 

Il Sistema in oggetto dovrà essere istituito entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità (e quindi entro il 1° luglio 2013), nell’ambito del Dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statistici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. 

Le modalità per l’attuazione del Sistema saranno stabilite con regolamento ministeriale, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità 2013 (e quindi entro il 2 marzo 2013).



L'archivio telematico centrale

Nell’archivio telematico centrale confluiranno le informazioni relative alle navi e le imbarcazioni da diporto di cui alle lettere b) e c) dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 171/2005 (Codice della nautica da diporto), ovvero le unità destinate alla navigazione da diporto, con esclusione di quelle a remi, o con scafo di lunghezza pari o inferiore a dieci metri. In particolare rientrano nella categoria delle imbarcazioni da diporto le unità con scafo superiore a dieci metri e fino a ventiquattro metri, mentre sono navi da diporto quelle con scafo di lunghezza superiore a ventiquattro metri. 

Con riferimento all'archivio telematico, il regolamento di attuazione  dovrà definire le modalità:

Il regolamento dovrà inoltre definire i tempi di attuazione delle nuove procedure e le necessarie modifiche in materia di registri e licenza di navigazione e delle correlate disposizioni amministrative.



Lo sportello telematico del diportista

Lo Sportello telematico del diportista è invece volto a semplificare il regime amministrativo per l’iscrizione e l’abilitazione alla navigazione delle unità da diporto oggetto dell’intervento. Il regolamento di attuazione dovrà disciplinare anche il funzionamento dello Sportello con particolare riferimento ai seguenti aspetti:

Il regolamento di attuazione dovrà altresì stabilire le modalità di partecipazione alle attività di servizio nei confronti dell’utenza, da parte delle associazioni nazionali di costruttori, importatori e distributori di unità da diporto e da parte dei soggetti autorizzati all’attività di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto. Le menzionate associazioni sono anche tenute a fornire i numeri identificativi degli scafi e i relativi dati tecnici per contribuire al funzionamento del Sistema telematico centrale della nautica da diporto.

Le tariffe da versare a fronte delle attività svolte dallo Sportello saranno determinate con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, e saranno versate su un apposito capitolo di entrata del bilancio dello stato, per essere riassegnate su specifico capitolo di spesa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Approfondimento: La privatizzazione di Tirrenia Spa



Il DPCM 13 marzo 2009 e la risoluzione n. 7-00033 della Commissione trasporti

Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 13 marzo 2009, ha definito i criteri di privatizzazione nonché le modalità di dismissione della partecipazione detenuta dallo Stato, tramite Fintecna S.p.A., nel capitale della società Tirrenia di navigazione S.p.a. autorizzando il Ministero dell’economia e delle finanze ad alienare il 100% della propria partecipazione indiretta nella società insieme alle partecipazioni totalitarie detenute da questa nelle Società marittime regionali e non trasferite gratuitamente alle Regioni.

Il DPCM era adottato sulla base delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 998 e 999, della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), i quali prevedono la stipulazione di nuove convenzioni, con scadenza in data non anteriore al 31 dicembre 2012, ai fini di completare il processo di liberalizzazione del settore del cabotaggio marittimo e di privatizzare le società esercenti i servizi di collegamento ritenuti essenziali, nonché nel quadro del processo avviato con l'articolo 57 del decreto-legge n. 112/2008, il quale disponeva a favore delle regioni interessate, su loro richiesta, il trasferimento senza corrispettivo dell'intera partecipazione detenuta da Tirrenia di Navigazione S.p.A. nelle società di cabotaggio regionali.

Anche sulla base dei rilievi mossi dalla Commissione Trasporti della Camera dei deputati, sia con l’approvazione della risoluzione n. 7-00033, sia in sede di espressione del prescritto parere parlamentare reso nella seduta del 3 dicembre 2008 , l’articolo unico del decreto ha posto le seguenti condizioni:



Lo svolgimento della gara

La gara si è conclusa nell'agosto del 2010 con l'accettazione dell'offerta presentata da Mediterranean Holding; tuttavia, per contrasti insorti successivamente fra le parti, la procedura di privatizzazione è stata dichiarata chiusa senza esito e la Tirrenia è stata posta in amministrazione straordinaria secondo la procedure della legge n. 166/2004 (c.d.legge Marzano). Successivamente sono stati pubblicati nuovi inviti a presentare manifestazioni di interesse per l'acquisizione di Tirrenia S.p.a. e per Siremar. Il 25 luglio 2011 è stato infine stipulato il contratto di cessione di Tirrenia alla CIN - Compagnia Italiana di Navigazione, risultata aggiudicataria della procedura di evidenza pubblica, grazie a un'offerta di 200 milioni di euro, a cui si aggiungeranno tre rate da 60 milioni ciascuna da versare all'ottenimento dei contributi pubblici previsti in base alle convenzioni con lo Stato.



La notifica alla Commissione europea

La cessione è stata notificata alla Commissione europea per ottenerne l'autorizzazione. Quest'ultima, nel gennaio 2012, ha avviato un'indagine per accertare possibili effetti distorsivi della concorrenza che sarebbero potuti derivare dalla privatizzazione. Per evitare censure, la compagine sociale di CIN è stata modificata mediante l’acquisizione da parte di Onorato Partecipazioni S.r.l. delle quote precedentemente detenute da Marinvest S.r.l. e Grimaldi Compagnia di navigazione S.p.A.. In conseguenza di questa variazione non è più necessaria l’autorizzazione della Commissione europea.



L'autorizzazione dell'AGCM

La cessione di Tirrenia Spa alla CIN è stata inoltre autorizzata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) il 21 giugno 2012, con la previsione di alcune condizioni a carico di Tirrenia e dell’operatore Moby (che controlla CIN) relative a:   



Gli interventi normativi nel corso della Legislatura

In merito alla privatizzazione della Tirrenia e delle società da questa controllate, il Parlamento è intervenuto in più occasioni nel corso della XVI Legislatura. Oltre al già ricordato articolo 57 del decreto-legge n. 112/2008, merita richiamare che:



La nuova indagine della Commissione europea

Merita ricordare, infine, che il 21 giugno 2012 la Commissione europea ha inviato all'Italia un parere motivato (procedura n. 2007/4609) per non aver rispettato le disposizioni del regolamento (CEE) n. 3577/92 sul cabotaggio marittimo, con particolare riferimento alla proroga della validità di tre contratti di servizio pubblico (scaduti nel 2008) a favore delle società di navigazione "Caremar" in Campania, "Laziomar" nel Lazio, e "Saremar" in Sardegna (appartenenti al gruppo Tirrenia), senza procedere all'indizione di gare per l'aggiudicazione dei nuovi contratti.
In relazione alla procedura di privatizzazione, ancora in corso, delle tre società di navigazione sopra richiamate, sono intervenuti, da ultimo, i commi da 311 a 313 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) che, nelle more del completamento della privatizzazione, hanno autorizzato la corresponsione delle risorse necessarie per garantire, sino al 30 giugno 2013, la continuità territoriale dei collegamenti marittimi che si svolgono nelle regioni Campania, Lazio e Sardegna.
Nel luglio 2012 si è invece conclusa, con la firma della Convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e la società Compagnia delle isole, la privatizzazione della società Siremar, operante nella regione Sicilia.

