Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: Disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicità istituzionale D.L. 63/2012 ' A.C. 5322 Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 5322/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 657
Data: 02/07/2012
Descrittori:
CASE EDITRICI   CONTRIBUTI PUBBLICI
DECRETO LEGGE 2012 0063   PUBBLICITA'
STAMPA     
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione
Altri riferimenti:
DL N. 63 DEL 18-MAG-12     

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicità istituzionale

D.L. 63/2012 – A.C. 5322

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 657

 

 

 

2 luglio 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Cultura

( 066760-3255 – * st_cultura@camera.it

 

 

 

 

 

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File: D12063

 


INDICE

Schede di lettura

Premessa  3

§      Articolo 1 e articolo 6, comma 1, lett. a), c) e d) (Nuovi requisiti di accesso ai contributi all’editoria)7

§      Art. 1-bis e art. 6, comma 1, lett. d-bis), d-ter), d-quater) (Contributi a favore di periodici italiani pubblicati all’estero)23

§      Articolo 2 e articolo 6, comma 1, lett. b) e c) (Nuovi criteri di calcolo e liquidazione del contributo)27

§      Articolo 3 (Editoria digitale)43

§      Articolo 3-bis (Semplificazioni per periodici web di piccole dimensioni)51

§      Articolo 4 (Modernizzazione del sistema di distribuzione e vendita della stampa quotidiana e periodica)55

§      Art. 5 (Pubblicità istituzionale)63

§      Art. 5-bis (Semplificazioni in materia di editoria per le associazioni ed organizzazioni senza fini di lucro e le associazioni d’arma e combattentistiche)69

 

 


Schede di lettura

 


Premessa

Come emerge dall’articolo 1, comma 1, il decreto-legge in esame si pone quale disciplina transitoria, nelle more della “ridefinizione delle forme di sostegno dell'editoria”.

L’analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR) di cui era corredato l’A.S. 3305 precisava che con il provvedimento in esame si introducono misure di razionalizzazione del settore prima della prevista cessazione dell’attuale sistema di contribuzione, in attesa della riforma (di cui al disegno di legge di delega per il riordino della materia) mediante una “disciplina transitoria per l’accesso ed il calcolo dei contributi in favore delle imprese editrici di quotidiani e periodici, in modo da assicurare una distribuzione delle risorse disponibili mirata alle imprese editoriali che maggiormente contribuiscono alla diffusione di una informazione pluralistica”.

Quanto alla disciplina “a regime”, infatti, il Consiglio dei Ministri ha predisposto un distinto provvedimento legislativo (ora, A.C. 5270)[1].

 

Preliminarmente, si ricorda che l’art. 29, comma 3, del D.L. n. 201/2011 (L. 214/2011), oltre a disporre la cessazione del sistema di erogazione dei contributi diretti all’editoria di cui alla L. 250/1990 dal 31 dicembre 2014, con riferimento alla “gestione 2013”, allo scopo di contribuire all'obiettivo del pareggio di bilancio entro la fine del 2013, ha anche stabilitoche il Governo provvede alla “revisione del regolamento”di semplificazione e riordino dell'erogazione dei contributi all'editoria, emanato con D.P.R. 223/2010, con effetti a decorrere dal 1° gennaio 2012.

Le finalità sono il “risanamento della contribuzione pubblica” – che la relazione tecnica specificava come “riduzione della contribuzione pubblica”, in vista della cessazione del sistema di contribuzione diretta –, una più rigorosa selezione nell'accesso alle risorse, nonché il conseguimento di risparmi di spesa.

I risparmi sono destinati – compatibilmente con le esigenze di pareggio di bilancio – alla ristrutturazione delle aziende già destinatarie della contribuzione diretta, all'innovazione tecnologica del settore, a fronteggiare l'aumento del costo delle materie prime, all'informatizzazione della rete distributiva.

 

Con l’intervento disposto dal decreto-legge in esame si apportano modifiche, fra l’altro, al sopra citato DPR 223/2010 – rilegificando parzialmente una materia già delegificata, ai sensi dell’art. 44 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008)– e alla L. 250/1990.

Non è, pertanto, corretta la valutazione sull’assenza di rilegificazioni presente nell’analisi tecnico-normativa(ATN)di cui era corredato il decreto-legge (A.S. 3305). Al riguardo,l’AIR evidenziava che l’indicazione di adottare un provvedimento di urgenza è derivata dalle consultazioni tenute con le associazioni di categoria, al fine di conseguire in tempi rapidi alcuni risultati ritenuti prioritari.

Si ricorda, infine, che la relazione tecnica evidenziava che con gli interventi disposti dal decreto-leggesi prevede una riduzione di spesa, secondo una stima basata sugli ultimi dati di vendita e dei bilanci delle imprese editoriali disponibili, non inferiore a 25 milioni di euro rispetto al totale dei contributi da ultimo erogati con riferimento all’anno 2010[2].

 

Per conseguire la razionalizzazione della spesa, il decreto-legge opera su più fronti e, in particolare, su:

-          rideterminazione dei requisiti di accesso ai contributi (art. 1);

-          rideterminazione dei criteri di calcolo dei contributi con connessalimitazione dei costi ammissibili (art. 2);

-          sostegno all’editoria digitale e modernizzazione del sistema di distribuzione e vendita (artt. 3 e 4);

-          acquisto di spazi sui media per le campagne di comunicazione istituzionale delle pubbliche amministrazioni (art. 5).

 

A queste disposizioni, durante l’esame al Senato ne sono state aggiunte di ulteriori, riferite, tra l’altro, a:

-          periodici pubblicati o diffusi all’estero (art. 1-bis);

-          semplificazioni per periodici web di piccole dimensioni (art. 3-bis);

-          semplificazioni in materia di editoria non profit e per le associazioni d’arma e combattentistiche (art. 5-bis).

 

La prima disciplina organica degli interventi a sostegno dell’editoria è stata dettata con la L. 416/1981, successivamente modificata ed integrata da numerosi interventi, che hanno dato luogo a un sistema normativo frammentario. I principali tra questi sono la L. 67/1987, la L. 250/1990, e la L. 62/2001, anch’esse più volte modificate ed integrate.

A causa della frammentarietà della materia, negli anni più recenti sono stati compiuti tentativi di razionalizzazione.

In particolare, nel corso dell’attuale legislatura, l’art. 44 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008)[3] ha disposto l’emanazione di un regolamento di delegificazione per la semplificazione e il riordino della disciplina di erogazione dei contributi all’editoria, indicando fra i principi direttivi il criterio dell'effettiva distribuzione e messa in vendita della testata, nonché l'adeguata valorizzazione dell'occupazione professionale. E’ stato, dunque, emanato il DPR 223 del 25 novembre 2010.

Il regolamento – la cui vigenza decorre a partire dal bilancio di esercizio 2011 delle imprese beneficiarie – prevede la semplificazione della documentazione per accedere ai contributi e del procedimento di erogazione, stabilendo anche che le somme stanziate nel bilancio dello Stato per l’editoria costituiscono limite massimo di spesa[4] e che sono destinate prioritariamente ai contributi diretti[5].

Le principali novità recate dal DPR 223/2010 riguardano l’invio telematico delle domande, l’inclusione fra i requisiti perl’accesso ai contributi di una percentuale minima di copie vendute (su quelle distribuite)e le nuove modalità di calcolo per i contributi diretti, riferite all’effettiva distribuzione della testata(invece che al previo criterio della tiratura). Con riferimento all’occupazione professionale, essa rileva nel regolamento sia come requisito per l’accesso ai contributi (si vedano, ad es. art. 2, co. 2, art. 10, co. 2, 3 e 5), sia come parametro ai fini del calcolo dei contributi (si veda, ad es.art. 4).Si stabiliscono, altresì, tetti all’ammontare dei contributi. In caso di insufficienza delle risorse, i contributi sono erogati mediante riparto proporzionale tra gli aventi diritto, ai sensi dell’art. 2, co. 62, della L. finanziaria 2010 (L. 191/2009)[6].

Tra i beneficiari di contributi diretti alla stampa erogati ai sensi della L. 250/1990 si ricordano:

– quotidiani e periodici editi da cooperative di giornalisti (art. 3, co. 2 e 2-quater);

– quotidiani editi da imprese editrici la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro (art. 3, co. 2-bis);

– quotidiani editi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige (art. 3, co. 2-ter, primo e secondo periodo);

– quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (art. 3, co. 2-ter, terzo e quarto periodo);

– periodici editi da cooperative, fondazioni o enti morali, ovvero da società con maggioranza del capitale detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro (art. 3, co. 3)[7].

 


Articolo 1 e articolo 6, comma 1, lett. a), c) e d)
(Nuovi requisiti di accesso ai contributi all’editoria)

L’articolo 1 individua, principalmente ma non solo, nuovi requisiti per l’accesso ai contributi all’editoria (commi 1-6 e 7-bis), validi – nel caso di quelli indicati al comma 2 – a decorrere dai contributi relativi al 2013,ovvero, nel caso di quelli indicati al comma 7-bis, al 2012.

Ulteriori requisiti per l’accesso ai contributi sono individuati dai commi 4, 5 e 6 che, tuttavia, non precisano la decorrenza delle disposizioni.

Si tratta di un aspetto da chiarire, soprattutto in considerazione del fatto che i contributi alle imprese editrici sono erogati su base annua (v. anche infra).

L’articolo reca, altresì, disposizioni circa la regolarità delle domande relative al credito di imposta sulla carta2011 (comma 7) e, nel testo come modificato dal Senato, disposizioni relative al sostegno delle fondazioni bancarie a cooperative che operano nel settore dello spettacolo,dell’informazione e del tempo libero (comma 7-ter).

 

Con riferimento ai commi 1-6 e 7-bis,si interviene, dunque, sulla disciplina recata dall’art. 2 del DPR 223/2010, applicabile – come già ricordato – a partire dal bilancio di esercizio 2011.

Conseguentemente, l’articolo 6, co. 1, lett. a), del decreto in esame abroga, a decorrere dal 1° gennaio 2013, l’art. 2, commi 1 e 2, del medesimo DPR 223/2010.

L’obiettivo complessivo del decreto, quale risulta dall’art. 1, comma 1, è quello di dettare, in attesa della ridefinizione delle forme di sostegno all’editoria, una disciplina volta a razionalizzare l’uso delle risorse– in conformità con le finalità di cui all’art. 29, co. 3, del D.L. 201/2011 (L. 214/2011) (v. ante) –,attraverso meccanismi in grado di correlare il contributo erogato agli effettivi livelli di vendita e di occupazione professionale delle imprese editoriali.

Si tratta degli stessi principi enunciati dall’art. 44 del D.L. 112/2008 e declinati nel DPR 223/2010.

Di seguito, per facilitare la lettura, si darà conto, in paragrafi distinti per argomento, delle disposizioni recate dall’art. 1, nonché, per le collegate abrogazioni, dall’art. 6, del D.L.

 

Percentuali minime di vendita e definizione di testata nazionale

 

Il comma 2 – parzialmente raffrontabile con il comma 1 dell’art. 2 del DPR 223/2010 – incrementa le percentuali minime di vendita necessarie per poter accedere ai contributi, chedevono essere raggiunte, a decorrere dai contributi relativi al 2013, dalle imprese editrici già considerate dallo stesso art. 2, co. 1,del DPR. Si tratta di:

§      quotidiani e periodici editi da cooperative di giornalisti[8];

§      quotidiani editi da imprese editrici la cui maggioranza del capitale è detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro[9];

§      quotidiani editi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige[10].

Infatti, il decreto in esame – come aveva già fatto l’art. 2, co. 1, del DPR 223/2010 – prende a riferimento le imprese di cui all’art. 3, co. 2-ter, L. 250/1990, escludendo esplicitamente le imprese editrici di quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (beneficiari dei contributi ai sensi dell’art. 3, co. 2-ter, terzo e quarto periodo, L. 250/1990). Per tale categoria di imprese, v. infra, comma 5[11].

§      quotidiani e periodici organi di movimenti politiciediti da società trasformatesi in cooperativa entro il 1° dicembre 2001[12].

L’art. 153, co. 4, della L. 388/2000 ha consentito alle imprese editrici di quotidiani o periodici organi di movimenti politici, trasformatesi entro il 1° dicembre 2001 in società cooperative il cui oggetto sociale sia costituito esclusivamente dalla edizione di quotidiani o periodici organi di movimenti politici, di beneficiare dei contributi di cui all'art. 3, co. 2 (per i periodici: comma 2-quater), della L. 250/1990.

L’art. 2, co. 3, del DPR 223/2010 – che non viene abrogato dal decreto-legge in commento – stabilisce che, fermo restando il possesso di tutti gli altri requisiti previsti dalla normativa vigente, tali cooperative possono continuare ad accedere ai contributi di cui all’art. 3, co. 2 e 2-quater, della L. 250/1990 purché si costituiscano, entro il 31 dicembre 2010, in cooperative giornalistiche dotate dei requisiti di cui all’art. 6 della L. 416/1981 (v. infra); all’art. 1, co. 458e 460, L. 266/2005 (per i quali v. infra); all’art. 2, co. 2, DPR 223/2010 (quest’ultimo abrogato dall’art. 6 del decreto-legge in commento).

Sull’argomento è utile ricordare che, come evidenziato nelle risposte ai quesiti sull’interpretazione ed applicazione di talune disposizioni del DPR 223/2010, pubblicate sul sito del Dipartimento per l’informazione e l’editoria[13], “la nuova normativa introdotta dal regolamento ha implicitamente abrogato il comma 4 dell’art. 153 della L. n. 388 del 2000; pertanto, alle cooperative in argomento non è più richiesto il requisito di essere organo di movimento politico”.

Al riguardo si segnala, peraltro, che la relazione illustrativa dell’A.S. 3305 riferiva l’applicazione dell’articolo in esame alle “imprese editrici richiedenti i contributi di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, ad eccezione di quelle editrici di quotidiani italiani editi e diffusi all’estero”, così includendovi anche le imprese editrici di periodici editi da cooperative, fondazioni o enti morali, ovvero da società la maggioranza del capitale sociale delle quali sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali che non abbiano scopo di lucro, che percepiscono i contributi ai sensi dell’art. 3, co. 3, della L. 250/1990[14].

Al riguardo, pertanto, è opportuno un chiarimento.

 

Per i soggetti indicati, si prevede – nel testo come modificato dal Senato –che i contributi – a decorrere da quelli relativi al 2013 – possono essere richiesti, fermi restando tutti gli altri requisiti di legge(per i quali v., però,infra,in relazione a quanto dispongono l’art. 6 e il co. 7-bis dell’art. 1), a condizione che la testata, nazionale o locale, sia venduta, rispettivamente, nelle misure di almeno il 25%[15] o il 35% delle copie distribuite.

Pertanto, rispettoall’assetto normativo risultante dalla disciplina introdotta dal DPR 223/2010, la percentuale minima per l’accesso ai contributi viene maggiorata del 10%delle copie distribuite per le testate nazionali e del 5% per le testate locali[16].

 

Si introducono, inoltre, alcune variazioni per le testate nazionali: infatti, mentre ai sensi dell’art. 2, co. 1, del DPR 223/2010 sono tali quelle distribuite in almeno 5 regioni, ora - a seguito delle modifiche apportate dal Senato - si prevede che sono considerate testate nazionaliquelle che, oltre ad essere distribuite in almeno 3regioni[17], in ciascuna regione raggiungono una percentuale di distribuzione non inferiore al 5% della propria distribuzione totale.

La relazione illustrativa dell’A.S. 3305 evidenziavache l’innalzamento di tali percentuali nonché la più stringente definizione delle categoria delle testate nazionali, comportano una maggiore selezione delle imprese ammesse al contributo sulla base del criterio degli effettivi livelli di vendita e costituiscono un incentivo ad una più razionale distribuzione delle copie tirate, con conseguente probabile riduzione dei costi relativi alla carta, alla stampa ed alla distribuzione, rilevanti per il calcolo del contributo.

Ulteriore novità recata dal comma 2 è costituita dalla previsione che nella domanda di contributo sono evidenziate le modalità e le condizioni contrattuali che regolano l’eventuale affitto o acquisto della testata.

 

Al riguardo, si ritiene utile ricordare sinteticamente alcuni (non già richiamati) requisiti, richiesti dalla normativa vigente alle categorie destinatarie del comma 2in esame:

Ø     Quotidiani e periodici editi da cooperative di giornalisti(art. 3, co. 2 e 2-quater, L. 250/1990). Ai fini dell’accesso ai contributi è necessario per le imprese:

▪    essere costituite come cooperative giornalistiche ed editare la testata stessa da almeno tre anni[18] (art. 3, co. 2, lett. a) e b), L. 250/1990);

▪    avere acquisito, nell'anno di riferimento dei contributi, entrate pubblicitarie non superiori al 30% dei costi complessivi dell'impresa risultanti dal bilancio dell'anno medesimo (art. 3, co. 2, lett. c), L. 250/1990)(sul punto interviene, peraltro, l’art. 6 del D.L. in esame: v. infra);

▪    avere adottato con norma statutaria il divieto di distribuzione degli utili nell’esercizio di riscossione dei contributi e nei dieci esercizi successivi (art. 3, co. 2, lett. d), L. 250/1990);

▪    avere sottoposto l'intero bilancio di esercizio cui si riferiscono i contributi alla certificazione di una società di revisione scelta tra quelle di cui all'elenco apposito previsto dalla CONSOB (art. 3, co. 2, lett. g), L. 250/1990)[19].

Ø     Quotidiani editi da imprese editrici la cui maggioranza del capitale è detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro (art. 3, co. 2-bis, L. 250/1990): è necessario il possesso dei requisiti di cui all’art. 3, co. 2, lett. b), c), d) e g), L. 250/1990[20];

Ø     Quotidiani e periodici organi di movimenti politici editi da società trasformatesi in cooperativa entro il 1° dicembre 2001 (art. 153, co. 4, L. 388/2000): è necessario il possesso dei requisiti di cui all’art. 3, co. 2, lett. b), c), d) e g), L. 250/1990;

Ø     Quotidiani editi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige (art. 3, co. 2-ter, primo periodo, L. 250/1990): è necessario che le imprese beneficiarie non editino altri giornali quotidiani e possiedano i requisiti di cui all’art. 3, co. 2, lett. b), c), d) e g), L. 250/2010.

 

 

 

Eliminazione dei limiti alle entrate pubblicitarie

 

L’articolo 6, co. 1, lett. c), del decreto-legge abroga l’art. 3, co. 2, lett. c), e co. 3, lett. a), della L. 250/1990, riferiti al requisito di un tetto massimo alle entrate pubblicitarie, applicabile rispettivamente, alle imprese editrici sopra citate e alle imprese editrici di periodici che non abbiano scopo di lucro.

Per queste ultime, ai sensi dell’art. 3, co. 3, lett. a), della L. 250/1990, costituisce requisito (fra gli altri) per l’accesso ai contributi il non aver acquisito nell’anno precedente introiti pubblicitari superiori complessivamente al 40% dei costi dell’impresa per l’anno medesimo – compresi gli ammortamenti – risultanti dal bilancio.

La relazione illustrativa dell’A.S. 3305 chiariva che la disposizione intende porre le imprese in condizione di competere più liberamente sul mercato e di rendersi progressivamente meno dipendenti dal finanziamento pubblico.

Al riguardo si ricorda che l’abrogazione dell’art. 3, co. 2, lett. c), della L. 250/1990 eragià stata prevista dall’art. 20, co. 1, lett. a), punto 2), dello schema di regolamento, poi emanato con DPR 223/2010 (Atto 183). Tuttavia, nell’esprimere il proprioparere il 10 marzo 2010[21], la VII Commissione della Camera aveva formulato la condizione volta a ripristinare “il tetto” del 30 per cento dei ricavi della pubblicità rispetto ai costi dell'impresa.

 

Facilitazioni per le cooperative di giornalisti

 

Il comma 7-bis – introdotto dal Senato – è volto a facilitare l’accesso ai contributi per le cooperative di giornalisti.

In particolare, si dispone che, a decorrere dai contributi relativi al 2012, i requisiti di cui all’art. 3. co. 2, lett. a) e b), L. 250/1990 – relativi ai tempi minimi di costituzione come cooperative giornalistiche e di edizione della testata – non sono richiesti alle cooperative di giornalisti “che si costituiscono ai sensi degli articoli 5 e 6” della L. 416/1981, qualora queste subentrino al contratto di cessione in uso ovvero acquistino una testata che ha avuto accesso, entro il 31 dicembre 2011, ai contributi previsti dall’art. 3 del DPR 223/2010.

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 6 della L. 416/1981, per cooperative giornalistichesi intendono le società cooperative composte di giornalisti costituite ai sensi degli articoli 2511 e ss. del codice civile, nonché i consorzi costituiti tra una società cooperativa composta da giornalisti e una società cooperativa composta da lavoratori del settore non giornalisti che intendono partecipare alla gestione dell’impresa. La norma, tra l’altro, stabilisce che le cooperative di giornalisti devono associare almeno il 50% dei giornalisti dipendenti aventi rapporto di lavoro regolato dal contratto nazionale di lavoro giornalistico e clausola di esclusiva con le medesime cooperative, ovvero, nel caso di cui all'art. 5 della stessa L. 416/1981, con l'impresa cessata o che abbia cessato la pubblicazione della testata. Le cooperative dei lavoratori devono associare almeno il 50% dei lavoratori aventi contratto a tempo pieno con la cooperativa.

L’art. 5 della L. 416/1981 disciplina, invece, in particolare, il caso in cui una cooperativa o un consorzio – costituiti ai sensi dell’art. 6 della medesima legge – intendano acquistare (nel caso in cui l’editore sia il proprietario) o subentrare nel contratto di cessione in uso (qualora la proprietà sia di un soggetto diverso dall’editore) una testata giornalistica – di quotidiani o settimanali – di cui sia cessata o sospesa la pubblicazione.

 

Alla luce della ricostruzione normativa, sembrerebbe pertanto opportuno sostituire le parole “che si costituiscono ai sensi degli articoli 5 e 6” con le parole “di cui agli articoli 5 e 6”.

Si dispone, altresì, che le cooperative di giornalisti sono esentate dall’essere proprietarie della testata per la quale si richiedono i contributi – prevista dall’art. 1, co. 460, lett. a), della L. 266/2005 (v. infra) – nel caso di subentro al contratto di cessione in uso della testata.

 

Calcolo delle copie distribuite

 

Il comma 3 dell’art. 1è raffrontabile con parte dell’art. 2, co. 1, del DPR 223/2010.

In particolare esso dispone – in questo, senza modificare la normativa finoravigente –che, ai fini del comma 2, per copie distribuite si intendono quelle poste in vendita presso le edicole o presso punti di vendita non esclusivi[22], tramite contratti con società di distribuzione esterne, che non devono essere né controllate dall'impresa editrice richiedente il contributo né ad essa collegate[23], nonché quelle distribuite in abbonamento a titolo oneroso.

Parzialmente diverse, rispetto all’assetto normativo vigente, sono, invece, le esclusioni dal computo delle copie distribuite.

In particolare, si conferma che sono escluse le copie diffuse e vendute[24] tramite lo strillonaggio.

Si conferma, altresì l’esclusione delle copie oggetto di vendita in blocco[25], ma se ne cambia la definizione, intendendosi per tale – semplicemente – la vendita ad un unico soggetto di una pluralità di copie, a prescindere, dunque, dal prezzo e dalle modalità di vendita (come, invece, previsto dal testo del regolamento finora vigente[26]).

Sono peraltro ammesse al calcolo le copie vendute mediante abbonamento sottoscritto da un unico soggetto per una pluralità di copie, qualora l’abbonamento specifichi anche i singoli beneficiari (finali) e il “prezzo di vendita” delle singole copie vendute “non sia inferiore al 20 per cento del prezzo di copertina”.

Dunque, facendo riferimento al prezzo, sarebbero ammesse le copie vendute mediante abbonamento alle quale potrebbe essere applicato uno sconto non superiore all’80 per cento.

Sono escluse, inoltre, – e si tratta di una novità – le copie per le quali non è individuabile il prezzo di vendita.

Quanto alle ammissioni, si conferma sostanzialmente quanto previsto dalla disciplina vigente, includendo nel calcolo delle copie distribuite quelle cedute in connessione con il versamento di quote associative destinate alla sottoscrizione di abbonamenti a prodotti editoriali mediante doppia opzione, che ora si prevede debba essere “espressa”[27].

