XVIII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 135 di venerdì 1° marzo 2019
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO
La seduta comincia alle 9,30.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ANDREA GIARRIZZO , Segretario f.f., legge il processo verbale della seduta del 27 febbraio 2019.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Battelli, Benvenuto, Brescia, Colletti, Colucci, Davide Crippa, Delmastro delle Vedove, Delrio, Gregorio Fontana, Gallinella, Gallo, Gelmini, Giaccone, Liuni, Lollobrigida, Molinari, Molteni, Morrone e Saltamartini sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.
PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 28 febbraio 2019, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite XI (Lavoro) e XII (Affari sociali):
S. 1018. – "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni" (approvato dal Senato) (1637) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, IV, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, IX, X e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.
Svolgimento di interpellanze urgenti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative, anche normative, volte al contrasto della violenza a sfondo omotransfobico - n. 2-00274)
PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Zan ed altri n. 2-00274 (Vedi l'allegato A).
Chiedo al deputato Zan se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
ALESSANDRO ZAN (PD). Grazie, Presidente. Il 10 febbraio 2019 è stata pubblicata sulla rivista settimanale L'Espresso un'inchiesta inerente alle crescenti violenze a sfondo omotransfobico in Italia durante l'anno 2018, tutti crimini legati all'orientamento sessuale e all'identità di genere delle vittime. Tale inchiesta fotografa una situazione preoccupante: dal 6 gennaio 2018 al 3 febbraio 2019 vengono elencati 65 episodi di omotransfobia su tutto il territorio nazionale, avvenuti negli ambienti familiari, nelle scuole e nelle università, sui posti di lavoro, in esercizi commerciali e in luoghi pubblici. Si tratta di episodi di violenza verbale e fisica, omicidi, minacce, estorsioni, allontanamento da strutture ricettive, in crescita esponenziale rispetto agli anni precedenti, come dimostrano i dati: tra giugno e luglio 2018 i casi emersi sono tantissimi contro una media di 9 vittime al mese degli anni precedenti.
Tuttavia, tale inchiesta deve essere considerata estremamente parziale rispetto al dato reale: si basa, infatti, su un report creato dall'associazione Arcigay, che riporta unicamente i casi emersi su organi di stampa locali e nazionali. La maggior parte delle vittime di violenza omotransfobica, infatti, non denuncia gli aggressori, per paura di ulteriori violenze e maggiore stigma sociale. Gay help line, un servizio telefonico di assistenza contro le violenze, riporta che nel solo 2018 sono arrivate molte centinaia di telefonate di ragazze e ragazzi tra i 12 e i 25 anni, che denunciavano episodi di omotransfobia in famiglia, come violenze fisiche e segregazione in casa. L'inchiesta cita anche il risultato di una ricerca di Euromedia Research dello scorso anno, che segnala come ancora il 15 per cento della popolazione italiana abbia un'opinione fortemente negativa nei confronti della comunità LGBT.
A parere degli interpellanti, è compito del Governo applicare gli articoli 2 e 3 della Costituzione, in particolare dotando urgentemente l'ordinamento italiano di uno strumento normativo contro l'odio omotransfobico, ancora assente nella legislazione e che pone il nostro Paese in drammatico ritardo rispetto a molti altri Stati dell'Unione europea.
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha più volte ribadito nelle sue decisioni come sia un obbligo in capo agli Stati aderenti alla CEDU la tutela delle persone appartenenti alla comunità LGBT, attraverso anche il contrasto, dal punto di vista penalistico, all'omofobia ed alla transfobia.
La risoluzione del Parlamento europeo sull'omofobia, che è stata già approvata tanti anni fa, nel 2006, definisce l'omotransfobia come «una paura e un'avversione irrazionale nei confronti dell'omosessualità e di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (GLBT), basata sul pregiudizio e analoga al razzismo, alla xenofobia, all'antisemitismo e al sessismo», ed è ancora rimasta inascoltata nel nostro ordinamento.
Dunque, chiediamo se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative intenda porre in essere, anche di tipo normativo, per contrastare urgentemente questi episodi dilaganti di omotransfobia ed assicurare un adeguato livello di sicurezza a tutti i cittadini su tutto il territorio nazionale.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, onorevole Spadafora, ha facoltà di rispondere.
VINCENZO SPADAFORA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. La ringrazio, Presidente. Cari colleghi, una delle linee strategiche dell'azione di Governo per l'affermazione delle pari opportunità per tutti e per la tutela dei diritti riguarda proprio la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere.
La delega di funzioni al Sottosegretario per le pari opportunità prevede specificamente la competenza nella promozione e il coordinamento delle attività finalizzate all'attuazione del principio di parità di trattamento, pari opportunità e non discriminazione, nei confronti di persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender.
Le persone LGBT sono particolarmente vulnerabili e soggette a discriminazioni nei diversi ambiti della vita sociale e lavorativa a causa di un persistente stigma basato su stereotipi e pregiudizi. È necessario, quindi, un forte impegno per pianificare un intervento a tutto campo in grado di produrre un diverso approccio e un cambiamento sul piano culturale, rafforzando la collaborazione con le associazioni di settore, con le istituzioni a livello centrale e locale, con le realtà territoriali e diversi stakeholder, ed è esattamente la linea che stiamo seguendo.
Nello svolgimento di tali funzioni, il Dipartimento delle pari opportunità si avvale dell'Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica, l'UNAR. Da alcuni anni, l'UNAR, come si sa, ha ampliato anche il proprio campo d'azione ai diversi fattori di discriminazione, compreso quello basato sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere, e anche attraverso il proprio contact centre monitora il fenomeno e raccoglie segnalazioni da parte dei media e del web.
Tra le iniziative concrete messe in atto da parte del Governo, vorrei segnalare la più importante dal mio punto di vista e cioè la costituzione del tavolo di consultazione permanente per la tutela dei diritti delle persone LGBT istituito nell'ottobre scorso, l'ottobre del 2018. Il tavolo LGBT vede la partecipazione del mondo dell'associazionismo di settore, con ben 48 associazioni aderenti e partecipanti in modo attivo. L'UNAR è beneficiario di risorse del PON Inclusione, parte delle quali specificamente destinate ad azioni per favorire l'inclusione socio-lavorativa delle persone LGBT. Partendo, quindi, dalla dotazione proveniente dal PON Inclusione, in accordo con l'Autorità di gestione, ho chiesto di concentrare il finanziamento, inizialmente spalmato in più annualità fino al 2022, all'anno in corso, al 2019, con l'intenzione di chiedere ulteriori fondi per i prossimi anni; questo grazie alla capacità progettuale che, in qualche modo, abbiamo messo insieme proprio attraverso il contributo che le associazioni stanno portando al tavolo e soprattutto attraverso i vari incontri e le tre riunioni che si sono succedute dall'inizio dell'istituzione del tavolo.
Pertanto, le risorse previste per l'anno 2019 saranno circa 8 milioni di euro e saranno investite in un piano di attività che rappresenta un percorso condiviso, un vero Piano strategico nazionale di azioni concretamente realizzabili per innalzare il grado di tutela dei diritti delle persone LGBT. In particolare, le azioni riguardano gli ambiti del lavoro, della salute, della sicurezza, del trattamento carcerario, della formazione del personale della pubblica amministrazione.
Vorrei qui cogliere l'occasione per fare alcuni esempi di queste azioni concrete che verranno finanziate attraverso il PON Inclusione.
La prima: è in corso un'indagine Istat, finalizzata a rilevare e approfondire il fenomeno delle discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere in ambito lavorativo; questo ci consentirà anche di avere dei dati sempre più oggettivi e questa indagine sarà realizzata anche attraverso la partecipazione delle associazioni e consentirà, quindi, di arrivare a un numero sempre più ampio di persone della comunità LGBT.
Attraverso due bandi che partiranno nelle prossime settimane daremo, invece, un forte impulso all'attività di accompagnamento all'autoimprenditorialità. Infatti, uno dei due bandi prevedrà l'affidamento di un servizio di accompagnamento dell'autoimprenditorialità e alla creazione di nuove imprese anche attraverso il coinvolgimento di incubatori di impresa attivi su tutto il territorio nazionale. Il secondo bando, che sarà sempre pubblicato nelle prossime settimane, servirà per l'attivazione di servizi integrati, mirati a promuovere la realizzazione di progetti per il sostegno e lo sviluppo di specifiche idee imprenditoriali, ovvero anche progetti che favoriscano l'individuazione e la crescita di prospettive occupazionali legate all'autoimpiego, in modo particolare per le persone transgender.
Altro progetto importante riguarda l'inclusione socio-lavorativa dei detenuti LGBT in carcere, che stiamo realizzando insieme al Dipartimento per la pubblica sicurezza e quello della polizia penitenziaria.
Stiamo lavorando anche a un potenziamento di una rete di servizi socio-sanitari attraverso una partnership che abbiamo avviato alcuni mesi fa con l'Istituto superiore di sanità..0
Altro dato importante che ci era stato anche richiesto dalle associazioni presenti al tavolo LGBT è la creazione di un database di archivio della documentazione sulle tematiche LGBT, visto che tanto negli anni passati è stato fatto, e utilizzare anche una parte di questo database nel rilancio del Portale nazionale LGBT che prevediamo di riattivare nel giro di poche settimane. Realizzare anche percorsi di formazione con la collaborazione della Rete Ready che, come si sa, è la Rete che comprende numerosi comuni italiani, volti al rafforzamento, questi corsi, delle competenze del personale delle amministrazioni pubbliche, con particolare riferimento agli operatori della pubblica amministrazione, quindi, dirigenti, funzionari, personale delle forze dell'ordine, dei servizi sanitari e anche della giustizia, nonché operatori privati che svolgono funzioni di erogazione di servizi e presa in carico dei bisogni delle persone LGBT. Infine, solo per citarne alcune, realizzazione di percorsi di formazione per gli operatori del sistema penitenziario e per i detenuti da realizzare mediante un accordo con il DAP del Ministero della giustizia sulle tematiche delle discriminazioni.
Ci tengo a dire che queste azioni qui elencate sono azioni già riprogrammate in questa nuova riformulazione del PON Inclusione e che, quindi, sono tutte azioni che stanno vedendo - alcune hanno già visto - la luce nei giorni passati e altre nel giro di poche settimane.
Per ultimo, ma non per ordine di importanza, abbiamo anche deciso di destinare una somma notevole di questo finanziamento previsto dal PON Inclusione alle campagne di comunicazione sui temi che riguardano la discriminazione in ambito lavorativo per le persone LGBT, ma anche riprendendo un'attenzione forte su alcuni temi che sono passati, per certi aspetti, in secondo piano, ma che sono, evidentemente, ancora di prioritaria importanza soprattutto per i dati allarmanti che ci arrivano e che coinvolgono in modo particolare i giovani, come l'HIV, ma anche come il bullismo omofobico. Su questi temi e, in modo particolare, su questi due temi saranno concentrate anche due campagne di informazione, oltre che di comunicazione, nei confronti soprattutto dei più giovani.
Per rendere efficace il lavoro di questo tavolo e per prendere anche spunto dall'esperienza di chi sui territori lavora tutti i giorni sui temi delle comunità LGBT, abbiamo costituito, d'accordo con le associazioni, all'interno del tavolo LGBT, alcuni gruppi di lavoro: uno si occuperà in modo particolare della comunicazione, quindi proprio per capire come lavorare insieme alle associazioni anche su questo tema; un altro della digitalizzazione degli archivi e del Portale nazionale LGBT; un altro lavorerà in modo particolare sulla formazione, un altro sulla genitorialità LGBT e un altro sulle tematiche transgender.
In questo quadro, abbiamo anche condiviso insieme alle associazioni, e stiamo condividendo con i parlamentari di tutti i gruppi di questo Parlamento, la possibilità di portare alla luce, finalmente, una proposta importante che da anni si attende, cioè quella di rendere l'UNAR un ufficio totalmente autonomo e, quindi, in grado di operare su questi temi al di sopra delle parti e in totale autonomia dal Governo.
Si evidenza che, contestualmente ai lavori del tavolo LGBT, sarà rafforzata la collaborazione con le istituzioni, a partire dai Ministeri a vario titolo coinvolti, mediante tavoli interistituzionali, che di fatto sono già stati avviati da qualche settimana, al fine di programmare iniziative comuni negli specifici ambiti di interesse. Questo anche per cercare di valorizzare la possibilità che, lavorando insieme, si possano raggiungere risultati più efficaci, soprattutto perché, ovviamente, ci troviamo di fronte a un tema che incrocia diversi fattori e, quindi, l'approccio non può che essere multidisciplinare e di multidimensionalità.
In merito alle misure volte a contrastare il fenomeno da parte del Ministero dell'interno, va ricordato che, nel 2010, presso la Direzione centrale della polizia criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza è stato istituito l'OSCAD, l'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, quale organismo interforze composto da rappresentanti della Polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri per la prevenzione e il contrasto dei reati di matrice discriminatoria. Anche con l'OSCAD il nostro Dipartimento Pari opportunità, nonché l'UNAR, hanno avviato rapporti di collaborazione che ci consentono di intensificare l'azione comune.
Concludo, ricordando che tutte queste azioni noi le abbiamo individuate, sono azioni concrete, soprattutto per lavorare però sul tema culturale, perché sul tema dei diritti delle persone LGBT la battaglia più importante, più complicata è soprattutto quella di tipo culturale. Le nostre azioni sono state immaginate non solo per rendere un servizio concreto, pratico alla comunità LGBT, ma sono state immaginate anche per cercare di alimentare un clima di fiducia sia da parte delle persone LGBT perché possano trovarsi anche nelle condizioni migliori, a volte, per denunciare tutto quello di cui abbiamo letto sui giornali in queste settimane, ma anche un clima di fiducia per potersi rapportare in maniera corretta, chiara e senza nessun tipo di preoccupazione nei confronti delle istituzioni a qualunque livello, da quelle centrali, sanitarie, alle forze dell'ordine. Il mio impegno come sottosegretario è di alimentare un dibattito pubblico che coinvolga in modo particolare i giovani, che saranno destinatari di molte delle iniziative che ho elencato; un dibattito che sia orientato al rispetto dei diritti di tutti e alla valorizzazione delle unicità di ciascuno. È chiaro che sarebbe utile anche un quadro normativo a supporto che preveda l'introduzione del reato di omotransfobia. Pur consapevole che tale proposta in questo momento non rientra nel contratto di Governo, io mi auguro che in Parlamento si creino le condizioni per un confronto costruttivo sul tema, in modo che si possa anche arrivare a raggiungere questo ulteriore obiettivo. Cosa importante è che tutte queste nostre iniziative dovranno assicurare che non ci sia su questo tema e, in generale, sul tema dei diritti alcun arretramento culturale, ma che si possano, anzi, contrastare anche i toni violenti e l'ignoranza con cui, molte volte, alcune persone dichiarano su questi temi.
PRESIDENTE. IL deputato Zan ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
ALESSANDRO ZAN (PD). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario Spadafora, della cui risposta, però, mi posso ritenere solo parzialmente soddisfatto. È doveroso riconoscere il suo operato positivo che in più sedi, comprese quelle istituzionali, ha dimostrato il suo impegno nella lotta contro ogni discriminazione, dedicando anche particolare attenzione alle tematiche LGBT e alla questione la violenza sulle donne.
Considero positiva quella che citava lei prima, la convocazione presso Palazzo Chigi di tavoli di confronto con le associazioni LGBT: un'esperienza avviata già dai Governi Renzi e Gentiloni per trovare soluzioni ad una piaga sociale, l'omotransfobia, che, come abbiamo visto dall'inchiesta condotta da l'Espresso dai giornalisti Alliva, Testi e Lepore, miete vittime in un numero esponenzialmente in aumento. Però, sottosegretario, i tavoli non bastano più: lei sembra essere un po' lasciato solo, in una compagine di Governo che ha dato e dà ampio spazio a parole, azioni ed iniziative di pesantissima omofobia, a cominciare dalla prima dichiarazione alla stampa del Ministro per la famiglia, Fontana, che negò l'esistenza stessa delle famiglie arcobaleno o la fretta del Ministro Salvini, la scorsa estate, di eliminare la dicitura “genitore 1” e “genitore 2” dai registri dell'anagrafe; Ministro che, solo qualche settimana fa, ha definito durante un comizio elettorale “marmellata” le famiglie omogenitoriali. Lo ripeto: “marmellata”. Come può un ragazzo o una ragazza gay, lesbica, avere fiducia nelle istituzioni che fanno queste affermazioni? Dunque, questo è il clima politico e culturale in cui viviamo oggi. Mi chiedo, quindi, come il titolare della sicurezza di tutte le italiane e di tutti gli italiani, ovvero il Ministro Salvini, possa garantire effettivamente un efficace contrasto alle discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere e, dunque, l'incolumità fisica delle persone LGBT.
Sottosegretario, il Governo di cui lei è membro, purtroppo, si appoggia sulla fiducia di un partito, la Lega, che ha fatto eleggere in Senato Simone Pillon, un uomo che ha fatto del contrasto ai diritti civili una sua crociata personale e che ha nominato presidente della Commissione diritti umani del Senato, pensi un po', una persona indagata per odio razziale. Dunque, questo Governo, che in questa fase politica è più che mai a trazione leghista, non lascerà mai lo spazio sufficiente ad adeguate e moderne politiche di contrasto alle discriminazioni, però veramente vorrei sbagliarmi.
