Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Altri Autori: Servizio Bilancio dello Stato , Servizio Commissioni , Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014) - A.C. 1865 - Schede di lettura - Parte I ' Tomo 1 (Articolo 1, commi da 1 a 219)
Riferimenti:
AC N. 1865/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 95
Data: 01/12/2013
Descrittori:
BILANCIO DELLO STATO     

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(Legge di stabilità 2014)

 

A.C. 1865

Schede di lettura

 

 

 

 

n. 95

 

 

Parte I – Tomo 1

(Articolo 1, commi da 1 a 219)

 

 

2 dicembre 2013

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-9932 – * st_bilancio@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Servizio Bilancio dello Stato

Analisi di finanza pubblica n. 4

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione

( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

Il presente dossier è articolato in tre volumi:

§      Sintesi del contenuto (dossier n. 95/0) e Schede di lettura (dossier n. 95, Parte I), redatti dal Servizio Studi e  dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea, per le parti relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea

§      Profili finanziari (dossier n. 95, Parte II) curati dal Servizio Bilancio dello Stato, nonché dalla Segreteria della V Commissione per quanto concerne le coperture.

 

La documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

File: ID0006s1.doc


INDICE
(Tomo I)

Schede di lettura

§      Articolo 1, comma 1 (Risultati differenziali) 3

§      Articolo 1, commi 2-4 (Finanziamento gestioni previdenziali) 6

§      Articolo 1, comma 5 (Fondo per lo sviluppo e la coesione) 9

§      Articolo 1, commi 6-9 (Fondi per programma “Aree interne del Paese”) 14

§      Articolo 1, comma 10 (Formazione giovani extraeuropei - Agenzia ICE) 16

§      Articolo 1, comma 11 (Contratti di sviluppo industriale) 17

§      Articolo 1, comma 12 (Fondo per la crescita sostenibile) 19

§      Articolo 1, comma 13 (Fondo rotativo per l’internazionalizzazione delle imprese) 20

§      Articolo1, comma 14 (Fondo credito all’esportazione) 22

§      Articolo 1, comma 15 (Fondo settore aeronautico) 24

§      Articolo 1, commi 16, 18 e 19 (Interventi in favore di giovani imprenditori agricoli) 25

§      Articolo 1, comma 17 (Abolizione dello spesometro per i produttori agricoli esonerati da dichiarazione IVA) 29

§      Articolo 1, comma 20 (Determinazione acconti imposte sui redditi per imprese agricole) 31

§      Articolo 1, comma 21 (Programmi industriali navali d'interesse della Difesa) 32

§      Articolo 1, commi 22-24 (Diversa destinazione risorse per flotta navale) 34

§      Articolo 1, comma 25 (Programma TETRA per forze di polizia) 37

§      Articolo 1, comma 26 (Finanziamento Cassa DD.PP. a grandi imprese) 38

§      Articolo 1, commi 27-30 (Attività della Cassa DD.PP.) 40

§      Articolo 1, commi 31-33 (Finanziamenti alle imprese) 44

§      Articolo 1, comma 34 (Modifiche alla garanzia dello Stato sui debiti pregressi delle Amministrazioni pubbliche diverse dallo Stato) 53

§      Articolo 1, commi 35-39 (Obblighi da parte dei notai di versamento di somme su conti correnti dedicati) 55

§      Articolo 1, comma 40 (Finanziamenti per manutenzione rete stradale e nuove opere) 57

§      Articolo 1, comma 41 (Finanziamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria) 59

§      Articolo 1, comma 42 (Ulteriori interventi finanziabili nel Programma ANAS relativo a ponti, viadotti e gallerie) 60

§      Articolo 1, comma 43 (Finanziamenti per il sistema MO.S.E.) 61

§      Articolo 1, comma 44 (Contratto di servizio con RFI) 63

§      Articolo 1, comma 45, 47, 49 (Finanziamento tratte ferroviarie) 65

§      Articolo 1, comma 46 (Risorse destinate alla S.S. 372 Telesina e al collegamento autostradale Termoli-S. Vittore) 67

§      Articolo 1, comma 48 (Modifiche alla disciplina delle revoche delle risorse destinate alle infrastrutture strategiche) 69

§      Articolo 1, comma 50 (Rinnovo veicoli trasporto pubblico locale) 70

§      Articolo 1, comma 51 (Revoche di risorse e loro destinazione prioritaria a metrotranvia di Padova) 71

§      Articolo 1, comma 52 (Finanziamento dell’autotrasporto) 73

§      Articolo 1, comma 53 (Società di gestione dell’aeroporto di Trapani Birgi) 74

§      Articolo 1, commi 54-56 (Comitato centrale per l’Albo nazionale autotrasportatori) 75

§      Articolo 1, comma 57 (Finanziamenti per l’autostrada A4 Quarto d’Altino-Villesse-Gorizia) 77

§      Articolo 1, comma 58 (Banda larga) 79

§      Articolo 1, comma 59 (Pagamento debiti relativo a opere pubbliche ex Agensud) 82

§      Articolo 1, comma 60 (Disposizioni concernenti Expo Milano 2015) 83

§      Articolo 1, commi 61 e 62 (Risorse per infrastrutture destinate a beni e attività culturali) 86

§      Articolo 1, comma 63 (Capitanerie di porto) 88

§      Articolo 1, comma 64 (Contributo in favore del Corpo della Guardia di finanza) 89

§      Articolo 1, comma 65 (Finanziamenti per infrastrutture al servizio della Fiera di Verona) 90

§      Articolo 1, comma 66 (Interventi contro il dissesto idrogeologico) 91

§      Articolo 1, comma 67 (Fondo depurazione reflui urbani) 95

§      Articolo 1, comma 68 (Fondo per bonifica discariche abusive) 97

§      Articolo 1, comma 69 (Acquisto isola di Budelli) 100

§      Articolo 1, commi 70-73 (Interventi a favore della regione Sardegna a fronte degli eventi alluvionali del mese di novembre 2013) 101

§      Articolo 1, commi 74 e 75 (Disposizioni sospensive per centrali termoelettriche e turbogas) 105

§      Articolo 1, comma 76 (Incremento detrazioni per lavoro dipendente) 107

§      Articolo 1, comma 77 (Riduzione oneri contributivi assicurazione infortuni sul lavoro e malattie professionali) 109

§      Articolo 1, commi 78 e 79 (Indennità INAIL danno biologico e rendite superstiti deceduti sul lavoro) 113

§      Articolo 1, comma 80 (Defiscalizzazione a fini IRAP per assunzioni a tempo indeterminato) 115

§      Articolo 1, commi 81 e 82 (Stabilizzazione degli associati in partecipazione) 119

§      Articolo1, comma 83 (Benefici per trasformazioni di contratti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato) 120

§      Articolo 1, comma 84 (Aliquote soggetti autorizzati a somministrazione di lavoro) 121

§      Articolo 1 commi 85 e 86 (Aiuto alla crescita economica - ACE) 122

§      Articolo 1, comma 87 (Proroga detrazioni ristrutturazioni edilizie) 125

§      Articolo 1, commi 88-95 (Rivalutazione beni di impresa) 135

§      Articolo 1, commi 96-98 (Affrancamento maggiori valori contabili) 139

§      Articolo 1, comma 99 (Remunerazione della disponibilità di capacità di produzione di energia elettrica) 142

§      Articolo 1, comma 100 (Fotovoltaico pubblico in zone colpite da calamità) 145

§      Articolo 1, comma 101-102 (Rivalutazione terreni e partecipazioni) 146

§      Articolo 1 commi 103-106 (Deducibilità fiscale a fini IRAP e IRES delle rettifiche su crediti e delle perdite su crediti) 148

§      Articolo 1, commi 107 e 108 (Deducibilità dei beni concessi in locazione finanziaria) 153

§      Articolo 1, commi 109-111 (Imposta di registro proporzionale per i contratti di leasing di immobili strumentali – Esenzione Ipt per il riscatto dei veicoli in leasing) 155

§      Articolo 1, commi 112-116 (Deferred Tax Assets – Imposte differite attive nel settore bancario) 157

§      Articolo 1, comma 117 (Regime IVA agevolato per le cooperative sociali) 161

§      Articolo 1, comma 118 (Recupero imposte) 166

§      Articolo 1, comma 119 (Proroga termini attività delle cooperative che concedono finanziamenti ai soci) 168

§      Articolo 1, comma 120 (Fondo per l'incentivazione di iniziative per la partecipazione dei lavoratori) 170

§      Articolo 1, comma 121 (Nuove sedi per uffici giudiziari) 172

§      Articolo 1, commi 122 e 123 (Ammortizzatori sociali) 173

§      Articolo 1, comma 124 (Proroga della sospensione dei contributi e dei premi assicurativi) 178

§      Articolo 1, comma 125 (Lavoratori licenziati da enti non commerciali) 180

§      Articolo 1, commi 126 e 127 (Esodati) 182

§      Articolo 1, commi 128 e 129 (Fondo per le non autosufficienze) 187

§      Articolo 1, comma 130 (Fondo per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati) 189

§      Articolo 1, comma 131 (5 per mille) 190

§      Articolo 1, comma 132 (Lavoratori socialmente utili) 192

§      Articolo 1, comma 133 (Carta acquisti) 195

§      Articolo 1, comma 134 (Finanziamento del Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere) 200

§      Articolo 1, comma 135 (Misure in favore di giovani e disoccupati) 202

§      Articolo 1, comma 136 (Istituto nazionale di genetica molecolare) 205

§      Articolo 1, comma 137 (Assistenza sanitaria cittadini italiani all’estero) 206

§      Articolo 1, comma 138 (Rivalutazione indennità emotrasfusi) 207

§      Articolo 1, comma 139 (Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti) 209

§      Articolo 1, commi 140 e 141 (Adesione delle aziende farmaceutiche al sistema del pay back) 211

§      Articolo 1, comma 142 (Screening neonatali per la diagnosi precoce di patologie metaboliche ereditarie) 213

§      Articolo 1, comma 143 (Riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica) 215

§      Articolo 1, commi 144-145 (Anagrafe nazionale degli assistiti) 217

§      Articolo 1, commi 146-150 (Raccolta e distribuzione gratuita agli indigenti di prodotti alimentari da parte delle ONLUS e degli operatori del settore alimentare) 219

§      Articolo 1, commi 151-158 (Cofinanziamento nazionale programmi Unione Europea) 220

§      Articolo 1, comma 159 (Trasferimento al Ministero degli Affari esteri di fondi per programmi UE di aiuto allo sviluppo) 227

§      Articolo 1, comma 160 (Pagamento sanzioni per pronunce di condanna per mancato recepimento di direttive UE) 228

§      Articolo 1, comma 161 (Incremento Fondo per interventi strutturali di politica economica) 229

§      Articolo 1, comma 162 (Rifinanziamento del Fondo per le missioni internazionali) 230

§      Articolo 1, comma 163 (Ricostruzione privata nei comuni interessati dal sisma in Abruzzo) 231

§      Articolo 1, comma 164 (Ricostruzione sisma Calabria e Basilicata 2012 (Pollino)) 233

§      Articolo 1, comma 165 (Fondo per il finanziamento ordinario delle università) 235

§      Articolo 1, comma 166 (Scuole paritarie) 236

§      Articolo 1, comma 167 (Fondo straordinario per il sostegno all'editoria) 239

§      Articolo 1, comma 168 (Flotta aerea antincendio del Corpo forestale dello Stato) 241

§      Articolo 1, comma 169 (Impiego forze armate per vigilanze sul territorio) 242

§      Articolo 1, comma 170 (Fondo per l’efficienza dello strumento militare) 244

§      Articolo 1, comma 171 (Assunzione di procuratori presso l’Avvocatura dello Stato) 245

§      Articolo 1, comma 172 (Fondo esigenze di funzionamento Arma dei Carabinieri) 246

§      Articolo 1, comma 173 (Contributi a favore di Associazioni combattentistiche) 247

§      Articolo 1, comma 174 (Semestre di Presidenza italiana del Consiglio UE) 248

§      Articolo 1, comma 175 (Vertice UE sull’occupazione giovanile ed Asia-Europe Summit 2014) 253

§      Articolo 1, comma 176 (Fondazione istituto mediterraneo di ematologia) 255

§      Articolo 1, comma 177 (Associazione nazionale privi della vista ed ipovedenti) 256

§      Articolo 1, comma 178 (Contributo integrativo all’Agenzia delle entrate) 257

§      Articolo 1, comma 179 (Finanziamento per la realizzazione della riforma del catasto) 258

§      Articolo 1, comma 180 (Restituzione contributo di perequazione sui trattamenti pensionistici di importo elevato) 259

§      Articolo 1, comma 181 (Assunzione di magistrati ordinari) 261

§      Articolo 1, comma 182 (Proroga del mandato di magistrati onorari) 263

§      Articolo 1, comma 183 (Rilascio concessioni di beni demaniali marittimi) 265

§      Articolo 1, comma 184 (Incremento della misura dei consumi medi di gasolio ad uso agricolo) 266

§      Articolo 1, comma 185 (Fondo bieticolo saccarifero) 268

§      Articolo 1, comma 186 (Interventi vari a favore degli italiani nel mondo) 270

§      Articolo 1, comma 187 (Competenze di Agea) 274

§      Articolo 1, comma 188 (Utilizzo somme iscritte bilancio Agea per l’attività di controllo e repressione delle frodi alimentari) 276

§      Articolo 1, comma 189 (Emergenza sanitaria batterio Xylella fastidiosa) 277

§      Articolo 1, comma 190 (Pagamenti per il settore ippico) 279

§      Articolo 1, comma 191 (Fondo finanziamento esigenze indifferibili) 281

§      Articolo 1, comma 192 (Risorse per il Fondo di garanzia per i mutui per impianti sportivi) 283

§      Articolo 1, comma 193 (Risorse per la proroga della convenzione con Radio radicale) 285

§      Articolo 1, comma 194 e 195 (Celebrazione del Centenario della Prima Guerra Mondiale) 287

§      Articolo 1, commi 196-199 (Normattiva) 288

§      Articolo 1, comma 200 (Deroghe ai limiti di spesa per l’acquisto di arredi ed autovetture da parte di rappresentanze diplomatiche ed uffici consolari) 290

§      Articolo 1, comma 201 (Riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente) 292

§      Articolo 1, comma 202 (Disposizioni per fronteggiare l’emergenza socio-economica nell’isola di Lampedusa e completamento del programma di metanizzazione del Mezzogiorno) 294

§      Articolo 1, comma 203 (Centro nazionale adroterapia oncologica) 298

§      Articolo 1, comma 204 (Economie di spesa per Autorità garante concorrenza e Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità) 299

§      Articolo 1, comma 205 (Commissariamento province) 301

§      Articolo 1, comma 206 e 207 (Fondazioni lirico-sinfoniche) 302

§      Articolo 1, comma 208 (Locazioni passive immobili all’estero del Ministero degli Affari esteri) 305

§      Articolo 1, comma 209 (Incorporazione della Sicot nella Consip) 306

§      Articolo 1, comma 210 (Trasferimento a Fintecna della società Cinecittà Luce S.p.A.) 308

§      Articolo 1, comma 211 (Modernizzazione del sistema di vendita della stampa quotidiana e periodica) 311

§      Articolo 1, comma 212 (Soppressione del credito d'imposta per promuovere l'offerta on line di opere dell'ingegno e trasferimento di somme a favore del credito d’imposta per l’adeguamento tecnologico degli operatori dell’editoria) 313

§      Articolo 1, comma 213 (Proroga della sospensione di agevolazioni tariffarie  postali editoriali) 315

§      Articolo 1, comma 214 (Disciplina transitoria per la concessione dei contributi ai periodici italiani diffusi all’estero) 317

§      Articolo 1, comma 215 (Contenimento della spesa di personale della Banca d’Italia) 319

§      Articolo 1, comma 216 (Accertamenti medico legali per dipendenti assenti per malattia) 320

§      Articolo 1, comma 217 (Estensione dell’attività della Consip S.p.A.) 321

§      Articolo 1, comma 218 (Assunzioni in magistratura, progetti formativi tirocinanti presso gli uffici giudiziari, incentivazione personale amministrativo Ministero della giustizia) 324

§      Articolo 1, comma 219 (Minoranze linguistiche slovene) 326

 

 


INDICE
(Tomo II)

Schede di lettura

§      Articolo 1, commi 220 e 221 (Fondo per la ricostruzione e la messa in sicurezza nei territori colpiti da eventi emergenziali)................................................................................... 331

§      Articolo 1, commi 222 e 223 (Proroga contratti lavoro a tempo determinato territorio de L’Aquila) 334

§      Articolo 1, comma 224 (Contributo per lo smaltimento dei rifiuti nelle zone colpite dal sisma del 2009 in Abruzzo).................................................................................................. 336

§      Articolo 1, comma 225 (Contributi per la sistemazione dei cittadini colpiti da ordinanza di sgombero in seguito al sisma del 26 ottobre 2012 in Calabria e Basilicata).................. 338

§      Articolo 1, commi 226-228 e 245 (Deroghe al patto di stabilità interno per enti colpiti da eventi sismici) 340

§      Articolo 1, comma 229 (Differimento rate dei mutui concessi agli enti locali colpiti dal sisma 2012) 345

§      Articolo 1, commi 230-233, 238-242 (Interventi a favore delle zone colpite dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012)...................................................................................... 346

§      Articolo 1, commi 234 e 235 (Modifiche alla disciplina dei finanziamenti bancari agevolati per la ricostruzione delle zone colpite dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012)        354

§      Articolo 1, comma 236 (Assunzioni di personale nelle zone colpite eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012)........................................................................................................... 357

§      Articolo 1, comma 237 (Modifiche alla disciplina dei finanziamenti bancari agevolati per la ricostruzione delle zone colpite dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012)        359

§      Articolo 1, comma 243 (Centro poliedrico antiviolenza di genere di L’Aquila) 360

§      Articolo 1, comma 244 (Destinazione dei risparmi derivanti dalla riduzione dei pubblici per le spese sostenute dai partiti politici)........................................................................ 361

§      Articolo 1, commi 246 e 247 (Policlinici universitari gestiti da università non statali e finanziamento del Bambin Gesù)............................................................................................ 363

§      Articolo 1, comma 248 (Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio) 364

§      Articolo 1, comma 249 (Incremento Fondo per interventi strutturali di politica economica) 365


§      Articolo 1, comma 250 (Incremento del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente)................................................................... 366

§      Articolo 1, commi 251-253 (Contributi statali alle istituzioni culturali)........ 367

§      Articolo 1, comma 254 (Ottimizzazione spazi ad uso pubblico)................ 371

§      Articolo 1, comma 255 (Manutenzione degli immobili pubblici)................. 376

§      Articolo 1, comma 256 (Programma straordinario di cessione di immobili pubblici)            378

§      Articolo 1, comma 257 (Dismissione beni immobili dell’INDIRE).............. 380

§      Articolo 1, comma 258 (Organizzazione periferica uffici regionali scolastici) 381

§      Articolo 1, comma 259 (Risparmi di spesa sugli investimenti pluriennali per la difesa nazionale)  382

§      Articolo 1, comma 260 (Utilizzo immobili uffici giudiziari).......................... 383

§      Articolo 1, commi 261-264 (Riduzione delle spese per consultazioni elettorali)       384

§      Articolo 1, comma 265 (Modalità di pagamento delle competenze al personale delle forze di polizia e delle Forze armate).................................................................................... 388

§      Articolo 1, commi 266 e 267 (Garante del contribuente)........................... 390

§      Articolo 1, comma 268 (Centri di assistenza fiscale)................................ 391

§      Articolo 1, comma 269 (Soppressione fondo esenzione IRAP lavoratori autonomi)            393

§      Articolo 1, comma 270 (Soppressione fondo pagamento canoni di locazione)        394

§      Articolo 1, comma 271 (Fondo gestione istituti contrattuali dei lavoratori portuali)   395

§      Articolo 1, comma 272 (Riduzione stanziamenti per contratti di produttività) 396

§      Articolo 1, commi 273 e 275 (Misure finanziarie compensative tra le Autorithies)   398

§      Articolo 1, comma 274 (Riduzione Fondo per interventi strutturali di politica economica)   404

§      Articolo 1, comma 276 (Risparmi di spesa per consumi intermedi di enti previdenziali)     405

§      Articolo 1, comma 277 (Fabbisogno finanziario programmato delle università statali)        407


§      Articolo 1, comma 278 (Predisposizione di un piano di ristrutturazione e razionalizzazione delle società controllate o interamente detenute dal MiBACT).......................... 409

§      Articolo 1, comma 279 (Deroghe per le istituzioni culturali ai limiti sul numero dei componenti degli organi di amministrazione)......................................................................... 410

§      Articolo 1, comma 280 (Interpretazione del diritto di rivalsa dello Stato)... 411

§      Articolo 1, comma 281 (Subentro nei procedimenti giurisdizionali pendenti in conseguenza della chiusura delle gestioni commissariali per emergenze di protezione civile e grandi eventi) 413

§      Articolo 1, comma 282 (Fabbisogni standard)........................................... 415

§      Articolo 1, comma 283 (Cure palliative)..................................................... 418

§      Articolo 1, comma 284 (Prontuario continuità assistenziale ospedale-territorio)      419

§      Articolo 1, commi 285-288 (Spending review per la spesa dello Stato e degli enti territoriali e riduzione dei regimi di agevolazione fiscale)............................................................. 421

§      Articolo 1, comma 289 (Riduzione dei trasferimenti correnti alle imprese) 431

§      Articolo 1, comma 290 (Riduzione spesa per consumi intermedi)............ 434

§      Articolo 1, comma 291 (Proroga delle gestioni commissariali delle province) 436

§      Articolo 1, comma 292 (Stazione sperimentale delle pelli)........................ 440

§      Articolo 1, comma 293 (Modifiche al Codice antimafia)............................ 442

§      Articolo 1, commi 294-300 (Alienazione di veicoli sequestrati o confiscati) 443

§      Articolo 1, commi 301-304 (Indennità di vacanza contrattuale)................. 445

§      Articolo 1, commi 305 e 317 (Trattamento accessorio del personale)...... 448

§      Articolo 1, comma 306 (Compensi professionali liquidati a seguito di sentenze favorevoli per la PA) 450

§      Articolo 1, commi 307-310 (Facoltà assunzionali delle PA (turn-over)).... 451

§      Articolo 1, commi 311-315 (Estensione limite massimo retributivo personale PA)  455

§      Articolo 1, comma 316 (Retribuzione straordinaria delle Forze di Polizia e delle Forze Armate)     457


§      Articolo 1, commi 318 e 319 (Riduzione dell’indennità di servizio all’estero e dei rimborsi per spese di viaggio del personale delle Ambasciate e dei consolati)........................... 458

§      Articolo 1, comma 320 (Finanziamento del SSN)...................................... 460

§      Articolo 1, comma 321 (Assunzioni di cittadini italiani licenziati già dipendenti di basi militari soppresse)................................................................................................. 462

§      Articolo 1, comma 322 (Rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici)      463

§      Articolo 1, commi 323 e 324 (Modiche alla liquidazione del TFR)............. 465

§      Articolo 1, comma 325 (Contributo di solidarietà sulle pensioni di importo elevato) 467

§      Articolo 1, comma 326 (Norma di interpretazione autentica sulla legittimità di deliberazioni in materia previdenziale)............................................................................................. 473

§      Articolo 1, comma 327 (Computo a fini pensionistici dei permessi ex legge n. 104/1992)  475

§      Articolo 1, commi 328-334, 346-351 (Patto di stabilità interno delle Regioni e ulteriore concorso agli obiettivi di finanza pubblica)........................................................................ 476

§      Articolo 1, commi 335-345 (Concorso agli obiettivi di finanza pubblica delle regioni a statuto speciale e delle province autonome)........................................................................ 483

§      Articolo 1, comma 352 (Modifiche alla base di calcolo del limite all'indebitamento per le regioni)   493

§      Articolo 1, comma 353 (Termine per l’esercizio in forma associata delle funzioni dei comuni)       495

§      Articolo 1, commi 354-365 (Patto di stabilità interno degli enti locali)........ 497

§      Articolo 1, commi 366-369 (Esclusione dal patto di stabilità interno 2014 degli enti territoriali  dei pagamenti per debiti in conto capitale)....................................................... 512

§      Articolo 1, commi 370-381 (Nuova disciplina sui rapporti finanziari e sul contenimento dei costi del personale tra amministrazioni locali e società partecipate)....................... 518

§      Articolo 1, comma 382 (Intese con le province di Trento e Bolzano)........ 530

§      Articolo 1, comma 383 (Strumenti finanziari derivati degli enti territoriali). 532

§      Articolo 1, comma 384 (Compensazione crediti d’imposta)...................... 536

§      Articolo 1, commi 385 e 386 (Riordino agevolazioni tributarie).................. 538


§      Articolo 1, commi 387-390 (Razionalizzazione della spesa per crediti d’imposta)    540

§      Articolo 1, comma 391 (Aumento imposta di bollo su conto titoli)............. 543

§      Articolo 1, comma 392 (Aumento IVAFE)................................................. 545

§      Articolo 1, comma 393 (Soppressione di crediti di imposta e di agevolazioni fiscali)           547

§      Articolo 1, commi 394 e 395 (Servizi di pagamento)................................. 549

§      Articolo 1, commi 396-399 (Rimborsi indebiti di imposta)......................... 553

§      Articolo 1, comma 400 (Proroga contributo di solidarietà sulla parte eccedente il reddito complessivo di 300.000 euro).......................................................................................... 555

§      Articolo 1, commi 401-407 (Imposta di bollo forfetaria sulle istanze trasmesse per via telematica) 557

§      Articolo 1, commi 408 e 409 (Contributo unificato nel processo tributario) 559

§      Articolo 1, commi 410-415 (Contributo obbligatorio per la partecipazione agli esami per l'avvocatura e ai concorsi per notariato e magistratura ordinaria).................................... 560

§      Articolo 1, commi 416 e 417  (Riduzione di compensi per spese di giustizia) 562

§      Articolo 1, commi 418 e 419 (Agevolazioni per la piccola proprietà contadina)        564

§      Articolo 1, comma 420 (Proroga attività riscossione enti locali)................ 567

§      Articolo 1, comma 421 (Riscossione)........................................................ 569

§      Articolo 1, commi 422 e 423 (Disposizioni in materia di assistenza fiscale) 575

§      Articolo 1, commi 424-428 (Estinzione agevolata di carichi affidati agli agenti della riscossione)   577

§      Articolo 1, comma 429 (Differimento dei termini dell’aumento del prelievo fiscale sui prodotti da fumo) 581

§      Articolo 1, comma 430 (Accise su benzine e gasolio)............................... 583

§      Articolo 1, commi 431 e 432 (Profili fiscali degli interventi di sostegno del Fondo interbancario di tutela dei depositi)................................................................................................ 584

§      Articolo 1, commi 433 e 434 (IRPEF residenti Campione d’Italia)............. 585

§      Articolo 1, commi 435 e 436 (Accisa ridotta per talune emulsioni)........... 586

§      Articolo 1, comma 437-439 (Concessioni per la raccolta del gioco del Bingo)         588

§      Articolo 1, commi 440 e 441 (Riordino della tassazione immobiliare comunale)      590

§      Articolo 1, commi 442-469 (La tassa sui rifiuti – TARI)............................. 591

§      Articolo 1, commi 470-479 (Componente diretta alla copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni – TASI).......................................................................................... 599

§      Articolo 1, commi 480-504 (Disciplina generale della IUC in materia di TARI e TASI)        608

§      Articolo 1, commi 505-515 (Disposizioni in materia di IMU)...................... 614

§      Articolo 1, comma 516-521 (Erronei versamenti IMU).............................. 626

§      Articolo 1, comma 522 (Fondo di solidarietà comunale)........................... 629

§      Articolo 1, comma 523 (Tabelle A e B)...................................................... 636

§      Articolo 1, comma 524 (Tabella C)............................................................ 642

§      Articolo 1, commi 525 e 526 (Tabella E).................................................... 658

§      Articolo 1, comma 527 (Prospetto di copertura)........................................ 686

§      Articolo 1, comma 528 (Aliquota contributiva lavoratori autonomi)........... 688

§      Articolo 1, commi 529 e 530 (Collaboratori scolastici Ufficio scolastico provinciale di Palermo)    690

§      Articolo 1, comma 531 (Entrata in vigore)................................................. 692

 

 


Schede di lettura

 


Articolo 1, comma 1
(Risultati differenziali)

Livello massimo dei saldi di bilancio

Il comma 1 fissa il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato per l’anno 2014 e per i due anni successivi, 2015 e 2016, compresi nel bilancio pluriennale (comma 1 e allegato 1).

Il saldo netto da finanziare è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.

Il ricorso al mercato rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che si prevede effettuare nell’anno e che non sono coperte dalle entrate finali: tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.

 

Per il 2014, il limite massimo del saldo netto da finanziare è pari a - 39,1 miliardi in termini di competenza, al netto di 5.710 milioni per regolazioni debitorie, come indicato dalla Nota di aggiornamento della Documento di economia e finanza[1].

Tale limite è superiore al valore effettivo del saldo (-38.401 milioni) risultante dal bilancio a legislazione vigente come modificato per effetto della legge di stabilità medesima. La differenza tra il limite massimo e il saldo contabile rappresenta un margine “cautelativo” rispetto ad eventuali variazioni in aumento del saldo che dovessero verificarsi in corso d’anno. Anche nelle precedenti leggi finanziarie si prevedeva una differenza tra il saldo di bilancio e il limite massimo, di ampiezza di anno in anno diversa.

 

Per quanto riguarda il ricorso al mercato, per l’anno 2014 è fissato un livello massimo, in termini di competenza, pari a 300 miliardi. In tale limite è compreso l’indebitamento all’estero, per un importo complessivo non superiore a 4 miliardi, relativo ad interventi non considerati nel bilancio di previsione.

Anche in questo caso il valore massimo del ricorso al mercato fissato dal comma 1 è superiore a quello risultante dal disegno di legge di bilancio come integrato con gli effetti della legge di stabilità, pari a 279,8 miliardi (al netto dei 4 miliardi per l’indebitamento estero).

 

Per il biennio successivo, il livello massimo del SNF è fissato in misura pari a -18,2 miliardi per il 2015 e a -1,2 milioni per il 2016, al netto di 3.150 milioni per regolazioni debitorie in ciascuno dei due anni.

Tali livelli “massimi” si situano al di sopra dei valori risultanti dal disegno di legge di bilancio come integrato con gli effetti della legge di stabilità pari, rispettivamente, a -10,2 miliardi nel 2015 e ad un saldo positivo pari a +5,6 miliardi nel 2016.

 

Il livello massimo del ricorso al mercato è determinato in 285 miliardi nel 2015 e 250 miliardi nel 2016 (268 miliardi e 232,2 miliardi, rispettivamente, nei due anni, nel disegno di legge di bilancio integrato con la legge di stabilità).

Come specificato dall’allegato 1, i livelli massimi del ricorso al mercato relativi a ciascuna annualità si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare in via anticipata (o di ristrutturare) passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

La disposizione, che viene di norma inserita nella legge di stabilità, è diretta a consentire margini di flessibilità nella gestione del debito pubblico.

Regolazioni contabili e debitorie

I valori dei saldi fissati nel comma 1 in esame sono calcolati al netto delle regolazioni debitorie.

Le regolazioni contabili rappresentano lo strumento per ricondurre in bilancio operazioni che hanno già manifestato il loro impatto economico-finanziario. Esse possono esplicare effetti unicamente sul bilancio dello Stato (attraverso la contabilizzazione di un uguale importo nelle entrate e nelle spese[2]), ovvero coinvolgere anche la Tesoreria: ciò avviene in presenza di anticipazioni di tesoreria, che vengono regolate in esercizi successivi. L’operazione incide sul fabbisogno (del settore statale e del settore pubblico) e sull’indebitamento nell’anno in cui avviene l’anticipazione; incide invece sul bilancio dello Stato nell’anno in cui ci si fa carico della sua regolazione[3].

Oltre alle regolazioni contabili, vi sono le c.d. regolazioni debitorie in senso stretto, il cui trattamento contabile viene valutato caso per caso. Ai fini dell’indebitamento netto, di norma, una partita debitoria sviluppa i suoi effetti nel momento in cui nasce l’obbligazione, a condizione tuttavia che siano chiaramente identificabili sia i soggetti creditori che l’ammontare del debito. Tale criterio si applica anche se l’iscrizione nel bilancio dello Stato e il flusso dei pagamenti (e quindi l’effetto sul fabbisogno) avviene ratealmente. In mancanza di tali condizioni, la contabilizzazione dell’operazione nel conto della PA segue i flussi di cassa e corrisponde a quanto annualmente viene pagato a titolo di restituzione del debito, oppure è allineata all’ammontare dei rimborsi validato nell’anno dall’Amministrazione a prescindere dall’effettivo pagamento[4].

Quanto ai rimborsi d’imposta pregressi, si tratta di somme che vengono iscritte in bilancio per essere destinate a rimborsi di imposta richiesti in anni precedenti. Esse vengono registrate nel conto economico della PA secondo il principio della competenza economica e quindi nell’anno in cui è avvenuta la richiesta di rimborso. Hanno invece effetto sul fabbisogno nell’anno in cui sono rimborsate[5].

 

Secondo quanto risulta dai prospetti contenuti nella legge di stabilità e nel bilancio, esse sono così determinate nel triennio:

 

Fonte: legge di stabilità 2014

 

 


 

Articolo 1, commi 2-4
(Finanziamento gestioni previdenziali)

 

 

I commi 2-4 recano disposizioni relative ai trasferimenti a favore di alcune gestioni previdenziali dell’INPS.

 

In particolare, il comma 2 determina l'adeguamento, per l'anno 2014, dei trasferimenti dovuti dallo Stato verso la “Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali” (GIAS) presso l’INPS, a favore di alcune specifiche gestioni pensionistiche (Fondo pensioni lavoratori dipendenti, Gestione dei lavoratori autonomi, Gestione speciale minatori e il soppresso ENPALS[6]).

 

La GIAS (gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali) è stata istituita, presso l’INPS, dall’articolo 37 della L. 9 marzo 1989, n. 88[7], per la progressiva separazione tra previdenza e assistenza e la correlativa assunzione a carico dello Stato delle spese relative a quest'ultima. Il finanziamento della gestione è posto progressivamente a carico del bilancio dello Stato.

Ai sensi della lettera c) del comma 3 dell’articolo 37 della L. n. 88/1989, è a carico della GIAS una quota parte delle pensioni erogate dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), dalla gestione dei lavoratori autonomi, dalla gestione speciale minatori e dall'ENPALS. La somma a ciò destinata è incrementata annualmente, con la legge finanziaria, in base alla variazione - maggiorata di un punto percentuale - dell'indice nazionale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati calcolato dall'ISTAT.

L’articolo 59, comma 34, della L. n. 449/1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998) ha previsto un ulteriore incremento dell’importo dei trasferimenti dallo Stato alle gestioni pensionistiche, di cui alla predetta lettera c). Tale incremento è assegnato esclusivamente al FPLD, alla gestione artigiani e alla gestione esercenti attività commerciali ed è a sua volta incrementato annualmente in base ai criteri previsti dalla medesima lettera c).

L’articolo 2, comma 4, della L. n. 183/2011 al fine del riordino del trasferimento dal bilancio dello Stato all’INPDAP, istituisce nel bilancio INPDAP un’apposita “Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alla gestione previdenziale”, in analogia con quanto previsto per l’INPS.

In particolare, nell’ambito del bilancio INPDAP, attualmente confluito nel bilancio INPS a seguito della soppressione dell’INPDAP dall’articolo 21, comma 1, del D.L. n. 201/2011, vengono istituite apposite evidenze contabili, relative alla gestione di cui al primo periodo del presente comma, nonché alle gestioni che erogano trattamenti pensionistici e di fine servizio.

Sono a carico della Gestione richiamata:

§      una quota-parte di ciascuna mensilità di pensione erogata dall’INPDAP. Tale somma è annualmente adeguata, con la legge di stabilità, in base alle variazioni dell’indice nazionale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai ed impiegati calcolato dall’ISTAT incrementato di un punto percentuale ed è ripartita tra le evidenze contabili interessate con il procedimento di cui all’articolo 14 della L. 7 agosto 1990, n. 241;

§      tutti gli oneri relativi agli altri interventi a carico dello Stato previsti da specifiche disposizioni di legge.

 

Gli incrementi dei trasferimenti disposti per il 2014, nell’ambito della Missione 025 - Politiche previdenziali, Programma 003 – Previdenza obbligatoria e complementare, assicurazioni sociali, ai sensi di quanto contenuto nell’Allegato 2, pari complessivamente a 733,89 milioni di euro, sono determinati:

a)   nella misura di 539,55 milioni di euro, in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), delle gestioni dei lavoratori autonomi, della gestione speciale minatori e dell’ENPALS (v. punto 2.a1) dell’Allegato 2);

b)   nella misura di 133,32 milioni di euro, in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (ad integrazione) e delle gestioni artigiani ed esercenti attività commerciali (v. punto 2.a2) dell’Allegato 2);

c)   nella misura di 61,02 milioni di euro ai fini dell’adeguamento dei trasferimenti ala gestione ex-INPDAP;

d)   nello stesso Allegato 2, inoltre, viene previsto un trasferimento in misura complessivamente pari a 2.321,88 milioni di euro per il 2014, relativa alla quota-parte di mensilità delle pensioni erogate dal soppresso INPDAP e posta a carico dello Stato (v. punto 2.b2) dell’Allegato 2).

 

Pertanto, come previsto dal successivo comma 3, gli importi complessivamente dovuti dallo Stato per l’anno 2014, sempre come evidenziato dall’Allegato 2, per il FPLD, le gestioni dei lavoratori autonomi, la gestione speciale minatori e l’ENPALS sono determinati (v. punto 2.b1) dell’Allegato 2):

§      in 3,08 milioni di euro dovuti per la gestione previdenziale speciale minatori (lettera a));

§      in 71,45 milioni sono dovuti per il soppresso ENPALS (lettera b));

§      in 649,90 milioni per l’integrazione annuale degli oneri di pensione per i coltivatori diretti, i mezzadri e i coloni prima del 1° gennaio 1989 (lettera c)).

 

La ripartizione tra le gestioni interessate avviene ai sensi del procedimento di cui all’articolo 14 della L. n. 241/1990, ossia mediante la convocazione di una conferenza di servizi.

 

L’allegato 2, come precisato dal successivo comma 4, indica anche i maggiori oneri, per l’anno 2012, destinati alle Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali per il finanziamento degli interventi relativi al sostegno della maternità e della paternità e gli importi (utilizzati per il finanziamento dei suddetti maggiori oneri) delle somme risultanti sulla base del bilancio consuntivo dell’INPS per il 2012, accantonate presso la citata Gestione in quanto non utilizzate per i rispettivi scopi.

Tali maggiori oneri, per il 2012, nell’ambito della Missione 024 – Diritti sociali, politiche sociali e famiglia, Programma 012[8] –, ai sensi di quanto contenuto nell’Allegato 2, sono pari a 571,021 milioni di euro.


 

Articolo 1, comma 5
(Fondo per lo sviluppo e la coesione)

 

 

Il comma 5 determina la dotazione aggiuntiva del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC)[9] relativamente al ciclo di programmazione 2014-2020 nella misura di 54.810 milioni.

Si ricorda che l’articolo 5, comma 2, del D.Lgs. n. 88 del 2011 prevede che sulla base di quanto indicato dal Documento di economia e finanza, la legge di stabilità relativa all'esercizio finanziario che precede l'avvio di un nuovo ciclo pluriennale di programmazione incrementi la dotazione finanziaria del Fondo per lo sviluppo e la coesione, stanziando risorse adeguate per le esigenze dell'intero periodo di programmazione, sulla base della quantificazione proposta dal Ministro delegato, compatibilmente con il rispetto dei vincoli di bilancio e degli obiettivi di finanza pubblica. Allo stesso modo, la legge di stabilità provvede contestualmente alla ripartizione della dotazione finanziaria per quote annuali, collegate all'andamento stimato della spesa.

Secondo la relazione tecnica (A.S. 1120) tale importo è stato determinato considerando il dimensionamento annuale della quota pari allo 0,5 per cento del PIL, in luogo dello 0,6 per cento utilizzato per i precedenti cicli di programmazione. Posto che il valore del PIL 2012 preso a riferimento è pari a 1.566 miliardi di euro, lo 0,5 per cento determina un ammontare della quota “media” annua di 7.830 milioni, che, moltiplicata per i 7 anni del ciclo di programmazione, genera l’importo di 54.810 milioni.

 

Di tali risorse, la norma in oggetto ne dispone l’iscrizione in bilancio nella misura dell’80 per cento (43.848 milioni), subordinando l’utilizzo della restante quota di 10.962 milioni ad una verifica di metà periodo (da effettuare precedentemente alla predisposizione della legge di stabilità per il 2019, quindi nella primavera-estate 2018) dell’effettivo impiego delle prime risorse assegnate.

 

Dei 43.848 milioni di euro, il comma 5 ne dispone l’immediata iscrizione nel bilancio 2014-2016 nella misura di 50 milioni nel 2014, di 500 milioni nel 2015 e di 1 miliardo nel 2016. Per gli anni successivi, la quota residua, pari a 42.298 milioni, sarà ripartita in quote annuali secondo le determinazione della tabella E delle singole leggi di stabilità.

 

Si ricorda che, relativamente al precedente ciclo di programmazione 2007-2013, l’articolo 1, comma 863, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006) aveva rifinanziato il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) per 64,4 miliardi di euro, quali risorse destinate ad affiancare i fondi strutturali comunitari (nonché le relative risorse del cofinanziamento nazionale) nel finanziare gli interventi per lo sviluppo delle politiche di coesione.

La successiva legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244/2007), all’articolo 2, comma 537, ha provveduto a rimodulare, per ciascuna annualità 2007-2015, l’ammontare di tali risorse aggiuntive del FAS, fissandone gli importi annuali - oltre ai 100 milioni già previsti per il 2007 - in 1.100 milioni per il 2008, 4.400 milioni per il 2009, 9.166 milioni per il 2010, 9.500 milioni per il 2011, 11.000 milioni per il 2012, 11.000 milioni per il 2013, 9.400 milioni per il 2014 e 8.713 milioni per il 2015.

 

Nella tabella che segue è riportata la ripartizione annuale delle risorse aggiuntive del FAS, come autorizzate dalla legge di stabilità 2007 per il ciclo di programmazione 2007-2013, a raffronto con quelle aggiuntive dell’attuale FSC, autorizzate dal comma in esame per il ciclo di programmazione 2014-2020.

 

Ciclo

1° anno

2° anno

3° anno

Altri
anni

Quota accantonata

Totale

2007-2013

100

1.100

4.400

58.779

-

64.379

2014-2020

50

500

1.000

42.298

10.962

54.810

 

Confrontando gli importi dei primi tre anni dei due cicli di programmazione, si può notare come per il ciclo 2014-2020 le somme iscritte in bilancio ai sensi della norma in commento siano notevolmente inferiori rispetto alle analoghe annualità del precedente ciclo di programmazione. Tale scelta è stata sicuramente determinata dalla lentezza temporale di avvio delle procedure di definizione degli interventi, che, ai sensi della normativa vigente, inizia con una attività di ripartizione programmatica delle risorse da parte del CIPE tra le amministrazioni centrali e regionali, che a loro volta devono definire un quadro organico di interventi, che, trattandosi di investimenti, necessitano di un arco temporale pluriennale. Una volta definite le capacità di spesa di ciascuna amministrazione, le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione iscritte nell’apposito capitolo del bilancio dello Stato (che, si ricorda, ai sensi dell’articolo 10, comma 8, del D.L. n. 101 del 2013, è stato spostato dallo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico a quello del Ministero dell’economia e delle finanze[10]) saranno trasferite, di volta in volta, con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze ai pertinenti capitoli di spesa delle amministrazioni interessate.

Il secondo periodo del comma 5 specifica, inoltre, che tali risorse sono destinate a sostenere esclusivamente interventi per lo sviluppo, anche di natura ambientale, secondo la chiave di riparto dell’80 per cento nelle aree del Mezzogiorno e del 20 per cento nelle aree del Centro-Nord.

Si tratta di una nuova chiave di riparto rispetto a quella finora adottata nei precedenti cicli di programmazione, che era determinata nelle quote dell’85 per cento alle aree del Mezzogiorno e del 15 per cento alle aree del Centro-Nord.

 

La destinazione delle risorse del FAS nella misura dell’85% al Mezzogiorno e del 15% alle regioni del Centro-Nord fu decisa negli anni 1998-1999 (le delibere del CIPE hanno spesso utilizzato la formula “nel rispetto del consolidato criterio di ripartizione tra le macroaree del Centro-Nord e del Mezzogiorno nella misura, rispettivamente, del 15 e dell’85 per cento”.

Una prima “normalizzazione” del principio di ripartizione 85-15% fu previsto dall’articolo 61, comma 10, della legge finanziaria 2003 (legge n. 289/2002) in sede di ripartizione delle risorse del FAS da destinare ai nuovi contratti di programma. L’articolo 18 del D.L. n. 185 del 2008 – con cui fu disposto che le risorse del FAS fossero assegnate al Fondo sociale per l’occupazione e la formazione, al Fondo strategico per l’economia reale del Paese e al Fondo infrastrutture – al comma 3 specificò che per le risorse derivanti dal FAS restava fermo il vincolo di destinare alle Regioni del Mezzogiorno l'85 per cento delle risorse ed il restante 15 per cento alle Regioni del Centro-Nord.

 

La revisione della percentuale di ripartizione è frutto dei risultati di una analisi di diversi indicatori socio-economici utilizzati per valutare le situazioni territoriali (popolazione, superficie, occupazione giovanile, occupazione femminile, abbandono scolastico, povertà, ecc) contenuti nella “Banca dati di indicatori territoriali per le politiche di sviluppo”, gestita dall’ISTAT e dal Dipartimento sviluppo e coesione del MiSE, che, anche alla luce della crisi economica che interessa l’intero territorio nazionale, determina una conseguente diversa ripartizione delle risorse tra le due macro-aree.

Tali indicatori sono altresì utilizzati per la ripartizione interna tra le regioni delle due macro-aree.

Si ricorda che per quanto riguarda i fondi strutturali dell’unione europea (ed il relativo cofinanziamento nazionale) la chiave di riparto è del 70 per cento alle regioni del Mezzogiorno e del 30 per cento a quelle del Centro-Nord.

 

La formulazione della disposizione sembra, inoltre, voler ribadire l’utilizzo esclusivo delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione per finalità di investimento, secondo la natura stessa delle risorse del Fondo, che sono iscritte in bilancio in conto capitale, evitando, dunque, che tali risorse possano essere utilizzate - come operato in passato da numerosi provvedimenti legislativi - a copertura di oneri anche di parte corrente.

Come riportato dal Ministro Trigiglia nel corso dell’audizione del 19 novembre 2013 presso le Commissioni V e XIV della Camera dei deputati, il Fondo per lo sviluppo e la coesione sarà utilizzato prevalente per la realizzazione di grandi reti infrastrutturali (ferroviarie, stradali, aeroportuali e portuali), per investimenti pubblici nel campo della prevenzione dei rischi ambientali e per il completamento e miglioramento della rete digitale (banda larga e ultra-larga).

 

Si segnala, peraltro, che alcune disposizioni del d.d.l. di stabilità 2014 recano disposizioni concernenti la destinazione delle risorse del FSC. In particolare:

§      il comma 32 assegna 200 milioni per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016 al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662/1996) a valere sulle risorse del FSC (tali riduzioni sono immediatamente contabilizzate dalla Nota di variazioni). Il comma 32 dispone, inoltre, che con apposita delibera del CIPE sono altresì assegnati al predetto Fondo di garanzia, a valere sul medesimo Fondo per lo sviluppo e la coesione, ulteriori 600 milioni;

§      il comma 73 dispone che il CIPE, a valere sulle risorse del FSC relative alla programmazione nazionale 2014-2020, provvede ad assegnare 50 milioni per il 2015 per la prosecuzione degli interventi volti a favorire la ricostruzione e la ripresa economica delle zone della regione Sardegna interessate dagli eventi alluvionali del mese di novembre 2013;

§      il comma 121 prevede che, nell'ambito della programmazione del FSC 2014-2020, il CIPE assegna una quota, nel limite complessivo di 30 milioni, da destinare ad interventi urgenti ed immediatamente attivabili relativi a nuove sedi per uffici giudiziari con elevati carichi di controversie pendenti, necessari per lo sviluppo delle aree connesse e per l'efficienza del sistema giudiziario;

§      il comma 202 dispone l’assegnazione da parte del CIPE al comune di Lampedusa e Linosa 20 milioni per il triennio 2014-2016 (la relazione tecnica all’emendamento 9.1000 presentato al Senato specifica che le risorse sono ripartite in 10 milioni per il 2014 e in 5 milioni per ciascuna delle annualità 2015-2016), a valere sulle risorse del FSC per il periodo di programmazione 2014-2020, allo scopo di fronteggiare la grave situazione socio-economica nell'isola di Lampedusa, determinatasi a seguito dell'eccezionale afflusso di cittadini provenienti dai Paesi del Mediterraneo, e rafforzarne la dotazione di infrastrutture, finalizzata ad una maggiore efficienza dei servizi.

 

Per quanto riguarda la destinazione delle risorse 2007-2013 (64,4 miliardi) si ricorda che il CIPE, dopo aver effettuato una prima programmazione delle risorse con la delibera n. 166 del 2007, a causa dell’utilizzo delle risorse FAS a copertura di numerosi oneri recati da provvedimenti legislativi intervenuti successivamente, ha provveduto, con alcune successive delibere del marzo 2009, a riprogrammarne le disponibilità residuali (52,4 miliardi).

Tali risorse sono state ripartite tra i “sotto-fondi” gestiti dalle amministrazioni centrali, in cui il FAS è stato articolato ai sensi dell’articolo 18 del D.L. n. 185 del 2008 (Fondo infrastrutture, Fondo strategico per l’economia reale, Fondo sociale per l’occupazione e la formazione) per complessivi 25,4 miliardi. I restanti 27 miliardi sono stati destinati alle amministrazioni regionali, nella misura di 21,8 miliardi alle regioni del Mezzogiorno e 5,2 miliardi a quelle del Centro-Nord, sulla base della ricordata “chiave di ripartodell’85% e del 15%, contenuta nell’Allegato al Quadro Strategico Nazionale (QSN) 2007-2013, approvato con la delibera CIPE n. 174 del 2006.

Il CIPE è poi successivamente intervenuto, con delibera n. 1 del 2011, ad una ulteriore riprogrammazione delle risorse del FAS, a seguito del taglio complessivo del 10% delle risorse del Fondo (circa 5 miliardi) disposto dall’articolo 2, del D.L. n. 78 del 2010, modificando le assegnazioni del FAS già effettuate, imputandone 1,7 miliardi alle regioni del Mezzogiorno e 0,5 miliardi alle regioni del Centro-Nord. La restante quota è stata imputata al Fondo Infrastrutture e al Fondo strategico.

 

Per quanto riguarda le risorse complessivamente iscritte nel Fondo per lo sviluppo e la coesione, si segnala che il bilancio a legislazione vigente indica 5.433,2 milioni per il 2014 e 8.264,8 milioni per il 2015.

 

Rispetto a tali importi, la Tabella E del disegno di legge di stabilità ne dispone una rimodulazione temporale, attraverso una riduzione di 400 milioni nel 2014 e di 1,5 miliardi nel 2015, che vengono traslati nel 2016 (+1,9 miliardi).

Considerando le risorse aggiuntive autorizzate dal comma in esame, la dotazione complessiva del FSC risulta quella esposta nella successiva tavola:

 

Milioni di euro

2014

2015

2016

2017 e ss

BLV

5.433,4

8.264,8

-

 

Art. 1, co. 5 (rifinanziamento di 54.810 milioni per gli anni 2014-2020, con iscrizione in bilancio dell’80% (complessivi 43.848 mln.)

+50,0

+500,0

+1.000,0

+42.298,0

 

Rimodulazione Tab. E

-400,0

-1.500,0

+1.900,0

 

Art. 1, co. 32, primo periodo: PMI

-200,0

-200,0

-200,0

 

BILANCIO 2014-2016 e succ.

4.883,4

7.064,8

2.700,0

42.298,0

 

Si ricorda che tali importi non coincidono con quelli esposti nella Tabella E poiché la Tabella E non contabilizza “immediatamente” gli effetti delle disposizioni contenute nell’articolato, che invece sono registrati dalla Nota di variazioni.

 


 

Articolo 1, commi 6-9
(Fondi per programma “Aree interne del Paese”)

 

 

I commi da 6 a 9 riguardano il finanziamento della "strategia per le Aree interne", predisposta dal Ministro per la coesione territoriale, unitamente ad altri Ministeri ed enti pubblici, con lo specifico obiettivo di contribuire al rilancio economico e sociale di ampie porzioni del territorio nazionale che si trovano in condizioni socio-economiche marginali o di insufficiente valorizzazione.

 

Come ricordato dalla Relazione illustrativa del disegno di legge (A.S. 1120), le "Aree interne" rappresentano una delle opzioni strategiche di intervento del nuovo ciclo di programmazione 2014-2020, perché riguardano tutto il territorio nazionale senza distinzioni tra Nord e Sud.

Con il concetto di aree interne, il territorio nazionale è stato suddiviso a livello comunale non in base ad un criterio minimo di popolazione, né secondo parametri altimetrici, ma secondo un criterio di capacità di offerta di alcuni servizi essenziali, che sono stati identificati nella presenza sul territorio di un istituto di scuola secondaria superiore, di una struttura ospedaliera sede di un DEA di primo livello e di una stazione ferroviaria classificata non inferiore a”Silver”.

In base alla compresenza di questi tre requisiti sono stati individuati i “poli urbani” e poi i “poli intercomunali”, composti da quei comuni tra loro vicini nei quali erano presenti “congiuntamente” i tre servizi essenziali.

Conseguentemente i comuni non rientranti nei poli sono stati classificati in base ad un indicatore di “accessibilità”, calcolato in termini di minuti di percorrenza per raggiungere il polo più prossimo: i limiti sono stati fissati in meno di 20 minuti (aree periurbane o di cintura), tra 20 e 40 minuti (aree intermedie), tra 40 e 75 minuti (aree periferiche) e oltre i 75 minuti (aree ultraperiferiche). I comuni con tempi di accessibilità superiori ai 20 minuti dal polo più vicino sono stati classificatiaree interne”.

 

A favore di queste aree, il comma 6 autorizza la spesa di 3 milioni per il 2014 e di 43,5 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016 a valere sulle risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, istituito dalla legge n. 183 del 1987.

Per quanto riguarda l’operatività del Fondo per l’attuazione delle politiche comunitarie si rinvia alla scheda di lettura relativa ai successivi commi da 151 a 158, nonché a quella relativa al rifinanziamento di risorse disposto dalla Tabella E.

 

Ai sensi del comma 7, l'autorizzazione di spesa è finalizzata al finanziamento di progetti pilota volti a perseguire il riequilibrio dell'offerta di servizi di base nelle aree selezionate, con riferimento prioritariamente ai servizi di trasporto pubblico locale, di istruzione e socio-sanitari.

I criteri e le modalità attuative di tali interventi dovranno essere previste dall'Accordo di partenariato per l'utilizzo dei fondi a finalità strutturale assegnati all'Italia per il ciclo di programmazione 2014 - 2020.

 

I progetti pilota cui si fa riferimento dovranno - sempre secondo quanto illustrato nella Relazione illustrativa - applicarsi ad un numero ristretto di aree: non più di una per ogni regione dove le condizioni siano mature, selezionate da parte delle Regioni stesse secondo criteri generali condivisi.

 

L'Accordo di Partenariato è lo strumento previsto dalla proposta di Regolamento della Commissione Europea COM (2011) 615/2, del 14 marzo 2012, per stabilire la strategia - risultati attesi, priorità, metodi di intervento - di impiego dei fondi comunitari per il ciclo di programmazione 2014-2020. L'accordo finale, che ciascuno Stato membro predisporrà, sarà approvato dalla Commissione europea.

Per le Aree interne esso propone interventi volti a raggiungere tre obiettivi distinti e interconnessi: mettere in sicurezza il territorio, promuovere la diversità naturale e culturale presente in quelle aree e valorizzare le risorse potenziali non utilizzate per innescare processi di crescita che avranno riflessi positivi su tutto il paese.

 

Gli interventi individuati nell'Accordo di partenariato e finanziati con i fondi europei a finalità strutturale dovranno, secondo quanto stabilito nel comma 8, vedere la cooperazione di diversi livelli di governo interessati (la norma indica, a livello di amministrazioni centrali i Ministeri dell’Infrastrutture e dei trasporti, dell’Istruzione, dell’università e ricerca e della Salute), mediante la sottoscrizione di accordi di programma quadro, e dovranno essere coordinati dal Ministro per la coesione territoriale che si avvale dell'Agenzia per la coesione territoriale.

 

La legge n. 662 del 1996, all'articolo 2, comma 203, dispone che gli interventi che coinvolgono una molteplicità di soggetti pubblici e privati ed implicano decisioni istituzionali e risorse finanziarie a carico delle amministrazioni statali, regionali e degli enti locali, possono essere regolati sulla base di vari tipi di accordi, tra cui l'accordo di programma-quadro. Questo é così definito: l'accordo con enti locali ed altri soggetti pubblici e privati promosso dalle amministrazioni centrali dello Stato, dalle regioni o dalle province autonome in attuazione di una intesa istituzionale di programma per la definizione di un programma esecutivo di interventi di interesse comune o funzionalmente collegati. L'accordo di programma quadro è vincolante per tutti i soggetti che vi partecipano.

 

Il comma 9 prevede che i risultati degli interventi pilota vengano annualmente (entro il 30 settembre) sottoposti al CIPE dal Ministro responsabile, per la valutazione in ordine ai successivi rifinanziamenti.


 

Articolo 1, comma 10
(Formazione giovani extraeuropei - Agenzia ICE)

 

 

Il comma 10, inserito durante l’esame al Senato, destina 1 milione di euro all'agenzia ICE per l'anno 2014 per l'attivazione di percorsi formativi e la concessione di borse di studio a giovani provenienti dai paesi extraeuropei del bacino del Mediterraneo finalizzati all'avvio di piccole attività imprenditoriali nei paesi di origine.

 

L’attivazione dei percorsi formativi e la concessione delle borse di studio devono avvenire, secondo la norma, in collaborazione con le università che hanno sede in Sicilia.

 

Si evidenzia che la norma non specifica la tipologia delle Università per le quali è prevista la collaborazione ai fini dell’attivazione di percorsi formativi e della concessione di borse di studio. In Sicilia, le università statali esistenti sono quelle di Catania, Messina e Palermo. Vi è inoltre la libera Università degli studi Enna, denominata “Università Kore di Enna”, legalmente riconosciuta con Decreto Ministeriale 15 settembre 2004 n. 284.

 

I giovani interessati devono essere in possesso almeno di istruzione superiore.


 

Articolo 1, comma 11
(Contratti di sviluppo industriale)

 

 

Il comma 11, modificato nel corso dell’esame presso il Senato, autorizza la spesa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 e di 100 milioni di euro per il 2016 per la concessione di finanziamenti agevolati a sostegno degli investimenti privati rilevanti per il rafforzamento della struttura produttiva italiana, con particolare riferimento alle aree del Mezzogiorno.

Le suddette risorse vanno ad incrementare l’apposito Fondo istituito dal’articolo 43 del decreto-legge n. 112 del 2008, e dovranno essere destinate:

§       per il 50% a contratti di sviluppo nel settore industriale, ivi inclusi quelli relativi alla trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, e ittici (come aggiunto in sede referente) da realizzare nei territori regionali diversi dalle aree dell'Obiettivo convergenza;

§       per il 50% a contratti di Sviluppo in ambito turistico.

 

Si tratta delle agevolazioni previste dall'articolo 43 del decreto-legge n. 112 del 2008, con cui sono stati messi in campo strumenti di attrazione degli investimenti volti a favorire lo sviluppo di impresa.

Il Contratto di Sviluppo ( D.M. 24 settembre 2010 di attuazione dell’art. 43 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) favorisce la realizzazione di investimenti di rilevanti dimensioni, proposti da imprese italiane ed estere. Finanzia investimenti nei settori industriale, turistico e commerciale. È rivolto alle imprese italiane alle imprese estere che hanno una sede stabile in Italia. È sottoscritto da una o più imprese, Invitalia e da eventuali Amministrazioni pubbliche. È composto da uno o più progetti di investimento ed eventuali progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale inoltre può comprendere la realizzazione di infrastrutture di interesse pubblico. I progetti di investimento del Contratto di Sviluppo possono essere realizzati:

§       nelle aree previste dalla Carta degli aiuti a finalità regionale approvata dalla Commissione europea per il periodo 2007-2013 (Aiuto di Stato n. 117/2010 pubblicato su GUUE del 10 agosto 2010, n. C 215/5);

§       nel resto del territorio nazionale, se presentati da PMI o da grandi imprese attive nella trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, con meno di 750 dipendenti e/o un fatturato inferiore a 200 milioni di euro (cosiddette “imprese intermedie”).

I progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale possono essere realizzati su tutto il territorio nazionale.

La legge di stabilità 2013 (articolo 1, commi 266 e 268), al fine di favorire iniziative imprenditoriali finalizzate allo sviluppo dell'offerta turistica nella regione Basilicata ha previsto agevolazioni finanziarie incrementando il fondo di cui all'articolo 43, comma 3 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, di 5 milioni di euro per l'anno 2013 e 10 milioni di euro per l'anno 2014.

Si ricorda, infine, che l’articolo 3 del D.L. n. 69/2013 ha attribuito 150 milioni di euro una tantum - a valere sulle disponibilità esistenti del Fondo per la crescita sostenibile - per il finanziamento dei contratti di sviluppo nel settore industriale, ivi inclusi quelli relativi alla trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, da realizzare nei territori regionali attualmente privi di copertura finanziaria.

 

Secondo la Relazione tecnica al disegno di legge, l'incremento delle risorse disposto con il comma in esame sarà utilizzato per l'erogazione di finanziamenti agevolati in modalità rotativa, senza effetti in termini di indebitamento netto


 

Articolo 1, comma 12
(Fondo per la crescita sostenibile)

 

 

Il comma 12, ai fini dell'erogazione di finanziamenti agevolati, dispone l'incremento della dotazione del Fondo per la crescita sostenibile di 100 milioni di euro per il 2014 e di 50 milioni per il 2015.

 

Il Fondo per la crescita sostenibile, istituito nel 2012 dall'articolo 23, comma 2 del decreto-legge 22 giugno 2012 n. 83 (Misure urgenti per la crescita del paese) si pone come obiettivo prioritario il finanziamento di programmi ed interventi per la competitività e il sostegno dell’apparato produttivo sulla base di progetti di rilevante interesse nazionale, capaci di accrescere il patrimonio tecnologico del Paese articolati su tre linee strategiche: la promozione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione, anche tramite il consolidamento dei centri e delle strutture di ricerca e sviluppo delle imprese; il rafforzamento della struttura produttiva il riutilizzo di impianti produttivi e il rilancio di aree che versano in situazioni di crisi tramite la sottoscrizione di accordi di programma; la promozione della presenza internazionale delle imprese e l’attrazione di investimenti dall’estero. Inoltre, l'art. 30, commi 2 e 3, del predetto decreto-legge n. 83 del 2012, dispone che i programmi e gli interventi destinatari del Fondo per la crescita sostenibile possono essere agevolati anche a valere sulle risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (di seguito FRI) di cui all'art.1, comma 354, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e che le risorse dello stesso FRI non utilizzate al 31 dicembre 2012 e, a decorrere dal 2013, al 31 dicembre di ciascun anno, sono destinate alle finalità del Fondo per la crescita sostenibile, nel limite massimo del 70 per cento.

Si ricorda che con il D.M. 8 marzo 2013, sono state individuate le priorità, le forme e le intensità massime di aiuto concedibili nell'ambito del Fondo per la crescita sostenibile.

Con D.M. 26 aprile 2013, sono state individuate le risorse non utilizzate del FRI al 31 dicembre 2012, pari a 1.847,63 milioni di euro e l'importo nominale delle risorse attribuibili al Fondo per la crescita sostenibile e', pertanto, pari a 1.293,34 milioni di euro. l'importo delle risorse effettivamente utilizzabili per gli interventi del Fondo per la crescita sostenibile e' quantificato da Cassa depositi e prestiti S.p.A.

Alla data del 30 aprile 2013 la dotazione finanziaria del Fondo per la crescita sostenibile e' pari a euro 657,8 milioni , cui si aggiungono euro 186, 4 milioni, ancora da versare e che, pertanto, la disponibilità complessiva del Fondo da destinare a nuovi interventi, al netto delle risorse necessarie per far fronte agli impegni già assunti e per garantire la definizione dei procedimenti avviati in data anteriore a quella di entrata in vigore del più volte citato decreto-legge n. 83 del 2012, e' pari a euro 844 milioni, come accertato con decreto del Direttore Generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali 30 maggio 2013. Infine, con il D.M. 20 giugno 2013, una quota pari a euro 300 mln delle risorse disponibili nel Fondo per la crescita sostenibile e' attribuita per il finanziamento di un primo intervento per la promozione di progetti di ricerca e sviluppo di rilevanza strategica per il sistema produttivo e, in particolare, per la competitività delle piccole e medie imprese.


 

Articolo 1, comma 13
(Fondo rotativo per l’internazionalizzazione delle imprese)

 

 

Il comma 13, modificato durante l’esame presso il Senato, autorizza la spesa di 50 milioni di euro per il 2014, al fine di incrementare la dotazione del Fondo rotativo (istituito con il D.L. n. 251/1981, convertito con modificazioni dalla L. 394/1981) destinato alla concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici, a sostegno dei processi di internazionalizzazione delle imprese. Nel corso dell’esame in Senato si è prevista inoltre una riserva di destinazione fino al 40 per cento dell'importo per le imprese del settore agroalimentare che si aggregano per finalità di promozione, sviluppo e consolidamento sui mercati esteri, attraverso strutture associative che sviluppino competenze, strumenti ed occupazione nel campo dell'internazionalizzazione delle imprese.

 

Il fondo a carattere rotativo destinato alla concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici a fronte di programmi di penetrazione commerciale in Paesi diversi da quelli delle Comunità europee, è stato istituito dall’articolo 2 del decreto-legge n. 251 del 1981, convertito in legge con modificazioni, dalla legge 29 luglio 1981, n. 394, presso il Mediocredito centrale. Il fondo era originariamente amministrato da un comitato di nomina ministeriale, successivamente soppresso dal comma 7 dell’art. 25 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 143, il quale ha disposto, tra l’altro, che a decorrere dal 1° gennaio 1999, la gestione degli interventi di sostegno finanziario all'internazionalizzazione del sistema produttivo di cui al suddetto D.L. n. 251 fosse attribuita alla SIMEST S.p.a.. SIMEST è una società per azioni controllata da Cassa Depositi e Prestiti, azionista di maggioranza dal 9 novembre 2012 a seguito dell’acquisizione di circa il 76% del capitale sociale dal Ministero dello Sviluppo Economico, con un’ulteriore presenza azionaria privata (banche e sistema imprenditoriale).

Il D.L. n. 112/2008 (art. 6), convertito nella L. n. 133/2008, ha operato una profonda riforma degli interventi finanziabili con il Fondo rotativo per l’internazionalizzazione delle imprese. Gli interventi ammessi ai finanziamenti agevolati dall'art. 6, comma 2, sono:

§       programmi di inserimento sui mercati esteri (lett. a);

§       studi di pre-fattibilità e fattibilità e per programmi di assistenza tecnica (lett. b) collegati a investimenti;

§       patrimonializzazione delle PMI esportatrici al fine di accrescerne la competitività sui mercati esteri (lett. c). L'intervento mira ad affrontare il problema della diffusa sottocapitalizzazione delle PMI italiane, assicurando loro le risorse occorrenti, sia direttamente, sia attraverso un più facile accesso al credito, al fine di rafforzare la loro presenza sui mercati internazionali dove la concorrenza internazionale è più agguerrita.

 

L'art. 42, comma 1, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto una riserva di destinazione alle piccole e medie imprese (PMI) pari al 70% annuo delle risorse del Fondo 394/81, e stabilito che i termini, le modalità e le condizioni per la concessione delle agevolazioni finanziarie, nonché le attività e gli obblighi del gestore, sono determinati con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello Sviluppo economico, anziché con delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE). Pertanto, in attuazione della suddetta norma, il Ministro dello Sviluppo economico il 12 dicembre 2012 ha emanato un decreto di natura non regolamentare,che apporta alcune modifiche agli strumenti di finanziamento già previsti, in particolare ai finanziamenti per la patrimonializzazione delle PMI esportatrici, e introduce un nuovo intervento (marketing e/o promozione del marchio italiano) destinato a finanziare la partecipazione a fiere e mostre nei mercati extra UE da parte delle PMI.

Il Fondo viene rendicontato con un unico documento, dal quale risultano i dati complessivi afferenti anche ai sottoconti (interventi previsti dall’art. 2 della legge n. 394, e

dall’art. 22, comma 5 del d.lgs. n. 143 del 1998).

Al 1°gennaio 2012, le risorse giacenti sul Fondo erano pari a 409,1 milioni di euro, quelle impegnabili ammontavano invece a 55 milioni di euro. Nel corso dell'anno, a queste si sono aggiunti i rientri in conto capitale e interessi (pari a circa 30 milioni di euro) e le risorse liberate da decadenze, revoche, ecc., di operazioni approvate negli anni precedenti, che, aumentando la capienza del Fondo, hanno permesso di far fronte all'attività di internazionalizzazione prevista dalla legge, ad eccezione, come si è più volte detto, degli interventi a sostegno della patrimonializzazione delle PMI. Al 31 dicembre 2012 le disponibilità ammontano a circa 280 milioni; i rientri per quote capitale ammontano a 30,5 milioni.


 

Articolo1, comma 14
(Fondo credito all’esportazione)

 

 

Il comma 14, inserito durante l’esame presso il Senato, dispone il rifinanziamento per 200 milioni di euro del fondo (art.3 della legge n. 95/73), gestito da SIMEST, che eroga contributi in conto interessi a sostegno delle esportazioni a pagamento differito e degli investimenti all’estero.

Per la copertura degli oneri si provvede mediante corrispondente versamento di 200 milioni di euro all'entrata del bilancio dello Stato nel 2014, a valere sulle disponibilità giacenti sul conto corrente di tesoreria relativo alle somme recuperate per i crediti indennizzati dalla SACE inseriti negli accordi bilaterali intergovernativi di ristrutturazione del debito (art. 7, comma 2-bis, del D.Lgs. n. 143/1988).

 

Si ricorda che la gestione degli interventi di sostegno finanziario alle esportazioni e all'internazionalizzazione del sistema produttivo italiano è affidata a Simest SpA dal 1° gennaio 1999. Tali interventi, gestiti in precedenza da Mediocredito Centrale, sono stati attribuiti a Simest con D.Lgs. n. 143/1998, nell'ambito delle misure di riordino e razionalizzazione degli strumenti di supporto pubblico alle imprese per le loro attività all'estero. L'attività riguarda i contributi concessi a valere sul Fondo di cui all'art. 3 della L. 295/1973 per operazioni di credito all'esportazione (D. Lgs. n. 143/1998, Capo II) e per investimenti in imprese all'estero (L. n. 100/1990, art. 4 e L. n. 19/1991). Per quanto riguarda l'attività di sostegno alle esportazioni, essa è gestita da Simest in base ad accordi internazionali, e cioè all'Accordo sui Sussidi e le Misure Compensative (ASCM) dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) e all'Accordo OCSE sui Crediti all'Esportazione (Arrangement on Officially Supported Export Credits, detto Consensus). L'agevolazione concessa dalla Simest consiste in un contributo agli interessi sui crediti accordati dagli esportatori italiani ai loro clienti esteri. Tale contributo copre la differenza tra il tasso di riferimento, stabilito dalla Simest in relazione alla situazione del mercato, ed il tasso posto a carico del debitore estero.

Quest'ultimo tasso non può essere inferiore al tasso CIRR (Commercial Interest Reference Rate) stabilito mensilmente in sede OCSE. I beneficiari posso essere gli esportatori di prodotti e servizi di origine italiana, o entro determinati limiti quelli comunitari, aventi carattere di beni di investimento o collegabili ad un investimento. L'importo agevolabile è pari all'85% della fornitura. L'intervento può riguardare sia i crediti fornitore sia i crediti acquirente, è destinato a garantire il committente estero dal rischio di variazione dei tassi di interesse, consentendogli di accedere ad un indebitamento a medio-lungo termine al tasso fisso CIRR.

Si ricorda che l'art. 3, comma 5, del D.L. n. 201/2011, convertito in L. n. 214/2011 ha provveduto a rifinanziare il Fondo 295 per 150 milioni annui nel biennio 2012/2013.

Per quanto riguarda la copertura degli oneri si ricorda che l’articolo 7, comma 2-bis del D.Lgs. n. 143/1998 prevede che le somme recuperate, riferite ai crediti indennizzati dalla SACE inseriti negli accordi bilaterali intergovernativi di ristrutturazione del debito, stipulati dal Ministero degli affari esteri d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, affluite sino alla data di trasformazione della SACE nella SACE S.p.A. nell'apposito conto corrente acceso presso la Tesoreria centrale dello Stato, intestato al Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento del tesoro, restano di titolarità del Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento del tesoro. Questi è autorizzato ad avvalersi delle disponibilità di tale conto corrente per finanziare la sottoscrizione di aumenti di capitale della SACE S.p.A. e per onorare la garanzia statale degli impegni assunti dalla SACE S.p.A., ai sensi delle disposizioni vigenti, nonché per ogni altro scopo e finalità connesso con l'esercizio dell'attività della SACE S.p.A. nonché con l'attività nazionale sull'estero, anche in collaborazione o coordinamento con le istituzioni finanziarie internazionali, nel rispetto delle esigenze di finanza pubblica.

Gli stanziamenti necessari relativi agli utilizzi del conto corrente sono determinati dalla legge finanziaria e iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento del tesoro.


 

Articolo 1, comma 15
(Fondo settore aeronautico)

 

 

Il comma 15 consente di riutilizzare le risorse finanziarie derivanti dalle restituzioni dei finanziamenti da parte delle imprese aeronautiche nazionali, ottenuti tramite la legge 808/1985 a sostegno del settore, per finanziare nuovi programmi tramite il medesimo provvedimento.

 

Attualmente, le somme derivanti dalle restituzioni dei finanziamenti concessi alle imprese ai sensi dell’articolo 3 della legge 24 dicembre 1985, n. 808 sono versate sul capitolo 3597 (entrate extratributarie). Tramite il comma 15 in esame esse vengono riassegnate sui capitoli di spesa della medesima legge n. 808/1985 per finanziare nuovi programmi con le medesime finalità.

 

La legge 24 dicembre 1985, n. 808 costituisce il principale provvedimento a sostegno del settore aeronautico e prevede interventi in favore delle imprese nazionali che partecipino a programmi industriali in collaborazione internazionale per la realizzazione di aeromobili, motori, equipaggiamenti e materiali aeronautici.

In particolare l'art. 3, comma 1, aveva istituito due nuovi strumenti di incentivazione, consistenti in:

§       finanziamenti, fino a concorrenza dei relativi costi, di programmi, studi, progettazioni, realizzazione di prototipi, prove, investimenti per industrializzazione ed avviamento alla produzione (lett. a));

§       contributi in conto interessi su finanziamenti concessi dagli istituti di credito per lo svolgimento dell’attività di produzione di serie e per dilazioni di pagamento ai clienti finali (lett. b e c)).

Con tali meccanismi - in sostanza, finanziamenti a tasso zero, che, una volta concluso l’iter delle erogazioni (15 anni mediamente) vengono restituiti dalle imprese, secondo un piano di ammortamento - sono stati promossi numerosi programmi, tra i quali la relazione governativa al disegno di legge menziona: "grandi radar del controllo aereo (idonei a soddisfare le esigenze sia del traffico aereo sia della difesa), sistemi ad ala rotante (funzionali ad applicazioni per la difesa e per il trasporto civile); tecniche innovative di impiego di materiali compositi per grandi strutture aeronautiche (ormai essenziali per i velivoli non solo militari ma anche civili)".

Le risorse relative agli interventi previsti dalla legge n. 808 del 1985 sono iscritti nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, capitolo 7421 “Interventi agevolativi per il settore aeronautico”.


 

Articolo 1, commi 16, 18 e 19
(Interventi in favore di giovani imprenditori agricoli)

 

 

I commi 16, 18 e 19 dettano disposizioni volte ad incentivare l’imprenditoria giovanile in agricoltura, intervenendo sulla normativa relativa:

§      all’accesso al mercato dei capitali da parte delle imprese agricole;

§      alla dismissione dei terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola;

§      all’utilizzazione agricola dei terreni demaniali e patrimoniali indisponibili.

 

Riguardo al primo degli interventi, disposto dal comma 16, si prevede che gli interventi per l’accesso al mercato dei capitali debbono prioritariamente essere indirizzati ai giovani imprenditori agricoli che abbiano un’età tra i 18 ed i 40 anni. Con una modifica introdotta al Senato sono stati ricompresi tra i soggetti beneficiari anche gli imprenditori ittici.

 

Il riferimento è a quanto previsto dall’art. 66, comma 3, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria 2003) che ha istituito un regime di aiuti per facilitare l'accesso al mercato dei capitali da parte delle imprese agricole e agroalimentari; le modalità ed i termini di tale regime sono stati definiti da ultimo con decreto 11 marzo 2011, n.206. L’operatività dell’intervento è rimessa al funzionamento del “Fondo di investimento nel capitale di rischio” gestito da Ismea allo scopo di supportare i programmi di investimento delle piccole e medie imprese operanti nel settore, agricolo, agroalimentare, e nel settore della pesca e dell’acquacoltura. Condizione per l’intervento è che le imprese presentino un quadro finanziario sano ed un business plan con potenzialità di crescita; il Fondo non può, quindi effettuare operazioni finanziarie finalizzate al consolidamento di passività onerose, nonché quelle a favore di imprese in difficoltà finanziaria. Le operazioni finanziarie possono essere di natura diretta (assunzioni di partecipazioni minoritarie e prestiti partecipativi) ed indiretta, consistenti nell’acquisizione di quote di partecipazione minoritarie di altri fondi privati che investono nel capitale di rischio delle imprese.

 

Si rileva, al riguardo, che la modifica introdotta andrebbe meglio coordinata con la normativa vigente, formulando il testo della norma come modifica all’articolo 66 della legge n .289 del 2002.

 

Quanto al secondo degli interventi, disposto dal comma 18, si prevede che anche alle operazioni di dismissione dei terreni demaniali agricoli disposte dalle regioni, province e comuni si applichino le disposizioni relative alle operazioni di riordino fondiario.

Esso si inserisce nella normativa da ultimo definita con l’art. 66 del decreto-legge n. 1/2012, relativa alla dismissione dei terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola.

 

In tal contesto, è stato previsto che il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali individui i terreni agricoli e a vocazione agricola, non utilizzabili per altre finalità, di proprietà dello Stato (non compresi negli elenchi dei beni del patrimonio statale che, ai sensi del D.Lgs. n. 85/2010, devono essere trasferiti ai comuni, alle province, alle città metropolitane ed alle regioni) da locare o alienare. Per tali beni è prevista l’applicazione delle disposizioni relative al riordino fondiario ed è riconosciuto il diritto di prelazione ai giovani imprenditori agricoli. Sono poi previste specifiche agevolazioni e benefici di cui possono godere le operazioni di vendita. Viene, poi, attribuita la facoltà alle regioni, province e comuni di vendere o cedere in locazione i beni di loro proprietà agricoli e a vocazione agricola, destinando, in tale ambito, una quota superiore alla metà dei beni medesimi ai giovani che non abbiano compiuto il quarantesimo anno d’età.

 

La modifica interviene, come detto, sostituendo il comma 2 dell’articolo 66 in modo da estendere, anche alle operazioni di dismissioni di terreni agricoli o a vocazione agricola messe in atto dalle regioni, province e comuni, l’applicazione delle norme relative alle operazioni di riordino fondiario di cui all’art. 4 della L. n. 441/1998 L’intervento viene ricondotto alla finalità connessa allo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura.

 

Si segnala, al riguardo, che non viene, invece, esteso a tale fattispecie il diritto di prelazione ai giovani agricoltori previsto dal comma 3 dell’art. 66 per le sole operazioni di dismissione operate su terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola.

 

Le operazioni di cui all’art. 4 della legge 441/98 sono quelle di ricomposizione fondiaria mediante acquisto o ampliamento di aziende con l’assistenza finanziaria dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (allora Cassa per la formazione della proprietà contadina, ora assorbita dall’Ismea).

I soggetti cui debbono andare prioritariamente i finanziamenti sono:

§      giovani agricoltori, che non hanno ancora compiuto i quaranta anni, in possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale o di coltivatore diretto iscritti nelle relative gestioni previdenziali;

§      giovani che non hanno ancora compiuto i quaranta anni che intendono esercitare attività agricola a titolo principale a condizione che acquisiscano entro ventiquattro mesi dall'operazione di acquisto o ampliamento la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale o di coltivatore diretto e la iscrizione nelle relative gestioni previdenziali entro i successivi dodici mesi;

§      giovani agricoltori, che non hanno ancora compiuto i quaranta anni, che siano subentrati per successione nella titolarità di aziende a seguito della liquidazione agli altri aventi diritto delle relative quote.

Costituiscono motivo di preferenza:

§      il raggiungimento o l'ampliamento di una unità minima produttiva definita, al fine di garantire l'efficienza aziendale;

§      la presentazione di un piano di miglioramento aziendale;

§      la presentazione di un progetto di produzione, commercializzazione e trasformazione.

 

Infine, il comma 19 interviene in merito all’utilizzazione agricola dei terreni demaniali e patrimoniali indisponibili prevedendo che, alla scadenza della concessione o di un contratto di affitto, l’assegnazione dei terreni avvenga al canone base indicato nell’avviso pubblico o nel bando di gara qualora vi sia una manifestazione d’interesse da parte di un giovane imprenditore agricolo che abbia un’età compresa tra i 18 ed i 40 anni. In caso di pluralità di richieste, si procede al sorteggio tra le stesse richieste.

La modifica si inserisce come comma aggiuntivo dell’articolo 6 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, recante norme per l’orientamento e la modernizzazione del settore agricolo.

 

La disposizione in esame prevede che le disposizioni relative ai contratti agrari e all’affitto di fondi rustici contenute nelle leggi n. 567/1962, n. 11/1971 e n. 203/1982 trovano applicazione anche per i terreni demaniali o appartenenti al patrimonio indisponibile degli enti pubblici, territoriali o non, ivi compresi i terreni golenali, che siano oggetto di affitto o concessione amministrativa. L’ente proprietario può esercitare il diritto di recesso mediante preavviso non inferiore a sei mesi e pagamento di un’indennità per le coltivazioni in corso destinate ad essere perdute nel caso in cui il bene debba essere destinato alla finalità per la quale è disposta la demanialità o l’indisponibilità. Sui terreni in esame sono ammessi i miglioramenti, le addizioni, e le trasformazioni concordati tra le parti. Alla scadenza della concessione amministrativa o del contratto di affitto, per la concessione e la locazione dei terreni di proprietà degli enti, occorre adottare procedure di licitazione privata o trattativa privata.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Il 20 novembre 2013 l’assemblea plenaria del Parlamento europeo ha approvato l'accordo raggiunto a giugno con il Consiglio sulla riforma della Politica agricola europea[11].

Secondo le nuove norme - che dovranno ricevere l’approvazione da parte del Consiglio -, gli Stati Membri saranno obbligati a destinare ai giovani agricoltori fino al 2% del plafond nazionale per i pagamenti diretti (I pilastro). I beneficiari saranno le persone fisiche, insediatesi per la prima volta in un’azienda agricola, che all’atto della presentazione della domanda abbiano meno di 40 anni. L’importo del pagamento sarà stabilito annualmente dallo Stato membro, che potrà adottare diverse opzioni per la sua determinazione. Il pagamento verrà concesso a ciascun giovane agricoltore per un periodo massimo di 5 anni dal primo insediamento.

Per quanto riguarda il II pilastro (sviluppo rurale), continueranno a essere implementate misure a sostegno dell’imprenditoria giovanile. Il regolamento sullo sviluppo rurale contiene infatti molteplici misure destinate a favorire il ricambio generazionale nel settore; saranno poi i singoli Stati membri a dettagliare tali misure nei loro Piani di sviluppo nazionali e regionali. Si segnala la facoltà per gli Stati membri di includere nei Psr appositi sottoprogrammi tematici per affrontare specifici fabbisogni, fra cui il ricambio generazionale.


 

Articolo 1, comma 17
(Abolizione dello spesometro per i produttori agricoli esonerati
da dichiarazione IVA)

 

 

Il comma 17, introdotto nel corso dell’esame al Senato, elimina l’obbligo per i produttori agricoli esonerati dalla dichiarazione IVA di comunicare all’amministrazione finanziaria le operazioni rilevanti a fini IVA (c.d. “spesometro”).

 

A tal fine viene abrogato l’articolo 36, comma 8-bis del D.L. n. 179 del 2012.

Tale norma, al fine di rendere più efficienti le attività di controllo relative alla rintracciabilità dei prodotti agricoli e alimentari, aveva assoggettato i produttori agricoli esonerati dalla dichiarazione IVA all’obbligo di comunicazione all’amministrazione finanziaria delle operazioni rilevanti a fini IVA (c.d. “spesometro”).

Si rammenta che i produttori agricoli che hanno realizzato, o in caso di inizio di attività prevedono di realizzare, un volume d’affari non superiore a 7mila euro sono esonerati dal versamento dell’IVA e da tutti gli obblighi documentali e contabili dall'articolo 34, comma 6, del D.P.R. n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto).

In estrema sintesi, la disciplina dello “spesometro” è prevista dall’articolo 21 del D.L. n. 78 del 2010, che ha introdotto l’obbligo di comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini IVA, di importo non inferiore a 3.000 euro. La disposizione ha previsto altresì che, nell’ipotesi di omissione delle comunicazioni telematiche, ovvero di una loro effettuazione con dati incompleti o non veritieri, si applichino specifiche sanzioni amministrative. Il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 22 dicembre 2010 ha individuato i soggetti obbligati a tale comunicazione, gli elementi e i dati da comunicare nonché le modalità di effettuazione della comunicazione. In particolare si è previsto che:

§       oggetto della comunicazione sono le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese e ricevute dai soggetti passivi IVA per le quali i corrispettivi dovuti sono di importo pari o superiore a euro tremila al netto dell’imposta sul valore aggiunto. Per le operazioni rilevanti ai fini IVA per le quali non ricorre l’obbligo di emissione della fattura, il predetto limite è elevato a 3.600 euro al lordo dell’imposta applicata (articolo 2 del provvedimento);

§       sono escluse dal predetto obbligo le importazioni, le esportazioni alle condizioni di legge, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi cosiddetti “black list” e le operazioni che hanno già costituito oggetto di comunicazione all'Anagrafe tributaria;

§       Il successivo provvedimento del 14 aprile 2011, emanato dall'Agenzia delle entrate, ha peraltro escluso, in fase di prima applicazione, le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto per le quali non ricorre l’obbligo di fattura, effettuate fino al 30 giugno 2011 (articolo 3 del provvedimento).

La Circolare 24/E dell’Agenzia delle Entrate del 30 maggio 2011 e il successivo Provvedimento del 21 giugno 2011 hanno rispettivamente fornito chiarimenti e dettato le specifiche tecniche relative alla comunicazione telematica. La Circolare 24/E ha chiarito che l’obbligo di comunicazione riguarda non solo le operazioni effettuate tra soggetti IVA (cosiddette operazioni business to business), ma anche quelle in cui cessionario o committente risulti essere il consumatore finale (cosiddette operazioni business to consumer).

Il D.L. n. 16 del 2012 (articolo 2, comma 6) ha reintrodotto l'obbligo di comunicare all'amministrazione finanziaria tutte le transazioni effettuate con l'obbligo di emissione della fattura (c.d. elenco clienti-fornitori). Per le operazioni senza obbligo di fattura (generalmente giustificate da scontrino o ricevuta fiscale, nei confronti dei privati) la disciplina invece non cambia, in quanto devono essere comunicate solo le operazioni di importo superiore alla soglia di 3.600 euro.

Con diversi provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate sono stati fissati i termini, per ciascun anno, dell’invio delle predette comunicazioni da parte dei diversi soggetti IVA. In particolare, per effetto del provvedimento del 22 ottobre 2010, il termine per la comunicazione era fissato al 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento; tale termine è rimasto in vigore per le annualità precedenti al 2012, ai sensi dell’articolo 14, punto 1 del successivo provvedimento del 2 agosto 2013.

 

Si rammenta che l’amministrazione finanziaria, con la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 1/E del 15 febbraio 2013, ha chiarito la decorrenza degli obblighi di trasmissione previsti per i produttori agricoli dal citato articolo 36, comma 8-bis del D.L. n. 179/2012.

In particolare, dal momento che l’obbligo di presentazione degli elenchi da parte degli agricoltori è decorrente dal 19 dicembre 2012 (data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 79 del 2012), è stato chiesto all’Amministrazione se tale obbligo fosse già decorrente per le operazioni relative all’anno 2012 e se, dunque, fosse operativa per i produttori agricoli la scadenza del 30 aprile 2013 per l’invio delle comunicazioni

 

Il successivo provvedimento delle Entrate dell’8 novembre 2013 ha fissato nuovi termini per le comunicazioni relative al 2012; i soggetti che effettuano la liquidazione mensile IVA hanno trasmesso la comunicazione entro il 12 novembre 2013; per gli altri soggetti, il termine è stato fissato al 21 novembre 2013.


 

Articolo 1, comma 20
(Determinazione acconti imposte sui redditi per imprese agricole)

 

 

Il comma 20, modificato nel corso dell’esame al Senato, aumenta gli importi dovuti a titolo di acconto delle imposte sui redditi, ampliando l’efficacia temporale esercitata dall’abrogazione di alcuni regimi di favore nei confronti dell’imprenditoria agricola disposta dalla legge di stabilità 2013.

 

In particolare, le disposizioni in esame incidono sulle norme della legge di stabilità 2013 (articolo 1, commi 513 e 514 della legge n. 228 del 2012) che hanno abrogato, a decorrere dal 2015, la possibilità per le società agricole di optare per l'applicazione di un regime fiscale più favorevole, nonché di considerare imprenditori agricoli le società costituite da imprenditori agricoli, che esercitano esclusivamente le attività di manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci.

 

Tali agevolazioni erano state disposte dall’articolo 1, comma 1093 della legge n. 296 del 2006, legge finanziaria 2007.

Il richiamato comma 513 abroga, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2014, le illustrate disposizioni che, al fine di promuovere lo sviluppo della forma societaria in agricoltura, consentono alle società agricole costituite da persone o a responsabilità limitata, di optare per l'applicazione di un regime fiscale più favorevole (vale a dire, l’assoggettamento a tassazione in base al reddito catastale agrario, ai sensi dell’articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi – TUIR), nonché di considerare imprenditori agricoli le società di persone e le società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli, che esercitassero esclusivamente le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci. Le opzioni esercitate secondo la normativa abrogata perdono efficacia con effetto dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2014.

 

Le norme in commento – sostituendo il secondo periodo del comma 513 - ampliano l’effetto esercitato dell’abrogazione dei regimi di favore sugli acconti delle imposte sui redditi.

In particolare, l’acconto delle imposte sui redditi dovrà essere effettuato secondo l’ordinaria disciplina delle imposte sui redditi (dunque nel suo computo dovrà tenersi conto delle norme di abrogazione introdotte) non solo nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, ma nei due periodi d'imposta successivi.


 

Articolo 1, comma 21
(Programmi industriali navali d'interesse della Difesa)

 

 

Il comma 21 autorizza la spesa di 80 milioni di euro a decorrere dall'esercizio 2014, di 120 milioni di euro a decorrere dall'esercizio 2015 e di 140 milioni di euro a decorrere dal 2016, sullo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per finalità relative ad assicurare il mantenimento di adeguate capacità nel settore marittimo a tutela degli interessi della Difesa nazionale, nel quadro di una politica comune europea, consolidando strategicamente l'industria navalmeccanica ad alta tecnologia.

Al riguardo, si ricorda che ai sensi dell’articolo 537-bis del Codice, concernente i programmi di investimento di interesse dell'Amministrazione della difesa, il decreto del Ministro dello sviluppo economico che dispone l’utilizzo dei richiamati contributi, è adottato previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Con riferimento alle disposizioni per assicurare il mantenimento di adeguate capacità nel settore marittimo a tutela degli interessi di difesa nazionale e nel quadro di una politica comune europea, si segnala che nel rapporto presentato il 15 ottobre 2013 dalla Alta Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (PSDC), Catherine Ashton, recante proposte per il rafforzamento della politica di sicurezza e di difesa comune dell’UE - in vista del Consiglio europeo dedicato alla difesa che si svolgerà 19 e 20 dicembre 2013 - si invita, in particolare, a potenziare la capacità di risposta alla sfide che premono sui confini dell’Unione, contribuendo allo sviluppo capacità degli Stati terzi di controllare i propri territori e gestire i flussi di persone e merci e rafforzando la sicurezza dei mari in termini di interoperabilità delle forze e di capacità di risposta collettiva attraverso una strategia europea di sicurezza marittima.

