Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 737 del 25/1/2006


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI

La seduta comincia alle 9,40.

LALLA TRUPIA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Amoruso, Armosino, Ballaman, Berselli, Giovanni Bianchi, Bielli, Boato, Bonito, Buontempo, Cordoni, Deodato, Duilio, Fragalà, Giordano, Martusciello, Paoletti Tangheroni, Palma, Papini, Patria, Pistone, Raisi, Ramponi, Rosso, Paolo Russo, Saponara, Selva, Sgobio, Urso, Valentino, Valpiana, Viceconte, Violante e Zanella sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono centoundici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Trasferimento a Commissione in sede legislativa delle proposte di legge n. 5337 ed abbinate (ore 9,43).

PRESIDENTE. Propongo alla Camera l'assegnazione in sede legislativa delle seguenti proposte di legge delle quali la X Commissione permanente (Attività produttive) ha chiesto il trasferimento in sede legislativa, ai sensi dell'articolo 92, comma 6, del regolamento:
MILANATO ed altri: «Disciplina dell'attività professionale di tintolavanderia» (5337); MOLINARI: «Legge quadro sulle attività delle imprese di lavanderia, pulitura a secco, tintoria, smacchiatura, stireria e affini» (270); VOLONTÈ e D'AGRÒ: «Legge quadro sull'attività delle imprese di lavanderia, pulitura a secco, tintoria di abiti ed indumenti, smacchiatura, stireria e affini» (1208) (La Commissione ha elaborato un nuovo testo della proposta di legge n. 5337).

Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi a crimini nazifascisti.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato, in data 19 gennaio 2006, ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi a crimini nazifascisti il senatore Luciano Falcier, in sostituzione del senatore Rosario Giorgio Costa, dimissionario.

Discussione di documenti in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione (ore 9,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione di documenti in materia di


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insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Ricordo che a ciascun gruppo, per l'esame del documento, è assegnato un tempo di cinque minuti (dieci minuti per il gruppo di appartenenza del deputato interessato). A questo tempo si aggiungono cinque minuti per il relatore, cinque minuti per richiami al regolamento e dieci minuti per interventi a titolo personale.

(Discussione - Doc. IV-quater, n. 53)

PRESIDENTE. Passiamo alla discussione del seguente documento:
Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del deputato Sgarbi (Doc. IV-quater, n. 53).
La Giunta propone di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento non concernono opinioni espresse dal deputato Sgarbi nell'esercizio delle funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Mantini.

PIERLUIGI MANTINI, Relatore. Signor Presidente, la Giunta riferisce su una richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità concernente il deputato Vittorio Sgarbi con riferimento ad un procedimento penale pendente nei suoi confronti presso la corte d'appello di Brescia.
La richiesta si riferisce ad un procedimento penale iniziato a carico del deputato Sgarbi in seguito ad una denuncia-querela del dottor Francesco Saverio Borrelli. Quest'ultimo ha denunciato all'autorità giudiziaria il deputato richiedente per avere, durante la trasmissione televisiva Sgarbi quotidiani del 16 febbraio 1999, pronunciato le seguenti parole (per come esse gli sono state attribuite nel capo di imputazione): « Il suo amico specialista in tailleur, dottor Borrelli ha mentito davanti alla Commissione antimafia, dichiarando che lo Stato non aveva pagato una lira per il sequestro Sgarella. E quello dovrebbe diventare procuratore generale, quello che ha mentito davanti a uomini dello Stato, davanti al popolo e davanti al Parlamento? (...) Allora da una parte abbiamo il capo Borrelli che mente al Parlamento ...».
Nella denuncia-querela sporta nei confronti dell'onorevole Sgarbi il dottor Borrelli ha chiesto di procedere nei confronti del deputato per diffamazione. Il tribunale di Brescia ha già emanato una sentenza di condanna del deputato Sgarbi a tre mesi di reclusione.
La Giunta ha esaminato il caso della seduta del 22 gennaio 2003, prendendo in considerazione la documentazione inviata.
La maggior parte dei componenti espressisi sul punto ha convenuto che il caso fuoriesce dall'ambito d'applicazione dell'insindacabilità parlamentare, per come questo è stato individuato dalla ormai copiosa giurisprudenza della Corte costituzionale.
Nel caso di specie, infatti, le dichiarazioni del deputato Sgarbi erano riferite ad un'audizione del dottor Borrelli innanzi alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla mafia in occasione della missione da questa svolta a Milano nell'ottobre 1997. Esse tuttavia non sono risultate essere ancorate a contenuti di precisi atti parlamentari ma anzi da essi palesemente trascendono, per risolversi in una mera e insultante invettiva contro il dottor Borrelli. Del resto, Vittorio Sgarbi non faceva parte della Commissione antimafia e quindi le sue frasi non possono essere considerate divulgazione di un pensiero espresso in sede parlamentare.
Al contrario, sarebbe apodittico affermare che «un parlamentare può dire queste cose, perché rientra nelle sue funzioni». Sostenerlo significherebbe avere una ben misera concezione del mandato parlamentare.
Il deputato Sgarbi si è limitato ad esprimere una critica. La sindacabilità in questo caso è ragionevole in punto di diritto formale, vista la giurisprudenza della Corte di cassazione, secondo cui « in tema di diritto di critica ciò che determina


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l'abuso del diritto è la gratuità delle espressioni non pertinenti ai temi apparentemente in discussione». Sotto il profilo costituzionale è orientamento costante, dal 1998 in poi, quello di ritenere che per la configurabilità della scriminante di cui all'articolo 68, primo comma, della Costituzione occorra un sicuro aggancio delle affermazioni rese extra moenia ai contenuti dell'attività parlamentare svolta mediante atti tipici, sebbene questo vincolo non debba essere così stretto e puntuale, ma tuttavia non deve certamente neppure non essere sussistente. Del resto, non si può fare a meno di ricordare in questa sede che delle 26 decisioni di merito ad oggi rese in materia di insindacabilità - a seguito di conflitti di attribuzione elevati dall'autorità giudiziaria contro le decisioni della Camera - in 21 casi la Camera è risultata soccombente. Ciò vuol dire che, per l'appunto, il nostro indirizzo è quanto meno in contrasto con la Costituzione; mi auguro, quindi, che sull'argomento non vi sia una sottovalutazione.
Per comprendere come leggerezze valutative della Camera non potrebbero passare inosservate al vaglio della Corte, vale la pena riportare un passaggio almeno di una delle ultime sentenze (la n. 257 del 2002): « A prescindere dal rilievo che alcune delle espressioni usate si sostanziano in meri insulti personali, si deve concludere che le parole pronunciate dal deputato Sgarbi non sono coperte dall'immunità ai sensi dell'articolo 68, primo comma della Costituzione (poiché in esse non è dato ravvisare alcuna corrispondenza di significati, né formale né sostanziale, con il contenuto di atti parlamentari tipici)».
Da ultimo, devo ricordare anche la giurisprudenza, in particolare ben tre sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo per effetto delle quali l'Italia è stata condannata, nel caso Cordova e altri, proprio sulla base dell'assunto che sistemi legali nazionali di protezione troppo intensa dell'attività parlamentare finiscono per ridondare in una lesione del diritto soggettivo al processo garantito dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. È singolare, insomma, che le garanzie parlamentari vengano intese dalla stessa Corte di giustizia europea come una lesione dei diritti soggettivi alla giustizia. Noi sappiamo, invece, che la prerogativa parlamentare dovrebbe assolvere a tutt'altre funzioni.
Anche sulla base di queste considerazioni, ritengo, così come ha ritenuto la Giunta a maggioranza, che nel caso di specie non debba essere dichiarata l'insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Sgarbi.

PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,55).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto - Doc. IV-quater, n. 53)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cola. Ne ha facoltà.

SERGIO COLA. Presidente, non sono assolutamente d'accordo con la proposta sostenuta dal relatore, che a mio avviso, anche alla luce della legge n. 140 del 2003, in un certo senso travalica lo spirito della legge stessa, dando un'interpretazione troppo rigorosa e ristretta che non consente di far rientrare la vicenda di cui ci


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stiamo occupando nelle fattispecie dell'insindacabilità, che io invece ritengo ricorrano nel caso di specie.
Peraltro, ritengo che queste mie osservazioni trovino un sostegno fortissimo proprio nella relazione dell'onorevole Mantini. Basta fare riferimento proprio alle frasi pronunciate dall'onorevole Sgarbi nel lontano 16 febbraio del 1999: «(...) ha mentito davanti alla Commissione Antimafia, dichiarando che lo Stato non aveva pagato una lira per il sequestro Sgarella. E quello dovrebbe diventare procuratore generale, quello che ha mentito davanti a uomini dello Stato, davanti al popolo e davanti al Parlamento?». Mi pare che un riferimento all'attività parlamentare vi sia eccome! Vi è un riferimento specifico ad un accesso della Commissione antimafia presso la Procura della Repubblica di Milano per ascoltare proprio il dottor Borrelli!
Evidentemente, agli atti - non sono in condizione di dirlo, ma devo presumerlo - è stata anche acquisita la prova che lo Stato ha pagato per ottenere la liberazione di Sgarella. A me non interessa se Sgarbi facesse parte o meno della Commissione antimafia; Sgarbi è un parlamentare ed avrà acquisito conoscenza dell'audizione di Borrelli attraverso gli atti parlamentari. Non lo voglio sostenere in questa sede perché non ho la prova, ma evidentemente dagli atti della Commissione antimafia emerge anche che lo Stato ha pagato per la liberazione di Sgarella, per cui, quando Sgarbi fa un'affermazione del genere, a mio modo di vedere, lo fa nel pieno esercizio delle sue facoltà e dei suoi diritti di parlamentare. Sostenere il contrario, a mio parere, significherebbe non tutelare appieno le prerogative parlamentari. Tra l'altro, Sgarbi ha reso queste affermazioni al di fuori della sede parlamentare, anche se con riferimento - ripeto - ad un atto parlamentare.
Con l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione, attraverso la legge n. 140 noi abbiamo esteso questa prerogativa anche all'attività extramoenia e, soprattutto, l'abbiamo estesa anche alle denunce di carattere politico. Le espressioni usate da Sgarbi sono delle critiche che, a mio modo di vedere, non toccano assolutamente la persona, ma toccano la funzione.
È noto a questo Parlamento, in particolare ai colleghi deputati nella XIII legislatura, quanto a quell'epoca fosse vivo e carico di tensione il dibattito sul problema giustizia e, in particolare, sul procuratore Borrelli in relazione alle note vicende che hanno «partorito» Tangentopoli.
Le affermazioni del collega Sgarbi hanno un significato strettamente politico. Quelle affermazioni - in sostanza: Borrelli è uno che mente e poi dovrebbe fare il procuratore generale? - non sono, a mio avviso, assolutamente riferite alla persona del dottor Borrelli, ma alla funzione che quest'ultimo espletava.
In conclusione, ritengo, contrariamente a quanto è stato proposto dal relatore, onorevole Mantini, che sussistano tutti i presupposti per dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento nei confronti del collega Sgarbi concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gironda Veraldi. Ne ha facoltà.

AURELIO GIRONDA VERALDI. Signor Presidente, senza entrare nel merito delle disquisizioni relative alla fattispecie in cui sia riscontrabile l'esercizio delle funzioni parlamentari, dichiaro fin d'ora che esprimerò un voto contrario alla proposta della Giunta.
In altre occasioni ho espresso un voto diverso perché vi erano delle motivazioni completamente diverse da quelle che caratterizzano la vicenda in questione. Nel caso di specie, mi permetto di richiamare la «giurisprudenza Sgarbi» che si è formata davanti alla Giunta per le autorizzazioni a procedere. E questo caso non si distacca assolutamente dai precedenti.
Non vorrei, inoltre, che si insinuasse il sospetto che una certa giurisprudenza si sia formata quando l'onorevole Sgarbi faceva parte di un gruppo politico e ora la si debba modificare visto che il collega in


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questione non fa più parte di quello schieramento. Io voto per l'insindacabilità delle opinioni espresse dal collega Sgarbi, in aderenza a tutto ciò che ho detto prima.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sgarbi. Ne ha facoltà.

VITTORIO SGARBI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi dispiace che per una vicenda tanto «sottile» l'Assemblea abbia una partecipazione tanto «rarefatta» da non potere le parole evocare una diversa posizione, al di là delle parti politiche, dei colleghi sulla vicenda.
Non credo che ciò che è stato appena evocato abbia a che fare con appartenenze alla destra o alla sinistra. Credo, invece, che si continui a non valutare che, al di là della questione interna al Parlamento, le dichiarazioni che ho reso in merito all'azione del dottor Borrelli e, in generale, della procura milanese, hanno a che fare con una questione così intimamente politica che l'esponente principale di quel gruppo, che non è il dottor Borrelli ma il dottor Di Pietro, è diventato il leader di un movimento politico ed ha assunto quelle posizioni che esponeva in tribunale come suo manifesto politico.
Ogni dibattito di quegli anni non poteva che essere politico, quale che fosse la nostra posizione: oggi la mia posizione, ma non in questa materia, potrebbe essere mutata; così anche per i colleghi di sinistra che potrebbero aver mutato la propria posizione, viste le vicende Unipol, in senso garantista.
In quegli anni il dibattito era tutto politico in quell'arena della politica italiana che è la televisione, contro la quale si combatte una guerra guerreggiata perché il premier continua ad invaderla. Se il Parlamento non fosse un luogo televisivo nessuno ne parlerebbe! Se la televisione non fosse una prosecuzione di quel luogo nessuno ne parlerebbe! Non è che io parlavo di Borrelli «là» invece di «qua» perché «là» ero un altro, né parlavo di questioni talmente intime del Parlamento da evocare nientemeno che un tema, così estraneo a quello che al popolo può importare, quale è l'audizione davanti alla Commissione antimafia che, se non la vai a spiegare «per lettera», nessuno comprenderà che si tratta di una Commissione interna al Parlamento.
Questo distinguo della Giunta, che va ad esaurirsi, è senza fondamento perché altrimenti si dovrebbe eliminare la par condicio, non discutere dell'invasione del premier, non discutere delle due settimane che lo stesso Presidente del Consiglio ha chiesto per non ricadere nelle disposizioni vigenti in tema di par condicio e non discutere, infine, del fatto che ieri sera lo stesso ha fatto dichiaratamente politica per un'ora nel programma televisivo di Bonolis. Pertanto, non è possibile che io debba pagare la mia estraneità alla politica perché parlo in televisione, mentre la televisione è il luogo per eccellenza della politica in cui si discute ogni minuto rispetto al premier o ad altro.
Allora, non ho nulla di personale contro il dottor Borrelli. Ho anche avuto con lui piacevoli conversazioni - quelle sì extraparlamentari -, in campo musicale, alla Scala, dove constatavo che egli dava del «tu» al teste, al superteste «Omega», la Ariosto, cosa molto bizzarra per la terzietà di un magistrato, che dovrebbe vedere i pentiti non come amici con cui dibattere di questioni musicali o personali, ma come persone fondamentali per un grande processo.
Nulla ho contro di lui, che ha fatto politica in maniera costante, dichiarandosi pronto ad essere chiamato ad una supplenza della politica per una particolare emergenza e dichiarando «resistere! Resistere! Resistere!», contro questo Parlamento. Io faccio una «resistenza» per il Parlamento, anche sbagliando tutto, e vengo considerato sindacabile, perché l'ho detto in televisione! Mi pare una forma abominevole di ipocrisia! Mi pare una forma di menzogna istituzionale! Mi pare una forma di finzione!
Allora, il merito è particolarmente debole - io non ho detto nulla di offensivo -, la sostanza è particolarmente vera ed il luogo è il Parlamento, molto più di quest'aula,


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dove ci ascoltano in 26, quando qualunque fiato pronunciato in televisione ha il senso di un coro a cui tutti assistono, perché la televisione è il luogo dove la politica si esercita.
Quindi, per quanto non ci si ascolti, in quanto molti stanno fuori ed aspettano il richiamo della «campanella», vi pregherei di valutare che la proposta di dichiarare sindacabile ciò che ho detto è una menzogna in termini politici, umani e morali (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Per consentire l'ulteriore decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 10, è ripresa alle 10,20.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sabattini. Ne ha facoltà.

SERGIO SABATTINI. Signor Presidente, un intervento su questo punto non può che essere a titolo personale, per ciascuno di noi.
Ho esaminato la relazione, oltre ad avere ascoltato il dibattito. Se mi concede qualche minuto, signor Presidente, vorrei cercare di evitare alla Camera dei deputati, per quanto è il mio avviso, un errore grave. Personalmente, ho sempre espresso un voto, per così dire, autonomo sui documenti relativi alla insindacabilità e, in genere, tendo a tutelare le prerogative del parlamentare. Lo farò anche in questo caso, cercando di motivarne le ragioni.
È la prima volta, in dieci anni, che intervengo su questo argomento. Trovo che se noi accedessimo alla proposta del relatore commetteremmo un grave errore sul piano istituzionale e costituzionale e lo commetteremo per pure e squisite ragioni politiche, cosa che io ritengo inaccettabile.
Signor Presidente, io considero il rapporto tra il Parlamento e la magistratura come un rapporto tra poteri che, peraltro, sono costituzionalmente previsti. Quando un parlamentare esprime una critica, anche grave e con modalità cui io non ricorrerei mai (in varie occasioni mi è capitato di dire al collega Sgarbi che sbagliava ad usare le terminologie che ha impiegato più volte), ritengo vi sia uno scontro di tipo costituzionale tra poteri che fa parte della logica politica e democratica. Altro è valutare negativamente le forme attraverso le quali si verifica questo scontro, altro è che la Camera dei deputati neghi in ipotesi la possibilità di questo scontro. A mio avviso, se un parlamentare dichiara, in qualsiasi sede, che un magistrato ha mentito - perché di questo si tratta - ciò è nelle sue facoltà, perché ritengo non si tratti di una calunnia, sotto questo profilo, ma di un giudizio politico.
Inoltre, ho letto la relazione del relatore, il quale afferma che non facendo parte il collega Sgarbi della Commissione antimafia le sue frasi non possono essere considerate divulgazione di un pensiero espresso in sede parlamentare. Ebbene, ritengo questa frase dannosa per il Parlamento e per la sua autonomia. È come affermare che io, appartenendo alla Commissione affari costituzionali, non posso esercitare il mio diritto di critica in materia di trasporti nei confronti di qualsiasi magistrato del nostro paese. Perciò, considero la relazione molto ambigua e assolutamente non chiara.
Concludendo, signor Presidente, è evidente che noi, come Parlamento, stiamo cedendo nello scontro tra poteri. In questo caso, credo che sia sbagliato cedere. Infatti, anche se - mi scuso con il collega Sgarbi - le sue opinioni espresse in televisione spesso non erano accettabili, noi rischiamo, a causa di quelle opinioni non accettabili ed espresse in forma sbagliata, di buttare via, insieme all'acqua sporca, anche il bambino. La Camera dei deputati non può consentirselo. Da ultimo - mi scuso - volevo esprimere anche questa valutazione.
È del tutto evidente che la Camera dei deputati non possa considerare l'attività dei parlamentari soltanto nel chiuso dell'aula,


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altrimenti dovremmo liberarci di 100 anni, per così dire, di mezzi di comunicazione di massa. Se poi un collega sia retribuito per rendere quelle affermazioni, ciò attiene alla sua sfera etica ed a me non interessa. Mi interessa, invece, tutelare la possibilità della politica di entrare anche nei mezzi di comunicazione di massa, anche per quanto riguarda i parlamentari.
Quindi, poiché si tratta di questione annosa, Presidente, e poiché in ogni caso i fatti non si inquadrano nella tradizionale invettiva o nel tradizione insulto ma si collocano nel quadro di un giudizio politico, esprimerò un voto contrario - e lo farò in tutta coscienza - su un documento che considero pericoloso per le prerogative democratiche dei parlamentari e della Camera dei deputati.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giordano. Ne ha facoltà.

FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, mi paiono ineccepibili le motivazioni testé pronunciate dal collega Sabattini; voglio aggiungere, a nome mio - come è doveroso in tali casi; ma ritengo di interpretare l'orientamento di tutto il gruppo - che avrò lo stesso atteggiamento di voto. È peraltro del tutto evidente come il nostro contrasto politico e di merito con l'onorevole Sgarbi sia netto, chiaro ed esplicito, e continuerà ad essere tale, come è ovvio; anche sulla vicenda, noi abbiamo un'opinione del tutto diversa da quella dell'onorevole Sgarbi. Però, onestamente, per noi il sistema di tutele e di garanzie del parlamentare è sacro; per tale ragione, dunque, non daremo alcuna valutazione di tipo politico, che, come è noto, è difforme da quella dell'onorevole Sgarbi.
Francamente, tra le motivazioni esplicitate trovo l'argomento che in questa sede ha svolto l'onorevole Sabattini particolarmente pertinente: come si fa a considerare l'attività parlamentare solo nel «recinto» dell'Assemblea? È da una vita che ci stiamo battendo per l'esatto contrario e risulta oramai chiaro a tutti come anche attraverso i mass media si svolgano giudizi ed attività politiche del tutto esplicite ed evidenti.
Per questa ragione, voteremo esattamente nel senso che in questa Assemblea ha indicato l'onorevole Sabattini.

(Votazione - Doc. IV-quater, n. 53)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Ricordo che chi intende votare per l'insindacabilità a favore dell'onorevole Sgarbi deve votare «no»; chi invece intende votare contro l'insindacabilità, e quindi secondo il parere espresso dal relatore, deve votare «sì».
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento di cui al Doc. IV-quater, n. 53, non concernono opinioni espresse dal deputato Sgarbi nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 334
Votanti 273
Astenuti 61
Maggioranza 137
Hanno votato
79
Hanno votato
no 194).

La Camera ha pertanto deliberato nel senso che i fatti per i quali è in corso il procedimento di cui al Doc. IV-quater, n. 53, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.

(Discussione - Doc. IV-quater, n. 120)

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla discussione del seguente documento:


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Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del deputato Selva (Doc. IV-quater, n. 120).
Ricordo che la Giunta, a maggioranza, propone di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse dal deputato Selva nell'esercizio delle funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il relatore per la maggioranza, onorevole Lezza.

GIUSEPPE LEZZA, Relatore per la maggioranza. Onorevoli colleghi, la Giunta riferisce su una richiesta di deliberazione avanzata in data 6 ottobre 2005 dall'onorevole Gustavo Selva nell'ambito del procedimento penale n. 13010 del 2005 pendente presso il tribunale di Roma.
La querela che dà origine al procedimento è stata sporta dalla dottoressa Clementina Forleo, magistrato addetto alle funzioni di giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Milano.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Lezza. Pregherei i colleghi, trattandosi di questioni sempre di una certa delicatezza, che attengono a problemi che riguardano i colleghi, di consentire al relatore di esprimersi in modo da essere compreso, persino dalla Presidenza che è un po' distante.

GIUSEPPE LEZZA, Relatore per la maggioranza. La ringrazio, signor Presidente.
Come ampiamente noto, la dottoressa Forleo si è resa evidente per la prima volta alle cronache nazionali per avere, in data 24 gennaio 2005, emanato una sentenza nella quale - all'esito del giudizio abbreviato celebrato a carico di 5 imputati accusati di violazione del testo unico delle leggi sull'immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998), di ricettazione e di associazione con finalità di terrorismo - ha ritenuto di non ravvisare la sussistenza di quest'ultimo reato.
Secondo quanto si è appreso delle notizie di stampa, i motivi che hanno portato la dottoressa Forleo ad escludere nei confronti di alcuni degli imputati l'ipotesi di associazione con finalità di terrorismo stavano nell'aver costei distinto la nozione di «terrorismo» da quella di «resistenza» o di «guerriglia». Avendo ritenuto sussistere nel caso di specie, come attinente alla situazione irachena, la seconda e la terza ipotesi e non la prima, il magistrato ha pronunciato una sentenza di assoluzione. Successivamente, il ministro dell'interno, onorevole Pisanu, ha disposto l'espulsione di uno degli imputati, Mohamed Daki, ai sensi dell'articolo 13 del predetto decreto legislativo n. 286 del 1998. Peraltro, essendo il Daki sottoposto a procedimento penale, per l'esecuzione dell'espulsione occorreva il «nulla osta» del magistrato, che però la dottoressa Forleo non ha concesso. L'onorevole Selva viene querelato dalla dottoressa Clementina Forleo per aver inserito alcuni periodi a lei riferiti in un suo articolo pubblicato su Il Secolo d'Italia il 26 gennaio del 2005 dal titolo «Quei magistrati con la kefiyah che scambiano vittime e assassini». Sentito nel corso dell'esame presso la Giunta in data 26 ottobre 2005, l'onorevole Gustavo Selva ha fatto presente di essere stato querelato dalla dottoressa Forleo per opinioni che egli ha espresso nella doppia veste di commentatore politico e parlamentare, qualità entrambe che gli dovrebbero garantire l'immunità. Nell'articolo oggetto del procedimento egli aveva criticato i concetti - che il magistrato aveva espresso nella sua sentenza - di «popolo oppresso» e di «guerriglia», i quali non gli sembravano e non gli sembrano attagliarsi alla situazione irachena. Ha inoltre affermato di aver volutamente enfatizzato gli effetti estremi dell'impostazione della dottoressa Forleo a scopi di critica politica. Tant'è vero che nel suo articolo ha scritto testualmente: «Anche in questa occasione la mia può apparire una forzatura polemica, ma in presenza di avvenimenti tanto violenti mi sembra che la chiarezza debba prevalere sul detto e sul non detto».


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In tale articolo in buona sostanza, per un verso, l'onorevole Selva ricordava il sacrificio del maresciallo dell'esercito Simone Cola, morto per un incidente all'elicottero su cui viaggiava in Iraq e per l'altro criticava quei capi di Governo che non partecipano allo sforzo militare a fianco degli Stati Uniti e del Regno Unito. In tale contesto di confronto tra visioni e scelte politiche opposte, l'onorevole Selva ha criticato anche la pronuncia del giudice Forleo in ordine alla richiesta di rinvio a giudizio di un cittadino marocchino anche per il reato di associazione con finalità di terrorismo. Come è noto anche a questa Giunta per via delle analoghe richieste di insindacabilità avanzate dai deputati Di Luca e Cicchitto, la predetta dottoressa Forleo aveva ritenuto che la guerriglia in Iraq non potesse definirsi ai sensi dell'articolo 270-bis del codice penale «terrorismo». È noto altresì che tale pronuncia ha sollevato legittime e diffuse perplessità alle quali l'onorevole Selva si è associato anche in qualità di attento e qualificato osservatore delle vicende internazionali, essendo peraltro presidente della Commissione affari esteri della Camera dei deputati.
Nell'affermazione per cui il giudice Forleo avrebbe scambiato vittime con assassini e che ella sarebbe un giudice con la kefiyah non si vedono francamente elementi offensivi bensì la mera censura politica, e neanche delle più aspre. È evidente per di più che l'onorevole Selva non si è spinto oltre la critica di un comportamento concreto, quale è un'ordinanza giurisdizionale, e non ha usato il cosiddetto argumentum ad hominem, che la Corte di cassazione ritiene illegittimo e determinante nell'integrazione del reato di diffamazione. Per questi motivi, a maggioranza, la Giunta nella seduta del 18 gennaio 2006, ha deliberato nel senso che i fatti concernono espressioni inerenti all'esercizio delle funzioni parlamentari ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Kessler.

GIOVANNI KESSLER, Relatore di minoranza Signor Presidente, ad avviso della minoranza della Giunta, nel caso di specie si tratta non solo di un commento ad una sentenza (ovviamente, sempre legittimo, sia che provenga da parlamentari, sia che venga formulato da comuni cittadini), ma anche dell'attribuzione all'estensore della sentenza in oggetto di valutazioni che quel giudice non aveva mai effettuato.
Il giudice in questione, infatti, viene apostrofato come un magistrato con la kefiyah: non si tratta certamente né di un commento alla sentenza, né di un apprezzamento lusinghiero (almeno per un magistrato). Il relatore per la maggioranza non l'ha riferito, ma allo stesso estensore della citata sentenza viene attribuito il fatto di considerare i soldati di pace italiani degli assassini.
A nome della minoranza della Giunta, allora, vorrei rilevare che non si riscontra un collegamento tra l'attribuzione di tali giudizi e l'attività parlamentare del deputato Selva: per questi motivi, invito l'Assemblea a respingere la proposta della maggioranza della Giunta di deliberare nel senso che i fatti concernono espressioni inerenti all'esercizio delle funzioni parlamentari, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.

PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Dichiarazioni di voto - Doc. IV-quater, n. 120)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, potremmo definire dubbio il caso testè esposto. Su questa materia, come è chiaro, vi è infatti la più ampia discrezione nelle valutazioni dei singoli parlamentari. Ricordo, a tale riguardo, che non abbiamo mai imposto vincoli derivanti dall'appartenenza ad un gruppo.


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Credo, tuttavia, che le osservazioni poc'anzi pacatamente svolte dal collega Kessler, relatore di minoranza, siano fondate. Anche nel caso di specie, infatti, non sussiste un collegamento tra quella che può essere considerata, in via generale, una legittima attività di critica e l'esercizio della funzione parlamentare, sia pur intesa in modo ampio. Desidero tuttavia cogliere quest'occasione per dire brevemente al collega Sabattini che i liberali a giorni alterni non mi piacciono, e che questa non è una materia sulla quale si debba o si possa preferire la giustizia politica alla giustizia costituzionalmente garantita.
Sostenere specificatamente che una persona, prima ancora che un servitore dello Stato, abbia mentito, in ordine ad un sequestro, dinanzi ad un organo istituzionale costituisce un'accusa che deve essere dimostrata. Di fronte a ciò, non ci si può nascondere dietro l'insindacabilità parlamentare, ma si deve dimostrare tale accusa, assumendosene le relative responsabilità!

AURELIO GIRONDA VERALDI. Ma abbiamo già deciso...!

PIERLUIGI MANTINI. La prerogativa della funzione parlamentare di cui all'articolo 68 della Costituzione è stata concepita non per essere una sorta di «scudo» nei confronti dell'eventuale responsabilità personale, ma per garantire l'Assemblea ed i singoli parlamentari nella formazione delle proprie decisioni. Si tratta di contemperare, in altri termini, la libertà e la responsabilità.
Ritengo sbagliato, quindi, che, nel finale della legislatura, dopo che il centrosinistra ha mantenuto un atteggiamento coerente, e forse anche diverso da alcuni precedenti non illustri verificatisi nelle scorse legislature, si registri uno scivolamento verso posizioni poco attinenti con i principi costituzionali.

GUSTAVO SELVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GUSTAVO SELVA. Signor Presidente, non intendevo intervenire, tuttavia, siccome l'intera polemica è stata incentrata sul titolo dell'articolo in questione, mi permetto di far presente all'aula - i colleghi giornalisti non hanno bisogno che lo ricordi - che il titolo non appartiene all'estensore dell'articolo. Ciò è vero al punto che non avevo pensato di fare ricorso alla Giunta per le autorizzazioni, anche se, in questo caso, sarebbe stato coinvolto il direttore responsabile del quotidiano Il Secolo d'Italia. Pertanto, prego i colleghi di fare attenzione a questa mia osservazione.
Ringrazio il relatore di maggioranza, che ha capito lo spirito - evidentemente politico - e, se volete, perfino anche polemico. Se ad un giornalista deputato non è consentito nemmeno ciò, non so dove vada a finire la libertà di espressione.

(Votazione - Doc. IV-quater, n. 120)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento di cui al Doc. IV-quater, n. 120, concernono opinioni espresse dall'onorevole Selva nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
Onorevoli colleghi, preciso che chi intende avvalorare le opinioni espresse dal relatore per la maggioranza dovrà votare «sì»; chi, invece, le contrasta ed è per le conclusione del relatore di minoranza dovrà votare «no».
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 368
Votanti 348
Astenuti 20
Maggioranza 175
Hanno votato
235
Hanno votato
no 113).


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Prendo atto che l'onorevole Rampelli non è riuscito a votare.

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge Ascierto ed altri; Lavagnini; Lucidi ed altri: Delega al Governo per il riordino dei ruoli del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate (A. C. 3437-4376-5400) (ore 10,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati Ascierto ed altri; Lavagnini; Lucidi ed altri: Delega al Governo per il riordino dei ruoli del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate.
Ricordo che nella seduta del 16 gennaio 2006 si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Esame degli articoli - A.C. 3437 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del testo unificato delle proposte di legge, nel testo della Commissione.
Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (vedi l'allegato A - A.C. 3437 ed abbinate sezione 1).
Avverto, altresì che, per un mero errore tipografico, a pagina 8 dello stampato del testo «A», le parole «decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 33» devono intendersi «decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334».

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 3437 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 3437 ed abbinate sezione 2).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, il testo oggi in discussione, ed è pervenuto il parere della IV Commissione, prevede una delega al Governo, da esercitarsi mediante una pluralità di decreti legislativi da emanarsi nel corso degli anni 2006, 2007, 2008 ed oltre. Ciò al fine di realizzare un riordino delle carriere del personale delle Forze armate dello Stato. Sono interessati al provvedimento sia i dirigenti sia i non dirigenti, vale a dire l'insieme del personale che rientra nel comparto della difesa e della sicurezza, che vedrà modificate le norme che disciplinano le promozioni, i periodi di permanenza nei vari gradi e qualifiche, i criteri di remunerazione, con conseguenti effetti economici.
Le autorizzazioni di spesa di cui dispone il provvedimento in esame consistono in 73 milioni di euro per l'anno 2004; 118 milioni di euro per l'anno 2005 e 122 milioni di euro a decorrere dall'anno 2006. I fondi per il 2004 ed il 2005 saranno trasposti, ovviamente, nel bilancio del 2006 - così almeno ha sostenuto il sottosegretario Vegas - in sede di discussione della legge finanziaria per l'anno 2006, chiedendo, tra l'altro, il ritiro di un emendamento dell'onorevole Ramponi che formalizzava, tuttavia, tale decisione.
Ciò vuol dire che, stando alla parola del sottosegretario Vegas, il provvedimento dispone di 313 milioni di euro per il 2006 e di 122 milioni di euro per gli anni successivi. Gli organici del personale del comparto difesa e sicurezza assommano a 450 mila unità, oltre ai dirigenti, che sono circa 4 mila. Quindi, in totale, si tratta di 455 mila persone.
Nel provvedimento che stiamo esaminando si prevede di riordinare la dirigenza, armonizzandone i trattamenti con quelli della dirigenza pubblica - ciò equivale a destinare a tale settore significativi miglioramenti economici -; unificare il ruolo degli agenti e degli assistenti con quello dei sovrintendenti e dei loro equivalenti nelle forze armate - ciò equivale a prevedere una carriera unica per le qualifiche di base, con promozioni ad anzianità e conseguenti miglioramenti economici e la promozione al grado apicale


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prima della cessazione dal servizio, con conseguenze migliorative del trattamento di quiescenza -; migliorare il trattamento economico del personale appartenente al ruolo degli ispettori e dei marescialli, valorizzandone economicamente le responsabilità funzionali; realizzare un'area di natura dirigenziale, unificando all'interno di essa alcuni ruoli tecnici e concedendo loro un'indennità perequativa; riconoscere e valorizzare le funzioni di natura dirigenziale svolte dagli uffici superiori delle Forze armate e dei funzionari delle corrispondenti qualifiche delle Forze di polizia; concedere perequazioni di natura economica tra il ruolo dei marescialli e quello degli ispettori; valorizzare il trattamento economico del personale ad ordinamento civile e militare delle qualifiche iniziali; intervenire sui contenuti del rapporto di impiego della dirigenza, delegificandone il procedimento.
Come si vede, si tratta di norme che identificano in maniera inequivocabile i benefici economici o normativi, nonché i percettori degli stessi per ciascun grado, ruolo, qualifica o categoria, suscitando, quindi, altrettanti interessi fra i destinatari e un conseguente malcontento fra gli esclusi o tra coloro che si sentono scavalcati o ignorati da queste decisioni.
È, quindi, un provvedimento i cui contenuti dividono il personale. Ne hanno avuto prova anche i rappresentanti della maggioranza, i quali hanno avuto il coraggio di intervenire alle assemblee di questi giorni organizzate dai sindacati e dai COCER ed hanno ascoltato fino in fondo i giudizi di quella platea in merito al provvedimento in esame. Mi riferisco alle bordate di fischi ottenute dai rappresentanti della maggioranza del gruppo di Alleanza nazionale, che in questi giorni si sono dovuti confrontare con il personale delle Forze di polizia e delle Forze armate. Forse, hanno compreso quale sia il giudizio di una parte... Non scuota la testa, onorevole Ramponi, siamo in grado di dimostrare le cose che diciamo, delle quali ci assumiamo la responsabilità in questa Assemblea. Al termine del mio intervento, le indicherò le sigle sindacali che sono contrarie al provvedimento e chiedono di bloccare questo progetto di riordino che si intende varare a legislatura praticamente conclusa.
Stiamo, quindi, discutendo un provvedimento messo insieme dalla maggioranza in modo confuso. Ricordo anche il ritardo con il quale abbiamo dato inizio all'esame di tale testo unificato, che ieri abbiamo dovuto rinviare più volte. Soprattutto, si tratta di un provvedimento che non ha una chiara copertura finanziaria, rivolto a persone che svolgono (al riguardo, non vi è ombra di dubbio) funzioni delicate, rischiose e fondamentali per la sicurezza e la difesa del paese.
È del tutto evidente che un serio provvedimento di riordino deve misurarsi, innanzitutto, con un forte senso di responsabilità nei confronti dei destinatari e deve essere in grado di produrre concretamente gli effetti promessi.
In una tabella abbiamo provato a schematizzare quali dovrebbero essere gli effetti economici, per ciascuna categoria e per ciascuna situazione, in misura tale da poter essere apprezzati dal personale. Ne scaturisce un costo di 621 milioni e mezzo di euro, che non sono disponibili in questo provvedimento. Si ricorre, quindi, ad un artificio: l'attuazione di queste misure è demandata a decreti delegati, da realizzarsi nel tempo: il primo entro il 31 dicembre 2006, altri entro il 30 giugno 2007, altri ancora nel periodo intermedio e, infine, eventuali altri decreti integrativi negli anni successivi.
Questo è ciò che una parte del personale comprende perfettamente: dietro la promessa di situazioni economiche positive per il personale stesso non ci sono un investimento ed un impegno economico garantito.
Viene però inserita una clausola di sbarramento, secondo la quale i decreti legislativi potranno essere adottati soltanto dopo che le leggi finanziarie dei prossimi anni ne avranno garantito la copertura finanziaria.


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Anche alla luce del dibattito di queste ore, non so quanto la maggioranza di centrodestra ritenga che questo Governo debba restare in carica.
A questo punto, possiamo ipotizzare che per i prossimi tre o quattro anni avranno, in qualche modo, la garanzia di poter assumere le decisioni contenute in questo provvedimento. Di mezzo, tuttavia, per fortuna degli italiani e del personale militare, ci sono le elezioni e, quindi, anche i cittadini delle Forze di polizia e delle Forze armate potranno esprimere la loro opinione.
Questa soluzione legislativa, a nostro avviso, non è praticabile, poiché le norme previste dispongono effetti che determinano interessi legittimi, che sono molto più che una legittima aspettativa; la loro attuazione, quindi, non può essere subordinata alla disponibilità futura di risorse finanziarie, che al momento dell'approvazione della legge non si sa se ci saranno.
La critica sul metodo, quindi, mi sembra del tutto chiara. Da un lato, vi è l'incertezza della copertura finanziaria, con il rinvio a risorse che dovranno essere reperite, e, dall'altro lato, vi è la forzatura sui tempi, visto che si porta all'esame dell'aula un provvedimento a pochi giorni dallo scioglimento delle Camere.
Le critiche nel merito sono ancora più doverose. Al momento, il personale delle Forze di polizia è articolato su quattro ruoli. Faccio riferimento ai gradi e alle qualifiche militari solo per semplificare: il ruolo della truppa, articolato su quattro gradi; il ruolo dei sergenti, articolato su tre gradi; il ruolo dei marescialli e il ruolo degli ufficiali, che racchiude le qualifiche di non dirigenti e dirigenti.
La prima questione che si propone è quella dell'unificazione dei ruoli truppa e sergenti e dei ruoli equivalenti nelle Forze di polizia, agenti e sovrintendenti, in un unico ruolo. In conseguenza di ciò, la carriera iniziale si articolerà su sette gradi.
È un passaggio condivisibile, che risolve il problema che ha indicato, tra l'altro, anche il presidente Ramponi, relativo alle due carriere troppo corte e che si esauriscono nei primi 16-18 anni di servizio. Però, al tempo stesso, si creano molti problemi per coloro che già si trovano nel ruolo dei sergenti e dei sovrintendenti e che in tale ruolo rimarrebbero ingiustamente intrappolati e scavalcati dai nuovi arrivati.
Per questi ultimi non si fa nulla e non si prevede nulla in questo provvedimento. Invece, bisogna aprire loro la strada al ruolo dei marescialli o degli ispettori.
Il secondo aspetto è relativo al ruolo degli ispettori e dei marescialli. Il Governo indica la prospettiva di interventi perequativi e di valorizzazione, però non trova i soldi per garantire la copertura finanziaria.
Ebbene, qui bisogna avere il coraggio di dire come stanno le cose: il ruolo degli ispettori e dei marescialli ha bisogno di un doppio intervento. Il primo è quello di garantire una progressione economica certa, come l'omogeneizzazione degli ufficiali, che sgancia la carriera giuridica da quella amministrativa. Il secondo intervento è quello volto ad aprire il ruolo dando sbocco ai gradi della carriera superiore sulla base di titoli e requisiti adeguati.
Non avete fatto né l'una né l'altra cosa. Si interviene sui sostituti commissari, ma era necessario affrontare insieme le altre due questioni che ho appena citato.
Infine, vi è la questione della dirigenza. Nel pubblico impiego sono molti i settori nei quali i laureati entrano direttamente nella carriera dirigenziale. Non è così in questo comparto.
Inoltre, la dirigenza pubblica è stata contrattualizzata: i dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate no. Migliorare il loro trattamento economico è possibile e, anzi, necessario, in un quadro in cui si interviene sull'intero comparto, a cominciare dalle qualifiche iniziali fino agli ispettori, che al momento sono tutti intrappolati nei parametri.
Il sistema parametrico che noi abbiamo progettato doveva avere questa flessibilità e non essere appiattito solo sulla carriera gerarchica. Ma quando il Governo lo ha


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approvato, non ha voluto sentire ragioni e non ha dato risposte alle richieste dell'opposizione.
Questi sono i motivi, di metodo e di merito, che ci portano ad esprimere un parere contrario su questo provvedimento.
Vorrei ricordare che in questi giorni non siamo stati soli nell'esprimere le nostre posizioni. Alcuni deputati della maggioranza hanno sentito nelle loro orecchie fischiare gli echi del punto di vista di tanti rappresentanti delle Forze di polizia e delle Forze armate.
Questo è un volantino distribuito in questi giorni, anche davanti al Parlamento: cittadini, vi chiediamo solidarietà per garantire la vostra sicurezza. L'assoluta maggioranza dei sindacati della Polizia di Stato, della Polizia penitenziaria, del Corpo forestale dello Stato, con la vicinanza ideale dei rappresentanti militari dell'Arma dei carabinieri, della Guardia di finanza, dell'Esercito, dell'Aeronautica e della Marina, scendono in piazza per manifestare contro l'azione inconcludente e deleteria di questo Governo sulla sicurezza. Non sono parole mie, sono parole dei servitori dello Stato: a fronte di mirabolanti promesse di aumento delle retribuzioni e degli organici e di un riordino in grado di meglio strutturare le amministrazioni preposte alla sicurezza ed alla difesa del paese, si registrano risultati del tutto insignificanti e persino offensivi per la stessa dignità degli operatori interessati.
Questo Governo, nell'ultima legge finanziaria, non ha saputo trovare nemmeno i fondi per il rinnovo del contratto. Ha tagliato risorse su aspetti vitali per lo svolgimento stesso dei compiti di istituto, ha abolito le missioni e, persino, le prime forme di assistenza ai feriti per causa di servizio. Ha persino licenziato centinaia di poliziotti penitenziari, mettendo a serio rischio la possibilità concreta di gestire gli istituti penitenziari. Si tratta di una decisione gravissima, che deve essere contestata con la massima fermezza: è in gioco la sicurezza di tutti.
Chiediamo la solidarietà ai cittadini italiani in questo momento tristissimo per le Forze di polizia e per le Forze armate. Chiediamo la vicinanza in nome e per conto di quasi 600 mila poliziotti, carabinieri, finanzieri, soldati, che ogni giorno, in Italia e all'estero, rischiano la propria vita per il bene comune e non meritano questo trattamento. Chiediamo al Parlamento di intervenire per evitare questo danno senza precedenti nella storia dei rapporti tra Governo e operatori dei comparti sicurezza e difesa.
Ho voluto portare la voce di tanti rappresentanti dei sindacati e delle Forze di polizia in quest'aula affinché anche i colleghi della maggioranza possano valutare la situazione: siamo ancora in tempo per rinviare il testo nelle Commissioni di merito per un approfondimento. Siete ancora in tempo a rivalutare le posizioni che avete assunto. Non si tratta di una presa di posizione di pochi soggetti. Tale posizione è stata assunta, in rappresentanza dei sindacati di polizia dal SIULP, dal SIAP, dal SILP, dell'FSP, dal COISP, dall'UILPS; dal COCER carabinieri; dai responsabili di settore della Guardia di finanza; per la Polizia penitenziaria, da parte del SAP, della CISL, della CGIL, dell'UILP penitenziaria; per il Corpo forestale dello Stato da parte della CISL, CGIL e UILP forestali.
Voi ridete, cari colleghi della maggioranza, ma si tratta della maggioranza dei rappresentanti dei sindacati di polizia e delle Forze armate. Continuate pure a ridere del loro punto di vista; forse, dopo il voto, ci sarà qualcuno che riderà al posto vostro (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rizzi. Ne ha facoltà.

CESARE RIZZI. Signor Presidente, il provvedimento che stiamo esaminando giunge in Assemblea dopo oltre due anni di tergiversazioni e discussioni inconcludenti. C'è già chi sospetta che si tratti dell'ennesimo intervento teso a captare il consenso di alcune categorie di personale militare e delle Forze di polizia alla vigilia delle elezioni politiche.


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Secondo l'opposizione, infatti, si starebbe predisponendo il terreno per futuri incrementi delle retribuzioni senza, però, che sia stato chiarito se esistono le risorse necessarie. Invece, proprio questo a noi pare il merito maggiore della proposta di legge, dal momento che il testo approvato dalla Commissione erige le compatibilità macroeconomiche accertate dal DPEF ad argine insormontabile di qualsiasi futura rivendicazione.
Se le deleghe verranno esercitate correttamente, cioè coerentemente con il mandato parlamentare, non saranno infatti possibili aumenti a pioggia delle paghe di poliziotti, carabinieri e militari delle varie specialità, a meno che questi non siano consentiti dalle autorità cui è affidato il compito di determinare il limite di crescita della spesa pubblica nel suo complesso. A noi questo pare un elemento di grande responsabilità. La Lega Nord, infatti, non ha mai apprezzato il ricorso al privilegio ed all'aumento retributivo alimentato dalle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, cui, di tanto in tanto, come possono e molto sommessamente, si aggregano da buone ultime anche le Forze armate.
Il meccanismo è a tutti noi noto. Non appena la Polizia di Stato ottiene miglioramenti grazie al dinamismo delle sue rappresentanze sindacali, si attiva la lobby dei carabinieri che, giustamente, reclama la piena equiparazione. Le altre Forze armate chiudono il processo che, però, tende subito a ricominciare con la stessa dinamica alla fine del ciclo, quasi senza soluzione di continuità.
Le due proposte di legge originariamente portate all'esame della I e della IV Commissione muovevano nella direzione del riordino complessivo dei ruoli interni alle Forze armate, all'Arma dei carabinieri, alla Polizia di Stato, alla Guardia di finanza, alla Polizia penitenziaria. L'idea, sopravvissuta anche all'interno del testo unitario approvato dalle Commissioni, era di porre, in qualche modo, sotto controllo queste spirali, stabilendo posizioni perfettamente equiparate all'interno delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare.
Questo intento razionalizzatore è condiviso dalla Lega Nord, che per questo motivo sosterrà l'approvazione del provvedimento, ma non senza mettere in guardia il Governo e tutte le forze politiche rispetto al rischio che l'equiparazione possa, un domani, essere travisata per velocizzare, anziché moderare, l'estensione al personale militare degli incrementi retributivi ottenuti dalle polizie ad ordinamento civile che sono sindacalizzate. Questo è il pericolo. Proprio per questo motivo, sarà di fondamentale importanza il ruolo che il Parlamento potrà svolgere, quando verranno sottoposti alle Camere i testi dei decreti delega predisposti dal Governo.
Ancorché strutturato su soli tre articoli, il testo unificato messo a punto dal Comitato ristretto è in effetti un provvedimento corposo e complesso, che prevede una molteplicità di deleghe legislative non sempre chiarissime, come ha rilevato lo stesso Comitato per la legislazione.
L'articolo 1 contiene la delega legislativa vera e propria per il riordino dei ruoli del personale. Si stabilisce che debba avvenire in modo omogeneo rispetto a quanto previsto nel resto della pubblica amministrazione. Per il personale dirigente e direttivo delle Forze armate e di polizia è, altresì, prevista l'armonizzazione con il trattamento riservato alla dirigenza pubblica nel suo complesso. Disposizioni di dettaglio riguardano la facoltà per l'Esercito, la Marina e l'Aeronautica di continuare a ricorrere ad ulteriori metodi per l'alimentazione dei gradi di sergente e corrispondente.
Ma, al cuore di tutto sembra essere la norma contenuta nel comma 2, lettera p), dell'articolo 1. Sono in cantiere, infatti, interventi perequativi economici e di altra natura per allineare le carriere delle Forze di polizia e quelle delle Forze armate. Il principio è affermato in relazione ad ispettori e marescialli, ma potrebbe essere il grimaldello che apre la via ad una futura generalizzazione.
In sé il principio appare condivisibile, ma occorre che il legislatore e le parti in causa lo rispettino senza cedimenti, per


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farne l'elemento di freno della spirale rivendicativa, anziché il suo motore. Proprio per questo è importante la disposizione secondo la quale gli stanziamenti addizionali non potranno sfondare le compatibilità macroeconomiche accertate in sede di esame del DPEF.
È prevista anche l'unificazione del ruolo dirigenziale con quello tecnico-scientifico e sanitario. L'articolo 2 concerne il trattamento economico e giuridico del personale dirigente delle Forze armate e di Polizia, ed aggancia le retribuzioni agli incrementi ottenuti nell'anno precedente dalla dirigenza pubblica nel suo complesso, introducendo una specie di scala mobile tarata su questi emolumenti. Questo francamente è l'aspetto che ci piace di meno di tutta la costruzione, mentre invece salutiamo con favore il fatto che sia prevista la revisione delle indennità operative (di grande valore attualmente), dato il notevole impiego delle Forze armate in teatri ad alti rischi.
È infatti giusto pagare di più chi lavora di più e chi rischia di più. Il nostro movimento voterà quindi a favore, riservandosi tuttavia di modificare la propria posizione qualora, in sede di esercizio della delega legislativa, le finalità di moderazione e controllo della spirale rivendicativa venissero travisate. È nostra opinione che occorra creare un sistema di certezze all'interno del mondo militare, delle Forze di polizia. Agli uomini delle Forze dell'ordine delle Forze armate dovrà essere riconosciuta pari dignità a tutti livelli, remunerando l'efficienza e l'esposizione al pericolo, senza che però vengano poste a rischio le risorse che servono ad altre voci importanti, come l'acquisizione di mezzi e l'addestramento, così duramente penalizzate, negli ultimi anni, a causa della difficile congiuntura economica (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di intervenire, invito il relatore per la I Commissione ad esprimere il parere delle Commissioni.

MAURIZIO SAIA, Relatore per la I Commissione. Il parere è contrario sugli emendamenti Bressa 1.60 e Minniti 1.1. Per quanto riguarda l'emendamento Pisa 1.80, se esso verrà riformulato il parere è favorevole, altrimenti il parere è contrario. La riformulazione consiste nella sostituzione dell'espressione «l'allineamento» con le parole «la sostanziale equiordinazione». Il parere è contrario sull'emendamento Bressa 1.61. Il parere è invece favorevole sull'emendamento 1.200 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento). Il parere è contrario sugli emendamenti Molinari 1.6, Pinotti 1.62 e Ruzzante 1.79. Il parere è favorevole sull'emendamento Lavagnini 1.71. Il parere è contrario sugli emendamenti Amici 1.65, Lumia 1.67, Mazzoni 1.66, Luongo 1.68, Molinari 1.14...

