Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2015) A.C. 2679-bis - Seconda edizione - Parte I ' Tomo 1 (Articoli 1-30)
Riferimenti:
AC N. 2679-BIS/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 233
Data: 03/11/2014
Descrittori:
BILANCIO DELLO STATO     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(Legge di stabilità 2015)

 

A.C. 2679-bis

Schede di lettura

 

 

 

 

n. 233

 

Seconda edizione

 

Parte I – Tomo 1

(Articoli 1-30)

 

 

3 novembre 2014

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-9932 – * st_bilancio@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Servizio Bilancio dello Stato
Analisi di finanza pubblica n. 7

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione

( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

Il presente dossier è articolato in tre volumi:

§  Quadro di sintesi degli interventi (dossier n. 233/1) e Schede di lettura (dossier n. 233, Parte I, Tomi 1 e 2), redatti dal Servizio Studi e dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea, per le parti relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea;

§  Profili finanziari (dossier n. 233, Parte II) curati dal Servizio Bilancio dello Stato, nonché dalla Segreteria della V Commissione per quanto concerne le coperture.

Si segnala che i dossier commentano le norme come risultanti dallo stralcio disposto dal Presidente della Camera, ai sensi dell'articolo 120, comma 2, del Regolamento, e comunicato all'Assemblea il 30 ottobre 2014, dell’articolo 17, commi 11, 20, 22 23; dell’articolo 20, comma 2; dell’articolo 21, commi 8, da 15 a 20; dell’articolo 28, commi 15, da 23 a 27, 31; dell’articolo 31, commi da 8 a 10, 20; dell’articolo 32, comma 6, dell’articolo 41.

 

La documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

File: ID0014s1.doc


INDICE
(Tomo I)

Schede di lettura

§  Articolo 1 (Risultati differenziali del bilancio dello Stato) 3

§  Articolo 2 (Gestioni previdenziali) 6

§  Articolo 3 (Fondo per la realizzazione del Piano “La buona scuola”) 8

§  Articolo 4 (Stabilizzazione del bonus di 80 euro) 9

§  Articolo 5 (Deduzione del costo del lavoro dall’imponibile IRAP) 15

§  Articolo 6 (Trattamento di fine rapporto in busta paga) 19

§  Articolo 7, commi 1 e 2 (Credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo) 29

§  Articolo 7, commi 3-11 (Regime nazionale di tassazione agevolata - Patent box) 36

§  Articolo 8 (Ecobonus e ristrutturazione) 39

§  Articolo 9 (Regime fiscale agevolato per lavoratori autonomi (c.d. minimi)) 48

§  Articolo 10 (Misure per l’efficienza del sistema giudiziario) 68

§  Articolo 11 (Disposizioni in materia di ammortizzatori sociali, di servizi per il lavoro e politiche attive) 72

§  Articolo 12 (Sgravi contributivi per assunzioni a tempo indeterminato) 74

§  Articolo 13 (Misure per la famiglia) 80

§  Articolo 14 (Contrasto della ludopatia) 83

§  Articolo 15 (Erogazioni liberali alle ONLUS) 84

§  Articolo 16 (Cessione frequenze “banda L”) 86

§  Articolo 17, commi 1 e 2 (Disposizioni finanziarie a favore dell’autotrasporto) 88

§  Articolo 17, comma 3 (Accesso agli impianti portuali) 90

§  Articolo 17, comma 4 (Cinque per mille) 92

§  Articolo 17, comma 5 (Contributo integrativo all’Agenzia delle entrate) 95

§  Articolo 17, comma 6 (Carta acquisti ordinaria) 96

§  Articolo 17, comma 7 (Fondo nazionale politiche sociali) 98

§  Articolo 17, comma 8 (Fondo per le non autosufficienze) 101

§  Articolo 17, comma 9 (Risorse per le scuole paritarie) 102

§  Articolo 17, comma 10, e articolo 28, comma 16 (Fondo di finanziamento ordinario delle università) 104

§  Articolo 17, comma 11 (Lavori socialmente utili Napoli e Palermo- Stralciato) 106

§  Articolo 17, comma 12 (Rifinanziamento del Fondo per le missioni internazionali) 107

§  Articolo 17, comma 13 (Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo) 109

§  Articolo 17, commi 14 e 15 (Minori non accompagnati) 114

§  Articolo 17, comma 16 (Stampa quotidiana e periodica) 118

§  Articolo 17, comma 17 (Indennizzi per soggetti danneggiati da emotrasfusioni) 120

§  Articolo 17, comma 18 (Autorizzazione di spesa per riforma terzo settore) 122

§  Articolo 17, comma 19 (Fondo per la riduzione della pressione fiscale) 123

§  Articolo 17, comma 20 (Utilizzo del personale delle Forze armate per il controllo del territorio della c.d. Terra dei fuochi- Stralciato) 125

§  Articolo 17, comma 21 (Incremento Fondo interventi strutturali di politica economica) 126

§  Articolo 17, comma 22 (Imprenditorialità giovanile in agricoltura - Stralciato) 127

§  Articolo 17, comma 23 (Filiera agricola e distretti agroalimentari - Stralciato) 128

§  Articolo 18 (Superamento della clausola di salvaguardia di cui all’articolo 1, comma 430, della legge 27 dicembre 2013, n. 147)(spending review) 129

§  Articolo 19, comma 1 (Riduzione trasferimenti alle imprese) 133

§  Articolo 19, comma 2 (Trasferimento ad ENAV oneri di navigazione aerea) 142

§  Articolo 19, comma 3 (Rottamazione veicoli) 144

§  Articolo 19, commi 4-7 (Parco rotabile trasporto pubblico locale) 146

§  Articolo 19, commi 8-10 (Lotti costruttivi rete ferroviaria) 148

§  Articolo 19, comma 11 (Riduzione crediti di imposta) 151

§  Articolo 20, comma 1 (Riduzione di trasferimenti ad enti) 153

§  Articolo 20, comma 2 (Dismissione partecipazioni RAI - Stralciato) 157

§  Articolo 21, commi 1-3 (Proroga del blocco della contrattazione e degli incrementi stipendiali nel pubblico impiego) 158

§  Articolo 21, comma 4 (Abrogazione norme promozioni FF.AA. e corpi di polizia) 161

§  Articolo 21, comma 5 (Indennità di ausiliaria FF.AA. e polizia militare) 162

§  Articolo 21, commi 6 e 7 (Riduzione indennità piloti e controllori di volo militari) 163

§  Articolo 21, comma 8 (Divieto di cumulo di trattamenti accessori personale non appartenente al ruolo sanitario di livello dirigenziale del Ministero della sanità - Stralciato) 165

§  Articolo 21, commi 9 e 10 (Riordino carriere personale FF.AA.) 166

§  Articolo 21, comma 11 (Rinvio di assunzioni di personale della Polizia e Vigili del fuoco) 167

§  Articolo 21, commi 12-14 (Revisione dell’Accordo nazionale quadro di amministrazione delle Forze di Polizia ad ordinamento civile) 169

§  Articolo 21, comma 15 (Permessi sindacali delle Forze di polizia ad ordinamento civile e dei Vigili del fuoco - Stralciato) 172

§  Articolo 21, commi 16-20 (Rappresentanze militari - Stralciati) 173

§  Articolo 22 (Valorizzazione del patrimonio immobiliare) 174

§  Articolo 23 (Valorizzazione del patrimonio mobiliare (Contratto di programma Poste italiane Spa)) 179

§  Articolo 24 (Dotazioni di bilancio dei Ministeri) 182

§  Articolo 25, commi 1-4 (Riduzione spese di organi di rilevanza costituzionale, CNEL e Presidenza del Consiglio) 184

§  Articolo 25, comma 5 (Riduzione dei proventi del canone da attribuire alla RAI) 188

§  Articolo 25, comma 6 (Trasporto merce su ferro) 190

§  Articolo 25, commi 7 e 8 (Riconoscimento di quote di stanziamenti ad ANAS S.p.A.) 192

§  Articolo 26, comma 1 (Soppressione assunzione ispettori) 194

§  Articolo 26, comma 2 (Soppressione prestazioni accessorie INPS per cure termali) 195

§  Articolo 26, comma 3 (Giorno di pagamento delle pensioni INPS) 196

§  Articolo 26, comma 4 (Comunicazioni a INPS a seguito di decesso) 197

§  Articolo 26, commi 5 e 6 (Restituzione somme pensioni INPS indebitamente percepite post mortem assistito) 198

§  Articolo 26, comma 7 (Versamento all’entrata del bilancio di quota parte degli interessi attivi INPS per concessione di mutui e prestiti) 200

§  Articolo 26, commi 8 e 9 (Versamento all’entrata del bilancio di risparmi di spesa da parte dell’INPS e dell’INAIL) 201

§  Articolo 26, comma 10 (Riduzione contributi patronati) 202

§  Articolo 26, comma 11 (Riduzione Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello) 204

§  Articolo 26, comma 12 (Modifica ISEE) 206

§  Articolo 27, comma 1 (Riduzione contributi a organismi internazionali) 207

§  Articolo 27, comma 2 (Ulteriori interventi sul trattamento economico e normativo del personale in servizio all’estero) 210

§  Articolo 27, comma 3 (Riduzione stanziamenti per il personale scolastico all’estero) 218

§  Articolo 27, comma 4 (Informazione italiana diffusa all’estero) 219

§  Articolo 28, comma 1 (Riduzione del contributo a favore della Scuola per l’Europa di Parma) 220

§  Articolo 28, comma 2 (Riduzione del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche) 221

§  Articolo 28, comma 3 (Acquisizione all’erario di risorse non utilizzate dalle scuole) 222

§  Articolo 28, comma 4 (Riduzione del numero dei coordinatori periferici di educazione fisica) 223

§  Articolo 28, comma 5 (Abrogazione di esoneri e semiesoneri dall’insegnamento per i docenti con funzioni vicarie) 224

§  Articolo 28, commi 6 e 7 (Comandi del personale scolastico) 226

§  Articolo 28, commi 8 e 9 (Supplenze brevi di personale docente e ATA) 229

§  Articolo 28, commi 10-12 (Dotazioni organiche del personale ATA) 232

§  Articolo 28, comma 13 (Visite medico-legali delle Università e delle AFAM) 234

§  Articolo 28, comma 14 (Soppressione del contributo a favore della Scuola di ateneo Jean Monnet) 236

§  Articolo 28, comma 15 (Risorse relative all’insediamento di una sede universitaria di ingegneria nel polo di ricerca e di attività industriali ad alta tecnologia di Genova - Stralciato) 237

§  Articolo 28, comma 17 (Chiusura del piano stralcio Fondo speciale per la ricerca applicata - FSRA) 239

§  Articolo 28, commi 18, 19 (Istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale- AFAM) 242

§  Articolo 28, commi 20-21 (Enti di ricerca vigilati dal MIUR) 244

§  Articolo 28, comma 22 (Riduzione dell’organico degli Uffici di diretta collaborazione del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca) 246

§  Articolo 28, comma 23 (Controlli di primo livello per il PON “Per la Scuola - competenze e ambienti per l’apprendimento - Stralciato) 247

§  Articolo 28, comma 24 (Risorse per INVALSI, Istituti superiori di studi musicali e Accademie di belle arti non statali - Stralciato) 248

§  Articolo 28, comma 25 (Fondo per il potenziamento e la valorizzazione dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica - Stralciato) 249

§  Articolo 28, commi 26-27 (Programma straordinario di reclutamento INVALSI - Stralciato) 250

§  Articolo 28, commi 28-30 (Assunzioni da parte delle università) 251

§  Articolo 28, comma 31 (Differimento di termini in materia di edilizia scolastica - Stralciato) 255

§  Articolo 29 (Riduzioni delle spese ed interventi correttivi del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare – Convenzione biodiversità) 256

§  Articolo 30, comma 1 (Soppressione contributo a imprese armatoriali) 257

§  Articolo 30, comma 2 (Mutui ferrovie in concessione) 258

§  Articolo 30, comma 3 (Riduzione del contributo quindicennale relativo alla Pedemontana di Formia) 259

§  Articolo 30, comma 4 (Riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al contributo straordinario al comune di Reggio Calabria) 260

§  Articolo 30, comma 5 (Riduzione della quota ANAS del canone annuo a carico dei concessionari autostradali) 261

 


INDICE
(Tomo II)

Schede di lettura

§  Articolo 31, comma 1 (Soppressione indennità di trasferimento in Italia per personale FF.AA., Forze di polizia, VV.FF. e Prefetti)........................................................................ 263

§  Articolo 31, comma 2 (Impiego personale militare all’estero).................... 264

§  Articolo 31, comma 3 (Abrogazione stage difesa per giovani).................. 265

§  Articolo 31, comma 4 (Medaglia mauriziana)............................................. 266

§  Articolo 31, comma 5 (Soppressione trasporto collettivo personale della Difesa)     267

§  Articolo 31, commi 6 e 7 (Riduzione alloggi ASIR).................................... 268

§  Articolo 31, commi 8 e 10 (Riduzione uffici giudiziari militari - Stralciato).. 270

§  Articolo 31, comma 11 (Norma ARQ personale all’estero)....................... 271

§  Articolo 31, comma 12 (Riduzione personale civile della difesa all’estero) 272

§  Articolo 31, comma 13 (Riduzione uffici diretta collaborazione)................ 273

§  Articolo 31, comma 14 (Revisione strumento militare).............................. 275

§  Articolo 31, commi 15-18 (Vendita alloggi)................................................ 276

§  Articolo 31, comma 19 (Attribuzione del grado vertice)............................. 278

§  Articolo 31, comma 20 (Agenzia industrie difesa - Stralciato)................... 279

§  Articolo 32, commi 1-3 (Incorporazione dell’INEA nel CRA e Istituzione dell’Agenzia unica per ricerca, la sperimentazione in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria) 280

§  Articolo 32, comma 4 (Gasolio agricolo)................................................... 289

§  Articolo 32, comma 5 (Piano irriguo nazionale)......................................... 291

§  Articolo 32, comma 6 (Sequestri di carburante - Stralciato)..................... 293

§  Articolo 33 (Ottimizzazione della gestione della tesoreria dello Stato)....... 294

§  Articolo 34 (Assoggettamento delle Camere di commercio alla tesoreria unica e proroga del termine finale per la sospensione della tesoreria unica “mista”)............................. 298

§  Articolo 35, commi 1-12 (Estensione al 2018 del contributo alla finanza pubblica delle Regioni) 302


 

§  Articolo 35, commi 13-17 (Concorso delle province, delle città metropolitane e dei comuni al contenimento della spesa pubblica)........................................................... 312

§  Articolo 35, comma 18 (Quota di riparto del Fondo di solidarietà comunale in base a fabbisogni standard e capacità fiscali)........................................................................ 318

§  Articolo 36, commi 1-17 (Pareggio di bilancio per le regioni a statuto ordinario)   321

§  Articolo 36, commi 18-22 (Nuova disciplina della regionalizzazione del patto di stabilità)   330

§  Articolo 37 (Riduzione degli obiettivi del patto di stabilità interno degli enti locali)  333

§  Articolo 38, commi 1-4 (Armonizzazione contabile degli enti territoriali).... 344

§  Articolo 38, comma 5 (Regione Sardegna)............................................... 347

§  Articolo 38, commi 6-10 (Spese per il funzionamento degli uffici giudiziari) 349

§  Articolo 38, comma 11 (Contributo Roma capitale)................................... 351

§  Articolo 38, commi 12-14 (Expo 2015 – Misure in materia di personale e contributo al Comune di Milano per gli oneri connessi all’evento).................................................... 353

§  Articolo 39 (Attuazione del Patto per la salute 2014-2016)........................ 355

§  Articolo 40 (Piano per il risanamento della regione Molise)....................... 383

§  Articolo 41 (Verifica straordinaria nei confronti del personale sanitario dichiarato inidoneo alla mansione specifica - Stralciato)................................................................. 385

§  Articolo 42 (Misure per favorire il trasferimento delle risorse da parte delle regioni agli enti del Servizio sanitario nazionale)..................................................................................... 386

§  Articolo 43 (Razionalizzazione delle società partecipate locali)................. 388

§  Articolo 44, commi 1-5 (Aliquote fondi pensioni)....................................... 402

§  Articolo 44, comma 6 (Rivalutazione terreni e partecipazioni).................. 404

§  Articolo 44, commi 7-10 (Reverse charge e split payment)...................... 406

§  Articolo 44, commi 11-18 (Adempimenti volontari dei contribuenti).......... 414

§  Articolo 44, comma 19 (Proroga riscossione enti locali)........................... 423

§  Articolo 44, commi 20-25 (Disposizioni in materia di giochi)..................... 427

§  Articolo 44, comma 26 (Tassazione enti non commerciali)....................... 433

§  Articolo 44, comma 27 (Ritenute su ristrutturazioni)................................. 434

§  Articolo 44, commi 28 e 29 (Tassazione di capitali percepiti in caso di morte in dipendenza di assicurazione sulla vita)............................................................................. 435

§  Articolo 44, comma 30 (Terremoto Emilia)................................................ 436

§  Articolo 44, comma 31 (Soppressione esenzione bollo auto ultraventennali) 437

§  Articolo 44, commi 32-39 (Cofinanziamento nazionale dei programmi dell’Unione europea)   438

§  Articolo 44, comma 40 (Regimi fiscali privilegiati)..................................... 443

§  Articolo 45, comma 1 (Riduzione Fondo cuneo fiscale)............................ 444

§  Articolo 45, comma 2 (Riduzione stanziamento del Fondo per la riduzione della pressione fiscale) 445

§  Articolo 45, commi 3 e 4 (Clausola di salvaguardia: innalzamento aliquote IVA e accise) 447

§  Articolo 45, comma 5 (Riduzione Fondo compensazione effetti finanziari) 450

§  Articolo 45, comma 6 (Riduzione risorse per benefici previdenziali relativi a lavori usuranti)  451

§  Articolo 45, comma 7 (Versamento da parte dell’INPS all’entrata del bilancio di somme derivanti dal contributo per i fondi interprofessionali per la formazione continua).......... 453

§  Articolo 46, comma 1 (Tabelle A e B)........................................................ 456

§  Articolo 46, comma 2 (Tabella C).............................................................. 461

§  Articolo 46, commi 3 e 5 (Tabella E).......................................................... 464

§  Articolo 46, comma 4 (Tabella D).............................................................. 493

§  Articolo 46, commi 6 e 7 (Copertura degli oneri correnti e prospetto di copertura)    496

§  Articolo 47 (Entrata in vigore)..................................................................... 499

 

 


Schede di lettura

 


 

Articolo 1
(Risultati differenziali del bilancio dello Stato)

 

 

L’articolo 1 reca l’indicazione dei saldi finanziari che l’articolo 17 della legge di contabilità e finanza pubblica n. 196/2009 dispone debbano essere annualmente stabiliti nella legge di stabilità, vale a dire il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato.

 

Il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato vengono fissati per l’anno 2015 e per i due anni successivi, 2016 e 2017, compresi nel bilancio pluriennale, secondo quanto esposto nell’allegato n. 1 al disegno di legge.

Il saldo netto da finanziare è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.

Il ricorso al mercato rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che si prevede effettuare nell’anno e che non sono coperte dalle entrate finali: tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.

Per il 2015 il limite massimo del saldo netto da finanziare è pari a 58 miliardi in termini di competenza, come indicato dalla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza[1], al netto di 16.884 milioni per regolazioni contabili e debitorie

Tale limite è lievemente superiore al valore effettivo del saldo (57,6 miliardi) risultante dal disegno di legge di bilancio per il 2015[2] (A.C.2680) La differenza tra il limite massimo e il saldo contabile rappresenta un margine “cautelativo” rispetto ad eventuali variazioni in aumento del saldo che dovessero verificarsi in corso d’anno. Anche nelle precedenti leggi di stabilità si prevedeva una differenza tra il saldo di bilancio e il limite massimo, di ampiezza di anno in anno diversa.

 

Per quanto riguarda il ricorso al mercato, per l’anno 2015 è fissato un livello massimo, in termini di competenza, pari a 327 miliardi. In tale limite è compreso l’indebitamento all’estero, per un importo complessivo di 4 miliardi, relativo ad interventi non considerati nel bilancio di previsione.

Anche in questo caso il valore massimo del ricorso al mercato fissato dall’articolo 1 in esame è superiore a quello risultante dal disegno di legge di bilancio, pari a 307,1 miliardi. Si tratta di un differenziale, anche esso già presente nelle precedenti leggi di stabilità, volto a consentire margini di flessibilità nella gestione del debito pubblico.

 

Per il biennio successivo, il livello massimo del SNF è fissato in misura pari a 27 miliardi per il 2016 e a 15 miliardi per il 2017, al netto di 3.150 milioni per regolazioni contabili e debitorie in ciascuno dei due anni.

Come per il 2015, anche tali limiti si situano al di sopra dei valori risultanti dal disegno di legge di bilancio per gli anni 2016 e 2017, come risultante dal disegno di legge di bilancio, pari, rispettivamente, a 25,5 miliardi nel 2016 e a 13,5 miliardi nel 2016.

Il livello massimo del ricorso al mercato è determinato in 275 miliardi nel 2016 e 300 miliardi nel 2017 (256,3 miliardi e 280,3 miliardi, rispettivamente, nei due anni, nel disegno di legge di bilancio integrato con la legge di stabilità).

Come specificato dall’allegato 1, il livello massimo del ricorso al mercato relativo a ciascuna annualità si intende al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare in via anticipata (o di ristrutturare) passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato, oltre, come detto, ad essere comprensivo, per il 2015, di 4 miliardi per indebitamento estero.

Regolazioni contabili e debitorie

I valori dei saldi fissati nel comma 1 in esame sono calcolati al netto delle regolazioni contabili e debitorie.

Le regolazioni contabili rappresentano lo strumento per ricondurre in bilancio operazioni che hanno già manifestato il loro impatto economico-finanziario. Esse possono esplicare effetti unicamente sul bilancio dello Stato (attraverso la contabilizzazione di un uguale importo nelle entrate e nelle spese[3]), ovvero coinvolgere anche la Tesoreria: ciò avviene in presenza di anticipazioni di tesoreria, che vengono regolate in esercizi successivi. L’operazione incide sul fabbisogno (del settore statale e del settore pubblico) e sull’indebitamento nell’anno in cui avviene l’anticipazione; incide invece sul bilancio dello Stato nell’anno in cui ci si fa carico della sua regolazione.

Oltre alle regolazioni contabili, vi sono le c.d. regolazioni debitorie in senso stretto, il cui trattamento contabile viene valutato caso per caso. Ai fini dell’indebitamento netto, di norma, una partita debitoria sviluppa i suoi effetti nel momento in cui nasce l’obbligazione, a condizione tuttavia che siano chiaramente identificabili sia i soggetti creditori che l’ammontare del debito. Tale criterio si applica anche se l’iscrizione nel bilancio dello Stato e il flusso dei pagamenti (e quindi l’effetto sul fabbisogno) avviene ratealmente. In mancanza di tali condizioni, la contabilizzazione dell’operazione nel conto della PA segue i flussi di cassa e corrisponde a quanto annualmente viene pagato a titolo di restituzione del debito, oppure è allineata all’ammontare dei rimborsi validato nell’anno dall’Amministrazione a prescindere dall’effettivo pagamento[4].

Quanto infine ai rimborsi d’imposta pregressi, si tratta di somme che vengono iscritte in bilancio per essere destinate a rimborsi di imposta richiesti in anni precedenti. Esse vengono registrate nel conto economico della PA secondo il principio della competenza economica e quindi nell’anno in cui è avvenuta la richiesta di rimborso. Hanno invece effetto sul fabbisogno nell’anno in cui sono rimborsate[5].

 

Secondo quanto risulta dai prospetti contenuti nella legge di stabilità e nel bilancio, esse sono così determinate nel triennio:

 

 

L’importo delle regolazioni contabili e debitorie indicato nell’allegato 1 del disegno di legge in esame (16.884 milioni per il 2015 e 3.150 milioni per ciascuno degli anni 2016 e 207) deriva dal totale della spesa esposto nella tabella, detratto l’importo dei rimborsi d’imposta.


 

Articolo 2
(Gestioni previdenziali)

 

 

L’articolo 2 reca disposizioni relative ai trasferimenti a favore di alcune gestioni previdenziali dell’INPS.

In particolare, il comma 1 determina l'adeguamento, per l'anno 2015, dei trasferimenti dovuti dallo Stato verso la “Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali” (GIAS) presso l’INPS, a favore di alcune specifiche gestioni pensionistiche (Fondo pensioni lavoratori dipendenti, Gestione dei lavoratori autonomi, Gestione speciale minatori e il soppresso ENPALS[6]).

La ripartizione tra le gestioni interessate avviene ai sensi del procedimento di cui all’articolo 14 della L. 241/1990, ossia mediante la convocazione di una Conferenza di servizi.

 

La GIAS (gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali) è stata istituita, presso l’INPS, dall’articolo 37 della L. 9 marzo 1989, n. 88[7], per la progressiva separazione tra previdenza e assistenza e la correlativa assunzione a carico dello Stato delle spese relative a quest'ultima. Il finanziamento della gestione è posto progressivamente a carico del bilancio dello Stato.

Ai sensi della lettera c) del comma 3 dell’articolo 37 della L. n. 88/1989, è a carico della GIAS una quota parte delle pensioni erogate dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), dalla gestione dei lavoratori autonomi, dalla gestione speciale minatori e dall'ENPALS. La somma a ciò destinata è incrementata annualmente, con la legge finanziaria, in base alla variazione - maggiorata di un punto percentuale - dell'indice nazionale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati calcolato dall'ISTAT.

L’articolo 59, comma 34, della L. n. 449/1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998) ha previsto un ulteriore incremento dell’importo dei trasferimenti dallo Stato alle gestioni pensionistiche, di cui alla predetta lettera c). Tale incremento è assegnato esclusivamente al FPLD, alla gestione artigiani e alla gestione esercenti attività commerciali ed è a sua volta incrementato annualmente in base ai criteri previsti dalla medesima lettera c).

L’articolo 2, comma 4, della L. n. 183/2011 al fine del riordino del trasferimento dal bilancio dello Stato all’INPDAP, istituisce nel bilancio INPDAP un’apposita “Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alla gestione previdenziale”, in analogia con quanto previsto per l’INPS.

In particolare, nell’ambito del bilancio INPDAP, attualmente confluito nel bilancio INPS a seguito della soppressione dell’INPDAP dall’articolo 21, comma 1, del D.L. n. 201/2011, vengono istituite apposite evidenze contabili, relative alla gestione di cui al primo periodo del presente comma, nonché alle gestioni che erogano trattamenti pensionistici e di fine servizio.

Sono a carico della Gestione richiamata:

§  una quota-parte di ciascuna mensilità di pensione erogata dall’INPDAP. Tale somma è annualmente adeguata, con la legge di stabilità, in base alle variazioni dell’indice nazionale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai ed impiegati calcolato dall’ISTAT incrementato di un punto percentuale ed è ripartita tra le evidenze contabili interessate con il procedimento di cui all’articolo 14 della L. 7 agosto 1990, n. 241;

§  tutti gli oneri relativi agli altri interventi a carico dello Stato previsti da specifiche disposizioni di legge.

 

Gli incrementi dei trasferimenti disposti per il 2015, nell’ambito della Missione 025 - Politiche previdenziali, Programma 003 – Previdenza obbligatoria e complementare, assicurazioni sociali, ai sensi di quanto contenuto nell’Allegato 2, pari complessivamente a 253 milioni di euro, sono determinati:

a)  nella misura di 186 milioni di euro, in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), delle gestioni dei lavoratori autonomi, della gestione speciale minatori e dell’ENPALS (v. punto 2.a1) dell’Allegato 2);

b)  nella misura di 45,97 milioni di euro, in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (ad integrazione) e delle gestioni artigiani ed esercenti attività commerciali (v. punto 2.a2) dell’Allegato 2);

c)  nella misura di 21,03 milioni di euro ai fini dell’adeguamento dei trasferimenti ala gestione ex-INPDAP (v. punto 2.a3) dell’Allegato 2);

d)    nello stesso Allegato 2, inoltre, viene previsto un trasferimento in misura complessivamente pari a 2.342,91 milioni di euro per il 2015, relativa alla quota-parte di mensilità delle pensioni erogate dal soppresso INPDAP e posta a carico dello Stato (v. punto 2.b2) dell’Allegato 2).

 

Pertanto, come previsto dal successivo comma 2, gli importi complessivamente dovuti dallo Stato per l’anno 2015, sempre come evidenziato dall’Allegato 2, per il FPLD, le gestioni dei lavoratori autonomi, la gestione speciale minatori e l’ENPALS sono determinati (v. punto 2.b1) dell’Allegato 2):

§  in 3,11 milioni di euro dovuti per la gestione previdenziale speciale minatori (lettera a));

§  in 72,10 milioni sono dovuti per il soppresso ENPALS (lettera b));

§  in 598 milioni per l’integrazione annuale degli oneri di pensione per i coltivatori diretti, i mezzadri e i coloni prima del 1° gennaio 1989 (lettera c)).


 

Articolo 3
(Fondo per la realizzazione del Piano “La buona scuola”)

 

 

L’articolo 3 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca il Fondo per la realizzazione del Piano “La buona scuola”, con la dotazione di 1 miliardo di euro per il 2015 e di 3 miliardi di euro dal 2016. Il Fondo è finalizzato, in via prioritaria, alla realizzazione di un piano straordinario di assunzione di docenti e al potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro.

 

Il 15 settembre 2014 è stata avviata una consultazione on line sul Piano “La buona scuola” - presentato il 3 settembre 2014 - che si concluderà il 15 novembre 2014.

L’obiettivo è quello di rinnovare la scuola italiana sotto svariati aspetti, per migliorare la qualità degli apprendimenti e dotare il Paese di un meccanismo permanente di innovazione e sviluppo.

Il Piano prevede, fra l’altro:

§  un piano straordinario per l’assunzione, a settembre 2015, di tutti i docenti presenti nelle graduatorie ad esaurimento, nonché dei vincitori del concorso del 2012 non ancora assunti e degli idonei dello stesso concorso (complessivamente, in base allo stesso Piano, 148.100 unità), in modo da poter disporre di un team di docenti che possa garantire le supplenze e il tempo pieno.

Per tali assunzioni, la relazione tecnica stima la necessità, per il 2015, di 1 miliardo di euro - relativi ai primi quattro mesi dell’anno scolastico 2015-2016[8] - e, dal 2016, la necessità di 3 miliardi;

§  dal 2016, l’ingresso nel mondo della scuola solo per concorso;

§  una modifica del meccanismo di avanzamento di carriera per i docenti, basato su valutazione e merito, e la formazione continua per gli stessi;

§  il rafforzamento del collegamento fra scuola e lavoro, fra l’altro attraverso l’obbligatorietà dell’alternanza negli ultimi 3 anni degli istituti tecnici e professionali;

§  la stabilizzazione del Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa (che, si ricorda, dal 2013 è confluito nel Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche) e l’attrazione di investimenti privati;

§  maggiore attenzione a musica, sport, storia dell’arte, lingue straniere, competenze digitali;

§  la diffusione di banda larga e wi-fi in tutte le scuole;

§  la pubblicità, dal 2015, dei dati relativi ad ogni scuola.


 

Articolo 4
(Stabilizzazione del bonus di 80 euro)

 

 

L’articolo 4 del provvedimento in esame intende rendere strutturale il credito d’imposta IRPEF introdotto dall’articolo 1 del decreto-legge n. 66 del 2014 in favore dei lavoratori dipendenti e dei percettori di taluni redditi assimilati (cd. “bonus 80 euro”), originariamente introdotto per il solo anno 2014.

In estrema sintesi, è riconosciuto alle predette categorie di contribuenti un credito pari ad un importo di 960 euro se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro; il credito decresce linearmente al superamento del predetto limite, fino ad azzerarsi al raggiungimento di un livello di reddito pari a 26.000 euro. Il bonus non concorre alla formazione del reddito.

Viene dettata, al di fuori del Testo unico delle imposte sui redditi – Tuir (D.P.R. n. 917 del 1986) la disciplina operativa relativa all’attribuzione del bonus da parte dei sostituti d’imposta.

Le norme in commento a tal fine sostituiscono il comma 1-bis dell’articolo 13 del Tuir, introdotto dal richiamato decreto-legge n. 66/2014.

 

Come già visto supra, l’articolo 4, comma 1 novella il comma 1-bis dell’articolo 13 Tuir, con una previsione di tenore sostanzialmente identico, ma con differenze legate in particolare alla natura strutturale dell’agevolazione.

Rimane ferma la spettanza del credito ai soggetti già beneficiari ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge n. 66 del 2014, che si applica in caso di capienza (ove l’imposta lorda sia superiore alle detrazioni).

 

In relazione alla natura di misura avente carattere strutturale, l’importo del bonus è adeguato al periodo di spettanza, ovvero l’intero anno solare (in luogo degli otto mesi del 2014). In particolare la somma spettante è pari:

§  a 960 euro, se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro;

§  a 960 euro, se il reddito complessivo è superiore a 24.000 euro ma non a 26.000 euro. Resta fermo che il credito spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 26.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 2.000 euro.

 

Si rammenta che l’articolo 6 del provvedimento in esame (che disciplina l’erogazione in busta paga, su scelta del lavoratore, del TFR maturando), precisa (comma 2) che il TFR maturando erogato in busta paga al lavoratore non concorre al calcolo del reddito complessivo rilevante per verificare la spettanza della detrazione in esame. Nel calcolo del reddito complessivo rilevante a tal fine, dunque, non si terrà conto delle somme erogate dal datore di lavoro ai dipendenti in quota TFR. Per ulteriori dettagli, si rinvia alla scheda di lettura relativa all’articolo 6.

Ai sensi del comma 2 dell’articolo 4 in esame, l’agevolazione viene riconosciuta automaticamente dai sostituti d’imposta (come anche il bonus per il 2014, ai sensi dell’articolo 1, comma 3 del decreto-legge n. 66 del 2014, che rimane in vigore). Essi, pertanto, possono riconoscere il credito spettante ai lavoratori interessati sulla base dei dati reddituali a loro disposizione e senza attendere una richiesta esplicita dei beneficiari. L’agevolazione viene attribuita sugli emolumenti corrisposti in ciascun periodo di paga, rapportandolo al periodo stesso.

 

L’articolo 1, comma 4 del decreto-legge 66/2014 prevedeva che, stante la temporaneità della misura – attribuita per un certo numero di mesi del 2014 – il relativo ammontare fosse ripartito sulle retribuzioni dell’anno, erogate a partire dal primo periodo di paga utile successivo al 24 aprile 2014, ovvero dalla busta paga di maggio 2014.

 

Rimane fermo altresì (come già previsto dall’articolo 1, comma 5 del decreto-legge 66 del 2014) che le somme versate dal sostituto di imposta a titolo di detrazione sono recuperate dallo stesso mediante compensazione, mentre gli enti pubblici e le amministrazioni statali possono recuperarle anche mediante riduzione dei versamenti delle ritenute e, per l'eventuale eccedenza, dei contributi previdenziali. In tale ipotesi si propone che l'INPS e gli altri enti gestori di forme di previdenza obbligatorie recuperino i contributi non versati rivalendosi sulle ritenute da versare mensilmente all'Erario. Con riferimento alla riduzione dei versamenti dei contributi previdenziali conseguente all'applicazione delle predette norme, si specifica che tuttavia restano ferme le aliquote di computo delle prestazioni.

L'importo del credito riconosciuto è indicato nella certificazione unica dei redditi di lavoro dipendente e assimilati (CUD).

 

Si rileva che, per quanto non modificato dalle norme in esame, resta in vigore la disciplina dettata per il 2014 dall’articolo 1 del decreto-legge n. 66.

 

Si rammenta in proposito che il D.L. 66/2014 ha stabilito l’applicazione del bonus per il solo periodo di imposta 2014, utilizzando la dotazione di un apposito fondo (costituito ai sensi dell’articolo 50, comma 6 del medesimo D.L. 66 del 2014). Si tratta del Fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, destinato alla concessione di benefici economici a favore dei lavoratori dipendenti, con dotazione originariamente pari a:

§  1.930 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare e di fabbisogno e 2.685 milioni di euro in termini di indebitamento netto per l’anno 2015;

§  4.680 milioni di euro per l’anno 2016;

§  4.135 milioni di euro per l’anno 2017;

§  1.990 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018.

 

In proposito l’articolo 45 del provvedimento in esame, con finalità di copertura finanziaria delle disposizioni ivi contenute, al comma 1 azzera l’autorizzazione di spesa relativa al predetto Fondo, riducendolo di 1.930 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare e di fabbisogno e di 2.685 milioni in termini di indebitamento netto per l’anno 2015, di 4.680 milioni per il 2016, di 4.135 milioni per il 2017 e di 1.990 milioni a decorrere dal 2018.

 

 

Il “bonus” previsto dall’articolo 1 del decreto-legge n. 66 del 2014

In estrema sintesi, l’articolo 1 del decreto-legge n. 66/2014 ha introdotto (con un nuovo comma 1-bis all’articolo 13 del Tuir), limitatamente all’anno 2014 e a decorrere dal mese di maggio dello stesso anno, il riconoscimento di un credito fiscale ai percettori di redditi di lavoro dipendente e di taluni redditi assimilati; l’importo del credito è pari ad un importo di 640 euro se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro e decresce linearmente al superamento del predetto limite fino ad azzerarsi al raggiungimento di un livello di reddito pari a 26.000 euro. La disposizione ha disciplinato - al di fuori del Tuir - l’attribuzione del credito in parola agli aventi diritto da parte dei sostituti d’imposta.

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sull’applicazione del citato credito con le circolari n. 8/E del 24 aprile 2014 (individuando i soggetti beneficiari dell'agevolazione e i sostituti d'imposta tenuti all'erogazione del beneficio, definendo adempimenti e chiarendo le modalità di fruizione del bonus da parte dei soggetti che non hanno sostituto d'imposta) e n. 9/E del 14 maggio 2014 (che ha affrontato questioni concernenti gli ulteriori soggetti beneficiari, l’applicazione del credito da parte dei sostituti d’imposta, il recupero del credito erogato e il coordinamento con altre misure agevolative). Si darà conto di quanto previsto da tali provvedimenti nel corso dell’esposizione delle misure introdotte. Anche l’INPS con la circolare 67 del 29 maggio 2014 ha chiarito l’applicazione del bonus per il 2014 ai titolari di prestazioni a sostegno del reddito legate al verificarsi di eventi, temporanei e imprevedibili nella durata, che possono insorgere durante il rapporto di lavoro oppure alla cessazione dello stesso.

L’Amministrazione finanziaria ha chiarito che il bonus, non costituendo retribuzione per il percettore, non incide sul calcolo IRAP dei soggetti eroganti.

Il credito pertanto si azzera per i redditi superiori a 26.000 euro. L’Agenzia delle entrate, nella richiamata circolare n. 8/E, ha chiarito che il reddito complessivo rilevante ai fini dell’attribuzione del bonus in commento è assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze.

Le norme hanno attribuito tale credito ai titolari di redditi da lavoro dipendente (articolo 49 Tuir) escluso il reddito da pensione e gli assegni equiparati (indicati al comma 2, lettera a) dell’articolo 49), nonché ai titolari delle seguenti tipologie di somme, assimilate ai redditi da lavoro dipendente(redditi di cui all'articolo 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l) Tuir):

§  compensi percepiti dai lavoratori soci delle cooperative (lettera a));

§  indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai lavoratori dipendenti per incarichi svolti in relazione a tale qualità (lettera b));

§  somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio, premio o sussidio per fini di studio o addestramento professionale (lettera c));

§  redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (lettera c-bis));

§  remunerazioni dei sacerdoti (lettera d));

§  prestazioni pensionistiche complementari, di cui al d.lgs. n. 124 del 1993 comunque erogate (lettera h-bis));

§  compensi per lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative (lettera l)).

Come rilevato dall’Agenzia delle entrate, il bonus è stato attribuito anche ai soggetti non residenti, al ricorrere dei presupposti di legge; non è spettato, comunque, nell’ipotesi in cui il reddito di lavoro non fosse imponibile in Italia per effetto dell’applicazione di convenzioni contro le doppie imposizioni o di altri accordi internazionali. Inoltre, il credito è stato attribuito anche ai percettori di somme a titolo di cassa integrazione guadagni, indennità di mobilità e indennità di disoccupazione, in quanto essi costituiscono proventi conseguiti in sostituzione di redditi di lavoro dipendente e, in base al comma 2 dell’articolo 6 del Tuir, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti.

Il bonus è stato attribuito ai soggetti percettori dei suddetti redditi la cui imposta lorda risultasse maggiore della detrazione spettante per reddito di lavoro dipendente e assimilati, come da ultimo modificate dalla legge di stabilità 2014 (per la determinazione di dette detrazioni, il reddito complessivo andava assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze).

Sono stati dunque esclusi dal credito:

§  i contribuenti il cui reddito complessivo non fosse formato dai redditi da lavoro dipendente e assimilati specificati supra (introdotto articolo 13, comma 1-bis Tuir);

§  i contribuenti che non avessero un’imposta lorda (generata da redditi specificati al comma 1-bis) superiore alle detrazioni per lavoro dipendente e assimilati, spettanti in base all’articolo 13, comma 1, del Tuir;

§  i contribuenti che, pur avendo un’imposta lorda “capiente”, fossero titolari di un reddito complessivo superiore a euro 26.000.

L’Agenzia delle entrate (circolare 9/E, paragrafo 2.5) ha specificato che i redditi assoggettati a cedolare secca dovevano essere considerati nella determinazione del reddito complessivo rilevante ai fini della verifica della spettanza del bonus. Ciò in virtù di quanto disposto dall’articolo 3, comma 7 del D.Lgs. n. 23 del 2011, secondo cui quando le disposizioni vigenti fanno riferimento, per il riconoscimento della spettanza o per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, al possesso di requisiti reddituali, si tiene comunque conto anche del reddito assoggettato alla cedolare secca.

Infine (paragrafo 3 della menzionata circolare 9/E) le Entrate hanno chiarito che il reddito percepito come contratto di produttività, nel limite massimo di 3.000 euro (assoggettato a tassazione sostitutiva) non doveva invece essere computato nel reddito complessivo ai fini del calcolo della soglia dei 26.000 euro. La specifica disciplina dell’istituto (articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 93 del 2008) stabilisce infatti che i predetti redditi non concorrono ai fini fiscali alla formazione del reddito complessivo del percipiente entro il limite massimo di 3.000 euro.

Il comma 2 dell’articolo 1 del decreto-legge n. 66/2014 ha specificato che il credito in esame doveva essere rapportato al periodo di lavoro effettuato nell’anno.

Come ha precisato l’Agenzia delle entrate, il credito è stato dunque rapportato in relazione alla durata, eventualmente inferiore all’anno, del rapporto di lavoro, considerando il numero di giorni lavorati nell’anno. Il calcolo del periodo di lavoro nell’anno 2014 è stato effettuato tenendo conto delle ordinarie regole applicabili a ciascuna tipologia di reddito beneficiaria, non prevedendo il decreto delle deroghe a tal riguardo.

I commi 4 e 5 dell’articolo 1 richiamato hanno disciplinato in termini operativi le modalità di riconoscimento del credito. Tale disciplina è stata dunque recata al di fuori del Tuir. Più in dettaglio, il comma 4, stante l’entrata in vigore della norma in esame nel corso del periodo d’imposta, ha disposto per l’anno 2014 che il credito eventualmente spettante fosse attribuito dai sostituti d’imposta ripartendone il relativo ammontare sulle retribuzioni erogate a partire dal primo periodo di paga utile successivo alla data di entrata in vigore del decreto stesso (24 aprile 2014). In altre parole, il sostituto d’imposta ha determinato l’importo del credito in esame suddividendone l'ammontare sui restanti periodi di paga. Il credito è stato riconosciuto in automatico dai sostituti di imposta che, pertanto, hanno riconosciuto il credito spettante ai lavoratori interessati sulla base dei dati reddituali a loro disposizione e senza attendere una richiesta esplicita dei beneficiari. Esso è stato attribuito dalla retribuzione relativa al mese di maggio 2014.

La circolare n. 9/E ha chiarito che i contribuenti non aventi i presupposti per il riconoscimento del beneficio, sono stati tenuti a darne comunicazione al sostituto d’imposta il quale ha potuto recuperare il credito eventualmente erogato dagli emolumenti da corrispondere nei periodi di paga successivi a quello nel quale è stata resa la comunicazione e, comunque, entro i termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto. Nei casi in cui un soggetto fosse titolare di redditi di lavoro derivanti da più rapporti di lavoro, il lavoratore è stato tenuto a chiedere a uno dei due sostituti d’imposta di non riconoscere il credito. In tal modo, il credito è stato riconosciuto da un solo sostituto d’imposta.

Ai sensi del comma 5, quanto alle modalità di attribuzione del credito, il sostituto d’imposta ha determinato in via previsionale l’ammontare del credito eventualmente spettante e riconosciuto tale ammontare sugli emolumenti corrisposti in ciascun periodo di paga, rapportandolo ai periodi di paga medesimi. In particolare, è stato utilizzato, fino a capienza, l’ammontare complessivo delle ritenute disponibile in ciascun periodo di paga e, per la differenza, i contributi previdenziali dovuti per il medesimo periodo di paga, in relazione ai quali non si è proceduto al versamento della quota determinata ai sensi delle norme richiamate. La norma ha lasciato ferme le aliquote di computo delle prestazioni.

E’ stato chiarito che rientravano nell’ammontare complessivo utilizzabile, a titolo di esempio, le ritenute relative all’IRPEF, alle addizionali regionale e comunale nonché le ritenute relative all’imposta sostitutiva sui premi di produttività o al contributo di solidarietà. Di conseguenza, in caso di incapienza del monte ritenute tale da non consentire l’erogazione nello stesso periodo di paga a tutti i percipienti che ne hanno diritto, è stato previsto che il sostituto d’imposta utilizzasse, per la differenza, i contributi previdenziali dovuti per il medesimo periodo di paga, i quali non devono quindi essere versati.

L’Agenzia delle entrate ha chiarito che i contributi utilizzati per l’erogazione del credito, determinati dall’incapienza del monte ritenute e non versati dai sostituti di imposta alle gestioni previdenziali, sono scomputati dall’INPS dall’ammontare delle ritenute da versare mensilmente all’Erario. Le somme versate dal sostituto di imposta a titolo di bonus sono recuperate dallo stesso mediante compensazione, mentre gli enti pubblici e le amministrazioni statali hanno recuperato anche mediante riduzione dei versamenti delle ritenute e, per l'eventuale eccedenza, dei contributi previdenziali.

Si ricorda che l’Agenzia delle entrate ha precisato le modalità di attribuzione del bonus ai soggetti titolari di redditi eleggibili, le cui remunerazioni fossero tuttavia erogate da un soggetto che non è sostituto di imposta, tenuto al riconoscimento del credito in via automatica. La possibilità di richiedere il credito nella dichiarazione dei redditi è stata concessa anche ai contribuenti per i quali il credito in commento, spettante per l’anno d’imposta 2014, non sia stato riconosciuto, in tutto o in parte, dai sostituti d'imposta (ad esempio perché relativo a un rapporto di lavoro cessato prima del mese di maggio).

 


 

Articolo 5
(Deduzione del costo del lavoro dall’imponibile IRAP)

 

 

L’articolo 5, modificando la vigente disciplina dell’Imposta regionale sulle attività produttive – IRAP (contenuta nel decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446) intende rendere integralmente deducibile dall’IRAP il costo sostenuto per lavoro dipendente a tempo indeterminato eccedente le vigenti deduzioni – analitiche o forfetarie – riferibili allo stesso costo. L’agevolazione opera in favore di taluni soggetti sottoposti a IRAP e decorre dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.

In sostanza, ove la sommatoria delle deduzioni sopra richiamate – analitiche o forfetarie – previste dall’articolo 11 del decreto legislativo n. 446 del 1997 risulti inferiore al costo del lavoro, spetta un’ulteriore deduzione fino a concorrenza dell’intero importo dell’onere sostenuto.

Vengono conseguentemente ripristinate, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013, le originarie misure delle aliquote IRAP, da ultimo ridotte dall’articolo 2, comma 1, del citato decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, e pari al 3,9 per cento (aliquota ordinaria), al 4,20 per cento (aliquota applicata ai concessionari pubblici), al 4,65 per cento (banche), al 5,9 per cento (assicurazioni) e al 1,9 per cento (settore agricolo).

Di conseguenza le norme in esame intendono salvaguardare i soggetti che hanno versato l’acconto IRAP, per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014, secondo il criterio previsionale (e cioè computando le minori aliquote “intermedie”, di cui al decreto-legge 66/2014): vengono a tale proposito fatti salvi gli effetti prodotti dalle disposizioni di riduzione delle aliquote. Il recupero della minore imposta versata a titolo di acconto IRAP, calcolato in ragione delle menzionate minori aliquote, avverrà in sede di saldo relativo al suddetto periodo d’imposta.

 

Le disposizioni in esame dunque introducono un’ulteriore forma di agevolazione IRAP sul costo del lavoro, sotto forma di deduzione residuale, che trova applicazione dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.

Il comma 1 introduce all’articolo 11 del D.Lgs. n. 446 del 1997 il comma 4-octies il quale, in sostanza, concede la possibilità a taluni soggetti IRAP di ridurre la base imponibile IRAP di un importo pari alla differenza tra il costo complessivo sostenuto per il personale dipendente con contratto a tempo indeterminato e l’importo di alcune spese già deducibili ex lege.

Con riferimento a queste ultime, si tratta in particolare delle seguenti componenti di costo:

§  i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro, alcuni costi sostenuti dagli enti privati (con l’eccezione dei concessionari pubblici) per i lavoratori a tempo indeterminato, ivi compresi quelli per personale impiegato in aree svantaggiate e i contributi assistenziali e previdenziali; le spese per apprendisti, disabili e per il personale assunto con contratti di formazione e lavoro, nonché, per il personale addetto alla ricerca (articolo 11, comma 1, lettera a) del D.Lgs. n. 446 del 1997);

§  le indennità di trasferta previste contrattualmente, per la parte che non concorre a formare il reddito del dipendente, sostenute dalle imprese di autotrasporto merci (articolo 11, comma 1-bis);

§  i costi sostenuti per il personale dalle imprese del settore privato con componenti positivi che concorrono a formare il valore della produzione IRAP non superiori ad una specifica soglia nel periodo d'imposta (400.000 euro), per un massimo di cinque dipendenti (’articolo 11, comma 4-bis.1);

§  i costi sostenuti per l’incremento della base occupazionale, cioè la deduzione spettante alle imprese private che incrementano il numero di lavoratori dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato (articolo 11, comma 4-quater).

 

L’agevolazione spetta ai soggetti IRAP che determinano il valore della produzione netta ai sensi degli articoli da 5 a 9 del medesimo D.Lgs. n. 446 del 1997, e cioè:

§  società di capitali ed enti commerciali (articolo 5);

§  società di persone ed imprese individuali (articolo 5-bis);

§  banche ed altri enti e società finanziari (articolo 6);

§  imprese di assicurazione (articolo 7)

§  persone fisiche, società semplici ed equiparate (articolo 8);

§  produttori agricoli titolari di reddito agrario, esclusi quelli con volume d’affari annuo non superiore a 7.000 euro, che si avvalgono dello speciale regime IVA in materia, nonché soggetti esercenti attività di allevamento di animali (articolo 9).

 

Il comma 2 provvede, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013, ad abrogare le disposizioni (articolo 2, commi 1 e 4 del decreto-legge n. 66 del 2014) che hanno abbassato le aliquote IRAP per tutti i settori produttivi.

La disposizione in esame opera dunque per il periodo d’imposta in corso, in deroga a quanto previsto dall’articolo 3 dello Statuto dei contribuenti (legge n. 212 del 2000) che dispone l’irretroattività delle norme tributarie.

 

Di conseguenza - salva la determinazione dell’acconto IRAP 2014 - sono ripristinate le precedenti, più alte, misure di aliquota dell’imposta, e cioè:

§  l’aliquota ordinaria IRAP applicabile, in via generale, dai soggetti passivi torna ad essere al 3,9 per cento (in luogo del 3,5 per cento) dal 1° gennaio 2015;

§  viene innalzata dal 3,80 per cento al 4,20 per cento l’aliquota applicata da parte di società di capitali ed enti commerciali titolari di concessioni per la gestione di servizi e opere pubbliche, diverse da quelle aventi ad oggetto la costruzione e la gestione di autostrade e trafori;

§  è ripristinata dal 4,20 al 4,65 per cento l’aliquota applicata dalle banche e dagli altri soggetti finanziari che determinano il valore della produzione ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 446 del 1997;

§  passa dal 5,30 al 5,90 per cento l'aliquota applicata dalle imprese di assicurazione;

§  torna dall’1,70 all’1,9 per cento l’aliquota prevista ai fini della determinazione del tributo da parte dei soggetti che operano nel settore agricolo e per le cooperative di piccola pesca e loro consorzi.

 

Il comma 4 dell’articolo 2, che si intende abrogare con la norma in commento, dispone che le aliquote IRAP vigenti al 24 aprile 2014, qualora variate (anche da parte delle regioni a statuto ordinario, che hanno facoltà di azzerarle con propria legge), siano rideterminate secondo le riduzioni previste dal già richiamato comma 1.

 

Il comma 3 della norma in esame fa espressamente salvi gli effetti del richiamato comma 2 dell’articolo 2 del decreto-legge n. 66 del 2014, ai fini della determinazione dell’acconto IRAP relativo al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013, secondo il cd. metodo previsionale (cioè calcolando l’acconto stimando un minor carico fiscale, in tal caso stimando una minore aliquota).

 

Resta dunque fermo (articolo 2, comma 2 del decreto-legge n. 66/2014) che, in sede di determinazione dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013 con il metodo previsionale, in luogo delle aliquote novellate, si applicano le aliquote ridotte (intermedie) come segue:

§  l’aliquota applicabile in via ordinaria dalla generalità dei soggetti passivi è pari al 3,75 per cento;

§  l’aliquota applicabile da società di capitali ed enti commerciali titolari di concessioni per la gestione di servizi e opere pubbliche è pari al 4,00 per cento;

§  l’aliquota applicabile da banche e altri soggetti finanziari è pari al 4,50 per cento;

§  l’aliquota applicabile da imprese di assicurazione è pari al 5,70 per cento;

§  l’aliquota applicabile da soggetti che operano nel settore agricolo e cooperative di piccola pesca e loro consorzi è pari all'1,80 per cento.

 

Resta altresì in vigore il comma 3 dell’articolo 2, il quale riduce la forbice entro la quale le regioni possono variare l'aliquota IRAP disponendo, in particolare, che tale variazione può arrivare fino ad un massimo di 0,92 punti percentuali, in luogo di un punto percentuale. Tale variazione può essere differenziata per settori di attività e per categorie di soggetti passivi.

 

Infine il comma 4 dell’articolo in commento, con finalità di coordinamento, interviene modificando l’articolo 2, comma 1 del già richiamato decreto-legge n. 201 del 2011; tale norma, come visto in precedenza, ha reso integralmente deducibile dall’IRPEF e dall’IRAP la quota IRAP riferita al costo del lavoro.

Più in dettaglio, la richiamata disposizione viene integrata per consentire di dedurre dalle imposte sul reddito anche la quota residua del costo del lavoro individuata dal comma 1 dell’articolo in esame.

 

 

Agevolazioni IRAP: le misure intraprese negli ultimi anni

Si ricorda che l'articolo 2 del D.L. 201 del 2011 ha reso deducibile ai fini delle imposte dirette (IRES e IRPEF), a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, la quota di IRAP dovuta relativa al costo del lavoro. Il medesimo provvedimento ha altresì incrementato le agevolazioni IRAP per l’assunzione di lavoratrici e giovani di età inferiore ai 35 anni.

Di segno analogo è stato l'intervento recato con la legge di stabilità 2013 (articolo 1, commi 484 e 485 della legge n. 228 del 2012), che ha modificato la disciplina delle deduzioni IRAP, elevando gli importi per i lavoratori assunti a tempo indeterminato e per i contribuenti di minori dimensioni, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013. In particolare, la legge di stabilità 2013 ha innalzato da 4.600 a 7.500 euro l’importo deducibile, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo di imposta di riferimento da parte del soggetto passivo IRAP. Ha altresì innalzato da 10.600 a 13.500 euro l’importo deducibile per i lavoratori di sesso femminile, nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni. E’ stato elevato da 9.200 a 15.000 euro l’importo massimo deducibile per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, elevando altresì tale importo da 15.200 a 21.000 euro se tali lavoratori sono di sesso femminile e per quelli di età inferiore ai 35 anni. Infine, sono stati innalzati gli importi deducibili complessivamente dall’IRAP in favore dei soggetti di minori dimensioni, ovvero quelli con base imponibile non superiore a 180.999,91 euro, diversi dalle Pubbliche amministrazioni.

La legge di stabilità 2014 ha disposto l’applicazione a regime delle deduzioni IRAP per l’incremento di base occupazionale (articolo 1, comma 132 della legge n. 147 del 2013). In particolare è possibile, per i soggetti passivi IRAP, dedurre il costo del personale, ove stipulino contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato ad incremento d'organico a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014.

Il già menzionato articolo 2 del decreto-legge 66 del 2014 ha disposto la riduzione del 10 per cento delle aliquote ordinarie IRAP per tutti i settori di attività economica, a decorrere dal periodo d'imposta 2014. Il provvedimento ha disposto apposite aliquote "intermedie" da utilizzare nel calcolo degli acconti 2014 con il c.d. metodo previsionale (cfr. infra per dettagli).

Da ultimo, l'articolo 19 (commi 13 e 14) del decreto-legge n. 91 del 2014 consente, per i produttori agricoli che rientrino nell’àmbito di applicazione dell'IRAP, di dedurre dalla base imponibile del medesimo tributo le spese riferite ai lavoratori agricoli dipendenti a tempo determinato.

 


 

Articolo 6
(Trattamento di fine rapporto in busta paga)

 

 

L’articolo 6 contiene disposizioni in materia di trattamento di fine rapporto.

In particolare, si prevede:

§  l’erogazione delle quote di TFR maturando in busta paga in via sperimentale (per il periodo 1° marzo 2015-30 giugno 2018) per i lavoratori dipendenti del settore privato, con sottoposizione al regime di tassazione ordinaria (comma 1);

§  che quote di TFR maturando erogate in busta paga al lavoratore non concorrano al calcolo del reddito complessivo rilevante per verificare la spettanza della detrazione (cd. “bonus 80 euro”) (comma 2);

§  un finanziamento per i datori di lavoro che non intendano erogare immediatamente le quote di TFR maturando con proprie risorse, prevedendo in particolare specifiche discipline per l’accesso al credito per i datori di lavoro con meno 50 dipendenti che optino o meno per il richiamato finanziamento (commi 3-5);

§  l’obbligo, per i datori di lavoro, di seguire una specifica procedura per accedere al predetto finanziamento (comma 6);

§  l’istituzione, presso l’I.N.P.S., di un Fondo di garanzia per l’accesso ai finanziamenti per i datori di lavoro con meno di 50 dipendenti che non intendano erogare immediatamente le quote di TFR maturando con risorse proprie (comma 7);

§  l’emanazione di un D.P.C.M. contenente le modalità di attuazione delle disposizioni dell’articolo in esame, nonché i criteri, le condizioni e le modalità di funzionamento del Fondo di garanzia per l’accesso ai finanziamenti e della garanzia dello Stato come prestatore di ultima istanza, da emanare entro il 31 gennaio 2015 (comma 8);

§  che ai maggiori compiti derivanti per l’I.N.P.S. dalle disposizioni in esame si provveda con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 9).

 

Il comma 1, lettera a) (introducendo il comma 756-bis all’articolo 1 della legge 296/2006) prevede l’erogazione (in via sperimentale e per il periodo 1° marzo 2015-30 giugno 2018) di quote del TFR maturando come parte integrativa della retribuzione (liquidata mensilmente) per i dipendenti del settore privato (esclusi i lavoratori domestici e quelli del settore agricolo) a condizione che abbiano un rapporto di lavoro in essere da almeno 6 mesi presso il medesimo datore di lavoro (entro i termini individuati dal D.P.C.M. con il quale sono definite le modalità di attuazione dell’articolo in esame).

 

Si segnala, al riguardo, che la disciplina del TFR è applicabile anche ai pubblici dipendenti (su base opzionale per gli assunti fino al 31 dicembre 2000, obbligatoriamente per gli assunti dopo tale data).

 

L’erogazione avviene in seguito a manifestazione (si suppone esplicita) di volontà da parte del lavoratore e, se esercitata, la scelta è irrevocabile fino al termine del periodo sperimentale (30 giugno 2018). All’atto di manifestazione della volontà, il lavoratore deve aver maturato almeno 6 mesi di attività presso il datore di lavoro che eroga la quota di TFR maturando (nel caso in cui non ci sia espressione di volontà rimane fermo quanto stabilito dalla disciplina vigente in materia).

La quota di TFR maturando è da considerarsi al netto del contributo dello 0,50% da detrarre a favore del FPLD (vedi infra), compresa quella eventualmente destinata ai fondi pensione ai sensi del D.Lgs. 252/2005.

La parte erogata è sottoposta a tassazione ordinaria, non rileva ai fini del calcolo del TFR e non è imponibile ai fini previdenziali (su tale somma quindi non vengono calcolati i contributi previdenziali e assistenziali).

Resta in ogni caso fermo quanto previsto dal comma 756 dell’articolo 1 della legge 296/2006, in merito alle modalità di finanziamento del Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato del TFR (vedi infra).

Le disposizioni di cui al comma in esame non trovano applicazione nei confronti dei datori di lavoro sottoposti a procedure concorsuali e alle imprese dichiarate in crisi ai sensi dell’articolo 4 della L. 297/1982 (si tratta delle aziende in crisi che, ai sensi della legge 675/1977, che presentino particolare rilevanza sociale in relazione alla situazione occupazionale locale ed alla situazione produttiva del settore).

La successiva lettera b) apporta alcune modifiche formali all’articolo 1, comma 756, della legge 296/2006, necessarie a seguito dell’introduzione del nuovo comma 756-bis.

 

Il comma 2 dispone che non si tenga conto delle richiamate quote di TFR maturando erogate a titolo di integrazione della retribuzione ai soli fini della verifica del reddito complessivo di cui all’articolo 13, comma 1-bis, del Tuir (introdotto dall’articolo 4, comma 1 del provvedimento in esame, alla cui scheda si rinvia).

Di conseguenza, le quote di TFR maturando erogate in busta paga al lavoratore non concorrono al calcolo del reddito complessivo rilevante per verificare la spettanza della detrazione (cd. “bonus 80 euro”) che il provvedimento in esame attribuisce in via strutturale ai percettori di redditi di lavoro dipendente ed assimilati (sul punto v. scheda art. 4).

 

Si ricorda che i commi da 1 a 5 dell’articolo 44 del provvedimento in esame (alla cui scheda si rinvia per maggiori informazioni) prevedono l’innalzamento dell’aliquota di tassazione dall’11 al 20% per i fondi pensione e dall’11 al 17% per la rivalutazione del TFR (trattamento di fine rapporto).

 

I commi da 3 a 5 contengono disposizioni volte a finanziare i datori di lavoro che non intendano erogare immediatamente le quote di TFR maturando con proprie risorse.

 

Più specificamente, con il comma 5 si prevede la possibilità, per tali datori di lavoro, di accedere ad uno specifico finanziamento, assistito da una duplice garanzia, prestata dal Fondo di garanzia per l’accesso ai finanziamenti e dallo Stato, in ultima istanza. Tale finanziamento è altresì assistito dal privilegio speciale di cui all’articolo 46 del Testo Unico Bancario – T.U.B. (D.Lgs. 385/1993), ossia dai privilegi costituiti per le operazioni di finanziamento alle imprese.

 

In sintesi, il richiamato articolo 46 T.U.B. stabilisce che la concessione di finanziamenti a medio e lungo termine da parte di banche alle imprese può essere garantita da privilegio speciale su beni mobili, comunque destinati all'esercizio dell'impresa, non iscritti nei pubblici registri. Tale privilegio può avere a oggetto impianti e opere esistenti e futuri, concessioni e beni strumentali; materie prime, prodotti in corso di lavorazione, scorte, prodotti finiti, frutti, bestiame e merci; beni comunque acquistati con il finanziamento concesso; crediti, anche futuri, derivanti dalla vendita di tali beni. Tale privilegio può essere costituito anche per garantire obbligazioni e titoli similari emessi dalle società la cui sottoscrizione e circolazione è riservata a investitori qualificati. In relazione alla forma, il privilegio deve risultare da atto scritto; la sua opponibilità a terzi è subordinata alla trascrizione dell'atto dal quale il privilegio risulta. Esso può essere esercitato anche nei confronti dei terzi che abbiano acquistato diritti sui beni che sono oggetto dello stesso dopo la trascrizione. Nell'ipotesi in cui non sia possibile far valere il privilegio nei confronti del terzo acquirente, il privilegio si trasferisce sul corrispettivo. E’ prevista un’agevolazione sugli onorari notarili collegati alla costituzione del privilegio, che sono ridotti alla metà.

In assenza di specifiche precisazioni nella disposizione in commento, sembra doversi intendere che le modalità di erogazione di tali finanziamenti saranno descritte nelle norme secondarie di attuazione di cui al comma 8 dell’articolo in esame, ovvero nel D.P.C.M. cui è demandata l’attuazione dell’intero articolo 6 in commento, nonché la disciplina di dettaglio relativa al Fondo di garanzia istituito presso l’I.N.P.S. e alla garanzia dello Stato.

 

I commi 3 e 4 individuano la normativa di riferimento cui debbono ottemperare i datori di lavoro a seconda se non optino (comma 3) oppure optino (comma 4) per lo schema di accesso al credito di cui al comma 5.

 

Nel caso in cui i datori di lavoro con meno di 50 dipendenti non optino per lo schema di accesso al credito, si prevede la totale applicazione di tutte le misure di carattere tributario e contributivo in favore delle imprese previste dall’articolo 10 del D.Lgs. 252/2005, relativamente alle quote di TFR maturando liquidate come somme integrative della retribuzione a seguito della manifestazione di volontà da parte del lavoratore.

In estrema sintesi, il richiamato articolo 10 consente al datore di lavoro di dedurre dal reddito d’impresa rilevante a fini delle imposte sui redditi una percentuale del 4% del T.F.R. annualmente destinato ai fondi pensione e del TFR destinato al Fondo per l’erogazione del T.F.R. La misura della deduzione è aumentata al 6% per le imprese con meno di 50 addetti (comma 1). La norma inoltre esonera dal versamento del contributo al Fondo di garanzia per il T.F.R. (di cui all’articolo 2 della L. 297/1982) nella stessa percentuale di T.F.R. maturando conferito alle forme pensionistiche complementari e al richiamato Fondo per l’erogazione del T.F.R. (comma 2). Infine, a titolo di ulteriore compensazione dei costi per le imprese (susseguenti al versamento delle quote di T.F.R. maturando sia alle forme pensionistiche complementari sia al Fondo per l’erogazione del T.F.R.), ai datori di lavoro spetta una riduzione degli oneri impropri correlata al flusso di T.F.R. maturando (comma 3). Si veda infra per ulteriori dettagli.

Le disposizioni del richiamato articolo 10 trovano applicazione anche nei confronti dei datori di lavoro con almeno 50 dipendenti, anche relativamente alle quote di TFR maturando liquidate come somme integrative della retribuzione a seguito della manifestazione di volontà da parte del lavoratore.

 

Nel caso in cui i datori di lavoro abbiano alle proprie dipendenze meno di 50 addetti ed optino per lo schema di accesso al credito (sempre limitatamente alle quote di TFR maturando liquidate come somme integrative della retribuzione a seguito della manifestazione di volontà da parte del lavoratore) si prevede l’applicazione del solo comma 2 dell’articolo 10 del D.Lgs. 252/2005 (relativo all’esonero dal versamento del contributo al Fondo di garanzia per il TFR di cui all’articolo 2 della L. 297/1982). È inoltre previsto il versamento di un contributo mensile al Fondo di garanzia per l’accesso ai finanziamenti, pari allo 0,2% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali[9] nella stessa percentuale delle quote di TFR maturando liquidate come somme integrative della retribuzione a seguito della manifestazione di volontà da parte del lavoratore, al netto del contributo dello 0,5% ex articolo 3, ultimo comma, della L. 297/1982.

 

Ai sensi del comma 6, i datori di lavoro che decidano di accedere al finanziamento previsto dal precedente comma 5 hanno l’obbligo di richiedere tempestivamente all’I.N.P.S. un’apposita certificazione del TFR maturato in relazione ai montanti retributivi dichiarati per ciascun lavoratore. Sulla base della richiamata certificazione il datore di lavoro può presentare una richiesta di finanziamento presso una delle banche o intermediari finanziari aderenti ad un apposito accordo-quadro, da stipularsi Ministero del lavoro e A.B.I.. Ai predetti finanziamenti (assistiti dalle garanzie di cui al successivo comma 7) non possono essere applicati, comprensivi di ogni eventuale onere, tassi superiori a quello di rivalutazione dello stesso TFR previsto dall’articolo 2120 c.c. (tasso dell’1,5% in misura fissa e dal 75% dell'aumento annuale dell'indice I.S.T.A.T. dei prezzi al consumo). Al rimborso correlato al finanziamento effettuato dalle imprese non trova applicazione la disciplina dell’azione revocatoria fallimentare, di cui all’articolo 67 della legge fallimentare (R.D. 267/1942)[10].

In sostanza, quindi, il pagamento fatto alle banche a titolo di rimborso del finanziamento ricevuto per erogare il TFR è equiparato ai pagamenti per prestazioni di lavoro del dipendente e, come tale, non può essere oggetto di revocatoria fallimentare.

Sotto il profilo della tecnica legislativa, si valuti l’opportunità di intervenire integrando l’elenco di cui al terzo comma del richiamato articolo 67, in cui sono individuate le azioni non soggette all’azione revocatoria.

 

Il comma 7 istituisce presso l’I.N.P.S. un Fondo di garanzia per l’accesso ai finanziamenti per i datori di lavoro con meno di 50 dipendenti che non intendano erogare immediatamente le quote di TFR maturando con risorse proprie, con dotazione iniziale pari a 100 milioni per il 2015 e a carico del bilancio dello Stato. Il Fondo, alimentato dal contributo dello 0,2% (vedi supra), ha lo scopo appunto di garantire i datori di lavoro che accedano ai finanziamenti individuati in precedenza. La garanzia del Fondo è a prima richiesta esplicita, incondizionata, irrevocabile ed onerosa nella misura di cui al precedente comma 4. Inoltre, gli interventi del Fondo sono assistiti da garanzia dello Stato, come prestatore di ultima istanza. Tale garanzia è elencata nell’allegato allo stato di previsione del ministero dell’economia e delle finanze, di cui all’articolo 31 della L. 196/2006. Il Fondo di garanzia, inoltre, è surrogato di diritto alla banca per l’importo pagato nel privilegio di cui all’articolo 46 del D.Lgs. 385/1993 (vedi supra). Per tali somme si applicano le medesime modalità di recupero dei crediti contributivi.

 

Il comma 8 demanda ad un apposito D.P.C.M., da emanare entro il 31 gennaio 2015, l’individuazione delle modalità di attuazione delle disposizioni dell’articolo in esame, nonché dei criteri, condizioni e modalità di funzionamento del Fondo di garanzia per l’accesso ai finanziamenti e della Garanzia dello Stato come prestatore di ultima istanza.

 

Infine, ai sensi del comma 9 viene precisato che ai maggiori compiti a carico dell’I.N.P.S. derivanti dalle disposizioni dell’articolo in esame si provveda con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Il Trattamento di Fine Rapporto: quadro della normativa vigente

Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) del settore privato, regolato dall'articolo 2120 del codice civile, come sostituito dall'articolo 1 della L. 29 maggio 1982, n. 297, ha sostituito dal 1° giugno 1982 l'indennità di anzianità, e si configura come una sorta di retribuzione differita e si determina accantonando[11] per ciascun anno di lavoro una quota pari al 6,91% della retribuzione lorda, sommando per ciascun anno di servizio una quota pari all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso, divisa per 13,5. La retribuzione utile per il calcolo del TFR comprende tutte le voci retributive corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, salvo diversa previsione dei contratti collettivi. calcola. Esso è rivalutato annualmente, su base composta, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5% in misura fissa e dal 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo calcolato dall'ISTAT rispetto all'anno precedente[12].

Si ricorda che ai sensi del D.P.C.M. 20 dicembre 1999, la disciplina sul TFR trova applicazione anche per i dipendenti pubblici assunti dopo il 31 dicembre 2000, ad eccezione delle categorie cosiddette “non contrattualizzate”[13].

Il TFR è dovuto (ai sensi dell’articolo 4, comma 4, della L. 297/1982) per tutti i rapporti di lavoro subordinato (ivi compresi i contratti a termine, a tempo parziale, di apprendistato e di formazione lavoro) e matura anche durante il periodo di prova.

La retribuzione annua da prendere in considerazione ai fini del calcolo del TFR comprende tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale[14] e con l'esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese. La contrattazione collettiva (sia a livello nazionale, sia aziendale) può derogare all'indicato criterio posto dal legislatore, anche in senso meno favorevole per il lavoratore, indicando gli elementi della retribuzione da assumere come base di calcolo del TFR[15]. Qualora il contratto collettivo preveda deroghe al principio della onnicomprensività delle somme ai fini del calcolo del TFR, il datore di lavoro deve rispettarne le previsioni nei confronti di tutti i lavoratori dipendenti.

L’articolo 3, ultimo comma, della L. 297/1982 ha disposto che dall’ammontare della quota del TFR relativa al periodo di riferimento della contribuzione stessa i datori di lavoro detraggano (per ciascun lavoratore) l'importo, pari allo 0,50% della retribuzione imponibile (contributo dovuto dai datori di lavoro al fine di coprire gli oneri derivanti al FPLD, ottenuto elevando di tale percentuale le aliquote contributive a carico dei datori di lavoro, per l'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, ivi compresi gli addetti ai servizi domestici e familiari ed i pescatori della piccola pesca) della contribuzione aggiuntiva[16].

 

Il prestatore di lavoro, con almeno 8 anni di servizio presso le stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70% sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta, per far fronte a spese sanitarie per terapie e interventi straordinari, per l’acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, per le spese sostenute durante i congedi per maternità (articolo 5 del D.Lgs. 151/2001 e articolo 7, comma 1, della L. 53/2000) e per le spese sostenute durante i congedi per la formazione o per la formazione continua (articolo 7, comma 1, della L. 53/2000). Il datore di lavoro deve soddisfare ogni anno tali richieste nei limiti del 10% dei dipendenti con almeno 8 anni di anzianità e comunque entro il 4% del totale dei dipendenti. L'anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto (articolo 2120, commi 7 e 9, c.c.).

Ai sensi dell’articolo 4, terzo comma, della L. 297/1982, le richiamate disposizioni sulle anticipazioni non trovano applicazione per le aziende dichiarate in crisi ai sensi della L. 675/1977 (si tratta di aziende in crisi aziendale che presentino particolare rilevanza sociale in relazione alla situazione occupazionale locale ed alla situazione produttiva del settore).

 

L’istituto del TFR, inoltre, è stato direttamente interessato dalla riforma della disciplina della previdenza complementare effettuata con il D.Lgs. 252/2005. Tale provvedimento, avente lo scopo di agevolare un effettivo decollo della previdenza complementare, volto a compensare la riduzione delle future prestazioni pensionistiche pubbliche, è intervenuto con modifiche rilevanti sui vari profili della disciplina della previdenza complementare (cd. Secondo pilastro), con l’obiettivo di aumentare i flussi di finanziamento alla previdenza complementare (attraverso, in particolare, una più favorevole tassazione delle prestazioni e un meccanismo di conferimento tacito del TFR). Più specificamente, è stato disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2007[17], la possibilità di conferire il TFR maturando alle forme pensionistiche complementari.

 

Per quanto attiene al TFR versato ad una forma complementare (o integrativa) individuale[18] o collettiva[19], si ricorda che il lavoratore deve indicare il Fondo pensione prescelto entro 6 mesi dall’assunzione; nel caso in cui non esprima alcuna indicazione (cd. silenzio assenso) il datore di lavoro nel mese successivo alla scadenza del semestre trasferisce il TFR alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, o ad altra forma individuale individuata da uno specifico accordo aziendale.