Il Consiglio europeo del 19 e 20 dicembre 2013 dovrebbe procedere alla definizione di iniziative volte a rafforzare la collaborazione tra Stati membri in ambito PSDC in tre aree: 1) aumentare l'efficacia, la visibilità e l'impatto della PSDC; 2) potenziare lo sviluppo delle capacità di difesa; 3) rafforzare l'industria europea della difesa.

 

Il Parlamento europeo ha approvato il 12 settembre 2013 una risoluzione sulla dimensione marittima della politica di sicurezza e di difesa comune nella quale, in particolare per quanto riguarda lo sviluppo degli strumenti e delle capacità esistenti:

§      invita a vedere la crisi finanziaria ed economica come un'opportunità un’iniziativa di condivisione e messa in comune di capacità marittime a livello europeo;

§      deplora che gli Stati membri dell'UE abbiano imposto tagli ai bilanci per la difesa nazionale, senza coordinamento dell'Unione e suscettibili di compromettere la capacità dell'Unione di far fronte alle sfide di natura marittima;

§      ribadisce la necessità di consolidamento di una base tecnologica a livello di UE e finanziata dall'Unione nel settore della difesa, incluse le capacità di costruzione navale e di produzione delle apparecchiature;

§      chiede un maggiore coordinamento strategico tra l'UE e la NATO per quanto concerne la sicurezza marittima;

§      invita il Consiglio europeo sulla difesa del dicembre 2013 ad approvare una strategia in materia di sicurezza marittima.

 

Si ricorda, infine, che la Commissione europea ha presentato il 24 luglio 2013 una comunicazione intitolata “Verso un settore della difesa e della sicurezza più concorrenziale ed efficiente (COM(2013)542) nella quale propone un piano d’azione volto in particolare a:

§      potenziare il mercato interno della difesa e della sicurezza;

§      rafforzare la concorrenzialità dell'industria europea;

§      sfruttare il potenziale a duplice uso della ricerca;

§      rafforzare la dimensione internazionale dell’industria della difesa europea.

 

La comunicazione della Commissione europea è in corso di esame congiunto, ai sensi dell’articolo 127 del Regolamento, presso le Commissioni IV Difesa e X Attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati.


 

Articolo 1, commi 22-24
(Diversa destinazione risorse per flotta navale)

 

 

Il comma 22 reca una serie di finanziamenti riguardanti:

§      la partecipazione di imprese nazionali a programmi industriali aeronautici in collaborazione internazionale (all'articolo 3 della legge 24 dicembre 1985, n. 808). Al riguardo, sono autorizzati due contributi ventennali rispettivamente di importo di 30 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014 e di 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015.

§      la prosecuzione degli interventi di cui all'articolo 3 della legge 16 marzo 2001, n.88 in favore delle imprese armatoriali che effettuano investimenti per il rinnovamento e l’ammodernamento della flotta, già approvati dalla Commissione europea con decisione notificata con nota SG (2001) D/285716 del 1° febbraio 2001. A tal fine è previsto un contributo ventennale di 5 milioni di euro a decorrere dall'esercizio 2014.

§      il finanziamento di progetti innovativi di prodotti e di processi nel campo navale avviati negli anni 2012 e 2013 ai sensi della disciplina europea degli aiuti di Stato alla costruzione navale n.2011/C364/06, in vigore dal 1° gennaio 2012, per cui è autorizzato un contributo ventennale di 5 milioni di euro a decorrere dall'esercizio 2014.

 

La decisione citata prevede tra le altre cose che gli aiuti all'innovazione concessi per la costruzione, la riparazione o la trasformazione navale possano essere considerati compatibili con il mercato interno fino a un'intensità massima del 20 % lordo, a condizione che riguardino l'applicazione industriale di prodotti e processi innovativi, vale a dire prodotti o processi tecnologicamente nuovi o sensibilmente migliorati rispetto allo stato dell'arte dell’industria cantieristica nell’Unione e che comportino un rischio di insuccesso tecnologico o industriale. La decisione specifica inoltre che la Commissione europea intende applicare i principi previsti nella presente disciplina dal 1 o gennaio 2012 al 31 dicembre 2013. Successivamente a tale data la Commissione prevede di includere le disposizioni relative agli aiuti all’innovazione nella disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione e di integrare gli aiuti di Stato a finalità regionale per il settore della costruzione navale negli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale.

 

Ai sensi del comma 23, il Ministero della difesa, in sede di presentazione del documento previsionale programmatico di cui all’articolo 536 del Codice dell’ordinamento militare di cui al D.Lgs. n. 66 del 2010, riferisce, altresì, sullo sviluppo bilanciato di tutte le componenti dello strumento militare.

 

In relazione al richiamato Documento, si osserva che ai sensi della nuova formulazione dell’articolo 536 del Codice, operata dalla legge n. 244 del 2012, 536 entro la data del 30 aprile, il Ministro della difesa provveda a trasmettere al Parlamento, nell’ambito della nota aggiuntiva di cui agli articoli 12 e 548, il piano di impiego pluriennale che riassume:

§       il quadro generale delle esigenze operative delle Forze armate, comprensive degli indirizzi strategici e delle linee di sviluppo capacitive;

§       l’elenco dei programmi d’armamento e di ricerca in corso ed il relativo piano di programmazione finanziaria, indicante le risorse assegnate a ciascuno dei programmi per un periodo non inferiore a tre anni, compresi i programmi di ricerca o di sviluppo finanziati nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. Nell’elenco sono altresì indicate le condizioni contrattuali, con particolare riguardo alle eventuali clausole penali.

 

Nell’ambito della medesima documentazione, dovranno essere riportate, sotto forma di bilancio consolidato, tutte le spese relative alla funzione difesa, comprensive delle risorse assegnate da altri Ministeri.

 

In relazione alla formulazione della disposizione in esame andrebbe valutata l’opportunità di costruirla come una novella all’articolo 536 del D.Lgs. n. 66 del 2010 in quanto finalizzata a integrare, in via permanente, il contenuto del Documento previsionale programmatico della difesa attualmente definito da tale disposizione. Si osserva, altresì, che il citato decreto legislativo n. 66 del 2010 reca il Codice dell’ordinamento militare ed appare pertanto opportuno che in quella fonte legislativa siano ricondotte le disposizioni concernente il settore della difesa.

 

Il comma 24 dispone in merito alla compensazione degli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni in esame, che vengono posti a valere sulle risorse del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, nella misura di 30 milioni di euro per il 2015, di 50 milioni di euro per il 2016 e di 70 milioni di euro a decorrere dal 2017.

Come precisa la relazione tecnica all’emendamento che ha introdotto i commi in esame, va precisato che i finanziamenti di cui al comma 22 sono autorizzati a valere su contributi già assegnati per il consolidamento della flotta navale, che vengono, tuttavia, destinati a nuove finalità, quali quelle indicate dal comma 22 medesimo.

Il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari, istituito, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154 del 2008, nello stato di previsione del Ministero dell'economia (cap. 7593), è finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti, in termini di cassa, da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato, concessi in virtù di autorizzazioni legislative. All'utilizzo del Fondo per le suddette finalità si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da trasmettere al Parlamento, per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, nonché alla Corte dei conti.

La dotazione del Fondo, in termini di sola cassa, è stata variata in aumento e in diminuzione da numerose norma del provvedimento in esame. Nel disegno di legge di bilancio per il 2014-2016, come integrato dalla Nota di variazioni, risulta dotato di 313,7 milioni nel 2014, 324,7 milioni nel 2015 e a 294,7 milioni nel 2016.

Per una ricostruzione delle norme del provvedimento che variano la dotazione del Fondo, si rinvia alla scheda relativa al comma 201.


 

Articolo 1, comma 25
(Programma TETRA per forze di polizia)

 

 

Il comma 25, reca il finanziamento per il programma Te.T.Ra (Terrestrial Trunked Radio), di 50 milioni per l’anno 2014 e 70 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020.

Tali risorse sono destinate alla prosecuzione della rete nazionale standard Te.T.Ra finalizzata a garantire la sicurezza delle comunicazioni delle forze di polizia.

Il sistema TETRA (TErrestrial Trunked RAdio,) rappresenta uno standard di comunicazione a onde radio per uso professionale, con sistemi veicolari e portatili, usato principalmente dalle forze di pubblica sicurezza e militari e dai servizi di emergenza oltre che dai servizi privati civili. Il sistema garantisce un particolare grado di riservatezza o confidenzialità delle comunicazioni ottenuta mediante cifratura delle trasmissioni in aria usando una unica chiave comune a tutti gli utenti, oppure chiavi individuali e di gruppo rigenerate su base sessione.

TETRA è infatti la tecnologia digitale (realizzata dall'azienda italiana Selex Elsag, del gruppo Finmeccanica) per le comunicazioni radio unificate e sicure, adottata dall'Unione europea come standard digitale per le comunicazioni radio sicure delle forze di polizia dell'Unione.

Il finanziamento previsto conferma quanto già disposto dalla legge di stabilità 2013 ed impegna a livello pluriennale risorse aggiuntive per la realizzazione del programma.

In proposito, si ricorda che l'articolo 1, comma 209, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) ha assegnato al Ministro dell'Interno il compito di predisporre un programma straordinario di interventi ai fini del completamento della rete TETRA, considerata necessaria per le comunicazioni sicure della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, della Polizia penitenziaria e del Corpo Forestale dello Stato. Per l'attuazione di tale programma, l'Amministrazione è stata autorizzata ad assumere, nei limiti delle risorse disponibili, impegni pluriennali, corrispondenti alle rate di ammortamento dei mutui contratti dai fornitori. La medesima disposizione ha autorizzato le relative spese, fissate nella misura di 10 milioni di euro per l'anno 2013, e di 50 milioni di euro per l'anno 2014.

Il successivo comma 210 dell'articolo 1 della legge 228/2012, inoltre, ha istituito presso il Ministero dell'interno una Commissione per la pianificazione ed il coordinamento della fase esecutiva del programma Te.T.Ra, con il compito di formulare pareri sullo schema del programma, sul suo coordinamento e integrazione interforze e, nella fase di attuazione dello stesso, su ciascuna fornitura o progetto.

Ai componenti della suddetta commissione non spettano compensi, ed eventuali pareri chiesti ad esperti estranei all'amministrazione statale non possono comportare oneri per la finanza pubblica. I contratti e le convenzioni inerenti all'attuazione del programma sono stipulati dal Capo della polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza, o da un suo delegato, acquisito il parere della Commissione per la pianificazione ed il coordinamento della fase esecutiva.


 

Articolo 1, comma 26
(Finanziamento Cassa DD.PP. a grandi imprese)

 

 

Il comma 26 - novellando l’articolo 3, comma 4-bis, del D.L. n. 5 del 2009 - estende l'ambito dei destinatari delle operazioni realizzate da Cassa depositi e prestiti avvalendosi delle risorse provenienti dai fondi della raccolta del risparmio postale e degli altri fondi garantiti dallo Stato con finalità di sostegno all'economia.

Tali operazioni, che, ai sensi del richiamato comma 4-bis, possono assumere qualsiasi forma, quale la concessione di finanziamenti, la prestazione di garanzie e l'assunzione di capitale di rischio e debito e che sono attualmente consentite a favore delle piccole e medie imprese con finalità' di sostegno all'economia,sono estese dal comma 26, lettera a),anche alle grandi imprese.

 

Conseguentemente, ai sensi del medesimo comma 26, lettera b) si conferma anche per le grandi imprese, oltre che per le piccole e medie come già previsto, che l'intervento di Cassa e' consentito solo in via indiretta, attraverso l'intermediazione di soggetti autorizzati all’esercizio del credito.

Nel corso dell'esame al Senato, è stata introdotta la precisazione che l'intervento indiretto è a favore delle imprese per finalità di sostegno all'economia (lettera b-bis).

 

Il D.L. n. 5 del 2009, all’articolo 3, comma 4-bis, stabilisce che le operazioni effettuate da Cassa ai sensi dell'articolo 5, comma 7, lettera a) del D.L. n. 269/2003[12] - dunque le operazioni effettuate attraverso l'utilizzo dei fondi della raccolta del risparmio postale e di altri fondi con garanzia statale - possono assumere qualsiasi forma, quale la concessione di finanziamenti, il rilascio di garanzie, l’assunzione di capitale di rischio o di debito, e possono essere realizzate anche a favore delle piccole e medie imprese per finalità di sostegno dell’economia.

Le predette operazioni possono essere effettuate in via diretta ovvero attraverso l’intermediazione di soggetti autorizzati all’esercizio del credito, ad eccezione delle operazioni a favore delle piccole e medie imprese che possono essere effettuate esclusivamente attraverso l’intermediazione di soggetti autorizzati all’esercizio del credito nonché attraverso la sottoscrizione di fondi comuni di investimento gestiti da una società di gestione collettiva del risparmio.

Cassa depositi ha pertanto messo a disposizione dei plafond a valere sulle risorse provenienti dalla gestione separata destinate in ultima istanza a favore delle piccole e medie imprese. In particolare, sulla base di specifici accordi con il sistema bancario italiano i plafond sono stati utilizzati dagli istituti di credito per finanziare spese di investimento delle PMI, o per coprire esigenze di incremento del loro capitale circolante; ovvero sono stati utilizzati per operazioni di acquisto da parte delle Banche di crediti vantati dalle PMI nei confronti della Pubblica Amministrazione.

Cassa ha inoltre sottoscritto quote di partecipazione in una Società' di gestione del risparmio finalizzata alla realizzazione di investimenti diretti e indiretti nel capitale di rischio di società' di piccola e media dimensione.

Si fornisce di seguito una sintetica descrizione delle attività' menzionate.

 

Le attività di finanziamento delle PMI da parte di Cassa DD.PP

In data 28 maggio 2009, CDP ed ABI hanno stipulato una convenzione, detta “Prima Convenzione”, ai sensi della quale sono state definite le linee guida e i principi generali per le sopra descritte operazioni, ed è stato stanziato un primo plafond - per un importo fino a 3 miliardi di euro- successivamente integrato da una “Seconda convenzione” CDP e ABI, stipulata in data 17 febbraio 2010, di un ulteriore importo, pari a 5 miliardi di euro.
In data 17 dicembre 2010, CDP ed ABI hanno stipulato una “Terza Convenzione”, ai sensi della quale sono state definite le linee guida e i principi generali sulla base dei quali è stata messa a disposizione delle Banche da parte di CDP la porzione del Plafond Complessivo residuante a seguito della scadenza dei termini di contrattualizzazione ed utilizzo previsti dalla Seconda Convenzione. Il plafond complessivo messo a disposizione da parte di Cassa depositi e prestiti con le citate convenzioni per le operazioni di sostegno alle PMI è stato dunque pari a 8 miliardi di euro (cd. Plafond PM I-Investimenti).

Si osservi prima provvista messa a disposizione di CDP è stata finalizzata ad operazioni di sostegno in senso proprio delle PMI e non ad operazioni sui crediti da queste vantati nei confronti delle PP.AA. Per ciò che specificamente concerne l’intervento di Cassa depositi finalizzato a fronteggiare la problematica dei ritardi di pagamento della pubblica amministrazione, in data 1 marzo 2012, CDP e ABI hanno stipulato una ulteriore Convenzione (cd. “Quarta convenzione”) che fissa termini e modalità con le quali Cassa mette a disposizione delle banche la cifra massima di 10 miliardi di euro, dei quali 8 miliardi sono destinati al finanziamento di spese di investimento e di esigenze di incremento del capitale circolante del comparto imprenditoriale (Plafond PMI - Investimenti) e 2 miliardi di euro destinati alle banche per le operazioni di acquisto, ovvero per le altre operazioni consentite sui crediti certificati vantati dalle PMI nei confronti della Pubblica Amministrazione per somministrazioni, forniture e appalti, (Plafond PMI - Crediti vs. PA), ai sensi dell’art. 9, comma 3-bis del D.L. n. 185/2008.

Per quanto riguarda la partecipazione di CDP in società di gestione del risparmio volte alla costituzione di Fondi mobiliari chiusi destinati al sostegno, diretto ed indiretto, delle piccole e medie imprese, si ricorda che Cassa partecipa, alla SGR Fondo Italiano di Investimento S.p.A., costituita nell'anno 2010 con il Ministero dell'economia e finanze, l'ABI, Confindustria e Istituti Bancari quali Banca MPS S.p.A., Banca Intesa San Paolo S.p.A., Istituto centrale delle Banche popolari e Banca Unicredit S.p.a. Ciascuno di tali soggetti partecipa alla SGR con il 12,5 percento del capitale.


 

Articolo 1, commi 27-30
(Attività della Cassa DD.PP.)

 

 

Le disposizioni in esame, introdotte dal Senato, sono finalizzate ad estendere il perimetro delle attività che possono essere svolte dalla Cassa Depositi e Prestiti con finalità di sostegno all'economia attraverso l'utilizzo delle risorse della cd. gestione separata[13], prevedendo che le stesse possano ricomprendere anche l’acquisto di titoli emessi nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione concernenti crediti verso piccole e medie imprese.

 

In particolare con il comma 27 si interviene sull’articolo 8 del decreto-legge n. 78 del 2009[14], il quale demanda ad una disciplina di rango secondario la definizione, a condizioni di mercato, di un nuovo sistema integrato di finanziamento e assicurazione – denominato “export banca” - volto a promuovere l’internazionalizzazione delle imprese attraverso l’attivazione delle risorse finanziarie gestite dalla Cassa depositi e prestiti (CDP) S.p.A.[15].

A tal fine il comma in esame interviene su due parti di tale articolo:

§      in primo luogo, laddove lo stesso demanda ad appositi decreti del Ministro dell’economia e delle finanze il compito di autorizzare e definire le attività che la CDP S.p.A. - al fine della costituzione del sistema di export-banca - potrà effettuare “al servizio di SACE S.p.A.[16], elimina tale inciso;

§      in secondo luogo, ove la norma specifica che le predette operazioni di penetrazione nei mercati esteri delle imprese italiane sono assistite e garantite dalla SACE aggiunge le paroleo di altro istituto assicurativo le cui obbligazioni sono garantite da uno Stato”.

Per effetto di tali modifiche l’attività della Cassa per la costituzione del sistema suddetto risulterebbe esercitabile anche con riferimento ad operatori assicurativi diversi dalla SACE.

Si ricorda che l'articolo 8 del D.L. n. 78/2009 ha disposto che il Ministro dell'economia e finanze, con propri decreti, autorizzi e disciplini le attività di Cassa depositi e prestiti al servizio di SACE S.p.a. per dar vita, a condizioni di mercato, al sistema integrato "export banca". A questo fine, tra le operazioni di interesse pubblico che possono essere compiute da Cassa depositi e prestiti con l'utilizzo dei fondi di cui all'articolo 5, comma 7, lettera a) del D.L. n. 269/2003 - cioè con l'utilizzo dei Fondi garantiti dallo Stato - rientrano anche le operazioni per sostenere l'internazionalizzazione delle imprese quando sono assistite da garanzia o assicurazione della SACE S.p.a.

Il sistema integrato export banca ha preso avvio con il D.M. del Ministero dell'economia e finanze del 22 gennaio 2010, che ha autorizzato CDP a fornire alle banche italiane ovvero alle succursali di banche estere comunitarie ed extracomunitarie  operanti in Italia la provvista per interventi a sostegno dell'internazionalizzazione delle imprese. La Cassa ha quindi stipulato, il 6 aprile 2011, una prima convenzione con l'ABI per il credito all'esportazione alle imprese italiane e alle loro controllate. L'accordo è' stato rinnovato il 3 luglio 2013, con una nuova Convenzione tra CDP, SACE, ABI e SIMEST SPA.

Il plafond complessivamente messo a disposizione da Cassa depositi per   l'export banca ammonta a 6 miliardi di euro (dei quali 4 miliardi relativi alla prima convenzione del 2011 e 2 miliardi messi a disposizione Con la seconda convenzione).

 

I commi 28 e 29 intervengono sulla disciplina che ha disposto la trasformazione della Cassa in società per azioni, disciplinandone il relativo ambito di operatività, costituita dall’articolo 5 del D.L. n. 269 del 2003.

A tal fine viene eliminata la delimitazione, prevista dal comma 7, lettera b) di tale articolo, dei soggetti presso cui la Cassa può operare la raccolta dei fondi (che non sono assistiti da garanzia statale) per finanziare le opere, gli impianti, le reti e le dotazioni destinati alla fornitura di servizi pubblici ed alle bonifiche, fondi la cui raccolta può essere effettuata “esclusivamente presso investitori istituzionali”. Tale delimitazione viene soppressa dal comma 28.

Inoltre, in aggiunta alle attività attualmente attribuite alla Cassa dai commi da 7-bis ad 8–ter del sopra citato articolo 5 del decreto-legge n. 269/2003, si dispone con il comma 29 (con cui viene aggiunto un comma 8-quater all’articolo 5 medesimo) che l’Istituto possa acquistare titoli emessi in base alla disciplina generale sulla cartolarizzazione di cui alla legge n.130 del 1999[17] aventi ad oggetto crediti verso piccole e medie imprese. Gli acquisti di tali titoli, se effettuati a valere sulla raccolta postale o su altri fondi assistiti dalla garanzia dello Stato, possono essere garantiti dallo Stato, secondo criteri da stabilirsi con apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze.

Tale nuova attività della Cassa si aggiunge ad una analoga funzione recentemente affidata all’Istituto ad opera del decreto-legge n.102/2013[18] che (all’articolo 6, comma 1) ha inserito nell’articolo 5 in questione il comma 8-ter  la possibilità per  la Cassa medesima di acquistare obbligazioni bancarie garantite emesse a fronte di portafogli di mutui bancari garantiti da ipoteca su immobili residenziali e/o titoli emessi ai sensi della legge n.130/1999 nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti derivanti da mutui garantiti da ipoteca su immobili residenziali. Per l'acquisto di obbligazioni bancarie garantite o di altri titoli emessi a fronte di mutui residenziali Cassa depositi ha messo a disposizione 3 miliardi di euro, cd. Plafond acquisto OBG/OBS

Il nuovo comma 8-quater fa riferimento ai fondi di cui all’articolo 5, comma 7, lettera a) del decreto-legge n.269, provenienti dalla raccolta postale (libretti di risparmio e buoni fruttiferi), assistiti dalla garanzia dello Stato, e fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato. Si tratta di fondi che, in quanto assistiti da garanzia statale, sono nel regime di gestione separata[19] stabilito dal comma 8 dell’articolo 5 in commento, gestione che è improntata a criteri di trasparenza e di salvaguardia dell’equilibrio economico.

Si osserva – rimandando peraltro sul punto alla parte del dossier relativa ai profili finanziari – come la eventuale concessione di garanzia sui titoli oggetto del comma 29 in esame potrebbe presentare profili di onerosità e, per questo aspetto, risultare non  coerente con una fonte di rango non primario come il decreto  ministeriale previsto dal comma medesimo.

Si dispone inoltre che in presenza di eventuali escussioni di garanzie, ai relativi oneri si provvede a valere sulle disponibilità del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, istituito dall’articolo 2, comma 100, della legge n.662 del 1996.

Infine con il comma 30 si interviene sul comma 11 dell’articolo 5 medesimo, laddove questo rinvia a decreti del ministro dell’economia e delle finanze la determinazione delle regole per l’attività della gestione separata sopra detta. Oltre a quanto già previsto, con tali decreti dovranno altresì stabilirsi (lettera e-bis) le esposizioni assunte dalla Cassa a valere sui finanziamenti, diversi dalla raccolta postale, che ai sensi del precedente comma 7, lettera a) – vale a dire nell’ambito della gestione separata – possono essere garantiti dallo Stato, con riferimento a ciascun esercizio finanziario. In tale lettera e-bis) si specifica che tale garanzia può essere rilasciata con rinuncia all’azione di regresso sulla Cassa (rispondendone pertanto solo lo Stato), e che la stessa dovrà essere onerosa e compatibile con la disciplina europea in materia.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

La comunicazione della Commissione sull'applicazione degli articoli 107 (ex 87) e 108 (ex 88) del Trattato sul funzionamento dell’UE agli aiuti di Stato concessi sotto forma di garanzie disciplina la concessione di garanzie statali alle imprese, connesse ad una operazione finanziaria, nelle quali, a fronte di un trasferimento del rischio allo Stato, le imprese beneficiarie corrispondono un adeguato corrispettivo (premio).

 

Le disposizioni della comunicazione si applicano a tutte le garanzie per le quali avvenga un trasferimento di rischio. La forma più comune di garanzia è quella connessa a prestiti, o altre obbligazioni finanziarie, convenuti tra un mutuatario ed un mutuante. Tali garanzie possono essere concesse individualmente (ad hoc) o nell'ambito di uno specifico regime.

Vengono introdotte norme semplificate per le PMI per contribuire a risolvere le particolari difficoltà che incontrano tali imprese nell'accesso al finanziamento. Due strumenti consentono agli Stati membri di valutare l'elemento di aiuto di una garanzia a favore di una PMI:

 

Le condizioni per concedere le garanzie sono le seguenti:

§       garanzie ad hoc:

-        il mutuatario non è un'impresa in difficoltà;

-        garanzie connesse ad un'operazione finanziaria specifica e limitate nella durata e nell'importo;

-        copertura massima: 80% del prestito in essere (o di altra obbligazione finanziaria);

-        proporzionalità nei rimborsi e nella diminuzione della garanzia e nella suddivisione

-        delle perdite;

-        per la garanzia viene pagato un prezzo orientato al mercato;

-        possibilità di utilizzare premi di sicurezza ("safe harbour") predefiniti (connessi al rating del credito delle PMI;

§       regimi di garanzia:

-        le imprese in difficoltà dovrebbero essere escluse dal regime;

-        garanzie connesse ad operazioni specifiche e limitate nella durata e nell'importo;

-        non più dell'80% del prestito in essere (o altra obbligazione finanziaria);

-        premi da rivedere almeno una volta l'anno;

-        premi a copertura dei rischi normali, delle spese amministrative e di una remunerazione annua di un capitale adeguato;

-        termini trasparenti per future garanzie (ad esempio imprese ammissibili);

-        possibilità di utilizzare premi di sicurezza o possibilità di un premio unico (che eviti la necessità di rating individuali delle PMI beneficiarie) per importi garantiti fino ad un massimo di 2,5 milioni di EUR per impresa in un determinato regime (consente la messa in comune del rischio - "risk pooling" - per le garanzie di basso importo per le PMI).

 


 

Articolo 1, commi 31-33
(Finanziamenti alle imprese)

 

 

Il comma 31, introdotto nel corso dell’esame al Senato, è volto ad istituire un “Sistema nazionale di garanzia”, con la finalità di facilitare l’accesso al credito delle famiglie e delle imprese. In tale sistema sono compresi: il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, in relazione al quale vengono apportate delle modifiche limitatamente all’organo di amministrazione; una sezione speciale "Progetti di Ricerca e Innovazione", istituita nell'ambito del medesimo Fondo di garanzia per le PMI; il Fondo di garanzia per la prima casa, istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze per la concessione di garanzie, a prima richiesta, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari.

Fondo di garanzia per le PMI

Più nel dettaglio, la lettera a) del comma 31 modifica la composizione e la denominazione dell’attuale organo di amministrazione del Fondo di garanzia per le PMI, in luogo del quale è individuato un organo dalla composizione più snella, denominato “consiglio di gestione”.

Il consiglio di gestione è istituito ai sensi dell’articolo 47 del testo unico Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (D.Lgs. 1-9-1993 n. 385) il quale, in materia di finanziamenti agevolati e gestione di fondi pubblici, prevede che al fine di superare il conflitto di interessi tra la gestione dei fondi e l'attività svolta per proprio conto dalle banche possono essere istituiti organi distinti preposti all'assunzione delle deliberazioni in materia agevolativa e separate contabilità.

Il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese è stato costituito con legge n. 662/96 (art.2, comma 100, lettera a) con lo scopo di: “assicurare una parziale assicurazione ai crediti concessi dagli istituti di credito a favore delle piccole e medie imprese”. L’impatto sulle imprese è quindi quello di favorire l’accesso alle fonti finanziarie delle PMI mediante la concessione di una garanzia pubblica. La citata disposizione ha previsto la possibilità per il CIPE di destinare, nell’ambito delle risorse statali attribuite per la realizzazione di investimenti pubblici e rimaste in tutto o in parte inutilizzate, una somma fino ad un massimo di 400 miliardi di lire per il finanziamento di un fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito Centrale Spa. Il Fondo è stato più volte, nel corso degli anni oggetti di modifiche legislative volte al suo potenziamento e razionalizzazione. Da ultimo il D.L. 69/2013 (c.d. Decreto del fare) ha demandato ad un successivo decreto ministeriale (non ancora emanato alla data del 27 novembre 2013) l’adozione di specifiche disposizioni volte ad assicurare un più ampio accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese.

 

Il consiglio di gestione è composto da 7 membri (in luogo dei 21 componenti dell’attuale Comitato di gestione) di cui:

§      2 rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico

§      1 rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze

§      1 rappresentante del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica

§      1 rappresentante indicato dalla Conferenza Stato- regioni

§      2 esperti in materia creditizia e di finanza d’impresa designati dal MISE e dal MIPAF su indicazione delle associazioni delle piccole e medie imprese

 

Rispetto alla composizione dell’attuale organo di amministrazione del Fondo, è stato ridotto il numero dei rappresentanti delle amministrazioni centrali e non ci sono più né il rappresentante delle banche né i rappresentanti di ciascuna delle organizzazioni rappresentative a livello nazionale delle piccole e medie imprese industriali e commerciali.

L’attuale organo di amministrazione è stato istituito ai sensi dell’articolo 15, comma 3 dalla legge 7 agosto 1997, n. 266 che dispone la stipula di una convenzione tra il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato e Mediocredito centrale spa. La convenzione, in materia di gestione dei fondi pubblici, prevede un distinto organo ai sensi del sopra citato articolo 47 del T.U. Bancario-, competente a deliberare in materia, nel quale sono nominati anche un rappresentante delle banche e uno per ciascuna delle organizzazioni rappresentative a livello nazionale delle piccole e medie imprese industriali e commerciali. Il D.M. 31-5-1999 n. 248 l’articolo 13 individua il Comitato di gestione quale organo di amministrazione del Fondo.

Il Comitato di gestione è attualmente formato da 21 componenti (si veda il Decreto direttoriale 9 novembre 2012), nominati con Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico, in rappresentanza degli interessi delle Amministrazioni Centrali (Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Presidenza del Consiglio dei Ministri), locali , di ABI e delle Categorie (Confindustria, Confapi, Confcommercio, Confartigianato, CNA, Casartigiani, Confartigianato/UNATRAS, Confesercenti e Confcooperative). Per quanto riguarda le funzioni, esso si occupa di: deliberare le disposizioni di carattere generale e le condizioni di ammissibilità dello strumento e, con riferimento alle singole operazioni, l’ammissione alla garanzia, le quote di accantonamento, il versamento degli acconti, la liquidazione delle perdite, le revoche e qualsiasi altra modifica. Inoltre, approva la situazione contabile del Fondo, la rendicontazione delle disponibilità, gli impegni e le insolvenze alla data del 31/12 precedente e segnala al Ministero dello Sviluppo Economico la necessità di integrazione delle risorse del Fondo

 

Per quanto riguarda il compenso dei componenti del consiglio di gestione, la lettera a) del comma 31 specifica che esso è il medesimo di quello stabilito per i componenti dell’attuale comitato di gestione, il quale decade dall’atto di formale costituzione del nuovo organo di amministrazione.

Si ricorda che, a seguito dell’aggiudicazione della gara indetta dal Ministero dello Sviluppo Economico (bando di gara pubblicato in G.U.R.I. 5^ serie speciale n. 107 del 15 settembre 2010), il Gestore del Fondo di garanzia per le PMI è ad oggi costituito da un raggruppamento temporaneo di imprese formato da cinque istituti bancari: MedioCredito Centrale S.p.A., in qualità di soggetto mandatario capofila, Artigiancassa S.p.A., MPS Capital Services Banca per le Imprese S.p.A., Mediocredito Italiano S.p.A. e Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane S.p.A., in qualità di mandanti. La convenzione stipulata il 28 marzo 2012 tra il MISE e Mediocredito Centrale s.p.a. prevede, all’articolo 3 che con provvedimenti del Ministro dello sviluppo economico sono nominati i componenti del Comitato di gestione e gli eventuali rimborsi a carico del Fondo.

Progetti di Ricerca e innovazione

La lettera b) del comma 31, istituisce, nell’ambito del Fondo di garanzia per le PMI, una sezione speciale denominata “progetti di Ricerca e innovazione” con una disponibilità di 100.000.000 euro a valere sulle disponibilità del Fondo stesso. Oggetto della Sezione è la concessione di garanzie per i finanziamenti concessi dalla BEI (Banca europea per gli investimenti) direttamente o indirettamente per la realizzazione di grandi progetti per la ricerca e l’innovazione industriale.

La garanzia può essere concessa copertura delle prime perdite su portafogli di un insieme di progetti il cui ammontare minimo è pari a 500.000 euro.

Beneficiari della garanzia possono essere le imprese di qualsiasi dimensione, con particolare riguardo alle piccole e medie imprese, alle reti di impresa e ai raggruppamenti di imprese, la cui individuazione è oggetto di specifico accordo –quadro di collaborazione tra il MISE, il MIPAF e la BEI.

La definizione delle modalità operative della Sezione speciale (criteri, modalità di selezione, caratteristiche dei progetti etc.) è rimessa ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Si segnala, al riguardo, che la disposizione di cui alla lettera b) del comma 31 non prevede un termine per l’emanazione del decreto ministeriale cui è demandata l’attuazione della disposizione stessa.

I finanziamenti BEI denominati “prestiti globali” sono linee di credito messe a disposizione di banche o intermediari finanziari locali per il finanziamento da parte delle stesse di progetti “ammissibili” di importo inferiore a 25 milioni di euro. La BEI può finanziare esclusivamente progetti che perseguano uno (o più) degli obiettivi statutari della BEI stessa: tra questi, oltre al supporto delle PMI ed al supporto della Ricerca, Sviluppo e Innovazione (a sua volta inserito nel quadro più ampio di supporto all’ “Economia della Conoscenza”), vi sono il supporto della Coesione e Convergenza (nelle aree di sviluppo regionale), la Sostenibilità ambientale, la creazione di reti infrastrutturali Transeuropee e il perseguimento di una Energia sostenibile competitiva e sicura (obiettivo che include anche il miglioramento dell’efficienza energetica).

 

L’ultimo periodo della lettera b) dispone che le risorse della Sezione speciale possono essere incrementate anche da parte delle risorse della programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari.

Fondo di garanzia per la prima casa

La lettera c), introdotta durante l’esame del provvedimento al Senato, istituisce e disciplina, nell’ambito dei fondi che costituiscono il Sistema nazionale di garanzia, il Fondo di garanzia per la prima casa, finalizzato alla concessione di garanzie su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari; esso assorbe attività e passività del Fondo per l’accesso al credito per l’acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, contestualmente soppresso.

 

Istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, il Fondo è volto alla concessione di garanzie, a prima richiesta, su singoli mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari (tale previsione di garanzia collettiva è innovativa rispetto alla disciplina del Fondo per le giovani coppie).

Al Fondo sono attribuiti 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, nonché le attività e le passività del predetto Fondo per l’accesso al credito per l’acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori di cui all’articolo 13, comma 3-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, che viene contestualmente soppresso.

Con il comma 3-bis dell’articolo 13 del decreto legge n. 112/2008 a partire dal 1° settembre 2008, è stato istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della gioventù, un Fondo per l’accesso al credito per l’acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, con priorità per quelli i cui componenti non risultano occupati con rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Il decreto interministeriale 17 dicembre 2010, n. 256 (pubblicato nella G.U. 3 febbraio 2011, n. 27), in ossequio alle norme primarie, reca il Regolamento del Fondo, che disciplina, per espressa previsione del citato comma 3-bis, i criteri per l’accesso al Fondo e le modalità di funzionamento del medesimo. Tale regolamento è stato da ultimo modificato con il D.M. 24 giugno 2013, n. 103.

Ai sensi dell’articolo 2 di tale decreto, i mutui ammissibili alla garanzia del Fondo non devono superare 200.000 euro. I mutuatari devono avere alla data di presentazione della domanda di mutuo i seguenti requisiti:

§       età inferiore a 35 anni (anche per le coppie coniugate tale requisito deve essere soddisfatto da entrambi i componenti il nucleo familiare);

§       reddito complessivo rilevato dall'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 40.000 euro; in presenza di domande pervenute nella stessa giornata, e di contestuale parziale indisponibilità delle dotazioni del Fondo, è assegnata priorità alle giovani coppie coniugate e ai nuclei familiari anche monogenitoriali con figli minori, i cui componenti non risultano occupati con rapporto di lavoro a tempo indeterminato;

§       non essere proprietari di altri immobili ad uso abitativo, salvo quelli di cui il mutuatario abbia acquistato la proprietà per successione a causa di morte, anche in comunione con altro successore, e che siano in uso a titolo gratuito a genitori o fratelli.

L'immobile da acquistare per essere adibito ad abitazione principale non deve rientrare nelle categorie catastali A1, A8 e A9 (vale a dire, le abitazioni di pregio) e non deve avere una superficie superiore a 95 metri quadrati. Nella concessione della garanzia viene data priorità ai casi nei quali l'immobile sia situato in aree a forte tensione abitativa.

Relativamente alle risorse del Fondo, si ricorda che la norma istitutiva, recata dal citato comma 3-bis dell’art. 13 del D.L. n. 112/2008, aveva previsto una dotazione per il solo triennio 2008-2010 (4 milioni di euro per il 2008 e 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010).

L’articolo 6, comma 3 del D.L. n. 102 del 2013 ha esteso, a decorrere dall’anno 2014, la platea dei beneficiari del Fondo per l’accesso al credito per l'acquisto della prima casa ai giovani di età inferiore ai 35 anni titolari di un rapporto di lavoro atipico di cui all’articolo 1 della legge n. 92 del 2012.

Si presume che debbano intendersi così richiamate tutte le forme contrattuali atipiche previste dall’articolo 1 della legge n. 92/2012, vale a dire rapporto di lavoro a tempo determinato, accessorio, intermittente, a progetto e di somministrazione. L’estensione della platea di beneficiari viene stabilita attraverso l’aggiunta di un periodo al citato comma 3-bis dell’articolo 13 del decreto legge n. 112/2008, che precisa, altresì, che per tale finalità si applica la disciplina prevista dal decreto interministeriale di cui al precedente periodo, ossia il decreto che stabilisce i criteri di accesso al Fondo e le sue modalità di funzionamento.

Un ulteriore periodo aggiunto al comma 3-bis dell’articolo 13 del decreto legge n. 112/2008 incrementa la dotazione del Fondo di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015.

 

Si specifica che il Fondo di garanzia per la prima casa opera con il medesimo conto corrente di tesoreria del Fondo soppresso.

 

Per quanto riguarda la garanzia del Fondo, essa può essere concessa nella misura massima del 50 per cento della quota capitale, tempo per tempo in essere, sui finanziamenti connessi all'acquisto e ad interventi di ristrutturazione e accrescimento dell'efficienza energetica, di unità immobiliari, site sul territorio nazionale, da adibire ad abitazione principale del mutuatario.

Rispetto al Fondo di cui all’articolo 13, comma 3-bis del D.L. n. 112 del 2008 viene ampliato il novero dei finanziamenti che possono essere assistiti da garanzia: non solo dunque quelli connessi all’acquisto della prima casa, ma anche quelli relativi alla ristrutturazione ed all’efficientamento energetico della stessa.

Viene inoltre esteso l’ambito di applicazione soggettiva del Fondo: esso infatti acquista portata generale, ferma restando la priorità per l'accesso al credito da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, nonché dei giovani di età inferiore ai trentacinque anni titolari di un rapporto di lavoro atipico (di cui al già richiamato articolo 1 della legge sulla riforma del mercato del lavoro).

Gli interventi del Fondo di garanzia per la prima casa sono assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza.

Inoltre, la dotazione del Fondo può essere incrementata mediante versamento di contributi da parte delle regioni e di altri enti e organismi pubblici.

Si demanda a uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, la definizione delle norme di attuazione del Fondo, nonché dei criteri, condizioni e modalità per l'operatività della garanzia dello Stato e per l'incremento della dotazione del Fondo.

Le risorse per il Fondo di garanzia per le PMI

Il comma 32 assegna 200 milioni per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016 al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662/1996 (vedi lettera a) del precedente comma 31) a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

 Il comma 32 dispone inoltre, che con apposita delibera del CIPE sono altresì assegnati al predetto Fondo di garanzia, a valere sul medesimo Fondo per lo sviluppo e la coesione, ulteriori 600 milioni.

Con la predetta delibera CIPE sono emanate, nel rispetto delle vigenti modalità operative di funzionamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, specifiche direttive per assicurare il più ampio accesso delle piccole e medie imprese del Mezzogiorno agli interventi del Fondo, anche tramite l'individuazione di eventuali priorità di accesso alla garanzia tenuto conto dei soggetti beneficiari e delle operazioni finanziarie ammissibili.

 

Per quanto riguarda le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione si rinvia alla scheda di lettura relativa al comma 5.

 

Infine, il comma 32 dispone una riduzione delle risorse del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali di 15 milioni euro a decorrere dall'anno 2015.

Il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari, istituito, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154 del 2008, nello stato di previsione del Ministero dell'economia, è finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti, in termini di cassa, da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato, concessi in virtù di autorizzazioni legislative. La dotazione del Fondo, in termini di sola cassa, è stata variata in aumento e in diminuzione da numerose norma del provvedimento in esame. Nel disegno di legge di bilancio per il 2014-2016, come integrato dalla Nota di variazioni, risulta dotato di 313,7 milioni nel 2014, 324,7 milioni nel 2015 e a 294,7 milioni nel 2016,

Per una ricostruzione delle norme del provvedimento che variano la dotazione del Fondo, si rinvia alla scheda relativa al comma 201.

Confidi

Il comma 33 costituisce un Fondo, presso Unioncamere, per la patrimonializzazione dei confidi finanziato in parti uguali dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese e dal sistema delle Camere di Commercio.

Con il termine “confidi” si intendono i consorzi con attività esterna, le società cooperative, le società consortili per azioni, a responsabilità limitata o cooperative, che svolgono l'attività di garanzia collettiva dei fidi al fine di agevolare le imprese nell’accesso ai finanziamenti, a breve medio e lungo termine, destinati allo sviluppo delle attività economiche e produttive. La disciplina in materia di confidi è contenuta nell’articolo 13 D.L. n. 269 del 2003.

 

In particolare possono accedere al Fondo:

§      i confidi sottoposti alla Banca d’Italia;

Sono sottoposti all’attività di vigilanza della Banca d’Italia (art. 108 del Testo Unico Bancario) i confidi che hanno un volume di attività finanziaria pari o superiore a 75 milioni di euro. Essi hanno l’obbligo di iscrizione in un albo unico per gli intermediari finanziari autorizzati (articolo 106 del TUB), i quali esercitano nei confronti del pubblico l'attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma.

Il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, determina i criteri oggettivi, riferibili al volume di attività finanziaria in base ai quali sono individuati i confidi che sono tenuti a chiedere l'autorizzazione per l'iscrizione nell'albo previsto dall'articolo 106. La Banca d'Italia stabilisce, con proprio provvedimento, gli elementi da prendere in considerazione per il calcolo del volume di attività finanziaria. In deroga all'articolo 106, per l'iscrizione nell'albo i confidi possono adottare la forma di società consortile a responsabilità limitata.

§      i confidi che, nei 24 mesi successivi all’entrata in vigore della presente legge, realizzano operazioni di fusione al fine di ottenere l’iscrizione nell’elenco o nell’albo degli intermediari vigilati dalla Banca d’Italia.

I Confidi "minori", ossia i confidi iscritti ai sensi dell'art. 155, comma 4, del TUB nell'apposita sezione dell'elenco generale, possono svolgere esclusivamente l'attività di garanzia collettiva dei fidi, che consiste nella "prestazione mutualistica e imprenditoriale di garanzie" volta a favorire l'accesso delle piccole e medie imprese associate al credito di banche e degli altri soggetti operanti nel settore finanziario (art. 13, comma 1, del D.L. 269/2003). A tali operatori è pertanto precluso l'esercizio di prestazioni di garanzie diverse da quelle indicate e, in particolare, nei confronti del pubblico nonché l'esercizio delle altre attività riservate agli intermediari finanziari ex art. 106.

I confidi devono avere una compagine sociale costituita da piccole e medie imprese industriali, commerciali, turistiche e di servizi, da imprese artigiane e agricole, come definite dalla disciplina comunitaria.

In relazione ai descritti limiti operativi e alla finalità di sostegno delle PMI, tali confidi sono espressamente sottratti all'applicazione delle disposizioni del Titolo V del TUB relative agli intermediari finanziari e la loro operatività non è sottoposta al regime di vigilanza prudenziale della Banca d'Italia, che viene invece esercitato nei confronti dei confidi “maggiori”. Più specificatamente nei confronti dei confidi iscritti ex art. 155, comma 4, i poteri e gli interventi di controllo della Banca d'Italia sono finalizzati a verificare l'osservanza delle norme sulla trasparenza delle operazioni loro consentite.

Il D.Lgs. n. 141/2010 ha modificato la disciplina dei confidi (articolo 112 del TUB) e ha introdotto una nuova forma di vigilanza sui confidi “minori”. I confidi, anche di secondo grado, sono iscritti in un elenco tenuto da un Organismo (dotato di autonomia organizzativa, statutaria e finanziaria competente per la gestione dell'elenco dei confidi) ed esercitano in via esclusiva l'attività di garanzia collettiva dei fidi e i servizi a essa connessi o strumentali, nel rispetto delle disposizioni dettate dal Ministro dell'economia e delle finanze e delle riserve di attività previste dalla legge. L'iscrizione nell’elenco è subordinata al ricorrere delle condizioni di legge (articolo 13 del D.L. 269/2003) nonché al possesso da parte degli amministratori di requisiti di onorabilità.

Tra le misure volte a rafforzare i confidi, si ricorda l’articolo 39, comma 7, del D.L. 201 del 2011, il quale ha consentito alle imprese non finanziarie di grandi dimensioni e agli enti pubblici e privati l’ingresso nel capitale sociale dei confidi e delle banche cooperative di garanzia collettiva dei fidi, anche in deroga alle disposizioni di legge che prevedono divieti o limiti di partecipazione. Tale ingresso, tuttavia, deve essere minoritario: le piccole e medie imprese socie devono disporre di almeno la metà più uno dei voti esercitabili nell’assemblea; inoltre la nomina dei componenti degli organi che esercitano funzioni di gestione e di supervisione strategica deve essere riservata all’assemblea.

Successivamente, l’articolo 10 del D.L. n. 1 del 2012 ha esteso tale facoltà anche ai confidi costituiti tra liberi professionisti, la cui costituzione era stata precedentemente prevista dal decreto-legge 70/2011.

L'articolo 36, commi 1 e 2, del D.L. 179 del 2012 ha poi introdotto norme volte a rafforzare patrimonialmente i confidi, senza porre oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, consentendo di imputare al fondo consortile, al capitale sociale o ad apposita riserva, i fondi rischi alimentati da contributi pubblici oggetto di vincoli di destinazione, mediante una delibera dell’assemblea ordinaria. E’ possibile altresì accantonare i predetti contributi per la copertura dei rischi. In tal modo i fondi perdono i vincoli preesistenti, acquisendo la possibilità di essere computati nel patrimonio di vigilanza.

 

Al Fondo sono attribuite risorse pari a :

§      100 milioni di euro per il 2014;

§      150 milioni di euro per il 2015;

§      200 milioni di euro per il 2016;

 

Tali risorse provengono, in parti uguali:

§      dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese.

§      dal diritto annuale per il finanziamento delle Camere di commercio;

Il diritto annuale è il tributo dovuto ad ogni singola Camera di commercio da ogni impresa, iscritta o annotata nel Registro delle imprese, e da ogni soggetto iscritto nel (REA) Repertorio delle notizie Economiche e Amministrative (a norma dell'articolo 18, comma 4, della legge 29 dicembre 1993, n. 580 come modificato dall'articolo 1, comma 19, del D.lgs. 15 febbraio 2010, n. 23) per le finalità previste dall'articolo 18 della stessa legge n. 580/1993 e successive modifiche.

L’articolo 18, comma 4 e 5 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, stabilisce che il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze determina e in caso di variazioni aggiorna, sentita l’Unioncamere e le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale la misura del diritto annuale dovuto ad ogni singola camera di commercio da parte di ogni impresa iscritta. Sono tenuti al pagamento del diritto annuale: le imprese individuali; le società di persone e di capitali; le società fra professionisti (di cui al comma 2, dell'articolo 16 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96); i consorzi; gli imprenditori agricoli e i coltivatori diretti; le unità locali e le sedi secondarie di imprese con sede principale all'estero; i soggetti iscritti nel Repertorio delle notizie Economiche e Amministrative (REA).

 

La definizione delle modalità attuative nonché dei requisiti di accesso per i confidi è demandata ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze, da adottare, previa autorizzazione della Commissione europea, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 


 

Articolo 1, comma 34
(Modifiche alla garanzia dello Stato sui debiti pregressi delle Amministrazioni pubbliche diverse dallo Stato)

 

 

Il comma 34, introdotto dal Senato,  interviene – con la finalità di estenderne la durata - sulla garanzia dello Stato prevista per i debiti di parte corrente delle amministrazioni pubbliche diverse dallo Stato, oggetto delle disposizioni sui pagamenti dei debiti pregressi introdotte dal decreto legge n. 35 del 2013.

 

Va in proposito rammentato che i commi da 12-ter a 12-septies dell’articolo 11 del decreto-legge n. 76 del 2013[20], prevedono la concessione della garanzia statale sui debiti di parte corrente - certi liquidi ed esigibili, maturati alla data del 31 dicembre 2012 - per somministrazioni forniture e appalti nonché per prestazioni professionali delle amministrazioni pubbliche diverse dallo Stato, quali regioni, enti locali, enti del SSN ed enti pubblici nazionali che risultino certificati tramite comunicazione alla piattaforma elettronica, secondo le disposizioni di cui al medesimo D.L. n. 35.

La garanzia dello Stato acquista efficacia all'atto dell'individuazione delle risorse da destinare all’apposito Fondo istituito per la copertura degli oneri determinati dal rilascio della garanzia dello Stato. I crediti di parte corrente, come sopra definiti, garantiti dallo Stato, possono essere ceduti a ad una banca o ad un intermediario finanziario, anche sulla base di apposite convenzioni quadro, e successivamente, essere oggetto di ristrutturazione. In caso di escussione della garanzia, è attribuito allo Stato il diritto di rivalsa sugli enti debitori.

In particolare il comma 12-quinques, oggetto dell’intervento di modifica operato con il comma 15-bis in commento, consente ai creditori la cessione del credito certificato e assistito dalla garanzia dello Stato ai sensi del comma 12-ter ad una banca o ad un intermediario finanziario, anche sulla base di apposite convenzioni quadro. Una volta avvenuta la cessione del credito, l'amministrazione debitrice diversa dallo Stato può richiedere nel confronti del soggetto cessionario la ristrutturazione del debito, con un piano di ammortamento. Il comma dispone altresì, al penultimo periodo, che la garanzia dello Stato di cui al comma 12-ter cessa al momento della ristrutturazione del debito.

Tale ultima disposizione viene soppressa dal comma 34 in esame, conseguendone pertanto che la garanzia in questione continui ad operare anche sul debito come ristrutturato. La norma in tal modo sembrerebbe facilitare, per l’amministrazione interessata, il procedimento di ristrutturazione del debito

Va segnalato come la garanzia non sia ancora operante, atteso che l’istituzione dell’apposito Fondo per la copertura degli oneri determinati dal rilascio della garanzia, previsto dal comma 12-sexies dell’articolo 11 in questione – le cui modalità operative sono demandate ad un decreto del Ministro dell’economia e finanze non ancora emanato - non è finora avvenuta, e che esso comunque opererà a decorrere dal 1°gennaio 2014.

 


 

Articolo 1, commi 35-39
(Obblighi da parte dei notai di versamento di somme
su conti correnti dedicati
)

 

 

Le disposizioni in esame, introdotte dal Senato prevedono specifici obblighi in capo agli esercenti l’attività notarile.

Il comma 35 stabilisce che il notaio o altro pubblico ufficiale è tenuto a versare su apposito conto corrente dedicato:

a) tutte le somme dovute a titolo di onorari, diritti, accessori, rimborsi spese e contributi, nonché a titolo di tributi per i quali il medesimo sia sostituto o responsabile d'imposta, in relazione agli atti dallo stesso ricevuti e/o autenticati e soggetti a pubblicità immobiliare, ovvero in relazione ad attività e prestazioni per le quali lo stesso sia delegato dall'autorità giudiziaria;

b) ogni altra somma affidatagli e soggetta ad obbligo di annotazione nel Registro di cui all'articolo 6 della legge 64/1934 (ovvero il registro in cui con numerazione progressiva è obbligato a segnare, giorno per giorno, le somme e i valori che gli siano affidati in relazione agli atti stipulati avanti a lui o per effetto di provvedimenti dell'autorità giudiziaria) comprese le somme dovute a titolo di imposta in relazione a dichiarazioni di successione;

c) l'intero prezzo o corrispettivo, ovvero il saldo degli stessi, se determinato in denaro, oltre alle somme destinate ad estinzione delle spese condominiali non pagate e/o di altri oneri dovuti, in occasione del ricevimento o dell'autenticazione di contratti di trasferimento della proprietà o di trasferimento, costituzione od estinzione di altro diritto reale su immobili o aziende.

Il comma 36 prevede quindi che tale disposizione non si applichi agli importi inferiori ad euro 100.000 e per la parte di prezzo o corrispettivo oggetto di dilazione; la stessa si applicherà in relazione agli importi versati contestualmente alla stipula di atto di quietanza; sono esclusi i maggiori oneri notarili.

Si osserva che l’atto di quietanza non pare soggetto a stipula bensì è oggetto di rilascio.

 

Ai sensi del comma 37, gli importi depositati presso il conto corrente dedicato costituiscono patrimonio separato. Dette somme sono escluse dalla successione del notaio e altro pubblico ufficiale e dal suo regime patrimoniale della famiglia, sono assolutamente impignorabili a richiesta di chiunque come assolutamente impignorabile ad istanza di chiunque è altresì il credito al pagamento o alla restituzione della somma depositata.

 

Si osserva che la formulazione utilizzata potrebbe non ritenersi univoca; infatti, pare opportuno valutare se la soglia di 100.000 euro debba operare come limite riferito al complesso delle operazioni ovvero come limite riferito a ciascuna singola operazione.

 

Ai sensi del comma 38, eseguita la registrazione e la pubblicità dell'atto ai sensi della normativa vigente, e verificata l'assenza di formalità pregiudizievoli ulteriori rispetto a quelle esistenti alla data dell'atto e da questo risultanti, il notaio o altro pubblico ufficiale provvederà senza indugio a svincolare gli importi depositati a titolo di prezzo o corrispettivo. Se nell'atto le parti hanno previsto che il prezzo o corrispettivo sia pagato solo dopo l'avveramento di un determinato evento o l'adempimento di una determinata prestazione, il notaio o altro pubblico ufficiale svincolerà il prezzo o corrispettivo depositato quando gli verrà fornita la prova - risultante da atto pubblico o scrittura privata autenticata, ovvero secondo le diverse modalità probatorie concordate tra le parti - che l'evento dedotto in condizione si sia avverato o che la prestazione sia stata adempiuta. Gli interessi sulle somme depositate, al netto delle spese di gestione del servizio, sono finalizzati a rifinanziare i fondi di credito agevolato, riducendo i tassi della provvista dedicata, destinati ai finanziamenti alle piccole e medie imprese, individuati dal DPCM di cui al comma 39.

Pare utile considerare se la disposizione in esame produca l’effetto di sottrarre alla disponibilità delle parti gli importi che oggi transitano direttamente tra le parti medesime, senza alcun necessario deposito presso il notaio.

In questa prospettiva si osserva che pare utile valutare se e in che misura le disposizioni in commento introducano nuovi oneri a carico all’autonomia dei privati e incidano sulle disposizioni del codice civile relative agli interessi e alla trascrizione degli atti.

Pare poi utile valutare se l’esecuzione della pubblicità dell’atto – quale condizione per lo svincolo degli importi - corrisponda al perfezionamento della trascrizione ovvero alla domanda di trascrizione (art. 2659 c.c.). A tal fine occorre infatti tenere conto dei tempi richiesti per tale perfezionamento.

 

Il comma 39 stabilisce a sua volta che, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità 2014, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della Giustizia, sentito il parere del Consiglio nazionale del Notariato, sono definiti termini, condizioni e modalità di attuazione delle previsioni introdotte dai commi precedenti, anche con riferimento all'esigenza di definire condizioni contrattuali omogenee applicate ai conti correnti dedicati.


 

Articolo 1, comma 40
(Finanziamenti per manutenzione rete stradale e nuove opere)

 

 

Il comma 40 reca stanziamenti al fine di assicurare la manutenzione straordinaria della rete stradale per l’anno 2014 e la prosecuzione degli interventi previsti dai contratti di programma già stipulati tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l’ANAS S.p.A.

 

Nel corso dell’esame al Senato la disposizione è stata integrata al fine di disporre che la spesa autorizzata deve assicurare anche la realizzazione di nuove opere con priorità per quelle già definite da protocolli d'intesa attuativi e conseguenti ad accordi internazionali.

Per le finalità indicate, viene autorizzata la spesa di 335 milioni di euro per l’anno 2014 e 150 milioni di euro per il 2015.

La norma, a differenza della relazione tecnica e della relazione tecnica all’emendamento presentato dal Governo sul quale è stata posta la questione di fiducia, non specifica che si tratta della manutenzione della rete stradale in gestione ad ANAS e che anche l’ulteriore incremento dello stanziamento per il 2015 è destinato ad ANAS per la realizzazione di nuove opere, come invece risulta dalla nota di variazioni al disegno di legge di bilancio che provvede ad allocare lo stanziamento in commento nel capitolo 7372 (Contributi in conto impianti da corrispondere all’ANAS per la realizzazione di un programma di investimenti per lo sviluppo e l’ammodernamento delle infrastrutture) nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze.

L’autorizzazione di spesa per il 2015 è stata inserita nel corso dell’esame al Senato prevedendo che all’onere relativo all'anno 2015 si provveda mediante corrispondente riduzione delle assegnazioni previste a favore della nuova linea ferroviaria Torino-Lione dall'art. 1, comma 208, della L. n. 228/2012.

Si ricorda che il citato comma 208 dell’art. 1 della L. n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) ha autorizzato - per il finanziamento di studi, progetti, attività e lavori preliminari nonché lavori definitivi della nuova linea ferroviaria Torino-Lione - la spesa di 60 milioni di euro per l'anno 2013, 100 milioni per il 2014, 680 milioni per il 2015 e 150 milioni per ciascuno degli anni dal 2016 al 2029. La citata autorizzazione è stata ridotta dall’art. 18, comma 13, del D.L. n. 69/2013, di 96 milioni di euro per il 2014, di 258 milioni per l'anno 2015, di 143 milioni per l'anno 2016 e di 142 milioni per l'anno 2017.

Si ricorda infine che la disposizione in commento è analoga a quella recata nella precedente legge di stabilità: l’art. 1, comma 179, della L. 228/2012, ha infatti autorizzato la spesa di 300 milioni di euro, per l'anno 2013, al fine di assicurare la prosecuzione dei lavori in corso e la continuità della manutenzione straordinaria della rete stradale inseriti nel contratto di programma tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società ANAS Spa.

Il contratto di programma ANAS, lo stato della manutenzione e il fabbisogno finanziario per l’ammodernamento della rete infrastrutturale del Paese

Si ricorda che l'ANAS S.p.A. è il concessionario della rete stradale ed autostradale italiana di interesse nazionale e che il contratto di programma è l’atto che regola i rapporti tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, amministrazione concedente, e l’ANAS S.p.A., società concessionaria, in ordine agli investimenti per la realizzazione di nuove opere e la manutenzione della rete stradale di interesse nazionale.

Nella relazione allegata alla determinazione n. 36/2013, la Corte dei conti ricorda che poiché il Piano Economico Finanziario non è stato ancora approvato (con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dell’ambiente), il MIT e l’ANAS, nell’impossibilità di procedere alla stipula della Convenzione Unica, hanno ravvisato la necessità di stipulare un contratto di programma annuale strutturalmente analogo a quello relativo al 2007 anche per i successivi esercizi.

I contratti di programma, nel corso degli anni, sono stati oggetto di riduzioni e rimodulazioni di risorse. Ciò è avvenuto ad esempio con riferimento al contratto di programma 2012. Si ricorda in proposito che la delibera CIPE n. 32/2012 del 23 marzo 2012 (G.U. n. 133 del 9-6-2012) aveva assegnato all’ANAS, per il finanziamento del contratto di programma, annualità 2012, 300 milioni di euro, da imputare a carico delle risorse del Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo ad opere di interesse strategico di cui all'art. 32, comma 1, del D.L. n. 98/2011. Le risorse assegnate sono state dapprima rimodulate con la delibera CIPE 26 ottobre 2012, n. 97 (pubblicata nella G.U. del 16 aprile 2013), poi decurtate di 50 milioni di euro con la delibera CIPE 18 febbraio 2013, n. 8 (pubblicata nella G.U. del 4 giugno 2013). La successiva delibera CIPE 8 marzo 2013, n. 13 (pubblicata nella G.U. del 6 luglio 2013) ha provveduto a reintegrare l’importo di 50 milioni in precedenza decurtato.

Relativamente all’iter del contratto di programma 2012, si ricorda che esso è stato stipulato tra il MIT e l’ANAS nel mese di luglio 2012, a seguito del parere positivo espresso dal CIPE nella seduta dell’11 luglio 2012 (delibera n. 68/2012), ma in considerazione dei rilievi espressi da parte della Corte dei Conti, lo stesso è stato nuovamente siglato in data 9 marzo 2013. Successivamente il CIPE ha espresso un nuovo parere favorevole con la delibera 18 febbraio 2013, n. 9.

Si segnala che nel documento intitolato “La gestione organizzativa e finanziaria dell’ANAS S.p.A. e lo stato degli investimenti sulla rete stradale e autostradale nazionale in concessione della Società”, acquisito nel corso dell’audizione informale del 9 ottobre 2013 presso l’VIII Commissione (Ambiente), il Presidente dell’Anas ha fornito un quadro della situazione finanziaria dell’Anas nonché del fabbisogno per gli interventi programmati e lo stato della manutenzione straordinaria.

Da ultimo, si rammenta che l’art. 18, commi 2 e 10, del D.L. n. 69/2013 (che risultano novellati dal comma 42 dell’art. 1 della presente legge), recano rispettivamente stanziamenti per il superamento di criticità sulle infrastrutture viarie concernenti ponti e gallerie e per un programma di interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale in gestione ad ANAS SpA. Le risorse per tale programma vengono rifinanziate dalla tabella E del presente disegno di legge (alla cui scheda di commento si rinvia).


 

Articolo 1, comma 41
(Finanziamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria)

 

 

Il comma 41 autorizza la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2014, di 170 milioni di euro per l'anno 2015 e di 120 milioni di euro per l'anno 2016 per la realizzazione del secondo stralcio del Macrolotto 4 dell'asse autostradale Salerno-Reggio Calabria - tratto fra il viadotto Stupino escluso e lo svincolo di Altilia incluso.

L’autostrada Salerno - Reggio Calabria è suddivisa in 66 interventi ripartiti in 12 Macrolotti e 54 Lotti, inclusi 8 svincoli non previsti nell’originario piano per l’adeguamento, ma successivamente richiesti da regioni ed enti locali e la rampa A dello svincolo tra il raccordo SA-AV e l’autostrada SA-RC (viadotto Grancano)[21].

L’autostrada Salerno Reggio Calabria è inclusa nel Programma delle infrastrutture strategiche di cui all’articolo 1 della legge n. 443/2001 (cd. “legge obiettivo”).

Il citato Macrolotto 4 Parte 2 stralcio 2° dell'asse autostradale Salerno-Reggio Calabria, che inizia dal km 280+350 e termina al km 286+000, reca un costo pari a 343 milioni di euro[22]. Il costo è stato riportato anche nel documento allegato alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2013, che reca l’aggiornamento del Programma delle infrastrutture strategiche (agg. 11° Allegato infrastrutture) e che è stato trasmesso al Parlamento nel mese di settembre 2013.  

 


 

Articolo 1, comma 42
(Ulteriori interventi finanziabili nel Programma ANAS
relativo a ponti, viadotti e gallerie)

 

 

Il comma 42, introdotto durante l’esame al Senato, reca disposizioni volte ad ampliare il novero degli interventi finanziabili nell’ambito del programma di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale gestita da ANAS S.p.A., al fine di ricomprendervi anche l'attuazione di ulteriori interventi mirati ad incrementare la sicurezza e a migliorare le condizioni dell'infrastruttura viaria.

In particolare, la disposizione novella i commi 2 e 10 dell’articolo 18 del D.L. n. 69/2013, che recano rispettivamente stanziamenti per il superamento di criticità sulle infrastrutture viarie concernenti ponti e gallerie e per un programma di interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale in gestione ad ANAS SpA.

Si ricorda, infatti, che l’art. 18, comma 1, del D.L. 69/2013, al fine di consentire nell'anno 2013 la continuità dei cantieri in corso ovvero il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori, ha istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) un Fondo con una dotazione complessiva pari a 2.069 milioni di euro, per il periodo 2013-2017.

Il successivo comma 2 ha demandato ad uno o più decreti interministeriali (adottati dal MIT di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) l'individuazione degli specifici interventi da finanziare e l'assegnazione delle risorse occorrenti, nei limiti delle disponibilità annuali del Fondo. Lo stesso comma provvede altresì ad indicare gli interventi finanziabili, tra i quali figura “il superamento di criticità sulle infrastrutture viarie concernenti ponti e gallerie”.

Si segnala che il comma 10 del medesimo articolo 18 reca disposizioni in ordine alla definizione (con decreto del MIT) di un programma di interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale d’interesse nazionale in gestione ad ANAS S.p.A.

Il decreto interministeriale emanato ai sensi del citato articolo 18, comma 2, ha attribuito 300 milioni di euro al programma degli interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale gestita da ANAS. L’aggiornamento del Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge 443/2001, contenuto nell’aggiornamento dell’11° Allegato infrastrutture, trasmesso al Parlamento nel mese di settembre 2013, ha incluso, nell’ambito della macrovoce relativa al “Decreto Fare”, il “Programma Piccoli interventi ANAS” dell’importo di 300 milioni di euro.

Le risorse per tale programma vengono rifinanziate dalla tabella E del presente disegno di legge. Le risorse per il triennio a legislazione vigente sono pari complessivamente a 287 milioni di euro e vengono rifinanziate dalla tabella E per 350 milioni di euro: lo stanziamento risultante è quindi pari a 306 milioni per il 2014, 231 milioni per il 2015 e 100 milioni per il 2016 (cap. 7538 del MIT).


 

Articolo 1, comma 43
(Finanziamenti per il sistema MO.S.E.)

 

 

Il comma 43, modificato durante l’esame al Senato, autorizza la spesa di 151 milioni di euro per l'anno 2014, 100 milioni di euro per l’anno 2015, 71 milioni di euro per l’anno 2016 e 79 milioni di euro per l'anno 2017 per consentire:

a)   la prosecuzione immediata dei lavori del sistema MO.S.E. previsti dal 43° atto attuativo alla Convenzione generale sottoscritta tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Magistrato alle Acque di Venezia e il Consorzio Venezia Nuova, con presa d’atto da parte del CIPE;

b)   il completamento dell’intero sistema MO.S.E., con un atto aggiuntivo alla predetta Convenzione generale che deve essere sottoposto al CIPE entro il 30 giugno 2014.

Il testo del disegno di legge di stabilità presentato dal Governo prevedeva uno stanziamento di 200 milioni di euro per l’anno 2014 e 30 milioni di euro per l’anno 2017. La rimodulazione approvata nel corso dell’esame al Senato sugli stanziamenti del disegno di legge originario, relativamente al MO.S.E., corrisponde alla rimodulazione che incide, nella Tabella E, sull’autorizzazione di spesa relativa alla nuova linea ferroviaria Torino-Lione nel senso di anticipare 49 milioni di euro per l’anno 2014 riducendola per un corrispondente importo nel 2017.

 

Il progetto per la salvaguardia della laguna e della città di Venezia - Sistema Mo.S.E. è compreso nel Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge 443/2001 (cd. “legge obiettivo”[23].

Nel documento allegato alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2013 (aggiornamento dell’11° Allegato infrastrutture) è riportato un costo complessiva dell’opera pari a 5.493,160 milioni con una disponibilità di 4.866,160 milioni.

L’art. 1, comma 184, della legge 228/2012 (legge di stabilità 2013) ha assegnato per la prosecuzione della realizzazione del sistema MO.S.E. la spesa di 45 milioni di euro per l'anno 2013, di 400 milioni di euro per l'anno 2014, di 305 milioni di euro per l'anno 2015 e di 400 milioni di euro per l'anno 2016, Successivamente, l’art. 15, comma 3, lett. d), del D.L.102/2013 ha ridotto la spesa di 100 milioni di euro per l’anno 2014.

Il CIPE ha approvato nella seduta del 9 settembre 2013 con prescrizioni la destinazione a specifici interventi dell’assegnazione di cui alla legge di stabilità per il 2013 per la prosecuzione del “Sistema MOSE” relativo alla salvaguardia della laguna e della città di Venezia, pari a circa 973 milioni di euro al netto delle riduzioni disposte dal D.L. n. 102/2013 e da altre precedenti disposizioni legislative. Il Comitato ha infine preso altresì atto della necessità di adeguare conseguentemente il 43° Atto Attuativo della Convenzione Generale del 1991 tra il Magistrato alle Acque di Venezia ed il Consorzio Venezia Nuova.


 

Articolo 1, comma 44
(Contratto di servizio con RFI)

 

 

L’articolo 1, comma 44, autorizza la spesa di 500 milioni di euro per l’anno 2014 per i lavori di manutenzione straordinaria della rete ferroviaria inseriti nel contratto di servizio 2012-2014 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società Rete Ferroviaria italiana (RFI Spa).

 

In proposito si segnala che l’espressione “contratto di servizio” deve essere intesa come “contratto di programma – parte servizi”.

 

In proposito, si ricorda preliminarmente che l'art. 14 del D.Lgs. 188/2003 dispone che i rapporti tra il gestore dell'infrastruttura ferroviaria e lo Stato sono disciplinati da un atto di concessione e da periodici contratti di programma. Con l'atto di concessione quarantennale di cui al decreto ministeriale 31 ottobre 2000 n. 138-T, la gestione dell'infrastruttura ferroviaria è stata affidata in un primo tempo a Ferrovie dello Stato Spa, alla quale è subentrata, a decorrere dal 2001, la controllata Rfi Spa.

Il contratto di programma è stipulato per un periodo minimo di tre anni nel rispetto dei princìpi di indipendenza patrimoniale, gestionale e contabile dallo Stato, di economicità in relazione alla qualità del servizio prestato, di programmazione delle attività, degli investimenti e dei finanziamenti.

 

E’ attualmente in corso di perfezionamento il contratto di programma – parte servizi” tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il periodo 2012-2014 (Atto n. 21). Sullo schema del contratto di programma la IX Commissione (Trasporti) della Camera ha espresso il parere di competenza, favorevole con condizioni e osservazione, nella seduta del 19 novembre 2013. Ai sensi dell’articolo 3, oggetto del contratto di programma – parte servizi sono le attività di manutenzione ordinaria e straordinaria necessarie al mantenimento in condizioni di sicurezza e di affidabilità della Rete; le attività di Safety, Security e Navigazione ferroviaria.

 

Il precedente contratto di programma 2007-2011 ed i relativi aggiornamenti (2009, 2010-2011) hanno disciplinato unicamente la parte investimenti. Il CIPE, con la deliberazione n. 4/2012 del 20 gennaio 2012, con la quale è stato approvato l'aggiornamento 2010/2011 del contratto di programma 2007-2011 ha subordinato il proprio parere favorevole al rispetto, tra le altre, della prescrizione della presentazione da parte del Ministero della parte servizi del contratto di programma di RFI.

 

Lo schema di contratto di programma – parte servizi prevede stanziamenti complessivi, per il triennio 2012-2014 pari a 4.575 milioni di euro, dei quali 720 milioni di euro sono indicati come risorse ancora “da reperire”, imputate all’annualità 2014 (il totale dello stanziamento per il 2014 è 975 milioni di euro). In proposito, il parere approvato dalla IX Commissione, segnala che, come già evidenziato nel parere espresso dal CIPE del 22 marzo 2013, “l’importo di 720 milioni di euro per l’anno 2014 si riferisce a fabbisogni non correlati a una specifica copertura finanziaria, per cui gli obblighi assunti dal Gestore in riferimento al programma di manutenzione straordinaria per il 2014 devono intendersi subordinati all’individuazione di tale copertura”; al riguardo il rappresentante del governo ha fatto riferimento allo stanziamento di 500 milioni aggiuntivi recato dalla disposizione in commento, assicurando, per quanto concerne la quota residua di 220 milioni di euro, “il massimo impegno per trovare le risorse nei prossimi provvedimenti normativi” (seduta della IX Commissione trasporti del 13 novembre 2013)

 


 

Articolo 1, comma 45, 47, 49
(Finanziamento tratte ferroviarie)

 

 

I commi 45, 47 e 49 intervengono per il finanziamento di specifiche tratte ferroviarie. In particolare:

§       per la tratta Cancello – Frasso Telesino e variante alla linea Roma-Napoli, via Cassino, sita nel comune di Maddaloni, dell’asse ferroviario Alta velocità Roma-Napoli, si autorizza la spesa di 50 milioni per l’anno 2015 e 50 milioni per l’anno 2016 (comma 45);

§       per le tratte Brescia-Verona-Padova della linea Alta Velocità Milano-Venezia e Apice-Orsara e Frasso Telesino – Vitulano della linea Alta Velocità Napoli-Bari si autorizza la spesa di 120 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2015 al 2029 e si stabilisce che gli interventi siano realizzati con la tecnica dei lotti costruttivi non funzionali, autorizzando il CIPE a deliberare sui relativi progetti definitivi a condizione che sussistano disponibilità finanziarie per il finanziamento di un primo lotto di valore non inferiore al 10 per cento del costo complessivo delle opere (comma 47);

§       per la tratta Bologna-Lecce è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2014 e 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016; si autorizza altresì la contrattualizzazione dei relativi interventi nell’ambito del contratto di programma – parte investimenti 2012-2016 (comma 49).

 

In proposito si ricorda che, in base ai dati dell’ultimo monitoraggio (Servizio studi Camera dei deputati, Settimo Rapporto sull’attuazione della Legge obiettivo – dicembre 2012):

 

§       la tratta Cancello – Frasso Telesino – Apice Orsara risulta inserita nel programma infrastrutture strategiche (decimo Allegato Infrastrutture settembre 2012); la tratta si trova allo stadio di progetto preliminare; al 30 settembre 2012 i costi stimati ammontano a 5.205 milioni di euro con un fabbisogno ancora da coprire a 3.584 milioni di euro (la tratta specifica Cancello – Frasso Telesino risulta però già interamente finanziata per l’importo complessivo di 730 milioni di euro);

§       la tratta Frasso Telesino – Vitulano, anch’essa inserita nel programma infrastrutture strategiche, si trova allo stadio di progetto preliminare; al 30 settembre 2012 i costi stimati ammontano a 986 milioni di euro, con un fabbisogno ancora da coprire di 965 milioni di euro;

§       la tratta Brescia-Verona, anch’essa inserita nel programma infrastrutture strategiche, si trova alla stadio di “contratto stipulato”; al 30 settembre 2012 i costi stimati ammontano a 2.827 milioni di euro con un fabbisogno ancora da coprire di 2.747 milioni di euro; l’opera è considerata anche nell’Undicesimo Allegato Infrastrutture (settembre 2013) che indica l’opera come allo stadio di progetto definitivo e prevede invece un fabbisogno ancora da coprire di 2.667 milioni di euro;

§       la tratta Verona-Padova, anch’essa inserita nel programma infrastrutture strategiche, si trova alla stadio di “contratto stipulato”; al 30 settembre 2012 i costi stimati ammontano a 5.130 milioni di euro con un fabbisogno ancora da coprire di 4.969 milioni di euro; l’opera è considerata anche nell’Undicesimo Allegato Infrastrutture (settembre 2013) che indica l’opera come allo stadio di progetto definitivo e prevede il medesimo fabbisogno ancora da coprire;

§       la tratta Bologna-Bari-Lecce-Taranto, anch’essa inserita nel programma infrastrutture strategiche, presenta, al 30 settembre 2012, costi stimati di 2.299 milioni di euro con un fabbisogno ancora da coprire di 682 milioni di euro; l’opera è considerata anche nell’Undicesimo Allegato Infrastrutture (settembre 2013) che indica invece un fabbisogno ancora da coprire di 674,78 milioni di euro;

 

Si ricorda inoltre che:

§       la tecnica dei “lotti costruttivi non funzionali” è stata definita all’articolo 2, comma 232, della legge n. 191/2009 (finanziaria 2010) per quanto concerne la realizzazione dei progetti prioritari, nell’ambito dei corridoi europei TEN-T inseriti nel programma di infrastrutture strategiche, i quali prevedano costi superiori a 2 miliardi di euro, tempi di realizzazione superiore a quattro anni e che non siano suddivisibili in lotti di importo inferiore a un miliardo di euro. In tali casi la disposizione consente infatti l’individuazione di specifici “lotti costruttivi”. I relativi progetti sono individuati attraverso decreti del Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro delle infrastrutture e trasporti, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze. Per tali opere, il CIPE può autorizzare l’avvio della realizzazione del progetto definitivo per lotti costruttivi, nel limite di un importo complessivo residuo da finanziare di 10 miliardi di euro, nel rispetto delle condizioni indicate dallo stesso comma 232. In particolare la disposizione in commento richiama le lettere b) e c), (obbligo per il progetto definitivo dell'opera completa di essere accompagnato da una relazione che indichi le fasi di realizzazione dell'intera opera per lotti costruttivi e il cronoprogramma dei lavori per ciascuno dei lotti; impegno del contraente generale o dell'affidatario dei lavori a rinunciare a qualunque pretesa risarcitoria) Il CIPE, con l’autorizzazione al primo lotto costruttivo, assume l’impegno di finanziare integralmente l’opera, ovvero di corrispondere il contributo finanziato. Deve inoltre assegnare prioritariamente le risorse rese disponibili per tali progetti;

§       il contratto di programma parte investimenti tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e RFI Spa 2012-2016 è stato siglato il 12 marzo 2013 e deve essere trasmesso alle Camere per l’espressione del prescritto parere da parte delle Commissioni competenti.


 

Articolo 1, comma 46
(Risorse destinate alla S.S. 372 Telesina e al collegamento autostradale Termoli-S. Vittore)

 

 

Il comma 46, inserito durante l’esame al Senato, è volto a precisare che le risorse già assegnate con la delibera CIPE 100/2006 e quelle assegnate con la delibera CIPE 62/2011, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), per la realizzazione della strada statale n. 372 “Telesina” e del collegamento Termoli San Vittore, sono destinate esclusivamente alla realizzazione di tali opere per quanto di pertinenza.

Tale specificazione si traduce in una novella del comma 11-ter dell’art. 25 del D.L. n. 69/2013, che destina le risorse assegnate dalle predette delibere esclusivamente alla realizzazione dell’opera di adeguamento della strada statale n. 372. In considerazione del fatto che la delibera CIPE 62/2011 assegna, tra l’altro, risorse anche al collegamento stradale Termoli-S. Vittore, la disposizione provvede a modificare il citato comma 11-ter aggiungendo la locuzione “per quanto di pertinenza”.

 

Il comma 11-ter dell’articolo 25 del D.L. n. 69/2013 ha previsto la sottoposizione all’approvazione del CIPE, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 69), delle proposte dei soggetti promotori per l’approvazione dei progetti preliminari, anche suddivisi per lotti funzionali in coerenza con le risorse finanziarie disponibili:

§       degli interventi di adeguamento della S.S. 372 “Telesina”, tra Io svincolo di Caianello della S.S. 372 e lo svincolo di Benevento sulla S.S. 88;

§       del collegamento autostradale Termoli-San Vittore.

 

La stessa norma ha previsto che la mancata approvazione delle proposte determina l’annullamento della procedura avviata e la revoca dei soggetti promotori.

La norma, come anticipato, stabilisce altresì che le risorse già assegnate con delibera CIPE 100/2006 e quelle a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate (ora Fondo per lo sviluppo e la coesione, FSC) assegnate con delibera CIPE 62/2011 relativa al Piano sud sono destinate esclusivamente alla realizzazione degli interventi di adeguamento della S.S. 372 Telesina.

L’intervento citato di adeguamento della S.S. 372 “Telesina”, lo si ricorda, rientra tra le opere strategiche sin dal 2001 (delibera CIPE n. 121/2001) e consiste nell’adeguamento in sede, a quattro corsie, della citata strada statale, con la realizzazione anche di nuovi svincoli. Il tratto interessato, di circa 61 chilometri, è quello fra lo svincolo di Benevento sulla Statale 88 e lo svincolo di Caianello sulla A1.

La delibera CIPE n. 62/2011 ha individuato gli interventi strategici prioritari per l’attuazione del Piano Nazionale per il Sud e ha assegnato, tra l’altro, all’opera S.S. 372 Telesina, 90 milioni di euro, a copertura della quota pubblica, cui va aggiunta l’assegnazione programmatica, ai sensi della delibera CIPE n. 100/2006, pari a 110 milioni.

L’aggiornamento dell’11° Allegato infrastrutture al Documento di economia e finanza (DEF) 2013, trasmesso al Parlamento il 30 settembre 2013, riporta, per l’adeguamento della strada “Telesina” dal Km 0+000 al km 60+900, un costo di 588,64 milioni di euro interamente disponibili.

Il collegamento autostradale Termoli-San Vittore per cui il 18 gennaio 2008 è stata costituita "Autostrada del Molise S.p.A.", società mista Anas Regione Molise, prevede un tracciato di circa 150 km, che si svilupperà in due tratte: San Vittore-Venafro-Isernia-Bojano-Campobasso e Bojano-Termoli. Per la realizzazione della prima tratta, San Vittore-Venafro-Isernia-Bojano-Campobasso, "Autostrada del Molise S.p.A." ha approvato il 1° febbraio 2011 il progetto preliminare[24]. Con la predetta deliberazione 62/2011, per la realizzazione della prima tratta, sono stati assegnati dal CIPE 200 milioni di euro. L’intervento rientra nel Programma delle infrastrutture strategiche. L’aggiornamento dell’11° Allegato infrastrutture al DEF 2013 riporta per la prima tratta un costo di 1.137,35 milioni di euro di cui disponibili 236,60; per la seconda tratta un costo di 1.620,35 milioni di euro da reperire.


 

Articolo 1, comma 48
(Modifiche alla disciplina delle revoche delle risorse destinate alle infrastrutture strategiche)

 

 

Il comma 48, introdotto nel corso dell’esame al Senato, novella i commi 2 e 3 dell’art. 32 del D.L. n. 98/2011 al fine di ampliare la platea dei finanziamenti destinati alle infrastrutture strategiche le cui risorse possono essere revocate e fatte confluire in un apposito Fondo (c.d. Fondo revoche) previsto dal comma 6 del medesimo articolo.

 

Si ricorda che l’art. 32, commi 2-6, del D.L. n. 98/2011 ha previsto la revoca di una serie di finanziamenti assegnati ad opere ricomprese nel Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) di cui alla L. n. 443/2001 (c.d. legge obiettivo) e fatto affluire le citate risorse in un Fondo (c.d. Fondo revoche) appositamente istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT).

I commi 2 e 3, in particolare, prevedono la revoca dei seguenti finanziamenti:

§       quelli assegnati dal CIPE entro il 31 dicembre 2008 per la realizzazione di opere del PIS per le quali, alla data di entrata in vigore del D.L. n. 98/2011, non sia stato emanato il decreto interministeriale per l’utilizzo dei contributi pluriennali e non sia stato pubblicato il relativo bando di gara. Restano esclusi dalla revoca i finanziamenti destinati alla tutela e agli interventi a favore dei beni e delle attività culturali approvati mediante decreto interministeriale ai sensi dell'art. 3, comma 2, del D.L. n. 72/2004 (comma 2);

§       quelli assegnati dal CIPE per la realizzazione di opere del PIS i cui soggetti beneficiari, autorizzati al 31 dicembre 2008 all'utilizzo dei limiti di impegno e dei contributi pluriennali con il relativo decreto interministeriale, alla data di entrata in vigore del D.L. 98/2011 non abbiano assunto obbligazioni giuridicamente vincolanti, non abbiano bandito la gara per l'aggiudicazione del relativo contratto di mutuo ovvero, in caso di loro utilizzo mediante erogazione diretta, non abbiano chiesto il pagamento delle relative quote annuali al MIT e non sia stato pubblicato il relativo bando di gara (comma 3).

 

La novella differisce (dal 2008 al 2010) le scadenze testé indicate per l’individuazione dei finanziamenti revocabili, determinando quindi un ampliamento della massa di tali finanziamenti.


 

Articolo 1, comma 50
(Rinnovo veicoli trasporto pubblico locale)

 

 

Il comma 50, prevede la destinazione di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2105 e 2016 per l’acquisto di materiale rotabile su gomma e di 200 milioni di euro per l’anno 2014 per l’acquisto di materiale rotabile ferroviario, in entrambi i casi da destinare al trasporto pubblico locale, attraverso l’incremento del fondo per l’acquisto dei veicoli del trasporto pubblico locale istituito dall’articolo 1, comma 1031 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006).

 

La disposizione prevede che il finanziamento sia ripartito tra le regioni entro il 30 giugno di ciascun anno con la procedura di cui all’articolo 1, comma 1032 della legge finanziaria 2007, vale a dire con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con la Conferenza unificata secondo i seguenti criteri:

§      priorità agli interventi finanziati dalla legge n. 194/1998 (Interventi urgenti nel settore dei trasporti) e n. 211/1992 (Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa);

§      condizioni di vetustà dei parchi veicoli;

§      congruenza con le effettive esigenze di domanda di trasporto;

 

La disposizione prevede poi un ulteriore criterio di ripartizione del fondo, quello del maggior carico medio per servizio effettuato, registrato nell’anno precedente.

I relativi pagamenti sono esclusi dal patto di stabilità interno, nel limite del 45 per cento dell’assegnazione di ciascuna regione per l’anno 2014 e integralmente per gli anni 2015 e 2016.

 

Nel corso dell’indagine conoscitiva sul trasporto pubblico locale avviata dalla IX Commissione trasporti della Camera è stata rilevata la vetustà del parco veicoli italiano, con un’età media di 11 anni, contro la media europea di 7,7 anni (si veda ad esempio l’audizione di “Rete Imprese Italia” del 23 luglio 2013).

 


 

Articolo 1, comma 51
(Revoche di risorse e loro destinazione prioritaria
a metrotranvia di Padova)

 

 

Il comma 51, inserito durante l’esame al Senato, prevede che il CIPE provveda, con propria delibera da emanarsi entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, all’individuazione di taluni interventi da revocare di seguito indicati. La norma, nel precisare che la sua finalità è quella di accelerare gli interventi in aree urbane per la realizzazione di linee tramviarie e metropolitane, indica come finalizzazione prioritaria, per la destinazione delle risorse da revocare, la metrotranvia di Padova (v. infra).

Le citate revoche, secondo la disposizione, dovranno essere individuate relativamente ai seguenti interventi:

§         interventi previsti dai commi da 2 a 5 dell'art. 32 del D.L. n. 98/2011;

Si ricorda che l’art. 32, commi 2-4, del D.L. n. 98/2011, ha previsto la revoca di una serie di finanziamenti assegnati ad opere ricomprese nel Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) di cui alla L. n. 443/2001 (c.d. legge obiettivo). I finanziamenti revocati dai commi citati sono:

-        quelli assegnati dal CIPE entro il 31 dicembre 2008 (ora 2010 per effetto del comma 48) per la realizzazione di opere del PIS per le quali, alla data di entrata in vigore del D.L. 98/2011, non sia stato emanato il decreto interministeriale per l’utilizzo dei contributi pluriennali e non sia stato pubblicato il relativo bando di gara. Restano esclusi dalla revoca i finanziamenti destinati alla tutela e agli interventi a favore dei beni e delle attività culturali approvati mediante decreto interministeriale ai sensi dell'art. 3, comma 2, del D.L. 72/2004 (comma 2);

-        quelli assegnati dal CIPE per la realizzazione di opere del PIS i cui soggetti beneficiari, autorizzati al 31 dicembre 2008 (ora 2010 per effetto del comma 48) all'utilizzo dei limiti di impegno e dei contributi pluriennali con il relativo decreto interministeriale, alla data di entrata in vigore del D.L. 98/2011 non abbiano assunto obbligazioni giuridicamente vincolanti, non abbiano bandito la gara per l'aggiudicazione del relativo contratto di mutuo ovvero, in caso di loro utilizzo mediante erogazione diretta, non abbiano chiesto il pagamento delle relative quote annuali al MIT e non sia stato pubblicato il relativo bando di gara (comma 3);

-        quelli assegnati per la progettazione delle opere del PIS per le quali, alla data di entrata in vigore del D.L. 98/2011, non sia stato emanato il decreto interministeriale per l’utilizzo dei contributi pluriennali, ovvero i cui soggetti beneficiari, autorizzati al 31 dicembre 2008 all'utilizzo dei limiti di impegno e dei contributi pluriennali con il previsto decreto interministeriale, alla data di entrata in vigore del D.L. 98/2011 non abbiano assunto obbligazioni giuridicamente vincolanti, non abbiano bandito la gara per l'aggiudicazione del relativo contratto di mutuo ovvero, in caso di loro utilizzo mediante erogazione diretta, non abbiano chiesto il pagamento delle relative quote annuali al MIT (comma 4).

-        Il comma 5 dell’art. 32 demanda ad appositi decreti interministeriali di natura non regolamentare l’individuazione dei finanziamenti revocati ai sensi dei commi 2-4, mentre il successivo comma 6 prevede che le risorse revocate affluiscano in un Fondo (c.d. Fondo revoche) appositamente istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT). Le risorse del c.d. fondo revoche sono allocate nel capitolo 7685 dello stato di previsione del MIT. Il disegno di legge di bilancio per il 2014 prevede, per tale capitolo, uno stanziamento di 18 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2014-2016.

§       interventi finanziati dalla L. n. 211/1992[25] sul sistema metropolitano che, alla data di entrata in vigore della presente legge, non siano stati affidati con apposito bando di gara.

 

Il requisito del non affidamento con bando di gara, ai fini della revocabilità delle risorse, sembra essere riferito agli interventi finanziati dalla legge n. 211/1992, atteso che per gli interventi previsti dai commi 2-5 dell’articolo 32 del D.L. n. 98/2011 è prevista una disciplina specifica che è contenuta nei medesimi commi novellati, peraltro, dal comma 48 dell’articolo unico del presente disegno di legge.

 

Relativamente alla destinazione delle risorse rivenienti dalle revoche citate, il comma 51 dispone che esse:

§       confluiscono in apposita sezione del c.d. Fondo revoche istituito dall’art. 32, comma 6, del D.L. n. 98/2011;

§       sono finalizzate dal CIPE con priorità per la metrotranvia di Padova.

Nel documento allegato alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (DEF) 2013 (aggiornamento dell’11° Allegato infrastrutture), trasmesso al Parlamento il 30 settembre 2013, è riportato l’intervento denominato “Padova Trasporto a guida vincolata”. Per tale opera viene indicato che le due tratte di cui si compone, SIR2 e SIR3, sono allo stato della progettazione preliminare. Per la tratta SIR2 viene indicato un costo di 122,2 milioni di euro (di cui 38,09 disponibili), mentre per la tratta SIR3 viene indicato un costo di 52,45 (di cui 15,81 disponibili).


 

Articolo 1, comma 52
(Finanziamento dell’autotrasporto)

 

 

Il 1, comma 52, autorizza la spesa di 330 milioni di euro per l’anno 2014 per interventi in favore del settore dell’autotrasporto. Al relativo riparto si provvede con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia.

 

In proposito si ricorda che i più recenti interventi in materia di autotrasporto (in particolare con l’articolo 83-bis del decreto-legge n. 112/2008, in più occasioni successivamente novellato) si sono concentrati sui seguenti aspetti:

§      disciplina del contratto di trasporto, con particolare riferimento alla determinazione del corrispettivo, che deve essere tale da coprire i costi minimi di esercizio, individuati in accordi conclusi tra le associazioni di categoria;

§      sostegno economico (agevolazioni fiscali, previdenziali ed erogazioni dirette), per controbilanciare gli elementi di criticità dovuti all’aumento del prezzo del carburante e alla crisi economica;

§      disciplina dell’orario di lavoro e relativi controlli, finalizzati alla tutela dei lavoratori del settore e alla sicurezza dell’intero trasporto stradale;

§      regolamentazione dell’accesso alla professione;

§      riordino degli organismi operanti presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, svolgenti funzioni nel settore dell’autotrasporto.