 

Partecipazione dei grafici editoriali alle cooperative editrici

 

La lett. a) del comma 4 – sostanzialmente sostitutiva dell’art. 2, co. 2, del DPR 223/2010 e dell’art. 1, co. 458, della L. 266/2005 – include fra i soggetti che possono far parte delle cooperative editrici, ai fini dell’accesso ai contributi, anche i grafici editoriali, che dunque si aggiungono a giornalisti e poligrafici. Si conferma che nella composizione vi deve essere prevalenza di giornalisti e che la maggioranza dei soci – mantenendo il medesimo criterio di prevalenza di giornalisti – deve risultare dipendente della cooperativa con contratto di lavoro a tempo indeterminato, mentre non si precisa più se si tratta o meno di un rapporto a tempo pieno. E’ comunque fatto salvo quanto previsto dall'art. 1, co. 460, della L. 266/2005[28].

Conseguentemente, l’art. 6, co. 1, lett. d), dispone l’abrogazione dell’art. 1, co. 458, della L. 266/2005.

Al riguardo, si ricordache l’art. 1, co. 460, della L. 266/2005 (L. finanziaria 2006) ha disposto la necessità che l’impresa editrice, a meno che non avesse già maturato il diritto ai contributi alla data del 1° gennaio 2006, sia:

§       proprietaria della testata per la quale si richiedono i contributi;

§       una società cooperativa i cui soci non partecipino ad altre cooperative editrici che abbiano chiesto di ottenere i medesimi contributi. In caso contrario, tutte le imprese editrici interessate decadono dalla possibilità di accedere ai contributi.

Il co. 458 del medesimo articoloha stabilito che le cooperative editrici, per accedere alle provvidenze, devono essere composte esclusivamente da giornalisti professionisti, pubblicisti o poligrafici[29]. Successivamente, lart. 2, co. 2, del DPR 223/2010 – ora, come si è già detto, abrogato dal D.L. in esame –, facendo esplicitamente salvi i requisiti di cui all’art. 1, co. 458 (e 460), della L. 266/2005, ha previsto che le cooperative editrici devono essere composte in prevalenza da giornalisti e che la maggioranza dei soci – mantenendo il medesimo criterio di prevalenza – deve risultare dipendente della cooperativa, con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

Inseguito, l’art. 2, co. 61, della L. 191/2009 (legge finanziaria 2010) ha previsto che le disposizioni dell’art. 1, co. 460, della L. 266/2005 si intendono riferite alle imprese e alle testate ivi indicate che abbiano i requisiti richiesti, anche se hanno mutato forma giuridica.

 

Mutualità prevalente

 

Durante l’esame al Senato è stata inserita – sempre nell’ambito del comma 4, lett. a) – la previsione secondo cui le cooperative devono comunque essere in possesso del requisito della mutualità prevalente per l'esercizio di riferimento dei contributi.

 

La disciplina della mutualità prevalente

 

Il requisito della mutualità prevalente è desumibile dagli artt. 2512, 2513 e 2514 del codice civile, come modificati dal D.lgs. 6/2003 (riforma del diritto societario), che ha introdotto la distinzione tra “cooperative a mutualità prevalente” e “altre cooperative”.

Ai sensi dell’art. 2512 c.c. sono società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di scambio mutualistico, quelle che:

1) svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi (c.d. cooperative di consumo o di utenza: in sostanza in queste cooperative lo scambio mutualistico si realizza attraverso l'acquisto, da parte dei soci,dei beni e/o dei servizi forniti dalla società);

2) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci (c.d. cooperative di lavoro);

3) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci (c.d. cooperative di conferimento).

Le società cooperative a mutualità prevalente si iscrivono in un apposito albo, presso il quale depositano annualmente i propri bilanci[30].

L’articolo 2513 fissa i criteri per la definizione di prevalenza e stabilisce che gli amministratori e i sindaci documentano la condizione di prevalenza nella nota integrativa al bilancio, evidenziando contabilmente i seguenti tre parametri:

a) i ricavi dalle vendite dei beni e dalle prestazioni di servizi verso i soci sono superiori al cinquanta per cento del totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni ai sensi dell'articolo 2425, primo comma, punto A1 (ipotesi riferita alle cooperative di consumo o di utenza);

b) il costo del lavoro dei soci è superiore al cinquanta per cento del totale del costo del lavoro di cui all'articolo 2425, primo comma, punto B9 computate le altre forme di lavoro inerenti lo scopo mutualistico (ipotesi riferita alle cooperative di lavoro);

c) il costo della produzione per servizi ricevuti dai soci ovvero per beni conferiti dai soci è rispettivamente superiore al cinquanta per cento del totale dei costi dei servizi di cui all'articolo 2425, primo comma, punto B7, ovvero al costo delle merci o materie prime acquistate o conferite, di cui all'articolo 2425, primo comma, punto B6 (ipotesi riferita alle cooperative di conferimento).

Pertanto, l’elemento che caratterizza la cooperativa a mutualità prevalente è la prevalente remunerazione dell’apporto mutualistico dei soci, anziché del capitale.

Ai sensi dell’articolo 2514 (requisiti) le cooperative a mutualità prevalente devono prevedere nei propri statuti:

a) il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;

b) il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi;

c) il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori;

d) l'obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.

 

Con il decreto del Ministero delle attività produttive 30 dicembre 2005 (G.U. n. 20 del 25 gennaio 2006) sono stati fissati i regimi derogatori ai criteri per la definizione della prevalenza di cui all’art. 2513 c.c.

In particolare, nel valutare la prevalenza secondo i parametri definiti dall’articolo 2513, per le cooperative giornalistiche di cui alla L. 416/1981, non si computa il costo del lavoro dei soggetti con i quali la cooperativa instaura, nei limiti e alle condizioni previste da disposizioni di legge, rapporti di lavoro occasionale.

Per le cooperative di editori che gestiscono agenzie giornalistiche, i ricavi derivanti dalle prestazioni di servizi di informazione sono assimilabili a quelli provenienti dall'attività con i soci, quando derivano dallo svolgimento di attività con le pubbliche amministrazioni per le quali il corrispettivo sia espressamente determinato in misura pari ai costi sostenuti per la produzione dei servizi medesimi o si riferisca a servizi acquistati, ai sensi dell'art. 55, comma 24, della L. 449/1997, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per soddisfare l'interesse pubblico connesso alle esigenze istituzionali di informazione.

Le dinamiche inerenti la perdita dello status di cooperativa a mu­tualità prevalente sono regolamentate dall’art. 2545-octies c.c. La cooperativa perde la qualifica di cooperativa a mutualità prevalente quando, per due esercizi consecutivi, non rispetti la condizione di prevalenza, di cui all'articolo 2513, ovvero quando modifichi le previsioni statutarie di cui all'articolo 2514[31].

 

Numero minimo di dipendenti

 

La lett. b) del comma 4include fra i requisiti un numero minimo di dipendenti, rafforzando, dunque – al fine, come evidenziato nella relazione illustrativa dell’A.S. 3305, di incentivare l’occupazione giornalistica e poligrafica –la misura di riduzione dei contributi prevista dall’art. 4 del DPR 223/2010 che, conseguentemente, è abrogato (con decorrenza immediata) dall’art. 6, co. 1, lett. b), del decreto in esame.

Con riferimento a quanto sopra osservato circa la necessità di esplicitare la decorrenza della disposizione, si evidenzia che, altrimenti, non sarebbe chiara la rilevanza del dato occupazionale relativamente al 2012. Infatti, per tale anno, fino all’entrata in vigore del decreto, il dato è stato rilevante ai fini del calcolo del contributo, mentre, a partire dalla medesima data, rileverà come requisito di accesso al contributo: tuttavia, sia la norma finora vigente, sia le nuove disposizioni, fanno riferimento all’intero anno.

 

Le disposizioni riguardano le imprese di cui al comma 2, nonché le imprese editrici di quotidiani e periodici organi di forze politiche.

Nello specifico, si tratta delle imprese editrici di cui all’art. 153, co. 2, della L. 388/2000 e all’art. 20, co. 3-ter, del D.L. 223/2006 (L. 248/2006).

 

L’art. 153, co. 2, della L. 388/2000 ha stabilito che le disposizioni di cui all’art. 3, co. 10, della L. 250/1990 - ora abrogato dall’art. 21, co. 1, lett. a), punto 10), del DPR 223/2010 - si applicano esclusivamente alle imprese editrici di quotidiani e periodici, anche telematici, che, oltre che attraverso esplicita menzione riportata in testata, risultano essere organi o giornali di forze politiche che abbiano il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere o rappresentanze nel Parlamento europeo o siano espressione di minoranze linguistiche riconosciute, avendo almeno un rappresentante in un ramo del Parlamento italiano, nell'anno di riferimento dei contributi.

In seguito, l’art. 20, co. 3-ter, del D.L. 223/2006, come successivamente modificato, ha stabilito che il requisito della rappresentanza parlamentare previsto dall’art. 153, co. 2, della L. 388/2000 non è richiesto per le imprese e le testate di quotidiani o periodici che risultano essere giornali od organi di partiti o movimenti politici che alla data del 31 dicembre 2005 abbiano già maturato il diritto ai contributi.

Ancora in seguito, l’art. 2, co. 61, della L. 191/2009 (finanziaria 2010) ha previsto cheanche le disposizioni dell’art. 20, co. 3-ter, del D.L. 223/2006 si intendono riferite alle imprese e alle testate ivi indicate che abbiano i requisiti richiesti, anche se hanno mutato forma giuridica.

Da ultimo, l’art. 3, co. 3, del D.P.R. 223/2010 ha disposto che alle imprese editrici di quotidiani e periodici di cui all’art. 153, co. 2, della L. 388/2000 ed all’art. 20, co. 3-ter, del D.L. 233/2006 continua ad applicarsi il disposto dell’art. 1, co. 460, della L. 266/2005.

Si ricorda che tali imprese non sono soggette al possesso dei requisiti indicati dall’art. 3, co. 2, L. 250/1990 e sopra richiamati.

Si ricorda, infine, che l’art. 153, co. 3, della L. 388/2000, prevede che il contributo concesso a quotidiani e periodici telematici organi di movimenti politici di cui al comma 2 è pari al 60 per cento dei costi del bilancio d’esercizio dell’impresa editrice, certificati ai sensi di legge.

 

In particolare, per accedere ai contributi, le imprese destinatarie devono avere impiegato, nell'intero anno di riferimento del contributo, un numero minimo di dipendenti, con prevalenza di giornalisti, regolarmente assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato (anche qui, peraltro, scompare il riferimento al tempo pieno), pari a 5 o 3, rispettivamente nel caso di imprese editrici di quotidiani o periodici.

La relazione illustrativa dell’A.S. 3305 sottolineava che la disposizione intende promuovere la qualità del prodotto giornalistico attraverso l’impiego di occupazione qualificata.

 

L’art. 4 del DPR 223/2010 prevedeva che il contributo (calcolato ai sensi dell’art. 3, per il quale v. infra) fosse ridotto del 20% qualora l’impresa editrice di quotidiani non avesse utilizzato, nell’intero anno di riferimento del contributo, avendo maturato un contributo superiore a € 2 mln, almeno 5 dipendenti, con prevalenza di giornalisti, regolarmente assunti con contratto a tempo pieno e indeterminato, (ovvero, avendo maturato un contributo superiore a € 1 mln ed inferiore a € 2 mln, 3 dipendenti, sempre con prevalenza di giornalisti regolarmente assunti con contratto a tempo pieno e indeterminato). Per le imprese editrici di periodici il contributo era ridotto del 20% qualora non avessero utilizzato, in tutto l’anno di riferimento del contributo avendo maturato un contributo superiore a € 400 mila, almeno 3 dipendenti, con prevalenza di giornalisti regolarmente assunti con contratto a tempo pieno ed indeterminato (o, avendo maturato un contributo superiore a € 200 mila ed inferiore a € 400 mila, 2 dipendenti, di cui almeno uno giornalista, regolarmente assunti con contratto a tempo pieno e indeterminato)[32].

 

Certificazione dei dati relativi a tiratura, distribuzione e vendita

 

La lett. c) del comma 4è parzialmente raffrontabile con l’art. 2, comma 1, quarto periodo, del DPR 223/2010. Al riguardo, si sottolinea che le disposizioni recate dalla lettera c) sembrano avere valenza generale, non essendo specificati i destinatari.

In particolare, – a fronte della previsione finora vigente, in base alla quale la tiratura, la distribuzionee la vendita devono essere certificate da una società di revisione iscritta nell’apposito albo tenuto dalla CONSOB – si prevede ora chegli stessi dati devono essere attestati da dichiarazioni sostitutive di atto notorio rese dal legale rappresentante dell’impresa e devono essere comprovati da certificazione analitica resa da una di tali società di revisione.

Al riguardo si ricorda che l’art. 47, co. 3, del DPR 445/2000 dispone che, fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell’art.46 – e per i quali sono previste dichiarazioni sostitutive di certificazioni – sono comprovati dall'interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà[33].

 

Il comma 5, concernente le imprese di giornali quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (art. 3, co. 2-ter, terzo e quarto periodo, L. 250/1990), dispone che l’obbligo della relazione di certificazione dei bilanci si estende anche ai dati relativi alle copie distribuite e vendute, con specificazione delle diverse tipologie di vendita. A tal fine, si prevede che le autorità diplomatiche o consolari competenti acquisiscono l’intera documentazione istruttoria richiesta per la concessione del contributo e provvedono ad inoltrarla al Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 3, co. 2-ter, L. 250/1990, per accedere ai contributi è necessario che le imprese – oltre a possedere i requisiti di cui all’art. 3, co. 2, lett. b), c), d) e g), L. 250/1990 – alleghino alla domanda di contributo i propri bilanci, corredati da una relazione di certificazione predisposta da società abilitate secondo la normativa dello Stato in cui hasede l’impresa. Il medesimo principio, peraltro, è ribadito dall’art. 6, co. 3, del DPR 525/1997, recante regolamento attuativo della L. 250/1990, citato dal comma in esame.

Alla luce di quanto riportato, sembrerebbe opportuno far riferimento direttamente all’art. 3, co. 2-ter, ultimo periodo, della L. 250/1990.

 

Divieto di distribuzione degli utili

 

Il comma 6, introducendo un ulteriore requisito, prevede che il disposto di cui all’art. 3, co. 2, lett. d), della L. 250/1990 – secondo cui le imprese, per beneficiare dei contributi, devono avere adottato con norma statutaria il divieto di distribuzione degli utili nell’esercizio di riscossione dei contributi e nei dieci esercizi successivi – si applica a tutte le imprese editrici che percepiscono contributi diretti e, quindi, tra le categorie richiamate ai commi 2, 4 e 5 - come evidenziato anche alla relazione illustrativa dell’A.S: 3305 - anche alle imprese editrici di quotidiani e periodici organi di forze politiche.

Si rileva, peraltro, che, proprio per la sua formulazione, la norma sembrerebbe diretta anche ad ulteriori categorie di imprese le quali, pur non rientrando tra le fattispecie esplicitamente richiamate ai commi 2, 4 e 5 dell’articolo in esame, beneficiano di contributi diretti.

Tra queste, in particolare, si ricordano in questa sede, in quanto disciplinate dalla L. 250/1990(legge cui fa riferimento esplicito il D.L. 201/2011), le imprese editrici di periodici che non abbiano scopo di lucro[34] (art. 3, co. 3, L. 250/1990)[35].

Si valuti, dunque, l’opportunità di un chiarimento.

 

 

Credito di imposta sulla carta per il 2011

 

Il comma 7 non riguarda nuovi requisiti per l’accesso ai contributi. Esso si riferisce, infatti, alle domande relative al credito di imposta sulla carta per il 2011, e dispone che le stesse si intendono regolarmente pervenute se inviate mediante raccomandata postale o tramite posta certificata entro la data di scadenza prevista dal relativo bando.

Al riguardo si ricorda che, in base all’elenco 1 allegato alla legge di stabilità 2011 (L. 220 del 2010), quota parte – 30 milioni di euro – dell’incremento per il medesimo 2011 del Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili[36] disposto dall’art. 1, co. 40, del medesimo provvedimento, è stato destinato al riconoscimentoalle imprese editrici di quotidiani e di periodici e alle imprese editrici di libri iscritte al registro degli operatori di comunicazione di un credito di impostapari al 10 per cento della spesa per l'acquisto della carta utilizzata per la stampadelle testate e dei libri. Al riguardo è stato richiamato, l’art. 4, commi da 181 a 186, della L. 350 del 2003 (L. finanziaria 2004[37]),che ha affidato ad un DPCM, emanato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione delle modalità di riconoscimento del credito di imposta per le spese sostenute nel 2004[38]– nel limite di spesa di 95 milioni di euro – e ha stabilito che la spesa per l'acquisto della cartadovesse risultare dal bilancio certificato delle imprese editrici[39]. Dal beneficio sono state escluse le spese per l'acquisto di carta utilizzata per la stampa di una serie di prodotti editoriali:

§       quotidiani e periodici che: contengono inserzioni pubblicitarie per un'area superiore al 50% dell'intero stampato, su base annua;non posti in vendita - cioè, non distribuiti con un prezzo effettivo per copia o abbonamento - ad eccezione di quelli informativi delle fondazioni e delle associazioni senza fini di lucro; che siano ceduti a titolo gratuito per una percentuale superiore al 50% della loro diffusione; diretti a pubblicizzare prodotti o servizi contraddistinti con il nome o con altro elemento distintivo al fine di incentivarne l’acquisto; relativi a vendita per corrispondenza o di promozione delle vendite di beni o di servizi; delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici, nonché di altri organismi, ivi comprese le società riconducibili allo Stato ovvero ad altri enti territoriali o che svolgano una pubblica funzione; contenenti supporti integrativi;

§       cataloghi, cioè pubblicazioni contenenti elencazioni di prodotti o di servizi[40];

§       pubblicazioni aventi carattere postulatorio, ad eccezione di quelle utilizzate dalle organizzazioni senza fini di lucro e dalle fondazioni religiose esclusivamente per le proprie finalità di autofinanziamento;

§       prodotti editoriali pornografici.

Le modalità applicative riferite alla previsionedel riconoscimento del credito di impostarecata dalla legge di stabilità 2011 sono state dettate con circolare della Presidenza del Consiglio-Dipartimento per l’editoriadel29 dicembre 2011[41] la quale, richiamando le disposizioni applicative della previsione recata dalla legge finanziaria 2004[42], ha, anzitutto, chiarito che, a seguito delle intese intercorse con il MEF, il credito di imposta siintende riferitoalla spesa per l’acquisto della carta sostenuta nel 2011.

Tuttavia, quanto al termine per la presentazione delle domande, mentre il testo della circolare ha disposto che le stesse dovevano“pervenire, a pena di inammissibilità, con le modalità fissate con il citato D.P.C.M. n. 318 del 2004, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale”,l’allegato A della stessa circolare, recante il modello della domanda per usufruire del credito di imposta, riferiva il medesimo termine all’invio della domanda (e non già alla sua ricezione)specificando, altresì, che lo stesso doveva avvenire esclusivamente mediante lettera raccomandata e in bollo[43].

Pertanto, la previsione recata dal comma 7 in esame sembra rivolta, da un lato, a sancire la regolarità delle domande inviate (e non anche pervenute)entro 30 giorni dalla data di pubblicazione della circolare nella Gazzetta ufficiale, dall’altro a regolarizzare anche ledomande inviate mediante “posta certificata”[44].

 

Con riferimento alla formulazione del testosi valuti l’opportunità di sostituire le parole “posta certificata” con le parole “posta elettronica certificata”.

Si ricorda, infatti, che, ai sensi dell’art. 16-bis del D.L. 185/2008 (L. 2/2009) la posta elettronica certificata attesta data e ora dell’invio e della ricezione delle comunicazioni e l’integrità del contenuto delle stesse e ha effetto equivalente alla notificazione per mezzo della posta[45].

 

 

 

 

 

Fondazioni bancarie

 

Il comma 7-ter, introdotto durante l’esame al Senato, dispone in materia di fondazioni bancarie, presentando un contenuto che solo in parte appare conferente con quello del decreto-legge.

In particolare, mediante una novella all’articolo 3, comma 2, del D.lgs. n. 153/1999, annovera tra gli enti sovvenzionabili o finanziabili dalle fondazioni bancarie, accanto alle imprese strumentali, alle imprese sociali e alle cooperative sociali, anche le cooperative che operano nel settore dell’informazione – tra le quali, dunque, rientrano le cooperative giornalistiche – e quelle che operano nei settori dello spettacolo e del tempo libero.

 

Ai sensi dell’art. 2 del D.lgs. 153/1999, le fondazioni bancarie perseguono esclusivamente scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico secondo quanto previsto dai rispettivi statuti. Esse, in rapporto prevalente con il territorio, indirizzano la propria attività esclusivamente nei settori ammessi e operano in via prevalente nei settori rilevanti. In base all’art. 1, fra i settori ammessi - nell’ambito dei quali la fondazione sceglie, ogni tre anni, non più di 5 settori rilevanti - vi sono quelli relativi a: “educazione, istruzione e formazione, incluso l'acquisto di prodotti editoriali per la scuola”; “protezione dei consumatori”; “ricerca scientifica e tecnologica”; “arte, attività e beni culturali”; “attività sportiva”.

L’art. 3, co. 2, nel testo vigente, dispone che non è consentito alle fondazioni l'esercizio di funzioni creditizie ed è esclusa qualsiasi forma di finanziamento, di erogazione o, comunque, di sovvenzione, diretti o indiretti, ad enti con fini di lucro o in favore di imprese di qualsiasi natura, con eccezione delle imprese strumentali, delle imprese sociali e delle cooperative sociali di cui alla legge n. 381 del 1991.


Art. 1-bis e art. 6, comma 1, lett. d-bis), d-ter), d-quater)
(Contributi a favore di periodici italiani pubblicati all’estero)

L’art. 1-bis, introdotto durante l’esame al Senato, reca una nuova disciplina per la concessione dei contributi ai periodici italiani pubblicati all’estero, nonché alle pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale edite in Italia e diffuse prevalentemente all’estero, sostituendo quella recata, principalmente, dall’art. 26 della L. 416/1981. La nuova disciplina si applica a decorrere dai contributi relativi all’anno 2012.

Appare dunque opportuno modificare la rubrica dell’articolo al fine di includervi anche le pubblicazioni edite in Italia e diffuse prevalentemente all’estero.

 

Complessivamente, il testo dell’articolo in commento ripercorre, nell’impianto, quello dell’art. 26 della L. 416/1981, inserendo elementi di novità.

 

L’art. 26 della L. 416/1981 ha autorizzato la corresponsione di un importo complessivo annuo di 2 miliardi di lire – aumentato a 4 mld di lire ( 2.065.827,6), dal 2002, dall’art. 3, co. 1, della L. 62/2001 – in favore di giornali e riviste italiani pubblicati all'estero e di pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale edite in Italia e diffuse prevalentemente all'estero. I criteri e le modalità per la concessione dei contributi sono stati definiti con DPR 48/1983.

 

In particolare, il comma 1 dispone che, nell’ambito delle risorse stanziate sul pertinente capitolo del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri e “nel rispetto del limite di cui all’articolo 2, comma 1” – che, tuttavia, alle medesime risorse fa riferimento –, è autorizzata, a decorrere dai contributi relativi al 2012, la corresponsione di complessivi 2 milioni di euro annui ai periodici italiani pubblicati all’estero da almeno 3 anni e alle pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale edite in Italia e diffuse prevalentemente all’estero da almeno 3 anni, anche tramite abbonamenti a titolo oneroso per le pubblicazioni on line.

Rispetto all’assetto normativo vigente, la novità principale è costituita dalla previsione di un requisito temporale minimo di anzianità di pubblicazione o di diffusione necessario per poter accedere ai contributi.Inoltre, si introduce la possibilità di soddisfare il suddetto requisito anche attraverso abbonamenti a titolo oneroso a pubblicazioni on line.

Rimane, invece, sostanzialmente invariata la misura complessiva del contributo.

Peraltro, il riferimento al “limite di cui all’articolo 2, comma 1” (che, letteralmente, come già accennato, è il limite delle risorse stanziate sul pertinente capitolo del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio), sembrerebbe potersi leggere nel senso che, in caso di insufficienza delle risorse stanziate, agli aventi titolo spettano contributi ridotti mediante riparto proporzionale (art. 2, co. 1, secondo periodo).