Il sistema aeroportuale e il trasporto aereo

L'evoluzione del sistema aeroportuale è stata al centro, nel corso della XVI Legislatura, di un'approfondita indagine conoscitiva da parte della IX Commissione trasporti. Nel corso della Legislatura sono state inoltre apportate modifiche alla disciplina dei contratti di programma tra ENAC e società di gestione aeroportuale e dei diritti aeroportuali. Nel gennaio 2013 il governo ha presentato un atto di indirizzo per la predisposizione del nuovo piano nazionale degli aeroporti. L'avvio della XVI Legislatura è stato caratterizzato dalla vicenda Alitalia.

In un contesto caratterizzato da un trend di crescita del trasporto aereo globale, l’evoluzione e lo sviluppo del sistema aeroportuale italiano sono stati oggetto, nella XVI Legislatura, di approfondimento da parte dalla IX Commissione Trasporti della Camera con una apposita indagine conoscitiva, avviata nel febbraio 2009, il cui documento conclusivo è stato approvato il 17 febbraio 2010, evidenziando la necessità di definire un nuovo piano nazionale della rete aeroportuale. 
Recependo l'indicazione della Commissione, l'atto di indirizzo per la predisposizione del nuovo piano nazionale degli aeroporti è stato presentato dal governo nel gennaio 2013; sullo stesso dovranno essere acquisiti  l’intesa con la Conferenza Permanente Stato Regioni-Province autonome ed il parere delle competenti commissioni parlamentari. 
Nel corso della XVI Legislatura sono state poi apportate modifiche, in particolare con l'articolo 17, comma 34-bis, del decreto legge n. 78/2009, alla disciplina dei contratti di programma tra ENAC e società di gestione aeroportuali. La disposizione, con riferimento agli aeroporti con traffico superiore a otto milioni di passeggeri annui (limite che viene attualmente raggiunto dallo scalo di Roma Fiumicino e da quello di Milano Malpensa), ha autorizzato l’ENAC a stipulare contratti di programma in deroga alla normativa vigente in materia.
In questo quadro, gli articoli 71-82 del decreto-legge n. 1/2012 hanno recepito la direttiva 2009/12/CE in materia di diritti aeroportuali, la quale tra le altre cose prevede un meccanismo di determinazione dei diritti basato, in un quadro di libera concorrenza, sul confronto fra gestori e utenti aeroportuali (le nuove disposizioni si applicheranno però, in base a quanto previsto dal decreto-legge n. 5/2012, solo per i contratti di programma stipulati successivamente al 31 dicembre 2012).
Da ultimo, il decreto-legge n. 179/2012 è inoltre intervenuto in materia di trattamento fiscale dei vettori esteri operanti sul territorio nazionale.
All'inizio della XVI Legislatura una serie di interventi normativi (in particolare, il decreto legge n. 80/2008, il D.L. n. 97/2008 e il D.L. n. 134/2008) hanno riguardato la crisi di Alitalia.

Il trasporto aereo

Il settore dell’aviazione, comprensivo di compagnie aeree, industria aeronautica e fornitori di servizi, impiega 5 milioni di persone nell’UE (di cui 500 mila in Italia) e con 800 milioni di passeggeri (di cui 149 milioni in Italia) rappresenta un settore strategico.

Per il trasporto aereo la Commissione europea, nella Comunicazione (COM(2012)556) del 27 settembre 2012 prevede, nonostante la crisi economica, un trend di sviluppo positivo entro il 2030, con un raddoppio del traffico aereo globale a livello mondiale, dopo la pesante contrazione del mercato registrata nel corso del 2009, e la ripresa registrata nel 2010. La Commissione europea prevede inoltre uno spostamento della crescita del settore nelle regioni mediorientali e orientali ed un aumento della concorrenza di vettori non UE anche sulle rotte interne europee, nonché una ulteriore crescita della quota di mercato delle compagnie low cost, che attualmente è del 40%.

Peraltro, sullo sviluppo del settore avrà un impatto l'attuazione del Trattato sullo Spazio aereo comune europeo (ratificato dall'Italia in base alla legge n. 91/2010), il quale tra le altre cose prevede  la graduale applicazione nel settore dei principi dei trattati dell'Unione in materia di concorrenza. Si prevede inoltre l’elaborazione di un piano per la gestione del traffico aereo nell’ambito del Programma di attuazione tecnica del "Cielo unico europeo" (SESAR), per coordinare la ricerca, l’elaborazione e l’introduzione sul mercato delle nuove generazioni di sistemi di controllo del traffico aereo (per ulteriori chiarimenti cfr. approfondimento: Spazio aereo comune europeo).

Il sistema aeroportuale

Sul sistema aeroportuale italiano la IX Commissione della Camera ha deliberato, il 12 febbraio 2009, un’indagine conoscitiva, nel corso della quale sono state svolte 41 audizioni. La Commissione ha concluso l’indagine il 30 novembre 2009, ed ha approvato il documento conclusivo il 17 febbraio 2010. Il documento, tra le altre cose, propone un nuovo piano nazionale della rete aeroportuale; la subordinazione della realizzazione di nuovi aeroporti a puntuali verifiche sulla sostenibilità economica del progetto; il potenziamento dei poteri di controllo di competenza dell'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile (ENAC). (per ulteriori chiarimenti cfr. approfondimento: indagine conoscitiva della IX Commissione).

Successivamente alla conclusione dell'indagine, merita ricordare che con la sopra citata comunicazione del 27 settembre 2012 la Commissione europea ha individuato precisi orientamenti per lo sviluppo del settore aeroportuale, nell’ambito dello sviluppo della rete transeuropea dei trasporti; in particolare si prevede:

1) l’ottimizzazione degli aeroporti esistenti, attraverso l’allineamento tra capacità a terra delle strutture e capacità in volo, per evitare i congestionamenti, la concentrazione su queste strutture, nell’ambito delle reti TEN-T, degli investimenti pubblici e privati, anche utilizzando i finanziamenti comunitari.

2) il miglioramento della qualità degli aeroporti, migliorandone l’accessibilità e potenziando l’intermodalità, aumentando l’efficienza a terra dei servizi aeroportuali, assicurando maggiore trasparenza e correlazione tra tariffe e costi nelle tariffe aeroportuali.