 

 


 

Articolo 1, comma 53
(Società di gestione dell’aeroporto di Trapani Birgi)

 

 

Il comma 53, introdotto al Senato, prevede che i diritti aeroportuali introitati dalla società di gestione dell’Aeroporto di Trapani-Birgi, in particolare i diritti di approdo, di partenza e di sosta o ricovero per gli aeromobili, siano versati al bilancio dello Stato per essere riassegnati nello stato di previsione del Ministero dell’interno per le finalità dell’art. 4-bis del D.L. n. 107 del 2011. Si tratta del finanziamento delle misure di sostegno e di rilancio dei settori dell'economia delle province interessate da ingenti danni a seguito delle limitazioni imposte dalle attività operative connesse all’intervento militare internazionale in Libia del 2011 ex Risoluzione ONU n. 1973(2011), che hanno inciso sulla operatività degli scali aeroportuali civili.

La disposizione specifica infatti che i diritti in questione sono quelli di cui all’articolo 1, lettera a della legge n. 324/1976 (diritto di approdo, di partenza e di sosta o ricovero per gli aeromobili) e che gli stessi sono introitati dalla società di gestione ai sensi dell’articolo 17, comma 1, del decreto-legge n. 67/1997 (il quale consente la destinazione dei diritti percepiti agli interventi indifferibili ed urgenti necessari alle attività di manutenzione ordinaria e straordinaria delle infrastrutture aeroportuali, nonché all'attività di gestione aeroportuale.

La disposizione indica come finalità dell’intervento la compensazione parziale dei danni economici subiti dalla società di gestione dell’aeroporto di Trapani Birgi a seguito delle attività militari connesse alla risoluzione ONU 1973 relativa alla Libia nel 2011.

 

Al riguardo appare opportuno un chiarimento in ordine alle modalità con le quali si potrà realizzare tale finalità compensativa.

 

Si ricorda che il 27 giugno 2013 è stato sottoscritto il nuovo atto di convenzione con l’ENAC per l'affidamento della concessione di gestione totale dell'Aeroporto di Trapani Birgi alla società Airgest S.p.A. La Società ha la gestione dell’aeroporto di Trapani dal 1992, è una Società di capitali costituita per il 49,5% dalla Provincia Regionale di Trapani, 48,4% da soci privati e il rimanente 2,1% dalla Camera di Commercio Industria e Artigianato La concessione ha durata trentennale e verrà perfezionata con la pubblicazione del relativo decreto interministeriale. Dopo il decreto, il gestore potrà avviare l'iter per l'adozione del piano di sviluppo aeroportuale.

Si ricorda inoltre che con decreto interministeriale n. 372 del 14 ottobre 2013, che modifica il precedente decreto interministeriale 14 novembre 2000, n. 140T, i diritti di approdo e partenza sugli aeroporti nazionali sono stati rideterminati per adeguarsi alla sopravvenuta normativa europea in materia di non discriminazione dei diritti aeroportuali. In particolare sono stati rideterminati, con relativi decreti, i diritti per quegli scali per cui è già stato sottoscritto il Contratto di Programma ENAC/Gestore aeroportuale.


 

Articolo 1, commi 54-56
(Comitato centrale per l’Albo nazionale autotrasportatori)

 

 

I commi 54-56 (introdotti al Senato) prevedono alcune modifiche alle funzioni e alla composizione del Comitato centrale per l’Albo nazionale degli autotrasportatori, nonché in materia di rilascio della licenza per autotrasportatore. In particolare:

§       vengono attribuite al Comitato le funzioni di: a) studio e consulenza in materia di progetti normativi e di accesso al mercato dell’autotrasporto e alla professione di autotrasportatore; b) verifica dell’adeguatezza e regolarità delle imprese iscritte anche in relazione alla congruità fra il parco veicolare e il numero dei dipendenti autisti, nonché alla regolarità della copertura assicurativa dei veicoli, anche mediante “incrocio” tra i dati presenti nel Centro elaborazione dati del Ministero delle infrastrutture e i sistemi informativi INAIL, INPS, Camere di commercio; c) controllo sulle imprese iscritte, per garantire il rispetto dei requisiti per l’esercizio della professione previsti dal Regolamento CE n. 1071/2009 (condizioni da rispettare per esercitare l’attività di trasportatore su strada) (comma 54 lettera a; le funzioni attribuite in materia di studio e consulenza sembrano riprendere quelle in passato attribuite alla Consulta generale per l’autotrasporto, soppressa dal decreto-legge n. 95/2012; il successivo comma 55 prevede che le nuove funzioni trovino copertura nell’ambito delle risorse finanziarie del Comitato, come individuate dall’articolo 2 del D.P.R. n. 134/2010[26], ovvero con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente);

§       la composizione del Comitato viene integrata nel senso di prevedere la presenza di un rappresentante per ciascuna delle associazioni di categoria degli autotrasportatori, nonché un rappresentante per ciascuna delle associazioni nazionali di rappresentanza riconosciute dal Ministero e in possesso dei seguenti requisiti: a) ordinamento interno a base democratica; b) potere di rappresentanza della sola categoria degli autotrasportatori; c) anzianità di costituzione di almeno cinque anni; d) non meno di cinquecento imprese iscritte, ovvero un numero di imprese aventi massa complessiva non inferiore a ventimila tonnellate; e) presenza in almeno venti province; f) aver sottoscritto rinnovi del contratto collettivo nazionale di lavoro, logistica, trasporto merci e spedizione; g) essere rappresentata al CNEL anche per il tramite delle Confederazioni alle quali aderisce (comma 54, lettera b; attualmente è previsto, per le associazioni nazionali di rappresentanza riconosciute un numero complessivo di quattro rappresentanti);

§       è soppresso il trasferimento alle province delle funzioni in materia di rilascio della licenza per autotrasporto merci per conto proprio (disposto dall’articolo 105, comma 3, lettera f del decreto legislativo n. 112/1998[27]) e le funzioni relative alla cura e gestione degli albi provinciali saranno trasferite, insieme alle relative risorse finanziarie, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge di stabilità, con D.P.C.M. agli Uffici periferici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (fino a tale date le funzioni continueranno ad essere esercitate in via transitoria dalle province comma 56).

 

In proposito si ricorda che il Comitato centrale per l’Albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto terzi, disciplinato dagli articoli 9-13 del decreto legislativo n. 284/2005 (Riordino della Consulta generale per l'autotrasporto e del Comitato centrale per l'Albo nazionale degli autotrasportatori), opera presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con la funzione principale di provvedere alla formazione e alla pubblicazione dell’Albo nazionale degli autotrasportatori, l’iscrizione al quale è condizione necessaria per l’esercizio della professione di autotrasportatore. In tal senso, il comma 54 interviene in particolare sugli articoli 9 e 10, attraverso:

§       l’introduzione di tre nuove lettere l-bis, l-ter e l-quater al comma 2 dell’articolo 9 al fine di integrare, come si è visto sopra, le funzioni del Comitato disciplinate da tale articolo;

§       la modifica della lettera f e la soppressione della lettera g del comma 1 dell’articolo 10, in materia di composizione del Comitato al fine di indicare i ricordati requisiti per le associazioni che intendano essere rappresentate nel Comitato, far venire meno come si è visto il numero definito di quattro rappresentanti per tali associazioni e sopprimere il riferimento alla Consulta generale dell’autotrasporto[28] presente alla lettera f, in quanto la Consulta, come già si è accennato, è stata soppressa dall’articolo 12, comma 20, del decreto-legge n. 95/2012 (c.d. “D.L. Spending Review”)


 

Articolo 1, comma 57
(Finanziamenti per l’autostrada A4 Quarto d’Altino-Villesse-Gorizia)

 

 

Il comma 57, introdotto nel corso dell’esame al Senato, prevede uno stanziamento di 130 milioni di euro nel biennio 2014-2015 (30 milioni per l'anno 2014 e 100 milioni per il 2015) per la realizzazione della terza corsia della tratta autostradale A4 Quarto d'Altino-Villesse-Gorizia, al fine di consentire l'attuazione dell'O.P.C.M. n. 3702 del 5 settembre 2008 (pubblicata nella G.U. n. 213 dell'11 settembre 2008).

Si ricorda che l’articolo 6-ter, comma 1, del D.L. n. 79/2012 ha salvaguardato gli effetti della deliberazione del Consiglio dei ministri e delle dichiarazioni dello stato di emergenza determinatosi nel settore del traffico e della mobilità nell'asse autostradale A4 nella tratta Quarto d'Altino-Trieste e nel raccordo autostradale Villesse-Gorizia. Tra i provvedimenti i cui effetti sono salvaguardati, in deroga al divieto di proroga o rinnovo delle gestioni commissariali disposto dall’articolo 3, comma 2, del D.L. n. 59/2012, rientra anche l’O.P.C.M. del 5 settembre 2008, n. 3702. Con tale ordinanza si è provveduto alla nomina, in qualità di commissario delegato del Presidente della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia con il compito di provvedere: alla realizzazione della terza corsia nel tratto autostradale A4 Quarto D'Altino-Villesse, ed all'adeguamento a sezione autostradale del raccordo Villesse-Gorizia; alla realizzazione degli interventi insistenti sul tratto autostradale A4 Quarto D'Altino-Trieste o sul raccordo Villesse-Gorizia o sul sistema autostradale interconnesso, previsti nella convenzione di concessione tra Autovie Venete S.p.A. e l'ANAS S.p.a., ritenuti indispensabili ai fini del superamento dello stato di emergenza; alla realizzazione delle opere di competenza di enti diversi dalla concessionaria Autovie Venete S.p.A. Con l’art. 1 dell’O.P.C.M. del 22 luglio 2011, n. 3954 si è provveduto a sostituire il Commissario delegato Presidente della regione autonoma, con l’ing. Riccardo Riccardi, assessore alle infrastrutture, mobilità, pianificazione territoriale e lavori pubblici della regione autonoma. Con D.P.C.M. 22 dicembre 2012, è stato prorogato, fino al 31 dicembre 2014, lo stato di emergenza determinatosi nel settore del traffico e della mobilità nell'asse autostradale Corridoio V dell'autostrada A4 nella tratta Quarto d'Altino - Trieste e nel raccordo autostradale Villesse - Gorizia. Il Presidente della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia è subentrato all'ing. Riccardo Riccardi nelle funzioni di Commissario delegato.

L’art. 25, comma 11-bis, lett. d), del D.L. n. 69/2013 ha previsto che le risorse revocate ai sensi dell'art. 18, comma 11, del medesimo decreto, che confluiscono nel c.d. Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo ad opere di interesse strategico (istituito dall'art. 32, comma 1, del D.L. n. 98/2011) siano attribuite prioritariamente alla regione Friuli Venezia Giulia per la realizzazione della terza corsia della tratta autostradale A4 Quarto d'Altino-Villesse-Gorizia, al fine di consentire l'attuazione dell'O.P.C.M. n. 3702/2008 del 5 settembre 2008.

Nell’XI Allegato Infrastrutture al DEF 2013 (aggiornamento di settembre 2013) per l’opera “A4 Raccordo autostradale Villesse-Gorizia” viene indicato un costo presunto di 151,6 milioni di euro (interamente finanziato), mentre con riferimento all’iter procedurale viene segnalato che l’opera è in corso di realizzazione e che l’ente aggiudicatore è il citato commissario. Nel medesimo allegato viene inoltre contemplata l’opera “A4 Venezia-Trieste” che si compone di 6 tratte, cinque delle quali di competenza del citato commissario, mentre per il tratto Gonars-Villesse l’ente aggiudicatore viene individuato nell’ANAS. Il costo complessivo dell’opera è pari a 1.684,7 milioni di euro (interamente finanziato).

 


 

Articolo 1, comma 58
(Banda larga)

 

 

Il comma 58, autorizza la spesa di 20,75 milioni di euro per il 2014 per il completamento del piano nazionale della banda larga.

 

Il piano nazionale per la banda larga è stato predisposto dal Ministero dello sviluppo economia nell’ottobre 2011 e autorizzato dalla Commissione europea ai sensi della legislazione dell’Unione in materia di aiuti di Stato (aiuto di Stato n. SA 33807(2011/N)-Italia).

Rispetto alle aree individuate nel piano come in digital divide (cfr. il relativo approfondimento ), prefigura tre tipologie di intervento:

§      tipologia A; realizzazione di infrastrutture che restano nella titolarità pubblica essendo accertata l’assenza di infrastrutture abilitanti di base: si tratta in particolare della realizzazione delle infrastrutture in fibra ottica di backhaul propedeutiche per la realizzazione di una rete di nuova generazione (ma nel piano si fa anche riferimento a tecnologie wireless), finanziabili al 100% a valere sulle risorse del Piano;

§      tipologia B: individuazione e finanziamento di progetti di investimenti, presentato da operatori del settore, rivolto alla diffusione dei servizi a banda larga nei territori in digital divide, con particolare riferimento alla rete di “ultimo miglio”, finanziabili fino ad un massimo del 70% a valere sulle risorse del Piano;

§      tipologia C: sostegno agli utenti (pubbliche amministrazioni, imprese e popolazioni rurali), per l’acquisto di particolari terminali di utente, in quelle aree rurali, molto marginali, dove condizioni geomorfologiche particolarmente difficili e/o la bassissima densità di popolazione rendono gli investimenti infrastrutturali scarsamente sostenibili economicamente o non realizzabili entro il 31 dicembre 2015, interventi finanziabili al 100% a valere sulle risorse del Piano. La tipologia C degli interventi dovrà essere attivata però solo successivamente alla realizzazione degli interventi di tipologia A e B.

 

E’ prevista per la realizzazione del Piano un fabbisogno economico complessivo di 1,471 miliardi di euro così ripartito:

§       tipologia A: 700 milioni di euro;

§       tipologia B: 771 milioni di euro.

 

Nell’ottobre 2011 il Piano indicava come ancora da assegnare e ripartire tra le regioni per l’attuazione del piano medesimo 112.658.921 euro di risorse del fondo europeo FEASR e un importo di 993.156.566 euro corrispondente alla somma tra lo stanziamento del fondo sviluppo e coesione (ex-FAS) assegnato dalla legge n. 69/2009 (800 milioni per il periodo 2007-2013) e i finanziamenti provenienti dall’utilizzo del project financing.

Successivamente l’articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 179/2012 ha stanziato 150 milioni di euro per l’anno 2013 per l’attuazione del piano.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Per quanto riguarda la diffusione della banda larga, l’Agenda digitale europea (COM(2010) 245), una delle sette iniziative chiave della strategia Europa 2020, ha fissato i seguenti obiettivi:

§       banda larga di base per tutti entro il 2013 (obiettivo raggiunto);

§       accesso a reti di nuova generazione (velocità pari o superiori a 30Mbps) per tutti i cittadini europei entro il 2020;

§       entro la stessa data almeno il 50% delle famiglie dovrebbe essere abbonata a internet con connessioni al di sopra di 100 Mbps.

Come risulta dall’ultima valutazione della Commissione di giugno 2013 sul raggiungimento degli obiettivi posti dall’Agenda digitale, l’Italia è all’ultimo posto per quanto riguarda la diffusione della banda larga ad alta velocità (considerando il numero di sottoscrizioni tra privati e imprese).

 

Nell’ambito del prossimo Quadro finanziario pluriennale dell’UE 2014-2020 sono previsti due canali di finanziamento per interventi volti a migliorare la diffusione della banda larga:

1)   il principale è rappresentato dai Fondi strutturali (si veda la scheda relativa ai commi 151-158). In particolare, la proposta di regolamento generale sui fondi strutturati, su cui Parlamento europeo e Consiglio hanno raggiunto recentemente l’accordo, prevede che Stati membri e regioni disegnino Strategie per la specializzazione intelligente che includano piani per la crescita digitale e la diffusione di reti di accesso di nuova generazione.

2)   il secondo è costituito dal Meccanismo per collegare l'Europa (Connecting Europe Facility – CEF)[29], nel cui ambito è previsto uno stanziamento pari a 1 miliardo di euro all'interno per investimenti in reti a banda larga veloci e ultraveloci.

Nel quadro delle misure previste dall’Agenda digitale, la Commissione ha inoltre presentato la proposta di regolamento recante misure volte a ridurre i costi dell’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità. Secondo le valutazioni della Commissione, indipendentemente dalle tecnologie utilizzate, la parte preponderante dei costi complessivi dell’installazione delle reti è imputabile alle opere di ingegneria civile, che rappresenta ben l’80% dei costi per determinate tecnologie. Di conseguenza la proposta di regolamento affronta quattro principali aspetti problematici: 1) inefficienze o strozzature relative all’uso delle esistenti infrastrutture fisiche (quali, ad esempio, cavidotti, tubature, pozzetti, centraline, pali, piloni, antenne, tralicci e altre strutture di supporto); 2) rallentamenti legati alla co-realizzazione delle reti; 3) inefficienze a livello amministrativo per il rilascio delle autorizzazioni, e infine 4) strozzature per l’installazione delle reti all’interno degli edifici.

La proposta è in attesa di esame da parte delle istituzioni europee secondo la procedura legislativa ordinaria.

 


 

Articolo 1, comma 59
(Pagamento debiti relativo a opere pubbliche ex Agensud)

 

 

Il comma 59 autorizza la spesa di 80 milioni nel 2014 e di 70 milioni nel 2015 per consentire il pagamento dei debiti dell’ex Agensud relativi ad opere pubbliche affidate al Ministero delle infrastrutture e trasporti.

Il decreto legislativo n. 96 del 3 aprile 1993, nel disporre la cessazione dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno (legge n. 64/1986) ed avviare l’intervento ordinario nelle aree depresse del territorio nazionale, ha attribuito (articolo 9) le attività precedentemente svolte dall’Agenzia per lo sviluppo del Mezzogiorno (Agensud) - relativamente alle opere della c.d. gestione separata e ai progetti speciali - alla competenza dell’allora Ministero dei Lavori Pubblici (Direzione Generale per l’Edilizia Statale e Servizi Speciali), ora divenuto Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Dipartimento per le infrastrutture, gli affari generali ed il personale - D.G. per l'edilizia statale e gli interventi speciali):

§       la chiusura contabile e gestionale dei progetti speciali e delle opere di cui alla delibera CIPE 8 aprile 1987, 157, nonché dei progetti e delle attività per le quali, in attuazione della stessa delibera CIPE, sia stato a suo tempo disposto il trasferimento a Regioni, Enti locali, loro Consorzi ed altri Enti pubblici e per i quali sussistano procedure contenziose ovvero pretese di maggiori compensi a qualsiasi titolo; 

§       la definizione delle controversie insorte nel corso dell’esecuzione degli interventi e relative ad accadimenti antecedenti il trasferimento dei progetti ai concessionari.

Tali competenze sono state poi attribuite ai Provveditorati Interregionali alle Opere Pubbliche del Ministero delle Infrastrutture.

 

Inoltre l’articolo 9-bis del D.Lgs. n. 96 del 1993 ha disciplinato le modalità di definizione delle controversie pendenti relative alle opere della c.d. gestione separata e ai progetti speciali. In particolare il comma 4 specifica che alla chiusura del contenzioso per il quale non sia stata presentata istanza di definizione transattiva, nonché alla definizione delle istanze non esaminate dal commissario liquidatore alla data del 31 dicembre 1993, provvederà il Ministero dei lavori pubblici.

 

Sulla questione si ricorda la relazione della Corte dei conti – sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato - sugli esiti dell’indagine su “Rapporti negoziali e contenzioso in atto in materia di lavori già di competenza dell’ ex Agensud transitati al Ministero delle infrastrutture” (2008).


 

Articolo 1, comma 60
(Disposizioni concernenti Expo Milano 2015)

 

 

Il comma 60, introdotto nel corso dell’esame al Senato, reca una nuova disciplina delle modalità di revoca dei finanziamenti relativi all’evento Expo 2015 e una procedura di rifinalizzazione e assegnazione delle citate risorse revocate. Viene, altresì, istituito un nuovo Fondo nell’ambito dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti denominato “Fondo unico Expo: infrastrutture strategiche di connessione all’Expo 2015”.

 

In particolare, il comma 60 sostituisce il comma 5 dell'art. 46-ter del D.L. 69/2013 con tre nuovi commi, al fine di disciplinare, oltre alle modalità di revoca dei finanziamenti indicati dal medesimo comma (già contemplate dal testo vigente), anche la procedura di rifinalizzazione e assegnazione delle citate risorse revocate.

 

Il testo vigente del comma 5, al fine di garantire la tempestiva realizzazione delle opere dell’EXPO 2015 indispensabili per l’evento, demanda a un decreto interministeriale (adottato di concerto dai Ministri delle infrastrutture e dell’economia), la revoca dei finanziamenti statali delle opere connesse all’Evento, il cui progetto definitivo non è stato ancora approvato dal CIPE alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 69/2013. La revoca dei finanziamenti statali avviene su richiesta del Commissario unico per l’EXPO[30], sentiti gli enti territoriali interessati, fino alla concorrenza del contributo in conto impianti dovuto dai soci inadempienti.

Modifica alle modalità di revoca delle risorse

Il nuovo testo del comma 5 dell’articolo 46-ter del D.L. 69/2013 prevede innanzitutto un ampliamento della platea dei finanziamenti revocabili, disponendo che in essi rientrino:

§      non solo i finanziamenti statali relativi ad opere connesse all'Evento incluse in apposito allegato al D.P.C.M. 22 ottobre 2008, e successive modificazioni, come già prevede il testo vigente del comma 5;

§      ma anche quelli previsti nell'ambito delle opere di pertinenza del c.d. “Tavolo Lombardia” (vale a dire del tavolo istituzionale, che cura tra l’altro l’attività e la programmazione degli interventi regionali e sovra regionali, istituito dall’art. 5 del citato D.P.C.M. 22 ottobre 2008 e presieduto dal Presidente pro tempore della regione Lombardia).

Il monitoraggio sullo stato di avanzamento delle opere “essenziali”, “connesse”, e “necessarie” (queste ultime non inserite nel dossier di candidatura di Expo), sui costi, sulle risorse disponibili e sulla loro ripartizione è effettuato dal c.d. Tavolo Lombardia.

L’articolo 6, comma 2, del D.P.C.M. 6 maggio 2013, con una formulazione identica a quella dell’articolo 5 del D.P.C.M. 22 ottobre 2008, prevede che il tavolo cura la programmazione e la realizzazione di attività regionali e sovraregionali relative all'evento EXPO Milano 2015, nonché interventi e attività relativi alle opere connesse riguardanti aree diverse da quelle concernenti il sito Expo 2015, come indicato nel dossier di candidatura approvato dal BIE e successive modificazioni, nonché delle opere da 7a a 9d dell'allegato 1, in quanto opere per l'accessibilità del sito, nel rispetto della disciplina interna e comunitaria per i procedimenti ad evidenza pubblica.

 

Si osserva che sarebbe opportuno sostituire il riferimento al D.P.C.M. 22 ottobre 2008 con quello al D.P.C.M. 6 maggio 2013 in quanto l’articolo 8 di tale decreto ha abrogato il D.P.C.M. del 2008. L’elenco delle opere connesse all’Evento è ora confluito nell’Allegato 2 del D.P.C.M. 6 maggio 2013, mentre la disciplina del Tavolo istituzionale è contenuta nell’articolo 6 del medesimo decreto.

 

Un’ulteriore modifica recata dal nuovo testo del comma 5 dell’articolo 46-ter del D.L. 69/2013 è volta ad eliminare la parte del testo vigente del comma 5 ove si prevede che il finanziamento sia revocabile a condizione che non sia intervenuta l’approvazione da parte del CIPE del progetto definitivo, entro la data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 69/2013,.

Il testo vigente prevede altresì che il finanziamento sia revocabile fino alla concorrenza del contributo in conto impianti dovuto dai soci inadempienti. Anche tale limite scompare nella nuova formulazione del comma 60 dell’articolo unico del presente disegno di legge. Al contributo in conto impianti si fa riferimento solo nell’indicare le finalità della norma, chiarendo che essa è volta anche a far fronte al mancato contributo in conto impianti dovuto dai soci inadempienti.

Relativamente al mancato versamento dei contributi da parte dei soci si rinvia a quanto esposto nella recente relazione della Corte dei conti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell’Expo 2015 S.p.A. per gli esercizi 2011 e 2012, allegata alla Determinazione n. 60/2013.

Procedura di rifinalizzazione e assegnazione delle risorse revocate

Il nuovo comma 5 dell’articolo 46-ter del D.L. 69/2013 prevede che il decreto interministeriale provveda non solo a disporre la revoca dei finanziamenti, ma anche la rifinalizzazione delle risorse revocate.

Il nuovo comma 5-bis dell’articolo 46-ter del D.L. 69/2013, introdotto dal comma 60 dell’articolo unico del presente disegno di legge, prevede poi che i finanziamenti statali relativi alle opere di connessione infrastrutturale del Tavolo Lombardia di cui al D.P.C.M. 22 ottobre 2008, individuati con atto del Commissario unico, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, confluiscono in un apposito Fondo, iscritto nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Direzione Generale per lo Sviluppo del Territorio, la Programmazione ed i Progetti Internazionali, denominato "Fondo unico EXPO: infrastrutture strategiche di connessione all'Expo 2015" e finalizzato alla realizzazione delle opere indispensabili per lo svolgimento dell'Evento.

 

Con riferimento ai finanziamenti statali relativi alle opere di connessione infrastrutturale del tavolo Lombardia, andrebbe valutata l’opportunità di richiamare l’articolo 6 del D.P.C.M. 6 maggio 2013 che, al comma 2, dettaglia le opere riferite al Tavolo oppure la nuova formulazione del comma 5 precedentemente citata che fa riferimento alle opere di pertinenza del tavolo medesimo.

 

Il nuovo comma 5-ter dell’articolo 46-ter del D.L. 69/2013, introdotto dal comma 60 dell’articolo unico del presente disegno di legge, prevede che le somme revocate siano versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo unico Expo ed autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

 


 

Articolo 1, commi 61 e 62
(Risorse per infrastrutture destinate a beni e attività culturali)

 

 

I commi 61 e 62 sono finalizzati a ridefinire le modalità di calcolo e l’assegnazione, per il triennio 2014-2016, della riserva del 3 per cento degli stanziamenti previsti per le infrastrutture da destinare alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei beni e delle attività culturali.

La quota di risorse delle infrastrutture riservata a favore dei beni culturali è attualmente stabilita dalle disposizioni di cui al comma 16 dell’articolo 32, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011), che hanno peraltro ridefinito, dal 2012, quanto previsto in materia dal comma 4 dell’art. 60 della L. 289/2002 (L. Finanziaria 2003).

 

In particolare, il comma 61 dispone l’abrogazione del comma 16 dell'art. 32 del D.L. 98/2011 (L. 111/2011), che ha introdotto una procedura sostituiva rispetto a quella prevista dal citato comma 4 dell’articolo 60 della legge finanziaria per il 2003 (v. infra), prevedendo che, dal 2012, la percentuale è calcolata fino al 3 per cento come quota-parte delle risorse del Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico[31]. L’abrogazione delle predetta disposizione sarebbe finalizzata, secondo quanto specificato dalla norma, a garantire continuità di risorse destinate alla spesa per interventi a favore dei beni culturali.

La procedura disciplinata dal predetto comma 16 prevede che l’assegnazione della quota del 3% sia disposta con delibera CIPE, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell’economia e delle finanze.

L’applicazione di tale procedura, inizialmente prevista a regime, è stata limitata all’anno 2016 dall’art. 12, comma 29, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012), ma la norma è stata successivamente abrogata dall’art. 39, comma 1-bis, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) comportando pertanto il venir meno del termine del 2016.

Si evidenzia che la limitazione al 2016 era stata introdotta in quanto il Fondo in questione è destinato a cessare a tale data ove non rifinanziato per le annualità successive, e pertanto, dopo questo termine, sarebbe presumibilmente tornato ad essere operativo il meccanismo di finanziamento previsto dall’art. 60, co. 4, della L. n. 289/2002.

 

Il comma 62 riscrive la disposizione di cui al comma 4 dell’art. 60 della L. 289/2002, stabilendo che la percentuale di riserva da destinare alla spesa per investimenti in favore dei beni culturali è, fino al 3 per cento, calcolata per il triennio 2014-2016 e comunque nel limite di 100 milioni di euro annui, sulle risorse aggiuntive annualmente previste per infrastrutture e iscritte nello stato di previsione della spesa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

L'assegnazione della predetta quota è disposta dal CIPE:

§      nell’ambito delle risorse effettivamente disponibili;

§      su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'economia e delle finanze;

§      sulla base di un programma di interventi in favore dei beni culturali.

 

Si ricorda che l’art. 60, comma 4, della L. 289/2002 la cui applicazione è stata ridefinita nei termini previsti dal citato comma 16, art. 32, del D.L. 98/2011 a decorrere dal 2012 – riserva una quota del 3% degli stanziamenti per le infrastrutture ad interventi a favore dei beni e delle attività culturali rinviando, per la definizione dei criteri di utilizzo e destinazione di tale quota, ad un regolamento interministeriale che è stato emanato - dopo una fase transitoria – in data 24 settembre 2008 (D.I. n. 182/2008, pubblicato sulla G.U. 18 novembre 2008, n. 270).

 

Si osserva che la norma sostituisce il comma 4 dell’art. 60 della legge 289/2012, che reca una norma per la destinazione del 3 per cento degli stanziamenti previsti per le infrastrutture a interventi in favore dei beni e delle attività culturali in cui non è fissato alcun limite temporale per la sua applicazione, con una disposizione applicabile con specifico riferimento al triennio 2014-2016. Tale disposizione destina una quota fino al 3% delle risorse aggiuntive annualmente previste per infrastrutture, fissando un limite di 100 milioni di euro annui, mentre la norma vigente fa riferimento al 3 per cento degli stanziamenti previsti per infrastrutture.

Si osserva, inoltre, che non appare chiaro a chi spetti la predisposizione del programma di interventi in favore dei beni culturali.

 


 

Articolo 1, comma 63
(Capitanerie di porto)

 

 

Il comma 63 dispone il seguente rifinanziamento delle autorizzazioni di spesa per le esigenze del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera:

§       per l’importo di 1,5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2014, del Fondo per le esigenze di funzionamento del Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera, per le esigenze di funzionamento e l’esercizio dei compiti di vigilanza e controllo operativi in materia di sicurezza delle navi e delle strutture portuali (articolo 2, comma 98, della legge n. 244/2007);

§       per 0,5 milioni di euro per il 2014 e 14 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020, per lo sviluppo e l’adeguamento della componente aeronavale e dei sistemi di comunicazione del Corpo (articolo 2, comma 99, della legge 244/2007).

 

Si ricorda che l’art.1, comma 1331, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, un Fondo di parte corrente per le esigenze di funzionamento del Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera, da ripartire con decreti del Ministro dei trasporti e da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'ufficio centrale del bilancio. Il Corpo delle Capitanerie di porto costituisce, per la spesa, un centro di responsabilità amministrativa del Ministero delle infrastrutture, in relazione al programma “sicurezza e controllo nei mari, nei porti e sulle coste” ed ha anche la possibilità in tale ambito di svolgere attività richieste dagli enti territoriali che se ne assumano l’onere economico. L’art. 34, comma 46 del D.L. n. 179 del 2012 ha consentito espressamente la destinazione degli introiti derivanti dalle convenzioni stipulate dal Corpo delle capitanerie di porto, per l’implementazione dei servizi d’istituto, al Fondo per le esigenze di funzionamento del Corpo delle capitanerie di porto.

 

Relativamente al Corpo delle Capitanerie di porto - che sono un Corpo della Marina Militare che svolge compiti e funzioni collegate in prevalenza con l'uso del mare per i fini civili e con dipendenza funzionale da vari ministeri che si avvalgono della loro opera tra cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - si ricorda che il comma 419 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2013 ha differito al 31 dicembre 2013 il termine, per l’emanazione del regolamento governativo di riforma delle Capitanerie di porto.


 

Articolo 1, comma 64
(Contributo in favore del Corpo della Guardia di finanza)

 

 

Il comma 64, introdotto al Senato, autorizza un contributo pluriennale (2014-2020) complessivo di 285 milioni di euro a favore del Corpo della Guardia di finanza per l'ammodernamento e la razionalizzazione della flotta, anche veicolare, per il miglioramento e la sicurezza delle comunicazioni nonché per il completamento del programma di dotazione infrastrutturale del Corpo medesimo.

L’autorizzazione di spesa è articolata in 5 milioni per il 2014, in 30 milioni per il 2015 e in 50 milioni per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020.

 

Le risorse sono finalizzate al perseguimento degli obiettivi di contrasto dell'evasione fiscale, delle frodi fiscali, dell'immigrazione clandestina, della criminalità organizzata nonché degli illeciti in materia d'impiego delle risorse pubbliche, rafforzando il controllo economico del territorio.

Tali risorse, come evidenziato dalla Nota di variazione, sono ripartite tra due capitoli del bilancio, per i seguenti importi (milioni di euro):

 

Programma

Capitolo

2014

2015

2016

1.3

7851

3

18

30

5.1

7837

2

12

20

 

Si ricorda che nella Tabella E del d.d.l. di stabilità 2014 sono esposte due voci relative all’articolo 1, comma 93, della legge n. 266/2005 (finanziaria 2006), che ha autorizzato, a decorrere dal 2006, un contributo annuale di 30 milioni per quindici anni, nonché un contributo annuale di 10 milioni per quindici anni per il completamento del programma di dotazione infrastrutturale del Corpo, e la spesa di 1,5 milioni di euro a decorrere dal 2006 per il potenziamento delle dotazioni organiche: la prima nella missione Ordine pubblico e sicurezza, programma Concorso della Guardia di finanza alla sicurezza pubblica (capp. 7833 e 7834), la seconda nella missione Politiche economico finanziarie di bilancio, programma Prevenzione e repressione delle frodi e delle violazioni degli obblighi fiscali (capp. 7849 e 7850), che risultano così esposte, a seguito di rimodulazioni intervenute negli anni precedenti:

 

(milioni di euro)

2014

2015

2016

2017 e ss

Capp. 7833 e 7834

14,4

14,4

14,4

100,6

Capp. 7849 e 7850

25,6

25,6

25,6

179,4

TOTALE

40,0

40,0

40,0

280,0

Anno terminale 2023

 


 

Articolo 1, comma 65
(Finanziamenti per infrastrutture al servizio della Fiera di Verona)

 

 

Il comma 65, introdotto nel corso dell’esame al Senato, prevede uno stanziamento di 5 milioni di euro per l’anno 2014, destinato ad incrementare l'autorizzazione di spesa prevista dall'art. 1, comma 92, della L. 266/2005 (legge finanziaria 2006) al fine di finanziare gli interventi di potenziamento della rete infrastrutturale per la mobilità al servizio della Fiera di Verona.

Gli stanziamenti per la mobilità al servizio della Fiere di Bari, Verona, Foggia e Padova

Si ricorda che l’art. 45, comma 3, della L. 448/2001, (finanziaria 2002) come modificato dall'art. 4, comma 180, della L. 350/2003 (finanziaria 2004), ha autorizzato, per la realizzazione delle infrastrutture per la mobilità al servizio della Fiera del Levante di Bari, della Fiera di Verona, della Fiera di Foggia e della Fiera di Padova, limiti di impegno quindicennali di 1 milione di euro a decorrere dall'anno 2002 e di 1 milione di euro a decorrere dall'anno 2003.

Per le medesime finalità l’art. 1, comma 459, della L. 311/2004 (finanziaria 2005) ha autorizzato la spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, mentre l’art. 1, comma 92, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (finanziaria 2006) ha autorizzato un contributo quindicennale di 3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006.

L’art. 1, comma 888, della L. 296/2006 (finanziaria 2007), per il finanziamento degli interventi di cui all'art. 1, comma 92, della L. 226/2005, e a favore del Fondo per la mobilità al servizio delle fiere previsto dalla L. 27 febbraio 2006, n. 105, ha autorizzato un contributo quindicennale di 3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2007.

Si ricorda che l’art. 1, comma 1, della citata L. 105/2006 (Interventi dello Stato nel sistema fieristico nazionale) ha previsto (fermo restando il disposto dell’art. 45, comma 3, della L. 448/2001), allo scopo di assicurare la funzionalità dei sistemi fieristici di rilevanza nazionale, l’istituzione di un Fondo per la mobilità al servizio delle fiere presso il Ministero delle attività produttive, con una dotazione annua pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007.

Per il finanziamento degli interventi di cui all’art. 1, comma 92, della L. 266/2005 sono infine intervenuti anche l’art. 2, comma 261, della L. 244/2007 (finanziaria 2008), che ha autorizzato la spesa di 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, nonché l’art. 18, comma 4-ter, del D.L. 185/2008, che ha autorizzato la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011.

 


 

Articolo 1, comma 66
(Interventi contro il dissesto idrogeologico)

 

 

Il comma 66 reca un’articolata disciplina volta, per un verso, a destinare risorse già esistenti o allo scopo finalizzate a interventi contro il dissesto idrogeologico immediatamente cantierabili e, per l’altro, a recare uno stanziamento e a definire una nuova disciplina delle modalità di finanziamento di tali interventi. La norma estende, inoltre, il periodo di tempo nel quale è consentita la nomina di commissari straordinari per la rimozione delle situazioni a più elevato rischio idrogeologico.

 

Il tema della difesa del suolo e della messa in sicurezza del territorio è stato costantemente oggetto di attenzione da parte del Parlamento che ha anche approvato una serie di atti di indirizzo. Da ultimo, si segnala che nella seduta del 26 giugno 2013 l’Assemblea della Camera ha approvato la mozione n. 1-00017.

Le risorse finalizzate agli interventi immediatamente cantierabili

In particolare il comma, al fine di permettere il rapido avvio nel 2014 di interventi di messa in sicurezza del territorio, destina le seguenti risorse ai progetti immediatamente cantierabili:

§      le risorse esistenti sulle contabilità speciali relative al dissesto idrogeologico, non impegnate alla data del 31 dicembre 2013, nel limite massimo complessivo di 600 milioni di euro;

§      le risorse finalizzate allo scopo dalle delibere CIPE n. 6 e n. 8 del 2012 pari complessivamente a 804,7 milioni di euro, rispettivamente 130 milioni e 674,7 milioni di euro (v. infra)

La procedura per la finalizzazione delle risorse

Per le finalità indicate il comma 66 prevede una specifica procedura, con precise scadenze temporali.

Viene infatti previsto che:

§      entro il 1º marzo 2014 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare proceda alla verifica della compatibilità degli accordi di programma (v. infra) e dei connessi cronoprogrammi con l'esigenza di massimizzare la celerità degli interventi in relazione alle situazioni di massimo rischio per l'incolumità delle persone e, se del caso, propone alle regioni le integrazioni e gli aggiornamenti necessari;

§      entro il 30 aprile 2014, deve avvenire la finalizzazione, da parte dei soggetti titolari, delle risorse disponibili sulle contabilità speciali concernenti gli interventi contro il dissesto idrogeologico, agli interventi immediatamente cantierabili contenuti nell'accordo. Viene altresì previsto che entro la stessa data i citati soggetti titolari delle contabilità speciali, attraverso il Ministero dell'ambiente, presentino una specifica informativa al CIPE indicando il relativo cronoprogramma e lo stato di attuazione degli interventi già avviati.

 

La mancata pubblicazione del bando di gara o il mancato affidamento dei lavori entro il 31 dicembre 2014, comporta:

§      la revoca del finanziamento statale;

§      e la contestuale rifinalizzazione, con decreto interministeriale (adottato di concerto dai Ministri dell'ambiente e dell'economia e delle finanze), delle risorse ad altri interventi contro il dissesto idrogeologico.

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato precisato, con riferimento alla citata rifinalizzazione delle risorse, che rimane fermo il vincolo territoriale di destinazione delle risorse attraverso una rimodulazione dei singoli accordi di programma, ove esistano progetti immediatamente cantierabili compatibili con le finalità della norma.

Programmazione finanziaria per gli anni successivi

A decorrere dal 2014, ai fini della necessaria programmazione finanziaria, il comma 66 prevede la presentazione al CIPE, entro il mese di settembre, da parte del Ministro dell'ambiente, di una relazione che dia conto:

§      degli interventi in corso di realizzazione;

§      della prosecuzione ed evoluzione degli accordi di programma;

§      del fabbisogno finanziario necessario per gli esercizi successivi.

Monitoraggio degli interventi

Viene altresì disposto che gli interventi contro il dissesto idrogeologico siano monitorati ai sensi del D.Lgs. n. 229/2011.

Si ricorda che il citato decreto ha dato attuazione all’art. 30, comma 9, lettere e), f) e g), della L. n. 196/2009 (legge di contabilità e finanza pubblica), che ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, al fine di garantire la razionalizzazione, la trasparenza, l'efficienza e l'efficacia delle procedure di spesa relative ai finanziamenti in conto capitale destinati alla realizzazione di opere pubbliche.

Il decreto legislativo si applica a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, della L. n. 196/2009, e ai soggetti destinatari di finanziamenti a carico del bilancio dello Stato finalizzati alla realizzazione di opere pubbliche (art. 1, comma 1). Il decreto introduce nuovi obblighi informativi, e opera anche un coordinamento con gli adempimenti già previsti dal Codice dei contratti (D.Lgs. n. 163/2006) in merito alla trasmissione dei dati all’Autorità di vigilanza. E' prevista l’istituzione, presso ciascuna amministrazione, di un sistema gestionale informatizzato contenente tutte le informazioni inerenti l’intero processo realizzativo dell’opera, con obbligo, tra l’altro, di subordinare l’erogazione dei finanziamenti pubblici all’effettivo adempimento degli obblighi di comunicazione ivi previsti. La definizione dei contenuti informativi minimi del sistema informativo in argomento è demandata ad un apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze (art. 5), che è stato emanato in data 26 febbraio 2013 e pubblicato nella G.U. 5 marzo 2013, n. 54.

Il decreto prevede che le amministrazioni provvedano a comunicare i dati, con cadenza almeno trimestrale, alla banca dati istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze – Ragioneria Generale dello Stato, ai sensi dell'art. 13 della L. n. 196/2009, denominata «banca dati delle amministrazioni pubbliche».

L’art. 4 del D.Lgs. n. 229/2011 disciplina poi il definanziamento per mancato avvio dell'opera.

Le risorse destinate, rispettivamente, alla progettazione ed alla realizzazione delle opere pubbliche, sono unitariamente considerate, per ciascuna Amministrazione, come facenti parte di due fondi distinti, rispettivamente, denominati «Fondo progetti» e «Fondo opere».

Nuovi stanziamenti

Per le finalità di cui al presente comma viene autorizzata la spesa complessiva di 180 milioni di euro per il triennio 2014-2016, così ripartita: 30 milioni per il 2014; 50 milioni per il 2015 e 100 milioni per il 2016.

Commissari per il rischio idrogeologico

L’ultimo periodo del comma 66 prevede una modifica all’art. 17, comma 1, primo periodo, del D.L. n. 195/2009, volta ad estendere da 3 a 6 anni il termine, decorrente dall’entrata in vigore del medesimo decreto-legge, entro il quale possono essere nominati commissari straordinari per la rimozione delle situazioni a più elevato rischio idrogeologico.

 

Si segnala che un’identica disposizione è contenuta nell’art. 1, comma 10, del D.L. n. 126/2013, in corso di esame al Senato (A.S. 1149).

 

Ai sensi del citato articolo 17, comma 1, del D.L. 195/2009 i commissari straordinari delegati devono essere nominati con decreto del Presidente del Consiglio de Ministri, su proposta dei Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Dipartimento della Protezione civile, nonché i Presidenti delle regioni o province autonome interessate. La norma consente la nomina di commissari straordinari delegati, ai sensi dell'art. 20 dei decreto-legge n. 185 del 2008, per l’attuazione degli interventi connessi alle situazioni a più elevato rischio idrogeologico da effettuare nelle aree settentrionale, centrale e meridionale del territorio nazionale.

Il finanziamento dei piani straordinari per il rischio idrogeologico nella XVI legislatura

L'art. 2, comma 240, della L. n. 191/2009 (legge finanziaria 2010) ha destinato ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico lo stanziamento di un miliardo di euro assegnato dalla delibera CIPE del 6 novembre 2009 a valere sulle disponibilità del Fondo infrastrutture e del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell’economia reale previsti dall’art. 18, comma 1, lettere b) e b-bis), del D.L. n. 185/2008. La medesima disposizione ha consentito l'utilizzo delle citate risorse anche tramite accordi di programma, sottoscritti tra le regioni interessate e il Ministero dell'ambiente, che definiscono altresì la quota di cofinanziamento regionale. In sede di prima applicazione dei piani, è stata consentita la nomina di commissari straordinari per la realizzazione di interventi urgenti nelle situazioni a più elevato rischio idrogeologico (art. 17 del D.L. 195/2009).

Il predetto stanziamento è stato successivamente ridotto di 200 milioni di euro dagli articoli 17, comma 2-bis, del citato D.L. n. 195/2009 e dall'art. 2, comma 12-quinquies del D.L. n. 225/2010, che hanno destinato tali risorse a interventi urgenti in alcune zone del territorio nazionale colpite da eventi meteorologici eccezionali. Gli stanziamenti destinati alla difesa del suolo hanno subito una riduzione in conseguenza delle manovre di finanza pubblica che si sono susseguite e che hanno avuto un impatto sugli stati di previsione dei singoli ministeri e anche sulla programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC, già Fondo per le aree sottoutilizzate - FAS).

L'art. 33, comma 1, della L. n. 183/2011 (legge di stabilità 2012) ha destinato una quota pari a 70 milioni di euro del Fondo esigenze urgenti ed indifferibili per l’anno 2012 al finanziamento di interventi urgenti di riequilibrio socio-economico, ivi compresi interventi di messa in sicurezza del territorio. Il comma 8 del medesimo articolo ha destinato, inoltre, le maggiori entrate da diritti di frequenze in banda larga, per un importo pari a 100 milioni di euro, ad interventi per la difesa del suolo.

Nell'ambito della programmazione del FSC, il CIPE, con la delibera n. 8 del 2012 ha provveduto ad assegnare 674,7 milioni di euro ad interventi di contrasto del rischio idrogeologico di rilevanza strategica regionale nel Mezzogiorno e, con la delibera n. 6 del 2012, 130 milioni di euro ad interventi volti a fronteggiare il dissesto idrogeologico nei territori del Centro Nord, in attuazione degli accordi di programma stipulati dal Ministero dell'ambiente con le Regioni.

Si ricorda, inoltre, che la delibera CIPE n. 87 del 2012 ha approvato l'assegnazione di 1.060,48 milioni di euro, a valere sulle risorse del FSC, per il finanziamento degli interventi nelle Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia per la manutenzione straordinaria del territorio, ivi inclusi interventi nel settore della difesa del suolo.


 

Articolo 1, comma 67
(Fondo depurazione reflui urbani)

 

 

Il comma 67 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, un Fondo per il finanziamento di un piano straordinario di tutela e gestione della risorsa idrica, finalizzato prioritariamente a potenziare la capacità di depurazione dei reflui urbani.

Al fondo, che dovrà essere ripartito sentita la Conferenza unificata, viene assegnata una dotazione complessiva di 90 milioni di euro per il triennio 2014-2016, così ripartiti: 10 milioni per il 2014; 30 milioni per il 2015 e 50 milioni per l’esercizio 2016.

Relativamente al citato piano straordinario di tutela e gestione della risorsa idrica, il comma 67 prevede che sia:

§      preceduto da uno o più accordi di programma con gli enti territoriali e locali interessati;

§      approvato con decreto del Ministro dell’ambiente.

 

Quanto ai contenuti del piano, la norma prevede che in esso siano indicati:

§      gli interventi necessari;

§      i soggetti che vi provvedono;

§      le modalità di erogazione del finanziamento per fasi di avanzamento, che devono corrispondere ad una percentuale non inferiore al 20% del costo complessivo dell’intervento.

 

Viene infine disposto che gli interventi di cui al presente comma sono monitorati ai sensi del D.Lgs. 229/2011, che prevede procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche (per una sintesi dei contenuti di tale decreto si rinvia al commento del comma 66 dell’articolo unico del presente disegno di legge).

Il (non completo) recepimento della direttiva sulle acque reflue

Si ricorda che la direttiva 91/271/CEE, concernente il trattamento delle acque reflue urbane, reca norme su raccolta, trattamento e scarico delle acque reflue urbane, nonché sul trattamento e sullo scarico delle acque reflue originate da taluni settori industriali. Essa si propone, pertanto, di proteggere l'ambiente dai danni causati dal rilascio di queste acque e stabilisce un calendario di scadenze per gli Stati membri affinché i loro «agglomerati» siano dotati di sistemi di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane. Ai sensi di tale direttiva gli Stati membri dovevano provvedere affinché tutti gli agglomerati fossero provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane: entro il 31 dicembre 2000, per quelli con un numero di abitanti superiore a 15.000; entro il 31 dicembre 2005 per quelli con numero di abitanti equivalenti compreso tra 2.000 e 15.000.

In Italia la direttiva 91/271/CEE è stata recepita ai sensi del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, poi confluito nel D.Lgs. 152/2006 (recante norme in materia ambientale), che contiene, nella parte terza la normativa in materia di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche.

La Corte di Giustizia, a seguito di una procedura di infrazione avviata dalla Commissione Ue, nel 2010, in relazione ad agglomerati sparsi tra Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Puglia e Sicilia, ha condannato l’Italia per l’assenza di reti fognarie, il mancato trattamento delle acque reflue urbane e le prestazioni insufficienti degli impianti di trattamento.

La Corte di Giustizia (sentenza 19 luglio 2012, causa C-565/10) ha ritenuto che in Italia siano presenti agglomerati con più di 15.000 abitanti in cui non viene effettuato un trattamento conforme delle acque confluite nelle reti fognarie in contrasto con le prescrizioni e i tempi stabiliti dalla direttiva 91/271/CEE.

Secondo quanto riportato nella Settima relazione sull'attuazione della direttiva concernente il trattamento delle acque reflue urbane (COM(2013)574 def.), presentata il 7 agosto 2013, "in Italia 475 centri urbani piccoli/grandi sono risultati in violazione della direttiva quando il procedimento è stato avviato nel 1998; ora, solo 110 di essi si trovavano ancora in una situazione di non conformità al momento dell'emissione della sentenza della Corte".

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Con riferimento all’istituzione di un Fondo per il finanziamento di un piano straordinario di tutela e gestione della risorsa idrica, finalizzato prioritariamente a potenziare la capacità di depurazione dei reflui urbani, si segnala che lo scorso agosto, la Commissione europea ha presentato la Settima relazione sull’attuazione della direttiva concernente il trattamento delle acque reflue urbane (direttiva 91/271/CEE) (COM(2013)574). I punti principali toccati dalla relazione concernono lo stato di attuazione negli Stati membri, per il periodo 2009-2010, delle disposizioni riguardanti le reti fognarie (articolo 3), il trattamento secondario delle acque reflue (articolo 4) e il trattamento più avanzato, mirato all'eliminazione di nutrienti per contrastare l'eutrofizzazione o ridurre l'inquinamento batteriologico che può avere conseguenze sulla salute umana (articolo 5). La situazione è sintetizzata dalla tabella che segue:

 


 

Articolo 1, comma 68
(Fondo per bonifica discariche abusive)

 

 

Il comma 68, primo periodo, istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, un Fondo per il finanziamento di un piano straordinario di bonifica delle discariche abusive individuate dalle competenti autorità statali in relazione alla procedura di infrazione europea n. 2003/2077 (nel testo si fa erroneo riferimento alla procedura n. 2003/2007).

La dotazione del fondo è determinata in 60 milioni di euro (30 milioni per ciascuno degli anni 2014 e 2015).

 

Il comma dispone (sempre nel primo periodo) che rimangono salvi:

§         la responsabilità dell'autore della contaminazione e del proprietario delle aree in conformità alle leggi vigenti;

§         il dovere della autorità competente di procedere alla ripetizione delle spese sostenute per gli interventi di caratterizzazione e messa in sicurezza, nonché per gli ulteriori interventi di bonifica e riparazione del danno ambientale.

 

Tale disposizione viene ribadita nel penultimo periodo del medesimo comma, ove si prevede che il Ministero dell'ambiente eserciti l'azione di rivalsa, in relazione ai costi sostenuti per la realizzazione del piano, nei confronti dei responsabili dell'inquinamento e dei proprietari dei siti, ai sensi e nei limiti delle leggi vigenti.

Relativamente alla normativa nazionale in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente, si ricorda che essa è contenuta nella parte VI del D.Lgs. 152/2006 (norme in materia ambientale), con cui si è anche provveduto a recepire i contenuti della direttiva 2004/35/CE. Tale disciplina è stata recentemente modificata dall’art. 25 della L. 97/2013 (legge europea 2013), al fine di superare le censure mosse dalla Commissione europea nell’ambito della procedura di infrazione 2007/4679. In particolare le modifiche hanno riguardato, tra l’altro, una più precisa definizione del campo di applicazione attraverso l’inserimento di un articolo 298-bis.

 

Relativamente al citato piano straordinario di bonifica, il secondo periodo del comma 68 prevede che esso sia:

§       preceduto da uno o più accordi di programma con gli enti territoriali e locali interessati;

§       approvato con decreto del Ministro dell’ambiente.

 

Quanto ai contenuti del piano, il comma prevede che in esso siano indicati:

§       gli interventi necessari;

§       i soggetti che vi provvedono;

§       le modalità di erogazione del finanziamento per fasi di avanzamento, che devono corrispondere ad una percentuale non inferiore al 20% del costo complessivo dell’intervento.

 

Viene infine disposto che gli interventi di cui al presente comma sono monitorati ai sensi del D.Lgs. n. 229/2011 che prevede procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche (per una sintesi dei contenuti di tale decreto si rinvia al commento del comma 66 dell’articolo unico del presente disegno di legge).

 

La procedura di infrazione n. 2003/2077

Si ricorda che la procedura n. 2003/2077 “Misure di controllo sulle discariche abusive”, riguarda la corretta applicazione delle direttive 75/442/CE e 91/689/CEE relative ai rifiuti pericolosi e della direttiva 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti (ricorso ex art. 260 TFUE). Le contestazioni della Commissione europea si fondano sull’esistenza, nel territorio italiano, di discariche funzionanti illegalmente e senza controllo delle autorità pubbliche, alcune delle quali contenenti rifiuti pericolosi. Come riferito dal Ministro per gli affari europei presso le Commissioni riunite VIII e XIV in data 11 settembre 2013, in base all’ultimo monitoraggio inviato alla Commissione europea, l’Italia ha trasmesso un aggiornamento al febbraio 2013, indicando che gli interventi di bonifica ammontano a 218 in tutto il territorio nazionale, di cui 16 contenenti rifiuti pericolosi. La Commissione UE ha notificato in data 6 maggio 2013 il ricorso contro la Repubblica italiana, (causa n. C-196/13), proposto ai sensi dell’art. 260, paragrafo 2 del TFUE. Nel caso di specie, la Commissione ha proposto alla Corte di giustizia di comminare sanzioni pecuniarie e una penalità di mora giornaliera di circa 256.819 euro.

Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Con riferimento alla norma che istituisce un Fondo per il finanziamento di un piano straordinario di bonifica delle discariche abusive, si segnala che la Corte di giustizia dell’Unione europea (C-135/05), nell’aprile 2007, ha dichiarato che l’Italia viola il diritto dell’UE per la non corretta applicazione delle direttive 75/442/CEE e 91/689/CEE sui rifiuti, con particolare riferimento alle misure di controllo sulle discariche abusive.

In particolare, la sentenza ha accertato che l’Italia:

§      non ha adottato tutti i provvedimenti necessari per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza pregiudizio all’ambiente e per assicurare una corretta procedura di raccolta e smaltimento o recupero dei rifiuti;

§      risulta inadempiente con riferimento alle disposizioni che prevedono l’autorizzazione degli stabilimenti o delle imprese che effettuano operazioni di smaltimento nonché la catalogazione e l’identificazione dei rifiuti pericolosi in discarica;

§      ha nel proprio territorio discariche funzionanti illegalmente e senza controllo delle autorità pubbliche, alcune delle quali contenenti rifiuti pericolosi

La sentenza è stata adottata in esito ad una procedura di infrazione (n. 2077/2003) avviata dalla Commissione nel 2003.

 

La Commissione europea, ritenendo che l’Italia non abbia adottato le misure necessarie per dare attuazione integrale alla sentenza, ha presentato nell’aprile 2013, ai sensi dell’art. 260 TFUE, un ricorso (causa n. C-196/13) alla Corte di giustizia, chiedendo di comminare all’Italia sanzioni pecuniarie pari a:

§      una somma forfettaria (calcolata moltiplicando l’importo giornaliero di 28.089,6 euro per il numero di giorni di infrazione, dal giorno della pronunzia della sentenza nella causa C-135/05 alla data alla quale sarà pronunziata la sentenza nella nuova causa[32]);

§      una penalità di mora giornaliera di 256.819,2 euro, che sarà calcolata su base semestrale in funzione della percentuale di discariche messe in conformità nel periodo[33].

 

Dall’ultimo monitoraggio effettuato, nel febbraio 2013, risultava che a tale data sono stati compiuti 218 interventi di bonifica in tutto il territorio nazionale, di cui 16 concernenti rifiuti pericolosi[34].

 


 

Articolo 1, comma 69
(Acquisto isola di Budelli)

 

 

Il comma 69, introdotto nel corso dell’esame al Senato, autorizza la spesa di 3 milioni di euro nel 2014, al fine di consentire l'esercizio del diritto di prelazione per l'acquisto dell'isola di Budelli, in deroga al vigente divieto di acquisto di immobili a titolo oneroso da parte delle amministrazioni pubbliche per l'anno 2013.

 

Si segnala che l'isola Budelli è stata comprata all'asta il primo ottobre 2013 dal neozelandese Michael Harte per 2 milioni 940 mila euro.

 

Il comma 1-quater dell’articolo 12 del D.L. n. 98 del 2011, inserito dalla legge n. 228 del 2012 (articolo 1, comma 138), vieta, per l’anno 2013, a tutte le amministrazioni pubbliche di acquistare immobili a titolo oneroso e di stipulare contratti di locazione passiva, salvo il caso di rinnovi ovvero nel caso in cui la locazione sia stipulata, a condizioni più vantaggiose per sostituire immobili dismessi o per continuare ad avere la disponibilità di immobili venduti.

 

Si ricorda, inoltre, che lo stesso articolo 12 prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2012 le operazioni di acquisto e vendita di immobili, effettuate sia in forma diretta sia indiretta, da parte delle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) con l'esclusione degli enti territoriali, degli enti previdenziali e degli enti del servizio sanitario nazionale, nonché del Ministero degli affari esteri con riferimento ai beni immobili ubicati all'estero, sono subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica da attuarsi con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze (comma 1).

A decorrere dal 1° gennaio 2014 nel caso di operazioni di acquisto di immobili, ferma restando la verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica, l'emanazione del decreto di verifica è effettuata anche sulla base della documentata indispensabilità e indilazionabilità attestata dal responsabile del procedimento (comma 1-bis).


 

Articolo 1, commi 70-73
(Interventi a favore della regione Sardegna a fronte degli eventi alluvionali del mese di novembre 2013)

 

 

I commi 70-73, inseriti nel corso dell’esame al Senato, recano alcuni interventi per fronteggiare lo stato di emergenza dichiarato nella regione Sardegna in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici verificatisi nel mese di novembre 2013, Si prevedono, in particolare, interventi per la messa in sicurezza del territorio, nonché l’esclusione dal patto di stabilità interno di talune spese e specifiche disposizioni per il ripristino della viabilità interrotta o danneggiata.

 

In particolare, il comma 70 prevede, al fine di favorire i processi di ricostruzione e ripresa economica delle zone della regione Sardegna interessate dagli eventi alluvionali del mese di novembre 2013, la predisposizione di un piano di interventi urgenti per la messa in sicurezza e ripristino del territorio interessato dagli eventi alluvionali.

Tale piano dovrà essere predisposto:

§       dal Presidente della Regione e dal Commissario straordinario per il dissesto idrogeologico nominato ai sensi dell'art. 17, comma 1, del D.L. n. 195/2009;

§       entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Si segnala che la norma fa riferimento al Presidente della Regione Sardegna “in qualità di Commissario delegato per l’emergenza”, mentre l’ordinanza n. 122 del 2013 (v. infra) ha nominato Commissario delegato il Direttore generale della protezione civile della regione Sardegna. Conseguentemente, andrebbe valutata l’opportunità di una modifica della disposizione.

 

A tal fine lo stesso comma prevede l’utilizzo:

§       delle risorse, nel limite massimo di 27,6 milioni di euro, non impegnate alla data di entrata in vigore della presente legge, giacenti sulla contabilità speciale intestata al Commissario straordinario per il dissesto;

§       e le risorse di cui al successivo comma 71 (ossia le risorse assegnate alla Regione Sardegna dalla delibera CIPE n. 8 del 20 gennaio 2012, v. infra).

 

Con deliberazione del Consiglio dei ministri del 19 novembre 2013 è stato dichiarato, per centottanta giorni, lo stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici verificatisi nel mese di novembre 2013, nel territorio della regione autonoma della Sardegna.

L’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile 20 novembre 2013, n. 122, reca una disciplina dei primi interventi urgenti di protezione civile in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici verificatisi nel mese di novembre 2013 nel territorio della regione Sardegna. Per fronteggiare l'emergenza derivante dagli eventi calamitosi, il Direttore generale della protezione civile della Regione Autonoma della Sardegna è nominato Commissario delegato. Agli oneri connessi alla realizzazione delle attività di cui agli articoli 1 e 2 dell’ordinanza, si provvede, così come stabilito nella delibera del Consiglio dei Ministri del 19 novembre 2013, nel limite massimo di euro 20 milioni di euro.

Relativamente al Commissario nominato ai sensi dell’art. 17 del D.L. n. 195/2009 si segnala che, secondo quanto riportato nel sito della Regione Sardegna, il Dott. Efisio Orrù è stato nominato, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21.01.2011, Commissario straordinario delegato per la realizzazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico per la Regione Sardegna. Il Commissario straordinario delegato provvede all’espletamento delle procedure relative alla realizzazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico da effettuare nel territorio della Regione Sardegna, individuati nell’accordo di programma siglato in data 23.12.2010 tra il Ministero dell’Ambiente e la Regione Autonoma della Sardegna[35] finalizzato alla programmazione e al finanziamento di interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico.

 

Il comma 71 esclude dal patto di stabilità interno, limitatamente all’anno 2014, le spese effettuate a valere sulle risorse assegnate alla regione Sardegna dalla citata delibera CIPE n. 8 del 2012, pari a 23,52 milioni.

L’esclusione comporta, dal punto di vista normativo, l’aggiunta di tali spese alla nuova lettera n-quinquies) del comma 4 dell’art. 32 della legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità 2012), che elenca le esclusioni dalla disciplina del patto di stabilità interno.

 

Si segnala che la delibera CIPE 8/2012 ha complessivamente assegnato alla regione Sardegna 25,85 milioni, di cui 11,76 milioni a valere sui programmi interregionali (PAIN), 11,76 milioni a valere sui programmi attuativi regionali (PAR) e 2,3 a valere su risorse proprie del Ministero dell’ambiente.

Il comma 71 in esame considera pertanto, ai fini dell’esclusione dal patto di stabilità, solo le quote relative ai PAIN e al PAR Sardegna, entrambe pari a 11,76 milioni (23,52 milioni in totale).

 

Ai sensi del comma 72, al fine del ripristino della viabilità interrotta o danneggiata dagli eventi alluvionali, il Commissario delegato può avvalersi di ANAS S.p.A., che provvede in via di anticipazione sulle risorse autorizzate per il programma degli interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale in gestione ad ANAS, di cui all'art. 18, comma 10, del D.L. 69/2013, e successivi rifinanziamenti, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT).

 

In proposito si ricorda che per il “Programma ponti e gallerie stradali”, previsto dall’art. 18, comma 10, le risorse per il triennio a legislazione vigente sono pari complessivamente a 287 milioni di euro, e vengono rifinanziate dalla tabella E del presente disegno di legge per 350 milioni di euro: lo stanziamento risultante è quindi pari a 306 milioni per il 2014, 231 milioni per il 2015 e 100 milioni per il 2016 (cap. 7538 del MIT). Si veda la relativa scheda di commento della Tabella E e quella relativa al comma 42 dell’articolo unico del presente disegno di legge, che interviene sulla disciplina del programma.

 

Il comma 73 dispone che, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) relative alla programmazione nazionale 2014-2020, il CIPE provvede ad assegnare 50 milioni di euro per l'anno 2015 per la prosecuzione degli interventi, di cui al comma 70, per la messa in sicurezza e il ripristino del territorio interessato dagli eventi alluvionali.

 

Per quanto riguarda le risorse destinate al Fondo per lo sviluppo e la coesione relativamente al nuovo ciclo di programmazione 2014-2020, si rinvia alla scheda di lettura relativa al comma 5.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Con riferimento alle disposizioni per affrontare la recente alluvione in Sardegna, si segnala che, in tema di aiuti alle popolazioni vittime di tali disastri, la Commissione europea, lo scorso luglio, ha presentato la proposta di regolamento di riforma del Fondo di solidarietà dell’UE (COM(2013)522) per migliorare la risposta del Fondo in caso di catastrofi e per semplificarne l’utilizzo mediante una definizione più chiara dei criteri per l’identificazione dei destinatari degli aiuti.

In particolare, i punti fondamentali della riforma sono i seguenti: 1) definizione dell'ambito di intervento del Fondo di solidarietà, circoscritto alle catastrofi naturali ed esteso ai fenomeni di siccità; 2) norme più chiare in materia di ammissibilità per le catastrofi regionali, con l’introduzione di un’unica soglia di danno per gli aiuti, pari all’1,5 per cento del prodotto interno lordo regionale; 3) possibilità di erogare anticipi, pari al 10 per cento del contributo previsto entro un massimale di 30 milioni di euro; 4) procedure amministrative più brevi; 5) previsione di provvedimenti volti ad incoraggiare le strategie di prevenzione del rischio di catastrofi, come gli obblighi in materia di relazioni ed eventuali condizioni per la concessione degli aiuti.

 

Il voto del Parlamento europeo sulla proposta è previsto per il marzo2014.

 

In precedenza, nell’aprile 2013, la Commissione aveva presentato, a corredo della proposta (COM(2013)216) che reca la strategia UE di adattamento ai cambiamenti climatici, il Libro verde sulle assicurazioni nell’ambito delle catastrofi naturali e di origine umana (COM(2013)213), che si prefigge di individuare possibili rimedi ai consistenti oneri finanziari che i singoli Paesi membri devono fronteggiare in caso di catastrofi, naturali e di origine umana.

 


 

Articolo 1, commi 74 e 75
(Disposizioni sospensive per centrali termoelettriche e turbogas)

 

 

I commi 74 e 75, introdotti durante l’esame al Senato, recano una norma di interpretazione autentica finalizzata ad escludere le centrali termoelettriche e turbogas, alimentate da fonti convenzionali, sopra i 300 MW, dall'obbligo di corrispondere ai Comuni gli oneri di urbanizzazione.

Il comma 74 delimita il campo di applicazione alle “fattispecie insorte a fare data dal 10 febbraio 2002” (data di entrata in vigore del D.L. 7/2002).

 

Andrebbe valutata l’opportunità di chiarire l’ambito di applicazione della disposizione, in quanto l’espressione “fattispecie insorte a far data dal 10 febbraio 2002” non fa intendere in modo univoco se le centrali escluse siano quelle autorizzate alla data indicata oppure già realizzate, ma non autorizzate o altro ancora.

 

Analizzando le disposizioni in dettaglio, il comma 74, nelle more del riordino della disciplina del settore energetico, prevede che la sospensione – di cui all’art. 1, comma 5, del D.L. 7/2002 - delle disposizioni riguardanti le procedure per i progetti di centrali termoelettriche e turbogas e di quelle che obbligano le centrali termiche di qualsiasi tipo a corrispondere un contributo, per le opere di urbanizzazione secondaria che il comune deve eseguire in relazione alla costruzione degli impianti, deve ritenersi applicabile a tutte le fattispecie insorte a fare data dal 10 febbraio 2002.

Si ricorda che il D.L. n. 7/2002 (Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale) all’art. 1, comma 5, ha sospeso, fino al 31 dicembre 2003, l'efficacia di alcune disposizioni relativamente alle centrali termoelettriche e turbogas, alimentate da fonti convenzionali, di potenza termica complessiva superiore a 300 MW, fermi restando gli obblighi di corresponsione dei contributi dovuti sulla base delle convenzioni in essere. Le disposizioni sospese sono quelle relative alle procedure per i progetti di centrali termoelettriche e turbogas (Allegato IV del D.P.C.M. 27-12-1988 )e quella recata dall’art. 15 della L. 393/1975, che ha imposto all’ENEL di corrispondere, per le opere di urbanizzazione secondaria che il comune deve eseguire in relazione alla costruzione di centrali termiche di qualsiasi tipo e di centrali idroelettriche di accumulazione mediante pompaggio, un contributo di L. 2.200 per chilowatt di potenza nominale dell'impianto (indicizzato annualmente sulla base dei parametri del collegio nazionale dei costruttori) al comune nel cui territorio deve essere installato l'impianto stesso.

 

Secondo il comma 74 tale interpretazione sarebbe conseguenza della “stabilizzazione” delle disposizioni del D.L. n. 7/2002, operata dall’art. 1-sexies, comma 8, del D.L. 239/2003, il quale ha introdotto una disposizione che ha previsto l’applicazione a regime, per la costruzione e l'esercizio di impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, delle norme autorizzative che il D.L. 7/2002 aveva introdotto in via transitoria fino al 31 dicembre 2003.

Il comma 74 quindi interpreta la disposizione recata dall’art. 1-sexies, comma 8, del D.L. 239/2003, come una stabilizzazione delle disposizioni sospensive recate dal D.L. 7/2002, e quindi, di fatto, come una abrogazione del termine del 31 dicembre 2003 ivi fissato.

 

Il successivo comma 75, in considerazione di quanto previsto al comma 74, esclude l’applicabilità (per le fattispecie di cui al comma 74):

§         dell’art. 15 della L. 393/1975;

§         dell’art. 16 del D.P.R. 380/2001 (T.U. edilizia).

 

Andrebbe valutata l’opportunità di esplicitare quali sono le fattispecie per le quali è esclusa l’applicabilità delle disposizioni citate nel comma 75. Inoltre sembrerebbe superfluo il richiamo, operato dal comma in esame, all’art. 15 della L. 393, la cui applicazione è già sospesa in virtù del comma 74.

 

Appare invece rilevante la disapplicazione dell’art. 16 del D.P.R. 380/2001 poiché, anche considerando la “stabilizzazione” della sospensione dell’art. 15 della L. 393/1975, la normativa nazionale non contempla espressamente una deroga, per gli impianti in questione, all’obbligo generale di corresponsione del contributo di costruzione (commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione) stabilito dall’art. 16 del D.P.R. 380/2001.

Proprio su tale considerazione si è basata la recente sentenza del TAR Lazio n. 3351/2013 - relativa al ricorso di Sorgenia S.p.A. avverso la richiesta del Comune di Turano del pagamento degli oneri di urbanizzazione per la costruzione della centrale a turbogas nel territorio del comune medesimo - secondo cui “non si riscontra la presenza di alcuna disposizione di legge che definisce come sostitutiva dell’obbligo per il costruttore di corrispondere gli oneri di cui all’art. 16 del D.P.R. n. 380 del 2001” e pertanto “sono dovuti gli oneri di urbanizzazione, per come stabilito in via generale dal D.P.R. n. 380 del 2001 per qualsiasi intervento costruttivo che impatti sul territorio (tranne le poche ed eccezionali ipotesi derogatorie, tassativamente elencate nell’art. 17, comma 3, del D.P.R. n. 380 del 2001, alle quali … non può iscriversi la vicenda qui scrutinata)”.

 


 

Articolo 1, comma 76
(Incremento detrazioni per lavoro dipendente)

 

 

Il comma 76, modificato durante l’esame del provvedimento al Senato, rimodula la misura delle detrazioni IRPEF spettanti per i redditi derivanti da lavoro dipendente ed altre categorie assimilate. A tal fine viene modificato l’articolo 13, comma 1, del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo Unico delle imposte sui redditi – TUIR).

 

Tali detrazioni sono attualmente modulate in base all’ammontare del reddito da lavoro dipendente percepito dal contribuente. In particolare, secondo la vigente formulazione della norma, la misura della ammonta a:

§       1.840 euro, se il reddito complessivo non supera 8.000 euro. L’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro (ovvero a 1.380 euro per i rapporti di lavoro a tempo determinato), ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lettera a);

§       1.338 euro, aumentata del prodotto tra 502 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 8.000 euro ma non a 15.000 euro, ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lettera b);

§       1.338 euro, se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 40.000 euro ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lettera c).

 

Le modifiche apportate al Senato hanno apportato sostanziali innovazioni al testo originario del disegno di legge; esso in origine prevedeva un innalzamento delle detrazioni per i soli redditi superiori a 8.000 euro, toccando i gli importi spettanti ai redditi fino a 55.000 euro, di cui alla lettera b) e alla lettera c) del richiamato articolo 13, comma 1. Inoltre, nella formulazione originaria si intendeva sopprimere il meccanismo (previsto dal comma 2 dell’articolo 13 del TUIR) che consente di incrementare la detrazione prevista per i redditi di cui all’articolo 13, comma 1, lettera c).

 

Per effetto dell’esame presso l’altro ramo del Parlamento, rispetto alle norme vigenti è stato innalzato l’importo della detrazione spettante anche per i redditi non superiori a 8.000 euro e sono stati rimodulati sia gli importi delle detrazioni, sia le fasce di reddito per cui esse spettano.

Più in dettaglio:

§      l’importo della detrazione spettante per redditi non superiori a 8.000 euro viene innalzato a 1.880 euro (dai vigenti 1.840 euro) (lettera a) del comma 76 in esame, che reca una nuova formulazione della lettera a) dell’articolo 13, comma 1),

§      l’importo della detrazione spettante per redditi superiori a 8.000 euro, ma non a 35.000 euro è pari a 669 euro aumentato del prodotto tra 1.211 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 35.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 27.000 euro (lettera b) del comma 76 in esame, che incide sulla lettera b) dell’articolo 13, comma 1),

§      l’importo della detrazione per redditi superiori a 35.000 euro, ma non a 55.000 euro è pari a 669 euro, per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 20.000 euro (nuova formulazione della lettera c) del comma 76 in esame, che incide sulla lettera c) dell’articolo 13, comma 1).


 

Articolo 1, comma 77
(Riduzione oneri contributivi assicurazione infortuni sul lavoro
e malattie professionali)

 

 

Il comma 77, modificato al Senato, prevede la riduzione dei premi e contributi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, secondo modalità da definire, con effetto dal 1° gennaio 2014, con specifico decreto interministeriale, adottato su proposta dell’I.N.A.I.L., tenendo conto degli andamenti degli eventi relativi al rispetto della normativa generale sulla sicurezza e salute sui luoghi di lavoro.

La riduzione opera nel limite complessivo di 1.000 milioni di euro per il 2014, 1.100 milioni per il 2015 e 1.200 milioni annui a decorrere dal 2016.

A fronte della riduzione di premi e contributi, si dispone un trasferimento in favore dell’INAIL, a carico del bilancio dello Stato, pari a 500 milioni di euro per il 2014, 600 milioni per il 2015 e 700 milioni annui a decorrere dal 2016.

Infine, si prevede che l’I.N.A.I.L., a decorrere dal 2016, effettui una verifica di sostenibilità economica, finanziaria e attuariale, asseverata dal Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

Si segnala che il testo non individua un termine entro il quale il decreto interministeriale attuativo debba essere emanato.

 

A seguito delle modifiche apportate al Senato, è stato altresì previsto:

§       che il decreto interministeriale sulle modalità di riduzione dei premi e contributi debba definire altresì le modalità di applicazione della riduzione a favore delle imprese che abbiano iniziato la propria attività da non oltre un biennio, nel rispetto della normativa in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e ai sensi degli articoli 19 e 20 del D.M. 12 dicembre 2000 (vedi infra);

§       che vengano esclusi dalla richiamata riduzione i premi e contributi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali previsti da specifiche norme. Si tratta, più specificamente:

-        dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni domestici (di cui all’articolo 8 della L. 493/1999);

-        dei contributi per l’assicurazione sugli infortuni dovuta per il lavoro accessorio e pari al 7% del valore del voucher (ai sensi dell’articolo 72 del D.Lgs. 276/2003);

-        del contributo dovuto dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani (rideterminato al 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali dall’articolo 1, comma 773, della L. 296/2006, e ripartito tra le diverse gestioni previdenziali dal D.M. 104168 del 28 marzo 2007, attuativo del medesimo comma 773);

-        dei contributi dovuti ai lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari, nonché a quelli addetti a servizi di riassetto e di pulizia dei locali (di cui all’articolo 5 del D.P.R. 1403/1971);

§       che il trasferimento all’I.N.A.I.L. contestuale alla riduzione dei premi sia da computare anche ai fini del calcolo dei coefficienti di capitalizzazione delle rendite di inabilità e di quelle a favore dei superstiti (di cui all’articolo 39 del D.P.R. 1124/1965);

§       che l’aggiornamento dei premi e contributi venga operato distintamente per le singole gestioni assicurative tenendo conto dell’andamento economico, finanziario ed attuariale registrato da ognuna di esse, garantendo altresì il relativo equilibrio economico, nel rispetto di quanto stabilito dal D.Lgs. 38/2000;

§       che alle finalità richiamate dal comma in esame nonché alle iniziative di cui ai successivi commi 78 e 79 (vedi infra) si debba far fronte con le somme in precedenza indicate nonché con quota parte delle risorse programmate dall’I.N.A.I.L. ai fini del finanziamento, per il triennio 2013-2015, dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro (rivolti in particolare alle piccole, medie e micro imprese) e di quelli volti a sperimentare soluzioni innovative e strumenti di natura organizzativa e gestionale, ispirati ai principi di responsabilità sociale delle imprese, nel limite di 120 milioni annui;

§       che per gli anni successivi al 2015, la programmazione delle risorse destinate ai richiamati progetti debba tener conto degli oneri di cui ai successivi commi 78 e 79 (vedi infra), fermo restando l’equilibrio del bilancio dell’ente.

 

Con il D.M. 12 dicembre 2000, emanato in attuazione dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 38/2000[36], sono state determinate le nuove tariffe dei premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali delle quattro gestioni separate (v. nota precedente), nonché le relative modalità di applicazione.

Su ciascuna lavorazione è applicato il tasso medio previsto nella corrispondente voce della tariffa della gestione nella quale è inquadrato il datore di lavoro. Il tasso corrispondente ad ogni lavorazione è quello nazionale, risultante dal rapporto tra oneri diretti ed indiretti sostenuti dall’INAIL per le prestazioni e il monte retributivo imponibile di tutti i lavoratori alla lavorazione stessa. In ogni caso, il tasso non può eccedere il limite massimo del 130 per mille.

Al riguardo, il citato D.M. 12 dicembre 2000 ha stabilito che il tasso medio nazionale subisce variazioni, in aumento o in diminuzione, in relazione alla specifica situazione dell’azienda, attraverso le cd. oscillazioni, dovute:

§      nei primi due anni dalla data di inizio dell'attività, in relazione alla situazione dell'azienda per quanto riguarda il rispetto delle norme di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro, nel qual caso può essere applicata una riduzione o un aumento del tasso medio di tariffa in misura fissa del 15%, ed applicato con determinate modalità (articolo 19). Per ottenere la richiamata riduzione il datore di lavoro deve presentare, all'atto della denuncia dei lavori, istanza motivata corredata di specifici elementi definiti a tal fine dall'INAIL. Nel caso in cui dai  citati elementi risulti l'osservanza delle norme di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro, l'INAIL applica la riduzione del tasso medio nella misura fissa del 15% a decorrere dalla data di inizio dei lavori (se denunciati nei termini di legge) (comma 20);

§      dopo i primi due anni di attività, in relazione all’effettivo andamento infortunistico aziendale. Più specificamente, l’oscillazione è determinata in base al tasso specifico aziendale ed al parametro dei lavoratori-anno. A tale oscillazione si aggiunge un’ulteriore variazione, pari al 5%, al 10% o al 15% del tasso medio nazionale, in relazione all’entità dello scarto tra tasso specifico aziendale e tasso medio nazionale, nonché alla dimensione dell’azienda espressa dal numero dei lavoratori-anno del periodo, determinata in ragione del loro numero (articolo 22).

Su tale quadro normativo, con particolare riferimento alla misura dei premi INAIL, sono successivamente intervenuti i commi 364 e 365 dell’articolo unico della legge n. 266/2005 (legge finanziaria 2006).

Tali disposizioni in primo luogo stabiliscono che la rideterminazione delle tariffe dei premi assicurativi deve tener conto dell’andamento del rischio medio nazionale e dell’attuazione della normativa di prevenzione, nonché degli oneri concorrenti alla determinazione dei tassi di premio. In ogni caso, la rideterminazione deve essere tale da garantire l’equilibrio finanziario complessivo delle gestioni senza effetti sui saldi di finanza pubblica. Inoltre si dispone che la richiamata rideterminazione è attuata in presenza di variazioni dei parametri di riferimento rilevate entro il 30 giugno di ogni anno. Pertanto si introduce un obbligo di procedere alla rideterminazione annuale delle tariffe in presenza di variazioni dei parametri di riferimento.

Ulteriori disposizioni sono contenute nell’articolo 1, commi da 779 a 781, della L. n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), il quale ha disposto una riduzione dei premi dovuti dalle imprese iscritte alla gestione separata artigianato dell'assicurazione obbligatoria INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), del D.Lgs. n. 38/2000. Le disposizioni in esame riguardano sia i premi che l'artigiano deve corrispondere in qualità di lavoratore autonomo, sia quelli dovuti in qualità di datore di lavoro artigiano.


 

Articolo 1, commi 78 e 79
(Indennità INAIL danno biologico e
rendite superstiti deceduti sul lavoro)

 

 

Il comma 78, introdotto al Senato, riconosce in via straordinaria, in attesa di un meccanismo di rivalutazione automatica degli importi di cui all’articolo 13, comma 2, lettera a), del D.Lgs. n. 38/2000, un aumento, dal 1° gennaio 2014, delle indennità dovute dall’I.N.A.I.L. a titolo di recupero del valore dell’indennizzo del danno biologico pari a non oltre il 50% della variazione dei prezzi al consumo I.S.T.A.T. intervenuta nel periodo 2000-2013, e comunque per un importo massimo di spesa annua pari a 50 milioni di euro a decorrere dal 2014. Le modalità ed i criteri di attuazione delle disposizioni in esame sono demandate ad uno specifico decreto interministeriale.

Si segnala, al riguardo, che il testo non individua il termine entro il quale il richiamato decreto debba essere emanato.

 

Il comma 79, introdotto al Senato, interviene sulle rendite ai superstiti dei soggetti deceduti per infortuni sul lavoro, di cui all’articolo 85 del D.P.R. n. 1124/1965.

In particolare, nel confermare il calcolo della rendita ai superstiti in differenti misure percentuali, ragguagliata al 100% della retribuzione calcolata, il comma in esame, aggiungendo un periodo al primo comma del richiamato articolo 85, dispone che per i lavoratori deceduti a decorrere dal 1° gennaio 2014 la rendita ai superstiti sia calcolata, in ogni caso, sul massimale di computo della retribuzione ai fini dell’erogazione della rendita (300 volte la retribuzione media giornaliera aumentata del 30%).

 

L’articolo 85, comma 1, del DPR n.1124/1965 prevede una rendita ai superstiti in differenti misure percentuali, ragguagliata al 100% della retribuzione calcolata secondo le disposizioni concernenti le inabilità (totali o parziali) e appunto le rendite ai superstiti.

In particolare, la rendita è riconosciuta:

§       nella misura del 50% al coniuge superstite fino alla morte o a nuovo matrimonio; in questo secondo caso è corrisposta la somma pari a tre annualità di rendita;

§       nella misura del 20% a ciascun figlio legittimo, naturale, riconosciuto o riconoscibile, e adottivo, fino al raggiungimento del diciottesimo anno di età, e il 40% se si tratti di orfani di entrambi i genitori, e, nel caso di figli adottivi, siano deceduti anche entrambi gli adottanti. Per i figli viventi a carico del lavoratore infortunato al momento del decesso e che non prestino lavoro retribuito, dette quote sono corrisposte fino al raggiungimento dei 21 anni, se studenti di scuola media o professionale, e per tutta la durata normale del corso, ma non oltre i 26 anni, se studenti universitari. Se siano superstiti figli inabili al lavoro la rendita è loro corrisposta finché dura l'inabilità.

§       in mancanza di superstiti di cui ai due punti precedenti, il 20% a ciascuno degli ascendenti e dei genitori adottanti se viventi a carico del defunto e fino alla loro morte;

§       in mancanza di superstiti di cui ai due punti precedenti, il 20% a ciascuno dei fratelli o sorelle se conviventi con l'infortunato e a suo carico nei limiti e condizioni stabiliti per i figli.


 

Articolo 1, comma 80
(Defiscalizzazione a fini IRAP per assunzioni a tempo indeterminato)

 

 

Il comma 80 dispone l’applicazione a regime delle deduzioni IRAP per l’incremento di base occupazionale. In particolare, viene prevista la possibilità, per i soggetti passivi IRAP, di dedurre il costo del personale, ove stipulino contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato ad incremento d'organico a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014.

 

Più in dettaglio, la norma in commento sostituisce l’attuale articolo 11, commi da 4-quater a 4-septies, del D.Lgs. n. 446 del 1997.

 

Tale gruppo di disposizioni (introdotte dall’articolo 1, comma 347, lettera d) della legge n. L. 30 dicembre 2004, n. 311 e successivamente modificate dall'articolo 11-ter, comma 1, lettera a) del D.L. 14 marzo 2005, n. 35) concedeva una deduzione dalla base imponibile Irap per i soggetti che avessero incrementato, in ciascuno dei tre periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2004, il numero di lavoratori dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato, rispetto al numero dei lavoratori assunti con il medesimo contratto mediamente occupati nel periodo d'imposta precedente.

Il bonus ha avuto una durata limitata nel tempo, e cioè fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008.

I predetti soggetti hanno potuto usufruire di una deduzione dalla base imponibile Irap del costo sostenuto per tali lavoratori, nel limite dell'incremento complessivo del costo del personale, fino all'importo massimo di 20.000 euro per ciascun dipendente assunto. Tale deduzione spettava per il medesimo rapporto di impiego dal periodo d'imposta in cui si verificava l'assunzione fino a quello in corso al 31 dicembre 2008 ed era sottoposta a decadenza ove, nei periodi d'imposta successivi all'assunzione, il numero complessivo dei lavoratori dipendenti fosse risultato pari o inferiore rispetto al numero dei lavoratori mediamente occupati al 31 dicembre 2004. La norma recava anche i criteri per determinare l’effettivo incremento della base occupazionale.

 

La lettera a) del comma 80 sostituisce, in particolare, il comma 4-quater dell’articolo 11.

Per effetto delle norme introdotte la richiamata deduzione viene concessa, a regime e con decorrenza dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014 ai soggetti passivi IRAP diversi dalle pubbliche amministrazioni (di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a) ad e) del D.Lgs. n. 446 del 1997) che incrementano il numero di lavoratori dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato rispetto al numero dei lavoratori assunti con il medesimo contratto mediamente occupati nel periodo d'imposta precedente.

Sono ammessi a fruire dell'agevolazione i soggetti IRAP diversi dalle pubbliche amministrazioni, e cioè le società di capitali, le società in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate; le persone fisiche esercenti attività commerciali; le persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate esercenti arti e professioni; i produttori agricoli titolari di reddito agrario, esclusi quelli con uno specifico volume di affari annuo ed esonerati da alcuni adempimenti IVA; gli enti privati non commerciali e le società e gli enti non residenti.

 

In favore dei predetti soggetti che assumono personale a tempo indeterminato è prevista la deducibilità del costo del predetto personale, per un importo annuale non superiore a 15.000 euro per ciascun nuovo dipendente assunto (nell’attuale formulazione della norma l’importo è pari a 20.000 euro), nel limite dell'incremento complessivo del costo del personale (classificabile nell'articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 9) e 14), del codice civile) per il periodo d'imposta in cui è avvenuta l'assunzione con contratto a tempo indeterminato e per i due successivi periodi d'imposta.

 

Il predetto articolo 2425, comma 1, lettera b), nn. 9) e 14), del codice civile fa riferimento ad alcune voci del costo del lavoro del conto economico dell’impresa: Si tratta di costi per il personale a titolo di salari e stipendi, oneri sociali, trattamento di fine rapporto, trattamento di quiescenza e simili e oneri diversi di gestione.

 

L’attuale comma 4-quater (come chiarito anche dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 7/E del 13 febbraio 2006) ha concesso l’agevolazione per l’incremento di base occupazionale con un limite temporale. Hanno in particolare assunto rilevanza gli incrementi di personale derivanti da nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato, sia a tempo pieno sia a tempo parziale, effettuate in ciascuno dei periodi d'imposta compresi nel triennio immediatamente successivo al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2004, cioè gli esercizi 2005, 2006 e 2007, per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare, rispetto alla media del numero dei lavoratori assunti con il medesimo contratto nel periodo d'imposta precedente a quello per il quale si intendeva fruire della deduzione.

 

Con formulazione analoga all’attuale, si prevede che la deduzione decada ove, nei periodi d'imposta successivi a quello in cui è avvenuta l'assunzione, il numero dei lavoratori dipendenti risulta inferiore o pari al numero degli stessi lavoratori mediamente occupati nel predetto periodo d'imposta.

La deduzione compete, in ogni caso, per ciascun periodo d'imposta a partire da quello di assunzione, sempre che permanga il medesimo rapporto di impiego.

L'incremento della base occupazionale va considerato al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dei criteri di collegamento dettati dell'articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.

 

Rimangono ferme le regole già fissate dal vigente comma 4-quater per gli enti non commerciali e per gli enti non residenti, nonché per le imprese di nuova costituzione e le imprese subentranti ad altre imprese, aventi principalmente finalità antielusive.

 

In particolare, per gli enti privati e gli enti non residenti la base occupazionale è individuata con riferimento al personale dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato impiegato nell'attività commerciale e la deduzione spetta solo con riferimento all'incremento dei lavoratori utilizzati nell'esercizio di tale attività. In caso di lavoratori impiegati anche in attività promiscue, ovvero anche nell'esercizio dell'attività istituzionale degli enti, si considera, sia ai fini dell’individuazione della base occupazionale di riferimento e del suo incremento, sia ai fini della deducibilità del costo, il solo personale dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato riferibile all'attività commerciale; i costi delle nuove assunzioni saranno deducibili in misura corrispondente al rapporto di cui all’articolo 10, comma 2 del medesimo D.Lgs. n. 446 del 1997, ovvero del rapporto tra l'ammontare dei ricavi e degli altri proventi computati nell’imponibile IRAP e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi dell’ente.

Rimane ferma anche l’irrilevanza, ai fini degli incrementi occupazionali, dei trasferimenti di dipendenti dall'attività istituzionale all'attività commerciale.

 

Per quanto riguarda le imprese di nuova costituzione, analogamente a quanto è previsto dall’attuale formulazione, non rilevano gli incrementi occupazionali derivanti dallo svolgimento di attività che assorbono anche solo in parte attività di imprese giuridicamente preesistenti, ad esclusione delle attività sottoposte a limite numerico o di superficie.

 

Nel caso di impresa subentrante ad altra nella gestione di un servizio pubblico, anche gestito da privati, comunque assegnata, la deducibilità del costo del personale spetta limitatamente al numero di lavoratori assunti in più rispetto a quello dell'impresa sostituita.

 

La lettera b) del comma 80 abroga i commi 4-quinquies e 4-sexies dell’articolo 11 del D.Lgs. n. 446 del 1997.

I commi 4-quinquies e 4-sexies prevedono ulteriori deduzioni, rispetto a quella individuata al comma 4-quater, spettanti rispettivamente nelle aree territoriali individuate dalla Commissione europea come destinatarie degli aiuti a finalità regionale ovvero in caso di lavoratrici donne rientranti nella definizione europea di “lavoratore svantaggiato”, con la possibilità di aumentare gli importi della deduzione.

Infine, con le modifiche al comma 4-septies (lettera c) del comma 3) si intende rendere cumulabile la deduzione in esame, prevista per le nuove assunzioni, con l'importo delle altre deduzioni ammesse dai commi 1 e 4-bis.1 dell’articolo 11 (ivi comprese quelle previste a favore degli enti privati con componenti positivi che concorrono alla formazione del valore della produzione non superiori, nel periodo d'imposta, a 400.000 euro).


 

Articolo 1, commi 81 e 82
(Stabilizzazione degli associati in partecipazione)

 

 

I commi 81 e 82, introdotti al Senato, recano disposizioni concernenti la stabilizzazione degli associati in partecipazione con apporto di lavoro[37].