Ove questa sia la lettura corretta, le parole “nel rispetto del limite di cui all’articolo 2, comma 1” dovrebbe essere sostituite con le parole “e fermo restando che, in caso di insufficienza delle risorse stanziate, agli aventi titolo spettano contributi ridotti mediante riparto proporzionale”.

 

Al riguardo, si ricorda che, tranne che per i contributi relativi al 2009 – per i quali l’art. 10-sexies, lett. a), del D.L. 194/2009, come modificato dall’art. 1, co. 55, lett. a), della L. 220/2010, ha disposto la non applicabilità delle disposizioni recate dall’art. 2, co. 62, della L. 191/2009 (c.d. “tetto ai contributi”) – i contributi relativi a tali pubblicazioni sono stati finora assoggettati al medesimo “tetto”.

 

Il comma 2 stabilisce i parametri di riferimento per la determinazione della misura dei contributi. A tal fine, si tiene conto della diffusione delle pubblicazioni presso le comunità italiane all’estero, dell’apporto alla diffusione della lingua e della cultura italiane, del contributo alla promozione del “sistema Italia” all’estero, della consistenza informativa.

L’art. 26, secondo comma, della L. 416/1981 fa riferimento alla diffusione presso i lavoratori italiani all’estero, alla natura e consistenza informativa di giornali, riviste e pubblicazioni, e al loro apporto alla conoscenza dei fatti italiani e dei problemi del lavoro italiano all’estero.

 

Il comma 3 affida ad un DPR la definizione dei criteri e delle modalità per la concessione dei contributi, individuando peraltro direttamente (a differenza dell’articolo 26, terzo comma, della L. 416/1981), anche gli elementi da tenere in considerazione. Si tratta di:

§         numero di uscite annue;

§         numero di pagine pubblicate;

§         numero di copie vendute, anche in formato digitale.

Si dispone, inoltre, che una parte dell’importo complessivo destinato alle categorie di cui al comma 1 è riservata alle testate che esprimono specifiche appartenenze politiche, culturali e religiose.

Si definiscono così nella norma primaria elementi che, nella disciplina vigente, sono regolati da norme di rango secondario (si veda infra).

Il procedimento di adozione del DPR è analogo a quello già previsto dall’art. 26, terzo comma, della L. 416/1981: si prevede, infatti, una previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, di concerto con il Ministro degli affari esteri, sentite le Commissioni competenti dei due rami del Parlamento.

 

Il comma 4 dispone direttamente l’istituzione di una commissione incaricata di accertare la sussistenza dei requisiti di ammissione ai contributi e di deliberarne la liquidazione, definendone la composizione in termini che dovrebbero comportare, rispetto alla situazione attuale, un numero inferiore di membri.

Si prevede, infatti, che di essa fanno parte: rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero degli affari esteri, in pari numero e rappresentanti del Consiglio generale degli italiani all’estero, della Federazione unitaria della stampa italiana all’estero, della Federazione Nazionale della stampa italiana e della Consulta nazionale delle associazioni di emigrazione.

Ai componenti non spetta alcun compenso, né un rimborso spese, e alle spese di funzionamento della Commissione si provvede con gli ordinari stanziamenti di bilancio.

 

Con riferimento alla Commissione, si osserva che non è indicato l’atto con il quale si procede alla nomina dei suoi membri.

 

L’art. 1 del DPR 48/1983 ha disposto l’istituzione di una commissione incaricata di accertare i requisiti di ammissione ai contributi e di predisporre i piani di ripartizione, affidando la nomina dei suoi membri ad un DPCM. La commissione è composta da oltre venti membri[46].

L’art. 2 dello stesso DPR ha previsto che i contributi sono destinati:

1) a giornali e riviste, pubblicati e diffusi all'estero, che trattino, con testi scritti prevalentemente in lingua italiana, argomenti concernenti i fatti italiani e i problemi dei lavoratori italiani all'estero[47];

2) a pubblicazioni che siano effettivamente uscite con almeno quattro numeri nel corso dell'anno solare di riferimento, edite in Italia, diffuse prevalentemente all'estero, che trattino argomenti concernenti i fatti italiani e i problemi dell'emigrazione e la cui impresa editrice sia iscritta al Registro nazionale della stampa (ora al ROC)[48].

 

In conseguenza della nuova disciplina, l’art. 6, comma 1, lett. d-bis), d-ter), d-quater), dispone l’abrogazionedelle norme vigenti.

In particolare, oltre che dell’art. 26 della L. 416/1981, dell’art. 3, comma 1, della L. 62/2001, e del DPR 48/1983, si dispone anche l’abrogazione dell’art. 45 della L. 416/1981, il cui quarto comma ha disciplinato la corresponsione di contributi alle pubblicazioni sopra indicate riferiti al periodo 1° gennaio 1978-31 dicembre 1980.


Articolo 2 e articolo 6, comma 1, lett. b) e c)
(Nuovi criteri di calcolo e liquidazione del contributo)

 

L’articolo 2 reca nuovi criteri di calcolo dei contributi (commi 1-6) – validi, per i soggetti indicati nei commi 2, 4 e 5 dell’art. 1, a decorrere dai contributi relativi al 2012 –, introduce un termine per la conclusione del procedimento di erogazione annuale degli stessi(comma 7), e dispone in meritoalla Commissione tecnica consultiva rappresentativa delle categorie operanti nel settore della stampa e dell’editoria (comma 8).

 

Preliminarmente, il comma 1 ribadisce che i contributi di cui al medesimo decreto spettano nei limiti delle risorse stanziate sul pertinente capitolo del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglioe che, in caso di insufficienza, si procede alla riduzione dei contributi mediante riparto proporzionale.

Si tratta della previsione già recata, come si è detto in premessa, dall’art. 2, co. 62, della L. 191/2009 (che, tuttavia, fa salve le risorse da destinare alle convenzioni e agli oneri inderogabili afferenti allo stesso capitolo), nonché dal co. 7 dell’art. 3 del DPR 223/2010 – articolo che viene ora abrogato nella sua interezza dall’art. 6, co. 1, lett. b),del decreto in esame – e dall’art. 22, co. 1, dello stesso DPR.

A fini di semplificazione normativa, sembrerebbe opportuno un coordinamento fra quanto dispone l’art. 2, co. 1, del provvedimento in esame e quanto dispongono l’art. 2, co. 62, L. 191/2009 e l’art. 22, co. 1, DPR 223/2010.

 

Il testo modificato dal Senato specifica che viene fatto salvo quanto disposto al comma 4 del medesimo articolo (per il quale v. infra), disposizione peraltro già sottesa nella formulazione iniziale del comma richiamato.

 

Importo complessivo dei contributi, costi ammissibili e nuovi criteri di calcolo

 

Il comma 2 reca i nuovi criteri di calcolo del contributo validi, come si è detto, a decorrere dai contributi relativi al 2012, per i soggetti di cui all’art. 1, co. 2, 4 e 5.

Pertanto, le disposizioni del comma in esame sostituiscono, sostanzialmente, quelle dell’art. 3, co. 1, 2, 3, 5 e 6 del DPR 223/2010.

Il primo disposto riguarda l’importo complessivo del contributo corrisposto a ciascuna impresa, che non può comunque superare quello riferito al 2010.

Al riguardo, sembra opportuno chiarire le modalità applicative di tale previsione con riferimento ad eventuali nuovi fruitori che non abbiano già avuto accesso ai contributi per l’anno 2010.

Fermo tale parametro, il calcolo continua a derivare dalla somma di una quota rapportata ai costi sostenuti – che, però, sono ora diversamente individuati e, in particolare, circoscritti – e di una quota rapportata alle copie,che ora sono, però, quelle vendute e non più quelle distribuite.

In particolare, il testo approvato dal Senato stabilisce che la quota rapportata ai costi consiste in una percentuale fino al 50% dei costi[49] sostenuti per:

§      il personale dipendente, esclusivamente con riferimento a giornalisti e poligrafici. Restano fuori dal computo, quindi, i costi sostenuti per il personale – pur dipendente – appartenente ad altre qualifiche (ad es. i grafici editoriali che, ai sensi dell’art. 1, co. 4, lett. a), del decreto possono far parte delle cooperative editrici). I relativi costi sono ammissibili fino adun importo massimo di 120.000 euro annui per ogni giornalista assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato e di euro 50.000 per ogni poligrafico assunto con le stesse caratteristiche.

Al riguardo, la stessa relazione illustrativaevidenziava che tali importi sono assunti quali costi standard sulla base dei rispettivi contratti collettivi di lavoro.

§      l’acquisto della carta;

§      la stampa;

§      la distribuzione;

§      gli abbonamenti ai notiziari delle agenzie di stampa[50].

I costi sopra indicati devono essere direttamente connessi all’esercizio dell’attività editoriale per la produzione della testata per la quale vengono richiesti i contributi e i relativi pagamenti devono essere effettuati tramite strumenti di pagamento tracciabili. In ogni caso, non sono ammessi i costi sostenuti per attività di consulenza e per l’acquisto di servizi editoriali consistenti nella predisposizione, anche parziale, di pagine del giornale.

Al riguardo, è utile anticipare che la normativa vigente prima della pubblicazione del decreto in esame (per la quale si veda più ampiamente infra) includeva entrambe le voci tra i costi ritenuti ammissibili, seppur nel limite del 10% di tutti gli altri costi ammissibili[51].

I costi ammissibili devono risultare dal bilancio di esercizio dell’impresa e dal relativo prospetto analitico dei costi. Taleprospetto deve far parte della relazione di certificazione del bilancio – che deve essere corredata di idonea documentazione dimostrativa – redatta, ai sensi dell’art. 3, co. 2, lett. g), della L. 250/1990, da una società di revisione scelta fra quelle di cui all’apposito elenco CONSOB (v. ante, scheda art. 1).

Il testo approvato dal Senato prevede che l’importo complessivo della quota di contributo rapportata ai costi non può comunque superare:

§      euro 2,5 milioni[52] per i quotidiani nazionali;

§      euro 1,5 milioni per i quotidiani locali e per i quotidiani in lingua francese, tedesca, ladina o slovena nelle regioni autonome Val D’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige e i quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (art. 3, co. 2-ter, L. 250/1990)[53];

§      euro 300 mila per i periodici.

 

Quanto alla quota del contributo correlata al numero di copie vendute, nel testo come modificato dal Senatosi stabilisce che a ciascuna impresa è corrisposto un importo unitario – comunque non superiore all’effettivo prezzo di vendita di ciascuna copia – finoa:

§      euro 0,25[54] per ogni copia venduta di quotidiani nazionali;

§      euro 0,20[55] per ogni copia venduta di quotidiani locali;

§      euro 0,40[56] per ogni copia venduta di periodici.

Dal punto di vista della formulazione del testo, si segnala che al comma 2, lett. b), l’esplicito riferimento alle copie vendute è presente solo per i quotidiani nazionali e non anche per i quotidiani locali e per i periodici.

L’importo complessivodella quota rapportata alle vendite non può comunque essere superiore a:

§      euro 3,5 milioni per i quotidiani, senza differenziazione tra diffusione nazionale e locale;

§      euro 200 mila per i periodici.

Si segnala che, a differenza della quota rapportata ai costi, nel caso della quota rapportata alle vendite non si esplicita la disciplina applicabile alle imprese editrici di quotidiani italiani editi e diffusi all’estero e alle imprese editrici di quotidiani in lingua francese, tedesca, ladina o slovena nelle regioni autonome Val D’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige.

 

Nel testo come modificato dal Senato è stato, inoltre, previsto che con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, sono stabiliti condizioni, termini e modalità di applicazione di quanto disposto per le due quote di contributo.

 

Il comma 3 specifica che per copie vendute si intendono quelle cedute a titolo oneroso presso le edicole o presso i punti vendita non esclusivi o quelle spedite in abbonamento a titolo oneroso, purché rientranti nel computo delle copie distribuite, ai sensi dell’art. 1, co. 3.

 

Rispetto all’assetto delineato dall’art. 3 del DPR 223/2010 (v. infra) – le cui disposizioni si applicheranno, quindi, solo per il calcolo dei contributi relativi al 2011 –, le novità sembrano così enucleabili:

§      la quota di contributo correlata ai costi ammissibili (categoria che, come si è visto ante, è ora più circoscritta) è identica per le varie tipologie di quotidiani e periodici;

§      per quanto concerne il contributo massimo erogato quale quota correlata ai costi, si introduce la distinzione fra quotidianinazionali da un lato, e quotidiani locali, delle minoranze linguistiche ed editi e diffusi all’estero, dall’altro. Peraltro, nel caso dei quotidiani delle minoranze linguistiche il limite massimo è innalzato rispetto a quello già previsto dal DPR 223/2010, mentre per i quotidiani editi e diffusi all’estero, lo stesso viene ribassato;

§      per la quota correlata al numero di copie, oltre a rilevare la vendita effettiva e non più la distribuzione o la tiratura, sono fissati tre diversi importi unitari (per copia venduta)applicabili, rispettivamente, ai quotidiani nazionali, ai quotidiani locali e ai periodici, senza altre distinzioni di categoria. In tutti i casi, gli importi unitari sono comunque superiori a quelli già fissati dalla previgente normativa;

§      per la stessa quota commisurata al numero di copie vendute, scompare il massimale annuo relativo al numero di copie che viene sostituito, analogamente a quanto già previsto per la quota correlata ai costi, da un valore massimo complessivo, distinto per i quotidiani e per i periodici.

 

La disciplina per il calcolo dei contributirecata dall’art. 3 del DPR 223/2010

 

L’art. 3, co. 6, del DPR 223/2010 ha identificato i costi ammissibili sui quali viene calcolata la relativa quota dicontributo con i costi direttamente connessi all’esercizio dell’attività editoriale svolta per la produzione della testata per la quale si richiedono i contributi, rimettendo la specificazione delle tipologie degli stessi ad un DPCM. Nel formulare tale previsione, non ha distinto fra tipologie di imprese (ad esempio, tra imprese editrici di quotidiani o di periodici, ovvero tra agenzie di informazione radiofonica oagenzie di stampa).

E’, dunque, intervenuto il DPCM 23 maggio 2011[57], che ha individuato i costi ammissibili con effetto a decorrere dal bilancio di esercizio delle imprese relativo all’anno 2011.

In particolare – rilevato in premessa che l’attività editoriale comprende le fasi relative all’elaborazione, redazione, produzione, stampa, distribuzione, promozione e commercializzazione della testata – l’allegato al decretoindividua le voci di costo ammissibili nelle seguenti: acquisto di materie prime, sussidiarie e beni di consumo[58]; spese per prestazioni di servizi[59]; costi per godimento beni di terzi[60]; spese per il personale[61]; ammortamenti[62]; variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie e merci; accantonamenti per il trattamento di fine rapporto.

 

Per le singole tipologie di imprese editrici, l’art. 3, co. 1, 2, 3 e 5, del DPR 223/2010 ha disposto i seguenti criteri di calcolo del contributo:

 

Art. 3, co. 1, DPR 223/2010

Ø     Quotidiani editi da cooperative di giornalisti (art. 3, co 2, L. 250/1990);

Ø     Quotidiani editi da imprese editrici la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro (art. 3, co. 2-bis, L. 250/1990);

Ø     Quotidiani editi e diffusi all’estero (art. 3, co. 2-ter, terzo e quarto periodo, L. 250/1990);

Ø     Quotidiani organi di movimenti politici, trasformatesi in cooperativa entro il 1° dicembre 2001 (art. 153, co. 4, L. 388/2000)[63]:

▪ un importo fisso annuo pari al 50 per cento dei costi ammissibili risultanti dal bilancio, inclusi gli ammortamenti, e comunque non superiore a 2 milioni di euro per ciascuna impresa;

▪ un importo variabile nella misura di euro 0,09 per ogni copia distribuita, fino ad un massimo di 50 milioni di copie annue.

L’importo complessivo dei contributi non può, comunque, superare il 60 per cento dei costi sostenuti dall’impresa[64].

Art. 3, co. 2, DPR 223/2010

Ø     Quotidiani editi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige (art. 3, co. 2 -ter, primo periodo, L. 250/1990):

▪ un importo fisso annuo pari al 30 per cento dei costi ammissibili risultanti dal bilancio, inclusi gli ammortamenti, comunque non superiore a 1 milione di euro per ciascuna impresa editrice;

▪ un importo variabile pari a euro 0,09 per ogni copia distribuita, fino ad un massimo di 50 milioni di copie annue.

L’ammontare complessivo dei contributi non può, comunque, superare il 50 per cento dei costi[65].

Ø     Periodici editi da cooperative di giornalisti (art. 3, co. 2-quater, L. 250/1990), nonché:

Ø     Periodici organi di movimenti politici, trasformatesi in cooperativa entro il 1° dicembre 2001 (art. 153, co. 4, L. 388/2000)[66]:

▪ un importo fisso annuo pari al 30 per cento dei costi ammissibili risultanti dalbilancio, inclusi gli ammortamenti, comunque non superiore a 300.000 euro per ciascuna impresa editrice;

▪ un importo variabile pari a euro 0,20 per ogni copia distribuita, fino ad un massimo di 50 milioni di copie annue.

L’ammontare complessivo dei contributi non può, comunque, superare il 50 per cento dei costi[67].

 

Art. 3, co. 3, DPR 223/2010

Ø     Quotidiani e periodici organi di forze politiche (art. 153, co. 2, L. 388/2000; art. 20, co. 3-ter, D.L. 223/2006):

▪ un importo fisso pari al 40 per cento dei costi ammissibili risultanti dal bilancio, inclusi gli ammortamenti, e, comunque, non superiore a 1.290.000 euro per i quotidiani e a 310.000 euro per i periodici;

▪ un importo variabile pari a:

per i quotidiani, in base alla tiratura media giornaliera:

            – euro 258.000, da 10.000 a 30.000 copie;

            – euro 154.000, ogni 10.000 copie dalle 30.000 alle 150.000 copie;

            – euro 103.000, ogni 10.000 copie oltre le 150.000 e fino a 250.000.

per i periodici, euro 207.000, qualora la tiratura media sia superiore a 10.000 copie;

▪ un ulteriore contributo pari alla somma dei contributi fisso e variabile.

L’importo complessivo dei contributi non può, comunque, superare il 70% dei costi ammissibili dell’impresa[68].

Art. 3, co. 5, DPR 223/2010

Come ante anticipato, pertutte le imprese editrici, l’art. 3, co. 5, ha disposto che i costi sostenuti per l’acquisto di servizi editoriali consistenti nella predisposizione, anche parziale, di pagine del giornale, sono considerati, ai fini del calcolo dei contributi, solo nel limite del 10 per cento di tutti gli altri costi ammissibili, purché in presenza di certificazione di regolarità contributiva delle imprese fornitrici dei medesimi servizi editoriali[69].

 

Quota destinabile ai contributi per i periodici senza scopo di lucro

 

Il comma 4, dopo aver evidenziato che i nuovi criteri di calcolo non si applicano ai contributi in favore di periodici editi da cooperative, fondazioni o enti morali, ovvero da società con maggioranza del capitale detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali che non abbiano scopo di lucro(di cui all’art. 3, co. 3, L. 250/1990), dispone che le risorse complessivamente destinabili a tali contributi sono pari al 5 per cento dell’importo stanziato per i contributi diretti alla stampa sul “pertinente capitolo del bilancio del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri”.

La previsione di una quota massima di risorse destinabile a questa categoria di imprese costituisce una novità rispetto alla normativa previgente. In caso di insufficienza delle risorse, si ribadisce che il contributo è liquidato mediante riparto proporzionale fra gli aventi diritto.

Si ricorda, infatti, che la disapplicazione alle imprese in questione della previsione generale di procedere, ove necessario, al riparto proporzionale delle risorse tra gli aventi diritto – di cui all’art. 2, co. 62, L. 191/2009 – esplicitamente disposta con l’art. 10-sexies, co. 1, lett. a), del D.L. 194/2009 (L. 25/2010), era limitata ai contributi relativi al 2009.

 

Al contempo, come già evidenziato nella scheda relativa all’art. 1, l’art. 6, co. 1, lett. c), dispone l’abrogazione dell’art. 3, co. 3, lett. a), della L. 250/1990.

Appare utile ricordare, al riguardo, che ai sensi dell’art. 3, co. 3, della L. 250/1990, i contributi sono corrisposti a condizione, tra l’altro, che le imprese indicate:

§       siano costituite da almeno tre anni ovvero editino testate diffuse da almeno cinque anni (alinea);

§       non abbiano acquisito nell’anno precedente introiti pubblicitari superiori complessivamente al 40 per cento dei costi, compresi gli ammortamenti, dell’impresa per l’anno medesimo, risultanti dal bilancio (lett. a);

§       editino periodici a contenuto prevalentemente informativo (lett. b);

§       abbiano pubblicato, nei due anni antecedenti l’entrata in vigore della L. 250/1990 e nell’anno di riferimento dei contributi, non meno di 45 numeri ogni anno per ogni testata per i plurisettimanali e i settimanali, 18 per i quindicinali e 9 per i mensili (lett. c)[70].

Il co. 3-bis del medesimo articolo dispone, inoltre, che, qualora le società siano costituite da persone fisiche e giuridiche, ciascuna delle quali possieda quote di capitali inferiori al 3 per cento, è sufficiente che la cooperativa, fondazione o ente morale detenga la maggioranza relativa del capitale sociale.

Per quanto concerne il calcolo delcontributo, il co. 3 dispone che sono corrisposti annualmente 0,20 euro per copia stampata fino a 30.000 copie di tiratura media, indipendentemente dal numero delle testate.

Nessuna novità in materia è derivata dal DPR 223/2010.

 

Dal punto di vista della formulazione del testo, si rileva che il primo periodo del comma 4 dell’art. 2 non appare necessario, in considerazione del fatto che i soggetti ivi indicati non sono citati nel comma 2 dello stesso art. 2 quali destinatari dei nuovi criteri per il calcolo dei contributi.

Dallo stesso punto di vista, si rileva, inoltre, che, il riferimento, nel comma 4 dell’art. 2, al “bilancio del Dipartimento per l’informazione e l’editoria” non appare corretto, poiché, come indicato nel comma 2 e nell’art. 1-bis,, è la Presidenza del Consiglio dei Ministri ad essere dotata di un bilancio autonomo.


Contributi alle agenzie di informazione radiofonica costituite come cooperative di giornalisti

 

Il comma 5 è raffrontabile con il comma 4 dell’art. 3 del DPR 223/2010, che – come già ricordato – è abrogato dall’art. 6del decreto. A differenza della norma richiamata, il comma in esame prevede la concessione di contributi alle sole agenzie di informazione radiofonica costituite in forma di cooperative di giornalisti e non più (anche) alle agenzie di stampa quotidiane costituite come cooperative giornalistiche.

Con riferimento alle agenzie di informazione radiofonica costituite in forma di cooperative di giornalisti – di cui all’art. 53, co. 15, della L. 449/1997[71] – si conferma la previsione di un contributo annuo rapportato ai costi, ma la sua misura percentuale – sempre pari al 30% –è rapportata ora ai soli costi sostenuti per la diffusione e per il “personale”. Dunque, per le agenzie in questione si è in presenza di un riferimento a costi definiti in modo diverso rispetto a quanto viene fattoper le imprese editrici di cui al co. 2.

Con riferimento al personale, peraltro, non è precisato se si debba trattare solo di personale dipendente, né se si debbanoconsiderare i soli costi sostenuti pergiornalisti e poligrafici (come, invece, previstoper le imprese editrici di cui al co. 2).

Ulteriori novità riguardano:

§      la misura del contributo massimo, che da 1 milione di euro scende a 800.000 euro;

§      la previsione che il bilancio – dal quale devono risultare i costi – deve essere certificato da una società di revisione iscritta nell’apposito albo tenuto dalla CONSOB (v. ante, scheda art. 1).

 

Con riferimento alle agenzie di stampa quotidiane costituite come cooperative giornalistiche, si ricorda che l’art. 2, co. 30, della L. 549/1995 ha stabilito che, ai fini dell’applicazione dell’art. 3, co. 8, lett. a), della L. 250/1990(cioè, della misura del contributo fisso dovuto a ciascuna impresa), il co. 2 dello stesso art. 3, relativo ai contributi concessi alle imprese editrici di quotidiani editi da cooperative di giornalisti,si interpreta nel senso che in tale categoria sono incluseanche le imprese, costituite in tale forma, editrici di agenzie di stampa quotidiane che trasmettano tramite canali in concessione esclusiva dell'Ente poste italiane.