PRESIDENTE. Mi pare che gli emendamenti Molinari 1.6 e Molinari 1.14 siano stati ritirati.

MAURIZIO SAIA, Relatore per la I Commissione. Molto bene. Il parere è altresì contrario sui seguenti emendamenti: Molinari 1.17; Mazzoni 1.69; Molinari 1.63; Rotundo 1.64; Molinari 1.19. Il parere è favorevole sull'emendamento Lavagnini 1.72. Il parere delle Commissioni è altresì contrario sui seguenti emendamenti: De Brasi 1.70; Molinari 1.21 e 1.22. Il parere delle Commissioni è favorevole sull'emendamento 1.201 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis del regolamento). Le Commissioni raccomandano l'approvazione del loro emendamento 1.250. Il parere delle Commissioni è contrario sui seguenti emendamenti: Mazzoni 1.74; Lucidi 1.29; Molinari 1.30; Minniti 1.36; Leoni 1.75; Pinotti 1.76; Angioni 1.77; Molinari 1.41 e Molinari 1.42.
Le Commissioni esprimono altresì parere contrario sugli emendamenti Pisa 1.46, Pinotti 1.47, Ruzzante 1.78, Lumia 1.48, Luongo 1.49 e Rotundo 1.50, mentre esprimono parere favorevole sull'emendamento 1.202 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento).

PRESIDENTE. Il Governo?


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FILIPPO BERSELLI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Anche il Governo esprime parere contrario su tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 1, ad eccezione dell'emendamento Pisa 1.80, se riformulato nel senso di sostituire le parole: «l'allineamento» con le seguenti: «la sostanziale equiordinazione», 1.201 e 1.202 e degli emendamenti 1.200, (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento) e Lavagnini 1.71 e 1.72, sui quali il parere è favorevole. Il Governo, infine, accetta l'emendamento 1.250 delle Commissioni.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 1.60.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, siamo al termine di questa legislatura e ci troviamo finalmente ad affrontare temi che riguardano il comparto sicurezza. Un po' tardi, probabilmente irrimediabilmente tardi!
In particolare, affrontiamo un provvedimento che avrebbe l'ambizione di riordinare le carriere, ma che nella realtà dei fatti produce solo motivi di profondo scontento tra gli operatori della sicurezza. Oltretutto, questo provvedimento, rappresentando l'unico intervento di una qualche sostanza che ha investito il tema del comparto sicurezza, paga la colpa di non essere stato accompagnato da altre necessarie misure per sistemare tale comparto.
Il comparto sicurezza, colleghi, è estremamente importante per la vita dei cittadini della Repubblica, in quanto regola l'attività, la vita, l'operatività di 450 mila operatori chiamati a difendere il nostro paese all'interno e all'esterno dei propri confini. Si tratta di un settore che, in questi cinque anni, non ha visto alcun provvedimento che perseguisse l'obiettivo di modernizzare i comportamenti da parte di Governo e Parlamento rispetto alle attese degli operatori della sicurezza.
Da tempo si parla - vi è una mia proposta di legge depositata fin dai primi giorni di questa legislatura - di giungere ad una separazione tra il comparto sicurezza e il comparto difesa, pur confermando una unità di indirizzo. Tuttavia, non si è voluto fare nulla in tal senso e si è sbagliato profondamente, perché la separazione del comparto costituisce lo strumento che consente di soddisfare le richieste degli operatori della polizia e delle Forze armate.
Oramai, i Corpi di polizia ad ordinamento civile o militare e le Forze armate hanno compiti e funzioni che sono, sia strutturalmente sia funzionalmente, diverse e che non possono più essere ricondotte ad unità di comportamento; infatti, un'unità di azione in questo settore significa inevitabilmente premiare un comparto e penalizzarne un altro.
Vi era dunque l'esigenza di operare questa scelta importante, ma non lo si è voluto fare. Si sarebbe dovuto rimettere mano alle procedure di contrattazione, affidando al Ministero della funzione pubblica un ruolo primario al riguardo. Affidare alla funzione pubblica e, quindi, alla Presidenza del Consiglio dei ministri un compito di coordinamento effettivo e reale, senza ledere l'autonomia delle amministrazioni, avrebbe consentito di individuare un luogo nel quale il Governo potesse dare indirizzi politici veri e garantire che questi fossero rispettati in sede di contrattazione. Eppure, non si è voluto fare questo.
Occorreva risolvere il problema delle rappresentanze militari, consentendo ad esse di avere davvero, per la prima volta, una personalità giuridica, una soggettività giuridica e, pertanto, di essere in grado di tutelare per davvero gli interessi del personale delle Forze armate e delle polizie ad ordinamento militare; ma non si è fatto neppure questo. Si arriva, invece, all'ultima settimana parlamentare utile, «in zona Cesarini», ad un provvedimento di riordino che ha - lo ripeto - ambizioni straordinarie, ma che fornisce risposte assolutamente non accettabili.
Il primo problema che ci troviamo ad affrontare riguarda la questione delle risorse finanziarie; il provvedimento che giunge alla nostra attenzione è infatti


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privo di una relazione tecnica. Abbiamo assistito a relazioni «esoteriche» e si deve alla buona volontà dei due relatori l'aver prodotto dei documenti informali che, comunque, ci hanno fatto capire che, di fronte all'ambizione del progetto, non vi sono risorse sufficienti. Gli emendamenti proposti dalla Commissione bilancio stanno tutti ad indicare che le risorse a disposizione sono largamente insufficienti e, soprattutto, potrebbero consentire di risolvere i problemi solo di una minoranza degli operatori della sicurezza, mentre la stragrande maggioranza di essi non sarebbe coinvolta negli interventi previsti.
Si potrebbe continuare lungo questa linea di critica al provvedimento. Tuttavia, io mi limito ad invitare la maggioranza a votare questo nostro emendamento. Se andremo al Governo tra qualche mese (Commenti del deputato Saia)... No, magari in un prossimo intervento vi spiegherò anche questo!

PRESIDENTE. L'aspettiamo trepidanti...

GIANCLAUDIO BRESSA. Il nostro emendamento consente, attraverso il differimento del termine della delega ad un momento successivo alla nuova legge finanziaria, un riordino contestuale di tutti i ruoli, compresi quelli di base, quindi non solo di alcuni, come voi fate adesso, prevedendo un differimento per la maggior parte degli operatori a fantomatiche nuove fasi da attuarsi con fantomatiche nuove risorse. Bisogna invece garantire da subito interventi perequativi anche per ciò che attiene alle opportunità di carriera, per tutti e non solo per qualcuno.
Il nostro emendamento prevede distinte modalità negoziali di concertazione, ovvero la separazione dei comparti come unico strumento idoneo a garantire che il rispetto della specificità di ciascun Corpo non gravi sugli altri Corpi ed amministrazioni.
Infine, si prevede la contrattualizzazione della dirigenza, con l'inclusione in essa di tutti funzionari ed evitando i «pasticci» che, invece, ci proponete voi; quindi, approvando il nostro emendamento, avrete un'occasione importante di consegnare al Parlamento futuro qualche cosa su cui sia possibile lavorare...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bressa. Ha parlato due minuti in più del tempo a sua disposizione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Minniti. Ne ha facoltà.

MARCO MINNITI. Signor Presidente, come risulta agli atti di questo Parlamento, noi abbiamo più volte chiesto nel corso della legislatura che venisse affrontato il tema del riordino delle carriere delle Forze di polizia e delle Forze armate. Si tratta di un intervento molto sentito, di cui si avverte la necessità.
Tuttavia, pensavamo e pensiamo che questo delicato passaggio non dovesse essere affrontato in questo modo. Siamo a fine legislatura - ormai mancano pochi giorni - e l'esito di questo provvedimento è particolarmente incerto. La stessa maggioranza e lo stesso Governo sanno che difficilmente potrà essere approvato dal Senato. Starei quasi per dire che ci troviamo di fronte ad una pubblica presa in giro degli operatori delle Forze di polizia e delle Forze armate italiane.
Non così doveva essere fatto, perché abbiamo di fronte un provvedimento che, come hanno detto sia il collega Bressa sia il collega Ruzzante, è privo di copertura finanziaria e di relazione tecnica; peraltro, su di esso la Commissione giustizia ha espresso parere contrario. Ci troviamo quindi di fronte ad un impianto normativo che non sappiamo neanche quanto costi. Il Sole 24 Ore, solitamente ben informato, ha scritto che costerà circa un miliardo di euro, mentre la copertura effettiva è meno del 10 per cento, percentuale, peraltro, che sarebbe completamente assorbita dai contratti delle Forze di polizia e delle Forze armate. Ci sarebbe quasi da dire, se dovessimo utilizzare la legge approvata proprio ieri da questa Camera, che coloro che hanno realizzato questo scippo dovrebbero essere colpiti, anche duramente, per legittima difesa.


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Siamo di fronte ad un'operazione confusa, incerta, senza coperture finanziarie, che non avrà un esito parlamentare e che fa registrare un consenso prossimo allo zero. Ieri, tutti i sindacati di polizia, tutti i sindacati penitenziari, i COCER, hanno manifestato il loro dissenso. Vorrei fare presente agli amici e colleghi di Alleanza nazionale che in quella manifestazione era presente anche l'UGL: se anche l'UGL si schiera contro, vuol dire che qualcosa che non funziona probabilmente c'è. Tutti contrari ad un provvedimento di riordino e nessun consenso: non si era mai visto in Parlamento! Invece, voi pensate di andare avanti ma, così facendo, produrrete nuove ingiustizie e nuove iniquità.
Non si tratta di un provvedimento giusto: esso lacera ulteriormente il corpo delle Forze di polizia e delle Forze armate e in questo momento di tutto vi era bisogno tranne che di questo. In sostanza, vi state assumendo una gravissima responsabilità. So bene che a fine legislatura spesso si votano provvedimenti-bandiera e questo, lo sapete bene, è proprio un provvedimento di questa natura, ma, colleghi della maggioranza, in questo caso la «bandiera» è bucata. State presentando agli operatori delle Forze di polizia e delle Forze armate una «bandiera» bucata. Pagherete per questo anche un caro prezzo politico ed elettorale, ma, come si dice in questi casi, contenti voi, contenti tutti (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Presidente, riprendo i temi sollevati dai colleghi in riferimento al sostegno a questo emendamento.
Anche io voglio sottolineare come sia incomprensibile la determinazione con cui la maggioranza vuole portare a termine l'iter di questo provvedimento. Si tratta di una determinazione veramente incomprensibile sia per le ragioni di metodo e di merito che sono state già richiamate, sia, soprattutto, in ragione del grandissimo disagio e della posizione contraria con cui le categorie interessate, gli operatori dei due comparti, le rappresentanze sia dei sindacati di polizia sia delle rappresentanze militari, hanno reagito e stanno reagendo al provvedimento stesso.
Non c'è alcun accordo con le categorie interessate, anzi vi è da parte loro un rigetto collettivo amplissimo che rasenta il 90 per cento. Si registra, inoltre, un'esposizione pubblica di queste categorie, tradizionalmente poco inclini ad esporsi rispetto alle problematiche che le riguardano, senza precedenti.
Tenuto conto di tutto ciò, ritengo non vi sia alcuna spiegazione razionale che giustifichi l'atteggiamento tenuto della maggioranza la quale, invece, dovrebbe assumersi la responsabilità di cercare di risolvere le problematiche di tipo sociale, le insofferenze e il disagio che in maniera così ampia si stanno manifestando contro il provvedimento in esame. Per tali motivi, l'approvazione dell'emendamento Bressa 1.60 potrebbe offrire un contesto di razionalizzazione su cui perlomeno iniziare a riflettere al fine di dare una risposta ai problemi di lungo periodo, per risolvere i quali non è sufficiente un provvedimento, come quello in esame, che presenta lacune di metodo, di merito e di relazione con le categorie di soggetti interessati.
L'emendamento in esame si pone, in primo luogo, l'obiettivo di ovviare alle incongruenze e alle contraddizioni contenute nel testo di delega, ponendo in rilievo un primo aspetto essenziale su cui fare chiarezza. Faccio riferimento all'opportunità di prevedere l'istituzione di due distinte procedure negoziali o di concertazione, valorizzando le specificità dell'appartenenza al comparto della sicurezza ed a quello della difesa. Le ragioni, oramai del tutto evidenti, che spingono ad agire in questa direzione si rinvengono nel fatto che questi due «pezzi» dell'apparato dello Stato sono strutturalmente e funzionalmente sempre più diversi; conseguentemente, essi necessitano che si impostino e si realizzino, nel ridefinire complessivamente


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il loro contesto normativo, procedure negoziali completamente distinte nei due casi.
In secondo luogo, l'emendamento in questione offre una risposta, un terreno di ricollocazione per i problemi che verrebbero a crearsi laddove passasse questo caotico e incomprensibile riordino dei ruoli del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, e a tutta la sequela di frustrazioni che ne seguirebbe in ordine sia alla penalizzazione, nell'accorpamento delle carriere, dei ruoli superiori sia al disconoscimento, di fatto, di professionalità già operative.
Per tutti questi motivi, invito i colleghi della maggioranza a riflettere e, conseguentemente, ad esprimere un voto favorevole sull'emendamento Bressa 1.60.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 1.60, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 385
Maggioranza 193
Hanno votato
182
Hanno votato
no 203).

Prendo atto che l'onorevole Ciro Alfano non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Minniti 1.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucidi. Ne ha facoltà.

MARCELLA LUCIDI. Signor Presidente, i Democratici di sinistra credono fortemente nell'importanza di approvare un provvedimento che preveda il riordino dei ruoli del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate. Per tale motivo abbiamo voluto fortemente che il provvedimento fosse posto all'esame delle Commissioni competenti.
Abbiamo fermamente insistito affinché si guardasse al complesso delle Forze di polizia e delle Forze armate (ricordo, a questo proposito, che proposte di legge presentate da colleghi della maggioranza escludevano alcuni corpi delle Forze armate o delle Forze di polizia). Volevamo che fosse elaborato un provvedimento organico, un provvedimento che riuscisse a considerare nel suo insieme i profili di carriera che interessano tutto il personale. Perché questo? Se non capiamo le ragioni di tale insistenza, che tuttora ribadiamo, non capiremo mai le ragioni della nostra opposizione al provvedimento in esame.
La richiesta di un provvedimento organico di riordino delle carriere delle Forze di polizia e delle Forze armate proviene da tutti i corpi, da tutte le rappresentanze, sia quelle militari sia quelle sindacali. Infatti, il personale è stanco - credo lo sia anche il Parlamento - di provvedimenti che, susseguendosi nel tempo, cercano di rispondere alle emergenze che si presentano, di sanare le sperequazioni ed i disallineamenti tra personale appartenente allo stesso corpo o tra il personale delle Forze di polizia e quello delle Forze armate. Questo modo di procedere crea uno scontento che non viene mai eliminato, perché, mentre si risolve un problema, se ne crea subito un altro!
Proprio l'anno scorso, in occasione dell'esame del decreto-legge in materia di riallineamento dei marescialli delle Forze armate, condividemmo tutti l'esigenza di chiedere al Governo un impegno per un progetto complessivo di riordino.
Allora, qual è il motivo per cui, oggi, ci opponiamo al provvedimento in esame? Qual è il motivo per cui il provvedimento viene contrastato, anche dall'esterno, proprio dal personale delle Forze di polizia e delle Forze armate? Il fatto è che quello in esame non è un provvedimento organico di riordino, ma un provvedimento parziale, che non dà soddisfazione a tutto il personale e che, ancora una volta,


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affronta soltanto parzialmente le domande che il personale pone, peraltro in maniera del tutto insoddisfacente. Ciò che accade è abbastanza buffo, direi paradossale: anziché creare armonia tra il personale, obiettivo che ci prefiggevamo, produciamo maggiore divisione!
Le proteste che si sono avute, non soltanto ieri o ieri l'altro, ma anche nei mesi scorsi, davanti al Parlamento ci invitavano a riflettere esattamente sulla realtà che ho evidenziato. Il personale non ci riconosce! Nel comportamento della maggioranza e del Governo c'è una sorta di «patria potestà legislativa»: si decide qual è il bene del personale. È un po' come dare al personale l'olio di ricino! Agli appartenenti alle Forze di polizia ed alle Forze armate stiamo dicendo: guardate che è cattivo, lo riconosciamo; però, vi diciamo che vi farà bene; quindi, vi invitiamo ad inghiottirlo, a deglutirlo, a mandarlo giù fino in fondo; vedrete che ci sarete riconoscenti!
Ebbene, colleghi, non credo che sia questo il modo di procedere: non è un modo serio, lasciatecelo dire!

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA (ore 11,33)

MARCELLA LUCIDI. Tutti gli emendamenti che abbiamo presentato relativamente alla disciplina normativa (parleremo in seguito della parte economica, riguardo alla quale qualcosa è stato già detto) sono volti ...

PRESIDENTE. Onorevole Lucidi...

MARCELLA LUCIDI. ... a sanare le anomalie che avete creato. È questo il significato dell'emendamento in esame, che vi chiediamo di approvare (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, l'emendamento in esame sembra formale - con riferimento ai decreti legislativi da emanare, esso propone di sostituire alle parole: «uno o più» le seguenti: «due distinti» -, ma ha un profondo significato.
Voglio richiamare quanto già osservato in precedenza. Continuare ad immaginare di affrontare i temi del comparto sicurezza in maniera convenzionale è quanto mai rischioso. Alla chiusura dell'ultimo contratto, concluso dal Governo Amato nel febbraio 2001, era stato assunto da parte dell'esecutivo l'impegno ad intervenire attraverso lo strumento della delega e ad effettuare il riordino, demandando alla successiva legge finanziaria la definizione delle risorse. Che cos'è accaduto? È accaduto che il Governo Berlusconi, succeduto al Governo Amato, nel momento in cui ha dovuto applicare questa delega per il riordino lo ha fatto impegnando somme estremamente esigue rispetto all'operazione. Quell'operazione aveva un costo di circa 2 mila miliardi di lire - il miliardo di euro attualmente stimato da Il Sole 24 Ore - e voi metteste a disposizione qualcosa come 165 miliardi. Adottaste quel provvedimento di riallineamento e ciò provocò ulteriori danni all'interno del sistema. In altri termini, avete perpetuato quella eterna rincorsa tra le carriere, i ruoli, le Forze armate e le Forze di polizia che ci ha portato alla giungla retributiva attuale, con un sostanziale disallineamento tra persone che svolgono le stesse funzioni ma percepiscono retribuzioni diverse.
Il tentativo di correggere questa situazione, con il provvedimento oggi all'esame, significa perseverare in un errore di fondo. Non è pensabile, infatti, di riuscire a mettere mano a questi argomenti e questioni con meccanismi di tipo tradizionale. Ritengo ci sia bisogno di uno slancio e di uno sforzo di fantasia, il primo dei quali consiste nel procedere alla separazione dei comparti ed il secondo nella riforma della contrattazione, per affidare al contratto la possibilità di intervenire anche su aspetti ordinamentali. Nel quadro di una delega chiara affidata al Governo - quindi, con


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riferimenti normativi precisi - è la negoziazione che consente di produrre operazioni che portano al riallineamento ed alla perequazione, perché le risorse sono scarse, sia per questo Governo, sia per quelli che verranno, sia per quelli che lo hanno preceduto. Però, è necessario fornire una risposta vera alle domande vere del comparto sicurezza.
Se andremo al Governo - lo ripeto - il nostro approccio sarà completamente diverso: procederemo alla separazione dei comparti, procederemo ad una riformulazione delle procedure negoziali e sarà quella la sede nella quale si potrà provvedere a sistemare tale situazione, che voi continuate ad affrontare e ad agitare come una bandiera senza essere in grado, però, di dare una risposta attendibile agli operatori delle Forze di polizia.
Ci troviamo di fronte alle reazioni delle organizzazioni sindacali di polizia - che non riferisco perché non è il momento per farlo - le quali, per il 90 per cento (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)...

MAURIZIO SAIA, Relatore per la I Commissione. Ma dai!

GIANCLAUDIO BRESSA. È inutile che facciate così, ci sono i fatti! Ad eccezione del SAP e del SAPAF, al quale è iscritta la metà del Corpo forestale dello Stato...

LUIGI RAMPONI, Presidente della IV Commissione. No, della polizia!

GIANCLAUDIO BRESSA. Non confonda, generale: il SAPAF è il sindacato autonomo del Corpo forestale dello Stato; il SAP è il sindacato autonomo della Polizia cui è iscritto, credo, il 16 o il 17 per cento delle forze della Polizia di Stato.
In ogni caso, il 90 per cento delle sigle sindacali dell'intero comparto, l'altro giorno, presso il Ministero della funzione pubblica, ha chiesto la sospensione della trattativa perché contraria a questo provvedimento ed ha chiesto un incontro con il Governo perché quest'ultimo chiarisca il contenuto della normativa proposta. Quando ciò accade, il campanello d'allarme dovrebbe suonare a casa vostra! State adottando un provvedimento che non è accettato da nessuno! Quando i rappresentanti dei COCER manifestano individualmente - perché in altro modo non posso farlo - la loro contrarietà, su di esso, il campanello d'allarme dovrebbe suonare al vostro interno e avvertirvi che state facendo qualcosa contro la volontà dei poliziotti, dei carabinieri, dei finanzieri, delle guardie forestali e della polizia penitenziaria, cioè contro quelle persone che sono tutti giorni sulla strada e che voi cercate, o affermate, di tutelare e che, invece, avete preso in giro fino ad oggi! La massima e suprema presa in giro è quella di voler affrontare oggi l'esame di questo provvedimento sapendo che non diventerà mai legge.
Infatti, anche con la «proroga» dei lavori parlamentari che forse verrà stabilita per le due prossime settimane, non vi sarebbero più i tempi per trasformare la proposta in legge; è il più grave insulto che avete recato a 450 mila operatori del comparto sicurezza (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Minniti 1.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 403
Maggioranza 202
Hanno votato
188
Hanno votato
no 215).

Passiamo all'emendamento Pisa 1.80.
Avverto che le Commissioni ed il Governo hanno subordinato il loro parere favorevole all'accoglimento di una riformulazione


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nel senso di sostituire la parola «allineamento» con le seguenti «sostanziale equiordinazione».
Onorevole Pisa, accetta la riformulazione del suo emendamento proposta dal relatore e dal Governo?

SILVANA PISA. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SILVANA PISA. Mi permetterei di insistere nei confronti del Governo affinché accolga la formulazione originaria dell'emendamento o, tutt'al più, di valutare l'opportunità di sostituire la parola «allineamento» con il termine «equivalente». Voglio spiegare anche brevemente i motivi della mia posizione.
Si tratta di un emendamento di carattere generale: non comporta oneri e prefigura un criterio. Infatti, chiede che, per evitare sperequazioni sui trattamenti economici, questi siano equivalenti; equivalenti e non equiordinati, termine generico che si applica solo alla carriera.
Riteniamo, dunque, che si tratti di un dato importante, a mio avviso anche per questa maggioranza, in quanto permette ad essa, su un provvedimento molto discusso tra gli operatori, di aprire, per così dire, una finestra rispetto all'esercizio della delega. Infatti, se anche questa normativa può originare - e gli operatori così ritengono - talune sperequazioni, si intende, comunque, in futuro, porvi rimedio con l'adozione di una misura di carattere generale. Dunque, ripeto, si tratterebbe di una modifica importante; infatti, se la legislazione che seguirà in attuazione di questa legge delega dovesse creare ulteriori ingiustizie, ciò potrebbe avvantaggiare un corpo o un qualche segmento, ma andrebbe a detrimento di tutto il comparto. Dunque, è opportuno per tutti che rimanga una situazione di equilibrio, se vogliamo mettere i giovani nella condizione di scegliere il loro futuro non in base a criteri incomprensibili ma sulla base delle loro tendenze e di requisiti oggettivi. Dunque, il sistema di reclutamento odierno in qualche modo impone anche a chi vuole entrare nella Polizia di effettuare la ferma volontaria prefissata per alcuni anni, con inevitabili riflessi sulla carriera ed anche sul percorso previdenziale.
Quindi, l'emendamento risponde ad una esigenza di carattere generale e ritengo sarebbe anche un segnale dato nei confronti dell'opposizione, visto che non avete approvato alcuno tra gli emendamenti da noi presentati.
Invito quindi ad esprimere un voto favorevole su questo emendamento anche perché in sede referente la proposta aveva ricevuto attenzione. Ripeto: noi accoglieremmo un eventuale voto favorevole come un segnale positivo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Alla luce dell'intervento testé svolto, invito il relatore per la I Commissione a precisare il parere delle Commissioni sull'emendamento Pisa 1.80.

MAURIZIO SAIA, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO BERSELLI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pisa 1.80, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 406
Maggioranza 204
Hanno votato
189
Hanno votato
no 217).


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Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 1.61.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, l'atteggiamento del Governo e della maggioranza dimostra la genericità dell'azione normativa proposta. Stiamo affrontando una questione delicatissima, quale è quella della contrattualizzazione della dirigenza. Ora, voi non avete avuto la capacità di definire quali sono i veri criteri direttivi della delega per la dirigenza; stiamo parlando di una dirigenza che presenta caratteristiche e peculiarità assolute, di dirigenti di polizia e militari dei gradi più elevati, che quindi hanno diritto a vedere riconosciuta una loro specificità.
Proprio perché non siete stati in grado di elaborare principi e criteri direttivi ad hoc per questa categoria di dirigenti dello Stato, la cui funzione è delicatissima e non è assimilabile a quella degli altri dirigenti pubblici, l'avete tout court assimilata a quella della dirigenza pubblica, lasciando fuori, per esempio, i criteri ispiratori della carriera prefettizia. Io sostengo da sempre che la carriera dirigenziale del comparto sicurezza deve avere una definizione di caratteristiche sue proprie: questa caratterizzazione avrebbe dovuto essere contenuta nei principi della delega.
A questo punto, visto che fate riferimento ai principi della delega della dirigenza pubblica, almeno richiamate anche i principi ispiratori della delega per la carriera prefettizia e, quanto meno, allargate i meccanismi con i quali intervenire, altrimenti date corso ad una delega che non avrà alcuna possibilità di essere esercitata! Forse, questo è quello che volete: principi impossibili da tradurre in norme. Infatti, è del tutto evidente, ad esempio, che un dirigente del Ministero dell'economia e delle finanze ha caratteristiche e funzioni totalmente diverse da un questore o da un generale dell'Aeronautica. Se non riuscite nemmeno a definire questa minima differenza, riconoscendo a questa dirigenza il fatto che deve essere contrattualizzata come tutte le altre dirigenze dello Stato e definendo i contenuti per cui arrivare all'applicazione di questa contrattualizzazione, cercate almeno di operare un riferimento a tutto quanto fino ad oggi è stato fatto, perché altrimenti emerge in maniera trasparente il vostro vero intento: adottare principi e criteri ispiratori per contrattualizzare la carriera dirigenziale che non potranno essere tradotti in norma. Il che significa nessuna contrattualizzazione della dirigenza.
Credo - pensando male si fa peccato ma ci si indovina - che sia esattamente questa la vostra finalità: impedire ai dirigenti del comparto sicurezza di avere un contratto e di avere la possibilità di decidere i contenuti della contrattazione. Si tratta di una ennesima presa in giro degli operatori della sicurezza che voi perpetrate attraverso questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucidi. Ne ha facoltà.

MARCELLA LUCIDI. Signor Presidente, come ha ben spiegato il collega Bressa, con questo emendamento intendiamo ricondurre l'applicazione e l'ispirazione del riordino del personale dirigente ai principi di delega introdotti dal Governo per la disciplina del rapporto di impiego del personale della carriera prefettizia. In particolare, quella legge delega, la n. 266 del 1999, ragionava in termini di rafforzamento della specificità e della unitarietà della carriera del personale prefettizio. In particolare, all'articolo 1 era contenuta una previsione che giudichiamo molto importante: il ricorso ad una procedura negoziale tra una delegazione di parte pubblica e le organizzazioni sindacali, quella che comunemente viene definita «contrattualizzazione».
Nel merito, colleghi, non c'è ragione alcuna per negare questa procedura ai dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate. È veramente un retaggio ingiustificabile non riconoscere a questo personale le proprie specificità. Voglio chiedere ai colleghi della maggioranza, con quale faccia tornerete dai sindacati di


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polizia, ai quali in questi anni avete detto che credete fortemente nella contrattualizzazione, a spiegare perché avete respinto questo emendamento?
Colleghi, non c'è un sindacato che su questo punto non sia d'accordo, nemmeno quelli che non hanno protestato ieri, neanche il SAP, che ha indetto un convegno specificamente su questo tema, al quale i rappresentanti del centrodestra sono intervenuti per dichiarare: «Sì, noi crediamo nella contrattualizzazione dei dirigenti».
Vorrei ricordare che in sede di audizione informale dei rappresentanti delle Forze di polizia e delle Forze armate presso le Commissioni competenti - vi invito a rileggere i documenti depositati -, tutti hanno convenuto su tale profilo.
Credo, allora, che si tratti di una questione che investe la vostra responsabilità e la vostra coscienza. Per questi motivi, vi invito a votare a favore dell'emendamento Bressa 1.61, perché da tale scelta dipende non la nostra, ma la vostra serietà.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 1.61, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 401
Maggioranza 201
Hanno votato
187
Hanno votato
no 214).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.200, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pinotti. Ne ha facoltà.

ROBERTA PINOTTI. Signor Presidente, approfitto dell'esame di questo emendamento (uno dei primi presentati a seguito delle condizioni formulate dalla Commissione bilancio) per svolgere un ragionamento in ordine alla confusione, manifestatasi anche nel corso dell'iter parlamentare, venutasi a creare sul provvedimento.
Dal momento che, alla fine, giungono in Assemblea gli esiti del lavoro svolto presso le Commissioni, ritengo giusto che i parlamentari che non appartengono alle Commissioni affari costituzionali o difesa sappiano che abbiamo dovuto via via rivedere complessivamente le proposte dei relatori. Nell'ambito di una discussione in cui si ritiene che il confronto parlamentare può condurre a dei miglioramenti, ciò può risultare anche normale; tuttavia, invito i colleghi ad interrogarsi sul modo con cui siano avvenuti, in sede referente, tali cambiamenti.
Vorrei ricordare che venne presentato un primo testo normativo dagli onorevoli relatori, sul quale il Governo nutriva alcune perplessità. Si è quindi interrotto il lavoro delle Commissioni ed è stato successivamente presentato un nuovo provvedimento; tuttavia , anche per distrazione - e ciò la dice lunga sul modo con cui, a volte, si procede nell'affrontare temi così importanti -, è stato consegnato ai membri della Camera (sia di maggioranza, sia di opposizione) un testo con la «velina» delle amministrazioni che lo avevano riscritto.
È ovvio che su una materia così complessa, che riguarda 450 mila operatori e 4 mila dirigenti e che concerne, altresì, questioni come riallineamenti e sperequazioni di carriera e del trattamento economico, vi sia bisogno dell'apporto dei tecnici del settore per ricevere suggerimenti: si tratta di un elemento utile e, per certi versi, inevitabile. Tuttavia, non mi sembra opportuno che si passi dalla proposta politica al fatto che la riscrittura del testo del progetto di legge sia fatta direttamente dalle amministrazioni interessate.
Vorrei segnalare, ad esempio, che le audizioni, in sede di Commissioni, dei COCER e dei sindacati delle Forze di polizia non sono state tenute in alcun conto, e ciò mi sembra che dimostri una modalità di procedere alquanto discutibile. Ma vorrei osservare che non si è trattato


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dell'unico intervento particolarmente «curioso» operato sul provvedimento in esame.
Vi è stato, infatti, un altro intervento sul progetto di legge in esame, che ritengo molto pesante, ad opera della Commissione bilancio. Come già precedentemente ricordato dall'onorevole Minniti nel suo intervento, un quotidiano in genere ben informato sulle questioni finanziarie, come Il Sole 24 Ore, in un articolo ha osservato che si tratta di un provvedimento che, probabilmente, costerà un miliardo di euro, anche se «sembra» che, attualmente, possano essere disponibili soltanto 175 milioni di euro.
Come «sembra»? È così, onorevoli colleghi, perché, di fatto, stiamo esaminando un progetto di legge importante - che riguarda quei servitori dello Stato sui quali spesso, in questa sede, soprattutto la parte politica che ha proposto il provvedimento in esame fa molta retorica - senza conoscere l'ammontare delle risorse finanziarie disponibili. Infatti, sappiamo soltanto che, nell'ambito della legge finanziaria per il 2004, era previsto un finanziamento in tal senso, costituito da 73 milioni di euro per l'anno 2004, da 118 milioni di euro per il 2005 e da 122 milioni di euro per l'anno 2006.
Peraltro, si tratta di fondi correlati - si affermava - al personale non dirigente. Stiamo discutendo di personale dirigente e non dirigente - di ciò mi compiaccio e ritengo sia utile -, ma con fondi accantonati sul personale non dirigente, tanto che - considerate bene, onorevoli colleghi - nella riscrittura dell'articolo 2 del provvedimento in esame, che si è dovuta fare a seguito delle osservazioni della Commissione bilancio, vi è una formulazione che, devo dire, lascia alquanto dubbiosi. Infatti, in tale formulazione si dice che per ciò che riguarda il trattamento del personale dirigente, il Ministero dell'economia e finanze «può» definire, d'intesa con il dipartimento, le modalità della delega: ciò per dire che si fa una cosa onnicomprensiva quando non vi sono le risorse necessarie, si forzano addirittura alcuni pareri, costringendo i tecnici ad inserire la clausola «può».

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Pinotti.

ROBERTA PINOTTI. Concludo, Presidente.
Vorrei sottolineare solo un dato: se si pensa, ad esempio, ad un aspetto che è inserito nel riordino, ossia l'unificazione dei ruoli degli agenti e degli assistenti con i sovrintendenti e la promozione apicale alla vigilia, a spanne, pensando ad un aumento di ottanta euro lordi, su 290 mila persone interessate, solo tale parte, verrebbe a costare 290 milioni di euro! Ripeto si tratta di una previsione a spanne.
Noi discutiamo di ciò, non sapendo quali siano le risorse a disposizione. Questo è un dato gravissimo per il Parlamento, ma soprattutto, è grave rispetto alle persone che sono al di fuori di quest'aula, che stanno lavorando e che osservano i provvedimenti che variamo; si tratta di persone alle quali vengono fatte promesse. Quando si decide di discutere provvedimenti in un clima elettorale, perché si vorrebbe affermare che gli impegni assunti sono stati mantenuti, in realtà tali impegni, nei fatti - perché, poi, sono le risorse che contano, se vi sono o no -, mantenuti non sono (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, intervengo solo per aggiungere un'osservazione a quanto detto dall'onorevole Pinotti, intervento del tutto condivisibile. Mentre non vi è alcuna certezza di quanto verrà a costare complessivamente l'operazione, anche perché, come abbiamo ricordato, i criteri che voi, colleghi della maggioranza, avete inserito non sono tali da consentire di fare previsioni certe, l'unico aspetto certo è che la Commissione


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bilancio deve prevedere che tale intervento debba avvenire senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
Poiché nella finanziaria che avete varato qualche settimana fa avete previsto di prendere fondi e inserirli in questa operazione di riordino, togliendoli al contratto, l'unica certezza che abbiamo è che voi state compiendo questa operazione con i soldi che vi sarebbero serviti per il rinnovo del contratto. Il contratto è scaduto il 31 dicembre 2005. Quindi, avete di fronte a voi un biennio economico da finanziare, dopo che avete concluso l'ultimo contratto con somme che non coprono nemmeno il valore dell'inflazione! Avete, dunque, concluso un contratto, l'ultimo che avete firmato, in cui vi sono somme risibili, che non coprono nemmeno l'effetto dell'inflazione e per i prossimi due anni non avete stanziato un euro per i contratti! Avete stanziato questi quattro soldi...

FILIPPO ASCIERTO. Non è vero!

GIANCLAUDIO BRESSA. Sì che è vero! E lo sai perfettamente anche tu, meglio di me, tanto è vero che eri molto nervoso nel corso dell'approvazione della legge finanziaria, proprio per tali motivi, Ascierto!

FILIPPO ASCIERTO. Li metteremo...!

GIANCLAUDIO BRESSA. Li metterete quando, Ascierto? Li metterete quando?

FILIPPO ASCIERTO. Li metteremo nella prossima finanziaria!

GIANCLAUDIO BRESSA. Avete approvato una finanziaria che stanzia zero euro a disposizione del biennio economico ed una parte piccolissima dei fondi che avete sottratto agli oneri derivanti dal contratto li stanziate per fare questo riordino, per accontentare poche centinaia di persone rispetto a 450 mila operatori che aspettano risposte serie e che voi non siete capaci di dare (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.200 (ex articolo 86, comma 4-bis, del regolamento), accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 387
Votanti 233
Astenuti 154
Maggioranza 117
Hanno votato
232
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che l'onorevole Giacco non è riuscito a votare ed avrebbe voluto astenersi.
Prendo altresì atto che gli onorevoli Santino Adamo Loddo, Giuseppe Gianni e Molinari non sono riusciti a votare.
Ricordo che l'emendamento Molinari 1.6 è stato ritirato.
Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento Pinotti 1.62.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pinotti. Ne ha facoltà.

ROBERTA PINOTTI. Signor Presidente, l'emendamento in esame serve ad evitare una sperequazione ulteriore. Anche negli interventi svolti dai colleghi che mi hanno preceduto è stato ricordato - da tutti - come esista una protesta profonda di quasi tutte le sigle sindacali, anche del COCER, rispetto a questa proposta di riordino.
Forse, onorevoli colleghi, vi aspettavate che venisse accolto a braccia aperte il bluff che state varando.
In realtà, il bluff è stato smascherato e, quindi, non vi è una accoglienza trionfale (anzi, il contrario!).


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All'origine delle perplessità espresse dai sindacati e dai COCER vi sono, certamente, le problematiche relative alle risorse che ho esposto in precedenza e che sono conosciute da coloro che si occupano del tema. Vi è anche il fatto che tali scelte sono state compiute in una situazione in cui l'esigenza complessiva di una rivisitazione nasceva da una rincorsa che, in qualche modo, coinvolgeva le figure di cui si sta discutendo rispetto alla Polizia di stato, all'Arma dei carabinieri e, successivamente, all'Esercito, attraverso una serie di decreti successivi. Vi era, quindi, l'esigenza di creare, finalmente, funzioni chiare, prevedendo i medesimi contributi economici per analoghi profili.
Da questo punto di vista, proponiamo di aggiungere al comma 2, lettera a) dell'articolo 1 un riferimento ai vicesovrintendenti, perché non tutti potranno giungere a ricoprire il ruolo di sovrintendente capo. Unificando la carriera degli agenti sovrintendenti, dobbiamo consentire anche a questi ultimi di poter ottenere una promozione all'atto del congedo, così come è concesso agli altri. Inserendo tale riferimento, che reca giustizia ad una parte del personale (ossia ai sovrintendenti), non si modificherebbe sostanzialmente il provvedimento in esame (che è difficilmente modificabile), ma si eviterebbe una ulteriore sperequazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pinotti 1.62, non accettato dalle Commissioni né dal Governo, e sul quale la V Commissione ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 408
Votanti 407
Astenuti 1
Maggioranza 204
Hanno votato
194
Hanno votato
no 213).

Prendo atto che gli onorevoli Pinto e Giuseppe Gianni non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Ruzzante 1.79.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucidi. Ne ha facoltà.

MARCELLA LUCIDI. Signor Presidente, richiamando le parole della collega Pinotti, credo che il senso di responsabilità rispetto a questo provvedimento dovrebbe indurre tutti noi (certamente, ciò vale per la nostra parte politica) e la Presidenza a chiedere che nel dibattito in corso sia presente il ministro dell'economia e delle finanze o un sottosegretario di tale Ministero. Le questioni di cui stiamo discutendo non sono secondarie e sono ovviamente pertinenti al chiaro limite fissato dalla Costituzione per l'adozione di leggi senza la copertura finanziaria: quelle leggi sono definite incostituzionali.
In tutti gli interventi che svolgerò in merito a questo provvedimento ribadirò tale richiesta: non è sufficiente la presenza in aula del sottosegretario di Stato per l'interno e non è, altresì, sufficiente la presenza del sottosegretario di Stato per la difesa.
Qui la questione è diversa: occorre capire se vi siano o meno le risorse per attuare il riordino dei ruoli. Lo dico con riferimento alla parte del provvedimento che stiamo esaminando: si intendono spendere (almeno così si dice) le risorse stanziate con la legge finanziaria del 2003. Colleghi, vi ricordo che l'articolo della legge finanziaria che trattava di questo argomento (ossia l'articolo 3, comma 155) stabiliva di disporre somme, relativamente agli anni 2004, 2005 e 2006, con un limite ben individuato. Si parlava di somme da destinare al riordino delle carriere non direttive e non dirigenti.
Questo tema non è secondario ed è uno dei punti rispetto ai quali il personale sta contestando il provvedimento. Tale contestazione riguarda la decisione di impiegare


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soldi destinati a quelle carriere, distraendoli, ove vi fossero (a nostro parere, non ci sono più e, quindi, l'inganno è maggiore!), ed utilizzandoli per il personale appartenente alla carriera dei funzionari.
Ciò è ben chiaro nell'articolo 1, laddove si dice che, nei limiti delle somme stanziate nel 2003 e senza oneri aggiuntivi, si debba prevedere anche l'unificazione dei ruoli dei funzionari nell'ambito di una carriera di natura dirigenziale.
Colleghi, dove li prendete i soldi per farlo? State violando un limite che la legge finanziaria ci imponeva, ossia di destinare questi soldi a categorie ben determinate. Ma, soprattutto, oggi non sappiamo se quei soldi ci sono ancora.
La collega Pinotti ricordava le nostre preoccupazioni. Lo stesso sindacato autonomo di Polizia sostiene che una parte di quei soldi è già stata spesa. Ce lo dovete dire, perché noi non sappiamo se quei soldi ci bastano a fare tutto e, soprattutto, se si può avere anche il lusso di destinarli a categorie che originariamente non erano previste.
Questa domanda ricorrerà per tutto il nostro dibattito. Credo che davvero essa meriti una risposta.
Presidente Mastella, le chiedo di verificare se c'è la possibilità che un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze sia presente in quest'aula, perché non abbiamo alcuna certezza che i soldi ci siano. Lo dice anche la Commissione bilancio, la quale nella motivazione del suo parere afferma che è necessario consentire un'accurata verifica della sostenibilità finanziaria della delega conferita al Governo.
È possibile rinviare la verifica della sostenibilità finanziaria a un domani, quando abbiamo un vincolo costituzionale a trovare oggi i soldi che servono per dare copertura a questo provvedimento?
Il tema è serio. Tranquillamente diteci che i soldi ci sono e rassicurateci, altrimenti sembra un po' come quei prodotti dei quali si incoraggia l'acquisto promettendo premi, poi, puntualmente, quando si gratta o si apre il prodotto, si trova scritto: non hai vinto, ritenta!
Voi lo state facendo nei confronti del personale. Lo state incoraggiando a sostenere un progetto politico che è del tutto privo di copertura e, quindi, chiaramente, dietro quell'incoraggiamento ad un eventuale acquisto, si rivelerà la delusione e l'inganno (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Onorevole Lucidi, debbo dirle che il Governo si fa rappresentare da chi ritiene. La Presidenza non può intervenire al riguardo o imporre qualcosa.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ruzzante 1.79, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 408
Maggioranza 205
Hanno votato
192
Hanno votato
no 216).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscitto a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lavagnini 1.71, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 409
Votanti 236
Astenuti 173
Maggioranza 119
Hanno votato
233
Hanno votato
no 3).


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Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Amici 1.65.
Avverto che il gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo ha esaurito il tempo assegnato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisa. Ne ha facoltà.

SILVANA PISA. Credo che più ci inoltriamo nell'esame di questo provvedimento e più appare che il riordino è tale solo a parole ma, in realtà, presenta tantissime sperequazioni tra Forze armate, carabinieri e polizia per ciò che riguarda il trattamento economico ai fini previdenziali, ma anche per la progressione di carriera.
Il nostro emendamento mira ad evitare questa sperequazione, che è aumentata con l'abolizione della leva obbligatoria ed il passaggio all'esercito volontario. Lo dicevo già parlando sull'emendamento precedente.
Il meccanismo di arruolamento per coloro che desiderano entrare nell'Arma dei carabinieri, nelle Forze di polizia, nella Guardia di finanza e in tutti gli altri corpi, prevede una sorta di servizio militare obbligatorio di un anno con concorso o di quattro anni, che non risultano ai fini dell'anzianità.
Questa normativa è, dunque, punitiva; il provvedimento in esame avrebbe potuto mettere ordine su questo e non l'ha fatto.
Il nostro emendamento prevede una valorizzazione economica e funzionale che tenga conto proprio del servizio prestato nelle Forze armate. Prevede anche che le modalità di accesso alla carriera non siano penalizzate, perché così verrebbe ad essere, per le aspettative del personale di polizia per quanto riguarda il rapporto fra l'intero ruolo e le qualifiche ed i gradi apicali. Mi riferisco, ad esempio, agli ispettori superiori ed ai gradi equiparati: per la Polizia di Stato gli apicali sono il 25 per cento del totale degli ispettori, mentre per l'Arma dei carabinieri sono il 46 per cento e per la Guardia di finanza sono, addirittura, il 52 per cento del totale. Dunque, nella Polizia di Stato può diventare ispettore apicale solo una persona su quattro, mentre nell'Arma dei carabinieri possono diventare ispettori apicali due marescialli su quattro.

PRESIDENTE. Onorevole Pisa...

SILVANA PISA. Una legge di riordino - e concludo, signor Presidente - deve tenere conto di tutto questo.
Chiediamo, pertanto, ai colleghi di votare a favore dell'emendamento in esame perché non c'è ragione per tale sperequazione, altrimenti è chiaro che i poliziotti si sentono presi in giro e vi fischiano (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, vorrei rafforzare le considerazioni già svolte dalla collega Pisa che ha messo in evidenza un elemento di grandissima incidenza su processi di ulteriore sperequazione tra personale delle Forze armate e personale della Polizia di Stato. Già vi erano sperequazioni significative tra questi due comparti, cioè tra il personale che entrava a far parte in via ordinaria della Polizia di Stato e quello che, sempre in via ordinaria, entrava a far parte delle forze di polizia ad ordinamento militare. Ora, dopo l'approvazione della legge n. 226 del 2004 relativa alla sospensione del servizio obbligatorio di leva e della norma - che noi abbiamo contrastato e sulla quale ribadisco un giudizio assolutamente negativo - secondo cui per accedere alle qualifiche e gradi iniziali di tutte le forze di polizia è necessario aver prestato servizio come volontari in ferma prefissata di un anno o in ferma prefissata quadriennale dell'esercito, della marina e dell'aeronautica, le sperequazioni tenderanno a crescere ed il riordino che proponete non fa che confermare la situazione.
In pratica, se si resta nelle Forze armate dopo aver prestato il servizio di leva


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volontaria gli anni di servizio servono tutti sia per la progressione economica, sia per la carriera; invece, se si passa nei ranghi della polizia servono soltanto per la progressione economica e non per la carriera. Di conseguenza, si configura un aggravio delle sperequazioni che non può che rendere ancora più complicate le dinamiche complessive dei rapporti tra i vari corpi dello Stato.
Pertanto, penso sia assolutamente necessario approvare l'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Sono consapevole che attendete con ansia i miei interventi e per questo non vi deludo (Commenti del deputato Antonio Leone)... Hai fatto bene, perché sarà un intervento che ti interesserà particolarmente!
Abbiamo deciso di presentare una serie di emendamenti nel tentativo di tamponare i molti difetti contenuti nel vostro provvedimento. Ma, un emendamento come quello ora al nostro esame, che ha una sua sacrosanta ragione, dovrebbe indurvi a capire l'assoluta follia di quanto state facendo, la macchinosità incredibile che questa operazione di riordino porta con sé. Sto parlando, ovviamente, di follia normativa.
Ciò di cui vi è veramente bisogno per il comparto sicurezza è avere alcune certezze, alcuni elementi di forte semplificazione. Non è pensabile continuare con questo gioco di rincorse successive, per cui le carriere sono diventate una giungla inestricabile, da cui non si può - diciamo così - uscire vivi.
Vi sarebbe bisogno - come ho detto ripetutamente - di pochi e semplici interventi: separazione del comparto, ridefinizione delle modalità contrattuali, potere contrattuale vero alle rappresentanze militari e affidamento alla negoziazione della possibilità di giungere alla semplificazione. La struttura del salario dovrebbe contenere in sé gli elementi per soddisfare le esigenze delle categorie degli operatori della sicurezza.
L'unica cosa che veramente servirebbe per il riordino delle carriere sarebbe regolamentare in maniera semplice il passaggio da un ruolo all'altro, prevedere carriere aperte in modo tale che chi entra in tale comparto sia consapevole di avere, in dieci, venti o trent'anni, una progressione di carriera non preclusa dalle «gabbie» ora esistenti. Fare ciò significherebbe avere le idee chiare sul comparto sicurezza, mentre questi cinque anni ed i lavori di oggi dimostrano che la maggioranza tutto ha meno che le idee chiare sul comparto sicurezza.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Amici 1.65, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 399
Maggioranza 200
Hanno votato
183
Hanno votato
no 216).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Lumia 1.67.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lumia. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE LUMIA. Signor Presidente, stiamo tentando di dimostrare con i nostri interventi che il provvedimento in esame non compie un buon riordino. Emendamento per emendamento, stiamo cercando di dimostrare il forte disordine che crea. Sarebbe stata l'occasione buona per affrontare il tema, molto delicato ed atteso, che scorre lungo tutta la storia della


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riorganizzazione del nostro sistema di sicurezza. Sarebbe stata un'occasione utile per esaltare il valore della concertazione, ma non è stato possibile perché la concertazione richiede serietà, rigore e la disponibilità a saper svolgere quella funzione di governance che in questi anni non avete saputo dimostrare in tanti settori, compreso questo.
Questo, però, è un settore molto delicato e vi deve far riflettere molto il fatto che avete di fronte un'opposizione quasi unanime. Certo, vi è qualche piccola sparuta realtà che vi viene dietro e, forse, è il «frutto avvelenato» della legge elettorale, perché all'interno del Polo vi rincorrete, in questi giorni, su provvedimenti che cercano di mettere qualche pezza su un consenso che vi sfugge di mano.
Penso che anche Alleanza nazionale abbia fatto male i propri calcoli, perché il tentativo di recuperare, a danno di Forza Italia e dell'UDC, un certo consenso in questo campo non vi darà i risultati sperati, perché anche all'interno sia delle Forze armate sia delle Forze dell'ordine la sfiducia cresce.
Vi sono interrogativi che stanno svelando le vostre contraddizioni e il fatto che volete procedere forzatamente, senza ascoltare, mettervi in discussione e capire il valore e l'importanza delle scelte che dobbiamo compiere, seppure in ritardo, seppure in un momento «usurato» come quello elettorale, vi deve far capire il danno che si sta qui realizzando.
Vedete, noi siamo contrari all'idea che, ope legis, si possa mettere mano a questo riordino. Abbiamo bisogno di diversi interventi, di una capacità di semplificare ma, nello stesso tempo, anche di esaltare e valorizzare le professionalità, facendo in modo che venga riconosciuto quanto realmente maturato. Ma tutto questo deve essere fatto attraverso quel rapporto che lega la responsabilità alla qualificazione professionale, l'esperienza alla progressione; non deve esserci invece il tentativo molto ambiguo, che anche in questo provvedimento emerge, di mettere una «pezza» di qua per poi aprire tre buchi di là... Insomma, vogliamo fare in modo da smascherare il vostro contraddittorio modo di procedere.

MASSIMO POLLEDRI. Basta!

GIUSEPPE LUMIA. Vogliamo dire con molta chiarezza che quella dell'adeguatezza della copertura finanziaria non è semplicemente una richiesta rigorosa, per corrispondere ad una disposizione fondamentale della nostra Costituzione, ma serve anche per far capire che, se si vuole investire in questo campo, bisogna farlo con molta serietà, guardando in faccia servitori dello Stato che non meritano il vostro intento di prenderli in giro!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lumia 1.67, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 394
Maggioranza 198
Hanno votato
185
Hanno votato
no 209).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mazzoni 1.66, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 399
Votanti 263
Astenuti 136
Maggioranza 132
Hanno votato
49
Hanno votato
no 214).


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Passiamo alla votazione dell'emendamento Luongo 1.68.
Indico la votazione...
Revoco l'indizione della votazione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucidi. Ne ha facoltà.