 

Il comma 81, modificando l’articolo 7-bis del D.L. n. 76/2013, proroga al 31 marzo 2014 (dall’attuale 30 settembre 2013) il termine del regime transitorio per la stabilizzazione e al 31 luglio 2014 (dall’attuale 31 gennaio 2013) il termine per il deposito dei documenti inerenti la stabilizzazione da parte dei datori di lavoro.

Il comma 82 dispone che dalla proroga non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

L’articolo 7-bis del D.L. n. 76/2013 ha introdotto norme per la stabilizzazione degli associati in partecipazione con apporto di lavoro. La stabilizzazione avviene sulla base di contratti collettivi stipulati dai datori di lavoro (anche assistiti dalla propria organizzazione di categoria) con le organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale e si attua mediante la stipula, tra il 1° giugno e il 30 settembre 2013, di contratti di lavoro a tempo indeterminato (anche di apprendistato) con i soggetti in precedenza associati in partecipazione.

A fronte dell’assunzione, il lavoratore è tenuto a sottoscrivere un atto di conciliazione riguardante la pregressa associazione in partecipazione (che vale come sanatoria di tutti i contenziosi eventualmente in atto), mentre il datore di lavoro deve versare (alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. n. 335/1995) un contributo straordinario integrativo pari al 5% della quota di contribuzione a carico degli associati, per un periodo massimo di 6 mesi.

I nuovi contratti, gli atti di conciliazione e l’attestazione dell’avvenuto versamento del contributo straordinario, devono essere depositati dai datori di lavoro, entro il 31 gennaio 2014, presso le sedi competenti dell’INPS, il quale trasmette alle Direzioni territoriali del lavoro gli esiti delle conseguenti verifiche.

Il buon esito delle verifiche comporta l’estinzione degli illeciti relativi ai pregressi rapporti di associazione in partecipazione e tirocinio.

Infine, si prevede che per le nuove assunzioni sono applicabili i benefici previsti dalla legge per i rapporti a tempo indeterminato.


 

Articolo1, comma 83
(Benefici per trasformazioni di contratti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato)

 

 

Il comma 83 prevede, a decorrere dal 2014, l’integrale restituzione al datore di lavoro del contributo addizionale dell’1,4% della retribuzione applicato ai rapporti di lavoro non a tempo indeterminato, nel caso in cui vengano trasformati in rapporti a tempo indeterminato.

 

La disposizione, in particolare, modifica l’articolo 2, comma 30, della L. n. 92/2012, che ha stabilito il diritto alla restituzione al datore di lavoro, con riferimento alle ultime sei mensilità retributive, del contributo addizionale applicato ai rapporti di lavoro non a tempo indeterminato nel caso in cui siano trasformati in rapporti a tempo indeterminato, eliminando il riferimento al limite massimo di rimborso di 6 mensilità con effetto dal 1° gennaio 2014.

 

L’articolo 2, commi 28-30, della L. n. 92/2012 ha disposto, con effetto sui periodi contributivi a decorrere dal 1° gennaio 2013, l’applicazione, ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato, di un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali (fatte salve specifiche esclusioni). Tale contributo addizionale, infatti, non si applica ai lavoratori assunti a temine in sostituzione di lavoratori assenti, ai lavoratori assunti a termine per lo svolgimento delle attività stagionali, nonché, per i periodi contributivi maturati dal 1º gennaio 2013 al 31 dicembre 2015, alle attività definite dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati entro il 31 dicembre 2011 dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più` rappresentative.

Infine (comma 30), in caso di trasformazione del contratto in contratto a tempo indeterminato, è prevista la restituzione al datore di lavoro del richiamato contributo, nei limiti delle ultime sei mensilità, successivamente al decorso del periodo di prova. La restituzione avviene anche qualora il datore di lavoro assuma il lavoratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato entro il termine di 6 mesi dalla cessazione del precedente contratto a termine. In tale ultimo caso, la restituzione avviene detraendo dalle mensilità spettanti un numero di mensilità ragguagliato al periodo trascorso dalla cessazione del precedente rapporto di lavoro a termine.

 


 

Articolo 1, comma 84
(Aliquote soggetti autorizzati a somministrazione di lavoro)

 

 

Il comma 84, introdotto al Senato, interviene in materia di aliquote contributive a carico dei soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro.

Più specificamente, il comma in esame sopprime la riduzione, prevista dal comma 39 dell’articolo 2 della L. n. 92/2012 con decorrenza dal 1° gennaio 2014, dal 4 per cento al 2,6 per cento della misura dell'aliquota contributiva a carico dei soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro.

 

Si ricorda che il comma 39 dell’articolo 2 della L. n. 92/2012 commisura l'aliquota contributiva a carico dei soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro alla retribuzione dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato per l'esercizio di attività di somministrazione, mentre lascia immutata la corrispondente aliquota (pari al 4%) relativa ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato.

Si evidenzia, inoltre, che la contribuzione in oggetto è destinata ai fondi bilaterali costituiti dalle parti stipulanti il contratto collettivo nazionale delle imprese di somministrazione di lavoro, ai fini dello svolgimento di iniziative e dell'erogazione di interventi in favore dei lavoratori assunti per prestazioni di lavoro in somministrazione.

 


 

Articolo 1 commi 85 e 86
(Aiuto alla crescita economica - ACE)

 

 

I commi 85 e 86 modificano la disciplina c.d. Aiuto alla crescita economica (ACE), al fine di incrementare, per il triennio 2014 -2016, la quota di rendimento nozionale del nuovo capitale proprio deducibile dal reddito imponibile.

 

La disposizione in particolare incide sull’articolo 1 del D.L. n. 201 del 2011 che, con lo scopo di favorire il finanziamento delle imprese mediante capitale proprio, ha istituito l’Aiuto alla crescita economica – ACE, che consente alle imprese di dedurre dal reddito imponibile la componente derivante dal rendimento nozionale di nuovo capitale proprio.

Il rendimento nozionale del nuovo capitale proprio è dato dalla applicazione di un’aliquota percentuale, individuata dal comma 3 del richiamato articolo 1 (modificato dalle norme in commento), alla variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010.

 

Più in dettaglio, l’ACE ha riguardato le società di capitali residenti nel territorio dello Stato; gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, esercenti in via esclusiva o principale attività commerciali; le società e gli enti non residenti relativamente alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato. Le norme si applicano anche ad alcuni soggetti IRPEF, e in particolare al reddito d’impresa di persone fisiche, società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria, con le modalità di applicazione recate dal D.M. 14 marzo 2012, che ha attuato la disciplina primaria.

 

Il vigente comma 3 dell’articolo 1 stabilisce che per il primo triennio di applicazione la predetta aliquota è fissata al 3 per cento e che, dal quarto periodo di imposta, essa sia determinata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanare entro il 31 gennaio di ogni anno, tenendo conto dei rendimenti finanziari medi dei titoli obbligazionari pubblici, aumentabili di ulteriori tre punti percentuali a titolo di compensazione del maggior rischio.

Per effetto delle norme in commento l’aliquota viene fissata ex lege per i primi sei periodi di imposta di applicazione dell’ACE (in luogo dei primi tre), demandandone la fissazione con decreto ministeriale dal settimo periodo d’imposta di applicazione (in luogo del quarto) dell’agevolazione.

Inoltre, viene innalzata la misura di detta aliquota per il secondo triennio applicativo: ferma restando l’aliquota del 3 per cento per il primo triennio; si specifica che per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014, al 31 dicembre 2015 e al 31 dicembre 2016 l'aliquota è fissata, rispettivamente, al 4 per cento, 4,5 per cento e al 4,75 per cento.

 

In caso di eccedenza del rendimento nozionale rispetto al reddito complessivo netto dichiarato nel periodo d’imposta, le norme rendono possibile computare la parte eccedente in aumento dell’importo deducibile dal reddito dei periodi d’imposta successivi. In ordine alle modalità di computo del capitale proprio e delle variazioni in aumento e in diminuzione, il patrimonio netto risultante dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010 costituisce il “capitale proprio” esistente alla chiusura del suddetto esercizio. Le norme precisano le operazioni che rilevano come variazioni in aumento e in diminuzione, nonché i termini temporali di rilevanza delle predette variazioni.

Le disposizioni sull’ACE trovano applicazione a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2011.

Il D.M. del Ministero dell'economia e delle finanze del 14 marzo 2012 ha recato le norme attuative in materia di Aiuto alla crescita economica (Ace). Il predetto decreto ha determinato in particolare le modalità di applicazione dell’Ace al reddito d'impresa di persone fisiche, società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria.

 

In sostanza:

§      per il primo triennio di applicazione, l’aliquota percentuale per il calcolo del rendimento nozionale del nuovo capitale proprio resta fissata al 3 per cento;

§      per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014, l’aliquota è fissata al 4 per cento;

§      per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015, l’aliquota è fissata al 4,5 per cento;

§      per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016, l’aliquota è fissata al 4,75 per cento;

§      dal settimo periodo di imposta l’aliquota è determinata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanare entro il 31 gennaio di ogni anno, tenendo conto dei rendimenti finanziari medi dei titoli obbligazionari pubblici, aumentabili di ulteriori tre punti percentuali a titolo di compensazione del maggior rischio.

 

Il comma 86 specifica infine che, per soggetti che beneficiano dell’Ace, l'acconto delle imposte sui redditi dovute per i periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2014 e al 31 dicembre 2015 è fissato utilizzando l'aliquota percentuale per il calcolo del rendimento nozionale del capitale proprio relativa al periodo d'imposta precedente.

Ciò dovrebbe comportare in sostanza la mancata computazione negli acconti degli incrementi delle aliquote sopra richiamati.

 

Con il comunicato stampa del 31 maggio 2013 n. 84, il Ministero dell’economia e delle finanze ha reso noto che, dall’analisi dei dati IRPEF per il 2011, circa 230.000 persone fisiche hanno usufruito dell’agevolazione ACE per un ammontare di circa 890 milioni di euro dedotti dal reddito, di cui 720 milioni provenienti da partecipazioni in società di persone e 170 milioni da coloro che svolgono direttamente l’attività d’impresa. Le società di persone che hanno utilizzato tale agevolazione sono più di 80.000. L’ACE, che ha l’obiettivo di incentivare l’uso del capitale proprio, ha dunque dimostrato efficacia per i soggetti Irpef, tipicamente piccole e medie imprese.


 

Articolo 1, comma 87
(Proroga detrazioni ristrutturazioni edilizie)

 

 

Il comma 87 prevede una proroga delle detrazioni per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica.

Per quanto concerne la detrazione d'imposta per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici, viene prorogata al 31 dicembre 2014 la misura della detrazione al 65 per cento attualmente prevista sino al 31 dicembre 2013, mentre per l'anno 2015 si prevede che la detrazione si applichi nella misura del 50 per cento. Con riferimento agli interventi di riqualificazione energetica relativi a parti comuni degli edifici condominiali si proroga sino al 30 giugno 2015 la misura della detrazione al 65 per cento (attualmente prevista sino al 30 giugno 2014), prevedendo altresì che la detrazione si applichi nella misura del 50 per cento nei 12 mesi successivi.

Con riferimento agli interventi di recupero del patrimonio edilizio (per un ammontare massimo di spesa di 96 mila euro) viene prorogata al 31 dicembre 2014 la misura della detrazione al 50 per cento attualmente prevista sino al 31 dicembre 2013, mentre per l’anno 2015 si prevede che la detrazione si applichi nella misura del 40 per cento. Con riferimento agli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche, viene prorogata di un anno la misura della detrazione al 65 per cento attualmente prevista sino al 31 dicembre 2013, stabilendo altresì che la detrazione si applichi nella misura del 50 per cento per l'anno 2015. Con riferimento alle spese per l'acquisto di mobili per l’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione viene specificato il termine finale (31 dicembre 2014) entro cui devono essere sostenute le spese ai fini della detrazione prevista.

 

 

Termini vigenti

Termini ddl Stabilità

 

31 dicembre 2013

30 giugno 2014

31 dicembre 2014

30 giugno 2015

31 dicembre 2015

Riqualificazione energetica

65%

 

65%

 

50%

Parti condominiali

 

65%

 

50%

 

Ristrutturazioni edilizie

50%

 

50%

 

40%

Misure antisismiche

65%

 

65%

 

 

Mobili

50%

 

50%

-

-

 

Si prevede, inoltre, che entro il 31 dicembre 2015 dovranno essere definiti misure ed incentivi selettivi di carattere strutturale, finalizzati a favorire la realizzazione di interventi per il miglioramento, l'adeguamento antisismico e la messa in sicurezza degli edifici esistenti, nonché per l’incremento del loro rendimento energetico e dell’efficienza idrica. In assenza di un intervento normativo entro il termine così modificato, dal 2016 le detrazioni e il limite massimo di spesa torneranno ai livelli previsti dalla legislazione vigente (36 per cento e 48 mila euro).

Detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica

Più in dettaglio, la lettera a) del comma 87 modifica i commi 1 e 2 dell’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, dedicato alle detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica.

Il nuovo comma 1 prevede che le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 48, della legge n. 220 del 2010, concernenti la detrazione d'imposta per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici, si applicano nella misura:

§      del 65 per cento per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del D.L. n. 63 del 2013) fino al 31 dicembre 2014;

§      del 50 per cento per le spese sostenute dal 1° gennaio al 31 dicembre 2015.

Con la norma in esame, pertanto, viene prorogata di un anno la misura della detrazione al 65 per cento attualmente prevista sino al 31 dicembre 2013, stabilendo altresì che la detrazione si applichi nella misura del 50 per cento per l'anno 2015.

Si ricorda che il comma 1 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 63 del 2013 attualmente prevede che la detrazione d'imposta per le spese documentate relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici si applichi nella misura del 65 per cento alle spese sostenute dal 6 giugno 2013 fino al 31 dicembre 2013. La precedente proroga era stata stabilita dall'articolo 11, comma 2, del decreto-legge n. 83 del 2012 che ne aveva previsto l'applicazione sino al 30 giugno 2013.

L’agevolazione per la riqualificazione energetica degli edifici consiste nel riconoscimento di detrazioni d’imposta in percentuale delle spese sostenute, da ripartire in rate annuali di pari importo, entro un limite massimo di detrazione, diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti. Si tratta di riduzioni dall’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) e dall’Ires (Imposta sul reddito delle società) concesse per interventi che aumentino il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti e che riguardano, in particolare, le spese sostenute per:

§      la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento: detrazione massima 100.000 euro;

§      il miglioramento termico dell’edificio (finestre, comprensive di infissi, coibentazioni, pavimenti): detrazione massima 60.000 euro;

§      l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda: detrazione massima 60.000 euro;

§      la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale: detrazione massima 30.000 euro.

La norma che ha introdotto l’agevolazione in esame è contenuta nei commi da 344 a 349 dell'articolo unico della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007); successivamente la normativa in materia è stata più volte modificata. I cambiamenti si riferiscono, in particolare, alle procedure da seguire per avvalersi correttamente delle agevolazioni.

L’articolo 1, comma 48, della legge n. 220 del 2010 (legge di stabilità per il 2011) ha stabilito una proroga per usufruire delle detrazioni per le spese sostenute e documentate sino al 31 dicembre 2011 o, per i soggetti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, fino al periodo d’imposta in corso alla predetta data.

L’articolo 4, comma 4, del D.L. n. 201 del 2011 ha prorogato fino al 31 dicembre 2012 la detrazione Irpef del 55 per cento delle spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio. La stessa norma ha esteso la detrazione del 55 per cento anche alle spese per interventi di sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria, nel limite massimo di 30.000 euro. A decorrere dal 1° gennaio 2013 era previsto che per tali interventi si applicasse la detrazione del 36 per cento come modificata dal nuovo articolo 16-bis del TUIR. Successivamente il D.L. n. 83 del 2012 ha prorogato l'applicazione della detrazione del 55 per cento sino al 30 giugno 2013.

Il D.L. n. 63 del 2013 (articolo 14) ha prorogato le detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica fino al 31 dicembre 2013 elevando la misura al 65 per cento, per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del provvedimento). Inoltre, con riferimento agli interventi di riqualificazione energetica relativi a parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari del singolo condominio, la norma prevede l'applicazione della detrazione d'imposta del 65 per cento per le spese sostenute dall'entrata in vigore del decreto (6 giugno 2013) sino al 30 giugno 2014.

 

In sintesi la normativa al riguardo prevede che:

§       la detrazione dalle imposte sui redditi (Irpef o Ires) è pari al 65 per cento (entro il 2014 e al 50 per cento nel 2015) delle spese sostenute, entro il limite massimo che varia a seconda della tipologia dell’intervento eseguito;

§       l’agevolazione non è cumulabile con altri benefici fiscali previsti da disposizioni di legge nazionali (come, ad esempio, la detrazione per il recupero del patrimonio edilizio) o altri incentivi riconosciuti dalla Comunità europea; dal 1° gennaio 2009 la detrazione non è cumulabile con eventuali incentivi riconosciuti dalla Comunità europea, dalle regioni o dagli enti locali;

§       non è necessario effettuare alcuna comunicazione preventiva di inizio dei lavori all’Agenzia delle entrate;

§       i contribuenti non titolari di reddito d’impresa devono effettuare il pagamento delle spese sostenute mediante bonifico bancario o postale (i titolari di reddito di impresa sono invece esonerati da tale obbligo e possono provare la spesa con altra idonea documentazione);

§       è previsto l’esonero dalla presentazione della certificazione energetica per la sostituzione di finestre, per gli impianti di climatizzazione invernale e per l’installazione di pannelli solari;

§       al momento del pagamento del bonifico effettuato dal contribuente che intende avvalersi della detrazione, le banche e le Poste Italiane Spa hanno l’obbligo di effettuare una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dall’impresa che effettua i lavori; dal 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 98 del 2011) la ritenuta sui bonifici è stata ridotta dal 10 al 4%;

§       per gli interventi eseguiti dal 2011 è obbligatorio ripartire la detrazione in dieci rate annuali di pari importo (per gli anni 2009 e 2010 andava ripartita in cinque rate).

 

Con riferimento agli interventi di riqualificazione energetica relativi a parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari del singolo condominio, il nuovo comma 2 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 63 del 2013 prevede l'applicazione della detrazione nella misura:

§      del 65 per cento, per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 fino al 30 giugno 2015;

§      del 50 per cento, per le spese sostenute dal 1° luglio 2015 al 30 giugno 2016.

La norma, pertanto, rispetto alla normativa vigente proroga di un anno la misura della detrazione al 65 per cento (attualmente prevista sino al 30 giugno 2014), prevedendo altresì che la detrazione si applichi nella misura del 50 per cento nei 12 mesi successivi.

Si ricorda infatti che il comma 2 dell'articolo 14 citato prevede attualmente che agli interventi di riqualificazione energetica relativi a parti comuni degli edifici condominiali si applica a detrazione d'imposta del 65 per cento per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 sino al 30 giugno 2014.

La norma riguarda interventi:

a)    relativi a parti comuni degli edifici condominiali di cui agli articoli 1117 e 1117-bis del codice civile;

Si ricorda che l'articolo 1117 del codice civile, recentemente riformulato dall’articolo 1 della legge 11 dicembre 2012, n. 220 (Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici), prevede che sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo:

-        tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune (come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate);

-        le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune (come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune);

-        le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune (come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche).

Il successivo articolo 1117-bis (aggiunto dalla citata legge 11 dicembre 2012, n. 220) estende l'applicazione delle disposizioni recate dal Capo II del codice civile (Del condominio negli edifici), in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condomini di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni.

b)    ovvero che interessino tutte le unità immobiliari di cui si compone il singolo condominio.

Definizione di misure ed incentivi di carattere strutturale

La lettera b) del comma 87 modifica il comma 1 dell'articolo 15 del D.L. n. 63 del 2013 al fine di posticipare di due anni (dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2015) il termine entro cui dovranno essere definite misure ed incentivi selettivi di carattere strutturale, finalizzati a favorire la realizzazione di interventi per il miglioramento, l'adeguamento antisismico e la messa in sicurezza degli edifici esistenti, nonché per l’incremento del loro rendimento energetico e dell’efficienza idrica.

Tale posticipo appare consequenziale rispetto alla proroga sino al 31 dicembre 2015 delle detrazioni per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica.

Si ricorda che l’articolo 15 del D.L. n. 63 del 2013 ha stabilito – con disposizioni che non sembrano presentare un contenuto innovativo dell’ordinamento – che nelle more della definizione di misure ed incentivi selettivi di carattere strutturale, da adottare entro il 31 dicembre 2013 (termine ora differito al 31 dicembre 2015), finalizzati a favorire la realizzazione di interventi per il miglioramento, l'adeguamento antisismico e la messa in sicurezza degli edifici esistenti, nonché per l'incremento dell'efficienza idrica e del rendimento energetico degli stessi, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 14 e 16 (ovvero le detrazioni per gli interventi di riqualificazione energetica e di ristrutturazione edilizia).

Nella definizione delle misure e degli incentivi suddetti è compresa l'installazione di impianti di depurazione delle acque da contaminazione di arsenico di tipo domestico, produttivo e agricolo nei comuni dove è stato rilevato il superamento del limite massimo di tolleranza stabilito dall'Organizzazione mondiale della sanità o da norme vigenti, ovvero dove i sindaci o altre autorità locali sono stati costretti ad adottare misure di precauzione o di divieto dell'uso dell'acqua per i diversi impieghi. Nella definizione delle misure di carattere strutturale si deve, inoltre, tener conto dell'opportunità di agevolare ulteriori interventi, quali ad esempio le schermature solari, la micro-cogenerazione e la micro-trigenerazione per il miglioramento dell'efficienza energetica, nonché interventi per promuovere l'incremento dell'efficienza idrica e per la sostituzione delle coperture di amianto negli edifici.

Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia

La lettera c) del comma 87 modifica l'articolo 16 del D.L. n. 63 del 2013, con il quale è stata disposta la proroga delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili.

Il punto 1) della lettera c) sostituisce il comma 1 dell’articolo 16 prevedendo che, ferme restando le ulteriori disposizioni contenute nell’articolo 16-bis del TUIR, per le spese documentate, relative agli interventi di recupero del patrimonio edilizio (indicati nel comma 1 dello stesso articolo 16-bis), spetta una detrazione dall'imposta lorda - fino ad un ammontare complessivo non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare - pari al:

§      50 per cento, per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2014;

§      40 per cento, per le spese sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015.

In sostanza, rispetto alla disciplina vigente viene prorogata di un anno la misura della detrazione al 50 per cento attualmente prevista sino al 31 dicembre 2013, stabilendo altresì che la detrazione si applichi nella misura del 40 per cento per l'anno 2015.

 

La detrazione fiscale per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio è stata introdotta dall'articolo 1, comma 5, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. La norma è stata successivamente modificata e prorogata e, infine, resa stabile dal D.L. n. 201 del 2011 (art. 4, comma 1, lett. c)) che ha inserito il nuovo articolo 16-bis nel D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR). Tale norma ha confermato non sono l’ambito, soggettivo ed oggettivo, di applicazione delle detrazioni, ma anche le condizioni di spettanza del beneficio fiscale consolidando l’orientamento di prassi formatosi in materia. A regime, la misura della detrazione IRPEF è del 36 per cento per le spese di ristrutturazione edilizia sostenute per un importo non superiore a 48.000 euro per ciascuna unità immobiliare.

Le ulteriori disposizioni contenute nell’articolo 16-bis del TUIR fatte salve dalla norma in esame riguardano: le spese di progettazione e per prestazioni professionali connesse all'esecuzione delle opere edilizie e alla messa a norma degli edifici; l’acquisto di immobili ristrutturati da imprese di costruzione o ristrutturazione o da cooperative; gli interventi di prosecuzione di lavori iniziati negli anni precedenti; la riduzione della detrazione alla metà nel caso di interventi realizzati su unità immobiliari residenziali adibite promiscuamente all'esercizio dell'arte o della professione, ovvero all'esercizio dell'attività commerciale; la cumulabilità con le agevolazioni già previste sugli immobili oggetto di vincolo ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, ridotte del 50 per cento; la ripartizione della detrazione in dieci quote annuali costanti e di pari importo nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi; la disciplina in caso di vendita dell’immobile; l’applicazione di regolamenti attuativi.

 

Per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 fino al 30 giugno 2013, l’articolo 11, comma 1, del D.L. n. 83 del 2012 ha aumentato la misura della detrazione dal 36 per cento al 50 per cento ed ha innalzato il limite di spesa massima agevolabile da 48.000 a 96.000 euro per unità immobiliare.

Con l’articolo 16, comma 1, del D.L. n. 63 del 2013 è stato prorogato al 31 dicembre 2013 il termine di scadenza dell’innalzamento della percentuale di detrazione IRPEF dal 36 al 50 per cento e del limite dell'ammontare complessivo da 48.000 a 96.000 euro in relazione alle spese di ristrutturazione edilizia.

Nel corso della conversione del D.L. n. 63 del 2013, inoltre, sono state introdotte due rilevanti novità:

§      una detrazione del 50 per cento per le ulteriori spese sostenute dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del decreto-legge) al 31 dicembre 2013 (termine che la norma in esame proroga di un anno, si veda oltre) per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+, (per i forni la classe A), finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione, per un importo massimo complessivo non superiore a 10.000 euro, da ripartire in dieci quote annuali;

§      una detrazione del 65 per cento delle spese effettuate dal 4 agosto 2013 (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto) al 31 dicembre 2013 (termine che la norma in esame proroga di un anno, si veda oltre) per interventi di adozione di misure antisismiche su costruzioni che si trovano in zone sismiche ad alta pericolosità, se adibite ad abitazione principale o ad attività produttive.

 

In particolare la detrazione fiscale per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio è concessa (comma 1 del nuovo articolo 16-bis) per i seguenti interventi:

§       manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, effettuati su tutte le parti comuni degli edifici residenziali;

§       manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, e sulle loro pertinenze;

§       ricostruzione o ripristino di immobili danneggiati a seguito di eventi calamitosi, quando sia stato dichiarato lo stato di emergenza - anche anteriormente alla data di entrata in vigore della presente disposizione -anche se non rientranti nelle tipologie di intervento di cui alle lettere a) e b);

§       realizzazione di autorimesse o di posti auto pertinenziali, anche di proprietà comune;

§       eliminazione di barriere architettoniche;

§       adozione di misure finalizzate a prevenire il rischio di atti illeciti da parte di terzi;

§       realizzazione di interventi di cablatura degli edifici e di contenimento di inquinamento acustico;

§       conseguimento di risparmi energetici;

§       adozione di misure antisismiche;

§       bonifica dall’amianto e di esecuzione di opere volte ad evitare gli infortuni domestici.

Il comma 2 del nuovo articolo 16-bis del TUIR ricomprende tra le spese sostenute quelle di progettazione e per prestazioni professionali connesse all'esecuzione delle opere edilizie e alla messa a norma degli edifici ai sensi della legislazione vigente in materia. Il comma 3 del nuovo articolo 16-bis riconduce a regime la detrazione d’imposta del 36 per cento sull’acquisto di immobili ristrutturati da imprese di costruzione o ristrutturazione o da cooperative, istituita dall’articolo 9, comma 2, della legge n. 448 del 2001.

Tra le altre disposizioni introdotte in materia si segnalano:

§       l’abolizione dell’obbligo di invio della comunicazione di inizio lavori al Centro operativo di Pescara (articolo 7, comma 2, lett. q), del D.L. n. 70 del 2011). In sostanza, a decorrere dal 14 maggio 2011, la norma prescrive l’obbligo di indicare taluni dati nella dichiarazione dei redditi e di conservare la documentazione prevista dal Provvedimento n. 149646 del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 2 novembre 2011;

§       la riduzione della percentuale (dal 10 al 4%) della ritenuta d’acconto sui bonifici che banche e Poste hanno l’obbligo di operare (articolo 25 del decreto-legge n. 78 del 2010, come modificato dall’articolo 23, comma 8 ,del decreto legge 98 del 2011);

§       con la risoluzione n. 55/E del 7 giugno 2012 l’Agenzia delle entrate ha chiarito che il contribuente che intenda fruire dell’agevolazione deve utilizzare un bonifico “parlante” dal quale risulti: 1) la causale del versamento; 2) il codice fiscale del beneficiario della detrazione; 3) il numero di partita IVA ovvero il codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato;

§       l’eliminazione dell’obbligo di indicare il costo della manodopera, in maniera distinta, nella fattura emessa dall’impresa che esegue i lavori (articolo 7, comma 2, lett. r) del D.L. n. 70 del 2011; tale soppressione ha effetto anche per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici;

§       la facoltà riconosciuta al venditore, nel caso in cui l’unità immobiliare sulla quale sono stati eseguiti i lavori sia ceduta prima che sia trascorso l’intero periodo di godimento della detrazione, di scegliere se continuare a usufruire delle detrazioni non ancora utilizzate o trasferire il diritto all’acquirente (persona fisica) dell’immobile (commi 12-bis e 12-ter dell’articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011);

§       l’obbligo per tutti i contribuenti di ripartire l’importo detraibile in 10 quote annuali: dal 2012 non è più prevista per i contribuenti di 75 e 80 anni la possibilità di ripartire la detrazione, rispettivamente, in 5 o 3 quote annuali (articolo 4, comma 1 del D.L. n. 201 del 2011).

 

Il punto 2) della lettera c) modifica il comma 1-bis dell'articolo 16 del TUIR il quale, fino al 31 dicembre 2013, ha previsto una detrazione del 65 per cento per gli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche (contemplati dall’articolo 16-bis, comma 1, lett. i), del TUIR).

Per effetto delle modifiche apportate si prevede che per tale tipo di intervento - fino ad un ammontare di spesa non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare - spetta una detrazione del:

§      65 per cento, per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2014;

§      50 per cento, per le spese sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015.

Anche in tal caso, pertanto, viene prorogata di un anno la misura della detrazione al 65 per cento attualmente prevista sino al 31 dicembre 2013, stabilendo altresì che la detrazione si applichi nella misura del 50 per cento per l'anno 2015.

Si ricorda che le misure antisismiche in parola devono riguardare edifici che si trovano nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) individuate dall’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, recante «Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica». Per ottenere il beneficio fiscale le procedure autorizzatorie degli interventi devono essere state attivate dopo l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (ossia dopo il 4 agosto 2013).

Gli interventi antisismici previsti dall’articolo 16-bis del TUIR riguardano, in particolare, l'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica (in particolare sulle parti strutturali) per la redazione della documentazione obbligatoria atta a comprovare la sicurezza statica del patrimonio edilizio, nonché per la realizzazione degli interventi necessari al rilascio della suddetta documentazione. Gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche e all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica devono essere realizzati sulle parti strutturali degli edifici o complessi di edifici collegati strutturalmente e comprendere interi edifici e, ove riguardino i centri storici, devono essere eseguiti sulla base di progetti unitari e non su singole unità immobiliari.

 

Il punto 3) della lettera c) modifica il comma 2 dell'articolo 16 del D.L. n. 63 del 2013, prevedendo per i contribuenti che fruiscono della detrazione di cui al comma 1 una detrazione del 50 per cento per le ulteriori spese documentate e sostenute dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2014 per l'acquisto dei seguenti prodotti finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione:

§      Mobili;

§      grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+;

§      forni di classe A.

In sostanza, con la norma in esame viene specificato il termine finale (31 dicembre 2014) entro cui devono essere sostenute le spese ai fini della detrazione, termine che nel testo vigente non è indicato.

Si ricorda che, ai fini del riconoscimento della detrazione in oggetto, la norma fa riferimento ai contribuenti che fruiscono della detrazione di cui al comma 1, cioè a coloro che usufruiscono delle possibilità di detrarre - nel limite massimo di spesa di 96.000 euro - il 50 per cento delle spese di ristrutturazione edilizia sostenute nel periodo di tempo tra il 26 giugno 2012 e il 31 dicembre 2014 (come prorogato dalla norma supra).

Si evidenzia inoltre che con la circolare n. 29/E del 18 settembre 2013 l'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti su alcune questioni interpretative concernenti le detrazioni per interventi di efficienza energetica, di ristrutturazione edilizia, per acquisto di mobili per l’arredo e di elettrodomestici disposte dal decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63.

La circolare tra l'altro ha fornito informazioni su modalità di pagamento, diritto alla detrazione, tipologia di mobili interessati e elettrodomestici. Rientrano tra i mobili agevolabili, a titolo esemplificativo, letti, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, comodini, divani, poltrone, credenze, nonché i materassi e gli apparecchi di illuminazione che costituiscono un necessario completamento dell’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione. Non sono agevolabili, invece, gli acquisti di porte, di pavimentazioni (ad esempio, il parquet), di tende e tendaggi, nonché di altri complementi di arredo. Rientrano i grandi elettrodomestici, a titolo esemplificativo: frigoriferi, congelatori, lavatrici, asciugatrici, lavastoviglie, apparecchi di cottura, stufe elettriche, piastre riscaldanti elettriche, forni a microonde, apparecchi elettrici di riscaldamento, radiatori elettrici, ventilatori elettrici, apparecchi per il condizionamento. Devono essere in classe energetica non inferiore alla A+, A per i forni, per le apparecchiature per le quali sia prevista l’etichetta energetica. I mobili devono essere nuovi. Nell’importo delle spese sostenute per l’acquisto di mobili e elettrodomestici possono essere considerate anche le spese di trasporto e di montaggio dei beni acquistati, sempre che le spese stesse siano state sostenute con le modalità indicate. I contribuenti devono eseguire i pagamenti mediante bonifici bancari o postali, con le medesime modalità già previste per i pagamenti dei lavori di ristrutturazione fiscalmente agevolati; tuttavia, per esigenze di semplificazione legate alle tipologie di beni acquistabili, è consentito effettuare il pagamento degli acquisti di mobili o di grandi elettrodomestici anche mediante carte di credito o carte di debito.

Sull’impatto delle misure di incentivazione si veda il dossier: Il recupero e la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio: una stima dell’impatto delle misure di incentivazione.


 

Articolo 1, commi 88-95
(Rivalutazione beni di impresa)

 

 

I commi da 88 a 95 concedono alle società di capitali ed agli enti residenti sottoposti a IRES la possibilità di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2012, attraverso il pagamento di un'imposta sostitutiva con aliquota del sedici per cento per i beni ammortizzabili e del dodici per cento per i beni non ammortizzabili. Per l'affrancamento del saldo attivo della rivalutazione è invece prevista un'imposta sostitutiva del dieci per cento.

 

Più in dettaglio, il comma 88 prevede che i soggetti indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del TUIR (società di capitali residenti, enti e trust residenti che esercitano attività commerciali) possono rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni, ad esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività di impresa, risultanti dal bilancio in corso al 31 dicembre 2012.

La rivalutazione opera in deroga all'articolo 2426 del codice civile (che individua i criteri di valutazione di tali beni a fini civilistici) e ad ogni altra disposizione di legge vigente in materia,

 

La rivalutazione va eseguita nel bilancio o rendiconto dell'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2012 e per il quale il termine di approvazione scada successivamente alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. Essa deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea e va annotata nell'inventario e nella nota integrativa (comma 89).

 

Il comma 90 prevede il pagamento di una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'IRAP e di eventuali addizionali nella misura del dieci per cento al fine dell'affrancamento, in tutto o in parte, del saldo attivo della rivalutazione.

 

Il comma 91 stabilisce che la rivalutazione avvenga mediante versamento di un'imposta sostitutiva del sedici per cento per i beni ammortizzabili e del dodici per cento per i beni non ammortizzabili, calcolato sul maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione; tali imposte sono sostitutive delle imposte sui redditi, dell'IRAP e di eventuali addizionali.

La valenza fiscale della procedura di rivalutazione opera a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita.

 

Nel caso in cui i beni rivalutati, prima dell'inizio del quarto esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è stata effettuata, siano ceduti a titolo oneroso, assegnati ai soci, destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ovvero al consumo personale o familiare dell'imprenditore, ai fini della determinazione di plusvalenze (o minusvalenze) si ha riguardo al costo del bene prima della rivalutazione (comma 92).

 

Le modalità di versamento delle imposte sostitutive sono individuata dal comma 93. È previsto in particolare il versamento in tre rate annuali di pari importo, senza pagamento di interessi:

§      la prima rata va versata entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita;

§      le successive entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d'imposta successivi.

È prevista la possibilità di compensare detti importi ai sensi della vigente normativa.

 

Il comma 94 rimanda, in quanto compatibili, alle precedenti disposizioni in materia di rivalutazione:

§      articoli 11, 13, 14 e 15 della legge 21 novembre 2000, n. 342 e decreti del Ministro delle finanze 13 aprile 2001, n. 162, e del Ministro dell'economia e delle finanze 19 aprile 2002, n. 86;

§      commi 475, 477 e 478 dell’articolo 1 della legge del 30 dicembre 2004, n. 311.

 

Si ricorda che gli articoli da 10 a 16 della legge n. 342 del 2000 hanno concesso alle imprese la facoltà di effettuare la rivalutazione dei beni risultanti in bilancio attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva sul maggior valore iscritto.

In particolare, ai sensi dell’articolo 10, potevano essere oggetto di rivalutazione i beni mobili e immobili e le partecipazioni in società controllate o collegate che risultassero iscritte tra le immobilizzazioni nel bilancio chiuso entro il 31 dicembre 2002. Risultavano esclusi, invece, i beni alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa (c.d. “beni-merce”).

Quanto all’ambito soggettivo, potevano avvalersi delle disposizioni richiamate le società di capitali, gli enti commerciali, gli enti non commerciali, le imprese individuali, le società di persone, con la sola esclusione delle società semplici, nonché le società, gli enti e le persone fisiche non residenti che esercitano attività commerciali nel territorio dello Stato mediante una stabile organizzazione (articoli 10 e 15).

La rivalutazione, secondo quanto disposto dall’articolo 11, poteva essere eseguita nell’esercizio successivo a quello indicato all'articolo 10, per il quale il termine di approvazione del bilancio scadesse successivamente alla data di entrata in vigore della legge. Inoltre, al fine di evitare sopravvalutazioni, venivano disposti criteri per la determinazione del nuovo valore attribuito al bene oggetto di rivalutazione.

L’articolo 12 prevedeva che sui maggiori valori emersi fosse applicata un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP, nella misura, rispettivamente, del 19 per cento per i beni ammortizzabili e del 15 per cento per quelli non ammortizzabili. L’imposta sostitutiva poteva essere versata in tre rate annuali di pari importo, anche mediante compensazione, ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997.

Il maggior valore attribuito ai beni con la rivalutazione, in base all’articolo 12, comma 3, era comunque riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a decorrere dall’esercizio in cui la rivalutazione era stata effettuata.

Ai sensi del successivo articolo 13, il saldo attivo risultante dalla rivalutazione doveva essere destinato ad incremento di capitale sociale oppure iscritto in una apposita riserva in sospensione d’imposta[38], la cui denominazione doveva contenere il riferimento alle disposizioni relative alla rivalutazione eseguita. La norma ha la finalità di evitare che le somme relative alla rivalutazione, incrementative del patrimonio netto dell’impresa, possano venire utilizzate senza essere tassate. Pertanto, il medesimo articolo 13 dispone che nel caso in cui tali riserve siano distribuite ai soci, le somme versate, incrementate dell’imposta sostitutiva pagata, concorrono a formare sia il reddito imponibile della società sia quello dei soci; a tal fine è riconosciuto un credito d’imposta pari all’importo dell’imposta sostitutiva pagata. Se, invece, la riserva è utilizzata per la copertura di perdite, non si può far luogo a distribuzione di utili se prima non viene reintegrata la riserva medesima.

L'articolo 14 consentiva l'applicazione delle disposizioni dell’articolo 12 e della relativa imposta sostitutiva, per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori dei beni iscritti nel bilancio o rendiconto, anche singolarmente considerati, divergenti da quelli fiscali a qualsiasi titolo (c.d. riallineamento).

In entrambi i casi (rivalutazione o riallineamento), ai sensi dell’articolo 14, l’importo corrispondente ai maggiori valori era imputato ad una riserva in sospensione di imposta.

L’articolo 16, infine, rimetteva a un decreto ministeriale la determinazione delle modalità di attuazione delle disposizioni contenute negli articoli da 10 a 15.

A ciò si è provveduto con i decreti del Ministro delle finanze 13 aprile 2001, n. 162, e 19 aprile 2002, n. 86.

 

I commi 475, 477 e 478 dell’articolo 1 della legge del 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) disciplinano il versamento di una imposta sostitutiva sulle riserve e i fondi in sospensione di imposta e sui saldi attivi di rivalutazione.

Il comma 475 in particolare prevede che le riserve e i fondi, assoggettati all'imposta sostitutiva, non concorrono a formare il reddito imponibile dell'impresa ovvero della società e dell'ente e in caso di distribuzione dei citati saldi attivi non spetta il credito d'imposta. Ai sensi del comma 477 l'imposta sostitutiva è indeducibile e può essere imputata, in tutto o in parte, alle riserve iscritte in bilancio o rendiconto; per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni e il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi (comma 478).

 

Il comma 95 prescrive infine che le previsioni dell’articolo 14, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342, sul riconoscimento fiscale di maggiori valori iscritti in bilancio, si applicano anche ai soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali anche con riferimento alle partecipazioni, in società ed enti, costituenti immobilizzazioni finanziarie ai sensi dell’articolo 85, comma 3-bis, del TUIR.

 

Si ricorda che il comma 3-bis citato prevede che, per i soggetti che redigono il bilancio in base ai princìpi contabili internazionali, si considerano immobilizzazioni finanziarie gli strumenti finanziari diversi da quelli detenuti per la negoziazione.

 

Per tali soggetti, per l’importo corrispondente ai maggiori valori oggetto di riallineamento, al netto dell’imposta sostitutiva, è vincolata una riserva in sospensione di imposta ai fini fiscali che può essere affrancata secondo le modalità viste supra.


 

Articolo 1, commi 96-98
(Affrancamento maggiori valori contabili)

 

 

I commi da 96 a 98 dispongono l’efficacia a regime delle disposizioni in materia di affrancamento fiscale dei maggiori valori contabili emersi in seguito ad operazioni straordinarie contenute nell’articolo 15, commi 10-bis e 10-ter dell’articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008.

Ne viene infatti consentita l’applicazione alle operazioni effettuate a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2012. Gli effetti del riallineamento decorrono dal secondo periodo di imposta successivo a quello del pagamento della sostitutiva.

 

Più in dettaglio, il comma 96 stabilisce che le disposizioni di cui all’articolo 15, commi 10-bis e 10-ter del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, si applichino anche alle operazioni effettuate a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2012.

 

Si ricorda, in estrema sintesi, che l’articolo 15, comma 10, del decreto-legge n. 185 del 2008 ha introdotto, per le imprese coinvolte in operazioni straordinarie (aggregazioni aziendali disciplinate dagli articoli 172, 173 e 176 del TUIR: rispettivamente, fusione, scissione e conferimenti d’azienda), la facoltà (in deroga rispetto a quella ordinariamente prevista dall’articolo 176, comma 2-ter del TUIR) di “affrancare” fiscalmente i maggiori valori risultanti dalle operazioni di fusione, scissione e conferimenti aziendali, limitatamente alle voci relative all’avviamento, ai marchi d’impresa e alle altre attività immateriali.

Tale facoltà si concretizza col pagamento di un’imposta sostitutiva in misura pari al 16% e con un riconoscimento fiscale dei maggiori valori che decorre dal periodo d’imposta nel quale è versata l’imposta sostitutiva.

In seguito l’articolo 23, comma da 12 a 15 del D.L. 98/2011 (con l'inserimento dei commi 10-bis e 10-ter nell'articolo 15 del citato decreto-legge n. 185 del 2008) ha esteso la facoltà di affrancamento ai maggiori valori attribuiti alle partecipazioni di controllo iscritti in bilancio a seguito dell'operazione straordinaria a titolo di avviamento, marchi d'impresa e altre attività immateriali. Obiettivo di tale disposizione è stato quello di rendere possibile l’affrancamento anche quando le attività immateriali non emergono in via immediata nel bilancio individuale di ciascuna società, in quanto ricomprese nei maggiori valori attribuiti alle partecipazioni presenti.

L’articolo 15, comma 10, del D.L. n. 185 del 2008 consente infatti l’affrancamento delle attività immateriali solo se iscritte in modo autonomo nel bilancio di esercizio delle società risultanti dalle operazioni straordinarie. Vi sono però operazioni in cui tali poste non sono iscrivibili autonomamente in bilancio; è il caso in cui l’attivo di bilancio delle società coinvolte in operazioni straordinarie sia rappresentato, in tutto o in parte, da partecipazioni di controllo (è il caso delle holding). I valori relativi alle attività immateriali, in tali casi, sono infatti inclusi nel valore di carico delle partecipazioni e non possono essere iscritti autonomamente in bilancio.

L’affrancamento è applicabile anche ai maggiori valori, attribuiti ad avviamento e altre attività immateriali, iscritti nel bilancio consolidato e derivanti da acquisti di partecipazioni di controllo in cessioni di azienda.

Il comma 13 del citato articolo 23 limitava l’applicabilità delle suddette norme alle operazioni effettuate nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2010 e a quelle effettuate nei periodi di imposta precedenti.

Successivamente l’articolo 20 del decreto-legge n. 201 del 2011 ha esteso anche alle operazioni aziendali straordinarie effettuate nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2011 la possibilità di “affrancare” fiscalmente i maggiori valori delle partecipazioni di controllo, iscritti in bilancio a seguito delle predette operazioni straordinarie, a titolo di avviamento, marchi d’impresa e altre attività immateriali.

 

La disciplina introdotta dall'articolo 23 del D.L. n. 98 del 2011 era volta ad eliminare una penalizzazione per quei soggetti che effettuano operazioni di acquisizione di aziende ma con modalità diverse rispetto a quelle tradizionali e che non iscrivono maggiori valori in modo autonomo nei bilanci individuali. Tale previsione, come integrata dall'articolo 20 del D.L. n. 201 del 2011, ha tuttavia riguardato esclusivamente l’affrancamento per le operazioni effettuate sino al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2011.

La norma in esame stabilisce che tale facoltà di affrancamento sia “a regime”, analogamente a quanto previsto per fusioni, scissioni e conferimenti di azienda dall’articolo 176, comma 2-ter del TUIR e dall’articolo 15, commi 10, 11 e 12 del decreto legge n. 185 del 2008.

 

Il versamento dell’imposta sostitutiva (con aliquota del 16 per cento, ai sensi dell'articolo 15, comma 10, del D.L. n. 185 del 2008) è dovuto in un’unica rata da versare entro il termine di scadenza del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta in riferimento al quale l’operazione è effettuata.

Per le operazioni effettuate nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2012, l’imposta sostitutiva dovuta è versata entro il termine di scadenza del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013.

 

Ai sensi del comma 97, gli effetti del riallineamento di cui al comma precedente decorrono dal secondo periodo di imposta successivo a quello del pagamento della sostitutiva, effetti che tuttavia si intendono revocati nell'ipotesi di un successivo realizzo delle partecipazioni affrancate ovvero dei marchi e delle altre attività immateriali cui si riferisce l’affrancamento effettuato anteriormente al quarto periodo di imposta successivo a quello del pagamento dell'imposta sostitutiva.

 

L’esercizio dell’opzione per il riallineamento di cui al comma 16 non è consentito in caso di opzione per i regimi previsti dagli articoli 172, comma 10-bis (fusione di società), 173, comma 15-bis (scissione di società), e 176, comma 2-ter (conferimento d'azienda), del TUIR e dall’articolo 15, commi 10, 11 e 12 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, e viceversa.

Si tratta in sostanza di un divieto di cumulo nell'esercizio di opzioni per regimi di imposizione sostitutiva, al fine di evitare duplicazione di benefici.

 

Il comma 98 rimanda infine ad provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate per la definizione delle modalità di attuazione delle suddette norme.

 


 

Articolo 1, comma 99
(Remunerazione della disponibilità di capacità
di produzione di energia elettrica
)

 

 

Il comma 99, introdotto durante l’esame al Senato, demanda all’Autorità per l’energia elettrica e il gas l’individuazione della modalità di integrazione della remunerazione della disponibilità di capacità di produzione di energia elettrica (capacity payment transitorio), con effetto dal 2014. Si tratta, in pratica, di un indennizzo previsto per le centrali termoelettriche per la flessibilità che esse garantiscono alla sicurezza del sistema elettrico, lavorando a ritmo ridotto quando è alta la produzione da fonti rinnovabili (che hanno priorità di ritiro), e compensando i fabbisogni nei momenti in cui la produzione da fonti rinnovabili si riduce. Al fine di non scaricare sui prezzi e le tariffe dell’energia elettrica gli oneri derivanti dall’integrazione di tale corrispettivo, la norma prevede la partecipazione delle diverse fonti energetiche (incluse, dunque, le fonti rinnovabili) ai costi del mantenimento della sicurezza del sistema elettrico.

 

In particolare, la norma richiama il comma 5 dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 379/2003, che disciplina il meccanismo transitorio di remunerazione della capacità, in attesa della definizione del sistema a regime previsto dall’articolo 1. Il capacity payment transitorio, regolato dall'Autorità con delibera 48/04, dovrebbe rimanere in vigore fino all'entrata in funzione del meccanismo di remunerazione della potenza a regime (capacity market a regime).

L’articolo 5 del decreto legislativo 379/2003 reca le disposizioni transitorie, sino all’entrata in operatività del sistema di remunerazione della potenza “a regime” istituito dall’articolo 1 del decreto, ovvero disciplina il cosiddetto “capacity payment transitorio”, cioè il corrispettivo per la remunerazione della disponibilità di capacità produttiva, per un periodo transitorio con decorrenza 1 marzo 2004 e termine alla data di entrata in funzione del regime di remunerazione.

Con la Delibera n. 48/04 (Avvio del dispacciamento di merito economico per l'anno 2004 e connesse disposizioni in materia di adeguatezza della capacità produttiva del sistema elettrico nazionale e di attuazione della deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas 30 gennaio 2004, n. 5/04) l’AEEG ha dato attuazione al capacity payment transitorio.

Per la definizione del sistema di remunerazione della disponibilità di capacità produttiva di energia elettrica a regime, l’articolo 2 del D.lgs. n. 379/2003, prevede che l’Autorità per l’energia definisca i criteri e le condizioni sulla base dei quali Terna deve elaborare una proposta per disciplinare il sistema. Tale proposta deve essere approvata con un decreto del MiSE. La Delibera dell’Autorità 98/11 (del 22 luglio 2011), ha predisposto criteri e condizioni per la disciplina del sistema, e ha previsto una “polizza assicurativa” fra consumatori e produttori, impegnando questi ultimi a garantire una disponibilità di capacità produttiva per quantitativi che il gestore della rete (Terna) ritenga necessari per evitare deficit di generazione o situazioni critiche. Il decreto del Ministro dello sviluppo economico di approvazione della delibera non è ancora stato emanato.

I criteri definiti dall'Autorità con la delibera 98/11, prevedono che il sistema della remunerazione della capacità a regime, venga applicato non prima del 2017 e solo per le quantità veramente necessarie, tenuto conto dell'attuale situazione di eccesso di capacità produttiva; quindi, fino a quella scadenza ai produttori non sarà riconosciuto alcun corrispettivo.

Si segnala, infine, che il decreto-legge 83/2012 (articolo 34, comma 7-bis) demanda all’AEEG la definizione delle modalità per la selezione e la remunerazione dei servizi di flessibilità assicurati dagli impianti di produzione abilitati, sempre senza maggiori oneri per prezzi e tariffe dell'energia elettrica. Secondo l’AEEG (documento per la consultazione 508/2012/R/EEL) il nuovo sistema di remunerazione della flessibilità deve rappresentare uno strumento differente e complementare rispetto al nuovo mercato della capacità previsto dal decreto legislativo n. 379/03. Da una parte il sistema di remunerazione della flessibilità deve, infatti, essere volto ad assicurare che i produttori possano offrire i differenti servizi di rete in maniera tale da riflettere adeguatamente la struttura dei costi di erogazione dei medesimi e possano ricevere un segnale trasparente sul valore degli stessi, dall’altra il nuovo mercato della capacità serve ad assicurare l’adeguatezza del sistema su orizzonti di lungo termine al minor costo per i consumatori, senza offrire orientamenti sul mix di servizi di cui Terna necessiterà in futuro per garantire la sicurezza del sistema.

Entrambe le previsioni normative, peraltro, trovano la loro ratio nelle nuove esigenze di gestione in sicurezza e in efficienza di un sistema caratterizzato dalla necessità di integrare rapidamente un’elevata e crescente quota di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili.

Negli ultimi anni, infatti, si sta assistendo ad uno sviluppo molto rapido della capacità di produzione oggetto di incentivazione, attribuibile per lo più alla realizzazione e connessione alle reti di impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili, principalmente fotovoltaici ed eolici (circa 35 GW di capacità di generazione rinnovabile non programmabile nel 2012, di cui circa 26 GW di capacità di generazione fotovoltaica ed eolica) pari a oltre il 50% del carico alla punta di sistema.

I principali effetti della generazione da impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili sulla gestione in sicurezza del sistema elettrico nazionale sono, secondo l’AEEG:

a)    l’aleatorietà di tali fonti comporta un incremento dell’errore di previsione del carico residuo da bilanciare in tempo reale e, quindi, un incremento dei fabbisogni di regolazione di frequenza e potenza sia in aumento (riserva a salire) che in diminuzione (riserva a scendere);

b)    la maggiore produzione rinnovabile, riducendo la porzione di carico soddisfatta da unità di produzione termoelettriche con capacità di regolazione, rende, a parità di altri fattori, tecnicamente più complessa ed economicamente più onerosa la costituzione dei margini di riserva necessari a garantire il bilanciamento in tempo reale del sistema elettrico (taluni servizi di riserva possono, infatti, essere resi esclusivamente da impianti che stanno producendo energia);

c)    in relazione agli impianti fotovoltaici, essendo la produzione interamente concentrata nelle ore diurne, l’aumento di tale produzione accentua progressivamente la distanza tra il minimo carico residuo diurno e il massimo carico residuo serale. Tale distanza è raccordata da una rampa di presa di carico “serale” che in un numero crescente di giorni dell’anno è più ripida della rampa di presa di carico “mattutina”. Al fine di soddisfare le predette rampe di carico residuo sono necessarie azioni rapide di bilanciamento realizzate usualmente da impianti programmabili con elevate capacità di modulazione, rapidi tempi di riposta e trascurabili vincoli di permanenza in servizio notte/giorno.

 

Il comma 99 in esame punta a ridurre i rischi per la sicurezza energetica nazionali dovuti alla crisi del settore termoelettrico, causata dalla veloce espansione delle fonti rinnovabili e dal calo della domanda di energia elettrica (overcapacity), cercando di introdurre un sistema “ponte” con lo scopo di evitare dismissioni di impianti necessari alla sicurezza e alla fornitura di servizi di bilanciamento e riserva, fino all'avvio del mercato a lungo termine della capacità.

 

Si segnala che con la recente comunicazione “Delivering the internal electricity market and making the most of public intervention”, e in particolare con l’allegato “Generation Adequacy in the internal electricity market - guidance on public Interventions”, la Commissione UE ha affrontato il problema della remunerazione della capacità e proposto alcune linee guida (attualmente non vincolanti) in materia di capacity payment.

Secondo la Commissione, prima di prendere qualsiasi decisione inerente i meccanismi di remunerazione della capacità, i governi dovrebbero analizzare le cause dell’inadeguatezza nella generazione. In secondo luogo, dovrebbero capire se il malfunzionamento dipenda da alcuni elementi come prezzi regolamentati o alti sussidi per l'energia rinnovabile, e porvi rimedio. Inoltre i governi dovrebbero anche assicurarsi che i produttori da rinnovabili reagiscano a segnali di mercato e promuovano la flessibilità della domanda, ad esempio stimolando in consumatori attraverso tariffe differenziate e soluzioni smart grid e smart metering a usare l'energia nelle ore non di picco. La Commissione ritiene che le misure di remunerazione della capacità non debbano condurre all'artificioso mantenimento in funzione di centrali inefficienti grazie a un sostegno pubblico, o alla realizzazione di nuova capacità non necessaria.


 

Articolo 1, comma 100
(Fotovoltaico pubblico in zone colpite da calamità)

 

 

Il comma 100, introdotto durante l’esame al Senato, proroga di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il termine per l’entrata in funzione degli impianti fotovoltaici realizzati su edifici o terreni della pubblica amministrazione già iscritti nel registro del Gse ai fini degli incentivi del quinto Conto energia da realizzarsi in zone colpite da eventi calamitosi negli anni 2012 e 2013.

 

La norma richiama il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 5 luglio 2012 (Attuazione dell'art. 25 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici), c.d. Quinto Conto Energia, facendo però riferimento ai soli impianti realizzati su edifici pubblici e su aree delle amministrazioni pubbliche.

In particolare, per tali impianti, viene prorogato il termine di entrata in esercizio (che di norma è entro un anno dalla data di pubblicazione della graduatoria, ai sensi dell’articolo 4, comma 8, del medesimo decreto ministeriale) per l’ammissione alle tariffe incentivanti gli impianti iscritti nel registro in posizione tale da rientrare nei volumi incentivabili.

La proroga è concessa anche nel caso in cui a ricadere nelle zone colpite dalle calamità siano le opere connesse agli impianti.

Si rammenta che l’art. 8, comma 7, del D.L. 74/2012 prevedeva una disposizione con finalità analoghe a quella in commento, per gli impianti ubicati nelle zone colpite dagli eventi sismici del maggio 2012 in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, ma che era destinata a tutti gli impianti danneggiati.

 

Con riferimento alla condizione che restringe l’ambito di applicazione della norma alle zone colpite da calamità, la disposizione in commento si riferisce alle zone che, nel corso degli anni 2012 e 2013, “sono state per qualsiasi motivo riconosciute colpite da eventi calamitosi con provvedimenti normativi o amministrativi”.

 

Si osserva che dalla formulazione della norma non si evince chiaramente l’ambito di applicazione, che sembrerebbe non limitarsi a considerare i soli territori per i quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza ai sensi della legge 225/1992, che disciplina gli interventi di protezione civile.

 

Si ricorda, infatti, che l’art. 6 del D.Lgs. 102/2004 disciplina la procedura per la dichiarazione di eccezionalità delle calamità naturali in ambito agricolo.


 

Articolo 1, comma 101-102
(Rivalutazione terreni e partecipazioni)

 

 

I commi 101 e 102, introdotti durante l’esame del provvedimento al Senato, riaprono i termini per la rivalutazione contabile di terreni agricoli ed edificabili e partecipazioni in società non quotate, introdotta in origine dalla legge finanziaria 2002 e successivamente prorogata nel tempo.

Le maggiori entrate derivanti da dette operazioni, pari a 200 milioni di euro per l'anno 2014 e a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016, sono destinate al Fondo per gli interventi strutturali di politica economica.

 

In particolare, il comma 101 consente di rivalutare anche i terreni e le partecipazioni posseduti al 1° gennaio 2014; il termine di versamento dell’imposta sostitutiva è fissato conseguentemente al 30 giugno 2014 (ove si opti per la rata unica; altrimenti, come già previsto in passato, in tre rate annuali di pari importo entro il termine del 30 giugno 2014, 30 giugno 2016 e 30 giugno 2016); la perizia di stima dovrà essere redatta ed asseverata, al massimo, entro il 30 giugno 2014.

 

Più in dettaglio, la disposizione in esame novella l’articolo 2, comma 2, del D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, col quale è stata disposta la prima riapertura dei termini previsti dagli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 riferiti, rispettivamente, al possesso di partecipazioni e di terreni.

I richiamati articoli 5 e 7 della legge n. 448 del 2001 hanno introdotto la facoltà di rivalutare i terreni (sia agricoli che edificabili) e le partecipazioni in società non quotate possedute da persone fisiche e società semplici, agli effetti della determinazione delle plusvalenze, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva da applicare sul maggior valore attribuito ai cespiti.

Nel corso del tempo tali disposizioni sono state oggetto di diverse modifiche dirette a riaprire i dei termini per usufruire del beneficio, ampliandone così l’ambito operativo.

Si tratta di plusvalenze conseguite - non nell’esercizio di arti e professioni né nell’esercizio di attività di impresa - dall’alienazione di terreni agricoli e di aree edificabili, nonché di partecipazioni in società non quotate; il beneficio fiscale consiste per l’appunto nell’applicazione di un’imposta sostitutiva con aliquota inferiore a quella prevista ove il contribuente si avvalesse per il regime fiscale ordinario.

Il contribuente ha dunque la facoltà di assumere, agli effetti della determinazione delle plusvalenze di cui all’articolo 67, comma 1, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR - in luogo del costo o valore d’acquisto, il valore dei beni posseduti alla data del 1° luglio 2011, determinato, sempre con riferimento a tale data, da perizia asseverata e redatta da un professionista. Tale valore è assoggettato all’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, pari al 4 per cento per la rivalutazione dei terreni e delle aree edificabili e del 4 per cento o del 2 per cento del valore delle partecipazioni rispettivamente possedute per quote qualificate o non qualificate.

Le disposizioni sono state successivamente prorogate ed ampliate dal D.L. 70 del 2011 (articolo 7, comma 2, lettere da dd) a ff)), che ha in particolare individuato tra i destinatari dell’agevolazione anche le società di capitali i cui beni siano stati oggetto di misure cautelari e che all’esito del giudizio ne abbiano riacquistato la piena titolarità; a chi abbia già usufruito della rivalutazione di partecipazioni e terreni in passato è stato consentito di detrarre dall’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione l’importo relativo all’imposta sostitutiva già versata; per i soggetti che non effettuano la suddetta detrazione è possibile chiedere il rimborso della imposta sostitutiva già pagata.

La disciplina è stata da ultimo prorogata dall’articolo 1, comma 473 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012), che consentito di rivalutare i terreni e le partecipazioni possedute al 1° gennaio 2013, versando l’imposta sostitutiva, alternativamente, in unica soluzione entro il 30 giugno 2013 oppure, come già previsto per le precedenti leggi di rivalutazione, in tre rate annuali di pari importo entro il termine del 30 giugno 2013, 30 giugno 2014 e 30 giugno 2015. Il termine per la redazione ed asseverazione della perizia era stato fissato, al massimo, entro il 30 giugno 2013.

 

Il comma 102 assegna le maggiori entrate derivanti da dette operazioni, stimate in 200 milioni di euro per l'anno 2014 e a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016, al Fondo per gli interventi strutturali di politica economica.

 

Si ricorda che il Fondo ISPE è stato istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282 del 2004 al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il Fondo, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze (cap. 3075) viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari. Per quanto concerne le risorse finanziarie, si ricorda che nel disegno di legge di bilancio per gli anni 2014-2016 il Fondo presenta una dotazione pari a 7,3 milioni per il 2014, 66,8 milioni per il 2015 e a 42,9 milioni per il 2016.

Per una ricostruzione della dotazione del Fondo, conseguente alle norme contenute nel provvedimento in esame, si rimanda alla scheda di lettura del comma 143.


 

Articolo 1 commi 103-106
(Deducibilità fiscale a fini IRAP e IRES delle rettifiche su crediti
e delle perdite su crediti)

 

 

I commi da 103 a 106, modificati durante l’esame del provvedimento al Senato, modificano la disciplina del regime IRAP e IRES delle rettifiche su crediti e delle perdite su crediti, incidendo in particolare sul regime applicabile a enti creditizi, finanziari ed assicurativi.

Più in dettaglio i commi 103 e 104 consentono ai soggetti operanti nei settori bancario, finanziario ed assicurativo, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013, di includere nella base imponibile IRAP le perdite e le riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, nell’esercizio in cui sono contabilizzate e nei quattro successivi.

I commi 105 e 106 modificano la disciplina della deducibilità delle rettifiche di valore (svalutazioni e perdite) sui crediti iscritti in bilancio, incidendo in particolare sul regime applicabile ad enti creditizi, finanziari e, per effetto delle modifiche apportate al Senato, anche assicurativi.

Con una prima novella si intendono soddisfatti i requisiti per la deducibilità delle perdite su crediti anche nell’ipotesi di cancellazione dei crediti dal bilancio redatto anche secondo i principi contabili nazionali. Inoltre, per i richiamati enti è prevista, in relazione ad entrambi i componenti negativi, la loro integrale deducibilità a fini IRES (al di fuori dunque, dei limiti percentuali fissati ex lege) nell’esercizio in cui sono imputate in bilancio e nei quattro successivi, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013.

 

Il comma 103 novella gli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, provvedimento che ha istituito e disciplina l’IRAP.

La lettera a) modifica l'articolo 6, che individua i criteri per la determinazione del valore della produzione netta - e cioè della base imponibile IRAP - delle banche e di altri enti e società finanziari.

La disciplina vigente stabilisce che la base imponibile per le banche e gli altri enti e società finanziari è determinata dalla somma algebrica delle seguenti voci del conto economico:

§       margine d’intermediazione ridotto del 50 per cento dei dividendi;

§       ammortamenti dei beni materiali e immateriali ad uso funzionale per un importo pari al 90 per cento;

§       altre spese amministrative per un importo pari al 90 per cento.

 

Viene in particolare inserita la lettera c-bis) volta ad includere nel calcolo dell’imponibile le rettifiche e le riprese di valore (ovvero il ripristino di valore degli elementi dell'attivo svalutati in precedenti esercizi) nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili ai crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo.

Tali componenti concorrono al valore della produzione netta in quote costanti nell’esercizio in cui sono rilevate in bilancio e nei quattro successivi.

 

Contenuto analogo presenta la lettera b), che modifica il successivo articolo 7 che individua i criteri per la determinazione del valore della produzione netta delle imprese di assicurazione.

La disciplina vigente stabilisce che per le imprese di assicurazione la base imponibile sia determinata apportando alla somma dei risultati del conto tecnico dei rami danni e del conto tecnico dei rami vita del conto economico le seguenti variazioni:

§       gli ammortamenti dei beni strumentali, ovunque classificati, e le altre spese di amministrazione, sono deducibili nella misura del 90 per cento;

§       i dividendi sono assunti nella misura del 50 per cento.

 

La norma in esame interviene inserendo la lettera b-bis) diretta ad includere nel calcolo le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili a crediti nei confronti di assicurati iscritti in bilancio a tale titolo.

Anche in tal caso si prevede che tali componenti concorrano al valore della produzione netta in quote costanti nell’esercizio in cui sono contabilizzate e nei quattro successivi.

 

Il successivo comma 104 dispone l'applicazione delle disposizioni recate dal comma precedente a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013.

 

I commi 105 e 106, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013 modificano l’attuale disciplina della deducibilità delle rettifiche di valore (svalutazioni e perdite) sui crediti iscritti in bilancio, incidendo in particolare sul regime applicabile ad enti creditizi, finanziari e – per effetto delle modifiche del provvedimento al Senato - assicurativi.

 

In primo luogo, il comma 105 reca modifiche agli articoli 101 e 106 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).

 

La lettera a) modifica il comma 5 dell'articolo 101 del TUIR, che disciplina il regime IRES di minusvalenze patrimoniali, sopravvenienze passive e perdite.

 

Si rammenta che il comma 5 dell’articolo 101 è stato, da ultimo, profondamente modificato dall’articolo 33, comma 5 del D.L. n. 83 del 2012.

La legge, poiché l’insolvenza del debitore può dar luogo a perdite sui crediti, consente al creditore di rinunciare al credito o cederlo a terzi. Le perdite sui crediti a fini fiscali (ai sensi del vigente articolo 101, comma 5, del TUIR) sono deducibili dall’imponibile solo se risultano da elementi certi e precisi e, in ogni caso, ove derivino da procedure concorsuali; alla luce delle modifiche operate dal D.L. 83 del 2012, tali perdite sono deducibili anche nel caso di accordi di ristrutturazione dei debiti omologati, ex articolo 182-bis della legge fallimentare ovvero ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato. In relazione alle procedure concorsuali e all’accordo di ristrutturazioni, la legge riconosce immediatamente la sussistenza dei requisiti di “certezza” e “precisione” della perdita, che risulta detraibile senza bisogno di attendere la conclusione delle procedure stesse.

Inoltre, gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito è di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione di cui all'articolo 27, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese. Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto. Per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in dipendenza di eventi estintivi.

 

Le disposizioni in esame intervengono anzitutto sul primo periodo del comma 5, precisando che le perdite su crediti considerate deducibili ai sensi dell’articolo 101 sono diverse da quelle deducibili da banche e degli enti creditizi e finanziari, il cui regime – recato dal comma 3 dell’articolo 106 TUIR – è innovato dalla lettera b) del comma in esame (cfr. infra).

 

Inoltre, viene modificato l'ultimo periodo del comma 5 dell'articolo 101, al fine di considerare soddisfatti i requisiti per la deducibilità delle perdite su crediti nell’ipotesi di cancellazione dei crediti dal bilancio redatto secondo i “principi contabili”, e dunque anche secondo i principi contabili nazionali (non più solo in base ai principi internazionali).

 

La lettera b) novella l'articolo 106 del TUIR al fine di modificare il regime di deducibilità delle rettifiche di valore sui crediti iscritti in bilancio da parte degli enti creditizi e finanziari.

 

La disciplina vigente (terzo comma dell'articolo 106 del TUIR) dispone che, per gli enti creditizi e finanziari le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l'importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle operazioni di erogazione del credito alla clientela (compresi i crediti finanziari concessi a Stati, banche centrali o enti di Stato esteri destinati al finanziamento delle esportazioni italiane o delle attività ad esse collegate) sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,30 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, aumentato dell'ammontare delle svalutazioni dell'esercizio. L'ammontare complessivo delle svalutazioni che supera lo 0,30 per cento è deducibile in quote costanti nei diciotto esercizi successivi e le svalutazioni si assumono al netto delle rivalutazioni dei crediti risultanti in bilancio.

Se in un esercizio l'ammontare complessivo delle svalutazioni è inferiore al limite dello 0,30 per cento, sono ammessi in deduzione, fino al predetto limite, accantonamenti per rischi su crediti. Gli accantonamenti non sono più deducibili quando il loro ammontare complessivo ha raggiunto il 5 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio.

 

Per effetto delle norme in commento, per gli enti creditizi e finanziari (di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87) le svalutazioni e le perdite su crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo sono deducibili senza il predetto limite dello 0,30, in quote costanti nell’esercizio in cui sono contabilizzate e nei quattro successivi.

Fanno eccezione le perdite su crediti realizzate mediante cessione a titolo oneroso, che sono deducibili integralmente nell’esercizio in cui sono rilevate in bilancio.

Si precisa, inoltre, che le svalutazioni e le perdite deducibili in quinti si assumono al netto delle rivalutazioni dei crediti risultanti in bilancio.

 

Come precisato dalla Relazione, ciò sta a significare che le riprese di valore da valutazione sono tassate in quanto le rettifiche di valore dedotte si considerano al netto delle riprese, a prescindere se tali riprese si riferiscono a rettifiche pregresse o meno.

 

La lettera b) del comma 105 provvede quindi ad abrogare i commi 3-bis e 5 dello stesso articolo 106 del TUIR.

 

Tali commi prevedono, rispettivamente:

§      l'incremento di alcuni valori percentuali previsti dal comma 3 (e non riportati nel testo novellato);

§      la deducibilità delle perdite sui crediti (di cui ai commi 3 e 3-bis), determinate con riferimento al valore di bilancio dei crediti, limitatamente alla parte che eccede l'ammontare dell'accantonamento per rischi su crediti dedotto nei precedenti esercizi.

 

Viene infine novellato il comma 4 dell'articolo 106, prevedendo che per gli enti creditizi e finanziari, nell'ammontare dei crediti rilevanti ai fini del limite di deducibilità, si comprendono anche quelli impliciti nei contratti di locazione finanziaria.

Non viene pertanto più ricompresa in tale ammontare la rivalutazione delle operazioni “fuori bilancio” iscritte nell'attivo.

 

La lettera c), introdotta durante l’esame del provvedimento al Senato, novella l'articolo 111, comma 3 del TUIR al fine di modificare il regime di deducibilità della variazione della riserva sinistri relativa ai contratti di assicurazione dei rami danni, per la parte riferibile alla componente di lungo periodo. Essa viene infatti resa deducibile in quote costanti nell'esercizio in cui è iscritta in bilancio e nei quattro successivi.

 

Nella formulazione vigente detta variazione è deducibile nell'esercizio in misura pari al 30 per cento dell'importo iscritto in bilancio, mentre l'eccedenza è deducibile in quote costanti nei diciotto esercizi successivi.

 

Il comma 106 prevede infine che le disposizioni suddette in materia di deducibilità delle perdite si applichino dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013.

Per effetto delle modifiche introdotte al Senato, la disposizione specifica che rimane ferma l'applicazione delle previgenti disposizioni fiscali alle rettifiche di valore e alle variazioni della riserva sinistri relativa ai contratti di assicurazione dei rami danni iscritte in bilancio nei periodi di imposta precedenti.

 


 

Articolo 1, commi 107 e 108
(Deducibilità dei beni concessi in locazione finanziaria)

 

 

I commi 107 e 108, introdotti nel corso dell’esame al Senato, recano disposizioni in materia di deducibilità dei beni concessi in locazione finanziaria.

 

In particolare, il comma 107, mantenendo la separazione tra durata civilistica e durata fiscale del contratto di locazione finanziaria, modifica l'articolo 54, comma 2, del TUIR (concernente la determinazione del reddito di lavoro autonomo) e l'articolo 102, comma 7, dello stesso TUIR (dedicato all'ammortamento dei beni materiali per i soggetti IRES) nel senso di prevedere anzitutto la possibilità per l'impresa utilizzatrice che imputa a conto economico i canoni di locazione finanziaria di operare la deduzione per un periodo non inferiore alla metà del periodo di ammortamento (in luogo dei due terzi previsti dalla legislazione vigente). Si prevede altresì, in caso di beni immobili, che la deduzione sia ammessa per un periodo non inferiore a dodici anni.

 

Il comma 108 dispone l'applicazione delle predette disposizioni ai contratti di locazione finanziaria stipulati a decorrere dall'entrata in vigore della legge in esame.

 

Si osserva al riguardo che poiché la modifica introdotta dal decreto-legge n. 16 del 2012 prevedeva anch’essa l’applicazione delle nuove disposizioni ai contratti stipulati successivamente all’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge stesso (29 aprile 20129) la norma in esame produce tre diversi regimi fiscali a seconda della data di stipulazione del contratto.

 

Si ricorda che l’attuale disciplina in materia di deduzione dei canoni di leasing, recentemente modificata dall’articolo 4-bis del decreto-legge n. 16 del 2012, con una modifica ai citati articoli 54 e 102 del TUIR, rispettivamente, per gli esercenti arti e professioni e per i soggetti IRES, ha vincolato la possibilità di dedurre i canoni non più ad una durata minima contrattuale, ma al periodo di ammortamento previsto ai fini fiscali. In sostanza, indipendentemente dalla durata contrattuale:

§       per i soggetti IRES (articolo 102 del TUIR) la deduzione dei canoni di leasing è ammessa per un periodo non inferiore ai 2/3 del periodo di ammortamento stabilito ai fini fiscali, con la previsione, comunque, per gli immobili, di una durata minima di 11 anni e massima di 18 anni;

§       per i lavoratori autonomi (articolo 54 del TUIR) la deduzione dei canoni di leasing è ammessa per un periodo non inferiore alla metà del periodo di ammortamento stabilito ai fini fiscali, con la previsione, comunque, per gli immobili, di una durata minima di 8 anni e massima di 15 anni.

Nel corso del dibattito parlamentare si chiariva che la modifica normativa non genera cambiamenti fiscali per l’utilizzatore. Il cambiamento riguarda piuttosto la possibilità di stipulare contratti di leasing con durate inferiori a quelle rapportate ai coefficienti di ammortamento.

 


 

Articolo 1, commi 109-111
(Imposta di registro proporzionale per i contratti di leasing di immobili strumentali – Esenzione Ipt per il
riscatto dei veicoli in
leasing)

 

 

I commi dal 109 al 111, introdotti nel corso dell’esame al Senato, a decorrere dal 1° gennaio 2014, esentano dall’imposta provinciale di trascrizione (Ipt) il riscatto dei veicoli in leasing. A copertura si prevede l'applicazione dell'imposta di registro in misura proporzionale (pari al 4 per cento) sulle cessioni, da parte degli utilizzatori, dei contratti di leasing di immobili strumentali.

 

Il comma 109, in deroga al principio di alternatività Iva/registro, prevede l'applicazione dell'imposta di registro in misura proporzionale (nella misura del 4 per cento) sulle cessioni da parte degli utilizzatori di contratti di locazione finanziaria di immobili strumentali.

La norma modifica il comma 1-bis dell’articolo 40 del D.P.R. n. 131 del 1986 (Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro), il quale già prevede l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale (all’1 per cento: articolo 5, comma 1, lett. a-bis), della Tariffa, parte prima) delle locazioni di immobili strumentali, ancorché assoggettate ad Iva. Il comma 109 estende tale disciplina anche alle cessioni, da parte degli utilizzatori, di contratti di locazione finanziaria (leasing) aventi ad oggetto immobili strumentali, anche da costruire ed ancorché assoggettati all'imposta sul valore aggiunto.

La misura dell’imposta proporzionale è fissata mediante l’inserimento nella Tariffa, parte prima, del Testo unico, dell’articolo 8-bis, con il quale si prevede l’applicazione dell’imposta di registro al 4 per cento per gli atti relativi alle cessioni sopraddette.

La Nota relativa al nuovo articolo 8-bis precisa che l'imposta si applica sul corrispettivo pattuito per la cessione aumentato della quota capitale compresa nei canoni ancora da pagare oltre al prezzo di riscatto.

 

Il comma 110, al dichiarato fine di semplificare e perequare il trattamento impositivo dell'imposta provinciale di trascrizione nel leasing finanziario, esenta dall’imposta provinciale di trascrizione (Ipt) il riscatto dei veicoli in leasing.

La norma, con una modifica all’articolo 56, comma 6, del D.Lgs. n. 446 del 1997, esclude dal pagamento dell’imposta le cessioni di mezzi di trasporto usati a seguito di esercizio di riscatto da parte del locatario a titolo di locazione finanziaria. Si ricorda che la norma vigente prevede l’esenzione dall’Ipt per le cessioni di mezzi di trasporto usati, da chiunque effettuate nei confronti dei contribuenti che ne fanno commercio.

 

Il comma 111 stabilisce la decorrenza del 1° gennaio 2014 per l’applicazione dei commi 109 e 110.

 


 

Articolo 1, commi 112-116
(Deferred Tax Assets – Imposte differite attive nel settore bancario)

 

 

I commi da 112 a 116, introdotti nel corso dell’esame al Senato, integrano la disciplina dei cd. “Deferred Tax Assets”, relativa al sistema bancario, che consente di qualificare come crediti d’imposta le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio.

Per effetto delle norme in esame, viene esteso l’ambito applicativo della predetta disciplina anche alle perdite su crediti ed alle rettifiche di valore nette per deterioramento dei crediti; viene introdotta un’ulteriore ipotesi di trasformazione dei DTA in crediti d’imposta, e cioè della quota dei DTA riferita ai predetti componenti negativi che hanno concorso alla formazione di un valore della produzione netta negativo a fini IRAP.

 

Le norme in commento incidono sulla disciplina introdotta in tal senso dall’articolo 2, commi 55 e seguenti del D.L. n. 225 del 2010, modificata dall’articolo 9 del D.L. n. 201 del 2011.

La suddetta normativa prevede tre fattispecie di trasformazione delle imposte anticipate (o imposte differite attive o Dta - Deferred tax assets) in crediti d’imposta. La prima fattispecie è prevista dal richiamato comma 55 , ai sensi del quale le imposte differite attive che possono essere trasformate in credito verso l’Erario sono quelle che si originano dal differimento della deduzione dei componenti negativi relativi:

§       alla svalutazione dei crediti degli enti finanziari e creditizi non ancora dedotte secondo l’articolo 106, comma 3, del Tuir;

§       al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali i cui componenti negativi sono deducibili in più periodi d’imposta ai fini delle imposte sui redditi.

La trasformazione è possibile solo qualora nel bilancio individuale della società sia rilevata una perdita d’esercizio.

La ratio della norma è da trovarsi nel divario di incidenza delle imposte anticipate nei bilanci degli operatori italiani (in particolare gli enti creditizi e finanziari di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87) rispetto a quelli europei, divario che dipende significativamente da regimi fiscali mano favorevoli quali, ad esempio, l’impossibilità di dedurre integralmente le rettifiche su crediti nell’anno di formazione, che determina la generazione di attività fiscali differite (DTA). L’impossibilità di liquidare le poste dell’attivo relative alle DTA ha indotto il Comitato di Basilea a introdurre stringenti filtri patrimoniali. Questi generano, superata una certa soglia, un impatto diretto di riduzione del capitale di migliore qualità (common equity) di un ammontare pari alle DTA che eccedono tale soglia, aumentando il fabbisogno di capitale. In sostanza, dunque, l’entrata in vigore del nuovo accordo di Basilea (c.d. Basilea 3) implica che il trattamento fiscale poco favorevole delle rettifiche su crediti si traduca anche in una penalizzazione sul piano della dotazione patrimoniale regolamentare delle banche italiane. Per evitare il sorgere di questo ulteriore svantaggio competitivo, la norma proposta prevede un meccanismo di conversione automatica in crediti di imposta, da utilizzare in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. 241/1997, delle poste rappresentative delle DTA connesse con le svalutazioni dei crediti, al verificarsi di perdite di esercizio accertate nel bilancio di esercizio approvato dall’assemblea; in tal modo, le DTA sarebbero smobilizzabili e, pertanto, concorrerebbero all’assorbimento delle perdite al pari del capitale e delle altre riserve, divenendo per tale via pienamente riconoscibili ai fini di vigilanza. Il medesimo meccanismo è altresì previsto anche per le DTA che derivino da disallineamenti temporali nella rilevazione di bilancio e fiscale e che siano destinati a riassorbirsi nel tempo, come nel caso dell’affrancamento del valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali effettuato ai sensi dell’art. 15 del D.L. n. 185/2008, convertito con modificazione nella legge n. 2/2009.”.

Il comma 56 dell’articolo 2 del decreto legge n. 225 del 2010 ha fissato la decorrenza della predetta trasformazione dalla data di approvazione del bilancio da parte dell’assemblea dei soci o dell’organo competente per legge (anche nel caso di patologia dell’andamento aziendale), operando per un importo pari al prodotto - da effettuarsi sulla base dei dati del medesimo bilancio approvato – tra:

§       la perdita d’esercizio e

§       il rapporto fra le attività per imposte anticipate indicate al comma 1 e la somma del capitale sociale e delle riserve.

La seconda fattispecie di trasformazione di imposte anticipate in crediti d’imposta è prevista dal comma 56-bis, il quale prevede la trasformazione in crediti d’imposta delle DTA da perdite fiscali, per la quota di queste dovuta alla deduzione dei componenti negativi di reddito di cui al comma 55. La trasformazione riguarda le DTA da perdite fiscali “generate” dai componenti negativi di reddito di cui al comma 55 per l’intero ammontare delle stesse che trova capienza nella perdita fiscale dell’esercizio. La trasformazione decorre dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi in cui viene rilevata la perdita fiscale di cui al comma in esame. La trasformazione di una parte delle DTA in credito d’imposta comporta che l’ammontare della perdita fiscale dell’esercizio computabile in diminuzione del reddito imponibile nei periodi d’imposta successivi va depurato della quota di perdita fiscale che ha dato luogo alle DTA trasformate in crediti d’imposta ai sensi del presente comma.

La terza fattispecie di trasformazione di imposte anticipate in crediti d’imposta è prevista dal comma 56-ter, ai sensi del quale dispone la disciplina di cui ai commi 55, 56 e 56-bis si applica anche ai bilanci di liquidazione volontaria ovvero relativi a società sottoposte a procedure concorsuali o di gestione delle crisi, ivi inclusi quelli riferiti all’amministrazione straordinaria e alla liquidazione coatta amministrativa di banche e altri intermediari finanziari vigilati dalla Banca d’Italia.

Il comma 57 chiarisce che il credito d’imposta non è rimborsabile né produttivo di interessi, potendo essere ceduto ovvero utilizzato in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, senza limiti di importo. Tale credito, da indicare nella dichiarazione dei redditi, non concorre alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell'IRAP. Il credito d’imposta di cui al comma 55 può essere ceduto al valore nominale nell’ambito dello stesso gruppo, secondo le modalità previste dall’articolo 43-ter del D.P.R. n. 602/1973 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito). L’eventuale credito che residua dopo aver effettuato le compensazioni è rimborsabile.

Dal periodo d’imposta in corso alla data di approvazione del bilancio non saranno deducibili i componenti negativi corrispondenti alle attività per imposte anticipate trasformate in credito d’imposta.

Il comma 58 demanda ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, il compito di stabilire eventuali modalità di attuazione delle norme in esame.

Si rammenta che con la risoluzione n. 94/E del 2011 l’Agenzia delle Entrate ha affermato che la norma in esame può essere applicata anche dalle società che svolgono attività diverse da quella bancaria. In quest’ultima ipotesi, l’Agenzia ha limitato l’applicazione della norma in esame alla sola fattispecie relativa al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali

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Più in dettaglio, per effetto delle disposizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 112, viene modificato il richiamato articolo 2, comma 55 al fine di prevedere che si trasformino in crediti d’imposta, qualora nel bilancio individuale delle società che esercitano attività bancaria e finanziaria venga rilevata una perdita d’esercizio, anche le attività per imposte anticipate (Deferred Tax Asset) iscritte in bilancio, relative a:

§      perdite su crediti (oltre che alle svalutazioni di crediti) non ancora dedotte ai fini delle imposte sui redditi;

§      rettifiche di valore nette per deterioramento dei crediti, non ancora dedotte dalla base imponibile IRAP.

Le disposizioni in commento richiamano la disciplina sulla deducibilità delle perdite sui crediti per il settore finanziario, creditizio ed assicurativo, introdotta dal provvedimento in esame (all’articolo 1, commi da 103 a 106), sia a fini IRES che IRAP. Per ulteriori precisazioni si rimanda alla relativa scheda di lettura.

 

In estrema sintesi si rammenta che i commi da 103 a 106, modificati durante l’esame del provvedimento al Senato, modificano la disciplina del regime IRAP e IRES delle rettifiche su crediti e delle perdite su crediti, incidendo in particolare sul regime applicabile a enti creditizi, finanziari ed assicurativi.

Più in dettaglio i commi 103 e 104 consentono ai soggetti operanti nei settori bancario, finanziario ed assicurativo, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013, di includere nella base imponibile IRAP le perdite e le riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, nell’esercizio in cui sono contabilizzate e nei quattro successivi.

I commi 105 e 106 modificano la disciplina della deducibilità delle rettifiche di valore (svalutazioni e perdite) sui crediti iscritti in bilancio, incidendo in particolare sul regime applicabile ad enti creditizi, finanziari e, per effetto delle modifiche apportate al Senato, anche assicurativi.

Con una prima novella si intendono soddisfatti i requisiti per la deducibilità delle perdite su crediti anche nell’ipotesi di cancellazione dei crediti dal bilancio redatto anche secondo i principi contabili nazionali. Inoltre, per i richiamati enti è prevista, in relazione ad entrambi i componenti negativi, la loro integrale deducibilità a fini IRES (al di fuori dunque, dei limiti percentuali fissati ex lege) nell’esercizio in cui sono imputate in bilancio e nei quattro successivi, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013.

 

Per effetto delle modifiche apportate dalla lettera c) del comma 112, alle predette condizioni di legge si trasformano in crediti d’imposta anche le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio, relative al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali, i cui componenti negativi sono deducibili in più periodi d’imposta non solo ai fini delle imposte sui redditi, ma anche a fini IRAP.

Il comma 113 introduce, dopo il comma 56-bis, il comma 56-bis1, che configura una ulteriore ipotesi di trasformazione delle DTA in crediti di imposta, ovvero delle DTA generate dalle componenti negative IRAP.

La norma consente di trasformare in crediti d’imposta – in caso di base imponibile IRAP, ovvero valore della produzione netta, negativa - la quota delle attività per imposte anticipate di cui al comma 55, riferita ai componenti negativi di cui al medesimo comma (perdite e svalutazioni; rettifiche di valore per deterioramento) che hanno concorso alla formazione del valore della produzione netta negativo. La trasformazione decorre dalla data di presentazione della dichiarazione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive in cui viene rilevato il valore della produzione netta negativo di cui al presente comma.

 

Il comma 114 modifica il comma 56-ter, al fine di rendere anche la fattispecie di cui al comma 56-bis1 applicabile ai bilanci di liquidazione volontaria ovvero relativi a società sottoposte a procedure concorsuali o di gestione delle crisi, ivi inclusi quelli riferiti all’amministrazione straordinaria e alla liquidazione coatta amministrativa di banche e altri intermediari finanziari vigilati dalla Banca d’Italia.

 

Con finalità di coordinamento, il riferimento alla nuova fattispecie di cui all’articolo 56-bis1 è inserito anche nei commi 57 e 58 dell’articolo 2 (comma 115).

Infine, il comma 116 dispone che le norme così introdotte si applichino dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013.

 

 


 

Articolo 1, comma 117
(Regime IVA agevolato per le cooperative sociali)

 

 

Il comma 117 ripristina l'aliquota IVA ridotta del 4 per cento - anziché del 10 per cento - per le prestazioni socio-sanitarie o educative, comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità, in favore di anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, di handicappati psicofisici, di minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative sociali e loro consorzi, sia direttamente sia in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale.

Più in dettaglio, il comma 117 sostituisce i commi 488 e 489 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013), con cui è stata modificata la disciplina IVA delle prestazioni socio sanitarie ed educative a soggetti svantaggiati rese da cooperative e loro consorzi.

La normativa prevista dalla legge di stabilità 2013

I commi dal 488 al 490 della legge di stabilità 2013 hanno innovato – a decorrere dal 2014 - la disciplina dell'IVA applicabile alle prestazioni di assistenza e sicurezza sociale rese dalle cooperative e dai loro consorzi, assoggettando ad aliquota del 10 per cento (in luogo del 4 per cento) solamente le prestazioni rese da cooperative sociali. La nuova disciplina è applicabile alle operazioni effettuate sulla base di contratti stipulati dopo il 31 dicembre 2013.

Il comma 488 in particolare ha modificato la Tabella A del D.P.R. n. 633 del 1972 nel senso di escludere una serie di prestazioni dalla Parte II (recante i beni e servizi soggetti all'aliquota del 4 per cento: mediante l’abrogazione del n. 41-bis) e di includerle nella Parte III (recante i beni e servizi soggetti all'aliquota del 10 per cento: con l’introduzione del n. 127-undevicies) qualora rese da cooperative sociali e loro consorzi in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale nei confronti degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e di malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, di persone migranti, senza fissa dimora, richiedenti asilo, di persone detenute, di donne vittime di tratta a scopo sessuale e lavorativo.

Il n. 41-bis della Parte II prevedeva l’applicazione dell’aliquota agevolata del 4 per cento alle “prestazioni socio-sanitarie, educative, comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili o ovunque rese, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale”.

Il n. 127-undevicies della Parte III assoggetta all’aliquota del 10 per cento “le prestazioni di cui ai numeri 18), 19), 20), 21) e 27-ter) dell'articolo 10, primo comma, rese in favore dei soggetti indicati nello stesso numero 27-ter) da cooperative sociali e loro consorzi in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale”.

Si tratta, in particolare, delle seguenti prestazioni:

18)  le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell'esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza;

19)  le prestazioni di ricovero e cura rese da enti ospedalieri o da cliniche e case di cura convenzionate nonché da società di mutuo soccorso con personalità giuridica e da ONLUS, compresa la somministrazione di medicinali, presìdi sanitari e vitto, nonché le prestazioni di cura rese da stabilimenti termali;

20)  le prestazioni educative dell'infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l'aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni e da ONLUS, comprese le prestazioni relative all'alloggio, al vitto e alla fornitura di libri e materiali didattici, ancorché fornite da istituzioni, collegi o pensioni annessi, dipendenti o funzionalmente collegati, nonché le lezioni relative a materie scolastiche e universitarie;

21)  le prestazioni proprie dei brefotrofi, orfanotrofi, asili, case di riposo per anziani e simili, delle colonie marine, montane e campestri e degli alberghi e ostelli per la gioventù, comprese le somministrazioni di vitto, indumenti e medicinali, le prestazioni curative e le altre prestazioni accessorie;

27-ter)   le prestazioni socio-sanitarie, di assistenza domiciliare o ambulatoriale, in comunità e simili, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e di malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da organismi di diritto pubblico, da istituzioni sanitarie riconosciute che erogano assistenza pubblica o da enti aventi finalità di assistenza sociale e da ONLUS.

Il comma 489 ha abrogato il primo e il secondo periodo dell'articolo 1, comma 331, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Il primo periodo del comma 331 estendeva in via interpretativa l’aliquota agevolata del 4 per cento anche alle prestazioni sopra elencate (di cui ai numeri 18), 19), 20), 21) e 27-ter) dell'articolo 10) rese nei confronti dei soggetti indicati nel n. 41-bis), in generale, da qualunque tipo di cooperativa e loro consorzio, sia direttamente nei confronti del destinatario finale, sia in esecuzione di contratti di appalto e convenzioni.