In seguito, l’art. 4, co. 187, della L. 350/2003 ha stabilito che l’art. 2, co. 30, della L. 549/1995 si interpreta nel senso che, a decorrere dal 1° gennaio 2002, le cooperative di giornalisti editrici di agenzie di stampa quotidiane, che hanno trasmesso mediante i canali in concessione esclusiva dell’Ente poste italiane fino alla data ultima di cessazione del servizio, continuano a percepire i contributi previsti dall’art. 3, co. 2, della L. 250/1990, qualunque siano le attuali modalità di trasmissione[72].

Da ultimo, l’art. 3, co. 8, della L. 250/1990 è stato abrogato dall’art. 21, co. 1, n. 8), lett. a), del DPR 223/2010, a decorrere dal bilancio di esercizio 2011 delle imprese beneficiarie.

 

Alla luce della ricostruzione normativa effettuata, sarebbe utile chiarire se l’intenzione sia quella di eliminare la possibilità di accedere ai contributi da parte delle agenzie di stampa quotidiane costituite come cooperative giornalistiche, ovvero se alle stesse agenzie torneranno a spettare, sulla base dell’art. 4, co. 187, della L. 350/2003, i contributi erogati ai sensi dell’art. 3, co. 2, della L. 250/1990, in caso affermativo indicando le relative modalità.

 

Contributi alle imprese radiofoniche private che hanno svolto attività di informazione di interesse generale

 

Durante l’esame al Senato, è stato introdotto il comma 5-bis, relativo alle imprese radiofoniche private che hanno svolto attività di informazione di interesse generale ai sensi della L. 230/1990.

Per tali imprese si dispone, richiamando l’art. 44, co. 1, lett. b-bis), del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), il mantenimento del diritto all’intero contributo previsto dalla L. 250/1990 e dalla L. 278/1991, anche per i contributi relativi al 2010, provvedendo in tal senso prioritariamente rispetto alle risorse finanziarie complessivamente disponibili.

 

Al riguardo si ricorda che l’art. 12, co. 1, del DPR 223/2010, in adempimento del criterio direttivo previsto dall’art. 44, co. 1, lett. b-bis), del D.L. 112/2008, ha disposto che le imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale[73] mantengono il diritto all’intero contributo previsto dalla L.250/1990 e dalla L. 278/1991, anche in presenza di riparto percentuale fra gli altri aventi diritto. La disposizione vige – come tutto il regolamento – a decorrere dal bilancio di esercizio 2011 delle imprese beneficiarie.

 

Contributi alle imprese radiofoniche organi di partiti politici presenti in Parlamento

 

Il comma 6 riguarda le imprese radiofoniche che risultino essere organi di partiti politici presenti in almeno un ramo del Parlamento, di cui all’art. 4 della L. 250/1990, disponendo, complessivamente, una riduzione dei contributi alle stesse. In particolare, l’attuale contributo pari al 70% della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi, inclusi gli ammortamenti, è ridotto al 40% dei costi – anche in tal caso non meglio specificati – e l’attuale tetto percentuale complessivo, pari all’80% dei costi, è ridotto al 50%.

 

Al riguardo si ricorda che l’art. 4, co. 1, della L. 250/1990 prevede la corresponsione di un contributo annuo pari al 70 per cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi, inclusi gli ammortamenti, alle imprese radiofoniche che risultino essere organi di partiti politici presenti in almeno un ramo del Parlamento  e che, oltre ad aver registrato la testata e a non essere editori o controllori diimprese editrici di quotidiani o periodici organi dei medesimi partiti, trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali, per non meno del 50 per cento delle ore di trasmissione comprese fra le 7 e le 20. Successivamente, il DPR 223/2010 (art. 10, co. 5) ha previsto un requisito occupazionale per l’accesso ai contributi (v. infra).

L’art. 4, co. 2, della L. 250/1990prevede che, ove le entrate pubblicitarie siano inferiori al 25 per cento dei costi di esercizio annuali, compresi gli ammortamenti, è concesso un ulteriore contributo integrativo pari al 50 per cento del contributo indicato al comma 1. Adecorrere dal 1° gennaio 1991, il contributo di cui al citatocomma 2 è stato raddoppiato (art. 2, co. 1, della L. 278/1991). Infine, sempre il comma 2 dell’art. 4 della L. 250/1990dispone che la somma di tutti i contributi non può, comunque, superare l’80 per cento dei costi.

Da ultimo, l’art. 12, co. 4, del DPR 223/2010 ha stabilito che i contributi previsti, tra l’altro, dall’art. 4 della L. 250/1990 non possono comunque eccedere, per ogni singola impresa, l’importo di 4 milioni di euro (annui).

 

Si ricorda, altresì, che, nell’ambito del DPR 223/2010, ulteriori disposizioni relative alle imprese in questione sono recate dagli articoli 8, 10, co. 5, 12, co. 2 e 5.

In particolare, l’art. 8 del regolamento dispone che, ai fini dell’applicazione, fra gli altri, dell’art. 4 della L. 250/1990, le domande per la concessione dei contributi devono essere corredate della documentazione idonea a dimostrare che le trasmissioni sono effettuate, nel limite orario previsto, con frequenza non inferiore a 5 giorni alla settimana o, in alternativa, a 120 giorni al semestre[74]. Ulteriori disposizioni riguardano termini e modalità di presentazione della domanda – che avviene per via telematica – e della documentazione a corredo[75].

L’art. 10, co. 5, dispone, come ante accennato, che per accedere ai contributi le imprese in questione devono avere alle loro dipendenze almeno quattro giornalisti a tempo pieno a norma del CCNL.

L’art. 12, co. 2, dispone che le imprese radiofoniche già organo di partito o movimento politicoche alla data del 31 dicembre 2005 hanno maturato il diritto ai contributidi cui all’art. 4 della L. 250/1990, continuanoa percepire gli stessi, ma non il raddoppio previsto dalla L. 278/1991[76]. Il co. 5 dispone che, in caso di insufficienza delle risorse, si attribuiscono contributi ridotti mediante riparto proporzionale.

 

Liquidazione dei contributi

 

Il comma 7 assoggetta l’erogazione dei contributi diretti alla stampa alla disciplina dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, contenuta nelle disposizioni in materia di riscossione delle imposte sui redditi recate dall’articolo 48-bis del DPR 602/1973.

Per effetto di tale previsione, prima di erogare contributi per somme superiori a 10.000 euro, gli enti competenti dovranno verificare eventuali inadempienze, da parte del beneficiario, rispetto all’obbligo di versamento derivante da cartelle di pagamento, per un ammontare complessivo pari al predetto importo; in caso di riscontro positivo, non si dovrà procedere al pagamento, salvo che per le somme eccedenti l’ammontare del debito d’imposta inadempiuto[77].

Si prevede, inoltre, che il termine per la conclusione del procedimento relativo all’erogazione dei contributi scade il 31 marzo dell’anno successivo a quello di presentazione delle relative domande.

A tale data il provvedimento deve essere adottato comunque, sulla base delle risultanze istruttorie acquisite, ferma restando la ripetizione delle somme indebitamente percepite.

Dopo le parole “29 settembre 1973, n. 602” devono essere inserite le parole “ e successive modificazioni”.

Si sottolinea che i commi 5, 6 e 7 dell’art. 2 non recano una indicazione specifica sulla decorrenza delle nuove disposizioni.

 

Commissione tecnica consultiva

 

Il comma 8 dispone che ai componenti della Commissione tecnica consultiva rappresentativa delle categorie operanti nel settore della stampa e dell'editoria, di cui all’art. 54 della L. 416/1981, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni in materia di conflitto di interessi di cui alla L. 215/2004.

Al riguardo si ricorda che, in base alla disposizione citata, la commissione tecnica consultiva rappresentativa delle categorie operanti nel settore della stampa e dell'editoria, istituita con DPR, era chiamata ad esprimere pareri sull'accertamento delle tirature dei giornali quotidiani e sull'accertamento dei requisiti di ammissione alle provvidenze.

In seguito, l’art. 21, co. 1, della L. 62/2001 ha disposto l’abrogazione dell’art. 54 della L. 416/1981 nella parte in cui prevedeva l’espressione di un parere sulle tirature dei giornali quotidiani da parte della stessacommissione. Ha, invece, confermato espressamente che la commissione continua ad esprimere pareri sull'accertamento della diffusione e dei requisiti di ammissione ai contributi previsti dall’art. 3 della L. 250/1990.

Quanto alla composizione della commissione, l’art. 29 del DPR 268/1982 ha previsto che essa, nominata con DPCM, sia presieduta da un Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e sia composta da: due rappresentanti degli editori di giornali quotidiani; due rappresentanti degli editori di periodici; un rappresentante delle agenzie nazionali di stampa; un rappresentante delle riviste di elevato valore culturale; due rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei giornalisti; un rappresentante dell'ordine nazionale dei giornalisti; tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori poligrafici; un rappresentante dei rivenditori di quotidiani e di periodici; un rappresentante delle aziende di distribuzione di quotidiani e di periodici; un rappresentante degli editori di libri; un rappresentante delle industrie grafiche, cartotecniche e trasformatrici, la cui attività prevalente od esclusiva consista nella stampa di giornali quotidiani, pubblicazioni periodiche o libri; quattro funzionari designati rispettivamente dai Ministri del tesoro (ora, MEF), per i beni culturali e ambientali (ora, per i beni e le attività culturali), dell'industria, del commercio e dell'artigianato e delle poste e delle telecomunicazioni (ora, dello sviluppo economico); tre esperti in materie giuridiche ed economiche connesse con l'editoria giornalistica, designati dal Presidente del Consiglio dei Ministri; il direttore generale delle informazioni, dell'editoria e della proprietà letteraria, artistica e scientifica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, e il capo del servizio dell'editoria, il quale assicura i servizi di segreteria della Commissione.

 

L’estensione della vigente normativa in tema di conflitto di interessi ai componenti della Commissione in questione, subordinatamente alla clausola di compatibilità della medesima estensione, sembra rinviare alla sede ermeneutica l’accertamento dell’effettiva applicabilità della normativa a singole fattispecie.

Premesso che non risulta dal tenore del testo il soggetto che dovrebbe far valere la situazione di conflitto, va rilevato che l’operazione interpretativa dovrebbe condurre ad applicare disposizioni mirate su funzioni istituzionali ai componenti di un organo la cui composizione, ad eccezione della presidenza, è espressione di categorie economiche. Poiché la composizione appare significativa ai fini della natura dell’organo, l’operazione interpretativa potrebbe risultare complessa, anche considerato che la clausola non è integrata dalla previsione di principi di riferimento.

 

La disciplina in materia di conflitti di interessi

 

La L. 215/2004 disciplina i conflittidi interessi che possono riguardare determinati titolari di incarichi pubblici i quali siano, al contempo, titolari di attività economiche di rilevante portata. L’art. 1 individua i destinatari della disciplina nei “titolari di cariche di Governo”, nel cui ambito sono ricompresi il Presidente del Consiglio dei ministri, i ministri, i vice ministri, i sottosegretari di Stato, i commissari straordinari del Governo. La legge impone a tali soggetti di dedicarsi esclusivamente alla cura degli interessi pubblici e di astenersi dal compimento di atti – inclusa la partecipazione a deliberazioni collegiali – “in situazione di conflitto di interessi”.

La disciplina delle incompatibilità è recata dall’art. 2, in cui sono elencate le cariche, gli uffici e le attività la cui titolarità o il cui esercizio risulta incompatibile con la titolarità di cariche di Governo. L’incompatibilità riguarda:

§         ogni carica o ufficio pubblico, ad eccezione delle cariche o uffici inerenti alle funzioni svolte dal soggetto in quanto titolare di cariche di Governo; del mandato parlamentare; delle cariche che risultano compatibili con il mandato parlamentare ai sensi dell’art. 1, secondo comma, della L. 60/1953[78];

§         cariche, uffici o funzioni in enti di diritto pubblico, anche economici;

§         cariche, uffici, funzioni o compiti di gestione in società aventi fini di lucro o in attività di rilievo imprenditoriale, o in associazioni o società tra professionisti. L’imprenditore individuale provvede a nominare uno o più institori, ai sensi del codice civile[79];

§         l’esercizio di attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di Governo;

§         l’esercizio di qualsiasi tipo di impiego o lavoro sia pubblico, sia privato.

Per effetto della successiva L. 88/2005, di conversione del D.L. 44/2005, è venuta meno l’incompatibilità tra le cariche di Governo e quella di amministratore locale.

Gli incarichi e le funzioni incompatibili cessano con effetto dalla data del giuramento relativo agli incarichi di Governo e comunque dalla data di effettiva assunzione delle cariche

La legge individua così le situazioni in cui si determina il conflitto di interessi. Esso sussiste quando il titolare di cariche di Governo partecipa all’adozione di un atto – anche formulando la proposta – o omette un atto dovuto:

§         trovandosi in situazione di incompatibilità ai sensi del precedente art. 2, ovvero

§         avendo l’atto o l’omissione un’“incidenza specifica e preferenziale” sul patrimonio del titolare, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado, o delle imprese o società da essi controllate, con danno per l’interesse pubblico.

A fini interpretativi, giova rimarcare che:

§         la situazione di conflitto non concerne (solo) l’adozione di atti, bensì la partecipazione a tale adozione: può dunque trattarsi di deliberazioni collegiali ovvero di atti conseguenti all’adozione di un procedimento al quale il titolare di cariche di governo prende parte, anche attraverso la formulazione della proposta;

§         la situazione di conflitto può derivare anche da un’omissione, quando essa abbia ad oggetto un atto dovuto (non sembra dunque rilevare l’omissione di un atto qualora residui un margine di discrezionalità in ordine alla sua adozione);

§         l’incidenza patrimoniale dell’atto o dell’omissione dev’essere non solo specifica ma “preferenziale”.

§         l’incidenza dell’atto o dell’omissione può riguardare non solo il patrimonio (personale) del titolare, coniuge o dei parenti entro il secondo grado, ma anche quello delle imprese o società da essi controllate. Il concetto di “controllo” è definito mediante rinvio all’art. 7 della L. 287/1990.

Al di fuori delle ipotesi di incompatibilità, per le quali l’insorgenza del conflitto è in re ipsa, il conflitto è configurato, come si è detto, in termini di “incidenza specifica e preferenziale” sul patrimonio del titolare e degli altri soggetti individuati: assume dunque rilievo la sola natura patrimoniale degli interessi. Ulteriore condizione che deve ricorrere perché si abbia conflitto è la sussistenza di un danno per l’interesse pubblico in conseguenza dell’atto.

La sussistenza di una situazione di conflitto di interessi (potenziale, deve intendersi) fa sorgere nel titolare della carica di governo l’obbligo di astensione di cui all’art. 1.

Viene ribadita, poi, la validità delle norme generali poste a tutela della concorrenza[80] stabilendo, tra l’altro, che la violazione del divieto di atti e comportamenti che costituiscano o mantengano una posizione dominante nel settore delle comunicazioni (ai sensi dell’art. 2 della L. 249/1997[81] e dell’art. 14 della L. 112/2004[82]) è sanzionata anche quando sia compiuta dall’impresa facente capo al titolare di cariche di Governo avvalendosi di atti posti in essere dal titolare medesimo. Resta altresì ferma, in presenza dei rispettivi presupposti, l’applicabilità delle norme civili, penali, amministrative e disciplinari vigenti.

Si ricorda, altresì, che chiunque assume la titolarità di cariche di Governo ha l’obbligo di rendere note all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (così detta “Anti-trust”): l’eventuale titolarità di cariche o attività incompatibili nonché tutti i dati relativi alle attività patrimoniali di cui sia titolare, o di cui sia stato titolare nei tre mesi precedenti.

La legge individua, infine, le nuove funzioni assegnate dalla legge all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in materia di conflitti di interessi le quali sono, altresì, tenute a presentare al Parlamento una relazione semestrale sullo stato delle attività di controllo e vigilanza di cui legge 215/2004.

 

 


Articolo 3
(Editoria digitale)

L’articolo 3 reca misure volte a favorire il passaggio all’editoria digitale[83], anche attraverso l’introduzione di una nuova tipologia di contributo, nonché, nel testo come modificato dal Senato, disposizioni inerenti i ricavi connessi alla pubblicità sul web e su altre piattaforme digitali.

 

Preliminarmente, si ricorda che l’introduzione del prodotto realizzato su supporto informatico (oltre che cartaceo) nella nozione di “prodotto editoriale” è stata operata dall’art. 1 della L. 62/2001, sia pure ai fini di cui alla medesima legge.

 

Il comma 1, primo periodo,riferendosi a tutte le tipologie di imprese editrici di cui all’articolo 1, commi 2, 4 e 5[84],che abbiano percepito i contributi per l’anno 2011 – dunque, imprese già esistenti in quell’anno– dispone che esse “possono continuare a percepire i contributi qualora la testata sia pubblicata, anche non unicamente, in formato digitale”.

Preliminarmente, si evidenzia che la norma, nella sua previsione testuale, si presta ad alcuni dubbi interpretativi.

 

Sull’argomento, infatti,si ricorda – come già accennato nella scheda relativa all’art. 1 - che un riferimento esplicito alla corresponsione di contributi per i giornali telematici è contenuto nell’art. 153, co. 3, della L. 388/2000, riguardante i quotidiani e i periodici telematici organi di movimenti politici (di cui al comma 2 dello stesso art. 153): in particolare, si dispone che le richieste di contributi per tali testate non sono cumulabili con nessuna altra richiesta analoga, che viene automaticamente annullata, e che il contributo è pari al 60% dei costi del bilancio d'esercizio dell'impresa editrice, certificati ai sensi di legge e riferiti alla testata.

Peraltro, l’art. 3, co. 4, del DPR 525/1997, come modificato dall’art. 1 del DPR 460/2001, ha chiarito che, nel caso in cui siano presentate due domande di contributi in riferimento ad un giornale organo di partito o forze politiche diffuso anche per via telematica, è ammesso al contributo solo il giornale telematico.

 

Una prima lettura interpretativa potrebbe, dunque, far ritenere che l’intento della disposizione sia quello di consentire l’accesso sia ad un contributo per le pubblicazioni cartacee che ad un contributo per le pubblicazioni in formato digitale (possibilità, che, come si è visto, finora era esclusa per l’unica fattispecie di pubblicazione telematica esplicitamente regolata - art. 153, co. 3, L. 388/2000).

Laddove tale lettura fosse corretta, peraltro, occorrerebbe coordinare il contenuto della disposizione con quello recato dall’art. 153, co. 3, L. 388/2000, oltre che dall’art. 3, co. 4, DPR 525/1997.

 

Una seconda lettura interpretativa deriva dal combinato disposto dell’appena illustrato comma 1, primo periodo, e del comma 2, secondo periodo, il quale ultimo dispone che, “per le testate in formato digitale, si prescinde dai requisiti di accesso di cui all’articolo 1, comma 2”.

Infatti, considerata anche la finalità indicata dal medesimo comma 2, cioè favorire la diversificazione delle politiche editoriali delle imprese, quest’ultima previsione sembrerebbe doversi leggere nel senso che le imprese che editano in formato digitale, anche se non esclusivamente, “possono continuare a percepirei contributi”, indipendentemente dal requisito percentuale minimo di vendite delle copie cartacee. Nell’ambito di questa lettura, la pubblicazione in formato digitale rappresenterebbe, dunque, un requisito alternativo.

Laddove tale lettura fosse corretta, sembrerebbe opportuno legare in maniera più esplicita il contenuto della prima parte del comma 1 con quello della seconda parte del comma 2, sostituendo, peraltro, in quest’ultimale parole “per le testate in formato digitale” con le parole “per le testate pubblicate, anche non unicamente, in formato digitale”.

Al riguardo si evidenzia, peraltro, che al requisito della percentuale minima di vendita (di cui all’art. 1, co. 2) non sono soggette le imprese editrici di quotidiani e periodici organi di forze politiche (art. 153, co. 2, L. 388/2000; art. 20, co. 3-ter, D.L. 223/2006), nonché di quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (art. 3, co. 2-ter, L. 250/1990) richiamate all’art. 1, commi 4, lett. b),e 5, pur essendo le stesse destinatarie delle disposizioni recate dal comma 1, primo periodo, dell’articolo in esame.

Anche tale considerazione suggerisce, pertanto, la necessità di un complessivo chiarimento.

In assenza di specifica indicazione, si riterrebbe, infine, che si possa fare riferimento ai contributi a partire da quelli relativi al 2012.

Si valuti l’opportunità di una ulteriore precisazione al riguardo.

 

Il comma 1, secondo periodo, - come modificato dal Senato -stabilisce, inoltre, che la testata digitale deve comunque possedere alcune caratteristiche:

-          deve essere accessibile online, anche a titolo non oneroso;

-          deve garantire – si presume, ogni anno – “un’informazione quotidiana composta da informazione autoprodotta” per almeno dieci articoli al giorno con un aggiornamento pari ad almeno 240 giorni per i quotidiani, 45 per i settimanali e i plurisettimanali, 18 uscite per i quindicinali e 9 per i mensili[85].

Il comma 2, peraltro, sempreal fine di favorire l’ampliamento e la diversificazione delle politiche editoriali delle imprese, consente “la riduzione di periodicità”.

Appare dunque necessario chiarire come si raccordinole prescrizioni contenute nell’ultimo periodo del comma 1 con riferimento al numero minimo di uscite/aggiornamentie quelle contenute nel primo periodo del comma 2, che consentono “la riduzione di periodicità”.

 

Peraltro, durante l’esame al Senato il comma 2 è stato implementato da altre disposizioni, anch’esse non del tutto chiare nella formulazione testuale.

In particolare, si dispone che le imprese possono avvalersi della norma di semplificazione di cui all’art. 16 della L. 62/2001 ai fini:

§      degli adempimenti relativi all’iscrizione della testata in formato digitale al Registro degli operatori della comunicazione;

§      delle eventuali variazioni di elementi oggetto della dichiarazione necessaria per la registrazione presso la cancelleria del tribunale.

Inoltre, si dispone che, in presenza sia dell’edizione cartacea sia dell’edizione telematica con lo stesso marchio editoriale, è sufficiente una comunicazione al ROC, non essendo necessaria una doppia “iscrizione”.

 

Al riguardo si ricorda che l’art. 1 della L. 62/2001 ha previsto l’applicazione al prodotto editoriale, fra l’altro,dell’art. 5 della L. 47/1948 (solo nel caso di prodotto diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata), concernente l’obbligo di registrazione presso la cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione il giornale o il periodico devono essere pubblicati.

A tal fine, l’art. 5 citato prevede che occorre depositare, tra l’altro, una dichiarazione dalla quale risultino nome e domicilio del proprietario e del direttore o vice direttore responsabile e della persona che esercita l'impresa giornalistica, se questa è diversa dal proprietario, nonché il titolo e la natura della pubblicazione. Al riguardo, il successivo art. 6 prevede che laddove uno o più elementi della dichiarazione subisca variazioni è necessario depositare una nuova dichiarazione.

In base all’art. 16 della medesima L. 62/2001, tuttavia, dall’obbligo di registrazione sono esentati “i soggetti tenuti all’iscrizione al registro degli operatori di comunicazione”, iscrizione che è esplicitamente prevista quale condizione per l'inizio delle pubblicazioni. Tra questi, ai sensi dell’art. 1, co. 6, lett. a), numero 5), della L. 249/1997, vi sono le “imprese fornitrici di servizi telematici e di telecomunicazioni ivi compresa l'editoria elettronica e digitale”[86].

Sull’argomento si ricorda che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nella relazione al Parlamento riferita al 2002, mise in rilievo i problemi di coordinamento tra la previsione recata dall’art. 16 della L. 62/2001 – che fa riferimento, sostanzialmente, agli editori tenuti all’iscrizione al ROC – e le disposizioni di cui all’art. 5 della L. 47/1948, che si riferisce ai proprietari che hanno l’obbligo di registrare le testate presso i tribunali. A tali incertezze, evidenziava la relazione, “si è tuttavia posto rimedio attraverso un’interpretazione restrittiva della norma di nuova introduzione, individuando l’ambito di operatività esclusivamente nei confronti di coloro che sono, allo stesso tempo, editori e proprietari della testata, cosicché solo per questi opera il regime di esenzione dall’obbligo di registrazione presso i tribunali”[87].