Per quanto attiene al TFR che resta accantonato in azienda, esso è di competenza del datore di lavoro nelle imprese con meno di 50 dipendenti, mentre è versato al Fondo di tesoreria presso l’I.N.P.S. in quelle con almeno 50 dipendenti.

 

La legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006), all’articolo 1, comma 755, ha infatti istituito, dal 1° gennaio 2007, il “Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile”, stabilendone la relativa disciplina. Tale Fondo ha lo scopo di garantire ai lavoratori dipendenti del settore privato l'erogazione del TFR di cui all'articolo 2120 c.c., per la quota corrispondente ai versamenti di cui al comma 756, secondo quanto previsto dal codice civile medesimo.

Il successivo comma 756 dispone che al Fondo (le cui modalità di finanziamento rispondono al principio della ripartizione), gestito dall’INPS su un apposito conto corrente aperto presso la tesoreria dello Stato, affluisca un contributo pari alla quota indicata dall’articolo 2120 c.c., al netto del contributo aggiuntivo dello 0,50%, maturata a decorrere dalla richiamata data e non destinata alle forme pensionistiche complementari (di cui al D.Lgs. 252/2005). Il predetto contributo è versato mensilmente dai datori di lavoro al richiamato Fondo, secondo specifiche modalità[20]. Sono esentati dal versamento del contributo i datori di lavoro che abbiano alle proprie dipendenze meno di 50 addetti[21].

 

Si ricorda che l’articolo 10 del D.Lgs. 252/2005, per compensare il venir meno della disponibilità degli importi accantonati come TFR, ha introdotto misure di carattere tributario e contributivo in favore delle imprese (completando altresì la disciplina di cui all’articolo 8 del D.L. 203/2005, che ha regolato le compensazioni alle imprese che conferiscono il TFR a forme pensionistiche complementari e al Fondo per l'erogazione del TFR). Attualmente, il richiamato articolo 10, in seguito alle modifiche apportate dall’articolo 1, comma 764, della L. 296/2006 (che ha sostanzialmente riscritto il testo del medesimo articolo) dispone che il datore di lavoro possa dedurre dal reddito d’impresa una percentuale del 4% del TFR annualmente destinato ai fondi pensione e del TFR destinato al Fondo per l’erogazione del TFR (di cui all’articolo 1, comma 755, della L. 296/2006). La misura della deduzione è aumentata al 6% per le imprese con meno di 50 addetti (comma 1). Inoltre, è stato stabilito l’esonero dal versamento del contributo al Fondo di garanzia per il TFR di cui all’articolo 2 della L. 297/1982[22] nella stessa percentuale di TFR maturando conferito alle forme pensionistiche complementari e al richiamato Fondo per l’erogazione del TFR (comma 2). Infine, è stato previsto che a titolo di ulteriore compensazione dei costi per le imprese (susseguenti al versamento delle quote di TFR maturando sia alle forme pensionistiche complementari sia al Fondo per l’erogazione del TFR), spetti una riduzione degli oneri impropri correlata al flusso di TFR maturando (comma 3). Si evidenzia che la disciplina più dettagliata di tale forma di compensazione, con particolare riferimento alla relativa decorrenza e all’entità del beneficio, è contenuta nell’articolo 8 del D.L. 203/2005 (come riformulato dall’articolo 1, comma 766, lettera a), della L. 296/2006).

 

Ai sensi dell’articolo 1, comma 222, della L. 296/2006, dal 1º gennaio 2007 e per un periodo di 3 anni, sul TFR, sull'indennità premio di fine servizio e sull'indennità di buonuscita, nonché sui trattamenti integrativi percepiti dai soggetti nei cui confronti trovano applicazione le forme pensionistiche che garantiscono prestazioni definite in aggiunta o ad integrazione dei suddetti trattamenti, erogati ai lavoratori dipendenti pubblici e privati e corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, i cui importi superino complessivamente un importo pari a 1,5 milioni di euro, rivalutato annualmente secondo l'indice ISTAT, è stato introdotto un contributo di solidarietà dovuto sull'importo eccedente il predetto limite, nella misura del 15%. Con il D.M. 29 ottobre 2010 sono state dettate le modalità di applicazione del contributo di solidarietà, cercando di individuare le diverse situazioni che si possono verificare.

 

Per quanto riguarda la disciplina fiscale del TFR, Il comma 1 dell'articolo 17 del T.U.I.R. (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917) individua le tipologie di redditi che, in considerazione della loro tendenziale formazione pluriennale, sono assoggettati al regime di tassazione separata. Detti redditi in base all'articolo 3 del T.U.I.R. non concorrono alla formazione del reddito complessivo cui si applica la tassazione ordinaria con le aliquote progressive per scaglioni di reddito. Tra essi figura il TFR e le indennità equipollenti.

L'articolo 19 del T.U.I.R. specifica i criteri di determinazione dell'imposta per il trattamento di fine rapporto. Le modalità di tassazione del TFR e delle altre indennità collegate alla cessazione del rapporto sono state oggetto di modifica nel tempo, in particolare ad opera del D.Lgs. 47/2000. Per il TFR maturando dal 2001, il predetto decreto ha previsto un regime di tassazione "a titolo non definitivo" suddiviso in due parti:

§  la parte di accantonamento del TFR (quota capitale): tassata tramite aliquota determinata ad hoc al momento dell'erogazione;

§  la parte di rivalutazione (quota finanziaria) tassata annualmente, a prescindere dall'erogazione, tramite imposta sostitutiva in misura dell'11% (con il sistema acconto e saldo).

Per il TFR maturando prima del 2001, la tassazione concepiva il TFR in blocco unico (quota capitale e finanziaria) tassata con un'aliquota apposita. La tassazione è calcolata dal sostituto d'imposta, che provvede ad applicare le ritenute (ai sensi dell'articolo 23, comma 2, lettera d) del D.P.R. 600/1973).

Il D.L. 201/2011 (articolo 24, comma 31) ha sottratto allo speciale regime di tassazione separata parte dell'indennità di fine rapporto (TFR) e delle indennità percepite per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per l'importo eccedente 1.000.000 di euro. L'importo eccedente tale soglia concorre alla formazione del reddito complessivo imponibile secondo le regole ordinarie (applicando dunque a tali somme l'aliquota relativa all'anno di percezione dell'indennità).


 

Articolo 7, commi 1 e 2
(Credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo)

 

 

L’articolo 7 modifica la disciplina del credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo. Le principali modifiche riguardano:

§  l’aliquota dell’agevolazione è ridotta dal 50 al 25 per cento. L’aliquota resta al 50 per cento per le spese relative al personale altamente qualificato impiegato in attività di ricerca e sviluppo e per i contratti di ricerca con università ed enti di ricerca e start-up innovative;

§  l’importo massimo per impresa è aumentato da 2,5 milioni a 5 milioni di euro per impresa;

§  la soglia minima di investimenti agevolabili è ridotta da 50 mila a 30 mila euro;

§  per poter beneficiare del credito d’imposta, gli investimenti devono essere effettuati dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 fino a quello in corso al 31 dicembre 2019;

§  non è previsto un limite di fatturato delle imprese (il vigente articolo 3 prevede come condizione un fatturato annuo inferiore a 500 milioni di euro);

§  non sono contemplate le spese relative alla creazione di nuovi brevetti;

§  per la fruizione del credito d’imposta non si applica il generale limite annuale di 250.000 euro;

§  è eliminata la procedura di istanza telematica per usufruire del credito d’imposta;

§  è eliminato il riferimento al limite massimo di stanziamento di euro 600 milioni per il triennio 2014-2016;

§  la copertura non si avvale dei fondi strutturali comunitari ma è prevista dall’abrogazione delle agevolazioni per i vigenti crediti d’imposta per i lavoratori altamente qualificati e per la concessione di un credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, che sono conseguentemente assorbiti dal credito d’imposta in esame.

 

Si ricorda che l’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013 (integralmente sostituito dal comma 1 dell’articolo 7 in esame) ha istituito un credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo, nel limite complessivo di 600 milioni di euro per il triennio 2014-2016, a valere sulla proposta nazionale relativa alla programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari. In sintesi, la misura prevede un credito d’imposta pari al 50% delle spese incrementali sostenute dalle imprese con fatturato annuo inferiore a 500 milioni di euro, rispetto all’anno precedente, con un’agevolazione massima di 2,5 milioni di euro per impresa ed una spesa minima di 50.000 euro in ricerca e sviluppo per poter accedere all’agevolazione. La norma definisce le attività di ricerca e sviluppo soggette all’agevolazione e le spese ammissibili. Il limite complessivo previsto dalla norma è di 600 milioni di euro per il triennio 2014-2016.

Si evidenzia che il credito d’imposta in esame non ha trovato attuazione, in quanto il previsto decreto ministeriale non è stato emanato.

 

Il comma 1, in particolare, sostituisce l’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013.

I commi 1-3 del nuovo articolo 3 riconoscono, per gli anni 2015-2019, a tutte le imprese (senza limiti di fatturato) che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo un credito d'imposta pari al 25 per cento delle spese incrementali sostenute rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.

Destinatari dell’agevolazione sono tutte le imprese indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato. Non è stata ripresa la disposizione che includeva tra i destinatari anche i consorzi e le reti di impresa che effettuano le attività di ricerca, sviluppo e innovazione.

Per le imprese in attività da meno di tre periodi di imposta, la media degli investimenti in attività di ricerca e sviluppo da considerare per il calcolo della spesa incrementale è quella risultante dagli investimenti realizzati nel periodo decorrente dalla costituzione delle stesse (comma 2).

Il credito d'imposta spetta fino a un importo massimo annuale di euro 5 milioni per ciascun beneficiario, a condizione che siano sostenute spese per attività di ricerca e sviluppo almeno pari a euro 30 mila (la norma precedente specificava: “in ciascuno dei periodi d'imposta”).

 

I commi 4 e 5 del nuovo articolo 3 elencano le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d'imposta e quelle che, invece, non possono essere considerate tali.

Le attività di ricerca e sviluppo ammissibili sono elencate al comma 4:

a)  lavori sperimentali o teorici svolti aventi quale principale finalità l’acquisizione di nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette;

b)  ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi, necessaria per la ricerca industriale, ad esclusione dei prototipi;

c)  acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati. Può trattarsi anche di altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi e servizi; tali attività possono comprendere l’elaborazione di progetti, disegni, piani e altra documentazione, purché non siano destinati a uso commerciale; realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi commerciali e di progetti pilota destinati a esperimenti tecnologici o commerciali, quando il prototipo è necessariamente il prodotto commerciale finale e il suo costo di fabbricazione è troppo elevato per poterlo usare soltanto a fini di dimostrazione e di convalida. E’ stata espunta la disposizione che prevedeva che “lo sfruttamento di progetti di dimostrazione o di progetti pilota a scopo commerciale comporta la deduzione dei redditi così generati dai costi ammissibili”;

d)  produzione e collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali.

 

Il comma 5 del nuovo articolo 3 reca l’indicazione delle attività non qualificabili come attività di ricerca e sviluppo: si tratta in particolare delle modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti. Non è riprodotta la disposizione che faceva salve le attività che si concretizzino nella creazione di nuovi brevetti.

 

Il comma 6 del nuovo articolo 3 reca l’indicazione delle spese ammissibili ai fini della determinazione del credito d’imposta. Si tratta delle spese relative a:

§  personale altamente qualificato impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, in possesso di un titolo di dottore di ricerca, ovvero iscritto ad un ciclo di dottorato presso una università italiana o estera, ovvero in possesso di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico come da classificazione Unesco Isced o di cui all’allegato 3 della legge di stabilità (la disposizione fa riferimento all’allegato 1 del decreto-legge n. 145). In questo caso la misura del credito d’imposta è del 50 per cento (comma 7);

§  quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio, nei limiti dell’importo risultante dall’applicazione dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro delle finanze del 31 dicembre 1988, che reca i coefficienti di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali impiegati nell’esercizio di attività commerciali, arti e professioni in relazione alla misura e al periodo di utilizzo per l’attività di ricerca e sviluppo e comunque con un costo unitario non inferiore a 2.000 euro al netto di IVA;

§  contratti di ricerca stipulati con Università, enti di ricerca ed organismi equiparati, e con altre imprese, comprese le start-up innovative (c.d. ricerca extra muros). In questo caso la misura del credito d’imposta è del 50 per cento (comma 7);

§  competenze tecniche e privative industriali relative a un’invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale anche acquisite da fonti esterne (si tratta di una spesa ammissibile non contemplata nella precedente versione).

 

Il credito di imposta (comma 8 del nuovo articolo 3) deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi e non concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sul reddito e dell’IRAP. Il credito d’imposta non rileva, inoltre, ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 61 del TUIR, né rispetto ai criteri di inerenza per la deducibilità delle spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR.

L’articolo 61 del TUIR disciplina la percentuale di deducibilità degli interessi passivi dal reddito d’impresa. Tale quota è pari al rapporto tra i ricavi e gli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. L’articolo 109, comma 5, del TUIR prevede che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, siano deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito, sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2, e 3 dell'articolo 96.

Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, secondo le norme generali in materia di compensazione dei crediti tributari dettate dall'articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997.

Ai sensi del comma 1 del citato articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche dei redditi. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

 

Con una disposizione (comma 9) non presente nella precedente versione dell’articolo 3, si prevede che per la fruizione del credito d’imposta non si applica il limite annuale di utilizzazione di 250.000 euro, previsto dall’articolo 1, comma 53 della legge n. 244 del 2007, e il limite massimo per la compensazione di 700.000 euro, previsto dall’articolo 34 della legge n. 388 del 2000.

Si evidenzia che la nuova formulazione dell’articolo 3 (a differenza della precedente versione) non prevede che, per fruire del contributo, le imprese debbano presentare un’istanza telematica mediante le modalità tecniche predisposte dal Ministero dello sviluppo economico. Non è previsto, inoltre, l’affidamento della gestione della misura di agevolazione fiscale in esame ad una convenzione stipulata tra il Ministero dello sviluppo economico e società in house ovvero società o enti in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà scelti sulla base di un’apposita gara, secondo le modalità e le procedure di cui al Codice appalti.

 

Il comma 10 del nuovo articolo 3 dispone che, qualora venga accertata l’indebita fruizione, anche parziale, del credito d'imposta per il mancato rispetto delle condizioni richieste ovvero a causa dell'inammissibilità dei costi sulla base dei quali è stato determinato, l’Agenzia delle entrate provvede al recupero dell'importo indebitamente fruito, maggiorato degli interessi e delle sanzioni previste dalla legge.

 

Il comma 11 del nuovo articolo 3 dispone che i controlli sono svolti sulla base di apposita documentazione contabile certificata dal soggetto incaricato della revisione legale o dal collegio sindacale o da un professionista iscritto nel registro della revisione legale (di cui al decreto legislativo n. 39 del 2010). Tale certificazione va allegata al bilancio. Per le imprese non soggette a revisione legale dei conti e prive di un collegio sindacale, è fatto obbligo di avvalersi comunque della certificazione di un revisore legale dei conti o di una società di revisione legale dei conti iscritti quali attivi nell’apposito registro (di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39). Sono esentate da tale disciplina le imprese con bilancio certificato.

Il revisore o professionista responsabile della revisione, nell’assunzione dell’incarico, osservano i principi di indipendenza e di obiettività elaborati ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39; si tratta dei principi di indipendenza e obiettività elaborati da associazioni e ordini professionali e approvati dal Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Consob, ovvero emanati dal Ministro dell’economia e delle finanze sentita la Consob. In attesa della loro emanazione, la norma in commento fa riferimento al codice etico dell’IFAC – ovvero della federazione internazionale dei revisori.

Le spese sostenute per l’attività di certificazione contabile da parte delle imprese non soggette a revisione legale dei conti e prive di un collegio sindacale sono ammissibili entro il limite massimo di 5.000 euro.

 

Si specifica (comma 12) che, nel caso di colpa grave nell'esecuzione degli atti di certificazione al revisore si applicano le sanzioni previste dall'articolo 64 del codice di procedura civile: il consulente tecnico che incorre in colpa grave nell'esecuzione degli atti che gli sono richiesti, è punito con l'arresto fino a un anno o con la ammenda fino a euro 10.329. Si applica inoltre la sospensione dall’esercizio della professione (ai sensi dell'articolo 35 del codice penale). In ogni caso è dovuto il risarcimento dei danni causati alle parti.

 

Il comma 13 del nuovo articolo 3 dispone, a decorrere dal 31 dicembre 2014, la cessazione delle seguenti agevolazioni:

§  credito di imposta per le nuove assunzioni di profili altamente qualificati (articolo 24 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83);

§   credito d’imposta per ricerca e sviluppo (previsto dall’articolo 1, commi da 95 a 97, della legge 24 dicembre 2012 n. 228).

Le relative risorse sono destinate alla copertura del credito d’imposta in esame.

La relazione governativa afferma che ove sussistano soggetti beneficiari della normativa che cessa alla data del 31 dicembre 2014, le relative posizioni giuridiche soggettive saranno tenute in considerazione fino a poter costituire criterio preferenziale nel decreto previsto dal successivo comma 14. Tale previsione, tuttavia, non è inserita nella norma.

 

Il comma 14 del nuovo articolo 3 demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, l’adozione delle disposizioni attuative necessarie, ivi comprese le modalità di verifica e di controllo dell’effettività delle spese sostenute, le cause di decadenza e revoca del beneficio, le modalità di restituzione del credito di imposta di cui l’impresa ha fruito indebitamente.

 

Il comma 15 del nuovo articolo 3 prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze effettui il monitoraggio delle fruizioni del credito d’imposta in esame, al fine di assicurare che l'attuazione della norma in esame non rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica (articolo 81, quarto comma, della Costituzione).

 

Il comma 2 dell’articolo 7 dispone l’inserimento dell’Allegato 3 (classi di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico) all’interno del decreto-legge n. 145 del 2013.


 

L’Allegato 3 include le classi di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico interessate dalla norma. Si tratta delle stesse previste anche dal credito d’imposta per l’assunzione di lavoratori altamente qualificati (articolo 24 del D.L. n. 83 del 2012).

Il comma 2 dell’articolo 7 dispone l’inserimento di tale Allegato in calce al D.L. n. 145 del 2013.

Le classi di laurea sono le seguenti:

§  LM-12Design;

§  LM-13 Farmacia e farmacia industriale

§  LM-17 Fisica

§  LM-18 Informatica

§  LM-20 Ingegneria aerospaziale e astronautica

§  LM-21 Ingegneria biomedica

§  LM-22 Ingegneria chimica

§  LM-23 Ingegneria civile

§  LM-24 Ingegneria dei sistemi edilizi

§  LM-25 Ingegneria dell'automazione

§  LM-26 Ingegneria della sicurezza

§  LM-27 Ingegneria delle telecomunicazioni

§  LM-28 Ingegneria elettrica

§  LM-29 Ingegneria elettronica

§  LM-30 Ingegneria energetica e nucleare

§  LM-31 Ingegneria gestionale

§  LM-32 Ingegneria informatica

§  LM-33 Ingegneria meccanica

§  LM-34 Ingegneria navale

§  LM-35 Ingegneria per l'ambiente e il territorio

§  LM-4 Architettura e ingegneria edile - architettura

§  LM-40 Matematica

§  LM-44 Modellistica matematico-fisica per l'ingegneria

§  LM-53 Scienza e ingegneria dei materiali

§  LM-54 Scienze chimiche

§  LM-6 Biologia

§  LM-60 Scienze della natura

§  LM-61 Scienze della nutrizione umana

§  LM-66 Sicurezza informatica

§  LM-69 Scienze e tecnologie agrarie

§  LM-7 Biotecnologie agrarie

§  LM-70 Scienze e tecnologie alimentari

§  LM-71 Scienze e tecnologie della chimica industriale

§  LM-72 Scienze e tecnologie della navigazione

§  LM-73 Scienze e tecnologie forestali ed ambientali

§  LM-74 Scienze e tecnologie geologiche

§  LM-75 Scienze e tecnologie per l'ambiente e il territorio

§  LM-79 Scienze geofisiche

§  LM-8 Biotecnologie industriali

§  LM-82 Scienze statistiche

§  LM-86 Scienze zootecniche e tecnologie animali

§  LM-9 Biotecnologie mediche, veterinarie e farmaceutiche

§  LM-91 Tecniche e metodi per la società dell'informazione

 


 

Articolo 7, commi 3-11
(Regime nazionale di tassazione agevolata - Patent box)

 

 

I commi da 3 a 11 introducono un regime opzionale di tassazione agevolata (cd. patent box), consistente nell’esclusione dal reddito del 50 per cento dei redditi derivanti dall’utilizzazione di alcune tipologie di beni immateriali (marchi e brevetti) nonché delle plusvalenze derivanti dalla loro cessione, se il 90 per cento del corrispettivo è reinvestito. L’opzione dura cinque esercizi sociali, è irrevocabile e si può esercitare a condizione di essere residenti in Paesi con i quali vige un accordo per evitare la doppia imposizione e vi è un effettivo scambio di informazioni. In caso di utilizzo diretto, il contributo economico di tali beni alla produzione del reddito è determinato sulla base di un apposito accordo con l’amministrazione finanziaria.

 

Più in dettaglio, ai sensi del comma 3, i soggetti titolari di reddito d’impresa possono optare per l’applicazione di un regime opzionale di tassazione agevolata nella misura del 50 per cento dei redditi derivanti dall’utilizzazione di alcuni tipi di marchi e brevetti. L’opzione ha durata per cinque esercizi sociali ed è irrevocabile.

 

Ai sensi del comma 4, i titolari di reddito d’impresa (di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), del Tuir) possono esercitare l’opzione a condizione di essere residenti in Paesi con i quali è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione e con i quali lo scambio di informazioni sia effettivo.

 

I redditi dei soggetti derivanti dall’utilizzo di opere dell’ingegno, da brevetti industriali, da marchi d’impresa funzionalmente equivalenti ai brevetti, nonché da processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili, non concorrono a formare il reddito complessivo in quanto esclusi per il 50 per cento del relativo ammontare.

In caso di utilizzo diretto, il contributo economico di tali beni alla produzione del reddito complessivo beneficia dell’esclusione a condizione che lo stesso sia determinato sulla base di un apposito accordo con l’amministrazione finanziaria. In tali ipotesi la procedura di ruling ha ad oggetto la determinazione in via preventiva ed in contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate dell’ammontare dei componenti positivi di reddito impliciti e dei criteri per l’individuazione dei componenti negativi riferibili ai predetti componenti positivi. Analogo accordo è previsto nel caso in cui i redditi siano realizzati nell’ambito di operazioni intercorse con società che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa (comma 5).

 

Si rammenta che l’articolo 8 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, ha previsto, per le imprese con attività internazionale, la possibilità di utilizzare una procedura di ruling internazionale, al fine di determinare preventivamente, tramite accordo con l’amministrazione finanziaria, alcuni elementi rilevanti per la determinazione delle imposte, in particolare con riferimento al regime dei prezzi di trasferimento, degli interessi, dei dividendi e delle royalties, nonché della valutazione preventiva della sussistenza dei requisiti che configurano una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato.

La procedura in questione si conclude con la sottoscrizione di un accordo tra l’amministrazione finanziaria e l’impresa con attività internazionale, che vincola entrambe le parti sulle questioni oggetto di accordo per il periodo d’imposta nel corso del quale l’accordo stesso è stato stipulato e per i quatto periodi d’imposta successivi.

Le disposizioni per consentire alle imprese con attività internazionale di accedere alla suddetta procedura sono state definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 23 luglio 2004, che individua i requisiti soggettivi ed oggettivi per l’accesso al ruling e stabilisce le modalità operative per l’avvio della procedura da parte del contribuente.

È ammessa al ruling qualunque impresa con attività internazionale residente nel territorio dello Stato, qualificabile come tale ai sensi delle disposizioni vigenti in materia di imposte sui redditi, che, in alternativa o congiuntamente:

§  si trovi, rispetto a società non residenti, in una o più delle condizioni indicate nel comma 7 dell’articolo 110 del Tuir, ovvero in rapporto di controllo diretto o indiretto;

§  il cui patrimonio, fondo o capitale sia partecipato da soggetti non residenti ovvero partecipi al patrimonio, fondo o capitale di soggetti non residenti;

§  abbia corrisposto a o percepito da soggetti non residenti, dividendi, interessi o royalties.

Sono altresì ammesse le imprese non residenti che esercitano la propria attività nel territorio dello Stato attraverso una stabile organizzazione, qualificabile come tale ai sensi delle disposizioni vigenti in materia di imposte sui redditi.

 

Poiché la norma, in sostanza, prevede un’estensione dell’ambito applicativo soggettivo ed oggettivo dell’istituto del ruling, includendo anche soggetti diversi da imprese che hanno attività internazionale, occorrerebbe valutare l’opportunità di modificare in tal senso l’articolo 8 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269,

 

Ai sensi del comma 6, il regime di tassazione agevolata prevede altresì l’esclusione dalla formazione del reddito delle plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni immateriali, a condizione che almeno il novanta per cento del corrispettivo derivante dalla cessione dei predetti beni sia reinvestito, prima della chiusura del secondo periodo di imposta successivo a quello nel quale si è verificata la cessione, nella manutenzione o nello sviluppo di altri beni immateriali. Si applicano le disposizioni relative al ruling già illustrate.

 

Il comma 7 prevede che l’opzione per il regime di tassazione agevolata è consentita a condizione che i soggetti svolgano le attività di ricerca e sviluppo, anche mediante contratti di ricerca stipulati con Università o enti di ricerca ed organismi equiparati.

 

La quota di reddito agevolabile è determinata sulla base del rapporto tra i costi di attività di ricerca e sviluppo sostenuti per il mantenimento, l’accrescimento e lo sviluppo del bene immateriale e i costi complessivi sostenuti per produrre il bene (comma 8).

 

Viene inoltre specificato che l’opzione per il regime di tassazione agevolata dei redditi derivanti dall’utilizzo dei beni immateriali rileva, oltre che per la determinazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, anche ai fini Irap (comma 9).

 

Il comma 10 demanda ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’economia e finanze, di natura non regolamentare, l’adozione delle disposizioni attuative, anche al fine di individuare le tipologie di marchi escluse dall’ambito di applicazione del regime agevolato e di definire gli elementi del rapporto ai fini della quota di reddito agevolabile.

 

Ai sensi del comma 11, il nuovo regime si applica a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014. In via transitoria per gli anni d’imposta 2015 e 2016 la percentuale di esclusione dal concorso alla formazione del reddito è fissata, rispettivamente, in misura pari al 30 e al 40 per cento.


 

Articolo 8
(Ecobonus e ristrutturazione)

 

 

L’articolo 8 prevede la proroga delle detrazioni per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica, mantenendo anche per il 2015 le attuali misure:

§  50 per cento per le ristrutturazioni e per il connesso acquisto di mobili;

§  65 per cento per gli interventi di riqualificazione energetica, inclusi quelli relativi alle parti comuni degli edifici condominiali.

 

Per quanto concerne la detrazione d'imposta per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici, viene prorogata al 31 dicembre 2015 la misura della detrazione al 65 per cento attualmente prevista sino al 31 dicembre 2014.

La norma vigente (articolo 1, comma 139, della legge n. 147 del 2013) prevede che per l'anno 2015 la detrazione si applichi nella misura del 50 per cento.

 

Con riferimento agli interventi di riqualificazione energetica relativi a parti comuni degli edifici condominiali si proroga sino al 31 dicembre 2015 la misura della detrazione al 65 per cento.

La norma vigente prevede la misura del 65 per cento sino al 30 giugno 2015 e la misura del 50 per cento nei 12 mesi successivi.

 

Con riferimento agli interventi di recupero del patrimonio edilizio (per un ammontare massimo di spesa di 96 mila euro) viene prorogata al 31 dicembre 2015 la misura della detrazione al 50 per cento attualmente prevista sino al 31 dicembre 2014.

La norma vigente prevede che per l'anno 2015 la detrazione si applichi nella misura del 40 per cento.

 

Con riferimento alle spese per l'acquisto di mobili per l’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione viene prorogato di un anno il termine finale (31 dicembre 2015) entro cui devono essere sostenute le spese ai fini della detrazione del 50 per cento. Viene ribadito, inoltre, che le spese per l’acquisto di mobili (ammesse in detrazione se connesse ad una ristrutturazione edilizia) sono computate indipendentemente da quelle sostenute per i lavori di ristrutturazione.

Si evidenzia che non è stata disposta la proroga con riferimento agli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche. Per tali interventi, pertanto, rimangono ferme le misure delle detrazioni attualmente previste: 65 per cento sino al 31 dicembre 2014 e 50 per cento per le spese sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015.

 

 

 

 

Nuovi termini ddl Stabilità

 

Fino al 31 dicembre 2014

Fino al 31 dicembre 2015

Dal 1° gennaio 2016

Riqualificazione energetica

65%

65%

36%

Parti condominiali

65%

65%

36%

Ristrutturazioni edilizie

50%

50%

36%

Misure antisismiche

65%

50%

36%

Mobili

50%

50%

-

 

 

Si ricorda che l’articolo 15 del decreto-legge n. 63 del 2013 prevede che entro il 31 dicembre 2015 dovranno essere definiti misure ed incentivi selettivi di carattere strutturale, finalizzati a favorire la realizzazione di interventi per il miglioramento, l'adeguamento antisismico e la messa in sicurezza degli edifici esistenti, nonché per l’incremento del loro rendimento energetico e dell’efficienza idrica. In assenza di un intervento normativo entro tale termine, dal 2016 le detrazioni e il limite massimo di spesa torneranno ai livelli previsti dalla legislazione vigente (36 per cento e 48 mila euro, previsti dall’articolo 16-bis del TUIR).

Detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica

Più in dettaglio, la lettera a) dell’articolo 8 modifica i commi 1 e 2 dell’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, dedicato alle detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica.

Il nuovo comma 1 prevede che le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 48, della legge n. 220 del 2010, concernenti la detrazione d'imposta per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici, si applicano nella misura del 65 per cento per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del D.L. n. 63 del 2013) fino al 31 dicembre 2015.;

Con la norma in esame, pertanto, viene prorogata di un anno la misura della detrazione al 65 per cento attualmente prevista sino al 31 dicembre 2014, mentre viene abrogata la disposizione che prevede che la detrazione si applica nella misura del 50 per cento per l'anno 2015.

L’agevolazione per la riqualificazione energetica degli edifici consiste nel riconoscimento di detrazioni d’imposta in percentuale delle spese sostenute, da ripartire in rate annuali di pari importo, entro un limite massimo di detrazione, diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti. Si tratta di riduzioni dall’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) e dall’Ires (Imposta sul reddito delle società) concesse per interventi che aumentino il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti e che riguardano, in particolare, le spese sostenute per:

§  la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento: detrazione massima 100.000 euro;

§  il miglioramento termico dell’edificio (finestre, comprensive di infissi, coibentazioni, pavimenti): detrazione massima 60.000 euro;

§  l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda: detrazione massima 60.000 euro;

§  la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale: detrazione massima 30.000 euro.

La norma che ha introdotto l’agevolazione in esame è contenuta nei commi da 344 a 349 dell'articolo unico della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007); successivamente la normativa in materia è stata più volte modificata. I cambiamenti si riferiscono, in particolare, alle procedure da seguire per avvalersi correttamente delle agevolazioni.

L’articolo 1, comma 48, della legge n. 220 del 2010 (legge di stabilità per il 2011) ha stabilito una proroga per usufruire delle detrazioni per le spese sostenute e documentate sino al 31 dicembre 2011 o, per i soggetti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, fino al periodo d’imposta in corso alla predetta data.

L’articolo 4, comma 4, del D.L. n. 201 del 2011 ha prorogato fino al 31 dicembre 2012 la detrazione Irpef del 55 per cento delle spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio. La stessa norma ha esteso la detrazione del 55 per cento anche alle spese per interventi di sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria, nel limite massimo di 30.000 euro. A decorrere dal 1° gennaio 2013 era previsto che per tali interventi si applicasse la detrazione del 36 per cento come modificata dal nuovo articolo 16-bis del TUIR. Successivamente il D.L. n. 83 del 2012 ha prorogato l'applicazione della detrazione del 55 per cento sino al 30 giugno 2013.

Il D.L. n. 63 del 2013 (articolo 14) ha prorogato le detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica fino al 31 dicembre 2013 elevando la misura al 65 per cento, per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del provvedimento). Inoltre, con riferimento agli interventi di riqualificazione energetica relativi a parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari del singolo condominio, la norma prevede l'applicazione della detrazione d'imposta del 65 per cento per le spese sostenute dall'entrata in vigore del decreto (6 giugno 2013) sino al 30 giugno 2014.

La legge di stabilità per il 2014 (articolo 1, comma 139 della legge n. 147 del 2013) ha previsto un’ulteriore proroga. Per il risparmio energetico le detrazioni in esame si applicano nella misura del 65 per cento per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del D.L. n. 63/2013) al 31 dicembre 2014. Dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015 è previsto che la misura della detrazione scenda al 50 per cento per le spese sostenute.

 

In sintesi la normativa al riguardo prevede che:

§  la detrazione dalle imposte sui redditi (Irpef o Ires) è pari al 65 per cento (entro il 2014 e al 50 per cento nel 2015) delle spese sostenute, entro il limite massimo che varia a seconda della tipologia dell’intervento eseguito;

§  l’agevolazione non è cumulabile con altri benefici fiscali previsti da disposizioni di legge nazionali (come, ad esempio, la detrazione per il recupero del patrimonio edilizio) o altri incentivi riconosciuti dalla Comunità europea; dal 1° gennaio 2009 la detrazione non è cumulabile con eventuali incentivi riconosciuti dalla Comunità europea, dalle regioni o dagli enti locali;

§  non è necessario effettuare alcuna comunicazione preventiva di inizio dei lavori all’Agenzia delle entrate;

§  i contribuenti non titolari di reddito d’impresa devono effettuare il pagamento delle spese sostenute mediante bonifico bancario o postale (i titolari di reddito di impresa sono invece esonerati da tale obbligo e possono provare la spesa con altra idonea documentazione);

§  è previsto l’esonero dalla presentazione della certificazione energetica per la sostituzione di finestre, per gli impianti di climatizzazione invernale e per l’installazione di pannelli solari;

§  al momento del pagamento del bonifico effettuato dal contribuente che intende avvalersi della detrazione, le banche e le Poste Italiane Spa hanno l’obbligo di effettuare una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dall’impresa che effettua i lavori; dal 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 98 del 2011) la ritenuta sui bonifici è stata ridotta dal 10 al 4%;

§  per gli interventi eseguiti dal 2011 è obbligatorio ripartire la detrazione in dieci rate annuali di pari importo (per gli anni 2009 e 2010 andava ripartita in cinque rate).

 

 

Con riferimento agli interventi di riqualificazione energetica relativi a parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari del singolo condominio, il nuovo comma 2 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 63 del 2013 prevede l'applicazione della detrazione nella misura del 65 per cento, per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 fino al 31 dicembre 2015.

Con la norma in esame, pertanto, viene prorogata di sei mesi la misura della detrazione al 65 per cento attualmente prevista sino al 3 giugno 2015, mentre viene abrogata la disposizione che prevede che la detrazione si applica nella misura del 50 per cento per le spese sostenute dal 1° luglio 2015 al 30 giugno 2016.

La norma riguarda interventi:

a)   relativi a parti comuni degli edifici condominiali di cui agli articoli 1117 e 1117-bis del codice civile;

Si ricorda che l'articolo 1117 del codice civile, riformulato dall’articolo 1 della legge 11 dicembre 2012, n. 220 (Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici), prevede che sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo:

-     tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune (come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate);

-     le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune (come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune);

-     le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune (come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche).

Il successivo articolo 1117-bis (aggiunto dalla citata legge 11 dicembre 2012, n. 220) estende l'applicazione delle disposizioni recate dal Capo II del codice civile (Del condominio negli edifici), in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condomini di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni.

b)   ovvero che interessino tutte le unità immobiliari di cui si compone il singolo condominio.

Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia

La lettera b) del modifica l'articolo 16 del D.L. n. 63 del 2013, con il quale è stata disposta la proroga delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili.

Il punto 1) della lettera c) sostituisce l’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 16 prevedendo che per le spese documentate, relative agli interventi di recupero del patrimonio edilizio (indicati nel comma 1 dell’articolo 16-bis del TUIR), spetta una detrazione dall'imposta lorda - fino ad un ammontare complessivo non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare - pari al 50 per cento, per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2015.

In sostanza, rispetto alla disciplina antecedente viene prorogata di un anno la misura della detrazione al 50 per cento, in origine prevista sino al 31 dicembre 2014, mentre viene abrogata la disposizione che prevede che la detrazione si applichi nella misura del 40 per cento per l'anno 2015.

 

La detrazione fiscale per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio è stata introdotta dall'articolo 1, comma 5, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. La norma è stata successivamente modificata e prorogata e, infine, resa stabile dal D.L. n. 201 del 2011 (art. 4, comma 1, lett. c)) che ha inserito il nuovo articolo 16-bis nel D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR). Tale norma ha confermato non sono l’ambito, soggettivo ed oggettivo, di applicazione delle detrazioni, ma anche le condizioni di spettanza del beneficio fiscale consolidando l’orientamento di prassi formatosi in materia. A regime, la misura della detrazione IRPEF è del 36 per cento per le spese di ristrutturazione edilizia sostenute per un importo non superiore a 48.000 euro per ciascuna unità immobiliare.

Per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 fino al 30 giugno 2013, l’articolo 11, comma 1, del D.L. n. 83 del 2012 ha aumentato la misura della detrazione dal 36 per cento al 50 per cento ed ha innalzato il limite di spesa massima agevolabile da 48.000 a 96.000 euro per unità immobiliare.

Con l’articolo 16, comma 1, del D.L. n. 63 del 2013 è stato prorogato al 31 dicembre 2013 il termine di scadenza dell’innalzamento della percentuale di detrazione IRPEF dal 36 al 50 per cento e del limite dell'ammontare complessivo da 48.000 a 96.000 euro in relazione alle spese di ristrutturazione edilizia.

Nel corso della conversione del D.L. n. 63 del 2013, inoltre, sono state introdotte due rilevanti novità:

§  una detrazione del 50 per cento per le ulteriori spese sostenute dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del decreto-legge) al 31 dicembre 2013 (termine che la norma in esame proroga di un anno, si veda oltre) per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+, (per i forni la classe A), finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione, per un importo massimo complessivo non superiore a 10.000 euro, da ripartire in dieci quote annuali;

§  una detrazione del 65 per cento delle spese effettuate dal 4 agosto 2013 (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto) al 31 dicembre 2013 (termine che la norma in esame proroga di un anno, si veda oltre) per interventi di adozione di misure antisismiche su costruzioni che si trovano in zone sismiche ad alta pericolosità, se adibite ad abitazione principale o ad attività produttive.

La legge di stabilità per il 2014 (articolo 1, comma 139 della legge n. 147 del 2013) ha previsto un’ulteriore proroga. Per gli interventi di ristrutturazione edilizia le detrazioni in esame si applicano nella misura del 50 per cento per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del D.L. n. 63/2013) al 31 dicembre 2014. Dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015 è previsto che la misura della detrazione scenda al 40 per cento per le spese sostenute. Per gli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche è prevista la detrazione del 65 per cento sino al 31 dicembre 2014 e del 50 per cento per le spese sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015. Tali misure non sono state ulteriormente prorogate dalle norme in esame.

 

In particolare la detrazione fiscale per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio è concessa (comma 1 del nuovo articolo 16-bis) per i seguenti interventi:

§  manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, effettuati su tutte le parti comuni degli edifici residenziali;

§  manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, e sulle loro pertinenze;

§  ricostruzione o ripristino di immobili danneggiati a seguito di eventi calamitosi, quando sia stato dichiarato lo stato di emergenza - anche anteriormente alla data di entrata in vigore della presente disposizione -anche se non rientranti nelle tipologie di intervento di cui alle lettere a) e b);

§  realizzazione di autorimesse o di posti auto pertinenziali, anche di proprietà comune;

§  eliminazione di barriere architettoniche;

§  adozione di misure finalizzate a prevenire il rischio di atti illeciti da parte di terzi;

§  realizzazione di interventi di cablatura degli edifici e di contenimento di inquinamento acustico;

§  conseguimento di risparmi energetici;

§  adozione di misure antisismiche;

§  bonifica dall’amianto e di esecuzione di opere volte ad evitare gli infortuni domestici.

Il comma 2 del nuovo articolo 16-bis del TUIR ricomprende tra le spese sostenute quelle di progettazione e per prestazioni professionali connesse all'esecuzione delle opere edilizie e alla messa a norma degli edifici ai sensi della legislazione vigente in materia. Il comma 3 del nuovo articolo 16-bis riconduce a regime la detrazione d’imposta del 36 per cento sull’acquisto di immobili ristrutturati da imprese di costruzione o ristrutturazione o da cooperative, istituita dall’articolo 9, comma 2, della legge n. 448 del 2001.

Tra le altre disposizioni introdotte in materia si segnalano:

§  l’abolizione dell’obbligo di invio della comunicazione di inizio lavori al Centro operativo di Pescara (articolo 7, comma 2, lett. q), del D.L. n. 70 del 2011). In sostanza, a decorrere dal 14 maggio 2011, la norma prescrive l’obbligo di indicare taluni dati nella dichiarazione dei redditi e di conservare la documentazione prevista dal Provvedimento n. 149646 del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 2 novembre 2011;

§  la riduzione della percentuale (dal 10 al 4%) della ritenuta d’acconto sui bonifici che banche e Poste hanno l’obbligo di operare (articolo 25 del decreto-legge n. 78 del 2010, come modificato dall’articolo 23, comma 8 ,del decreto legge 98 del 2011);

§  con la risoluzione n. 55/E del 7 giugno 2012 l’Agenzia delle entrate ha chiarito che il contribuente che intenda fruire dell’agevolazione deve utilizzare un bonifico “parlante” dal quale risulti: 1) la causale del versamento; 2) il codice fiscale del beneficiario della detrazione; 3) il numero di partita IVA ovvero il codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato;

§  l’eliminazione dell’obbligo di indicare il costo della manodopera, in maniera distinta, nella fattura emessa dall’impresa che esegue i lavori (articolo 7, comma 2, lett. r) del D.L. n. 70 del 2011; tale soppressione ha effetto anche per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici;

§  la facoltà riconosciuta al venditore, nel caso in cui l’unità immobiliare sulla quale sono stati eseguiti i lavori sia ceduta prima che sia trascorso l’intero periodo di godimento della detrazione, di scegliere se continuare a usufruire delle detrazioni non ancora utilizzate o trasferire il diritto all’acquirente (persona fisica) dell’immobile (commi 12-bis e 12-ter dell’articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011);

l’obbligo per tutti i contribuenti di ripartire l’importo detraibile in 10 quote annuali: dal 2012 non è più prevista per i contribuenti di 75 e 80 anni la possibilità di ripartire la detrazione, rispettivamente, in 5 o 3 quote annuali (articolo 4, comma 1 del D.L. n. 201 del 2011).

Detrazioni fiscali per l’acquisto di mobili

Il punto 2) della lettera b) modifica il comma 2 dell'articolo 16 del D.L. n. 63 del 2013, prevedendo la proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2015, della detrazione del 50 per cento per le ulteriori spese, fino ad un ammontare massimo di 10.000 euro, documentate e sostenute per l'acquisto dei seguenti prodotti finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione:

§  mobili;

§  grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+;

§  forni di classe A.

Si ricorda che, ai fini del riconoscimento della detrazione in oggetto, la norma fa riferimento ai contribuenti che fruiscono della detrazione di cui al comma 1, cioè a coloro che usufruiscono delle possibilità di detrarre - nel limite massimo di spesa di 96.000 euro - il 50 per cento delle spese di ristrutturazione edilizia sostenute nel periodo di tempo tra il 26 giugno 2012 e il 31 dicembre 2015 (come prorogato dalla norma supra).

La norma in esame prevede, inoltre, che le spese per l’acquisto di mobili sono calcolate indipendentemente da quelle sostenute per i lavori di ristrutturazione. Si tratta della stessa disposizione inserita dall’articolo 7, comma 2-ter del D.L. n. 47 del 2014 con riferimento alla prevedente proroga della detrazione in esame (per il periodo dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2014).

Si ricorda che le spese per l’acquisto di mobili possono anche essere più elevate di quelle per i lavori di ristrutturazione, fermo restando il tetto dei 10.000 euro. Infatti la disposizione della legge di stabilità 2014 che prevedeva che tali spese non potessero essere superiori a quelle sostenute per i lavori di ristrutturazione è stata abrogata dall’articolo 7 del D.L. n. 47 del 2014.

Si evidenzia inoltre che con la circolare n. 29/E del 18 settembre 2013 l'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti su alcune questioni interpretative concernenti le detrazioni per interventi di efficienza energetica, di ristrutturazione edilizia, per acquisto di mobili per l’arredo e di elettrodomestici disposte dal decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63.

La circolare tra l'altro ha fornito informazioni su modalità di pagamento, diritto alla detrazione, tipologia di mobili interessati e elettrodomestici. Rientrano tra i mobili agevolabili, a titolo esemplificativo, letti, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, comodini, divani, poltrone, credenze, nonché i materassi e gli apparecchi di illuminazione che costituiscono un necessario completamento dell’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione. Non sono agevolabili, invece, gli acquisti di porte, di pavimentazioni (ad esempio, il parquet), di tende e tendaggi, nonché di altri complementi di arredo. Rientrano i grandi elettrodomestici, a titolo esemplificativo: frigoriferi, congelatori, lavatrici, asciugatrici, lavastoviglie, apparecchi di cottura, stufe elettriche, piastre riscaldanti elettriche, forni a microonde, apparecchi elettrici di riscaldamento, radiatori elettrici, ventilatori elettrici, apparecchi per il condizionamento. Devono essere in classe energetica non inferiore alla A+, A per i forni, per le apparecchiature per le quali sia prevista l’etichetta energetica. I mobili devono essere nuovi. Nell’importo delle spese sostenute per l’acquisto di mobili e elettrodomestici possono essere considerate anche le spese di trasporto e di montaggio dei beni acquistati, sempre che le spese stesse siano state sostenute con le modalità indicate. I contribuenti devono eseguire i pagamenti mediante bonifici bancari o postali, con le medesime modalità già previste per i pagamenti dei lavori di ristrutturazione fiscalmente agevolati; tuttavia, per esigenze di semplificazione legate alle tipologie di beni acquistabili, è consentito effettuare il pagamento degli acquisti di mobili o di grandi elettrodomestici anche mediante carte di credito o carte di debito.

Per saperne di più

Per ulteriori approfondimenti sulle agevolazioni fiscali in esame si segnalano le guide dell’Agenzia delle entrate sulle ristrutturazioni edilizie (aggiornata a settembre 2014), sugli interventi di riqualificazione energetica (aggiornata a dicembre 2013) e sul bonus mobili (aggiornata a maggio 2014).

 

Sull’impatto delle misure di incentivazione, si veda il dossier curato dalla Camera e dal Cresme: Il recupero e la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio: una stima dell’impatto delle misure di incentivazione.


 

Articolo 9
(Regime fiscale agevolato per lavoratori autonomi (c.d. minimi))

 

 

L’articolo 9 istituisce, per gli esercenti attività d’impresa e arti e professioni in forma individuale, un regime forfetario di determinazione del reddito da assoggettare a un’unica imposta sostitutiva di quelle dovute con l’aliquota del 15 per cento. Per accedere al regime agevolato (che costituisce il regime “naturale” per chi possiede i requisiti) sono previste delle soglie di ricavi diverse a seconda del tipo di attività esercitata. Tali soglie variano da 15.000 euro per le attività professionali a 40.000 per il commercio.

 

Il nuovo regime fiscale agevolato sostituisce i regimi “di favore” vigenti, ovvero il regime agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo (con aliquota al 10 per cento), il regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (i vigenti “minimi” con aliquota al 5 per cento), il regime contabile agevolato (per gli “ex minimi”).

Coloro che al 31 dicembre 2014 si avvalgono dell’attuale regime dei minimi (con aliquota al 5 per cento) possono continuare ad avvalersene per il periodo che residua al completamento del quinquennio agevolato e comunque fino al compimento del trentacinquesimo anno di età.

All’interno del nuovo regime dei minimi si prevede una specifica disciplina di vantaggio per coloro che iniziano una nuova attività: per i primi tre anni il reddito imponibile è ridotto di un terzo.

 

Le principali novità rispetto alla vigente normativa sono le seguenti:

§  l’aliquota dell’imposta sostitutiva è del 15 per cento;

§  il limite del volume d'affari per accedere al regime è differenziato in funzione dell'attività esercitata;

§  le spese sostenute nell’esercizio dell’attività non sono analiticamente deducibili (ad eccezione dei contributi previdenziali). Sono previsti dei forfait da applicare ai ricavi (coefficienti di redditività) che variano a seconda dei diversi tipi di attività;

§  possono accedervi anche coloro che sostengono spese per il personale, per un massimo di 5mila euro;

§  possono accedervi anche coloro che effettuano cessioni all'esportazione;

§  tra i requisiti per l’accesso il limite degli investimenti in beni strumentali non è più calcolato sugli acquisti effettuati nel triennio precedente ma sul valore degli stessi alla fine dell'esercizio precedente (stock), che non deve superare i 20 mila euro (in luogo di 15 mila euro). Nel calcolo dei beni strumentali non rilevano i beni immobili.

In particolare, i commi da 1 a 31 introducono un nuovo regime forfetario per imprese e professionisti esercenti l’attività in forma individuale. I soggetti interessati sono persone fisiche con struttura e capacità produttiva di scarsa entità che operano in qualità di fornitori di beni o servizi.

 

Il regime forfetario ha alcuni punti in comune con il precedente regime dei minimi di cui alla legge n. 244 del 2007. Si ricorda che tale regime è stato riformato dall’articolo 27 del D.L. 98 del 2011, il quale ha introdotto il nuovo regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità, restringendo la platea dei potenziali beneficiari ed elevando contestualmente al 5 per cento l’imposta sostitutiva.

 

Si evidenzia che la legge di delega fiscale (articolo 11 della legge 11 marzo 2014, n. 23) prevede il riordino dei regimi semplificati per i contribuenti di minori dimensioni.

In particolare, l’articolo 11, comma 1, della citata legge detta una serie di criteri e principi generali per la generale revisione dell’imposizione dei redditi di impresa e di lavoro autonomo nell’ambito della quale è prevista per i contribuenti di dimensioni minime l’istituzione di regimi che prevedano il pagamento forfetario di un'unica imposta in sostituzione di quelle dovute, purché con invarianza dell'importo complessivo dovuto, prevedendo eventuali differenziazioni in funzione del settore economico e del tipo di attività svolta, con eventuale premialità per le nuove attività produttive, comprese eventuali agevolazioni in favore dei soggetti che sostengono costi od oneri per il ricorso a mezzi di pagamento tracciabili. Tali regimi devono essere coordinati con gli analoghi regimi vigenti e con i regimi della premialità e della trasparenza.

 

I commi da 1 a 22 prevedono l’introduzione di un regime speciale, agli effetti dell’IVA, dell’IRPEF e dell’IRAP, per le persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni.

Il regime opera come regime fiscale naturale, nel senso che i soggetti che hanno i requisiti prescritti dalla norma non sono tenuti ad esercitare una opzione per l’ingresso nello stesso, salva la facoltà di optare per l’applicazione dell’IVA e delle imposte sui redditi nei modi ordinari.

Il regime si distingue per le seguenti caratteristiche:

1.   il reddito d’impresa o di lavoro autonomo viene determinato in funzione dei soli ricavi o compensi percepiti nel periodo d’imposta su cui è applicato un coefficiente di redditività; le spese per l’esercizio dell’attività, infatti, non possono essere dedotte, ad eccezione dei contributi previdenziali;

2.   il reddito imponibile così determinato è assoggettato ad imposta (pari al 15 per cento) sostitutiva dell’IRPEF, delle addizionali all’IRPEF e dell’IRAP;

3.   il soggetto che si avvale del regime forfetario, in ossequio alle disposizioni comunitarie che richiedono l’identificazione ai fini del corretto assolvimento dell’imposta anche ai soggetti di minori dimensioni, è dotato di piena soggettività ai fini del tributo, con conseguente necessità di aprire una posizione IVA nel territorio dello Stato. Tuttavia, lo stesso opera in un regime di franchigia ai fini dell’IVA – e nelle operazioni passive è considerato alla stregua di un consumatore finale - salvo che per talune tipologie di operazioni transfrontaliere;

4.   è esclusa l’applicazione degli studi di settore e dei parametri;

5.   gli adempimenti contabili e fiscali sono fortemente ridotti;

6.   gli esercenti attività d’impresa hanno la facoltà di applicare, ai fini contributivi, un regime agevolato che prevede la soppressione del livello minimo imponibile previsto ai fini del versamento dei contributi previdenziali dall’articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233. Per effetto dell’opzione, i soggetti in regime forfetario adottano un regime contributivo a percentuale sul reddito dichiarato (si veda al riguardo la scheda relativa ai commi 23-31).

 

In particolare il comma 1, lett. a), individua i requisiti per l’applicazione del nuovo regime. L’ambito soggettivo è circoscritto alle persone fisiche esercenti attività di impresa, arte o professione che, nell’anno solare precedente, hanno conseguito ricavi o compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a determinate soglie che variano a seconda del codice ATECO che ricomprende l’attività d’impresa o professionale esercitata. A seconda delle diverse attività economiche sono previste diversi coefficienti di redditività i quali determinano il reddito imponibile.

 

Si riporta di seguito la tabella inserita nell’allegato n. 4 del disegno di legge in esame.


 

GRUPPO DI SETTORE

CODICI ATTIVITA' ATECO 2007

VALORE SOGLIA

COEFFICIENTE DI REDDITIVITA’

 

DEI RICAVI/COMPENSI

 

 

 

Industrie alimentari e delle bevande

(10 - 11)

35.000

40%

 

Commercio all'ingrosso e al dettaglio

45 - (da 46.2 a 46.9) - (da 47.1 a 47.7) - 47.9

40.000

40%

 

Commercio ambulante di prodotti alimentari e bevande

47.81

30.000

40%

 

Commercio ambulante di altri prodotti

47.82 - 47.89

20.000

54%

 

Costruzioni e attività immobiliari

(41 - 42 - 43) - (68)

15.000

86%

 

Intermediari del commercio

46.1

15.000

62%

 

Attività dei Servizi di alloggio e di ristorazione

(55 - 56)

40.000

40%

 

Attività Professionali, Scientifiche, Tecniche, Sanitarie, di Istruzione, Servizi Finanziari ed Assicurativi

(64 - 65 - 66) - (69 - 70 - 71 - 72 - 73 - 74 - 75) - (85) - (86 - 87 - 88)

15.000

78%

 

Altre attività economiche

(01 - 02 - 03) - (05- 06 - 07 - 08 - 09) - (12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33) - (35) - (36 - 37 - 38 - 39) - (49 - 50 - 51 - 52 - 53) - (58 - 59 - 60 - 61 - 62 - 63) - (77 - 78 - 79 - 80 - 81 - 82) -(84) - (90 - 91 - 92 - 93) - (94 - 95 - 96) - (97 - 98) - (99)

20.000

67%

 

 


Si evidenzia che il precedente regime dei minimi prevedeva un’unica soglia di accesso (30.000 euro). L’attuale previsione differenzia, invece, le varie attività economiche tenendo conto del diverso coefficiente di redditività. Peraltro, considerando i limiti massimi (il valore soglia dei ricavi) e applicandovi i relativi coefficienti, il reddito imponibile risulta comunque diverso a seconda della relativa attività economica.

 

A differenza di quanto previsto in precedenza, i “nuovi minimi” possono operare con l’estero, nel presupposto che la peculiare tipologia di operazioni non rappresenta di per sé indice di una struttura organizzativa incompatibile con il regime forfetario (non è stata, infatti, riprodotta la limitazione prevista dal comma 96, lett. a), n. 2, dell’articolo 1 della legge n. 244 del 2007).

Si osserva che, non essendo stabilita alcuna soglia, potrebbe utilizzare tale regime minimi anche un soggetto che effettua solo operazioni verso soggetti esteri, pur nel rispetto degli altri requisiti.

 

Un’altra novità consiste nell’aver ricompreso in tale regime anche quanti sostengono spese per lavoro dipendente o per collaboratori, anche a progetto, per importi complessivamente non superiori ad 5.000 euro lordi (comma 1, lett. b)). In tale limite sono comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati.

Il costo complessivo, al lordo degli ammortamenti, dei beni mobili strumentali alla chiusura dell’anno precedente (stock) non deve superare 20.000 euro (comma 1, lett. c)). In precedenza tale limite era di 15.000 euro.

Si evidenzia che nel vecchio regime non si consideravano eventuali dismissioni di beni strumentali, mentre il nuovo regime, prendendo a riferimento lo stock di fine anno, attribuisce rilevanza anche alle eventuali dismissioni.

Ai fini del calcolo del limite per i beni strumentali:

1)  per i beni in locazione finanziaria rileva il costo sostenuto dal concedente;

2)  per i beni in locazione, noleggio e comodato rileva il valore normale dei medesimi determinato ai sensi dell’articolo 9 del TUIR;

3)  i beni utilizzati promiscuamente per l’esercizio dell’impresa, dell’arte o professione e per l’uso personale o familiare del contribuente concorrono nella misura del 50 per cento;

Al riguardo la relazione governativa afferma che tali beni concorrono nella misura del 50 per cento indipendentemente dall’effettivo utilizzo per l’attività esercitata; tale previsione riguarda anche i beni strumentali a deducibilità limitata indicati negli articoli 164 (mezzi di trasporto) e 102, comma 9 (telefonia) del TUIR. A tal fine, non devono essere considerati i limiti di valore ai fini della deducibilità previsti dall’articolo 164, comma 1, lettera b), del TUIR;

4)  non rilevano i beni il cui costo unitario non è superiore a 516,46 euro;

5)  non rilevano i beni immobili, comunque acquisiti, ed utilizzati per l’esercizio dell’impresa, dell’arte o della professione.

 

I requisiti sopra indicati costituiscono, oltre che condizioni per accedere al nuovo regime, anche condizioni per il mantenimento dello stesso negli anni successivi (comma 18).

 

La relazione governativa precisa, inoltre, che per calcolare il requisito per l’accesso al regime i ricavi devono essere assunti considerando, per quanto concerne le imprese, la competenza economica. In pratica, si dovrà tener conto, per la verifica del citato limite, anche delle cessioni o prestazioni eventualmente non ancora fatturate per le quali, però, si sono verificati i presupposti previsti dall’articolo 109, comma 2, del TUIR.

I ricavi di competenza dell’anno precedente a quello di accesso al regime rilevano anche se relativi ad una attività cessata diversa da quella iniziata nel corso dell’anno successivo e per la quale si intende usufruire del regime forfetario. In sostanza, i ricavi conseguiti nell’anno solare precedente prescindono, totalmente, dall’attività a cui gli stessi si riferiscono, pertanto la posizione del contribuente va considerata nel suo insieme e non in relazione alla specifica attività svolta.

Una volta entrati nel nuovo regime, invece, anche gli imprenditori, ai fini della verifica del superamento del limite dei ricavi, dovranno utilizzare il criterio di cassa, in quanto rilevano solo i ricavi che hanno avuto la loro manifestazione numeraria.

 

Il comma 2 specifica alcune delle condizioni previste per la determinazione dei limiti di ricavi e dei compensi per l’accesso al regime. In particolare non rilevano i ricavi e i compensi derivanti dall’adeguamento agli studi di settore e ai parametri; nel caso di esercizio contemporaneo di attività contraddistinte da diversi codici ATECO, assume rilievo il limite più elevato dei ricavi e compensi relativi ai predetti codici.

 

Il comma 3 stabilisce che le persone fisiche che intraprendono l’esercizio di imprese, arti o professioni possono avvalersi del regime forfetario comunicando nella dichiarazione di inizio di attività (articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633) di presumere la sussistenza dei requisiti di legge.

 

Il comma 4 individua le esclusioni soggettive dal regime forfetario.

E’ preclusa la possibilità di accesso al regime nel caso in cui il contribuente, anche solo marginalmente, si avvale di regimi speciali ai fini IVA.

Si tratta dei regimi previsti per le seguenti attività:

a)  agricoltura e attività connesse e pesca (artt. 34 e 34-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972);

b)  vendita sali e tabacchi (articolo 74, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972);

c)  commercio dei fiammiferi (articolo 74, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972);

d)  editoria (articolo 74, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972);

e)  gestione di servizi di telefonia pubblica (articolo 74, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972);

f)   rivendita di documenti di trasporto pubblico e di sosta (articolo 74, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972);

g)  intrattenimenti, giochi e altre attività di cui alla tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 640 del 1972 (articolo 74, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972);

h)  agenzie di viaggi e turismo (articolo 74-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972);

i)   agriturismo (articolo 5, comma 2, della legge 413 del 1991);

j)   vendite a domicilio (articolo 25- bis, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973);

k)  rivendita di beni usati, di oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione (articolo 36 del decreto-legge n. 41 del 1995);

l)   agenzie di vendite all’asta di oggetti d’arte, antiquariato o da collezione (articolo 40-bis del decreto-legge n. 41 del 1995).

 

Sono, altresì, esclusi dall’applicazione del regime forfetario i soggetti che fruiscono di altri regimi forfetari di determinazione del reddito.

Non possono accedere al regime i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli residenti in uno degli Stati Membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75 per cento del reddito complessivamente prodotto. In tal modo, rispetto alla previgente normativa concernente i cd. minimi, è stato ampliato l’ambito soggettivo per il quale è consentito l’accesso al regime.

Restano invece ferme le esclusioni previste per i soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili, o di mezzi di trasporto nuovi nonché per coloro che, esercenti attività d’impresa o arti e professioni, contemporaneamente partecipano a società di persone o associazioni di cui all’articolo 5 del TUIR ovvero a società a responsabilità limitata di cui all’articolo 116 del medesimo testo unico.

Al riguardo la relazione afferma che il riferimento alla “contemporaneità” per la verifica della causa ostativa impedisce l’accesso al regime a coloro che detengono partecipazioni in costanza di applicazione della disciplina in esame. Pertanto, è possibile accedere al regime nelle ipotesi in cui la partecipazione in una società di persone o in una S.r.l. trasparente venga ceduta prima dell’inizio di una nuova attività che dà diritto all’accesso al regime forfetario. Conseguentemente, nel caso di inizio dell’attività, è possibile accedere al regime anche nelle ipotesi in cui la partecipazione in una società di persone o in una s.r.l. trasparente venga ceduta nel corso dello stesso periodo di imposta, ma prima dell’accesso al regime forfetario. Analogamente, non è preclusa l’applicazione del regime forfetario nelle ipotesi in cui la partecipazione sia acquisita nel corso dello stesso periodo di imposta, successivamente alla cessazione dell’attività per la quale il regime è stato applicato.

Ai fini della verifica della causa ostativa riferita alla partecipazione in società di persone, associazioni professionali o S.r.l trasparenti è irrilevante se la partecipazione sia detenuta nell’ambito dell’impresa individuale ovvero in qualità di persona fisica.

Non costituisce causa ostativa all’accesso al regime il possesso di una partecipazione in società di capitali non trasparenti.

Le cause di esclusione vanno riferite al momento di applicazione del regime e non all’anno antecedente all’ingresso nel medesimo; pertanto, il verificarsi di una delle predette cause nell’anno precedente all’accesso non è di impedimento all’applicazione del regime qualora la stessa sia venuta meno prima dell’inizio di tale anno.

 

I commi da 5 a 10 individuano la disciplina del regime ai fini IVA.

In particolare, il comma 5 disciplina l’applicazione dell’Iva alle operazioni attive e passive poste in essere a seconda che le stesse siano:

a)  operazioni nazionali, per le quali il contribuente che si avvale del regime forfetario non esercita la rivalsa dell’imposta di cui all’articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;

b)  cessioni di beni intracomunitarie, in relazione alle quali trova applicazione la medesima disciplina delle operazioni interne, considerato il richiamo all’articolo 41 comma 2-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331;

c)  acquisti di beni intracomunitari: entro la soglia di 10.000 euro annui sono considerati non soggetti ad Iva nel Paese di destinazione e rimangono assoggettati a tassazione nel Paese di provenienza, (articolo 38, comma 5, lettera c), del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331);

d)  prestazioni di servizi ricevute da soggetti non residenti o rese ai medesimi, che rimangono soggette alle ordinarie regole (disciplina prevista dagli articoli 7-ter e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972);

e)  importazioni, esportazioni ed operazioni ad esse assimilate, soggette alle ordinarie regole, fermo restando l’impossibilità di avvalersi della facoltà di acquistare senza applicazione dell’imposta ai sensi dell’articolo 8, primo comma, lettera c) e secondo comma del decreto Iva.

In ogni caso, per qualunque operazione posta in essere dal contribuente che si avvale del regime forfetario è escluso il diritto alla detrazione dell’IVA assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

 

Il comma 6 esonera i contribuenti che applicano il regime forfetario dal versamento dell’IVA e da tutti gli altri adempimenti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.

Gli adempimenti esclusi sono:

§  registrazione delle fatture emesse (articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972);

§  registrazione dei corrispettivi (articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972);

§  registrazione degli acquisti (articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972);

§  tenuta e conservazione dei registri e documenti (articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972) fatta eccezione per le fatture di acquisto e le bollette doganali di importazione;

§  dichiarazione e comunicazione annuale IVA (articoli 8 e 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998).

 

I contribuenti in regime dei minimi sono, altresì, esonerati:

a)  dall’obbligo di effettuare la comunicazione telematica all’Agenzia delle entrate delle operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, cd. spesometro (articolo 21, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78);

b)  dall’obbligo di comunicazione telematica all’Agenzia delle Entrate delle operazioni effettuate nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi cosiddetti black list (articolo 1, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40);

c)  dalla comunicazione delle dichiarazioni d’intento ricevute.

 

I medesimi contribuenti sono, invece, tenuti a numerare e conservare le fatture di acquisto e le bollette doganali e a certificare i corrispettivi.

Per quanto riguarda la certificazione dei corrispettivi resta, pertanto, obbligatoria l’emissione della fattura ovvero, per i soggetti esonerati da tale emissione, il rilascio di scontrino o ricevuta fiscale, secondo le ordinarie regole.

La relazione precisa che le fatture emesse ai sensi dell’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 dovranno recare, in luogo dell’ammontare dell’imposta, l’annotazione “Operazione in franchigia da IVA” con l’eventuale indicazione della relativa norma comunitaria o nazionale e conservare i relativi documenti. La relazione afferma, inoltre, che i contribuenti devono presentare, ai sensi dell’articolo 50, comma 6, del decreto-legge n. 331 del 1993, convertito dalla legge n. 427 del 1993, gli elenchi riepilogativi delle operazioni di cui al comma 7.

 

Il comma 7 prevede che, in ogni caso, i soggetti che applicano il regime forfetario, per le operazioni per le quali risultano debitori dell’IVA, emettono la fattura o la integrano con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e versano l’imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni. Pertanto devono assolvere l’IVA per le seguenti tipologie di operazioni:

§  per le prestazioni di servizi di cui all’articolo 7-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 ricevute da soggetti non residenti;

§  per gli acquisti intracomunitari che non rientrano nell’articolo 38, comma 5, lettera c), del decreto-legge n. 331 del 1993, vale a dire quelli effettuati dai soggetti che, nell’anno precedente, hanno superato la soglia di 10.000 euro ivi prevista ovvero quelli effettuati successivamente al superamento, nell’anno in corso, della medesima soglia, nonché quelli effettuati sotto soglia dai soggetti che hanno optato per l’applicazione dell’IVA in Italia;

§  per le altre operazioni per le quali risultano debitori dell’imposta.

A tale fine, detti soggetti devono emettere la fattura ovvero, per le operazioni interne all’Unione europea e per le operazioni nazionali cui si applica il regime dell’inversione contabile, integrarla con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta che deve essere versata entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.

 

Sempre ai fini IVA, ai sensi del comma 8, il passaggio dal regime ordinario al regime forfetario determina la necessità di rettificare, ai sensi dell’articolo 19-bis.2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, la detrazione dell’imposta assolta a monte già operata secondo le regole ordinarie. Il versamento dell’eventuale importo a debito va operato in un’unica soluzione nella dichiarazione IVA dell’ultimo anno di applicazione delle regole ordinarie. In caso di passaggio inverso dal regime forfetario al regime ordinario è operata un’analoga rettifica della detrazione nella dichiarazione del primo anno di applicazione delle regole ordinarie.

 

Il comma 9 dispone che nell’ultima liquidazione relativa all’anno in cui l’imposta è applicata nei modi ordinari, deve tenersi conto anche dell’imposta relativa alle operazioni per le quali l’esigibilità non si è ancora verificata. E’ il caso delle operazioni con esigibilità differita effettuate nei confronti dello Stato e degli enti pubblici o dell’IVA liquidata secondo il regime di IVA per cassa.

Sostanzialmente l’accesso al regime agevolato comporta, per il cedente o prestatore che se ne avvalga, la rinuncia al differimento dell’esigibilità. Per converso, nella stessa liquidazione può essere esercitato, sempreché spettante, il diritto alla detrazione dell’imposta relativa alle operazioni di acquisto soggette agli stessi regimi di IVA per cassa ed i cui corrispettivi non sono stati ancora pagati.

 

Il comma 10 stabilisce che l’eccedenza detraibile che emerge dalla dichiarazione, presentata dai contribuenti che applicano il regime forfetario, relativa all’ultimo anno in cui l’IVA è applicata nei modi ordinari, può essere chiesta a rimborso, ovvero può essere utilizzata in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

 

Il comma 11 disciplina le modalità di determinazione del reddito imponibile, che si ottiene applicando ai ricavi e compensi percepiti nel periodo d’imposta un differente coefficiente di redditività in funzione del codice ATECO che contraddistingue l’attività svolta. Pertanto, a differenza del precedente regime, non assumono rilevanza le spese sostenute nello stesso esercizio relative all’attività di impresa o dell’arte o della professione, ad eccezione dei contributi previdenziali versati in base alla legge. L’eventuale eccedenza può essere scomputata dal reddito complessivo come onere deducibile.

Sul reddito imponibile si applica un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell’IRAP in misura pari al 15 per cento.

Il versamento dell’imposta sostitutiva è effettuato negli stessi termini e con le medesime modalità previste per il versamento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. Si applicano, quindi, tutte le disposizioni vigenti in materia di versamenti a saldo ed in acconto dell’imposta, compensazione e rateazione della stessa. In caso di imprese familiari, l’imposta sostitutiva è dovuta dall’imprenditore sul reddito al lordo delle quote assegnate al coniuge e ai collaboratori familiari.

 

Il comma 12 prevede, all’interno del nuovo regime forfetario, una specifica disciplina di vantaggio per le nuove attività: per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i due successivi il reddito imponibile calcolato secondo quanto prescritto dal comma 1, è ridotto di un terzo.

Per poter beneficiare del regime è necessario che:

a)  il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti l'inizio dell'attività di cui al comma 1, attività artistica, professionale ovvero d'impresa, anche in forma associata o familiare;

b)  l'attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l'attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni;

c)  qualora venga proseguita un'attività d'impresa svolta in precedenza da altro soggetto, l'ammontare dei relativi ricavi, realizzati nel periodo d'imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non sia superiore ai limiti di cui al comma 1.

La relazione governativa, al riguardo, ritiene validi in quanto compatibili i chiarimenti dell’Agenzia delle entrate già forniti in merito al regime fiscale di vantaggio di cui all’articolo 27 del decreto-legge n. 98/2011, con la circolare n. 17/E del 30 maggio 2012.

 

Il comma 13 disciplina il trattamento dei componenti positivi e negativi che hanno avuto origine prima dell’ingresso nel regime forfetario e la cui tassazione o deduzione è stata rinviata agli esercizi di efficacia del regime medesimo.

E’ il caso, ad esempio, di plusvalenze realizzate per le quali si è scelta la rateazione consentita dall’articolo 86, comma 4, del TUIR o delle spese di pubblicità per le quali la deducibilità è frazionata in più esercizi ai sensi dell’articolo 108, comma 1, dello stesso TUIR.

Al riguardo, è stabilito che i componenti riferiti ad esercizi precedenti quello di efficacia del regime agevolato, per la parte la cui tassazione o deduzione è stata rinviata per effetto di una facoltà o obbligo di legge, concorrono per le quote residue alla formazione del reddito dell’esercizio precedente a quello di efficacia del regime forfetario.

Nella disciplina precedente era previsto che le predette quote partecipavano alla formazione del reddito dell’esercizio precedente solo per l’importo eccedente l’ammontare di 5.000 euro. Tale limitazione è stata eliminata.

 

Il comma 14 prevede che i ricavi conseguiti e i compensi percepiti non sono assoggettati a ritenuta d’acconto. A tal fine è necessario che il contribuente rilasci un’apposita dichiarazione al sostituto dalla quale risulti che il reddito cui le somme percepite afferiscono è soggetto all’imposta sostitutiva.

 

Il comma 15 dispone che le perdite fiscali realizzate nei periodi di imposta precedenti a quello da cui decorre il regime forfetario possono essere computate in diminuzione del reddito prodotto nei periodi di imposta di applicazione del regime dei minimi, secondo le regole ordinarie.

La relazione evidenzia che l’articolo 8 del TUIR prevede che gli imprenditori individuali in regime di contabilità ordinaria, computano le perdite in diminuzione dai relativi redditi conseguiti nei periodi di imposta e per la differenza nei successivi, ma non oltre il quinto, per l’intero importo che trova capienza in essi. Per le perdite originatesi nei primi tre periodi d'imposta dalla data di costituzione (c.d. start up) le perdite possono essere riportate senza limiti di tempo e per l’intero importo, nel limite della capienza. Gli imprenditori individuali in regime di contabilità semplificata e gli esercenti arti e professioni, invece, imputano le perdite rilevate nell’esercizio in diminuzione del reddito complessivo conseguito, ma non possono riportarne l’eventuale eccedenza nel tempo.

Ne consegue che l’utilizzo dell’eventuale eccedenza di perdite pregresse non dedotte a riduzione del reddito prodotto durante il periodo di applicazione del regime forfetario, compete esclusivamente agli imprenditori individuali in regime di contabilità ordinaria.

Non è riprodotta, invece, la norma (articolo 1, comma 108, della legge n. 244 del 2007) che consente di computare in diminuzione, non oltre il quinto, le perdite fiscali generatesi nel corso dell’applicazione del regime dei minimi.

 

Il comma 16 prevede che i contribuenti in regime forfetario sono esonerati dagli obblighi di registrazione e tenuta delle scritture contabili. Devono, però, conservare i documenti ricevuti ed emessi ai sensi dell’articolo 22 del DPR n. 600 del 1973 e presentare la dichiarazione dei redditi nei termini e con le modalità previste dal DPR n. 322 del 1998.

E’ inoltre stabilito che i contribuenti minimi non sono sostituti d’imposta ma sono tenuti a indicare nella dichiarazione dei redditi il codice fiscale dei percettori dei redditi che ordinariamente sarebbero assoggettati a ritenuta alla fonte e l’ammontare dei redditi stessi.

 

Il comma 17 consente ai contribuenti che applicano il regime forfetario la possibilità di optare per l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto e delle imposte sul reddito nei modi ordinari. L’opzione, valida per almeno un triennio, è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime normale, l’opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata.

 

Il comma 18 stabilisce che il regime agevolato cessa di avere effetto dall’anno successivo se in corso d’anno:

§  viene meno uno dei requisiti per accedere al regime forfetario;

§  si verifica una delle cause di esclusione dal regime.

In presenza di un evento tra quelli sopra elencati il contribuente, dall’anno successivo, sarà tenuto a porre in essere tutti gli adempimenti relativi all’applicazione del regime ordinario quali, ad esempio, istituzione dei registri contabili e addebito dell’IVA.

 

Il comma 19 introduce alcune disposizioni volte ad effettuare un coordinamento tra i periodi di imposta nei quali trovano applicazione le nuove regole di determinazione del reddito e i periodi precedenti o successivi con riferimento ai quali risultano applicabili le regole ordinarie.