Si evidenzia che in base al n. 127-undevicies (introdotto dal comma 488), possono applicare l’aliquota ridotta del 10 per cento sulle prestazioni sociali solo le cooperative sociali e loro consorzi e non più anche le cooperative generiche. Inoltre, l’aliquota del 10 per cento si rende applicabile alle sole prestazioni rese dalle cooperative sociali in esecuzione di contratti di appalto e convenzioni, e non anche a quelle eseguite direttamente, per le quali è utilizzabile il regime dell’esenzione dall’imposta.

Il secondo periodo del comma 331 faceva salva la facoltà per le sole cooperative sociali (in quanto Onlus di diritto ai sensi dell'articolo 10, comma 8, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460) di optare per il regime agevolativo applicato alle Onlus; pertanto, con la sua abrogazione, è venuta meno la possibilità per le cooperative sociali di cui alla legge n. 381 del 1991 e per i loro consorzi di fruire del regime di esenzione IVA.

Si ricorda, inoltre che il successivo comma 490 prevede che l'incremento dell'aliquota al 10 per cento (per le prestazioni in oggetto rese da cooperative e loro consorzi) è relativo alle operazioni effettuate sulla base di contratti stipulati dopo il 31 dicembre 2013.

 

L’Agenzia delle entrate con la Circolare n. 12/E del 3 maggio 2013, nel fornire i primi chiarimenti sulle novità fiscali contenute nel D.L. n. 179 del 2012 e nella legge di stabilità n. 228 del 2012, si è soffermata anche sulle norme in esame relative alle prestazioni socio assistenziali delle cooperative sociali.

In particolare, riepilogando la disciplina, nella Circolare n. 12/E si afferma che le prestazioni socio-sanitarie, assistenziali ed educative di cui ai nn. da 18) a 21) e 27-ter) dell’art. 10, primo comma, del D.P.R. n. 633/1972, rese da società cooperative, saranno, dunque, assoggettate a diversi trattamenti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto:

§      regime di esenzione dall’imposta, se rese da cooperative che abbiano la qualifica di ONLUS e cooperative sociali (ONLUS di diritto), direttamente nei confronti del fruitore finale;

§        aliquota IVA del dieci per cento, se rese da cooperative sociali e loro consorzi, in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale;

§        aliquota ordinaria del ventidue per cento (a decorrere dal 1° ottobre l'aliquota Iva ordinaria è passata dal 21 al 22%), se rese da cooperative non ONLUS (sia ordinarie che di diritto) e sempreché non abbiano le caratteristiche per rientrare nell’applicazione delle esenzioni.

Come già innanzi evidenziato, il comma 490 dispone che le modifiche all’attuale sistema si applicano relativamente alle operazioni compiute in base ai contratti stipulati dopo il 31 dicembre 2013, pertanto fino a quando sarà efficace un contratto stipulato precedentemente, continuerà ad applicarsi l’aliquota del 4 per cento. Ai rinnovi - espressi o taciti - nonché le proroghe di contratti già in essere tra le parti successivi alla predetta data del 31 dicembre 2013 si applica il nuovo regime.

Si osserva, tuttavia, che l’abrogazione del n. 41-bis) della Tab. A, parte II, allegata al D.P.R. n. 633/1972, ha effetto già dal 1° gennaio 2013, data di entrata in vigore della legge di stabilità 2013, pertanto le prestazioni rese direttamente nei confronti dei fruitori saranno assoggettate al regime di esenzione per le cooperative sociali-Onlus e per le cooperative-Onlus, mentre per le altre cooperative l’aliquota IVA sarà quella ordinaria del ventidue per cento (a decorrere dal 1° ottobre l'aliquota Iva ordinaria è passata dal 21 al 22%).

Si osserva, inoltre, che laddove la cooperativa sociale renda le prestazioni in argomento sia direttamente nei confronti di soggetti che ne usufruiscono, sia in base a contratti di appalto o convenzioni, la stessa dovrà applicare contemporaneamente e rispettivamente il regime di esenzione e quello di imponibilità ad aliquota ridotta, con inevitabile calcolo delle percentuali di detrazione.

La Circolare evidenzia, infine, che le modifiche sopra illustrate si sono rese necessarie per adeguare la normativa interna a quella comunitaria, al fine di evitare la formalizzazione di una procedura d’infrazione da parte della Commissione europea, che aveva già avviato una richiesta di informazioni all’Italia in relazione alla disposizione sopra richiamata, perché evidenziava profili di contrasto con la Direttiva 2006/112/CE.

La nuova disciplina

Il comma 117 sostituisce i commi 488 e 489 sopra descritti stabilendo che, in vista della riforma dei regimi IVA agevolati dell’Unione Europea previsti dalla direttiva n. 112/2006/UE (Direttiva del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto), il numero 41-bis della Tabella A-Parte II allegata al D.P.R. n. 633 del 1972 non si applica alle cooperative e loro consorzi diversi da quelli di cui alla legge sulle cooperative sociali (legge n. 381 del 1991); il numero 41-bis, pertanto, si applica alle sole cooperative sociali.

Il numero 41-bis) della tabella A, parte seconda (abrogato dal sopracitato comma 488, lett. a), a decorrere dal 1° gennaio 2013) assoggetta ad aliquota del 4 per cento le prestazioni socio-sanitarie, educative, comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili o ovunque rese, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale.

 

Al riguardo si osserva che la sostituzione del comma 488 sembra volta a far rivivere il numero 41-bis della Tabella A-Parte II del TUIR e, contestualmente, a limitarne la portata.

In proposito, si rammenta che il paragrafo 15, lettera d) della circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi dispone che “se si intende fare rivivere una disposizione abrogata o modificata occorre specificare espressamente tale intento”. Pertanto si dovrebbe riformulare la disposizione nel testo che si intende far rivivere. 

Parallelamente occorrerebbe abrogare espressamente il numero 127-undevicies) della Tabella A, parte terza, con il quale è stata stabilita l’aliquota del 10 per cento per le prestazioni di assistenza e sicurezza sociale rese dalle cooperative sociali e dai loro consorzi.

Inoltre andrebbe chiarito se con la sostituzione del comma 489 si intende far rivivere o meno il primo e il secondo periodo dell'articolo 1, comma 331, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Qualora si volesse far operare una reviviscenza, l’aliquota agevolata del 4 per cento si estenderebbe per le prestazioni elencate anche ad ogni altro tipo di cooperativa e loro consorzio, sia direttamente sia in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in genere, in contrasto con quanto evidenziato in sede europea. Inoltre, in tal caso, le cooperative sociali (Onlus di diritto) potrebbero optare per il regime agevolativo applicato alle Onlus.

Peraltro appare opportuno chiarire il regime applicabile alle cooperative diverse da quelle sociali per l’esecuzione delle prestazioni in esame.

Infatti, come ha evidenziato l’Agenzia delle entrate nella Circolare n. 12/E del 3 maggio 2013, la disciplina che ha riformato il regime agevolato Iva per le cooperative (oggetto di rivisitazione con la norma in esame) è stata ritenuta necessaria per adeguare la normativa interna a quella comunitaria, al fine di evitare la formalizzazione di una procedura d’infrazione da parte della Commissione europea, che aveva già avviato una richiesta di informazioni all’Italia in relazione alla disposizione sopra richiamata, perché evidenziava profili di contrasto con la Direttiva 2006/112/CE.

Si ricorda, infatti, che l’articolo 110 della Direttiva consente agli Stati membri di continuare ad applicare aliquote ridotte inferiori al minimo prescritto dall'articolo 99, purché le stesse siano in vigore già prima del 1 gennaio 1991 e che, comunque, siano conformi alla legislazione comunitaria e siano state adottate per ragioni di interesse sociale ben definite e a favore dei consumatori finali.

Com’è noto, invece, l’aliquota agevolata per le cooperative sociali ed i loro consorzi è stata introdotta nel nostro ordinamento il 18 dicembre 1991. Il n. 15) dell’Allegato III alla Direttiva 2006/112/CE, inoltre, accorda la possibilità di istituire aliquote ridotte non inferiori al 5 per cento alle “cessioni di beni e prestazioni di servizi da parte di organismi di cui è riconosciuto il carattere sociale dagli Stati membri e che sono impegnati in attività di assistenza e di sicurezza sociale, nella misura in cui tali operazioni non siano esenti in virtù degli articoli 132, 135 e 136”.

Conseguentemente non era in linea con la Direttiva la possibilità concessa anche alle cooperative non sociali e loro consorzi di beneficiare dell’aliquota di favore tanto più con riferimento ad operazioni per le quali è disposto il regime di esenzione.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

L'8 ottobre 2012 la Commissione europea ha avviato una consultazione, conclusasi il 4 gennaio 2013, sulla revisione del regime delle aliquote IVA ridotte.

In particolare, la Commissione intendeva acquisire il parere delle parti interessate valutando se e in quale misura:

§      le aliquote ridotte provocano distorsioni della concorrenza all'interno del mercato unico;

§      le aliquote ridotte su taluni beni o servizi (ad esempio, le forniture idriche e dei prodotti energetici, il trattamento dei rifiuti e il settore immobiliare) possono contrastare con gli obiettivi delle politiche europee in materia di ambiente e salute;

§      beni e servizi simili dovrebbero essere soggetti alla stessa aliquota IVA, tenendo conto del progresso tecnologico e quindi della convergenza tra supporti fisici ed elettronici.

Gli esiti della consultazione avrebbero dovuto contribuire all'elaborazione di una proposta legislativa che tuttavia non è stata ancora presentata e non risulta nel programma legislativo della Commissione europea per il 2014.


 

Articolo 1, comma 118
(Recupero imposte)

 

 

Il comma 118 estende la possibilità di fruire della deducibilità delle somme restituite al soggetto erogatore (sostituto di imposta), se assoggettate a tassazione in anni precedenti: l’ammontare non dedotto nel periodo d’imposta di restituzione per incapienza del reddito complessivo può essere portato in deduzione nei periodi d’imposta successivi, oppure può essere rimborsato secondo modalità da definire con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. La disposizione si applica a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013.

 

Più in dettaglio, il comma 118 sostituisce la lettera d-bis) del comma 1, dell’articolo 10 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), in cui sono elencati gli oneri deducibili dal reddito complessivo sostenuti dal contribuente, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo. Viene confermata la già prevista deducibilità delle somme restituite al soggetto erogatore, se assoggettate a tassazione in anni precedenti.

Inoltre, l’ammontare non dedotto, in tutto o in parte, nel periodo d’imposta di restituzione può essere recuperato:

§      mediante deduzione dal reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi;

§      mediante rimborso dell’imposta corrispondente all’importo non dedotto, secondo modalità applicative da definire con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

Le modifiche introdotte si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013.

Con la norma in commento, pertanto, l’ammontare non dedotto nel periodo d’imposta di restituzione per incapienza del reddito complessivo potrà essere portato in deduzione nei periodi d’imposta successivi, oppure potrà essere rimborsato secondo modalità da definire con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Si ricorda che la vigente lettera d-bis) del comma 1, dell’articolo 10 del TUIR, introdotta con effetto dal 1° gennaio 1998 dal D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, si limita a prevedere la deducibilità delle somme restituite al soggetto erogatore, se hanno concorso a formare il reddito in anni precedenti.

La previsione di tale onere deducibile risponde all’esigenza di risolvere il problema del rimborso delle imposte pagate su somme percepite e assoggettate a tassazione secondo il criterio di cassa e poi restituite al soggetto erogatore. Tale disposizione si applica anche nell’ipotesi di somme assoggettate a tassazione separata.

Al riguardo si riporta quanto affermato dall’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 17/E del 29 febbraio 2008. In relazione all’ipotesi in cui le somme percepite dal contribuente siano state assoggettate a ritenuta, l’Agenzia delle entrate con risoluzione n. 110 del 29 luglio 2005 ha precisato che l’introduzione della predetta lettere d–bis) si è resa necessaria proprio in quanto il sistema dei rapporti tra Erario, sostituto e sostituito, comporta che il recupero, a carico del contribuente, delle somme a suo tempo a lui erogate avvenga al lordo delle imposte che l’ente erogatore ha versato all’Erario in qualità di sostituto.

La medesima risoluzione ha chiarito, inoltre, che per effetto della lettera h) del comma 2 dell’articolo 51 del TUIR, l’onere deducibile previsto dal richiamato articolo 10 del TUIR, potrà anche essere riconosciuto direttamente dal sostituto di imposta (fino alla capienza del reddito di lavoro dipendente o di pensione) e non concorrerà a formare il reddito imponibile. Tuttavia, in tal caso, qualora il reddito di lavoro dipendente o di pensione non permetta di recuperare l’intero onere deducibile, il contribuente potrà eventualmente operare una ulteriore deduzione in sede di dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui la somma è restituita (principio di cassa) fino alla capienza del suo reddito complessivo.


 

Articolo 1, comma 119
(Proroga termini attività delle cooperative
che concedono finanziamenti ai soci)

 

 

Il comma 119, introdotto durante l’esame del provvedimento al Senato, proroga dal 31 dicembre 2014 al 31 dicembre 2016 il termine entro cui le società cooperative che concedono finanziamenti sotto qualsiasi forma esclusivamente nei confronti dei propri soci possono continuare a svolgere la propria attività senza l’obbligo di iscrizione nell’albo degli intermediari di cui all’articolo 106 (albo intermediari) del Testo Unico Bancario.

 

La disposizione in commento fa riferimento al termine di cui all’articolo 112, comma 7, ultimo periodo del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) – TUB, introdotto dall’articolo 56-quinquies del D.L. n. 69 del 2013.

Più in dettaglio la formulazione vigente della norma dispone che, in attesa di un riordino complessivo degli strumenti di intermediazione finanziaria e comunque non oltre il 31 dicembre 2014, possono continuare a svolgere la propria attività, senza obbligo di iscrizione nell’albo di cui all’articolo 106 (albo intermediari) del TUB, le società cooperative previste dal capo I (articolo 2511 e seguenti) del titolo VI del libro V del codice civile, esistenti alla data del 1° gennaio 1996 e le cui azioni non siano negoziate in mercati regolamentari, che concedono finanziamenti sotto qualsiasi forma esclusivamente ai propri soci, a condizione che:

§      non raccolgano risparmio sotto qualsiasi forma tecnica;

§      il volume complessivo dei finanziamenti a favore dei soci non sia superiore a 15 milioni di euro;

§      l’importo unitario del finanziamento sia di ammontare non superiore a 20.000 euro;

§      i finanziamenti siano concessi a condizioni più favorevoli di quelli presenti sul mercato.

 

Il D.Lgs. n. 141 del 2010, oltre a dare attuazione alla direttiva 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori, ha modificato il testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi. In particolare il D.Lgs. 141 del 2010 ha unificato la disciplina degli intermediari finanziari, ovvero di quei soggetti che esercitano nei confronti del pubblico l'attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma. Si è passati in sostanza da un sistema in cui la vigilanza in capo a tali soggetti era graduata in base alle dimensioni operative degli stessi - con iscrizione in due elenchi separati, ex articoli 106 e 107 del TUB - alla riconduzione ad unum della disciplina di tutti gli intermediari, assoggettati complessivamente ad autorizzazione preventiva da parte di Banca d'Italia, con forme di vigilanza equivalente e con iscrizione in un unico albo.

È prevista pertanto l’istituzione dell’albo unico degli intermediari finanziari che esercitano nei confronti del pubblico l’attività di concessione di finanziamento sotto qualsiasi forma, la cui tenuta è affidata alla Banca d’Italia (articolo 106 del TUB). Nell’albo unico si devono iscrivere anche i confidi di maggiori dimensioni e le agenzie di prestito su pegno, mentre è prevista l’iscrizione in una sezione separata del medesimo albo delle società fiduciarie controllate da una banca o aventi un capitale versato non inferiore al doppio di quello previsto dal codice civile per le società per azioni (art. 199 del TUF).

L’articolo 112 interviene in merito agli altri soggetti (diversi dagli intermediari finanziari) operanti nell'attività di concessione di finanziamenti. Il comma 7 dell’articolo 112 (come modificato dall’articolo 3 del D.Lgs. n. 169 del 2012) stabilisce che i soggetti diversi dalle banche, già operanti alla data di entrata in vigore della presente disposizione i quali, senza fine di lucro, raccolgono tradizionalmente in ambito locale somme di modesto ammontare ed erogano piccoli prestiti (c.d. “casse peota”) possono continuare a svolgere la propria attività, in considerazione del carattere marginale della stessa, nel rispetto delle modalità operative e dei limiti quantitativi determinati dal CICR, essendo eliminato l’obbligo di iscriversi in una apposita sezione dell’elenco degli esercenti il microcredito. Possono inoltre continuare a svolgere la propria attività, senza obbligo di iscrizione nell'albo di cui all'articolo 106, gli enti e le società cooperative costituiti entro il 1° gennaio 1993 tra i dipendenti di una medesima amministrazione pubblica, già iscritti nell'elenco generale di cui all'articolo 106 del D.Lgs. n. 358 del 1993 vigente alla data del 4 settembre 2010, ove si verifichino le condizioni di cui all'articolo 2 del decreto del Ministro del tesoro del 29 marzo 1995.

 

In merito alla formulazione della disposizione si osserva che sembrerebbe opportuno, per un migliore coordinamento delle fonti, novellare l’articolo 112, comma 7, ultimo periodo del Testo Unico Bancario anziché inserire un’autonoma norma di proroga in un diverso contesto normativo.


 

Articolo 1, comma 120
(Fondo per l'incentivazione di iniziative per la
partecipazione dei lavoratori)

 

 

Il comma 120, introdotto al Senato, istituisce, presso il ministero del lavoro e delle politiche sociali, un Fondo per l'incentivazione di iniziative rivolte alla partecipazione dei lavoratori al capitale e agli utili delle imprese e per la diffusione dei piani di azionariato rivolti a lavoratori dipendenti.

Al fondo sono assegnati 2 milioni di euro per il 2014 e 5 milioni di euro per il 2015, mediante corrispondente riduzione delle risorse destinate alle misure per l'incremento della produttività del lavoro di cui all’articolo 1, comma 482, della L. n. 228/2012.

Le modalità ed i criteri di utilizzo del Fondo sono demandati ad un apposito decreto interministeriale, da adottare entro 60 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame.

 

Si ricorda che il comma 481 dell’articolo 1 della L. n. 228/2012 ha prorogato per il 2013 le misure sperimentali per l’incremento della produttività del lavoro, in particolare per la proroga a tutto il 2013 della detassazione dei contratti di produttività. Il successivo comma 482 ha altresì prorogato le suddette misure anche all’anno 2014; per il periodo di riferimento; a tali misure viene posto un limite massimo complessivo pari a 800 milioni di euro. Il termine per l’emanazione delle norme di attuazione è stato fissato al 15 gennaio 2014. Le modalità di attuazione sono state definite con il D.P.C.M. del 22 gennaio 2013.

 

Si rammenta inoltre che l’articolo 56-ter del D.L. n. 69 del 2013 ha previsto la presentazione al Parlamento, da parte dei Ministri dello sviluppo economico, della giustizia, dell’economia e delle finanze e del lavoro, di una relazione sulla disciplina, sulle esperienze e sulle prospettive dell’azionariato diffuso ovvero la partecipazione anche azionaria dei dipendenti agli utili dell’impresa, allo scopo di individuare le opportune misure, anche normative e di incentivazione fiscale, volte a diffondere l’azionariato diffuso in ambito nazionale, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 46 della Costituzione (ai sensi del quale ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende).

Il termine per la presentazione è scaduto il 30 settembre 2013. Tale relazione non risulta ancora presentata.

Tra le iniziative parlamentari volte a dare attuazione all’articolo 46 della Costituzione si segnalano quelle risalenti agli anni Novanta (A.C. n. 5744, Alemanno e altri, della XIII legislatura), quelle della XIV legislatura (A.C. n. 2023, Cirielli ed altri; A.C. n. 4039, Delbono e altri), quella XV legislatura (A.S. n. 1177, Treu, Adragna e altri) e quella della XVI (A.S. n. 1531 Adragna e altri).

La materia della partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese è regolata anche dal diritto dell’Unione europea, che, a grandi linee, comprende:

§      il regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, che istituisce lo statuto della Società europea (SE) e la direttiva 2001/86/CE del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, che prevede il coinvolgimento dei lavoratori alle decisioni societarie a livello di vigilanza e di sviluppo delle strategie di impresa (ma non di gestione corrente, che resta di competenza della direzione aziendale);

§      la direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2002, che istituisce il sistema dell’informazione e della consultazione dei lavoratori;

§      la raccomandazione n. 92/443/CEE del Consiglio, del 27 luglio 1992, concernente la promozione della partecipazione dei lavoratori subordinati ai profitti e ai risultati dell’impresa;

§      la direttiva 2003/72/CE del Consiglio, del 22 luglio 2003, che accompagna il regolamento (CE) n. 1435/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003, istitutivo della Società cooperativa europea.

Da ricordare inoltre la direttiva 94/45/CE del Consiglio, del 22 settembre 1994, relativa all’istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l’informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie, direttiva trasfusa nell’ordinamento italiano con il decreto legislativo 2 aprile 2002, n. 74.

Per completezza di riferimenti normativi occorre ricordare che il codice civile già prevede (articolo 2349) speciali categorie di azioni da assegnare ai lavoratori, con esclusione del diritto di opzione dei soci (articolo 2441, quarto comma). L’azionariato dei lavoratori viene sostenuto da apposite esenzioni fiscali e contributive entro limiti fissati dalla legge e purché le azioni non siano cedute o ritrasferite per almeno tre anni (articolo 51, comma 2, lett. g), del D.P.R. n. 917 del 1986 – TUIR).

I piani di azionariato diffuso prevedono l’acquisto a un prezzo vantaggioso rispetto al valore di mercato da parte dei dipendenti di una società delle azioni della società in cui lavorano o di sue controllate. In sostanza si tratta di una forma di retribuzione e incentivazione che le aziende utilizzano come strumento di fidelizzazione per i propri dipendenti, rendendoli partecipi del rischio d'impresa e, contemporaneamente, cercando di stimolarne l'impegno professionale e la produttività in modo da generare valore a beneficio di tutti. Quando i dipendenti ricevono le azioni a titolo gratuito, si parla di piano di stock grant.


 

Articolo 1, comma 121
(Nuove sedi per uffici giudiziari)

 

 

Il comma 121, introdotto nel corso dell’esame al Senato, stabilisce che il CIPE, nell'ambito della programmazione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo 2014-2020, assegni una quota, nel limite complessivo di 30 milioni, da destinare ad interventi urgenti ed immediatamente attivabili relativi a nuove sedi per uffici giudiziari con elevati carichi di controversie pendenti, necessari per lo sviluppo delle aree connesse e per l'efficienza del sistema giudiziario, previa presentazione al CIPE di specifici progetti di adeguamento, completamento e costruzione.

In caso di mancata presentazione degli stati di avanzamento dei lavori entro dodici mesi dalla pubblicazione della delibera di assegnazione il finanziamento è revocato. In caso di mancato affidamento dei lavori entro sei mesi dalla pubblicazione della delibera di assegnazione il finanziamento è revocato.

 

Per quanto riguarda le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (ex FAS) stanziate per il ciclo di programmazione 2014-2020 si rinvia alla scheda di lettura relativa al comma 5.

 


 

Articolo 1, commi 122 e 123
(Ammortizzatori sociali)

 

 

I commi 122 e 123 recano interventi per il finanziamento, relativamente all’anno 2014, di ammortizzatori sociali in deroga, contratti di solidarietà e cassa integrazione guadagni straordinaria.

 

In particolare il comma 122 reca interventi per il finanziamento, relativamente all’anno 2014, di ammortizzatori sociali in deroga, contratti di solidarietà e cassa integrazione guadagni straordinaria.

In particolare, si prevede:

§      un incremento, per l’anno 2014, di 600 milioni di euro del Fondo sociale per l’occupazione e la formazione da destinare al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga previsti dall’articolo 2, commi 64-66, della L. n. 92/2012;

§      l’autorizzazione, per il 2014, della spesa di 40 milioni di euro per il finanziamento dei contratti di solidarietà (di cui all’articolo 5, commi 5 e 8, del D.L. n. 148/1993, convertito nella L. n. 236/1993);

§      l’autorizzazione, per il 2014, di 50 milioni di euro per il finanziamento delle proroghe a 24 mesi della cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) per cessazione di attività (di cui all’articolo 1, comma 1, del D.L. n. 249/2004).

 

L'onere derivante dal rifinanziamento dei contratti di solidarietà e della CIGS per cessazione di attività è posto a carico del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione (articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. 185/2008), come rifinanziato dall'articolo 2, comma 65, della L. n. 92/2012 e dalla legge in esame[39].

 

Il comma 123, introdotto al Senato, destina, per l'anno 2014, una somma pari a 30 milioni di euro, per il riconoscimento dell’istituto della cassa integrazione guadagni in deroga nel settore della pesca. Tale somma è posta nell'ambito delle risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione già destinate, per il medesimo anno 2014, al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga.

Gli ammortizzatori sociali in deroga

Per quanto concerne gli ammortizzatori sociali in deroga, si ricorda che da ultimo l'articolo 2, commi 64-66, della L. 92/2012 ha operato un'ampia revisione degli strumenti di tutela del reddito, in primo luogo attraverso la creazione di un unico ammortizzatore sociale (Aspi – Assicurazione sociale per l'impiego) in cui confluiscono l'indennità di mobilità e l'indennità di disoccupazione (ad eccezione di quella relativa agli operai agricoli). Il nuovo ammortizzatore amplia sia il campo soggettivo dei beneficiari, sia i trattamenti: in particolare, oltre all'estensione a categorie prima escluse (principalmente apprendisti), fornisce una copertura assicurativa per i soggetti che entrano nella prima volta nel mercato del lavoro (principalmente giovani) e per i soggetti che registrano brevi esperienze di lavoro. Si prevede, quindi, l'introduzione di una cornice giuridica per l'istituzione di fondi di solidarietà settoriali. Inoltre, viene confermata l'attuale disciplina per la Cassa integrazione ordinaria, mentre vengono apportate modifiche alla disciplina della Cassa integrazione straordinaria. Infine, si prevede la creazione di un nuovo strumento di sostegno del reddito per i lavoratori ultracinquantenni.

Al fine di garantire la transizione verso il nuovo sistema di ammortizzatori sociali (che entrerà a regime nel 2017), l'articolo 2, commi 64-66, della legge n. 92/2012 consente, per il periodo transitorio 2013-2016, la concessione di ammortizzatori sociali in deroga. In particolare, si prevede che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, possa disporre, sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, in deroga alla normativa vigente, la concessione, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di integrazione salariale e di mobilità.

Tali trattamenti sono concessi, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali, nei limiti delle risorse finanziarie a tal fine destinate nell'ambito del Fondo sociale per l'occupazione e formazione (di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. n. 185/2008[40]) incrementato di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, 700 milioni di euro per il 2015 e 400 milioni di euro per il 2016 (comma 65).

In particolare, l'articolo 2, comma 65, della L. n. 92/2012 ha disposto uno stanziamento volto a incrementare il Fondo sociale per l'occupazione e formazione di 1 miliardo di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, 700 milioni di euro per il 2015 e 400 milioni di euro per il 2016, mentre l'articolo 1, comma 253, della L. n. 228/2012, nel prevedere la possibilità di finanziare gli ammortizzatori sociali in deroga nelle Regioni, attraverso la riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007/2013 oggetto del Piano di Azione e Coesione, ha incrementato il Fondo sociale per l'occupazione e formazione, per il 2013, della parte di risorse relative al finanziamento, nelle medesime Regioni da cui i fondi provengono, degli ammortizzatori sociali in deroga.

Successivamente, l'articolo 1, commi 253-255, della L. n. 228/2012 ha disposto il finanziamento di ammortizzatori sociali in deroga nelle Regioni, in relazione a misure di politica attiva e ad azioni innovative e sperimentali di tutela dell'occupazione, attraverso specifici incrementi del Fondo sociale per l'occupazione e formazione. Più specificamente, il comma 253 ha previsto la possibilità di finanziare gli ammortizzatori sociali in deroga nelle Regioni, attraverso la riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007/2013 oggetto del Piano di Azione e Coesione. A tal fine il Fondo sociale per occupazione e formazione (di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. n. 185/2008), viene incrementato, per il 2013, della parte di risorse relative al finanziamento, nelle medesime Regioni da cui i fondi provengono, degli ammortizzatori sociali in deroga. La parte di risorse relative alle misure di politica attiva è gestita dalle Regioni interessate.

Si ricorda che gli ammortizzatori sociali in deroga sono stati oggetto, di recente, di alcuni interventi normativi volti al loro rifinanziamento.

L’articolo 4, commi 1 e 2, del decreto-legge 54/2013, ha dettato norme per il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga (mantenendo ferme le risorse già destinate dall’articolo 2, comma 65, della legge n. 92/2012 e dall’articolo 1, comma 253, della legge n.228/2012) e per la ridefinizione (con decreto interministeriale da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge) dei criteri per la loro concessione.

Più specificamente, la lettera a) del comma 1 dell’articolo 4 (in considerazione del perdurare della crisi occupazionale e della prioritaria esigenza di assicurare adeguate tutele del reddito dei lavoratori), ha incrementato di 250 milioni il Fondo sociale per l’occupazione e formazione, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per lo sgravio contributivo dei contratti di produttività.

La lettera b) del comma 1 dell’articolo 4, è volta ad accelerare il procedimento amministrativo di rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga già previsto dall’articolo 1, comma 255, della legge n. 228/2012, prevedendo che le risorse derivanti dall’aumento contributivo di cui all’articolo 25 della legge n. 845/1978[41], per l’anno 2013, siano versate all’INPS per un importo di 246 milioni di euro, ai fini della successiva riassegnazione al Fondo sociale per l’occupazione e formazione.

Il comma 2, infine, demanda ad un decreto interministeriale (del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze), previo parere della Conferenza Stato-regioni e sentite le parti sociali, da adottare entro 60 giorni (termine così modificato dalla legge di conversione 18 luglio 2013, n. 85) dalla data di entrata in vigore del decreto-legge[42], la determinazione, nel rispetto degli equilibri di bilancio programmati, dei criteri per la concessione degli ammortizzatori sociali in deroga, con particolare riferimento ai termini di presentazione delle relative domande, a pena di decadenza, alle causali di concessione, ai limiti di durata e reiterazione delle prestazioni anche in relazione alla continuazione rispetto ad altre prestazioni di sostegno del reddito, alle tipologie di datori di lavoro e lavoratori beneficiari. Si prevede, inoltre, che l'INPS, sulla base dei decreti di concessione inviati telematicamente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dalle regioni, effettui un monitoraggio, anche preventivo, della spesa, rendendolo disponibile al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di verificare gli andamenti di spesa e poter conseguentemente intervenire nel settore con misure adeguate.

Da ultimo, l’articolo 10, comma 1, del D.L. n. 102/2013 (ferme le risorse già destinate alla medesima finalità dal citato articolo 1, comma 253, della L. n. 228/2012) dispone un incremento, per l’anno 2013, di 500 milioni di euro del Fondo sociale per l’occupazione e la formazione destinato al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga previsti dall’articolo 2, commi 64-66, della L. n. 92/2012.

Il medesimo comma 1 dispone, altresì, che l’incremento di 500 milioni di euro del Fondo sociale per l’occupazione e la formazione debba ripartirsi tra le regioni tenendo conto delle risorse che devono essere destinate, per le medesime finalità, alle regioni che possono procedere al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga attraverso la riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007/2013 oggetto del Piano di Azione e Coesione, sulla base di quanto disposto dal citato articolo 1, comma 253, della L. n. 228/2012.

Contratti di solidarietà

Si ricorda che l’articolo 5, comma 5, del D.L. 148/1993 dispone che alle imprese non rientranti nel novero di quelle indicate e richiamate dall’articolo 1 del D.L. n. 726/1984[43] che stipulano contratti di solidarietà (al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale o di evitare licenziamenti plurimi individuali per giustificato motivo oggettivo) venga corrisposto un contributo pari alla metà del monte retributivo da esse non dovuto a seguito della riduzione di orario, per un massimo di due anni, ripartito in parti uguali tra impresa e lavoratori, per i quali non ha carattere di retribuzione ai fini degli istituti contrattuali e di legge. Per poter accedere al beneficio previsto, il contratto di solidarietà deve essere stipulato entro il 31 dicembre 1995[44].

Tale beneficio, secondo il comma 8 del citato decreto-legge, si applica alle imprese artigiane non rientranti nel campo di applicazione del trattamento straordinario di integrazione salariale, anche con meno di sedici dipendenti, a condizione che i lavoratori con orario ridotto da esse dipendenti percepiscano, a carico di fondi bilaterali istituiti da contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, una prestazione di entità non inferiore alla metà della quota del contributo pubblico destinata ai lavoratori.

Cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS)

Si ricorda infine che l’articolo 1, comma 1, del D.L. n. 249/2004 consente, in determinati casi, la proroga della CIGS concessa per cessazione di attività fino ad un periodo di 12 mesi oltre gli ordinari limiti di durata del trattamento medesimo.

Presupposto della proroga sono:

§      la cessazione dell’attività dell'intera azienda, di un settore di attività, di uno o più stabilimenti o di parte di essi;

§             la sussistenza di programmi volti alla ricollocazione dei lavoratori e che comprendano, ove necessario, la formazione professionale;

§             l'accertamento - da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - del "concreto avvio", nei primi 12 mesi, del piano di gestione delle eccedenze di personale.

La proroga può essere concessa entro il limite complessivo di spesa di 43 milioni di euro, a valere sul Fondo per l'occupazione. La dotazione del Fondo è conseguentemente incrementata, per l'anno 2004, per 63 milioni di euro. Si ricorda che il Fondo citato è stato successivamente oggetto di ulteriori rifinanziamenti destinati alle medesime finalità.


 

Articolo 1, comma 124
(Proroga della sospensione dei contributi e
dei premi assicurativi)

 

 

Il comma 124, introdotto al Senato, proroga al 31 dicembre 2016 il termine della sospensione dei termini di pagamento delle imposte e dei contributi previdenziali, introdotta dall’articolo 1, comma 255, della L. n. 311/2004, in favore di enti non commerciali operanti (in specifici territori) nel settore della sanità privata e rientranti in determinate fattispecie. Lo stesso comma stabilisce altresì l’obbligo, a decorrere dal 1° gennaio 2017, di restituzione all’I.N.P.S. dei contributi previdenziali e i premi assicurativi sospesi da parte degli enti interessati, senza corresponsione di interessi legali, in 120 rate mensili di pari importo.

 

Si ricorda che la legge finanziaria 2005 (L. n. 311/2004) aveva stabilito l’applicazione, in favore degli enti non commerciali di cui all’articolo 41, comma 7 della legge finanziaria 2003 (L. n. 289/2002) – ovvero gli enti operanti nelle aree individuate ai sensi degli obiettivi 1 e 2 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, con un organico superiore alle 2.000 unità lavorative, nel settore della sanità privata e in situazione di crisi aziendale in seguito a processi di riconversione e ristrutturazione aziendale, aventi almeno una sede operativa nelle province di Catania, Campobasso e Foggia –, fino al 31 dicembre 2005, della sospensione dei termini legali, tributari ed esecutivi (disciplinata dall'articolo 4 del D.L. n. 245/2002), nonché, per i versamenti non eseguiti alla data del 31 dicembre 2005, dei differimenti di termini relativi a compensi per prestazioni di lavoro straordinario, ad adempimenti per obblighi tributari e relativi ai versamenti dei contributi di previdenza e di assistenza sociale, indicati, rispettivamente, nell'articolo 3, comma 2, e nell'articolo 4, comma 3, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 7 maggio 2004 n. 3354, recante disposizioni urgenti in materia di protezione civile.

Successivamente, l’articolo 1, comma 5-ter, del D.L. n. 194/2009 ha esteso alla data del 31 ottobre 2010 la possibilità di prorogare, tra i vari interventi, la sospensione dei termini tributari e contributivi in favore dei predetti enti come recata dalla citata L. n. 311/2004, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze. Il termine è stato ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2012, dall’articolo 23, comma 12-duodecies, del D.L. n. 95/2012.

Da ultimo, un’ulteriore proroga (al 31 dicembre 2015) del termine per la concessione delle richiamate agevolazioni si è avuta con l’articolo 1, comma 314, della L. n. 228/2012. (termine già prorogato, da ultimo al 31 dicembre 2012, da precedenti disposizioni legislative)[45]. In particolare tali enti hanno quindi diritto al beneficio della sospensione, appunto fino al 31 dicembre 2015, dei termini di pagamento di contributi, tributi e imposte, a qualunque titolo ancora dovuti, anche in qualità di sostituti d'imposta, relativi agli anni dal 2008 al 2015, senza necessità di ulteriori provvedimenti attuativi

Si ricorda, inoltre, che in favore dei predetti enti, la legge finanziaria 2008 (articolo 2, commi 110 e 111 della L. n. 244/2007) aveva inoltre consentito di definire in maniera automatica la propria posizione tributaria relativamente agli anni dal 2002 al 2006, versando l’intera somma dovuta per ciascun contributo e tributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interesse, diminuita al 30%, in un’unica soluzione entro il 30 novembre 2008, pena la decadenza del beneficio.

 


 

Articolo 1, comma 125
(Lavoratori licenziati da enti non commerciali)

 

 

Il comma 125, introdotto al Senato, proroga al 2017 (in luogo del 2015, così come previsto dall’articolo 1, comma 314, della L. n. 228/2012) l’agevolazione – consistente nell’erogazione di un trattamento economico pari all’80% dell’importo massimo dell’indennità di mobilità - in favore dei lavoratori licenziati da enti non commerciali situati in specifici territori con organico superiore a 1.800 unità lavorative nei settori della sanità privata

Allo stesso tempo, viene ridotto a 1.300 unità lavorative (in luogo dell’attuale 1.500) l’organico richiesto per usufruire del trattamento speciale a favore dei lavoratori licenziati da aziende operanti nel settore della sanità privata assoggettate alla procedura di amministrazione straordinaria con cessazione dell'esercizio di impresa ed operanti in specifici territori, di cui all’articolo 1, comma 5, del D.L. n. 108/2002.

Al fine dell’attuazione delle richiamate disposizioni, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per il 2016 e di 4 milioni di euro a decorrere dal 2017. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione. Allo stesso tempo, si prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze possa apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio

 

L’articolo 41, comma 7, della legge finanziaria per il 2003 (L. n. 289/2002) ha disposto (estendendo l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 1, commi 6, 7 e 8 del D.L. n. 108/2002), per gli anni 2004-2015, un’agevolazione in favore dei lavoratori licenziati da enti non commerciali operanti nelle aree individuate ai sensi degli obiettivi 1 e 2 del regolamento (CE) n. 1260/99 del Consiglio, del 21 giugno 1999, con un organico superiore alle 1.800 unità lavorative, nel settore della sanità privata ed in situazione di crisi aziendale in seguito a processi di riconversione e ristrutturazione aziendale, consistente nell’erogazione di un trattamento economico corrispondente all’80% dell’importo massimo dell’indennità di mobilità (comprensivo della contribuzione figurativa e degli assegni per il nucleo familiare, ove spettanti), per la durata di 66 mesi dalla data di decorrenza del licenziamento e nel limite di 400 unità, calcolato come media del periodo. I soggetti fruitori del trattamento devono frequentare, durante il relativo periodo, corsi di formazione professionale indetti dalla regione o dai competenti enti locali ai fini di aggiornamento e riqualificazione professionale, e successiva ricollocazione degli stessi. La mancata ingiustificata partecipazione comporta la decadenza dal beneficio. Inoltre le amministrazioni pubbliche devono promuovere, per la ricollocazione dei soggetti, procedure per l'affidamento all'esterno di attività, attraverso la stipulazione di convenzioni con società di capitale, cooperative di produzione e lavoro, consorzi di artigiani.

Va inoltre ricordato che l’articolo 1, comma 5, del D.L. n. 108/2002 ha previsto, a favore dei lavoratori licenziati da aziende operanti nel settore della sanità privata, con un organico superiore alle 1.500 unità lavorative, assoggettate alla procedura di amministrazione straordinaria con cessazione dell'esercizio di impresa ed operanti in specifici territori, per i quali fosse scaduto, entro il 14 maggio 2002, il trattamento straordinario d'integrazione salariale, la corresponsione, per la durata di 24 mesi e nel limite massimo di 1.800 unità, di un trattamento pari all'80% dell'importo massimo dell'indennità di mobilità, così come previsto dalle vigenti disposizioni, comprensivo della contribuzione figurativa e degli assegni per il nucleo familiare, ove spettanti.

Il successivo comma 6 ha previsto l’obbligo, per i richiamati di frequentare, durante il periodo di durata del trattamento medesimo, corsi di formazione professionale, indetti dalla regione o dai competenti enti locali, finalizzati sia ad aggiornamento e riqualificazione professionale che a percorsi di ricollocazione posti in essere per i lavoratori stessi. La mancata ed ingiustificata partecipazione dei soggetti interessati (ad eccezione dei lavoratori che nell’arco di 24 mesi di fruizione dell’indennità avessero maturato il diritto alla pensione, che erano esentati dall’obbligo richiamato) alle attività formative comporta la decadenza dai citati benefici. Particolari procedure poi furono previste, ai sensi del comma 7, per la ricollocazione dei soggetti interessati, nonché per la possibilità di accedere ad un’anticipazione del trattamento per i lavoratori interessati ad intraprendere un'attività autonoma in forma singola o associata.

 


 

Articolo 1, commi 126 e 127
(Esodati)

 

 

Il comma 126 incrementa di 6.000 unità (a decorrere dal 1° gennaio 2014) il contingente di una specifica categoria di lavoratori esodati, per i quali trovano applicazione quindi le disposizioni previgenti al D.L. n. 201/2011 in relazione ai requisiti per la pensione di vecchiaia e la pensione di anzianità (comprese le cd. finestre). Si tratta, più specificamente, dei lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione entro il 4 dicembre 2011, con almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data del 6 dicembre 2011, ancorché abbiano svolto, successivamente al 4 dicembre 2011, qualsiasi attività, non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato dopo l'autorizzazione alla prosecuzione volontaria, a condizione che:

§      abbiano conseguito successivamente alla data del 4 dicembre 2011 un reddito annuo lordo complessivo riferito a tali attività non superiore a euro 7.500;

§      perfezionino i requisiti utili per conseguire la decorrenza del trattamento pensionistico entro il trentaseiesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 201/2011.

 

In proposito, tale intervento va ad interessare una platea già coinvolta da precedenti norme, seppure in modo non identico per quanto attiene all’ambito soggettivo di riferimento.

 

Se infatti la platea in esame è identica a quella prevista dall’articolo 1, comma 231, della L. n. 228/2012 e dal relativo decreto attuativo del 22 aprile 2013, merita ricordare che la platea interessata dall’articolo 24, comma 14, lettera d), del D.L. n. 201/2011 (e dal D.M. 1° giungo 2012 di attuazione concerneva i lavoratori che, antecedentemente alla data del 4 dicembre 2011, fossero stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione, mentre l’articolo 22, comma 1, lettera c), del D.L. n. 95/2012 ha fatto riferimento ai lavoratori che, antecedentemente alla data del 4 dicembre 2011, fossero stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione, a condizione che avessero perfezionato i requisiti anagrafici e contributivi utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico, secondo la disciplina vigente alla data di entrata in vigore dello stesso D.L. n. 201/2011, nel periodo compreso fra il ventiquattresimo e il trentaseiesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del medesimo provvedimento.

 

La disposizione, di conseguenza, modificando i commi 234 e 235 dell’articolo 1 della L. n. 228/2012 (si tratta, rispettivamente, delle risorse destinate al finanziamento dell’intervento a favore degli esodati individuati ai sensi del comma 231 dell’articolo 1 e di quelle per il finanziamento dell’apposito fondo per gli esodati istituito ai sensi del comma 234) , innalza i massimali delle risorse per gli anni 2014-2020, con i seguenti nuovi importi:

§      riguardo al comma 234, 183 milioni di euro (invece di 134) per il 2014; 197 milioni di euro (invece di 135) per il 2015; 158 milioni di euro (invece di 107) per il 2016; 77 milioni di euro (invece di 46) per il 2017; 53 milioni di euro (invece di 30) per il 2018, 51 milioni di euro (invece di 28) per il 2019  e 18 milioni di euro (invece di 10) per il 2020 (lettera a));

§      riguardo al comma 235, 1.182 milioni di euro (invece di 1.133) per il 2014; 2.008 milioni di euro (invece di 1.946) per il 2015; 2.561 milioni di euro (invece di 2.510) per il 2016; 2.378 milioni di euro (invece di 2.347) per il 2017; 1.552 milioni di euro (invece di 1.529) per il 2018, 618 milioni di euro (invece di 595) per il 2019 e 53 milioni di euro (invece di 45) per il 2020 (lettera b)).

Il comma 127, introdotto al Senato, introduce un vincolo di destinazione concernente le risorse finanziarie complessivamente richiamate all'articolo 1, comma 235, quarto periodo, della L. n. 228/2012 (cioè le risorse destinate al finanziamento dell’apposito fondo per gli esodati, così come rimodulate dal precedente comma). Tali risorse devono essere finalizzate, nel rispetto dei limiti previsti, alla copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni di salvaguardia richiamate dal medesimo periodo relativi alle categorie di beneficiari interessate.

Lo stesso comma dispone altresì che ogni eventuale trasferimento di risorse (e di relativi contingenti tra le categorie di soggetti tutelati dalla normativa vigente, come definita appunto dal richiamato quarto periodo del comma 235 e dai relativi decreti attuativi), possa avvenire esclusivamente, previo procedimento di cui all'articolo 14 della L. n. 241/1990[46], con apposito decreto interministeriale.

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 2, comma 7, del D.L. n. 126/2013, attualmente in fase di conversione presso il Parlamento, ha incrementato, per il 2013, il Fondo speciale destinato al soddisfacimento delle esigenze prioritariamente di natura alimentare e successivamente anche energetiche e sanitarie dei cittadini meno abbienti, di cui all’articolo 81, comma 29, del D.L. n. 112/2008, di una somma pari a 35 milioni di euro, provvedendo alla copertura dei relativi oneri mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al fondo per gli esodati, di cui al primo periodo del comma 235 dell'articolo 1 della L. n. 228/2012.

 

La questione degli esodati.

La questione degli esodati trae origine dalla riforma pensionistica realizzata del Governo Monti (articolo 24 del D.L. n. 201/2011, c.d. riforma Fornero), che a decorrere dal 2012 ha sensibilmente incrementato i requisiti anagrafici e contributivi per l’accesso al pensionamento. La riforma, in particolare, ha portato a 66 anni il limite anagrafico per il pensionamento di vecchiaia; velocizzato il processo di adeguamento dell’età pensionabile delle donne nel settore privato (66 anni dal 2018); per quanto concerne il pensionamento anticipato, abolito il previgente sistema delle quote, con un considerevole aumento dei requisiti contributivi (42 anni per gli uomini e 41 anni per le donne) e l’introduzione di penalizzazioni economiche per chi comunque accede alla pensione prima dei 62 anni.

Al fine di salvaguardare le aspettative dei soggetti prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici, la riforma ha dettato una disciplina transitoria, individuando alcune categorie di lavoratori ai quali continua ad applicarsi la normativa previgente, preordinando allo scopo specifiche risorse finanziarie. Tale platea comprende, in particolare, i lavoratori che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2011; i lavoratori collocati in mobilità sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 4 dicembre 2011 (data di entrata in vigore della riforma) e che maturino i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità; i lavoratori titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore alla data del 4 dicembre 2011, nonché lavoratori per i quali sia stato previsto da accordi collettivi stipulati entro la data del 4 dicembre 2011 il diritto di accesso ai predetti fondi di solidarietà; i lavoratori che, antecedentemente alla data del 4 dicembre 2011, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione; i lavoratori che alla data del 4 dicembre 2011 si trovino in esonero dal servizio; i lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 sono in congedo per assistere figli con disabilità grave, a condizione che maturino, entro ventiquattro mesi dalla data di inizio del predetto congedo, il requisito di anzianità contributiva di 40 anni.

L’insufficienza delle norme transitorie contenute nella legge di riforma, resasi evidente nei mesi successivi alla sua entrata in vigore (mesi che hanno visto crescere la protesta dei lavoratori che si sarebbero venuti a trovare senza stipendio e senza pensione), ha indotto il Governo e il Parlamento a rivedere la platea dei soggetti ammessi al pensionamento secondo la normativa previgente, estendendola a più riprese.

Con il D.M. 1° giugno 2012 sono state definite le modalità di attuazione del richiamato comma 14, nonché la determinazione del limite massimo numerico dei soggetti interessati ai fini della concessione dei benefici pensionistici di cui al comma 14 del medesimo articolo.

Dapprima, l’articolo 6, comma 2-ter, del D.L. n. 216/2011 (c.d. decreto proroga termini) vi ha ricompreso anche i lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto, in base ad accordi individuali, sottoscritti in data antecedente a quella di entrata in vigore della legge di riforma o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale, purché in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi che, in base alla previgente disciplina pensionistica, avrebbero comportato la decorrenza del trattamento entro un periodo non superiore a 24 mesi dalla data di entrata in vigore della riforma.

Allo stesso tempo, l’articolo 6, comma 2-septies, dello stesso provvedimento, inserendo la lettera e-bis) all’articolo 24, comma 14, del D.L. n. 201/2011, ha previsto che la normativa previgente continuasse ad applicarsi anche ai lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 risultassero essere in congedo per assistere figli con disabilità grave ai sensi dell'articolo 42, comma 5, del D.Lgs. n. 151/2001, a condizione che maturassero, entro ventiquattro mesi dalla data di inizio del predetto congedo, il requisito contributivo per l'accesso al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica di cui all'articolo 1, comma 6, lettera a), della L. n. 243/2004, e cioè in presenza di un requisito di anzianità contributiva non inferiore a quaranta anni.

Successivamente è intervenuto l’articolo 22 del D.L. n. 95/2012 (c.d. “spending review”), che ha ulteriormente incrementato la platea dei soggetti salvaguardati, rientranti in alcune categorie, ricomprendendovi altri 55.000 lavoratori.

Da ultimo, sulla materia è intervenuto l’articolo 1, commi 231-237, della L. n. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013), prevedendo che le disposizioni previgenti alla legge di riforma continuino a trovare applicazione anche nei confronti: dei lavoratori cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012 e collocati in mobilità (ordinaria o in deroga) a seguito di accordi (governativi o non governativi) stipulati entro il 31 dicembre 2011 e che abbiano perfezionato i requisiti utili al trattamento pensionistico entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità o durante il periodo di godimento dell’indennità di mobilità in deroga, e in ogni caso entro il 31 dicembre 2014; dei lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione entro il 4 dicembre 2011, a condizione che perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 36° mese dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 201/2011 (con almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data di entrata in vigore del D.L. n. 201/2011, ancorché abbiano svolto, successivamente alla medesima data del 4 dicembre 2011, attività lavorativa retribuita, comunque non riconducibile al rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, entro il limite di 7.500 euro annui; oppure collocati in mobilità ordinaria alla data del 4 dicembre 2011, i quali avvieranno la contribuzione volontaria al termine della fruizione della mobilità ordinaria); dei lavoratori che hanno risolto il rapporto di lavoro entro il 30 giugno 2012, in ragione di accordi individuali o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all’esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, ancorché abbiano svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (a condizione che abbiano conseguito un reddito annuo lordo complessivo riferito a tali attività non superiore a euro 7.500 e perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2014); dei lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria entro il 4 dicembre 2011 e collocati in mobilità ordinaria alla predetta data, i quali, in quanto fruitori della relativa indennità, debbano attendere il termine della fruizione stessa per poter effettuare il versamento volontario (a condizione che perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il trentaseiesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del D.L. n. 201/2011, e cioè entro il 6 dicembre 2014). Le modalità di attuazione sono contenute nel D.M. 22 aprile 2013 pubblicato sulla G.U. del 28 maggio 2013 (sul cui schema la Commissione speciale ha espresso il proprio parere il 3 aprile 2013). Le relative istruzioni operative sono contenute nella C.M. 5 giugno 2013, n. 19.

Ulteriori interventi in materia sono contenuti, da ultimo, negli articoli 11 e 11-bis del D.L. n. 102/2013. In particolare, l'articolo 11 prevede che le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima dell'entrata in vigore del D.L. n. 201/2011 (cd. riforma Fornero), trovino applicazione anche nei confronti dei lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato entro il 31 dicembre 2011 a seguito di risoluzione unilaterale. Il beneficio é riconosciuto nel limite di 6.500 soggetti e nel limite massimo delle risorse appositamente stanziate (pari 151 milioni di euro per il 2014, 164 milioni di euro per il 2015, 124 milioni di euro per il 2016, 85 milioni di euro per il 2017, 47 milioni di euro per il 2018 e 12 milioni di euro per il 2019). Il successivo articolo 11-bis, che ha ampliato ulteriormente la platea dei cd. esodati, ricomprendendovi anche 2.500 lavoratori i quali nel 2011 erano in congedo per assistere a familiari con handicap grave o fruivano di permessi giornalieri retribuiti per assistenza a coniuge parente o affine con handicap grave, i quali maturino i requisiti pensionistici entro 36 mesi dall’entrata in vigore del D.L. n. 201/2011 (cd. riforma Fornero). Il beneficio è riconosciuto nel limite massimo di 23 milioni di euro per il 2014, 17 milioni per il 2015, 9 milioni per il 2016, 6 milioni per il 2017 e 2 milioni per il 2018.

Per effetto dei ripetuti interventi del legislatore (ad esclusione del provvedimento in esame) è stata garantita copertura previdenziale ad un totale di poco più di circa 140.000 lavoratori (fino al 2014).

La seguente tabella evidenzia l’entità dei vari contingenti in riferimento alle diverse categorie di lavoratori salvaguardati.

 

Categoria di lavoratori

D.L. 201/2011

D.M. 1/6/2012

D.L. 95/2012

D.M. 8/10/2012

L. 228/2012

D.M. 22/4/2013

D.L. 102/2013, artt. 11 e 11-bis

Ddl stabilità 2014

Lavoratori in mobilità ordinaria (L. 223/1991)

25.590

--

2.560

--

--

Lavoratori per i quali le imprese hanno stipulato in sede governativa accordi finalizzati alla gestione delle eccedenze occupazionali con utilizzo degli ammortizzatori sociali

--

40.000

--

--

--

Lavoratori in mobilità lunga (L. 223/1991)

3.460

--

--

--

--

Titolari di prestazione straordinaria a carico dei Fondi di solidarietà

17.710

1.600

--

--

--

Lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria prima del 4/12/2011

10.250

7.400

1.590

--

6.000

Lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria e collocati in mobilità ordinaria

--

--

850

--

--

Lavoratori con istituto dell’esonero dal servizio (articolo 72 D.L. 112/2008)

950

--

--

--

--

Lavoratori che al 31/10/2011 erano in congedo per assistere figli disabili (articolo 42, comma 5, D.Lgs. 151/2001)

150

--

--

--

--

Lavoratori con rapporto di lavoro risolto entro il 31/12/2011 in ragione di accordi individuali o accordi collettivi di incentivo all’esodo

6.890

6.000

5.130*

6.500**

--

Lavoratori che nel 2011 erano in congedo o hanno usufruito di permessi ai sensi dell’articolo 33, comma 3, della L. 104/1992

--

--

--

2.500

--

TOTALE

65.000

55.000

10.130

9.000

6.000

 

N.B.: *a condizione che il rapporto di lavoro sia risolto entro il 30/6/2012 - **data di cessazione successiva al 31/12/2008 e precedente all’1/1/2012.


 

Articolo 1, commi 128 e 129
(Fondo per le non autosufficienze)

 

 

Il comma 128, autorizza la spesa di 275 milioni, per l'anno 2014, per gli interventi di pertinenza del Fondo per le non autosufficienze, ivi inclusi quelli a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA).

Il successivo comma 129, dispone, per il 2014, un incremento del Fondo di ulteriori 75 milioni di euro, da destinare esclusivamente agli interventi di assistenza domiciliare per le persone affette da disabilità gravi e gravissime, ivi incluse quelle affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA).

 

La norma è stata modificata nel corso dell’esame al Senato. Originariamente, erano previsti, quale dotazione del Fondo, 250 milioni di euro.

 

L'art. 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) ha istituito il Fondo per le non autosufficienze presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione di 100 milioni di euro per l'anno 2007 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Successivamente, l’articolo 2, comma 465, della legge finanziaria 2008 (legge n. 244/2007) ha incrementato la dotazione di 100 milioni di euro per l’anno 2008 e di 200 milioni di euro per l’anno 2009. Conseguentemente, le risorse assegnate al Fondo per gli anni 2008 e 2009, pari rispettivamente a 300 e 400 milioni di euro, sono state ripartite con il decreto 6 agosto 2008.

Il Fondo è configurato come un contributo alle politiche regionali in materia, per la realizzazione di prestazioni, interventi e servizi assistenziali nell'ambito dell'offerta integrata dei servizi socio-sanitari in grado di garantire i livelli essenziali delle prestazioni assistenziali a favore delle persone non autosufficienti. Le risorse, aggiuntive rispetto a quelle già destinate alle prestazioni e ai servizi a favore delle persone non autosufficienti da parte delle Regioni, nonché da parte delle autonomie locali, sono state finalizzate alla copertura dei costi di rilevanza sociale dell'assistenza socio-sanitaria. Le risorse sono ripartite fra le regioni utilizzando criteri basati, nella misura del 60 per cento, su indicatori relativi alla popolazione residente, per regione, d'età pari o superiore a 75 anni e per il restante 40 per cento sui criteri utilizzati per il riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali come individuati dall’articolo 20, comma 5, della legge n. 328/2000.

 

Le risorse assegnate al Fondo per il 2010 dall’articolo 2, comma 102, della legge finanziaria 2010 (legge n. 191/2009), erano pari ad euro 400 milioni. Per il 2011 e il 2012, non è stato previsto il rifinanziamento organico del Fondo. Nel 2011, le risorse sono comunque ammontate a 100 milioni di euro, mentre nel 2012 la dotazione del fondo non è stata finanziata.

In ultimo, la legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012), al comma 272, autorizza la spesa di 275 milioni di euro per l'anno 2013, per gli interventi di pertinenza del Fondo per le non autosufficienze, ivi inclusi quelli a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Inoltre, ai sensi dell’articolo 1, comma 109, della stessa legge di stabilità 2013, ulteriori 40 milioni confluiranno nel Fondo, dai risparmi attesi dal piano straordinario di verifiche INPS sulle invalidità. Infine, il decreto 20 marzo 2013 ha ripartito la somma di 275 milioni di euro destinandola alla realizzazione di prestazioni, interventi e servizi assistenziali nell'ambito dell'offerta integrata di servizi socio-sanitari in favore di persone non autosufficienti. Il decreto di riparto, all’articolo 2, impegna le regioni ad utilizzare prioritariamente tali risorse, e comunque per una quota non inferiore al 30%, per interventi a favore di persone in condizione di disabilità gravissima, ivi inclusi quelli a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica.

 

Tabella tratta dal documento consegnato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali sugli indirizzi generali della politica del Ministero con particolare riguardo alle politiche sociali. Audizione del 4 giugno 2014 presso la Commissione Lavoro del Senato

 


 

Articolo 1, comma 130
(Fondo per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati)

 

 

Il comma 130 reca un incremento del finanziamento del Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati di 20 milioni, per ciascun anno 2015 e 2016.

Il Fondo è stato istituito dall'articolo 23, comma 11, del decreto-legge n. 95/2012, con una dotazione di 5 milioni di euro per l'anno 2012. La dotazione è stata successivamente incrementata di 20 milioni per l'anno 2013, dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 120/2013, Misure urgenti di riequilibrio della finanza pubblica nonché in materia di immigrazione.

 

Per minore non accompagnato si intende il minorenne senza cittadinanza italiana (o di altro Paese dell’Unione Europea) che non ha presentato domanda di asilo politico e che si trova nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili (D.P.C.M. n. 535 del 1999, art. 1).

Come accennato, il Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati è stato istituito dall'articolo 23, comma 11, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 (convertito dalla L. n. 135/2012) con una dotazione iniziale di 5 milioni di euro per l'anno 2012. Il Fondo è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro del lavoro provvede, con proprio decreto, sentita la Conferenza unificata, alla copertura dei costi sostenuti dagli enti locali per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, nei limiti delle risorse suddette. Successivamente, l'articolo 1, comma 1, del D.L. n. 120/2013 ha incrementato la dotazione del Fondo di 20 milioni di euro, per l'anno 2013.

Le finalità indicate nella norma istitutiva del Fondo sono due: assicurare la prosecuzione degli interventi a favore dei minori stranieri non accompagnati connessi al superamento dell'emergenza umanitaria lo stato di emergenza in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa e consentire nel 2012 una gestione ordinaria dell'accoglienza.

L'emergenza umanitaria era stata dichiarata con decreto del Presidente del Consiglio 12 febbraio 2011 e successivamente prorogata fino al 31 dicembre 2012 con decreto del Presidente del Consiglio 6 ottobre 2011, essendo stata ravvisata la necessità di continuare a fronteggiare la persistente situazione di criticità con l'esercizio di poteri straordinari, mediante interventi e provvedimenti di natura eccezionale.

Il citato decreto-legge n. 95/2012, inoltre, ha stabilito la chiusura della stato di emergenza entro il 2013, demandandone la determinazione a una ordinanza di protezione civile (art. 23, comma 12). In attuazione di questa disposizione, l’ordinanza 33 del 28 dicembre 2012 ha dichiarato la cessazione dello stato di emergenza per il 31 dicembre 2012 e il rientro nella gestione ordinaria, prevedendo il subentro delle Amministrazioni ordinariamente competenti nelle attività di assistenza ai cittadini stranieri interessati. Inoltre, la citata ordinanza ha provveduto ha individuare, dal 1° gennaio 2013, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali quale amministrazione competente in via ordinaria a coordinare le attività per i minori stranieri non accompagnati, fatte salve le competenze attribuite in via ordinaria ad altre amministrazioni (art. 1, comma 2).


 

Articolo 1, comma 131
(5 per mille)

 

 

Il comma 131 dispone l’applicazione anche all'esercizio finanziario 2014 delle disposizioni relative al riparto della quota del cinque per mille IRPEF, contenute all’articolo 2, commi da 4-novies a 4-undecies, del D.L. n. 40 del 2010.

 

Si ricorda che la disciplina relativa alla destinazione della quota del 5 per mille IRPEF prevista dal D.L. n. 40 del 2010 relativamente alla dichiarazione dei redditi 2009 (esercizio finanziario 2010) è stata così estesa:

§       all’anno 2011, dall’articolo 2, comma 1, del D.L. n. 225/2010 (dichiarazioni 2010);

§       all’anno 2012, dall'articolo 33, comma 11, della legge n. 183 del 2011 (dichiarazioni 2011);

§       all’anno 2013, dall'articolo 23, comma 2, del D.L. n. 95 del 2012 (dichiarazioni 2012).

 

Il comma stabilisce altresì che le norme attuative di tale disciplina, contenute nel D.P.C.M. 23 aprile 2010, si applichino anche all’esercizio finanziario 2014, previo aggiornamento dei riferimenti temporali ivi contenuti.

 

Viene infine indicato in 400 milioni di euro l'importo destinato alla liquidazione nell'anno 2014 della quota del 5 per mille relativo all’esercizio finanziario 2013.

 

Si ricorda che il citato articolo 2 del decreto legge n. 40/2010 (relativo alla disciplina del 5 per mille per l’esercizio finanziario 2010) ha stabilito che esso sia destinato al finanziamento delle seguenti finalità (comma 4-novies, D.L. n. 40/2010):

§       sostegno del volontariato e altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), che operano in determinati settori, quali assistenza sociale e socio-sanitaria, assistenza sanitaria, beneficenza, istruzione, formazione, sport dilettantistico, tutela, promozione e valorizzazione delle cose d’interesse artistico e storico, tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente, promozione della cultura e dell’arte, tutela dei diritti civili, ricerca scientifica di particolare interesse sociale, nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte negli appositi registri nazionale, regionale e provinciale (tenuti presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per gli affari sociali), delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori sopra citati[47];

§       finanziamento della ricerca scientifica e dell'università. Il decreto legge n. 78/2010, all’articolo 38, comma 13-quinquies ha specificato che per l’anno finanziario 2010, possono beneficiare del riparto del 5 per mille i soggetti già inclusi nell’elenco degli enti della ricerca scientifica e dell’Università predisposto per l’esercizio finanziario 2009;

§       finanziamento della ricerca sanitaria;

§       attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente;

§       sostegno delle associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI a norma di legge, che svolgono una rilevante attività di interesse sociale.

 

Si ricorda inoltre, che l’articolo 23, comma 46 del D.L. n. 98/2011 ricomprende, a decorrere dall'anno finanziario 2012, tra le finalità cui può essere destinato il cinque per mille il finanziamento delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici.

In attuazione di quanto sopra, il D.P.C.M. 30 maggio 2012 ha fissato le modalità di presentazione della richiesta e di predisposizione delle liste dei soggetti ammessi al riparto.

 

Il decreto legge n. 40/2010, all’articolo 2, comma 4-undecies, ha previsto uno specifico obbligo di rendicontazione in capo a tutti i soggetti beneficiari del riparto, chiamati a redigere, entro un anno dalla ricezione delle somme, un apposito rendiconto delle stesse, da cui deve risultare chiaramente, anche a mezzo di una relazione illustrativa, la destinazione delle somme attribuite ai soggetti beneficiari.

 

Il D.P.C.M. 23 aprile 2010 reca la disciplina attuativa delle disposizioni di cui sopra, stabilendo finalità e soggetti ammissibili al beneficio del 5 per mille per l'anno finanziario 2010.

Si rileva, comunque, al riguardo, che l’articolo 2, comma 2 del D.L. n. 16/2012 ha modificato i criteri di ammissibilità al beneficio, stabilendo che a decorrere dall’esercizio finanziario 2012, possono partecipare al riparto del 5 per mille anche gli enti che, pur non avendo assolto gli adempimenti richiesti per l’ammissione al contributo entro i termini di scadenza, rispettino le seguenti condizioni:

§       siano in possesso dei requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;

§       presentino le domande di iscrizione (e le successive integrazioni documentali) entro il 30 settembre;

§       paghino contestualmente la sanzione, nella misura minima di 258 euro prevista dall’articolo 11, co. 1, del D.Lgs. n. 471/1997, tramite versamento, senza possibilità di compensazione.

Il comma in esame, infine, prevede che le somme non utilizzate entro il 31 dicembre di ciascun anno possono esserlo nell'esercizio successivo, disposizione già prevista dall’articolo 23, comma 2, del D.L. n. 95 del 2012.


 

Articolo 1, comma 132
(Lavoratori socialmente utili)

 

 

Il comma 132 (modificato al Senato) detta norme in favore dei lavori socialmente utili, autorizzando una spesa complessiva pari a 110 milioni di euro in favore dei lavori socialmente utili nei territori di Napoli, Palermo e (come precisato al Senato) della regione Calabria, nonché nei comuni con meno di 50 mila abitanti.

Più specificamente, la suddetta spesa è autorizzata:

a)  in favore del comune e della provincia di Napoli e del comune di Palermo per la prosecuzione di lavori socialmente utili;

b)  in favore dei lavoratori socialmente utili e di quelli di pubblica utilità della regione Calabria e dei lavoratori oggetto dei piani di reinserimento lavorativo di cui alla legge regionale 15/2008;

c)  per il pagamento degli arretrati, per l'anno 2013, relativi ai progetti dei citati lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità della regione Calabria, per la proroga, per l'anno 2014, dei medesimi progetti (in essere alla data del 1° gennaio 2014), nonché per l'avvio di un percorso di inserimento lavorativo dei medesimi soggetti;

d)  nel limite di 1 milione di euro, in favore dei comuni con meno di 50 mila abitanti, ai fini della concessione di un contributo - da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome - per la stabilizzazione degli LSU che siano a carico del bilancio comunale da almeno otto anni.

 

Per l’area napoletana, l’intervento in oggetto ha avuto inizio con il D.L. n. 409/1984, portando alla costituzione di cooperative, formate da ex detenuti (circa 4.000, secondo le stime del ministero dell’interno) e impegnate in attività varie (per esempio, manutenzione e pulizie di scuole ed altri edifici pubblici). Successivamente il D.L. n. 366/1987, in seguito ad irregolarità riscontrate nella gestione, ha sottoposto le cooperative a gestione commissariale e al controllo di collegi sindacali. La prosecuzione dell’intervento è stata assicurata per il 1991 dall’articolo 12, comma 1, del D.L. n. 6/1991 (con uno stanziamento di 120 miliardi di lire, pari a 61.974.827,89 euro), e per il 1992 dall’articolo 1 della L. n. 22/1192 (con un’ulteriore spesa di 120 miliardi di lire, pari a 61.974.827,89 euro).

Per la città di Palermo, l’intervento è stato inizialmente disposto dal D.L. n. 24/1986. In questo caso si trattava di circa 1.600 operai edili, disoccupati per la conclusione di alcuni lavori in appalto del comune di Palermo e successivamente reimpiegati a tempo determinato per “lavori in economia relativi ad interventi indifferibili ed urgenti di manutenzione e salvaguardia del territorio nonché del patrimonio artistico e monumentale” della città di Palermo. Il proseguimento dell’intervento per il 1991 e 1992 è stato assicurato dalle medesime norme sopra citate per quanto riguarda le aree napoletane, rispettivamente i D.L. n. 6/1991 e la L. n. 22/1992 (90 miliardi di lire per ciascun anno, pari a 46.481.120,92 euro).

Successivamente l’articolo 4, commi 8 e 9, del D.L. n. 148/1993 ha previsto un nuovo finanziamento, per l’anno 1993 (100 miliardi di lire – 51.645.689,91euro - per l’area napoletana e 50 miliardi di lire – 25.822.844,95 euro - per il comune Palermo), mentre per il 1994 e il 1995 il finanziamento dell’intervento è stato assicurato rispettivamente dall’articolo 1, commi 3-4, del D.L. n. 515/1994 (125 miliardi di lire - 64.557.112,39 euro - a favore del comune e della provincia di Napoli e 50 miliardi di lire - 25.822.084,80 euro - a favore del comune di Palermo), e dall’articolo 1, commi 2-3, del D.L. n. 444/1995 (130 miliardi di lire - 67.139.396,88 euro - a favore del comune e della provincia di Napoli e 56 miliardi di lire - 28.921.586,35 euro - a favore del comune di Palermo), concedendo anche la possibilità di impiegare eventuali disponibilità non utilizzate, derivanti dai contributi statali assegnati con i D.L. n. 409/1984 e n. 24/1986, sopra citati. Ulteriori finanziamenti sono stati stanziati ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lett. f), del D.L. n. 599/1996 (30 miliardi di lire - 15.493.706,97 euro - a favore dell’area napoletana e a 10 miliardi di lire - 5.164.568,99 euro - a favore del comune di Palermo).(richiamato dalla disposizione in commento), che ha stanziato 69.721.681,38 euro (135 miliardi di lire) a favore del comune e della provincia di Napoli e 28.405.13 euro (55 miliardi di lire) a favore del comune di Palermo. All’erogazione del contributo doveva provvedere il Ministro dell'interno con proprio decreto da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 67/1997, previa approvazione di una relazione presentata da parte degli enti locali al Ministero dell'interno recante gli specifici programmi di lavoro e le opere pubbliche intrapresi nel 1997.

Successivamente, l’articolo 1, comma 262, terzo periodo, della L. n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005) ha rifinanziato, nella misura di 98 milioni di euro per l'anno 2005, lo stanziamento per la concessione di contributi statali per gli interventi (intesi a "favorire l'occupazione") di lavori socialmente utili da parte del Comune di Napoli e di lavori in economia da parte del Comune di Palermo, di cui, rispettivamente, ai D.L. n. 409/1984 e al D.L. n. 24/1986, in precedenza richiamati.

L’ultimo intervento volto al finanziamento di attività di LSU nei territori di Napoli e Palermo è costituito dall’articolo 1, comma 265, della L. n. 228/2012 che autorizza, per il 2013, una spesa pari a 110 milioni di euro:

§       per le finalità di cui al citato articolo 3, comma 1, del D.L. n. 67/1997, che ha disposto specifici stanziamenti (per il 1997) a favore del comune e della provincia di Napoli e del comune di Palermo, ai fini della prosecuzione, nel medesimo anno, degli interventi statali di lavori socialmente utili;

§       per la stabilizzazione degli LSU di cui all’articolo 2, comma 552, della L. n. 244/2007 nel limite di un milione di euro;

§       per l’assunzione a tempo determinato per il 2013, nel limite di 500.000 euro, dei lavoratori cassintegrati, in mobilità, socialmente utili, disoccupati e inoccupati che, a partire dal 2010, hanno partecipato a progetti formativi regionali o provinciali presso gli uffici giudiziari per lo smaltimento degli arretrati.

Per la regione Calabria si ricorda che un primo piano di stabilizzazione occupazionale rivolto ai soggetti che, alla data del 31 ottobre 2000, risultavano impiegati in attività socialmente utili o di pubblica utilità era stato previsto dalla L.R. n. 4/2001. L’articolo 55, comma 1, della L.R. n. 147/2011 aveva stabilito che il termine finale per l'attuazione del piano di stabilizzazione previsto dalla citata L.R. 4/2001, come modificato da ultimo dalla L.R. n. 14/2008, fosse il 31 dicembre 2014. A seguito di una sentenza della Corte costituzionale (11-14 febbraio 2013, n. 18), che ha dichiarato l’incostituzionalità del citato comma, il 22 maggio 2013 è stata stipulata una Convenzione tra la regione Calabria ed il Ministero del lavoro con la quale si è disposta la proroga dell'utilizzo dei lavoratori LSU fino al 31 dicembre 2013, senza soluzione di continuità.

Si ricorda inoltre che, all’interno di questo quadro, la lettera f-bis) dell’articolo 1, comma 1156, della L. n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), introdotta dall’articolo 27 del D.L. n. 159/2007, dispone la concessione, per l’anno 2007, a favore della regione Calabria, di un contributo pari a 60 milioni di euro a valere sul Fondo per l'occupazione da destinare alla stabilizzazione dei soggetti impegnati in lavori socialmente utili e di quelli impegnati in lavori di pubblica utilità. La concessione di tale contributo è subordinata alla stipulazione di un'apposita convenzione con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale.


 

Articolo 1, comma 133
(Carta acquisti)

 

 

Il comma 133, modifica la disciplina in materia carta acquisti (c.d. social card).

 

La Carta acquisti ordinaria, istituita dal decreto-legge n. 112/2008[48], a legislazione vigente viene concessa ai richiedenti residenti con cittadinanza italiana che versano in condizione di maggior disagio economico, ovvero ai cittadini nella fascia di bisogno assoluto, di età uguale o superiore ai 65 anni o con bambini di età inferiore ai tre anni. La Carta, utilizzabile per il sostegno della spesa alimentare e sanitaria e per il pagamento delle spese energetiche, vale 40 euro al mese e viene caricata ogni due mesi con 80 euro, sulla base degli stanziamenti disponibili.

L’articolo 60 del decreto-legge n. 5/2012[49] ha stabilito l’avvio di una fase di sperimentazione della Carta della durata di un anno, nei comuni con più di 250.000 abitanti. Per le risorse necessarie alla sperimentazione si è provveduto, nel limite massimo di 50 milioni di euro. I comuni destinatari della sperimentazione, Milano, Torino, Firenze, Roma, Napoli, Venezia, Verona, Genova, Bologna, Bari, Catania e Palermo, possono integrare le risorse loro assegnate vincolando l’utilizzo dei propri contributi a usi specifici, da definire con apposito protocollo d’intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sottolineando l’obiettivo di utilizzare la carta acquisti come strumento di contrasto alla povertà assoluta tra le fasce della popolazione in condizione di maggiore bisogno. Le modalità attuative della sperimentazione sono recate dal decreto 10 gennaio 2013[50]. I beneficiari sono individuati dai Comuni, sulla base del reddito ISEE del nucleo familiare di appartenenza e di ulteriori parametri patrimoniali. Le famiglie beneficiarie devono contare almeno un componente di età minore di 18 anni. Fra i beneficiari sono stati compresi anche i cittadini di altri Stati dell'Unione europea ovvero i cittadini di Stati esteri in possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Il beneficio parte da un valore minimo di 231 euro al mese per nuclei con due persone, sale a 281 euro per quelli con tre persone, a 331 euro per quattro persone e a 404 euro se la famiglia ha cinque o più componenti.

Infine l’articolo 3, commi da 2 a 5, del decreto-legge n. 76/2013[51] ha esteso la sperimentazione della nuova social card ai restanti territori delle regioni del Mezzogiorno, nel limite di 140 milioni per il 2014 e di 27 milioni per il 2015. Tali risorse sono stanziate a valere sulla riprogrammazione delle risorse del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, già destinate ai Programmi operativi 2007-2013, nonché mediante la rimodulazione delle risorse del medesimo Fondo di rotazione già destinate agli interventi del Piano di Azione Coesione. La sperimentazione costituisce il Programma Promozione dell’inclusione sociale e viene attuata anch’essa nei modi e nelle forme previste dal decreto 10 gennaio 2013.

 

In primo luogo, il comma in esame estende la platea dei possibili beneficiari della carta acquisti ordinaria anche ai cittadini comunitari ovvero familiari di cittadini italiani o comunitari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero cittadini stranieri in possesso di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Precedentemente i beneficiari della Carta acquisti ordinaria erano solo i cittadini italiani in condizione di maggior disagio economico, e fra questi i cittadini nella fascia di bisogno assoluto, di età uguale o superiore ai 65 anni o con bambini di età inferiore ai tre anni.

 

La disposizione intende superare la procedura di infrazione 2013/4009 del 21 febbraio 2013, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato, per violazione del diritto dell'Unione europea in relazione alla non conformità di alcune disposizioni italiane (limitazione ai soli residenti di cittadinanza italiana del beneficio previsto dalla carta acquisti e degli assegni per il nucleo familiare e di maternità) con la direttiva 2003/109/CE.

 

In secondo luogo, il comma 133 pone uno stanziamento, pari a 250 milioni di euro per il 2014, sul Fondo speciale destinato al soddisfacimento delle esigenze prioritariamente di natura alimentare e successivamente anche energetiche e sanitarie dei cittadini meno abbienti. In presenza di risorse disponibili in relazione all'effettivo numero dei beneficiari della carta acquisti ordinaria, di cui al decreto-legge n. 112/2008, un decreto interministeriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del MEF dovrà determinare:

§      una quota del Fondo da riservare all'estensione su tutto il territorio nazionale, non già coperto, della Carta acquisti sperimentale, di cui all’articolo 60 del decreto-legge n. 5/2012 (v. infra);

§      le modalità di prosecuzione del programma carta acquisti ordinaria, in funzione dell'evolversi delle sperimentazioni in corso;

§      il riparto delle risorse ai territori coinvolti nella estensione della sperimentazione.

Al riguardo si osserva che il decreto di riparto di cui sopra dovrebbe prevedere l’intesa anche con il Ministro per la coesione territoriale, come peraltro previsto dall’articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 76/2013, che prevede che le risorse siano ripartite con provvedimento del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con MEF e il Ministro per la coesione territoriale tra gli ambiti territoriali regionali, in maniera che, ai residenti di ciascun ambito territoriale destinatario della sperimentazione, siano attribuiti contributi per un valore complessivo di risorse proporzionale alla stima della popolazione in condizione di maggior bisogno, residente in ciascun ambito.

 

Per quanto non specificato dal comma in esame, l’estensione della sperimentazione avviene secondo le modalità attuative di cui all'articolo 3, commi 3 e 4, del decreto-legge n. 76/2013. In particolare:

§      le risorse sono ripartite con provvedimento del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con il MEF e il Ministro per la coesione territoriale tra gli ambiti territoriali, di cui all'articolo 8, della legge n. 328/2000, comunicati dalle regioni interessate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in maniera che, ai residenti di ciascun ambito territoriale destinatario della sperimentazione, siano attribuiti contributi per un valore complessivo di risorse proporzionale alla stima della popolazione in condizione di maggior bisogno residente in ciascun ambito;

§      l'estensione della sperimentazione è realizzata nelle forme e secondo le modalità stabilite dal D.M. 10 gennaio 2013, fatti salvi requisiti eventuali ed ulteriori definiti dalle Regioni interessate, d'intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il MEF, con riferimento agli ambiti territoriali di competenza.

Lo stanziamento di 250 milioni si configura come un limite di spesa sia in riferimento al programma relativo alla carta acquisti ordinaria che alla carta acquisti sperimentale.

 

Come già detto (v.supra), l’articolo 60 del decreto-legge n. 5/2012, ha stabilito l’avvio di una fase di sperimentazione della Carta, le cui modalità attuative sono state definite dal D.M. 10 gennaio 2013. Tali modalità applicative sono utilizzate anche nel Programma Promozione dell’inclusione sociale di cui al decreto-legge n. 76/2013. Il decreto 10 gennaio 2013 stabilisce che i Comuni sono responsabili della selezione dei beneficiari. Gli enti locali possono utilizzare la social card sperimentale integrandola con gli interventi e i servizi sociali ordinariamente erogati, coordinandola in rete con i servizi per l’impiego, i servizi sanitari ed educativi. Inoltre, i Comuni devono predisporre, per almeno metà e non oltre i due terzi dei nuclei familiari beneficiari, un progetto personalizzato di presa in carico, finalizzato al superamento della condizione di povertà, al reinserimento lavorativo e all'inclusione sociale. Il progetto di presa in carico è predisposto mediante la partecipazione dei componenti del nucleo familiare, che lo sottoscrivono impegnandosi a svolgere specifiche attività, quali la frequenza di contatti con i servizi del Comune; la ricerca attiva di lavoro; l’adesione a progetti di formazione o inclusione lavorativa; la frequenza e l’impegno scolastico. Al contrario, comportamenti reiterati da parte dei componenti del nucleo che appaiono inconciliabili con gli obiettivi del progetto, costituiscono motivo di esclusione dal beneficio.

 

L’ultimo periodo del comma 133 finalizza, per ciascuno degli anni 2014-2016, ulteriori 40 milioni di euro, stanziati a valere sul Fondo, all’estensione su tutto il territorio nazionale della sperimentazione della Carta acquisti di cui all’articolo 60 del decreto legge n. 5/2012.

Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Con riferimento alla disposizione che estende la platea dei possibili beneficiari della carta acquisti ai familiari di cittadini italiani o comunitari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, si segnala che è in corso la procedura di infrazione n. 4009/2013, per la non conformità di alcune disposizione italiane con la direttiva 2003/109/CE (carta acquisti e assegni per il nucleo familiare e di maternità).

In particolare, il 21 febbraio 2013 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora ai sensi dell’art. 258 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE), contestando all’Italia di non ottemperare agli obblighi che le incombono ai sensi dell’articolo 11 direttiva 2003/109/CE, che riguarda la parità di trattamento per quanto concerne l’assistenza e la protezione sociale.

I rilievi mossi dalla Commissione alla normativa italiana riguardano in particolare:

§      l’esclusione dei cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo dall’applicazione della disciplina relativa all’assegno per il nucleo familiare e all’assegno di maternità (articoli 65 e 66 della legge n. 448/1998); con riferimento a tale rilievo, la legge n. 97/2013 (legge europea 2013), all’articolo 13, ha provveduto all’estensione del beneficio secondo i principi della normativa europea;

§      l’esclusione dei cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo dall’applicazione della disciplina relativa alla carta acquisti (legge n. 133/2008); al riguardo, la Commissione aggiunge che il successivo intervento normativo contenuto (D.L. n. 5/2012) non ha sanato la situazione di incompatibilità con il diritto europeo, sia perché non è stato seguito dalle necessarie misure di attuazione, sia perché la sua portata di applicazione è limitata geograficamente e temporalmente.

 

La normativa italiana appare, secondo la Commissione, non conforme alla direttiva 2003/109/CE, in quanto essa (all’articolo 11, paragrafo 1, lettera d) prevede che il soggiornante di lungo periodo goda dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda le prestazioni sociali, l'assistenza sociale e la protezione sociale ai sensi della legislazione nazionale; la Commissione rileva, inoltre, che ai sensi del paragrafo 4 del medesimo articolo, gli Stati membri possono limitare la parità di trattamento in materia di assistenza sociale e protezione sociale alle prestazioni essenziali, se queste comprendono almeno un sostegno di reddito minimo, l'assistenza in caso di malattia, di gravidanza, l'assistenza parentale e l'assistenza a lungo termine. Ma, sulla base della giurisprudenza della Corte di giustizia, tale facoltà di deroga deve essere interpretata in maniera restrittiva.

Si ricorda che il Governo, con risposta del 2 maggio 2013, ha fatto rilevare alla Commissione che l’addebito inerente l’assegno di maternità, ex articolo 66 della legge n. 448/1998, sarebbe superato dall’ articolo 86 del decreto legislativo n. 151/2001 che, abrogando il citato articolo 66 della legge n. 448/1998, reca una nuova disciplina dell’assegno di maternità di base, prevista anche per cittadini non UE in possesso della permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Circa i chiarimenti relativi alla carta acquisti il Governo, nella medesima comunicazione, ha segnalato, tra l’altro, che è stata data attuazione all’articolo 60 del decreto legge n. 5 del 2012 (recante una nuova sperimentazione di tale sussidio) mediante DM del 10 gennaio 2013, il quale prevede tra i beneficiari anche i cittadini non soggiornanti di lungo periodo.

 

 


 

Articolo 1, comma 134
(Finanziamento del Piano d’azione straordinario
contro la violenza sessuale e di genere
)

 

 

Il comma 134, incrementa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016 la dotazione del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità allo scopo di finanziare il ''Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere''.

Tale Piano - previsto dall’articolo 5 del recente decreto-legge 93/2013 (L: conv. 119/2013)[52] - è adottato dal Ministro delegato per le pari opportunità, anche avvalendosi del citato Fondo-pari opportunità e con il contributo delle amministrazioni interessate, delle associazioni di donne impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza, previa intesa in sede di Conferenza unificata; il Piano d’azione va, inoltre, predisposto in sinergia con la nuova programmazione dell'Unione europea per il periodo 2014-2020.

 

Va segnalato che l’art. 7, comma 8, del d.d.l. stabilità (AS 1120) prevedeva che lo stesso finanziamento fosse destinato, nel triennio, al Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere di cui all’articolo 1, comma 1261, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Le previsioni del comma 134 sembrano precisare la specifica destinazione del finanziamento al Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere. La norma non chiarisce, tuttavia, se tali risorse – dal Fondo pari opportunità - confluiscano comunque nel Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere per poi essere utilizzate per il relativo Piano straordinario.

 

La legge finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 1261, L. 296/2006) ha istituito, nell’ambito del Fondo per le pari opportunità - previsto dal D.L. 223/2006 (L. 248/2006) - il Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere.

La norma citata ha infatti stabilito, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, un aumento di 40 mln di euro del Fondo pari opportunità, una quota del quale, per ciascun anno del triennio indicato, andava destinata al citato Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere. I criteri di ripartizione di tale ultimo Fondo sono stabiliti da un decreto del Ministro per i diritti e le pari opportunità, emanato di concerto con i Ministri della solidarietà sociale, del lavoro e della previdenza sociale, della salute e delle politiche per la famiglia. Una quota parte del Fondo nazionale va destinata, a sua volta, all'istituzione di un Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale e di genere e una quota parte da destinare al Piano d'azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere.

La necessità del finanziamento del Piano straordinario antiviolenza di genere previsto dalla norma in esame deriva dal fatto che solo per il 2013 risultava esservi un finanziamento diretto per legge, per 10 milioni di euro, tramite l’analogo incremento del Fondo pari opportunità (art. 5, comma 4, D.L. 93/2013) mentre non erano previste altre risorse per le annualità successive al 2013.

 

Le risorse - secondo quanto evidenziato nella relazione tecnica di accompagnamento - debbono garantire la prevenzione, il contrasto e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica. In particolare, i nuovi finanziamenti dovrebbero essere utilizzati per la creazione di rifugi adeguati, facilmente accessibili ed in numero sufficiente per offrire un alloggio sicuro alle vittime di violenza

 

Le distinte risorse previste dal comma 5-bis del D.L. 93/2013 (aumento del Fondi pari opportunità per 10 mil. nel 2013, 7 mil. nel 2014 e 10 mil. nel 2015) sono, in effetti, destinate alle Regioni, sempre per l’attuazione del piano antiviolenza ma per potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso modalità omogenee di rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza.

 


 

Articolo 1, comma 135
(Misure in favore di giovani e disoccupati)

 

 

Il comma 135, introdotto al Senato, detta norme volte a potenziare le misure e le iniziative in favore di giovani, dei lavoratori disoccupati e svantaggiati. A tale fine:

§      si prevede che l’incentivo straordinario introdotto dall’articolo 1 del D.L. n. 76 del 2013 (per l’assunzione e la stabilizzazione di giovani fino a 29 anni) possa essere ulteriormente finanziato dalle regioni e dalle province autonome – oltre che a valere sulle risorse dei POR 2007-2013 - anche a valere sulle eventuali riprogrammazioni delle risorse del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie (cofinanziamento nazionale) già destinate ai programmi operativi per gli interventi previsti dal Piano di Azione Coesione (lettera a));

Si ricorda che l’articolo 1 del D.L. n. 76/2013 ha introdotto, in via sperimentale, un incentivo per i datori di lavoro che entro il 30 giugno 2015 assumano, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni, che siano privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi e di un diploma di scuola media superiore o professionale.

L’incentivo è pari a un terzo della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, copre un periodo di 18 mesi e non può comunque superare l’importo di 650 euro per ogni lavoratore assunto. Le assunzioni devono comportare un incremento occupazionale netto.

Il medesimo incentivo è riconosciuto, per un periodo di 12 mesi, nel caso di trasformazione con contratto a tempo indeterminato. Alla trasformazione deve corrispondere l’assunzione, entro un mese, di un ulteriore lavoratore.

Per il finanziamento dell’incentivo sono previste risorse statali pari a 500 milioni per le regioni del Mezzogiorno e a 294 milioni per le restanti regioni, nonché eventuali ulteriori finanziamenti a carico delle singole Regioni, che possono intervenire mediante la riprogrammazione delle risorse relative ai Programmi operativi regionali 2007-2013.

Con il Piano di Azione Coesione (PAC) il Governo, al fine di evitare il disimpegno automatico dei fondi comunitari, ha operato secondo due direttrici:

-        riduzione della quota di cofinanziamento nazionale, che viene trasferita al di fuori dei programmi operativi stessi, a favore degli interventi considerati prioritari dal Piano di azione coesione;

-        rimodulazione strategica delle risorse dei singoli programmi operativi, con la riprogrammazione di alcuni programmi regionali maggiormente in ritardo con spostamento di risorse dei fondi strutturali verso quelli maggiormente performanti.

§      al fine di agevolare l’accesso al Fondo sociale europeo, si prevede che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali possa erogare, su richiesta, a soggetti pubblici o a totale partecipazione pubblica titolari di progetti compresi nei programmi di politica comunitaria, anticipazioni sui contributi spettanti a carico del bilancio dell’Unione europea, nei limiti del 40% delle somme complessivamente spettanti a titolo di contributi nazionali e comunitari (lettera b));

§      si prevede che le province, in vista dell’avvio della Youth Guarantee (“Garanzia per i giovani”) e al fine di consentire il regolare funzionamento dei servizi per l’impiego, possano prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato e i contratti di collaborazione continuativa strettamente indispensabili per l’attività di gestione dei fondi strutturali europei; a tal fine, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può erogare, alle regioni che ne facciano richiesta, anticipazioni sui contributi da programmare a carico dell’Unione europea (lettera c)).

 

La “Garanzia per i giovani” (COM(2013)729) è una proposta di raccomandazione della Commissione europea, fatta propria dal Consiglio il 22 aprile 2013 (2013/C 120/01), per assicurare ai giovani fino a 25 anni di età – entro quattro mesi dal termine di un ciclo di istruzione formale o dall’inizio di un periodo di disoccupazione – un’offerta di lavoro, di prosecuzione dell’istruzione scolastica, di apprendistato o di un tirocinio di qualità elevata. In particolare, la raccomandazione invita gli Stati membri a: promuovere con le parti interessate l’istituzione dello strumento “Garanzia per i giovani”; promuovere il tempestivo coinvolgimento dei servizi di collocamento e altri partner interessati; utilizzare il Fondo sociale europeo e altri fondi strutturali; valutare e migliorare costantemente lo strumento della Garanzia per i giovani e attuarne rapidamente i vari elementi. La definizione del quadro istituzionale entro il quale dovrà essere istituita la Garanzia per i giovani è lasciato ai singoli Stati membri, nel rispetto dei rispettivi ordinamenti nazionali. La Commissione ritiene che i costi di tale iniziativa saranno compensati dai risparmi ottenibili a lungo termine sulle spese di disoccupazione, inattività e perdita di produttività.