MARCELLA LUCIDI. Siamo in presenza di un provvedimento con una complessità tecnica così forte che esso avrebbe richiesto e meritato più tempo per essere esaminato. Questo anche per far comprendere ai colleghi quale ne sia la portata e il contenuto.
C'è un dato che non abbiamo ancora fatto emergere in quest'aula, e cioè che il testo in esame, non è nato in ambito parlamentare. Ci sono state proposte di legge presentate sia dalla maggioranza che dall'opposizione: quelle dell'onorevole Ramponi, dell'onorevole Ascierto, del gruppo dei Democratici di sinistra, del collega Bressa, il cui esame si è svolto in modo congiunto ai fini della redazione di un testo unificato. Devo dire che i relatori si impegnarono in tal senso. Ad un certo punto, però, poiché si ritenne immeritorio che il Parlamento facesse un proprio percorso, una propria elaborazione, giunse all'esame delle Commissioni riunite un testo «apocrifo». Intendo dire cioè un testo orfano di padre e di madre, che non si sapeva da quale parte venisse (ne abbiamo dedotto che venisse dagli uffici tecnici legislativi delle varie amministrazioni interessate) e che venne adottato dalla maggioranza in maniera passiva come testo da portare all'esame dell'Assemblea.
Vedete, colleghi, è offensivo (così come lo è oggi non poter discutere nel merito i nostri emendamenti) che il Parlamento riceva un testo da un soggetto esterno, senza che il Governo esprima un'opinione su di esso, e che si arrivi a questo punto della discussione. Non ci avete mai fornito una relazione tecnica contenente le indicazioni relative alle spese che oggi si possono sostenere e che, domani, dovranno essere sostenute da un Governo a cui state lasciando una eredità carica di debiti, senza consentirgli nemmeno il beneficio di inventario.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Luongo 1.68, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 398
Maggioranza 200
Hanno votato
182
Hanno votato
no 216).


Passiamo alla votazione dell'emendamento Molinari 1.17.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molinari. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MOLINARI. Signor Presidente, il presente emendamento illustra la nostra posizione, che appare molto più equilibrata e priva di sperequazioni rispetto a quanto prospettato dal Governo attraverso l'esercizio di una delega in «zona Cesarini», che intende condizionare il prossimo esecutivo, sapendo che questo disegno di legge costituisce solo un saldo elettorale da esibire nei confronti di una parte, anche minoritaria, delle Forze di polizia e del comparto sicurezza.
Al fine di assicurare organicità e funzionalità alla disciplina del rapporto di impiego dei funzionari della Polizia di Stato, il Governo è delegato ad emanare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a disciplinare unitariamente


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l'ordinamento della carriera dirigenziale dei funzionari della Polizia di Stato - nella quale sono ricompresi gli appartenenti ai ruoli di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334 - e quello dei corrispondenti ruoli dei sanitari e dei funzionari tecnico-scientifici, stabilendo il trattamento economico e normativo del personale di tali carriere secondo i seguenti principi.
Innanzitutto, prevediamo un procedimento negoziale tra una delegazione di parte pubblica, presieduta dal ministro per la funzione pubblica, ed una delegazione delle organizzazioni sindacali rappresentative del personale della carriera dei funzionari di polizia, con cadenza quadriennale per gli aspetti giuridici e biennale per quelli economici del rapporto di impiego del personale della carriera stessa, i cui contenuti sono recepiti con decreto del Presidente della Repubblica.
In tal modo, intendiamo realizzare un contesto giuridico-normativo organico e funzionale agli obiettivi di modernizzazione dei profili dell'intero comparto. Formano oggetto del procedimento negoziale, nel rispetto delle norme generali ed ordinarie: la verifica del corretto adeguamento del trattamento economico fondamentale ed accessorio e dell'indennità pensionabile anche sulla base dei criteri di parametrazione. Sappiamo che ciò rappresenta un aspetto imprescindibile per le donne e gli uomini del comparto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pinotti. Ne ha facoltà.

ROBERTA PINOTTI. Ritengo che le argomentazioni testè esposte dall'onorevole Molinari in ordine al suo emendamento siano molto serie e, visto che si tratta di una proposta seria, sottolineo che, se ci fossimo trovati noi ad affrontare tale argomento, avremmo ragionato in modo preordinato sui diversi passaggi possibili e, soprattutto, avremmo precisato l'entità delle risorse disponibili.
Tuttavia, siamo all'opposizione, quindi non possiamo lavorare come vorremmo. Ritengo, comunque, di poter rinnovare la proposta fatta in precedenza dall'onorevole Lucidi, in quanto il parere della Commissione bilancio è stato espresso in assenza di una relazione tecnica, nonostante le vibrate proteste dei membri dell'opposizione presenti nella V Commissione, soprattutto in ordine alla mancanza di una copertura finanziaria con riferimento all'articolo 3, comma 155, della legge finanziaria per il 2004.
Credo sarebbe interessante che questa Assemblea discutesse e votasse questo provvedimento avendo una minima contezza delle risorse disponibili per la realizzazione di quanto previsto nel provvedimento stesso (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole D'Antoni. Ne ha facoltà.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere l'emendamento Molinari 1.17, nella convinzione che l'impostazione in esso contenuta sia quella più rispondente ad una evoluzione normale dei rapporti sindacali e delle modalità con cui trattare temi così delicati.
Ritengo che una cultura che porti al riconoscimento delle funzioni contrattuali e del ruolo che in questi anni i sindacati, anche in questo settore delicato, hanno saputo svolgere sia la più adeguata. Al contrario, intervenire attraverso procedimenti legislativi a scavalco, promettendo a destra e a manca senza poter mantenere tali promesse e creando ingiustizie che poi si ripercuoteranno sull'assetto contrattuale, è quanto di più errato si possa realizzare.
Quindi, io penso che l'impostazione corretta sia quella espressa dall'emendamento in questione che dovrebbe portare tutti, maggioranza ed opposizione, ad una riflessione vera: meno il Parlamento si occupa di problemi di carriere, di avanzamenti e di assetti, meglio è per il Parlamento e per quei lavoratori; più si affida


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tale funzione all'autonomia negoziale, meglio è per quei lavoratori e per il Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del regolamento, in sede referente alla I Commissione permanente ( Affari costituzionali):
S. 3718 - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 gennaio 2006, n. 1, recante disposizioni urgenti per l'esercizio domiciliare del voto per taluni elettori, per la rilevazione informatizzata dello scrutinio e per l'ammissione ai seggi di osservatori OSCE, in occasione delle prossime elezioni politiche (Approvato dal Senato) (6292) - Parere delle Commissioni III, IV, V e XII.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dall'articolo 96-bis, comma 1, del regolamento, è altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo 1 - A.C. 3437 ed abbinate)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Santino Adamo Loddo. Ne ha facoltà.

SANTINO ADAMO LODDO. Signor Presidente, anch'io vorrei apporre la mia firma all'emendamento 1.17 del collega Molinari e chiedo altresì che venga esaudita la richiesta della collega Lucidi affinché il Governo dichiari ufficialmente se ci sono i finanziamenti, così come è stato affermato in modo forte dalla maggioranza.

RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, vari colleghi da tempo hanno posto la questione relativa alle modalità con cui deliberare su materie delicate e che comportano, da una parte, l'attivazione immediata di diritti soggettivi e, dall'altra, la necessaria copertura finanziaria della norma che votiamo...

FILIPPO BERSELLI, Sottosegretario di Stato per la difesa. La Commissione bilancio si è già espressa.

RENZO INNOCENTI. È stata pertanto chiesta, per il Governo, la presenza in particolare di un rappresentante del Ministero dell'economia, in rapporto alla specificità del quesito che noi poniamo all'attenzione del Presidente e dell'Assemblea, cioè quello della copertura finanziaria. Signor Presidente, lei correttamente ha risposto a quei colleghi che il Governo è rappresentato autorevolmente da chi siede nei banchi riservati all'Esecutivo, e su questo nulla da eccepire; è possibile, quindi, avere una risposta dagli autorevoli rappresentanti del Governo seduti in aula da stamani, di fronte alle reiterate richieste dei colleghi? C'è o meno la copertura finanziaria di questo provvedimento? Se c'è, va benissimo, ma lo si dica. Dove? Il parere della Commissione bilancio recita: «(...) Allo scopo di consentire una accurata verifica della sostenibilità finanziaria della delega conferita oggi, appare opportuno stabilire che gli schemi dei decreti legislativi siano trasmessi anche alle Commissioni competenti per i profili finanziari (...)».


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PRESIDENTE. Onorevole Innocenti, concluda.

RENZO INNOCENTI. Concludo dicendo che qui «balla» la questione dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione; infatti, la norma deve essere coperta oggi. Se nel parere della Commissione bilancio si dice che dovete sottoporre successivamente al parere delle Commissioni competenti gli schemi dei decreti legislativi per vedere se ci sono i soldi, questo vuol dire che sia la maggioranza sia il Governo oggi stanno facendo puramente demagogia, ...

IGNAZIO LA RUSSA. Ma qual è il richiamo al regolamento?

RENZO INNOCENTI. ...un manifesto elettorale per carpire il consenso dei diretti interessati; però, questo è un provvedimento vuoto di copertura ed è un'ennesima presa in giro per gli appartenenti ai Corpi di polizia e dei militari (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Onorevole Innocenti, sotto il profilo parlamentare, essendoci anche il parere della Commissione bilancio, la Presidenza non può intervenire al riguardo. Se il Governo vuole fornire delle precisazioni può farlo; viceversa, io non posso imporre al Governo di fornire ragguagli a rilievi di natura economica. Non posso quindi accettare questa sua richiesta.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molinari 1.17, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 402
Maggioranza 202
Hanno votato
188
Hanno votato
no 214).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mazzoni 1.69, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 399
Votanti 394
Astenuti 5
Maggioranza 198
Hanno votato
191
Hanno votato
no 203).

Prendo atto che l'onorevole Mondello non è riuscita a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Molinari 1.63.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molinari. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MOLINARI. Con il presente emendamento chiediamo di sostituire al comma 2, lettera c) le parole da «nonché dei ruoli del Corpo forestale» fino alla fine della lettera con le seguenti: «fermi restando l'ordinamento gerarchico delle carriere e le funzioni di ciascuna qualifica, prevedendo un analogo modello dirigenziale per i corrispondenti gradi dei ruoli degli ufficiali delle Forze di polizia ad ordinamento militare e delle Forze armate».
Si tratta di un intervento legislativo che può portare conseguenti modificazioni all'ordinamento dei ruoli direttivi speciali della Polizia di Stato e del Corpo forestale dello Stato, anche con rideterminazione degli organici, nonché eventuali modificazioni dell'ordinamento e degli organici dei ruoli speciali delle Forze armate, compresa


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l'Arma dei carabinieri, e della Guardia di finanza, sulla base delle esigenze delle singole amministrazioni, senza oneri aggiuntivi.
Vengono così introdotte correlate modificazioni ed integrazioni, in relazione alle specificità e peculiarità operative, degli ordinamenti dei ruoli direttivi del Corpo della polizia penitenziaria, anche attraverso la rideterminazione degli organici coerente con le esigenze di funzionalità dell'amministrazione, ovviamente senza oneri aggiuntivi.

SANTINO ADAMO LODDO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SANTINO ADAMO LODDO. Grazie signor Presidente, chiedo di aggiungere la mia firma all'emendamento Molinari 1.63.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molinari 1.63, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 406
Maggioranza 204
Hanno votato
192
Hanno votato
no 214).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Rotundo 1.64, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 402
Maggioranza 202
Hanno votato
187
Hanno votato
no 215).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Molinari 1.19.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molinari. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MOLINARI. Presidente, alla lettera c) di questo comma intendiamo aggiungere la qualifica dei commissari capo tra i profili che riguardano il riordino di cui all'articolo 1, fermi restando l'ordinamento gerarchico delle carriere e le funzioni di ciascuna qualifica. A noi sembra un giusto riconoscimento a chi sul campo svolge compiti e ruoli che non sono adeguatamente riconosciuti, giuridicamente ed economicamente dall'attuale ordinamento. Più volte abbiamo provato a far comprendere alla maggioranza l'importanza di questo riconoscimento, ma non vi è stato ascolto neanche da parte di chi, in maniera elettoralistica, propaganda questo provvedimento come in grado di migliorare le condizioni di lavoro delle forze di sicurezza. Non è così, questa esclusione è la prova anche delle tante altre incongruenze contenute in questo provvedimento. Non è un caso che emergano malumori e prese di distanza da parte degli uomini e delle donne del comparto rispetto ad un testo che non rappresenta un riordino serio.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molinari 1.19, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 405
Maggioranza 203
Hanno votato
190
Hanno votato
no 215).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lavagnini 1.72, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 403
Votanti 398
Astenuti 5
Maggioranza 200
Hanno votato
389
Hanno votato
no 9).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento De Brasi 1.70, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 395
Votanti 394
Astenuti 1
Maggioranza 198
Hanno votato
193
Hanno votato
no 201).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Molinari 1.21.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molinari. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MOLINARI. Signor Presidente, intervengo per chiedere un chiarimento sul comma 2 e il relativo numero 2) della lettera c) dell'articolo 1. Mi chiedo, infatti, cosa significhi la previsione di conseguenti modificazioni dell'ordinamento dei ruoli direttivi speciali della Polizia di Stato e del Corpo forestale dello Stato, ovvero la loro soppressione, anche con rideterminazioni degli organici, nonché eventuali modificazioni dell'ordinamento e degli organici dei ruoli speciali delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, e del Corpo della Guardia di finanza, sulla base delle esigenze delle singole amministrazioni, senza oneri aggiuntivi.
A nostro avviso, senza oneri aggiuntivi non si è mai realizzata una riforma, in particolare una riforma che riguardi personale e relativi trattamenti giuridici ed economici. Cosa vuol dire, pertanto, questa previsione in cui si stabilisce, tra l'altro, la soppressione dei ruoli speciali direttivi?
Noi chiediamo che si realizzi un riordino serio da effettuarsi non con mancate riforme perché queste finirebbero per penalizzare e colpire alcuni e privilegiare altri.
Spero che l'emendamento in esame induca in molti di voi una riflessione attenta al fine di rendervi conto di quello che prevede questo riordino dei ruoli del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molinari 1.21, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 401
Maggioranza 201
Hanno votato
187
Hanno votato
no 214).


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Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Molinari 1.22.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molinari. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MOLINARI. Signor Presidente, con l'emendamento in esame chiediamo di sostituire al comma 2, lettera c) il numero 2), come formulato dal Governo, con il seguente: per la Polizia di Stato e il Corpo forestale la creazione di un nuovo ruolo direttivo ordinario e uno corrispondente per i ruoli tecnici, anche con la creazione o soppressione di qualifiche a cui possono accedere a regime, con separati concorsi, per il 50 per cento dei posti disponibili i cittadini italiani in possesso di diploma di laurea di primo livello in materie compatibili con le funzioni da svolgere e per il restante 50 per cento i sostituti commissari e gli ispettori superiori in possesso di analoghi requisiti, nonché la previsione di norme transitorie che prevedano l'inquadramento degli attuali ispettori superiori e sostituti commissari e corrispondenti nei costituiti nuovi ruoli direttivi ordinari da finanziare anche utilizzando i fondi già previsti per i ruoli direttivi speciali.
Riteniamo che la nostra sia una proposta più razionale rispetto alla previsione inserita nel provvedimento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molinari 1.22, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 392
Maggioranza 197
Hanno votato
179
Hanno votato
no 213).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.201, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 386
Votanti 353
Astenuti 33
Maggioranza 177
Hanno votato
350
Hanno votato
no 3).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.250 delle Commissioni, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 409
Votanti 288
Astenuti 121
Maggioranza 145
Hanno votato
287
Hanno votato
no 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mazzoni 1.74, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 420
Votanti 419
Astenuti 1
Maggioranza 210
Hanno votato
194
Hanno votato
no 225).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lucidi 1.29, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 420
Maggioranza 211
Hanno votato
196
Hanno votato
no 224).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Molinari 1.30.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molinari. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MOLINARI. Signor Presidente, con l'emendamento in esame si chiede di aggiungere al comma 2, lettera c), dopo il numero 3), il seguente numero 4): previsione della facoltà, per gli appartenenti all'unico ruolo dirigenziale di cui alla lettera c) e qualifiche equipollenti delle altre Forze di polizia, di permanere in servizio fino al compimento del sessantacinquesimo anno di età, previo accertamento dell'idoneità ai servizi di polizia.
Si tratta di una specificazione finalizzata a valorizzare esperienze e professionalità che non possono essere, a nostro avviso, disperse.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molinari 1.30, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 418
Votanti 417
Astenuti 1
Maggioranza 209
Hanno votato
195
Hanno votato
no 222).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Minniti 1.36.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, l'emendamento in esame rappresenta la tipica dimostrazione di come il provvedimento di cui si discute non abbia né capo né coda, o meglio, abbia delle ambizioni che non è in grado di soddisfare.
Se leggiamo la lettera d), comma 2, dell'articolo 1, si può osservare che tra i principi ispiratori della delega al Governo vi deve essere la previsione di disposizioni transitorie eventualmente occorrenti che non comportino l'inquadramento nei ruoli superiori.
Ora, è del tutto evidente che, nel momento in cui si mette mano al riordino dei ruoli del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, bisogna avere a disposizione degli strumenti che garantiscano il massimo della flessibilità.
Proprio perché ci troviamo di fronte ad una situazione estremamente complessa, quanto più sono flessibili gli strumenti che possano essere applicati per garantire l'armonizzazione del comparto, tanto più efficace è l'azione.
Questo significa anche partire dal presupposto che si sappia cosa si vuole fare e che si abbiano a disposizione le risorse


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per fare ciò che si dice di voler fare. Al contrario, quando si introducono «clausole» di questo tipo - che sarebbe più proprio fossero poste dalla Commissione bilancio o da chi vigila sulla spesa -, vuol dire che si hanno intenzioni modeste, nel senso che ci si rende conto che, mentre le cose che si vogliono fare vengono raccontate come grandi, la realtà è che si possono fare soltanto cose piccole, piccolissime: a dimostrazione dell'assoluta inutilità del provvedimento in esame!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucidi. Ne ha facoltà.

MARCELLA LUCIDI. Signor Presidente, ci rendiamo conto tutti, anche attraverso la protesta avvenuta fuori dalle aule parlamentari, che il provvedimento in esame sta sostanzialmente creando alcune ingiustizie. Esso lascerà delusa una parte del personale, alla quale si intende negare, attraverso la lettera d) del comma 2 dell'articolo 1, la possibilità di una considerazione ulteriore nel momento della redazione dei decreti legislativi.
La disposizione che vogliamo modificare costituisce una vera e propria norma di sbarramento, in quanto nega uno spazio di agibilità ad una riforma che, invece, ha bisogno di considerazione, per i riflessi che produce quanto alla progressione del personale nel ruolo.
Pertanto, vi chiediamo di liberare lo spazio di manovra, per compensare eventuali disallineamenti che dovessero prodursi.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Minniti 1.36, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 414
Votanti 413
Astenuti 1
Maggioranza 207
Hanno votato
189
Hanno votato
no 224).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 1.75.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà (Commenti).

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, vedo che il presidente della IV Commissione ed il relatore si affannano ad affermare che non abbiamo più tempo.
La realtà, Presidente, è che non avete più tempo voi per approvare il provvedimento! Avevate cinque anni ed avete impiegato quattro anni, otto mesi e tre settimane per portarlo in Assemblea: adesso è finita la legislatura ...!

LUIGI RAMPONI, Presidente della IV Commissione. Avete finito i tempi!

GIANCLAUDIO BRESSA. Perciò, pensi al suo tempo, anziché occuparsi del nostro (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)! Pensi al tempo che ha buttato via in questi anni, da presidente della Commissione, senza portare in Assemblea al momento debito il provvedimento, e lasci che noi illustriamo i nostri emendamenti (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Onorevole Bressa, vada avanti! Ciascuno ha il suo tempo: lei vada avanti utilizzando il suo!

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, l'emendamento in esame cerca di dare senso all'intervento sul riordino per quanto riguarda i dirigenti.


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Si tratta di cercare di unificare, nell'ambito della carriera dirigenziale, anche i ruoli dei funzionari di polizia e di quelli corrispondenti, completando un processo di valorizzazione della carriera dirigenziale di cui tutti parliamo, ma che nessuno ha il coraggio di affrontare seriamente.
Nel comparto sicurezza, la dirigenza è qualcosa di estremamente necessario, utile ed efficace, a patto che abbia una sua armonia: non si può immaginare di creare disarmonie all'interno della progressione di carriera; non si può immaginare di creare barriere tali da non consentire che esperienze importanti di lavoro possano produrre dirigenti all'altezza della situazione.
Ci stiamo battendo da tempo perché questo ragionamento si affermi, affinché la dirigenza all'interno del comparto della sicurezza venga considerata come qualcosa a sé stante, che non ha paragone in altre carriere, nemmeno in quella prefettizia e diplomatica, soggetta a contrattazione pubblica, come potrebbe e dovrebbe essere questa.

PRESIDENTE. Grazie ...

GIANCLAUDIO BRESSA. L'emendamento in esame consentirebbe ...

PRESIDENTE. Il suo tempo è scaduto, onorevole Bressa!

GIANCLAUDIO BRESSA. ... di avviarci lungo questa direzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucidi, alla quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione.
Ha facoltà di parlare, onorevole Lucidi.

MARCELLA LUCIDI. Signor Presidente, quanta ambiguità e mistificazione nel testo di legge delega che state scrivendo!
Onorevoli colleghi, vi chiedo, e chiedo al collega Ascierto, il quale ha evitato che certe cose fossero scritte, cosa significhi l'espressione «carriera di natura dirigenziale».
Che cosa vuol dire questo richiamo a una concezione giusrazionalistica rispetto alla progressione in carriera dei dirigenti? Spiegatecelo! Perché non dire, semplicemente, carriera dirigenziale? Quale è quel limbo che avete in mente? Qual è quel timore che avete dovuto subire e per il quale non vi è stato consentito affermare chiaramente ciò che scrivevate nei vostri progetti di legge? Onorevoli colleghi, non pensate assolutamente che in questo modo voi state facendo gli interessi del personale della Polizia di Stato, delle altre Forze di polizia o delle Forze armate! Non lo avete fatto per cinque anni. Siate onesti e tentate, ancora adesso, di uscire con dignità da questa legislatura, nel corso della quale li avete fortemente delusi (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 1.75, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 406
Votanti 405
Astenuti 1
Maggioranza 203
Hanno votato
188
Hanno votato
no 217).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Pinotti 1.76.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pinotti. Ne ha facoltà.

ROBERTA PINOTTI. Signor Presidente, questo emendamento si propone di dare alcune indicazioni sul modo in cui razionalizzare le carriere. In particolare, si propone di fissare in modo chiaro i termini


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della delega relativamente ai funzionari. Infatti, un elemento importante, non chiarito dalla proposta di legge che voi avete portato in discussione, è conoscere quali saranno le funzioni in relazione alle esigenze. Noi diamo una lettura di questo e proponiamo alcune indicazioni relativamente a quali debbano essere tali funzioni, riguardo alla eliminazione dei disallineamenti e riguardo alla corrispondenza economica. Inoltre, ci diamo alcuni obiettivi e, cioè, la riduzione delle qualifiche sulla base delle posizioni funzionali e la attribuzione di compensazioni economiche per chi non può accedere a qualifiche superiori in quanto i posti sono numericamente limitati e basati sull'anzianità e sulla idoneità. Inoltre, proponiamo per tutti - questo è importante - la qualifica di grado superiore al momento della pensione e l'indennità di buonuscita spettante alla qualifica con parametro meramente superiore. Ovviamente, ciò vale anche per l'indennità pensionabile.

FILIPPO ASCIERTO, Relatore per la IV Commissione. Un minuto!

LUIGI RAMPONI. Presidente della IV Commissione. Un minuto!

ROBERTA PINOTTI. Ci proponiamo, altresì, di ragionare sulle disposizioni transitorie che, invece, sono assolutamente aleatorie nelle vostre proposte di legge ma che rispondono ad alcune aspettative. In particolare, mi riferisco al personale con qualifica di ispettore superiore sostituto ufficiale di pubblica sicurezza e al corrispondente personale con laurea, in relazione al quale devono essere definite le caratteristiche e le competenze che devono essere possedute per poter accedere alle qualifiche dirigenziali. Infine, proponiamo l'estensione agli ispettori in possesso dei previsti requisiti della possibilità di partecipare ai concorsi interni per l'accesso al ruolo direttivo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pinotti 1.76, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 420
Votanti 418
Astenuti 2
Maggioranza 210
Hanno votato
194
Hanno votato
no 224).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Angioni 1.77.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucidi. Ne ha facoltà.

MARCELLA LUCIDI. Signor Presidente, abbiamo discusso finora della parte del provvedimento che dovrebbe trovare copertura nella legge finanziaria per il 2004, che fu approvata nel 2003. Ancora una volta, ci venite a dire che non si sa se quel denaro del 2004 e del 2005 ci sia ancora, se da qualche parte sia stato operato un trascinamento, un accantonamento o se, come alcuni affermano, non sia stato già speso, cosicché state preparando un bel «pacco», come si dice in gergo, per il futuro Governo.
Su questa parte, invece, si fa qualcosa di ancora peggiore. Addirittura si dice: fate questa parte di riordino, ma sappiate bene che, già da ora, i soldi non ci sono! Trovateli, sin dalla presentazione, cui dovrete procedere annualmente, del documento di programmazione economico-finanziaria. Intanto, noi ci facciamo belli con il personale!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Angioni 1.77, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 412
Maggioranza 207
Hanno votato
190
Hanno votato
no 222).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Molinari 1.41.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molinari, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MOLINARI. Signor Presidente, con l'emendamento in questione, all'articolo 1, comma 3, primo periodo, chiediamo di aggiungere, dopo le parole «trattamenti dirigenziali», le seguenti: «dei commissari capo,». Si tratta di una questione che merita di essere risolta appunto con la previsione esplicita e la citazione senza equivoci dei commissari capo.
È questa la nostra proposta, sulla quale chiediamo il voto favorevole dell'Assemblea.

LUIGI RAMPONI, Presidente della IV Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUIGI RAMPONI, Presidente della IV Commissione. La ringrazio, signor Presidente.
Con grande serenità, con grande calma e senza urlare, voglio osservare che vi è una ripartizione circa la disponibilità dei tempi per i gruppi e che i tempi assegnati sono stati esauriti. Ebbene, dovendo ancora esaminare più di quaranta proposte emendative, se l'opposizione può valersi di uno o due interventi per ciascuna proposta emendativa e se tali interventi, anziché durare un minuto, ne durano due, o più ancora - eccetto l'ultimo di Molinari -, mi vuole spiegare quale sia la logica con la quale noi stabiliamo la ripartizione dei tempi? Non è evidente che tali interventi sono ostruzionistici e fuoriescono dalla regola che impone di rispettare i tempi a disposizione (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana)? Le sarei grato, Presidente, se volesse normalmente applicare le regole.
Colgo l'occasione anche per rispondere all'onorevole Bressa che in maniera «urlata» ha dichiarato, quando gli ho fatto osservare che erano esauriti i tempi, che noi eravamo stati in ritardo nella presentazione del provvedimento e che io, presidente, non avrei contribuito a far sì che questo progetto di legge giungesse prima alla discussione in Assemblea. Ebbene, a parte l'evidente ipocrisia - stanno facendo il possibile per rallentarne l'esame, quindi, non vedo con quale diritto possano accusare noi di ritardi (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana) -, voglio solo ricordare (e non mi può smentire) che più di una volta hanno, per così dire, messo il bastone tra le ruote in sede di discussione del provvedimento e più di una volta hanno chiesto la verifica del numero legale. Quindi, i ritardi, che eventualmente potrebbero esserci stati, sono soltanto il risultato dell'azione che loro hanno condotto e che oggi stanno continuando a condurre (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. La ringrazio molto, presidente Ramponi, ma ritengo che quando lei presiede i lavori della Commissione lo faccia con spirito non partigiano e con grande equilibrio.

LUIGI RAMPONI, Presidente della IV Commissione. Certo.

PRESIDENTE. È lo stesso equilibrio che io sto utilizzando in questa occasione. Quindi, io non mi permetto di sindacare lei; se permette, non è consentito che lei compia un sindacato di controllo su di me (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita,


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DL-L'Ulivo e Misto-Popolari-UDEUR), anche perché io mi sto attenendo ad una regola molto precisa che riguarda questa Presidenza, in maniera indistinta, sia che presieda il Presidente sia che presiedano i vicepresidenti. È questa la prassi costante: quando i gruppi hanno terminato il loro tempo, il Presidente può concedere uno o due minuti per intervento. Io sto concedendo un minuto; se poi si oltrepassa il termine di un minuto di qualche secondo non credo sia così grave, anche perché mi pare che legittimamente ognuno stia svolgendo i propri interventi senza particolare accaloramento.
Voglio anche ricordarle - siccome lei ha maggiore esperienza di me in altri campi, ma sul piano parlamentare credo di averne un po' più di lei - che, se l'opposizione volesse veramente ritardare l'esame, uscirebbe dall'aula e bloccherebbe i lavori attuando un ostruzionismo vero. Dunque, sto evitando che vi sia un ostruzionismo vero affinché ognuno esprima le sue considerazioni e si prosegua nella maniera più celere possibile (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molinari 1.41 , non accettato dalle Commissioni né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 416
Votanti 415
Astenuti 1
Maggioranza 208
Hanno votato
190
Hanno votato
no 225).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Molinari 1.42.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molinari. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MOLINARI. Signor Presidente, il comma 3 dell'articolo 1 riguarda la copertura finanziaria e prevede che «(...) nell'ambito dei finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge finanziaria, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica e in coerenza con quanto previsto dal Documento di programmazione economico-finanziaria, sono altresì adottati uno o più decreti legislativi per il completamento dei riordini di cui al citato comma 1, e, in particolare, per la valorizzazione e i riallineamenti economici del personale civile e militare della qualifica o grado iniziale del ruolo di base e per l'integrazione dei contenuti economici dei trattamenti dirigenziali dei vice questori aggiunti, dei maggiori e dei tenenti colonnelli e del personale di qualifica o grado corrispondente. (...)». A questo punto, il testo si interrompe e ciò, a mio avviso, lascia incompiuto in maniera grave un percorso vero di riordino.
Perciò, con questa proposta emendativa, chiediamo venga previsto che l'accantonamento riguardi anche la copertura economica per la creazione dei ruoli direttivi di cui al comma 2 dell'articolo, che invece vengono esclusi senza motivo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molinari 1.42, non accettato dalle Commissioni né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 411
Votanti 410
Astenuti 1
Maggioranza 206
Hanno votato
187
Hanno votato
no 223).


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Passiamo alla votazione dell'emendamento Pisa 1.46.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
Onorevole Bressa, le ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, intervengo con serenità, con calma e, se il presidente Ramponi me lo consente, anche con amabilità: purtroppo, il tono della mia voce è sempre un po' elevato, come se urlassi, ma ciò non dipende da altro, se non dalle mie corde vocali!
Vede, presidente Ramponi, tutto si può accettare nell'ambito di un confronto parlamentare, tranne che essere presi, in qualche modo, in giro. Dal momento che lei sostiene che è stata l'opposizione ad impedire di portare il presente progetto di legge all'esame dell'Assemblea, vorrei ricordarle che, nel corso di questi quattro anni, otto mesi e tre settimane di legislatura, la maggioranza ha sottoposto all'esame dell'Assemblea numerosissimi provvedimenti, sui quali l'opposizione è stata durissima.
Se il progetto di legge in esame non è giunto celermente in Assemblea, e se anche nella seduta di oggi è soggetto a degli «stiracchiamenti», non è colpa nostra. Infatti, ricordo che siete stati voi, nella seduta di ieri, a chiedere l'inversione dell'ordine del giorno dell'Assemblea, perché nemmeno nella parte pomeridiana della seduta di ieri eravate...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bressa...

GIANCLAUDIO BRESSA. ... pronti ad esaminare il presente provvedimento! Pertanto, si dica la verità su questa vicenda!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucidi. Ne ha facoltà.

MARCELLA LUCIDI. Signor Presidente, vorrei rilevare che è veramente sorprendente il fatto che l'emendamento in esame non riscuota consensi tra i banchi della maggioranza. Anche nel caso di specie, infatti, cerchiamo essenzialmente di introdurre un elemento di razionalità nell'ambito della predisposizione dei decreti legislativi che dovranno essere adottati dal Governo.
A tale riguardo, proponiamo di prevedere comunque la possibilità di intervenire, in sede di redazione dei decreti legislativi, per risolvere eventuali esigenze di perequazione e di riallineamento dei trattamenti economici del personale che dovessero eventualmente emergere. Si tratta di correggere, in altri termini, le numerose trascuratezze e lacune sostanziali che il testo normativo in esame, che state approvando senza aver dialogando con il personale interessato - il quale, in sede di audizioni informali, aveva rappresentato alcune richieste che voi non intendete soddisfare -, continua a mantenere.
Invito pertanto, almeno su questo aspetto, a cercare di offrire uno strumento utile!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pisa 1.46, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 417
Maggioranza 209
Hanno votato
191
Hanno votato
no 226).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Pinotti 1.47.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pinotti. Ne ha facoltà.
Onorevole Pinotti, le ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione.

ROBERTA PINOTTI. Signor Presidente, l'emendamento in esame, che può sembrare


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di natura tecnica, in realtà contiene l'impostazione che vogliamo dare al presente provvedimento. Infatti, proponiamo, come abbiamo sempre fatto, di adottare successivamente due distinti decreti legislativi: il primo concernente le qualifiche dirigenziali e l'altro relativo al resto del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate.
Riteniamo giusto proporre tale distinzione perché le situazioni sono differenti; inoltre, ci richiamiamo a quanto abbiamo già affermato in ordine ai problemi di copertura finanziaria. Vorrei infatti ribadire che, in realtà, stiamo approvando un provvedimento che attiene anche ai dirigenti del comparto, che fa ricorso ad un'autorizzazione finanziaria che, per legge, era stata destinata esclusivamente al personale non dirigente.
Pertanto, anche per fare chiarezza in ordine alle modalità dello svolgimento del procedimento legislativo, riteniamo sarebbe corretto adottare due decreti legislativi distinti in tale materia.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pinotti 1.47, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 408
Votanti 407
Astenuti 1
Maggioranza 204
Hanno votato
183
Hanno votato
no 224).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Ruzzante 1.78.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, l'emendamento Ruzzante 1.78, che può apparire un chiarimento puramente tecnico, dimostra, invece, la nostra precisa volontà di considerare i dirigenti soggetti cui si deve prestare ascolto, a pieno titolo, in sede di contrattazione.
Infatti, quando si propone che gli schemi di decreto legislativo di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo in esame debbano essere trasmessi alle organizzazioni sindacali rappresentative, sul piano nazionale, dei dirigenti e del restante personale, si vuole affermare, in maniera inequivocabile, che anche i dirigenti devono essere ammessi alla contrattazione, e che anche ad essi deve essere consentita una libera organizzazione sindacale. Chiediamo che ciò avvenga...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bressa...

GIANCLAUDIO BRESSA. ... a livello di tutte le Forze di polizia.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ruzzante 1.78, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 413
Votanti 411
Astenuti 2
Maggioranza 206
Hanno votato
190
Hanno votato
no 221).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.202, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pinotti. Ne ha facoltà.


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ROBERTA PINOTTI. Signor Presidente, in questo emendamento, che accoglie una proposta della Commissione bilancio, è evidenziato quanto sottolineato prima dall'onorevole Lucidi e dall'onorevole Innocenti. Si chiede di sostituire «Commissioni permanenti» con «Commissioni permanenti competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario». È stato previsto ciò perché, dato che non c'è la copertura su questo provvedimento, si chiede che i vari provvedimenti, che in seguito verranno adottati sulla base della delega, debbano comunque essere trasmessi alla Commissione bilancio. Questa è la dimostrazione che quanto stiamo dicendo dall'inizio della discussione di questo provvedimento è realtà: noi stiamo discutendo in assenza di certezza di risorse. Questo emendamento, che è una proposta della Commissione bilancio accolta dai relatori, è l'evidenza che quanto stiamo sostenendo, non è la volontà negativa dell'opposizione di mettere in cattiva luce la maggioranza, ma la verità.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.202, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 411
Votanti 408
Astenuti 3
Maggioranza 205
Hanno votato
398
Hanno votato
no 10).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Lumia 1.48.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucidi. Ne ha facoltà.

MARCELLA LUCIDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ancora una volta qui si rivela l'inganno di questo testo. Noi stiamo essenzialmente chiedendo che lo schema dei decreti legislativi relativamente a tutta la legge venga corredato da relazione tecnica. Guardate che è divertente questa cosa, cioè che in un provvedimento, che il Parlamento ha esaminato e che ha avuto tutto il tempo di approfondire in questi mesi, si arrivi a dire a chi viene dopo «dateci voi la relazione tecnica, diteci voi quanto costa fare questa roba, perché, in fondo, noi non lo sappiamo». Colleghi, come è possibile? Quale responsabilità c'è rispetto a questo provvedimento, che ha una incidenza di spesa incredibile e che interessa la vita del personale delle nostre Forze di polizie e delle Forze armate?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, comprendo il fatto che quando si sente nominare «relazione tecnica» alla maggioranza vengono i capelli dritti, perché questo provvedimento è privo di relazione tecnica e si vede. Infatti, non sappiamo quanto costerà, né dove verranno presi i soldi e ne abbiamo avuto testimonianza da parte della Commissione bilancio della Camera, che ha dovuto introdurre una serie continua di norme aggiuntive per cercare di tutelare la finanza pubblica rispetto a un provvedimento che con la finanza pubblica fa a pugni articolo dopo articolo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lumia 1.48, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 412
Votanti 411
Astenuti 1
Maggioranza 206
Hanno votato
188
Hanno votato
no 223).


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Passiamo alla votazione dell'emendamento Luongo 1.49.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, se vogliamo avere una dimostrazione delle cose che sono state dette fino ad ora dalle colleghe Pinotti e Lucidi basta leggere il comma 7 di questo articolo: «I decreti legislativi di cui al comma 3 sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie».
Questa, che potrebbe essere una normale clausola di stile in un provvedimento ordinario, diventa una delle condizioni fondamentali di salvaguardia perché questo provvedimento non venga cassato dal Presidente della Repubblica perché manca la copertura ai sensi degli articoli della Costituzione che prevedono che ogni legge deve avere la copertura di bilancio necessaria per essere promulgata.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Luongo 1.49, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e su cui la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 415
Maggioranza 208
Hanno votato
188
Hanno votato
no 227).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Rotundo 1.50, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 412
Maggioranza 207
Hanno votato
185
Hanno votato
no 227).

Passiamo alla votazione dell'articolo 1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

GIANCLAUDIO BRESSA. Onorevoli colleghi, non sapete ancora come voteremo, per cui non vogliamo lasciarvi nel dubbio: voteremo contro (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)! Sì, effettivamente un po' a sorpresa, ma voteremo contro perché avete compreso, attraverso la sequenza dei nostri interventi, che se qualcuno ha ragione nell'affrontare questo tema siamo noi, e non siete voi. Vedete, non è per la circostanza che tutti gli operatori si siano attivati per esprimere la loro contrarietà. Voi non avete avuto la capacità di rispondere ad una domanda che vi ho rivolto nel corso di uno dei miei precedenti interventi: se questo provvedimento è così straordinariamente atteso dalle Forze del comparto sicurezza, perché tutte le stesse Forze del comparto sicurezza, ad eccezione di due sigle sindacali, e quando dico tutte intendo anche i COCER,...

LUIGI RAMPONI, Presidente della IV Commissione. Non è vero!

GIANCLAUDIO BRESSA. Non sai ancora cosa voglio dire, quindi come fai a dire che non è vero?


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L'altro giorno, al Ministero della funzione pubblica, vi erano tutti, dal COCER ai sindacati....

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Bressa.

GIANCLAUDIO BRESSA. E tutti hanno chiesto la sospensione della trattativa, compresi i COCER. Hanno chiesto un incontro con il Governo, che non vi è stato, ed hanno chiesto di sospendere, perché sono contrari a questo provvedimento.
Rispondete a questa domanda, prima di votare a favore di questo articolo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pinotti. Ne ha facoltà.

ROBERTA PINOTTI. Signor Presidente, noi voteremo contro, come affermava l'onorevole Bressa, a questo provvedimento ed anche a questo articolo. Ciò perché, onorevoli colleghi, a questo riordino, così atteso, che è iniziato da due ordini del giorno sottoscritti da parlamentari della minoranza, quali gli onorevoli Minniti, Molinari, Lucidi, e Bressa, che chiedevano - perché si riscontrava una forte esigenza in tal senso - un riordino complessivo del settore, per evitare che, con provvedimenti successivi, continuassero sperequazioni e «rincorse» che non dessero un'organizzazione complessiva ad un comparto così importante, è stata data una risposta assolutamente insufficiente. Ciò sia perché complessivamente il vostro provvedimento non va bene, sia perché, come abbiamo dimostrato in moltissimi interventi sui nostri emendamenti, questo provvedimento è poco più che un bluff elettorale. È, infatti, un provvedimento che non ha la necessaria copertura finanziaria.
Onorevoli colleghi, non è un caso che gli operatori di questo settore, quasi tutti, e voi sapete che hanno pochi...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Pinotti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.

GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è dal 1995 che si susseguono provvedimenti di riordino. A ciascuno di essi sono seguiti nuovi squilibri, che hanno generato ulteriori tensioni ed insoddisfazione all'interno del comparto sicurezza.
Oggi, per la prima volta, un riordino si propone senza il consenso dei destinatari e senza risorse adeguate. È fin troppo facile immaginare quali saranno gli effetti di questi provvedimenti. Rimangono i nodi strutturali, principalmente una tecnica legislativa farraginosa ed inclusiva, anche nelle dinamiche sindacali. È un intreccio capzioso e furbesco tra le Forze armate, il comparto della sicurezza in generale ed il pubblico impiego, che non si riesce a sciogliere. Tale intreccio è costituito da una ragnatela ancora più inestricabile, se si considera la diversa compressione delle libertà sindacali, riconosciute in modo diverso tra Forze armate, Forze di polizia e pubblico impiego, quasi che i diritti del lavoro e dei lavoratori siano, ancora oggi, diritti relativi e non assoluti ed universali.
Serve semplicità e chiarezza, riconoscimento dell'identità degli apparati preposti alla sicurezza interna...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Sinisi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, intervengo anch'io per ribadire il carattere di operazione meramente elettoralistica di questo provvedimento, un'operazione elettoralistica di piccolissimo cabotaggio.

LUIGI RAMPONI, Presidente della IV Commissione. Ma faccia il piacere!

ELETTRA DEIANA. Presidente Ramponi, è inutile che sbuffi, perché mi sembra che la realtà sia così evidente, e non


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solo a noi che stiamo contrastando il vostro provvedimento, ma alla stragrande maggioranza dei soggetti interessati.
A me sembra incredibile che forze politiche come le vostre - che hanno fatto del rapporto privilegiato con il personale dei Corpi dello Stato una specie di segno distintivo, al punto da arrivare ad affermare una concezione per così dire proprietaria (praticamente, sareste tutt'uno con loro) -, di fronte all'evidente e vastissimo disagio (credo l'onorevole Ascierto ne conosca molto bene le dimensioni e lo spessore), vadano avanti (non si capisce per quale micidiale cupio dissolvi) come degli arieti. Non si capisce perché, di fronte all'evidente scollamento tra le vostre politiche e la reazione dei soggetti interessati, continuate a perseguire ciecamente il vostro disegno.
Ribadisco ciò che hanno già detto altri colleghi, ma credo sia assolutamente necessario di fronte a questa sorta di redde rationem che volete imporre al Parlamento.
Nel complesso, il testo unificato in esame non soddisfa in alcune modo le aspettative del personale destinatario, che in caso di approvazione di questo provvedimento, per un verso o per l'altro, avrebbe tutti i giusti motivi per ricorrere alla giustizia amministrativa o alla Corte costituzionale per gli evidenti vizi di legittimità che contengono, senza esclusione alcuna, tutti i 53 articoli del provvedimento.
Ribadisco ciò che abbiamo già detto: si tratta di una scelta irresponsabile e di una prevaricazione rispetto alle aspettative di certezza del diritto su cui si basa l'ordinamento della pubblica amministrazione, alla quale non possono essere ritenuti estranei i comparti interessati dal provvedimento in esame.
Infine, sottolineo ancora una volta un aspetto che è stato già menzionato e che mi sembra una follia totale: l'irrealizzabilità della scelta per la totale mancanza di copertura finanziaria e la ridicolaggine del vostro tentativo politico di «venderla» al futuro Governo, cercando di trovare una scappatoia per la sua accettazione in sede di verifica dei presupposti costituzionali; essi vengono violati per la mancanza di copertura finanziaria, e ciò viene mascherato nella stesura dei commi che abbiamo contestato (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 395
Votanti 391
Astenuti 4
Maggioranza 196
Hanno votato
220
Hanno votato
no 171).

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 3437 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 3437 ed abbinate sezione 3).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore per la I Commissione ad esprimere il parere delle Commissioni.

MAURIZIO SAIA, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sull'emendamento Bressa 2.60, nonché sul subemendamento Lucidi 0.2.100.1. Le Commissioni raccomandano l'approvazione del loro emendamento 2.100 ed esprimono parere contrario sugli emendamenti Lucidi 2.61 e Molinari 2.62 e 2.63.
Per quanto concerne gli emendamenti Lavagnini 2.66 e 2.67, il parere sarebbe favorevole, ma risulterebbero preclusi dall'approvazione dell'emendamento 2.100


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delle Commissioni; se quest'ultimo dovesse essere approvato, chiediamo, quindi, il ritiro di tali emendamenti.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO BERSELLI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 2.60.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucidi. Ne ha facoltà.

MARCELLA LUCIDI. Signor Presidente, con l'emendamento in esame si chiede la soppressione dell'articolo 2. Preannuncio che esprimeremo un voto contrario anche sulla nuova formulazione dell'articolo 2 proposta dalla Commissione, in relazione al parere reso dalla Commissione bilancio, perché non condividiamo assolutamente l'impianto della normativa riguardante i dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate con riferimento al loro trattamento stipendiale ed ai trattamenti accessori.
Questi operatori, in relazione alla responsabilità che svolgono, chiedono anch'essi che venga riconosciuta loro la possibilità di discutere in ordine al trattamento economico in una apposita sede di confronto con le componenti governative competenti. Invece, qui addirittura si evidenzia una contrarietà...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Lucidi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, quando avete dovuto descrivere i principi ispiratori della delega per la contrattualizzazione della dirigenza ve la siete cavata con nove righe. Per spiegare, invece, cosa avete intenzione di fare a decorrere dal 1o gennaio, fino a quando non saranno approvate le norme per la determinazione dei contenuti del rapporto di impiego del personale dirigente della Forze di polizia, ne utilizzate 124. Arrivate, cioè, ad un livello di dettaglio assoluto e parossistico.
Ciò significa che le vostre intenzioni sono scoperte. Non avete alcuna volontà di contrattualizzate la dirigenza. Considerate i dirigenti del comparto sicurezza quali forze minori, che non possono avere il diritto di contrattare per sé stessi funzioni di grande responsabilità quali quelle che assolvono. Ciò è umiliante per i dirigenti e per chi vota.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, vorrei sottolineare che in questo testo non viene esposta un'idea dei dirigenti delle Forze di polizia quale forza minore, ma una concezione di subalternità degli stessi al Governo in carica. Infatti, l'idea che l'avanzamento e la progressione di carriera possano essere concesse attraverso un decreto del Governo significa sostanzialmente prefiguare un filo diretto tra i dirigenti in questione e l'esecutivo.
È esattamente questo che noi vogliamo mettere in discussione. Si tratta di dare piena autonomia contrattuale - insistiamo su questo aspetto - ai dirigenti delle Forze di polizia, per restituire piena autonomia e dignità alla loro professione rispetto all'esecutivo in carica.
Quindi, si tratta di una questione di democrazia, oltre che di rispetto dei diritti di questi soggetti, ai quali teniamo tantissimo, che voglio sottolineare con particolare forza (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 2.60, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.


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Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 388
Votanti 387
Astenuti 1
Maggioranza 194
Hanno votato
169
Hanno votato
no 218).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Lucidi 0.2.100.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 346
Maggioranza 174
Hanno votato
154
Hanno votato
no 192).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.100 delle Commissioni.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucidi. Ne ha facoltà.

MARCELLA LUCIDI. Signor Presidente, con riferimento al precedente subemendamento, sul quale avevo chiesto di parlare, vorrei dire che esso prevedeva esattamente la contrattualizzazione dei dirigenti.
Quanto, invece, all'emendamento proposto dalle Commissioni, ritengo sia importante che all'esterno giunga il messaggio che non solo si sta affidando ancora ad una procedura che avviene per diritto, e non per contratto, il trattamento stipendiale di questi soggetti, ma che addirittura lo si sta «facoltizzando». Addirittura, il trattamento dei dirigenti può essere considerato in relazione alle disponibilità economiche che, di anno in anno, si possano rinvenire.
Ciò significa davvero dare un segnale contrario e di disattenzione a questo personale, di cui avete la responsabilità, che sicuramente non è la stessa che, invece, hanno i nostri operatori, che sulla strada dirigono il lavoro delle Forze di polizia e le loro competenze nei loro settori applicativi...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Lucidi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Ai dirigenti del comparto sicurezza viene affidata la gestione dell'ordine pubblico delle missioni internazionali. Hanno, cioè, livelli di responsabilità inusitati rispetto ai loro colleghi della pubblica amministrazione. Ebbene, tali persone sono considerate responsabili nel momento in cui devono decidere cosa fare sul campo, ma vengono da voi definite irresponsabili nel momento in cui possono definire assieme al Governo il trattamento del loro lavoro. Questo significa umiliare la parte migliore del nostro paese. Con queste norme state irridendo chi mette la propria esperienza, la propria professionalità e la propria responsabilità al servizio del paese. Sono capaci di fare queste cose e li ritenete incapaci di discutere con il Governo il trattamento economico! È una cosa veramente inconcepibile.

PRESIDENTE. Ricordo che la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere favorevole al testo del provvedimento in esame subordinatamente all'approvazione dell'emendamento 2.100 delle Commissioni, interamente sostitutivo dell'articolo 2.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.100 delle Commissioni, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 396
Votanti 394
Astenuti 2
Maggioranza 198
Hanno votato
216
Hanno votato
no 178).


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Avverto che, essendo stato, con l'approvazione dell'emendamento 2.100 delle Commissioni, interamente sostituito l'articolo 2, risultano preclusi tutti i restanti emendamenti riferiti a tale articolo e non si procederà al voto sullo stesso.

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 3437 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 3437 ed abbinate sezione 4).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore per la I Commissione ad esprimere il parere delle Commissioni.

MAURIZIO SAIA, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sull'emendamento Lumia 3.1, parere favorevole sull'emendamento Lavagnini 3.60, parere contrario sull'emendamento Pisa 3.3, parere favorevole sull'emendamento 3.200 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento) e parere contrario sull'emendamento Pinotti 3.8.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 13,25)

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO BERSELLI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il Governo esprime parere contrario su tutte le proposte emendative presentate all'articolo 3 ad eccezione degli emendamenti Lavagnini 3.60 e 3.200 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis del regolamento), sui quali esprime parere favorevole. Esprime, altresì, parere favorevole sull'articolo aggiuntivo Rotundo 3.061, se riformulato nel senso di sostituire le parole «ciascuna forza armata e forza di polizia» con le parole «le Forze armate e le forze di polizia» e sugli articoli aggiuntivi Lavagnini 3.063 e 3.064.

PRESIDENTE. Invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni anche sugli articoli aggiuntivi presentati.

MAURIZIO SAIA, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sugli articoli aggiuntivi Ruzzante 3.03, Lumia 3.04, Luongo 3.05 e De Brasi 3.062 e parere favorevole sull'articolo aggiuntivo Rotundo 3.061, se riformulato nel senso di sostituire le parole «ciascuna forza armata e forza di polizia» con le parole «le Forze armate e le forze di polizia» e sugli articoli aggiuntivi Lavagnini 3.063 e 3.064.

