Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Lo schema di Accordo di partenariato per i fondi europei 2014-2020 - Atto del Governo n. 86
Riferimenti:
SCH.DEC 86/XVII     
Serie: Atti del Governo    Numero: 91
Data: 01/04/2014
Descrittori:
FONDI E FINANZIAMENTI COMUNITARI   L 2013 0147
TRATTATI ED ACCORDI INTERNAZIONALI     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
XIV - Politiche dell'Unione europea
Altri riferimenti:
L N. 147 DEL 27-DIC-13     

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo

 

 

 

 

Lo schema di Accordo di partenariato per i fondi europei 2014-2020

Atto del Governo n. 86

(articolo 1, comma 246, della
legge 27 dicembre 2013, n. 147)

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 91

 

1° aprile 2014

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-2233 – * st_bilancio@camera.it

Ha partecipato alla redazione del dossier il seguente Ufficio:

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

 

 

La documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

File: ID0009.doc


 

I N D I C E

 

Schede di lettura

1. L’accordo di partenariato 2014-2020. 3

1.1 Stanziamenti e obiettivi della politica di coesione 2014-2020. 3

1.2 Le nuove regole di programmazione. 5

1.3 I contenuti dell’Accordo di partenariato e la procedura di approvazione. 6

2. Lo schema di Accordo predisposto dal Governo. 9

2.1 I contenuti strategici dell’Accordo. 9

2.2 Le risorse comunitarie assegnate all’Italia. 12

2.3 La programmazione delle risorse comunitarie nello schema di Accordo. 15

2.4 Le osservazioni generali della Commissione. 24

3. Gli obiettivi tematici 29

Obiettivo tematico 1 (Ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione) 29

Obiettivo tematico 2 (Agenda digitale) 35

Obiettivo tematico 3 (Competitività dei sistemi produttivi) 42

Obiettivo tematico 4 (Energia sostenibile e qualità della vita) 51

Obiettivo tematico 5 (Clima e rischi ambientali) 55

Obiettivo tematico 6 (Tutela dell’ambiente e valorizzazione delle risorse culturali e ambientali) 59

Obiettivo tematico 7 (Mobilità sostenibile di persone e merci) 66

Obiettivo tematico 8 (Occupazione) 73

Obiettivo tematico 9 (Inclusione sociale e lotta alla povertà) 76

Obiettivo tematico 10 (Istruzione e formazione) 80

Obiettivo tematico 11 (Capacità istituzionale e amministrativa) 87

Allegati

A. Le risorse nazionali di cofinanziamento e del Fondo Sviluppo e Coesione  93

B. La chiusura della programmazione 2007-2013. 96

C. L'Agenzia per la coesione territoriale. 101

D. La “Strategia per le aree interne”. 103

E. L’Agenda urbana. 105

 

 


Schede di lettura


 

1. L’accordo di partenariato 2014-2020

 

L’accordo di partenariato stabilisce, per ciascuno Stato membro dell’UE, il quadro strategico della programmazione nazionale relativa al periodo 2014-2020 dei fondi strutturali e di investimento europei (denominati fondi SIE), vale a dire i fondi della politica di coesione (Fondo europeo di sviluppo regionale, FESR; Fondo sociale europeo, FSE; e, per i Paesi che ne beneficiano, Fondo di coesione) nonché il Fondo europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (FEASR)e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP).

1.1 Stanziamenti e obiettivi della politica di coesione 2014-2020

I regolamenti che disciplinano i fondi strutturali della politica di coesione per il periodo 2014-2020 sono entrati in vigore il 1° gennaio 2014[1].

Gli stanziamenti complessivi destinati ai fondi strutturali, in coerenza con l’accordo generale sul Quadro finanziario pluriennale 2014-2020, sono pari in termini di impegni a 325,14 miliardi di euro (a prezzi 2011, con una riduzione di circa l’8% rispetto al periodo 2007-2013), così ripartiti nell’arco dei sette anni di programmazione finanziaria:

Coesione economica, sociale e territoriale (in miliardi di euro)

2014

2015

2016

2017

2018

2019

2020

44,67

45,40

46,04

46,54

47,03

47,51

47,92

Gran parte delle risorse (313,19 miliardi di euro) è destinata all'obiettivo "Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione" e sono così ripartite:

§      164,27 miliardi alle regioni meno sviluppate, ovvero le regioni il cui PIL pro capite è inferiore al 75% della media del PIL dell'UE a 27;

§      32,08 miliardi alle regioni in transizione (PIL pro capite tra il 75% e il 90% della media UE);

§      49,08 miliardi alle regioni più sviluppate (PIL superiore al 90% della media UE);

§      66,36 miliardi agli Stati membri che beneficiano del Fondo di coesione, vale a dire i Paesi il cui reddito nazionale lordo pro capite è inferiore al 90% del PIL medio pro capite dell'UE-27 (l’Italia non beneficia degli stanziamenti a valere sul Fondo di coesione in quanto il reddito pro capite è pari al 101%);

§      1,38 miliardi alle regioni ultra-periferiche[2].

Le risorse residue sono destinate alla cooperazione transnazionale, interregionale e transfrontaliera (8,94 miliardi) e allo sviluppo urbano sostenibile (330 milioni di euro).

Nella tabella è riportata la ripartizione tra gli Stati membri delle risorse comunitarie, complessivamente destinate ai fondi strutturali:

 

 

Fondo di coesione

Regioni meno sviluppate

Regioni in transizione

Regioni più sviluppate

Regioni ultra periferiche o scarsamente popolate

Cooperazione territoriale

TOTALE

Belgio

-

-

1.039,7

938,6

-

263,2

2.241,5

Bulgaria

2.278,3

5.089,3

-

-

-

165,7

7533,3

Rep. Ceca

6.258,9

15.282,5

-

88,2

-

339,7

21.969,3

Danimarca

-

-

71,4

255,1

-

226,9

553,4

Germania

-

-

9.771,5

8.498,0

-

965,4

19.234,9

Estonia

1.073,3

2.461,2

-

-

-

55,4

3.589,9

Irlanda

-

-

-

951,6

-

168,8

1.120,4

Grecia

3.250,2

7.034,2

2.306,1

2.528,2

-

231,7

15.350,4

Spagna

-

2.040,4

13.399,5

11.074,4

484,1

617,6

27.616

Francia

-

3.407,8

4.253,3

6.348,5

443,3

1.089,3

15.542,2

Croazia

2.559,5

5.837,5

-

-

-

146,1

8.543,1

Italia

-

22.324,6

1.102,0

7.692,2

-

1.136,7

32.255,5

Cipro

269,5

-

-

421,8

-

32,8

724,1

Lettonia

1.349,4

3.039,8

-

-

-

93,6

4.482,8

Lituania

2.048,9

4.628,7

-

-

-

113,8

6.791,4

Lussemburgo

-

-

-

39,6

-

20,2

59,8

Ungheria

6.025,4

15.005,2

-

463,7

-

361,8

21.856,1

Malta

217,7

-

 

490,2

-

17,0

724,9

Paesi Bassi

-

-

-

1.014,6

-

389,7

1.404,3

Austria

-

-

72,3

906,0

-

257,3

1.235,6

Polonia

23.208,0

51.163,6

-

2.242,4

-

700,5

77.314,5

Portogallo

2.861,7

16.671,2

257,6

1.275,5

115,7

122,4

21.304,1

Romania

6.935,0

15.058,8

-

441,3

-

457,7

22.892,8

Slovenia

895,4

1.260,0

-

847,3

-

62,9

3.065,6

Slovacchia

4.168,3

9.483,7

-

44,2

-

223,4

13.919,6

Finlandia

-

-

-

999,1

305,3

161,3

1.465,7

Svezia

-

-

-

1.512,4

206,9

342,3

2.061,6

Regno Unito

-

2.383,2

2.617,4

5.767,6

-

865,6

11.633,8

Fonte: Commissione europea, Direzione Generale per la Politica regionale

Di tali risorse, all’Italia sono assegnati 32,255 miliardi di euro a prezzi correnti (con un incremento in valori nominali rispetto ai 29,4 miliardi stanziati per 2007-2013), così ripartiti:

§       regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia): 22,324 miliardi;

§       regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna): 1,102 miliardi;

§       regioni più sviluppate (restanti regioni del centro-nord): 7,692 miliardi;

§       cooperazione territoriale: 1,136 miliardi.

1.2 Le nuove regole di programmazione

Il ricorso agli accordi di partenariato si colloca nell’ambito di una profonda revisione del metodo e delle regole di programmazione applicabili al periodo 2014-2020 rispetto a quelle relative al periodo precedente 2007-2013.

Le maggiori innovazioni concernono:

§      l’istituzione di un quadro strategico comune per tutti i fondi SIE, sopra richiamati sia relativi alla politica di coesione (Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo sociale europeo e, per i Paesi che ne beneficiano, Fondo di coesione) sia all’agricoltura e alla pesca (Fondo europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale e Fondo europeo per la pesca). Il QSC – allegato al regolamento (UE) n. 1303/2013 - stabilisce orientamenti strategici per agevolare il processo di programmazione e il coordinamento settoriale e territoriale degli interventi dell'Unione nel quadro dei fondi SIE e con altre politiche e altri strumenti pertinenti dell'Unione, in linea con le finalità e gli obiettivi della strategia Europa 2020;

§      la concentrazione dell’intervento dei fondi SIE su un ristretto numero di obiettivi tematici comuni, connessi gli obiettivi della strategia Europa 2020 (si tratta degli undici obiettivi contemplati dall’accordo in esame);

§      lo stretto collegamento della programmazione nazionale (e quindi dell’accordo di partenariato con i programmi nazionali di riforma e i programmi nazionali di stabilità e convergenza elaborati dagli Stati membri e con le raccomandazioni specifiche per ciascun paese adottate dal Consiglio sulla base dei medesimi programmi;

§      la ridefinizione delle regole di condizionalità per l’erogazione dei fondi, che sono articolate in tre tipologie:

a)  ex ante, definite nelle norme specifiche di ciascun Fondo e riportate nell’accordo di partenariato;

b)  rispetto dei parametri macroeconomici e di finanza pubblica previsti nell’ambito della governance economica; in particolare, la Commissione europea può chiedere ad uno Stato membro di rivedere l’accordo di partenariato e i relativi programmi operativi, ove necessario per dare attuazione alle raccomandazioni indirizzate alo Stato stesso nell’ambito di una procedura per disavanzo eccessivo o per squilibri macroeconomici. Se il Paese membro non soddisfa la richiesta della Commissione può adottare una decisione di sospensione di parte o di tutti i pagamenti relativi ai programmi interessati, da sottoporre al Consiglio dell’UE;

c)  ex post (da completare entro il 31 dicembre 2023), vincolate al raggiungimento di obiettivi predeterminati. Il mancato conseguimento degli obiettivi può determinare la sospensione dei finanziamenti; una grave insufficienza nella realizzazione degli obiettivi di un programma può dare luogo alla soppressione del programma stesso.

§       il 6% degli stanziamenti complessivi per i fondi strutturali è riservato ai programmi che hanno raggiunto gli obiettivi concordati nell’ambito della Strategia Europa 2020 (riserva di efficacia).

 

I Fondi inclusi nell’accordo di partenariato sono attuati mediante Programmi Operativi elaborati dagli Stati membri o da un'autorità da essi designata. Ciascun programma definisce le priorità, gli obiettivi specifici, le dotazioni finanziarie del sostegno dei Fondi e il corrispondente cofinanziamento nazionale.

La Commissione valuta i programmi e formula osservazioni entro tre mesi dalla data di presentazione; approva il programma, entro sei mesi, a condizione che le eventuali osservazioni da essa formulate siano state adeguatamente recepite.

I programmi possono essere modificati (su richiesta motivata dello Stato interessato e previa approvazione della Commissione europea).

 

Su richiesta degli Stati membri, la BEI (Banca europea per gli investimenti) può partecipare alla preparazione dell’accordo di partenariato, nonché ad attività connesse alla preparazione degli interventi, in particolare grandi progetti, strumenti finanziari e partenariati pubblico-privati. Anche la Commissione può consultare la BEI prima dell'adozione dell’accordo di partenariato o dei programmi e può chiederle di esaminare la qualità tecnica e la fattibilità economica e finanziaria dei grandi progetti e di assisterla per quanto riguarda gli strumenti finanziari da attuare o sviluppare.

1.3 I contenuti dell’Accordo di partenariato e la procedura di approvazione

In base agli articoli 14 e 15 del regolamento (UE) n. 1303/2013, recante la disciplina comune relativa ai fondi SIE, l’accordo deve essere predisposto da ciascuno Stato membro “in dialogo con la Commissione” e deve indicare:

§       le modalità per garantire l'allineamento con la strategia Europa 2020, nonché le missioni specifiche di ciascun fondo secondo gli obiettivi specifici basati sul Trattato, inclusa la coesione economica, sociale e territoriale, tra cui:

i)      un'analisi delle disparità, delle esigenze di sviluppo e del potenziale di crescita con riguardo agli obiettivi tematici e alle sfide territoriali e tenendo conto del programma nazionale di riforma e delle raccomandazioni specifiche per Paese adottate nell’ambito della procedura del Semestre europeo;

ii)     gli obiettivi tematici selezionati, e per ciascuno di essi, una sintesi dei principali risultati attesi per ciascuno dei fondi SIE;

iii)   la ripartizione indicativa del sostegno dell'Unione per obiettivo tematico a livello nazionale per ciascun fondo, nonché l'importo complessivo indicativo del sostegno previsto per gli obiettivi relativi al cambiamento climatico;

iv)    l'applicazione dei principi del partenariato con le competenti autorità regionali e locali e con le parti sociali, della parità fra uomini e donne e di non discriminazione;

v)     l'elenco dei programmi nell'ambito del FESR, del FSE e del Fondo di coesione, tranne quelli rientranti nell'obiettivo cooperazione territoriale europea, e dei programmi del FEASR e del FEAMP, con le rispettive dotazioni annuali indicative per ciascun fondo SIE;

vi)    dati sulla dotazione collegata alla riserva di efficacia (v. infra), disaggregati per fondo SIE e, se del caso, per categoria di regioni;

§       disposizioni volte a garantire l'efficace attuazione dei fondi SIE, tra cui:

i)   disposizioni che garantiscono il coordinamento tra i fondi SIE e gli altri strumenti di finanziamento europei e nazionali e con la BEI;

ii)  le informazioni necessarie per la verifica ex ante della conformità alle norme in materia di addizionalità;

iii)  una sintesi della valutazione dell'adempimento delle condizionalità ex ante e, ove le condizionalità ex ante applicabili non siano ottemperate, delle azioni da adottare, degli organismi responsabili e delle tempistiche di attuazione di tali azioni;

iv)  una valutazione che indichi se sussiste o meno la necessità di rafforzare la capacità amministrativa delle autorità coinvolte nella gestione e nel controllo dei programmi e, se del caso, dei beneficiari, nonché, se necessario, una sintesi delle azioni da adottare a tale scopo;

v)   una sintesi delle azioni previste nei programmi, compreso un calendario indicativo per conseguire una riduzione degli oneri amministrativi a carico dei beneficiari;

§       un elenco indicativo dei partner territoriali e sociali e una sintesi delle azioni adottate al fine di coinvolgerli nella preparazione dell'accordo di partenariato;

§       un approccio integrato allo sviluppo territoriale sostenuto mediante i fondi SIE o una sintesi degli approcci integrati allo sviluppo territoriale sulla base dei contenuti dei programmi, che definisca:

i)      le disposizioni volte a garantire un approccio integrato all'uso dei fondi SIE per lo sviluppo territoriale di singole aree sub-regionali, in particolare i principi per l'individuazione delle aree urbane in cui devono essere realizzate le azioni integrate per lo sviluppo urbano sostenibile;

ii)     i principali settori prioritari per la cooperazione nell'ambito dei fondi SIE, tenendo conto, se del caso, delle strategie macroregionali e relative ai bacini marittimi;

iii)   un approccio integrato per rispondere ai bisogni specifici delle aree geografiche particolarmente colpite dalla povertà o dei gruppi di destinatari a più alto rischio di discriminazione o esclusione sociale, con particolare riguardo per le comunità emarginate, le persone con disabilità, i disoccupati di lungo periodo e i giovani che non sono occupati e che non frequentano corsi di istruzione o di formazione;

iv)    un approccio integrato volto ad affrontare le sfide demografiche delle regioni o a rispondere a esigenze specifiche di aree geografiche caratterizzate da gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici.

§       modalità per garantire l'efficace attuazione dei fondi SIE, tra cui una valutazione dei sistemi esistenti per lo scambio elettronico di dati.

 

Per quanto riguarda la procedura di approvazione dell’Accordo di partenariato, ogni Stato membro trasmette formalmente alla Commissione l'accordo entro il 22 aprile 2014.

La Commissione adotta una decisione, mediante atti di esecuzione, che approva l’accordo entro quattro mesi dalla sua presentazione, a condizione che le eventuali osservazioni da essa formulate siano state adeguatamente recepite.

La Commissione dovrebbe pertanto approvare definitivamente l’Accordo al più tardi entro i quattro mesi successivi (il termine ultimo è pertanto il 22 agosto 2014).


2. Lo schema di Accordo predisposto dal Governo

 

Lo schema di Accordo di partenariato per la programmazione 2014-2020 in esame, predisposto dal Governo italiano in collaborazione con le competenti autorità regionali e locali - con le quali è organizzato un apposito partenariato[3] - e in dialogo con la Commissione, è stato presentato alla Commissione europea il 9 dicembre 2013, per l’acquisizione di osservazioni e suggerimenti in merito alla strategia individuata e alla sua coerenza con le raccomandazioni espresse nei documenti elaborati dall’UE.

La Commissione, in base all’art. 16 del regolamento  n. 1303/2013, valuta l’accordo e formula osservazioni entro tre mesi dalla sua presentazione. Lo Stato interessato, se del caso, rivede l’accordo. La Commissione ha trasmesso le proprie osservazioni il 10 marzo 2014.

Come illustrato nella lettera di accompagnamento del documento in esame, il Governo sta provvedendo, in relazione alle osservazioni pervenute dalla Commissione, in raccordo con le Amministrazioni centrali e regionali, alla stesura definitiva dell’Accordo entro i termini previsti.

 

Su tale schema di Accordo di partenariato, l’articolo 1, comma 246, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014) prevede che, prima della stipulazione con le autorità dell'Unione europea, esso sia altresì trasmesso alle Camere per l'espressione del parere, entro venti giorni, da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, corredato di una relazione che illustra le scelte strategiche da perseguire. Decorso inutilmente il termine per l'espressione del parere, l'accordo può essere comunque stipulato.

2.1 I contenuti strategici dell’Accordo

L'Accordo di partenariato, come detto, è il documento che definisce la strategia e le priorità di ogni Stato membro nonché le modalità di impiego efficace ed efficiente dei Fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE), al fine di perseguire la strategia dell'Unione per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, nell’ambito di un quadro strategico comune (QSC)[4].

L’articolo 14 del Regolamento n. 1303/2013 prevede espressamente che l’Accordo di partenariato si applichi alla totalità del sostengo fornito dai fondi strutturali e di investimento europei in ciascuno Stato membro interessato.

 

Come desumibile dalla presentazione del 10 dicembre 2013 che accompagna il Documento in esame, nonché da molte delle disposizioni recate dal Regolamento UE che ne reca la disciplina (tra tutte gli articoli 5 e 14, già in precedenza richiamati) l’Accordo di partenariato costituisce una proposta strategica nuova rispetto agli strumenti con cui si è proceduto – con risultati non sempre soddisfacenti – all’utilizzo dei fondi europei per i precedenti cicli di programmazione.

In particolare  il Documento:

§       pur mantenendo una logica complessivamente unitaria nell’impostare le politiche territoriali, nazionali e comunitarie, si  fonda su un impianto programmatorio che privilegia l’utilizzo delle risorse nazionali del Fondo sviluppo e coesione (FSC) per quei fabbisogni che implicano un impegno finanziario su grandi infrastrutture complesse e interventi ambientali di larga portata il cui percorso temporale può anche superare il ciclo di programmazione, concentrando invece i Fondi strutturali (che incorporano regole volte ad accelerarne l’utilizzo) sul rafforzamento e sviluppo del sistema delle imprese, e sull’attenzione alle persone: lavoro, capitale umano e inclusione sociale;

§       per valutare gli obiettivi concreti cui puntare, considera come nelle aree più sviluppate del Centro-Nord il sistema produttivo abbia sofferto sia della maggiore concorrenza internazionale legata alla globalizzazione che del venir meno della leva del cambio con l'adozione dell'euro; fattori, questi, che hanno peggiorato un quadro contrassegnato da inefficienze di lunga data nel campo dei servizi pubblici e privati e dalla elevata pressione fiscale e che , tuttavia, vede in atto strategie di riorganizzazione e di innovazione con una forte propensione alle esportazioni;

§       viene orientato, conseguentemente, a rafforzare tali strategie di l'innovazione e di internazionalizzazione: quindi da un lato la modernizzazione del made in Italy attraverso l’incremento generalizzato di innovazione che sposti i vantaggi competitivi sulla qualità più che sui costi;  dall'altro, la crescita di settori ad alta tecnologia legati alle conoscenze specializzate presenti nel Paese, sostenendo anche in questo caso nuove attività meno esposte alla concorrenza di costo dei paesi emergenti;

§       osserva poi come nelle aree tradizionalmente meno sviluppate del Mezzogiorno i fattori di crisi sopra ricordati (competizione internazionale, mancanza della leva del cambio, pressione fiscale, inefficienza dei servizi) abbiano operato in un contesto ambientale ed istituzionale più difficile che altrove, incidendo duramente su un'economia da sempre più fragile, anche perché più legata che altrove a una (perdente) competizione di costo;

§       in questi territori l’Accordo, oltre a rafforzare processi già in corso di innovazione e internazionalizzazione, mira a cogliere in modo più esteso vantaggi comparati rilevanti in settori di lunga specializzazione, come l'agricoltura e l'agroindustria;

§       nelle medesime aree esso risulta altresì finalizzato alla tutela e valorizzazione dei beni culturali e ambientali, che nell’area presentano una dotazione particolarmente ricca anche nel confronto con altre regioni. In queste regioni la politica di sviluppo territoriale, oltre a consolidare e sostenere il sistema delle imprese esistenti, dovrà pertanto agire da stimolo all'ampliamento di altri segmenti produttivi più innovativi, capaci di sfruttare le opportunità che si aprono a livello della domanda internazionale per produzioni specializzate e di qualità e per il turismo legato agli asset  culturali e ambientali;

§       affianca a tali nuovi obiettivi strategici l’impegno sulle persone, in presenza della forte caduta dell’occupazione finora registratasi ed ancora in corso. A questo fine, è parte integrante dell’impostazione strategica quella di dedicare una quota importante dei fondi  al Fondo sociale europeo (FSE) per ottimizzarne quanto possibile i risultati, sia  in tema di inclusione sociale sia sul versante del miglioramento della competività delle forze di lavoro, considerato che nei nuovi equilibri della competitività internazionale spesso sono le risorse umane qualificate - mediante la qualità dell’istruzione e del capitale umano - a fare la differenza;

§       sui temi delle grandi infrastrutture e degli interventi ambientali di vasta portata, la cui complessità  e tempistica di progettazione potrebbe configgere con l’orizzonte temporale dei cicli di programmazione comunitaria, l’Accordo tende ad agire prevalentemente con le fonti aggiuntive a finanziamento nazionale. Agli interventi cofinanziati con i fondi strutturali si affiancheranno, pertanto, anche quelli a valere sulle risorse nazionali del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC), che, com’è noto, è uno strumento nazionale finalizzato a promuovere la coesione territoriale attraverso investimenti pubblici.

2.2 Le risorse comunitarie assegnate all’Italia

Le risorse comunitarie assegnate all’Italia per i Fondi strutturali, in base a quanto comunicato dalla Commissione UE al Governo italiano con la lettera del 20 dicembre 2013 (Nota Ares (2013) 3779289) - con la quale la Commissione europea ha trasmesso i dati finanziari definitivi relativi alla allocazione a titolo di politica di coesione per l’Italia per il periodo 2014-2020 - ammontano a 32,2 miliardi di euro (con un incremento rispetto ai 28,8 miliardi per la programmazione 2007-2013).

Nella lettera è indicata la seguente ripartizione delle risorse comunitarie tra i due obiettivi dei Fondi strutturali e tra le singole categorie di regioni beneficiarie:

 

Ripartizione delle risorse dei fondi strutturali destinate all’Italia per obiettivo
(importi in miliardi di euro, prezzi correnti)

Fondi strutturali comunitari - risorse 2014-2020

Obiettivo “Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione”, di cui:

31,1

-     Regioni meno sviluppate (PIL pro-capite inferiore al 75% della media comunitaria)
(Basilicata, Calabria Campania, Puglia, Sicilia)

22,3

-     Regioni in transizione (PIL pro capite tra il 75% e il 90% della media UE)
(Abruzzo, Molise, Sardegna)

1,1

-     Regioni più sviluppate (PIL pro capite superiore al  90% della media UE)
(Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Province autonome di Trento e di Bolzano)

7,7

Obiettivo “Cooperazione territoriale europea”
(aree di interesse transfrontaliero, transnazionale e interregionale
[5])

1,1

TOTALE

32,2

 

Come si evince dalla tabella, circa il 96,5 per cento delle risorse comunitarie sono destinate all’obiettivo “Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione”, ed in particolare, nell’ambito di tale obiettivo, alle regioni meno sviluppate, che restano la priorità fondamentale per la politica di coesione in Italia, per un importo pari a 22,3 miliardi di euro (corrispondente a circa il 72% delle risorse complessive).

 

Ai fini della politica di coesione per il periodo di programmazione 2014-2020 alle risorse suindicate dei fondi strutturali devono aggiungersi le ulteriori assegnazioni del Fondo europeo per l’aiuto agli indigenti, nell’importo di 670,6 milioni di euro, e dell’Iniziativa a favore dell’occupazione giovanile (YEI), pari a 567,5 milioni di euro (cfr. lettera della Commissione UE del 20 dicembre 2013).

 

Nel complesso, dunque, per la politica di coesione l’Italia beneficia di circa 33,5 miliardi di euro di risorse comunitarie.

 

Nella tabella che segue sono riportati gli stanziamenti annuali delle risorse comunitarie assegnate all’Italia a titolo di politica di coesione per il periodo 2014-2020, con la ripartizione tra le tre categorie di regioni delle risorse dei Fondi strutturali.

 

Ripartizione annuale delle risorse dei fondi comunitari per l’Italia
(importi in milioni di euro, prezzi correnti)

 

 

2014

2015

2016

2017

2018

2019

2020

TOTALE

Ob. INVESTIMENTI

4.185,6

4.269,5

4.354,9

4.442,0

4.531,0

1.306,1

4.714,1

31.118,8

- regioni in ritardo

3.002,8

3.062,9

3.124,2

3.186,7

3.250,5

3,315,6

3.381,9

22.324,6

- regioni in transizione

148,2

151,2

154,2

157,3

160,5

163,7

166,9

1.102,0

- regioni più sviluppate

1.034,6

1.055,4

1.076,5

1.098,0

1.120,0

1.142,4

1.165,3

7.692,2

Ob. COOPERAZIONE TERRITORIALE

56,3

82,4

117,6

213,7

217,9

222,2

226,7

1.136,7

-              di confine

44,1

64,5

92,1

167,3

170,6

174,0

177,5

890,0

-   transnazionali

12,2

17,9

25,5

46,4

47,3

48,2

49,2

246,7

TOTALE

4.241,9

4.351,9

4.472,5

4.655,7

4.748,9

1.528,3

4.940,8

32.255,5

Occupazione giovanile (YEI)

318,8

248,7

0

0

0

0

0

567,5

Fondo indigenti (FEAD)

90,2

92,0

93,8

95,7

97,6

99,6

101,6

670,6

TOTALE COMPLESSIVO

4.650,9

4.692,6

4.566,3

4.751,4

4.846,5

1.627,9

5.042,4

33.493,6

Fonte: lettera Commissione UE del 20 dicembre 2013 (Nota Ares (2013)).

 

In base a quanto disposto nel Regolamento UE n. 1303/2013 - che, con una innovazione rispetto al precedente periodo di programmazione 2007-2013, disciplina i Fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE) nell’ambito di un quadro comune strategico – nell’impostazione strategica dell’Accordo di partenariato devono essere considerate altresì le risorse a titolo di Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), che risultano assegnate all’Italia nell’importo di 10.430 milioni di euro[6].

 

Tali assegnazioni risultano così ripartite per le annualità 2014-2010:

 

 

2014

2015

2016

2017

2018

2019

2020

TOTALE

FEASR

1.480,2

1.483,4

1.486,6

1.489,9

1.493,2

1.496,6

1.499,8

10.429,7

 

Si segnala che lo schema di Accordo di partenariato non indica l’ammontare delle disponibilità del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), in quanto non ancora approvato il relativo regolamento comunitario.

 

Si ricorda, infine, che, ai fini della politica di coesione, per l’Italia, oltre alle risorse comunitarie, vanno considerate:

§       la quota di cofinanziamento nazionale, per un ammontare pressoché pari alle risorse comunitarie. La quota di cofinanziamento nazionale per i fondi strutturali posta a carico del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, di cui alla legge n. 183/1987, è fissata dalla legge di stabilità per il 2014 nella misura di 24,5 miliardi di euro; ad essa si aggiunge il cofinanziamento di fonte regionale. Il cofinanziamento nazionale riguarda anche le risorse comunitarie del FEASR, per un importo di 7,7 miliardi (cfr. Allegato A);

§       la quota di cofinanziamento di fonte regionale da destinare ai Programmi Operativi Regionali (POR) dei fondi strutturali (quantificabile in una cifra pari al 30 per cento del cofinanziamento complessivo del programma), corrispondente a circa 7,5 miliardi. La quota di cofinanziamento regionale per il FEASR è paria 2,7 miliardi;

§       le risorse del Fondo Sviluppo e Coesione, il cui rifinanziamento per il periodo 2014-2020 è stabilito dalla legge di Stabilità per il 2014 in un importo complessivo di circa 54 miliardi di euro, riservato alle Amministrazioni centrali nella proporzione del 60% (nel ciclo 2007-2013 la proporzione è stata del 50%). Di tali risorse, se ne dispone l’iscrizione in bilancio solo limitatamente alla misura dell’80 per cento (43,8 miliardi); la restante quota del 20 per cento verrà iscritta in bilancio soltanto all’esito di una apposita verifica di metà periodo (da effettuare precedentemente alla predisposizione della legge di stabilità per il 2019, quindi nella primavera-estate 2018) sull’effettivo impiego delle prime risorse assegnate. Il Fondo destinerà l’80% delle risorse per investimenti nelle regioni del Centro-Sud e il 20% nel Centro-Nord.

