Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Documento di economica e finanza 2014
Riferimenti:
DOC LVII, N. 2     
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 114    Progressivo: 1
Data: 14/04/2014
Descrittori:
ECONOMIA NAZIONALE   FINANZA PUBBLICA
POLITICA ECONOMICA     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Documento di economia e finanza 2014

 

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 114/1

 

 

 

14 aprile 2014

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-9932 – * st_bilancio@camera.it

Ha partecipato alla redazione del dossier il seguente Ufficio:

 

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

 

 

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File: ID0010a.doc


INDICE

Parte generale

1. Finalità e struttura del Documento di Economia e Finanza. 3

2. Il quadro macroeconomico. 5

§      2.1 La congiuntura internazionale. 5

§      2.2 Lo scenario macroeconomico nazionale. 6

§      2.3 Confronti internazionali 12

3. Il quadro di finanza pubblica. 13

§      3.1 I risultati del 2013. 13

§      3.2 Le previsioni 2014-2018. 14

§      3.3 Il quadro programmatico. 16

4. Il Programma nazionale di Riforma. 23

§      4.1 Le indicazioni dell’Unione Europea per il 2014: Analisi della crescita e Rapporto sugli squilibri macroeconomici 24

§      4.2 Quadro di sintesi del contenuto del PNR.. 26

Le politiche di settore

Agenda digitale. 37

Agricoltura. 41

Ambiente e green economy. 45

Beni culturali e turismo. 48

Coesione territoriale. 52

Difesa. 60

Edilizia e politiche abitative. 62

Fisco e finanze. 64

Giustizia. 80

Impresa e competitività. 101

Infrastrutture e contratti pubblici 115

Lavoro. 119

Politica estera. 123

Politiche sociali 126

Previdenza. 130

Pubblico impiego. 133

Revisione della spesa pubblica. 136

Ricerca. 140

Riduzione del debito pubblico. 143

Riforme costituzionali ed istituzionali 149

Sanità. 151

Scuola e università. 156

Trasporti 161

 

 


Parte generale

 


1. Finalità e struttura del Documento di Economia e Finanza

Il Documento di economia e finanza (DEF) costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio, che traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall'Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo e il conseguimento degli obiettivi di crescita intelligente, sostenibile e solidale definiti nella Strategia Europa 2020. Il DEF enuncia, pertanto, le modalità e la tempistica attraverso le quali l'Italia intende conseguire il risanamento strutturale dei conti pubblici e perseguire gli obiettivi in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale, energia e sostenibilità ambientale definiti nell'ambito dell'Unione europea.

Il documento, che s'inquadra al centro del processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell'UE - il Semestre europeo – è presentato alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, entro il 10 aprile di ciascun anno, al fine di consentire alle Camere di esprimersi sugli obiettivi programmatici di politica economica in tempo utile per l'invio al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, entro il successivo 30 aprile, del Programma di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma (PNR).

In particolare, il semestre europeo prevede le seguenti fasi:

§       gennaio: presentazione da parte della Commissione dell’Analisi annuale della crescita (per il 2014, la presentazione è stata anticipata a fine novembre 2013, vedi infra);

§       febbraio/marzo: il Consiglio europeo elabora le linee guida di politica economica e di bilancio a livello UE e a livello di Stati membri;

§       dalla metà alla fine di aprile: gli Stati membri sottopongono contestualmente i Piani nazionali di riforma (PNR, elaborati nell’ambito della nuova Strategia per la crescita e l’occupazione UE 2020) ed i Piani di stabilità e convergenza (PSC, elaborati nell’ambito del Patto di stabilità e crescita), tenendo conto delle linee guida dettate dal Consiglio europeo;

§       inizio giugno: sulla base dei PNR e dei PSC, la Commissione europea elabora le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati membri;

§       giugno: il Consiglio ECOFIN e, per la parte che gli compete, il Consiglio Occupazione e affari sociali, approvano le raccomandazioni della Commissione europea, anche sulla base degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo di giugno;

§       seconda metà dell’anno: gli Stati membri approvano le rispettive leggi di bilancio, tenendo conto delle raccomandazioni ricevute. In base alla disciplina del regolamento (UE) n. 473/2013 (uno dei due atti che compongono il c.d. Two-pack), la Commissione europea opera una valutazione del documento programmatico di bilancio di ciascuno Stato membro. Nell’indagine annuale sulla crescita dell’anno successivo, la Commissione dà conto dei progressi conseguiti dai Paesi membri nell’attuazione delle raccomandazioni stesse.

Quanto alla struttura, il DEF si compone di tre sezioni e di una serie di allegati. In particolare, la prima sezione espone lo schema del Programma di Stabilità, che dovrà contenere tutti gli elementi e le informazioni richiesti dai regolamenti dell'Unione europea e, in particolare, dal nuovo Codice di condotta sull'attuazione del Patto di stabilità e crescita, con specifico riferimento agli obiettivi di politica economica da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico.

Nella seconda sezione sono indicate le regole generali sull'evoluzione della spesa delle amministrazioni pubbliche, in linea con l'esigenza, evidenziata in sede europea, di individuare forme efficaci di controllo dell'andamento della spesa pubblica.

La terza sezione reca, infine, lo schema del Programma Nazionale di riforma (PNR) che, in coerenza con il Programma di Stabilità, definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delineati dalla nuova Strategia "Europa 2020". In tale ambito sono indicati:

§       lo stato di avanzamento delle riforme avviate, con indicazione dell'eventuale scostamento tra i risultati previsti e quelli conseguiti;

§       gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività;

§       le priorità del Paese, con le principali riforme da attuare, i tempi previsti per la loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nel Programma di stabilità;

§       i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell'economia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di aumento dell'occupazione.

 

In allegato al DEF sono indicati gli eventuali disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica, da presentarsi alle Camere entro il mese di gennaio.

Inoltre, in base alla legge di contabilità nazionale, in allegato al DEF devono essere riportate una serie d'informazioni supplementari:

a.    una relazione di sintesi sugli interventi realizzati nelle aree sottoutilizzate e sui risultati conseguiti;

b.    il Programma delle infrastrutture strategiche, previsto dalla "Legge obiettivo" e il relativo stato di avanzamento;

c.    un documento relativo allo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra ;

d.    un documento recante l'esposizione delle risorse del bilancio dello Stato destinate alle singole regioni;

e.    il rapporto sullo stato di attuazione della legge di contabilità e finanza pubblica.

2. Il quadro macroeconomico

2.1 La congiuntura internazionale

Il DEF, nella prima sezione relativa al Programma di Stabilità, evidenza come nel 2013 il ritmo di crescita dell'economia mondiale abbia registrato un leggero rallentamento rispetto al 2012, attestandosi, secondo i dati forniti dal Fondo monetario Internazionale (nel Word Economic Outlook, di aprile 2014), ad un tasso del 3,0 per cento, come evidenziato nella tabella che segue:

(variazioni percentuali)

 

2012

2013

2014

2015

2016

2017

2018

Commercio internazionale

2,8

3,0

4,3

5,3

5,6

5,7

5,6

PIL mondiale

3,2

3,0

3,6

3,9

3,9

3,9

3,9

Fonte: FMI, World Economic Outlook, aprile 2014, Database.

 

In particolare, il DEF osserva che la crescita globale nel 2013 è risalita soprattutto nella seconda metà dell’anno: le economie avanzate hanno inciso per gran parte della ripresa, mentre l’andamento della crescita, comunque sempre sostenuta nei mercati emergenti, risulta rallentata rispetto ai ritmi di qualche anno fa.

Tra le economie avanzate, un importante impulso è venuto dai paesi extra UE, in particolare dagli Stati Uniti, la cui economia è cresciuta su base annua più del previsto, dell’1,9 per cento con un’ulteriore contrazione del tasso di disoccupazione (al 7,4 per cento). Anche in Giappone il PIL è cresciuto nel 2013 dell’1,5 percento, sebbene – si afferma nel DEF - non si sia ancora certi, nonostante il piano governativo e gli indirizzi assunti dalla Banca giapponese, dell’uscita del paese dalla fase deflazionistica.

La Cina è cresciuta nel 2013 del 7,7 per cento e l’India del 4,4 per cento.

I paesi emergenti continuano, dunque, nel complesso ad avere tassi di crescita superiori a quelli dei paesi avanzati, ma significativamente inferiori a quelli di qualche anno fa.

 

Le prospettive di crescita dell’economia mondiale per il 2014 si inseriscono in uno scenario di ripresa in cui un maggiore contributo proviene, come detto, dalle economie sviluppate, rafforzate della domanda interna, e in un contesto di ridotte tensioni sui mercati finanziari.

Secondo le previsioni elaborate dal Fondo Monetario Internazionale nell’Economic Outlook di aprile, si prospetta una crescita dell’economia globale nel 2014 del 3,6 per cento ed un’espansione del commercio mondiale del 4,3 per cento. In particolare, negli Stati Uniti è prevista una crescita del 2,8 per cento e il Giappone dovrebbe crescere dell’1,4 per cento.

 

Per quanto riguarda l’Area dell’euro, il DEF 2014 evidenzia come l’evoluzione positiva dell’economia nella seconda parte dell’anno non sia stata sufficiente ad impedire una contrazione del PIL nel 2013, pari - secondo quanto indicato dalla Commissione europea a febbraio 2014 (nel Winter Economic Forecast) - allo 0,4 per cento e un incremento del tasso di disoccupazione all’12,1 per cento.

Il Governo osserva che le cause di tale andamento del PIL nell’Area euro vanno riscontrate nella debolezza della domanda interna, che ha risentito delle politiche fiscali restrittive, e nella difficoltà di aumentare l’offerta di credito alle imprese nonostante la politica monetaria espansiva adottata dalla BCE, difficoltà questa che ha reso più difficile la ripresa economica e il rapido riassorbimento del livello di disoccupazione. Ne è conseguito un aumento della disoccupazione di lungo periodo.

Inoltre, poiché il livello di indebitamento nell’Area resta elevato, ciò potrebbe richiedere l’adozione di ulteriori politiche fiscali restrittive, con possibili conseguenze sulla crescita appena avviata. Inoltre, i rischi di un processo deflazionistico, dovuto ad un livello di inflazione sensibilmente inferiore al 2,0 per cento, possono incidere negativamente sulle decisioni d’investimento.

Sul punto l’OCSE, nell’Interim economic assesment di marzo 2014 evidenzia, avendo riguardo agli ultimi dati congiunturali, che nell’Area dell'euro, dove la ripresa non si è ancora stabilizzata e l'inflazione rimane sotto il target, gli stimoli di politica monetaria dovrebbero essere mantenuti o addirittura aumentati. In tali aree è inoltre necessario che continui l’azione di consolidamento fiscale, sebbene, visti i progressi già compiuti in molti paesi, l’OCSE prospetti che il ritmo del risanamento potrebbe essere portato avanti più lentamente rispetto al passato, in modo tale da evitare un eccessivo freno alla crescita.

 

Per il 2014, il DEF, in linea con quanto prospettato dalla Commissione europea, stima un incremento del PIL nell’Area dell’euro dell’1,2 per cento ed una lieve riduzione del tasso di disoccupazione, al 12 per cento.

Nel Bollettino di marzo 2014, la Banca Centrale Europea afferma che gli andamenti degli indicatori del clima di fiducia basati sulle indagini congiunturali fino a febbraio sono coerenti con il protrarsi di una crescita moderata anche nel primo trimestre di quest’anno. In prospettiva, ci si attende che la ripresa in atto nell’Area euro prosegua, sebbene a un ritmo contenuto. In particolare, si dovrebbe concretizzare un ulteriore miglioramento della domanda interna, sostenuto dall’orientamento accomodante della politica monetaria, da condizioni di finanziamento più favorevoli e dai progressi conseguiti nel risanamento dei conti pubblici e nelle riforme strutturali. L’attività economica dovrebbe altresì trarre vantaggio da un graduale rafforzamento della domanda esterna per le esportazioni dell’area.

2.2 Lo scenario macroeconomico nazionale

Il DEF espone l’analisi del quadro macroeconomico italiano relativo all’anno 2013 e le previsioni per l’anno in corso e per il periodo 2015-2018, che riflettono i primi segnali di graduale ripresa dell’economia, nonostante gli elementi d’incertezza che ancora caratterizzano le prospettive di crescita globali.

Con riferimento all’anno 2013, il DEF evidenzia come la recessione, manifestatasi nuovamente nella seconda metà del 2011 - dopo i moderati segnali di ripresa di inizio anno – si sia interrotta, in Italia, nell’ultimo trimestre del 2013, in cui il PIL ha manifestato una inversione di tendenza, dopo nove trimestri consecutivi di contrazione. Nel complesso, nel 2013 il PIL ha registrato una contrazione dell’1,9 per cento, a fronte della contrazione del 2,4 per cento registrata nel 2012.

La contrazione del prodotto nel 2013 è risultata sostanzialmente in linea con le previsioni formulate all’interno del Documento Programmatico di Bilancio (-1,8 per cento), presentato per la prima volta ad ottobre 2013, con il quale sono state aggiornate le previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica contenute nella Nota di aggiornamento del DEF, presentata a settembre 2012.

Nonostante il risultato negativo, il DEF sottolinea che la fase recessiva, che ha interessato l’economia italiana a partire dalla seconda metà del 2011, si è allentata nella fase finale dell’anno. Nel quarto trimestre del 2013 si è, infatti, registrata una inversione di tendenza dell’andamento dell’economia italiana, con una variazione positiva del PIL dello 0,1 per cento sul trimestre precedente.

 

Dal 2007, salvo un breve intermezzo, la recessione ha comportato, nel complesso una diminuzione del prodotto interno lordo italiano di 9 punti percentuali rispetto ai livelli raggiunti prima della crisi. In volume, il PIL nel 2013 si mantiene ancora al di sotto del livello registrato nel 2009.

Andamento del PIL in volume

(valori concatenati – anno di riferimento 2005 – mld di euro)

o

2008

2009

2010

2011

2012

2013

PIL

1.475,4

1.394,3

1.418,4

1.424,8

1.391,0

1.365,2

Variazione %

-1,2

-5,5

1,7

0,4

-2,4

-1,9

 

Sul risultato negativo del 2013 ha inciso, in maniera rilevante, il debole andamento della domanda interna, il cui contributo negativo alla variazione del PIL è stato particolarmente ampio, pari a -2,6 punti percentuali.

Un apporto positivo è, invece, disceso dalla domanda estera, seppure in misura più contenuta rispetto al 2012.

2.2.1 Le prospettive dell'economia italiana

Il DEF 2014 sottolinea come l’economia italiana sia entrata in una fase di ripresa, contrassegnata in prospettiva da dinamiche abbastanza favorevoli del commercio estero e da una graduale stabilizzazione della domanda interna.

Il documento sottolinea come le prospettive di recupero dell’economia italiana dipendano, sostanzialmente, dall’evoluzione dello scenario economico mondiale, che si prospetta in graduale ripresa. La progressiva ripresa della domanda internazionale nella seconda metà del 2013, dovrebbe, secondo il DEF, riflettersi positivamente sulla crescita delle esportazioni italiane. Al contempo, il Governo prefigura un graduale superamento dei fattori negativi che hanno condizionato finora l’andamento della domanda interna.

Gli indicatori congiunturali più recenti evidenziano, secondo il DEF, la prosecuzione della fase ciclica moderatamente espansiva emersa alla fine del 2013, prospettando un moderato aumento del PIL nel primo trimestre 2014 ed una ripresa più sostenuta nei trimestri successivi.

In particolare, il Governo evidenzia come nei primi mesi dell’anno sia proseguito l’aumento della fiducia delle imprese manifatturiere e come segnali positivi provengono dal settore dei servizi. Anche la produzione industriale sarebbe attesa in crescita nel primo trimestre.

Considerando peraltro l’effetto di trascinamento lievemente negativo del risultato dell’anno scorso, pari a -0,1 per cento, le stime di crescita del PIL per il 2014 sono fissate allo 0,8 per cento, al ribasso rispetto alla crescita dell’1,1 per cento prevista ad ottobre 2013 nel Documento programmatico di bilancio (DPB).

La nuova stima di crescita per l’anno 2014 si allinea, di fatto, alle considerazioni espresse dalla Commissione europea nel parere reso sul Documento programmatico di bilancio, in cui la Commissione riteneva la previsione di crescita dell’1,1 per cento piuttosto ottimistica, evidenziando i rischi al ribasso derivanti da fattori esogeni (quale la più modesta espansione dei mercati d’esportazione e maggiore apprezzamento del tasso di cambio) nonché dalla persistente stretta creditizia.

Secondo quanto illustrato nel DEF, infatti, la revisione al ribasso della crescita è attribuibile, nel breve periodo, proprio al persistere della restrizione nella concessione del credito al settore privato.

Nel medio termine, tuttavia, vanno considerati anche alcuni ritardi di attuazione che non consentono ancora alle riforme intraprese di incidere in termini di crescita economica.

Per gli anni successivi, il DEF prevede una crescita del PIL nel 2015, pari all’1,3 per cento, e pari in media dell’1,7 per cento nel triennio successivo.

 

Confronto sulle previsioni di crescita del PIL

(variazioni percentuali)

 

DPB
ott. 2013

Nota agg. DEF 2013
settembre 2013

DEF 2014
aprile 2014

 

2014

2015

2016

2017

2014

2015

2016

2017

2018

PIL

1,1

1,7

1,8

1,9

0,8

1,3

1,6

1,8

1,9

Si rilevi, infine, che le previsioni di crescita indicate nel DEF per il periodo 2014-2018 non considerano gli effetti positivi attesi, sulle principali variabili del quadro macroeconomico (nonché sui saldi di bilancio), dalle riforme programmate dal Governo, volte a rafforzare la sostenibilità finanziaria dei conti pubblici anche attraverso un aumento della crescita potenziale.

Sul punto, nel paragrafo su “Riforme strutturali e avvicinamento graduale all’MTO” contenuto nella Sezione I del DEF, il Governo rimarca l’impatto macroeconomico delle misure programmatiche 2014, prevedendo un aumento del PIL di 2,2 punti percentuali nel 2018, in termini cumulati.

Il Governo precisa che la metodologia di proiezione del prodotto potenziale utilizzata per la costruzione della tabella che segue è in linea con quella correntemente discussa a livello europeo dal Comitato di Politica economica del Consiglio europeo e dall’Output Gap Working Group.

Le misure indicate nella tavella ricevono peraltro più ampia trattazione nella Sez. III del DEF 2014, dedicata appunto al Programma Nazionale di Riforma. In quella sede, sono peraltro valutati - rileva il Governo - l’impatto di altre misure strutturali, quali ad esempio quelle volte a superare le problematiche derivanti dai ritardi dei pagamenti della P.A., che qui invece, sulla base della metodologia europea, non è considerato (cfr. ultra, cap. 4.2.3).

 

Effetto sul PIL delle misure programmatiche 2014
(variazioni percentuali)

Descrizione della misura

Effetti cumulati sul PIL rispetto allo scenario di base

 

2014

2015

2016

2017

2018

Aumento delle detrazioni IRPEF sui redditi da lavoro dipendente

0,1

0,3

0,4

0,6

0,6

Riduzione dell’Irap

0,0

0,1

0,1

0,1

0,1

Revisione della tassazione sulle rendite finanziarie

0,0

0,0

-0,1

-0,1

-0,1

Spending review

-0,1

-0,2

-0,3

-0,2

-0,1

Liberalizzazioni e semplificazioni
(D.L. n. 1/2012, D.L. n. 5/2012, D.L. n. 69/2013 e ddl A.S. 958)

0,1

0,3

0,4

0,6

0,9

Riforma del mercato del lavoro
(L. n. 92/2012 con le modifiche apportate dal D.L. n. 34/2014, in corso di conversione)

0,2

0,3

0,4

0,5

0,8

TOTALE

0,3

0,6

1,0

1,5

2,2

Fonte: DEF 2014, Sezione I – Programma di Stabilità, Tavola III.8.

Elaborazione MEF-RGS sui dati degli Allegati 3, delle relazioni Tecniche e delle informazioni fornite dai Ministeri competenti.

2.2.2. Componenti del quadro macroeconomico italiano

La tabella che segue riporta le previsioni per gli anni 2014-2018 dei principali indicatori del quadro macroeconomico complessivo esposto nel DEF 2014, posti a raffronto con i dati di consuntivo degli ultimi due anni.

 

Il quadro macroeconomico

(variazioni percentuali)

 

Consuntivi

Previsioni

 

2012

2013

2014

2015

2016

2017

2018

PIL

-2,4

-1,9

0,8

1,3

1,6

1,8

1,9

Importazioni

-7,7

-2,8

2,8

4,4

4,1

4,2

4,2

Consumi finali nazionali

-3,9

-2,2

0,3

0,8

0,9

1,2

1,3

- spesa delle famiglie

-4,3

-2,6

0,2

0,9

1,2

1,6

1,7

- spesa delle P.A. e I.S.P.

-2,9

-0,8

0,2

0,3

0,1

0,0

0,2

Investimenti fissi lordi

-8,0

-4,7

2,0

3,0

3,6

3,8

3,8

- macchinari, attrezzature e vari*

-9,9

-2,4

4,2

4,3

4,7

4,9

4,9

- costruzioni

-6,2

-6,7

-0,5

1,7

2,4

2,6

2,4

Esportazioni

2,3

0,1

4,0

4,4

4,2

4,1

4,1

 

Occupazione (ULA)

-1,1

-1,9

-0,2

0,7

0,8

1,0

1,0

Tasso di disoccupazione

10,7

12,2

12,8

12,5

12,2

11,6

11,0

 

Deflatore PIL

1,6

1,4

1,0

1,2

1,5

1,5

1,5

Inflazione programmata

1,5

1,5

1,5

1,5

-

-

-

* Tale voce ricomprende gli investimenti in macchinari e attrezzature, in trasporti e in beni immateriali.

Fonte: DEF 2014, Sezione II: Analisi e tendenze di Finanza pubblica, Tab. I.1-1.

 

Come si evince dalla tabella, tutti i principali indicatori macroeconomici manifestano nell’anno 2014 un valore positivo rispetto al 2013, salvo l’andamento negativo indicato per gli investimenti nel settore delle costruzioni (-0,5 per cento).

Tutte le principali componenti della domanda interna dovrebbero iniziare a manifestare un contributo positivo alla crescita del PIL, già a partire dall’anno in corso.

In particolare, l’andamento dei consumi privati torna positivo nel 2014 (+0,3 per cento), evidenziando una progressiva crescita negli anni successivi. In tale ambito, i consumi delle famiglie manifestano un recupero di quasi 3 punti percentuali nel 2014, anno in cui tornano a crescere dello 0,2 per cento, ed una crescita via via sempre più sostenuta, fino all’1,7 per cento di fine periodo.

Anche gli investimenti fissi lordi sono previsti in sensibile aumento, dopo gli andamenti fortemente negativi degli ultimi anni (-8,0 per cento nel 2012 e -4,7 per cento nel 2013), evidenziando nell’anno in corso una crescita del 2,0 percento rispetto al 2013, che prosegue a ritmi sostenuti anche nel periodo successivo. In particolare nel DEF si evidenzia l’andamento particolarmente positivo degli investimenti in macchinari, sostenuto dalle favorevoli prospettive della domanda e dalla maggiore immissione di liquidità nel sistema economico proveniente dal pagamento dei debiti commerciali della PA.. già programmati.

Mantiene una dinamica ancora negativa nel 2014 il settore delle costruzioni, per il quale si prevede ancora un calo dello 0,5 per cento. Anche tale settore, tuttavia, è previsto in ripresa a partire dal 2015, e destinato a stabilizzarsi su valori positivi pari in media al 2,5 per cento nel triennio 2016-2018.

Per quanto concerne le esportazioni che hanno costituito l’unico apporto positivo alla crescita del PIL negli ultimi due anni – continuerebbero a manifestare un andamento positivo anche nell’anno in corso, raggiungerebbero una crescita del 4 per cento nel 2014 e mantenendosi al di sopra di tale livello per tutto il periodo successivo.

Anche le importazioni, secondo le previsioni del DEF, torneranno ad evidenziare un andamento positivo per tutto il periodo, trainate dalla ripresa della domanda interna.

 

Per quanto concerne il mercato del lavoro, il DEF stima per l’anno 2014 una ulteriore contrazione dell’occupazione, in termini di ULA, dello 0,2 per cento, rispetto all’anno 2013 anno in cui l’occupazione si è ridotta dell’1,9 per cento.

La stima per il 2014 fornita nel DEF è dunque più pessimistica di quella prospettata nel Documento programmatico di bilancio presentato ad Ottobre scorso, in cui si rappresentava per l’anno in corso una variazione nulla.

Una ripresa dell’occupazione è attesa realizzarsi, secondo le nuove previsioni, soltanto a partire dal 2015, anno in cui l’occupazione segnerebbe una inversione di tendenza, con una evoluzione positiva (+0,7 per cento), fino a crescere dell’1,0 per cento nel 2016 ed anche nel 2017.

Il tasso di disoccupazione crescerebbe più di quanto registrato nel 2013 (12,2 per cento) attestandosi all’12,8 per cento nel 2014 – rispetto al 12,4 percento prospettato dal Governo a settembre nella Nota di aggiornamento al DEF- per poi progressivamente cominciare a scendere in modo più deciso solo nella parte finale dell’orizzonte di previsione, quando esso si dovrebbe portare all’11 per cento.

Andamento del tasso di disoccupazione principali Paesi
(variazione percentuale)

Fonte:      Per i consuntivi 2008-2013 dei paesi della UE, dati della Commissione Europea, per USA, dati FMI. Per le previsioni 2014-2015, FMI, Word Economic Outlook (aprile 2014)

 

2.3 Confronti internazionali

Nel rapporto del Fondo Monetario Internazionale (Word economic outlook – aprile 2014), le previsioni per l’economia dell’Area dell’euro risultano riviste lievemente al rialzo.

In tale ambito, con riferimento all’Area dell’euro, le revisioni rispetto alle precedenti stime hanno riguardato la Germania, stimata crescere intorno all’1,7 percento nel 2014 (rispetto al 1,6 stimato a gennaio), e la Francia, per la quale si prevede una crescita dell’1,0 percento nel 2014 (rispetto al precedente 0,9).

 

Le previsioni dell’FMI per l’Italia sono invece rimaste invariate rispetto al precedente Rapporto, stimandosi per il 2014 una crescita per il nostro Paese dello 0,6 percento, in simmetria con quanto prospettato dalla stessa Commissione Europea nel Winter Forecast di febbraio 2014. Il ritmo sarebbe dunque più modesto di quanto indicato dal Governo nel DEF, pari allo +0,8 per cento.

Nel complesso, nell’Area euro l’FMI prevede una crescita del prodotto nel 2014 pari allo 1,2 per cento, e anche tale stima corrisponde a quella elaborata dalla Commissione europea.

Prodotto interno lordo – Confronti internazionali   

(variazioni %)

 

DEF 2014
aprile 2014

Commissione Europea
febbraio 2014

FMI
WEO
aprile 2014

 

2014

2015

2014

2014

2015

2014

Economie avanzate

Italia

0,8

1,3

0,6

1,2

0,6

1,1

Francia

 

 

1,0

1,7

1,0

1,5

Germania

 

 

1,8

2,0

1,7

1,6

Spagna

 

 

1,0

1,7

0,9

1,0

area euro

 

 

1,2

1,8

1,2

1,5

Regno Unito

 

 

2,5

2,4

2,9

2,5

Usa

 

 

2,9

3,2

2,8

3,0

Giappone

 

 

1,6

1,3

1,4

1,0

Economie emergenti

cina

 

 

 

 

7,5

7,3

india

 

 

 

 

5,4

6,4

brasile

 

 

 

 

1,8

2,7

russia

 

 

 

 

1,3

2,3

 


3. Il quadro di finanza pubblica

3.1 I risultati del 2013

I dati di finanza pubblica riportati nel DEF 2014 relativi al consuntivo 2013 espongono una conferma del risultato dell'indebitamento netto conseguito nell’anno precedente, pari al 3 per cento del Pil, in linea con l’obiettivo programmatico esposto nelle stime contenute nella Nota di aggiornamento del DEF 2013 dello scorso settembre (poi confermate dalla Nota tecnico-illustrativa – NTI – alla legge di stabilità 2014), come espone la tabella che segue:

 

Consuntivo 2013

(in percentuale di PIL)

 

2012

2013

2013 - MEMO:
Nota tecnico-illustrativa stabilità 2014

Entrate correnti

47,7

47,6

48,1

- Entrate tributarie

30,2

30,0

30,3

- Contributi sociali

13,8

13,8

14,0

Entrate finali

48,1

48,2

48,7

Spese correnti

48,0

48,5

48,5

Interessi passivi

5,5

5,3

5,4

Spese correnti primarie

42,5

43,2

43,1

Spese finali

51,1

51,2

51,7

Spese finali al netto interessi

45,6

46

46,3

Saldo corrente

-0,3

-0,9

-0,5

Saldo primario

2,5

2,2

2,4

Indebitamento netto

-3,0

-3,0

-3,0

 

 

L’attestarsi del dato di indebitamento sugli stessi valori percentuali (ma anche nominali, in quanto i rispettivi importi differiscono di soli 35 milioni) del 2012 deriva da una eguale evoluzione delle entrate e delle spese finali, entrambe aumentate rispetto all’anno precedente dello 0,1% in quota Pil.

Pur in lieve diminuzione, di 0,3 punti percentuali di Pil, rispetto al risultato dell’anno precedente, rimane comunque consistente l’avanzo primario, che si attesta al 2,2 per cento del Pil, vale a dire a circa 34,7 miliardi di euro. Tale dinamica deriva da un andamento della spesa primaria che è risultata in crescita in quota Pil dello 0,4 per cento (passando dal 45,6 al 46,0), in presenza di un andamento delle entrate finali rimasto invece sostanzialmente stabile, in quanto, come prima detto, aumentato di soli 0,1 punti percentuali di Pil. Il suddetto andamento della spesa si è riflesso, pur se parzialmente contrastato da una diminuzione della spesa per interessi, anche sul saldo di parte corrente che, anche a causa di una lieve diminuzione delle entrate correnti (dello 0,7 % rispetto al 2012, passando dal 47,7 al 47,6 del Pil) espone un peggioramento di 0,6 punti percentuali in quota Pil, ove passa da un -0,3 ad un -0,9 per cento.

La crescita della spesa primaria è riconducibile prevalentemente alla spesa per prestazioni sociali, che registra rispetto al 2012 un incremento di 0,6 punti in quota Pil, a sua volta derivante in gran parte dalla spesa pensionistica, in crescita del 2,3% (che si traduce in un aumento di 0,4 punti percentuali di Pil), che, sommato a quello già registratosi nell’anno precedente, evidenzia come tale categoria è cresciuta di quasi un punto di Pil (+0,9) nel biennio 2012-2013. A fronte dell’incremento della spesa primaria si riscontra invece, come già detto, una diminuzione di quella per interessi (5,1%, vale a dire 0,2 punti in quota Pil), nonché, ed in misura consistente, della spesa in conto capitale, che cala del 12,8% rispetto all’anno precedente, riflettendosi in -0,4 punti di Pil.

Per le entrate la diminuzione per 0,2 punti di Pil di quelle tributarie deriva principalmente da un minor gettito da imposte indirette che, dato l’insoddisfacente andamento dell’ economia, hanno risentito della sfavorevole evoluzione dei consumi. Come evidenzia la tabella, inoltre, mentre sul lato delle spese il dato previsionale contenuto nella Nota tecnico-illustrativa sulle spese si discosta marginalmente dai risultati definitivi, sul versante delle entrate i dati di consuntivo sono risultati inferiori alle attese, registrandosi uno scostamento di 0,5 punti di Pil ( -7.3 miliardi circa).

3.2 Le previsioni 2014-2018

Le previsioni per il quinquennio 2014-2018 sono costruite sulla base delle risultanze dell'anno 2013, di cui sopra si è detto, e del nuovo quadro macroeconomico riportato nel DEF, nonché tenendo conto degli effetti finanziari derivanti dai provvedimenti legislativi approvati al 31 marzo di quest’anno.


 

Conto economico P.A. a legislazione vigente

(in percentuale di PIL)

 

2014

2015

2016

2017

2018

Entrate correnti

47,9

47,8

47,4

47,2

46,9

- Entrate tributarie
 di cui:

30,4

30,4

30,2

30,1

29,9

imposte dirette

15,3

15,2

15,1

15,1

15,0

imposte indirette

15,0

15,1

15,0

14,9

14,9

- Contributi sociali

13,6

13,6

13,5

13,4

13,4

Entrate finali

48,3

48,2

47,9

47,6

47,3

Spese correnti

48,1

47,5

46,8

46,0

45,3

Interessi passivi

5,2

5,0

5,1

4,9

4,8

Spese correnti primarie

42,9

42,4

41,7

41,1

40,5

Spese finali

51,0

50,3

49,4

48,4

47,6

Spese finali netto interessi

45,8

45,2

44,3

43,5

42,8

Saldo corrente

-0,2

0,4

0,6

1,2

1,6

Saldo primario

2,6

3,0

3,6

4,1

4,4

Indebitamento netto

-2,6

-2,0

-1,5

-0,9

-0,3

Pressione fiscale

44,0

44,0

43,7

43,5

43,3

 

Rispetto alla Nota di aggiornamento 2013, DEF 2014 rivede in senso moderatamente peggiorativo il livello di indebitamento netto già previsto per il 2014 e per gli anni successivi, per i quali i livelli previsti nella Nota, pari al 2,3% nel 2014, all’1,8 % nel 2015, all’1,2% nel 2016 ed allo 0,7 nel 2017, vengono ora rispettivamente cifrati al 2,6, 2,0, 1,5 e 0,9 per cento, per una differenza cumulata di 1 punto di Pil . Per il 2018, annualità non contemplata nel precedente scenario previsivo, il livello in questione è stimato allo 0,3 per cento di Pil.

Il meno favorevole livello del saldo in commento rispetto alle precedenti previsioni si riflette, benché marginalmente, come si illustra più avanti, sul percorso di raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali.

Tanto precisato, può rilevarsi come il progressivo miglioramento dell’indebitamento netto nel quinquennio 2014-2018 si realizzi in gran parte sul controllo dell’andamento della spesa, posto che a fronte di una sostanziale stabilità delle entrate, che diminuiscono nell’intero periodo di 1 punto di Pil (che comunque, dato anche i valori crescenti stimati per il Pil, si riflette in una diminuzione di 0,7 punti di pressione fiscale, dal 44 al 43,3 per cento) le spese, dopo aver già registrato una diminuzione di 0,4 punti in quota Pil nel 2014 rispetto all’anno precedente, decrescono di 3,4 punti percentuali di Pil, dal 51 per cento del 2014 al 47,6 per cento del 2018.

In tale direzione operano tutte le componenti della spesa, sia quella primaria, che, sempre in quota Pil, scende di 2,4 punti nel periodo, sia quella per interessi, (0,4 punti) che la spesa in conto capitale, che continua il suo trend di discesa risalente agli anni già precedenti, portandosi dal 2,8 per cento di Pil al 2,3%. Continuano inoltre le politiche di contenimento delle retribuzioni del pubblico impiego: l’incidenza delle spese di personale sul Pil è infatti prevista passare dal 10,3 % nel 2014 al 9,1% del 2018; analogamente, è previsto il proseguimento del percorso discendente della spesa per consumi intermedi da tempo in atto, che nel periodo in questione dall’8,2% del Pil sono previste diminuire al 7,8%. E’ prevista anche una inversione di tendenza nell’andamento della spesa per prestazioni sociali, la cui quota percentuale di Pil, in crescita di 0,2 punti nel 2014 rispetto all’anno precedente (attestandosi al 20,7 in quota Pil), dovrebbe poi iniziare un percorso di discesa fino al 20,1 % nel 2018.

Con riguardo alle entrate, il quadro previsivo espone un incremento di 0,4 punti in quota Pil, rispetto al 2013, delle entrate tributarie nel biennio 2014 -2015, da ricondurre principalmente al miglioramento del quadro macroeconomico (atteso che il Pil è stimato crescere in tali anni di complessivi 2,1 punti percentuali), ma anche per effetto di provvedimenti legislativi che determinano effetti in tale direzione, quali ad esempio l’aumento dell’ aliquota Iva dal 21 al 22 per cento disposto dal decreto-legge n.76/2013, ovvero il riordino della tassazione immobiliare prevista dalla legge di stabilità 2014: per il biennio in questione si registra infatti anche un incremento della pressione fiscale, che passa dal 43,8% del 2013 al 44%, ma che poi tende successivamente a scendere fino al 43,3 per cento, in coerenza con la diminuzione delle entrate in quota Pil negli anni dal 2015 al 2018. Analogo, ma più lieve andamento decrescente presentano i contributi sociali (dal 13,6% del 2014 al 13,4 nell’anno terminale), sia per la progressiva diminuzione dei premi Inail – tuttavia parzialmente contrastato dall’aumento delle aliquote contributive dei lavoratori parasubordinati derivante dal decreto-legge 201/2011 – sia per il proseguimento delle politiche retributive dei dipendenti pubblici, sopra segnalate.

3.3 Il quadro programmatico

Il nuovo quadro programmatico presentato nel programma di stabilità 2014 si discosta da quello contenuto nel precedente programma del DEF 2013, con riguardo, in particolare agli andamenti del debito pubblico. Ciò, come precisato del resto nella Relazione al Parlamento contenuta nella parte III del programma recato dal DEF 2014 in commento, a causa del più intenso deterioramento della crescita economica che si è registrato nei primi trimestri del 2013 rispetto a quanto previsto, e che ha poi determinato una conseguente rideterminazione dei saldi-obiettivo di politica economica nell’ambito della Nota di aggiornamento al DEF 2013, rispetto alla quale le differenze rispetto al quadro programmatico in esame appaiono più contenute.

 

Indicatori di finanza pubblica

(in percentuale del PIL)

 

2012

2013

2014

2015

2016

2017

2018

 

QUADRO TENDENZIALE

Indebitamento netto

Variazione cumulata 2015-2017

-3,0

-3,0

-2,6

0,0

-2,0

0,3

-1,5

0,6

-0,9

0,6

-0,3

0,6

 

QUADRO PROGRAMMATICO (3)

Indebitamento netto

-3,0

-3,0

-2,6

-1,8

-0,9

-0,3

0,3

 

Saldo primario

2,5

2,2

2,6

3,3

4,2

4,6

5,0

 

Interessi

5,5

5,3

5,2

5,1

5,1

4,9

4,7

 

Indebitamento netto strutturale (1)

-1,4

-0,8

-0,6

-0,1

0,0

0,0

0,0

 

Variazione strutturale

-2,2

-0,6

-0,2

-0,5

-0,1

0,0

0,0

 

Debito Pubblico (lordo sostegni) (2)

127,0

132,6

134,9

133,3

129,8

125,1

120,5

 

Debito Pubblico (netto sostegni) (2)

124,2

129,1

131,1

129,5

126,1

121,5

116,9

 

1)   Strutturale: al netto delle una tantum e della componente ciclica.

2)   Al lordo ovvero al netto della quota di pertinenza dell’Italia dei prestiti agli Stati membri dell’UEM (bilaterali o attraverso EFSF) e del programma ESM. Per gli anni 2012 e il 2013 l’ammontare di tali prestiti agli Stati membri dell'UEM (bilaterali o attraverso EFSF) e del programma ESM è stato pari rispettivamente a 36.932 e 55.620 milioni. Le stime per gli anni 2014-2017 includono i proventi da privatizzazioni per un ammontare pari a circa 0,7 punti percentuali di PIL all’anno. Le stime tendenziali sottostanti allo scenario programmatico includono i proventi attesi dal rimborso dei bond finanziati dal Tesoro a favore del Monte Paschi di Siena pari a circa 4,0 miliardi con tranches nel periodo 2014-2017.

3)   Le previsioni non scontano l’impatto delle riforme strutturali annunciate ma non incluse nel Programma di Stabilità.

 

Come espone la tabella, il quadro programmatico prevede un valore del saldo di bilancio (indebitamento) in progressivo miglioramento, dal -3,0% registrato nel 2013 al -2,6% del 2014, per poi proseguire fino al 0,3% del 2018. Rilevano a tal fine, come ivi riportato, una crescita continua dell’avanzo primario, dal livello del 2,2 del Pil registrato nel 2013 al 5,0 per cento nel 2018 (rispetto ad un percorso dal 2,2 al 4,4% stimato nel quadro tendenziale, prima riportato) nonché una progressiva diminuzione della spesa per interessi, dal 5,3 cui si è attestata nel 2013 al 4,7 per cento nell’anno terminale.

Si tratta di un percorso di risanamento e crescita più graduale di quello contenuto nella Nota di aggiornamento 2013, che si riflette necessariamente sull’andamento del saldo di indebitamento strutturale, che, partendo da un valore stimato pari al -0,8% del Pil nel 2013 si riduce ad un sostanziale pareggio strutturale close to balance (-0,1 per cento) nel 2015, raggiungendo poi il pieno pareggio nel 2016: pareggio che, si rammenta, nella Nota suddetta era previsto per il 2015, ed anche in tal caso con uno slittamento del conseguimento dell’obiettivo rispetto all’anno 2013 previsto invece dal DEF dello stesso anno, per i medesimi motivi riconducibili al negativo andamento dell’economia indicati nel Documento in esame.

La tabella peraltro evidenzia la temporaneità della deviazione dall’obiettivo di medio termine (pareggio di bilancio) in questione, atteso che la variazione strutturale dell’indebitamento prevista per il triennio 2014-2016, pari ad una riduzione rispettivamente dello 0,2, 0,5 e 0,1 per cento, determina una evoluzione positiva del livello del saldo strutturale in esame, che dal -0,6 del 2014 passa al -01 nel 2015 per poi raggiungere la posizione di pareggio nel 2016, mantenendola poi anche per gli anni successivi.

Per quanto concerne l'indebitamento netto strutturale, si rammenta che sulla base delle regole vigenti nel sistema europeo dei conti pubblici, esso consiste nell'ammontare del saldo nominale depurato degli effetti della componente ciclica, vale a dire quelli derivanti dal ciclo economico: se negativa, tale componente migliora il saldo in termini strutturali; viceversa in caso di componente ciclica positiva. Indi, tale saldo va depurato delle misure una tantum, costituite dalle entrate e spese identificate come straordinarie: in caso di prevalenza delle entrate sulle spese si ha un peggioramento del saldo, viceversa in caso di prevalenza delle spese sulle entrate. Per la misurazione della componente ciclica occorre far riferimento all'output gap, che rappresenta la variabile di misura della distanza del Pil effettivo rispetto al Pil potenziale, rapportata a quest'ultimo (che rappresenta il livello teorico massimo di produzione che un paese può raggiungere senza causare tensioni inflazionistiche). La componente ciclica che fornisce una misura approssimata dell'impatto delle fluttuazione congiunturali sul bilancio viene definita come il prodotto tra l'output gap e l'elasticità del saldo di bilancio alla crescita economica.

Secondo i valori riportati nel DEF, la variabile dell'output gap si attesta al valore più elevato nel primo anno del periodo, risultando pari a -3,7 nel 2014, per tendere poi a chiudersi negli anni successivi, sino a raggiungere un valore positivo dello 0,8 per cento nel 2018.

Il posticipo dell’obiettivo del pareggio di bilancio si riflette tuttavia sulle regole di bilancio stabilite, in coerenza con i principi europei, dalla legge di attuazione del pareggio di bilancio n.243 del 2012, in cui si prevede (articolo 6) l’eventualità di scostamenti temporanei del saldo strutturale dagli obiettivi programmatici in presenza di eventi eccezionali, tra i quali sono contemplati anche i periodi di grave recessione economica. In tali circostanze la norma in commento dispone che il Governo – qualora come nel caso in esame ritenga necessario discostarsi da tali obiettivi – sentita la Commissione europea, presenti alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, una Relazione ed una specifica richiesta di autorizzazione in cui sia indicata l’entità e la durata dello scostamento e definisca un piano di rientro verso l’obiettivo programmatico. La deliberazione con la quale ciascuna Camera autorizza lo scostamento ed approva il piano di rientro deve essere approvata a maggioranza assoluta dei propri componenti. Tale Relazione è contenuta nel capitolo III del Programma di Stabilità (Sezione prima del DEF).

Sulla base dei dati indicati nel quadro programmatico emerge inoltre che per il 2014 – nonché per il 2018 - saldo tendenziale e saldo programmatico coincidono, mentre per il triennio 2015-2017 il valore programmatico risulta più elevato, dovendosi pertanto ricorrere per tale periodo – ed in particolare per i primi due anni dello stesso, al fine del raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali - a misure aggiuntive, al cui riguardo nel Documento si precisa come il Governo ipotizzi che le stesse perverranno esclusivamente dal lato della spesa.

L’esigenza dl contenimento della dinamica della spesa deriva peraltro anche dalla necessità di mantenere tale aggregato linea con le regole definite per essa a livello europeo.

La regola della spesa

I nuovi regolamenti europei, il c.d. six pack, introducono nell'ambito del braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita (PSC) un vincolo alla crescita della spesa diretto a rafforzare il raggiungimento dell'obiettivo di medio termine - che per l'Italia è fissato, come detto, nel pareggio di bilancio in termini strutturali - parametrato al tasso di crescita di medio periodo del PIL potenziale.

L'aggregato di spesa pubblica sottoposto a valutazione è individuato nel totale della spesa delle Amministrazioni Pubbliche diminuito della spesa per interessi, della spesa nei programmi europei per la quota coperta da fondi comunitari e la componente non discrezionale (quella legata al ciclo economico) per indennità di disoccupazione. L'aggregato deve essere depurato dalla volatilità intrinseca della spesa per investimenti, prevedendo che il valore iscritto in ciascun esercizio sia sostituito da un valore medio calcolato sulla base della spesa per l'esercizio in corso e quella relativa ai tre esercizi precedenti. Al valore della spesa così ottenuto devono essere sottratte le entrate derivanti da misure discrezionali, cui si aggiungono le eventuali maggiori entrate derivanti da innalzamenti automatici di imposte e/o tasse previsti dalla legislazione a copertura di poste specifiche di spesa.

Per i paesi che hanno conseguito il proprio obiettivo, l'aggregato di spesa di riferimento (espresso in termini reali) può incrementarsi in linea con il tasso di crescita di medio periodo del PIL potenziale, mentre per quelli lontani dall'obiettivo la crescita dell'aggregato deve essere ridotta rispetto al tasso di crescita suddetto per un ammontare (shortfall) che garantisca un miglioramento del saldo strutturale del bilancio di almeno 0,5 punti in termini di PIL.

Per l'Italia il limite per la crescita dell'aggregato è stata stabilita pari a -0,8 per il triennio 2011-2013, esercizio in cui era previsto il raggiungimento dell'obiettivo del pareggio di bilancio strutturale. Nel triennio 2014-2016 tale benchmark, che avrebbe dovuto essere pari a zero in caso di raggiungimento dell'obiettivo, è stato determinato, atteso il posticipo dell’obiettivo in questione, pari ad un valore negativo dell’ 1,07%, richiedendosi in tal modo uno sforzo aggiuntivo al Paese rispetto a quanto prima previsto. Nella Relazione contenuta nel Programma di Stabilità, prima indicata, si segnala come le proiezioni di spesa per tale periodo la dinamica della spesa non sarebbe in linea con tale valore ma, nel contempo, si afferma che gli interventi volti al contenimento della spesa medesima assicureranno che la sua dinamica ritorni su un sentiero compatibile con i parametri europei

Con riguardo all'evoluzione del rapporto debito pubblico/PIL , il dato 2013 si è posizionato ad un livello lievemente inferiore, di 0,3 punti percentuali, rispetto alle previsioni contenute nella Nota di aggiornamento dello scorso settembre (132,9 per cento), attestandosi al 132,6 per cento, come evidenzia la tabella che segue.

 

Debito pubblico/PIL

 

 

 

Consuntivo

Confronto DEF 2014/Nota Agg. Def 2013

 

 

2013

2014

2015

2016

2017

2018

Debito pubblico
(lordo sostegni)

DEF

132,6

134,9

133,3

129,8

125,1

120,5

Nota

132,9

132,8

129,4

125,0

120,1

-

Debito pubblico
(netto sostegni)

DEF

129,1

131,1

129,5

126,1

121,5

116,9

Nota

127,6

125,8

122,7

118,5

113,8

-

 

 

Il profilo programmatico esposto dal DEF – non confrontabile con i dati relativi agli andamenti tendenziali della evoluzione del rapporto debito/Pil, non riportati nel Documento in esame – espone che il rapporto medesimo, dopo aver raggiunto il livello del 132,6 nel 2013, è previsto crescere ulteriormente di 2,3 punti percentuali nell’anno in corso, fino al 134,9 per cento, valore che supera di 2,1 punti le stime della Nota di aggiornamento del settembre 2013: ciò, sia per una minor crescita del Pil, anche nominale (che passa dal 2,9 per cento all'1,7 per cento) rispetto a quanto precedentemente stimato, sia per il pagamento di ulteriori 13 miliardi di debiti commerciali da parte della P.A, che, precisa il Documento, si prevede di erogare nel 2014 rispetto a quanto ora previsto.

La prevista crescita, va rammentato, risulta peraltro sensibilmente ridotta rispetto a quella verificatasi nel 2012 rispetto all’anno precedente, che è stata del 5,6 per cento.

Negli anni successivi inizia un percorso di discesa che, operando una riduzione complessiva di 14,4 punti percentuali di tale rapporto, dovrebbe consentire allo stesso di attestarsi al 120,5 per cento (116,9 al netto dei sostegni europei) nel 2018.

 

La praticabilità di tale significativo percorso di riduzione del debito viene ricondotta nel DEF, a diversi ordini di motivi: l’impatto nel 2015 del rimborso dei bond finanziati dal MEF ai fini del rafforzamento patrimoniale del settore bancario in base al decreto-legge n. 95/2012 ed alla legge di stabilità 2013; l’avvio dei piani di ammortamento dei prestiti concessi alle amministrazioni territoriali dal Ministero dell’economia per il pagamento dei debiti pregressi delle stesse; gli effetti positivi determinati dalla riduzione dei tassi di interesse sui titoli di debito nonché dalla crescita nominale dell’economia, che attenuano il c.d. effetto snow-ball; la più robusta crescita del PIL e, ovviamente, il previsto rafforzamento dell’ avanzo primario indicato nel quadro programmatico, stimato giungere al 5,0 per cento nel 2018.

In considerazione dei suoi valori elevati, l'andamento del rapporto debito/PIL deve essere valutato anche ai fini del rispetto della regola europea sul debito.

La regola del debito

Il nuovo quadro di riforma della governance economica dell'UE, adottato nel novembre 2011 (six pack) e richiamato nel Fiscal compact, rafforza il controllo della disciplina di bilancio attraverso l'introduzione di una regola numerica che specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60% del PIL. In particolare, il nuovo articolo 2 del regolamento 1467/97 stabilisce che, per la quota del rapporto debito/PIL in eccesso rispetto al valore del 60%, il tasso di riduzione debba essere pari ad 1/20 all'anno nella media dei tre precedenti esercizi.

Nel caso in cui il valore del rapporto debito/PIL nell'esercizio di riferimento sia superiore al benchmark, la Commissione deve verificare se il mancato rispetto della regola possa essere attribuibile a effetti ciclici o se, sulla base delle previsioni a politiche invariate, è prevista una correzione entro i due anni successivi al primo anno di valutazione.

Qualora il rapporto debito/PIL fosse più alto del benchmark anche dopo l'aggiustamento per il ciclo e rimanesse più elevato anche in prospettiva (nei due anni successivi all'anno di riferimento), la Commissione sarà chiamata ad aprire una procedura per disavanzi eccessivi con la redazione di un rapporto ex art. 126(3) TFUE, nel quale al benchmark numerico si aggiungono valutazioni "qualitative" relative a un certo insieme di "altri fattori rilevanti". L'analisi di tali fattori – che in questa sede non si dettagliano - rappresenta, quindi, un passo obbligato nelle valutazioni che inducono ad avviare una procedura per disavanzi eccessivi a causa di una mancata riduzione del debito ad un "ritmo adeguato".

La prima valutazione della Commissione sulla conformità alla regola del debito avverrà per l'Italia nel 2015, ossia al termine del periodo di transizione triennale successivo alla chiusura, nel 2013, dalla procedura del deficit eccessivo.

Sul punto il DEF, nella sezione del Programma di stabilità che analizza l'evoluzione del rapporto debito/Pil, rileva come nel 2014-2015 rispetto allo scenario a legislazione vigente sia necessario, rispetto alla variazione già prevista del saldo strutturale, un ulteriore aggiustamento strutturale di circa mezzo punto di Pil nel primo anno e di 0,9 punti nel secondo, in mancanza dei quali la regola risulterebbe violata. Tuttavia, si rileva nel Programma di stabilità, l’implementazione del piano di rientro previsto nella Relazione alle camere di cui prima si è detto, congiuntamente con un piano di privatizzazioni per circa 0,7 punti di Pil annui nel periodo 2014-2017 permettono di correggere le dinamiche dello scenario a legislazione vigente e di rispettare in tal modo la regola in questione nel biennio 2014-2015. In favore del rispetto della regola operano inoltre, si osserva nel Programma, i numerosi “fattori rilevanti” presenti nel caso italiano.