A tale riguardo si ricorda che l’articolo 5, comma 1, del D.L. n.76/2013 ha istituito una struttura di missione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, avente compiti di promozione, indirizzo, coordinamento, definizione di linee guida, predisposizione di rapporti, per l’attuazione, dal 1° gennaio 2014, del programma comunitario "Garanzia per i Giovani". La struttura di missione è coordinata dal Segretario Generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (o da un Dirigente Generale a tal fine designato) ed è composta:

§       dal Presidente dell'ISFOL,

§       dal Presidente di Italia Lavoro S.p.A.,

§       dal Direttore Generale dell'INPS, dai Dirigenti delle Direzioni Generali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell'istruzione, dell'università e delle ricerca,

§       da tre rappresentanti designati dalla Conferenza Stato-Regioni,

§       da due rappresentanti designati dall'Unione Province Italiane

§       da un rappresentante designato dall'Unione italiana delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

In relazione alle disposizioni che prevedono finanziamenti per iniziative a favore dei giovani, dei disoccupati e dei soggetti svantaggiati, si segnala che le norme recate dalla lettera c) sono volte a consentire il regolare funzionamento dei servizi per l’impiego e l’avvio del Piano per l’attuazione della “Garanzia per i giovani”.

Con riferimento a tale ultimo punto, si ricorda che la “Garanzia per i giovani” è una proposta di raccomandazione (COM(2012)729), facente parte del pacchetto sulla disoccupazione giovanile presentato dalla Commissione europea nel dicembre 2012, fatta propria dal Consiglio europeo il 22 aprile 2013 (2013/C 120/01).

Essa propone l’introduzione di una “Garanzia per i giovani” che assicuri che tutti i giovani di età inferiore a 25 anni ricevano - entro 4 mesi dal termine di un ciclo d’istruzione formale o dall’inizio di un periodo di disoccupazione - un’offerta di lavoro, di prosecuzione dell’istruzione scolastica, di apprendistato o di tirocinio di qualità elevata.

La definizione del quadro istituzionale entro il quale dovrà essere istituita la Garanzia per i giovani è lasciato ai singoli Stati membri, nel rispetto dei rispettivi ordinamenti nazionali. La Commissione ha raccomandato l’adozione dell’iniziativa in 19 Stati membri (tra cui l’Italia).

 

Con riferimento al potenziamento dei centri per l’impiego, si segnala la presentazione, nel giugno 2013, da parte della Commissione europea di una proposta di decisione (COM(2013)430) su una cooperazione rafforzata tra i servizi pubblici per l'impiego (SPI), considerati strumenti essenziali sia per l'attuazione pratica, da parte degli Stati membri, delle politiche in materia di occupazione, come l'iniziativa "Garanzia per i giovani", sia per permettere un più facile incontro fra persone con competenze specifiche e datori di lavoro in cerca di tali competenze. In particolare, la proposta di decisione è volta a istituire una piattaforma che metta a confronto le prestazioni dei servizi pubblici per l'impiego sulla base di valori di riferimento pertinenti, a individuare migliori pratiche e a promuovere l'apprendimento reciproco.

 

Il voto del Parlamento europeo sulla proposta è previsto nel marzo 2014.

 


 

Articolo 1, comma 136
(Istituto nazionale di genetica molecolare)

 

 

Il comma 136, introdotto durante l’esame al Senato, autorizza, a decorrere dal 2014, la spesa di 1.000.000 di euro al fine di contribuire al funzionamento dell’Istituto nazionale di genetica molecolare (INGM) e, in particolare, al fine di potenziare l’attività di ricerca da esso svolta.

 

In proposito va ricordato che l’articolo 1, comma 1, lettera b) del D.L. n. 81/2004 (Interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica), ha istituito un Istituto di riferimento nazionale specifico sulla genetica molecolare e su altre moderne metodiche di rilevazione e di diagnosi, collegato con l'Istituto superiore di sanità e altre istituzioni scientifiche nazionali ed internazionali, con sede in Milano, presso l'Ospedale Maggiore, denominato Fondazione «Istituto nazionale di genetica molecolare - INGM», disponendone contestualmente il relativo finanziamento. 


 

Articolo 1, comma 137
(Assistenza sanitaria cittadini italiani all’estero)

 

 

Il comma 137 reca un incremento, per il 2014, di 121 milioni di euro delle risorse, di cui al D.P.R. n. 618/1980, per gli obblighi di rimborso relativi all'assistenza sanitaria ai cittadini italiani all'estero, nei confronti di Stati dell’Unione Europea, dello Spazio economico europeo, della Svizzera e dei paesi in Convenzione.

 

Il citato D.P.R. n. 618/1980 disciplina l’assistenza sanitaria ai cittadini italiani all'estero, ai sensi dell’art. 37, primo comma, lettere a) e b), della L. n. 833 del 1978. Viene stabilito il principio (art. 1) secondo il quale l'assistenza sanitaria ai cittadini italiani all'estero, ed ai loro familiari aventi diritto, per tutto il periodo della loro permanenza fuori del territorio italiano connesso ad una attività lavorativa, compete allo Stato, che vi provvede nelle forme indicate nel decreto, nel rispetto dei livelli delle prestazioni sanitarie stabiliti ai sensi dell'art. 3 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 . L'assistenza è assicurata dal Ministero della salute. Vengono definiti i beneficiari e le forme dell’assistenza – che può essere diretta, mediante convenzioni stipulate con strutture sanitarie dello Stato estero o indiretta, mediante il rimborso delle spese sostenute dall’assistito -, definite alcune procedure per l’assistenza indiretta e per i pagamenti da effettuarsi all’estero, stabilite alcune norme particolari per i lavoratori frontalieri.

 

 


 

Articolo 1, comma 138
(Rivalutazione indennità emotrasfusi)

 

 

Il comma 138 reca un incremento di 50 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2014 e 2015, delle risorse relative all'attuazione della disciplina di cui all'art. 2 della L. 25 febbraio 1992, n. 210, e successive modificazioni, sugli indennizzi in favore di determinati soggetti danneggiati in àmbito sanitario (in ragione, tra le altre ipotesi, di alcune fattispecie di vaccinazione, di trasfusione o somministrazione di sangue o di suoi derivati, ovvero di contagio da persone rientranti nelle suddette fattispecie). L'incremento è stanziato in relazione alla sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 3 settembre 2013 (Requête n. 5376/11), secondo la quale compete la rivalutazione anche sulla componente dell'indennizzo costituita dall'indennità integrativa speciale.

 

Il primo intervento del legislatore in tema di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, è rappresentato dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210. L'articolo 1 della legge n. 210/1992 citata, infatti, ha riconosciuto l'indennizzo oltre che ai danneggiati da vaccinazioni obbligatorie , anche:

§      ai soggetti che risultino contagiati da infezioni da HIV a seguito di somministrazione di sangue e suoi derivati, nonché agli operatori sanitari che, in occasione e durante il servizio, abbiano riportato danni permanenti alla integrità psico-fisica conseguenti a infezione contratta a seguito di contatto con sangue e suoi derivati provenienti da soggetti affetti da infezione da HIV;

§      a coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali ;

§      alle persone non vaccinate che abbiano riportato, a seguito ed in conseguenza di contatto con persona vaccinata, danni;

§      alle persone che, per motivi di lavoro o per incarico del loro ufficio o per potere accedere ad uno Stato estero, si siano sottoposte a vaccinazioni che, pur non essendo obbligatorie, risultino necessarie;

§      ai soggetti a rischio operanti nelle strutture sanitarie ospedaliere che si siano sottoposti a vaccinazioni anche non obbligatorie.

L’articolo 2 della legge citata prevede che l’indennizzo consista in un assegno, reversibile per quindici anni, cumulabile con ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito e rivalutato annualmente sulla base del tasso di inflazione programmato. Esso è integrato da una somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324 , e successive modificazioni.

La rivalutazione su base annua, secondo il tasso d'inflazione programmato, dell'assegno disciplinato dall'art. 2, comma 1, della legge n. 210 del 1992, non era prevista dal testo iniziale di detta disposizione. Essa fu introdotta con l'art. 1, comma 1, della legge n. 238 del 1997. Nulla, invece, fu disposto al riguardo per la seconda componente dell'indennizzo, cioè per la somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale, ancorché questa avesse per l'appunto funzione integrativa dell'indennizzo medesimo.

In proposito, nel corso del tempo, si è registrato un orientamento giurisprudenziale oscillante. Mentre in un primo momento la Corte di cassazione (cfr. sentenza 15894/2005) dichiarò che occorreva interpretare l’articolo 2 della legge n. 210/1992 nel senso che i due importi che componevano l’indennizzo in questione (ossia l’importo fisso e l’IIS) dovevano essere rivalutati annualmente in base alla variazione degli indici ISTAT, successivamente essa mutò il proprio orientamento (cfr. sentenza n. 2170/2009) negando la rivalutazione della citata indennità.

Con il decreto-legge n. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122/2010, il Governo intervenne sulla questione della rivalutazione dell’IIS indicando che l’articolo 2 della legge n. 210/1992 doveva essere interpretato nel senso che la somma corrispondente all’importo dell’IIS non è rivalutata secondo il tasso di inflazione (articolo 11, comma 13, del decreto). Precisò inoltre che le misure prese in virtù di un titolo esecutivo che portavano alla rivalutazione della somma di cui al comma 13 cessavano di avere effetto dalla data di entrata in vigore di detto decreto (articolo 11, comma 14, del decreto). Con la sentenza n. 293 del 2011 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dei due commi citati stabilendo che in caso di danno irreversibile da emotrasfusione il soggetto ha diritto alla piena rivalutazione dell'assegno sulla base del tasso di inflazione programmato.

Infine, la Corte europea dei dritti dell'uomo con la Sentenza 3 settembre 2013 (Requête n. 5376/11), a cui si rinvia anche per la ricostruzione dettagliata e articolata della vicenda interna, ha disposto, a carico dello Stato italiano, l'obbligo di liquidazione ai titolari dell'indennizzo di cui alla legge n. 210/1992 degli importi maturati a titolo di rivalutazione dell'indennità integrativa speciale.

Si ricorda che all'origine della causa vi è un ricorso proposto contro la Repubblica italiana da centosessantadue cittadini italiani che hanno adito la Corte il 29 novembre 2010 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

Va infine ricordato che l’11 settembre 2013, nel corso del question time alla Camera il Ministro della salute, in risposta all'interrogazione a risposta immediata n. 3-00297 Misure a favore dei cittadini infettati da emoderivati, trasfusioni e vaccinazioni, anche alla luce di una recente sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ha ricordato che il Ministero della salute, dopo la sentenza della Consulta n. 293/2011, ha riconosciuto la rivalutazione monetaria dell'indennità integrativa con decorrenza dal 1° gennaio 2012. Inoltre, al fine di riconoscere ai medesimi aventi diritto anche gli arretrati sulle somme già corrisposte, il Ministro ha sottolineato che, ancor prima che intervenisse la sentenza della CEDU, il Ministero della salute ha impegnato le risorse finanziarie allo scopo necessarie, tenendo conto degli effetti del principio di carattere generale dell'ordinamento interno concernente la prescrizione ordinaria decennale. Ancora in seguito alla sentenza della CEDU – che ha riconosciuto la rivalutazione dell'indennità integrativa speciale sin dal momento dell'accertamento del diritto all'indennizzo (senza fare applicazione della prescrizione ordinaria decennale) - e, al fine di riconoscere ai medesimi aventi diritto anche gli arretrati sulle somme già corrisposte, il Ministro ha anticipato lo stanziamento poi disposto dal comma in esame.

 


 

Articolo 1, comma 139
(Fondo per la distribuzione di derrate alimentari
alle persone indigenti)

 

 

Il comma 139 prevede il finanziamento, per un importo di 5 milioni di euro per l’anno 2014, del Fondo destinato a finanziare programmi annuali di distribuzione di derrate alimentari agli indigenti, istituito, presso l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, dall’articolo 58 del decreto-legge n. 83/2012.

 

L’art. 58 del D.L. n.83/2012 ha, infatti, istituito il predetto Fondo, demandando le operazioni di distribuzione alle organizzazioni caritatevoli, che debbono operare secondo quanto stabilito con dal reg. (CE) 1234/2007, regolamento unico OCM (organizzazione comune di mercato), nel quale sono confluite numerose disposizioni, incluse quelle recate dal regolamento (CEE) n. 3730/87, che stabiliva le norme generali per la fornitura a taluni organismi di derrate alimentari provenienti dalle scorte d'intervento e destinate ad essere distribuite agli indigenti nella Comunità. La norma di riferimento è pertanto ora l’articolo 27, del regolamento n. 1234, che ha istituito un programma per il 2012 e il 2013 che prevede la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti nell’Unione. I soggetti incaricati della distribuzione sono designati dagli Stati membri, ma non debbono avere le caratteristiche dell’imprese commerciale. Quanto alla definizione degli “indigenti”, sono gli Stati ad individuarli in base alla presenza di caratteri di dipendenza sociale ed economica. Le derrate poste in distribuzione possono provenire da scorte d’intervento ma anche, ove queste non siano disponibili, da prodotti acquistati sul mercato.

I programmi di distribuzione nazionali devono essere presentati alla Commissione, che a sua volta approva propri piani annuali nei quali vengono specificati gli stanziamenti finanziari dell’Unione per Stato membro.

Sempre l’articolo 58, al comma 2, del d.l. n.83/2012 definisce il contenuto dell’annuale decreto di adozione del programma che, entro il 30 giugno dovrà identificare:

§      le tipologie di prodotto;

§      le organizzazioni caritatevoli beneficiarie;

§      le modalità di esercizio degli atti di liberalità da parte dei privati;

§      ogni altra modalità necessaria all’attuazione.

Gli incrementi del fondo disposti da privati beneficiano delle agevolazioni fiscali di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 460/97, che ha disposto il riordino della normativa degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

Le medesime agevolazioni si applicano, secondo il comma 3, alle derrate attribuite al programma da parte degli operatori della filiera agroalimentare.

L’attribuzione, che deve essere sempre a titolo di liberalità, avviene secondo le modalità che saranno stabilite da AGEA, che è anche il soggetto responsabile dell’attuazione del programma (comma 4).

Il comma 5 stabilisce che nel reperimento sul mercato delle derrate identificate dal programma, Agea:

§       debba operare secondo criteri di economicità;

§       a parità di condizioni, accordi la preferenza agli organismi rappresentativi di produttori agricoli (Organizzazioni professionali agricole, cooperative, consorzi, organizzazioni di produttori…);

§       alle imprese di trasformazione dell’Unione europea.

Il decreto del MIPAAF 17 dicembre 2012 prevede indirizzi, modalità e strumenti per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti, compreso un sistema informativo in virtù del quale è redatta una relazione periodica a cura di AGEA.


 

Articolo 1, commi 140 e 141
(Adesione delle aziende farmaceutiche al sistema del pay back)

 

 

Il comma 140 applica, a decorrere dal 1º gennaio 2014, il sistema del cosiddetto pay back, vale a dire la possibilità, per le aziende farmaceutiche, di chiedere all'AIFA la sospensione della riduzione del 5% dei prezzi dei farmaci, a fronte del versamento trimestrale in contanti (pay back) del valore corrispondente su appositi conti correnti individuati dalle Regioni.

 

L’articolo 1, comma 796, lettera f), della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006), conferma per gli anni 2007 e seguenti le misure di contenimento della spesa farmaceutica stabilite dall’AIFA con la Delibera n. 26 del 27 settembre 2006 che applica una riduzione obbligatoria del prezzo dei farmaci pari al 5%. La successiva lettera g) consente alle imprese farmaceutiche di poter scegliere fra il mantenimento del prezzo pieno di vendita al pubblico dei farmaci e il pagamento ex post alle regioni di una somma pari alla riduzione di prezzo del 5%. Pertanto, le aziende, anziché applicare ex ante le riduzioni obbligatorie del prezzo di vendita dei farmaci di classe A e H erogabili da parte del SSN, possono optare per il mantenimento del prezzo pieno di vendita ed il pagamento ex post di una somma pari alla suddetta riduzione di prezzo.

 

L’adesione al sistema del pay back, inizialmente limitata al periodo 1 marzo 2007-29 febbraio 2008, finora è stata prorogata annualmente. In ultimo, il D.P.C.M. 26 giugno 2013[53] ha prorogato dal 30 giugno 2013 al 31 dicembre 2013 i termini in materia di pay back.

Si rileva pertanto che la norma in esame rende permanente, per le aziende farmaceutiche, il sistema del pay back senza indicare, come finora avvenuto, un termine conclusivo per l’adesione.

 

La procedura relativa al pay back ha finora previsto annualmente la sottoscrizione, da parte delle aziende farmaceutiche, di una dichiarazione di accettazione/diniego e la predisposizione, da parte dell’AIFA, di determinazioni recanti la metodologia del procedimento stesso, nonché di elenchi dei medicinali di fascia A e H per i quali ripristinare i prezzi in vigore al 30 settembre 2006 (nonché quelli rideterminati successivamente a tale data), ovvero di quelli per i quali in ragione della dichiarazione di diniego deve essere applicata la riduzione del prezzo del 5% di cui alla determinazione AIFA del 27 settembre 2006.

Il comma 141, inserito nel corso dell’esame al Senato, applica, su richiesta delle aziende farmaceutiche interessate, il sistema del pay back anche ai farmaci immessi in commercio dopo il 31 dicembre 2006.

Anche tale disposizione, finora transitoria, viene applicata a regime senza la fissazione di alcuna scadenza temporale. Si rileva che, per una più corretta interpretazione della norma, andrebbe inserito il riferimento normativo all’articolo 64, comma 1, primo periodo, della legge n. 99/2009.

Al proposito si rileva che l’articolo 64, comma 1, primo periodo, della legge n. 99/2009[54] ha disposto che, fino al 31 dicembre 2009, si applicava, su richiesta delle imprese interessate, il sistema del pay back anche ai farmaci immessi in commercio dopo il 31 dicembre 2006. La norma è stata nel tempo prorogata, in ultimo dal citato D.P.C.M. 26 giugno 2013, fino al 31 dicembre 2013.

 


 

Articolo 1, comma 142
(Screening neonatali per la diagnosi precoce di patologie metaboliche ereditarie)

 

 

Il comma 142 demanda al Ministro della salute l’emanazione di un decreto che disponga, entro il limite di spesa di cinque milioni di euro, l’effettuazione di screening neonatali per la diagnosi precoce di patologie metaboliche ereditarie. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame, il Ministro della salute definisce l'elenco delle patologie metaboliche ereditarie. Per favorire su tutto il territorio nazionale l’applicazione uniforme della diagnosi precoce neonatale si istituisce, presso l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Age.na.s.), un Centro di coordinamento sugli screening neonatali. In conseguenza dal 2014, il livello finanziamento del SSN è incrementato di 5 milioni.

Il decreto, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame, sentiti l'Istituto superiore di sanità e la Conferenza Stato-regioni prevede, di effettuare, anche in via sperimentale e nel limite di cinque milioni di euro, lo screening neonatale per la diagnosi precoce di patologie metaboliche ereditarie per la cui terapia, farmacologica o dietetica, esistano evidenze scientifiche di efficacia terapeutica o per le quali vi siano evidenze scientifiche che una diagnosi precoce, in età neonatale, comporti un vantaggio in termini di accesso a terapie in avanzato stato di sperimentazione, anche di tipo dietetico.

 

Si ricorda che a legislazione vigente lo screening neonatale è previsto dall’articolo 6 della legge n. 104/1992[55] solo per tre malattie, ovvero ipotiroidismo congenito, fibrosi cistica e fenilchetonuria. In alcune Regioni italiane (come la Toscana, l’Umbria, l’Emilia Romagna, la Liguria e la Sardegna) sono previsti programmi di screening neonatali che consentono di diagnosticare da un minimo di 20 ad un massimo di 40 patologie rare.

 

Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame, il Ministro della salute definisce l'elenco delle patologie metaboliche ereditarie. Per favorire su tutto il territorio nazionale l’applicazione uniforme della diagnosi precoce neonatale si istituisce, presso l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Age.na.s.), un Centro di coordinamento sugli screening neonatali composto da:

§      il Direttore generale dell'Age.na.s., con funzione di coordinatore;

§      tre membri designati dall'Age.na.s, dei quali almeno un esperto con esperienza medico-scientifica specifica in materia;

§      un membro di associazioni dei malati affetti da patologie metaboliche ereditarie;

§      un rappresentante del Ministero della salute;

§      un rappresentante della Conferenza Stato-regioni.

La partecipazione dei soggetti al Centro è a titolo gratuito. Conseguentemente il livello del finanziamento del SSN cui concorre ordinariamente lo stato è incrementato di 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014.


 

Articolo 1, comma 143
(Riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica)

 

 

Il comma 143, introdotto dal Senato, reca una riduzione di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016 del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

 

La riduzione è disposta a copertura finanziaria del finanziamento di importo corrispondente per gli anni 2014, 2015 e 2016 dell’autorizzazione di spesa di cui alla legge n. 549 del 1995, articolo 1, comma 43, recante contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi del Ministero dell’interno, che viene a tal fine inserita nella Tabella C del disegno di legge in esame. Si segnala, al riguardo, che tale voce di spesa figurava già nella Tabella C della precedente legge di stabilità.

Si ricorda che il Fondo ISPE è stato istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282 del 2004 al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il Fondo, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze (cap. 3075) viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari. Per quanto concerne le risorse finanziarie, si ricorda che nel disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per gli anni 2014-2016 il Fondo presenta una dotazione pari a 7,3 milioni per il 2014, 66,8 milioni per il 2015 e a 42,9 milioni per il 2016.

 

Si sottolinea che i Fondo ISPE è utilizzato a copertura da altre norme del provvedimento (per ulteriori 689,9 milioni di euro nel 2014, rispetto a quelli considerati dal comma 143 in esame), in particolare:

§      il comma 274 riduce il Fondo di 400 milioni per il 2014;

§      il comma 510 riduce il Fondo di 237,9 milioni per l’anno 2014, a copertura della maggiorazione della deducibilità dell’IMU relativa agli immobili strumentali delle imprese e dei professionisti ai fini delle imposte sui redditi nel 2014. Tale disposizione comporta altresì, un incremento di risorse nell’anno 2015, che viene versato al Fondo per 100,7 milioni di euro;

§      il comma 528 riduce il Fondo di 40 milioni per il 2014, a copertura degli oneri recati dalla riduzione di un punto percentuale dell’aliquota contributiva dovuta dai lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata INPS;

§      il comma 530 riduce il Fondo di 12 milioni di euro per l’anno 2014, da destinare al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca per l’estinzione dei debiti fuori bilancio del Ministero, derivanti da obbligazioni giuridicamente perfezionate relative ai rapporti convenzionali in essere, attivati dagli uffici scolastici provinciali e prorogati ininterrottamente, per l’espletamento di funzioni corrispondenti ai collaboratori scolastici, di cui all’articolo 9, comma 15-bis, del D.L. n. 78/2010.

 

Il fondo viene altresì rifinanziato di complessivi 703,9 milioni nel 2014, 390,7 milioni nel 2015 (considerando gli effetti positivi su tale anno del comma 510) e 165 milioni nel 2016, dalle ulteriori seguenti norme del provvedimento:

§      il comma 102 destina al Fondo ISPE le maggiori entrate derivanti dalla proroga dei termini per la rivalutazione contabile di terreni agricoli ed edificabili e partecipazioni in società non quotate, per importi pari a in 200 milioni di euro per l'anno 2014 e a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016;

§      il comma 161 incrementa il Fondo di 285 milioni di euro per l’anno 2014;

§      il comma 244 destina al Fondo 8,6 milioni di euro, quali quota parte dei risparmi di spesa derivanti dalla riduzione dei contributi pubblici per le spese sostenute dai partiti e dai movimenti politici;

§      il comma 249 incrementa di 210,3 milioni di euro per l’anno 2014, di 190 milioni per il 2015 e di 65 milioni per l’anno 2016.

 

A seguito dei suesposti interventi normativi contenuti nel disegno di legge di stabilità in esame, la dotazione del Fondo ISPE risulta rideterminata in 19,3 milioni per il 2014, 455,5 milioni nel 2015 e a 205,9 milioni nel 2016, come evidenziato nella tabella seguente.

 

 

2014

2015

2016

Bilancio a legislazione vigente

7,3

66,8

42,9

- Riduzioni

-691,9

-2,0

-2,0

- Incrementi

703,9

390,7

165,0

Totale variazioni

+12,0

+388,7

+163,0

Dotazione 2014-2016

19,3

455,5

205,9

 

Si segnala, tuttavia, che, per mero errore materiale, nel disegno di legge di bilancio, come integrato dalla Nota di variazioni (A.C. 1866-bis), il capitolo 3075 del Ministero dell’economia, relativo al Fondo ISPE, espone importi non corrispondenti.

 


 

Articolo 1, commi 144-145
(Anagrafe nazionale degli assistiti)

 

 

I commi in oggetto, introdotti nel corso dell’esame al Senato, istituiscono – mediante l’inserimento dell’articolo 62-ter nel decreto legislativo n. 82/2005[56] - l’Anagrafe nazionale degli assistiti (ANA), nell’ambito del sistema informativo realizzato dal Ministero dell’economia e delle finanze in attuazione dell’articolo 50[57] del decreto-legge n. 269/2003[58], allo scopo di rafforzare gli interventi in tema di monitoraggio della spesa nel settore sanitario, di accelerare il processo di automazione amministrativa e di migliorare i servizi per i cittadini e le pubbliche amministrazioni. L’ANA è realizzata dal Ministero dell’economia in accordo con il Ministero della salute per le specifiche esigenze di monitoraggio dei LEA, utilizza ai fini della raccolta e gestione dati l’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR)[59] e subentra alle anagrafi e agli elenchi degli assistiti tenuti dalle singole ASL ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 526/1982[60], che mantengono la titolarità dei dati di propria competenza e ne assicurano l’aggiornamento.

 

Il citato articolo 7 rimette alle unità sanitarie locali l’aggiornamento degli elenchi dei cittadini utenti del Servizio sanitario nazionale assistibili dai medici di medicina generale e dai pediatri convenzionati.

 

L’ANA assicura alle singole ASL la disponibilità dei dati e degli strumenti necessari allo svolgimento delle funzioni ad esse spettanti e garantisce l’accesso ai dati in essa contenuti da parte delle pubbliche amministrazioni per le relative finalità istituzionali sulla base di apposite convenzioni, ai sensi dell’articolo 58, comma 2 del D.Lgs. n. 82/2005.

 

Va ricordato che il citato comma 2 dell’articolo 58 prevede che, ai sensi dell'articolo 50, comma 2, nonché al fine di agevolare l'acquisizione d'ufficio ed il controllo sulle dichiarazioni sostitutive riguardanti informazioni e dati relativi a stati, qualità personali e fatti di cui agli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, le Amministrazioni titolari di banche dati accessibili per via telematica predispongono, sulla base delle linee guida redatte da DigitPA, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, apposite convenzioni aperte all'adesione di tutte le amministrazioni interessate volte a disciplinare le modalità di accesso ai dati da parte delle stesse amministrazioni procedenti, senza oneri a loro carico.

 

Con il subentro dell’ANA l’azienda sanitarie cessa di fornire ai cittadini il libretto sanitario[61]. Ai cittadini è attribuita la facoltà di accedere in rete ai propri dati contenuti nell’ANA – utilizzando il sistema della posta elettronica certificata -, o, in alternativa, di richiedere copia cartacea degli stessi presso la competente ASL.

Viene disciplinato il caso del trasferimento di residenza del cittadino con obbligo di comunicazione telematica dell’ANA alle ASL interessate. L’azienda sanitaria nel cui territorio è compresa la nuova residenza provvede poi alla presa in carico del cittadino e all’aggiornamento dell’ANA per i dati di propria competenza.

L’ANA assicura al nuovo sistema informativo realizzato dal Ministero della salute in attuazione dell’articolo 87 della legge n. 388/2000 – vale a dire al nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) – l’accesso ai dati e agli strumenti per garantire l’efficacia e l’appropriatezza delle prestazioni di cura al cittadino.

 

Il Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) trova il suo fondamento normativo nell’articolo 87 della legge n. 388/2000, ed è attuato attraverso l’Accordo quadro tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano del 22 febbraio 2001.

Esso rappresenta lo strumento di riferimento per le misure di qualità, efficienza e appropriatezza del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), attraverso la disponibilità di informazioni che per completezza, consistenza e tempestività, supportano le Regioni e il Ministero nell'esercizio delle proprie funzioni e, in particolare, il Ministero nella sua funzione di garante dell'applicazione uniforme dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) sul territorio nazionale.

NSIS nasce, quindi, con l’obiettivo di rendere disponibile, a livello nazionale e regionale, un patrimonio di dati, di regole e metodologie per misure di qualità, efficienza, appropriatezza e costo a supporto del governo del SSN, del monitoraggio dei LEA e della spesa sanitaria, condiviso fra i vari livelli istituzionali e centrato sul cittadino.

 

Viene poi rimesso ad un d.p.c.m. da emanare entro il 30 giugno 2014, su proposta del Ministro della salute e del Ministro dell’economia sentita la Conferenza Stato-regioni, la definizione dei contenuti dell’ANA, del piano per il graduale subentro di quest’ultima alle anagrafi e agli elenchi degli assistiti tenuti dalle ASL – da completare entro il 30 giugno 2015 -, le garanzie e le misure di sicurezza da adottare e i criteri per il raccordo e la cooperazione dell’ANA con le altre banche dati di rilevanza nazionale e regionale nel rispetto della normativa sulla protezione dei dati personali di cui al D.Lgs. n. 196/2003.

Infine, a fini di coordinamento normativo, viene aggiunta una lettera f-bis all’articolo 60 del D.Lgs. n. 82/2005, diretta ad inserire L’ANA tra le basi di dati di interesse nazionale.

Articolo 1, commi 146-150
(Raccolta e distribuzione gratuita agli indigenti di prodotti alimentari da parte delle ONLUS e degli operatori del settore alimentare)

 

 

Il comma 146 stabilisce che gli operatori del settore alimentare, inclusi quelli della ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, che forniscono prodotti alimentari alle organizzazioni riconosciute non lucrative di utilità sociale (ONLUS) che effettuano, a fini di beneficenza, raccolta e distribuzione gratuita agli indigenti di prodotti alimentari, devono registrare l'oggetto, il luogo, la data, l'ora e il destinatario della fornitura.

 

Il comma 146 rinvia all’articolo 10 del D.Lgs. n. 460/1997[62] dedicato alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

 

Il successivo comma 147, dispone che, da parte loro, le ONLUS devono garantire che la durata e le modalità del trasporto, nonché dello stoccaggio e della somministrazione degli alimenti non inficino la sicurezza dei medesimi. Le modalità di attuazione del comma 147 saranno definite con decreto del Ministro della salute, sentita la Conferenza Stato-regioni.

Il comma 148 stabilisce che le disposizioni precedenti non si applicano alla distribuzione gratuita di prodotti alimentari di proprietà degli operatori del settore alimentare effettuata dai medesimi direttamente agli indigenti.

Il comma 149 abroga la legge 155/2003[63].

 

La legge n. 155/2003, composta da un unico articolo, dispone che le organizzazioni riconosciute come organizzazioni non lucrative di utilità sociale, che effettuano, a fini di beneficenza, distribuzione gratuita agli indigenti di prodotti alimentari, sono equiparate, nei limiti del servizio prestato, ai consumatori finali, ai fini del corretto stato di conservazione, trasporto, deposito e utilizzo degli alimenti

 

Il comma 150 reca la norma di invarianza finanziaria.


 

Articolo 1, commi 151-158
(Cofinanziamento nazionale programmi Unione Europea)

 

 

I commi da 151 a 158 dettano disposizioni in materia di copertura del cofinanziamento nazionale dei programmi europei per il nuovo periodo di programmazione 2014/2020, a valere sul Fondo di rotazione per le politiche comunitarie.

Al momento la programmazione 2014-2020 non risulta ancora definita, atteso che l’assetto della politica di coesione per tale periodo è strettamente connesso al negoziato complessivo sul Quadro finanziario pluriennale dell’Unione europea, nel cui ambito sarà definita l’entità delle risorse disponibili per la coesione e la ripartizione delle stesse tra le diverse politiche di spesa. Sulla politica di coesione 2014-2020 è stato peraltro raggiunto nel febbraio 2013 un accordo politico nel Consiglio europeo, che tuttavia non è ancora definitivo, ed i cui contenuti si riepilogano nell’apposito box in calce alla presente scheda.

 

A tale proposito si ricorda che, secondo le regole vigenti per il periodo di programmazione in corso ed ormai prossimo alla scadenza, vale a dire il Quadro strategico nazionale (QSN) 2007-2013, elemento centrale del sistema è il principio di addizionalità dei fondi comunitari: questo prevede che in corrispondenza delle quote di risorse comunitarie che transitano dai fondi strutturali per il raggiungimento degli obiettivi delle politiche di coesione, i singoli Stati membri sono chiamati a stanziare un ammontare pressoché pari di cofinanziamento nazionale. L’unitarietà del sistema comporta inoltre che, in caso di ritardi nell’attuazione dei programmi si dà luogo, secondo la c.d. “regola dell’n+2” al definanziamento delle risorse comunitarie non spese entro il biennio successivo all’annualità di riferimento. Tale definanziamento comporta una corrispondente riduzione del cofinanziamento nazionale.

Per quanto concerne il Fondo di rotazione, questo è stato istituito dall'articolo 5, comma 1, della legge 16 aprile 1987, n. 183[64], nell'ambito del Ministero del tesoro - Ragioneria generale dello Stato, con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio. La medesima disposizione prevede che il Fondo si avvalga di un apposito conto corrente infruttifero, aperto presso la tesoreria centrale dello Stato denominato "Ministero del tesoro - fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie". Il capitolo 7493 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze reca le somme da versare al suddetto conto corrente infruttifero.

Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente (A.C. 1866) reca, per ciascuno degli anni 2014 e 2015, uno stanziamento di 5,5 miliardi.

Il capitolo è inoltre esposto nella Tabella E della legge di stabilità. Il presente disegno di legge di stabilità dispone peraltro:

§      una rimodulazione delle somme con diminuzione di 500 milioni per ciascuno degli anni 2014 e 2015 e attribuzione di un miliardo per il 2017 e successivi;

§      un rifinanziamento di 4,5 miliardi per il 2016 e di 19 miliardi per il 2017 e successivi.

Conseguentemente le disponibilità del Fondo per l’attuazione delle politiche comunitarie verrebbe a definirsi in 5 miliardi sia per il 2014 che per il 2015, in 4,5 miliardi per il 2016 e in 20 miliardi per il 2017 e annualità successive.

 

Relativamente alle risorse dell’Unione europea destinate al ciclo di programmazione 2014-2020, il Ministro Trigiglia, nel corso dell’audizione del 19 novembre 2013 presso le Commissioni V e XIV della Camera dei deputati, ha affermato che “in base a quanto comunicato dalla Commissione europea circa gli esisti preliminari del negoziato sul QFP 2014-2020, l’Italia beneficerà di un totale di risorse comunitarie pari a 32.268 milioni (incluse le risorse destinate alla cooperazione territoriale per 1.137 milioni e al fondo per gli indigenti per 659 milioni), di cui 7.695 milioni per le regioni più sviluppate, 1.102 milioni per le regioni in transizione, e 22.334 milioni per le regioni meno sviluppate (prezzi correnti)”.

 

In relazione al nuovo periodo di programmazione, il comma 151, introduce un limite agli oneri da porre a carico del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie attribuendo al Fondo medesimo il cofinanziamento nella misura massima del 70% dei programmi a titolarità delle Regioni e delle Province autonome, vale a dire i POR (Programmi Operativi Regionali)[65]. Il restante 30% è invece posto a carico delle amministrazioni titolari e degli altri organismi pubblici che partecipano ai programmi.

La previsione del suddetto limite all’intervento finanziario del Fondo, pur non risultando espressamente previsto per l’attuale QSN 2007-2013, corrisponde alla suddivisione degli oneri da tempo applicata nelle delibere del CIPE; tale suddivisione viene ora disposta in norma al fine da un lato di favorire una maggiore responsabilizzazione delle regioni e delle altre amministrazioni che hanno la titolarità dei programmi e, dall’altro, di stabilire preventivamente – trattandosi ora di un vincolo normativo - i criteri cui gli enti interessati dovranno attenersi nella predisposizione dei piani finanziari.

Con riferimento agli interventi direttamente gestiti dalle Amministrazioni centrali dello Stato, la quota di cofinanziamento è invece posta interamente a carico del Fondo di rotazione (comma 152).

Le disposizioni recate dai commi 151 e 152 si riferiscono agli interventi a carico dei fondi strutturali - vale a dire il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) ed il Fondo Sociale Europeo (FSE) - , del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e del Fondo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP).

 

In rapida sintesi, si ricorda che Il Fondo Sociale Europeo (FSE) è utilizzato per il raggiungimento di due obiettivi fissati a livello comunitario, vale a dire l’obiettivo Convergenza, per la promozione dell’occupazione e la creazione di nuovi posti di lavoro nelle regioni in ritardo di sviluppo, e l’obiettivo Competitività, che riguarda le regioni che non rientrano nell’obiettivo Convergenza. In Italia il FSE finanzia 16 Programmi operativi regionali (POR e 3 Programmi Operativi Nazionali (PON).

Il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) mira a consolidare la coesione economica e sociale dell'Unione europea correggendo gli squilibri fra le regioni, intervenendo nell'ambito dei tre obiettivi della politica regionale, vale a dire Convergenza, Competitività regionale e Cooperazione territoriale: Il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) è stato istituito dal regolamento (CE) n. 1290/2005 quale strumento di sostegno e di programmazione unico nell'ambito della riforma della PAC del 2003-2004.

Da ultimo, il Fondo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) è il nuovo fondo proposto per la politica marittima e della pesca dell'UE per il periodo 2014-2020 ai sensi della proposta di Regolamento del parlamento europeo e del consiglio relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca. Il nuovo Fondo: sosterrà i pescatori nella transizione verso una pesca sostenibile; aiuterà le comunità costiere a diversificare le loro economie; finanzierà i progetti che creano nuovi posti di lavoro e migliorano la qualità della vita nelle regioni costiere europee; agevolerà l’accesso ai finanziamenti.

 

Il comma 153 prevede un ulteriore canale di accesso all’utilizzo delle disponibilità del Fondo di rotazione, stabilendo che il Fondo medesimo possa altresì concorrere al finanziamento degli oneri relativi all'attuazione degli interventi complementari ai programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2014/2020, inseriti nella programmazione strategica definita con l'Accordo di partenariato. Le Regioni e le Province autonome possono concorrere al finanziamento degli interventi con risorse a carico dei propri bilanci. Si tratta di una modalità di utilizzo che si è realizzata per la programmazione 2007-2013 sulla base di quanto consentito dall’articolo 23, comma 4, della legge finanziaria 2012 (L .n. 183/2011), in presenza di risorse disponibili da eventuali riduzioni del tasso di cofinanziamento nazionale di alcuni programmi e sulla base di una intesa con la Commissione europea. Tale modalità viene ora stabilita in via generale per tutto il nuovo periodo di programmazione, qualora tali interventi siano previsti nell’Accordo ed ove sussistano risorse disponibili presso il Fondo.

L’Accordo di partenariato è uno strumento previsto dalla proposta di Regolamento COM (2011) 615 def[66] sulle disposizioni comuni sui Fondi comunitari. L'Accordo[67], concluso tra la Commissione e ciascuno Stato membro, individua, a livello di Stato membro, i fabbisogni di sviluppo, i risultati che ci si attende di conseguire in relazione agli interventi programmati, gli obiettivi tematici su cui lo Stato membro decide di concentrare le risorse, nonché la lista dei programmi operativi e la relativa allocazione finanziaria per ciascuno dei Fondi del Quadro Strategico Comune.

In particolare, esso individua un elenco di 11 obiettivi tematici sulla scorta di quelli individuati dalla citata proposta di Regolamento comunitario[68]. In relazione agli obiettivi tematici, la bozza di Accordo prevede anche una serie di azioni complementari, richiamati dal comma 3 in commento.

 

Il comma 154 autorizza la concessione di anticipazioni delle quote comunitarie e di cofinanziamento nazionale dei programmi a titolarità delle Amministrazioni centrali dello Stato, a valere sugli stanziamenti del Fondo di rotazione, nel limite di 500 milioni di euro annui, anche con riferimento ai programmi complementari di cui al precedente comma 3. Le quote anticipate dei finanziamenti comunitari vengono reintegrate a valere sui successivi accrediti delle risorse comunitarie corrispondenti al programma interessato.

Con riferimento alle quote di cofinanziamento nazionale e alle azioni complementari, le anticipazioni sono reintegrate al Fondo a valere sulle quote di cofinanziamento riconosciute per il programma interessato a seguito delle relative rendicontazioni di spesa.

 

Il comma 155 prevede la possibilità di recupero, nei confronti delle Amministrazioni o altri organismi titolari di interventi, delle risorse precedentemente erogate dal Fondo di rotazione anche mediante compensazione di altri importi spettanti alle medesime Amministrazioni o organismi. Anche in tal caso, come già osservato in relazione al comma 1511 ed, in parte, al comma 153, la disposizione disciplina con fonte di rango primario, assicurandone in tal modo una maggiore stabilità e certezza, una procedura che viene seguita anche nell’attuale quadro di programmazione:

Ciò nei casi in cui , prioritariamente nel settore agricolo, i finanziamenti riconosciuti agli enti interessati al programma, venendo corrisposti sulla base della spesa sostenuta, sono erogati in prima istanza dal Fondo per le politiche comunitarie e successivamente reintegrate dagli enti a seguito della corresponsione dei relativi importi da parte della Commissione, che tuttavia in taluni casi riconosce, a seguito della rendicontazione, importi minori di quelli previsti. La differenza verrà pertanto recuperata secondo quanto stabilito nel comma 5 in commento.

 

Il comma 156 pone in capo alla Ragioneria generale dello Stato il monitoraggio degli interventi cofinanziati previsti dall'Accordo di partenariato, compresi gli interventi complementari di cui al comma 3, attraverso il proprio sistema informativo. A tal fine le Amministrazioni competenti assicurano la rilevazione dei dati di attuazione finanziaria, fisica e procedurale secondo le specifiche tecniche definite dalla stessa Ragioneria generale e dalle Amministrazioni centrali competenti per il coordinamento dei singoli fondi, attraverso il sistema informativo della Ragioneria stessa.

Si ricorda che la Ragioneria Generale dello Stati - IGRUE ha attivato, fin dal 1983, nell'ambito del proprio Sistema Informativo, un'apposita area dedicata ai rapporti con l'Unione europea. Si veda, a tale proposito, la pagina del sito internet http://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/Attivit--i/Rapporti-f/Il-monitoraggio/.

 

Il comma157 introduce l'ulteriore lettera g-bis) all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2011, n. 123[69], al fine di sottoporre al controllo preventivo di regolarità amministrativa e contabile gli atti di gestione del Fondo

Si ricorda che l'articolo 5 citato assoggetta al controllo preventivo di regolarità amministrativa e contabile tutti gli atti dai quali derivino effetti finanziari per il bilancio dello Stato, ad eccezione di quelli posti in essere dalle amministrazioni, dagli organismi e dagli organi dello Stato dotati di autonomia finanziaria e contabile.

Per effetto della nuova lettera g-bis) sono esplicitamente assoggettati al controllo preventivo di regolarità amministrativa e contabile i contratti passivi, le convenzioni, i decreti e tutti i provvedimenti che riguardano interventi cofinanziati - in tutto in parte - la cui titolarità è attribuita ad Amministrazioni centrali dello Stato, giacenti sulla contabilità del Fondo di rotazione.

Resta ferma la disciplina recata dalla legge 25 novembre 1071, n. 1041, relativa alle gestioni fuori bilancio nell'ambito delle Amministrazioni dello Stato.

In tal modo, come precisa la relazione illustrativa gli interventi gestiti dal Fondo di rotazione, che in quanto gestione fuori bilancio, sottoposta a rendiconto annuale della Corte dei conti) non sono sottoposti al controllo preventivo di legittimità, vengono ora riportati nell’ambito di tale controllo

 

Il comma 158, infine prevede che le amministrazioni statali titolari di programmi cofinanziati che intendono avvalersi di una centrale di committenza per l'acquisizione di beni e servizi in relazione ai suddetti programmi, si avvalgono di Consip S.p.A. stipulando apposite convenzioni. Anche le altre amministrazioni titolari di programmi cofinanziati hanno la possibilità di avvalersi della stessa Consip. Mentre tuttavia per queste ultime l’avvalimento in questione è facoltativo, per le amministrazioni statali esso, per come formulata la norma in commento, appare obbligatorio.

 

Si ricorda che con l’articolo 33 del Codice dei contratti pubblici (di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163) relativo agli appalti pubblici e accordi quadro stipulati da centrali di committenza, viene inserita la previsione generale del ricorso alle centrali di committenza (come definite dall’art. 1, par. 10 della direttiva 2004/18/CE). Tale norma comunitaria definisce una "centrale di committenza" quale amministrazione aggiudicatrice che: - acquista forniture e/o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici, o - aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Stato del negoziato sulla politica di coesione 2014-2020

Il Consiglio europeo del 7-8 febbraio 2013 ha raggiunto un accordo politico sul QFP, in base al quale il massimale delle spese dell’UE, per il periodo 2014-2020, è stato fissato a 959,9 miliardi di euro in stanziamenti d’impegno (pari all'1,00 % del reddito nazionale lordo dell'UE) e a 908,4 miliardi di euro in stanziamenti di pagamento (pari allo 0,95% dell'RNL dell'UE).

Per quanto concerne specificamente la politica di coesione, l’accordo prevede che il livello di impegni non superi i 325,14 miliardi di euro, così ripartiti nell’arco dei sette anni di programmazione finanziaria:

 

Coesione economica, sociale e territoriale (in miliardi di euro)

 

2014

2015

2016

2017

2018

2019

2020

44,67

45,40

46,04

46,54

47,03

47,51

47,92

 

Le risorse destinate all'obiettivo "Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione" ammonterebbero complessivamente a 313,19 miliardi di euro, così ripartiti:

§      164,27 miliardi alle regioni meno sviluppate, ovvero le regioni il cui PIL pro capite è inferiore al 75% della media del PIL dell'UE a 27;

§      31,67 miliardi alle regioni in transizione;

§      49,49 miliardi alle regioni più sviluppate;

§      66,36 miliardi agli Stati membri che beneficiano del Fondo di coesione, vale a dire i Paesi il cui reddito nazionale lordo pro capite è inferiore al 90% dell'RNL medio pro capite dell'UE-27.

 

Le risorse residue sarebbero destinate alla cooperazione transnazionale, interregionale e transfrontaliera (8,94 miliardi), alle regioni ultraperiferiche (1,38 miliardi) e allo sviluppo urbano sostenibile (330 milioni di euro).

L'accordo raggiunto a febbraio è stato respinto dal Parlamento europeo il 13 marzo 2013: pertanto, il negoziato tra Consiglio dell'UE e PE è continuato fino alla riunione del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno, a margine della quale è stato raggiunto un accordo che riprende sostanzialmente i termini del compromesso di febbraio (senza modificare, in particolare, l'entità degli stanziamenti previsti per la politica di coesione), con alcune variazioni relative alle modalità per la spesa degli stanziamenti per l’occupazione giovanile, ricerca e piccole e medie imprese, nonché l'introduzione di una clausola di revisione.

Tale compromesso è stato approvato dal Parlamento europeo il 3 luglio 2013, con una risoluzione votata a maggioranza semplice (474 voti a favore, 193 contrari e 42 astensioni); una volta completato il lavoro tecnico e giuridico per la messa a punto dei testi, il Parlamento europeo dovrebbe poi approvare definitivamente il QFP – a maggioranza qualificata (metà dei suoi membri più uno) - nell’autunno del 2013.

Le risorse assegnate all’Italia

Secondo i dati forniti dal Ministro Trigilia il 19 novembre 2013, nel corso di un’audizione presso le Commissioni V (bilancio) e XIV (politiche dell’UE) della Camera, l’Italia dovrebbe ricevere 32,1 miliardi di euro (con un incremento rispetto ai 29,4 miliardi stanziati per 2007-2013), così ripartiti:

§       regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia): 22,3 miliardi;

§       regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna): 1,1 miliardi;

§       regioni più sviluppate (restanti regioni del centro-nord): 7,6 miliardi;

§       cooperazione territoriale: 1,1 miliardi.

Alle risorse europee si aggiungerebbe il cofinanziamento nazionale a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183 del 1987, per il quale il disegno di legge di stabilità per il 2014 stanzia 24 miliardi di euro, nonché la quota di cofinanziamento di fonte regionale (quantificabile in una cifra pari al 30 per cento del cofinanziamento complessivo del programma).

 


 

Articolo 1, comma 159
(Trasferimento al Ministero degli Affari esteri di fondi per
programmi UE di aiuto allo sviluppo)

 

 

Il comma 159 prevede la possibilità di destinare risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie – di cui all’art. 5 della legge 16 aprile 1987, n. 83[70] - a programmi di cooperazione allo sviluppo realizzati dal Ministero degli affari esteri, in coerenza e a complemento della politica di cooperazione dell'Unione europea.

Tali risorse, nel limite massimo di 60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, sono versate dal Fondo rotativo per le politiche comunitarie all’entrata del bilancio dello Stato, per poi essere destinate allo stato di previsione del Ministero degli Affari esteri.

 

Il Fondo di rotazione è stato a suo tempo istituito nell'ambito della Ragioneria generale dello Stato, con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio. Tale Fondo si avvale di un apposito conto corrente infruttifero presso la tesoreria centrale dello Stato, nel quale furono anzitutto versate le disponibilità residue del conto corrente di cui alla legge 863[71] del 1977, contestualmente soppresso, nonché le somme erogate dalle Istituzioni europee per contributi e sovvenzioni a favore dell'Italia e le somme determinate annualmente con la legge di bilancio e con la legge di stabilità a favore del capitolo 7493/Economia e finanze, altresì esposto nella Tabella E della legge di stabilità – v. infra.

 


 

Articolo 1, comma 160
(Pagamento sanzioni per pronunce di condanna per mancato recepimento di direttive UE)

 

Il comma in esame prevede che la Presidenza del Consiglio provveda a pagare le somme derivanti da pronunce di condanna per mancato o ritardato recepimento di provvedimenti dell'Unione europea a valere sullo stanziamento appositamente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, anche in relazione alle pronunce già depositate o notificate all'entrata in vigore delle legge di stabilità.

Ai titoli giudiziari di cui al presente comma si applicano le disposizioni recate dalla legge 24 marzo 2001, n. 89 relative agli atti di sequestro o pignoramento nei confronti dello Stato, e in particolare l’articolo 5-quinquies, che esclude atti di sequestro o di pignoramento presso la Tesoreria centrale e presso le Tesorerie provinciali dello Stato per la riscossione coattiva di somme liquidate, a pena di nullità rilevabile d'ufficio.

 

 


 

Articolo 1, comma 161
(Incremento Fondo per interventi strutturali di politica economica)

 

 

Il comma 161 incrementa il Fondo per interventi strutturali di politica economica di 285 milioni di euro per l’anno 2014.

Per una ricostruzione della dotazione del Fondo, conseguente alle norme contenute nel provvedimento in esame, si rimanda alla scheda di lettura del comma 143.

 

 


 

Articolo 1, comma 162
(Rifinanziamento del Fondo per le missioni internazionali)

 

 

Il comma 162 provvede al rifinanziamento di 614[72] milioni di euro del Fondo per le missioni internazionali di pace per l'anno 2014. Il Fondo è stato istituito dall’articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) all’interno dello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze (capitolo 3004).

 

Il comma 5 dell’articolo 55 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78[73] ha disposto l'integrazione del medesimo Fondo rispettivamente nella misura di 320 milioni di euro per il 2010; di 4,3 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2011 al 2014; di 64,2 milioni di euro per l’anno 2015 e di 106,9 milioni di euro per gli anni dal 2016 al 2020.

Successivamente, il comma 27 dell’art. 1 della legge di stabilità 2011 (legge 13 dicembre 2010, n. 220) ha disposto per il 2011 un incremento di 750 milioni di euro dello stanziamento del Fondo per il finanziamento delle missioni di pace, finalizzato al proseguimento della partecipazione italiana a missioni internazionali fino al 30 giugno 2011.

L’anno seguente il comma 18 dell’art. 33 della legge di stabilità 2012 (legge 12 novembre 2011, n. 183) ha disposto per il 2012 un incremento di 700 milioni di euro dello stanziamento del Fondo per il finanziamento delle missioni di pace, finalizzato al proseguimento della partecipazione italiana a missioni internazionali fino al 30 giugno 2012. Tuttavia, il comma 1 dell’art. 30 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201[74], mediante novella del citato art. 33, comma 18, della legge di stabilità 2012, ha operato un’ulteriore proroga, fino al 31 dicembre 2012, degli stanziamenti per le missioni internazionali di pace cui l’Italia partecipa, apprestando nel contempo le necessarie risorse, nella misura di 700 milioni di euro aggiuntivi a favore del Fondo per il finanziamento delle missioni di pace. La norma in commento sostituisce infatti, nelle previsioni del citato comma 18 la data del 30 giugno 2012 con quella del 31 dicembre 2012, e la somma di 700 milioni con l’importo di 1.400 milioni di euro.

Da ultimo, l’art. 23, comma 6 del D.L. n. 95/2012[75] ha disposto per il 2013 un incremento di un miliardo di euro del Fondo missioni internazionali.

Si ricorda infine che nelle previsioni di bilancio 2014 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze il citato cap. 3004 registra uno stanziamento di circa 1,3 milioni di euro.


 

Articolo 1, comma 163
(Ricostruzione privata nei comuni interessati dal sisma in Abruzzo)

 

 

Il comma 163 disciplina l’erogazione dei contributi per gli interventi di ricostruzione privata nei comuni interessati dal sisma in Abruzzo del 6 aprile 2009, relativamente al rifinanziamento degli interventi previsti all’art. 7-bis, comma 1, del D.L. 43/2013.

Viene infatti disposto che l’erogazione dei contributi avvenga:

§      nei limiti degli stanziamenti annuali iscritti in bilancio, sulla base del fabbisogno per il 2014 presentato dagli enti locali;

§      e previa verifica dell’utilizzo delle risorse disponibili.

 

Viene altresì consentito al CIPE di autorizzare gli enti medesimi all'attribuzione dei contributi in relazione alle effettive esigenze di ricostruzione.

Il comma stabilisce, infine, che alle citate erogazioni si applicano le disposizioni di cui al comma 2 dell’art. 7-bis del D.L. 43/2013, ove si stabilisce che i contributi siano erogati dai comuni interessati sulla base degli stati di avanzamento degli interventi ammessi e che i contributi stessi possono essere revocati in caso di mancato o ridotto impiego delle somme o di loro utilizzo per finalità diverse.

 

Si rammenta preliminarmente che la tabella E dispone un rifinanziamento di 600 milioni per gli interventi per la ricostruzione privata nei territori della Regione Abruzzo colpiti dagli eventi sismici del 6 aprile 2009 previsti dall’articolo 7-bis, comma 1, del D.L. 43/2013.

Relativamente all’art. 7-bis del D.L. 43/2013, si ricorda che esso ha disposto il rifinanziamento della ricostruzione privata nei comuni dell'Abruzzo colpiti dagli eventi sismici del 6 aprile 2009, autorizzando la spesa di 197,2 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2019 (pari complessivamente a 1.183,2 milioni di euro) al fine della concessione di contributi a privati, per la ricostruzione o riparazione di immobili, prioritariamente adibiti ad abitazione principale, danneggiati ovvero per l'acquisto di nuove abitazioni, sostitutive dell'abitazione principale distrutta. Le risorse sono assegnate ai comuni interessati con delibera del CIPE che può autorizzare gli enti locali all'attribuzione dei contributi in relazione alle effettive esigenze di ricostruzione, previa presentazione del monitoraggio sullo stato di utilizzo delle risorse, ferma restando l'erogazione dei contributi nei limiti degli stanziamenti annuali iscritti in bilancio. Per consentire la prosecuzione degli interventi di cui al predetto articolo senza soluzione di continuità, il CIPE può altresì autorizzare l'utilizzo, nel limite massimo di 150 milioni di euro per l'anno 2013, delle risorse destinate agli interventi di ricostruzione pubblica di cui al punto 1.3 della delibera CIPE 135/2012, in via di anticipazione, a valere sulle risorse di cui al primo periodo del comma 1 del citato articolo, fermo restando, comunque, lo stanziamento complessivo di cui al citato punto 1.3.

In attuazione delle disposizioni citate, il CIPE, con delibera n. 50/2013, ha provveduto a ripartire la somma complessiva di 1.183,2 milioni di euro, assegnando al Comune di L’Aquila la somma di 686,9 milioni di euro, ai restanti comuni del cratere sismico la somma di 403,4 milioni e 33,7 milioni in favore degli interventi di ricostruzione degli immobili privati ricadenti nei comuni al di fuori del cratere sismico, che saranno ripartiti con successiva delibera. A fini cautelativi lo stesso Comitato ha disposto l’accantonamento di un importo di 59,2 milioni (pari al 5% dello stanziamento complessivo di 1.183,2 milioni) da assegnare con successiva delibera.


 

Articolo 1, comma 164
(Ricostruzione sisma Calabria e Basilicata 2012 (Pollino))

 

 

Il comma 164 autorizza la spesa in conto capitale di 7,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 per il completamento degli interventi di ricostruzione connessi al sisma del 26 ottobre 2012 in Calabria e Basilicata.

 

In seguito al citato evento sismico, con la Delibera del Consiglio dei ministri 9 novembre 2012 (pubblicata nella G.U. 16 novembre 2012, n. 268) è stato dichiarato lo stato di emergenza ed individuati i comuni colpiti delle province di Cosenza e Potenza.

Con la successiva ordinanza n. 25/2012 del 20 novembre, i Prefetti di Cosenza e Potenza sono stati nominati Commissari delegati sotto il coordinamento del Dipartimento della protezione civile e sono stati destinati 10 milioni di euro per la copertura degli oneri connessi alla realizzazione delle iniziative d'urgenza previste dall’ordinanza, ivi compreso il rimborso degli oneri per l'impiego del volontariato di protezione civile attivato.

Ulteriori disposizioni sono state dettate con l’ordinanza di protezione civile n. 30 del 7 dicembre 2012, mentre con le ordinanze nn. 82 e 98 del 2013 sono state dettate disposizioni per favorire e regolare il subentro delle regioni Calabria e Basilicata nelle iniziative finalizzate al superamento della situazione di criticità determinatasi a seguito dell'evento sismico.

Si segnala inoltre che l’art. 1, comma 290, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (stabilità 2013), ha incrementato il Fondo di protezione civile di 47 milioni di euro per l’anno 2013, di 8 milioni per il 2014 e di 50 milioni per il 2015, da destinare alla realizzazione di interventi, in conto capitale, nei territori colpiti da una serie di calamità naturali individuate nel comma medesimo. La ripartizione delle risorse ai singoli eventi è stata demandata ad apposito D.P.C.M., emanato in data 23 marzo 2013.

Tale decreto ha assegnato, in relazione al sisma del 26 ottobre, 2 milioni di euro alla Calabria (895.238 euro nel 2013, 152.381 euro nel 2014 e 952.381 nel 2015) e 1 milione di euro alla Basilicata (447.619 euro per il 2013, 76.190,5 per il 2014 e 476.190,5 per il 2015).

Si segnala, infine, che il comma 225 del presente disegno di legge, introdotto nel corso dell’esame al Senato, reca una disposizione finalizzata ad agevolare l'autonoma sistemazione dei cittadini la cui prima abitazione è stata oggetto di ordinanza di sgombero a seguito del sisma del 26 ottobre 2012 in Calabria e Basilicata. A tal fine viene prevista l’estensione, fino al 31 dicembre 2014 e nel limite di spesa di 1 milione di euro, dei contributi previsti all'art. 2 dell'O.C.D.P.C. n. 25/2012.

 

Lo stesso comma dispone l’esclusione dal patto di stabilità interno dei relativi pagamenti.

 

Si segnala che, benché la norma in esame non individui gli enti beneficiari della esclusione dei pagamenti per la ricostruzione dai vincoli del patto di stabilità, è da ritenere che la deroga dovrebbe riguardare i comuni e/o le province delle regioni colpite dagli eventi del sisma del 26 ottobre 2012, e non le regioni stesse.

L’esclusione dei pagamenti in questione, inoltre, dovrebbe meglio essere definita come esclusione dal computo del saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità interno per gli enti locali.

 

In ogni caso, al fine di prevenire possibili problemi nell’applicazione della deroga, sarebbe opportuna una più puntuale formulazione della norma, con l’espressa indicazione – se del caso mediante rinvio alla disposizione normativa di riferimento - degli enti interessati dalla deroga in esame.

 


 

Articolo 1, comma 165
(Fondo per il finanziamento ordinario delle università)

 

 

L'art. 1, comma 165, incrementa il fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) di 150 milioni di euro per l’anno 2014.

Considerato che nel disegno di legge di bilancio (che, si ricorda, è formulato secondo la legislazione vigente) lo stanziamento per il 2014 (cap. 1694) è pari a 6.853,6 milioni di euro, lo stanziamento definitivo, a seguito dell’incremento disposto dal comma in esame, risulta pari a 7.003,6 milioni di euro.

 

Rimandando, per un’esposizione dettagliata sul FFO all’apposito approfondimento web, nonché alle schede di lettura relative allo stato di previsione del MIUR, di seguito si riporta solo l'andamento delle risorse (in milioni di euro) allocate sul cap. 1694 negli anni 2008-2013:

 

 

 

2008 (consuntivo)

2009 (consuntivo)

2010 (consuntivo)

2011 (consuntivo)

2012 (consuntivo)

2013 (assestamento)

cap. 1694

7.443,7

7.513,1

6.681,3

6.969,3

6.999,5

6.694,7

 


 

Articolo 1, comma 166
(Scuole paritarie)

 

 

L’articolo 1, comma 166, autorizza, per l’anno 2014, la spesa di 220 milioni di euro da destinare alle finalità di cui all’art. 2, co. 47, della legge finanziaria 2009 (L. 203/2008), concernenti il sostegno alle scuole paritarie (ad esclusione di quelle delle province autonome di Trento e di Bolzano, ex art. 2, co. 109, L. 191/2009)[76].

Il finanziamento, attribuito alle regioni in virtù della loro competenza amministrativa relativa ai contributi alle scuole non statali, si sommerà a quello previsto a legislazione vigente nel disegno di legge di bilancio per il 2014, nel Programma 1.9 - Istituzioni scolastiche non statali, cap. 1477, pari a 273,9 milioni di euro, per un totale di 493,9 milioni di euro (a fronte di 501,9 milioni di euro risultanti, per il 2013, dalla legge di assestamento).

 

La competenza amministrativa relativa ai contributi alle scuole non statali è attribuita alle regioni dall'art. 138, co. 1, lett. e), del D.Lgs. 112/1998.

A sua volta, l’art. 1-bis del D.L. 250/2005 (L. 27/2006) ha ricondotto le scuole non statali alle due tipologie di scuole paritarie riconosciute ai sensi della L. 62/2000 - abilitate, tra l’altro, al rilascio di titoli di studio aventi valore legale - e di scuole non paritarie.

L’art. 1, co. 635, della legge finanziaria 2007, al fine di dare il necessario sostegno alla funzione pubblica svolta dalle scuole paritarie nell’ambito del sistema nazionale di istruzione, ha incrementato, per complessivi 100 milioni di euro, a decorrere dall’anno 2007, gli stanziamenti iscritti nelle unità previsionali di base “Scuole non statali” dello stato di previsione del MIUR, da destinare prioritariamente alle scuole per l’infanzia.

Con sentenza n. 50 del 2008, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale, per violazione dell'autonomia legislativa e finanziaria delle regioni, l’erogazione di uno stanziamento statale vincolato relativo ad un settore ricadente nelle funzioni amministrative di competenza regionale. La medesima sentenza, peraltro, ha fatto salvi gli eventuali procedimenti in corso, anche se non esauriti, a garanzia della continuità di erogazione di finanziamenti inerenti a diritti fondamentali dei destinatari[77].

L’art. 2, co. 47, della L. 203/2008 (L. finanziaria 2009) ha poi disposto che i criteri per la distribuzione alle regioni delle risorse finanziarie occorrenti alla realizzazione delle misure relative al programma di interventi in materia di istruzione sono stabiliti, fermo il rispetto delle prerogative regionali in materia, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro per i rapporti con le regioni e il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-regioni.

Contestualmente, infatti, la legge di bilancio per il 2009 (L. 204/2008) ha inserito nello stato di previsione del MIUR – esclusivamente per l’esercizio 2009 –, nell’ambito della Missione Istruzione scolastica, un nuovo programma 1.10 – Interventi in materia di istruzione, con una dotazione di 120 milioni di euro per il 2009. Le risorse sono state allocate nel capitolo 1299 – Somme da trasferire alle regioni per il sostegno delle scuole paritarie, di nuova istituzione[78].

L’autorizzazione di spesa di cui all’art. 2, co. 47, della L. finanziaria 2009 è stata rifinanziata per gli anni successivi[79]. In particolare, per il 2010, l’art. 2, co. 250, della L. 191/2009 ha assegnato (elenco 1, allegato) € 130 mln provenienti dal cosiddetto “scudo fiscale”; per il 2011, l’art. 1, co. 40, della L. 220/2010, disponendo un rifinanziamento per il 2011 del Fondo esigenze indifferibili ed urgenti (di cui all'art. 7-quinquies, co. 1, del D.L. 5/2009), ha destinato al programma di interventi l’importo di € 245 mln; per il 2012, l’art. 33, co. 16, della L. 183/2011 ha, a sua volta, autorizzato la spesa di € 242 mln; per il 2013 l'art. 1, co. 263, della L. 228/2012 ha autorizzato la spesa di € 223 mln, escludendo tale contributo dalle spese computate ai fini del patto di stabilità delle regioni.

 

Il secondo periodo del comma in esame esclude le spese effettuate dalle regioni, con le risorse ad esse attribuite dallo Stato, per il sostegno alle scuole paritarie dal computo ai fini del patto di stabilità interno per il 2014, nel limite di 100 milioni di euro.

 

Si ricorda che la disciplina del patto di stabilità interno – dettata dall'articolo 32 della legge 183/2011 (legge di stabilità 2012) e dall'articolo 1, commi 448-472, della legge L.228/2012 (legge di stabilità 2013) a cui le norme del disegno di legge in esame recano modifiche – pone annualmente un limite al complesso delle spese finali di ogni singola regione. Dalle spese considerate ai fini della verifica del patto di stabilità sono escluse una serie di spese o perché sottoposte ad una disciplina di contenimento specifica come nel caso delle spese per la sanità, oppure perché considerate come “dovute”, come nel caso delle spese finanziate dal fondo per il trasporto pubblico locale e ferroviario. Il lungo elenco delle spese escluse dal computo ai fini del patto di stabilità è contenuto nel comma 4 dell'articolo 32 della citata legge 183/2011.

 

L’esclusione dal complesso delle spese rilevanti ai fini del rispetto del patto di stabilità per il 2014 opera nel solo limite di 100 milioni di euro.

Le regioni, dunque, potranno effettuare spese per il sostegno alle scuole paritarie nel 2014 nel limite di 100 milioni di euro, a valere sul complesso delle risorse ad esse attribuite dallo Stato per tale finalità.

Gli effetti finanziari derivanti dai pagamenti effettuati dalle regioni in deroga ai limiti del patto di stabilità sono compensati attraverso la riduzione di pari importo (100 milioni di euro) delle risorse del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali[80].

 


 

Articolo 1, comma 167
(Fondo straordinario per il sostegno all'editoria)

 

 

L'articolo 1, comma 167, istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il “Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria”, con la dotazione di 50 milioni di euro per il 2014, 40 milioni di euro per il 2015, 30 milioni di euro per il 2016.

Il Fondo è destinato ad incentivare gli investimenti delle imprese editoriali, anche di nuova costituzione, orientati all’innovazione tecnologica e digitale, a promuovere l’ingresso di giovani professionisti qualificati nel campo dei nuovi media ed a sostenere le ristrutturazioni aziendali e gli ammortizzatori sociali. Al riguardo, viene fatto salvo il rispetto del regolamento CE n. 1998/2006 del 15 dicembre 2006 della Commissione, relativo agli aiuti di importanza minore – “de minimis” –, la cui validità, tuttavia, termina il 31 dicembre 2013.

 

Si ricorda che la normativa europea vieta gli aiuti di Stato alle imprese, in quanto distorsivi del principio della libera concorrenza, tranne i casi esplicitamente indicati. Le disposizioni che istituiscono regimi di aiuto devono essere comunicate alla Commissione, che ne valuta la compatibilità. A tale proposito l'articolo 108, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) (ex articolo 88, paragrafo 3, del trattato che istituisce la Comunità europea, TCE) contempla l'obbligo di notificare gli aiuti di Stato alla Commissione europea al fine di stabilirne la compatibilità con il mercato comune sulla base dei criteri dell'articolo 107, par. 1 TFUE (ex articolo 87, paragrafo 1, TCE).

A norma dell’art. 2 del regolamento del Consiglio (CE) n. 994/98, la Commissione può adottare regolamenti che stabiliscono le condizioni in base alle quali alcuni aiuti di stato sono dispensati dalla procedura di notifica. Tali regolamenti, prima di essere pubblicati sulla Gazzetta ufficiale dell’UE (GUCE), devono essere sottoposti a consultazione delle parti interessate e, in particolare, del comitato consultivo in materia di aiuti di stato, composto di rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione.

A tale riguardo, l’art. 2 del regolamento CE n. 1998/2006 della Commissione del 15 dicembre 2006 che si applica dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013stabilisce, in particolare, che gli aiuti concessi ad una medesima impresa che non superano la soglia dei 200.000 euro nell’arco di tre esercizi finanziari non vengono considerati aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE (c.d. aiuti de minimis).

La consultazione sul progetto di nuovo regolamento si è chiusa il 9 settembre 2013 e, dunque, il nuovo testo dovrebbe essere pubblicato sulla GUCE prima della scadenza del regolamento attualmente vigente.

 

Alla ripartizione annuale delle risorse del Fondo si provvede con un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega per l’informazione, la comunicazione e l’editoria, da adottare entro il 31 marzo di ciascun anno del triennio, di concerto con altri Ministri (lavoro e politiche sociali; sviluppo economico; economia e finanze), sentite le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel settore delle imprese editrici e delle agenzie di stampa.

 

Al riguardo si ricorda che, allo scopo di contribuire all’obiettivo del pareggio di bilancio entro la fine dell’anno 2013, l’art. 29, co. 3, del D.L. n. 201/2011 ha disposto la cessazione del sistema di erogazione dei contributi diretti all’editoria dal 31 dicembre 2014, con riferimento alla gestione 2013, nonché la revisione, dal 1° gennaio 2012, del DPR n. 223/2012 - che, in attuazione dell’art. 44 del D.L. n. 112/2008 (L. n. 133/2008), aveva riordinato la disciplina - al fine di una più rigorosa selezione nell’accesso alle risorse e di un risparmio di spesa. Ha anche disposto che il risparmio conseguito, compatibilmente con le esigenze del pareggio di bilancio, sarà destinato alla ristrutturazione delle aziende già destinatarie della contribuzione diretta, all’innovazione tecnologica del settore, a fronteggiare l’aumento del costo delle materie prime, all’informatizzazione della rete distributiva.

In tale contesto, le modifiche al DPR n. 223/2010 sono state poi apportate dal D.L. n. 63/2012 (L. n. 103/2012), con il quale è stata dettata una disciplina transitoria, nelle more di una più compiuta ridefinizione delle forme di sostegno al settore editoriale. Le disposizioni decorrono a partire dai contributi relativi all’anno 2012 o, in alcuni casi, 2013.

Quasi contestualmente all’emanazione del D.L. n. 63/2012, il Governo ha presentato un disegno di legge (A.C. 5270) che conferiva una delega per la definizione, a regime, di nuove forme di sostegno all’editoria e per lo sviluppo del mercato editoriale. Fra l’altro, si prevedevano il riordino della normativa vigente, al fine di contenere gli oneri e consentire una maggiore selezione dei beneficiari, nonché incentivi per l’avvio di nuove imprese editoriali, per l’innovazione tecnologica e per la multimedialità.

Durante l’esame parlamentare, il 7 dicembre 2012 la VII Commissione ha adottato un nuovo testo che prevedeva l’istituzione di un Fondo per il pluralismo dell’informazione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, da utilizzare per i contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici, per sostenere l’innovazione tecnologica delle imprese editrici, per incentivare l’avvio di nuove imprese editrici e per sostenere i trattamenti di pensione di vecchiaia anticipata per i giornalisti dipendenti da aziende in ristrutturazione. L’esame del provvedimento non si è concluso entro la fine della XVI legislatura.

Pertanto, le finalità del Fondo di cui il comma in esame prevede l’istituzione coincidono, in parte, con le finalità del Fondo previsto dal nuovo testo dell’A.C. 5270, adottato nel corso della XVI legislatura.

 

Più ampiamente, si veda l’approfondimento web presente nella Documentazione di inizio legislatura.

 


 

Articolo 1, comma 168
(Flotta aerea antincendio del Corpo forestale dello Stato)

 

 

Il primo periodo del comma 168 autorizza una spesa di parte corrente, per l’importo di 5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2014, per garantire il funzionamento della flotta aerea antincendio del Corpo forestale dello Stato.

 

A fronte della decisione assunta con l'articolo 1 comma 2 del decreto-legge n. 59/2012, che ha trasferito la flotta aerea della Protezione civile al Dipartimento dei Vigili del fuoco, la disposizione in commento riconferma la riconducibilità della flotta del CFS al Programma “Interventi per soccorsi”, afferente la Missione “Soccorso civile” dello stato di previsione della spesa del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Il margine di dubbio era presumibilmente costituito dal fatto che costituiscono strutture operative nazionali del Servizio nazionale della protezione civile, ai sensi dell’art. 11 della legge n. 225 del 1992, sia il Corpo nazionale dei vigili del fuoco (quale componente fondamentale della protezione civile), sia il Corpo forestale dello Stato. La relazione governativa al disegno di legge chiarisce che "tra i mezzi in dotazione del Corpo forestale dello Stato sono compresi anche quattro elicotteri Erickson S64F, la cui gestione, a carico del Dipartimento della Protezione civile fino allo scorso giugno, è ora affidata al Corpo forestale dello Stato, che necessita pertanto di risorse apposite".

 

Il secondo periodo del comma 168 ha lo scopo di favorire il reimpiego delle risorse derivanti dall’alienazione dei velivoli della flotta di Stato, da dismettere a seguito dell’adozione della direttiva del Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 12 agosto 2013, prot. UV/IV.1/2180/2013 concernente la Revisione del trasporto aereo di Stato. In essa si dà conto dell'avviso del Capo di stato maggiore dell'aeronautica militare, secondo cui - stanti i nuovi criteri di concessione degli aerei di Stato - è prevedibile che sull'ottimale soddisfacimento delle esigenze di trasporto che fanno capo al 31° stormo non inciderà la vendita di tre dei dieci aerei di stato, un Airbus 319 e due Falcon 50, con un prevedibile incasso di 50 milioni di euro.

Le risorse derivanti dalla vendita saranno utilizzate per il potenziamento del concorso aereo di Stato destinato all’attività di spegnimento degli incendi boschivi mediante riassegnazione delle somme nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze.


 

Articolo 1, comma 169
(Impiego forze armate per vigilanze sul territorio)

 

 

Il comma 169 prevede la possibilità di prorogare fino al 31 dicembre 2014 gli interventi di impiego del personale delle Forze armate per le operazioni di controllo del territorio di cui all’articolo 24, commi 74, del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, nell'ambito del piano di impiego di cui al all’articolo 7-bis, comma 1, terzo periodo, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, autorizzando la relativa spesa pari a 40 milioni di euro per l'anno 2014.

 

Il piano di impiego, ai sensi del richiamato articolo 7-bis, comma 1, terzo periodo, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, consente – per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità – ai prefetti delle province comprendenti aree metropolitane e comunque aree densamente popolate di disporre di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate, preferibilmente carabinieri impiegati in compiti militari o comunque volontari delle stesse Forze armate specificatamente addestrati, per lo svolgimento di servizi di vigilanza a siti ed obiettivi sensibili o di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia. Ai sensi del comma 2 dell'articolo 7-bis del decreto-legge n. 92/2008, il piano di impiego del personale delle Forze armate è adottato con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica integrato dal Capo di stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il comma 3 del medesimo articolo precisa inoltre che il personale delle Forze armate non appartenente all’Arma dei carabinieri agisce nell'ambito del piano di impiego con le funzioni di agente di pubblica sicurezza e può procedere alla identificazione e alla immediata perquisizione sul posto di persone e mezzi di trasporto.

 

Si ricorda che il comma 74 dell’articolo 24 del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78 dispone che, al fine di assicurare la prosecuzione del concorso delle Forze armate nel controllo del territorio, il piano di impiego possa essere prorogato per due ulteriori semestri per un contingente di militari incrementato con ulteriori 1.250 unità, interamente destinate a servizi di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia; il comma 74 stabilisce al contempo un'autorizzazione di spesa di 27,7 milioni di euro per l'anno 2009 e di 39,5 milioni di euro per l'anno 2010. Il comma 75 - che non viene rifinanziato dal provvedimento in esame - stabilisce che al personale delle Forze di polizia impiegato nei servizi di perlustrazione e pattuglia e posto a disposizione dei prefetti sia attribuita un'indennità di importo analogo a quella onnicomprensiva corrisposta al personale delle Forze armate. Il comma 75 precisa inoltre che quando non sia prevista la corresponsione dell'indennità di ordine pubblico, l'indennità aggiuntiva per servizi di perlustrazione e pattuglia sia attribuita anche al personale delle Forze di polizia impiegato nei servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili svolti congiuntamente al personale delle Forze armate, ovvero in forma dinamica dedicati a più obiettivi vigilati dal medesimo personale.

Si ricorda che, da ultimo, l'articolo 23 comma 7 del D.L. n. 95 del 2012 (spending review) ha consentito di prorogare, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2013, gli interventi di impiego del personale delle Forze armate per le operazioni di controllo del territorio di cui all’articolo 24, commi 74 e 75, del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, nell'ambito del piano di impiego di cui al all’articolo 7-bis, comma 1, terzo periodo, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, disponendo che per la proroga del piano di impiego del personale delle Forze armate sia autorizzata per l’anno 2013 una spesa di 72,8 milioni di euro, dei quali 67 milioni di euro destinati al personale della Forze armate di cui al comma 74 del D.L. n. 78/2009 e 5,8 milioni di euro a beneficio del personale delle Forze di polizia impiegato ai sensi del comma 75 del medesimo decreto legge.


 

Articolo 1, comma 170
(Fondo per l’efficienza dello strumento militare)

 

 

Il comma 170 provvede a rifinanziare il fondo per la tenuta in efficienza dello strumento militare per l’importo di 30 milioni di euro per l'anno 2014.

 

Si ricorda che la legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006), all'articolo 1, comma 1238 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero della difesa, un fondo, con la dotazione di 350 milioni di euro per l'anno 2007 e di 450 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, in conto spese per il funzionamento, con particolare riguardo alla tenuta in efficienza dello strumento militare, mediante interventi di sostituzione, ripristino e manutenzione ordinaria e straordinaria di mezzi, materiali, sistemi, infrastrutture, equipaggiamenti e scorte, assicurando l'adeguamento delle capacità operative e dei livelli di efficienza ed efficacia delle componenti militari, anche in funzione delle operazioni internazionali di pace. Il medesimo comma disponeva che i suddetto fondo fosse altresì alimentato con i pagamenti a qualunque titolo effettuati da Stati od organizzazioni internazionali, ivi compresi i rimborsi corrisposti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, quale corrispettivo di prestazioni rese dalle Forze armate italiane nell'ambito delle citate missioni di pace.

 

Il presente Fondo è attualmente disciplinato dall'art. 616 del Codice dell'ordinamento militare.

 


 

Articolo 1, comma 171
(Assunzione di procuratori presso l’Avvocatura dello Stato)

 

 

Con il comma 171, introdotto dal Senato, l'Avvocatura dello Stato è autorizzata ad effettuare - in aggiunta alle sue ordinarie facoltà - ulteriori assunzioni di procuratori dello Stato entro il limite di spesa di euro 845.000 a decorrere dal 2014. Le finalità che la norma intende perseguire tramite l’acquisizione di ulteriori procuratori sono:

§      l’incremento della costituzione di parte civile dell'Agenzia delle entrate nei procedimenti penali aventi ad oggetto reati tributari;

§      assicurare l'assistenza delle amministrazioni dello Stato e degli enti patrocinati nei procedimenti di mediazione obbligatoria;

§      garantire, in relazione al contenzioso in gestione, l'indispensabile attività di consulenza in favore dell'Unità tecnica amministrativa di cui all'articolo 15 dell'Ordinanza del Presidente del consiglio n. 3920 del 2011, recante disposizioni urgenti di protezione civile.

La citata O.P.C.M. 3920/2011 ha previsto, con decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile, l’istituzione di apposita Unità Tecnica-Amministrativa. L’istituzione dell’Ufficio deriva dalla necessità di provvedere all'adozione di misure di carattere straordinario ed urgente finalizzate a fronteggiare le problematiche inerenti al movimento franoso nel territorio di Montaguto, in provincia di Avellino nonché di assicurare sia l'adempimento di alcuni dei compiti già posti in capo alle strutture di cui all'articolo 2 del D.L. n. 195/2009 (l’Unità stralcio e l’Unità operativa per la chiusura dell'emergenza rifiuti in Campania) che di ulteriori attività ovvero:a) la gestione degli effetti dell'avviso pubblico di accertamento della massa passiva di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 gennaio 2010, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a tale scopo; c) le attività solutorie di competenza nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a tale scopo, tenuto conto delle esigenze di pubblico interesse connesse alle attività dei soggetti creditori; d) le competenze amministrative riferite all'esecuzione del contratto di gestione del termovalorizzatore di Acerra e del relativo impianto di servizio nonché riferite alla convenzione con il Gestore dei Servizi Energetici; e) l'eventuale supporto alla Regione Campania, se richiesto, nelle attività di organizzazione dei flussi dei rifiuti, nella ricorrenza delle oggettive condizioni di necessità ed urgenza normativamente previste.

 

In dipendenza di tali ulteriori assunzioni e per garantire la suddetta attività di consulenza nella gestione del contenzioso, la citata Unità tecnica amministrativa è autorizzata ad avvalersi, nel limite delle risorse finanziarie disponibili, di quattro avvocati o procuratori dello Stato, di cui almeno due in posizione di fuori ruolo. In conseguenza di tale previsione l'emendamento apporta altresì alcune riduzioni in tabella A relativamente al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero della Salute.

Articolo 1, comma 172
(Fondo esigenze di funzionamento Arma dei Carabinieri)

 

 

Il comma 172 dispone l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero della Difesa, di un Fondo per le esigenze di funzionamento dell’Arma dei Carabinieri, con una dotazione di 10 milioni di euro a decorrere dall’anno 2014.

Si precisa altresì che alla ripartizione del fondo, nell’ambito del Programma di spesa “Approntamento e impiego Carabinieri per la difesa e la sicurezza”, del centro di responsabilità “Arma dei Carabinieri”, deve provvedersi con decreti del Ministro della difesa, che devono essere comunicati al Ministero dell’economia e delle finanze. La norma dispone che tale comunicazione possa avvenire secondo una non perspicua disposizione “anche con evidenze informatiche”.


 

Articolo 1, comma 173
(Contributi a favore di Associazioni combattentistiche)

 

 

Il comma 173 reca una novella all’articolo 2195 del Codice dell’ordinamento militare (Decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66) concernente contributi per le associazioni combattentistiche. In favore di tali associazioni, le quali sono sottoposte alla vigilanza del Ministero della difesa e che sostengono attività di promozione sociale e di tutela degli associati ai sensi della legge 31 gennaio 1994, n. 93, è autorizzata la spesa di un milione di euro annui per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016. Il Ministro della difesa provvede con proprio decreto alla ripartizione di tali risorse.


 

Articolo 1, comma 174
(Semestre di Presidenza italiana del Consiglio UE)

 

 

Il comma 174 autorizza la spesa di 56 milioni per l’anno 2014 e di 2 milioni per l’anno 2015 per l'adempimento degli impegni connessi con l’organizzazione e lo svolgimento del semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea nel 2014, e con il collegato funzionamento della Delegazione per la Presidenza.

Le somme non impegnate nell’esercizio finanziario di competenza possono essere impegnate nel corso dell’esercizio finanziario successivo.

 

La relazione illustrativa chiarisce che gli oneri a carico del bilancio dello Stato per la prossima Presidenza UE comprendono anche le spese necessarie per l'organizzazione e lo svolgimento del Vertice dei Capi di Stato e di Governo ASEM (Asia-Europe Meeting, processo informale di dialogo e cooperazione che riunisce 51 membri).

 

Le spese di cui al presente comma sono escluse dall'applicazione delle disposizioni - recate all’articolo 60, comma 15 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112[81] - in base alla quale a decorrere dall'esercizio finanziario 2009, le amministrazioni dello Stato, escluso il comparto della sicurezza e del soccorso, non possono assumere mensilmente impegni per importi superiori ad un dodicesimo della spesa prevista da ciascuna Unità previsionale di base (UPB) del bilancio.

La disposizione in commento prevede inoltre che le attività, gli interventi, la gestione finanziaria e del personale posti in essere dalla Delegazione per la Presidenza restino disciplinati dalla legge 5 giugno 1984, n. 208 (che riguarda appunto il semestre di presidenza italiana della CEE). In particolare, ai sensi dell'art. 2, comma 2 della legge 208/1984, per l'assegnazione alla Delegazione, potranno essere collocati a disposizione con incarico, per tutta la durata della Delegazione stessa, fino ad un massimo di tre funzionari della carriera diplomatica del Ministero degli affari esteri. All’atto del collocamento in fuori ruolo, è reso indisponibile per tutta la durata di esso un numero equivalente di posti nella dotazione organica dell'amministrazione di appartenenza, al fine di assicurare la neutralità finanziaria della norma in commento – come esplicitamente affermato nella relazione tecnica.

 

Si segnala che il comma 3 dell'art. 2 della medesima legge 208/1984 prevede che, per l'assegnazione alla Delegazione, possano essere collocati fuori ruolo, a disposizione del Ministero degli affari esteri, fino ad un massimo di sette funzionari appartenenti ad altre amministrazioni dello Stato da assegnarsi alla predetta Delegazione.

 

Inoltre, la disposizione di cui all’articolo 1, comma terzo, della legge 5 giugno 1984, n. 208 - per la quale, in considerazione dell'eccezionalità dei predetti periodi di presidenza italiana del Consiglio dell'UE e dei conseguenti adempimenti i lavori, le forniture e le prestazioni di servizi sono eseguiti in deroga alle norme sulla contabilità generale dello Stato - viene interpretata dalla disposizione in commento nel senso che, nei limiti temporali di operatività della Delegazione e nell’ambito dello stanziamento di cui al presente comma, le spese sostenute dalla Delegazione per consumi intermedi, nonché per il noleggio e la manutenzione di autovetture e per l’acquisto di mobili e arredi non sono computate ai fini del calcolo dei limiti di spesa per il Ministero degli affari esteri derivanti dall’applicazione della normativa vigente.

 

Si ricorda che l'articolo 1 della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012) reca ai commi 141-143 limiti alle spese delle pubbliche amministrazioni per l’acquisto di arredi, mobilio e autovetture per il biennio 2013-2014; inoltre, il decreto-legge n. 95 del 2012 (c.d. spending review), all’articolo 5, comma 2 pone un limite alle amministrazioni pubbliche per il biennio 2013-2014 per le spese destinate all'acquisto, alla manutenzione, al noleggio e all'esercizio di autovetture, nonché all'acquisto di buoni taxi - limite pari al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2011.

 

La disposizione in commento prevede altresì che nei limiti temporali e di stanziamento richiamati si applichi quanto previsto dall'articolo 7, commi 1, 4 e 6 del decreto-legge n. 227/2012[82] (proroga missioni), che autorizza il Ministero degli Affari esteri, per interventi determinati, a ricorrere ad acquisti, lavori e attribuzioni di incarichi di consulenza in deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Stato.

 

Il comma 1, art. 7 del D.L. 227/2012 autorizza il Ministero degli Affari esteri, nei casi di necessità ed urgenza, per le finalità e nei limiti temporali posti dagli articoli 5 e 6, a ricorrere ad acquisti e lavori in economia, anche in deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Stato, ricorrendo preferibilmente all'impiego di risorse locali sia umane che materiali.

Il comma 4 del citato articolo 7 rinvia all'applicazione di norme contenute in due distinti provvedimenti: il Codice degli appalti pubblici (di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, art. 57, commi 6 e 7), ed il decreto-legge 10 luglio 2003, n. 165 (art. 3, commi 1 e 5 e art. 4, comma 2) recante interventi urgenti a favore della popolazione irachena e convertito con modificazioni dalla legge n. 219/2013.

L'art. 57 del D.lgs. n. 163/2006 riguarda negli appalti pubblici la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara: il comma 6, in particolare, prevede che, ove possibile, la stazione appaltante individua gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione, e seleziona almeno tre operatori economici, che vengono nel contempo invitati a presentare le offerte. La scelta della stazione appaltante avviene nei confronti di chi ha presentato le più vantaggiose condizioni, previa verifica del possesso dei requisiti di qualificazione. Il comma 7 dell'art. 57, poi, vieta in tutti i casi il rinnovo tacito dei contratti aventi ad oggetto forniture, servizi, lavori, e dispone la nullità di quelli eventualmente in tal modo sottoscritti.

Più complesso appare il rinvio al D.L. n. 165/2003, poiché tale provvedimento, nelle parti richiamate, rinvia a sua volta ad altri atti normativi. Il comma 1 dell'art. 3 del D.L. 165/2003, relativo al regime degli interventi, dispone che si applichino le disposizioni contenute nella legge 6 febbraio 1992, n. 180, anche relativamente all'invio di personale, all'affidamento degli incarichi e alla stipula dei contratti, nonché all'utilizzo delle necessarie dotazioni strumentali, previsti dal successivo articolo 4 del D.L. 165/2003.

AI riguardo si rammenta che la richiamata legge 6 febbraio 1992, n. 180 autorizza interventi da realizzarsi sia attraverso la fornitura diretta di beni e servizi, sia attraverso l'erogazione di contributi ad organizzazioni internazionali, a Stati esteri e ad enti pubblici e privati italiani e stranieri. Tali organizzazioni ed enti di rilievo internazionale sono indicati in un apposito elenco approvato con decreto del Ministro degli affari esteri previo parere favorevole delle competenti Commissioni parlamentari, aggiornato annualmente.

In circostanze particolari, tuttavia, il Ministro può autorizzare contributi ad organizzazioni ed enti non compresi nel detto elenco. La legge prevede inoltre che il Ministro degli affari esteri invii annualmente al Parlamento una relazione sulle iniziative effettuate in attuazione della legge medesima e, alla loro conclusione presenti un rendiconto. E’ inoltre stabilito che le somme per le attività di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale indicate, non impegnate in ciascun anno. possano esserlo nell'anno successivo.

Il comma 5 dell'art. 3 del D.L. n. 165/2003 estende la deroga, prevista dall'articolo 5, comma 1-bis, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, agli enti esecutori degli interventi previsti dal decreto-legge medesimo, precisando che, qualora questi ultimi fossero soggetti privati, è necessaria una garanzia fidejussoria bancaria.

L'articolo 5, comma 1-bis, del citato D.L. n. 79/1997 prevede una deroga al divieto (stabilito al comma 1 del medesimo articolo 5) posto alle amministrazioni pubbliche e agli enti pubblici economici di concedere anticipazioni del prezzo in materia di contratti di appalto di lavori, di forniture e di servizi, con esclusione di quelli riguardanti attività oggetto di cofinanziamento da parte dell'Unione europea. Il comma 1-bis, infatti, prevede che tale divieto non si applichi ai finanziamenti erogati dal Ministero degli Affari esteri per la realizzazione di iniziative, interventi, programmi ed attività nel settore della cooperazione allo sviluppo, in favore di università e di organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi dell'articolo 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49.

Il comma 2 dell'art. 4 del D.L. n. 165/2003 autorizza il Ministero degli Affari esteri ad avvalersi di personale proveniente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del D.lgs. n. 165 del 2001, posto in posizione di comando oppure reclutato a seguito delle procedure di mobilità di cui all'articolo 30, comma 1, del richiamato D.lgs. n. 165 - si ricorda che l'art. 30 riguarda il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse, e si segnala che il comma 1, rispetto al riferimento operato nel 2003 dal D.L. n. 165, ha subito poi una modifica ad opera della legge di semplificazione 2005 (legge n. 246/2005), con l'introduzione dell'istituto della cessione del contratto di lavoro, per essere poi integralmente sostituito dall'art. 49 della legge n. 150 del 2009.

Il comma 6 dell’art. 7 del D.L. 227/2012 prevede deroghe ad una serie di norme[83] al fine di poter conferire, sulla base del principio di pari opportunità, incarichi temporanei di consulenza, anche ad enti e organismi specializzati e a personale estraneo alla pubblica amministrazione, per le finalità previste.

 

Il comma 174 in commento prevede che ai componenti della Delegazione è corrisposta, se inviati in missione all’estero, l’indennità di cui al Regio decreto 3 giugno 1926, n. 941, per il personale dell'Amministrazione dello Stato in missione all'estero.