Il Piano nazionale degli aeroporti

E’ stato presentato il 29 gennaio 2013 dal Ministro delle Infrastrutture e trasporti, l'atto di indirizzo per la definizione del Piano Nazionale per lo sviluppo aeroportuale, che propone un riordino organico del settore aeroportuale sia sotto il profilo infrastrutturale che dei servizi e delle gestioni ed una nuova classificazione degli aeroporti di interesse nazionale.

La predisposizione del piano è prevista dall'art. 698 del Codice della navigazione, il quale prevede anche la distinzione tra aeroporti nazionali e regionali. L’art. 5 del decreto legislativo n. 85 del 2010 ha disposto il trasferimento al demanio regionale degli aeroporti non di interesse nazionale.

L’atto di indirizzo, che recepisce gli orientamenti comunitari in materia, sarà emanato con Decreto del Presidente della Repubblica, dopo l’intesa con la Conferenza Permanente Stato Regioni-Province autonome ed il parere delle competenti commissioni parlamentari.

Facendo seguito a quanto già prospettato dall’Allegato infrastrutture alla Nota di aggiornamento al DEF 2012 presentato nel settembre 2012, l’atto di indirizzo segnala la necessità di evitare la realizzazione di nuovi aeroporti e di considerare di interesse nazionale:

  1. gli aeroporti inseriti nel “core network” delle reti TEN-T;
  2. gli aeroporti inseriti nel “comprehensive network” delle reti TEN-T con più di un milione di passeggeri annui ovvero con più di 500.000 passeggeri annui ma in possesso di caratteristiche quali l’unicità regionale o la collocazione in territori di scarsa accessibilità ovvero gli aeroporti indispensabili per la continuità territoriale;
  3. gli aeroporti non inseriti nelle reti TEN-T ma con volumi di traffico vicini ad un milione di passeggeri e destinati alla delocalizzazione del traffico di grandi aeroporti.

Gli aeroporti di interesse nazionale manterranno la concessione nazionale, mentre gli aeroporti non di interesse nazionale dovranno essere trasferiti alle Regioni competenti, che ne valuteranno la diversa destinazione d’uso e/o la possibilità di chiusura.

Per ulteriori chiarimenti cfr. approfondimento:Il piano nazionale degli aeroporti.

La gestione degli aeroporti e i diritti aeroportuali

In Italia, la gestione degli aeroporti è affidata a società di gestione i cui rapporti con lo Stato sono regolati attraverso contratti di programma stipulati con l’ENAC, nell’ambito di concessioni la cui durata massima è stabilita dall’articolo 704 del codice della navigazione in quaranta anni.

Nel quadro del rapporto concessionario, la riscossione da parte delle società di gestione aeroportuale dei diritti aeroportuali (diritto di approdo e di partenza degli aeromobili, diritto per il ricovero o la sosta allo scoperto di aeromobili, diritto per l’imbarco passeggeri), posti a carico delle compagnie aeree, consente alle società medesime il recupero del costo delle infrastrutture e dei servizi connessi all'esercizio degli aerei e alle operazioni relative ai passeggeri e alle merci. Secondo l’articolo 10, comma 10, della legge n. 537/1993 - come modificato dall’articolo 11-nonies del D.L. n. 203/2005 - la misura dei diritti è fissata per ciascun aeroporto con decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro delle economia e delle finanze, sulla base di criteri stabiliti dal CIPE. Il termine per l’emanazione dei decreti è stato più volte prorogato, da ultimo al 31 dicembre 2013 dall’articolo 1, comma 388, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012). Nel corso della XVI Legislatura si è intervenuti in materia, per i soli aeroporti con traffico superiore a otto milioni di passeggeri annui (in questa categoria rientrano, secondo i dati relativi al 2010, gli scali di Roma Fiumicino, Milano Malpensa e Milano Linate), con l’articolo 17, comma 34-bis, del D.L. n. 78/2009 che, al fine di incentivare l’adeguamento delle infrastrutture, ha autorizzato l’ENAC a stipulare contratti di programma in deroga alla normativa vigente in materia, introducendo sistemi di tariffazione pluriennale orientati ai costi delle infrastrutture e dei servizi.

In questo contesto, gli articoli 71-82 del decreto-legge n. 1/2012 hanno previsto il recepimento della direttiva 2009/12/CE, che ha istituito un quadro comune per la disciplina dei diritti aeroportuali.

La direttiva 2009/12/CE ha stabilito principi comuni per la riscossione dei diritti aeroportuali negli aeroporti della Comunità con riferimento a tutti gli scali comunitari con traffico annuale superiore a cinque milioni di passeggeri, prevedendo l'istituzione di un'autorità di vigilanza indipendente in ogni Stato membro. La direttiva prevede inoltre che l'importo dei diritti sia determinato, in un quadro di libera concorrenza, attraverso il confronto fra gestori e utenti aeroportuali. 

La nuova normativa non si applica peraltro ai contratti di programma attualmente in essere, conclusi entro il 31 dicembre 2012, come previsto nella clausola di salvaguardia inserita nell’art. 22, co. 3,. del decreto legge n. 5 del 2012. La nuova disciplina dei diritti aeroportuali sarà pertanto applicabile ai nuovi contratti che saranno stipulati alla scadenza di quelli in essere.

Per ulteriori chiarimenti cfr. approfondimento:I diritti aeroportuali ed i contratti di programma.

Il trattamento fiscale dei vettori esteri operanti sul territorio nazionale

In relazione ai vettori esteri operanti sul territorio nazionale, l’art. 38, comma 1 del decreto-legge n. 179/2012 ha introdotto una disciplina fiscale e contributiva per i vettori aerei titolari di una licenza di esercizio rilasciata da uno Stato membro dell’Unione europea, introducendo una speciale nozione di “base”, di tipo lavorativo, al fine di determinare se il vettore aereo estero abbia una stabile organizzazione sul territorio nazionale. Di conseguenza vengono considerati stabiliti sul territorio nazionale e assoggettati alla disciplina fiscale nazionale i vettori aerei esteri che attualmente si avvalgano di discipline più favorevoli dei paesi UE di provenienza.

La vicenda Alitalia

La XVI Legislatura è stata caratterizzata dal susseguirsi di interventi normativi riguardanti la crisi di Alitalia (in particolare il decreto-legge n. 80/2008, il D.L. n.97/2008 e il D.L. n.134/2008), finalizzati alla ristrutturazione aziendale. Successivamente la compagnie è stata ammessa alle procedure di amministrazione straordinaria e la Compagnia Aerea Italiana (CAI) ne ha rilevato il marchio e le attività. E’ stata così creata la nuova Alitalia-CAI S.p.A, che ha avviato la propria attività nel gennaio 2009.