In seguito, peraltro, l’art. 7, co. 3, del d.lgs. 70/2003 – con cui è stata data attuazione alla direttiva 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico – ha disposto che la registrazione della testata editoriale telematica è obbligatoria esclusivamente per le attività per le quali i prestatori del servizio intendano avvalersi delle provvidenze previste dalla L. 62/2001[88].

Ma, sull’argomento, occorre anche ricordare che, nel frattempo, l’art. 153, co. 3, L. 388/2000, ha disposto che i quotidiani e i periodici telematici organi di movimenti politici devono essere comunque registrati presso i tribunali.

Alla luce del quadro normativo così sintetizzato, occorrerebbe approfondire la ratio della disposizione. In particolare, non appare chiara la connessione fra la previsione di applicazione dell’art. 16 della L. 62/2001 e “gli adempimenti relativi all’iscrizione della testata in formato digitale” al ROC, posto che l’art. 16 citato dispone, come si è visto, l’esenzione dall’obbligo di registrazione per chi è tenuto all’iscrizione al ROC.

Il comma 3 quantifica la misura del contributo cui hanno diritto le imprese per la pubblicazione della testata in formato digitalein una prima quota rapportata ai costi sostenuti e in una seconda quota calcolata in base al numero di copie digitali vendute in abbonamento: per i primi due anni, la prima quota è pari al 70% dei costi, mentre per ogni copia venduta in abbonamento sono corrisposti 0,10 euro (ma tale importo non può essere comunque superiore all’effettivo prezzo di vendita di ogni copia digitale).

Al riguardo, si valuti l’opportunità di precisare se il riferimento ai primi due anni sia da intendersi ad entrambe le quote di contributo.

La relazione illustrativa dell’A.S. 3305 evidenziava che la finalità è quella di incentivare le imprese alla dismissione dell’edizione cartacea, che comporta costi finanziari, di produzione e costi indiretti molto più elevati di quelli richiesti per l’edizione online.

La norma, fa salvo il “rispetto dei tetti massimi previsti dall’art. 2”, riferendosi, presumibilmente, non solo all’importo totale del contributo erogabile a ciascuna impresa, che non deve essere superiore a quello relativo al 2010 (comma 1), ma anche ai massimali fissati dal comma 2 con riferimento, rispettivamente, alla quota rapportata ai costi e alla quota correlata alle vendite.

Si valuti l’opportunità di una precisazione al riguardo.

Peraltro, l’ultimo periodo del comma – nel testo come modificato dal Senato  – precisa che, in caso di pubblicazione non esclusivamente in formato digitale, “i costi di produzione dell’edizione cartacea” concorrono con quelli relativi alla edizione in formato digitale “nei limiti dell’importo complessivo di cui all’art. 2, comma 2, lett. a)”.

In sostanza, si ribadisce il massimale fissato per la quota di contributo correlata ai costi anche laddove al suo raggiungimento vi contribuiscano sia le provvidenze concesse per l’edizione cartacea sia quelle attribuite per l’edizione digitale.

Sembrerebbe opportuno, pertanto, riferirsi, piuttosto che ai “costi”, alle “quote di contributo rapportate ai costi”.

 

Il comma 5 dispone che, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, con DPCM di natura non regolamentare sono specificate le tipologie dei costi ammissibili per la pubblicazione in formato digitale, ai fini dell’applicazione di quanto disposto dal comma 3. Il decreto è aggiornato periodicamente anche per ridefinire le caratteristiche tecniche delle testate digitali.

 

Con riferimento al “decreto non avente natura regolamentare”, si ricorda che la Corte costituzionale, con sentenza n. 116 del 2006, ha qualificato lo stesso come “un atto statale dalla indefinibile natura giuridica”.

Si ricorda, altresì, che l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 4 maggio 2012, n. 9[89], sulla natura giuridica dell’articolo 4 del decreto ministeriale 6 febbraio 2006, ha osservato che “deve rilevarsi che, nonostante la crescente diffusione di quel fenomeno efficacemente descritto in termini di ‘fuga dal regolamento’ (che si manifesta, talvolta anche in base ad esplicite indicazionilegislative, tramite l’adozione di atti normativi secondari che si autoqualificano in termini non regolamentari) deve, in linea di principio, escludersi che il potere normativo dei Ministri e, più in generale, del Governo possa esercitarsi mediante ‘atti atipici’ di natura non regolamentare”.

 

Il comma 4 reca la definizione di “testata in formato digitale” valida a decorrere dai contributi relativi al 2013: in particolare, dispone che, fermi restando i requisiti previsti dal comma 1, si intenderanno tali le testate che siano migrate a un sistema digitale di gestione dei contenuti unico e siano dotate di:

§      un sistema di gestione di spazi pubblicitari digitali, anche attraverso soggetti concessionari di spazi pubblicitari digitali;

§      un sistema che consenta l’inserimento di commenti da parte del pubblico, con facoltà di prevede registrazione e moderazione;

§      un sistema di distribuzione di contenuti attraverso dispositivi mobili.

Inoltre, nel caso in cui la pubblicazione sia fruibile, in tutto o in parte, a titolo oneroso, le testate devono anche disporre di:

§         un sistema di pubblicazioneche consenta la gestione di abbonamenti e di contenuti a pagamento;

§      una piattaforma che consenta l’integrazione con sistemi di pagamento digitali.

Ogni anno il legale rappresentante dell’impresa che richiede i contributi deve attestare, con dichiarazione sostitutiva di atto notorio, l’effettiva dotazione dei sistemi e dei requisiti richiesti.

 

Con riferimento al richiamo ai requisiti previsti dal comma 1, si fa rinvio all’osservazione relativa al coordinamento fra gli stessi e quanto prevede il comma 2.

 

Durante l’esame al Senato sono stati introdotti i commi 5-bis e 5-ter, i cui contenuti, riguardando i ricavi connessi alla pubblicità sul web e su altre piattaforme digitali, incluse quelle mobili, sembrano essere solo indirettamente afferenti al contenuto del decreto-legge.

 

In particolare, il comma 5-bis novella l’art. 43, comma 10, del D.lgs. 177/2005, inserendo fra i ricavi complessivi del sistema integrato delle comunicazioni[90] quelli derivanti da pubblicità online e sulle diverse piattaforme, anche in forma diretta, incluse le risorse raccolte da motori di ricerca e da piattaforme sociali e di condivisione[91].

Si ricorda che il comma 9 dell’art. 43 del D.lgs. 177/2005 dispone che i soggetti tenuti all’iscrizione nel ROC non possono conseguire direttamente, o attraverso soggetti controllati o collegati, ricavi superiori al 20% dei ricavi complessivi del sistema integrato delle comunicazioni, mentre il co. 10 esplicita che i ricavi in questione sono quelli derivanti dal finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo al netto dei diritti dell'erario, da pubblicità nazionale e locale anche in forma diretta, da televendite, da sponsorizzazioni, da attività di diffusione del prodotto realizzata al punto vendita con esclusione di azioni sui prezzi, da convenzioni con soggetti pubblici a carattere continuativo e da provvidenze pubbliche erogate direttamente ai soggetti esercenti le attività indicate all'art. 2, co. 1, lett. s), da offerte televisive a pagamento, dagli abbonamenti e dalla vendita di quotidiani e periodici inclusi i prodotti librari e fonografici commercializzati in allegato, nonché dalle agenzie di stampa a carattere nazionale, dall'editoria elettronica e annuaristica anche per il tramite di internet e dalla utilizzazione delle opere cinematografiche nelle diverse forme di fruizione del pubblico.

 

Conseguentemente, il comma 5-ter, novellando l’art. 1, co. 6, della L. 249/1997 – che disciplina le competenze della commissione per le infrastrutture e le reti, organo dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – include fra i soggetti tenuti ad iscriversi nel ROC anche le imprese concessionarie di pubblicità sul web e su altre piattaforme digitali fisse o mobili.

Attualmente si ricorda che al Registro sono tenuti ad iscriversi, oltre alle già citate imprese fornitrici di servizi telematici e di telecomunicazioni, compresa l'editoria elettronica e digitale, i soggetti destinatari di concessione ovvero di autorizzazione, le imprese concessionarie di pubblicità da trasmettere mediante impianti radiofonici o televisivi o da diffondere su giornali quotidiani o periodici, le imprese di produzione e distribuzione dei programmi radiofonici e televisivi, nonché le imprese editrici di giornali quotidiani, di periodici o riviste e le agenzie di stampa di carattere nazionale.

 


Articolo 3-bis
(Semplificazioni per periodici web di piccole dimensioni)

L’articolo 3-bis, introdotto durante l’esame al Senato, dispone, per le testate periodiche di piccole dimensioni realizzate unicamente su supporto informatico e diffuse unicamente per via telematica, ovvero on line, la possibilità di esonero dall’applicazione di alcune previsioni legislative.

 

Il comma 1 stabilisce che per usufruire di tale possibilità è necessario che le imprese in questione non abbiano fatto domanda di accesso ai contributi o ad altre agevolazioni pubbliche e conseguano ricavi annui da attività editoriali non superiori a 100 mila euro.

Le testate periodiche in possesso di tali requisiti sono esentate:

§      dall’obbligo di registrazione presso il tribunale (art. 5, L. 47/1948);

§      dall’obbligo di iscrizione al ROC (al riguardo, il testo cita esclusivamente la delibera AGCOM n. 666/08/CONS, con cui è stato emanato il regolamento per l’organizzazione e la tenuta del ROC, modificato, da ultimo, con delibera n. 608/10/CONS, per la quale si veda anche ante, scheda art. 3).

§      dagli obblighi stabiliti dall’art. 16 della L. 62/2001 che, dispone, come già detto nella scheda relativa all’art. 3, l’esenzione dall’obbligo di registrazione presso il tribunale per chi è tenuto all’iscrizione al ROC e fissa la stessa iscrizione quale condizione per l’inizio delle pubblicazioni;

§      dagli obblighi stabiliti dall’art. 1 della L. n. 416/1981, in materia di titolarità delle imprese editrici.

 

Occorrerebbe esplicitare se il riferimento all’art. 16 della L. 62/2001 intenda consentire l’avvio delle pubblicazioni in assenza di iscrizione al ROC. In tal caso, occorrerebbe valutare l’effettiva necessità della disposizione in quanto ciò sembrerebbe già consentito dalla previsione di esenzione dagli obblighi di cui alla richiamata delibera AGCOM.

Peraltro, con riferimento all’esenzione dall’obbligo di iscrizione al ROC, sarebbe opportuno citare la norma primaria che prevede tale obbligo, ossia, l’art. 6, comma 1, lett. a), punto 5, della L. 249/1997.

Infine, occorre valutare se non sia necessario sostituire le parole “non abbiano fatto” con le parole “non intendano fare”, dal momento che, a legislazione vigente, la domanda di provvidenze può essere presentata solo se le testate sono state già registrate presso la cancelleria del tribunale (o già iscritte al ROC).

 

In base al comma 2, si intendono quali ricavi annui da attività editoriale, ai fini del comma 1, quelli derivanti da abbonamenti e vendite – compresa l’offerta di singoli contenuti a pagamento – da pubblicità e sponsorizzazioni, da contratti e convenzioni con soggetti pubblici e privati.

Ricordato che l’editoria elettronica è inserita nel Sistema integrato delle comunicazioni (SIC) – art. 2, co. 1, lett. s), D.lgs. 177/2005 –, si valuti l’opportunità di coordinare tale previsione con quanto dispone, in materia di ricavi del medesimo SIC, l’art. 43, comma 10, del D.lgs. 177/2005 (per il quale si veda ante, scheda art. 3).

 

La disciplina in materia di titolarità delle imprese editrici

 

L’art. 1 della L. 416/1981 – come modificato da successivi interventi normativi –, disponendo in materia di titolarità delle imprese editrici (espressione nella quale è inclusa anche l'impresa che gestisce testate giornalistiche in forza di contratti di affitto o di affidamento in gestione), prevede, tra l’altro, che l’esercizio dell'impresa editrice di giornali quotidiani – e, in base all’estensione operata dall’art. 18 della stessa L. 416/1981, anche di periodici e riviste che da almeno un anno hanno alle loro dipendenze non meno di cinque giornalisti a tempo pieno è riservato alle persone fisiche, alle società costituite nella forma della società in nome collettivo, in accomandita semplice[92], a responsabilità limitata, per azioni, in accomandita per azioni o cooperativa, il cui oggetto comprenda l'attività editoriale (esercitata attraverso qualunque mezzo e con qualunque supporto, anche elettronico), l'attività tipografica, radiotelevisiva o comunque attinente all'informazione e alla comunicazione, nonché le attività connesse funzionalmente e direttamente a queste ultime.

I soggetti in questione sono ammessi ad esercitare l'attività d'impresa solo se in possesso della cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione europea o, in caso di società, se aventi sede in uno dei predetti Stati. I soggetti non aventi tale requisito sono ammessi all'esercizio dell'impresa solo se lo Stato di cui sono cittadini applica un trattamento di effettiva reciprocità. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni derivanti da accordi internazionali.

Quando l'impresa è costituita in forma di società per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilità limitata, le azioni aventi diritto di voto o le quote devono essere intestate a persone fisiche, società in nome collettivo, in accomandita semplice o a società a prevalente partecipazione pubblica. Le azioni aventi diritto di voto o le quote possono essere intestate a società per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilità limitata, purché la partecipazione di controllo di dette società sia intestata a persone fisiche o a società direttamente o indirettamente controllate da persone fisiche[93]. Il venire meno di dette condizioni comporta la cancellazione d'ufficio dell'impresa dal ROC[94].

Le persone fisiche e le società che controllano una società editrice, anche attraverso intestazione fiduciaria delle azioni o delle quote o per interposta persona, devono darne comunicazione scritta alla società controllata ed al servizio dell'editoria entro trenta giorni dal fatto o dal negozio che determina l'acquisizione del controllo[95].

Sono previste, inoltre, disposizioni specifiche per i partiti politici rappresentati in almeno un ramo del Parlamento o in un consiglio regionale o per le associazioni sindacali rappresentate nel CNEL, le quali possono intestare fiduciariamente le azioni o le quote disocietà editrici di giornali quotidiani o periodici, nonché disposizioni sul possesso, da parte di enti pubblici, di azioni o quote di società editrici. In particolare, con riferimento all’ultimo aspetto, si dispone che dalla data di entrata in vigore della legge, gli enti pubblici non possono costituire, acquisire, o acquisire nuove partecipazioni, in aziende editrici di giornali quotidiani o di periodici che non abbiano esclusivo carattere tecnico inerente l’attività dell’ente.

 

 


Articolo 4
(Modernizzazione del sistema di distribuzione e vendita della stampa quotidiana e periodica)

L’articolo 4 reca disposizioni riguardanti diversi ambiti, non tutti afferenti al contenuto della rubrica.

In particolare, il comma 1 contiene norme volte a modernizzare il sistema di distribuzione e vendita della stampa quotidiana e periodica, il comma 3 reca disposizioni relative alle tariffe agevolate per la spedizione dei prodotti editoriali, mentre i commi da 4 a 6 riguardano la possibilità, da parte dei rivenditori di quotidiani e periodici, di svolgere attività connesse all’erogazione di servizi da parte delle pubbliche amministrazioni.

 

Preliminarmente si ricorda che l’art. 39, co. 1, del D.L. 1/2012 (L. 27/2012) ha apportato modifiche al sistema di vendita della stampa quotidiana e periodica,introducendo prescrizioni aggiuntive a quelle recate dall’art. 5, co. 1, del D.lgs. n. 170 del 2001, dirette, in particolare, alla categoria degli “edicolanti”[96].

 

Disposizioni finalizzate alla modernizzazione del settore

 

Il comma 1 dispone l’obbligatorietà, a decorrere dal 1° gennaio 2013, della tracciabilità delle vendite e delle rese di quotidiani e periodici, attraverso l’utilizzo di strumenti informatici e telematici basati sulla lettura del codice a barre[97].

Lo scopo, oltre che la modernizzazione del sistema di distribuzione e vendita della stampa quotidiana e periodica, è anche quello di assicurare una adeguata certificazione delle copie distribuite e vendute, nonché quello di agevolare la diffusione della moneta elettronica.

In merito, potrebbe essere opportuno chiarire il riferimento all’agevolazione della diffusione della moneta elettronica.

La relazione illustrativa dell’A.S. 3305, facendo riferimento alla realizzazione di una rete unica, sottolineava che il collegamento in rete di tutti gli operatori del settore (editori, distributori nazionali e locali, rivenditori) consentirà la razionalizzazione delle politiche di distribuzione e di commercializzazione dei giornali, a vantaggio degli stessi operatori, nonché apprezzabili risparmi di risorse collettive in termini di minore resa dei prodotti, minore veicolazione e smaltimento degli stessi, con ricadute positive anche sotto il profilo ambientale.

Al riguardo, durante l’esame al Senato, è stato precisato che la gestione degli strumenti informatici e della rete telematica è svolta, in maniera condivisa, con la partecipazione di tutti i componenti della filiera distributiva (editori, distributori e rivenditori) che stabiliscono di comune accordo lo sviluppo della rete, la gestione dei dati e i costi di collegamento.

Dal punto di vista della formulazione del testo, si segnala che le parole “la gestione dei dati” dovrebbero essere sostituite con le parole “le modalità di gestione dei dati”.

 

Al fine di sostenere l’adeguamento tecnologico degli operatori, è previsto un credito di imposta per l’anno 2012, attribuito per un importo non superiore ai risparmi accertati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del sottosegretario delegato, ai sensi del comma 3 e, comunque, fino ad un limite massimo di 10 milioni di euro.

Il credito di imposta è pertanto finanziato attraverso i risparmi che saranno accertati in esito all’applicazione del comma 3. Le somme derivanti dai risparmi effettivamente conseguiti (sino a 10 milioni di euro) sono versate all’entrata del bilancio dello Stato ai fini della loro riassegnazione ad apposito capitolo dello stato di previsione del MEF.

Si ricorda che, al fine di semplificare l’introduzione di norme agevolative, la normativa comunitaria consente il riconoscimento di aiuti di minima entità (c.d. de minimis) senza obbligo di notifica ed autorizzazione. Il regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, sugli aiuti “de minimis”, approvato per il periodo 2007-2013, ha elevato il limite di aiuti triennali da 100.000 a 200.000 euro.

Peraltro la Commissione europea, con comunicazione del 7 aprile 2009, n. 2009/C83/01, ha innalzato da 200.000 a 500.000 euro in tre anni l’importo della sovvenzione che può essere concessa al singolo beneficiario, in deroga agli articoli 87 e 88 del Trattato CE, fino al 31 dicembre 2010.

 

Il credito di imposta introdotto dalla disposizione in esame:

§      va indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta per il quale è concesso;

§      non concorre alla formazione del reddito e del valore della produzione ai fini IRAP;

§      è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’art. 17 del D.lgs. 241/1997.

Ai sensi del comma 1 del citato art. 17 del D.lgs. 241/1997, in materia di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche dei redditi. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all'anno dell'imposta sul valore aggiunto, per importi superiori a 5.000 euro annui, può essere effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell'istanza da cui il credito emerge.

§      non rileva ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’art. 61 del D.P.R. 917/1986 (TUIR), né rispetto ai criteri di inerenza per la deducibilità delle spese, di cui all’art. 109, co. 5, del medesimo TUIR.

L’art. 61 del TUIR disciplina la percentuale di deducibilità degli interessi passivi dal reddito d’impresa per i soggetti IRPEF. Tale quota è pari al rapporto tra i ricavi e gli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

L’art. 109, co. 5, del TUIR, con riferimento ai componenti del reddito d’impresa per i soggetti IRES, prevede che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, siano deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito, sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

 

Le condizioni, i termini e le modalità di attuazione di tali disposizioni sono demandate ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, anche con riguardo alla fruizione del credito di imposta al fine del rispetto del limite complessivo di spesa (10 milioni di euro) e del relativo monitoraggio.

Per l’emanazione del DPCM non è indicato un termine.

 

Agevolazioni tariffarie per la spedizione di prodotti editoriali

 

Il comma 3 è volto a porre termine ad un contenzioso applicativo instauratosi in relazione all'articolo 56, co. 4, della L. 99/2009, relativamente alle agevolazioni postali per la spedizione di prodotti editoriali.

 

Si ricorda che il D.L. n. 353/2003 (L. 46/2004) disciplina le agevolazioni postali per le spedizioni di prodotti editoriali, prevedendo un sistema di rimborso a posteriori da parte dello Stato alla società Poste italiane S.p.A.. La società deve praticare alle imprese editoriali una tariffa agevolata, nella misura prevista da appositi decreti ministeriali[98], e ottiene dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il rimborso della differenza tra il costo unitario della spedizione e la tariffa agevolata applicata. Il rimborso è effettuato nei limiti dei fondi appositamente stanziati.

Il citato art. 56, co. 4, della L. 99/2009 ha successivamente previsto che - a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge stessa (14 agosto 2009) – il rimborso a favore di Poste Italiane SpA delle riduzioni tariffarie applicate per la spedizione di prodotti editoriali fosse calcolato in relazione al prezzo stabilito nella convenzione in essere, in analoga materia, più favorevole al prenditore. L'incertezza su quale fosse questa convenzione ha cagionato la sospensione della liquidazione dei rimborsi dovuti a Poste Italiane SpA.

Di tale contenzioso aveva dato conto anche la relazione della Corte dei conti sul rendiconto generale dello Stato del 2010, quando aveva notato che "risulta ancora da definire la situazione pregressa, in relazione ai rimborsi per il 2009, a Poste italiane S.p.A. per le agevolazioni tariffarie in argomento, anche alla luce del disposto di cui al comma 4 dell'art. 54 (rectius 56) della legge n. 99".

La relazione illustrativa del D.L. in esame era ancora più esplicita nel riferirsi alle "forti difficoltà" emerse nell’individuazione della convenzione più favorevole da applicare, che avevano portato alla mancata applicazione della norma di liquidazione del rimborso alla società Poste Italiane SpA di quanto dovuto per l’applicazione delle tariffe agevolate per la spedizione dei prodotti editoriali.

 

La disposizione in esame individua precisamente il criterio per determinare il rimborso spettante a Poste Italiane SpA nel periodo intercorrente tra il 1º gennaio 2010 e il 31 marzo 2010 (data di cessazione dell’applicazione delle agevolazioni tariffarie), identificando la “convenzione più favorevole” con le tariffe stabilite, per l’anno 2012, dal decreto ministeriale 21 ottobre 2010[99], per gli invii non omologati destinati alle aree extraurbane.

Si ricorda infatti che l’applicazione delle tariffe agevolate è stata sospesa, per l’anno 2010, a decorrere dal 1° aprile 2010, dal D.M. 30 marzo 2010, emanato in applicazione dell’articolo 10-sexies, co. 2, del D.L. n. 194/2009. Quest’ultimo articolo ha destinato al rimborso delle agevolazioni tariffarie postali del settore dell'editoria un importo di 50 milioni di euro per il 2010. Essendo stato già maturato nel primo trimestre del 2010 un importo di circa 50 milioni di euro, il citato D.M. 30 marzo 2010 ha stabilito che le vigenti tariffe agevolate si applicano fino al 31 marzo 2010, sospendendole per il rimanente periodo del 2010. Successivamente il regime delle tariffe agevolate è stato sospeso per il periodo tra il 1° settembre 2010 e il 31 dicembre 2012 dal comma 1-bis dell’art. 2 del D.L. 125/2010 ed il successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 ottobre 2010 ha individuato le tariffe massime applicabili per tale periodo alle spedizioni di prodotti editoriali, ad esclusione dei libri spediti tramite pacchi.

 

Resta invece ferma l’applicazione delle tariffe piene ai fini della liquidazione dei rimborsi in favore della società Poste Italiane SpA, per il periodo compreso tra il 14 agosto (data di entrata in vigore della legge n. 99/2009) ed il 31 dicembre 2009.