Nel complesso, dunque, il volume di risorse per la coesione territoriale nel ciclo di programmazione 2014-2020, raggiunge i 130 miliardi di euro, di cui 43,8 miliardi di risorse comunitarie, 42,4 miliardi di cofinanziamento (di cui 32,2 miliardi di cofinanziamento nazionale e 10,2 miliardi di cofinanziamento regionale), cui si sommano i 43,8 miliardi delle risorse effettivamente stanziate in bilancio del Fondo di sviluppo e coesione, come riportato nella tabella:

politiche di coesione e territoriali - Programmazione 2014-2020
(in miliardi di euro)

 

Fondi comunitari

Cofinanziamento
nazionale e regionale

FSC

Totale

 

Fondi strutturali FESR-FSE

Fondi
YEI e FEAD

Fondo FEASR

FESR-FSE

FEASR

Programmazione 2014-2020
(risorse complessive)

32,2

1,2

10,4

32,0*

10,4**

43,8

130,0

*        di cui 25,5 miliardi di cofinanziamento nazionale e 7,5 di cofinanziamento regionale.

**      di cui 7,7 miliardi di cofinanziamento nazionale e 2,7 di cofinanziamento regionale.

2.3 La programmazione delle risorse comunitarie nello schema di Accordo

Ai sensi del Regolamento n. 1303/2013, l’Accordo di partenariato deve indicare, a livello di Stato membro, i fabbisogni di sviluppo, i risultati che ci si attende di conseguire in relazione agli interventi programmati, gli obiettivi tematici su cui lo Stato membro decide di concentrare le risorse , nonché la lista dei Programmi Operativi[7] e la relativa allocazione finanziaria per ciascuno dei Fondi del Quadro Strategico Comune.

 

Lo schema di Accordo di partenariato per la nuova programmazione 2014-2020 in esame reca, dunque, l'impianto strategico e la selezione degli obiettivi tematici su cui si concentrano gli interventi finanziati dai fondi strutturali e di investimento europei destinati all’Italia per il periodo 2014-2020.

In particolare, la bozza di Accordo in esame reca la programmazione delle risorse comunitarie per il periodo 2014-2020 con riferimento alle risorse dei fondi strutturali (FESR e FSE) dell’Obiettivo Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione, nonché del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR).

Per quel che concerne il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), lo schema di Accordo rinvia ad un momento successivo la sua programmazione finanziaria, in attesa dell’approvazione del relativo regolamento comunitario.

 

L’impostazione strategica definita per i Fondi strutturali e del FEASR, è articolata su 11 obiettivi tematici, corrispondenti a quelli individuati dall’articolo 9 del Regolamento UE n. 1303/2013[8].

Essi sono:

1)        Rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione;

2)        Migliorare l'accesso alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nonché l'impiego e la qualità delle medesime;

3)        Promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, il settore agricolo (per il FEASR) e il settore della pesca e dell'acquacoltura (per il FEAMP);

4)        Sostenere la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori;

5)        Promuovere l'adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi;

6)        Tutelare l'ambiente e promuovere l'uso efficiente delle risorse;

7)        Promuovere sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete;

8)        Promuovere l'occupazione e sostenere la mobilità dei lavoratori;

9)        Promuovere l'inclusione sociale e combattere la povertà;

10)    Investire nelle competenze, nell'istruzione e nell'apprendimento permanente;

11)    Rafforzare la capacità istituzionale e promuovere un'amministrazione pubblica efficiente.

 

L’impostazione strategica contiene inoltre una espressa strategia territoriale in due ambiti specifici (quello delle “aree interne” e quello delle “città”, realtà territoriali caratterizzanti il territorio italiano e non pienamente valorizzate) che non si limita solo a definire tipologie di territorio di intervento, ma che identifica anche i contenuti principali dei risultati da perseguire.

Per le aree interne, in particolare, definite come quelle aree più lontane dai servizi di base, la strategia generale va interpretata come un disegno per la competitività sostenibile al fine di contrastare nel medio periodo il declino demografico che le caratterizza. La strategia prevede interventi integrati/progetti d’area da definire considerando sia gli aspetti di promozione di sviluppo locale, sia quelli relativi al riequilibrio dei servizi di base per le collettività. Per la strategia delle aree interne è previsto il coinvolgimento di tutti i Fondi del Quadro strategico comune (FESR, FSE, FEASR). Per un approfondimento sulla strategia relativa alle aree interne si rinvia all’Allegato D.

Per le città (agenda urbana), la strategia generale ha un’impostazione di competitività, sostenibilità e di inclusione sociale. Essa prevede tre ambiti operativi elettivi dedicati alla promozione di servizi per i cittadini e per gli utilizzatori delle città (nell’ambito degli OT 2, OT 4 e OT 6), di inclusione sociale per gruppi e sub-territori a particolare fragilità socio economica (OT 9) e di rilancio della funzione di motore di sviluppo delle città, in particolare per i servizi avanzati, per il collegamento urbano-rurale e per le filiere innovative di produzione che possono trovare collocazione in area urbana (OT 3). Per l’agenda urbana è previsto il contributo sia del FESR sia del FSE. Per un approfondimento sulla strategia relativa alle aree urbane si rinvia all’Allegato E.

 

L’impianto strategico complessivo prevede quindi di indirizzare il più possibile le risorse della programmazione comunitaria 2014-2020 verso interventi che contribuiscano al rafforzamento della capacità dei territori di esprimere attività economica di mercato, contribuendo alla creazione di occupazione.

In via preliminare, inoltre, lo schema di Accordo evidenzia come nell’individuazione degli ambiti di intervento della programmazione 2014-2020 si è posta attenzione alle raccomandazioni rivolte all’Italia (Country specific recommendations) dal Consiglio europeo il 27-28 giugno scorsi, sulla base dell’analisi del programma Nazionale di Riforma (PNR) 2013 dell’Italia, indirizzate, essenzialmente, a risolvere alcuni grandi nodi strutturali del nostro sistema economico.

Ripartizione per Obiettivi Tematici

Nella tabella che segue è riportata l’allocazione finanziaria a livello nazionale, per Obiettivo Tematico, del complesso delle risorse comunitarie dei Fondi strutturali e del FEASR che evidenzia le scelte strategiche dell’Accordo di partenariato e il loro peso relativo.

Allocazione delle risorse comunitarie per Obiettivo tematico e per Fondo

(importi in milioni di euro, comprensivi di indicizzazione)

OBIETTIVO TEMATICO

FESR

FSE

TOTALE

FEASR

FEAMP (*)

TOTALE

1. Rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione

3.191,0

0

3.191,0

500,0

-

3.691,0

2. Migliorare l'accesso alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nonché l'impiego e la qualità delle medesime

1.813,0

0

1.813,0

140,0

-

1.953,0

3. Promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, il settore agricolo e il settore della pesca e dell'acquacoltura

4.838,0

0

4.838,0

4.420,0

-

9.258,0

4. Sostenere la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori

3.123,0

0

3.123,0

1.200,0

-

4.323,0

5. Promuovere l'adattamento al cambiamento climatico, la preven­zione e la gestione dei rischi

847,1

0

847,1

1.850,0

-

2.697,1

6. Tutelare l'ambiente e promuo­vere l'uso efficiente delle risorse

2.763,3

0

2.763,3

980,0

-

3.743,3

7. Promuovere sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzatu­re nelle principali infrastrutture di rete

1.696,0

0

1.696,0

0

-

1.696,0

8. Promuovere l'occupazione e sostenere la mobilità dei lavoratori

201,8

3.859,0

4.060,8

300,7

-

4.361,5

9. Promuovere l'inclusione sociale e combattere la povertà

1.063,7

2.092,0

3.155,7

650,0

-

3.805,7

10. Investire nelle competenze, nell'istruzione e nell'apprendimen­to permanente

807,4

3.205,0

4.012,4

134,0

-

4.146,4

11. Rafforzare la capacità istitu­zionale e promuovere un’ammin­istrazione pubblica efficiente

210,3

376,0

586,3

0

-

586,3

Assistenza tecnica

677,0

368,0

1.045,0

255,0

-

1.300,0

TOTALE

21.231,6

9.900

31.131,6

10.429,7

-

41.561,3

(*)  Nell’Accordo di partenariato è indicato che le informazioni relative alla programmazione del FEAMP saranno fornite in seguito all’approvazione del relativo Regolamento comunitario.

Fonte: Accordo di partenariato (pag. 103).

 

Come espressamente osservato dalla Commissione UE nelle Osservazioni informali del 10 marzo 2014 (cfr. osservazione n. 13), le assegnazioni complessive dei fondi strutturali (FESR e FSE) per l’Obiettivo Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione programmate dallo schema di Accordo di partenariato (31.131,6 milioni) non risultano in linea con le dotazioni assegnate all’Italia nella più volte citata lettera del 20 dicembre 2013 (31.118,8 milioni).

Si tratta di una leggera discrepanza per circa 13 milioni di euro in meno: lo schema di Accordo prevede infatti 22.334 milioni (anziché 22.324 milioni) per le regioni meno sviluppate, e 7.695 milioni (anziché 7.692 milioni) per le regioni più sviluppate.

Ciò sembra presumibilmente da riconnettersi al fatto che lo schema di Accordo in esame è stato inviato alla Commissione europea il 9 dicembre 2013, in data antecedente alla lettera medesima. Secondo le informazioni fornite per le vie brevi dai competenti uffici ministeriali, la stesura definitiva dell’Accordo è in linea con le assegnazioni di cui alla citata lettera.

 

Per quanto riguarda la programmazione delle risorse dei due fondi strutturali (FESR e FSE), la tabella evidenzia che il FESR partecipa al sostegno di tutti gli obiettivi tematici, mentre le risorse del FSE sono concentrate soltanto su alcuni degli obiettivi tematici (OT 8, 9, 10 e 11).

Al riguardo, va ricordato che le scelte allocative sono condizionate dai Regolamenti comunitari approvati nel dicembre 2013 che prevedono vincoli di concentrazione tematica e per priorità di investimento (cfr. Regolamento UE n. 1301/2013, art. 4, per il FESR, e Reg. UE n. 1304/2013, art. 4, per il FSE).

 

La Tabella riportata nell’Accordo di partenariato reca altresì, a fianco della programmazione dei fondi strutturali della politica di coesione, anche il riparto per Obiettivo Tematico delle risorse del FEASR (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale), che pur non rientrando tra i fondi della politica di coesione[9], rappresenta, insieme al FEAMP, uno degli ulteriori fondi di investimento europei, la cui programmazione, ai sensi del Reg. n. 1303/2013, rientra nel quadro strategico comune.

Le risorse del FEASR risultano concentrate soprattutto sugli Obiettivi tematici 3, 4, 5 e 6.

Ripartizione per regioni

Lo schema di Accordo reca, altresì, la ripartizione tra le diverse categorie di regioni delle risorse comunitarie dei fondi strutturali (FESR e FSE) assegnate a ciascun Obiettivo tematico.

                      

Allocazione degli Obiettivi tematici e per categorie di regioni

(Risorse comunitarie Fondi FESR e FSE 2014-2010, milioni di euro, prezzi correnti)

 

OBIETTIVO TEMATICO

Regioni meno sviluppate

Regioni in transizione

Regioni più sviluppate

TOTALE

1. Rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione

1.995

135

1.061

3.191

2. Migliorare l'accesso alle tecnologie dell'informazione e della comunica­zione, nonché l'impiego e la qualità delle medesime

1.413

72

327

1.812

3. Promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, il settore agricolo e il settore della pesca e dell'acquacoltura

3.658

254

926

4.838

4. Sostenere la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori

2.175

143

805

3.123

5. Promuovere l'adattamento al cam­biamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi

682

34

132

848

6. Tutelare l'ambiente e promuovere l'uso efficiente delle risorse

2.422

93

248

2.763

7. Promuovere sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete

1.696

0

0

1.696

8. Promuovere l'occupazione e soste­nere la mobilità dei lavoratori

2.416

186

1.458

4.060

9. Promuovere l'inclusione sociale e combattere la povertà

2.226

130

799

3.155

10. Investire nelle competenze, nell'istruzione e nell'apprendimento permanente

2.488

215

1.309

4.012

11. Rafforzare la capacità istituzionale e promuovere un'amministrazione pubblica efficiente

334

43

209

586

Assistenza tecnica

704

46

295

1.045

TOTALE

22.209

1.351

7.569

31.129

Fonte: Accordo di partenariato (pag. 39).

 

La tabella evidenzia che la gran parte delle risorse per la coesione risultano assegnate a sostegno delle regioni meno sviluppate (circa 22,2 miliardi).

Circa 7,6 miliardi interessano le regioni del Centro-Nord (regioni più sviluppate) e circa 1,3 miliardi è destinato alle regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna).

Anche su questo punto si segnala una piccola differenza rispetto ai dati indicati nella lettera della Commissione europea del 20 dicembre 2013 (nota Ares (2013) 3779289), che - nel comunicare all’Italia i dati finanziari definitivi relativi alla allocazione a titolo di politica di coesione per l’Italia per il periodo 2014-2020 - definisce altresì, per ogni tipologia di regione l’ammontare delle risorse dei fondi strutturali ad esse assegnate.

Al riguardo, lo schema di Accordo di partenariato in esame[10] chiarisce che la ripartizione tiene conto di una ipotesi di riallocazione delle risorse tra le categorie di regioni, rispetto a quanto previsto nella citata lettera inviata dalla Commissione UE all’Italia del 20 dicembre 2013.

In particolare, tale divergenza riguarderebbe una riallocazione dei fondi strutturali, ai sensi dell’articolo 85 del regolamento UE n. 1303/2013, in favore della categoria delle regioni in transizione, nella misura di 248,4 milioni di euro, in quanto, secondo le indicazioni del Governo, tali regioni risultavano penalizzate rispetto alle assegnazioni ricevute nel precedente ciclo di programmazione 2007-2013.

L’osservazione formulata in merito dalla Commissione europea (cfr. osservazione n. 21), circa la mancata giustificazione del trasferimento di fondi dalle categorie delle regioni meno sviluppate e più sviluppate verso la categorie delle regioni in transizione richiesta ai sensi dell’articolo 93, paragrafo 2, del Reg. n. 1303/2013, trova peraltro risposta nell’apposito accordo intervenuto tra il Ministro per la coesione territoriale e i Presidenti delle Regioni il 14 febbraio 2014, ora all’esame della Conferenza Unificata.

Nell’accordo del 14 febbraio, l’allora Ministro per la coesione territoriale ha trasmesso alla Conferenza delle Regioni la suddetta proposta di ripartizione delle risorse dei fondi strutturali 2014-202 destinati all’Obiettivo “Investimenti per la crescita e l’occupazione”, già considerata nello schema di Accordo di partenariato in esame, che tuttavia dovrà essere approvata in sede di Conferenza.

In particolare, rispetto alla ripartizione indicata dalla Commissione nella lettera del 20 dicembre 2013, si è provveduto ad una riduzione di 124,2 milioni delle risorse destinate alle regioni più sviluppate e di quelle destinate alle regioni meno sviluppate, con incremento di 248,4 milioni in favore delle regioni in transizione, al fine di garantire ad ogni regione quanto meno lo stesso ammontare di risorse destinate a ciascuna di esse nel ciclo di programmazione 2007-2013, come esposto nella successiva tavola.

Si evidenzia, peraltro, che in tale occasione, il Governo ha provveduto, come sopra già ricordato, a riallineare gli importi complessivi dei Fondi strutturali a quelli indicati nella lettera del 20 dicembre 2013, ripartendo, dunque, nel complesso 31.118,7 milioni (anziché 31.131 milioni, come attualmente indicato nello schema di Accordo).

(milioni di euro)

 

Assegnazioni
UE
(mln)

Proposta di riallocazione
(14 febbraio 2014

Differenza rispetto al 2007-2013

(mln)

%

Variazione

Regioni più sviluppate

7.692,2

7.568,0

100,0

-124,2

+2.593,5

Valle d’Aosta

 

69,6

0,92

 

+16,9

Piemonte

 

1.081,5

14,29

 

+253,6

Liguria

 

436,7

5,77

 

+119,2

Lombardia

 

1.159,4

15,32

 

+607,6

P.A. Trento

 

127,9

1,69

 

+47,0

P.A. Bolzano

 

157,4

2,08

 

+70,2

Veneto

 

805,2

10,64

 

+245,3

Friuli Venezia Giulia

 

296,7

3,92

 

+101,2

Emilia Romagna

 

747,7

9,88

 

+321,4

Toscana

 

893,8

11,81

 

+238,8

Umbria

 

347,4

4,59

 

+97,1

Marche

 

367,0

4,85

 

+141,4

Lazio

 

1.077,7

14,24

 

+333,9

Regioni in transizione

1.102,0

1.350,3

100,0

+248,3

0

Abruzzo

 

268,9

19,92

 

0

Molise

 

109,0

8,07

 

0

Sardegna

 

972,4

72,01

 

0

Regioni meno sviluppate

22.324,6

22.200,4

100,0

-124,2

+560,0

Campania

 

6.325,0

28,49

 

+53,0

Puglia

 

5.120,2

23,06

 

0

Basilicata

 

863,3

3,89

 

+433,5

Calabria

 

3.031,0

13,65

 

0

Sicilia

 

6.860,9

30,91

 

+73,5

TOTALE

31.118,8

31.118,8

 

 

+3.153,6

 

Con riferimento al riparto tra regioni, inoltre, la Commissione europea osserva che la ripartizione della dotazione finanziaria degli Obiettivi tematici per tipo di regione avrebbe dovuto essere indicata non soltanto con riferimento alle risorse dei Fondi strutturali (FESR e FSE) ma con riferimento a tutti i fondi ESI assegnati all’Italia (cfr. osservazione n. 16).

 

Per quanto riguarda, in particolare, il FEASR, si ricorda che, successivamente alla presentazione alla Commissione europea dello schema di Accordo in esame, è stata raggiunta in data 16 gennaio 2014 una intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni sul riparto delle risorse comunitarie tra i programmi regionali e i programmi nazionali che ricevono sostegno dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e, all’interno di quelli regionali, a livello di singola regione, come esposto nella tabella seguente:

 

PROGRAMMI OPERATIVI REGIONALI-FEASR

Regioni più sviluppate

3.965,2

Valle d’Aosta

59,8

Piemonte

471,3

Liguria

134,8

Lombardia

499,2

P.A. Trento

129,6

P.A. Bolzano

158,0

Veneto

510,7

Friuli Venezia Giulia

127,7

Emilia Romagna

513,0

Toscana

414,7

Umbria

378,0

Marche

232,0

Lazio

336,4

Regioni in transizione

936,7

Abruzzo

207,7

Molise

101,0

Sardegna

628,0

Regioni meno sviluppate

4519,7

Campania

1.110,9

Puglia

990,9

Basilicata

411,5

Calabria

667,7

Sicilia

1.338,7

TOTALE POR

9.421,7

PROGRAMMI OPERATIVI NAZIONALI

Gestione del rischio

738,0

Biodiversità animale

90,0

Piano irriguo

135,0

Rete rurale nazionale

45,0

TOTALE PON

1.008,0

TOTALE FEASR

10.429,7

I programmi operativi

Per quanto riguardo i Programmi Operativi attuativi dei fondi strutturali, lo schema di Accordo riporta una lista dei programmi che partecipano al sostengo del FESR, FSE e YEI (occupazione giovanile), FEASR e FEAMP, evidenziando le rispettive allocazioni per Fondo e per Obiettivo tematico.

I Programmi operativi per il ciclo 2014-2020

Ambiti

Obiettivi tematici

Fondi

Programmi nazionali (PON) per tutte le categorie di regioni

Istruzione

OT10 e OT11

FSE e FESR

Occupazione

OT8 e OT11

FSE e FESR

Inclusione

OT9 e OT11

FSE

Città metropolitane

Agenda urbana

FSE e FESR

Governance, reti, progetti speciali e assistenza tecnica

OT11 e vai PT

FSE e FESR

Programma YEI (Occupazione giovanile)

 

FSE

Programmi nazionali/multiregionali operanti nelle regioni in transizione e meno sviluppate

Ricerca e innovazione

-

-

Imprese e competitività

-

-

Programmi nazionali/multiregionali operanti nelle sole regioni meno sviluppate

Infrastrutture e reti

-

-

Beni culturali

-

-

Legalità

-

-

Programmi regionali (POR) in tutte le regioni

FSE e FESR

Programmi di sviluppo rurale (PSR) in tutte le regioni

FEARS

Programma nazionale di sviluppo rurale (PSR)

FEARS

Programma nazionale a valere sul fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca

FEAMP

 

Sul punto, la Commissione rileva che nello schema di Accordo è riportato soltanto un elenco indicativo dei programmi operativi, senza le relative assegnazioni finanziarie per Fondo e per anno (cfr. osservazione n.14) .

Nello schema di Accordo si precisa espressamente, tuttavia, che la sezione relativa ai Programmi Operativi contiene informazioni parziali in quanto la definizione dei P.O. e delle loro allocazioni finanziarie e del contributo dei diversi Fondi è ancora in via di definizione[11].

2.4 Le osservazioni generali della Commissione

Le osservazioni formulate dalla Commissione europea il 10 marzo scorso sullo schema di Accordo di partenariato ad essa sottoposta dal Governo il 9 dicembre 2013 (e trasmessa alle Camere ai fini del parere parlamentare) tengono conto della coerenza dell’accordo stesso con:

§      la legislazione dell'UE per il periodo di programmazione 2014-2020 – in particolare le richiamate previsioni del regolamento generale sui fondi SIE;

§      con le raccomandazioni specifiche sul Programma nazionale di riforma 2013 dell'Italia adottate dal Consiglio il 9 luglio 2013, in esito alla procedura del Semestre europeo;

§      un "Position Paper" dei servizi della Commissione sulla preparazione dell'Accordo di partenariato e i programmi in Italia per il periodo 2014-2020 (il testo del documento non è peraltro stato reso pubblico dalla Commissione).

 

Nel rinviare alla trattazione dei singoli Obiettivi Tematici per le osservazioni della Commissione relative a ciascun Obiettivo, si segnalano di seguito le principali osservazioni di carattere generale formulate Commissione medesima con riguardo all’impostazione ed alla struttura dello schema di Accordo.

 

Con riferimento all’impostazione generale e alla struttura dell’accordo, la Commissione rileva preliminarmente che esso “è ancora lontano dal livello di maturità richiesto”, in quanto:

1.      sarebbe privo di intere sezioni previste dal Regolamento (UE) n. 1303/20131 e non suscettibile, pertanto, di una valutazione completa. Molte delle sezioni presenti conterrebbero lacune informative e strutturali;

2.      non si concentrerebbe sulle priorità fondamentali;

3.      gli obiettivi tematici (OT) sarebbero presentati in maniera generale e con deboli riferimenti alle raccomandazioni specifiche indirizzate all’Italia (in particolare quelle relative all’economia sommersa e al lavoro nero, agli appalti pubblici, all’eliminazione delle restrizioni nei servizi professionali), al Programma nazionale di riforma (PNR), al Quadro Strategico Comune (QSC), alle indicazioni del Position Paper dei servizi della Commissione (PPC);

4.      la logica d’intervento del documento risulterebbe debole per la maggior parte degli OT. In particolare, la relazione tra i bisogni per lo sviluppo e i risultati attesi sarebbe generalmente inadeguata. Vi sarebbe inoltre un notevole squilibrio, nella maggior parte dei casi, tra l’analisi e le priorità scelte. La Commissione sottolinea pertanto l’esigenza che il testo dell’accordo chiarisca le scelte operate in funzione di quelle in grado di fornire il massimo valore aggiunto in termini di Fondi strutturali, tenuto conto delle lezioni tratte dal precedente periodo di programmazione;

5.      i risultati, enumerati in tutti i capitoli, ma non sempre per Fondo, sarebbero definiti in alcuni casi modo generale, in altri sarebbero difficili da misurare. Nella prossima versione dell’accordo dovranno essere indicati, ove assenti, i dati di partenza (rispetto agli obiettivi attesi);

6.      l’accordo non fa riferimento alle specifiche sfide, alle esigenze di sviluppo e alle potenzialità di crescita dei singoli territori. Risulterebbe pertanto impossibile individuare una chiara strategia di sviluppo territoriale che colleghi tra di loro i tre livelli territoriali proposti (Agenda urbana, strategia per le aree interne e cooperazione territoriale) che andrebbero invece integrati in una strategia nazionale completa e coerente. Non sarebbero chiare, inoltre, le specifiche sfide socioeconomiche che l’Italia vuole affrontare attraverso la strategia per lo sviluppo urbano sostenibile, dove l'orientamento tematico e spaziale degli interventi rimane indeterminato. Ad avviso della Commissione i piani integrati per lo sviluppo urbano dovrebbero comprendere un’analisi dell’area target, della strategia da attuare per lo sviluppo urbano, con obiettivi specifici e indicatori, nonché strumenti di attuazione e di gestione;

7.      l’analisi degli squilibri territoriali non conterrebbe un riferimento specifico ai settori della pesca e dell’acquacoltura né all'economia blu;

8.      nel complesso, l’analisi territoriale dovrebbe essere molto più rilevante. Tenendo presenti le principali variabili essa dovrebbe dimostrare le dinamiche delle zone urbane e rurali in rapporto, tra l’altro, ai dati relativi alla popolazione e le tendenze occupazionali, la competitività economica (settoriale e territoriale), lo stato dell’ambiente, l'accesso ai servizi di base;

9.      mancherebbe completamente l'analisi della capacità amministrativa nell'ambito dell'Obiettivo tematico 11, malgrado il richiamato Position Paper della Commissione avesse indicato il miglioramento della qualità, dell’efficacia e dell’efficienza della pubblica amministrazione come una delle principali sfide che l'Italia dovrà affrontare nel prossimo periodo di programmazione. La Commissione chiede pertanto di condurre un’analisi dei limiti e delle esigenze nonché dei miglioramenti da perseguire;

10.  le scelte fatte nel documento favoriscono misure di assistenza sociale e di sostegno ad attività economiche/settori in difficoltà (in particolare gli interventi anticiclici e anti-crisi proposti nell'ambito dell'OT 3 e le misure di assistenza sociale di cui all'OT 9). Sebbene, considerata la portata e la durata della crisi economica in Italia, tali interventi possono considerarsi giustificati, secondo la Commissione essi devono essere più mirati e rigorosamente limitati nel tempo e in termini di entità delle risorse assegnate; in particolare, gli interventi co-finanziati dovrebbero infatti mirare principalmente a realizzare miglioramenti di carattere strutturale, correggere le debolezze di lungo periodo dell’economia italiana (come la decrescita del PIL, la limitata capacità di innovazione e la diminuzione della produttività) e del mercato del lavoro (come la presenza di rigidità e segmentazione, mancato allineamento delle competenze dei lavoratori alle esigenze del mercato del lavoro, le forti disparità regionali, e la scarsa partecipazione dei gruppi "vulnerabili");

11.  per più di un OT, mancherebbero dati essenziali che giustifichino o sostengano le scelte strategiche proposte, le relative priorità di investimento e la ripartizione dei fondi fra gli OT e all'interno di ogni OT;

12.  in base alle informazioni fornite nello schema di accordo, i servizi della Commissione non sarebbero in grado di valutare la piena coerenza e l’adeguatezza delle informazioni trasmesse dall’Italia in merito all’adempimento delle condizionalità ex-ante;

13.  la descrizione del meccanismo di coordinamento tra fondi SIE e altri strumenti finanziari previsti a livello nazionale e dall’UE non conterrebbe sufficienti dettagli per quanto riguarda gli interventi del FESR e del FEASR e il modo con cui questi fondi interagiranno con gli interventi del Meccanismo per collegare l’Europa (Connecting Europe Facility, CEF, che finanzierà gli interventi sulle reti infrastrutturali) e di Orizzonte 2020 (il fondo si sostengo alle attività d’impresa). La Commissione sottolinea che Il coordinamento tra il FESR e il FEASR è particolarmente importante per quanto riguarda il sostegno alle PMI nelle zone rurali e per le infrastrutture di rete. Dovrebbero, inoltre, essere descritte la complementarità e le sinergie con altri fondi nazionali o dell’UE - compreso il primo pilastro della Politica agricola comune  - e i meccanismi previsti per evitare la duplicazione degli interventi;

14.  la complementarità tra FEAMP e FESR potrebbe essere ulteriormente affinata, in particolare per quanto riguarda gli aspetti della politica marittima integrata;

15.  l’accordo (in particolare nell’ambito dell’OT 8) indica la necessità di un’azione coordinata sul sistema di istruzione/formazione volta al miglioramento la qualità del capitale umano per ottenere un impatto positivo sulla creazione di posti di lavoro, in particolare per le donne e i giovani. Tuttavia, dato che l’istruzione e i servizi di cura alla prima infanzia, il doposcuola e l’assistenza agli anziani possono essere finanziati da più fondi - FSE, FESR e FEASR - le autorità italiane dovrebbero descrivere l’approccio generale sul modo in cui tali esigenze saranno prese in conto;

16.  le indicazioni riguardanti la strategia sulle “aree interne”' dovrebbero essere sviluppate ulteriormente. Occorre, in particolare, chiarire il legame tra le zone "interne" e le zone "rurali" e le conseguenze in termini di cofinanziamento, complementarità fra gli interventi e demarcazione;

17.  per quanto riguarda l’allegato I all’accordo relativo ai sistemi di gestione e di controllo (SIGECO), la Commissione evidenzia la  necessità di una più forte supervisione e coordinamento nazionale, e l'esigenza di garantire la loro piena efficienza all'inizio del periodo di programmazione. In particolare, la Commissione chiede di definire i seguenti aspetti:

a.    le necessità di rafforzamento della struttura centrale di coordinamento in materia di audit e controllo, la definizione di condizioni che assicurino la piena indipendenza e autonomia finanziaria delle autorità, la disponibilità di personale sufficiente e qualificato, un adeguato sistema informativo, l'elaborazione tempestiva della manualistica;

b.    la disponibilità di personale competente e adeguato delle autorità di gestione e degli organismi intermedi, prevendo una procedura di verifica. Qualora la verifica fosse negativa, dovrà essere previsto un piano di miglioramento oppure l'autorità preposta dovrà essere sostituita;

c.    le modalità per garantire la trasparenza, ad esempio sulle date previste per la pubblicazione dei bandi, i risultati, i dati di avanzamento fisico e finanziario.

18.  mancherebbe la descrizione della cooperazione territoriale europea (CTE) e delle strategie macroregionali e dei bacini marittimi (SMR). Il documento dovrebbe descrivere il necessario coordinamento, i meccanismi di programmazione e di attuazione delle attività di cooperazione con i paesi vicini nonché con i programmi nazionali/regionali tenendo conto altresì delle SMR;

19.  una consultazione più ampia e strutturata del partenariato territoriale e sociale dovrebbe essere eseguita prima dell’invio ufficiale del documento,

20.  l’accordo dovrebbe affrontare la sostenibilità finanziaria delle misure proposte sulla base di un’approfondita analisi dei bisogni;

21.   l’accordo deve spiegare più chiaramente in che modo la strategia energetica nazionale e la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici saranno integrati nei programmi finanziati dai Fondi SIE.