In particolare, al fine di evitare duplicazioni o salti di imposta nei periodi di entrata o di uscita dal regime, si prevede che nel caso di passaggio dal regime dei minimi a quello ordinario, i ricavi e i compensi che hanno già concorso a formare il reddito nei periodi soggetti al regime forfetario non hanno rilevanza nella determinazione del reddito dei periodi di imposta successivi ancorché di competenza di tali periodi. Allo stesso modo, i componenti di reddito che, ancorché di competenza dei periodi di imposta di vigenza del regime forfetario, non hanno concorso alla formazione del reddito di tali periodi d’imposta (perché non hanno avuto, ad esempio, manifestazione finanziaria), dovranno assumere rilevanza in quelli successivi. Criteri analoghi si applicano in caso di transizione dal regime ordinario a quello forfetario.

 

Il comma 20 prevede che i contribuenti che si avvalgono del regime forfetario sono esclusi dall’applicazione degli studi di settore e dei parametri. Con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate di approvazione dei modelli da utilizzare per la dichiarazione dei redditi sono individuati, per i contribuenti che applicano il regime forfetario, peculiari obblighi informativi relativamente all’attività svolta.

La relazione specifica che, pur essendo esclusi dall’accertamento tramite studi di settore, i contribuenti che si avvalgono del regime forfetario restano soggetti al c.d. redditometro.

 

Per quanto riguarda accertamento, riscossione, sanzioni e contenzioso, il comma 21 statuisce che si applicano, in quanto compatibili, le ordinarie disposizioni in materia di imposte dirette, imposta sul valore aggiunto e imposta regionale sulle attività produttive.

Con una norma non presente nella precedente disciplina, si prevede un trattamento sanzionatorio aggravato nell’ipotesi di infedele indicazione dei requisiti e delle condizioni per accedere al regime: in tali casi, infatti, se il maggior reddito accertato supera del 10 per cento quello dichiarato, le misure delle sanzioni minime e massime applicabili sono aumentate del 10 per cento.

Si prevede inoltre che la fuoriuscita dal regime possa avvenire anche a seguito di un avviso di accertamento divenuto definitivo.

 

Il comma 22 prevede che il reddito determinato secondo i criteri del regime forfetario sia rilevante, unitamente al reddito complessivo, ai fini del riconoscimento delle detrazioni per carichi di famiglia di cui all’articolo 12, comma 2, del TUIR. Il reddito soggetto all’imposta sostitutiva non rileva, invece, ai fini della spettanza delle detrazioni oggettive individuate nell’articolo 13 del TUIR. Pertanto, per tale tipologia reddituale, non spettano le detrazioni ivi indicate.

 

I commi da 23 a 31 dell’articolo 9 prevedono la facoltà, per i contribuenti obbligati al versamento dei contributi previdenziali presso le gestioni speciali artigiani e commercianti[23], esercenti attività di impresa, di usufruire di uno specifico regime agevolato ai fini contributivi (comma 23).

 

Il successivo comma 24 prevede che i contribuenti esercenti attività d’impresa, i quali rientrino nel regime fiscale forfetario introdotto dall’articolo in esame, possano fruire anche di un regime agevolato ai fini contributivi nel quale è esclusa l’applicazione della contribuzione previdenziale minima (ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della L. 233/1990), e adottando una modalità di calcolo dei contributi basati su una percentuale del reddito dichiarato. Lo stesso comma, infatti, prevede l’applicazione, per l’accredito della contribuzione, della procedura disposta dall’articolo 2, comma 29, della L. 335/1995, di fatto parificando la disciplina per il calcolo e versamento dei contributi per i richiamati soggetti a quella prevista per gli iscritti alla Gestione separata I.N.P.S. (per i quali l’importo contributivo va rapportato in dichiarazione dei redditi sulla base dell’imponibile dichiarato nell’esercizio).

Il richiamato comma 29 ha infatti stabilito, per i soggetti iscritti alla Gestione separata I.N.P.S. di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995[24], che il contributo da versare[25] sia applicato sul reddito delle attività determinato con gli stessi criteri stabiliti ai fini dell'I.R.P.E.F., quale risulta dalla relativa dichiarazione annuale dei redditi e dagli accertamenti definitivi. Hanno diritto all'accreditamento di tutti i contributi mensili relativi a ciascun anno solare (cui si riferisce il versamento) i soggetti che abbiano corrisposto un contributo di importo non inferiore a quello calcolato sul minimale di reddito di cui all’articolo 1, comma 3, della L. 233/1990 (vedi infra). In caso di contribuzione annua inferiore a detto importo, i mesi di assicurazione da accreditare sono ridotti in proporzione alla somma versata. I contributi come sopra determinati sono attribuiti temporalmente dall'inizio dell'anno solare fino a concorrenza di 12 mesi nell'anno.

 

Il successivo comma 25 dispone, riprendendo quanto già disposto dalla normativa vigente (articolo 1, comma 5, della L. 233/1990, v. infra) che, nel caso in cui il titolare si avvalga di coadiuvanti o coadiutori, esso possa indicare la quota di reddito di spettanza ai singoli collaboratori fino ad un massimo del 49%. Per tali soggetti, il reddito imponibile sul quale calcolare la contribuzione I.N.P.S. è individuato ai sensi dell’articolo 3-bis del D.L. 384/1992.

L’articolo 3-bis del D.L. 384/1992 ha stabilito che a decorrere dal 1993 l'ammontare del contributo annuo dovuto per gli iscritti alla gestione artigiani e commercianti sia rapportato alla totalità dei redditi d'impresa denunciati ai fini I.R.P.E.F. per l'anno al quale i contributi stessi si riferiscono. Inoltre, tali versamenti sono computati a titolo di acconto delle somme dovute sulla base dei redditi denunciati nella dichiarazione dei redditi relativa all'anno al quale i contributi si riferiscono. A decorrere dal 1994 i soggetti iscritti alle gestioni dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali, titolari, coadiuvanti e coadiutori, devono indicare nella dichiarazione dei redditi dell'anno al quale il contributo previdenziale si riferisce i dati relativi alla base imponibile, al contributo dovuto e ai versamenti effettuati, in acconto e a saldo. Infine, le somme eventualmente dovute a saldo sono versate in un'unica soluzione entro i venti giorni successivi al termine per il versamento delle imposte risultanti dalla dichiarazione dei redditi.

 

Ai sensi del comma 26, i versamenti e saldo contributi continuano ad essere effettuati entro gli stessi termini della dichiarazione dei redditi (e quindi ai fini I.R.P.E.F.).

Con il D.Lgs. 241/97 è stata introdotta la riscossione unificata dei tributi e dei contributi, che riguarda: le modalità ed i termini di versamento; la modulistica da utilizzare (modello F24 al posto di bollettino c/c); la possibilità di effettuare pagamenti rateali e compensazioni fra debiti e crediti dello stesso contribuente.

Con il modello F24 sono stati unificati tutti i diversi termini di pagamento al giorno 16 del mese di scadenza (o il primo giorno lavorativo se cade di sabato o festivo), con le sole eccezioni per le scadenze che riguardano:

§  saldo e primo acconto (16 giugno), o maggiorato dello 0,40% (16 luglio); il versamento del secondo acconto dei tributi relativi all'UNICO (30 novembre);

§  pagamenti rateizzati dei tributi relativi all'UNICO relativamente ai soggetti non titolari di partita IVA (ultimo giorno del mese da giugno a novembre).

 

Il successivo comma 27 prevede una specifica disposizione valevole per i soggetti titolari (o collaboratori familiari) già pensionati presso le gestioni I.N.P.S. e con più di 65 anni, per i quali non trova applicazione l’agevolazione consistente nel dimezzamento dei contributi previdenziali dovuti, di cui all’articolo 59, comma 15, della L. 449/1997 (vedi infra).

 

Il comma 28 dispone che ai collaboratori familiari dei soggetti di cui al comma 1 non si applichi la riduzione contributiva del 3% (vedi infra).

 

Il successivo comma 29 dispone la cessazione del regime contributivo agevolato a decorrere dall’anno successivo a quello in cui viene meno anche una sola delle condizioni di accesso al regime fiscale agevolato dei nuovi minimi (di cui ai precedenti commi 1 e 4 dell’articolo in esame, alla cui scheda si rimanda). La cessazione del regime agevolato comporta l’applicazione del regime ordinario di determinazione e versamento dei contributi dovuti, ma in primo luogo l’impossibilità di accedere nuovamente alle agevolazioni richiamate, anche in presenza dei requisiti di cui al precedente comma 1. L’impossibilità di accedere al regime agevolato opera anche nei confronti dei soggetti che ne facciano richiesta in mancanza dei suddetti requisiti nell’anno della richiesta stessa.

In pratica, quindi, nel caso in cui contribuente dovesse sforare per un’annualità il limite consentito di ricavi dichiarati (ma nello stesso tempo rientrare al di sotto dei minimi di fatturato previsti per l’annualità successiva, potendo rientrare così per l’anno successivo nel regime di favore, non potrebbe però beneficiare di nuovo delle riduzioni ai fini contributivi, in quanto diversamente da quanto previsto in ambito redditi e I.V.A. il regime di favore ai fini contributivi non può più essere riproposto una seconda volta.

 

Il comma 30 prevede l’obbligo per i soggetti che intraprendano attività di impresa, al fine di fruire del regime contributivo agevolato, di presentare all’I.N.P.S. un’apposita dichiarazione in via telematica. Allo stesso tempo, è previsto l’obbligo, per i soggetti già esercenti attività di impresa, di presentare, entro e non oltre il 28 febbraio di ogni anno, la richiamata dichiarazione. Nel caso in cui quest’ultima venga presentata oltre il termine stabilito, l’accesso al regime contributivo agevolato può avvenire a decorrere dall’anno successivo di quello in cui è stata presentata la dichiarazione, riproponendo la dichiarazione entro il termine stabilito (ferma restando la permanenza dei requisiti di cui al comma 1 dell’articolo in esame)

 

Infine, il comma 31 prevede che entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame (e cioè entro il 1° marzo 2015) l’Agenzia delle Entrate e l’I.N.P.S. stabiliscano (si segnala che il testo non indica con quale atto) le modalità operative e i termini per la trasmissione dei dati necessari all’attuazione del regime contributivo agevolato, al fine di monitorare le posizioni contributive coerentemente con le informazioni fiscali.

Il sistema contributivo dei lavoratori iscritti alle gestioni dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali.

Il sistema di contribuzione prevede (in luogo del precedente contributo misto in parte in cifra fissa, in parte in percentuale) un contributo unico a percentuale, calcolato (a decorrere dall'anno 1993, ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 1, del D.L. 384/1992, v. supra) sulla totalità dei redditi di impresa denunciati ai fini I.R.P.E.F. per l'anno al quale il contributo si riferisce.

Le aliquote contributive sono determinate ai sensi dell'articolo 59, comma 15, della L. 449/1997, che ha disposto l'aumento, a decorrere dal 1° gennaio 1998, dello 0,8%. La stessa norma ha previsto altresì l’incremento di un ulteriore 0,2% ogni anno, a decorrere dal 1° gennaio 1999, fino al raggiungimento dell'aliquota del 19%. Successivamente, l'articolo 1, comma 768, della L. 296/2006, ha stabilito (con effetto dal 1° gennaio 2007) le aliquote contributive per gli artigiani e commercianti iscritti alla gestione autonoma I.N.P.S. in misura pari al 19,5%. A decorrere dal 1° gennaio 2008, le stesse sono elevate al 20%[26]. Da ultimo, ai sensi dell’articolo 24, comma 22, del D.L. 201/2011, dal 1° gennaio 2012 tali aliquote contributive aumentano dell’1,3% dall'anno 2012 e successivamente di 0,45% fino a raggiungere il livello del 24% nel 2018 (per il 2014, ai sensi della circolare I.N.P.S. n. 19/2014, la misura dell’aliquota è del 22,20%)[27].

Lo stesso comma, inoltre, ha disposto che per i lavoratori autonomi già pensionati presso le gestioni dell'INPS e con più di 65 anni di età il contributo previdenziale può essere a richiesta applicato nella misura della metà e per i lavoratori per i quali la pensione è liquidata in tutto o in parte con il sistema retributivo il relativo supplemento di pensione è corrispondentemente ridotto della metà.

Si ricorda, inoltre, che, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della L. 233/1990, dal 1° luglio 1990 l'ammontare del contributo annuo dovuto per i soggetti iscritti alle gestioni dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali, titolari, coadiuvanti e coadiutori, è pari al 12% del reddito annuo derivante dalla attività di impresa che dà titolo all'iscrizione alla gestione, dichiarato ai fini I.R.P.E.F.. Il successivo comma 2 ha altresì disposto che per i soggetti iscritti alle suddette gestioni di cui in qualità di coadiuvanti[28] o di coadiutori   [29], di età inferiore a 21 anni, la richiamata aliquota contributiva sia ridotta al 9%.

In ogni caso, il reddito da assumere come base per il computo dei contributi non può essere inferiore, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della L. 233/1990, ad un minimale annuo. Detto minimale si ottiene, moltiplicando per 312 il minimale giornaliero di retribuzione stabilito, al 1° gennaio dell'anno cui si riferiscono i contributi, per gli operai dei settori artigianato e commercio, ed aggiungendo, così come disposto dall’articolo 6, comma 7, della L. 415/1991, al prodotto così ottenuto l'importo di € 671,39. Per il 2014 il reddito minimo a prendere in considerazione ai fini del calcolo del contributo IVS dovuto dagli artigiani e dagli esercenti attività commerciali è pari, ai sensi della circolare I.N.P.S: 19/2014, ad euro 15.516,00. Per i periodi di assicurazione inferiori all'anno solare, il minimale è rapportato al mese (articolo 1, comma 7, della L. 233/1990). I redditi ed i relativi contributi minimi devono essere riferiti ad ogni singolo soggetto operante nell'impresa[30].

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 1, comma 4, della più volte richiamata L. 233/1990 ha disposto che nel caso in cui si sia in presenza di un reddito d'impresa superiore all'importo limite di retribuzione annua pensionabile (cui si applica la percentuale massima di commisurazione della pensione prevista per l'assicurazione generale obbligatoria I.V.S. dei lavoratori dipendenti e pari, nel 2014, ad euro 76.718,00[31]), la quota di reddito eccedente tale importo venga presa in considerazione, ai fini del versamento dei contributi previdenziali, fino a concorrenza di due terzi dell'importo limite stesso. Anche in questo caso, per i periodi di assicurazione inferiori all'anno, il massimale annuo deve essere rapportato a mese. Inoltre, i massimali devono riferirsi ad ogni singolo soggetto operante nell'impresa (non sono pertanto da intendersi quali massimali globali da riferire all'impresa stessa).

Occorre comunque precisare che i richiamati limiti individuali concernono esclusivamente i soggetti iscritti alla Gestione I.N.P.S. di riferimento con decorrenza anteriore al 1° gennaio 1996 (o che possono far valere anzianità contributiva alla medesima data). Per i lavoratori iscritti dal 1° gennaio 1996 si applica invece il massimale annuo di cui all'articolo 2, comma 18, della L. 335/1995, non frazionabile in ragione mensile e pari, per il 2014, ad euro 100.123,00[32]. Si ricorda che tale massimale non è frazionabile in ragione mensile.

Per quanto attiene alle modalità di versamento dei contributi, l’articolo 2, comma 1, della L. 233/1990 ha stabilito l’obbligo, per il titolare dell'impresa artigiana o commerciale, al versamento dei contributi per sé stesso oltre che per r i coadiuvanti e coadiutori, salvo diritto di rivalsa. Ai fini del versamento, inoltre, il titolare (ai sensi dell’articolo 1, comma 5, della L. 233/1990) ha l’obbligo di indicare la quota di reddito di pertinenza di ciascun coadiuvante o coadiutore. Il complesso delle quote dei collaboratori non può superare, in ogni caso, il 49% del reddito d'impresa[33]. Inoltre, nel caso in cui titolare si avvalga anche dell'attività di familiari collaboratori, i contributi eccedenti il minimale devono essere determinati in maniera diversa a seconda se le imprese siano costituite come imprese familiari o meno. Nel primo caso, i contributi per il titolare e dei collaboratori devono essere calcolati tenendo conto della quota di reddito denunciata da ciascuno ai fini fiscali, nel secondo caso è prevista la facoltà, per il titolare, di attribuire a ciascun collaboratore una quota del reddito denunciato ai fini fiscali. Resta comunque sempre fermo che il totale dei redditi attribuiti ai collaboratori non possa superare il 49% del reddito globale dell'impresa.

Per quanto attiene ai termini di versamento dei contributi, ai sensi dell’articolo 18, comma 2, del D.Lgs. 241/1997, per gli artigiani e i commercianti (titolari o meno di partita IVA), è previsto l’obbligo di versare i contributi relativi alla quota di reddito compresa nel minimale in 4 rate uguali, a scadenza trimestrale, entro il giorno 16 del mese successivo al trimestre solare al quale si riferiscono. Per i contributi sulla parte di reddito eccedente il minimale ed entro il massimale richiamati in precedenza, invece, i contributi devono essere versati in via provvisoria e a titolo di acconto sulla base dei redditi prodotti nell'anno precedente in due rate uguali alle scadenze previste per il pagamento dell'I.R.P.E.F., fissate (salvo eventuali differimenti) al 16 giugno e al 30 novembre di ciascun anno.

 

 

I commi da 32 a 35 abrogano i regimi agevolati oggi vigenti di cui all’articolo 13 della legge n. 388 del 2000 (nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo), all’articolo 27 del decreto-legge n. 98 del 2011 (regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità) e all’articolo 1, commi da 96 a 115 e comma 117, della legge n. 244 del 2007 (previgente regime dei minimi).

A partire dal 2015, i soggetti che nel 2014 hanno applicato il regime delle nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo, il regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità e il regime contabile agevolato di cui all’articolo 27, comma 3 (regime intermedio per gli ex minimi), in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 1, comma 1, e salvo opzione per l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto e delle imposte sul reddito nei modi ordinari, accedono al regime forfetario.

I soggetti che nel 2014 hanno applicato il regime delle nuove iniziative produttive di cui all’articolo 13, della legge n. 388 del 2000 o il regime fiscale di vantaggio di cui all’articolo 27, commi 1 e 2 del decreto-legge n. 98 del 2011 possono applicare, laddove in possesso dei requisiti previsti dalla legge, i nuovi regimi per le start up di cui al comma 12 per i soli periodi di imposta che residuano al completamento del triennio agevolato.

Il comma 35 consente ai contribuenti che, al 31 dicembre 2014, sono nel regime fiscale di vantaggio di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 98 del 2011 (“minimi al 5 per cento”), di continuare ad avvalersene fino alla scadenza naturale. Il regime fiscale di vantaggio, conseguentemente, pur essendo stato soppresso, si applica limitatamente ai contribuenti che già se ne avvalevano alla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni, non oltre la data di scadenza naturale (quinquennio o compimento del trentacinquesimo anno di età).

 

Il comma 36 dispone che le previsioni contenute nei precedenti commi si applicano a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014. Si prevede, inoltre, che con decreti di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze possono essere dettate le disposizioni necessarie per l’attuazione dell’articolo in esame. Con provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabilite le modalità applicative.


 

Articolo 10
(Misure per l’efficienza del sistema giudiziario)

 

 

L’articolo 10 prevede l‘istituzione presso il Ministero della giustizia di un Fondo per il recupero di efficienza del sistema giudiziario e il potenziamento dei relativi servizi, nonché per il completamento del processo telematico.

Il Fondo avrà una dotazione finanziaria:

§  di 50 mln di euro nel 2015;

§  di 90 mln di euro nel 2016;

§  di 120 mln di euro a partire dal 2017.

 

Una serie di interventi volti ad un miglioramento generale dell’efficienza del sistema giudiziario sono da tempo nell’agenda del Parlamento e del Governo.

Nella XVI Legislatura, infatti, – con riguardo al processo civile e al suo snellimento – a partire dalla legge 69/2009 è stata ampliata la competenza del giudice di pace, semplificato il contenuto della sentenza e modificato il relativo regime di pubblicità, è stata modificata la disciplina della prova testimoniale nel processo di cognizione, sono stati abbreviati numerosi termini processuali (tra cui il dimezzamento del "termine lungo" per le impugnazioni), è stato introdotto il filtro in Cassazione, è stato previsto il procedimento sommario di cognizione, è stata prevista la mediazione e la conciliazione in ambito civile e commerciale (attuata con il D.Lgs. 28/2010). Sempre nella scorsa legislatura è stata esercitata la delega per la riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione regolati dalla legislazione speciale, volta in particolare alla riconduzione delle numerose tipologie di procedimento civile ai tre modelli processuali previsti dal codice di procedura civile (rito ordinario di cognizione; rito del lavoro; nuovo rito sommario di cognizione) e alla soppressione del rito societario. Con il D.Lgs 150/2011 si è data attuazione alla delega concessa dalla stessa legge 69/2009 per la riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione regolati dalla legislazione speciale; il decreto ha ricondotto le numerose tipologie di procedimento civile ai tre modelli processuali previsti dal codice di procedura civile (rito ordinario di cognizione; rito del lavoro; nuovo rito sommario di cognizione) ed ha soppresso il rito societario. Merita infine di essere ricordata, proprio in quanto mirata ad una razionalizzazione ed ad un recupero di efficienza del sistema-giustizia, la complessa riorganizzazione territoriale degli uffici giudiziari di primo grado (cd. riforma della geografia giudiziaria) portata a termine con i decreti legislativi 155 e 156 del 2012.

Nell'attuale XVII Legislatura un consistente intervento per la riduzione dei tempi del processo civile è stato previsto dal decreto-legge n. 69/2013 che ha in particolare dettato misure organizzative e di ampliamento dell'organico, riguardanti le Corti d'appello e la Corte di cassazione. In particolare: è introdotta la figura del giudice ausiliario, nel numero massimo di 400 unità, per lo smaltimento dell'arretrato civile presso le corti d'appello ed è istituita la figura dell'assistente di studio a supporto delle sezioni civili della Corte di cassazione; è data possibilità. a laureati in giurisprudenza qualificati e selezionati di svolgere stage formativi teorico-pratici di 18 mesi presso uffici giudiziari ordinari (tribunali, corti d’appello, uffici e tribunali di sorveglianza, tribunali per i minorenni) nel corso dei quali assistono e coadiuvano il magistrati nel compimento delle ordinarie attività. Sono state introdotte poi dal DL 69 alcune misure processuali, tra cui l’obbligo per il giudice civile di formulare una proposta transattiva o conciliativa, nel corso del processo di primo grado e d'appello nonché il ripristino del carattere obbligatorio del tentativo di mediazione previsto dal D.Lgs 28/2010.

Da ultimo, il decreto-legge n. 132 del 2014, ancora in corso di conversione (A.C. 2681, già approvato dal Senato) ha previsto ulteriori misure, tra cui: per le cause civili pendenti in primo grado così come in grado d'appello, la possibilità per le parti di promuovere un procedimento arbitrale per definire la controversia, la negoziazione assistita, ovvero una procedura cogestita dagli avvocati delle parti e volta al raggiungimento di un accordo conciliativo; una ulteriore semplificazione dei procedimenti di separazione o divorzio, con la possibilità per i coniugi di comparire innanzi al sindaco del Comune per concludere un accordo di separazione, o di scioglimento del matrimonio; l’accelerazione del processo esecutivo, la riduzione del periodo di sospensione di diritto dei termini processuali e delle ferie dei magistrati.

Nel quadro di un recupero di efficienza del sistema processuale, con particolare riferimento allo snellimento del processo civile, particolare rilievo assumono le vicende del cd. processo telematico, il cui un percorso è stato avviato fin dal 2001. Il quadro normativo sviluppatosi a partire da tale data è stato complessivamente rivisto nel corso della XVI legislatura dal decreto-legge n. 193/2009, in base a cui tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica si effettuano mediante posta elettronica certificata (PEC). Da ultimo, nella attuale legislatura, il Parlamento è ulteriormente intervenuto sulla c.d. digitalizzazione della giustizia con la conversione del decreto-legge n. 90 del 2014.

In particolare, il decreto:

§  quanto al processo civile, precisa che l'obbligo del deposito telematico degli atti di parte e dei ricorsi per ingiunzione interessa esclusivamente i procedimenti iniziati davanti al tribunale ordinario dal 30 giugno 2014; per i procedimenti iniziati prima del 30 giugno 2014, l'obbligo del deposito telematico decorre dal 31 dicembre 2014. Il decreto-legge fissa poi al 30 giugno 2015 la data alla quale scatterà l'obbligo del deposito telematico degli atti processuali per i procedimenti civili davanti alla corte d'appello.

§  quanto al processo amministrativo, stabilisce, tra le altre cose, un termine certo (sessanta giorni) per l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con cui sono stabilite le regole tecnico-operative per la sperimentazione, la graduale applicazione, l'aggiornamento del processo amministrativo telematico e dispone che dal 1° gennaio 2015 tutti gli atti del processo dovranno essere sottoscritti con firma digitale;

§  quanto al processo contabile, consente l'utilizzo di modalità telematiche anche nei giudizi contabili dinanzi alla Corte dei Conti;

§  quanto al processo tributario, consente l'utilizzo della posta elettronica certificata (PEC) anche alla parte processuale che non si avvale di un avvocato;

 

 

In esito a tale complesso di disposizioni, il Ministero della Giustizia, Direzione Generale per i Sistemi Informativi Automatizzati - Area Civile, ha pubblicato i seguenti dati al 31 luglio 2014:


 

Comunicazioni e notificazioni

Attivate in tutti i tribunali e le corti d’appello.

Sono state consegnate 11.767.761 comunicazioni, per un risparmio stimato pari a oltre 41 milioni di euro 1.

Al mese ne vengono consegnate circa 1.100.000.

Depositi telematici a valore legale da parte di avvocati e professionisti

Sono stati ricevuti 570.185 atti, di cui 134,564 ricorsi per decreto ingiuntivo e 413.237 atti “endo-procedimentali”.

Sono stati 50.173 i professionisti univoci che hanno depositato almeno un atto, di cu 42.629 avvocati.

Fino a giugno 2014 venivano ricevuti circa 50.000 atti al mese, a luglio 2014 quasi 120.000.

Tutti i tribunali hanno accettato almeno 40 atti “endo-procedimentali” (130 più di 100).

Depositi telematici
da parte dei magistrati

I magistrati hanno depositato 1.046.667 provvedimenti, di cui 314.994 verbali di udienza e 106.318 sentenze.

I giudici (o i G.O.T.) che da inizio 2013 hanno depositato almeno un provvedimento sono 2.863.

Fino a giugno 2014 venivano depositati circa 110.000 atti al mese, a luglio 2014 150.000.

Atti scansionati
(dal 1° luglio 2013 al 30 giugno 2014)

Sono stati scansionati 3.004.448 atti, di cui 2.234.819 provvedimenti dei giudici.

Nell’archivio informatico sono quindi stati inseriti negli ultimi 12 mesi circa 4.400.000 documenti, di cui il 32% è in formato nativo digitale.

Pagamenti telematici

Sono stati effettuati 10.551 pagamenti, per un totale di euro 1.945.373.

 

1. Calcolo effettuato sul costo medio stimato di € 7,00 a comunicazione tradizionale tramite ufficiale giudiziario, prudenzialmente moltiplicato per la metà delle comunicazioni elettroniche effettivamente consegnate (totale =11.767.761: 2 =5.883.880x €. 7,00 = €. 41.187.163,50)

 

 

Rispondendo ad un question time alla Camera il 17 settembre 2014, il Ministro della giustizia Orlando – riferendosi all'obbligo del deposito telematico (dal 30 giugno 2014) dei ricorsi per ingiunzione (previsto dal D.L. 90/2014) - ha informato che “'nel solo mese di luglio si è registrato un aumento per i decreti ingiuntivi telematici del 74% rispetto allo stesso dato del mese di giugno 2014''. E questo con il risultato di una ''considerevole riduzione dei tempi di trattazione delle cause''. Il Guardasigilli ha, quindi, spiegato che nel mese di luglio i tempi di deposito dei ricorsi per decreto ingiuntivo telematico, misurati dalla data di iscrizione al ruolo, si sono ridotti mediamente del 62%. Per quanto riguarda le risorse finanziarie, il Ministro ha ricordato che il bilancio della giustizia per il 2014 ha previsto 51,7 milioni di euro di parte corrente e 17,8 milioni di parte capitale, da destinare alla spesa informatica complessiva; per l'anno 2015, le risorse risultano pari a 49 milioni di euro di parte corrente e 15 milioni di euro di parte capitale. Nel corso del 2014 – ha proseguito Orlando – tuttavia, “si è avuta comunque cura di integrare ulteriormente i finanziamenti nella priorità prospettata dell'avvio dell'obbligatorietà del processo civile telematico e si destineranno certamente all'informatica anche le risorse del Fondo unico giustizia 2012, al momento della concreta assegnazione della quota di competenza del Ministero”.


 

Articolo 11
(Disposizioni in materia di ammortizzatori sociali, di servizi
per il lavoro e politiche attive)

 

 

L’articolo 11 stanzia risorse per la copertura degli oneri derivanti dall’attuazione del disegno di legge delega in materia di lavoro all’esame del Parlamento (AC 2660), istituendo a tal fine un apposito fondo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione di 2 miliardi di euro a decorrere dal 2015.

Il disegno di legge delega in materia di lavoro (AC 2660), approvato dal Senato in prima lettura (AS 1428), è attualmente all’esame della XI Commissione (Lavoro) della Camera. Il provvedimento reca cinque deleghe al Governo, da esercitare entro 6 mesi dall’approvazione della legge:

§  la delega in materia di ammortizzatori sociali, finalizzata a razionalizzare le forme di tutela esistenti, differenziando l’impiego degli strumenti di intervento in costanza di rapporto di lavoro (Cassa Integrazione) da quelli previsti in caso di disoccupazione involontaria (ASpI). Lo scopo è quello di assicurare un sistema di garanzia universale per tutti i lavoratori, con tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori, nonché di razionalizzare la normativa in materia d’integrazione salariale;

§  la delega in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, avente lo scopo di riordinare la normativa in materia di servizi per il lavoro, per garantire la fruizione dei servizi essenziali per le politiche attive del lavoro su tutto il territorio nazionale, razionalizzando gli incentivi all’assunzione e all’autoimpiego e istituendo una cornice giuridica nazionale che faccia da riferimento anche per le normative regionali e provinciali. La delega prevede anche l’istituzione dell’Agenzia nazionale per l’occupazione (con competenze gestionali in materia di servizi per l’impiego, politiche attive e ASpI e contestuale riordino degli enti operanti nel settore al fine di evitare sovrapposizioni con l’Agenzia); il rafforzamento delle funzioni di monitoraggio e valutazione delle politiche attive per il lavoro e dei servizi per l'impiego nonché la valorizzazione delle sinergie tra servizi pubblici e privati; il completamento della semplificazione amministrativa in materia di lavoro e politiche attive;

§  la delega in materia di semplificazione delle procedure e degli adempimenti, per conseguire obiettivi di semplificazione e razionalizzazione delle procedure di costituzione e gestione dei rapporti di lavoro, al fine di ridurre gli adempimenti a carico di cittadini e imprese. In particolare, si vuole diminuire il numero di atti amministrativi inerenti il rapporto di lavoro, attraverso specifiche modalità (ad es. l'unificazione delle comunicazioni alle P.A., per gli stessi eventi, l'obbligo di trasmissione di dati tra le diverse amministrazioni, l'abolizione della tenuta di documenti cartacei e la revisione degli adempimenti in materia di libretto formativo del cittadino);

§  la delega in materia di riordino delle forme contrattuali e dell’attività ispettiva, finalizzata a rafforzare le opportunità d’ingresso nel mondo del lavoro nonché di riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo, nonché di rendere più efficiente l’attività ispettiva. La procedura di riordino si esplica anche attraverso una serie di interventi mirati, quali la redazione di un testo organico di disciplina delle tipologie contrattuali; la previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio; l'introduzione, anche in via sperimentale, del compenso orario minimo; la ridefinizione della disciplina sulle mansioni e di quella sul controllo a distanza dei lavoratori;

§  la delega in materia di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, avente lo scopo di garantire adeguato sostegno alla genitorialità, e favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori. A tal fine, si prevedono specifici interventi, quali l'estensione del diritto alla prestazione di maternità alle lavoratrici madri cd. “parasubordinate”; l'introduzione di un credito d'imposta per le donne lavoratrici, anche autonome, che abbiano figli minori o disabili non autosufficienti (al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo), nonché l'armonizzazione del regime delle detrazioni (dall'imposta sui redditi) per il coniuge a carico; l'incentivazione di accordi collettivi volti a facilitare la flessibilità dell’orario di lavoro e quella dell’impiego di premi di produttività, la possibilità di cessione dei giorni di ferie tra lavoratori per specifici casi; la promozione dell’integrazione dell’offerta di servizi per l’infanzia (forniti dalle aziende) nel sistema pubblico-privato dei servizi alla persona.

Si segnala, infine, che l’articolo 1, comma 12, del disegno di legge delega, prevede che (in conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196) qualora uno o più decreti attuativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, i decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi, ivi compresa la legge di stabilità, che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.


 

Articolo 12
(Sgravi contributivi per assunzioni a tempo indeterminato)

 

 

L’articolo 12 introduce uno sgravio contributivo per le assunzioni con contratto a tempo indeterminato.

Lo sgravio riguarda i contratti a tempo indeterminato relativi a nuove assunzioni decorrenti dal 1° gennaio 2015 e stipulati entro il 31 dicembre 2015 e consiste nell’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche e con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL), nel limite massimo di un importo di esonero pari a 8.060 euro su base annua, per un periodo massimo di trentasei mesi.

Il beneficio non è riconosciuto:

§  nel settore agricolo, per i contratti di apprendistato e nel settore del lavoro domestico;

§  per le assunzioni relative a lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro;

§  con riferimento a lavoratori per i quali il beneficio sia già stato usufruito in relazione a precedente assunzione a tempo indeterminato;

§  in presenza di assunzioni relative a lavoratori in riferimento ai quali i datori di lavoro (considerando anche le società controllate o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto) hanno comunque già in essere un contratto a tempo indeterminato nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della disposizione.

 

A fronte dell’introduzione del nuovo sgravio contributivo, il comma 2 prevede (con riferimento ai rapporti di lavoro attivati dal 1° gennaio 2015) la soppressione dei benefici contributivi previsti all’articolo 8, comma 9, della legge n. 407 del 1990

L’articolo 8, comma 9, legge n.407/1990, prevede, a favore delle imprese che assumono disoccupati o cassintegrati da almeno 24 mesi, una riduzione contributiva del 50% per un periodo di tre anni (riduzione che arriva fino al 100% per le imprese nel Mezzogiorno e per le imprese artigiane). La riduzione contributiva è ammessa a condizione che le assunzioni non avvengano in sostituzione di lavoratori licenziati dalle stesse imprese per giustificato motivo oggettivo o per riduzione del personale o sospesi. Le assunzioni avvengono, su richiesta nominativa, da una apposita lista costituita in ogni regione[34].

 

Il beneficio non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente.

Le misure di agevolazione contributiva previste dalla normativa vigente sono riassunte nella tabella che segue.

Agevolazioni contributive per l’assunzione di
determinate categorie di lavoratori

Sgravio contributivo

Fonte normativa

 

 

Sgravio contributivo per i datori di lavoro (comprese le società cooperative che assumono soci lavoratori con rapporto di subordinazione) che assumono lavoratori disoccupati da almeno 24 mesi a tempo indeterminato (anche part-time) – sgravio pari al 50% per 36 mesi per le imprese diverse da quelle artigiane, sgravio pari al 100% per 36 mesi per le imprese artigiane e quelle operanti nel Mezzogiorno

L. 407/1990,
articolo 8, comma 9

Sgravio contributivo (valido fino al 31 dicembre 2016) per i datori di lavoro (comprese le società cooperative che assumono soci lavoratori con rapporto di subordinazione) che assumono lavoratori in mobilità con contratti a tempo determinato (anche part-time) consistente nell’applicazione dell’aliquota contributiva per gli apprendisti (10%) per un periodo di 12 mesi. In caso di trasformazione del contratto a tempo indeterminato, il beneficio contributivo spetta per ulteriori 12 mesi

L. 223/1991,
articolo 8, comma 2

Sgravio contributivo (valido fino al 31 dicembre 2016) per i datori di lavoro (comprese le società cooperative che assumono soci lavoratori con rapporto di subordinazione) che assumono lavoratori in mobilità con contratti a tempo indeterminato consistente nell’applicazione dell’aliquota contributiva per gli apprendisti (10%) per un periodo di 18 mesi

L. 223/1991,
articolo 25, comma 9

Sgravio contributivo pari al 100% per l'assicurazione obbligatoria previdenziale e assistenziale dovute dalle cooperative sociali, relativamente alla retribuzione corrisposta alle persone svantaggiate, per l’assunzione di persone svantaggiate in qualità di soci lavoratori o dipendenti. Nel caso di assunzione di detenuti le aliquote contributive sono ridotte nella misura percentuale individuata ogni due anni con apposito decreto interministeriale e trovano applicazione per un periodo successivo alla cessazione dello stato di detenzione di 18 mesi per i detenuti ed internati che abbiano beneficiato di misure alternative alla detenzione o del lavoro all'esterno e di 24 mesi per i detenuti ed internati che non ne abbiano beneficiato (il D.M. 9 novembre 2001 ha ridotto le aliquote nella misura dell'80%)

L. 381/1991, articolo 4, commi 1, 3 e 3-bis; L. 448/1998, articolo 51

Sgravio contributivo a carico del datore di lavoro pari al 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per 12 mesi per assunzione a tempo pieno e indeterminato di lavoratori che abbiano fruito della CIGS per almeno 3 mesi, anche non continuativi, e dipendenti di aziende beneficiarie di CIGS da almeno 6 mesi. Dall’agevolazione è esclusa la quota a carico del lavoratore che è dovuta per intero come per la generalità dei dipendenti

D.L. 148/1993, articolo 4, comma 3; L. 223/1991, articolo 8, comma 4

Sgravio contributivo sulla contribuzione complessiva (comprensiva delle quote del datore di lavoro e del dirigente) ridotta al 50% per una durata non superiore a 12 mesi per i datori di lavoro (imprese che occupano meno di 250 dipendenti) e consorzi tra di esse che assumono con contratto di lavoro a termine dirigenti disoccupati

L. 266/1997,
articolo 20

Sgravio contributivo (50% dei contributi a carico del datore di lavoro e dei premi assicurativi INAIL, per un massimo di 12 mesi) per il datore di lavoro (con meno di 20 dipendenti) che assume a tempo determinato per sostituzione di lavoratrice in astensione obbligatoria o facoltativa per maternità

D.Lgs. 151/2001,
articolo 4, commi 3, 4, 5

Sgravio contributivo per le agenzie di somministrazione che assumono (con contratto di durata tra 9 e 12 mesi) lavoratori svantaggiati (ex Regolamento CE 2008) che stiano usufruendo di una indennità di disoccupazione, mobilità, ASU o altri sostegni al reddito (consistente nella detrazione dai contributi dovuti l’ammontare dei contributi figurativi)

D.Lgs. 176/2003,
articolo 13

Sgravio contributivo del 100% per i primi 3 anni per i datori di lavoro (fino a 9 dipendenti) che assumono (con contratti stipulati nel quadriennio 2012-2016) apprendisti (contribuzione al 10% per gli anni successivi al terzo. In caso di trasformazione del rapporto di lavoro dopo il periodo di apprendistato, l’agevolazione contributiva del 10% viene riconosciuta per i 12 mesi successivi)

D.Lgs. 167/2011; L.183/2011,
articolo 22, comma 1

Sgravio contributivo per i datori di lavoro (comprese le società cooperative che assumono soci lavoratori con rapporto di subordinazione) che assumono lavoratori in mobilità con contratti di apprendistato, consistente nell’applicazione dell’aliquota contributiva per gli apprendisti (10%) per un periodo di 18 mesi

D.Lgs. 167/2011, articolo 7, comma 4

Sgravio contributivo (per assunzioni a tempo determinato 50% dei contributi a carico del datore di lavoro per un massimo di 12 mesi; per assunzioni a tempo indeterminato 50% dei contributi a carico del datore di lavoro per un massimo di 18 mesi) per assunzione di donne prive di impiego da almeno 24 mesi (6 mesi se residenti in regioni svantaggiate). In caso di trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, la riduzione dei contributi si prolunga fino al 18° mese dalla data di assunzione

L. 92/2012,
articolo 4, commi 8-12

Sgravio contributivo (per assunzioni a tempo determinato 50% dei contributi a carico del datore di lavoro per un massimo di 12 mesi; per assunzioni a tempo indeterminato 50% dei contributi a carico del datore di lavoro per un massimo di 18 mesi) per assunzione lavoratori di età pari o superiore a 50 anni disoccupati da oltre 12 mesi

L. 92/2012,
articolo 4, commi 8-12

 

Merita ricordare, altresì, che è stato di recente introdotto, dall'articolo 1 del D.L. 76/2013, un incentivo[35] per i datori di lavoro che entro il 30 giugno 2015 assumano, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni, che rientrino nella categoria dei “lavoratori svantaggiati”, ossia privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi o di un diploma di scuola media superiore o professionale. L’incentivo è pari a un terzo della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, copre un periodo di 18 mesi e non può comunque superare l’importo di 650 euro per ogni lavoratore assunto. Le assunzioni devono comportare un incremento occupazionale netto. Il medesimo incentivo è riconosciuto, per un periodo di 12 mesi, nel caso di trasformazione in contratto a tempo indeterminato. Alla trasformazione deve corrispondere l’assunzione, entro un mese, di un ulteriore lavoratore. E’ previsto che gli effetti dell'incentivo verranno verificati ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della L. 92/2012 (Riforma del mercato del lavoro), che ha istituito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un sistema permanente di monitoraggio e valutazione della legge di riforma[36]. Sulla base di quanto disposto dall’articolo 1, comma 219, della L. 147/2013 (Stabilità 2014), l’incentivo in oggetto può essere ulteriormente finanziato dalle regioni e dalle province autonome, oltre che a valere sulle risorse dei POR 2007-2013, anche a valere sulle eventuali riprogrammazioni delle risorse del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie (cofinanziamento nazionale) già destinate ai programmi operativi per gli interventi previsti dal Piano di Azione Coesione. Da ultimo, l’articolo 40 del decreto-legge n.133/2014 ha destinato parte delle risorse destinate al finanziamento dell’incentivo per il 2014, pari a 220 milioni di euro, al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga.

 

Il comma 3 provvede alla copertura degli oneri recati dai precedenti commi, utilizzando un miliardo di euro per ciascuna annualità 2015, 2016 e 2017 e 500.000 euro per il 2018 a valere sulle risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (art. 5, legge n. 187 del 1983), già destinate agli interventi del Piano di Azione Coesione, che, in base al monitoraggio effettuato dalla Ragioneria generale dello Stato - IGRUE alla data del 30 settembre 2014 non risultano ancora impegnate.

 

Nel corso del 2011, alla luce dei ritardi nell’utilizzo dei fondi strutturali dell’Unione europea del ciclo 2007-2011, il Governo ha disposto, in accordo con la Commissione (ai sensi dell’articolo 33 del regolamento CE n. 1083/2006), una riprogrammazione delle risorse dei fondi strutturali, con una diversa percentuale della quota di cofinanziamento nazionale, che dimezza la propria quota dall’originario 50 al 25 per cento, con conseguente riduzione dell’importo complessivo del finanziamento, ferma restando la quota di cofinanziamento comunitario. Pertanto (ed in accordo con le Istituzioni europee), la quota di finanziamento comunitario dei programmi operativi in ritardo di attuazione, che rischiano il disimpegno automatico delle risorse, resta invariata, in valori assoluti, pur assumendo un peso percentuale maggiore (da 50 al 75 per cento). Tali risorse, che fuoriescono dai programmi attuativi dei fondi strutturali, vengono destinate agli obiettivi prioritari del Piano di Azione Coesione. A seguito di un Accordo tra il Governo e le Regioni del Mezzogiorno è stato tuttavia stabilito che le risorse destinate al Piano di azione coesione risultassero vincolate al principio di territorialità. Tale principio viene pertanto inserito nella legge di stabilità 2012 (articolo 23, comma 4), prevedendo che il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie possa destinare le risorse finanziarie derivanti da un’eventuale riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali 2007/2013 alla realizzazione di interventi di sviluppo socio-economico concordati tra lo Stato italiano e la Commissione europea nell’ambito della revisione dei programmi stessi.

L’ammontare di risorse che dalla quota di cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali 2007-2013 sono stati destinati al Piano di Azione Coesione, in conseguenza della riduzione del tasso di cofinanziamento, ammontano a circa 11,5 miliardi di euro, a cui si aggiungono ulteriori 2 miliardi di risorse riprogrammate attraverso rimodulazione interna ai Programmi operativi[37].

Si segnala che nel sito del Dipartimento politiche di Sviluppo (DPS) Open Coesione sono presenti i dati relativi ai soli pagamenti e non anche agli impegni di spesa. Da una elaborazione dei dati, al 30 giugno 2014, risulterebbero effettuati nell’ambito del Piano di Azione Coesione pagamenti per 656,6 milioni.

Per quanto riguarda le disponibilità nel bilancio dello Stato si ricorda che la dotazione annuale del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (cap. 7493/Economia) risulta pari a circa 5 miliardi per ciascuna annualità di bilancio 2015-2020.

 

Conseguentemente il comma 4 dispone che entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di stabilità il Gruppo di Azione Coesione provvede alle individuazione delle linee di intervento del Piano di Azione Coesione che saranno oggetto di riprogrammazione in conseguenza della riduzione complessiva di 3 miliardi delle risorse destinate al Piano stesso.

 

La costituzione del Gruppo di Azione Coesione è stata prevista nel documento[38] originario del Piano di Azione Coesione (del 15 novembre 2011), al fine di definire e promuovere la riprogrammazione e/o rimodulazione dei programmi cofinanziati necessaria per assicurare il perseguimento degli obiettivi del Piano di Azione Coesione sulla base dei fabbisogni accertati in prima approssimazione dalle amministrazioni centrali di riferimento e con riserva di verifica del Gruppo Azione medesima[39].

Con decreto del 1° agosto 2012, il Ministro per la coesione territoriale ha definito le competenze del Gruppo di Azione Coesione. Il Gruppo di Azione svolge i compiti di indirizzo, monitoraggio e sorveglianza delle azioni di qualificazione e accelerazione della politica di coesione comunitaria e nazionale 2007-2013 ricomprese nel Piano di Azione Coesione anche in continuità con il nuovo periodo di programmazione 2014-2020.

 

Infine il comma 5 dispone il versamento all’entrata del bilancio dello Stato dei 3,5 miliardi complessivi di risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (a valere sulla quota del Piano di Azione Coesione ancora non impegnata) per essere poi riassegnate alle agevolazioni contributive per le assunzioni a tempo indeterminato disciplinate dal presente articolo.


 

Articolo 13
(Misure per la famiglia)

 

 

L’articolo 13 prevede, per ogni figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2015 fino al 31 dicembre 2017, un assegno di importo annuo di 960 euro erogato mensilmente a decorrere dal mese di nascita o adozione.

Tale assegno – che non concorre alla formazione del reddito complessivo ai sensi dell’articolo 8 del Testo unico delle imposte sui redditi[40] - è corrisposto fino al compimento del terzo anno d’età ovvero del terzo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell’adozione per i figli di cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea o di cittadini extracomunitari con permesso di soggiorno[41], residenti in Italia.

Per la corresponsione del beneficio economico si richiede tuttavia la condizione che i genitori abbiano conseguito, nell’anno solare precedente a quello di nascita del bambino beneficiario, un reddito complessivamente non superiore a 90.000 euro, determinato in base alle disposizioni dell’articolo 2, comma 9, del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69 (Norme in materia previdenziale, per il miglioramento delle gestioni degli enti portuali ed altre disposizioni urgenti), convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153.

 

Ai sensi della citata disposizione – che prevede e disciplina le condizioni necessarie per la corresponsione dell’assegno per il nucleo familiare - il reddito del nucleo familiare è costituito dall'ammontare dei redditi complessivi, assoggettabili all'Irpef, conseguiti dai suoi componenti nell'anno solare precedente il 1° luglio di ciascun anno ed ha valore per la corresponsione dell'assegno fino al 30 giugno dell'anno successivo. Alla formazione del reddito concorrono altresì i redditi di qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva se superiori a L. 2.000.000. Non si computano nel reddito i trattamenti di fine rapporto comunque denominati e le anticipazioni sui trattamenti stessi, nonché l'assegno previsto dal presente articolo. L'attestazione del reddito del nucleo familiare è resa con dichiarazione, la cui sottoscrizione non è soggetta ad autenticazione, alla quale si applicano le disposizioni di cui all'articolo 26 della legge 4 gennaio 1968, n. 15. L'ente al quale è resa la dichiarazione deve trasmetterne immediatamente copia al comune di residenza del dichiarante.

 

Tale condizione non opera nel caso di nati o adottati di quinto o ulteriore per ordine di nascita o ingresso nel nucleo familiare.

L’assegno è corrisposto, a domanda, dall’INPS, che provvede alle relative attività con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 1).

 

Va ricordato che l’articolo 1, commi 331-334, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (finanziaria per il 2006) prevedeva la concessione di un assegno di 1.000 euro per ogni figlio nato ovvero adottato nell'anno 2005 (comma 331) e per ogni figlio nato nell'anno 2006, secondo o ulteriore per ordine di nascita, ovvero adottato (comma 332). Il beneficio veniva riservato esclusivamente ai cittadini italiani o comunitari residenti in Italia.

Gli assegni erano riscossi presso gli uffici postali di zona dall'esercente la potestà sui figli, purché residente, cittadino italiano ovvero comunitario ed appartenente ad un nucleo familiare (da individuarsi ai sensi dell'articolo 1 del D.M. 22 gennaio 1993 del Ministro della sanità) con un reddito complessivo non superiore ad euro 50.000 (comma 333). La legge n. 266 del 2005 ha autorizzato, per la corresponsione degli assegni, la spesa di 696 milioni di euro per l'anno 2006 (comma 334). Per l’attuazione della disciplina in esame, il Ministero dell’economia si avvaleva della Sogei s.p.a..

Successivamente la legge finanziaria per il 2007 (legge 296/2006, (art. 1, co.1287-1289) ha sancito l’indiretta attribuzione di un beneficio, prescrivendo la non ripetibilità dei benefici economici (1.000 euro nel 2006) erroneamente attribuiti a cittadini extracomunitari, previsti dalla legge finanziaria per il 2006, in favore dei genitori, in caso di nascita o di adozione di un bambino. Oltre a prevedere la non ripetibilità delle somme indebitamente percepite dai soggetti sprovvisti di cittadinanza italiana e comunitaria viene dichiarata l’inefficacia delle ordinanze-ingiunzioni emesse a norma dell’articolo 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689 per la restituzione delle suddette somme, e stabilita l’estinzione dei procedimenti di opposizione eventualmente pendenti.

Sempre in tema di bonus bebé, ricollegandosi alle citate disposizioni della legge finanziaria per il 2006, l’articolo 7, comma 1 del decreto-legge n. 81 del 2 luglio 2007 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria)[42], ha stabilito un’integrazione di 40 milioni di euro per le spese connesse alla concessione dell’assegno per ogni figlio nato ovvero adottato nell'anno 2005 e per ogni figlio nato nell'anno 2006, secondo o ulteriore per ordine di nascita, ovvero adottato, di cui al già citato articolo 1, commi 331-334, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006).

 

Viene poi rimessa ad un D.P.C.M. da emanare entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge, su proposta del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro della salute e il Ministro dell’economia e delle finanze, l’attuazione delle disposizioni citate (comma 2).

 

L’onere derivante dalle disposizioni sopra illustrate è valutato in 202 milioni di euro per il 2015, 607 milioni di euro per il 2016, 1.012 milioni di euro per l’anno 2017, 1.012 milioni di euro per l’anno 2.018, 607 milioni di euro per l’anno 2019 e 202 milioni di euro per l’anno 2020 (comma 4).

 

In proposito va osservato che la formulazione letterale del comma 4 fa riferimento all’”onere derivante dall’articolo in esame”, mentre ci si dovrebbe riferire, più correttamente, all’onere derivante dalle disposizioni di cui ai commi da 1 a 3. Il comma 6, infatti, concerne l’istituzione di un fondo nel Ministero dell’economia e delle finanze dedicato ad interventi a favore della famiglia.

 

La relazione tecnica evidenzia che i predetti oneri sono stati computati sulla base dell’importo unitario del beneficio pari a 960 euro annui (80 euro mensili a decorrere dal mese di nascita o di adozione), dalla durata (3 anni), dalle generazioni interessate (3 generazioni) e dal requisito reddituale di accesso che si stima sulla base del modello di microsimulazione del Dipartimento delle finanze comporti l’accesso effettivo al beneficio di circa 415.000 nuclei come nuovi beneficiari annui.

Pertanto dalla disposizione conseguono i seguenti maggiori oneri in termini di maggiori prestazioni sociali in denaro:

 

Maggiore spesa

(valori in mln di euro)

2015

2016

2017

2018

2019

2020

2021

202

607

1.012

1.012

607

202

0

 

All’INPS è rimesso il monitoraggio dei maggiori oneri derivanti dalle disposizioni in commento mediante l’invio di relazioni mensili al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Nel caso di scostamenti rispetto alle previsioni di spesa si provvede, con Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro della salute, a rideterminare l’importo annuo e il limite reddituale (comma 3).

Viene inoltre precisato (comma 5) che delle somme erogate ai sensi del presente articolo non si tiene conto anche ai fini della verifica dei limiti di reddito complessivo valido ai fini del riconoscimento di deduzioni, detrazioni o altri benefici per i quali è richiesto il possesso di requisiti reddituali - di cui all’articolo 13-bis, comma 1 del testo unico delle imposte sui redditi.

Si ricorda che ai sensi dell'articolo 1 del Tuir, il reddito complessivo è formato, per i residenti, da tutti i redditi posseduti e, per i non residenti, soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato, al netto degli oneri deducibili. Sono in ogni caso esclusi dalla base imponibile i redditi esenti dall'imposta e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva; gli assegni periodici destinati al mantenimento dei figli spettanti al coniuge se risultanti da provvedimenti dell'autorità giudiziaria; gli assegni familiari e l'assegno per il nucleo familiare, nonché gli emolumenti per carichi di famiglia; la maggiorazione sociale dei trattamenti pensionistici (v. anche scheda art. 4).

 

Infine (comma 6) nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, è istituito un Fondo con la dotazione di 298 milioni, per l’anno 2015, da destinare ad interventi a favore della famiglia. Viene rimesso ad un D.P.C.M., da emanare su proposta del Ministero dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la definizione della destinazione del fondo, dei criteri di riparto, degli obbiettivi e delle disposizioni attuative.


 

Articolo 14
(Contrasto della ludopatia)

 

 

L’articolo 14 destina annualmente, a decorrere dall’anno 2015, nell’ambito delle risorse destinate al finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale (cfr. art. 39, comma 2) una quota pari a 50 milioni di euro per la cura delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d’azzardo.

Alla ripartizione dell’importo si provvede annualmente all’atto dell’assegnazione delle risorse spettanti alle regioni e province autonome a titolo di finanziamento della quota indistinta – non vincolata al perseguimento di particolari obiettivi –, del fabbisogno sanitario standard regionale, secondo i criteri e le modalità previsti dalla legislazione vigente in materia di costi standard.

 

Come evidenziato anche dalla relazione tecnica la disposizione, in tali termini, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto si limita ad individuare una specifica finalizzazione degli importi destinati alle regioni per l’erogazione delle prestazioni sanitarie. Sul finanziamento della quota indistinta del Servizio sanitario nazionale cfr. infra, art. 39, comma 2

 

La verifica della effettiva destinazione delle risorse e delle relative attività assistenziali costituisce adempimento ai fini dell’accesso al finanziamento integrativo del Servizio sanitario nazionale (Cfr. art. 39, comma 14), ed è effettuata nell’ambito del Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei LEA di cui all’articolo 9 dell’Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005.

 

Va ricordato che sono all'esame della XII Commissione Affari sociali, in sede referente, alcune proposte di legge (A.C. 101 ed abb.) in materia di gioco d'azzardo finalizzate essenzialmente alla prevenzione cura e riabilitazione dei soggetti affetti da gioco d'azzardo patologico e dei loro familiari e, più in generale, alla protezione dei minori e dei soggetti vulnerabili. Oltre alla definizione dei soggetti affetti da gioco d'azzardo patologico (GAP) ed alla individuazione dei servizi preposti all'attività di prevenzione della patologia nei servizi per le dipendenze istituiti dalle regioni, viene prevista l'utilizzazione del sistema "tessera sanitaria" al fine di registrare i dati anagrafici dei giocatori, anche per consentire a questi ultimi di autoescludersi dal gioco, e ne viene contemplata la trasmissione al Ministero della salute. Sono poi previste norme sull'etichettatura dei tagliandi delle lotterie istantanee, viene posto e sanzionato il divieto della propaganda pubblicitaria del gioco d'azzardo e sono stabiliti una serie di obblighi relativi ai luoghi in cui si esercita il gioco d'azzardo. Infine è istituito il Fondo per la prevenzione, la cura e la riabilitazione del gioco d'azzardo patologico e il Fondo per le famiglie dei soggetti affetti da GAP.


 

Articolo 15
(Erogazioni liberali alle ONLUS)

 

 

L’articolo 15 è volto ad elevare da 2.065 a 30.000 euro annui l’importo massimo sul quale spetta la detrazione – pari al 26 per cento a decorrere dal 2014 – per le erogazioni liberali in denaro a favore delle Onlus (Organizzazioni non lucrative di utilità sociale).

 

Analogo adeguamento a 30.000 euro viene previsto per l’importo massimo deducibile a fini Ires.

 

I nuovi importi si applicano dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.

 

Si ricorda che ai sensi della normativa vigente, le Onlus beneficiano di una serie di agevolazioni tributarie. In estrema sintesi:

§  ai fini delle imposte sui redditi:

1)   per le Onlus, ad eccezione delle società cooperative, non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale e i proventi derivanti dall'esercizio delle attività direttamente connesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile (articolo 150 del Tuir);

2)   le erogazioni liberali a favore delle Onlus sono deducibili dal reddito imponibile;

3)   le derrate alimentari, i prodotti farmaceutici, nonché i beni non di lusso alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa, che presentino imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne consentono la commercializzazione o la vendita, rendendone necessaria l'esclusione dal mercato o la distruzione, qualora siano ceduti gratuitamente alle Onlus, per un importo corrispondente al costo specifico sostenuto per la produzione o l'acquisto complessivamente non superiore al 5 per cento del reddito d'impresa dichiarato, non si considerano destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa (articolo 53, comma 2, e dell'articolo 85, comma 2, del Tuir);

4)   sui contributi corrisposti alle Onlus dagli enti pubblici non si applica la ritenuta alla fonte cui all'articolo 28, secondo comma, del DPR n. 600 del 1973 e sui redditi di capitale di cui all'articolo 41 del Tuir corrisposti alle Onlus, le ritenute alla fonte sono effettuate a titolo di imposta;

§  ai fini IVA:

1)  non sono imponibili le cessioni gratuite di beni fatte alle Onlus;

2)  le derrate alimentari, i prodotti farmaceutici, nonché i beni non di lusso alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa, che presentino imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne consentono la commercializzazione o la vendita, rendendone necessaria l'esclusione dal mercato o la distruzione, qualora siano ceduti gratuitamente alle Onlus, per un importo corrispondente al costo specifico sostenuto per la produzione o l'acquisto complessivamente non superiore al 5 per cento del reddito d'impresa dichiarato si considerano distrutti agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto;

3)  non costituiscono operazioni imponibili le operazioni di divulgazione pubblicitaria svolte a beneficio delle Onlus;

4)  le Onlus, limitatamente alle operazioni riconducibili alle attività istituzionali, non sono soggette all'obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante ricevuta o scontrino fiscale;

§  le Onlus concorrono alla ripartizione delle quote del 5 per mille dell'Irpef in ragione delle opzioni esercitate dai contribuenti in favore di ciascuna di esse;

§  i trasferimenti a favore Onlus sono esenti dall'imposta sulle successioni e donazioni;

§  gli atti, documenti, istanze, contratti nonché copie anche se dichiarate conformi, estratti, certificazioni, dichiarazioni e attestazioni poste in essere o richiesti da Onlus sono esenti dalle imposte di bollo;

§  gli atti e i provvedimenti concernenti le Onlus sono esenti dalle tasse sulle concessioni governative;

§  i comuni, le province, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono deliberare nei confronti delle Onlus la riduzione o l'esenzione dal pagamento dei tributi di loro pertinenza e dai connessi adempimenti;

§  gli atti costitutivi e le modifiche statutarie concernenti le Onlus sono soggetti all'imposta di registro in misura fissa;

§  l'imposta sugli spettacoli non è dovuta per le attività spettacolistiche svolte occasionalmente dalle Onlus.

 

L'Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 89/E del 17 ottobre 2014, ha chiarito che gli enti non commerciali possono continuare a detrarre dall'Ires le erogazioni liberali in denaro in favore delle Onlus. Tale misura è stata aumentata per le persone fisiche al 24% per il 2013 e al 26% a partire dal 2014 dalla legge n. 96 del 2012, la quale ha modificato l'articolo 15 del TUIR. La stessa legge n. 96 del 2012, tuttavia, non ha espressamente coordinato il testo dell'articolo 147 del TUIR (detrazioni per enti non commerciali). L'Agenzia ritiene che, da un'interpretazione sistematica delle norme, l'intento del legislatore non era quello di escludere, per i soli enti non commerciali, la detraibilità delle erogazioni liberali alle Onlus. Pertanto questi enti possono continuare a considerare detraibili le liberalità erogate in favore delle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale, nella misura del 19%.


 

Articolo 16
(Cessione frequenze “banda L”)

 

 

L’articolo 16 prevede che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) avvii entro dieci giorni dall’entrata in vigore della legge di stabilità 2015 (e quindi entro il 10 gennaio 2015) le procedure per l’assegnazione di diritti d’uso di frequenze radioelettriche della banda 1452-1492 Mhz (MegaHertz). Tale banda dovrà essere destinata a servizi di comunicazione elettronica mobili per applicazioni Supplemental Down Link.

La disposizione riprende una proposta contenuta nella segnalazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato al Parlamento ai fini della legge annuale per la concorrenza e il mercato 2013 (ottobre 2012). L’Autorità evidenziava che la banda di frequenza 1452-1492 Mhz, anche nota come “banda L”, è attualmente destinata per la TV su piattaforma mobile senza tuttavia che gli operatori la utilizzino in concreto per tale servizio.

Anche il rapporto su raggiungimento degli obiettivi dell’agenda digitale predisposto dal Commissario straordinario Caio (gennaio 2014) ha segnalato l’opportunità, in coerenza anche con le indicazioni della Conferenza europea delle telecomunicazioni, di destinare la “banda L” alle tecnologie di Supplemental Down Link, tecnologie che consentono agli operatori di aumentare la velocità di download su rete mobile.

L’AGCOM dovrà agire nel rispetto di quanto previsto dal codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo n. 259/2003) e quindi emanare l’eventuale regolamento di gara entro il 15 marzo 2015.

Il Ministero dello sviluppo economico dovrà quindi avviare le relative procedure selettive entro i successivi 30 giorni, per concluderle entro il 31 ottobre 2015.

Il riferimento è probabilmente alla procedura prevista dall’articolo 29 del codice delle comunicazioni elettroniche. La disposizione prevede tra le altre cose che qualora sia necessario concedere in numero limitato i diritti individuali di uso delle frequenze radio, il Ministero invita a presentare domanda per la concessione dei diritti di uso e ne effettua l'assegnazione in base alle procedure stabilite dall'AGCOM. Tali criteri di selezione devono essere obiettivi, trasparenti, proporzionati e non discriminatori. La procedura è stata ad esempio utilizzata nel 2011 per l’assegnazione agli operatori di telefonia mobile della banda 800 Mhz non più utilizzata per l’emittenza televisiva a seguito del passaggio al digitale terrestre, ai sensi dell’articolo 1, commi da 8 a 13 della legge di stabilità 2011 (L. n. 220/2010).

 

Nel frattempo, entro il 30 giugno 2015 dovranno essere rilasciate dagli attuali detentori le frequenze oggetto della disposizione.

 

Il comma 2 reca disposizioni relative all’utilizzo dei proventi derivanti dall’attuazione del comma 1.

In particolare, la disposizione prevede la destinazione di quota parte dei suddetti proventi, fino all’importo massimo di 700 milioni di euro, alle finalità di cui all’articolo 36, comma 6, numero 4) del disegno di legge in esame.

La disposizione richiamata reca una deroga alle modalità di computo dei saldi finanziari rilevanti per l’anno 2015 ai fini della verifica del pareggio di bilancio delle regioni - disciplinato dell’articolo 36 del disegno di legge in esame – introducendo l’esclusione da tale computo delle spese effettuate dalle regioni a valere sulle risorse dei cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari, nei limiti di 500 milioni di euro.

In sostanza, con il comma 2 in esame si aggiungono ulteriori risorse – e precisamente quelle derivanti dall’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze radioelettriche – a quelle già previste dall’articolo 36, comma 6, numero 4) per garantire alle regioni l’esclusione dai saldi delle spese relative al cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali, nei limiti complessivi di 1.200 milioni di euro.

 

Per gli eventuali ulteriori proventi la decisione sul loro utilizzo è rimessa ad un decreto del Ministro dell’economia; come possibile utilizzo il comma 2 indica comunque la riassegnazione al fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.


 

Articolo 17, commi 1 e 2
(Disposizioni finanziarie a favore dell’autotrasporto)

 

 

L’articolo 17 comma 1, autorizza la spesa di 250 milioni di euro per l’anno 2015 per interventi in favore del settore dell’autotrasporto. Al relativo riparto si provvederà con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia.

In proposito si ricorda che il settore dell’autotrasporto è stato oggetto negli anni più recenti di numerosi interventi, sia a carattere finanziario che di disciplina dei contratti e dell’orario di lavoro.

Gli interventi più recenti a favore dell’autotrasporto hanno riguardato i seguenti aspetti:

§  il sostegno economico (erogazioni dirette ed agevolazioni fiscali e previdenziali), per controbilanciare gli elementi di criticità dovuti all’aumento del prezzo del carburante e alla crisi economica: la legge di stabilità 2014 ((art. 1, comma 89 della legge n. 147 del 2014) ha autorizzato per l’anno 2014 la spesa di 330 milioni di euro per interventi in favore del settore dell’autotrasporto; più recentemente con la Delibera n. 02 del 2 ottobre 2014 del Ministero delle infrastrutture e trasporti, il Comitato Centrale per l’Albo degli autotrasportatori ha destinato risorse per circa 67 milioni di € per il 2013 per consentire la riduzione compensata dei pedaggi autostradali per i transiti effettuati nell'anno 2013 dalle imprese di autotrasporto. Si tratta di risorse assegnate al Comitato in base all’art. 2, co. 3 del D.L. n. 451 del 1998 (e successive modifiche) per la protezione ambientale e per la sicurezza della circolazione, anche con riferimento all'utilizzo delle infrastrutture, e che sono indicate al capitolo di spesa 1330 denominato «Somma assegnata al Comitato centrale per l'albo degli autotrasportatori per le attività propedeutiche alla riforma organica del settore nonché interventi per la sicurezza della circolazione».

§  la disciplina del contratto di trasporto, con particolare riferimento alla determinazione del corrispettivo, che deve essere tale da coprire i costi minimi di esercizio, individuati in accordi conclusi tra le associazioni di categoria: a tale proposito di ricorda che la recente Sentenza del 4 settembre 2014 della Corte di Giustizia dell'UE ha stabilito che viola il diritto dell'Unione la normativa italiana che prevede che il prezzo del trasporto di merci su strada non possa essere inferiore ai costi minimi d'esercizio. La Corte ritiene infatti che l'applicazione di un simile prezzo minimo possa restringere la concorrenza nel mercato interno. La normativa italiana relativa al trasporto di merci su strada prevede infatti che il corrispettivo dovuto dal committente non possa essere inferiore ai costi minimi d'esercizio, i quali includono, da un lato, il costo medio del carburante per chilometro di percorrenza e, dall'altro, i costi d'esercizio dell'impresa di trasporto. I costi minimi sono determinati mediante accordi di settore conclusi tra le associazioni di vettori e le associazioni di committenti di servizi di trasporto;

§  la disciplina dell’orario di lavoro e relativi controlli, finalizzati alla tutela dei lavoratori del settore e alla sicurezza dell’intero trasporto stradale e la regolamentazione dell’accesso alla professione;

§  il riordino degli organismi operanti presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, svolgenti funzioni nel settore dell’autotrasporto: con la legge di Stabilità 2014 sono state rese effettive le procedure per il rinnovo della composizione del Comitato centrale per l'Albo degli autotrasportatori;

§  è stato recentemente approvato il D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 43, di recepimento della direttiva 2011/76/UE relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l’uso di alcune infrastrutture (c.d. Eurovignette), in base alla delega contenuta nella legge di delegazione europea (art. 1 della legge 6 agosto 2013, n. 96). La direttiva, tra l’altro, prevede una rivisitazione della definizione di pedaggio, che comprende un onere per l'infrastruttura (OPI) e/o un onere per i costi esterni (OCE: costi sostenuti in relazione all'inquinamento atmosferico e/o acustico dovuto al traffico);

Si ricorda infine che disposizioni in materia di autotrasporto sono anche contenute del D.L. n. 133/2014 (Sblocca Italia), attualmente all’esame del Parlamento per la conversione. In particolare, l'articolo 29-bis prevede che venga meno il requisito di onorabilità dei titolari delle imprese di autotrasporto qualora siano stati oggetto di un'informativa antimafia interdittiva. L'articolo 32-bis prevede poi: 1) che le sanzioni amministrative in materia di cabotaggio stradale effettuato in violazione della normativa comunitaria si applichino anche ai veicoli immatricolati all'estero per i quali sia accertata durante la circolazione la non corrispondenza fra le registrazioni del tachigrafo e le prove documentali; 2) che i contributi alle imprese di autotrasporto per l'acquisto di beni capitali volti all'ottimizzazione della catena logistica, all'individuazione di modalità alternative al traffico stradale e al miglioramento dell'impatto ambientale, nonché gli incentivi per la formazione professionale siano fruibili mediante credito di imposta utilizzando il modello F24 (i contributi per l'acquisto di beni capitali entro il limite di 15 milioni di euro; gli incentivi per la formazione professionale entro il limite complessivo di 10 milioni di euro); 3) che il Comitato centrale dell'albo degli autotrasportatori decida anche sui ricorsi contro gli Uffici della motorizzazione civile in materia di iscrizione o cancellazione dall'albo; 4) che tutti i soggetti della filiera effettuino i pagamenti relativi ai contratti di trasporto con mezzi elettronici o il canale bancario o postale.

 

Con il successivo comma 2 dell’articolo 17 si prevede di destinare una quota non superiore al venti per cento delle risorse di cui al comma 1, quindi un massimo di 50 milioni di €, alle imprese che pongono in essere iniziative dirette a realizzare processi di ristrutturazione ed aggregazione, con la finalità di favorire la competitività e di razionalizzare il sistema dell’autotrasporto.

 

Si segnala che la relazione illustrativa indica le misure in commento come “da tempo adottate dall’ordinamento nazionale”. La relazione precisa che comunque “ove si rendesse necessario saranno assunte le idonee iniziative finalizzate a rendere compatibili con il diritto comunitario le disposizioni”.


 

Articolo 17, comma 3
(Accesso agli impianti portuali)

 

 

L’articolo 17, comma 3, autorizza la spesa di 100 milioni di euro annui, per tre anni a partire dal 2017, per la realizzazione di opere di accesso agli impianti portuali.

 

Il comma 3 prevede poi che le risorse vengano ripartite con delibera CIPE, previa verifica dell’attuazione dell’art. 13, comma 4 del D.L. n. 145 del 2013 (c.d. “Destinazione Italia”). Si tratta della norma che ha previsto la destinazione al finanziamento delle infrastrutture portuali di una serie di risorse revocate per mancato utilizzo.

Si ricorda infatti che il richiamato comma 4 dell’art. 13 ha previsto l’utilizzo delle risorse revocate ai sensi del comma 1 dell’articolo 13, cioè quelle delle delibere CIPE n. 146 del 2006 e n. 33/2010, destinandole:

§  al miglioramento della competitività dei porti italiani, attraverso il finanziamento di interventi immediatamente cantierabili, da sottoporre al CIPE, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e d’intesa con le Regioni interessate;

§  a rendere più efficiente il trasferimento ferroviario e modale all’interno dei sistemi portuali, nella fase iniziale per favorire i traffici con i Paesi dell’Unione europea.

 

Inoltre, il secondo periodo del comma 4, ha previsto anche che alle medesime finalità siano destinate, nel limite di 200 milioni di euro per l’anno 2014 le risorse già trasferite alle autorità portuali, anche attraverso la stipula di mutui, per la realizzazione di opere infrastrutturali per le quali trascorsi due anni dal trasferimento non sia stato pubblicato il bando di gara: si tratta delle risorse dell’articolo 1, comma 994, della legge finanziaria 2007 (296/2006) che ha stanziato 15 milioni di euro annui, per quindici anni, a decorrere dal 2007, destinati alla realizzazione di grandi infrastrutture portuali immediatamente cantierabili: Per l’individuazione di queste risorse il comma 4 ha previsto l’emanazione di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge ed il versamento all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, nel limite di 200 milioni di euro per l'anno 2014, ad apposito Fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Infine, il quarto periodo del comma 4, ha previsto l’assegnazione da parte del CIPE di risorse revocate e disponibili che sono contenute nella delibera 146/2006: si tratta del contributo quindicennale di 6,258 milioni di euro annui per il finanziamento del progetto “Completamento schema idrico Basento-Bradano: attrezzamento settore G”, di cui risultavano utilizzabili, secondo quanto riportato nella relazione tecnica, dieci annualità, pari a 62,580 milioni di euro. Le risorse vengono riassegnate al medesimo progetto “Completamento schema idrico “Basento-Bradano”, condizionando però l’assegnazione delle risorse all’invio da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, del progetto definitivo, aggiornato ai prezziari vigenti, che viene posto a base di gara e del relativo cronoprogramma. Si prevede che il CIPE revochi i finanziamenti in caso di mancato avvio dei lavori nel rispetto del cronoprogramma.

 

Si segnala infine che il quinto periodo del comma 4 prevede che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti assegni annualmente (entro il 31 maggio) al Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto, risorse per l’attuazione del PMIS - Port Management Information System, sistema informativo per la gestione portuale (art. 2, comma 1, lettera t-undecies del decreto legislativo 196/2005). L’entità delle risorse è individuata dal successivo comma 6 al secondo periodo, nell'ambito degli interventi destinati al miglioramento della competitività dei porti italiani, per una quota pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 nonché pari a 1 milione di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020. Il comma 7, relativo alle procedure di riassegnazione, esclude esplicitamente le risorse destinate allo sviluppo del sistema informativo portuale da quelle oggetto di assegnazione da parte del CIPE.


 

Articolo 17, comma 4
(Cinque per mille)

 

 

Il comma 4 prevede la stabilizzazione della disciplina dell’istituto del 5 per mille IRPEF, disponendo l’applicazione all'esercizio finanziario 2015 e agli esercizi successivi delle disposizioni vigenti in materia, relative al riparto della quota del 5 per mille con riferimento alle dichiarazioni dei redditi dell’annualità precedente, contenute all’articolo 2, commi da 4-novies a 4-undecies, del D.L. n. 40 del 2010.

 

L’istituto del 5 per mille dell'imposta sul reddito è stato introdotto, a partire dal 2006, dall’articolo 1, comma 337, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), con l'istituzione, a titolo iniziale e sperimentale, di un apposito Fondo nel quale far confluire una quota pari al 5 per mille dell’imposta sul reddito da destinare ad una serie di finalità di interesse sociale e di ricerca. L’istituto è stato poi annualmente confermato per gli esercizi finanziari successivi, da apposite norme di legge, fino all’attuale. A differenza del primo anno di applicazione (in cui le somme corrispondenti alla quota del 5 per mille sono state determinate “sulla base degli incassi in conto competenza relativi all'IRPEF, sulla base delle scelte espresse dai contribuenti come risultanti dal rendiconto generale dello Stato”), negli anni successivi è stata introdotta una vera e propria autorizzazione legislativa di spesa, da intendersi quale limite massimo di spesa stanziato per le finalità cui è diretto il 5 per mille.