PRESIDENTE. Ricordo ai colleghi che i tempi sono esauriti...
Passiamo alla votazione dell'emendamento Lumia 3.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucidi, che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

MARCELLA LUCIDI. Signor Presidente, intervengo solo per dire, stante il tempo ridotto che abbiamo, che con l'approvazione dell'emendamento 2.100 delle Commissioni è stato travolto un nostro emendamento che incontrava un favore diffuso tra i colleghi della maggioranza. Mi riferisco al fatto di considerare, nell'ambito dell'unitarietà del comparto delle Forze armate e delle Forze di polizia, una specificità di ciascun gruppo di forze che fosse utile a trovare il debito riconoscimento al momento della discussione dei trattamenti stipendiali, anche in riferimento alle loro procedure di carriera. Colleghi, il tema resta tuttora aperto: nel dibattito in corso, anche rispetto ad emendamenti che abbiamo esaminato nei giorni scorsi, non ci avete detto qual è la vostra


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posizione. Credo sia l'ennesimo segnale di delusione che lasciate al personale interessato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa, che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, riprendendo quanto detto adesso dalla collega Lucidi, vorrei sottolineare come i contenuti di quell'emendamento siano stati condivisi, per tanta parte, anche da autorevoli rappresentanti del Governo.
Ricordo ai colleghi un'audizione, svolta alla I Commissione, del ministro Pisanu il quale, proprio relativamente alla necessità ed opportunità di arrivare ad una separazione del comparto per gestire meglio le relazioni sindacali, aveva espresso parere favorevole.
D'altro canto, durante i lavori è comparso un emendamento del Governo stesso con cui si dichiarava favorevole a tale iniziativa. L'andamento dei lavori parlamentari ha impedito che potessimo discuterlo e votarlo. Ritengo, però, opportuno che resti agli atti parlamentari come una questione così delicata e importante, rispetto a cui lo stesso ministro dell'interno aveva espresso il proprio assenso, non si sia potuta discutere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana, alla quale ricordo che ha solo un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. No, signor Presidente, il gruppo di Rifondazione comunista non ha finito il tempo.

PRESIDENTE. Bene, onorevole Deiana.

ELETTRA DEIANA. Intervengo anch'io per sottolineare l'importanza dell'aspetto già evidenziato dagli interventi dei colleghi Lucidi e Bressa, cioè la necessità di collocare l'intera materia del riordino delle carriere all'interno di un contesto più generale, che preveda altri aspetti di grande importanza per dare ordine, razionalità ed efficacia ad un intervento legislativo che vada in questa direzione.
Vi sono molti aspetti che rimangono monchi, fra cui la questione fondamentale della rappresentanza militare che non ha fatto un passo in avanti in questa legislatura. Si tratta di un aspetto dirimente per il riordino delle carriere, la negoziazione ed altro. Le rappresentanze militari, il diritto alla rappresentanza militare, le loro modalità e forme non hanno avuto seguito, non vi è stato un percorso conclusivo e, certamente, non per responsabilità dell'opposizione. È vero che ci siamo opposti alla proposta della maggioranza, ma anche in ragione del fatto che essa ha incontrato una dura reazione ed un giudizio negativo da parte degli interessati.
Stiamo parlando di riordino e di progressione in assenza di un punto essenziale, cioè il diritto ad esercitare la contrattazione come soggetti liberi da parte delle rappresentanze militari, aspetto veramente dirimente di tutta la discussione affrontata nel corso dell'esame del provvedimento alla IV Commissione.
L'altro aspetto relativo alla contrattualizzazione della dirigenza è anch'esso di grandissima qualità ed è un punto morto che, invece, rientra a pieno titolo nella materia.
Infine, vi è la questione sollevata prima dai colleghi dell'opposizione relativa alla specificità dei processi negoziali o di concertazione relativamente ai due comparti. Ritengo, e con me il gruppo di Rifondazione comunista, che tale specificità debba essere molto accentuata perché si tratta di funzioni, competenze ed utilizzazione da parte dello Stato assolutamente diverse, che quindi debbono avere una specificità in termini di definizione dei profili di negoziazione dei comparti interessati.
Tutto ciò manca; tutto ciò è stato travolto dai punti precedentemente acquisiti e, di conseguenza, riteniamo aperta la materia. Al di là delle questioni di metodo, di merito, di incapacità di mettersi in relazione con il sentire della grande maggioranza dei soggetti interessati, anche


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sulle parti dirimenti per una moderna e democratica razionalizzazione e pienezza dei diritti di cittadinanza di questi operatori ed operatrici, i punti fondamentali sono stati tutti disattesi e dimenticati.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lumia 3.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 379
Maggioranza 190
Hanno votato
161
Hanno votato
no 218).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lavagnini 3.60, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 393
Votanti 233
Astenuti 160
Maggioranza 117
Hanno votato
229
Hanno votato
no 4).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pisa 3.3, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 387
Maggioranza 194
Hanno votato
169
Hanno votato
no 218).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.200, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 389
Votanti 233
Astenuti 156
Maggioranza 117
Hanno votato
229
Hanno votato
no 4).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pinotti 3.8, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 393
Votanti 384
Astenuti 9
Maggioranza 193
Hanno votato
166
Hanno votato
no 218).

Passiamo alla votazione dell'articolo 3.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3, nel testo emendato.
(Segue la votazione).


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 399
Votanti 398
Astenuti 1
Maggioranza 200
Hanno votato
227
Hanno votato
no 171).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Ruzzante 3.03.
Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Questa è l'ennesima dimostrazione, se ancora ve ne fosse stato bisogno, di quanto complesso sia il provvedimento e di quanto inutile sia l'approccio da voi seguito. Si tratta di aggiungere un articolo per consentire di riordinare una particolare posizione all'interno delle Forze armate. Questo a dimostrazione che la stratificazione di posizioni all'interno delle carriere intervenuta nel corso di questi anni è tale che non si possa pensare di risolverla con un intervento come quello che avete sottoposto all'attenzione dell'Assemblea.
Lo ripeto ancora una volta: bisogna avere la capacità di un approccio completamente nuovo a queste questioni e a questi problemi. Abbiamo bisogno della riforma del comparto, abbiamo bisogno della riforma della negoziazione, abbiamo bisogno della figura centrale del ministro della funzione pubblica e della Presidenza del Consiglio dei ministri, nel prendere in mano autorevolmente tali questioni, in modo che non ci possano essere poi interpretazioni fuorvianti da parte delle singole amministrazioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto la parola per dichiarazione di voto l'onorevole Lucidi. Ne ha facoltà.

MARCELLA LUCIDI. Inviterei i colleghi a riflettere sul fatto che nella previsione di una unificazione dei ruoli delle carriere esecutive noi abbiamo creato una sperequazione, una iniquità, (attraverso il vostro voto, non certo il nostro), per quanto riguarda il personale che giunge al grado di sergente.
Questo perché abbiamo consentito, diversamente dalle Forze di polizia, che per questo personale si possano prevedere modalità diverse, anche il concorso, per l'accesso al ruolo.
Vorrei che riflettessimo su questo tutti quanti, perché siamo davanti ad una norma che, se questa legge non incontrerà l'ostacolo, la mannaia relativa al fatto che non ha copertura economica, produrrà una serie di ricorsi da parte del personale che già si trova nel ruolo dei sergenti e del personale che intenderà accedervi attraverso, appunto, la progressione di carriera all'interno del ruolo unico delle funzioni esecutive.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Ruzzante 3.03, non accettato dalle Commissioni né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 380
Maggioranza 191
Hanno votato
165
Hanno votato
no 215).

Passiamo alla votazione nell'articolo aggiuntivo Lumia 3.04.
Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Vorrei capire come voi riuscirete ad attuare le disposizioni che fino adesso avete votato, se non c'è una norma transitoria per il riordino del ruolo dei sergenti. Questo perché quanto avete fatto nel corso di questi anni, fa sì che ci sia una sperequazione di fatto.


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Se non ci sono delle norme transitorie, voi non riuscirete ad applicare in alcun modo le norme che avete approvato fino ad ora. Non si tratta perciò di un articolo aggiuntivo di carattere polemico; è un articolo che voi dovreste approvare per consentire di attuare per davvero le modifiche che dite di voler fare.

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Presidente, mi scusi, non vedo proprio la necessità di impedire ai colleghi di intervenire con sufficiente esaustività: mancano quattro voti, dobbiamo arrivare in ogni caso alle 14. Si tratta...

PRESIDENTE. Va bene. Sa, a volte interpreto un po' troppo rigorosamente il mio ruolo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucidi. Ne ha facoltà.

MARCELLA LUCIDI. Vi siete completamente disinteressati, nella creazione del ruolo unico delle carriere esecutive (creazione che noi condividiamo), di quali siano gli effetti che questo ruolo può produrre rispetto a coloro che sono già inquadrati nel ruolo dei sovrintendenti o dei sergenti. Avete ricevuto tutti sollecitazioni a considerare gli effetti che si produrranno, e il conseguente disallineamento e il mancato riconoscimento dei percorsi di carriera che questo personale ha compiuto.
Vi sono due tipi di problemi che, attraverso i nostri emendamenti, tentiamo di risolvere. Il primo riguarda coloro che, in virtù del decreto legislativo del 1995 o perché vincitori di concorso, entrarono nel ruolo dei sovrintendenti e il secondo riguarda coloro che entrarono nelle Forze armate con il vecchio ruolo dei sottufficiali e che, successivamente, attraverso l'intervento normativo del 1995 e soprattutto attraverso quanto oggi state proponendo, troverebbero una barriera che li costringerebbe ad essere prigionieri del ruolo dei sergenti.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Lumia 3.04, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 376
Maggioranza 189
Hanno votato
163
Hanno votato
no 213).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Luongo 3.05.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pinotti. Ne ha facoltà.

ROBERTA PINOTTI. Si tratta di una questione della quale abbiamo avuto modo tutti discutere anche in Commissione; questione sulla quale anche i colleghi di maggioranza non potevano porre argomentazioni contrarie, trattandosi di una questione di giustizia.
A seguito dell'approvazione di una serie di norme, chi è stato sovrintendente prima del XV, XVI e XVII concorso e quelli venuti dopo hanno avuto un avanzamento di grado. Quindi, solo i vincitori del XV, XVI e XVII concorso si sono trovati esclusi.

FILIPPO ASCIERTO, Relatore per la IV Commissione. Chiedilo a Brutti!

ROBERTA PINOTTI. È una questione di giustizia e, visto che in merito vi era un atteggiamento concorde da parte dei colleghi, non si comprende perché questo aspetto non sia stato inserito nel provvedimento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo


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Luongo 3.05, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 378
Maggioranza 190
Hanno votato
167
Hanno votato
no 211).

Passiamo all'articolo aggiuntivo Rotundo 3.061.
Ricordo che le Commissioni e il Governo hanno espresso parere favorevole su tale articolo aggiuntivo, purché esso sia riformulato nel senso di sostituire le parole: «sostanziale equiordinazione tra ciascuna forza armata e forza di polizia» con le seguenti: «sostanziale equiordinazione delle forze armate e delle forze di polizia».
Chiedo ai presentatori se accettino la suddetta riformulazione.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, sono propenso ad accettare la riformulazione testè proposta; tuttavia, vorrei un chiarimento da parte del Governo.
La formulazione originaria derivava dal fatto che ci sono Forze armate e polizie ad ordinamento militare ricomprese nelle Forze armate. Se il Governo ritiene che la semplificazione proposta mantenga chiaro che si tratta di ciò, accettiamo senza problemi la riformulazione proposta.

FILIPPO BERSELLI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FILIPPO BERSELLI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Il Governo è d'accordo.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Rotundo 3.061, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 378
Maggioranza 190
Hanno votato
376
Hanno votato
no 2).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo De Brasi 3.062.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Questo è l'articolo aggiuntivo nel quale proponiamo la copertura finanziaria. I dati con i quali abbiamo formulato questa proposta emendativa non sono dati che ci siamo inventati, ma sono stati desunti dalle informazioni che le amministrazioni, seppure in maniera molto parca, hanno concesso alle Commissioni competenti. In particolare, stiamo parlando di 1.023 milioni di euro.
Questa è la dimostrazione che il vostro provvedimento - che ha una copertura di circa 160 milioni di euro - costituisce veramente un ululato alla luna, con il quale non farete altro che scontentare tutti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucidi. Ne ha facoltà.

MARCELLA LUCIDI. Come testé affermato dal collega Bressa, se davvero vi fosse stata la volontà di affrontare fino in fondo la questione del riordino, avremmo insieme trovato la possibilità di salutare un testo così importante con la convergenza della maggioranza e dell'opposizione.


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Abbiamo chiesto che il riordino fosse organico e complessivo e su ciò la maggioranza, pur ritenendo che si trattava di una soluzione giusta, si è ritratta. Inoltre, se il Governo ci avesse aiutato, sarebbe stato possibile reperire le risorse per garantire al provvedimento una effettiva copertura finanziaria.
Il Governo non ci ha aiutato, il Governo ha taciuto e la Commissione bilancio si è piegata ad un'esigenza di schieramento, abdicando alla funzione di formulare le proprie contestazioni. Oggi, quindi, state approvando un testo che viene «scaricato» completamente sul prossimo Governo, qualunque esso sia (chiaramente immaginiamo che possa essere il nostro). Il nuovo Governo dovrà, quindi, misurarsi con una situazione che sarà caratterizzata da notevoli problemi sotto il profilo del reperimento delle risorse necessarie.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo De Brasi 3.062, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 367
Votanti 366
Astenuti 1
Maggioranza 184
Hanno votato
154
Hanno votato
no 212).

MARCELLA LUCIDI. Signor Presidente, non sono riuscita a votare!

PRESIDENTE. Ne prendo atto, onorevole Lucidi.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Lavagnini 3.063, accettato dalle Commissioni e dal Governo e sul quale la V Commissione bilancio ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 369
Votanti 228
Astenuti 141
Maggioranza 115
Hanno votato
213
Hanno votato
no 15).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Lavagnini 3.064, accettato dalle Commissioni e dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 368
Votanti 226
Astenuti 142
Maggioranza 114
Hanno votato
212
Hanno votato
no 14).

(Esame di un ordine del giorno - A.C. 3437 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'unico ordine del giorno presentato (vedi l'allegato A - A.C 3437 ed abbinate sezione 5).
Qual è il parere del Governo?

FILIPPO BERSELLI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Ciro Alfano n. 9/3437/1.


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PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Ciro Alfano non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/3437/1.
È così esaurito l'esame dell'unico ordine del giorno presentato.
Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.

RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, le chiedo di valutare la possibilità di rimandare le dichiarazione di voto ad un momento successivo, perché abbiamo la necessità (Commenti)... Noi abbiamo iniziato a votare questo provvedimento alle dieci e trenta di questa mattina; non è un provvedimento che si trascina (Commenti)... Insomma, abbiate pazienza! È da stamane che c'è questa intolleranza. Fateci dire quello che pensiamo anche nelle dichiarazioni di voto. Tra l'altro vorrei far notare che non c'è stato regalato neanche un secondo - presidente Ramponi - dai Presidenti perché, come lei ricordava, il provvedimento è contingentato e anzi sono avanzati addirittura alcuni minuti: tutto quello (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale) ... No, Presidente, addirittura gli ululati ...!

PRESIDENTE. Colleghi, io credo...

RENZO INNOCENTI. Andremo avanti ancora due settimane, ma gli ululati ...

PRESIDENTE. Onorevole Innocenti, ha totalmente ragione.

RENZO INNOCENTI. Noi rimaniamo ancora nei tempi contingentati: abbiamo parlato a titolo personale. Signor Presidente, le chiedo quindi di far svolgere, come è prassi costante, le dichiarazioni di voto disponendo di dieci minuti ...

PRESIDENTE. Onorevole Innocenti...

RENZO INNOCENTI. ... senza intenti ostruzionistici...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, se tutti siete d'accordo, poiché sono le 13,50, credo che adesso potremmo procedere al voto per l'inserimento all'ordine del giorno - ex articolo 27 del regolamento - del disegno di legge di conversione n. 6292, rimanendo però d'accordo che alle 16 inizieranno le dichiarazioni di voto finale del testo unificato della proposta di legge n. 3437 ed abbinata, alle quali faranno seguito - presumibilmente alle 16,30-16,40 - la votazione finale di questo provvedimento e, quindi, l'esame del provvedimento d'urgenza in materia di esercizio domiciliare del voto, che - ripeto - propongo di inserire all'ordine del giorno.

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, intervengo solo per capire: lei ha cambiato la decisione presa dalla Conferenza dei capigruppo, perché essa ha già deciso.
Lei, signor Presidente, può prendere una decisione quando la Conferenza dei presidenti di gruppo non ne abbia assunte: per poter cambiare le decisioni prese dalla Conferenza è necessario convocare una nuova riunione.

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Boccia, io ho chiesto sia a lei sia a tutti gli altri, usando questa espressione: «se siete tutti d'accordo». Se invece non siamo tutti d'accordo, io convoco immediatamente la Conferenza dei capigruppo; nessuno pensava che si riuscisse a finire tutte le votazioni: manca solo il voto finale (Commenti del deputato Boccia).
Comunque, va bene, onorevole Boccia; lei mi chiede la convocazione della Conferenza dei capigruppo che io immediatamente convoco al piano aula; ad essa proporrò di terminare questo disegno di legge alle 16 (Commenti)...


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Inserimento all'ordine del giorno dell'Assemblea del disegno di legge di conversione n. 6292.

PRESIDENTE. Passiamo intanto alla votazione per l'inserimento all'ordine del giorno dell'Assemblea, ai sensi dell'articolo 27 del regolamento, del disegno di legge di conversione n. 6292, da esaminare dopo la conclusione dell'iter del provvedimento in discussione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

La Camera approva all'unanimità.
Avverto che la Conferenza dei presidenti di gruppo è immediatamente convocata.
La seduta è sospesa; riprenderà alle 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 13,50, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, il ministro per i beni e le attività culturali, il ministro per i rapporti con il Parlamento ed il ministro del lavoro e delle politiche sociali.

(Smaltimento di fanghi prodotti da impianti di depurazione e potabilizzazione delle acque in Sardegna - n. 3-05307)

PRESIDENTE. L'onorevole Cossa ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-05307 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1).

MICHELE COSSA. Signor Presidente, il 1o dicembre 2005 ha preso avvio il nuovo appalto per lo smaltimento dei fanghi da depurazione e potabilizzazione delle acque prodotti dagli impianti dell'Ente sardo acquedotti e fognature (ESAF). Dopo appena due settimane, il 16 dicembre, e successivamente il 3 gennaio 2006, i carabinieri del NOE accertano lo stoccaggio di una quantità abnorme di fanghi presso un impianto di potabilizzazione, quello di Truncu Reale.
Da quanto si è appreso, questi fanghi sarebbero usciti dall'impianto, per essere avviati allo smaltimento, e respinti dalla discarica e, successivamente, rientrati presso il medesimo impianto senza che vi sia traccia di un esame dei fanghi che sono stati riammessi presso l'impianto in questione. La vicenda ha suscitato clamore, tant'è che di essa se ne è occupata anche la Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse.
Per tutti questi motivi, ho presentato l'interrogazione in esame, con la quale ho chiesto l'intervento dell'onorevole ministro dell'ambiente e della tutela del territorio al fine di sapere di quali notizie esso disponga e quali iniziative intenda adottare in merito alla vicenda descritta.

PRESIDENTE. Il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, onorevole Matteoli, ha facoltà di rispondere.

ALTERO MATTEOLI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. Signor Presidente, la questione sollevata dall'onorevole interrogante, esaminata dalla Commissione bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse nella seduta del 10 gennaio 2006, durante l'audizione dell'ex amministratore unico dell'Ente sardo acquedotti e fognature, è stata oggetto di indagine da parte dei carabinieri del NOE.
In data 16 dicembre 2005, a seguito di segnalazione, il NOE procedeva al controllo dell'impianto di potabilizzazione delle acque di Sassari, Truncu Reale, riscontrando la presenza di un quantitativo


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di fanghi superiore a sessanta metri cubi e, quindi, superiore al limite di cui all'articolo 6, lettera m), numero 3, del cosiddetto decreto Ronchi.
Dalle successive verifiche documentali, emergeva che il servizio di raccolta, carico, trasporto e smaltimento dei fanghi prodotti negli impianti di potabilizzazione delle acque ricadenti nelle zone operative di gestione di Cagliari, Sassari, Oristano e Nuoro, presso gli impianti dell'Ente sardo acquedotti e fognature, veniva svolto dalla società Bonifiche Spa appartenente al gruppo Finambiente Spa, risultata aggiudicataria a seguito di gara di appalto. Il relativo bando prescriveva che la ditta appaltatrice s'impegnasse ad ottenere, prima dell'esecuzione dell'attività di riutilizzo, anche in corso di esecuzione dell'appalto, l'autorizzazione della regione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero.
Il 3 gennaio ultimo scorso, a seguito di analoga segnalazione, i carabinieri del NOE effettuavano il controllo dell'impianto di potabilizzazione di Alghero, località Monte Agnese, ove veniva riscontrata la presenza di circa 210 metri cubi di fanghi, nonché di un ulteriore consistente quantitativo depositato su un battuto di cemento ed abbancato sul suolo asfaltato. I fanghi presenti nei contenitori risultavano non accettati dalla discarica Ecodump Srl di Carbonia. L'esito dei controlli ha costituito oggetto di comunicazione di notizia di reato alla procura della Repubblica presso il tribunale di Sassari, per violazione dell'articolo 51, comma 2, del cosiddetto decreto Ronchi.
La regione Sardegna ha fatto presente che l'eccesso di accumulo di fanghi stoccati in alcuni impianti è stato determinato, in primo luogo, dalla presenza di volumi residui, non conferiti per lo smaltimento dalla ditta precedentemente affidataria del servizio; in secondo luogo, dall'eccesso di contenuti di acqua, superiori al 75 per cento, nei fanghi di risulta, che determinavano la non smaltibilità in discarica degli stessi; in terzo luogo, dalla chiusura dei siti di smaltimento in occasione delle festività.
La stessa regione ha, altresì, comunicato che, dalla data del 6 gennaio, la quantità dei fanghi smaltita tramite conferimento in discarica è superiore a quella prodotta e, pertanto, il servizio si è regolarizzato.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, in ogni caso, visto l'intervento della magistratura, è in attesa degli sviluppi giudiziari, per valutare le eventuali misure da assumere.

PRESIDENTE. L'onorevole Cossa, il quale dispone di due minuti, ha facoltà di replicare.

MICHELE COSSA. Signor Presidente, ringrazio il signor ministro, perché mi ritengo soddisfatto per la parte di competenza dello Stato.
Invece, suscita perplessità il comportamento della regione, che non è intervenuta né come soggetto proprietario dell'ente, in quanto azionista dell'ESAF, il nuovo soggetto che svolge il servizio, né nell'esercizio dei suoi compiti di vigilanza in materia ambientale. Ciò è preoccupante, perché non si può pensare che fanghi costituenti residui di potabilizzazione possano essere nuovamente stoccati nello stesso impianto. Credo sia necessario verificare se essi siano stati analizzati prima di essere riammessi nell'impianto, perché il fatto che si tratti di acque destinate al consumo umano non può lasciare indifferenti.
Certo, non possiamo entrare nel merito degli accertamenti che competono alla magistratura, né vogliamo farlo, ma la regione Sardegna, che si proclama così sensibile ed attenta alle problematiche ambientali, perché non è intervenuta concretamente? Perché non ha adottato alcun provvedimento cautelativo quando sono emersi i problemi segnalati? A tutt'oggi, non risulta ancora che sia stato comunicato dove vengono smaltiti i fanghi; non risulta, infatti, che la ditta aggiudicataria dell'appalto abbia conseguito l'autorizzazione regionale per lo spandimento dei fanghi in agricoltura.
Quindi, nessun provvedimento da parte della regione in sede di autotutela e nessun


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intervento da parte dell'assessorato regionale alla sanità, che, attraverso le aziende sanitarie locali, dovrebbe istituzionalmente disporre visite periodiche volte a verificare lo stato degli impianti e le caratteristiche dei fanghi: un contrasto nettissimo tra la politica ambientale «parlata» e proclamata e la politica realmente «giocata» dalla giunta regionale sarda. Altro è spaventare i turisti con provvedimenti e tasse discutibili; altro è tutelare efficacemente l'ambiente e la salute dei cittadini!

(Conclusione delle indagini sull'uccisione del funzionario del Sismi dottor Nicola Calipari, sul ferimento della giornalista Giuliana Sgrena e del maggiore del Sismi Andrea Carpani - n. 3-05309)

PRESIDENTE. L'onorevole Deiana ha facoltà di illustrare, per un minuto, la sua interrogazione n. 3-05309 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2).

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, non c'è proprio bisogno che io spenda parole per illustrare il debito di riconoscenza, davvero grande, che il nostro paese ha nei confronti del dottor Calipari, rimasto ucciso a Baghdad in circostanze che definire oscure sarebbe un puro eufemismo. Per noi, per il mio gruppo e per me, si è trattato di un assassinio di guerra; per altri, forse, di un incidente fatale. In ogni caso, intorno alla vicenda le autorità statunitensi hanno stretto il cerchio del silenzio e del segreto di Stato.
La magistratura italiana è andata avanti ed ha contestato i reati di omicidio volontario e duplice tentato omicidio al soldato statunitense Mario Lozano.
Chiedo al Governo cos'abbia fatto, e cosa intenda fare nella prossima fase, affinché le autorità statunitensi apprestino la loro collaborazione alla magistratura italiana e, in particolare, si attivino per la notificazione degli atti dell'autorità giudiziaria italiana che riguardano il soldato Mario Lozano.

PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di rispondere.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, nel corso della sua recente visita a Washington, il Vicepresidente del Consiglio Fini ha voluto affrontare con il segretario di Stato Rice la questione dell'inchiesta relativa alla tragica morte di Nicola Calidari, sebbene l'argomento non fosse inizialmente compreso fra i temi in agenda per il colloquio.
Il nostro ministro degli affari esteri, infatti, ha chiaramente ribadito, in tale occasione come in passato, che si tratta di una questione della massima rilevanza per l'Italia, sulla quale le autorità americane sono consapevoli del diritto-dovere della nostra magistratura di indagare, di effettuare i necessari interrogatori e di accertare eventuali responsabilità.
Il Governo italiano - ha, in particolare, sottolineato il Vicepresidente Fini -, nel doveroso rispetto della piena autonomia della magistratura, si unisce alla richiesta di trasparenza e di certezza su ciò che è accaduto. Com'è noto, il Governo italiano si è adoperato fin dal primo momento per ricercare la collaborazione americana all'accertamento dei fatti e delle eventuali responsabilità di questa tragica vicenda.
Fu costituita, infatti, a tal fine, una commissione paritaria tra i due paesi, le cui indagini si svolsero in un clima di concretezza e di collaborazione reciproca, con piena facoltà operativa di accesso e di acquisizione di informazioni da parte dei rappresentanti italiani benché, come noto, non sia stato possibile giungere ad una ricostruzione dei fatti condivisa da entrambe le componenti, quella italiana e quella statunitense, della commissione. Nelle occasioni di dialogo bilaterale, il Governo italiano non ha mancato di rappresentare costantemente agli Stati Uniti la grande attenzione e sensibilità dell'opinione pubblica italiana e delle forze politiche e parlamentari per la vicenda e le forti aspettative di certezza e giustizia, riscontrando sempre collaborazione da


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parte dell'amministrazione americana. Il ministro Fini, nel colloquio con il segretario di Stato, ha insistito sul diritto-dovere della magistratura italiana, di cui ha ribadito l'autonomia e l'indipendenza, di indagare per l'accertamento di eventuali responsabilità. Da parte sua, il segretario di Stato, Rice, ha mostrato di comprendere tali esigenze nonché le attese del Parlamento e dell'opinione pubblica italiani al riguardo, esprimendo fiducia nella collaborazione giudiziaria tra i due paesi.

PRESIDENTE. L'onorevole Deiana ha facoltà di replicare.

ELETTRA DEIANA. Ritengo che le sollecitazioni e le preoccupazioni in base alle quali il Governo ha agito in tutta questa vicenda non siano state assolutamente all'altezza della gravissima offesa che è stata inferta al nostro paese, in seguito all'atteggiamento degli Stati Uniti ed alle scelte con le quali gli stessi Stati Uniti hanno predisposto la difesa ed il controllo del territorio di Baghdad. Queste scelte, a mio avviso, sono all'origine dell'uccisione del dottor Calipari. Il Governo non è stato all'altezza, né nella fase precedente, né oggi. Infatti, se è vero quanto riferito dal ministro Giovanardi in relazione alle affermazioni del ministro Fini e alla visita di quest'ultimo negli Stati Uniti, è anche vero che, precedentemente, in seguito alla decisione dei magistrati romani di depositare gli atti, mettendoli a disposizione delle parti, il Governo ha taciuto, ha colpevolmente taciuto. Il ministro Fini, prima di partire, aveva dichiarato che la questione non era in agenda. Il ripensamento tardivo costituisce un segno positivo, che dimostra comprensione in relazione al fatto che c'è una opinione pubblica attenta. Tuttavia, non è sicuramente il segno di una assunzione di responsabilità decisa, forte e determinata, come l'intera vicenda richiederebbe. Verità e giustizia non si esercitano, non si attuano attraverso le pieghe di una diplomazia subalterna che suggerisce - come il ministro Fini ha fatto con il sottosegretario di Stato, Condoleeza Rice - anziché chiedere con determinazione, da paese ex aequo, alle autorità americane di procedere secondo i criteri di una piena, franca e aperta collaborazione con un paese alleato il quale - a mio avviso, purtroppo - ha speso di suo moltissimo per collaborare a questa guerra in Iraq.
Quindi, sollecito e chiedo che l'impegno sia chiaro, determinato, pubblico...

PRESIDENTE. Onorevole Deiana...

ELETTRA DEIANA. ...e che sia data un'adeguata risonanza mediatica alle dichiarazioni del ministro Fini ed ai futuri impegni del Governo.

PRESIDENTE. Bisogna rispettare i tempi, onorevoli colleghi! Sono severo a questo riguardo...

(Iniziative per garantire il rispetto delle norme a tutela dell'ambiente nella realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina - n. 3-05310)

PRESIDENTE. L'onorevole Strano ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-05310 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3), di cui è cofirmatario.

NINO STRANO. Il nostro gruppo parlamentare, signor ministro, ha ritenuto di chiedere quali iniziative si intendano adottare per garantire la realizzazione di un'opera riguardo alla quale siamo tendenzialmente favorevoli, anche se lasciamo libertà ai nostri colleghi, tra cui l'assessore al turismo della regione Sicilia, Granata, di assumere posizioni, magari, differenziate.
Davanti ad un'opera che determinerà 15 mila posti di lavoro e che sarà una grande attrazione turistica ed un'occasione per lo sviluppo della nostra economia sul corridoio Palermo-Berlino, noi chiediamo, per «tagliare le unghie» a quanti eventualmente manifestino inopinatamente con episodi di violenza deprecabili - che hanno visto coinvolto un nostro consigliere comunale a Messina il 22 gennaio 2006 -, quali siano le misure idonee a garantire la


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trasparenza della conduzione degli appalti, ma anche e soprattutto quali siano gli accorgimenti volti ad apprestare una garanzia sotto l'aspetto dell'impatto ambientale. Siamo già certi della sussistenza di idonee garanzie ma una chiarificazione del Governo ci rassicurerà assolutamente.

PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di rispondere.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, nell'ambito delle iniziative previste al fine di garantire l'attento e costante monitoraggio dei lavori per la realizzazione del ponte sullo Stretto, la società Stretto di Messina, consapevole delle complesse problematiche e degli effetti delle ricadute ambientali che una così grande opera può comportare, ha inteso sviluppare un duplice e contemporaneo monitoraggio ambientale, sia nell'area interessata ai lavori di costruzione sia in un contesto aereale molto più vasto. Sarà pertanto responsabilità del soggetto aggiudicatario svolgere tutti quegli interventi necessari a controllare, mitigare o eliminare i possibili impatti delle opere che possono prodursi nella fase di cantiere.
Le attività di monitoraggio svolte dal monitore ambientale riguarderanno un'area molto più estesa rispetto a quella del soggetto aggiudicatario e comprenderanno lo studio di tutte le componenti ambientali, territoriali e sociali, così come specificato nelle linee guida della commissione VIA.
Più in particolare, le attività relative alle componenti ambientali riguarderanno l'atmosfera, l'ambiente idrico, le acque superficiali e sotterranee, l'ambiente marino, il suolo ed il sottosuolo, vegetazione e flora, fauna ed ecosistemi, rumore e vibrazioni; quelle relative alle componenti territoriali riguarderanno paesaggio e stato fisico dei luoghi; quelle relative infine alle componenti sociali riguarderanno la socioeconomia e le percezioni sociali medie.
Entrambi i monitoraggi si esplicheranno entro distinti momenti temporali: ante operam (12 mesi); in opera (periodo di costruzione); post operam, per una durata pari a 12 mesi dopo la fine dei lavori. L'inizio della fase ante operam è previsto per il prossimo marzo 2006.
La società Stretto di Messina ha inoltre attivato due distinti incarichi per gli studi ed approfondimenti relativi ad eventuali interferenze del ponte con i flussi migratori dei cetacei e dei volatili. Lo studio dei cetacei è stato attivato nel giugno 2005 mentre quello sull'avifauna è dell'agosto del 2005.
Le risultanze dei due monitoraggi ante operam e degli studi ed approfondimenti di settore dovranno contribuire all'ulteriore verifica dell'eventuale significatività dell'impatto potenziale della struttura del ponte al fine di individuare possibili ulteriori misure di mitigazione rispetto a quelle del progetto preliminare e del relativo studio di impatto ambientale. Inoltre, le risultanze di tutte le attività sopra descritte consentiranno non solo la messa a punto del progetto di mitigazione ambientale, ma anche l'elaborazione di un progetto di monitoraggio ambientale e territoriale-sociale unitario che, allegato al progetto definitivo, sarà sottoposto all'approvazione del CIPE per permettere che questa grandissima opera - la quale collegherà la Sicilia al continente - possa avvenire nel massimo rispetto dell'ambiente.

PRESIDENTE. L'onorevole Strano ha facoltà di replicare.

NINO STRANO. Con l'onorevole Paolone, presente in aula e cofirmatario, tra gli altri colleghi del gruppo, di questa interrogazione, ci riteniamo soddisfatti, signor ministro, della sua risposta. Non avevamo dubbi che sarebbe stata quella poi effettivamente fornita, una risposta garantista che ci fa comprendere come, prima, per così dire, di lanciare la palla del ponte, il Governo abbia assolutamente ed esaustivamente adottato tutte le misure che vanno nella direzione di garantire il rispetto dell'ambiente e della legittimità.
Uno Stato, tra l'altro, come recentemente ha lasciato capire in una sua intervista


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l'onorevole ministro Matteoli, non può recedere dalle sue volontà anche se possono esservi pericoli di criminalità o di altro; lo Stato deve essere talmente forte da poter compiere gli interventi che ritenga giusti. E quella del ponte è una soluzione giusta della quale, con enfasi, è stata data, da molti mass media, una rappresentazione vulcanica, come se i 12 mila fossero più dei 52 milioni di italiani che, in ipotesi, a questo ponte sono favorevoli. Per fortuna, la manifestazione si è conclusa solo con il noto incidente deprecabile, del quale abbiamo interessato il ministro dell'interno, che si è immediatamente attivato affinché tali episodi vengano controllati. Ma ciò fa seguito, onorevole Giovanardi, a quegli atteggiamenti illiberali - tali li riteniamo, e mi rivolgo ad un Presidente liberale come Alfredo Biondi, che abbiamo la fortuna di avere in Assemblea in questo momento - che impediscono la realizzazione della TAV in Italia o il controllo dei gassificatori o il riciclaggio dei rifiuti, salvo poi lamentarsi che non arriva il gas e che siamo sepolti dai rifiuti stessi. Questo è il Giano bifronte di coloro i quali chiedono, ma non permettono che si faccia; ed è sempre, di solito, la sinistra.

(Nulla osta della sovrintendenza di Bologna alla rimozione ed al trasferimento in altra area di resti archeologici di epoca etrusca - n. 3-05308)

PRESIDENTE. L'onorevole Emerenzio Barbieri ha facoltà di illustrare l'interrogazione Volontè n. 3-05308 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4), di cui è cofirmatario.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, nel novembre 1999, il Ministero per i beni culturali e le attività culturali ha decretato l'apposizione di un vincolo, su richiesta della sovrintendenza di Bologna, su un edificio rustico, realizzato in età etrusca ed utilizzato fino all'età celtica, in considerazione dell'eccezionale valenza storica dell'insediamento. Ricordo che tale edificio è ubicato a Bologna, in via Andrea Costa n. 160.
Il 18 gennaio 2000, l'allora sovrintendente di Bologna ha scritto che il rinvenimento è eccezionale, signor ministro, dal punto di vista non tanto monumentale, quanto culturale, storico, topografico e documentario.
Vorrei segnalare che un privato pensa di insediare un supermercato su quell'area. Il vincolo del ministero, ovviamente, fa sì che tale privato non sia più interessato a costruire il supermercato, poiché gli vengono posti vincoli formidabili.
L'area in questione viene successivamente ceduta e, inopinatamente...

PRESIDENTE. Onorevole Emerenzio Barbieri...

EMERENZIO BARBIERI. ... il sovrintendente - ho concluso, signor Presidente -, prima nel maggio 2000, poi nel settembre 2001, ha espresso, senza averne il potere, parere favorevole alla richiesta di nulla osta per la rimozione ed il trasferimento in altra area dei citati resti antichi.

PRESIDENTE. Il ministro per i beni e le attività culturali, onorevole professor Buttiglione, ha facoltà di rispondere.

ROCCO BUTTIGLIONE, Ministro per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, l'interrogazione a risposta immediata presentata dagli onorevoli Volontè ed Emerenzio Barbieri tocca una questione che riveste una rilevanza generale. Il nuovo codice dei beni culturali e del paesaggio, infatti, consente di effettuare una valutazione bilanciata tra l'interesse pubblico alla realizzazione di un'opera e la tutela e la valorizzazione del reperto.
Ho notato che non solo in questo, ma anche in altri casi, le sovrintendenze hanno realizzato direttamente tale bilanciamento di beni. Si tratta di una decisione che ritengo scorretta: pertanto, ho emanato, in data 28 settembre 2005, una circolare per avocare al Ministero per i beni e le attività culturali la valutazione su tale bilanciamento.


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Nel caso segnalato, vi sono alcuni aspetti che non mi risultano ancora chiari: me ne scuso, ed annuncio che svolgerò adeguati approfondimenti per comprendere esattamente la situazione. Si tratta, rispettivamente, del cambiamento di posizione della sovrintendenza, che deve essere adeguatamente motivato (e mi farò parte dirigente per accertare quale sia la motivazione), nonché della rimozione in permanenza di vincolo.
Vi è, inoltre, un'altra questione, cui l'onorevole Emerenzio Barbieri, per brevità, non ha fatto cenno. Infatti, l'area in cui questi beni sono stati trasportati risulta tuttora essere di proprietà privata e non è stata ancora acquisita dal comune, come da accordi precedentemente intercorsi.

PRESIDENTE. L'onorevole Emerenzio Barbieri ha facoltà di replicare.

EMERENZIO BARBIERI. Signor ministro, lei ha fornito una serie di informazioni, tuttavia vorrei osservare che, su questa vicenda, restano alcuni dubbi drammatici dal punto di vista della certezza del diritto.
Non vi è ombra di dubbio, infatti, che il sovrintendente dell'epoca abbia compiuto una scelta che non poteva operare, perché solo il Governo - quindi, il suo ministero - poteva revocare ciò che era stato in precedenza negato. Si è trattato, dunque, di un atto palesemente illegittimo.
Ma c'è di più. Per quale motivo, dopo che l'area ha cambiato proprietà, passando da un privato ad una cooperativa - che, signor ministro, guarda caso, si chiama Coop Adriatica ed ha come presidente l'attuale presidente dell'Unipol, il signor Pierluigi Stefanini -, è possibile successivamente costruire? In altri termini, perché noi viviamo in una regione nella quale al cittadino privato viene negato ciò che viene consentito alla cooperazione (ovviamente, solo quella rossa, perché di altra cooperazione non si parla)?
Tenga conto, poi, che tutti quei reperti - il cui valore e la cui importanza, signor ministro, sono stati riconosciuti da lei stesso, nella sua risposta - sono stati rimossi (vi sono foto che tutti possono vedere), nonostante non fosse stato revocato il vincolo apposto.
Vorrei anche sapere chi ha autorizzato il trasferimento altrove e quali sono i motivi per i quali i reperti sono attualmente collocati in un'area che è esposta alle intemperie - è piena di erbacce, basta andarlo a vedere -, trattandosi di reperti unici per il loro valore culturale. Quindi, vorrei capire con quale logica questo sito, unico nella sua bellezza e nella sua importanza culturale ed archeologica, è stato nella sostanza distrutto: questo è l'aspetto gravissimo di tale vicenda.
Per concludere, signor Presidente, voglio solo dire che la vicenda è così poco chiara che nel febbraio del 2005 tale sovrintendente ha detto che bisogna ripercorrere l'intero iter della stessa (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU)).

(Interventi volti a risolvere la crisi di Alitalia - n. 3-05311)

PRESIDENTE. L'onorevole Pasetto ha facoltà di illustrare l'interrogazione Lusetti n. 3-05311 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5), di cui è cofirmatario.

GIORGIO PASETTO. Signor ministro, la questione dell'Alitalia è emblematica, perché è coerente con l'azione del Governo e soprattutto del suo Presidente del Consiglio. Quest'ultimo afferma che ci sono due colpevoli: uno è il centro sinistra - e questa è la «musica» che ripete su tutto ed in ordine a tutto - e l'altro è sicuramente il sindacato.
Ebbene, rispondendo al Presidente del Consiglio Berlusconi, nel corso di questi cinque anni non abbiamo mai negato che i problemi dell'Alitalia fossero problemi strutturali e di fondo. Cito alcuni passaggi significativi. In questi cinque anni la situazione si è aggravata e siamo limite del


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fallimento. La questione Alitalia è il simbolo della assoluta mancanza di una politica dei trasporti nel nostro paese, ed oggi Berlusconi dice di risolverla manu militari, visto che non c'è altra soluzione: è arrivato a dire questo nei giorni passati!
Due questioni. La prima è dove sta la grande alleanza ...

PRESIDENTE. Deve sintetizzare, onorevole Pasetto, perché ha finito il suo tempo; poi potrà replicare.

GIORGIO PASETTO. Signor Presidente, solo due battute.
Dov'è la grande alleanza con Alitalia? Soprattutto, dove è la coerenza tra il piano industriale che è stato approvato e l'acquisizione di Volare? Qui vi è uno dei nodi: la verità è che Volare è cara ad una parte della maggioranza, che ha sempre insistito su questo punto, mentre vi era questa situazione di crisi ...

PRESIDENTE. Mi dispiace doverla interrompere ...

GIORGIO PASETTO. ... mentre non c'era il piano industriale, abbiamo acquistato Volare. Questa è la sintesi dell'azione del Governo!

PRESIDENTE. Voli anche lei... Il ministro del lavoro e delle politiche sociali, onorevole Maroni, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MARONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, mi ero preparato a rispondere all'interrogazione in esame, ma le questioni poste dall'interrogante sono un po' diverse.
Innanzitutto, Alitalia non ha acquisito Volare, lei dice una cosa inesatta; ha presentato la propria offerta, ma la gara non è ancora stata aggiudicata. In secondo luogo, voglio ricordare o informare l'interrogante, che forse non ne è al corrente, che Alitalia è una società per azioni quotata in Borsa; inoltre, dopo l'aumento di capitale da un miliardo di euro, la quota del Tesoro è scesa sotto il 50 per cento.
Ricordo infine che Alitalia non è un'azienda pubblica che il Governo possa governare a suo piacimento. Esiste un management, ma soprattutto il 51 per cento del capitale è costituito da azionisti privati, che hanno versato un miliardo di euro sulla base di un piano industriale presentato dall'amministratore delegato e dal presidente in base ad un prospetto finanziario depositato presso la Consob. Se ora il Governo intervenisse o interferisse con il piano industriale, al di là dei risvolti penali di market abuse, compirebbe un'azione che non è di sua competenza. Allora, visto che al Presidente del Consiglio in questi anni è sempre stato eccepito il problema del conflitto di interessi, almeno in questo caso io credo che sia necessario - questa è la posizione del Governo - ed inevitabile lasciare al management di Alitalia la responsabilità di dare piena attuazione al piano industriale concordato con le parti sindacali.
Circa i dati contenuti nell'interrogazione relativi ai risultati economici del 2005, questi non corrispondono al vero.
I risultati relativi al primo anno del piano industriale 2005-2008 evidenziano una netta inversione di tendenza rispetto ai risultati negativi precedentemente conseguiti. Ne cito solo uno: il bilancio 2003 si è chiuso con 519 milioni di euro di perdite; il bilancio 2004, con 812 milioni di euro di perdite; i primi nove mesi del 2005 registrano una perdita di 39 milioni di euro, rispetto ai 620 milioni dello stesso periodo dell'anno precedente, con un risultato operativo migliorato di oltre 580 milioni di euro. Ciò a dimostrazione che l'azione del Governo per salvare Alitalia è stata - ed è - efficace. È chiaro che, se poi si è cambiata idea e si è deciso che tale piano industriale non può più o non deve più essere attuato, perché comporta variazioni negli assetti delle rappresentanze sindacali e ciò implica, per ogni giorno di interruzione del servizio, una perdita pari a 10 milioni di euro, i conti dell'azienda peggiorano rapidamente e la situazione sarà quella che sarà. Ma ciò non è certo


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responsabilità né del piano industriale, né del management, né, tanto meno, del Governo.

PRESIDENTE. L'onorevole Lusetti ha facoltà di replicare.

RENZO LUSETTI. Signor ministro, ci riteniamo completamente insoddisfatti della sua risposta, anche per la contraddittorietà tra la premessa e la conclusione, quando ha citato i dati.
La situazione della compagnia di bandiera è divenuta un'emergenza nazionale e lei ha dimostrato, anche con questa risposta, che il Governo «se ne lava le mani». Noi non vogliamo il fallimento dell'Alitalia, al contrario di quanto hanno dichiarati alcuni suoi colleghi e come anche lei ha fatto trasparire, non solo nella sua risposta di oggi, ma anche in alcune dichiarazioni da lei rilasciate questa mattina. Noi crediamo realmente al salvataggio della compagnia di bandiera e riteniamo che vi debba essere, insieme al piano finanziario, un vero e proprio piano industriale, che oggi non c'è e che noi non vediamo. Anche le cifre che lei ci ha appena comunicato non corrispondono alla realtà. Non si è riscontrato alcun miglioramento nei conti del 2004 e del 2005, e si prevede un netto peggioramento per i conti del 2006.
Signor ministro, noi crediamo che sia necessario, prima, il risanamento della compagnia di bandiera e, poi, il suo rilancio. Ma non vediamo, da parte del Governo, alcuna volontà di procedere verso il risanamento e nemmeno verso il rilancio industriale della compagnia di bandiera. Di tutto ciò ne fanno le spese i cittadini. Signor ministro, è facile dare la colpa sindacati, come fa il capo dell'esecutivo, per nascondere le responsabilità e l'incapacità del Governo. Anche su questo tema, il Governo ha dimostrato di non essere all'altezza ed è ora che vada a casa...

ROBERTO MARONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. In treno, però!

RENZO LUSETTI. Non si può attribuire tutta la responsabilità al management. Il management è, comunque, espressione anche dell'azionista di riferimento, ossia del Ministero dell'economia e delle finanze, che noi avevamo interpellato al riguardo. Quindi, se il management non va bene, come lei ha affermato nella sua risposta, va cacciato!

ROBERTO MARONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Ho detto il contrario, non mi hai capito!

RENZO LUSETTI. Questo sarebbe un Governo serio, se volesse rispondere concretamente alle esigenze dei cittadini! Dunque, credo sia ora di dare risposte concrete ai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

(Interventi per il rilancio e lo sviluppo di Alitalia - n. 3-05312)

PRESIDENTE. L'onorevole Tidei ha facoltà di illustrare l'interrogazione Duca n. 3-05312 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6), di cui è cofirmatario.

PIETRO TIDEI. Signor Presidente, signor ministro, è purtroppo ormai noto a tutti che i gravi ritardi e l'assenza del Governo hanno impedito, in questi anni, una chiara strategia nel settore del trasporto aereo, in grado di rilanciarlo complessivamente, insieme alla nostra compagnia di bandiera.
In secondo luogo, un management non più credibile, incapace di produrre un vero e proprio piano industriale che rilanci l'azienda, senza farne un deprecabile «spezzatino», ha determinato una simile - e drammatica - situazione, che crea disagi insopportabili all'utenza ed apre scenari preoccupanti per migliaia di lavoratori.
Eppure, vorremmo ricordare al ministro Maroni che il costo del lavoro, ridotto del 30 per cento grazie ai sacrifici dei lavoratori, è oggi il più basso d'Europa.


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Altre compagnie hanno ripreso a produrre utili per centinaia di milioni di euro (Air France, Iberia, Lufthansa, KLM, British Airways). Di contro, l'Alitalia, nel 2005, registra - come dice il ministro Maroni - perdite consistenti, a fronte di inefficienze, ritardi, insoddisfazioni della clientela e perdita di competitività.
Oggi è sotto gli occhi di tutti - e concludo, signor Presidente - che l'unica realtà è lo «spezzettamento» dell'azienda. E ciò che più ci preoccupa è l'auspicio del ministro Maroni che l'azienda possa finalmente e fallire...

PRESIDENTE. Onorevole Tidei, si avvii alla conclusione: lei conosce le regole di questa drammatica situazione del question time, che non amo.

PIETRO TIDEI. Questo la dice lunga sulle sorti di Alitalia!

PRESIDENTE. Il ministro del lavoro e delle politiche sociali, onorevole Maroni, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MARONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, mi rivolgo all'onorevole Tidei: lei può fare tutte le valutazioni che vuole, ma non attribuire a colleghi e ministri frasi che non hanno pronunciato. Non ho mai auspicato il fallimento di Alitalia; ho detto esattamente il contrario. Quindi, legga le considerazioni che ho espresso.
In secondo luogo, è assolutamente falso che il Governo, in questi anni, si sia disinteressato di Alitalia e del settore; credo, anzi, che abbia fatto più di quanto avrebbe dovuto. Il Governo ha adottato, assieme al management e al sindacato, il piano industriale contenuto nel provvedimento sui requisiti di sistema. E l'impegno a dividere in due la società non è una decisione assunta dall'ingegner Cimoli, che ha inventato questa soluzione alzandosi un mattino. Esso fa parte degli accordi conclusi con il sindacato e con il Governo.
Sulla base di questa prospettiva, la Commissione europea ha dato il via libera al prestito - ponte di 400 milioni di euro e, sulla base di questa prospettiva, l'aumento di capitale di un miliardo di euro è stato sottoscritto da investitori privati di tutta Europa.
Allora, attenzione a dire che il management deve essere cambiato e che il piano industriale deve essere modificato! Attenzione, cari colleghi: parliamo di una società quotata in Borsa, attorno alla quale girano interessi colossali. Stiamo attenti a fare certe affermazioni, perché può succedere veramente di tutto. Può accadere che la Commissione europea decida di revocare la sua autorizzazione e che gli investitori, che hanno sottoscritto un miliardo di euro di capitale, decidano di fare retromarcia.
Anche i risultati ottenuti dall'azienda (quelli che ho citato, e non quelli inventati da qualche giornale o da qualche relazione fantasma, che pure è stata citata dalla sinistra) dimostrano che oggi, con quel piano industriale e con quel management, l'Alitalia può conseguire degli obiettivi che la conducano al salvataggio e al rilancio.
La questione che il sindacato pone, in sostanza, è un'altra: il sindacato non accetta questa operazione di divisione dell'Alitalia per ragioni interne alla rappresentanza sindacale, che nulla hanno a che vedere con l'azienda. È questa la situazione che sta portando gravi danni alla società. Se le agitazioni non vengono interrotte, essa rischia il fallimento; e vi saranno gravissimi disagi per i cittadini.
Il Governo, a mio parere, ha fatto più di quanto avrebbe dovuto. Di più non può fare. Con l'intervento sui requisiti di sistema, abbiamo esteso ai lavoratori di Alitalia lo strumento degli ammortizzatori sociali, che il Governo di centrosinistra non aveva concesso. Abbiamo istituito un fondo speciale di integrazione del reddito di questi lavoratori ed abbiamo risolto la crisi occupazionale. Ora, la questione è ben diversa.

PRESIDENTE. L'onorevole Duca ha facoltà di replicare.

EUGENIO DUCA. Signor Presidente, ringrazio il ministro per la sua risposta,


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che, ovviamente, ci trova del tutto insoddisfatti. Ancora una volta, sul problema dei trasporti del nostro paese si registra l'assenza totale del ministro competente.
Ci troviamo di fronte ad un'azienda di cui il Governo è azionista di controllo, con il 49 per cento delle azioni. Non ci si può tirare indietro e richiamare responsabilità di altri per una crisi che è ormai diventata strutturale e che coinvolge tutto il settore del trasporto aereo, proprio a causa di iniziative sbagliate della maggioranza e del Governo.
È ora di dire la verità: basta illusioni, bugie e attribuzioni di responsabilità ai lavoratori, che hanno fatto tutta intera la loro parte.