 


3. Gli obiettivi tematici

 

Obiettivo tematico 1
(Ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione)

 

Il documento del Governo

Il documento reca un’analisi delle disparità e dei fabbisogni di sviluppo a livello territoriale sulla base della considerazione che l'Italia si è posta l'obiettivo - che tiene conto del livello iniziale e dei vincoli di finanza pubblica - di raggiungere un livello di spesa pubblica e privata in R&S pari all'1,53 per cento del Pil, contro un target europeo del 3 per cento.

Nel 2010, mentre l'UE-27 in media ha raggiunto un livello di spesa totale in R&S pari a 2,01 per cento del PIL, l’Italia si è fermata all'1,26 per cento. In particolar modo la spesa privata in rapporto al PIL rimane ancora molto al di sotto (circa la metà) di quella media comunitaria e concentrata principalmente nelle imprese di grandi dimensioni. I dati per il 2011 e il 2012 sembrano prefigurare una sostanziale stazionarietà della spesa in R&S nel nostro Paese (1,25 e 1,27 per cento rispettivamente), mentre per l’UE-27 essa sarebbe aumentata passando al 2,05 per cento nel 2011 e al 2,07 per cento nel 2012. L'Italia si troverebbe quindi non solo ben al di sotto del suo obiettivo nazionale, ma sempre più lontana dalla media comunitaria.

Il Documento cita inoltre le disparità tra le varie regioni nel raggiungimento dell’obiettivo nazionale.

Osservazioni della Commissione

Con riguardo all’obiettivo italiano sull’intensità della spesa rispetto al Pil, la Commissione europea sottolinea, nell’ambito delle osservazioni formulate in merito alla proposta di Accordo di Partenariato, che pur trattandosi di un obiettivo molto basso rispetto alla media europea, in ogni caso per il raggiungimento di esso entro il 2020 è richiesto un 2,4 per cento annuo di crescita. La Commissione reputa insufficienti le indicazioni contenute nella proposta di AP con riguardo alle modalità di raggiungimento di tale obiettivo di crescita.

La Commissione rileva inoltre l’incompiutezza dell’analisi compiuta nel Documento governativo, in particolare con riferimento alle disparità regionali e settoriali. Viene inoltre indicata l’opportunità di prevedere meccanismi di coordinamento degli strumenti di finanziamento della ricerca mediante risorse dei fondi strutturali europei, da una parte, e dei fondi Horizon 2020, dall’altra, per evitare una sovrapposizione degli interventi.

La Commissione inoltre lamenta la scarsa considerazione che la proposta di AP mostra di avere nei confronti del Position Paper dei Servizi della Commissione sulla preparazione dell’Accordo di Partenariato e dei Programmi in ITALIA per il periodo 2014-2020, nel quale sono indicate diverse dimensioni non chiaramente rappresentate nella proposta di AP (necessità di recuperare il basso livello di investimenti in R&S; scarsa interazione tra il sistemi, centri di ricerca progetti di trasferimento delle conoscenze; mancanza di sufficienti risorse umane qualificate).

Linee di indirizzo strategico

Le risorse appostate sull'OT 1 Ricerca e Innovazione sono pari complessivamente a 3.691 milioni di euro (dal FESR) da impiegarsi, secondo il Documento presentato dal Governo, alla luce delle "strategie di specializzazione intelligente", ossia attraverso la individuazione delle risorse/competenze e del potenziale innovativo dei diversi territori e la selezione di priorità, sotto il profilo dei settori produttivi e degli ambiti tecnologici, su cui concentrare gli investimenti.

Il Documento sottolinea la necessità di un cambiamento di rotta nelle politiche di ricerca e innovazione, anche alla luce dell’esperienza attuativa della programmazione 2007-2013, attraverso la definizione di ambiti tecnologici prioritari di specializzazione e alla luce del concetto di innovazione introdotto dal  Programma per la Ricerca e l’innovazione “Horizon 2020” della commissione europea.

Le azioni per il ciclo di programmazione 2014-2020 dovrebbero essere ispirate al principio di concentrazione degli interventi su pochi obiettivi con risultati misurabili. Al riguardo il Governo individua una serie di obiettivi:

§      inserire nel sistema produttivo capitale umano altamente qualificato; diffondere servizi ad alta intensità di conoscenza e sostenere la valorizzazione economica dei risultati della ricerca;

§      rafforzare i sistemi innovativi regionali, attraverso la promozione di partenariati pubblico-privati, il potenziamento delle infrastrutture per la ricerca e l'innovazione, il sostegno alla partecipazione degli attori del territori a piattaforme di concertazione/reti nazionali di specializzazione tecnologica;

§      promuovere nuovi mercati per l'innovazione attraverso la qualificazione della domanda di innovazione della PA, l'adozione di modelli emergenti di innovazione aperta e lo stimolo della capacità di soluzione di specifici problemi di rilevanza sociale;

§      sostenere la transizione delle regioni verso nuove traiettorie di sviluppo territoriale, con le finalità di dotare i territori e il sistema produttivo degli strumenti per fronteggiare cambiamenti prospettici o in corso.

 

Il Governo specifica altresì i principi che dovrebbero guidare la selezione degli interventi sui quali concentrare gli investimenti.

Tra questi, in particolare:

§      adottare una nuova e più ampia definizione di innovazione, non più limitata alle attività di ricerca e sviluppo, ma estesa ai processi di innovazione aperta attivata grazie all’utilizzo di ambienti ad hoc, all’innovazione stimolata da strumenti sperimentali di sostegno, a quella derivata da una più ampia gamma di fonti nonché all’innovazione di prodotti a varia intensità tecnologica;

§      combinare l’approccio “di diffusione” (interventi capillari e pochi selettivi volti ad incrementare lo sviluppo medio degli operatori economici verso le nuove tecnologie) con quello “di missione” (interventi concentrati su pochi grandi progetti ritenuti maggiormente in grado di stimolare l’avanzamento tecnologico del Paese);

§      valorizzare la dimensione internazionale anche delle realtà produttive dei territori in ritardo;

§      rivedere i meccanismi di selezione delle proposte di intervento, tramite la definizione di nuove regole per la composizione delle commissioni giudicatrici, privilegiando la dimensione internazionale;

§      comporre le strategie regionali in un coerente disegno unitario, attraverso tavoli di confronto tecnico-politici.

Osservazioni della Commissione

La Commissione sottolinea la mancanza di strategie per il raggiungimento della “specializzazione intelligente” citata nella proposta AP. In particolare la Commissione lamenta la mancata considerazione dell’effetto leva degli investimenti privati e l’indeterminatezza del coinvolgimento del settore privato. Tale indeterminatezza rende la dotazione finanziaria proposta non adeguatamente valutabile.

Un’ulteriore questione sollevata dalla Commissione concerne lo squilibrio tra le risorse allocate per l’obiettivo OT 1, in forte diminuzione, rispetto alle risorse allocate per l’obiettivo OT 3 (Promuovere la competitività delle PMI) per le quali si registra un significativo aumento rispetto alla programmazione 2007-2013. La Commissione raccomanda di chiarire i motivi di tale scelta ed in particolare di chiarire che tale scelta non si traduca in una diminuzione dei fondi per la ricerca industriale per favorire finanziamenti generalisti per le imprese.

Inoltre la Commissione mette in luce la mancanza, nella proposta di AP:

§      di informazioni dettagliate sul dispiegamento delle tecnologie abilitanti (KET);

§      di chiarimenti in merito all’accesso agli strumenti finanziari per R&S, in particolare per il capitale di rischio;

§      di una adeguata considerazione delle iniziative di programmazione congiunta ESFRI (Forum strategico europeo sulle infrastrutture di ricerca) che si traduce nella mancata elaborazione a livello nazionale e regionale di una roadmap dei progetti dell’ESFRI.

Le politiche nazionali

La legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147/2013, articolo 1, comma 26) ha disposto un rifinanziamento del Fondo per la crescita sostenibile, tra gli obiettivi del quale vi è quello di promuovere i progetti di ricerca strategica, autorizzando la spesa di 100 milioni di euro per l'anno 2014 e di 50 milioni di euro per l'anno 2015, destinata all'erogazione dei finanziamenti agevolati.

La medesima legge di stabilità, a favore della ricerca, sviluppo e innovazione per le imprese, ha previsto, tra l’altro, una sezione speciale "Progetti di Ricerca e Innovazione", istituita nell'ambito del Fondo di garanzia per le PMI con una disponibilità di 100.000.000 euro a valere sulle disponibilità del Fondo stesso.

Oggetto della Sezione è la concessione di garanzie per i finanziamenti concessi dalla BEI (Banca europea per gli investimenti) direttamente o indirettamente per la realizzazione di grandi progetti per la ricerca e l’innovazione industriale. La garanzia può essere concessa copertura delle prime perdite su portafogli di un insieme di progetti il cui ammontare minimo è pari a 500.000 euro. Beneficiari della garanzia possono essere le imprese di qualsiasi dimensione, con particolare riguardo alle piccole e medie imprese, alle reti di impresa e ai raggruppamenti di imprese, la cui individuazione è oggetto di specifico accordo –quadro di collaborazione tra il MISE, il MIPAF e la BEI. La definizione delle modalità operative della Sezione speciale (criteri, modalità di selezione, caratteristiche dei progetti etc.) è rimessa ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. le risorse della Sezione speciale possono essere incrementate anche da parte delle risorse della programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari.

 

Nella legislatura in corso, tra le priorità del Governo Letta, confermate dal Governo Renzi, vi è il sostegno degli investimenti orientati in innovazione, ricerca e competenze qualificate. In particolare tale obiettivo dovrebbe essere realizzato attraverso un credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo, nel limite complessivo di 600 milioni di euro per il triennio 2014-2016, a valere sulla proposta nazionale relativa alla prossima programmazione 2014- 2020 dei fondi strutturali comunitari. In sintesi, la misura, introdotta dal decreto-legge “Destinazione Italia” (D.L. n. 145/2013) prevede un credito d’imposta pari al 50% delle spese incrementali sostenute dalle imprese rispetto all’anno precedente, con un’agevolazione massima di 2,5 milioni di euro per impresa ed una spesa minima di 50.000 euro in ricerca e sviluppo per poter accedere all’agevolazione. Il decreto ministeriale di attuazione della norma dovrebbe essere emanato entro giugno 2014.

E’ inoltre recente (gennaio 2014) l’entrata in vigore delle regole di attuazione del credito di imposta per l'assunzione di personale altamente qualificato (Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico introdotto dall'articolo 24 del Dl 83/2012 e contenente misure per la crescita). L'agevolazione consiste in un credito di imposta pari al 35% del costo aziendale sostenuto per un periodo massimo di un anno e per un tetto annuale di 200 mila euro. Il credito d’imposta spetta, in particolare, a tutti i titolari di reddito di impresa e vale per le assunzioni a tempo indeterminato, avvenute dopo il 22 giugno 2012, di personale in possesso di titoli quali dottorato di ricerca universitario o laurea magistrale in discipline di ambito tecnico-scientifico.

Infine va citata la recente entrata in vigore delle misure volte a facilitare la nascita di startup innovative. Il decreto ministeriale del MIF del 30 gennaio 2014 prevede infatti agevolazioni fiscali per chi investe in startup innovative.

Le agevolazioni consistono nel riconoscimento di una detrazione Irpef del 19% dei conferimenti rilevanti effettuati da soggetti Irpef nelle startup innovative, per un importo non superiore a 500.000 euro, e di una deduzione Ires del 20% relativa ai conferimento rilevanti effettuati da soggetti Ires nelle startup innovative per un importo non superiore a 1.800.000 euro.

Nel caso in cui le imprese startup siano a vocazione sociale o sviluppino e commercializzino prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico, le precedenti percentuali passano, rispettivamente, a 25% e 27%.

Politiche di sviluppo rurale, pesca e acquacoltura

Il documento del Governo

Nel settore agroalimentare, la spesa in ricerca e sviluppo tecnologico ha rappresentato nel 2010 circa il 4%; le imprese hanno investito una quota pari a circa il 41 % e nell’ambito di tale percentuale il 98% della spesa è stato effettuato dall’industria agroalimentare. I risultati raggiunti sono stati finalizzati ad applicazioni agricole ed agroalimentari; permane, però, lo scarso peso a livello nazionale della ricerca privata nell’agroalimentare, unito ad un trend decrescente della spesa pubblica nel settore.

Finalità dell’intervento

Su questo obiettivo è stato allocato il 5% delle risorse del FEASR.

Le azioni che si intende porre in essere sono relative a:

a)   il miglioramento della sostenibilità ambientale dei processi produttivi (tecniche di produzione a basso impatto ed uso più efficiente di input - acqua, nutrienti, antiparassitari);

b)   l’adattamento dei processi produttivi ai cambiamenti climatici, alla protezione del suolo e alla prevenzione dei rischi naturali;

c)   la produzione di soluzioni tecnologiche ed organizzative che contribuiscano a migliorare la redditività dei processi produttivi;

d)   la produzione e l’adattamento delle varietà in funzione di una maggiore qualità e salubrità del consumatore, anche attraverso una valorizzazione del patrimonio genetico locale;

e)   il miglioramento del rendimento energetico delle produzioni, sia riducendo il consumo di energia che migliorando tecniche e metodi di produzione di bioenergie.

In questi settori la strategia di messa a punto e trasferimento delle innovazioni sarà attuata dai Gruppi Operativi del PEI (partenariato per l’innovazione). Il documento sottolinea la necessità di definire una governance basata sulla concertazione tra MIPAAF e regioni.

Con riferimento al settore della pesca, la politica di ricerca sarà rivolta ad implementare sistemi di raccolta dati idonei a sostenere efficienti politiche di gestione delle risorse naturali.

L’ammontare delle risorse del FEASR destinate a tale obiettivo è di 500,00 euro.

Osservazioni della Commissione

Viene sottolineata la necessità di un riferimento al possibile sostegno dei settori che presentano vantaggi competitivi come i prodotti di qualità nonché la necessità di rafforzare i legami tra l’agricoltura, l’agroindustria e nuovi settori dell’economia.

 

Si rinvia all’obiettivo tematico 3 per un approfondimento relativo all’attività della XIII Commissione Agricoltura e delle regioni in merito alla proposta di Accordo di partenariato nella parte relativa alle politiche di sviluppo rurale.

 


 

Obiettivo tematico 2
(Agenda digitale)

 

Il documento del Governo

L’Accordo di partenariato evidenzia, con riferimento all’Agenda digitale, una “situazione differenziata e ancora lontana da molti dei target europei, soprattutto per una generalizzata debolezza della domanda”.

 

I target europei richiamati sono quelli definiti dall’Agenda digitale europea: in particolare si richiede, entro il 2013, copertura di base (velocità pari o superiore a 2 Mbitps) per il 100% della popolazione; entro il 2020, copertura con velocità di connessione pari o superiore a 30 Mbitps per il 100% della popolazione e con velocità di connessione pari o superiore a 100 Mbitps per il 50% della popolazione (comunicazione della Commissione europea COM(2010)472).

 

Il documento indica che a metà 2013 la copertura di servizi in banda larga di base (velocità di connessione pari o superiore a 2 Mbitps) si attesta attorno al 96% della popolazione; il Molise registra il livello di copertura più basso tra le regioni italiane (81,3 per cento); anche Calabria, Basilicata e Valle d’Aosta registrano una copertura lorda della popolazione inferiore o attorno al 90 per cento.

 

L’Accordo richiama, tra gli interventi avviati il piano nazionale banda larga e il programma nazionale per la banda larga per le aree rurali nel 2009[12], nonché l’avvio dell’Agenda digitale nazionale.

 

In questo quadro il documento prospetta tre risultati attesi:

§       la riduzione dei divari digitali coerentemente con gli obiettivi dell’Agenda digitale europea, finanziato con il FESR e il FEASR; come indicatori di risultato vengono prospettati la percentuale di copertura con banda larga ad almeno 30 Mbitps e la percentuale di famiglie e unità locali delle imprese abbonate a 30 e 100 Mbitps

§       la digitalizzazione dei processi amministrativi e la diffusione di servizi digitali pienamente interoperabili della PA offerti a cittadini e imprese, in particolare nella sanità e nella giustizia; finanziato con il FESR, il FEAMP e il FEASR; come indicatori di risultato vengono prospettati la percentuale di cittadini che utilizzano il fascicolo sanitario elettronico e la percentuale di notifiche trasmesse in formato digitale nel processo telematico civile, tributario e penale;

§       il potenziamento della domanda di tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) da parte dei cittadini, finanziato con il FESR e il FEASR.

 

Al riguardo il documento segnala l’esigenza, rispetto al passato di porre maggiore attenzione ai profili di domanda; si rileva poi l’esigenza di potenziare l’infrastruttura ICT pubblica, nonché di sviluppare i servizi di e-government, di e-procurement  e di e-commerce.

 

L’Accordo non prevede specifici programmi operativi nazionali riguardanti tutte le regioni in materia di attuazione dell’agenda digitale; le relative azioni potrebbero quindi confluire nell’ambito del programma operativo nazionale “Governance, reti e progetti speciali e assistenza tecnica in attuazione di risultati dell’obiettivo tematico 11 [capacità istituzionale e amministrativa] e a supporti di altri risultati di diversi obiettivi tematici” nonché dei programmi nazionali/multi regionali concernenti ricerca e innovazione e infrastrutture e reti, che però opereranno solo nelle regioni in transizione e meno sviluppate. Le azioni in materia di agenda digitale nazionale potrebbero essere sviluppate anche all’interno dei programmi operativi regionali. All’obiettivo sono destinati 1.813.000.000 euro di risorse FESR e 140.000.000 di risorse FEASR. Di tali risorse 1.413.000.000 euro saranno destinati alle regioni meno sviluppate, 327.000.000 euro alle regioni più sviluppate e 72 milioni di euro alle regioni in transizione.

Osservazioni della  Commissione

In proposito, la Commissione europea ha rilevato, tra le altre, le seguenti criticità:

§       è richiesta un’analisi maggiormente dettagliata della situazione di partenza, evidenziando in particolare l’assenza di informazioni relative alla banda larga veloce (30 Mbitps) e ultraveloce (100 Mbitps) e di dati riguardanti l’e-Government; e-Skills; e-Procurement; e-Commerce; e-Helath; e-Learning; e-Education;

§       è lamentata l’assenza di una regia nazionale con il compito di coordinare e guidare l’attuazione delle azioni relative alla digitalizzazione; si lamenta anche l’assenza di indicazioni sui processi in corso o le azioni da adottare a livello nazionale;

§       si rileva che il piano sulle reti di nuova generazione (NGN) non può essere considerato coerente con le condizionalità ex ante perché non contiene un’analisi economica che consenta la scelta della forma più appropriata d’intervento in ciascun contesto regionale;

Si ricorda che il regolamento (UE) n. 1303/2013 prevede, a titolo di condizionalità ex ante, per quanto concerne l’obiettivo tematico 2 e con riferimento specifico alle NGN[13], l’ esistenza di piani nazionali o regionali per tali reti che tengano conto delle azioni regionali al fine di raggiungere gli obiettivi dell'Unione di accesso a Internet ad alta velocità, concentrandosi su aree in cui il mercato non fornisce un'infrastruttura aperta ad un costo accessibile e di qualità.

§       si rileva l’assenza di obiettivi con riferimento all’e-Procurement, l’e-Skills, e-Learning, il commercio elettronico, l’e-Culture; in particolare con riferimento all’e-Procurement si invita ad adottare una strategia nazionale per affrontare la transizione verso gli appalti elettronici;

§       si osserva che la dematerializzazione delle procedure e dei processi non dovrebbe essere limitata al settore della sanità e a quello della giustizia, ma esteso anche al contesto imprenditoriale;

§       si lamenta l’assenza di riferimenti al cloud computing

Le politiche nazionali

Nell’ottica di promuovere la banda larga negli ultimi anni sono intervenuti, nel corso della Legislatura in corso e della precedente: 

§      l’articolo 2 del decreto-legge n. 112/2008, che ha stabilito norme per agevolare i lavori di infrastrutturazione nel settore delle comunicazioni elettroniche, attraverso il ricorso alla procedura della denuncia di inizio attività[14];

§      l’articolo 1 della legge n. 69/2009, che ha stanziato 800 milioni di euro di risorse FAS (Fondo per le aree sottoutilizzate, poi denominato Fondo sviluppo e coesione) della programmazione 2007-2013 da destinare alla promozione delle reti di comunicazione elettroniche nelle aree sottoutilizzate, successivamente ridotte dal CIPE, con la delibera n. 1/2011, a 400 milioni;

§      l'articolo 30 del decreto-legge n. 98/2011 ha attribuito al Ministero dello sviluppo economico l'elaborazione di un progetto nazionale per la banda larga ed ultralarga, sulla base del principio di sussidiarietà orizzontale e del partenariato pubblico-privato, sempre a valere sulle risorse della programmazione 2007-2013 come definite dalla delibera CIPE n. 1/2011;

§      l’articolo 14 del decreto-legge n. 179/2012, che ha stanziato 150 milioni di euro per il 2013 per il completamento del piano nazionale banda larga predisposto nell'ottobre 2011 dal Ministero dello sviluppo economico (l'autorizzazione di spesa è stata defininanziata per 20,75 milioni di euro dall'articolo 61 del decreto-legge n. 69/2013, c.d. "DL Fare", con finalità di copertura del provvedimento).

§      l'articolo 1, comma 97, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014) ha previsto un nuovo finanziamento di 20,75 milioni di euro per il 2014 per l'attuazione del piano nazionale banda larga

 

A seguito delle iniziative legislative sopra richiamate, il Ministero dello sviluppo economico ha predisposto, nell'ottobre 2011, il piano nazionale per la banda larga, successivamente approvato dalla Commissione europea.

Rispetto alle aree individuate nel piano come in digital divide, sono prefigurate tre tipologie di intervento:

§      tipologia A; realizzazione di infrastrutture che restano nella titolarità pubblica essendo accertata l’assenza di infrastrutture abilitanti di base: si tratta in particolare della realizzazione delle infrastrutture in fibra ottica di backhaul propedeutiche per la realizzazione di una rete di nuova generazione (ma nel piano si fa anche riferimento a tecnologie wireless), finanziabili al 100% a valere sulle risorse del Piano;

§      tipologia B: individuazione e finanziamento di progetti di investimenti, presentato da operatori del settore, rivolto alla diffusione dei servizi a banda larga nei territori in digital divide, con particolare riferimento alla rete di “ultimo miglio”, finanziabili fino ad un massimo del 70% a valere sulle risorse del Piano;

§      tipologia C: sostegno agli utenti (pubbliche amministrazioni, imprese e popolazioni rurali), per l’acquisto di particolari terminali di utente, in quelle aree rurali, molto marginali, dove condizioni geomorfologiche particolarmente difficili e/o la bassissima densità di popolazione rendono gli investimenti infrastrutturali scarsamente sostenibili economicamente o non realizzabili entro il 31 dicembre 2015, interventi finanziabili al 100% a valere sulle risorse del Piano. La tipologia C degli interventi dovrà essere attivata però solo successivamente alla realizzazione degli interventi di tipologia A e B.

 

È prevista per la realizzazione del Piano un fabbisogno economico complessivo di 1,471 miliardi di euro così ripartito:

§      tipologia A: 700 milioni di euro;

§      tipologia B: 771 milioni di euro.

 

Inoltre, la Commissione europea ha autorizzato con decisione COM(2012)9833 del 18 dicembre 2012 il progetto nazionale italiano per la banda ultralarga, che sarà gestito nell'ambito di appositi accordi con le Regioni. In questo quadro, sono stati emessi a febbraio 2013 i bandi nazionali per 900 milioni di euro per l'azzeramento del digital divide nonché per accelerare lo sviluppo della banda ultralarga.

 

Sullo stato di diffusione della banda larga in Italia ha fornito da ultimo informazioni il rapporto "Raggiungere gli obiettivi Europei 2020 della banda larga in Italia: prospettive e sfide" presentato il 30 gennaio 2014 da Francesco Caio, nella sua qualità di Commissario per l’attuazione dell’agenda digitale. Il Rapporto contiene un'analisi dei piani di investimento dei gestori italiani di telecomunicazioni. Nel Rapporto si evidenzia un moderato ottimismo, purché gli operatori continuino ad investire, l'evoluzione tecnologica sia conforme alle attese e vi sia un coordinamento per l'attuazione tra operatori, Regolatore e comuni. Per quanto riguarda l'obiettivo della copertura a 30Mbps per il 100% della popolazione, le prime stime indicano una copertura raggiungibile al 2020 del 70% con piani di dettaglio che arrivano al più fino al 2016-2017 con coperture al 50%. Si ritiene che il raggiungimento completo degli obiettivi UE richieda ulteriori azioni complesse di tipo finanziario e di coordinamento tra i soggetti in campo, con un forte impegno e monitoraggio della Presidenza del Consiglio.

 

L'Agenda Digitale Italiana (ADI ) è stata istituita, come disposto dall’art. 47 del decreto-legge n. 5/2012, il primo marzo 2012, contestualmente ad un’apposita Cabina di Regia (organo operativo dell’ADI) con il compito di accelerare il percorso di attuazione dell'Agenda digitale italiana. La Cabina di Regia definisce la strategia italiana per l'Agenda digitale e, a seguito delle modifiche introdotte dall'articolo 13 del decreto-legge n. 69/2013, è composta dal ministro dello sviluppo economico, il ministro per la pubblica amministrazione, il ministro per la coesione territoriale, il ministro dell'istruzione, il ministro della salute, il ministro dell'economia e delle finanze, il ministro delle politiche agricolo, un presidente di regione e un sindaco designati dalla Conferenza Unificata.

L'Agenzia per l'Italia Digitale, istituita con gli articoli 19, 20 e 21 del decreto-legge n. 83/2012 (c.d. “decreto crescita"), è preposta alla realizzazione degli obiettivi dell'Agenda digitale italiana, in coerenza con gli indirizzi elaborati dalla Cabina di regia, con particolare riferimento allo sviluppo delle reti di nuova generazione e dell'interoperabilità tra i sistemi informatici delle pubbliche amministrazioni e tra questi e quelli dell'Unione europea. L’Agenzia dovrà monitorare in particolare l'attuazione dei piani di TIC delle pubbliche amministrazioni,  promuovendone annualmente di nuovi, in linea con l’Agenda digitale europea. Essa assorbe anche le funzioni dei preesistenti organismi DigitPA e Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione.

Lo statuto dell'Agenzia è stato approvato il 3 febbraio 2014 a seguito della registrazione da parte della Corte dei Conti e del trasferimento delle risorse tramite decreto. E' stato introdotto nello Statuto un Comitato di Indirizzo chiamato a coordinare le iniziative della Presidenza del Consiglio e le priorità operative dell'Agenzia.

il decreto-legge n. 69/2013 (c.d. "DL Fare") ha inoltre previsto (art. 13) l’istituzione presso la cabina di regia di un organismo consultivo permanente, composto da esperti in materia di innovazione tecnologica e da esponenti delle imprese private e delle università, denominato Tavolo permanente per l'innovazione e l'agenda digitale italiana, e presieduto dal Commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale, che viene posto a capo di una struttura di missione per l'attuazione dell'agenda digitale istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

Una prima serie di azioni per la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana sono state adottate con il decreto-legge n. 179 del 2012 (c.d. decreto crescita 2.0).

L’attuazione di numerose misure connesse all’attuazione dell’agenda digitale nazionale è stata rimessa a regolamenti e altri atti di natura secondaria. Rispetto all’emanazione di tali atti si registrano significativi ritardi (Cfr. Dossier  Documentazione e ricerche n. 99 – Monitoraggio dell’attuazione dell’Agenda digitale italiana – 5 marzo 2014).

Tra le misure contenute nel decreto-legge n. 179/2012 si segnalano:

§      l’ampliamento dell’obbligo di utilizzare la posta elettronica certificata da parte delle imprese e dei professionisti (art. 5);

§      misure per l'innovazione dei sistemi di trasporto tra cui sistemi di bigliettazione elettronica interoperabili per il trasporto pubblico locale (art. 8; non risulta ancora emanato il provvedimento attuativo relativo alla bigliettazione elettronica);

§      introduzione dell’obbligo per le pubbliche amministrazioni di rendere disponibili i dati pubblici in formato aperto (art. 9);

§      accelerazione del processo di dematerializzazione delle procedure amministrative attraverso l’istituzione del fascicolo personale dello studente universitario (art. 10);

§      possibilità per le scuole di adottare libri di testo in versione esclusivamente digitale oppure abbinata alla versione cartacea (art. 11)

§      istituzione del fascicolo sanitario elettronico (art. 12);

§      estensione del’obbligo di consentire pagamenti elettronici alle imprese pubbliche, in particolare agli operatori che erogano o gestiscono servizi pubblici, con esclusione, però, delle Agenzie fiscali (art. 15);

§      incentivazione delle comunicazioni e le notificazioni per via telematica nel settore della giustizia (art. 16);

 

Successivamente, il decreto-legge n. 145/2013 (c.d. "DL destinazione Italia") ha previsto contributi e un credito di imposta per la promozione della digitalizzazione e della connettività delle piccole e medie imprese (art. 6), finanziato proprio a valere delle risorse delle politiche di coesione per il ciclo di programmazione 2014-2020.


 

Obiettivo tematico 3
(Competitività dei sistemi produttivi)

 

Il documento del Governo

L’obiettivo tematico 3 - Competitività delle PMI - ha una dotazione molto significativa (9.258 milioni di euro di cui 4.838 dal FESR e 4.420 dal FEASR), in quanto integra la strategia di diversi altri obiettivi tematici, e intende fornire un apporto anche alle cd. strategie di specializzazione intelligente, prefigurando sia risultati di irrobustimento diffuso del sistema imprenditoriale, sia risultati territorialmente più mirati e quindi concentrati su alcune aree/filiere.

 

Per la Commissione europea le strategie di ricerca e innovazione nazionali e regionali di specializzazione intelligente sono programmi di trasformazione economica integrati e basati sul territorio che: incentrano il sostegno della politica e gli investimenti su fondamentali priorità, sfide ed esigenze di sviluppo basato sulla conoscenza a livello nazionale e regionale; valorizzano i punti di forza, i vantaggi competitivi e il potenziale di eccellenza di ogni paese o regione; supportano l’innovazione tecnologica e basata sulla pratica e promuovono gli investimenti nel settore privato; assicurano la piena partecipazione dei soggetti coinvolti e incoraggiano l’innovazione e la sperimentazione; sono basati su esperienze concrete e includono validi sistemi di monitoraggio e valutazione.