Si sta violando la Carta costituzionale agli articoli 2 e 3; come abbiamo visto la situazione è drammatica: l'Italia è l'unico tra i grandi Paesi europei a non aver inserito nel proprio ordinamento una norma di contrasto alle discriminazioni di orientamento sessuale e identità di genere. Nella scorsa legislatura, abbiamo raggiunto un obiettivo insperato fino a qualche anno fa: le unioni civili. Pur riconoscendo che questo è solo un primo passo verso il matrimonio egualitario, il Partito Democratico, però, ha messo in gioco la sua stessa esistenza di Governo, mettendo la fiducia pur di fare quel fondamentale passo di civiltà. Ora, in questa situazione emergenziale, il MoVimento 5 Stelle faccia lo stesso: si faccia carico delle responsabilità di Governo che ora detiene e, quindi, della tutela delle cittadine e dei cittadini italiani nel loro insieme.
Nei decenni precedenti, le più grandi battaglie di civiltà, come il divorzio e l'aborto, che tutt'oggi siamo però chiamati a difendere dall'attacco delle frange più estremiste e reazionarie del Parlamento e della maggioranza di Governo, sono state portate avanti da maggioranze parlamentari che non coincidevano con quelle che sostenevano il Governo, ma che hanno catalizzato una comune e diffusa volontà popolare su questioni etiche non più rinviabili.
Quindi, il MoVimento 5 Stelle per una volta si smarchi dalla Lega, non giri la testa dall'altra parte ancora una volta, come successe tre anni fa con le unioni civili, e contribuisca a dare al Paese una norma di contrasto all'odio omotransfobico, che è già in enorme e in pericoloso ritardo.
Sottosegretario, lei è una persona che stimo però, guardi, i reati d'odio verso le persone gay, lesbiche e trans aumentano di giorno in giorno, ormai in questo Paese siamo al far west, ormai non si contano più le violenze perpetrate quotidianamente ai danni della comunità LGBT.
Le parole degli omofobi che sono al Governo - mi permetta questa affermazione forte - legittimano gli hater, legittimano i fabbricatori d'odio, i malintenzionati che si sentono liberi di colpire con l'avallo di chi ricopre ruoli nelle istituzioni.
Quando Salvini va a fare i suoi comizi in perenne campagna elettorale, attaccando le famiglie omogenitoriali, avvelena i pozzi del Paese, creando così quel terreno fertile di cui si nutrono quelli che poi insultano e troppo spesso aggrediscono fisicamente fino anche ad uccidere le persone omosessuali.
Solo nel 2019, cioè in pochi mesi, vi sono stati già molti casi di omofobia. Ne cito alcuni: Torino, in dieci contro un cardiopatico gay, calci e pugni; Ascoli Piceno, il proprietario minaccia il cliente: sono nazista, non voglio gay nel mio locale; Ferrara, blitz di Forza Nuova: no alle adozioni gay nello striscione sotto casa del sindaco Tagliani; Cagliari, calci pugni a due adolescenti omosessuali, poi addirittura questi mettono il video on line in spregio a quello che hanno fatto; l'altro giorno è stata aggredita una ragazza a Siracusa.
C'è veramente una spirale di violenza incredibile e un'emergenza sociale. Dunque, non bastano solo le politiche che lei citava prima che sono assolutamente positive e che, peraltro, lei sta portano avanti in solitudine, mi vien da dire, e per questo la stimo. Però, ovviamente questo non basta, perché ci vuole un'azione corale del Governo se si vogliono realmente contrastare questi fenomeni di violenza e tale clima culturale.
Dunque, sottosegretario, non dobbiamo stare più fermi: c'è una spirale di violenza inaccettabile, c'è una vera e propria emergenza nazionale. Guardi, lanciamo la sfida, noi come Partito Democratico ci siamo su questa battaglia: incardiniamo una legge contro l'omotransfobia, Camera e Senato, i numeri tra Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle e altri pezzi del Parlamento ci sono per approvare questa legge.
L'importante è che voi diate un segnale. Il Partito Democratico è pronto a sostenere con forza una legge contro l'omotransfobia che è l'unica e vera garanzia di tutela della comunità LGBT: dalle discriminazioni nelle scuole, nelle università, sui posti di lavoro, negli ospedali e nei luoghi pubblici.
Però, se la maggioranza non alzerà un dito e continuerà a fare come se niente fosse, sarà complice morale e politica di tutte le violenze impunite verso le persone che vengono picchiate e offese solo perché hanno un orientamento sessuale diverso e un'identità di genere diversa. Con il 2019 questo non è più tollerabile.
(Iniziative volte alla prevenzione e al contrasto della violenza nei confronti delle donne con disabilità - n. 2-00286)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Grippa ed altri n. 2-00286 (Vedi l'allegato A).
Chiedo alla deputata Grippa se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
CARMELA GRIPPA (M5S). Grazie, Presidente. Questa mattina discutiamo in Aula di una questione di grande allarme sociale. La presente interpellanza urgente a mia prima firma e sottoscritta dai colleghi del MoVimento 5 Stelle mette sotto i riflettori una questione che interessa il tema della violenza subìta dalle donne con disabilità, questione affrontata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, la cui relazione finale è stata approvata il 6 febbraio 2018. I lavori della Commissione hanno rilevato che la donna con disabilità vive in una condizione ancor più difficile poiché spesso questo ruolo non le viene neanche riconosciuto: non è un essere umano, non è una cittadina, bensì un essere senza diritti priva di sesso, corpo, intelligenza, desideri ed emozioni.
Ciò nonostante, sono comunque stati rilevati dei progressi grazie alla stipula della Convenzione sui diritti umani delle persone con disabilità, approvata il 25 agosto 2006 e adottata in via definitiva il 13 dicembre dello stesso anno dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite e ratificata dall'Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18.
La Commissione, durante i lavori, si è avvalsa del contributo della dottoressa Bosisio Fazzi la quale ritiene che i documenti genere-neutrali non danno luogo ad un'adeguata attenzione alle donne, incluse quelle con disabilità.
Le donne con disabilità, oltre a sperimentare forme di discriminazione multipla, devono affrontare il problema di una doppia invisibilità come donne e come persone con disabilità. La dottoressa ritiene essenziale adottare il pieno principio del mainstreaming per assicurare che la prospettiva di genere sia esplicitamente adottata in ogni Paese nello sviluppo e nella realizzazione di leggi, azioni e programmi relativi alla disabilità.
Per quanto concerne il quadro normativo nazionale si apprende, nel medesimo testo, che non esiste una normativa specifica a tutela delle donne e delle ragazze con disabilità, alle quali pertanto si applica la normativa sulle pari opportunità e parità di trattamento di genere tra uomo e donna e la normativa specifica per la condizione di disabilità. Ciò comporta che nessuna norma, politica, misura o azione a favore dell'uguaglianza di genere includa specifici riferimenti alle ragazze e alle donne con disabilità.
Tale elemento di criticità è stato sollevato al Governo italiano dal Comitato ONU sui diritti delle persone con disabilità nella sua osservazione conclusiva. “Il Comitato raccomanda che la prospettiva di genere sia integrata nelle politiche per la disabilità e che la condizione di disabilità sia integrata nelle politiche di genere, entrambe in stretta consultazione con le donne e ragazze con disabilità e con le loro organizzazioni rappresentative”.
Si sottolinea, inoltre, che il concetto di discriminazione basata sul genere contenuto nel codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, non include la dimensione della discriminazione intersezionale sofferta dalle donne con disabilità e che nella legge 1° marzo 2006, n. 67, cosiddetta legge antidiscriminazione, non è previsto il concetto di discriminazione intersezionale basata sul genere.
Secondo il rapporto dell'Istat di giugno 2015, in cui erano raccolti i dati relativi alla violenza di genere sulle donne italiane, ben 6 milioni 788 mila donne sono state vittime, nel corso della loro vita, di almeno un episodio di violenza. Ma la cosa più allarmante è che, delle donne con disabilità, ha subito violenze fisiche o sessuali il 36 per cento di chi è in cattive condizioni di salute e il 36,6 per cento di chi ha limitazioni gravi. Si stima che il rischio di subire stupri o tentati stupri sia doppio per le donne disabili (10 per cento contro il 4,7 per cento delle donne non disabili).
Il fenomeno della violenza ai danni delle donne con disabilità non è oggetto di studio, a parte qualche sporadica iniziativa; mancano specifiche politiche di prevenzione e di contrasto allo stesso; i servizi e i centri antiviolenza sono generalmente impreparati o inaccessibili alle donne con disabilità.
Le donne con disabilità sono soggette a forme di violenza peculiari che spesso non sono riconosciute come tali. In altri casi, le violenze sono riconoscibilissime ma chi sta intorno e assiste non fa niente per quieto vivere, per convenienza o ancora per senso di impotenza. Questo vuol dire che, se per una donna non disabile è difficile uscire dalla violenza, per una donna con disabilità, in questo contesto disabilitante e connivente, le possibilità sono infinitesimali.
Ci auguriamo, quindi, che il Governo possa fare tanto su questo delicato e sentito tema.
A tal proposito, chiediamo al Ministro interpellato quali iniziative intenda adottare nell'ambito delle proprie competenze in tema di informazione, prevenzione, contrasto e risposta alla violenza nei confronti delle ragazze e delle donne con disabilità.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Vincenzo Zoccano, ha facoltà di rispondere.
VINCENZO ZOCCANO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Onorevoli deputati e deputate, io utilizzo una tecnologia assistiva per cui, se dovesse esserci uno sforamento nei tempi, chiedo venia ma…
PRESIDENTE. Non si preoccupi sottosegretario.
VINCENZO ZOCCANO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Dunque, premesso che l'interpellanza proposta dagli onorevoli firmatari riguarda un tema di cogente attività e che il dramma sulla violenza sulle donne appare ancora più grave, laddove la vittima è persona con disabilità, desidero innanzitutto rassicurare il Parlamento sul dato che il Governo porrà sempre il massimo impegno e attenzione in termini di prevenzione, protezione e sostegno nei confronti delle vittime di tali reati. In questa direzione, una prova di concreta attenzione dell'attuale Esecutivo è rappresentata dalla previsione di un Ministro senza portafoglio e di un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con la delega in materia di politiche della famiglia e della disabilità, al fine di rendere maggiormente efficace il potere di indirizzo e coordinamento su tali materie. Quello della disabilità è un tema sul quale il Governo, fin dal suo insediamento, ha dispiegato la sua azione per rendere effettivi i diritti delle persone con disabilità, che, in linea generale, si estrinsecano nel concetto di pari opportunità di vita e di godimento dei diritti della persona.
Il tema posto dagli onorevoli interpellanti non può certo essere esaurito con questa risposta - e le sono grato, onorevole, per averlo posto -, ma riguarda l'effettività del diritto di tutte le donne vittime di violenza ad essere tutelate e protette, tanto più che il 3 marzo prossimo si celebra il decennale della legge n. 18 del 2009, con la quale si ratifica e si dà esecuzione alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Ebbene, questo Governo ha iniziato, come mai fatto prima, ad incidere sull'ordinamento giuridico dello Stato, per rendere effettivi i diritti delle persone con disabilità, e lo farà compiutamente con il Codice delle disabilità, approvato dal Consiglio dei ministri di ieri, al fine di armonizzare, riordinare e semplificare, anche innovandole, le disposizioni dell'ordinamento vigente in materia di disabilità. Inoltre, in data 26 settembre e 21 novembre 2018 si è riunita la cabina di regia politico-programmatica avente il compito di individuare e definire le priorità di intervento per prevenire e contrastare la violenza contro le donne. Come rappresentante del Governo delegato dal Ministro per la famiglia e le disabilità a far parte della cabina di regia, sin da subito ho inteso evidenziare il tema delle donne con disabilità vittime di violenza. In tal senso, ho sottolineato che le azioni antiviolenza ad esse dedicate, promosse nell'azione di Governo e che integreranno il piano strategico nazionale, interverranno su ciascuno dei macro-temi, che ricordo essere: prevenzione, protezione e sostegno, assistenza e promozione.
Successivamente all'avvio della cabina di regia, è stato convocato il comitato tecnico, che ha proposto di integrare il piano strategico nazionale con i punti che qui di seguito riassumo, premettendo che attualmente sono stati attivati anche otto gruppi di lavoro per le specifiche aree. In particolare, si intende proporre una significativa integrazione del piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, secondo la seguente declinazione: per l'area di intervento prevenzione, in materia di aumento del livello di consapevolezza nella pubblica opinione, sulle radici strutturali, cause e conseguenze della violenza maschile sulle donne, è stata inserita la seguente azione: attivazione di uno specifico gruppo di lavoro interistituzionale con il fine di delineare linee guida per le campagne informative attuate dalle singole amministrazioni, con particolare riferimento alle donne con disabilità vittime di violenza.
Sempre in materia di prevenzione, con riguardo alla formazione delle operatrici e degli operatori del settore pubblico e del privato sociale, è stata inserita la seguente azione: attivazione di uno specifico gruppo di lavoro per l'implementazione di linee guida per la formazione degli operatori, con l'obiettivo di individuare e prevenire situazioni di rischio e di vulnerabilità nelle donne con disabilità, potenziali vittime di violenza.
Per l'area di intervento “protezione e sostegno”, ai fini della presa in carico delle donne ed eventuali minori che hanno sofferto violenza, si è prevista l'istituzione di un gruppo di lavoro per l'integrazione delle linee guida, con la partecipazione delle istituzioni coinvolte e delle associazioni maggiormente rappresentative attive nella tutela delle donne vittime di violenza, così come quelle attive nella tutela delle persone con disabilità.
Per quanto riguarda la protezione e il supporto ai minori vittime o testimoni di violenza intra-familiare, questo Ministero ha proposto una serie di linee d'azione di specifica competenza del Dipartimento per la famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri: sostenere azioni di supporto per lo sviluppo dei centri per le famiglie, per il coordinamento degli interventi in materia di servizi di protezione e inclusione sociale per nuclei familiari multiproblematici e per le persone particolarmente svantaggiate, con particolare riguardo alle famiglie affidatarie di orfani di crimini domestici; fornire sostegno ai progetti destinati a promuovere, nei confronti delle vittime assisti di violenza assistita e degli orfani di crimini domestici, interventi concreti di inclusione sociale, di sostegno, di presa in carico delle vittime e avviamento ai servizi specializzati, nonché di sostegno delle famiglie affidatarie dei minori; predisporre e adottare linee-guida nazionali volte a rendere omogenee le procedure di presa in carico integrata e interventi di cura delle e dei minori vittime di violenza assistita, delle orfane e degli orfani di femminicidio, ed infine la realizzazione di un approfondimento sugli orfani dei crimini domestici, in collaborazione con l'Istituto degli innocenti.
Per quanto riguarda le aree di intervento “assistenza e promozione”, con riferimento al sistema informativo, si è previsto di attivare un gruppo di lavoro interistituzionale con ISTAT e con il Dipartimento delle pari opportunità, con la partecipazione delle associazioni attive nella tutela delle persone con disabilità, volto ad individuare e definire gli indicatori nella reportistica per la valutazione delle casistiche relative alla violenza nei confronti delle persone con disabilità. Infine, per quanto riguarda il richiamo al quadro normativo nazionale che l'onorevole Grippa sollecita, va sottolineato che la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità già fissa, all'articolo 5, criteri di uguaglianza e non discriminazione, e all'articolo 6, donne con disabilità, l'invito agli Stati parti di adottare tutti i provvedimenti appropriati per garantire l'effettività dei diritti ivi enunciati. In tal senso, come ho già precisato in premessa, sarà obiettivo del Governo, anche attraverso l'annunciato codice unico, quello di assicurare la piena attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, anche al fine di dare compiuta risposta alle diverse problematiche poste nell'interpellanza con riferimento ai rilievi posti al Governo Italiano da parte del Comitato internazionale ONU sui diritti delle persone con disabilità.
Credo che sia un cambiamento culturale da indurre, e questo Governo farà il massimo affinché sia sradicata la odiosa violenza nei confronti della donna con disabilità, che il più delle volte è chiaramente doppia, perché una persona con disabilità è un soggetto particolarmente debole ed esposto a violenza. Quindi, l'attenzione sarà massima.
PRESIDENTE. Grazie, signor sottosegretario, anche per l'esemplare uso delle tecnologie per superare le barriere poste dalla disabilità che ha messo in campo, di esempio per tutti noi.
L'onorevole Grippa ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
CARMELA GRIPPA (M5S). Grazie, Presidente. Volevo ringraziare innanzitutto il sottosegretario Zoccano. La sua risposta mi trova pienamente soddisfatta, anche perché trovo che le azioni adottate da questo Governo siano un enorme passo avanti nella tutela dei diritti delle persone con disabilità vittime di violenza, soprattutto - lo vedevo nella sua risposta - quando si parla di integrare le quattro macro tematiche di intervento interno al piano strategico nazionale.
Ritengo, altresì, di fondamentale importanza le azioni che si intendono porre in essere sotto il profilo della prevenzione, protezione e sostegno, come pure l'adozione di linee guide nazionali sull'omogeneità delle procedure di presa in carico integrata e interventi di cura alle donne e dei minori vittime di violenza.