Nell’ambito del processo di riassetto di Alitalia è avvenuta inoltre la fusione della stessa con la compagnia aerea AirOne. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, con provvedimento dell'11 aprile 2012, ha quindi imposto ad Alitalia-CAI di rimuovere entro il 28 ottobre 2012 la situazione di monopolio di Alitalia  esistente sulla rotta Roma Fiumicino – Milano Linate.

Il 18 luglio 2012 l'AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) ha autorizzato l'acquisizione delle attività di WindJet da parte di Alitalia-CAI , subordinandola all'adozione di misure volte ad eliminare gli effetti anticoncorrenziali della concentrazione sulle rotte Catania - Milano, Palermo - Milano e Catania - Roma.

Per ulteriori chiarimenti cfr. approfondimento:la vicenda Alitalia.

Approfondimenti

Approfondimento: Spazio aereo comune europeo

La legge 4 giugno 2010, n. 91 ha autorizzato la ratifica dell'Accordo relativo all’istituzione di uno Spazio aereo comune europeo (ECAA) tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, oltre all’Islanda e alla Norvegia, da un lato, e gli Stati dell’area balcanica occidentale (per il Kosovo, la missione di amministrazione ad interim delle Nazioni Unite,  UNMIK, dall'altro. L'Accordo costituisce un significativo superamento della precedente dimensione bilaterale nel campo degli accordi sui servizi aerei e, oltre ad aprire gradualmente i rispettivi mercati del trasporto aereo, prevede l'allineamento progressivo delle parti contraenti ad alcuni elementi di base della legislazione comunitaria, come la sicurezza dei voli, la tutela della concorrenza, la gestione del traffico aereo, la tutela dei consumatori e dell'ambiente.

L'intesa è il risultato delle linee-guida inaugurate dalla Commissione europea nel marzo 2005 e fatte proprie successivamente dal Consiglio dell'Unione europea, con la finalità di adeguare gli accordi bilaterali - vigenti nel settore tra ciascuno Stato UE e paesi terzi - con la normativa comunitaria in vigore, nel contesto di un ampliamento dell’accesso al mercato del trasporto aereo.

L’attuazione dell’Accordo è articolata in tre fasi ed i tempi di transizione dall’una all’altra differiranno a seconda del periodo impiegato dal singolo Paese firmatario a raggiungere gli standard fissati dall'Unione europea (il cd. acquis comunitario). Con l'entrata in possesso, da parte dei Paesi firmatari, dei requisiti necessari per accedere alla prima fase, verrà firmato un protocollo aggiuntivo che diverrà parte integrante dell'accordo ECAA.

L’Accordo è composto di trentaquattro articoli che definiscono il funzionamento generale dell’ECAA e che costituiscono l’Accordo di base, quattro allegati nove Protocolli previsti dall’articolo 27 dell’Accordo di base, ognuno adeguato alle specifiche situazioni della Parte associata (Albania, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Croazia, ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Serbia, Montenegro, Romania, Kosovo), con l’indicazione delle condizioni da adempiere per consentire la transizione da una fase all’altra.

Particolare rilievo assumono le previsioni di cui all’articolo 6, che attuano il principio di non discriminazione in ragione della nazionalità e quelle recate agli artt. 7-10 che vietano qualsiasi restrizione alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea o di un partner ECAA nel territorio di ciascuno di essi, con conseguente accesso alle attività non salariate, possibilità di costituzione e gestione di imprese e di società alle condizioni previste dalla legislazione del Paese di stabilimento, nonché di apertura di agenzie. Vengono inoltre abolite le restrizioni quantitative ai trasferimenti di attrezzature, pezzi di ricambio e altri dispositivi, qualora necessari al vettore aereo ECAA al fine di proseguire la propria attività alle condizioni stabilite nell'Accordo.

Restano invece inalterati i divieti e le restrizioni applicati dalle Parti contraenti ad importazione, esportazione e transito per motivi di ordine pubblico, di sicurezza, sanitari e di protezione della salute umana e animale, nonché di tutela della proprietà intellettuale, industriale e commerciale.

Per quanto attiene alla sicurezza aerea, le Parti provvedono affinché gli aeromobili di una Parte che atterrino sul territorio di un’altra Parte contraente rispettino le norme di sicurezza internazionali e siano sottoposti ad opportune ispezioni degli equipaggi e delle attrezzature.

Le Parti si impegnano altresì reciprocamente a proteggere l’aviazione civile da qualsiasi atto di pirateria avente lo scopo di minacciare la sicurezza di passeggeri, equipaggi, aeroporti e impianti adibiti al supporto della navigazione aerea. È inoltre fissato un obbligo di cooperazione reciproca nel caso in cui si verifichino atti che possano pregiudicare la sicurezza.

Al fine di agevolare l’applicazione della legislazione relativa al "Cielo unico europeo" in ambito ECAA, le Parti si impegnano ad organizzare specifiche strutture preposte alla gestione del traffico aereo, istituendo in particolare organismi nazionali di controllo che, secondo quanto previsto dalla normativa comunitaria, devono essere separati dai soggetti prestatori di servizi di gestione della navigazione aerea.

L’Unione europea s'impegna a coinvolgere le Parti associate nelle iniziative operative connesse al "Cielo unico europeo", in particolare in vista dell'istituzione di "blocchi funzionali" per una più razionale ed efficace gestione dello spazio aereo. L’Unione europea dispone, altresì, che le Parti siano pienamente associate all’elaborazione di un piano per la gestione del traffico aereo (ATM) nell’ambito del Programma di attuazione tecnica del "Cielo unico europeo" (SESAR), che permette di coordinare la ricerca, l’elaborazione e l’introduzione sul mercato delle nuove generazioni di sistemi di controllo del traffico aereo.

L’Accordo prevede inoltre la graduale applicazione dei principi comunitari in materia di concorrenza, di aiuti e monopoli di Stato (richiamati nell’allegato 3) ed istituisce un Comitato misto, formato da rappresentanti delle Parti contraenti (che hanno facoltà di chiederne la convocazione), presieduto a turno da un partner ECAA o dall’Unione europea e dai suoi Stati membri, che si riunisce almeno una volta all’anno per la verifica dello stato di applicazione dell’Accordo, l’adozione di raccomandazioni e di tutte le decisioni contemplate dall’Accordo stesso

Approfondimento: L'indagine conoscitiva della IX Commissione



L'indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale

Sul sistema aeroportuale italiano la IX Commissione Trasporti della Camera ha deliberato, il 12 febbraio 2009, un’indagine conoscitiva, nel corso della quale sono state svolte 41 audizioni, con i soggetti istituzionali competenti, le società di gestione aeroportuale, compagnie aeree italiane e straniere, le parti sociali, le associazioni rappresentative del settore e i centri di studio e di ricerca operanti sulla materia. Sono stati acquisiti altresì contributi scritti inviati da altri soggetti, tra cui quelli di IATA (International Air Transport Association) e di ACI-Europe (Airports Council International).