4. Il Programma nazionale di Riforma

Il Programma Nazionale di Riforma (PNR), contenuto nella Sezione III del DEF, ha, da un lato, la funzione di verificare – in termini di effetti, portata e conformità con gli obiettivi europei - le riforme intraprese dopo l'approvazione del PNR dello scorso anno, e, dall'altro, di prospettare un'agenda di interventi per il futuro funzionali al conseguimento degli obiettivi della Strategia Europa 2020 e all'attuazione degli indirizzi sulle politiche pubbliche che le istituzioni comunitarie, nel quadro della nuova governance economica europea, hanno diretto all'Italia. Con riferimento al PNR in esame, tali indirizzi sono individuabili nelle Raccomandazioni (CSR – Country Specific Recommendation) rivolte all’Italia dal Consiglio UE il 9 luglio 2013, a chiusura del semestre europeo 2013, sulla base delle valutazioni della Commissione sul PNR e sul Programma di stabilità contenuti nel DEF 2013. Tali Raccomandazioni si riferiscono ai seguenti sei ambiti di intervento:

1. Riduzione del debito: - assicurare che nel 2013 il disavanzo resti al di sotto del 3% del PIL dando attuazione piena alle misure adottate; - realizzare gli avanzi primari strutturali programmati per instradare l'elevatissimo rapporto debito/PIL (secondo le previsioni al 132,2% del PIL nel 2014) su una traiettoria stabilmente in discesa; - continuare a perseguire un miglioramento duraturo dell'efficienza e della qualità della spesa mediante revisioni periodiche approfondite della spesa (spending review) a tutti i livelli amministrativi.

2. Efficienza e qualità della Pubblica Amministrazione: -dare tempestiva attuazione alle riforme in atto adottando in tempi rapidi le disposizioni attuative necessarie, dandovi seguito con risultati concreti a tutti i livelli amministrativi e con tutti i portatori di interesse e monitorandone l’impatto; - potenziare l'efficienza della pubblica amministrazione; - semplificare il quadro amministrativo e normativo per i cittadini e le imprese; - abbreviare la durata dei procedimenti civili e ridurre l'alto livello di contenzioso civile, anche promuovendo il ricorso a procedure extragiudiziali di risoluzione delle controversie; - potenziare il quadro giuridico relativo alla repressione della corruzione, anche rivedendo la disciplina dei termini di prescrizione; - adottare misure strutturali per migliorare la gestione dei fondi dell'UE nelle regioni del Mezzogiorno in vista del periodo di programmazione 2014-2020.

3. Sistema finanziario: - promuovere modifiche nel sistema di governance societaria del settore bancario, al fine di promuovere maggiore efficienza e redditività e di sostenere il flusso del credito alle attività produttive; - agevolare la risoluzione dei prestiti in sofferenza iscritti nel bilancio delle banche; - promuovere maggiormente lo sviluppo del mercato dei capitali, allo scopo di diversificare e migliorare l'accesso delle imprese ai finanziamenti, in particolare sotto forma di partecipazione al capitale, e promuoverne la capacità d’innovazione e la crescita.

4. Mercato del lavoro: - dare attuazione effettiva alla riforma del mercato del lavoro e del quadro per la determinazione dei salari, al fine di agevolare un migliore allineamento dei salari alla produttività; - realizzare ulteriori interventi per promuovere la partecipazione al mercato del lavoro, specialmente quella delle donne e dei giovani; - potenziare l'istruzione e la formazione professionale, rendere più efficienti i servizi pubblici per l'impiego e migliorare i servizi di orientamento per gli studenti; - intensificare gli sforzi per scongiurare l'abbandono scolastico e migliorare l’offerta di servizi di assistenza e di doposcuola; - migliorare la qualità e risultati della scuola, anche tramite un potenziamento dello sviluppo professionale e una diversificazione della carriera degli insegnanti; -migliorare i livelli di prestazioni sociali, in particolare per le famiglie a basso reddito con figli.

5. Sistema fiscale: - trasferire il carico fiscale da lavoro e capitale a consumi, beni immobili e ambiente, assicurando la neutralità in termini di gettito; - rivedere l'ambito di applicazione delle esenzioni e delle aliquote ridotte IVA, nonché il sistema delle agevolazioni fiscali dirette; - procedere alla riforma del catasto, allineando gli estimi e le rendite ai valori di mercato; - proseguire la lotta all'evasione fiscale, migliorando il rispetto dell'obbligo tributario e contrastando in modo incisivo l'economia sommersa e il lavoro irregolare.

6. Concorrenza: - assicurare la concreta attuazione delle misure volte all'apertura del mercato nel settore dei servizi; - eliminare le restrizioni che sussistono nei servizi professionali; - estendere il ricorso agli appalti pubblici (in sostituzione delle concessioni dirette) per la prestazione dei servizi pubblici locali; - portare avanti l'attuazione delle misure adottate per migliorare le condizioni di accesso al mercato delle industrie di rete, in particolare dando priorità alla costituzione dell'Autorità di regolamentazione dei trasporti; - potenziare la capacità infrastrutturali concentrandosi sulle interconnessioni energetiche, sul trasporto intermodale e, nelle telecomunicazioni, sulla banda larga ad alta velocità, tra l'altro al fine di superare le disparità tra Nord e Sud.

 

Il PNR illustra le misure adottate in risposta alle Raccomandazioni del Consiglio Europeo sopra dette, nonché le iniziative più rilevanti ai fini del raggiungimento degli obiettivi nazionali della Strategia Europa 2020 (in materia di tasso di disoccupazione, investimenti in ricerca e sviluppo, fonti rinnovabili, efficienza energetica, abbandoni scolastici, istruzione universitaria, contrasto alla povertà).

4.1 Le indicazioni dell’Unione Europea per il 2014: Analisi della crescita e Rapporto sugli squilibri macroeconomici

Le indicazioni dell’Unione europea nei confronti dell’Italia sono quelle contenute nell’Analisi annuale della crescita per il 2014 nonché nel Rapporto della Commissione europea del 5 marzo 2014, prodotto a conclusione della procedura annuale sugli squilibri macroeconomici: rapporto che, si precisa, concerne oltre all’Italia altri 16 Paesi UE.

Come già accaduto nel 2012 e nel 2013, la Commissione europea ha anticipato la presentazione dell’Analisi annuale della crescita a novembre, confermando per il 2014 i cinque obiettivi generali di politica economica già indicati per il 2013:

§       portare avanti un risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita;

§       ripristinare l'erogazione di prestiti all'economia;

§       promuovere la crescita e la competitività;

§       lottare contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi;

§       modernizzare la pubblica amministrazione.

Gli obiettivi sono stati avallati dal Consiglio europeo che ha invitato gli Stati membri, in vista del semestre europeo 2014, a riservare un’attenzione specifica al rafforzamento del funzionamento e della flessibilità del mercato unico di prodotti e servizi, al miglioramento del clima imprenditoriale, all'ulteriore risanamento dei bilanci delle banche al fine di affrontare la frammentazione finanziaria e di ripristinare la normale erogazione di prestiti all'economia, nonché, con riferimento all’occupazione, a politiche volte a:

§       rafforzare gli incentivi, fiscali e di altro tipo, alla creazione di posti di lavoro, anche alleggerendo il carico fiscale sul lavoro;

§       allungare la vita lavorativa, aumentare la partecipazione al mercato del lavoro, accelerare l'attuazione di misure attive per il mercato del lavoro e continuare a modernizzare i sistemi di istruzione e formazione, apprendimento lungo tutto l'arco della vita e formazione professionale compresi;

§       assicurare che il costo del lavoro evolva in funzione di incrementi della produttività;

§       affrontare il divario tra domanda e offerta di competenze;

§       accrescere la mobilità della forza lavoro.

 

Nell’ambito del coordinamento ex ante delle politiche economiche si inquadra anche la procedura per la sorveglianza sugli squilibri macroeconomici negli Stati membri, che prevede una serie di 4 fasi successive:

§       allarme precoce: ogni anno la Commissione pubblica, a novembre, una relazione sui potenziali squilibri degli Stati membri, calcolati sulla base di 11 indicatori macroeconomici (livello del debito privato, disavanzo/surplus delle partite correnti, costo del lavoro, etc.);

§       esame approfondito: la Commissione procede a un esame approfondito degli Stati membri individuati nella relazione di cui al primo punto, allo scopo di confermare o negare l'esistenza di squilibri e se detti squilibri sono eccessivi o no;

§       procedura per gli squilibri eccessivi: se conclude che in uno Stato membro esistono squilibri eccessivi, lo Stato membro deve predisporre un piano di azioni correttivo;

§       ammende: le ammende (pari allo 0,1% del PIL) vengono imposte solo in ultima istanza e sanzionano la ripetuta mancanza di azioni correttive.

Sulla base delle indicazioni contenute nella relazione presentata a novembre 2013, l'Italia, al pari di altri 16 Paesi dell'UE, è stata oggetto di un esame approfondito, in esito al quale, con un rapporto presentato il 5 marzo scorso, la Commissione europea ha indicato che gli squilibri macroeconomici sono da considerarsi eccessivi, e devono essere affrontati elaborando degli appositi piani correttivi da incorporare nel Programma di stabilità e nel Piano nazionale di riforma. In particolare, l’Italia dovrebbe:

§       affrontare il livello molto alto del debito e la debole competitività esterna, entrambi radicati nella lenta crescita della produttività, che si protrae da tempo;

§       raggiungere e mantenere un avanzo primario (differenza tra entrate e uscite del bilancio pubblico, al netto degli interessi sui titoli di stato) molto alto, nonché una robusta crescita del PIL per un periodo prolungato, entrambi necessari a mettere il debito su un percorso discendente;

§       far fronte alla perdita di competitività connessa al disallineamento tra salari e produttività, e al cuneo fiscale particolarmente elevato, nonché alla quota elevata di piccole imprese che trovano difficoltà a competere a livello internazionale;

§       affrontare le inefficienze della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario;

§       combattere gli elevati livelli di corruzione e di evasione fiscale, che impediscono il pieno dispiegarsi dei benefici derivanti dalle riforme strutturali già adottate;

§       colmare le lacune del capitale umano, che si evidenziano nelle carenze del sistema di istruzione e formazione e nello scarso livello di specializzazione delle imprese italiane, e che costituiscono un ulteriore ostacolo al miglioramento della produttività.

4.2 Quadro di sintesi del contenuto del PNR

Dal punto di vista dei contenuti, la struttura del PNR 2014 è articolata in due parti, la prima relativa agli interventi da compiere dal 2014 in poi e la seconda concernente le riforme già introdotte a seguito dell’esito del Semestre europeo 2013.

4.2.1. Le nuove iniziative

Nel prima parte si illustra (“Un cambio di marcia”) la strategia nazionale e le principali iniziative, il cui presupposto, viene precisato, è costituito dalla riforma delle istituzioni, articolata: a) nella riforma elettorale, da approvare entro settembre 2014, finalizzata alla formazione di stabili maggioranze parlamentari e ad una riduzione della frammentazione partitica; b) nelle modifiche costituzionali, da approvare entro dicembre 2015, tese alla riforma del bicameralismo ed alla revisione del Titolo V.

Vengono indicate quattro strategie di politica economica, ad iniziare dal taglio del cuneo fiscale e dell’Irap, destinando a tal fine 10 miliardi all’aumento del reddito disponibile dei lavoratori dipendenti a medio e basso reddito entro maggio 2014 nonché, non appena vi saranno le risorse necessarie, mediante un taglio dell’Irap del 10 per cento, con apposito provvedimento. La seconda strategia, da attuare in un primo step entro ottobre 2014 e poi per il triennio 2015-2017, attiene agli investimenti, mirando ad un incremento di quelli pubblici, con un maggior spazio di azione per gli enti territoriali mediante un intervento sui vincoli del Patto di stabilità interno, un uso più efficace dei Fondi europei, il finanziamento di nuove opere nel settore idrico e la realizzazione di piccoli e medi progetti sul territorio, oltre alla continuazione degli interventi già decisi in connessione con l’Expo 2015.

La terza attiene al miglioramento della competitività d’impresa, attuando, entro settembre 2014, un business environment migliore, potenziando il credito di imposta per la ricerca e rafforzando lo strumento della garanzia pubblica e dell’intervento del Fondo centrale di garanzia, per riattivare il credito alle imprese. Tale strategia contempla altresì, entro il medesimo termine, un ampliamento delle fonti di finanziamento per le imprese (ad esempio mediante una maggior canalizzazione del risparmio verso minibond e fondi di credito), la riduzione di almeno il 10% dei costi della bolletta energetica, la riforma della disciplina dei servizi pubblici locali in funzione dell’apertura degli stessi al mercato e dell’aggregazione in più ampi ambiti territoriali, nonché una serie di interventi tesi a favorire l’internazionalizzazione delle imprese: sportello unico doganale e sportello unico per le imprese, valorizzazione del made in Italy, revisione della deducibilità di alcuni costi di transazione commerciale. La quarta strategia concerne infine la destinazione di ulteriori risorse sul pagamento dei debiti commerciali della pubblica amministrazione, con l’impiego, entro ottobre 2014, di ulteriori 13 miliardi da aggiungere ai circa 47 già stanziati e con eventuali allentamenti del Patto di stabilità interno per consentire agli enti territoriali di pagare i debiti di parte capitale.

Alle strategie di politica economica si accompagnano azioni volti a modificare contestualmente i contesti socio-economici e giuridici nel cui ambito esse devono svolgersi, con riguardo a quattro diversi ambiti:

§       il mercato del lavoro, nel quale si intende: entro marzo 2014 ridurne la rigidità e facilitarne l’ingresso, operando sul prolungamento del contatto a termine e semplificando l’utilizzo dell’apprendistato, nonché, entro i successivi mesi di maggio e luglio, rispettivamente, attuare il piano italiano nell’ambito dell’iniziativa europea Youth Guarantee e procedere mediante delega al riordino delle forme contrattuali, anche mediante un testo organico di disciplina delle stesse, nonché riordinare la disciplina degli ammortizzatori sociali, al fine di realizzare un sistema di garanzia universale per tutti i lavoratori;

§       ristrutturare entro maggio 2014 la pubblica amministrazione, favorendo il ricambio generazionale, rafforzando la mobilità delle risorse umane e contenendo le retribuzioni della dirigenza pubblica, anche legandole ad obiettivi di risultato. Inoltre si dovrà accrescere la trasparenza delle amministrazioni con lo sviluppo di una piattaforma nazionale per i dati aperti (open data) e semplificare il quadro regolatorio per cittadini e imprese riducendo in tal modo gli oneri da burocrazia;

§       semplificare il rapporto tra fisco e contribuenti nel sistema fiscale, orientare il sistema alla crescita e migliorare i livelli della compliance tra amministrazione e cittadini, mediante l’attuazione entro il marzo 2015 della delega fiscale, nonché accelerare la riforma del catasto, la cui attuazione effettiva si prevede richieda non meno di 4 anni;

§       intervenire sulla giustizia e sulla sicurezza in quanto strumenti di sviluppo del paese: per la giustizia entro il giugno 2014 riformare quella amministrativa, rivedere quella civile per migliorarne l’efficienza e ridurne l’arretrato; intervenire poi sull’emergenza carceraria, accelerando la realizzazione del piano carceri, migliorando le condizioni di lavoro di chi opera nel sistema, riconsiderando le misure alternative al carcere e la custodia cautelare in linea con le migliori prassi europee e infine rivedendo il sistema di detenzione per prevenire le emergenze ed impedire eventuali violazioni dei diritti umani. Quanto alla sicurezza pubblica si dovrà procedere entro il 2014 ad una rideterminazione della relativa spesa, per favorire investimenti in modelli innovativi tali da rendere effettivo il diritto alla sicurezza

Il quadro di interventi contenuti nel PNR individua, infine, una serie di situazioni settoriali che attualmente costituiscono forme di criticità del sistema, individuando possibili linee di intervento per orientarle come possibili asset di opportunità per il Paese: vengono a tal fine situate le situazioni attinenti all’ istruzione, in termini di valorizzazione del capitale umano, alle infrastrutture ed ai trasporti, alle risorse ambientali e territoriali, al settore sanitario, al turismo ed alla cultura, alla necessità di interrompere la marginalizzazione delle aree interne per recuperarle ai fini del rilancio del sistema paese. Quando ai tempi degli interventi in tutti questi settori, gli stessi sono indicati entro il 2014, con l’eccezione della sanità, per la quale si dovrà operare entro il 2015, nonché delle aree interne, per le quali si prevede entro il 2014 l’avvio – ma non ovviamente la conclusione - dei progetti (indicati in 21, ognuno dei quali per regione e provincia autonoma).

Quanto infine alle risorse, il PNR reca tre indicazioni. La prima attiene al necessario rispetto dei vincoli europei, nel cui ambito, fermo il rispetto del vincolo del disavanzo al 3,0% verrà delineata una strategia di reperimento di mezzi finanziari compatibile con la regola del debito e con l’obiettivo del pareggio strutturale del bilancio. La seconda fa riferimento al processo di revisione della spesa, per la quale si prevede un risparmio di 4,5 miliardi nel 2014, 17 miliardi nel 2015 e 32 miliardi a decorrere dal 2016. La terza fa riferimento alla realizzazione di un processo di privatizzazioni da attuare mediante dismissione di partecipazioni in società controllate anche indirettamente dallo Stato ed attivazione di strumenti per consentire le dismissione anche da parte degli enti territoriali, per un obiettivo di introiti annui per 0,7 punti percentuali di Pil nel periodo 2014-2017. Si prevede altresì un piano annuale per il periodo 2014-2016 di dismissioni del patrimonio immobiliare, la cui previsione di introiti non viene indicata.

4.2.2. Le riforme già introdotte

La seconda parte del PNR illustra le riforme introdotte nel periodo di riferimento previsto dal Semestre Europeo, evidenziandone la coerenza con:

§       le raccomandazioni specifiche rivolte dal Consiglio europeo ai singoli paesi (CSR) al fine di conseguire, nel caso dell’Italia, come detto, sei obiettivi prioritari: 1) riduzione del debito; 2) Efficienza e qualità della P.A.; 3) Sistema finanziario; 4): Mercato del lavoro; 5): Riforme fiscali; 6: Concorrenza;

§       gli indirizzi indicati dalla Commissione europea nell'ambito dell'analisi annuale delle crescita (AGS) con cui si avvia il Semestre Europeo 2014, nell'ambito della quale sono state ribadite le seguenti priorità: 1) consolidamento fiscale; 2) ripristinare la normale erogazione di prestiti all'economia; 3) promuovere la crescita e la competitività nel breve e nel lungo periodo; 4) lottare contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi; 5) modernizzare la Pubblica Amministrazione;

§       gli obiettivi della Strategia Europa 2020 espressi in termini di target europei declinati a livello nazionale si tratta di sette iniziative prioritarie (Flagship Initiatives - FI) sulla base delle quali l'UE e i governi nazionali sostengono i loro sforzi per realizzare la predetta Strategia: 1) agenda digitale europea; 2) unione dell'innovazione; 3) giovani in movimento; 4) un'Europa efficiente sotto il profilo delle risorse; 5) una politica industriale per l'era della globalizzazione; 6) agenda per nuove competenze e lavoro; 7) piattaforma europea contro la povertà.

 

Nell'ambito di questa cornice, il PNR 2014 illustra il percorso compiuto sulla strada delle riforme sollecitate dalle istituzioni europee, sottolineando come gli sforzi compiuti abbiano affrontato sia i problemi urgenti di breve periodo causati dalla crisi, sia le questioni strutturali dalla cui soluzione dipende il benessere economico di lungo periodo del Paese.

Per quanto riguarda l’azione di contenimento ed efficientamento della spesa pubblica, già intrapresa a fine 2011, si ricorda che essa è continuata con l’avvio dell’attività del Commissario straordinario. A questa si aggiunge il proseguimento di attività di contenimento della spesa di diverse misure intraprese in passato, quali la soppressione e il riordino di enti, agenzie e organismi vari, un rafforzamento del processo di dismissione e di valorizzazione di immobili pubblici (per esempio della Difesa, beni di interesse culturale e ambientale), ed altri interventi in materia di pubblico impiego (prevedendo, per esempio, che le procedure contrattuali e negoziali del biennio 2013-2014 producano effetti limitatamente alla sola parte normativa, nonché nuovi disposizioni più stringenti sulle facoltà d’assunzione della PA e sul turnover) e d’acquisto di beni e servizi (ulteriori limiti di spesa per le consulenze nelle PA).

Nel corso dell’ultimo anno, l‘efficienza dell’attività amministrativa si è sviluppata lungo tre nuove linee di intervento: riforma dell’ordinamento giudiziario, attività e siti culturali ed efficientamento nella gestione dei fondi strutturali, anche mediante l’istituzione dell’Agenzia per la coesione.

È inoltre intervenuta una vasta attività sia di innovazione e di digitalizzazione nei settori della cultura, della difesa, dell’editoria e nel settore agricolo, sia di investimenti in capitale umano, con nuove misure volte ad attrarre ricercatori, facilitandone l’ingresso e il soggiorno, a promuovere assunzioni nelle università e negli enti di ricerca. Gli obiettivi di medio periodo sono delineati nel Programma Nazionale per la Ricerca 2014-2020.

 

Quanto alle nuove misure relative al mercato dei prodotti e concorrenza, pur di portata minore rispetto al biennio 2012-2013, vengono segnalate, comunque, la liberalizzazione dell’accesso della rete ferroviaria e altre misure per il settore aereoportuale, da associarsi all’avvio di attività dell’Authority di settore. Sono proseguite le attività, tra l’altro, in materia di tutela dei consumatori, della regolazione in materia di infrastrutture, di liberalizzazione del mercato del gas naturale.

Le nuove misure in materia di lavoro si concentrano su tre aree di intervento: l’occupazione giovanile mediante, per esempio, promozione dell’autoimpiego e autoimprenditorialità al Sud e la ‘Garanzia per i Giovani’ (Youth Guarantee); il taglio del cuneo fiscale, altre misure di sostegno al reddito da lavoro e di politica attiva del lavoro. Poi, oltre al potenziamento della riforma della contrattazione nel settore privato (mediante Accordo inter-confederale del 31 maggio 2013 tra Confindustria e Parti sociali), si sono consolidate (D.L. n. 76/2013) alcune misure avviate negli anni precedenti, tra l’altro: estendendo le tutele in materia di contrasto del fenomeno delle c.d. “dimissioni in bianco”; promuovendo forme di occupazione stabile di giovani fino a 29 anni di età; reintroducendo il limite di reddito annuale entro il quale si può conservare lo stato di disoccupazione; promuovendo la stabilizzazione dell’occupazione mediante ricorso a contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato e garantendo il corretto utilizzo dei contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro. Per fare fronte all’emergenza occupazionale si sono inoltre rifinanziati gli strumenti di sostegno al reddito, e in particolare, gli ammortizzatori sociali in deroga.

In materia pensionistica, sono da segnalare alcuni aggiornamenti delle misure dei PNR precedenti. In particolare, l’ampliamento della salvaguardia e ulteriori requisiti di accesso al pensionamento previsti ai sensi dell’art. 24 del D.L. n. 201/2011, la revisione dello schema di indicizzazione per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a tre volte il trattamento minimo INPS per il triennio 2014-2016, nonché l’istituzione di un contributo di solidarietà, per il triennio 2014-2016, per i trattamenti pensionistici superiori a quattordici volte il trattamento pensionistico minimo INPS; si sta inoltre procedendo ad accelerare i tempi della riforma della governance dell’INPS e dell’INAIL anche in relazione all’avvenuta fusione con l’INPDAP.

Le nuove misure di welfare sono limitate alla misure per i migranti, alla promozione di varie forme di inclusione sociale e al pacchetto varato contro la violenza e le discriminazioni. Gran parte degli interventi vertono su iniziative passate (carta acquisti, acquisto abitazione, sostegno alle famiglie, etc.).

Le misure afferenti al sostegno delle imprese non danno conto dell’agenda di interventi posti in essere in questo ultimo anno e che si ritrovano, per la maggior parte, come aggiornamenti di misure precedenti. Tra le nuove misure si segnalano, oltre ai pagamenti della PA verso le imprese, l’istituzione del Fondo sostegno per imprese riunite in ATI e RTI, agevolazioni per gli utilizzatori dei contratti di leasing, finanziamenti per acquisto di beni strumentali PMI, cartolarizzazione dei crediti delle PMI e sostegno alle imprese che subiscono danni e del settore del mobile. In materia di energia e ambiente, le nuove misure fanno fronte a situazioni emergenziali di dissesto idrogeologico, finanziando anche attività di tutela e gestione delle risorse idriche, e alla necessità di riqualificare i siti di interesse nazionale (SIN). Programmati inoltre interventi di promozione per rendere gli edifici, pubblici e non ad energia “quasi zero” a partire dal 2018.

È continuata l’attività di implementazione delle misure in materia ambientale assunte negli anni precedenti e relative, in particolare, allo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra, all’uso di fonti rinnovabili per la produzione di energia, al miglioramento della qualità dell’aria riducendo produzione e uso di sostanze pericolose per la fascia di ozono stratosferico e alla gestione integrata sui rifiuti. Sono, invece, limitate le misure aggiornate e onerose per la finanza pubblica (come la proroga delle misure agevolative per riqualificazione energetica degli edifici).

Minori, secondo il Documento in esame sono invece, gli aggiornamenti dell’area sostegno al sistema finanziario. Si segnala, in particolare l’intervento della legge di stabilità 2014 per il rafforzamento dei confidi sottoposti alla vigilanza della Banca d’Italia e di quelli che stipulano contratti di rete e che nel loro complesso erogano garanzie almeno pari a 150 milioni.

Quanto, infine allo sviluppo infrastrutturale è intervenuto soprattutto lo ‘sblocca cantieri’ che ha consentito, nel corso del 2013, l’avvio di lavori immediatamente cantierabili, e lo sblocco di lavori già in corso e per vari motivi interrotti, quali la tangenziale esterna per i collegamenti in Brianza, la Pedemontana veneta, la Linea M4 di Milano, la Linea 1 di Napoli e interventi di miglioramento della rete ferroviaria. Le nuove misure in ambito di edilizia carceraria, per il Piano nazionale di sicurezza stradale e per accelerare la realizzazione di Expo 2015, e i relativi oneri, completano il quadro di nuovi interventi infrastrutturali.

4.2.3 L'impatto finanziario delle riforme

Oltre alla loro descrizione in termini normativi, il PNR 2014 reca altresì l'analisi dell'impatto finanziario che dovrebbe derivare dalle nuove misure d'intervento in esso indicate, articolate nelle c.d. aree di policy, in cui sono aggregate le nuove misure.

In particolare, il PNR 2014 riporta i risultati dell'analisi d'impatto sul bilancio dello Stato (vista la rilevanza delle Amministrazioni centrali nella definizione e implementazione delle misure) relativamente alle annualità 2013-2018, in termini di maggiori/minori entrate e maggiori/minori spese.

In particolare la Tavola che segue sintetizza l’impatto sul bilancio dello Stato delle nuove misure indicati nel PNR 2014, suddivise per area d’intervento, ad eccezione degli effetti della misura “Tempestività dei pagamenti della PA verso le imprese” che è stata inclusa nell’area ‘Sostegno alle imprese’, vista la rilevanza che essa comporta in termini di cassa.


Impatto finanziario delle nuove misure del PNR 2014

                                                    (miliardi di euro)        

 

2013

2014

2015

2016

2017

2018

Contenimento spesa pubblica

866,6

1.609,8

5.243,6

9.352,0

11.243,3

11.359,5

Oneri

0

1.151,0

429,1

130,8

130,3

5,5

Risorse

866,6

2.760,8

5.672,7

9.482,8

11.373,6

11.365,0

Efficienza amministrativa

-9,0

-1.481,6

-1.459,1

-1.463,5

-1.463,5

-1.463,5

Oneri

9,0

1.481,6

1.459,1

1.463,5

1.463,5

1.463,5

Risorse

0

0

0

0

0

0

Infrastrutture e sviluppo

-340,0

-1.529,2

-1.277,0

-958,5

-262,0

-120,0

Oneri

340,0

1.529,2

1.277,0

958,5

262,0

120,0

Risorse

0

0

0

0

0

0

Mercato dei prodotti, ecc

0

-9,0

-9,0

-9,0

-9,0

-9,0

Oneri

0

9,0

9,0

9,0

9,0

9,0

Risorse

0

0

0

0

0

0

Lavoro e pensioni

-231,6

1.359,1

1.625,7

1.615,0

1.655,0

1.655,0

Oneri

231,6

189,0

106,3

98,5

58,5

58,5

Risorse

0

1.548,1

1.732,0

1.713,5

1.713,5

1.713,5

Innovazione e capitale umano

0

-169,6

-306,9

-384,1

-356,1

-358,1

Oneri

0

169,6

306,9

384,1

356,1

358,1

Risorse

0

0

0

0

0

0

Sostegno alle imprese

0

580,3

295,3

164,1

-4,0

-4,0

Oneri

0

40,5

334,7

461,9

4,0

4,0

Risorse

0

620,8

630,0

626,0

0

0

Energia e ambiente

0

-93,5

-165,5

-155,5

-2,5

-2,5

Oneri

0

93,5

165,5

155,5

2,5

2,5

Risorse

0

0

0

0

0

0

TOTALE

286,0

266,3

3.947,1

8.160,5

10.801,2

11.057,4

Oneri

580,6

4.663,4

4.087,6

3.661,8

2.285,9

2.021,1

Risorse

866,6

4.929,7

8.034,7

11.822,3

13.087,1

13.078,5

Fonte: DEF 2014, Sezione III – PNR, Parte I, Tavola III.4.1.

Elaborazione MEF-RGS sui dati degli Allegati 3, delle relazioni Tecniche e delle informazioni fornite dai Ministeri competenti.

 

Il PNR contiene altresì una valutazione preliminare degli effetti macroeconomici del piano di riforme strutturali annunciato.

La tavola che segue evidenzia come l’effetto espansivo delle riforme si manifesti debolmente nel corso del 2014 per poi risultare via via più pronunciato nel corso degli anni successivi. In particolare, a seguito del piano di riforme, il PIL risulterebbe aumentato di 0,3 punti percentuali nel 2014, rispetto allo scenario di base, 0,8 punti nel 2015 per raggiungere gradualmente, nel 2018, un livello di 2,4 punti percentuali più elevato rispetto allo scenario di base. Tale tabella ricomprende gli effetti derivanti dalle misure relative al pagamento dei debiti delle P.A., non considerati, invece, nella analoga tabella riportata nel sezione I del DEF relativa al Programma di stabilità (cfr. cap. 2.2.1).

 

Effetti delle riforme sul Pil

Descrizione della misura

Effetti cumulati sul PIL rispetto allo scenario di base

 

2014

2015

2016

2017

2018

Aumento delle detrazioni IRPEF sui redditi da lavoro dipendente

0,1

0,3

0,4

0,6

0,6

Riduzione dell’Irap

0,0

0,1

0,1

0,1

0,1

Revisione tassazione rendite finanziarie

0,0

0,0

-0,1

-0,1

-0,1

Spending review

-0,1

-0,2

-0,3

-0,2

-0,1

Pagamento debiti commerciali delle PA

0,0

0,3

0,3

0,3

0,2

Liberalizzazioni e semplificazioni

0,1

0,3

0,4

0,6

0,9

Riforma del mercato del lavoro

0,2

0,3

0,4

0,5

0,8

TOTALE

0,3

0,8

1,3

1,8

2,4

Fonte: DEF 2014, Sezione III – PNR, Parte I, Tabella I.1.


Le politiche di settore

 


Agenda digitale

Agenda digitale

In materia di agenda digitale, con particolare riferimento alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, il piano nazionale delle riforme prevede, entro maggio 2014:

§      piena interoperabilità e integrazione delle banche dati informative;

§      sviluppo di una piattaforma nazionale per i dati aperti;

§      nuova anagrafe nazionale dei cittadini italiani;

§      identità digitale;

§      attuazione norme sulla fatturazione elettronica;

 

In particolare, per quanto concerne la fatturazione elettronica, il DEF ricorda l’emanazione del D.M. n. 55/2013 che ha introdotto l’obbligo della fatturazione elettronica nei rapporti tra pubblica amministrazione e fornitori; l’obbligo varrà dal giugno 2014 per tutti i ministeri, le agenzie fiscali e gli enti nazionali di previdenza e di assistenza sociale e dal giugno 2015 per tutte le amministrazioni centrali e locali (per le amministrazioni locali, il terrmine del giugno 2015, concordato in sede di Conferenza unificata, dovrà essere formalizzato in un decreto di prossima emanazione).

 

In proposito merita segnalare che, in relazione agli obiettivi sopra indicati, risultano ancora da adottare[1] i seguenti provvedimenti attuativi di precedenti iniziative normative (contenute in particolare nel decreto-legge n. 179/2012):

§      regolamento di modifica del regolamento anagrafico della popolazione residente (D.P.R. n. 223/1989) per adeguare la disciplina all’istituzione dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ex art. 2, co. 5 del decreto-legge n. 179/2012);

Al riguardo, il DEF rileva che, dopo l’emanazione del D.P.C.M. 23 agosto 2013 n. 109 in materia di istituzione dell’anagrafe nazionale della popolazione residente, questo regolamento è in corso di predisposizione. Pertanto per l’effettivo subentro della nuova anagrafe nazionale alle anagrafe comunali “i documenti tecnici fanno prevedere lo slittamento di un semestre rispetto alla data prevista del 31 dicembre 2014”.

§      D.P.C.M. per stabilire i tempi di realizzazione del censimento della popolazione e delle abitazioni e per stabilire i contenuti dell’Archivio nazionale dei numeri civici delle strade urbane (ex art. 3, co. 1 del decreto-legge n. 179/2012);

§      Decreto del Ministro dell’interno per la definizione delle modalità di comunicazione, variazione e cancellazione del proprio domicilio digitale, nonché le modalità di consultazione dell’Anagrafe nazionale popolazione residente da parte dei gestori o esercenti di pubblici servizi;

 

Il piano annuncia inoltre la predisposizione da parte dell’Agenzia per l’Italia digitale del sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese. Peraltro, la griglia delle misure del PNR 2014 prevede per tale intervento un alto rischio di non attuazione.

 

Il programma di stabilità dell’Italia stima risparmi in materia di digitalizzazione per un ammontare di circa 110 milioni nel 2015 e 2.500 milioni nel 2016 “attraverso l’estensione a tutta la pubblica amministrazione della fatturazione elettronica, dei pagamenti elettronici e una razionalizzazione dei centri elaborazione dati (CED) delle amministrazioni locali.

 

La banda larga

Il PNR dedica ampia attenzione all’attuazione dei piani nazionali banda larga e banda ultra larga.

Il DEF evidenzia che, rispetto al finanziamento inizialmente ipotizzato di 1,471 miliardi di euro, l’onere è stato ridotto a 1,106 miliardi per effetto di tre fattori: a) un maggior impiego di tecnologie wireless; b) l’adozione di nuove tecnologie di scavo[2] c) le annuali consultazioni pubbliche hanno rilevato investimenti privati realizzati autonomamente dagli operatori di telecomunicazioni che hanno limitato negli anni l’investimento pubblico necessario.

Il DEF rileva che, fatta eccezione per il Piemonte e l’Emilia Romagna, che dovranno reperire ulteriori risorse a valere sulla programmazione 2014-2020, il piano nazionale risulta completamente finanziato.

 

Il piano nazionale banda ultralarga, risulta invece operativo dal 2013 a seguito dell’autorizzazione da parte della Commissione europea.

 

In proposito, merita richiamare le osservazioni informali della Commissione europea sulla bozza di accordo di partenariato tra Italia e Unione europea per le politiche di coesione 2014-2020 del dicembre 2013 riferite allo sviluppo delle reti di nuova generazione. Infatti, gli interventi prospettati nella bozza italiana dell’accordo di partenariato (che si collegano ai piani nazionali banda larga e banda ultra larga) erano ritenuti non rispettosi della condizionalità ex ante[3] prevista in materia dal regolamento UE n. 1303/2013 perché privi di un’analisi economica che consenta la scelta della forma più appropriata di intervento in ciascun contesto regionale.

 

Sullo stato di diffusione della banda larga in Italia fornisce infine informazioni il rapporto "Raggiungere gli obiettivi Europei 2020 della banda larga in Italia: prospettive e sfide" presentato il 30 gennaio 2014 da Francesco Caio, nella sua qualità di Commissario per l’attuazione dell’agenda digitale, ai sensi del decreto-legge n. 69/2013 e richiamato anche nel DEF.

Il Rapporto contiene un'analisi dei piani di investimento dei gestori italiani di telecomunicazioni. Nel Rapporto si evidenzia un moderato ottimismo, purché gli operatori continuino ad investire, l'evoluzione tecnologica sia conforme alle attese e vi sia un coordinamento per l'attuazione tra operatori, Regolatore e comuni.

Poste

Nel PNR (Sez. III) viene inoltre ricordato il processo già avviato di dismissione del 40 per cento delle quote del capitale di Poste Italiane e che le privatizzazioni rientrano nella Raccomandazione n. 1- Riduzione del debito - fatta dell’UE all’Italia nel 2013 (CSR -Country Specific Recommendation).

 

L’accelerazione e la rapida attuazione del programma di privatizzazioni costituisce una delle principali misure del programma di riforme economiche delineate nel DEF 2014, suscettibili di avere un impatto già nel breve periodo. In particolare il programma si realizzerà attraverso la valorizzazione e dismissione di una quota delle partecipazioni in società controllate dallo Stato.

La misura viene stimata di produrre introiti per 0,7 punti percentuali di PIL in ciascuno degli anni dal 2014 al 2017. I proventi derivanti da tali privatizzazioni, di ammontare quindi non stimato in valore assoluto, saranno destinati, a norma di legge, per ridurre il debito pubblico.

 

Si ricorda che sullo schema di D.P.C.M. relativo alla dismissione delle quote azionarie di Poste italiane Spa, la IX Commissione Trasporti ha emesso il parere di competenza nella seduta il 26 marzo 2014 (il D.P.C.M. non risulta ancora emanato).

Con un’osservazione inserita nel parere la IX Commissione aveva richiesto una destinazione dei proventi della privatizzazione diversa da quella ora ribadita dal DEF (riduzione del debito). L’osservazione esortava infatti il governo ad assumere “le iniziative, anche di carattere normativo, utili a permettere che il gettito derivante dalla cessione di una quota di minoranza del capitale di Poste italiane sia destinato, anche in considerazione della difficile situazione economica e finanziaria, a interventi che possano sostenere efficacemente il rilancio dell'economia, con particolare riferimento allo sviluppo della banda larga e delle reti di nuova generazione, ad investimenti infrastrutturali per le reti di trasporto, a interventi urgenti contro il dissesto idrogeologico”.

Con riferimento a tale specifica osservazione il rappresentante del governo intervenuto alla seduta aveva precisato che “il Governo poteva soltanto accogliere come raccomandazione l'ipotesi di una successiva riconsiderazione di questa scelta [cioè di destinare i proventi della privatizzazione a finalità diversa da quella di riduzione del debito, prevista a legislazione vigente], da adottare necessariamente con atto normativo, assicurando che in tale evenienza saranno prese in considerazione le indicazioni di destinazione proposte dal parere della Commissione”


 

Agricoltura

Nel Programma nazionale di riforma (PNR) si fa presente che il 2014 rappresenta un anno fondamentale per l’agricoltura grazie alle decisioni strategiche che dovranno essere assunte per l’attuazione della riforma della politica agricola comune (PAC).

Sul fronte internazionale, l’Italia sarà una vetrina privilegiata per la valorizzazione della produzione agroalimentare in vista dell’EXPO 2015.

Le azioni programmate sono destinate ad aumentare la competitività del settore, in un’ottica di crescita sostenibile del Paese.

Particolare rilevanza, al riguardo, assume il disegno di legge, collegato alla legge di stabilità, recante misure (A.S. n. 1328) in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività agricole del settore agricolo, agroalimentare e della pesca" .

Il programma del Governo nel settore agroalimentare (articolato specificamente per il settore nel Piano d’azioni denominato #campolibero sul quale il Governo ha aperto una consultazione pubblica) prevede quindi, interventi per:

§      migliorare la competitività delle imprese e l’occupazione

-       con il riordino degli strumenti di gestione del rischio, di stabilizzazione del reddito, di regolazione dei mercati, nonché dei servizi di assistenza tecnica agli allevatori;

-       con la costituzione di una rete del lavoro in agricoltura finalizzata all’emersione del sommerso, alla lotta allo sfruttamento e all’incontro tra domanda e offerta;

-       con l’introduzione dell’etichettatura obbligatoria dell’origine della materia prima del prodotto al fine di rendere più facilmente riconoscibili i prodotti italiani, e con l’istituzione di un nuovo marchio per il Made in Italy agroalimentare, privato e facoltativo, che favorisca l’identificazione dei prodotti italiani di qualità e provenienza certificata;

-       con la realizzazione di infrastrutture informatiche finalizzate al potenziamento del commercio elettronico e di reti e infrastrutture logistiche e distributive intese a favorire la penetrazione commerciale all’estero dei prodotti;

-       con misure a favore dei giovani che intendano svolgere attività agricola (nel programma “#campo libero” si fa riferimento a mutui a tasso zero per le imprese agricole condotte da giovani che non hanno ancora compiuto 40 anni di età d all’attribuzione dello sgravio di un terzo della retribuzione lorda)

§      semplificare l’esercizio dell’attività:

-       con la riduzione delle società e degli enti vigilati in agricoltura per ridurre la spesa pubblica e consentire una maggiore efficienza nei servizi alle imprese e nelle attività di ricerca e sperimentazione;

-        con l’introduzione del registro unico dei controlli, l’eliminazione di sovrapposizioni e duplicazioni negli accertamenti e con l’estensione dell’istituto della diffida per tutti gli illeciti agroalimentari puniti con sanzioni amministrative pecuniarie;

-       con la riduzione da 180 a 60 giorni dei termini per i procedimenti amministrativi necessari per iniziare l’attività agricola, con la dematerializzare dei registri di carico e scarico, con la semplificazione delle procedure connesse all’accesso alle misure della PAC, con l’Istituzione di un Sistema Informativo per il Biologico (SIB).

 

La XIII Commissione Agricoltura della Camera ha, sin dall’inizio della Legislatura, approfondito e seguito i temi relativi alla definizione e attuazione della politica agricola comune (PAC), attraverso la programmazione di un ciclo di audizioni sul tema e l’esame delle risoluzioni presentate sull'argomento; in materia di sviluppo rurale e definizione dei contenuti dell’Accordo di partenariato, ha approvato, il 25 settembre, una risoluzione conclusiva sule priorità dello sviluppo rurale da inserire nell’Accordo, ed, il 9 aprile, i rilievi alle Commissioni V e XIV, chiamate ad esaminare il testo dell’Accordo da trasmettere definitivamente alla Commissione europea.

Sull’etichettatura dell'origine delle materie prime dei prodotti, la Commissione ha iniziato l’esame di due proposte di legge (C. 1173 e C. 427) le quali intervengono sul problema dei tempi di emanazione dei decreti attuativi della legge n. 4 del 2012, prevedendo che gli stessi siano emanati entro il termine perentorio di due mesi dalla data di entrata in vigore delle medesime proposte di legge. L’attuazione di tale legge, che prevede l’indicazione obbligatoria in etichetta dell’origine della materia prima agricola, ha destato talune perplessità in sede europea, dove ancora risulta prevalente un’impostazione tendente a ritenere incompatibile con il mercato unico la presunzione di qualità legate alla localizzazione nel territorio nazionale di tutto o di parte del processo produttivo di un prodotto alimentare. A tale principio hanno fatto eccezione solo le regole relative alle denominazioni di origine (Dop) e alle indicazioni di provenienza. Il 14 gennaio 2014 l’Assemblea della Camera ha approvato all’unanimità la mozione Sani n. 1-00311 che impegna, tra l'altro, il Governo ad adottare, compatibilmente con la normativa europea, i decreti ministeriali di attuazione previsti in tale ambito dall’articolo 4 della legge n. 4/2011.

Specifiche indagini conoscitive sono state, poi, deliberate dalla XIII Commissione per approfondire, tra l’altro, gli aspetti legati alla valorizzazione delle produzioni agroalimentari nazionali con riferimento all'Esposizione Universale Milano 2015 , le problematiche legate al credito agrario nonché le questioni legate alla necessità di una semplificazione burocratica nel comparto agroalimentare.

 

Gli interventi normativi che hanno introdotto specifiche disposizioni a favore del comparto agroalimentare sono riferibili in primo luogo al decreto-legge n.69 del 2013, cosiddetto decreto del fare, che ha previsto:

-        l’inclusione delle piccole e medie imprese agricole e del settore della pesca tra i soggetti beneficiari degli incentivi per la realizzazione di investimenti, anche tramite leasing, di macchinari, impianti, attrezzature ad uso produttivo (art. 2);

-        l’assegnazione di 150 milioni di euro una tantum - a valere sulle disponibilità esistenti del Fondo per la crescita sostenibile - per il finanziamento dei contratti di sviluppo nel settore industriale, ivi inclusi quelli relativi alla trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli (art. 3);

-        la semplificazione delle norme per la vendita diretta dei prodotti agricoli, stabilendo che, in occasione di sagre, fiere, manifestazioni a carattere religioso, benefico o politico o di promozione dei prodotti tipici o locali, non è richiesta la comunicazione di inizio attività. Qualora l'attività di vendita diretta sia svolta mediante il commercio elettronico, essa può essere iniziata contestualmente all'invio della comunicazione al comune del luogo ove ha sede l'azienda di produzione. E’ stato, quindi, consentito il consumo immediato dei prodotti oggetto di vendita, utilizzando i locali e gli arredi nella disponibilità dell'imprenditore agricolo. La vendita diretta da parte dell’impresa agricola non comporta cambio di destinazione d'uso dei locali ove si svolge l’attività e può esercitarsi su tutto il territorio comunale a prescindere dalla destinazione urbanistica della zona in cui sono ubicati i locali a ciò destinati.

 

Ulteriore provvedimento che ha previsto interventi rilevanti per il settore è la legge di stabilità per il 2014 nella quale sono stati previsti:

-        interventi a favore dei giovani imprenditori agricoli ( a loro favore devono essere destinati gli interventi per l’accesso al mercato dei capitali, gestiti da Ismea -comma 31-; nell’ambito delle operazioni di dismissione dei terreni demaniali agricoli disposte dallo Stato -comma 32- una quota minima del 20 per cento deve essere riservata alla locazione dei medesimi terreni, piuttosto che all’alienazione, accordando preferenza, in tale ambito, ai giovani imprenditori agricoli; anche nell’ambito delle operazioni di dismissione dei terreni agricoli disposte dalle regioni, province e comuni, e non solo, come era precedentemente, per le dismissioni dei terreni demaniali, si applicano le disposizioni relative alle operazioni di riordino fondiario, che prevedono, come destinatari privilegiati dei finanziamenti, i giovani agricoltori che non hanno ancora compiuto i quaranta anni -comma 34. Infine, il comma 35 interviene in merito all’utilizzazione agricola dei terreni demaniali e patrimoniali indisponibili prevedendo che, alla scadenza della concessione o di un contratto di affitto, l’assegnazione dei terreni avvenga al canone base indicato nell’avviso pubblico o nel bando di gara qualora vi sia una manifestazione d’interesse da parte di un giovane imprenditore agricolo che abbia un’età compresa tra i 18 ed i 40 anni. In caso di pluralità di richieste, si procede al sorteggio tra le stesse richieste;

-        il finanziamento, per un importo di 10 milioni, del Fondo per il finanziamento dei programmi annuali di distribuzione delle derrate alimentari agli indigenti (comma 224) e, per 5 milioni, del Fondo per la riconversione della produzione bieticola-saccarifera (comma 293). E’ stata, inoltre, autorizzata la spesa: di 1,5 milioni di euro per l’assunzione di personale operaio a tempo determinato operante presso il Corpo forestale dello Stato al fine di garantire quelle attività legate alla preservazione del territorio (comma 24); di 5 milioni di euro per il 2014 per potenziare il servizio fitosanitario nazionale.

 

Per quanto riguarda gli interventi di carattere fiscale sugli immobili agricoli, è stato previsto che per i fabbricati rurali strumentali l’aliquota massima della TASI non possa superare l’1 per mille (comma 678) mentre la misura del moltiplicatore applicabile, per la determinazione della base imponibile IMU, ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola è ridotta da 110 a 75 (comma 707, lett. c). A decorrere dall'anno 2014 i fabbricati rurali ad uso strumentale sono esentati da pagamento dell’IMU. (comma 708).

 

Sono state, altresì, ripristinate (comma 608 e 609) le agevolazioni previste per la piccola proprietà contadina e la facoltà, per le società di persone e di capitali che svolgono esclusivamente attività agricola, di optare per la determinazione del reddito su base catastale anziché in base al bilancio. Vengono, infine, riaperti i termini per la rivalutazione contabile dei terreni agricoli e viene, altresì, disposto l’incremento della misura dei consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all’impiego agevolato (comma 292).


 

Ambiente e green economy

Le misure

Il Programma nazionale di riforma contempla un’apposita sezione dedicata al tema della crescita verde e della protezione del territorio in cui sono contenute una serie di azioni con tempistica fissata al mese di novembre 2014. In tale ambito, sono compresi, in primo luogo, gli interventi contro il dissesto idrogeologico per i quali il documento fa riferimento a nuovi stanziamenti pari a 1,5 miliardi di euro. Al fine di accelerare le procedure relative alla realizzazione degli interventi si prevede, inoltre, l’istituzione di un’unità di missione. La difesa del suolo e la necessità di misure di prevenzione per contrastare il rischio idrogeologico sono da tempo all’attenzione del Parlamento, che ha sollecitato - anche con l’approvazione di atti di indirizzo - la necessità di nuove risorse. Da ultimo, la legge di stabilità per il 2014 ha previsto una serie di disposizioni per la messa in sicurezza del territorio, che destinano risorse a tali interventi.

L’art. 1, comma 7, della L. 147/2013 destina quota parte delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) al finanziamento degli interventi di messa in sicurezza del territorio, di bonifica di siti di interesse nazionale (SIN), e di altri interventi in materia di politiche ambientali. In risposta all'interrogazione n. 3-00689, il Ministro dell’ambiente, nella seduta del 12 marzo 2014, ha fornito le seguenti stime approssimative del fabbisogno finanziario per gli interventi ambientali: 7,7 miliardi per la prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico ed adattamento al cambiamento climatico; 2,5 miliardi per la bonifica dei siti inquinati e 3,5 miliardi per la tutela delle acque e la gestione delle riserve idriche.

 

Ulteriori misure programmatiche riguardano:

§      il censimento del fabbisogno e la realizzazione degli interventi di bonifica dei siti inquinati;

§      l’accelerazione degli interventi di riparazione e risanamento, da parte dei responsabili del danno ambientale, e la promozione degli investimenti di reindustrializzazione dei siti inquinati. La disciplina in materia di danno ambientale è stata modificata dall’articolo 25 della legge n. 97 del 2013 (legge europea 2013), mentre ulteriori modifiche sono prospettate nell’articolo 19 del disegno di legge europea bis in corso di esame alla Camera (C. 1864);

§      l’istituzione di un Fondo di 200 milioni di euro per la delocalizzazione di impianti industriali pesanti ubicati nei centri densamente abitati;

§      la predisposizione del regolamento per la tariffazione puntuale in materia di rifiuti, che preveda l’individuazione del peso o del volume dei rifiuti conferiti dai singoli utenti; sul punto merita ricordare le innovazioni che si sono susseguite nella tassazione in materia di rifiuti negli ultimi mesi.

 

Sul tema della crescita verde il Parlamento sta svolgendo un’intensa attività conoscitiva nel quadro dell’indagine sulla green economy in corso presso le Commissioni riunite VIII e X della Camera. Alla Camera sono, inoltre, in corso di esame i due provvedimenti – che il documento esplicitamente menziona e di cui sottolinea la necessità di una definitiva approvazione – recanti disposizioni per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (collegato alla legge di stabilità 2014 - A.C. 2093), nonché per il contenimento del consumo del suolo (C. 2039).

Il quadro delle misure programmatiche in materia ambientale è, altresì, completato, per un verso, dalla definizione di nuove forme di fiscalità energetica e ambientale, che potranno conseguire all’attuazione della relativa delega contenuta nell’articolo 15 della legge delega fiscale n. 23 del 2014 (i cui decreti attuativi – secondo quanto sottolineato nel documento – dovranno essere adottati entro il 27 marzo 2015) e il cui maggior gettito sarà destinato anche alla riduzione della tassazione sui redditi, e, per l’altro, dal riordino della normativa sui servizi pubblici locali, tra i quali i servizi in materia di rifiuti ed acqua, ai fini di una maggiore apertura del mercato e dell’aggregazione degli stessi in ambiti territoriali più ampi (per le misure concernenti i servizi pubblici locali il documento prospetta come tempistica il mese di settembre 2014).

Il documento sottolinea, inoltre, l’opportunità di un rilancio degli investimenti nel settore idrico nell’ambito dell’azione programmatica dedicata agli investimenti.

Non può dimenticarsi, infine, l’impatto sulle misure in materia ambientale, che potrà essere determinato dalle politiche in materia di coesione attraverso il completamento dei programmi di spesa cofinanziati dai fondi strutturali, nel quadro della programmazione 2007-2013, e l’adozione dell’accordo di partenariato, attualmente all’esame del Parlamento (A.G. 86), che definisce la strategia per l’impiego di tali fondi nella programmazione 2014-2020.

Per una descrizione dello stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra si rimanda all’apposito allegato, che reca la relazione del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio del mare ai sensi dell’articolo 10, comma 9, della legge n. 196/2009 (legge di contabilità e finanza pubblica) sul quale si veda il dossier n. 114/0/8/a.

Per una descrizione delle misure in materia di energia si rinvia, infine, alla sezione “imprese e competitività”.

 

La tabella seguente sintetizza l’impatto sul bilancio dello Stato, in termini di maggiori spese, delle misure della “griglia del PNR 2014”, limitatamente all’area di intervento “Ambiente ed energia”, area la cui denominazione era riportata nei precedenti PNR. Nella tabella non sono considerati gli effetti dei decreti legge ancora non convertiti o la cui legge di conversione sia stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale successivamente al 28 marzo 2014 e nemmeno gli effetti finanziari delle disposizioni del D.L. 4/2014.