ROBERTO MARONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Al sindacato, non ai lavoratori!

EUGENIO DUCA. Come mai avete aspettato il blocco totale dei voli per avviare una consultazione con le organizzazioni sindacali dei lavoratori, che pure hanno dato ampia disponibilità? Perché avete aspettato che i disagi dei cittadini raggiungessero livelli insostenibili per avviare una trattativa seria con i lavoratori e con i loro rappresentanti? Perché non mettete mano davvero a un piano industriale efficace?
Noi vi abbiamo fatto molte proposte, signor ministro, compresa quella dei requisiti di sistema. Per quattro anni, tutte le volte che li abbiamo proposti, anche durante l'esame del disegno di legge finanziaria, abbiamo avuto sempre una risposta negativa.
Ovviamente, chiedevamo dei requisiti di sistema seri, che potessero consentire lo sviluppo e il rilancio anche del vettore Alitalia, non dei vettori concorrenti, senza togliere 30 milioni di euro all'ENAV e all'ENAC, quindi trasferendo la crisi anche sulle società di gestione aeroportuale.
Avete scassato l'intero sistema dopo aver danneggiato l'Alitalia, fino a minacciare la possibilità di portare i libri in tribunale. Non è un buon modo di governare, signor ministro, auspicare che la situazione vada al fallimento, attribuendo poi la responsabilità ad altri (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

ROBERTO MARONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Ma non dire cose false!

(Iniziative del Governo in relazione alle recenti agitazioni sindacali dei dipendenti dell'Alitalia - n. 3-05313)

PRESIDENTE. L'onorevole Antonio Leone ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-05313 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7).

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, è possibile che il ministro Maroni, dopo cinque anni, non abbia ancora compreso che un ministro di questo Governo può dare numeri precisi e motivazioni esatte, ma ricevere comunque, da parte delle opposizioni, ciò che ha ricevuto con queste interrogazioni, che sono simili alla nostra?
I cittadini forse non capiscono questo balletto di falsità e di inesattezze sulla vicenda. Essi capiscono, però, che c'è un'agitazione sindacale selvaggia, che sta provocando danni economici e disagi enormi agli stessi cittadini.
Questa prolungata agitazione sindacale, promossa, in particolar modo, dalla CGIL, dalla CISL e dalla UIL, viene attuata con metodi che non rasentano l'illegalità, ma che sono illegali (Commenti del deputato Lusetti)! Parlo di picchettaggi, di minacce e di tutta una serie di fatti che sono alla base di queste agitazioni.
Non è un caso, signor ministro, che le ragioni reali di questi scioperi non sono legate a ciò che è emerso dalle interrogazioni che hanno preceduto la mia, ma sarebbero da ascriversi al timore della perdita di rappresentatività dei sindacati confederali nel comparto del trasporto aereo, a seguito della cessione di una


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quota del capitale della AZ-Servizi alla Fintecna.
Mi risponda su questo, signor ministro.

PRESIDENTE. Il ministro del lavoro e delle politiche sociali, onorevole Maroni, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MARONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, mi richiamo ovviamente a tutto ciò che ho detto sullo sforzo che Alitalia e il suo management stanno facendo per risanare i conti e sulle difficoltà incontrate, non tanto per l'aumento del prezzo del carburante, che è schizzato oltre i 62 dollari al barile contro i 28 del 2004, ma proprio per l'impossibilità di far volare gli aerei a causa di questa agitazione, che lei, onorevole Leone, ha definito selvaggia e che in effetti rasenta forme censurabili.
So che l'azienda sta pensando o si è già rivolta alla magistratura per consentire l'esercizio del diritto di lavoro a coloro che vogliono entrare. Non è possibile che sia revocato lo sciopero, ma che, contemporaneamente, i servizi non funzionino per i picchettaggi o perché viene impedita la manutenzione degli aerei.
Condivido la sua preoccupazione sul fatto che la questione non riguardi tanto il piano industriale o le prospettive, ma sia legata, come ho già detto, a un problema di rappresentanza dei lavoratori: il passaggio dall'Alitalia ad un'altra società, come previsto nel piano e nel prospetto informativo presentato presso la Consob, comporta infatti una variazione nella titolarità del contratto.
Se questo, però, è il problema, mi chiedo veramente se chi sta attuando queste forme di protesta si renda conto che, per una questione tutta interna al sindacato, si rischia davvero di deteriorare i conti della società in modo irreparabile.
Una cosa è certa: con le attuali regole europee, con la sottoscrizione di un miliardo di euro di capitale e con il fatto che Alitalia è una Spa quotata in borsa, non è pensabile e non è possibile chiedere al Governo di intervenire per mettere i soldi, per modificare il piano industriale o per fare ciò che normalmente l'azionista non può fare.
Un azionista non può dire al suo presidente cosa fare; al massimo può chiedere la convocazione dell'assemblea e, se ha la maggioranza, intervenire. Nel caso in esame non possiamo fare neppure questo perché il Governo non ha più la maggioranza assoluta.
Abbiamo seguito anche oggi la convocazione del sindacato e seguiamo con grande preoccupazione l'evolversi della situazione. Abbiamo detto al sindacato che non abbiamo il potere ed il diritto di intervenire nel merito del piano industriale e che le responsabilità, come è giusto, competono al management. Si tratta, infatti, di società quotata in borsa che - lo ripeto fino alla noia - ha rastrellato un miliardo di euro tra investitori privati di tutta Europa. Non viviamo in un regime assolutista dove il Governo fa e disfa quello che vuole: dobbiamo, per fortuna, rispettare le regole europee e le regole del mercato. Chi chiede al Governo comportamenti illegittimi sappia che il Governo non ha alcuna intenzione di attuarli (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. L'onorevole Antonio Leone ha facoltà di replicare.

ANTONIO LEONE. Ringrazio il ministro per la solita trasparenza e chiarezza nella risposta che ha dato. Il quadro che viene fuori è ineccepibile: vi è un piano industriale voluto dai sindacati e dalle parti e ratificato dall'Europa. Mettere mano a quel piano industriale, così come sembra che si voglia fare - sottolineo il sembra perché a mio avviso, così come ha detto anche il ministro, è soltanto uno specchietto per le allodole - significherebbe veramente mettere in pericolo l'Alitalia e dover andare con i libri presso la sezione fallimentare del tribunale.
Il Governo ha sostenuto l'azienda, ha fatto sì che venisse fuori da una situazione ormai incancrenita e ha fatto sì che l'Europa accettasse quel piano industriale. Quindi, le ragioni delle proteste sono in quello che lei ha detto: una serie di beghe interne ai sindacati che non si interessano


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delle esigenze dei cittadini e degli stessi lavoratori.
I cittadini devono sapere queste cose perché non è possibile recarsi in aeroporto e non sapere se si può partire o no solo perché bisogna lasciare appesa tale vicenda senza stabilire le responsabilità, e mi rivolgo alla commissione di garanzia per quanto attiene alle questioni legate agli scioperi. Bisogna che il cittadino sappia se c'è uno sciopero, da quando comincia e quando finisce. Non si può rimanere appesi alle volontà di un manipolo di lavoratori che, sotto la copertura dei diritti dei lavoratori, vuole solo stare attento a tenere in piedi le proprie prerogative all'interno degli stessi sindacati.
Dunque, la ringrazio nuovamente e ritengo che l'attenzione del Governo su tale vicenda sia stata più che altissima. Il Governo deve continuare a vigilare non solo sulla vicenda in sé per quanto riguarda i lavoratori, ma anche sul modo di gestire tali agitazioni nei confronti di altri lavoratori che vogliono lavorare, per far sì che questi episodi selvaggi - come li ho prima definiti - non si verifichino e non vengano portati all'attenzione di una cittadinanza che ormai è stanca di alcuni comportamenti che non devono essere avallati da nessuno, tanto meno dal Governo (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

(Iniziative volte a garantire il mantenimento dei livelli occupazionali di Alitalia - n. 3-05314)

PRESIDENTE. L'onorevole Dario Galli ha facoltà di illustrare l'interrogazione Gibelli n. 3-05314 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8), di cui è cofirmatario.

DARIO GALLI. Signor Presidente, signor ministro, ovviamente l'argomento della giornata è questo: le agitazioni sindacali hanno provocato la cancellazione, per quanto riguarda l'Alitalia, di 225 voli nella giornata del 23 gennaio e 250 nella giornata del 24 gennaio.
La situazione di Alitalia è oggettivamente difficilissima e continui scioperi da parte delle più importanti sigle sindacali stanno paralizzando la compagnia aerea facendo subire all'azienda pesanti perdite, con gravi ripercussioni sui livelli occupazionali. Ogni giorno di sciopero mina l'attuazione del piano industriale dell'azienda Alitalia che, risanata e ricapitalizzata, è in procinto di iniziare la sua fase di sviluppo, pronta ad accettare le sfide del mercato internazionale.
A nostro avviso, i continui scioperi sono un chiaro segnale del fatto che il sindacato non accetta l'applicazione del piano industriale dell'azienda per garantire rendite di posizione fuori dalle regole di mercato.
Quindi chiediamo, in aggiunta a quanto già detto dal ministro, quali misure il Governo intenda adottare per garantire il sostegno occupazionale dell'azienda, tenendo conto del piano industriale e di un sistema commerciale che impone ad ogni compagnia aerea regole di efficienza e di pluralismo dell'offerta.

PRESIDENTE. Il ministro del lavoro e delle politiche sociali, onorevole Maroni, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MARONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, per quanto riguarda la tutela e l'intervento sui livelli occupazionali, come ho detto, il Governo è già intervenuto predisponendo per il settore del trasporto aereo, e per Alitalia in particolare, strumenti che non erano disponibili, costosi e che ora sono a disposizione dei lavoratori di Alitalia. Mi riferisco non solo alla cassa integrazione ed alla mobilità, ma anche ad un fondo integrativo della cassa integrazione, perché gli stipendi dei dipendenti Alitalia sono più alti di quelli di un operaio metalmeccanico. È stata chiesta e concessa l'istituzione di un fondo integrativo, finanziato in parte dalle aziende e in parte dai viaggiatori, che pagano su ogni biglietto un euro di extra charge per finanziarlo. Il paradosso è che i viaggiatori comprano il biglietto, pagano il fondo e non riescono a viaggiare.


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Su questi dati bisogna riflettere. Condivido le preoccupazioni espresse dal collega Galli, ma ribadisco che siamo di fronte ad una società cui dobbiamo garantire la totale autonomia sulla base di alcuni presupposti: il confronto con le parti sindacali ed il Governo è stato fatto negli anni passati; sono stati firmati protocolli d'intesa accettati da tutti, compreso il sindacato; sulla base di questi protocolli è stato fatto un piano industriale, accettato dal sindacato; sulla base di questo piano industriale è stata fatta un'offerta di aumento di capitale sottoscritta da operatori privati per un miliardo di euro, senza neanche fare ricorso a quel fondo di garanzia messo a disposizione, nel caso l'aumento di capitale non fosse riuscito a convincere gli operatori privati.
Gli investitori privati si sono convinti proprio sulla base del suddetto piano industriale, che prevede la divisione di Alitalia in Alitalia Fly ed Alitalia Service con la partecipazione maggioritaria di Fintecna.
Non è possibile, oggi, chiedere che il piano industriale venga stravolto, senza che ciò comporti l'annullamento o comunque la revoca o il rischio di revoca da parte della Commissione europea delle autorizzazioni all'operazione, che si è mossa nei binari europei, binari molto stretti. Ciò, sì, comporterebbe l'immediato fallimento della società, cui non vogliamo arrivare. Allora, continuare ad insistere, chiedere al Governo di ritirare o rifare il piano industriale significa affermare che Alitalia debba fallire. Non vogliamo che ciò avvenga e per questo motivo abbiamo chiesto ai sindacati di sospendere le agitazioni e riaprire il confronto con l'azienda.

PRESIDENTE. L'onorevole Dario Galli ha facoltà di replicare.

DARIO GALLI. Grazie, signor ministro, per la risposta chiara ed esauriente. È bene però che i cittadini conoscano esattamente (dato che non lo fanno i mezzi d'informazione) i termini della questione.
La crisi dell'Alitalia ha precise ragioni strutturali. I dipendenti sono, tra diretti ed indiretti, quasi 24 mila, il doppio rispetto agli standard delle compagnie equivalenti. La maggioranza di essi è ubicata a Roma, a Fiumicino, mentre il 70 per cento del traffico e del fatturato è nella sola Lombardia.
Solo lo spostamento quotidiano di equipaggi da Fiumicino a Malpensa, oltre ad occupare la rotta a scapito di passeggeri paganti, costa alcune centinaia di miliardi di lire all'anno, una parte significativa della perdita standard di mille miliardi all'anno degli ultimi 15 anni, a parte l'ultimo, come ha detto lei.
Negli anni scorsi la compagnia ha rinunciato alle tratte intercontinentali più importanti, verso le Americhe e verso l'Estremo Oriente, mantenendo tuttavia il volo verso Il Cairo, nel quale peraltro non viene servita carne di maiale neanche agli italiani.
A fronte di tale situazione e dell'ennesimo contributo di mille miliardi, l'azienda e i sindacati si erano impegnati ad affrontare e risolvere questi problemi strutturali. Ad oggi, di fatto, non si è fatto praticamente nulla!
I sindacati fanno sciopero, bloccano i voli, fanno perdere fatturato e creano disagi enormi ai cittadini perché non intendono rispettare gli accordi e vogliono mantenere la situazione attuale che, ovviamente, è insostenibile e che porta l'Alitalia dritta al fallimento. L'unica motivazione di tale comportamento è la necessità del sindacato di giustificare la propria esistenza, come peraltro avviene nella maggior parte delle aziende italiane.
Fa quindi benissimo lei, signor ministro, a preoccuparsi dei lavoratori e del loro reinserimento nel mondo produttivo vero, come sta facendo per la FIAT. E fa benissimo a mantenere saldo il principio di non intervenire più con finanziamenti a fondo perduto. Non lo permettono più le regole europee ma, soprattutto, non lo consentiamo noi della Lega, che appoggiamo le aziende vere e non facciamo differenze tra imprese di serie A e di serie B, come ha fatto per anni il centrosinistra.
Se vogliono sopravvivere - Alitalia, FIAT e tutti gli altri - dimostrino di saper


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fare il proprio mestiere. Il tempo dei carrozzoni statali, mantenuti dai cittadini lavoratori onesti, ci auguriamo sia finito per sempre (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Forza Italia)!

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 15,55, è ripresa alle 16,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Amoruso, Armani, Benedetti Valentini, Berselli, Enzo Bianco, Boato, Carrara, Deodato, Di Virgilio, Duilio, Fragalà, Giordano, Intini, Martusciello, Moroni, Palumbo, Pistone, Ramponi, Rosso, Ruzzante, Saponara, Selva, Sgobio, Stucchi, Tabacci, Trupia e Violante, sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono centoundici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Approvazione in Commissione.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di oggi, 25 gennaio 2006, la XIII Commissione permanente (Agricoltura), ha approvato, in sede legislativa, il seguente progetto di legge:
Collavini ed altri: « Testo unico delle norme nazionali di attuazione del regolamento comunitario concernente l'organizzazione comune del mercato vitivinicolo, nonché disposizioni nazionali e relativo sistema sanzionatorio » (31); Preda ed altri: « Norme per la preparazione e per il commercio dei mosti, vini ed aceti » (2743), in un testo unificato e con il seguente titolo: " Disposizioni di attuazione della normativa comunitaria concernente l'organizzazione comune di mercato (OCM) del vino (31-2743).

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, quello che le chiedo non è né usuale né corrisponde alla prassi; però, dato il momento particolare in quanto siamo prossimi alla fine della legislatura, potrebbe essere utile che lei disponesse che siano distribuiti nelle caselle dei deputati i testi dei provvedimenti approvati in sede legislativa, in modo che tutti i colleghi ne possano avere cognizione.

PRESIDENTE. Ritengo di poter accedere alla sua richiesta, onorevole Boccia; pertanto attiverò, attraverso l'Ufficio di presidenza, gli uffici affinché si dia seguito alla sua richiesta, che ritengo prospetti un'iniziativa possibile ed anche utile.

Si riprende la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 3437 ed abbinate.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3437 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazione di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tucci. Ne ha facoltà.

MICHELE TUCCI. Signor Presidente, noi dell'UDC siamo consapevoli dell'importanza di questo provvedimento che, a nostro giudizio, tende a sanare le differenze che angustiano i rapporti tra i diversi appartenenti alle Forze dell'ordine e alle Forze di polizia.
Nel corso delle precedenti legislature, si è provveduto a disciplinare più volte i ruoli, il reclutamento, lo stato e l'avanzamento


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del personale non direttivo e non dirigente delle Forze armate, della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri. A volte, però, i provvedimenti vengono adottati per soddisfare esigenze particolari, senza tener conto della necessità di conferire organicità a tutto il sistema che regola la posizione giuridica e di progressione di carriera degli appartenenti alle Forze armate. Per questo, si pone l'esigenza di un riordino; infatti, alcune categorie del personale delle Forze armate, raggiungono il vertice della carriera entro 15 anni, mentre altre mantengono lo stesso grado per vent'anni, per cui si verificano delle ingiuste sperequazioni.
Il riordino delle carriere afferisce a tutto il complesso delle Forze dell'ordine e, dunque, va visto in maniera assolutamente unitaria ed omogenea, in una visione organica di cui l'UDC condivide l'esigenza.
In questi anni, si sono svilite, complici interventi parziali e non generali, le motivazioni, le attività e le funzioni del grado apicale, per cui è necessario costruire un nuovo modello di carriera, più vicino allo standard europeo, prevedendo che nei ruoli direttivi, fino ad un determinato livello, si possano collocare anche coloro che per una decina di anni hanno fatto diretta esperienza sul campo.
Noi siamo convinti che la professionalità acquisita in tanti anni di carriera rappresenti un patrimonio insostituibile, che deve essere posto al servizio di coloro che della carriera dirigenziale hanno fatto una scelta di vita. Questa rappresenta, a nostro modo di vedere, una delle peculiarità della proposta di legge in esame: prevedere che il ruolo direttivo normale, quello dell'accademia per intenderci, sia affiancato per un certo tempo dal ruolo diretto anziano, quello cioè dei sottoufficiali, con lo scopo evidente di consentire al personale del primo di poter attingere all'esperienza maturata sul campo per anni dai colleghi anziani, per un più completo sviluppo delle basi necessarie allo svolgimento di una corretta e proficua carriera dirigenziale.
È fondamentale, quindi, che vi sia una progressione di carriera nel corso della vita professionale, che dia stimoli anche dopo decenni di servizio ed eviti l'appiattimento ingenerato dalla situazione attuale. Si tratta quindi di proseguire sulla strada del totale equo riordino all'interno del comparto sicurezza e difesa, onde evitare che iniziative legislative non ispirate a tale criterio possano determinare nuovi disallineamenti e, conseguentemente, l'avvio di ulteriori contenziosi amministrativi.
La legge di delega è un punto di partenza per poter migliorare in seguito il provvedimento, ma è indispensabile partire se si vuole raggiungere il traguardo. Nella delega sono contenuti i principi cardine ai quali fare riferimento ai fini della predisposizione dei decreti. Noi ci riteniamo soddisfatti del fatto che, prima della conclusione di questa legislatura, venga adottato questo provvedimento, ed io credo che, come noi, sia soddisfatta anche la stragrande maggioranza degli appartenenti alle Forze dell'ordine, al di là delle strumentalizzazioni ossessive da parte di talune forze politiche e sindacali.
Per questo, noi del gruppo dell'UDC voteremo con convinzione questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è un provvedimento in qualche modo emblematico dell'atteggiamento che voi avete avuto nei confronti del comparto sicurezza in questi cinque anni: tante chiacchiere, nessun fatto. È particolarmente significativo che voi arriviate, per la prima volta in Assemblea, con un provvedimento rispetto al quale le organizzazioni sindacali hanno usato espressioni del tipo un riordino fasullo da annullare; il riordino delle carriere è un insulto; bisogna bloccare il riordino truffa.


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Collega Tucci, non si tratta di strumentalizzazioni ossessive, ma si tratta esattamente del pensiero di centinaia di migliaia di operatori della sicurezza, che si sono visti per troppo tempo prendere in giro dalle vostre parole. Nel corso di questi anni, molte erano le cose che si potevano fare, ma nessuna di queste è stata fatta. Bisognava procedere con ordine, con metodo, ma, soprattutto, con un disegno strategico. Un disegno strategico che voi non avete avuto, così come non avete avuto la capacità di organizzare i lavori parlamentari per calendarizzare nei momenti opportuni i provvedimenti necessari a soddisfare le richieste del comparto sicurezza.
Era pressante, forte, la richiesta, da parte soprattutto dei COCER, di una nuova normativa in tema di rappresentanza militare, per consentire finalmente anche ai COCER di partecipare alle trattative avendo la personalità giuridica e la capacità di rappresentare gli interessi dei militari delle Forze armate e delle polizie ad ordinamento militare della nostra Repubblica. Non solo non avete fatto nulla in questo senso, ma li avete anche annichiliti. Avete fatto sì che i rappresentanti dei COCER fossero sempre più emarginati dalle discussioni vere che in questo Parlamento si sarebbero dovute svolgere.
Avevate la possibilità di mettere mano alla separazione dei comparti. Separazione richiesta a gran voce non solo dagli operatori della sicurezza ma anche dal vostro ministro dell'interno, onorevole Pisanu, che, in occasione di un rinnovo contrattuale, di fronte a richieste pressanti, rispondeva alle organizzazioni sindacali interessate dicendo: certo, questo è un punto indispensabile, se vogliamo progredire con serietà, con ordine e con razionalità in questo campo. Ma voi, comunque, non siete stati capaci di farlo o non avete voluto farlo.
Potevate mettere ordine nei sistemi e nella normativa relativa alla contrattualizzazione attribuendo alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed al Ministero della funzione pubblica un ruolo chiave nella trattativa con i rappresentanti delle Forze di polizia e delle Forze armate, consentendo, inoltre, alla Presidenza del Consiglio dei ministri di assurgere a punto di riferimento per l'interpretazione e l'applicazione dei contratti. Ma voi, anche in questo caso, non l'avete fatto.
Potevate anche mettere mano al riordino delle carriere. Ricordo, a tale riguardo, che uno degli ultimi atti compiuti dal Governo Amato fu quello di predisporre una delega che vi apriva la strada in questa direzione. Ma voi non lo avete fatto perché non avete voluto «mettere i soldi»! Nel frattempo, avete adottato una serie di cosiddetti provvedimenti tampone che, anziché riordinare, hanno peggiorato la situazione creando ulteriori disallineamenti e disparità.
Oggi, a pochi giorni dalla fine della legislatura, avanzate la pretesa che il provvedimento in esame possa rappresentare una risposta ai problemi del comparto sicurezza. Se questa è la vostra risposta, gli operatori di quel comparto sapranno giudicarvi. E vi posso garantire che il giudizio nei vostri confronti non sarà né tenero né bonario!

CESARE RIZZI. L'abbiamo già sentita quella frase lì!

GIANCLAUDIO BRESSA. Rizzi, hai poco da dire sul fatto che l'avete già sentita quella frase! Voi ve ne accorgerete fra qualche settimana: non solo vedrete, ma sentirete anche (Commenti del deputato Strano)!
Voi avete decisamente perso il contatto con una parte importante della società, che cinque anni fa - lo dico con estrema franchezza - aveva creduto nelle cose che avevate raccontato. Ma proprio perché nel corso di questi anni avete raccontato delle cose e non avete mantenuto nessuna promessa, sarete giudicati per quello che avete fatto: per la pochezza delle cose che avete fatto e per l'irrazionalità delle cose che vi apprestate a fare.
Avete avuto il coraggio di dire: ecco la risposta che vi aspettavate; ma quello in esame è un provvedimento che viene misconosciuto da tutti! L'ho già detto questa


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mattina, e lo ripeto ancora una volta in sede di dichiarazione di voto finale: non più di dieci giorni fa, presso il Dipartimento della funzione pubblica, la totalità delle rappresentanze, escluse due sigle sindacali, sia militari sia delle polizie ad ordinamento civile, hanno abbandonato il tavolo delle trattative per protesta ed hanno chiesto un incontro al Governo, per chiedere che si bloccasse l'esame del provvedimento. Se voi pensate di venire incontro alle richieste formulate dalle rappresentanze del comparto sicurezza approvando, o meglio, facendo finta di approvare, perché siamo nel corso dell'esame in prima lettura, un provvedimento che è ostacolato, condannato e non voluto dalla stragrande maggioranza degli operatori del settore, allora noi vi diciamo: auguri! Questa è la capacità di risposta che voi avete in ordine ai problemi del comparto sicurezza? Una capacità, a nostro avviso, priva assolutamente di efficacia. Una capacità di grande e totale irrazionalità! E voi pagherete questa vostra incapacità di governo, soprattutto per aver fatto promesse che non siete stati in grado di mantenere.
Nei giorni scorsi, ho ricevuto una e-mail da un maresciallo della Guardia di finanza, il quale mi illustrava, a titolo di esempio, come l'importo della sua busta paga fosse variato nel periodo marzo 2001-novembre 2005. A questo proposito, ricordo che il Presidente Berlusconi, nel marzo del 2001, aveva promesso agli appartenenti alle Forze dell'ordine, proprio mentre stava per essere siglato dal Governo di centrosinistra l'ultimo contratto con i rappresentanti di quelle categorie di soggetti, un milione di vecchie lire in più in busta paga.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA (ore 16,19)

GIANCLAUDIO BRESSA. Ebbene, questo maresciallo mi faceva notare come, dopo quattro anni, si ritrova nella propria busta paga poco più di 100 euro in più rispetto alla busta paga percepita nel marzo del 2001. Non solo: va anche detto che una parte di questo aumento è stato possibile grazie alle risorse stanziate in precedenza dai Governi di centrosinistra.
Lascio a lei il messaggio - lo dica in aula - e rivolgo al Presidente Berlusconi la seguente domanda: dove sono le altre 800 mila lire che aveva promesso e che non ha dato?
Avete avuto la dabbenaggine di fare promesse che sapevate di non poter rispettare, ma avete anche dimostrato l'incapacità di affrontare i problemi veri che il comparto sicurezza ha chiesto ripetutamente a questo Governo di affrontare e di risolvere, non senza dare in più di un'occasione prova di responsabilità. Ricordo che le organizzazioni sindacali hanno firmato l'ultimo vostro contratto - che prevede aumenti di poco superiori, anzi inferiori all'incremento del costo della vita - nella speranza che le cose che dicevate potessero avere qualche senso, cioè che metteste a disposizione del Parlamento la possibilità di muoversi per un riordino che fosse davvero tale e che non si riducesse soltanto a propaganda elettorale. Non siete stati capaci di farlo! Avete tradito anche quest'aspettativa! Avete tradito anche quest'attesa!
Lasceremo che voi approviate il provvedimento in esame, che raccoglie consenso soltanto in questa Camera. Quando vi accorgerete che il consenso lo ricevete soltanto dentro questa Camera - e non c'è più nel paese - sarà, per voi, troppo tardi; per questo paese, invece, non sarà mai troppo tardi (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

FILIPPO ASCIERTO. Bressa, sei una delusione: mi aspettavo di più!

GIANCLAUDIO BRESSA. Tu sei una delusione continua!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nuvoli. Ne ha facoltà.


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GIAMPAOLO NUVOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento al nostro esame ha l'ambizioso scopo di disciplinare in maniera organica i ruoli e le carriere delle Forze armate e delle Forze di polizia, al fine di risolvere l'annoso problema dei frequenti disallineamenti fra i trattamenti economici e normativi delle diverse categorie di personale.
Tuttavia, gli strumenti finanziari e normativi che vengono messi in campo per perseguire tale finalità, che fanno il paio con i pesanti tagli contenuti nella finanziaria per il 2006 per le Forze dell'ordine e per le Forze armate, appaiono così carenti da rendere la realizzazione della finalità stessa del tutto velleitaria ed anche offensiva per le categorie interessate. Mi limiterò ad evidenziare, a titolo esemplificativo, le lacune più evidenti che il testo al nostro esame presenta.
In primo luogo, le risorse stanziate per far fronte alle misure previste dal provvedimento appaiono del tutto insufficienti; prova ne è il fatto che le sole risorse certe sulle quali il testo può contare sono quelle stanziate dalla legge finanziaria del 2004 per il riordino del solo personale non dirigente e non direttivo, che, in buona sostanza, vengono destinate alla totalità del personale: non direttivo, direttivo e dirigente. Ciò significa che le risorse effettivamente disponibili consentirebbero di migliorare il trattamento economico pro capite del personale soltanto di qualche euro al mese; lo ripeto: soltanto di qualche euro al mese! Vi chiedo, quindi, onorevoli colleghi: è questa la grande riforma promessa alle Forze armate e di polizia?
In secondo luogo, il provvedimento si fonda su una delega al Governo i cui principi e criteri direttivi appaiono del tutto generici. Non si tratta di un caso. Infatti, poiché non sono stati risolti i numerosi problemi riguardanti il rapporto tra i diversi ruoli e carriere, si è preferito rinviare furbescamente la loro soluzione al momento dell'emanazione degli schemi dei decreti legislativi. Ciò crea i presupposti per un potenziale conflitto tra le amministrazioni che si potrebbe manifestare all'atto della stesura degli schemi suddetti. Di tale conflitto abbiamo già avuto alcune avvisaglie eclatanti nel corso dell'esame del provvedimento, con la presentazione in Assemblea, da parte del Governo, di un emendamento, successivamente ritirato, sostanzialmente rivolto alla separazione dei comparti.
Inoltre, a causa della ristrettezza delle risorse finanziarie, il provvedimento prevede un principio di delega che impedisce il passaggio da ciascun ruolo a quello immediatamente superiore.
Ciò appare suscettibile di determinare gravi sperequazioni all'interno dei ruoli non direttivi e non dirigenziali in quanto, per effetto dell'accorpamento di tali ruoli che sarà disposto dal provvedimento in esame, coloro che già occupano la parte apicale dei ruoli stessi, in mancanza della possibilità di sbocco nel ruolo superiore, sarebbero inevitabilmente danneggiati.
Infine, buona parte della delega relativa al completamento del riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigenziale è conferita al Governo sotto la condizione del reperimento delle necessarie risorse da parte della legge finanziaria. Ciò significa che, in mancanza del futuro stanziamento delle predette risorse, la maggior parte della delega rimarrebbe, paradossalmente, inattuata, in barba al personale interessato.
Avviandomi a conclusione, voglio rimarcare il carattere complessivamente iniquo della proposta di legge, che denota peraltro, inequivocabilmente, anche la volontà del Governo e della maggioranza di prendere in giro le Forze armate e le Forze di polizia con uno spot elettorale di fine legislatura. Trovo inaccettabile che lo stanziamento di fondi previsto sia ridicolo, che si perpetuino le ingiustizie nel trattamento economico e giuridico tra i diversi comparti e persino nell'ambito degli stessi comparti, che si sia prevista una riforma «a tappe» e non contestuale e che si utilizzi lo strumento della legge di delega per evitare al Governo, e in particolare al ministro dell'interno ed al ministro della difesa, oltreché alla maggioranza, di assumersi le proprie responsabilità.


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Per tutti questi motivi, preannuncio il voto contrario mio personale e dei deputati della componente politica dei Popolari-UDEUR (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Popolari-UDEUR e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ascierto. Ne ha facoltà.

FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, ritengo che questo progetto di legge di delega, che stiamo per sottoporre alla votazione finale, costituisca l'inizio di qualcosa di importante per le Forze dell'ordine, l'inizio di una progressione di carriera più armonica, di un incentivo alla loro professionalità e alla loro esperienza. Essa rispetterà le anzianità e, quindi, coloro che avranno maturato, nel corso dell'attività, la professionalità necessaria per poter progredire nei rispettivi ruoli e nelle rispettive carriere, in modo diverso rispetto a quanto avviene attualmente.
L'esigenza di una legge di delega e dell'avvio di un riordino delle carriere era stata avvertita fin dal 1995 e proviene da un riordino che ha creato alcuni problemi alle istituzioni e, ancor di più, a coloro che rappresentano le istituzioni nei ruoli non direttivi e non dirigenziali. Infatti, il riordino effettuato nel 1995 - lo voglio ricordare per inciso - scaturì da una delega del 1992; se in tale anno non ci fosse stata la delega, nel 1995 non sarebbero stati emanati i decreti di riordino delle carriere. Ebbene, sono stati creati problemi agli appartenenti ai ruoli non direttivi e non dirigenziali dovuti proprio ad una progressione di carriera che, dopo 15 anni, conduce e fa permanere per 25 anni nello stesso grado, e con la stessa retribuzione, il poliziotto, il carabiniere, il finanziere, cioè gli appartenenti alle Forze dell'ordine (ancora diversa la situazione dei militari che, con questo provvedimento, abbiamo riallineato). Questo problema, relativo soprattutto ai gradi apicali, si è manifestato nel corso delle trattative concernenti i contratti siglati presso il Dipartimento per la funzione pubblica. Guarda caso, sottosegretario di Stato alla funzione pubblica era proprio l'onorevole Bressa, il cui intervento abbiamo ascoltato poc'anzi ed al quale dedicherò alcuni spunti! In questi contratti, proprio negli accordi e nelle code contrattuali, era stabilito che bisognava prestare attenzione ai gradi apicali del ruolo degli assistenti carabinieri, finanzieri e così via e, soprattutto, al grado apicale dei marescialli e degli ispettori, luogotenenti e sostituti commissari.
Questo Governo, tre anni fa, con legge finanziaria, ha deciso di prestare attenzione alle loro richieste e - per ciascuno degli anni succedutisi - ha stanziato fondi per dar vita proprio ad una legge delega e ad un riordino delle carriere; per la prima volta, si reperiscono prima i soldi - e, quindi, prima i fondi - e poi si vara la legge. Ciò, a differenza vostra, cari amici del centrosinistra, che avete varato leggi sprovviste di copertura alle quali noi abbiamo poi dovuto prestare attenzione anche, in modo sostanziale, reperendo le risorse necessarie (Commenti)...Se volete sapere di quali provvedimenti si tratti, mi riferisco, ad esempio, alla riparametrazione.
Noi abbiamo prestato attenzione non solo all'esigenza di una carriera più armonica - e, quindi, al riordino delle carriere - ma anche, più propriamente, a quelle figure cui nei contratti si faceva riferimento. Con l'accorpamento dei ruoli - del soprintendente e degli assistenti e degli agenti, oltre che dei carabinieri e delle altre Forze dell'ordine e militari - noi faremo in modo che in futuro, partendo dall'ingresso all'interno dell'istituzione, si possa migliorare la posizione fino a cinquant'anni e, con la riparametrazione, anche guadagnare di più. Perciò, entrando come agenti, carabinieri o finanzieri, si potrà giungere, nel corso della vita, sino al grado di brigadiere capo e di sovrintendente capo.
Va poi prestata attenzione a quanti oggi sono nel ruolo dei sovrintendenti, cui va garantito un percorso per poter migliorare anch'essi e transitare - decideremo poi quale sarà il modo - nel ruolo degli ispettori. Analogo discorso deve farsi per il


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grado apicale degli ispettori e dei marescialli, che è rimasto fermo e, talvolta, è stato «raggiunto» da giovani ragazzi che hanno concorso all'interno dello stesso ruolo e che oggi si trovano sullo stesso piano, pur avendo una esperienza professionale molto diversa.
Ebbene, noi diamo l'opportunità con questa legge delega, proprio per la sua ampiezza, di risolvere, attraverso le risorse sussistenti, tali questioni con un decreto legislativo la cui adozione vedrà contrattare insieme le istituzioni, il COCER e gli altri sindacati.
Ci avete chiesto più volte se le risorse siano sufficienti; ebbene, noi riteniamo che per avviare il riordino siano sufficienti. Voi, invece, non conoscendo i parametri, non sapete quale sia la differenza, ad esempio, tra un appuntato scelto, un assistente capo ed un vice sovrintendente: mi dispiace deludervi, ma il passaggio da appuntato scelto o da assistente capo a vice sovrintendente è a costo zero; è in prospettiva che si avrà un aumento di stipendio giacchè nel proseguimento della carriera si applicherà un parametro superiore.
Dunque, cari amici, voi vorreste negare la possibilità di un miglioramento nel corso della vita agli appartenenti alle Forze dell'ordine e anche agli appartenenti alle Forze armate! È inspiegabile perché vogliate negare tale possibilità in un modo così forte, coinvolgendo anche le organizzazioni sindacali le quali, in realtà, sono d'accordo ritenendo di farvi un piacere.
La differenza tra noi è molto semplice: voi volete dimostrare che le Forze dell'ordine ed i militari stanno dalla vostra parte; noi vogliamo dimostrare invece, in modo molto concreto, che siamo noi ad essere dalla parte delle Forze dell'ordine e dei militari. Lo siamo perché abbiamo la cultura della legge, dell'ordine e della sicurezza; lo siamo in modo naturale. Non vorrei ricordare, ad esempio, come tante volte non siate stati affatto dalla parte dei poliziotti: non avete mai sostenuto un concetto militare di difesa e di solidarietà.
Dunque, certe lezioni noi le spediamo al mittente, ben consapevoli - e voglio dedicare questo ragionamento al mio amico Bressa - che, quando avevate responsabilità di Governo, certo non avete brillato per presenza e, soprattutto, per aiuto al comparto. Ho fatto una piccola ricerca in queste ore e, se la matematica non è una opinione, vi invito ad effettuare un'operazione matematica, quella dell'addizione. Vi cito i dati e gli stanziamenti dei vostri Governi e quindi quelli relativi al Governo Berlusconi.
Nel 1998 il Governo di centrosinistra ha stanziato 57 milioni di euro, 376 nel 1999, 241 nel 2000 e 1078 nel 2001. La somma complessiva di questi stanziamenti è di 1.702 milioni di euro. Il Governo Berlusconi ha stanziato 744 milioni di euro nel 2002, compresa la riparametrazione (ossia al di là dei due contratti); nel 2003, 1.593 milioni di euro; nel 2004, 1.033 milioni di euro e, nel 2005, 1.713 milioni di euro, per un ammontare complessivo di 5.083 milioni di euro. La differenza tra gli stanziamenti del centrosinistra e quelli del centrodestra è quindi di 3.381 milioni euro.
L'insegnamento che Bressa vuole dare oggi in quest'aula per dimostrare che il Governo di centrodestra non ha fatto assolutamente nulla non è affatto tale, ma è solo un'azione davvero truffaldina e discriminatoria nei confronti degli operatori della sicurezza e dei militari, i quali sanno bene che dal 1o gennaio 2005 hanno ricevuto un incremento pari quasi al 17 per cento dei loro stipendi, al cospetto di quello vergognoso di 18 mila lire che voi gli avete destinato.
Allora, cari amici, non solo non accettiamo insegnamenti, ma siamo qui a dire che forse potevamo fare di più, forse potevamo fare meglio, ma sicuramente abbiamo fatto più di voi, che non avete fatto assolutamente nulla! Quindi, non prendete in giro le Forze dell'ordine, non prendete in giro i militari, che devono sapere che è solo l'inizio di un percorso. È vero, in quest'ultima legge finanziaria non ci sono gli stanziamenti per il rinnovo contrattuale: al cospetto dei fondi già stanziati, c'è la vacanza contrattuale. Ma l'impegno è nella prossima legge finanziaria


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a stanziare quanto è dovuto ai fedeli servitori dello Stato ed a correggere, laddove si sono manifestate, tutte quelle disarmonie e soprattutto quelle difficoltà che oggi si registrano, ad esempio, rispetto a coloro che svolgono un'attività di missione legata alle otto ore giornaliere.
Ebbene, noi siamo pronti a correggere laddove si può ma, per piacere, non venite a insegnarci come si sta a fianco delle Forze dell'ordine! Se proprio vi siete pentiti di quanto avete fatto in passato - mi dispiace che non sia presente Mantovano - potrei segnalarvi al servizio di tutela dei pentiti, di modo che potreste guadagnare pure qualcosa in più (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

ROBERTA PINOTTI. Ma che battuta...!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, a me sembra che l'onorevole Ascierto, nella sua perorazione a favore del provvedimento, abbia sfiorato la dimensione del grottesco e del patetico.

FILIPPO ASCIERTO. Impara a fare i conti!

ELETTRA DEIANA. Lascia stare i conti, onorevole Ascierto! Lascia stare conti! Io parlo del giudizio che è stato dato dall'onorevole Ascierto relativamente alla disapprovazione espressa da un numero rilevantissimo di appartenenti alle Forze di polizia e alle Forze armate, che per definizione costituzionale non appartengono a nessuna maggioranza, caro Ascierto! Sono istituzioni e apparati dello Stato sottoposti alla Costituzione e all'ordinamento dello Stato, e non al monopolio o all'ala protettrice della destra o eventualmente della sinistra che se ne volessero fare garanti. Garanti sono gli istituti che li garantiscono e i meccanismi della loro autonomia normativa, contrattuale e professionale.
È a tale obiettivo che dobbiamo lavorare, anziché inscenare pantomime ridicole sul fatto che quasi il 90 per cento delle sigle sindacali, che si sono espresse nelle affollate e partecipate manifestazioni svoltesi in questi giorni, sarebbe in mano ad irresponsabili che non sanno di cosa parlano!
Mi sembra che anche l'accoglienza che è stata riservata ieri al collega Gasparri abbia rappresentato una manifestazione chiarissima di disapprovazione. In altri termini, è stato lanciato un messaggio chiaro al Parlamento. Non vi è alcun accordo, né vi è alcuna approvazione: c'è un disagio.
Pertanto, o pensiamo che si tratti di esponenti di associazioni assolutamente incapaci di intendere e di volere, oppure occorrerebbe un minimo di modestia parlamentare ed istituzionale per cercare di comprendere il messaggio che ci è giunto. Bisognerebbe compiere, allora, eventuali mediazioni (che in sede parlamentare sono doverose), ma senza ribaltare la frittata, come appunto ha fatto adesso, in maniera del tutto ipotetica, il collega Ascierto!

FILIPPO ASCIERTO. La legge finanziaria lo dice!

ELETTRA DEIANA. Sì, ma io sto parlando di un aspetto specifico, relativo al modo con cui voi avete rappresentato, in questa sede, il rapporto fra le forze del centrodestra e gli operatori interessati! Voi, infatti, vi state praticamente arrogando il diritto di parlare a loro nome, mentre gli operatori in questione hanno espresso orientamenti fortemente oppositivi.
Questo è il punto: allora, occorre interrogarsi. Noi intendiamo offrire una risposta, partendo proprio dall'assumere questo disagio quale elemento della dialettica politica, sociale ed istituzionale. Si tratta di un punto dirimente che, a mio modo di vedere, conferma il giudizio negativo sul provvedimento in esame, che esprimo anche a nome del mio gruppo.
Vorrei segnalare che anche noi di Rifondazione comunista siamo convinti che


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sussista la necessità di avviare un'organica ristrutturazione dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia. Riteniamo, tuttavia, che il modo con cui questa maggioranza ha risposto, alla fine della legislatura, a tale esigenza sia non soltanto inefficace, ma perfino lesivo delle aspettative delle categorie interessate. Si tratta di un punto essenziale, che viene fatto risaltare proprio da quanto sta avvenendo nel paese.
Le misure adottate, inoltre, non soltanto sono lesive delle aspettative e dei diritti, ma rendono ulteriormente caotica la situazione esistente. L'inefficacia e la disorganicità contenute nel progetto di legge in esame derivano, in primo luogo, proprio dalla natura stessa del provvedimento, che, come è stato già affermato in numerosi interventi precedenti, risulta essere approssimativo e «raccogliticcio». Ciò perché giunge in Assemblea praticamente a fine legislatura - quindi, senza che vi sia possibilità di effettuare un'adeguata ricognizione dei problemi del settore -, trascurando, altresì, temi fondamentali. Vorrei evidenziare che tali questioni non sono state affrontate, attendono da tempo una risposta e, se si volesse procedere lungo la strada di una proposta organica di riforma, ne sarebbero parte integrante.
Un punto che mi sta particolarmente a cuore è, ad esempio, il problema delle rappresentanze militari: infatti, la riforma delle rappresentanze sindacali delle Forze armate giace negli archivi della IV Commissione. Tale riforma è in giacenza non soltanto perché una forte opposizione è stata condotta dal centrosinistra (anche se ricordo che vi è stata certamente una determinata contrarietà, basata su una critica serrata al testo di legge presentato dalla maggioranza), ma anche per la ragione che si è registrato un fortissimo dissenso dei COCER delle Forze armate sulle proposte avanzate dalla stessa maggioranza.
In particolare, tale opposizione si è manifestata su un punto assolutamente dirimente, che ha molto a che vedere con il provvedimento oggi in discussione, ossia il diritto di contrattazione e l'autonomia delle rappresentanze sul piano del negoziato rispetto ai comandi militari. Questo è il nodo emerso, con grandissima forza, nel corso del dibattito in Commissione. Si tratta del nodo che stava a cuore, giustamente, ai rappresentanti militari e che ha impedito, praticamente, che si addivenisse ad un accordo. Resta un nodo essenziale da sciogliere, se si vuole creare il contesto adeguato per una risposta organica a tutti i complessi nodi che riguardano tali categorie, compreso il riordino delle carriere.
Un'altro aspetto, su cui giustamente insisteva l'onorevole Bressa - ed insisto anch'io -, è la distinzione tra i comparti sicurezza e difesa, un dato assolutamente essenziale. Vi è l'assoluta necessità di distinte procedure negoziali o di concertazione, idonee a riconoscere e valorizzare le professionalità, che sono, peraltro, già operative, con le loro specifiche differenze. Mi sembra sia giunto il momento di rilevare (l'onorevole Bressa lo ha sottolineato, così come, nella sua maggioranza, ma evidentemente invano, l'ha fatto anche il ministro Pisanu) la differenza tra le professionalità necessarie ad operare sul terreno dell'ordine pubblico all'interno del paese e quelle, prevedibili, per quanto riguarda l'operatività del personale adibito alla difesa.
Manca, inoltre, ed è anche questo un aspetto essenziale, un'idea di fondo per affrontare il tema del riordino delle carriere, ossia quello della contrattualizzazione delle dirigenze della Polizia di Stato: si tratta di un aspetto di fondo, come dicevo, per affermare un dato indispensabile, ossia l'autonomia e l'autodeterminazione di tale parte della categoria relativamente al potere politico. In altre parole, vi deve essere una sottrazione della dirigenza della Polizia rispetto alle direttive del potere politico, e ciò avviene anche attraverso l'emancipazione contrattuale di tale settore della Polizia di Stato.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Deiana.

ELETTRA DEIANA. Si tratta di questioni di fondo dirimenti per costruire un


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quadro di contesto utile ad una soluzione organica dei grandi problemi di tali importanti settori dello Stato, unitamente a questioni di metodo e di merito più ravvicinate, a partire dalla copertura finanziaria del provvedimento, rispetto alla quale l'onorevole Ascierto ci ha illustrato una serie di «balletti» e «controballetti»...

FILIPPO ASCIERTO. Sono numeri!

ELETTRA DEIANA. Scusa, Ascierto, è un gioco al rimpiattino tra chi ha dato prima e chi ha dato dopo! Resta il fatto che, allo stato attuale, non vi è copertura finanziaria, non vi è relazione tecnica, non vi è nulla di nulla!
Pertanto, voi consegnate al paese un provvedimento assolutamente disorganico ed inefficace. Come hanno sostenuto molti rappresentanti della Polizia, nella giornata di ieri, si tratta di uno spot elettorale, destinato, mi auguro, a ritorcersi contro di voi (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non ho nulla da aggiungere rispetto a ciò che è stato già detto complessivamente sulla parte tecnica del provvedimento. Si tratta di un provvedimento che sicuramente è migliorabile, al pari di tutte le norme parlamentari. Confidiamo nell'esercizio della delega legislativa da parte del Governo, affinché possano essere adottati provvedimenti che vadano finalmente incontro ad un'aspettativa di anni da parte delle Forze dell'ordine.
Intervengo brevemente con alcune considerazioni di carattere politico sulla presunta strumentalizzazione che il gruppo di Alleanza nazionale - e, in genere, le forze del centrodestra - starebbe operando, nel momento in cui è determinata a portare avanti questa normativa.
Si può dire tutto, ma è nota - e non soltanto sul piano storico e logico - la vicinanza espressa dalla destra politica d'Italia alle Forze dell'ordine e alle Forze armate. In maniera concreta, senza scomodare la storia, vorrei ricordare che in questi cinque anni il Governo di centrodestra ha messo in atto una serie di interventi: non mi riferisco soltanto al rinnovo del contratto, alla concessione di aumenti concreti, ad una maggiore considerazione complessiva del settore ed a questa importante normativa, ma anche ad altri atteggiamenti. Ricordo le vicende legate al G8 e ricordo come il Governo si sia schierato a difesa delle Forze dell'ordine anche sotto altri profili.
È altrettanto ovvio che non si possono dimenticare le considerazioni svolte, anche in quest'aula, dai rappresentanti del centrosinistra, affermazioni che pesano come pietre. Ricordo distintamente le parole dell'onorevole D'Alema, quando, commentando i fatti gravissimi del G8, disse: noi non ci possiamo permettere il lusso di avere Forze dell'ordine di tipo cileno. Certo, a fini elettorali, si può trovare anche nelle Forze dell'ordine qualche imbecille e qualche venduto che può agevolare un'opposizione strumentale contro il centrodestra, con la speranza di chissà quale ricompensa in un futuro Governo di centrosinistra (che non ci sarà!) (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
Tuttavia, state certi che gli appartenenti alle Forze armate e alle Forze dell'ordine sanno bene chi li ha paragonati a dei mercenari, chi li ha definiti - come Prodi - forze di occupazione; e sanno bene chi (come il sindaco di Marano, un comune della Campania, esponente della sinistra) voleva rimuovere la lapide dedicata ai martiri di Nassiriya, affermando che non si può essere martiri a pagamento.
Apprezzo il tentativo di molti deputati dei Democratici di sinistra volto a dimostrare che in quel partito vi è attenzione agli interessi e alle aspettative dei lavoratori appartenenti alle Forze dell'ordine e alle Forze armate. Ma queste persone sono troppo intelligenti per non sapere da che parte stia la strumentalizzazione e da che parte stia il rispetto e il senso dell'onore


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verso questi servitori in divisa (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rocchi. Ne ha facoltà.

CARLA ROCCHI. Signor Presidente, devo alla sua cortesia la possibilità di svolgere questo intervento, che sarà brevissimo, anche perché, prima di me ed in maniera più esaustiva, ha parlato, a nome del mio gruppo parlamentare, il collega Bressa.
Su questo argomento vorrei svolgere almeno due notazioni. Non è possibile non rilevare l'imbarazzo del collega Ascierto nel sostenere una battaglia, che certamente gli sta a cuore, con armi totalmente spuntate. Il fatto che ci si affidi alla prossima legge finanziaria per rinvenire le risorse finanziarie a copertura di un provvedimento reso necessario dai fatti e dal tempo trascorso (quando ne sono già state approvate cinque e in quell'occasione si sarebbe potuto intervenire) certamente imbarazza l'onorevole Ascierto almeno quanto noi.
Ci si trova a difendere un provvedimento monco, inadeguato, non supportato dalle risorse necessarie, che non trova e non potrebbe trovare il consenso della gran parte degli interessati.
Per questo motivo, visto l'iter del provvedimento in Commissione difesa - di cui faccio parte - e considerato l'esito che lo stesso avrà in Assemblea (sebbene speri che esso non venga approvato), sottolineo con dispiacere l'inadeguatezza complessiva della politica del Governo e della maggioranza riguardo ad una serie di argomenti, compreso questo. E sottolineo il dispiacere di quanti di noi tengono ad un intervento serio in questo comparto. Essi guardano all'imbarazzo dei soggetti destinatari del provvedimento e dell'opposizione, che lo ritiene totalmente inadeguato, ma anche all'imbarazzo della maggioranza e, al suo interno, delle persone più avvedute e sinceramente affezionate al tema, come sicuramente il collega Ascierto, che in cuor suo non può non considerare gli argomenti che ho voluto sottoporre all'attenzione dei colleghi (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rizzi. Ne ha facoltà.