 

La finalità generale di questo obiettivo tematico è il miglioramento della competitività del sistema imprenditoriale, comprensivo del comparto agricolo e agro-industriale e della pesca e acquacoltura, tramite la collocazione dell'impresa al centro delle politiche economiche.

Politiche di coesione

Il Documento presentato dal Governo sottolinea che la programmazione delle politiche di sviluppo regionale per la competitività delle imprese per il ciclo 2014-2020 avviene in una fase di forte e perdurante recessione, in cui l’Italia ha sperimentato un sostanziale calo dell'occupazione e degli investimenti, le imprese incontrano forti difficoltà nell'accesso al credito e si confrontano con una domanda interna stagnante.

Per questo motivo, il Governo intende avviare rapidamente, nei primi anni di programmazione, azioni di sostegno contro-recessive che si rivolgano alle imprese esistenti, al fine di evitare la perdita permanente di una parte della capacità produttiva installata nel nostro paese.

Tali misure dovranno essere gradualmente sostituite da misure più indirizzate a promuovere trasformazioni strutturali, in relazione all'effettivo miglioramento dello scenario congiunturale.

Le linee di intervento attivabili potranno utilizzare:

§      misure di carattere universale, rivolte a categorie di imprese individuate attraverso meccanismi competitivi;

Tali misure saranno attuate in larga parte attraverso regimi di aiuto e strumenti finanziari, e avranno come finalità l'aumento delle competenze e della qualità del capitale umano, il sostegno agli investimenti (programmi dì investimento di particolare rilevanza per il sistema produttivo), il supporto alle fasi di avvio e consolidamento di nuove iniziative imprenditoriali anche con finalità sociali ed afferenti al mondo cooperativo, la facilitazione dell'accesso al credito ed ai mercati finanziari per le PMI. Una particolare attenzione è dedicata al consolidamento e sviluppo dell'economia sociale e del non profit, quale fonte di miglioramento della capacità di risposta dei sistemi locali nel coniugare esigenze sociali e sviluppo di impresa e occupazione.

§      misure più discrezionali e mirate verso specifiche imprese, filiere o territori, seguendo un approccio ad hoc, motivato da analisi e giustificato da scelte trasparenti e risultati attesi chiari.

Tali misure saranno orientate sia verso aree con potenzialità di sviluppo imprenditoriale, in funzione della possibile evoluzione degli scenari economici e tecnico-scientifici, sia verso aree colpite da crisi industriali, da individuarsi all'atto della definizione dei programmi operativi, attraverso strumenti, anche innovativi, che valorizzino i segnali di vitalità imprenditoriale e le potenzialità dei singoli territori. I destinatari saranno individuati preferibilmente in base al ruolo che essi occupano all'interno di settori, aree tecnologiche, filiere produttive, al fine di sostenere le imprese in grado di esercitare un ruolo trainante e incentivare il ricorso alle tecnologie abilitanti e industriali, in coerenza con il programma europeo "Horizon 2020". Nel caso di interventi territorialmente mirati, le misure saranno volte di norma al rafforzamento ed alla diversificazione della base produttiva, al sostegno a nuove attività economiche, alla riqualificazione professionale dei lavoratori, accompagnati eventualmente da interventi di rafforzamento della dotazione di infrastrutture di servizi di interesse delle imprese, di potenziamento dell'istruzione tecnica e professionale e di sostegno ai sistemi turistici.

 

In entrambi i casi le risorse prioritarie su cui saranno le risorse umane (competenze), le dotazioni e le capacità tecnologiche di scuole e imprese (asset materiali e immateriali), la disponibilità di conoscenza e servizi avanzati, l'accessibilità al credito e al capitale di rischio.

 

Due approcci innovativi caratterizzeranno la fase di attuazione degli interventi nel rapporto fra amministrazione pubblica ed imprese:

§      la possibilità che alcuni interventi a carattere negoziale si rivolgano direttamente a imprese-chiave, o a specifiche reti territoriali di imprese o filiere tecnologiche, laddove sia riconoscibile e dimostrabile che questi soggetti detengano le potenzialità di generare effetti diffusivi di rafforzamento di sistemi territoriali o di filiera, a beneficio delle PMI esistenti o nella logica di attrarre investimenti nell'area;

§      il requisito richiesto ai programmatori di assicurare la fattibilità e la prevedibilità dei procedimenti competitivi per l'accesso a benefici ed incentivi, annunciando con congruo anticipo tempi, risorse, e modalità di accesso per la selezione delle imprese beneficiarie, anche raccogliendo in modo trasparente e pubblico, le valutazioni dei potenziali beneficiari su metodi e contenuti di questi procedimenti prima che siano avviati.

 

In fase attuativa, inoltre, si procederà a un passaggio graduale da strumenti tradizionali, basati su contribuzioni a fondo perduto, a strumenti rotativi e forme miste di agevolazione anche nell'ambito di interventi attivati tramite strumenti finanziari.

Osservazioni della Commissione

La Commissione europea, nelle proprie osservazioni informali relative all’obiettivo tematico 3, ha rilevato che, considerata la portata e la durata della crisi economica in Italia, gli interventi anticiclici e anticrisi proposti dal Governo a sostegno delle attività economiche in difficoltà possono, entro certi limiti, considerarsi giustificati. Tuttavia, devono essere più mirati e rigorosamente limitati nel tempo e in termini di entità delle risorse. Gli interventi co-finanziati devono infatti mirare principalmente a realizzare miglioramenti di carattere strutturale, correggere le debolezze di lungo periodo dell’economia italiana (come la decrescita del PIL, la limitata capacità di innovazione e la diminuzione della produttività) e del mercato del lavoro.

Inoltre, anche in relazione all’ingente quota di risorse assegnate all’OT 3, la Commissione europea richiede un’analisi finalizzata a designare le modalità più efficaci per l’utilizzo delle risorse finalizzate a ripristinare i livelli produttivi e di competitività, e conseguentemente riportare il paese su un percorso solido di crescita. Dovrebbero essere fornite indicazioni sul tipo di misure e strategie ideate per aiutare specifiche industrie, aree geografiche e settori interessati a uscire dalla crisi.

Secondo la Commissione va chiarita la demarcazione tra OT 3 e OT 4 (ecoinnovazione, fonti di energia rinnovabile, efficienza energetica), tra OT 3, OT 6 e OT 8 (patrimonio culturale e turismo, infrastrutture); e OT 7 (aiuti di Stato in materia di logistica e aiuti ai trasporti). Inoltre, la Commissione segnala che, rispetto al periodo 2007-2013, le allocazioni finanziarie proposte per il FESR indicano una forte diminuzione dell'OT 1 (ricerca e innovazione) e un aumento molto forte dell'OT 3. Il Governo italiano dovrebbe chiarirne i motivi, garantendo che tale scelta non si tradurrà in una diminuzione dei finanziamenti disponibili per la ricerca industriale (applicata) per il settore privato prevista dall'OT1 a favore di finanziamenti generalisti per le imprese.

La Commissione europea segnala inoltre che il documento manca di affrontare le problematiche connesse all’esigenza di garantire un ambiente favorevole per il funzionamento e lo sviluppo delle PMI, con particolare riguardo all’ accesso al credito e alla gestione dei rischi in tutti i settori, inclusa l’agricoltura (ad esempio in merito alle assicurazioni).

Non vi è, inoltre, alcun riferimento all’”iniziativa PMI” (il nuovo strumento inteso ad aumentare il finanziamento dell'economia), per la quale la Commissione richiede di precisare l’importo di eventuali contributi e il tipo di strumento finanziario che si intende utilizzare.

Dovrebbero inoltre essere più ampiamente affrontati gli aspetti della green economy e dell’internazionalizzazione, quali capisaldi necessari per rafforzare la competitività delle PMI, così come i temi dell’efficienza nell’uso delle risorse e dell’adattamento ai cambiamenti climatici.

Per quanto concerne gli aiuti utilizzati nel periodo 2007/13, la Commissione rileva l’assenza di una sintetica valutazione sull’efficacia di tali aiuti. Il risultato di tale analisi, infatti, potrebbe determinare la necessità di dover razionalizzare il sistema di aiuti ed utilizzare nuove tipologie.

Le politiche nazionali

Per favorire l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, un tassello strategico dell'azione governativa sembra essere il potenziamento del Fondo di garanzia per le PMI, la cui finalità è quella di favorire l’accesso alle fonti finanziarie delle piccole e medie imprese mediante la concessione di una garanzia pubblica che si affianca e spesso si sostituisce alle garanzie reali portate dalle imprese. Un intervento significativo nella direzione del potenziamento del Fondo è stato realizzato con il D.L. 69/2913 (c.d. Decreto del fare), ed è volto a consentire l'accesso a una platea molto più ampia di piccole e medie imprese, tramite in particolare la revisione dei criteri di accesso per il rilascio della garanzia. Tali disposizioni sono state attuate con il decreto ministeriale 27 dicembre 2013.

La legge di stabilità per il 2014 (Legge n. 147/2013) ha assegnato 200 milioni per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016 al Fondo di garanzia a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione. Ha disposto, inoltre, che con apposita delibera del CIPE sono assegnati al Fondo di garanzia, a valere sul medesimo Fondo per lo sviluppo e la coesione, ulteriori 600 milioni. Con la predetta delibera CIPE sono emanate, nel rispetto delle vigenti modalità operative di funzionamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, specifiche direttive per assicurare il più ampio accesso delle piccole e medie imprese del Mezzogiorno agli interventi del Fondo, anche tramite l'individuazione di eventuali priorità di accesso alla garanzia tenuto conto dei soggetti beneficiari e delle operazioni finanziarie ammissibili.

E' stata inoltre resa operativa, con Decreto del 27 dicembre 2013 del Ministero dello Sviluppo Economico, la Sezione Speciale per l’imprenditoria femminile del Fondo di garanzia PMI che vede all’attivo 20 milioni di euro, che permetteranno di accedere a circa 300 milioni di euro di finanziamenti garantiti.

Misure volte prevalentemente a sostenere la creazione e lo sviluppo, attraverso migliori condizioni di accesso al credito, di piccole imprese possedute in prevalenza da giovani e da donne sono state previste con il D.L. 145/2013, c.d. Destinazione Italia, che ha riformato la disciplina degli incentivi all'imprenditorialità. Gli incentivi sono applicabili in tutto il territorio nazionale: viene infatti soppressa la disposizione che ne limitava l'applicazione alle aree svantaggiate del Paese. Tra gli elementi più significativi di novità vi è l'estensione dei benefici all'imprenditoria femminile .

 

Gli incentivi agli investimenti sono stati potenziati con la nuova "legge Sabatini", un nuovo strumento per accrescere la competitività del sistema produttivo del Paese e migliorare l’accesso al credito delle micro, piccole e medie imprese. Con il Decreto del Fare (D.L. n. 69/2013, articolo 2) sono stati previsti finanziamenti per l'acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature da parte di piccole e medie imprese. La previsione è stata attuata con il decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze del 27 novembre 2013. Lo strumento è rivolto alle Pmi, operanti in tutti i settori produttivi, inclusi agricoltura e pesca, che realizzano investimenti (anche mediante operazioni di leasing finanziario) in macchinari, impianti, beni strumentali di impresa e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, nonché investimenti in hardware, software e tecnologie digitali.

Politiche di sviluppo rurale, pesca e acquacoltura

Il documento del Governo

L’obiettivo tematico 3 interessa anche il settore agricolo, della pesca e dell’acquacoltura ed è finalizzato prioritariamente al miglioramento della competitività delle piccole e medie imprese del settore.

Analisi delle disparità e dei fabbisogni di sviluppo

Il documento riconosce la strategicità del comparto agricolo nella creazione di valore aggiunto - pur con una variazione media annua pari a – 0,11 per cento, esso ha un peso rilevante in termini di valore aggiunto, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno (3,8%), nelle province autonome di Trento e Bolzano, in Emilia Romagna ed Umbria, rispetto ad una quota nazionale del 2,2 per cento.

Nel periodo di crisi il settore si è caratterizzato per una reattività superiore agli altri comparti.

Nonostante questi dati il comparto primario soffre di crisi di redditività, continuando a rappresentare l’anello più debole; per 100 euro spese, ne restano all’agricoltura solo 20 euro. Ciò ha determinato una contrazione del reddito operativo agricolo; dal 2001 al 2011, la remunerazione si è ridotta a valori correnti del 68%. Il settore agricolo risulta, inoltre, fortemente penalizzato dalle variazioni dei prezzi alla produzione. L’agroalimentare registra un notevole grado di apertura ai mercati internazionali; nel 2011 era pari al 43,7% con un aumento di 2,3 punti percentuali rispetto al 2010. Il comparto registra un saldo commerciale positivo con le esportazioni che si attestano a 30,5 miliardi. L’apertura internazionale del Mezzogiorno rimane ancora relativamente modesta; l’unico sistema locale che nell’agroalimentare meridionale ha fatto registrare buone performance è quello di Nocera Inferiore, in Campania.

La struttura del settore agricolo rimane caratterizzata da dimensioni aziendali piccole. Nel decennio 2000-2010 si è registrata una contrazione del 32% del numero delle aziende agricole e della superficie agricola-aziendale complessiva. Le dimensioni medie aziendali sono aumentate, in particolare per la riduzione delle aziende nella classe dimensionale più piccola. Si è assistito, però, ad un aumento dei fenomeni di abbandono delle attività agricole nelle aree più marginali.

Permane tuttavia nell’agricoltura italiana una diffusa debolezza organizzativa. La cooperativa risulta la forma di aggregazione più utilizzata con risultati migliori al Nord rispetto al Sud. Particolarmente deboli risultano, poi, i servizi logistici di cui si avvale il comparto.

Le aziende agricole, per rispondere alle difficoltà competitive, diversificano l’attività, attraverso la fornitura di servizi di alloggio, ristorazione, degustazione dei prodotti agroalimentari.

Particolarmente sentita è stata, infine, la stretta creditizia e le difficoltà per le imprese del settore di ricorrere al finanziamento bancario.

Finalità dell’intervento

Su questo obiettivo sono state allocate il 42,4% delle risorse complessive del FEASR.

La finalità di questo obiettivo è il miglioramento della competitività del sistema imprenditoriale.

Si prevede che le azioni di sostegno trovino attuazione nel primo periodo di programmazione, per poi essere gradualmente sostituite dalle misure più indirizzate a promuovere trasformazioni strutturali.

Per il settore agroalimentare, l’azione si articolerà su due modalità:

a)   il sostegno all’evoluzione strutturale delle singole imprese, in direzione della sostenibilità ambientale, della qualità e salubrità della produzione, dell’innovazione e della sicurezza del lavoro. Esso prevederà:

§      il rafforzamento strutturale delle aziende agricole, promuovendo l’innovazione, l’accesso al mercato e al credito;

§      l’internazionalizzazione del settore agricolo,

§      il ricambio generazionale,

§      la salvaguardia del reddito aziendale.

b)   il potenziamento degli investimenti nelle filiere agricole, agroalimentari e forestali.

L’intervento sulle filiere sarà indirizzato verso tre categorie:

§      le filiere corte;

§      le filiere agricole con un forte radicamento territoriale

§      le filiere no-food.

 

Per il settore della pesca, viene riconosciuta come priorità la creazione di condizioni ottimali per lo sfruttamento sostenibile degli oceani, anche attraverso il riconoscimento del valore dei beni e dei servizi dell’ecosistema marino.

L’ammontare delle risorse del FEASR destinate a tale obiettivo è di 4.420 milioni di euro.

Osservazioni della Commissione

Le osservazioni della Commissione relative a tale obiettivo fanno riferimento prevalentemente alla necessità:

§      di affrontare le problematiche che impediscono lo sviluppo di un ambiente favorevole al funzionamento delle imprese;

§      di completare l’analisi in riferimento ai settori con i maggiori fabbisogni o a quelli in cui l’Italia presenta i maggiori vantaggi competitivi;

§      di verificare la coerenza sui dati presentati relativamente alle filiere agro-alimentari;

§      di affrontare le problematiche relative alla gestione dei rischi in agricoltura nonché quelle relative al sostegno ai giovani agricoltori;

§      di meglio focalizzare gli interventi a favore delle imprese del settore agricolo rispetto agli obiettivi del nuovo regolamento di sviluppo rurale;

§      di inserire i programmi relativi allo sfruttamento sostenibile delle acque marine e delle zone costiere nell’obiettivo tematico 6 (spostandolo dall’obiettivo tematico 3);

§      di chiarire cosa si intenda per miglioramento complessivo della competitività dei territori e per preferenza alle filiere con un forte radicamento e riconoscibilità territoriale;

§      di rivedere il testo trattando separatamente gli aspetti relativi alla pesca e all’acquacoltura.

Le politiche nazionali

L’esame dell’accordo di partenariato in XIII Commissione Agricoltura

La XIII Commissione Agricoltura ha esaminato lo scorso settembre 2013 il testo dell’accordo di partenariato, ascoltando in audizione il Sottosegretario Castiglione (audizione del 17 settembre 2013), ed approvando, il 25 settembre, la risoluzione conclusiva sulla politica di sviluppo rurale in relazione all’accordo di partenariato. La stessa Commissione ha inoltre, svolto un ciclo di audizioni sulla riforma della politica agricola comune, nel quale sono stati svolti approfondimenti in merito alla riforma della politica agricola rurale e all’accordo di partenariato.

L’accordo in Conferenza delle Regioni e delle Province autonome

In data 16 gennaio 2014 la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha approvato la proposta di riparto dei Fondi del FEASR.

Il documento si articola in una prima parte, dove si riepiloga la dotazione finanziaria del FEASR e le condizioni di utilizzo. A tal fine viene specificato che le risorse assegnate per il FEASR, per il periodo 2014-2020, sono pari a 10.429.710.767 euro, il cofinanziamento nazionale medio complessivo è pari al 50% con un cofinanziamento statale che si articola in una quota nazionale del 70 % per i programmi regionali, e del 100% per le misure nazionali. Il cofinanziamento regionale si articola, quindi in una quota pari al 30%.

Nelle premesse le regioni ritengono fondamentale risolvere alcune questioni che hanno creato problemi applicativi nella precedente fase di programmazione. Esse fanno riferimento:

§      alla necessità di escludere dal computo delle spese che concorrono ai vincoli del patto interno di stabilità la quota di cofinanziamento regionale;

§      alla necessità che venga confermato il riconoscimento dell’ammissibilità dell’IVA non recuperabile per i soggetti pubblici; nel caso in cui questo non risultasse confermato, le regioni chiedono l’istituzione di un fondo nazionale alimentato da risorse statale per assicurare la copertura dell’IVA;

§      al bisogno di riconoscere il contributo dell’agricoltura al mantenimento dei beni ambientali del Paese, attraverso la predisposizione di adeguate risorse finanziarie nell’ambito dei Fondo di sviluppo e coesione.

Per quanto riguarda la ripartizione dei Fondi FEASR, la proposta parte dalla constatazione della differente capacità di utilizzazione delle risorse europee tra le diverse regioni italiane; a tal fine si ritiene opportuno differenziare le percentuali di cofinanziamento comunitario e nazionale, abbassando le prime per i programmi che hanno dimostrato più efficienza nella spesa ed alzandolo nel caso opposto, mantenendo, quindi, invariato il rapporto “uno a uno” tra quote.

Pertanto, dalla quota complessiva di 20.859.421.534 euro, vengono sottratte le risorse occorrenti per attivare le misure nazionali:

§      rete rurale (100.003.534 euro);

§      gestione del rischio (1.640.000.000 euro): essa prevederà l’attivazione del “Fondo mutualistico” e delle misure di sostegno del reddito in caso di crisi;

§      biodiversità animale (200.000.000 euro), finalizzata. al miglioramento della biodiversità animale; ad una riorganizzazione del sistema dei controlli, da concordare con le regioni, al fine di ottimizzare i costi; la riorganizzazione del sistema allevatoriale, con la rivisitazione della legge n.30/1991, al miglioramento genetico delle razze animali;

§      piano irriguo (300.000.000 euro, per un totale di 2.240.003.543 euro).A tal fine saranno previsti interventi connessi alle strutture irrigue e non alla bonifica ambientale. Il piano dovrebbe realizzarsi con fonte di finanziamento differenziata tra Sud, nel quale dovrebbe intervenire il fondo per la coesione, ed il Centro Nord dove si prevede di intervenire con le risorse del FEASR.

Le restanti risorse (pari a 18.619.418.000 euro) sono assegnate alle regioni e province autonome secondo il metodo storico, con un aumento di spesa pari a 1,25% alle regioni convergenza e transizione, ad eccezione dell’Abruzzo la cui spesa pubblica aumenta del 4,85%.

I tassi di cofinanziamento comunitari sono così definiti:

§      cofinanziamento FEASR regioni competitività: 43,12%;

§      cofinanziamento FEASR regioni transizione: 48%;

§      cofinanziamento FEASR regioni convergenza: 60,50%.


 

Obiettivo tematico 4
(Energia sostenibile e qualità della vita)

 

Il documento del Governo

Sull’obiettivo tematico 4 sono allocati 4.323 milioni di euro, dunque oltre il dieci per cento delle risorse, dirette a contribuire all’investimento nel paradigma della cd. “comunità intelligente” (smart cities and communities) in ambito urbano e rurale.

La politica di coesione può concorrere, secondo l’Accordo di partenariato, agli obiettivi indicati dalla Strategia Energetica Nazionale (SEN) per quei profili che richiedono un forte contenuto di competenze e scelte territoriali che possono dare luogo a elevati benefici sullo sviluppo locale.

La SEN, che costituisce il riferimento principale per la pianificazione di settore (efficienza, rinnovabili, ecc.) in Italia, individua nella riduzione dei costi di approvvigionamento dell'energia da parte di famiglie e imprese, nel rafforzamento della sicurezza energetica del Paese, nell'aumento di produzione di energia da fonti rinnovabili e innovative e nel raggiungimento e superamento degli obiettivi ambientali indicati dall'Unione europea, i quattro obiettivi strategici per il 2020. A tali obiettivi dovrà concorrere il potenziamento delle infrastrutture di rete. Questi obiettivi sono finanziati con risorse ordinarie, che andranno coordinate con le risorse aggiuntive per evitare il rischio di spiazzamento, sovrapposizione o eccesso di incentivazione.

Il Documento governativo sottolinea dunque che la politica di coesione e la politica di sviluppo rurale dovranno concentrare le risorse sull'efficienza energetica, iniziando dalla riduzione dei consumi negli edifici e nelle strutture pubbliche o a uso pubblico. L’efficientamento energetico, da conseguire anche con l'integrazione di fonti rinnovabili di energia elettrica e termica, riguarderà anche le reti di illuminazione pubblica.

Al contempo, per massimizzare le ricadute economiche a livello territoriale, la politica di coesione e quella dello sviluppo rurale incentiveranno il risparmio energetico nelle strutture e nei cicli produttivi anche tramite l'introduzione di innovazioni di processo e di prodotto e agevolando la sperimentazione e la diffusione di fonti energetiche rinnovabili per l'autoconsumo.

Il sostegno alla produzione di energia nell'ambito delle politiche di coesione sarà principalmente orientata all'autoconsumo, ovvero la dimensione degli impianti dovrà essere commisurata ai fabbisogni energetici , e l'immissione in rete sarà incentivata solo nelle aree dove saranno installati sistemi di distribuzione intelligente dell'energia (smart grids).

Nell'ambito dello sviluppo rurale, in aggiunta all'autoconsumo, la produzione di energia potrà costituire anche una forma di diversificazione del reddito, in particolare nel settore agricolo, agro-alimentare e forestale, attraverso lo sfruttamento sostenibile delle bioenergie (gestione attiva delle foreste, riutilizzazione dei residui dei processi produttivi agricoli e agro-alimentari). Ulteriore priorità è da attribuire agli impianti di energia solare, termica e fotovoltaica, ma a condizione che si tratti di interventi di piccola e media dimensione, che non consumino suolo.

Sarà incentivata la valorizzazione energetica dei reflui zootecnici e delle altre deiezioni solide e liquide e dei residui delle filiere agricole e dell'agroalimentare, nonché di origine marina, in collegamento con i progressi ottenuti dalla ricerca. Sarà incentivata inoltre la valorizzazione delle biomasse forestali per l'approvvigionamento di piccoli e medi impianti per produzione combinata di calore ed energia.

In relazione alla produzione di energia ottenuta, dovrà essere progettata la realizzazione e l'estensione di smart grids nelle aree rurali.

Rientrano infine negli obiettivi di efficientamento energetico gli interventi di cogenerazione e trigenerazione, anche da fonte fossile, i cui benefici, insieme agli impatto derivanti dal risparmio energetico e alla costruzione di reti di teleriscaldamento e teleraffrescamento, miglioreranno la qualità dell'aria soprattutto dei centri urbani.

All'obiettivo di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni inquinanti per il miglioramento della qualità dell'aria rispondono anche gli interventi sul potenziamento dei servizi di mobilità collettiva sostenibile e di infomobilità, sia all'interno delle aree urbane che tra aree urbane e aree rurali, da inserire in strumenti di pianificazione finalizzati a disincentivare l'utilizzo del mezzo individuale.

Con la politica di coesione occorre potenziare la competitività del sistema produttivo attraverso il sostegno alla green economy, secondo le priorità definite negli obiettivi tematici 1 e 3.

Viene inoltre sottolineato che l'obiettivo tematico 4 contribuirà in misura significativa, ancorché non esclusiva, alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti ed inquinanti, e che in tale ambito rileveranno tutti gli interventi di carattere silvicolo o agronomico, sostenuti con le apposite misure agricole e forestali (inclusa la gestione attiva delle foreste) tese a ridurre le emissioni di carbonio, ma anche a salvaguardare i depositi di carbonio e ad incrementare il suo sequestro.

Osservazioni della Commissione

In relazione all’obiettivo tematico 4 la Commissione europea ha rileva la mancanza di un’analisi approfondita della situazione attuale e delle sfide da affrontare per allinearsi alla strategia UE 2020 sulla crescita sostenibile, tenendo conto in generale della produzione e del consumo di energia, e non solo dell’elettricità. Analogamente, la Commissione critica la mancanza di un'analisi circa la distanza dell'Italia rispetto agli obiettivi di Europa 2020 in materia di emissioni di CO2, né un'analisi circa le esigenze e le potenzialità. Viene inoltre auspicato che tale analisi copra le sfide e il potenziale di riduzione delle emissioni per settore da varie fonti (ad es. le emissioni di metano), nonché questioni di cattura del carbonio, tenendo conto delle specificità territoriali. Ulteriore mancanza sottolineata riguarda l’analisi dell’esperienza maturata durante l’attuale periodo di programmazione.

La Commissione obietta l’enfasi posta sui sistemi di illuminazione pubblica, che hanno un basso potenziale di risparmio energetico rispetto ad altri interventi. Tali interventi dovrebbero essere sostenuti solo all’interno di un progetto di riqualificazione urbana sostenibile.

Occorre inoltre secondo la Commissione sviluppare la sezione relativa al rinnovo di edifici pubblici, e inserire gli interventi di riqualificazione energetica di scuole all’interno dell’OT 4 anziché nell’OT 10 (Istruzione).

La Commissione richiede inoltre maggiori approfondimenti riguardo:

§       al sostegno agli interventi di efficienza energetica nelle imprese;

§       ai meccanismi di finanziamento adattati al settore dell’energia (ad esempio i servizi energetici e gli strumenti finanziari);

§       alle priorità nella promozione delle fondi di energia rinnovabile;

§       al sostegno delle bioenergie e ai potenziali impatti ambientali;

§       al sostegno alla cogenerazione (i fondi non devono sostenere la realizzazione di nuovi impianti basati su combustibili fossili);

§       allo sviluppo di reti intelligenti (i fondi non dovrebbero intervenire su infrastrutture di trasmissione ad alta tensione).

 

Per quanto riguarda i trasporti urbani, l’Accordo propone un aumento considerevole delle risorse rispetto al precedente periodo di programmazione, ma l’analisi risulta inadeguata secondo la Commissione UE.

La Commissione richiede inoltre che il sostegno al trasporto urbano sia attuato solo in presenza di strumenti di pianificazione della mobilità urbana che pongano al centro dell’azione il concetto di sostenibilità e dunque la riduzione di CO2.

A livello di azioni, occorre dai priorità ai sistemi di trasporto intelligenti (in particolare alla bigliettazione elettronica integrata), a interventi per il controllo del traffico e per la gestione della flotta.

Rispetto alla normativa nazionale, la Commissione segnala che:

§       il D.P.C.M. 11 marzo 2013 deve essere indicato nell’Accordo come quadro di riferimento per gli interventi nel settore del trasporto urbano sostenibile;

§       le autorità italiane dovrebbero adottare il decreto sui sistemi elettronici di biglietteria (secondo l’art. 9 del cd. Decreto crescita 2.0).

 

Le politiche nazionali

Gli interventi nel settore energetico attuati dall’inizio della legislatura hanno come obiettivo prioritario la riduzione dei prezzi dell’energia per imprese e famiglie, in coerenza con la Strategia Energetica Nazionale.

Si ricordano ad esempio gli interventi in materia di liberalizzazione e incremento della concorrenza contenuti nel D.L. n. 69/2013 (c.d. del Fare), in cui viene limitato il servizio di tutela gas ai soli clienti domestici, viene velocizzato l'avvio delle prime gare di distribuzione del gas per ambiti territoriali. Lo stesso decreto, per ridurre le bollette elettriche, interviene sulle tariffe Cip6 e destina le risorse derivanti dall’estensione della Robin alla riduzione della componente A2 della bolletta elettrica.

La riduzione delle bollette elettriche è il principale obiettivo in materia energetica affrontato con il D.L. n. 145/2013 "Destinazione Italia", in cui si cerca di diminuire l'incidenza sulle bollette della componente A3, riguardante il costo dell'incentivazione per le fonti rinnovabili, modificando i prezzi di ritiro dedicato e proponendo ai produttori di rinnovabili un'alternativa tra una rimodulazione dell'incentivo, ovvero la fruizione fino al termine dell'incentivo spettante, con la limitazione che, nei dieci anni successivi alla scadenza del termine, gli interventi realizzati sullo stesso sito non avranno diritto ad ulteriori agevolazioni.

 

Per quanto riguarda le emissioni di CO2, si ricorda che un’analisi complessiva del percorso dell’Italia nella riduzione dei gas climalteranti è contenuta nella delibera CIPE 8 marzo 2013, n. 17, con la quale è stato aggiornato il piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione di gas a effetto serra, nonché nel cosiddetto “Allegato Kyoto” al DEF 2013 presentato al Parlamento nell’aprile 2013.

 

Per quanto riguarda i trasporti urbani, si rinvia alla trattazione all’interno dell’OT 7.