 

Ambiente ed energia

2013

2014

2015

2016

2017

2018

Maggiori spese

0,0

93,5

165,5

155,5

2,5

2,5

di cui:

 

 

 

 

 

 

Dissesto idrogeologico (co. 111 ss. L. 147/2013)

 

70,0

110,0

150,0

 

 

Aree marine protette (co. 117 L. 147/2013)

 

1,0

3,0

3,0

 

 

Terra dei fuochi (art. 3, co. 2-sexies, D.L. 136/2013)

 

2,5

2,5

2,5

2,5

2,5

Bonifica/riqualificazione SIN (art. 4 D.L. 145/2013)

 

20,0

50,0

 

 

 

(importi in milioni di euro)

 

Nella tabella che segue sono, infine, illustrati gli effetti finanziari degli aggiornamenti delle misure intraprese in passato con il PNR 2012-2013, che sono valutati in termini di maggiori/minori entrate e maggiori/minori spese sia per il bilancio dello Stato, sia per le pubbliche amministrazioni e quantificati con riferimento ai relativi saldi.

(importi in milioni di euro)

Ambiente ed energia

2013

2014

2015

2016

2017

2018

Maggiori entrate

24,6

157,1

481,2

76,6

0,0

0,0

Maggiori spese

0,0

0,0

110,6

104,5

104,1

104,1

Minori entrate

5,6

133,3

931,0

946,7

0,0

0,0

Minori spese

1,5

21,9

66,0

11,7

0,0

0,0

 


 

Beni culturali e turismo

Tra le priorità del Governo cui è strettamente legata la ripresa economica del Paese, il PNR 2014 include il turismo e la cultura, soprattutto per le insite opportunità in termini di attrazione di risorse – con circa il 50% dei flussi provenienti dall’estero – e di creazione di nuovi posti di lavoro. Secondo tale visione, infatti, i settori del turismo e della cultura risultano profondamente interconnessi, in quanto è proprio dalla valorizzazione economica dell’immenso patrimonio culturale del nostro Paese (costituito da musei, monumenti, bellezze naturali, prodotti tipici e artigianali) che scaturisce il turismo.

Il forte legame tra cultura e turismo funzionale alle politiche di sviluppo territoriale, da sempre riconosciuto ma non sufficientemente valorizzato, viene sancito con il trasferimento al Ministero dei Beni, delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT) delle funzioni esercitate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di turismo. La riorganizzazione, che incide direttamente sugli obiettivi di contenimento e efficientamento della spesa pubblica e di incremento dell’efficienza amministrativa, si pone in coerenza e continuità con gli indirizzi politici di riforma e di sviluppo dei settori cultura e turismo individuati dall’azione.

Il PNR evidenzia altresì la necessità di riformare le modalità di gestione dei beni artistici e culturali, al fine di rendere gli stessi economicamente più produttivi. Nello specifico, rilevando l’esigenza di assicurare forme efficienti di gestione pubblica ovvero di individuare modalità di gestione mista o di affidamento ai privati, che possano coinvolgere anche le realtà territoriali, viene preso a modello il Grande Progetto Pompei.

Al riguardo, si ricorda che il D.L. 34/2011 (L. 75/2011) ha disposto l'adozione da parte del MIBACT di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei.

Con Decisione comunitaria n. C (2012) 2154 del 29 marzo 2012, la Commissione europea ha finanziato l’intervento quale Grande Progetto Comunitario a valere su risorse del Programma Operativo Interregionale “Attrattori culturali, naturali e turismo” FESR2007-20013 (POIn).

Da ultimo, l’art. 1 del D.L. 91/2013[4] (c.d. Valore Cultura) ha previsto, al fine di accelerare l’attuazione del Grande Progetto Pompei, la nomina di un direttore generale di progetto cui spetta, fra l’altro, definire e approvare i progetti degli interventi di messa in sicurezza, restauro e valorizzazione, assicurare l’efficace e tempestivo svolgimento delle procedure di gara per l’affidamento dei lavori e l’appalto dei servizi e delle forniture, nonché seguire la fase di attuazione ed esecuzione dei relativi contratti. Alla nomina si è proceduto con D.P.C.M. 27 dicembre 2013.

 

In particolare, nell’ambito della strategia che rappresenta il turismo e la cultura come fattori di crescita (par. I.14), il PRN 2014 prevede le seguenti iniziative, tutte riconducibili all’azione La cultura e il turismo come motore del Paese:

§      incrementare i ‘poli museali’, quali soggetti dotati di maggiore autonomia amministrativa e più facilmente misurabili in termini di responsabilità e risultati;

§      prevedere forme di forte defiscalizzazione per il mecenatismo culturale;

In proposito, si rammenta che l’art. 12 del citato D.L. 91/2013 contiene norme volte a facilitare l’acquisizione di donazioni di modico valore (fino a 10.000 euro) e ad individuare di forme di coinvolgimento dei privati nella valorizzazione e gestione dei beni culturali. I relativi decreti attuativi non risultano ancora emanati.

§      incentivare la capacità attrattiva dei musei e dei siti archeologici attraverso un ampio impiego di nuove tecnologie;

Al riguardo, si ricorda che, anche al fine di incrementare e facilitare l’accesso e la fruizione da parte del pubblico al patrimonio culturale, l’art. 2 del D.L. 91/2013 ha previsto l’attuazione di un programma straordinario per lo sviluppo delle attività di inventariazione, catalogazione e digitalizzazione del patrimonio culturale italiano, finanziato con 2,5 milioni di euro nel 2014, nel quale saranno utilizzati, a seguito di procedura concorsuale pubblica, 500 giovani di età inferiore a 35 anni.

§      internazionalizzare l’offerta culturale del nostro Paese. In particolare, si prevede di affiancare alla capitale europea della cultura una capitale italiana della cultura.

L'Azione comunitaria "Capitale europea della cultura" è stata istituita con Decisione N. 1622/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 2006, riguardante gli anni dal 2007 al 2019. L'Azione mira a valorizzare la ricchezza, la diversità e le caratteristiche comuni delle culture europee, contribuendo così a promuovere il dialogo interculturale e la comprensione reciproca fra cittadini dell'Unione Europea.

 

Nella stessa direzione si inquadra, altresì, la strategia volta ad assegnare nuova attenzione alle “aree interne” del Paese (par. I.15), nella parte in cui la stessa è finalizzata a promuovere progetti di sviluppo che valorizzino il patrimonio culturale delle medesime aree (azione: Il rilancio delle aree interne del Paese: mercato e cittadinanza) (per approfondimenti, v. infra, paragrafo “La Strategia per le aree interne” in Le Politiche di coesione territoriale).

 

Con riferimento alle ulteriori misure intraprese per il settore dei beni e delle attività culturali nel corso della XVI legislatura[5], si ricordano in particolare, le disposizioni recate dal citato D.L. 91/2013 in materia di risanamento e riorganizzazione della governance delle fondazioni lirico-sinfoniche[6], di tax credit per il cinema[7] e di rideterminazione dei criteri per l'erogazione dei contributi allo spettacolo dal vivo[8], e quelle recate dalla legge di stabilità 2014, concernenti il riordino della disciplina per la concessione dei contributi statali alle istituzioni culturali[9] e della disciplina per l'individuazione delle fondazioni lirico-sinfoniche che possono dotarsi di forme organizzative speciali[10].

 

Gli obiettivi che il Governo intende perseguire per il settore del turismo sono riconducibili alla riforma dell’intera gestione del sistema turistico nazionale. In particolare i due filoni di intervento maggiormente significativi per l’attuazione di una nuova e più organica politica del turismo, capace di sviluppare le potenzialità attrattive di capitale straniero, sono articolati da un lato nel rafforzamento degli investimenti per l’adeguamento delle strutture, dall’altro nella ridefinizione delle competenze attraverso la riforma del Titolo V, che attribuisca allo Stato le attività di promozione, indirizzo e coordinamento delle politiche turistiche.

 

Nello specifico il Governo intende:

§      adottare tempestivamente il Piano Strategico Nazionale del Turismo;

§      introdurre strumenti finanziari per incentivare gli imprenditori ad ammodernare le strutture, quali meccanismi di credito d’imposta e ammortamenti brevi di durata massima di tre anni;

§      definire misure di stimolo alla crescita dimensionale delle imprese turistiche e all’attrazione di developer turistici;

§      riconoscere, in conformità con le regole dell’Unione europea, per 3 anni benefici fiscali e contributivi alle imprese che si aggregano (anche sotto forma di rete d’impresa). Rafforzare ed estendere gli incentivi alle reti di impresa, con specifica attenzione alle imprese turistiche e culturali;

§      concedere incentivi a investimenti greenfield (aree edificabili) e brownfield (aree industriali dismesse) per sviluppo turistico che creino posti di lavoro;

§      creare percorsi di semplificazione delle procedure amministrative mirate sia a favorire investimenti stranieri nel settore, sia a facilitare le attività delle imprese turistiche e culturali italiane;

§      avviare un piano per la digitalizzazione che punti a rafforzare la presenza dei territori, delle destinazioni e delle imprese ricettive ed extra-ricettive sul web;

§      sviluppare una strategia di marketing digitale;

§      riformare gli Enti Pubblici e integrare le attività delle Amministrazioni Centrali competenti con il coinvolgimento delle Regioni;

§      definire una normativa nazionale unitaria per la classificazione alberghiera (in linea con gli standard europei e internazionali);

§      definire la nozione di ‘progetto turistico a valore strategico’ che può essere attribuita ai progetti privati che realizzino investimenti di particolare rilevanza e che siano suscettibili di aumentare la capacità competitiva del nostro sistema d’offerta;

§      incentivare gli investimenti superiori a una soglia minima, con particolare riguardo allo sviluppo di poli turistici selezionati, soprattutto nel Mezzogiorno;

§      definire un normativa nazionale per il rilancio del turismo giovanile;

§      riqualificare l’istruzione turistica con l’obiettivo di rendere maggiormente attrattive le professionalità del settore;

§      incentivare le attività turistiche a basso impatto ambientale.


 

Coesione territoriale

I fondi strutturali e il Fondo per lo sviluppo e la coesione.

Le risorse 2007-2013

Le politiche di coesione territoriale sono attuate attraverso l’utilizzo delle risorse dei fondi strutturali dell’Unione europea ad esse destinate (si tratta del Fondo sociale europeo – FSE e del Fondo europeo di sviluppo regionale – FESR), del relativo cofinanziamento nazionale, nonché delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (nuova denominazione assunta dal 2011 dal Fondo per le aree sottoutilizzate – FAS).

 

Per quanto riguarda i fondi comunitari del ciclo di programmazione 2007-2013, secondo i dati forniti dal Ministro per la coesione territoriale e pubblicati nel sito opencoesione.gov.it, la spesa certificata per i programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali ha raggiunto in Italia il 52,7% delle risorse programmate, a fronte di un obiettivo minimo di spesa (c.d. target) per il 2013 pari al 48,5%.

Le Regioni più sviluppate (Obiettivo Competitività) hanno raggiunto il 62,2%, mentre quelle meno sviluppate (Obiettivo Convergenza) hanno registrato pagamenti certificati pari al 48,3%.

Ai sensi della normativa comunitaria i pagamenti devono essere effettuati entro due anni dall’atto formale di impegno delle risorse (c.d. n+2), pena l’applicazione del c.d. disimpegno automatico. Pertanto entro il 31 dicembre 2015 le amministrazioni centrali e regionali, titolari della gestione dei 52 programmi operativi, dovranno provvedere ad effettuare pagamenti per la quota residuale pari a 22 miliardi di euro, evitando di perdere tale massa di risorse.

Il nuovo ciclo di programmazione 2014-2020

Contemporaneamente alla chiusura del ciclo 2007-2013, sono in corso di definizione gli atti programmatori relativi al ciclo 2014-2020.

Il regolamento UE n. 1303/2013, nel definire le nuove regole di programmazione, ha previsto il ricorso allo strumento dell’Accordo di partenariato, con cui ciascuno Stato membro dell’UE stabilisce il quadro strategico della programmazione nazionale relativa al periodo 2014-2020 dei fondi strutturali e di investimento europei (denominati fondi SIE), vale a dire i fondi della politica di coesione (FESR, FSE e, per i Paesi che ne beneficiano, Fondo di coesione) nonché il Fondo europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (FEASR)e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP).

 

Lo schema di Accordo di partenariato per il ciclo di programmazione 2014-2020, predisposto dal Governo italiano in collaborazione con le competenti autorità regionali e locali e in dialogo con la Commissione, è stato presentato alla Commissione europea il 9 dicembre 2013, per l’acquisizione di osservazioni e suggerimenti in merito alla strategia individuata e alla sua coerenza con le raccomandazioni espresse nei documenti elaborati dall’UE.

La Commissione, in base all’articolo 16 del regolamento n. 1303/2013, ha valutato l’Accordo e formulato osservazioni entro tre mesi dalla sua presentazione, trasmettendo le proprie osservazioni il 10 marzo 2014, ai fini della stesura definitiva dell’Accordo entro i termini previsti.

Su tale procedura si è inserita la disposizione prevista dall’articolo 1, comma 246, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014), prevedendo che, prima della stipulazione con le autorità dell'Unione europea, lo schema di Accordo sia altresì trasmesso alle Camere per l'espressione del parere, entro venti giorni, da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, corredato di una relazione che illustra le scelte strategiche da perseguire. In ottemperanza a tale adempimento il Governo ha presentato alle Camere in data 19 marzo 2014 lo schema in oggetto (Atto 86).

 

Il regolamento UE n. 1303 del 2013 ha altresì individuato due Obiettivi: “Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione” e “Cooperazione territoriale”, assegnando all’Italia risorse per oltre 32,2 miliardi di euro a valere sui fondi FSE e FESR.

 

Il regolamento n. 1303 suddivide le regioni in tre categorie: meno sviluppate (PIL pro capite è inferiore al 75% della media del PIL dell'UE a 27), in transizione (PIL pro capite tra il 75% e il 90% della media UE) e più sviluppate (PIL superiore al 90% della media UE). La loro individuazione è stata formalmente effettuata con la decisione della Commissione del 18 febbraio 2014.

 

Ripartizione delle risorse dei fondi strutturali destinate all’Italia per obiettivo
(importi in miliardi di euro, prezzi correnti)

Fondi strutturali comunitari - risorse 2014-2020

Obiettivo “Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione”, di cui:

31,1

-     Regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria Campania, Puglia, Sicilia)

22,3

-     Regioni in transizione (Abruzzo, Molise, Sardegna)

1,1

-     Regioni più sviluppate (Restanti regioni)

7,7

Obiettivo “Cooperazione territoriale europea”[11]

1,1

TOTALE

32,2

 

Lo schema di Accordo di partenariato ripartisce le risorse per 41,5 miliardi di euro, ricomprendendo anche i 10,5 miliardi del FEASR (ma non considerando le risorse destinate agli interventi dell’Obiettivo Cooperazione territoriale europea), tra le regioni (suddivise per categorie), nell’ambito degli undici Obiettivi tematici individuati dal regolamento UE n. 1303 del 2013.

Allocazione delle risorse comunitarie per Obiettivo tematico e per Fondo

(importi in milioni di euro, comprensivi di indicizzazione)

OBIETTIVO TEMATICO

FESR

FSE

TOTALE

FEASR

TOTALE

1. Rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione

3.191,0

0

3.191,0

500,0

3.691,0

2. Migliorare l'accesso alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nonché l'impiego e la qualità delle medesime

1.813,0

0

1.813,0

140,0

1.953,0

3. Promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, il settore agricolo e il settore della pesca e dell'acquacoltura

4.838,0

0

4.838,0

4.420,0

9.258,0

4. Sostenere la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori

3.123,0

0

3.123,0

1.200,0

4.323,0

5. Promuovere l'adattamento al cambiamento climatico, la preven­zione e la gestione dei rischi

847,1

0

847,1

1.850,0

2.697,1

6. Tutelare l'ambiente e promuo­vere l'uso efficiente delle risorse

2.763,3

0

2.763,3

980,0

3.743,3

7. Promuovere sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzatu­re nelle principali infrastrutture di rete

1.696,0

0

1.696,0

0

1.696,0

8. Promuovere l'occupazione e sostenere la mobilità dei lavoratori

201,8

3.859,0

4.060,8

300,7

4.361,5

9. Promuovere l'inclusione sociale e combattere la povertà

1.063,7

2.092,0

3.155,7

650,0

3.805,7

10. Investire nelle competenze, nell'istruzione e nell'apprendimen­to permanente

807,4

3.205,0

4.012,4

134,0

4.146,4

11. Rafforzare la capacità istitu­zionale e promuovere un’ammin­istrazione pubblica efficiente

210,3

376,0

586,3

0

586,3

Assistenza tecnica

677,0

368,0

1.045,0

255,0

1.300,0

TOTALE

21.231,6

9.900

31.131,6

10.429,7

41.561,3

 

Per quanto riguarda le risorse destinate al cofinanziamento nazionale relativo agli interventi cofinanziati dall'Unione europea per il periodo di programmazione 2014-2020, a valere sulle risorse dei fondi strutturali, del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), si ricorda che la Legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147/2013) ha quantificato in 24,5 miliardi di euro il cofinanziamento nazionale a carico del Fondo di rotazione[12].

La medesima legge di stabilità, all’articolo 1, commi 240-241, ha fissato il cofinanziamento nella misura massima del 70% dei programmi a titolarità delle Regioni e delle Province autonome, vale a dire i POR (Programmi Operativi Regionali). Il restante 30% è invece posto a carico delle amministrazioni titolari e degli altri organismi pubblici che partecipano ai programmi regionali.

Con riferimento agli interventi direttamente gestiti dalle Amministrazioni centrali dello Stato (PON), la quota di cofinanziamento è invece posta interamente (100%) a carico del Fondo di rotazione.

Il Fondo concorre altresì al finanziamento degli oneri relativi all'attuazione degli interventi complementari ai programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2014/2020, inseriti nella programmazione strategica definita con l'Accordo di partenariato.

Il Fondo di sviluppo e coesione

Agli interventi cofinanziati con i fondi strutturali si affiancano, come già detto, anche quelli a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC). Il FSC è uno strumento nazionale finalizzato a promuovere la coesione territoriale, attraverso investimenti nelle grandi reti infrastrutturali, immateriali e immateriali.

A tal fine la legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), all’articolo 1, comma 6, ha determinato la dotazione aggiuntiva delle risorse del Fondo relative al nuovo ciclo di programmazione 2014-2020 nella misura complessiva di 54,8 miliardi.

Di tali risorse, il comma 6 ne dispone l’iscrizione in bilancio limitatamente alla misura dell’80 per cento (43.848 milioni)[13]; la restante quota del 20 per cento (10.962 milioni), verrà iscritta in bilancio soltanto all’esito di una apposita verifica di metà periodo (da effettuare precedentemente alla predisposizione della legge di stabilità per il 2019, quindi nella primavera-estate 2018) sull’effettivo impiego delle prime risorse assegnate.

Per quanto riguarda l’utilizzo delle risorse, il medesimo comma specifica che esse sono destinate a sostenere esclusivamente interventi per lo sviluppo, anche di natura ambientale, secondo la chiave di riparto dell’80 per cento nelle aree del Mezzogiorno e del 20 per cento nelle aree del Centro-Nord

 

La legge di stabilità per il 2014 ha previsto la programmazione del Fondo Sviluppo e Coesione in stretto rapporto con quella dei fondi strutturali europei, al fine di garantire la funzionalità del Fondo medesimo rispetto ad una priorità fondamentale, nella strategia di programmazione dei fondi complessivi, quale è quella del finanziamento degli investimenti infrastrutturali.

 

Su tale punto, la relazione di accompagnamento allo schema di Accordo di partenariato in esame, predisposta dall’ex Ministro per la coesione territoriale, Carlo Trigilia, il 10 dicembre 2013, mette in evidenza come il Fondo Sviluppo e Coesione - per la sua maggiore flessibilità nella gestione dei tempi – rappresenta, nella strategia di programmazione dei fondi complessivi, lo strumento migliore per il finanziamento degli investimenti infrastrutturali considerati prioritari nel periodo di programmazione 2014-2020, ma la cui tempistica di progettazione e attuazione confligge con l’orizzonte temporale dei cicli di programmazione comunitaria e con le regole dei fondi.

Un’importante innovazione per il nuovo ciclo sarà pertanto costituita – afferma l’ex Ministro per la coesione territoriale - dal ricorso prevalente a questo strumento per la realizzazione di grandi reti infrastrutturali (ferroviarie, stradali, aeroportuali e portuali), per investimenti pubblici nel campo della prevenzione dei rischi ambientali e per il completamento e miglioramento della rete digitale (banda larga e ultra-larga).

Le risorse complessivamente disponibili per il ciclo 2014-2020

L’ammontare delle risorse destinate al ciclo di programmazione 2014-2020 può essere indicato in 110,2 miliardi di euro, così articolato:

·       le risorse europee messe a disposizione per gli interventi ricompresi nei due Obiettivi “Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione” e “Cooperazione territoriale” risultano pari, rispettivamente, a 31,1 miliardi e a 1,1 miliardi, a cui si vanno ad aggiungere le ulteriori assegnazioni del Fondo europeo per l’aiuto agli indigenti (FEAD), nell’importo di 670,6 milioni di euro, e dell’Iniziativa a favore dell’occupazione giovanile (YEI), pari a 567,5 milioni di euro, come indicato nella lettera della Commissione UE del 20 dicembre 2013. Nel complesso, dunque, per la politica di coesione l’Italia beneficia da parte dell’Unione europea di circa 33,5 miliardi di euro di risorse comunitarie;

·       la quota di cofinanziamento nazionale, per un ammontare pressoché pari alle risorse comunitarie. La quota di cofinanziamento nazionale per i fondi strutturali posta a carico del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, di cui alla legge n. 183/1987, è fissata dalla legge di stabilità per il 2014 nella misura di 24,5 miliardi di euro;

·       la quota di cofinanziamento di fonte regionale da destinare ai Programmi Operativi Regionali (POR) dei fondi strutturali (quantificabile in una cifra pari al 30 per cento del cofinanziamento complessivo del programma), corrispondente a circa 7,5 miliardi;

·       le risorse del Fondo Sviluppo e Coesione, il cui rifinanziamento per il periodo 2014-2020 è stabilito dalla legge di Stabilità per il 2014 in un importo complessivo di circa 54 miliardi di euro, riservato alle Amministrazioni centrali nella proporzione del 60% (nel ciclo 2007-2013 la proporzione è stata del 50%). Di tali risorse, se ne dispone l’iscrizione in bilancio solo limitatamente alla misura dell’80 per cento (43,8 miliardi).

 

Programmazione 2014-2020

 

 

Fondi comunitari

Cofinanziamento

FSC

Totale

Obiettivo investimenti

Obiettivo cooperazione

Risorse
YEI e FEAD

Nazionale

Regionale

 

 

31,1

1,1

1,2

24,5

7,5

43,8

109,2

 

 

Ulteriori risorse a valere sui fondi strutturali sono ricomprese negli interventi del Fondo europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (FEASR) e del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP). Per quanto riguarda il FEASR si tratta di 10,4 miliardi di risorse europee, alle quali si affiancano 7,7 miliardi di cofinanziamento nazionale a valere sulle risorse statali e 2,7 miliardi a valere sulle risorse regionali, per complessivi 20,8 miliardi.

Il FEAMP (ancora in corso di definizione) dovrebbe interessare risorse complessive per circa 1 miliardo di euro.

 

Un ruolo rilevante nell’ambito delle politiche di coesione dovrà essere svolto dall’Agenzia per la coesione territoriale, istituita dall'articolo 10 del D.L. n. 101 del 2013 e sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato. Si tratta di un organismo destinato a svolgere, in modo sistematico e organico, funzioni di monitoraggio e di controllo dell'impiego dei fondi da parte delle autorità di gestione, centrali o regionali, e soprattutto di supporto, accompagnamento e di assistenza alle autorità interessate nella gestione di procedure complesse. Entro il 1° marzo 2014 un apposito D.P.C.M. avrebbe dovuto approvare lo Statuto dell’Agenzia.

 

Si ricorda, infine, che in allegato a DEF viene presentata la relazione annuale del Ministro dello sviluppo economico al Parlamento sugli interventi nelle aree sottoutilizzate, ai sensi dell’articolo 10 della legge n. 196 del 2009.

La “Strategia per le aree interne”

Le "Aree interne" rappresentano una delle strategie per il rilancio del Paese.

Si tratta di una delle opzioni strategiche di intervento considerate nell’ambito del nuovo ciclo di programmazione delle risorse comunitarie 2014-2020, in quanto le aree interne riguardano tutto il territorio nazionale, senza distinzioni tra Nord e Sud: si tratta del 60 per cento del territorio nazionale, abitato dal 20 per cento della popolazione. Tali territori, sebbene ricchi di risorse, ambientali e paesaggistiche, culturali e del saper fare locale, hanno subito gradualmente nel tempo un processo di marginalizzazione che si è tradotto in declino demografico, calo dell’occupazione e abbandono del territorio, con gravi effetti per quanto riguarda soprattutto la tutela del suolo (dissesto idrogeologico).

 

Al fine di definire il concetto di aree interne, il territorio nazionale è stato suddiviso a livello comunale non in base ad un criterio minimo di popolazione, né secondo parametri altimetrici, ma secondo un criterio di capacità di offerta di alcuni servizi essenziali, che sono stati identificati nella presenza sul territorio di un istituto di scuola secondaria superiore, di una struttura ospedaliera sede di un DEA di primo livello e di una stazione ferroviaria classificata non inferiore a ”Silver”.

In base alla compresenza di questi tre requisiti sono stati individuati i “poli urbani” e poi i “poli intercomunali”, composti da quei comuni tra loro vicini nei quali erano presenti “congiuntamente” i tre servizi essenziali.

Conseguentemente i comuni non rientranti nei poli sono stati classificati in base ad un indicatore di “accessibilità”, calcolato in termini di minuti di percorrenza per raggiungere il polo più prossimo: i limiti sono stati fissati in meno di 20 minuti (aree periurbane o di cintura), tra 20 e 40 minuti (aree intermedie), tra 40 e 75 minuti (aree periferiche) e oltre i 75 minuti (aree ultraperiferiche). I comuni con tempi di accessibilità superiori ai 20 minuti dal polo più vicino sono stati classificatiaree interne”.

 

Per le Aree interne si propongono interventi volti a raggiungere tre obiettivi distinti e interconnessi: mettere in sicurezza il territorio, promuovere la diversità naturale e culturale presente in quelle aree e valorizzare le risorse potenziali non utilizzate per innescare processi di crescita che avranno riflessi positivi su tutto il paese.

Con l’adeguamento della qualità e della quantità dei servizi essenziali (scuola, sanità e trasporti) attraverso la strategia “Aree interne” si dovrebbe generare quell’inversione di tendenza che negli ultimi decenni ha determinato una fuga demografica da tali aree verso altri territori; contestualmente dovranno essere previsti nuovi progetti di sviluppo locale, che dovranno generare nuova occupazione sfruttando le capacità peculiari di tali aree.

 

Si ricorda che la legge di stabilità 2014, ai commi da 13 a 17, dispone il finanziamento della "strategia per le Aree interne", predisposta dal Ministro per la coesione territoriale, unitamente ad altri Ministeri ed enti pubblici, con lo specifico obiettivo di contribuire al rilancio economico e sociale di ampie porzioni del territorio nazionale che si trovano in condizioni socio-economiche marginali o di insufficiente valorizzazione.

A favore di queste aree, il comma 13 autorizza la spesa di 3 milioni per il 2014 e di 43,5 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016 a valere sulle risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie.

Tale autorizzazione di spesa è finalizzata al finanziamento di progetti pilota volti a perseguire il riequilibrio dell'offerta di servizi di base nelle aree selezionate, con riferimento prioritariamente ai servizi di trasporto pubblico locale (ivi compreso l’utilizzo dei veicoli a trazione elettrica), di istruzione e socio-sanitari.

I progetti pilota cui si fa riferimento dovranno applicarsi ad un numero ristretto di aree: non più di una per ogni regione dove le condizioni siano mature, selezionate da parte delle Regioni stesse secondo criteri generali condivisi.

Gli interventi dovranno vedere la cooperazione di diversi livelli di governo interessati (vengono indicati, a livello di amministrazioni centrali, i Ministeri dell’Infrastrutture e dei trasporti, dell’Istruzione, dell’università e ricerca e della Salute), mediante la sottoscrizione di accordi di programma quadro, e dovranno essere coordinati dal Ministro per la coesione territoriale che si avvale dell'Agenzia per la coesione territoriale.


 

Difesa

Il Documento di economia e finanza per il 2014 reca una serie di iniziative che interessano il comparto della difesa, finalizzate al contenimento e alla razionalizzazione degli oneri a carico della finanza pubblica, anche al fine di reperire risorse da destinare alla crescita economica.

 

Le misure di razionalizzazione richiamate del DEF 2014 attengono sia al settore del personale e delle infrastrutture della difesa, sia al campo delle spese militari che dovranno essere riviste anche all’esito della predisposizione di un apposito libro Bianco, “tenendo conto che l’ampio debito pubblico consente all’Italia investimenti più limitati anche in questo settore” [14] .

 

La necessità di procedere rapidamente alla elaborazione di un libro bianco della difesa è stata recentemente rilevata dal Consiglio supremo di difesa nel corso della sua ultima riunione dello scorso 19 marzo. In quella occasione il Consiglio ha rilevato che "il documento, attraverso un'attenta analisi dello scenario internazionale, dei rischi, delle esigenze di sicurezza e degli interessi del Paese, avrà lo scopo di ridefinire il quadro strategico di riferimento per lo strumento militare, gli obiettivi di efficacia e di efficienza che esso dovrà conseguire, i lineamenti strutturali e organizzativi che dovrà assumere”.

Un riferimento alla necessità di procedere rapidamente alla predisposizione di un nuovo Libro bianco della difesa “che consenta di avviare una riflessione profonda sulle ragioni e i modi di certe scelte” è contenuto anche nella proposta di documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sui sistemi d’arma attualmente all’esame della Commissione difesa della Camera e depositata nel corso della seduta dello scorso 10 dicembre.

Alla possibilità di elaborare un libro bianco sulla difesa entro il prossimo mese di dicembre ha fatto cenno il ministro della difesa Pinotti nel corso della sua audizione sulle linee programmatiche del Ministereo, tenuta lo scorso 18 marzo presso le Commissioni riunite della Camera e del Senato. Analoga iniziativa era stata, altresì, prospettata dal Ministro Mauro.

 

Ulteriori misure di contenimento riguardano la revisione delle spese concernenti le auto di servizio e le consulenze, oltre all’estensione al comparto difesa e sicurezza, entro il primo gennaio 2016, delle procedure informatiche del Dipartimento dell’Amministrazione generale, per il pagamento al personale delle competenze fisse e accessorie. Viene, inoltre, richiamato il piano di dismissione degli immobili della difesa e il progetto di revisione dei canoni di locazione degli immobili dell’Arma dei carabinieri.

 

Per quanto attiene più nel dettaglio le misure di riorganizzazione e razionalizzazione delle strutture operative, logistiche, formative, territoriali e periferiche della Difesa, il Documento pone particolare rilievo alle misure di revisione dello strumento militare che in attuazione della legge delega n. 244 del 2014 sono state previste dai decreti legislativi nn. 7 e 8 del 2014 previamente sottoposti al parere parlamentare[15]. Il Documento dà, inoltre, conto dell’approvazione, nel corso dell’attuale legislatura del regolamento di riorganizzazione delle scuole militari e degli istituti d militari di formazione dell’Esercito della marina, dell’Aeronautica e dell’Arma dei carabinieri (D.P.R. 6 agosto 2013).

 

Nello specifico le richiamate misure di riorganizzazione sono dirette a produrre i seguenti effetti:

§      una riduzione generale a 150.000 unità del personale militare delle tre Forze armate dalle attuali 190.000 unità, da attuare entro l’anno 2024;

§      una riduzione delle dotazioni organiche del personale civile della difesa dalle attuali 30.000 unità a 20.000 unità, da conseguire sempre entro l’anno 2024;

§      il riequilibrio generale del Bilancio della “Funzione difesa”, ripartendolo orientativamente in 50% per il settore del personale, 25% per l’esercizio e 25% per l’investimento;

§      una contrazione complessiva del 30% delle attuali strutture operative, logistiche, formative, territoriali e periferiche della difesa, anche attraverso la loro soppressione e il loro accorpamento, con la finalità non solo di ottimizzare l’impiego delle risorse umane e strumentali disponibili, ma anche di contenere il numero delle infrastrutture in uso al Ministero della difesa.

 

Tali misure si sommano a quelle già contemplate in precedenza dal decreto legge n. 92 del 2012 ( c.d. spending review) il quale, nell’individuare una serie di iniziative volte alla revisione della spesa pubblica anche nel settore della difesa aveva previsto una riduzione dell’organico complessivo del personale militare a 170.000 unità e di quello civile a 27.800, da attuare entro il primo gennaio del 2016[16].


 

Edilizia e politiche abitative

Nella sezione I del Programma di stabilità del DEF sono riportati i dati del settore delle costruzioni, che continua ad attraversare una fase di forte difficoltà.

Gli interventi programmatici sul fronte dell’edilizia e delle politiche abitative sono previsti nell’azione “Il Piano casa e le imprese sociali” del PNR con tempistica fissata nel mese di aprile 2014. Le misure ivi elencate sono sostanzialmente quelle previste nel decreto legge n. 47 del 2014, che reca misure urgenti per l’emergenza abitativa e che è in corso di esame al Senato (A.S. 1413). Tra tali misure si segnalano in particolare:

§       l’incremento rispettivamente di 100 milioni di euro del Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione e di 226 milioni del Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli (art. 1);

§       la riduzione dell’aliquota della cedolare secca per i contratti a canone concordato dal 15 al 10%, per il quadriennio 2014-2017 (art. 9) ;

§       la previsione di un piano di recupero di immobili e alloggi di edilizia residenziale pubblica (ex IACP), finanziato, tra l’altro, con le risorse rivenienti dalle revoche degli stanziamenti destinati alle infrastrutture strategiche - di cui all'articolo 1, comma 79, della legge n. 147 del 2013 - nel limite massimo di 500 milioni di euro (art. 4, comma 2);

§       la destinazione di un finanziamento di 67,9 milioni per recuperare ulteriori alloggi da destinare alle categorie sociali disagiate (art. 4, commi 4 e 6);

§       l’offerta di acquisto degli alloggi ex IACP agli inquilini e la destinazione del ricavato al recupero e alla realizzazione di nuovi alloggi; in proposito, si segnala che l’articolo 3, comma 2, istituisce un apposito Fondo, con una dotazione di 18,9 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020, che opera attraverso un conto corrente di tesoreria, destinato alla concessione di contributi in conto interessi su finanziamenti per l'acquisto degli alloggi di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati;

§       l’assegnazione per gli anni 2014-2016 ai soggetti titolari di contratti di locazione di alloggi sociali adibiti a propria abitazione principale di una detrazione a fini IRPEF fino a 900 euro (art. 7);

§       la non concorrenza, nella misura del 40 per cento, alle imposte sui redditi (IRPEF/IRES) ed IRAP, dei redditi derivanti dalla locazione di alloggi sociali di nuova costruzione o di realizzazione mediante interventi di manutenzione straordinaria o di recupero su un fabbricato preesistente, fino all’eventuale riscatto dell’immobile da parte del conduttore e comunque per un periodo non superiore a dieci anni dalla data di ultimazione dei lavori di costruzione o manutenzione e recupero (art. 6);

§       il riconoscimento della facoltà di riscatto per il conduttore di un alloggio sociale trascorsi almeno 7 anni dalla stipula del contratto di locazione (art. 8, comma 1);

§       la previsione di misure per la lotta all’occupazione abusiva; al riguardo, si segnala che l’articolo 5 del citato decreto dispone che chiunque occupi abusivamente un immobile non possa chiedere la residenza né l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo prevedendo anche la nullità ex lege degli effetti degli atti emessi in violazione di tale divieto.

 

Il documento reca interventi programmatici sul fronte della valorizzazione del mercato immobiliare, che sono orientati alla liberalizzazione del mercato delle grandi locazioni a uso non abitativo e all’introduzione di facilitazioni e gratuità per i cambi di destinazione d’uso degli immobili, in particolare di quelli inutilizzati o occupati da imprese in difficoltà nel rispetto delle esigenze di tutela del paesaggio e dei volumi esistenti degli edifici. Il documento precisa che tale regime potrebbe essere esteso anche al cambio di destinazione d’uso nelle aree edificabili libere con destinazione non residenziale nell’ambito di piani e programmi attuativi di iniziativa pubblica o privata destinati per almeno il 70 per cento della volumetria complessiva a housing sociale e/o a alloggi per il personale delle Forze Armate, di Polizia e Vigili del Fuoco. Per le misure precedentemente elencate il documento prevede una tempistica di realizzazione nel mese di novembre 2014.

Ulteriori interventi nel settore dell’edilizia riguardano la semplificazione del sistema delle autorizzazioni attraverso la predisposizione di modelli standard (con una tempistica fissata al mese di ottobre 2014).

Per una descrizione delle misure programmatiche in materia di edilizia scolastica si rinvia, infine, alla sezione delle “politiche per la scuola e l’università”.

 

Il Governo intende inoltre migliorare l’efficienza del mercato immobiliare tramite lo sviluppo di investitori istituzionali, e in particolare delle Società di Investimento Immobiliare Quotate (SIIQ). A tal fine il Governo si propone di:

§       uniformare la normativa fiscale delle SIIQ a quella dei fondi immobiliari;

§       favorire la creazione di SIIQ;

§       rendere più flessibile la gestione degli investimenti;

§       introdurre benefici fiscali vincolati al finanziamento di opere pubbliche da parte delle SIIQ.


 

Fisco e finanze

Il taglio del cuneo fiscale e dell’IRAP

Tra le misure che il Governo ritiene possano avere impatto immediato vi è la revisione della fiscalità, soprattutto attraverso la riduzione delle imposte gravanti sulle fasce più basse di reddito da lavoro dipendente e del cuneo fiscale.

Tali riforme si inquadrano, tra l’altro, nelle misure volte ad adempiere alla Raccomandazione n. 5 della Commissione europea e, in particolare, nell’invito a trasferire il carico fiscale da lavoro e capitale a consumi, beni immobili e ambiente, al contempo assicurando la neutralità di bilancio.

Nell’intento del Governo, la riduzione dell’imposizione sul reddito potrebbe avere la funzione di stimolo all’offerta di lavoro e di riduzione della povertà, in quanto foriera di effetti positivi sui consumi e sulla crescita.

Il Governo intende stanziare risorse per incrementare, a partire dal 2015, l’aumento del reddito disponibile di lavoratori dipendenti e assimilati (co.co.co.) in modo da beneficiare, in particolare, i percettori di redditi medio - bassi.

 

Più in dettaglio, a partire da maggio 2014 i dipendenti che percepiscono oggi fino a 1500 euro mensili (al netto IRPEF) conseguiranno un “guadagno in busta paga” di circa 80 euro mensili. L’intervento dovrebbe sostanziarsi in un aumento delle detrazioni per lavoro dipendente, tale da generare una perdita di gettito di 6 miliardi nel 2014 e 10 negli anni successivi. La misura coinvolgerebbe i lavoratori dipendenti con reddito lordo inferiore a 25 mila euro (circa 10 milioni di persone) i quali riceverebbero in busta paga un ammontare di circa 1.000 euro netti annui a persona.

 

Il Governo intende fornire l’opportuna copertura finanziaria alla misura (il cui onere è valutato in 10 miliardi a regime) mediante la revisione della spesa. I dettagli di tale modalità di copertura saranno definiti nell’apposito provvedimento di legge.

 

Siffatto aumento del reddito disponibile - apprezzabile in particolare per le fasce di reddito medio basse – è strettamente connesso all’obiettivo di rilancio dei consumi e delle prospettive di crescita.

 

Si ricorda che la legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 127 della legge n. 147 del 2013) ha rimodulato la misura delle detrazioni IRPEF spettanti per i redditi derivanti da lavoro dipendente ed altre categorie assimilate. Rispetto alle norme previgenti è stato innalzato l’importo della detrazione spettante anche per i redditi non superiori a 8.000 euro e sono stati rimodulati sia gli importi delle detrazioni, sia le fasce di reddito per cui esse spettano.

 

Sotto un diverso versante, il Governo intende ridurre la tassazione sul lavoro dal lato delle imprese, rinviando tuttavia la misura al momento in cui verranno reperite le risorse necessarie.

Nel breve periodo è prevista una prima riduzione mediante il taglio dell’IRAP del 10 per cento, che verrà introdotto con specifico provvedimento, cui si farà fronte attraverso il contemporaneo aumento della tassazione sulle attività finanziarie.

Si ricorda che la citata legge di stabilità 2014 ha disposto l’applicazione a regime delle deduzioni IRAP per l’incremento di base occupazionale (articolo 1, comma 132 della legge n. 147 del 2013). In particolare, viene prevista la possibilità, per i soggetti passivi IRAP, di dedurre il costo del personale, ove stipulino contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato ad incremento d'organico a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014. In materia di agevolazioni IRAP, si ricorda che già l'articolo 2 del D.L. 201 del 2011 aveva reso integralmente deducibile ai fini delle imposte dirette (IRES e IRPEF), la quota di IRAP dovuta relativa al costo del lavoro. Il medesimo provvedimento ha altresì incrementato le agevolazioni IRAP per l’assunzione di lavoratrici e giovani di età inferiore ai 35 anni. Di segno analogo è l'intervento recato con la legge di stabilità 2013 (articolo 1, commi 484 e 485 della legge n. 228 del 2012), che ha modificato la disciplina delle deduzioni IRAP, elevando gli importi per i lavoratori assunti a tempo indeterminato e per i contribuenti di minori dimensioni.

 

L’articolo 2 (commi da 6 a 12) del decreto-legge n. 138 del 2011 ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2012, la complessiva revisione del sistema impositivo dei redditi di natura finanziaria, al fine di unificare le aliquote del 12,50 per cento e del 27 per cento, previste sui redditi di capitale e sui redditi diversi, ad un livello intermedio fissato al 20 per cento. Restano esclusi dall’ambito di applicazione della riforma, tra gli altri, i titoli di Stato ed equiparati, i titoli emessi da altri Stati (cd. white list, vale a dire i paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni), i titoli di risparmio per l’economia meridionale, i piani di risparmio a lungo termine e le forme di previdenza complementare.

Occorre ricordare altresì, tra gli interventi adottati in materia di IRPEF, le misure di tassazione agevolata dei contratti di produttività (con applicazione di una imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali fissata in misura pari al 10%), operativa anche per il 2014 (ai sensi dell’articolo 1, commi 481-482, della legge n. 228 del 2012), nonché le misure di housing sociale introdotte dal D.L. n. 47 del 2014 (in particolare, per gli anni 2014-2016, l’assegnazione ai soggetti titolari di contratti di locazione di alloggi sociali adibiti a propria abitazione principale di una detrazione, il cui quantum è legato al reddito, fino all’ammontare massimo di 900 euro).

 

Da ultimo, si affida la riduzione strutturale della pressione fiscale - attraverso il Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale, istituito dal D.L. 138/2011 - alle maggiori entrate rivenienti dal contrasto all’evasione, nonché dalla progressiva limitazione dell’erosione fiscale (cd. tax expenditures), come indicato nel paragrafo successivo.

 

Per un approfondimento sulle misure adottate in materia, si rinvia alla documentazione web predisposta dal Servizio Studi sulla tassazione delle persone fisiche e del settore produttivo.

L’attuazione della delega fiscale

Attraverso l’attuazione della delega fiscale il Governo si impegna ad attuare una semplificazione complessiva degli adempimenti fiscali per famiglie e imprese. Una misura significativa che il Governo intende assumere è la trasmissione diretta ai contribuenti di una parte delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche precompilate, come avviene già in altri Paesi europei.

 

Maggiore trasparenza del sistema fiscale e significative semplificazioni deriveranno dalla revisione delle cosiddette “spese fiscali” (tax expenditures) che risulteranno ingiustificate, obsolete, ovvero duplicate. Tale processo di revisione sarà inserito in modo sistematico nelle procedure di bilancio.

L’attuazione della delega fiscale interverrà in particolare nei seguenti settori:

1.    riforma del catasto, finalizzata ad attribuire a ciascuna unità immobiliare un valore patrimoniale e la rendita utilizzando i valori medi ordinari espressi dal mercato immobiliare di riferimento e assicurando meccanismi di adeguamento periodico;

2.    ridefinizione dell’abuso del diritto unificata a quella dell’elusione, estesa a tutti i tributi e non limitata a fattispecie particolari e corredata dalla previsione di adeguate garanzie procedimentali;

3.    revisione delle sanzioni penali e amministrative, secondo criteri di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti;

4.    miglior funzionamento del contenzioso e della riscossione dei tributi degli enti locali;

5.    revisione delle procedure in materia di tutoraggio e “cooperative compliance”;

6.    revisione dell’imposizione sui redditi di impresa, per rendere più neutrale il sistema tributario e favorire la patrimonializzazione delle imprese in continuità con l’ACE;

7.    tutela dell’ambiente attraverso nuove forme di fiscalità energetica e ambientale che possano consentire anche la riduzione del prelievo sui redditi.

 

Il Governo prevede di adottare tutti i decreti legislativi entro marzo 2015 (termine di scadenza della delega). Il completamento della riforma del catasto richiederà almeno 4 anni.

 

La lotta all’evasione è ritenuta essenziale per restituire efficienza ed equità all’intero sistema e per ricostruire un rapporto di fiducia tra amministrazione fiscale e cittadini. Il Governo considera prioritario contenere l’impatto dell’attività di accertamento sullo svolgimento dell’attività economica dei contribuenti. Pertanto, per migliorare l’efficacia dei controlli, si intende potenziare l’utilizzo delle informazioni già contenute nelle banche dati a disposizione dell’amministrazione finanziaria e la cooperazione con altre autorità pubbliche.

 

Per quanto riguarda la cooperazione internazionale nella lotta all’evasione, il PNR ricorda il mandato conferito (a maggio 2013) alla Commissione Europea per negoziare nuove condizioni per la cooperazione fiscale con 5 paesi terzi (Svizzera, Liechtenstein, Monaco, Andorra e San Marino) sulla tassazione dei redditi da risparmio, al fine di ottenere che lo scambio automatico delle informazioni fiscali sia standard comune, superando la fase della ritenuta sui redditi da risparmio dei cittadini non residenti.

 

Viene anche ricordata la convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi fiscali, siglata tra la Repubblica di San Marino e la Repubblica Italiana. In particolare, col Protocollo di modifica firmato a Roma il 13 giugno 2012, si è intervenuti sulla parte della Convenzione che riguarda lo scambio di informazioni fiscali, allineandole pienamente ai più recenti standard OCSE; si prevede altresì la caduta del segreto bancario in tutti i casi in cui ciò serva al contrasto dell’evasione e frodi fiscali negli stati contraenti.

 

A gennaio 2014 Italia e USA hanno firmato l’accordo per applicare la normativa del Foreign Account Tax Compliance Act (FATCA), ai sensi del quale lo scambio automatico d’informazioni dovrà avere luogo su basi di reciprocità; detta cooperazione riguarderà i conti detenuti negli Stati Uniti da soggetti residenti in Italia e quelli detenuti in Italia da cittadini e residenti americani. Tra i dati oggetto dello scambio di informazioni ci sono quelli identificativi del titolare del conto, il numero di conto, l’istituzione finanziaria che effettua la comunicazione, il saldo o il valore del conto. L’accordo, oltre alla reciprocità dei flussi informativi, esenta inoltre dalla ritenuta del 30 per cento sui pagamenti di fonte statunitense e semplifica gli oneri di adempimento per gli intermediari finanziari italiani.

 

Nell’alveo delle politiche di tax compliance, per il miglioramento dell’interazione tra fisco e contribuenti, si inserisce il dibattito parlamentare sulla cd. voluntary disclosure. Il 1° aprile 2014 la VI Commissione Finanze ha avviato l'esame degli A.C. 2247 e 2248, i quali intendono sostanzialmente riproporre il contenuto dell’articolo 1 del decreto-legge n. 4 del 2014, soppresso durante l'esame parlamentare del disegno di legge di conversione. Le proposte introducono nell’ordinamento la disciplina della collaborazione volontaria in materia fiscale per consentire la regolarizzazione di capitali non dichiarati detenuti all’estero (voluntary disclosure). La regolarizzazione riguarda violazioni commesse sino al 31 dicembre 2013 e può essere effettuata entro il 30 settembre 2015; ciò in coerenza con le linee guida tracciate dall’OCSE nel quadro di una armonizzazione più vasta e incisiva della lotta ai fenomeni di illecito fiscale internazionale. La collaborazione volontaria non comporta riduzioni delle imposte e anonimato (come nei precedenti “scudi fiscali”), ma meccanismi diversificati di riduzione ovvero limitazione delle sanzioni amministrative relative alla violazione di obblighi dichiarativi e la non punibilità per alcuni reati fiscali relativi ai medesimi obblighi. Il Governo indica nel mese di settembre 2014 la tempistica relativa alle misure in materia di voluntary disclosure.

 

Sempre nell’ambito della lotta all’evasione, si ricorda l’istituzione della Commissione Greco (Gruppo di studio autoriciclaggio costituito con decreto del Ministro della Giustizia dell’8 gennaio 2013) incaricata di procedere alla ricognizione e all’analisi critica del complesso degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle convenzioni e ai trattati internazionali in materia di contrasto e prevenzione del riciclaggio. Obiettivo principale del Gruppo è stato quello di studiare il riciclaggio nelle sue varie manifestazioni, nella prospettiva, in particolare, di elaborare una proposta di modifica legislativa per estendere, a determinate condizioni, la punibilità per riciclaggio anche all’autore o al concorrente nel reato-presupposto che ha generato i proventi illeciti (c.d. autoriciclaggio). Il Gruppo di studio ha formulato le seguenti proposte alternative:

i)          previsione di un’unica fattispecie, che comprenda riciclaggio e autoriciclaggio, mediante l’eliminazione della attuale clausola di riserva di cui al vigente art. 648 bis c.p. (‘Fuori dei casi di concorso’);

ii)         costruzione di un’autonoma fattispecie di autoriciclaggio, circoscrivendo il suo ambito di applicazione soltanto ad alcune delle condotte oggi punibili a titolo di riciclaggio (condotte di sostituzione o trasferimento di denaro, beni o altra utilità di provenienza delittuosa con finalità speculative, economiche o finanziarie nonché di impiego con le medesime finalità).

Entrambe le proposte prevedono il mantenimento dell’attuale cornice edittale della reclusione (da quattro a dodici anni), con aumento della multa (che può variare a seconda delle ipotesi da euro 5.000 a 50.000 oppure da euro 10.000 a 100.000). In parallelo si sono valutati interventi modificativi della normativa antiriciclaggio, prevista dal D.Lgs. 231/2007, volti a porre rimedio ad alcune difficoltà applicative, con particolare riguardo al quadro delle sanzioni penali e amministrative e agli approfondimenti delle segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio.

Il dott. Greco, audito dalla Commissione Finanze della Camera il 9 aprile 2014, ha affermato l’opportunità che l’introduzione della procedura di voluntary disclosure sia accompagnata dalla riforma del reato di riciclaggio (con la previsione della fattispecie del c.d. autoriciclaggio), sottolineando la stretta connessione tra le due riforme.

 

Nel corso del 2013 l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato le istruzioni operative per l’applicazione dell’accertamento sintetico, c.d. ‘redditometro’, per mezzo del quale gli uffici dell’Agenzia possono determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d'imposta. Il Garante per la privacy ha dato il via libera al nuovo redditometro, ma ha prescritto all'Agenzia delle Entrate l'adozione di una serie di misure e accorgimenti per ridurre al minimo i rischi per la privacy delle persone e nel contempo rendere lo strumento di accertamento più efficace nella lotta all'evasione fiscale.

 

In tale ambito si inserisce la riforma dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) operata dal D.P.C.M. n. 159/2013 al fine di rendere più trasparente la concessione di agevolazioni fiscali o benefici assistenziali. La riforma dell’ISEE prevede una definizione più ampia del reddito e un maggior peso della situazione patrimoniale, ma anche una maggiore attenzione alle famiglie più numerose e alle situazioni di disabilità.

 

Per quanto riguarda le riforme già avviate nel 2013, oltre all’approvazione della delega fiscale, il Governo ricorda che con la legge di stabilità 2014 è stato rivisto l’impianto della tassazione immobiliare: è stata abolita l’IMU sull’abitazione principale non di lusso e su alcune fattispecie assimilate e, contemporaneamente, è stata abrogata la TARES. Contestualmente è stata introdotta l’imposta unica sui servizi comunali (IUC). Tale tributo grava su coloro che possiedono o detengono a qualsiasi titolo locali o aree scoperte e, a eccezione delle abitazioni principali, ha anche una componente patrimoniale. La IUC comprende una componente riferita ai servizi, articolata in un tributo per i servizi indivisibili (TASI), a carico sia del possessore che dell’utilizzatore dell’immobile e una tassa sui rifiuti (TARI) destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell’utilizzatore. Tali misure si inseriscono nel quadro delle risposte alla raccomandazione europea (CSR n. 5) volta alla semplificazione fiscale.

 

Il D.L.102/2013 ha ridotto di quattro punti percentuali l’aliquota per la cedolare secca sui canoni concordati portandola così al 15 per cento dal 2013 per i contratti a canone concordato per le abitazioni situate nei Comuni con carenze di disponibilità abitative o in quelli ad alta tensione abitativa. Il decreto per l’emergenza abitativa (D.L. n. 47 del 2014) ha rivisto al ribasso, per il quadriennio 2014-2017, l’aliquota portandola al 10 per cento. Nel c.d. “piano casa” il Governo prevede l’assegnazione per gli anni 2014-2016 ai soggetti titolari di contratti di locazione di alloggi sociali adibiti a propria abitazione principale di una detrazione legata al reddito fino a 900 euro. Si prevede, inoltre, che i redditi derivanti dalla locazione di alloggi nuovi o ristrutturati non concorrano alla formazione del reddito d’impresa ai fini IRPEF/IRES e IRAP nella misura del 40 per cento per un periodo non superiore a dieci anni dalla data di ultimazione dei lavori. Si riconosce la facoltà di riscatto per l’inquilino, trascorsi almeno 7 anni dalla stipula del contratto di locazione, dell’unità immobiliare.