CESARE RIZZI. Signor Presidente, ho ascoltato le dichiarazioni di alcuni esponenti del centrosinistra rivolte contro questo Governo, in questi cinque anni, ovviamente, tutte negative, specialmente da parte dell'amico Bressa, il quale diceva che dobbiamo andare a casa, che abbiamo fallito e che gli elettori ci puniranno. Guarda caso, per tutti i provvedimenti che sono stati presentati in quest'aula (disegni di legge, decreti-legge, eccetera), prima ancora che si discutessero, si svolgevano delle manifestazioni! Mi viene da pensare che costoro paghino un gruppo di persone ogni volta, cambiandogli il vestito, e li mandino a manifestare!
Vorrei dire al mio amico Bressa che, visto e considerato che noi abbiamo fallito e che non abbiamo fatto assolutamente niente, si tratta di un film già visto. Vorrei ricordare al centrosinistra che dalle mie parti si dice che i morti si mettono via freddi. Voi siete già morti una volta; pertanto, siete abituati e resterete freddi ancora per tanto tempo...
Nel corso della discussione sulle linee generali, l'opposizione di centrosinistra ha accusato la maggioranza di aver voluto, con questa proposta di legge, attirare con l'inganno il consenso di alcune categorie del personale militare e delle Forze di polizia alla vigilia delle elezioni politiche. L'inganno consisterebbe in ciò: la Casa delle libertà starebbe predisponendo un'ondata di incrementi delle retribuzioni, prescindendo completamente da una verifica sulla disponibilità delle risorse necessarie, facendo quindi delle promesse che, all'atto pratico, nessuno potrà mantenere.
In sede di dichiarazioni di voto finale, vogliamo confutare queste argomentazioni. Il provvedimento, all'elaborazione del quale hanno concorso molte forze politiche, tutte quelle che hanno partecipato ai


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lavori del Comitato ristretto, è stato configurato come una delega legislativa. Attraverso la delega legislativa, come è noto, il Parlamento si limita a stabilire indirizzi ed orientamenti, attribuendo al Governo il compito di valutare successivamente come armonizzare i fini con i mezzi disponibili, cioè, in parole povere, con i soldi.
Così, anche questa volta, l'obiettivo della proposta di legge non è quello di offrire aumenti di paga a tutti reiterati nel tempo, ma quello di dar vita ad un sistema nel quale sia stabilita, una volta per tutte, l'omogeneità di trattamento per tutti coloro che, sotto varie uniformi, servono lo Stato fornendo prestazioni simili.
Abbiamo voluto stabilire un margine: gli eventuali aumenti di spesa che conseguiranno a questo intervento legislativo - ciò è possibile, noi lo non neghiamo affatto - dovranno essere compatibili con gli obiettivi della politica di bilancio, come annunciati nel DPEF.
A noi pare che questo sia un elemento di responsabilità, forse il merito maggiore della proposta di legge, dal momento che il testo approvato dalla Commissione ha fatto delle compatibilità macroeconomiche accertate dal DPEF l'argine insormontabile di qualsiasi futura rivendicazione.
È questo dato che intendiamo opporre a una ben strana posizione di chi, prima, accusa la Casa delle libertà di scialacquare i soldi e, poi, quando invece si dà un segno di rigore finanziario, attacca la maggioranza.
La Lega - lo vogliamo ricordare - non è un partito dalla spesa pubblica facile. Al contrario, essa predica da vent'anni la necessità di ridurre il peso del settore pubblico sull'economia. Non ha mai apprezzato la rincorsa al privilegio e all'aumento retributivo alimentato dalle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, cui di tanto in tanto, come possono, molto sommessamente si aggregano, da buone ultime, alcune Forze armate.
Abbiamo appoggiato e sostenuto l'approvazione di questo provvedimento perché condividiamo l'idea di porre sotto controllo, in questo modo, tale spirale, stabilendo posizioni perfettamente equiparate all'interno delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare.
Votare a favore del provvedimento non ci impedisce neppure di mettere in guardia il Governo e tutte le forze politiche rispetto al rischio che l'equiparazione possa, un domani, essere travisata per velocizzare, anziché moderare, l'estensione al personale militare degli incrementi retributivi ottenuti dalle polizie ad ordinamento civile, che sono sindacalizzate. Questa non è la nostra promessa elettorale, ma un pericolo che intendiamo additare. Proprio per questo motivo, sarà di fondamentale importanza il ruolo che il Parlamento potrà svolgere quando verranno sottoposti alle Camere i testi dei decreti delegati predisposti dal Governo.
Il gruppo della Lega Nord voterà, quindi, a favore, riservandosi, tuttavia, di modificare la propria posizione qualora, in sede di esercizio delle deleghe legislative, le finalità di moderazione e controllo della spirale rivendicativa venissero travisate. È nostra opinione che occorra creare un sistema di certezze all'interno del mondo militare e delle Forze di polizia. Vogliamo ricordare ancora una volta che agli uomini delle Forze dell'ordine e delle Forze armate dovrà essere riconosciuta pari dignità a tutti i livelli, remunerando l'efficienza e l'esposizione al pericolo senza che, però, vengano travolti gli equilibri della politica economica generale.
Non credo proprio che questo sia un fallimento del Governo di questi cinque anni, come fino alla nausea sentiamo ripetere ogni volta che qualsiasi provvedimento arriva all'esame dell'Assemblea. Questa sinistra sa solo criticare, mai una volta che abbia fatto proposte costruttive! Qui alternative non ce ne sono: si deve solo criticare. Anche l'amico Bressa prima ha detto che siamo finiti, che siamo un fallimento, che siamo morti. Caro Bressa, te lo ripeto ancora: i morti si mettono via freddi e voi siete già stati morti; pertanto, rimanete freddi (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ramponi. Ne ha facoltà.

LUIGI RAMPONI. Signor Presidente, credo che il primo dovere di un parlamentare, che è anche la ragione etica della sua esistenza come parlamentare, sia quello di informare correttamente innanzitutto i cittadini interessati e di lasciare in un secondo tempo spazio alla polemica. Pertanto, questo mio intervento non si rivolge ai colleghi dell'Assemblea, per ora, e men che meno all'opposizione; si rivolge ai cittadini italiani, per far sì che vengano correttamente informati di quello che siamo riusciti a fare non all'ultimo momento, ma da due anni e mezzo a questa parte.
Abbiamo cercato fermamente - e gli interessati sanno di cosa parlo - di realizzare finalmente un disegno organico sul discorso relativo all'equilibrio ed all'omogeneizzazione delle carriere e degli emolumenti. Abbiamo preso atto da tanto tempo - io da quarant'anni - che nell'ambito delle Forze dell'ordine e delle Forze armate esiste, tra le varie componenti, una giungla di regole e di principi che rende permanentemente scontenti tutti gli appartenenti, che è il risultato di alcune iniziative parziali, guidate soprattutto da certe irresponsabili categorie politiche o categorie di rappresentanza, e che non ha mai consentito una serenità nell'ambiente. Il discorso è difficilissimo, però noi ci siamo impegnati e abbiamo realizzato questo disegno organico.
Come suggeriva qualche collega che mi ha preceduto, non si tratta di una legge definitiva: si tratta di una legge delega, la quale, però, proprio per la sua visione organica, prevede per le varie categorie componenti il personale della difesa, dell'interno, del tesoro e, comunque, delle Forze dell'ordine e delle Forze armate, criteri entro i quali qualsiasi provvedimento verrà preso nel loro rispetto non determinerà di nuovo la situazione che constatiamo oggi.
Questo è ciò che debbono sapere tutti i nostri ex colleghi che vivono nell'ambito di queste forze; per la prima volta, abbiamo un disegno organico.
Il secondo aspetto che intendo affrontare è quello relativo alla copertura. Certamente, per un disegno organico di quel genere sono necessarie risorse non indifferenti. Dall'opposizione sono state indicate varie cifre (si mettano d'accordo!), e siamo coscienti che servono risorse ingenti. Pur di avere un disegno organico, abbiamo pensato di prevedere una delega per l'attuazione successiva di decreti che utilizzino le somme nel frattempo messe da parte. Quando sento parlare di disegno elettorale, mi viene da ridere, perché sono tre anni che stiamo accumulando risorse. Su cinque leggi finanziarie presentate in questa legislatura, per tre di esse abbiamo accumulato risorse.
Sono state citate cifre che ingannano la gente. Il primo anno erano circa 80 milioni, il secondo anno 120, ed altrettanti il terzo anno; e siamo già a più di 300 milioni di euro, che sono una buona copertura per la realizzazione del primo dei decreti previsti dalla legge di delega. Quando, entro il 2006, avremo realizzato tutto ciò, vorrò vedere il viso di coloro che affermavano che non vi era copertura! Inoltre, abbiamo l'impegno delle leggi finanziarie successive; in tal modo, il Governo adotterà i decreti e provvederà alla copertura finanziaria.
Aggiungo alcune considerazioni, sempre per informare correttamente.
Un'altra accusa che ho sentito riguarda il testo. La «carta di lavoro» su cui si è espresso il Comitato ristretto è stata messa a punto - se mi permettete - da chi ne capisce. Abbiamo fatto il luogo dei punti presso la funzione pubblica di tutti i rappresentanti ed è stato trovato un luogo dei punti che ha costituito la «carta di lavoro». D'altra parte, cari colleghi, nel 99 per cento dei casi, i progetti di legge che presentiamo non sono solo frutto del nostro sapere e farina del nostro sacco; sono, giustamente, frutto anche di quanti sono professionalmente abilitati e competenti nel settore. A noi è data la facoltà del giudizio politico, e non della realizzazione


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tecnica. Non avete fatto voi i vostri progetti di legge, ma coloro che ne capiscono!
Per quanto riguarda il tempo, abbiamo lavorato due anni e mezzo, nonostante - lo dicevo questa mattina - impedimenti vari, come richieste di verifica del numero legale, ostruzionismi, insomma bastoni fra le ruote. Abbiamo la gioia di dire che, comunque, siamo arrivati al termine dell'iter del provvedimento. Per il consenso, vedremo.
Un fatto certo è che può anche essere vero che l'articolo 1 rende scontenti i sovrintendenti del 12o, 13o e 14o corso, ma rende contenti tutti gli altri, dallo zero all'11o corso, e tutti coloro che parteciperanno ai futuri corsi. Inoltre, rende molto contenti i 200 mila soggetti che, tra Forze armate e Forze dell'ordine, sono agenti oppure volontari. Non nutriamo alcuna preoccupazione, anche perché quando sbandierate il sostegno della «piazza», come sempre vi rispondiamo che in democrazia non è la «piazza» che conta, ma ciò che si dibatte nelle aule, ciò che si decide democraticamente e non con azioni dimostrative. Non è, infatti, difficile raccogliere mille o 2 mila persone; su 550 mila operatori interessati, non è difficile trovare qualcuno che venga a fare un po' di chiasso.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 17,10)

LUIGI RAMPONI. Adesso ho finito di informare i cittadini e dunque mi rifaccio ad alcune affermazioni rese in precedenza. È strano che vi preoccupiate del fatto che staremmo facendo un colossale errore ed è ancora più strano che lo facciate alla vigilia delle elezioni; dovreste fare i salti di gioia!
La realtà è che, dopo cinque anni nei quali non avete realizzato nulla, noi abbiamo presentato provvedimenti e li abbiamo portati a termine. Tutti gli esperti di vario livello intervenuti oggi, quando sono stati al Governo non hanno realizzato nulla! Tutti coloro che erano così preoccupati della mancanza di copertura, in cinque anni non hanno messo una lira (come ricordava il collega Ascierto, non l'hanno messa neanche i per i parametri)! Noi sappiamo di aver fatto ciò che dovevamo nei confronti delle Forze dell'ordine e delle Forze armate!
Concludo, ringraziando tutti i rappresentanti dei partiti della maggioranza - perché questo al quale ci siamo dedicati è un provvedimento della maggioranza - e anche tutti gli appartenenti alle Forze dell'ordine che hanno affiancato questa nostra azione e che, fino ad oggi, hanno continuato a testimoniarci gratitudine e stima (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucidi. Ne ha facoltà.

MARCELLA LUCIDI. Presidente, sono sconcertata dalle parole pronunciate in sede di dichiarazione di voto su questo provvedimento. Ho ascoltato una spregevole propaganda dalla voce dei colleghi e, soprattutto, dalla voce del presidente Ramponi.
Presidente Ramponi, credo che saranno pochi gli operatori delle Forze di polizia e delle Forze armate che accoglieranno il suo ringraziamento! Soprattutto, onorevole Ramponi - lo dico a lei e al Presidente Casini che nel frattempo è arrivato in aula -, vorrei precisare che è inammissibile che il presidente di una Commissione offenda tutti i parlamentari, sia di opposizione sia di maggioranza, considerandoli degli incompetenti (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-l'Unione).
Il presidente Ramponi ha detto che questo testo è stato scritto da chi ci capisce! Questo vuol dire che, siccome i sindacati di polizia e i COCER non si riconoscono in questo testo, sono degli incompetenti, sono degli immaturi, dei deficienti? Questo vuol dire che, siccome i parlamentari dell'opposizione stanno criticando con forza un testo privo di copertura finanziaria, sono indegni di sedere su


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questi banchi (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale - Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo - Applausi polemici dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)?
Onorevole Ramponi, corregga il suo linguaggio, perché noi non possiamo consentirlo e non deve consentirlo neanche lei, Presidente!
Abbiamo lavorato molto su questo testo, ascoltando il personale e cercando di contribuire con la presentazione di proposte emendative, sulle quali - colleghi della maggioranza - non abbiamo sentito pronunciare nessuna parola! Vi siete messi il bavaglio perché non eravate in grado di misurarvi sulle questioni vere che, attraverso i nostri emendamenti, vi stavamo ponendo.
Colleghi della destra, in questi giorni abbiamo ricevuto diverse e-mail, attraverso le quali ci si invitava ad andare avanti nella nostra opposizione al presente testo. Tra queste, ve ne erano alcune di operatori delle Forze di polizia e delle Forze armate che ci scrivevano dicendo di essere di destra, ma che tuttavia ci ringraziavano per quanto stavamo facendo per un provvedimento che realizza un disordine delle Forze di polizia. Parole utilizzate da persone che abitualmente votano per voi e si riconoscono nel vostro schieramento!

MASSIMO POLLEDRI. Chiudi!

MARCELLA LUCIDI. State sbagliando su un provvedimento rispetto al quale avete serrato le file, mentre state scombinando quelle delle Forze di polizia e delle Forze armate, vale a dire di coloro che servono lo Stato con serietà e che si aspettano dallo Stato la stessa serietà.
La vostra figura è patetica: voi state agendo in finale di partita con la squadra fiaccata, pur mettendo in conto di fare un autogol, ma ciò che ci interessa è che «in rete» fate finire quel personale che Silvio Berlusconi aveva inteso incantare con le sue promesse.
Avete sempre inteso arrogarvi il presidio delle Forze armate e delle Forze di polizia; permettetemi di ribadire che si tratta di un rapporto anomalo che voi difendete rispetto ad una concezione di democrazia nella quale queste Forze sono al servizio di tutti e chiedono il sostegno di tutti. Voi sbagliate - ed è un concetto ormai chiaro - a continuare a dire: «A voi ci pensiamo noi!». Noi non possiamo permettervelo perché quei lavoratori sono Forze di polizia e Forze armate, ma dietro di loro ci sono le loro famiglie. Famiglie che stanno verificando, come tutte le altre famiglie che vivono in questo paese, la crisi economica che attraversa l'Italia e a cui non basta dire «voi avete una stelletta sulla spalla» per farli sentire diversi.
Ho sentito sostenere che i tagli operati nella legge finanziaria - lo dico citando l'onorevole Ascierto - sarebbero intervenuti sugli sprechi. Allora, andiamo a dire a questi operatori che sul funzionamento della DIA, sul funzionamento della polizia criminale, scientifica e stradale, sulla manutenzione e sulla gestione dei mezzi, sugli apparati radio, sulle attrezzature tecniche, sulle loro scuole di formazione, sul contrasto ai traffici, sulla dotazione di tutto ciò che può servire per il lavoro di indagine, togliamo perché li consideriamo sprechi! Andateglielo a dire voi! Noi non glielo diciamo: non gli diciamo che non abbiamo previsto nell'ultima legge finanziaria le risorse per il contratto e non andiamo a dire ad un operatore di polizia...

LUIGI RAMPONI. Non è vero...!

MARCELLA LUCIDI. Presidente Ramponi, non abbiamo mai detto che se quell'operatore rimane vittima di un incidente mentre interviene in una azione di polizia dovrà pagarsi a proprie spese l'ospedale e ....

FILIPPO ASCIERTO. È falso!

MARCELLA LUCIDI. ... anche un'eventuale cura o terapia. Questo è scritto nelle leggi finanziarie! Onorevole Cirielli, evitiamo


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le strumentalizzazioni, basta con questa esaltazione che non ha davvero grande significato. A noi interessa parlare alle Forze di polizia, che vogliamo siano ricomprese nell'ambito di un progetto organico di sviluppo del paese e di sviluppo democratico. Un progetto che dovrebbe tener conto, anche rispetto a questo provvedimento, dell'evoluzione che questi operatori vivono, come, ad esempio, quelli che appartengono alle Forze armate, che stanno andando sempre di più verso un servizio professionale, oppure alle Forze di polizia, delle quali si sta incoraggiando sempre di più un coordinamento, una azione interforze che renda più efficace la lotta contro la criminalità. Dunque, avrebbe avuto senso effettuare all'interno di questo provvedimento una riflessione, un ragionamento comune, che voi non avete voluto fare, su cosa rappresenti oggi il comparto delle Forze di polizia e delle Forze armate ...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Lucidi.

MARCELLA LUCIDI. Si è parlato della riparametrazione, che avete richiamato in forma demagogica. Voi sapete che la legge n. 86 del 2001 arrivò in Parlamento su proposta del Governo e all'origine non conteneva la riparametrazione. Il Governo raccolse dai banchi della maggioranza - che allora eravamo noi - e dai banchi dell'opposizione - che allora eravate voi - l'invito a scrivere quella norma, e lo fece con grande senso di responsabilità e con il sostegno di tutti gli operatori, che oggi a voi manca. Si osservò semplicemente che agiva rispetto alla rappresentazione possibile di una legittima aspettativa del personale, mentre voi in questo provvedimento state introducendo delle norme che contengono già diritti soggettivi e interessi legittimi; quindi, in qualche modo state vincolando il futuro Governo e lo state vincolando rispetto a soldi che non ci sono. Io le chiedo, presidente Ramponi: per caso lei ha le chiavi del cassetto dove sono chiusi i soldi della finanziaria del 2003 per il 2004, visto che è così sicuro che quei soldi ci sono?
Perché non ce lo ha detto il Governo? Perché non ci ha fornito una relazione tecnica? Perché, visto che siamo degli incompetenti, come lei dice, il Governo non si è degnato di fornirci quelle informazioni che avrebbero consentito a tutti di scrivere cose giuste ed eque rispetto a questo provvedimento?
Non ci sono i soldi, non bastano per fare tutto, non sappiamo quanto costa la parte priva di copertura di questo provvedimento; e non tutti, tra l'altro, meritano di essere garantiti, tutelati, riconosciuti nei loro percorsi di carriera da questo provvedimento. Un provvedimento, quindi, che non segna un'evoluzione, che crea scontento, che crea divisione, che non alimenta uno sviluppo propositivo e positivo di questo settore. È un testo fasullo, è una patacca che intendete vendere al paese e agli operatori. È una moneta di cioccolata. Colleghi, voi state dicendo al personale interessato che i soldi sono nascosti sotto l'albero! Siete degli irresponsabili, ma gli operatori interessati non sono dei burattini creduloni. Credo che essi, persone che lavorano e hanno famiglia, non vi seguiranno rispetto a questo provvedimento nel quale non si riconoscono oggi e non si riconosceranno neanche domani (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lavagnini. Ne ha facoltà.

ROBERTO LAVAGNINI. Presidente, onorevole Lucidi, è dal maggio del 2001 che noi sbagliamo, e le dirò che oggi ero un po' preoccupato perché non avete presentato una pregiudiziale su questo provvedimento. Ci avete detto che gli operatori, i sindacati, i COCER e le rappresentanze sono tutti contrari. Io, personalmente, ho ricevuto solo delle telefonate e dei messaggi con i quali mi si chiedeva di portare a termine l'iter di questo provvedimento per trasmetterlo al Senato prima della fine della legislatura. Quindi, ho avuto soltanto pressioni per portare a termine il provvedimento di riordino.


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La riforma del COCER, menzionata dall'onorevole Bressa, non è stata fatta: è vero. Noi avevamo messo in atto una riforma comunque migliore di quella che avevate predisposto voi nella precedente legislatura e che non avete portato a termine, ma io vorrei ripetere qui quello che ho detto durante un incontro con il COCER dell'aeronautica. La riforma delle rappresentanze deve essere il risultato di un confronto tra le parti interessati, tra le rappresentanze e gli stati maggiori; dopodiché, il Parlamento può portare a termine la riforma, farne una legge condivisa e consegnarla al paese. Il Parlamento non può essere tirato per la giacca da destra e da sinistra. Quindi, una riforma è possibile solo se le parti si incontrano.
Grandi critiche abbiamo ricevuto sulla contrattualizzazione, che avrebbe dovuto essere inserita in questo provvedimento. Le critiche sono state mosse soprattutto da un ex sottosegretario alla funzione pubblica. Ma allora perché la contrattualizzazione non è stata introdotta nella precedente legislatura? Voi avevate tutto il tempo per poterla fare! Io credo che il momento in cui si realizza un riordino delle carriere non sia quello giusto per immettere anche la contrattualizzazione, perché non si tratta di una misura che può essere contenuta in una proposta di legge di origine parlamentare. È infatti un provvedimento che deve essere introdotto con un disegno di legge del Governo o con un decreto particolare. Riguardo alla critica che ci è stata rivolta sulle risorse, siamo tutti al corrente che noi abbiamo voluto utilizzare ciò che era stato stanziato nelle finanziarie precedenti e non abbiamo né voluto tradire né ingannare gli operatori del settore. Abbiamo soltanto voluto dare una certezza, una delega talmente ampia che il Governo che dovrà applicarla potrà concertare e dialogare con i sindacati e con le rappresentanze mettendo a punto percorsi condivisi.
Avete voluto ridipingere questo riordino con disprezzo e denigrazione, forse perché avreste voluto farlo voi. Ebbene, vi abbiamo anticipato e, dopo il voto finale della Camera, il provvedimento passa al Senato per essere approvato definitivamente (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzuca Poggiolini, alla quale ricordo che ha due minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Anche io, pur non facendo parte della Commissione di merito, ho ricevuto numerosi fax, ho svolto numerosi incontri e sono stata oggetto di appelli affinché, attraverso questa legge, avvenisse ciò che non è avvenuto, cioè un riconoscimento economico vero, reale ma, soprattutto, un riconoscimento profondo di carriera e di quella professionalità che le Forze armate, le Forze dell'ordine, le Forze di polizia profondono nel loro lavoro quotidiano. Ritengo che tutto questo sia mancato. Se però è stato così, vuol dire anche che è mancato il rispetto verso queste forze di lavoro. È mancato il rispetto verso la Polizia e le Forze armate. Ciò è dimostrato dalle proteste venute dal sindacato e dai COCER.
Inoltre, pensando al lavoro di questi uomini, anche in questo caso, quante proteste abbiamo raccolto in questi anni relativamente ai fondi inadeguati per poter svolgere bene un lavoro di tutela della sicurezza dei cittadini? Le leggi finanziarie sono sempre state avare rispetto a quanto, invece, veniva espresso a livello di propaganda! È stata calpestata spesso la dignità di lavoratori di questi uomini! Soprattutto, non si è fatta la riforma della rappresentanza militare, e per questo desidero far rilevare al collega che mi ha preceduto che, se anche i nuovi COCER devono sottostare al controllo dei vertici degli stati maggiori, è inutile farli! Ritengo che i nuovi COCER e la rappresentanza militare dovranno rispondere a quel desiderio di democrazia, di grande responsabilità nel lavoro di rappresentanza democratica, che, per fortuna, anche le Forze armate esprimono: meno male, quindi, che questa legge non è stata approvata in


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questa legislatura. Saremo noi a farlo, in modo serio e corrispondente alla grande domanda di democrazia che viene dalle Forze armate.
I Repubblicani europei esprimeranno dunque il loro voto contrario su questo provvedimento.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.

(Coordinamento formale - A.C. 3437 ed abbinate)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 3437 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge n. 3437 ed abbinate, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Ascierto ed altri; Lavagnini; Lucidi ed altri: Delega al Governo per il riordino dei ruoli del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate) (3437-4376-5400):

(Presenti 404
Votanti 403
Astenuti 1
Maggioranza 202
Hanno votato
220
Hanno votato
no 183).

Prendo atto che gli onorevoli Paolo Scarpa Bonazza Buora, Volonté e Orsini non sono riusciti ad esprimere il loro voto.
Prendo altresì atto che l'onorevole Mereu non è riuscito a votare ma avrebbe voluto esprimere voto favorevole.

Sull'ordine dei lavori (ore 17,25).

PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che, dopo la sospensione antimeridiana della seduta, la Presidenza è stata informata che, per un disguido nell'impostazione manuale del sistema di voto, non sono stati registrati i nominativi dei partecipanti alla votazione svolta prima della sospensione dei lavori per l'inserimento, ex articolo 27, comma 2, del regolamento, di un nuovo punto all'ordine del giorno.
Ricordo che tale norma prevede che per l'inserimento all'ordine del giorno di materie nuove è necessaria una deliberazione con votazione palese mediante procedimento elettronico con registrazione dei nomi a maggioranza dei tre quarti dei votanti.
Peraltro, va considerato che la votazione ha effettivamente e regolarmente avuto luogo e che ne ho proclamato l'esito favorevole raggiunto all'unanimità. Tale unanimità, che è poi il dato fondamentale, è stata peraltro confermata nella Conferenza dei capigruppo.
In queste condizioni ritengo che si possa senz'altro procedere come convenuto unanimemente tra i gruppi e secondo la volontà, comunque manifestata dall'Assemblea.
Passiamo pertanto alla discussione del disegno di legge di conversione n. 6292.


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Discussione del disegno di legge: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 gennaio 2006, n. 1, recante disposizioni urgenti per l'esercizio domiciliare del voto per taluni elettori, per la rilevazione informatizzata dello scrutinio e per l'ammissione ai seggi di osservatori OSCE, in occasione delle prossime elezioni politiche (Approvato dal Senato) (A.C. 6292) (ore 17,27).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 gennaio 2006, n. 1, recante disposizioni urgenti per l'esercizio domiciliare del voto per taluni elettori, per la rilevazione informatizzata dello scrutinio e per l'ammissione ai seggi di osservatori OSCE, in occasione delle prossime elezioni politiche.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 6292)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, presidente della I Commissione, onorevole Bruno, ha facoltà di svolgere la relazione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, il provvedimento in questione è stato approvato dal Senato e consta di otto articoli, oltre quello relativo all'entrata in vigore. La disciplina recata all'articolo 1 mira a consentire l'esercizio del diritto di voto agli elettori affetti da gravi patologie che si trovino presso la propria dimora in una condizione di intrasportabilità e di dipendenza vitale da apparecchiature mediche.
L'articolo introduce per tali elettori un meccanismo di raccolta domiciliare del voto organizzata dai sindaci previa segnalazione degli elettori interessati ed effettuata da parte dei presidenti degli uffici elettorali di sezione.
L'articolo 2 consente per le elezioni politiche del 2006 il proseguimento della sperimentazione del cosiddetto voto elettronico, già effettuata in occasione delle elezioni amministrative ed europee del 2004 e delle elezioni regionali del 2005. La sperimentazione riguarda due fasi del procedimento elettorale: la rilevazione dei risultati degli scrutini degli uffici elettorali di sezione e la trasmissione di tali risultati. La prima fase interesserà il 25 per cento degli uffici elettorali di sezione (circa 15 mila) individuati dal Ministero dell'interno. La rilevazione informatica non sostituirà il conteggio tradizionale del voto, ma si affiancherà ad esso. Il test sulla trasmissione informatizzata dei risultati dello scrutinio sarà limitata ad almeno un'intera regione e circoscrizione, e anch'esso non inciderà sul procedimento ufficiale di proclamazione dei risultati e di convalida degli eletti.
L'articolo 3 consente, in occasione delle elezioni politiche del 2006, l'ammissione ai seggi elettorali di osservatori internazionali, in attuazione dell'impegno assunto dall'Italia, come dagli altri Stati partecipanti, con la sottoscrizione del documento di Copenaghen del 1990, nell'ambito dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa.
L'articolo 3-bis reca disposizioni transitorie la cui applicazione è limitata alle prossime elezioni politiche. La lettera a) di tale articolo prevede che il numero delle sottoscrizioni richieste per la presentazione della lista dei candidati per le elezioni, sia della Camera sia del Senato, sia ridotta alla metà anche nel caso in cui lo scioglimento anticipato intervenga successivamente al termine di 120 giorni previsto dalla legge elettorale quale requisito per tale riduzione. La lettera b) interviene sulla disciplina delle ineleggibilità recata dall'articolo 7 del testo unico per le elezioni della Camera, che trova applicazione anche per le elezioni del Senato. Ai sensi della disposizione, le cause di ineleggibilità ivi previste non hanno effetto limitatamente alle prossime elezioni qualora le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.
Gli articoli 3-ter e 3-quater apportano modifiche rispettivamente agli articoli 7 e 10 della legge 10 dicembre 1993, n. 515, che disciplina i tetti alle spese per la


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campagna elettorale e la relativa pubblicità, con riguardo rispettivamente ai singoli candidati e ai partiti o movimenti politici che partecipano alle elezioni, anche al fine di adeguare tale disciplina al nuovo sistema elettorale.
L'articolo 3-quinquies apporta alcune modifiche puntuali alla disciplina concernente la scelta degli scrutatori di ciascuna sezione elettorale, già modificata dalla legge n. 270 del 2005 di riforma del sistema elettorale.
L'articolo 3-sexies, infine, disciplina l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani temporaneamente all'estero per motivi di servizio o missioni internazionali. L'articolo recepisce nella sostanza il contenuto del testo unificato approvato dalla Camera il 12 gennaio scorso. La disciplina ha quali destinatari il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia impegnato temporaneamente all'estero in missioni internazionali, i dipendenti di amministrazioni statali che per ragioni di servizio si trovano all'estero in via transitoria, e i loro familiari, i professori universitari e ricercatori in servizio o impegnati in attività di ricerca per almeno sei mesi all'estero. Tali soggetti saranno ammessi a votare nella circoscrizione Estero alle condizioni ivi previste. Essa troverà applicazione esclusivamente in occasione delle prime elezioni politiche e delle prime consultazioni referendarie previste ai sensi dell'articolo 138 della Costituzione che si svolgeranno successivamente all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ANTONIO D'ALÌ, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Spini. Ne ha facoltà.

VALDO SPINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge di conversione in esame, com'è noto, riguarda una serie di aspetti concernenti l'esercizio domiciliare del voto per taluni elettori, la rilevazione informatizzata dello scrutinio - ricordo che studi a tale riguardo furono avviati già nel periodo 1992-1993 - e l'ammissione ai seggi elettorali degli osservatori dell'OSCE in occasione delle prossime elezioni politiche.
Il Senato ha inserito nel decreto-legge in esame, credo opportunamente, una norma sulla quale desidero in particolare soffermarmi: l'articolo 3-sexies, riguardante il voto dei cittadini temporaneamente all'estero per motivi di servizio o missioni internazionali.
Nel corso della mia esperienza di presidente della Commissione difesa nella precedente legislatura, quando avevamo occasione di incontrare informalmente (con dibattiti aperti e con la possibilità di parlare senza seguire i canali gerarchici) i militari che erano all'estero in missione, da costoro veniva regolarmente la richiesta di poter votare, anche perché vedevano i colleghi di altri contingenti internazionali, di altre nazioni, esercitare tranquillamente il loro diritto di voto per corrispondenza in occasione delle principali consultazioni. Naturalmente, eravamo sensibili anche all'esigenza di votare dei diplomatici e dei professori comandati all'estero per periodi di studio e di ricerca.
La tematica ha acquisito una rilevanza ancor più imprescindibile quando si è passati a disciplinare il voto dei cittadini emigrati all'estero, cioè di coloro i quali risiedono permanentemente in un paese estero: si poteva avere il caso, veramente sorprendente, di cittadini che ristabilivano con l'Italia un legame, magari non estremamente sentito, soltanto in occasione delle elezioni, mentre altri cittadini italiani, che si trovavano all'estero per un motivo obbligatorio, ma contingente, non godevano di tale diritto.
Ecco perché noi Democratici di sinistra, con una proposta di legge a firma mia e del collega Angioni (un'altra proposta di legge era stata presentata dall'onorevole Ramponi, di Alleanza nazionale), ci siamo mossi, sin dall'inizio della legislatura, per assicurare il voto ai cittadini


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temporaneamente all'estero. È noto che tale proposta di legge è già stata approvata da questa Camera. Il Presidente, i colleghi ed il rappresentante del Governo ricorderanno un episodio: fu presentato un emendamento a favore dei professori universitari e dei ricercatori all'estero che incontrò un tale consenso da parte dell'Assemblea da essere approvato. Da questo punto di vista, riscontriamo un fatto positivo: nel decreto-legge in esame è stato inserito il contenuto di quell'emendamento approvato dall'Assemblea (mi pare che il primo firmatario fosse l'onorevole Leoni).
Tuttavia, è importante sottolineare che il nostro atteggiamento è favorevole, ma non senza riserve. In particolare, pensiamo che le cittadine ed i cittadini che si trovano all'estero temporaneamente, per motivi di servizio e contingenti, sono evidentemente interessati alla vita dei loro territori e, quindi, sono interessati a votare per i rappresentanti dei loro territori, delle loro regioni. Evidentemente, se un paracadutista presta servizio a Pisa, sarà interessato a votare in Toscana; se un bersagliere presta servizio a Caserta, sarà interessato a votare in Campania, e via dicendo.
So che anche l'onorevole presidente della Commissione affari costituzionali si è impegnato in tal senso. Sembra, però, che difficoltà tecniche abbiano consigliato di indirizzare il voto sulle rappresentanze dei cittadini residenti all'estero. Non è la stessa cosa. Faccio sempre l'esempio del paracadutista di Pisa: questi si troverà a votare per un italiano residente a New York che, probabilmente, non ha mai incontrato in vita sua e di cui non sa nulla.
Quindi, sia pure contenti di questo passo in avanti, preannunciamo che ritorneremo all'attacco - sebbene si tratti del Ministero della difesa ... - per cercare di dare maggiore soddisfazione sotto questo profilo. Ciò vale per i colleghi, ma anche per i diplomatici (questi ultimi hanno un interesse evidentissimo: pur essendo funzionari di alto rango, non partitici, ma politici, essi sono autenticamente interessati, in quanto inseriti nella vicenda politica). Noi speriamo che si possa arrivare ad una completa soddisfazione delle loro esigenze e che possano votare per i loro territori. Ciò consentirà loro di svolgere la missione all'estero con maggiore serenità, meno distaccati dalla madrepatria e mantenendo diritti politici a cui, come ho detto poc'anzi, tengono moltissimo.
Parlare di professori universitari e di ricercatori significa anche avere una concezione più moderna dell'emigrazione. Oggi, dall'Italia, grazie al cielo, non si emigra più perché spinti da una necessità impellente. In genere, si va all'estero per trovare un lavoro migliore o per un periodo di formazione, oppure per poter usufruire, in questo mondo globalizzato, di altre esperienze. Tutto ciò deve essere incentivato, naturalmente attraverso ben altri provvedimenti, ma è certamente importante che almeno i diritti politici siano effettivamente assicurati.
Il signor Presidente e l'onorevole relatore spero mi perdoneranno se ricordo un fatto, cioè che il Governo aveva preannunziato, per i primi di gennaio di quest'anno, la presentazione dell'elenco dei cittadini residenti permanentemente all'estero che hanno la qualifica di elettori. È molto importante disporre di tale elenco perché, ovviamente, ciò significa avere la possibilità di rispettare in modo corretto questa scadenza e assicurare il successo, in fase di prima applicazione, della legge che consente di votare ai cittadini residenti permanentemente all'estero.
Ci tenevo a delineare tale quadro perché so molto bene che questo tema, ormai, non riguarda più soltanto poche le persone. Anni fa, i militari comandati all'estero erano relativamente pochi. Ormai, sono circa 8 mila o 9 mila e, ad essi, si aggiungono le altre categorie. Quindi, ritengo si tratti davvero di un tema di grande interesse e di notevole rilievo.
Non ci sarà alcun freno da parte nostra all'approvazione di questo decreto-legge. Ci riserviamo, credo, un atteggiamento di prudente astensione. Ciò sarà chiarito successivamente dai rappresentanti del gruppo parlamentare e dello schieramento al quale appartengo. Comunque, non ci saranno ostacoli.


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Sottolineo il valore morale e civile della prima ammissione al voto, nel tempo, di queste categorie di cittadini, cioè militari, diplomatici, professori e ricercatori. Vorrei, però, che tutti insieme ci sentissimo impegnati a realizzare pienamente questo diritto politico e a consentire a queste categorie di votare nelle circoscrizioni territoriali di cui sono realmente espressione ed a cui sono effettivamente interessati.
Con questo spirito, da parte nostra, da parte dei Democratici di sinistra e dell'opposizione, non mancherà un concorso corale per la realizzazione di questo diritto, ma non mancherà neppure l'impegno a realizzare pienamente quanto ci eravamo prefissati con la nostra proposta di legge (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.

UGO INTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Marco Pannella, in queste ore, sta effettuando lo sciopero della sete perché vuole sollevare una questione di principio grave, che riguarda le istituzioni e la loro credibilità. In poche parole: alcune forze politiche devono raccogliere le firme per poter presentare le liste alle elezioni, mentre altre non devono farlo; ad alcune si pone un ostacolo, in questa competizione, consistente in una perdita di tempo e di denaro, in uno sforzo da parte dei militanti e in difficoltà burocratiche, mentre ad altre non si pone alcun ostacolo. In questa corsa, alcune forze politiche partono 20 metri più avanti, perché possono presentare le liste all'ultimo momento, possono effettuare la «campagna acquisti» e possono valutare le mosse dei concorrenti, mentre altre forze politiche partono 20 metri più indietro perché, per avere il tempo di raccogliere le firme sulle liste, devono chiederle da subito.
È uno scandalo che i socialisti ed i radicali, così come altri partiti rappresentati al Senato, alla Camera e nel Parlamento europeo, siano trattati come liste fantasma e come liste civetta. I partiti socialista e radicale sono tra i più antichi di questo Parlamento e, tuttavia, sono trattati come se presentassero liste «nuoviste», liste «fai-da-te» o liste di disturbo. Lista di disturbo La Rosa nel Pugno è, e sarà, perché solleva temi scomodi e, forse, temi che non piacciono al «palazzo del potere» ma che sono profondamente sentiti dall'opinione pubblica.
Abbiamo presentato, dunque, molte proposte emendative a questo decreto-legge, signor Presidente, che evitano le storture appena indicate. Abbiamo il sostegno del centrosinistra e, tuttavia, ci rivolgiamo anche alla maggioranza, alla coscienza individuale dei deputati della maggioranza stessa, affinché correggano una illegalità, una ingiustizia e una evidente irrazionalità che va, secondo il parere di molti autorevoli costituzionalisti, contro la Costituzione e va, certamente, contro lo spirito della Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-La Rosa nel Pugno e Misto-Verdi-l'Unione).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, si tratta di un provvedimento che sicuramente affronta questioni di una certa rilevanza: le disposizioni per l'esercizio domiciliare del voto per taluni elettori sono una misura che sicuramente rappresenta un aspetto innovativo del sistema; la rilevazione informatizzata dello scrutinio e l'ammissione ai seggi di osservatori OSCE rappresentano un'innovazione di tipo tecnologico e un adeguamento a convenzioni internazionali alle quali non possiamo e non vogliamo sottrarci. Pertanto, se il provvedimento si fosse limitato a tali misure, si sarebbe potuto avere, da parte nostra, un atteggiamento attento; analogamente può dirsi anche in ordine alla possibilità per i diplomatici, i militari ed i ricercatori temporaneamente all'estero di esercitare il loro diritto costituzionale al voto.
Ma, come spesso accade, al Senato si è svolta una attività emendativa incessante, che ha finito con l'attaccare «vagoni»


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molto, troppo pesanti al provvedimento, una vera e propria zavorra che rischia di portarlo, per così dire, sott'acqua. Il riferimento non può che essere ai limiti ed alla pubblicità delle spese elettorali dei candidati; al riguardo, ritengo che noi dovremmo sempre dimostrare un minimo di coerenza quando esercitiamo la nostra attività di legislatori. Sono trascorse poche settimane da quando si è data prova di voler abbassare i costi della politica riducendo - a mio modo di vedere, in maniera del tutto comprensibile - l'indennità dei parlamentari; tuttavia, improvvisamente, si decide che possono essere aumentati i tetti complessivi delle spese elettorali per i singoli candidati.
Improvvisamente, dunque, il limite a partire dal quale si applica l'obbligo di dichiarazione per i contributi che un privato cittadino, un'associazione o una azienda danno al singolo candidato passa da circa 6500 euro a circa a 20 mila euro; tale limite viene quindi più che triplicato.
Dunque, dove è la coerenza? Se si deve porre un limite ai costi della politica, cerchiamo di agire in maniera coerente su tutti i versanti, e non con un intento demagogico da una parte, e furbastro dall'altra. Voi capite che il limite di 20 mila euro per l'applicazione dell'obbligo di dichiarazione significa che la trasparenza dei costi della politica può essere gravemente inquinata. L'ammontare di 20 mila euro per ricevere contributi senza obbligo di dichiarazione da parte del singolo candidato non è di poco conto.
Tutto ciò è particolarmente difficile da comprendere, considerato che restano sostanzialmente inalterati, essendo solo aggiornati secondo gli indici ISTAT, i tetti che invece riguardano le ipotesi in cui si voglia contribuire al finanziamento di un partito. Si è applicato in quel caso un adeguamento naturale, del quale si comprende la logica; dopo cinque anni, infatti, si è avuto un adeguamento logico, secondo gli indici ISTAT, del limite stabilito dalla legge. Per il contributo al singolo candidato, invece, non si può in alcun modo fare lo stesso discorso.
Ritengo dunque che, se abbiamo a cuore la trasparenza dei costi della politica e la chiarezza del rapporto cittadino-elettore, questi siano tutti aspetti che devono essere chiariti e che non possono essere introdotti nel testo del provvedimento con una proposta emendativa approvata all'ultimo minuto dal Senato. Tutti questi elementi ci rendono particolarmente complicato capire la logica che ha sorretto l'introduzione di questa previsione normativa.
Analogamente, a dire la verità, ci risulta di una certa difficoltà comprendere perché ci si ostini a voler spostare la data entro la quale il sindaco attualmente in carica abbia la possibilità di dimettersi per potersi candidare alla Camera o al Senato; si tratta di un tema che abbiamo già affrontato quando avete sciaguratamente voluto modificare la legge elettorale.
In quella occasione, era stato individuato un meccanismo che aveva una sua razionalità, poiché la modifica era intervenuta entro gli ultimi sei mesi della legislatura ed, opportunamente, era stata introdotta una norma transitoria che consentiva una scelta. Vivaddio, le scelte devono essere consapevoli e, se qualcuno aveva intenzione di candidarsi alle elezioni politiche per la Camera o per il Senato, aveva tutto il tempo di compiere questa scelta. Adesso, poiché avete deciso che lo scioglimento delle Camere non deve avvenire entro il 29 gennaio, ma un po' oltre, improvvisamente, si ripesca dal cilindro il «coniglio» della possibilità di rimettere in discussione l'obbligo delle dimissioni a tempo debito. Sono tutti elementi che, lo ripeto, tolgono trasparenza al provvedimento e rendono ambiguo il rapporto tra cittadino ed eletto, tra chi decide di candidarsi e chi deve votare. Sono tutti aspetti che ci rendono fortemente perplessi.
Per questo motivo, non avendo avuto alcun tipo di opposizione relativamente al fatto di discutere il provvedimento con celerità, nel merito non possiamo dimostrare la nostra comprensione, e pertanto in sede di esame degli emendamenti che abbiamo presentato argomenteremo il


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perché del nostro dissenso (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ramponi. Ne ha facoltà.

LUIGI RAMPONI. Signor Presidente, pongo l'accento su un aspetto del decreto-legge in esame che riguarda la possibilità per gli italiani all'estero residenti in Italia di votare. È con grande piacere rilevare questo aspetto perché il Senato, con tale escamotage, ha approvato in tempi brevissimi un testo che già questa Camera approvò a seguito di una iniziativa che essa giustamente rivendica.
Si tratta di una iniziativa legislativa, che elimina una incredibile giustizia, un vulnus costituzionale, di cui io mi sono sempre meravigliato, tanto è vero, che appena eletto, ho presentato immediatamente un progetto di legge, che ha avuto, come ricordava il collega Spini, una vita un po' travagliata e difficile, per cui, a un certo punto, affinché fosse approvato, si è dovuti giungere ad una virare verso una soluzione di compromesso, in base alla quale gli italiani residenti in Italia e temporaneamente all'estero potranno votare nelle liste degli italiani all'estero. In ogni caso, piuttosto che far venire meno la possibilità di colmare questo vulnus, abbiamo tutti assieme accettato una soluzione che, perlomeno, non lascia alcun cittadino italiano privo del diritto fondamentale in democrazia, quello di votare.
Sarebbe stato davvero imbarazzante, dopo tante manifestazioni di consenso e di stima verso i nostri cittadini impegnati all'estero - e non parlo solo dei militari, ma anche dei diversi funzionari che operano all'estero e che rappresentano certamente la «crema» della categoria degli operatori della pubblica amministrazione italiana -, dopo i tanti elogi e riconoscimenti nei loro confronti, negare loro la possibilità di votare, che rimane una prerogativa rispettata dalla stragrande maggioranza degli Stati di questo mondo. Voglio ricordare che io potrei avere la cittadinanza eritrea e come cittadino eritreo qui in Italia, con la doppia cittadinanza, votare quando ci sono le elezioni in Eritrea, mentre, paradossalmente, prima non avrei potuto votare per le elezioni italiane se fossi stato all'estero.
Era una situazione addirittura ridicola, anche perché quello del diritto al voto è un tema molto delicato e - giustamente - nell'arco di questo periodo repubblicano abbiamo sempre sentito esprimere rammarico e meraviglia quando, per ragioni diverse, una persona in condizioni particolari non poteva votare perché malata o per altre ragioni. Ebbene, paradossalmente, decine di migliaia di italiani, allegramente, non avevano rispettato questo diritto!
Chi sono coloro che, a partire da questo momento, vedono finalmente riconosciuti i loro diritti civili? Si tratta dei militari all'estero (attualmente, sono 11 mila). Sono coloro che si stanno producendo e prodigando per portare realmente la pace nel mondo, mentre quelli che li hanno preceduti (nelle novanta e più missioni che abbiamo svolto e che adesso sono terminate), quando si sono trovati in situazioni del genere, hanno dovuto «inghiottire» un'ingiustizia!
Si tratta, altresì, di tutti gli operatori della pubblica amministrazione ed anche delle loro famiglie. Desidero porre l'accento anche su questo aspetto, perché nemmeno le famiglie di coloro che lavoravano all'estero, ma erano residenti in Italia, potevano esercitare il loro diritto di voto! Sono anche, grazie all'approvazione di un emendamento presso il Senato, come è stato ricordato, i professori universitari e gli altri ricercatori.
A noi tutto ciò sta benissimo: infatti, più larga è la comprensione verso tutti i cittadini, meglio è. Debbo altresì riconoscere che oggi è un momento davvero felice: infatti, dopo l'approvazione in quest'aula - in questo caso, contrastata - del progetto di legge sul riordino dei ruoli del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, assisto all'approvazione (al contrario, definitiva) del provvedimento che consente l'esercizio del voto ai cittadini italiani residenti in Italia, ma operanti


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all'estero. Tale disegno di legge di conversione, infatti, vede, con mia grande soddisfazione, la convergenza di tutti i componenti di questa Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, devo riconoscere che questa maggioranza possiede veramente una notevole abilità, poiché riesce a trasformare in provvedimenti sbagliati ed inaccettabili anche proposte che, all'inizio, possono risultare condivisibili.
Infatti, mentre all'inizio il decreto-legge in esame, recante norme che agevolavano l'esercizio del diritto di elettorato attivo, era francamente condivisibile, successivamente, come sempre accade, il Senato della Repubblica ha svolto un ruolo deleterio, inserendo disposizioni del tutto inaccettabili.
Tralascio la questione dell'omogeneità dei provvedimenti d'urgenza, poiché, ovviamente, non si comprende bene che attinenza abbiano le norme sulla ineleggibilità con un decreto-legge che riguarda, invece, il procedimento elettorale. Si tratta, infatti, di materie profondamente diverse, come il sottosegretario D'Alì sa bene, che non devono essere confuse tra loro; tuttavia, contrariamente alla Camera dei deputati, in cui si cerca di rispettare una certa omogeneità dei provvedimenti legislativi, al Senato della Repubblica tutto ciò non avviene. Infatti, questa maggioranza compie tutti i suoi blitz al Senato!
Vorrei quindi ricordare che, nel corso dell'esame da parte dell'altro ramo del Parlamento, è stato introdotto l'articolo 3-bis, con cui si modifica una disposizione prevista dalla nuova legge elettorale, approvata non più di un mese fa. Tutti sappiamo che, in base al vecchio testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati (il decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957), un sindaco, per candidarsi al Parlamento - quindi, per eliminare la causa di ineleggibilità alla carica di parlamentare -, avrebbe dovuto dimettersi sei mesi prima della data di scadenza del quinquennio di durata delle Camere.
Lo stesso testo unico del 1957 recava, tuttavia, una norma di salvaguardia, che prevedeva che, se le Camere fossero state sciolte anticipatamente (perché il potenziale candidato non poteva conoscere con precisione il termine di decorrenza dei centottanta giorni), un sindaco avrebbe potuto dimettersi entro sette giorni dallo scioglimento anticipato. Vorrei ricordare che si trattava di una clausola adoperata molte volte; in particolare, vi hanno fatto ricorso nel 2001 numerosi sindaci che, per candidarsi al Parlamento, hanno scelto di dimettersi dalla loro carica nei sette giorni successivi allo scioglimento. Era una norma che vigeva, senza che vi fossero particolari problemi, da oltre cinquant'anni.
Con la nuova legge elettorale, invece, è stata introdotta una nuova fattispecie e vorrei rilevare che, anche in tal caso, non si è compreso bene quale ragione vi fosse, se non per il fatto che, essendo cambiato il sistema elettorale, era ragionevolmente lecito attendersi una norma del genere. La riforma elettorale, infatti, ha disposto che un sindaco, ferma restando la norma sulle dimissioni dalla propria carica entro sei mesi dalla scadenza naturale della legislatura, per candidarsi in questa tornata elettorale dovesse dimettersi nei sette giorni successivi all'entrata in vigore della nuova legge elettorale.
Francamente, tale norma non aveva una sua particolare logica. Credo che avesse solo una funzione punitiva nei confronti di alcuni sindaci, anche perché si poneva sostanzialmente nel nulla lo scioglimento anticipato delle Camere che avvenisse negli ultimi centoventi giorni della legislatura. La norma stabiliva che, se lo scioglimento anticipato avveniva negli ultimi centoventi giorni della legislatura, non si applicava più la legge del 1957, ma, nei sette giorni dall'entrata in vigore della nuova legge elettorale, ci si doveva dimettere. Ebbene, la norma è entrata in vigore, i sindaci hanno fatto le loro scelte, ognuno ha deciso se voleva continuare il proprio


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mandato elettorale o, viceversa, si voleva dimettere per avere la chance dell'elezione in Parlamento, e tutto è avvenuto nella massima trasparenza, come è giusto che fosse.
Ma, evidentemente, qualche sindaco o non ha fatto in tempo a scegliere o ci ha ripensato, perché, con questo provvedimento, si è inserita, nel corso dell'esame al Senato, una norma in cui si afferma che i sette giorni utili per dimettersi dalla carica di sindaco non decorrono più dall'entrata in vigore della legge elettorale, ma dalla data di entrata in vigore di questo provvedimento. Francamente, ciò è assolutamente incomprensibile, sia perché è un provvedimento palesemente incostituzionale... Signor sottosegretario, se mi segue...

ANTONIO D'ALÌ, Sottosegretario di Stato per l'interno. La seguo.