Per concludere, i provvedimenti che si intendono adottare, così come spiegati dal sottosegretario, sono quello che credo fosse davvero necessario per creare maggiore consapevolezza sul tema. Apprendere in quest'Aula della volontà di questo Governo di giungere a un testo unico in grado di normare tutti i temi afferenti alle tematiche della violenza a danno di donne con disabilità rimanda ad una riflessione sincera: siamo davvero sulla strada giusta, che da molto tempo era da intraprendere e che finalmente è stata intrapresa dal nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
(Iniziative volte alla bonifica e alla messa in sicurezza del sito di interesse nazionale di Piombino - n. 2-00285)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Ricciardi ed altri n. 2-00285 (Vedi l'allegato A).
Chiedo al collega Ricciardi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
RICCARDO RICCIARDI (M5S). Grazie, Presidente. Noi siamo qui oggi a interpellare il sottosegretario sulla realtà di una terra che, come molte altre terre in questo Paese, purtroppo vive in una sorta di incantesimo: più belle sono le terre, più problemi gli esseri umani vi hanno generato. Però non siamo in un romanzo di magia, siamo in un incantesimo che ha delle formule ben precise, che più o meno sono sempre le solite, ovvero insediamenti industriali, discariche abusive, inquinamento della nostra terra; poi, quando questi insediamenti vengono meno, ai cittadini rimane una terra da bonificare e disagi, per usare un eufemismo, sulla loro salute e sul loro ambiente. Quindi, oggi, io ricordo a quest'Aula e ricordo a lei, sottosegretario, con questa interpellanza, come si è arrivati a questo terribile incantesimo nel corso degli anni.
Dopo che le acciaierie dello stabilimento della ex Lucchini hanno sostanzialmente coperto, ricoperto, tutta la terra e anche il mare di discariche abusive, nel 2000 viene istituito il SIN, il sito di interesse nazionale, su una superficie di circa 930 ettari. Parliamo di una dimensione enorme: 580 ettari appartengono al demanio, 321 sono di proprietà privata e 21 di proprietà del comune; poi ci sono anche i 2 mila ettari dello specchio di mare antistante le industrie. Ovviamente, con il SIN si sarebbe dovuti procedere alla caratterizzazione delle sostanze inquinanti del suolo, della falda delle acque marine, i rischi ambientali e tutto quanto sappiamo essere l'iter in questi casi.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sullo stato delle procedure per la bonifica ha fornito alcuni dati eloquenti, però, a distanza di 18 anni - quindi questo SIN ha fatto in tempo anche a diventare maggiorenne - non è stata completata neanche la caratterizzazione dello stesso. Ovviamente, c'è stato un sequestro da parte della procura della Repubblica di Livorno, nel 2007, quindi è proprio il classico iter che avviene, purtroppo, in gran parte del nostro Paese. Ad oggi, ovviamente, le aree bonificate del SIN sono pari a zero. Finalmente, nel 2014 si arriva, con fatica, a un accordo di programma e vengono stanziate queste risorse, nella misura di 13,5 milioni di euro per la bonifica dell'area denominata Città Futura (poi, ovviamente, quando ci sono terminologie del genere, si nasconde sempre un problemino e il termine Città Futura sembra un qualcosa che si lascia alle spalle il passato, però, attualmente, siamo sempre allo stesso livello). Ci sono poi 8 milioni di euro per la messa in sicurezza permanente della discarica esaurita di località Poggio ai Venti; 50 milioni di euro per la messa in sicurezza permanente e il trattamento delle acque di falda delle aree demaniali oggetto di sversamenti industriali abusivi. Arriviamo, poi, a un altro passaggio che avviene in questi casi e, purtroppo, il sottosegretario conoscerà bene quanto in tanta parte d'Italia tutto questo avviene. Vengono affidati ad Asiu Spa tutti gli interventi di bonifica, però, nel 2016, viene fuori che Asiu Spa ha un'esposizione debitoria di circa 21 milioni di euro, ai quali vanno aggiunti altri 10 milioni di euro di mancato accantonamento per le risorse per la gestione post mortem della discarica. Quindi, per continuare questo procedimento i comuni soci, nel 2016, creano RiMateria Spa, che ovviamente eredita da Asiu gli impianti e il personale, ma anche i debiti e i crediti. Ovviamente, Asiu partecipa per l'87,75 per cento, quindi in questo contenitore esiste anche il socio privato, che sappiamo non è che fa beneficenza nel momento in cui si comincia a occupare di una discarica. Viene quindi nominato commissario straordinario per l'attuazione dell'accordo di programma il presidente della Toscana, Enrico Rossi, che a sua volta affida la progettazione e la realizzazione della messa in sicurezza permanente all'autorità portuale e a RiMateria. Il 29 novembre 2017, tramite decreto, la regione Toscana diffida RiMateria Spa per il mancato rispetto delle prescrizioni di cui all'autorizzazione integrata ambientale n. 189 del 2011. Il 21 marzo 2018, sempre per non farci mancare niente, la discarica viene posta sotto sequestro e riaperta il 17 aprile sotto il controllo dei NOE di Grosseto. Attualmente, RiMateria non ha ancora terminato i lavori indicati nelle prescrizioni dell'AIA n. 189 del 2011 e nella diffida della regione Toscana. Quindi, noi capiamo perfettamente che il Ministero, trovandosi in una situazione del genere, ha un quadro davvero molto complicato per agire, soprattutto anche in termini di competenze, però arriviamo per forza a dover interpellare il Ministero e a chiedere un intervento in maniera davvero molto partecipata, perché questa è un'interpellanza che parte davvero dai territori e da persone di qualsiasi colore politico, che non vogliono credere che la loro terra continui, nonostante tutti questi anni, a vivere ancora in questa situazione. Quindi chiediamo - lo ripeto - a nome, davvero, di tutti i cittadini di quella comunità, se il Ministero interpellato intenda attivarsi al fine di procedere alla bonifica del sito di interesse nazionale, anche aprendo a una strategia di interazione tra livelli di governo locali, regionali e nazionali; se verranno predisposti i progetti per la realizzazione di idonee infrastrutture di accesso nella zona del SIN, coordinando bonifiche, opere infrastrutturali e riqualificazione, per rendere disponibili i territori risanati e utilizzabili per nuove attività; se e quali siano le iniziative che il Ministro intenda mettere in atto per attivare le risorse stanziate con l'accordo di programma del 2014, che a distanza di cinque anni risultano ancora inutilizzate e che, oltre a eliminare potenziali rischi per la salute dei cittadini, costituirebbero un elemento di rilancio dell'economia di un'area industriale di crisi complessa; se, in riferimento alla richiesta di ampliamento della discarica gestita da RiMateria, tale prospettiva risulti essere compatibile con il decreto direttoriale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 423 del 4 ottobre 2017, tenuto conto del rischio della cessione ai privati di enormi spazi per conferimenti esterni di rifiuti speciali, senza procedere alle bonifiche e alla messa in sicurezza del territorio.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Salvatore Micillo, ha facoltà di rispondere.
SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie Presidente e grazie all'onorevole interpellante, che dà anche adito per una risposta un po' più ampia - se mi permette - perché sono circa 41 i siti di interesse nazionale sparsi sul nostro territorio. Parliamo di circa 170 mila ettari di cui ancora non si hanno notizie precise di come la bonifica possa andare avanti e sono queste le priorità che abbiamo messo all'inizio come fonte di ispirazione per la nostra visione di Governo.
Le bonifiche devono partire, devono partire assolutamente e i territori e i cittadini devono riappropriarsi di quello che è strettamente loro, il loro territorio.
Con riferimento, però, al sito di interesse nazionale di Piombino, lei chiariva molto minuziosamente quali sono le competenze, a chi spetta, quali sono i passaggi fatti e non fatti. Io voglio presentare, in maniera molto dettagliata, tutti i riferimenti che lei ricordava. Dunque, si evidenzia, innanzitutto, che per quanto attiene lo stato di attuazione degli interventi, le aree per le quali sono stati presentati i risultati della caratterizzazione ammontano a circa il 100 per cento. Le aree contaminate con progetto di messa in sicurezza-bonifica dei suoli, approvato con decreto, corrispondono al 26 per cento. Le aree contaminate con progetto di messa in sicurezza-bonifica delle falde, approvato con decreto, corrispondono al 13 per cento circa e le aree con procedimento concluso per i suoli al 45 per cento circa.
In merito agli ultimi accordi di programma stipulati per il SIN di Piombino, si evidenzia innanzitutto che, per quanto concerne gli interventi infrastrutturali previsti nell'ambito dell'accordo di programma quadro del 12 agosto 2013, sottoscritto tra il Mise, il MEF, il MIT, il MATTM, la regione Toscana, la provincia di Livorno, il comune di Piombino e l'autorità portuale di Piombino, l'autorità portuale ha concluso il 9 giugno 2016 gli “Interventi infrastrutturali anche a carattere ambientale in attuazione del nuovo piano regolatore portuale per il rilancio e la competitività industriale e portuale del porto di Piombino”. In data 25 luglio 2017 è stato effettuato il collaudo tecnico-amministrativo dell'intera opera, previo collaudo statico. L'importo complessivo dell'intervento è risultato di circa 90 milioni di euro. Risulta in corso di realizzazione il raccordo e il prolungamento del molo “Batteria” e risulta ultimato il progetto definitivo della nuova strada d'ingresso al Porto di Piombino.
Con riferimento agli interventi di competenza del comune di Piombino, si evidenzia che per l'area denominata “Città Futura” è stata chiesta al comune la trasmissione di un'idonea variante al progetto definitivo di bonifica dell'area. Per la messa in sicurezza permanente delle ex discariche di Poggio ai Venti, in ragione delle difficoltà incontrate dal comune, il commissario straordinario ha attivato i poteri sostitutivi e ha disposto di avvalersi dell'autorità portuale di Piombino per la progettazione ed esecuzione dell'intervento.
In merito, inoltre, all'accordo di programma “Disciplina degli interventi per la riqualificazione e la riconversione del polo industriale di Piombino”, sottoscritto il 24 aprile 2014 tra la Presidenza del Consiglio, il Mise, il Ministero della Difesa, il MIT, il MATTM, il Ministero del Lavoro, l'agenzia del demanio, la regione Toscana, la provincia di Livorno, il comune di Piombino, l'autorità portuale di Piombino e Invitalia spa, quest'ultima ha provveduto ad affidare l'esecuzione del piano di indagini integrative e la progettazione definitiva ed esecutiva dell'intervento di messa in sicurezza operativa della falda. Nelle aree dello stabilimento siderurgico ex Lucchini, nei mesi di marzo, aprile e luglio 2018, sono stati effettuati i monitoraggi delle acque di falda con relative validazioni da parte dell'ARPAT e sono attualmente in corso, previa condivisione con ARPAT, le indagini finalizzate allo sviluppo della progettazione di dettaglio, nonché i confronti tecnici con gli enti locali preposti alla programmazione e allo sviluppo delle infrastrutture del territorio.
Per quanto attiene all'accordo di programma per l'attuazione del progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico-produttivo nell'area aziendale ceduta dalla Lucchini, sottoscritto nel luglio 2018 tra il Ministero dell'Ambiente e il Ministero dello Sviluppo economico, d'intesa con la regione Toscana, l'agenzia del demanio, l'autorità di sistema portuale del Mar Tirreno settentrionale, la provincia di Livorno, il comune di Piombino, la società Aferpi Spa, la Piombino Logistics Spa e la JSW Steel Italy Srl, si è stabilito, tra l'altro, che quest'ultima completerà la fase di studio di fattibilità relativa all'espansione futura dello stabilimento in diciotto mesi a far data dall'acquisizione dello stabilimento stesso. In tale accordo si è anche sottolineato che, in sede di comitato esecutivo dell'accordo del 2014, anche in ordine alla copertura economica a valere sulle risorse di cui alla delibera CIPE n. 47/2014, sarà valutata la proposta di intervento per la gestione dei cumuli di materiale di origine siderurgica ubicati in aree demaniali non rilevate da Aferpi Spa e rimasti nella competenza dell'amministrazione straordinaria della ex Lucchini.
A tal proposito, si fa presente che il 12 febbraio 2019 si è tenuta una riunione tecnica presso il Ministero dell'Ambiente, nel corso della quale è stato esaminato l'elaborato “Gestione dei cumuli in aree demaniali - Relazione tecnica”, trasmesso da Invitalia e sono stati acquisiti i pareri formulati dall'Ispra, dall'INAIL, dall'ARPAT, dalla regione Toscana e dal comune di Piombino. In tale sede, si è convenuto che Invitalia dovrà trasmettere un'integrazione del suddetto elaborato, che sarà oggetto di esame anche da parte del comitato esecutivo dell'accordo di programma del 24 aprile 2014. Il predetto comitato, tenendo conto degli elementi forniti da Invitalia, dovrà decidere se i fondi stanziati dall'accordo di programma medesimo, per la protezione e la tutela delle acque di falda sottostanti l'area industriale ex Lucchini, possano essere in parte utilizzati per la caratterizzazione e successiva gestione dei cumuli di rifiuti ricadenti in aree demaniali.
Diverso iter amministrativo segue, invece, l'area attualmente denominata “Discarica di Ischia di Crociano” gestita da RiMateria Spa e a oggi totalmente esterna all'attuale perimetrazione del SIN di Piombino. Sul punto occorre evidenziare che la società RiMateria ha richiesto l'ampliamento di tale discarica, andando a interessare un'area questa volta interna al SIN, per la quale, tuttavia, il Ministro dell'Ambiente, con decreto n. 423 del 4 ottobre 2017, ha approvato esclusivamente un progetto di messa in sicurezza permanente, trasmesso dalla stessa RiMateria quale variante, limitatamente alle acque di falda, del precedente progetto di bonifica e messa in sicurezza permanente.
Su tale questione sono state trasmesse, da varie associazioni del territorio, una serie di segnalazioni e di esposti al quale il Ministero ha sempre provveduto a fornire risposta, pur evidenziando che le proposte pervenute fanno riferimento a destinazioni urbanistiche, procedure di VAS, o quesiti sulla tempestività della domanda di VIA/AIA regionali e, quindi, relative a competenze/decisioni amministrative locali e non di competenza del Ministero dell'Ambiente. Ad ogni modo, si tenga in considerazione che l'avvenuta esecuzione dell'intervento di messa in sicurezza permanente dell'area è preliminare a qualsiasi attività di riutilizzo della stessa. Inoltre, il comune di Piombino ha fatto presente di aver assunto, quale indirizzo inderogabile, quello di agire sui criteri di ammissibilità dei rifiuti in ingresso con forti limitazioni delle sostanze organiche per evitare maleodoranze e orientare fin da subito l'utilizzo dell'impianto verso rifiuti speciali non pericolosi, rendendo pertanto la nuova discarica strettamente funzionale all'eventuale ciclo produttivo siderurgico e alle bonifiche dell'area ex industriale.
Alla luce delle informazioni esposte si rappresenta, dunque, che il Ministero dell'Ambiente, per quanto di competenza, sta svolgendo con particolare impegno ogni azione volta a tutelare la salute pubblica e l'ambiente, monitorando le attività in corso, per garantire il raggiungimento degli obiettivi di bonifica.
PRESIDENTE. L'onorevole Ricciardi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
RICCARDO RICCIARDI (M5S). Grazie, Presidente, e grazie sottosegretario. Sì, sono soddisfatto perché lo si dice chiaramente e, dunque, accolgo chiaramente con favore il fatto che il Ministero vigilerà su questi procedimenti. Io la scorsa settimana ero in piazza con tantissime cittadine e tantissimi cittadini di Piombino che stanno tenendo accesa la luce su questo problema ed è una luce che viene dal basso, è una luce che cerca di illuminare questa criticità dal basso, e questo Governo ha una responsabilità che va oltre la singola amministrazione e la singola gestione della cosa pubblica. Ha la responsabilità di non condannare questi cittadini alla rassegnazione, perché il MoVimento 5 Stelle al Governo, per chi ha fatto dell'ambiente, della tutela della salute e della tutela della propria terra un motivo di vita, è l'ultima e unica speranza per poter credere ancora nelle istituzioni e poter credere ancora nella politica. Quindi, se il MoVimento 5 Stelle non perseguirà con forza e non cercherà di fare tutto quello che è possibile per dare risposte a questi cittadini, che faticosamente e dal basso continuano a lottare dopo anni, il rischio è quello di condannarli alla rassegnazione, alla morte civile e al rassegnarsi, appunto, che questi incantesimi, di cui parlavo nell'esposizione, siano eterni.
Lei viene da una terra che conosce bene queste problematiche e, purtroppo, in tutta Italia ci sono problematiche di questo tipo ed è bene sapere che c'è un Governo che tiene accesa questa luce nei confronti non solo del problema ma, anche e soprattutto, nei confronti degli enti locali e regionali, in modo che si faccia sempre sentire con forza il fatto che il Ministero, il Ministro e tutto il Governo non chiudono un occhio su quelle che possono essere le varie competenze, mantenendo ovviamente le proprie funzioni operative nell'ambito del rispetto della Costituzione e di quelle che sono le singole competenze, ma pone un'attenzione politica, un'attenzione mediatica su questi problemi, è fondamentale per quei cittadini. Ed è fondamentale che noi si faccia di tutto. Per quanto riguarda le competenze, nel caso dell'ampliamento della discarica è una semplice variante urbanistica, quindi è ovvio che il Ministero non possa avere competenze, però ha la possibilità, ripeto, di non fare sentire quei cittadini soli e di agire concretamente affinché, per quanto di sua competenza, si faccia tutto.