 

Obiettivo tematico 5
(Clima e rischi ambientali)

 

Il documento del Governo

Nell’obiettivo tematico 5 sono presentate le linee di indirizzo strategico sul clima e sui rischi ambientali, finalizzate alla promozione di interventi e azioni per favorire l’adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi.  

La consapevolezza della condizione di fragilità del territorio in merito alle conseguenze degli eventi meteo-climatici o di origine sismica è alla base degli indirizzi contenuti nella Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che è stata sottoposta alla consultazione pubblica. Conseguentemente, il documento presenta i seguenti interventi raggruppati a seconda delle diverse finalità:

§       riduzione del rischio idrogeologico e di erosione costiera:

   integrazione degli strumenti di mappatura dei rischi all’interno del piano di gestione[15] previsto dalla direttiva 2007/60/CE, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni, recepita dal D.Lgs. n. 49 del 2010;

§       misure di adattamento ai cambiamenti climatici e riduzione dei processi di desertificazione:

-        gestione attiva del territorio, in cui il documento ricomprende interventi di forestazione, nonché “forme di agricoltura sostenibile”, attraverso investimenti nelle imprese con finalità non produttive, nonché di manutenzione straordinaria delle reti di bonifica interaziendale;

-        azioni agro-climatiche-ambientali e silvo-ambientali, finalizzate ad incentivare colture e pratiche agricole e zootecniche per la razionalizzazione di prelievi e consumi e per l'aumento di sostanza organica nel suolo, nonché azioni volte a contrastare gli effetti degli squilibri climatici. Tali azioni dovranno essere sostenute presso le imprese agricole e forestali con programmi di assistenza tecnico-economica, divulgazione delle informazioni, adeguamento della rete irrigua alle esigenze derivanti dai cambiamenti climatici.

Il documento, inoltre, fa riferimento a ulteriori interventi volti a ridurre il rischio di desertificazione attraverso la necessità di garantire una disponibilità più diffusa di acqua a scopi irrigui. Ciò potrà dipendere, tra l’altro, dalla creazione di nuovi bacini di accumulo di piccola e media dimensione, dall’adozione, a livello aziendale, di varietà più resistenti agli stress idrici, da tecniche agricole mirate al risparmio dell'acqua e alla preservazione di una efficiente struttura del suolo, nonché da investimenti contro il rischio di salinizzazione delle falde, per evitare l'eccessivo sfruttamento delle stesse e favorire la diversificazione dell'approvvigionamento irriguo;

§       riduzione del rischio incendi:

-        gestione attiva delle superfici agricole e forestali (prevenzione e riduzione della propagazione del fuoco, corretta gestione delle superfici pascolive, soprattutto quelle adiacenti alle aree boscate, prevenzione e ripristino delle foreste danneggiate dagli incendi);

§       riduzione del rischio sismico:

-        definizione delle priorità di intervento per la messa in sicurezza degli edifici strategici, funzionali anche alla riduzione del rischio vulcanico, e la  realizzazione di sistemi di prevenzione, attraverso l’individuazione delle zone più a rischio (studi di microzonazione sismica).

 

In questo quadro il documento prospetta tre risultati attesi:

§       la riduzione del rischio idrogeologico e di erosione costiera, finanziato con il FESR e il FEASR; come indicatori di risultato viene prospettata la popolazione esposta a rischio frane e a rischio alluvione per comune;

§       la prevenzione e la mitigazione dei cambiamenti climatici, nonché la riduzione del rischio dì desertificazione, finanziati con il FEASR; come indicatori di risultato vengono prospettate la superficie forestale e la superficie agricola sotto contratto agro-climatico-ambientale finalizzata a ridurre il rischio dì desertificazione, alla riduzione di gas climalteranti ed inquinanti e al sequestro di carbonio (sul punto il documento precisa che l’indicatore non è attualmente disponibile con la necessaria disaggregazione territoriale). In proposito, la Commissione europea, nelle sue osservazioni informali di cui si parlerà nel prosieguo rileva, tra l’altro, che trattare il tema della mitigazione dei cambiamenti climatici nell'obiettivo tematico è inappropriato, in quanto tale obiettivo si riferisce all'adattamento, e che indicatori più pertinenti potrebbero essere "la percentuale di zone sotto stress idrico secondo l'indice di sfruttamento dell'acqua (Water Exploitation Index - Wei+) sviluppato assieme agli Stati membri nell'ambito della Strategia comune di attuazione della direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE, recepita con il d.lgs. 152/2006), così come "la quantità di acqua utilizzata per l’irrigazione" (osservazione n. 144);

§       la riduzione del rischio incendi e del rischio sismico finanziato con il FESR e il FEASR; come indicatori di risultato vengono prospettati la percentuale di superficie forestale percorsa dal fuoco e l’indice di rischio sismico per la vita umana.

 

Merita segnalare quanto il documento afferma con riguardo all’esperienza dei due precedenti cicli di programmazione dei fondi europei laddove sottolinea che l’efficacia degli interventi, in generale, ma segnatamente nella prevenzione dei rischi ambientali, in assenza di una strategia generale è destinata a colmare i vuoti della politica ordinaria, soprattutto nel Mezzogiorno, con risultati modesti rispetto all’obiettivo finale.

Per quanto concerne le risorse, nell’OT 5 vengono allocati complessivamente circa 2,7 miliardi (0,8 dal FESR e circa 1,9 miliardi dal FEASR).

Osservazioni della Commissione

Di seguito sono riportate le principali ulteriori criticità rilevate da parte della Commissione europea a proposito dell’obiettivo tematico in questione.

In primo luogo, la Commissione evidenzia che l’analisi delle disparità, delle esigenze di sviluppo e del potenziale di crescita sembra essere insufficiente a coprire interamente le esigenze di sviluppo e il potenziale di crescita dell’obiettivo tematico (osservazione 9) e che non tutti i principali rischi sono presi in considerazione (rischi industriali o incendi boschivi). Eventuali variazioni del fabbisogno idrico o dei rischi naturali non sono, inoltre, affrontati (osservazione n. 40). La Commissione raccomanda che l’accordo di partenariato si occupi di questioni di particolare gravità, quali l'erosione costiera, l'innalzamento del livello del mare e la prevenzione dei rischi naturali connessi (osservazione n. 42). La Commissione rileva che i dati non si estendono ai bisogni del settore agricolo, relativamente a fenomeni quali la desertificazione, gli eventi climatici estremi, gli incendi boschivi, l’erosione del suolo, le inondazioni (osservazione n. 41), e che risulterebbe, altresì, pertinente un riferimento all’utilizzo di razze e varietà agricole tradizionali (osservazione n. 43).

Quanto agli obiettivi tematici e ai risultati attesi, la Commissione rileva che la scelta di allocare nell'obiettivo tematico un importo marginale di risorse dei Fondi ESI, ad eccezione di quelle rese disponibili dal FEASR, dovrebbe essere riesaminata, alla luce anche delle specificità dell'Italia come paese mediterraneo (osservazione n. 139). La Commissione fa presente, inoltre, che nell’obiettivo tematico potrebbero essere previste le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) concernenti la mitigazione e l'adattamento climatico, ad esempio i sistemi di allarme volti a prevenire inondazioni o ondate di calore (osservazione n. 143).

Da ultimo, ai fini della valutazione dell'adempimento delle condizionalità ex ante, la Commissione precisa che una strategia nazionale sui mutamenti climatici è tuttora mancante e che le sue valutazioni saranno effettuate solo dopo che la valutazione nazionale dei rischi sarà stata completata e adottata, valutazione che dovrebbe essere correlata alla strategia di adattamento ai cambiamenti climatici (osservazione 286).

Le politiche nazionali

Nel corso della XVII legislatura, i principali interventi per la difesa del suolo e la messa in sicurezza del territorio sono contenuti nella legge di stabilità per il 2014.

Per consentire il rapido avvio nel 2014 di interventi di messa in sicurezza del territorio, il comma 111 dell’articolo unico della legge n. 147 del 2013 destina ai progetti immediatamente cantierabili le risorse già esistenti (nel limite massimo di 1,4 miliardi di euro) e autorizza un finanziamento aggiuntivo di 180 milioni di euro per il triennio 2014-2016, così ripartito: 30 milioni per il 2014, 50 milioni per il 2015 e 100 milioni per il 2016.

Il comma 7 del citato articolo unico destina quota parte (senza specificarne l’ammontare) delle risorse del FSC (Fondo Sviluppo e Coesione) al finanziamento degli interventi di messa in sicurezza del territorio, di bonifica di siti d'interesse nazionale e di altri interventi in materia di politiche ambientali. Si prevede, inoltre, che le risorse del Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, con una dotazione finanziaria di 30 milioni di euro per il 2014, siano prioritariamente destinate ad interventi di messa in sicurezza del territorio (comma 379).

Per quanto riguarda l’attività parlamentare in corso, si segnala che le Commissioni riunite VIII (Ambiente) e XIII (Agricoltura) stanno esaminando alcuni progetti di legge volti alla valorizzazione delle aree agricole e al contenimento del consumo di suolo (A.A.C. 902, 948, 1176, 1909 e 2039). Ulteriori proposte di legge sulla tematica del consumo di suolo e la rigenerazione urbana sono, altresì, all’esame della Commissione ambiente (A.A.C. 70, 150, 392, 1050, 1128, 1322).

La V Commissione (Bilancio) ha, inoltre, avviato l'esame della proposta di legge n. 1233 , volta ad escludere dai vincoli del patto di stabilità interno le spese sostenute dagli enti territoriali per interventi di messa in sicurezza, manutenzione e consolidamento di territori esposti a eventi calamitosi, nonché per interventi strutturali finalizzati ad agevolare la riduzione del rischio sismico, idraulico e idrogeologico, per minimizzare gli impatti sulla popolazione di eventi calamitosi.

Si consideri, infine, che la Commissione ambiente ha recentemente avviato l’esame del disegno di legge recante disposizioni per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (collegato alla legge di stabilità 2014 - A.C. 2039), che reca una serie di misure in materia ambientale, tra le quali specifiche disposizioni in materia di difesa del suolo.


 

Obiettivo tematico 6
(Tutela dell’ambiente e valorizzazione delle
risorse culturali e ambientali)

 

Il documento del Governo

L’obiettivo tematico 6 può essere suddiviso in due filoni di interventi finalizzati:

§       a garantire servizi essenziali per i cittadini, in particolare quelli di gestione dei rifiuti e delle risorse idriche;

§       a tutelare e promuovere il patrimonio naturale e culturale e a rafforzare il sistema turistico.

Rifiuti, bonifiche e risorse idriche

Il miglioramento della quantità e qualità dei servizi ambientali, segnatamente gestione dei rifiuti e delle risorse idriche, rappresenta una politica da perseguire su tutto il territorio nazionale, ma soprattutto nel Mezzogiorno dove le distanze dagli standard minimi di servizio sono più elevati e dove gli sforzi della programmazione 2007-2013 non hanno portato ai risultati attesi.

Gli interventi ritenuti prioritari in questi settori sono sostanzialmente due: da un lato la definizione di nuovi assetti di governance, dall’altro l’introduzione di sistemi tariffari stabili e certi e capaci di razionalizzare gli usi.

Con riferimento alla gestione dei rifiuti, l’obiettivo è quello di ridurne quantità e pericolosità, seguendo le priorità indicate dalla gerarchia europea di gestione dei rifiuti che privilegia la prevenzione e considera come opzione residuale lo smaltimento in discarica. In quest’ottica occorre:

§       per i rifiuti urbani, favorire l'innovazione dei processi produttivi per generare meno rifiuti durante tutta la vita del prodotto, nonché promuovere modalità di consumo che minimizzino l'utilizzo degli imballaggi;

§       per i rifiuti speciali, favorire il recupero dei materiali e la diminuzione dello sfruttamento di materie prime mediante la creazione di reti di riutilizzo e di riparazione e di impianti a servizio di sistemi e imprese.

 

Riguardo ai siti contaminati, viene auspicato un intervento della politica di coesione per la loro bonifica ed il recupero a fini produttivi, favorendo così occupazione e riduzione del consumo di suolo.

 

Con riferimento alle risorse idriche viene ritenuto prioritario un potenziamento delle infrastrutture per conseguire maggiore efficienza del servizio idrico integrato, un più razionale utilizzo delle risorse e il riutilizzo delle acque trattate nei settori agricolo e industriale. In particolare, occorre ammodernare le reti di adduzione e distribuzione soprattutto per ridurre le perdite, nonché approntare un efficace monitoraggio della gestione.

Osservazioni della Commissione

Riguardo alla gestione dei rifiuti e delle risorse idriche, la Commissione UE critica (osservazioni nn. 44, 49 e 52) la mancanza di un’analisi del deficit da colmare e sui risultati della programmazione in corso.

Osservazioni specifiche (nn. 46-48) vengono poi avanzate riguardo l’assenza di analisi circa la situazione dell'ambiente marino e costiero, sulle politiche della pesca e, relativamente all’irrigazione, la mancanza di indicazioni sulle necessità di intervento differenziate per zone geografiche (anche alla luce di un eventuale programma nazionale).

Le politiche nazionali

Relativamente all’obiettivo di migliorare la governance dei settori idrico e dei rifiuti, la normativa emanata nel corso della presente legislatura non ha adottato alcuna innovazione. Le proroghe disposte dall’art. 13 del decreto-legge n. 150/2013 hanno anzi allungato i tempi entro i quali il comparto si sarebbe dovuto adeguare alla disciplina dei servizi pubblici locali introdotta dal D.L. n. 179/2012. In particolare l’art. 13 consente fino al 31 dicembre 2014, a specifiche condizioni, la prosecuzione di gestioni di servizi non conformi agli orientamenti dell'Unione europea, che dovevano invece cessare entro il 31 dicembre 2013; inoltre sposta nel tempo, fino al 31 dicembre 2014, gli effetti della mancata istituzione o designazione di enti di governo di ambiti o bacini ottimali per lo svolgimento di servizi a rete, che doveva essere effettuata entro il 30 giugno 2012.

 

Quanto al servizio di gestione dei rifiuti si segnala l’emanazione dei criteri ambientali minimi per il suo affidamento, dettati dal recente D.M. Ambiente 13 febbraio 2014.

 

Con riferimento all’esigenza di introdurre sistemi tariffari stabili e certi e capaci di razionalizzare gli usi, nel corso della legislatura è stata riformata nuovamente la disciplina relativa alla tassazione del servizio rifiuti, mediante la sostituzione della TARES con la TARI (operata dalla legge di stabilità 2014).

Dal 1° gennaio 2014 è inoltre entrato in vigore il nuovo metodo tariffario idrico approvato dall'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico (AEEGSI), che i vari Enti d'ambito o gli altri soggetti competenti dovranno utilizzare per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato per gli anni 2014 e 2015. Le regole sono contenute nella delibera 27 dicembre 2013, n. 643/2013/R/IDR che sostituisce il "metodo transitorio" definito dall'Autorità per il 2012 e 2013 (delibera 28 dicembre 2012 585/2012/R/IDR), dopo che il referendum di giugno 2011 abrogando in parte l'articolo 154, comma 1, del D.Lgs. 152/2006, aveva eliminato dai principi per la determinazione della tariffa quello dell’”adeguatezza della remunerazione del capitale investito” dal gestore. con deliberazione 27 dicembre 2013, n. 643/2013/R/IDR.

In materia di risorse idriche si sottolinea che l’art. 1, comma 112, della legge di stabilità 2014 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente, un Fondo per il finanziamento di un piano straordinario di tutela e gestione della risorsa idrica, con una dotazione di complessivi 90 milioni di euro per il triennio 2014-2016.

 

Si segnala infine il comma 7 dell’art. 1 della legge di stabilità 2014 che destina quota parte delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) al finanziamento degli interventi di messa in sicurezza del territorio, di bonifica di siti di interesse nazionale (SIN), e di altri interventi in materia di politiche ambientali, nonché la nuova disciplina per la bonifica dei SIN dettata dall’art. 4 del D.L. n. 145/2013 (c.d. destinazione Italia).

Osservazioni della Commissione

La Commissione europea sottolinea (osservazioni nn. 152 e 247) che le allocazioni del FESR all'interno dell'OT6 sembrano eccessivamente sbilanciate verso il patrimonio culturale/naturale, mentre la copertura degli interventi ambientali necessari, cui secondo la Commissione occorre dare priorità, potrebbe essere insufficiente.

Viene poi osservato (nn. 153-154) che l’Accordo dovrebbe esplicitare che gli investimenti per la realizzazione di infrastrutture di base per la gestione delle acque e dei rifiuti da parte del FESR saranno limitati alle regioni meno sviluppate.

Quanto agli investimenti per la gestione dei rifiuti e delle acque, la Commissione richiede (osservazioni nn. 159 e 163) che siano forniti criteri chiari di demarcazione tra il FESR, il FEASR e il FEAMP. Viene altresì ricordato, in materia di risorse idriche (osservazione n. 160), che il FESR non deve finanziare le operazioni di monitoraggio, ma piuttosto l’infrastrutturazione.

In materia tariffaria la Commissione richiede l’adozione di strumenti adeguati a garantire il principio “chi inquina paga”, il recupero dei costi per tutti gli impieghi dell’acqua, nonché l’incentivazione all’uso efficiente delle risorse idriche (osservazioni nn. 263 e 287).

La Commissione inoltre segnala criticità (osservazioni nn. 287-288) relative alle carenza della pianificazione nei bacini idrici e all’inadeguatezza di alcuni piani regionali di gestione dei rifiuti.

La Commissione auspica (osservazioni n. 161 e 166) un maggiore dettaglio di analisi per questioni come la qualità del suolo, dell'aria, della gestione foreste e lo sfruttamento sostenibile delle acque marine e delle zone costiere.

Sul tema delle bonifiche la Commissione (osservazione n. 162) richiede l’indicazione delle condizioni che saranno applicate per il finanziamento degli investimenti.

Le politiche nazionali

Relativamente alla pianificazione nei settori delle acque si evidenziano le disposizioni contenute nel collegato ambientale (art. 22 dell’A.C. 2093). In materia di rifiuti si segnala che, in attuazione dell’art. 29 della direttiva quadro sui rifiuti (direttiva 2008/98/CE), il Ministero dell'ambiente ha emanato il decreto direttoriale 7 ottobre 2013 di adozione e approvazione del Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti (PNPR) che individua specifici obiettivi di prevenzione al 2020.

Si segnala, infine, che sono in corso di esame presso la Commissione ambiente le risoluzioni 7/00185 e 7/00195, volte a impegnare il Governo a destinare le risorse disponibili nell’ambito della programmazione dei fondi strutturali ad alcuni interventi in materia ambientale, tra i quali la messa in sicurezza del territorio e la bonifica dei siti inquinati.

Patrimonio naturale-culturale e sistema turistico

Il documento del Governo

Relativamente al secondo obiettivo strategico viene evidenziata la necessità di attuare una gestione sostenibile ed integrata della risorsa suolo e di difendere l’assetto idrogeologico (obiettivo centrale dell’OT 5).

Obiettivi centrali sono individuati nel miglioramento dello stato di conservazione della “Rete Natura 2000” e nella salvaguardia della biodiversità legata al paesaggio rurale, in sintonia con la Strategia Nazionale per la Biodiversità approvata ad ottobre 2010. . Sugli asset naturali, verranno attivate azioni a difesa della biodiversità, in coerenza con le Linee guida per la biodiversità agraria. Saranno attivate misure compensative di sostegno al reddito delle aziende che si trovano in aree rurali svantaggiate.

Sempre in tema di biodiversità viene ritenuto prioritario ridurre la frammentazione degli habitat e mantenere/ripristinare le infrastrutture verdi[16], nonché valorizzare i progetti del programma europeo LIFE.

Viene altresì evidenziata l’importanza di valorizzare le risorse culturali e naturali (si fa in particolare riferimento a parchi e aree protette), migliorando le condizioni di offerta e fruizione del patrimonio in modo da promuovere processi di sviluppo territoriale.

Quanto alle risorse, nell’OT 6 vengono allocati complessivamente 3,7 miliardi (2,7 dal FESR e circa 1 miliardo dal FEASR).

Con specifico riferimento alla valorizzazione delle risorse culturali, lo schema di Accordo evidenzia che si intende attuare una strategia in discontinuità rispetto a quella sperimentata nel ciclo di programmazione 2007-2013, che è stata caratterizzata, fra l’altro, da una cooperazione istituzionale e tecnica inefficace, da una forte frammentazione degli interventi, da una carenza generalizzata di progetti di qualità, da difficoltà e lentezza nella realizzazione.

Nel nuovo ciclo di programmazione occorrerà, dunque, puntare a rigore e rapidità nella programmazione e nella messa in opera, alla chiarezza degli obiettivi, alla cooperazione fra gli attori del processo, alla garanzia di valori di legalità e trasparenza, e occorrerà tener conto della concentrazione di attrattori culturali e naturali, dell’accessibilità e fruibilità dei luoghi, nonché della capacità di attivare integrazioni e sinergie fra il tessuto culturale e sociale e il sistema economico.

Per la misurazione del risultato si prevede l’utilizzo di un indicatore relativo agli indici di domanda culturale del patrimonio statale e non statale, elaborato da Mibact e Istat.

In materia si ricorda che l’attivazione dell’agevolazione prevista dall’art. 9 del D.L. n. 145/2013 (L. n. 9/2014) – relativa alla possibilità di attivare un credito di imposta per gli esercizi commerciali che effettuano vendita di libri al dettaglio, riguardante l’acquisto di libri di lettura, anche digitali, da parte degli studenti degli istituti di istruzione secondaria di secondo grado - avverrà a seguito della definizione della programmazione 2014/2020 dei fondi strutturali comunitari e previa individuazione di tale misura all’interno del pertinente programma operativo nazionale, a seguito della verifica della coerenza con le linee di intervento in essa previste e dell’approvazione della Commissione europea.

 

L’Accordo individua nel turismo un punto di forza del territorio italiano. Superando i limiti delle precedenti programmazioni, si intende guardare al prodotto turistico nella sua complessità e diversità rispetto agli altri prodotti. industriali, tenendo conto della stretta relazione e complementarietà tra le risorse del territorio e il sistema delle imprese, con una strategia coerente con il principio di "specializzazione intelligente" in grado di sfruttare le potenzialità del territorio e sostenere percorsi di crescita sostenibile. L'industria turistica è, inoltre, largamente dominata da piccole e medie imprese che per sopravvivere, in un mercato globalizzato e sempre più competitivo, devono essere incentivate ad aumentare la produttività e riprendere quote di mercato.

Dall'analisi delle principali dinamiche del mercato turistico emerge il fallimento dei modelli gerarchici di gestione della destinazione sperimentati negli ultimi anni, nonché la necessità di favorire l'interazione e la cooperazione continua tra i diversi attori pubblici e privati operanti sul territorio. Con il nuovo ciclo di programmazione si intende, pertanto, migliorare la competitività e la capacità di attrazione delle destinazioni turistiche, promuovendo modelli reticolari di gestione della destinazione, sostenendo la partecipazione, la cooperazione e lo scambio tra attori pubblici e privati operanti nella filiera.

Condizione di efficacia delle politiche sono, pertanto, i processi di aggregazione e integrazione tra imprese nella costruzione di un prodotto turistico unitario e nella sperimentazione di modelli innovativi. Si sostiene la competitività delle imprese attraverso interventi di qualificazione dell'offerta e innovazione di prodotto/servizio, strategica ed organizzativa; si promuove l'accesso e il trasferimento delle conoscenze nonché la qualificazione del capitale umano.

L’accordo specifica che gli interventi riferiti al Sistema turistico sono contabilizzati nell'ambito degli Obiettivi tematici 1, 2 e 3. Il riferimento è di natura puramente contabile, stante la necessità di garantire una governance unitaria agli interventi sul Sistema turistico coerentemente con le previsioni dell'OT 6.

Osservazioni della Commissione

La Commissione rileva, tra l’altro, che gli investimenti relativi alle priorità 6.7, 6.8 e 6.9 (miglioramento delle condizioni e standard di offerta e fruizione del patrimonio nelle aree di attrazione naturale) dovrebbero essere finanziati nel quadro dell’obiettivo tematico 8.

La Commissione, inoltre, lamenta la mancata inclusione delle questioni relative all'ambiente urbano (osservazione n. 50).

La Commissione ha segnalato (osservazione n. 267) che lo schema di Accordo non affronta le possibili sinergie, fra l’altro, con i programma Europa creativa ed Erasmus+.

Riguardo al tema della biodiversità, la Commissione rileva l’assenza di una analisi dello status della rete “Natura 2000” (osservazione n. 45). In proposito si ricorda la recente messa on line, da parte del Ministero dell’ambiente, del sito www.naturaitalia.it, cha raccoglie informazioni sul patrimonio di biodiversità esistente in Italia e sulla sua conservazione, nonché una mappa delle aree naturali (anche marine) protette e dei parchi naturali presenti in Italia.

Quanto a ulteriori profili riguardanti l’agricoltura, la Commissione rileva che la  tendenza alla monocultura e all’abbandono dell’agricoltura estensiva devono essere suffragate da dati specifici (osservazione n. 51).

La Commissione sottolinea che il FESR non potrà sostenere eventi culturali e turistici considerati a basso valore aggiunto. Il sostegno sarà fornito soltanto per interventi strutturali in grado di avere un impatto economico strutturale (osservazione n. 172), e soprattutto che gli aiuti nel settore del turismo, che dovrebbero essere innovativi, rientrano nell'OT 3 (osservazione n. 175).

Essa valuta poi troppo vago il riferimento a una "strategia di specializzazione intelligente" per il turismo e il patrimonio culturale (osservazione n. 172).

Si segnala che la Commissione attività produttive della Camera dei deputati ha approvato la Risoluzione 7/00211 (Mucci) che, prendendo le mosse dall’Accordo di partenariato in esame, punta ad impegnare il Governo a prevedere lo sviluppo di dorsali cicloturistiche sul territorio nazionale ed altri progetti in materia di turismo sostenibile, a promuovere la conversione dei distretti industriali in APEA (area produttiva ecologicamente attrezzata) e ad incentivare la mobilità sostenibile e i veicoli elettrici.


 

Obiettivo tematico 7
(Mobilità sostenibile di persone e merci)

 

Il documento del Governo

L’Accordo di partenariato si concentra, con riferimento alla descrizione della situazione attuale per quel che concerne mobilità sostenibile di persone e di merci, sulla situazione del trasporto pubblico locale (TPL). Al riguardo viene evidenziato che la domanda effettiva di TPL mostra una dinamica complessiva positiva tra il 2005 e il 2011, con incrementi notevoli al Centro-nord (Piemonte, Lombardia, Trento e Bolzano, Lazio), cui fa però fronte una riduzione in alcune regioni del Mezzogiorno (Campania, Calabria e soprattutto Sicilia).

L’utilizzo del TPL rimane comunque inferiore rispetto alla media europea.

L’offerta potenziale (misurata come migliaia di posti-km disponibili per l’insieme dei mezzi di superficie e delle linee metropolitane per abitante) è nelle regioni del Mezzogiorno in media inferiore a quella del Centro-Nord. Anche le aree a maggior densità urbana raggiungono livelli di copertura dell’utenza molto distanti rispetto a Lombardia, Lazio, Piemonte e Veneto.

In generale le debolezze del sistema trasportistico italiano sono indicate nello sbilanciamento modale, nei livelli di sicurezza e nelle esternalità ambientali negative.

 

In questo quadro il documento prospetta cinque risultati attesi:

§      il potenziamento dell’offerta ferroviaria e la qualificazione del servizio (completamento infrastrutture ferroviarie e miglioramento interoperabilità), da finanziare attraverso il FESR; come indicatori di risultato sono previsti l’incremento della capacità potenziale treni/giorno e la riduzione dei tempi di percorrenza;

§      l’aumento della competitività del sistema portuale e interportuale (anche con riferimento all’ottimizzazione della filiera procedurale anche doganale e il miglioramento dell’interoperabilità dei supporti tecnologici), da finanziare attraverso il FESR e il FEAMP; come indicatori di risultato sono previste le tonnellate di merci sbarcate e imbarcate per tipologia di traffico e l’efficienza dei processi autorizzativi;

§      l’integrazione modale e il miglioramento dei collegamenti multimodali, da finanziare attraverso il FESR; come indicatori di risultato sono previsti il traffico ferroviario generato da porti, interporti e aeroporti;

§      il rafforzamento delle connessioni con la rete globale delle aree rurali, delle aree interne ed insulari (con riferimento anche alla continuità territoriale), da finanziare attraverso il FESR; come indicatori di risultato è previsto l’indice di accessibilità (il tempo di percorrenza verso i nodi urbani per tipologia di area);

§      l’ottimizzazione del sistema aeroportuale, con il contributo alla realizzazione del cielo unico europeo, da finanziare attraverso il FESR; come indicatori di risultato sono previsti il numero di passeggeri e le tonnellate cargo.

 

Al riguardo il documento segnala l’opportunità di attuare politiche volte ad una regolazione pro competitiva del settore; alla promozione dei sistemi di trasporto intelligente (con attenzione all’ottimizzazione della filiera doganale); alla concentrazione degli interventi sui quattro corridoi TEN-T, all’ampliamento del ricorso al project financing. Ciò dovrà avvenire in raccordo con il programma delle infrastrutture strategiche come delineato nell’undicesimo Allegato infrastrutture al Documento di economia e finanza. Un carattere prioritario viene comunque riconosciuto al completamento della direttrice ferroviaria Napoli-Bari-Lecce/Taranto, già oggetto di attenzione nell’ambito del piano azione e coesione.

 

Il documento rileva la necessità di fare tesoro dell’esperienza maturata nel precedente ciclo di programmazione 2007-2013. Di questo vengono indicate come esperienze negative l’esito deludente di molti dei progetti di grandi dimensioni promossi dai programmi regionali e dal programma nazionale reti e mobilità, per la debolezza del quadro istruttorio e la lentezza dei processi autorizzativi, attuativi e di costruzione del consenso. Come esperienza positiva è segnalata quella dei contratti istituzionali di sviluppo sottoscritti in attuazione del piano di azione e coesione riguardanti le grandi direttrici ferroviarie del Sud, in primo luogo le direttrici Napoli-Bari-Lecce-Taranto, Salerno-Reggio Calabria e Messina-Catania-Palermo e l’itinerario stradale Sassari-Olbia.

 

L’Accordo non prevede in connessione alla realizzazione dell’obiettivo tematico, specifici programmi operativi nazionali riguardanti tutte le regioni, le relative azioni potrebbero quindi confluire nell’ambito del programma operativo nazionale “Governance, reti e progetti speciali e assistenza tecnica in attuazione di risultati dell’obiettivo tematico 11 [capacità istituzionale e amministrativa] e a supporti di altri risultati di diversi obiettivi tematici” e nel programma operativo nazionale “Città metropolitane” nonché dei programmi nazionali/multi regionali concernenti infrastrutture e reti, che però opereranno solo nelle regioni in transizione e meno sviluppate. Le azioni in materia di mobilità sostenibile di persone e di merci potrebbero essere sviluppate anche all’interno dei programmi operativi regionali.  