Anche la disciplina relativa alla ripartizione della quota del 5 per mille IRPEF, prevista dal citato D.L. n. 40 del 2010, richiamato dalla norma in esame, introdotta per il riparto del 5 per mille dell’esercizio finanziario 2010 (dichiarazione dei redditi 2009), è stata via via estesa agli anni successivi con apposite norme di legge[43].

 

Il comma stabilisce altresì che le norme attuative di tale disciplina, contenute nel D.P.C.M. 23 aprile 2010, si applichino a decorrere dall’esercizio finanziario 2014, con aggiornamento riferito a ciascun esercizio finanziario, dei riferimenti temporali ivi contenuti.

Si segnala come il riferimento all’anno 2014 - anziché all’anno 2015, in coerenza con il primo periodo del comma in esame - sembrerebbe derivare da un possibile refuso del testo, atteso che anche per tale anno ha continuato a trovare applicazione la disciplina dettata dal suddetto D.P.C.M.

Viene inoltre indicato in 500 milioni di euro l'importo destinato alla liquidazione della quota del 5 per mille a decorrere dall’anno 2015.

Tale importo è superiore a quanto annualmente autorizzato negli anni precedenti per le finalità del 5 per mille IRPEF (negli ultimi tre anni, sono stati stanziati 300 milioni nel 2011, 400 milioni sia per il 2012 che per il 2013).

 

Con la norma in esame viene dunque introdotta una disciplina a regime dell’istituto.

Sul punto si ricorda come la Corte dei Conti, nell’ultima Relazione concernente la “Destinazione e gestione del 5 per mille dell’IRPEF”, trasmessa alla Camera il 21 dicembre 2013[44], abbia messo in evidenza come l’esistenza dell’istituto del 5 per mille sia dipeso, finora, dalla reiterazione annuale di leggi, quali la legge di stabilità ed altre disposizioni relative alla spesa pubblica, e come la sua mancata stabilizzazione attraverso una legge organica - in grado di garantire la certezza delle risorse nel corso di un arco temporale ragionevole e la definizione di tempi certi per l’erogazione dei fondi, al fine di permettere ai beneficiari di programmare, con congruo anticipo, le attività - abbia prodotto inefficienze ed inutili appesantimenti burocratici.

 

Per quanto concerne la disciplina dell’istituto, si ricorda che il citato articolo 2 del decreto-legge n. 40/2010 stabilisce che esso sia destinato al finanziamento delle seguenti finalità (comma 4-novies, D.L. n. 40/2010):

§  sostegno del volontariato e altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), che operano in determinati settori, quali assistenza sociale e socio-sanitaria, assistenza sanitaria, beneficenza, istruzione, formazione, sport dilettantistico, tutela, promozione e valorizzazione delle cose d’interesse artistico e storico, tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente, promozione della cultura e dell’arte, tutela dei diritti civili, ricerca scientifica di particolare interesse sociale, nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte negli appositi registri nazionale, regionale e provinciale (tenuti presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per gli affari sociali), delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori sopra citati[45];

§  finanziamento della ricerca scientifica e dell'università. Il decreto-legge n. 78/2010, all’articolo 38, comma 13-quinquies ha specificato che per l’anno finanziario 2010, possono beneficiare del riparto del 5 per mille i soggetti già inclusi nell’elenco degli enti della ricerca scientifica e dell’Università predisposto per l’esercizio finanziario 2009;

§  finanziamento della ricerca sanitaria;

§  attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente;

§  sostegno delle associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI a norma di legge, che svolgono una rilevante attività di interesse sociale.

 

Si ricorda inoltre, che l’articolo 23, comma 46 del D.L. n. 98/2011 ricomprende, a decorrere dall'anno finanziario 2012, tra le finalità cui può essere destinato il cinque per mille il finanziamento delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici. In attuazione di quanto sopra, il D.P.C.M. 30 maggio 2012 ha fissato le modalità di presentazione della richiesta e di predisposizione delle liste dei soggetti ammessi al riparto.

Il decreto-legge n. 40/2010, all’articolo 2, comma 4-undecies, ha previsto uno specifico obbligo di rendicontazione in capo a tutti i soggetti beneficiari del riparto, chiamati a redigere, entro un anno dalla ricezione delle somme, un apposito rendiconto delle stesse, da cui deve risultare chiaramente, anche a mezzo di una relazione illustrativa, la destinazione delle somme attribuite ai soggetti beneficiari.

 

Il D.P.C.M. 23 aprile 2010 reca la disciplina attuativa delle disposizioni di cui sopra, stabilendo finalità e soggetti ammissibili al beneficio del 5 per mille. Il decreto disciplina le modalità ed i termini degli adempimenti a carico dei beneficiari e le attività che le amministrazioni devono porre in essere per il riparto e la corresponsione delle quote; lo stesso regolamenta, altresì, gli obblighi successivi all’attribuzione degli importi, cioè la rendicontazione e l’eventuale recupero dei contributi.

Si rileva, comunque, al riguardo, che l’articolo 2, comma 2, del D.L. n. 16/2012 ha modificato i criteri di ammissibilità al beneficio, stabilendo che a decorrere dall’esercizio finanziario 2012, possono partecipare al riparto del 5 per mille anche gli enti che, pur non avendo assolto gli adempimenti richiesti per l’ammissione al contributo entro i termini di scadenza, rispettino le seguenti condizioni:

§  siano in possesso dei requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;

§  presentino le domande di iscrizione (e le successive integrazioni documentali) entro il 30 settembre;

§  paghino contestualmente la sanzione, nella misura minima di 258 euro prevista dall’articolo 11, co. 1, del D.Lgs. n. 471/1997, tramite versamento, senza possibilità di compensazione.

 

Il comma in esame, infine, prevede che le somme non utilizzate entro il 31 dicembre di ciascun anno possono esserlo nell'esercizio successivo.

La norma – invero già prevista dall’articolo 1, comma 205 della legge di stabilità 2013 – introduce, in via permanente, la possibilità che le somme non impegnate relative al cinque per mille alla chiusura dell’esercizio possano essere utilizzate nell’esercizio successivo.

Tale disposizione consente il mantenimento in bilancio delle somme del 5 per mille che, altrimenti, se non utilizzate alla chiusura dell’esercizio, secondo la normativa contabile costituirebbero economie di bilancio. Ciò è connesso al fatto che la complessa procedura sottesa, in particolare, all’esame dei soggetti ammissibili al contributo – considerando anche i relativi ricorsi che questi possono presentare - si svolge di media l’arco di due anni.


 

Articolo 17, comma 5
(Contributo integrativo all’Agenzia delle entrate)

 

 

Il comma 5 autorizza la spesa di 100 milioni a decorrere dal 2015 in favore dell’Agenzia delle entrate a titolo di contributo integrativo alle spese di funzionamento.

 

Tale assegnazione integrativa era già stata disposta dalla legge di stabilità 2014 (art. 1, co. 278) nella analoga misura di 100, ma limitatamente all’esercizio 2014. Con la norma in esame il contributo integrativo è posto a regime.

 

Nel bilancio a legislazione vigente le risorse destinate agli oneri di gestione dell’Agenzia delle entrate sono allocate al capitolo 3890 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, nella misura di 2.911 milioni per il 2015 (Missione: Politiche economico-finanziarie e di bilancio; Programma: Regolazione giurisdizione e coordinamento del sistema della fiscalità).

 

Nel bilancio assestato 2014 l’ammontare del cap. 3890 risulta pari a 3.372 milioni. La diminuzione nel BLV per il 2015 (-461 milioni) è determinata in conseguenza di quanto disposto dall’articolo 1, comma 74, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266 del 2005).

 

Si ricorda che i commi da 72 a 77 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2006 hanno introdotto nuovi criteri e modalità per il finanziamento delle Agenzie fiscali (con esclusione dell’Agenzia del demanio).

A tal fine il comma 74 stabilisce che, a decorrere dall'esercizio 2007, le dotazioni delle Agenzie sono rideterminate applicando alla media delle somme incassate nell'ultimo triennio consuntivato, relativamente alle unità previsionali di base dello stato di previsione dell'entrata, indicate nell'elenco 4 allegato alla stessa legge finanziaria 2006, (che comprende tutte le entrate tributarie, ad eccezione di quelle relative ai condoni, e indica sia le entrate derivanti dalla gestione ordinaria, sia quelle derivanti dall'attività di accertamento e controllo, nonché alcuni capitoli delle entrate extratributarie) le seguenti percentuali e comunque con una dotazione non superiore a quella dell'anno precedente incrementata del 5 per cento:

a)   Agenzia delle entrate 0,7201 per cento;

b)   Agenzia del territorio 0,1592 per cento;

c)   Agenzia delle dogane 0,1668 per cento.

 

Si ricorda al riguardo che ai sensi dell’articolo 23-quater, comma 1, del D.L. n. 95 del 2012, a decorrere dal 1° dicembre 2012, l’Agenzia del territorio è stata incorporata nell’Agenzia delle entrate, mentre, l’Agenzia delle dogane, per effetto dell’incorporazione dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, ha assunto la denominazione di Agenzia delle dogane e dei monopoli.


 

Articolo 17, comma 6
(Carta acquisti ordinaria)

 

 

Il comma 6, incrementa il Fondo per la Carta acquisti ordinaria di 250 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015.

 

La Carta acquisti ordinaria è stata istituita dall’articolo 81, comma 29, del decreto-legge n. 112/2008[46] che ha contemporaneamente disposto la creazione di un Fondo speciale destinato al soddisfacimento delle esigenze prioritariamente di natura alimentare e successivamente anche energetiche e sanitarie dei cittadini meno abbienti. La Carta viene concessa ai cittadini nella fascia di bisogno assoluto, di età uguale o superiore ai 65 anni o con bambini di età inferiore ai tre anni e si configura come un trasferimento monetario pari a 40 euro mensili; viene caricata ogni due mesi con 80 euro, sulla base degli stanziamenti disponibili. Attualmente beneficiano della misura, corrisposta come integrazione al reddito, circa 430 mila persone, per due terzi anziani. La legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) ha esteso il beneficio anche ai cittadini degli altri Stati dell'Ue e ai cittadini esteri titolari del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo.

L'articolo 60 del decreto-legge 5/2012 ha configurato una nuova carta acquisti, la Carta per l'inclusione, prevedendone una sperimentazione, di durata non superiore ai dodici mesi nei comuni con più di 250.000 abitanti[47]. La sperimentazione si colloca nel processo di definizione di una misura di contrasto alla povertà assoluta quale livello essenziale da riconoscere sull'intero territorio nazionale e riprende l'orientamento strategico della Raccomandazione della Commissione Europea sull'inclusione attiva (2008/867/EC), che prevede, accanto al sostegno al reddito, mercati del lavoro inclusivi e accesso a servizi sociali di qualità.

Il decreto-legge 5/2012 ha destinato alla fase di sperimentazione della Carta per l'inclusione un ammontare di risorse con un limite massimo di 50 milioni di euro e ha ampliato immediatamente la platea dei beneficiari anche ai cittadini degli altri Stati dell'Ue e ai cittadini esteri titolari del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo. Le modalità attuative, sono state indicate dal decreto 10 gennaio 2013 che fra l'altro stabilisce i nuovi criteri di identificazione dei beneficiari, che sono individuati per il tramite dei Comuni, e l'ammontare della disponibilità sulle singole carte, calcolato in funzione della numerosità del nucleo familiare. La Carta per l'inclusione - il cui importo varia da un minimo di 231 a un massimo di 404 euro mensili - è rivolta esclusivamente ai nuclei familiari con minori e con un forte disagio lavorativo. Il nucleo familiare beneficiario dell’intervento stipula un patto di inclusione con i servizi sociali degli enti locali di riferimento, il cui rispetto è condizione per la fruizione del beneficio. I servizi sociali si impegnano a favorire, con servizi di accompagnamento, il processo di inclusione lavorativa e di attivazione sociale di tutti i membri del nucleo.

L’articolo 3 del decreto-legge 76/2013 ha esteso la sperimentazione della Carta per l'inclusione, già prevista per le città di Napoli, Bari, Palermo e Catania, ai restanti territori delle regioni del Mezzogiorno, nel limite di 140 milioni per il 2014 e di 27 milioni per il 2015. Tali risorse sono state stanziate a valere sulla riprogrammazione delle risorse del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, già destinate ai Programmi operativi 2007-2013 (cioè della quota di cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali), nonché mediante la rimodulazione delle risorse del medesimo Fondo di rotazione già destinate agli interventi del Piano di Azione Coesione. L’estensione della sperimentazione della Nuova social card (anche definita Sostegno per l’inclusione attiva–SIA) sarà realizzata nelle forme e secondo le modalità stabilite dal decreto interministeriale 10 gennaio 2013.

In ultimo, l'articolo 1, comma 216, della legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) ha previsto uno stanziamento per il 2014 pari a 250 milioni di euro, stabilendo, in presenza di risorse disponibili in relazione all'effettivo numero dei beneficiari della carta acquisti ordinaria, che venga determinata con decreto Ministero del lavoro e delle politiche sociali - MEF:

§  la quota del Fondo da riservare all'estensione su tutto il territorio nazionale, non già coperto, della Carta acquisti sperimentale, di cui all’articolo 60 del decreto-legge 5/2012;

§  le modalità di prosecuzione del programma carta acquisti ordinaria, in funzione dell'evolversi delle sperimentazioni in corso;

§  il riparto delle risorse ai territori coinvolti nella estensione della sperimentazione.

La stabilità 2014 ha inoltre stanziato 40 milioni all’anno per ciascuno degli anni del triennio 2014-2016, da utilizzare per raggiungere un ammontare di risorse sufficiente per estendere la Sperimentazione della Carta per l'inclusione a tutto il territorio nazionale.


 

Articolo 17, comma 7
(Fondo nazionale politiche sociali)

 

 

Il comma 7 incrementa lo stanziamento del Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS) di 300 milioni di euro a decorrere dal 2015.

 

Il Fondo, istituito nel 1998 dall’articolo 59, comma 44, della legge 449/1997[48], è stato definito e rafforzato dalla legge 328/2000[49] che ha fra l'altro stabilito che le risorse annualmente attribuite al Fondo devono essere ripartite - con decreto del Ministro competente per le politiche sociali, sentiti i ministri interessati e d’intesa con la Conferenza Unificata Stato-regioni - tra le regioni, i comuni e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il FNPS, le cui risorse sono esposte in Tabella C della legge di stabilità, è istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (capitolo 3671).

La legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) ha previsto, per il 2014, una dotazione del FNPS pari a 317 milioni di euro.

In seguito, il Decreto 21 febbraio 2014 Ripartizione delle risorse finanziarie afferenti al Fondo nazionale per le politiche sociali, per l'anno 2014 ha rideterminato le risorse in 297.417.713,00 euro, di cui:

§  258.258.541,20 euro destinate alle regioni;

§  4.359.458,80 alle province autonome;

§  34.799.713,00 attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche per gli interventi a carico del Ministero e la copertura degli oneri di funzionamento finalizzati al raggiungimento degli obiettivi istituzionali.

 

Il decreto di riparto impegna le regioni a utilizzare le risorse loro destinate per aree di utenza e macro-obiettivi di servizio così definiti:

1.   servizi per l'accesso e la presa in carico dalla rete assistenziale;

2.   servizi e misure per favorire la permanenza a domicilio;

3.   servizi a carattere comunitario per la prima infanzia;

4.   servizi a carattere residenziale per le fragilità;

5.   misure di inclusione sociale e di sostegno al reddito. La programmazione di questo macro-obiettivo tiene conto dell'evoluzione della sperimentazione della Carta acquisti intesa come sostegno per l'inclusione attiva, di cui all'art. 1, comma 216, della legge di stabilità 2014 (legge 147/2013).

Si ricorda che, il 20 febbraio 2014, in occasione dell’espressione delle Intese sul Fondo Nazionale per le Politiche Sociali e il Fondo Nazionale per le non autosufficienze, la Conferenza delle Regioni ha approvato l’Intesa Quadro per le Politiche Sociali.

 

Nelle more della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, il secondo periodo del comma 7 individua, all’interno dello stanziamento di 300 milioni di euro, una quota - fino ad un importo massimo di 100 milioni di euro - destinata al rilancio di un piano di sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, per il raggiungimento di determinati obiettivi di servizio. Tale quota viene individuata in sede di riparto, mediante Intesa in sede di Conferenza unificata.

 

Va osservato che la formulazione letterale della disposizione prevede che la quota destinata al rilancio dei servizi socio-educativi per la prima infanzia sia individuata “nell’ambito delle risorse del Fondo, nella dotazione di cui al comma 9”. Tale inciso non appare coerente, in quanto il comma 9 dell’articolo in esame reca l’autorizzazione di spesa per il sostegno alle scuole paritarie – nelle quali non rientra il sistema dei servizi socio-educativi – e anche perché la quota di 100 milioni viene contestualmente imputata a due diverse autorizzazioni di spesa (Fondo nazionale per le politiche sociali e sostegno alle scuole paritarie).

 

Servizi soci educativi per la prima infanzia – Risorse impegnate

Il Piano straordinario di interventi per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi, ha previsto un piano di finanziamenti, nel triennio 2007-2009, per conseguire entro il 2010 l'obiettivo comune europeo della copertura territoriale del 33 per cento per la fornitura di servizi per l’infanzia (bambini al di sotto dei tre anni), come fissato dall’Agenda di Lisbona. Il Piano, varato con la finanziaria 2007, ha previsto un finanziamento statale pari a 446 milioni di euro per l'incremento dei posti disponibili nei servizi per i bambini da zero a tre anni, a cui si sono aggiunti circa 281 milioni di cofinanziamento locale, per un totale di 727 milioni di euro stanziati. L’attuazione del Piano è sottoposta a un monitoraggio semestrale a cura del Dipartimento per le politiche della famiglia e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che, attraverso il Centro nazionale di documentazione ed analisi per l’infanzia e l’adolescenza e l’Istat predispongono rapporti e statistiche in materia.

Il 2 febbraio 2012 è stata sottoscritta un’Intesa in sede di Conferenza unificata sull’utilizzo di risorse da destinare al finanziamento di azioni per le politiche a favore della famiglia. I fondi, pari a 25 milioni di euro, spostati da precedenti capitoli di competenza statale del Fondo per le politiche familiari sono stati resi disponibili sui capitoli di pertinenza regionale e degli enti locali e messi a disposizione per garantire la continuità degli obiettivi di servizio relativi a: diffusione servizi per l’infanzia e presa in carico degli utenti dei servizi per l’infanzia (bambini 0-3 anni) e incremento della percentuale degli anziani beneficiari dell’assistenza domiciliare integrata (ADI) dall’1,6 per cento al 3,5 per cento. Le regioni concorrono al finanziamento per quanto nelle loro disponibilità. Ai sensi dell’articolo 4 dell’Intesa, l’utilizzo delle risorse è monitorato da un Gruppo paritetico composto da rappresentanti del Dipartimento per le politiche della famiglia, MEF, regioni e PA, ANCI e UPI.

Il 19 aprile 2012 è stata sancita, in sede di Conferenza unificata, una Intesa sull’utilizzo di risorse da destinarsi al finanziamento di servizi socio educativi per la prima infanzia e azioni in favore degli anziani e della famiglia che ha stabilito i criteri di ripartizione delle risorse disponibili a valere sui capitoli di pertinenza Politiche della famiglia del bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per complessivi 45 milioni di euro, da destinarsi al finanziamento di servizi socio educativi per la prima infanzia e ad azioni in favore degli anziani e della famiglia. L’Intesa stabilisce le modalità di attuazione, i tempi di realizzazione degli interventi e il monitoraggio. Le Regioni concorrono ai finanziamenti secondo le rispettive disponibilità. Le risorse sono ripartite previa sottoscrizione con ogni Regione di un accordo della durata di 24 mesi con l’indicazione dei servizi socio educativi e le azioni da finanziare in favore degli anziani e della famiglia, individuate dalle Regioni in accordo con le Autonomie Locali.

Come rilevato dall’Istat, esistono forti differenze territoriali nella diffusione dei servizi per l’infanzia: i bambini che usufruiscono di asili nido comunali o finanziati dai comuni variano dal 3,6% dei residenti fra 0 e 2 anni al Sud al 17,5% al Centro. La percentuale dei Comuni che garantiscono la presenza del servizio varia dal 22,5% al Sud all'76,3% al Nord-est.

In tale contesto, si è ritenuto che la politica regionale di sviluppo, a cui fa riferimento il Quadro Strategico Nazionale (QSN), previsto formalmente dall’art. 27 del Regolamento Generale sui Fondi strutturali europei, potesse dare un forte contributo alla riduzione della persistente sottoutilizzazione di risorse del Mezzogiorno. La riallocazione delle risorse si è fra l’altro concentrata sulla cura dell’infanzia (400 milioni) e degli anziani non autosufficienti (330 milioni). L’intervento intende ampliare l’offerta della rete dei servizi e degli interventi sociali nel sud del paese, migliorando al contempo la qualità di quelli già presenti. Il programma è stato costruito sulla base di metodi, requisiti e filiere di attuazione (con un ruolo centrale degli enti locali, nonché del privato sociale e del privato) già sperimentati ed è coerente con gli indirizzi nazionali nei campi sanitario e sociale. Il programma nazionale Servizi di cura all'infanzia e agli anziani non autosufficienti si colloca nell'ambito del Piano d'azione Coesione (PAC). Ha una durata triennale, dal 2013 al 2015. La sua attuazione è stata affidata al ministero dell'Interno, individuato quale autorità di gestione responsabile. Le risorse stanziate sono destinate alle 4 regioni ricomprese nell'obiettivo europeo “Convergenza”: Calabria, Campania, Puglia, Sicilia.

Sono stati già operati due riparti delle risorse disponibili, di cui l’ultimo è dell’8 ottobre 2014.

 

Per quanto riguarda la destinazione vincolata di 100 milioni di euro, si ricorda che la Corte costituzionale con la sentenza 423/2004 ha in sostanza sottolineato come non siano consentiti finanziamenti a destinazione vincolata in materie di competenza regionale concorrente ovvero residuale, in quanto ciò si risolverebbe in uno strumento indiretto, ma pervasivo, di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni delle Regioni e degli enti locali, nonché di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza.


 

Articolo 17, comma 8
(Fondo per le non autosufficienze)

 

 

Il comma 8 incrementa la dotazione del Fondo per le non autosufficienze di 250 milioni di euro a decorrere dal 2015. Lo stanziamento del Fondo è rivolto anche agli interventi a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA).

 

Il Fondo per le non autosufficienze è stato istituito dall'art. 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) per dare copertura ai costi di rilevanza sociale dell'assistenza socio-sanitaria, con l’intento di fornire sostegno a persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti, e favorirne la permanenza presso il proprio domicilio evitando il rischio di istituzionalizzazione. Le risorse sono aggiuntive rispetto a quelle destinate alle prestazioni e ai servizi a favore delle persone non autosufficienti da parte delle Regioni e delle autonomie locali. Le risorse del Fondo per le non autosufficienze, determinate annualmente in sede di legge di stabilità, sono ripartite annualmente con decreto dopo una procedura di concertazione Stato-regioni.

Per il 2014, la legge di stabilità per il 2014 (legge 147/2013), commi 199-200, ha confermato un finanziamento di 275 milioni di euro per gli interventi di pertinenza del Fondo per le non autosufficienze, inclusi quelli a sostegno delle persone affette da SLA e di ulteriori 75 milioni di euro, sempre per il 2014, come aggiunta alle risorse ordinariamente previste dal Fondo, da finalizzare per interventi di assistenza domiciliare per le persone affette da disabilità gravissime, incluse quelle affette da SLA[50]

Il Decreto interministeriale di riparto per il 2014, del 7 maggio 2014, ha assegnato alle regioni e alle province autonome una quota di 340 milioni, ripartita per il 60% in base alla popolazione residente di età uguale o superiore a 75 anni e per il restante 40% sulla base dei criteri utilizzati per il riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali. Il riparto rispetta il vincolo di destinazione indicato dalla legge di stabilità 2014: 75 milioni destinati esclusivamente ai disabili gravissimi, ai quali andrà anche una quota minima del 40% dei restanti 275 milioni[51].


 

Articolo 17, comma 9
(Risorse per le scuole paritarie)

 

 

Il comma 9 autorizza, dal 2015, la spesa di 200 milioni di euro da destinare al sostegno alle scuole paritarie (ad esclusione di quelle delle province autonome di Trento e di Bolzano)[52], finalità di cui all’art. 2, co. 47, della legge finanziaria 2009 (L. 203/2008).

Il finanziamento, attribuito alle regioni in virtù della loro competenza amministrativa relativa ai contributi alle scuole non statali, si sommerà a quello allocato sul cap. 1477, pari, per il 2015, a 271,9 milioni di euro, per un totale, per il medesimo anno, di 471,9 milioni di euro.

 

La competenza amministrativa relativa ai contributi alle scuole non statali è stata attribuita alle regioni dall'art. 138, co. 1, lett. e), del D.lgs. 112/1998.

In seguito, l’art. 1-bis del D.L. 250/2005 (L. 27/2006) ha ricondotto le scuole non statali alle due tipologie di scuole paritarie riconosciute ai sensi della L. 62/2000 - abilitate, tra l’altro, al rilascio di titoli di studio aventi valore legale - e di scuole non paritarie.

L’art. 1, co. 635, della legge finanziaria 2007, al fine di dare il necessario sostegno alla funzione pubblica svolta dalle scuole paritarie nell’ambito del sistema nazionale di istruzione, ha incrementato, per complessivi 100 milioni di euro, a decorrere dal 2007, gli stanziamenti iscritti nelle unità previsionali di base “Scuole non statali” dello stato di previsione del MIUR, da destinare prioritariamente alle scuole per l’infanzia.

Al riguardo si ricorda che, con la sentenza n. 50 del 2008, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale, per violazione dell'autonomia legislativa e finanziaria delle regioni, l’erogazione di uno stanziamento statale vincolato relativo ad un settore ricadente nelle funzioni amministrative di competenza regionale. La medesima sentenza, peraltro, ha fatto salvi gli eventuali procedimenti in corso, anche se non esauriti, a garanzia della continuità di erogazione di finanziamenti inerenti a diritti fondamentali dei destinatari[53].

È, dunque, intervenuto l’art. 2, co. 47, della L. finanziaria 2009 (L. 203/2008), che ha disposto che, fermo il rispetto delle prerogative regionali in materia di istruzione scolastica, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro per i rapporti con le regioni e il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato–regioni, dovevano essere stabiliti i criteri per la distribuzione alle regioni delle risorse finanziarie per la realizzazione delle misure relative al “programma di interventi in materia di istruzione”.

Contestualmente, infatti, la legge di bilancio per il 2009 (L. 204/2008) ha inserito nello stato di previsione del MIUR – esclusivamente per l’esercizio 2009 –, nell’ambito della Missione Istruzione scolastica, un nuovo programma 1.10 – Interventi in materia di istruzione, con una dotazione di 120 milioni di euro per il 2009. Le risorse sono state allocate nel capitolo 1299 - Somme da trasferire alle regioni per il sostegno delle scuole paritarie, di nuova istituzione[54].

Il D.L. 28 maggio 2009, con il quale è stata data attuazione al citato art. 2, co. 47, nel ripartire fra le regioni l’importo di 120 mln di euro, ha precisato che tali risorse erano destinate a integrare i contributi per le istituzioni scolastiche paritarie di ogni ordine e grado.

L’autorizzazione di spesa di cui all’art. 2, co. 47, della L. finanziaria 2009 è stata rifinanziata per gli anni successivi[55]:

 

Provvedimento

Anno

Onere annuo (mln)

Art. 2, co. 250, L. 191/2009 (elenco 1, allegato)

2010

€ 130[56]

Art. 1, co. 40, L. 220/2010

2011

€ 245[57]

Art. 33, co. 16, L. 183/2011

2012

€ 242

Art. 1, co. 263, L. 228/2012

2013

€ 223[58]

Art. 1, co. 260, L. 147/2013

2014

€ 220[59]

 


 

Articolo 17, comma 10, e articolo 28, comma 16
(Fondo di finanziamento ordinario delle università)

 

 

Gli articoli 17, comma 10, e 28, comma 16, dispongono, rispettivamente, dal 2015, un aumento delle risorse da destinare al Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO, cap. 1694) al fine di incrementare la quota premiale e una riduzione di risorse da destinare al medesimo Fondo in considerazione della razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi che le università dovranno conseguire.

Una ulteriore riduzione del FFO deriva dalla soppressione del contributo statale alla Scuola di ateneo per la formazione europea Jean Monnet, prevista dall’art. 28, co. 14 (si veda la relativa scheda).

Pertanto, a seguito del combinato disposto di tutte le previsioni normative citate, lo stanziamento per il 2015 - pari ad € 6.815,2 mln nel ddl di bilancio a legislazione vigente - passerebbe ad € 6.927,7.

 

Il Fondo per il finanziamento ordinario (FFO) delle università, previsto dall’art. 5, co. 1, lett. a), della L. 537/1993, attiene al funzionamento degli atenei statali e comprende anche le spese per il personale docente e non docente e per la ricerca scientifica universitaria, nonché quelle per la manutenzione ordinaria. Esso è allocato sul cap. 1694 dello stato di previsione del MIUR.

Di seguito si riporta l'andamento delle risorse (in milioni di euro) allocate sul cap. 1694 negli anni 2008-2014:

 

cap. 1694

2008
consuntivo

2009
consuntivo

2010
consuntivo

2011
consuntivo

2012
consuntivo

2013
consuntivo

2014
assestamento

7.443,7

7.513,1

6.681,3

6.969,3

6.999,5

6.697,7

7.003,6

 

 

Qui un approfondimento sul FFO.

Incremento di risorse per la quota premiale

Il comma 10 dell’articolo 17 prevede che dal 2015 il FFO è incrementato di 150 milioni di euro, al fine di aumentare la quota premiale.

 

L’art. 2 del D.L. 180/2008 (L. 1/2009) ha previsto che una quota non inferiore al 7% del FFO, con incrementi negli anni successivi, deve essere ripartita tra le università in relazione alla qualità dell’offerta formativa e dei risultati dei processi formativi, alla qualità della ricerca scientifica, alla qualità, efficacia ed efficienza delle sedi didattiche.

Sulla misura della quota premiale è, poi, intervenuto l'art. 13 della L. 240/2010 che, in particolare, ha previsto che gli incrementi della quota premiale sono disposti annualmente in misura compresa tra lo 0,5% e il 2%. In seguito, l'art. 60 del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) ha disposto che la quota premiale è determinata in misura non inferiore al 16% per l'anno 2014, al 18% per l'anno 2015 e al 20% per l'anno 2016, con successivi incrementi annuali non inferiori al 2% e fino ad un massimo del 30% del FFO; di tale quota, almeno 3/5 sono ripartiti tra le università sulla base dei risultati conseguiti nella Valutazione della qualità della ricerca (VQR) e 1/5 sulla base della valutazione delle politiche di reclutamento[60]. L'applicazione delle previsioni sulla misura della quota premiale non può, comunque, determinare la riduzione della quota del FFO spettante a ciascuna università e a ciascun anno in misura superiore al 5% dell'anno precedente[61].

Riduzione di risorse per acquisto di beni e servizi

Il comma 16 dell’articolo 28 prevede la riduzione del Fondo per il finanziamento ordinario (FFO) delle università per 34 milioni di euro nel 2015 e per 32 milioni di euro dal 2016, in considerazione della razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi che dovrà essere operata dalle università sulla base di indirizzi formulati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.


 

Articolo 17, comma 11
(Lavori socialmente utili Napoli e Palermo- Stralciato)

 

 

Il comma 11 dell’articolo 17 è stato stralciato, ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di stabilità.

 


 

Articolo 17, comma 12
(Rifinanziamento del Fondo per le missioni internazionali)

 

 

Il comma 12 incrementa di 850 milioni di euro per il 2015 e il 2016 la dotazione del Fondo per le missioni internazionali.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007) ha istituito il Fondo per le missioni internazionali di pace all’interno dello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze (capitolo 3004).

Il comma 5 dell’articolo 55 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 30 luglio 2010, n. 122, ha disposto l’integrazione del medesimo Fondo rispettivamente nella misura di 320 milioni di euro per il 2010; di 4,3 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2011 al 2014; di 64,2 milioni di euro per l’anno 2015 e di 106,9 milioni di euro per gli anni dal 2016 al 2020.

Successivamente, il comma 27 dell’art. 1 della legge di stabilità per il 2011 (legge 13 dicembre 2010, n. 220) ha disposto per il 2011 un incremento di 750 milioni di euro dello stanziamento del Fondo per il finanziamento delle missioni di pace, finalizzato al proseguimento della partecipazione italiana a missioni internazionali fino al 30 giugno 2011.

L’anno successivo il comma 18 dell’art. 33 della legge di stabilità 2012-2014 (legge 12 novembre 2011, n. 183) ha disposto per il 2012 un incremento di 700 milioni di euro dello stanziamento del Fondo per il finanziamento delle missioni di pace, finalizzato al proseguimento della partecipazione italiana a missioni internazionali fino al 30 giugno 2012. Tuttavia, il comma 1 dell’art. 30 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (recante disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre2011, n. 214, mediante novella del citato art. 33, comma 18, della legge di stabilità per il triennio 2012-2014, ha disposto un’ulteriore proroga, fino al 31 dicembre 2012, degli stanziamenti per le missioni internazionali di pace cui l’Italia partecipa, apprestando nel contempo le necessarie risorse, nella misura di 700 milioni di euro aggiuntivi a favore del Fondo per il finanziamento delle missioni di pace. La norma in commento sostituisce infatti, nelle previsioni del citato comma 18 la data del 30 giugno 2012 con quella del 31 dicembre 2012, e la somma di 700 milioni con l’importo di 1.400 milioni di euro.

L’art. 23, comma 6 del D.L. 95/2012 (cd. spending review) ha disposto ai fini della proroga per l’anno 2013 della partecipazione italiana a missioni internazionali, l’incremento della dotazione del fondo di 1.000 milioni di euro per l’anno 2013 – nel contempo l’art. 7, comma 19 ne aveva disposto la riduzione di 8,9 milioni per il 2012.

Da ultimo, l’art. 1, comma 252 della legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) ha disposto un incremento delle dotazioni del Fondo pari a 614 milioni per il 2014.

Si ricorda infine che nelle previsioni iniziali di bilancio per il 2014 nello stato di previsione del MEF sul cap. 3004 - Fondo per la proroga delle missioni internazionali di pace - erano appostati fondi pari a 1,318 milioni di euro, incrementati appunto di 614 milioni dalla legge di stabilità. A seguito di riduzioni per atti amministrativi intervenuti nella prima metà del 2014, le previsioni assestate recavano per il cap. 3004/MEF la somma di 321 milioni: nel disegno di legge di bilancio per il 2015 il capitolo risulta dotato di 49,92 milioni di euro, somma sulla quale inciderà dopo l’approvazione il rifinanziamento operato dalla norma in commento, che come si è visto prevede attualmente l’incremento a favore del Fondo di 850 milioni per ciascuna delle annualità 2015 e 2016.

 

Sul quadro delle missioni internazionali si veda il dossier: “Le missioni internazionali: tabelle e grafici”.


 

Articolo 17, comma 13
(Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo)

 

 

Il comma 13 incrementa di 187,5 milioni di euro annui a decorrere dal 2015, il Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo, destinato all’ampliamento del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.

 

In base al quadro normativo vigente, i servizi di assistenza e di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati sono svolti principalmente dagli enti locali.

In particolare, la L. n. 189/2002, ha soppresso la corresponsione di un contributo di prima assistenza per 45 giorni da parte del Ministero dell’interno in favore dei richiedenti asilo privi di mezzi (art. 1, comma 7, D.L. n. 416/1989, convertito da L. n. 39/1990). In luogo di tale contributo, l’articolo 1-sexies del medesimo D.L. n. 416/1989 (introdotto dall’art. 32 della legge n. 189/2002), disciplina un sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) che consente agli enti locali di accogliere nell’ambito dei servizi di accoglienza da essi apprestati i richiedenti asilo privi di mezzi di sussistenza, ove non ricorrano le condizioni di trattenimento nei CARA o nei Centri di identificazione ed espulsione (CIE) ai sensi degli articoli 20 e 21 D.Lgs. n. 25/2008.

I richiedenti protezione vengono ospitati nei CARA quando si verificano le seguenti condizioni:

§  necessità di determinare l’identità o la nazionalità del richiedente;

§  presentazione della richiesta da parte di coloro che sono stati fermati dalla forza pubblica per aver eluso i controlli di frontiera o per essere in condizioni di soggiorno irregolare.

Nel caso di richiedenti asilo, affluiscono nei CIE:

§  coloro che sono esclusi dai benefici della Convenzione di Ginevra, perché macchiatisi di gravi reati (crimini di guerra o contro l’umanità)[62];

§  coloro che sono stati condannati per uno dei delitti per i quali è previsto l’arresto in flagranza (art. 380 codice procedura penale) o per reati particolarmente gravi quali quelli di droga, immigrazione clandestina, prostituzione;

§  coloro che sono destinatari di un provvedimento di espulsione o di respingimento alla frontiera.

 

Per i servizi di accoglienza degli enti locali sono previste, dal medesimo articolo 1-sexies del D.L. n. 416/1989, forme di sostegno finanziario apprestate dal Ministero dell’interno e poste a carico di un fondo ad hoc, denominato Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, istituito dal successivo articolo 1-septies.

 

Per coordinare i servizi territoriali è prevista l’attivazione (ad opera del Ministero dell’interno) e l’affidamento, mediante convenzione, all’ANCI di un servizio centrale di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico agli enti locali che prestano i servizi di accoglienza.

La disciplina del Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo destinato a finanziarie le iniziative degli enti locali è fissata ancora oggi nell’art. 1-septies del D.L. n. 416/1989, ai sensi del quale esso è alimentato da:

§  apposite risorse iscritte nel bilancio di previsione del Ministero dell’interno;

§  assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati[63];

§  donazioni private.

Le disponibilità del Fondo sono assegnate annualmente con decreto del Ministro dell’interno, e sono destinate alle iniziative dei comuni e delle province, in misura non superiore all’80% del costo complessivo di ciascuna iniziativa territoriale.

Ai sensi del citato art. 1-sexies, comma 2, del D.L. n. 416 è stato adottato il decreto ministeriale 28 novembre 2005, poi sostituito dal D.M. 30 luglio 2013, con il quale il Ministero dell’interno ha dettato le linee guida ed il formulario per la presentazione delle domande di contributo, i criteri per la ripartizione e per la verifica della corretta gestione del medesimo contributo e le modalità per la sua eventuale revoca.

Per approfondimenti si veda il tema Asilo del sito del Ministero dell’interno e l’approfondimento dedicato al il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo: www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/asilo/sottotema008.html.

 

Dall'inizio dell'anno fino a metà settembre del 2014 le richieste di protezione internazionale sono state circa 38.000 a fronte di 26.620 domande presentate in tutto l'anno 2013 (Camera dei deputati, Commissioni riunite I e II, Audizione informale del Capo Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno prefetto Morcone, 15 settembre 2014). L'incremento della presentazione delle domande è collegato alla forte ripresa dei flussi migratori, motivati sempre più dalla situazione politica dei Paesi di provenienza, piuttosto che da ragioni economiche.

 

Agli oneri connessi all'aumento del numero dei richiedenti asilo si è fatto fronte innanzitutto, con il decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, recante misure di riequilibrio della finanza pubblica (convertito dalla legge 13 dicembre 2013, n. 137) che ha incrementato di 20 milioni di euro per l'anno 2013 il Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati ed ha istituito un Fondo presso il Ministero dell'interno per far fronte ai problemi indotti dal fenomeno dell'immigrazione, con una dotazione di 190 milioni di euro per l'anno 2013. Parte della dotazione di quest'ultimo fondo, pari a 30 milioni, sono stati assegnati al Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno ad integrazione del Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo (decreto del Ministro dell’interno 3 giugno 2014).

L’art. 1, comma 204, della legge di stabilità 2014 (L. 147/2013) ha incrementato di 3 milioni di euro per l’anno 2014 il al fine di realizzare iniziative complementari o strumentali necessarie all'integrazione degli immigrati nei comuni, singoli o associati, che siano sede di Centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) con una capienza pari o superiore alle 3.000 unità.

Il fondo è stato ulteriormente incrementato con il decreto-legge 119 del 2014 di 50,8 milioni di euro per il 2014, finalizzati all'ampliamento delle strutture del Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati - SPRAR) oltre a creare un nuovo fondo nello stato di previsione del Ministero dell'interno per fronteggiare l'eccezionale afflusso di stranieri sul territorio nazionale e vi destina per il 2014 62,7 milioni di euro.

A questi fondi disposti in via legislativa, si aggiungono, per il 2014, 60 milioni provenienti dal fondo di riserva per le spese impreviste, e 53 stanziati in sede di assestamento (si veda l'Audizione del Capo Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione cit.)

 

Si ricorda, inoltre, il medesimo decreto-legge 119/2014 ha introdotto diverse misure per velocizzare e rendere più efficiente le procedure di esame delle richieste di asilo. Tra queste l’aumento del numero delle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale – che passano da dieci a venti. Anche il numero delle sezioni composte da membri supplenti viene aumentato a trenta. Al contempo è attribuita, in tale ambito, una funzione di coordinamento al Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno. Inoltre, il rappresentante dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR) che fa parte delle commissioni territoriali può essere anche designato da tale organismo senza doverne necessariamente fare parte. Il testo interviene altresì in merito alla competenza delle commissioni territoriali nel caso di trasferimento del richiedente ad un centro diverso da quello in cui è accolto o trattenuto e riguardo alle modalità di svolgimento del colloquio che, di norma, dovrà essere svolto alla presenza di uno solo dei componenti della Commissione, con specifica formazione e, ove possibile, dello stesso sesso del richiedente. Riguardo all'esame delle domande, viene previsto il ricorso anche alla collaborazione soggetti operanti a livello internazionale nel campo della tutela dei diritti umani per acquisire i dati necessari alla Commissione nazionale che elabora le informazioni circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo. Inoltre, viene previsto che la commissione territoriale acquisisce, anche d'ufficio, le informazioni relative alla situazione del Paese di origine e alla specifica condizione del richiedente che ritengono necessarie ad integrazione del quadro probatorio prospettato dal richiedente. Ulteriori disposizioni prevedono che i componenti delle commissioni territoriali partecipino ad un corso di formazione iniziale e a periodici corsi di aggiornamento e che entro il 30 giugno di ogni anno il Ministro dell'interno invii al Parlamento una relazione sull'utilizzo del fondo immigrazione e una relazione sul sistema di accoglienza.

Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Con lettera di costituzione in mora del 24 ottobre 2012, la Commissione europea ha aperto, ex articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la procedura di infrazione (n. 2012/2189) nei confronti dell’Italia contestando la violazione di obblighi imposti dal diritto dell’UE, previsti dalle direttive 2005/85/CE (direttiva “procedure”), 2003/9/CE (direttiva “accoglienza“), 2004/83/CE (direttiva “qualifiche”), e dal regolamento n. 343/2003 (regolamento “Dublino”, recante i criteri di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo, successivamente abrogato dal regolamento (UE) n. 604/2013). In primo luogo la Commissione europea addebita all’Italia di non garantire un accesso rapido alla procedura di asilo e ai diritti che scaturiscono dalla relativa domanda.

 

I rilievi della Commissione evidenzierebbero in particolare: tempi prolungati di attesa tra la manifestazione della volontà del richiedente di presentare domanda di asilo e gli appuntamenti fissati dalle autorità per la formalizzazione della stessa; difficoltà nella registrazione formale della domanda di asilo in mancanza di una prova formale del soggiorno; specifiche criticità per quanto riguarda la presentazione della domanda di asilo da parte dei richiedenti asilo in condizioni di detenzione all’interno dei Centri di identificazione ed espulsione (CIE). Riguardo quest’ultimo profilo – secondo la Commissione europea - i richiedenti asilo, attualmente trattenuti presso i Centri di identificazione ed espulsione (CIE), sarebbero pressoché irraggiungibili dal personale di organismi internazionali o nazionali che li renda edotti, in una lingua ad essi comprensibile, dei loro diritti e delle modalità idonee a presentare una domanda di asilo.

 

Gli addebiti della Commissione europea riguardano in secondo luogo l’accesso alle condizioni di accoglienza previste dal diritto dell’UE. In particolare, laddove la direttiva "accoglienza" dispone che, entro tre giorni dalla richiesta di asilo, il richiedente ottenga il rilascio di un "permesso di soggiorno", in Italia la concessione di quest'ultimo certificato sopraggiungerebbe, talvolta, decorsi molti mesi dalla presentazione della domanda. Inoltre, ove la direttiva "accoglienza" dispone che il "richiedente asilo" goda delle "condizioni di accoglienza" (alloggio, vitto, vestiario etc.) a decorrere dalla stessa richiesta di asilo e non già dal momento dell'ottenimento del "permesso di soggiorno", in Italia, per converso, il richiedente potrebbe approfittare dell'"accoglienza" solo in seguito al rilascio dello stesso permesso di soggiorno.

 

La Commissione individua inoltre varie criticità nell’applicazione del regolamento (CE) n. 343/2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (cd. regolamento Dublino).

Dai dati in possesso della Commissione, emergerebbe tra l’altro, che:

§  solo i rimpatriati secondo il regolamento Dublino il cui caso è pendente ricevono, in linea di principio, accoglienza analoga agli altri richiedenti;

§  è molto limitato il numero di posti riservati a tale categoria di richiedenti e spesso i singoli rimpatriati sono semplicemente indirizzati verso le autorità locali senza strutture di accoglienza prestabilite (nel biennio 2008-2009 solo il 12 per cento dei rimpatriati Dublino sarebbe stato oggetto di progetti SPRAR).

In particolare la Commissione europea sottolinea che qualora il richiedente rivolga la domanda di asilo ad uno Stato UE che non è quello "competente" (in base ai criteri contenuti nel regolamento Dublino):

§  lo Stato UE cui si è rivolta domanda di asilo dovrebbe comunque garantire al soggetto richiedente, in attesa che lo Stato "competente" lo "prenda" o "riprenda" in carico, condizioni minime di accoglienza;

§  dalla giurisprudenza della Corte UE risulta che uno Stato UE, che ritenga "competente" un altro Stato UE, non può comunque trasferire in quest'ultimo Stato il richiedente asilo, ove, nello stesso Stato, i rifugiati subiscano trattamenti degradanti e disumani.

Infine la Commissione europea contesta all’Italia una limitata capacità generale di accoglienza del sistema di asilo italiano.


 

Articolo 17, commi 14 e 15
(Minori non accompagnati)

 

 

L’articolo 17, comma 14, istituisce, a decorrere dal 1° gennaio 2015, il Fondo per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, nello stato di previsione del Ministero dell’interno. Nel nuovo fondo confluiscono le risorse dell’analogo Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali dal decreto-legge 95/2012 (convertito dalla L. 135/2012) che viene contestualmente soppresso. Inoltre, il nuovo fondo è incrementato di 12,5 milioni di euro all’anno a decorrere dal 2015.

 

Nel nostro ordinamento le disposizioni in materia di minori stranieri non accompagnati sono contenute principalmente nel testo unico sull’immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998 (articoli 32 e 33) e nel regolamento del Comitato minori stranieri (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 535 del 1999).

Specifiche disposizioni sul diritto di asilo dei minori non accompagnati sono previste dal decreto legislativo 251 del 2007 (art. 28), dal decreto legislativo n. 25 del 2008 (art. 19) e dalla direttiva del Ministero dell’interno del 7 dicembre 2006.

Per minore non accompagnato si intende il minorenne senza cittadinanza italiana (o di altro Paese dell’Unione Europea) che non ha presentato domanda di asilo politico e che si trova nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili.

In base all’articolo 6 del D.P.C.M. n. 535/99, al minore non accompagnato sono garantiti i diritti relativi al soggiorno temporaneo, alle cure sanitarie, all'avviamento scolastico e alle altre provvidenze disposte dalla legislazione vigente. Alla tutela dell’effettivo esercizio di tali diritti era preposto il Comitato per i minori stranieri, organismo statale operante presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il Comitato per i minori stranieri, in quanto organismo collegiale in proroga, ha cessato in data 2 agosto 2012 le proprie attività ai sensi del sopracitato art. 12, comma 20, del DL 95/2012 (conv. L. 135/2012) con conseguente trasferimento delle medesime alla Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Ai minori stranieri non accompagnati, una volta raggiunta la maggiore età, può essere concesso il permesso di soggiorno sempre ché non sia stata attivata nel frattempo la procedura di rimpatrio assistito. Il rilascio del permesso di soggiorno è subordinato al rispetto di una serie di condizioni; esso è rilasciato a coloro che:

§  risultano affidati ad una famiglia o sottoposti a tutela;

§  sono presenti in Italia da almeno 3 anni;

§  hanno partecipato ad un progetto di integrazione della durata di almeno 2 anni;

§  hanno disponibilità di un alloggio:

§  frequentano corsi di studio o svolgono attività lavorativa regolare oppure sono in possesso di un contratto di lavoro anche se non ancora iniziato.

La legge italiana non consente l'espulsione, a meno che non ci siano gravi motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, nei confronti degli stranieri minori di anni 18, salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi.

E’ prevista, tuttavia, la possibilità di adottare, nei confronti del minore straniero non accompagnato, un provvedimento di rimpatrio assistito.

Tale provvedimento è adottato dal Ministero del lavoro al fine del ricongiungimento del minore coi propri familiari o al riaffidamento alle autorità responsabili del Paese d'origine, in conformità alle convenzioni internazionali, alla legge e alle disposizioni dell'autorità giudiziaria. Il rimpatrio assistito deve essere finalizzato a garantire il diritto all'unità familiare del minore.

 

Al 30 settembre 2014 risultano, secondo il monitoraggio effettuato dal Ministro del lavoro, 12.164 minori stranieri non accompagnati segnalati (erano 8.526 il 31 ottobre 2013), di cui 3.163 irreperibili.

 

Si ricorda che il Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati è stato istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali dall’art. 23, comma 11 (quinto periodo), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 95 (L. 135/2012), con una dotazione di 5 milioni di euro per l'anno 2012. L’istituzione del nuovo fondo fa parte di una serie di misure, recate dal medesimo art. 23, comma 11, volte ad assicurare la prosecuzione degli interventi connessi al superamento dell'emergenza umanitaria nel territorio nazionale, ivi comprese le operazioni per la salvaguardia della vita umana in mare, in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa.

La dotazione del fondo è stata successivamente incrementata di 20 milioni per l'anno 2013, dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 120/2013 (L. n. 137/2013) nonché, di 40 milioni di euro per il 2014 e di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016 dall'art. 1, co. 202 e 203, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014). Attraverso il Fondo, il Ministro del lavoro provvede, con proprio decreto, sentita la Conferenza unificata, alla copertura dei costi sostenuti dagli enti locali per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, nei limiti delle risorse suddette.

 

Il comma 15 prevede che i minori stranieri non accompagnati accedono ai servizi di accoglienza finanziati con il Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo.

Resta fermo quanto previsto dall’articolo 26, comma 6, del decreto legislativo n. 25/2008, relativo all’obbligo dell'autorità che riceve la domanda di protezione internazionale di informare immediatamente il Servizio centrale del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati ai fini dell'inserimento del minore in una delle strutture operanti nell'ambito del Sistema di protezione stesso.

 

Come si evince dalla relazione illustrativa, la norma è finalizzata ad estendere l’assistenza della reta SPRAR anche ai minori stranieri non accompagnati che non hanno richiesto il riconoscimenti del diritto di asilo.

Infatti, attualmente solo i minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo, ai sensi del richiamato art. 26 del D.Lgs. 25/2008, sono immediatamente avviati nelle strutture di accoglienza del rete SPRAR (Camera dei deputati, Commissioni riunite I e II, Audizione informale del Capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno, prefetto Morcone, 15 settembre 2014).

 

Si ricorda che è in corso di esame in sede referente presso la I Commissione la proposta di legge Zampa C. 1658, che introduce modifiche alla normativa vigente in materia di minori stranieri non accompagnati, con la finalità di stabilire una disciplina unitaria organica sui minori stranieri non accompagnati che rafforzi gli strumenti di tutela garantiti dall'ordinamento e assicuri maggiore omogeneità nell'applicazione delle disposizioni in tutto il territorio nazionale.

Il testo della suddetta proposta di legge, risultante dagli emendamenti approvati dalla I Commissione, prevede che all’attuazione delle disposizioni previste dagli articoli 4 e 13 si provveda nell’ambito delle risorse del Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati di cui al citato articolo 23, comma 11, quinto periodo del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95.

Con l'articolo 4 si disciplinano le modalità di contatto e di informazione dei minori stranieri non accompagnati presso i valichi di frontiera, in modo da rafforzare la garanzia di misure di accoglienza anche prima del momento dell'identificazione del minore. E’ stabilito l'obbligo di informare il minore circa il diritto di richiedere protezione internazionale e vengono fissati tempi massimi per la conclusione delle operazioni di identificazione (5 giorni) e per la permanenza (30 giorni) presso la struttura di prima accoglienza.

L'articolo 13 dispone che l'accoglienza dei minori sia garantita nell'ambito del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati che – conseguentemente – assume la denominazione «Sistema di protezione per richiedenti asilo, rifugiati e minori stranieri non accompagnati».

Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

La Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di costituzione in mora (procedura n. 2014/2171) relativa alla tutela dei minori non accompagnati richiedenti asilo contestando la violazione di obblighi imposti dal diritto dell’UE, previsti dalle direttive 2005/85/CE (direttiva “procedure”), 2003/9/CE (direttiva “accoglienza“), 2004/83/CE (direttiva “qualifiche”), e dal regolamento n. 343/2003 (regolamento “Dublino”, recante i criteri di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo, successivamente abrogato dal regolamento (UE) n. 604/2013).

 

La Commissione riconosce che la legislazione nazionale in Italia fornisce un quadro normativo inteso a garantire un alto livello di protezione ai minori non accompagnati, compresa la rapida nomina di un tutore e la definizione prioritaria della necessità di asilo. Tuttavia, secondo i rilievi della Commissione:

§  nella pratica l’accesso alle procedure di asilo per i minori non accompagnati è spesso ritardato a causa dei lunghi tempi di attesa per la nomina dei tutori, che possono arrivare fino a 11 mesi. In tal senso, si profila una violazione dell’art. 17, paragrafo 1 della direttiva “procedure”, e dell’art. 19, paragrafo 1, della direttiva “accoglienza”, in combinato disposto con il principio consolidato secondo cui le procedure per l’esercizio dei diritti garantiti dal diritto dell’UE devono essere facilmente accessibili;

§  in molti casi viene nominato lo stesso tutore per un gran numero di minori, con ripercussioni negative sulla possibilità di instaurare una relazione di fiducia e un rapporto di tutela attento e curato;

§  non vi è alcuna disposizione giuridica che precisi che i tutori legali debbano essere formati e debbano possedere un’apposita competenza in materia di asilo. A tale riguardo, la Commissione osserva che l’art. 19, paragrafo 4 della direttiva “accoglienza” dispone che le persone che si occupano di minori non accompagnati abbiano ricevuto o ricevano una specifica formazione in merito alle particolari esigenze degli stessi. Inoltre, discende dall’art. 17, paragrafo 1 della direttiva “procedure” che i tutori siano in grado di fornire ai minori non accompagnati a loro affidati un’adeguata assistenza individuale e informazioni sulla procedura di asilo;

§  non sembra esistere alcun sistema di controllo per verificare in che modo i tutori legali agiscono e svolgono il loro mandato.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Il 24 giugno 2014 la Commissione europea ha presentato una proposta di modifica del regolamento (UE) n. 604/2013 (cd. regolamento “Dublino III”) per quanto riguarda la determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata da un minore non accompagnato che non ha familiari, fratelli o parenti presenti legalmente in uno Stato membro.

Alla luce della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea C-648/11, la Commissione propone di chiarire qual è lo Stato membro competente per l'esame di una domanda presentata da un minore non accompagnato.


 

Articolo 17, comma 16
(Stampa quotidiana e periodica)

 

 

Il comma 16 proroga (dal 31 dicembre 2014) al 31 dicembre 2015 il termine a decorrere dal quale diviene obbligatoria la tracciabilità delle vendite e delle rese di quotidiani e periodici attraverso l’utilizzo di strumenti informatici e telematici basati sulla lettura del codice a barre. Inoltre, prevede l’accesso nel 2015 al credito d’imposta per sostenere l’adeguamento tecnologico degli operatori del settore, previsto originariamente per l’anno 2012 e poi differito all’anno 2014.

Il riferimento è alla disciplina definita con l’art. 4, co. 1, del D.L. 63/2012 (L. 103/2012), sulla quale sono, poi intervenuti l’art. 1, co. 334 e 335, della L. 147/2013 (L. di stabilità 2014).

La proroga è motivata con la necessità di favorire l’attuazione del piano di modernizzazione della rete di distribuzione e vendita della stampa quotidiana e periodica.

 

L’art. 4, co. 1, del D.L. 63/2012 (L. 103/2012), al fine di favorire la modernizzazione del sistema del sistema di distribuzione e vendita della stampa quotidiana e periodica, aveva reso obbligatoria, a decorrere dal 1° gennaio 2013, la tracciabilità delle vendite e delle rese di quotidiani e periodici, attraverso l’utilizzo di strumenti informatici e telematici basati sulla lettura del codice a barre[64].

Inoltre, per sostenere l'adeguamento tecnologico degli operatori, aveva previsto – nel rispetto della regola “de minimis” (di cui all’allora vigente regolamento CE n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006) – l’attribuzione di un credito di imposta per l’anno 2012, per un importo comunque non superiore a 10 milioni di euro e pari ai risparmi effettivamente conseguiti dall’attuazione del co. 3 (volto a porre termine ad un contenzioso instauratosi in relazione all'art. 56, co. 4, della L. 99/2009, in materia di agevolazioni postali per la spedizione di prodotti editoriali)[65].

I risparmi derivanti dal co. 3 dovevano essere accertati con apposito D.P.C.M., ovvero con decreto del Sottosegretario delegato[66]. Inoltre, con D.P.C.M., di concerto con il MEF, dovevano essere definiti condizioni, termini e modalità di attuazione delle disposizioni recate dall’art. 4, anche con riguardo alla fruizione del credito di imposta.

L’art. 1, co. 334, della L. 147/2013 ha, poi, prorogato al 31 dicembre 2014 il termine a decorrere dal quale diviene obbligatoria la tracciabilità delle vendite e delle rese di quotidiani e periodici - al fine di assicurare il completamento del processo di modernizzazione del sistema - e ha previsto l’accesso nel 2014 al credito di imposta già previsto per il 2012[67].

Inoltre, il co. 335 dello stesso art. 1, disponendo la soppressione del credito d’imposta previsto per gli anni 2013, 2014 e 2015 per le imprese che sviluppano nel territorio italiano piattaforme telematiche per la distribuzione, la vendita e il noleggio di opere dell’ingegno digitali, ha stabilito che le somme destinate per l’anno 2014 al sopprimendo credito d'imposta – come rideterminate ai sensi del D.P.C.M. di cui il co. 577 prevedeva l’emanazione – sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate alla dotazione del credito d’imposta previsto per sostenere l’adeguamento tecnologico degli operatori dell’editoria[68].


 

Articolo 17, comma 17
(Indennizzi per soggetti danneggiati da emotrasfusioni)

 

 

Il comma 17 prevede l’attribuzione alle Regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano di un contributo di 100 milioni di euro per l’anno 2015, di 346 milioni di Euro per l’anno 2016 e di 289 milioni di Euro per l’anno 2017 relativo:

§  agli oneri finanziari derivati dalla corresponsione – ad opera delle medesime Regioni e province - degli indennizzi in favore di determinati soggetti danneggiati in àmbito sanitario (in ragione, tra le altre ipotesi, di alcune fattispecie di vaccinazione, di trasfusione o somministrazione di sangue o di suoi derivati, ovvero di contagio da persone rientranti nelle suddette fattispecie)[69];

§  agli oneri finanziari derivanti dal pagamento degli arretrati della rivalutazione dell’indennità integrativa speciale di cui al citato indennizzo fino al 31 dicembre 2011.

 

Il primo intervento del legislatore in tema di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, è rappresentato dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210. L'articolo 1 della legge n. 210/1992 citata, infatti, ha riconosciuto l'indennizzo oltre che ai danneggiati da vaccinazioni obbligatorie , anche:

§  ai soggetti che risultino contagiati da infezioni da HIV a seguito di somministrazione di sangue e suoi derivati, nonché agli operatori sanitari che, in occasione e durante il servizio, abbiano riportato danni permanenti alla integrità psico-fisica conseguenti a infezione contratta a seguito di contatto con sangue e suoi derivati provenienti da soggetti affetti da infezione da HIV;

§  a coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali;

§  alle persone non vaccinate che abbiano riportato, a seguito ed in conseguenza di contatto con persona vaccinata, danni;

§  alle persone che, per motivi di lavoro o per incarico del loro ufficio o per potere accedere ad uno Stato estero, si siano sottoposte a vaccinazioni che, pur non essendo obbligatorie, risultino necessarie;

§  ai soggetti a rischio operanti nelle strutture sanitarie ospedaliere che si siano sottoposti a vaccinazioni anche non obbligatorie.

L’articolo 2 della legge citata prevede che l’indennizzo consista in un assegno, reversibile per quindici anni, cumulabile con ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito e rivalutato annualmente sulla base del tasso di inflazione programmato. Esso è integrato da una somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324 , e successive modificazioni.

La rivalutazione su base annua, secondo il tasso d'inflazione programmato, dell'assegno disciplinato dall'art. 2, comma 1, della legge n. 210 del 1992, non era prevista dal testo iniziale di detta disposizione. Essa fu introdotta con l'art. 1, comma 1, della legge n. 238 del 1997. Nulla, invece, fu disposto al riguardo per la seconda componente dell'indennizzo, cioè per la somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale, ancorché questa avesse per l'appunto funzione integrativa dell'indennizzo medesimo. In proposito, nel corso degli anni, si è registrato un orientamento giurisprudenziale oscillante, e un intervento legislativo (art. 11, comma 13, D.L. 78/2010) diretto ad escludere la rivalutazione poi dichiarato incostituzionale dalla sentenza n. 293/2011.

Infine, la Corte europea dei dritti dell'uomo con la Sentenza 3 settembre 2013 (Requête n. 5376/11), a cui si rinvia anche per la ricostruzione dettagliata e articolata della vicenda interna, ha disposto, a carico dello Stato italiano, l'obbligo di liquidazione ai titolari dell'indennizzo di cui alla legge n. 210/1992 degli importi maturati a titolo di rivalutazione dell'indennità integrativa speciale.

A seguito di tale pronuncia, l’articolo 1, comma 223 della legge 147/2013 (legge di stabilità per il 2014) ha disposto l’incremento di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 25 febbraio 1992, n. 210.

 

Il citato contributo è ripartito tra le regioni e province autonome interessate con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministero della salute, da adottare, sentita la Conferenza Stato-regioni, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge, in proporzione del fabbisogno derivante dal numero di indennizzi corrisposti dalle regioni e province autonome, come comunicati dalla Conferenza delle Regioni e delle province entro il 31 gennaio 2015 previo riscontro del Ministero della salute.


 

Articolo 17, comma 18
(Autorizzazione di spesa per riforma terzo settore)

 

 

Il comma 18 reca una autorizzazione triennale di spesa per il finanziamento della riforma del terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale. A tal fine è previsto lo stanziamento di:

§  50 milioni di euro per il 2015;

§  140 milioni di euro per il 2016;

§  190 milioni di euro a decorrere dal 2017, quando lo stanziamento dovrebbe essere autorizzato a regime.

 

Si ricorda che è all’esame, in sede referente presso la Commissione XII (Affari sociali) della Camera, il disegno di legge A.C. 2617 “Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale” d’iniziativa del Governo, abbinato all’A.C. 2071 Maestri e all’A.C. 2095 Bobba. L’esame è iniziato il 1° ottobre 2014.

 

Per quanto riguarda le risorse finanziarie, l’articolo 7 del disegno di legge delega istituisce un fondo rotativo di 50 milioni di euro destinato a finanziare a condizioni agevolate gli investimenti in beni strumentali materiali e immateriali delle imprese sociali. Allo stanziamento, per l'anno 2015, si provvede:

§  per 20 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica;

§  per 20 milioni di euro, mediante corrispondente utilizzo del Fondo speciale di conto capitale dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (Tabella B della legge di stabilità 2014);

§  per 10 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per la crescita sostenibile.

L’articolo 7 della delega prevede inoltre che nell'ambito della legge di stabilità 2015, potranno essere individuate risorse finanziarie ulteriori, per garantire la stabilizzazione e il rafforzamento delle misure previste dal disegno di legge delega in esame in materia di:

1.  riforma strutturale dell'istituto della destinazione del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche in base alle scelte espresse dai contribuenti in favore degli enti privati del Terzo settore, determinazione del relativo limite di spesa in coerenza con le risorse disponibili, razionalizzazione dei soggetti beneficiari e dei requisiti per l'accesso al beneficio nonché semplificazione e accelerazione delle procedure per il calcolo e l'erogazione dei contributi spettanti agli enti;

2.  previsione di un fondo rotativo per le imprese sociali;

3.  servizio civile universale.


 

Articolo 17, comma 19
(Fondo per la riduzione della pressione fiscale)

 

 

L’articolo 17, comma 19, incrementa la dotazione del Fondo per la riduzione della pressione fiscale istituito dalla legge di stabilità 2014 di 3.300 milioni di euro per l’anno 2015. L’utilizzo di tali risorse viene subordinato alla verifica sul rispetto degli obiettivi programmatici di finanza pubblica del medesimo anno e comunque non può avvenire prima del mese di ottobre.

Si segnala che la disposizione dovrebbe essere oggetto di modifica nel corso dell’iter parlamentare al fine di adeguarne il contenuto a quanto previsto dalla Relazione al Parlamento recante variazione alla Nota di aggiornamento del DEF 2014, approvata con apposite risoluzioni parlamentari il 30 ottobre 2014. Infatti tale relazione prevede la destinazione, per 3,3 miliardi, delle risorse stanziate sul Fondo per la riduzione della pressione fiscale a miglioramento dei saldi.

Nel bilancio a legislazione vigente 2015 le risorse del Fondo per la riduzione della pressione fiscale sono allocate sul capitolo 3833 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, con stanziamenti pari a 331,5 milioni per il 2015 e 18,5 milioni sia per il 2016 che per il 2017. Tali importi vengono peraltro azzerati dall’ l’articolo 45, comma 2, del ddl in commento, che riduce la dotazione del Fondo in esame di 331,5 milioni di euro per l’anno 2015 e 18,5 milioni a decorre dall’anno 2016.

 

Si ricorda che il comma 431 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014) ha istituito il Fondo per la riduzione della pressione fiscale cui sono destinate, a decorrere dal 2014, fermo restando il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, le seguenti risorse:

a)   l'ammontare dei risparmi di spesa derivanti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, al netto della quota già considerata nei commi da 427 a 430 (vale a dire 488,4 milioni per il 2014, 1.448 milioni per il 2015, 1.988,1 milioni di euro per il 2016, 1.997,9 milioni per il 2017 e 1.339,6 milioni di euro a decorrere dal 2018) e delle risorse da destinare a programmi finalizzati al conseguimento di esigenze prioritarie di equità sociale e ad impegni inderogabili;

b)   l'ammontare di risorse permanenti che, in sede di Nota di aggiornamento del DEF (Documento di economia e finanza), si stima di incassare quali maggiori entrate rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio dell'esercizio in corso e a quelle effettivamente incassate nell'esercizio precedente derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale, al netto di quelle derivanti dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni.

 

Le entrate derivanti da misure straordinarie di contrasto all'evasione, non computate nei saldi di finanza pubblica, sono finalizzate in corso d'anno alla riduzione della pressione fiscale sul lavoro, mediante riassegnazione al predetto Fondo e destinate in particolare all’incremento delle deduzioni IRAP e detrazioni IRPEF per reddito da lavoro dipendente e da pensione (comma 432). Per gli anni 2014 e 2015 sono escluse le detrazioni per redditi di pensione (comma 435).

Ai sensi del comma 434, la Nota di aggiornamento contiene una valutazione dell'andamento della spesa primaria corrente e degli incassi derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale. Le eventuali maggiori risorse vengono iscritte, in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio, limitatamente al primo anno del triennio di riferimento, nello stato di previsione delle entrate e, contestualmente, nel Fondo in commento. La legge di stabilità, sentite le parti sociali, individua gli eventuali interventi di miglioramento degli strumenti di contrasto all'evasione fiscale e di razionalizzazione della spesa, i nuovi importi delle deduzioni e detrazioni citate, definendone altresì le modalità di applicazione da parte dei sostituti d'imposta e delle imprese, in modo da garantire la neutralità degli effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

Si ricorda al riguardo che, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, le maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate nell'anno 2013 derivanti dall'attività di contrasto all'evasione fiscale, valutate in 300 milioni di euro annui dal 2014, sono state destinate alla copertura degli oneri del citato decreto-legge che ha, tra l’altro, introdotto il credito d’imposta IRPEF in favore dei lavoratori dipendenti (cd. bonus di 80 euro).

Al riguardo la Nota di aggiornamento del DEF 2014 segnala, in sede di valutazione degli incassi derivanti dall'attività di contrasto all'evasione fiscale, un gettito nel 2014 pari a circa 11 miliardi circa, con uno scostamento positivo di 1.194 milioni rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio di previsione 2014, a fronte di un gettito nel 2013 pari a 10,688 miliardi, e con un incremento rispetto all'anno precedente di 313 milioni, destinati al Fondo per la riduzione della pressione fiscale di cui al comma 431 della legge di stabilità 2014.

 

Il Rapporto sulla realizzazione delle strategie di contrasto all'evasione fiscale (Doc. XXVII, n. 13) presentato ai sensi dell'articolo 6 del decreto legge 24 aprile 2014 n. 66, nelle more dell'attuazione degli obiettivi di stima e monitoraggio dell'evasione fiscale e di rafforzamento dell'attività conoscitiva e di controllo stabiliti dalla legge di delega fiscale, mette in evidenza come il tax gap, vale a dire la differenza tra l'ammontare delle imposte che l'amministrazione fiscale dovrebbe raccogliere e quello che effettivamente raccoglie, stimato dall'Agenzia delle entrate con riferimento all'IVA, all'IRAP e alle imposte dirette sulle imprese e sul lavoro autonomo, ammonterebbe su base annua a 91 miliardi euro (7% del PIL).

Per quanto riguarda i risultati dell'attività di contrasto all'evasione fiscale nel corso del 2013, si evidenzia un aumento della riscossione del 4,8% rispetto al 2012: le riscossioni complessive sono passate da 12,5 miliardi nel 2012 a 13,1 miliardi nel 2013. Per quanto riguarda i primi quattro mesi del 2014, si evidenzia un incremento delle riscossioni complessive (3% circa), dovuto ad un aumento dei versamenti diretti.

Per quanto riguarda le strategie di contrasto all'evasione fiscale, una particolare enfasi è posta sul fronte della diffusione degli strumenti di pagamento tracciabili, della fatturazione elettronica e della trasmissione telematica dei corrispettivi. Tali innovazioni, che saranno implementate mediante l'attuazione della delega fiscale, dovrebbero contribuire al contrasto all'evasione e al miglioramento della compliance, in particolare nel settore dell'IVA. Inoltre si stima che la diffusione degli strumenti di pagamento tracciabili potrebbe condurre al superamento di alcuni strumenti risultati inefficaci (come i misuratori fiscali e le ricevute fiscali: "gli scontrini"), con minori oneri per le imprese ed il progressivo abbandono di controlli massivi sul territorio da parte dell'Amministrazione finanziaria. Sono infine presenti degli approfondimenti, tra i quali si segnalano quelli relativi all'istituto del contrasto di interessi e alla storia dei condoni tributari.


 

Articolo 17, comma 20
(Utilizzo del personale delle Forze armate per il controllo del territorio della c.d. Terra dei fuochi- Stralciato)

 

 

Il comma 20 dell’articolo 17 è stato stralciato, ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di stabilità.


 

Articolo 17, comma 21
(Incremento Fondo interventi strutturali di politica economica)

 

Il comma 21 incrementa le risorse del Fondo per interventi strutturali di politica economica di 100 milioni di euro per l’anno 2015 e 460 milioni di euro annui a decorrere dal 2016.

 

Si ricorda che il Fondo ISPE è stato istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282 del 2004 al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il Fondo, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze (cap. 3075) viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari.

Per quanto concerne le risorse finanziarie, si ricorda che nel disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per gli anni 2015-2017 (A.C. 2680), il Fondo presenta una dotazione pari a 126,8 milioni per il 2015, 63,7 milioni per il 2016 e a 61,1 milioni per il 2017.


 

Articolo 17, comma 22
(Imprenditorialità giovanile in agricoltura - Stralciato)

 

 

Il comma 22 dell’articolo 17 è stato stralciato, ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di stabilità.

 


 

Articolo 17, comma 23
(Filiera agricola e distretti agroalimentari - Stralciato)

 

 

Il comma 23 dell’articolo 17 è stato stralciato, ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di stabilità.

 


 

Articolo 18
(Superamento della clausola di salvaguardia di cui all’articolo 1, comma 430, della legge 27 dicembre 2013, n. 147)
(spending review)

 

 

L’articolo 18 sostanzialmente posticipa di un anno, riducendone altresì gli importi per 3 miliardi a decorrere dal 2015, gli effetti della clausola di salvaguardia introdotta dalla legge di stabilità 2014, volta a diminuire le detrazioni e le agevolazioni vigenti (cd. tax expenditures) qualora la revisione della spesa non realizzi i risparmi prospettati.

 

Si rileva che l’ammontare complessivo degli effetti dei 282 regimi agevolativi indicato nell’allegato A alla nota integrativa della Tabella 1 del ddl di bilancio 2015 (Stato di previsione delle entrate) è pari a.

§  161.147,2 milioni per il 2015 (+8.480,6 rispetto al ddl di bilancio 2014);

§  159.903,6 milioni per il 2016 (+7.946 rispetto al ddl di bilancio 2014);

§  161.073,2 milioni per il 2017.

 

L’allegato B indica un ammontare degli effetti delle 23 agevolazioni introdotte da ottobre 2013 a settembre 2014 pari a:

§  483,2 milioni per il 2015 (+242,3 rispetto al ddl di bilancio 2014);

§  671,6 milioni per il 2016 (+453,2 rispetto al ddl di bilancio 2014);

§  808,7 milioni per il 2017.

Tali importi sono comunque contabilizzati anche nell’allegato A.

 

La ricognizione delle spese fiscali (tax expenditures)

Con il termine erosione fiscale si intendono tutti gli scostamenti previsti dalla normativa (inclusi i regimi sostitutivi di favore) rispetto al principio generale dell’imposizione fiscale, che in qualche modo trascende rispetto alla legislazione vigente e fa riferimento a un modello ideale di sistema fiscale ispirato a principi generali.

Ai sensi dell’articolo 21, comma 11, lettera a), della legge n. 196 del 2009, nell’ambito del disegno di legge di bilancio, gli allegati A e B alla nota integrativa della Tabella 1 (Stato di previsione delle entrate) recano gli effetti connessi alle disposizioni normative vigenti, con separata indicazione di quelle introdotte nell'esercizio, recanti esenzioni o riduzioni del prelievo obbligatorio, con l'indicazione della natura delle agevolazioni, dei soggetti e delle categorie dei beneficiari e degli obiettivi perseguiti.

Tale disposizione tra l’altro prevede, per le entrate, che la nota integrativa al bilancio di previsione specifichi gli effetti connessi alle disposizioni normative vigenti evidenziando separatamente gli effetti di quelle introdotte nell’esercizio, recanti esenzioni o riduzioni del prelievo obbligatorio, con l’indicazione della natura delle agevolazioni, dei soggetti e delle categorie dei beneficiari e degli obiettivi perseguiti.

Nel rispetto della citata disposizione, l’allegato A del bilancio di previsione per il 2015 considera gli effetti delle disposizioni in materia di esenzioni o riduzioni del prelievo obbligatorio ivi incluse; l’allegato B contiene solo gli effetti di quelle introdotte nell’esercizio, ossia le disposizioni intervenute successivamente alla presentazione del disegno di legge di bilancio per l’anno finanziario 2014. Nell’allegato B sono, dunque, inclusi unicamente gli effetti delle disposizioni introdotte da ottobre 2013 a settembre 2014.