Il quadro ovviamente è, come dicevo già nell'esposizione, difficilissimo. Però, sono convinto che con questa attenzione, e non solo l'attenzione, con l'operatività del Ministero in tutte le funzioni che deve mettere in campo rispetto a questo tema, si possano risolvere problemi, per i quali i cittadini sono assolutamente a conoscenza del fatto che questo Governo non abbia la bacchetta magica. Le persone informate, le persone che si sono impegnate, negli anni, nei territori non chiedono e non hanno l'illusione che dopo sei mesi o dopo un anno si possano risolvere dei problemi ventennali o trentennali, hanno bisogno di un cambio di passo, hanno bisogno di un cambio di marcia e, se continuiamo su questa strada, sono convinto che saranno i primi a capire che col tempo le cose, comunque, si stanno iniziando a risolvere.
Quindi, grazie sottosegretario e speriamo di reinterpellarla in futuro su uno sbocco positivo di questa vicenda (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
(Iniziative volte a tutelare i diritti dei lavoratori impiegati presso la ditta Cm service srl - n. 2-00284)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Costanzo ed altri n. 2-00284 (Vedi l'allegato A).
Chiedo alla collega Costanzo se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
JESSICA COSTANZO (M5S). Sì, grazie Presidente. Ho presentato questa interpellanza urgente al Ministero del lavoro proprio per sollevare una criticità legata all'azienda Cm service Srl, che ha sede a Cascinette d'Ivrea, in provincia di Torino, ed è operativa da diverso tempo su tutto il territorio nazionale sia nel settore delle pulizie e sia nel settore del facchinaggio.
Di recente ha vinto, poi, un bando di gara presso la facoltà di veterinaria di Grugliasco e subito dopo ha ridotto il numero di ore ai propri dipendenti, mettendo questi lavoratori proprio non in condizione di poter svolgere il proprio servizio. Però, questo bando di gara fa parte di un appalto più grande, precedente, che aveva un valore complessivo iniziale di 30 milioni di euro in tre anni, però poi è stato ridotto del 36 per cento, arrivando quindi ad un importo definitivo ridotto di 20 milioni di euro. E questo è un po' il modus operandi di questa azienda, che vince spesso bandi pubblici con l'offerta economicamente più vantaggiosa e poi attua una serie di misure volte proprio a ridurre il costo del lavoro, come per esempio la riduzione del monte ore lavorativo, senza però rispettare le disposizioni contrattuali, che, tra l'altro, prevedono il mantenimento dello status quo laddove non ci siano variazioni sostanziali nell'appalto; e poi altre misure riguardanti, magari, la riassunzione del personale e l'applicazione di contratti collettivi meno vantaggiosi. Infatti, questa azienda, ormai, è tristemente nota un po' in tutta Italia, dalla Valle d'Aosta alla Sicilia. Infatti, un altro caso si è verificato, per esempio, presso il Casinò di Saint-Vincent, in Valle d'Aosta, dove i lavoratori sono stati licenziati a gennaio, quindi pochissimo tempo fa, l'ultimo giorno utile per la procedura di mobilità. E anche loro, nei mesi precedenti, a maggio, avevano subito un taglio del monte ore pari al 23 per cento.
Oltretutto, questa azienda spesso attua un atteggiamento piuttosto ricattatorio, tanto è vero che si era resa disponibile a ritirare i licenziamenti se i lavoratori avessero accettato la riduzione del monte ore; e stanno sorgendo un po' ovunque dei contenziosi, sia da parte delle aziende committenti, che ovviamente pretendono che i servizi vengano resi, e sia da parte dei lavoratori stessi, che pretendono il mantenimento del posto di lavoro, sia in caso di cambio appalto e sia in caso di dismissione, così come prevede, del resto, la normativa.
E, quindi, la nostra intenzione è quella di condannare severamente questo modus operandi, questa condotta, che in parte è anche dovuta alle maglie un po' larghe del codice degli appalti, che permette questi atteggiamenti piuttosto vessatori e ricattatori, che sicuramente ledono la dignità dei lavoratori, perché si tratta sostanzialmente di un gioco al ribasso.
Pertanto, chiediamo al Ministero del Lavoro se intenda attuare ogni iniziativa possibile proprio per evitare che simili condotte continuino a perpetuarsi e se ritenga opportuno, eventualmente, contattare i rappresentanti di questa azienda per approfondire la criticità.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Salvatore Micillo, ha facoltà di rispondere.
SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente. Con riferimento all'interpellanza in oggetto, si rappresenta preliminarmente che si è provveduto ad avviare un'approfondita istruttoria, volta ad accertare i fatti richiamati dagli onorevoli interpellanti, con particolare riferimento al Dipartimento di veterinaria dell'Università di Torino, a Grugliasco.
In detta istruttoria sono stati coinvolti sia l'Ispettorato territoriale al lavoro che l'Università di Torino. L'ispettorato di Torino ha evidenziato come, con riferimento all'attività ispettiva, non risultino pervenute specifiche segnalazioni e richieste di intervento da parte dei lavoratori, delle organizzazioni sindacali o di terzi. Con riguardo, invece, agli elementi forniti dall'Università di Torino, essa conferma di aver appaltato il servizio di pulizia e sanificazione della sede universitaria predetta alla Cm service Srl. La suddetta ditta ha successivamente proceduto all'assunzione di tutto il personale della ditta uscente, Pulitori ed Affini Spa, seppure con una riduzione di orario di lavoro del 15 per cento.
Riferisce ancora, l'Università, che la Prefettura di Torino, su richiesta dell'organizzazione sindacale FISAL-CISAL, ha intrapreso un tentativo di conciliazione mediante la convocazione di un incontro, a mente dell'articolo 2, comma 2, della legge n. 146 del 1990, recante norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguarda dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. A tale incontro sono stati invitati la FISAL, la CISAL, la ditta subentrante Cm service Srl, la società uscente e il committente in qualità di uditore. L'incontro è avvenuto presso l'Ispettorato del lavoro di Torino in data 15 gennaio 2019, ma la ditta Cm service Srl non si è presentata, pertanto si è provveduto ad una nuova convocazione successiva, in data 22 gennaio 2019. In tale data, presenti le parti interessate, tranne la società uscente, è stato sottoscritto un secondo verbale, in cui si rileva il mancato accordo tra la ditta Cm service Srl e la FISAL-CISAL. Infatti, la Cm service Srl, dal canto suo, dichiara di aver assunto tutto il personale impiegato nell'appalto con una riduzione dell'orario di lavoro del 15 per cento, con riserva di verificare, trascorsi 90 giorni, il reale fabbisogno delle ore lavorative per l'esecuzione dei servizi, fino al raggiungimento del monte ore indicano nel progetto.
L'Università di Torino ha riferito, inoltre, che l'organizzazione sindacale FISAL-CISAL contesta la riduzione del 15 per cento, in quanto ritiene che non sia stata applicata la clausola sociale prevista dal protocollo d'intesa tra regione Piemonte e le organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL Piemonte, in data 10 giugno 2016, e l'articolo 4 del Contratto collettivo nazionale dei lavoratori multiservizi.
Non sono ancora trascorsi i 90 giorni entro cui la Cm service Srl si è riservata di verificare il reale fabbisogno delle ore lavorative necessarie. Ciò posto, l'Università di Torino ha evidenziato di ritenere probabile che, decorso tale termine, la Prefettura procederà a convocare un nuovo incontro. Si evidenzia che il Governo manterrà alta l'attenzione sulla vicenda fin qui esposta, continuando a monitorare gli ulteriori sviluppi, al fine di valutare, qualora richiesto, ogni possibile soluzione volta a tutelare la posizione dei lavoratori.
PRESIDENTE. La deputata Costanzo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
JESSICA COSTANZO (M5S). Grazie Presidente, ringrazio il sottosegretario per la risposta. Mi ritengo soddisfatta per l'avvio dell'istruttoria. In realtà, il caso che ho illustrato poc'anzi è un esempio di come, effettivamente, la normativa attuale, relativa agli affidamenti, si presti e consenta a queste condotte piuttosto vergognose.
Nel caso specifico, infatti, anche i sindacati avevano sollevato la questione, coinvolgendo un po' la responsabilità dell'università, dicendo che era impossibile che non sapesse che con una riduzione dell'importo dell'appalto pari a 20 milioni di euro non si potesse svolgere l'intero servizio, perché questo importo non era sufficiente nemmeno a coprire i costi; tanto è vero che i sindacati avevano, poi, fatto una segnalazione all'ANAC e la facoltà di veterinaria dell'università si è dichiarata non titolata ad entrare nel merito della riduzione del monte ore lavorativo, perché, giustamente, è una decisione aziendale.
Ma in ogni caso, anche il presidente dell'ANAC riconosce come ci sia un problema sostanziale nell'offerta economicamente più vantaggiosa, in quanto comporta un aggravio per le stazioni appaltanti: specie quando, in particolare, i commissari non vengono estratti a sorte, c'è il rischio, poi, che i bandi siano confezionati su misura. Poi, manca spesso un controllo sia a monte sia ex post: a monte sui bandi di gara, ex post sulla vigilanza.
Tutto questo rende la situazione piuttosto complicata, anche, in particolare - lo definisce anche il presidente Cantone -, il problema riguardante l'obbligatorietà della progettazione definitiva che è prevista per ogni tipo di lavoro svolto.
Tutte queste complicazioni comportano un aumento del rischio di corruzione, anziché allontanarla. Per questo riteniamo che sia fondamentale, così come è stato già detto dal Governo più volte, la revisione di un codice degli appalti, anche andando verso una direzione per cui gli enti pubblici non esternalizzino sempre i propri servizi, perché, così come abbiamo visto, non sempre dall'esternalizzazione del servizio avviene un ricavo di risparmio e, soprattutto, un miglioramento della qualità dei servizi.
Quindi, auspichiamo una revisione del codice degli appalti, che riteniamo essere quanto mai necessaria e non più procrastinabile.
(Iniziative volte a tutelare gli interessi dei cittadini e delle imprese italiani, nonché dei cittadini britannici in Italia, in relazione alle prospettive relative alla cosiddetta Brexit - n. 2-00287)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Ianaro ed altri n. 2-00287 (Vedi l'allegato A).
Chiedo alla deputata Ianaro se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
ANGELA IANARO (M5S). Grazie, Presidente. Con questa interpellanza oggi intendiamo affrontare una questione di un certo rilievo che attiene alle possibili conseguenze che interesseranno il nostro Paese in seguito all'uscita del Regno Unito dall'Unione europea.
A più di due anni, infatti, dal referendum che ha deciso politicamente il recesso del Regno Unito dall'Unione Europea, il cosiddetto caso Brexit non è ancora concluso e questa continua attesa ha generato un clima di forte incertezza. Si è discusso molto da entrambe le parti sulle modalità di uscita e, soprattutto, su quali saranno i futuri rapporti che si stabiliranno dopo di essa tra Regno Unito e Unione europea.
In linea di principio, vi sono due negoziati distinti, seppur collegati: uno, che riguarda prevalentemente l'accordo per l'uscita in quanto tale e che fa riferimento alla procedura dell'articolo 50 del TUE, che dovrebbe regolare questioni come la posizione di coloro - persone e aziende - che, in virtù della libertà di movimento che l'Unione oggi garantisce, vivono, operano e lavorano, potremmo dire, dal lato opposto rispetto al Paese di origine.
L'altro negoziato, invece, riguarda i rapporti futuri che si stabiliranno tra le parti dopo l'uscita, inclusi eventuali accordi commerciali.
Benché legati concettualmente e anche politicamente, i due negoziati potrebbero avere in teoria esiti completamente diversi.
Io, in realtà, in questa interpellanza, ho voluto sottolineare e affrontare due aspetti di particolare rilievo che riguardano sia i rapporti tra il Regno Unito e l'Unione europea, ma, in particolare, i rapporti che intercorreranno tra il nostro Paese e il Regno Unito dopo la Brexit.
Uno dei due problemi è sicuramente quello attinente alla sfera economica e commerciale. Infatti, la questione dell'interscambio commerciale con il Regno Unito è molto importante, perché noi sappiamo benissimo che il commercio estero è il driver delle economie contemporanee, in quanto crea posti di lavoro e determina la competitività sui mercati internazionali. In questo particolare momento, ciò è estremamente importante per il nostro Paese, che ancora riesce a contabilizzare un saldo che possiamo definire positivo sicuramente per quel che riguarda il commercio estero ed in particolare con il Regno Unito, poiché oltre il 5 per cento delle nostre esportazioni globali è indirizzato verso la Gran Bretagna, che rappresenta, quindi, il quarto mercato di destinazione dei prodotti italiani.
Tuttavia, nello specifico caso italiano, l'orizzonte di riferimento non appare particolarmente limpido, considerando che la SACE, l'organismo societario della Cassa depositi e prestiti, la cui mission è la prestazione di servizi assicurativi e finanziari per l'export, come conseguenza della Brexit, ha prospettato un drastico calo delle esportazioni italiane verso il Regno Unito, stimato in una percentuale che potrà essere compresa tra il 3 e il 7 per cento. In particolare, l'analisi si sofferma su quelli che saranno i settori più colpiti - probabilmente, la meccanica strumentale, i mezzi di trasporto - con decrementi che potrebbero raggiungere addirittura livelli prossimi al 20 per cento dell'attuale valore.
L'altro aspetto che si desidera sottolineare in questa interpellanza, invece, riguarda la tutela dei diritti dei nostri connazionali che vivono nel Regno Unito: più di mezzo milione, con flussi di migrazione pari a circa 20 mila connazionali annui che si trasferiscono oltremanica.
La mancata decisione di Westminster ci rende ignota la condizione nella quale dovranno giuridicamente vivere gli italiani in Gran Bretagna.
Una nota dell'ambasciata italiana a Londra ha smentito l'ipotesi di chiusura delle frontiere, che è stata recentemente, invece, ventilata dalla stampa britannica, quando la Brexit diventerà definitiva. Ma anche su questo vorremmo chiarimenti e precisazioni. È, infatti, importante rassicurare i nostri connazionali, informandoli dei diritti di cui potranno godere e auspicando che saranno soltanto affievoliti rispetto a quelli attuali. Particolarmente importante, infatti, ci appare il mantenimento della libera circolazione delle persone per garantire il regime di libero accesso nel Paese.
Sarebbe anche importante sapere se il Governo intenda avviare i negoziati per stabilire garanzie reciproche tra Italia e Regno Unito, sempre nell'ipotesi di hard Brexit, per tutelare i rispettivi cittadini.
Naturalmente, vorremmo sapere se sia possibile garantire, anche per il futuro, il rispetto dei diritti attualmente acquisiti dai cittadini residenti nel Regno Unito per assicurare la massima tutela possibile per i nostri connazionali. Non sappiamo, infatti, se, al momento dell'effettiva uscita del Regno Unito dall'Unione europea, ai cittadini italiani residenti sarà chiesto di certificare la propria residenza e dimostrarla, dunque provare ciò mediante l'AIRE, cioè l'anagrafe degli italiani residenti all'estero.
C'è incertezza anche per le procedure che dovranno seguire gli eventuali futuri migranti in caso di mancanza di accordo tra Regno Unito e Unione europea. Non sappiamo quale sarà il trattamento riservato ai cittadini italiani, se sarà uguale o meno rispetto a quello riservato a tutti gli altri stranieri.
Grandi incognite riguardano anche il tipo di accesso che i nostri connazionali avranno per avere diritto a curarsi ricorrendo al Sistema sanitario nazionale inglese. Sarebbe fondamentale ottenere garanzie sul fatto che si possano stabilire accordi che permettano ai rispettivi cittadini di usufruire dei trattamenti sanitari, gratuiti o a pagamento, in termini di reciprocità.
Termino con un tema che mi sta particolarmente a cuore, sia perché io ho completato parte dei miei studi nel Regno Unito sia perché tantissimi dei miei studenti si trovano attualmente nel Regno Unito per completare il loro percorso formativo: quale sarà la sorte degli studenti italiani iscritti nelle università del Regno Unito, ricordando che, solo nell'anno accademico 2016-2017, sono stati oltre 13 mila gli studenti iscritti in quelle università e che, ovviamente, il numero complessivo è di gran lunga maggiore.
Ad oggi, non ci sono risposte certe per quanto riguarda le questioni dettagliate come, ad esempio, l'entità delle tasse universitarie da pagare o la garanzia di poter godere dell'assistenza sanitaria. Al momento attuale, gli studenti sono considerati alla pari di quelli inglesi, potendo beneficiare dell'esenzione dal pagamento delle tasse universitarie o della possibilità di accedere a finanziamenti bancari per poter pagare le stesse. In mancanza di accordi specifici, invece, si dovrebbero applicare le regole attualmente previste per gli studenti extra-Unione europea, che comporteranno l'abolizione di tutti i benefici goduti e un aumento delle tasse universitarie che potrebbe anche essere sensibile.