 

All’obiettivo sono destinati 1.696.000.000 euro ricavati dal FESR, interamente destinati alle regioni meno sviluppate. Peraltro da un confronto tra le risorse allocate nei diversi settori nella programmazione 2014-2020 e in quella precedente 2007-2013 si ricava che le risorse allocate per infrastrutture e sistemi di trasporto sono quelle che hanno registrato la riduzione più significativa.

Osservazioni della Commissione

In proposito, la Commissione europea ha rilevato tra le altre le seguenti criticità:

§      l’analisi della situazione attuale è definita “sostanzialmente inesistente”;

§      si ritiene necessaria l’adozione di un piano generale per i trasporti che consenta la verifica del rispetto delle condizionalità ex ante in materia stabilite dal regolamento (UE) n. 1303/2013;

Le condizionalità ex ante connesse con l’obiettivo tematico in commento sono: 1) esistenza di uno o più piani o quadri generali per gli investimenti in materia di trasporti conformemente all'assetto istituzionale degli Stati membri (compreso il trasporto pubblico a livello regionale e locale); 2) l’esistenza nell'ambito di tali piani di una sezione specifica dedicata allo sviluppo delle ferrovie, 3) l’esistenza nell’ambito di tali piani di una sezione specifica sulla navigazione interna e sul trasporto marittimo, sui porti, i collegamenti multimodali e le infrastrutture aeroportuali.

§      non viene ritenuto chiaro in che modo l’Italia intenda combinare l’utilizzo delle risorse FESR con quelle del Connecting Europe Facility;

Connecting Europe Facility è il meccanismo di finanziamento per la realizzazione della rete transeuropea di trasporto TEN-T previsto dal regolamento (UE) n. 1316/2013. Esso prevede uno stanziamento complessivo pari a 26,3 miliardi di euro, di cui 11,3 provenienti dal Fondo di coesione (e quindi possono accedervi, a livello di Stati, gli Stati con PIL pro capite inferiore al 90% della media UE-27; l’Italia non potrà pertanto beneficiare di tale quota).

§      si ritiene che l’obiettivo specifico del rafforzamento delle connessioni tra rete globale e aree rurali dovrebbe essere meglio specificato, e affidato al cofinanziamento del FEASR e non del FESR;

§      si ritiene che gli aeroporti non dovrebbero essere finanziati, pur prendendo in considerazione il finanziamento di interventi per il miglioramento dei collegamenti delle infrastrutture di trasporto sostenibile tra aeroporti e centri urbani di riferimento;

§      si invita a menzionare l’estensione del sistema ERTMS alla rete ferroviaria nazionale del Sud Italia;

Si ricorda che il sistema ERMTS (European Rail Traffic Management System) costituisce sistema di gestione, controllo e protezione del traffico ferroviario e relativo segnalamento a bordo armonizzato a livello europeo in modo da garantire l’interoperabilità del sistema.

§      si invita ad indicare iniziative precise in merito allo sportello unico doganale.

Le politiche nazionali

In materia di affidamenti nel settore del trasporto pubblico locale, il Legislatore italiano ha richiamato da ultimo le previsioni del regolamento (CE) n. 1370/2007.

Il regolamento prevede, al termine del periodo transitorio nel dicembre 2019, sostanzialmente tre differenti modalità di affidamento del servizio, due delle quali possono essere vietate dalla legislazione nazionale, mentre una, la procedura mediante gara, deve comunque essere ammessa dagli ordinamenti degli Stati membri. Le due modalità facoltative sono quelle della gestione diretta e dell’affidamento diretto. La possibilità di affidamento diretto è subordinata alla presenza di determinati requisiti: l’affidamento deve avvenire a favore di un soggetto giuridicamente distinto su cui l’autorità pubblica eserciti un controllo analogo a quello esercitato sulle proprie strutture (si deve trattare cioè di una società in house); non ci deve essere un divieto da parte del Legislatore nazionale; i contratti di servizio pubblico devono essere al di sotto di determinate soglie di valore e dimensione del servizio. Possono essere inoltre aggiudicati direttamente i contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia, fatta eccezione per tram e metropolitane per i quali vale la disciplina generale.

 

Il legislatore italiano, con l’articolo 61 della legge n. 99/2009, nel consentire l’utilizzo delle tre modalità facoltative sopra indicate, ha di fatto attenuato l’obbligo, stabilito in via generale con il decreto legislativo n. 422/1997 e più volte prorogato nella sua entrata in vigore, di affidamento con procedure concorsuali. Ciò attraverso la facoltà, concessa alle autorità competenti, di aggiudicare i contratti di servizio, anche in deroga alla disciplina di settore, avvalendosi delle previsioni di cui all'articolo 5, paragrafi 2, 4, 5 e 6, e all'articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007.

 

In materia di affidamento sono poi intervenute le seguenti ulteriori disposizioni:

§      l’articolo 4-bis del decreto-legge n. 78/2009 ha stabilito che, ove l’ente locale scelga l’affidamento diretto, debba essere messo a gara almeno il 10 per cento dei servizi  oggetto  dell'affidamento  a  soggetti diversi da quelli sui quali  esercitano  il  controllo analogo;

§      l’articolo 3-bis del decreto-legge n. 138/2011 ha rimesso alle regioni e alle province autonome la definizione, entro il 30 giugno 2012, del perimetro degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei tali da massimizzare l'efficienza dei servizi pubblici locali (l'articolo 13 del decreto-legge n. 150/2013 ha prorogato il termine al 31 dicembre 2014);

§      l’articolo 34 del decreto-legge n. 179/2012 ha previsto l’obbligo per gli affidamenti in essere di adeguarsi ai requisiti previsti dalla normativa europea entro il termine del 31 dicembre  2013 (l'articolo 13 del decreto-legge n. 150/2013 ha prorogato il termine al 31 dicembre 2014);

§      il medesimo articolo 34 ha stabilito, per tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica, a prescindere dalle modalità di affidamento, che lo stesso sia effettuato comunque sulla base di un’apposita relazione, pubblicata sul sito Internet dell’Ente affidante che dia conto delle regioni per la forma di affidamento prescelta;

§      il comma 556 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013) ha soppresso l’esclusione dalla partecipazione alle gare per l’affidamento della gestione del servizio delle società che, in Italia o all'estero, gestiscono servizi in affidamento diretto o a seguito di procedure non ad evidenza pubblica; tale previsione è sostituita da un nuovo disposto secondo il quale le società che, in Italia o all'estero, sono destinatarie di affidamenti non conformi alla disciplina dell’Unione europea in materia  (che tra le altre cose indicano anche le condizioni nel rispetto delle quali l'affidamento diretto risulta possibile) e la cui durata ecceda il limite del 3 dicembre 2019 non possono partecipare ad alcuna procedura per l'affidamento dei servizi, anche se già avviata. L'esclusione non si applica nei confronti delle imprese affidatarie del servizio oggetto di procedura concorsuale.

 

Con riferimento al finanziamento del trasporto pubblico locale, è intervenuto da ultimo il nuovo Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, istituito dall'articolo 1, comma 301, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013). Il fondo è alimentato da una quota di compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina. Nel fondo confluiscono anche le risorse stanziate ai sensi dell'articolo 21, comma 3, del decreto-legge n. 98/2011. L’aliquota di compartecipazione verrà determinata anno per anno con D.P.C.M. in misura tale che la dotazione del Fondo corrisponda agli attuali stanziamenti, con una maggiorazione di 465 milioni di euro per l’anno 2013, 443 milioni di euro per l’anno 2014 e 507 milioni di euro annui a decorrere dal 2015. L'importo complessivo del fondo ammonterà a decorrere dal 2013 a circa 4.929 milioni di euro. La norma detta disposizioni per la ripartizione del Fondo, prevedendo criteri di ripartizione finalizzati alla razionalizzazione e al miglioramento dell’efficienza del servizio.

 

L’aliquota di compartecipazione è stata definita per l’anno 2013 con il D.P.C.M. 26 luglio 2013 nella misura del 19,7 per cento. Con il D.P.C.M. 11 marzo 2013 sono stati definiti i criteri e le modalità con cui ripartire il Fondo. Il D.P.C.M. prevede che le risorse stanziate sul Fondo siano ripartite entro il 30 giugno di ciascun anno  con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e finanze, da emanare, sentita la Conferenza Unificata. La ripartizione è effettuata per il 90% sulla base delle percentuali fissate nella Tabella 1 del decreto e per il residuo 10% in base alle medesime percentuali ma subordinatamente alla verifica del raggiungimento degli obiettivi di: a) un'offerta di servizio più idonea, più efficiente ed economica per il soddisfacimento della domanda di trasporto pubblico; b) il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi; c) la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e il corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata; d) la definizione di livelli occupazionali appropriati; e) la previsione di idonei strumenti di monitoraggio e di verifica. A titolo di anticipazione il 60% delle risorse viene ripartito ed erogato alle regioni sulla base delle percentuali della Tabella 1, mentre Il residuo 40%, al netto delle eventuali riduzioni conseguenti al mancato raggiungimento degli obiettivi, viene erogato su base mensile a decorrere dal mese di agosto di ciascun anno. Le regioni provvedono poi ai corrispondenti trasferimenti agli enti locali.

 

Sullo sviluppo dei sistemi di trasporto intelligente si rinvia a quanto osservato in relazione all’obiettivo tematico 2 concernente l’agenda digitale.

 

In materia di finanziamento per la realizzazione di infrastrutture ferroviarie merita ricordare che:

§      l’articolo 32, comma 1, del decreto-legge n. 98/2011 ha istituito il Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico, con una dotazione di 930 milioni per l’anno 2012 e 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2013 al 2016;

§      l'articolo 5 del decreto-legge n. 43/2013 ha stabilito un finanziamento decennale di 120 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2024 per il finanziamento degli investimenti relativi alla rete infrastrutturale ferroviaria nazionale, con priorità per il terzo valico dei Giovi e per il quadruplicamento della linea Fortezza-Verona di accesso sud alla galleria di base del Brennero; la realizzazione del secondo lotto del terzo valico dei Giovi ha però subito un definanziamento da parte dell'articolo 18 del decreto-legge n. 69/2013 per 50 milioni di euro per il 2013, 189 milioni di euro per il 2014, 274 milioni di euro per il 2015 e 250 milioni di euro per il 2016;

§      l'articolo 18 del decreto-legge n. 69/2013 indica tra le infrastrutture finanziabili a valere sulle risorse del fondo istituito dal medesimo articolo per il finanziamento di infrastrutture cantierabili, alimentato con la revoca di risorse stanziate per opere più lontane dalla realizzazione, anche il collegamento ferroviario funzionale tra il Piemonte e la Valle d’Aosta e la tratta Cancello-Frasso Telesino della linea alta velocità Napoli-Bari;

§      l’aggiornamento 2010-2011 al contratto di programma tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e RFI Spa individua, a fronte di definanziamenti intervenuti per 1.949 milioni di euro (dovuti principalmente ad interventi di contenimento della spesa pubblica), variazioni in aumento già contrattualizzate delle risorse per 5.857 milioni di euro;

§      il Documento di economia e finanza dell'aprile 2013 segnala l'approvazione, nell'ambito del piano di azione e coesione, di quattro contratti istituzionali di sviluppo per il potenziamento del sistema ferroviario del Sud, per un importo di oltre 7,3 miliardi di euro. I contratti sono relativi alle direttrici ferroviarie Napoli-Bari-Lecce/Taranto, Salerno-Reggio Calabria e Messina-Catania-Palermo.

Per quanto riguarda le infrastrutture portuali, si ricorda che da ultimo l'articolo 13 del decreto-legge n. 145/2013 (c.d "DL destinazione Italia") ha consentito la destinazione della quota di IVA riscossa nei porti e trattenuta dalle autorità portuali, ai sensi del decreto-legge n. 83/2012, anche a interventi cantierabili per la competitività dei porti italiani, interventi finanziati anche, ai sensi della medesima disposizione, con risorse revocate dalla realizzazione di altre infrastrutture nonché erogate per interventi nelle aree portuali per i quali non si sia proceduto, entro due anni dall'erogazione del finanziamento, all'approvazione del bando di gara.

 

Con riferimento allo sportello unico doganale si segnala che da ultimo il DEF 2013 ne ha rilevato l'importanza. L'istituzione dello sportello è prevista dall'articolo 4, commi da 57 a 60 della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004) e consiste nella digitalizzazione delle procedure doganali, al fine di ridurre i tempi e i costi di sdoganamento, nonché di migliorare la qualità dei controlli sulle merci in transito.

 

Lo Sportello Unico, attivato a partire dal luglio 2011 in base al D.P.C.M. n. 242 del 2010, è ancora in una fase transitoria nella sua attuazione. L'obiettivo posto dalla normativa è quello di giungere a poter effettuare per via telematica la richiesta, il controllo e lo scarico della dichiarazione doganale, con i documenti annessi, digitalizzando l'intero processo di sdoganamento, compresi i segmenti di controllo di cui restano titolari le altre amministrazioni, in modo da superare la frammentazione del processo di sdoganamento, che può comportare, oltre alla dichiarazione doganale, fino a 68 differenti documenti e l'attesa dell'esito di controlli esercitati anche da 18 enti diversi.

 

In accordo con il Ministero della Salute, il 12 febbraio 2013 l'Agenzia delle Dogane ha avviato la sperimentazione dello Sportello Unico nel porto di Ravenna. Successivamente, il 22 marzo 2013, l'attivazione sperimentale dello Sportello Unico è stata estesa anche al porto di Civitavecchia.


 

Obiettivo tematico 8
(Occupazione)

 

Il documento del Governo

Riguardo all'obiettivo tematico concernente la promozione dell’occupazione sostenibile e di qualità ed il sostegno della mobilità dei lavoratori (OT 8), lo schema di Accordo evidenzia, in via generale, che l’occupazione in Italia si è ridotta di 2 punti percentuali tra il 2007 e il 2012. A fronte di tale andamento complessivo, peraltro, l’andamento per classi di età mostra un arretramento più marcato per le fasce più giovani (con un sensibile incremento dei NEET) e per le persone con bassi livelli di istruzione, mentre l’unica categoria di lavoratori per i quali l’andamento occupazionale è in controtendenza è quella dei lavoratori anziani (55-64 anni), con un incremento del 6% nel periodo 2007-2012.

Per quanto concerne la componente femminile, la quota di occupate resta sostanzialmente stabile, ma strutturalmente non elevata (ben al di sotto della media europea) e particolarmente bassa nel Mezzogiorno.

Si osserva, poi, l’allungamento generalizzato dei tempi di ricerca di lavoro, con un significativo aumento dei disoccupati di lunga durata (nel 2007 i disoccupati da più di 12 mesi erano il 46,8% del totale, mentre nel 2012 erano il 52,5%).

Lo schema di Accordo rileva che per ottenere effetti positivi sul versante dell’occupazione, specialmente giovanile e femminile, occorre affiancare agli sforzi di rilancio del sistema produttivo interventi coordinati sul sistema di istruzione e formazione, che puntino alla qualità e valorizzazione del capitale umano.

A tal fine, le politiche per il lavoro devono indirizzarsi, in particolare:

§      verso la diffusione di strumenti in grado di compensare le maggiori difficoltà occupazionali di alcuni gruppi di lavoratori, incidendo, direttamente o indirettamente, sul costo del lavoro, anche mediante incentivi all’occupazione e (con particolare riferimento alle donne) mediante lo sviluppo dei servizi intesi alla conciliazione tra vita professionale e vita privata e familiare;

§      verso investimenti in istruzione e formazione di qualità, specialmente di tipo tecnico e professionale, con particolare riguardo a settori ad alto valore aggiunto;

§      verso la programmazione e l'attuazione di interventi integrati e contestuali di politica attiva, passiva e di sviluppo industriale e territoriale". In merito a tali interventi, il documento rileva l'esigenza di incentrare l’azione su crisi aventi effetti particolarmente gravi sul fronte occupazionale e che riguardino grandi imprese, interi settori o distretti industriali. Al medesimo principio di integrazione e sinergia fra politiche di sviluppo e politiche attive del lavoro" deve improntarsi la programmazione di misure di carattere preventivo, relative a situazioni incipienti di difficoltà;

§      verso l'elevamento dei livelli di efficacia e di qualità dei servizi per l'impiego, attraverso la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e degli standard minimi di servizio, la creazione di partenariati, il rafforzamento dell’utilizzo della rete EURES, il sostegno agli investimenti nelle infrastrutture;

§      verso l'incremento dell’occupazione dei lavoratori anziani, attraverso la solidarietà tra generazioni e la promozione di condizioni e di forme di organizzazione del lavoro più favorevoli (invecchiamento attivo);

§      verso la valorizzazione dell’alternanza istruzione-formazione-lavoro e l'impiego "dei dispositivi che più incentivano la componente formativa professionalizzante delle attività (tirocini, apprendistato)";

§      verso la "promozione dell’autoimpiego e dell’imprenditorialità, in particolare attraverso l’estensione delle positive esperienze in materia di microcredito";

§      verso forme di sostegno all'inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati, degli immigrati e dei disabili;

Per l'obiettivo tematico in esame, il documento prevede che la quota di risorse comunitarie sia pari (per l'Italia) a 4.362 milioni di euro.

Osservazioni della Commissione

La Commissione europea ha espresso numerose osservazioni sullo schema di Accordo, segnalando, in generale, la necessità di una revisione finalizzata a fare in modo che i risultati attesi rappresentino effettivamente i risultati e non gli obiettivi

Per quanto concerne, specificamente, l’OT 8 si evidenzia:

§      la richiesta di una serie di chiarimenti in merito ai servizi per l’impiego, sui seguenti aspetti:

-       le ragioni dello scarso peso relativo rispetto agli altri obiettivi (pari al 10% del totale delle risorse assegnate all’OT 8, che scendono al 5% per le regioni meno sviluppate);

-       le modalità di utilizzo delle risorse del FSE al fine di risolvere le differenze di qualità ed efficienza dei servizi per l’impiego presenti sul territorio, nonché migliorare la situazione occupazionale dei giovani, anche in relazione alla realizzazione della youth guarantee;

-       le modalità del sostegno dei fondi europei alla riforma operata dalla L. n. 92/2012 con riferimento ai compiti che i servizi per l’impiego e gli intermediari privati sono autorizzati ad offrire ai principali gruppi di lavoratori destinatari;

-       le modalità di sviluppo dell’interazione dei servizi per l’impiego con gli intermediari privati e quale sua il ruolo dei primi nel coordinamento;

§      la necessità di approfondire lo studio delle misure volte alla riduzione della pressione fiscale sul lavoro solamente per alcuni gruppi, al fine di evitare di rafforzare la segmentazione e limitare gli effetti sostitutivi;

§      le modalità di utilizzo dei fondi europei per affrontare la questione del lavoro sommerso;

§      la possibilità di cambiare la parte FESR in FSE, tenendo conto del basso importo assegnato al FESR nell’ambito dell’OT 8. In caso di mantenimento del FESR, è richiesto il chiarimento in relazione a cosa il Fondo dovrebbe cofinanziare nei risultati attesi 8.2 (occupazione femminile), 8.4 (inserimento lavorativo degli immigrati), 8.6 (permanenza e ricollocazione al lavoro dei soggetti interessati da situazioni di crisi) e 8.8. (miglioramento della qualità dei servizi per l’impiego);

§      la chiara delimitazione tra OT 8 e OT 9, in particolare per quanto attiene agli interventi rivolti alle persone svantaggiate, nonché ai servizi di assistenza all’infanzia e alle persone anziane;

§      la necessità di eliminare (o modificarne il contenuto e ricomprenderlo in un altro risultato atteso, quale ad esempio il risultato atteso 8.5 relativo alla riduzione della disoccupazione di lunga durata) il risultato atteso 8.6 (permanenza e ricollocazione al lavoro dei soggetti interessati da situazioni di crisi), in quanto si riferisce più ad interventi del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione;

§      la necessità di un chiarimento in merito alla logica sottostante agli interventi di politica attiva, passiva e di sviluppo industriale (riesaminando anche il risultato inerente alla permanenza e ricollocazione al lavoro dei soggetti interessati da situazioni di crisi).


 

Obiettivo tematico 9
(Inclusione sociale e lotta alla povertà)

 

Il documento del Governo

Il concetto di “inclusione sociale” affermatosi a livello comunitario, comprende l’accesso di tutti i cittadini alle risorse di base, ai servizi sociali, al mercato del lavoro e ai diritti necessari per partecipare pienamente alla vita economica, sociale e culturale, e per godere di un tenore di vita e di un benessere considerati normali nella società in cui vivono. La situazione delle regioni italiane rimane oggi molto differenziata, con il Mezzogiorno, e segnatamente le regioni meno sviluppate, caratterizzate da un grave deficit nei requisiti di cittadinanza: dalla sicurezza personale, alla legalità, alla giustizia, all’istruzione, alla cura di infanzia ed anziani. Sull’obiettivo tematico 9 (OT 9) sono stanziati 3.805 milioni di euro.

Obiettivo della Strategia Europa 2020 è quello di ridurre di 20 milioni il numero di persone a rischio di povertà e di esclusione sociale. Esso è definito sulla base di tre indicatori: la proporzione di persone a rischio povertà (dopo i trasferimenti sociali); la proporzione di persone a rischio di grave deprivazione materiale; la proporzione di persone che vivono in famiglie a intensità lavorativa molto bassa.

Nel nostro Paese la grave deprivazione materiale risulta particolarmente accentuata rispetto agli altri paesi europei: infatti, rispetto ad una media EU27 del 10,2% il dato italiano del 2012 è del 14,5% essendo più che raddoppiato rispetto al 2010 e aumentato del 3,2% rispetto al 2011. Peraltro nel nostro Paese, alla alta proporzione di famiglie in condizione di deprivazione materiale, si associa una estrema eterogeneità nella diffusione dei servizi sul territorio, cui corrisponde una elevata sperequazione della spesa sociale con il Sud che spende in media circa un terzo del Nord. A determinare tale situazione ha concorso, tra l’altro, anche la mancata definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera m) della Costituzione. Nei propri Piani Nazionali di Riforma (2011, 2012 e 2013) l’Italia si è posta l’impegno di concorrere all’obbiettivo comunitario di contrasto alla povertà sopra ricordato: con la programmazione 2014-2020 si intende quindi supportare tale obbiettivo attraverso alcuni orientamenti strategici:

§      dedicare un programma nazionale alla sperimentazione di misure rivolte alle famiglie in condizioni di povertà od esclusione sociale, fondate sulla erogazione di un sussidio economico, condizionato alla adesione ad un progetto di attivazione e supportato da una rete di servizi. La programmazione regionale interviene con azioni di presa in carico multidisciplinare a sostegno dei soggetti particolarmente svantaggiati e dei nuclei familiari multiproblematici;

§      realizzare una serie di interventi finalizzati all’inserimento lavorativo dei soggetti maggiormente distanti dal mercato del lavoro: in linea generale tali misure rientrano nell’OT 8, mentre viene riservata all’OT 9 l’attuazione di interventi rivolti alle persone disabili con maggiori fragilità, che richiedono una presa in carico più ampia;

§      migliorare la qualità e l’accessibilità dei servizi di cura rivolti a persone con limitazioni dell’autonomia nonché dei servizi socio-educativi per l’infanzia;

§      potenziare la rete infrastrutturale e l’offerta di servizi sanitari e socio-sanitari, assicurando una migliore gestione complessiva delle risorse: si vuole evitare che l’assenza di strutture per interventi sanitari e socio-sanitari di base si tramuti nella necessità di costosi interventi sanitari. L’intenzione è quella di potenziare i servizi sanitari territoriali non ospedalieri e favorire la riorganizzazione della rete del cosiddetto welfare d’accesso;

§      favorire l’accessibilità ai servizi da parte della popolazione Rom e ridurre la marginalità estrema (senza dimora), sia potenziando la rete dei servizi per il pronto intervento sociale, sia sperimentando modelli di integrazione tra interventi infrastrutturali e misure di sostegno alle persone.

 

Va infine sottolineato il ruolo rilevante che nel nostro Paese è svolto dal terzo settore nel contribuire, con interventi spesso innovativi, a volte anche sostitutivi dell’intervento pubblico, a migliorare la coesione sociale dei territori e ad offrire al contempo occasioni di occupazione.

Osservazioni della Commissione

La Commissione europea, nelle sue osservazioni informali sull’OT 9, evidenzia, tra l’altro, la mancanza di informazioni su come il Governo italiano intenda affrontare i bisogni specifici di coloro che sono confrontati alle sfide dell’esclusione sociale e dell’emarginazione. Inoltre ritiene che l’analisi potrebbe essere ulteriormente sviluppata con riferimento al gap di genere in tema di rischio di povertà, che registrano valori sopra la media UE.

Le politiche nazionali

Carta Acquisti

La strategia di contrasto alla povertà muove da una misura sperimentale, introdotta dal Governo Monti e poi estesa dal Governo Letta, che affianca al trasferimento monetario, previsto dalla Carta Acquisti tradizionale, interventi di inclusione attiva.

 

La Carta acquisti tradizionale, introdotta nel 2008, si configura come un trasferimento monetario pari a 40 euro mensili, riconosciuto a individui di età superiore ai 65 o inferiore ai 3 anni, subordinatamente al soddisfacimento di un insieme di requisiti economici. Attualmente beneficiano della misura, corrisposta come integrazione al reddito, circa 430 mila persone, per due terzi anziani. Successivamente il Governo Monti, con il decreto legge 5/2012 ha previsto la sperimentazione di una Carta Acquisti configurata come una misura di inclusione, attivata su base familiare, nei comuni con più di 250.000 mila abitanti. La Carta acquisti sperimentale - il cui importo varia da un minimo di 231 a un massimo di 404 euro mensili in funzione della numerosità della famiglia - è rivolta esclusivamente ai nuclei familiari con minori e con un forte disagio lavorativo; pertanto si presenta come uno strumento la cui applicazione è limitata alle sole dodici città con più di 250 mila abitanti e a determinate categorie di beneficiari che devono rispondere a criteri molto stringenti. E' altresì una misura di inclusione poiché il nucleo familiare beneficiario dell’intervento stipula un patto di inserimento con i servizi sociali degli enti locali, il cui rispetto è condizione per la fruizione del beneficio. I servizi sociali, per parte loro, si impegnano a favorire con servizi di accompagnamento il processo di inclusione e di attivazione sociale di tutti i membri del nucleo. Nel caso degli adulti, ad esempio, si promuove, in collegamento con i centri per l’impiego, la partecipazione al mercato del lavoro, anche attraverso esperienze formative e di riqualificazione professionale. Nel caso dei minori, si richiede l’assolvimento dell’obbligo scolastico e il rispetto dei protocolli delle visite sanitarie pediatriche. L'utilizzo della Carta Acquisti come strumento di inclusione è stato rafforzato dal decreto legge 76/2013 che ha esteso la sperimentazione della Carta acquisti sperimentale alle regioni del Mezzogiorno dando l'avvio al Programma Promozione dell'inclusione sociale.

 

Inizialmente la legge di stabilità 2014 ha previsto il solo rifinanziamento, (250 milioni) della Social card tradizionale. Nel corso della discussione parlamentare, la legge di stabilità è stata modificata: l'articolo 1, comma 216, ha esteso la platea dei beneficiari della Carta acquisti ordinaria anche ai cittadini comunitari e a quelli titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo e ha previsto uno stanziamento per il 2014 pari a 250 milioni di euro, parte dei quali, unitamente ai 40 milioni all’anno stanziati per il triennio 2014-2016, devono essere utilizzati per raggiunge un ammontare di risorse sufficiente ad estendere la Sperimentazione della Carta Acquisti a tutto il territorio nazionale.

 

Successivamente all’approvazione della legge di stabilità, la seconda riprogrammazione di fondi comunitari ha permesso di dedicare ulteriori 300 milioni al rafforzamento della sperimentazione dello Strumento per l’Inclusione Attiva (SIA). La misura, che rafforza l'intervento già in essere, esteso all’intero Mezzogiorno con la riprogrammazione operata dal decreto legge n. 76/2013, prevede un trasferimento monetario mensile a famiglie in situazione di gravissimo disagio socio economico, condizionato all’accettazione di un percorso di presa in carico da parte dei servizi sociali e di inserimento lavorativo. Il finanziamento aggiuntivo consente, da un lato, di estendere la platea dei beneficiari e, dall’altro, di prolungare la sperimentazione nell’area del Mezzogiorno per un secondo anno, fino a tutto il 2015. La misura viene così incontro all’esigenza di intervenire sulle condizioni di povertà estrema fortemente cresciuta negli ultimi anni nel Mezzogiorno, sia con interventi di sostegno del reddito, sia con interventi di politiche attive per l’inserimento scolastico dei minori e per l’inclusione lavoratori degli adulti facenti parte del nucleo familiare. L’importo programmato è pari a 300 milioni di euro dal Piano di Azione e Coesione.

Dal Documento informativo del Ministro per la coesione territoriale Carlo Trigilia al Consiglio dei Ministri del 27 Dicembre 2013 su "Interventi urgenti a sostegno della crescita - Misure di accelerazione dell’utilizzo delle risorse della politica di coesione (Fondo Sviluppo e Coesione, Piano Azione Coesione e Programmi dei Fondi Strutturali 2007-2013)"

Distribuzione di derrate alimentari agli indigenti

Un ulteriore sostegno al contrasto alla povertà viene dal Fondo europeo per gli indigenti, e dalla filiera della distribuzione alimentare agli indigenti e a figure fortemente marginalizzate come i senza dimora. A tal fine la legge di stabilità 2014, all'articolo 1, comma 224, prevede il finanziamento di 10 milioni di euro per il 2014 di programmi di distribuzione di derrate alimentari agli indigenti.

 


 

Obiettivo tematico 10
(Istruzione e formazione)

Qualità dell’istruzione e della formazione

Il documento del Governo

Lo schema di Accordo di partenariato evidenzia che la qualità dell’istruzione e della formazione, nonché l’innalzamento e l’adeguamento delle competenze, rappresentano fattori essenziali per rispondere alle sfide poste dalla Strategia Europa 2020.

Su questo fronte, nell’Obiettivo tematico specifico si sottolinea che, nonostante alcuni miglioramenti, l’Italia continua a manifestare notevoli criticità e conseguenti fabbisogni di intervento. In particolare:

§      la dispersione scolastica, misurata come percentuale di giovani 18-24enni che hanno abbandonato precocemente gli studi, è pari - nonostante il fenomeno sia in progressivo calo (4 punti percentuali rispetto al 2005) - al 18,2%[17] a livello nazionale (21,2% nel Mezzogiorno), a fronte di un obiettivo europeo del 10% entro la fine del decennio e di un obiettivo nazionale, entro lo stesso termine, del 16%;

§      la quota dei giovani 30-34enni che ha conseguito un titolo di istruzione terziaria, per quanto tra il 2005 e il 2012 si osserva un incremento di laureati del 4,7%, è pari al 20,3%[18], distante sia dall’obiettivo europeo del 40%, sia da quello nazionale del 26-27%.