Il documento conclusivo

La Commissione ha concluso l’indagine il 30 novembre 2009, ed ha approvato il documento conclusivo il 17 febbraio 2010.

Il documento, oltre a fornire un quadro complessivo delle questioni, emerse nel corso delle audizioni, relative all’evoluzione e allo sviluppo del sistema aeroportuale, nonché un panorama ampio e articolato delle valutazioni e delle proposte che ciascun soggetto ha inteso rappresentare, ha posto in rilievo le criticità del sistema, allo scopo di definire adeguate linee di intervento, anche a livello legislativo, con particolare riferimento: alla esigenza di definire un nuovo piano nazionale della rete aeroportuale; a prevedere che la realizzazione di nuovi aeroporti venga collegata a puntuali verifiche sulla sostenibilità economica del progetto; a promuovere il potenziamento dei collegamenti stradali e ferroviari con gli scali di interesse nazionale; a implementare i poteri di controllo di competenza dell'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile (ENAC), al fine di verificare il corretto adempimento degli obblighi gravanti sui gestori aeroportuali in base ai rapporti di concessione, definendo a tal fine specifici standard di qualità e sicurezza dei servizi

Approfondimento: Il piano nazionale degli aeroporti

Il 29 gennaio 2013 il Ministro delle Infrastrutture e trasporti, ha presentato l'atto di indirizzo per la definizione del Piano Nazionale per lo sviluppo aeroportuale, previsto dall’articolo 698 del codice della navigazione. L’atto di indirizzo propone per la prima volta, dopo l’ultimo piano nazionale adottato nel 1987, un riordino organico del settore aeroportuale sia sotto il profilo infrastrutturale che dei servizi e delle gestioni ed una nuova classificazione degli aeroporti di interesse nazionale.

L’atto di indirizzo, che recepisce gli orientamenti comunitari in materia, verrà emanato con Decreto del Presidente della Repubblica, dopo l’intesa con la Conferenza Permanente Stato Regioni-Province autonome ed il parere delle competenti commissioni parlamentari.



Gli aeroporti di interesse nazionale: caratteristiche

L’atto di indirizzo propone una nuova classificazione degli aeroporti di interesse nazionale, posta la necessità di evitare la realizzazione di nuovi aeroporti.

Già nell’allegato infrastrutture alla nota di aggiornamento al DEF del settembre 2012 era stata segnalata la necessità di evitare la realizzazione di nuovi aeroporti e di considerare di interesse nazionale unicamente gli aeroporti inseriti nel “core network” delle reti TEN-T, ovvero con più di un milione di passeggeri annui ovvero con più di 500.000 passeggeri annui ma in possesso di caratteristiche quali l’unicità regionale o la collocazione in territori di scarsa accessibilità ovvero gli aeroporti indispensabili per la continuità territoriale.

Gli aeroporti di interesse nazionale manterranno la concessione nazionale (o saranno risolte le criticità relative al rilascio della concessione in gestione totale ove essa sia mancante) e saranno interessati da un programma di infrastrutturazione che ne potenzi la capacità, l’accessibilità, l’intermodalità.

Gli aeroporti non di interesse nazionale dovranno essere trasferiti, sulla base di quanto previsto dal decreto legislativo n. 85/2010, alle Regioni competenti, che ne valuteranno la diversa destinazione d’uso e/o la possibilità di chiusura.

E’ prevista l’adozione di piani di riequilibrio economico finanziario per il risanamento economico delle gestioni aeroportuali e la progressiva dismissione di quote societarie da parte degli enti pubblici, fortemente presenti in molti scali italiani, favorendo l’ingresso di capitali privati.

Si prevede anche una razionalizzazione dei servizi di navigazione aerea (revisione degli orari di apertura degli scali e di fornitura dei servizi in base al traffico degli scali) e dei servizi generali alla clientela.



Gli aeroporti di interesse nazionale: criteri per l'individuazione

Gli aeroporti di interesse nazionale previsti nel piano sono:

1) gli aeroporti inseriti nel “core network” delle reti TEN-T: Bergamo Orio al Serio, Bologna, Genova, Milano Linate, Milano Malpensa, Napoli, Palermo, Roma Fiumicino, Torino, Venezia;

Per gli aeroporti inseriti nel core network è prevista la priorità degli investimenti per il potenziamento dell’accessibilità e intermodalità degli scali, in primo luogo per gli scali intercontinentali di Roma Fiumicino, Milano Malpensa e Venezia.

2) gli aeroporti inseriti nel “comprehensive network” delle reti TEN-T con più di un milione di passeggeri annui (Alghero, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Firenze, Lamezia Terme, Olbia, Pisa, Roma Ciampino, Trapani, Treviso, Verona.) ovvero con più di 500.000 passeggeri annui ma in possesso di caratteristiche quali l’unicità regionale o la collocazione in territori di scarsa accessibilità, ovvero gli aeroporti indispensabili per la continuità territoriale (Ancona, Pescara, Reggio Calabria, Trieste , Lampedusa, Pantelleria).

Per gli aeroporti inseriti nel comprehensive network è previsto il potenziamento degli scali nel medio/lungo periodo.

3) gli aeroporti non inseriti nelle reti TEN-T ma con volumi di traffico in forte crescita e vicini ad un milione di passeggeri (Rimini) oppure destinati alla delocalizzazione del traffico di grandi aeroporti (Salerno).

Approfondimento: I diritti aeroportuali ed i contratti di programma



I diritti aeroportuali: caratteristiche generali

I diritti aeroportuali sono costituiti dal diritto di approdo e di partenza degli aeromobili, dal diritto per il ricovero o la sosta allo scoperto di aeromobili e dal diritto per l’imbarco passeggeri. Essi sono oneri a carico delle compagnie aeree e la loro riscossione consente alle società di gestione degli aeroporti il recupero del costo delle infrastrutture e dei servizi connessi all'esercizio degli aerei e alle operazioni relative ai passeggeri e alle merci, che le società stesse mettono a disposizione delle compagnie.

La XVI Legislatura ha visto l’introduzione di alcune significative modifiche nella disciplina dei diritti aeroportuali, culminate nel recepimento della direttiva 2009/12/CE, che ha istituito un quadro comune per la disciplina dei diritti aeroportuali, avvenuta con il decreto-legge n. 1 del 2012.

Per il recepimento della direttiva 2009/12/CE era stato presentato uno schema di decreto legislativo nel mese di luglio 2011. La Commissione trasporti della Camera aveva espresso sullo schema parere favorevole con condizioni e osservazioni nella seduta del 2 agosto 2011, ma il decreto legislativo non è stato emanato.