Rispetto alle misure dell’allegato A inserito nella nota integrativa dello stato di previsione delle entrate per l’anno finanziario 2014 il numero delle disposizioni recanti esenzioni o riduzione del prelievo obbligatorio, nel complesso, comprende 282 misure (-2), quali risultanti dalla variazione in aumento derivante dall’ingresso di nuove disposizioni (Allegato B) introdotte nell’esercizio e da quella in diminuzione correlata alle disposizioni non più in vigore.

 

 

In particolare, il comma 430 della legge di stabilità 2014 stabilisce che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - da adottare entro il 15 gennaio 2015, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia - sono disposte variazioni delle aliquote di imposta e riduzioni della misura delle agevolazioni e delle detrazioni vigenti.

Tali variazioni e riduzioni devono assicurare maggiori entrate pari a 3 miliardi di euro per l’anno 2015, 7 miliardi di euro per l’anno 2016 e 10 miliardi di euro a decorrere dal 2017.

Il comma prevede tuttavia che tali misure possano non essere adottate (o adottate in misura ridotta) qualora - entro il 1° gennaio 2015 - siano approvati provvedimenti normativi in grado di assicurare, in tutto o in parte, maggiori entrate ovvero risparmi di spesa di pari importo mediante interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica.

 

La norma in commento posticipa quindi dal 15 gennaio 2015 al 15 gennaio 2016 la data di emanazione del D.P.C.M. che dispone la riduzione delle tax expenditures qualora gli interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica non abbiano prodotto gli effetti previsti; è conseguentemente soppressa la previsione di maggiori entrate pari a 3 miliardi per il 2015 mentre per gli anni successivi essa è ridotta di 3 miliardi di euro l’anno (passando da 7 a 4 miliardi per il 2016 e da 10 a 7 miliardi di euro a decorrere dal 2017), come si evince dalla seguente Tabella:

 

 

comma 430

l. stabilità 2014

articolo 18

ddl stabilità 2015

2015

3 miliardi

0

2016

7 miliardi

4 miliardi

A decorrere dal 2017

10 miliardi

7 miliardi

 

La soppressione delle altre norme sulle agevolazioni fiscali contenute nella legge di stabilità 2014

L’articolo 2, comma 1, lettera a) del decreto-legge n. 4 del 2014 ha abrogato i commi 575 e 576 della legge di stabilità 2014 contenenti ulteriori disposizioni finalizzate al riordino delle agevolazioni tributarie. Tali commi prevedevano che entro il 31 gennaio 2014 fossero adottati provvedimenti di razionalizzazione delle detrazioni per gli oneri di cui all’articolo 15 del TUIR, al fine di assicurare maggiori entrate per 488,4 milioni di euro per l’anno 2014, 772,8 milioni per il 2015 e a 564,7 milioni a decorrere dal 2016. In mancanza di tali provvedimenti, la misura della detrazione per oneri prevista dal TUIR sarebbe stata ridotta dal 19 al 18 per cento per il 2013 e al 17 per cento a decorrere dal 2014. Già con un comunicato del 21 gennaio 2014 il Governo aveva annunciato di ritenere che la sede più opportuna per esercitare l’intervento di razionalizzazione delle detrazioni in esame fosse la delega fiscale. La relativa copertura è stata garantita attraverso un incremento degli obiettivi di risparmio previsti dalle norme di revisione della spesa contenute nella medesima legge di stabilità (commi 427 e 428) aggiungendovi, pertanto, le cifre stabilite nel comma 575.

 

Il rapporto annuale sulle spese fiscali

 

Si ricorda, infine, che l’articolo 4 della legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014) dispone la redazione di un rapporto annuale allegato al disegno di legge di bilancio sulle spese fiscali, sulla base di metodi che consentano anche un confronto con i programmi di spesa e la realizzazione di valutazioni sull'efficacia delle singole misure agevolative, prevedendo a tal fine l’eventuale costituzione di una Commissione indipendente. Il Governo è inoltre delegato ad adottare decreti legislativi volti a ridurre, eliminare o riformare le spese fiscali che appaiono ingiustificate o superate, fermo restando determinate priorità socio-economiche. Le maggiori entrate rivenienti dalla progressiva limitazione dell'erosione fiscale sono attribuite ad un Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

 

La clausola di salvaguardia su IVA e accise

 

Si segnala, infine, che l’articolo 45, commi 3 e 4, del ddl in esame (alla cui scheda si rinvia) introduce una nuova clausola di salvaguardia a tutela dei saldi di finanza pubblica, volta ad incrementare le aliquote IVA ordinaria e ridotta rispettivamente di 2,5 e 2 punti percentuali e le accise su benzina e gasolio in misura tale da determinare maggiori entrate non inferiori a 700 milioni di euro. Tali aumenti possono essere sostituiti da provvedimenti che assicurino gli stessi effetti positivi attraverso maggiori entrate o risparmi di spesa mediante interventi di revisione della spesa pubblica.

 


 

La relazione finale del Gruppo di lavoro sull’erosione fiscale

Nell’ambito dell’istruttoria relativa al disegno di legge di delega fiscale presentato dal Governo nella passata Legislatura, il 22 novembre 2011 è stata presentata la relazione finale del Gruppo di lavoro sull’erosione fiscale (http://www.tesoro.it/documenti/open.asp?idd=28892) costituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze con la partecipazione di 32 organizzazioni sindacali, associazioni di categoria e ordini professionali, coordinato da Vieri Ceriani. Partendo come base dall’elenco delle agevolazioni contenute nel disegno di legge di bilancio per il 2011 (242 misure), il Gruppo di lavoro lo ha integrato considerando ulteriori misure e regimi, fino a indicare nell’elenco ben 720 misure per un ammontare di 253,7 miliardi di euro, articolate come esposto nella successiva tabella riepilogativa per tipologia di agevolazione:

Agevolazioni a favore delle persone fisiche, di cui:

104,864

- Agevolazioni per la casa

9,489

- Agevolazioni per la famiglia

21,056

- Agevolazioni per lavoro e pensioni

58,095

- Agevolazioni per erogazioni liberali e al terzo settore

0,130

- Altre agevolazioni (comprese)

0,216

- Agevolazioni fiscalità finanziaria

15,878

 

 

Agevolazioni in materia di enti non commerciali

0,392

Agevolazioni reddito impresa

31,954

Misure che legano l'imponibile alla rendita catastale

63,955

Agevolazioni in materia di accisa

2,372

Agevolazioni in materia di IVA

40,944

Agevolazioni in materia di bollo, registro e imposte ipocatastali

4,015

Misure in materia di imposte sulle assicurazioni private

1,229

TOTALE AGEVOLAZIONI ERARIALI

249,725

Agevolazioni enti territoriali (ICI, IPT, TOSAP, ecc)

4,029

TOTALE AGEVOLAZIONI ERARIALI E LOCALI

253,754

La Relazione finale sottolinea che “il riformatore” non potrà esimersi da una disamina e da un vaglio attento delle singole misure, per decidere riguardo alla loro conservazione, soppressione o riduzione. Alcune misure incluse nell’elenco delle spese fiscali servono a rendere il nostro ordinamento compatibile con quello comunitario e con gli accordi internazionali. Altre misure, come le detrazioni Irpef per il lavoro dipendente o per i familiari a carico, costituiscono aspetti strutturali dell’attuale sistema impositivo e appare opportuno che la loro eventuale abolizione (o riduzione, o riformulazione) sia inserita nell’ambito di riforme di più ampia portata, che ne contemperino gli effetti e ne considerino tutte le implicazioni. Altre misure sono volte ad evitare doppie imposizioni; per altre l’eventuale soppressione potrebbe comportare problemi di compatibilità con principi costituzionalmente garantiti; altre ancora hanno finalità di semplificazione, o intendono favorire l’emersione di imponibili.

 


 

Articolo 19, comma 1
(Riduzione trasferimenti alle imprese)

 

 

Il comma 1 dispone una riduzione di alcune autorizzazioni di spesa concernenti trasferimenti in favore di imprese, elencate in apposito allegato 5, per un importo complessivo pari a 68,5 milioni di euro per l’anno 2015, 94,6 milioni di euro per l’anno 2016 e 17,7 milioni di euro a decorrere dall’anno 2017.

 

Per quanto riguarda le politiche in favore degli investimenti, è ridotto lo stanziamento per i contributi in conto interessi che lo Stato corrisponde alla Cassa depositi e prestiti per i finanziamenti a carico del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese.

La riduzione degli stanziamenti di cui alla disposizione in commento riguarda specificamente il rimborso effettuato dallo Stato a Cassa depositi e prestiti della differenza tra il tasso di interesse sulle somme erogate in anticipazione da CDP S.P.A. e il tasso del finanziamento agevolato sui finanziamenti a carico del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese.

Con riferimento al Fondo rotativo, si ricorda che l'art. 1, comma 354, della legge finanziaria per il 2005 (L.311/2004), come successivamente modificato dall’articolo 3, comma 6 del D.L. n. 35/2005, ha disposto l’istituzione, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, di un Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca, finalizzato alla concessione di finanziamenti agevolati alle imprese in forma di anticipazione di capitali rimborsabile secondo un piano di rientro pluriennale. Il Fondo è destinato alle imprese, anche associate in appositi organismi, anche cooperativi, costituiti o promossi dalle associazioni imprenditoriali e dalle Camere di commercio. Con apposite delibere del CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri in maniera non delegabile, da sottoporre al controllo preventivo della Corte dei conti, il Fondo è ripartito per essere destinato ad interventi agevolativi alle imprese, individuati dalle stesse delibere sulla base degli interventi già disposti a legislazione vigente. Con Delibera CIPE 15 luglio 2005, n. 76/2005 sono state fissate le modalità di funzionamento del fondo.

La dotazione iniziale del Fondo, alimentato con le risorse del risparmio postale, è stabilita in 6 miliardi di euro.

Le successive variazioni alla dotazione – dispone il comma 354 - sono disposte dalla Cassa depositi e prestiti Spa, in relazione alle dinamiche di erogazione e di rimborso delle somme concesse, e comunque nel rispetto dei limiti annuali di spesa sul bilancio dello Stato fissati ai sensi del comma 361.

Si ricorda infatti che ai sensi del comma 358, il tasso di interesse sulle somme erogate in anticipazione da CDP S.P.A. è determinato con decreto, di natura non regolamentare, del Ministro dell'economia e delle finanze. La differenza tra il tasso così stabilito e il tasso del finanziamento agevolato, nonché gli oneri di servizio a favore di CDP S.p.A. (comma 360), sono posti, in favore della stessa Cassa, a carico del bilancio dello Stato, a valere sull'autorizzazione di spesa di cui al comma 361.

 

A fronte di uno stanziamento di 150 milioni annui, la riduzione è pari a 50 milioni di euro per il 2015 e a 25 milioni per il 2016.

Il comma 361 della citata legge finanziaria per il 2005 autorizza la spesa di 150 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2006 per il rimborso statale a Cassa depositi e prestiti della differenza tra il tasso di interesse agevolato concesso a valere sulle somme erogate a titolo di finanziamento da CDP S.P.A. e un tasso di mercato stabilito dal Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi del comma 357, nonché gli oneri di servizio a favore di CDP S.p.A.

 

Per quanto riguarda le politiche in favore dello sviluppo economico in aree svantaggiate, le riduzioni riguardano le risorse destinate a favore delle zone franche urbane che vengono ridotte di 50 milioni di euro nel 2016 a fronte di uno stanziamento di 100 milioni di euro. Al riguardo si segnala che la Tabella E contestualmente dispone una riduzione di 75 milioni di euro della dotazione per il 2015, che viene conseguentemente azzerata.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 340, della legge n. 296/2006 ha istituito le Zone franche urbane al fine di contrastare i fenomeni di esclusione sociale negli spazi urbani e favorire l’integrazione sociale e culturale delle popolazioni abitanti in circoscrizioni o quartieri delle città caratterizzati da degrado urbano e sociale, con un numero di abitanti non superiore a 30.000. All’interno di queste aree si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese. Tali agevolazioni consistono in esenzione dalle imposte sui redditi; esenzione dall'IRAP; esenzione dall'imposta municipale propria; esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente. L’articolo 22-bis del D.L. n. 66 del 2014 ha autorizzato la spesa di 75 milioni per il 2015 e di 100 milioni per il 2016 per gli interventi in favore delle zone franche urbane di Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, (individuate dall’articolo 37, comma 1, del D.L. n. 179 del 2012), delle ulteriori zone franche individuate dalla delibera CIPE n. 14 del 2009 ricadenti nelle regioni non comprese nell'obiettivo Convergenza (nell’ambito dei comuni di Cagliari, Iglesias, Quartu Sant'Elena, Campobasso, Velletri, Sora, Pescara, Ventimiglia, Massa-Carrara, Matera), nonché della zona franca del Comune di Lampedusa, istituita dall'articolo 23, comma 45, del D.L. n. 98 del 2011.

 

Viene soppresso il contributo all’Istituto per il credito sportivo (nel bilancio a legislazione vigente sono indicate, al cap. 770/MEF, risorse annuali per 1,2 milioni).

 

Inoltre vengono ridotti gli stanziamenti ad enti istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi nella misura di 2 milioni di euro a partire dal 2015.

 

Si tratta dei contributi a sostegno del commercio internazionale ed internazionalizzazione del sistema produttivo, più in particolare al sostegno all'internazionalizzazione delle imprese e promozione del made in Italy. Si segnala che nel bilancio a legislazione vigente la dotazione del cap. 2501/MISE è pari a 13,8 milioni: su tali risorse la tabella C ne prevede già una riduzione di circa 7 milioni, con conseguente determinazione dello stanziamento in 6,8 milioni; per effetto del taglio disposto dalla presente tabella le disponibilità in bilancio per il 2015 verrebbero a definirsi in 4,8 milioni.

 

Per quanto riguarda le politiche sociali e del lavoro, le riduzioni vanno ad incidere sulla stabilizzazione dei collaboratori a progetto nel settore dei call center (per un importo pari a 2 milioni di euro annui per il biennio 2015-2016); inoltre viene ridotto lo stanziamento previsto per le azioni positive per la realizzazione della parità uomo donna (150,8 migliaia di euro per il 2015, 87,8 migliaia di euro per il 2016 e 97,4 migliaia di euro a decorrere dal 2017).

 

L’articolo 1, comma 22, della L. 147/2013 ha disposto la concessione di uno specifico beneficio in favore delle aziende operanti nel settore dei call center, a condizione che abbiano attuato le misure di stabilizzazione dei collaboratori a progetto previste dall'articolo 1, comma 1202, della L. 296/2006, entro il termine ivi indicato (ossia entro il 30 settembre 2008) e abbiano lavoratori ancora in forza alla data del 31 dicembre 2013. L’incentivo ha un importo massimo di 200 euro per lavoratore. In ogni caso, il valore annuale dell’incentivo non può superare 3 milioni di euro per ciascuna azienda e non può comunque superare il 33% dei contributi previdenziali pagati da ciascuna azienda. L’incentivo è riconosciuto nel limite massimo di 8 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016.

L’articolo 44 del D.Lgs. 198/2006 ha stabilito la facoltà, per i datori di lavoro pubblici e privati, i centri di formazione professionale accreditati, le associazioni, le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali, di richiedere l’ammissione (al Ministero del lavoro e delle politiche sociali) al rimborso totale o parziale di oneri finanziari connessi all'attuazione di progetti di azioni positive presentati in base a specifici programmi-obiettivo (nei quali sono indicate le tipologie di progetti di azioni positive, i soggetti ammessi per le singole tipologie ed i criteri di valutazione).

 

Nel settore dei trasporti vengono ridotti:

§  gli stanziamenti per i progetti di studio e ricerca per la nautica da diporto (circa 100.000 euro a partire dal 2015);

L'art. 145, comma 40, della legge n. 388/2000 (legge finanziaria 2001) ha istituito un fondo per la promozione di trasporti marittimi sicuri, anche mediante il finanziamento di studi e ricerche. In particolare, le risorse del fondo, in misura non inferiore all'80 per cento delle dotazioni di ciascun anno, sono destinate a misure per incentivazione dell'alta formazione professionale tramite l'istituzione di un forum permanente realizzato da una o più ONLUS per la professionalità nautica partecipate da istituti di istruzione universitaria o convenzionate con gli stessi.

L'autorizzazione di spesa iniziale prevedeva uno stanziamento di 1,5 miliardi per il 2001 e di 5.164.589,99 euro a decorrere dall'anno 2002. In base alla relazione tecnica l'attuale disponibilità di bilancio a legislazione vigente è di 98.800 euro per il 2014, 97.100 euro per il 2015 e 100.000 euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017. La riduzione proposta dal disegno di legge di stabilità è di 97.100 euro per il 2015, e di 100.000 euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 (per il 2016 e il 2017 lo stanziamento viene quindi azzerato).

§  gli stanziamenti per i progetti innovativi di prodotti e processi nel campo navale (circa 4,5 milioni di euro a partire dal 2015).

L'art. 1, comma 38, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014), richiamato dall'allegato, non reca un punto D, come invece indicato. Dalla descrizione dell'autorizzazione di spesa contenuta nella relazione tecnica si deduce che deve trattarsi dell'autorizzazione di spesa di cui al terzo periodo del comma 38, che prevede contributi ventennali di 5 milioni di euro a decorrere dall'esercizio 2014 per il finanziamento di progetti innovativi di prodotti e di processi nel campo navale avviati negli anni 2012 e 2013. La relazione tecnica precisa che la relativa dotazione di bilancio ammonta a 4.725.800 euro per il 2014, a 4.639,2 milioni di euro per il 2015, a 4.694,2 milioni di euro per il 2016 e a 4.680,5 milioni di euro per il 2017. La dotazione di bilancio è completamente azzerata dall'allegato 5 per gli anni 2015, 2016 e 2017.

Si ricorda che anche il secondo periodo del comma 38, che interviene in materia affine, prevedendo il contributo ventennale di 5 milioni di euro a decorrere dall'esercizio 2014 per gli investimenti delle imprese marittime per il rinnovo e l’ammodernamento della flotta, è soppresso dall'articolo 30, comma 1, del disegno di legge di stabilità (al riguardo cfr. la relativa scheda).

 

Per quanto riguarda le politiche agricole l’entità delle riduzioni apportate alle autorizzazioni di spesa di pertinenza del Mipaaf rappresenta il 9,8 percento, il 6,9 percento e il 30,5 percento del totale delle riduzioni apportate, nell’anno 2015, 2016 e 2017 e ss., dall’allegato 5 in esame.

Le tipologie di trasferimenti alle imprese oggetto di riduzione sono sia di parte corrente, sia di parte capitale. L’entità delle riduzioni risulta pressoché equamente distribuita tra parte corrente (-3,8 milioni di euro complessivi sia per il 2015 sia per il 2016 e -2,7 milioni per il 2017 e ss.) e parte capitale (-2,9 milioni di euro per il 2015, e -2,7 milioni per il 2016 e ss.).

 

Infine, si osservi che le riduzioni, in alcuni casi, comportano un pressoché totale azzeramento degli stanziamenti iscritti a bilancio a legislazione vigente 2015-2017. Tale è il caso:

§  della decurtazione di 550 mila euro per il 2015, di 558 mila euro per il 2016 e di 556 mila euro per il 2017 e ss. dell’autorizzazione di spesa a favore degli imprenditori ittici e delle aziende che svolgono attività connesse a quelle di pesca (D.Lgs. n. 226/2001 art. 10, co. 1-bis - cap. 1482/Mipaaf).

§  della riduzione di 191 mila euro per il 2015 e di 193 milioni per il 2016 e ss. dei contributi alle organizzazioni nazionali delle cooperative agricole per iniziative di elaborazione di informazioni congiunturali e strutturali delle filiere direttamente gestite dai produttori agricoli (D.L. n. 182/2005, art. 2, co. 5 - cap.1974/Mipaaf)

 

Si segnala che il settore principalmente interessato dalle riduzioni è il settore ittico. Più in particolare, oltre alla predetta riduzione:

§  viene ridotto di 1 milione di euro lo stanziamento annuo a favore delle associazioni di categoria e organismi specializzati per la formazione, informazione e qualificazione professionale nel settore della pesca di cui all’articolo 1, comma 1 della legge n. 267/1991 (cap. 1477/Mipaaf).

Si osserva al riguardo che l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 1 della legge n. 267/1991, relativa all’attuazione del piano nazionale della pesca marittima è annualmente finanziata in Tabella C: la voce di tabella C relativa a tale autorizzazione richiama in particolare sia il capitolo 1477 qui in esame sia gli ulteriori capp. 1173, 1413, 1414, 1418, 1488.

Il disegno di legge di stabilità 2015 reca uno stanziamento complessivo per tale autorizzazione di spesa pari a 3,7 milioni di euro per il 2015, a 3,8 milioni per il 2016 e a 4,1 milioni per il 2017[70].

§  viene ridotto di circa 2 milioni di euro per il 2015 e di 1,7 milioni per il 2016 e ss. lo stanziamento per lo svolgimento di campagne di educazione alimentare e iniziative di sviluppo dell'associazionismo nel settore ittico, compreso l'adeguamento ed il potenziamento delle strutture immobiliari di cui alla già citata Legge n. 267/1991, articolo 1, comma 1.

Secondo la relazione tecnica, gli stanziamenti relativi alla predetta autorizzazione legislativa di spesa sono iscritti sui seguenti capitoli: cap. 7080, piani di gestione 2, 3 e 5 e cap. 7094, piano di gestione 1 e presentano a legislazione vigente una dotazione di 2,6 milioni per il 2015, a 2,5 milioni sia per il 2016 sia per il 2017.

Ciò appare un refuso, in quanto, da un’interrogazione effettuata presso la RGS dei piani di gestione coinvolti relativi ai capp. 7080 e 7094, i predetti stanziamenti a legislazione vigente presentano un importo superiore rispetto a quanto indicato in RT e pari per l’anno 2015 a circa 3,2 milioni di euro, per l’anno 2016 a circa 3,1 milioni e per l’anno 2017 a 3,1 milioni di euro.

Inoltre, le riduzioni incidono:

§  sui contributi ad enti, istituti ed organismi specializzati per la realizzazione di indagini studi e ricerche riguardanti l’agricoltura, l’agroartigianato e l’agroindustria (Legge n. 244/2007 art. 3, co. 34, iscritti su vari capp. Mipaaf), per circa 2 milioni di euro per il 2015 e ss.

§  sui contributi alle associazioni di allevatori per il miglioramento genetico del bestiame (Legge n. 423/1998, art. 3, co. 1, cap. 7715/Mipaaf) per 989 mila euro nel 2015, 945 mila nel 2016 e 941 mila per il 2017 e seguenti.

 

Infine per le politiche in materia di attività culturali viene ridotto il finanziamento alla società ARCUS S.p.A. per un importo pari ad 1 milione di euro nel 2015 e circa 2,3 milioni di euro a partire dal 2016.

Per il Mibact, la riduzione riguarda la quota degli utili derivanti dal gioco del lotto - da individuare entro il 30 giugno di ogni anno con decreto MEF-Mibact - riservata in favore dello stesso Ministero per il recupero e la conservazione dei beni culturali, archeologici, storici, artistici, archivistici e librari, nonché per interventi di restauro paesaggistico e per attività culturali.

In particolare, si prevede una riduzione di 1 milione di euro per il 2014, e di 2,3 milioni di euro dal 2016 che, in base ai dati presenti nella relazione tecnica, riguarderanno il cap. 8610 e il cap. 8770, concernenti interventi e contributi alle attività cinematografiche e al settore dello spettacolo, nonché alle esigenze della società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo “ARCUS SPA”. Per entrambi i casi si fa riferimento al piano di gestione 2.

Nel ddl di bilancio a legislazione vigente – nel quale non sono evidenti i piani di gestione riferiti ai due capitoli - il cap. 8610 presenta uno stanziamento di € 500.000 per il 2015 e di € 1.795.917 nel 2016 e 2017. Il cap. 8770 presenta uno stanziamento di € 3.500.000 nel 2015 e di € 2.007.923 nel 2016 e 2017.

 

La riduzione degli stanziamenti complessivi delle autorizzazioni interessate è riportata dal prospetto a seguire, con gli estremi e le descrizioni dei capitoli e degli stanziamenti interessati alle riduzioni stesse. A seguito delle citate riduzioni di spesa, le erogazioni alle imprese effettuate ai sensi delle autorizzazioni di spesa elencate nel citato allegato spettano dall’anno 2015 nei limiti dei nuovi stanziamenti iscritti in bilancio.

(migliaia di euro)

 

 

BILANCIO LEGISLAZIONE VIGENTE.

RIDUZIONI

 

 

2015

2016

2017

2015

2016

2017

MEF
1900

Legge n. 311/2004 art. 1, co. 361
Fondo rotativo investimenti imprese - quota interessi stato su plafond Cassa depositi e prestiti

150.000

150.000

150.000

-50.000

-25.000

0

MEF
7284

Legge n. 448/2001 art. 52, co. 21
Fondo per la concessione di agevolazioni finanziarie agli imprenditori agricoli ed ai coltivatori diretti in relazione all'acquisizione di proprietà fondiarie

704

742

816

-704

-742

-816

MEF
7750

D.L. n. 138/2002 art. 4, co. 1
Contributo all'istituto per il credito sportivo

1.200

1.200

1.200

-1.200

-1.200

-1.200

MISE
2501

Legge n. 549/1995 art. 1, co. 43
Somma da erogare a enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi.

13.819

14.360

14.318

-2.040

-2.040

-2.040

MISE
7350

D.L. n. 66/2014 art. 22-bis, co. 1
Zone franche urbane

75.000

100.000

0

0

-50.000

0

LAVORO
2232

Legge n. 147/ 2013, art. 1, co. 2
Somme da trasferire per la stabilizzazione dei collaboratori a progetto nel settore dei servizi di call center

7.286

7.511

0

-2.000

-2.000

0

LAVORO
5062

D.Lgs. n. 198/2006, art. 44
Finanziamento dei progetti di azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro

151

88

97

-151

-88

-97

MIT
1962

Legge n. 388/2000, art. 145, co. 40
Spese destinate al settore marittimo e della nautica da diporto per il finanziamento di programmi e progetti di studio, ricerca e innovazione

97

100

100

-97

-100

-100

MIT
7604

Legge n. 147/2013, art. 1, co. 38
Contributi alle imprese di costruzione navale per progetti innovativi di prodotti e processi nel campo navale avviati nel 2012 e 2013 ai sensi della disciplina europea degli aiuti di stato alla costruzione navale n. 2011/c364/06

4.639

4.694

4.680

-4.639

-4.694

-4.680

MIPAAF
1477

Legge n. 267/1991 art. 1, co. 1
Spese a favore delle associazioni di categoria e organismi specializzati per la realizzazione di programmi di sviluppo del settore della pesca ed in particolare nel campo della formazione, informazione e qualificazione professionale

2.851

2.892

3.225

-1.000

-1.000

-1.000

MIPAAF
1974

D.L. n. 182/2005, art. 2, co. 5
Contributi alle organizzazioni nazionali delle cooperative agricole per l'attuazione di iniziative di rilevamento ed elaborazione di informazioni congiunturali e strutturali delle filiere direttamente gestite dai produttori agricoli da realizzare anche attraverso l'osservatorio della cooperazione agricola

191

193

193

-191

-193

-193

MIPAAF
1482

D.Lgs. n. 226/2001 art. 10, co. 1-bi
Spese a favore degli imprenditori ittici e delle aziende che svolgono attività connesse a quelle di pesca

550

558

556

-550

-558

556

MIPAAF
1500
2090
2285
2087

Legge n. 244/2007 art. 3, co. 34
Contributi ad enti, istituti ed organismi specializzati per la realizzazione di indagini, studi e ricerche, anche in campo giuridico, riguardanti l'agricoltura, l'agroartigianato e l'agroindustria

6.461

6.240

6.222

-2.063

-2.049

-2.047

MIPAAF
7080
7094

Legge n. 267/1991 art. 1, co. 1
Spese per lo svolgimento di campagne di educazione alimentare per la pesca marittima; contributi per iniziative a sostegno dell'attività ittica; spese per incentivi alla cooperazione e per iniziative tendenti allo sviluppo dell'associazionismo, compreso l'adeguamento ed il potenziamento delle strutture immobiliari

2.621

2.529

2.522

-1.915

-1.733

-1.727

MIPAAF
7715

Legge n. 423/1998, art. 3, co. 1
Contributi alle associazioni di allevatori per l'attuazione dei programmi relativi al potenziamento dell'attività di miglioramento genetico del bestiame, la tenuta dei libri genealogici e per la realizzazione e gestione dei centri genetici ed altre strutture zootecniche di supporto all'attività di miglioramento genetico

1.303

1.256

1.252

-989

-945

-941

MIBACT
8610
8770

Legge 662/1996, a. 3, co. 83
Interventi e contributi alle attività cinematografiche e al settore dello spettacolo, nonché alle esigenze della società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo "Arcus s.p.a."

4.000

3.804

3.804

-1.000

-2.296

-2.296

 


 

Articolo 19, comma 2
(Trasferimento ad ENAV oneri di navigazione aerea)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 19 pone a carico delle risorse riscosse dall’ENAV (Ente nazionale assistenza al volo) per i servizi di rotta[71] svolti a favore del traffico aereo civile una serie di oneri connessi alla navigazione aerea ed attualmente posti a carico degli stanziamenti del Ministero dell’economia per i contratti di servizio con ENAV. In base alla relazione tecnica la disposizione determina minori oneri per lo Stato pari a 16,357 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015.

Viene infatti modificato l’articolo 5, comma 10, del decreto-legge n. 77/1989[72] che appunto, nel testo vigente, prevede che ad alcuni oneri posti a carico dello Stato ai sensi del precedente comma 8 si faccia fronte nei limiti degli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze destinati ai Contratti di servizio e di programma dell'ENAV s.p.a..

 

Gli oneri in questione sono quelli relativi a:

§  il mancato gettito delle tasse aeroportuali per gli aeromobili che ne sono esenti;

§  il mancato gettito derivante dalla facoltà di ridurre fino al 50 per cento la tassa di terminale ai sensi del comma 5 dell’articolo 5 (facoltà abrogata dall’art. 4, comma 41, lettera b) della legge 183/2011, legge di stabilità 2013);

§  la differenza tra le tasse applicate ed i costi sostenuti in relazione alla gradualità delle tasse stesse di cui al comma 7.

 

La disposizione del decreto-legge n. 77/1989, come modificata dall’articolo 4, comma 41, della legge di stabilità 2012 (legge n. 183/2011), prevede anche che gli stanziamenti in questione non possano essere superiori, per l'anno 2012, ad euro 60.173.983 e, a decorrere dall'anno 2013, ad euro 18.173.983.

La disposizione precisa che tali oneri saranno ora posti a carico delle risorse relative alle tariffe di rotta che ENAV, ai sensi del decreto del Ministro del tesoro 5 maggio 1997, riceve direttamente da Eurocontrol, il sistema comune di calcolo delle tariffe di rotta, stabilito dalla convenzione internazionale di cooperazione per la sicurezza della navigazione aerea, cui l’Italia ha aderito con la legge n. 575/1995.

 

Si ricorda che l’attività svolta dall’ENAV è indirizzata con contratti di programma e di servizio ed è finanziata mediante le tariffe aeree di rotta e di terminale, corrisposte dai Vettori. Il contratto di programma 2007-2009 è stato sottoposto al parere delle competenti Commissioni parlamentari: la IX Commissione della Camera dei deputati ha reso parere favorevole nella seduta del 21 dicembre 2011. Il contratto di servizio, in base all’art. 9 della legge n. 665/1996, ha durata almeno triennale e regola le prestazioni e definisce i servizi di rilevanza sociale che l'ENAV è tenuto ad erogare in condizioni di non remunerazione dei costi e ne stabilisce i corrispettivi economici e le modalità di erogazione; definisce altresì gli standard di sicurezza e di qualità dei servizi erogati, anche in base alla normativa comunitaria; definisce le sanzioni per i casi di inadempienza. Sullo schema di contratto di servizio non è previsto il parere parlamentare. L’ultimo contratto di servizio stipulato è quello relativo al periodo 2007-2009.

Il CIPE nella seduta del 1° agosto 2014 ha espresso parere favorevole sui Contratti di Programma e di Servizio tra ENAV e Ministeri delle infrastrutture e trasporti, dell'economia e delle finanze e della difesa per gli anni 2010-2012 e 2013-2015.

 

Si ricorda inoltre che nella riunione del 16 maggio 2014 il Consiglio dei ministri ha approvato definitivamente il D.P.C.M. che determina i criteri per la privatizzazione e le modalità di alienazione della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale di ENAV s.p.a., fino al 49%. Il decreto non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale; esso prevede comunque la cessione di una quota che assicuri il mantenimento in capo allo Stato di una quota di controllo assoluto (51%). Per assicurare la massima flessibilità al Ministero dell'Economia e delle finanze nel processo di vendita, lo schema di decreto prevede che l'operazione potrà essere effettuata anche in più fasi, ricorrendo, anche congiuntamente, a un'offerta pubblica di vendita (rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia, inclusi i dipendenti di Enav e delle sue controllate, e/o a investitori italiani e istituzioni), e/o a una trattativa diretta da realizzare attraverso procedure competitive e comunque assicurando che non insorgano situazioni di conflitti di interessi. Anche per Enav sono previsti incentivi per i dipendenti in caso di offerta pubblica di vendita. La delibera del Consiglio dei Ministri prevede comunque l'offerta pubblica quale percorso prioritario da perseguire, in presenza di un adeguato contesto di mercato.


 

Articolo 19, comma 3
(Rottamazione veicoli)

 

 

L’articolo 19, comma 3, limita al solo anno 2014 la fruizione degli incentivi per la rottamazione dei veicoli meno inquinanti, che era stata prevista, anche per l’anno 2015, dal D.L. n. 83 del 2012. In base alla relazione tecnica, dalla disposizione derivano minori oneri per il bilancio dello Stato per 40.096 milioni di euro nel 2015.

Il comma 3 modifica a tal fine l’articolo 17-undecies del D.L. n. 83, che ha istituito il Fondo per l’erogazione dei contributi statali, per l’acquisto di veicoli a basse emissioni complessive, nello stato di previsione della spesa del Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015 (successivamente ridotta a di 45 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015).

Con la modifica del comma 3 in commento viene eliminato il riferimento all’anno 2015 nel comma 1 dell’art. 17-undecies. Analoga modifica viene apportata al comma 6 dell’art. 17-undecies, sopprimendo il riferimento all’anno 2015, nella disposizione che stabiliva che per i successivi anni 2014 e 2015, la ripartizione delle risorse fosse effettuata, entro il 15 gennaio di ciascun anno, con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, sulla base della dotazione del Fondo e del monitoraggio degli incentivi relativo all'anno precedente.

 

Si ricorda che la fruizione degli incentivi è disciplinata dall’articolo 17-decies del D.L. n. 83, che ha istituito un programma triennale di incentivazione per l’acquisto di tutte le tipologie di veicoli aziendali (autovetture, veicoli commerciali, ciclomotori, motocicli e quadricicli), purché destinati all’esercizio di impresa o ad uso pubblico e a condizione che venisse rottamato un veicolo obsoleto, della stessa categoria, avente almeno 10 anni di anzianità, ovvero anche senza rottamazione ma nel caso di acquisto di veicoli aventi emissioni particolarmente basse (< 95g/km). E’ infatti previsto che il contributo spettasse per i veicoli acquistati e immatricolati tra il 1° gennaio 2013 e il 31 dicembre 2015, e fosse concesso ad una serie di condizioni, indicate nel comma 2.

 

Si segnala quindi la necessità di modificare, per coordinamento, anche il comma 1 dell’art. 17-decies, che prevede che il contributo spetti anche per il 2015.

 

Il decreto attuativo che ha stabilito le modalità di fruizione degli incentivi è stato emanato con decreto del Ministro dello Sviluppo economico 11 gennaio 2013 ed ha previsto tra l’altro che per la gestione dei contributi il Ministero dello sviluppo economico si avvalga di un apposito sistema informatico la cui realizzazione e gestione è affidata con convenzione ad una società in house, ovvero tramite gara a società o enti in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà. È stata infatti realizzata un’apposita piattaforma on line all’indirizzo www.bec.mise.gov.it per la prenotazione dei contributi ed il monitoraggio delle risorse disponibili.

Si ricorda infatti che il comma 5 dell’art. 17-undecies consentiva al Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, di avvalersi di società in house o di società o enti, in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà, per la gestione delle agevolazioni, al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa, attraverso il tempestivo monitoraggio delle disponibilità del Fondo. Si prevedeva la stipula di una convenzione e la selezione del soggetto mediante gara, da svolgere secondo le previsioni del Codice dei contratti pubblici, i cui costi gravassero sul Fondo di cui al comma 1, nella misura massima dell’1 per cento.

 

Si segnala che l’art. 39 del D.L. n. 133 del 2014 (c.d. “Sblocca Italia”), attualmente all’esame del Parlamento per la conversione, prevede una revisione dei criteri per la fruizione degli incentivi per l’acquisto di veicoli a basse emissioni complessive, attraverso una serie di modifiche puntuali alle disposizioni del D.L. n. 83 del 2012, in quanto la fruizione dei contributi all’acquisto dei veicoli ha evidenziato alcune complessità normative e di attuazione che ne hanno impedito un utilizzo più ampio.

 

Il monitoraggio effettuato sulla fruizione dei contributi ha evidenziato un utilizzo delle risorse, al dicembre 2013, per circa 5 milioni di euro, pari al 12% delle risorse disponibili.


 

Articolo 19, commi 4-7
(Parco rotabile trasporto pubblico locale)

 

 

I commi da 4 a 7 dell’articolo 19 introducono procedure e requisiti per l’accesso alle risorse stanziate dal comma 83 dell’articolo unico della legge di stabilità 2014 (L. n. 147/2013) per il rinnovo dei parchi automobilistici e ferroviari destinati al trasporto pubblico locale.

Si ricorda che la citata disposizione della legge di stabilità 2014 ha stanziato 300 milioni per il 2014 e 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016. La tabella E del disegno di legge di stabilità prevede poi un rifinanziamento del relativo capitolo per 500 milioni di euro per il 2015 (cfr. la relativa scheda).

In particolare, il comma 5 rimette ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e sentita la Conferenza Stato-regioni la ripartizione delle risorse. In tale ripartizione dovranno essere seguiti i seguenti criteri:

§  maggiore carico medio per servizio effettuato;

§  condizioni di vetustà degli attuali parchi veicolari;

§  graduatoria su base regionale dei soggetti direttamente beneficiari dell’erogazione del contributo.

 

Il comma 5 rimette anche al decreto ministeriale, più in generale, la definizione “delle modalità di attuazione del presente articolo”. In realtà si dovrebbe fare riferimento alle modalità di attuazione dei commi da 4 a 7.

 

Si ricorda che attualmente il comma 83 dell’articolo unico della legge di stabilità 2014 richiama come criteri per la ripartizione il maggiore carico medio per servizio effettuato, nonché i seguenti ulteriori criteri indicati dal comma 1032 dell’articolo unico della legge finanziaria 2007 (L. n. 296/2006):

§  priorità al completamento dei programmi finanziati con la legge n. 194/1998 (Interventi nel settore dei trasporti)[73], e con la legge n. 211/1992 (Interventi nel settore del trasporto rapido di massa)[74];

§  condizioni di vetustà degli attuali parchi veicolari;

§  congruenza con le effettive esigenze di domanda di trasporto.

In sostanza, quindi, rispetto alla normativa vigente viene meno il riferimento al completamento dei programmi finanziati con la legge n. 194/1998 e con la legge n. 211/1992 e alla congruenza con le effettive esigenze di domanda di trasporto e viene inserito il riferimento alla graduatoria da effettuare su base regionale.

 

In base al comma 6, con il decreto saranno stabilite anche le modalità di revoca e di successiva riassegnazione delle risorse.

 

Il comma 7 autorizza le regioni e le province autonome a richiedere al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di assumere le funzioni di centro unico di acquisto, indicando le tipologie dei veicoli alla luce delle risorse assegnate a ciascuna regione in sede di riparto.


 

Articolo 19, commi 8-10
(Lotti costruttivi rete ferroviaria)

 

 

I commi da 8 a 10 dell’articolo 19 definiscono la strategia di sviluppo della rete ferroviaria per il periodo 2015-2017. In particolare il comma 8 prevede che tale strategia persegua i seguenti assi di intervento:

§  manutenzione straordinaria della rete ferroviaria nazionale;

§  sviluppo investimenti grandi infrastrutture.

 

Ciò, precisa la disposizione, in coerenza ed attuazione dei contratti di programma parte investimenti 2012-2016 e parte servizi 2012-2014 di RFI e in ottemperanza a quanto disposto dalla direttiva 2012/34/UE.

 

Al riguardo, si ricorda che:

§  la suddivisione del contratto di programma, che regola i rapporti tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il concessionario per la gestione della rete ferroviaria nazionale, la società RFI Spa, in questi due atti distinti è stata richiesta dalla delibera CIPE n. 4/2012 del 20 gennaio 2012; il contratto di programma parte servizi disciplina la manutenzione ordinaria e straordinaria della rete ferroviaria, e le attività di safety, security e navigazione ferroviaria; il contratto di programma parte investimenti disciplina la realizzazione degli investimenti per l'infrastruttura ferroviaria;

§  il contratto di programma parte servizi 2012-2014 è stata approvato con Delibera CIPE n. 22 del 18 marzo 2013 e sullo schema di Contratto le Competenti Commissioni parlamentari hanno espresso parere: la IX Commissione Trasporti della Camera ha espresso il 19 novembre 2013 parere favorevole con condizioni e osservazione; il contratto prevede stanziamenti complessivi, per il triennio 2012-2014 pari a 4.575 milioni di euro;

§  per quanto concerne invece il contratto di programma parte investimenti 2012-2016 l’articolo 1, comma 10 del decreto-legge n. 133/2014 ne ha previsto l’approvazione ex lege, in deroga alla procedura generale della legge n. 238/1993 che prevede l’acquisizione del parere delle competenti commissioni parlamentari. Nel corso dell’iter di conversione del provvedimento, ancora non concluso, la Camera ha però modificato la norma, reintroducendo il parere delle competenti commissioni parlamentari, da rendere sullo schema di decreto che approva il contratto entro 30 giorni dalla trasmissione (il decreto dovrà essere comunque approvato entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione);

§  la direttiva 2012/34/UE ha provveduto alla rifusione delle direttive del cd. “primo pacchetto ferroviario” (direttive 91/440/CEE, 95/18/CE, 2001/14/CE). La rifusione non ha mutato sostanzialmente l’impianto normativo esistente. Tra le novità si segnalano però: 1) il rafforzamento dei poteri dei regolatori nazionali e la costituzione di una rete europea dei regolatori; 2) la pubblicazione di un prospetto informativo di rete in almeno due lingue ufficiali dell’Unione europea; 3) la pubblicazione, da parte degli Stati membri, di una strategia indicativa di sviluppo dell’infrastruttura ferroviaria almeno quinquennale (è a questo ultimo punto che la disposizione in commento sembra dunque fare riferimento, anche se il periodo di riferimento è triennale e non quinquennale).

 

Il comma 9 prevede specifiche modalità per l’approvazione, da parte del CIPE, dei progetti inclusi nel programma di investimento “sviluppo investimenti grandi infrastrutture”.

La disposizione in particolare è finalizzata a garantire la continuità dei lavori delle seguenti tratte, autorizzate o in corso di autorizzazione con la procedura dei c.d. lotti funzionali (prevista dai commi 232-234 dell'art. 2 della L. 191/2009):

§  tratte Brescia-Verona-Padova della linea ferroviaria AV/AC Milano-Venezia;

§  tratta Terzo valico dei Giovi della Linea AV/AC Milano-Genova;

§  tratte del nuovo tunnel ferroviario del Brennero.

§    

A tal fine viene infatti stabilito che il CIPE può approvare i progetti preliminari delle opere anche nelle more del finanziamento della fase realizzativa ed i relativi progetti definitivi a condizione che sussistano disponibilità finanziarie sufficienti per il finanziamento di un primo lotto costruttivo di valore non inferiore al 10% del costo complessivo delle opere.

Il comma 232 dell’art. 2 della L. n. 191/2009 ha previsto l’individuazione, con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di specifici progetti prioritari ricompresi nei corridoi europei TEN-T e inseriti nel Programma delle infrastrutture strategiche (PIS), aventi costi e tempi di realizzazione superiori, rispettivamente, a 2 miliardi di euro e a quattro anni dall’approvazione del progetto definitivo e non suddivisibili in lotti funzionali di importo inferiore a 1 miliardo di euro. Per tali interventi il medesimo comma ha stabilito che il CIPE può autorizzare, per un importo complessivo residuo da finanziare, relativo all’insieme dei progetti prioritari individuati, non superiore a 10 miliardi di euro, l’avvio della realizzazione del relativo progetto definitivo per lotti costruttivi individuati dallo stesso CIPE, subordinatamente ad una serie di condizioni, tra cui quella che il costo del lotto costruttivo autorizzato deve essere integralmente finanziato e deve esservi copertura finanziaria per almeno il 20% del costo complessivo dell’opera. A tale condizione è possibile derogare, in casi di particolare interesse strategico, con l’emanazione di apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che può consentire l’utilizzo della procedura di cui al comma 232 anche in caso di copertura finanziaria con risorse che, alla data dell’autorizzazione del primo lotto, costituiscono almeno il 10% del costo complessivo dell’opera.

Il successivo comma 233 dispone che con l’autorizzazione del primo lotto costruttivo, il CIPE assume l’impegno programmatico di finanziare l’intera opera o di corrispondere l’intero contributo finanziato e successivamente assegna, in via prioritaria, le risorse che si rendono disponibili in favore dei progetti di cui al comma 232, allo scopo di finanziare i successivi lotti costruttivi fino al completamento delle opere, tenuto conto del cronoprogramma.

Il comma 234 prevede che nell’Allegato Infrastrutture al DEF venga data distinta evidenza degli interventi assoggettati alla procedura introdotta dai commi 232-233.

In attuazione di tale disposizione, nell’allegato infrastrutture alla nota di aggiornamento del DEF presentato il 3 ottobre scorso (Doc. LVII, n. 2-bis, allegato III), a pag. 249 è esposta una tabella che indica lo stato di avanzamento degli interventi. Con riferimento alle opere contemplate dal comma in esame si fa notare che per il Terzo Valico dei Giovi viene riportata una percentuale di avanzamento dei lavori pari al 100%, mentre tale percentuale nella Tabella 0 del medesimo allegato (che contiene il complesso delle opere del PIS) è riferita solo al 1° lotto costruttivo e al contabilizzato pregresso. Ulteriori discrasie rispetto alla tabella 0 si riscontrano con riferimento alle risorse disponibili del Terzo Valico dei Giovi (1.787 milioni nello stato di avanzamento per lotti, 1.700 milioni nella Tabella 0), nonché della linea AV/AC Brescia-Verona (768 milioni nello stato di avanzamento per lotti, 848 milioni nella Tabella 0).

Per un approfondimento relativo alle singole opere si rinvia alle seguenti schede, tratte dall’8° Rapporto per la VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici redatto dal Servizio studi, su Le infrastrutture strategiche in Italia: l’attuazione della “legge obiettivo” del febbraio 2014:

§  scheda n. 3, relativa alla galleria del Brennero;

§  scheda n. 5, relativa all’AV/AC Milano-Verona, e scheda n. 7, relativa all’AV/AC Verona-Padova;

§  scheda n. 39, relativa al Terzo valico dei Giovi.

 

Il comma 10 prevede che, relativamente ai programmi della strategia di sviluppo della rete ferroviaria di cui al comma 8, RFI relazioni al Ministero vigilante per la trasmissione al CIPE, entro il mese di giugno di ciascun anno e a consuntivo per le attività dell’anno precedente, in ordine alle risorse finanziarie effettivamente contabilizzate per gli investimenti, all’avanzamento lavori e alla consegna all’esercizio degli investimenti completati per ciascun programma di investimento e agli eventuali scostamenti registrati.

In base al comma 10 la previsione della relazione è stabilita anche in ottemperanza dell’articolo 4 del contratto di programma parte investimenti tra Ministero e RFI.

Si ricorda che il contratto di programma parte investimenti tra Ministero e RFI 2012-2016 è stato sottoscritto l’8 agosto 2014 e, in base all’articolo 1, comma 10, del D.L. n. 133/2014, come modificato dalla legge di conversione, dovrà essere approvato, entro 60 giorni dalla legge di conversione medesima, con decreto ministeriale previa espressione del parere delle competenti Commissioni parlamentari.

Sulla base del testo del contratto disponibile sul sito del Ministero delle infrastrutture l’articolo 4 del contratto definisce gli obblighi del gestore. Tra questi rientrano l’attuazione dei Piani di potenziamento e di sviluppo dell’infrastruttura ferroviaria secondo criteri di compatibilità con l’ambiente, l’assicurazione di un continuo flusso di dati informativi al Ministero delle infrastrutture e l’adozione di misure più appropriate per conseguire la maggiore riduzione dei tempi e dei costi.

Si segnala che il comma 3 dell’articolo 4 del contratto prevede una relazione di contenuto analogo a quella prevista dal comma 10 in esame.


 

Articolo 19, comma 11
(Riduzione crediti di imposta)

 

 

Il comma 11 prevede l’adozione, entro il 30 gennaio 2015, di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, con cui sono stabilite, per ciascuno dei crediti d’imposta di cui all’elenco n. 1 allegato alla legge di stabilità, le quote percentuali di fruizione dei crediti d’imposta, in maniera tale da assicurare effetti positivi sui saldi di finanza pubblica non inferiori a 16,335 milioni per il 2015 e a 38,690 milioni a decorrere dal 2016.

 

 

Elenco n. 1

 

 

 

 

Bil.

Riduzioni

Norma

Oggetto

Cap.

2015

2015

2016 e ss


D.L n. 989/1964, tab. A, punto 13

Rimborso parziale dell'accisa sulla benzina e sul GPL per autovetture in servizio pubblico di piazza

3816 MEF

21,250

10,500

10,500

Legge n. 448/1998, art. 8, co. 10, lettera c);

Legge n. 203/2008, art. 2, co. 12;

Gasolio e GPL impiegati per riscaldamento in aree geograficamente o climaticamente svantaggiate

3878 MEF

26,605

0

26,605

Legge n. 388/2000, art. 13

Credito d'imposta agevolazione nuove iniziative imprenditoriali (acquisto PC)

7802 MEF

0,085

0,085

0,085

Legge n. 289/2002, art. 61, co. 13

Credito d’imposta investimenti in campagne pubblicitarie localizzate in determinate aree del Paese

3884 MEF

0

0

0

D.L. n. 269/2003, art. 50, co. 6 e 13-bis

Credito d’imposta a favore delle farmacie pubbliche e private per acquisto di software

 

0

0

0

D.L. n. 179/2012, art. 11-bis, co. 1

Credito imposta opere ingegno digitali

7769 MEF

4,250

4,250

0

Legge n.62/2001, art. 8

Credito imposta investimenti imprese prodotti editoriali

7804 MEF

1,500

1,500

1,500

 

TOTALE RIDUZIONI

 

53,690

16,335

38,690

 

 

Si ricorda che una analoga disposizione era contenuta nella legge di stabilità 2014, che, all’articolo 1, commi 577-580, aveva previsto l’emanazione di un D.P.C.M., con cui stabilire, per ciascuno dei crediti d’imposta indicati all’elenco n. 2 allegato alla legge stessa, le percentuali di fruizione dei crediti d’imposta in misura pari ad almeno l’85 per cento di quanto spettante sulla base della normativa vigente. Dall’attuazione di tali norme derivano effetti positivi sul saldo netto da finanziare (214 milioni di euro per il 2014 e 294,5 milioni di euro a decorrere dal 2015) e su fabbisogno e indebitamento netto (87 milioni di euro per il 2014 e a 197 milioni di euro a decorrere dal 2015

Tale norma è stata attuata con il D.P.C.M. 20 febbraio 2014. In particolare, dal 1° gennaio 2014 sono state rideterminate, in modo da ridurre del 15 per cento l'importo agevolato calcolato secondo le disposizioni istitutive e attuative di ciascun incentivo, le seguenti agevolazioni:

a)   credito d’imposta a favore degli esercenti delle sale cinematografiche (art. 20 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 60);

b)   credito d'imposta in favore dei gestori di reti di teleriscaldamento alimentati con biomassa nei comuni situati in specifiche zone climatiche e con energia geotermica per il recupero dell'importo del contributo statale riconosciuto al consumatore finale come “sconto fiscale” per l'energia prodotta (art. 2, comma 12, della legge 22 dicembre 2008, n. 203);

c)   credito d'imposta nella misura del 40% della parte del prezzo unitario d'acquisto dell'apparecchiatura informatica per la connessione con il sistema informativo dell'Agenzia delle entrate per le persone fisiche che hanno optato per il regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo, avvalendosi dell'assistenza fiscale dell'Agenzia stessa (cd. tutoraggio) (art. 13 della legge 23 dicembre 2000, n. 388);

d)   riduzioni delle aliquote di accisa sul gasolio, sulla benzina, sul gas di petrolio liquefatti e sul gas naturale impiegati come carburanti per l'azionamento delle autovetture da noleggio da piazza, compresi i motoscafi che in talune località sostituiscono le vetture da piazza e quelli lacuali, adibiti al servizio pubblico da banchina per il trasporto di persone (punto 12 della Tabella A allegata al testo unico delle accise - decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504);

e)   incentivi che rivestono, per il consumatore finale, la forma di “sconto fiscale” e, per le imprese costruttrici o importatrici nonché per gli installatori di impianti di alimentazione a gas metano o a GPL, quella di credito d'imposta, per l'acquisto di autoveicoli elettrici, a metano o a GPL, motocicli e ciclomotori elettrici e biciclette a pedalata assistita ovvero per l'installazione di un impianto alimentato a metano o GPL (art. 1 del decreto-legge 25 settembre 1997, n. 324.


 

Articolo 20, comma 1
(Riduzione di trasferimenti ad enti)

 

 

L’articolo 20, al comma 1, dispone la riduzione dei trasferimenti dal bilancio dello Stato in favore di enti e organismi pubblici indicati nell’allegato 6 al disegno di legge in esame, per un importo complessivo pari a 22 milioni per il 2015 e a 21,7 milioni a decorrere dal 2016.

Nella colonna “BLV 2015” sono riportati gli stanziamenti di bilancio dei capitoli interessati dalle riduzioni, come indicati nella Relazione tecnica.

 

Si segnala che diverse voci ricomprese nel presente allegato 6 sono esposte nella Tabella C della legge di stabilità, che ne definisce lo stanziamento annuale.

Per alcune di queste (nello specifico, AGEA, ENEA, ISPRA) la Tabella C determina ulteriori variazioni dei finanziamenti.

 (dati in migliaia di euro)

Ministero capitolo

Denominazione

BLV
2015

Riduzione 2015

Riduzione 2016

Riduzione 2017 e ss

MEF

1262

Spese di funzionamento del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria

3.375,2

300,0

300,0

300,0

MEF

1560

CONSOB

337,8

200,0

200,0

200,0

MEF

1525

Assegnazione all'agenzia per le erogazioni in agricoltura (A.G.E.A.) [75]

102.271,4

3.000,0

3.000,0

3.000,0

MEF

1680

Spese di funzionamento dell'Istituto nazionale di statistica

36.320,0

2.000,0

2.000,0

2.000,0

MEF

1707

Spese di funzionamento dell'Agenzia per l'Italia digitale

2.737,1

200,0

200,0

200,0

MEF

1733

Spese di funzionamento dell'ufficio del Garante per la tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali

7.376

500,0

500,0

500,0

MEF

2116

Somma da assegnare all'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle pubbliche amministrazioni

2.725,2

100,0

100,0

100,0

MEF

2118

Spese di funzionamento dell'ufficio dell'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza

922,1

50,0

50,0

50,0

MEF

3901

Somma da erogare all'ente pubblico economico "Agenzia del demanio"

35.581,4

500,0

500,0

500,0

MEF

3920

Somma occorrente per far fronte agli oneri di gestione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli

184.859,3

1.000,0

1.000,0

1.000,0

MEF

5200

Somma da corrispondere al centro di formazione e studi - FORMEZ - per le esigenze di funzionamento e per la quota di associazione

4.986,3

1.000,0

1.000,0

1.000,0

MEF

5217

Fondo occorrente per il funzionamento della Scuola nazionale della pubblica amministrazione

1.438,1

50,0

50,0

50,0

MEF

5223

Spese di funzionamento dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni - ARAN

3.906,0

200,0

200,0

200,0

MEF

7380

Somme da assegnare per la valorizzazione dell'Istituto italiano di tecnologia

95.578,6

3.000,0

3.000,0

3.000,0

MISE

2530

Spese di funzionamento dell'Agenzia - ICE per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane

14.804,2

1.000,0

1.000,0

1.000,0

MISE

2535

Fondo da assegnare all'Agenzia per la promozione all'estero, l'internazio-nalizzazione delle imprese italiane e l'attrazione degli investimenti esteri.

19.107,5

550,0

550,0

550,0

MISE

7630

Spese per il funzionamento dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (E.N.E.A.)[76]

128.004,3[77]

583,0

583,0

583,0

LAVORO

7682

Finanziamento delle attività di formazione professionale - spese funzionamento ISFOL

5.224,6

500,0

500,0

500,0

ESTERI

2201

Contributo all'Istituto agronomico per l'oltremare - spese di funzionamento.

370,2

10,0

10,0

10,0

ESTERI

2741

Contributo al Collegio del mondo unito dell'Adriatico con sede in Duino.

772,9

23,2

22,4

22,3

ESTERI

2761

Assegni agli Istituti italiani di cultura all'estero

12.753,5

400,0

400,0

400,0

ESTERI

3751

Contributo speciale a favore dell'Istituto italo-latino-americano

1.702,0

50,0

50,0

50,0

MIUR

1261

Contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi

1.478,0

171,8

171,8

171,8

MIUR

1688

Somma da trasferire all'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca per il proprio funzionamento

3.733,4

112,0

112,1

112,3

MIUR

7235

Somma occorrente per il finanziamento della Scuola sperimentale di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute GSSI

12.000,0

360,0

-

-

MIUR

1678

Contributo dello Stato alle spese di gestione del programma nazionale di ricerche aerospaziali (PRORA)

22.407,1

500,0

500,0

500,0

MIUR

1678

Contributo dello Stato alle spese complessive necessarie alle esigenze del laboratorio di luce di sincrotone di Trieste e di Grenoble

20.056,2

500,0

500,0

500,0

INTERNO

2961

Contributo all'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata per le spese di funzionamento

745,5

50,0

50,0

50,0

AMBIENTE

8831

Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale [78]

19.848,0

600,0

600,0

600,0

AMBIENTE

1531

Contributo da erogare all'Ente geopaleontologico di Pietraroia

243,0

10,0

10,0

10,0

AMBIENTE

1531

Somma da assegnare al parco geominerario della Sardegna

1.657,6

90,0

90,0

90,0

AMBIENTE

1552

Enti parco

71.957,7

1.000,0

1.000,0

1.000,0

MIT

1921

Somme da trasferire all'Ente nazionale per l'aviazione civile - ENAC

1.152,2

1.000,0

1.000,0

1.000,0

MPAAF

2200

Somma da erogare a enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi.

471,9

50,0

50,0

50,0

MPAAF

2083

Contributi da assegnare al Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura

5.568,4

1.000,0

1.000,0

1.000,0

MIBACT

6821

Spese di funzionamento dell' E.N.I.T. - Agenzia nazionale del turismo

2.380,4

300,0

300,0

300,0

MIBACT

6823

Somma da erogare a favore della Fondazione di studi universitari e di perfezionamento sul turismo

2.000,0

100,0

100,0

100,0

SALUTE

3398

Spese per il funzionamento e per la ricerca della Fondazione istituto mediterraneo di ematologia (IME)

5.201,5

100,0

100,0

100,0

SALUTE

3412

Somma da erogare a enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi.

3.261,6

100,0

100,0

100,0

SALUTE

3443

Spese di funzionamento per le attività dell'istituto superiore di sanità

9.400,9

500,0

500,0

500,0

SALUTE

3457

Spese di funzionamento per le attività dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali

400,4

200,0

200,0

200,0

SALUTE

3458

Fondo per gli oneri di gestione dell'Agenzia italiana del farmaco

578,3

100,0

100,0

100,0

TOTALE

849.695,6

22.060,0

21.699,3

21.699,4

 


 

Articolo 20, comma 2
(Dismissione partecipazioni RAI - Stralciato)

 

Il comma 2 dell’articolo 20 è stato stralciato, ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di stabilità.

 


 

Articolo 21, commi 1-3
(Proroga del blocco della contrattazione e degli
incrementi stipendiali nel pubblico impiego)

 

 

L’articolo 21 detta norme per il contenimento delle spese di personale nel settore del pubblico impiego.

 

Il comma 1 proroga fino al 31 dicembre 2015 il blocco economico della contrattazione nel pubblico impiego, già previsto fino al 31 dicembre 2014 dall’articolo 9, comma 17, secondo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, con conseguente slittamento del triennio contrattuale dal 2015-2017 al 2016-2018.

L'articolo 9, comma 17, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78[79], prevede che si dà luogo alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013 e 2014 del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche per la sola parte normativa e senza possibilità di recupero per la parte economica. Si ricorda che il blocco della contrattazione nel pubblico impiego, per la parte economica, è operante dal 2010.

 

Il comma 2 estende fino al 2018 l’efficacia della norma che prevede che l'indennità di vacanza contrattuale[80] da computare quale anticipazione dei benefìci complessivi che saranno attribuiti all'atto del rinnovo contrattuale è quella in godimento al 31 dicembre 2013.

L’articolo unico, comma 452, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014), ha previsto che per il triennio 2015-2017, l'indennità di vacanza contrattuale per i dipendenti pubblici, da computare quale anticipazione dei benefici complessivi da attribuire all'atto del rinnovo contrattuale[81], sia quella fissata agli importi in godimento al 31 dicembre 2013, ai sensi dell'articolo 9, comma 17, del D.L. n. 78/2010 (che ha congelato tale importo a quello in godimento nel 2010).

Si ricorda, altresì, che con il D.P.R. n. 122/2013 (emanato in attuazione dell’art. 16, comma 1, del D.L. n. 88/2011), è stato previsto il blocco, facendo salva l'erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale (IVC) negli importi in atto (corrisposti ai sensi dell'articolo 9, comma 17, del D.L. n. 78/2010), per il biennio 2013-2014, degli incrementi di tale indennità, prevedendo altresì che essa, con riferimento al nuovo triennio contrattuale 2015-2017, venga calcolata, senza riassorbimento dei predetti importi, secondo le modalità e i parametri individuati dai protocolli e dalla normativa vigenti.

 

Il comma 3 proroga fino al 31 dicembre 2015 le disposizioni di cui all’articolo 9, comma 21, primo e secondo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, da ultimo prorogate, per l’anno 2014 dal D.P.R. n. 122 del 2013[82].

 

Pertanto, in virtù di tale disposizione, anche per l’anno 2015 nei confronti del personale non contrattualizzato in regime di diritto pubblico di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 165/2001[83] non si applicano i meccanismi di adeguamento retributivo così come previsti dall’articolo 24 della legge n. 448 del 1998[84].

Inoltre, lo stesso anno non è utile ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio, correlati all’anzianità di servizio, che caratterizzano il trattamento economico del personale di cui al richiamato articolo 3 del D.Lgs. 165/2001.

 

Riprendono, invece, efficacia le disposizioni di cui al terzo e quarto periodo del comma 21 dell’articolo 9 del richiamato decreto legge n. 78 del 2010 concernenti il blocco degli effetti economici delle progressioni di carriera per il personale contrattualizzato e non contrattualizzato, che erano state anch’esse prorogate, per l’anno 2014, dal D.P.R. n. 122 del 2013.

 

Per effetto di quanto previsto dal comma 3 in esame, la proroga al 31 dicembre 2015 non si riferisce, altresì, alle disposizioni di cui all’articolo 9, comma 1 (blocco del trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti), comma 2 (riduzione del 10% delle indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri), comma 2-bis (blocco del trattamento accessorio all’ammontare erogato nel 2010) del D.L. n.78/2010, da ultimo prorogate, per l’anno 2014 dal D.P.R. n. 122 del 2013.

 

In relazione alla proroga delle disposizioni di cui all’articolo 9, comma 21, primo e secondo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 si rileva che l’allegata relazione illustrativa sottolinea che la proroga del blocco opera “nei confronti del personale non contrattualizzato in regime di diritto pubblico (professori e ricercatori universitari, dirigenti dei corpi di polizia e delle forze armate)”. Andrebbe valutata pertanto l’opportunità di indicare in maniera puntuale l’ambito soggettivo di applicazione della norma.

 

Resta ferma l’inapplicabilità delle disposizioni in esame al personale di magistratura di cui alla legge n. 27 del 1981.

Si ricorda, infatti, che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 223/2012 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni dell’articolo 9, commi 21 e 22, relativamente al blocco degli aumenti retributivi per i magistrati.


 

Articolo 21, comma 4
(Abrogazione norme promozioni FF.AA. e corpi di polizia)

 

 

Il comma 4 dell’articolo 21 dispone l’abrogazione delle norme del Codice dell’ordinamento militare che prevedono talune promozioni conferite al personale militare all’atto della cessazione dal servizio o alla vigilia del decesso per causa di servizio (articoli 1076, 1077, 1082 e 1083 del D.Lgs. n. 66 del 2010).

È, altresì, disposta l’abrogazione del comma 260 della legge n. 266 del 2005 che prevede analoghe promozioni per Dirigenti generali e Dirigenti superiori della Polizia di Stato.

 

Nello specifico ai sensi del richiamato comma 260 della legge n. 266 del 2005 ai dirigenti generali di pubblica sicurezza con almeno quattro anni nella qualifica al momento della cessazione dal servizio sono attribuiti il trattamento di quiescenza, normale e privilegiato e l'indennità di buonuscita spettanti ai dirigenti generali di pubblica sicurezza di livello B, con analoga anzianità di servizio. Ai dirigenti superiori della Polizia di Stato con almeno cinque anni di anzianità nella qualifica sono attribuiti la promozione alla qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza, a decorrere dal giorno precedente la cessazione dal servizio.

 

In relazione al comma 4 dell’articolo 21 si segnala che secondo quanto riportato nella relazione tecnica le richiamate promozioni hanno effetti economici sia sul trattamento pensionistico che su quello di buonuscita.

Per le Forze armate, compresa l’Arma dei carabinieri, ed il Corpo della guardia di finanza, per effetto dell’omogeneizzazione stipendiale che opera sino al grado di Colonnello e gradi equivalenti, gli ufficiali in servizio beneficiano già del trattamento economico del grado superiore e, pertanto, la promozione alla vigilia non ha conseguenze economiche. Invece, per i gradi di Generale di Divisione (con promozione a Generale di Corpo d’Armata e gradi equivalenti) e Generale di Brigata (con promozione a Generale di Divisione e gradi equivalenti), la promozione alla vigilia determina l’attribuzione dei predetti benefici economici (pensione e buonuscita).

Per quanto attiene invece il personale appartenente ai ruoli dei sottufficiali la promozione alla vigilia, nella quasi totalità dei casi, non produce effetti economici in quanto al momento dell’accesso al trattamento pensionistico riveste già il grado apicale e, quindi, non è promuovibile ulteriormente.

I risparmi annui lordi, in via prudenziale, derivanti dalla soppressione dell’istituto in parola, in base ai dati del conto annuale 2012, si possono rappresentare come segue (numero di beneficiari annui complessivi nel comparto sicurezza-difesa: 30 unità, beneficio medio su buonuscita 50.000,00 euro medi pro-capite - una tantum -, beneficio su pensione 15.000,00[85] medi annui pro-capite - strutturale):

 

Economie lorde in milioni di euro

 

2015

2016

2017

2018

2019

2020

0,975

2,175

2,625

3,075

3,525

3,975


 

Articolo 21, comma 5
(Indennità di ausiliaria FF.AA. e polizia militare)

 

 

Il comma 5 prevede la riduzione, a decorrere dall’anno 2015, dell’indennità di ausiliaria per il personale in servizio permanente delle forze armate e delle forze di polizia ad ordinamento militare (dal 70 al 50 per cento della differenza tra il trattamento di quiescenza percepito e il trattamento economico spettante nel tempo al pari grado in servizio dello stesso ruolo e con anzianità di servizio corrispondente a quella effettivamente posseduta dal militare all'atto del collocamento in ausiliaria).

 

Al riguardo, si ricorda che la categoria dell'ausiliaria comprende il personale militare che a seguito di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età previsto per il grado rivestito o a domanda ha manifestato la propria disponibilità a prestare servizio nell'ambito del comune o della provincia di residenza presso l'amministrazione di appartenenza o altra amministrazione. (articolo 886 e seguenti del Codice dell’ordinamento militare, D.lgs. n. 66 del 2010). Il personale militare permane in ausiliaria:

a)  fino a 65 anni, se con limite di età per la cessazione dal servizio pari o superiore a 60 anni, ma inferiore a 62 anni;

b)  fino a 67 anni, se con limite di età per la cessazione dal servizio pari o superiore a 62 anni e, comunque, per un periodo non inferiore ai 5 anni.

Ai sensi dell’articolo 1864 del richiamato Codice, per il personale la cui pensione è liquidata in tutto o in parte con il sistema contributivo, il trattamento pensionistico da attribuire all'atto del collocamento in ausiliaria viene determinato applicando il coefficiente di trasformazione indicato nella tabella A allegata alla legge 8 agosto 1995, n. 335, come periodicamente rideterminato ai sensi dell’ articolo 1, comma 11 della stessa legge. Al termine del periodo di permanenza in tale posizione, il trattamento pensionistico viene rideterminato applicando il coefficiente di trasformazione corrispondente all'età di cessazione dall'ausiliaria.

 

Secondo quanto riportato nella relazione tecnica, “per la stima dei risparmi è stato considerato un organico complessivo di circa 300.000 unità, un tasso di cessazione del 2,5% annuo ed un beneficio medio pro capite lordo dipendente di circa 4.000,00 euro (conteggiato in base alla norma vigente – 70 per cento). Per valutare i risparmi lordi occorre tener conto che l’indennità di ausiliaria sconta gli oneri riflessi alla stregua di un trattamento di servizio, che il personale permane in tale posizione per 5 anni e che il beneficio del primo e dell’ultimo anno è ridotto alla metà”.

 

Effetti – valori in milioni di euro lordo Stato

 

Valori lordo Stato in milioni di euro

2015

2016

2017

2018

2019

2020

2021

5

15

25

35

40

40

40

 


 

Articolo 21, commi 6 e 7
(Riduzione indennità piloti e controllori di volo militari)

 

 

Il comma 6 dispone la riduzione del 50% degli importi previsti dagli articoli 1803 e 1804 del Codice dell’ordinamento militare (d.lgs. n. 66 del 2010) che regolano, rispettivamente, gli incentivi da riconoscere agli ufficiali piloti in servizio e al personale addetto al controllo del traffico aereo.

 

Ai sensi dell’articolo 1803 agli ufficiali in servizio permanente dell’Esercito italiano, della Marina militare e dell’Aeronautica militare in possesso del brevetto di pilota militare, ammessi a contrarre le ferme volontarie biennali di cui all’ articolo 966, è corrisposto, per ciascun periodo di ferma volontaria contratta, un premio nei seguenti importi:

a)  15.493,70 euro per il primo biennio da corrispondere per metà all'atto dell'assunzione della ferma e per metà dopo dodici mesi;

b)  9.296,22 euro per il secondo biennio da corrispondere in unica soluzione;

c)  11.362,05 euro per il terzo biennio da corrispondere in unica soluzione;

d)  13.427,87 euro per il quarto biennio da corrispondere in unica soluzione;

e)  15.493,70 euro per il quinto biennio da corrispondere in unica soluzione.

 

Ai sensi dell’articolo 1804 agli ufficiali e ai sottufficiali dell’Esercito italiano, della Marina militare e dell’Aeronautica militare in possesso del massimo grado di abilitazione di controllore del traffico aereo in corso di validità, ammessi a contrarre le ferme volontarie biennali di cui all’articolo 970, è corrisposto, per ciascun periodo di ferma volontaria contratta un premio nei seguenti importi:

a)  10.329,14 euro per il primo biennio, da corrispondere per metà all'atto di assunzione della ferma e per metà dopo dodici mesi;

b)  6.197,48 euro per il secondo biennio, da corrispondere in unica soluzione;

c)  7.230,40 euro per il terzo biennio, da corrispondere in unica soluzione;

d)  9.296,22 euro per il quarto biennio, da corrispondere in unica soluzione;

e)  10.329,14 euro per il quinto biennio, da corrispondere in unica soluzione.

 

Il medesimo comma 6 prevede, altresì, la riduzione del 50% del premio attualmente riconosciuto dal comma 4 dell’articolo 2161 del Codice dell’ordinamento militare agli ufficiali in servizio permanente del Corpo della guardia di finanza ammessi ai corsi di pilotaggio per il conseguimento del brevetto di pilota militare ed ammessi a contratte ferma volontaria di durata biennale.

L’entità del premio è la medesima indicata dal richiamato articolo 1803 del Codice dell’ordinamento militare.

 

Secondo quanto riportato nella relazione tecnica “l’intervento, al comma 6, si propone di ridurre alla metà, gli importi attualmente in vigore per le predette rafferme - circa 13.000 euro lordo dipendente a biennio per i piloti e 8.000 euro lordo dipendente a biennio per i controllori del traffico aereo”.

Il successivo comma 7 prevede, invece, l’abrogazione delle norme che consentono al personale posto in quiescenza di percepire in unica soluzione il valore corrispondente alle rafferme biennali non contratte per raggiungimento dei limiti di età.

 

Si tratta, in particolare, degli articoli 2261, 2262 commi 2 e 3, 2161 del Codice, concernenti, rispettivamente, il riconoscimento di:

1.   premi residuali agli ufficiali dell’Esercito italiano, della Marina militare e dell’Aeronautica militare in servizio permanente effettivo;

2.   Premi residuali al personale dell’Esercito italiano, della Marina militare e dell’Aeronautica militare addetto al controllo del traffico aereo;

3.   Incentivi agli ufficiali piloti in servizio permanente del Corpo della Guardia di finanza.

 

Al riguardo, la relazione tecnica osserva che il risparmio atteso dal comma 7 dell’articolo 21 “è valutabile in 3,5 milioni di euro, lordo amministrazione, corrispondente al 50% delle risorse destinate al pagamento delle indennità in questione, comprensivi degli oneri riflessi, appostate sul bilancio della Difesa per l’anno 2015”.


 

Articolo 21, comma 8
(Divieto di cumulo di trattamenti accessori personale non appartenente al ruolo sanitario di livello dirigenziale
del Ministero della sanità - Stralciato)

 

Il comma 8 dell’articolo 21 è stato stralciato, ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di stabilità.

 


 

Articolo 21, commi 9 e 10
(Riordino carriere personale FF.AA.)

 

 

I commi 9 e 10 dell’articolo 21 intervengono sulle risorse destinate ai provvedimenti di riallineamento delle carriere del personale militare e delle forze di polizia previsti dall’articolo 3, comma 155, ultimo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

 

In particolare il comma 9 dispone la riduzione di 119 milioni di euro per l’anno 2015 dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 3, comma 155, ultimo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, relativa al finanziamento dei provvedimenti di riallineamento delle carriere del personale militare della difesa con quello delle Forze di polizia.

 

Al riguardo, si ricorda che, da ultimo, il comma 466 dell’articolo 1 della legge n. 147 del 2013, nell’incrementare di 100 milioni di euro per l’anno 2014 la dotazione del fondo destinato alle specifiche esigenze di perequazione dei trattamenti economici delle amministrazioni di comparto sicurezza e difesa di cui all'articolo 8, comma 11-bis, del decreto-legge n. 78 del 2010 ha contestualmente disposto la corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui al richiamato articolo 3, comma 155, ultimo periodo, della legge 24 dicembre 2003.