 

La relazione tecnica giustifica il riferimento temporale alle tariffe 2012 "in quanto le tariffe stabilite per il 2010 ed il 2011 costituiscono, anche nello spirito del decreto 21 ottobre 2010, le tappe intermedie necessarie a graduare il passaggio verso le tariffe a regime (...) il riferimento alle tariffe stabilite per il 2012 è anche basato, da un punto di vista logico-giuridico, sul presupposto che la norma trova applicazione nel corso del corrente anno". In sostanza, la convenzione più favorevole, come criterio di rimborso a Poste Italiane delle agevolazioni praticate agli editori, viene identificata con il sistema tariffario stabilito, per l’anno 2012, per gli invii non omologati destinati alle aree extraurbane: per la citata relazione tecnica "esse costituiscono un livello intermedio di prelavorazione tra quelli oggi disponibili ai clienti di Poste Italiane. Per quanto riguarda la possibile destinazione si è fatto riferimento alla destinazione extraurbana, che è la tipologia di destinazione che rappresenta oggi oltre il 70 per cento delle spedizioni. La scelta di specifiche modalità di prelavorazione e di specifiche destinazioni delle spedizioni si rivela necessaria alla luce della circostanza per la quale una differenziazione delle tariffe a seconda di predette modalità è stata introdotta nei tariffari di Poste Italiane solo con il citato decreto 21 ottobre 2010, non esistendo alcuna rilevazione delle caratteristiche di cui trattasi riferita alle spedizioni effettuate nel periodo rilevante per il citato articolo 56 della legge n. 99 del 2009".

 

Il terzo periodo del comma 3, modificato nel corso dell’esame presso il Senato, prevede che dall’applicazione della disposizione in esame devono derivare risparmi per almeno 10 milioni di euro, destinati, ai sensi del quinto periodo dello stesso comma, ad integrare le risorse del Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la concessione del credito di imposta di cui al comma 1, nonché per le ulteriori politiche di sostegno e sviluppo del settore editoriale. I risparmi dovranno essere accertati con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero del Sottosegretario delegato.

Il quarto periodo (anch’esso introdotto nel corso dell’esame presso il Senato) riduce l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 10-sexies, co. 2, del D.L.  194/2009.

Il citato comma 2 ha destinato al rimborso delle agevolazioni tariffarie postali del settore dell'editoria un importo di 50 milioni di euro per il 2010.

 

Erogazione di servizi delle PA da parte dei rivenditori di quotidiani e periodici

 

Il comma 4 prevede la facoltà dei rivenditori di quotidiani e periodici di svolgere attività connesse all'erogazione di servizi da parte delle pubbliche amministrazioni, mediante l’utilizzo di una rete telematica e per il tramite di un idoneo sistema informatico.

 

Al riguardo la relazione illustrativa dell’A.S. 3305 evidenziava che l’obiettivo della disposizione è quello di prestare servizi utili alla collettività in un quadro di semplificazione del rapporto tra il cittadino e la pubblica amministrazione. In particolare si affermava che, in tal modo, anche gli utenti che non posseggono un personal computer possono usufruire dei vantaggi offerti dalla rete internet e, più in generale, dalle nuove tecnologie dell’informazione. Evidenziava, inoltre, che tra le finalità dell’articolo è incluso lo sviluppo della filiera di distribuzione e vendita dei giornali attraverso la diversificazione dell’offerta di servizi che i punti di vendita potranno offrire al pubblico.

 

Dal tenore della disposizione non risulta quali siano le attività connesse all'erogazione di servizi da parte delle pubbliche amministrazioni la cui prestazione potrebbe esser assolta anche da rivenditori di quotidiani e periodici. Gli stessi servizi non sono specificati ma, in ogni caso, si dovrebbe valutare se dalla disposizione discendano a carico di operatori privati specifici obblighi riferibili a servizi pubblici. In tal caso, se le attività connesse a servizi delle pubbliche amministrazioni assumono carattere strumentale – come sembrerebbe, visto che la stessa relazione collega a tale previsione una diminuzione di flusso di cittadini presso i pubblici uffici – il loro svolgimento dovrebbe essere assistito da precise garanzie, tanto più che le stesse attività comportano l’accesso ad archivi di pubbliche amministrazioni in merito ai quali la disposizione non reca specificazioni.

 

Il comma 5 specifica cheil sistema informatico di cui al comma 4 deve:

-       assicurare la connessione in tempo reale con gli archivi delle Pubbliche amministrazioni;

-       essere operativo su tutto il territorio nazionale;

-       garantire la sicurezza ed integrità dei dati trasmessi.

Come evidenziato dalla relazione illustrativa, attraverso tale disposizione si realizzerebbe anche un alleggerimento per le amministrazioni interessate con conseguente riduzione del flusso dei cittadini che si recano abitualmente presso gli uffici pubblici, ma non si specifica se da tale “alleggerimento” derivi un risparmio, mentre sulla base del successivo comma 6 tale processo virtuoso dovrebbe aver luogo senza comportare "oneri a carico della finanza pubblica", in quanto, come affermato nella relazione tecnica “il sistema in discorso non sarà realizzato con risorse pubbliche, bensì con investimenti privati delle imprese interessate”.

 

Occorre inoltre notare che i commi in esame si riferiscono alle pubbliche amministrazioni senza alcuna specificazione ulteriore, con l’effetto che tale riferimento risulta idoneo a comprendere anche amministrazioni regionali rendendone accessibili gli archivi relativi a servizi che potrebbero ricadere in materie di potestà legislativa regionale.

 

In merito si ricorda che, secondo costante giurisprudenza costituzionale (ex plurimis, sentenza 232/2011) una deroga al riparto operato dall’art. 117 Cost. può essere giustificata solo se la valutazione dell’interesse unitario sottostante all’assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata. Affinché, dunque, nelle materie di cui all’art. 117, terzo e quarto comma, Cost., una legge statale possa legittimamente attribuire funzioni amministrative a livello centrale ed al tempo stesso regolarne l’esercizio, è necessario che essa detti una disciplina logicamente pertinente (dunque idonea alla regolazione delle suddette funzioni), che risulti limitata a quanto strettamente indispensabile a tale fine e che sia adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, attraverso adeguati meccanismi di cooperazione per l’esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali (da ultimo, sentenza n. 278 del 2010).

 

Infine, si evidenzia che la disposizione in esame circoscrive solo alla categoria dei rivenditori di quotidiani e di periodici la facoltà di svolgere le attività sopra menzionate che richiedono l’uso di strumento informatico, non risultando richiamate altre categorie di operatori economici, tra cui quelle che già pongono a disposizione del pubblico postazioni per comunicazioni telematiche e dei punti di accesso ad internet mediante tecnologia senza fili (internet point).

La questione deve essere valutata dal punto di vista della tutela della concorrenza.

 


Art. 5
(Pubblicità istituzionale)

L’articolo 5 dispone in materia di ottimizzazione della spesa per l’acquisto di spazi sui mezzi di comunicazione di massa relativi alle campagne di comunicazione istituzionale promosse dalle “amministrazioni centrali” dello Stato.

Interviene, pertanto, nell’ambito normativo principalmente trattato dalla L. 150/2000 – e, in particolare, dagli artt. 11 e 12 – senza, peraltro, novellare la stessa.

Si valuti, dunque, l’opportunità di coordinare le nuove disposizioni con la normativa vigente, inserendole organicamente nel corpo della L. 150 del 2000.

Tale legge individua i soggetti destinatari delle relative disposizioni nelle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, co. 2, del D.lgs. n. 29/1993 (ora, art. 1, co. 2, D.lgs. 165/2001[100]) e, al capo II, reca disposizioni particolari che riguardano solo le amministrazioni statali, senza distinzione tra quelle centrali e quelle periferiche.

Le disposizioni in esame non si riferiscono a tutte le amministrazioni pubbliche, ma solo a quelle “centrali”, riguardando quindi solo le amministrazioni statali non periferiche.

 

In particolare, il comma 1 dispone che il Dipartimento per l’informazione e l’editoria entro il 30 aprile di ogni anno fornisce criteri e indicazioni di riferimento per rendere più efficiente la spesa per l’acquisto di spazi sui mezzi di comunicazione di massa relativi alle suddette campagne e ai suddetti soggetti. Ulteriore finalità di tale previsione è la tutela del pluralismo.

Considerato che l’art. 11 della L. 150/2000, oltre a prevedere precise scadenze temporali, già affida al Dipartimento la stipula di accordi quadro con cui sono definite, fra l’altro, le tariffe, sembra che l’esigenza di coordinamento tra la normativa in esame e quella già vigente prima dell’intervento del D.L. assuma un rilievo non meramente formale.

 

I criteri sono formulati sulla base della rilevazione dei prezzi di acquisto effettuata dallo stesso Dipartimento, tenuto conto delle informazioni e dei dati forniti dalle amministrazioni entro il 31 gennaio di ciascun anno.

Ai sensi del comma 2, le amministrazioni centrali dello Stato, nell’acquisto degli spazi, devono rispettare i criteri forniti dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria, nonché le condizioni economiche previste dagli accordi quadro di cui all’art. 11 della L. 150/2000 (si veda infra).

A tal fine, in considerazione dell’interesse pubblico alla più ampia trasmissione ai cittadini delle informazioni di carattere istituzionale, le concessionarie di pubblicità devono applicare alla Presidenza del Consiglio la tariffa basata sul costo unitario più basso applicato sul mercato al momento della stipula dell’accordo quadro, che viene rinnovato annualmente.

 

La relazione illustrativa all’A.S. 3305, ricordato che il riferimento è all’acquisto di spazi per inserzioni radiofoniche, televisive e sulla stampa, nonché che resta ferma la previsione, recata dall’art. 3, co. 4, della L. 150/2000, in base alla quale i messaggi di utilità sociale possono essere trasmessi gratuitamente[101], sottolineava che le nuove disposizioni affidano al Dipartimento per l’informazione e l’editoria il compito di procedere ad una contrattazione annuale per ottenere ulteriori riduzioni di prezzo.

Ciò, “al fine sia di un più efficiente utilizzo delle risorse disponibili, sia di rendere il più possibile uniformi, con riferimento a ciascuna singola rete o emittente, o ciascun singolo quotidiano o periodico, il costo mediamente sostenuto dall’amministrazione a parità di fascia di diffusione”.

La medesima relazione evidenziava che i criteri elaborati dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria terranno conto anche delle quote di destinazione previste dal d.lgs. 177/2005 per l’acquisto di spazi pubblicitari (v. infra).

Rilevava, infine, che i criteri per l’ottimizzazione della spesa saranno utili alle amministrazioni sia nella scelta dei mezzi di comunicazione da utilizzare, sia per quanto riguarda i formati, il numero delle uscite, i passaggi radiotelevisivi, la durata della campagna. In particolare, le amministrazioni dovranno privilegiare i mezzi di comunicazione in grado di veicolare in maniera più efficace e funzionale il messaggio, considerato il budget a disposizione.

 

La disciplina in materia di comunicazione istituzionale delle P.A.

 

Le attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, del d.lgs. 29/1993 (ora, art. 1, co. 2, d.lgs. 165/2001), quali regolate dalla L. 150/2000, sono finalizzate a (art. 1):

§         diffondere la conoscenza delle disposizioni normative, per facilitarne l’applicazione;

§         illustrare il lavoro delle istituzioni e il loro funzionamento;

§         favorire l'accesso ai servizi pubblici;

§         agevolare i processi interni di semplificazione amministrativa e di trasparenza dei procedimenti;

§         stimolare la conoscenza e l’approfondimento sui temi di interesse pubblico e sociale;

§         promuovere l'immagine del Paese.

In particolare, l’art. 3 stabilisce che la Presidenza del Consiglio dei Ministri determina i messaggi di utilità sociale ovvero di pubblico interesse, che la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo può trasmettere a titolo gratuito. Alla trasmissione di tali messaggi sono riservati tempi non eccedenti il due per cento di ogni ora di programmazione e l'uno per cento dell'orario settimanale di programmazione di ciascuna rete[102]. Alle emittenti private, radiofoniche e televisive, è attribuita la facoltà di utilizzare tali messaggi per passaggi gratuiti[103].

Anche le concessionarie radiotelevisive e le società autorizzate possono trasmettere messaggi di utilità sociale, per finalità di esclusivo interesse sociale. In questi casi, i messaggi sono esclusi dal computo degli indici di affollamento giornaliero e orario[104]. I messaggi possono essere trasmessi gratuitamente oppure ad un prezzo non superiore al 50% del presso di listino ufficiale indicato dalla concessionaria[105].

L’art. 11 dispone poi che le amministrazioni statali elaborano annualmente il programma delle iniziative di comunicazione che intendono realizzare nell’anno successivo, sulla base delle indicazioni metodologiche del Dipartimento per l’informazione e l’editoria. Il programma è trasmesso entro il mese di novembre allo stesso Dipartimento[106] che, fra l’altro, svolge funzioni di centro di orientamento e consulenza[107] e stipula con i concessionari di spazi pubblicitari accordi quadro nei quali sono definiti i criteri di massima delle inserzioni radiofoniche, televisive o sulla stampa, nonché le relative tariffe.

Sulla base dei programmi presentati dalle amministrazioni statali, il Dipartimento per l’informazione e l’editoria predispone annualmente il piano di comunicazione, approvato dal Presidente del Consiglio dei ministri[108]. A quest’ultimo le amministrazioni trasmettono, entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento, una relazione sulla realizzazione delle parti del piano di propria competenza (art. 12).

Ai sensi dell’art. 13, le amministrazioni statali devono inviare al Dipartimento per l’informazione e l’editoria, per un preventivo parere, i progetti di comunicazione a carattere pubblicitario che prevedono la diffusione dei messaggi sui mezzi di comunicazione di massa. I progetti devono contenere, in particolare, indicazioni su obiettivo della comunicazione, copertura finanziaria, contenuto dei messaggi, destinatari, soggetti coinvolti nella realizzazione. Inoltre, in essi deve essere specificata la strategia di diffusione, con previsione dei mezzi e delle modalità ritenute più idonei per il raggiungimento della massima efficacia della comunicazione.

E’, infine, previsto che, ove possibile in relazione al tipo di messaggio e ai destinatari, si tiene conto anche delle testate italiane all’estero.

Per il finanziamento dei progetti di comunicazione a carattere pubblicitario, l’art. 14 dispone il ricorso alle risorse disponibili per il centro di responsabilità “Informazione ed editoria”.

Infine, l’art. 15 dispone in materia di procedure di gara per la scelta dei soggetti professionali esterni per realizzazione delle iniziative di comunicazione istituzionale a carattere pubblicitario. Ai sensi tale disposizione, con DPR 403/2001 sono stati approvati i criteri per la individuazione dei soggetti da invitare alle procedure di selezione, nonché per la determinazione delle remunerazioni per i servizi prestati.

 

Come ante anticipato, l’art. 41 del d.lgs. 177/2005[109] ha poi disciplinato la destinazione della pubblicità di amministrazioni ed enti pubblici, anche economici. In particolare, l’articolo citato prevede che le somme che le amministrazioni pubbliche e gli enti pubblici anche economici destinano alle spese per l’acquisto di spazi pubblicitari devono risultare complessivamente impegnate, in ogni esercizio finanziario, per almeno il 15% a favore dell’emittenza televisiva privata locale e radiofonica operante nei Paesi membri dell’UE[110] e per almeno il 50% (60% fino al passaggio alla tecnica digitale) a favore dei giornali quotidiani e periodici[111]. Le regioni possono prevedere quote diverse da quelle indicate, nell’ambito della propria autonomia finanziaria.

L’art. 41 dispone, infine, che gli stessi soggetti comunicano all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni le somme impegnate per l’acquisto di spazi pubblicitari, ai fini della vigilanza, che viene esercitata anche attraverso i Comitati regionali per le comunicazioni.

A tal fine, è intervenuta la delibera AGCOM 7 marzo 2005, n. 139/05/CONS[112].

Si ricorda, inoltre, la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 settembre 2009[113], recante indirizzi interpretativi e applicativi in materia di destinazione delle spese per l’acquisto di spazi pubblicitari da parte delle amministrazioni dello Stato che, in particolare, ha chiarito che:

§         non rientrano tra le spese per l’acquisto di spazi pubblicitari le spese connesse a forme di pubblicità obbligatoria (ad es., pubblicazione del bilancio e avvisi di gare), né quelle sostenute per l’acquisto di spazi a seguito di provvedimenti amministrativi emanati per ragioni di necessità e urgenza, né gli oneri relativi alla produzione degli strumenti pubblicitari (ad es. spese tipografiche, cartacee, informatiche);

§         rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 41 del d.lgs. 177/2005 le spese relative all’acquisto di spazi sulla stampa, anche elettronica[114], su Internet, sui mezzi di diffusione radiotelevisiva[115], nell’ambito della diffusione di opere presso le sale cinematografiche, sulle reti mobili di comunicazione elettronica, nonché le spese per l’acquisto di spazi per le pubbliche affissioni[116].


Art. 5-bis
(Semplificazioni in materia di editoria per le associazioni ed organizzazioni senza fini di lucro e le associazioni d’arma e combattentistiche)

L’articolo 5-bis consente l’applicazione di un regime agevolativo per le spedizioni postali di stampe promozionali da parte di soggetti operanti nel terzo settore richiamati dall’articolo 1, co. 3, del D.L. 353/2003 (ONLUS, associazioni di volontariato, associazioni non governative di cooperazione allo sviluppo, associazioni di promozione sociale, fondazioni con scopi religiosi, enti ecclesiastici, associazioni di tutela ambientale e di ricerca oncologica in possesso di determinati requisiti, associazioni dei profughi sloveni, istriani e dalmati), e da parte delle associazioni d’arma e combattentistiche[117]. Si prevede, inoltre, la non applicazione del rimborso a Poste italiane Spa della differenza tra la tariffa agevolata e la tariffa ordinaria, previsto in via generale per tutto il sistema delle agevolazioni tariffarie nei prodotti editoriali dall’art. 3, co. 1, del D.L. 353/2003.

 

In particolare, la disposizione prevede che, al fine di promuovere lo sviluppo dell’editoria no profit, alle spedizioni in abbonamento postale di stampe promozionali e propagandistiche, anche finalizzate alla raccolta di fondi, effettuata dai soggetti sopra indicati, possono applicarsi le tariffe agevolate previste, per i soggetti di cui all’art. 1, co. 1, del D.L. 353/2003, dal decreto del Ministero delle comunicazioni del 13 novembre 2002 che interviene in materia di spedizione di stampe in abbonamento postale non iscritte al registro nazionale delle stampe e non rientranti nella categoria «no profit»[118].

In realtà, per i soggetti indicati all’art. 1, co. 1, del D.L. 353/2003 (ossia, imprese editrici di quotidiani e periodici iscritte al ROC e imprese editrici di libri) in forza del combinato disposto dello stesso art. 1, co. 1, del D.L. 353/2003 e del decreto del Ministro delle comunicazioni del 1° febbraio 2005[119], il regime agevolativo tariffario a regime appare essere non quello definito dal richiamato decreto del Ministero delle comunicazioni del 13 novembre 2002 relativo alla spedizione di stampe in abbonamento postale non iscritte al registro nazionale delle stampe e non rientranti nella categoria «no profit» bensì quello definito da due ulteriori decreti del Ministro delle comunicazioni emanati nella medesima data e riguardanti:

-             Tariffe per la spedizione di invii di libri e di stampe in abbonamento postale di cui alla lettera b) del comma 20 dell'art. 2 della L. 23 dicembre 1996, n. 662.

La norma richiamata fa riferimento a giornali quotidiani e riviste con qualsiasi periodicità editi da soggetti iscritti al registro nazionale della stampa.

-             Spedizione di stampe in abbonamento postale di cui alla lettera c) del comma 20 dell'art. 2 della L. 23 dicembre 1996, n. 662.

La norma richiamata fa riferimento a “pubblicazioni informative di enti, enti locali, associazioni ed altre organizzazioni senza fini di lucro”[120].

 

Andrebbe quindi valutato se non sia opportuno fare riferimento al decreto del Ministro delle comunicazioni da ultimo citato[121].

Al riguardo, si ricorda che la disposizione in commento interviene in una vicenda originata dalla sospensione in via generale operata per le tariffe agevolate editoriali[122] con il decreto del Ministro dello sviluppo economico del 30 marzo 2010 (cfr. supra scheda di lettura art. 4, comma 3). A seguito di tale sospensione, l’art. 2, co. 2-undecies del D.L. 40/2010 aveva già previsto il ripristino delle agevolazioni tariffarie per le associazioni ed organizzazioni senza fini di lucro. La misura della tariffa agevolativa è stata determinata con il decreto del Ministro dello sviluppo economico 23 dicembre 2010, tuttavia per il solo anno 2010 e nel limite di spesa di 30 milioni di euro.

Nel frattempo il regime delle tariffe agevolate è stato sospeso anche per il periodo tra il 1° settembre 2010 e il 31 dicembre 2012 dal co. 1-bis dell’art. 2 del D.L. 125/2010 ed il successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 ottobre 2010 ha individuato le tariffe massime applicabili per tale periodo alle spedizioni di prodotti editoriali, ad esclusione dei libri spediti tramite pacchi.

Il co. 3 dell’art. 21 del D.L. 216/2011 ha quindi previsto che le medesime associazioni e organizzazioni senza fini di lucro che si iscrivessero al ROC e le associazioni d’arma e combattentistiche potessero usufruire della tariffa postale nel frattempo definita per le spedizioni di prodotti editoriali, ad esclusione dei libri spediti tramite pacchi dal decreto del Ministro dello sviluppo economico del 21 ottobre 2010 (per dettagli cfr. supra)[123], senza tuttavia considerare l’invio di materiale promozionale.

 

La disposizione reca inoltre una clausola di invarianza finanziaria.



[1]    Al riguardo, si ricorda che il comunicato stampa del Consiglio dei ministri dell’11 maggio 2012 riferiva: “Contestualmente all’approvazione del decreto legge il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge delega che prefigura un nuovo sistema di sostegno all’editoria, a partire dal 2014, che tenga conto della strutturale trasformazione che tale ambito dell’economia sta attraversando con il diffondersi dell’editoria digitale. I criteri direttivi del disegno di legge sono i seguenti:

1. Configurare una gamma di possibili incentivi coerenti con l’attuale situazione del mercato editoriale.

2. Sostenere l’innovazione, e in particolare le start up e le iniziative editoriali che puntano alla multimedialità, al fine di modernizzare e sviluppare il settore.

3. Viene istituita una Commissione per ridefinire i soggetti editoriali meritevoli di sostegno pubblico, in particolare alto valore culturale, politico-sociale, e tradizione a livello locale.

4. Viene istituito un Registro delle riviste di alta cultura.

5. Si favorisce, con attività di comunicazione e promozione, la diffusione della lettura, in particolare tra i giovani.”(http://www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/dettaglio.asp?d=67997).

[2]    L’AIRriferiva che nel 2011 l’importo dei contributi erogatiè stato pari a € 149 mln ed ha interessato 260 imprese editoriali. Lo stesso documento, peraltro, evidenziava che la riduzione della spesa effettiva nel breve periodo è stimabile in circa il 20% delle risorse complessivamente impegnate nel 2011.

Si ricorda, infine, che sul sito del Dipartimento per l’editoria sono disponibili i dati relativi ai contributi erogati dal 2003 al 2010 (http://www.governo.it/DIE/dossier/contributi_editoria_index.html).

[3]    Come modificato dall’art. 41-bis, comma 3, del D.L. 207/2008 (L. 14/2009).

[4]     Le spese per interventi di sostegno ai settori dell’informazione e dell’editoria, di competenza del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio, sono attualmente collocate per la gran parte nello stato di previsione del MEF (tab. 2), all’interno della missione Comunicazioni (15), Programma Sostegno all’editoria (15.4).

Nel bilancio di previsione dello Stato per l’anno 2012 (L. 184/2011) sono complessivamente stanziate per tale programma risorse per 169,3 milioni di euro (nello stanziamento sono incluse, tra l’altro, le spese relative alle agevolazioni tariffarie per l’editoria – cap. 1501 – e le spese di funzionamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – cap. 1575). Ulteriori stanziamenti per interventi nel settore dell’informazione insistono, a partire dal 2009, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. In particolare, nell’ambito della missione Comunicazioni (15), Programma Servizi di comunicazione elettronica e radiodiffusione (15.8), sono previsti stanziamenti per contributi alle emittenti radiofoniche e televisive in ambito locale, che insistono sul cap. 3121.

[5]    L’intervento dello Stato si esplica in misure di sostegno economico, di tipo diretto o indiretto, agli editori. In particolare, gli aiuti economici diretti consistono nell’erogazione di un contributo calcolato in percentuale dei costi risultanti dal bilancio delle imprese editrici che presentino i requisiti previsti dalla legge, mentre gli aiuti economici indiretti sono costituti da riduzioni tariffarie, agevolazioni fiscali e credito agevolato.