È notizia di questi giorni che il voto sull'Accordo per la Brexit previsto per il prossimo mercoledì alla Camera dei comuni verrà rinviato e che i vertici dell'Unione europea sarebbero disposti ad estendere sino al 29 marzo 2021 - quindi, per altri due anni - la permanenza del Regno Unito nell'Unione europea, piano che avrebbe già ottenuto il placet del Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk e che consentirebbe anche di coprire l'estensione temporale del budget comunitario.
In attesa di un chiarimento del Governo britannico sui prossimi sviluppi, quali iniziative intende dunque assumere il nostro Governo in quest'ottica di perdurante incertezza, in particolare per quanto riguarda la tutela dei diritti e degli interessi degli imprenditori, lavoratori e tanti studenti italiani residenti nel Regno Unito, nonché di quelli dei cittadini britannici che si trovano attualmente in Italia?
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato Salvatore Micillo ha facoltà di rispondere.
SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente. Grazie, Presidente. Con riferimento al tema dalla Brexit, vorrei partire da un breve aggiornamento sugli sviluppi della situazione. Sono, infatti, in corso in questi giorni contatti tra negoziatori UE e Regno Unito con l'obiettivo di formalizzare una proposta di dichiarazione interpretativa sul cosiddetto backstop nordirlandese, vale a dire la salvaguardia necessaria ad evitare la reintroduzione di un confine fisico tra le due Irlande. Si tratta del nodo negoziale più controverso che aveva portato lo scorso 15 gennaio alla bocciatura dell'accordo di recesso da parte del Parlamento britannico. Una volta finalizzata, tale dichiarazione sarà sottoposta al voto del Parlamento britannico insieme all'Accordo di recesso e alla dichiarazione politica sulle future relazioni UE-UK (verosimilmente entro il 12 marzo). Solo in caso di voto positivo del Parlamento britannico, tale Intesa verrà approvata al Consiglio europeo del 21-22 marzo. Se, invece, tale scenario non si realizzasse, perché l'Accordo, sia pure con la dichiarazione interpretativa, non fosse approvato alla Camera dei Comuni, si aprirebbe allora uno scenario politico in cui potrebbero riguadagnare attualità due ipotesi alternative: la prima è quella di una proroga lunga dell'articolo 50; la seconda è quella di un'uscita del Regno Unito senza accordo.
È prioritario interesse italiano e di tutti gli altri Stati membri che l'uscita del Regno Unito avvenga in modo ordinato. L'Accordo di recesso, la dichiarazione politica sul quadro delle future relazioni concordati tra Unione Europea e Regno Unito nel novembre scorso definiscono le modalità migliori per garantire termini chiari per cittadini e imprese, ponendo le basi per uno stretto partenariato futuro dopo la Brexit.
Ciò nonostante, le incertezze legate al quadro politico interno britannico hanno obbligato l'Unione europea e tutti gli Stati membri, inclusa l'Italia, ad intensificare i paralleli preparativi di emergenza anche per l'eventualità, poco desiderabile, di recesso senza accordo, il cosiddetto no deal. Già nel novembre 2018 la Commissione europea ha presentato un piano di emergenza collettivo e un calendario di lavoro comune che l'Italia sta seguendo insieme agli altri ventisei Stati membri. Allo stato attuale, vi è, quindi, un livello di preparazione omogenea tra Stati membri nel caso di eventuale scenario di mancato accordo. In tale contesto, il 21 dicembre 2018, il Governo italiano ha pubblicato le sue linee di intervento per affrontare, in caso di recesso senza accordo, tre questioni prioritarie: la prima, la tutela dei diritti dei cittadini; la seconda, la stabilità finanziaria; la terza, le conseguenze economiche, in particolare sul commercio tra Italia e Regno Unito. Su queste basi sono attualmente in fase di preparazione misure legislative urgenti che, in caso di effettiva necessità, saranno varate prima del recesso senza accordo del Regno Unito. Si tratta, tuttavia, di un possibile provvedimento destinato a restare aperto praticamente sino alla fine di marzo, attesa la necessità di adattarlo agli effettivi sviluppi della situazione, alle linee guide ed alle iniziative su cui si sta lavorando in ambito UE ed al livello di garanzie che saranno effettivamente offerte da parte britannica.
Per quanto riguarda la tutela dei cittadini, essa sarebbe garantita in caso di recesso con accordo. L'Accordo di recesso garantisce, infatti, i diritti acquisiti di milioni di cittadini UE alla data di fine del periodo di transizione (31 dicembre 2020), accordando, allo stesso tempo, un ampio periodo di tempo per richiede il cosiddetto settled status, il nuovo certificato di residenza permanente per i cittadini UE residenti in Regno Unito: i ventuno mesi della transizione – dal 1° aprile 2019 al 31 dicembre 2020 – più un ulteriore “periodo di grazia” di sei mesi – sino al 30 giugno 2021 –, per un totale di 27 mesi. Si tratta di un risultato non scontato, raggiunto soprattutto grazie all'iniziativa italiana.
Per quanto riguarda più specificatamente il tema del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, anch'esso evocato nell'interpellanza in esame, l'Accordo di recesso prevede l'applicazione, per i cittadini con diritti acquisiti, delle regole in vigore sul coordinamento di sistemi di sicurezza sociale. Tuttavia, anche in caso di recesso senza accordo sui diritti dei cittadini, vi è un impegno condiviso ad offrire la massima tutela possibile. Ci sono impegni e misure unilaterali in preparazione, sia da parte britannica sia da parte dei Paesi dell'Unione europea, che tendono ad un sostanziale mantenimento di diritti e benefici assicurati fino ad ora per i cittadini residenti ai sensi del diritto UE nel Regno Unito o nell'UE alla data del 29 marzo 2019. Le misure europee e italiane riguardano in particolare: il diritto di soggiorno e i diritti ad esso collegati (dall'accesso al lavoro alle cure mediche, dal ricongiungimento familiare al diritto allo studio); il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale; l'esenzione dai visti.
Quanto al riconoscimento dei diritti dei cittadini britannici residenti in Italia, in caso di entrata in vigore dell'Accordo di recesso, il Governo italiano intende riconoscere i diritti acquisiti previsti dall'Accordo con la procedura dell'articolo 18.4, applicando quindi una semplice procedura di natura dichiarativa che riconosce tali diritti per i cittadini britannici residenti in Italia al termine del periodo di transizione, al 31 dicembre 2020. Anche in caso di assenza di accordo, l'obiettivo è quello di garantire la possibilità di ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo, nonché i diritti quali l'accesso a cure mediche, occupazione, istruzione, prestazioni sociali e raggiungimento familiare. Ciò in analogia con quanto garantito da parte britannica a favore dei cittadini europei, in applicazione del principio di reciprocità.
Con particolare riguardo al tema delle tasse universitarie, menzionate nell'interpellanza in esame, si segnala che, in base a quanto dichiarato dal Governo britannico, gli studenti dell'UE – ivi compresi i dottorandi – che presenteranno o hanno presentato domanda per un corso di laurea o master in un'università inglese o in un istituto di perfezionamento nell'anno accademico 2018-2019 e 2019-2020, continueranno ad avere accesso ai prestiti per gli studenti e alle borse di studio, anche se il corso si conclude dopo l'uscita del Regno Unito dall'UE. Gli studenti dell'UE con diritti acquisiti ai sensi dell'Accordo di recesso avranno, inoltre, diritto al tetto nazionale di tasse universitarie, che significa che verranno loro applicate le stesse imposte universitarie degli studenti del Regno Unito.
In caso dovesse materializzarsi lo scenario di Brexit senza accordo, in campo economico, le misure europee ed italiane prevedono interventi nei settori dei servizi finanziari, dei trasporti, dei controlli di frontiera: porti, aeroporti e dogane. Con particolare riguardo al livello nazionale e anche a seguito di specifici incontri con i rappresentanti degli operatori del settore, sono state preparate misure per far fronte al nuovo quadro giuridico nei principali punti di entrata ed uscita delle merci tra Italia e Regno Unito, per attuare le misure UE nel settore dei servizi finanziari e dei trasporti, per informare utenti e operatori e assistere le imprese.
Nel settore agricolo e dei prodotti alimentari, il Ministero delle Politiche agricole mantiene costanti contatti con le associazioni di categoria e con i principali consorzi interessati per far fronte alle sfide aggiuntive che il recesso senza accordo comporta per la protezione delle indicazioni geografiche e il settore agroalimentare.
PRESIDENTE. La deputata Rosalba De Giorgi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Ianaro ed altri n. 2-00287, di cui è cofirmataria.
ROSALBA DE GIORGI (M5S). Grazie, Presidente. Grazie per la sua risposta, sottosegretario Micillo, una risposta che soddisfa le nostre aspettative, in quanto ha tentato di delimitare i contorni di una questione che, non potendosi avvalere di un minimo di certezza, definire spinosa appare oltremodo riduttivo.
Del resto, era noto a tutti, già all'indomani del 23 Giugno 2016, che la cosiddetta Brexit avrebbe costituito un problema di serie proporzioni, non solo per l'Unione europea, ma anche e soprattutto per lo stesso Regno Unito; e la riprova la si ricava dal fatto che, a meno di un mese dalla data del recesso, non esiste ancora alcun accordo firmato e ratificato dalle parti in causa.
Grazie per aver illustrato qual è la linea di condotta del Governo, che verte su un monitoraggio continuo della situazione, sia a livello nazionale sia a livello comunitario, a dimostrazione di come sia alto il grado di attenzione sul tema, un atteggiamento comprovato, tra l'altro, anche dalla recente deliberazione con cui le Commissioni Politiche dell'Unione europea e Affari esteri e comunitari hanno disposto un'indagine conoscitiva sulla questione Brexit.
In questo momento di estrema incertezza, con previsioni che non lasciano affatto tranquilli riguardo a una soft Brexit, che per tutti noi resta la soluzione migliore, possiamo sicuramente definirci soddisfatti da dichiarazioni che forniscono quelli che, al momento, sono chiarimenti capaci di rassicurare i circa 700 mila connazionali che vivono, studiano ed operano nel Regno Unito. Per non parlare delle imprese italiane, che hanno ormai rapporti economici consolidati con gli Stati d'Oltremanica. Sappiamo che i ventisette membri dell'UE stanno approntando preparativi per fronteggiare la malaugurata eventualità di un recesso senza alcun accordo ed è per questo che sono accolte con favore le assicurazioni della stessa Unione europea, quando sostiene che, in presenza di un no deal agirà per tutelare i propri interessi, adottando un approccio unitario e coordinato in tutti i settori.
Alla luce di quanto si sta verificando, non possiamo che illustrare alcune riflessioni. Si va sempre più facendo spazio un'impressione, che l'Unione europea sia giunta alla scadenza del 29 Marzo 2019 impreparata, sicuramente meno di quanto non lo sia lo stesso Regno Unito, tuttora alle prese con una grave crisi politica interna, che vede, in caso di no deal, allungarsi sul Governo del Primo Ministro, Theresa May, l'ombra di un impatto disastroso sull'economia e sul commercio interni, al di là di ciò che pensano inguaribili ottimisti della prima ora. A conferma di questo scenario, un recentissimo rapporto, stilato da Downing Street, prevede che, qualora non si concludesse alcun accordo con l'UE, i prezzi di alcuni prodotti alimentari siano destinati ad aumentare e i controlli alla dogana potrebbero costare alle imprese circa 13 miliardi di sterline l'anno, il tutto con comprensibile nocumento per chi vive entro i confini del Regno Unito.
Come già evidenziato nell'interpellanza, mercoledì scorso, la Camera dei comuni ha votato per una proroga dell'articolo 50, in assenza di un accordo, entro il prossimo 13 marzo, una medicina che non si è ancora capito se potrà essere peggio del male che si vuole curare. Ad ogni modo, questa soluzione potrebbe anche indurre l'Unione europea ad accettare l'ipotesi di uno slittamento dell'uscita del Regno Unito, fissando come scadenza per questa operazione il 29 marzo del 2021.
Ebbene, il vero timore è che si lasci trascorrere altro tempo senza adottare un rimedio capace di fronteggiare il nodo no deal, sempre che, qualora un ipotetico slittamento dovesse concretizzarsi, non possa registrarsi, da parte del Regno Unito, un improbabile ripensamento. Ecco, a fronte della mancanza di chiarezza e con scenari confusi che, purtroppo, vanno delineandosi, nonostante i tentativi posti in essere dalle parti in causa, va apprezzato l'impegno del nostro Governo, finalizzato a rafforzare il concetto secondo cui si debba insistere sul dialogo tra gli Stati membri dell'UE e il Regno Unito per poter giungere alla data della Brexit consapevolmente preparati, al fine di valutare e affrontare qualsiasi tipo di conseguenza, il tutto facendo salva l'ineludibile necessità di garantire la massima salvaguardia dei diritti dei cittadini, una garanzia che, ad onor del vero, è stata già formulata dal Governo May che, in occasione del negoziato all'interno del fronte europeo, ha assicurato che i diritti dei nostri connazionali saranno pienamente tutelati; così come, sempre in quella circostanza, è stato assicurato che coloro i quali, a partire dal 30 marzo di quest'anno, quindi a Brexit avvenuta, vorranno garantirsi lo status di residenti e l'accesso a sanità pubblica e sicurezza sociale dovranno chiedere un permesso di permanenza e dovranno avere vissuto nel Regno Unito per almeno cinque anni. Mentre, per quanto concerne la libera circolazione delle persone, questa terminerà solo il 31 dicembre 2020 perché, fra marzo 2019 e dicembre 2020, sarà in vigore l'Accordo di transizione, in virtù del quale sarà ancora possibile stabilirsi e lavorare nel Regno Unito senza permessi particolari. Una manifestazione di intenti che, se da un lato può soddisfare, dall'altro si deve ricordare che appare rigidamente vincolata, se è vero che potrà trovare una concreta realizzazione solo in caso di un accordo, quell'accordo così da noi tanto auspicato, ma così ancora troppo lontano.
(Iniziative di competenza in ordine alla concessione per la gestione del porto di Gioia Tauro, al fine del rilancio del sito nell'ambito delle reti transeuropee e della salvaguardia dei livelli occupazionali - n. 2-00288)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cannizzaro ed altri n. 2-00288 (Vedi l'allegato A).
Chiedo al deputato Cannizzaro se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
FRANCESCO CANNIZZARO (FI). Grazie, Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo. Oggi, con l'interpellanza in oggetto, vogliamo porre l'attenzione su quella che personalmente ritengo essere una delle realtà più importanti e significative del Paese, ossia il porto di Gioia Tauro, sulla cui infrastruttura si sono consumate decine e decine di campagne elettorali; è stato un terreno di scontro di tutti i partiti politici, è stato il terreno su cui le passerelle dei leader politici, in tutti gli anni, sono state assolutamente registrate e che non hanno portato a quelle che potevano essere le soluzioni definitive, per un rilancio definitivo appunto della infrastruttura.
Io, intanto, credo assolutamente essere indispensabile l'aver portato, attraverso anche questa interpellanza, ad aprire un dibattito in Parlamento rispetto al porto di Gioia Tauro, che vorrei ricordare, anche da questi scranni e da questo microfono, essere il più grande porto italiano per trasbordo di container. Vorrei ricordare, sempre da questo microfono, che il porto di Gioia Tauro è nono in Europa e sesto nel Mediterraneo e, qualora venisse messo nelle condizioni, potrebbe addirittura ospitare quelli che sono quattro container in contemporanea di carico e scarico simultaneo.
Ecco, è inutile, insomma, ribadire che il porto di Gioia Tauro è ubicato al centro del Mediterraneo, è baricentrico al centro del Mediterraneo, quindi strategico per divenire quello che potrebbe essere l'hub principale dell'intero Paese.
Io credo che la politica tutta, di destra, di sinistra, passando per il centro, rispetto a questa potenzialità strategica, abbia assolutamente fallito. Si è perso tempo, si sono perse le opportunità, si sono perse, appunto, quelle che potevano essere le grandi occasioni. Ne voglio citare una per tutte, proprio perché è stata consumata, in quello che è stato, caro sottosegretario Micillo, il Governo che vi ha preceduto, nel momento in cui il Premier Gentiloni, accompagnato dall'allora Ministro Delrio, recandosi in Cina per trattare, per dibattere e per enfatizzare quelli che potevano essere gli scali portuali dell'Italia rispetto al grande progetto della nuova “via Della Seta”, ha perso, anche in quell'occasione, l'opportunità di mettere al centro questa infrastruttura, ossia il porto di Gioia Tauro, dando precedenza al porto di Genova e dando precedenza al porto di Trieste.
E, allora, io vorrei, anche in questa occasione, ricordare al Governo, per il suo tramite, sottosegretario, che il porto di Gioia Tauro oggi è privo di quella che dovrebbe essere una cosa assolutamente prioritaria, ossia la linea ferroviaria, che potrebbe certamente inserirsi in un piano concreto di sviluppo. Vorrei, anche in questa occasione, ricordare che vi sono stati dei finanziamenti, appunto già attivati, già concretizzati, ma che non sono mai partiti, ad esempio per la realizzazione di quello che dovrebbe essere il bacino di carenaggio, ossia le grandi officine - come sappiamo - per riparare addirittura le navi. Ecco, vi do una notizia, sottosegretario: è stato finanziato, è stato attivato, non è mai partito.