In tale quadro, le linee di intervento per il periodo 2014-2020 sono indirizzate alla qualificazione di un sistema nazionale di istruzione e di formazione che, fra l’altro:

§      contribuisca alla lotta alla dispersione formativa;

§      sia coerente con i fabbisogni espressi dal mondo produttivo;

§      garantisca la mobilità professionale e geografica dei cittadini;

§      sia caratterizzato da elevati livelli di qualità, conoscibilità e valutabilità.

I risultati attesi individuati sono 9[19]: per ciascuno sono individuati uno o più indicatori, nonché i fondi europei da utilizzare per il cofinanziamento degli interventi.

A questo riguardo, lo schema di Accordo prevede un utilizzo dei fondi strutturali nel settennio 2014-2020 per un ammontare complessivo - e senza riferimento ai singoli obiettivi - di 4.012,4 milioni di euro[20], di cui 807,4 milioni provenienti dal FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale) e 3.205 milioni dal FSE (Fondo sociale europeo). I fondi sono così destinati:

§      2.488 milioni di euro alle cinque regioni meno sviluppate (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia), che corrispondono all’area Mezzogiorno;

§      215 milioni di euro alle tre regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna);

§      1.309 milioni di euro alle altre 11 regioni del Centro-Nord Italia e alle due province autonome, più sviluppate.

Osservazioni della Commissione

La Commissione europea ha espresso numerose osservazioni informali sullo schema di Accordo, segnalando, in generale, la necessità di una revisione finalizzata a fare in modo che i risultati attesi rappresentino effettivamente i risultati e non gli obiettivi[21]. Più specificamente per alcuni obiettivi, tra cui l’OT 10, la Commissione ha, inoltre, osservato che sono auspicabili indicazioni sul contenuto e l’articolazione degli interventi a livello nazionale e regionale, al fine di comprendere meglio in che modo l’Italia intende intervenire concretamente[22].

Di seguito sono indicati, sinteticamente, gli obiettivi.

Riduzione della dispersione scolastica e formativa

Il documento del Governo

L’obiettivo della riduzione della dispersione scolastica e formativa, anche attraverso la promozione della qualità dei sistemi formativi, nonché combinando prevenzione, interventi e misure compensative, prevede l’utilizzo dell’indicatore - calcolato con dati ISTAT e MIUR - relativo alla quota dei 18-24enni con al più la licenza media e che non frequenta altri corsi scolastici o svolge attività formative superiori ai 2 anni. L’obiettivo sarà finanziato con il FSE.

Osservazioni della Commissione

In proposito la Commissione ha rilevato[23], in particolare, che sarebbe opportuno l’utilizzo di un indicatore che dia conto dell’abbandono per fasce di età più precoce rispetto a quella indicata.

In materia si ricorda che, da ultimo, il D.L. n. 104/2013 (L. n. 128/2013), all’art. 7, co. 1-3, al fine di evitare i fenomeni di dispersione scolastica, ha previsto l’avvio sperimentale, nell’a.s. 2013-2014, di un Programma di didattica integrativa, anche mediante il prolungamento dell’orario scolastico nelle scuole di ogni ordine e grado. Allo scopo, è stata autorizzata la spesa di 3,6 milioni di euro per 2013 e 11,4 milioni di euro per il 2014. Per avviare il predetto programma è stato emanato il DM. 87 del 7 febbraio 2014[24].

Miglioramento delle competenze chiave degli allievi

Il documento del Governo

L’obiettivo del miglioramento delle competenze chiave degli allievi, anche mediante la fornitura di strumenti di apprendimento adeguati ed il supporto dello sviluppo delle capacità dei docenti, prevede l’utilizzo di indicatori relativi al miglioramento dei rendimenti degli studenti in italiano e matematica, agli allievi con certificazione linguistica per livello e a quelli con certificazione delle competenze digitali. E’ previsto l’utilizzo di risorse FSE e FESR.

Osservazioni della Commissione

La Commissione ha rilevato che si potrebbe prendere in considerazione un indicatore sullo sviluppo professionale del personale docente, ad esempio in ragione della partecipazione ad attività di formazione[25].

Al riguardo si ricorda che, in base allo stesso art. 7 del D.L. 104/2013 e al DM 87 del 7 febbraio 2014, il programma sperimentale riguarda anche l’incremento del livello delle competenze in matematica e lettura.

Innalzamento del livello di istruzione della popolazione adulta

Il documento del Governo

L’obiettivo riguardante l’innalzamento del livello di istruzione della popolazione adulta, con particolare riferimento al conseguimento dei titoli di istruzione primaria e secondaria, prevede l’utilizzo di un indicatore - su dati ISTAT - relativo alla popolazione di 25-64 anni che frequenta un corso di studio o di formazione professionale. È previsto l’utilizzo di risorse FSE.

In proposito si ricorda che con DPR 263/2012[26] sono state dettate norme generali per la ridefinizione dell'assetto organizzativo didattico dei Centri d'istruzione per gli adulti, compresi i corsi serali.

A febbraio 2014, inoltre, i Ministri dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del lavoro e delle politiche sociali hanno deliberato, a seguito del Rapporto Migliorare le competenze degli adulti italiani della Commissione di esperti sul Progetto PIAAC[27] (istituita il 20 novembre 2013, dopo i risultati dell’indagine Ocse-PIAAC sulle competenze alfabetiche e matematiche della popolazione adulta) la costituzione di una struttura di raccordo tra i due ministeri, che elabori proposte e azioni mirate al miglioramento delle competenze della popolazione, per una lotta più efficace contro la disoccupazione.

Osservazioni della Commissione

In merito la Commissione ha richiesto informazioni[28] sull’esistenza e l’operatività di un quadro politico strategico nazionale o regionale per l’apprendimento permanente e sul riconoscimento a livello regionale della certificazione delle competenze.

Accrescimento delle competenze della forza lavoro

Il documento del Governo

L’obiettivo dell’accrescimento delle competenze della forza lavoro e dell’agevolazione della mobilità, nonché dell’inserimento/reinserimento lavorativo, attraverso il sostegno a percorsi formativi connessi alle domande delle imprese, prevede l’utilizzo di un indicatore - su dati ISTAT – relativo alla quota di occupati, disoccupati e inattivi che partecipano ad iniziative formative finalizzate all’aggiornamento delle competenze professionali e all’acquisizione di qualificazione. Il FSE, il FEASR (ambito rurale) e il FEAMP (ambito pesca) sono i fondi previsti per finanziare gli interventi.

Il documento sottolinea la necessità di dotare il Paese di un sistema nazionale di standard formativi e di riconoscimento e certificazione delle competenze, collegato al quadro di riferimento europeo (EQF), superando in tal modo le disomogeneità presenti a livello territoriale.

Osservazioni della Commissione

La Commissione ha rilevato[29] che l’Italia dovrà presentare un’autovalutazione degli investimenti in materia di istruzione e formazione professionale per questo obiettivo.

Innalzamento dei livelli nell’istruzione universitaria o equivalente

Il documento del Governo

L’innalzamento dei livelli di competenze, di partecipazione e di successo formativo nell’istruzione universitaria o equivalente, anche attraverso la pertinenza dei programmi formativi alle esigenze del mercato del lavoro, prevede l’utilizzo di indicatori relativi alla situazione occupazionale a 12 mesi dal conseguimento del titolo di studio, al numero di posti vacanti per mancanza di profili qualificati per titolo di studio universitario, nonché al mismatch per lavoratori laureati, mediante rilevazioni Istat ed Eurostat. I Fondi da impiegare sono il FSE e il FESR.

In materia si ricorda che l’art. 8 del sopra citato D.L. n. 104/2013 ha previsto, dall’a.s. 2013-2014, iniziative di orientamento per favorire la conoscenza degli sbocchi occupazionali per gli studenti iscritti all'ultimo anno delle scuole secondarie di primo grado e agli ultimi due anni delle scuole secondarie di secondo grado, anche per la realizzazione delle azioni previste dal programma europeo "Garanzia per i giovani" di cui alla Raccomandazione 2013/C120/01[30].

Allo scopo, ha autorizzato una spesa di 1,6 milioni di euro nel 2013 e 5 milioni annui a decorrere dal 2014.

Inoltre, l’art. 14 ha previsto la possibilità che le università stipulino convenzioni con imprese per la realizzazione di progetti formativi congiunti che prevedano periodi di formazione in azienda sulla base di un contratto di apprendistato.

Infine, l’art. 2, co. 10-13, del D.L. n. 76/2013 (L. n. 99/2013) ha previsto il sostegno dei tirocini curriculari svolti da studenti iscritti ai corsi di laurea di università statali nell'a.a. 2013-2014, allo scopo di promuovere l'alternanza fra studio e lavoro. A tal fine, ha autorizzato la spesa di 3 milioni di euro per il 2013 e di 7,6 milioni di euro per il 2014.

Osservazioni della Commissione

In merito la Commissione ha osservato[31], tra l’altro, che potrebbe essere descritto meglio il contributo dell’istruzione superiore al sistema di innovazione regionale, per esempio con riferimento alla creazione di start-up.

Qualificazione dell’offerta di istruzione tecnica e professionale

Il documento del Governo

L’obiettivo di qualificazione dell’offerta di istruzione e formazione tecnica e professionale, attraverso l’intensificazione dei rapporti scuola-formazione-impresa e lo sviluppo di poli tecnico-professionali, prevede l’utilizzo di un indicatore – in base a dati MIUR - relativo alla quota di giovani qualificati presso i percorsi di istruzione tecnica e professionale e di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS). E’ previsto l’utilizzo di risorse FSE e FESR.

In materia, l’articolo 8-bis del sopra citato D.L. 104/2013 ha previsto l’avvio di un programma sperimentale, per il triennio 2014-2016, diretto allo svolgimento di periodi di formazione in azienda per gli studenti degli ultimi due anni delle scuole secondarie di secondo grado, che contempla la conclusione di contratti di apprendistato, nonché la realizzazione di giornate di formazione in azienda per gli studenti delle stesse scuole, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali.

Queste disposizioni hanno fatto seguito a quelle introdotte con l’art. 2, co. 14, del sopra citato D.L. n. 76/2013, che ha previsto tirocini formativi da destinare agli studenti delle quarte classi delle scuole secondarie di secondo grado, con priorità per quelli degli istituti tecnici e degli istituti professionali.

Si ricorda inoltre che il MIUR, tramite l’INDIRE, effettua monitoraggi nazionali sui percorsi di alternanza scuola-lavoro.

Osservazioni della Commissione

La Commissione ha segnalato l’esigenza di precisare che l’indicatore riguarda anche l’istruzione tecnica superiore svolta attraverso gli Istituti tecnici superiori (ITS)[32].

Miglioramento degli ambienti scolastici

Il documento del Governo

L’obiettivo del miglioramento della sicurezza, dell’efficienza energetica e dell’attrattività degli ambienti scolastici, finalizzato ad aumentare la propensione dei giovani a permanere nei contesti formativi, prevede l’utilizzo di un indicatore relativo alla quota di edifici in possesso del documento di valutazione antirischi, redatto dai capi di istituto. È prevista l’assegnazione di risorse FESR.

In materia di interventi per l’edilizia scolastica, sono intervenuti, da ultimo, l’art. 18, co. da 8 a 8-sexies, del D.L. n. 69/2013 (L. 98/2013) che ha disposto un finanziamento complessivo fino a 460,5 milioni di euro nel triennio 2014-2016, articolato in tre diversi stanziamenti, per garantire la messa in sicurezza degli edifici scolastici e la realizzazione di nuove strutture. Inoltre, l’art. 10 del citato D.L. n. 104/2013 ha previsto, a favore delle regioni interessate, la stipula di mutui per il finanziamento di interventi in materia di edilizia scolastica nell’ambito della programmazione 2013-2015[33].

Osservazioni della Commissione

La Commissione ha osservato che l’intervento del FESR dovrà concentrarsi sul miglioramento delle attrezzature per la didattica. Gli interventi per la sicurezza degli edifici scolastici dovranno essere previsti nel quadro dell’OT 5 relativo, tra l’altro, alla prevenzione e alla gestione dei rischi, mentre quelli per l’efficienza energetica dovranno essere previsti nell’OT 4, relativo ad Energia sostenibile e qualità della vita[34].

Diffusione della società della conoscenza nel mondo della scuola

Il documento del Governo

L’obiettivo diretto alla diffusione di nuove tecnologie nel mondo della scuola e della formazione, anche attraverso la promozione di risorse di apprendimento online, prevede l’utilizzo di un indicatore relativo al rapporto allievi/nuove tecnologie. I fondi da impiegare sono il FSE e il FESR.  

In materia si segnala, in particolare, che l’art. 11 del citato D.L. n. 104/2013 ha autorizzato la spesa di 5 milioni nel 2013 e 10 milioni nel 2014 per assicurare alle istituzioni scolastiche statali secondarie, in special modo di secondo grado, l’accesso wireless a materiali didattici e a contenuti digitali. In attuazione, è intervenuto il DM n. 804 del 9 ottobre 2013.

Miglioramento delle capacità di autovalutazione delle scuole

Il documento del Governo

L’obiettivo del miglioramento delle capacità di autodiagnosi, autovalutazione e valutazione delle scuole prevede l’utilizzo di un indicatore relativo al miglioramento dei rendimenti degli studenti, da costruire sulla base delle prove INVALSI in italiano e matematica. È prevista l’assegnazione di risorse FSE.

Il documento, in particolare, ricorda la recente adozione del Regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione (D.P.R. n. 80/2013)[35].

In proposito si segnala che già nella programmazione 2007-2013 è stato finanziato, con il contributo del fondo FSE, il progetto INVALSI Valutazione e miglioramento, diretto al miglioramento delle scuole mediante percorsi di valutazione e autovalutazione.


 

Obiettivo tematico 11
(Capacità istituzionale e amministrativa)

 

Il documento del Governo

Lo schema di Accordo evidenzia, in riferimento alla capacità istituzionale e amministrativa, la trasversalità di tale obiettivo che risulta direttamente connesso a tutti gli altri obiettivi tematici.

Infatti, il rafforzamento della capacità amministrativa rappresenta una condizione essenziale per l'esito di qualunque intervento rivolto alla crescita ed alla coesione, come emerge anche dalla strategia Europa 2020.

 

Europa 2020 è la strategia decennale per la crescita sviluppata dall'Unione europea. Essa non mira soltanto a uscire dalla crisi economica, ma vuole anche colmare le lacune del nostro modello di crescita e creare le condizioni per un diverso tipo di sviluppo economico, più intelligente, sostenibile e solidale (http://ec.europa.eu/europe2020/europe-2020-in-a-nutshell/index_it.htm).

 

L’Accordo richiama, tra gli interventi previsti, la semplificazione amministrativa, la prevenzione della corruzione, l’aumento della trasparenza e il miglioramento dei risultati e della qualità dei servizi pubblici.

Nel complesso il documento del governo sottolinea un'impostazione degli interventi da attuare a tre "pilastri":

§      interventi di rafforzamento della capacità amministrativa (RCA) necessari ad assicurare la modernizzazione del sistema amministrativo nazionale, quali riduzione e semplificazione degli oneri burocratici, la prevenzione ed il contrasto della corruzione e la trasparenza (in aggiunta ai provvedimenti relativi alla digitalizzazione, già ricompresi nell'Obiettivo Tematico 2 al quale si fa rinvio);

§      interventi di RCA più direttamente legati ai singoli obiettivi tematici. Si tratta degli interventi da realizzare a beneficio delle amministrazioni coinvolte nella realizzazione degli altri Obiettivi Tematici, per metterle a nelle condizioni di conseguire i risultati prefissi;

§      interventi di RCA a beneficio delle strutture poste a presidio della gestione dei Fondi QSC sia con riferimento alle autorità di gestione e di controllo, sia agli organismi intermedi ed ai beneficiari.

 

In questo quadro il documento prospetta cinque risultati attesi:

§       la aumento della trasparenza dell'accesso ai dati pubblici;

§       la riduzione degli oneri amministrativi regolatori;

§       il miglioramento della qualità dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione;

§       l’aumento dei livelli di legalità nell'azione della pubblica amministrazione;

§       il miglioramento della governance multilivello e della capacità degli organismi coinvolti nella attuazione e gestione dei programmi operativi.

Osservazioni della Commissione

In proposito, la Commissione europea ha rilevato, tra le altre, le seguenti criticità:

§       è lamentata la mancanza di una analisi della capacità amministrativa e si rileva la necessità di condurre un’analisi dei limiti e delle esigenze nonché dei miglioramenti da perseguire e di prevedere un organismo nazionale responsabile della loro attuazione;

§       l’individuazione delle principali priorità di finanziamento non è suffragata da alcuna analisi;

§       è rappresentata l’esigenza di dare maggiore rilevanza all’obiettivo 11 sia in termini strategici, sia finanziari (l’obiettivo assorbe appena il 2% delle risorse FSE e FESR e il 4% di tutte le risorse), in generale le risorse assegnate all’obiettivo non sono ritenute sufficienti per realizzare riforme adeguate;

§       è richiesta un’analisi maggiormente specifica per quanto riguarda la riforma della giustizia in riferimento alla lunga durata dei processi e gli elevati livelli di contenzioso civile;

§       sono necessari chiarimenti sulla strategia di lotta alla corruzione e la frode.

Le politiche nazionali

Nell’ottica di promuovere misure per la razionalizzazione nelle P.A. nella legislatura in corso il Parlamento ha approvato la legge 125 del 2013, di conversione del decreto-legge n. 101/2013, che contiene disposizioni che prevedono sia interventi di contenimento dei costi con riferimento a peculiari settori di spesa pubblica (auto di servizio, consulenze), sia misure sulle politiche occupazionali (proroga delle graduatorie concorsuali, stabilizzazioni, gestione delle eccedenze), sia interventi di riforma di singoli settori (contrasto alla corruzione, politiche di coesione, trasporti, rifiuti, ecc.).

Inoltre, con il D.L. n. 69/2013 sono state introdotte alcune disposizioni che incidono sulla disciplina generale del procedimento amministrativo al fine di conseguire un più vasto rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti e di semplificare gli adempimenti a carico dei cittadini. In particolare, il provvedimento introduce il diritto di chiedere un indennizzo da ritardo della pubblica amministrazione nella conclusione dei procedimenti amministrativi iniziati ad istanza di parte e pone l’obbligo - per gli atti normativi del Governo e gli atti amministrativi a carattere generale delle amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici nazionali e delle agenzie - di fissare la data di decorrenza dell’efficacia degli obblighi amministrativi introdotti a carico di cittadini ed imprese al 1° luglio o al 1° gennaio successivi alla loro entrata in vigore.

In attuazione della legge anticorruzione (legge n. 190 del 2012), è stato emanato il decreto legislativo n. 33 del 2013, con il quale sono riordinate le disposizioni in materia di obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni. Oltre a coordinare le disposizioni vigenti, il provvedimento introduce alcune novità ed individua le modalità per la realizzazione degli obblighi di trasparenza.

Sempre in materia di lotta alla corruzione, si segnala il decreto legislativo n. 39 del 2013, che prevede fattispecie di:

§      inconferibilità, cioè di preclusione, permanente o temporanea, a conferire gli incarichi a coloro che abbiano riportato condanne penali per i reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, nonché a coloro che abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati da pubbliche amministrazioni o svolto attività professionali a favore di questi ultimi, a coloro che siano stati componenti di organi di indirizzo politico;

§      incompatibilità, da cui consegue l'obbligo per il soggetto cui viene conferito l'incarico di scegliere, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di quindici giorni, tra la permanenza nell'incarico e l'assunzione e lo svolgimento di incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l'incarico, lo svolgimento di attività professionali ovvero l'assunzione della carica di componente di organi di indirizzo politico.

Quanto ai progetti in corso di esame, si segnala che la Commissione Giustizia della Camera dei deputati ha inserito nel programma dei propri lavori per il mese di aprile due proposte (A.C. 1194 e A.C. 2165) volte a modificare il codice penale, il codice di procedura penale, e la disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti, per la prevenzione e il contrasto della corruzione.

Sul versante della giustizia civile, e in particolare della riduzione del numero della controversie civili, essenziale per garantire un più razionale impiego delle risorse e tempi più ragionevoli per la celebrazione dei giudizi, si segnala la conversione in legge (legge n. 98/2013) del decreto-legge n. 69/2013, che ha reintrodotto disposizioni sul carattere obbligatorio della mediazione per numerose controversie di natura civile e commerciale. In particolare, il legislatore ha affermato che in relazione a determinate controversie (es. condominio, locazione, diffamazione a mezzo stampa, contratti assicurativi e bancari, ecc.) colui che intende promuovere una controversia civile deve preliminarmente esperire un tentativo di conciliazione presso appositi organismi di mediazione.

 


 

Allegati

 


A. Le risorse nazionali di cofinanziamento e del
Fondo Sviluppo e Coesione

 

Per il principio della addizionalità, in corrispondenza alle quote di risorse comunitarie per il raggiungimento degli obiettivo delle politiche di coesione, la disciplina comunitaria prevede un ammontare pressoché pari di cofinanziamento nazionale che transita dal Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie[36].

Agli interventi cofinanziati con i fondi strutturali si affiancano, inoltre, anche quelli a valere sulle risorse nazionali del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC), che è lo strumento nazionale finalizzato a promuovere la coesione territoriale attraverso investimenti pubblici.

 

Per quanto riguarda le risorse destinate al cofinanziamento nazionale relativo agli interventi cofinanziati dall'Unione europea per il periodo di programmazione 2014/2020, a valere sulle risorse dei fondi strutturali, del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), si ricorda che la Legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147/2013) ha quantificato in 24,5 miliardi di euro il cofinanziamento nazionale a carico del Fondo di rotazione[37].

La medesima legge di stabilità, all’articolo 1, commi 240-241, ha fissato il cofinanziamento nella misura massima del 70% dei programmi a titolarità delle Regioni e delle Province autonome, vale a dire i POR (Programmi Operativi Regionali). Il restante 30% è invece posto a carico delle amministrazioni titolari e degli altri organismi pubblici che partecipano ai programmi regionali.

Con riferimento agli interventi direttamente gestiti dalle Amministrazioni centrali dello Stato (PON), la quota di cofinanziamento è invece posta interamente (100%) a carico del Fondo di rotazione.

Il Fondo concorre altresì al finanziamento degli oneri relativi all'attuazione degli interventi complementari ai programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2014/2020, inseriti nella programmazione strategica definita con l'Accordo di partenariato.

 

Per quanto concerne l’utilizzo delle risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, il comma 243 della legge di stabilità 2014 autorizza la concessione di anticipazioni delle quote comunitarie e di cofinanziamento nazionale dei programmi a titolarità delle Amministrazioni centrali dello Stato, a valere sugli stanziamenti del Fondo di rotazione, nel limite di 500 milioni di euro annui, anche con riferimento ai programmi complementari. Le quote anticipate dei finanziamenti comunitari vengono reintegrate a valere sui successivi accrediti delle risorse comunitarie corrispondenti al programma interessato. Con riferimento alle quote di cofinanziamento nazionale e alle azioni complementari, le anticipazioni sono reintegrate al Fondo a valere sulle quote di cofinanziamento riconosciute per il programma interessato a seguito delle relative rendicontazioni di spesa.

 

La Ragioneria generale dello Stato è tenuta al monitoraggio degli interventi cofinanziati previsti dall'Accordo di partenariato, compresi gli interventi complementari, attraverso il proprio sistema informativo. A tal fine le Amministrazioni competenti assicurano la rilevazione dei dati di attuazione finanziaria, fisica e procedurale secondo le specifiche tecniche definite dalla stessa Ragioneria generale e dalle Amministrazioni centrali competenti per il coordinamento dei singoli fondi, attraverso il sistema informativo della Ragioneria stessa.

 

Agli interventi cofinanziati con i fondi strutturali si affiancano, inoltre, come già detto, anche quelli a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC). Il FSC, come noto, è uno strumento nazionale finalizzato a promuovere la coesione territoriale, attraverso investimenti nelle grandi reti infrastrutturali, immateriali e immateriali.

Per quanto riguarda le risorse del Fondo sviluppo e coesione, si ricorda che la legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), all’articolo 1, comma 6, ha determinato la dotazione aggiuntiva delle risorse del Fondo relative al nuovo ciclo di programmazione 2014-2020 nella misura complessiva di 54,8 miliardi.

Di tali risorse, il comma 6 ne dispone l’iscrizione in bilancio limitatamente alla misura dell’80 per cento (43.848 milioni)[38]; la restante quota del 20 per cento (10.962 milioni), verrà iscritta in bilancio soltanto all’esito di una apposita verifica di metà periodo (da effettuare precedentemente alla predisposizione della legge di stabilità per il 2019, quindi nella primavera-estate 2018) sull’effettivo impiego delle prime risorse assegnate.

Per quanto riguarda l’utilizzo delle risorse, il medesimo comma specifica che esse sono destinate a sostenere esclusivamente interventi per lo sviluppo, anche di natura ambientale, secondo la chiave di riparto dell’80 per cento nelle aree del Mezzogiorno e del 20 per cento nelle aree del Centro-Nord

 

La legge di stabilità per il 2014 ha previsto la programmazione del Fondo Sviluppo e Coesione in stretto rapporto con quella dei fondi strutturali europei, al fine di garantire la funzionalità del Fondo medesimo rispetto ad una priorità fondamentale, nella strategia di programmazione dei fondi complessivi, quale è quella del finanziamento degli investimenti infrastrutturali.

 

Su tale punto, la relazione di accompagnamento allo schema di Accordo di partenariato in esame, predisposta dall’ex Ministro per la coesione territoriale, Carlo Trigilia, il 10 dicembre 2013, mette in evidenza come il Fondo Sviluppo e Coesione - per la sua maggiore flessibilità nella gestione dei tempi – rappresenta, nella strategia di programmazione dei fondi complessivi, lo strumento migliore per il finanziamento degli investimenti infrastrutturali considerati prioritari nel periodo di programmazione 2014-2020, ma la cui tempistica di progettazione e attuazione confligge con l’orizzonte temporale dei cicli di programmazione comunitaria e con le regole dei fondi.

Un’importante innovazione per il nuovo ciclo sarà pertanto costituita – afferma l’ex Ministro per la coesione territoriale - dal ricorso prevalente a questo strumento per la realizzazione di grandi reti infrastrutturali (ferroviarie, stradali, aeroportuali e portuali), per investimenti pubblici nel campo della prevenzione dei rischi ambientali e per il completamento e miglioramento della rete digitale (banda larga e ultra-larga).


B. La chiusura della programmazione 2007-2013

 

Al 31 dicembre 2013, secondo i dati forniti dal Ministro per la coesione territoriale e pubblicati nel sito opencoesione.gov.it, la spesa certificata per i programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali ha raggiunto in Italia il 52,7% delle risorse programmate (a fronte di un obiettivo minimo di spesa per il 2013 pari al 48,5%).

Le Regioni più sviluppate (Obiettivo competitività) raggiungono il 62,2%, mentre quelle meno sviluppate (Obiettivo Convergenza) hanno registrato pagamenti certificati pari al 48,3%.

Dati più dettagliati relativi all’avanzamento della spesa per ciascun programma operativo sono contenuti nel sito: http://opencoesione.gov.it/spesa-certificata.

Si riportano di seguito le percentuali di spesa certificata sul totale delle risorse allocate agli altri Paesi membri per il periodo 2007-2013 (dati aggiornati a fine 2013; fonte: studio commissionato dalla Direzione generale della Commissione europea per le politiche regionali).

 

Estonia

80,2%

Lituania

78,8%

Portogallo

76,6%

Svezia

75,6%

Finlandia

73,9%

Grecia

72,3%

Irlanda

70,1%

Germania

69,1%

Lussemburgo

68,2%

Polonia

67,1%

Paesi Bassi

65,9%

Belgio

65,4%

Spagna

62,6%

Lettonia

61,7%

Slovenia

61,2%

Cipro

60,6%

Francia

60,1%

Ungheria

59,8%

Slovacchia

53,3%

Austria

52,9%

Regno Unito

51,5%

Danimarca

50,8%

Rep. Ceca

50,2%

Malta

49,5%

Bulgaria

47,7%

Romania

36,9%

Le tavole successive, fornite dalla Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale rapporti con l’Unione europea – IGRUE, riportano le informazioni sullo stato di utilizzo dei fondi strutturali al 31 dicembre 2013 (quota comunitaria + cofinanziamento nazionale), per ciascun Obiettivo e ciascun Programma operativo, con riferimento agli impegni e i pagamenti rispetto alle risorse disponibili.

Esse sono riferite ad un ammontare complessivo di risorse disponibili pari a 48,5 miliardi di euro (32,5 dell’Obiettivo Convergenza, 15,2 dell’Obiettivo Competitività e 0,7 dell’Obiettivo Cooperazione), che considerano, rispetto ai 60 miliardi originari, gli effetti degli aggiornamenti del Piano di Azione Coesione.

Le tavole mettono in evidenza come, alla data del 31 dicembre 2013, lo stato di attuazione dei Fondi strutturali si attesta, per ciò che attiene agli impegni complessivamente assunti, ad un valore pari a oltre il 97% del contributo totale, mentre per quanto concerne i pagamenti, la percentuale si mantiene più bassa, pari al 55,45%.

Il risultato migliore sotto il profilo dell’attuazione finanziaria è registrato dall’Obiettivo Competitività regionale ed Occupazione, con pagamenti, al 31 dicembre, pari a circa il 66,6% delle risorse per esso stanziate, mentre la percentuale dei pagamenti per l’Obiettivo Convergenza è ferma al 50,2%.

 

 

Programmazione 2007/2013 - Obiettivi - Attuazione al 31 dicembre 2013

 (Fonte RGS-IGRUE)

Milioni di euro                                

Programmi

Programmato 2007/2013

Impegnato

Pagato

% imp. /
 prog.

% pag. /
 prog.

Convergenza

32.551,06

32.161,89

16.348,31

98,80%

50,22%

Competitività

15.196,35

14.306,74

10.113,59

94,15%

66,55%

Cooperazione

705,40

621,74

406,36

88,14%

57,61%

Totali obiettivi

48.452,81

47.090,37

26.868,25

97,19%

55,45%

 

 


Obiettivo Convergenza

Stato di attuazione al 31 dicembre 2013

(Fonte RGS-IGRUE)

Milioni di euro                                

Obiettivo Convergenza

Programmato 2007/2013

Impegnato

Pagato

% imp. /
 prog.