[6]    Al riguardo si ricorda, più precisamente, che l’art. 2, co. 62, della L. 191/2009 ha limitato l’erogazione delle provvidenze in favore dell’editoria all’effettivo stanziamento iscritto nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, procedendo, ove necessario, al riparto in quote proporzionali all’ammontare del contributo spettante per legge a ciascuna impresa, fatte salve le risorse da destinare alle convenzioni e agli oneri inderogabili afferenti allo stesso capitolo. Per completezza, si ricorda che l’art. 10-sexies del D.L. 194/2009 (L. 25/2010), prima, e l’art. 1, co. 55 e 56, della L. 220/2010, dopo, hanno escluso determinate categorie di beneficiari dall’applicazione del "tetto" ai contributi introdotto dalla L. 191/2009. A tali imprese è comunque corrisposto un contributo non superiore a quello spettante per il 2008.

Nel bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei Ministri per l'anno finanziario 2012 (quale risultante dal DPCM 20 dicembre 2011, pubblicato nel S.O. n. 6 alla GU n. 4 del 5 gennaio 2012) sui capitoli afferenti ai contributi per l’editoria (capp. 465-Contributi alle imprese radiofoniche ed alle imprese televisive  e 466-Contributi alle imprese editrici di quotidiani e periodici) risultano stanziati complessivamente € 53,6 mln.

Al riguardo si ricorda, peraltro, che, rispondendo il 6 marzo 2012 all’interrogazione 5-06130, il sottosegretario competente ha riferito che all’importo per i contributi diretti alla stampa risultante sul capitolo di spesa 466, ammontante ad euro 47.121.727, sono state aggiunte, nel corso del mese di febbraio, risorse provenienti dagli avanzi di gestione del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio e dalla riassegnazione di residui relativi agli esercizi precedenti, elevando in tal modo l'ammontare complessivo a circa 70 milioni di euro. Ha, inoltre, riferito, che, a tale importo, proprio in data 6 marzo 2012, sono state aggiunte risorse provenienti dal fondo per le esigenze urgenti e indifferibili (D.L. n. 5/2009 - L. n. 33/2009), per un ammontare di ulteriori 50 milioni di euro (il relativo DPCM è stato pubblicato nella GU del 23 maggio 2012).

Ha, dunque, concluso che lo stanziamento complessivo ammonta a circa 120 milioni di euro. http://leg16.camera.it/_dati/leg16/lavori/stenografici/framedinam.asp?sedpag=../bollet/201203/0306/HTML/07/frame.htm

[7]     Per completezza, si ricorda, infine, che la concessione di contributi in favore di quotidiani e periodici organi di forze politiche era stata originariamente disposta dall’art. 3, co. 10, della L. 250/1990, successivamente abrogato dall’art. 21, co. 1, lett. a), n. 10), del DPR 223/2010, a decorrere dal bilancio d’esercizio 2011 delle imprese beneficiarie. Come si vedrà meglio in seguito, l’erogazione di contributi diretti in favore di tale categoria di quotidiani e periodici continua ad essere disciplinata da altre disposizioni normative.

[8]    Art. 3, co. 2 e 2-quater, L. 250/1990.

[9]    Art. 3, co. 2-bis, L. 250/1990.

[10]   Art. 3, co. 2-ter, primo periodo, L. 250/1990.

[11]   Per completezza, si ricorda che l’art. 3, co. 2-ter, della L. 250/1990 disciplina anche la concessione di contributi ad emittenti radiotelevisive che trasmettano programmi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Si ritiene, tuttavia, che tali beneficiari non rientrino nel campo di applicazione della disposizione in commento, in quanto la stessa è rivolta specificamente alle “imprese editrici”, tanto che – come si vedrà – condizione per accedere ai contributi è che la “testata edita” sia venduta almeno in una determinata misura.

[12]   Art. 153, co. 4, L. 388/2000.

[13]   http://www.governo.it/DIE/notizie/allegati/FAQ.pdf

[14]   Ai sensi dell’art. 3, co. 3, L. 250/1990, le imprese devono essere costituite da almeno tre anni, ovvero editare testate diffuse da almeno cinque anni.

[15]   Nel testo del decreto-legge, la percentuale in questione è pari al 30%.

[16]   Si ricorda che l’art. 3, co. 2, lett. e), della L. 250/1990 – ora abrogata dall’art. 21, co. 21, lett. a), n. 1), del DPR 223/2010 – includeva tra i requisiti richiesti per l’accesso ai contributi che la testata avesse diffusione formalmente certificata pari ad almeno il 25% della tiratura complessiva per le testate nazionali e ad almeno il 40% per le testate locali. Era considerata testata locale quella per cui almeno l’80% della diffusione complessiva (cioè l’insieme di vendite e abbonamenti) fosse concentrata in una sola regione.

[17]   Il testo del decreto-legge manteneva fermo il numero minimo di5 regioni.

[18]   A decorrere dai contributi relativi all'anno 2005, il requisito temporale è elevato a cinque anni per le imprese editrici costituite dopo il 31 dicembre 2004. In caso di cambiamento della periodicità della testata successivo al 31 dicembre 2004, il requisito deve essere maturato con riferimento alla nuova periodicità (art. 1, co. 457, L. 266/2005).

[19]   Per completezza, si ricorda che le rimanenti lettere dell’art. 3, co. 2, della L. 250/1990 sono state abrogate, rispettivamente dall’art. 21, co. 1, lett. a), n. 2, DPR 223/2010 (lett. e)) e dall’art. 1, co. 456, L. 266/2005 (lett. f) ed h)).

[20]   Peraltro, si ricorda che l’art. 1, co. 459, della L. 266/2005 ha stabilito che le disposizioni di cui all’art. 3, comma 2-bis, della L. 250/1990 si applicano solo alle imprese che abbiano maturato il diritto ai contributi entro il 31 dicembre 2005.

[21]http://www.intra.camera.it/_dati/leg16/lavori/bollet/chiscobollt.asp?content=/_dati/leg16/lavori/bollet/framedin.asp?percboll=/_dati/leg16/lavori/bollet/201003/0310/html/07/

[22]   La disciplina delle modalità e condizioni di vendita della stampa quotidiana e periodica è recata principalmente dal D.lgs. 170/2001. Su tutto il territorio nazionale, il sistema di vendita è articolato in punti vendita esclusivi (esercizi tenuti alla vendita generale di quotidiani e periodici) e non esclusivi (esercizi che, in aggiunta ad altre merci, sono autorizzati alla vendita di quotidiani o periodici).

      Per completezza, si ricorda che la differenziazione fra punti vendita esclusivi e punti vendita non esclusivi è stata attenuata dall’art. 34, co. 3, lett. d), del D.L. 201/2011 (L. 214/2011) – che ha disposto l'abrogazione di tutte le restrizioni alla commercializzazione di prodotti, senza escludere i punti di vendita della stampa quotidiana e periodica dall’ambito di applicazione – e dall’art. 39, co. 1, del D.L. 1/2012 (L. 27/2012) che, introducendo la lett. d-bis all’art. 5, co. 1, del D.lgs. 170/2001, ha stabilito che gli edicolanti possono vendere presso la propria sede qualunque altro prodotto secondo la vigente normativa.

[23]   L’art. 5 del DPR 223/2010 ha definito le situazioni di collegamento e controllo ostative all’erogazione dei contributi.

[24]    L’art. 3, co. 2, lett. e), della L. 250/1990 – ora abrogato dal DPR 223/2010 – intendeva per diffusione l’insieme delle vendite e degli abbonamenti.

[25]   La relazione illustrativa dello schema poi divenuto DPR 223/2010 (Atto n. 183)evidenziava che talvolta le vendite in blocco si erano rivelate finalizzate ad aumentare la diffusione apparente.

[26]   L’art. 2, comma 1, del DPR 223/2010 intende per “vendita in blocco” la vendita di una pluralità di copie ad un soggetto ad un prezzo inferiore a quello indicato sulla pubblicazione, effettuata direttamente dalle imprese editrici, non in abbonamento e al di fuori della filiera distributiva.

[27]   Il DPR 223/2010 esclude esplicitamente le copie cedute in connessione con il versamento di quote associative qualora non espressamente destinate alla sottoscrizione di abbonamenti a prodotti editoriali mediante doppia opzione di quota.

[28]   Si ricorda, peraltro, che in base al comma 7-bis dell’articolo in esame, sono esentate dal rispetto dell’art. 1, co. 460, lett. a), L. 266/2005, le cooperative di giornalistici che siano subentrate al contratto di cessione in uso della testata.

[29]   La L. n. 69 del 1963 (Ordinamento della professione di giornalista) dispone che all’Ordine appartengono i giornalisti professionisti, che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista, e i pubblicisti, che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi.

[30]   Con il D.M. 23 giugno 2004 il Ministero delle attività produttive (ora, dello sviluppo economico) ha istituito l’Albo nazionale delle società cooperative. L’Albo, che sostituisce i registri prefettizi e lo schedario generale della cooperazione, è tenuto dallo stesso Ministero e gestito con modalità telematiche dalle Camere di commercio.

L’Albo è diviso in due sezioni: 1) cooperative a mutualità prevalente e 2) cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente. Le sezioni sono a loro volta suddivise in 14 categorie. Le cooperative a mutualità prevalente hanno diritto ad agevolazioni di natura fiscale (art. 223 duodecies, comma 6, delle disposizioni attuative del codice civile).

[31]   In materia, si veda anche LE SOCIETÀ COOPERATIVE Tipi di cooperative -Strumenti di tutela Aspetti civili, concorsuali, tributari e penali, a cura di Maurizio De Giorgi e Giacomo Vaciago, CEDAM, 2011, capitolo VIII, Cooperativa editoriale http://books.google.it/books?id=eBBnFsIUxYUC&lpg=PA655&dq=cooperative%20giornalisti%20mutualit%C3%A0&hl=it&pg=PA655#v=onepage&q=cooperative%20giornalisti%20mutualit%C3%A0&f=false.

[32]   Per completezza, si ricorda che sulla disposizione il Consiglio di Stato aveva evidenziato la necessità che si considerasse esplicitamente l’evento della fuoriuscita volontaria di dipendenti dall’impresa al fine di escludere, in tal caso, la penalizzazione del contributo, che appariva eccessiva se non addebitabile alla volontà imprenditoriale.

[33]   Ai sensi dell'art. 161 del testo unico dell'intermediazione finanziaria (TUF), di cui al D.lgs. 58/1998, la CONSOB provvede alla tenuta di un albo speciale delle società di revisione abilitate all'esercizio delle attività previste dagli artt. 155 e 158 dello stesso TUF. In base all'art. 155, una società di revisione contabile iscritta nell'albo speciale tenuto dalla CONSOB verifica: nel corso dell'esercizio, la regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili; che il bilancio di esercizio e il bilancio consolidato corrispondano alle risultanze delle scritture contabili e degli accertamenti eseguiti e che siano conformi alle norme che li disciplinano. L’art. 158 del TUF reca norme in materia di proposte diaumento di capitale.Per completezza, si ricorda che disciplina della revisione contabile è oggi contenuta nel D.lgs. 39/2010, il quale ha previsto all’art. 40, co. 21, l’abrogazione del citato art. 161 del TUF. Tuttavia l’art. 43, co. 1, del D.lgs. 39/2010 ha previsto che l’art. 161 del TUFcontinuerà ad essere applicato finoalla data di entrata in vigoredei regolamenti attuativi del MEF, previsti dal medesimo decreto legislativo.

[34]   Si ricorda, come già ante evidenziato, che per i quotidiani editi da cooperative, fondazioni o enti morali senza scopo di lucro l’art. 3, co. 2-bis, della L. 250/1990 già prevede il divieto di distribuzione degli utili.

[35]   Per completezza si ricorda, inoltre, che ulteriori destinatari di contributi diretti sono i seguenti:

-   giornali e riviste italiani pubblicati all’estero e pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale edite in Italia e diffuse prevalentemente all'estero (art. 26, L.. 416/1981; art. 3, co. 1, L. 62 del 2001. Si veda, ora, art. 1-bis del provvedimento in esame, introdotto dal Senato);

-   editoria periodica per non vedenti (art. 8, D.L. 542/1996 - L. 649/1996; art. 1, co. 462, L. 266/2005);

-   periodici delle associazioni dei consumatori e degli utenti (art. 7, L. 281/1998; art. 138, D.lgs. 206/2005).

[36]   Istituito ai sensi dell’art. 7-quinquies, co. 1, del D.L. n. 5 del 2009 (L. 33/2009).

[37]    L’art. 1, co. 484, della L. 311 del 2004 (L. finanziaria 2005) ha poi esteso le disposizioni richiamate alle spese sostenute nel 2005, fermo restando, anche per il 2006, il limite di spesa di 95 milioni di euro.

[38]    D.P.C.M. 21 dicembre 2004, n. 318.

[39]    Ai sensi dei commi da 184 a 186, in particolare, ilcredito d'imposta non concorre alla formazione del reddito imponibile e non è rimborsabile; l'eventuale eccedenza è riportabile al periodo di imposta successivo. L'ammontare della spesa complessiva per l'acquisto della carta e l'importo del credito d'imposta sono indicati nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta durante il quale la spesa è stata effettuata. In caso di utilizzo del credito d'imposta in tutto o in parte non spettante si rendono applicabili le norme in materia di accertamento, riscossione e contenzioso nonché le sanzioni previste ai fini delle imposte sui redditi.

[40]    Anche se corredati da indicazioni sulle caratteristiche dei medesimi.

[41]   Pubblicata nella GU n. 12 del 16 gennaio 2012. (http://www.governo.it/DIE/documentazione/Circolare29dicembre2011.pdf).

[42]   Tracuila circolare n. 1 del 21 gennaio 2005 (GU n. 20 del 26 gennaio 2005),http://www.governo.it/DIE/documentazione/Circolare%2021%20gennaio%202005,%20n.1.pdf, ai sensi della quale il credito di imposta è cumulabile con i contributi diretti di cui alla L. 250/1990.

[43]   Si veda http://www.governo.it/DIE/credito_imposta20111230.html.

[44]Con riferimento al bollo si ricorda che il DPCM 21 dicembre 2004, n. 318[44] (GU n. 6 del 10 gennaio 2005: http://www.governo.it/DIE/documentazione/DPCM21dicembre2004n318.pdf), recante le modalità di riconoscimento del credito di imposta previsto dalla L. 350/2003, non lo prevedeva. Lo stesso è stato, peraltro, previsto, nel modello di domanda da presentare allegato alla circolare 7 novembre 2005, n. 3 (pubblicata nella G.U. 12 dicembre 2005, n. 288), relativa alle domande da presentare in relazione alla spesa sostenuta per l’acquisto della carta nel 2005.

[45]   https://www.postacertificata.gov.it/guida_utente/cose-la-postacertificata.dot.

[46]   Si tratta di: Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega per i problemi dell'editoria, che la presiede; Sottosegretario agli affari esteri con delega per l'emigrazione o un funzionario da lui delegato; direttore generale delle informazioni, editoria e proprietà letteraria, artistica e scientifica della Presidenza del Consiglio dei Ministri (o un funzionario del Servizio editoria da lui delegato); direttore generale dell'emigrazione e degli affari sociali del MAE (o un funzionario da lui delegato); capo del Servizio dell'editoria della PCM; tre funzionari del Servizio dell'editoria; due funzionari della Direzione generale dell'emigrazione e degli affari sociali del MAE; un funzionario del Servizio stampa del MAE; 12 rappresentanti, rispettivamente, della Federazione mondiale della stampa italiana all'estero (FMSIE), della Confederazione della stampa democratica per l'emigrazione (CISDE), della Federeuropa, dell'Unione nazionale delle associazioni degli immigrati e degli emigrati (UNAIE), dell'Associazione nazionale delle famiglie degli emigrati (ANFE), del Centro studi emigrazione Roma (CSER), dell'Associazione cristiana dei lavoratori italiani (ACLI), dell'Istituto Fernando Santi, della Federazione italiana dei lavoratori emigrati e famiglie (FILEF), dell'Ufficio centrale per l'emigrazione italiana (UCEI), dell'Associazione italiana per la tutela degli emigrati e famiglie (AITEF), del Comitato tricolore degli italiani nel mondo (CTIM); un esperto in materia di editoria, che abbia già ricoperto incarichi dirigenziali in organismi operanti nel settore; un rappresentante designato unitariamente dalle Confederazioni sindacali nazionali dei lavoratori rappresentate nel CNEL.

[47]   Per quanto concerne la misura dei contributi concessi a giornali e riviste pubblicati e diffusi all’estero, l’art. 3 ha disposto che la stessa è stabilita dalla commissione, mediante la seguente ripartizione annuale:

§       100 milioni in parti eguali tra tutti gli aventi titolo;

§       150 milioni in proporzione al numero di effettive uscite nel corso dell'anno;

§       150 milioni in proporzione al numero delle pagine pubblicate nel corso dell'anno;

§       150 milioni in proporzione alla tiratura complessiva annua;

§       150 milioni da ripartire tra gli aventi titolo in proporzione alla natura informativa e all'apporto alla conoscenza dei fatti italiani e dei problemi del lavoro italiano all'estero.

[48]   Per le pubblicazioni edite in Italia e diffuse prevalentemente all’estero, l’art. 4 ha disposto, sempre fermo restando che la misura è stabilita dalla commissione, la seguente ripartizione annuale:

§       50 milioni in parti uguali tra tutti gli aventi titolo;

§       50 milioni in proporzione al numero di effettive uscite nel corso dell'anno;

§       50 milioni in proporzione al numero delle pagine pubblicate nel corso dell'anno;

§       100 milioni in proporzione al numero delle copie inviate all'estero;

§       50 milioni da ripartire tra gli aventi titolo, in proporzione alla natura informativa e all'apporto alla conoscenza dei fatti italiani e dei problemi del lavoro italiani all'estero.

[49]   Il testo del decreto-legge fissa, invece, una quota pari al 50%.

[50]   Tale ultima voce di spesa non è prevista nel testo del decreto-legge.

[51]   Cfr. in particolare: art. 3, co. 5, DPR 223/2010, per l’acquisto di servizi editoriali, e allegato al DPCM 23 maggio 2011, per i compensi per consulenze (quale fattispecie esplicitamente richiamata di collaborazione non giornalistica).

[52]   Nel testo del decreto-legge tale importo è pari a € 2 mln.

[53]   Nel testo del decreto-legge tale importo è differenziato per i quotidiani locali (€ 1,3 mln) e per le imprese editrici di quotidiani di cui all’art. 3, co. 2-ter, L. 250/1990 (€ 1 mln).

[54]   Nel testo del decreto-legge, il valore è fissato pari a euro 0,20.

[55]   Nel testo del decreto-legge, il valore è fissato pari a euro 0,15.

[56]   Nel testo del decreto-legge, il valore è fissato pari a euro 0,35.

[57] http://www.governo.it/DIE/modulistica/modello_prospetto_costi_2011.pdf

[58]   Specificati in carta, materiali di consumo, cancelleria e stampati, riviste, libri e abbonamenti.

[59]   Specificati in: lavorazioni esterne (stampa, cellophanatura, pellicole); collaborazioni giornalistiche, nel limite del 10% dei costi; collaborazioni non giornalistiche (nel limite del 10% dei costi); servizi editoriali (agenzie fotografiche e di stampa, services editoriali nel limite del 10% dei costi, costi connessi alla multimedialità); diffusione e distribuzione; servizi commerciali (acquisto spazi pubblicitari, marketing e sponsorizzazioni, locandinaggio, agenzie di pubblicità, provvigioni ad agenti); altri servizi (utenze, assicurazioni obbligatorie, spese per sondaggi e traduzioni, spese postali e telegrafiche, spese di pulizia, sorveglianza, manutenzione e riparazione).

[60]   Specificati in leasing operativi su impianti e attrezzature e canoni di locazione immobili.

[61]   Specificati in salari e stipendi, oneri previdenziali e assistenziali, trattamento di fine rapporto e fine mandato.

[62]   Riferiti a testata giornalistica, immobilizzazioni immateriali, immobili, impianti, macchinari e attrezzature, mobili e macchine d’ufficio.

[63]   L’art. 2, co. 3, del DPR 223/2010 stabilisce che le cooperative costituite ai sensi dell’art. 153, co. 4, della L. 388/2000, editrici di quotidiani possono continuare ad accedere – a determinate condizioni – ai contributi di cui all’art. 3, co. 2, della L. 250/1990.

[64]   Rispetto al contributo determinato ai sensi dell’art. 3, co. 8, della L. 250/1990:

- è stata incrementata la parte fissa del contributo (dal 30 al 50% dei costi), come anche il suo tetto massimo (da 1,03 a 2 milioni di euro per ciascuna impresa);

- la parte variabile del contributo è determinata dal numero di copie distribuite (e non già dalla tiratura media giornaliera). Al contempo, sono stati eliminati il limite minimo di tiratura media di 10.000 copie e gli scaglioni (introducendo un contributo direttamente proporzionale al numero di copie distribuite) ed è stato introdotto un limite massimo di 50 milioni di copie distribuite nell’anno per le quali si ha diritto ai contributi.

Inoltre, sia per i quotidiani editi da imprese editrici la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro, sia per i quotidiani editi e diffusi all’estero, è stata innalzata la misura massima dei contributi erogabili (dal 50 al 60% dei costi).

[65]   Rispetto al contributo determinato ai sensi della L. 250/1990:

- è rimasta invariata la parte fissa del contributo (30%dei costi), ma il suo tetto massimo è leggermente diminuito (da 1,03 milioni di euro a 1 milione di euro);

- la parte variabile del contributo è determinata dal numero di copie distribuite (e non già dalla tiratura media giornaliera). Al contempo, sono stati eliminati il limite minimo di tiratura media di 10.000 copie e gli scaglioni (introducendo un contributo direttamente proporzionale al numero di copie distribuite) ed è stato introdotto un limite massimo di 50 milioni di copie distribuite nell’anno per le quali si ha diritto ai contributi.

- la misura massima dei contributi erogabili è ridotta dal 60 al 50% dei costi.

[66]   L’art. 2, co. 3, del DPR 223/2010 stabilisce che le cooperative costituite ai sensi dell’art. 153, co. 4, della L. 388/2000, editrici di periodici possono continuare ad accedere – a determinate condizioni – ai contributi di cui all’art. 3, co. 2-quater, della L. 250/1990.

[67]   Rispetto ai contributi determinati dalla L. 250/1990:

- è stata ridotta la parte fissa del contributo (dal 40 al 30% dei costi) e lievemente ridotto anche il suo tetto massimo (da 310.000 a 300.000 euro);

- la parte variabile del contributo è determinata dal numero di copie distribuite (e non già dalla tiratura media giornaliera). Al contempo, è stata semplificata la procedura di calcolo introducendo comunque un limite massimo di copie, utile ai fini della determinazione del contributo, pari a 50 milioni di copie annue;

- è stata variata la misura massima dei contributi erogabili (dal valore assoluto di 310.000 più 207.000 euro, alla quota del 50% dei costi).

[68]   Rispetto ai contributi determinati ai sensidella normativa previgente (e, in particolare, dell’art. 3, co. 10 e 12, della L. 250/1990, nonché dell’art. 2, co. 1, della L. 278/1991), sono rimasti sostanzialmente invariati la misura massima dei contributi erogabili (70% dei costi), la parte fissa del contributo (40% dei costi), compreso il suo tetto massimo, e la parte variabile, determinata – per scaglioni – dal numero di copie di tiratura media (giornaliera, nel caso dei quotidiani). Per quotidiani e periodici, inoltre, sussiste ancora il limite minimo di 10.000 copie.

[69]   La relazione illustrativa dello schema (Atto 183), poi divenuto DPR 223/2010, esplicitava l’intenzione di rendere scarsamente rilevanti, ai fini del calcolo del contributo, costi difficilmente accertabili relativi a prestazioni esterne all’impresa e, al contempo, di valorizzare l’attività editoriale svolta all’interno dell’impresa. La relazione tecnica esplicitava che, restringendosi in tal modo la base dei costi ammissibili al contributo, si determinava anche un risparmio di spesa.

[70]   Sul punto, l’art. 5, co. 2, della legge 278/1991 ha disposto che i contributi sono corrisposti anche ai periodici bimestrali, alle medesime condizioni, e che il requisito di cui alla lettera b) del co. 3 della L. 250/1991 si intende assolto qualora le imprese interessate abbiano pubblicato non meno di cinque numeri ogni anno.