 

Il R.D. n. 941/1926 reca la disciplina generale del trattamento di missione all’estero del personale statale. Le indennità per l'estero sono dovute dal giorno in cui si passa il confine o si sbarca all'estero, fino al giorno in cui si ripassa il confine o si prenda imbarco per il ritorno o si sbarca in Italia, sino al giorno del ritorno in residenza. Viene disciplinata, inoltre, l’indennità spettante: ai componenti delle delegazioni italiane presso commissioni, enti o comitati internazionali, che si rechino all'estero per partecipare alle relative riunioni; al personale di tutte le amministrazioni, sia civili che militari, che si rechi all'estero in commissione, per rappresentanza del regio governo, oppure anche isolatamente per partecipare a commissioni di carattere internazionale; ai funzionari del gruppo A del Ministero degli Affari esteri che si rechino in missione isolata all'estero. Si prevedono, poi, alcuni casi particolari e i rimborsi per le spese di viaggio.

Successivamente, l’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1971, n. 286, ha sostituito gli articoli 2 e 3 del decreto luogotenenziale. 21 agosto 1945, n. 540, relativo alle indennità del personale dell'Amministrazione dello Stato incaricato di missione all'estero, prevedendo indennità giornaliere di missione sostitutive di quelle previste dall’articolo 1 del citato R.D. n. 941/1926. In applicazione di questa disposizione si è provveduto periodicamente ad adeguare le diarie di missione, da ultimo con D.M. 27 agosto 1998, il quale suddivide il personale statale, civile e militare, in sei gruppi, indicati in una specifica tabella allegata al decreto medesimo e modificata, da ultimo, dai D.M. 13 gennaio e 6 giugno 2003, determinando le diarie nette per le missioni in proporzione al gruppo di appartenenza e in relazione al Paese presso il quale si svolge la missione stessa.

 

Viene altresì previsto che, nell’ambito delle risorse citate, al personale di qualifica non dirigenziale componente la Delegazione possa essere corrisposto un contributo fisso omnicomprensivo, sostitutivo di ogni altro pagamento o maggiorazione per i particolari carichi di lavoro e orario di servizio connessi con l’attività della Delegazione, da svolgere anche in sedi diverse da quella dell’Amministrazione centrale - tutto ciò fermo restando il divieto di distribuire in maniera indifferenziata o sulla base di automatismi gli incentivi e premi collegati alla performance in assenza delle verifiche e attestazioni sui sistemi di misurazione e valutazione previsti dal Decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150[84], divieto posto all’articolo 18, comma 2 del Decreto legislativo medesimo.

 

Come si apprende dalla relazione tecnica, tale contributo è corrisposto in ragione di particolari e gravosi carichi di lavoro, di prestazioni eccedenti l’orario di lavoro ordinario, continua reperibilità telefonica/informatica e limitate possibilità di fruire di periodi di ferie (i predetti carichi di lavoro, peraltro, saranno svolti in gran parte in relazione ad eventi da realizzarsi nell’area di Milano, con conseguenti frequenti spostamenti/soggiorni al di fuori della sede abituale di lavoro, per i quali non è prevista la corresponsione di diarie). L’importo complessivo massimo stimabile per l’anno 2014 ammonta ad euro 288.516 mentre per l’anno 2015 è pari ad euro 192.344.

 

Il presente comma autorizza inoltre la spesa per l’assunzione di personale con contratto temporaneo – quale previsto dall’art. 153 del DPR 5 gennaio 1967, n. 18, recante ordinamento dell’amministrazione degli affari esteri - per le esigenze di servizio della Rappresentanza Permanente a Bruxelles connesse con il semestre italiano di presidenza del Consiglio dell'Unione Europea, a valere sulle risorse stanziate e nei limiti di 1.032.022 euro per l'anno 2014, in deroga ai limiti quantitativi cui rimanda l’articolo 153 di cui sopra.

Il comma istituisce infine nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, un Fondo con una dotazione di 10 milioni di euro per l’anno 2014. La ripartizione delle risorse dello stesso Fondo tra le Amministrazioni centrali – diverse dalla Farnesina - competenti a realizzare alcune delle iniziative connesse con il semestre di Presidenza italiana viene demandata ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi su proposta del Ministro degli affari esteri, formulata di concerto con il Ministro per gli affari europei. Alle relative spese si applicano le disposizioni di cui al medesimo comma 174, incluse le deroghe ai limiti di spesa dettati dalla vigente normativa (quest’ultimo periodo non era presente nel testo originario del ddl di stabilità 2014).


 

Articolo 1, comma 175
(Vertice UE sull’occupazione giovanile ed Asia-Europe Summit 2014)

 

 

Il comma 175, inserito al Senato, affida alla Presidenza del Consiglio l’organizzazione nel 2014 di due vertici il cui svolgimento è previsto nel nostro Paese:

a)   summit dei Capi di Stato e di governo dell’Unione europea sull’occupazione giovanile;

b)   Asia-Europe summit.

 

La Presidenza del Consiglio provvederà nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, e comunque nel limite di 5 milioni di euro. A tali spese non si applicano le restrizioni previste, in riferimento al contenimento dei costi degli apparati amministrativi, dall’art. 6 del già citato decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78.

 

Nel luglio 2013 a Berlino si è svolto un vertice a livello di Capi di Stato e di governo, pochi giorni dopo che il Consiglio europeo aveva messo a disposizione fino a 8 miliardi di euro per strategie di lotta alla disoccupazione. A Berlino la Banca europea per gli investimenti (BEI) si è a sua volta impegnata a stanziare 60 miliardi nel periodo 2013-2015 per contrastare la dilagante mancanza di lavoro nell’Unione europea. Sempre a Berlino, i Ministri del lavoro UE, coadiuvati dai responsabili delle Agenzie nazionali per l’occupazione, hanno attirato l’attenzione in modo particolare sulla dimensione giovanile della disoccupazione, da contrastare vigorosamente con azioni a livello nazionale e a livello europeo, anzitutto rendendo operativi con la massima urgenza i fondi messi a disposizione dal piano pluriennale finanziario 2014-2020.

Nel novembre 2013 a Parigi si è tenuto un secondo vertice dei Capi di Stato e di governo, per puntualizzare lo stato delle iniziative messe in cantiere a Berlino. In particolare, il vertice ha ribadito l’obiettivo, per i paesi coinvolti nella c.d. Garanzia per i giovani, ad assicurare dal 2014 una soluzione di impiego o di ulteriore formazione entro quattro mesi dal completamento degli studi a tutti i giovani al di sotto dei 25 anni. La Garanzia giovani riguarda i paesi la cui disoccupazione giovanile ecceda il 25% - l’Italia è attorno al 40% -, e prevede l’utilizzazione di 6 miliardi, ai quali si affiancheranno 18 miliardi dalla BEI nel triennio 2013-2015 e 21 miliardi dal Fondo sociale europeo. Il vertice di Parigi, riconoscendo l’attivismo dell’Italia sulla questione, ha deciso che il prossimo appuntamento si svolgerà in Italia, probabilmente nell’aprile 2014.

 

Il Meeting Asia-Europa (ASEM) è un forum per il dialogo tra Europa e Asia, che coinvolge la quasi totalità dei due continenti. Il partenariato ASEM conta su circa la metà del PIL mondiale, e attorno al 60% della popolazione mondiale e del commercio globale. L’ASEM integra e non sostituisce le relazioni bilaterali dell'Europa con i paesi asiatici.
Partner dell’ASEM sono i 28 Stati membri dell'UE,  i 10 membri dell'Associazione dei paesi del sud-est asiatico (ASEAN), ovvero Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Birmania, Filippine, Singapore, Thailandia, Vietnam, 8 paesi associati nel dialogo ASEAN - Australia, Cina, India, Giappone, Corea del Sud, Nuova Zelanda, Pakistan, Russia, e inoltre Mongolia, Bangladesh, Norvegia, Svizzera, il Segretariato ASEAN e la Commissione europea. I vertici ASEM biennali sono stati la pietra angolare del processo ASEM dal primo summit a Bangkok nel 1996
[85]. Da allora, ASEM è servito a rafforzare l'interazione e la reciproca comprensione tra le due regioni attraverso il dialogo e la cooperazione rafforzati . Ogni anno privo di vertice, riunioni ministeriali e a livello di funzionari mantengono vivo il dialogo ASEM. Nel 2011 il commercio dell'UE con i membri asiatici dell'ASEM è stato pari a 330 miliardi di euro di esportazioni e 532 miliardi di  importazioni, cosicché gli scambi commerciali con questi paesi hanno rappresentato un quarto del commercio globale dell’area UE. La Fondazione Asia-Europa (ASEF), istituita nel febbraio 1997 per fornire un forum di dialogo non governativo, è tuttora l'unico organo istituzionale dell’ASEM: la sua missione è di promuovere la comprensione reciproca, un coinvolgimento più profondo e una più continua collaborazione tra i popoli dell'Asia e dell'Europa attraverso una maggiore quantità e qualità di scambi intellettuali, culturale e tra persone. Aree di attività dell’ASEF sono: economia e società, ambiente e sviluppo sostenibile, salute pubblica, arte e cultura, istruzione e cooperazione accademica, dialogo tra comunità, così come i diritti umani e la governance.
La Commissione europea assicura un sostegno finanziario e tecnico per l’ASEM attraverso il Fondo per il dialogo ASEM , che promuove una più stretta cooperazione tra i partner ASEM ed è progettato per migliorare il trasferimento di policies e know how verso i paesi meno sviluppati della regione asiatica. Il programma è incentrato su cinque settori: questioni economiche e finanziarie, anche in relazione all’esperienza europea di integrazione economica e finanziaria, ambiente e cambiamento climatico, politiche di aiuto allo sviluppo, occupazione e inclusione sociale, istruzione, multilinguismo, cultura e  diversità culturale, dialogo interculturale
[86].

 

L’art. 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 detta essenzialmente, come già richiamato, numerose disposizioni per il contenimento dei costi degli apparati amministrativi, come le Agenzie fiscali; gli organi di carattere collegiale; gli organi di amministrazione e controllo di società in mano pubblica; le Pubbliche amministrazioni appartenenti al conto economico consolidato della P.A. e le autorità indipendenti – qui con riferimento alle spese per studi e consulenze, per convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza, nonché per le missioni, la formazione del personale, l’acquisto, il noleggio e l’esercizio di autovetture, l’acquisto di buoni-taxi. L’art. 6 in commento prevede inoltre che sia versato allo Stato il corrispettivo di sua spettanza per il passaggio a FINTECNA dei cespiti di alcuni enti disciolti. L’art. 6 fa anche divieto  alle Pubbliche amministrazioni di cui in precedenza di accrescere il capitale di società partecipate non quotate in deficit strutturale. Dall’applicazione diretta delle disposizioni di cui sopra vengono escluse le Regioni, le Province autonome e gli Enti del Servizio sanitario nazionale.


 

Articolo 1, comma 176
(Fondazione istituto mediterraneo di ematologia)

 

 

Il comma 176 reca uno stanziamento di 3,5 milioni di euro annui, a decorrere dal 2014, in favore della Fondazione Istituto mediterraneo di ematologia, di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 89/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 141/2003, al fine di garantire la prosecuzione delle relative attività di cura, formazione e ricerca sulle malattie ematiche.

 

La “Fondazione Istituto Mediterraneo di Ematologia (I.M.E.) è una Fondazione nazionale, nata su iniziativa del Ministero della salute, del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell’economia e delle finanze e della regione Lazio. Essa ha, tra i propri obbiettivi, quello di realizzare un progetto internazionale concernente la cura, la ricerca, la formazione e la condivisione del patrimonio di conoscenza nel campo delle malattie ematologiche e della talassemia, patologie diffuse principalmente nell’area mediterranea.

Ai sensi del richiamato articolo 2, comma 2 del decreto legge n. 89/2003, per le spese di funzionamento e di ricerca della Fondazione è stata autorizzata la spesa di quindici milioni di euro per l'anno 2003 e di dieci milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005. Successivamente, l’articolo 10 del decreto-legge n. 248/2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 231 del 2008, al fine di consentire la prosecuzione delle attività di cura, formazione e ricerca sulle malattie ematiche svolte dalla Fondazione, ha previsto una nuova autorizzazione di spesa di sei milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

 

 


 

Articolo 1, comma 177
(Associazione nazionale privi della vista ed ipovedenti)

 

 

Il comma 177, inserito durante l’esame al Senato, autorizza la spesa di 300 mila euro, a decorrere dal 1° gennaio 2014, al fine di proseguire le attività dell’Associazione nazionale privi della vista ed ipovedenti (ANPVI ONLUS) e in particolare le attività del Centro autonomia e mobilità e della scuola cani guida per ciechi di Campagnano di Roma.

 

L'A.N.P.V.I. è un associazione eretta in ente morale con DPR n°126 del 13 febbraio 1981[87] alla quale possono aderire i ciechi, gli ipovedenti e i cittadini tutti che ne condividono le finalità: svolge molteplici attività di tutela, di rappresentanza e di promozione sociale in favore dei privi della vista e degli ipovedenti, curando pratiche assistenziali, previdenziali, di collocamento al lavoro, d'istruzione e di ricerca di nuovi sbocchi lavorativi.

 


 

Articolo 1, comma 178
(Contributo integrativo all’Agenzia delle entrate)

 

 

Il comma 178 autorizza la spesa di 100 milioni per il 2014 da assegnare all’Agenzia delle entrate a titolo di contributo integrativo alle spese di funzionamento.

 

Nel bilancio a legislazione vigente le risorse destinate agli oneri di gestione dell’Agenzia delle entrate sono allocate al capitolo 3890 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, nella misura di 3.100,7 milioni per il 2014, di 3.062,6 milioni per il 2015 e di 3.065 milioni per il 2016 (Missione: Politiche economico-finanziarie e di bilancio; Programma: Regolazione giurisdizione e coordinamento del sistema della fiscalità).

 

Nel bilancio assestato 2013 l’ammontare del cap. 3890 risulta pari a 3.094,9 milioni. L’incremento nel BLV per il 2014 (+5,8 milioni) è determinato in conseguenza di quanto disposto dall’articolo 1, comma 74, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266 del 2005).

 

In particolare i commi da 72 a 77 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2006 hanno introdotto nuovi criteri e modalità per il finanziamento delle Agenzie fiscali (con esclusione dell’ Agenzia del demanio). A tal fine il comma 74 stabilisce che, a decorrere dall'esercizio 2007, le dotazioni delle Agenzie sono rideterminate applicando alla media delle somme incassate nell'ultimo triennio consuntivato, rilevata dal rendiconto generale delle amministrazioni dello Stato, relativamente alle unità previsionali di base dello stato di previsione dell'entrata, indicate nell'elenco 4 allegato alla stessa legge finanziaria 2006[88], le seguenti percentuali e comunque con una dotazione non superiore a quella dell'anno precedente incrementata del 5 per cento:

a)    Agenzia delle entrate 0,7201 per cento;

b)    Agenzia del territorio 0,1592 per cento;

c)    Agenzia delle dogane 0,1668 per cento.

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 23-quater, comma 1, del D.L. n. 95 del 2012, a decorrere dal 1° dicembre 2012, l’Agenzia del territorio è stata incorporata nell’Agenzia delle entrate, mentre, l’Agenzia delle dogane, per effetto dell’incorporazione dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, ha assunto la denominazione di “Agenzia delle dogane e dei monopoli”.


 

Articolo 1, comma 179
(Finanziamento per la realizzazione della riforma del catasto)

 

 

Il comma 179 autorizza la spesa di 5 milioni per il 2014 e di 40 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2019 al fine di consentire la realizzazione della riforma del catasto in attuazione della delega in materia fiscale.

Al riguardo si ricorda che è all'esame della Commissione finanze e tesoro del Senato il disegno di legge A.S. 1058, recante "Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita", già approvato dalla Camera dei deputati il 25 settembre 2013.

In particolare l'articolo 2 delega il Governo ad attuare una revisione del catasto dei fabbricati attribuendo a ciascuna unità immobiliare il relativo valore patrimoniale e la rendita, applicando per le unità immobiliari urbane censite al catasto fabbricati una serie di principi e criteri direttivi. Tra questi la delega indica, in particolare, la definizione degli ambiti territoriali del mercato, nonché la determinazione del valore patrimoniale utilizzando il metro quadrato come unità di consistenza in luogo del numero dei vani. E' assicurato il coinvolgimento dei comuni nel processo di revisione delle rendite, anche al fine di assoggettare a tassazione gli immobili ancora non censiti. La riforma deve avvenire a invarianza di gettito, tenendo conto delle condizioni socio-economiche e dell’ampiezza e composizione del nucleo familiare, così come riflesse nell’ISEE; è altresì previsto un meccanismo di monitoraggio da parte del Parlamento del processo di revisione e si attribuisce valore alle informazioni sugli immobili fornite dal contribuente, per il quale sono previste particolari misure di tutela anticipata in relazione all’attribuzione delle nuove rendite, anche nella forma dell’autotutela amministrativa. Sono ridefinite le competenze delle Commissioni censuarie, in particolare attribuendo loro il compito di validare le funzioni statistiche (che sanno pubblicate al fine di garantire la trasparenza del processo estimativo) utilizzate per determinare i valori patrimoniali e le rendite, nonché introducendo procedure deflattive del contenzioso.

A garanzia dei saldi di bilancio, il comma 4 afferma che dalla riforma del catasto non devono derivare nuovi o maggiori oneri: a tal fine dovranno essere utilizzate prioritariamente le strutture e le professionalità già esistenti nell’ambito delle amministrazioni pubbliche.

 

Si ricorda che considerazioni sul sistema catastale sono state svolte dal Direttore dell’Agenzia delle entrate, Befera, nel corso dell’indagine conoscitiva della 6a Commissione Finanze del Senato sulla tassazione degli immobili (4 giugno 2013). Tra le altre cose, Befera ha sottolineato che l’orizzonte temporale dell’intera operazione di revisione catastale non potrà che essere pluriennale, presumibilmente non inferiore a cinque anni, anche se una stima più precisa dei tempi e delle risorse, umane e finanziarie, necessita di ulteriori analisi e approfondimenti. Ha altresì osservato che l’attuazione della riforma del catasto è una attività assolutamente straordinaria e quindi non può essere svolta ricorrendo alle attuali disponibilità di risorse umane e finanziarie dell’Agenzia.


 

Articolo 1, comma 180
(Restituzione contributo di perequazione sui
trattamenti pensionistici di importo elevato)

 

 

Il comma 180 istituisce un fondo nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, con una dotazione di 20 milioni di euro per il 2014 e di 60 milioni di euro per il 2015, ai fini del rimborso delle trattenute operate in base al contributo di perequazione sui trattamenti pensionistici di importo elevato di cui all’articolo 18, comma 22-bis, del D.L. 98/2011, contributo dichiarato illegittimo dalla sentenza della Corte costituzionale n. 116 del 3-5 giugno 2013.

 

Con la richiamata sentenza, infatti, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 18, comma 22-bis, del D.L. 98/2011, il quale introduceva un contributo di perequazione, a decorrere dal 1° agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, sui trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, pari al 5% per gli importi da 90.000 a 150.000 euro lordi annui, del 10% per la parte eccedente i 150.000 euro e del 15% per la parte eccedente i 200.000 euro. La Corte, assumendo che il contributo di solidarietà ha natura tributaria e, quindi, deve essere commisurato alla capacità contributiva ai sensi dell'articolo 53 della Costituzione, ha ritenuto che la disposizione violi il principio di uguaglianza e i criteri di progressività, dando vita ad un trattamento discriminatorio. Secondo la Corte, infatti, "[…] trattasi di un intervento impositivo irragionevole e discriminatorio ai danni di una sola categoria di cittadini. L'intervento riguarda, infatti, isoli pensionati, senza garantire il rispetto dei principi fondamentali di uguaglianza a parità di reddito, attraverso una irragionevole limitazione della platea dei soggetti passivi". La Corte nell'evidenziare anche come sia stato adottato un criterio diverso per i pensionati rispetto a quello usato per gli altri contribuenti, penalizzando i primi, osserva che "i redditi derivanti dai trattamenti pensionistici non hanno, per questa loro origine, una natura diversa e minoris generis rispetto agli altri redditi presi a riferimento" e che "a fronte di un analogo fondamento impositivo, dettato dalla necessità di reperire risorse per la stabilizzazione finanziaria, il legislatore ha scelto di trattare diversamente i redditi dei titolari di trattamenti pensionistici", con ciò portando a "un giudizio di irragionevolezza ed arbitrarietà del diverso trattamento riservato alla categoria colpita". La Corte aggiunge, poi, che "nel caso di specie, il giudizio di irragionevolezza dell'intervento settoriale appare ancor più palese, laddove si consideri che la giurisprudenza della Corte ha ritenuto che il trattamento pensionistico ordinario ha natura di retribuzione differita (fra le altre, sentenza n. 30/2004 e ordinanza n. 166/2006); sicché il maggior prelievo tributario rispetto ad altre categorie risulta con più evidenza discriminatorio, venendo esso a gravare su redditi ormai consolidati nel loro ammontare, collegati a prestazioni lavorative già rese da cittadini che hanno esaurito la loro vita lavorativa, rispetto ai quali non risulta più possibile neppure ridisegnare sul piano sinallagmatico il rapporto di lavoro".

 

Si ricorda che il successivo comma 325 (alla cui scheda si rimanda) prevede l’introduzione di un nuovo contributo di perequazione sulle pensioni di importo elevato per gli anni 2014-2016.


 

Articolo 1, comma 181
(Assunzione di magistrati ordinari)

 

 

Il comma 181 autorizza il Ministero della giustizia nell’anno 2014, in aggiunta alle facoltà di assunzione previste dalla normativa vigente[89], ad assumere magistrati ordinari vincitori di concorso già concluso alla data di entrata in vigore della legge di stabilità in esame. L’autorizzazione concerne una spesa di 18,6 milioni di euro per il 2014, di 25,3 milioni di euro per il 2015 e di 31,2 milioni di euro a decorrere dal 2016.

Secondo quanto evidenziato nella relazione tecnica di accompagnamento, all’onere conseguente alla previsione in esame si provvederebbe mediante lutilizzo delle maggiori entrate derivanti dall’applicazione dell’aumento del diritto forfettario di notifica (di cui all’art. 30 del TU spese di giustizia) previsto dai successivi commi 416 e 417.

 

Si rammenta che, secondo la disciplina vigente, le assunzioni di personale a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni sono autorizzate per un contingente determinato secondo le seguenti percentuali (riferite sia alla spesa relativa al personale cessato nell'anno precedente sia al numero delle unità di personale cessate dal servizio nell'anno precedente): 20 % fino al 2014; 50 % per il 2015; 100 %, dal 2016.

I commi 307 e 308 del disegno di legge in esame modificano, in generale, tali percentuali nel seguente modo: per il 2014: 20 % (invariato); per il 2015: 40 % (anziché 50 %); per il 2016: 60 % (anziché 100 %); per il 2017: 80 % (anziché 100 per cento); dal 2018: % (invariato). Vengono inoltre previste disposizioni particolari per l'Università e gli enti di ricerca, nonché per il comparto sicurezza. Le pubbliche amministrazioni interessate sono quelle indicate dalla legge finanziaria per il 2007 (più esattamente: dall'articolo 1, comma 523, della legge n. 296 del 2006) e includono pertanto il personale di magistratura per effetto del rinvio all'articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001 contenuto nel predetto comma 523.

 

Come evidenziato nella relazione tecnica di accompagnamento, il contingente di personale della magistratura ordinaria per il quale può considerarsi già autorizzata l’assunzione, sulla base della normativa richiamata, dovrebbe essere pari a 23 unità (corrispondenti al 20 % delle unità di personale della stessa che presumibilmente cesseranno dal servizio nell'anno 2013). Con riferimento a coloro che risulteranno probabilmente vincitori del concorso bandito con D.M. 21 settembre 2011 per n. 370 unità di personale della magistratura ordinaria[90], la quota per la quale occorre trovare una specifica copertura finanziaria - sempre secondo la citata relazione tecnica e sulla base di una stima effettuata in relazione agli ammessi agli orali - dovrebbe invece essere determinato in 331 unità.

 


 

Articolo 1, comma 182
(Proroga del mandato di magistrati onorari)

 

 

Il comma 182 dispone la proroga al 31 dicembre 2014 dei termini previsti da talune disposizioni in materia di magistratura onoraria. La finalità della misura risiede nella necessità di non ostacolare la riforma in corso della geografia giudiziaria di cui ai D.Lgs. n. 155 e n. 156 del 2012 assicurando, nelle circoscrizioni giudiziarie, la continuità delle funzioni svolte dalla magistratura onoraria.

In primo luogo viene prevista la proroga del mandato dei giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari il cui mandato scade il 31 dicembre 2013 (e non ulteriormente confermabili sulla base delle disposizioni dell’ordinamento giudiziario, R.D. n. 12/1941), nonché dei giudici di pace il cui mandato scade entro il 31 dicembre 2014 (e per i quali non è consentita una ulteriore conferma ai sensi dell’art. 7, comma 1, della legge n. 374 del 1991).

 

Si ricorda che il decreto legislativo n. 51 del 1998, ha tra l'altro introdotto nell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto n. 12 del 1941 i giudici onorari di tribunale (GOT) e i vice procuratori onorari (VPO) quali magistrati onorari addetti, rispettivamente, al tribunale ordinario e alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario, in relazione a specifiche materie (si vedano gli articoli 42-bis e ss., e gli articoli 71 e ss. dell’ordinamento giudiziario). La nomina a GOT, come a VPO, avviene con decreto del Ministro della giustizia, in conformità della deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, su proposta del consiglio giudiziario competente per territorio (articolo 42-ter, del citato regio decreto n. 12). I predetti magistrati onorari durano in carica tre anni e possono essere confermati per una sola volta (articolo 42-quinquies e articolo 71, secondo comma, del citato regio decreto n. 12). La nomina dei magistrati onorari in questione, pur avendo effetto dalla data del decreto ministeriale, ha la predetta durata triennale con decorrenza dal 1° gennaio dell'anno successivo alla nomina

L'articolo 7, comma 1, della legge n. 374 del 1991 prevede che il magistrato onorario che esercita le funzioni di giudice di pace dura in carica quattro anni e può essere confermato per un secondo e terzo mandato di pari durata. I giudici di pace confermati per un ulteriore periodo di due anni in applicazione dell'articolo 20 della legge 13 febbraio 2001, n. 4820, al termine del biennio possono essere confermati per un ulteriore mandato di quattro anni. Ulteriore nomina non è consentita se non decorsi quattro anni dalla cessazione del precedente incarico. Resta ferma la cessazione dall'esercizio delle funzioni al compimento del settantacinquesimo anno di età.

 

Tale proroga opera fino alla riforma organica della magistratura onoraria e comunque non oltre il 31 dicembre 2014.

I termini in questione sono stati già prorogati da diversi provvedimenti di urgenza e, da ultimo, dall'articolo 15 del D.L. n. 212 del 2011 e, successivamente, dall'articolo 1, comma 395, della legge n. 228 del 2012 (Legge di stabilità 2013).

Viene correlativamente modificato l'articolo 245, comma 1, del D.Lgs. n. 51 del 1998, prorogando l'applicabilità delle disposizioni di ordinamento giudiziario introdotte dal ricordato D.Lgs. 51, in forza delle quali magistrati onorari possono essere addetti al tribunale ordinario e alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario. Sulla base del testo novellato tale disciplina potrà continuare ad applicarsi fino all’attuazione del complessivo riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria e comunque non oltre la data del 31 dicembre 2014. Il termine originario del 2 giugno 2004, fissato dallarticolo 245 del decreto legislativo n. 51 del 1998 e prorogato da vari provvedimenti d’urgenza, è stato da ultimo differito al 31 dicembre 2013 dal citato articolo 1, comma 395, della legge n. 228 del 2012.

 


 

Articolo 1, comma 183
(Rilascio concessioni di beni demaniali marittimi)

 

 

Il comma 183 estende alle concessioni ad uso pesca, acquacoltura ed attività produttive ad esse connesse, la proroga al 31 dicembre 2020 del termine di durata delle concessioni, già disposta per le concessioni di beni demaniali marittimi.

La proroga delle concessioni di beni demaniali marittimi era stata infatti disposta, per le concessioni in essere alla data del 30 dicembre 2009 ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015, dall’articolo 34-duodecies del decreto-legge n. 179/2012 (c.d. “D.L. Sviluppo 2”) e dal successivo articolo 1, comma 547 della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) che ha esteso da ultimo la proroga alle concessioni aventi ad oggetto:

§       il demanio marittimo, per concessioni con finalità sportive;

§       il demanio lacuale e fluviale per concessioni con finalità turistico-ricreative e sportive;

§       i beni destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto.

 

Recentemente, l'articolo 19, comma 5-bis del decreto legge n. 69 del 2013, ha previsto la sospensione, fino al 15 settembre 2013, del pagamento dei canoni demaniali marittimi. L’aggiornamento dei canoni per le concessioni demaniali marittime rilasciate o rinnovate, era stato disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2013, con Decreto ministeriale 4 dicembre 2012.

Si ricorda che la questione della proroga delle concessioni demaniali marittime è stata oggetto di una complessa procedura di infrazione contro l’Italia, avviata nel 2009 ed avente ad oggetto la norma che disponeva la preferenza in favore del concessionario uscente nell’ambito della procedura di attribuzione delle concessioni, nonché la norma che stabiliva il rinnovo automatico, di sei anni in sei anni, per le concessioni che giungessero a scadenza. La procedura è stata chiusa il 27 febbraio 2012 in seguito all’emanazione di una serie di disposizioni legislative, tra le quali merita richiamare la delega al Governo ad emanare, entro il 17 aprile 2013, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime (art. 11 della legge n. 217/2011, legge comunitaria 2010). La delega non è stata tuttavia esercitata.


 

Articolo 1, comma 184
(Incremento della misura dei consumi medi
di gasolio ad uso agricolo)

 

 

Il comma 184 dispone l’incremento, con decreto del Ministro delle politiche agricole da emanare entro il 2 marzo 2014 - nei limiti di spesa pari a 4 milioni per il 2014, a 21 milioni per il 2015 e a 16 milioni a decorrere dal 2016 - della misura dei consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all’impiego agevolato in agricoltura, come determinati nell’Allegato 1 al decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali del 26 febbraio 2002 (pubblicato nella G.U. n. 67 del 2002).

 

Si ricorda che l’articolo 24 del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (testo unico delle accise) al n. 5 della tabella A prevede la possibilità di introdurre esenzioni o applicazioni di aliquote ridotte di accisa per taluni oli minerali impiegati in lavori agricoli, orticoli in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica. In assenza del regime di esenzione, le aliquote ridotte applicabili sono pari al 10% dell’aliquota ordinaria per il gasolio impiegato nelle serre florovivaistiche (art. 2, co. 127, della legge n. 662/1996) e al 22% di quella ordinaria per l’impiego di gasolio nella altre serre (articolo 10 del D.L. n. 375/2000).

A norma dell'art. 24, comma 4, della legge n. 388 del 2000, l'aliquota normale di riferimento per il gasolio destinato agli impieghi agricoli, ivi compreso il riscaldamento delle serre, è quella prevista per il gasolio usato come carburante.

Si rammenta che attualmente l’accisa per il gasolio da autotrazione ammonta a 617,40 euro per mille litri. La tabella A del D.Lgs. n. 504/1995 prevede una agevolazione nella misura del 22 per cento dell’aliquota dell’accisa.

Con il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 14 dicembre 2001, n. 454 sono state definite le modalità applicative dell’agevolazione fiscale, mentre con il decreto del Ministero dell’agricoltura 26 febbraio 2002 sono stati determinati i consumi medi dei prodotti petroliferi impiegati in lavori agricoli, orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica ai fini dell'applicazione delle aliquote ridotte o dell'esenzione dall'accisa, secondo i parametri indicati nelle allegate tabelle. Per il gasolio essi sono espressi in litro su ettaro (l/ha).

 

Con la legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012) all’articolo 1, comma 517, si è disposto la riduzione del 5 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2014, dei consumi medi dei prodotti petroliferi da ammettere all'impiego agevolato in agricoltura, come determinati in modo standardizzato nell’Allegato 1 al decreto del Ministero delle politiche agricole del 26 febbraio 2002. Limitatamente all’anno 2013 i predetti consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego agevolato in agricoltura erano stati ridotti del 10 per cento.

Il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, ha previsto inoltre che la quantificazione dell’onere determinato dall’accisa agevolata per le coltivazioni in serra (articolo 6) fosse coperto mediante riduzione dei consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all’impiego agevolato, nella misura di 14,4 milioni per il 2013 e di 34,6 milioni per ciascuno degli anni 2014 e 2015.

 

In sostanza, l’incremento di 4 milioni per il 2014, di 21 milioni per il 2015 e di 16 milioni a decorrere dal 2016 previsto dal comma in esame provvede a compensare (anche se in maniera inferiore) le riduzioni di risorse destinate ai consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all’impiego agevolato disposte dall’articolo 6 del D.L. n. 69 del 2013.


 

Articolo 1, comma 185
(Fondo bieticolo saccarifero)

 

 

Il comma in esame prevede che venga assegnato al Fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera l’importo di 4 milioni di euro (nel testo del disegno di legge presentato al Senato l’importo previsto era di 5 milioni); tale somma viene sottratta dalle disponibilità del Fondo per lo sviluppo della meccanizzazione agricola e viene versata a saldo della parte riservata al quarto anno nell’ambito del quinquennio di contributi nazionali e comunitari previsti per la ristrutturazione del settore.

 

Si segnala che il Fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera, istituito dal comma 4 dell’art. 2 del decreto-legge n. 2/2006, è stato soppresso dall’art. 1, comma 1054, della legge n. 299 del 2006 (legge finanziaria 2007) che ha previsto l’attribuzione della quota di finanziamento direttamente all’Agea.

 

Nel corso del 2006, con l’approvazione di un pacchetto di tre regolamenti, il settore dello zucchero è stato toccato da una profonda riforma allo scopo di renderlo adeguato con gli impegni giuridici e politici assunti dall'Unione europea a livello internazionale.

Il regolamento n. 319/2006 ha previsto una specifica forma di aiuto, per un massimo di cinque anni consecutivi, destinata ad ammortizzare gli effetti del processo di ristrutturazione per gli Stati membri che rinuncino ad almeno il 50% della propria quota produttiva: in tali Stati è concesso un aiuto temporaneo nazionale ai produttori di barbabietole da zucchero rimasti attivi. Il quinquennio di validità dell’aiuto decorre dall’anno in cui è stata raggiunta la riduzione del 50%, ma può essere erogato al più tardi nella campagna di commercializzazione 2013/2014.

L’Italia ha posto in atto un processo di ristrutturazione concordato in sede di tavolo di filiera bieticolo-saccarifera, e formalizzato nell’accordo sottoscritto in data 8 febbraio 2006. Con tale accordo sono stati definiti gli impegni alla riconversione degli stabilimenti e si è giunti alla dimissione di 15 dei precedenti 19 impianti attivi, con una riduzione della produzione nazionale del 70%.

Per consentire la riconversione degli stabilimenti, in gran parte rivolti alla produzione di energia, l’articolo 2 del D.L. n. 2/2006 ha disposto:

§       l’attribuzione all’Agea, per l’anno 2006, di una dotazione finanziaria annuale di 65,8 milioni, finalizzata ad assicurare l’erogazione degli aiuti nazionali per la produzione bieticola-saccarifera previsti dalla normativa comunitaria; la copertura per l’anno 2006 veniva individuata mediante l’utilizzazione delle risorse afferenti al Fondo per le aree sottoutilizzate;

§       la istituzione di un Comitato interministeriale,  con il compito di approvare il Piano per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera, di coordinare le misure comunitarie e nazionali previste per la riconversione del settore e di formulare direttive per l’approvazione dei progetti di riconversione;

§       la presentazione, da parte delle imprese saccarifere, di progetti di riconversione, soggetti all’approvazione del Ministero delle politiche agricole e forestali.

Con la legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296), l’art. 1, comma 1063 ha stanziato per la seconda annualità, riferita al 2007, la somma di 65,8 milioni di euro.

Con la legge finanziaria 2008 (art. 2, comma 122, L. 24 dicembre 2007, n. 244) sono stati stanziati 50 milioni di euro per l’anno 2008, per il terzo anno del quinquennio previsto dalla normativa comunitaria.

Le risorse nazionali, per complessivi 51 milioni di euro, riferite al completamento della campagna 2009 e 2010 richiedono ancora una completa erogazione.

Con delibera CIPE n.6 del 20 gennaio 2012, pubblicata in G.U. il 14 aprile 2012, sono stati stanziati alle imprese operanti nel settore bieticolosaccarifero aiuti per un importo pari a 35 milioni di euro. Tali somme sono state erogate ad aprile 2013 a copertura di una parte del 2009.

Con il comma in esame viene, quindi, integrato di 4 milioni di euro lo stanziamento, portando così l’ammontare erogato per le annualità 2009 a 39 milioni di euro rispetto ai 51 milioni dovuti complessivamente.

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 29 del decreto-legge n. 5/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 31, ha disposto che i progetti di riconversione del comparto bieticolo-saccarifero, realizzati ai sensi dell’articolo 2, comma 3, del D.L. n. 2 del 2006, rivestono “carattere di interesse nazionale” anche ai fini della definizione e del perfezionamento dei processi autorizzativi e dell’effettiva entrata in esercizio.

Si fa, infine, presente che la riforma della politica agricola comune, nell’Accordo del Consiglio agricolo del 26 luglio 2013, ha stabilito che nel 2017 cessino le quote di produzione di zucchero.

 


 

Articolo 1, comma 186
(Interventi vari a favore degli italiani nel mondo)

 

 

Il comma 186, introdotto al Senato, reca interventi a favore di diversi settori di interesse degli italiani all’estero. In particolare:

§       la lettera a) dispone lo stanziamento nel 2014 di 2 milioni di euro finalizzati allo svolgimento delle elezioni per il rinnovo degli Organi di rappresentanza degli italiani all’estero (COMITES e CGIE);

§       la lettera b) dispone lo stanziamento nel 2014 di un milione di euro a favore degli enti gestori di corsi di lingua e cultura italiana all’estero;

§       la lettera c) rifinanzia per 600.000 euro nel 2014 le attività assistenziali dirette e indirette per i connazionali residenti all’estero che versano in condizioni di indigenza;

§       la lettera d) attribuisce 200.000 euro nel 2014 a favore del Museo dell’emigrazione italiana di Roma;

§       la lettera e) stanzia 200.000 euro nel 2014 a favore delle Agenzie di stampa specializzate per i servizi di interesse degli italiani all’estero;

§       la lettera f) integra di un milione di euro per il 2014 lo stanziamento di cui all’art. 1-bis del decreto-legge 18 maggio 2012, n. 63[91] a favore della stampa italiana all’estero – l’art. 1-bis in questione autorizzata “la corresponsione dell'importo complessivo di 2 milioni di euro, in ragione d'anno, di contributi a favore di periodici italiani pubblicati all'estero da almeno tre anni e di pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale edite in Italia e diffuse prevalentemente all'estero da almeno tre anni”.

 

In base alla vigente normativa, i COMITES (Comitati degli italiani all’estero) sono organismi rappresentativi eletti direttamente dagli italiani residenti all'estero in ciascuna Circoscrizione consolare ove risiedono almeno tremila connazionali, ovvero nominati dall'Autorità diplomatico-consolare nelle circoscrizioni nelle quali vivono meno di tremila cittadini italiani.

I COMITES, istituiti originariamente dalla legge n. 205 del 1985, sono attualmente disciplinati dalla legge 23 ottobre 2003, n. 286 e dal D.P.R. 29 dicembre 2003, n. 395 (regolamento di attuazione). Tra gli elementi di maggior rilievo della disciplina si segnala in primo luogo l'introduzione del voto per corrispondenza per l’elezione dei Comitati; la legge rinvia alle procedure previste dalla legge 27 dicembre 2001, n. 459, che ha dettato più in generale le disposizioni necessarie per la partecipazione dei cittadini italiani residenti all’estero alle elezioni politiche nazionali ed alle consultazioni referendarie.

I COMITES sono composti da 12 membri o da 18 membri, a seconda che vengano eletti in circoscrizioni consolari con un numero minore o maggiore di centomila connazionali residenti, quali essi risultano dall'elenco aggiornato utilizzato per eleggere i rappresentanti al Parlamento nazionale. Il Comitato, una volta eletto, può successivamente decidere di cooptare 4 o 6 componenti, cittadini stranieri di origine italiana. Elemento di particolare novità è costituito dall'art. 1, co. 2 della legge 286/2003, che definisce per la prima volta i COMITES “organi di rappresentanza degli italiani all'estero nei rapporti con le rappresentanze diplomatico-consolari”; in tal modo, si valorizza il loro ruolo, tanto nei confronti delle collettività di cui sono espressione, tanto dell'Autorità consolare. La legge sottolinea infatti gli stretti rapporti di collaborazione e cooperazione che debbono instaurarsi fra Autorità consolare e Comitati, anche attraverso il “regolare flusso di informazioni”.

A seguito delle elezioni del 2004, operano oggi 124 COMITES in 38 Paesi: quanto alle aree geografiche in cui sono presenti i COMITES, 67 si trovano in Europa, 23 in America latina, 4 in America centrale, 16 in Nord America, 7 in Asia e Oceania e 7 in Africa.

Con riguardo alle loro funzioni, i COMITES, anche attraverso studi e ricerche, contribuiscono ad individuare le esigenze di sviluppo sociale, culturale e civile della comunità di riferimento; particolare cura viene assicurata alla partecipazione dei giovani, alle pari opportunità, all'assistenza sociale e scolastica, alla formazione professionale, al settore ricreativo, allo sport ed al tempo libero. Sono anche chiamati a cooperare con le autorità consolari nella tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini italiani residenti nella Circoscrizione consolare.

 

Il CGIE è composto da 94 membri, di cui 65 eletti direttamente dagli italiani all’estero e 29 nominati con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e designati da associazioni nazionali dell’emigrazione, da partiti politici, confederazioni sindacali, Federazione della stampa in Italia e all’estero, organizzazione dei lavoratori transfrontalieri.

Il Consiglio generale degli Italiani all’estero è presieduto dal Ministro degli Affari esteri, e si articola in:

§       un’Assemblea plenaria, che si riunisce in via ordinaria due volte l’anno presso il Ministero degli Affari esteri su convocazione del Segretario Generale del CGIE;

§       un Comitato di Presidenza, che si riunisce almeno sei volte l’anno e si compone in totale di diciassette membri, tra cui, oltre al Presidente e al Segretario generale, figurano anche quattro Vicesegretari generali (tre sono eletti per ciascuna delle tre aree geografiche – Europa e Africa del Nord, America Latina, Paesi anglofoni extraeuropei – e uno tra i ventinove membri di nomina governativa, cfr. più avanti l’attuale composizione del Comitato) ed undici rappresentanti delle varie aree. I componenti del Comitato sono eletti dall'Assemblea fra i membri del Consiglio. Il Comitato si riunisce almeno sei volte all'anno, di cui due volte a margine delle riunioni dell'Assemblea plenaria;

§       otto Commissioni tematiche, tre Commissioni Continentali, una Commissione di nomina Governativa;

§       gruppi di lavoro ad hoc costituiti dall’Assemblea per approfondire argomenti specifici.

Ai lavori del CGIE partecipano poi, con solo diritto di parola, rappresentanti ed esperti di Ministeri, delle regioni e province autonome, del CNEL, della RAI ed altre emittenti nazionali private, delle organizzazioni dei datori di lavoro. L’ordine dei lavori di ciascuna sessione è comunicato anche ai Presidenti delle due Camere, i quali possono designare fino a sette parlamentari per partecipare alle riunioni del CGIE con solo diritto di parola.

Il Consiglio svolge funzioni di analisi e di studio sui problemi delle comunità italiane all’estero e formula pareri, proposte e raccomandazioni in materia di iniziative legislative o amministrative dello Stato o delle Regioni, accordi internazionali e normative comunitarie concernenti le comunità di italiani all’estero.

Il CGIE è inoltre chiamato ad esprimere pareri obbligatori sulle proposte del Governo concernenti: stanziamenti dello Stato in favore delle comunità italiane all’estero; programmi pluriennali e relativi finanziamenti per la politica scolastica, la formazione professionale e la tutela sociale, assistenziale e previdenziale; criteri per l’erogazione dei contributi ad associazioni nazionali, patronati, enti di formazione professionale, organi di stampa e di informazione, programmi radiotelevisivi e informatizzati per le comunità italiane all’estero; linee di riforma dei servizi consolari, scolastici e sociali.

Il CGIE è stato completamente rinnovato il 26 giugno 2004, mentre le elezioni alle cariche interne elettive sono state effettuate il 27 luglio 2004.

Recenti interventi legislativi

L'articolo 10, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 207 del 2008[92] ha operato un primo rinvio del termine per le elezioni dei COMITES, e come conseguenza anche del CGIE. Successivamente, in tale materia, sono stati disposte due ulteriori proroghe: la prima, prevista, dall’articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 63/2010[93], ha differito il termine al 31 dicembre 2012, mentre l’articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 67/2012[94], ha ulteriormente disposto il differimento delle elezioni entro e non oltre la fine del 2014.

Sul piano ordinamentale, si segnala che il decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 2010, n. 95, di riorganizzazione del Ministero degli Affari esteri, ha istituito un’apposita Direzione generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie, con le seguenti attribuzioni:

a)    promuovere, sviluppare e coordinare le politiche concernenti i diritti degli italiani nel mondo;

b)    provvedere ai servizi di tutela e assistenza a favore degli italiani nel mondo;

c)    curare la promozione sociale, linguistica e scolastica delle collettività italiane all’estero;

d)    provvedere agli affari consolari;

e)    seguire, d’intesa con le competenti amministrazioni dello Stato, le questioni concernenti gli stranieri in Italia;

Successivamente, in attuazione della delega conferita dalle legge di semplificazione 2005, è intervenuto il decreto legislativo 3 febbraio 2011, n. 71, che ha riordinato le funzioni degli Uffici consolari, con evidenti ricadute sulle collettività italiane all’estero.

Va altresì ricordato che l’art. 40, commi 3 e 6-9, del decreto-legge n. 1/2012[95] ha dettato disposizioni in materia  di  carta  di  identità  e  in  materia  di anagrafe della popolazione residente all'estero e l'attribuzione  del codice fiscale ai cittadini iscritti. Sulla stessa materia i commi 1-2 dell’ art. 2 del decreto-legge n. 179/2012[96], hanno previsto ulteriori innovazioni.

 

Il Museo nazionale dell’emigrazione italiana è stato istituito con Decreto del Ministro degli Affari esteri, in base all’art. 2, comma 70 della legge finanziaria 2008, che stanziava 14 milioni di euro per il 2008 a favore di varie iniziative di interesse degli italiani all’estero. Il Museo è struttura permanente del Ministero degli Affari esteri, e acquisisce, cataloga, conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e di studio della emigrazione italiana. Il Museo, tra l’altro, realizza il collegamento in rete dei musei dell’emigrazione esistenti in Italia e all’estero, creando la possibilità per i visitatori di consultare le banche dati esistenti presso le diverse strutture.

E’ istituito un Comitato scientifico che formula iniziative e proposte al Direttore in merito alle attività scientifiche e didattiche promosse dal Museo e in merito alla raccolta ed alla conservazione del materiale documentale presso lo stesso. Il Comitato esprime, altresì, proposte e pareri in merito alla ricerca ed alla scelta del materiale espositivo.

Il Direttore del Museo è nominato dal Ministro per i Beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro degli Affari esteri, sentito il Comitato scientifico, di cui all’articolo 3, comma 1, e sovrintende alla organizzazione e alla gestione del Museo, coordinandone le attività scientifiche, tecniche e amministrative.

 


 

Articolo 1, comma 187
(Competenze di Agea)

 

 

Il comma 187 interviene sulle competenze di Agea, riformandone nuovamente le funzioni rispetto alla riforma da poco approvata con l’articolo 12, commi 7-18 del decreto-legge n. 95 del 2012.

Viene, infatti, nuovamente attribuito all’Agenzia il ruolo di coordinamento degli organismi pagatori – che eseguono i pagamenti connessi all’attuazione della politica agricola comune - e di responsabile nei confronti della Commissione europea per tutte le questioni relative ai finanziamenti del FEAGA (Fondo europeo di garanzia) e del FEASR (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale).

Il Ministero delle politiche agricole, alimentare e forestali mantiene, invece, la competenza in ordine all’attività di monitoraggio della spesa relativa ai finanziamenti europei in ambito PAC e alle fasi inerenti la decisione di liquidazione dei conti.

 

Si ricorda, in proposito, che l'articolo 12, commi 7-18, ha, da ultimo, riordinato le competenze dell'AGEA trasferendo - con il comma 7 - dal 1° ottobre 2012 - le funzioni di coordinamento degli organismi pagatori in ordine ai finanziamenti derivanti dalla politica agricola comune al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, chiamato ad agire, altresì, come unico rappresentante dello Stato italiano nei confronti della Commissione europea per tutte le questioni relative al FEAGA e al FEASR. Tale comma viene sostituito nei termini detti in precedenza.

Il comma 9 del medesimo articolo 12, di cui si dispone l’abrogazione con l’intervento normativo in esame, richiedeva, quindi, che entro il 4 ottobre 2012 venissero adottati uno o più decreti di natura non regolamentare dal Ministro per le politiche agricole, di concerto con quello per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia, per individuare le risorse umane, strumentali e finanziarie da riallocare presso il MIPAAF. In connessione con la sottrazione di compiti e risorse, il medesimo comma 9 disponeva una riduzione del 50% della dotazione organica del personale dirigenziale di prima fascia e del 10% di quello dirigenziale di seconda fascia di Agea, fermo restando quanto stabilito al successivo comma 12, secondo il quale la pianta organica di tutto il personale AGEA non può in ogni caso eccedere la consistenza numerica complessiva del personale di ruolo rimasto in servizio presso l’Agenzia successivamente all’assegnazione al dicastero agricolo delle necessarie risorse umane.

Ai sensi del comma 10 dell’articolo 12, di cui si dispone l’abrogazione con il comma in esame, i medesimi Ministri concertanti erano chiamati ad approvare la tabella di corrispondenza per l’inquadramento del personale trasferito da AGEA a Mipaaf: quest’ultimo con regolamento adegua la propria organizzazione e dotazione organica.

La titolarità dei rapporti ex AGEA (ultimo periodo del comma 11, di cui si dispone l’abrogazione) veniva, quindi, trasferita al Mipaaf fino alla loro naturale scadenza. Per i rapporti di lavoro e previdenziali il personale trasferito al Ministero manteneva il trattamento economico (fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative) corrisposto al momento dell’inquadramento; inoltre, nel caso in cui il trattamento economico risultasse più elevato rispetto a quello previsto per il personale del Ministero, si attribuiva la differenza sotto forma di assegno ad personam riassorbile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti.

Con il comma 13, esente dalla riforma in commento, gli organi dell’Agenzia, che si riconferma essere sottoposta alla vigilanza del Mipaaf, venivano decisamente ridotti rispetto alla dislocazione dei poteri all'interno dell'AGEA, fissata originariamente dall’articolo 9 del D.Lgs. n. 165 del 1999: Le nuove norme prevedono esclusivamente il collegio dei revisori dei conti ed il direttore dell'agenzia. Per il direttore dell’Agenzia, la cui nomina spetta al Ministro dell’agricoltura, previa trasmissione della relativa proposta alle Commissioni parlamentari competenti, sono state disposte talune restrizioni in merito alla durata (triennale), al rinnovo (ammesso per una sola volta), alla incompatibilità con altri impegni di lavoro (comma 14). La remunerazione (così come i revisori dei conti) corrisponde al compenso determinato per decreto del Mipaaf, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (comma 15). Il medesimo concerto di Ministri deve adottare il nuovo Statuto, entro 90 giorni (dal 7 luglio).

Quanto alle norme comunitarie di interesse, si ricorda che il reg. (CE) n. 1290/2005 sul finanziamento della politica agricola comune - comprese le spese per lo sviluppo rurale - prevede con l’articolo 6 che per la liquidazione dei conti gli Stati membri riconoscano organismi pagatori nazionali, in grado di offrire adeguate garanzie in merito alla verifica della legalità e dell'ammissibilità delle dichiarazioni di spesa alle quali deve essere data esecuzione. In particolare le spese finanziate dal FEAGA ed indicate all'articolo 3, paragrafo 1, nonché quelle finanziate dal FEASR di cui all'articolo 4, sono riconosciute solo se eseguite dagli organismi pagatori riconosciuti, designati dagli Stati membri (articolo 10).

Lo Stato membro che riconosca più di un organismo pagatore deve poi designare un organismo di coordinamento unico, con il compito di garantire la coerenza nella gestione dei fondi, di fungere da collegamento tra la Commissione e gli organismi pagatori riconosciuti e di provvedere alla rapida comunicazione delle informazioni richieste dalla Commissione sulle attività dei vari organismi pagatori.


 

Articolo 1, comma 188
(Utilizzo somme iscritte bilancio Agea per l’attività di controllo e repressione delle frodi alimentari)

 

 

La disposizione in esame, inserita durante l’esame presso il Senato, autorizza l’utilizzazione per il 2014 ed il 2015 di talune somme iscritte nel bilancio Agea e non ancora utilizzate al fine di incrementare le iniziative di controllo della qualità dei prodotti agroalimentari ed ittici e di repressione delle frodi nel settore.

In riferimento a tali attività, la disposizione in commento fa riferimento a quanto previsto dai commi 1 e 2 dell’art. 18 della legge n. 99 del 2009 (disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia): il comma 1 ha autorizzato, per gli anni 2009-2012, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali a promuovere le iniziative necessarie per assicurare la qualità delle produzioni e dei prodotti immessi al consumo nel territorio nazionale al fine di tutelarne la qualità dei prodotti agroalimentari ed ittici e di contrastare le frodi in campo agroalimentare ed ittico (comma1); il comma 2 ha specificato che per tali finalità il Ministero si sarebbe potuto avvalere della società consortile “Consorzio anagrafi animali” (soppressa dall’art. 14 del D.L. n. 158/2012) e, limitatamente, alle attività di controllo, del coordinamento dell’Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari, attraverso il Comando carabinieri delle politiche agricole, alimentari e forestali, il Corpo forestale dello Stato e le capitanerie di porto, nell’ambito delle rispettive competenze.

Il comma 11 del medesimo articolo 18 ha autorizzato per le finalità di cui ai commi 1 e 2 la spesa di 7 milioni per l’anno 2009, relativamente alle iniziative volte a garantire la qualità ed il monitoraggio delle produzioni agroalimentari, e la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2009, per iniziative dirette all’attività di controllo della qualità della filiera ittica. Dette risorse venivano assegnate direttamente ad Agea sulla base di apposite convenzioni.

Si ricorda, al riguardo, che il tema del controllo della qualità dei prodotti agroalimentari e del rafforzamento delle strutture di controllo, anche attraverso l’istituzione di un organo specifico di coordinamento tra le strutture preposte, è all’esame della XIII Commissione Agricoltura che ha avviato l’esame di due proposte di legge in materia (si tratta, in particolare, delle proposte di legge C. 367 e C. 1051).

 


 

Articolo 1, comma 189
(Emergenza sanitaria batterio Xylella fastidiosa)

 

 

Il comma 189 autorizza la spesa di 5 milioni di euro per il 2014 per potenziare il servizio fitosanitario nazionale; tale somma sarà destinata, in particolare, a combattere l’emergenza sanitaria provocata, in parte, dal diffondersi tra gli ulivi della Puglia del batterio Xylella fastidiosa nonché per svolgere i necessari controlli sulle sementi provenienti da organismi geneticamente modificati.

Quanto al batterio Xylella fastidiosa, esso è stato riscontrato in alcune piante secolari di ulivo della Puglia e, ad oggi, è considerato una delle probabili cause del diffondersi di una malattia che provoca il disseccamento rapido della pianta di ulivo sino alla moria della stessa. Si tratta di un agente patogeno da quarantena.

L’Autorità per la sicurezza europea, l’Efsa, richiesta dalla Commissione europea di fornire una consulenza specifica sulla diffusione del batterio (in particolare è stato richiesto di specificare l’elenco delle specie vegetali note che possono fungere da ospite, di individuare le modalità con cui le specie vegetali infette e gli insetti vettori possono entrare nell’Unione europea nonché di valutare le possibili misure di profilassi); ha reso noto che la Xyella fastidiosa ha nell’Ue una vasta gamma di piante ospiti note, molte delle quali coltivate per la produzione agricola e che il modo più efficace di diffusione a lunga distanza è la movimentazione delle piante infette per la messa a dimora.

Il Comitato fitosanitario nazionale in data 22 ottobre 2013 ha definito le misure fitosanitarie da adottare per evitare la diffusione mentre la Giunta regionale della Puglia ha vietato la movimentazione a qualsiasi titolo delle piante e del materiale di propagazione sensibile al patogeno. Tra le misure individuate, è prevista l'applicazione di trattamenti fitosanitari e l'eliminazione delle specie vegetali sensibili che possono fungere da serbatoio di infezione del batterio. Infine, per approfondire la conoscenza del batterio Xylella fastidiosa, rilevato per la prima volta in Italia, è stato deciso l’avvio di una mirata azione di ricerca, in modo da approfondire gli studi sulla patogenicità, sulle tecniche di diagnosi e di lotta al batterio.

Il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha istituito sul territorio un’unità di tecnici per l’attività urgente di campionamento.

Quanto all’attività di controllo sulle sementi provenienti da organismi geneticamente modificati, si ricorda che il quadro legislativo di riferimento è costituito dalla direttiva 2001/18/CE (sull'emissione deliberata nell'ambiente e sull'immissione in commercio di OGM), e dal regolamento n. 1829/2003 sugli alimenti e sui mangimi OGM.

Le varietà vegetali contenenti l'OGM sono iscritte in un catalogo nazionale ufficiale di varietà vegetali per consentirne la commercializzazione dei semi (art. 15 della direttiva n. 18); gli alimenti e mangimi geneticamente modificati sono iscritti nel Registro comunitario istituito e tenuto dalla Commissione, che deve essere accessibile al pubblico.

La Corte di giustizia dell’Unione europea, con sentenza del 6 settembre 2012, ha dichiarato che: non è consentito ai singoli Stati membri di vietare in via generale la messa a coltura di OGM in attesa dei piani di coesistenza; e che una varietà GM autorizzata in forza delle disposizioni comunitarie non può essere assoggettata ad una procedura nazionale di autorizzazione di varietà modificate.

All'avvio della nuova legislatura sono state presentate numerose mozioni presso entrambi i rami del Parlamento allo scopo di impedire semine OGM. L'Assemblea della Camera ha discusso le mozioni nella seduta dell'11 luglio 2013 pervenendo all'approvazione di un testo unitario che chiede fondamentalmente l’intervento del Governo per l’attivazione della clausola di salvaguardia prevista dall'articolo 23 della direttiva 2001/18/CE, per scongiurare l'eventuale semina del mais Mon 810 (mozione 1-00015 riformulata e modificata nel corso della seduta). Analogo intervento del Governo è stato chiesto da numerose mozioni del Senato, poi confluite nell'ordine del Giorno unitario 9/1-00019/1 (G1-testo 3), approvato a seguito del dibattito svoltosi nella seduta del 21 maggio 2013.

 

 


 

Articolo 1, comma 190
(Pagamenti per il settore ippico)

 

 

Il comma 190 autorizza il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, subentrato nelle competenze dell’Agenzia per lo sviluppo del settore ippico, ad utilizzare i conti correnti intestati alla medesima Agenzia per le operazioni di pagamento e riscossione inerenti le competenze trasferite.

 

Si ricorda, infatti, che il comma 9 dell’articolo 23-quater del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, ha disposto la soppressione dell'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico – Assi (a sua volta subentrata all’UNIRE nel 2011 e chiamata a svolgere compiti relativi al miglioramento delle razze equine, alla gestione dei libri genealogici, alla programmazione delle corse e dei programmi di allevamento, alla gestione del servizio di diffusione delle riprese televisive delle corse).

Con il medesimo comma 9 veniva, quindi, previsto che, con successivi decreti di natura non regolamentare del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, adottati di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, si provvedesse al trasferimento delle risorse umane, strumentali e finanziarie degli enti incorporati, si ripartisse tra il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e l’Agenzia delle dogane e dei monopoli le funzioni già attribuite ad ASSI dalla normativa vigente, le relative risorse umane, finanziarie e strumentali nonché i relativi rapporti giuridici attivi e passivi

Fino all’adozione dei suddetti decreti, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali veniva autorizzato a delegare uno o più dirigenti per lo svolgimento delle attività di ordinaria amministrazione (comprese le operazioni di pagamento e riscossione a valere sui conti correnti già intestati all’ASSI).

Si rimandava infine: ad un D.P.C.M. (di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze) l'approvazione della tabella di corrispondenza per l’inquadramento del personale trasferito; ad un D.P.C.M. (su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze) la rideterminazione delle dotazioni organiche del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e l’istituzione di un posto di dirigente generale di prima fascia, in relazione alle funzioni e risorse trasferite.

In attuazione delle disposizioni in esame, sono stati emanati il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 gennaio 2013, recante la tabella di corrispondenza per l’inquadramento nei ruoli del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e l’agenzia delle dogane e dei monopoli del personale della soppressa Agenzia per lo sviluppo ippico e il decreto del Ministro delle politiche agricole 31 gennaio 2013 , recante trasferimento delle funzioni e delle risorse dell’ex ASSI al Mipaaf e all’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Si ricorda, inoltre, che presso la Commissione Finanze del Senato è all’esame (AS 1058) il disegno di legge recante delega al Governo per la riforma del sistema fiscale, già approvato dalla Camera dei deputati, che all’articolo 14, prevede che il Governo sia delegato ad emanare uno o più decreti legislativi per il rilancio del settore ippico, anche attraverso l’istituzione della Lega ippica italiana, associazione senza fine di lucro, soggetta alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, cui si iscrivono gli allevatori, i proprietari di cavalli e le società di gestione degli ippodromi.

Presso la XIII Commissione Agricoltura della Camera dei deputati sono all’esame talune proposte di legge C. 753, 1033 e 1061, recanti disposizioni per la promozione del settore ippico nonché in materia di scommesse ippiche.


 

Articolo 1, comma 191
(Fondo finanziamento esigenze indifferibili)

 

 

Il comma 191, modificato al Senato, prevede l’istituzione di un Fondo per il finanziamento di esigenze indifferibili, nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze.

Le risorse del fondo sono destinate alle finalità indicate nell’elenco 1, allegato al provvedimento in esame.

Nel corso dell’esame al Senato la dotazione del Fondo, originariamente prevista in 107,6 milioni di euro, è stata rideterminata in 24,631 milioni di euro per l’anno 2014.

La riduzione è dovuta a specifiche disposizioni del provvedimento in esame, introdotte nel corso dell’esame al Senato, che hanno finanziato direttamente alcune delle autorizzazioni legislative indicate nell’Elenco 1, che pertanto sono state espunte dall’elenco.

Si tratta, in particolare:

§       dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 92, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, relativa agli interventi per la Fiera di Verona, rifinanziata per 5 milioni per l'anno 2014 dal comma 65 (l’autorizzazione di spesa in questione era presente nell’Elenco 1 con un finanziamento di 3 milioni di euro);

§       dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 33, commi 32 e 33, della legge n. 183/2011, relativa al finanziamento dei policlinici universitari e delle strutture ospedaliere, il cui rifinanziamento è stato disposto nella misura di 50 milioni nel 2014 in favore dei policlinici universitari dal comma 246 e di 30 milioni per il 2014 delle

§       strutture ospedaliere dal comma 247 (l’autorizzazione di spesa in questione, era presente nell’Elenco 1 con un finanziamento di 80 milioni di euro).

 

L’Elenco, modificato dal Senato, reca le seguenti finalità, con i relativi importi:

§         Misure anti-tratta (art. 12, legge n. 228/2003): 5 milioni;

§         Comitato italiano paralimpico (art. 1, co. 276, legge n. 228/2012): 6 milioni;

§         Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti (legge n. 282/1998; legge n. 24/1996; legge n. 379/1993): 6,331 milioni[97];

§         Collaborazione in campo radiotelevisivo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino (art. 1, co. 16-novies, D.L. n. 225/2010): 6 milioni;

§         Vittime del terrorismo (legge n. 206/2004): 1 milione;

§      Associazione nazionale privi della vista ed ipovedenti (D.P.R. n. 126/1981): 300.000 euro (finalità inserita nel corso dell’esame al Senato).

La ripartizione delle risorse del Fondo tra le suddette finalità è demandata ad un unico decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro 30 giorni dall'entrata in vigore del provvedimento in esame.

 

Si ricorda che un Fondo del tutto analogo a quello qui in esame, anch’esso denominato “Fondo per il finanziamento di esigenze indifferibili”, da ripartirsi tra le finalità indicate in apposito Elenco allegato alla legge di stabilità medesima, è stato istituito per l’anno 2013 dalla legge di stabilità dello scorso anno (art. 1, comma 270, legge n. 228/2012), con una dotazione di 16 milioni di euro per l’anno 2013. Tale fondo risulta iscritto al cap. 3080 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze. Nel disegno di legge di bilancio per il 2014-2016 (A.S. 1121) tale capitolo non presenta tuttavia alcuna dotazione.

Tale fondo, si ricorda, è stato finalizzato ad essere ripartito, con D.P.C.M., previo conforme parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, tra una serie di esigenze indifferibili, indicate nell’elenco 3 della legge n. 228/2012[98].

Sul relativo schema di D.P.C.M. di riparto (presentato alla V Commissione bilancio della Camera, ai fini dell’espressione del parere, in data 22 gennaio 2013), la Commissione ha peraltro deliberato di non esprimere alcun parere. Il decreto ha provveduto ad assegnare l’intero stanziamento del Fondo ad una sola delle finalità indicate nell’elenco 3 della legge di stabilità 2013, ed in particolare, al finanziamento delle misure per favorire l’attività lavorativa dei detenuti, in ragione della necessità di adottare interventi diretti a fronteggiare la attuale condizione carceraria, che è all’origine della recente Sentenza di condanna dello stato italiano da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, dell’8 gennaio 2013 (D.P.C.M. 15 febbraio 2013).


 

Articolo 1, comma 192
(Risorse per il Fondo di garanzia per i mutui per impianti sportivi)

 

 

L'articolo 1, comma 192, istituisce una gestione separata del Fondo di garanzia per i mutui relativi alla costruzione, all'ampliamento, all'attrezzatura, al miglioramento o all'acquisto di impianti sportivi – istituito dall’art. 90, co. 12, della L. n. 289/2002 –, con un ammontare pari a 10 milioni di euro per il 2014, 15 milioni di euro per il 2015 e 20 milioni di euro per l’anno 2016.

 

L’art. 90, co. 12, della L. n. 289/2002 (L. finanziaria 2003), come modificato dall’art. 64, co. 3-ter, del D.L. n. 83/2012 (L: n. 134/2012), ha istituito presso l'Istituto per il credito sportivo un Fondo di garanzia per i mutui relativi alla costruzione, all'ampliamento, all'attrezzatura, al miglioramento o all'acquisto di impianti sportivi, ivi compresa l'acquisizione delle relative aree, da parte di società o associazioni sportive nonché di ogni altro soggetto pubblico o privato che persegua, anche indirettamente, finalità sportive.

 

Il comma stabilisce, altresì, che tali importi sono amministrati dall’Istituto per il credito sportivo sulla base di criteri che tengano dell’esigenza di assicurare interventi per la sicurezza strutturale e funzionale, per la fruibilità, nonché per lo sviluppo e ammodernamento degli impianti sportivi.

Anche la procedura di definizione dei criteri per la gestione delle somme differisce da quella consueta. Si prevede, infatti, che i medesimi criteri siano approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro da lui delegato, sentiti il Ministro dell’interno e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. In particolare, rispetto a quanto dispone l’art. 90, co. 13, della L. n. 289/2002, non è previsto il coinvolgimento del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) mentre si prevede quello dei responsabili dei due dicasteri.

 

Ai sensi dell’art. 90, commi 13[99] e 14, della L. n. 289/2002, il Fondo è gestito e amministrato a titolo gratuito dall’Istituto per il credito sportivo, sulla base di criteri approvati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, o dall’autorità di Governo delegata per lo sport, ove nominata, su proposta dell'Istituto per il credito sportivo, sentito il Comitato olimpico nazionale italiano.

 

 

 

 

 

La dotazione finanziaria del fondo è costituita dall’importo annuale acquisito dal fondo speciale di cui all’art. 5 della L. n. 1295/1957[100], nonché dei premi riservati al CONI a norma dell’art. 6 del D.Lgs. n. 496/1948 colpiti da decadenza[101] (art. 90, co. 16, L. n. 289/2002). Al Fondo possono essere destinati ulteriori apporti conferiti direttamente o indirettamente da enti pubblici (art. 90, co. 13, ultimo periodo, L. n. 289/2002).

Da ultimo, l’art. 64 del D.L. n. 83/2012 (L. n. 134/2012), nell’istituire presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il Fondo per lo sviluppo e la capillare diffusione della pratica sportiva, finalizzato alla realizzazione di nuovi impianti sportivi e alla ristrutturazione di quelli esistenti (comma 1), ha destinato una quota – pari a 5 milioni di euro – della dotazione finanziaria del nuovo fondo (fino a 23 milioni di euro per il 2012), al Fondo di garanzia per i mutui relativi alla costruzione, all’ampliamento, all’attrezzatura, al miglioramento o all’acquisto di impianti sportivi (comma 3-bis).

Successivamente, la Corte costituzionale, con sentenza n. 254/2013 (pubblicata nella GU serie Corte costituzionale n. 45 del 6 novembre 2013) ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 64, co. 1 e 2[102], del D.L. n. 83/2012: in particolare, la Corte, evidenziato che la destinazione del fondo in questione è ascrivibile all’ambito materiale di competenza concorrente “ordinamento sportivo”, ha ricordato che, in base all’art. 119 della Costituzione, non è consentito al legislatore statale prevedere nuovi finanziamenti a destinazione vincolata, anche a favore di soggetti privati.


 

Articolo 1, comma 193
(Risorse per la proroga della convenzione con Radio radicale)

 

 

Il comma 193 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 per le finalità di cui all’articolo 2, co. 3, del D.L. n. 194/2009 (L. n. 25/2010). Si tratta, sostanzialmente, della proroga, per due ulteriori anni, della convenzione stipulata fra il Ministero dello sviluppo economico e il Centro di produzione S.p.A, titolare dell’emittente Radio Radicale, per la trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari.

Si ricorda che la predetta convenzione è stata stipulata ai sensi dell’art. 1, co. 1, della L. n. 224/1998. Tale disposizione, confermando lo strumento della convenzione da stipulare a seguito di gara pubblica, i cui criteri dovevano essere definiti nel quadro dell’approvazione della riforma generale del sistema delle comunicazioni[103], ha disposto, in via transitoria, il rinnovo per un triennio, con decorrenza 21 novembre 1997, della convenzione a suo tempo stipulata[104] tra il Ministero delle comunicazioni e il Centro servizi Spa, per la trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari, quantificando un onere annuo di 11,5 mld di lire.

Le successive proroghe sono state autorizzate e finanziate, prima per trienni di spesa, poi per singole annualità[105]. In particolare, con riferimento all’ultimo periodo:

§       per ciascuno degli anni 2010 e il 2011, il citato D.L. n. 194/2009, all’art. 2, co. 3, ha stanziato 9,9 milioni di euro, esplicitamente per la proroga della convenzione;

§       per il 2012, l’art. 33, co. 38, della legge di stabilità 2012 (L. n. 183/2011) ha sostanzialmente prorogato di un ulteriore anno la disposizione del richiamato art. 2, co. 3, del D.L. n. 194/2009, stabilendo, per le finalità previste dalla stessa, un’autorizzazione di spesa di 3 milioni di euro.

§       Successivamente, l’art. 28, co. 1, del D.L. n. 216/2011 (L. n. 14/2012), al fine esplicito di consentire la proroga per tutto lo stesso anno della predetta convenzione, ha autorizzato la spesa di 7 milioni di euro. Dunque, la complessiva autorizzazione di spesa per il 2012 è stata di10 milioni di euro;

§       per il 2013, l’art. 33-sexies del D.L. n. 179/2012 (L. n. 221/2012) ha autorizzato la spesa di 10 milioni di euro.

Tali somme risultano allocate sul cap. 3021 dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico.

 

Dal punto di vista della formulazione del testo, sembrerebbe opportuno utilizzare la seguente formulazione: “E’ autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 per la proroga della convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e il Centro di produzione S.p.a., stipulata ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224”.

Non appare, infatti, corretto il richiamo delle finalità dell’art. 2, co. 3, dello stesso D.L. 194/2009, poiché esso riguarda la proroga della convenzione fino al 31 dicembre 2011.


 

Articolo 1, comma 194 e 195
(Celebrazione del Centenario della Prima Guerra Mondiale)

 

 

I commi 194 e 195 dispongono specifiche autorizzazioni di spese per la celebrazione del Centenario e per la promozione della conoscenza degli eventi della Prima Guerra mondiale.

In proposito si ricorda che il D.P.C.M. 3 agosto 2012 ha istituito il Comitato storico scientifico per il “Centenario della Prima Guerra mondiale”, considerata l’esperienza acquisita nella celebrazione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Le celebrazioni del Centenario cadranno nell’anno 2014 e il piano di interventi riguarda, principalmente, l’organizzazione di mostre, convegni e manifestazioni a carattere storico e commemorativo, il miglioramento complessivo delle capacità organizzative e ricettive dei centri maggiormente coinvolti e la programmazione di spettacoli. Il Comitato, ai cui componenti[106] non spetta alcun compenso, opera senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e al suo funzionamento si provvede con le risorse umane e strumentali della Presidenza del Consiglio dei ministri.

E’ previsto che il Comitato concluda i propri lavori non oltre il 31 dicembre 2015.

In particolare, il comma 194 dispone l’autorizzazione della spesa di 8 milioni di euro per l'anno 2014 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, finalizzata a consentire la realizzazione di interventi urgenti per la messa in sicurezza, il restauro e il ripristino del decoro dei «Luoghi della Memoria» nel quadro degli eventi programmati.

In proposito, tra i “Luoghi della Memoria”, il Ministero della Difesa fa riferimento ai sacrari militari dove sono custodite le spoglie dei Caduti della Prima guerra mondiale, quali il Vittoriano, a Roma, il Sacrario militare italiano di Redipuglia (GO), il Sacrario Militare dei Caduti d'oltremare di Bari ed il Sacrario del Monte Grappa.

Il comma 195 autorizza la spesa di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, finalizzata alla promozione della conoscenza degli eventi della Prima Guerra Mondiale e alla preservazione della memoria degli stessi attraverso la realizzazione di manifestazioni, convegni, mostre, pubblicazioni e percorsi di visita, anche prevedendo il coinvolgimento delle scuole di ogni ordine e grado in un percorso didattico integrativo ai fini del recupero di lettere, oggetti, documenti e di altro materiale storico.


 

Articolo 1, commi 196-199
(Normattiva)

 

 

I commi da 196 a 198 perseguono tre obiettivi, i primi due dei quali legati al programma Normattiva ed il terzo al progetto x-leges.

 

Il comma 196 persegue due obiettivi: ridisegna e aggiorna l’assetto della governance del programma Normattiva, incentrata sulla intesa tra Presidenza del Consiglio dei ministri e le Presidenze del Senato e della Camera; prevede un finanziamento a regime del programma. In particolare:

§      demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa con i Presidenti delle Camere, la disciplina del programma, delle forme organizzative e delle modalità di funzionamento delle attività relative al portale www.normattiva.it, anche al fine di favorire la convergenza delle banche dati regionali;

§      chiarisce il ruolo già svolto dal Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri, il quale assicura la gestione ed il coordinamento operativo delle attività;

§      dà un riconoscimento legislativo alle attività già svolte dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, che, sulla base di una convenzione, alimenta direttamente la banca dati Normattiva dai testi degli atti normativi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana;

§      stanzia 1.500.000 euro per l’anno 2014, 1.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016 ed 800.000 euro all’anno a decorrere dal 2017 per finanziare l’implementazione e la gestione ordinaria del programma.

 

Il comma 197 abroga i commi 1, 2 e 3 dell’articolo 1 del decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200, recante misure urgenti in materia di semplificazione normativa. Tali disposizioni, riferite per lo più alla fase di avvio del portale Normattiva ed alla convergenza in esso della normativa regionale, fanno riferimento anche alla cooperazione della Conferenza dei Presidenti della Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome, dal momento che le banche dati delle leggi di ogni singola regione e provincia autonoma sono gestite dalla rispettiva Assemblea legislativa.

Andrebbe in proposito valutata l’opportunità di mantenere, anche nel comma 196, il riferimento alla cooperazione con la Conferenza dei Presidenti della Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome.

 

Il programma Normattiva costituisce attuazione dell’articolo 107 della legge n. 388/2000 (legge finanziaria 2001), che ha istituito un fondo per finanziare “iniziative volte a promuovere l’informatizzazione e la classificazione della normativa vigente al fine di facilitarne la ricerca e la consultazione gratuita da parte dei cittadini, nonché di fornire strumenti per l’attività di riordino normativo”.

Il decreto-legge n. 200/2008 ha confermato le finalità e la struttura interistituzionale del progetto, affidando al Ministro per la semplificazione normativa il coordinamento delle attività e ponendo il Dipartimento degli affari giuridici e legislativi (DAGL) della Presidenza del Consiglio come punto focale di tutti i progetti di informatizzazione normativa.

Il testo delle leggi è fornito in “multivigenza”, assicurando cioè la possibilità di consultare un atto normativo nel testo originario o nel testo vigente ad una qualsiasi data; altri caratteri distintivi sono la completezza, nel senso che la banca dati definitiva comprenderà l’intero corpus normativo di atti numerati e l’immediatezza dell’aggiornamento, rispetto al momento della pubblicazione in “Gazzetta Ufficiale”. A tale obiettivo il programma si sta avvicinando gradualmente: entro ottobre 2014 la banca dati sarà integrata con gli atti normativi numerati pubblicati dal 1936 al 1945, aggiornati in multivigenza, e con quelli pubblicati dal 1933 al 1936, in versione originale.

E’ previsto che in una fase successiva gli atti saranno categorizzati secondo il diffuso sistema di classificazione “Eurovoc”.

 

Il comma 198 istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un fondo con una dotazione complessiva di euro 1.500.000 (200.000 euro per ciascuno degli anni 2014, 2017, 2018 e 2019; 400.000 euro per l’anno 2015; 300.000 euro per l’anno 2016) finalizzato al completamento ed alla implementazione del progetto x-leges, che persegue l’obiettivo di assicurare la completa informatizzazione della formazione degli atti normativi e delle deliberazioni adottate dal Consiglio dei ministri, nonché per alimentare la Gazzetta ufficiale in maniera telematica.

 

Il progetto x-leges, che si connette strettamente al programma Normattiva, ha l’obiettivo di consentire la trasmissione telematica tra gli organi costituzionali di tutti i provvedimenti normativi approvati dal Consiglio dei ministri: disegni di legge; schemi di decreti legislativi e di regolamenti. Per tali provvedimenti si stabilirà un flusso (workflow) che ne consentirà la trasmissione telematica nelle varie fasi dell’iter, dalla presentazione alle Camere fino alla promulga del Presidente della Repubblica.

 

Il comma 199 si connette ai commi precedenti e, tenendo conto dei progressi in corso e dello sviluppo della banca dati Normattiva, abolisce l’obbligo – caduto in desuetudine nella legislatura in corso – di allegare ai disegni di legge di conversione dei decreti-legge presentati al Parlamento i testi integrali delle norme espressamente modificate o abrogate, previsto dall’articolo 17, comma 20 della legge n. 127/1999.


 

Articolo 1, comma 200
(Deroghe ai limiti di spesa per l’acquisto di arredi ed autovetture da parte di rappresentanze diplomatiche ed uffici consolari)

 

 

Il comma 200 reca una novella al comma 144 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2013 (legge 24 dicembre 2012, n. 228), al fine di estendere la deroga ai limiti di spesa imposti dai commi 141-143 alle Pubbliche amministrazioni per l’acquisto di arredi, mobilio e autovetture per il biennio 2013-2014 anche agli acquisti effettuati per i servizi istituzionali delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari svolti all’estero.

Tale deroga è già prevista per gli acquisti effettuati per le esigenze del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per i servizi istituzionali di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza.

 

Il comma 200 in commento reca, altresì, una novella all’articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012 (c.d. spending review) per estendere, anche alle autovetture utilizzate per i servizi istituzionali delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari svolti all’estero, la deroga al limite imposto alle amministrazioni pubbliche per il biennio 2013-2014 per le spese destinate all'acquisto, alla manutenzione, al noleggio e all'esercizio di autovetture, nonché all'acquisto di buoni taxi, limite pari al 50% della spesa sostenuta nell'anno 2011.

 

Si ricorda che l'articolo 1 della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012) reca ai commi 141-143 limiti alle spese delle Pubbliche amministrazioni per l’acquisto di arredi, mobilio e autovetture per il biennio 2013-2014 - i limiti indicati consistono nel divieto di effettuare spese di ammontare superiore al 20% della spesa sostenuta in media negli anni 2010-2011 per l'acquisto di mobili e di arredi, salvo che l'acquisto sia funzionale alla riduzione delle spese connesse alla conduzione degli immobili, nonché nel divieto di acquistare autovetture e di stipulare contratti di leasing aventi ad oggetto autovetture -,  mentre il comma 144 contiene le deroghe a tale regime; inoltre, il decreto-legge n. 95 del 2012 (c.d. spending review), all’articolo 5, comma 2 pone un limite alle amministrazioni pubbliche per il biennio 2013-2014 per le spese destinate all'acquisto, alla manutenzione, al noleggio e all'esercizio di autovetture, nonché all'acquisto di buoni taxi - limite pari al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2011 -, oltre alle deroghe a tale regime.

 

Agli oneri derivanti dall’attuazione del presente comma, che in base alla relazione tecnica risultano pari a 986.000 euro di mancati risparmi, si provvede mediante corrispondente riduzione degli stanziamenti dei capitoli di spesa iscritti nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e destinati a far fronte agli oneri derivanti dall’acquisto e manutenzione delle autovetture (capitolo n. 1613) e di quelli relativi all’acquisto di mobili ed arredi (capitolo n. 7248), dotati nel bilancio di previsione per il 2014, rispettivamente, di 54,12 milioni e di 1,34 milioni di euro.

La relazione tecnica quantifica con maggiore precisione i mancati risparmi, nella misura di 308.272 euro in ordine all’acquisto di mobili e arredi, 285.523 euro in riferimento all’acquisto e 392.612 euro per quanto concerne l’esercizio e la manutenzione di autovetture.


 

Articolo 1, comma 201
(Riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente)

 

 

Il comma 201 dispone la riduzione del “Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali” di 10 milioni di euro per l’anno 2014, 50 milioni di euro per l’anno 2015, 70 milioni di euro per l’anno 2016 e 95 milioni di euro per l’anno 2017.

 

Il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari, istituito, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154 del 2008, nello stato di previsione del Ministero dell'economia (cap. 7593), è finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti, in termini di cassa, da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato, concessi in virtù di autorizzazioni legislative. All'utilizzo del Fondo per le suddette finalità si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da trasmettere al Parlamento, per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, nonché alla Corte dei conti.

Nel disegno di legge di bilancio a legislazione vigente, il Fondo risultava dotato di risulta dotato di 283,7 milioni nel 2014, 429,7 milioni nel 2015 e a 439,7 milioni nel 2016.

 

Si ricorda che il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari è utilizzato a copertura da altre norme del provvedimento, che ne hanno determinato ulteriori riduzione per 150,5 milioni per il 2014, 55 milioni per il 2015, 75 milioni per il 2016 e 85 milioni dal 2017.

Si tratta, in particolare, delle seguenti disposizioni:

§       Il comma 24 riduce il Fondo nella misura di 30 milioni di euro per il 2015, di 50 milioni di euro per il 2016 e di 70 milioni di euro a decorrere dal 2017, a compensazione degli effetti finanziari derivanti dall’utilizzo di contributi già stanziati per nuove finalità, quali i programmi industriali aeronautici, le imprese armatoriali, il finanziamento di progetti innovativi di prodotti e di processi nel campo navale, di cui al comma 22 del provvedimento;

§       il comma 32 riduce il Fondo di 15 milioni a decorrere dall'anno 2015 a compensazione degli effetti finanziari sull’indebitamento e sul fabbisogno derivanti dalla nuove disposizioni in favore di famiglie e imprese per l’accesso ai fondi garanzia PMI e “prima casa” di cui al comma 31;

§       il comma 166 riduce il Fondo di 100 milioni per il 2014, quale compensazione degli effetti finanziari derivanti della esclusione, per tale importo, dal patto di stabilità interno delle regioni delle spese da esse effettuate in favore delle scuole paritarie;

§       il comma 245 riduce il Fondo di 40,5 milioni di euro per l’anno 2014, a compensazione degli effetti finanziari derivanti dall’attuazione di commi da 226 a 228, recanti un allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno per la regione Molise e la regione Emilia-Romagna, nonché per i comuni e le province dell’Emilia, colpiti dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012, valutati complessivamente in 40,5 milioni;

§       il comma 358 riduce il Fondo di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, a compensazione degli effetti finanziari derivanti della esclusione dal patto di stabilità interno del comune di Campione d’Italia delle spese riferite alle peculiarità territoriali dell'exclave.

Si ricorda, infine, che il Fondo viene, altresì, rifinanziato, dal comma 250 del provvedimento in esame di 190 milioni di euro per l’anno 2014.

 

A seguito del suesposte disposizioni, nel disegno di legge di bilancio per il 2014-2016, come integrato dalla Nota di variazioni, il Fondo risulta così dotato:

 

 

2014

2015

2016

Bilancio a legislazione vigente

283,7

429,7

439,7

Riduzioni

-160,5

-105,0

-145,0

Incremento

190,0

 

 

Dotazione
disegno di legge bilancio 2014-2016

313,2

324,7

294,7

 

 

 


 

Articolo 1, comma 202
(Disposizioni per fronteggiare l’emergenza socio-economica nell’isola di Lampedusa e completamento del programma di metanizzazione del Mezzogiorno)

 

 

Il comma 202, inserito durante l’esame al Senato, reca disposizioni finalizzate a:

§      fronteggiare la grave situazione socio-economica nell'isola di Lampedusa, determinatasi a seguito dell'eccezionale afflusso di cittadini provenienti dai Paesi del Mediterraneo e rafforzare la dotazione di infrastrutture nella medesima isola, onde aumentare l’efficienza dei servizi;

§      consentire il completamento del programma di metanizzazione del Mezzogiorno.

A tal fine vengono assegnate, rispettivamente, 20 milioni di euro per il triennio 2014-2016 e 20 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2021.

 

Per quanto concerne Lampedusa e Linosa, il CIPE assegna al Comune 20 milioni di euro per il triennio 2014-2016, a valere sulle risorse del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) stanziate dalla presente legge per il periodo di programmazione 2014-2020 (si veda l’articolo 1, comma 5, del ddl di stabilità in esame).

 

Il comma in esame dispone quindi che, entro il 31 marzo 2014, il Comune di Lampedusa e Linosa, nei limiti della dotazione finanziaria prevista dal presente comma, presenta al Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, che lo istruisce, un piano di interventi:

§      di miglioramento dell'efficienza della rete idrica;

§      di riqualificazione urbanistica;

§      e di potenziamento e ammodernamento dell'edilizia scolastica.

 

Tale piano deve contenere anche specifiche misure di accelerazione per. l'attuazione degli interventi.

 

L’approvazione del piano è attribuita alla competenza del CIPE, su proposta del Ministro per la coesione territoriale di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in una riunione cui partecipa il Presidente della regione Siciliana.

 

Il comune di Lampedusa e di Linosa può richiedere all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.a.[107] (ex Sviluppo Italia S.p.A., ora INVITALIA) assistenza tecnica per la definizione del Piano e per l'attuazione degli interventi approvati dal CIPE, anche mediante il ricorso alle misure di accelerazione di cui:

§      all'art. 55-bis del D.L. 1/2012;

§      e all'art. 9-bis del D.L. 69/2013.

Nel caso ritenga di avvalersi di tale facoltà, il Comune sottoscrive un’apposita convenzione con il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, ai cui oneri si provvede nell'ambito delle risorse assegnate dalla norma in esame.

 

Si ricorda che

§       l’articolo 55-bis del D.L. n. 1/2012 prevede la possibilità per le amministrazioni, nell’ambito degli interventi nelle aree sottoutilizzate (FSC, fondi comunitari), di avvalersi, sulla base di apposite convenzioni, dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A.;

§       l’articolo 9-bis del D.L. 69/2013 interviene in merito al “contratto istituzionale di sviluppo”, cioè quello strumento che le amministrazioni competenti possono stipulare sia per accelerare l’utilizzo dei fondi strutturali europei, nonché per accelerare la realizzazione di nuovi progetti strategici di rilievo nazionale, interregionale e regionale in relazione a obiettivi e risultati, finanziati con risorse nazionali, dell'Unione europea e del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

 

Le agevolazioni in favore delle piccole e medie imprese localizzate nelle zone franche urbane ricadenti nelle regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia previste dall'articolo 37 del decreto-legge n. 179/2012 sono riconosciute anche alle micro e piccole imprese localizzate nella zona franca urbana del Comune di Lampedusa e Linosa.

 

Si segnala che, in attuazione del citato articolo 37 del decreto-legge n. 179/2012, il decreto interministeriale 10 aprile 2013 (del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) prevede la concessione di agevolazioni, sotto forma di esenzioni fiscali e contributive, in favore di imprese di micro e piccola dimensione localizzate nelle Zone Franche Urbane dell'Obiettivo Convergenza, nonché nel territorio dei comuni della provincia di Carbonia-Iglesias. La Circolare 30 settembre 2013, n. 32024 del Ministero dello sviluppo economico fornisce ulteriori chiarimenti in merito alla tipologia, alle condizioni, ai limiti, alla durata e alle modalità di fruizione delle agevolazioni fiscali e contributive previste dal citato decreto.

 

La zona franca urbana del Comune di Lampedusa e Linosa è stata istituita dall'articolo 23, comma 45, del decreto-legge n. 98/2011, che però subordinava l'efficacia della disposizione alla preventiva autorizzazione da parte dell'UE al fine di assicurarne l’effettiva compatibilità comunitaria.

 

Si segnala, peraltro, che la zona franca urbana di Lampedusa non è al momento operativa.

 

Le Zone Franche Urbane (ZFU) sono aree infra-comunali di dimensione minima prestabilita dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese. Obiettivo prioritario delle ZFU è favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, e con potenzialità di sviluppo inespresse. Sono state istituite con i commi 340-343 dell’art. 1 della legge n. 296/2006, che richiedono un numero di abitanti non superiore a 30.000 abitanti. Le agevolazioni consistono nell’esenzione dalle imposte sui redditi, dall'IRAP, dall'imposta municipale propria e dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente. Il CIPE, con le delibere n. 5/2008 (Criteri e indicatori per l'individuazione e la delimitazione delle zone franche urbane) e n. 14/2009 (Selezione e perimetrazione delle zone franche urbane e ripartizione delle risorse), ha provveduto a definire i criteri per l'individuazione e la delimitazione delle zone franche urbane.

 

Al fine di consentire il completamento del programma di metanizzazione del Mezzogiorno (disciplinato dall'articolo 11 della legge 784/1980) è autorizzata la concessione, ai comuni e ai loro consorzi, di contributi in conto capitale fino ad un massimo del 54 per cento del costo dell'investimento previsto, nel limite di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2021.

I contributi sono erogati qualora l'avanzamento dell'opera raggiunga almeno il 25 per cento della spesa ammessa al finanziamento.

 

Con delibera del CIPE sono stabilite le procedure per la concessione dei contributi secondo le seguenti priorità:

a)   concessione ai comuni che abbiano già presentato, nei tempi previsti, la domanda di contributo ai sensi delle deliberazioni del CIPE n. 99 del 30 giugno 1999 e n. 28 del 29 settembre 2004;

b)   proseguimento del programma generale di metanizzazione del Mezzogiorno, biennio operativo, di cui alla deliberazione CIPE del 30 giugno 1999.

 

Alla copertura di tali impegni finanziari si provvede con due modalità, ognuna della quali contribuisce per un importo massimo di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2021:

§      a valere sulle risorse derivanti dall’incremento dell’aliquota di prodotto che il titolare di ciascuna concessione di coltivazione è tenuto a corrispondere annualmente per le produzioni di idrocarburi liquidi e gassosi ottenute in terraferma operato dall’articolo 45 della legge 99/2009, e precedentemente assegnate totalmente al Fondo preordinato alla riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti per i residenti nelle regioni interessate dalla estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi nonché dalle attività di rigassificazione anche attraverso impianti fissi offshore, istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico;

§      mediante una componente delle tariffe di distribuzione del gas, in misura stabilita dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, nell'ambito della regolazione tariffaria di tali servizi. Le entrate derivanti dalla predetta componente sono versate dalla Cassa conguaglio del settore elettrico all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate nel limite massimo di 10 milioni di euro annui ad apposito capitolo del Ministero dello sviluppo economico.