Oggi, il porto di Gioia Tauro sta vivendo una situazione di crisi. Abbiamo attraverso le tv nazionali, ma non solo, assistito alle proteste pacifiche da parte dei sindaci, che saluto da questi microfoni, che con le loro fasce in maniera assolutamente dignitosa hanno protestato per rivendicare un sacrosanto diritto, assieme ai tanti lavoratori e alle loro famiglie, che voglio salutare, lo ribadisco anche da questi microfoni, ma non esprimere loro la solidarietà e la vicinanza, perché di solidarietà e di vicinanza in questi anni ai lavoratori e alle loro famiglie se n'è espressa talmente tanta che ritengo non se ne facciano assolutamente nulla, se non della messa in atto di un'azione e di un piano concreto di sviluppo per questa infrastruttura.
Dicevo che stiamo registrando e vivendo con veramente grande ansia, oltre che tensione, questi momenti difficili che l'infrastruttura sta attraversando, le sue difficoltà. Sostanzialmente sono due i motivi che oggi spingono i lavoratori che hanno ricevuto notizia di quello che dovrebbe essere l'avvio delle procedure di licenziamento e che in maniera assolutamente pacata e intelligente - ribadisco - scendono in piazza per rivendicare quella che è un'attenzione del Governo: il primo è chiaramente la mancanza di investimenti, in tutti questi anni, da parte del Governo centrale e dei Governi che si sono succeduti, e qui faccio anche autocritica rispetto al mio partito, alla mia coalizione, ai partiti tutti, che, rispetto a questa infrastruttura, hanno dedicato pochissima attenzione, e non credo perché non abbiano assolutamente contezza rispetto alle sue potenzialità, ma forse perché - mi faccio una domanda e mi do anche da solo la risposta - il porto di Gioia Tauro si trova in Calabria, si trova al Sud, perché se il porto di Gioia Tauro fosse ubicato in Lombardia o in Veneto piuttosto che in un'altra regione del Nord forse oggi non saremmo qui a parlare di queste criticità. Essendo questa potenzialità infrastrutturale strategica collocata al Sud, in Calabria, credo che ne paghi anche lo scotto, così come su tanti altri temi. Poi, il secondo motivo, che ritengo essere quello forse principale, è la lotta tra i due colossi che sono le società concessionarie che gestiscono il porto di Gioia Tauro, che sono Msc e Mct. Proprio in questi giorni, su input anche del rappresentante del governo territoriale, il prefetto di Reggio Calabria, è stato anche istituito un tavolo interministeriale al quale lo stesso Ministro Toninelli ha partecipato, ma, in maniera assolutamente superficiale e arrogante, una delle società ha addirittura disertato, non ha partecipato. Mi riferisco alla Mct, mentre la Msc ha partecipato al tavolo interministeriale, manifestando interesse per l'infrastruttura, addirittura indicando quelle che potrebbero essere anche delle soluzioni, qualora venissero messi nelle condizioni di poterlo fare.
Allora credo che il Governo - lo faccio tramite il sottosegretario Micillo, che ovviamente ringrazio per la presenza - debba attenzionare anche questa società, che comunque già nei fatti dimostra serietà, competenza e voglia di investire nell'infrastruttura e che ha già messo in campo o potrebbe mettere in campo un altro tipo di investimento, cosa ben diversa rispetto ad un'altra società, che con la sua assenza ha dimostrato assolutamente di non avere a cuore le sorti dei lavoratori prima e quindi anche dell'attività dell'infrastruttura. E proprio quello che noi abbiamo chiesto attraverso anche l'interpellanza al Governo - ho anche apprezzato la presenza del Ministro Toninelli in questi giorni, abbiamo salutato sicuramente con piacere la presenza del Ministro e quindi del Governo assieme ai lavoratori, manifestando serenità e determinazione in quelle che potrebbero essere le azioni da mettere in campo - è quello di attivare le procedure di una messa in mora di queste società che sono e risultano inadempienti.
Lo avete già fatto, ne prendiamo atto, e rispetto a questo siamo assolutamente soddisfatti, ma chiaramente, sottosegretario Micillo, questo non basta assolutamente, lo sappiamo bene. Questa è la dimostrazione di una buona intenzione da parte del Governo di mettere in campo misure per fare due operazioni che in questo momento servono al porto di Gioia Tauro e alle oltre 500 famiglie che sono lì in ansia e in tensione perché da qui a poco potrebbero vedere il loro posto di lavoro svanire. Intanto, secondo me, il ripristino della normalità. Credo che il Governo debba mettere in campo delle azioni che necessariamente debbono ripristinare la normalità. Deve mettere in campo una misura che salvaguardi quelli che sono i posti di lavoro, e lo deve fare in maniera assolutamente concreta, senza annunci, perché quello che voi avete fatto è sicuramente lodevole, ma non concretizza nulla appunto come azione, come atti formali rispetto alla serenità dei nostri lavoratori.
Poi credo che comunque bisogna cogliere anche l'occasione di una società, che è la Msc, che ha già manifestato grande interesse e che ha sottoposto al Governo anche un piano di intervento; credo che il Governo debba valorizzarne le buone intenzioni. Detto questo, il Governo, sottosegretario, deve avere anche un piano B, perché qualora la situazione dovesse precipitare credo che il Governo non possa non tenere in cassaforte un piano B immediato - ribadisco - che miri intanto alla salvaguardia dei posti di lavoro e a dare continuità a quello che è chiaramente il lavoro e l'attività dell'infrastruttura.
Avviandomi alla conclusione, anche in questa occasione vorrei ricordare al Governo - appunto per il tramite del sottosegretario - che il porto di Gioia Tauro è strategico e ha delle potenzialità più uniche che rare, per le sue peculiarità oltre che appunto per la posizione geografica. Vorrei citare alcuni dettagli che tante volte sfuggono, non di certo agli addetti, ma alla politica, ossia, ad esempio, la lunghezza della banchina, la profondità dei fondali, l'area di stoccaggio e tutti gli equipaggiamenti, che sono chiaramente tutti dettagli ed elementi positivi, favorevoli e soprattutto strategici di cui il porto di Gioia Tauro è assolutamente dotato. Non credo che altri porti che oggi vantano numeri importanti di traffico e che comunque hanno avuto attenzione da parte di vari Governi siano l'ombelico del mondo rispetto al porto di Gioia Tauro. Allora, se il Governo pone in essere delle azioni concrete, credo che voi possiate fare sicuramente meglio di chi vi ha preceduto. Altrimenti, se non lo fate, sarete come loro, sarete come chi in tutti questi anni comunque ha giocato sulla pelle dei lavoratori, sugli investitori. Adesso tocca a voi dimostrare realmente che siete il Governo del cambiamento. Se lo farete, saremo i primi a dire che lo avete fatto, che siete stati bravi, e saremo qui chiaramente con la nostra voce, con il nostro supporto, con la nostra attività parlamentare a supportarvi in questa azione; qualora non lo farete, sarete certamente etichettati come coloro i quali con questa infrastruttura ci hanno solo giocato.
Per ultimo ricordo che è stato annunciato in pompa magna, con toni anche trionfalistici da parte del governatore della Calabria, Oliverio, del Partito Democratico, e dall'allora suo Governo amico, dal Premier, ma non solo, anche dal Ministro Delrio, in provincia di Reggio Calabria, l'avvio della ZES, della zona economica speciale, che per il porto di Gioia Tauro sarebbe chiaramente uno straordinario vantaggio, ma ad oggi non c'è traccia, sottosegretario. Quindi, anche rispetto a questo credo che il Governo debba fare giustamente una riflessione e farci capire a che punto stanno le procedure per questa attivazione. Certamente noi siamo assolutamente fiduciosi rispetto all'azione del Ministro Toninelli, ma non arretreremo di un centimetro, di un millimetro, per far sentire ancora una volta la voce della Calabria e la voce dei lavoratori, che sono stanchi, sono stufi di accogliere soltanto annunci e promesse non mantenute.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Salvatore Micillo, ha facoltà di rispondere.
SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Presidente, ringrazio gli onorevoli interroganti e in premessa voglio assolutamente assicurare che il Governo sta ovviamente seguendo con particolare attenzione la delicata vicenda relativa al porto di Gioia Tauro. Negli ultimi mesi si è registrato un costante decremento del numero di container movimentati presso il terminal che ha in concessione la società Mct, ciò ha determinato nel 2017 il licenziamento di 377 lavoratori da parte della società terminalista. Sulla base dei dati pervenuti dal Ministero dell'Interno, dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, informo che di questi 377 lavoratori circa 333 hanno prodotto ricorso giurisdizionale, e il tribunale adito ha emesso ad oggi 278 provvedimenti esecutivi, di cui 274 sfavorevoli all'azienda, con disposizioni di reintegrazione al posto di lavoro. Gradualmente 268 lavoratori sono stati reintegrati e, di questi, 14 hanno optato per l'indennizzo risarcitorio.
Ulteriori cinque lavoratori sono stati convocati per la reintegrazione, completando così l'ottemperanza alle sentenze esecutive di accoglimento dei ricorsi. Tuttavia, durante gli incontri presso la prefettura di Reggio Calabria del 12 e 13 febbraio scorsi, ai quali hanno partecipato i rappresenti di MCT, MSC, dell'assessorato regionale alle infrastrutture, dell'ispettorato del lavoro e le organizzazioni sindacali, la MCT ha confermato la necessità per l'azienda di ridurre l'organico, l'intenzione di procedere al licenziamento collettivo, ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, atteso il ridimensionamento del traffico del transhipment e l'aggravio economico conseguente alle citate sentenze favorevoli ai lavoratori.
Pertanto, lo scorso 19 febbraio si è svolto un incontro con le parti interessate presso il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, proprio per raffrontare la situazione di grave tensione e di forte preoccupazione per il futuro dello scalo portuale. Il successivo 26 febbraio il Ministro Toninelli si è recato a Gioia Tauro per incontrare il commissario dell'autorità portuale e i lavoratori portuali, e fare così il punto della situazione. Il Ministro, nel manifestare il fermo proposito di far tornare il porto di Gioia Tauro efficiente e produttivo e di salvaguardare i livelli occupazionali, annunciava l'imminente messa in mora della società MCT per il mancato rispetto degli impegni assunti. E infatti, il 27 febbraio l'autorità portuale di Gioia Tauro ha avviato il procedimento decadenziale delle concessioni demaniali marittime intestate alla MCT, contestandone in maniera organica gli inadempimenti.
La vicenda sarà seguita con la massima attenzione affinché si possa parlare presto di un piano di sviluppo che rilanci il porto e dia tranquillità, anche in termini di occupazione, ai lavoratori del porto e, in generale, alla Calabria tutta.
PRESIDENTE. L'onorevole Cannizzaro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
FRANCESCO CANNIZZARO (FI). Grazie, Presidente, grazie all'onorevole sottosegretario per la risposta all'interpellanza, che, però, non ci soddisfa in toto, ma semplicemente in modo assolutamente parziale, in quanto ci racconta quanto personalmente, ma non solo io, conosciamo e di cui abbiamo contezza. Quindi, il sottosegretario ha raccontato un po' l'excursus recente di una storia recente del porto di Gioia Tauro, su quella che è stata la salvaguardia dei posti di lavoro, non di certo per merito del Governo, ma perché hanno rivendicato un diritto nei confronti della società concessionaria.
Rispetto al futuro, noi auspichiamo, sottosegretario, che si vada verso questa direzione. Ribadisco, il Governo non mi pare abbia messo in atto misure, ad oggi, concrete, se non quella dell'avvio dei procedimenti di messa in mora di una società che è assolutamente inadempiente. Per questo ne abbiamo dato assolutamente atto e siamo assolutamente soddisfatti, ma sappiamo pure bene che non basta; non basta perché, durante il mio intervento, ho voluto evidenziare, in maniera assolutamente specifica, che è assolutamente fondamentale che il Governo si doti di un “piano B”, perché, qualora la situazione dovesse precipitare, credo che si rischi veramente una bomba sociale e lavorativa non solo per la Calabria, ma per l'intero Paese, in quanto quest'opera, questa infrastruttura, è appunto un'infrastruttura di interesse europeo, è un'infrastruttura di interesse italiano, che, qualora venisse messa nelle condizioni, potrebbe divenire chiaramente la porta del Mediterraneo nei confronti del nostro Paese.
Prendiamo atto del lavoro fin qui svolto e la ringrazio, sottosegretario, per la sua presenza. Aspettiamo altre buone nuove da qui alle prossime settimane.
PRESIDENTE. Cogliamo l'occasione per salutare i bambini, e i loro insegnanti, dell'Istituto comprensivo “Perugia 15” di Perugia, che sono venuti ad assistere ai nostri lavori (Applausi), che oggi si limitano alle interpellanze urgenti, e quindi la presenza è relativa solo a questo tipo di attività.
(Iniziative di competenza volte alla tutela della salute dei cittadini veneti con riguardo ai trattamenti relativi alla presenza di sostanze Pfas nel sangue - n. 2-00223)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Rotta e Zardini n. 2-00223 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Rotta se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
ALESSIA ROTTA (PD). Grazie, Presidente. Al Governo e a tutto il Paese oramai è nota tristemente la vicenda che riguarda oltre 500 mila persone residenti nel territorio veneto, tra Vicenza, Verona e Padova, interessate dai pericolosi inquinanti del terreno Pfas e Pfoa, che stanno gravemente minando la loro salute. Ebbene, è noto al Governo e anche in precedenza, nella scorsa legislatura, avevamo posto il problema, e anche una parziale soluzione, in particolare con lo stanziamento dato alla regione Veneto e con l'istituzionalizzazione di un commissario speciale, che, attraverso lo stanziamento di 80 milioni, costruisse condotte alternative per l'approvvigionamento idrico in queste zone in cui le falde sono inquinate, e pertanto l'acqua che bevono e utilizzano queste persone, questi 500 mila cittadini, è inquinata.
Però, oggi quello che vogliamo porre all'attenzione del Governo con questa interpellanza, io e il collega Zardini, è la questione che ci preme di più, quella della salute dei cittadini che sono stati colpiti e che già hanno nel sangue queste sostanze, migliaia di cittadini, adulti e bambini, sui quali chiediamo conto al Governo di che cosa intenda fare.
Per questo vogliamo ricapitolare in breve quanto è accaduto fin qui, in particolare dicendo che la regione Veneto, a partire dal mese di giugno 2017, aveva dato avvio ad una procedura, quella della cosiddetta plasmaferesi, cioè, in seguito al monitoraggio fatto rispetto alla popolazione, di una sostanziale trasfusione di sangue.
Ebbene, nella precedente legislatura avevamo interrogato il Ministro della salute pro tempore, chiedendo se questo tipo di terapia fosse stato non solo concordato con il Governo, ma avesse una evidenza scientifica rispetto alla soluzione del problema, e voglio leggere al Governo oggi quello che ci è stato risposto, in particolare: “(…) Il ricorso alla plasmaferesi è infatti fortemente sconsigliato proprio in quelle situazioni particolari e rare” - questo è il caso – “in cui si registra una specifica tipologia di inquinamento ambientale. Per tali ragioni” - così ci rispose il Governo - “e in considerazione del fatto che la plasmaferesi è una terapia fortemente invasiva, la regione Veneto, prima di sottoporre le persone a tale trattamento, avrebbe dovuto procedere ad una preventiva sperimentazione (…)”, nonché all'informazione, magari dell'Istituto superiore di sanità e del Governo, ovvero del Ministero stesso. Così non avvenne.
Ma noi non siamo qui per far polemica, ma per chiedere oggi che cosa è possibile fare, anche alla luce degli scambi poi che ci sono stati tra la regione Veneto e il Governo, avendo dato il Governo, e in particolare il Ministero della salute e l'Istituto superiore di sanità, piena disponibilità per trovare altre soluzioni terapeutiche alternative, per dare una risposta e perché noi ci rendiamo conto che ormai si tratta di un vero e proprio allarme socio-sanitario, specialmente per quelle persone di cui comprendiamo, evidentemente, l'allarme per la propria salute e la salute dei propri figli.
È di questi giorni, inoltre, sottosegretario, la notizia di un ulteriore studio scientifico, di cui nei prossimi giorni verranno dati ulteriori particolari, del professore endocrinologo Foresta, che avrebbe detto che queste sostanze, nel sangue in particolare, inibirebbero le funzioni riproduttive per quanto riguarda le donne; quindi, questo ci fa dire che si necessiti davvero di risposte urgenti. Quello che ancora diciamo è che nel frattempo lo screening sulla popolazione interessata è continuato da parte della regione Veneto, e questo, se da un lato è sicuramente positivo, dall'altro lato non fa che ingenerare, in assenza di risposte, un ulteriore allarme sociale, perché successivamente allo screening vengono date delle risposte, così ci viene trasmesso, per un appuntamento in un ufficio della sanità della regione Veneto per continuare con la terapia della plasmaferesi. Quando poi si chiama al numero che viene indicato, viene detto che è stato il Ministero ad interrompere questo tipo di terapia, come è noto, da come ci è stato trasferito dal Ministero, nella scorsa legislatura, per evidenze scientifiche mancanti rispetto all'efficacia, evidentemente, della terapia, e non per motivi ideologici o chissà cosa.