% pag. /
 prog.

FESR

25.734,78

26.180,87

12.231,54

101,73%

47,53%

POIN Attrattori culturali e turismo

636,91

315,72

257,44

49,57%

40,42%

POIN Energie rinnovabili

1.071,86

1.015,34

617,09

94,73%

57,57%

PON Governance e AT FESR

226,19

190,73

136,15

84,32%

60,19%

PON Istruzione

510,78

523,72

269,53

102,53%

52,77%

PON reti e mobilità

1.832,97

1.817,05

733,74

99,13%

40,03%

PON Ricerca e competitività

4.424,39

5.333,85

2.665,92

120,56%

60,26%

PON Sicurezza per lo Sviluppo

852,08

627,73

497,97

73,67%

58,44%

Calabria 

1.998,83

1.590,16

789,52

79,55%

39,50%

Campania 

4.576,53

5.138,13

1.532,80

112,27%

33,49%

Puglia

4.492,32

5.150,75

2.489,65

114,66%

55,42%

Sicilia 

4.359,74

3.815,61

1.796,11

87,52%

41,20%

Basilicata

752,19

662,09

445,63

88,02%

59,24%

FSE

6.816,28

5.981,02

4.116,78

87,75%

60,40%

Campania

868,00

610,18

442,55

70,30%

50,98%

Calabria

800,50

602,10

493,43

75,22%

61,64%

Sicilia

1.632,31

1.590,10

912,26

97,41%

55,89%

Basilicata

322,37

258,22

230,76

80,10%

71,58%

Puglia

1.279,20

1.028,59

708,91

80,41%

55,42%

PON Governance e Azioni di Sistema

427,98

408,21

269,68

95,38%

63,01%

PON Competenze per lo Sviluppo

1.485,93

1.483,62

1.059,19

99,84%

71,28%

TOTALE CONVERGENZA

32.551,06

32.161,89

16.348,31

98,80%

50,22%


Obiettivo Competitività

Stato di attuazione al 31 dicembre 2013

(Fonte RGS-IGRUE)

Milioni di euro                                

Obiettivo Competitività

Programmato 2007/2013

Impegnato

Pagato

 imp. /
 prog.

 pag. /
 prog.

FESR

7.637,42

7.271,20

4.845,66

95,20%

63,45%

Abruzzo

317,77

244,33

197,33

76,89%

62,10%

Emilia Romagna

383,23

427,58

255,45

111,57%

66,66%

Friuli Venezia Giulia

233,20

226,32

149,52

97,05%

64,12%

Lazio

736,93

614,62

434,92

83,40%

59,02%

Liguria

525,88

465,72

324,12

88,56%

61,63%

Lombardia

531,75

485,10

341,72

91,23%

64,26%

Marche

285,83

307,05

172,88

107,42%

60,48%

Molise

192,52

145,81

111,97

75,74%

58,16%

PA di Bolzano

73,93

79,54

46,00

107,58%

62,22%

P.A. Trento

62,48

63,17

38,90

101,11%

62,25%

Piemonte  

1.068,74

985,07

704,78

92,17%

65,94%

Toscana

1.023,10

1.198,71

701,08

117,16%

68,53%

Umbria

343,77

361,19

207,61

105,07%

60,39%

Valle d'Aosta

48,52

57,11

30,49

117,71%

62,83%

Veneto

448,42

475,73

272,69

106,09%

60,81%

Sardegna

1.361,34

1.134,16

856,21

83,31%

62,89%

FSE

7.558,92

7.035,53

5.267,92

93,08%

69,69%

Abruzzo

316,56

212,72

171,08

67,20%

54,04%

Emilia Romagna

847,20

906,95

662,99

107,05%

78,26%

Friuli Venezia Giulia

316,64

327,35

239,17

103,38%

75,53%

Lazio

730,50

616,08

434,04

84,34%

59,42%

Liguria

391,65

361,81

243,85

92,38%

62,26%

Lombardia

796,23

721,23

540,80

90,58%

67,92%

Marche

278,74

264,18

204,15

94,78%

73,24%

Molise

102,90

78,92

62,27

76,70%

60,52%

PA di Bolzano

150,24

156,98

95,58

104,49%

63,62%

P.A. Trento

217,27

248,46

203,94

114,36%

93,87%

Piemonte  

1.001,10

984,49

745,31

98,34%

74,45%

Toscana

659,60

603,04

470,80

91,42%

71,38%

Umbria

227,38

183,38

145,10

80,65%

63,81%

Valle d'Aosta

64,28

71,38

45,91

111,05%

71,42%

Veneto

711,59

654,62

471,21

91,99%

66,22%

Sardegna

675,05

578,19

480,30

85,65%

71,15%

Azioni di Sistema

72,00

65,74

51,43

91,30%

71,43%

TOTALE COMPETITIVITÀ

15.196,35

14.306,74

10.113,59

94,15%

66,55%

 


Obiettivo Cooperazione transfrontaliera

Stato di attuazione al 31 dicembre 2013

(Fonte RGS-IGRUE)

 

Cooperazione transfrontaliera

Programmato 2007/2013

Impegnato

Pagato

% imp. /
 prog.

% pag. /
 prog.

PO Italia-Francia - frontiera marittima

161,98

118,47

94,32

73,14%

58,23%

ALCOTRA

199,58

252,38

126,02

126,45%

63,14%

Italia - Svizzera

91,75

90,07

56,87

98,17%

61,98%

Italia-Slovenia 2007-2013

136,53

62,90

66,21

46,07%

48,50%

PO Italia-Malta

35,47

34,06

16,30

96,03%

45,95%

INTERREG IV
ITALIA-AUSTRIA

80,10

63,86

46,64

79,73%

58,22%

TOTALE COOPERAZIONE TRANSFRONTALIERA

705,40

621,74

406,36

88,14%

57,61%

 

 


C. L'Agenzia per la coesione territoriale

 

Si ricorda, infine, che per porre rimedio alle debolezze progettuali, organizzative e amministrative che hanno connotato i passati cicli di programmazione è stata creata l'Agenzia per la coesione territoriale, l’organismo destinato a svolgere, in modo sistematico e organico, funzioni di monitoraggio e di controllo dell'impiego dei fondi da parte delle autorità di gestione, centrali o regionali, e soprattutto di supporto, accompagnamento e di assistenza alle autorità interessate nella gestione di procedure complesse. …

 

L'articolo 10 del D.L. n. 101 del 2013 istituisce l'Agenzia per la coesione territoriale, sottoponendola alla vigilanza del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato.

Fermo restando le attribuzioni del Ministro delegato, i commi 2 e 3 suddividono le competenze in tema di politica di coesione tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e l'Agenzia.

 

Il comma 4 disciplina lo statuto e gli organi dell'Agenzia. In particolare affida ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delegato, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per la pubblica amministrazione, l'approvazione - entro il 1° marzo 2014 - dello statuto dell'Agenzia. Lo statuto:

§       disciplina l'articolazione dell'Agenzia, la composizione, le competenze e le modalità di nomina degli organi di direzione e del collegio dei revisori;

§       stabilisce i principi e le modalità di adozione dei regolamenti e degli altri atti generali che disciplinano l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia;

§       prevede forme di rappresentanza delle amministrazioni territoriali all'interno del Comitato direttivo dell'Agenzia.

 

L'Agenzia dispone di una dotazione organica di 200 unità di personale e gode di autonomia organizzativa, contabile e di bilancio.

Sono organi dell'Agenzia: il direttore generale; il Comitato direttivo; il Collegio dei revisori dei conti. La partecipazione al Comitato direttivo dell'Agenzia non comporta alcuna forma di compenso.

Con contestuale decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delegato, è nominato il direttore generale scelto tra personalità di comprovata esperienza nella materia delle politiche di coesione, con trattamento economico non superiore a quello massimo previsto per i Capi dipartimento del Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

Ai sensi del comma 5, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delegato, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, per la pubblica amministrazione, si provvederà al trasferimento alla Presidenza del Consiglio dei ministri (50 unità) e all'Agenzia (200 unità), sulla base delle funzioni rispettivamente attribuite, delle unità di personale di ruolo e dei rapporti di lavoro a tempo determinato, nonché le risorse finanziarie e strumentali del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica (DPS) del Ministero dello sviluppo economico, ad eccezione di quelle afferenti alla Direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali.

Il rapporto di lavoro presso l'Agenzia sarà regolato dal contratto collettivo nazionale di lavoro per il comparto Ministeri.

 

Infine il comma 14-ter rinvia all’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro delegato per la politica di coesione territoriale ed il Ministro dello sviluppo economico, per la definizione dei rapporti tra l'Agenzia per la coesione territoriale e l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa (ex Sviluppo Italia), anche al fine di individuare le più idonee forme di collaborazione per l'esercizio delle rispettive competenze e prerogative di legge.

 

Le competenze dell'Agenzia,  tenuto conto degli obiettivi definiti dagli atti di indirizzo e programmazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri relativamente ai fondi strutturali europei e al Fondo per lo sviluppo e la coesione, sono indicate al comma 3:

a)  opera in raccordo con le amministrazioni competenti il monitoraggio sistematico e continuo dei programmi operativi e degli interventi della politica di coesione, anche attraverso specifiche attività di valutazione e verifica;

b)  svolge azioni di sostegno e di assistenza tecnica alle amministrazioni che gestiscono programmi europei o nazionali;

b-bis) vigila, nel rispetto delle competenze delle singole amministrazioni pubbliche, sull'attuazione dei programmi e sulla realizzazione dei progetti che utilizzano i fondi strutturali;

b-ter) promuove, nel rispetto delle competenze delle singole amministrazioni pubbliche, il miglioramento della qualità, della tempestività, dell'efficacia e della trasparenza delle attività di programmazione e attuazione degli interventi;

c) può assumere le funzioni dirette di autorità di gestione per la conduzione di specifici progetti a carattere sperimentale nonché nelle ipotesi di cui al successivo punto d);

d)  dà esecuzione alle determinazioni adottate ai sensi degli articoli 3 e 6, comma 6, del decreto legislativo n. 88 del 2011, relativi, rispettivamente, all’accelerazione dei programmi e ai poteri sostitutivi.


D. La “Strategia per le aree interne”

 

Lo schema di Accordo di partenariato espone la “Strategia per le aree interne” in modo sommario alle pagine da 143 a 146 e nella versione completa  nelle pagine da 162 a 167.

 

Le "Aree interne" rappresentano una delle opzioni strategiche di intervento del nuovo ciclo di programmazione 2014-2020, perché riguardano tutto il territorio nazionale, senza distinzioni tra Nord e Sud.

Al fine di definire il concetto di aree interne, il territorio nazionale è stato suddiviso a livello comunale non in base ad un criterio minimo di popolazione, né secondo parametri altimetrici, ma secondo un criterio di capacità di offerta di alcuni servizi essenziali, che sono stati identificati nella presenza sul territorio di un istituto di scuola secondaria superiore, di una struttura ospedaliera sede di un DEA di primo livello e di una stazione ferroviaria classificata non inferiore a ”Silver”.

In base alla compresenza di questi tre requisiti sono stati individuati i “poli urbani” e poi i “poli intercomunali”, composti da quei comuni tra loro vicini nei quali erano presenti “congiuntamente” i tre servizi essenziali.

Conseguentemente i comuni non rientranti nei poli sono stati classificati in base ad un indicatore di “accessibilità”, calcolato in termini di minuti di percorrenza per raggiungere il polo più prossimo: i limiti sono stati fissati in meno di 20 minuti (aree periurbane o di cintura), tra 20 e 40 minuti (aree intermedie), tra 40 e 75 minuti (aree periferiche) e oltre i 75 minuti (aree ultraperiferiche). I comuni con tempi di accessibilità superiori ai 20 minuti dal polo più vicino sono stati classificatiaree interne”.

Per le Aree interne lo schema di Accordo propone interventi volti a raggiungere tre obiettivi distinti e interconnessi: mettere in sicurezza il territorio, promuovere la diversità naturale e culturale presente in quelle aree e valorizzare le risorse potenziali non utilizzate per innescare processi di crescita che avranno riflessi positivi su tutto il paese.

Con l’adeguamento della qualità e della quantità dei servizi essenziali (scuola, sanità e trasporti) attraverso la strategia “Aree interne” si dovrebbe generare quell’inversione di tendenza che negli ultimi decenni ha determinato una fuga demografica da tali aree verso altri territori; contestualmente dovranno essere previsti nuovi progetti di sviluppo locale, che dovranno generare nuova occupazione sfruttando le capacità peculiari di tali aree.

 

Relativamente alle aree interne le osservazioni informali della Commissione europea sono contenute ai punti da 344 a 347. In particolare si osserva che “in mancanza di informazioni essenziali (quali programmazione, architettura, dotazione finanziaria, applicazione di strumenti e meccanismi di coordinamento) risulta impossibile valutare correttamente il capitolo sulle aree interne”. Inoltre si ritiene “necessario un chiarimento sulla ripartizione dei fondi (nazionali ed europei) da utilizzare per le aree interne”.

 

La legge di stabilità 2014, ai commi da 13 a 17, dispone il finanziamento della "strategia per le Aree interne", predisposta dal Ministro per la coesione territoriale, unitamente ad altri Ministeri ed enti pubblici, con lo specifico obiettivo di contribuire al rilancio economico e sociale di ampie porzioni del territorio nazionale che si trovano in condizioni socio-economiche marginali o di insufficiente valorizzazione.

A favore di queste aree, il comma 13 autorizza la spesa di 3 milioni per il 2014 e di 43,5 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016 a valere sulle risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie.

Ai sensi del comma 14, l'autorizzazione di spesa è finalizzata al finanziamento di progetti pilota volti a perseguire il riequilibrio dell'offerta di servizi di base nelle aree selezionate, con riferimento prioritariamente ai servizi di trasporto pubblico locale (ivi compreso l’utilizzo dei veicoli a trazione elettrica), di istruzione e socio-sanitari.

I criteri e le modalità attuative di tali interventi dovranno essere previste dall'Accordo di partenariato per l'utilizzo dei fondi a finalità strutturale assegnati all'Italia per il ciclo di programmazione 2014-2020.

Il comma 16 specifica che i criteri generali per l'individuazione delle aree interne interessate dai progetti pilota sono definiti con l'Accordo di partenariato.

I progetti pilota cui si fa riferimento dovranno applicarsi ad un numero ristretto di aree: non più di una per ogni regione dove le condizioni siano mature, selezionate da parte delle Regioni stesse secondo criteri generali condivisi.

Gli interventi individuati nell'Accordo di partenariato e finanziati con i fondi europei a finalità strutturale dovranno, secondo quanto stabilito nel comma 15, vedere la cooperazione di diversi livelli di governo interessati (la norma indica, a livello di amministrazioni centrali i Ministeri dell’Infrastrutture e dei trasporti, dell’Istruzione, dell’università e ricerca e della Salute), mediante la sottoscrizione di accordi di programma quadro, e dovranno essere coordinati dal Ministro per la coesione territoriale che si avvale dell'Agenzia per la coesione territoriale.

Il comma 17 prevede che i risultati degli interventi pilota vengano annualmente (entro il 30 settembre) sottoposti al CIPE dal Ministro responsabile per la valutazione in ordine ai successivi rifinanziamenti.


E. L’Agenda urbana

 

Nel periodo di programmazione 2014-2020 le città e i sistemi urbani in generale acquisiscono una nuova centralità[39] in linea con il dibattito che si è sviluppato nei mesi scorsi a livello nazionale sull’Agenda urbana. Si consideri, inoltre, il dibattito in corso sulla riforma costituzionale e amministrativa dello Stato, con riguardo al ruolo delle città metropolitane e alla modifica delle province.

In linea con quanto proposto nel documento di indirizzo “Metodi e obiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari 2014-2020”, la bozza di accordo di partenariato elenca i tre driver tematici comuni dell’Agenda urbana:

1)   ridisegno e modernizzazione dei servizi urbani per i residenti e gli utilizzatori delle città. In tale ambito, verranno sostenuti i piani di investimento per il miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia delle infrastrutture di rete e dei servizi pubblici delle aree urbane, con priorità per azioni di mobilità e logistica sostenibile, nonché azioni di risparmio energetico e fonti rinnovabili;

2)   pratiche e progettazione per l’inclusione sociale per i segmenti di popolazione più fragile e per aree e quartieri disagiati. In proposito, sono previsti due ambiti di intervento prioritari, ossia il sostegno alle politiche sociali, attraverso il rafforzamento degli strumenti ordinari esistenti, e azioni di contrasto alla povertà e al disagio con focalizzazione su alcune dimensioni, tra cui il disagio abitativo, il disagio occupazionale e l’esclusione relazionale/culturale per target di popolazione emarginata;

3)   rafforzamento della capacità delle città di potenziare segmenti locali pregiati di filiere produttive globali. Al riguardo, la programmazione sosterrà interventi volti ad attrarre l’insediamento di segmenti locali pregiati delle filiere produttive globali a vocazione urbana, con priorità per i servizi avanzati per le imprese industriali e agricole e le imprese sociali, creative e per i servizi ai cittadini.

 

L’intervento declinato a partire dai tre driver dell’Agenda urbana contribuisce al perseguimento dei risultati attesi dei vari obiettivi tematici.

Il documento reca i principi per l’identificazione delle aree urbane, che comprendono, da un lato, le città metropolitane, anche attraverso la costituzione di partnership e progetti di scala intercomunale, su cui si concentrerà il Programma operativo nazionale città metropolitane per gli ambiti di competenza e in parallelo con gli interventi dei programmi regionali, e, dall’altro, le città medie e i poli urbani regionali, su cui interverranno i programmi operativi regionali.

Per l’individuazione delle aree territoriali poste come target dell’Agenda urbana occorrerà, in primo luogo, definire le aree territoriali potenzialmente interessate e successivamente individuare le autorità urbane (AU) titolari di progetti dell’Agenda medesima. L’Autorità urbana svolgerà i compiti relativi alla selezione delle operazioni in un percorso condiviso ex ante con l’Amministrazione titolare del programma e in stretto rapporto con l’Autorità di gestione, secondo un’impostazione che può essere definita di co-progettazione.

Particolare importanza, ai fini dell’attuazione dell’Agenda urbana, rivestono le azioni integrate in considerazione di quanto disposto dall’articolo 7.1 del regolamento relativo al FESR, che stabilisce il sostegno allo sviluppo urbano sostenibile attraverso “strategie che prevedono azioni integrate per far fronte alle sfide economiche, ambientali, climatiche, demografiche e sociali che si pongono nelle aree urbane”. L’Agenda urbana dovrà integrare in maniera sostanziale le politiche ordinarie, anche nell’ambito di strumenti di pianificazione e/o programmazione vigenti, rafforzandole per assicurare il conseguimento dei risultati attesi nel periodo di programmazione.

Al fine di concretizzare l’integrazione verticale, è cruciale dotare i programmi operativi di una struttura organizzativa che consenta flessibilità; tale organizzazione appare più complessa per i programmi regionali.



[1]     Il quadro normativo comunitario che definisce gli obiettivi per il nuovo ciclo di programmazione 2014-2020 e gli strumenti finanziari di intervento è definito dal Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Consiglio del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sui Fondi strutturali e di investimento europei. La disciplina relativa ai singoli Fondi della politica di coesione è contenuta nei Regolamenti n. 1301/2013 relativo al Fondo Europeo di sviluppo regionale (FESR), n. 1304/2013 relativo al Fondo Sociale Europeo (FSE) e n. 1300/2013 relativo al Fondo di coesione, nonché nel regolamento UE n. 1299/2013 recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale agli obiettivi della cooperazione territoriale europea.

Con la decisione adottata il 18 febbraio 2014, n. 2014/99/UE, la Commissione UE ha individuato le aree ammesse a beneficiare del finanziamento dei Fondi strutturali.

[2]     L'Unione europea conta 9 regioni geograficamente molto distanti dal continente europeo, ma che sono parte integrante dell'UE. Esse comprendono: i 5 dipartimenti francesi d’oltremare (Martinica, Guadalupa, Guyana, Riunione e Mayotte). Saint-Martin ("collectivités d'Outre-mer"); le 2 regioni autonome portoghesi (Madera e Azzorre); le isole Canarie (Comunità autonoma spagnola).

[3]     L’articolo 5 del Regolamento dispone che ogni Stato membro organizzi, ai fini della definizione dell'Accordo di partenariato e per ciascun programma attuativo, un partenariato con le competenti autorità regionali e locali, nonché con le autorità cittadine e le altre autorità pubbliche competenti, le parti economiche e sociali e altri organismi pertinenti che rappresentano la società civile, compresi i partner ambientali, le organizzazioni non governative e gli organismi di promozione dell'inclusione sociale, della parità di genere e della non discriminazione. L'obiettivo di tale partenariato è quello di garantire il rispetto dei principi della governance a più livelli, come pure della sussidiarietà e della proporzionalità, e le specificità dei diversi quadri istituzionali e giuridici degli Stati membri, nonché garantire la titolarità degli interventi programmati in capo alle parti interessate e sfruttare l'esperienza e le competenze dei soggetti coinvolti.

La Commissione europea ha, a tal fine, adottato il Regolamento delegato n. 240/2014, del 7 gennaio 2014, che reca un codice europeo di condotta sul partenariato nell’ambito dei fondi strutturali e di investimento europei, allo scopo di sostenere e agevolare gli Stati membri nell'organizzazione del partenariato.

[4]     Il quadro strategico comune (QSC), a norma dell'articolo 10 e in linea con le priorità e gli obiettivi definiti nei regolamenti specifici di ciascun fondo, fornisce orientamenti strategici al fine di conseguire un approccio di sviluppo integrato utilizzando i fondi SIE in coordinamento con altri strumenti e politiche dell'Unione, in linea con gli obiettivi strategici e con gli obiettivi principali della strategia dell'Unione per la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e, ove appropriato, con le iniziative faro, tenendo conto delle principali sfide a territoriali e degli specifici contesti nazionali, regionali e locali.

[5]     L’obiettivo riguarda le aree territoriali a livello transfrontaliero, transnazionale e interregionale quali lo spazio alpino, le zone di confine con l’Europa centrosettentrionale e con l’Europa orientale e balcanica, nonché il bacino del Mediterraneo.

[6]     La ripartizione tra gli Stati membri delle risorse comunitarie del FEASR è contenuta nell’Allegato 1 del Regolamento (CE) n. 1305 del 17 dicembre 2013, recante la disciplina del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale.

[7]     Il Regolamento n. 1303/2013 stabilisce che, conformemente all’Accordo di partenariato, gli Stati membri presenteranno alla Commissione i programmi operativi (PO), che coprono il periodo compreso fra il 1° gennaio 2014 e il 31 dicembre 2020, entro tre mesi dalla presentazione dell’Accordo medesimo.

La Commissione potrà formulare osservazioni entro tre mesi dalla data di presentazione del programma operativo e procederà alla sua adozione non oltre sei mesi dalla data di presentazione, a condizione che lo Stato membro abbia tenuto debitamente conto delle osservazioni della Commissione. I programma operativi dovrebbero, pertanto, essere adottati al massimo entro la fine del mese di gennaio 2015.

[8]     Si ricorda che il Regolamento comunitario n. 1303/2013 individua 11 Obiettivi tematici (OT) che rappresentano le grandi aree di possibile intervento dei fondi europei.

[9]     Si ricorda che i fondi che intervengono nell’ambito della politica di coesione sono tre, come nella precedente programmazione: Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), Fondo Sociale Europeo (FSE) e Fondo di Coesione.

[10]  Cfr. pag. 39 del documento.

[11]    Cfr. pag. 119 della bozza di Accordo.

[12]    Nella precedente programmazione dei piani di sviluppo rurale era prevista una specifica misura per l’attuazione della banda larga nelle aree rurali. Al riguardo, a fronte di un importo di risorse FEASR programmato pari a 93.695.139 milioni, risultano spesi al 31 dicembre 2013 circa 41 milioni con un avanzamento della spesa dal 34% al 45% delle risorse stabilite. Nei primi sei mesi del 2013 si è infatti registrata una decisa accelerazione nell’attuazione degli interventi rispetto al 2012; ed è duplicato il numero delle tratte avviate e di quelle completate. Tra le regioni più virtuose si sono confermate la Sardegna e la Calabria, seguite dalla Sicilia ed il Lazio.

[13]    In relazione all’obiettivo tematico 2 il regolamento (UE) n. 1303/2013 prevede anche, a titolo di condizionalità ex ante, un quadro politico strategico dedicato alla crescita digitale, per stimolare servizi privati e pubblici accessibili, di buona qualità e interoperabili.

[14]    In attuazione di queste disposizioni, è stato emanato il decreto del Ministro dello sviluppo economico 1° ottobre 2013. Al riguardo, l’art. 6, co. 4-bis e 4-ter del decreto-legge n. 145/2013 hanno previsto che il decreto si applichi anche allo scavo per l’installazione dei ricoveri delle infrastrutture digitali necessarie per il collegamento degli edifici alle reti di telecomunicazioni; si prevede inoltre un nuovo decreto del Ministro dello sviluppo economico da adottare entro il 22 aprile 2014 per la definizione di ulteriori misure relative alla posa in opera delle infrastrutture a banda larga e ultralarga, anche modificative delle specifiche tecniche adottate con il decreto del 1° ottobre 2013.

[15]    Il D.Lgs. n. 49/2010 assegna alle Autorità di bacino distrettuali la competenza all’individuazione delle zone a rischio potenziale di alluvioni e, per queste, stabilisce la predisposizione e la pubblicazione (entro il 22 giugno 2015) di piani di gestione del rischio di alluvioni. Tali piani, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 49 riguardano tutti gli aspetti della gestione del rischio di alluvioni, in particolare la prevenzione, la protezione e la preparazione, comprese le previsioni di alluvione e il sistema di allertamento nazionale e tengono conto delle caratteristiche del bacino idrografico o del sottobacino interessato. I piani di gestione possono anche comprendere la promozione di pratiche sostenibili di uso del suolo, il miglioramento delle azioni di ritenzione delle acque, nonché l'inondazione controllata di certe aree in caso di fenomeno alluvionale.

[16]    Una definizione è contenuta nella recente comunicazione "Infrastrutture verdi - Rafforzare il capitale naturale in Europa" (COM(2013)249 def.), ove per “infrastrutture verdi” si intende una rete di aree naturali e seminaturali pianificata a livello strategico con altri elementi ambientali, progettata e gestita in maniera da fornire un ampio spettro di servizi ecosistemici. Ne fanno parte gli spazi verdi (o blu, nel caso degli ecosistemi acquatici) e altri elementi fisici in aree sulla terraferma (incluse le aree costiere) e marine. Sulla terraferma, le infrastrutture verdi sono presenti in un contesto rurale e urbano.

[17]   A pag. 30 dello schema di AdP è indicato il livello del 17,6%, corrispondente al dato riportato nel Programma nazionale di riforma (PNR) 2013, p. 74.

[18]   A pag. 29 dello schema di AdP è indicata una percentuale pari al 21,7%, corrispondente al dato rilevato dall’ISTAT per il 2012 e riportato nel Programma nazionale di riforma (PNR) 2013, p. 76.

[19]   V. tabella pag. 94.

[20]    Al netto delle quote FEASR (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale), pari a 134 milioni, e FEAMP (Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca), il cui ammontare all’epoca della presentazione dello schema non era ancora noto con esattezza.

[21]    Osservazione n. 11 della parte I. Nella parte II l’osservazione n. 4 sottolinea, inoltre, che lo schema di Accordo non fornisce informazioni sufficienti sull’esperienza accumulata nell’ultimo periodo di programmazione, in particolare per quanto riguarda gli investimenti nelle infrastrutture di istruzione e formazione.

[22]    Osservazione n. 73 della parte II.

[23]    Osservazione n. 227 della parte II.

[24]   Nel giugno 2013 il MIUR ha pubblicato un focus sulla dispersione scolastica.

[25]   Osservazione n. 228 della parte II. Inoltre, la Commissione ha rilevato che per la misurazione del livello di competenze sono state utilizzate le rilevazioni OCSE-PISA del 2009 in luogo di quelle più recenti del 2012 (osservazione n. 63 della stessa parte II).

[26]   Pubblicato nella GU n. 47 del 25 febbraio 2013.

[27]   Programme for International Assessment of Adult Competencies.

[28]    Osservazione n. 300 della parte II.

[29]    Osservazione n. 301 della parte II.

[30]    Tale Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 22 aprile 2013 invita gli Stati a garantire ai giovani con meno di 25 anni un’offerta qualitativamente valida di lavoro, di proseguimento degli studi, di apprendistato o di tirocinio o altra misura di formazione entro quattro mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal sistema di istruzione formale.

[31]    Osservazione n. 226 della parte II.

[32]    Osservazione 229 della Parte II.

[33]   Si ricorda che in materia di edilizia scolastica la Commissione VII Cultura ha svolto un’indagine conoscitiva la cui ultima seduta è del 19 dicembre 2013.

[34]   Osservazione n. 233 della parte II.

[35]   In materia, si veda l’approfondimento web elaborato dal Servizio Studi.

[36]    Si ricorda che tale fondo è stato istituito dalla legge n. 183 del 16 aprile 1987, ed è allocato nello stato di previsione del Ministero dell’economia (cap. 7493/Economia).

[37]    In particolare, la legge di stabilità 2014 ha provveduto al rifinanziamento del Fondo, attraverso la Tabella E, nella misura di 4,5 miliardi per il 2016 e di 19 miliardi per l’anno 2017 e successivi. E’ stata altresì disposta una rimodulazione delle risorse delle annualità 2014 e 2015 già presenti nel bilancio dello Stato, che sono state ridotte di 500 milioni ciascuna e spostate all’esercizio 2017. In sostanza, nel bilancio dello Stato figurano attualmente 5 miliardi sia per il 2014 che per il 2015, 4,5 miliardi per il 2016 e 20 miliardi per il 2017 ed annualità successive.

[38]    Più specificamente, per il triennio 2014-2016, gli importi iscritti in bilancio ammontano a 50 milioni nel 2014, 500 milioni nel 2015 e a 1 miliardo nel 2016. Per gli anni successivi, la quota annuale sarà determinata dalla tabella E delle singole leggi di stabilità a valere sul rimanente importo di 42.298 milioni.

[39]    Per una disamina dei finanziamenti destinati alle aree urbane a livello nazionale ed europeo si veda lo specifico approfondimento contenuto nel volume “Nota di sintesi e focus tematici” dell’8° rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo”, predisposto dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con il Centro Documentazione e Studi Anci-Ifel. Nell’approfondimento sono contenuti anche una serie di dati riguardanti la destinazione delle risorse della precedente programmazione ai sistemi urbani e le opportunità per gli interventi di sviluppo urbano derivanti dalla nuova programmazione.