[71]   L’art. 53, co. 15, della L. 449/1997 ha disposto che, ai fini dell'applicazione dell'articolo 2, co. 30, della L. 549/1995 (v. infra, testo), dal 1° gennaio 1996 i canali satellitari in uso esclusivo delle agenzie di informazione radiofonica nazionale (come definite dall’art. 11, co. 1, della L. 250/1990), costituite nella forma di cooperative di giornalisti, sono equiparati ai canali in concessione esclusiva dell'Ente poste italiane.

[72]   Con circolare 30 novembre 2001, n. 1249, pubblicata nella GU n. 290 del 14 dicembre 2001, il Ministero delle comunicazioni - evidenziato in premessa che il servizio telex, che è un servizio di telecomunicazioni, e' rimasto affidato, dopo la riforma disposta dalla legge 29 gennaio 1992, n. 58, all'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni, poi ente pubblico economico Poste Italiane ed ora Poste Italiane s.p.a., - ha comunicato che il servizio telex ed il connesso servizio di diffusione per le agenzie di stampa, svolto dalla società Poste Italiane, è dismesso entro il 31 dicembre 2001. Si ricorda, altresì, che la denominazione dell’Ente poste italiane è mutata in Poste Italiane SpA a seguito della delibera CIPE del 18 dicembre 1997.

[73]   L’art. 1 della L. n. 230/1990 ha concesso un contributo (per il solo triennio 1990-1992) alle imprese radiofoniche private che nel triennio 1987-1989 avessero :

- trasmesso quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterali per non meno di nove ore comprese tra le 7 e le 20;

- utilizzato esclusivamente per la diffusione dei propri programmi, in ciascuno dei tre anni, almeno 60 impianti di trasmissione ubicati in almeno 35 province e in almeno 14 regioni italiane e che, quantomeno nel terzo anno, avessero esteso il numero di impianti al 50% delle province e all’85% delle regioni;

- usufruito delle agevolazioni e dei rimborsi o dei contributi di cui all’art. 11 della L. 67/1987.

Successivamente (e prima dell’art. 44 del D.L. 112/2008), il riferimento all’attività di interesse generale per le imprese radiofoniche è contenuto nella L. finanziaria 2007 (L. 296/2006, art. 1, co. 1247), la quale destina a tali imprese gli stessi contributi previsti per le emittenti radiofoniche organi di partiti politici, ai sensi dell’articolo 4 della L. n. 250/1990 (peraltro, tale disposizione fa riferimento – come l’art. 44 citato - alla L. 250/1990 e non alla L. 230/1990).

[74]   Si è così riproposta la definizione di “trasmissioni quotidiane” recata dall’art. 2, co. 20, della L. 249/1997, abrogato dall’art. 54 del d.lgs. 177/2005.

[75]   In sostituzione della quale può essere presentato un atto di notorietà

[76]   Al riguardo si veda la modulistica per la presentazione della domanda, differente per le imprese radiofoniche organo di partito o movimento politico con rappresentanza in Parlamento e per quelle già organo di partito o movimento politico che alla data del 31 dicembre 2005 hanno maturato il diritto ai contributi di cui all’articolo 4 della legge 7 agosto 1990, n. 250, presente su http://www.governo.it/DIE/modulistica/modulistica_radiotv.html.

[77]   La norma non si applica ad aziende o società per le quali sia stato disposto il sequestro o la confisca (anche ai sensi delle disposizioni antimafia di cui alla L. 575/1965).

Le modalità attuative delle suddette disposizioni sono contenute nel decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40.

Da ultimo l’art. 1, co. 4-bis, del D.L. 16/2012 (L. 44/2012) ha disposto che, anche in presenza della segnalazione di cui all’articolo 48-bis, i soggetti pubblici sono comunque tenuti al pagamento delle somme che eccedono l’ammontare del debito d’imposta inadempiuto, comprensivo delle spese e degli interessi di mora; ai sensi del co. 4-ter, il mancato pagamento dell'eccedenza di cui al co. 4-bis costituisce violazione dei doveri d'ufficio.

[78]    L. 13 febbraio 1953, n. 60, Incompatibilità parlamentari. Si tratta delle “cariche in enti culturali, assistenziali, di culto e in enti-fiera, nonché [di] quelle conferite nelle Università degli studi o negli Istituti di istruzione superiore a seguito di designazione elettiva dei Corpi accademici”.

[79]    Ai sensi dell’art. 2203 c.c., “è institore colui che è preposto dal titolare all’esercizio di un’impresa commerciale”. L’institore (art. 2204 c.c.) può compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa (salve le limitazioni contenute nella procura) e può stare in giudizio in nome del preponente, ma non può alienare o ipotecare i beni immobili senza espressa autorizzazione.

[80]    Si tratta, in particolare, delle vigenti disposizioni volte a prevenire e reprimere l’abuso di posizione dominante da parte delle imprese, recate dall’art. 3 della L. 287/1990, istitutiva dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

[81]    L. 31 luglio 1997, n. 249, Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo. Il richiamato art. 2, relativo al divieto di posizioni dominanti, è stato dapprima ampiamente modificato dalla L. 112/2004 e poi abrogato dall’art. 54 del Testo unico della radiotelevisione di cui al D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177; le corrispondenti disposizioni sono ora contenute negli artt. 22 e 43 del Testo unico.

[82]    L. 3 maggio 2004, n. 112, Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI - Radiotelevisione italiana Spa, nonché delega al Governo per l’ emanazione del testo unico della radiotelevisione. L’art. 14 è relativo all’accertamento della sussistenza di posizioni dominanti nel sistema integrato delle comunicazioni.

[83]   Secondo un studio della FIEG, dal 2009 al 2011 il numero di utenti nel giorno medio di siti web di quotidiani è salito da 4 a 6 milioni di utenti, con un incremento del 50%. Le percentuali di utenti di siti web di quotidiani, che era del 38,5% nel 2009 e del 45,5% nel 2010, è arrivata al 46,8% nel 2011. Cfr. FIEG, La stampa in Italia (2009-2011): http://www.fieg.it/upload/salastampa/La%20Stampa%20in%20Italia%202009-2011.pdf.

[84]   Si tratta, in particolare, delle imprese beneficiarie dei contributi di cui all’art. 3, commi 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, della L. 250/1990, all’art. 153, commi 2 e 4, della L. 388/2000, nonché all’art. 20, comma 3-ter, del DL n. 223/2006.

Pertanto, risultano escluse dall’ambito di applicazione dell’articolo in esame, ad esempio, le imprese editrici di periodici che non abbiano scopo di lucro (art. 3, co. 3, L. 250/1990).

[85]   Durante la discussione in Aula al Senato, in sede di illustrazione dell’emendamento modificativo del secondo periodo del comma 1, il presentatore ha evidenziato che “L'attuale formulazione sembra far riferimento ad un file in formato PDF, ma è evidente che si va verso un'informazione digitale. Il PDF non è l'elemento che può caratterizzare il prodotto online, che invece è costituito da un lavoro redazionale estremamente complesso e comunque diverso da quello relativo alle edizioni cartacee”.http://www.senato.intranet/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=hotresaula.

 

[86]   Il ROC, la cui tenuta è curata dall’AGCOM, ha la finalità di garantire la trasparenza e la pubblicità degli assetti proprietari, consentire l'applicazione delle norme concernenti la disciplina anti-concentrazione, la tutela del pluralismo informativo, il rispetto dei limiti previsti per le partecipazioni di società estere. Il Regolamento per l’organizzazione e la tenuta del ROC, emanato con delibera AGCOM n. 666/08/CONS e modificato, da ultimo, con delibera n. 608/10/CONS, ha previsto l'obbligo di iscrizione, per quanto qui interessa, per i soggetti esercenti l’editoria elettronica.

[87]   AGCOM, Relazione annuale 2002, pag. 255(http://www.agcom.it/Default.aspx?message=viewrelazioneannuale&idRelazione=10).Si veda anchehttp://www.agcom.it/Default.aspx?message=contenuto&DCId=205#2.

[88]    Per completezza, infatti, si rammenta, ad esempio, che, ai sensi dell’art. 3, co. 2, L. 62/2001, alle imprese editrici di giornali quotidiani che avessero attivato sistemi di teletrasmissione in facsimile delle testate edite in Paesi diversi da quelli membri dell'UE, era concesso un contributo pari al 50% dei costi annui documentati per acquisto carta, stampa e distribuzione, relativi alla diffusione nei suddetti Paesi delle copie delle testate teletrasmesse. Successivamente, l’art. 10-sexies, lett. e), del D.L. 194/2009 (L. 25/2010) ha disposto la disapplicazione, tra l’altro, dell’art. 3, co. 2, L. 62/2001, con riferimento ai contributi relativi agli anni a decorrere dal 2009 e fino alla riforma organica del settore.

[89]   http://www.neldiritto.it/appgiurisprudenza.asp?id=7964.

[90]   Ai sensi dell’art. 2, co. 1, lett. s), del D.lgs. 177/2005 (Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici), il sistema integrato delle comunicazioni è il settore economico che comprende: stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di internet; radio e servizi di media audiovisivi (fra i quali si ricorda che, ai sensi della lett. a), punto 1, del medesimo art. 2, co. 1, non sono inclusi i motori di ricerca); cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazionie di prodotti e servizi; sponsorizzazioni.

[91]   Ad esempio, si può pensare ai social network Facebook, Youtube, Twitter.

[92]   Che, ai fini della stessa L. 416/1981, devono essere costituite soltanto da persone fisiche.

[93]   Qualora la partecipazione di controllo sia intestata a società fiduciarie, il requisito ivi previsto del controllo diretto o indiretto da parte di persone fisiche si intende riferito ai fiducianti, in quanto soggetti effettivamente titolari delle azioni o quote medesime. In tal caso la società fiduciaria è tenuta a comunicare i nominativi dei fiducianti all’AGCOM ai fini dell’iscrizione al ROC.

[94]   Sono ammesse deroghe per azioni o quote di società editrici intestate a soggetti diversi da una data anteriore a quella di entrata in vigore della legge ed il cui valore sia inferiore alla metà di quelle aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie.

[95]   Il controllo è definito nei termini previsti dall’art. 2359 c.c., esplicitamente richiamato. La disposizione individua, inoltre, i casi in cui si ritiene esistente, salvo prova contraria, l'influenza dominante prevista dal primo comma dell'articolo 2359 c.c.

[96]   In particolare, l’art. 39, co. 1, del D.L. 1/2012ha previsto che gli edicolanti possono vendere presso la propria sede qualunque altro prodotto secondo la vigente normativa, nonché praticare sconti sulla “merce venduta” e defalcare il valore del materiale fornito in conto vendita e restituito, a compensazione delle successive anticipazioni al distributore. Ha, inoltre, disposto che sono qualificati casi di pratica commerciale sleale la ingiustificata mancata fornitura da parte del distributore ovvero l’ingiustificata fornitura per eccesso o difetto, rispetto alla domanda, fermi restando gli obblighi previsti per gli edicolanti a garanzia del pluralismo informativo. Infine, ha previsto che le clausole contrattuali fra distributori ed edicolanti in contrasto con le disposizioni recate dall’art. 5 del D.lgs. 170/2001 sono nulle per contrasto con norma imperativa di legge e non viziano il contratto cui accedono.

[97]   Sull’utilizzo del codice a barre al fine di modernizzare i processi di distribuzione e dilavorazione delle rese dei giornali, si veda l’accordo tra la Federazione italiana editori giornali (FIEG) e l’Associazione nazionale distributori stampa (ANADIS) del 28 giugno 2001. In particolare, si legge che “Il primo (obiettivo), di competenza delle aziende editoriali, consiste nell’applicare il codice a barre, costruito in modo conforme alle specifiche tecniche previste, su tutte le testate, come precondizione per poter contare su investimenti in attrezzature adeguate alla lettura del bar code da parte delle imprese di distribuzione locale e quindi su processi di lavorazione della resa di natura standard. Il secondo, di competenza delle imprese di distribuzione locale, consiste nella progressiva adozione di attrezzature adeguate al trattamento automatico del prodotto editoriale”. http://www.anes.it/upload/file/Editoria%20Specializzata/CONVENZIONE_FIEG_ANADIS.pdf.

Si veda anche il progetto di informatizzazione delle edicole INFORIV: http://www.inforivendita.it/, promosso da Promosso da: F.I.E.G. - A.NA.DI.S. - C.I.S.L.- U.I.L.Tu.C.S - S.N.A.G.- FE.NA.GI. - SI.NA.G.I.

[98]    Si tratta di tre decreti del Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro dell’economia, in data 13 novembre 2002. Le tariffe agevolate definite da tali provvedimenti sono state poi confermate dal decreto del Ministro delle comunicazioni del 1° febbraio 2005.

[99]    Decreto del Ministro dello sviluppo economico del 21 ottobre 2010, “Tariffe per le spedizioni di prodotti editoriali, ad esclusione dei libri spediti tramite pacchi, effettuate dai soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 353, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 46”, pubblicato nella G.U. 23 novembre 2010, n. 274.

[100]Ai sensi dell’art. 1, co. 2, del D.lgs. 165/2001, per amministrazioni pubbliche si intendono “tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300”.

[101]O, qualora non lo fossero, il prezzo degli spazi di comunicazione concernenti messaggi di utilità sociale non può essere superiore al 50% del prezzo di listino ufficiale indicato dalla concessionaria.

[102]In termini analoghi sui tempi riservati disponeva l’art. 9 della L. 22371990, abrogato dall’art. 16 della L. 150/2000.

[103]Con circolare 15 luglio 2009, Prot. n. 196/09, è stato esplicitata la necessità di trasmettere al Dipartimento per l’informazione e l’editoria, almeno 15 giorni prima della messa in onda, gli eventuali videocomunicati e radiocomunicati al fine di coordinare al meglio la programmazione sulle reti RAI. Nella stessa nota è stato chiarito che, qualora i messaggi vengano considerati di pubblico interesse dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dalla RAI, e quindi programmati negli spazi gratuiti che la legge attribuisce alle amministrazioni centrali dello Stato, non è possibile acquistare spazi tabellari sulle reti RAI tramite la concessionaria di pubblicità SIPRA, in quanto quest’ultima è autorizzata a vendere esclusivamente spazi commerciali. http://www.governo.it/DIE/notizie/allegati/circolare_bonaiuti_20090715.pdf.

[104]L’art. 38 del d.lgs. 177/2005 stabilisce limiti di affollamento pubblicitario, che sono differenziati per la concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo e per le altre emittenti.

[105]Al riguardo, nella circolare 15 luglio 2009, Prot. n. 196/09, prima citata, si evidenzia che ogni spot, anche quando pianificato sulle reti televisive e radiofoniche nazionali e locali, deve essere identico a quello trasmesso in RAI e riconoscibile con l’apposizione del logo finale del Governo.

[106]Iniziative di comunicazione non previste dal programma possono essere promosse e realizzate soltanto per particolari e contingenti esigenze sopravvenute nel corso dell’anno e sono tempestivamente comunicate al Dipartimento per l’informazione e l’editoria. Al riguardo si ricorda, peraltro, che con circolare n. 309/2011, recante chiarimenti interpretativi e indirizzi applicativi in ordine all’applicazione dell’art. 6, co. 8, del D.L. 78/2010 (L. 122/2010) (http://www.governo.it/DIE/normativa/circolare_bonaiuti_22_07_2011.pdf), è stato comunicatoche il MEF ha precisato che le disposizioni di risparmio in ordine alle spese per pubblicità recate dalla norma citata non riguardano le attività di carattere comunicativo-istituzionale quali definite dall’art. 1, co. 5, della L. 150/2000. Tali sono le attività inserite nel piano annuale di comunicazione approvato dal Presidente del Consiglio dei Ministri e finanziate secondo le modalità previste dall’art. 14 della L. 150/2000. Sono, invece, soggette ai limiti di spesa di cui all’art. 6, co. 8, del D.L. 78/2010 le spese sostenute al di fuori del piano di comunicazione, da qualificarsi come attività di tipo comunicativo pubblicitario, quindi regolate dall’art. 13 della L. 150/2000.

[107]Il concetto è ribadito nell’art. 11, co. 4, del d.lgs. 165/2001.

[108]Per il piano di comunicazione 2012, si vedano la circolare n. 399/2011: http://www.governo.it/DIE/normativa/CCI19092011_00000_1.pdf e la circolare 6 dicembre 2011: http://www.governo.it/DIE/circolare_peluffo_.pdf.

[109]Che riprende i contenuti dell’art. 7, co. 10-12, e 25, co. 6, secondo periodo, della L. 112/2004

[110]In precedenza, l’art. della L. 223/1990 – ora abrogato dall'art. 16 della L. 150/2000 – aveva disposto che le amministrazioni statali, gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici, compresi quelli economici (questi ultimi limitatamente alla pubblicità diffusa sul territorio nazionale) destinassero alla pubblicità su emittenti televisive locali operanti nei territori dei Paesi dell'Unione europea, nonché su emittenti radiofoniche nazionali e locali operanti nei territori dei medesimi Paesi, almeno il 15% delle somme stanziate in bilancio per le campagne pubblicitarie e di promozione delle proprie attività.

[111]In precedenza, l’art. 5 della L. 67/1987 aveva disposto che le amministrazioni statali e gli enti pubblici non territoriali, con esclusione degli enti pubblici economici destinassero alla pubblicità su quotidiani e periodici una quota non inferiore al 50% delle spese per la pubblicità.

[112]Informativa economica di sistema. Obbligo di comunicazione delle spese pubblicitarie degli enti pubblici

[113]Pubblicata nella GU n. 257 del 4 novembre 2009.

[114]Sono equiparati gli acquisti di spazi sulle emittenti radiofoniche che trasmettono quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterali per almeno il 25% delle ore di trasmissione comprese fra le 7 e le 20. I soggetti equiparati sono individuati con decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri –Dipartimento per l’editoria.

[115]Il riferimento è alle spese per l’acquisto di spazi sulle emittenti che, nei paesi membri dell’UE, siano caratterizzate dai seguenti parametri: per l’ambito locale radiofonico, irradiazione del segnale fino a una copertura massima di 15 milioni di abitanti; per l’ambito locale televisivo, diffusione in uno o più bacini, comunque non superiori a 10, anche non limitrofi, purché con copertura inferiore al 50% della popolazione nazionale.

[116]Ai fini dell’applicazione delle quote di destinazione di cui all’art. 41 del d.lgs. 177/2005 non sono da computare le spese sostenute per la diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione tramite pubbliche affissioni su spazi di proprietà di pubbliche amministrazioni o di enti pubblici.

[117] Le associazioni combattentistiche radunano tutti coloro che hanno combattuto o sono reduci di guerra o prigionia. Un elenco delle associazioni combattentistiche è presente in allegato alla L. n. 93/1994. Le associazioni d’arma sono, ai sensi dell’art. 937 del TU delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare di cui al d.lgs. 90/2010, associazioni che contemplano nei propri atti costitutivi l'acquisizione della qualità di socio in base al requisito dell'essere militari delle categorie del congedo o pensionati, e che prevedono tra i propri fini sociali la tutela degli interessi morali e materiali dei propri associati. L’elenco delle associazioni d’arma è contenuto nell’articolo 941 del medesimo TU. Tali associazioni erano in realtà già ricomprese nell’ambito di applicazione delle tariffe editoriali agevolate, in forza del testo originario del co. 2 dell’art. 1 del D.L. 353/2003, ma il riferimento era stato poi soppresso dal D.L. 40/2010 (Art. 2, co. 2-undecies).

[118]In linea generale, tale decreto prevede:

- per l'invio di stampe periodiche in abbonamento postale edite da soggetti non iscritti al Registro Nazionale della Stampa e non rientranti nella categoria «enti e associazioni senza fini di lucro» l’applicazione di una tariffa variabile tra un minimo di 31,09 euro per 100 pezzi (e quindi 0,3109 euro a pezzo) di peso fino a 200 gr ad un massimo di 344,68 euro per 100 pezzi (e quindi 3,44 euro a pezzo) di peso da 1901 a 2000 gr (Allegato A);

- per l'invio in abbonamento postale di programmi di abbonamento editi da soggetti non rientranti nella categoria «enti ed associazioni senza fini di lucro» l’applicazione di una tariffa variabile da un massimo di 30,99 euro per 100 pezzi (e quindi 0,3099 euro a pezzo) di peso fino a 200 gr in caso di invio di meno di 2000 pezzi ad un minimo di 11,36 euro per 100 pezzi (e quindi 0,1136 euro a pezzo) di peso fino a 200 gr in caso di invio di più di 20000 pezzi (Allegato B).

[119] L’articolo 1, co. 1, del D.L. 353/2003 prevede infatti l’applicazione per il solo 2004 del “decreto del Ministro delle comunicazioni del 13 novembre 2002”, mentre a regime la definizione delle tariffe agevolate è rimessa ad un decreto del Ministro delle comunicazioni. Il decreto del Ministro delle comunicazioni del 1° febbraio 2005 ha quindi confermato la vigenza dei due decreti del Ministro delle comunicazioni del 13 novembre 2002 indicati nel testo.

[120] In linea generale il regime tariffario agevolato individuato da tale decreto distingue tra l’invio di stampe in abbonamento postale, rispettivamente per l’interno e per l’estero (allegati A e B), e l’invio di stampe promozionali e propagandistiche, rispettivamente per l’interno e per l’estero (allegati C e D). Per l’interno le tariffe per l’invio di stampe possono variare da un minimo di 6,15 euro per 100 pezzi (e quindi 0,06 euro a pezzo) di peso fino a 200 gr in caso di invio di più di 20000 pezzi ad un massimo di 51,85 euro per 100 pezzi (e quindi 0,51 euro a pezzo) di peso tra 1901 e 2000 gr in caso di invio di meno di 2000 pezzi. Sempre per l’interno le tariffe per l’invio di stampe promozionali possono variare da un minimo di 4,85 euro per 100 pezzi (e quindi 0,04 euro a pezzo) di peso fino a 200 gr in caso di invio di più di 20000 pezzi ad un massimo di 71,22 euro per 100 pezzi (e quindi 0,71 euro a pezzo) di peso tra 1901 e 2000 gr in caso di invio di meno di 2000 pezzi.

[121] Come rilevato nel corso dell’audizione informale svolta nel corso dell’esame del provvedimento al Senato da parte dell’AISM (Associazione italiana sclerosi multipla; seduta della 1ª Commissione permanente del Senato del 7 giugno 2012), il difetto della situazione legislativa vigente consisterebbe in particolare nell’esclusione dall’agevolazione tariffaria delle spedizioni promozionali (al riguardo cfr. anche infra). In proposito, si segnala che anche il decreto del Ministro delle comunicazioni 13 novembre 2002 relativo alla Spedizione di stampe in abbonamento postale di cui alla lettera c) del comma 20 dell'art. 2 della L. 23 dicembre 1996, n. 662 contiene specifiche tariffe per l’invio di materiale promozionale.

[122] Delle quali già erano beneficiarie, ai sensi del comma 2 dell’articolo 1 del DL n. 353/2003 anche le associazioni no profit come definite dal successivo comma 3 (che è richiamato anche dalla disposizione in commento).

[123] In linea generale, il regime tariffario individuato dal decreto del Ministro dello sviluppo economico del 21 ottobre 2010 distingue tra tariffe applicabili fino al 31 agosto 2011 e tariffe applicabili dal 1° settembre 2011 al 31 dicembre 2012 rispettivamente a quotidiani o pubblicazioni con più di due uscite a settimana (allegati A e B) e riviste con meno di due uscite a settimana (allegati C e D). L’allegato E contempla le tariffe applicabili per l’invio di libri mediante pieghi. Le tariffe variano anche in base al fatto che la spedizione avvenga in area metropolitana (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari e Napoli); in un capoluogo di provincia diverso dalle aree metropolitane o in area extraurbana (cioè in territori non corrispondenti a capoluoghi di provincia) Così le tariffe applicabili dal 1° settembre 2011 al 31 dicembre 2012 possono variare da un minimo di 0,2073 euro a copia per spedizioni di un numero di copie di quotidiani compreso tra 2.000 e 10.000 copie per spedizione e di peso fino a 200 gr in area metropolitana ad un massimo di 3,9530 euro a copia per spedizioni di pieghi di libri correttamente prelavorate e confezionate con un peso compreso tra 2 e 5 kg.