E, quindi, siamo a chiedere davvero al Governo che cosa intenda fare, se abbia convocato la regione Veneto, se siano già intercorse non solo interlocuzioni, ma in che stato di avanzamento sia una soluzione alternativa per dare davvero una risposta cui credo abbiano diritto soprattutto la popolazione interessata e tutti i cittadini, le cittadine e i ragazzi.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Armando Bartolazzi, ha facoltà di rispondere.
ARMANDO BARTOLAZZI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Presidente, stimati onorevoli interpellanti, come è noto all'onorevole interpellante la plasmaferesi terapeutica è una procedura che si esegue in circolazione extracorporea allo scopo di rimuovere molecole e sostanze patogene dal circolo sanguigno di soggetti affetti da differenti patologie attraverso la rimozione del plasma. Trattasi di una sorta di lavaggio della componente liquida del sangue non corpuscolata che viene poi reinfusa nel paziente.
Bisogna premettere subito che le peculiari circostanze che hanno caratterizzato la contaminazione da Pfas sono questi composti perfluoroalchilici in alcuni e ben definiti territori della regione Veneto, che non sono riscontrabili in altre esperienze e non trovano nella letteratura scientifica internazionale precedenti paragonabili e, dunque, utilizzabili nel caso di specie.
Per questo motivo, quando la regione Veneto ha proposto, con delibera della giunta regionale, un proprio protocollo d'impiego della plasmaferesi, il Ministero della salute, sulla base degli elementi forniti dal Centro nazionale sangue nella sua qualità di organo tecnico-scientifico competente in materia di medicina trasfusionale, ha dovuto avvertire, anche nelle sedi parlamentari, circa la non appropriatezza della procedura terapeutica proposta dal protocollo della regione Veneto per i soggetti con più bassi livelli di Pfas e per i soggetti minorenni, sottolineandone il rischio di scarsa o assente efficacia a fronte dell'esposizione dei soggetti a ripetute procedure con un certo grado di invasività e non completamente prive di rischio di potenziali eventi avversi locali e sistemici.
Il Centro nazionale sangue, infatti, riferisce che tuttora le più recenti linee guida dell'American Society for Apheresis sull'impiego dell'aferesi terapeutica nella pratica clinica non riportano tra le potenziali indicazioni cliniche della procedura di aferesi terapeutica, per quanto con differenti gradi di evidenza scientifica e forza di raccomandazione, la rimozione degli Pfas. In particolare, per quanto riguarda l'utilizzo di protocolli di scambio plasmatico terapeutico in caso di avvelenamento da sostanze chimiche o da intossicazioni acute da farmaci, l'ASFA, nelle sue linee guida più recenti, ha inserito detta procedura tra le pratiche la cui efficacia non è sostenuta da consolidate evidenze scientifiche: valutazione, quest'ultima, peraltro correttamente richiamata anche nella citata delibera della giunta regionale del Veneto.
In assenza di univoche indicazioni in tal senso, la regione Veneto ha ritenuto dunque necessario sospendere l'offerta di plasmaferesi e i trattamenti in atto, ivi compresi quelli per i soggetti già convocati e in attesa. È questo il motivo per cui, come riferito nell'interpellanza, all'azienda ospedaliera di Padova è stata data indicazione di una sospensione temporanea del trattamento nelle more dei necessari accertamenti a livello scientifico. Peraltro, in questo lasso di tempo la regione Veneto ha proseguito ad approfondire la validità del proprio protocollo, da un lato, elaborando la relazione sui “Primi risultati aggiornati al 14 dicembre 2017 relativi all'applicazione del II livello previsto dal protocollo di screening della popolazione esposta a Pfas a seguito dell'utilizzo della plasmaferesi per i soggetti con alte concentrazioni da Pfas” e, dall'altro, acquisendo altri pareri da ulteriori centri di ricerca.
Alla luce di quanto sopra, pertanto, in una prospettiva di collaborazione e confronto scientifico, i risultati dell'adozione dei protocolli di scambio plasmatico attuati dalla regione Veneto nei soggetti con elevati livelli di Pfas potranno, laddove supportati dal necessario livello di qualità scientifica e sempre che sia confermata la loro piena rispondenza ai criteri previsti dalla legge, alimentare la letteratura in materia anche mediante pubblicazione su riviste scientifiche.
Giova ricordare, a questo proposito, come l'Istituto superiore di sanità abbia a più riprese elaborato, sin dal primo manifestarsi dell'emergenza, opinioni tecnico-scientifiche di supporto alla gestione dei rischi e attività sperimentali di caratterizzazione dell'esposizione, anche in collaborazione con le autorità regionali preposte alla tutela della salute e dell'ambiente. Tali attività sono state poi utilizzate dai soggetti competenti per la definizione di azioni di prevenzione e risposta ai fenomeni di contaminazione da Pfas delle acque destinate al consumo umano, delle matrici ambientali e degli alimenti nonché all'esposizione umana associata. La collaborazione, dunque, è stata già proficuamente esercitata per l'attività di contrasto al rischio ambientale che, difatti, risulta costantemente monitorato.
Nel solco di queste azioni, poste a presidio della tutela ambientale, nelle quali si è riscontrata una positiva collaborazione tra le autorità sanitarie statali e le istituzioni regionali, si ritiene che si possa proseguire fino a giungere alla decisione di assumere eventuali interventi terapeutici che possano, qualora ritenuti appropriati, ricomprendere anche protocolli di plasmaferesi. Per tali ragioni sono state programmate, di concerto con la regione Veneto, iniziative finalizzate ad acquisire nuove e ulteriori evidenze nel campo dell'epidemiologia, della valutazione dell'esposizione e delle implicazioni in termini di salute nonché a definire l'insieme degli strumenti da utilizzare nella prevenzione e nel controllo del fenomeno.
Il Ministro della salute, in conclusione, si impegna a propiziare una continua collaborazione con gli enti territoriali finalizzata a garantire i metodi e gli strumenti più aggiornati e appropriati per affrontare efficacemente il problema. Voglio concludere anche sottolineando il fatto che proprio uno degli scienziati italiani più esperti in questo settore, che è il professor Carlo Foresta che lei ha citato, è stato inserito a pieno titolo nel Consiglio superiore di sanità recentemente composto e, quindi, a ulteriore garanzia che vi saranno delle azioni sicuramente messe in atto per la risoluzione spero in tempi brevi del problema.
PRESIDENTE. L'onorevole Rotta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
ALESSIA ROTTA (PD). Sottosegretario, potremo forse dichiararci soddisfatti, non noi interpellanti, evidentemente, che siamo solo il tramite per le persone, quando - e potremo dichiararci soddisfatti reciprocamente - avremo, appunto nell'attesa delle evidenze scientifiche, portato a compimento la soluzione di questo problema, perché è evidente che quello che lei ci ha illustrato ci fa piacere nel termine della collaborazione tra regione Veneto, Istituto superiore di sanità e Ministero della salute, evidentemente.
Sappiamo - e ne sono tutti ben consci – che, per fortuna o per sfortuna, direi, non ci sono precedenti in questo settore e, quindi, che le evidenze scientifiche, la letteratura, la scienza e anche la salute porteranno i loro progressi su questi casi. Dunque, io mi sento solo di spingere, diciamo, il Ministero ad avere un'attenzione particolare che credo vada destinata a queste persone, perché, appunto, si tratta non solo di un'ingente quota della popolazione veneta - e noi, naturalmente, speriamo che sia possibile scongiurare il problema anche per altre aree - ma che a questo problema venga dedicata un'attenzione particolare. Io non so in quali forme e in quali modi, se con un comitato o con una commissione speciale e questo lo vedrete, però è necessario per trovare una soluzione non solo circa la plasmaferesi ma anche sulle altre opzioni terapeutiche che, evidentemente, siano invasive il giusto ma, soprattutto, che portino a soluzioni e, quindi, anche in questo campo mettere in campo quante più iniziative possibili in termini di ricerca e di risorse per trovare davvero delle soluzioni che non siano, appunto, procedere a tentoni sulla pelle di queste persone che vivono tutti i giorni questa preoccupazione.
E così, come ricordava anche lei, sottosegretario, anche il tema delle sostanze alimentari inquinanti a dire il vero non ha trovato ancora una piena soluzione. Quella che per fortuna a oggi è una risposta chiara per le persone che vivono questa triste condizione è che sanno che, nel prossimo futuro, grazie appunto agli stanziamenti effettuati, l'acqua che berranno nel prossimo futuro speriamo non sarà più inquinata. Però, mi sento di sollecitare, a nome loro, il Governo e, in particolare, il Ministero della salute a un'attenzione più che particolare e di intensificare non solo i rapporti con la regione Veneto, mettendo in campo quante più iniziative possibili sotto il profilo della ricerca e delle risorse da mettere in campo per questa che per noi è davvero un emergenza di un'intera regione.
(Iniziative di competenza per la tutela della salute dei cittadini di Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria), con particolare riferimento all'operatività dell'ospedale «Tiberio Evoli» - n. 2-00283)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Maria Tripodi ed altri n. 2-00283 (Vedi l'allegato A).
Chiedo all'onorevole Maria Tripodi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
MARIA TRIPODI (FI). Sì, grazie Presidente. Sottosegretario Bartolazzi, onorevoli colleghi, l'ospedale «Tiberio Evoli» di Melito di Porto Salvo già da diverso tempo non assicura i bisogni primari della salute dei cittadini.
Il presidio - uno dei più importanti dell'area della città metropolitana di Reggio Calabria - versa in condizioni molto gravi: non dispone di ascensore, di uscite di emergenza, di sala obitoriale, che è da tempo chiusa, manca un reparto di riabilitazione neurologica e quello di ortopedia non è stato ancora riaperto in seguito alla «chiusura temporanea» del 12 giugno 2017; come sono chiusi molti altri padiglioni.
In particolare, si lamenta l'assenza del punto nascita e si deve evidenziare come lo stesso sia stato chiuso senza preavviso, né consultazione dei cittadini, che, in proposito, lamentano gravi difficoltà viarie, come si evince da un recente rapporto dell'Osservatorio civico sul federalismo in sanità.
Ma l'elenco delle disfunzioni e delle carenze, ahimè, non termina, purtroppo, qui: sarebbe necessario dotare l'ospedale di un'altra ambulanza e dell'apparecchio per la risonanza magnetica, acquistato tempo fa e ancora non presente nella struttura.
L'ospedale pare ormai l'agnello sacrificale da offrire su due altari: quello dell'inerzia politica e quello di scelte amministrative penalizzanti i territori privi di rappresentanza.
Insomma, una situazione davvero vergognosa per i cittadini, che sono costretti a subire tali conseguenze, ma lo Stato in primis non può più tollerare una situazione di questo genere.
È del tutto evidente che l'assenza di un tempestivo intervento - che, in ottemperanza agli impegni programmatici assunti, affronti le criticità del presidio ospedaliero in questione - comporterebbe una irragionevole soppressione dei diritti fondamentali e costituzionali regolarmente riconosciuti, sia per i cittadini di Melito, sia per i cittadini delle zone limitrofe.
Signor sottosegretario, è finito il tempo, a mio avviso, dello scaricabarile tra una ASP palesemente incapace, una giunta regionale che purtroppo non è stata adeguata alle risoluzioni di queste problematiche ormai annose, ma è finito anche il tempo degli stereotipi sulla mia terra e sui calabresi.
Lo voglio ricordare anche qui, in questa sede, in cui mi onoro di essere una rappresentante del popolo calabrese e dei reggini: la mia terra una volta veniva identificata come la Magna Grecia ed è impossibile che oggi venga dipinta, solo per situazioni come quelle attuali, come una terra abbandonata a se stessa da un'inefficiente gestione politica.
Desidero, altresì, in questa sede porgere un ringraziamento al personale medico e paramedico, che quotidianamente si trova a dover affrontare una situazione alquanto complessa, per usare un eufemismo: abbiamo dei medici e del personale che, con grandissimo sacrificio, lottano ogni giorno per restituire un diritto alla salute ai cittadini, un diritto che non deve essere garantito da loro, ma deve essere garantito dallo Stato.
Purtroppo, il quadro della situazione fin qui dipinta non è totalmente esaustivo. Come lei sa, da diversi decenni si lamenta una situazione di questo genere. Gli esempi da fare sarebbero moltissimi, soprattutto per quanto riguarda le problematiche concernenti il personale.
Risulta che all'ospedale di Melito di Porto Salvo siano stati destinati ben 40 milioni di euro mai impiegati e anche qui torna il discorso dello scaricabarile.
Signor sottosegretario, le domando quali iniziative intenda intraprendere con urgenza, nel quadro delle proprie competenze, per garantire il fondamentale diritto alla salute dei cittadini di Melito di Porto Salvo e delle zone limitrofe, in particolare con riferimento alla revisione e all'aggiornamento dei criteri previsti dal decreto 2 aprile 2015, n. 70. Se non ritenga opportuno dover intervenire con tempestività, nell'ambito del Patto nazionale per la salute, affinché siano previsti nell'ospedale «Tiberio Evoli» il punto nascita, unitamente ai reparti di neonatologia e pediatria, e alle problematiche che le ho qui rappresentato.
Da un anno, signor sottosegretario, ci sentiamo dire che questo si identifica come il Governo del cambiamento. Io credo che il diritto alla salute, oltre ad essere un diritto inalienabile, è un diritto che deve essere garantito perché non può avere un colore politico: me ne dia dimostrazione.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Armando Bartolazzi, ha facoltà di rispondere.
ARMANDO BARTOLAZZI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Gentili onorevoli, innanzitutto desidero dare assicurazione agli onorevoli interpellanti che il Ministero della Salute è ben consapevole della grave situazione in cui versa la sanità calabrese, sulla quale è in atto, soprattutto dopo la nomina dell'attuale commissario ad acta e del suo subcommissario, un approfondimento costante circa le sue antiche e complesse radici.
Nell'ambito di un contesto generale, come si è detto, particolarmente critico e diffuso, al commissario ad acta è stato, tuttavia, già richiesto un focus specifico proprio sull'ospedale “Tiberio Evoli” di Melito di Porto Salvo, da cui è emerso quanto segue.
Premetto che tale presidio è un ospedale generale di base con pronto soccorso, che afferisce funzionalmente alla struttura complessa dello Spoke di Locri. Ciò va detto in conformità alla vigente classificazione delle strutture ospedaliere per livelli di complessità crescente, in quanto avente un bacino di utenza complessivo dagli 80 mila ai 150 mila abitanti.
La sua collocazione geografica lo rende un elemento importante nella rete regionale di emergenza-urgenza, tenuto conto che lo stesso dista circa 32 chilometri dall'Hub di Reggio Calabria, sede del DEA di secondo livello, con tempi di percorrenza di circa 44 minuti, compatibili dunque con la cosiddetta golden hour.
L'assenza di una cardiologia, di una riabilitazione cardiologica, di una riabilitazione neurologica, di una pediatria, di una neonatologia e di un punto nascita trovano motivazione nei principi di attuazione del DM n. 70 del 2015, che definisce gli standard qualitativi e strutturali recepiti dai decreti commissariali di riordino della rete ospedaliera regionale, che hanno definito le caratteristiche organizzative di tale ospedale.
Peraltro, l'assenza di tali reparti è conforme anche al Programma Nazionale Esiti, che, come noto, è finalizzato a rendere omogeneo in tutto il territorio nazionale la qualità, i volumi e gli esiti delle cure, a tal fine definendo standard minimi al di sotto dei quali le strutture organizzative non garantiscono affidabilità e qualità delle prestazioni.
Simili valutazioni hanno riguardato, in particolare, la disattivazione del punto nascita, il quale non corrisponde ai criteri indicati dall'accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010 e, tra questi, in particolare, al principale standard operativo ivi previsto, e cioè alla presenza di volume di attività almeno pari a 500 parti l'anno. Mi si consenta di aggiungere che, in assenza anche di una pediatria e di una neonatologia, questi bambini dove li facciamo nascere? Cioè, è un problema serio.
Peraltro, si deve segnalare che risulta difficile anche proporre una richiesta di autorizzazione in deroga, appunto per quanto detto, in quanto il punto nascita si discosta notevolmente dai requisiti minimi di sicurezza nazionali; l'ultima rilevazione esistente, relativa all'anno 2010, ha fatto registrare solamente 340 parti.
Relativamente alle strutture del “Tiberio Evoli” attualmente non attive, il commissario ad acta ha precisato che esse non riescono a garantire i servizi soprattutto per la carenza di personale, la cui origine risiede sostanzialmente nel blocco del turnover, ormai protrattosi da anni, nonché dall'esistenza di ricorsi su talune procedure concorsuali.
Con riferimento alle precarie condizioni strutturali dell'ospedale, il commissario ha precisato innanzitutto che esso, attualmente costituito da otto padiglioni, risulta edificato in diversi periodi, tutti risalenti nel tempo, dal 1915 al 1973, e pertanto caratterizzati da differenti tipologie strutturali. Solo a partire dalla fine degli anni Novanta sono stati realizzati, nell'ambito del piano straordinario in materia di edilizia sanitaria, lavori orientati prevalentemente all'eliminazione di alcune situazioni di degrado tecnologico ed impiantistico. Desidero, tuttavia, dare notizia che, grazie ai finanziamenti per iniziative urgenti di elevata utilità sociale nel campo dell'edilizia sanitaria, questo Governo ha concordato ciò con l'INAIL con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 dicembre 2018 e, tra le altre, è stata ritenuta valutabile anche una proposta di intervento finalizzata proprio alla riqualificazione strutturale dell'ospedale di Melito Porto Salvo per un importo complessivo pari a 40.198.000 euro circa, di cui 25.198.000 quale valore dell'area di sedime su cui sorge l'ospedale, che dovrà essere corrisposto all'INAIL per la sua acquisizione.