Ulteriori riduzioni che hanno inciso sulla richiamata autorizzazione di spesa erano state precedentemente disposte dal comma 4 dell’articolo 1 del decreto-legge n. 27 del 2011 e dal comma 3 dell’articolo 6 del decreto-legge n. 93 del 2013. In particolare, il primo di questi due provvedimenti aveva attinto alle richiamate risorse al fine di incrementare di 115 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013 la dotazione del citato fondo relativo al finanziamento di misure perequative. Il comma 3 dell’articolo 6 del decreto-legge n. 93 del 2013 aveva a sua volta disposto la riduzione di 4 milioni al fine di concorrere alle spese relative a garantire la funzionalità del Comparto sicurezza e difesa per l'esercizio finanziario 2013 (comma 2, articolo 6).

 

A sua volta il successivo comma 10 dispone che siano versate all’entrata del bilancio 2015 le somme disponibili in conto residui relative agli anni 2011, 2012, 2013 e 2014 e relative alle autorizzazioni di spesa riguardanti:

1.   l’articolo 3, comma 155, ultimo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (vedi sopra);

2.   l'articolo 8, comma 11-bis, del decreto-legge n. 78 del 2010.

 

Al riguardo la relazione tecnica precisa che “l’accertamento complessivo dei residui sarà verificato solo al termine dell’esercizio 2014, quindi, prudenzialmente, l’entità del miglioramento dei saldi di finanza pubblica sarà colto solo a consuntivo”.


 

Articolo 21, comma 11
(Rinvio di assunzioni di personale della Polizia e Vigili del fuoco)

 

 

Il comma 11 prevede che le assunzioni del personale dei Corpi di Polizia e dei Vigili del fuoco da effettuare nel 2015 ai sensi dal decreto-legge n. 112/2008 (art. 66, comma 9-bis), non possono essere effettuate prima del 1° dicembre 2015. Sono previste le seguenti eccezioni: allievi agenti di PS del concorso 2014, personale della Polizia penitenziaria da assumere per il 2014 e il 2015, allievi ufficiali, frequentatori di corsi per ufficiali, allievi marescialli e personale dei gruppi sportivi.

La disposizione quantifica in un importo non inferiore a 27,2 milioni di euro il risparmio complessivo risultante dal rinvio delle assunzioni.

 

L’articolo 66, comma 9-bis, del D.L. n. 112/2008 ha stabilito disposizioni speciali per il turn over del comparto sicurezza: per il biennio 2010-2011 i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco possono procedere, secondo specifiche modalità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell’anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell’anno precedente. Tale facoltà di assumere è fissata nella misura del 20% per il triennio 2012-2014, del 50% nel 2015 e del 100% a decorrere dal 2016.

In deroga a tali percentuali, l’articolo 1, comma 91, della L. 228/2012 ha stabilito che le assunzioni nel Comparto difesa-sicurezza e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco possano essere incrementate con specifico decreto, fino al 50% per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e fino al 70% per il 2015 (l’ultima deroga, relativa alle assunzioni per il 2013, è stata disposta con il D.P.C.M. 23 settembre 2013).

La legge di stabilità 2014 (L. 147, 2013, art. 1, comma 464) ha introdotto una ulteriore deroga ai limiti suesposti, prevedendo l’effettuazione di assunzioni aggiuntive nel Comparto Sicurezza e del Comparto Vigili del fuoco e soccorso al fine di incrementare l'efficienza dell'impiego delle risorse tenendo conto della specificità e delle peculiari esigenze del Comparto stesso. Tali assunzioni possono essere effettuate a condizione che il turn over complessivo relativo allo stesso anno non sia superiore al 55% (con un incremento quindi pari al 5%), e che il contingente complessivo di assunzioni sia corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 50 milioni di euro per il 2014 e a 120 milioni a decorrere dal 2015, con riserva di assunzione di 1.000 unità per la Polizia di Stato, 1.000 unità per l'Arma dei carabinieri e 600 unità per il Corpo della Guardia di Finanza[86].

 

Come anticipato sopra, la disposizione in esame prevede, inoltre, che non sono sottoposte al rinvio le assunzione di alcune specifiche quote di personale, che pertanto potranno essere assunte a partire dal 1° gennaio 2015.

Si tratta in particolare delle seguenti categorie:

§  vincitori del concorso per allievi agenti della Polizia di Stato indetto nel 2014 la cui assunzione è stata autorizzata dal DL 90/2014 (art. 3, co. 3-quater), utilizzando in parte le quote residue dei 1.000 posti previsti dalla legge di stabilità 2014 e in parte quelle previste dall'art. 66, co. 9-bis del DL. 112/2008;

§  personale del Corpo di polizia penitenziaria, la cui assunzione è stata autorizzata dal medesimo DL 90/2014 per quanto riguarda l’anno 2014 (art. 3, co. 3-quinquies), utilizzando i fondi di cui alla citata legge finanziaria 2014 e per quanto riguarda il 2015 (art. 3, co. 3-sexies) nell’ambito delle autorizzazioni già previste dal citato articolo 66, comma 9-bis, del D.L. n. 112/2008, utilizzando le graduatorie dei concorsi indetti nel 2013 e approvate nel 2014;

§  allievi ufficiali, frequentatori di corsi per ufficiali e allievi marescialli (si tratta di qualifiche presenti nelle forze di polizia ad ordinamento militare: Carabinieri e Guardia di finanza);

§  personale dei gruppi sportivi (di tutte le forze di polizia).


 

Articolo 21, commi 12-14
(Revisione dell’Accordo nazionale quadro di amministrazione delle Forze di Polizia ad ordinamento civile)

 

 

I commi 12, 13 e 14 dispongono la revisione, entro il 1° aprile 2015 dell’Accordo nazionale quadro di amministrazione delle forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato, Polizia penitenziaria e Corpo forestale) del 2009, con il quale vengono definiti gli orari di servizio (turni, lavoro straordinario ecc.) e le procedure per la contrattazione decentrata. Dal 1° gennaio 2015 è inoltre autorizzato l’impiego di personale in turni di servizio diversi da quelli ordinari per esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e di prevenzione e contrasto della criminalità, con una semplice informazione alle organizzazioni sindacali, anche in deroga dagli orari previsti dagli accordi in vigore.

 

In particolare, il comma 12 prevede che entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge (ossia entro il 30 gennaio 2015) siano avviate le procedure per il rinnovo dell’Accordo nazionale quadro. Con tale accordo, l’ultimo dei quali è stato sottoscritto il 31 luglio 2009, vengono definiti gli orari di servizio (turni, lavoro straordinario ecc.) e le procedure per la contrattazione decentrata.

Per comprendere la portata normativa della disposizione in esame è necessario ricordare le peculiari modalità che disciplinano il regime di lavoro degli operatori di Polizia.

Il personale delle Forze di polizia rientra nella categoria del c.d. personale in regime di diritto pubblico ai sensi del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 3. A differenza della maggior parte dei dipendenti pubblici, il rapporto di lavoro di questo personale non è regolato dai contratti collettivi nazionali di categoria, frutto di concertazione tra l’Aran e i sindacati, che hanno rilievo normativo, bensì da accordi sindacali stipulati tra delegazioni delle amministrazioni centrali e le organizzazioni sindacali. Tali accordi sono poi recepiti con decreto del Presidente della Repubblica.

In particolare, le procedure che disciplinano i contenuti del rapporto di impiego del personale non dirigente delle forze di polizia e delle forze armate, sono regolate dal D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 195.

Per quanto riguarda le forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato, Polizia penitenziaria e Corpo forestale della Stato) l’accordo sindacale è stipulato da una delegazione di parte pubblica composta dai Ministri della funzione pubblica, dell’interno, dell’economia, della difesa, della giustizia, dell’agricoltura e da una delegazione sindacale composta dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali rappresentative a livello nazionale dei tre corpi.

Formano oggetto di contrattazione il trattamento economico fondamentale ed accessorio (compresi gli straordinari), il trattamento di fine rapporto, l’orario di lavoro e di servizio, i congedi, le aspettative ecc. E’ ammessa la contrattazione collettiva integrativa, anche territoriale, sulle medesime materie, purché non sia in contrasto con l’accordo nazionale.

L’accordo sindacale è recepito, come accennato con decreto del Presidente della Repubblica.

L’ultimo accordo sindacale (relativo sia alla parte economica, sia a quella normativa) è stato sottoscritto al 2007 ed è stato recepito con il D.P.R. 11 settembre 2007, n. 170 (c.d. IV contratto comparto sicurezza) recante appunto il recepimento dell'accordo sindacale per il personale non dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento civile relativo al quadriennio normativo 2006-2009 e al biennio economico 2006-2007, integrato dal D.P.R. 16 aprile 2009, n.51 (coda contrattuale). Successivamente, è stato sottoscritto l’accordo, recepito con il D.P.R. 1° ottobre 2010, n. 184, relativo alla sola parte economica (biennio 2008-2009).

 

Nel 2009 è stato sottoscritto l’Accordo quadro, in attuazione di quanto disposto dal III contratto comparto sicurezza di cui al D.P.R. 18 giugno 2002, n. 164. L’art. 24 del contratto, infatti, prevede la stipulazione fra il Ministro competente, o un suo delegato, e una delegazione sindacale composta dai rappresentanti di ciascuna organizzazione sindacale firmataria dell'accordo nazionale di accordo nazionale quadro di amministrazione, di durata quadriennale nelle seguenti materie:

§  destinazione delle risorse del fondo per l'efficienza dei servizi istituzionali;

§  princìpi generali per la definizione degli accordi decentrati;

§  turni di servizio,

§  alloggi di servizio utilizzabili dal personale in missione;

§  formazione e aggiornamento professionale;

§  programmazione di turni di lavoro straordinario;

§  riposo compensativo;

§  reperibilità;

§  attività gestionali degli enti di assistenza del personale;

§  impiego del personale con oltre cinquanta anni d'età o con più di trenta anni di servizio.

 

L’avvio delle procedure per la revisione dell’Accordo quadro, oggetto del comma 12, dovrà rispettare le procedure di cui all’art. 24 del contratto del 2002 e ha l’obiettivo, come chiarito dalla disposizione in esame, di corrispondere alle esigenze connesse all'espletamento dei compiti istituzionali della Forze di polizia in relazione alla specificità ad esse riconosciute.

Il rinnovo dell’Accordo costituisce una anticipazione della definizione delle procedure contrattuali per la parte normativa previste dall’'articolo 9, comma 17, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010 (blocco rinnovi contrattuali).

Con tale disposizione da ultimo citata si è disposto il blocco contrattuale totale (sia della parte economica, sia di quella normativa) del pubblico impiego per il triennio 2010-2012. Si dà luogo alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013 e 2014 (e 2015, come previsto dal comma 1 dell’articolo in esame cui si rinvia) del personale dipendente dalle amministrazioni per la sola parte normativa e senza possibilità di recupero per la parte economica.

L’avvio delle procedure è disposto in deroga a quanto previsto dell'articolo 30 del citato accordo del 2002, che prevede che per le materie oggetto di accordo nazionale quadro di amministrazione e contrattazione decentrata le amministrazioni applicano la normativa derivante dai precedenti accordi fino a quando non intervengano i successivi. Alla luce di quanto disposto dal comma 12, andrebbe chiarita la portata normativa della citata deroga.

 

Ai sensi del successivo comma 13 si dispone che la revisione dell’Accordo nazionale quadro avvenga entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (ossia entro il 1° aprile 2015).

 

Inoltre, il comma 14 introduce alcuni criteri direttivi da considerare in sede di revisione dell’Accordo, per il quale si deve tenere conto del mutato assetto funzionale, organizzativo e di servizio, derivante in particolare dalle misure di contenimento della spesa pubblica previste dai provvedimenti in materia finanziaria dall'anno 2010, con particolare riferimento a quelle del parziale blocco del turn over nelle Forze di polizia ed alla conseguente elevazione dell'età media del personale in servizio.

 

Infine, il comma 14 autorizza, dal 1° gennaio 2015, l’impiego di personale in turni di servizio diversi da quelli ordinari per esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e di prevenzione e contrasto della criminalità, con una semplice informazione alle organizzazioni sindacali firmatarie dell’Accordo nazionale quadro, indipendentemente dalla durata del medesimo impiego, anche in deroga agli orari previsti dagli accordi in vigore.

 

Come indicato nella relazione tecnica, “l’iniziativa consente, tra l’altro, di superare l’attuale incertezza applicativa sorta in sede giudiziaria, con riferimento alla citazione davanti al giudice del lavoro di alcuni questori per comportamento antisindacale ai sensi dell’articolo 28 dello statuto dei lavoratori (legge n.300 del 1970), derivante dall’impiego del personale di polizia per specifiche esigenze operative, al di fuori dell’orario previsto dagli Accordi nazionale quadro attualmente in vigore”.


 

Articolo 21, comma 15
(Permessi sindacali delle Forze di polizia ad ordinamento civile
e dei Vigili del fuoco - Stralciato)

 

 

Il comma 15 dell’articolo 21 è stato stralciato, ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di stabilità.

 


 

Articolo 21, commi 16-20
(Rappresentanze militari - Stralciati)

 

 

I commi da 16 a 20 dell’articolo 21 sono stati stralciati, ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di stabilità.


 

Articolo 22
(Valorizzazione del patrimonio immobiliare)

 

 

L’articolo 22 contiene modifiche alla legislazione vigente in tema di dismissione immobili pubblici e di razionalizzazione degli spazi in uso alle amministrazioni centrali. In particolare, con riferimento alla dismissione di determinati immobili, si prevede la possibilità di venderli non solo a trattativa privata (come già previsto dalla norma), ma anche tramite una procedura ristretta alla quale sono invitati a partecipare e a presentare offerte soltanto alcuni soggetti qualificati, in possesso di requisiti e caratteristiche da stabilire con decreto direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze in relazione alla singola procedura di dismissione.

Sono previste, inoltre, modifiche alla disciplina relativa al nuovo piano di razionalizzazione nazionale degli spazi, nella prospettiva della loro liberazione e conseguente valorizzazione e cessione. In particolare è istituito un “Fondo di rotazione per la razionalizzazione degli spazi” con un’iniziale dotazione di 20 milioni di euro, con la finalità di finanziare le opere di riadattamento e ristrutturazione necessarie alla riallocazione delle amministrazioni statali in altre sedi.

 

In particolare, il comma 1, al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica connessi al programma di valorizzazione e cessione di immobili pubblici (previsto dall’articolo 1, comma 391, della legge 27 dicembre 2013, n. 147), introduce la possibilità di dismettere alcuni complessi immobiliari attraverso lo strumento della procedura ristretta alla quale sono invitati a partecipare e, successivamente, a presentare offerte di acquisto nel rispetto delle modalità e dei termini indicati nella lettera di invito, investitori qualificati in possesso di requisiti e caratteristiche fissati con decreto direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze in relazione alla singola procedura di dismissione.

Si ricorda che il comma 391 dell’articolo 1 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014) ha previsto la definizione da parte del Governo di un programma straordinario di cessioni di immobili pubblici, compresi quelli detenuti dal Ministero della difesa e non utilizzati per finalità istituzionali. Tale programma dovrà consentire introiti per il periodo 2014-2016 non inferiori a 500 milioni di euro annui.

L’obiettivo del Governo, ribadito da ultimo nella Nota di aggiornamento del DEF, è quello di realizzare uno smobilizzo del patrimonio in tempi rapidi, attraverso l’utilizzo della liquidità a disposizione di Cassa Depositi e Prestiti nonché garantire condizioni di vendita adeguate, che non potrebbero essere altrimenti assicurate in un mercato immobiliare in grave difficoltà.

In particolare nella Nota di aggiornamento del DEF il Governo ha dichiarato che nel 2014 è continuato il piano di alienazioni dell’Agenzia del Demanio, in un’ottica di ottimizzazione del portafoglio immobiliare dello Stato. A luglio 2014 risultavano in vendita 137 immobili per un valore di circa 400 milioni.

Per quanto concerne le dismissioni del patrimonio immobiliare attraverso i fondi immobiliari gestiti dalla ‘Investimenti Immobiliari Italiani’ (InvImIt SGR), nel mese di febbraio 2014 è stato istituito il ‘Fondo dei fondi’ denominato ‘i3 Core’ ed è stata deliberata la chiusura del primo periodo di sottoscrizione delle quote, a seguito dell’apporto da parte dell’INAIL che si è impegnata per un importo complessivo di 1,4 miliardi.

 

Gli immobili interessati dalla nuova procedura ristretta alla quale sono invitati a partecipare investitori qualificati sono quelli a cui fa riferimento l’articolo 7 del decreto-legge n. 282 del 2002 il quale autorizza l'Agenzia del demanio a vendere a trattativa privata, anche in blocco, i beni immobili appartenenti al patrimonio dello Stato individuati negli allegati A e B. La vendita fa venire meno l'uso governativo, le concessioni in essere e l'eventuale diritto di prelazione spettante a terzi anche in caso di rivendita.

 

Si tratta dei seguenti immobili dello Stato (all. A):

 


E dei seguenti immobili dell’ex Enti Tabacchi italiani:

 

 

Il citato articolo 7 prevede inoltre che i trasferimenti e le successive rivendite non sono soggetti alle autorizzazioni previste dal testo unico in materia di beni culturali e ambientali, né al diritto di prelazione degli enti locali territoriali e alla norma concernente la proposizione di progetti di valorizzazione e gestione di beni immobili statali (secondo periodo del comma 17 dell'articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351). Lo Stato e gli altri enti pubblici sono esonerati dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà dei beni e alla regolarità urbanistica-edilizia e fiscale nonché dalle dichiarazioni di conformità catastale. Restano fermi i vincoli gravanti sui beni trasferiti (secondo periodo del comma 18 del medesimo articolo 3).

 

Il comma 2, in tema di razionalizzazione degli spazi, apporta modifiche al comma 222-quater dell’articolo 2 della legge n. 191 del 2009, introdotto dall’articolo 24 del decreto-legge n. 66 del 2014, integrando la relativa procedura e dando rilevo alla valutazione dei costi e della disponibilità di risorse finanziarie.

Si introduce inoltre un nuovo comma 222-quinquies con il quale viene istituito un “Fondo di rotazione per la razionalizzazione degli spazi” con un’iniziale dotazione di 20 milioni di euro, con la finalità di finanziare le opere di riadattamento e ristrutturazione necessarie alla riallocazione delle amministrazioni statali in altre sedi.

Il vigente comma 222-quater assegna alle amministrazioni centrali il compito di predisporre entro il 30 giugno 2015 un nuovo piano di razionalizzazione nazionale per assicurare, oltre al rispetto del parametro metri quadrati per addetto, un complessivo efficientamento della presenza territoriale in modo da garantire una riduzione, dal 2016 rispetto al 2014, di almeno il 50 per cento della spesa per locazioni e di almeno il 30 per cento degli spazi utilizzati (sono esclusi i presidi di pubblica sicurezza, di soccorso pubblico e le carceri).

 

Le modifiche introdotte dalla disposizione in esame intervengono nell’ambito della procedura di adozione dei suddetti piani. In particolare, i piani di razionalizzazione, devono essere comprensivi della stima dei costi per la loro concreta attuazione e trasmessi dalle amministrazioni all’Agenzia del demanio, per la verifica della compatibilità con gli obiettivi così fissati, nonché della compatibilità con le risorse finanziarie stanziate negli appositi capitoli di spesa dell’Agenzia del demanio riguardanti la razionalizzazione degli spazi ad uso ufficio. L'Agenzia comunica, entro i successivi 60 giorni, al Ministero dell’economia e delle finanze i risultati della verifica, nonché la disponibilità delle specifiche risorse finanziarie. Nel caso non vi siano risorse, l’attuazione del piano di razionalizzazione è sospesa fino alla disponibilità di nuove risorse. Nel caso di disponibilità di risorse finanziarie e di verifica positiva della compatibilità dei piani di razionalizzazione con gli obiettivi fissati dalla norma, l’Agenzia comunica gli stanziamenti di bilancio delle amministrazioni relativi alle locazioni passive, da ridurre per effetto dei risparmi individuati dal piano, a decorrere dalla completa attuazione del piano medesimo. Fino a metà dei risparmi individuati nei piano possono essere destinati (con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze) al finanziamento delle spese connesse alla realizzazione dei piani medesimi, da parte delle amministrazioni e dell'Agenzia del demanio.

In caso di verifica negativa (o di mancata presentazione del piano), il Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base dei dati comunicati dall’Agenzia del demanio, effettua una corrispondente riduzione sui capitoli relativi alle spese correnti per l’acquisto di beni e servizi dell’amministrazione inadempiente, al fine di assicurare comunque i risparmi attesi.

Si ricorda che l’articolo 2, comma 222, della legge n. 191 del 2009 ha introdotto l’obbligo, per le amministrazioni pubbliche, di trasmettere una serie di comunicazioni all’Agenzia del demanio relativamente agli immobili da esse utilizzati, con l’obiettivo di unificare le procedure riguardanti le locazioni passive e di razionalizzare gli spazi utilizzati dalle amministrazioni. Le amministrazioni dello Stato sono quindi tenute a comunicare all’Agenzia del demanio, entro il 31 gennaio di ogni anno, la previsione triennale del loro fabbisogno di spazio e delle superfici occupate che non risultano più necessarie. Le amministrazioni comunicano annualmente all'Agenzia del demanio, a decorrere dal 1° gennaio 2013, le previsioni relative alle nuove costruzioni, la cui realizzazione sia programmata nel successivo triennio. Sulla base di tali comunicazioni, l'Agenzia elabora per ogni amministrazione un piano di razionalizzazione degli spazi, trasmettendolo alle amministrazioni interessate e al Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze. Il piano di razionalizzazione degli spazi deve tener conto del parametro di riferimento compreso tra 20 e 25 metri quadri per addetto a cui le amministrazioni pubbliche nella gestione dei propri spazi si devono uniformare (nuovi commi 222-bis e 222-ter, articolo 2 della legge n. 191 del 2009, introdotti dal D.L. n. 95 del 2012).

 

Il “Fondo di rotazione per la razionalizzazione degli spazi” istituito dal nuovo comma 222-quinquies è alimentato con una quota pari al 10 per cento dei proventi derivanti dalle nuove operazioni di valorizzazione e cessione degli immobili statali versati all’entrata e con una quota pari al 10 per cento dei risparmi derivanti dalla riduzione della spesa per locazioni passive determinati con decreti del Ministero dell’economia e delle finanze.


 

Articolo 23
(Valorizzazione del patrimonio mobiliare
(Contratto di programma Poste italiane Spa))

 

 

L’articolo 23, prevede al comma 1, lettera a), la proroga dell’efficacia del contratto di programma 2009-2011 tra Ministero dello sviluppo economico e Poste italiane Spa, fino alla sottoscrizione del nuovo contratto di programma, che in base alla successiva lettera b) dovrà avere durata quinquennale e coprire il periodo 2015-2019.

La lettera a) specifica che la proroga dell’efficacia del contratto di programma avverrà fatti salvi gli adempimenti previsti dalla normativa dell’Unione europea in materia, che si sostanziano in una decisione della Commissione europea chiamata a verificare che i trasferimenti statali a Poste italiane Spa siano effettivamente a copertura degli oneri derivanti dallo svolgimento degli obblighi del servizio universale e non costituiscano invece un aiuto di Stato. La lettera a) specifica inoltre che agli oneri derivanti dalla proroga si provvederà nei limiti degli stanziamenti di bilancio previsti a legislazione vigente. Sono infine fatte salve le verifiche effettuate dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) in ordine al costo netto del servizio universale per ciascuno degli anni del periodo regolatorio 2012-2014.

 

In proposito la relazione tecnica indica la ratio del riferimento alle verifiche AGCOM nella circostanza che, fermo restando il limite degli stanziamenti di bilancio entro cui viene approvato per legge il contratto , non potranno essere trasferiti a Poste italiane importi complessivi nel triennio agli oneri di servizio universale quantificati e verificati ex post dall’AGCOM, nel rispetto della disciplina UE in materia.

Si ricorda che il contratto di programma disciplina i rapporti tra lo Stato e la società Poste italiane Spa, riconosciuta ex lege fornitore del servizio universale fino al 2026 (vale a dire un quindicennio a decorrere della data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 58/2011, che ha modificato la disciplina generale in materia postale recata dal decreto legislativo n. 261/1999). Il Contratto di programma tra il Ministero dello sviluppo economico e Poste Italiane per il triennio 2009-2011 è stato approvato con l’articolo 33, comma 31 della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012), fatti salvi gli adempimenti previsti dalla normativa comunitaria. L'efficacia del contratto è stata quindi perfezionata con la decisione della Commissione europea del 20 novembre 2012 C(2012)8230final, che ha approvato i trasferimenti statali verso Poste Italiane a parziale copertura degli oneri connessi con lo svolgimento degli obblighi di servizio postale universale. Il triennio 2012-2014 è regolato secondo le disposizioni contenute nel Contratto di Programma 2009-2011 in virtù della clausola di ultrattività contenuta nell’art. 16 comma 3 del Contratto.

 

Si ricorda che il disegno di legge di bilancio 2015 reca lo stanziamento relativo al rimborso dello Stato a Poste italiane per gli oneri del servizio universale nel capitolo n. 1502 del programma 15.3, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia. A legislazione vigente il capitolo reca uno stanziamento di 277,4 milioni di euro, rispetto al quale il disegno di legge di bilancio prevede una riduzione fino a 262,4 milioni di euro.

 

Con la delibera n. 444/12/CONS è stato avviato da parte dell’AGCOM – per la prima volta nel settore postale – il procedimento relativo ad "analisi e applicabilità del meccanismo di ripartizione e valutazione dell'eventuale costo netto per l'anno 2011", i cui termini sono stati prorogati con la delibera n. 709/13/CONS. Parallelamente con la delibera n. 117/14/CONS è stato avviato un analogo procedimento istruttorio, "analisi e applicabilità del meccanismo di ripartizione e valutazione dell'eventuale costo netto per l'anno 2012". L’attività di definizione del costo netto risulta pertanto ancora in corso.

 

La lettera b) quantifica poi l’onere per il nuovo contratto di programma in 262,4 milioni di euro a decorrere dal 2015 (che corrisponde allo stanziamento recato dal disegno di legge di bilancio per il 2015, cfr. supra) Anche in questo caso sono fatte salve le verifiche effettuate dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) in ordine al costo netto del servizio universale

 

Il comma 2 definisce la procedura per l’adozione del nuovo contratto di programma In particolare si prevede che:

§  lo schema di contratto di programma venga inviato dal Ministero dello sviluppo economico al Ministero dell’economia e delle finanze e all’AGCOM per l’acquisizione, entro quindici giorni, dei pareri di competenza;

§  sulla base dei pareri il Ministero dello sviluppo economico può riesaminare lo schema del contratto;

§  in ogni caso entro cinque giorni dall’acquisizione dei pareri dell’AGCOM e del Ministero dell’economia lo schema di contratto deve essere inviato alle competenti Commissioni parlamentari per l’espressione del parere non vincolante da rendere nei successivi venti giorni; decorso il termine il contratto può essere comunque adottato;

§  al termine della procedura, il contratto di programma deve essere sottoscritto tra Ministero dello sviluppo economico e fornitore del servizio universale entro il 31 marzo 2015

§  il contratto sottoscritto è infine notificato alla Commissione europea.

 

Il comma 2 prevede anche che l’AGCOM debba esprimersi entro 45 giorni sulla richiesta di Poste italiane Spa di deroga agli obblighi del servizio universale ai sensi dell’articolo 3, comma 7 del D.Lgs. n. 261/1999. La disposizione del D.Lgs. n.261/1999 è peraltro oggetto di modifica da parte del successivo comma 3.

 

Nel testo vigente, infatti, il citato articolo 3, comma 7, consente, previa autorizzazione dell’AGCOM e comunicazione alla Commissione europea, la fornitura a giorni alterni del servizio in presenza di particolari situazioni di natura infrastrutturale o geografica in ambiti territoriali con una densità inferiore a 200 abitanti/kmq e comunque fino ad un massimo di un ottavo della popolazione nazionale.

Il comma 3 prevede ora che la deroga, ferma rimanendo la necessità del requisito di peculiare situazione infrastrutturale o geografica con una densità di popolazione inferiore a 200 abitanti/kmq, possa interessare fino ad un massimo di un quarto, e non più di un ottavo della popolazione nazionale.


 

Articolo 24
(Dotazioni di bilancio dei Ministeri)

 

 

L’articolo 24 dispone la riduzione delle dotazioni di bilancio, sia in termini di competenza che di cassa, degli stati di previsione dei singoli Ministeri a decorrere dall’anno 2015, per i seguenti importi: 1.017,7 milioni nel 2015, per 1.167,3 milioni nel 2016 e per 1.305,6 milioni nel 2017 e anni successivi, come specificato nell’elenco n. 2 al disegno di legge.

Per ciascun Ministero vengono riportate le riduzioni, suddivise per Missioni e programmi, con l’indicazione della eventuale quota relativa a stanziamenti predeterminati per legge.

Va rilevato come la riduzione delle disponibilità delle Amministrazioni centrali recata dall’articolo in esame, ed esposta riepilogata nell’Elenco che segue, si aggiunge alle misure correttive disposte dall’articolato, in particolare, negli articoli da 25 a 32.

 

Elenco n. 2 - Riepilogo delle riduzioni delle dotazioni finanziarie
delle spese dei Ministeri

(dati in milioni di euro)

Ministeri

2015

2016

2017

Economia e finanze

85,6

145,4

285,5

Sviluppo economico

11,7

9,0

10,1

Lavoro e politiche sociali

4,6

0

0

Giustizia

102,7

102,7

102,7

Affari esteri

0

0,5

0,5

Istruzione, università e ricerca

148,6

136,2

136,2

Interno

100,9

100,0

100,0

Ambiente

6,6

6,4

6,9

Infrastrutture e trasporti

11,3

11,3

11,3

Difesa

504,5

614,9

611,6

Politiche agricole

8,3

8,3

8,3

Beni e attività culturali e turismo

21,5

21,5

21,5

Salute

11,3

11,0

11,0

TOTALE

1.017,7

1.167,3

1.305,6

 

Si tratta pertanto, di due differenti modalità di intervento sulle spese dei Ministeri e, come tali, quantificate in due diverse sezioni dell’Allegato 3 al disegno di legge di stabilità – allegato che, com’è, noto, riporta gli effetti finanziari del d.d.l. sui saldi di finanza pubblica – costituite:

§  dall’Allegato 3-A “Riduzione spesa Ministeri”, che indica voce per voce gli effetti delle disposizioni recate dagli articoli da 25 a 32 che hanno un impatto “diretto” sulle attività del singolo Ministero, in termini di saldo netto da finanziare, fabbisogno e di indebitamento netto della P.A., che l’Allegato 3 raggruppa sotto quattro voci (due di entrata e due di spesa);

§  dall’Allegato 3-B, riferito agli importi indicati nell’elenco n. 2 allegato all’articolo 24, indicando però gli effetti di tali importi - che nell’elenco sono riferiti al saldo netto da finanziare - anche in termini di fabbisogno e di indebitamento netto della P.A.

Le risultanze di tali due Allegati sono poi riportate in modo riassuntivo, venendo raggruppate in due voci di entrata e due voci di spesa, nell’Allegato 3.

 

Nella tabella che segue sono riportate le misure correttive (riduzioni) sulle spese dei Ministeri determinate dall’articolo 24 e dagli articoli da 25 a 32 in termini di indebitamento netto, come indicate nei suddetti Allegati.

La tabella non considera gli interventi di segno positivo nei confronti delle Amministrazioni centrali contenuti in ulteriori disposizioni dell’articolato, non contemplate, dunque, negli Allegati 3A e 3B in commento, né gli effetti riduzione determinati delle tabelle C, D ed E del disegno di legge di stabilità in esame:

 

Indebitamento netto – effetto sulla spesa

2015

2016

2017

Art. 24 – Riduzione spesa Ministeri
(Allegato 3-B Relazione tecnica - Elenco n. 2)

-989,7

-1.147,6

-1.257,8

- di cui parte corrente

-412,1

-426,5

-488,1

- di cui conto capitale

-578,9

722,3

770,9

Artt. 25-32 – Riduzioni singoli Ministeri
(Allegato 3-A Relazione tecnica)

-956,0

-1.104,0

-1.107,6

- di cui parte corrente

-665,2

-937,0

-937,2

- di cui conto capitale

-290,8

167,0

-170,4

TOTALE Comparto Ministeri

1.945,7

2.251,6

2.365,4

Artt. 25-32 – Effetti riflessi (maggiori entrate per il bilancio dello Stato)

+392,6

+67,0

+97,0

 


 

Articolo 25, commi 1-4
(Riduzione spese di organi di rilevanza costituzionale,
CNEL e Presidenza del Consiglio)

 

 

L’articolo 25, commi 1-4, reca disposizioni per la riduzione delle spese degli organi a rilevanza costituzionale, con disposizioni specifiche per il CNEL, e della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Riduzione dei trasferimenti agli organi di rilevanza costituzionale

Il comma 1 dispone una riduzione dei trasferimenti per le spese di funzionamento della Corte dei conti, del Consiglio di Stato e dei TAR, del CSM e del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, pari complessivamente a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017.

 

Rispetto allo stanziamento iscritto in bilancio, la riduzione risulta pari, per ciascun organo interessato, al 15,3% per il 2015, al 14,8% per il 2016 ed al 14,4% per il 2017.

 

La seguente tabella riepiloga gli stanziamenti iscritti in bilancio e le relative riduzioni.

 

 

Cap.lo
Bilancio
MEF

Organo

Stanziamento
2015

Stanziamento
2016

Stanziamento
2017

Riduzione
2015

Riduzione
2016

Riduzione
2017

2160

Corte dei conti

38.659.877

40.327.160

41.654.259

5.931.222

5.948.365

5.997.120

2170

Consiglio di Stato e TAR

20.913.107

22.048.720

22.399.079

3.208.502

3.252.246

3.224.880

2195

CSM

5.376.760

5.176.427

5.161.404

824.906

763.537

743.107

2182

Consiglio Giustizia amm.iva Sicilia

230.543

243.063

242.358

35.370

35.852

34.893

 

Totale

65.180.287

67.795.370

69.457.100

10.000.000

10.000.000

10.000.000

Riduzione delle spese del CNEL

Il comma 2 prevede che l’espletamento di ogni funzione connessa alla carica di presidente o consigliere del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL), così come qualsiasi attività istruttoria finalizzata alle deliberazioni del Consiglio, non può comportare oneri a carico della finanza pubblica ad alcun titolo.

Viene dunque in sostanza disposto lo svolgimento a titolo gratuito delle funzioni connesse alla carica di Presidente o consigliere del CNEL.

 

Si ricorda in proposito che il CNEL è attualmente composto dal Presidente e da 64 membri (tra cui 2 vicepresidenti).

Le indennità annue lorde sono attualmente pari a: euro 187.598 per il Presidente, euro 41.532 per i vicepresidenti, euro 30.938 per l’unico presidente di commissione ed euro 25.633 per ciascun componente.

 

Come detto, non può inoltre comportare oneri a carico della finanza pubblicaqualsiasi attività istruttoria finalizzata alle deliberazioni” del CNEL.

Tale espressione, sembra riferirsi, come risulta dalla relazione tecnica e dalle abrogazioni disposte dal comma successivo, alla attività istruttoria affidata a soggetti esterni al CNEL.

 

Secondo la relazione tecnica, la disposizione comporterebbe un risparmio di spesa di 10 milioni di euro a decorrere dal 2015. Lo stanziamento di bilancio del CNEL verrebbe infatti ridotto da 18,7 milioni di euro a 8,7 milioni di euro, di cui circa 8 milioni di euro per il trattamento economico e contributivo del personale dipendente (91 unità, di cui 1 segretario generale, 1 dirigente di I fascia, 6 dirigenti di II fascia e 83 unità fra funzionari ed impiegati) e circa 2 milioni di euro per la gestione e la manutenzione dell’unica sede demaniale concessa in uso governativo all’Organo.

Appare al riguardo opportuno un chiarimento sull’effettiva entità della riduzione dello stanziamento, in quanto dai dati forniti dalla relazione tecnica, lo stanziamento ridotto dovrebbe risultare pari a circa 10 milioni di euro (8 milioni per il personale e 2 milioni per la sede) e non a 8,7 milioni di euro.

 

Il comma 3 abroga conseguentemente alcune disposizioni della legge sul CNEL (L. n. 936/86), relative agli emolumenti per i componenti ed all’affidamento di incarichi a soggetti esterni, nonché “ogni regolamento ad esse connesso”.

 

Sono, in particolare, soppresse le disposizioni che prevedono:

a)  l’indennità, la diaria di presenza ed il rimborso delle spese dei membri del CNEL i(art. 9);

b)  il potere del CNEL di dettare direttive agli istituti incaricati di redigere il rapporto di base, al fine di esprimere le proprie valutazioni sull'andamento della congiuntura economica in sessioni semestrali (modifica all’art. 10, co 1, lett. d));

c)  l’affidamento ad istituti specializzati di studi e ricerche in materia di lavoro (modifica all’art. 16, comma 2, lett. c));

d)  la stipula di convenzioni con soggetti privati per il compimento di indagini (modifica all’art. 19, comma 3);

e)  il conferimento di incarichi temporanei per studi ed indagini ad esperti anche estranei all'amministrazione dello Stato (art. 19, comma 4).

 

Si ricorda che il progetto di riforma costituzionale, approvato dal Senato, ed attualmente all’esame della Camera (AC 2613), dispone la soppressione del CNEL, prevedendo l’abrogazione dell’art. 99 della Costituzione (art. 27).

L’articolo 40 del disegno di legge dispone l’immediata applicazione della abrogazione dell’art. 99, mentre le disposizioni finali e transitorie disciplinano i profili amministrativi della soppressione del CNEL (articolo 39, comma 1). In particolare, è disposto che, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, nomini, con proprio decreto, un commissario straordinario cui affidare la gestione provvisoria del CNEL, per la liquidazione del suo patrimonio e per la riallocazione delle risorse umane e strumentali da operarsi, come specificato nel corso dell’esame al Senato, presso la Corte dei conti nonché per gli altri adempimenti conseguenti alla soppressione. Si prevede, inoltre, che all'atto dell'insediamento del commissario straordinario, decadano dall'incarico gli organi del CNEL e i suoi componenti per ogni funzione di istituto, compresa quella di rappresentanza.

Nella relazione di accompagnamento al progetto di riforma costituzionale in esame, la soppressione del CNEL è motivata in ragione del fatto che tale organo ha prodotto un numero ridotto di iniziative parlamentari e non appare oggi più rispondente alle esigenze di raccordo con le categorie economiche e sociali che in origine ne avevano giustificato l'istituzione.

 

Secondo la relazione tecnica, il comma 3 è volto a recuperare a favore dell’erario le risorse finanziarie che si renderanno disponibili – a regime – con la soppressione del CNEL, consentendo che, nelle more dell’approvazione parlamentare del disegno di legge di riforma, il Consiglio continui ad operare in regime di “ordinaria amministrazione”.

Nelle ultime legislature, il Parlamento ha approvato alcuni interventi di contenimento della spesa che hanno riguardato specificamente anche gli stanziamenti del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (art. 5 co. 2, del D.L. n. 98/2011), nonché il trattamento economico dei sui membri (art. 5, co. 3, del D.L. n. 78/2010). Successivamente, è intervenuta una riforma del CNEL che ne ha significativamente ridotto i componenti.

Nell'attuale ordinamento, la composizione, le attribuzioni ed il funzionamento del CNEL sono disciplinate dalla legge 30 dicembre 1986, n. 936.

Attualmente il CNEL è composto da 64 membri. Fino al 2011 erano 121. La riduzione è stata disposta dapprima con l’art. 17 del D.L. n. 138/2011[87] e, poi, con l'articolo 23, co. 8-13, del D.L. n. 201/2011, n. 201. Essi sono:

§  10 esperti, qualificati esponenti della cultura economica, sociale e giuridica, dei quali otto nominati dal Presidente della Repubblica e due proposti dal Presidente del Consiglio dei Ministri;

§  48 rappresentanti delle categorie produttive, dei quali:

-     22 in rappresentanza del lavoro dipendente, di cui 3 in rappresentanza dei dirigenti e quadri pubblici e privati,

-     9 in rappresentanza del lavoro autonomo,

-     17 in rappresentanza delle imprese;

§  6 in rappresentanza delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni del volontariato, dei quali, rispettivamente, 3 designati dall'Osservatorio nazionale dell'associazionismo e 3 designati dall'Osservatorio nazionale per il volontariato.

Riduzione delle spese della Presidenza del Consiglio

L’articolo 25, comma 4, prevede che la Presidenza del Consiglio dei ministri assicura, a decorrere dal 2015, una riduzione delle spese del proprio bilancio non inferiore a 10 milioni di euro.

Le relative somme, che concorrono al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, sono versate annualmente all’entrata del bilancio dello Stato.

 

Si ricorda che le spese di della Presidenza del Consiglio sono iscritte nei capitoli 2115 e 2120 dello stato di previsione del Ministero dell’economia, relativi, rispettivamente, alle spese di funzionamento (capitolo rimodulabile) ed alle spese di natura obbligatoria.

La seguente tabella riepiloga i relativi stanziamenti.

 

 

Cap.lo Bilancio MEF

Spesa

2015

2016

2017

2115

Spese di funzionamento della Presidenza del Consiglio dei ministri

34.907.463

35.180.552

35.090.690

2120

Spese di natura obbligatoria della Presidenza del Consiglio dei ministri

301.485.535

299.514.718

300.747.033

 


 

 

Articolo 25, comma 5
(Riduzione dei proventi del canone da attribuire alla RAI)

 

 

Il comma 5 prevede, dal 2015, la riduzione del 5 per cento delle somme, derivanti dal canone di abbonamento alla televisione, da attribuire alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo.

Il calcolo è effettuato sulla base dei dati del rendiconto del pertinente capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato (cap. 3836) dell’anno precedente quello di accredito.

La relazione tecnica evidenzia, al riguardo, che tale riduzione determina, su uno stanziamento di entrata di € 1.736.000.000 per il 2015, €. 1.750.000.000 per il 2016 ed € 1.769.000.000 per il 2017 - quale riportato nel disegno di legge di bilancio 2015 - un risparmio di € 86.800.000 per il 2015, €. 87.500.000 per il 2016 ed € 88.450.000 a decorrere dal 2017.

 

A tal fine, il comma 5 novella l’art. 21, co. 4, del D.L. 66/2014 (L. 89/2014), che ha ridotto di 150 milioni di euro per il 2014 le somme, derivanti dal canone di abbonamento alla televisione, da attribuire alla medesima concessionaria ai sensi dell’art. 27, co. 8, primo periodo, della L. 488/1999.

 

L’art. 1 del R.D.L. 246/1938, convertito dalla L. 88/1938, ha disposto che chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento.

L’art. 27, co. 8, primo periodo, della L. 488/1999, ha poi disposto che il canone di abbonamento alla televisione è attribuito per intero alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, ad eccezione della quota pari all’un per cento già spettante all’Accademia di Santa Cecilia[88].

La Corte costituzionale, pronunciandosi sulla legittimità dell’imposizione del canone radiotelevisivo prevista dall’art. 1 del R.D.L. 246/1938, ha chiarito, con la sentenza n. 284 del 2002, che lo stesso “costituisce in sostanza un’imposta di scopo, destinato come esso è, quasi per intero (a parte la modesta quota ancora assegnata all’Accademia nazionale di Santa Cecilia), alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo”.

In seguito, l’art. 47 del D.lgs. 177/2005 – riprendendo i contenuti dell’art. 18 della L. 112/2004 e disciplinando il finanziamento del servizio pubblico generale radiotelevisivo, ha disposto, in particolare, che entro il mese di novembre di ciascun anno, il Ministro delle comunicazioni, con proprio decreto, stabilisce l'ammontare dei canoni di abbonamento in vigore dal 1° gennaio dell'anno successivo, in misura tale da consentire alla società concessionaria di coprire i costi che prevedibilmente verranno sostenuti in tale anno per adempiere gli specifici obblighi di servizio pubblico generale radiotelevisivo (co. 3)[89].

Ha, altresì, previsto che è fatto divieto alla società concessionaria di utilizzare, direttamente o indirettamente, i ricavi derivanti dal canone per finanziare attività non inerenti al servizio pubblico generale radiotelevisivo (co. 4).

 

Proponendosi, dunque, una riduzione a regime delle somme derivanti dal canone da attribuire alla concessionaria, occorre novellare l’art. 27, co. 8, primo periodo, della L. 488/1999.


 

Articolo 25, comma 6
(Trasporto merce su ferro)

 

 

Il comma 6 dell’articolo 25 prevede che gli stanziamenti relativi agli obblighi di servizio pubblico per il trasporto merci su ferro non possano essere, a decorrere dal 2015, superiori a 100 milioni di euro annui. La relazione tecnica precisa che le disponibilità di bilancio per tali finalità, pari a legislazione vigente a circa 128,3 milioni di euro annui, sono quindi ridotte di 28,3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015.

La disposizione indica come finalità della disposizione il rispetto di quanto previsto dall’articolo 10 del regolamento (CE) n. 1370/2007.

Il citato articolo 10 faceva salve per tre anni dall’entrata in vigore del regolamento (3 dicembre 2009, in base all’articolo 10) le precedenti disposizioni in materia di trasporto merci (e di definizione dei criteri per le compensazioni di servizio pubblico) recate dal regolamento (CEE) n. 1191/1969.

 

In via generale l’articolo 10 di tale regolamento, ora abrogato, prevedeva che la compensazione per gli oneri di servizio pubblico fosse pari alla differenza tra la diminuzione degli oneri (cioè delle spese per l’impresa connesse agli oneri) e la diminuzione degli introiti dell'impresa che può derivare, per il periodo di tempo considerato, dalla soppressione totale o parziale corrispondente dell'obbligo in questione.

 

Il periodo transitorio di cui all’articolo 10 risulta quindi esaurito e trova perciò applicazione il regime generale previsto dal regolamento (CE) n. 1370/2007. In materia di compensazioni per gli obblighi di servizio pubblico per i contratti aggiudicati direttamente il regolamento (CE) n. 1370/2007 richiede che vengano rispettate le prescrizioni, più stringenti rispetto a quanto previsto dal regolamento (CEE) n. 1191/1969, dell’allegato richiamato dall’articolo 6 paragrafo 1.

 

In particolare, la compensazione non può eccedere l'importo corrispondente all'effetto finanziario netto equivalente alla somma delle incidenze, positive o negative, dell'assolvimento degli obblighi di servizio pubblico sulle spese e sulle entrate dell'operatore di servizio pubblico. Tali incidenze sono calcolate mettendo a confronto la situazione in cui l'obbligo del servizio pubblico è assolto con la situazione che sarebbe esistita qualora l'obbligo non fosse stato assolto. Per calcolare l'effetto finanziario netto, l'autorità competente deve quindi seguire il seguente schema:

§  costi sostenuti in relazione a un obbligo di servizio pubblico o a un insieme di obblighi di servizio pubblico imposti dall'autorità o dalle autorità competenti e contenuti in un contratto di servizio pubblico e/o in una norma generale,

§  meno gli eventuali effetti finanziari positivi generati all'interno della rete gestita in base all'obbligo o agli obblighi di servizio pubblico in questione,

§  meno i ricavi delle tariffe o qualsiasi altro ricavo generato nell'assolvimento dell'obbligo o degli obblighi di servizio pubblico in questione,

§  più un ragionevole utile.

Successivamente, la Commissione europea, con la comunicazione 2012/C 8/02 del gennaio 2012 ha precisato che la compensazione degli oneri di pubblico servizio deve essere calcolata considerando i costi al netto degli introiti che l’impresa percepisce dalla fornitura del servizio economico di interesse generale; inoltre, il margine di utile ragionevole deve essere considerato come tasso di remunerazione del capitale che sarebbe richiesto da un’impresa media per valutare se prestare o meno il servizio economico di interesse generale per l’intera durata del periodo d’incarico, tenendo conto del livello di rischio.

 

Il contratto di servizio pubblico per il trasporto nazionale merci attualmente valido copre il periodo 2009-2014 e verrà a scadenza il 31 dicembre 2014. In base al contratto la società affidataria del servizio è attualmente individuata nella società Trenitalia Spa.


 

Articolo 25, commi 7 e 8
(Riconoscimento di quote di stanziamenti ad ANAS S.p.A.)

 

 

Il comma 7 prevede che sia riconosciuta ad ANAS S.p.A., in relazione alle attività di costruzione, gestione, manutenzione e miglioramento della rete delle strade e delle autostrade statali, una quota fino al 10% del totale dello stanziamento destinato alla realizzazione dell’intervento per spese non previste da altre disposizioni di legge o regolamentari e non inserite nel quadro economico di progetto (nuovo comma 3-bis dell’art. 36 del D.L. n. 98/2011).

 

La norma fa riferimento alle attività dell’ANAS indicate dalle lettere a), b) e c) del comma 3 dell’art. 36 del D.L. 98/2011.

Tale comma 3, nell’ambito di un riordino complessivo della governance stradale e autostradale operato dall’articolo 36, ha stabilito che l’ANAS deve provvedere, nel limite delle risorse disponibili e nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, ad una serie di funzioni, tra cui le seguenti, indicate alle lettere a), b) e c) del medesimo comma:

a)   costruire e gestire le strade, ivi incluse quelle sottoposte a pedaggio, e le autostrade statali, incassandone tutte le entrate relative al loro utilizzo, nonché alla loro manutenzione ordinaria e straordinaria;

b)   realizzare il progressivo miglioramento ed adeguamento della rete delle strade e delle autostrade statali e della relativa segnaletica;

c)   curare l'acquisto, la costruzione, la conservazione, il miglioramento e l'incremento dei beni mobili ed immobili destinati al servizio delle strade e delle autostrade statali.

 

Ai sensi del comma 8, la disposizione dettata dal comma precedente è applicabile anche al c.d. Programma ponti e gallerie, previsto dal comma 10 dell’art. 18 del D.L. n. 69/2013.

Tale comma 10, come modificato dal comma 70 dell’articolo 1 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), ha previsto l’emanazione di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per l’approvazione di un programma di interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie nonché degli ulteriori interventi mirati ad incrementare la sicurezza e a migliorare le condizioni dell'infrastruttura viaria con priorità per le opere stradali volte alla messa in sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico della rete stradale di interesse nazionale in gestione ad ANAS S.p.A. con l'individuazione delle relative risorse.

Le risorse destinate al programma, inizialmente pari a 300 milioni di euro (sulla base del riparto del c.d. fondo sblocca cantieri operato dal D.M. 17 luglio 2013), sono state rifinanziate dalla tabella E della L. n. 147/2013 (stabilità 2014). In seguito a tale rifinanziamento, le risorse per il 2014 risultano pari a 306 milioni, mentre per il 2015 e il 2016 il ddl di bilancio prevede rispettivamente 216 milioni e 95 milioni (cap. 7538 del MIT). Il rifinanziamento del programma rientra tra gli interventi, appaltabili entro il 31 dicembre 2014 e cantierabili entro il 30 giugno 2015, finanziabili dal cd. “Fondo sblocca cantieri” a seguito del rifinanziamento disposto dall’articolo 3, comma 1, del D.L. 133/2014 in corso di esame parlamentare.

 

Al riguardo, andrebbe valutata l’opportunità di chiarire l’ambito di applicazione della norma, specie in relazione alle attività di cui alle lettere a), b), e c) del comma 3 dell’articolo 36 del D.L. 98/2011, anche sotto il profilo temporale (ossia se si tratti anche di interventi in corso). Si osserva, altresì, che non è chiaro come si applicherà la disposizione in relazione al riconoscimento di una quota dello stanziamento – destinato alla realizzazione dell’intervento - in misura variabile fino al 10% dell’importo totale dello stanziamento medesimo.


 

Articolo 26, comma 1
(Soppressione assunzione ispettori)

 

 

L’articolo 26 contiene una serie di disposizioni volte alla realizzazione di interventi correttivi e di riduzione delle spese del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Più nel dettaglio, il comma 1 dispone la soppressione della norma (art. 14, c. 1, lett. a), D.L. 145/2013) che autorizza il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ad un’integrazione della dotazione organica pari a 250 unità di personale ispettivo e a procedere progressivamente alle conseguenti assunzioni.

L’art. 14, c. 1, lett. a), del D.L. 145/2013 autorizza un’integrazione della dotazione organica del MLPS pari a 250 unità di personale ispettivo (200 nel profilo di ispettore del lavoro di area III e 50 nel profilo di ispettore tecnico di area III) e la conseguente progressiva assunzione; ai maggiori oneri derivanti da tale previsione si provvede mediante riduzione del Fondo sociale per occupazione e formazione nella misura di 5 milioni di euro per il 2014, 7 milioni per il 2015 e a 10,2 milioni annui a decorrere dal 2016. La disposizione richiamata limita l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di attuare le procedure di mobilità di ufficio prima dell’espletamento delle procedure concorsuali (come previsto dall’art. 34-bis del D.Lgs. 165/2001[90]) esclusivamente al personale in possesso di specifiche professionalità compatibili con quelle di ispettore del lavoro o di ispettore tecnico, ferme restando le disposizioni in materia di mobilità volontaria di cui all’articolo 30, comma 2-bis, del D.Lgs. 165/2001[91]. Inoltre, è previsto che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali comunichi annualmente al Dipartimento della Funzione Pubblica ed al Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato il numero delle unità assunte e la relativa spesa


 

Articolo 26, comma 2
(Soppressione prestazioni accessorie INPS per cure termali)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 26 dispone la soppressione della norma che prevede l’erogazione da parte di INPS e INAIL di prestazioni economiche accessorie corrisposte agli aventi diritto ai regimi speciali di cure termali garantite dal Sistema sanitario nazionale, con oneri a carico delle medesime gestioni previdenziali.

La disposizione soppressa è l’ultimo periodo del comma 1, articolo 5, della legge n. 323 del 2000 che ha riordinato il settore termale, principalmente a scopo di prevenzione dell’invalidità pensionabile.

La legge che istituisce il Servizio sanitario nazionale (L. 833/1978) disciplina, all’articolo 36, il termalismo terapeutico, garantendo le prestazioni agli aventi diritto nei limiti previsti dal piano sanitario nazionale; pertanto, le prestazioni di assistenza termale, vale a dire i cicli di cure idrotermali per soggetti affetti da determinate patologie, rientrano tra quelle incluse nei LEA (livelli essenziali di assistenza) di cui al DPCM 29 novembre 2001, nell’ambito della macroarea dell’assistenza distrettuale. L’erogazione delle cure termali è quindi a carico del SSN, mentre l’assicurato è tenuto al pagamento del ticket nella misura prevista con riferimento ai LEA.

L’art. 6 del DL. 390/1995 (L. 490/1995) distingue i regimi speciali INPS e INAIL, che comunque sono inclusi tra le prestazioni idrotermali rientranti nel Piano sanitario nazionale approvato dal Ministero della salute. Questi istituti, in particolare, garantiscono ai propri assicurati la concessione di cure termali nelle forme di prestazioni balneo-termali[92] e come prestazioni economiche accessorie[93], che consistono, ad esempio, nel rimborso della spese di soggiorno e di viaggio, in certi casi in una diaria (limitatamente ai giorni di viaggio) e, quando prevista, nell' integrazione della rendita di inabilità permanente.

La disposizione in esame dunque prevede l’abolizione degli oneri finanziari a carico degli enti previdenziali corrispondenti a prestazioni che non rientrano nei livelli essenziali di assistenza a carattere accessorio, restando a carico del SSN l’erogazione delle altre prestazioni di assistenza termale previste dalla normativa vigente.


 

Articolo 26, comma 3
(Giorno di pagamento delle pensioni INPS)

 

 

Il comma 3 prevede, a decorrere dal 1° gennaio 2015, che le prestazioni previdenziali erogate dall’INPS, i trattamenti pensionistici, gli assegni, le pensioni, le indennità di accompagnamento erogate agli invalidi civili e le rendite vitalizie dell’INAIL, nei confronti di beneficiari di più trattamenti[94], in assenza di cause ostative siano posti in pagamento il 10 di ciascun mese (o il giorno successivo se festivo o non bancabile).

La disposizione è volta a uniformare e razionalizzare le procedure e i tempi di pagamento delle prestazioni, con l’obiettivo di conseguire un risparmio nelle commissioni bancarie.

 

Attualmente, le suddette prestazioni sono erogate in giorni differenti a seconda delle gestioni in cui viene liquidato il trattamento. In linea generale, le pensioni erogate dall’INPS sono corrisposte in rate mensili anticipate scadenti il 1° giorno del mese (o il giorno successivo se festivo o non bancabile) con un unico pagamento (ove non esistano cause ostative) nei confronti dei beneficiari di più trattamenti, come stabilito con le Delibere adottate dal Consiglio di amministrazione dell’INPS n. 350 del 10 marzo 1998 (in tema di pagamento delle pensioni erogate dall’INPS) e n. 719 del 30 giugno 1998 (in tema di pagamento degli assegni, delle pensioni e delle indennità di accompagnamento erogate dall'INPS a favore degli invalidi civili)[95]. Per altre gestioni, invece, il pagamento delle relative prestazioni è fissato in giorni diversi dal 1° del mese: ad esempio, il pagamento delle pensioni dei lavoratori delle gestioni pubbliche è fissato al giorno 16 di ogni mese (Messaggio INPS n. 3506 del 24 marzo 2014).

Si ricorda, inoltre, che la disciplina della materia relativa alla periodicità di pagamento delle pensioni è stata delegificata ad opera dell’articolo 10, comma 1, del D.L. 536/1987.


 

Articolo 26, comma 4
(Comunicazioni a INPS a seguito di decesso)

 

 

Il comma 4 dispone, a decorrere dal 1° gennaio 2015, l’obbligo di trasmissione all’INPS del certificato di accertamento del decesso del soggetto beneficiario di prestazioni previdenziali, entro 48 ore dall’evento, per via telematica online, secondo le procedure già previste dalla normativa vigente ai fini della comunicazione dello stato di malattia. In caso di violazione del suddetto obbligo si applica la sanzione pecuniaria da un minimo di 100 ad un massimo di 300 euro (art. 46 del D.L. 269/2003).

 

L’articolo 2 del D.L. 663/1979, come modificato dall’articolo 1, comma 149, della L. 311/2004 (Finanziaria 2005) stabilisce che, a decorrere dal 1° giugno 2005, nei casi di infermità comportante incapacità lavorativa, il medico curante trasmette all'INPS il certificato di diagnosi sull'inizio e sulla durata presunta della malattia per via telematica online e demanda ad un apposito decreto interministeriale il compito di individuare le modalità tecniche, operative e regolamentari per l’attuazione della norma. Il Decreto interministeriale del 26 febbraio 2010, che per primo ha dato attuazione alle suddette disposizioni normative (a decorrere dal 3 aprile 2010), è stato successivamente modificato dal Decreto interministeriale del 18 aprile 2012 contiene nuove modalità tecniche per la predisposizione e l’invio telematico dei dati delle certificazioni di malattia al SAC (Sistema di accoglienza centrale) dirette soprattutto a consentire l’invio telematico da parte delle strutture sanitarie della certificazione di malattia e di ricovero[96].

Si ricorda che l’articolo 7 del D.L. 179/2012 ha esteso anche al personale non contrattualizzato della P.A.[97] l’obbligo di invio telematico del certificato di malattia.


 

Articolo 26, commi 5 e 6
(Restituzione somme pensioni INPS indebitamente percepite
post mortem assistito)

 

 

I commi 5 e 6 dell’articolo 26 dettano disposizioni in merito alla restituzione delle somme erogate dall’INPS indebitamente percepite post mortem dal beneficiario e al riversamento da parte dell’INPS, all’entrata del bilancio dello Stato, di 19 milioni di euro derivanti dai risparmi ottenuti dall’attuazione di quanto previsto dai commi da 2 a 5.

Più nel dettaglio, il comma 5 prevede la corresponsione con riserva da parte dell’INPS, su un conto corrente bancario o postale, delle prestazioni in denaro per il periodo successivo alla morte dell’avente diritto e l’obbligo per l’Istituto bancario e le Poste italiane di restituire, nei limiti della disponibilità esistente sul conto corrente, le somme corrisposte senza che il beneficiario ne avesse diritto (senza possibilità per gli stessi di utilizzare le suddette somme per l’estinzione dei propri crediti). È previsto, inoltre, l’obbligo di reintegro a favore dell’INPS delle somme indebitamente percepite a carico dei soggetti che hanno ricevuto direttamente le suddette prestazioni in contanti per delega, o sul conto corrente bancario o postale (anche in seguito a ordine permanente di accredito sul proprio conto), o che hanno svolto o autorizzato un’operazione di pagamento a carico del conto disponente. L’istituto bancario o le Poste italiane che, per impossibilità sopravvenuta o altro motivo, rifiutino la richiesta sono tenuti a comunicare all’INPS le generalità del destinatario o del disponente e del nuovo titolare del conto corrente.

 

In materia di restituzione degli indebiti pensionistici la norma di riferimento è costituita dall’articolo 52 della L. 88/1989, secondo cui le pensioni possono essere rettificate in ogni momento dall’ente erogatore, in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazione della prestazione. Nel caso in cui, in conseguenza del provvedimento modificato, siano state riscosse somme non dovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che l'indebita percezione sia dovuta a dolo dell'interessato (il mancato recupero delle somme predette può essere addebitato al funzionario responsabile soltanto in caso di dolo o colpa grave). Sulla materia sono intervenute anche le leggi nn. 662/1996 e 448/2001, che hanno dettato (con effetto retroattivo ed in via transitoria) una disciplina sostitutiva di quella prevista dalla disposizione richiamata, da applicarsi a pagamenti indebiti di prestazioni previdenziali effettuati fino al 31 dicembre 2000. Più precisamente, per periodi anteriori al 1° gennaio 1996, l’art. 1, c. 260, della L. 662/1996 stabilisce che non si dà luogo al recupero dell'indebito nei confronti dei soggetti che hanno percepito indebitamente prestazioni pensionistiche o quote di prestazioni pensionistiche o trattamenti di famiglia, nonché rendite (anche se liquidate in capitale) a carico degli enti pubblici di previdenza obbligatoria, se i soggetti medesimi siano percettori di un reddito personale imponibile IRPEF per l'anno 1995 di importo pari o inferiore a lire 16 milioni[98].

Per periodi anteriori al 1° gennaio 2001, l’articolo 38, c. 7, della L. 448/2001 dispone, che non si fa luogo al recupero dell'indebito nei confronti dei soggetti che hanno percepito indebitamente prestazioni pensionistiche o quote di prestazioni pensionistiche o trattamenti di famiglia, a carico dell'INPS qualora i soggetti medesimi siano percettori di un reddito personale imponibile ai fini IRPEF per l'anno 2000 di importo pari o inferiore a 8.263,31 euro.

Merita segnalare che, per quanto riguarda le prestazioni pensionistiche derivanti da invalidità civile, l’articolo 42, comma 5, del D.L. 269/2003 dispone che non si procederà alla richiesta di restituzione delle somme indebitamente percepite prima del 2 ottobre 2003 (data di entrata in vigore del citato decreto) dai titolari di prestazioni pensionistiche, derivanti da invalidità civili, privi dei requisiti reddituali; la disposizione si riferisce soltanto a situazioni di debito che riguardano il superamento dei requisiti reddituali previsti dalla legge per la corresponsione delle prestazioni pensionistiche agli invalidi civili, il cui diritto è legato a limiti reddituali[99].

 

Il comma 6 prevede, a decorrere dal 2015, il riversamento, da parte dell’INPS, all’entrata del bilancio dello Stato, di 19 milioni di euro derivanti dai risparmi ottenuti dall’attuazione di quanto previsto dai commi da 2 a 5.


 

Articolo 26, comma 7
(Versamento all’entrata del bilancio di quota parte degli interessi attivi INPS per concessione di mutui e prestiti)

 

 

Il comma 7 dispone che l’INPS renda indisponibile una quota parte pari a 50 milioni di euro delle entrate relative agli interessi attivi (al netto dell’imposta sostitutiva) derivanti dalla concessione di mutui e prestiti agli iscritti alla gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali dell’INPDAP e proceda al riversamento della relativa somma all’entrata del bilancio dello Stato.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 245, della legge n. 662 del 1996, istituisce presso l'INPDAP la gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali agli iscritti, affidando ad un decreto ministeriale l’emanazione delle norme attuative. Tali norme attuative sono state emanate con il D.M. n. 463 del 28 luglio 1998, che prevede che la gestione unitaria autonoma delle prestazioni creditizie e sociali assicura la continuità delle prestazioni in corso e provvede, armonizzando la preesistente normativa ed unificando gli interventi in favore degli iscritti:

a)   all'erogazione di prestiti annuali e biennali fino al doppio della retribuzione contributiva mensile, di prestiti quinquennali e decennali verso cessione del quinto della retribuzione nonché di mutui ipotecari a tassi agevolati;

b)   alla costituzione di garanzia a favore degli istituti autorizzati ad erogare prestiti agli iscritti;

c)   all'ammissione in convitto, nei centri vacanza estivi in Italia e alle vacanze studio all'estero dei figli e degli orfani degli iscritti;

d)   al conferimento di borse di studio in favore dei figli e degli orfani degli iscritti;

e)   all'ammissione in case di soggiorno degli iscritti cessati dal servizio e dei loro coniugi nonché al ricovero presso idonee strutture esterne di ospiti divenuti non autosufficienti;

f)    ad altre prestazioni a carattere creditizio e sociale a favore degli iscritti e dei loro familiari, istituite con delibera del consiglio di amministrazione dell'INPDAP, adottate sulla base delle linee strategiche definite dal consiglio di indirizzo e vigilanza, nel rispetto dell'equilibrio finanziario della gestione.

In materia di accesso alle prestazioni creditizie agevolate erogate dall'INPDAP è intervenuto il D.M. n. 45 del 7 marzo 2007 (in attuazione di quanto previsto dall’art. 1, c. 347, della L. 266/2005), che ha consentito anche ai pensionati, già dipendenti pubblici, iscritti ai fini pensionistici presso enti o gestioni previdenziali diverse dall’INPDAP, di iscriversi alla predetta Gestione unitaria. Successivamente, il citato D.M. è stato parzialmente modificato dal D.L. 159/2007: in particolare, tale modifica ha stabilito che l’iscrizione non avviene automaticamente secondo il principio del silenzio-assenso, ma esprimendo la propria volontà di adesione all’INPDAP.


 

Articolo 26, commi 8 e 9
(Versamento all’entrata del bilancio di risparmi di spesa
da parte dell’INPS e dell’INAIL)

 

 

I commi 8 e 9 dell’articolo 26 contengono disposizioni circa il versamento da parte dell’INPS e dell’INAIL all’entrata del bilancio dello Stato dei risparmi di spesa ottenuti.

Più nel dettaglio, il comma 8 prevede, a decorrere dal 2015, il riversamento, da parte dell’INPS, all’entrata del bilancio dello Stato, di 41 milioni di euro, così suddivisi:

§  25 milioni di euro in relazione ai risparmi derivanti dalla razionalizzazione delle attività svolte nell’ambito del servizio CUN - Centralino unico nazionale per Inps, Inail e Equitalia;

§  6 milioni di euro in relazione ai risparmi connessi con la rinegoziazione delle convenzioni stipulate per la determinazione dei limiti reddituali per l’accesso alle prestazioni attraverso le dichiarazioni RED e ICRIC[100];

§  10 milioni di euro a decorrere dal 2015 in relazione ai risparmi connessi con la razionalizzazione della spesa per i servizi tecnologici attraverso il completamento dei processi di integrazione dei sistemi proprietari degli enti soppressi ai sensi del D.L. 201/2011[101];

Il comma 9 dispone, a decorrere dal 2015, il riversamento, da parte dell’INAIL, all’entrata del bilancio dello Stato di 50 milioni di euro a decorrere dal 2015 in relazione agli ulteriori risparmi da conseguire attraverso interventi di razionalizzazione e di riduzione delle spese dell’istituto, tenuto anche conto della previsione di cui al comma 2 (vedi infra), con esclusione di quelle predeterminate per legge.


 

Articolo 26, comma 10
(Riduzione contributi patronati)

 

 

Il comma 10 prevede, per l’esercizio finanziario 2015, la riduzione complessiva e proporzionale di 150 milioni di euro degli stanziamenti per il finanziamento degli istituti di patronato e assistenza sociale di cui all’articolo 13, comma 1, della L. 152/2001. I risparmi così ottenuti conseguono a maggiori somme effettivamente affluite al bilancio dello Stato, in deroga a quanto previsto dallo stesso articolo 13 della L. 152/2001, secondo cui il prelevamento di un’aliquota di contribuzione (attualmente pari allo 0,226%) non può avere destinazione diversa dal finanziamento dei suddetti istituti di patronato ed assistenza sociale (salvo quanto previsto dal comma 2 del medesimo articolo in ordine alle percentuali di finanziamento – vedi infra). Viene disposta, inoltre, la riduzione, a decorrere dall’esercizio finanziario 2016, dall’80% al 45% degli anticipi versati ai patronati sulle somme spettanti e, a valere sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dall’anno 2014, dell’aliquota di contribuzione, rideterminata nello 0,148%.

 

L’articolo 13, comma 1, della L. 152/2001 dispone il finanziamento per l’attività di istituti di patronato e assistenza sociale, secondo i criteri stabiliti con specifico regolamento (emanato con il D.M. 10 ottobre 2008), mediante il prelevamento di un'aliquota, pari allo 0,226%, a decorrere dal 2001, sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'INPS, dall'INPDAP, dall'INAIL e IPSEMA.

L’importo ottenuto con il richiamato prelevamento è destinato al finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza sociale nelle seguenti percentuali (comma 2):

§  89,90% all'attività;

§  10% all'organizzazione, di cui il 2 per cento per l'estero;

§  0,10% per il controllo delle sedi all'estero, finalizzato alla verifica dell'organizzazione e dell'attività, nonché a verifiche ispettive straordinarie in Italia sull'organizzazione e sull'attività e per la specifica formazione del personale ispettivo addetto

 

Il D.M. 10 ottobre 2008, n. 193, adottato in attuazione di quanto disposto dal comma 7, stabilisce le modalità di ripartizione del finanziamento.

Secondo quanto riportato nella Tabella n. 4 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (cap. 2230), per il 2014 la dotazione per il finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza sociale (cap. 4331) è pari a 342,44 milioni di euro (valori per competenza).

Si ricorda che le risorse destinate agli istituti di patronato e di assistenza sociale hanno già subito una riduzione per effetto di quanto stabilito dall’art. 12, c. 12-terdecies, del D.L. 78/2010 il quale ha disposto, per ciascuno degli esercizi finanziari 2011-2013, una riduzione degli specifici stanziamenti iscritti nelle U.P.B. dello stato di previsione del ministero del lavoro e delle politiche sociali a favore dei finanziamenti degli Istituti di patronato e di assistenza sociale, complessivamente e proporzionalmente nella misura di 30 milioni di euro annui.

Da ultimo, l’art. 1, c. 9, della L. 228/2012, pur escludendo, fino alla riforma degli istituti di patronato e assistenza sociale, la riduzione dei stanziamenti, dispone tuttavia che il raggiungimento degli obiettivi di riduzione di spesa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali venga comunque assicurato, a decorrere dal 2014, per un importo di 30 milioni di euro, anche mediante l’attuazione dell’articolo 7, comma 15, della L. 135/2012 (il quale prevede che il Ministero dell’economie e delle finanze – a fronte di proposte di riduzione di spesa dei singoli Ministeri non adeguate a conseguire i risparmi prefissati - debba riferire al Presidente del Consiglio dei ministri ed, eventualmente, con la medesima legge di stabilità, disporre la corrispondente riduzione delle spese rimodulabili in precedenza accantonate).


 

Articolo 26, comma 11
(Riduzione Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello)

 

 

Il comma 11 dispone, a decorrere dal 2015, la riduzione di 200 milioni di euro del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello.

 

Lo sgravio contributivo dei contratti di produttività è stato previsto dall’articolo 1, commi 67 e 68 della L. 247/2007, originariamente in via sperimentale, con effetto dal 1° gennaio 2008, e poi tradotto in forma strutturale dall’articolo 4, commi 28-29, della L. 92/2012. In particolare, il comma 67 ha previsto, attraverso l’istituzione di un apposito Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, la concessione di uno sgravio contributivo relativo alla quota di retribuzione imponibile di cui all'articolo 12, terzo comma, della L. 153/1969, costituita dalle erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali e territoriali (ovvero di secondo livello) caratterizzate da incertezza della corresponsione o dell'ammontare e correlazione, stabilita dal contratto medesimo, tra la struttura della quota di retribuzione e la misurazione di incrementi di produttività, qualità, nonché altri elementi di competitività, assunti come indicatori dell'andamento economico dell'impresa e dei suoi risultati. Tale sgravio, fruibile su domanda delle imprese, è concesso sulla base dei seguenti criteri: importo annuo complessivo delle erogazioni in oggetto ammesse allo sgravio entro il limite massimo del 5% della retribuzione contrattuale percepita; determinazione dello sgravio, con riferimento alla quota di erogazioni di cui al precedente richiamo, nella misura di 25 punti percentuali; determinazione dello sgravio, sempre con riferimento alla quota di erogazioni relative all’importo annuo complessivo in misura pari ai contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro sulla quota del 5%. Il comma 68 ha rinviato ad un decreto interministeriale la disciplina delle modalità di attuazione dello sgravio[102].

In relazione alle risorse del richiamato Fondo, si ricorda che la L. 228/2012 ha disposto uno stanziamento del Fondo in questione, sul cap. 4330 del Ministero del lavoro, pari a 500 mln per il 2013. L’articolo 4, comma 1, lett. a), del D.L. 54/2013 ha ridotto la dotazione del Fondo di 250 milioni nel 2013, al fine di rifinanziare gli ammortizzatori sociali in deroga, di cui all’articolo 2, commi 64, 65 e 66 della L. 92/2012. Successivamente, la lettera c) del comma 3 dell’articolo 15 del D.L. 102/2013 (ai fini della copertura degli oneri derivanti dal provvedimento medesimo) ha disposto la riduzione del Fondo per una somma pari a 186 mln di euro per il 2013, e, quanto a 64 mln di euro per l'anno 2013, mediante utilizzo delle disponibilità già trasferite all'INPS, nel medesimo anno, in via di anticipazione, a valere sul predetto Fondo. Da quanto risulta nel bilancio preventivo per il 2014 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la dotazione per il 2014 del Fondo sarebbe pari a 607 milioni di euro in conto competenza.

Si ricorda che il Fondo richiamato è stato già oggetto di precedenti interventi di riduzione. In particolare: i commi 249 e 254 dell’art. 1 della L. 228/2012 hanno disposto, rispettivamente, una riduzione per pari a 32 milioni di euro per l'anno 2013, 43 milioni di euro per l'anno 2014, 51 milioni di euro per l'anno 2015, 67 milioni di euro per l'anno 2016, 88 milioni di euro per l'anno 2017, 94 milioni di curo per l'anno 2018, 106 milioni di euro per l'anno 2019, 121 milioni di euro per l'anno 2020, 140 milioni di euro per l'anno 2021 e di 157 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022 (per coprire gli oneri derivanti dal rifinanziamento degli ammortizzatori sociali) e di 118 milioni di euro per il 2013 (per la copertura degli oneri dovuti all’incremento del Fondo sociale dell’occupazione); l’art. 4, c. 1, lett. a), del D.L. 54/2013 ha disposto una riduzione di 250 milioni di euro per la copertura degli oneri derivanti dal rifinanziamento degli ammortizzatori sociali; l’art. 15, c. 3, lett. c) ha previsto, per la copertura degli oneri derivanti dall’attuazione dell’intero provvedimento[103], tra l’altro una riduzione anche del Fondo in oggetto pari a 186 milioni euro per l'anno 2013, e, quanto a 64 milioni di euro per l'anno 2013, mediante utilizzo delle disponibilità già trasferite all'INPS, nel medesimo anno, in via di anticipazione, a valere sul predetto Fondo.

Da ultimo, l’art. 40 del D.L. 133/2014 ha previsto per la copertura degli oneri derivanti dal rifinanziamento degli ammortizzatori sociali e del c.d. bonus Giovannini l’utilizzo delle risorse finanziarie stanziate, per l'anno 2012, ai fini dell'attribuzione degli sgravi contributivi sulle retribuzioni previste dalla contrattazione di secondo livello rimaste inutilizzate, pari a 103.899.045 euro, le quali sono appositamente riversate all'entrata del bilancio dello Stato (lettera e)) e la riduzione (pari a 50 milioni di euro per l'anno 2014), del Fondo relativo agli sgravi contributivi per la contrattazione di secondo livello relative al 2012, con conseguente rideterminazione dello stesso Fondo nell'importo di 557 milioni di euro per il 2014 medesimo (lettera f)).