La riduzione strutturale della pressione fiscale

Il comma 36 dell’articolo 2 del D.L. n. 138 del 2011 prevede che il DEF contenga la valutazione delle maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate nell'anno precedente derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale. Le predette entrate, unitamente alle risorse derivanti dalla riduzione delle spese fiscali, in un Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale e sono finalizzate al contenimento degli oneri fiscali gravanti sulle famiglie e sulle imprese, secondo le modalità di destinazione e di impiego indicate nel medesimo Documento di economia e finanza.

Anche la delega fiscale (legge 11 marzo 2014, n. 23) destina le maggiori entrate rivenienti dal contrasto all’evasione fiscale e dalla progressiva limitazione dell’erosione fiscale al Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale istituito dal decreto-legge n. 138 del 2011.

Si ricorda al riguardo che i commi 431-435 della legge di stabilità 2014 hanno istituito un ulteriore Fondo per la riduzione della pressione fiscale, utilizzando le risorse derivanti dai risparmi di spesa prodotti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, nonché dalle attività di contrasto all'evasione fiscale. Tali entrate devono essere finalizzate alla riduzione della pressione fiscale sul lavoro, con specifico riferimento all’incremento delle deduzioni IRAP e detrazioni IRPEF.

 

Negli ultimi anni l’Amministrazione finanziaria ha conseguito risultati confortanti sul fronte del contrasto all’evasione e alle frodi fiscali: oltre 36,2 miliardi di maggiori entrate tributarie sono stati assicurati all’erario nel triennio 2010-2012. Complessivamente, il gettito incassato nel 2013, tra tributi erariali e non erariali, riferito all’attività di accertamento e controllo, si è attestato a circa 13,1 miliardi di euro (+ 5 per cento rispetto all’anno precedente). Di tale importo, circa 10,7 miliardi di euro sono riferiti ai tributi erariali. Tale dato corrisponde a quanto dichiarato il 2 aprile scorso nel corso di un'audizione presso la Commissione Finanze del Senato dal Direttore dell'Agenzia delle entrate, il quale ha evidenziato l'incremento del riscosso da attività di controllo, che è passato dai 3,8 miliardi del 2001 a circa 13,1 miliardi di euro dell’ultimo esercizio. Va sottolineato l’andamento positivo dei versamenti diretti (9,2 miliardi nel 2013 a fronte di 8,2 miliardi nel 2012) e la flessione, invece, delle riscossioni da ruolo legata principalmente alle misure adottate in considerazione della crisi economica.

 

Per la valutazione delle maggiori entrate nei termini disposti dalla citata disposizione legislativa viene considerato il gettito incassato sui pertinenti capitoli/articoli di entrata del solo bilancio dello Stato per l’anno 2013. Gli incassi contabilizzati nel 2013 (10,7 miliardi di euro) rispetto alle previsioni di cassa iscritte in bilancio nell’anno medesimo (10 miliardi di euro) evidenziano uno scostamento positivo di 0,7 miliardi di euro; mentre, rispetto agli incassi del 2012 (10,2 miliardi di euro), le maggiori entrate realizzate nel 2013 sono pari a +0,5 miliardi di euro. Gli incassi effettivamente realizzati nel 2013 presentano una componente strutturale sostanzialmente analoga a quella registrata nell’anno precedente, compresa nell’intervallo che va da 4,3 a 4,7 miliardi di euro.

 

Rispetto a tali maggiori entrate (+0,5 miliardi di euro nel 2013) il Governo ritiene prudenziale considerare, ai fini della eventuale destinazione alla riduzione della pressione fiscale, la quota di 0,3 miliardi di euro non considerata nei tendenziali.

 

Per il 2014 è indicato nello stato di previsione dell’entrata del bilancio dello Stato una previsione di cassa sui pertinenti capitoli/articoli di 9,5 miliardi di euro circa.

Le privatizzazioni - Dismissione del patrimonio immobiliare

Nell’ottica della riduzione del debito pubblico, recuperando spesa improduttiva, il Governo intende valorizzare e dismettere il patrimonio immobiliare. A tal fine occorre rendere pienamente efficace il federalismo demaniale, con il trasferimento dei beni immobili non utilizzati dallo Stato a Comuni, Province, Città Metropolitane e Regioni. Si vuole, inoltre, potenziare il ruolo di INVIMIT, SGR immobiliare controllata al 100% dal MEF, e dell’Agenzia del demanio nella valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico.

Con riferimento alle dismissioni dei beni immobili, nel corso del 2013 è stata realizzata un’operazione di cessione, mediante trattativa diretta, per un valore complessivo di circa 490 milioni; ulteriori 47 sono stati realizzati dall’Agenzia del Demanio. Per gli anni 2014-2016 il Governo ha previsto un programma straordinario di dismissioni immobiliari e privatizzazioni che prefigura introiti per 0,7 punti di PIL all’anno nel triennio 2014-2017. Cardine del processo di valorizzazione e dismissione degli immobili pubblici è la creazione di un sistema integrato di fondi immobiliari, con l’obiettivo di accrescere l’efficienza dei processi di sviluppo e di valorizzazione dei patrimoni immobiliari di proprietà degli enti territoriali. A tale proposito il Governo ha semplificato la procedura di trasferimento con riferimento ai beni immobili di proprietà dello Stato (in attuazione della CSR 2013 n. 1, Country Specific Reccomendation: riduzione del debito).

INVIMIT (Investimenti Immobiliari Italiani, Società di Gestione del Risparmio, S.p.A.): costituita nel 2013 è diventata operativa da ottobre, con un capitale sociale di 8 milioni. A marzo 2014 INVIMIT ha istituito il Fondo Comune di Investimento Chiuso Immobiliare a Comparti – i3 Core, un fondo di fondi suddiviso in due comparti: Territorio e Stato. Il fondo sarà totalmente sottoscritto da INAIL per 1,4 miliardi di euro con una durata di 30 anni. (in attuazione della CSR 2013 n. 1, Country Specific Reccomendation: riduzione del debito).

Agenzia del demanio: riveste un ruolo centrale per la valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico. Si segnala l’avvio del Progetto ValorePaese che prevede la valorizzazione e la gestione efficiente degli immobili dello Stato e degli enti locali, attraverso lo strumento della concessione di valorizzazione fino a 50 anni. Il PNR prevede, inoltre, di rafforzare la possibilità per l’Agenzia del demanio di aggregare le iniziative del territorio in modo che facciano sistema e di canalizzare le risorse pubbliche, anche europee, sugli immobili pubblici.

Federalismo demaniale: con il D.L. n. 69 del 2013 è stata semplificata la procedura di trasferimento degli immobili dello Stato e dei beni in uso alla Difesa a favore degli enti locali. Dal 1° settembre fino al 30 novembre 2013 i Comuni, le Province, le Citta metropolitane e le Regioni hanno potuto presentare richiesta di acquisizione degli immobili dello Stato. Nell’ambito di tale procedura sono pervenute all’Agenzia del demanio 9.367 richieste. Tali beni potranno successivamente essere inseriti dalle Regioni e dagli enti locali anche in processi di dismissione.

Ampliamento delle fonti di finanziamento per le imprese

Al fine di migliorare la competitività d’impresa si intende attuare, entro settembre 2014, un business environment migliore, potenziando il credito di imposta per la ricerca e rafforzando lo strumento della garanzia pubblica e dell’intervento del Fondo centrale di garanzia, per riattivare il credito alle imprese, in particolare per quelle di piccole e medie dimensioni.

 

Tale strategia contempla altresì, entro il medesimo termine, un ampliamento delle fonti di finanziamento per le imprese (ad esempio mediante una maggior canalizzazione del risparmio verso minibond e fondi di credito), per superare l’attuale sistema imprenditoriale fortemente bancocentrico.

 

Secondo quanto illustrato nel DEF, infatti, la revisione al ribasso della crescita è attribuibile, nel breve periodo, proprio al persistere della restrizione nella concessione del credito al settore privato.

 

Altre misure riguardano, oltre alla destinazione di ulteriori risorse sul pagamento dei debiti commerciali della pubblica amministrazione e alla riduzione di almeno il 10% dei costi della bolletta energetica, una serie di interventi tesi a favorire l’internazionalizzazione delle imprese, tra i quali si ricordano, in questa sede, lo sportello unico doganale e la revisione della deducibilità di alcuni costi di transazione commerciale.


Le politiche fiscali

Le politiche fiscali e finanziarie intraprese dal Governo si inseriscono nel quadro degli impegni internazionali dell’Italia e, in particolare, nelle raccomandazioni specificamente formulate dal Consiglio europeo per il 2013 (CRS) e nelle priorità individuate per il 2014 dalla Commissione europea all’esito dell’esame dell’Analisi Annuale della Crescita (AGS).

 

Una parte qualificante degli interventi disposti con la manovra di fine anno (legge di stabilità, L. n. 147 del 2013) riguarda la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro. Le misure determinano complessivamente una riduzione del prelievo di 2,6 miliardi nel 2014, 2,9 miliardi nel 2015 e 3,1 miliardi a partire dal 2016. A favore dei lavoratori è previsto l’incremento delle detrazioni IRPEF sui redditi da lavoro dipendente (per circa 1,5 miliardi nel 2014 e 1,7 miliardi a partire dal 2015).

 

Per le imprese si dispongono sgravi sui contributi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e la riduzione dell’IRAP sulla quota lavoro per i nuovi assunti a tempo indeterminato per complessivi 1,0 miliardi nel 2014, 1,2 miliardi nel 2015 e 1,4 miliardi a partire dal 2016.

 

E’ stato rafforzato il cosiddetto aiuto alla crescita economica (ACE), contribuendo a favorire la capitalizzazione e il ricorso al capitale di rischio, con una riduzione del prelievo fiscale pari a circa 0,7 miliardi per ogni anno.

 

Gli interventi disposti nel settore bancario e assicurativo, relativamente alla disciplina della deducibilità fiscale delle rettifiche su crediti e delle perdite su crediti derivanti da elementi certi, e a quella riguardante la cancellazione dei crediti dal bilancio redatto secondo i principi contabili nazionali, determinano un iniziale incremento del prelievo netto di circa 2,2 miliardi, cui si contrappone una riduzione negli esercizi successivi dai circa 600 milioni del 2015 ai 3,9 miliardi del 2018.

 

Viene rivista, inoltre, la disciplina complessiva delle imposte sul patrimonio immobiliare, con una riduzione del prelievo di 1,0 miliardi l’anno.

 

Le maggiori entrate previste dalla Legge di Stabilità sono riconducibili: all’aumento dell’imposta di bollo per le comunicazioni relative agli strumenti finanziari dall’1,5 al 2,0 per mille (1,1 miliardi nel 2014 e 0,6 miliardi dal 2015), alle nuove procedure per la compensazione dei crediti relativi alle imposte dirette per importi superiori a 15 mila euro l’anno (per circa 0,5 miliardi l’anno) e all’introduzione di un’imposta sostitutiva per la rivalutazione dei beni d’impresa risultanti in bilancio al 31 dicembre 2012 (0,9 miliardi per i primi tre anni).

 

Ulteriori risorse derivano dal programma straordinario di dismissioni degli immobili pubblici, compresi quelli del Ministero della difesa e non utilizzati per finalità istituzionali, da cui è atteso un miglioramento dell’indebitamento netto per 1,5 miliardi nel triennio 2014-2016.

 

Successivamente, il decreto legge n. 4 del 2014 ha disposto, a saldi sostanzialmente invariati, una ricomposizione del bilancio con una riduzione delle entrate di circa 0,5 miliardi nel 2014, 0,8 miliardi nel 2015 e 0,6 miliardi a partire dal 2016, cui corrisponde una analoga riduzione delle spese. Al fine di evitare l’adozione di provvedimenti per la riduzione delle detrazioni d’imposta, previsti con la Legge di Stabilità 2014, in un’ottica di progressiva diminuzione della pressione fiscale, il decreto dispone la sostituzione di tali norme con maggiori risparmi sulle spese rimodulabili del bilancio dello Stato per circa 0,5 miliardi nel 2014, 0,8 miliardi nel 2015 e 0,6 miliardi a partire dal 2016. Sono previste, inoltre, norme a sostegno dei soggetti che esercitano attività produttive nei Comuni della Provincia di Modena e della Regione Veneto colpiti da eccezionali eventi atmosferici, anche di carattere alluvionale, verificatesi tra gennaio e febbraio 2014, attraverso la temporanea sospensione dei versamenti tributari e contributivi fino al 31 ottobre 2014.

 

Il decreto legge n. 16 del 2014 ha quindi disposto, senza incidere sull’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche, interventi urgenti in materia di finanza locale. In materia di tassazione sui servizi indivisibili (TASI), è prevista, in particolare, la facoltà per i Comuni di deliberare un incremento dell’aliquota massima per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille, a condizione che siano finanziate detrazioni di imposta o altre misure relative alle abitazioni principali e alle unità immobiliari a esse equiparate. A favore dei Comuni, per compensare il mancato gettito dovuto alla differenza tra l’aliquota TASI per la prima casa (2,5 per mille) e l’aliquota IMU (4 per mille), è incrementato di 0,1 miliardi il contributo già previsto con la Legge di Stabilità 2014 per un importo di 0,5 miliardi.

 

Il decreto legge n. 47 del 2014 dispone misure per fronteggiare il disagio legato alle emergenze abitative attraverso il perseguimento di tre obiettivi: il sostegno all’affitto a canone concordato, l’ampliamento dell’offerta di alloggi popolari e lo sviluppo dell’edilizia residenziale sociale. A tal fine, il decreto dispone – tra l’altro - la riduzione dell’aliquota della cedolare secca per i contratti a canone concordato dal 15 al 10 per cento dal 2014 al 2017 (con conseguenti minori entrate pari a poco più di 0,1miliardi nel quinquennio);

Il settore bancario

Tra le principali iniziative legislative nel settore bancario si rammentano le disposizioni in materia di deducibilità delle perdite sui crediti per i soggetti che operano nei settori bancario, finanziario ed assicurativo (articolo 1, commi I commi 160 e 161 della legge di stabilità 2014), nonché le norme che hanno introdotto un’addizionale IRES per i soggetti operanti nei predetti settori ed aumentato l’aliquota dell’acconto dovuto per tale imposta (di cui all’articolo 2 del D.L. n. 133 del 2013; le maggiori entrate derivanti da tali misure hanno compensato l’eliminazione della seconda rata dell’IMU 2013 per specifiche categorie immobiliari, tra cui l’abitazione principale dei contribuenti).

 

Tra le iniziative assunte dalla Banca d’Italia si rammenta l’aggiornamento delle disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche in materia di sistema dei controlli interni, sistema informativo e continuità operativa, ispirata ad alcuni principi di fondo quale il coinvolgimento dei vertici aziendali, la visione integrata dei rischi, l’efficienza, l’efficacia e l’indipendenza dei controlli, l’applicazione delle norme in funzione della dimensione e della complessità operativa delle banche, al fine di rafforzare la capacità delle banche e dei gruppi bancari di presidiare i rischi aziendali.

Il 20 marzo 2014 le Commissioni II (Giustizia) e VI della Camera hanno avviato l’esame dell’A.C. 1489, che intende apportare modifiche alle norme che disciplinano il sistema retributivo degli organi apicali delle società, col duplice fine di allineare i loro interessi con quelli di lungo periodo della società e di consentire all'assemblea dei soci un maggior controllo su detto sistema delle retribuzioni. Il Capo I del provvedimento modifica la disciplina dei requisiti e della remunerazione degli amministratori di società per azioni, mentre il Capo II reca norme sui compensi degli amministratori e dei dipendenti delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni che svolgono servizi d'interesse generale e sui compensi di amministratori, dipendenti o consulenti di società private che usufruiscono di finanziamenti pubblici. A tale scopo, le disposizioni apportano modifiche al codice civile, al Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998, nonché al D.L. 201 del 2011.

 

La Banca d’Italia ha inoltre adottato un nuovo modello (approvato dalla BCE) per la valutazione del rischio di credito dei prestiti bancari (In-house credit assessment system, ICAS), analogamente a quanto già disposto presso le banche centrali di altri Paesi europei; ha inoltre istituito un nuovo servizio specificamente dedicato alla tutela dei clienti e al contrasto del riciclaggio.

 

Una specifica disciplina ha riguardato l’assetto e la governance della Banca d’Italia; il già citato D.L. n. 133 del 2013 ha autorizzato l’istituto ad aumentare il proprio capitale mediante utilizzo delle riserve statutarie sino a 7,5 miliardi. In seguito all’aumento di capitale, ciascuna quota nominativa è di 25.000 euro.

 

Ciascun partecipante al capitale dovrà essere di nazionalità italiana (banche, imprese di assicurazione, fondazioni, Enti e istituti di previdenza e fondi pensione) e non potrà possedere, direttamente o indirettamente, una quota di capitale superiore al 3 per cento.

 

Ai sensi delle predette norme, le quote del capitale della Banca d’Italia sono state rivalutate; il Governo ricorda in proposito che da tale rivalutazione discenderanno maggiori introiti fiscali nei prossimi anni, con effetti positivi sui conti pubblici, grazie alla tassazione delle plusvalenze derivanti dalla rivalutazione delle quote stesse.

 

Si rammenta che, ai sensi delle disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 140 a 147 della citata legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), a detta rivalutazione si applica un’imposta sostitutiva pari al 12 per cento.

Tale intervento si colloca nell’alveo di misure adottate in ottemperanza alla raccomandazione 1, volte al contenimento del debito pubblico.

 

Per un approfondimento in materia, si rinvia alla documentazione web predisposta dal Servizio Studi sull’assetto patrimoniale e la governance della Banca d’Italia.

Il mercato dei capitali

Per quanto concerne le misure volte allo sviluppo del mercato dei capitali, le principali iniziative legislative adottate concernono in particolare le iniziative -alternative e complementari al credito bancario – per la diffusione di canali di finanziamento delle imprese sul mercato.

 

Il D.L. n. 145 del 2013 (cd. Destinazione Italia, articolo 12) ha modificato ed esteso le norme relative alla cartolarizzazione, applicabile oggi anche alle operazioni aventi ad oggetto obbligazioni e titoli similari.

 

Tali misure si collocano nel più ampio quadro relativo alle misure concernenti il settore produttivo, alla cui specifica trattazione si rinvia.

 

La disciplina attuativa della CONSOB ha riguardato principalmente l’emanazione di nuove norme in materia di obblighi di trasparenza delle partecipazioni rilevanti detenute dai trust nelle società quotate; le istruzioni per l’uso dell’equity crowdfunding, ossia la raccolta di capitali attraverso i portali on line a sostegno delle imprese innovative di nuova costituzione (cd. start up, disciplinate dal D.L. n. 179 del 2012).

 

La CONSOB e i principali operatori finanziari hanno redatto un memorandum d’intesa per contrastare il sottodimensionamento della Borsa italiana, reso ancora più grave dalla crisi finanziaria; la capitalizzazione di Borsa rappresenta una quota modesta del PIL nazionale (circa il 22 per cento). Tale memorandum è finalizzato ad assistere le PMI in un percorso di apertura al mercato del capitale di rischio e, dall’altro, a incrementare l’interesse degli investitori istituzionali nei confronti di questa categoria di imprese.

 

Sono stati adottati i decreti attuativi per il ricorso allo strumento dei project bond da parte delle piccole e micro imprese.

 

Si tratta delle emissioni obbligazionarie effettuate dalle società di progetto per finanziare gli investimenti in infrastrutture o nei servizi di pubblica utilità. L'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 4/E del 6 marzo 2013 ha indicato il regime fiscale e le modalità applicative riguardo ai nuovi strumenti di finanziamento per le PMI: cambiali finanziarie, titoli obbligazionari e project bond. L'articolo 19, comma 5 del D.L. 69/2013 è da ultimo intervenuto sulla disciplina fiscale dei richiamati project bond, rendendo strutturali alcune agevolazioni fiscali precedentemente disposte in via temporanea con riferimento a tali strumenti finanziari; in particolare, si tratta del regime di deducibilità degli interessi passivi e delle agevolazioni, ai fini delle imposte di registro e ipocatastali, per le garanzie (e le operazioni ad esse correlate) rilasciate in relazione all'emissione dei bond. Continua invece ad applicarsi alle sole obbligazioni emesse nei tre anni successivi al 26 giugno 2012 l'agevolazione relativa al regime fiscale sugli interessi, consistente nell'equiparazione a quello sui titoli di Stato (aliquota del 12,5%).

 

Riprendendo una misura già contenuta nel piano “Destinazione Italia”, varato dal precedente Governo per attrarre investimenti esteri e promuovere la competitività delle imprese italiane, si intende favorire lo sviluppo di investitori istituzionali, in particolare nel mercato immobiliare, tramite la riforma delle Società di Investimento Immobiliare Quotate (SIIQ). A tal fine il Governo si propone di:

-    uniformare la normativa fiscale delle SIIQ a quella dei fondi immobiliari;

-    favorire la creazione di SIIQ;

-    rendere più flessibile la gestione degli investimenti;

-    introdurre benefici fiscali vincolati al finanziamento di opere pubbliche da parte delle SIIQ.

Il settore assicurativo

In relazione al settore assicurativo, si segnala il disegno di legge recante disposizioni in materia di assicurazione R.C. auto, teso a ridurre i costi delle assicurazioni, consentendo l’apposizione di alcune clausole contrattuali che mirano a vanificare le richieste fraudolente di risarcimento e ad assicurare riduzioni del premio assicurativo. Questo meccanismo abbasserebbe il prezzo finale per il consumatore, rispetto all’anno passato.

Nel suo complesso gli interventi proposti mirano a garantire la razionalizzazione e la maggiore efficienza dei sistemi di gestione della fase di accertamento e liquidazione dei sinistri, al fine di contenerne i costi e ottenere una riduzione progressiva dei premi assicurativi attraverso la realizzazione di risparmi in tutte le fasi operative.

Il disegno di legge prevede una serie di sconti per i consumatori e sanzioni, in caso di violazioni, per le assicurazioni, che possono essere così sintetizzati:

-        sconto del 7 per cento, sulla media dei prezzi regionali, per l’applicazione della scatola nera, e sanzione da 5.000 a 40.000 euro in caso di mancata pubblicità o comunicazione;

-        sconto del 5 per cento e del 10 per cento per risarcimento in forma specifica presso carrozzerie convenzionate. In alternativa al risarcimento per equivalente sarà facoltà delle imprese di assicurazione risarcire in forma specifica, fornendo la necessaria garanzia sulle riparazioni effettuate attraverso impresa convenzionata;

-        sconto del 4 per cento per il divieto di cessione del diritto al risarcimento. Sanzione da 5.000 a 40.000 euro in caso di mancata pubblicità o comunicazione;

-        sconto del 7 per cento per prestazioni di servizi medico-sanitari resi da professionisti convenzionati con le imprese assicurative. Sanzione da 5.000 a 40.000 euro in caso di mancata pubblicità o comunicazione.

Si aggiungono a tali sconti anche meccanismi di controllo più stretti, come ad esempio quelli miranti a evitare la prassi di produrre testimonianze in un momento successivo a quello della denuncia del sinistro, attraverso l’identificazione immediata del testimone sul luogo dell’incidente. Al fine di contrastare le frodi in assicurazione è prevista, con riferimento al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli di ogni specie, la decadenza del diritto del danneggiato qualora non venga presentata la richiesta entro novanta giorni dal verificarsi del fatto dannoso. Infine viene stabilito che gli introiti delle sanzioni amministrative pecuniarie siano destinati ad incrementare il Fondo di garanzia per le vittime della strada.


 

Giustizia

Nel contesto di grave crisi economico-finanziaria che colpisce l’intera Unione europea, e nell’ambito delle conseguenti ristrutturazioni radicali delle economie nazionali, necessarie per preparare un contesto favorevole per il rilancio della crescita e della competitività, la riforma dei sistemi giudiziari nazionali svolge un ruolo fondamentale.

Il quadro di valutazione UE sulla giustizia (The Eu Justice Scoreboard), presentato dalla Commissione Europea nel marzo 2013 conferma che un sistema di giustizia efficiente e indipendente, decisioni giudiziarie prevedibili, tempestive ed esecutive rafforzano la fiducia e la stabilità e favoriscono l’insediamento di attività produttive, creando opportunità di lavoro.

Le riforme dei sistemi giudiziari sono, quindi, diventate parti integranti dei programmi di aggiustamento economico e già nel 2012 l’Italia, insieme ad altri cinque Paesi membri, è stata individuata dalla UE tra gli Stati con particolari problematicità, attinenti in particolare alla durata dei procedimenti giudiziari e all’organizzazione del sistema-giustizia, la cui efficienza – oltre che rafforzare la fiducia degli investitori - è necessaria per garantire la tutela dei diritti e, quindi, rappresenta un pilastro per la democrazia.

 

Nell’ultimo Rapporto del Cepej (la Commissione europea per l'efficienza della giustizia del Consiglio d'Europa) del marzo 2014 (su dati del 2012) l'Italia si segnala, come la nazione in fondo alla classifica per durata dei procedimenti civili. Nell'anno indicato, la durata dei procedimenti civili e commerciali, per il primo grado, è stata di 590 giorni a fronte dei 493 del 2010; cifra che sale a 1161 per il secondo grado e a 1470 per la Cassazione. Dove invece si segnala qualche miglioramento, in un panorama comunque critico, è sul fronte della capacità di smaltimento, con l'arretrato che inizia lentamente a calare. Come pure il budget complessivo destinato alla giustizia non è cosi troppo lontano da quello di altri Paesi dalla giustizia più efficiente come la Germania (l'Italia spende 134 euro pro-capite, mentre la Germania 167). Per il Cepej, da valutare meglio è la destinazione della spesa il cui maggior incremento è dovuto per il patrocinio a spese dello Stato, non per il funzionamento degli uffici.

 

Nel Documento di Economia e Finanza 2014 il Governo ribadisce come una giustizia celere, accessibile e che produce esiti di qualità e ragionevolmente prevedibili sia una precondizione per il buon funzionamento del sistema economico e per la ripresa degli investimenti produttivi anche da parte delle imprese estere.

Tale tesi è confermata dalla Commissione Europea che, in sede di analisi sugli squilibri macroeconomici dei singoli paesi dell’Unione, ha rilevato nell’ I.D.R. (In Depth Review)[17] pubblicato nel marzo 2014, che anche le inefficienze presenti nella Pubblica Amministrazione e nel sistema giudiziario pongono un freno alla crescita economica così come la corruzione e il sommerso. Lo stesso Rapporto Doing Business in Italy (2014)[18] ha evidenziato come prioritarie per un rilancio dell’efficienza del sistema e per la ripresa degli investimenti dall’estero le riforme della giustizia, con particolare riferimento alla necessità di ridurre la durata dei processi civili.

 

Nella terza sezione del DEF, che contiene il Programma nazionale di riforma, il Governo evidenzia come la giustizia e la sicurezza costituiscano asset reali per lo sviluppo del Paese e che, nella prospettiva della crescita e dello sviluppo, l’interdipendenza tra i due sistemi vada coltivata come moltiplicatore di efficienza.

 

Il DEF dà conto – all’interno di macro-aree – di una serie di interventi che dovrebbero complessivamente contribuire a diminuire l’inefficienza del sistema giudiziario nazionale stimolando indirettamente la ripresa dell’economia. Nell’ambito di un organico programma economico di riforme, le principali misure nel settore della giustizia, il cui impatto – secondo il Governo - sarà significativo già nel breve periodo, riguarderanno la giustizia civile, penale e amministrativa.

 

Di seguito sono indicate - per ciascun ambito – le diverse misure che il Governo ha inserito nella griglia degli interventi volti al miglioramento dell’efficienza della giustizia, con una sintetica illustrazione di quanto recentemente fatto dal legislatore nonché dei provvedimenti in corso di esame.

 

Gli ambiti interessati sono i seguenti:

§      giustizia civile e amministrativa;

§      giustizia penale;

§      giustizia tributaria;

§      settore carcerario.

Giustizia civile e amministrativa

L’azione del Governo prevede il miglioramento dell’efficienza della giustizia civile anche in funzione della riduzione dell’arretrato (tra le misure proposte, la limitazione dell’appello, la motivazione sintetica della sentenza, a richiesta delle parti, diffusione del processo telematico, riordino delle garanzie mobiliari ed accelerazione del processo esecutivo, potenziamento delle misure alternative al processo e alla mediazione obbligatoria).

Quanto alla giustizia amministrativa, la riforma è volta essenzialmente alla semplificazione delle decisioni prese a livello centrale e locale; trasparenza e semplificazione delle procedure di appalto, riducendo i ricorsi al TAR pur nell’ambito del rispetto dei parametri costituzionali di accesso alla giustizia.

 

Analiticamente, questi sono gli obiettivi del Governo:

 

 

rivedere la disciplina del processo civile, riducendo l’arretrato.

 

In merito si ricorda che nell’attuale legislatura un consistente intervento sul processo civile proprio finalizzato allo smaltimento dell’arretrato si è avuto con il decreto-legge 69/2013 (L. 98/2013) che agli articoli da 62 a 84-bis definisce misure per l'efficienza del sistema giudiziario e per la definizione del contenzioso civile.

 

In particolare, per quanto riguarda le misure organizzative:

§      è introdotta la figura del giudice ausiliario, nel numero massimo di 400 unità, per lo smaltimento dell’arretrato civile presso le corti d'appello (articolo 62 e ss.). La misura persegue l’obiettivo della riduzione del contenzioso civile dinanzi a detti uffici, dove i procedimenti pendenti sono in aumento. Ogni giudice ausiliario dovrà definire nel collegio di corte d'appello in cui è relatore almeno 90 procedimenti all’anno (per un totale di 36.000 procedimenti definiti all’anno), con una remunerazione di 200 euro a provvedimento e un tetto massimo annuo di 20.000 euro. Di ogni collegio giudicante non può fare parte più di un giudice ausiliario. I giudici ausiliari sono designati da ciascun consiglio giudiziario e nominati per cinque anni, prorogabili per non più di altri cinque, tra magistrati e avvocati dello Stato a riposo, magistrati onorari, professori universitari in materie giuridiche di prima e seconda fascia anche a tempo definito o a riposo; ricercatori universitari in materie giuridiche, avvocati e notai. Il giudice ausiliario cessa dall’incarico al compimento del settantottesimo anno di età e nelle ipotesi di decadenza, dimissioni,revoca e mancata conferma.

§      è prevista la possibilità (articolo 73) che laureati in giurisprudenza qualificati e selezionati svolgano stage formativi teorico-pratici di diciotto mesi presso uffici giudiziari ordinari (tribunali, corti d’appello, uffici e tribunali di sorveglianza, tribunali per i minorenni) e amministrativi assistendo e coadiuvando i magistrati togati nello svolgimento delle ordinarie attività;

§      è istituita (articolo 74) la figura dell'assistente di studio a supporto delle sezioni civili della Corte di cassazione, quale misura temporanea (cinque anni) per la celere definizione dei procedimenti pendenti. A seguito di alcune modifiche operate in sede parlamentare, è stato anche disposto un intervento stabile di ampliamento dell’organico della Corte, aumentato di 30 unità, con particolare riferimento all’ufficio del massimario e del ruolo. Il Primo Presidente della Corte di cassazione, anno per anno, sulla base delle esigenze dell'ufficio, può destinare fino a trenta magistrati addetti all’ufficio del massimario e del ruolo alle sezioni della Corte con compiti di assistente di studio. I magistrati con compiti di assistente di studio possono assistere alle camere di consiglio della sezione della Corte cui sono destinati, senza possibilità di prendere parte alla deliberazione o di esprimere il voto sulla decisione.

 

Per quanto riguarda le principali misure processuali, oltre alla mediazione obbligazione (per la quale si veda infra):

§      vengono limitati i casi in cui il pubblico ministero deve intervenire nelle cause davanti alla Corte di Cassazione (articolo 75); in particolare, è eliminata la possibilità del PM, ex art. 70 c.p.c., di intervenire in ogni causa in cui ravvisi un pubblico interesse. La norma è novellata prevedendo che questi interviene obbligatoriamente nelle cause davanti alla corte di cassazione nei casi stabiliti dalla legge.

§      è disciplinato (articolo 76) il procedimento volontario di affidamento a un professionista (notaio o avvocato) delle attività necessarie per lo scioglimento della comunione, ereditaria o volontaria, quando non siano controversi il diritto alla divisione o le quote o non sussistano altre questioni pregiudiziali.

§      è fatto obbligo al giudice civile, similmente a quanto già previsto per il giudice del lavoro, di formulare, in presenza di alcuni presupposti, una proposta transattiva o conciliativa, nel corso del processo di primo grado e d'appello (articolo 77). Nel corso dell’esame parlamentare è stata soppressa la disposizione, contenuta nel testo iniziale del provvedimento, secondo cui il rifiuto immotivato costituisse comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio.

§      è snellito dall'articolo 78 il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo: in caso di anticipo da parte del giudice della data dell'udienza, questa deve essere fissata non oltre il trentesimo giorno dalla scadenza del termine minimo a comparire; inoltre, l'esecutorietà del decreto ingiuntivo deve essere concessa, in presenza dei presupposti, alla prima udienza;

§      è rivista (art. 82) la disciplina del preconcordato (cd. concordato con riserva o in bianco), con il quale l’imprenditore in stato di crisi presenta la domanda, riservandosi di presentare entro un determinato termine la proposta, il piano e la documentazione relativamente alla ristrutturazione del debito, all’attribuzione dell’attività delle imprese a un assuntore e alla suddivisione dei creditori in classi. Le prescrizioni introdotte sono dirette a evitare abusi da parte del debitore e ad aumentare le informazioni dei creditori e del tribunale.

 

Anche grazie a tali interventi, nella relazione del Primo presidente della Corte di Cassazione in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2014 si sottolinea che la tendenza generale emersa in campo nazionale è quella di una significativa riduzione dei tempi di durata dei giudizi civili.

 

La Relazione del Primo presidente, sulla base dei dati forniti dalla Direzione generale di statistica del Ministero della giustizia sul movimento dei procedimenti civili alla data del 30 giugno 2013, evidenzia che «La durata media si è ridotta del 2,5% per i giudizi pendenti dinanzi alle corti d’appello (1.025 giorni nel periodo 1° luglio 2012-30 giugno 2013, a fronte dei 1.051 giorni nel periodo corrispondente 2011-2012), del 6,4% per quelli pendenti dinanzi ai tribunali (437 giorni nel periodo 30 giugno 2012-30 giugno 2013, a fronte dei 466 giorni nello stesso periodo 2011-2012) e del 2,6% (358 giorni nel periodo 1° luglio 2012-30 giugno 2013, a fronte dei 367 giorni nello stesso periodo 2011-2012) per quelli pendenti dinanzi ai giudici di pace.

L’analisi dei dati evidenzia che la contrazione dei tempi è frutto del combinato effetto della riduzione del numero dei processi sopravvenuti e dell’incremento dei processi definiti; in altre parole a una (seppur non elevata) riduzione complessiva della litigiosità ha fatto riscontro una maggiore produttività dei giudici. Ne è derivata una riduzione dei procedimenti pendenti dinanzi a tutte le categorie degli uffici giudiziari:

§       del 6% per le corti d’appello

§       del 2% per i tribunali,

§       del 9% per i giudici di pace,

§       del 4% per i tribunali per i minorenni,

§       dell’ 1% per la Corte di cassazione.

In campo nazionale la riduzione complessiva dei procedimenti civili pendenti è del 4%».

 

 

riordinare le garanzie mobiliari e accelerare il processo di esecuzione forzata;

limitare l’appellabilità delle sentenze civili di primo grado;

introdurre la motivazione sintetica a richiesta delle parti e misure di semplificazione delle procedure per ridurre tempi e costi;

 

Sul punto il Governo fa espresso riferimento al disegno di legge (A.C. 2092), presentato alla Camera il 12 febbraio scorso dal Ministro Cancellieri, che contiene una delega al governo per introdurre disposizioni per l’efficienza del processo civile, la riduzione dell’arretrato e che per oggetto misure di ordine processuale e sostanziale, nonché misure finalizzate alla riforma della disciplina delle garanzie reali mobiliari, con l’obiettivo di agevolare le imprese nell’accesso al credito. In particolare, il disegno di legge prevede:

§      il passaggio dal rito ordinario di cognizione al rito sommario per le cause meno complesse;

§      la motivazione della sentenza civile a richiesta;

§      la motivazione delle sentenze rese in grado d’appello “per relationem”;

§      l’estensione a nuove materie della competenza della Corte d’appello in composizione monocratica;

§      l’introduzione dell’obbligatorietà dell’esperimento della consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite.

 

Per quanto riguarda il processo esecutivo, il disegno di legge prevede:

§      la ricerca dei beni da pignorare con modalità telematiche;

§      interventi sui procedimenti di esecuzione mobiliare presso il debitore e presso terzi, ancora valorizzando le modalità telematiche;

§      l’eliminazione dell’istituto della vendita con incanto dei beni pignorati e il monitoraggio con modalità telematiche dell’andamento delle procedure stesse.

 

 

diffondere il processo telematico anche in ambiti e per atti per i quali non è prevista la obbligatorietà.

 

Nel DEF il Governo ricorda che a gennaio 2014 è stato firmato un protocollo d’intesa tra Ministero della Giustizia, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Consiglio di Stato-Tar, Corte dei Conti e Avvocatura dello Stato, volto a realizzare un coordinamento permanente in materia di informatizzazione della Giustizia ordinaria, amministrativa, contabile e tributaria, incentivando forme di collaborazione tra le amministrazioni coinvolte e individuando soluzioni comuni e strumenti concreti. L’obiettivo ultimo delle amministrazioni firmatarie è di contribuire al miglioramento della funzionalità complessiva degli uffici giudiziari, nell’ottica della riduzione dei costi e dell’accrescimento dell’efficacia della loro azione, in particolare attraverso la dematerializzazione dei flussi documentali e l’interconnessione tra i vari plessi giurisdizionali.

Negli ultimi anni il tema della digitalizzazione della giustizia è stato affrontato dal legislatore a più riprese.

 

Il quadro normativo sviluppatosi a partire dal 2001 è stato complessivamente rivisto dal decreto-legge n. 193/2009.

Nel 2011, il Governo ha adottato un Piano straordinario per la digitalizzazione della giustizia.

In particolare, l’art. 4 del decreto-legge 193/2012 ha disposto che nel processo civile e nel processo penale, tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica si effettuano mediante posta elettronica certificata (PEC). Per la prima volta, dunque, la disciplina del processo telematico è stata estesa anche al settore penale. Il provvedimento ha inoltre stabilito che negli uffici giudiziari indicati nei singoli decreti ministeriali attuativi, siano effettuate per via telematica ad un indirizzo di posta elettronica certificata una serie di notificazioni e comunicazioni nei procedimenti civili e penali e nelle procedure concorsuali.

 

Nella “Relazione sulla amministrazione della Giustizia nell'anno 2013” (doc. CCXI, n. 1), su cui il Ministro della giustizia ha reso comunicazioni alla Camera dei deputati il 21 gennaio 2014, sono indicati i dati più recenti sullo sviluppo del processo telematico e in genere sull’informatizzazione della giustizia.

In particolare nella relazione si rileva quanto segue (pp. 282 ss.):

“Il dispiegamento del Processo Civile Telematico è continuato a ritmo più intenso:

Servizi dispiegati a livello nazionale:

-        consultazione da remoto di dati ed atti in materia di esecuzioni e fallimenti e di quelli di competenza degli Uffici del giudice di pace;

-        comunicazione elettronica da tribunali e corti d’appello agli avvocati, divenuta altresì forma obbligatoria, dal 18/2/2013, per effetto del D.L. 179/12 e succ. modif.;

Servizi incrementati (senza avere ancora raggiunto tutte le sedi italiane):

-        deposito atti con valore legale:

-        ricorsi per decreto ingiuntivo -triplicati i tribunali abilitati-;

-        atti in ambito esecuzioni e procedure concorsuali -raddoppiati i tribunali abilitati-;

-        atti endoprocessuali presso tribunali (deposito memorie) - quintuplicati-;

-        pagamenti on line -raddoppiate le sedi abilitate a riceverli, fra tribunali e corti d’appello.

 

A fine giugno 2013, i dati relativi all’accesso dei professionisti ai sistemi di consultazione da remoto erano i seguenti:

-        professionisti registrati, circa 345.000, dei quali 275.000 avvocati;

-        fino ad 1.500.000 accessi al giorno; 6,5 milioni di accessi in media alla settimana;

-        da gennaio 2013, consultazione anonima anche via App mobile per i-Phone/i-Pad e Android, sistema sviluppato con competenze interne (tecnici dell’Amministrazione) (62.000 download);

-        disponibilità delle informazioni in sincrono (= dati aggiornati all’ultima modifica apportata dalle cancellerie) 1.

Dati relativi alle comunicazioni telematiche

(a titolo esemplificativo) A novembre 2012, n. 972.554 comunicazioni di cancelleria consegnate nel mese; a maggio 2013, si è raggiunta la massima punta dell’anno giudiziario appena trascorso, con 1.319.587 comunicazioni consegnate.

Il totale di comunicazioni è mediamente pari a 12 milioni all’anno (si consideri che non è ancora stato possibile apprezzare i dati su un intero anno dall’obbligatorietà di tale strumento, periodo che si compirà solo nel febbraio 2014)

Il relativo risparmio di spesa è stimato prudenzialmente in circa 42 milioni di € all’anno, con un solo servizio telematico 2, senza trascurare il consistente vantaggio organizzativo:

-        per gli avvocati (che ricevono le notificazioni immediatamente);

-        per le cancellerie (che evitano fotocopie, annotazioni su registri di passaggio, maneggio dei fascicoli per l’inserimento delle relate delle comunicazioni recapitate, etc.);

-        per gli Ufficiali giudiziari (che si vedono così ridotto il carico di atti da consegnare, potendosi dedicare maggiormente ad attività relative agli atti di esecuzione);

-        ma soprattutto per i processi, i cui tempi si riducono.

[omissis]

Gran parte delle sedi ancora da coinvolgere nei servizi telematici appartiene al Sud d’Italia, dove sono ancora da portare al pieno utilizzo del sistema processo civile telematico molti professionisti e molti Utenti giudiziari interni, magistrati e personale amministrativo.

Con fondi provenienti dai Piani di Azione e Coesione (7,2 milioni di euro), non impegnati da altre Amministrazioni, si sta procedendo ad azioni di rinforzo, sia sotto il profilo formativo ed organizzativo, sia sotto quello delle dotazioni strumentali (PC portatili e scanner).

Quanto ai miglioramenti principali apportati alle applicazioni, sono stati rilasciati adeguamenti per il completamento del rito monitorio, con la fase dell’esecutorietà del decreto ingiuntivo.

A novembre 2012, è stato completato lo sviluppo di Consolle del Presidente (di tribunale/corte e di sezione).

La Consolle d’appello è in corso di diffusione a Roma ed in altre sedi di Vertice distrettuale ed è stata resa disponibile anche la Consolle dell’Assistente.

Tra le nuove funzionalità, si annoverano altresì:

Registri di Cancelleria di Cognizione, SICID: alimentazione automatica del registro di II grado con i dati del I grado; collegialità e flussi di II grado; trasferimento dei fascicoli tra sedi diverse dello stesso Ufficio giudiziario; adeguamento del Contributo unificato; rivisitazione della funzionalità relativa all’invio telematico notifiche; revisione stampa del repertorio, etc.;

Registri di Cancelleria delle Esecuzioni Individuali e Procedure Concorsuali, SIECIC: rito esattoriale; adeguamento Contributo unificato; iscrizione telematica pignoramento presentato dall'UNEP per le procedure individuali; visualizzazione mancate consegne, etc.;

Giudici di Pace: introdotti i pagamenti telematici;

Statistiche, STATCIV: gestione fascicoli in caso di soppressione sezioni distaccate; SAGECIC: modifiche relative alla introduzione del rito esattoriale.

 

E’ in atto lo studio per integrare gli Ufficiali giudiziari nella piattaforma del processo civile telematico.

[omissis]

e-Justice, giustizia elettronica europea

Prosegue l’attiva partecipazione ai tavoli di Bruxelles della DGSIA, quale titolare dell’informatica giudiziaria, in collaborazione con la Corte di Cassazione, che vi rappresenta l’informatica giuridica.

In effetti, l’attività internazionale della Direzione si va estendendo, con settori di interesse nuovi e collaborazioni con altre articolazioni del Ministero.

Nell’ambito del progetto e-Codex, finanziato dalla Commissione Europea, con la partecipazione di 24 Stati, l’Italia ha conseguito ottimi risultati, presentando al Forum PA del maggio 2013 una soluzione che consente il deposito transnazionale di ricorsi per ingiunzione di pagamento europea (European Payment Order, EPO), avendo così dimostrato la concreta possibilità di procedimenti telematici europei”.

 

 

prevedere e potenziare misure alternative al processo e anche alla mediazione obbligatoria, con funzione deflattiva;

 

Il potenziamento della mediazione in funzione deflattiva del contenzioso civile si è avuto nella scorsa legislatura con l’emanazione del decreto legislativo n. 28 del 2010 che – in attuazione della legge 69/2009 – ha disciplinato i presupposti, i soggetti e il procedimento di mediazione per la conciliazione delle controversie civili e commerciali.

Inizialmente il provvedimento prevedeva, per alcune controversie, che il tentativo di mediazione fosse obbligatorio, ovvero rappresentasse una condizione di procedibilità dell'azione. Sul punto è però intervenuta la Corte costituzionale (sentenza n. 272 del 2012), che ha dichiarato questo aspetto della disciplina incostituzionale per eccesso di delega.

Tale intervento demolitorio della Consulta – che aveva depotenziato notevolmente il ruolo deflattivo assegnato dal Governo alla mediazione – è stato superato, nell’attuale legislatura, dal decreto-legge 69/2013 (convertito dalla legge 98/2013) che ha reintrodotto le disposizioni sul carattere obbligatorio della mediazione pur affermandone il carattere transitorio e sperimentale (per 4 anni).

Il provvedimento – a seguito della conversione in legge - ha inoltre:

§      escluso dalla mediazione obbligatoria le controversie in materia di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti;

§      previsto la mediazione obbligatoria anche per giudizi già instaurati in primo grado o addirittura in sede d’appello, rimettendo al giudice la valutazione sull’esigenza di procedervi;

§      reso obbligatoria l’assistenza dell’avvocato di tutte le parti al procedimento di mediazione ed ha previsto che gli avvocati iscritti all'albo siano di diritto mediatori, pur dovendo garantire una specifica formazione;

§      previsto che il procedimento di mediazione non possa durare più di tre mesi.

 

Come più ampiamente descritto nel Dossier del Servizio studi n. 107, del 24 marzo 2014, l’obbligatorietà del tentativo di mediazione ha determinato un incremento dei nuovi procedimenti di mediazione iscritti che, nell’ultimo trimestre del 2013, hanno raggiunto il numero di 8.700 al mese.

 

Iscrizioni mediazioni: andamento 2012-2013 (Fonte: Ministero della Giustizia - D.O.G. (Direzione generale di statistica), Statistiche al 31 dicembre 2013)

 

Nei primi tre trimestri del 2013, nel 52 per cento delle mediazioni è stato raggiunto un accordo, anche se si evidenzia una riduzione del numero di accordi raggiunti sul totale, in seguito alla reintroduzione dell’obbligatorietà.

Lo stesso Governo ricorda che «In base a un Rapporto del Parlamento Europeo, il modello italiano di ‘mediazione obbligatoria mitigata’, grazie al meccanismo del opt-out, ossia la possibilità di abbandonare la procedura nel corso del primo incontro con il mediatore, è considerata una best practice a livello di Unione Europea»[19].

 

Ciò nonostante, il Governo afferma nel DEF di voler potenziare le misure alternative al processo e alla mediazione obbligatoria. Il DEF non specifica però quali siano le misure alternative al processo da potenziare, né soprattutto quali siano le misure alternative alla mediazione da intraprendere.

 

 

riformare la giustizia amministrativa per la semplificazione del processo di realizzazione delle decisioni prese a livello centrale e locale

 

Il DEF 2014 enuncia questo obiettivo ma non chiarisce attraverso quali modalità il Governo intenda perseguirlo.

Il documento ricorda le procedure in corso per lo smaltimento dell’arretrato amministrativo che sono state attivate a partire dal luglio 2011. La procedura prevede che i Presidenti delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato e quelli dei TAR censiscano i fascicoli risalenti a più di dieci, cinque e tre anni, indichino le date delle udienze ordinarie in cui potranno essere inseriti i vecchi ricorsi (o, eventualmente, fissare, ma solo dietro specifica motivazione, una o più udienze straordinarie) e, infine, individuino i magistrati necessari per far fronte al programma di smaltimento.

Tali procedure stanno consentendo alla giustizia amministrativa un recupero di efficienza, se è vero che nella cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2014, il Presidente del Consiglio di Stato ha dichiarato «Sotto il profilo strettamente quantitativo, il 2013 presenta per la giustizia amministrativa un bilancio complessivamente soddisfacente».

 

La relazione del Presidente così prosegue: «Secondo i dati elaborati dal nostro Ufficio per l’informatica, infatti, il numero dei giudizi definiti presso i Tribunali amministrativi regionali e presso il Consiglio di Stato è pari a quasi il doppio dei nuovi ricorsi pervenuti (giudizi definiti 114.592; ricorsi pervenuti 64.483). Ciò ha comportato una consistente diminuzione delle pendenze, che si attestano al 31 dicembre dello scorso anno su complessivi circa 322.000 ricorsi, seguendo una linea discendente che, negli ultimi cinque anni, ha più che dimezzato le pendenze stesse (da 667.582 del 2009 agli attuali 322.456). […] Il costante impegno della magistratura amministrativa alla riduzione e, se possibile, alla eliminazione dell’arretrato ha di mira la piena realizzazione del principio di ragionevole durata dei processi, sancito dalla Carta costituzionale e dal codice del processo amministrativo, secondo i parametri più volte affermati dalla Corte europea dei diritti umani, pari a tre anni per il primo grado e a due anni per il secondo grado.

Questo obiettivo è stato largamente raggiunto nella maggior parte delle controversie regolate dai riti speciali, che, come è noto, concernono prevalentemente le materie economicamente e politicamente più sensibili: dagli affidamenti degli appalti, ai provvedimenti delle Autorità indipendenti, agli interventi effettuati in regime di emergenza, ai procedimenti elettorali ed altro ancora. […] Siamo invece ancora lontani da una situazione soddisfacente relativamente ai giudizi soggetti al rito ordinario, per i quali permangono vari aspetti di criticità».

 

Per quanto riguarda le recenti riforme della giustizia amministrativa si ricorda che è della scorsa legislatura il Codice del processo amministrativo (decreto legislativo n. 104 del 2010, poi corretto dai decreti legislativi nn. 195/2011 e 160/2012), emanato in attuazione della delega contenuta nell'art. 44 della legge 69/2009 con la finalità di:

§      snellimento e razionalizzazione del procedimento;

§      adeguamento della disciplina del processo davanti ai TAR e al Consiglio di Stato alla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori;

§      coordinamento di tale disciplina con quella del processo civile (sul quale in modo tanto rilevante era intervenuta la stessa legge delega).

 

Il Codice ha, da un lato, una finalità di semplificazione normativa, attraverso l’inserimento in un unico testo di disposizioni, anche risalenti, sparse in una pluralità di fonti; dall’altro una funzione di sistemazione complessiva della materia anche mediante interventi di natura innovativa. Esso fa propri i principi generali del codice di procedura civile e, nei casi in cui il processo amministrativo presenta peculiarità specifiche, detta regole autonome.

Il Codice reca significative novità, in primo luogo, in materia di giurisdizione, operando un ampliamento delle materie di giurisdizione esclusiva (nelle quali il giudice amministrativo conosce anche di diritti soggettivi) e, viceversa, un ridimensionamento delle materie attribuite alla giurisdizione di merito (nell’ambito della quale il giudice amministrativo può sostituirsi all’amministrazione, eventualmente nominando un commissario ad acta). In materia di competenza, il provvedimento amplia i casi di competenza inderogabile del TAR Lazio, sede di Roma e attribuisce invece al TAR Lombardia, sede di Milano, le controversie relative ai poteri esercitati dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

Il codice disciplina espressamente le azioni esercitabili innanzi al giudice amministrativo. Accanto all'azione di condanna, all’azione di annullamento e all’azione avverso il silenzio, esso introduce l'azione volta all'accertamento della nullità, da proporre entro il termine di decadenza di centottanta giorni. Con riferimento all’azione diretta ad ottenere il risarcimento del danno, disciplinata nell'ambito dell'azione di condanna, il Codice si colloca in una posizione intermedia nel contrasto tra giurisprudenza amministrativa e ordinaria in ordine alla sussistenza della cd. pregiudiziale amministrativa (ovvero il necessario previo annullamento della determinazione amministrativa per potere invocare il risarcimento del danno), prevedendo la proponibilità di tale azione anche in via autonoma, ma solo entro limiti determinati (anche temporali) ed esclusivamente nei casi di giurisdizione esclusiva.

Nella disciplina del processo amministrativo di primo grado, oltre ad una riduzione dei termini processuali, il codice reca una sistemazione organica e innovativa della disciplina della tutela cautelare. In particolare, la richiesta di fissazione dell’udienza di merito diventa condizione di procedibilità dell’azione cautelare e viene introdotta la tutela cautelare ante-causam, attivabile già prima della proposizione del ricorso principale, nei casi di eccezionale gravità ed urgenza tali da non consentire la dilazione fino alla data della camera di consiglio.