La direttiva 2009/12/CE

Con la direttiva 2009/12/CE si è introdotto un sistema di diritti aeroportuali armonizzato basato, in un quadro di libera concorrenza, sul confronto fra gestori e utenti aeroportuali.

La direttiva prevede l’applicazione obbligatoria della nuova disciplina a tutti gli aeroporti il cui volume di traffico annuale supera la soglia di 5 milioni di passeggeri (in Italia, secondo i dati relativi al 2010: Roma Fiumicino, Milano Malpensa, Milano Linate, Bergamo, Venezia, Catania, Napoli e Bologna), mentre è prevista la facoltatività per gli aeroporti con soglie di traffico inferiori. Sono stabiliti criteri armonizzati per la fissazione delle tasse aeroportuali destinate a finanziare le misure di sicurezza dell'aviazione negli aeroporti europei. Gli obiettivi preminenti si possono sintetizzare nella volontà di garantire la non discriminazione, la trasparenza e la consultazione delle compagnie aeree qualora le autorità aeroportuali stabiliscano i diritti da applicare, nonché l'aderenza ai costi di tali diritti. La direttiva prevede inoltre la designazione o l’istituzione di un'autorità di vigilanza nazionale indipendente, incaricata di assicurare la corretta applicazione delle misure adottate per conformarsi ai principi sanciti dalla direttiva.



Il recepimento nazionale

La direttiva 2009/12/CE è stata quindi recepita con gli articoli da 71 a 82 del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, i quali hanno disposto l'applicazione della nuova normativa a tutti gli aeroporti nazionali, senza distinzioni in relazione al volume di traffico. La nuova normativa non si applica peraltro ai contratti di programma attualmente in essere, come previsto nella clausola di salvaguardia inserita nell’art. 22, co. 3,. del decreto legge n. 5 del 2012: la norma ha infatti fatto salvo il completamento delle procedure per la stipula dei contratti di programma con le società di gestione aeroportuale che fossero allora in corso e che si concludessero entro il 31 dicembre 2012, nonché la misura dei diritti aeroportuali stabilita nei contratti di programma stipulati anteriormente al 24 gennaio 2012 (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 1 del 2012).  La nuova disciplina dei diritti aeroportuali sarà pertanto applicabile ai nuovi contratti che saranno stipulati alla scadenza di quelli in essere.

Le medesime disposizioni hanno individuato l’autorità di regolazione del settore nell’Autorità dei trasporti e, nelle more della sua costituzione, nell’ENAC.



La misura dei diritti aeroportuali

Nelle more dell’attuazione delle disposizioni del decreto-legge n. 1/2012, la misura dei diritti aeroportuali nei vigenti contratti di programma è fissata per ciascun aeroporto, secondo l’articolo 10, comma 10, della legge n. 537/1993 - come modificato dall’articolo 11-nonies del D.L. n. 203/2005 - con decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro delle economia e delle finanze, sulla base di criteri stabiliti dal CIPE. Tali decreti fissano anche la variazione massima annuale applicabile ai diritti aeroportuali, per un periodo compreso tra tre e cinque anni.

Ai fini della determinazione di tale variazione devono essere presi a riferimento: il tasso di inflazione programmato; l'obiettivo di recupero della produttività assegnato al gestore aeroportuale; la remunerazione del capitale investito; gli ammortamenti dei nuovi investimenti, stabiliti in contratti di programma stipulati tra l'ENAC (Ente Nazionale per l'Aviazione Civile) e il gestore aeroportuale.

Per i soli aeroporti con traffico superiore a otto milioni di passeggeri annui (in questa categoria rientrano, secondo i dati relativi al 2010, gli scali di Roma Fiumicino, Milano Malpensa e Milano Linate), l’articolo 17, comma 34-bis, del D.L. n. 78/2009, al fine di incentivare l’adeguamento delle infrastrutture, ha autorizzato l’ENAC a stipulare contratti di programma in deroga alla normativa vigente in materia, introducendo sistemi di tariffazione pluriennale orientati ai costi delle infrastrutture e dei servizi.

Le disposizioni dell’articolo 2, commi 190-191, della legge n. 191/2009 (l. finanziaria 2010), autorizzano una anticipazione tariffaria in favore delle società concessionarie dei servizi aeroportuali a decorrere dal 2010, nel limite massimo di tre euro a passeggero per l'imbarco su voli UE ed extra UE, a condizione che vengano effettuati nuovi investimenti infrastrutturali urgenti, in autofinanziamento, da parte dei gestori stessi.

Il termine per l’emanazione dei decreti per la determinazione dei diritti aeroportuali, è stato più volte prorogato, da ultimo al 30 giugno 2013 dall’art. 1, comma 388 (Tabella n. 2 allegata, n. 8) della legge di stabilità 2013 (legge 24 dicembre 2012, n. 228). Nelle more della loro adozione, si è provveduto, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, 4 ottobre 2010 all’aggiornamento della misura dei diritti aeroportuali al tasso di inflazione programmato per l’anno 2010 e successivamente si è provveduto con il D.M. 274 del 25 luglio 2012 alla revisione dei diritti aeroportuali, di cui al decreto n. 391 dell'11 novembre 2011. L’ultima revisione si è resa necessaria per adeguare i diritti aeroportuali al nuovo tasso d'inflazione programmato (2% invece di 1,5%). Con D.M. 19 novembre 2012 è stato definito il campo di applicazione del decreto n. 274 del 25 luglio 2012 specificando che le tariffe previste in tale decreto si applicano fino alla data di esigibilità delle tariffe previste nei singoli contratti di programma sottoscritti tra i gestori aeroportuali ed ENAC.



I contratti di programma per la gestione degli aeroporti di Roma Fiumicino e di Venezia

Il 25 e il 26 ottobre 2012 sono stati sottoscritti dall'ENAC due contratti di programma con le società di gestione degli aeroporti rispettivamente di Roma e di Venezia.

Unitamente ai contratti di programma, che disciplinano il rapporto tra lo Stato e le società che gestiscono gli aeroporti, sono state sottoscritte le convenzioni di gestione aeroportuale. L'iter approvativo si è concluso il 27 dicembre 2012 per quanto riguarda gli aeroporti di Roma e il 28 dicembre 2012 per quanto riguarda l'aeroporto di Venezia.