 

Articolo 26, comma 12
(Modifica ISEE)

 

 

Il comma 12 interviene sulla disciplina degli obblighi di comunicazione all’Anagrafe tributaria posti in capo agli operatori finanziari, prevedendo l’integrazione delle informazioni che vengono utilizzate ai fini della compilazione della dichiarazione sostitutiva unica per la determinazione dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), con il dato del valore medio di giacenza annuo di depositi e conti correnti bancari e postali.

 

Più in dettaglio, la disposizione integra con questo dato la seconda parte del comma 4, art. 11, del D.L. 201/2011 (L. 214/2011) relativa alle informazioni che devono essere contenute nelle comunicazioni degli operatori finanziari all’Anagrafe tributaria, anche al fine di semplificare gli adempimenti dei cittadini per la compilazione della dichiarazione ISEE da perfezionare in base alle disposizioni dell’art. 4 del D.Lgs. n. 109/1988.

Si segnala che tale novella è stata richiesta dalla commissioni parlamentari competenti in sede di parere sullo schema di regolamento che ha disciplinato le nuove modalità di calcolo dell’indicatore di reddito ISEE (D.P.C.M. 159/2013), considerato che il valore della consistenza media annua di depositi e conti correnti bancari e postali non è di facile reperimento da parte del cittadino che, in questo modo, verrebbe sollevato dall’onere di farne richiesta all’intermediario bancario per assolvere ai suoi obblighi di compilazione della richiamata dichiarazione sostitutiva.

 

L’ISEE è l’indicatore, in vigore dal 1998, che serve per valutare e confrontare la situazione economica dei nuclei familiari per regolare l’accesso alle prestazioni (in moneta e in servizi) sociali e sociosanitarie erogate dai diversi livelli di governo. In generale, l’ISEE viene utilizzato ai fini dell’applicazione di tariffe differenziate in relazione alla condizione economica oppure per la fissazione di soglie oltre le quali non è ammesso l’accesso alla prestazione. La situazione economica è valutata tenendo conto del reddito di tutti i componenti, del loro patrimonio (valorizzato al 20%) e, attraverso una scala di equivalenza, della composizione del nucleo familiare (numero dei componenti e loro caratteristiche). Per ulteriori approfondimenti si veda La riforma dell’ISEE, documento informativo a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

Sotto il profilo della formulazione del testo, si segnala che la norma modificata reca il riferimento all’art. 4 del D.Lgs. n. 109/1988, ora abrogato, che andrebbe sostituito con il riferimento al D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159, recante Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), che lo ha sostituito.

 

L’articolo 5 del decreto-legge n. 201 del 2011 che ha disposto la riforma dell’Isee ha previsto, infatti, che a far data dai trenta giorni dall'entrata in vigore delle disposizioni di approvazione del nuovo modello di dichiarazione sostitutiva unica concernente le informazioni necessarie per la determinazione dell'ISEE, sono abrogati il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 maggio 1999, n. 221.


 

Articolo 27, comma 1
(Riduzione contributi a organismi internazionali)

 

 

Il comma 1 contiene disposizioni per la riduzione dei contributi ad organismi internazionali. In particolare, si prevede che il Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale provveda - ove necessario - alla rinegoziazione dei termini degli accordi internazionali che riguardano la quantificazione dei contributi volontari ed obbligatori dell’Italia alle organizzazioni internazionale di cui è parte il nostro Paese. Lo scopo di tali disposizioni sta nella riduzione delle relative previsioni di spesa nella misura di 25.243.300 euro per il 2015, e di 8.488.300 euro a decorrere dal 2016.

Conseguentemente, le relative autorizzazioni di spesa vengono ridotte nella misura risultante dall’allegato 8 (v. infra) al disegno di legge di stabilità 2015: a tali autorizzazioni di spesa, a decorrere dal 2015, non si applica quanto previsto dall’art. 26 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 – legge di contabilità e finanza pubblica, ovvero la possibilità di incrementare gli stanziamenti di spesa a carattere obbligatorio, mediante ricorso al fondo di riserva per le spese obbligatorie (di parte corrente) istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze – in allegato al quale figura l’elenco dei capitoli di spesa a carattere obbligatorio.

 

Si ricorda che lo stato di previsione del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale (tabella 6 del disegno di legge di bilancio) contiene numerosi capitoli relativi a contributi per Organismi internazionali non ulteriormente specificati, quali ad esempio il capitolo 2302, il capitolo 2303, il capitolo 3393, il capitolo 3750. Il medesimo stato di previsione, inoltre, riporta una serie di capitoli dedicato al finanziamento specifico di determinati organismi, quali l’UNICRI e l’UNICEF (cap. 2205) o lo Staff College (cap. 3395) delle Nazioni Unite. Infine, altri capitoli riguardano il finanziamento di determinate attività ed iniziative, come ad esempio la PESC e la PSDC (capp. 3425 e 3426), o dei seguiti derivanti da trattati internazionali come il Trattato FAO sulle risorse fitogenetiche (cap. 2304).

Va infine ricordato che anche nello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ad esempio, il cap. 7175 e il cap. 7179 riguardano spese per la partecipazione italiana al capitale di banche e fondi internazionali di sviluppo.

Si riporta di seguito l’allegato 8 al disegno di legge di stabilità 2015, nel quale si evidenziano le cancellazioni o le riduzioni dei contributi imputandole agli Organismi o iniziative correlati, e a fianco delle cui denominazioni appaiono i risparmi da realizzare in base al disposto del comma 1 in esame.


 

 

Allegato 8

 

 

RIDUZIONI CONTRIBUTI A ORGANISMI INTERNAZIONALI

 

Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale

 

Autorizzazione

2015

2016

2017 ed

anni successivi

OSCE

RIDUZIONE

Legge 18 luglio 1984, n. 343

3.000,0

3.000,0

3.000,0

Organizzazioni di interesse di altre amministrazioni (banca di sviluppo del consiglio d'europa, gruppo Pompidou, centro nord-sud, osservatorio audiovisivo)

RECESSO

Legge 28 marzo 1991, n. 119

225,0

225,0

225,0

Organizzazioni di interesse di altre amministrazioni (banca di sviluppo del consiglio d'europa, gruppo Pompidou, centro nord-sud, osservatorio audiovisivo)

RECESSO

Legge 23 luglio 1949, n. 433

554,5

564,5

564,5

Segretariato ince

RIDUZIONE

Legge 18 giugno 2003, n. 142

43,0

143,0

143,0

CIEC – Commissione internazionale dello stato civile

RECESSO

Legge 26 novembre 1957, n. 1296

18,3

18,3

18,3

BRESCE – Ufficio regionale UNESCO per l’Europa di Venezia

RECESSO

Legge 4 giugno 1997, n. 163

650,0

650,0

650,0

Istituto internazionale del freddo

RECESSO

Legge 24 luglio 1959, n. 697

60,0

60,0

60,0

Comitato consultivo del cotone

RECESSO

Legge 3 novembre 1971, n. 950

35,0

35,0

35,0

European spatial data research

RECESSO

Legge 26 luglio 1978, n. 477

7,5

7,5

7,5

Carta europea dell'energia

RECESSO

Legge 10 novembre 1997, n. 415

 -

450,0

450,0

Esecuzione statuto delle nazioni unite

RIDUZIONE

Legge 17 agosto 1957, n. 848

20.000,0

2.685,0

2.685,0

Unesco

RIDUZIONE

Legge 9 agosto 2013, n. 100

150,0

150,0

150,0

Centro internazionale ingegneria genetica

RIDUZIONE

Legge 15 marzo 1986, n. 103; Legge 9 ottobre 2000, n. 288

200,0

200,0

200,0

Icranet – rete internazionale astrofisica relativistica

RIDUZIONE

Legge 10 febbraio 2005, n. 31

150,0

150,0

150,0

IAP – InterAcademy Partnership

RIDUZIONE

Legge 10 gennaio 2004, n. 17

50,0

50,0

50,0

TWAS – Accademia delle scienze del Terzo Mondo

RIDUZIONE

Legge 10 gennaio 2004, n. 17

100,0

100,0

100,0

Totale

25.243,3

8.488,3

8.488,3

 


 

Articolo 27, comma 2
(Ulteriori interventi sul trattamento economico e normativo
del personale in servizio all’estero)

 

 

Le disposizioni di cui comma 2 si inseriscono nell’alveo di un percorso di riduzione dei trattamenti economici per il personale in servizio all’estero, già parzialmente attuato con l’art. 9-bis del D.L. 101/2013[104] in riferimento alle spese per i cambiamenti di sede – realizzando già nel 2014 economie di spesa pari a circa 3,3 milioni e un maggiore gettito fiscale pari a circa 1,5 milioni -; nonché con i commi 1 e 2 dell’art. 16-bis del D.L. 66/2014[105] per l’abolizione dell’assegno individuale di rappresentanza – con forti risparmi, fino ad oltre il 40 per cento a decorrere dal 2015, degli importi mensili percepiti dalle diverse categorie di personale in servizio all’estero.

Nello specifico, il comma 2 prevede anzitutto che il Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, con effetto dal 1° luglio 2015, eseguiti rilevamenti di carattere oggettivo, provvede a una revisione complessiva dei coefficienti di cui agli articoli 171 e 178 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18 - come modificato dal comma 2 in esame - che reca l’ordinamento dell’Amministrazione degli affari esteri.

Si ricorda che sulla scorta dei coefficienti in questione si opera la maggiorazione dell’indennità di base per il servizio all’estero, in relazione alle caratteristiche della sede di servizio.

In generale, in riferimento al comma 1, la relazione tecnica precisa che le disposizioni vanno lette alla luce della riduzione del 20 per cento dell’indennità di servizio all’estero, quale prevista più avanti proprio dal comma 2 in commento - il che significa che anche là dove apparentemente vi siano incrementi, questi vanno sempre parametrati alla sottesa e preliminare riduzione dell’indennità base.

Sempre con decorrenza dal 1° luglio 2015 il comma 2 in commento prevede la modifica dell’art. 51, comma 8, secondo periodo del T.U. delle imposte sui redditi (D.P.R. 917 del 1986): in particolare, viene aggiunta l’espressione “nonché il cinquanta per cento delle maggiorazioni percepite fino alla concorrenza di due volte l’indennità base”.

L’art. 51 del T.U. delle imposte sui redditi riguarda la determinazione dei redditi da lavoro dipendente: il comma 8 stabilisce che gli assegni di sede e le altre indennità percepite per servizi prestati all'estero costituiscono reddito nella misura del 50 per cento. Qualora per i servizi prestati all'estero dai dipendenti delle amministrazioni statali la legge preveda la corresponsione di una indennità base e di maggiorazioni ad essa collegate, concorre a formare il reddito la sola indennità base. L’aggiunta operata dal comma 2 in esame affianca all’indennità base nella misura del 50 per cento, quale elemento costitutivo del reddito, il 50 per cento delle maggiorazioni percepite fino alla concorrenza di due volte l’indennità base.

La relazione tecnica quantifica il maggior gettito fiscale e contributivo in 32,3 milioni di euro annui.

 

Inoltre all’art. 23, comma 1 del D.P.R. 1092 del 1973 – recante il testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato – viene aggiunta la locuzione “a domanda dell’interessato o dei superstiti aventi causa” alle parole “è aumentato”.

Il comma unico dell’art. 23 sopra richiamato prevede che il servizio prestato dal personale dell'Amministrazione degli affari esteri nelle residenze disagiate o particolarmente disagiate - individuate con decreto del Ministro competente - è aumentato ai fini pensionistici rispettivamente della metà e di tre quarti. L’aggiunta operata dal comma 2 in commento subordina l’aumento alla domanda dell’interessato o dei superstiti aventi causa (v. anche infra lettera c).

 

Infine, il comma 2 in esame apporta una serie numerosa di modifiche al citato D.P.R. 18/1967, modifiche di seguito illustrate:

A.  riduzione del venti per cento delle indennità di base di cui alla Tabella A

La Tabella A in questione è quella allegata al D.Lgs. 27 febbraio 1998, n. 62, recante disciplina del trattamento economico per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni in servizio all'estero, a norma dell'articolo 1, commi da 138 a 142, della L. 23 dicembre 1996, n. 662. La Tabella A - richiamata anche nell’art. 171 del DPR 18/1967 – riporta le indennità base relative ai posti funzione previsti negli uffici all'estero per il personale dei ruoli del ministero degli affari esteri.

Si segnala infatti che l’art. 170 dell’ordinamento dell’Amministrazione degli Affari esteri, di cui al richiamato D.P.R. n. 18 del 1967, stabilisce che il personale dei ruoli organici di quella Amministrazione, oltre allo stipendio e agli assegni di carattere fisso e continuativo previsti per l’interno – compresa, nella misura minima, l’eventuale indennità o retribuzione di posizione - percepisce, quando è in servizio presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari di prima categoria, l’indennità di servizio all’estero, stabilita per il posto di organico che occupa, nonché le altre competenze eventualmente spettanti in base alle disposizioni del medesimo provvedimento. Nessun’altra indennità ordinaria e straordinaria può essere concessa al personale suddetto in relazione al servizio prestato all’estero in aggiunta al trattamento previsto da quel provvedimento.

L’indennità di servizio all’estero è dettagliatamente regolata dal successivo art. 171 del D.P.R. n. 18/1967: la novella allo stesso apportata dal Decreto legislativo 27 febbraio 1998, n. 62, ha comportato una ristrutturazione dell’istituto, ora consistente in una indennità di base (rideterminata per ciascun posto-funzione secondo una tabella allegata al provvedimento), cui si applicano i coefficienti attribuiti ad ogni sede con apposito decreto del ministro degli esteri di concerto con il ministro del tesoro. Rispetto alla normativa previgente, l’elemento del disagio della sede è stato espunto dai parametri per la formazione dei coefficienti di sede e dà luogo invece ad un’apposita maggiorazione dell’ISE; analogamente, è stata scorporata dall’ISE la componente relativa alle spese di rappresentanza, istituendo – va infatti ricordato che il decreto legislativo n. 62/1998 ha inciso su numerosi altri articoli del D.P.R. n. 18/1967 - un apposito assegno di rappresentanza e dettando i criteri per la determinazione dello stesso. E’ stata altresì modificata la normativa sia su altri istituti direttamente incidenti sul trattamento economico (quali le indennità di prima sistemazione e per carichi di famiglia, i contributi per spese di abitazione e per trasporto mobili, le provvidenze scolastiche, i rimborsi delle spese di viaggio), sia su istituti che solo indirettamente hanno riflessi sul trattamento economico (congedi, assenze dal servizio per ragioni di salute, maternità o altre cause).

Si ricorda che l'articolo 1-bis del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 ha recato, in funzione di contenimento della spesa, l'interpretazione autentica della vigente disciplina in materia di trattamento economico del personale del Ministero degli Esteri in servizio all'estero, chiarendo che il trattamento economico nel periodo di servizio all'estero non include né l'indennità di amministrazione né l'indennità integrativa speciale. Inoltre ribadisce quanto peraltro già previsto all’art. 170, comma 2 del D.P.R. n. 18/1967, ovvero che nessun’altra indennità ordinaria e straordinaria può essere concessa, a qualsiasi titolo, al personale suddetto in relazione al servizio prestato all'estero in aggiunta al trattamento previsto dal D.P.R. n. 18/1967 medesimo. D’altra parte il decreto-legge n. 35/2013[106] all'art. 12, comma 3, lettera c-quinquies ha disposto a fini di copertura la riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa alle indennità di servizio all'estero di un importo di 12 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015. Infine, il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102[107] all'art. 15, comma 3, lett. b) ha previsto, sempre a fini di copertura, la riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa alle indennità di servizio all'estero di un importo pari a 5 milioni per l'anno 2013.

Si ricorda altresì che la legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012), all’art. 1, comma 37 aveva già disposto la riduzione dell’autorizzazione di spesa per l’indennità di servizio all’estero, nella misura di 5.287.735 euro annui con decorrenza dal 2013. La legge di stabilità per il 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147) al comma 479 ha disposto un’ulteriore riduzione della medesima autorizzazione di spesa nella misura di 10 milioni di euro per l'anno 2014 ed a 20 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015.

Da ultimo, l’art. 16-bis, comma 2 del già richiamato D.L. 24 aprile 2014, n. 66 ha provveduto a ridurre l’indennità di servizio all’estero nella misura di 15 milioni per il 2015 e 13 milioni a decorrere dal 2016, a copertura dell’istituzione del Fondo per la promozione del sistema-Paese disposta dal precedente comma 1.

B.  modifiche al comma 4 ed abrogazione del comma 5 dell’art. 84

Le modifiche apportate dal comma 2 in esame eliminano dal testo vigente il riferimento al personale di ruolo e all’indennità di servizio all’estero, di modo che il disposto del comma 4 dell’articolo 84 viene a limitarsi al personale a contratto e alle retribuzioni di questo - che in quanto a contratto non gode dell’indennità di servizio all’estero. Il comma 2 in esame dispone inoltre l’abrogazione del comma 5 dell’articolo 84, in base al quale con decreto del Ministro degli affari esteri e per speciali esigenze di servizio si può concedere l’uso gratuito dell’alloggio in immobili adibiti ad uso degli uffici all’estero al personale di custodia e al personale addetto alla cifra e telecomunicazioni, nonché ad altre categorie indicate nel decreto stesso.

L’articolo 84 in questione concerne gli alloggi in immobili demaniali all’estero, e prevede che in caso di eccedenza di locali rispetto alle esigenze di servizio, negli immobili demaniali si possano costituire alloggi per il personale, eventualmente anche in locali siti in immobili presi in affitto - in questo secondo caso previo apposito decreto del Ministro degli affari esteri di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze. Il comma 4 dell’articolo 84, cui vengono apportate modifiche, prevede che il personale di ruolo o a contratto, che fruisca di alloggi in entrambe le precedentemente contemplate eventualità, debba corrispondere all’Amministrazione un canone compreso rispettivamente tra l’ottavo e il quinto e il settimo e il quinto dell’indennità di servizio all’estero o della retribuzione mensile, corrispondentemente alle caratteristiche dell’alloggio e dell’eventuale arredamento. La misura di tali canoni è stabilita con decreto del Ministro degli Affari esteri.

C.  modifica dell’art. 144

L’articolo 144 riguarda le residenze disagiate, prevedendo modalità per la loro individuazione, nonché gli effetti ai fini del trattamento di quiescenza e la facoltà del personale addetto di richiedere dopo non meno di due anni il trasferimento. Il comma 2 in esame subordina il computo del servizio in sedi disagiate ai fini pensionistici ad apposita domanda dell’interessato o dei superstiti aventi causa. La relazione tecnica rileva che l’introduzione della domanda degli interessati dovrebbe ridurre il numero dei beneficiari, senza peraltro quantificare gli effetti finanziari sul sistema previdenziale.

D.  modifica dell’art. 171

In riferimento al sopra richiamato art. 171, il comma 2 in commento sopprime il riferimento al costo degli alloggi nella lettera a) del comma 3 – nella quale i coefficienti di sede, in base ai quali si opera la maggiorazione dell’indennità di base per il servizio all’estero, sono parametrati in generale al costo della vita, con particolare riguardo al costo in loco degli alloggi e dei servizi.

E.  modifica dell’art. 173

L’art. 173 riguarda gli aumenti per situazione di famiglia: la modifica operata dal comma 2 in esame riguarda anzitutto il comma 1 dell’art. 173, nel quale si prevede un incremento del venti per cento dell’indennità di servizio per il dipendente all’estero con coniuge a carico: tale incremento viene abbassato ad un ottavo dell’indennità di servizio. Viene poi modificato il comma 3, qui invece aumentando dal 5 per cento ad un ottavo dell’indennità di servizio – prevista in quel Paese per i posti di primo segretario o di console – l’incremento a favore del dipendente in servizio all’estero, per ciascun figlio a carico – il risultato di tale incremento, tenendo sempre conto della riduzione del 20 per cento dell’indennità di base, è comunque una riduzione del 15 per cento dell’aumento per ciascun figlio a carico.

F.  modifica dell’art. 175

L’art. 175 concerne l’indennità di sistemazione: la modifica operata dal comma 2 in esame riguarda anzitutto il comma 2 dell’art. 175, con lievi incrementi percentuali nel calcolo dell’indennità di sistemazione rispettivamente in caso di trasferimento da Roma, di trasferimento da una sede estera ad un’altra o di trasferimento all’interno dello stesso Paese: l’indennità viene elevata di un ventottesimo dell’indennità annuale per il primo caso, e di un quarto e di cinque ottavi dell’indennità mensile nel secondo e terzo caso.

Il comma 2 in esame dispone poi – evidentemente in coerenza con le modifiche apportate all’art. 84, di cui in precedenza - l’abrogazione del comma 3 dell’art. 175, che prevede riduzioni dell’indennità di sistemazione qualora si usufruisca di alloggio a carico dell’Amministrazione statale, anche in locazione.

Si ricorda al proposito che l’articolo 4 della legge di stabilità 2012, alla lettera b) del comma 6, ha previsto la corresponsione dell’indennità di sistemazione, per i casi di trasferimento del personale da una sede estera ad un’altra, nella misura del 15 per cento rispetto all’importo previgente. La medesima norma ha inoltre disposto la riduzione del 50 per cento, anziché del 40 per cento, dell’indennità di sistemazione, in riferimento ai fruitori di residenze di servizio.

G. modifica dell’art. 176

L’art. 176 riguarda l’indennità di richiamo dal servizio all’estero: la modifica operata dal comma 2 in esame riguarda il comma 2 dell’art. 176, con un incremento della maggiorazione dal 50 per cento (equivalente a quattro ottavi) a quindici ottavi rispetto all’indennità mensile - si ricorda infatti che l’indennità di richiamo dal servizio all’estero, prevista per far fronte alle spese di partenza dalla sede estera e di rientro in Italia, corrisponde attualmente ad un’indennità di servizio mensile aumentata del 50 per cento. La modifica eleva l’indennità di richiamo dal servizio all’estero dal 150 al 187,5 per cento dell’indennità di base: tenendo conto tuttavia della riduzione del 20 per cento dell’indennità di base medesima, l’importo che viene corrisposto al dipendente rimane invariato.

Si segnala che anche in questo caso l’articolo 4 della legge di stabilità 2012, alla lettera c) del comma 6, ha previsto la riduzione dell’80 per cento dell’indennità di richiamo dal servizio all’estero.


 

H.  modifica dell’art. 177

L’art. 177 riguarda le residenze di servizio: la modifica operata dal comma 2 in esame consiste nella soppressione del secondo periodo del secondo comma, facendo in tal modo venir meno l’obbligo, per i funzionari con rango di ministro e ministro consigliere con funzioni vicarie presso le rappresentanze diplomatiche nonché per i titolari dei consolati generale di prima classe, di corrispondere all’Amministrazione - a fronte del diritto ad usufruire di idoneo alloggio rispetto alle loro funzioni - un canone equivalente al 15 per cento dell’indennità personale – che peraltro il citato articolo 4 della legge di stabilità 2012, alla lettera a) del comma 6, aveva elevato alla quota del 20 per cento.

I.    sostituzione dell’art. 178

L’art. 178 concerne il contributo spese per abitazione: la vigente formulazione prevede che al personale in servizio all’estero che per l’abitazione vuota o ammobiliata sopporta una spesa superiore al 21 per cento dell’indennità personale spetta un contributo da parte dello Stato, commisurato ai quattro quinti della differenza tra il canone di locazione ed un ammontare pari al 21 per cento dell’indennità personale. Il contributo è concesso per la parte di canone compresa tra 21 e 30 per cento dell’indennità personale; qualora invece il canone superi il 30 per cento dell’indennità, per la parte compresa tra detto 30 per cento e il 35 per cento, il contributo può ugualmente essere corrisposto, sentito tuttavia il parere del Consiglio di amministrazione.

La nuova formulazione dell’articolo 178 è articolata in tre commi: il comma 1 prevede che, fermo quanto disposto dai precedenti articoli 84 e 177, al personale in servizio all’estero compete l’obbligo di acquisire nella sede di servizio o nelle immediate vicinanze la disponibilità di un’abitazione adeguata alle esigenze di sicurezza e di decoro collegate con le funzioni svolte.

Il comma 2 della nuova formulazione prevede per le spese di abitazione del dipendente in servizio all’estero una maggiorazione dell’indennità di cui all’articolo 171, maggiorazione che si determina secondo cinque criteri, illustrati di seguito alle lettere a)-e):

a)  l’importo della maggiorazione è parametrato all’indennità personale, anche secondo percentuali differenti per i singoli posti di organico nello stesso ufficio, comunque non superiori all’80 per cento, stabilite con decreto del Ministro degli affari esteri di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e soggette a revisione annuale;

b)  la maggiorazione non può eccedere il costo effettivo della locazione di un alloggio corrispondente alle funzioni svolte dal dipendente;

c)  la maggiorazione è corrisposta in costanza di esercizio delle funzioni nella sede, inclusi i periodi di congedo, nonché quelli in cui sia stata eventualmente sospesa o diminuita l’indennità personale;

d)  in caso di coabitazione tra dipendenti, la maggiorazione spetta soltanto a colui che ne ha diritto nella misura più elevata, ulteriormente incrementata del 20 per cento;

e)  infine, la maggiorazione non viene corrisposta se il dipendente o i familiari conviventi anche non a carico sono proprietari nel luogo di servizio di un’abitazione adeguata alle funzioni.

Il comma 3 contiene agevolazioni al personale avente diritto alla maggiorazione di cui in precedenza, che di norma è versata in rate semestrali anticipate: se infatti gli usi locali prevedono il versamento anticipato del canone di locazione per uno o due anni, l’Amministrazione può versare anticipatamente le prime due rate.

L.  modifica dell’art. 181

L’art. 181 del D.P.R. 18/1967 è modificato al comma 2, sopprimendo l’espressione “nella misura del 50 per cento”. Si ricorda che l’art. 181 in oggetto concerne le spese di viaggio per congedo o ferie, da e per la sede estera, per le quali è previsto il rimborso parziale (comma 1). L’eliminazione, operata dal comma 2 dell’art. 27 in commento, del riferimento al 50 per cento dal comma 2 dell’art. 181, comporta il venir meno, appunto, della limitazione del rimborso al 50 per cento, che era stata introdotta dalla legge di stabilità 2014 (comma 480), a fronte del 90 per cento precedentemente vigente.

M. modifica dell’art. 186

L’art. 186 del D.P.R. 18/1967 concerne i viaggi di servizio: la modifica apportata dal comma 2 in commento – che sostanzialmente elimina la “diaria” per i viaggi di servizio - sopprime il terzo, quarto e quinto comma, sostituendo altresì il secondo. Per ciò che riguarda i commi soppressi, questi prevedono per i viaggi di servizio la corresponsione, oltre alle spese di viaggio, anche di un supplemento per le spese di spedizione del bagaglio, sino al peso di 50 kg. È previsto inoltre che i viaggi di servizio siano disposti dal Ministero, e inoltre che, se per esigenze di servizio il capo di un’ambasciata o di un ufficio consolare debba essere accompagnato dal coniuge, anche questi usufruisca del trattamento previsto dall’articolo 186 per i viaggi di servizio.

Per quanto invece concerne la sostituzione del secondo comma, la nuova formulazione prevede che al personale che compie viaggi di servizio nel paese di residenza o in altri paesi esteri, compete il rimborso delle spese di viaggio, di vitto e di alloggio, nei limiti previsti dalle vigenti disposizioni per i viaggi di servizio nel territorio nazionale.

La relazione tecnica, pur rilevando che la lettera n) dovrebbe comportare risparmi, a titolo prudenziale rinuncia a quantificarli, rilevando peraltro che la norma semplifica anche i procedimenti amministrativi.

Conclusivamente, si segnala che la relazione tecnica riassume gli effetti del comma 2, evidenziando come la nuova disciplina introdotta in ordine agli oneri per il reperimento di alloggi a favore del personale in servizio all’estero comporti spese per 55,21 milioni di euro annui; d’altra parte, gli aumenti previsti per le varie situazioni di famiglia dovrebbero essere pari a 33,7 milioni di euro annui, mentre l’esborso per indennità di prima sistemazione, indennità di richiamo e maggiori oneri per contributi alle spese di trasporto dovrebbe essere pari a 11,97 milioni di euro annui. Infine, il ripristino del rimborso totale per un viaggio di congedo ogni 18 mesi dovrebbe importare una maggiore spesa annua di 1.395.000 euro.


 

Articolo 27, comma 3
(Riduzione stanziamenti per il
personale scolastico all’estero)

 

 

Il comma 3 opera riduzioni degli stanziamenti per le indennità di servizio all’estero del personale docente delle scuole italiane all’estero. La norma prevede che l’autorizzazione di spesa relativa agli assegni previsti dal D.P.R. 23 gennaio 1967, n. 215 - recante norme per il personale in servizio nelle istituzioni scolastiche e culturali all'estero - è ridotta nella misura di 3,7 milioni per il 2015, e di 5,1 milioni a decorrere dal 2016.

La relazione tecnica precisa che le riduzioni sono correlate al ridimensionamento, già a partire dall’anno scolastico 2015-2016, del contingente del personale di ruolo del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca in servizio all’estero, contingente la cui consistenza è stata fissata dall’articolo 14, comma 11 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95[108], entro il limite massimo di 624 unità. Su tale norma ha successivamente agito quanto disposto dal comma 38, art. 1 della legge di stabilità 2013, in base al quale l’autorizzazione di spesa a favore del personale in servizio nelle istituzioni scolastiche all’estero (di cui all’articolo 658 del T.U. delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, approvato con Decreto legislativo 297 del 1994) è stata ridotta a decorrere dal 2013 di un ammontare pari a 712.265 euro annui.


 

Articolo 27, comma 4
(Informazione italiana diffusa all’estero)

 

 

Il comma 4 prevede, con decorrenza 1° gennaio 2015, il trasferimento delle attività e delle relative risorse dedicate, presso il Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, alla diffusione di notizie italiane mediante testate giornalistiche italiane e straniere, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con una contestuale riduzione dell’ordine di 3 milioni di euro.

Si ricorda che dette attività fanno capo attualmente, nell’organigramma del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, al Servizio per la stampa e la comunicazione istituzionale, segnatamente all’Ufficio I, che si occupa della comunicazione verso i media italiani ed internazionali, mediante raccolta, elaborazione e distribuzione della stampa italiana, nonché diffusione di materiale informativo di promozione dell’immagine del Paese.


 

Articolo 28, comma 1
(Riduzione del contributo a favore della
Scuola per l’Europa di Parma)

 

 

Il comma 1 riduce di 200 mila euro, a decorrere dal 2015, il contributo a favore della Scuola per l’Europa di Parma.

A tal fine, apporta una modifica non testuale all’autorizzazione di spesa recata dall’art. 3, co. 1, lett. b), della L. 115/2009, specificando che la riduzione si riferisce alle spese di funzionamento della Scuola.

Le somme sono allocate sul cap. 1250 dello stato di previsione del MIUR che, a legislazione vigente, presenta uno stanziamento di €. 9.562.000 per ciascuno degli anni del triennio 2015-2017.

 

Si segnala l’opportunità di novellare l’art. 3, co. 1, della L. 115/2009 sia nell’alinea, relativo alla quantificazione dell’onere, sia nella lett. b), recante le modalità di copertura.

La L. 115/2009 ha disposto che la Scuola per l’Europa di Parma[109] è istituzione ad ordinamento speciale con personalità giuridica di diritto pubblico e autonomia amministrativa, finanziaria e patrimoniale, e fornisce istruzione materna, elementare e secondaria ai figli dei dipendenti dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), nonché, entro determinati limiti, ai figli dei dipendenti delle società convenzionate con la stessa EFSA e ai figli dei cittadini italiani. A conclusione degli studi, rilascia il titolo di “baccelliere europeo”.

In particolare, l’art. 3, co. 1, lett. b), della L. 115/2009 ha stabilito che agli oneri posti a carico dello Stato – fissati dall’alinea in 9,562 milioni di euro a decorrere dal 2010 – si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica (di cui all’art. 10, co. 5, del D.L. 282/2004-L. 307/2004).

Gli oneri per la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’edificio destinato a sede della Scuola, nonché le spese per l’arredamento e le utenze, sono invece a carico della provincia e del comune di Parma (art. 2, co. 2, L. 115/2009).

Successivamente, è intervenuto – in attuazione dell’art. 1, co. 7, della legge – il D.M. 18 giugno 2010 che, all’art. 26 ha disposto, per quanto qui più direttamente interessa, che per le spese di funzionamento amministrativo e didattico, incluse quelle relative al personale, la Scuola si avvale: del contributo dello Stato e degli enti locali previsto dalla L. 115/2009; del contributo delle Comunità europee commisurato alla presenza di alunni appartenenti alla categoria dei figli dei funzionari dell'EFSA e delle altre istituzioni europee; di proventi derivanti da tasse scolastiche; di contributi degli enti pubblici e privati con i quali la Scuola ha concluso accordi; di eventuali lasciti, donazioni ed elargizioni.


 

Articolo 28, comma 2
(Riduzione del Fondo per il funzionamento
delle istituzioni scolastiche)

 

 

Il comma 2 riduce di 30 milioni di euro, a decorrere dal 2015, l’autorizzazione di spesa di cui all’art. 4 della L. 440/1997 (già, Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa), confluita, dal 2013, nel Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche.

 

Si segnala l’opportunità di novellare l’art. 4 della L. 440/1997.

La L. 440/1997 ha istituito nello stato di previsione del MIUR il Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e gli interventi perequativi, finalizzato, tra l’altro: alla realizzazione dell’autonomia scolastica; all’introduzione della seconda lingua comunitaria nella scuola media; all’innalzamento del livello di scolarità e del tasso di successo scolastico; alla formazione del personale della scuola; alla formazione post-secondaria non universitaria; a interventi per la valutazione dell’efficienza e dell’efficacia del sistema scolastico; a interventi perequativi finalizzati ad incrementare l’offerta formativa.

Successivamente, l’art. 7, co. 37, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012) ha previsto che, a decorrere dal 2013, gli stanziamenti del Fondo istituito dalla L. 440/1997 confluiscono nel Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, di cui all’art. 1, co. 601, della L. 296/2006 (capp. 1195, 1204, 1196, 1194)[110].


 

Articolo 28, comma 3
(Acquisizione all’erario di risorse non utilizzate dalle scuole)

 

 

Il comma 3 prevede che, per il 2015, quota parte (€ 10 mln) delle somme che non sono state utilizzate dalle scuole, per tre esercizi finanziari consecutivi, per la realizzazione di progetti in materia di formazione e sviluppo dell’autonomia scolastica e che (a legislazione vigente) devono essere versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ad apposito capitolo del bilancio del MIUR e poi assegnate alle scuole per le spese di funzionamento, rimane acquisita all’erario.

 

A tal fine, novella l’art. 1-bis, co. 1, del D.L. 134/2009 (L. 167/2009).

L’art. 1-bis, co. 1 e 2, del D.L. 134/2009 ha disposto che le somme trasferite alle scuole statali per la realizzazione di progetti a carattere nazionale e regionale in materia di formazione e sviluppo dell’autonomia scolastica, rimaste inutilizzate per tre esercizi finanziari consecutivi, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ad apposito capitolo del bilancio del MIUR. Con decreto ministeriale sono individuati annualmente gli istituti scolastici interessati, l’entità delle somme da trasferire al bilancio del MIUR e la loro successiva assegnazione alle scuole statali per le spese di funzionamento.

 

Il testo dispone, inoltre, che il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad accantonare e rendere indisponibile per il 2015, a valere sulle disponibilità “di cui all’articolo 1, comma 601, della legge 29 dicembre 2006, n. 296” (e, dunque, al Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche”) la somma di € 10 milioni al netto di quanto effettivamente versato.


 

Articolo 28, comma 4
(Riduzione del numero dei coordinatori periferici
di educazione fisica)

 

 

Il comma 4 riduce il numero dei coordinatori periferici di educazione fisica che possono usufruire dell’esonero dall’insegnamento.

In particolare, novellando l’art. 307 del D.Lgs. 297/1994, dispone che, a decorrere dal 1° settembre 2015, l’organizzazione e il coordinamento periferico del servizio di educazione fisica è di competenza degli Uffici scolastici regionali e del dirigente ad essi preposto, che può avvalersi della collaborazione di un dirigente scolastico o di un docente di ruolo di educazione fisica, che può essere dispensato in tutto o in parte dall’insegnamento.

In sostanza, rispetto alla normativa vigente, cambia l’ambito territoriale di riferimento, che passa da provinciale a regionale.

Il testo vigente dell’art. 307 del D.Lgs. 297/1994 affida l’organizzazione ed il coordinamento periferico del servizio di educazione fisica alla competenza dei provveditori agli studi, che possono avvalersi della collaborazione di personale scolastico negli stessi termini sopra indicati.

Al riguardo, si ricorda che i provveditorati agli studi – che avevano sede nel capoluogo di ogni provincia (art. 614, d.lgs. 297/1994) – sono stati soppressi con il regolamento di organizzazione del Ministero della pubblica istruzione emanato con DPR 347/2000 (poi abrogato a seguito di successivi interventi di organizzazione) e le loro competenze sono state trasferite agli uffici scolastici regionali (USR).

A seguito di ciò, peraltro, il MIUR, emanando, il 27 settembre 2002, le Linee guida in materia di organizzazione del servizio di educazione motoria, fisica e sportiva[111], ha chiarito che, sebbene la programmazione delle attività sportive scolastiche, le valutazioni e le decisioni finali, in ordine all’individuazione degli obiettivi da raggiungere e alle azioni da intraprendere sono riservate al titolare dell’USR, per le attività da porre in essere il livello provinciale si rivela ancora il più idoneo sotto il profilo organizzativo-gestionale e operativo a recepire le esigenze in esso presenti. “In tale ottica appare logico e conseguenziale che i coordinatori continuino a svolgere i propri compiti nei territori provinciali di pertinenza, in stretto raccordo e coordinamento con la Direzione generale regionale”.

La relazione tecnica evidenzia che oggi i coordinatori sono 108, dei quali 18 presso gli uffici scolastici regionali[112] e 90 presso gli uffici scolastici territoriali [113].


 

Articolo 28, comma 5
(Abrogazione di esoneri e semiesoneri dall’insegnamento
per i docenti con funzioni vicarie)

 

 

Il comma 5 elimina, dal 1° settembre 2015, la possibilità di usufruire dell’esonero o del semiesonero dall’insegnamento per i docenti con funzioni vicarie del dirigente scolastico, nonché per i docenti addetti alla vigilanza delle sezioni staccate o delle sedi coordinate delle scuole.

A tal fine, abroga l’art. 459 del D.Lgs. 297/1994.

 

L’abrogazione è prevista “in considerazione dell’attuazione dell’organico dell’autonomia”.

In materia si ricorda, preliminarmente, che l’art. 459, commi da 1 a 3, del D.Lgs. 297/1994 prevede che l’esonero dall’insegnamento può essere concesso a uno dei docenti individuati dal dirigente scolastico per attività di collaborazione nello svolgimento delle proprie funzioni, in presenta delle seguenti condizioni:

§  per i docenti di scuola dell’infanzia e primaria, quando si tratti di un circolo didattico con almeno 80 classi;

§  per i docenti di istituti di istruzione secondaria di primo e secondo grado e di istituti comprensivi, quando si tratti di istituti e scuole con almeno 55 classi; il semiesonero può essere concesso con almeno 40 classi.

Il comma 5 del medesimo articolo stabilisce, inoltre, che negli istituti e nelle scuole che funzionino con sezioni staccate o sedi coordinate, fermi restando i criteri sopra indicati, l’esonero o il semiesonero può essere concesso anche ai docenti addetti alla vigilanza delle sezioni staccate o sedi coordinate, anche qualora non siano individuati dal dirigente per attività di collaborazione.

Al riguardo, la relazione tecnica fa presente che nell’a.s. 2014/2015 l’esonero interessa 3 circoli didattici con almeno 80 classi, 1.119 istituti comprensivi e 469 scuole secondarie di secondo grado con almeno 55 classi. Il semiesonero interessa 2.056 istituti comprensivi e 1.049 scuole secondarie di secondo grado con almeno 40 classi.

Con riferimento all’organico dell’autonomia, si ricorda che esso è stato previsto dall’art. 50, co. 1, lett. b), del D.L. 5/2012 (L. 35/2012).

In particolare, la disposizione citata ha previsto l’emanazione di un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-regioni (che doveva essere adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione), volto, fra l’altro, a individuare linee guida per la definizione, per ciascuna istituzione scolastica, di un organico dell'autonomia, funzionale all'ordinaria attività didattica, educativa, amministrativa, tecnica e ausiliaria, alle esigenze di sviluppo delle eccellenze, di recupero, di integrazione e sostegno ai diversamente abili e di programmazione dei fabbisogni di personale scolastico[114].

Le linee guida devono, altresì, essere volte alla definizione di un organico di rete, sia per le esigenze connesse alla realizzazione di reti di scuole, sia per l'integrazione degli alunni diversamente abili, la prevenzione dell'abbandono e il contrasto dell'insuccesso scolastico e formativo.

Gli organici dell’autonomia e di rete devono essere costituiti nei limiti previsti dall'art. 64 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), sulla base dei posti corrispondenti a fabbisogni con carattere di stabilità per almeno un triennio sulla singola scuola, sulle reti di scuole e sugli ambiti provinciali, anche per i posti di sostegno, fatte salve le esigenze di rimodulazione annuale.

Deve, in ogni caso, rimanere fermo il disposto dell’art. 19, co. 7, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011), in base al quale, a decorrere dall’a.s. 2012/2013, le dotazioni organiche del personale docente, educativo ed ATA della scuola non devono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche determinata nell’a.s. 2011/2012, e deve essere fatto salvo l’accantonamento in presenza di esternalizzazione dei servizi per i posti ATA anche per gli anni 2012 e successivi.


 

Articolo 28, commi 6 e 7
(Comandi del personale scolastico)

 

 

I commi 6 e 7 modificano la disciplina in materia di comandi, distacchi, utilizzazioni del personale scolastico, attraverso:

§  l’eliminazione della possibilità di collocare fuori ruolo docenti e dirigenti scolastici per assegnazioni presso associazioni professionali del personale direttivo e docente ed enti cooperativi da esse promossi, enti che operano nel campo della formazione e della ricerca educativa e didattica, nonché enti che operano nel campo delle tossicodipendenze;

§  l’eliminazione, dal 1° settembre 2015, della possibilità per il personale del comparto scuola - salve alcune ipotesi - di essere posto in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o utilizzazione comunque denominata presso pubbliche amministrazioni, autorità indipendenti, enti, associazioni e fondazioni.

Lo scopo è quello di garantire l’offerta formativa.

 

In particolare, il comma 6 sopprime il secondo e il terzo periodo dell’art. 26, co. 8, della L. 448/1998, i quali – in base alle modifiche apportate, da ultimo, dall’art. 1, co. 57, lett. a) e b), della L. 228/2012 (legge di stabilità 2013) – dispongono che possono essere assegnati docenti e dirigenti scolastici:

§  fino a 100 unità presso gli enti e le associazioni che svolgono attività di prevenzione del disagio psico-sociale, assistenza, cura, riabilitazione e reinserimento di tossicodipendenti, iscritti negli albi regionali e provinciali di cui all’art. 116 del DPR 309/1990[115];

§  fino a 50 unità presso associazioni professionali del personale direttivo e docente ed enti cooperativi da esse promossi, nonché presso enti che operano nel campo della formazione e della ricerca educativa e didattica.

Tutte le assegnazioni previste dall’art. 26, co. 8, della L. 448/1998 - incluse, dunque, quelle disposte ai sensi del primo periodo del comma per compiti connessi con l’attuazione dell’autonomia scolastica (v. infra) - comportano il collocamento in posizione di fuori ruolo. Il periodo trascorso in tale posizione è valido a tutti gli effetti come servizio di istituto nella scuola. All'atto del rientro in ruolo i docenti e i dirigenti scolastici riacquistano la sede nella quale erano titolari al momento del collocamento fuori ruolo se il periodo di servizio prestato nella predetta posizione non è durato oltre un quinquennio. In caso di durata superiore, essi sono assegnati con priorità ad una sede disponibile da loro scelta.

Si rammenta, altresì, che il co. 9 dello stesso art. 26 dispone che le associazioni professionali del personale direttivo e docente e gli enti cooperativi da esse promossi, nonché gli enti e le istituzioni che svolgono, per loro finalità istituzionale, impegni nel campo della formazione possono chiedere contributi in sostituzione del personale assegnato, nel limite massimo delle economie di spesa realizzate per effetto della riduzione delle assegnazioni stesse. Le modalità attuative di tale disposto sono state definite con D.M. n. 100 del 31 marzo 2000.

 

Occorre, dunque, valutare se non debba essere abrogato anche il comma 9 dell’art. 26 della L. 448/1998.

 

Il comma 7 dispone che dal 1° settembre 2015 il personale del comparto scuola (incluso, dunque, il personale ATA) non può essere posto in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o utilizzazione comunque denominata, presso pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato[116], nonché presso autorità indipendenti - inclusa la CONSOB -, enti, associazioni e fondazioni, fatte salve alcune ipotesi.

 

Le fattispecie fatte salve riguardano:

§  il personale dirigente e docente collocato fuori ruolo per compiti connessi con l’attuazione dell’autonomia scolastica, di cui l’amministrazione scolastica centrale e periferica può avvalersi (art. 26, co. 8, primo periodo, L. 448/1998)[117];

§  i dirigenti scolastici e i docenti di ruolo di educazione fisica dispensati in tutto o in parte dall’insegnamento in qualità di coordinatori periferici di educazione fisica (art. 307 D.Lgs. 297/1994, novellato dal co. 4 dell’articolo 28 in commento);

§  il personale destinato alle scuole italiane all’estero (parte V D.Lgs. 297/1994);

§  i docenti delle istituzioni scolastiche collocati in esonero parziale o totale in quanto utilizzati presso le università con compiti di supervisione del tirocinio e di coordinamento del medesimo con altre attività didattiche nell'ambito di corsi di laurea in scienze della formazione primaria e di corsi di tirocinio formativo attivo per l’abilitazione all'insegnamento nelle scuole secondarie (art. 1, co. 4, L. 315/1998).

 

Sono, altresì, fatte salve le prerogative sindacali.

In materia, si ricorda che l’art. 50 del D.Lgs. 165/2001 ha rimesso ad un apposito accordo tra l'ARAN e le confederazioni sindacali più rappresentative la disciplina delle aspettative e dei permessi sindacali nel settore pubblico.

Sulla materia è successivamente intervenuto l’art. 46-bis del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), che ha rimesso a uno specifico decreto la razionalizzazione e progressiva riduzione dei distacchi, delle aspettative e dei permessi sindacali[118].

Da ultimo, l’art. 7 del D.L. 90/2014 (L. 114/2014) ha disposto la riduzione del 50%, per ciascuna associazione sindacale, dei distacchi, delle aspettative e dei permessi sindacali, come attribuiti dalle disposizioni regolamentari e contrattuali vigenti[119]. Con le procedure contrattuali previste dai rispettivi ordinamenti può essere modificata la ripartizione dei contingenti, come ridefiniti, tra le varie associazioni sindacali[120].

 

Ai fini indicati, il comma 7 sostituisce, dal 1° settembre 2015, l’art. 1, co. 59, della L. 228/2012, che aveva previsto la possibilità per il personale appartenente al comparto scuola – al di fuori delle ipotesi di collocamento fuori ruolo di cui all’articolo 26, co. 8, della L. 448/1998 e delle prerogative sindacali – di essere posto in posizione di comando presso altre amministrazioni pubbliche solo con oneri a carico dell’amministrazione richiedente.

 

Alla luce della nuova disciplina, sembrerebbe, dunque, necessario abrogare anche il comma 10 dell’art. 26 della L. 448/1998.

 

Infatti, il co. 10 richiamato dispone che possono essere concessi comandi annuali dei dirigenti scolastici e del personale docente ed educativo presso università, associazioni professionali del personale direttivo e docente, nonché presso enti che operano nel campo della formazione e in campo culturale e artistico, con oneri interamente a loro carico[121].


 

Articolo 28, commi 8 e 9
(Supplenze brevi di personale docente e ATA)

 

 

I commi 8 e 9 vietano, a decorrere dal prossimo anno scolastico, il conferimento di supplenze brevi per il primo giorno di assenza dei docenti e per i primi 7 giorni di assenza dei collaboratori scolastici. Vietano altresì (in ogni caso) il conferimento di supplenze brevi agli assistenti tecnici e agli assistenti amministrativi, salvo, per quest’ultima fattispecie, il caso di istituzioni scolastiche il cui relativo organico di diritto abbia meno di 3 posti.

 

In particolare, il comma 8 – concernente le supplenze di personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) – prevede che le disposizioni, nei termini sopra descritti, decorrono dall’avvio del nuovo anno scolastico (1° settembre 2015).

Inoltre, stabilisce che per la sostituzione del personale appartenente al profilo di collaboratore scolastico (non solo per i primi 7 giorni di assenza) si può provvedere mediante l’attribuzione al personale in servizio delle ore eccedenti[122].

Dunque, l’istituto che prevede la sostituzione dei colleghi assenti con colleghi in servizio attraverso l’attribuzione di ore eccedenti – attualmente disciplinato solo con riferimento al personale docente dall’art. 30 del CCNL personale del comparto scuola 2006-2009 del 29 novembre 2007 – viene introdotto, in via legislativa, anche per i collaboratori scolastici.

Conseguentemente, si dispone che le istituzioni scolastiche destinano il “Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa” prioritariamente alle ore eccedenti.

 

Si segnala che l’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa dal 2013 è confluita nel Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche (si veda scheda art. 28, co. 2).

 

Anche il comma 9 – concernente il personale docente – prevede che le disposizioni decorrono dall’avvio del nuovo anno scolastico.

 

In entrambi i commi, si richiama l’art. 1, co. 78, della L. 662/1996 che, con riferimento alle supplenze brevi e saltuarie, dispone, in particolare, che i capi di istituto sono autorizzati a ricorrere alle stesse solo per i tempi strettamente necessari ad assicurare il servizio scolastico e dopo aver provveduto, eventualmente utilizzando spazi di flessibilità dell'organizzazione dell'orario didattico, alla sostituzione del personale assente con docenti già in servizio nella medesima istituzione scolastica[123].

 

In materia si ricorda, inoltre, che, per le scuole dell’infanzia ed elementari, l’art. 1, co. 72, della L. 662/1996 (poi abrogato dall'art. 24 del D.P.R. 81/2009) aveva consentito la sostituzione dei docenti assenti fino a 5 giorni utilizzando i docenti dell’organico di istituto.

A sua volta, l’art. 22, co. 6, della L. 448/2001 ha disposto che le istituzioni scolastiche (ad eccezione delle scuole dell'infanzia e delle scuole elementari) possono provvedere alla sostituzione del personale assente utilizzando, in coerenza con il piano dell'offerta formativa, le proprie risorse di personale docente, anche oltre i limiti temporali previsti dalle disposizioni vigenti e fino a un massimo di 15 giorni. Le conseguenti economie di risorse finanziarie concorrono ad incrementare il fondo di istituto[124].

 

 

Le supplenze del personale scolastico sono disciplinate principalmente dall’art. 4 della L. 124/1999, che distingue fra:

§  supplenze annuali, per la copertura di cattedre e posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico (co. 1);

§  supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche, per la copertura di cattedre e posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell'anno scolastico, ovvero per la copertura delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario (intendendo per posti orario gli abbinamenti di spezzoni che non raggiungono l’orario di cattedra) (co. 2);

§  supplenze temporanee più brevi, nei casi diversi da quelli citati (co. 3).

 

 


 

In attuazione dell’art. 4, co. 5, della L. 124/1999 sono stati emanati i regolamenti per la disciplina del conferimento delle supplenze annuali e temporanee. In particolare, la disciplina relativa al conferimento delle supplenze al personale docente è attualmente recata dal D.M. 131/2007 (che ha sostituito il D.M. 201/2000). La disciplina relativa al conferimento delle supplenze al personale ATA è recata dal D.M. 430/2000.

 

Per completezza, si rammenta che, da ultimo, l’art. 7, co. 38, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012) ha previsto il monitoraggio, da parte del MIUR, dei contratti per le supplenze brevi stipulati dai dirigenti scolastici e il controllo nei confronti delle istituzioni che li sottoscrivono in misura anormalmente alta in relazione al proprio numero di posti di organico.


 

Articolo 28, commi 10-12
(Dotazioni organiche del personale ATA)

 

 

I commi 10-12 prevedono la revisione, con decreto interministeriale, di criteri e parametri per la definizione delle dotazioni organiche del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) della scuola, al fine di conseguire, dall’a.s. 2015/2016, una riduzione del numero di posti e della relativa spesa. Ciò, in considerazione del processo di digitalizzazione dei processi amministrativi affidati alle segreterie scolastiche, per la cui realizzazione è autorizzata la spesa di 10 milioni nel 2015, a valere su quota parte dei risparmi derivanti dalla ridefinizione delle dotazioni organiche.

 

In particolare, il comma 10 dispone che con decreto interministeriale MIUR-MEF, sentita la Conferenza unificata, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, si procede alla revisione di criteri e parametri per la definizione delle dotazioni organiche del personale ATA.

L’obiettivo è quello di conseguire, a decorrere dall’a.s. 2015-2016:

§  una riduzione del numero di posti pari a 2.020 unità;

§  una riduzione di spesa pari ad € 50,7 milioni (in base al comma 12, tale economia lorda di spesa si consegue dal 2016, mentre nel 2015 essa non deve essere inferiore ad € 16,9 milioni).

La rideterminazione è collegata al processo di digitalizzazione dei procedimenti amministrativi affidati alle segreterie scolastiche, per il quale il comma 11 autorizza la spesa di 10 milioni di euro nel 2015 a valere sui risparmi derivanti dalla ridefinizione delle dotazioni organiche.

La previsione è corredata di clausola di salvaguardia. Infatti, il comma 12 prevede che, in caso di mancata emanazione del decreto interministeriale entro il 31 luglio 2015, si provvede alla corrispondente riduzione degli stanziamenti rimodulabili per acquisto di beni e servizi iscritti nello stato di previsione del MIUR.

 

Rispetto all’assetto vigente, dunque, criteri e parametri per la definizione delle dotazioni organiche del personale ATA saranno definiti con decreto interministeriale e non più con regolamento.

 

I criteri e i parametri per la definizione delle dotazioni organiche del personale ATA sono stati definiti - a seguito della previsione di revisione recata dall’art. 64 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), finalizzata a conseguire, nel triennio 2009-2011, una riduzione complessiva del 17% della consistenza della dotazione organica determinata per l'a.s. 2007/2008 e ferma restando la riduzione prevista dall'art. 2, co. 411 e 412, della L. 244/2007 – dal regolamento emanato con D.P.R. 119/2009.

In particolare, l’art. 1, co. 2, del D.P.R. 119/2009 ha previsto che la consistenza numerica complessiva delle dotazioni organiche del personale ATA è definita a livello nazionale in base ai criteri da esso previsti e secondo i parametri di calcolo di cui alle tabelle 1, 2, 3/A, 3/B e 3/C.

L’art. 4 ha disposto che nelle istituzioni scolastiche in cui i compiti del profilo di collaboratori scolastici sono assicurati, in tutto o in parte, da personale esterno all’amministrazione, è indisponibile, a qualsiasi titolo, il 25% dei posti del corrispondente profilo professionale. Ha disposto, inoltre, che il dirigente regionale può promuovere intese finalizzate al più efficace ed efficiente utilizzo del personale già addetto ai lavori socialmente utili, impegnato nelle istituzioni scolastiche in compiti di carattere amministrativo e tecnico, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, con conseguente accantonamento di un numero di posti della dotazione organica del profilo di appartenenza, corrispondente al 50%.

In seguito, l’art. 19, co. 7, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011) ha disposto un consolidamento delle riduzioni complessive di personale scolastico, stabilendo che, a decorrere dall’a.s. 2012/2013, le dotazioni organiche del personale docente, educativo ed ATA non devono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche dello stesso personale determinata nell’a.s. 2011/2012 (pari, per il personale ATA, in base al D.LI. 29 luglio 2011, a 207.123 unità, comprensive dei posti da accantonare a seguito della terziarizzazione dei servizi, quantificati in 11.857 unità).

Lo schema di decreto relativo alla dotazione degli organici di diritto del personale ATA per l’a.s. 2014/2015– trasmesso dal MIUR ai dirigenti generali degli USR e ai dirigenti degli ambiti territoriali provinciali con nota 6278 del 20 giugno 2014 - e, in particolare, la tab. A, indica una consistenza di 205.554 unità.

 

Per completezza si ricorda che l’art. 19, co. 10, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011), recante interpretazione autentica dell’art. 22, co. 2, della L. 448/2001 (che, letteralmente, riguarda solo il personale docente), ha disposto che il parere delle competenti Commissioni parlamentari deve essere acquisito ogni volta che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, modifica i parametri per la determinazione della consistenza complessiva degli organici del personale docente e ATA.


 

Articolo 28, comma 13
(Visite medico-legali delle Università e delle AFAM)

 

 

Il comma 13 dispone una riduzione delle spese per accertamenti medico-legali che sono sostenute da Università e dalle Istituzioni di Alta formazione artistica e musicale (AFAM) per 700.000 euro a decorrere dal 2015.

L’autorizzazione di spesa che subisce la decurtazione è quella (complessiva per gli oneri che le pubbliche amministrazioni devono sostenere per accertamenti medico-legali del personale assente per malattia) di cui all’art. 17, co. 5, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011), introdotto per ottemperare alla sentenza della Corte costituzionale n. 207 del 10 giugno 2010. Tale sentenza, infatti, ha sancito che gli oneri dei predetti accertamenti medico-legali non devono rimanere a carico delle ASL ma sono sostenuti dalle Amministrazioni interessate (v. box).

Più in dettaglio, l’art. 17, comma 5, del D.L. 98/2011 prevede il trasferimento annuale da parte del MEF, per il 2011 e 2012, di una quota delle disponibilità del SSN (non utilizzata già in sede di riparto in relazione agli effetti della predetta sentenza n. 207/2010), nel limite di 70 milioni di euro annui, per essere iscritta, rispettivamente, tra gli stanziamenti di spesa aventi carattere obbligatorio in relazione agli oneri di pertinenza dei Ministeri, ovvero su appositi fondi da destinare per la copertura dei medesimi accertamenti medico-legali sostenuti dalle Amministrazioni diverse da quelle statali. A decorre dal 2013, il medesimo art. 17 comma 5 ha invece previsto che con la legge di bilancio è stabilita la dotazione annua (comunque complessivamente non superiore a 70 milioni di euro) degli stanziamenti destinati alla copertura degli accertamenti medico-legali sostenuti dalle amministrazioni pubbliche. Di conseguenza ha previsto che il livello del finanziamento del SSN a cui concorre lo Stato, è rideterminato, a decorrere dal medesimo esercizio 2013, in riduzione di 70 milioni di euro[125].

Da ultimo la legge di stabilità 2014 (L. 147/2013) è intervenuta in materia con il comma 339 dell’art. 1, prevedendo, a decorrere dal 2014, il riparto annuale, tra le regioni, di quota-parte delle risorse di cui al citato art. 17, comma 5 (complessivamente pari a 70 milioni), da attribuire alle stesse regioni per la copertura, a destinazione vincolata, degli oneri per i predetti accertamenti medico-legali effettuati dalle ASL, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni[126].

Nel bilancio di previsione per il 2015, lo stanziamento oggetto di riduzione è iscritto nell’ambito della Missione 23 Istruzione universitaria e formazione post-universitaria, programma 23.3 Sistema universitario e formazione post-universitaria, al cap. 1776 relativo al rimborso degli oneri connessi agli accertamenti medico-legali sostenuti dalle amministrazioni pubbliche vigilate dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Il capitolo, di nuova istituzione, riceve parte dello stanziamento di cui al soppresso cap. 1262[127] del programma Servizi e affari generali per le amministrazioni di competenza, per un ammontare pari a 900 mila euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017.

 

La sentenza della Corte costituzione n. 207/2010 ha dichiarato fondata la questione di legittimità costituzionale promossa dalla regione Toscana, in relazione all’art. 17, co. 23, lett. e), del D.L. 78/2009 (L. 102/2009), anche per violazione dell’art. 117 co. 3 della Costituzione, nella parte in cui aggiunge, all’articolo 71 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), i commi 5-bis e 5-ter che hanno disciplinato l’attribuzione degli oneri per gli accertamenti medico-legali per assenze per malattia dei dipendenti pubblici, effettuati dalle ASL su richiesta delle Amministrazioni pubbliche interessate.

Tali norme prevedevano che, considerato che il compito di svolgere accertamenti medico-legali rientra tra quelli istituzionali del SSN, i relativi oneri fossero posti a carico delle ASL e che pertanto, a decorrere dal 2010, in sede di riparto delle risorse per il finanziamento del SSN, fosse prevista una quota da destinare alle regioni per i predetti accertamenti medico-legali, ripartita tenendo conto del numero dei dipendenti pubblici presenti nei rispettivi territori e del numero degli stessi accertamenti. La Corte, a sostegno della dichiarazione di illegittimità costituzionale delle predette disposizioni, ha sostenuto l’argomento, in tema di tutela della salute, della “forte compressione della sfera di autonomia regionale” da parte della disciplina statale che determina i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale e che, pertanto, con riferimento alle richieste alle aziende sanitarie, la deroga alla competenza legislativa delle Regioni in favore dello Stato è ammessa solo nei limiti necessari ad evitare che, nelle diverse parti del territorio nazionale, gli utenti debbano assoggettarsi ad un regime di assistenza sanitaria inferiore, per quantità e qualità, a quello ritenuto intangibile dallo Stato. Così delineata la nozione di prestazione sanitaria rientrante nei livelli essenziali di assistenza (LEA), la Corte ha ritenuto condivisibile la ricostruzione operata dalla giurisprudenza ordinaria e amministrativa, secondo cui l’accertamento medico-legale sui dipendenti pubblici assenti dal servizio per malattia è un’attività strumentale al controllo della regolarità dell’assenza del dipendente, volta principalmente alla tutela di un interesse del datore del lavoro.

 


 

Articolo 28, comma 14
(Soppressione del contributo a favore
della Scuola di ateneo Jean Monnet)

 

 

Il comma 14 sopprime il contributo statale alla Scuola di ateneo per la formazione europea Jean Monnet, costituita presso la Seconda università degli studi di Napoli.

In base al combinato disposto dell’art. 1, co. 278, della L. n. 311/2004 e al secondo periodo del comma 3 dell’art. 11-quaterdecies del D.L. n. 203/2005 (L. n. 248/2005) – dei quali il comma in esame dispone l’abrogazione – detto contributo ammonta a 3,5 milioni di euro annui.

La relazione tecnica evidenzia che allo stato il contributo è pari a 3,3 milioni di euro annui.

 

Per il potenziamento delle attività di ricerca, formazione e studi internazionali della Scuola di ateneo per la formazione europea Jean Monnet, costituita in facoltà, l’art. 1, co. 278, della L. 311/2004 ha previsto un’autorizzazione di spesa di 2 milioni di euro a decorrere dal 2005. Una spesa per ulteriori 1,5 milioni di euro è stata poi autorizzata dall’art. 11-quaterdecies, co. 3, secondo periodo, del D.L. n. 203/2005 (L. n. 248/2005)[128].

In base a quanto disposto dall’art. 60, co. 1, del D.L. n. 69/2013 (L. n. 98/2013), dette risorse – precedentemente allocate nello stato di previsione del MIUR sul cap. 1713 (Fondo per il sostegno dei giovani e per favorire la mobilità degli studenti), pg. 5 – sono confluite, a decorrere dal 2014, nel Fondo di finanziamento ordinario (FFO) delle università (cap. 1694)[129].


 

Articolo 28, comma 15
(Risorse relative all’insediamento di una sede universitaria
di ingegneria nel polo di ricerca e di attività industriali
ad alta tecnologia di Genova - Stralciato)

 

 

Il comma 15 dell’articolo 28 è stato stralciato, ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di stabilità.

 

Il comma 15 sopprime la previsione relativa all’insediamento di una sede universitaria permanente per gli studi di ingegneria nell’ambito del polo di ricerca e di attività industriali ad alta tecnologia di Genova, disponendo che le risorse stanziate a tal fine, per la quota relativa agli anni 2016-2022, confluiscono nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) e possono essere destinate “alle medesime finalità di cui all’articolo 1, comma 1333” della L. 296/2006.

In particolare, sopprime il secondo periodo dell’art. 1, co. 1333, della L. 296/2006 (L. finanziaria 2007), che aveva autorizzato la spesa annua di 5 milioni di euro per quindici anni, a decorrere dal 2007, per l'insediamento di una sede universitaria permanente per gli studi di ingegneria nell'ambito del polo di ricerca e di attività industriali ad alta tecnologia di Genova, e dispone, inoltre, che le relative risorse finanziarie, per gli anni 2016-2022[130], confluiscono nel FFO e possono essere destinate “alle medesime finalità di cui all’articolo 1, comma 1333, della citata legge”.

La relazione tecnica evidenzia che per il 2015 lo stanziamento di 5 milioni di euro è azzerato: ciò deriva, in base alla relazione illustrativa, dai ritardi che si sono verificati nel piano di insediamento della nuova sede universitaria rispetto all’originaria programmazione.

 

Il comma 15 prevede, infine, che le somme da impegnare per tale finalità sono versate all’entrata del bilancio dello Stato e riassegnate al FFO. Tale procedura presenta carattere meramente contabile e sembrerebbe necessaria a consentire il trasferimento di risorse di conto capitale in un capitolo di parte corrente all’interno del medesimo programma “Sistema universitario e formazione post-universitaria”.

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che l’art. 145, co. 52, della L. 388/2000 ha disposto l’integrazione del programma speciale di reindustrializzazione delle aree di crisi siderurgica (di cui all’art. 5 del D.L. 120/1989 - L. 181/1989) con la previsione dello sviluppo di un polo di attività industriali ad alta tecnologia nel territorio del comune di Genova. Per finanziare gli interventi, è stata autorizzata la spesa di lire 10 mld per ciascuno degli anni 2001, 2002 e 2003. L’art. 4, co. 15, della L. 350/2003 ha, poi, esteso l’ambito di attività del polo anche alla ricerca, attraverso la modifica della sua denominazione - divenuta polo di ricerca e di attività industriali ad alta tecnologia – e ha previsto che le risorse non potevano essere utilizzate ad altri scopi fino al 31 dicembre 2006.

Ancora in seguito, l’art. 1, co. 1333, della L. 296/2006 ha previsto che le risorse residue di cui all’art. 145, co. 52, della L. 388/2000 sono interamente destinate alle opere di infrastrutturazione del polo (primo periodo). Al contempo, ha previsto lo stanziamento di 5 milioni di euro annui per l’insediamento della sede universitaria, di cui si è già detto (secondo periodo).

Da ultimo, l’art. 23 del D.L. 159/2007 (L. 222/2007) – come modificato dall’art. 2, co. 192, della L. 244/2007 - ha autorizzato la spesa di euro 10 mln per il 2007 per le opere di insediamento di una sede universitaria permanente per gli studi di ingegneria nell’ambito del polo di ricerca e di attività industriali ed alta tecnologia nel comune di Genova, citando esplicitamente l'area di Erzelli.

 

Poiché la disposizione che finalizzava lo stanziamento di 5 milioni di euro annui all’insediamento della sede universitaria viene soppressa, occorre chiarire se la previsione di destinazione delle relative risorse “alle medesime finalità di cui all’articolo 1, comma 1333” riguardi comunque tale insediamento (in tal caso, esplicitandolo), ovvero riguardi le opere di infrastrutturazione del polo, alle quali sole farebbe riferimento il comma 1333 come modificato.


 

Articolo 28, comma 17
(Chiusura del piano stralcio Fondo speciale per
la ricerca applicata - FSRA)

 

 

Il comma 17 prevede che la somma di euro 140 milioni, relativa alla gestione stralcio del Fondo Speciale per la Ricerca Applicata (FSRA) è versata alle entrate del bilancio dello Stato entro il 31 gennaio 2015.

 

Si ricorda che il FRSA, di cui all’articolo 4 della legge 25 ottobre 1968, n. 1089, confluito nel FAR (Fondo per le Agevolazioni alla Ricerca) – abrogato formalmente dal combinato disposto del comma 1 dell’art. 1 e dell’allegato al D.Lgs. 13 dicembre 2010, n. 212, a decorrere dal 16 dicembre 2010 - è rimasto operativo presso la Banca Intesa San Paolo S.p.A. solo per la gestione di contratti e l’espletamento delle attività istruttorie e gestionale di natura economico finanziaria, con riferimento alle domande di agevolazione già presentate alla data della sua soppressione. L’articolo 18 comma 8-sexies del DL n. 69/2013 ha previsto che le somme giacenti presso il predetto conto fossero versate alle entrate dello Stato e riassegnate al Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), detratti 150 milioni destinati dalle medesima norma all’edilizia scolastica nonché quanto occorrente per la chiusura del piano stralcio medesimo. Tale FFO risulta finanziato con 150 mln di euro a decorrere dal 2015, dall’articolo 17, comma 10, del disegno di legge in esame. Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla relativa scheda.

 

Eventuali ulteriori somme disponibili all’esito della chiusura della gestione stralcio del F.S.R.A. sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate al Fondo per il finanziamento ordinario delle Università statali (F.F.O.).

 

 

Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) è istituito nello stato di previsione del MIUR ai sensi dell’art. 5, co. 1, lett. a), della L. 537/1993 ed iscritto al cap. 1694 (Missione 2. Istruzione universitaria, Programma 2.3. Sistema universitario e formazione post-universitaria). Esso è relativo alla quota a carico del bilancio statale delle spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, comprese le spese per il personale docente, ricercatore e non docente, per l'ordinaria manutenzione delle strutture universitarie e per la ricerca scientifica, ad eccezione della quota destinata ai progetti di ricerca di interesse nazionale e della spesa per le attività sportive universitarie.


Focus sul sistema di agevolazioni alla ricerca industriale e sviluppo sperimentale

Negli ultimi anni la disciplina normativa del sistema di sostegno alla ricerca industriale e sviluppo sperimentale gestito dal MIUR è stata investita da numerose modifiche da parte del legislatore, che ha inteso rivisitare in profondità l’impianto originario del sistema stesso. L’attività finalizzata al sostegno alla ricerca svolta in ambito industriale è stata oggetto di un riordino ed una razionalizzazione effettuati con il decreto legislativo n. 297/1999, a sua volta reso operativo con il decreto ministeriale n. 593 dell’8 agosto 2000. In tale occasione si è previsto che tutte le tipologie di sostegno esistenti confluissero in uno unico fondo, il Fondo per le Agevolazioni alla Ricerca (FAR), il quale, comprensivo delle risorse del CIPE destinate alle aree depresse del territorio nazionale, andò a sostituire il Fondo Speciale per la Ricerca Applicata (FSRA), la cui istituzione risaliva al 1968. Al fine di semplificazione la gestione di alcuni fondi, nell’ottica di garantire una maggiore efficacia degli interventi nel settore della ricerca, è intervenuto nuovamente in legislatore, che ha istituito - articolo 1, co. 870–874, della L. finanziaria 2007- il FIRST, Fondo per gli Investimenti nella Ricerca Scientifica e Tecnologica nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca, dove successivamente sono confluite, non solo le risorse del Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR), ma anche quelle di altri fondi come il Fondo per gli investimenti della ricerca di base (FIRB) [ abrogato dall'art. 63, comma 1, lett. a), del decreto legge 83/2012], il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS - ora, Fondo per lo sviluppo e la coesione), per quanto di competenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e le risorse annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale delle università (PRIN).

 

 

Tabella riepilogativa dell’evoluzione della disciplina dal D.Lgs. n. 297/1999

 

1. D.Lgs. 297/1999 (“Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie e per la mobilità dei ricercatori”);

2. D.M. 593/2000 e ss.mm.ii. (“Modalità procedurali per la concessione delle agevolazioni previste dal decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297”);

3. Comunicazione della Commissione Europea 2006/C–323/01 e D.M. 2.1.2008 (“Disciplina Comunitaria sugli Aiuti di Stato alla Ricerca, Sviluppo ed Innovazione di cui alla Comunicazione 2006/C 323/01” e relativo D.M. 2 gennaio 2008 prot. 4/Gab. “Adeguamento delle disposizioni del Decreto Ministeriale 8 agosto 2000 n. 593”);

4. L. 296/2006, art. 1, commi 870-874 (“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, Legge Finanziaria 2007” – istituzione del Fondo Investimenti Ricerca Scientifica e Tecnologica FIRST); Decreto Legge n. 159/2007 (“Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale”), convertito con legge n. 222 del 29.11 2007;

5. L. 296/2006, art. 1, commi 280-284 (“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, Legge Finanziaria 2007” – istituzione credito d’imposta in favore delle imprese per lo svolgimento di attività di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo); Decreto Ministeriale n. 864 del 3.9.2007 (“Cumulabilità delle agevolazioni a favore delle attività di ricerca e sviluppo di cui al decreto 8 agosto 2000, n. 593 e successive modificazioni ed integrazioni, con le agevolazioni nella forma del credito di imposta”); poi abrogati dall'art. 23 e dal numero 42) dell'allegato 1 al D.L. 22 giugno 2012, n. 83.

6. Reg. (CE) 800/2008 della Commissione del 6.8.2008 “che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato (regolamento generale di esenzione per categoria)”;

7. D.L. 5/2012, convertito in L. 35/2012 (“Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo” - c.d. “Decreto Semplifica Italia”);

8. D.L. 83/2012, convertito in L. 134/2012 (“Misure urgenti per la crescita del Paese” – c.d. “Decreto Sviluppo I”)

9. D.M. 115/2013 (“Modalità di utilizzo e gestione del FIRST – Fondo per gli Investimenti nella Ricerca Scientifica e Tecnologica. Disposizioni procedurali per la concessione delle agevolazioni a valere sulle relative risorse finanziarie, a norma degli articoli 60, 61, 62 e 63 del D.L. 22.6.2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7.8.2012, n. 134”);

10. D.L. 69/2013, convertito in L. 98/2013 (“Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia” – c.d. “Decreto del Fare”).

 

Per la modifica della normativa sul credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo e per i più recenti interventi fiscali in materia si veda la scheda all’articolo 7 del disegno di legge in esame.

 


 

Articolo 28, commi 18, 19
(Istituzioni di alta formazione e
specializzazione artistica e musicale- AFAM)

 

 

Il comma 18 dispone una riduzione, per il 2015, delle risorse destinate al funzionamento delle Istituzioni dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM), mentre il comma 19 prevede la carica onorifica del Presidente e la rideterminazione dei compensi e delle indennità spettanti al direttore e ai componenti del consiglio di amministrazione delle stesse Istituzioni.

 

In particolare, il comma 18 prevede che per il 2015 le risorse destinate al funzionamento delle Istituzioni AFAM[131] sono ridotte di 1 milione di euro. Le destinazioni di spesa alle quali applicare le riduzioni saranno individuate dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze – con particolare riferimento alle istituzioni con più elevato fondo di cassa – “in sede di definizione dei criteri di riparto annuale del suddetto Fondo”.

 

Già nel testo presentato alle Camere, non era chiaro se si intendesse fare riferimento al Fondo la cui istituzione era prevista dal comma 25, stralciato, ai sensi dell’art. 120, co. 2, del Regolamento, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di stabilità.

Allo stato, occorre, in ogni caso, riformulare la previsione.

 

Le risorse destinate alle Istituzioni AFAM sono iscritte nella Missione “Istruzione universitaria”, Programma “Istituti di Alta cultura”, dello stato di previsione del MIUR che, nel disegno di legge di bilancio 2015, presenta uno stanziamento pari ad € 429,7 mln, di cui € 385,9 allocati sul cap. 1603, concernente le competenze fisse ed accessorie del personale delle stesse Istituzioni.

 

Il comma 19 prevede che dal 1° gennaio 2015 l’incarico di Presidente delle Istituzioni AFAM è onorifico, anche per gli incarichi già conferiti. Al Presidente spetterà solo il rimborso delle spese sostenute.

Prevede, altresì, che con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, sono rideterminati i compensi e le indennità del direttore e dei componenti del consiglio di amministrazione delle stesse Istituzioni.

I risparmi derivanti sia dalla rideterminazione in questione, sia dalla novità relativa all’incarico di Presidente, sono previsti in € 1.450.000 a decorrere dal 2015.