RICCARDO MARONE. Dicevo che questa è una norma palesemente incostituzionale, perché punisce chi ha già deciso, trattandosi di un termine già scaduto e rispetto al quale molti sindaci si sono dovuti dimettere, sono già stati nominati i commissari e sciolti i consigli comunali. Quindi, i sindaci che si sono dimessi sono stati «puniti» rispetto a coloro che si potranno dimettere ancora sette giorni dopo l'entrata in vigore della legge di conversione di questo decreto-legge; ciò sia ben chiaro, quando questa norma che è stata inserita nel decreto-legge in discussione entrerà in vigore. Sia chiaro che non si tratta di una norma direttamente inserita in un decreto-legge, che quindi, avrebbe potuto avere un effetto «taglione», come normalmente avviene in presenza di decreti-legge, ma di una norma inserita in un disegno di legge di conversione di un decreto-legge, la cui entrata in vigore, quindi, come è pacifico - lei, signor sottosegretario, sta giustamente annuendo -, sarà quella della legge di conversione.
Dunque, alcuni sindaci hanno potuto governare ancora per parecchio tempo rispetto a coloro che si sono dovuti dimettere da quasi un mese. Pertanto, si è operato una discriminazione in maniera determinante rispetto all'elettorato ed all'esistenza stessa dei consigli comunali.
Oltre a tale aspetto, che - lo ripeto - opera una discriminazione tra chi è stato rigoroso - nel nostro paese rispettare le leggi è sempre un demerito, purtroppo, e non un merito! - ed ha scelto nei termini previsti dalla legge elettorale e chi oggi si trova a poter beneficiare, in ragione di un emendamento inserito nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, di una nuova chance, di una nuova opportunità, si è riaperto un termine per consentire nuovamente ai sindaci di scegliere tra rimanere in carica o candidarsi alle elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento.
Le chiedo, signor sottosegretario, quale sia la ratio di questa norma. Perché si è voluto consentire ciò e riaprire un termine scaduto? Uno dei principi generali dell'ordinamento è che i termini scaduti non debbono essere riaperti, altrimenti si violerebbe il principio della par condicio tra i soggetti. Infatti, è chiaro che se un termine è in corso...

ANTONIO D'ALÌ, Sottosegretario di Stato per l'interno. È in corso!

RICCARDO MARONE. Il termine non è in corso, signor sottosegretario.

ANTONIO D'ALÌ, Sottosegretario di Stato per l'interno. Fino al 29 gennaio è in corso!

RICCARDO MARONE. No, il termine decorre dall'entrata in vigore della legge. Assolutamente non è così! In ogni caso, stavo dicendo che ciò avrebbe potuto avvenire. Viceversa, oggi tale nuova apertura di termini non è consentita. Lei dà un'altra interpretazione della norma. Francamente, ho alcuni dubbi in merito a tale interpretazione, ma anche se essa fosse corretta, l'«andirivieni» sulle date è francamente paradossale, perché crea un'assoluta incertezza rispetto ad un regime giuridico. Non riusciamo, infatti, a comprendere se i sindaci siano soggetti che


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debbano continuare a guidare i propri comuni - come sembrava volere la legge elettorale - o che si debbano candidare alle elezioni politiche.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA (ore 18)

RICCARDO MARONE. Quindi, lo ripeto, la legge elettorale era chiara nel senso di voler modificare il regime giuridico. Oggi, vi è questa riapertura dei termini; se è vero quanto afferma lei, signor sottosegretario, francamente questa norma non serve a nulla, ed allora la si potrebbe abolire...

ANTONIO D'ALÌ, Sottosegretario di Stato per l'interno. Lo spiegherò!

RICCARDO MARONE. Le sono grato, signor sottosegretario, se vorrà darci una spiegazione in sede di replica, perché sarebbe una novità che il Governo ci spieghi la ratio di determinate norme. Apprenderemo, dunque, qual è la ratio di questa nuova normativa!
Ciò sta determinando incertezza, così come stanno determinando incertezza lo scioglimento delle Camere e la data delle elezioni: siamo in una fase in cui tutto è in discussione! Siccome il principio delle elezioni non interessa la maggioranza, ma la cittadinanza italiana nella sua interezza, non ci dovrebbero essere incertezze, bensì unanimità di giudizio e di decisioni.
Invece, stiamo assistendo ad un indecente balletto, giustificato solo dalla necessità di far apparire in televisione il Presidente del Consiglio per altri 15 giorni. Lo vediamo dovunque; oramai, ci ha privato anche del diritto allo zapping. Prima, perlomeno, si poteva cambiare canale ed assistere ad altri programmi; oggi, invece, anche se cambiamo canale, ci troviamo, sempre e comunque, di fronte al Presidente del Consiglio che parla.
Detto ciò, siamo profondamente contrari a questo modo di legiferare e siamo profondamente contrari al fatto che si modifichino in continuazione i regimi giuridici. Pertanto, con i nostri emendamenti ci esprimeremo in questo senso (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, credo che i colleghi che mi hanno preceduto abbiano illustrato bene le nostre preoccupazioni, che ci portano ad esprimere un voto contrario sul provvedimento in esame.
La preoccupazione maggiore riguarda l'incertezza di cui parlava il collega Marone, a proposito di una questione molto importante riguardante l'amministrazione delle città. Vi è una situazione ambigua ed una disparità giuridica per quanto riguarda le amministrazioni (alcuni sindaci si sono già dimessi nell'ambito di una situazione di commissariamento, poiché alcuni consigli sono stati sciolti). Ciò vale anche rispetto al diritto alla parità di trattamento, ad una par condicio dei soggetti in questione: mi riferisco alla possibilità di scegliere l'eventuale candidatura entro termini precisi e alle nuove possibilità che si aprono per altri.
Come per ogni provvedimento che stiamo esaminando nel corso di queste settimane, verrebbe da chiedersi chi sono i soggetti ad esso interessati: ormai, ogni cosa ha un nome ed un cognome. Tutto è finalizzato alla campagna elettorale e ad esigenze settoriali di questo o di quel partito della maggioranza.
Si tratta di una vicenda delicata, relativa all'eleggibilità o ineleggibilità dei sindaci per il Parlamento nazionale. E, naturalmente, quando si modifica una norma in corso d'opera, viene spontaneo interrogarsi sugli interessi specifici di qualcuno. Tuttavia, tale aspetto passa in secondo piano rispetto alla questione più delicata che a noi sta a cuore: il rapporto tra gli elettori e le elettrici e le istituzioni. In questo modo, tale rapporto subisce un colpo di credibilità, venendo meno la corrispondenza tra i problemi veri della gente e le aspettative.


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Anche attraverso le procedure e le modalità di azione si può dare forza, legittimità e credibilità alle istituzioni; oppure, si possono ridurre queste caratteristiche. Siamo preoccupati, in particolare, rispetto a questo aspetto e rispetto a situazioni concrete che già si sono determinate o che si potrebbero determinare nelle amministrazioni comunali.
Come è stato sottolineato, l'insieme del provvedimento ha un sapore confuso, incerto e ambiguo.
Quelle norme, che costituiscono un atto dovuto e che avremmo approvato velocemente, senza neanche intervenire, invece, non solo meritano degli emendamenti, ma, a meno di una modificazione nel corso delle prossime ore, anche un giudizio nettamente contrario.
I colleghi e le colleghe, e in particolare il Governo, sanno che noi non ci siamo opposti alla calendarizzazione immediata di questo provvedimento. Lo abbiamo esaminato in Commissione in un'ora. Abbiamo esaminato gli emendamenti, svolto discussioni e accettato di discutere tale provvedimento immediatamente in aula, perché esso prevede delle norme dovute, che contengono le procedure e le regole per consentire, innanzitutto, un maggiore agio e una migliore possibilità di accesso al voto nelle prossime elezioni politiche a determinate categorie di cittadini.
Quindi, abbiamo condiviso le disposizioni relative all'esercizio domiciliare del voto per taluni elettori. Naturalmente, abbiamo semplicemente verificato che le procedure previste dessero le garanzie di segretezza del voto in tutti i casi. Abbiamo però ritenuto che si dovesse fare anche questo sforzo per far votare altri elettori ed altre elettrici che, magari, in altre occasioni, non hanno avuto la stessa possibilità.
Qualche collega, che ancora non è intervenuto, ci ha fatto notare come in Commissione affari sociali si sia rilevato che questa stessa possibilità non è prevista, per esempio, per le prossime elezioni amministrative. Quindi, già si è posto questo interrogativo in un'altra Commissione, ma questo è uno degli argomenti su cui penso si tornerà in seguito.
Ripeto che questa norma è condivisa, poiché offre tutte le garanzie necessarie agli elettori, e quindi abbiamo considerato urgente ed utile una sua rapida approvazione.
Su altri aspetti, relativi al voto dei cittadini italiani temporaneamente all'estero, non torno perché i colleghi che mi hanno preceduto hanno espresso delle valutazioni che condivido. In particolare, essi hanno sottolineato degli elementi che noi delle opposizioni già avevamo sottoposto a quest'aula, poiché non tutti i cittadini temporaneamente all'estero hanno le stesse opportunità di recarsi a votare nelle prossime elezioni politiche.
Si era convenuto sul fatto che queste disposizioni avessero un termine, ossia quello delle prossime scadenze elettorali, proprio perché non tutti hanno le stesse opportunità. Quindi, data l'urgenza, non abbiamo voluto sottrarci alla possibilità di estendere la fascia degli elettori che concretamente possono accedere al voto.
Nello stesso tempo, abbiamo rilevato la disparità e, quindi, l'urgenza di tornare su questo argomento per completare questi aspetti e, in una fase immediatamente successiva, prevedere pari opportunità anche per altre categorie ed altri soggetti che, forse, per ragioni tecniche, non riusciranno a votare in questa occasione.
Pertanto, rispetto a questi aspetti, non vi sono obiezioni specifiche, se non quelle che già sono state rilevate in occasione del precedente voto espresso dalla Camera. Ma, come i colleghi hanno sottolineato, il Senato ha pensato bene di apportare determinate aggiunte, che non sono per nulla condivisibili.
Anche qui, forse, la norma è in parte dovuta, perché in questi giorni si è discusso molto sulla data di scioglimento delle Camere. Abbiamo rischiato un conflitto istituzionale persino su un elemento come questo, con tutte le conseguenze del caso.
Dunque, questo elemento di incertezza deriva da un atteggiamento complessivo


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del Governo, in particolare del suo Presidente del Consiglio. Data la scelta, ormai evidente, di non sciogliere le Camere il 29 gennaio, si è ritenuto di porre un rimedio almeno relativamente al numero di firme da raccogliere. Se si sciogliessero le Camere più di centoventi giorni prima, le firme da raccogliere, in base alla legge, sarebbero la metà. Quindi, si è ritenuto di trasferire tale opportunità anche nella nuova ipotesi in cui potremmo trovarci se le Camere fossero sciolte con una distanza temporale inferiore o pari ai centoventi giorni.
Come opposizioni voteremo gli emendamenti dei colleghi della Rosa nel Pugno. Riteniamo che si debbano tenere fermi criteri e regole su cui più volte siamo tornati. Non pensiamo che chiunque possa presentare un simbolo ed una candidatura: la democrazia richiede alcune regole e noi abbiamo sempre ragionato intorno a criteri e regole affinché la democrazia potesse essere regolata in base ad un consenso minimo effettivo, ad una modalità che determini una vera possibilità di scelta e non il suo contrario. All'interno di tale idea ispiratrice di prevedere criteri e regole abbiamo sempre lavorato - ci abbiamo provato anche in occasione della discussione sulla legge elettorale e sulla questione relativa alla raccolta delle firme - affinché la possibilità di presentazione delle liste fosse la più ampia possibile. Ciò in particolare per quei gruppi che sono già presenti in Parlamento, che già hanno superato il vaglio elettorale, che magari vedono una presenza storica nelle aule parlamentari. Si tratta di esponenti di partiti che hanno una storia in questo paese e oggi scelgono, per ragioni diverse legate alla fase politica, di assumere un nuovo simbolo o un nuovo nome e non per questo devono essere penalizzati in quello che comporta una raccolta di firme, per quanto dimezzata come previsto da questo provvedimento, ma comunque significativa da tutti i punti di vista. Dunque, voteremo gli emendamenti presentati dai colleghi della Rosa nel Pugno.
Riteniamo anche condivisibile l'articolo che prevede il dimezzamento delle firme, perché sta all'interno delle regole e dei criteri suddetti ma, allo stesso tempo, rende un po' più agevole l'esercizio della democrazia. Invece, non condividiamo per nulla la parte successiva che interviene sull'ineleggibilità dei sindaci, per le ragioni sottolineate prima anche da altri colleghi.
Vi sono altri due aspetti su cui vorrei soffermarmi. Il primo, su cui sono stati presentati due emendamenti dai deputati dell'Unione, è quello su cui si è soffermato prima il collega Bressa e riguarda i costi della politica, della comunicazione elettorale, l'aumento dei tetti delle spese del candidato. In merito sono stati presentati emendamenti soppressivi ed anche emendamenti che tentano di limitare il danno. Si fa tanta demagogia attorno alla questione dei costi della politica e a volte si tacciono le questioni più importanti relative ai servizi, ai costi effettivi a cui riteniamo tutti dovrebbero poter accedere. Spesso molte spese elettorali non solo non sono necessarie, ma rendono impari le condizioni di partenza dei candidati e, allo stesso tempo, inflazionano campagne elettorali poco attraenti per gli elettori e le elettrici.
Esiste un problema relativo alla trasparenza dei costi della politica con elementi che riguardano il buon gusto e il buon senso. Riteniamo che certi aspetti debbano essere assolutamente ridimensionati.
Nella legge elettorale, una brutta legge che la maggioranza ha voluto in fretta e furia, avevamo avuto modo di sottolineare che vi era un elemento che ritenevamo utile, l'eliminazione del voto di preferenza, il quale spesso dà luogo ad una logica di scambio e sempre ad un aumento dei costi della politica per la necessità di personalizzazione nell'andare appunto a caccia di preferenze.
Se questo aspetto è stato cancellato dalla legge, non si comprende perché oggi si debba intervenire in altra maniera su un punto così delicato, che incide sul rapporto tra il sentire dei cittadini e la politica, le istituzioni. Ciò non è positivo e chiediamo di rivederlo.


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Pensiamo anche che debba essere eliminato un altro aspetto, introdotto anch'esso nell'ultima legge elettorale (passato giustamente in secondo piano, ma poiché si prevede una modifica sui numeri è bene ritornarci), riguardante gli scrutatori. Differentemente da come avveniva alcuni anni fa, gli scrutatori vengono sorteggiati nelle commissioni elettorali comunali tra tutti coloro che presentano una domanda. Fare gli scrutatori non comporta un'esperienza particolare, ma richiede attitudini ed un titolo di studio e consente, peraltro, a molti ragazzi e ragazze, che vivono ormai fino a trent'anni in famiglia, di guadagnare per due giorni qualcosa. Sembrerà strano, ma è diventato un riferimento a cui molti guardano per guadagnare qualche euro, a dimostrazione di quale sia la condizione dei giovani nel nostro paese.
Prima la scelta era affidata alla casualità dell'estrazione, poiché gli scrutatori dovevano essere in condizioni di parità e nessuno poteva e doveva essere scelto sulla base di criteri diversi dal possesso del titolo di studio e delle capacità necessarie a svolgere quel compito. Solo il destino e la sorte avrebbe dovuto decidere chi doveva svolgere tale lavoro, anche se solo per due o tre giorni.
In questa legge elettorale si è modificato questo aspetto. In sostanza, all'interno della commissione elettorale comunale i componenti potranno indicare nominativi tra coloro che si sono iscritti e potranno, quindi, scegliere. Ritengo anche questo un elemento negativo sia dal punto di vista delle opportunità e dell'uguaglianza dei diritti (che sarà banale ma è importante) sia per il messaggio che ancora una volta si invia. Vi saranno candidati di serie A e di serie B, ragazzi che avranno la certezza di svolgere quel lavoro ed altri che non potranno arrivarvi, e tutto ciò non in virtù del caso, ma del fatto che abbiano all'interno della commissione un componente che li possa scegliere.
Ciò determina una inaccettabile situazione di disparità e introduce un ulteriore elemento di sfiducia da parte dei cittadini e, in particolare, di quelle fasce sociali alle quali dovremmo guardare con maggiore attenzione e sensibilità affinché considerino la politica in un'altra maniera, diventando anche protagoniste della stessa vita politica. Naturalmente, se l'immagine è quella secondo la quale chi siede nei banchi di questo Parlamento è colui che può determinare la fortuna o la sfortuna sulla base semplicemente delle simpatie politiche, non credo che questo possa essere il modo migliore per avvicinare questi giovani alla vita politica del nostro paese.
Per queste ragioni siamo fortemente contrari al provvedimento in esame e probabilmente, fin da adesso, il Governo potrebbe fornire qualche spiegazione in ordine alle domande palesate nei nostri interventi.

PRESIDENTE. Saluto il gruppo dei margari, della provincia di Cuneo, presente in tribuna (Applausi).
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 6292)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Bruno.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, rinuncio alla replica e le chiedo una sospensione non superiore a cinque minuti per riunire il Comitato dei nove, in quanto vi è un emendamento che occorre esaminare.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Bruno.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

ANTONIO D'ALÌ, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, rinuncio alla replica, in quanto in sede di esame degli emendamenti avrò modo di chiarire molti degli interrogativi sollevati dai colleghi.


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PRESIDENTE. Accedendo alla richiesta del relatore, sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 18,30, è ripresa alle 18,40.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 6292)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 6292 sezione 2), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 6292 sezione 3).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 6292 sezione 4).
Avverto altresì che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (vedi l'allegato A - A.C. 6292 sezione 1).
Avverto inoltre che non sono state presentate proposte emendative riferite all'articolo unico del disegno di legge di conversione.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Boselli. Ne ha facoltà.

ENRICO BOSELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, la discussione di questo decreto-legge presentato dal Governo in applicazione della nuova legge elettorale ha aperto un dibattito nel paese e io penso che sia giusto che anche in quest'aula, di fronte ai signori rappresentanti del Governo - in modo particolare del Ministero dell'interno - noi si abbia il diritto e il dovere di sollevare una questione di fondo. Il Governo, infatti, ha presentato un provvedimento che non tiene in alcun conto le condizioni di par condicio nella presentazione delle liste elettorali. C'è una discussione aperta sulla par condicio generale della campagna elettorale, ma in questo caso siamo nel cuore della par condicio vera; viene negata, infatti, la possibilità ad alcune liste elettorali, a cominciare da quella a cui noi abbiamo aderito, La Rosa nel Pugno, di poter presentare i propri candidati e le proprie candidate sulla base di un diritto comune, cioè di poterlo fare nelle stesse condizioni dei partiti, delle forze politiche e delle liste elettorali a noi alleate o a noi concorrenti.
Ci sono due questioni di fondo su cui - e me ne dispiace - non abbiamo avuto da parte del Governo risposte convincenti: in primo luogo, con questa normativa noi saremo costretti a presentare le liste dei nostri candidati - si badi bene che la nuova legge elettorale non prevede l'introduzione del voto di preferenza - sostanzialmente un mese o venti giorni prima delle altre forze politiche; in secondo luogo, saremo costretti a raccogliere molte firme (180 mila o 90 mila) per sostenere le nostre liste in ciascuna delle circoscrizioni previste per la Camera dei deputati o in ciascuno dei collegi previsti per il Senato della Repubblica.
La domanda che noi abbiamo rivolto al Governo è semplice: la raccolta di firme è stata introdotta per evitare la proliferazione di liste elettorali civetta o di liste elettorali che nascono dal nulla, sulla base magari di qualche marchingegno o tentativo di aggirare le regole. Tuttavia, non si può sostenere che i radicali italiani, che sono presenti al Parlamento europeo, o i socialisti, presenti alla Camera, al Senato, al Parlamento europeo, nelle regioni, nelle province e nei comuni, non hanno il diritto di partecipare a queste elezioni presentando semplicemente un simbolo che ha un certo numero di anni di vita e di storia, come immagino l'onorevole D'Alì sappia - e se non lo sa glielo comunico io questa sera - visto che rappresenta il ministro dell'interno, che tra l'altro dovrebbe garantire non soltanto la sua parte politica ma l'intero paese e le forze politiche che rappresentano maggioranza e opposizione. Ci troviamo, quindi, di fronte ad una violazione palese delle regole e dei comportamenti che mette in discussione la serenità e la libertà dei nostri elettori, perché - onorevole rappresentante del Governo - è assolutamente possibile che le elettrici e gli elettori italiani il 9 aprile decidano di non scegliere La Rosa nel Pugno nelle schede elettorali della Camera


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e del Senato (e se non sono convinti del nostro programma così faranno) ma la cosa che non è accettabile è che, per vostra responsabilità e per vostra scelta, agli elettori italiani non sia consentito di compiere questo gesto, perché noi corriamo il rischio di non presentare i nostri candidati in alcune delle circoscrizioni di Camera e Senato. Questa responsabilità è tutta vostra. È del Governo, del ministro dell'interno, di lei che lo rappresenta, sottosegretario D'Alì, perché anche nella riunione del Comitato dei nove, che si è svolta qualche minuto fa, i rappresentanti della maggioranza parlamentare hanno dimostrato un atteggiamento negativo sugli emendamenti che noi abbiamo presentato, sostenuti da molti gruppi del centrosinistra. Colgo qui l'occasione per ringraziare la collega Mascia, di Rifondazione comunista, che ha preso la parola per difendere questa posizione (Applausi dei deputati del gruppo Misto - La Rosa nel Pugno).
Abbiamo presentato emendamenti che danno o che potrebbero dare anche alla nostra lista quei diritti e quelle garanzie di cui godono le altre liste elettorali che si presenteranno il 9 aprile. Non si dica che le cose stanno così e si va avanti comunque, perché ci troviamo di fronte ad un gesto grave. Sono molto rattristato. Abbiamo chiesto pubblicamente - lo sta facendo l'onorevole Pannella con uno sciopero della fame e della sete, che testimonia anche il rigore morale e civile che lo guida - al ministro dell'interno, onorevole Pisanu, che brilla per la sua assenza in questa aula, e al Capo del Governo di essere ascoltati e di ascoltare le ragioni di una lista elettorale che vanta una presenza nel Parlamento non da oggi e che penso avrà un certo numero di cittadini che la sceglieranno alle prossime elezioni del 9 aprile. Il sentirci rispondere da chi rappresenta il Governo «no, perché no!» desta una certa amarezza.
Io non penso che con l'arroganza e con un «no» senza motivazioni si possano affrontare questioni che attengono non alle opinioni politiche, che sono sempre legittime, di qualunque parte esse siano, ma alle questioni della regolarità, della libertà e delle garanzie che devono essere assicurate non nei confronti del voto amministrativo, regionale o provinciale, ma nei confronti delle elezioni politiche, nel momento in cui eleggiamo la Camera ed il Senato per dare al nostro paese un nuovo Governo a partire dal 10 aprile.
Questi sono i motivi per i quali, signor Presidente, siamo molto amareggiati di quanto sta accadendo. Diremo ai nostri concittadini ciò che sta accadendo, metteremo il Governo e chi lo rappresenta di fronte alle proprie responsabilità, perché non si può, di fronte a questi fatti, fare finta di nulla (Applausi dei deputati dei gruppi Misto - La Rosa nel Pugno, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Soro. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Presidente, questo decreto-legge ha avuto, e noi confidiamo abbia ancora, la possibilità di dare risposta ad alcune istanze presenti nel sistema democratico del nostro paese, di offrire soluzione, cioè, a problemi reali. Il sospetto è che si stia sprecando un'occasione ed un'opportunità. Mi limito a fare riferimento a due sole questioni delle tante che sono aperte e che hanno questo carattere. La prima è quella appena richiamata dall'onorevole Boselli, cioè la domanda, esistente nel sistema politico, di pari opportunità e di equità, per cui questa legge potrebbe consentire di fornire una risposta effettiva di pari condizioni per le liste che saranno in competizione il 9 aprile.
Le procedure di raccolta delle firme, così come contemplate dalla legge elettorale, costituiscono oggettivamente una palese discriminazione fra i concorrenti. Ora, è evidente che costringere lo schieramento della Rosa nel Pugno, che è un soggetto politico del quale fanno parte formazioni politiche presenti nelle istituzioni parlamentari italiane ed europee (e peraltro costringere a ciò solo questo soggetto politico) a dover raccogliere le firme chiudendo le proprie liste un mese prima rappresenta una palese discriminazione.


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Se ci trovassimo nelle condizioni di una legge di sistema, si potrebbero evocare molte riflessioni che ho sentito avanzare da parte dei colleghi della maggioranza nel dibattito al Senato, ma si tratta invece di una legge che ha come riferimento temporale esclusivamente le elezioni del 9 aprile, che ha riferimenti personali nelle varie aggiunte che il Senato ha introdotto su questo provvedimento. Appare quindi del tutto incomprensibile l'accanimento - o forse si capisce fin troppo - nei confronti di questa lista.
Il secondo problema sul quale volevo richiamare l'attenzione dell'Assemblea è quello relativo alle cosiddette procedure di registrazione elettronica del voto.
Il voto, che è l'elemento fondante del nostro sistema democratico, segna, nella sua forma materiale di espressione, una dissociazione incredibile tra la società reale e il sistema democratico medesimo. Nella comunicazione moderna, quella che interviene fra i soggetti della società civile presenti nella nostra economia, in Italia come nel mondo, nelle transazioni tra interessi economici, tutto si svolge attraverso strumenti e prodotti dell'innovazione tecnologica. Il voto, invece, si svolge secondo le stesse procedure con cui si svolgeva nel Parlamento sabaudo: con la carta, con la matita copiativa, con una serie di scrutatori improvvisati - spesso interessati -, con la trascrizione per verbali cartacei che viaggiano da una parte all'altra in Italia. Queste carte vengono custodite in tribunali dove spesso si verificano eventi quali i furti con cui si sottraggono le schede elettorali conservate come da previsione di legge.
L'esperienza di questi cinque anni, nei quali ho ricoperto la carica di presidente della Giunta delle elezioni, ha reso a me - ma ritengo a tutto il Parlamento - evidente come il sistema di espressione tradizionale del voto cartaceo offra la possibilità di grandi imbrogli, di errori (chiamiamoli come ci pare) per cui, certamente, non viene garantito - lo sapevamo anche prima ma oggi ciò è più chiaro ed evidente - il carattere di voto libero, segreto e personale così come previsto dalla nostra Costituzione. Si pone quindi l'esigenza di trovare dei sistemi moderni per esprimere il voto attraverso la forma elettronica, così come accade nella consuetudine della vita degli italiani, che si sono abituati ad usare il bancomat, dei bambini e dei pensionati, che ricorrono alle attività interattive attraverso i moderni media, trasmettendo la loro corrispondenza attraverso posta elettronica.
Il voto, tuttavia, continua ad essere espresso nella forma cartacea: è assolutamente necessario che anche l'Italia entri nella prospettiva di usare il voto elettronico, così come è stato sperimentato in altre democrazie europee (alcune anche con una sperimentazione su larga scala), dando assolutamente dei buoni risultati. Si obietta che tale soluzione sarebbe molto costosa ma so - per averlo verificato di persona insieme alla Giunta delle elezioni della nostra Camera - che il costo di un dispositivo di voto elettronico, laddove si è sperimentato, è di circa duemila euro (penso alle sperimentazioni che, naturalmente, coinvolgono al massimo una dimensione come quella di una grande regione). In Italia, duemila euro per 60 mila sezioni, se anche si dovesse conservare il costo unitario, equivarrebbero a 120 milioni di euro.
Questo provvedimento, che serve solo a rispondere allo scrutinio e, fondamentalmente, neanche a certificare di più bensì a rendere più veloce la conoscenza del risultato elettorale, costa 34 milioni di euro. Quindi, appare evidente che anziché spendere tale cifra per una sola votazione, la scelta di impegnarsi su 100-120 milioni di euro, nella prospettiva di avere a regime, in modo stabile, un sistema di voto elettronico che garantisca la segretezza e la personalità del voto ed elimini in modo assoluto la possibilità di una interpretazione arbitraria del voto dei nostri concittadini, sarebbe stata la vera occasione offerta da questo decreto-legge.
Mi pare del tutto residuale e marginale quanto si dispone, a fronte dell'opportunità che viene sprecata. Naturalmente, non possiamo non condividere che, anche ai fini della registrazione del voto, si utilizzino


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dei sistemi moderni informatizzati. Rimane comunque il fatto che una grande opportunità viene, ripeto, sprecata (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cabras. Ne ha facoltà.

ANTONELLO CABRAS. Signor Presidente, intervenendo nell'illustrazione degli emendamenti presentati al provvedimento in esame desidero svolgere alcune considerazioni.
Il disegno di legge di conversione al nostro esame fornisce alcune risposte che noi condividiamo; mi riferisco, in particolare, alla garanzia di poter esprimere il voto a chi si trovi in particolari condizioni che, in base alla legislazione vigente, gli impedirebbero l'esercizio del voto. Ciò avverrà comunque - è opportuno porlo in evidenza - con le limitazioni e le insufficienze, che ricordava poc'anzi il collega Soro, che presenta attualmente l'informatizzazione del voto.
Ciononostante, noi avremmo voluto cogliere con il provvedimento in esame un ripensamento della maggioranza su alcune questioni che hanno fatto e fanno ancora discutere per via della nuova legge elettorale recentemente varata attraverso un iter controverso in Parlamento. Mi riferisco al diverso trattamento - che di fatto il provvedimento in esame non modifica, anche se corregge la parte relativa al numero delle firme - che la nuova legge elettorale determina, come ricordava il collega Boselli con argomenti che condivido totalmente, tale da determinare, a sua volta, una disparità di opportunità nella competizione elettorale. Noi sosterremo, pertanto, gli emendamenti destinati a correggere questa disparità di trattamento. Al rappresentante del Governo chiedo il motivo per il quale non si è voluto cogliere l'opportunità dell'adozione di questo provvedimento per correggere, non dico tutto, ma perlomeno qualcosa al fine di dare al Parlamento un segno di un vostro ripensamento.
Colleghi, la vita politica, come tutti sappiamo, non si conclude il 9 aprile, ma continua. E facendo riferimento alla vita politica di questo Parlamento e all'articolazione delle posizioni fra maggioranza e opposizione, ricordo quello che voi dicevate in Parlamento nel corso della scorsa legislatura, quando ci ricordavate che eravamo maggioranza in Parlamento ma minoranza nel paese. Colleghi, a volte, il corso della storia finisce per invertire i ruoli: oggi, come hanno certificato tutte le elezioni svoltesi fino ad ora e come continuano inesorabilmente a certificare tutti i sondaggi di opinione svolti, voi vi trovate nella condizione di essere maggioranza in Parlamento ma minoranza nel paese. Ciò avrebbe dovuto indurvi, come ho detto prima, ad un qualche ripensamento. Voi, invece, non l'avete fatto se non parzialmente, prevedendo una riduzione del numero delle firme ai fini della presentazione delle liste. Voi avreste dovuto compiere un ulteriore passo al fine di creare quella parità di opportunità che vi era stata richiesta anche nel corso dell'odierno dibattito. Voi, invece, vi siete occupati delle cose marginali e di quelle che faranno ancora più discutere: avete, infatti, messo le mani sui limiti e sulla pubblicità delle spese elettorali. Un tema, quest'ultimo, delicato che avrebbe meritato il mantenimento di una linea di condotta improntata ad un certo rigore. Voi, al contrario, vi siete preoccupati di innalzare il tetto delle spese per rendere occulta la dimensione delle campagne elettorali. Ovviamente, noi ci siamo opposti, presentando un apposito emendamento.
Insomma, avete pensato di cambiare quella parte del provvedimento che non eravate riusciti a perfezionare nei dettagli nel corso della prima discussione svoltasi in Parlamento, per i candidati e, naturalmente, anche per i partiti.
Ecco le ragioni per le quali, pur condividendo le motivazioni originarie del decreto-legge, non possiamo condividere il modo in cui ne avete modificato il contenuto durante il dibattito parlamentare, in particolare al Senato.


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Un altro aspetto che avreste potuto correggere - ma non l'avete fatto - è quello relativo alla nomina degli scrutatori. Per discutere troppo dei seggi e della loro ripartizione, è passata sotto silenzio una modifica del costume politico che eravamo riusciti a correggere con la legislazione precedente: avete reintrodotto la nomina degli scrutatori da parte delle commissioni elettorali, costume che, come sapete, ha dato dava origine ad una serie di deviazioni o, comunque, di comportamenti scorretti sul piano etico.
Questa poteva essere l'occasione per ripristinare il sorteggio, come avveniva in precedenza. Invece, no: con il provvedimento in esame, non solo avete lasciato che gli scrutatori vengano lottizzati politicamente, ma avete addirittura perfezionato il meccanismo per lottizzarli!
Gli emendamenti che abbiamo presentato sono finalizzati a correggere le parti emendabili (firme, pubblicità delle spese), peraltro introdotte da voi. Naturalmente, se le nostre proposte emendative saranno respinte, non voteremo a favore della conversione in legge, sebbene, com'è stato ricordato, non ci siamo opposti ad un rapido esame del decreto-legge in Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

UGO INTINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UGO INTINI. Signor Presidente, stiamo affrontando l'esame di un provvedimento in materia elettorale che pone un problema relativo ai principi: un leader come Marco Pannella non fa lo sciopero della sete e della fame per capriccio, ma per una grave questione di fondo. Sono investiti i diritti dei cittadini.
C'è la disponibilità di una parte della maggioranza a venire incontro alle osservazioni avanzate dall'opposizione. Tuttavia, il Governo dice «no»; e dice «no» perché è «no», senza fornire spiegazioni convincenti, anzi senza fornirne affatto!
Io chiedo che il ministro dell'interno venga ad assistere al dibattito e ad esporre la posizione del Governo. Non si trinceri, il ministro dell'interno, dietro un silenzio burocratico: sarebbe una mancanza di rispetto verso l'opposizione e, in definitiva, verso il Parlamento e verso gli elettori! Qui stiamo discutendo di regole, di principi. Ha ragione l'onorevole Cabras: la vita politica non si chiude il 9 aprile. Non è un bel segno, non è un bel gesto quello che, da parte della maggioranza, sancisce una prevaricazione nei confronti della minoranza. È un pessimo precedente per le istituzioni!
Chiedo, dunque, che il Presidente della Camera intervenga presso il Governo, affinché il ministro dell'interno venga, com'è suo dovere, ad ascoltare e ad esprimere una posizione convincente e chiara del Governo.

PRESIDENTE. Onorevole Intini, devo ribadire ciò che la Presidenza ha affermato in circostanze analoghe, anche stamani, in ordine a richieste aventi ad oggetto la presenza di rappresentanti del Governo diversi da quelli che siedono in aula.
Premesso che il Governo è legittimamente rappresentato, la Presidenza non può imporre al Governo di assicurare la presenza del ministro. Nella sua autonomia, il Governo deciderà se sia giusto che intervenga il ministro o, come avviene sovente, il sottosegretario (in questo caso, il sottosegretario per l'interno).

RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Sulla richiesta dell'onorevole Intini?

RENZO INNOCENTI. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


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RENZO INNOCENTI. Il collega Intini è intervenuto sull'andamento dei lavori - come ha giustamente affermato - ponendo una questione di grande rilievo e lei, signor Presidente, ha dato una risposta che non mi permetto di sindacare; ci mancherebbe altro! Tuttavia, vorrei rivolgere una notazione ai rappresentati del Governo, proprio riferendomi al precedente di stamani.
È vero che l'esecutivo può farsi rappresentare autorevolmente da chi vuole ma, per lo meno, interloquisca, quando gli si pongono le questioni. Dica qualcosa, anche soltanto che le affermazioni dell'opposizione sono infondate. Almeno un pronunciamento (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-La Rosa nel Pugno)! Ho assistito, stamani, al silenzio del Governo su quelle materie e sto assistendo, ancora una volta, al silenzio del Governo su questioni delicate che riguardano meccanismi elettorali.
Perciò, signor Presidente, faccio appello a lei ed anche agli autorevoli rappresentanti del Governo affinché diano qualche risposta, non dico tutte, alle domande e alle perplessità che le opposizioni, da diverso tempo, stanno ponendo su questa materia (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Onorevole Innocenti, le ripeto che, diversamente da chi, 2 mila anni fa, dava anche la parola, io non sono in grado di fare miracoli e di imporre la parola a chi non la esprime...

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, mi scusi, ma si è aperto un momento di riflessione che necessita di un chiarimento.
La questione sollevata dal collega Intini, con le integrazioni del collega Innocenti, rappresenta un'esigenza politica e, per taluni aspetti, formale, ma rappresenta anche una richiesta al Governo e al ministro dell'interno di rassicurazione delle Camere, rispetto ad una impalcatura elettorale che, frettolosamente ed in extremis, si sta mettendo in piedi e riguardo alla quale esistono non pochi dubbi di procedibilità.
Noi stiamo assistendo, in queste ore, ad una serie di atteggiamenti dilatori, compromissori ed interessati per cercare di non far svolgere le elezioni e di rinviarle, quanto meno, al mese di maggio. Cominciano ad essere forti i sospetti di un atteggiamento anche più grave di questo da parte del Governo. Se l'esecutivo non sente il bisogno di rassicurare il Parlamento attraverso un intervento del ministro, o - devo dire, francamente - almeno di un sottosegretario, che dia certezza delle operazioni che si stanno compiendo, il dubbio e le preoccupazioni, a questo punto, trovano un fondamento. Il silenzio del ministro al quale faceva riferimento il collega Intini dà adito ad ogni preoccupazione.
Ho evidenziato, in questa Assemblea, al momento dell'approvazione della nuova legge elettorale, alcuni elementi di dubbia procedibilità. Non mi fu risposto. Prima della sospensione dei lavori per la pausa natalizia, il Governo ha redatto un'altra legge elettorale di «accomodamento» seppure del voto degli italiani all'estero. Anche in quel caso ho sollevato gli stessi dubbi. Ora siamo a terzo decreto che sistema ancora la materia elettorale e, personalmente, penso che non sarà l'ultimo. Di fronte a questo modo di procedere, è o non è legittimo che l'opposizione, che è interessata a votazioni certe, rapide e sicure e che non vede l'ora che si svolgano, abbia la certezza che non vi siano, dietro, procedure che possano far sorgere dubbi e perplessità sulla loro regolarità? Il Governo vuole dare queste assicurazioni? Il ministro vuole presentarsi per fornire questi chiarimenti o dobbiamo continuare ad avere dubbi che trovano la loro legittimazione nel silenzio del Governo e del ministro?


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Ritengo sia interesse anzitutto del Governo venire in questo ramo del Parlamento a dare tali risposte e rassicurazioni; invece, né in occasione del primo, né del secondo né del terzo intervento in materia elettorale, si è data mai, in quest'Assemblea, una risposta alle nostre osservazioni.
Mi associo, dunque, alla richiesta dei colleghi Intini ed Innocenti e auspico che il Governo, possibilmente nella persona del ministro dell'interno, senta il dovere di venire a fare il punto della situazione alla Camera dei deputati (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-La Rosa nel Pugno),

ANTONIO D'ALÌ, Sottosegretario di Stato per l'interno. Ho già preannunciato un intervento. I colleghi forse non mi hanno ascoltato!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, mi sento tranquillo per il fatto che il sottosegretario D'Alì è presente ed ha seguito, in rappresentanza del Governo, l'iter di questo provvedimento senza alzarsi dal suo scranno come, invece, è capitato ad altri sottosegretari per altri provvedimenti e anche in altre legislature.
Debbo dare con chiarezza una risposta agli amici dell'opposizione per quanto riguarda l'appello degli onorevoli Boselli ed Intini circa le loro proposte emendative riguardanti l'assenza di sottoscrizioni richiesta per il loro nuovo soggetto politico. Ebbene, non vi è bisogno di chiarire quanto la nostra parte politica, grazie all'onorevole Pannella ed ai deputati della componente del gruppo Misto La Rosa nel Pugno, abbia trovato occasione di polemizzare, sul piano politico, su molte delle loro proposte. Tuttavia, non è di ciò che stiamo discutendo, e dalle loro proposte emendative si evince che non si sta discutendo neppure del loro nuovo soggetto politico, se è vero, com'è vero, che le proposte emendative all'articolo 3 da loro presentate prevedono che «nessuna sottoscrizione» verrebbe richiesta a quei «gruppi politici che, pur presentando un nuovo simbolo rispetto alle precedenti elezioni politiche» avessero «almeno un parlamentare che dichiari di essere iscritto» a questo nuovo partito politico o a questo nuovo soggetto politico che, appunto, presenta un nuovo simbolo rispetto alle precedenti elezioni politiche. Analogamente si prevedrebbe se dovessero ottenere «un parlamentare nazionale che, successivamente alla convalida dell'elezione, si sia iscritto ad una delle componenti del Gruppo parlamentare Misto».
Mi aspetterei che, dinanzi a questo ipotetico proliferare di soggetti politici ad ogni elezione - infatti, ogni soggetto iscritto al gruppo Misto potrebbe teoricamente creare un nuovo partito politico -, si compisse una riflessione. Per quanto mi riguarda, sono sinceramente contrario a far sì che, proliferando, i componenti del gruppo Misto possano, ogni qual volta lo desiderino, formare un soggetto politico che presenti il proprio simbolo alle elezioni. Infatti, ciò significherebbe che, con un gruppo Misto della consistenza di quello della scorsa legislatura, composto da 120 parlamentari, vi sarebbe la possibilità, per 120 persone fisiche, di presentare, senza raccogliere le firme, il proprio soggetto politico alle elezioni. Mi sembra che ciò vada contro qualsiasi criterio di ragionevolezza e vada, altresì, contro molte delle convinzioni emerse in questi ultimi dieci anni in Parlamento, dalla semplificazione e non proliferazione dei soggetti politici ad un confronto elettorale tra schieramenti più coesi ed omogenei.
Non mi sembra un grande passo avanti mettere nelle condizioni ogni componente, parlamentare o non, del gruppo Misto di formare il proprio soggetto politico in vista delle future elezioni, siano quelle della prossima tornata elettorale del 9 aprile o le successive (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU) e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.


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MARCO BOATO. Signor Presidente, considerata l'ora tarda, non mi dilungherò e, per correttezza, mi richiamo agli interventi che in fase di discussione sulle linee generali hanno svolto altri colleghi dell'Unione, segnatamente gli onorevoli Bressa, Marone, Mascia, Intini e Spini, nonché agli interventi che, nel corso di questa fase di interventi sul complesso degli emendamenti, hanno svolto i colleghi Boselli, Soro e Cabras.
Nel condividere i loro interventi, debbo aggiungere che hanno sottolineato vari aspetti di riflessione critica sul decreto-legge al nostro esame, in realtà estendendo, come è giusto e doveroso, la riflessione a ciò che sta all'origine di questo decreto-legge, cioè alla sciagurata legge elettorale che è stata approvata... Io però non parlo se tu fai un comizio qui davanti, mentre sto parlando ...

BENITO PAOLONE. Hai fatto sempre il «Boato»!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego.

MARCO BOATO. Presidente, c'è qualcuno che non conosce neanche un po' di educazione!

BENITO PAOLONE. Smettila, cialtrone!

MARCO BOATO. Signor Presidente, credo sia stato opportuno l'intervento sull'ordine dei lavori svolto poco fa dal collega Intini ed a cui si sono associati anche i colleghi Innocenti e Boccia.
È evidente, signor Presidente, che, come lei ha detto, il Governo sceglie di farsi rappresentare in aula come vuole e, comunque, è in questo momento rappresentato da un sottosegretario per l'interno, a parte altri due sottosegretari che sono qui forse per altri motivi. Tuttavia, è altrettanto evidente sul piano politico - non c'è un obbligo formale di tipo istituzionale - che, in una fase così delicata ed importante, abbiamo assistito nelle ultime ore e negli ultimi giorni al profilarsi di un autentico scontro di carattere istituzionale, che forse non ha precedenti nella storia del nostro paese.
Si tratta di una fase in cui qualunque «virgola» - dico virgola tra virgolette -, qualunque piccola innovazione si introduca sul terreno delle procedure elettorali o che, viceversa, non si voglia introdurre può avere una grande rilevanza per l'espressione della volontà democratica dei cittadini italiani nelle prossime elezioni politiche del 9 e 10 aprile. In questa fase, l'opportunità - lo dico con garbo e con rispetto, come in genere cerco di fare - che intervenga il principale responsabile - a meno che non si voglia invocare la presenza in aula del Presidente del Consiglio dei ministri (il quale, però, raramente frequenta quest'aula perché frequenta di più le televisioni) -, in altre parole, l'opportunità della presenza in aula del ministro dell'interno, io credo sia condivisa e condivisibile.
Dal momento che occorrono ancora alcuni passaggi prima di arrivare al varo definitivo di questo decreto-legge, mi permetto di suggerire alla Presidenza della Camera, ma anche al rispettabilissimo sottosegretario per l'interno che qui rappresenta il Governo, D'Alì, come sia opportuno segnalare questa insistita, ma cortese e non offensiva richiesta rivolta dai gruppi dell'opposizione al ministro dell'interno, perché forse lo stesso Governo potrebbe avere interesse a corrispondere positivamente a questa richiesta.
Aggiungo ancora un paio di riflessioni che, in modo implicito, ho già fatto poc'anzi. La prima è che, a mio parere, il vizio di origine rispetto a ciò di cui stiamo discutendo in quest'aula non sta tanto in questo decreto-legge, rispetto al quale, come il presidente Bruno può testimoniare, noi stiamo intervenendo senza aver frapposto ostacoli insormontabili. Si tratta di un decreto-legge che è stato trasmesso, credo, stamattina, con un messaggio del Senato, e che si è svolta una riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo per calendarizzarlo ed è stato inserito stamattina all'ordine del giorno, con il consenso di oltre i tre quarti dell'Assemblea, la


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Commissione affari costituzionali lo ha esaminato in poche decine di minuti e, nella stessa giornata, lo stiamo discutendo in quest'aula. Quindi, se qualcuno, come spesso accade al Presidente Berlusconi, dice che c'è l'ostruzionismo dell'opposizione, si faccia passare questa «fregola» polemica perché, dal punto di vista della collaborazione istituzionale, l'opposizione sta assumendo un atteggiamento che definire responsabile è dir poco. Tuttavia, questo non significa non vedere i problemi che ci sono e che i colleghi hanno già evidenziato ampiamente.
Il vizio di origine di questa situazione, come dicevo, non sta tanto in questo decreto-legge, quanto nell'imposizione della sciagurata nuova legge elettorale, non solo per il suo impianto complessivo ma anche per una serie di aspetti procedurali che sono stati messi in evidenza; alcuni di essi vengono ripresi negli emendamenti presentati dai colleghi della Rosa nel Pugno, da una parte, e da tutti gli altri gruppi dell'Unione, dall'altra, su cui, tuttavia, vi è un parere contrario sia della maggioranza della Commissione che del Governo, come fra poco verrà formalizzato.
L'altro aspetto che mi ha e che ci ha preoccupato è costituito, come accennato poc'anzi, dal profilarsi, assolutamente inedito ed inaudito (nel senso tecnico-etimologico della parola «inaudito»), di questo scontro istituzionale tra le competenze ed i poteri del Presidente del Consiglio e le competenze ed i poteri del Presidente della Repubblica Ciampi.
Andando a ritroso nella mia memoria, non credo di sbagliare se ricordo che, nella lunga, ampia come un diluvio e dilagante - questa è l'espressione più esatta! - conferenza stampa di fine anno (che ha addirittura «travolto» interi telegiornali con quella lunga mattinata), il Presidente del Consiglio, nel dicembre del 2005, annunciò lui stesso che la data per lo svolgimento delle elezioni sarebbe stata quella del 9 e del 10 aprile 2006 e che lo scioglimento anticipato delle Camere era ipotizzato per il 29 gennaio. Non se lo è inventato il Presidente della Repubblica Ciampi!
Noi, da alcuni giorni, abbiamo improvvisamente assistito ad un ripensamento del Presidente del Consiglio. Qualcuno ha ipotizzato una sorta di «vendetta trasversale» per il fatto che il Presidente Ciampi, come è suo diritto costituzionalmente garantito, ha rinviato alle Camere il provvedimento noto come proposta di legge Pecorella. Ma, se fosse vero che vi sarebbe stata questa sorta di «vendetta trasversale», ciò sarebbe umiliante non solo per chi l'avesse messa in atto, ma anche per tutti noi e per le istituzioni del nostro paese.
Voglio tuttavia insistere: il Presidente del Consiglio, a fine dicembre, aveva annunciato queste due date. Se le ha annunciate, evidentemente, è perché le aveva concordate con il Presidente della Repubblica, in base al principio di leale collaborazione tra i poteri dello Stato. Infatti, è ben vero che la competenza sullo scioglimento delle Camere è riconducibile al Capo dello Stato, sentiti i Presidenti di Camera e Senato, ma è altrettanto vero che, in base al principio di leale collaborazione, è opportuno e doveroso che lo stesso Presidente della Repubblica eserciti tale potere in correlazione con le valutazioni espresse dal Governo. Chi ha cambiato idea, quindi, è stato il Presidente del Consiglio, non il Capo dello Stato!
Qualcuno potrebbe domandarsi cosa abbia a che vedere questo con ciò che stiamo facendo adesso. C'entra, onorevoli colleghi, c'entra. Infatti, stiamo esaminando un decreto-legge che è stato adottato precedentemente (poiché porta la data del 3 gennaio) - e che ora reca, al proprio interno, una serie di norme, concernenti il dimezzamento del numero di firme richieste e la riapertura dei termini per sindaci e presidenti di provincia che intendessero candidarsi, nonché altre disposizioni, che forse hanno diversa natura e diversa origine -, non nell'arco di pochi giorni (un decreto-legge, infatti, deve essere esaminato e convertito, ai sensi della Costituzione, entro 60 giorni dalla sua pubblicazione), ma in poche ore!
È evidente, allora, che tutto ciò ha una strettissima connessione con il conflitto istituzionale da me segnalato, anche se,


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per fortuna, è finalizzato non ad accentuarlo, ma a risolverlo. Parlo con responsabilità: come deputato dell'opposizione, infatti, ho interesse a che i conflitti istituzionali non si accentuino, ma si risolvano. Potrei avere un interesse elettorale a che si accentuino, ma ho l'interesse di parlamentare della Repubblica a che si risolvano.
La tempestiva approvazione del decreto-legge in esame è collegata alle premesse politico-istituzionali. Infatti, auspico che il conflitto che si è aperto si possa rapidamente chiudere, anche se, purtroppo, la responsabilità dell'apertura di tale conflitto appartiene non ai due soggetti coinvolti - il Presidente della Repubblica ed il Presidente del Consiglio -, ma esclusivamente al premier, il quale, dopo aver annunciato a fine anno una decisione, l'ha clamorosamente smentita pochi giorni fa.
Mi fermo qua, signor Presidente. Non sono entrato nel merito di tutte le proposte emendative presentate, che, come ho già affermato, condivido dalla prima all'ultima; non ho ripreso tutte le tematiche che miei colleghi hanno già sviluppato, poiché concordo anche con queste, dalla prima all'ultima.
Volevo sottoporre all'attenzione dell'Assemblea la gravità della ragione originaria dei problemi, ossia l'imposizione unilaterale della nuova legge elettorale e la gravità del contesto di conflitto istituzionale in cui ci siamo dovuti inserire nelle ultime ore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, se il problema è quello sollevato dall'onorevole Volontè, vi è sicuramente la disponibilità - e sarebbe opportuno riunire, in tal senso, il Comitato dei nove - a correggere l'emendamento, in modo tale da evitare che ogni singolo parlamentare possa dar vita ad una lista che non raccoglie le firme.
Il problema che noi poniamo è che le forze politiche presenti in Parlamento, sia come movimento autonomo organizzato sia quali componenti del gruppo Misto, possano dar vita, nella legislatura successiva, ad una competizione elettorale che non necessiti della raccolta delle firme. Ciò per una ragione di uguaglianza tra le forze politiche, siano esse componenti del gruppo Misto o gruppi autonomi. Questo è il punto e credo che la disponibilità del collega Volontè e - ci sembra - anche di altri componenti, in primo luogo anche del presidente della I Commissione, che ha manifestato in sede di Comitato dei nove un'attenzione ai problemi da noi posti, possa consentire l'avvio di una discussione di merito volta a trovare una soluzione al problema.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Nicolosi, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione sulle proposte emendative riferite all'articolo 1.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, con riferimento agli emendamenti Mancini 1.1 e 1.2, che sono mirati a disciplinare le modalità di espressione del voto domiciliare da parte degli elettori affetti da gravi infermità in modo diverso da quanto previsto dall'articolo 1 del decreto-legge in esame, la Commissione esprime parere contrario, ritenendo condivisibile la disciplina già recata dal medesimo articolo.
La Commissione esprime altresì parere contrario sugli articoli aggiuntivi Mancini 3.01 e 3.02, diretti ad introdurre modifiche alla legge elettorale in materia di procedura per la presentazione delle liste o delle candidature.
La Commissione esprime, inoltre, parere contrario sugli articoli aggiuntivi Mancini 3.03, 3.04 e 3.05, che sono volti a novellare l'articolo 18-bis del testo unico delle norme per l'elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, al fine di introdurre nuove ipotesi di esonero dall'obbligo di raccolta delle sottoscrizioni per la presentazione delle candidature.