 


 

Articolo 1, comma 203
(Centro nazionale adroterapia oncologica)

 

 

Il comma 203, introdotto durante l’esame al Senato, autorizza la spesa di 3 milioni di euro per l’anno 2014 favore del Centro nazionale di adroterapia oncologica, per favorire le attività di ricerca, assistenza e cura dei malati oncologici.

Il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica[108] è nato con lo scopo di curare i tumori mediante l’impiego di protoni e di ioni carbonio, particelle appartenenti alla categoria degli adroni. La Fondazione CNAO è anche un Centro di Ricerca e Sviluppo le cui attività spaziano dalla ricerca clinica alla ricerca radiobiologica, a quella transnazionale con l’obiettivo di fornire un continuo miglioramento nella capacità di cura. Il centro ha la natura giuridica di Fondazione (la cui disciplina generale è contenuta nel Libro I del codice civile), ed è stato istituito sulla base delle previsioni di cui all’articolo 92, comma 1, della legge n. 388/2000 (legge finanziaria 2001) che prevede che ai fini della realizzazione del Centro nazionale di adroterapia oncologica è istituito un ente non commerciale dotato di personalità giuridica di diritto privato con la partecipazione di enti di ricerca, individuati con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, e soggetti pubblici e privati.


 

Articolo 1, comma 204
(Economie di spesa per Autorità garante concorrenza e
Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità)

 

 

Il comma 204, introdotto nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, prevede che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e le Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità (Aeeg, Agcom e Autorità nazionale dei trasporti) debbano individuare, secondo i rispettivi ordinamenti, misure di contenimento della spesa dirette a garantire il versamento al bilancio dello Stato di un risparmio complessivo annuo maggiorato del dieci per cento rispetto agli obiettivi di risparmio previsti a legislazione vigente.

 

Quanto all’individuazione dell’ambito di applicazione soggettivo della disposizione in esame, si ricorda, che la definizione di autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità è da ricollegarsi alle previsioni della L. n. 481/1995, la quale, in relazione alla privatizzazione delle imprese erogatrici di servizi pubblici di rete, ha previsto di affidare il controllo dei costi, dei prezzi e della qualità dei servizi ad appositi organismi autonomi con funzioni di regolazione e vigilanza.

Le autorità istituite ai sensi della legge citata sono due: l’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG), con competenza nei settori delle fonti di energia e dei servizi idrici e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), che, invece, ha competenza nei settori delle telecomunicazioni e dell'audiovisivo (radio e televisioni), nonché della regolazione dei servizi postali.

Di recente, è stata altresì istituita la Autorità indipendente di regolazione dei trasporti, ex articolo 37 del D.L. n. 201/2011, che svolge funzioni di regolazione e controllo nel settore dei trasporti e dell'accesso alle relative infrastrutture e ai servizi accessori.

 

Tali misure di contenimento delle spese - anche alternative rispetto alle vigenti disposizioni in materia di finanza pubblica che si applicano a tali autorità - non devono comunque comportare incrementi delle entrate derivanti dai contributi del settore di regolazione, non possono prevedere l'utilizzo degli stanziamenti preordinati alle spese in conto capitale per finanziare spese di parte corrente né possono derogare alle disposizioni in tema di personale.

Il rispetto delle condizioni prescritte dalla disposizione introdotta deve essere verificato dall’organo di controllo interno delle singole autorità.

 

Si segnala che le misure di riduzione e razionalizzazione della spesa pubblica, oggetto degli interventi legislativi più recenti, hanno in numerosi casi riguardato le autorità indipendenti, che provvedono a darvi attuazione nell’ambito della loro autonomia (secondo i rispettivi ordinamenti).

In particolare, si applicano alle autorità per espressa previsione legislativa:

§       l’art. 3, comma 1, D.L. n. 95/2012 (c.d. spending review), relativo all’aggiornamento alla variazione degli indici ISTAT per l’utilizzo in locazione passiva di immobili per finalità istituzionali per il triennio 2012-2014;

§       l’art. 3, commi 4.6, D.L. n. 95/2012, relativo alla riduzione dei canoni di locazione passiva (-15%) degli immobili a uso istituzionale a decorrere dal 2015;

§       l’art. 1, co. 138, L. n. 228/2012 sul divieto di acquisto di immobili a titolo oneroso e di stipulazione di contratti di locazione passiva;

§       l’art. 6, comma 14, D.L. n. 78/2010 e l’art. 5, comma 2, D.L. n. 95/2012 e l’art. 1, D.L. n. 101/2013 sul limite alle spese annue per l’acquisto, la manutenzione, il noleggio e l’esercizio di autovetture, nonché per l’acquisto di buoni taxi;

§       l’art. 6, co. 7, D.L. n. 78/2010, l’art. 5, co. 9, D.L. n. 95/2012 e l’art. 1, co. 5, D.L. n. 101/2013 sui limiti in materia di incarichi di studio e di consulenza;

§       l’art. 1, co. 146 della L. n. 228/2012 sui limiti relativi agli incarichi di consulenza in materia informatica;

§       l’art. 6, commi 8 e 9, D.L. n. 78/2010, sui limiti alle spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza, nonché alle spese per sponsorizzazioni;

§       l’art. 6. comma 12, D.L. n. 78/2010 sui limiti alle spese per missioni;

§       l’art. 6, comma 13, D.L. n. 78/2010 sui limiti alle spese per attività di formazione.

Con particolare riferimento alle misure rivolte alla riduzione delle spese per il personale, si applicano alle autorità:

§       l’art. 5, co. 8, D.L. n. 95/2012 che obbliga il personale, anche di qualifica dirigenziale, alla fruizione di ferie, riposi e permessi senza dar luogo in nessun caso alla c.d. “monetizzazione”;

§       l’art. 5, co. 7, D.L. n. 95/2012 che limita a 7 euro il valore dei buoni-pasto per il personale anche dirigenziale;

§       l’art, 23-ter, co. 2, D.L. n. 201/2011, in materia di trattamento economico annuo onnicomprensivo.

Occorre, inoltre considerare, che l’articolo 8, comma 3, del D.L. n. 95/2012 ha disposto la riduzione di trasferimenti statali alle autorità indipendenti, al fine di ridurre la spesa per consumi intermedi, in misura pari al 5 per cento per il 2012 e al 10 per cento dal 2013 della spesa sostenuta per consumi intermedi nel 2010.

Qualora ciò non fosse possibile per effetto delle operazioni di gestione avvenute nel corso del 2012 o poiché gli enti, dotati di autonomia finanziaria, non ricevono trasferimenti dal bilancio dello Stato, le autorità interessate sono chiamate ad adottare interventi di razionalizzazione della spesa per consumi intermedi tali da assicurare risparmi corrispondenti alle percentuali sopra indicate, da versare annualmente in apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno di ciascun anno (termine fissato al 30 settembre per l’anno in corso).

In relazione al finanziamento delle autorità indipendenti, si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 1, co. 273 e 275, del presente dossier.


 

Articolo 1, comma 205
(Commissariamento province)

 

 

Il comma 205 estende ai casi di scadenza naturale e cessazione anticipata del mandato degli organi provinciali che intervengano tra il 1° gennaio 2014 e il 30 giugno dello stesso anno le disposizioni sul commissariamento delle amministrazioni provinciali prevista dall’art. 1, comma 115, della legge n. 228/2013.

 

Tale comma ha previsto: la sospensione, fino al 31 dicembre 2013, del trasferimento ai Comuni delle funzioni conferite dalla normativa vigente alle Province, nonché del trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali all’esercizio delle funzioni stesse; la sospensione fino al 31 dicembre 2013 dell’applicazione delle disposizioni in materia di città metropolitane; la proroga al 31 dicembre 2013 del termine entro il quale sono stabilite, con legge dello Stato, le modalità di elezione dei componenti del Consiglio provinciale con previsione di gestioni commissariali fino alla stessa data; l'attribuzione di carattere transitorio all’assegnazione delle funzioni di area vasta alle province, effettuata in via definitiva dall’art. 17, comma 10, del D.L. n. 95/2012.

Inoltre il comma ha stabilito che ”nei casi in cui in una data compresa tra il 5 novembre 2012 e il 31 dicembre 2013 si verifichino la scadenza naturale del mandato degli organi delle province, oppure la scadenza dell'incarico di Commissario straordinario delle province nominato ai sensi delle vigenti disposizioni di cui al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o in altri casi di cessazione anticipata del mandato degli organi provinciali ai sensi della legislazione vigente, è nominato un commissario straordinario, ai sensi dell’articolo 141 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per la provvisoria gestione dell'ente fino al 31 dicembre 2013”.

Per la ricostruzione complessiva dello stato della normativa in materia di province a partire dal decreto-legge n. 201/2011 si veda la scheda del comma 291 in questo dossier.

 

Poiché il comma 291 dell’art. 1 del provvedimento in esame proroga al 30 giugno 2014 le gestioni commissariali delle province i cui organi sono giunti a naturale scadenza o cessati anticipatamente dopo l’entrata in vigore dei decreti legge n. 201/2011 e n. 95/2012 e della legge n. 228/2013, si valuti l’opportunità di inserire in tale comma la disposizione in esame.


 

Articolo 1, comma 206 e 207
(Fondazioni lirico-sinfoniche)

 

 

L'articolo 1, comma 206, modificando l’art. 11 del D.L. n. 91/2013 (L. n. 112/2013), reca una nuova disciplina per la definizione delle fondazioni lirico-sinfoniche[109] che possono dotarsi di forme organizzative speciali, da individuare, entro il 28 febbraio 2014, con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Al riguardo, infatti, si ricorda che il DPR n. 117 del 2011 – emanato in attuazione dell’art. 1, co. 1, lett. f), del D.L. n. 64/2010 (L. n. 100/2010)[110] –, che aveva stabilito criteri e modalità per il riconoscimento di forme organizzative speciali per le fondazioni lirico-sinfoniche, è stato successivamente annullato con sentenza del TAR del Lazio, sezione prima, n. 10262 del 7 dicembre 2012. L’annullamento è stato confermato dal Consiglio di Stato, sezione quarta, con sentenza 3119 del 6 giugno 2013[111].

 

Nell’individuazione delle fondazioni che possono dotarsi di forme organizzative speciali, il decreto interministeriale tiene conto della presenza di evidenti peculiarità concernenti:

§       la storia e la cultura operistica e sinfonica italiana;

§       l’assoluta rilevanza internazionale;

§       le eccezionali capacità produttive;

§       i rilevanti ricavi propri;

§       il significativo e continuativo apporto finanziario di privati.

Si tratta, sostanzialmente, di requisiti analoghi a quelli recati dall’art. 1, co. 1, lett. f), del D.L. 64/2010 (L. n. 100/2010), di cui la disposizione in esame fa comunque salvo il rispetto.

Sempre il comma 206 dispone che le fondazioni lirico-sinfoniche dotate di forme organizzative speciali adeguano i propri statuti:

§       nei termini indicati al comma 16” dell’art. 11 del D.L. n. 91/2013 (L. n. 112/2013).

§       L’intenzione sembrerebbe essere quella di confermare, anche per le fondazioni dotate di forma organizzativa speciale, la validità del termine temporale per l’adeguamento degli statuti, fissato al 30 giugno 2014 dal comma 15 (e non dal comma 16) dell’art. 11 del D.L. n. 91/2013.

Al riguardo, dunque, sembrerebbe necessario un chiarimento. Peraltro, laddove tale interpretazione fosse ritenuta corretta, occorrerebbe modificare di conseguenza il riferimento.

 

§       in deroga a quanto disposto dall’art. 11, co. 15, lett. a), numero 2), e lett. b), del D.L. n. 91/2013 (L. n. 112/2013).

§       Le norme richiamate disciplinano, rispettivamente, la presenza e la composizione dell’organo di indirizzo e la partecipazione dei soci privati.

Al riguardo, pertanto, potrebbe essere opportuno precisare meglio gli aspetti derogabili dagli statuti delle fondazioni lirico-sinfoniche dotate di forma organizzativa speciale.

 

Il comma 207 dispone che le funzioni di indirizzo della Fondazione Teatro alla Scala sono svolte dal Consiglio di Amministrazione. Pertanto, alla medesima fondazione non si applica la prescrizione relativa alla presenza del consiglio di indirizzo (di cui al già citato art. 11, co. 15, lett. a), numero 2), del D.L. n. 91/2013), valida per la generalità delle fondazioni lirico-sinfoniche.

 

Sotto il profilo della formulazione del testo, si valuti l’opportunità di intervenire direttamente novellando l’art. 11, co. 15, lett. a), numero 2), del D.L. 91/2013 (in maniera analoga a quanto dispone il numero 1) della medesima lett. a) per la Fondazione dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia).

L’art. 11, comma 15, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) ), al fine di assicurare il rilancio del sistema nazionale musicale di eccellenza, prevede che (tutte) le fondazioni lirico-sinfoniche devono adeguare i propri statuti entro il 30 giugno 2014, attenendosi alle disposizioni indicate. In particolare, i nuovi statuti devono prevedere:

a)    una struttura organizzativa articolata nei seguenti organi:

-      presidente, nella persona del sindaco del comune nel quale ha sede la fondazione, ovvero di persona da lui nominata, con funzioni di rappresentanza giuridica dell'ente. Questa prescrizione non si applica alla Fondazione dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia, che è presieduta dal presidente dell'Accademia stessa, il quale svolge anche funzioni di sovrintendente;

-      consiglio di indirizzo, composto dal presidente e dai membri designati da ciascuno dei fondatori pubblici e dai soci privati che, anche in associazione fra loro, versino almeno il 5% del contributo erogato dallo Stato. Il numero dei componenti del consiglio non può comunque essere superiore a 7, con la maggioranza in ogni caso costituita da membri designati da fondatori pubblici; in base al comma 17 del medesimo art. 11, l’organo di indirizzo esercita le proprie funzioni con l’obbligo di assicurare il pareggio del bilancio[112];

-      sovrintendente, quale unico organo di gestione, nominato dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, su proposta del consiglio di indirizzo; il sovrintendente può essere coadiuvato da un direttore artistico e da un direttore amministrativo;

-      collegio dei revisori dei conti, composto da 3 membri, uno, con funzioni di presidente, designato dal Presidente della Corte dei conti fra i magistrati della Corte, e uno in rappresentanza, rispettivamente, di MEF e MIBACT[113].

b)    la partecipazione dei soci privati in proporzione agli apporti finanziari alla gestione o al patrimonio della fondazione, non inferiori al 3 per cento;

c)    l’articolazione del patrimonio della fondazione in un fondo di dotazione, indisponibile e vincolato al perseguimento delle finalità statutarie, e in un fondo di gestione, destinato alle spese correnti di gestione dell'ente.

Ai sensi del comma 16 del medesimo art. 11 del D.L. n. 91/2013 il mancato adeguamento nei termini indicati dal comma 15 determina l'applicazione dell’art. 21 del D.Lgs. n. 367/1996[114]. Le nuove disposizioni statutarie si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2015, ferma restando la possibilità di anticipare l’entrata in vigore, in caso di rinnovo degli organi in scadenza.


 

Articolo 1, comma 208
(Locazioni passive immobili all’estero
del Ministero degli Affari esteri)

 

 

Il comma 208, introdotto al Senato, aggiunge all’articolo 79 del D.P.R. n. 18 del 1967 recante Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri, un ultimo comma volto a consentire contratti di locazione passiva con durata fino a diciotto anni per gli immobili all'estero destinati a uffici e residenze o comunque necessari all'attività dell'amministrazione degli affari esteri, qualora nel contratto sia inserita la clausola di acquisto dell’immobile locato con riscatto finale o opzione acquisitiva equivalente.


 

Articolo 1, comma 209
(Incorporazione della Sicot nella Consip)

 

 

Il comma 209, introdotto dal Senato,dispone la fusione per l’incorporazione della società SICOT – Sistemi di consulenza per il Tesoro s.r.l., nella società Consip S.p.a., società entrambe in house del Ministero dell’economia e delle finanze e partecipate interamente dallo stesso.

A tal fine la disposizione stabilisce che, al fine della razionalizzazione delle partecipazioni azionarie detenute dal Ministero dell’economia e delle finanze:

§      i consigli di amministrazione delle due società entro 20 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità convocano l’assemblea per l’approvazione del progetto di fusione per incorporazione[115] della SICOT nella Consip;

§      dal momento dell’attuazione dell’incorporazione, la convenzione attualmente in essere tra la SICOT ed il Ministero è risolta, e le attività da essa prevista possono, in tutto od in parte, essere affidate dal Ministero medesimo alla Consip, sulla base di un nuovo rapporto convenzionale.

 

Sulla base di tale procedura la disposizione, come precisa la relazione tecnica, consente di mantenere, affidandole alla Consip, le funzioni attualmente svolte dalla SICOT e, nel contempo realizza un riassetto societario in grado di realizzare economie di scala.

 

In ordine alle due società oggetto della norma, si rammenta che la SICOT opera dal 2001 quale struttura di supporto per fornire assistenza al Dipartimento del Tesoro nelle attività istituzionali relative alla gestione e valorizzazione delle partecipazioni azionarie detenute dalla Pubblica Amministrazione e per l'attuazione dei processi di privatizzazione. La SICOT si configura pertanto quale società in house del Ministero dell’economia e delle finanze, unico socio ed opera sulla base di una Convenzione quinquennale che fissa l’ambito e le modalità delle attività da espletare, determinando il corrispettivo annuo.

L’attività della SICOT, definita annualmente dal Dipartimento del Tesoro, si esplicita principalmente:

§       nel monitoraggio dell’andamento gestionale delle società partecipate dal Ministero dell’economia e delle finanze; nel supporto alle operazioni di finanza straordinaria e di valorizzazione delle partecipate; nell’analisi di progetti di riassetto societario;

§       nell’assistenza in tutte le fasi dei processi di privatizzazione e dismissione;

§       nell’assistenza alla realizzazione dei programmi di valorizzazione dell’attivo e del patrimonio pubblico per i profili inerenti le partecipazioni detenute dal Ministero;

§       nell’elaborazione di analisi e proposte in tema di corporate governance (modelli organizzativi, adeguamenti statutari, ecc.) e su specifiche tematiche societarie e normative.

 

Per quanto concerne la Concessionaria servizi informatici pubblici - CONSIP S.p.A., (istituita in base a quanto previsto dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 414 del 1997)., tale società – il cui capitale è interamente posseduto dal Ministero dell’economia e finanze – è la struttura di servizio per gli acquisti centralizzati di beni e servizi della P.A., svolgendo un ruolo centrale nella disciplina sulla razionalizzazione degli acquisti, in quanto soggetto incaricato della stipula delle convenzioni-quadro cui le amministrazioni pubbliche devono far riferimento per le procedure di acquisto di beni e servizi.

Sull’attività della Consip si sono succeduti numerosi provvedimenti normativi nel tempo, risultandone attualmente un quadro sintetizzabile nei termini seguenti:

§       le amministrazioni statali centrali e periferiche – ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie -sono obbligate ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni quadro stipulate dalla CONSIP ;

§       le restanti amministrazioni pubbliche ivi compresi ovviamente gli enti territoriali hanno la facoltà di ricorrere alle convenzioni Consip o alle convenzioni stipulate dalle centrali regionali di acquisto, ovvero hanno l’obbligo di utilizzarne i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipula dei contratti;

§       gli enti del servizio sanitario nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi di beni e servizi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di acquisto di riferimento, e, qualora non siano operative convenzioni regionali, le convenzioni-quadro stipulate dalla Consip.

Sussiste inoltre l’obbligo (articolo 1 commi 7-9 del decreto-legge n. 95/2012) per le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione a totale partecipazione pubblica diretta o indiretta, di approvvigionarsi attraverso gli strumenti di acquisto e di negoziazione messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionali di riferimento relativamente a specifiche categorie merceologiche: energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile.

 


 

Articolo 1, comma 210
(Trasferimento a Fintecna della società Cinecittà Luce S.p.A.)

 

 

Il comma 210, introdotto dal Senato, modifica le procedure previste per la liquidazione ed il trasferimento della società Cinecittà Luce S.p.A. alla società Fintecna S.p.A., o ad una società da essa interamente controllata.

 

Rispetto alla legislazione vigente di cui al comma 11 del D.L. 98/2011 (L. 111/2011), che dispone la messa in liquidazione della società ai fini del successivo trasferimento, viene pertanto anteposta la fase del trasferimento da effettuarsi entro il termine di 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di stabilità – a quella liquidazione. Quest’ultima deve essere deliberata dalla società cui sarà trasferita Cinecittà Luce S.p.A. entro 30 giorni dall’avvenuto trasferimento.

Con la modifica della disposizione inoltre viene eliminato il riferimento al rendiconto finale delle attività e alla situazione economico-patrimoniale aggiornata, alla cui redazione sono tenuti, in base al testo vigente del comma 11, gli amministratori e il collegio sindacale già in carica presso Cinecittà Luce S.p.A., entro 30 giorni dalla messa in liquidazione della la società, ai fini del suo trasferimento.

La finalità della norma, come peraltro rilevato nella RT presentata durante l’esame in prima lettura al Senato (emendamento 9.100 del Governo), è quella di superare le criticità applicative e interpretative della procedura prevista a legislazione vigente dai commi 11 e 12 dell’articolo 14 del DL. 98/2011, finalizzata alla messa in liquidazione e al trasferimento delle partecipazioni della società Cinecittà Luce S.p.A. alla Fintecna S.p.A. o a una società controllata al 100% (società trasferitaria).

Peraltro, lo stesso art. 14 ha disposto (comma 6) la costituzione di una società a responsabilità limitata, denominata “Istituto Luce – Cinecittà”, con sede a Roma, demandando (comma 8) ad un decreto di natura non regolamentare del MiBAC, di concerto con il MEF, entro 30 giorni dalla costituzione della stessa S.r.l, l’individuazione delle risorse umane, strumentali e patrimoniali appartenenti a Cinecittà Luce S.p.A., da trasferire a titolo gratuito alla nuova società Istituto Luce – Cinecittà S.r.l.. Tuttavia, come peraltro evidenziato dalla Corte dei conti nella Relazione sul controllo eseguito su tale istituto per l’esercizio 2011 (Det. 31/2013), alla data del 30 aprile 2013, il DM di cui al comma 8 non risulta adottato e pertanto non è stato ancora possibile disporre la messa in liquidazione della società.

La RT evidenzia altresì che il nuovo termine fissato dalla norma, che prevede 60 giorni dall’entrata in vigore della disposizione (1° gennaio 2014) entro il quale completare il trasferimento di Cinecittà Luce S.p.A., dovrebbe consentire la conclusione delle procedure di assunzione dei dipendenti di Cinecittà Luce S.p.A. presso il MiBACT, possibilità peraltro prevista al comma 13 del citato articolo 14.

 

Il corrispettivo del trasferimento viene determinato in base alle procedure previste al successivo comma 12.

Il primo periodo del comma 12, come modificato dalla disposizione in commento, stabilisce che entro i 30 giorni successivi alla messa in liquidazione di Cinecittà Luce S.p.A. si provvede alla nomina di un collegio di tre periti designati, rispettivamente, uno dalla società trasferitaria, uno dal MiBACT e uno dal MEF, quest’ultimo con funzioni di presidente, al fine di effettuare, entro 90 giorni da tale designazione, una valutazione estimativa dell’esito finale della liquidazione della società trasferita.

La modifica, inoltre, è finalizzata, coerentemente con il comma precedente, ad eliminare il riferimento alla consegna della situazione economico-patrimoniale della società Cinecittà Luce S.p.A. ai fini della valutazione estimativa da parte del collegio dei tre periti designati che, in base alla legislazione vigente, dovrebbe essere fatta dai medesimi periti entro 90 giorni dalla tale consegna.

 

Il corrispettivo del trasferimento, anche secondo quanto disposto dai restanti periodi del comma 12, dovrà essere determinato sulla base della stima del valore della liquidazione fatta dai periti nominati.

Al riguardo appare opportuno un chiarimento, anche a seguito delle modifiche procedurali che antepongono la fase del trasferimento a quella della messa liquidazione di Cinecittà Luce S.p.A., su come verrà valutato il valore stimato della società, da parte dei periti, prima dell’esito finale della liquidazione, in considerazione del fatto che è stato eliminato il riferimento al rendiconto finale delle attività e alla situazione economico-patrimoniale aggiornata della società posta in liquidazione.

 

 

L’articolo 5-bis, comma 1, del DL. 118/1993 (L. 202/1993) ha disposto la trasformazione dell’Ente autonomo di gestione per il cinema in società per azioni costituito con DPR 575/1958, per provvedere alla gestione delle partecipazioni statali nel settore della produzione cinematografica.

In seguito, l’Ente cinema S.p.A. ha assunto la denominazione di Cinecittà Holding S.p.A. con delibera assembleare del 30 marzo 1998[116]. Essa rimane configurata come una società di diritto privato interamente partecipata dallo Stato, in quanto diretta a fini di interesse generale, e sottoposta al controllo dello Corte dei Conti. L’articolo 12 della L. 237/1999, modificando il comma 2 del citato articolo 5-bis, ha successivamente stabilito che, in attesa del riordino della disciplina generale delle partecipazioni societarie, i diritti dell’azionista vengono esercitati dal Ministero per i beni e le attività culturali[117] che, sulla base dei programmi approvati, assegna ed eroga le relative sovvenzioni a valere sul FUS di cui alla L. 163/1985.

Nel maggio 2009, si è poi perfezionata la fusione per incorporazione dell’Istituto Luce in Cinecittà Holding S.p.A., a seguito del quale il Ministero per i beni e le attività culturali ha emanato due atti di indirizzo[118] per la nuova società denominata Cinecittà Luce S.p.A., in qualità di unico azionista. Tuttavia, come già osservato dalla Corte dei conti, da ultimo nella Relazione sul controllo eseguito su tale istituto per l’esercizio 2009 (Det. 98/2010), con riferimento alle attività indicate dall’azionista, il ruolo di servizio della società è di pieno supporto al settore cinematografico e coerente con la dismissione delle attività e delle partecipazioni strettamente di mercato, tuttavia “non trova corrispondenza in un adeguato ed aggiornato quadro normativo di riferimento, dal quale risultino compiutamente i nuovi compiti della Società”.

Per completezza della ricostruzione normativa, i co. da 6 a 14 dell’art. 14 del DL. 98/2011, già in parte sopra illustrati, hanno disciplinato la costituzione della società a responsabilità limitata Istituto Luce – Cinecittà S.r.L., prevedendo contestualmente la liquidazione ed il trasferimento delle partecipazioni statali della Cinecittà Luce alla Fintecna S.p.A. o ad una società da essa interamente controllata.

 


 

Articolo 1, comma 211
(Modernizzazione del sistema di vendita
della stampa quotidiana e periodica)

 

 

L'articolo 1, comma 211 differisce (dal 1° gennaio 2013) al 31 dicembre 2014 il termine, fissato dall’art. 4, co. 1, del D.L. 63/2012 (L. 103/2012), a decorrere dal quale diviene obbligatoria la tracciabilità delle vendite e delle rese di quotidiani e periodici. Inoltre, prevede la possibilità di accedere, nel 2014, al credito d’imposta già previsto dalla medesima disposizione per l’anno 2012.

 

Al riguardo, la relazione tecnica all’emendamento del Governo 1.900, presentato al Senato, evidenziava che tale credito d’imposta “non ha avuto alcuna applicazione concreta e, conseguentemente, non ha generato ad oggi alcun onere finanziario”.

 

L’art. 4, comma 1, del D.L. 63/2012 (L. 103/2012), al fine di favorire la modernizzazione del sistema del sistema di distribuzione e vendita della stampa quotidiana e periodica, ha reso obbligatoria, a decorrere dal 1° gennaio 2013, la tracciabilità delle vendite e delle rese di quotidiani e periodici, attraverso l’utilizzo di opportuni strumenti informatici e telematici basati sulla lettura del codice a barre. La gestione degli strumenti informatici e della rete telematica è svolta, in maniera condivisa, con la partecipazione di tutti i componenti della filiera distributiva (editori, distributori e rivenditori), che stabiliscono di comune accordo lo sviluppo della rete, la gestione dati e i costi di collegamento.

Il medesimo comma, inoltre, per sostenere l'adeguamento tecnologico degli operatori, prevedeva – nel rispetto della regola “de minimis”, di cui al regolamento CE n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006 (per il quale si v. ante, scheda relativa all’art. 1, co. 167) – l’attribuzione di un credito di imposta per l’anno 2012, per un importo comunque non superiore a 10 milioni di euro e pari ai risparmi effettivamente conseguiti dall’attuazione del comma 3 (volto a porre termine ad un contenzioso instauratosi in relazione all'art. 56, co. 4, della L. 99/2009, in materia di agevolazioni postali per la spedizione di prodotti editoriali)[119].

I risparmi derivanti dal comma 3 dovevano essere accertati con apposito DPCM ovvero con decreto del Sottosegretario delegato[120]. Inoltre, con DPCM, di concerto con il MEF, dovevano essere, inoltre, definiti condizioni, termini e modalità di attuazione di tali disposizioni, anche con riguardo alla fruizione del credito di imposta.

 

La già citata relazione tecnica sottolineava, altresì, che “la complessa vicenda si sta concludendo in questi giorni, con la determinazione del quantum dovuto a Poste italiane rispetto ai 50 milioni già previsti in bilancio; in particolare, è stato definito che il risparmio congiuntamente stimato dovrebbe attestarsi intorno ai 5 milioni di euro. La differenza – appositamente richiamata dal fondo delle partite perente del bilancio della PCM – sarà corrisposta a Poste Italiane entro dicembre 2013. Soltanto in quel momento sarà possibile adottare il provvedimento di accertamento dei risparmi conseguiti e, successivamente, il D.P.C.M., da adottarsi di concerto con il MEF, che definirà condizioni, termini e modalità di applicazione del presente credito di imposta”.

Aggiungeva, infine, che, ad integrazione delle risorse accertate, si sarebbero aggiunte quelle provenienti dall’applicazione dell’art. 1, comma 212 (per il quale v. infra), fermo restando il tetto massimo di spesa già stabilito in 10 milioni di euro dalla disciplina vigente.

 


 

Articolo 1, comma 212
(Soppressione del credito d'imposta per promuovere l'offerta on line di opere dell'ingegno e trasferimento di somme a favore
del credito d’imposta per l’adeguamento tecnologico
degli operatori dell’editoria
)

 

 

L'articolo 1, comma 212, prevede la soppressione del credito d’imposta riconosciuto per gli anni 2013, 2014 e 2015 alle imprese che sviluppano nel territorio italiano piattaforme telematiche per la distribuzione, la vendita e il noleggio di opere dell’ingegno digitali.

 

Al riguardo, la relazione tecnica all’emendamento del Governo 1.900, presentato al Senato, evidenziava che il citato credito d’imposta non ha trovato alcuna concreta attuazione, anche in ragione della eccessiva indeterminatezza della fattispecie e dei criteri per il riconoscimento dell’agevolazione.

 

In particolare, il comma 212 abroga, con decorrenza dalla data di entrata in vigore del D.P.C.M. di cui all’art. 1, comma 387, l’art. 11-bis del D.L. n. 179/2012 (L. n. 221/2012), limitatamente ai commi 1, 2 e 3.

Si dispone, inoltre, che le somme destinate per l’anno 2014 al sopprimendo credito d'imposta – come rideterminate ai sensi del già citato D.P.C.M. – sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate alla dotazione del credito d’imposta attribuito per sostenere l’adeguamento tecnologico degli operatori dell’editoria, di cui all’art. 4, co. 1, del D.L. n. 63/2012 (L. n. 103/2012), sul quale interviene anche l’art. 1, co. 211 (v. supra).

 

L’art. 11-bis, co. 1, del D.L. n. 179/2012 (L. n. 221/2012), al fine di migliorare l’offerta legale di opere dell’ingegno[121] mediante le reti di comunicazione elettronica, ha attribuito – nel rispetto della regola “de minimis”, di cui al regolamento CE n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006 (per il quale si v. ante, scheda relativa all’art. 1, co. 167) – un credito d’imposta pari al 25 per cento dei costi sostenuti alle imprese che sviluppano nel territorio italiano piattaforme telematiche per la distribuzione, la vendita e il noleggio di opere dell’ingegno digitali.

Ai sensi del comma 2, l’agevolazione si applica per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, nel limite di spesa di 5 milioni di euro annui e fino a esaurimento delle risorse disponibili.

Inoltre, secondo quanto stabilito dal comma 3, essa:

§      non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile Irap;

§      non rileva ai fini del rapporto tra l’ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa, ed è utilizzabile ai fini dei versamenti delle imposte sui redditi e dell’Irap dovute per il periodo d’imposta in cui sono state sostenute le spese;

§      non è rimborsabile, ma non limita il diritto al rimborso di imposte spettante ad altro titolo.

L’eventuale eccedenza è utilizzabile in compensazione a decorrere dal mese successivo al termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta con riferimento al quale il credito è concesso.

Ai sensi del comma 4, alla copertura del relativo onere si provvede - con decreti dirigenziali dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato - mediante incremento della misura del prelievo erariale unico in materia di giochi pubblici, nonché della percentuale del compenso per le attività di gestione ovvero per quella dei punti vendita, al fine di assicurare maggiori entrate in misura non inferiore a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015.


 

Articolo 1, comma 213
(Proroga della sospensione di agevolazioni tariffarie
postali editoriali)

 

 

L'articolo 1, comma 213, conferma la sospensione del regime tariffario postale agevolato per la spedizione di alcuni prodotti editoriali fino al 31 dicembre 2016. Il termine era in scadenza al 31 dicembre 2013.

Si tratta delle spedizioni dei prodotti editoriali effettuate dalle imprese editrici di quotidiani e periodici iscritte al Registro degli operatori di comunicazione (ROC) e dalle imprese editrici di libri.

La sospensione dell’agevolazione era stata disposta dal comma 1-bis dell’articolo 2 del D.L. n. 125/2010, per il periodo compreso tra il 1° settembre 2010 e il 31 dicembre 2012, poi prorogato al 2013.

Il regime tariffario applicabile successivamente alla sospensione delle agevolazioni è contenuto nel decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 ottobre 2010, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 23 novembre 2010, n. 274, che ha individuato le tariffe massime applicabili per tale periodo alle spedizioni di prodotti editoriali, ad esclusione dei libri spediti tramite pacchi.

 

Per le spedizioni di prodotti editoriali da parte delle associazioni e organizzazioni senza fini di lucro iscritte nel Registro degli operatori di comunicazione (ROC) e delle associazioni d'arma e combattentistiche si applica fino al 31 dicembre 2016 lo speciale regime tariffario già previsto dall’articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 216/2011 per il periodo fino al 31 dicembre 2013.

Le associazioni ed organizzazioni senza fini di lucro destinatarie dell’agevolazione sono le seguenti:

§       le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, di cui all'articolo 10 del D.Lgs. n. 460/1997;

§       le organizzazioni di volontariato, di cui alla legge n. 266/1991;

§       le organizzazioni non governative riconosciute ai sensi dell'articolo 28 della legge n. 49/1987:

§       le associazioni di promozione sociale, di cui alla legge n. 383/2000;

§       le fondazioni ed associazioni senza fini di lucro aventi scopi religiosi;

§       gli enti ecclesiastici;

§       le associazioni storiche operanti, per statuto, da almeno cinquanta anni per la conoscenza, la difesa e la valorizzazione dell'ambiente naturale;

§       le associazioni riconosciute a carattere nazionale aventi per oggetto statutario, da più di quaranta anni, lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca oncologica;

§       le associazioni dei profughi istriani, fiumani e dalmati.

Le associazioni combattentistiche, vigilate dalla Presidenza del Consiglio o dal Ministero della difesa o dal Ministero dell’interno, sono indicate dalla legge 31 gennaio 1994, n. 93, e aderiscono alla Confederazione italiana fra le associazioni combattentistiche e partigiane, costituitasi nel 1979; le associazioni d’arma, vigilate dal Ministero della difesa, sono indicate dall’articolo 941 del Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90) e sono iscritte in apposito albo, tenuto dal Ministero della difesa.


 

Articolo 1, comma 214
(Disciplina transitoria per la concessione dei contributi ai
periodici italiani diffusi all’estero)

 

 

L'articolo 1, comma 214, stabilisce la reviviscenza dei criteri e delle modalità per la concessione dei contributi alla stampa periodica italiana diffusa all’estero stabiliti dal D.P.R. n. 48 del 1983, già abrogato dall’art. 6 del D.L. n. 63/2012 (L. n. 103/2012). La disciplina è reintrodotta nelle more dell’emanazione del decreto del Presidente della Repubblica che, ai sensi dell’art. 1-bis, co. 3, del medesimo D.L. n. 63/2012, dovrà ridefinire criteri e modalità di accesso alle provvidenze.

 

La relazione tecnica all’emendamento 1.900 del Governo, presentato al Senato, evidenziava che “la proroga si rende indispensabile, posto che il complesso iter di approvazione del nuovo regolamento di settore (…) non si è ancora concluso”. Sottolinea, inoltre, che con tale proroga “viene resa pertanto possibile l’erogazione dei fondi già stanziati dall’art. 1-bis del D.L. n. 63/2012”.

Come si evince dal comunicato stampa presente sul sito del Governo, lo schema di D.P.R. è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri in data 8 novembre 2013 e non è stato ancora trasmesso alle Camere per l’espressione del parere.

 

L’art. 1-bis, del D.L. n. 63/2012 (L. n. 103/2012)[122] ha stabilito una nuova disciplina per la concessione dei contributi per la stampa periodica italiana diffusa all’estero, autorizzando, in particolare, a decorrere dai contributi relativi all’anno 2012, la spesa di 2 milioni di euro annui in favore dei periodici italiani pubblicati all’estero da almeno tre anni e delle pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale edite in Italia e diffuse prevalentemente all’estero da almeno tre anni, anche tramite abbonamenti a titolo oneroso per le pubblicazioni on line[123]. Al riguardo, si veda anche supra, quanto dispone l’art. 1, comma 186, del ddl di stabilità.

In particolare, il comma 2 dell’art. 1-bis ha stabilito i parametri per la determinazione della misura dei contributi[124].

Il comma 3 ha affidato a un D.P.R. – da emanarsi previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro degli affari esteri, sentite le competenti Commissioni parlamentari – la definizione dei criteri e delle modalità per la concessione dei contributi, tenendo conto del numero di uscite annue, del numero di pagine pubblicate e del numero di copie vendute, anche in formato digitale, e riservando un’apposita quota parte alle testate che esprimono specifiche appartenenze politiche, culturali e religiose.

In conseguenza della nuova disciplina introdotta, l’art. 6 del D.L. n. 63/2012 ha disposto, tra l’altro, l’abrogazione dell’art. 26 della L. n. 416/1981 e del D.P.R. n. 48/1983.

 

In particolare, l’art. 2 del D.P.R. n. 48/1983 prevedeva che i contributi fossero destinati:

1)    a giornali e riviste, pubblicati e diffusi all'estero, che trattano, con testi scritti prevalentemente in lingua italiana, argomenti concernenti i fatti italiani e i problemi dei lavoratori italiani all'estero;

2)    a pubblicazioni che siano effettivamente uscite con almeno quattro numeri nel corso dell'anno solare di riferimento, edite in Italia, diffuse prevalentemente all'estero, che trattino argomenti concernenti i fatti italiani e i problemi dell'emigrazione e la cui impresa editrice sia iscritta al Registro nazionale della stampa (ora al ROC).


 

Articolo 1, comma 215
(Contenimento della spesa di personale della Banca d’Italia)

 

 

Il comma 215, introdotto al Senato, reca disposizioni volte al contenimento della spesa del personale della Banca d’Italia.

In particolare, dispone che la Banca d’Italia, nell’ambito della propria autonomia, tenga conto dei principi di contenimento della spesa di cui ai commi 301-326 (alle cui schede di lettura si rimanda). Qualora sulle materie oggetto di contrattazione non si riesca a raggiungere un accordo con le organizzazioni sindacali in un tempo utile all’attuazione dei suddetti principi, la Banca d'Italia provvede sulle materie oggetto del mancato accordo, fino alla successiva eventuale sottoscrizione dell'accordo.


 

Articolo 1, comma 216
(Accertamenti medico legali per dipendenti assenti per malattia)

 

Il comma 216, introdotto al Senato, definisce le procedure per il riparto tra le regioni delle risorse finanziarie per la copertura degli oneri relativi agli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti per malattia, eseguiti dalle aziende sanitarie locali.

In particolare, la quota delle risorse per il riparto tra le regioni dei suddetti oneri è ripartita annualmente tra le regioni stesse con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base di una proposta della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome da trasmettere entro il 31 marzo di ciascun anno con riferimento ai dati relativi all'anno precedente, previa intesa in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il suddetto decreto è predisposto dal Ministero dell'economia e delle finanze. Le singole regioni provvedono quindi all'assegnazione delle rispettive quote così determinate agli enti da esse vigilati.

Si specifica altresì che le risorse in oggetto non possono essere destinate a finalità diversa da quella riguardante gli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti per malattia e che gli oneri relativi a tali accertamenti non possono eccedere le risorse medesime.

 

Si ricorda che il richiamato articolo 17, comma 5, del D.L. 98/2011, riguarda la materia dell’onerosità degli accertamenti medico-legali sui dipendenti pubblici assenti dal servizio per malattia, al fine di tener conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 207/2010 che ha stabilito che gli oneri per tali accertamenti non possono restare a carico delle aziende sanitarie locali e gravare sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Conseguentemente, il comma in oggetto prevede la destinazione di risorse, nel limite massimo di 70 milioni di euro annui, per la copertura di oneri a carico delle pubbliche amministrazioni derivanti dall’eventuale applicazione di tariffe da parte delle regioni. Alle risorse si fa fronte per gli anni 2011 e 2012, a valere sulla quota delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale non impiegata, in sede di riparto, a seguito della citata sentenza della Corte e, a decorrere dall’esercizio 2013, mediante riduzione di 70 milioni di euro del livello di finanziamento del SSN.


 

Articolo 1, comma 217
(Estensione dell’attività della Consip S.p.A.)

 

 

Il comma 217, introdotto dal Senato, dispone che le amministrazioni pubbliche centrali possano avvalersi di Consip S.p.A. quale centrale di committenza anche per l’acquisizione di beni e servizi di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria.

 

A tal fine la disposizione interviene sull’articolo 29, comma 1, del decreto-legge n.201 del 2011[125] che, al fine di facilitare l’acquisizione di beni e servizi da parte della PA, ha disposto che le amministrazioni pubbliche centrali inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione[126], possono avvalersi, sulla base di apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti, di Consip S.p.A[127]., nella sua qualità di centrale di committenza ai sensi dell'articolo 3, comma 34, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (recante il codice dei contratti pubblici), per le acquisizioni di beni e servizi “al di sopra della soglia di rilievo comunitario.[128].

Gli importi delle soglie dei contratti pubblici di rilevanza comunitaria definiti dall’articolo 28 suddetto sono:

§      130.000 euro per gli appalti pubblici di forniture e di servizi (diversi da quelli a cui si applica la soglia di 200.000 euro) aggiudicati dalle amministrazioni centrali ;

§      200.000 euro per gli appalti pubblici di forniture e di servizi aggiudicati da stazioni appaltanti diverse dalle amministrazioni centrali, nonché per gli appalti concernenti specifiche categorie di servizi indicate nella norma indetti da tutte le stazioni appaltanti;

§      5.000.000 euro per gli appalti di lavori pubblici e per le concessioni di lavori pubblici.

Il comma in esame sopprime tali parole, eliminando pertanto il limite di importo al di sotto del quale le amministrazioni interessate non possono avvalersi della attività Consip come centrale di committenza.

La disposizione è volta a produrre un più intenso rapporto collaborativo tra le amministrazioni pubbliche e la Consip, consentendo di svolgere operazioni relative alle acquisizioni di importo sia superiore che inferiore alla soglia comunitaria, con una migliore efficienza complessiva del processo. Inoltre, si osserva, essa determinerebbe una miglior coerenza ordinamentale tra il primo ed il secondo comma dell’articolo 29, atteso che quest’ultimo prevede che gli enti di previdenza possano avvalersi della Consip medesima quale centrale di committenza, senza delimitare – a differenza di quanto prevede ora il primo comma - tale avvilimento alle acquisizioni di importo superiore alla soglia di rilevanza comunitaria.

 

La norma in esame si applica alle amministrazioni pubbliche centrali che, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge n. 196/2009, sono identificate con “gli enti e gli altri soggetti che costituiscono il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche individuati dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti comunitari”. Il comma 3 dell’articolo 1 della medesima legge prevede che la ricognizione delle amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 è operata annualmente dall'ISTAT con proprio provvedimento e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre. Si fa presente che le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato sono state individuate, da ultimo nell'elenco di cui al Comunicato del 30 settembre 2013.

 

Si ricorda che il Codice dei contratti pubblici ha trasposto nell’ordinamento nazionale (art. 3, comma 34 e art. 33) le disposizioni in materia di centrali di committenza previste dalla normativa europea (art. 1, par. 10 e art. 11 della direttiva 2004/18/CE e art. 1, par. 8 e art. 29 della direttiva 2004/17/CE). Il ricorso a centri unici di imputazione di appalti non è un obbligo, ma è rimesso alla facoltà dei singoli Stati darvi attuazione nei loro ordinamenti (considerando n. 16). Ai sensi dell’art. 3, comma 34, del Codice dei contratti pubblici, la centrale di committenza è un'amministrazione aggiudicatrice che:

§      acquista forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori;

§      aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori.

L’art. 33 prevede, quindi, che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori possono acquisire lavori, servizi e forniture facendo ricorso a centrali di committenza, anche associandosi o consorziandosi e che tali centrali sono tenute all’osservanza del codice.

L’istituto della centrale di committenza è entrato nell’ordinamento italiano con il D.M. 24 febbraio 2000, emanato sulla base dell’art. 26 della legge n. 488/1999 (legge finanziaria per il 2000)che ha affidato a Consip S.p.A: il compito di stipulare convenzioni e contratti quadro per l’acquisto di beni e servizi per conto delle amministrazioni dello Stato.

Per ciò che riguarda l’intervento di CONSIP, infine, si ricorda che per gli acquisti di importo superiore alla soglia comunitaria, l’articolo 2, comma 574 della legge n. 244/2007 (legge finanziaria per il 2008) prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze, entro il mese di marzo di ogni anno, individui [129], con decreto, le tipologie dei beni e dei servizi non oggetto di convenzioni stipulate da CONSIP Spa per le quali le amministrazioni statali centrali e periferiche hanno l’obbligo di ricorrere alla CONSIP Spa in qualità di stazione appaltante ai fini dell’espletamento dell’appalto e dell’accordo quadro[130], anche con l’utilizzo dei sistemi telematici. Le tipologie di tali beni e servizi sono state individuate da ultimo con il D.M. 12 febbraio 2009 [131].

 


 

Articolo 1, comma 218
(Assunzioni in magistratura, progetti formativi tirocinanti presso gli uffici giudiziari, incentivazione personale amministrativo
Ministero della giustizia
)

 

 

Il comma 218 - introdotto dal Senato - sostituisce integralmente il comma 11 dell'articolo 37 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98. La nuova formulazione del predetto comma prevede che con D.P.C.M., di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e della giustizia, sia stabilita la ripartizione in quote delle risorse confluite nel capitolo del Ministero della giustizia in cui è versato il maggior gettito derivante dall’aumento del contributo unificato - previsto dallo stesso art. 37, che a sua volta ha novellato il testo unico sulle spese di giustizia, D.P.R. n. 115/2002 – (con esclusione del contributo unificato nel processo tributario), per essere destinate:

§      in via prioritaria, all'assunzione di personale di magistratura ordinaria;

§       nonché, per il solo 2014, per migliorare l'efficienza degli uffici giudiziari e per consentire lo svolgimento di un periodo di perfezionamento - da completare entro il 31 dicembre 2014 - a coloro che hanno completato il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari (ex art. 1, comma 25, della legge n. 228/2012, legge di stabilità 2013); il relativo limite di spesa è fissato in 7,5 milioni di euro. La titolarità del relativo progetto formativo è assegnata al Ministero della giustizia.

Si osserva come non appaia chiaro il riferimento al completamento del tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari in relazione all’art.1, comma 25, della legge di stabilità 2013. Il riferimento normativo corretto sembra essere quello all’art. 73 del cd. decreto-legge “Fare” n. 69/2013 (legge n. 98/2013)

§       a decorrere dall'anno 2015 “tale ultima quota” (la formulazione sembra riferirsi ai 7,5 mln di euro destinata ai sopracitati progetti formativi del 2014) è destinata all'incentivazione del personale amministrativo appartenente agli uffici giudiziari che abbiano raggiunto gli obiettivi di cui al comma 12 del medesimo articolo 37 (ovvero quelli nei quali, alla data del 31 dicembre 2014, risultino pendenti procedimenti civili e amministrativi in numero ridotto di almeno il 10 % rispetto all'anno precedente), anche in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 9, comma 2-bis , del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, e alle spese di funzionamento degli uffici giudiziari.

 

La riassegnazione delle risorse derivanti dall’indicato aumento del contributo unificato (previsto dal D.L. n. 98/2011) è effettuata al netto di quelle utilizzate per le assunzioni del personale di magistratura ordinaria.

La parte innovativa del nuovo comma 11 - rispetto al testo vigente - è quella relativa, per il 2014, al perfezionamento del tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari. Nel testo oggi vigente è fatto riferimento invece ai lavoratori cassintegrati, in mobilità, socialmente utili e ai disoccupati e agli inoccupati.

Per il solo anno 2013, a costoro, che a partire dal 2010 abbiano partecipato a progetti formativi regionali o provinciali presso gli uffici giudiziari, sono destinati i 7,5 milioni di euro per consentire il completamento del percorso formativo entro il 31 dicembre 2013.

 

Come accennato, il comma 218 differisce, inoltre, di un anno (dal 2014 al 2015) l'utilizzazione di una parte delle risorse in questione per l'incentivazione economica del personale amministrativo.


 

Articolo 1, comma 219
(Minoranze linguistiche slovene)

 

 

Il comma 219, introdotto nel corso dell’esame al Senato, incrementa di 3,4 milioni, per gli anni 2014, 2015 e 2016, l’autorizzazione di spesa prevista dagli articoli 8 e 21 della legge n. 38 del 2001[132] relativi, rispettivamente, all’uso della lingua slovena nella pubblica amministrazione (a cui sono destinati 2,9 mln in più) e alla tutela degli interessi sociali, economici e ambientali (+ 500.000 euro) nei territori in cui la minoranza slovena sia tradizionalmente presente.

 

Conseguentemente la disposizione incrementa di 3,4 milioni per ciascuno degli anni 2014-2016, in Tabella C, il contributo statale previsto dal richiamato articolo 16, comma 2, della legge n. 38 del 2001, relativo al contributo alla regione Friuli Venezia Giulia per la tutela della minoranza slovena, iscritto sul cap. 7513/Economia.

La dotazione del cap. 7513/Economia – per la quota esposta in Tabella C - risulta pari a 5,6 milioni per il 2014, a 5,1 milioni per il 2015 e a 5,1 milioni per il 2016.

 

A seguito della modifiche disposte e dell’approvazione della nota di variazioni la dotazione complessiva del cap. 7513 risulterebbe pari a 9,4 milioni per il 2014, a 9,2 milioni per il 2015 e a circa 9,4 mln per il 2015.

 

Si fa presente che l’art. 8 della legge n. 38/2001, al fine di sostenere il diritto all'uso della lingua slovena nei rapporti con le autorità amministrative e giudiziarie locali, autorizza, a decorrere dal 2001, la spesa massima di circa 3 milioni di euro annui[133] per l’uso della lingua slovena nella pubblica amministrazione rimettendo, poi, a un decreto ministeriale, da emanare entro il 31 gennaio di ciascun anno, la determinazione di termini e modalità per la ripartizione di tali risorse tra i soggetti interessati.

Il successivo art. 21 autorizza, altresì, la spesa massima di circa 515 milioni di euro[134] milioni annui, a decorrere dall'anno 2001, per la tutela degli interessi sociali, economici ed ambientali nei territori ove risiedono minoranze di lingua slovena.

Per favorire la comprensione della portata delle misure di cui si discute, si segnala che con il D.P.R. 12 settembre 2007 è stata approvata la tabella dei comuni del Friuli-Venezia Giulia nei quali si applicano le misure di tutela della minoranza slovena, a norma dell'articolo 4 della L. n. 38/2001.

Si ricorda che l’art. 16, della L. n. 38/2001 stabilisce che la regione Friuli-Venezia Giulia provveda al sostegno delle attività e delle iniziative culturali, artistiche, sportive, ricreative, scientifiche, educative, informative e editoriali promosse e svolte da istituzioni ed associazioni della minoranza slovena consultando, a tale scopo, le istituzioni, anche di natura associativa, della minoranza stessa. La norma prosegue prevedendo che, per le suddette finalità, vengono erogati dei contributi da parte dello Stato che confluiscono in un apposito fondo nel bilancio della Regione Friuli-Venezia Giulia. L’ammontare del Fondo è determinato annualmente, a partire dagli anni successivi al 2002, in sede di legge finanziaria (oggi legge di stabilità)[135].

La legge di stabilità 2013 (L. n. 228/2012, art. 1, co. 119) aveva ridotto di 2,7 milioni, a decorrere dal 2013, l’autorizzazione di spesa prevista dagli articoli 8 e 21 della legge n. 38 del 2001.

 



[1]     L’esame della Nota di aggiornamento del DEF 2013 si è concluso con l’approvazione di risoluzioni parlamentari approvate, nelle seduta del 9 ottobre 2013, rispettivamente dall’Assemblea della Camera e dal Senato. Le risoluzioni indicano una saldo netto da finanziare, al netto delle regolazioni debitorie, pari a -39,1 miliardi per il 2014, -18,2 miliardi per il 2015 e -1,2 miliardi per il 2016.

[2]     v. ad es. la voce “rimborsi IVA”.

[3]     v. ad es. la voce iscritta nella tabella C del ddl legge di stabilità relativa al saldo IRAP: in termini di indebitamento, gli effetti si sono manifestati negli esercizi nei quali le regioni hanno effettuato la spesa sanitaria al cui finanziamento è finalizzato il gettito di tale imposta, e gli effetti sul fabbisogno di cassa si sono manifestati in relazione alle anticipazioni di tesoreria di cui all’art. 1, comma 796, lett.d), della legge 296/2006.

[4]     Questa seconda procedura è stata seguita, ad esempio, per i rimborsi connessi alla sentenza della Corte di giustizia europea sulla deducibilità dell’IVA sulle auto aziendali.

[5]     Cfr Ragioneria generale dello Stato, Servizio Studi, “I principali saldi di finanza pubblica: definizioni, utilizzo, raccordi”, 2008.

[6]     Si ricorda che l’articolo 21, comma 1, del D.L. 201/2011 ha soppresso, dal 1° gennaio 2012, l’INPDAP e l’ENPALS, con conseguente trasferimento delle funzioni all’INPS.

[7]     “Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro”.

[8]     Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, promozione e programmazione politiche sociali, monitoraggio e valutazione interventi.

[9]     Ai sensi del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, recante “Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali”, attuativo della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) ha assunto la denominazione di “Fondo per lo sviluppo e la coesione".

      A decorrere dal 2003, le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate del Paese sono state concentrate in un Fondo di carattere generale (Fondo per le aree sottoutilizzate - FAS), ai sensi della legge n. 289/2002. Nel Fondo sono iscritte tutte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali, destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale, nonché a incentivi e investimenti pubblici. Per quanto concerne il riparto delle risorse, l’articolo 61, comma 3, della legge n. 289/2002 attribuisce al CIPE il compito di ripartire, con proprie deliberazioni, la dotazione del Fondo per le aree sottoutilizzate tra gli interventi in esso compresi.

[10]    Si ricorda, peraltro, che il citato comma 8 stabilisce che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delegato per la politica di coesione territoriale, sono definite le procedure di spesa, le modalità di gestione delle risorse e la rendicontazione dell'utilizzo delle risorse del FSC in attuazione dei programmi delle delibere CIPE.

[11]    Il pacchetto di norme approvato comprende quattro regolamenti riguardanti i pagamenti diretti (COM(2011)625), l'organizzazione comune di mercato unica (OCM) (COM(2011)626, lo sviluppo rurale (COM(2011)627) e un regolamento orizzontale sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della PAC (COM(2011)628) ed il regolamento relativo al regime transitorio per il 2014 (COM(2013)226).

[12]    L'articolo 5, comma 7, lettera a) del D.L. n. 269/2003 dispone che Cassa depositi concede finanziamenti nei confronti dello Stato, degli enti territoriali, degli enti ed organismi pubblici utilizzando i fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale e di buoni fruttiferi postali assistiti da garanzia dello Stato e distribuiti attraverso Poste S.p.a o sue società controllate, e i fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni che possono essere assistiti da garanzia statale. L'utilizzo di tali fondi e' consentito anche per il compimento di qualsiasi altra operazione di interesse pubblico prevista dallo statuto sociale di Cassa nei confronti dei soggetti sopra indicati o dai medesimi promosso, tenuto conto della fattibilità economico finanziaria di ciascuna operazione. Per la gestione di tali Fondi, Cassa adotta un regime di separazione amministrativa e contabile, ai sensi dell'articolo 5, comma 8 del medesimo D.L. n. 269. Si tratta di risorse cd. "in gestione separata".

[13]    Si tratta delle risorse della raccolta postale e degli altri fondi con garanzia statale.

[14]    Recante misure anticrisi, nonché proroga di termini, convertito con la legge n.102 del 2009.

[15]    La Cassa depositi e prestiti (CDP) è società per azioni partecipata dal Ministero dell’economia e delle finanze (al 70%) e da 65 fondazioni bancarie (rimanente 30%) con competenze relative al finanziamento di amministrazioni statali e territoriali, nonché di altri enti ed organismi a rilevanza pubblica, con provvista derivante dalla raccolta del risparmio postale. La Cassa concede inoltre finanziamenti volti a favorire lo sviluppo degli investimenti pubblici, delle opere infrastrutturali per i servizi pubblici di carattere locale e delle opere di interesse nazionale, mediante emissione di titoli e operazioni di raccolta. La sua configurazione giuridica è di “intermediario finanziario non bancario”, soggetta alla vigilanza della Banca d’Italia nelle forme previste per gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del Testo unico bancario, individuati dal Ministro dell’economia, sentite la Banca d’Italia e la Consob.

[16]    La Società per i servizi assicurativi del commercio estero (SACE), riformata dal D.Lgs. 143/1998 (disposizioni in materia di commercio con l’estero in attuazione delle deleghe di cui alla legge 59/97), come modificato dal D.Lgs. n. 170/1999, ha la funzione di assumere in assicurazione e in riassicurazione la garanzia sui rischi (di carattere politico, catastrofico, economico, commerciale e dei cambi) ai quali sono esposti gli operatori nazionali nella loro attività con l'estero. Successivamente, l’art.6 del decreto-legge 269 del 2003 (legge 326/2003) ha disposto la trasformazione della SACE in società per azioni, attribuite al Ministero dell’economia, con decorrenza dal 1 gennaio 2004.

[17]    Legge 30 aprile 1999, n.130 “Disciplina sulla cartolarizzazione dei crediti”.

[18]    Recante disposizioni urgenti in materia di IMU ed altra fiscalità immobiliare, convertito dalla legge n.124/2013.

[19]    I poteri di indirizzo e di vigilanza, anche regolamentari sulle attività in regime di gestione separata di CDP S.p.A. sono attribuiti al Ministero dell'economia e delle finanze (D.M. 5 dicembre 2003).

[20]    Recante “Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti”, convertito con la legge n. 99 del 2013.

[21]    Notizie sull’autostrada con aggiornamenti sullo stato di attuazione degli interventi sono disponibili sul sito http://www.stradeanas.it/index.php?/lavori/salerno_reggio/index

[22]    Per una descrizione dell’opera si veda la scheda n. 53 del 7° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo” del Servizio Studi della Camera dei deputati, predisposta in collaborazione con l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che reca un aggiornamento dei costi e dello stato di attuazione al 30 settembre 2012.

[23]    Per informazioni sullo stato di attuazione dell’opera con dati aggiornati al 30 settembre 2012 si consulti la scheda n. 64 del 7° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo” predisposto dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici.

[24]    Fonte Anas S.p.A.

[25]    Recante Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa.

[26]    Si tratta delle quote annuali di iscrizione all’Albo da parte delle imprese nonché degli specifici finanziamenti assegnati al Comitato ai sensi dell’articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 451/1998 e successive modificazioni.

[27]    Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, ai sensi della legge n. 59/1997 (c.d. “Legge Bassanini”).

[28]    La Consulta generale svolgeva attività propositiva, di studio, di monitoraggio, di consulenza delle autorità politiche, per la definizione delle politiche di intervento e delle strategie di governo nel settore dell'autotrasporto e della logistica, anche in materia di controlli tecnici ed amministrativi.

[29]    Con uno stanziamento proposto di 50 miliardi di euro per il periodo 2014-2020, il CEF è disegnato specificamente per promuovere crescita, occupazione e competitività attraverso investimenti infrastrutturali a livello europeo.

[30]    Nominato ai sensi dell’art. 14 del D.L. 112/2008 come modificato dall’art. 5 del D.L. 43/2013.

[31]    Istituito dal comma 1 dello stesso articolo 32 del D.L. 98/2011 nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

[32]    Pertanto, la somma in esame, ad oggi, dovrebbe essere pari a circa 61,5 milioni di euro.

[33]    La penalità di mora decorre dal giorno in cui la seconda sentenza della Corte viene notificata allo Stato membro e termina il giorno in cui quest’ultimo pone fine all’infrazione.

[34]    Cfr. i dati forniti dal Ministro per gli affari europei nel corso dell’audizione presso l’VIII Commissione (Ambiente) della Camera dei deputati lo scorso 11 settembre 2013.

[35]    L’allegato è disponibile al link
www.regione.sardegna.it/documenti/1_72_20101209174145.zip

[36]    Si ricorda che l’articolo 1 del D.Lgs. n. 38/2000, a decorrere dal 1° gennaio 2000, ha previsto l’individuazione, ai fini tariffari, nell’ambito della complessiva “gestione industria” di cui al Titolo I del D.P.R. n. 1124/1965, delle seguenti quattro gestioni separate:

§      “industria”, per le attività: manifatturiere, estrattive, impiantistiche; di produzione e distribuzione dell'energia, gas ed acqua; dell'edilizia; dei trasporti e comunicazioni; della pesca; dello spettacolo; per le relative attività ausiliarie;

§      “artigianato”, per le attività di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443;

§      “terziario”, per le attività: commerciali, ivi comprese quelle turistiche; di produzione, intermediazione e prestazione dei servizi anche finanziari; per le attività professionali ed artistiche: per le relative attività ausiliarie;

§      “altre attività”, per le attività non rientranti fra quelle di cui alle lettere a), b) e c), fra le quali quelle svolte dagli enti pubblici, compresi lo Stato e gli enti locali, e quelle di cui all'articolo 49, comma 1, lettera e), della legge 9 marzo 1989, n. 88.

Si ricorda inoltre che l’articolo 3 del medesimo D.Lgs. n. 38/2000 ha disposto, fermo restando l’equilibrio finanziario complessivo della “gestione industria”, l’approvazione per ciascuna delle quattro gestioni separate di cui all’articolo 1 del medesimo decreto legislativo, con decreto ministeriale, su delibera del consiglio di amministrazione dell’INAIL, di distinte tariffe dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, tenendo conto dell’andamento infortunistico aziendale e dell’attuazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, nonché degli oneri che concorrono alla determinazione delle tariffe dei premi. Ogni tariffa stabilisce il tasso di premio nella misura corrispondente al relativo rischio medio nazionale. In sede di prima applicazione, le tariffe sono aggiornate entro il triennio successivo alla data di entrata in vigore delle stesse.

[37]    Il contratto di associazione in partecipazione, regolato dagli articoli 2549–2554 del codice civile, è il contratto in base al quale l’associante (imprenditore) attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa (o di uno o più affari), verso il corrispettivo di un determinato apporto che può consistere nel versamento di capitale o nell’esecuzione di un’attività lavorativa.

[38]    Le riserve in sospensione d’imposta costituiscono fiscalmente delle poste per le quali la tassazione è rinviata al momento del loro utilizzo.

[39]    L’articolo 2, comma 65, della L. 92/2012 ha autorizzato un incremento di spesa del Fondo per l’occupazione e la formazione pari a 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, di 700 milioni di euro per l'anno 2015 e di 400 milioni di euro per l'anno 2016 (vedi oltre).

[40]    L'articolo 18, comma 1, del D.L. n. 185/2008 ha previsto che il CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per quanto attiene le risorse destinate alle infrastrutture) provveda ad assegnare, in coerenza con gli indirizzi assunti in sede europea, una quota delle risorse nazionali disponibili del Fondo aree sottoutilizzate, ad una serie di fondi, tra cui il Fondo sociale per occupazione e formazione (gli altri fondi sono il Fondo infrastrutture e il Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri). Nel Fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali affluiscono anche le risorse del Fondo per l'occupazione, nonché ogni altra risorsa comunque destinata al finanziamento degli ammortizzatori sociali, concessi in deroga alla normativa vigente, e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione. Si ricorda, che con l'articolo 18 del D.L. n. 185/2008 si è inteso, più in generale, perseguire l'obiettivo di concentrare le risorse che risultino disponibili sul Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) su obiettivi che, in considerazione della eccezionale crisi economica internazionale attuale, siano da considerarsi prioritari per il rilancio dell'economia italiana, quali le opere pubbliche e l'emergenza occupazionale.

[41]    Le risorse in questione finanziano i Fondi Paritetici Interprofessionali nazionali per la formazione continua, organismi di natura associativa promossi dalle Parti Sociali attraverso specifici Accordi Interconfederali stipulati con le organizzazioni sindacali.

[42]    Il D.M. non risulta emanato entro il previsto termine del 21 luglio 2013 (60° giorno dalla data di entrata in vigore del D.L., ossia il 22 maggio 2013).

[43]    L’articolo 1 del D.L. n. 726/1984 concede il trattamento di integrazione salariale agli operai ed impiegati di imprese industriali, di aziende appaltatrici di servizi di mensa e di imprese editrici di giornali quotidiani, di periodici e di agenzie di stampa a diffusione nazionale, le quali abbiano stipulato contratti collettivi aziendali, con i sindacati aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, che stabiliscano una riduzione dell'orario di lavoro al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esuberanza del personale anche attraverso un suo più razionale impiego.

[44]    Per l'interpretazione autentica del comma 5, si veda l'art. 6, D.L. n. 10/1996.

[45]    Articolo 47-bis del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248; articolo 1, comma 5-ter, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194; articolo 2, comma 12-undecies, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, articolo 11, comma 6-quinquies, del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216.

[46]    L’articolo 14 della legge n.241/1990 disciplina la conferenza di servizi, quale strumento decisionale in presenza di più amministrazioni coinvolte nell’ambito di un medesimo procedimento amministrativo.

[47]    Si tratta di organizzazioni di sostegno al volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all’ articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali previsti dall’articolo 7 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, e delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’ articolo 10, comma 1, lettera a), del citato decreto legislativo n. 460 del 1997;

[48]    Decreto-Legge 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133.

[49]    Decreto Legge 9 febbraio 2012, n. 5, Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo, convertito con modificazioni dalla L. 4 aprile 2012, n. 35.

[50]    Ministero delle politiche sociali, Decreto 10 gennaio 2013, Attuazione della sperimentazione della nuova carta acquisti

[51]    Decreto Legge 28 giugno 2013, n. 76, Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti.

[52]    Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province.

[53]    Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 giugno 2013, Proroga di termini di interesse del Ministero della salute.

[54]    23 luglio 2009, n. 99, Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia.

[55]    Legge 5 febbraio 1992, Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.

[56]    Codice dell’amministrazione digitale.

[57]    Recante Disposizioni in materia di monitoraggio della spesa nel settore sanitario e di appropriatezza delle prescrizioni sanitarie.

[58]    Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003.

[59]    Cfr. art. 62 del D.Lgs. n. 82/2005.

[60]    Provvedimenti urgenti per lo sviluppo dell'economia.

[61]    Di cui all’articolo 27 della legge n. 833/19798.

[62]    D.Lgs. 4 dicembre 1997, 460, Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

[63]    L. 25 giugno 2003, n. 155, Disciplina della distribuzione dei prodotti alimentari a fini di solidarietà sociale.

[64]    Coordinamento delle politiche riguardanti l'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee ed adeguamento dell'ordinamento interno agli atti normativi comunitari.

[65]    Oltre ai POR, nell’ambito dell’attuale QSN sussistono i Programmi Operativi Nazionali, PON, cui fa riferimento il successivo comma 2 dell’articolo in commento, ed i Programmi Operativi Interregionali, POIN.

[66]    Recante Disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca compresi nel quadro strategico comune e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006. La proposta di regolamento, pubblicata il 6 ottobre 2011, è all'esame del Consiglio dal 30 settembre scorso. L'inizio della lettura del Parlamento europeo è prevista indicativamente per il 15 novembre 2013. Essa si inserisce in un pacchetto normativo che intende riformare incisivamente la politica di coesione per il periodo 2014/2020.

[67]    Esso risulta in via di perfezionamento. In relazione ad alcune sezioni dell'Accordo, si veda la bozza di aprile 2013 al link:

http://www.dps.tesoro.it/documentazione/comunicati/2013/Sezioni_1-3_e_1-5_Accordo_di_Partenariato.pdf.

[68]    Essi sono:

1)    rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione;

2)    migliorare l'accesso alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nonché l'impiego e la qualità delle medesime;

3)    promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, il settore agricolo (per il FEASR) e il settore della pesca e dell'acquacoltura (per il FEAMP);

4)    sostenere la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori;

5)    promuovere l'adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi;

6)    tutelare l'ambiente e promuovere l'uso efficiente delle risorse;

7)    promuovere sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete;

8)    promuovere l'occupazione e sostenere la mobilità dei lavoratori;

9)    promuovere l'inclusione sociale e combattere la povertà;

10) investire nelle competenze, nell'istruzione e nell'apprendimento permanente;

11) rafforzare la capacità istituzionale e promuovere un'amministrazione pubblica efficiente.

[69]    Riforma dei controlli di regolarità amministrativa e contabile e potenziamento dell'attività di analisi e valutazione della spesa

[70]    Recante coordinamento delle politiche riguardanti l'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee ed adeguamento dell'ordinamento interno agli atti normativi comunitari.

[71]    Recante finanziamento dei regolamenti comunitari direttamente applicabili nell'ordinamento interno, in relazione all'articolo 189 del trattato che istituisce la Comunità economica europea, firmato a Roma il 25 marzo 1957.

[72]    Il testo originario del ddl di stabilità 2014 prevedeva un rifinanziamento di 765 milioni.

[73]    Recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 30 luglio 2010, n. 122.

[74]    Recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

[75]    Recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario (c.d. spending review), convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

[76]    L’art. 2, co. 109, della L. finanziaria 2010, abrogando gli artt. 5 e 6 della L. 386/1989, ha eliminato – a partire dal 2010 – la partecipazione delle province autonome di Trento e di Bolzano alla ripartizione di fondi speciali istituiti per garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, e dei finanziamenti recati da qualunque disposizione di legge statale in cui sia previsto il riparto o l'utilizzo a favore delle regioni. Il medesimo comma ha fatto salvi i contributi sulle rate di ammortamento di mutui in essere e i rapporti giuridici già definiti.

[77]    In tale sentenza la Corte ha ricordato che: "Non sono (...) consentiti finanziamenti a destinazione vincolata in materie di competenza regionale residuale ovvero concorrente, in quanto ciò si risolverebbe in uno strumento indiretto, ma pervasivo, di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni delle Regioni e degli enti locali, nonché di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza (sentenza n. 423 del 2004; nello stesso senso, tra le altre, sentenze nn. 77 e 51 del 2005)." La Corte aveva già avuto modo di sottolineare che il settore dei contributi relativi alle scuole paritarie «incide sulla materia della “istruzione” attribuita alla competenza legislativa concorrente (art. 117, terzo comma, della Costituzione)» (sentenza n. 423 del 2004, punto 8.2. del Considerato in diritto). Pertanto il comma 635 dell'art. 1 della finanziaria 2007, "nella parte in cui prevede un finanziamento vincolato in un ambito materiale di spettanza regionale, si pone in contrasto con gli artt. 117, quarto comma, e 119 della Costituzione". La Corte ha tuttavia aggiunto che: "La natura delle prestazioni contemplate dalla norma censurata, le quali ineriscono a diritti fondamentali dei destinatari, impone, però, che si garantisca continuità nella erogazione delle risorse finanziarie. Ne consegue che devono rimanere «salvi gli eventuali procedimenti di spesa in corso, anche se non esauriti» (così anche la citata sentenza n. 423 del 2004)."

[78]    Il D.M. 28 maggio 2009, con il quale è stata data attuazione al citato art. 2, co. 47, nel ripartire fra le regioni l’importo di 120 mln di euro, ha precisato che tali risorse erano destinate a integrare i contributi perle istituzioni scolastiche paritarie di ogni ordine e grado.

[79]    Le disposizioni di rifinanziamento hanno fatto riferimento, fino al 2011, anche all’art. 1, co. 635, della L. 296/2006 che, tuttavia, come evidenziato nel testo, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza 50/2008.

[80]    Il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari, istituito, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154 del 2008, nello stato di previsione del Ministero dell'economia (cap. 7593), è finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti, in termini di cassa, da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato, concessi in virtù di autorizzazioni legislative. All'utilizzo del Fondo per le suddette finalità si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da trasmettere al Parlamento, per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, nonché alla Corte dei conti.

[81]    Recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

[82]    Recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, convertito con modificazioni dalla legge 1° febbraio 2013, n. 12.

[83]    Le disposizioni cui si intende derogare sono contenute nel decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 che limita, a partire dal 2011, la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza, sostenuta dalle pubbliche amministrazioni al 20 per cento di quella sostenuta nell'anno 2009 (articolo 6, comma 7); nell'articolo 1, comma 56, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) che prevede la riduzione del 10 per cento dei compensi per incarichi di consulenza rispetto a quelli alla data del 30 settembre 2005; nell'articolo 61, commi 2 e 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, che stabiliscono che, a far data dal 1° gennaio 2009, la quota di spesa annua per studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all'amministrazione, passi dal 40 per cento al 30 per cento di quella sostenuta nell'anno 2004; nell'articolo 7, commi 6 e 6-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che disciplinano il conferimento di particolari incarichi ad esperti in possesso di comprovate qualifiche, con contratti individuali di lavoro autonomo, nei casi ove le amministrazioni pubbliche non siano in grado di far fronte con il personale di servizio alle esigenze che si presentino; nell'articolo 36, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

[84]    Recante attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.

[85]    Dopo il summit inaugurale di Bangkok nel 1996, vertici ASEM hanno avuto luogo ogni due anni a Londra, Seoul, Copenaghen, Hanoi, Helsinki, Pechino, Bruxelles e, nel 2012, a Vientiane (Laos).

[86]    Fonte: Sito internet http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-12-819_en.htm.

[87]    Cfr. www.anpvionlus.it

[88]    L’elenco comprende tutte le entrate tributarie, ad eccezione di quelle relative ai condoni, e indica sia le entrate derivanti dalla gestione ordinaria, sia quelle derivanti dall'attività di accertamento e controllo, nonché alcuni capitoli delle entrate extratributarie.

[89]   Si vedano, in particolare, l'articolo 9 del decreto legge n. 78 del 2010, l'articolo 66 del decreto legge n. 112 del 2008, l'articolo 3, comma 102, della legge n. 244 del 2007, nonché l'articolo 1 della legge n. 296 del 2006.

[90]    Dalla citata relazione tecnica di accompagnamento si desume che sarebbe questo il concorso che risulterebbe già "concluso alla data di entrata in vigore" della legge di stabilità 2014.

[91]    Recante disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicità istituzionale, convertito con modificazioni dalla legge 16 luglio 2012, n. 103.

[92]    Recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14.

[93]    Recante disposizioni urgenti in tema di immunità di Stati esteri dalla giurisdizione italiana e di elezioni degli organismi rappresentativi degli italiani all'estero, convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2010, n. 98.

[94]    Recante disposizioni urgenti per il rinnovo dei Comitati e del Consiglio generale degli italiani all'estero, convertito con modificazioni dalla legge 23 luglio 2012, n. 118.

[95]    Recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.

[96]    Recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.

[97]    Tale importo risulta ridotto di 300.000 euro rispetto a quello originariamente previsto nell’Elenco, a copertura dell’inserimento in Elenco stesso dell’ulteriore finalità in favore dell’Associazione nazionale privi della vista ed ipovedenti.

[98]    Le finalità indicate nell’elenco erano le seguenti: collegi universitari legalmente riconosciuti; Fondo nazionale per il servizio civile degli obiettori di coscienza; Fondo per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati; Fondo per il finanziamento delle missioni di pace; Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione; Fondo per lo sviluppo e la capillare diffusione della pratica sportiva; misure per favorire l’attività lavorativa dei detenuti; giustizia digitale; interventi di carattere sociale; comitato istituzionale dei mondiali di ciclismo 2013; Istituto per la ricerca, la formazione e la riabilitazione – I.Ri.Fo.R Onlus; I.R.F.A – Istituto per la riabilitazione e formazione ANMIL Onlus; Istituto europeo per ricerca, la formazione e l’orientamento professionale I.E.R.F.O.P Onlus.

[99]    Come modificato, da ultimo dall’art. 47, co. 1, lett. a), del D.L. n. 69/2013-L. n. 98/2013.

[100]  Si tratta di un fondo speciale costituito presso il medesimo Istituto per il credito sportivo, alimentato con il versamento da parte dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato dell’aliquota del 2,45% della posta dei concorsi pronostici su base sportiva, spettante all’Istituto in virtù dell’art. 5 del regolamento di cui al D.M. 179/2003 (come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 283, della L. n. 311/2004).

[101]  Ai sensi dell’art. 17 del D.M. n. 179/2003 (come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 10, del D.M. n. 185/2009), i vincitori dei concorsi pronostici decadono dal diritto alla riscossione dei premi, nonché alla riscossione dei rimborsi, presso i punti di vendita e gli sportelli nel caso in cui la verifica della ricevuta di partecipazione non sia effettuata nel termine di 90 giorni dalla data di pubblicazione del bollettino ufficiale degli esiti dei concorsi.

[102]  In base all’art. 64, co. 2, del D.L. n. 83/2012, i criteri per l’erogazione delle risorse dovevano essere definiti con decreto di natura non regolamentare del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il CONI e la Conferenza unificata. Con successivo decreto adottato dal Capo del Dipartimento per gli affari regionali dovevano essere individuati gli interventi ammessi al relativo finanziamento.

[103]  La norma faceva implicito riferimento al disegno di legge A.S. 1138 “Disciplina del sistema delle comunicazioni” presentato al Senato il 31 luglio 1996 e, all’epoca, in corso d’esame.

[104]  La convenzione era stata stipulata ai sensi dell’art. 9, co. 1, del D.L. 28 ottobre 1994, n. 602, successivamente decaduto (il co. 3 aveva previsto che "la scelta del concessionario avviene mediante gara”). Essa fu approvata con decreto del Ministro del 21 novembre 1994. La disposizione di autorizzazione fu poi riproposta in una serie di D.L., recanti misure di risanamento della RAI, decaduti per mancata conversione e più volte reiterati; da ultimo, l'art. 1, co. 3, della L. 650/1996, di conversione del D.L. 545/1996, fece salvi gli effetti dei provvedimenti adottati sulla base dei decreti-legge reiterati. Pertanto, la convenzione citata mantenne la sua validità; dopo la scadenza (21 novembre 1997) fu adottata la L. 224/1998 che, come già anticipato sopra, ne dispose in via transitoria il rinnovo per un triennio.

[105]  Per la proroga della convenzione scaduta il 21 novembre 2000, l’art. 145, co. 20, della L. finanziaria 2001 ha autorizzato la spesa di lire 15 miliardi di lire per ciascuno degli anni 2001, 2002 e 2003; l’art. 4, co. 7, della L. finanziaria 2004 ha a autorizzato la spesa di 8,5 milioni di euro per gli anni 2004, 2005 e 2006; l’art. 1, co. 1242, della L. finanziaria 2007 ha autorizzato la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.

[106]  Partecipano al Comitato, oltre al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, che ne è il Presidente, anche i sottosegretari al Ministero dell’interno, della difesa, dell’economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, dei beni e delle attività culturali, dell’istruzione, dell’università e della ricerca, e, come successivamente disposto con D.P.C.M. 14 settembre 2012, anche i Ministri per gli affari europei, e per gli affari regionali, il turismo e lo sport, nonché il Sottosegretario al Ministero degli affari esteri. Il Presidente del Comitato, vale a dire il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, è chiamato a riferire sulle attività svolte ogni quattro mesi al Consiglio dei Ministri, che ne informa il Parlamento.

[107]  L’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A, è una società per azioni interamente posseduta dal Ministero dell’economia e delle finanze. Ad essa è attribuito il compito di svolgere funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse del Paese, nonché di attrazione degli investimenti.

[108]  Cfr. www.cnao.it

[109]  L’art. 6 della L. 800/1967 ha riconosciuto come enti autonomi 11 teatri lirici – il Teatro Comunale di Bologna, il Teatro Comunale di Firenze (ora, Fondazione Teatro del Maggio musicale fiorentino), il Teatro Comunale dell'Opera di Genova (ora, Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova), il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Massimo di Palermo, il Teatro dell'Opera di Roma, il Teatro Regio di Torino, il Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste, il Teatro La Fenice di Venezia e l'Arena di Verona – ed ha individuato l’Accademia nazionale di S. Cecilia di Roma e l’Istituzione dei concerti e del teatro lirico Giovanni Pierluigi da Palestrina di Cagliari (ora Fondazione teatro lirico di Cagliari), quali istituzioni concertistiche assimilate. Agli enti sopra indicati si è aggiunta, a seguito della L. 310/2003, la Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari. Attualmente, pertanto le fondazioni lirico-sinfoniche sono 14.

Con il d.lgs. 367/1996, gli enti di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale sono stati trasformati in fondazioni di diritto privato, al fine di eliminare rigidità organizzative connesse alla natura pubblica dei soggetti e di rendere disponibili risorse private in aggiunta al finanziamento statale.

[110]  Il D.L. 64/2010 (L. 100/2010) ha previsto, tra l’altro, interventi di riordino del settore lirico-sinfonico, disponendo, in particolare, l’adozione di uno o più regolamenti di delegificazione, sulla base dei criteri indicati all’art. 1, co. 1 e 1-bis. Nello specifico, l’art. 1, co. 1, lett. f), riguarda l’eventuale previsione di forme organizzative speciali per le fondazioni lirico-sinfoniche, in relazione alla loro peculiarità, assoluta rilevanza internazionale, eccezionali capacità produttive, rilevanti ricavi propri, significativo e continuativo apporto finanziario di privati. Con riferimento allo statuto delle fondazioni dotate di forme organizzative speciali, si dispone che lo stesso deve prevedere che l’erogazione del contributo statale avviene sulla base di programmi di attività triennale, avendo riferimento ad una percentuale minima prestabilita a valere sul Fondo unico per lo spettacolo, con successiva verifica dei programmi stessi da parte del Ministero per i beni e le attività culturali. Inoltre, con particolare riguardo allo statuto dell’Accademia nazionale di S. Cecilia, si prevede la presenza del presidente–sovrintendente e della componente del corpo accademico, eletti direttamente dall’assemblea degli accademici.

Il D.L. n. 64/2010 ha, peraltro, determinato un intervento della Corte costituzionale che, con sentenza 153/2011, ha ribadito la qualificazione in senso pubblicistico degli enti lirici, ancorché da tempo privatizzati a seguito del D.Lgs. n. 367/1996.

[111]  Sulla base del D.P.R. n. 117/2011 era stata riconosciuta la forma organizzativa speciale all’Accademia di S. Cecilia (D.M. 23 gennaio 2012) e al Teatro alla Scala (D.M. 16 aprile 2012).

[112]  La violazione di tale obbligo comporta – oltre all'applicazione dell'art. 21 del d.lgs. 367/1996, per il quale v. infra – la responsabilità personale prevista, per i soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica, dall’art. 1 della L. 20/1994.

[113]  L’incarico dei membri del collegio dei revisori dei conti è (l’unico) rinnovabile per non più di due mandati.

[114]  Ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. 367/1996, il Ministro per i beni e le attività culturali può disporre lo scioglimento del consiglio di amministrazione dell’ente quando risultino gravi irregolarità amministrative, gravi violazioni di norme, ovvero in caso di bilancio preventivo in perdita.

Lo scioglimento è obbligatorio quando il conto economico registra per due esercizi consecutivi una perdita superiore al 30% del patrimonio o qualora siano previste perdite di analoga gravità.

Con il decreto di scioglimento vengono nominati uno o più commissari straordinari, viene determinata la durata del loro incarico nonché il compenso loro spettante. I commissari straordinari esercitano tutti i poteri del c.d.a.; provvedono alla gestione della fondazione e ad accertare e rimuovere le irregolarità; a promuovere le soluzioni utili al perseguimento dei fini istituzionali. Possono motivatamente proporre la liquidazione. Ricorrendone i presupposti, promuovono la dichiarazione di decadenza dai diritti e dalle prerogative riconosciuti dalla legge agli enti originari. Spetta loro, infine, l'esercizio dell'azione di responsabilità contro i componenti del disciolto consiglio di amministrazione, previa autorizzazione ministeriale.

[115]  La fusione per incorporazione è prevista dall’articolo 2501 del codice civile, nel quale, oltre alla fusione cd. in senso stretto, nella quale due o più società distinte si estinguono per dar vita ad una nuova società, viene prevista la fusione in questione, in cui una società (incorporante) rimane in vita ed assorbe le altre (incorporate), che si estinguono. Le relative procedure, che qui non si richiamano, sono disciplinate dai successivi articoli del codice, dall’articolo 2501-bis al 2505-quater.

[116]  V. anche Corte dei conti, Relazione allegata alla Delibera n. 20/2005 sulla gestione finanziaria di Cinecittà Holding s.p.a. - esercizio 2003, p. 7 (assetto societario).

[117]  Sentito il Ministero del tesoro per i profili patrimoniali, finanziari e statutari.

[118]  Atti di indirizzo del Mibac del 3 aprile 2009 che ha integrato, per le attività allora in corso, quello emanato il 6 giugno 2008, e del 10 dicembre 2009.

[119]  In particolare, il comma 3 individuava il criterio per determinare il rimborso spettante a Poste Italiane nel periodo intercorrente tra il 1.1.2010 e il 31.3.2010 (data di cessazione dell’applicazione delle agevolazioni tariffarie), identificando la “convenzione più favorevole” con le tariffe stabilite, per l’anno 2012, dal D.M. 21 ottobre 2010, per gli invii non omologati destinati alle aree extraurbane.

Si ricorda infatti che l’applicazione delle tariffe agevolate era stata sospesa, per l’anno 2010, a decorrere dal 1.4.2010, dal D.M. 30 marzo 2010, emanato in applicazione dell’art. 10-sexies, co. 2, del D.L. 194/2009 (L. 25/2010). Quest’ultimo articolo aveva destinato al rimborso delle agevolazioni tariffarie postali del settore dell'editoria un importo di 50 milioni di euro per il 2010.

Per ulteriori approfondimenti, si v. dossier del Servizio Studi n. 657 del 2 luglio 2012.

[120]  Le somme dovevano essere versate all’entrata del bilancio dello Stato ai fini della loro rassegnazione, nel medesimo anno, ad apposito capitolo dello stato di previsione del MEF.

[121]  Le principali fonti della normativa in materia di diritto d’autore, a livello nazionale, sono costituite dal codice civile, che dedica ai diritti sulle opere dell’ingegno alcune disposizioni di carattere generale (artt. 2575- 2583), e dalla legge speciale 22 aprile 1941, n. 633 sulla protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, con il relativo regolamento di esecuzione approvato con R.D. 18 maggio 1942, n. 1369. La legge speciale 22 aprile 1941 n. 633 è stata successivamente aggiornata e integrata seguendo l’evoluzione e i progressi della scienza e delle tecnologie: un profondo aggiornamento della legislazione si è avuto con la legge 18 agosto 2000, n. 248 e con il decreto legislativo 68 del 9 aprile 2003 che recepisce la direttiva europea 29/2001/CE. Altra importante fonte normativa è rappresentata dalle convenzioni internazionali per la protezione del diritto d’autore, le cui disposizioni sono state recepite nell’ordinamento giuridico italiano.

[122]  Per un quadro generale, si rinvia alla scheda relativa all’art. 1, co. 167, del ddl di stabilità, relativa al Fondo straordinario per il sostegno all'editoria, ovvero all’approfondimento web presente nella Documentazione di inizio legislatura.

[123]  In particolare, rispetto alla normativa previgente – costituita essenzialmente dall’art. 26 della L. 416/1981 e dal relativo provvedimento di attuazione, emanato con DPR n. 48/1983 – la novità è costituita principalmente dalla previsione di un requisito temporale minimo di anzianità di pubblicazione o di diffusione necessario per poter accedere ai contributi.

[124]  A tal fine, si tiene conto della diffusione delle pubblicazioni presso le comunità italiane all’estero, dell’apporto alla diffusione della lingua e della cultura italiane, del contributo alla promozione del “sistema Italia” all’estero, della consistenza informativa.

[125]  Recante disposizioni urgenti per la crescita, l’equità ed il consolidamento dei conti pubblici, convertito dalla legge n. 214 del 2011.

[126]  Come individuate annualmente dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

[127]  La CONSIP S.p.A. (Concessionaria Servizi Informatici Pubblici) è un organismo a struttura societaria interamente posseduto dal Ministero dell’Economia con il compito di stipulare convenzioni in base alle quali le imprese fornitrici si impegnano ad accettare ordinativi di fornitura fino alla concorrenza di un quantitativo di beni o di servizi predeterminati. Per le funzioni della società si rinvia a quanto già esposto nel comma 209 del d.d.l. in esame.

[128]  L’art. 28 del decreto legislativo n. 163 del 2006(Codice dei contratti pubblici) elenca gli importi delle soglie dei contratti pubblici di rilevanza comunitaria. Si segnala che il regolamento (UE) n. 1251/2011 della Commissione del 30 novembre 2011 ha modificato le soglie con decorrenza dal 1° gennaio 2012.

[129]  L’individuazione avviene sulla base dei prospetti redatti annualmente dalle citate amministrazioni e contenenti i dati di previsione annuale dei fabbisogni di beni e servizi per il cui acquisto si applica la disciplina prevista nel codice degli appalti. La previsione di tali prospetti è contenuta nell’articolo 2, comma 569 della legge n. 244/2007.

[130]  L'Accordo Quadro è uno strumento di contrattazione, introdotto dal Codice degli Appalti (D.Lgs. n. 163/2006, artt. 3 e 59) che stabilisce le regole relative ad appalti da aggiudicare durante un periodo di massimo quattro anni. Può essere concluso tra una o più Amministrazioni aggiudicatrici e uno o più operatori economici. Nell'ambito del Programma per la razionalizzazione degli acquisti nella P.A., l'Accordo viene stipulato tra Consip - per conto del Ministero dell'Economia e delle Finanze - e più di un operatore economico. Saranno poi le Amministrazioni, attraverso la contrattazione di "Appalti Specifici", a negoziare i singoli contratti personalizzabili in base delle proprie esigenze.

      La procedura di espletamento della contrattazione attraverso Accordo Quadro, prevede 2 fasi: la prima tra Consip e il mercato della fornitura; la seconda tra le singole Amministrazioni e le imprese aggiudicatarie dell'Accordo Quadro.

[131]  Il D.M. 12 febbraio 2009, in attuazione dell’articolo 2, comma 574 della legge n. 244/2007 ha individuato le seguenti tipologie di beni e di servizi per le quali le suddette amministrazioni statali sono tenute a ricorrere alla CONSIP S.p.A. in qualità di stazione appaltante ai fini, rispettivamente, dell'espletamento dell'appalto e della conclusione dell'accordo quadro, anche con l'utilizzo dei sistemi telematici:

1.     carburanti avio - gara su delega;

2.     ristorazione collettiva - accordo quadro;

3.     trasferte di lavoro - accordo quadro.

      Con specifico riguardo alle tipologie di beni e di servizi per le quali si prevede da parte di CONSIP S.p.A. l'espletamento di una procedura di gara su delega, le amministrazioni statali forniscono al Ministero dell'economia e delle finanze le schede di dettaglio in tempo utile per lo svolgimento delle relative procedure di gara e comunque conformemente alle modalità e ai tempi resi noti mediante pubblicazione sul portale degli acquisti in rete MEF-CONSIP S.p.A.

[132]  Recante “Norme a tutela della minoranza slovena della Regione Friuli-Venezia Giulia”.

[133]  Pari a 5.805 milioni di lire.

[134]  Pari a circa 1.000 milioni di lire.

[135]  Il comma 11 dell’articolo 41 del D.L. 207/2008 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti) ha previsto, tra l’altro, disposizioni concernenti i contributi assegnati dallo Stato alla regione Friuli-Venezia Giulia per gli interventi a favore della minoranza slovena autorizzando un incremento di spesa pari a un milione di euro per l’anno 2008.