 Il contratto di programma con ADR (Aeroporti di Roma) , relativo agli aeroporti di Roma Fiumicino e Roma Ciampino, è stato stipulato in deroga alla normativa relativa alla regolazione tariffaria, in quanto si tratta di un sistema aeroportuale con più di 8 milioni di passeggeri annui, sulla base della disposizione di cui all’articolo 17, comma 34-bis, del decreto-legge n. 78/2009 richiamata nel precedente paragrafo

Si prevede comunque il recepimento del principio generale, sia comunitario che nazionale, di adeguamento delle tariffe ai costi efficientati del gestore. Il contratto di programma definisce i principi per la determinazione delle tariffe per l'intero periodo della concessione (che scade nel 2044) e ne stabilisce l'ammontare per il primo quadriennio. Per questo periodo, per lo scalo di Fiumicino, è stato fissato un incremento medio del diritto d'imbarco, rispetto al costo attuale, di 8,5 euro a passeggero.

Il contratto assicura al gestore la certezza delle entrate necessarie allo sviluppo del piano degli investimenti. L'entità delle opere previste nel piano degli investimenti presentato da ADR per il primo periodo regolatorio (2012 – 2021) è di circa 2,5 miliardi di euro, mentre per l'intero periodo concessorio è di 12 miliardi di euro.

 Il contratto di programma con SAVE, che gestisce l'aeroporto di Venezia, prevede un programma di investimenti, per il periodo 2012-2016, di 328,6 milioni di euro e di 604,6 milioni di euro per l'intero decennio 2012-2021. L'incremento medio delle tariffe, rispetto alla media vigente al 2010, è di circa 5 euro, come media nel quinquennio.



Dossier pubblicati

Approfondimento: La vicenda Alitalia



La crisi Alitalia e gli interventi normativi

Con il decreto-legge n. 80/2008, il Governo ha disposto l’erogazione di un prestito a breve termine di 300 milioni di euro, da utilizzare – come successivamente precisava il decreto-legge 93/2008 – per coprire le perdite, al fine dichiarato di salvaguardare per dodici mesi la continuità aziendale di Alitalia, assicurando le risorse necessarie al possibile risanamento ed escludendo, in tale lasso temporale, il ricorso ad ipotesi di liquidazione.

Il decreto-legge 97/2008 ha quindi previsto che, per salvaguardare interessi pubblici di particolare rilevanza, e in deroga a quanto disposto dalla vigente normativa, il Consiglio dei ministri, con propria delibera, potesse individuare uno o più soggetti qualificati (advisor) che, anche nell'interesse di Alitalia-Linee aeree italiane S.p.a., promuovessero in esclusiva, per conto terzi o anche in proprio, la presentazione di un'offerta all'azionista o alla società, finalizzata ad acquisire il controllo di Alitalia entro il termine indicato nella stessa delibera.

Con il decreto-legge 134/2008 sono state poi introdotte apposite modifiche al decreto-legge 347/2003 (legge Marzano), in materia di ristrutturazione industriale di grandi imprese. Il decreto-legge 134/2008 ha esteso l’applicazione della speciale disciplina prevista per le imprese in stato di insolvenza che intendano avvalersi della procedura di ristrutturazione economica e finanziaria, anche alle imprese che decidono la cessione dei complessi aziendali, disponendo che, per le imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, il provvedimento di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria sia adottato con decreto del Presidente del Consiglio. Derogando alla vigente normativa, il decreto ha previsto inoltre, per le imprese operanti nei settori dei servizi pubblici essenziali, che il commissario straordinario proceda ad individuare l’acquirente a trattativa privata, tra i soggetti che garantiscono la continuità nel medio periodo del relativo servizio, la rapidità dell’intervento e il rispetto dei requisiti. Il prezzo di cessione non può comunque essere inferiore a quello di mercato, secondo una valutazione rimessa ad un soggetto indipendente.



La cessione di Alitalia alla Compagnia Aerea Italiana

A seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 134/2008, il consiglio di amministrazione di Alitalia ha chiesto l’ammissione alle procedure di amministrazione straordinaria ed ha presentato istanza al tribunale di Roma per la dichiarazione di insolvenza. Nella stessa giornata il Governo ha proceduto alla nomina del commissario straordinario.

Era stata intanto costituita da alcuni imprenditori e gruppi bancari italiani la Compagnia Aerea Italiana (CAI) con lo scopo di rilevare il marchio e le attività di Alitalia e di Air One. Le trattative si sono concluse il 12 dicembre 2008 con l’acquisto della titolarità del marchio Alitalia e dei principali asset aziendali da parte della CAI. Il complesso di beni e risorse non trasferiti alla nuova compagnia (“bad company”) è rimasto soggetto all’amministrazione straordinaria del commissario nominato dal Governo.

Per quanto riguarda i diritti dei creditori, il decreto 134/2008 ha previsto per i piccoli azionisti il ricorso al fondo conti dormienti, mentre il decreto-legge n. 5/2009 ha istituito un fondo per il rimborso dei titoli obbligazionari, con una dotazione di 100 milioni per l'anno 2012. In merito alla attuazione di tali disposizioni, il Governo, rispondendo a una serie di interrogazioni, ha fornito chiarimenti nella seduta della Commissione trasporti della Camera del 27 maggio 2009.

Ulteriori misure in favore dei creditori sono state introdotte con il decreto-legge 78/2009. In particolare, si è previsto per il rimborso per i titolari di obbligazioni Alitalia il prezzo medio di borsa dell'ultimo mese di negoziazione. Si è riconosciuto, inoltre, anche agli azionisti Alitalia, la possibilità di cedere i propri titoli, per un importo fissato al 50% del prezzo medio di borsa. Il limite massimo del rimborso è stato stabilito in 100.000 euro per ciascun obbligazionista e in 50.000 euro per ciascun azionista.

L’art. 2, commi 20-quater e 20-quinquies, del decreto legge n. 95/2012 (c.d. spending review) ha poi fissato un tetto ai compensi degli amministratori e dei dipendenti delle società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze, tra cui rientra anche Alitalia in amministrazione straordinaria, in misura pari al  trattamento economico del Primo presidente della Corte di Cassazione.

 La nuova Alitalia-CAI S.p.A., nata alla fine del 2008 ed operativa dal gennaio 2009 è una società per azioni di diritto italiano, a capo dell’omonimo gruppo, del quale fa parte anche la società Air One S.p.A..

Il capitale azionario della nuova Alitalia è frazionato tra oltre 20 società; la partecipazione più rilevante è detenuta da Air France-KLM S.A. (25%), a cui seguono le partecipazioni di FIRE S.p.A. (11% circa), Intesa San Paolo S.p.A. (9% circa), Atlantia S.p.A. (9% circa) IMMSI S.p.A. (7%), T.H. S.A. (5% circa) Toto S.p.A. (5% circa). Alitalia non è controllata stabilmente da alcuno di tali soggetti, in quanto, in ragione delle disposizioni statutarie, nessun azionista esercita, singolarmente o congiuntamente, una influenza determinante sulla società.