In materia di impugnazioni, il codice interviene sui termini per impugnare, estende taluni istituti previsti per l’appello nell’ambito del processo civile al processo amministrativo (recependo anche indicazioni della giurisprudenza) e introduce, in attuazione di una sentenza della Corte costituzionale, il rimedio dell’opposizione di terzo.

Il codice procede poi al riordino dei riti speciali, mediante l’eliminazione di quelli ritenuti superflui o comunque desueti e riportando nell’ambito del Codice i riti speciali mantenuti (in particolare in materia di accesso ai documenti amministrativi, avverso il silenzio della PA e procedimento ingiuntivo). Si modifica inoltre l’ambito di applicazione del rito abbreviato di cui al vigente articolo 23-bis della legge TAR mentre nelle controversie relative agli appalti pubblici viene sostanzialmente inglobata nel Codice la disciplina contenuta nel decreto di recepimento della cd. direttiva ricorsi (D.Lgs. 53/2010), con alcune modifiche che incidono sui termini processuali.

Nell’ambito delle Norme transitorie, il legislatore delegato inserisce una specifica disposizione diretta all’eliminazione dell’arretrato, riferita ai ricorsi pendenti da oltre cinque anni, per i quali non sia stata ancora fissata l’udienza di discussione: si prevede la perenzione dei ricorsi in mancanza di presentazione di una nuova istanza di fissazione dell’udienza entro 180 giorni dall’entrata in vigore del codice. In materia di processo amministrativo telematico, infine, le Norme di attuazione rinviano ad un apposito decreto per la definizione delle relative regole tecnico-operative.

 

Sempre sul fronte della giustizia amministrativa si segnala che i più recenti interventi normativi hanno riguardato – con la chiara finalità di disincentivare il ricorso al TAR – l’innalzamento del contributo unificato.

 

La legge di stabilità 2013 (legge 228/2012) ha così aumentato l’importo del contributo unificato per l’accesso alla giustizia amministrativa:

§       aumenta da 1.500 a 1.800 euro il contributo unificato dovuto per le controversie cui si applica il rito abbreviato disciplinato dal Codice del processo amministrativo;

§       sostituisce ai 4.000 euro, in precedenza previsti per tutte le controversie in tema di affidamento di pubblici lavori e di provvedimenti adottati dalle Autorità amministrative indipendenti, una disciplina del contributo unificato diversificata in ragione del valore della controversia (portando il contributo dal valore minimo di 2.000 euro a quello massimo di 6.000 euro). La disposizione specifica che nel processo amministrativo relativo alle controversie in tema di affidamento di pubblici lavori, per valore della lite si intende l'importo posto a base d'asta individuato dalle stazioni appaltanti negli atti di gara; nelle controversie relative all’irrogazione di sanzioni da parte delle Autorità amministrative indipendenti, invece, il valore della lite è rappresentato dalla somma richiesta a titolo di sanzione;

§       aumenta da 600 a 650 euro il contributo unificato dovuto in tutti i restanti casi, ivi compreso il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica;

§       aumenta della metà tutti gli importi del contributo unificato nel processo amministrativo per i giudizi di impugnazione.

 

 

trasparenza e semplificazione nelle procedure di appalto riducendo ulteriormente i ricorsi ai TAR, nel rispetto dei fondamentali parametri costituzionali.

 

Si osserva che il Governo non specifica nel DEF con quali modalità intenda ridurre ulteriormente i ricorsi ai TAR.

Per la parte relativa agli interventi del Governo in materia di semplificazione e trasparenza delle procedure di appalto si fa rinvio alla parte del presente documento titolata: “Infrastrutture e contratti pubblici”.

Giustizia penale

In sintesi l’azione del Governo prevede:

§      nel settore penale, la revisione della disciplina processuale con riferimento particolare all’istituto del processo in contumacia e della prescrizione, ferma restando l’esigenza di assicurare la certezza e ragionevolezza dei tempi processuali; introduzione del resto di autoriciclaggio e autoimpiego,

§      un miglioramento della politica antimafia con interventi sul sistema delle misure di prevenzione patrimoniali e del sistema di gestione e destinazione dei beni confiscati, anche aziendali, in funzione di una loro maggior redditività; il rafforzamento del carcere duro (art. 41-bis OP); nuove misure per impedire i condizionamenti e le infiltrazioni nella criminalità nei circuiti dell’economia legale;

§      un rafforzamento delle normative già in atto volte alla prevenzione e repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione;

§      un rafforzamento della normativa penale sul falso in bilancio.

 

Più in dettaglio, gli obiettivi individuati dal Governo sono i seguenti:

 

 

rivedere la disciplina del processo penale con particolare riferimento all’istituto della prescrizione

 

Da tempo, il Governo è consapevole dell’esigenza di assicurare alla giurisdizione tempi adeguati per l’accertamento dei reati, contemperandola con il rispetto del principio di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost. La stessa relazione finale dell’aprile 2013 della cd. Commissione Fiorella, istituita presso il Ministero della giustizia per lo studio di una possibile riforma della prescrizione affermava come una simile situazione “frustra la legittima pretesa punitiva dello Stato e le istanze di tutela della vittima del reato, disincentivando al contempo i riti alternativi e favorendo la presentazione di impugnazioni a scopo puramente dilatorio per conseguire l’obiettivo della prescrizione. Ne consegue l’ingolfamento del rito dibattimentale e dei procedimenti innanzi alle Corti d’appello e alla Corte di cassazione e complessivamente un sistema processuale sempre più incapace di gestire in tempi ragionevoli il proprio imponente carico di lavoro”.

 Nel programma di riforma contenuto nel DEF, il Governo manifesta l’intenzione di un intervento riformatore sull’istituto prefigurando la volontà di presentazione di un disegno di legge di riforma della prescrizione, presumibilmente basato sulle conclusioni della citata Commissione Fiorella.

Si ricorda come, nella scorsa legislatura, la riforma della prescrizione sia stata oggetto di esame in entrambi i rami del Parlamento. Sia alla Camera - AC 1235 (Ferranti) e abb. - che al Senato - AS 2718 (Casson) e abb. - l’esame da parte della Commissione Giustizia si è tuttavia interrotto prima della fine della legislatura.

 

 

rivedere le procedure relative agli irreperibili

 

Il DEF 2014 enuncia un obiettivo che il Parlamento ha in realtà già raggiunto. E’, infatti, stato approvato definitivamente dalla Camera dei deputati lo scorso 2 aprile l’A.C. 331-B che, al Capo III (artt. 9-15), disciplina il procedimento nei confronti degli irreperibili.

 

In particolare, l’articolo 9 novella le disposizioni del codice di procedura penale eliminando ogni riferimento alla contumacia. In particolare, il comma 2 sostituisce l'articolo 420-bis, individuando i casi in cui il giudice può adottare l'ordinanza con la quale dispone di procedere in assenza dall'imputato.

La novella all'articolo 420-quater prevede che a fronte dell'assenza dell'imputato, il giudice rinvii l'udienza e disponga che l'avviso sia notificato all'imputato personalmente ad opera della polizia giudiziaria. Quando la notificazione non risulta possibile, e sempre che non debba essere pronunciata sentenza di non luogo a procedere, il giudice dispone con ordinanza la sospensione del processo nei confronti dell'imputato assente. Durante la sospensione del processo il giudice, con le modalità stabilite per il dibattimento, acquisisce, a richiesta di parte, le prove non rinviabili.

Infine la riformulazione dell'articolo 420-quinquies, stabilisce che alla scadenza di un anno dalla pronuncia dell'ordinanza di sospensione, e per ogni anno successivo, il giudice disponga nuove ricerche dell'imputato per la notifica dell'avviso. Se le ricerche hanno esito positivo l'ordinanza è revocata, il giudice fissa la data per la nuova udienza, e l'imputato può richiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento.

L’articolo 10 novella le disposizioni in tema di dibattimento, eliminando ogni riferimento alla contumacia. L'articolo 11 interviene sulla disciplina delle impugnazioni e della restituzione del termine, ancora una volta per sopprimere ogni richiamo all'istituto della contumacia.

L'articolo 12 interviene sull’art. 159 del codice penale, aggiungendo la sospensione del processo a carico dell'irreperibile (nuovo art. 420-bis c.p.p.) alle ipotesi che già comportano una sospensione del corso della prescrizione.

L’articolo 13 attribuisce il potere regolamentare ai Ministri della giustizia e dell'Interno affinché siano disciplinate con decreto le modalità e i termini secondo i quali devono essere comunicati e gestiti i dati relativi all'ordinanza di sospensione del processo per assenza dell'imputato. L'articolo 14 introduce l'art. 143-bis nelle norme di attuazione del c.p.p. dettando gli adempimenti conseguenti alla sospensione del processo per assenza dell'imputato. L'articolo 15 novella il TU sul casellario giudiziario (D.P.R. 313/2002) aggiungendo, all'articolo 3, tra i provvedimenti da iscrivere per estratto quelli di sospensione del processo per assenza dell'imputato.

 

 

introdurre i reati di autoriciclaggio e autoimpiego

 

Anche sulla base delle risultanze del Gruppo di studio sul riciclaggio istituito presso il Ministero della giustizia (Commissione Greco), il Governo dichiara di voler presentare un disegno di legge volto ad introdurre nel codice penale il reato di autoriciclaggio, unificando in un solo articolo del codice le due distinte fattispecie. Come noto, la necessità dell’intervento deriva dal fatto che l’autore o il compartecipe del reato presupposto non risulta, ad oggi, per la presenza della clausola di riserva (“fuori dei casi di concorso nel reato”) né punibile per il reato di riciclaggio di cui all’art. 648-bis del codice penale né per quello di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita di cui all’art. 648-ter del codice penale.

 

Si ricorda che già nella scorsa legislatura era stato avviato alla Camera l’esame di alcune identiche proposte di legge (AA.C. 3145, 3872 e 3986) il cui articolo unico assegnava autonoma rilevanza penale alla fattispecie di autoriciclaggio.

Per l’introduzione del reato di autoriciclaggio, le tre proposte di legge non prevedevano un nuovo, autonomo reato bensì la semplice novella degli art. 648-bis e 648-ter del codice penale, consistente nella soppressione della clausola di riserva relativa ai casi di concorso nel reato.

 

 

►potenziare la lotta alla criminalità organizzata

 

Tra le azioni del Governo prefigurate dal DEF vi è un miglioramento della politica antimafia sulla base del Rapporto del gennaio 2014 contenente ‘le linee guida di una moderna politica antimafia’, redatto dalla Commissione governativa (c.d. Commissione Garofoli). Le politiche di contrasto tengono conto dell’imponente dimensione del fenomeno mafioso e della capacità di infiltrazione nel tessuto economico, oltre che in quello istituzionale. Quanto alla dimensione delle attività gestite dalle organizzazione criminali, secondo il Rapporto, i ricavi delle mafie ammonterebbero all’1,7 per cento del PIL. La particolare rilevanza economica del fenomeno è inoltre attestata dalla consistenza delle confische: nel solo 2012 sono stati sottratti beni alla criminalità per un valore di circa 1,15 miliardi a titolo di prevenzione patrimoniale (in netta crescita rispetto ai due anni precedenti) e per un valore di 34,8 milioni a titolo di confisca.

In particolare, il Rapporto richiama la necessità di una serie di interventi:

-       sul sistema delle misure di prevenzione patrimoniali e del sistema di gestione e destinazione dei beni confiscati, anche aziendali; in tale prospettiva, appare necessario il rilancio e la modernizzazione dell’Agenzia nazionale per beni confiscati;

-       nel settore finanziario, un coordinamento di tutte le istituzioni coinvolte nella lotta al riciclaggio e un più efficiente sistema delle segnalazioni sospette.

-       l’ampliamento del novero dei soggetti societari cui possono essere effettuati controlli per infiltrazione mafiosa;

-       l’introduzione dell’obbligo per gli enti locali sciolti di utilizzare per un congruo periodo la Stazione unica appaltante, al fine di garantire una maggiore trasparenza nell’affidamento delle commesse pubbliche;

-       l’estensione del periodo di incandidabilità, prevedendo che la stessa duri, in conformità alla recente Legge Severino, per due tornate elettorali successive e per non meno di 6 anni.

-       l’estensione del sistema di video-conferenza anche nell’ipotesi in cui i collaboratori sottoposti al programma di protezione rivestano essi stessi la qualità di imputati.

 

Il Governo richiama poi esplicitamente nel Programma di riforma l’opportunità del rafforzamento del carcere duro (art. 41-bis OP) nonché nuove misure per impedire i citati condizionamenti ed infiltrazioni nella criminalità nei circuiti dell’economia legale. In relazione a tale ultimo profilo, il Governo ritiene opportuna una revisione del sistema delle cd. ‘white list’, i registri tenuti dalle prefetture che certificano che l’impresa ha assolto agli obblighi antimafia negli appalti; tale sistema, dalle prime risultanze della prassi applicativa, non sembra infatti che stia dando risultati positivi. L’iscrizione al registro dà alle imprese la certezza di poter ottenere, per 12 mesi, contratti di appalto superiori a 5 milioni e subappalti oltre 150 mila euro, senza ulteriori controlli. Tuttavia, l’iscrizione è facoltativa e di conseguenza sono pochissime le imprese che hanno richiesto l’iscrizione. La white list registra risultati migliori laddove è più diffusa la pratica degli elenchi antimafia (Milano per l’Expo 2015, le aree di Emilia Romagna e Abruzzo colpite dai terremoti)».

Giustizia tributaria

L’azione del Governo prevede, nell’ambito della legge delega fiscale (legge 23/2014) la razionalizzazione dell'istituto della conciliazione nel processo tributario, anche per ridurre il notevole contenzioso, nonché un generale miglioramento della giurisdizione tributaria con una serie di interventi sulla distribuzione territoriale delle commissioni tributarie e l'ampliamento delle ipotesi in cui il contribuente può stare in giudizio senza assistenza tecnica. E’ previsto anche l'uso della posta elettronica certificata per comunicazioni e notificazioni, la semplificazione dell'elezione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, il rafforzamento della qualificazione professionale dei componenti delle commissioni tributarie.

Con i decreti attuativi, il Governo interverrà anche sulle attuali disposizioni antielusive, che verranno unificate al principio generale del divieto dell'abuso del diritto. Specifiche misure contrasteranno, infatti, l'uso distorto di strumenti giuridici allo scopo "prevalente" di ottenere un risparmio d'imposta o un vantaggio fiscale, anche se la condotta non è in contrasto con alcuna specifica disposizione. L'onere di dimostrare il disegno abusivo e le eventuali modalità di manipolazione e di alterazione degli strumenti giuridici utilizzati, nonché la loro mancata conformità a una normale logica di mercato, è a carico dell'amministrazione finanziaria.

Il Governo dovrà, inoltre, procedere anche alla revisione del sistema sanzionatorio penale tributario secondo criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti.

Settore carcerario

L’azione del Governo prevede interventi risolutivi del problema del sovraffollamento carcerario, migliorativi delle condizioni di detenzione (anche in risposta alla procedura CEDU tuttora in corso); accelerazione del Piano-carceri, ma anche maggior utilizzo di misure alternative alla detenzione.

 

Si ricorda che alla data del 31 marzo 2014 erano presenti nelle carceri italiane 60.197 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 48.309. Ci sono dunque 11.888 detenuti in eccedenza rispetto ai posti previsti (+ 25%).

 

 

 

Peraltro, il problema dell'eccessivo numero di detenuti rispetto alla dimensione delle carceri nazionali si trascina nel nostro Paese ormai da molti anni e questa emergenza torna ciclicamente a impegnare l'attività parlamentare. Basti pensare che nel giugno 2006, alla vigilia della legge che avrebbe poi concesso l'indulto, erano presenti in carcere 61.264 detenuti (seppure con una capienza regolamentare di 43.219), con una percentuale di sovraffollamento del 42%.

 

All'indomani dell'indulto del 2006 la popolazione carceraria era scesa a 39.005 detenuti (31 dicembre 2006). Negli anni seguenti, tuttavia, si è registrato un rapido ritorno alla situazione pre-indulto: le presenze al 31/12/2007 erano già 48.693; a fine 2008 58.127, a fine 2009 64.791, a fine 2010 67.961. Se si pensa che a tale data la capienza regolamentare dichiarata era di 45.022 posti si ha la misura della gravità della situazione di sovraffollamento nelle nostre carceri.

 

Solo nell'ultimo triennio, mentre la capienza degli istituti è migliorata (48.309 posti al 31 marzo 2014) a seguito, soprattutto, di interventi di ristrutturazione di padiglioni esistenti, si registra - anche grazie a numerosi interventi legislativi - una netta tendenza alla diminuzione delle presenze, fino ad arrivare ai 60.197 detenuti di oggi.

 

Elaborazione Servizio studi di dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato statistica ed automazione di supporto dipartimentale - Sezione Statistica.

 

 

Il grafico evidenzia come nel corso dell'attuale legislatura (dal marzo 2013) la forbice capienza regolamentare/detenuti presenti si sia costantemente e progressivamente ridotta per effetto degli interventi di Governo e Parlamento e - da ultimo - della sentenza della Corte costituzionale n. 32/2014 sulle c.d. droghe leggere.

 

Il sovraffollamento delle carceri italiane è stato in più occasioni condannato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.

Da ultimo, con la sentenza Torreggiani e altri contro l'Italia dell’8 gennaio 2013, la CEDU ha certificato il malfunzionamento cronico del sistema penitenziario accertando, secondo la procedura della sentenza pilota, nei casi esaminati, la violazione dell'art. 3 della Convenzione europea che, sotto la rubrica "proibizione della tortura", pone il divieto di pene e di trattamenti disumani o degradanti a causa della situazione di sovraffollamento carcerario in cui i ricorrenti si sono trovati.

La Corte ha concesso all’Italia tempo fino al prossimo 28 maggio per adottare le misure necessarie che abbiano effetti preventivi e compensativi e che garantiscano realmente una riparazione effettiva delle violazioni della Convenzione risultanti dal sovraffollamento carcerario.

 

Per adempiere alle prescrizioni della Cedu, in questa legislatura il Parlamento ha convertito i decreti-legge n. 78 del 2013 e n. 146 del 2013 che prevedono una serie di misure legislative volte - tra l'altro - a ridurre il numero dei reclusi in carcere, attraverso interventi tanto di diritto penale quanto di diritto processuale penale e relativi all'ordinamento penitenziario.

Più recentemente le Camere hanno definitivamente approvato un provvedimento (A.C. 331-B, non ancora pubblicato in Gazzetta) in tema di pene detentive non carcerarie, depenalizzazione e messa alla prova, mentre è tuttora in corso di conversione il decreto-legge n. 36 del 2014 che – a seguito della sentenza della Corte costituzionale sulla legge Fini-Giovanardi – rivede le tabelle del TU stupefacenti reintroducendo la distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere.

Il Parlamento sta inoltre tuttora esaminando una proposta di legge di iniziativa parlamentare in tema di custodia cautelare (A.C. 631-B) che, se approvata, potrebbe ulteriormente contribuire alla riduzione del sovraffollamento carcerario.

 

 

Sul versante della capienza degli istituti penitenziari, è in corso di realizzazione il c.d. Piano Carceri, la cui ultima versione è stata approvata il 18 luglio scorso, e in questa legislatura sono stati ulteriormente ampliati i compiti del Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie, i cui poteri sono prorogati fino al 31 dicembre 2014 (decreto-legge n. 78/2013).

 

Sul Piano carceri e, in generale, sulla questione carceraria, si veda il Dossier del Servizio studi n. 109 del 26 marzo 2014.

 


 

Impresa e competitività

Nel delineare le politiche caratterizzanti l'azione del Governo nel settore del sostegno alle imprese, del rilancio della competitività del sistema industriale e del rilancio degli investimenti, il PNR insiste sulla necessità di costruzione delle condizioni ambientali entro le quali possano nascere e svilupparsi imprese vitali e in grado di stare sul mercato in quanto di per sé competitive, attraverso azioni specifiche in ambito fiscale, di costo del lavoro, di credito, di costi energetici e di semplificazioni.

Il filo rosso che lega le linee programmatiche individuate nel PNR, può essere ravvisato nel tentativo di restituire centralità all’impresa e si declina nell’individuazione di diverse aree di interventi prioritari sui fattori trasversali di competitività. In coerenza con gli indirizzi dell’Industrial Compact ( in particolare con la fissazione da parte dell’UE del target del 20% quale contributo dell’industria al PIL), il Governo intende puntare su: rilancio degli investimenti privati; sostegno all’accesso al credito e alla capitalizzazione delle imprese; riduzione dei costi energetici in un quadro di sviluppo sostenibile; internazionalizzazione e attrazione degli investimenti esteri; potenziamento della concorrenza, liberalizzazioni e semplificazione amministrativa e burocratica.

Rilancio degli investimenti

Ponendosi in continuità con l’azione del precedente governo, per sostenere il rilancio degli investimenti focalizzati su ricerca, sviluppo e innovazione si intende da un lato attuare le misure agevolative già previste per il rinnovo degli impianti produttivi e dall’altro potenziare il credito di imposta alla ricerca e quello sull’assunzione di ricercatori, nonché favorire la nascita della nuova imprenditorialità.

Il Governo in carica intende infatti, entro settembre 2014, completare il processo attuativo della c.d. nuova “legge Sabatini” (di cui al D.L. 69/13, c.d. “Del fare”) con la quale sono stati introdotti un finanziamento e un contributo in conto interessi per l’acquisto di macchinari, impianti, beni strumentali d’impresa, attrezzature hardware, software e tecnologie digitali.

Il finanziamento è concesso dalla Cassa Depositi e Prestiti, che ha a disposizione 2,5 miliardi, incrementabili sulla base delle risorse disponibili fino a 5 miliardi. Per i contributi in conto interessi è, invece, autorizzata la spesa (in capo al Ministero dello Sviluppo Economico) di 7,5 milioni per il 2014, 21 per il 2015, 35 per ciascuno degli anni dal 2016 al 2019, 17 per il 2020 e 6 per il 2021.

 

Nelle economie avanzate le start-up rivestono un ruolo importante nella produzione di innovazione e di occupazione valorizzando il «fattore umano», attraverso l'innovazione di prodotto, l'innovazione organizzativa e l'attrazione di personale qualificato (al riguardo si veda anche il paragrafo “Ricerca”).

Anche l’obiettivo di facilitare la nascita di startup innovative si pone in continuità con le priorità strategiche delineate dal governo precedente e passa attraverso la piena attuazione di quanto già previsto, con particolare riguardo alle agevolazioni fiscali, ma anche ai provvedimenti volti alla semplificazione delle procedure.

Il D.L. 145/2013, per l’avvio del Piano Destinazione Italia per gli anni 2014-2016 ha previsto, per le imprese che investono in ricerca e sviluppo, un credito d’imposta a fini IRES e IRAP sul 50 per cento delle spese incrementali rispetto all’anno precedente. L’agevolazione massima per impresa sarà di 2,5 milioni e il budget totale è fissato a 600 milioni annui, a valere sulla prossima programmazione dei fondi comunitari 2014-2020. Inoltre sono state introdotte misure di agevolazione per i visti di ingresso e di permesso di soggiorno connesse con start-up innovative e iniziative a favore della ricerca da realizzare anche in partenariato con imprese, enti di ricerca e altri soggetti pubblici e privati. Inoltre, al fine di promuovere l’innovazione diffusa, tramite l’agevolazione di progetti di ricerca e sviluppo di piccola e media dimensione nei settori tecnologici individuati nel programma quadro comunitario Horizon 2020 viene dato avvio al primo intervento del nuovo Fondo per la crescita sostenibile, per un ammontare di 300 milioni. Il bando prevede l’agevolazione di progetti di R&S, di importo compreso fra 800.000 euro e 3 milioni .

A favore della ricerca, sviluppo e innovazione per le imprese è intervenuta anche la legge di stabilità per il 2014 (L. 147/2013) che, al comma 48 ha previsto, tra l’altro, una sezione speciale "Progetti di Ricerca e Innovazione", istituita nell'ambito del Fondo di garanzia per le PMI con una disponibilità di 100.000.000 euro a valere sulle disponibilità del Fondo stesso. Oggetto della Sezione è la concessione di garanzie per i finanziamenti concessi dalla BEI (Banca europea per gli investimenti) direttamente o indirettamente per la realizzazione di grandi progetti per la ricerca e l’innovazione industriale. La garanzia può essere concessa copertura delle prime perdite su portafogli di un insieme di progetti il cui ammontare minimo è pari a 500.000 euro. Beneficiari della garanzia possono essere le imprese di qualsiasi dimensione, con particolare riguardo alle piccole e medie imprese, alle reti di impresa e ai raggruppamenti di imprese, la cui individuazione è oggetto di specifico accordo –quadro di collaborazione tra il MISE, il MIPAF e la BEI. La definizione delle modalità operative della Sezione speciale (criteri, modalità di selezione, caratteristiche dei progetti etc.) è rimessa ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. le risorse della Sezione speciale possono essere incrementate anche da parte delle risorse della programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari.

A febbraio 2014 è stato inoltre presentato il documento ‘Ricerca e Innovazione nelle imprese’ che prevede misure di sostegno immediato alle attività innovative e di ricerca delle imprese. L’obiettivo è quello di rafforzare la ripresa economica con azioni qualificate per la crescita, come la promozione dell’innovazione e dell’internazionalizzazione delle imprese, utilizzando le opportunità offerte dal nuovo ciclo di programmazione dei Fondi Europei. L’insieme delle misure per il 2014 è stimato in circa 250 milioni coperti dal fondo di rotazione che, in base alle disposizioni della Legge di Stabilità 2014, può anticipare fino a 500 milioni sui Fondi Europei 2014–2020. Tra le azioni previste sono compresi i PON ‘Imprese e competitività’ e ‘Ricerca e innovazione’. Le misure del PON ‘Ricerca e innovazione’ riguardano: i) incentivi alle imprese per l’impiego di ricercatori con profili tecnico-scientifici al fine di migliorare la ricerca nelle PMI (si veda Programma Rise & Shine, box PNR 2014- 2020); ii) misure per la diffusione di dottorati di ricerca (prevista la realizzazione di circa 2000 percorsi formativi) al fine di avvicinare i percorsi svolti alle esigenze delle imprese, rafforzare il collegamento tra università e imprese e creare più opportunità per gli studenti (si veda Programma Mille e più dottorati innovativi, box PNR 2014-2020); iii) creazione di reti per l’innovazione per promuovere l’aggregazione di gruppi di ricerca competitivi (si veda Programma Sostegno ai progetti nell’ambito di iniziative di programmazione congiunta, box PNR 2014- 2020); iv) finanziamento delle attività nazionali e internazionali di coordinamento e networking di gruppi di ricerca e sostegno delle iniziative che prevedano strumenti di empowerment dei ricercatori che si trovano nelle prime fasi della carriera (si veda Programma Potenziale in movimento, box PNR 2014-2020); v) finanziamenti di appositi progetti per lo sviluppo di competenze e relazioni collegate all’incremento della capacità di partecipare ai bandi ‘Horizon 2020’, dai quali sia le Università che le imprese nelle Regioni del Mezzogiorno sono tradizionalmente escluse.

Sono stati semplificati inoltre i criteri per le imprese start up innovative. Al fine di attrarre gli investimenti esteri e favorire la competitività delle imprese italiane, il Governo ha introdotto una nuova categoria d’ingresso in Italia degli stranieri extracomunitari per motivi di lavoro autonomo finalizzata alla costituzione d’imprese start up innovative.

Al fine di favorire la digitalizzazione e l’ammodernamento tecnologico delle PMI, sono stanziati finanziamenti a fondo perduto mediante voucher dell’importo massimo di 10.000 euro. L’ammontare dell’intervento è stabilito nella misura massima di 100 milioni. E’ stata resa operativa la linea ‘capitale di rischio’ del Fondo Nazionale per l’Innovazione (FNI), per agevolare il finanziamento di progetti innovativi basati sulla valorizzazione industriale dei titoli di proprietà industriale (brevetti, disegni e modelli). Per investire nel capitale di PMI che realizzano programmi di investimento finalizzati alla valorizzazione economica dei brevetti, è stato costituito un apposito fondo mobiliare chiuso, IPGEST, di 40,9 milioni (di cui 20 pubblici). La quota d’investimento per ciascuna PMI può arrivare fino a 1,5 milioni nell’arco di dodici mesi

Ricerca nel settore aeronautico.

A novembre 2013 Il MISE ha stanziato 750 milioni per programmi di ricerca e sviluppo nel settore aeronautico. Le risorse saranno destinate sia alla conclusione di progetti già avviati e finanziati in parte che alla promozione di nuovi progetti, privilegiando tra questi ultimi quelli riferiti ad aree tecnologiche prioritarie per lo sviluppo del settore aeronautico, nell’ottica della competitività oltre che dell’accrescimento del patrimonio tecnologico nazionale e delle ricadute sull’intero sistema industriale e sul piano occupazionale. La legge di Stabilità per il 2014 ha disposto lo stanziamento di contributi pari a 30 milioni a decorrere dal 2014 e 10 milioni a decorrere dal 2015, per il finanziamento dei programmi di ricerca e sviluppo nel settore aeronautico.

 

Il rilancio degli investimenti non può prescindere da una specifica attenzione alle problematiche del Mezzogiorno. Il Governo insiste sulla necessità concentrare le risorse disponibili su pochi interventi, prevalentemente a sostegno degli investimenti nella rete digitale e per favorire l’accesso dal credito delle PMI.

Con il progetto ‘Start&Smart’ sono resi operativi, attraverso INVITALIA, gli incentivi per la nascita di start up nel Mezzogiorno. Il progetto è finanziato con 190 milioni, al fine di erogare contributi a fondo perduto per la copertura dei costi di gestione aziendali nei primi anni di attività, o per le spese per investimenti e in servizi di tutoring tecnico gestionale. Per le start up è previsto il cosiddetto ‘Fail-fast’: è prevista la contrazione dei tempi della liquidazione giudiziale della start up in crisi, approntando un procedimento semplificato rispetto a quelli previsti dalla legge fallimentare. Inoltre, è possibile l’assoggettamento, in via esclusiva, al procedimento per la composizione delle crisi da sovraindebitamento, applicabile ai soggetti non fallibili.

Un ulteriore filone di interventi può inoltre essere individuato nella sperimentazione nelle Zone Franche Urbane di misure di abbattimento del carico fiscale e contributivo per le imprese.

A giugno 2013 sono state previste due tipologie d’intervento per promuovere la nascita delle imprese nelle Regioni in Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia, in attuazione di una specifica azione prevista nel PON ‘Ricerca e competitività’ FESR 2007-2013. E’ stato varato a luglio 2013 un nuovo intervento per l’agevolazione di programmi d’investimento innovativi nell’ambito del Piano di Azione Coesione, al fine di rafforzare la competitività dei sistemi produttivi e lo sviluppo tecnologico nelle aree delle Regioni dell’Obiettivo Convergenza. I programmi devono essere finalizzati all’acquisizione di immobilizzazioni materiali e immateriali tecnologicamente avanzate, in grado di aumentare il livello di efficienza o di flessibilità nello svolgimento dell’attività economica.

Accesso al credito

Ulteriore tassello strategico dell’azione governativa per la “rinascita” del sistema industriale è costituito dal sostegno all’accesso al credito e alla capitalizzazione delle imprese.

Per favorire l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, in continuità con il Governo precedente, la prima linea di azione è senz’altro quella di un ulteriore potenziamento del Fondo di garanzia alle PMI. L’intervento proposto consiste nel rafforzamento di 670 milioni del Fondo nel 2014 e complessivamente di oltre 2 miliardi nel triennio, nonché nella completa attuazione delle disposizioni previste dal governo precedente.

Il principale strumento nazionale in materia di accesso al credito per le imprese è rappresentato dal Fondo di garanzia per le PMI, che sostiene lo sviluppo delle micro, piccole e medie imprese italiane (e adesso anche ai professionisti) concedendo una garanzia pubblica a fronte di finanziamenti concessi dalle banche. L’operatività del Fondo ha infatti registrato una decisa impennata a decorrere dal 2007, anno di inizio della crisi economica e finanziaria ancora in atto. Solo nel 2013, le operazioni finanziate sono state 77 mila per un valore di 10 miliardi e un importo garantito di 6,5 miliardi. Con la Legge di Stabilità per il 2014, il Fondo di garanzia per le PMI è stato inserito nel Sistema Nazionale di Garanzia, che comprende anche una Sezione speciale di garanzia ‘Grandi Progetti di Ricerca e Innovazione’, che viene istituita nell’ambito del Fondo di garanzia PMI e il Fondo di garanzia per la prima casa.

Sempre al fine di favorire l’accesso al credito delle PMI, la Legge di Stabilità per il 2014 è intervenuta in favore degli strumenti di garanzia mutualistica di primo livello (Confidi) al fine di favorire sia la patrimonializzazione dei Confidi sottoposti alla vigilanza della Banca d’Italia, sia operazioni di fusione finalizzate all’iscrizione nell’elenco o nell’albo degli intermediari vigilati dalla Banca d’Italia. La misura si propone di rafforzare patrimonialmente i Confidi mediante l’utilizzo del Fondo di Garanzia per le PMI nei limiti di 225 milioni. Inoltre, una somma di 70 milioni per ciascuno degli anni 2014-2016 è destinata alle Camere di Commercio per il sostegno al credito alle PMI tramite il rafforzamento dei Confidi, anche quelli non sottoposti a vigilanza della Banca d’Italia.

 

La seconda linea di intervento per il sostegno al credito può essere individuata nell’ampliamento delle fonti di finanziamento per le imprese. Al riguardo il Governo intende favorire una maggiore partecipazione degli investitori istituzionali che veicolano il risparmio di lungo periodo - in particolare fondi pensione, casse previdenziali e compagnie di assicurazioni - negli investimenti a sostegno dell’economia reale del nostro Paese, a partire dal rafforzamento dei minibond e dal supporto alla creazione di un mercato di fondi di credito.

Le proposte governative in tal senso prevedono: il completamento della liberalizzazione delle emissioni obbligazionarie da parte delle società non quotate e azioni volte a favorire l’accesso delle PMI al mercato aperto dei capitali; l’accrescimento dell’allocazione delle risorse del risparmio a lungo termine- con finalità assicurative e previdenziali -verso gli investimenti nell’economia reale del Paese; l’operatività dell’utilizzo della garanzia pubblica a copertura di eventuali perdite conseguenti alla sottoscrizione dei minibond da parte di fondi di credito specializzati.

Consolidamento della struttura patrimoniale delle imprese

È inoltre necessario, secondo il Governo, puntare a un consolidamento della struttura patrimoniale delle imprese italiane, sostenendo, il sistema imprenditoriale nell’affrontare le sfide competitive con strutture finanziarie più solide, più aperte al mercato e più moderne.

Per rilanciare gli investimenti e dare maggior forza all’economia, e in particolare alle PMI, occorre inoltre puntare sull’aggregazione, entro settembre 2014, a partire dal rafforzamento delle reti d’impresa, che insieme ai distretti rappresentano un’esperienza di successo del tessuto produttivo nazionale, con misure che ne incentivino la diffusione sul territorio e la proiezione verso l’esterno.

Con la Legge di Stabilità per il 2014, è stata incrementata di 200 milioni per il 2014 la dotazione del Fondo SIMEST, che eroga contributi in conto interessi a sostegno delle esportazioni a pagamento differito (stabilizzazione del tasso di interesse e smobilizzi) e degli investimenti all’estero. E’ stata definita l’intesa denominata ‘Accordo per il credito 2013’ tra l’ABI e le Associazioni di rappresentanza delle imprese per la sospensione, l’allungamento dei finanziamenti e la promozione della ripresa e lo sviluppo delle attività. Il plafond è di 10 miliardi, fino al 30 giugno 2014. E’ stato costituito un Fondo di Valorizzazione Imprese (FVI) da parte dell’ABI. È un nuovo intermediario, istituito e gestito da una società di gestione del risparmio, il cui obiettivo è il rilancio e la valorizzazione delle imprese sane ma in situazione di stress finanziario. Il Fondo potrà acquisire crediti dalle banche e risorse finanziarie da investitori, intervenendo nel rafforzamento dell’impresa fino al disinvestimento della partecipazione.

La Legge di Stabilità 2014 ha inoltre istituito un Fondo, con una dotazione di 5 milioni per ciascuno degli anni 2014-2015, finalizzato a sostenere le imprese che si uniscono in associazioni temporanee di impresa (ATI) o raggruppamenti temporanei (RTI). L’obiettivo di tali gruppi temporanei deve essere la produzione nel campo della manifattura sostenibile e artigianato digitale, la promozione della ricerca e sviluppo software e hardware e l’ideazione di modelli di vendita non convenzionali e forme di collaborazione.

Riduzione dei costi energetici per le imprese

Al fine di tutelare il tessuto produttivo delle PMI riducendo i costi, occorre considerare che il sistema imprenditoriale italiano è gravato da costi energetici particolarmente elevati, che impattano sulla competitività del Paese e anche sulla sua attrattività per gli investitori stranieri.

In piena continuità con gli obiettivi che si era prefissato il governo precedente, il DEF indica tra le priorità strategiche delle politiche a favore delle imprese e della concorrenza la riduzione del costo dell’energia. Nello specifico si indica l’obiettivo, entro settembre 2014, di una riduzione di almeno del 10 per cento del costo dell’energia per le pmi, attraverso la rimodulazione della bolletta in particolare bilanciando gli oneri relativi all’utilizzo delle reti e della gestione delle fonti intermittenti.

In tal senso il Governo rinvia ampiamente a quanto già delineato nella Strategia energetica nazionale (che indica: la piena integrazione del mercato italiano con quello europeo; il rafforzamento della rete nazionale; l’aggiudicazione delle concessioni idroelettriche attraverso gare competitive; la razionalizzazione della rete di distribuzione elettrica e la revisione delle agevolazioni ai clienti industriali) approvata tramite il decreto interministeriale dell' 8 marzo 2013.

Per raggiungere questo obiettivo e garantire alle PMI una riduzione permanente in bolletta di almeno 1,5 miliardi, occorre eliminare inefficienze, costi impropri e rendite ingiustificate, così come occorre bilanciare meglio il peso di alcuni oneri relativi all’utilizzo delle reti. Si punta inoltre su una maggiore diversificazione degli approvvigionamenti quale leva per ridurre la bolletta e per dare sicurezza al sistema, e sul completamento del processo di liberalizzazione del mercato elettrico e del gas. Particolare rilevanza è dunque attribuita al gas quale fondamentale fonte di energia. In tal senso il Governo insiste sulla necessità che vengano rimossi gli ostacoli allo sviluppo della nostra capacità di rigassificazione per beneficiare della rivoluzione dello shale gas.

Nel corso del 2013 diverse azioni sono state intraprese per rafforzare la competitività delle imprese riducendo i costi dell’energia. In primo luogo, il D.L. 69/2013 ha esteso la ‘Robin Tax’ e destinato le maggiori entrate alla riduzione della componente A2 della tariffa elettrica, e ha modificato le modalità di determinazione delle tariffe concesse agli impianti in regime CIP6, che andranno a ridurre la componente A3 della tariffa. Successivamente, anche il D.L. per l’avvio del Piano ‘Destinazione Italia’ ha introdotto una serie di misure riguardanti, tra l’altro, la componente tariffaria A3, finalizzate a favorire una riduzione in modo strutturale del costo dell’energia elettrica in Italia. Gli oneri di sistema rappresentano attualmente circa il 20 per cento della bolletta elettrica di una famiglia-tipo, e la componente A3 pesa per il 90,6 per cento, ossia la quasi totalità. In particolare, si è tentato di distribuire nel tempo una parte degli oneri per l’incentivazione delle fonti rinnovabili, a fronte di una migliore valorizzazione della vita tecnica degli impianti. A tal fine, i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili possono optare, in alternativa al mantenimento degli incentivi previgenti, per una riduzione dell’incentivo accoppiata a un aumento del periodo di diritto.

In seguito al decreto di attuazione del Ministro dello Sviluppo Economico del 31 gennaio 2014, il cosiddetto ‘costo evitato del combustibile’ è calcolato sulla base di un paniere di riferimento nel quale il peso dei prodotti petroliferi è progressivamente ridotto in ciascun trimestre del 2013, con una parziale deroga per gli impianti di termovalorizzazione dei rifiuti, situati in zone di emergenza nella gestione del ciclo dei rifiuti.

Sono state previste agevolazioni alle imprese manifatturiere con elevati consumi di energia elettrica, e nel corso del 2013 è stato adottato il decreto ministeriale che ha stabilito i nuovi criteri per identificare le aziende ad alta intensità energetica (c.d. energivore).

Per quanto riguarda la costruzione di nuove infrastrutture energetiche, si segnala che con il DM del 27 febbraio 2013 il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) ha adottato il Regolamento per la redazione del Piano decennale di sviluppo della rete di trasporto del gas (nazionale e regionale), che individua le infrastrutture da costruire o potenziare nell'arco dei dieci anni successivi.

A febbraio 2014 è entrato in vigore l’accordo intergovernativo fra Italia Grecia e Albania sul progetto ‘Trans Adriatic Pipeline’ (TAP), che dà attuazione all’intesa siglata dai tre Paesi nel 2012 per la realizzazione di questo nuovo importante gasdotto. Il progetto realizzerà l’apertura del ‘Corridoio Sud’per interconnettere le risorse di gas naturale dell’area del Caspio e del Medio Oriente all’Europa.

Con il DM del 5 aprile 2013 il MISE ha accettato l’aggiornamento del piano quinquennale 2010-2015, proposto dalla società Eni Spa, che prevede la realizzazione di nuova capacità di stoccaggio di gas naturale per un totale complessivo di 4 miliardi di metri cubi. L’entrata in esercizio delle nuove capacità è prevista per il 1° settembre 2015.

A luglio 2013 è stato perfezionato un contratto di finanziamento di 570 milioni tra la Banca europea per gli investimenti (BEI) e Terna, la società di gestione della rete elettrica italiana. Il prestito contribuisce al piano quinquennale 2012-2016 di Terna, del valore superiore al miliardo di euro, per il rafforzamento della rete italiana di trasmissione di energia elettrica.

Infine, la legge di stabilità ha rifinanziato il programma di metanizzazione del Mezzogiorno stanziando per i Comuni risorse pari a 140 milioni per il periodo 2014-2020. L’intervento di sostegno al completamento della rete di distribuzione del gas metano riguarderà almeno 90 Comuni del Sud Italia.

Il Governo ha avviato poi il complesso iter di definizione dei regolamenti di attuazione del D.L. 21/2012 703 in materia di poteri speciali (meglio noti come ‘Golden Power’), riconosciuti al Governo per la cura di interessi generali e fondamentali per la vita del Paese. In particolare, sono stati predisposti tre schemi di D.P.R, con i quali: sono stati individuati gli attivi e sono state definite le procedure per l’attivazione dei poteri speciali nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni.

Crescita verde e uso efficiente delle risorse

La sfida nei prossimi anni, già intrapresa a livello europeo, è quella di separare la crescita economica dal consumo delle risorse. Il Paese deve valorizzare le straordinarie risorse di cui dispone: l’ambiente, il territorio, il patrimonio agroalimentare. Questo significa scommettere sulle opportunità offerte dall’economia verde e prestare un’attenzione costante e sempre maggiore alle fragilità che caratterizzano il nostro territorio.

 

Nel corso del 2013 in tema ambientale le disposizioni del Governo si sono concentrate su azioni di salvaguardia del territorio e del paesaggio e su iniziative volte a favorire il risparmio e l’efficienza energetica in modo da farne occasione di innovazione e competitività come nel caso degli incentivi per gli Ecobonus e dell’Attestato di Prestazione energetica (APE), in sostituzione dell’Attestato di certificazione energetica (ACE), che documenta la prestazione energetica di un edificio attraverso l’utilizzo di specifici parametri. Tali provvedimenti sono stati introdotti con il D.L. 63/2013 che recepisce la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia.

Nel 2013 è stato inoltre avviato il processo di recepimento della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica (lo schema di decreto legislativo n. 90 è attualmente all’esame delle Camere per il parere). In questo ambito, è stata trasmessa alla Commissione la relazione sugli obiettivi indicativi di efficienza fissati dall’Italia al 2020, e notificato il metodo per calcolare la riduzione dei consumi di energia finale da conseguire nel periodo 2014-2020, nonché gli orientamenti sulle misure di policy che l’Italia intende adottare per realizzare il volume di risparmi di energia richiesto (certificati bianchi, riqualificazione energetica degli edifici, conto termico). L’obiettivo indicativo di riduzione dei consumi di energia finale al 2020 è fissato in 15,5 Mtep, coerentemente con la Strategia Energetica Nazionale (SEN). Il nuovo schema di decreto legislativo contiene novità riguardo alla necessità di seguire un piano di riqualificazione energetica sugli immobili della Pubblica Amministrazione centrale e all’obbligo per le grandi imprese e per tutte le imprese energivore di eseguire diagnosi di efficienza energetica.

Per quanto concerne le fonti rinnovabili, sono stati fissati tetti massimi di spesa annua d’incentivazione differenziati per fotovoltaico e altre fonti rinnovabili elettriche, al fine di programmare una crescita equilibrata. Il tetto di spesa per il fotovoltaico, pari a 6,7 miliardi, è stato raggiunto il 6 giugno 201 e, in accordo alle previsioni del D.M. 5 luglio 2012, il Conto Energia ha cessato di applicarsi il 6 luglio 2013, fatta eccezione per taluni impianti da ubicare in alcune zone dell’Italia settentrionale colpite dal terremoto. Per quanto riguarda le altre fonti rinnovabili elettriche, il tetto massimo di spesa annua d’incentivazione è stato posto a 5,8 miliardi: a dicembre 2013 la spesa annua ha raggiunto il valore di 4,6 miliardi. In merito alle altre fonti rinnovabili elettriche va, tra l’altro, segnalato l’abbandono (dal 2013 per i nuovi impianti e dal 2016 per gli impianti entrati in esercizio entro il 2013) del sistema dei certificati verdi a favore di un meccanismo basato su tariffe incentivanti, fisse o premio. Per l’accesso ai meccanismi sono stabiliti contingenti annui incentivabili, resi disponibili mediante aste al ribasso per i grandi impianti e iscrizione a un apposito registro per impianti di taglia media. Prosegue l’opera di incentivazione della produzione di energia termica da fonti rinnovabili e dei progetti di riqualificazione energetica degli edifici pubblici tramite il ‘Conto Termico’. Per le Amministrazioni Pubbliche sono previsti 200 milioni fino a esaurimento, mentre per i privati sono previsti 700 milioni.

Si segnala infine che, con il D.L. 61/2013 (Ilva), per la prima volta nell’ordinamento italiano il commissariamento di un’azienda non viene disposto per la tutela dei creditori, ma per la tutela delle ragioni ambientali e sanitarie, offrendo uno strumento in più all’autorità pubblica in casi di crisi ambientale.

Concorrenza e liberalizzazioni

L’altro importante filone di interventi volti all’obiettivo dello stimolo all’innovazione e alla competitività del sistema imprenditoriale è rappresentato dalle politiche per la concorrenza. Nel DEF il Governo sottolinea l’esigenza di dare nuovo impulso all’attuazione delle norme in materia di liberalizzazione delle attività economiche. In particolare il PNR indica lo strumento della legge annuale sulla concorrenza e il riordino della normativa sui servizi pubblici locali in funzione di una maggiore apertura del mercato e dell’aggregazione in ambiti territoriali più ampi.

Mercati aperti e concorrenziali sono un importante fattore per accrescere l’efficienza e la competitività delle imprese italiane e garantiscono effetti positivi in termini di minori costi, maggiore possibilità di scelta e più tutela per i consumatori. Valorizzando il veicolo della legge annuale sulla concorrenza, il Governo si prefigge di porre in atto un’attività periodica di rimozione dei tanti ostacoli e freni, normativi e non, che restano nei mercati dei prodotti e dei servizi. L’idea è quella di puntare sull’implementazione delle norme esistenti, a partire dal varo, entro settembre 2014, di un Testo Unico e della Legge Annuale per la Concorrenza prevista dal nostro ordinamento e non ancora attuata.

 

Nel corso del 2013 le azioni che sono state messe in campo tendono a completare il quadro regolatorio in alcuni settori aperti alla concorrenza, tutelando allo stesso tempo i consumatori e le imprese. Contemporaneamente il Governo ha accresciuto il suo impegno per aumentare la dotazione di infrastrutture materiali e immateriali necessarie per il corretto funzionamento dei mercati.

Nell’ultimo anno è proseguita in Italia la profonda evoluzione del mercato del gas, dove la contrazione della domanda, l’aumento dell’offerta e le nuove regole europee e nazionali, hanno favorito lo sviluppo di una maggiore concorrenza e l’allineamento dei prezzi all’ingrosso con quelli degli altri mercati europei. Gli sviluppi più rilevanti in questi ultimi mesi hanno riguardato il mercato all’ingrosso del gas naturale e la riforma della formula tariffaria per l’aggiornamento delle bollette.

Procede il percorso normativo teso a favorire l’avvio delle gare pubbliche d’ambito per l’affidamento dei servizi pubblici locali. In particolare, per velocizzare e dare certezza all’avvio delle prime gare di distribuzione del gas per ambiti territoriali è stata introdotta una specifica disposizione, che rafforza i termini e le competenze delle Regioni, prevedendo una penalizzazione economica per i Comuni che ritardano ad individuare la stazione appaltante e disponendo un potere sostitutivo statale. Per facilitare l’ingresso di nuovi gestori nella distribuzione del gas, è stata introdotta una metodologia più uniforme per il calcolo del valore di rimborso dovuto al gestore uscente, e la possibilità di anticipare alla stazione appaltante l’importo del corrispettivo una tantum per la copertura degli oneri di gara; tale importo viene anticipato dal gestore uscente e rimborsato al medesimo dal concessionario subentrante all’aggiudicazione della gara.

Per quanto concerne l’apertura del mercato, a novembre 2013 l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI) ha certificato Snam Rete Gas in qualità di gestore del sistema di trasporto del gas naturale in separazione proprietaria, che potrà operare, quindi in piena indipendenza dagli interessi della produzione o vendita di gas naturale. E’ stato così portato a compimento un ulteriore passaggio nella separazione proprietaria tra Snam Rete Gas e Eni S.p.A.. Da settembre 2013 è operativa la piattaforma del Mercato a termine del gas naturale (MTGAS). Lo sviluppo di un mercato all’ingrosso del gas consentirà agli operatori di acquistare e vendere quantitativi di gas naturale a prezzi competitivi e trasparenti, insieme a una riduzione complessiva della bolletta per i consumatori, grazie ai prezzi spot che si formano sul mercato. E’ stata ristretta ai soli clienti domestici la categoria dei clienti vulnerabili escludendo i piccoli clienti industriali. L’applicazione transitoria del servizio di tutela dei prezzi del gas, i cui prezzi di riferimento sono determinati dall’AEEGSI stessa, resta quindi in vigore solo per i clienti domestici. E’ stata avviata dall’Autorità di settore, a settembre 2013, la riforma delle tariffe elettriche di trasmissione, distribuzione e misura e la revisione dell’articolazione degli oneri generali di sistema, avviata. Obiettivo della riforma è promuovere l’utilizzo delle fonti rinnovabili, l’efficienza, l’innovazione tecnologica e l’uso razionale delle risorse, consentendo il miglior utilizzo dell’energia elettrica negli usi domestici, attraverso un maggior allineamento delle tariffe ai costi effettivi del servizio. Al fine di promuovere il livello di concorrenza nel settore petrolifero, al Gestore dei Mercati Elettronici S.p.A. (GME) è stato affidato il compito di sviluppare una piattaforma di mercato della logistica petrolifera di oli minerali, per favorire la negoziazione di prodotti petroliferi liquidi per autotrazione. A luglio 2013, il GME ha predisposto una Piattaforma di Rilevazione della Capacita di Stoccaggio di Oli Minerali (PDC-oil) per l’acquisizione e la gestione dei dati anagrafici dei soggetti obbligati, oltre che delle informazioni e dei dati riguardanti la capacità logistica nella titolarità degli stessi.

In relazione al potenziamento delle infrastrutture materiali e immateriali, a febbraio 2014 è entrato in vigore l’accordo intergovernativo tra Italia, Grecia e Albania relativo al progetto del nuovo gasdotto ‘Trans Adriatic Pipeline’ (TAP). Il TAP consentirà di aumentare la sicurezza degli approvvigionamenti, la diversificazione delle fonti e delle rotte di provenienza del gas. In aggiunta, determinerà un aumento dell’offerta di gas e del numero di fornitori in concorrenza sul mercato italiano ed europeo, con benefici per i consumatori e le imprese. La Banca europea per gli investimenti (BEI) e Terna, la società di gestione della rete elettrica del Paese, hanno perfezionato, a luglio 2013, un contratto di finanziamento di 570 milioni. Il prestito contribuisce al piano quinquennale 2012-2016 di Terna, del valore superiore al miliardo, per il rafforzamento del network italiano di trasmissione di energia elettrica. Al fine di realizzare solo lo stoccaggio strettamente necessario alle esigenze del sistema del gas, verrà posto in essere il solo spazio richiesto dai cosiddetti soggetti investitori (consumatori industriali di gas naturale, PMI). Tale norma è contenuta nel D.L. ‘Destinazione Italia’, e tiene conto del fatto che, al momento, lo sviluppo di nuova capacità di stoccaggio di gas naturale in Italia non appare più necessario - essendo già richiesta dal mercato una capacità inferiore a quella esistente.