L'Asp di Reggio Calabria è, peraltro, già in possesso di una progettazione preliminare, approvata con deliberazione n. 60083 del 2013, la quale dovrà essere rivisitata secondo la nuova programmazione sanitaria della rete ospedaliera, ai sensi del DCA per l'attuazione del piano di rientro n. 64/2016 e della rete territoriale ai sensi del DCA n. 1266/2017. Detta proposta mira a rendere concreto il programma di riassetto della rete ospedaliera e territoriale avviato dalla regione Calabria per il presidio ospedaliero “Tiberio Evoli”, al quale è attribuita, con DCA n. 64/2016, la funzione di ospedale generale, con una nuova distribuzione funzionale che prevede un'assegnazione complessiva di 102 posti letto.
In conformità a tale prevista implementazione dell'offerta assistenziale, il progetto prevede, oltre ad interventi di ristrutturazione degli attuali padiglioni, ivi compreso l'adeguamento degli impianti tecnologici alle più recenti prescrizioni in tema di prevenzione incendi e sismica, anche la realizzazione di un nuovo padiglione e dei collegamenti con i preesistenti edifici.
Concludo dando assicurazione agli onorevoli interpellanti che, pur nella piena consapevolezza della criticità delle condizioni segnalate in questo atto ispettivo, che costituiscono solo un profilo del più ampio e generale contesto di degrado della sanità calabrese, determinata da troppi anni di incuria e di irresponsabilità politica, è fermo intendimento di questo Governo intervenire con decisione, anche attraverso il rinnovato impegno del nuovo organismo commissariale, per consentire un recupero di efficienza e di legalità nelle azioni che verranno intraprese al fine di consegnare alla comunità calabrese servizi sanitari più efficienti e più simili a quelli goduti in altre parti del nostro Paese.
PRESIDENTE. La collega Tripodi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
MARIA TRIPODI (FI). Grazie, Presidente. Sottosegretario, io la ringrazio, naturalmente, per la risposta, che però mi trova soddisfatta solo in parte, come si può evincere, perché, vede, lei sicuramente ha avuto un buon report da parte dei suoi uffici, che le hanno evidenziato la situazione, peraltro sotto gli occhi di tutti, della sanità nella mia regione. Il problema, però, è che le cose, come può evincere, essendo tra l'altro lei medico, non possono essere risolte solo con un elenco di buoni propositi o delle cose che non vanno bene. Tra le cose che non vanno bene, io devo sottolinearle il fatto della distanza, della difficoltà degli spostamenti viari che hanno i cittadini. Lei, giustamente, mi quantifica in 44 minuti il percorso che c'è tra Melito e il presidio ospedaliero più vicino, però non le sfuggirà, visto che, lo ribadisco, lei è un medico, che se una persona ha un infarto o purtroppo viene colpita da ictus, questa persona non si può salvare. Nonostante tutti i cavilli e la burocrazia, mancano i livelli primari di assistenza e questa è una cosa che, nell'anno domini 2019, non possiamo consentire. Come non possiamo consentire il fatto che 340 bambini nati nel 2010 nel punto nascita di Melito Porto Salvo siano stati gli ultimi a nascere in quella struttura, perché, se è vero come è vero, che la soglia minima è di 500 nati per punto nascita, è anche giusto sottolineare, non solo ai miei concittadini calabresi ma a tutti gli italiani, il fatto che un bambino che ha la ventura di nascere in un paesino - che può essere Bagaladi piuttosto che Roccaforte del Greco, piuttosto che un altro comune - dell'hinterland reggino deve avere la stessa dignità di un bambino che nasce a Milano o di un bambino che nasce a Firenze e, quindi, va tutelato.
Lei mi parlava - io, le ripeto, apprezzo molto i suoi sforzi e le sue delucidazioni - di un blocco del turnover, ma, signor sottosegretario, è evidente anche ai bambini di cui sopra che un blocco del turnover impicca tutto quello che concerne la struttura e l'organizzazione di un ospedale.
È giunto il momento, invece, di effettuare uno sblocco, cioè di cercare di vedere come si può riorganizzare al meglio tutto il quadro delle assunzioni, perché ricordo - questa, purtroppo, è una cosa che sfugge ai più - la professionalità dei ragazzi che si laureano in scienze infermieristiche nelle università del Sud - a me viene in mente la vicina università di Messina - vengono fuori con una preparazione eccezionale ma, purtroppo, sono costretti, per mancanza di tutta una serie di sinergie tra istituzioni, ad emigrare. In questo modo il nostro Sud, in barba al reddito di cittadinanza o ad altre cose, si spopola, proprio così.
Inoltre lei, giustamente, mi sottolineava che la struttura, intitolata a Tiberio Evoli, che è stato anche deputato di quest'Aula, è stata edificata nel 1915 ed è stata successivamente, di anno in anno, migliorata fino al 1973. Poi, però, mi ha detto che con un decreto del 24 dicembre del 2018 c'è stato lo stanziamento - a cui io facevo riferimento poco fa - di circa 40 milioni di euro. Lei, perciò, mi assicura che, nel quadro dell'edilizia ospedaliera, il Governo farà di tutto - se ne assume qui l'impegno, mi pare di capire, davanti a quest'Aula, agli italiani e ai miei concittadini - e interverrà per effettuare delle migliorie, anche perché i 102 posti letto sono una risorsa.
Vede, sottosegretario, io non credo che i costi della sanità devono sempre essere visti come una sorta di impegno da parte dello Stato. Iniziamo a vedere le risorse, a considerare tutto come una risorsa: i posti letto, le professionalità delle persone, gli utenti anche. Io sono così accorata nella mia replica perché, essendo una persona nata, cresciuta ed eletta in quel territorio, ho vissuto sulla mia pelle tutte le difficoltà del caso e le dico, concludendo la mia replica e ringraziandola per quanto potrà fare: presti a ciò molta attenzione. Per suo tramite, voglio quindi allargare questo mio appello al Governo, perché questo Governo si è etichettato, come le dicevo prima, come il Governo del cambiamento.
Date dimostrazione su questa particolare problematica che affligge moltissimi cittadini che non siete il Governo del cambiamento tanto per dire, altrimenti, passereste per l'ennesima volta come il Governo del rinvio. La ringrazio e rimango fiduciosa negli impegni che lei ha assunto.
(Intendimenti in ordine all'adozione del decreto attuativo previsto dal decreto-legge n. 119 del 2018 in materia di determinazione del prezzo massimo di cessione di alloggi realizzati con contributi pubblici - n. 2-00276)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Morassut e Fiano n. 2-00276 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Morassut se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
ROBERTO MORASSUT (PD). Grazie, Presidente. Nell'ultima legge di bilancio approvata a dicembre è stato inserito un comma, il 25-undecies, richiesto da varie forze politiche e poi inserito in un emendamento del Governo che ha riformulato l'importante strumento e istituto per l'edilizia residenziale pubblica per gli alloggi convenzionati o con contributo pubblico. Si tratta della determinazione del prezzo massimo di cessione. Che cosa significa? Semplicemente se una famiglia italiana ha diritto ed è nei parametri di legge, può ottenere l'accesso all'acquisto di un alloggio in convenzione con contributo pubblico con i vantaggi di un prezzo calmierato grazie alla disponibilità di terreni di proprietà pubblica. Così milioni di famiglie in Italia negli ultimi cinquant'anni hanno conquistato il diritto alla casa. Naturalmente tale alloggio se ottenuto con facilitazioni pubbliche non può essere commercializzato a prezzo libero ma ad un prezzo massimo di cessione, se non dopo l'esaurimento degli effetti delle convenzioni di venti o novantanove anni, a seconda dei casi, o se non attraverso un riscatto - si chiama affrancazione - dei contributi versati dalla collettività attraverso lo Stato per l'esproprio dei terreni e per la realizzazione delle urbanizzazioni. Nel 1998 questi aspetti tecnici non secondari furono normati dalla legge n. 448 del 1998 che integra alcuni vuoti normativi della precedente normativa sull'ERP. Il comma in questione, il 25-undecies, si è reso necessario perché, per errate interpretazioni negli ultimi anni di molte amministrazioni, molti di questi alloggi sono stati liberati dal vincolo del prezzo massimo di cessione e sono stati venduti, messi sul mercato a prezzo pieno, a prezzo commerciale, prima dell'esaurimento delle convenzioni e senza il versamento dell'affrancazione. Ciò ha determinato l'intervento dalla Cassazione che, in una sentenza del 2015 a sezioni unite, ha ritenuto tali vendite ed i relativi rogiti non pienamente legittimi, aprendo di fatto la strada a numerosi ricorsi e contenziosi tra venditori e acquirenti, una sorta di guerra legale tra lavoratori e famiglie normali, categorie entrambe tutto sommato riferibili a legittimi comportamenti o che comunque hanno agito ottemperando inconsapevolmente e non per loro colpa a direttive non coerenti delle pubbliche amministrazioni. Da qui, quindi, l'esigenza di un nuovo aggiornamento per facilitare una soluzione pacifica che risolva un po' tutti i problemi tra venditori e acquirenti e convenienze della pubblica amministrazione. Ora il punto dell'interpellanza urgente è il seguente: la nuova norma, però, nella legge di bilancio richiedeva l'emanazione entro trenta giorni - sono già passati però quattro mesi - di un decreto attuativo del MEF che fissasse - infatti qui c'è un aspetto tecnico importante al di là della norma - i criteri di calcolo e i parametri per risolvere legittimamente, anche da un punto di vista contabile, i contenziosi, determinando i criteri per il prezzo massimo di cessione e per il versamento dell'affrancazione da parte dei venditori, naturalmente tali da sollevare chi ha acquistato il bene a prezzi eccessivi di poterlo ricapitalizzare. Senza questo decreto attuativo non è possibile fare i calcoli e le procedure restano bloccate, quindi molte famiglie continuano a pagare i mutui accesi per i prezzi maggiorati ma mantenendo nelle loro mani un alloggio il cui valore è compresso dai limiti di legge riproposti legittimamente dalla Cassazione nell'ambito del prezzo massimo di cessione. Quindi, dato che questo decreto doveva essere fatto entro trenta giorni e sono passati quattro mesi e ancora non c'è; poi deve andare in Conferenza Stato-regioni, perché la materia è concorrente e quindi deve essere confrontata anche con il Ministro ed è applicata non solo attraverso una legislazione regionale di recepimento ma attraverso deliberazioni delle amministrazioni comunali, la mia domanda è quando sarà possibile avere il decreto attuativo, perché un anno o un anno e mezzo di mutuo strapagato è effettivamente per migliaia di famiglie un grosso problema.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze, Alessio Mattia Villarosa, ha facoltà di rispondere.
ALESSIO MATTIA VILLAROSA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie Presidente, in esito alle richieste avanzate nell'interpellanza in riferimento, si rappresenta che il Ministero dell'Economia e delle finanze, in adempimento al dettato normativo recato dal decreto-legge 23 ottobre 2018 n. 119, sta procedendo alla predisposizione del previsto decreto ministeriale. Come noto e riportato dagli onorevoli interpellanti, le previsioni normative succedutesi nel tempo in materia hanno dato luogo a diversi dubbi interpretativi e reso difficile la ricostruzione della disciplina e la relativa applicazione. Tali difficoltà hanno generato complessi contenziosi sui quali si è pronunciata la Corte di cassazione con sentenza n. 18135 del 16 settembre 2015 a sezioni unite, richiamata dagli onorevoli interpellanti, e da ultimo con sentenza n. 13345 del 2018 della seconda sezione civile. L'articolo 25-undecies del decreto-legge 23 ottobre 2018 n. 119, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2018 n. 136, con l'intento di prevenire e dirimere il rischio di ulteriori criticità interpretative e applicative, è intervenuto sulle questioni muovendosi come noto sostanzialmente su due direttrici.
Primo: ampliando la platea dei soggetti che possono ricorrere alla stipulazione delle convenzioni, ora anche con scrittura privata autenticata, per la rimozione dei vincoli sul prezzo massimo di cessione contenute nelle convenzioni ex articolo 35 della legge n. 865 del 1971, ovvero i soggetti a ciò legittimati sono ora le persone fisiche che vi abbiano interesse anche se non più titolari di diritti reali su beni immobili.
Secondo: stabilendo che il corrispettivo da versare al comune per la rimozione dei vincoli, corrisponda anche per le unità di diritto di superficie ad una percentuale del corrispettivo da determinarsi dall'ufficio tecnico comunale, con i criteri di cui all'articolo 31, comma 48, della legge n. 448 del 1998. Detta percentuale è fissata anche con l'applicazione di eventuali riduzioni in relazione alla durata residua del vincolo con decreto del Ministro dell'Economia e delle finanze. Con quanto sopra esposto si rende evidente l'attenzione del Governo alla delicata materia trattata con la precisa intenzione di risolvere le annose problematiche su un prioritario piano di equità sociale e si assicura che, appena conclusi gli opportuni approfondimenti tecnici in corso, lo schema di decreto sarà sottoposto all'intesa della Conferenza Unificata.
PRESIDENTE. Il collega Morassut ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
ROBERTO MORASSUT (PD). Grazie, Presidente. No, non posso dichiararmi soddisfatto perché nella replica il sottosegretario ha sostanzialmente ricostruito una materia che conosciamo e che era presente anche nel testo dell'interpellanza e gli indirizzi sono abbastanza chiari ai cittadini. Qui il problema è che la nuova norma, il famoso 25-undecies, è stata di fatto introdotta a fine ottobre, il 23 ottobre, quando la legge di bilancio è andata all'attenzione delle Camere. Quindi, sottosegretario, per conto del Governo, mi permetto di sollecitare invece un'azione rapida del Governo perché sono passati già cinque mesi. Facendo dei calcoli molto a spanne, se il Governo sta lavorando immagino che questo “sta lavorando” non produrrà effetti nell'arco del prossimo mese o delle prossime settimane: se ci fosse stata una possibilità da parte sua di dare una data, almeno l'avrebbe detto qui. Quindi arriveremo intorno ai sei-sette mesi, poi c'è l'iter del confronto, che lei sa quanto è complicato, con la Conferenza Stato-regioni e poi i comuni debbono farsi carico di questo nuovo indirizzo e fare delle delibere perché poi i calcoli e le risorse li incassano i comuni. Quindi passerà più di un anno. Io non posso dichiararmi soddisfatto perché è una materia talmente urgente. Purtroppo è un problema piuttosto serio perché riguarda migliaia di famiglie ed è un po' la conclusione di una storia epocale nel nostro Paese sulla materia dell'edilizia residenziale pubblica che richiama anche l'esigenza di una riforma più generale del settore. Ma questo mettiamolo da parte, però c'è un'urgenza immediata: ci sono famiglie che sono un po' tra l'incudine e il martello nel senso che le procedure di affrancazione sono state attivate attraverso una semplice domanda perché questo prevede la normativa. Si fa la domanda di affrancazione, quindi, si sta in una sorta di limbo in attesa che arrivino i parametri dei calcoli che poi debbono essere condivisi dalle regioni e poi debbono essere messi su carta cioè debbono essere computati dei comuni cioè c'è una procedura talmente complessa che io ho paura che prima di un anno e forse più non se ne esca.
Quindi, mi permetto di sollecitare il Governo a non trascurare questo aspetto, a non ritenersi soddisfatto perché l'Amministrazione ha un suo funzionamento consequenziale; non è che se si fa una norma il problema è risolto, si fa una norma, ma la norma va applicata, l'amministrazione ha dei funzionamenti molto precisi. Quindi, sollecito il Governo a non limitarsi a ritenersi soddisfatto del fatto che c'è una norma - perché questo non ha risolto nulla -, bisogna procedere e i decreti attuativi vanno fatti in tempi rapidissimi.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Martedì 5 marzo 2019 - Ore 11:
1. Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.
(ore 14)
2. Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 5-199-234-253-392-412-563-652 - D'INIZIATIVA POPOLARE; D'INIZIATIVA DEI SENATORI: LA RUSSA ed altri; GINETTI e ASTORRE; CALIENDO ed altri; MALLEGNI ed altri; GINETTI ed altri; GASPARRI ed altri; ROMEO ed altri: Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa (Approvata, in un testo unificato, dal Senato). (C. 1309-A)
e delle abbinate proposte di legge: MOLTENI ed altri; GELMINI ed altri; D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO; MELONI ed altri. (C. 274-580-607-1303)
Relatori: TURRI e ZANETTIN, per la maggioranza; VERINI e CONTE, di minoranza.
3. Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 510 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: GIARRUSSO ed altri: Modifica dell'articolo 416-ter del codice penale in materia di voto di scambio politico-mafioso (Approvata dal Senato). (C. 1302-A)
e dell'abbinata proposta di legge: COLLETTI ed altri. (C. 766)
Relatrice: PIERA AIELLO.
La seduta termina alle 12,20.