Alitalia collega 79 destinazioni tra Italia e resto del mondo, con 2272 frequenze settimanali su 143 rotte. In particolare Alitalia serve 25 destinazioni nazionali per 1465 frequenze settimanali sul territorio nazionale, nonché 54 destinazioni internazionali e intercontinentali per 807 frequenze settimanali, avvalendosi a tale fine di 7 basi operative: Roma, Milano Linate, Milano Malpensa, Torino, Venezia, Napoli e Catania. La società, inoltre, aderisce all’alleanza tra vettori SkyTeam e ha in essere diversi accordi di code sharing



L'attività e l'andamento di Alitalia-CAI

I primi anni di attività della nuova Alitalia - che ha effettuato i primi voli il 13 gennaio 2009 - hanno confermato l’orientamento verso una posizione di mercato diversificata rispetto a quella tradizionalmente perseguita dalla Compagnia.

Nel corso del 2010, il Gruppo Alitalia ha registrato ricavi per 3.225 ml. di euro (+14,1%), 23,4 milioni di passeggeri trasportati (+7,4%) e un risultato operativo di -107 ml. di euro, in miglioramento di 167 ml. di euro rispetto al 2009. Il risultato netto è stato pari a -168 ml. euro, in progresso di 159 ml. di euro rispetto al 2009. La crescita è stata trainata soprattutto dalle attività intercontinentali e internazionali, che hanno fatto registrare, rispettivamente, incrementi del 13,7% e 11,5% nel numero di passeggeri trasportati e del 32,9% e 15,3% in termini di ricavi.

Nel 2011 il fatturato di Alitalia è stato di circa 3,4 miliardi a livello mondiale, di cui circa 1,4 miliardi a livello nazionale.

 Il 25 ottobre 2012 il Consiglio di amministrazione di Alitalia-CAI, esaminando l'andamento del Gruppo nel terzo trimestre 2012, ha rilevato un'inversione di tendenza rispetto al primo semestre dell'anno. I ricavi totali dell'ultimo trimestre (1.126 milioni di euro) sono aumentati del 4% rispetto allo stesso periodo del 2011, mentre il risultato operativo (+ 50 milioni di euro), pur se in riduzione rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso (+ 90 milioni di euro), è risultato in forte crescita rispetto a quello del secondo trimestre 2012 (- 60 milioni di euro). Il risultato netto del trimestre è di + 27 milioni di euro; era di + 69 milioni di euro nel terzo trimestre 2011 e di – 70 nel secondo trimestre 2012.

L'indebitamento finanziario netto al 30 settembre 2012 era pari a 923 milioni di euro, in aumento di 61 milioni di euro rispetto al 30 giugno 2012 (862 milioni). Sempre al 30 settembre la disponibilità liquida totale – comprensiva delle linee di credito non utilizzate - risultava pari a 300 milioni di euro, con una diminuzione di 67 milioni di euro rispetto al 30 giugno 2012 (367 milioni).

Considerando complessivamente i primi tre trimestri del 2012 si evidenzia una perdita netta di 173 milioni di euro (era di 201 milioni di euro al termine del primo semestre 2012) e un risultato operativo di -119 milioni di euro, rispetto a - 169 milioni dei primi sei mesi dell'anno.

Nel terzo trimestre 2012 il Gruppo Alitalia ha trasportato quasi 7,5 milioni di passeggeri, numero sostanzialmente invariato rispetto a quello dello stesso periodo del 2011. La quota di mercato del Gruppo Alitalia rimane stabile al 23% circa. Il load factor si è attestato al 78%, con un miglioramento (+ 0,5 punti percentuali) rispetto allo stesso periodo del 2011, quando era stato del 77,5%. Il grado di regolarità dei voli è stato del 99,9% (+0,2 punti percentuali rispetto al terzo trimestre 2011) e il grado di puntualità si è attestato sull'83,8%, con un aumento di 1,9 punti percentuali, sempre rispetto al terzo trimestre 2011 (81,9%).

Nel corso della riunione sono stati presentati i lineamenti del Piano Industriale 2013-2015, che si fonderà su due pilastri fondamentali: il controllo dei costi per finanziare la crescita e lo sviluppo dei ricavi, con l'obiettivo di raggiungere l'utile operativo alla fine del 2013. E' stata infine annunciata l'apertura, nel prossimi sei mesi, di nuove rotte: Abu Dhabi, Zurigo, Erevan, Praga e Fortaleza.



L'acquisizione di WINDJet

Il 18 luglio 2012 l'AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) ha autorizzato l'acquisizione delle attività di WindJet da parte di Alitalia-CAI , subordinandola all'adozione di misure volte ad eliminare gli effetti anticoncorrenziali della concentrazione sulle rotte Catania - Milano, Palermo - Milano e Catania - Roma.

Per le quattro stagioni IATA successive alla stagione estiva 2012 Alitalia dovrà rilasciare i seguenti slot corrispondenti a voli operati da WindJet:

 L'allocazione degli slot ceduti dovrà essere gestita da un soggetto terzo (monitoring trustee), indipendente da Alitalia e che non sia esposto a conflitti di interesse. Il monitoring trustee ha il compito di raccogliere le richieste dei vettori concorrenti (necessariamente privi di legami societari, finanziari e commerciali con Alitalia e non facenti parte dell'alleanza SKYTeam) che dovranno operare, per almeno quattro stagioni IATA, i voli sugli slot richiesti con vincolo di destinazione sulle corrispondenti rotte interessate. Gli slot saranno assegnati dal monitoring trustee sulla base di una procedura comparativa che tenga conto di una serie di requisiti dei potenziali acquirenti, quali i business plan, le caratteristiche del vettore, i piani commerciali e tariffari e l'ampiezza del network operato, anche con riguardo alla modalità di allocazione degli slot eventualmente detenuti sullo scalo oggetto della richiesta.



Il monopolio sulla Roma-Milano

Nell’ambito del processo di riassetto di Alitalia è avvenuta la fusione della stessa con la compagnia aerea AirOne. In proposito, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, con provvedimento dell'11 aprile 2012, ha imposto ad Alitalia-CAI di rimuovere entro il 28 ottobre 2012 la situazione di monopolio di Alitalia  esistente sulla rotta Roma Fiumicino–Milano Linate .

Alitalia ha ricorso contro la decisione della Autorità Antitrust ma la decisione dell’AGCM è stata infine confermata, nel gennaio 2013, dal Consiglio di Stato.

La rimozione della posizione di monopolio si è tradotta nella cessione di otto slot, effettuata attraverso una procedura di selezione affidata alla società Nexia International, alla compagnia Easy-Jet. L’impegno prevede di operare sulla rotta Milano Linate-Roma per almeno sei stagioni IATA consecutive a partire dalla stagione Winter 2012/2013.