Quest’ultimo intervento ha effetti anche nell’ambito della distribuzione dei carburanti, settore su cui gli interventi degli ultimi anni hanno puntato a rendere il mercato dei carburanti più concorrenziale e a incidere sul livello dei prezzi, rafforzando la tutela dei consumatori, la trasparenza dei prezzi e la qualità del servizio offerto. A ulteriore tutela dei consumatori sono stati introdotti una serie di obblighi informativi sul prezzo dei carburanti, che hanno lo scopo di facilitare l’automobilista nella verifica dei prezzi. Altre misure riguardano in maniera specifica la facilitazione del processo di razionalizzazione della rete, con contributi e facilitazioni per la chiusura degli impianti. A luglio 2013 è entrato in vigore il decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 19 aprile 2013 concernente i contributi per i costi di ripristino ambientale sostenuti dai titolari di distributori di carburanti a seguito della chiusura degli impianti, a valere sul Fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti, contestualmente rifinanziato. Il Fondo è integrato attraverso un contributo a carico dei titolari di autorizzazione e dei gestori degli impianti di distribuzione carburanti della rete ordinaria. Il D.L. ‘Destinazione Italia’ ha introdotto una misura volta a non far aumentare la quota minima di miscelazione dei biocarburanti nella benzina e nel gasolio del settore dei trasporti. Tale misura si rende necessaria per non gravare ulteriormente sul prezzo dei carburanti in una congiuntura sfavorevole per il consumo degli stessi, dovuto sia agli alti prezzi della materia prima, che all’aumento delle accise (in parte avvenuto e in parte previsto nel 2014).

Tra il 2012 e il 2013 l’Autorità Antitrust (Autorità Garante delle Concorrenza e del Mercato, AGCM) ha svolto la sua consueta attività di sorveglianza della concorrenza, L’AGCM ha poi svolto la sua funzione di advocacy inviando al Governo segnalazioni affinché siano rimosse le regole restrittive che creano inefficienze e colli di bottiglia in diversi mercati. Di particolare rilevanza sono state le indagini conoscitive concluse nel corso dell’anno, ed in particolare quello relative al settore del commercio al dettaglio. Dalle conclusioni è emerso che nel settore della distribuzione l’Italia è caratterizzata da un importante gap strutturale, rispetto ai principali Paesi europei, sia in termini di superfici commerciali moderne rispetto alla popolazione, sia in termini di efficienza distributiva. l’AGCM ha ritenuto di svolgere un monitoraggio sulle problematiche afferenti all’effettiva realizzazione della liberalizzazione degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali, disposta dal D.L. ‘Salva Italia’. Ciò che emerge dal monitoraggio è che la liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi sta incontrando una serie di difficoltà, riconducibili non unicamente all’esistenza di ostacoli normativi, amministrativi o di altra natura posti dalle amministrazioni regionali e/o locali ma anche, più semplicemente, a motivazioni di mancata convenienza economica e, più in generale, a scelte di politica aziendale condizionate dalla congiuntura economica.

È stata inoltre attuata in Italia la direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori. A partire dal 13 giugno (data di entrata in vigore della maggior parte delle nuove disposizioni contenute nel decreto legislativo) sono quindi previste maggiori informazioni precontrattuali per i consumatori, in particolare, nei contratti a distanza e negoziati al di fuori dai locali commerciali. Con le nuove norme l’obbligo d’informativa precontrattuale è più gravoso rispetto al precedente, e riguarda l’identità del professionista, le caratteristiche del prodotto o del servizio, le modalità di pagamento, le garanzie a favore del consumatore; a questo si affianca un obbligo di forma scritta e di linguaggio chiaramente comprensibile.

Semplificazione degli oneri per le imprese

La semplificazione e la qualità della regolazione rappresentano un fattore chiave per la competitività e lo sviluppo del paese e una condizione essenziale per agevolare l'esercizio dei fondamentali diritti di cittadinanza. Il Governo si trova ora di fronte alla necessità di implementare e completare un ambizioso processo di semplificazione iniziato nella scorsa legislatura e ancora non portato a compimento.

Le politiche volte alla riduzione degli oneri amministrativi per le imprese si sono tradotte finora in un significativo numero di disposizioni, contenute in diversi provvedimenti. Questo ha provocato una stratificazione di norme, non sempre coordinate tra loro.

Il PNR 2014 insiste sulla necessità di semplificare il quadro normativo. Al riguardo vengono ribaditi gli obiettivi, da raggiungere entro ottobre 2014, della riduzione degli oneri ed adempimenti a carico delle imprese e della garanzia dei tempi nei procedimenti amministrativi. Quanto alle azioni per realizzare tali intenti sono indicate: la razionalizzazione delle comunicazioni obbligatorie, sfruttando anche la leva dell’Agenda digitale; la semplificazione del sistema delle autorizzazioni e la riforma della conferenza dei servizi; la creazione di uno sportello unico per lo svolgimento degli adempimenti amministrativi in materia di lavoro.

Internazionalizzazione e attrazione di investimenti esteri

Il PNR sottolinea come, sebbene l’export sia uno dei motori principali della nostra economia, il numero di imprese presenti all’estero sia ancora modesto. L’obiettivo individuato dal Governo è dunque quello di sostenere i processi di internazionalizzazione ed export delle imprese italiane, agevolando le imprese già operanti sui mercati esteri e incrementandone il numero, attualmente limitato.

In quest’ottica il Governo si impegnerà a fornire alle aziende, in particolare alle PMI, il massimo supporto potenziando i servizi finanziari per l’internazionalizzazione. Particolare attenzione verrà dedicata alla valorizzazione delle eccellenze, inclusi i settori del nuovo Made in Italy (meccatronica, biomedica, domotica, tecnologia ambientale ecc.).

Per la valorizzazione del Made in Italy è previsto, entro settembre 2014, un Piano straordinario che punti a incrementare il numero di imprese stabilmente esportatrici, rafforzando gli strumenti necessari ad accompagnare le imprese, specie di piccola e media dimensione (attraverso anche SIMEST e INVITALIA), nel processo di internazionalizzazione. Si provvederà poi all’attuazione delle misure del piano “Destinazione Italia” (adottato dal precedente governo) nella prospettiva di aumentare anche gli investimenti diretti esteri.

Si prevede poi un maggiore coordinamento tra l’ICE e la rete estera nonché un maggiore coinvolgimento delle aziende – in particolare di piccola e media dimensione – nei paesi chiave per l’export italiano, anche sostenendo l’e-commerce e la capacità di aggregazione.

Con la Legge di Stabilità 2014, è stato aggiornato il Fondo per l’internazionalizzazione . Tra le innovazioni di maggior rilievo:

1)  la destinazione alle piccole e medie imprese (PMI) di una riserva di risorse pari al 70 per cento annuo;

2)  l’ampliamento dei beneficiari, possono eccedere al finanziamento anche le aggregazioni di imprese;

3)  la riduzione delle garanzie da prestare per le PMI in possesso di determinati requisiti;

4)  l’introduzione di un nuovo strumento di marketing. Con la Legge di Stabilità 2014, la dotazione del Fondo rotativo destinato alla concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici, a sostegno dei processi di internazionalizzazione delle imprese è incrementata di 50 milioni per il 2014. Una quota fino al 40 per cento di tali somme è riservata alle imprese del settore agroalimentare che si aggregano per consolidare la propria presenza sui mercati esteri.

La stessa legge di stabilità ha incrementato di 200 milioni per il 2014 la dotazione del Fondo SIMEST, rinvenendo le somme sulle disponibilità giacenti sul Conto Corrente di Tesoreria.

Un significativo punto di sofferenza per l’apertura internazionale delle imprese è individuato nella presenza di eccessivi vincoli per quel che concerne le attività transfrontaliere. Nel rispetto del diritto dell’Unione Europea e degli orientamenti giurisprudenziali emessi nell’ambito della stessa Unione, il Governo ribadisce la necessità di rivedere la disciplina impositiva riguardante le operazioni transfrontaliere.

 

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha previsto dei contributi a favore dei Consorzi per l’internazionalizzazione, finalizzati a sostenere lo svolgimento di specifiche attività promozionali, di rilievo nazionale, per l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese realizzate da tali Consorzi, anche attraverso contratti di rete con piccole e medie imprese non consorziate. Per ottenere il contributo, i Consorzi per l’internazionalizzazione devono essere costituiti o in forma di società consortile o cooperativa da PMI industriali, artigiane, turistiche, di servizi, agroalimentari e agricole aventi sede in Italia; possono, inoltre, partecipare imprese del settore commerciale. E’ ammessa la partecipazione di enti pubblici e privati, di banche e di imprese di grandi dimensioni, purché non fruiscano dei contributi pubblici.

Il Comitato Agevolazioni, istituito presso la SIMEST S.p.A., ha riordinato e razionalizzato la materia del supporto del credito all’esportazione. In particolare, per quanto riguarda i finanziamenti agevolati per i programmi di inserimento sui mercati esteri, le iniziative finanziabili sono l’apertura di strutture volte ad assicurare, in prospettiva, la presenza stabile nei mercati di riferimento, che possono essere costituite da uffici, show room, magazzini, punti vendita e negozi. Il programma deve essere realizzato in Paesi non appartenenti all’Unione Europea. Le spese finanziabili devono essere suddivise in: i) spese di struttura (costituzione e funzionamento delle strutture permanenti, ecc.); ii) spese per azioni promozionali (mostre e fiere, pubblicità, formazione, consulenze, ecc.); iii) spese per interventi vari a forfait (25 per cento della somma delle spese precedenti). Il finanziamento può coprire fino all’85 per cento dell’importo delle spese indicate. L’importo massimo dei finanziamenti ammissibili all’agevolazione per impresa e per richieste presentate nello stesso anno solare è di 10 milioni. Il programma deve essere realizzato nel periodo che decorre dalla data di presentazione della domanda e che termina 2 anni dopo la data di stipula del contratto di finanziamento.

 

Per promuovere l’attrazione di investimenti in Italia, il Governo intende, entro dicembre 2014, semplificare e rendere coerente la governante dell’attrazione degli investimenti diretti esteri, istituendo un punto unico di accesso per agevolare l’ingresso e l’accompagnamento di investitori esteri nel paese, facilitare il dialogo con le amministrazioni e gli enti di governo e predisporre pacchetti di investimento.

Tale struttura deve costruire e proporre pacchetti di investimento in accordo con la rete diplomatico-consolare e coordinare efficacemente il lavoro delle singole amministrazioni. Inoltre, il Governo pensa di realizzare, un possibile ‘meccanismo di arbitraggio’, quando necessario, per sbloccare uno eventuali stalli nel percorso di realizzazione degli investimenti.

Ulteriori misure saranno destinate a facilitare e sburocratizzare i rapporti fra investitori esteri e le Amministrazioni, Agenzie e gli Enti di Governo, sia a livello centrale che territoriale.

 

Nel corso del 2013 il Governo ha presentato un pacchetto di misure, c.d. ‘Destinazione Italia’, finalizzato ad attrarre investimenti esteri e a promuovere la competitività delle imprese italiane. Si tratta di misure che interessano vari settori: dal fisco al lavoro, dalla giustizia civile alla ricerca. Il piano mira a rendere l’Italia più attrattiva per gli investitori e a migliorare le condizioni di impresa per tutti gli operatori economici. Esso si articola essenzialmente su tre punti: attrazione, promozione, e accompagnamento, con l’obiettivo di riformare la governance dell’attrazione degli investimenti in Italia, creando un ente unico preposto a fare da tutor all’investitore straniero raccordandosi con la rete estera per la promozione internazionale e con le Regioni per la parte di loro competenza.


 

Infrastrutture e contratti pubblici

Infrastrutture

Il Programma nazionale di riforma attribuisce un obiettivo primario al coinvolgimento del capitale privato nella realizzazione delle grandi opere infrastrutturali, che viene declinato in una serie di misure programmatiche tra le quali si evidenziano:

-       l’applicazione di modelli giuridico-economici, che siano compatibili con le regole di contabilità fissate da Eurostat (Eurostat compliant), ai fini delle valutazioni di impatto sui saldi di finanza pubblica;

-       l’allocazione di risorse ad hoc per finanziare la realizzazione di studi di fattibilità attraverso una ridefinizione dei requisiti e dei criteri per la definizione degli studi medesimi in conformità agli standard internazionali;

-       l’istituzione di un fondo nazionale per la progettazione di opere in partenariato pubblico privato (PPP), sulla base di parametri di sostenibilità economico-finanziaria e di maturità tecnica dei progetti (Fondo equity per progetti greenfield);

-       la facilitazione dell’ingresso di investitori esteri nelle operazioni di PPP già in gestione;

-       la certezza dei tempi per la chiusura dei contratti di finanziamento delle opere realizzate in PPP (closing finanziario) e l’adeguamento del grado di certezza del diritto ai benchmark internazionali.[20];

-       il miglioramento degli strumenti e delle strategie di comunicazione e di pubblicizzazione delle opportunità offerte ai privati;

-       una maggiore trasparenza del flusso delle informazioni e un monitoraggio durante la fase di realizzazione e di gestione delle opere.

 

Il documento prospetta la necessità di inserire poche, chiare e stabili regole in materia di PPP in una disciplina speciale esterna al Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006. Ulteriori azioni programmatiche in materia di PPP, che si aggiungono a quelle precedentemente elencate e la cui tempistica è fissata nel mese di ottobre 2014, riguardano proprio la disciplina contrattuale applicabile a tali operazioni relativamente all’aumento del valore dei singoli bandi di gara, da svolgere su pacchetti di progetti e non su singole opere, alla creazione di una struttura centrale di selezione delle opere, che possa supportare le stazioni appaltanti, alla creazione di una struttura unica di gestione di tali operazioni che possa costituire un punto di riferimento per le singole amministrazioni, alla creazione di standard per i bandi, le procedure e i contratti.

La necessità di incrementare il coinvolgimento dei capitali privati riguarda non solo le grandi infrastrutture, ma anche le piccole e medie infrastrutture. Il documento infatti fa riferimento al sostegno alla continuità funzionale dell’offerta ferroviaria AV/AC, nonché al rifinanziamento dei programmi di intervento riguardanti la manutenzione della rete ferroviaria e stradale e alla riqualificazione delle aree urbane.

 

Il secondo obiettivo prioritario in materia di infrastrutture è il completamento delle sezioni italiane delle tratte transfrontaliere e delle opere nazionali ricadenti nella rete centrale (core network) e complementare (global network) delle reti europee (reti TEN-T) ridefinite sulla base delle mappe pubblicate in allegato al regolamento (CE) 1315/2013. In proposito, merita ricordare che si tratta di un obiettivo in continuità con gli ultimi aggiornamenti del Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) di cui alla legge n. 443/2001 (cd. “legge obiettivo”), che fanno coincidere le priorità infrastrutturali con quelle ricadenti nelle reti transeuropee.

Il documento considera funzionali al completamento delle reti TEN a livello nazionale quattro riforme:

1)   la riforma del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) e delle procedure per l’approvazione dei progetti;

2)   la riforma della “legge obiettivo” al fine di migliorare il rapporto tra i diversi livelli di governo coinvolti nella realizzazione delle infrastrutture e assicurare un flusso regolare di risorse da destinare alle infrastrutture medesime;

3)   il riorientamento della politica infrastrutturale strategica verso la logica dei nodi di interconnessione delle reti;

4)   l’estensione alle reti telematiche delle misure di agevolazione e compensazione fiscale già vigenti, ma limitate alle sole infrastrutture tradizionali; anche se il documento non lo specifica espressamente dovrebbe trattarsi delle misure di defiscalizzazione e del credito di imposta, come modificate dal comma 3 dell’articolo 19 del D.L. 69/2013.

 

Le riforme precedentemente elencate saranno parallele all’iter di riforma del Titolo V della Costituzione, che, tra l’altro, attribuisce alla competenza legislativa esclusiva statale la materia delle infrastrutture strategiche.

 

L’aggiornamento del Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) di cui alla legge n. 443/2001 (“legge obiettivo”), previsto dall’articolo 10, comma 8, della legge n. 196/2009, oltre a recare una parte programmatica, che riprende in parte le misure precedentemente elencate, riporta l’elenco delle opere comprese nel Programma, i rispettivi costi e le disponibilità, nonché informazioni sullo stato di attuazione. Per una disamina dei contenuti dell’allegato si rinvia al dossier documentazione e ricerche n. 114/0/b.

Nell’ambito dell’azione programmatica specificamente dedicata agli investimenti si fa infine riferimento, per un verso alla necessità di completamento delle opere connesse a Expo 2015 e, per l’altro, al settore delle piccole opere, privilegiando i progetti immediatamente cantierabili, ad esempio il programma 6000 Campanili.

Contratti pubblici

Le misure programmatiche suscettibili di determinare un impatto in materia di contratti pubblici, in cui sono ricompresi “i contratti di appalto o di concessione aventi per oggetto l’acquisizione di servizi o di forniture, ovvero l’esecuzione di opere o lavori”, sono contenute in varie parti del Programma nazionale di riforma.

In primo luogo, infatti, tra gli interventi di revisione della spesa pubblica (spending review), che riguardano anche gli stanziamenti per beni e servizi, il documento prevede la riduzione delle circa 30 mila stazioni appaltanti e la concentrazione degli appalti pubblici in capo alla CONSIP e ad alcune centrali di acquisto presso le regioni e le città metropolitane, con effetti di risparmio. Sul punto, merita rammentare le varie disposizioni in materia di spending review contenute nei decreti legge n. 52 e 95 del 2012, che hanno previsto misure di rafforzamento del ruolo di CONSIP.

Ulteriori misure riguardano, nell’ambito della prospettata riforma della giustizia amministrativa, la semplificazione e la trasparenza delle procedure di appalto al fine di ridurre il ricorso al contenzioso, nonché il rafforzamento delle misure per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione. Nell’adozione di tali misure occorrerà tenere presente la nuova fase che si apre nella disciplina dei contratti pubblici con l’entrata in vigore delle nuove direttive europee in materia di appalti pubblici (2014/24/UE e 2014/25/UE) e concessioni (2014/23/UE), recentemente pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, che dovranno essere recepite nell’ordinamento interno determinando modificazioni sostanziali alla disciplina contenuta nel Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006 e nel relativo regolamento di attuazione (D.P.R. 207/2010).

 

La tabella seguente sintetizza l’impatto in termini di maggiori spese delle misure della “griglia del PNR 2014”, limitatamente all’area di intervento “Infrastrutture e sviluppo” e agli interventi di interesse in materia infrastrutturale, area la cui denominazione è riportata nei precedenti PNR. Non sono considerati gli effetti dei decreti legge ancora non convertiti o la cui legge di conversione sia stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale successivamente al 28 marzo 2014 e nemmeno gli effetti finanziari delle disposizioni del D.L. 4/2014.

 

 

Infrastrutture e sviluppo

2013

2014

2015

2016

2017

2018

Maggiori spese

340,0

1.529,2

1.277,0

958,5

262,0

120,0

di cui:

 

 

 

 

 

 

Infrastrutture ferroviarie - 3° Valico Giovi e Verona-Fortezza (art. 7-ter D.L. 43/2012)

 

 

120,0

120,0

120,0

120,0

Sblocca cantieri (art. 18 D.L. 69/2013)

335,0

249,0

621,0

535,0

142,0

 

Edilizia scolastica (art. 18 D.L. 69/2013)

 

153,5

3,5

3,5

 

 

Programma ANAS “Ponti e gallerie” (art. 18 D.L. 69/2013 e tab. E L. 147/2013)

 

306,0

231,0

100,0

 

 

Programma 6.000 campanili (art. 18 D.L. 69/2013 e tab. E L. 147/2013)

 

150,0

 

 

 

 

Expo 2015 (artt. 46 e 46-bis D.L. 69/2013, co. 102 L. 147/2013)

5,0

53,5

101,5

 

 

 

(importi in milioni di euro)

 

Nella tabella che segue sono, infine, illustrati gli effetti finanziari degli aggiornamenti delle misure intraprese in passato con il PNR 2012-2013, che sono valutati in termini di maggiori/minori entrate e maggiori/minori spese sia per il bilancio dello Stato, sia per le pubbliche amministrazioni e quantificati con riferimento ai relativi saldi.

 

Infrastrutture e sviluppo

2013

2014

2015

2016

2017

2018

Maggiori entrate

15,5

17,7

17,7

17,7

17,7

17,7

Maggiori spese

35,7

192,5

161,8

140,7

127,9

52,5

(importi in milioni di euro)


 

Lavoro

Nell’ambito del Quadro macroeconomico il Documento prevede, in primo luogo, un aumento del tasso di disoccupazione al 12,8% nel 2014, mentre solo dal 2015 è prevista un’inversione di tendenza, che dovrebbe condurre a un tasso del 12,5% nel 2015, del 12,2% nel 2016 dell’11,6% nel 2017 e dell’11% nel 2018.

Per quanto concerne il tasso di occupazione (15-64), nel 2014 si prevede una lieve riduzione (55,5%) rispetto al 2013 (55,6%), mentre solo dal 2015 è prevista un’inversione di tendenza, che dovrebbe condurre a un tasso di occupazione del 55,9% nel 2015, del 56,3% nel 2016 del 56,9% nel 2017 e del 57,4 nel 2018.

Il livello del tasso di occupazione risulta in ogni caso ancora assai distante dal target nazionale fissato per l’Italia dalla Strategia Europa 2020 (pari a un tasso di occupazione totale del 67% al 2020).

 

Per quanto riguarda i provvedimenti fin qui assunti, il Documento, in attuazione della Raccomandazione n. 4 del Consiglio UE (ove, in particolare, si richiama il nostro Paese all’esigenza di “dare attuazione effettiva alle riforme del mercato del lavoro” e a “realizzare ulteriori interventi a promozione della partecipazione al mercato del lavoro, specialmente quella di giovani e donne, ad esempio tramite la Garanzia per i giovani) fornisce l’elenco dettagliato delle misure già adottate dal Governo e dal Parlamento in tale settore, poste in prevalenza nel decreto-legge n. 76 del 2013 (c.d. decreto-lavoro, convertito nella L. n. 99 del 2013).

 

Si ricorda, in particolare, che il decreto-legge n. 76/2013 ha introdotto, in via sperimentale, un incentivo per i datori di lavoro che entro il 30 giugno 2015 assumano, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni, privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi o privi di un diploma di scuola media superiore o professionale. L'incentivo è pari a un terzo della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, copre un periodo di 18 mesi e non può comunque superare l'importo di 650 euro per ogni lavoratore assunto. Le assunzioni devono comportare un incremento occupazionale netto. Il medesimo incentivo è riconosciuto, per un periodo di 12 mesi, nel caso di trasformazione con contratto a tempo indeterminato. Alla trasformazione deve corrispondere l'assunzione, entro un mese, di un ulteriore lavoratore. Per il finanziamento dell'incentivo sono previste risorse statali pari a 500 milioni per le regioni del mezzogiorno e a 294 milioni per le restanti regioni, nonché eventuali ulteriori finanziamenti a carico delle singole Regioni.

Per quanto riguarda le forme contrattuali, il decreto-legge n. 76/2013 ha recato una serie di norme in materia di contratti di lavoro a termine, distacco di lavoratori, contratti di lavoro intermittente, lavoro a progetto, lavoro accessorio, tentativo obbligatorio di conciliazione nei licenziamenti individuali, intervenendo, in particolare, sulle modifiche alla normativa di settore apportate, da ultimo, dalla legge n. 92/2012 (Riforma del mercato del lavoro). In particolare, in materia di contratti a termine si prevede che il contratto a termine acausale possa essere stipulato anche nei casi previsti dai contratti collettivi di livello aziendale e, ferma restando la durata massima complessiva di 12 mesi, che possa essere oggetto di proroga; inoltre, si prevede la riduzione dei periodi di sospensione tra successivi contratti a termine. Per quanto concerne il lavoro intermittente, si introduce un limite di 400 giornate annue di lavoro effettivo nell'arco di 3 anni solari, riferito a ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, superato il quale il rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato; restano esclusi da tale limite i settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo. In materia di ammortizzatori sociali si introduce un beneficio in favore dei datori di lavoro che, senza esservi tenuti, assumano a tempo pieno e indeterminato lavoratori che fruiscano dell'Assicurazione sociale per l'impiego (ASpI). Il beneficio consiste, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, in un contributo mensile pari al cinquanta per cento dell'indennità mensile residua che sarebbe stata corrisposta al lavoratore. Al fine di contrastare il fenomeno delle cosiddette "dimissioni in bianco", la normativa vigente viene estesa ai lavoratori e alle lavoratrici con contratto di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, ovvero con contratti di associazione in partecipazione.

 

Per quanto riguarda la strategia per il prossimo futuro, il Programma nazionale di riforme spiega che il Governo è impegnato a realizzare una organica riforma del mercato del lavoro, richiamando in primo luogo il recente decreto-legge n. 34/2014 (in corso di esame parlamentare) e il disegno di legge delega governativo presentato al Senato (AS 1428).

La riforma deve essere intesa anche ad "una marcata riduzione del dualismo nel mercato del lavoro, riducendo rigidità e rendite di posizione", al fine di evitare "aumenti salariali non allineati a quelli della produttività", i quali possono, peraltro, spingere l’offerta di lavoro e l’occupazione verso settori ed imprese meno produttivi.

Le misure contenute nel D.L. n. 34/2014 e nella legge delega (A.S. 1428) sono volte, in particolare, a:

§       semplificare il contratto a termine e l’apprendistato;

§       riordinare le forme contrattuali, con l’eventuale introduzione di ulteriori tipologie contrattuali volte a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro con tutele crescenti;

§       introdurre, anche in via sperimentale, un compenso orario minimo;

§       razionalizzare gli ammortizzatori sociali, al fine di realizzare un sistema di garanzia universale che preveda tutele uniformi legate alla storia contributiva dei lavoratori, nonché meccanismi volti ad assicurare il coinvolgimento attivo del beneficiario, anche con lo svolgimento di attività in favore della comunità locale di appartenenza;

§       rafforzare i servizi per il lavoro e le politiche attive, con la creazione di un’Agenzia nazionale per l’impiego ai fini della gestione integrata delle politiche attive e passive;

§       semplificare procedure ed adempimenti in materia di lavoro, al fine di pervenire ad uno sportello unico per tutti gli adempimenti relativi alla gestione del rapporto di lavoro;

§       ridurre l’elevato divario con i tassi di attività femminili prevalenti in Europa, mediante l'elevamento dell'offerta e della fruibilità dei servizi di conciliazione dei tempi di lavoro con le esigenze genitoriali.

 

Riguardo al costo del lavoro ed al reddito dei lavoratori, il Documento osserva che è imminente l'adozione, con applicazione già dal prossimo mese di maggio, di una revisione delle detrazioni dall'IRPEF, in favore dei lavoratori dipendenti con reddito inferiore a 25.000 euro lordi, con un effetto di incremento netto della retribuzione pari a circa 80 euro mensili.

 

Il Documento evidenzia, poi, l’esigenza di dare piena ed efficace attuazione al piano per la Garanzia giovani, operativa da maggio 2014.

Le linee di intervento individuate sono le seguenti: "accoglienza" del giovane da parte dei servizi per l'impiego; presa in carico e formazione finalizzata all’inserimento lavorativo e, per i giovani di 15-18 anni, al conseguimento di una qualifica professionale; orientamento; apprendistato; tirocini; servizio civile; sostegno all’autoimpiego ed all’autoimprenditorialità; mobilità professionale; bonus occupazionale.

 

La Garanzia giovani (Youth Guarantee) è un programma comunitario, il quale prevede che ogni giovane, entro quattro mesi dalla conclusione del suo ciclo di scuola o di università (o entro quattro mesi dalla perdita di un posto di lavoro), riceva l'offerta di un lavoro, di un tirocinio, di un modulo di formazione o di un nuovo percorso d'istruzione. Per tale programma, vi è uno stanziamento globale comunitario, destinato ai Paesi che, come l'Italia, hanno un tasso di disoccupazione giovanile superiore al 25 per cento. In tale àmbito, le risorse in favore dell'Italia sono pari a 1,5 miliardi di euro per il periodo 2014-2015.

Al riguardo merita ricordare che il decreto-legge n. 76-2013 ha già provveduto a istituire una struttura sperimentale di missione presso il ministero del lavoro per l'attuazione, dal 1° gennaio 2014, del programma "Garanzia per i giovani". La struttura opera in attesa del riordino dei servizi per l'impiego e comunque non oltre il 31 dicembre 2015.

Lo stock di giovani tra i 15 e i 24 anni stimato dalla Struttura di missione è di 6.041.000 unità, di cui 1.274.000 sono NEET. È stato invece rinviato a un secondo momento (6 mesi dall’inizio del programma) la decisione di allargare gli interventi ai giovani di età compresa tra 25 e 29 anni.

Si segnala che febbraio 2014 sono state approvate dalla Conferenza Stato-regioni le linee guida della piattaforma tecnologica di supporto all’attuazione della Garanzia giovani.

 

Nella Tabella che descrive l’impatto macroeconomico delle misure programmatiche del Piano nazionale di riforme, viene fornita una stima degli effetti della riforma del mercato del lavoro (legge n. 92/2012), considerando anche gli interventi contenuti nel decreto-legge n. 34/2014, su alcune variabili macroeconomiche. In particolare, si prevede un aumento del PIL pari allo 0,2% nel 2014, allo 0,3% nel 2015, allo 0,4% nel 2016, allo 0,5% nel 2017 e allo 0,8% nel 2018; un aumento dell’occupazione pari allo 0,2 nel 2014, allo 0,3% nel 2015, allo 0,2% nel 2016, allo 0,3% nel 2017 e allo 0,5% nel 2018; un aumento dei consumi privati pari allo 0,4% nel 2014, allo 0,6% nel 2015, allo 0,7% nel 2016, allo 0,9% nel 2017 e all’1,1% nel 2018.


 

Politica estera

Sul fronte del commercio estero, nonostante un rallentamento nel 2013 del volume complessivo degli scambi commerciali del nostro paese, si è registrato un attivo di circa 30,4 miliardi di euro nella bilancia commerciale, ma soprattutto per effetto del drastico calo delle importazioni (-5,5%) in termini di valore. Verso le aree extraeuropee si è mantenuto costante un dinamismo nelle esportazioni, che hanno invece fortemente rallentato nei confronti dei paesi sviluppati.

Il DEF si sofferma sulla questione dell'aiuto pubblico allo sviluppo italiano (APS), la cui percentuale sul PIL è risultata in lievissima crescita nel 2013, e analogo risultato dovrebbe registrare nell'anno corrente - comunque, si nota, con un'inversione di tendenza rispetto ai precedenti esercizi finanziari. Il Governo conferma l'impegno di allineare gradualmente l'Italia alla media dei paesi OCSE, confermando per il 2015-2017 il calendario stabilito dal DEF 2013, secondo il quale nel 2017 l’APS italiano dovrebbe attestarsi perlomeno allo 0,28% del PIL.

Lo strumento per render possibili tali incrementi è rappresentato dalla razionalizzazione e dalla riqualificazione della spesa per la cooperazione allo sviluppo, nel quadro di una rinnovata disciplina legislativa del settore, nonché l'incremento di almeno il 10% annuale degli stanziamenti previsti per la cooperazione sviluppo nella legge di stabilità e il rifinanziamento dei Fondi internazionali di sviluppo, con particolare riguardo a quelli concernenti tematiche ambientali - a questo proposito il DEF, si ricorda, contiene in allegato una relazione del Ministro dell'ambiente sullo stato di attuazione degli impegni sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.

Il DEF si sofferma inoltre sulla necessità di imprimere, durante il semestre di Presidenza italiana UE che inizierà dal 1° luglio 2014, una svolta in Europa, per indirizzare i paesi dell'Unione verso una strategia di crescita e occupazione, grazie ad un forte sostegno agli strumenti che mirano a rilanciare il settore manifatturiero e l'economia reale. In tal senso si dovrà dare nuovo impulso alla Strategia UE 2020, dando priorità alla riduzione della povertà e della disoccupazione, trovando le necessarie flessibilità di bilancio, e promuovendo un migliore utilizzo dei fondi strutturali, degli investimenti della BEI, della garanzia giovani – e proseguendo altresì nel consolidamento dell'unione bancaria a livello europeo.

Un ruolo non secondario dell'apparato amministrativo degli affari esteri sarà quello da giocare nel rafforzamento dell'internazionalizzazione dell'economia italiana, parte essenziale del quale è l'aumento dell'attrattività del nostro Paese per gli investimenti esteri, quale previsto dal pacchetto “Destinazione Italia” presentato dal Governo nel corso del 2013, anche mediante l'incremento dei fondi a disposizione dell'attività dell'Agenzia ICE per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane.

Il DEF (parte II, sez. III, “Le riforme nazionali in dettaglio”) sottolinea, in un approfondimento dedicato ai diversi profili del Piano, come esso preveda, tra l’altro, l’istituzione, nei più importanti centri economici mondiali di uffici Destinazione Italia dotati di competenze specifiche in materia di attrazione di investimenti, pienamente integrati nella rete diplomatico-consolare; la creazione, presso il Ministero degli Affari esteri, di un Forum permanente della reputazione internazionale dell’Italia ed il coinvolgimento degli italiani residenti all’’estero nella promozione del Marchio Italia e nell’attrazione di investimenti.

A seguito di una consultazione pubblica, è stata definita la nuova governance nazionale per l’attuazione delle politiche di attrazione degli investimenti, che è svolta dall’ Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa (INVITALIA). Spetterà ad una divisione specializzata di INVITALIA, che opererà in stretta collaborazione con la Presidenza del Consiglio, Ministero dello Sviluppo economico ed il Ministero degli Affari esteri, la governance di Destinazione Italia non solo con riferimento alle attività di contatto diretto con i potenziali investitori, ma anche in relazione al supporto al Governo nella identificazione di nuove proposte normative. INVITALIA incorporerà le strutture dedicate all’attrazione degli investimenti prima operanti nell’ICE.

In tal senso rileva anche il ruolo del Ministero degli esteri per la promozione dell'Expo 2015 e le relazioni con i paesi ad esso partecipanti, nel quadro di Agenda Italia 2015, strumento di monitoraggio e controllo delle attività a supporto del cruciale evento milanese. Il Ministero degli esteri, in particolare, potrà contribuire ad organizzare all'estero iniziative per la promozione del turismo, lo sviluppo sostenibile e la sicurezza alimentare, nonché percorsi riguardanti l'arte e le eccellenze italiane - come ad esempio l'enogastronomia.

Fra i tre grandi obiettivi di Agenda Italia 2015, il primo attiene direttamente alla proiezione internazionale del nostro Paese: fanno capo ad esso tutte le iniziative da realizzare negli ambiti delle relazioni ed eventi internazionali, della promozione culturale e identità dell’Italia nonché della promozione turistica e attrattività del Paese. In tale obiettivo è anche prevista l’iniziativa di costituire una struttura dell’Agenzia delle Entrate per Expo 2015, dedicata ai Paesi e investitori esteri, anche in relazione al Piano “Destinazione Italia”.

Va inoltre ricordata la Cabina di regia per l'Italia internazionale, costituita a partire dal luglio 2013 con la presidenza congiunta del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero degli affari esteri, con l'obiettivo, tra l'altro, di rilanciare le missioni istituzionali e settoriali di promozione all’estero[21].

Di particolare interesse degli affari esteri è inoltre la strategia, nell'ambito dell'internazionalizzazione dell'economia italiana, di costituire imprese miste nei paesi in via di sviluppo integralmente finanziate attraverso la concessione di prestiti agevolati dello Stato alle imprese, le quali si impegnano peraltro a rispettare i principali standard internazionali dell’OCSE e del Parlamento europeo sulla responsabilità sociale delle imprese, nonché sul rispetto delle clausole ambientali e delle norme sui diritti umani nel campo degli investimenti internazionali. In tale prospettiva il 2 agosto scorso, su proposta del Ministero degli affari esteri, il CIPE ha adottato un nuovo regolamento per facilitare le agevolazioni previste in favore di imprese miste operanti in Paesi in via di sviluppo che estende stata estesa la possibilità di fornire l’agevolazione anche nei Paesi a reddito medio–basso, includendo il settore industriale tra quelli eleggibili, aumentando l’importo finanziabile per ogni singola iniziativa.

Infine, sul versante della cooperazione internazionale per la lotta all’evasione, si segnala da un lato che nel maggio scorso il Consiglio ha conferito alla Commissione europea mandato a negoziare nuove condizioni per la cooperazione fiscale con cinque paesi terzi (Svizzera, Liechtenstein, Monaco, Andorra e San Marino) sulla tassazione dei redditi da risparmio e in prospettiva, di altra natura, senza completare il negoziato sulla revisione della direttiva. Tale negoziato mira a ottenere il riconoscimento dello scambio automatico delle informazioni fiscali quale standard comune, superando la fase della ritenuta sui redditi da risparmio dei cittadini non residenti.

Sul piano bilaterale il DEF segnala invece che nel gennaio scorso è stato firmato l'accordo tra Italia ed USA per applicare la normativa del Foreign Account Tax Compliance Act (Fatca) e migliorare la tax compliance internazionale. L’accordo bilaterale riflette nei contenuti il modello di accordo intergovernativo per lo scambio automatico di informazioni tra amministrazioni finanziarie da e verso gli Stati Uniti che è stato negoziato a luglio 2012 tra gli Usa e cinque Paesi dell’Unione Europea (Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna). Tra i principali benefici dell’accordo, oltre alla reciprocità dei flussi informativi, vi sono l’esenzione dalla ritenuta del 30 per cento sui pagamenti di fonte statunitense, la semplificazione e la minimizzazione degli oneri di adempimento per gli intermediari finanziari italiani, che dovranno interfacciarsi soltanto con l’amministrazione finanziaria nazionale e non con l’amministrazione finanziaria statunitense.


 

Politiche sociali

La parte I del PNR (Par. 1, Un cambio di marcia) individua nella sperimentazione del SIA[22] (Strumento inclusione attiva) l’azione messa in campo per laLotta alla povertà”. La sperimentazione è una misura aggiuntiva rispetto alla Carta acquisti ordinaria ed è finalizzata ad avviare una misura generalizzata di contrasto alla povertà assoluta “che coniughi misure passive e attive al fine di colmare progressivamente la distanza rispetto a una misura universale, indipendente cioè da elementi territoriali e categoriali e rivolta a tutte le persone in condizione di povertà”.

L’obiettivo è favorire il reingresso nel mercato del lavoro delle persone che ne restano escluse, mediante la combinazione di tre pilastri:

a)  un adeguato sostegno al reddito;

b)  lo sviluppo di mercati del lavoro inclusivi;

c)  l'accesso a servizi sociali di qualità.

 

La Carta acquisti sperimentale o Carta acquisti per l’inclusione si inserisce all’interno della rete integrata di interventi e servizi sociali poiché l’erogazione del sussidio si associa alla predisposizione di misure attive di reinserimento lavorativo e di inclusione sociale, coinvolgendo il Comune di residenza del richiedente, i servizi per l’impiego, i servizi sanitari e le scuole, nonché soggetti privati, con particolare riferimento agli enti non profit.

Per le risorse necessarie, il Documento sottolinea che la sperimentazione è stata avviata nelle 12 città più grandi con un finanziamento pari a 50 milioni di euro e, di recente, estesa a tutti i Comuni del Mezzogiorno (167 milioni, cui si sommeranno ulteriori 300 milioni già stanziati per il 2014 e il 2015). A questi si aggiungono altri 40 milioni destinati a estendere la sperimentazione del SIA anche al Centro-Nord.

 

L’articolo 3 del decreto-legge n. 76/2013 ha esteso la sperimentazione della Carta per l'inclusione, già prevista per le città di Napoli, Bari, Palermo e Catania dal decreto-legge n. 5/2012, ai restanti territori delle regioni del Mezzogiorno, nel limite di 140 milioni per il 2014 e di 27 milioni per il 2015. Tali risorse sono state stanziate a valere sulla riprogrammazione delle risorse del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, già destinate ai Programmi operativi 2007-2013 (cioè della quota di cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali), nonché mediante la rimodulazione delle risorse del medesimo Fondo di rotazione già destinate agli interventi del Piano di Azione Coesione. L’estensione della sperimentazione della Nuova social card sarà realizzata nelle forme e secondo le modalità stabilite dal decreto interministeriale 10 gennaio 2013.

In ultimo, l'articolo 1, comma 216, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013) ha previsto uno stanziamento per il 2014 pari a 250 milioni di euro, parte dei quali, unitamente ai 40 milioni all’anno stanziati per ciascuno degli anni del triennio 2014-2016, da utilizzare per raggiungere un ammontare di risorse sufficiente per estendere la Sperimentazione della Carta per l'inclusione a tutto il territorio nazionale - denominandola programma di Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA). La Legge di Stabilità 2014 ha anche previsto l’estensione della social card agli stranieri in possesso del permesso di soggiorno comunitario per soggiornanti di lungo periodo.

 

Nel Documento viene sottolineato che, nel prossimo ciclo di programmazione 2014-20, il Governo adotterà un Programma Operativo Nazionale sull’inclusione attiva che permetterà di sostenere, soprattutto nelle regioni meno sviluppate, i percorsi di accompagnamento al reinserimento lavorativo e all’inclusione sociale. Sono anche allo studio forme di supporto materiale per i beneficiari del SIA a valere sul Fondo Europeo di aiuti agli indigenti.

Come sottolineato dal Documento informativo del Ministro per la coesione territoriale, del dicembre 2013, la seconda riprogrammazione di fondi comunitari 2007-2013 dovrebbe dedicare ulteriori 300 milioni al rafforzamento della sperimentazione dello Strumento per l’Inclusione Attiva (SIA), strumento con il quale viene sempre più spesso identificata la Carta per l'inclusione[23].

 

Per quanto riguarda la tempistica, il PNR prevede che nel corso del 2014 la misura verrà progressivamente estesa a tutto il territorio nazionale. In vista dell’estensione della sperimentazione al resto del Paese, i criteri di erogazione e di individuazione potranno essere rivisti e gli aspetti procedurali migliorati alla luce delle prime evidenze della fase in corso.

Il decreto 10 gennaio 2013, attuativo della sperimentazione della Carta acquisti sperimentale nelle 12 maggiori città italiane definisce i requisiti dei nuclei beneficiari, l’ammontare del beneficio – il cui importo varia da un minimo di 231 a un massimo di 404 euro mensili a seconda della numerosità del nucleo familiare -, le caratteristiche dei progetti di inclusione attiva e gli aspetti procedurali, finalizzati in particolare a effettuare controlli ex-ante e ad evitare abusi. I nuclei beneficiari devono possedere un ISEE inferiore a 3.000 euro, condizioni patrimoniali modeste, assenza di altri trattamenti, o trattamenti inferiori a 600 euro mensili. Nel nucleo devono essere presenti minori. Sono privilegiate le situazioni di: disagio abitativo; mono genitorialità; famiglie numerose e figli disabili. Inoltre gli adulti del nucleo familiare devono essere in una situazione di disagio lavorativo, definito in particolare come perdita del posto di lavoro negli ultimi tre anni o presenza di un reddito complessivo negli ultimi sei mesi inferiore a 4.000 euro. Il sostegno al reddito viene fornito attraverso la Carta acquisti ordinaria, quindi attraverso una carta di debito prepagata.

Tra le iniziative già adottate nel corso del 2013 (Parte II) vengono ricordate, tra le altre:

§      misure di sostegno alla conciliazione dei tempi di lavoro e di cura della famiglia al fine di favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, attraverso uno stanziamento per l’incremento delle strutture socio-educative per l’infanzia, in particolare la fascia neonatale e pre-scolastica. Ad agosto 2013 è stato firmato l’Accordo tra Governo, Regioni, Province e Comuni per la realizzazione di un’offerta di servizi educativi a favore di bambini dai due ai tre anni[24], volta a migliorare i raccordi tra nido e scuola dell’infanzia e a concorrere allo sviluppo territoriale dei servizi socio educativi 0-6 anni;

§      rifinanziamento per l’anno 2014 del Fondo per le non autosufficienze per complessivi 350 milioni, a disposizione delle Regioni per interventi nell’ambito dell’offerta integrata dei servizi sociosanitari in favore delle persone non autosufficienti, con particolare riferimento all’assistenza domiciliare. In particolare, una quota del fondo è riservata alle persone con disabilità gravissime[25];

La legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), commi 199-200, ha stanziato 275 milioni di euro per il 2014 per gli interventi di pertinenza del Fondo per le non autosufficienze, inclusi quelli a sostegno delle persone affette da SLA e di ulteriori 75 milioni di euro, sempre per il 2014, come aggiunta alle risorse ordinariamente previste dal Fondo, da finalizzare per interventi di assistenza domiciliare per le persone affette da disabilità gravi e gravissime, incluse quelle affette da SLA.

§      adozione del Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità Il programma prevede sette linee di intervento che coprono trasversalmente gli aspetti più importanti per la realizzazione della piena inclusione nella vita sociale delle persone con disabilità e, per ogni intervento, individua l’obbiettivo e il tipo di azione necessaria per conseguirlo;

§      stanziamento, nell’ambito dell’attuazione del Piano di azione e coesione, di 730 milioni per il 2014-2015, di cui 440 milioni per servizi socio-educativi per la prima infanzia e 330 milioni per l’assistenza alle persone anziane non autosufficienti, riservati alle Regioni ex obiettivo Convergenza;

§      per quanto riguarda la migliore efficacia dei trasferimenti sociali sperimentazione di un programma di inclusione attiva fondato su tre pilastri: sostegno al reddito, mercati del lavoro inclusivi e servizi sociali personalizzati di qualità. La sperimentazione è stata avviata nelle 12 città più grandi del Paese (quelle con più di 250.000 abitanti), limitatamente alle famiglie a basso reddito con figli. Il programma è stato successivamente esteso a tutti i territori del Mezzogiorno. L’intervento è stato finanziato con 167 milioni e sarà avviato nel corso del 2014;

Tale misura va posta in correlazione con l’obiettivo n. 8, Contrasto alla povertà (cfr. Par. IV.2, I target nazionali della Strategia Europa 2020) che nell’ambito della Strategia Europa 2020 prevede la riduzione di 20 milioni del numero delle persone a rischio di povertà o di esclusione sociale;

§      riforma dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) operata dal D.P.C.M. n. 159/2013[26] che diverrà completamente operativa quando sarà completato l’iter di attuazione che prevede, fra l'altro, la messa a punto del nuovo modello di Dichiarazione sostitutiva unica (Dsu) e gli atti applicativi dei Comuni e degli enti erogatori di prestazioni sociali agevolate. Con la riforma, gli enti erogatori sono tenuti a utilizzare l'ISEE come indicatore della situazione economica, anche se possono prevedere, accanto all'ISEE, criteri ulteriori di selezione volti ad identificare specifiche platee di beneficiari. Ai fini dell'applicazione del nuovo ISEE, gli enti erogatori devono adeguare i regolamenti con l'individuazione delle nuove soglie. Non è prevista alcuna estensione dell'applicazione dell'ISEE a prestazioni nazionali che non lo utilizzavano precedentemente.

Il nuovo ISEE adotta una nozione di reddito disponibile più adatta alle finalità dello strumento, migliora la capacità selettiva dell’indicatore mediante una maggiore valorizzazione della componente patrimoniale, considera le caratteristiche dei nuclei familiari con carichi particolarmente gravosi, come le famiglie numerose(con tre o più figli) e quelle con persone con disabilità, consente una differenziazione dell’indicatore in riferimento al tipo di prestazione richiesta, riduce l’area dell’autodichiarazione, consentendo di rafforzare i controlli e ridurre le situazioni di accesso indebito alle prestazioni agevolate.


 

Previdenza

Nell’ambito dell’analisi dei principali settori di spesa, il documento evidenzia in primo luogo che la spesa per prestazioni sociali è stata nel 2013 di 319,5 miliardi, in aumento del 2,7% rispetto al 2012.

La spesa pensionistica è stata nel 2013 di 254,5 miliardi, in aumento del 2,7% rispetto al 2012.

Per quanto riguarda l’incidenza della spesa sul PIL, nel 2013 la spesa pensionistica è stata del 16,3%, in aumento rispetto agli anni passati (15,3% nel 2010, 15,4% nel 2011 e 15,9% nel 2012).

Ciò è imputabile esclusivamente alla recessione economica, per cui tale rapporto dovrebbe stabilizzarsi in modo sostanziale a partire dal 2015.

La tendenza nel breve periodo è di un ulteriore aumento della spesa pensionistica in termini assoluti (fino a 287 miliardi nel 2018), con una incidenza sul PIL tuttavia in lieve ma costante diminuzione ( fino al 16,1% nel 2018).

Per quanto riguarda le tendenze di medio-lungo periodo il Documento evidenzia che a partire dal 2015-2016, in presenza di un andamento di crescita più favorevole e di un rafforzamento del processo di innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento, il rapporto tra spesa pensionistica e PIL è destinato a ridursi in modo significativo per un periodo di circa 15 anni, attestandosi al 15% intorno al 2030. Successivamente, per effetto del pensionamento delle generazioni del baby boom, la spesa previdenziale riprende a crescere di nuovo fino toccare il proprio livello massimo del 15,7 per cento del PIL nel 2044. Tuttavia, negli anni finali dell’orizzonte di proiezione, la spesa pensionistica (con il passaggio dal sistema di calcolo misto a quello contributivo) decresce speditamente fino a raggiungere, nel 2060, un livello pari al 13,9 per cento del PIL.

 

Gli interventi nel settore previdenziale si sono inseriti nella direzione tracciata con le riforme adottate nelle precedenti legislature, volte a garantire la sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico attraverso l’adeguamento dei requisiti per l’accesso ai trattamenti.

In tale contesto particolare rilievo ha assunto l’introduzione legislativa del principio dell'adeguamento periodico quinquennale ed automatico dell'età pensionabile sulla base dell'incremento della speranza di vita accertato dall'ISTAT. Raccomandata anche a livello internazionale come misura essenziale per assicurare l’autostabilità dei sistemi previdenziali, in quanto capace di sottrarre alla discrezionalità politica il progressivo innalzamento dei requisiti pensionistici imposto dall’invecchiamento della popolazione (fenomeno particolarmente avanzato in Italia), la norma ha inizialmente fissato al 2015 il primo adeguamento, con modalità tecniche demandate ad un apposito regolamento di delegificazione. Successivamente, la norma è stata ripetutamente rivista al fine di anticiparne gli effetti al 2013 (primo adeguamento di 3 mesi) e di fissare i successivi aggiornamenti al 2016 e 2019 (dopodiché gli aggiornamenti avranno cadenza biennale).

A seguito dell’aggravarsi della crisi del debito e delle sollecitazioni provenienti da autorevoli istituzioni internazionali, la materia previdenziale è stata oggetto di una complessiva riconsiderazione da parte del Governo Monti (e in particolare dalla riforma previdenziale adottata con l’articolo 24 del DL 201/2011 c.d. riforma Fornero)

 Altri interventi in materia previdenziale (oltre al filone normativo sugli esodati: v.oltre) sono stati adottati con la legge di stabilita per il 2014 (legge n.147/2013), che, in particolare, ha introdotto un contributo di solidarietà sulle pensioni di importo elevato, ha previsto limiti alla rivalutazione automatica delle pensioni superiori ad uno specifico importo e sancito il divieto per le pubbliche amministrazioni di erogare trattamenti economici che, sommati ai trattamenti pensionistici già in godimento, eccedano l'importo del trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione.

 

Per quanto concerne gli enti di previdenza, il Documento evidenzia che i trasferimenti statali all’INPS sono aumentati nel 2013 di 7,6 miliardi rispetto al 2012, a fronte di una riduzione delle riscossioni contributive di poco più di un miliardo di euro. Il dato riflette una flessione delle riscossioni ex-INPDAP (-0,5%), in linea con le dinamiche retributive del settore e una moderata crescita delle entrate provenienti dal settore privato.

L’INAIL ha registrato nel 2013 un avanzo di cassa di circa 730 milioni, più contenuto rispetto al miliardo del 2012, con un calo del 3% delle entrate per premi e un lieve aumento delle prestazioni erogate (+1,1%).

Gli enti previdenziali privati hanno registrato nel 2013 un aumento delle entrate contributive dell’1,7% rispetto al 2012, con un aumento delle prestazioni erogate del 6,8%.

 

Per quanto concerne la questione degli esodati, il Documento si limita a richiamare gli interventi di salvaguardia fin qui realizzati e a fornire taluni elementi sullo stato di attuazione delle salvaguardie vigenti, senza tuttavia prefigurare ulteriori misure in materia.

 

All’indomani dell’approvazione della riforma, che in molti casi aveva comportato uno spostamento in avanti dell’età di pensionamento anche di molti anni, si è tuttavia ben presto (e con forza) posta all’attenzione delle forze politiche e del Governo la questione dei soggetti prossimi all’età di pensionamento sulla base della disciplina previgente che, in quanto beneficiari di particolari istituti o sulla base di accordi aziendali, sarebbero fuoriusciti dal mercato del lavoro prima della maturazione dei nuovi requisiti. Per far fronte alla questione degli esodati il legislatore è intervenuto a più riprese al fine di ampliare la platea dei beneficiari della disciplina transitoria prevista della riforma (consistente nel riconoscimento dei requisiti pensionistici previgenti) garantendo copertura previdenziale ad un totale di circa 140.000 lavoratori (fino al 2014).

Nella attuale legislatura i primi interventi in materia previdenziale hanno avuto ad oggetto questione degli esodati . Con il D.L. 102/2013 la platea dei salvaguardati è stata ulteriormente ampliata, al fine di ricomprendervi (entro il limite di 6.500 soggetti) i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato entro il 31 dicembre 2011 a seguito di risoluzione unilaterale, nonché i lavoratori (nel limite di 2.500 soggetti) i quali nel 2011 erano in congedo per assistere a familiari con handicap grave o fruivano di permessi giornalieri retribuiti per assistenza a coniuge parente o affine con handicap grave, i quali maturino i requisiti pensionistici entro 36 mesi dall’entrata in vigore della riforma Fornero.