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La Commissione esprime, parere contrario anche sull'emendamento Cabras 3-bis.1, diretto a sopprimere la disposizione transitoria introdotta dal Senato che prevede la possibilità, per coloro che si trovano in una delle condizioni di ineleggibilità previste dall'articolo 7 del citato decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, di far venire meno tale causa di ineleggibilità, con riferimento alle prossime elezioni politiche, cessando dall'esercizio delle relative funzioni entro sette giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.
La Commissione esprime altresì parere contrario sugli emendamenti Bressa 3-ter.1 e 3-ter.2, volti a ridurre dagli importi previsti quale base di calcolo per le spese elettorali sostenibili dai candidati il valore dei contributi che deve essere riportato nel rendiconto delle spese elettorali.
La Commissione esprime infine parere contrario sull'emendamento Bressa 3-quater.1 nonché sull'articolo aggiuntivo Cabras 3-quinquies.01, che tende a reintrodurre il vecchio regime, abrogando quanto stabilito dall'articolo 9 della legge 21 dicembre 2005, n. 270, in materia di nomina degli scrutatori e dei componenti della commissione elettorale comunale.

PRESIDENTE. Il Governo?

ANTONIO D'ALÌ, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo esprime parere conforme a quello espresso dal relatore.
Per quanto riguarda gli emendamenti riferiti all'articolo 1 del testo del decreto-legge, in materia di voto di persone costrette nel proprio domicilio da apparecchiature elettromedicali, il parere contrario è motivato dal fatto che il testo adottato dal Governo, unitamente alle modifiche apportate dal Senato, è anche quello più praticabile dal punto di vista dell'esecuzione materiale e del sereno svolgimento del voto.
Lo stesso vale per quanto riguarda l'articolo 2, relativo alle procedure dello scrutinio semiautomatico: le modifiche apportate dal Senato al decreto-legge sono relative ad osservazioni svolte dalla Commissione bilancio di quel ramo del Parlamento e precisano in maniera più analitica le fonti di copertura.
Le medesime considerazioni valgono per gli emendamenti presentati all'articolo 3, sull'ammissione ai seggi elettorali degli osservatori OSCE.
Per quanto riguarda le disposizioni introdotte al Senato, devo precisare che il Governo, in materia elettorale, soprattutto per quanto riguarda l'uso della decretazione d'urgenza, ha sempre utilizzato il metodo della concertazione politica ad ampio consenso. Sulla correttezza delle procedure del Governo, in particolare di quelle del Ministero dell'interno, non credo si possa dubitare. Ho più volte riferito in tal senso in quest'aula, così come ho più volte riferito dell'assoluta linearità della legge in ordine alla correttezza ed alla regolarità delle operazioni di svolgimento del voto, che qui confermo.
Per quanto riguarda l'articolo 3-bis (Disposizioni transitorie), mi sembra che tale norma, introdotta dal Senato, sia assolutamente condivisibile, proprio in virtù di un principio di trasparenza e di centralità del Parlamento ed in virtù di alcune considerazioni svolte in questa sede in ordine alle preannunciate date di scioglimento delle Camere. Tutti sanno che il centoventunesimo giorno dalla scadenza naturale della legislatura cade il 29 gennaio e che, sciogliendo le Camere in quel giorno, le previsioni di cui alla lettere a) e b) del primo comma dell'articolo 3-bis avrebbero immediatamente dispiegato i loro effetti.
Per questo motivo, con grande correttezza e trasparenza, il Governo, nella giornata di ieri, ha presentato al Senato questo emendamento: per evitare che tali previsioni potessero influenzare in alcun modo la scelta della data di scioglimento delle Camere.
Ciò in quanto il Governo stesso in passato, come è stato più volte ricordato, aveva considerato possibile che la data di scioglimento della Camera cadesse il 29


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gennaio, ingenerando la previsione che queste prescrizioni si fossero verificate.
Credo che sia assolutamente corretto, sotto il profilo della trasparenza e della centralità del Parlamento, che tali previsioni vengano agganciate alla data di approvazione di questo provvedimento e non già alla data di scioglimento delle Camere.
Per quanto riguarda le proposte emendative riguardanti la sottoscrizione delle liste, il parere il Governo è contrario per le motivazioni che, in buona sostanza, ha sintetizzato l'onorevole Volontè. Aggiungo che l'esonero dalla raccolta delle firme è sempre possibile per quelle liste che ottemperino alle prescrizioni stabilite dalla legge elettorale, ancorché non rappresentate in questo Parlamento ma solamente nel Parlamento europeo. È chiaro, quindi, che le motivazioni riguardano l'eventuale proliferazione di formazioni politiche.
Per quanto riguarda i pareri sugli altri emendamenti presentati, relativi alla richiesta di raccogliere le firme sul simbolo, senza indicare il nome dei candidati, essi sono legati a considerazioni volte ad evitare che vi possa essere una indiscriminata proliferazione dei simboli e delle operazioni di raccolta delle firme sul territorio. Diversamente, ciò si verificherebbe. Quindi, il parere del Governo rimane contrario.
Per quanto riguarda l'articolo 3-ter e gli emendamenti ad esso riferiti, osservo che tale articolo è stato introdotto proprio perché questa Camera aveva approvato, in sede di approvazione della legge elettorale, un ordine del giorno che invitava il Governo a indicare le opportune modifiche da apportare alla legge su limiti e pubblicità delle spese elettorali dei candidati in conseguenza delle mutate modalità di svolgimento delle elezioni.
Voglio precisare, comunque, che le cifre indicate nell'emendamento approvato al Senato non sono di gran lunga diverse da quelle in vigore già nel 1994 e poi successivamente aggiornate nel 2001. Infatti, la cifra fissa di euro 52 mila è la stessa già prevista cinque anni fa. C'è un leggero ritocco, derivante da un aggiornamento assolutamente comprensibile, sul decimale per quanto riguarda l'importo per ogni cittadino residente nelle circoscrizioni e nel collegio elettorale. Vi è una precisazione dei tetti di spesa riferiti al complesso degli elettori di Camera e Senato.
Approfitto anche per intervenire sull'emendamento, 3-quater.1 presentato dall'onorevole Bressa, che invito a ritirare, altrimenti il parere è contrario, precisando che i plafond di spesa di Camera e Senato sono assolutamente separati tra di loro e che i partiti naturalmente possono utilizzarli entrambi se sono presenti sia alla Camera sia al Senato. Tuttavia, se si dovessero presentare con simboli diversi alla Camera e al Senato, rimarrebbe l'obbligo di distinguere tra i due plafond, perché la somma non è consentita se non con un'imputazione specifica.
A ciò sovviene quanto previsto proprio all'articolo 3-ter in ordine all'attribuzione delle spese in capo ai partiti o ai candidati, perché l'attribuzione viene effettuata, in questo caso, attraverso l'indicazione del committente.
La nuova legge elettorale ha introdotto un nuovo concetto, quello della coalizione, così come ha introdotto il concetto della esibizione sulla scheda esclusivamente del simbolo e non del nome dei candidati. Quindi, è logico che sia consentito ai partiti di pubblicizzare l'immagine dei candidati di eventuale rilievo, in maniera non condizionata al fatto che quel candidato sia inserito nelle liste elettorali di una o più circoscrizioni.
Quindi, tutto ciò che è stato fatto sia in sede di decretazione, sia in sede di modifiche al Senato, scaturisce da quel più ampio dibattito che era stato avviato e a lungo approfondito in sede di esame della nuova legge elettorale nei due rami del Parlamento ed è in assoluta coerenza con quel dibattito ed anche con il migliore svolgimento possibile - naturalmente, tutto è perfettibile su questa terra - della tornata elettorale, le cui date sono quelle più volte annunciate.

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, passiamo ai voti.


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Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mancini 1.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 369
Maggioranza 185
Hanno votato
152
Hanno votato
no 217).

MARCO BOATO. Presidente, le avevo fatto una richiesta...

PRESIDENTE. Le risponderò dopo.

MARCO BOATO. Veramente avrebbe dovuto rispondermi prima del voto...

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Mancini 1.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.

UGO INTINI. Signor Presidente, intervengo non tanto per illustrare questo emendamento, quanto per sollevare una questione che nasce dall'intervento del rappresentante del Governo.
Qui sembra di ascoltare un dialogo tra sordi e il Governo si è nascosto dietro un cavillo.
La Rosa nel Pugno ha undici deputati, quattro deputati europei, sei senatori, centinaia di consiglieri comunali, provinciali e regionali e non è trattata come un partito, ma come una sorta di lista di disturbo o civetta. Si è posto un problema: un solo parlamentare non basta per presentare una lista senza raccogliere le firme. Bene, stabiliamo che non un solo parlamentare, ma una componente del Parlamento possa presentare la lista senza raccogliere le firme: siamo disponibili a questo. L'onorevole Volontè sollevava una questione giusta: ne prendiamo atto e riteniamo che si possa correggere tale situazione.
Non si capisce assolutamente, dall'intervento del Governo, per quale motivo non si possano raccogliere le firme soltanto sul simbolo. Una lista civetta, se vuole compiere un'azione di disturbo, può presentare anche candidati fasulli, scelti a caso, privi di rappresentatività e, ciò non di meno, raccogliere le firme sulla lista.
Insisto sul fatto che si pone in essere una grave illegalità, un gesto di arroganza e che, come è stato fatto presente alla Presidenza dai capigruppo dell'opposizione, su un tema che riguarda le regole elettorali sarebbe giusto consentire il voto segreto.

PRESIDENTE. Colleghi, è stato chiesto informalmente alla Presidenza se sugli emendamenti sia ammissibile lo scrutinio segreto. Preciso al riguardo che il voto segreto non è ammesso: il provvedimento, infatti, contiene disposizioni in materia elettorale che non riguardano i meccanismi di trasformazione dei voti in seggi; avendo, invece, carattere organizzativo, riguardano fasi del procedimento elettorale che di per sé non concorrono a definire le caratteristiche essenziali del sistema elettorale medesimo. Sulla base di tale contenuto ed in base ai criteri interpretativi enunciati nell'ambito della Giunta del regolamento il 7 febbraio ed il 7 marzo 2002, quindi, lo scrutinio segreto, laddove venisse richiesto, non potrà essere ammesso dalla Presidenza.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.

LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, abbiamo ascoltato con molto interesse le sue considerazioni sulla contrarietà agli emendamenti presentati da La Rosa nel Pugno. Ci è parso che il suo ragionamento, soprattutto per quanto guarda gli emendamenti relativi alla raccolta delle firme ed alla presentazione del simbolo, non possa trovare un punto di ancoraggio serio.
Lei ha svolto una considerazione in merito ad un aspetto già sottolineato dall'onorevole Volontè: l'accettazione dell'emendamento


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avrebbe potuto produrre, nel panorama politico, una miriade di liste in grado di concorrere, a suo avviso, anche alla modificazione del dato elettorale, come le cosiddette liste civetta. Credo, però, che si debbano svolgere considerazioni di merito e di ordine pratico sulla legge che voi avete approvato. Vi sembra possibile che un parlamentare presenti un proprio simbolo, una propria lista, sapendo di doverlo fare come minimo in tre regioni? Inoltre, sarebbe difficile realizzarla in circoscrizioni molto ampie, ad esempio la Puglia, dove vi sono 44 candidati. Credo non sia questo il motivo; credo invece che il motivo di fondo riguardi la politica. Si tratta di una scelta politica di fondo su cui invito i colleghi, sia della maggioranza sia dell'opposizione, a riflettere.

PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia...

LELLO DI GIOIA. Concludo, signor Presidente. Bisogna riflettere seriamente perché in questo caso vi è un dato, a mio avviso, incostituzionale e che va nella direzione di discriminare...

PRESIDENTE. Grazie onorevole Di Gioia, ma lei ha terminato il tempo a sua disposizione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mancini 1.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 372
Maggioranza 187
Hanno votato
153
Hanno votato
no 219).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Mancini 3.04.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mancini. Ne ha facoltà.

GIACOMO MANCINI. Signor Presidente, il provvedimento, che all'apparenza disciplina norme di carattere tecnico, inserisce nell'ordinamento un'odiosa discriminazione politica, che lede le garanzie fondamentali dell'ordinamento, tutelate dalla Costituzione, che rappresentano veri e propri baluardi della democrazia.
Infatti, si mette in discussione il presupposto fondamentale della parità di condizioni per concorrere alla competizione elettorale e, insieme, si limita la libertà di scelta degli elettori. Per cercare di limitare, di cancellare questo scempio alla democrazia, i deputati de La Rosa nel Pugno hanno presentato alcune proposte emendative rappresentate da proposizioni chiare, semplici ed immediate rispetto alle quali oggi, prima in Commissione affari costituzionali e poi in Assemblea, rappresentanti delle forze politiche, non solo del centrosinistra ma anche del centrodestra, hanno dimostrato un'apertura.
Abbiamo ascoltato le parole sagge e ragionevoli del presidente della Commissione, accompagnate da quelle altrettanto sagge e ragionevoli, all'apparenza, del presidente del gruppo parlamentare dell'UDC. Rispetto a questi interventi ritengo che il Governo, nella persona del sottosegretario per l'interno, debba spiegazioni ragionevoli, non come quelle formulate poc'anzi che, come è stato evidenziato in maniera impeccabile, non c'entrano nulla con quanto stiamo mettendo in evidenza.
Chiediamo che siano date risposte serie alle nostre proposte emendative, che si articolano in due tipologie. Si è detto che il provvedimento viene così proposto, perché si vuole evitare il proliferare delle liste. Benissimo! Con i nostri emendamenti fissiamo alcuni «paletti».
Inoltre, se si ritengono questi «paletti» superabili, poniamo un altro punto, cioè consentire da subito, fin dal giorno dopo l'approvazione della norma, la raccolta delle firme sul simbolo e non sulla


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lista dei candidati. Riteniamo che le due proposte presentate con spirito costruttivo meritino...

PRESIDENTE. Grazie onorevole Mancini, ma ha terminato il tempo a sua disposizione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ceremigna.

ENZO CEREMIGNA. Signor Presidente, vorrei chiarire, soprattutto dopo aver ascoltato le giustificazioni interamente burocratiche del Governo sui problemi posti, che non stiamo ponendo una questione di firme. Le forze che compongono il gruppo de La Rosa nel Pugno hanno raccolto nella loro storia decine di milioni di firme. Poniamo una questione di principio, di legalità e non si capisce perché una gran parte del Parlamento sia sorda a tale esigenza di equità e di legalità. Non si capisce perché si voglia sempre tentare di dare risposte burocratiche ad un problema politico, costituzionale ed istituzionale di primaria grandezza. Mi riferisco alla possibilità per tutte le forze politiche di presentarsi dinanzi al corpo elettorale in condizioni paritarie di partenza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, il collega Ceremigna ha posto in maniera molto corretta la questione fondamentale che questo articolo aggiuntivo sottopone alla nostra attenzione.
Non si tratta di disquisire su elementi di tecnicalità per la raccolta delle firme, non sono in gioco aspetti tecnici; qui è in gioco una questione politica. Il sistema della raccolta delle firme fu introdotto per consentire a tutte le forze politiche di essere su un piano di parità. Una volta deciso di rompere il meccanismo della parità, diventa veramente insopportabile immaginare che vi siano figli e figliastri, che alcuni partiti non abbiano l'obbligo della raccolta delle firme ed altri - che storicamente sono presenti in questo Parlamento e che, come è stato ricordato, hanno raccolto milioni e milioni di firme in questo paese - debbano invece subire la discriminazione politica di essere gli unici costretti alla raccolta delle firme. La questione è tutta politica, e non tecnica!
Pertanto, di fronte ad una richiesta politica di tale spessore, che riporta l'uguaglianza tra tutti i cittadini rispetto alla possibilità di essere presenti alle elezioni politiche, non si può essere sordi. Occorre avere la generosità dell'intelligenza politica e accogliere questo tipo di richiesta.
Per tale motivo, esprimeremo un voto favorevole sulla proposta emendativa in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, anche noi sosterremo questo articolo aggiuntivo. Ciò in quanto, a fronte delle dichiarazioni rese dal collega Ceremigna, fa testo la saggezza della proposta emendativa, secondo la quale le parole: «con contrassegno identico a quello depositato» devono essere sostituite dalle seguenti: «oppure a cui risultino iscritti almeno due parlamentari europei qualunque contrassegno depositino». Ciò quasi a testimoniare non solo il fatto della storicità di alcune formazioni politiche, ma anche che, di fronte ad un simbolo che può anche cambiare, il fatto di avere due parlamentari europei possa consentire a tali formazioni di presentarsi al corpo elettorale in una situazione di parità.
La risposta fornita dal sottosegretario è stata resa all'interno di un meccanismo procedurale, dimenticando che la questione evidenziata da queste proposte emendative è politica e, probabilmente, meriterebbe da parte dell'Assemblea una maggiore riflessione, al fine di fornire una risposta tutta politica e meno tecnica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nespoli. Ne ha facoltà.


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VINCENZO NESPOLI. Signor Presidente, ritengo sia giunto il momento di fare chiarezza sul merito del provvedimento in esame che, indipendentemente dall'approvazione della nuova legge elettorale, doveva essere comunque presentato.
Infatti, il decreto approvato il 3 gennaio scorso è un provvedimento di natura tecnica, diretto a consentire l'accesso al voto ai disabili e la verifica della procedura di voto elettronico, senza entrare nel merito delle procedure elettorali.
L'articolo 3-bis nasce dalla necessità del Governo - ho ascoltato gli interventi del collega Boato e del sottosegretario - rispetto ad una modifica introdotta nella legge, che ha chiarito in maniera inequivocabile quando una procedura di elezioni si deve considerare anticipata o meno. Infatti, in passato - basterebbe guardare quanto avvenuto nel 2001 -, dal punto di vista tecnico, contrariamente a quanto previsto dalle norme allora vigenti, si sono considerate elezioni anticipate anche quelle anticipate solo di 7 giorni.
Quindi, avendo introdotto dei termini chiarissimi, l'emendamento proposto al Senato dal Governo andava nella direzione di rendere praticabile, anche al di là del centoventesimo giorno antecedente, la possibilità di considerare elezioni anticipate - ferma restando la data del 9 aprile - anche quelle per le quali fosse stato disposto uno scioglimento successivo al 29 gennaio; quindi, consentendo ai partiti ed ai movimenti politici che debbono raccogliere le firme di vedersi dimezzato il numero delle stesse e, anche, nei casi previsti di ineleggibilità, di applicare la norma già in vigore nella legge elettorale per le procedure di elezioni anticipate.
Allora, è fuori luogo «strapparsi le vesti» rispetto ad altre questioni che non sono state affrontate quando abbiamo esaminato e approvato la legge elettorale, perché tutti - in verità, i colleghi dell'opposizione, ma la legge elettorale l'ha approvata questo Parlamento e non una maggioranza, perché le leggi le approva, appunto, il Parlamento e non la maggioranza - ritenevano di non entrare nel merito delle questione che quella legge elettorale metteva in campo. In quella legge elettorale è stata superata la prassi, che precedentemente avevamo seguito per un decennio, della raccolta di firme, anche in maniera molto ampia; infatti, oltre a quello relativo ai gruppi parlamentari - i regolamenti delle Camere definiscono i gruppi parlamentari -, abbiamo introdotto un altro meccanismo di esenzione riferito alle ultime elezioni del Parlamento europeo. Per le forze politiche che hanno ottenuto almeno un rappresentante, abbiamo fatto riferimento ai simboli presentati; questo significa - cari amici dell'opposizione - che le firme le raccolgono tutti coloro i quali in questi giorni annunciano che modificheranno i simboli rispetto a quelli presentati alle elezioni europee e anche tutti coloro che non hanno presentato nessun simbolo alle elezioni europee.
A questo punto, vorrei capire - conosciamo bene la storia dei radicali in questo paese - perché i radicali non presentano il proprio simbolo, in maniera tale da non raccogliere le firme. Che problema c'è? Se qualcuno domani decide di dar vita ad una nuova formazione politica con l'aggregazione di due o tre parlamentari o di qualche parlamentare europeo, non riesco a capire perché questa nuova forza politica, che non ha trascorsi elettorali - tutti da dimostrare -, deve essere esentata dalla raccolta delle firme. Anche la vecchia procedura - mi riferisco alle norme elettorali precedenti all'avvento del maggioritario - prevedeva per le formazioni politiche che non fossero costituite in gruppi parlamentari la raccolta delle firme; quindi, non abbiamo introdotto niente di diverso che non fosse nella storia delle procedure elettorali.
Oggi, per chi ha raccolto milioni di firme, non credo che il problema sia di sostenere che c'è una discriminazione, perché la norma è chiara ...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Nespoli.

VINCENZO NESPOLI. ... la legge elettorale è chiarissima.


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Il nuovo simbolo dei Verdi è diverso da quello delle elezioni europee; un simbolo diverso da quello presentato alle elezioni europee lo ha adottato anche l'onorevole Mastella e, quindi, credo che, se vogliamo rispettare la legge, anche questi partiti debbano doverosamente raccogliere le firme (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Infatti raccolgono le firme ...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.
Colleghi, se potessimo un po' «snellire», per una serie di ragioni comprensibili e non, sarebbe forse opportuno...

LELLO DI GIOIA. Signor presidente, lei ha perfettamente ragione ma le chiederei, in questo particolare momento, di poterci dare un po' di tempo in più, perché credo che il problema sia rilevante.
Io voglio semplicemente sottolineare una questione che mi sembra quanto mai paradossale, perché noi abbiamo raccolto le firme in occasione delle elezioni regionali; quindi, le considerazioni che poco fa faceva il collega di Alleanza nazionale mi sembrano totalmente fuori luogo. C'è un dato da considerare; è vero che questa legge l'avete approvata voi, ma è anche vero che, nelle discussioni che abbiamo svolto, abbiamo posto il problema delle firme.
Vi è un altro dato che credo sia contraddittorio, soprattutto quando si parla di modifica del simbolo: si tratta di un concetto che intendo, per così dire, estremizzare.
Vi è modifica del simbolo nel caso in cui si mette il nome del presidente del proprio partito? Io credo che questa sia una modifica del simbolo e che quindi anche in questo caso occorra raccogliere le firme.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Mancini 3.04, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 332
Maggioranza 167
Hanno votato
131
Hanno votato
no 201).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Mancini 3.03.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mancini. Ne ha facoltà.

GIACOMO MANCINI. Presidente, colleghi, noi non stiamo facendo ostruzionismo, come tante volte è accaduto in quest'aula nel corso di questa legislatura e nelle legislature precedenti. Noi stiamo ponendo un problema politico, che attiene alla democrazia nel nostro paese e alla possibilità che gli italiani, il giorno in cui saranno chiamati alle urne, possano esprimere liberamente il proprio convincimento, scegliendo il partito che più aggrada loro, avendo una parità di partenza rispetto a quella scelta.
Quindi, noi lavoriamo per dar vita ad un provvedimento giusto ed equo, che faccia partire tutti i contendenti alla pari. La presentazione di un nuovo simbolo non può essere, come è stato detto poco fa, un elemento di ostacolo rispetto alla partecipazione alla campagna elettorale, né tanto meno si può evocare la giusta motivazione della non proliferazione di nuove liste.
Noi, con questo articolo aggiuntivo, poniamo dei paletti, che fanno sì che non tutti si possano svegliare una mattina, presentare un simbolo e raccogliere le firme per quel simbolo. Tra l'altro, faccio presente al sottosegretario che le firme dovrebbero essere 90 mila, e soltanto un folle può pensare di raccogliere tutte queste firme su un simbolo, a prescindere che con quel simbolo vi siano o non vi siano i candidati. Noi chiediamo di riflettere su questo punto politico; se ciò non avverrà, vorrà dire che nei confronti de La Rosa del Pugno vi è chiara la volontà di colpire


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un raggruppamento composto da due partiti che hanno una storia lunga, gloriosa ed importante, frapponendo degli ostacoli alla loro e alla nostra partecipazione a queste elezioni.
Ritengo che vi sia il tempo necessario per riflettere e per arrivare all'approvazione di un provvedimento giusto ed equo, che consenta a tutti i partiti politici e, con essi, a tutti i cittadini italiani di affrontare una campagna elettorale libera, nella quale tutti partano dallo stesso punto.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Mancini 3.03, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 339
Maggioranza 170
Hanno votato
132
Hanno votato
no 207).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Mancini 3.05.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grotto. Ne ha facoltà.

FRANCO GROTTO. Presidente, voglio chiedere un attimo di attenzione ai colleghi, perché probabilmente a molti sfugge il fatto che si sta parlando di un argomento importante; quando si tratta di modificare e fissare le regole, specialmente quelle elettorali, che interessano la vita civile e democratica del nostro paese, credo vi debba essere maggiore attenzione e meno superficialità.
Invece, mi pare che vi sia un certo disinteresse da parte di questa maggioranza. D'altra parte, la legge elettorale incide direttamente sulla vita dei cittadini e devo dire che, già nel momento in cui abbiamo approvato la pessima legge elettorale con la quale andremo al voto, abbiamo disatteso molte delle esigenze della cittadinanza. Basti ricordare che con quella legge viene meno il rapporto fra eletto ed elettore ed anche il rapporto con il territorio. Allora, non dobbiamo aggiungere errore ad errore.
In fin dei conti, chiediamo che una forza politica come la nostra, storicamente presente, non solo alla Camera, ma anche al Senato, al Parlamento europeo e in tutti i consigli comunali, provinciali e regionali del nostro paese, non venga discriminata. Il problema non riguarda solo il fatto di raccogliere le firme perché, sicuramente, saremo in grado di fare ciò. Si tratta di un problema di giustizia e di equità: è un problema di principio. Certamente, se parliamo di equità e giustizia rivolgendoci a questa maggioranza e al suo Governo, credo che in questi anni, di giusto ed equo, nei provvedimenti approvati in Parlamento, ci sia stato ben poco.
Quindi, rivolgo un invito ulteriore e un appello: le regole valgono per noi oggi, come per voi domani. Ritengo che, quando si fissano tali regole, sia importante capire anche le esigenze dell'altra parte. Credo che da parte del Governo e della maggioranza occorrerebbe maggiore rispetto e attenzione, perché è in gioco la democrazia nel nostro paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ceremigna. Ne ha facoltà.

ENZO CEREMIGNA. Noi abbiamo posto un problema che sembra interessare soltanto una parte di questo Parlamento: si tratta di una questione di legalità.
Ho provato a pensare cosa potesse interessare a coloro che non sono interessati dalla legalità e sono ritornato a valutare gli strappi successivi che hanno contrassegnato tutto il percorso di questa legge elettorale, a partire dalla volontà di approvare una nuova legge elettorale nel nostro paese a fine legislatura. Ora si sta delineando sempre più nettamente quale disegno sottosta ad un più generale imbarbarimento del confronto politico e delle logiche che ad esso presiedono.


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Vorrei ribadire che, anche in questo caso, si tratta di dare spazio politico a forze che sono già presenti in Parlamento. L'articolazione di questo articolo aggiuntivo consente a chi vanta una storia parlamentare importante di essere presente alle elezioni senza raccogliere le firme. Non si tratta, quindi, di liste improvvisate o che non rappresentano nulla. Pertanto, questo articolo aggiuntivo merita di essere preso in considerazione e di essere approvato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Mancini 3.05, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 331
Maggioranza 166
Hanno votato
123
Hanno votato
no 208).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Mancini 3.01.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mancini. Ne ha facoltà.

GIACOMO MANCINI. Signor Presidente, continuiamo ad intervenire non certo per perdere del tempo, bensì per fare in modo che il sottosegretario per l'interno prenda la parola e spieghi, entrando nel merito, i motivi della sua contrarietà alle nostre proposte emendative. È una contrarietà che non ha motivo di esistere visto che, rispetto alle nostre proposte, vi è una certa, seppure cauta, apertura da parte di importanti esponenti del centrodestra.
Noi chiediamo di capire perché una forza politica nuova, radicata, che ha 20 parlamentari tra il Parlamento europeo e quello nazionale, che ha centinaia di amministratori nei comuni, nelle province e nelle regioni, debba affrontare questa campagna elettorale con un handicap, quello di presentare il simbolo con la lista dei candidati prima delle altre forze politiche.
È questo il punto sul quale chiediamo una risposta dal Governo. Ritengo che ne abbiamo il diritto, così come hanno il diritto ad essere informati i cittadini e gli elettori della Casa delle libertà. In caso contrario, cioè in caso di silenzio del Governo, quegli elettori, quella parte degli italiani che hanno votato per la Casa delle libertà avranno l'ennesima dimostrazione che le libertà, quando sono tutelate da una «Casa», fanno una brutta fine (Applausi dei deputati del gruppo Misto-La Rosa nel Pugno)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Mancini 3.01, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti336
Maggioranza 169
Hanno votato
126
Hanno votato
no 210).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Mancini 3.02.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.

LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, con l'articolo aggiuntivo in esame torno a sollevare nuovamente la questione sulla quale si sono già soffermati gli altri colleghi della Rosa nel Pugno.


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La questione, in questo caso, è sollevata non tanto allo scopo di porre in atto un comportamento ostruzionistico, quanto per cercare di far comprendere le nostre ragioni non soltanto ai colleghi della maggioranza, i quali purtroppo si ostinano a non voler capire nonostante le mille ragioni addotte di carattere politico, giuridico, costituzionale e istituzionale, ma anche ai compagni e amici del centrosinistra. Rilevo, infatti, che proprio nel momento in cui in Assemblea si discute di una questione importante, quella della raccolta delle firme per la presentazione delle liste, i banchi dell'opposizione sono vuoti. Sarebbe stato opportuno che i compagni e gli amici del centrosinistra fossero presenti in aula al fine di discutere con noi di un problema che investe la democrazia del paese.
Noi sosteniamo con grande forza l'opportunità che si faccia in modo che a partiti che, lo sottolineo, rappresentano non soltanto cultura, storia e ideali, ma anche persone fisiche - ricordo che, oltre ai parlamentari europei, ai consiglieri regionali e comunali ed agli assessori, nel nostro Parlamento siedono 11 parlamentari della Rosa nel Pugno - siano riconosciuti gli stessi diritti riconosciuti agli altri partiti politici. Credo, pertanto, sia dovere democratico del Parlamento fare in modo da risolvere la problematica inerente alla raccolta delle firme per la presentazione delle liste.
Signor sottosegretario, quella di cui si discute non è una questione di tempo. Voi, infatti, avete modificato la legge elettorale e, così facendo, avete modificato anche alcuni canoni importanti come, ad esempio, la eleggibilità a sindaco. Colleghi, vi ricordo che sarebbe ancora possibile approvare, in tempi rapidi, il provvedimento in esame inserendovi una modifica che vada nel senso da noi auspicato in ordine alla raccolta delle firme per la presentazione delle liste dei candidati alle prossime elezioni.
Credo, e con questo concludo, che si tratti soltanto di volontà politica; una volontà forte di cui però gli elettori vi chiederanno conto il prossimo 9 aprile (Applausi dei deputati del gruppo Misto-La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Mancini 3.02, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti326
Maggioranza 164
Hanno votato
123
Hanno votato
no 203).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cabras 3-bis.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 335
Votanti 334
Astenuti 1
Maggioranza 168
Hanno votato
122
Hanno votato
no 212).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 3-ter.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, il sottosegretario D'Alì, nell'esprimere i pareri sulle proposte emendative presentate, ha parlato di un leggero ritocco per ogni cittadino residente relativamente al tetto delle spese elettorali per i singoli candidati. A questo riguardo, desidero far presente che, rispetto alle precedenti elezioni, in questo caso si dovrà


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tenere conto di un altro elemento. Accanto alla base fissa di 52 mila euro, per effetto di quel piccolo ritocco cui facevo riferimento prima, se moltiplichiamo 0,01 centesimi per 49 milioni di potenziali elettori - si tratta del numero di elettori grosso modo plausibile - otterremo una cifra pari a circa 490 mila euro, che rappresentano possibili spese elettorali in più rispetto a prima.
E poiché adesso è possibile, per un candidato, presentarsi in tutte le 26 circoscrizioni elettorali, può esserci un candidato con la bellezza di 542 mila euro di spese personali per la propria candidatura (oltre un miliardo di vecchie lire)! Fa sensazione non tanto l'incremento finanziario, quanto l'effetto distorsivo che la nuova legge potrà produrre.
In ogni caso, siccome abbiamo sempre fatto riferimento alla necessità di contenimento dei costi della politica, questo «leggero» incremento fa sì che il tetto di spesa di ogni singolo candidato si incrementi di oltre 6 mila euro, che non è poca cosa. Una piccola, ma seria riflessione può impedire che tutto ciò accada!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 3-ter.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 330
Votanti 329
Astenuti 1
Maggioranza 165
Hanno votato
122
Hanno votato
no 207).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 3-ter.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 334
Maggioranza 168
Hanno votato
124
Hanno votato
no 210).

Passiamo all'emendamento Bressa 3-quater.1.
Chiedo all'onorevole Bressa se acceda all'invito al ritiro formulato dal Governo.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, poiché il sottosegretario mi aveva invitato a ritirare l'emendamento in esame, desidero sapere se ho capito bene: il sottosegretario ha parlato di due plafond distinti, uno per la Camera ed uno per il Senato?

ANTONIO D'ALÌ, Sottosegretario di Stato per l'interno. È così.

GIANCLAUDIO BRESSA. Se l'interpretazione è questa, ritiro il mio emendamento 3-quater.1

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo all'articolo aggiuntivo Cabras 3-quinquies.01.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, il collega Cabras ha già motivato, in sede di discussione sulle linee generali, le motivazioni che ci hanno indotto a chiedere la soppressione dell'articolo in questione. Esse sono legate, essenzialmente, al metodo che era stato adottato, che aveva il merito di aver posto un freno ad una sorta di spartizione degli scrutatori da cui derivava un grave danno al funzionamento dei seggi elettorali.
Avere previsto il ritorno ad un potere di decisione della Commissione elettorale, la cui composizione viene diminuita (i componenti passano da quattro a tre), e la possibilità, per ciascun membro, di votare un nome anziché due, non soltanto ci


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lascia perplessi, ma fa sorgere in noi una preoccupazione che è tutta politica. Per quanto riguarda la composizione dei seggi elettorali, la scelta del sorteggio non è legata alla discrezionalità, ma alla possibilità concreta di esercitare sul serio una funzione delicata ed importante senza che vengano in rilievo ragionamenti di appartenenza o di subalternità rispetto alle scelte che, spesso, avvengono anche all'interno delle Commissioni elettorali.
Per questo, chiediamo ai colleghi di riflettere: anche quando si pensa di cambiare per migliorare, si corre il rischio, talvolta, di peggiorare la situazione; avviene, allora, che le elezioni lascino lo strascico di tanti presidenti di seggio che sono costretti a ricorrere alla magistratura per quanto concerne la validità delle operazioni di voto.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Cabras 3-quinquies.01, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 330
Maggioranza 166
Hanno votato
122
Hanno votato
no 208).

Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 6292)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (vedi l'allegato A - A.C. 6292 sezione 5).
Qual è il parere del Governo?

ANTONIO D'ALÌ, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo invita i presentatori a ritirare entrambi gli ordini del giorno presentati: trattandosi di competenza esclusivamente parlamentare, il Governo non potrebbe esprimersi al riguardo.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Santori n. 9/6292/1 e Perrotta n. 9/6292/2 accedono all'invito al ritiro.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 6292)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, ho chiesto la parola - e lei comprenderà sicuramente meglio di tanti altri colleghi le ragioni di questo mio breve intervento - soltanto per affermare che, ancora una volta, per reperire risorse finanziarie (in questo caso, 24 milioni e 620 mila euro), il Governo e la maggioranza non trovano altra soluzione che quella di andarli a prendere dal fondo per le aree sottoutilizzate.
È la terza volta, dopo l'approvazione della legge finanziaria, che, dovendo reperire le risorse necessarie per coperture finanziarie, in questo caso per niente attinenti ai problemi del Mezzogiorno, avete intaccato risorse che erano destinate al riequilibrio tra le aree del paese. Non aggiungo altro; è un disdoro vergognoso che, ancora una volta, si ripete!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Villetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, non è la prima volta che, in questa Assemblea parlamentare, ci troviamo di


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fronte ad una forzatura da parte della maggioranza su un tema che resta il più delicato per la convivenza istituzionale. La forzatura delle regole - lo sappiamo bene - è sicuramente possibile ed ammessa dal nostro ordinamento: la maggioranza può decidere. Quindi, la valutazione che noi facciamo è di ordine politico.
Abbiamo assistito ad una forzatura, sicuramente la più grave, in occasione del cambiamento di parti fondamentali della nostra Costituzione. Sappiamo qual è stata la risposta venuta dai banchi della maggioranza: in particolare, si è detto che nella scorsa legislatura anche il centrosinistra ha modificato alcune parti della Costituzione. La nostra replica è stata ispirata a due ordini di motivi. Innanzitutto, i cambiamenti che sono stati introdotti erano assai più limitati e, allora, anche importanti regioni del nostro paese governate da una maggioranza di centrodestra avevano espresso un parere se non favorevole, almeno di apertura nei confronti delle nuove norme. In secondo luogo, il centrosinistra, nella precedente legislatura, ha commesso un errore che si ripromette di non riprodurre, se vincerà le elezioni, nel nuovo Parlamento. Abbiamo assistito, poi, ad una forzatura sul tema della legge elettorale. Anche a questo riguardo ci siamo trovati di fronte ad un atto legittimo da parte della maggioranza ma, anche in questo caso, esprimiamo una valutazione di ordine politico. È possibile, cioè, che, a seconda delle maggioranze parlamentari uscite dalle urne, si modifichino le regole ad ogni legislatura? Tale è la questione che poniamo.
Oltre a questo, però, è accaduto - ed è veramente il colmo: è la goccia che fa traboccare il vaso - che anche per le norme tecniche, anche laddove sarebbe indispensabile trovare una convergenza per rendere la nostra convivenza istituzionale migliore, anche su queste norme si è compiuta una forzatura, con uno scopo assolutamente evidente, che riguarda alcune formazioni che potrebbero insidiare il centrodestra. Addirittura, si fanno i nomi delle liste che, in qualche modo, si vorrebbero bloccare. Ci si riferisce, diciamo, al sud d'Italia e all'Italia insulare.
Ebbene, è veramente strano che la maggioranza parlamentare si disegni sempre un abito perfettamente tagliato sulla sua misura mentre non ascolti nulla di quanto sostiene l'opposizione, e in particolare - ricordo ai banchi della maggioranza - di quanto osservano i rappresentanti della Rosa nel Pugno, ovvero i radicali ed i socialisti, che in questo Parlamento hanno sempre difeso i diritti di libertà anche quando erano in gioco questioni che riguardavano il centrodestra (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-La Rosa nel Pugno, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Popolari-UDEUR). Ve lo ricordo!
Devo infatti ricordarvi come noi abbiamo votato quando, dai vostri banchi, si sollevavano questioni che vi riguardavano e noi, in nome delle garanzie, le abbiamo fatte prevalere all'interno di questo Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-La Rosa nel Pugno, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Popolari-UDEUR - Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)! Noi abbiamo, quindi, la possibilità di parlare con tutta la nostra fisionomia politica: ricordatevelo! Voi, invece, dimostrate una totale insensibilità.
Mi rivolgo al sottosegretario D'Alì e osservo che tale insensibilità è assai grave. Mi stupisco della condotta del ministro dell'interno Pisanu, che pure ha dimostrato in più occasioni - e noi gliene abbiamo dato atto - un alto senso di responsabilità. Noi riteniamo che il ministro dell'interno sia un ministro particolare, speciale, del Governo, che deve in qualche modo garantire tutti; tale dovrebbe essere, e non è, anche il ministro della giustizia Castelli! Ebbene, mi stupisco che il ministro Pisanu non abbia mostrato alcuna sensibilità!
Voi avete i voti, voi dovete decidere; la vostra sarà, ovviamente, una decisione legittima, e questo provvedimento diventerà


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legge. Noi, dal canto nostro, non opereremo ritorsioni se nel futuro cambierà la maggioranza in questo Parlamento. Ma ricordatevi sempre: noi abbiamo la coscienza a posto. Voi, qualche problema sulla coscienza lo avete, e continuerete ad averlo (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-La Rosa nel Pugno, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani, Misto-Verdi-l'Unione e Misto-Popolari-UDEUR - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cabras. Ne ha facoltà.

ANTONELLO CABRAS. Signor Presidente, come abbiamo evidenziato nel corso sia della discussione sulle linee generali sia degli interventi sul complesso degli emendamenti, voteremo contro la conversione in legge di questo provvedimento.
Voteremo contro non perché non riconosciamo le ragioni che lo hanno sorretto, almeno nell'ispirazione originaria - si trattava di un decreto che rispondeva ad una serie di domande: si può discutere sulla compiutezza della risposta, ma anche noi abbiamo dato una valutazione positiva -; voteremo contro, invece, per gli elementi che sono stati aggiunti nel corso del dibattito parlamentare e perché, decisasi l'introduzione di modifiche, non si è voluto inserire nel testo quanto sarebbe stato opportuno. Non si sono volute aggiungere previsioni che sarebbero state importanti per la preparazione dell'offerta politica in vista delle elezioni e quindi, ad esempio, per la raccolta delle firme o per la parità di opportunità testé ricordata nell'intervento svolto dal collega Villetti, il quale ha anche rammentato il differente comportamento da noi tenuto in altre circostanze nel dibattito parlamentare.
Io spero che avremo, nel futuro Parlamento, occasioni per tornare su tali argomenti e per riesaminarli, al fine di modificare radicalmente - con una maggioranza diversa da quella che ha approvato la legge elettorale e che, probabilmente, si accinge ora a convertire in legge, con il voto finale, questo provvedimento - le parti sulle quali noi abbiamo sviluppato ed espresso, nella discussione svoltasi in Parlamento, il nostro dissenso (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, come ha appena ricordato il collega Cabras, l'ispirazione di questo provvedimento era seria: si ponevano questioni vere che dovevano essere affrontate e risolte, come si è cercato di fare. Vi è però una valutazione, a questo punto, tutta politica che ci impedisce di votare a favore di questo provvedimento, essenzialmente per due motivi.
Il primo, il più importante, è che c'è una forza politica che storicamente rappresenta una parte importante del paese, due importantissime tradizioni culturali, la tradizione socialista e la tradizione radicale, che subisce la discriminazione della raccolta delle firme rispetto agli altri partiti. Questo è profondamente ingiusto, anche perché in altre occasioni la maggioranza di Governo ha avuto una diversa flessibilità nel consentire ad altre formazioni politiche, non così grandi ma dalla storia importante, di essere rappresentate in Parlamento, adottando norme che venivano incontro alle richieste che erano state avanzate. Questa volta non lo si è voluto fare e si è quindi posta in essere una vera discriminazione politica, un atto politico inaccettabile.
Il secondo motivo è altrettanto importante. Il provvedimento in esame rompe un meccanismo di trasparenza con gli elettori. Attraverso il criterio, che è stato introdotto, di elevare la quantificazione delle spese elettorali dei singoli candidati e di non dover dichiarare i contributi fino a 20 mila euro, si è in qualche modo rotto un rapporto di trasparenza ed elevato i costi della politica. Tutto questo è fortemente


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contraddittorio con quanto è stato dichiarato in quest'aula solo poche settimane fa, nel momento in cui sono stati assunti provvedimenti che tendevano a ridurre il costo della politica.
Per questi due motivi, ma soprattutto per l'atto ingiustificato di discriminazione nei confronti di due forze politiche importanti, riconducibili, rispettivamente, alla tradizione socialista ed a quella radicale, che hanno rappresentato tanta parte della storia di questo Parlamento, il nostro voto sarà contrario (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, quando si definiscono regole e procedure sarebbe auspicabile che si creasse sul piano parlamentare una larga convergenza. Poi, in forza di quelle regole e di quelle procedure, le forze politiche e gli schieramenti alternativi si confronteranno, si combatteranno, cercheranno, ciascuna di esse, di conquistare la vittoria. Tuttavia - ripeto -, le regole del gioco, le procedure che a queste presiedono, dovrebbero essere largamente condivise all'interno di un Parlamento, di qualunque Parlamento.
Come ho già detto nel corso del mio intervento sul complesso degli emendamenti, il vizio di origine della vicenda che ci troviamo ad affrontare sta proprio nel fatto che qualche mese fa, a partire da settembre, si è voluto improvvisamente imporre a questo Parlamento, in modo unilaterale e calpestando totalmente il confronto con le opposizioni, un nuovo sistema elettorale: tutto questo solo per ragioni di potere all'interno dei gruppi e dei partiti della maggioranza pro tempore (spero lo sia ancora per poco tempo). È a partire da quella imposizione unilaterale di un nuovo sistema elettorale che si sono create tutte le conseguenze nefaste che noi registriamo quotidianamente nello scontro politico nel nostro paese e anche all'interno delle aule parlamentari.
Ha fatto bene il collega Cabras a ricordare che, se si fosse trattato soltanto di alcuni adeguamenti recati all'interno delle disposizioni originarie del disegno di legge, forse anche l'atteggiamento dei gruppi dell'opposizione avrebbe potuto essere diverso. Tuttavia, ciò che è emerso dal dibattito in quest'aula, nella discussione generale e negli interventi sul complesso degli emendamenti che abbiamo svolto, quanto in particolare è emerso poco fa dagli interventi del collega Boccia, prima, e, in termini più generali, del collega Villetti - ricordo anche il collega Cabras e, da ultimo, il collega Bressa -, mette in evidenza che non si è avuta la capacità, neppure in questa circostanza, di affrontare in modo equilibrato, equanime ed egualitario, sulla base di una concezione liberale, la questione dell'eguaglianza di posizioni ai «blocchi di partenza» di una competizione elettorale. Non si è avuta la capacità, inoltre, di affrontare i gravi problemi che sono stati aperti dall'approvazione della nuova legge elettorale e che si sono accentuati nel prosieguo della legislatura.
Se non ricordo male, un collega appartenente al gruppo di Alleanza nazionale, l'onorevole Nespoli, ha affermato, qualche ora fa, che nulla è cambiato. No: tutto è cambiato, collega Nespoli. Infatti, quando, nel 1993, venne introdotto il nuovo sistema elettorale (ricordo che allora ero un componente della Camera dei deputati), avevamo stabilito, proprio in base ad una concezione autenticamente liberale, che tutte le forze politiche che si fossero presentate alle elezioni avrebbero dovuto raccogliere le firme per poterlo fare, a prescindere se fossero state presenti o meno nel Parlamento precedente allo svolgimento della consultazione elettorale.
Quella era un'autentica concezione liberale, così come un'autentica concezione liberale ispira la cosiddetta par condicio. Si tratta di un tema che non abbiamo affrontato nel corso della seduta odierna, ma che intendo solamente accennare. Ricordo che il Presidente Berlusconi ha denunciato, da settimane e da mesi, l'ingiustizia della par condicio. Vorrei tuttavia


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osservare che, secondo la sua concezione, il gruppo ed il partito di Forza Italia, che prima del 1994 non esisteva, non avrebbe dovuto avere spazi televisivi nelle elezioni che si sono svolte in quello stesso anno.
Vorrei sottolineare, dunque, che se applicassimo retrospettivamente la concezione del Presidente Berlusconi (che pure è il leader di Forza Italia), secondo cui gli spazi televisivi - che si sta prendendo, a man bassa, in queste settimane! -, nel momento elettorale, non dovrebbero essere improntati alla par condicio, allora avremmo retrospettivamente dovuto negare a Forza Italia, che non era presente nel Parlamento della XI legislatura, qualsiasi possibilità di accesso agli spazi elettorali televisivi.
Ciò fa capire come, purtroppo, si cerchi di stabilire le regole del gioco in base non ad una concezione di uguaglianza, di pari opportunità e di equilibrio, ma alla convenienza politica del momento. Questo, rispetto ad una concezione liberale della democrazia in generale e della competizione elettorale, che rappresenta il momento in cui si esprime la sovranità popolare, è inaccettabile!
Per questi motivi, signor Presidente, a nome della componente politica Verdi-l'Unione del gruppo Misto, dichiaro, assieme a tutti gli altri gruppi dell'opposizione, il nostro voto contrario sul disegno di legge di conversione in esame (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Unione).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, desidero spendere solo due parole per riaffermare la contrarietà del gruppo di Rifondazione comunista al provvedimento in esame. Non intendo articolare le ragioni di tale contrarietà, che ho già avuto modo di illustrare in sede di discussione sulle linee generali: esse vanno dalla raccolta delle firme cui è costretta la Rosa nel Pugno alle disposizioni relative agli scrutatori. Si tratta, infatti, di elementi che riteniamo molto gravi sotto il profilo del rispetto della democrazia.
Vorrei altresì segnalare che sono contenute altre misure del genere nell'ambito di un provvedimento che, seppur dovuto, avrebbe potuto recare altri interventi necessari; invece, tali misure vanno ad inquinare la materia elettorale, ponendo anche seri dubbi di legittimità in ordine alle pari opportunità ed alla pari dignità di trattamento delle forze politiche.
Ribadisco, pertanto, che il nostro gruppo esprimerà un voto contrario alla conversione in legge del decreto-legge in esame.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 6292)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 6292, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(S. 3718. - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 gennaio 2006, n. 1, recante disposizioni urgenti per l'esercizio domiciliare del voto per taluni elettori, per la rilevazione informatizzata dello scrutinio e per l'ammissione ai seggi di osservatori OSCE, in occasione delle prossime elezioni politiche) (Approvato dal Senato) (6292):

(Presenti e votanti 317
Maggioranza 159
Hanno votato sì207
Hanno votato no110).


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Approvazione in Commissione.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di oggi, giovedì 25 gennaio 2006, la X Commissione permanente (Attività produttive) ha approvato, in sede legislativa, il seguente progetto di legge:

MILANATO ed altri: «Disciplina dell'attività professionale di tintolavanderia» (5337), con l'assorbimento delle seguenti proposte di legge: MOLINARI: «Legge quadro sull'attività delle imprese di lavanderia, pulitura a secco, tintoria, smacchiatura, stireria e affini » (270); VOLONTÈ e D'AGRÒ: «Legge quadro sull'attività delle imprese di lavanderia, pulitura a secco, tintoria di abiti ed indumenti, smacchiatura, stireria e affini » (1208), che pertanto saranno cancellate dall'ordine del giorno.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del regolamento, in sede referente, alla VII Commissione permanente (Cultura):

S. 3684. - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 5 dicembre 2005, n. 250, recante misure urgenti in materia di università, beni culturali ed in favore di soggetti affetti da gravi patologie, nonché in tema di rinegoziazione di mutui» (Approvato dal Senato) (6293). Parere delle Commissioni I, IV, V, VI, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dall'articolo 96-bis, comma 1, del regolamento, è altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Modifica del vigente calendario dei lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. A seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato stabilito che lunedì 30 gennaio, dopo la discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 4604-B - Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento (rinviata alle Camere dal Presidente della Repubblica), avrà luogo la discussione sulle linee generali dei disegni di legge n. 6259 - Conversione in legge del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, recante misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione (da inviare al Senato - scadenza: 12 marzo 2006) e n. 6293 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, recante misure urgenti in materia di università, beni culturali ed in favore di soggetti affetti da gravi patologie, nonché in tema di rinegoziazione di mutui (Approvato dal Senato - scadenza: 4 febbraio 2006), il cui seguito dell'esame si svolgerà martedì 31 gennaio.
La riunione del Parlamento in seduta comune, già prevista per domani, avrà luogo in altra data.

Sull'ordine dei lavori.

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, intervengo brevemente solo per ribadire una richiesta che ho già rivolto alla Presidenza di turno precedente. Lei ha dato annunzio dell'approvazione di un altro progetto di legge in sede legislativa.
Ho domandato la cortesia, fuori dalla prassi ordinaria, di porre in distribuzione, domani mattina, il testo del messaggio che viene trasmesso al Capo dello Stato, o al Senato, a seconda che si tratti della prima o della seconda lettura. Avendo a disposizione tale testo, i colleghi, domani mattina,


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potrebbero acquisire conoscenza dei contenuti dei progetti di legge approvati in sede legislativa. Altrimenti, il testo di tali provvedimenti dobbiamo successivamente reperirlo nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Poiché lei, signor Presidente, è autorevolmente assistito, la decisione potrebbe essere assunta stasera. Con poco costo, renderemmo un servizio utile a tutti colleghi (Applausi di deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Boccia. Credo che l'assistenza ad alto livello consentirà di soddisfare la sua richiesta, perlomeno per i presidenti di gruppo, ma spero anche per gli altri colleghi.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 26 gennaio 2006, alle 10:

1. - Discussione di un documento in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione:
Richiesta di deliberazione ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del deputato Cicchitto (Doc. IV-ter, n. 17-A).
- Relatore: Mazzoni.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 3 recante attuazione della direttiva 98/44/CE in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche (6258).
- Relatori: Polledri (per la X Commissione) e Stagno D'Alcontres (per la XII Commissione).

(al termine delle votazioni)

3. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 20,45.