 

Sulla base dell’art. 2, co. 7, della L. 508/1999 – che ha demandato alla fonte regolamentare la disciplina dell'organizzazione amministrativa e didattica delle Istituzioni AFAM – è stato adottato il D.P.R. 132/2003, il cui art. 4 ha indicato quali organi necessari delle medesime: il presidente; il direttore; il consiglio di amministrazione; il consiglio accademico; il collegio dei revisori; il nucleo di valutazione; il collegio dei professori; la consulta degli studenti. Ha, inoltre, previsto che i limiti dei compensi spettanti ai componenti degli organi sono stabiliti con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Sulla base di tale previsione, i limiti dei compensi degli organi – ad eccezione del direttore - sono stati emanati con D.L. 1 febbraio 2007[132]. In particolare, il D.L. ha precisato che “la misura” dei compensi (nell’ambito dei limiti fissati) è deliberata dal consiglio di amministrazione, previa verifica delle disponibilità di bilancio. Ha, inoltre, previsto che i compensi per la partecipazione alle riunioni (fra le altre) del consiglio di amministrazione sono attribuiti per un massimo di 11 sedute l’anno e non spettano al Presidente e al Direttore in quanto componenti di diritto.

L’indennità del direttore è stata definita con D.I. 16 gennaio 2008.

Successivamente, l’art. 6, co. 3, del D.L. 78/2010 (L. 122/2010) ha previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 2011, le indennità, i compensi, i gettoni, le retribuzioni o le altre utilità comunque denominate, corrisposti dalle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati ed ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo, erano automaticamente ridotti del 10% rispetto agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010.

A titolo di esempio, si veda, la conseguente delibera adottata da una Istituzione AFAM.

 

Dunque, mentre attualmente il decreto interministeriale individua i limiti dei compensi, spettando ai consigli di amministrazione delle singole istituzioni la determinazione della misura degli stessi, il nuovo decreto interministeriale individuerà direttamente la misura dei compensi, limitatamente ad alcuni organi.

 

Al riguardo si segnala, peraltro, per completezza, che con D.L. 14 febbraio 2014 è stato rideterminato (direttamente) il compenso annuo lordo spettante ai revisori dei conti delle Istituzioni AFAM.

 

Dal punto di vista della formulazione del testo, il riferimento corretto, in base all’art. 2 della L. 508/1999, è “Istituzioni dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale”.


 

Articolo 28, commi 20-21
(Enti di ricerca vigilati dal MIUR)

 

 

I commi 20 e 21 prevedono la riduzione del Fondo per il finanziamento degli enti di ricerca vigilati dal MIUR (cap. 7236) per 42,9 milioni di euro nel 2015 e per 43 milioni di euro dal 2016, a seguito della rideterminazione dei compensi dei componenti degli organi e di una razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi.

Pertanto, lo stanziamento del cap. 7236 per il 2015, pari ad € 1.740, 2, nel ddl di bilancio a legislazione vigente, passerebbe ad € 1.697,3.

 

Il Fondo cui si fa riferimento, istituito dall’art. 7 del d.lgs. 204/1998 e il cui ammontare è definito annualmente dalla tab. C della legge di stabilità, è destinato a 12 enti di ricerca, vigilati dal MIUR: A.S.I. - Agenzia Spaziale Italiana; C.N.R. - Consiglio Nazionale delle Ricerche; I.N.RI.M. - Istituto nazionale di ricerca metrologica; I.N.D.A.M. - Istituto Nazionale di Alta Matematica; I.N.A.F. - Istituto Nazionale di Astrofisica; I.N.F.N. - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare; I.N.G.V. - Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia; Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale- O.G.S.; Istituto Italiano di Studi Germanici; Consorzio per l'Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste; Museo Storico della Fisica e Centro di Studi e Ricerche "Enrico Fermi"; Stazione Zoologica "Anton Dohrn".

Il Fondo è ripartito annualmente fra gli enti interessati con D.M., comprensivo di indicazioni per i due anni successivi, emanati previo parere delle Commissioni parlamentari. Al momento, le Camere stanno esaminando lo schema di D.M. relativo alla ripartizione per il 2014 (Atto n. 114), il cui art. 4 prevede che, ai fini dell’elaborazione dei bilanci di previsione per gli anni 2015 e 2016, gli enti potranno considerare il 100% dell’assegnazione ordinaria 2014, salvo eventuali riduzioni apportate per effetto di disposizioni di contenimento della spesa.

 

In particolare, il comma 20 dispone che, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità, è adottato un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, al fine di rideterminare i compensi dei componenti degli organi degli enti di ricerca finanziati a valere sul Fondo di cui all’art. 7 del D.Lgs. 204/1998. La rideterminazione deve consentire il conseguimento di risparmi lordi di spesa per 916.000 euro nel 2015 e 1 milione di euro dal 2016.

Conseguentemente, il Fondo è ridotto in pari misura.

 

La relazione illustrativa fa presente che per la determinazione dei compensi il decreto potrà individuare criteri oggettivi collegati a parametri dimensionali e di struttura degli enti.

 

Il comma 21 prevede che il medesimo Fondo è ridotto di 42 milioni di euro dal 2015 in considerazione di una razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi, che gli enti di ricerca devono conseguire sulla base di indirizzi formulati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, anche in tal caso da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità.

 

Misure per la razionalizzazione della spesa degli enti di ricerca vigilati dal MIUR sono state adottate, negli ultimi anni, anzitutto con il D.Lgs. 213/2009, con il quale si è proceduto al riordino.

In particolare, l’art. 3 ha disposto che i nuovi statuti dovevano prevedere la riduzione del numero dei componenti degli organi di direzione, amministrazione, consulenza e controllo. Con specifico riferimento al Consiglio di amministrazione, l’art. 8 ha previsto che il numero dei componenti, compreso il presidente, non può superare cinque componenti nel caso di enti che ricevono un contributo pubblico annuale di importo superiore al 20% del fondo di funzionamento ordinario o che impiegano oltre 500 unità di personale, e tre componenti negli altri casi.

In base all’art. 9, disposizioni particolari sono state previste per la composizione dei consigli di amministrazione di CNR, ASI e INFN.

Inoltre, l’art. 14 ha esteso agli enti di ricerca vigilati dal MIUR l’applicabilità delle misure di razionalizzazione delle sedi previste dall’art. 12 del D.Lgs. 149/1999 e l’art. 15 ha disposto che gli statuti dovevano individuare misure e soluzioni organizzative finalizzate alla gestione coordinata delle infrastrutture e delle strutture di ricerca da parte degli enti e delle imprese, allo scopo, fra l’altro, di produrre economie di scala.

 

In seguito, l’art. 8, co. 4-bis, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012) ha previsto che la razionalizzazione della spesa per consumi intermedi per gli enti di ricerca vigilati dal MIUR è assicurata attraverso la riduzione del Fondo, a decorrere dal 2013, per un importo complessivo pari a 51,2 milioni di euro.

 

Qui il quadro dei finanziamenti agli enti di ricerca vigilati dal MIUR dal 2001 al 2013.


 

Articolo 28, comma 22
(Riduzione dell’organico degli Uffici di diretta collaborazione del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca)

 

 

Il comma 22 prevede che dal 1° gennaio 2015 il personale che opera negli Uffici di diretta collaborazione del Ministro dell’istruzione, dell’università e dalla ricerca è ridotto (da 236, escluse le posizioni dei responsabili degli Uffici) a 190 unità, comprensive della dotazione relativa all’Organismo indipendente di valutazione[133].

In particolare, la riduzione riguarderà il personale che opera presso il Gabinetto, come si deduce dalla previsione di riduzione degli stanziamenti relativi alle competenze accessorie relative a tale personale per un importo pari a 222.000 euro.

Tali stanziamenti sono allocati nella Missione Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche, Programma Indirizzo politico.

In base all’art. 2 del D.P.R. 16/2009, sono uffici di diretta collaborazione del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca l'Ufficio di Gabinetto, la Segreteria del Ministro e il Segretario particolare del Ministro, l'Ufficio legislativo, l'Ufficio stampa, il Servizio di controllo interno (ora, in base all’art. 14 del D.Lgs. 150/2009, Organismo indipendente di valutazione), la Segreteria tecnica del Ministro, le Segreterie dei Sottosegretari di Stato.

In base all’art. 10, il contingente di personale degli Uffici di diretta collaborazione è stabilito complessivamente in 236 unità, alle quali si aggiungono le posizioni dei responsabili degli Uffici, costituite dal Capo di Gabinetto, dal Capo dell'Ufficio legislativo, dal Segretario particolare del Ministro, dal Capo della segreteria del Ministro, dal Capo dell'Ufficio stampa, dai Capi delle Segreterie del Vice Ministro e dei Sottosegretari di Stato, dai componenti dell'organo di direzione dell’OIV.

Per quanto concerne, specificamente, l’Organismo indipendente di valutazione, esso è composto, in base al D.M. 1014 del 6 dicembre 2013, da 3 componenti (dei quali, tuttavia, uno ha rassegnato le proprie dimissioni il 12 dicembre 2013).


 

Articolo 28, comma 23
(Controlli di primo livello per il PON “Per la Scuola - competenze e ambienti per l’apprendimento - Stralciato)

 

 

Il comma 23 dell’articolo 28 è stato stralciato, ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di stabilità.

 


 

Articolo 28, comma 24
(Risorse per INVALSI, Istituti superiori di studi musicali e
Accademie di belle arti non statali - Stralciato)

 

 

Il comma 24 dell’articolo 28 è stato stralciato, ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di stabilità.

 


 

Articolo 28, comma 25
(Fondo per il potenziamento e la valorizzazione
dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica - Stralciato)

 

 

Il comma 25 dell’articolo 28 è stato stralciato, ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di stabilità.


 

Articolo 28, commi 26-27
(Programma straordinario di reclutamento INVALSI - Stralciato)

 

 

I commi 26 e 27 dell’articolo 28 sono stati stralciati, ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento, in quanto recanti disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di stabilità.

 


 

Articolo 28, commi 28-30
(Assunzioni da parte delle università)

 

 

I commi da 28 a 30 recano disposizioni finalizzate ad agevolare l’ingresso di ricercatori nelle università “virtuose”, a regolare diversamente il rapporto fra assunzioni di professori e chiamate di ricercatori, nonché a consentire il cumulo delle risorse destinate alle assunzioni per un arco temporale non superiore a tre anni.

Si ricorda che l’art. 24, co. 3, della L. 240/2010 ha individuato due tipologie di contratti di ricerca a tempo determinato.

La prima (lett. a) consiste in contratti di durata triennale, prorogabili per due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte.

La seconda (lett. b) è riservata a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lettera a), oppure, per almeno tre anni anche non consecutivi, di assegni di ricerca o di borse post-dottorato, oppure di contratti, assegni o borse analoghi in università straniere - nonché, ai sensi dell’art. 29, co. 5, della medesima L. 240/2010 a candidati che hanno usufruito per almeno 3 anni di contratti a tempo determinato stipulati in base all’art. 1, co. 14, della L. 230/2005 - e consiste in contratti triennali non rinnovabili.

Il co. 5 dello stesso art. 24 prevede che nel terzo anno di questa seconda tipologia di contratto l’università, nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, valuta il titolare del contratto che abbia conseguito l’abilitazione scientifica nazionale, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato. Se la valutazione ha esito positivo, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato come professore associato.

E’ utile ricordare che, sulla base della stessa L. 240/2010, la figura del ricercatore a tempo indeterminato è stata posta ad esaurimento. Infatti, l’art. 29 ha disposto che, dalla data dell’entrata in vigore della legge, per la copertura – fra gli altri – dei posti di ricercatore le università potevano avviare solo le procedure da essa previste.

 

In particolare, il comma 28, inserendo un nuovo periodo nel comma 13-bis dell’art. 66 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), prevede che, dal 2015, le (sole) università che sono in una situazione finanziaria solida, ovvero che riportano un indicatore delle spese di personale inferiore all’80%[134], possono procedere alla stipula di contratti per ricercatori a tempo determinato di entrambe le tipologie “in aggiunta” alle facoltà assunzionali previste per il sistema universitario dallo stesso comma 13-bis.

Stabilisce, inoltre, che le università possono procedere a ciò “anche” utilizzando le cessazioni dei ricercatori della prima tipologia avvenute nell’anno precedente, già assunti a valere sulle facoltà assunzionali di cui al più volte citato comma 13-bis.

 

Letteralmente, la disposizione sembrerebbe, dunque, volta a consentire che le università “virtuose” possano stipulare i contratti sopra indicati senza alcun limite massimo derivante dalle facoltà assunzionali, né dall’effettivo numero di cessazioni di ricercatori nella struttura interessata.

 

La relazione tecnica evidenzia, invece, che la norma prevede “la possibilità di sostituire, senza gravare sui punti organico, il 100% dei ricercatori a tempo determinato di cui all’articolo 24, comma 3, lettera a)” della L. 240/2010 già assunti a valere sui punti organico. Analogo concetto è espresso nella relazione illustrativa.

 

Appare, dunque, necessario chiarire il riferimento alla stipula di contratti a tempo determinato - sia della prima che della seconda tipologia (questi ultimi suscettibili di determinare, alle condizioni sopra riportate, un transito nei ruoli di professore associato) - “in aggiunta”, nonché il significato dell’espressione “anche utilizzando le cessazioni…”.

Occorrerà, conseguentemente, intervenire sulla formulazione del testo, affinché non insorgano dubbi interpretativi nella fase di applicazione.

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 7 del D.Lgs. 49/2012 – facendo salve le disposizioni in materia di definizione dei livelli occupazionali massimi su scala nazionale – ha individuato, limitatamente all’anno 2012, le combinazioni dei livelli degli indicatori di spesa per il personale e di spesa per indebitamento rilevanti, per ciascun ateneo, per la determinazione, tra l’altro, della misura delle assunzioni di personale a tempo indeterminato e del conferimento di contratti di ricerca a tempo determinato (co. 1), rimettendo ad un D.P.C.M., da emanare con cadenza triennale, entro il mese di dicembre antecedente al successivo triennio di programmazione, la definizione della disciplina applicabile agli anni successivi (co. 6).

Successivamente, l’art. 14, co. 3, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012), introducendo il co. 13-bis nell’art. 66 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) ha fissato le misure percentuali di turn-over valide con riferimento “al sistema” delle università nel suo complesso[135] e ha previsto che all’attribuzione del contingente di assunzioni spettante a ciascun ateneo si provvede con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, “tenuto conto di quanto previsto dall’art. 7 del d.lgs. 49/2012”.

Tale disposizione sembrava aver dato seguito alla risoluzione della 7^ Commissione del Senato Doc. XXIV, n. 38, che aveva impegnato il Governo a sopprimere la previsione contenuta nell’art. 7, co. 6, del d.lgs. 49/2012 di rinviare ad un D.P.C.M. la definizione di nuovi parametri assunzionali, rilevando la necessità che la relativa disciplina fosse sancita a livello legislativo, al fine di non ledere l’autonomia universitaria.

Su tale base, è stato dunque emanato il D.M. 9 agosto 2013, n. 713[136], che ha definito (utilizzando le combinazioni previste dall’art. 7, co. 1, del d.lgs. 49/2012) criteri e contingente assunzionale delle università statali per l’anno 2013, espresso in termini di punti organico[137], utilizzabili per l'assunzione di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato a carico del bilancio di ogni università[138].

Peraltro, l’applicabilità anche agli anni successivi al 2012 delle disposizioni recate dall’art. 7 del D.Lgs. 49/2012 era stata esplicitamente confermata dal Governo alla Camera il 4 dicembre 2013, in occasione della risposta all’interrogazione a risposta immediata 3-00496, nonché, il 3 aprile 2014, nella risposta all’interrogazione a risposta in Commissione 5-01342.

Nel frattempo, tuttavia, l’art. 1, co. 9, del D.L. 150/2013 (L. 15/2014) ha prorogato al 30 giugno 2014 il termine per l’adozione del D.P.C.M. con il quale ridefinire, per il triennio 2014-2016, la disciplina per l’individuazione della misura delle assunzioni per ciascun ateneo. Allo stato, il D.P.C.M. non è intervenuto.

 

Il comma 29 modifica uno dei criteri in base ai quali le università predispongono i piani triennali per la programmazione del reclutamento del personale docente, ricercatore, dirigente e tecnico-amministrativo.

In particolare, si modifica la previsione recata dall’art. 4, co. 2, lett. c), secondo periodo, del D.Lgs. 49/2012, che prevede, per gli atenei con una percentuale di professori di prima fascia superiore al 30% del totale dei professori, la stipula di un numero di contratti a favore di ricercatori a tempo determinato della seconda tipologia (contratti triennali non rinnovabili, al termine dei quali i titolari possono essere inquadrati come professori associati) non inferiore a quello dei professori di prima fascia reclutati nel medesimo periodo, eliminando il riferimento alla specifica tipologia di contratto.

In sostanza, si consente una maggiore flessibilità nella scelta della tipologia contrattuale, mantenendo invariati i vincoli numerici assunzionali[139].

 

Il comma 30 estende alle università le disposizioni - già introdotte per le amministrazioni dello Stato, le agenzie e gli enti pubblici non economici (art. 3, co. 3, secondo periodo, del D.L. 90/2014-L. 114/2014) - che prevedono il cumulo delle risorse destinate alle assunzioni per un arco temporale non superiore a tre anni, nel rispetto della programmazione del fabbisogno e di quella finanziaria e contabile.

La relazione tecnica evidenzia che in tal modo si consente agli atenei che non hanno utilizzato integralmente – anche a seguito dei ritardi registrati nella procedura relativa all’abilitazione scientifica nazionale (art. 16, L. 240/2010) – le risorse per nuove assunzioni (rese disponibili dalle cessazioni dell’anno precedente), di poter cumulare le disponibilità residue nell’arco temporale di 3 anni, evitando interventi di proroga disposti di volta in volta.

 

Un problema in tal senso si è posto, di recente, per le chiamate di professori associati per gli anni 2012 e 2013, previste dal piano straordinario di cui all’art. 1, co. 24, della L. 220/2010 e all’art. 29, co. 9, della L. 240/2010.

In particolare, l’art. 3, co. 1, del D.L. 28 dicembre 2012, che ha indicato i criteri per l’utilizzo delle risorse per il 2012-2013, aveva indicato per l’utilizzo delle somme assegnate il termine del 31 ottobre 2014. Si è poi reso necessario differire tale termine al 30 giugno 2015 con l’art. 14, co. 4, del D.L. 90/2014, conseguentemente – come evidenziava la relazione illustrativa - al differimento del termine per la conclusione dei lavori delle commissioni per l’abilitazione scientifica nazionale previsto dal co. 1 dello stesso art. 14.


 

Articolo 28, comma 31
(Differimento di termini in materia di edilizia scolastica - Stralciato)

 

 

Il comma 31 dell’articolo 28 è stato stralciato, ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di stabilità.

 


 

Articolo 29
(Riduzioni delle spese ed interventi correttivi del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare – Convenzione biodiversità)

 

 

L’articolo 29 riduce di 1 milione di euro, a decorrere dal 2015, l’autorizzazione di spesa disposta dall’art. 3, comma 1, della legge 14 febbraio 1994, n. 124 per la ratifica e l’esecuzione della convenzione sulla biodiversità fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992.

Si fa notare che la riduzione supera l’importo dell’autorizzazione di spesa contemplata dal citato articolo 3, che è pari a 671.394 euro annui (1.300 milioni di lire).

Il capitolo su cui opera la riduzione (capitolo 1617/Pg3 dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente) ha però una dotazione di competenza di 3,95 milioni di euro per il triennio 2015-2017.

Come anticipato sopra, con la L. n. 124/1994 l’Italia ha ratificato la Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD), adottata il 5 giugno del 1992, al Summit mondiale di Rio de Janeiro delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo.

Nel ratificare la Convenzione, le Parti contraenti si sono impegnate a intraprendere misure nazionali e internazionali finalizzate al raggiungimento di tre obiettivi: la conservazione in situ ed ex situ della diversità biologica (a livello di geni, popolazioni, specie, habitat ed ecosistemi), l'uso sostenibile delle sue componenti e l'equa condivisione dei benefici derivanti dall'utilizzazione delle risorse genetiche.

Di particolare rilevanza, per l’attuazione della Convenzione e della legge nazionale di ratifica, è l’intesa, raggiunta dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 7 ottobre 2010, sulla Strategia Nazionale per la Biodiversità[140].


 

Articolo 30, comma 1
(Soppressione contributo a imprese armatoriali)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 30 sopprime il contributo ventennale di 5 milioni di euro a decorrere dall'esercizio 2014 per gli investimenti delle imprese marittime per il rinnovo e l’ammodernamento della flotta.

Il contributo era previsto dal secondo periodo del comma 38 dell’articolo unico della Legge di stabilità 2014 (L. n. 147/2013), il quale a sua volta richiamava la tipologia degli interventi previsti dall’articolo 3 della legge n. 88/2001 (vale a dire, appunto, gli investimenti delle imprese marittime per il rinnovo e l’ammodernamento della flotta).

In proposito la relazione tecnica precisa che la Commissione europea ha qualificato il contributo in questione come aiuto di Stato illegittimo ai sensi del regime degli aiuti di Stato alla costruzione navale n. 2011/C3 64/06.

In proposito si segnala che l’allegato n. 5, richiamato dall’art. 19, comma 1, del disegno di legge di stabilità prevede un azzeramento complessivo della dotazione di bilancio relativa all’autorizzazione di spesa di cui al terzo periodo del citato comma 38, che interveniva in materia affine, prevedendo contributi ventennali di 5 milioni di euro a decorrere dall'esercizio 2014 per il finanziamento di progetti innovativi di prodotti e di processi nel campo navale avviati negli anni 2012 e 2013; al riguardo cfr. la relativa scheda.


 

Articolo 30, comma 2
(Mutui ferrovie in concessione)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 30 riduce di 8,9 milioni di euro per l’anno 2015 e di 10 milioni di euro a decorrere dall’anno 2016 i contributi statali per l’ammortamento dei mutui concessi ai sensi dell’articolo 2, comma 3, della legge n. 910/1986 (L. finanziaria 1987: mutui garantiti dallo Stato che le ferrovie in regime di concessione e in gestione commissariale governativa possono contrarre per la realizzazione di investimenti ferroviari). Al riguardo la relazione tecnica afferma che la riduzione è dovuta al completamento dei progetti di investimento realizzati ai sensi della legge n. 910/1986.

In particolare, oggetto di riduzione è l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 13, comma 12, della legge n. 67/1988 (legge finanziaria 1988) che integrava lo stanziamento per le finalità di cui all’articolo 2, comma 3, della legge n. 910/1986 per ciascuno degli anni 1988, 1989 e 1990, prevedendo che per gli anni successivi si provvedesse con rifinanziamento annuale in legge finanziaria ai sensi dell’art. 19, quattordicesimo comma, della legge n. 887/1984 (legge finanziaria 1985) meccanismo poi sostituito dalla legge n. 362/1988 dal rifinanziamento in tabella F della legge finanziaria (ora tabella D della legge di stabilità, ai sensi della legge n. 196/2009)


 

Articolo 30, comma 3
(Riduzione del contributo quindicennale relativo
alla Pedemontana di Formia)

 

 

Il comma 3 riduce, azzerandola, l’autorizzazione di spesa relativa al contributo quindicennale per il completamento delle opere infrastrutturali della Pedemontana di Formia, disposta con l’art. 1, comma 981, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).

Tale riduzione, quantificata in 3 milioni di euro a decorrere dal 2015, si somma infatti alla riduzione di 2 milioni di euro (sempre decorrente dal 2015) disposta dal comma 62, dell’art. 1 della L. n. 228/2012 (stabilità 2013). La riduzione complessiva è quindi pari allo stanziamento quindicennale di 5 milioni di euro, decorrente dal 2007, disposto dal citato comma 981. Le risorse destinate alla Pedemontana di Formia risultano iscritte nel capitolo 7501 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

La relazione tecnica ricorda che con decreto n. 299 del 30 dicembre 2008, adottato di concerto dai Ministeri dell’economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti, è stato autorizzato l'utilizzo, da parte dell'ANAS, del contributo con attualizzazione mediante contratto di mutuo. Tale contratto di mutuo non è tuttavia mai stato stipulato.

La “Pedemontana di Formia” rientra nel Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) avviato con la legge obiettivo (L. n. 443/2001) e riguarda la variante stradale alla statale S.S. 7 Appia, che inizia ad est di Gaeta e termina ad est di Formia, interamente esterna ai centri abitati, e lunga circa 11 km.

In merito all’opera in questione il CIPE ha emanato la delibera n. 98 del 29 marzo 2006 con cui ha approvato, in linea tecnica, con le prescrizioni e raccomandazioni proposte dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il progetto preliminare della “Variante alla S.S. 7 Appia in Comune di Formia” ed è stata altresì riconosciuta la compatibilità ambientale dell’opera, il cui soggetto aggiudicatore risulta essere l’ANAS S.p.A.

Per una descrizione dettagliata delle caratteristiche dell’opera, con dati al 31 ottobre 2013, si rinvia alla scheda n. 50 dell’8° Rapporto per la VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici redatto dal Servizio studi, su Le infrastrutture strategiche in Italia: l’attuazione della “legge obiettivo” del febbraio 2014. Tale scheda riporta un costo totale dell’opera pari a 734,43 milioni di euro, di cui 79,75 disponibili.

Nell’aggiornamento del PIS presentato al Parlamento in data 3 ottobre 2014 - in allegato alla Nota di aggiornamento del DEF 2014 (Doc. LVII, n. 2-bis, Allegato III) per l’opera non vengono indicati i dati finanziari.


 

Articolo 30, comma 4
(Riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al contributo straordinario al comune di Reggio Calabria)

 

 

Il comma 4 riduce l’autorizzazione di spesa disposta dall’art. 144, comma 1, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001), concernente il “contributo straordinario al comune di Reggio Calabria” relativamente agli interventi di risanamento e sviluppo previsti dal D.L. 166/1989.

Tale riduzione è quantificata in 3 milioni di euro a decorrere dal 2015.

Il comma 1 dell’articolo 144 citato ha autorizzato, nella tabella 1 allegata alla legge, due limiti di impegno quindicennali, decorrenti rispettivamente dal 2002 e dal 2003, di 10 milioni di lire (5,2 milioni di euro), per il finanziamento degli interventi contemplati dal D.L. 166/1989. Tale decreto-legge ha previsto il risanamento e lo sviluppo dell'area urbana di Reggio Calabria, attraverso il risanamento del patrimonio edilizio comunale, il completamento e la riqualificazione delle reti idriche e fognarie, la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico e monumentale e, per tali finalità, ha istituito un apposito fondo, con una dotazione complessiva di 600 miliardi di lire per il triennio 1989-1991.

Nel capitolo 7374 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, denominato “Fondo per il risanamento e lo sviluppo dell'area urbana di Reggio Calabria”, sono allocate risorse di competenza per un importo di 13,1 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2015-2017.

 

Si osserva che non è chiaro se la riduzione opera su uno o su entrambi i limiti di impegno autorizzati nella tabella 1 allegata alla legge n. 388 del 2000 per il finanziamento degli interventi di risanamento e sviluppo della città di Reggio Calabria.


 

Articolo 30, comma 5
(Riduzione della quota ANAS del canone annuo a carico dei concessionari autostradali)

 

 

Il comma 5 dimezza la quota di spettanza dell’ANAS S.p.A. del canone annuo a carico dei concessionari autostradali disciplinato dal comma 1020 dell’articolo 1 della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007), che quindi passa dal 42% al 21%.

Per compensare i minori introiti, lo stesso comma prevede che l’ANAS effettui risparmi di spesa sul contratto di servizio corrispondenti alle minori entrate, anche in termini di razionalizzazione delle spese relative al personale e al funzionamento amministrativo.

 

L’art. 1, comma 1020, della L. 296/2006 è intervenuto sulla disciplina del canone annuo a carico degli enti concessionari di autostrade (disciplinato dall’art. 10, comma 3, della legge n. 537 del 1993), sotto due profili:

§  sotto il profilo dell’entità del canone, che è stato incrementato dall’1 al 2,4 per cento dei proventi netti dei pedaggi di competenza dei concessionari;

§  sotto il profilo della destinazione di tali somme prevedendo che una parte delle medesime, pari al 42 per cento, sia corrisposta direttamente all’ANAS, che a sua volta provvede a destinarla alle sue attività di vigilanza e controllo sui concessionari, secondo direttive impartite dal Ministro delle infrastrutture.

 

Successivamente tale comma 1020 è stato modificato dall’art. 1-bis del D.L. 162/2008 in relazione alle modalità di destinazione dello stesso canone.

L’art. 25, comma 2, del D.L. 69/2013, ha riconosciuto tra i ricavi propri di ANAS il suddetto canone e stabilito che, ove necessario, una parte dei relativi introiti dovrà essere destinata a coprire le spese di funzionamento della “Struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali" (SVCA) istituita, presso il Ministero delle infrastrutture dei trasporti (ai sensi di quanto previsto dall’art. 11, comma 5, del D.L. 216/2011), in luogo del soppresso Ispettorato di vigilanza delle concessionarie autostradali (IVCA) operante presso l’ANAS.

Si ricorda altresì che la misura del canone annuo corrisposto direttamente all’ANAS ai sensi del comma 1020 è stata integrata dal comma 9-bis dell’art. 19 del D.L. n. 78/2009 e dal comma 4 dell’art. 15 del D.L. 78/2010 di un importo, calcolato sulla percorrenza chilometrica dei veicoli.

 

Nell’ultimo bilancio dell’ANAS S.p.A., relativo all’esercizio 2013, l’importo degli introiti derivanti dal canone previsto dal comma 1020 è pari a 49,6 milioni di euro[141].



[1]     Nel primo paragrafo, concernente gli obiettivi di finanza pubblica.

[2]     Come integrato con gli effetti del disegno di legge di stabilità (A.C.2679). Ciò vale anche per il limite massimo del ricorso al mercato.

[3]     V. ad es. la voce “rimborsi IVA”.

[4]     Questa seconda procedura è stata seguita, ad esempio, per i rimborsi connessi alla sentenza della Corte di giustizia europea sulla deducibilità dell’IVA sulle auto aziendali.

[5]     Cfr. Ragioneria generale dello Stato, Servizio Studi, “I principali saldi di finanza pubblica: definizioni, utilizzo, raccordi”, 2008.

[6]     Si ricorda che l’articolo 21, comma 1, del D.L. 201/2011 ha soppresso, dal 1° gennaio 2012, l’INPDAP e l’ENPALS, con conseguente trasferimento delle funzioni all’INPS.

[7]     “Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro”.

[8]     Il Piano evidenzia, comunque, che la cifra di 3 miliardi potrà essere inferiore, in relazione ai risparmi derivanti dall’abolizione delle supplenze brevi. “Una stima cauta porta a considerare che il risparmio potrebbe arrivare a 300-350 milioni all’anno”.

[9]     Si tratta dell’importo di retribuzione sul quale vengono calcolati i contributi previdenziali e assistenziali a carico del lavoratore dipendente e dell’azienda. In sostanza, ai fini della sua individuazione occorre sapere quali tra i compensi erogati al lavoratore compongono la base su cui applicare le aliquote contributive per il finanziamento delle assicurazioni sociali. Nel tempo sono stati applicati vari criteri, con l’emanazione del D.Lgs. 314/1997 sono state armonizzate le basi imponibili ai fini previdenziali e fiscali, affermando il criterio per cui occorre tener conto di tutte le somme percepite in relazione al rapporto di lavoro, con esclusione solo di specifiche voci (tassativamente elencate: ad esempio vanno escluse le somme corrisposte a titolo di TFR).

[10]    L'azione revocatoria fallimentare è lo strumento azionabile dal curatore fallimentare finalizzato a ricostituire il patrimonio del fallito; la revocatoria serve a far rientrare nel patrimonio quanto gli era stato fraudolentemente sottratto nel periodo antecedente la dichiarazione di fallimento, in violazione del principio della par condicio creditorum.

L’articolo 67 della legge fallimentare enuclea gli atti che possono essere revocati in quanto facciano presumere l’intenzione fraudolenta ovvero:

§  gli atti a titolo oneroso, estintivi di debiti scaduti e garanzie (pegni, anticresi), la cui caratteristica comune è la loro anomalia e non riconducibilità alla normale attività d’impresa; affinché l’azione revocatoria possa avere efficacia, per tali atti è necessario che sussistano due presupposti;

§  l’atto impugnato deve essere stato posto in essere nel corso dell’ultimo anno o, a seconda dei casi, degli ultimi 6 mesi prima della sentenza di fallimento (in un periodo, cioè, presunto come “sospetto”);

§  l’altra parte non provi di non conoscere lo stato d'insolvenza del debitore;

§  altri atti a titolo oneroso, pagamento di debiti liquidi ed esigibili e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi contestualmente creati, se compiuti entro 6 mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento; tali atti sono più tutelati operando una presunzione di buona fede e possono essere oggetto di revoca solo se curatore riesce a provare la conoscenza del terzo dello stato d’insolvenza.

L’articolo 67, inoltre, prevede un'ampia categoria di atti che non possono, comunque, essere colpiti dalla revocatoria fallimentare come, ad esempio, i pagamenti effettuati nell'esercizio normale dell'impresa, i pagamenti per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti, la vendita a giusto prezzo di immobili destinati ad abitazione principale dell'acquirente o di suoi stretti parenti o affini, gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.

E’, infine, prevista l’esclusione dalla disciplina dell’articolo 67 in relazione agli atti dell'istituto di emissione, alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario; sono anche fatte salve le disposizioni di leggi speciali.

[11]    L’accantonamento riguarda solamente il datore di lavoro.

[12]    In sostanza, il TFR, per il periodo in cui non è corrisposto al lavoratore e resta a disposizione dell'impresa, rappresenta per questa una fonte di autofinanziamento di primaria importanza; esso richiede infatti un tasso di rivalutazione di norma inferiore al costo del debito e del capitale proprio.

[13]    Il personale non contrattualizzato (o in regime di diritto pubblico) è costituito dalle seguenti categorie:

§  magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato;

§  personale militare e Forze di polizia di Stato;

§  personale della carriera diplomatica;

§  personale della carriera prefettizia;

§  personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

§  personale della carriera dirigenziale penitenziaria;

§  professori e ricercatori universitari.

[14]    La retribuzione da prendere a base per il computo del TFR è costituita da ogni somma corrisposta in dipendenza del rapporto di lavoro "a titolo non occasionale". La non occasionalità, sulla base della quale si decide l'inclusione o meno di un elemento di retribuzione nel calcolo del TFR, è ravvisabile qualora un determinato emolumento: dal punto di vista temporale, venga erogato continuativamente, abitualmente, o almeno ricorrentemente; dal punto di vista causale, non sia collegato a necessità aziendali contingenti ed episodiche, bensì venga erogato per una ragione strutturalmente connessa all'attività espletata dal lavoratore.

[15]    Ai sensi dell'articolo 2120, comma 3, c.c., in caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell'anno per una delle cause di cui all'articolo 2110 c.c. (infortunio, malattia, gravidanza e puerperio), nonché in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l'integrazione salariale (sia ordinaria che straordinaria), deve essere computato nella retribuzione utile per il calcolo del TFR l’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro. La contrattazione collettiva può stabilire deroghe esclusivamente migliorative a favore del lavoratore, prevedendo periodi di sospensione del rapporto di lavoro utili al calcolo del TFR non ipotizzati dalla legge.

[16]    Qualora il TFR sia erogato mediante forme previdenziali, la contribuzione aggiuntiva è detratta dal contributo dovuto per il finanziamento del trattamento stesso, il cui importo spettante al lavoratore è corrispondentemente ridotto.

[17]    Termine anticipato (rispetto all’originario 1° gennaio 2008) dall’articolo 1, comma 749, lettera a), della L. 296/2006.

[18]    Ai sensi del D.Lgs. 47/2000.

[19]    Ai sensi del D.Lgs. 252/2005.

[20]    Le modalità di finanziamento del Fondo sono contenute nel D.M. 30 gennaio 2007.

[21]    La liquidazione del TFR (e delle relative anticipazioni al lavoratore) viene effettuata, sulla base di un'unica domanda, presentata dal lavoratore al proprio datore di lavoro, secondo le modalità stabilite con il D.M: 30 gennaio 2007, dal Fondo, limitatamente alla quota corrispondente ai versamenti effettuati al Fondo medesimo, mentre per la parte rimanente resta a carico del datore di lavoro. Al richiamato contributo si applicano le disposizioni in materia di accertamento e riscossione dei contributi previdenziali obbligatori, con esclusione di qualsiasi forma di agevolazione contributiva.

[22]    Il Fondo di garanzia per il TFR è stato istituito dal richiamato articolo 2 con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del TFR stesso, di cui all'articolo 2120 c.c., spettante ai lavoratori o loro aventi diritto.

[23]    La facoltà suddetta quindi non eserciterebbe effetti per gli autonomi iscritti alle casse private legate agli ordini professionali, per i quali resta l’obbligo di versare il contributo soggettivo minimo indipendentemente dal reddito dichiarato.

[24]    L'articolo 2, commi 26-33, della L. 335/1995 (cd. Legge Dini), ha previsto l'estensione dell'Assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti ad alcune categorie di lavoratori autonomi o parasubordinati la cui attività non risultava coperta da assicurazione previdenziale. In seguito a numerosi interventi legislativi; risultano attualmente iscritti alla gestione i seguenti prestatori di lavoro: professionisti (cioè i soggetti che percepiscono redditi che derivano, come disposto dall'articolo 53 del T.U.I.R. 1986, dall'esercizio per professione abituale, anche se non esclusiva, di attività di lavoro autonomo; collaboratori coordinati e continuativi (rientrano ad esempio in tale fattispecie gli amministratori, sindaci o revisori di società, associazioni ed altri enti, i membri di commissione e collegi, i soggetti che collaborano a giornali, riviste, enciclopedie e simili, tranne i casi in cui si rientri nel diritto d'autore, collaboratori nel settore sanitario e ospedaliero), gli amministratori di condominio); il socio amministratore di società commerciale (nella forma di S.r.l.); venditori porta a porta; titolari di borse di studio; pensionati (ove svolgano attività professionale); medici in formazione specialistica; lavoratori dipendenti (sia privati che pubblici, che percepiscono compensi che non siano già assoggettati a contribuzione previdenziale obbligatoria); guide turistiche; volontari del Servizio civile nazionale; lavoratori autonomi occasionali,; lavoratori a progetto; collaboratori delle pubbliche amministrazioni (coordinati e continuativi, a progetto, ex LSU con contratti di collaborazione, dottorandi, assegnisti di ricerca, medici specializzandi, lavoratori autonomi occasionali); associati in partecipazione; spedizionieri doganali; lavoratori occasionali di tipo accessorio; specifiche categorie di lavoratori degli organismi sportivi dilettantistici.

[25]    Pari (ai sensi dell’articolo 2, comma 57, della L. 92/2012) al 29% (per il 2014) e al 30% (per il 2015) per i soggetti non iscritti ad altre forme di previdenza, mentre per i soggetti iscritti ad altre forme di previdenza il contributo è pari al 20% per il 2014e al 21% per il 2015.

[26]    A seguito di tale disposizione, quindi, viene superata l'elevazione dello 0,2% di cui al richiamato comma 15 dell’articolo 59 della L. 449/1997.

[27]    Alle richiamate aliquote va inoltre aggiunta l’ulteriore aliquota aggiuntiva, pari allo 0,09%, prevista dall'articolo 5 del D.Lgs. 207/1996, ai fini del finanziamento dell'indennizzo per la cessazione definitiva dell'attività commerciale (il cui versamento è stato prorogato, ai sensi dell’articolo 19-ter, comma 2, del D.L. 185/2008, 31 dicembre 2018).

[28]    Ai sensi dell’articolo 2 della L. 463/1959 sono considerati tali i familiari dell'iscritto che lavorino abitualmente e prevalentemente nell'azienda e che non siano già compresi nell'obbligo assicurativo previsto dalla medesima L. 463, in quanto contitolari dell'impresa, o in quello previsto dalle norme vigenti per l'assicurazione obbligatoria invalidità, vecchiaia e superstiti, in quanto lavoratori subordinati od in quanto apprendisti coperti di assicurazione.

[29]    Sono tali, ai sensi dell’articolo 2 della L. 613/1966, il coniuge, i figli legittimi o legittimati ed i nipoti in linea diretta gli ascendenti, i fratelli e le sorelle, che partecipano al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza, sempreché per tale attività non siano soggetti all'assicurazione generale obbligatoria in qualità di lavoratori dipendenti o di apprendisti. Sono equiparati ai figli legittimi o legittimati i figli adottivi e gli affiliati, quelli naturali legalmente riconosciuti o giudizialmente dichiarati, quelli nati da precedente matrimonio dell'altro coniuge nonché i minori regolarmente affidati dagli organi competenti a norma di legge. Sono infine equiparati ai genitori gli adottanti, gli affilianti, il patrigno e la matrigna nonché le persone alle quali i titolari di impresa commerciale furono regolarmente affidati come esposti.

[30]    Secondo quanto sottolineato dalla circolare I.N.P.S. 19/2014.

[31]    Cfr. la circolare I.N.P.S: n. 19/2014.

[32]    Cfr. circolare I.N.P.S. n. 19/2014.

[33]    La richiamata percentuale ha effetto anche ai fini della commisurazione del reddito per il diritto alle prestazioni previdenziali ed assistenziali.

[34]    Si segnala che da numerose audizioni svolte presso la XI Commissione (lavoro) della Camera dei deputati nell’ambito dell’indagine conoscitiva “Sui rapporti di lavoro presso i call center presenti sul territorio italiano” (il cui documento conclusivo verrà a breve approvato dalla Commissione) hanno rilevato che gli incentivi contributivi previsti dalla legge n.407/1990 hanno finito per creare, quantomeno nel settore dei call center (in quanto settore labour intensive) gravi distorsioni nel corretto funzionamento del mercato. Lucrando in modo opportunistico lo sconto contributivo, infatti, molte aziende, assai spesso costituite ex novo con l’obiettivo di partecipare a determinate gare d’appalto (il c.d. “mordi e fuggi”, riscontrabile soprattutto da parte di aziende localizzate nel Mezzogiorno), riescono ad aggiudicarsi importanti commesse grazie a offerte altrimenti fuori mercato.

[35]    C.d. Bonus Giovannini.

[36]    Si fa presente che dai documenti ufficiali adottati nell’ambito dell’attività di monitoraggio sulla legge n.92/2012 non risultano dati relativi all’incentivo in esame. Di dati Inps (contenuti nella relazione tecnica al disegno di legge C 2629, c.d. Sblocca Italia), tuttavia, emerge che al 14 luglio 2014 le assunzioni autorizzate risultano ben al di sotto delle attese (20.023 assunzioni agevolate e 2.629 trasformazioni agevolate).

[37]    A livello di normativa primaria, disposizioni volte a velocizzare le procedure in materia di riprogrammazione dei programmi nazionali cofinanziati dai Fondi strutturali e di rimodulazione del Piano di Azione Coesione sono contenute all’articolo 4 del D.L. n. 76 del 2013, al fine di rendere disponibili le risorse necessarie per il finanziamento degli interventi a favore dell'occupazione giovanile e dell'inclusione sociale nel Mezzogiorno, disposti, rispettivamente, dall'articolo 1, comma 12, lett. a), e dall'articolo 3, commi 1 e 2, del decreto-legge stesso.

[38]    http://www.coesioneterritoriale.gov.it/wp-content/uploads/2012/05/Obiettivi-Azione-Coesione-15-novembre-2011.pdf, pag. 8

[39]    Il Piano di Azione Coesione prevede la istituzione del Gruppo di Azione a Roma, presso il Dipartimento politiche di sviluppo del Ministero dello sviluppo economico. Il Gruppo è presieduto dal Direttore Generale pro-tempore della DG PRUC del DPS. La funzione di Vicepresidenza del Gruppo è attribuita alla Commissione europea - DG REGIO. Il Gruppo è composto, inoltre, da un rappresentante del DPS e da un rappresentante della Commissione europea (DG REGIO).

[40]    D.P.R. n. 917/1986. Il citato articolo 8 disciplina la determinazione del reddito complessivo.

[41]    Si tratta del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, di cui all’articolo 9 del D.Lgs. n. 286/1998, recante il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[42]    Convertito in legge, con modificazioni dalla legge 3 agosto 2007, n. 127.

[43]    All’anno 2011, dall’articolo 2, comma 1, del D.L. n. 225/2010 (dichiarazioni 2010); all’anno 2012, dall'articolo 33, comma 11, della legge n. 183/2011 (dichiarazioni 2011); all’anno 2013, dall'articolo 23, comma 2, del D.L. n. 95/2012 (dichiarazioni 2012); all’anno 2014, dall’articolo 1, comma 205, della legge n. 147/2013 (dichiarazioni 2013).

[44]http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_centrale_controllo_amm_stato/2013/delibera_14_2013_g.pdf.

[45]    Si tratta di organizzazioni di sostegno al volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali previsti dall’articolo 7 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, e delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’ articolo 10, comma 1, lettera a), del citato decreto legislativo n. 460 del 1997.

[46]    Decreto-Legge 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133.

[47]    Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Primi dati sulla sperimentazione del sostegno per l’inclusione attiva (SIA) nei grandi comuni, Quaderni della ricerca sociale flash 29, settembre 2014.

[48]    Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica.

[49]    Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

[50]    In assenza di una definizione normativa univoca l’articolo 3 del Decreto di riparto del 7 maggio 2014 ha stabilito: “Per persone in condizione di disabilità gravissima si intendono le persone in condizione di dipendenza vitale che necessitano a domicilio di assistenza continua nelle 24 ore (es.: gravi patologie cronico degenerative non reversibili, ivi inclusa la sclerosi laterale amiotrofica, gravissime disabilità psichiche multi patologiche, gravi cerebro lesioni, stati vegetativi, etc.)”.

[51]    La quota minima era stata inizialmente individuata nel 30%. L’Accordo del 5 agosto 2014 in Conferenza unificata, ha poi portato la percentuale al 40%.

[52]    L’art. 2, co. 109, della L. 191/2009 (L. finanziaria 2010), abrogando gli artt. 5 e 6 della L. 386/1989, ha eliminato – a partire dal 2010 – la partecipazione delle province autonome di Trento e di Bolzano alla ripartizione di fondi speciali istituiti per garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, e dei finanziamenti recati da qualunque disposizione di legge statale in cui sia previsto il riparto o l'utilizzo a favore delle regioni. Il medesimo comma ha fatto salvi i contributi sulle rate di ammortamento di mutui in essere e i rapporti giuridici già definiti.

[53]    In tale sentenza la Corte ha ricordato che: "Non sono (...) consentiti finanziamenti a destinazione vincolata in materie di competenza regionale residuale ovvero concorrente, in quanto ciò si risolverebbe in uno strumento indiretto, ma pervasivo, di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni delle Regioni e degli enti locali, nonché di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza (sentenza n. 423 del 2004; nello stesso senso, tra le altre, sentenze nn. 77 e 51 del 2005)." La Corte aveva già avuto modo di sottolineare che il settore dei contributi relativi alle scuole paritarie «incide sulla materia della “istruzione” attribuita alla competenza legislativa concorrente (art. 117, terzo comma, della Costituzione)» (sentenza n. 423 del 2004, punto 8.2. del Considerato in diritto). Pertanto il co. 635 dell'art. 1 della L. finanziaria 2007, "nella parte in cui prevede un finanziamento vincolato in un ambito materiale di spettanza regionale, si pone in contrasto con gli artt. 117, quarto comma, e 119 della Costituzione". La Corte ha tuttavia aggiunto che: "La natura delle prestazioni contemplate dalla norma censurata, le quali ineriscono a diritti fondamentali dei destinatari, impone, però, che si garantisca continuità nella erogazione delle risorse finanziarie. Ne consegue che devono rimanere «salvi gli eventuali procedimenti di spesa in corso, anche se non esauriti» (così anche la citata sentenza n. 423 del 2004)."

[54]    Negli anni successivi, il capitolo 1299 è stato allocato nel programma 1.9 “Istituzioni scolastiche non statali”.

[55]    Le disposizioni di rifinanziamento hanno fatto riferimento, fino al 2011, anche all’art. 1, co. 635, della L. n. 296/2006 che, tuttavia, come evidenziato nel testo, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza 50/2008.

[56]    Provenienti dal c.d. “scudo fiscale”.

[57]    Nell’ambito del rifinanziamento del Fondo per le esigenze indifferibili e urgenti di cui all’art. 7-quinquies, co. 1, del D.L. 5/2009).

[58]    Le spese effettuate dalle regioni con tali risorse sono state escluse dal computo ai fini del patto di stabilità.

[59]    Le spese effettuate dalle regioni con tali risorse sono state escluse dal computo ai fini del patto di stabilità nel limite di 100 mln di euro. Tuttavia, nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni del 29 maggio 2014, le regioni hanno convenuto, ai fini del concorso alla riduzione della spesa pubblica previsto dall’art. 46 del D.L. 66/2014, di rinunciare a determinate deroghe al patto di stabilità, inclusa la deroga riferita ai contributi alle scuole paritarie.

[60]    Al riguardo si ricorda che l'art. 5, co. 1, lett. c), e 5, della L. 240/2010 ha previsto l'attribuzione di una quota non superiore al 10% del FFO correlata alla valutazione delle politiche di reclutamento degli atenei, da effettuare in base a meccanismi elaborati dall’ANVUR. In attuazione, è intervenuto l'art. 9 del d.lgs. 49/2012.

[61]    Con D.M. 20 dicembre 2013, n. 1051 - l’ultimo finora intervenuto - sono stati determinati i criteri di ripartizione della quota premiale e dell’intervento perequativo del FFO per l’anno 2013, pari ad € 819 mln. In particolare, il D.M. prevede che la somma disponibile per le finalità premiali è attribuita per il 34% sulla base dei criteri finalizzati a premiare la qualità dell'offerta formativa e dei risultati dei processi formativi di ogni ateneo e per il 66% sulla base di criteri finalizzati a premiare la qualità della ricerca scientifica. Il 90% della somma attribuita in relazione alla qualità della ricerca scientifica è ripartita sulla base dei risultati della VQR 2004-2010.

[62]    Art. 1, lett. F) della Convenzione di Ginevra ratificata dalla legge 24 luglio 1954, n. 722.

[63]    Il Fondo Europeo per i Rifugiati è stato istituito con Decisione del Consiglio Europeo n. 2000/596/CE (cd. “Decisione FER”) per sostenere le azioni degli Stati membri dell’Unione in merito alle condizioni di accoglienza, integrazione e rimpatrio volontario di richiedenti asilo, rifugiati e profughi. La Decisione introduce un nuovo sistema di gestione degli interventi, che affida a ciascuno Stato membro il compito di individuare, sulla base della situazione esistente nei singoli Paesi, le carenze nel campo dell’accoglienza, dell’integrazione e del rimpatrio volontario e le azioni da intraprendere per far fronte alle specifiche esigenze riscontrate a livello nazionale, attraverso la predisposizione di un apposito programma di attuazione FER. Le risorse finanziarie del FER vengono ripartite fra gli Stati membri, ai quali viene affidata la responsabilità dell’attuazione delle azioni che beneficiano del sostegno comunitario e quindi la selezione, la sorveglianza, il controllo e la valutazione dei singoli progetti. In Italia, l’Autorità Responsabile è il Ministero dell’Interno. Si cfr.:

http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/asilo/sottotema010.html.

[64]    Aveva, altresì, disposto che la gestione degli strumenti informatici e della rete telematica è svolta, in maniera condivisa, con la partecipazione di tutti i componenti della filiera distributiva (editori, distributori e rivenditori), che stabiliscono di comune accordo lo sviluppo della rete, la gestione dati e i costi di collegamento.

[65]    In particolare, il co. 3 individuava il criterio per determinare il rimborso spettante a Poste Italiane per il periodo intercorrente tra il 1.1.2010 e il 31.3.2010 (data di cessazione dell’applicazione delle agevolazioni tariffarie), identificando la “convenzione più favorevole” con le tariffe stabilite, per l’anno 2012, dal D.M. 21 ottobre 2010, per gli invii non omologati destinati alle aree extraurbane. Si ricorda, infatti, che l’applicazione delle tariffe agevolate era stata sospesa, per l’anno 2010, a decorrere dal 1.4.2010, dal D.M. 30 marzo 2010, emanato in applicazione dell’art. 10-sexies, co. 2, del D.L. 194/2009 (L. 25/2010). Quest’ultimo articolo aveva destinato al rimborso delle agevolazioni tariffarie postali del settore dell'editoria un importo di 50 milioni di euro per il 2010.

Per ulteriori approfondimenti, si v. dossier del Servizio Studi n. 657 del 2 luglio 2012.

[66]    Le somme dovevano essere versate all’entrata del bilancio dello Stato ai fini della loro riassegnazione, nel medesimo anno, ad apposito capitolo dello stato di previsione del MEF.

[67]    Al riguardo, la relazione tecnica integrata al disegno di legge di stabilità (pag. 99, comma 211) evidenziava che il credito d’imposta “non ha avuto alcuna applicazione concreta e, conseguentemente, non ha generato ad oggi alcun onere finanziario”.

[68]    La relazione tecnica integrata citata nella nota precedente specificava che restava comunque fermo il tetto massimo di spesa già stabilito in 10 milioni di euro dalla disciplina previgente.

[69]    Ai sensi del D.P.C.M. 26 maggio 2000 (Individuazione delle risorse umane, finanziarie, strumentali ed organizzative da trasferire alle regioni in materia di salute umana e sanità veterinaria ai sensi del titolo IV, capo I, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112.) e della legge 210/1992 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati) per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2012 e il 31 dicembre 2014.

[70]    La tabella C opera una riduzione rispetto alla legislazione vigente di 300 mila euro per il 2015, di 312 mila euro per il 2016 e di 300 mila euro per il 2017.

[71]    Sono definiti servizi di rotta il controllo del traffico relativo al sorvolo dello spazio aereo italiano, con o senza scalo, si distinguono dai servizi di terminale, consistenti nel controllo del traffico in decollo e atterraggio nel raggio di 20 km dalla pista.

[72]    Recante Disposizioni urgenti in materia di trasporti e di concessioni marittime, convertito con modificazioni dalla legge n. 160/1989.

[73]    Il riferimento è probabilmente all’articolo 2, comma 5, della legge n. 194/1998. Tale disposizione autorizza le regioni a statuto ordinario a contrarre mutui quindicennali o altre operazioni finanziarie per provvedere alla sostituzione di autobus destinati al trasporto pubblico locale in esercizio da oltre quindici anni, nonché all'acquisto di mezzi di trasporto pubblico di persone, a trazione elettrica, da utilizzare all'interno dei centri storici e delle isole pedonali, e di altri mezzi di trasporto pubblico di persone. Lo Stato concorre con un contributo quindicennale di lire 20 miliardi per l'anno 1997, di lire 146 miliardi per l'anno 1998 e di lire 195 miliardi a decorrere dall'anno 1999.

[74]    La legge n. 211/1992 prevede l’approvazione governativa, sulla base del piano generale dei trasporti e, ove esistenti, dei piani regionali dei trasporti, di programmi di intervento nel settore del trasporto rapido di massa predisposti dagli enti locali.

[75]    La tabella C dispone un incremento a regime del finanziamento dell’AGEA per 20 milioni annui.

[76]    La tabella C dispone per l’ENEA una ulteriore riduzione a regime degli stanziamenti di 2.500.000 euro.

[77]    L’importo del BLV 2015 qui riportato non ricomprende la quota parte dello stanziamento del capitolo determinato dalla tabella C. Considerando anche tale quota, l’importo complessivo di BLV 2015 è pari a 147,8 milioni, come indicato nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico.

[78]    La tabella C dispone per l’ISPRA una ulteriore riduzione a regime degli stanziamenti di 500.000 euro, che interessa anche il cap. 3621.

[79]    Come modificato, sul punto, dall’articolo unico, comma 453, della legge n.147/2013 (legge di stabilità per il 2014).

[80]    L’indennità di vacanza contrattuale è l’incremento provvisorio della retribuzione che interviene una volta scaduto il contratto collettivo nazionale, in assenza di un suo rinnovo e finché questo non sia rinnovato).

[81]    L’articolo 47-bis del D.Lgs. n. 165/2001 (introdotto dall'articolo 59, comma 2, del D.Lgs. n. 150/2009) ha disposto, in via generale, che l'indennità di vacanza contrattuale nella P.A. sia definita attraverso la legge. La norma, in particolare, ha disposto la tutela retributiva per i dipendenti pubblici, consistente nell'erogazione degli incrementi stipendiali in via provvisoria trascorsi 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria (attualmente legge di stabilità) per il periodo di riferimento, previa delibera dei rispettivi comitati di settore, salvo conguaglio all'atto della stipula dei contratti collettivi nazionali. Allo stesso tempo, è stata prevista l'erogazione di un'anticipazione dei benefici economici disposti dalla contrattazione, a cui si provvede a decorrere dal mese di aprile dell'anno successivo alla scadenza del contratto collettivo nazionale, nel caso in cui quest'ultimo non sia stato rinnovato e non siano state erogate le somme a tutela dei dipendenti indicate in precedenza.

[82]    Si ricorda che dopo l’adozione del D.L. n.78/2010, l’articolo 16, comma 1, del D.L. n. 98/2011, al fine di consolidare le misure di razionalizzazione e di contenimento della spesa in materia di pubblico impiego adottate nella scorsa legislatura, ha rimesso a uno specifico regolamento di delegificazione la (eventuale) proroga delle disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici, anche accessori, del personale delle pubbliche amministrazioni.

In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.P.R. n. 122/2013, con il quale sono state prorogate a tutto il 2014 varie misure di contenimento delle spese di personale previste dall’articolo 9 del D.L. 78/2010, tra cui quelle (di cui all’articolo 9, comma 21) concernenti il blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo, classi e scatti di stipendio, nonché le progressioni di carriera, comunque denominate, del personale non contrattualizzato

[83]    Il personale in regime di diritto pubblico di cui al richiamato articolo 3 del D.Lgs. 165/2001 è costituito dalle seguenti categorie: magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato, personale militare e delle Forze di polizia di Stato, personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, personale della carriera dirigenziale penitenziaria, professori e ricercatori universitari, nonché il personale della Banca d’Italia, della Consob e della Autorità garante della concorrenza e del mercato.

[84]    Il richiamato articolo 24 L. 448/1998 ha disposto che, a decorrere dal 1° gennaio 1998, gli stipendi, l'indennità integrativa speciale e gli assegni fissi e continuativi dei docenti e dei ricercatori universitari, del personale dirigente della Polizia di Stato e gradi di qualifiche corrispondenti, dei Corpi di polizia civili e militari, dei colonnelli e generali delle Forze armate, del personale dirigente della carriera prefettizia, nonché del personale della carriera diplomatica, sono adeguati di diritto annualmente in ragione degli incrementi medi, calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive, ivi compresa l'indennità integrativa speciale, utilizzate dal medesimo Istituto per l'elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali.

[85]    I benefici scontano gli effetti economici derivanti dall’attribuzione dei sei scatti stipendiali attribuiti al momento del collocamento in servizio, per i quali il personale può optare in alternativa alla promozione alla vigilia.

[86]    Si ricorda che per il Corpo nazionale dei vigile del fuoco, un incremento di 1.000 unità della dotazione organica è stata previsto dall'articolo 8 del D.L. n. 101/2013.

[87]    D.L. 13 agosto 2011, n. 138, Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo (conv. L. 14 settembre 2011, n. 148).

[88]    Ai sensi della L. 13 giugno 1935, n. 1184, come modificata dal D.Lgs.lgt. 8 febbraio 1946, n. 56.

[89]    La misura dei canoni di abbonamento alle radiodiffusioni è stata determinata, per l'anno 2014, con D.M. 17 dicembre 2013.

[90]    In materia di mobilità di ufficio, l’articolo 34-bis del D.Lgs. 165/2001, stabilisce l’obbligo per le PP.AA. di utilizzare il personale già collocato in disponibilità o in mobilità prima di avviare le procedure per le nuove assunzioni (le assunzioni effettuate in violazione delle procedure previste sono nulle). In particolare, le PP.AA., prima di avviare le procedure di assunzione del personale, devono comunicare una serie di informazioni relative al personale per il quale si intende bandire il concorso (area, livello, posizione economica, sede di destinazione). I soggetti ai quali è rivolta la comunicazione (Il Dipartimento per la funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri per le assunzioni da effettuare presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali; le strutture regionali e provinciali di cui al D.Lgs. 469/1997, per le assunzioni da effettuare presso le altre amministrazioni) formano e gestiscono gli elenchi del personale in disponibilità. In particolare, il comma 2 stabilisce che il soggetto al quale è rivolta la comunicazione provvede entro 15 giorni dalla stessa ad assegnare all’amministrazione richiedente il personale che risulta iscritto nel proprio elenco. L’assegnazione del personale deve avvenire secondo l’anzianità di iscrizione nell’elenco del personale collocato in disponibilità.

[91]    In tema di mobilità volontaria, l’articolo 30, comma 2-bis, del D.Lgs. 165/2001, prevede che le amministrazioni pubbliche, al fine di coprire le vacanze di organico e prima dell’espletamento delle procedure concorsuali, debbano attivare le procedure di mobilità mediante passaggio diretto dei dipendenti di cui al comma 1 del medesimo art. 30 (dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo consenso dell'amministrazione di appartenenza). Esse devono comunque provvedere, in via prioritaria, all’immissione in ruolo dei dipendenti che, provenienti da altre amministrazioni, prestino già attività presso l’amministrazione in posizione di comando o di fuori ruolo, purché tali dipendenti appartengano alla medesima area presentino la relativa domanda di trasferimento.

[92]    http://www.inps.it/portale/default.aspx?itemdir=5942

[93]    http://www.superabile.it/web/it/Home/La_scheda/info751635155.html

[94]    Con una nota del 22 ottobre, il MEF ha precisato l’ambito soggettivo di applicazione della disposizione, che riguarderà i titolari di un doppio assegno INPS – INPDAP (800 mila persone).

[95]    Approvate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, rispettivamente, con i decreti 25 marzo 1998 e 12 novembre 1998.

[96]    Le modalità contenute nel decreto sono state recepite dall’INPS con la Circolare. n. 113 del 25 luglio 2013,

[97]    Si tratta del personale in regime di diritto pubblico di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 165/2001: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili; gli avvocati e procuratori dello Stato; il personale della carriera diplomatica, della carriera prefettizia e della carriera dirigenziale penitenziaria; il personale della Banca d'Italia, della Consob e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato; i professori e ricercatori universitari.

[98]    Tale previsione si applica anche: nei confronti dei soggetti che hanno percepito indebitamente prestazioni pensionistiche o assistenziali per periodi anteriori al 1° gennaio 1996 in forza di giudicati non definitivi relativi all'applicazione della normativa in materia di assistenza ai sordomuti ed ai mutilati e invalidi civili ultrasessantacinquenni; dei soggetti che hanno percepito indebitamente somme a titolo di pensioni di guerra, ovvero a titolo di assegni accessori delle stesse, per periodi anteriori al 1° novembre 1996. Sono fatti salvi i provvedimenti di revoca emanati in base alla precedente disciplina ed i provvedimenti di recupero in corso. In tali casi, i benefìci economici sono riferiti e calcolati soltanto sul residuo debito al 1° gennaio 1997 e non sull'intero indebito riscosso dal pensionato (le disposizioni più favorevoli non si applicano in caso di dolo da parte dell'interessato).

Le somme relative ad indebiti pagamenti effettuati in materia di pensioni di guerra che siano state già recuperate o risultino in corso di recupero alla data di entrata in vigore del D.P.R. 377/99, sono restituite ovvero non sono oggetto di recupero purché l'indebito non sia imputabile a comportamento doloso dell'interessato (art. 1 L. 236/2000.

[99]    Sul punto maggiori indicazioni sono contenute nei Messaggi INPS n. 25277 del 9 agosto 2004 e n. 27430 del 6 settembre 2004.

[100]  La dichiarazione RED è la dichiarazione presentata dai pensionati che usufruiscono di alcune prestazioni collegate al reddito; il modello ICRIC (Invalidità civile ricovero) è presentato dagli invalidi civili titolari di indennità di accompagnamento o di indennità di frequenza in cui si dichiara la sussistenza o meno di uno stato di ricovero in istituto, e se questo è avvenuto a titolo gratuito o a pagamento.

[101]  L’art. 21 del D.L. 201/2011 dispone la soppressione dell’INPDAP, dell’ENPALS, dell’EIPLI (Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione Fondiaria in Puglia e Lucania), dell’Agenzia per la regolazione in materia di acqua, dell’Agenzia per la sicurezza nucleare e dell’Agenzia del settore postale

[102]  In attuazione di quanto disposto dal presente comma sono stati emanati diversi decreti: il D.M. 7 maggio 2008, per l'anno 2008, il D.M. 17 dicembre 2009, per l'anno 2009, il D.M. 3 agosto 2011, per l'anno 2010, il D.M. 24 gennaio 2012, per l'anno 2011, il D.M. 27 dicembre 2012, per l'anno 2012 e il D.M. 14 febbraio 2014, per l'anno 2014.

[103]  Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici.

[104]  Recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni, convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125.

[105]  Recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale, convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89.

[106]  Recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2013, n. 64.

[107]  Recante disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici, convertito con modificazioni dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124.

[108]  Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

[109]  La Scuola è stata istituita, a partire dall’a.s. 2004/2005, con D.L. n. 41 del 23 luglio 2004, a seguito della decisione assunta nel dicembre 2003 dal Consiglio dei Capi di governo europei che ha assegnato alla città di Parma l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, e del conseguente Accordo di sede fra la Repubblica italiana e l’Autorità stessa dell’aprile 2004, poi ratificato con L. 17/2006, e associata al sistema delle Scuole europee.

[110]  Ancora in seguito, l’art. 5, co. 4, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013), novellando l'art. 1 della L. 440/1997, ha stabilito che, a decorrere dall'a.s. 2013-2014, parte delle risorse del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa sono riservate al finanziamento di progetti per la costituzione o l'aggiornamento, presso istituzioni scolastiche statali, di laboratori scientifico-tecnologici che utilizzano materiali innovativi.

[111]  Le linee guida individuano anche i principali ambiti di attività dei coordinatori.

[112]  Il numero degli USR è definito in 18 dal DPCM 11 febbraio 2014, n. 98, di riorganizzazione del MIUR.

[113]  Cfr. sito dell'ANCEFS (Associazione Nazionale dei Coordinatori di Educazione Fisica e Sportiva): http://www.ancefs.it/uffici_ed_fisica.html.

[114]  La relazione tecnica all’A.C. 4940 qualificava l’organico dell’autonomia come “dotazione di personale docente, educativo ed ATA che consenta alle istituzioni scolastiche di far fronte a tutte le esigenze derivanti sia dall’organizzazione delle attività didattiche ordinarie, sia dalle situazioni di fatto che, all’avvio o nel corso dell’anno scolastico, determinino scostamenti dalle previsioni iniziali (variazione di alunni rispetto al valore stimato prima delle iscrizioni, aumento delle certificazioni mediche per il sostegno o assenze brevi e temporanee dei docenti, fenomeni di dispersione scolastica, etc.)”.

[115]  Il disegno di legge di stabilità 2013 (A.C. 5534) prevedeva la riduzione da 100 a 50 unità del contingente in questione. La previsione fu soppressa durante l’esame parlamentare.

[116]  L’ultimo elenco redatto dall’ISTAT è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 10 settembre 2014.

[117]  Per l’a.s. 2014-2015, l’assegnazione di dirigenti scolastici e di docenti per lo svolgimento dei compiti connessi con l’attuazione dell’autonomia scolastica è stata disposta con CM n. 30 del 18 febbraio 2014.

[118]  In attuazione dell’articolo 46-bis del D.L. 112/2008 è stato adottato il DM 23 febbraio 2009, che ha disposto la progressiva riduzione del contingente dei distacchi e dei permessi sindacali retribuiti e rivisto i criteri per la ripartizione dei contingenti tra le varie associazioni sindacali.

[119]  In attuazione di quanto previsto è stata emanata la Circolare del Dipartimento della funzione pubblica n. 5 del 20 agosto 2014.

[120]  Specifiche disposizioni sono previste per le forze di polizia e i vigili del fuoco.

[121]  Per l’applicazione dei commi da 8 a 10 dell’art. 26 della L. 448/1998 per l’a.s. 2014-2015 il MIUR ha emanato la CM n. 31 del 18 febbraio 2014.

[122]  La relazione tecnica evidenzia che in tutti gli altri comparti del pubblico impiego non si provvede a sostituzione per assenza del personale amministrativo. Per le assenze degli assistenti tecnici evidenzia che, in caso di effettiva indisponibilità dei colleghi in servizio, le funzioni potranno essere assicurate, per il tempo strettamente necessario, dall’insegnante tecnico-pratico o, in assenza anche di questi, dal docente di teoria.

[123]  Dispone, altresì, che le eventuali economie di gestione realizzate a fine esercizio in materia di supplenze brevi e saltuarie sono utilizzabili nel successivo esercizio per soddisfare esigenze di funzionamento amministrativo e didattico e per eventuali esigenze aggiuntive di supplenze brevi e saltuarie.

[124]  Occorre, inoltre, ricordare che, in base all’art. 28, co. 5, del CCNL del 29 novembre 2007, nella scuola primaria, nell'ambito delle 22 ore d'insegnamento, la quota oraria eventualmente eccedente l'attività frontale e di assistenza alla mensa è destinata - qualora il collegio dei docenti non abbia effettuato la programmazione di attività di arricchimento dell'offerta formativa e di recupero individualizzato o per gruppi ristretti di alunni con ritardo nei processi di apprendimento, anche con riferimento ad alunni stranieri, ovvero qualora non abbia impegnato totalmente la quota oraria eccedente l’attività frontale e di assistenza alla mensa - a supplenze in sostituzione di docenti assenti fino ad un massimo di 5 giorni nell’ambito del plesso di servizio.

In base al co. 6, negli istituti di istruzione secondaria, i docenti il cui orario di cattedra sia inferiore alle 18 ore settimanali sono tenuti al completamento dell'orario di insegnamento anche mediante l'utilizzazione in eventuali supplenze.

[125]  Si ricorda peraltro che l’art. 14, co. 27 del D.L. 95/2012 (L. 135/2012) ha inserito il co. 5-bis all’art. 17 del citato D.L. 98/2011, che prevede un regime speciale, a decorrere dal 2012, per il rimborso forfetario alle regioni delle spese sostenute per gli accertamenti medico-legali, effettuati dalle ASL, sul personale scolastico ed educativo assente dal servizio per malattia, a valere sulla quota di pertinenza del MIUR assegnata in base al comma 5. Entro il mese di novembre di ciascun anno, infatti, il MIUR è chiamato a provvedere al riparto di detto fondo tra le regioni al cui finanziamento del SSN concorre lo Stato, in proporzione all'organico di diritto delle regioni con riferimento all'anno scolastico che si conclude in ciascun esercizio finanziario. Pertanto, dal 2012, le istituzioni scolastiche ed educative statali non sono tenute a corrispondere alcuna somma per gli accertamenti medico-legali effettuati dalle ASL sul loro personale assente per malattia.

[126]  Da ultimo, in GU n. 139 del 18 giugno 2014 è stata pubblicata la Delibera CIPE n. 82/2013 con cui, a valere sul FSN 2010, sono state ripartite tra le regioni le risorse da destinare alla copertura degli oneri connessi agli accertamenti medico-legali disposti dalle PA per propri dipendenti assenti per malattia.

[127]  L’altra parte è confluita, per un ammontare di poco più di 80 mila euro nell’ambito della missione Ricerca e innovazione (17), programma Ricerca scientifica e tecnologica di base e applicata (17.22) per il rimborso degli oneri connessi agli accertamenti medico-legali sostenuti dagli enti di ricerca di base e applicata vigilati dal MIUR.

[128]  Per completezza, si ricorda che la tabella E della L. 296/2006 aveva disposto (per gli esercizi 2007, 2008, 2009) il definanziamento, per l’importo di 1,5 milioni di euro, dell’autorizzazione di spesa di cui all’art. 1, co. 278, della L. 311/2004, ripristinato a decorrere dal 2008 dall’art. 2, co. 557, della L. 244/2008.

[129]  In proposito, si veda più approfonditamente il dossier del Servizio Studi n. 36/4, Tomo II, dell’11 ottobre 2013.

[130]  Le risorse alle quali la disposizione fa riferimento risultano iscritte nel cap. 7264 (piano di gestione 44) dello stato di previsione del MIUR, recante contributi per interventi di edilizia universitaria. Tali risorse, che si sarebbero dovute esaurire nel 2021, sono ancora iscritte in bilancio in virtù del regime gestionale previsto per i limiti d'impegno dall’art. 54, co. 16, della L. 449/1997 (L. finanziaria 1998) che consente, qualora le relative somme non siano state impegnate nel primo esercizio di riferimento (nel caso in esame, il 2007), di conservarle in bilancio e contestualmente reiscriverle nella competenza al termine degli esercizi finanziari di riferimento del limite di impegno medesimo.

[131]  La L. 508/1999 ha disposto, all’art. 2, che le Accademie di belle arti, l'Accademia nazionale di arte drammatica e gli Istituti superiori per le industrie artistiche (ISIA), nonché, con la trasformazione in Istituti superiori di studi musicali e coreutici, i Conservatori di musica, l'Accademia nazionale di danza e gli Istituti musicali pareggiati costituiscono, nell'ambito delle istituzioni di alta cultura cui l'articolo 33 della Costituzione riconosce il diritto di darsi ordinamenti autonomi, il sistema dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM).

[132]  Presidente: € 13.000; Consiglio di amministrazione (compenso per seduta): € 50; Presidente del collegio dei revisori e Presidente del nucleo di valutazione: € 1.800; componenti del collegio dei revisori e del nucleo di valutazione: € 1.500; consulta degli studenti (compenso per seduta): € 30.

[133]  La relazione tecnica fa presente che, a legislazione vigente, nel 2015 il contingente di personale di diretta collaborazione, incluso l’OIV, sarà pari a 220 unità.

[134]  Art. 7, co. 1, lett. c), del D.Lgs. 49/2012.

[135]  A seguito delle modifiche da ultimo apportate dall’art. 1, co. 460, della L. 147/2013, si tratta del contingente corrispondente ad una spesa pari al 50% per il 2014 e il 2015, al 60% per il 2016, all’80% per il 2017 e al 100% dal 2018, di quella relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell’anno precedente.

[136]  Per il 2012, era stato adottato il D.M. 22 ottobre 2012, n. 297.

[137]  In tale D.M. il costo medio nazionale di un professore di prima fascia è pari ad € 118.489, cui corrisponde il coefficiente stipendiale di 1 punto organico.

[138]  In particolare, il D.M. prevede che a ciascuna università statale è attribuita per l'anno 2013 una quota parte del 20% della somma dei Punti Organico relativi alle cessazioni del personale a tempo indeterminato e del personale ricercatore a tempo determinato a livello di sistema universitario verificatesi nell'anno 2012, secondo le modalità e i criteri di seguito indicati:

a)   Per ogni università statale sono quantificati i Punti Organico 2013 risultanti dall'applicazione dell'articolo 7 del d.lgs. 49/2012, e la relativa incidenza percentuale a livello di sistema universitario.

b)   Il 20% dei Punti Organico del sistema universitario relativi alle cessazioni dell'anno 2012 di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato è ripartito tra ogni università statale in misura proporzionale alla rispettiva incidenza percentuale sul totale di sistema universitario come risultante dal criterio di cui al punto a).

c)   A ciascuna università statale è conseguentemente attribuito il contingente di risorse espresso in termini di Punti Organico.

[139]  Resta ferma la previsione recata dal primo periodo della lett. c) citata, in base alla quale nella programmazione occorre provvedere al reclutamento di un numero di ricercatori della seconda tipologia in modo da assicurare una adeguata possibilità di consolidamento e sostenibilità dell’organico dei professori nel quale, in base alla lett. a), i professori di prima fascia non devono superare il 50% dell’organico dei professori di prima e seconda fascia.

[140]  Per l’approfondimento dei contenuti della Strategia e delle azioni per la sua attuazione si rinvia alla scheda illustrativa predisposta dal Ministero dell’ambiente e disponibile all’indirizzo internet http://www.minambiente.it/pagina/strategia-nazionale-la-biodiversita.

[141]  Cfr. pag. 281 del bilancio 2013, al link www.stradeanas.it/index.php?/file/download/11344.