Successivamente, con la legge di stabilita per il 2014 (legge n.147/2013), un ulteriore ampliamento della platea dei salvaguardati ha consentito di ricomprendervi anche lavoratori (ulteriori 23.000), appartenenti a varie categorie, che perfezionino i requisiti pensionistici entro 36 mesi dall’entrata in vigore del D.L. 201/2011 (c.d. riforma Fornero), ossia entro il 7 dicembre 2014.

Per effetto degli interventi del legislatore fini qui realizzati è stata garantita copertura previdenziale ad un totale di circa 162.000 lavoratori.

 

Il Documento informa, infine, che nell’ambito della campagna di informazione “Trasparenza sulle pensioni” il Ministero del lavoro ha avviato il lavoro che porterà a informare i lavoratori sulla loro futura condizione pensionistica, con l’invio della c.d. busta arancione, ad alcune categorie di lavoratori, nel corso del 2014.


 

Pubblico impiego

Nell’ambito dell’analisi dei principali settori di spesa, il Documento evidenzia in primo luogo che la spesa per redditi da lavoro dipendente nella P.A. è stata nel 2013 di 164 miliardi, in calo dello 0,7% rispetto al 2012.

Rispetto alla stima contenuta nella Nota di aggiornamento al DEF 2013 si registra uno scostamento negativo di soli 110 milioni.

Tale contrazione della spesa si somma a quella del 2012 (-1,9%) e del 2011 (-2,1%), rafforzando il trend decrescente che si è determinato dopo un lungo periodo di crescita (1998-2010).

L’andamento della spesa nel 2013 rispetto al 2012 segna una diminuzione significativa nelle Amministrazioni locali (-1,9%) e negli Enti di previdenza (-4,4%) e un modesto incremento nelle Amministrazioni centrali (+0,2%).

Per quanto riguarda l’incidenza della spesa sul PIL, nel 2013 è stata del 10,5%, in calo rispetto agli anni passati (11,3% nel 2009, 11,1% nel 2010, 10,7% nel 2011 e 10,5% nel 2012). La tendenza nel medio periodo è di una ulteriore riduzione dell’incidenza della spesa sul PIL, che dovrebbe attestarsi al 9,1% nel 2018.

Il DEF fa presente che la riduzione della spesa per redditi da lavoro dipendente nella P.A. costituisce l’effetto dei numerosi interventi legislativi di contenimento adottati negli anni recenti, che hanno comportato sia un contenimento delle retribuzioni individuali, sia una riduzione del numero di dipendenti pubblici.

Le previsioni a legislazione vigente stimano per il 2014 una riduzione della spesa dello 0,7%, che dovrebbe stabilizzarsi nel triennio successivo e poi crescere dello 0,3% nel 2018, per effetto dell’attribuzione dell’indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio 2018-2020.

 

Al riguardo si fa presente che il Documento non tiene conto delle (eventuali) risorse per i rinnovi contrattuali, per il finanziamento delle quali si provvede con la legge di stabilità (secondo quanto previsto dall’articolo 11, comma 3, lettera g), della legge n.169/2009). Nelle previsioni a politiche invariate, il Documento (Tabella II 3-2) – ipotizzando che i redditi da lavoro seguano l’andamento dell’inflazione prevista – prevede comunque differenziali di spesa per redditi da lavoro dipendente nella P.A. di 225 milioni nel 2014, 2,11 miliardi nel 205, 4,5 miliardi nel 2016, 6,58 miliardi nel 2017 e 8,59 miliardi nel 2018.

 

Il Programma nazionale di riforme delinea le linee di indirizzo per una nuova politica del personale pubblico e della dirigenza, con l’obiettivo di assicurare un progressivo abbassamento dell’età dei lavori pubblici, una più efficiente distribuzione del personale attraverso la mobilità ed un innalzamento del livello delle competenze e delle professionalità.

Il Documento, in particolare, prevede:

§      l’abbassamento dell’età dei lavoratori pubblici attraverso un “ricambio generazionale” che consenta di acquisire nuove competenze innalzando le professionalità e riducendo la spesa;

§      un nuovo sistema per la dirigenza pubblica, che consenta anche una virtuosa osmosi con il settore privato;

§      un Piano nazionale per la mobilità del personale;

§      il contenimento degli stipendi apicali e l’introduzione di premi legati ai risultati ottenuti.

 

Il termine di riferimento per l’adozione delle misure è fissato a maggio 2014.

 

Un’ampia sezione del Documento analizza le misure fin qui adottate per la razionalizzazione delle dotazioni organiche della P.A. e il contenimento dei costi di personale, con focus specifici sul personale femminile (pari al 55% del totale degli impiegati pubblici e in costante aumento in tutti i comparti) e sull’età media dei dipendenti. (che in Italia è di 47,8 anni, tra le più alte in Europa, per effetto delle limitazioni al turn-over e dell’innalzamento dell’età pensionabile).

 

In materia di pubblico impiego, proseguendo nella politica avviata nella scorsa legislatura, il Legislatore ha adottato misure volte al contenimento delle spese, sia attraverso la proroga, per il 2014, del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, sia attraverso la limitazione del turn over.

Sotto il primo aspetto, con un apposito regolamento (D.P.R. 122/2013) sono state prorogate a tutto il 2014 varie misure di contenimento delle spese di personale, tra le quali il blocco dei trattamenti economici individuali e dei meccanismi di adeguamento retributivo, classi e scatti di stipendio, nonché le progressioni di carriera, comunque denominate, del personale contrattualizzato e in regime dì diritto pubblico (ad esclusione dei magistrati); il blocco, facendo salva l'erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale (IVC) negli importi in atto per il biennio 2013-2014, degli incrementi dell’indennità stessa, prevedendo che essa venga calcolata (con riferimento al triennio contrattuale 2015-2017) senza riassorbimento dei predetti importi, secondo le modalità e i parametri individuati dai protocolli e dalla normativa vigenti; il limite massimo e la riduzione dell'ammontare delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale; la sterilizzazione degli effetti economici della contrattazione collettiva per il biennio 2013-2014; la proroga al 31 dicembre 2013 (quindi con effetto sul 2014) dei blocchi degli incrementi economici (introdotti dall'articolo 9, comma 23, del D.L. 78/2010) riguardanti il personale della scuola (docente, educativo ed ATA).

Sotto il secondo aspetto, il Legislatore è intervenuto sulla gestione delle eccedenze di personale della P.A. (D.L. 101/2013), rivedendo in parte i limiti e la tempistica posti dalla legislazione (D.L. 95/2012), anche attraverso il riconoscimento, a determinate condizioni, dell'applicabilità ai dipendenti pubblici in soprannumero della disciplina pensionistica previgente alla riforma introdotta dal D.L. 201/2011 (cd. riforma Fornero).

Ulteriori disposizioni sono contenute nella legge di stabilità per il 2014. Tra gli interventi si evidenzia: la riduzione delle percentuali del turn over in determinate pubbliche amministrazioni, prevedendo allo stesso tempo la possibilità di assunzioni aggiuntive in deroga per il comparto sicurezza; la fissazione dell’indennità di vacanza contrattuale per il triennio 2015-2017 agli importi in godimento al 31 dicembre 2013; la proroga a tutto il 2014 dell’impossibilità, per l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, di superare quanto corrisposto nel 2010; la previsione per la quale le amministrazioni pubbliche comprese nell’elenco I.S.T.A.T. non possano erogare, ai soggetti già titolari di trattamento pensionistico (inclusi i vitalizi anche conseguenti a funzioni pubbliche elettive), trattamenti economici che, sommati ai trattamenti pensionistici, eccedano il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione (pari nell'anno 2013, ad euro 311.658,53).


 

Revisione della spesa pubblica

La continuazione e l’intensificazione dell’attività di revisione e controllo della spesa pubblica costituisce uno dei principali strumenti di riforma previsti dal DEF, anche per il rilevante effetto in termini di reperimento delle risorse: nel quadro che dà conto dell’impatto finanziario delle misure, dal contenimento della spesa deriva il più elevato apporto di risorse, che, nel periodo oggetto del Documento, passa dai circa 870 milioni di euro del 2013 agli 11,36 miliardi del 2018[27].

Il contenimento della spesa è affidato per la gran parte allo strumento della spending review, cui si affiancano, venendone in parte anche ricomprese, altre misure già da tempo introdotte nell’ordinamento: gestione centralizzata degli acquisti di beni e servizi, contenimento delle dinamiche retributive nel pubblico impiego, riduzioni delle dotazioni organiche, Patto di stabilità interno ed altre.

Va rammentato come il programma straordinario di analisi e valutazione della spesa pubblica, denominato per l’appunto spending review sulla base di analoghe esperienze internazionali, è stato avviato nella scorsa legislatura, con l’obiettivo di superare sia la logica dei tagli lineari alle dotazioni di bilancio, sia il criterio della “spesa storica”. In particolare, con il processo di revisione della spesa si intende superare il tradizionale approccio "incrementale" nelle decisioni di bilancio, in base al quale, storicamente, si è registrata la tendenza a concentrarsi sulle nuove iniziative di spesa, ovvero sulle risorse (aggiuntive) da destinare ai programmi di spesa già in atto, piuttosto che sulle analisi di efficienza, efficacia e congruità con gli obiettivi della spesa in essere.

Attraverso tale metodo s’intende, inoltre, affiancare ai tradizionali controlli giuridici contabili, fondati su vincoli ex ante sulle autorizzazioni di spesa e sulla verifica ex post della correttezza procedurale, procedure sistematiche di valutazione dell’efficienza della spesa e dell’efficacia delle politiche, anche al fine di realizzare, in via tendenziale, il passaggio da un criterio contabilistico di spesa storica al principio, sperimentato in altri ordinamenti, del cosiddetto bilancio "a base zero" (zero base budgeting), principio su cui, va rammentato, l'articolo 21 della nuova legge di attuazione del pareggio di bilancio (n. 243 del 2012) intende avviare un'apposita sperimentazione.

La disciplina che attualmente regola l’attività e le funzioni del Commissario straordinario è costituita dall’articolo 49-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (L.n.98/29013) che, al fine di potenziare il ruolo del Commissario, reca una nuova disciplina dell’attività volta alla razionalizzazione della spesa pubblica, che sostituisce – semplificandola e rifondendola in un unico articolo– la disciplina già disposta dagli articoli da 1 a 6 del decreto-legge n. 52 del 2012, che vengono conseguentemente abrogati.

La struttura cui è affidata l’attività è un Comitato interministeriale, con funzioni di indirizzo e coordinamento, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri e composto dai Ministri dell’economia, dell'interno, per i rapporti con il Parlamento e per la pubblica amministrazione, nonché eventuali altri Ministri, in ragione della rispettiva competenza in ordine alle materie da trattare. L’organo operativo è il Commissario straordinario, che può essere nominato dal Presidente del Consiglio con durata dell’incarico fino a tre anni, con il compito di formulare indirizzi e proposte, anche di carattere normativo, sulle materie oggetto di spending review. Esso ha poteri conoscitivi nei confronti di tutte le amministrazioni pubbliche, tra cui l’accesso alle banche dati dalle stesse alimentate, nonché poteri ispettivi, a mezzo degli organi della Ragioneria Generale dello Stato, e può richiedere la collaborazione della Guardia di finanza. Il 4 ottobre 2013 è stato nominato il Commissario straordinario per la spending review, nella persona di Carlo Cottarelli, che ha assunto le relative funzioni a decorrere dal 23 ottobre 2013, e che il 18 novembre 2013 ha presentato alle Camere il proprio programma di lavoro.

Questo si svolgerà con riferimento al periodo triennale dal novembre 2013 fino all’ottobre 2016. Gli obiettivi di risparmio che esso persegue vengono quantificati con riferimento agli importi definiti dall’articolo1, commi 427 e 430 della legge n.147/2013), che, rispettivamente:

§       prevedono, sulla base delle attività del Commissario e delle conseguenti proposte dallo stesso formulate, l’adozione di misure di razionalizzazione e revisione della spesa tali da determinare una riduzione della spesa delle amministrazioni pubbliche non inferiore a 600 milioni di euro 2015 e 1.310 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017[28];

§       dispongono variazioni delle aliquote di imposta e riduzioni delle agevolazioni e detrazioni fiscali tali da conseguire maggiori entrate pari a 3.000 milioni di euro per il 2015, 7.000 milioni per il 2016 e 10.000 milioni a decorrere dal 2017, disponendo nel contempo che non si procederà a tali misure ove entro il 1° gennaio 2015 intervengano provvedimenti normativi che assicurino, in tutto o in parte, i predetti importi in termini di maggiori entrate ovvero di risparmi di spesa derivanti dall’attività di razionalizzazione e revisione della spesa pubblica.

In relazione a ciò, nel Programma si prefiggono risparmi di 3,6 miliardi nel 2015, 8,3 miliardi nel 2016 e 11,3 miliardi a decorrere dal 2017.

A seguito della modifica apportata dal successivo decreto-legge n. 4/2014, gli obiettivi risultano ora pari a 0,5 miliardi già nel 2014, 4,4 miliardi nel 2015, 8,9 miliardi nel 2016 e 11,9 miliardi dal 2017.

Il programma medesimo è articolato, nella prima fase, su tre principali scadenze:

§      dicembre 2013-febbraio 2014: ricognizione tecnica per definire le misure legislative e amministrative che potrebbero essere approvate già a metà del 2014 e quantificazione dei relativi risparmi di spesa nel 2014 e negli anni successivi;

§      marzo-aprile 2014: utilizzo della ricognizione tecnica nell'ambito del Documento di economia e finanza 2014 per la formulazione degli obiettivi di spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche e di quella dei singoli centri di spesa (ministeri e, a livello aggregato, enti territoriali), che dovranno definire le misure che intendono adottare per raggiungere gli obiettivi stessi;

§      aprile 2014: analisi dell'impatto macroeconomico e distributivo delle misure;

§      maggio-luglio 2014: implementazione delle misure a livello legislativo, con effetti distribuiti nel 2014 e nel corso del triennio successivo.

Secondo quanto riportato nel DEF, il lavoro si sta svolgendo nel rispetto del cronoprogramma, atteso che a febbraio 2014 si è conclusa la prima fase e che della ricognizione tecnica sui possibili risparmi si è tenuto conto nella predisposizione del DEF per la formulazione degli obiettivi di finanza pubblica, anche e considerandone anche l’impatto macroeconomico. In proposito si segnala che la riduzione della spesa è stimata avere di per sé (vale a dire non considerando gli effetti positivi conseguenti alle misure cui sono destinati in parte i risparmi) un impatto negativo sulla crescita pari (in media) a circa 0,18 punti percentuali di Pil annui nel periodo 2014-2018[29]. Tra maggio e luglio 2014, poi, è prevista l’implementazione delle misure a livello legislativo, con effetti che si produrranno già nel 2014 e poi nel triennio successivo.

Nel DEF vengono inoltre aumentati – e per importi consistenti - gli obiettivi finanziari assegnati all’attività in esame, in quanto dall’analisi condotta in questa prima fase è emersa la possibilità di portare i risparmi fino a 4,5 miliardi nel 2014 (anno nel quale il programma non prevedeva risparmi, poi ad esso affidati per circa 0,5 miliardi dal D.L. 4/2014 prima citato) e fino a 17 e 32 miliardi rispettivamente nel 2015 e 2016 (in luogo dei 4,4 e 8,9 previsti dal programma, come integrato dal suddetto decreto-legge).

Sul punto il DEF fornisce un prima indicazione delle misure ipotizzate, che comunque tengono conto della difficile comprimibilità di alcune spese di protezione sociale, tra cui le pensioni, precisando che il piano di intervento sarà rivolto in particolare ai trasferimenti alle imprese, alla dirigenza pubblica, agli elementi di spreco ed alle spese eccedenti i costi standard nell’ambito sanitario, ai costi della politica, agli stanziamenti per beni e servizi e ad un miglior controllo degli appalti, concentrandoli in un minor numero di stazioni appaltanti, presso la Consip ed altre centrali presso Regioni e Città metropolitane.

Ulteriori indicazioni, anche queste fornire in termini generali, fanno poi riferimento alla gestione degli immobili pubblici, ad un miglior coordinamento delle forze di polizia, alla razionalizzazione degli enti pubblici, alle partecipate degli enti locali, alla revisione dei costi delle Autority e delle Camere di commercio, nonché alle spese per la Difesa, anche considerando, per questa, le conclusione di un apposito Libro bianco.

Si rammenta che sul Programma di lavoro del Commissario si è espressa la Commissione bilancio della Camera con una risoluzione approvata il 4 dicembre 2014.

Nella risoluzione si impegna il Governo ad assicurare che il coinvolgimento del Parlamento nel processo di revisione della spesa debba avvenire con la presentazione alle Camere del Documento di economia e finanza (DEF) e si indicano alcuni criteri e contenuti che dovranno essere presenti nel lavoro del Commissario, tra cui in particolare: distinzione tra obiettivi di risparmio dovuti a recuperi di efficienza e quelli ottenibili attraverso la riduzione del “perimetro” della pubblica amministrazione; introduzione di indicatori di performance che tengano conto del grado di soddisfazione dei fruitori dei servizi pubblici e, nel settore sanitario, del grado di appropriatezza delle prestazioni; presentazione alle Camere alle di una relazione annuale da parte del Commissario entro il 30 settembre di ogni anno; previsione di incentivi al personale della pubblica amministrazione connessi ai risparmi aggiuntivi effettivamente conseguiti rispetto a quelli programmati ed adozione di iniziative di open government idonee ad assicurare maggiore trasparenza alla spesa; conseguimento dei risparmi di spesa già dal 2014 e destinazione di quelli ascrivibili a miglioramenti di efficienza alla riduzione del cuneo fiscale; tutela dell’autonomia decisionale degli enti territoriali sull’utilizzo delle risorse derivanti dall’attività di revisione della spesa dagli stessi realizzata, con l’introduzione di meccanismi premiali per la destinazione prioritaria delle risorse medesime alla riduzione della pressione fiscale afferente i tributi locali.


 

Ricerca

Con riferimento al target indicato in materia dalla Strategia Europa 2020 – ossia, un accrescimento degli investimenti pubblici e privati in Ricerca e Sviluppo fino al 3% del PIL – l’obiettivo italiano indicato dal PNR 2014 rimane quello (già fissato dal PNR 2011) di raggiungere nel 2020 un livello dell’1,53%, a fronte di un valore registrato nel 2011 dell’1,25%.

In riferimento a tale obiettivo, il PNR riferisce che i dati di previsione per il 2012 elaborati dall’ISTAT indicano una crescita contenuta della spesa per R&S a valori correnti (+0,1%), ricollegabile all’aumento della spesa nelle istituzioni pubbliche (+2,6%), a un lieve aumento nella spesa delle università (+0,1%), ma anche a un forte calo della spesa delle imprese private (–6,3%). Un confronto a livello europeo sui dati di previsione per il 2012, dovrebbe confermare l’Italia al 18esimo posto per spesa in R&S, con un divario negativo di 0,8 punti percentuali rispetto alla media UE27.

Il PNR evidenzia, altresì, che, benché le risorse pubbliche investite in ricerca costituiscano solo lo 0,52% del PIL (–0,18%, rispetto alla media OCSE) – che si traduce in un minor numero di ricercatori e un minor potenziale d’innovazione – la qualità delle pubblicazioni scientifiche delle università e degli enti di ricerca complessivamente considerati è paragonabile a quella dei principali Paesi europei e che, in rapporto alle risorse investite e al numero dei ricercatori, la quantità e la qualità della ricerca è elevata. Al riguardo, tuttavia, sottolinea come dai dati traspaiano differenze notevoli tra i singoli atenei e tra i singoli enti di ricerca, con gli atenei del Nord mediamente in grado di produrre ricerca di più elevata qualità di quelli del Centro e del Mezzogiorno.

In proposito, il PNR rimanda ai risultati del Rapporto sullo stato dell’università e della ricerca 2013, predisposto dall’Agenzia nazionale del sistema universitario e della ricerca (ANVUR).

 

Relativamente a tale obiettivo, il PNR 2014, nell’ambito della strategia volta ad accrescere e valorizzare il capitale umano (par. I.10), prevede, in particolare, le seguenti iniziative per stimolare la ricerca:

§      l’incremento del potenziale innovativo della ricerca con l’immissione di capitale umano di eccellenza nelle imprese attraverso l’assunzione di ricercatori, anche stranieri, nelle aziende e i dottorati industriali. Al riguardo, il PNR evidenzia che il Governo intende varare allo scopo uno specifico credito d’imposta per i ricercatori per un ammontare complessivo di 600 milioni di euro in tre anni (che andrebbe a sommarsi a quello di analogo importo, disposto dall’art. 3 del D.L. 145/2013, a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo[30]) (azione: Un sistema educativo della ricerca aperto al mondo del lavoro e dell’impresa);

L’art. 11 del DM 8 febbraio 2013, n. 45 dispone che le università possono attivare, previo accreditamento, corsi di dottorato in collaborazione con le imprese che svolgono attività di ricerca e sviluppo, nonché corsi di dottorato industriale, con la possibilità di destinare una quota dei posti, sulla base di specifiche convenzioni, ai dipendenti di imprese impegnati in attività di elevata qualificazione.

§      il rafforzamento delle iniziative che vedono la collaborazione tra la realtà delle imprese e il mondo dell’università e della ricerca, come i Contamination Lab, i programmi per le start-up innovative e gli spin-off universitari[31] (azione: Elevate competenze per una economia in trasformazione).

§      l’incremento del tasso di internazionalizzazione del sistema dell’università e della ricerca, in linea con le migliori pratiche internazionali, anche al fine di rendere l’Italia sempre più attrattiva per i ricercatori stranieri e favorire altresì il cosiddetto ‘rientro dei cervelli’. Nello specifico, si prevede la semplificazione degli strumenti attualmente esistenti, ivi inclusi i visti di ingresso per studenti e ricercatori, anche nella prospettiva di una portabilità delle carriere nello Spazio Europeo della Ricerca (ERA) (azione: Internazionalizzazione del sistema educativo e della ricerca).

Al riguardo, si ricorda che il D.L. 145/2013 (L. 9/2014) ha previsto misure per agevolare l'ingresso e la permanenza di immigrati qualificati quali, in particolare:

-       agevolazioni per i visti di ingresso e i permessi di soggiorno, connesse, tra l’altro, con start-up innovative e iniziative di ricerca, da realizzare anche in partenariato con imprese, enti di ricerca ed altri soggetti pubblici o privati italiani;

-       esenzione dei ricercatori stranieri dal test di conoscenza della lingua italiana per il rilascio del permesso di soggiorno CE di lungo periodo

-       agevolazioni all'ingresso e soggiorno per ricerca scientifica prevedendo che la sussistenza delle risorse mensili messe a disposizione del ricercatore e indicate nella convenzione di accoglienza tra il ricercatore medesimo e l'istituto di ricerca sia dichiarata da parte dell'istituto.

 

Con riferimento alle principali misure intraprese per il settore nel corso della XVI legislatura[32], si ricordano, in particolare, le disposizioni in materia di assunzione del personale degli enti di ricerca recate dall’art. 24 del D.L. 104/2013 (c.d. L’Istruzione riparte).

Nello specifico, la norma citata ha autorizzato l'assunzione, nel quinquennio 2014-2018, di 200 unità di personale ricercatore, tecnologo e di supporto alla ricerca presso l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV): il previsto decreto interministeriale di approvazione del fabbisogno di personale, tuttavia, non risulta ancora adottato. Nelle more del completamento delle procedure di assunzione (e comunque non oltre il 31 dicembre 2018), l'INGV ha altresì facoltà di prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato già attivi alla data di entrata in vigore del decreto-legge.

Sono inoltre, previste, ulteriori disposizioni volte agevolare le assunzioni da parte degli enti pubblici di ricerca di ricercatori e tecnologi, in deroga alle normali procedure.

 

Infine, si rammenta che 31 gennaio 2014 il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha presentato al Consiglio dei Ministri il nuovo Programma nazionale per la ricerca, di durata settennale (2014-2020) per allinearsi con il Programma Quadro europeo Horizon 2020. Sul sito del MIUR è attualmente disponibile il Programma con aggiornamento al 21 febbraio 2014, che reca la previsione di un investimento pari a 900 milioni di euro annui.


 

Riduzione del debito pubblico

Nel PNR 2014 vengono descritte le principali misure poste in atto dal Governo per ridurre il debito pubblico, attraverso il processo di privatizzazione e la valorizzazione e dismissione del patrimonio immobiliare. Si ricorda, che le privatizzazioni rientrano nella Raccomandazione n. 1- Riduzione del debito - fatta dell’UE all’Italia nel 2013 (CSR - Country Specific Recommendation).

Viene, inoltre, dato conto, nel PNR, della volontà di adozione di ulteriori interventi, rispetto a quelli già varati nel corso del 2013, volti a dare soluzione alla problematica del ritardo dei pagamenti dei debiti commerciali da parte della pubblica amministrazione, atteso che tale misura, pur incidendo negativamente sul debito nel breve periodo, ha comunque un effetto positivo sulla sostenibilità del debito, per gli effetti che essa determina sul piano della crescita economica.

Privatizzazioni

Il profilo di discesa del rapporto debito/PIL programmato dal Governo per gli anni 2014-2017 nella Nota di aggiornamento al DEF 2013 includeva gli introiti da privatizzazioni per un ammontare pari a circa 0,5 punti percentuali di PIL all’anno (rispetto alla previsione di un punto percentuale inizialmente previsto dal DEF 2013, per il periodo 2013-2017).

L’entità degli introiti da privatizzazioni è rivista al rialzo dal DEF 2014 e indicata in 0,7 per cento del PIL all’anno nel periodo 2014-2017. Tale ammontare tiene conto degli strumenti già operativi per procedere alla dismissione del patrimonio dello Stato, sia degli immobili, che delle partecipazioni pubbliche.

Per assicurare il supporto nell’attuazione dei programmi di dismissione di partecipazioni dello Stato, il Ministero dell’economia e delle finanze si avvale del Comitato permanente di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni.

Per quanto attiene ai profili patrimoniali immobiliari, il DEF 2014 segnala che a maggio 2013 è stata costituita la Società di gestione del risparmio Invimit SGR (sulla base di quanto dispone l’articolo 33 del decreto-legge n. 98/2011), che dovrà istituire uno più fondi di investimento immobiliare finalizzati alla valorizzazione del patrimonio pubblico.

 

In merito alla dismissione delle partecipazioni, va ricordato che il processo di dismissione del patrimonio azionario pubblico è stato riavviato nel 2012 con la cessione delle partecipazioni dirette statali nelle società SACE, FINTECNA e SIMEST alla Cassa Depositi e Prestiti. L’importo derivante da tali privatizzazioni è stato pari a complessivi 8,8 miliardi di euro circa.

Tali introiti sono stati, per la gran parte, destinati al Fondo ammortamento titoli di Stato ai fini della riduzione del debito pubblico, per 6,4 miliardi di euro.

In particolare, l’importo derivante dalle privatizzazioni in questione è stato versato a CDP in più tranches: una prima tranche, pari a 5,4 miliardi è stata versata a novembre 2012. Tale importo è stato interamente destinato alla riduzione del debito pubblico e dunque trasferito, a tal fine, al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. Una seconda tranche, pari a circa 2,5 miliardi di euro, è stata versata a fine dicembre 2012, a saldo per l’acquisto di SACE S.p.a. e SIMEST S.p.a. Una terza tranche, pari a 0,9 miliardi di euro è stata versata ad aprile 2013 a saldo dell’acquisto di FINTECNA. L’importo della seconda e terza tranche, complessivamente pari a circa 3,4 miliardi di euro circa, è stato destinato, per il 30 per cento – circa 1,1 miliardo - alla riduzione del debito, e dunque al Fondo ammortamento titoli di Stato; mentre la restante parte è stata destinata al rimborso dei debiti pregressi della P.A. verso le imprese.

 

Il Ministro dell’economia ha, inoltre, ceduto 7.534.683 azioni ordinarie di CDP a 61 Fondazioni bancarie azioniste di CDP per un controvalore complessivo di circa 484 milioni, interamente destinato al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato per la riduzione del debito pubblico.

 

Nel DEF 2014 si evidenzia la volontà del Governo di valutare l’opportunità di procedere alla cessione di quote di alcune società pubbliche, mantenendone però la quota di controllo. Le società coinvolte nell’operazione di valorizzazione degli asset includono società a partecipazione diretta quali ENI, STMicroelectonics, ENAV, nonché società in cui lo Stato detiene partecipazioni indirettamente tramite Cassa Depositi e Prestiti, quali SACE (di cui si prevede la cessione del 60 percento delle quote), FINCANTIERI, CDP Reti, TAG (Trans Austria Gastleitung GmbH) e, tramite Ferrovie dello Stato, in Grandi Stazioni – Cento Stazioni.

Per quanto concerne le misure già attivate, nel PNR 2014 si ricorda che sono stati presentati alle Camere i due schemi di D.P.C.M. volti a regolamentare l’alienazione di una quota non superiore al 40 per cento delle quote del capitale di Poste Italiane e fino al 49 per cento delle quote di capitale di ENAV.

Per quanto riguarda l’ENAV, lo schema di DPCM prevede che l’alienazione della partecipazione determini comunque il mantenimento di una partecipazione dello Stato al capitale di ENAV non inferiore al 51% e che l'alienazione della partecipazione possa essere effettuata anche in più fasi e attraverso il ricorso, anche congiunto, a un'offerta pubblica di vendita (detta anche IPO - Initial Public Offering), e/o a una trattativa diretta da realizzare attraverso procedure competitive. Nel caso di alienazione della partecipazione tramite offerta pubblica di vendita (IPO), questa dovrà essere rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia, inclusi i dipendenti di ENAV S.p.A. e delle sue controllate, e/o a investitori istituzionali italiani e internazionali.

La IX Commissione (Trasporti) ha approvato il parere di competenza sullo schema nella seduta del 26 marzo 2014. Il DPCM non risulta però ancora adottato.

 

Per quanto riguarda la vendita delle quote del capitale di Poste Italiane, lo schema di D.P.C.M. prevede il mantenimento di una partecipazione dello Stato al capitale di Poste italiane non inferiore al 60 per cento. L'alienazione della quota di partecipazione, fino ad un massimo del 40 per cento, potrà essere effettuata, anche in più fasi, con due possibili modalità:

§       offerta pubblica di vendita rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia, inclusi i dipendenti del Gruppo Poste Italiane (con forme di incentivazione);

§       offerta pubblica di vendita rivolta a investitori istituzionali italiani e internazionali

La IX Commissione Trasporti ha espresso il parere di competenza sullo schema nella seduta il 26 marzo 2014, ma il D.P.C.M. non è ancora stato emanato.

Per maggiori dettagli si rinvia ai relativi approfondimenti tematici.

Dismissioni immobiliari

Sempre nell’ottica della riduzione del debito pubblico, recuperando spesa improduttiva, il Governo intende valorizzare e dismettere il patrimonio immobiliare. A tal fine, da un lato, si vuole rendere pienamente efficace il federalismo demaniale, con il trasferimento dei beni immobili non utilizzati dallo Stato a Comuni, Province, Città Metropolitane e Regioni. Da un altro lato, si intende potenziare il ruolo di INVIMIT, SGR immobiliare controllata al 100% dal MEF, e dell’Agenzia del demanio nella valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico.

Con riferimento alle dismissioni dei beni immobili, nel corso del 2013 è stata realizzata un’operazione di cessione, mediante trattativa diretta, per un valore complessivo di circa 490 milioni; ulteriori 47 sono stati realizzati dall’Agenzia del Demanio.

Cardine del processo di valorizzazione e dismissione degli immobili pubblici è la creazione di un sistema integrato di fondi immobiliari, con l’obiettivo di accrescere l’efficienza dei processi di sviluppo e di valorizzazione dei patrimoni immobiliari di proprietà degli enti territoriali. Al riguardo un ruolo centrale è svolto dalla Società di gestione del risparmio Invimit (Investimenti Immobiliari Italiani, S.p.A): costituita nel 2013 è diventata operativa da ottobre, con un capitale sociale di 8 milioni. Nel PNR si segnala che a marzo 2014 Invimit ha istituito il Fondo Comune di Investimento Chiuso Immobiliare a Comparti – i3 Core, un fondo di fondi suddiviso in due comparti: Territorio e Stato. Il fondo sarà totalmente sottoscritto da INAIL per 1,4 miliardi di euro con una durata di 30 anni.

Un ruolo centrale per la valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico è svolto dall’Agenzia del demanio. Nel PNR si segnala l’avvio del Progetto ValorePaese che prevede la valorizzazione e la gestione efficiente degli immobili dello Stato e degli enti locali, attraverso lo strumento della concessione di valorizzazione fino a 50 anni. Il PNR prevede, inoltre, di rafforzare la possibilità per l’Agenzia del demanio di aggregare le iniziative del territorio in modo che facciano sistema e di canalizzare le risorse pubbliche, anche europee, sugli immobili pubblici.

Per quanto concerne il Federalismo demaniale si ricorda che con il D.L. n. 69 del 2013 è stata semplificata la procedura di trasferimento degli immobili dello Stato e dei beni in uso alla Difesa a favore degli enti locali. Dal 1° settembre fino al 30 novembre 2013 i Comuni, le Province, le Citta metropolitane e le Regioni hanno potuto presentare richiesta di acquisizione degli immobili dello Stato. Nell’ambito di tale procedura sono pervenute all’Agenzia del demanio 9.367 richieste. Tali beni potranno successivamente essere inseriti dalle Regioni e dagli enti locali anche in processi di dismissione.

Ritardi dei pagamenti della P.A

Il piano di riforme strutturali descritto dal Governo nella parte dedicata al PNR include l’adozione di ulteriori interventi, rispetto a quelli già varati nel corso del 2013, volti a dare soluzione alla problematica del ritardo dei pagamenti dei debiti commerciali da parte della pubblica amministrazione. La tempistica degli interventi in questione è prevista entro ottobre 2014.

Per ciò che nello specifico attiene alle misure, il Governo intende impiegare ulteriori 13 miliardi di euro per lo sblocco immediato e totale dei pagamenti dei debiti commerciali della P.A., i quali si aggiungono – si afferma - ai precedenti 47 miliardi circa già stanziati dai decreti-legge n. 35/2013 e n. 102/2013, per gli anni 2013 e 2014, per il pagamento dei cd. debiti pregressi della P.A (debiti certi liquidi ed esigibili maturati dalle pubbliche amministrazioni alla data del 31 dicembre 2012).

Tali misure programmatiche ricevono peraltro una valutazione in termini di impatto macroeconomico positivo che esse sono suscettibili di produrre, quantificato in termini di effetti sul PIL in 0,3 punti percentuali in ciascuno degli anni 2015-2017 ed in 0,2 punti nel 2018 (cfr. Tabella I.1, Sezione III, prima parte, Tabella I.1, riportata nel cap. 4.2.3).

 

Si ricorda che l’accelerazione del pagamento dei debiti da parte della Pubblica Amministrazione è stata intrapresa nel corso dell’attuale legislatura con l’adozione del D.L. n. 35/2013 e continuata con il D.L. n. 102/2013 nonché con una serie di ulteriori interventi, alcuni dei quali contenuti, da ultimo, nella legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013).

Gli interventi hanno messo a disposizione risorse finanziarie - reperite nella gran parte attraverso maggiori emissioni di titoli del debito pubblico (questo è il caso del D.L. n. 35/2013 e del D.L. n. 102/2013) - e procedure nuove per la certificazione/comunicazione dei debiti commerciali della P.A, tramite apposita piattaforma elettronica istituita presso il Ministero dell’economia e delle finanze.

Le risorse complessivamente stanziate dai citati interventi sono state circa 47,5 miliardi per il biennio 2013-2014, dei quali 27,2 miliardi per il 2013 e 20,3 per il 2014.

In particolare, per gli enti territoriali le misure si sono essenzialmente concretizzate:

·       nella concessione, per il 2013, di spazi finanziari esclusi dal Patto di stabilità interno, sia alle regioni (2.200 milioni per il 2013) che agli enti locali (5.000 milioni per il 2013), che disponevano di liquidità non utilizzabile a causa del Patto di stabilità interno, per il pagamento dei pagamenti dei debiti in conto capitale certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2012 (D.L. n. 35/2013). Ulteriori spazi finanziari sono stati concessi per il 2014 dalla legge n. 147/2013 (500 milioni di euro);

·       nella concessione, per l’anno 2013 e 2014, di risorse a titolo di anticipazioni di liquidità agli enti territoriali impossibilitati a saldare i propri debiti a causa di indisponibilità di risorse proprie, attraverso la costituzione di un apposito Fondo statale per le anticipazioni di liquidità, ripartito in tre sezioni: una relativa alle anticipazioni di liquidità per i debiti maturati dagli enti locali, l’altra per le anticipazioni di liquidità a favore di regioni e province autonome per debiti non sanitari e la terza per anticipazioni di liquidità per il pagamento di debiti maturati dagli enti del SSN (D.L. n. 35/2013 e D.L. n. 102/2013). Le risorse stanziate dal D.L. n. 35 sul Fondo in oggetto sono state rideterminate ed integrate dal D.L. n.102/2013 (esse così ammontano complessivamente a 16.546,6 milioni e a 14.528 milioni per il 2014).

·       nell’integrazione delle risorse per l’incentivazione statale al patto di stabilità regionalizzato verticale incentivato di cui ai commi 122-126, art. 1, della legge di stabilità per il 2013 (472 milioni di euro per il 2013 e 1.272 milioni di euro per il 2014).

Per le amministrazioni centrali, gli interventi si sono concretizzati nella concessione per il 2013 di risorse (500 milioni di euro per il 2013) per il pagamento dei debiti commerciali “fuori bilancio” delle amministrazioni statali e nell’incremento dei rimborsi fiscali nell’anno 2013 (nella misura di 2.500 milioni per il 2013 e 4.000 milioni per il 2014) (D.L. n. 35/2013).

Secondo quanto emerge dal monitoraggio periodicamente effettuato dal MEF e disponibile sul sito del predetto Ministero circa lo stato di attuazione delle sopra indicate misure (aggiornato al 28 marzo u.s.), dei 27,2 miliardi circa complessivamente stanziati (per il 2013), risultano resi disponibili agli enti debitori 24,95 miliardi di euro, pari al 92 per cento del totale stanziato, e risultano effettuati pagamenti da parte dei predetti enti ai propri creditori per 23,46 miliardi di euro, l’86 per cento del totale stanziato.

 

Contestualmente allo stanziamento di ulteriori risorse finanziarie per il pagamento dei debiti pregressi della P.A, il Governo indica la definizione di un meccanismo permanente che consenta l’allineamento delle procedure di pagamento agli standard delle direttive europee, e l’adeguamento dei tempi di pagamento a quelli previsti dalla direttiva 2011/7/UE.

 

Si ricorda che la Direttiva 2011/7/UE (sostitutiva della precedente direttiva 2000/35/CE), relativa ai ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali concernenti contratti di fornitura di beni e servizi sia tra privati che tra privati e P.A, fissa in 30 giorni i termini ordinari per il pagamento per le transazioni in cui la parte debitrice è una pubblica amministrazione (termine prorogabile fino a 60 giorni solo in presenza di determinate condizioni). La Direttiva è stata recepita con il D.Lgs. n. 192 del 2012.

Talune norme contenute nel D.Lgs. n. 192 - in particolare quelle relative alla definizione dei casi in cui è possibile saldare le fatture in 60 giorni anziché in 30 - sono state oggetto di censure da parte della Commissione europea, che ha chiesto chiarimenti, preannunciando l’eventuale avvio di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, nell’ipotesi di chiarimenti non soddisfacenti. L’azione del Governo appare dunque finalizzata alla predisposizione di meccanismi volti al superamento di tali obiezioni.

Il Governo nello specifico preannuncia le seguenti azioni:

§       nelle more dell’avvio della fatturazione elettronica, obbligo di comunicazione da parte dei creditori e delle amministrazioni dei dati relativi alle fatture tramite la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, con sanzione (divieto di assunzione) per la P.A. che non rispetta i tempi di pagamento.

Si ricorda in proposito che il D.L. n. 35/2013, all’articolo 7, comma 4-bis, dispone che - a decorrere dal 1° gennaio 2014 – vi è l’obbligo di comunicazione da parte delle pubbliche amministrazioni tenute alla certificazione dei propri debiti commerciali dell’elenco completo dei debiti certi liquidi ed esigibili al 31 dicembre di ogni anno (dei debiti, cioè, che a quella data non risultano estinti) relativi a contratti di somministrazioni, forniture e appalti e a prestazioni professionali. La comunicazione equivale a certificazione del debito. L’intervento del Governo, dunque, si innesterebbe nella disciplina vigente, rendendo maggiormente cogenti gli obblighi imposti dal D.L. n. 35;

§       la garanzia dello Stato sui debiti di parte corrente delle PA al momento della loro cessione agli intermediari finanziari (pro-soluto). La P.A. debitrice diversa dallo Stato potrà chiedere, in caso di temporanee carenze di liquidità, una ridefinizione dei termini e delle condizioni di pagamento dei debiti, per una durata massima di 5 anni. Sempre ai fini della predetta ridefinizione, i crediti assistiti dalla garanzia dello Stato potranno formare oggetto di ulteriore cessione ad altri intermediari finanziari.

Tale intervento sembra anch’esso innestarsi sulla disciplina, già vigente ma mai attuata, contenuta nei commi 12-ter-12-sexies dell’articolo 11 del D.L. n. 76/2013, i quali prevedono la concessione di garanzia statale sui debiti commerciali di parte corrente certi liquidi ed esigibili, maturati alla data del 31 dicembre 2012 dalle P.A. diverse dallo Stato - quali regioni, enti locali, enti del SSN ed enti pubblici nazionali - e comunicati/certificati dalle medesime amministrazioni tramite piattaforma elettronica ai sensi del D.L. n. 35/2013. I soggetti creditori possono cedere i crediti assistiti da garanzia statale ad una banca o ad un intermediario finanziario, anche sulla base di apposite convenzioni quadro. Le P.A. debitrici possono poi richiedere la ristrutturazione del proprio debito ceduto, che non fa venir meno la garanzia statale;

§       destinare un fondo specifico per il finanziamento dei debiti degli enti locali nei confronti delle proprie società partecipate, con lo scopo di ridurre i debiti commerciali delle stesse;

§       infine, per consentire i pagamenti di debiti di parte capitale al 31 dicembre 2013 da parte delle Regioni e degli Enti locali, il Governo, preannuncia eventuali meccanismi di allentamento dei vincoli del Patto di Stabilità Interno, analogamente a quanto già fatto per l’anno 2013 dal D.L. n. 35/2013 per i debiti certi liquidi ed esigibili di parte capitale maturati al 31 dicembre 2012.


 

Riforme costituzionali ed istituzionali

La riforma delle istituzioni costituisce uno dei pilastri su cui si basa la strategia del programma nazionale di riforma (PNR) per il rilancio del Paese.

Gli obiettivi sono il rafforzamento dell’efficienza dei processi decisionali pubblici, una maggiore stabilità degli esecutivi e, in generale, un miglioramento della qualità della vita democratica al fine di recuperare la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni.

Le riforme richiamate dal programma nazionale di riforme sono:

§       la riforma costituzionale;

§       la riforma della legge elettorale;

§       il superamento delle amministrazioni provinciali;

§       la riduzione dei costi delle istituzioni;

§       la riforma del finanziamento pubblico ai partiti;

§       la riduzione delle spese per consultazioni elettorali

La riforma costituzionale

Il disegno di legge del governo presentato al Senato (A.S. 1429) è incentrato sul superamento del bicameralismo paritario, con la trasformazione del Senato in Senato delle autonomie, ossia in una Camera non elettiva rappresentativa degli enti territoriali, e sulla revisione del titolo V.

Il programma nazionale di riforma (PNR) ascrive al decentramento legislativo successivo alla riforma del titolo V del 2001 e alla situazione di incertezza sul riparto delle competenze da esso generata un’azione di freno nei confronti dell’economia, dovuta allo scoraggiamento degli investimenti nazionali ed esteri.

Circa i tempi di approvazione della riforma il PNR indica il settembre 2014 come termine per l’approvazione in prima deliberazione da parte del Parlamento ed il dicembre 2015 come termine per l’approvazione finale.

La riforma della legge elettorale

Gli obiettivi indicati dal PNR per la riforma della legge elettorale (approvata in prima lettura dalla Camera nella seduta del 12 marzo) sono la stabilità dell’esecutivo per i cinque anni di legislatura e la garanzia della rappresentatività dell’assemblea parlamentare; la riduzione della frammentazione partitica e la cessazione del potere di veto dei piccoli partiti; un maggior legame dei candidati con il territorio e la parità di genere nelle candidature.

Il PNR indica il settembre 2014 come termine per l’approvazione definitiva della riforma.

Il superamento delle amministrazioni provinciali

La proposta di riforma costituzionale prevede anche la soppressione delle province. È stata nel frattempo approvata la legge n. 7 aprile 2014, n. 56, che prevede l’istituzione di 10 città metropolitane, che subentreranno alle province dal 1° gennaio 2015, il riordino delle province, che diventano enti di secondo livello con elezione di secondo grado degli organi di governo, e una nuova disciplina in materia di unioni e fusioni di comuni.

Secondo il PNR, da tale riforma si attendono i risparmi previsti dalla prima spending review (il decreto-legge n. 95/2012 del governo Monti) per effetto della revisione della disciplina della rappresentanza locale (la riforma delle province introdotta sotto il governo Monti è stata dichiarata incostituzionale per uso improprio dello strumento della decretazione di urgenza).

Il PNR ricorda altresì che la prima spending review annetteva risparmi anche al processo di riorganizzazione periferica dello Stato.

La riduzione dei costi delle istituzioni

Il PNR richiama i risparmi conseguiti negli ultimi anni dagli organi costituzionali.

Più in generale, risparmi sono attesi dalla riforma costituzionale e, in particolare, dall’istituzione del nuovo Senato delle autonomie, con il venir meno della natura elettiva dell’organo, la riduzione del numero dei senatori e l’eliminazione delle relative indennità, dalla riduzione delle spese per i consigli regionali e dall’abolizione del CNEL.

La riforma del finanziamento pubblico ai partiti

Il PNR richiama la conversione in legge del D.L. n. 149 del 2013, che ha superato il sistema di finanziamento pubblico diretto ai partiti, introducendo nuove forme di contribuzione su base volontaria (“due per mille” e agevolazioni fiscali sulle liberalità).

Il PNR ricorda che i risparmi di spesa derivanti dalla legge sono destinati al Fondo di ammortamento dei titoli di Stato.

La riduzione delle spese per consultazioni elettorali

Il PNR ricorda che dal 2014 è stata operata una riduzione del fondo per le elezioni di 100 milioni, conseguente alle misure adottate per diminuire le spese connesse allo svolgimento delle consultazioni elettorali, tra cui l’introduzione del cd. election day, ossia lo svolgimento contestuale delle elezioni politiche, amministrative ed europee, e l’effettuazione delle operazioni di voto in un’unica giornata (dalle 7 alle 23 della domenica).


 

Sanità

Prendendo le mosse dai dati relativi alle previsioni di spesa - cfr. Sez II del DEF, paragrafo III.3 -, per il 2014 è prevista una spesa sanitaria in termini di PA pari a 114.474 milioni, con un incremento del 2% rispetto al 2013. Nel dettaglio si prevede per il personale, un livello di spesa pari a 36.054 milioni, per i consumi intermedi un livello di spesa pari a 30.378 milioni, per le prestazioni acquisite da produttori market, un livello di spesa pari a 40.140 milioni.[33].

Per quanto attiene alle singole componenti costituenti l’aggregato, per l’assistenza farmaceutica è prevista una spesa di 8.766 milioni, per la medicina di base una spesa di 6.676 milioni per le altre prestazioni (ospedaliere, specialistiche, riabilitative, integrative ed altra assistenza) è prevista una spesa di 24.572 milioni. Infine, per le altre componenti di spesa è previsto un livello di spesa pari a 5.029 milioni.

I dati sopra illustrati scontano una serie di fattori e di stime specificamente enunciati.

Nel periodo 2015-2018 è previsto che la spesa sanitaria cresca - prendendo a riferimento l’anno 2014 - ad un tasso medio annuo dell’2,1% con un rapporto spesa sanitaria PIL pari al 6,8%.

 

Viene inoltre evidenziato che, con riferimento all’anno 2013, la spesa sanitaria in termini di PA è risultata pari a 109.254 milioni, con una riduzione di 0,3% rispetto all’anno 2012.

Questo risultato conferma il sensibile rallentamento della dinamica della spesa sanitaria negli ultimi anni, che per il terzo anno consecutivo registra un tasso di crescita negativo rispetto all’anno precedente.

 

Nella parte I del PNR viene in primo luogo sottolineata (Par. 1.13) come la principale criticità del Servizio sanitario Nazionale (SSN) sia rappresentata dalla sua sostenibilità nel medio-lungo periodo in relazione sia alle esigenze di razionalizzazione della spesa pubblica che alle tendenze demografiche in atto.

 

Allo scopo di ripensare il SSN in un’ottica di sostenibilità ed efficacia è necessario rafforzare le politiche legate alla prevenzione e predisporre il nuovo Piano Nazionale di prevenzione, con un’attenzione particolare alla prevenzione di tutti i comportamenti a rischio, alle tossicodipendenze, al piano nazionale per le vaccinazioni e agli interventi per la sicurezza sul lavoro. Occorre anche dare impulso a tutti i processi di informatizzazione (tra i quali il FSE), perfezionare il Patto per la salute 2014-2016, riorganizzare l’assistenza ospedaliera con trasferimento di attività alla rete territoriale e potenziare il ruolo delle farmacie.

Tra gli obiettivi indicati si segnalano:

§       rafforzare, insieme alle Regioni, il monitoraggio dell'appropriatezza delle prestazioni sanitarie e dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) e promuovere in ogni ambito la trasparenza funzionale alla comunicazione con il cittadino e al controllo di legalità;

§       ridisegnare il perimetro dei LEA e adottare l'approccio del cd. Health Technology Assessment (HTA), al fine di identificare le opzioni assistenziali maggiormente efficaci dal punto di vista dei costi e per i pazienti;

§       definire una regia nazionale per mantenere l'unitarietà del SSN e per garantire l'equità di accesso sul piano territoriale;

§       portare a compimento e migliorare le scelte attuate nella scorsa legislatura in tema di responsabilità professionale e di precariato nelle professioni sanitarie.

 

Nell’ambito della revisione della spesa pubblica, fra gli interventi ipotizzati nel settore della sanità, viene posta particolare attenzione agli elementi di riduzione degli sprechi, da individuare nell’ambito del cosiddetto ‘Patto per la Salute’ con gli enti territoriali, tramite l'assunzione di misure contro le spese che eccedono significativamente i costi standard. A tale proposito nel documento viene evidenziato che il Patto per la salute 2014-2016 è in fase di avanzato confronto con le Regioni.

 

Finora, il livello di finanziamento del SSN è stato determinato attraverso accordi finanziari e programmatici di valenza triennale tra il Governo e le Regioni. L'ultimo Patto per la salute per il triennio 2010-2012 , è stato stabilito con l'Intesa del 3 dicembre 2009, recepita dalla legge finanziaria 2010 (legge n. 191/2009). Nel corso della XVI Legislatura, la riduzione delle risorse inizialmente previste per il biennio 2011-2012 è stata fronteggiata con la rimodulazione o l'introduzione di nuovi tetti di spesa, la parziale riorganizzazione della rete ospedaliera e un diverso sistema di acquisto e gestione dei beni e dei servizi in ambito sanitario. Le misure introdotte per il governo e il recupero dei disavanzi sanitari regionali e il monitoraggio delle politiche di risanamento, hanno rappresentato un ulteriore settore di rilievo nel controllo della spesa sanitaria, collegato peraltro al processo di federalismo delineato dal D.Lgs. n. 68/2011[34] per la determinazione dei costi e fabbisogni standard. Dal 2013, in fase di prima applicazione, il fabbisogno sanitario standard delle regioni a statuto ordinario è stato determinato applicando a ogni singola regione i valori di costo rilevati nelle regioni prese a riferimento. L'individuazione delle tre regioni di riferimento è avvenuta secondo il meccanismo indicato dal D.Lgs. n. 68/2011. Come primo passo, la Delibera del Consiglio dei ministri 11 dicembre 2012[35] ha definito i criteri attraverso cui individuare le 5 Regioni eleggibili per definire costi e fabbisogni standard nel settore sanitario. Quindi, nel luglio 2013 il Ministero della salute ha indicato le cinque regioni selezionate: Umbria, Emilia-Romagna, Marche, Lombardia e Veneto. Tra le cinque regioni, la Conferenza Stato-Regioni, nella seduta del 5 dicembre 2013, ha individuato le regioni Umbria, Emilia-Romagna e Veneto quali regioni di riferimento per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard del settore sanitario. A seguito dell’individuazione delle regioni di riferimento, il Ministero della salute ha predisposto la proposta di riparto delle disponibilità finanziarie del SSN per il 2013. In sede di determinazione, sono state distinte la quota destinata complessivamente alle regioni a statuto ordinario, comprensiva delle risorse per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale, e le quote destinate ad enti diversi dalle regioni. Il Livello del finanziamento del SSN cui concorre ordinariamente lo Stato per l’anno 2013 è stato così determinato in 107.004,50 milioni di euro.

La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome nella riunione del 19 dicembre 2013 ha dato il via libera all’intesa sulla proposta del Ministro della Salute di deliberazione Cipe . L’intesa è collegata ad un accordo politico contenuto in un documento che la Conferenza delle Regioni e Province autonome ha approvato lo stesso 19 dicembre, nel quale la Conferenza evidenzia la necessità di rivedere e riqualificare i criteri di cui all’articolo 27 del D.Lgs. n. 68/2011 sulla “determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali”, tenendo conto del trend di miglioramento per il raggiungimento degli standard di qualità e attraverso nuove modalità di pesature, da definire entro il I trimestre del 2014.

In seguito all'approvazione della legge di stabilità 2014, la Conferenza Stato-regioni ha espresso, il 20 febbraio 2014, l'Intesa sulla nuova proposta del Ministro della salute di deliberazione del CIPE concernente la ripartizione delle disponibilità finanziarie per il Servizio Sanitario Nazionale per l'anno 2013 . La nuova proposta si è resa necessaria in seguito alla rideterminazione delle quote premiali per gli anni 2012 e 2013, la cui disciplina è stata modificata dall'articolo 1, comma 234, della legge di stabilità 2014.

 

Nella parte II del PNR (Sezione III) vengono anche illustrate le misure adottate dal Governo nei principali ambiti delle politiche sanitarie.

Qui di seguito si fornirà una sintetica illustrazione di alcune di esse (cfr. Par. II.4).

Al fine di adempiere alle disposizioni comunitarie e internazionali in tema di assistenza sanitaria da e per l’estero è stato emanato il D.Lgs. n. 38/2014, che ha recepito la direttiva n. 2011/24 sulle cure transfrontaliere. La legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013) ha inoltre stanziato 50 milioni per il 2014 e per il 2015 per gli indennizzi a favore di determinati soggetti danneggiati in ambito sanitario. Essa è inoltre intervenuta stanziando 2 milioni per il 2014 e 1 milione per il 2015 per l’istituzione dell’Anagrafe nazionale degli assistiti (ANA) per la gestione dei dati contenuti nelle anagrafi tenute dalla ASL.

Vengono poi descritte le misure adottate nell’ambito del Sistema “tessera sanitaria” per l’estensione a tutto il territorio nazionale delle attività di dematerializzazione delle ricette mediche cartacee e viene ricordato che è in corso di definizione la procedura che disciplina, con D.P.C.M., i contenuti del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE). Tali misure sono menzionate e descritte anche nel paragrafo sull’Agenda digitale italiana (Par. II.13), con la qualificazione di sanità digitale.

Con il D.L. n. 52/2014, all’esame del Senato, è stato prorogato dal 1° aprile 2014 al 31 marzo 2015 il termine per completare il processo di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. All’esame del medesimo ramo del Parlamento è anche il disegno di legge del Governo (AS 1324) recante norme in tema di sperimentazione clinica dei medicinali, riordino delle professioni sanitarie e formazione medico-specialistica, nonché di sicurezza alimentare.

Sono numerosi i provvedimenti approvati in materia di farmaci.

Tra essi vanno ricordati il D.Lgs. n.17/2014, con il quale si è dato attuazione alla direttiva n. 2011/62/UE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, al fine di impedire l’ingresso di medicinali falsificati nella catena di fornitura legale, il D.Lgs. n. 42/2014, diretto a rafforzare e a rendere più efficiente il sistema di farmacovigilanza, nonché il D.Lgs. n. 26/2014 che attua la direttiva n. 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, introducendo un livello di tutela più elevato per tali animali.

Con l’articolo 3 del D.L. n. 36/2014, all’esame, in sede referente, delle commissioni riunite II e XII della Camera, è stata rivista la disciplina in materia di farmaci offlabel, favorendo l’uso di un farmaco per un’indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata al momento della sua commercializzazione.

Gli articolo 1 e 2 del decreto-legge citato apportano invece una serie di modifiche al testo unico sugli stupefacenti di cui al D.P.R. n. 309/1990. L’intervento normativo è apparso necessario a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 32/2014 che, avendo interessato alcune norme della disciplina vigente in tema di stupefacenti ha determinato l’effetto di escludere dal novero delle sostanze sottoposte alla vigilanza del Ministero della salute tutte quelle sottoposte a controllo in attuazione di convenzioni internazionali e anche le nuove sostanze psicoattive introdotte sulla base delle acquisizioni scientifiche degli ultimi anni.

 

Nel paragrafo II. 2 (Efficienza e qualità della spesa pubblica) vengono ricordate le misure adottate dal Governo per consentire alle regioni sottoposte a Piano di rientro del disavanzo sanitario di evitare le massimizzazioni delle aliquote dell’IRAP e dell’addizionale regionale all’IRPEF[36]. Tenuto fermo che una quota parte del relativo gettito deve essere finalizzata alla copertura del disavanzo, per la restante quota di gettito la regione interessata può disporre la riduzione delle aliquote ovvero la destinazione anche a finalità extrasanitarie.


 

Scuola e università

Le politiche di riforma indicate nel PNR 2014 con riferimento alla scuola e all’università (per la ricerca v. infra) sono presentate nel quadro degli impegni comunitari assunti dal Governo rispetto agli indirizzi tracciati, a chiusura del Semestre europeo, dalle raccomandazioni del Consiglio dell’UE per l’Italia (Country Specific Recommendation), dalle priorità strategiche delineate nell’Analisi annuale della crescita per il 2014 (Annual Growth Survey) dalla Commissione europea e dagli obiettivi della Strategia Europa 2020.

In particolare, nell’ambito di una delle sette iniziative faro (Flagship Initiatives), l’“Agenda per nuove competenze e lavoro”, volte ad attuare detta Strategia entro questo decennio, il PNR si propone di perseguire i seguenti obiettivi:

§      riduzione della dispersione scolastica entro il 2020 a quota 16% dei giovani che abbandonano precocemente gli studi sul totale 18-24enni, a fronte di un obiettivo europeo del 10%. In Italia, nonostante il fenomeno appaia in progressivo calo dal livello del 22,3% nel 2005 all’attuale del 17,0% (17,1% in base ai dati provvisori Eurostat per il 2013), si registrano livelli ancora elevati nell’area Convergenza (Campania, Calabria, Puglia, Basilicata e Sicilia: 22% nel 2013). I giovani interessati dal fenomeno (729 mila) sono in diminuzione di 30 mila unità rispetto al 2012 (17,6%), ma l’Italia rimane comunque collocata ai livelli più bassi della graduatoria EU27.

Le misure adottate a livello nazionale per raggiungere l’obiettivo intendono peraltro rispondere alla specifica raccomandazione del Consiglio UE riguardante il mercato del lavoro, formulata sulla base della situazione macroeconomica e di bilancio indicata nel DEF 2013. Allo scopo il Governo ha presentato il piano “Garanzia giovani” in cui, tra l’altro, sono indicate le misure per assicurare ai giovani entro i 25 anni un’offerta qualitativamente valida di lavoro o di formazione entro quattro mesi dall’uscita dal sistema di istruzione.

Tra gli interventi diretti a contrastare la dispersione scolastica, il documento cita il DL 104/2013 (L. 128/2013) che, all’art. 7, ha previsto l’avvio sperimentale, nell’a.s. 2013-2014, di un Programma di didattica integrativa, anche mediante il prolungamento dell’orario scolastico, autorizzando una spesa di 3,6 milioni di euro per 2013 e 11,4 milioni di euro per il 2014. Ad attuazione dell’intervento è stato emanato il DM. 87 del 7 febbraio 2014. Ulteriori risorse, pari a 10 milioni nel 2014, sono state autorizzate dal citato DL 104/2013 (art. 16) per migliorare il rendimento della didattica, con particolare riferimento nelle aree a maggiore rischio socio-educativo, e per potenziare le capacità organizzative del personale scolastico. Tra le misure da attuare per il 2014 (v. infra griglia Allegato C) il PNR individua, in particolare, gli interventi a favore degli studenti, anche con disabilità, delle scuole secondarie di primo e secondo grado in condizioni economiche familiari di basso reddito e con esigenze di servizi di trasporto e di assistenza specialistica, previsti all’art. 1 del DL 104/2013. Peraltro, i contributi, erogati tramite ripartizione regionale, vengono esclusi dal patto di stabilità interno.

§      innalzamento al 26-27% della quota dei giovani 30-34enni che hanno conseguito un titolo di istruzione terziaria entro il 2020 rispetto ad un obiettivo europeo del 40%. Il livello del 2013, pari al 22,4%, è in aumento rispetto al 21,7% dell’anno prima (nel 2005 peraltro il dato si attestava al 17,0%). Il documento ascrive le ragioni del ritardo rispetto alla media europea, fra l’altro, al fenomeno della dispersione nel percorso di studi, nonostante l’introduzione della cosiddetta “riforma del 3+2”.

In risposta a quest’ultimo obiettivo, il documento individua le misure recentemente introdotte in special modo al fine di semplificare il sistema di finanziamento delle università. Per esse, tra l’altro, la legge di Stabilità 2014 (art. 1, co. 257) ha disposto l’incremento dei finanziamenti ordinari, autorizzando maggiori risorse per 150 milioni di euro nel 2014 in aumento del FFO. L’art. 2 del DL. 104/2013 ha inoltre previsto nuovi strumenti per il diritto allo studio, incrementando, a decorrere dal 2014, il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio agli studenti universitari.

La prima parte del PNR 2014 delinea le principali iniziative previste dalla strategia nazionale per l’anno in corso, individuando specifiche azioni da intraprendere per la scuola e l’università - quali elementi fondamentali per la crescita dell’Italia – in base a criticità e opportunità che riguardano l’accrescimento e la valorizzazione del capitale umano.

Il documento evidenzia che la spesa pubblica in questi specifici ambiti è ancora sotto la media europea e che occorre un’inversione di tendenza delle politiche relative alle risorse umane e infrastrutturali per scuola e università. Nell’ambito di queste politiche deve essere peraltro inquadrata la Strategia nazionale delle aree interne, che rappresenta un’opzione di intervento del nuovo ciclo di programmazione 2014-2020 prevista nell’Accordo di partenariato (AG. 86) in corso di approvazione in sede europea (v. dossier n. 91/2014 del Servizio Studi). L’intenzione è di attuare un potenziamento del servizio scolastico nelle aree distanti dai centri di offerta dei servizi essenziali per la comunità, tra cui l’istruzione.

Nell’ambito dello scenario macroeconomico delineato nel Programma, vi è poi una parte riguardante l’impatto finanziario delle misure già approvate, corredata fra l’altro di due griglie (Appendici B e C) che riassumono, rispettivamente, le misure nazionali attuate negli anni precedenti e quelle da attuare nell’anno in corso. Le misure individuate per il 2014 sono suddivise in dieci aree di policy, tra cui “innovazione e capitale umano” e “lavoro e pensioni” in cui rientrano gli interventi a sostegno della scuola e dell’università. Le riforme che, invece, si considerano già attuate nel 2013, vengono approfondite nella parte II del documento (“Le riforme nazionali in dettaglio”). Di seguito si esaminano le azioni prioritarie individuate dal Programma, dando conto delle principali misure corrispondenti già approvate.

In primo luogo, tra le azioni da attuare nel 2014 vi è l’impegno primario di realizzare un piano per la sicurezza nelle scuole - cifrato in 2 miliardi di euro-, finalizzato al miglioramento dell’efficienza energetica, all’adeguamento antisismico e alla costruzione di nuove scuole, mediante procedure snelle di utilizzo dei fondi nazionali disponibili (come, ad esempio, la possibilità di concedere poteri derogatori ai sindaci per l’affidamento lavori) e dei fondi comunitari programmati. Si prevede inoltre di costituire un’apposita unità di missione e di dare concreta attuazione, d’intesa con regioni ed enti locali, all’Anagrafe dell’edilizia scolastica. I tempi indicati per realizzare l’azione fanno riferimento al prossimo mese di luglio 2014.

Al riguardo, si ricorda che l’art. 18, co. da 8 a 8-sexies, del D.L. n. 69/2013 (L. 98/2013) ha disposto un finanziamento complessivo fino a 460,5 milioni di euro nel triennio 2014-2016, articolato in tre diversi stanziamenti, per garantire la messa in sicurezza degli edifici scolastici e la realizzazione di nuove strutture. Inoltre, l’art. 10 del DL 104/2013 ha previsto, a favore delle regioni interessate, la stipula di mutui per il finanziamento di interventi in materia di edilizia scolastica nell’ambito della programmazione 2013-2015. Peraltro, il sopra richiamato Accordo di partenariato nell’indicare l’obiettivo del miglioramento dell’attrattività degli ambienti scolastici anche al fine di aumentare la propensione dei giovani a permanere nei contesti formativi, prevede l’assegnazione di risorse comunitarie (FESR).

A seguito dell'Accordo siglato in Conferenza Unificata tra governo, regioni ed enti locali, il 6 febbraio 2014, è stato inoltre avviato il nuovo Sistema nazionale delle Anagrafi dell'edilizia scolastica (Snaes), con la finalità di accertare la consistenza e la funzionalità del patrimonio edilizio scolastico e di fornire una base per le funzioni programmatorie di settore. In materia di edilizia scolastica si ricorda l’indagine conoscitiva recentemente svolta dalla Commissione VII (Cultura).

La seconda azione prevista dal PNR 2014 è quella di dare piena attuazione al regolamento per l’applicazione del Sistema nazionale di valutazione delle istituzioni scolastiche, allo scopo di migliorare i risultati delle attività didattiche e di renderli comparabili tra i vari istituti scolastici e con quelli dei principali paesi europei. Per i tempi di realizzazione è indicato il mese di settembre 2014.

Il Regolamento, richiamato anche nella griglia delle misure da attuare per il 2014 (Appendice C), è il D.P.R. 80/2013 che istituisce e disciplina il predetto Sistema nazionale per la valutazione delle scuole pubbliche e delle istituzioni formative accreditate dalle regioni. La misura è peraltro in linea con gli interventi indicati nel PNR 2012 con particolare riferimento all’istituzione del fondo per il finanziamento del sistema nazionale di valutazione mediante economie derivanti dalla razionalizzazione della spesa scolastica nel triennio 2012-2014, ai sensi dell’art. 19 del DL 98/2011 (L. 111/2011).

Per il 2014 la griglia di attuazione prevede, inoltre, la prosecuzione del monitoraggio e della valutazione dei sistemi di istruzione professionale, tecnica e dei licei finalizzati, in base all’art. 5, co. 01 del DL 104/2013 a garantirne l'innovazione permanente e il confronto con gli indirizzi culturali emergenti, nonché l'adeguamento alle esigenze espresse dalle università, dalle istituzioni AFAM, dagli istituti tecnici superiori e dal mondo del lavoro e delle professioni. Le procedure a tal fine previste devono concludersi entro dodici mesi dal loro avvio e i relativi risultati sono considerati nella ridefinizione degli indirizzi, dei profili e dei quadri orari di cui ai regolamenti approvati (DPR nn. 87, 88 e 89 del 2010). Viene inoltre indicato l’impatto finanziario - pari a 8,1 milioni di euro a decorrere dal 2014 – dell’autorizzazione di spesa per l’assunzione dei vincitori e degli idonei della procedura concorsuale a 145 posti per dirigente tecnico del sistema nazionale di valutazione di cui al decreto MIUR 30 gennaio 2008.

Si segnala peraltro che l’Accordo di partenariato prevede, per la programmazione dei fondi 2014-2020, l’assegnazione di risorse comunitarie (FSE) per il miglioramento delle capacità di autovalutazione delle scuole. In proposito si segnala che già nella programmazione 2007-2013 è stato finanziato - con il contributo FSE - il progetto INVALSI Valutazione e miglioramento, diretto al miglioramento delle scuole mediante percorsi di valutazione e autovalutazione.

Analogamente, si prevedono incentivi alle università migliori in base alla valutazione che dovrà essere operata dall’ANVUR.

In merito a quanto attualmente previsto in materia si rimanda all’approfondimento riguardante le misure per la qualità del sistema universitario che comprendono, tra l’altro, la valutazione periodica e il sistema di autovalutazione interna redatta sulla base delle specifiche indicazioni dell’ANVUR.

Ulteriore obiettivo indicato nell’azione è la revisione, in un’ottica di valorizzazione del merito, del contratto e del metodo di reclutamento di docenti e dirigenti scolastici e di cui dovranno essere indicate le misure.

La terza azione è favorire il rapporto tra sistema educativo e mondo del lavoro, sostenendo l’apprendistato e i tirocini formativi presso le aziende, e l’alternanza scuola-lavoro, mediante l’aumento del numero di ore che i giovani trascorrono in azienda durante il periodo scolastico o universitario e la certificazione delle competenze acquisite. Lo scopo è recuperare produttività in particolare attraverso la formazione, l’innovazione e la ricerca (sulle risorse stanziate per i dottorati industriali v. infra), anche per contrastare il fenomeno NEET, vale a dire i giovani che non studiano e non lavorano.

In materia, l’articolo 8-bis del citato DL 104/2013 ha previsto l’avvio di un programma sperimentale, per il triennio 2014-2016, diretto allo svolgimento di periodi di formazione in azienda per gli studenti degli ultimi due anni delle scuole secondarie di secondo grado, che contempla la conclusione di contratti di apprendistato, nonché la realizzazione di giornate di formazione in azienda per gli studenti delle stesse scuole, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali.

Queste disposizioni hanno fatto seguito a quelle introdotte con l’art. 2, co. 14, del DL 76/2013 (L. n. 99/2013), che ha previsto tirocini formativi da destinare agli studenti delle quarte classi delle scuole secondarie di secondo grado, con priorità per quelli degli istituti tecnici e degli istituti professionali. Si ricorda inoltre che il MIUR, tramite l’INDIRE, effettua monitoraggi nazionali sui percorsi di alternanza scuola-lavoro.

La griglia delle misure da attuare nel 2014, anche in virtù delle iniziative previste dal programma Garanzia giovani (v. ante), indica il potenziamento delle attività per l’orientamento degli studenti, già previste per il quinto anno delle scuole superiori, che l’art. 8 del DL 104/2013 ha esteso agli studenti dell’ultimo anno delle scuole secondarie di primo grado e altri ultimi due anni delle scuole secondarie di secondo grado.

La quarta azione indicata è l’innalzamento delle competenze: allo scopo, dall’a.s. 2014-2015, si prevede di diffondere l’insegnamento della lingua inglese nella scuola primaria fino all’università attraverso la metodologia CLIL (Content and Language Integrated Learning), già introdotta al terzo anno dei Licei Linguistici, a partire dall’a.s. 2012/2013, per l’apprendimento di contenuti in lingua straniera. L’azione intende inoltre sostenere la diffusione e l’utilizzo di piattaforme aperte per la didattica (Open educational resources), mettendo a disposizione la connettività wi-fi all’interno degli istituti scolastici e integrando le tecnologie digitali nella didattica.

Al riguardo si segnala, in particolare, l’art. 11 del DL 104/2013 che ha autorizzato la spesa di 5 milioni nel 2013 e 10 milioni nel 2014 per assicurare alle istituzioni scolastiche statali secondarie, in special modo di secondo grado, l’accesso wireless a materiali didattici e a contenuti digitali. In attuazione, è intervenuto il DM n. 804 del 9 ottobre 2013.

Si ricorda che nell’Accordo di partenariato è presente l’obiettivo della diffusione di nuove tecnologie nel mondo della scuola e della formazione che verrà finanziato nella programmazione 2014-2020 dai fondi FESR e FSE.

L’azione intende partire dalle iniziative di orientamento previste dal richiamato piano Garanzia Giovani e contempla, in particolare, il rafforzamento delle iniziative di Contamination Lab e spin-off universitari (per approfondimenti in materia si rinvia agli allegati del comunicato del MIUR del marzo 2013).

Si segnala inoltre che l’art. 14 del DL 104/2013 ha previsto la possibilità che le università stipulino convenzioni con imprese per la realizzazione di progetti formativi congiunti che prevedano periodi di formazione in azienda sulla base di un contratto di apprendistato. L’art. 2, co. 10-13, del sopra citato DL 76/2013 ha previsto peraltro il sostegno dei tirocini curriculari svolti da studenti iscritti ai corsi di laurea di università statali nell'a.a. 2013-2014, allo scopo di promuovere l'alternanza fra studio e lavoro. A tal fine, ha autorizzato la spesa di 3 milioni di euro per il 2013 e di 7,6 milioni di euro per il 2014.

Con riferimento alle iniziative da attuare per l’università nel 2014, inoltre, nella griglia di cui all’Allegato C è indicata la possibilità di effettuare maggiori assunzioni – prevista anche per il prossimo anno -, nella misura del 50% della spesa relativa al corrispondente personale cessato dal servizio nell’anno precedente ai sensi dell’art. 58, co. 1, 4 e 5, del DL. 69/2013 (cd. “Del fare”, L. 98/2013). Allo scopo sono previste maggiori spese correnti pari a 25 milioni nel 2014 e 49,8 milioni nel 2015, a valere sui risparmi realizzati riducendo le convenzioni per i servizi esternalizzati dei collaboratori scolastici.

 Come quinta azione, da correlare alla Strategia Europa 2020 in materia di istruzione terziaria, il documento prevede di aumentare, entro quest’anno, il tasso di immatricolati all’università, considerato il livello ancora basso - e in calo - rispetto alla media europea, favorendo sistemi meritocratici e misure di diritto allo studio. Si prevede di rilanciare la Fondazione per il Merito per consentire agli studenti un più immediato ingresso nel mercato del lavoro e di rafforzare i prestiti d’onore affiancandoli (e non sostituendoli) alle borse di studio.

Per gli approfondimenti della normativa vigente in materia si rinvia al tema web “Il diritto allo studio nell’istruzione universitaria”.

Infine, si prevede l’azione, da realizzare entro il 2014, di rendere internazionale il sistema educativo e della ricerca (v. infra), attraverso l’estensione e il potenziamento del programma Erasmus e la facilitazione nella concessione di visti per studenti e ricercatori.

Per i dettagli riguardo il nuovo programma comunitario Erasmus Plus previsto nella programmazione 2014-2020 si fa rinvio al sito appositamente istituito da Isfol, Indire e Agenzia italiana nazionale per i giovani.


 

Trasporti

Trasporto pubblico locale

Il piano nazionale delle riforme individua una serie di azioni in materia di trasporto pubblico locale (TPL), da attuare entro ottobre 2014:

§      recupero della funzione di indirizzo statale in materia di regolazione e organizzazione del TPL, nell’ambito della modifica del Titolo V della Costituzione

§      applicazione dei costi standard

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 1, comma 84, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013) prevede la definizione, entro il 31 marzo 2014, con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa in sede di Conferenza unificata, con criteri di uniformità a livello nazionale, dei costi standard dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale nonché i criteri per l'aggiornamento e l'applicazione degli stessi. Il decreto non risulta tuttavia emanato.

In base alla disposizione, nella determinazione del costo standard si deve tenere conto dei fattori di contesto, con particolare riferimento alle aree metropolitane e alle aree a domanda debole, della velocità commerciale, delle economie di scala, delle tecnologie di produzione, dell'ammodernamento del materiale rotabile e di un ragionevole margine di utile.

Anche il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sul TPL svolta dalla IX Commissione Trasporti (approvato l’8 aprile 2014) sollecita la rapida adozione dei costi standard.

§      semplificazione delle procedure di gestione del fondo nazionale per il TPL con ripartizione delle risorse con criteri di premialità/penalità sulla base dell’affidamento dei servizi con procedure di evidenza pubblica e attivazione di sistemi efficaci di monitoraggio

In proposito si ricorda che il fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale è disciplinato dall’articolo 16-bis del decreto-legge n. 95/2012, come sostituito dall’articolo 1, comma 301, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012). Il fondo è alimentato da una compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina. Per approfondimenti vedi qui.

§      implementazione dell’utilizzo dei sistemi di trasporto intelligente e in particolare della bigliettazione elettronica integrata.

In proposito si ricorda che l’articolo 8, comma 2, del decreto-legge n. 179/2012 prevedeva l’adozione, entro il 18 gennaio 2013 di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del ministro delegato per l’innovazione tecnologica, sentita la Conferenza unificata, per l’adozione delle regole tecniche necessarie per l’adozione dei sistemi di bigliettazione elettronica nel TPL. Il decreto non risulta ancora emanato. E’ stato però costituito da Agenzia per l’Italia digitale e ASSTRA[37] un tavolo tecnico sulla bigliettazione elettronica che ha avviato i suoi lavori il 28 dicembre 2012.

§      individuazione di ammortizzatori sociali e di strumenti atti a risolvere i possibili aspetti occupazionali, conseguenti alla riprogrammazione dei servizi;

§      interventi per la defiscalizzazione per gli abbonamenti ai servizi di TPL

 

Il settore del trasporto pubblico locale è anche interessato dall’annunciata intenzione del governo di procedere, entro settembre 2014 a un riordino della normativa sui servizi pubblici locali in funzione di una maggiore apertura al mercato e dell’aggregazione degli stessi in ambiti territoriali più ampi. Ciò dovrebbe avvenire attraverso:

§      l’implementazione delle norme esistenti e il varo di un testo unico;

§      il varo della legge annuale della concorrenza fin qui non attuata.

 

Al riguardo si ricorda che:

§      l’articolo 3-bis del decreto-legge n. 138/2011 ha rimesso alle regioni e alle province autonome la definizione, entro il 30 giugno 2012, del perimetro degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l’efficienza dei servizi pubblici locali; di norma gli ambiti o bacini territoriali ottimali non devono avere dimensione inferiore a quella provinciale.

§      l’articolo 34, comma 21, del decreto-legge n. 179/2012 ha previsto l’obbligo per gli affidamenti in essere di adeguarsi ai requisiti previsti dalla normativa europea entro il termine del 31 dicembre 2013.

§      l’articolo 34, comma 20, del decreto-legge n. 179/2012 ha stabilito, per tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica, a prescindere dalle modalità di affidamento, che lo stesso sia effettuato comunque sulla base di un’apposita relazione, pubblicata sul sito Internet dell’Ente affidante, che dia conto delle regioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisca i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche, se previste.

 

L’efficacia di tutte queste disposizioni è stata però differita dall’articolo 13 del decreto-legge n. 150/2013, ai sensi del quale la mancata istituzione o designazione dell’ente di governo dell’ambito territoriale ottimale, ovvero la mancata deliberazione dell’affidamento entro il termine del 30 giugno 2014, comportano l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del prefetto competente per territorio, che provvede agli adempimenti necessari al completamento della procedura di affidamento entro il 31 dicembre 2014, con spese a carico dell’ente inadempiente.

 

Si ricorda che la sesta raccomandazione, concernente la concorrenza, rivolta all’Italia dal Consiglio europeo il 9 luglio 2013 al termine della procedura 2013 del semestre europea fa riferimento alla necessità di estendere il ricorso agli appalti pubblici (in sostituzione delle concessioni dirette) per la prestazione dei servizi pubblici locali.

Trasporto stradale

Il piano nazionale delle riforme prevede entro il 2014 l’approvazione della riforma del codice della strada. Punto qualificante della riforma viene individuato nell’”ampio processo di delegificazione delle norme tecniche sui veicoli e conducenti e una riorganizzazione e semplificazione delle disposizioni del codice”.

 

La riforma del codice della strada è oggetto di due proposte di legge (C. 730, di iniziativa parlamentare, e C. 1588 di iniziativa governativa), attualmente all’esame della IX Commissione Trasporti. Per approfondimenti vedi qui.

 

Si prevede anche la trasformazione del bollo auto da imposta di possesso a tassa di circolazione e la rimodulazione dell’imposta provinciale di trascrizione per i passaggi di proprietà, rendendola proporzionale al valore commerciale.

 

Entro il 2014 è prevista anche l’attuazione del piano per i sistemi di trasporto intelligente (ITS). Gli obiettivi del piano sono: l’ottimizzazione logistica; la sicurezza dei cittadini in viaggio e l’informazione degli utenti e la razionalizzazione dei percorsi.

 

Infine, in materia di autotrasporto, il piano nazionale delle riforme prevede, sempre entro il 2014, il superamento della logica di erogazione annuale di risorse, definendo risorse strutturali, atte a consentire una finalizzazione più efficace dei fondi.

 

In proposito, si ricorda che da ultimo l’articolo 1, comma 89, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013) ha stanziato 330 milioni di euro per interventi in favore dell’autotrasporto.

Trasporto ferroviario

In materia di trasporto ferroviario il piano nazionale delle riforme prevede, entro il dicembre 2014 il “completamento dell’attuazione della normativa UE (cosiddetto IV pacchetto)”. In realtà il IV pacchetto è ancora in discussione da parte delle istituzioni dell’Unione ed infatti, più correttamente, il cronoprogramma dell’Allegato infrastrutture indica il IV pacchetto ferroviario tra le “possibili azioni da adottare dalla Presidenza italiana dell’Unione europea nel comparto infrastrutture e trasporti”.

 

L’Allegato infrastrutture precisa anche che l’Italia ritiene essenziale per raggiungere il successo dell’iniziativa del IV pacchetto perseguire un approccio unitario dell’intera questione. In tal senso, il documento annuncia l’intenzione di proseguire, sotto la presidenza italiana, la discussione sul pilastro tecnico, adoperandosi per raggiungere l’orientamento generale del Consiglio sulla direttiva sicurezza ferroviaria e, complessivamente, sul pilastro tecnico del pacchetto. Il governo considera inoltre prioritaria la nuova direttiva Recast sulla liberalizzazione e la governance del settore ferroviario e intende adoperarsi per la definizione della posizione comune nel Consiglio.

 

In connessione con il IV pacchetto, il piano individua l’obiettivo (da perseguire entro il dicembre 2014) di “un processo efficace e misurabile di separazione verticale nella holding FSI, sia in termini di bilanci che di contabilità regolatoria”.

 

Si ricorda che in materia l’articolo 24 del decreto-legge n. 69/2013 ha previsto (attraverso il nuovo comma 4-bis dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 188/2003) che la separazione, per le imprese ferroviarie, contabile e dei bilanci relativamente alle attività di servizio pubblico e alla gestione dell’infrastruttura deve fornire la trasparente rappresentazione delle attività di servizio pubblico e dei corrispettivi e/o fondi pubblici percepiti per ogni attività.

 

Il piano individua quindi le seguenti azioni, sempre da realizzare entro il dicembre 2014:

§      ridefinizione del perimetro dei servizi universali nazionali e regionali, al fine di ottimizzare i collegamenti e aumentare l’efficienza dei servizi all’utenza;

§      avvio di un progressivo processo di affidamento dei servizi con procedure di evidenza pubblica;

Con riferimento al trasporto pubblico ferroviario regionale si ricorda che da ultimo l’articolo 7, comma 3-ter, del decreto-legge n. 5/2009 ha previsto che i contratti di servizio abbiano durata minima non inferiore a sei anni, rinnovabili (si deve intendere senza effettuare una nuova procedura di affidamento) di altri sei. Inoltre gli affidamenti diretti nel settore sono di fatto consentiti ai sensi dell’art. 61 della legge n. 99/2009, che ha previsto che gli affidamenti in tutto il settore del trasporto pubblico locale siano consentiti se coerenti con le modalità del regolamento (CE) n. 1370/2007, le quali lasciano spazi per gli affidamenti diretti (e prevedono per il trasporto ferroviario un periodo transitorio fino al 3 dicembre 2019, per adeguarsi alle disposizioni del regolamento, consentendo così a fortiori l’affidamento diretto).

§      coinvolgimento di capitali privati nel sostegno alla continuità funzionale della offerta ferroviaria AV/AC

§      privatizzazione, tramite Ferrovie dello Stato, di Grandi Stazioni – Cento stazioni

 

Grandi stazioni Spa è una società del gruppo Ferrovie dello Stato Spa, che ha il compito di riqualificare, valorizzare e gestire le quattordici principali stazioni italiane (Milano Centrale, Torino Porta Nuova, Genova Brignole e Genova Piazza Principe, Venezia Mestre e Venezia S. Lucia, Verona Porta Nuova, Bologna Centrale, Firenze S.M. Novella, Roma Termini, Roma Tiburtina, Napoli Centrale, Bari Centrale e Palermo Centrale). Attualmente il 60% delle azioni è detenuto da Ferrovie dello Stato Spa e il 40% da Eurostazioni Spa (di cui fanno parte Edizione Srl (Gruppo Benetton), Vianini Lavori Spa (Gruppo Caltagirone), Pirelli & C. Spa (Gruppo Pirelli) e Sncf Partecipations S.A. (Société Nationale des Chemins de Fer, l’impresa ferroviaria ex-monopolista francese).

Cento stazioni Spa è una società del gruppo Ferrovie dello Stato Spa, che ha il compito di riqualificare, valorizzare e gestire 103 stazioni ferroviarie situate nelle grandi aree urbane. Attualmente il 60% delle azioni è detenuto dal Ferrovie dello Stato Spa e il 40% da Archimede 1 (società a sua volta posseduta al 60% da SAVE società di gestione degli aeroporti di Venezia e Treviso; al 21% da Manutencoop, società specializzata nella gestione delle attività strumentali dei grandi gruppi; al 15% dal Banco popolare e al 4% da Pulitori e Affini Spa, società operante nel settore dei servizi integrati di pulizia).

 

L’Allegato infrastrutture prospetta anche una riforma dello strumento del contratto di programma tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e RFI Spa. In particolare viene criticata la sua attuale articolazione in “parte servizi” e “parte investimenti”. La riforma del meccanismo dovrebbe invece individuare i seguenti passaggi:

1)  atto di indirizzo del Ministero delle infrastrutture sulle linee strategiche del contratto;

2)  redazione, da parte del gruppo Ferrovie di una proposta di breve e di medio periodo da cui si evinca il raggiungimento degli obiettivi delineati dal Ministero, con arco di attuazione quinquennale;

3)  verifica da parte del Ministero della validità e della coerenza del contratto all’atto di indirizzo e sua trasmissione al CIPE per l’approvazione definitiva e alle Commissioni parlamentari;

4)  verifica annuale del rispetto del contratto con possibilità per il Ministero di bloccare parte dei trasferimenti a RFI in caso di scostamenti o inadempienze;

5)  inserimento degli aggiornamenti al contratto di programma nell’Allegato infrastrutture e loro approvazione nell’ambito dell’esame parlamentare del DEF.

 

Le misure prospettate nel piano in materia di trasporto ferroviario si ricollegano alla sesta raccomandazione, concernente la concorrenza, rivolta all’Italia dal Consiglio europeo il 9 luglio 2013 al termine della procedura 2013 del semestre europea. Nella raccomandazione si fa infatti riferimento alla necessità di portare avanti l’attuazione delle misure adottate per migliorare le condizioni di accesso al mercato delle industrie di rete.

 

Anche la procedura avviata dall’Unione europea nei confronti dell’Italia per squilibri macroeconomici eccessivi individua tra gli ostacoli alla competitività delle imprese italiane la scarsa qualità della logistica.

 

Con riferimento al trasporto ferroviario merita infine segnalare che il programma di stabilità contempla, all’interno delle misure di spending review (effetto finanziario previsto 4,5 miliardi nel 2014, 17 miliardi nel 2015 e 32 miliardi nel 2016) anche una valutazione dei possibili risparmi dal trasporto ferroviario, in quanto “i trasferimenti al sistema ferroviario da parte dello Stato sono superiori rispetto agli altri Paesi europei”; il DEF prospetta anche, al riguardo, una revisione delle tariffe.

Sistema Portuale e Trasporto Marittimo

Il PNR individua una serie di azioni in materia di trasporto marittimo da attuare entro maggio 2014. In particolare:

§      l’adozione di un Piano della portualità e della logistica per riformare il settore marittimo;

Al riguardo si ricorda che è stato approvato dalla Camera ed è stato trasmesso al Senato il DDL “Legge quadro sugli interporti e le piattaforme logistiche territoriali” (A.S.1185). Di tale provvedimento si dà anche conto nella Griglia del PNR evidenziando un rischio medio di non attuazione, non essendo ancora incominciato l’esame al Senato.

§      l’individuazione di distretti portuali e logistici, nell’ambito dei corridoi europei TEN-T, che comprendano i nodi portuali della rete TEN, gli interporti e le infrastrutture di collegamento stradali e ferroviarie: si fa quindi riferimento genericamente a tutti gli interventi previsti nelle Reti TEN-T, invece che ai soli interventi prioritari (c.d. core network), a cui secondo il Regolamento UE in materia, va data la priorità, in modo da attuarli entro il 2030;

Al riguardo si ricorda infatti che il nuovo Regolamento (UE) n. 1315/2013  approvato l'11 dicembre 2013, definisce i nuovi orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti e le nuove mappe della Rete TEN-T, stabilendo le priorità per lo sviluppo della rete. Il regolamento prevede una struttura a doppio strato formata dalla rete globale (da realizzare entro il 2050) e dalla rete centrale. La rete centrale (core network) consiste di quelle parti della rete globale che rivestono la più alta importanza strategica e che dovranno essere realizzate per prime, entro il 2030, ma con una prima valutazione fissata al 2023.

Il regolamento individua, per l’Italia, i seguenti nodi portuali della rete centrale: Ancona, Augusta, Bari, Cagliari, Gela, Genova, Gioia Tauro, La Spezia, Livorno, Napoli, Palermo, Ravenna, Taranto, Trieste e Venezia.

I nodi portuali della rete globale sono invece: Brindisi, Carloforte, Chioggia, Civitavecchia, Fiumicino, Gaeta, Golfo Aranci, La Maddalena, Marina di Carrara, Messina, Milazzo, Monfalcone, Olbia, Palau, Piombino, Porto Levante, Porto Torres, Portoferraio, Portovesme, Reggio Calabria, Salerno, Savona Vado, Siracusa e Trapani.

§      l’individuazione di una Autorità portuale e logistica di interesse nazionale per ciascun distretto; il superamento della “logica delle 24 autorità portuali” è ritenuto imprescindibile anche nell’Allegato infrastrutture;

A tale proposito si segnala che la proposta di legge S.370 (riforma della legislazione portuale) attualmente all’esame del Senato conferma l’elenco delle autorità portuali esistenti

§      il completamento del processo di conseguimento dell’autonomia finanziaria delle Autorità portuali ed il completamento delle azioni di defiscalizzazione e riduzione delle tasse portuali e di ancoraggio, per aumentare la competitività dei nostri porti;

A tale proposito si segnala che nella griglia allegata al PNR alle misure per favorire lo sviluppo dei porti , che comprendono varie disposizioni (decreti legge n. 83/2012, n. 69/2013 e n. 145/2013 e legge di Stabilità 2014), sia per incrementare l’autonomia finanziaria delle Autorità portuali che per consentire la revoca dei fondi non utilizzati per le infrastrutture strategiche non avviate e la loro successiva riassegnazione al miglioramento della competitività dei porti, viene associato un rischio di non attuazione medio.

§      nell’ambito delle misure di riorganizzazione che saranno definite nel corso dell’estate prossima, il DEF 2014 indica poi la riorganizzazione dell’attività delle Capitanerie di Porto.

A tale proposito si ricorda infatti che deve ancora essere emanato il Regolamento di riorganizzazione delle Capitanerie di porto (come previsto dalla legge di Stabilità 2013 e dal precedente D.L. n. 207 del 2008). Il D.L. n. 150 del 2013 (art. 4,comma 8-ter) ha recentemente differito di un ulteriore anno al 31 dicembre 2014   (il termine originario era fissato al 31 dicembre 2009), il termine per l’emanazione di questo regolamento.

L’Allegato infrastrutture prevede tempi ancora più brevi per l’intervento del governo in materia portuale annunciando la presentazione al Parlamento di una proposta di riforma dell’offerta portuale (un disegno di legge, sembra intendersi) entro aprile 2014.

L’Allegato infrastrutture inserisce poi tra le materie sulle quali assumere iniziative nell’ambito del semestre di presidenza italiana dell’Unione europea anche il “regolamento porti”, vale a dire la proposta di regolamento che istituisce un quadro normativo per l’accesso al mercato dei servizi portuali, (COM(2013)296), presentata il 23 maggio 2013 dalla Commissione europea.

In proposito si segnalano, tra i principali punti della proposta: 1) la libera prestazione di servizi sarà applicabile ai servizi portuali; 2) i servizi di movimentazione merci e i terminal passeggeri sono esclusi dall'ambito di applicazione del regolamento; 3) l'ente di gestione di un'impresa può limitare il numero dei prestatori di servizi in ragione dei limiti di spazio nel porto o qualora esista un obbligo di servizio pubblico; 4) l'introduzione di obblighi di servizio pubblico per alcune tipologie di servizi portuali è ancora possibile; 5) viene introdotta una maggiore trasparenza per contribuire a identificare l'utilizzo improprio di denaro pubblico ovvero gli aiuti di Stato illegali; 6) ogni porto istituisce un comitato consultivo degli utenti del porto.

Trasporto aereo

Il PNR individua una serie di azioni in materia di trasporto aereo da attuare entro maggio 2014. In particolare:

§      l’adozione ed attuazione del Piano Nazionale degli aeroporti e l’incentivazione di reti aeroportuali nei bacini regionali o pluriregionali, con l’indicazione che i nuovi aeroporti saranno realizzabili solo previa verifica oggettiva sull’evoluzione della domanda e valutando le priorità infrastrutturali e la verifica della sostenibilità economico finanziaria, anche tendenziale, degli aeroporti di interesse nazionale; l’Allegato infrastrutture prevede tempi ancora più stringenti per l’approvazione del piano aeroporti (entro aprile 2014);

A tale proposito si ricorda che il Ministro delle infrastrutture e trasporti il 17 gennaio 2014 aveva reso un'informativa sul piano nazionale degli aeroporti, illustrando un documento che definiva i criteri per l'individuazione degli aeroporti di interesse strategico e degli ulteriori aeroporti di interesse nazionale, individuando in particolare 11 aeroporti strategici (Milano Malpensa, Venezia, Roma Fiumicino, Bologna, Napoli, Bari, Lamezia, Catania, Palermo, Cagliari + Pisa/Firenze a condizione che realizzino la gestione unica) e ulteriori 26 aeroporti di interesse nazionale, a specifiche condizioni.

§      la verifica e il monitoraggio, prima dell’avvio delle procedure, della sussistenza delle risorse necessarie alla realizzazione delle infrastrutture aeroportuali;

§      la riconduzione ai livelli europei i parametri qualitativi di offerta dei servizi a terra e di quelli di navigazione aerea.

Sui servizi di navigazione aerea si ricorda la recente proposta di modifica del regolamento CE n. 216/2008 su aeroporti, gestione del traffico aereo e servizi di navigazione aerea (COM(2013)409 del giugno 2013, che fa parte del pacchetto di misure noto come SES II+, volto ad aggiornare i quattro regolamenti istitutivi del Cielo unico europeo (Single European Sky - SES) e a modificare le norme che disciplinano l'Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA), l'organo di controllo del settore aeronautico dell'Unione europea.

§      l’utilizzo dei costi standard per la tariffazione del sistema concessorio.

In materia di determinazione dei diritti aeroportuali, in attuazione della direttiva 2009/12/CE, che prevede la non discriminazione e la trasparenza nella determinazione e riscossione dei diritti negli aeroporti aperti al traffico aereo commerciale con traffico annuale superiore a 5 milioni di passeggeri, sono intervenuti gli art.. da 71 a 82 del D.L. n. 1/2012 ed una serie di decreti ministeriali attuativi, riportati nella Griglia allegata al PNR. Tra questi, si cita l’Atto di indirizzo n. 220 del 7 giugno 2013 che ha attribuito provvisoriamente, in attesa dell’operatività dell’Autorità dei Trasporti, all’ENAC le funzioni di regolazione economica in materia previste dagli artt. da 71 a 79, sostanzialmente la stipula dei contratti di programma con i principali aeroporti e la definizione degli schemi tariffari, ed al MIT le funzioni (di cui all’art. 80) di vigilanza sulla determinazione dei diritti aeroportuali per l’utilizzo delle infrastrutture e dei servizi in regime di esclusiva. Si ricorda anche che la Corte Costituzionale nella sentenza n. 41 del 2013 (in materia di competenze regionali sui servizi di trasporto pubblico locale sollevata dalla regione Veneto), ha ricordato che “compito dell'Autorità dei trasporti è dettare una cornice di regolazione economica” e ricordato che (in relazione ad una fattispecie analoga: sent. n.482 del 1995) che: “le attribuzioni dell'Autorità non sostituiscono né surrogano alcuna competenza di amministrazione attiva”.

 

Il PNR si sofferma anche sull’avvio della procedura per la cessione del 49 per cento delle quote di capitale di ENAV Spa.

 

Sul relativo schema di D.P.C.M. la IX Commissione trasporti ha approvato il parere di competenza nella seduta del 26 marzo 2014. Il D.P.C.M. non risulta però ancora adottato.

 



[1]     In base ai dati contenuti nel dossier documentazione e ricerche n. 99 Monitoraggio dell’attuazione dell’agenda digitale italiana, aggiornati al 24 febbraio 2014.

[2]     Sulle tecnologie di scavo è intervenuto da ultimo il D.M. 1° ottobre 2013. Ora l’art. 6, co. 4-bis e 4-ter del decreto-legge n. 145/2013 (c.d. “DL destinazione Italia”) prevede che il decreto si applichi anche allo scavo dell’installazione dei ricoveri delle infrastrutture digitali necessarie per il collegamento degli edifici alle reti di telecomunicazioni e si prevede un nuovo decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi entro il 22 aprile 2014 per la definizione di ulteriori misure relativa alla posa in opera delle infrastrutture a banda larga e ultralarga.

[3]     La condizionalità ex ante richiede “l’ esistenza di piani nazionali o regionali per tali reti che tengano conto delle azioni regionali al fine di raggiungere gli obiettivi dell'Unione di accesso a Internet ad alta velocità, concentrandosi su aree in cui il mercato non fornisce un'infrastruttura aperta ad un costo accessibile e di qualità”.

[4]     Convertito, con modificazioni, dalla L. 112/2013.

[5]     Per maggiori dettagli, si rinvia al paragrafo II.9 Valorizzazione dei beni culturali della seconda parte del PNR.

[6]     Art. 11, D.L. 91/2013 (L. 112/2013).

[7]     Art. 8, D.L. 91/2013 (L. 112/2013).

[8]     Art. 9, D.L. 91/2013 (L. 112/2013).

[9]     Art. 1, commi 382-383 e 385, L. 147/2013.

[10]    Art. 1, co. 326, L. 147/2013.

[11]    L’obiettivo riguarda le aree territoriali a livello transfrontaliero, transnazionale e interregionale quali lo spazio alpino, le zone di confine con l’Europa centrosettentrionale e con l’Europa orientale e balcanica, nonché il bacino del Mediterraneo.

[12]    In particolare, la legge di stabilità 2014 ha provveduto al rifinanziamento del Fondo, attraverso la Tabella E, nella misura di 4,5 miliardi per il 2016 e di 19 miliardi per l’anno 2017 e successivi. E’ stata altresì disposta una rimodulazione delle risorse delle annualità 2014 e 2015 già presenti nel bilancio dello Stato, che sono state ridotte di 500 milioni ciascuna e spostate all’esercizio 2017. In sostanza, nel bilancio dello Stato figurano attualmente 5 miliardi sia per il 2014 che per il 2015, 4,5 miliardi per il 2016 e 20 miliardi per il 2017 ed annualità successive.

[13]    Più specificamente, per il triennio 2014-2016, gli importi iscritti in bilancio ammontano a 50 milioni nel 2014, 500 milioni nel 2015 e a 1 miliardo nel 2016. Per gli anni successivi, la quota annuale sarà determinata dalla tabella E delle singole leggi di stabilità a valere sul rimanente importo di 42.298 milioni.

[14]    Cfr. Documento di economia e finanza 2014, sezione I, Programma di stabilità dell’Italia.

[15]    Cfr. seduta della Commissione difesa della Camera del 20 dicembre 2014.

[16]    Per una descrizione più analitica di queste riduzioni , cfr. D.P.C.M. 22 gennaio 2013.

[17]    Si tratta dell’approfondimento della verifica degli squilibri già rilevati nell’AMR (Alert Mechanism Report) della Commissione, che evidenzia i fondamentali macroeconomici dei Paesi dell’area euro. L’ultimo AMR è stato pubblicato nel novembre 2013.

[18]    Doing Business è un rapporto della Banca Mondiale che monitorando l’economia di 185 Paesi in tutto il mondo, misura dov’è più facile fare impresa. L’Italia è al 65° posto della classifica, in leggera salita rispetto al precedente rapporto (era 73°).

[19]    Il Governo richiama lo studio “Riavviare la direttiva sulla mediazione: valutazione dell’impatto limitato della sua attuazione negli stati membri e proposte per aumentare il numero di mediazione nell’Ue”, presentato lo scorso febbraio dalla Direzione generale per le politiche interne – Dipartimento: Diritti dei cittadini e affari costituzionali, del Parlamento europeo. Lo studio:

(http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/etudes/join/2014/493042/IPOL-JURI_ET%282014%29493042_EN.pdf), cui hanno contribuito 816 esperti da tutta Europa, mostra una deludente performance della mediazione in quasi tutti i 28 Stati Membri: tale strumento risulta infatti ancora utilizzato in meno dell’1% casi nell’Ue; ciò dipenderebbe - secondo la ricerca - dalla debolezza delle politiche, legislative e non, volte a promuovere tale strumento stragiudiziale. Lo studio riporta che solo l’Italia ha un numero di mediazioni nell’ordine delle 200 mila unità all’anno; seguono Germania, Paesi Bassi, e Regno Unito con un numero di mediazioni che superano di poco le 10 mila unità, mentre un significativo numero di Stati membri non arrivano alle 500 mediazioni annuali.

[20]    Si veda, in proposito, l’approfondimento sul PPP e sulle infrastrutture strategiche contenuto nel 7° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo”.

[21]    Sono membri permanenti della Cabina, oltre alle amministrazioni sopra ricordate, il Ministero per i Beni e le attività culturali ed il Turismo ed il Ministero delle Politiche agricole, mentre il sistema produttivo è rappresentato da Unioncamere, Confindustria, Rete Imprese Italia, ABI ed Alleanza delle Cooperative. Tra le iniziative di promozione programmate figura un’attività specifica di roadshow in Italia che incrementi stabilmente il numero delle imprese esportatrici e la predisposizione di alcuni progetti volti a consolidare la nostra rete distributiva negli Stati Uniti.

[22]    Il SIA (Strumento per l’Inclusione Attiva) non è altro che la Carta acquisti sperimentale di cui al decreto-legge n. 5/2012, poi rinominata dal decreto-legge n. 76/2013 Carta per l’inclusione. Come specificato la Carta acquisti sperimentale o Carta acquisti per l’inclusione o SIA non viene considerata una misura di sostegno al reddito, ma più in generale un programma di integrazione sociale.

[23]    “Interventi urgenti a sostegno della crescita Misure di accelerazione dell’utilizzo delle risorse della politica di coesione (Fondo Sviluppo e Coesione, Piano Azione Coesione e Programmi dei Fondi Strutturali 2007-2013)”. Informativa del Ministro per la coesione territoriale Carlo Trigilia al Consiglio dei Ministri del 27 dicembre 2013.

[24]    Conferenza unificata, Accordo quadro per la realizzazione dell’offerta di servizi educativi a favore di bambini dai due ai tre anni, volta a migliorare i raccordi tra nido e scuola dell’infanzia e a concorrere allo sviluppo territoriale dei servizi socio-educativi 0-6 anni, 1° agosto 2013.

[25]    Per il 2014, la legge di stabilità per il 2014 (legge 147/2013), commi 199-200, ha stanziato 275 milioni di euro per gli interventi di pertinenza del Fondo per le non autosufficienze, inclusi quelli a sostegno delle persone affette da SLA e di ulteriori 75 milioni di euro, sempre per il 2014, come aggiunta alle risorse ordinariamente previste dal Fondo, da finalizzare per interventi di assistenza domiciliare per le persone affette da disabilità gravi e gravissime, incluse quelle affette da SLA.

[26]    Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 5 dicembre 2013 n. 159, Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).

[27]    Come evidenzia la tavola III 4.1 contenuta nel PNR, Sezione III, parte I, sulla cui base è stata elaborata una tabella riportata nella parte generale del presente dossier, al cap. 4.2.3.

[28]    Va segnalato come tali importi siano stati successivamente aumentati ad opera del decreto-legge n. 4 del 2014, cfr. ultra.

[29]    Come indicato nella tabella I.1 contenuta nel PNR, Sezione III, parte I, riportata nella parte generale del presente dossier, al cap. 4.2.3.

[30]    Al riguardo, v. anche infra, paragrafo relativo a Impresa e competitività.

[31]    Al riguardo, v. anche infra, paragrafo relativo a Impresa e competitività.

[32]    Per maggiori dettagli, si rinvia al paragrafo II.5 Educazione e ricerca della seconda parte del PNR.

[33]    La previsione di breve periodo della spesa sanitaria pubblica, inglobata nei conti delle Pubbliche Amministrazioni (PA) dei documenti di finanza pubblica, viene elaborata seguendo la stessa articolazione adottata per la spesa sanitaria pubblica di contabilità nazionale, nell’ambito del “Conto economico consolidato della sanità”. In particolare, essa prevede una prima disaggregazione in funzione del soggetto erogatore: la spesa sanitaria pubblica viene distinta nella componente erogata direttamente dalle strutture del Servizio Sanitario Nazionale (produttori non market) e quella erogata da soggetti privati convenzionati (produttori market). La prima componente è suddivisa per fattore di costo ed evidenzia distintamente la spesa per redditi da lavoro dipendente, quella per consumi intermedi e quella per una terza componente, residuale, che raccoglie le poste non classificabili in nessuna delle funzioni sopra elencate, etichettata come “altre componenti di spesa sanitaria”. La seconda componente, invece, è articolata per tipologia di prestazione.

[34]    Decreto Legislativo 6 maggio 2011, n. 68, Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché' di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.

[35]    Delibera del consiglio dei ministri 11 dicembre 2012, Definizione dei criteri di qualità dei servizi erogati, appropriatezza ed efficienza per la scelta delle regioni di riferimento ai fini della determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.

[36]    Le regioni sottoposte a Piano di rientro sono :Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, e Sicilia. Per l’anno di imposta 2013, in Calabria e in Molise è confermata l’applicazione automatica della maggiorazione dell’addizionale IRPEF e dell’aliquota IRAP.

[37]    Associazione delle società ed enti del trasporto pubblico locale di proprietà degli enti locali, delle regioni e di imprese private